Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Proroga di termini previsti da disposizioni legislative - Legge 25 febbraio 2016 n. 21 - Conversione in legge del D.L. 30 dicembre 2015, n. 210
Riferimenti:
L N. 21 DEL 26-FEB-16   DL N. 210 DEL 30-DIC-15
AC N. 3513/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 386    Progressivo: 3
Data: 02/05/2016
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2015 0210   L 2016 0021
PROROGA DI TERMINI     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

Progetti di legge

 

 

 

 

Le leggi

Proroga di termini previsti da disposizioni legislative

 

Legge 25 febbraio 2016, n. 21

 

(Conversione in legge del D.L. 30 dicembre 2015, n. 210)

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 386/3

 

 

 

2 maggio 2016

 


 

 

 

Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

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INDICE

Schede di lettura

§  Articolo 1, commi 1-3 (Assunzioni a tempo indeterminato in pubbliche amministrazioni) 3

§  Articolo 1, comma 3-bis (Accesso alla qualifica di capo squadra e di capo reparto dei vigili del fuoco) 11

§  Articolo 1, comma 4 (Sospensione del reclutamento di dirigenti pubblici di prima fascia) 14

§  Articolo 1, comma 4-bis (Programmazione triennale del personale universitario) 16

§  Articolo 1, comma 5 (Personale in posizione di comando o fuori ruolo dei vigili del fuoco) 17

§  Articolo 1, commi 6 e 7 (Accesso alla dirigenza della Polizia di Stato) 19

§  Articolo 1, commi 7-bis-7-quinquies (Decorazioni al valore militare) 21

§  Articolo 1, comma 8 (Riduzione dei quadri per i ruoli speciale e tecnico-logistico dei Carabinieri) 22

§  Articolo 1, commi 9 e 9-bis (Contratti di lavoro a tempo determinato delle province) 23

§  Articolo 1, comma 9-ter (Elezioni dei Presidenti di provincia e dei consigli provinciali) 24

§  Articolo 1, comma 9-quater (Contratti di co.co.co. nelle province) 25

§  Articolo 1, comma 10 (Stabilizzazione di personale dei comuni della regione Calabria) 26

§  Articolo 1, comma 10-bis (Graduatorie ad esaurimento e di istituto del personale docente) 28

§  Articolo 1, comma 10-ter (Diplomi rilasciati dalle Istituzioni dell’alta formazione e specializzazione artistica e musicale) 30

§  Articolo 1, comma 10-quater (Contratti di lavoro nelle zone terremotate dell’Umbria) 31

§  Articolo 1, comma 10-quinquies (Fondo di previdenza complementare dei dipendenti della pubbliche amministrazioni) 32

§  Articolo 1, comma 10-sexies-10-octies (Ricercatori universitari a tempo determinato) 33

§  Articolo 2, commi 1 e 2 (Processo amministrativo digitale) 36

§  Articolo 2, comma 2-bis (Sezioni distaccate insulari di tribunale) 37

§  Articolo 2, comma 2-ter (Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori) 38

§  Articolo 2-bis, comma 1 (Portale delle vendite pubbliche) 39

§  Articolo 2-bis, comma 2 (Specifiche tecniche per la tenuta di albi ed elenchi) 40

§  Articolo 2-ter (Mantenimento degli uffici dei giudici di pace) 41

§  Articolo 2-quater, comma 1 (Contributo di licenziamento) 42

§  Articolo 2-quater, comma 2 (Contratti di solidarietà) 43

§  Articolo 2-quater, comma 3 (Riduzione dell’orario di lavoro nel settore privato) 44

§  Articolo 3, comma 1 (Divieto di partecipazioni incrociate tra televisioni e quotidiani) 45

§  Articolo 3, comma 2 (Interrompibilità del carico elettrico nelle isole maggiori) 47

§  Articolo 3, commi 2-bis e 2-ter (Gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale) 52

§  Articolo 3, comma 2-quater (Formazione per gli istallatori di impianti a fonti rinnovabili) 56

§  Articolo 3, comma 2-quinquies (Sostegno all’emittenza radiotelevisiva locale) 57

§  Articolo 3-bis (Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI) 58

§  Articolo 4, comma 1 (Poteri sostitutivi del prefetto in caso di mancata approvazione del bilancio degli enti locali) 60

§  Articolo 4, comma 1-bis (Utilizzo delle risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui e dal riacquisto dei titoli obbligazionari) 62

§  Articolo 4, comma 1-ter e 1-quater (Rendiconti dei partiti politici) 63

§  Articolo 4, comma 2 (Adeguamento della normativa antincendi nelle strutture scolastiche) 65

§  Articolo 4, comma 2-bis (Adeguamento della normativa antincendi nelle strutture turistico alberghiere) 66

§  Articolo 4, comma 3 (Utilizzo delle dichiarazioni sostitutive da parte dei cittadini stranieri) 68

§  Articolo 4, comma 4 (Esercizio obbligatorio in forma associata di funzioni comunali e fusioni di comuni) 69

§  Articolo 4, comma 5 (Mantenimento delle contabilità speciali delle province di Monza-Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani) 72

§  Articolo 4, comma 6 (Bonifica di ordigni bellici) 76

§  Articolo 4, comma 6-bis (Proroga delle modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province) 78

§  Articolo 4, comma 6-ter (Mandato dei componenti del COCER) 82

§  Articolo 4, comma 6-quater (Contratti dell’Agenzie industrie difesa) 83

§  Articolo 4-bis (Ampliamento dei termini per la richiesta di contributo da parte degli enti in dissesto) 84

§  Articolo 4-ter (Colloqui dei direttori dei servizi di informazione con detenuti per la prevenzione di terrorismo) 86

§  Articolo 4-quater (Conservazione dei dati del traffico telefonico) 87

§  Articolo 5, comma 1 (Delimitazione dei distretti turistici) 88

§  Articolo 5, comma 1-bis (Grande Progetto Pompei) 90

§  Articolo 5-bis (Finanziamento del Museo tattile statale “Omero”) 92

§  Articolo 6, comma 1 (Formazione della gente di mare) 93

§  Articolo 6, comma 2 (Remunerazione della filiera del farmaco) 94

§  Articolo 6, comma 3 (Determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie) 95

§  Articolo 6, comma 4 (Utilizzo di risorse a valere sul Fondo sanitario nazionale) 97

§  Articolo 6, comma 4-bis (Fabbisogni standard regionali in materia di sanità) 99

§  Articolo 7, comma 1 (Anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore) 100

§  Articolo 7, comma 1-bis (Utilizzo risorse regionali) 102

§  Articolo 7, comma 2 (Requisiti degli esecutori di lavori pubblici) 104

§  Articolo 7, commi 3 e 4 (Attestazioni rilasciate dalle società organismi di attestazione (SOA) 107

§  Articolo 7, comma 4-bis (Requisiti delle imprese) 109

§  Articolo 7, comma 5 (Contrasto alle pratiche di servizio abusivo taxi e di noleggio con conducente) 111

§  Articolo 7, comma 6 (Formazione per gli addetti al salvamento acquatico) 113

§  Articolo 7, comma 7 (Pubblicità in materia di appalti pubblici) 114

§  Articolo 7, commi 8, 10 e 11 (Interventi di edilizia scolastica) 115

§  Articolo 7, comma 9 (Contratto di programma con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI)) 120

§  Articolo 7, comma 9-bis (Commissario per la tratta ferroviaria Napoli-Bari) 122

§  Articolo 7, comma 9-ter (Società ferroviarie del Sud Est e Servizi Automobilistici) 124

§  Articolo 7, comma 11-bis (Normative tecniche in materia di costruzioni di dighe) 126

§  Articolo 7, comma 11-ter (Revisione delle macchine agricole in circolazione) 127

§  Articolo 7, comma 11-quater (Fondo per il trasporto pubblico locale) 128

§  Articolo 8, comma 1 (Sistema di tracciabilità dei rifiuti - SISTRI) 129

§  Articolo 8, comma 2 (Emissioni industriali di grandi impianti di combustione) 132

§  Articolo 8, comma 3 (Conferimento in discarica dei rifiuti con PCI superiore a 13.000 kJ/kg) 137

§  Articolo 9 (Gestione del dirigente delegato ai pagamenti ex Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI-UNIRE) 138

§  Articolo 10, comma 1 (Cessazione delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione della società Equitalia) 140

§  Articolo 10, comma 1-bis (Insediamento delle commissioni censuarie locali e centrale) 143

§  Articolo 10, comma 2 (Aliquota ridotta per uso combustione) 146

§  Articolo 10, comma 2-bis (Incentivi per progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni) 148

§  Articolo 10, commi 2-ter-2-sexies (IVA degli organismi di formazione professionale) 149

§  Articolo 10, comma 3 (Contenimento dell’acquisto di mobilio da parte delle pubbliche amministrazioni (deroga per gli enti locali) 153

§  Articolo 10, comma 4 (Proroga consulenti finanziari) 155

§  Articolo 10, comma 5 (Riduzione dei costi sostenuti dalle pubbliche amministrazioni per organi collegiali e incarichi) 158

§  Articolo 10, comma 6 (Riduzione dei costi delle locazioni passive per gli immobili delle pubbliche amministrazioni) 160

§  Articolo 10, comma 6-bis (Trasferimenti di immobili agli enti territoriali) 162

§  Articolo 10, commi 7-7-quater (Croce Rossa Italiana) 163

§  Articolo 10, comma 8 (Finanziamenti della Banca d’Italia alle banche) 167

§  Articolo 10, comma 8-bis (Mantenimento in bilancio di residui relativi all’applicazione del c.d. split payment) 168

§  Articolo 10, commi 8-ter e 8-quater (Proroga di termini di natura contabile) 169

§  Articolo 10, comma 8-quinquies (Personale dell’Agenzia delle dogane) 172

§  Articolo 10, comma 8-sexies (Limiti al lavoro straordinario del personale dei corpi di polizia) 174

§  Articolo 11, comma 1 (Commissario per gli eventi alluvionali del novembre 2013 in Sardegna) 175

§  Articolo 11, comma 2 (Incentivazione impianti fotovoltaici ubicati nelle zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012) 176

§  Articolo 11, commi 2-bis e 2-ter (Proroga emergenza e attività Fintecna nei territori colpiti dagli eventi sismici del 2012) 177

§  Articolo 11, comma 3 (Unità tecnico operativa per la liquidazione della gestione della emergenza rifiuti in Campania) 178

§  Articolo 11, comma 3-bis (Emergenza ambientale stabilimento Stoppani) 179

§  Articolo 11, comma 3-ter (Personale dell’Agenzia regionale campana difesa suolo) 180

§  Articolo 11, comma 3-quater (Proroga termini per sospensione mutui in zone colpite da calamità naturali) 182

§  Articolo 11, comma 3-quinquies (Proroga gestione commissariale bonifiche aree campane) 183

§  Articolo 11-bis (Bonifica e rigenerazione urbana di Bagnoli) 184

§  Articolo 12 (Tracciabilità della vendita dei giornali e modernizzazione della rete di distribuzione e vendita della stampa) 190

§  Articolo 12-bis (Proroga del termine dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro) 193

§  Articolo 12-ter (Proroga di termini in materia di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri - Vittime delle foibe) 194

§  Articolo 12-quater (Ordine dei giornalisti) 195

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1, commi 1-3
(Assunzioni a tempo indeterminato in pubbliche amministrazioni)

 

 

I commi da 1 a 3 dell’articolo 1 prorogano al 31 dicembre 2016 una serie di disposizioni in materia di assunzioni a tempo indeterminato in specifiche pubbliche amministrazioni (nonché del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) anche in relazione alle cessazioni verificatesi in diversi anni.

Inoltre, viene prorogato alla stessa data il termine per l’utilizzo temporaneo di segretari comunali da parte del Dipartimento della funzione pubblica.

 

Il comma 1, lettere a) e b), proroga al 31 dicembre 2016 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato in specifiche amministrazioni pubbliche, in relazione a budget assunzionali riferiti ad anni precedenti.

 

Come evidenziato nella relazione illustrativa, lo scopo dei commi in esame è quello di poter disporre, anche per il 2016, delle risorse per le assunzioni riferite ad anni precedenti che non sono state utilizzate nei tempi previsti.

 

Si segnala che per le disposizioni richiamate dal comma 1, lettere a) e b), il termine, prorogato per la prima volta al 31 dicembre 2012 dall’articolo 1, commi 1 e 2, del D.L. 216/2011, è stato oggetto di successive proroghe. Una ulteriore proroga al 30 giugno 2013 è stata disposta dall’articolo 1, commi 388 e 394, della L. 228/2012, che attribuiva ad uno o più D.P.C.M. la possibilità di stabilire un’ulteriore proroga. In attuazione della citata previsione è stato adottato il D.P.C.M. 19 giugno 2013, che ha prorogato al 31 dicembre 2013 il suddetto termine (art. 1, lettere a) e b). Successivamente, il termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2014 dall’articolo 1, comma 4, lettere a) e b) del D.L. 150/2013; da ultimo, il termine è stato prorogato al 31 dicembre 2015 dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del D.L. 192/2014.

 

Più nel dettaglio, la lettera a) proroga al 31 dicembre 2016 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all’articolo 1, commi 523, 527 e 643, della L. 296/2006 e all’articolo 66, comma 3 del D.L. 112/2008, riferite a budget del 2008 e del 2009[1].

Il richiamato comma 523 della L. 296/2006 ha stabilito limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato a partire dal 2008 per alcune pubbliche amministrazioni. Si tratta in particolare delle seguenti amministrazioni:

§  amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

§  agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali;

§  enti pubblici non economici;

§  enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001[2].

Tali amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. Tale limite è esteso anche alle assunzioni del personale ancora in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001[3].

L’articolo 1, comma 527 della L. 296/2006 ha disposto, per il 2008, la possibilità di assumere personale a tempo indeterminato, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 75 milioni di euro a regime[4].

Il comma 643 ha autorizzato gli enti di ricerca pubblici, per gli anni 2008 e 2009 a procedere ad assunzioni di personale con rapporto a tempo indeterminato entro il limite dell’80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, purché nei limiti delle risorse relative alle cessazioni di rapporti a tempo indeterminato verificatesi nell’anno precedente[5].

L’articolo 66 del D.L. 112/2008, contiene alcune disposizioni inerenti le assunzioni di personale e la stabilizzazione del personale precario di pubbliche amministrazioni, volte a contenere ulteriormente il turn over del personale pubblico. Si tratta, in sostanza, delle sopra elencate amministrazioni richiamate dal citato articolo 1, commi 523 e 526, della L. 296/2006. In particolare, il comma 3 dell’articolo 66, in relazione ai processi di semplificazione amministrativa, di razionalizzazione organizzativa e di riduzione delle dotazioni organiche, ha disposto che le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 523, della L. 296/2006, possano effettuare, per l’anno 2009, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, le assunzioni nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 10% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. In ogni caso, il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascuna amministrazione, il 10% delle unità cessate nell’anno precedente.

 

La lettera b) proroga al 31 dicembre 2016 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, da parte di specifiche amministrazioni, in relazione alle cessazioni verificatesi negli anni dal 2009 al 2012, di cui all'articolo 3, comma 102, L. 244/2007 e all'articolo 66, commi 9-bis, 13, 13-bis e 14, del D.L. 112/2008. Anche il termine per le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, viene prorogato al 31 dicembre 2015.

 

L'articolo 3, comma 102, della L. 244/2007 ha previsto limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per il quinquennio 2010-2014, per le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 523, della L. 296/2006 (vedi commento al comma 1, lett. a), ad eccezione dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le quali possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20% delle unità cessate nell'anno precedente.

 

L’articolo 66 del D.L. 112/2008, contiene alcune disposizioni inerenti le assunzioni di personale e la stabilizzazione del personale precario di pubbliche amministrazioni (vedi supra).

Più specificamente, il comma 9-bis ha previsto un regime speciale in materia di turn over a favore dei soli Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per cui, per gli anni 2010 e 2011, tali amministrazioni possono procedere, secondo le procedure di cui all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[6], all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2016. Si ricorda che l’articolo 2, comma 1, del DPCM 8 settembre 2014, derogando a quanto disposto dal citato comma 9-bis in tema di percentuali del turn-over, prevede che le amministrazioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (indicate nella Tabella B del provvedimento) possono procedere per l'anno 2014 all'assunzione di un contingente di personale a tempo indeterminato pari a 3.015 unità, corrispondente ad una spesa complessiva per l'anno 2014 pari a 16.394.429,57 euro e, a regime, pari a 122.308.912,78 euro.

Il comma 13 ha previsto che - fermi restando i limiti in materia di programmazione triennale di cui all’art. 1, c. 105, della legge finanziaria per il 2005 - per il triennio 2009-2011 le università possono procedere, per ogni anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente. Tale quota è destinata per una quota non inferiore al 50 per cento all’assunzione di ricercatori e per una quota non superiore al 20 per cento all’assunzione di professori ordinari[7]. Le suddette quote, nel rispetto dei limiti di spesa indicati, non si applicano agli Istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale. Nei limiti previsti dal comma in oggetto, per l'anno 2009, è compreso anche il personale oggetto di procedure di stabilizzazione in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente. Inoltre, le suddette limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette. Infine, l'autorizzazione legislativa (ex art. 5, comma 1, lettera a) della L. 537/1993) concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, è ridotta di 63,5 milioni di euro per l'anno 2009, di 190 milioni di euro per l'anno 2010, di 316 milioni di euro per l'anno 2011, di 417 milioni di euro per l'anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.

Il comma 13-bis ha disposto che per il biennio 2012-2013 il sistema delle università statali possa procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. La predetta facoltà è fissata nella misura del 50% per il biennio 2014-2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. L'attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni di cui ai periodi precedenti è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (DM 22 ottobre 2012, n. 297).

Infine, il comma 14 ha disposto un regime speciale per le assunzioni a tempo indeterminato presso gli enti di ricerca. In particolare, tali enti:

§  hanno avuto la facoltà, limitatamente al 2010, di procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato entro i limiti individuati dall’articolo 1, comma 643, della L. 296/2006 (vedi supra);

§  possono procedere, per ciascun anno del successivo triennio 2011-2013, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite del 20% delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell'anno precedente.

 

Infine, con la lettera c) del comma 1 viene prorogata al 31 dicembre 2016 la possibilità (prevista fino al 31 dicembre 2015 dall’articolo 1, comma 6-quater, del D.L. 216/2011) per il Dipartimento della funzione pubblica (per le specifiche esigenze funzionali indicate nell’articolo 10-bis, comma 2, del D.L. 203/2005) di utilizzare temporaneamente il contingente di 30 unità attinto dal novero dei segretari comunali e provinciali in posizione di disponibilità, in servizio al 28 dicembre 2012 (data di entrata in vigore della L. 14/2012, di conversione del D.L. 216/2011) secondo le modalità del comma 3 del medesimo articolo 10-bis.

 

Si ricorda che i commi da 2 a 4 dell’articolo 10-bis del D.L. 203/2005,hanno stabilito che il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri si avvalga, per un periodo massimo di quattro anni (2006-2009) di un contingente di personale pari a 30 unità, attingendo al tal fine al novero dei segretari comunali e provinciali in posizione di disponibilità. Peraltro, non essendo state previste proroghe di tali disposizioni, l’utilizzo di tale personale avrebbe dovuto esaurirsi nel 2009.

La finalità della disposizione è quella di rafforzare talune attività di competenza del Dipartimento e in particolare quelle attinenti:

§  alla semplificazione delle norme e delle procedure amministrative;

§  al monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione alle imprese e ai cittadini;

§  alla gestione del personale in eccedenza di cui agli artt. 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001.

La disciplina relativa all'utilizzo del contingente di personale richiamato è stata emanata con il D.M. 7 agosto 2006.

 

Il comma 2 proroga al 31 dicembre 2016 le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2015 adottate, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in deroga alle percentuali del turn over indicate dalla legislazione vigente.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 91, della L. 228/2012 ha autorizzato, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le assunzioni in deroga alle percentuali del turn over indicate nell’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008 (vedi supra), che possono essere incrementate fino al 50% (in luogo del 20%) per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e al 70% (in luogo del 50%) nel 2015. Le suddette assunzioni sono autorizzate con DPCM, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nonché del Ministro responsabile dell'amministrazione che intende procedere alle assunzioni[8].

 

Tale deroga, originariamente prevista fino al 31 dicembre 2013, è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 2014 dall’articolo 1, comma 5, del D.L. 150/2013, e al 31 dicembre 2015 dall’articolo 1, comma 3, del D.L. 192/2014.

 

Il comma 3, lettera a), proroga al 31 dicembre 2016 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[9], e gli enti di ricerca in relazione alle cessazioni verificatesi nel 2013 (nonché per quelle verificatesi nel 2014 secondo quanto disposto dalla lettera in esame), previste dall'articolo 3, commi 1 e 2, del D.L. 90/2014 e dall'articolo 66, commi 9-bis e 13-bis del D.L. 112/2008 (per questi ultimi vedi supra).

Tale termine, originariamente previsto al 31 dicembre 2014, è stato già prorogato al 31 dicembre 2015 dall’articolo 1, comma 2, del D.L. 192/2014.

Laddove previste, quindi, le relative autorizzazioni ad assumere possono essere concesse entro il medesimo termine del 31 dicembre 2016.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del D.L. 90/2014 ha recato nuove disposizioni in materia di limitazioni al turn over nelle P.A.. In  particolare, il comma 1 ha confermato la percentuale di assunzioni effettuabili dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle agenzie, dagli enti pubblici non economici e degli anti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, in relazione alle cessazioni avvenute nell’anno precedente, seppur rapportandola alle spese per il solo personale di ruolo. Più precisamente, è stata confermata al 20% (per il 2014) il limite di spesa relativa al personale cessato nell’anno precedente in relazione al quale le richiamate pubbliche amministrazioni possano assumere personale a tempo indeterminato; tale percentuale viene poi aumentata al 40% per il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017, e al 100% a decorrere dal 2018. In sostanza, la disposizione in esame elimina (dal 2014) il vincolo alle assunzioni relativo alle percentuali di unità lavorative cessate nell’anno precedente (cd. limite capitario), mantenendo il solo criterio basato sui risparmi di spesa legati alla cessazioni di personale (peraltro con riferimento al solo personale di ruolo[10]) avvenute nell’anno precedente[11]. La nuova disciplina non si applica ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al comparto Scuola, per i quali viene espressamente fatta salva la (vigente) normativa di settore.

Il comma 2 ha previsto la facoltà, per gli enti di ricerca, la cui spesa per il personale di ruolo del singolo ente non superi l'80% delle proprie entrate correnti complessive (come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente), di procedere, per il biennio 2014-2015, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 50% di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente. Tale spesa viene aumentata al 60% nel 2016, all'80% nel 2017 e al 100% a decorrere dal 2018. Sostanzialmente, la norma in esame, confermando i limiti attuali al turn over degli enti di ricerca, modifica (restringendolo) l’ambito di applicazione dei medesimi limiti: analogamente a quanto disposto per le amministrazioni dello Stato, infatti, le percentuali sono calcolate in relazione alla spesa del solo personale a tempo indeterminato di ruolo cessato nell’anno precedente.

 

Il comma 3, lettera b), proroga ulteriormente al 31 dicembre 2016 le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2014 adottate, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in attuazione dell'articolo 1, comma 464, della L. 147/2013 (Stabilità 2014).

Si ricorda che la disposizione richiamata è già stata prorogata al 31 dicembre 2015 dall’articolo 1 comma 4, del D.L. 192/2014.

 

L’articolo 1, comma 464, della L. 147/2013 ha previsto l’effettuazione, nel 2014, di assunzioni aggiuntive nel Comparto Sicurezza e del Comparto Vigili del fuoco e soccorso pubblico in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente (art. 66, c. 9-bis, del D.L. 112/2008 e art. 1, c. 91, della L. 228/2012) al fine di incrementare l'efficienza dell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze del Comparto stesso. Tali assunzioni possono essere effettuate a condizione che il turn over complessivo relativo allo stesso anno non sia superiore al 55% (con un incremento quindi pari al 5% rispetto a quanto previsto dall’art. 1, c. 91, della L. 228/2012), e che il contingente complessivo di assunzioni sia corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 51,5 milioni di euro per il 2014 e a 126 milioni a decorrere dal 2015, con riserva di assunzione di 1.000 unità per la Polizia di Stato, 1.000 unità per l'Arma dei carabinieri e 600 unità per il Corpo della Guardia di Finanza[12]. A tal fine è stato istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione pari a 51,5 milioni di euro per il 2014 e a 126 milioni di euro a decorrere dal 2015[13].


 

Articolo 1, comma 3-bis
(Accesso alla qualifica di capo squadra e di
capo reparto dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 1, comma 3-bis, proroga dal 2014 a tutto il 2016 la disposizione che limita l'accesso con concorso alla qualifica di capo squadra del Corpo nazionale dei vigili del fuoco esclusivamente a chi già riveste la qualifica di vigile del fuoco coordinatore, tramite valutazione per soli titoli. Esso proroga altresì fino a tutto il 2016 la disposizione che limita l'accesso con concorso alla qualifica di capo reparto del medesimo Corpo esclusivamente ai capi squadra esperti con cinque anni di servizio effettivo nella qualifica, tramite valutazione per soli titoli.

Si tratta di una deroga alle procedure ordinarie di accesso alle due qualifiche introdotta, limitatamente al 2013, dall'articolo 3, commi 1 e 2, del D.L. 79/2012, e successivamente estesa al 2014 dal D.L. 150/2013. Il comma in esame novella tale disposizione prevedendo l'applicazione della deroga fino alla fine del 2016.

 

La procedura di accesso ordinaria ai ruoli del Corpo dei vigili del fuoco, compresa l’immissione nel ruolo dei capi squadra e dei capi reparto, è stabilita dal decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, recante il nuovo ordinamento del personale del Corpo, provvedimento con il quale il rapporto di impiego è stato profondamente innovato con il passaggio del Corpo dal regime privatistico a quello di diritto pubblico.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 217/2005 ha istituito i seguenti ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che espleta funzioni tecnico-operative (art. 1):

§  ruolo dei vigili del fuoco;

§  ruolo dei capi squadra e dei capi reparto;

§  ruolo degli ispettori e dei sostituti direttori antincendi.

Ciascun ruolo è articolato in più qualifiche; il ruolo dei vigili del fuoco (art. 3) è suddiviso in quattro qualifiche:

§  vigile del fuoco;

§  vigile del fuoco qualificato;

§  vigile del fuoco esperto;

§  vigile del fuoco coordinatore.

Anche il ruolo dei capi squadra e dei capi reparto è suddiviso in quattro qualifiche (art. 10), ossia:

§  capo squadra;

§  capo squadra esperto;

§  capo reparto;

§  capo reparto esperto.

 

L'accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei capi squadra e dei capi reparto, ossia alla qualifica di capo squadra, è disciplinata dall’articolo 12 del decreto legislativo 217/2005 che prevede due canali:

§  nel limite del sessanta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli, riservato al personale con la qualifica di vigile del fuoco coordinatore (art. 12, comma 1, lett. a);

§  nel limite del restante quaranta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli ed esame scritto a contenuto tecnico-pratico riservato a tutto il personale del ruolo dei vigili del fuoco (non solamente a quelli inquadrati nella qualifica di coordinatore) con sei anni di effettivo servizio nel ruolo medesimo e che abbia frequentato con profitto i corsi di aggiornamento professionale prescritti (art. 12, comma 1, lett. b).

In entrambi i casi è previsto anche il superamento di un corso di formazione professionale, della durata non inferiore a tre mesi.

 

Il passaggio alla qualifica di capo reparto (art. 16 del D.Lgs. 217/2005) avviene in maniera analoga:

§  nel limite del sessanta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli e superamento del corso di formazione professionale, al quale sono ammessi i capi squadra esperti con cinque anni di servizio effettivo nella qualifica (art. 16, comma 1, lett. a);

§  nel limite del restante quaranta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, mediante concorso interno per titoli ed esame scritto a contenuto tecnico-pratico e successivo corso di formazione professionale riservato a tutto il personale appartenente al ruolo dei capi squadra e dei capi reparto con quattro anni di servizio e frequenza dei corsi di aggiornamento professionale (art. 16, comma 1, lett. b).

 

In deroga a questa procedura, e in via temporanea, è intervenuto, come anticipato, il decreto-legge 79/2012 (art. 3: comma 1, per i capi squadra; comma 2, per i capi reparto).

Nel dettaglio, l’articolo 3, comma 1, introduce una deroga alla disciplina ordinaria, prevedendo che per l’accesso alle qualifiche di capo squadra, relativamente alla copertura dei posti disponibili per ciascuno degli anni dal 2008 al 2013, si applichi esclusivamente la procedura concorsuale di accesso attraverso la valutazione dei soli titoli riservata al personale con la qualifica di vigile del fuoco coordinatore, disciplinata dall’art. 12, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 217/2005.

Analogamente, l’articolo 3, comma 2, introduce una deroga alla disciplina ordinaria per l’accesso alle qualifiche di capo reparto, relativamente alla copertura dei posti disponibili per ciascuno degli anni dal 2006 al 2013, prevedendo che si applichi esclusivamente la procedura concorsuale di accesso attraverso la valutazione dei soli titoli riservata ai capi squadra esperti con cinque anni di servizio, disciplinata dall’art. 12, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n.217/2005.

In entrambi i casi si prevede, inoltre, sia il differimento temporale della decorrenza giuridica dei posti messi a concorso all’anno successivo a quello in cui si è verificata la disponibilità, sia il differimento della decorrenza economica, al giorno successivo alla data di conclusione del corso di formazione.

 

Come accennato, il D.L. 150/2013 ha esteso le due deroghe anche al 2014 e il comma in esame le proroga di ulteriori due anni (fino al 2016).


 

Articolo 1, comma 4
(Sospensione del reclutamento di dirigenti pubblici di prima fascia)

 

 

L’articolo 1, comma 4, proroga al 31 dicembre 2016 la previsione (di cui all’art. 2, comma 15, del D.L. 95/2012) che dispone la sospensione delle modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia disciplinate dall'articolo 28-bis del D.Lgs. 165/2001 (concorso pubblico per titoli ed esami per il 50 per cento dei posti) fino alla conclusione dei processi di riorganizzazione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2015).

La norma in esame specifica che la proroga avviene “nelle more dell’adozione dei decreti legislativi attuativi dell’articolo 11 della legge 124/2015”, di riforma della disciplina della dirigenza pubblica.

 

L’articolo 2, comma 15, del D.L. 95/2012 – oggetto di proroga da parte del comma in esame – ha sospeso le modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia disciplinate dall'articolo 28-bis del D.Lgs. 165/2001 fino alla conclusione dei processi di riorganizzazione derivanti dalla riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato, di cui al medesimo articolo 2 e comunque, in base al testo vigente prima dell’entrata in vigore della disposizione in commento, non oltre il 31 dicembre 2015.

 

L’articolo 2 del D.L. 95/2012 ha disposto la riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

Per quanto riguarda gli uffici dirigenziali, di livello generale e di livello non generale e le relative dotazioni organiche l’entità della riduzione è stabilita in misura non inferiore al 20 per cento di quelli esistenti, (art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 95/2012).

Entro sei mesi dall’adozione del provvedimento di riduzione le amministrazioni interessate adottano regolamenti di organizzazione, secondo i rispettivi ordinamenti, applicando misure volte al raggiungimento dei seguenti obiettivi: concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali, attraverso il riordino delle competenze degli uffici eliminando eventuali duplicazioni; riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo; rideterminazione della rete periferica su base regionale o interregionale; unificazione, anche in sede periferica, delle strutture che svolgono funzioni logistiche e strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni; conclusione di appositi accordi tra amministrazioni per l'esercizio unitario delle sopradette funzioni, ricorrendo anche a strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica e all'utilizzo congiunto delle risorse umane; tendenziale eliminazione degli incarichi di consulenza per i dirigenti di cui all'art. 19, comma 10, D.Lgs. 165/2001, ossia di quelli non titolari di uffici dirigenziali (art. 2, comma 10, D.L. 95/2012).

 

La disposizione oggetto di proroga dispone dunque la sospensione delle modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia disciplinate dall'articolo 28-bis del D.Lgs. 165/2001.

 

Ai sensi dell’art. 28-bis del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dal D.Lgs. 150/2009), l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia avviene, per il 50 per cento dei posti, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni, sulla base di criteri generali stabiliti con DPCM, previo parere della Scuola nazionale della amministrazione. Al concorso sono ammessi i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, che hanno maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e professionali individuati nei bandi di concorso. I vincitori del concorso sono assunti dall'amministrazione e, anteriormente al conferimento dell'incarico, sono tenuti all'espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale.

In base all’art. 23 del D.Lgs. 165/2001 l’acceso alla qualifica di dirigente di prima fascia può avvenire altresì a seguito del transito dei dirigenti della seconda fascia, qualora questi ultimi abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale, nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilità di posto utile, tenuto conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parità di data di maturazione, della maggiore anzianità nella qualifica dirigenziale.

 

La disposizione in commento fa espresso riferimento all’attuazione della delega legislativa di cui all’articolo 11 della L. 124/2015 volta alla revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, da adottare, sulla base dei principi e criteri direttivi ivi indicati, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi, entro il 28 agosto 2016). Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge (A.C. 3513), la proroga è stata ritenuta necessaria per evitare che, “mentre il Governo sta realizzando la riforma della dirigenza, secondo la legge di delega n. 124 del 2015, si introducano ancora figure dirigenziali di prima fascia secondo un regime che sarà presto superato con la piena attuazione della medesima legge”.

 

Si ricorda che tra i criteri e principi di delega recati dal citato art. 11 della legge 124/2015, di riforma della dirigenza pubblica, sono previsti in particolare: l’istituzione di un sistema unico della dirigenza pubblica che si articola in tre ruoli (dirigenza statale, regionale e locale); il superamento della distinzione dei dirigenti di prima e di seconda fascia; disposizioni che contemplano - per il conferimento degli incarichi relativi ad uffici di vertice e per gli incarichi corrispondenti ad uffici di livello dirigenziale generale - la previsione di una preselezione da parte delle commissioni, rispettivamente, per la dirigenza statale, regionale o locale, di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti.


 

Articolo 1, comma 4-bis
(Programmazione triennale del personale universitario)

 

 

Il comma 4-bis dell’articolo 1 differisce al 30 aprile 2016 il termine – fissato entro i sei mesi precedenti la scadenza di ciascun triennio – per l’emanazione del D.P.C.M. con il quale devono essere stabiliti gli indirizzi per la programmazione del reclutamento del personale universitario per il triennio 2016-2018.

 

L’art. 4, co. 1 e 2, del D.Lgs. 49/2012, come modificato, in particolare, dall’art. 1, co. 347, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), ha previsto la predisposizione, da parte di ciascuna università, di piani triennali per la programmazione del reclutamento del personale docente, ricercatore, dirigente e tecnico-amministrativo, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, a tempo indeterminato e determinato, indicando gli indirizzi da seguire per il primo triennio successivo alla sua entrata in vigore (2013-2015) e, in parte, per gli anni 2016 e 2017.

Il comma 5 ha previsto che, entro i sei mesi precedenti la scadenza di ciascun triennio, con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono stabiliti gli indirizzi della programmazione relativi al triennio successivo, anche tenendo conto degli indirizzi fissati per il primo triennio.

In particolare, gli indirizzi per il triennio 2013-2015 concernevano:

§  la realizzazione di una composizione dell'organico dei professori in modo che la percentuale dei professori di I fascia fosse contenuta entro il 50% dei professori di I e II fascia;

§  il mantenimento di un equilibrato rapporto tra l'organico del personale dirigente e tecnico-amministrativo a tempo indeterminato, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, e il personale docente e ricercatore, entro valori di riferimento da definire con decreto del Ministro, tenendo conto delle dimensioni, dell'andamento del turn over e delle peculiarità scientifiche e organizzative dell'ateneo. Questa previsione è stata poi abrogata dall’art. 2, co. 1, e dall’all. 1 al d.lgs. 10/2016, a decorrere dal 29 gennaio 2016;

§  il reclutamento di un numero di ricercatori di “tipo b” (v. infra, scheda art. 1, co. 10-sexies-10-octies), in modo da assicurare un'adeguata possibilità di consolidamento e sostenibilità dell'organico dei professori; in ogni caso, per gli atenei con una percentuale di professori di I fascia superiore al 30% del totale dei professori, il numero dei ricercatori “di tipo b”, non poteva essere inferiore a quello dei professori di I fascia reclutati nel medesimo periodo, nei limiti delle risorse disponibili.

 

Per la sola programmazione delle annualità 2015, 2016 e 2017, inoltre, si è stabilito che – in deroga all’ultima previsione richiamata – il numero dei ricercatori “di tipo b” non potesse essere inferiore alla metà di quello dei professori di prima fascia reclutati nel medesimo periodo, nei limiti delle risorse disponibili.


 

Articolo 1, comma 5
(Personale in posizione di comando o fuori ruolo dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 1, comma 5, proroga per il 2016 la deroga contenuta all’articolo 1, comma 6-septies, del D.L. 300/2006 (conv. L. 17/2007). Tale deroga consiste nella previsione che, nei confronti del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, gli uffici di diretta collaborazione dei ministri e gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri:

§  si continui ad applicare l'articolo 57 del DPR 3/1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), secondo cui la spesa per il personale comandato e (ai sensi del successivo art. 59) fuori ruolo presso altra amministrazione statale resta (nei limiti delle risorse disponibili) a carico dell'amministrazione di appartenenza e non dell’amministrazione di destinazione (come previsto per i vigili del fuoco dal D.Lgs. 217/2005, art. 133, comma 3);

§  non operi il limite di 5 unità di personale di livello dirigenziale del Corpo dei vigili del fuoco che può essere collocato in posizione di comando o fuori ruolo contemporaneamente (art. 133, comma 1, ultimo periodo, D.Lgs. 217/2005).

 

Il richiamato termine, originariamente fissato al 31 dicembre 2011 dall’articolo 1, comma 6-septies, del D.L. 300/2006, è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 15, comma 2, del D.L. 216/2011 e, successivamente, al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, commi 388 e 394, della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013), che contestualmente ha attribuito ad uno o più D.P.C.M. la possibilità di stabilire un’ulteriore proroga. In attuazione della citata previsione è stato adottato il D.P.C.M. 26 giugno 2013, che ha prorogato al 31 dicembre 2013 il suddetto termine (art. 1, comma 1, lett. a). Il termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2014 dall’art. 1, comma 2, del D.L. 150/2013 e al 31 dicembre 2015 dall’art. 1, comma 10, del D.L. 192/2014.

 

Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato in generale dall’articolo 56 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio. Successivamente l’articolo 133, comma 3, del D.Lgs. 217/2005 ha disposto che il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativi al personale dei vigili del fuoco collocato in posizione di comando o fuori ruolo sono a carico dell'amministrazione di destinazione.

 

L’articolo 1, comma 6-septies, del D.L. 300/2006 ha disposto che fino al 31 dicembre 2011 (termine come si è detto prorogato più volte), nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco continui ad applicarsi l’articolo 57 del citato Testo unico, secondo cui la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza e non si applichi invece quanto previsto dal citato articolo 133, comma 3, del D.Lgs. 217/2005, nonché il limite di 5 unità di personale di livello dirigenziale che può essere collocato in posizione di comando o fuori ruolo contemporaneamente, come previsto dall’art. 133, comma 1, del D.Lgs. 217/2005.

 

Per quanto concerne il collocamento fuori ruolo, questo, a differenza del comando e del distacco, pone l’impiegato fuori dai quadri organici dell’amministrazione di appartenenza. Nel collocamento fuori ruolo si ha l’utilizzazione dell’impiegato presso altra amministrazione, con conseguente interruzione del preesistente rapporto d’impiego, così che il posto rimasto vacante può essere ricoperto da un altro titolare. Nel nostro ordinamento l’istituto è regolamentato dagli articoli 58 e 59 del richiamato DPR 3/1957.

Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell'amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell'amministrazione stessa. In particolare, l’articolo 58 dispone che l'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene; nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo. Al collocamento fuori ruolo si provvede con decreto dei ministri competenti di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, sentito l'impiegato. Il successivo articolo 59 stabilisce che all'impiegato collocato fuori ruolo si applicano le norme dell'articolo 57, che precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio. Inoltre, l'impiegato collocato fuori ruolo che consegue la promozione o la nomina a qualifica superiore rientra in organico andando ad occupare, secondo l'ordine della graduatoria dei promossi o dei nominati, un posto di ruolo.

 

L'ulteriore proroga, disposta dalla disposizione in esame, trova fondamento – secondo quanto si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione – “nella persistenza dell'oggettivo interesse alla proficua e utile collaborazione tra amministrazioni, finora positivamente sperimentata”.


 

Articolo 1, commi 6 e 7
(Accesso alla
dirigenza della Polizia di Stato)

 

 

Il comma 6 proroga al 31 dicembre 2016 il termine a partire dal quale la promozione a dirigente superiore della Polizia di Stato verrà subordinata alla frequenza con profitto di un corso di aggiornamento di cui all’art. 57, comma 3 del D.Lgs. 334/2000, concernente l’aggiornamento professionale del personale direttivo e dirigenziale della Polizia di Stato.

Il comma 7 proroga al 31 dicembre 2016 l’applicazione del medesimo obbligo per l’accesso alla qualifica di primo dirigente.

 

In attuazione della delega legislativa di cui all’articolo 5, comma 1, della L. 78/2000, finalizzata alla revisione dell'ordinamento del personale della Polizia di Stato, il Governo ha adottato il D.Lgs. 334/2000, sul riordino del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato. Il decreto legislativo è suddiviso in sei titoli, riguardanti rispettivamente:

§  il riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia;

§  il riordino dei ruoli dei direttori e dei dirigenti del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica;

§  il riordino dei ruoli dei direttivi e dei dirigenti medici della Polizia di Stato;

§  le disposizioni comuni a tutto il personale direttivo e dirigente;

§  il capo della polizia;

§  una serie di disposizioni finali.

 

Per quanto riguarda le qualifiche interessate dalla disposizione in esame (art. 1, D.Lgs. n. 334/2000), si ricorda che il ruolo dei dirigenti della Polizia di Stato è articolato come segue:

§  primo dirigente;

§  dirigente superiore;

§  dirigente generale di pubblica sicurezza.

Tra le disposizioni comuni riferite a tutto il personale direttivo e dirigente, vi sono quelle relative alla formazione e aggiornamento professionale (art. 57).

 

L’articolo 57, comma 1, del D.Lgs. 334/2000, stabilisce che il Dipartimento della pubblica sicurezza, oltre ai corsi per la formazione iniziale, per quella specialistica e di aggiornamento professionale, organizzi dei corsi collegati alla progressione in carriera per gli appartenenti ai ruoli direttivi e per i primi dirigenti. Come indicato dal comma 3, la frequenza del corso di aggiornamento per gli appartenenti ai ruoli direttivi costituisce un requisito necessario per poter accedere agli scrutini per la promozione alla qualifica di vice questore aggiunto del ruolo direttivo speciale, mentre il corso di aggiornamento per i primi dirigenti è requisito necessario per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente e alla promozione a dirigente superiore.

Secondo quanto originariamente disposto dal comma 5 dell’art. 57 tali disposizioni si sarebbero dovute applicare alle promozioni da conferire con decorrenza successiva al 31 dicembre 2005.

Il termine indicato è stato oggetto di successive proroghe, che hanno riguardato, in una prima fase, l’intera previsione del comma 5 dell’art. 57 e, in un secondo momento, solo talune qualifiche.

 

Dapprima, l’articolo 3-quinquies del D.L. 220/2004 (conv. L. 257/2004) ha disposto che il termine di cui all'art. 57, comma 5, del D.Lgs. 334/2000, fosse prorogato al 31 dicembre 2007.

Successivamente, l’art. 1, co. 4-bis, del D.L. 300/2006 (conv. L. 17/2007) ha disposto una proroga limitatamente agli scrutini per la promozione a dirigente superiore, stabilendo che le disposizioni in materia di corsi di aggiornamento collegati alla progressione in carriera, si applichino alle promozioni da conferire con decorrenza successiva al 31 dicembre 2010.

Tale termine è stato a sua volta prorogato, dapprima, al 31 dicembre 2012 con il comma 7 dell'art. 3, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (conv. L. 25/2010) e, da ultimo, al 31 dicembre 2015, con comma 6-quater dell'art. 2, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione (L. 10/2011).

Lo stesso decreto-legge n. 225/2010 (art. 2, comma 6-quinquies) è intervenuto altresì in deroga a quanto previsto dall’articolo 57, comma 5, del D.Lgs. n. 334/2000, limitatamente agli scrutini per l’ammissione al corso di formazione per l'accesso alla qualifica di primo dirigente della Polizia di Stato, rinviando l’applicazione della disposizione che obbliga la frequenza con profitto dei corsi di aggiornamento successivamente al 31 dicembre 2015.

 

Rispetto al descritto quadro normativo, il comma 6 dell’articolo 1 del decreto-legge in esame interviene con una novella al citato art. 1, co. 4-bis, del D.L. 300/2006 e posticipa quindi ulteriormente la decorrenza della disciplina sull’obbligatorietà dei corsi di aggiornamento alle promozioni a dirigente superiore da conferire successivamente al 31 dicembre 2016.

Il comma 7, con una novella al citato art. 2, co. 6-quinquies, D.L. 225/2010, posticipa alla medesima data l’obbligatorietà del corso di aggiornamento agli scrutini per l'ammissione al corso di formazione per l'accesso alla qualifica di primo dirigente.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge (A.C. 3513), l’intervento appare urgente a fronte delle difficoltà di far frequentare a tutti gli interessati i corsi nei termini previsti, anche in considerazione delle necessità connesse agli impegni assunti per il Giubileo, che richiedono un maggior impiego di personale anche appartenente ai ruoli direttivo e dirigenziale.


 

Articolo 1, commi 7-bis-7-quinquies
(Decorazioni al valore militare)

 

 

L'articolo 1, comma 7-bis, riapre i termini, fino al 25 aprile 2016, per la presentazione delle domande volte al riconoscimento del valor militare per i caduti, per i comuni e per le province di cui all'articolo 12 del decreto luogotenenziale n. 518 del 1945. A loro volta i successivi commi 7-ter, 7-quater e 7-quinquies definiscono la procedura relativa alla presentazione delle domande volte al riconoscimento di cui al precedente comma 7-bis e specificano che Il riconoscimento delle qualifiche di partigiano ha effetti solo ai fini delle ricompense al valore senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

Articolo 1, comma 8
(Riduzione dei quadri per i ruoli speciale e
tecnico-logistico dei Carabinieri)

 

 

L’articolo 1, comma 8, interviene sull’articolo 2223 del Codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 al fine di prorogare di un anno (dal 2015 al 2016) il regime transitorio concernente il collocamento in aspettativa per riduzione quadri per i gradi di colonnello e generale dell’Arma dei Carabinieri dei ruoli speciale e tecnico-logistico.

 

In relazione alla disposizione in esame si ricorda che ai sensi dell’articolo 2223 del Codice dell’ordinamento militare fino al 2015 (ora 2016), nel caso di eccedenze nei gradi di colonnello o di generale dei ruoli speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei carabinieri il collocamento in aspettativa per riduzione dei quadri è possibile soltanto nel caso in cui l’eccedenza non possa essere compensata da vacanze nelle dotazioni complessive del medesimo grado dai vari ruoli degli ufficiali.

Trascorso, quindi, il richiamato periodo transitorio trova applicazione l’articolo 907 del Codice che non contempla per il futuro la richiamata possibilità di compensazione delle eccedenze tra i diversi ruoli normale, speciale e tecnico-logistico degli ufficiali dell’Arma dei carabinieri.

La relazione illustrativa allegata al decreto legge giustifica la proroga in esame in considerazione del fatto che a fronte di una limitata e temporanea eccedenza nel grado di colonnello nei ruoli speciali si riscontra una parallela carenza nello stesso grado del ruolo normale e pertanto in assenza della proroga, “si sottrarrebbero dal servizio attivo privilegiate risorse umane necessarie a garantire l’efficienza dell’amministrazione”.


 

Articolo 1, commi 9 e 9-bis
(Contratti di lavoro a tempo determinato delle province)

 

 

L’articolo 1, comma 9, dispone che le province e le città metropolitane, per comprovate necessità, possono prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato fino al 31 dicembre 2016 (in luogo del 31 dicembre 2015, come previsto dall’art. 1, comma 6, del D.L. 192/2014, che aveva già prorogato il termine originario del 31 dicembre 2014, previsto dall’art. 4, comma 9, del D.L. 101/2013).

La medesima proroga al 31 dicembre 2016 (in luogo del 31 dicembre 2015, termine originariamente previsto dall’art. 1, comma 7, del D.L. 78/2015) è riconosciuta anche alle province che non rispettino il patto di stabilità interno dell’anno 2015 (comma 9-bis).

Come specificato nella relazione illustrativa, la suddetta proroga è volta a consentire alle città metropolitane e alle province di proseguire i rapporti di lavoro del personale interessato al fine di garantire il livello dei servizi, in considerazione del fatto che le predette amministrazioni sono attualmente destinatarie di un blocco generalizzato delle assunzioni a tempo indeterminato.

Si ricorda che l’articolo 4, comma 9, terzo periodo, del D.L. n. 101/2013, ha previsto che le province, fermo restando il divieto posto dalla normativa vigente di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, possono procedere alla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato del personale delle province che, alla data di entrata in vigore del richiamato D.L. 101/2013, avesse maturato tre anni di anzianità con contratto di lavoro a tempo determinato, per necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente (in particolare dall’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010[14]), del patto di stabilità interno e delle norme in materia di contenimento della spesa complessiva di personale.

L’articolo 1, comma 7, del D.L. 78/2015 ha poi stabilito che le province e città metropolitane, in deroga a quanto previsto dal citato articolo 4, comma 9, terzo periodo, del D.L. n. 101/2013, possono stipulare contratti di lavoro a tempo determinato (entro la data del 31 dicembre 2015) anche nel caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno per l'anno 2014, alle medesime finalità e condizioni previsti, a condizione che venga garantito l'equilibrio di parte corrente nel periodo interessato dai contratti stessi.


 

Articolo 1, comma 9-ter
(Elezioni dei Presidenti di provincia e dei consigli provinciali)

 

 

L’articolo 1 comma 9-ter alla lettera a), modifica il termine per le prime elezioni dei Presidenti di provincia e dei consigli provinciali successive a quelle del 2014, posticipandolo da 30 a 90 giorni dalla scadenza naturale del mandato o dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali (L. 56/2014, art. 1, comma 79). La lettera b) prevede l'applicazione anche in caso di elezioni successive al 2014 della disposizione in base alla quale alla scadenza naturale dei consigli provinciali, il presidente della provincia, assumendo anche le funzioni del consiglio provinciale, e la giunta provinciale restano in carica a titolo gratuito per l'ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti e indifferibili, fino all'insediamento del nuovo presidente della provincia (L. 56/2014, art. 1, comma 82).

 

La legge Delrio reca una disciplina per il riordino delle province, adottata in attesa della riforma costituzionale del Titolo V, e delle relative norme di attuazione, che prevede la soppressione del riferimento alle province nel testo costituzionale (A.C. 2613-D).

Per quanto riguarda la formazione degli organi provinciali, il nuovo sistema stabilisce che l’elezione del presidente della provincia è di secondo grado, essendo eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia. Hanno elettorato passivo i sindaci della provincia il cui mandato non scada prima di 18 mesi dalla data delle elezioni. Il voto è ponderato e ciascun elettore vota per un solo candidato. Il presidente della provincia dura in carica 4 anni e decade in caso di cessazione dalla carica di sindaco (commi 58-65, art. 1 L. 56/2014).

Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente. Per il consiglio provinciale hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia. La durata del consiglio provinciale è più breve di quella del presidente della provincia, in quanto il consiglio resta in carica due anni.

In sede di prima applicazione (in cui sono eleggibili anche i consiglieri provinciali uscenti) il comma 79 dell’art. 1 L. 56/2014 prevede che l’elezione è indetta:

·      entro il 30 settembre 2014 per le province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014 (lett. a);

·      entro trenta giorni (termine portato a 90 giorni dalla disposizione in esame) dalla scadenza per fine mandato o dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali, qualora tali eventi si verifichino dal 2015 in poi (lett. b).

Il comma 82 prevede che il presidente della provincia in carica ovvero, qualora la provincia sia commissariata, il commissario, restano in carica a titolo gratuito per l'ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti e indifferibili, fino all'insediamento del presidente della provincia eletto. Nella formulazione originaria, la prorogatio del presidente della provincia riguardava esclusivamente le province i cui organi fossero scaduti per fine mandato nel 2014 (lett. a) del comma 79), mentre la disposizione in esame ha esteso l’applicazione della norma anche per gli scioglimenti successivi (lett. b) del comma 79).

Articolo 1, comma 9-quater
(Contratti di co.co.co. nelle province)

 

 

Il comma 9-quater dell’articolo 1 prevede che la facoltà, per le province, di prorogare al 31 dicembre 2016 i contratti di lavoro a tempo determinato (di cui all’articolo 4, comma 9, terzo periodo del D.L. 101/2013) per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi (nel rispetto di specifici vincoli finanziari, del patto di stabilità interno e della normativa vigente di contenimento della spesa complessiva di personale) operi anche per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto.

 


 

Articolo 1, comma 10
(Stabilizzazione di personale dei comuni della regione Calabria)

 

 

L’articolo 1, comma 10, per consentire la prosecuzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato già sottoscritti, prevede l’utilizzo da parte della regione Calabria di propri fondi per la stabilizzazione di personale cui sono interessati i comuni della regione stessa, con disapplicazione della sanzione in caso di mancato rispetto, anche per l’anno 2015 (non solo per l’anno 2014, come previsto dalla normativa previgente), del patto di stabilità interno e dell'indicatore dei tempi medi nei pagamenti.

Si ricorda che l’articolo 16-quater del D.L. 78/2015 ha esteso ai comuni della Calabria interessati da procedure di stabilizzazione di lavoratori socialmente utili le deroghe già previste, per i medesimi lavoratori, dall’articolo 1, comma 207, della L. 147/2013, anche nel caso di utilizzazione di finanziamenti regionali e, a determinate condizioni, di mancato rispetto del patto di stabilità interno per il 2014.

Più nel dettaglio, le predette procedure di stabilizzazione, con contratto a tempo determinato, possono avvenire:

§  anche nel caso di utilizzazione di finanziamenti regionali, in deroga alla normativa vigente richiamata dall’articolo 1, comma 207, della L. 147/2013[15] e, fermo restando il rispetto del patto di stabilità interno e dell’indicatore dei tempi medi di pagamento, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 23 del D.Lgs. 81/2015, che introduce un "tetto" all'utilizzo del contratto a tempo determinato (stabilendo che, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione) e dall’articolo 259, comma 6, del D.Lgs. 267/2000 che disciplina la riduzione delle dotazioni organiche degli enti locali dissestati (disponendo che l’ente locale ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione);

§  nel caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno per l’anno 2014, solo per consentire la prosecuzione (a valere sui finanziamenti regionali) dei rapporti di lavoro a tempo determinato sottoscritti ai sensi del citato articolo 1, comma 207, della L. 147/2013 e finanziati con le risorse di cui all’articolo 1, comma 1156, lett. g-bis), della L. 296/2006 (che ha disposto lo stanziamento, a decorrere dall’anno 2008, di un ulteriore contributo, pari a 50 milioni di euro, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili nonché per iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro), viene disapplicata la sanzione di cui all’articolo 31, comma 26, lettera d), della L. n. 183/2011, che vieta agli enti che hanno violato il patto di stabilità interno di assumere o stabilizzare personale a qualsiasi titolo, nonché di stipulare contratti di servizio “elusivi” con soggetti privati.

Si prevede, inoltre, che la Calabria disponga con propria legge regionale la copertura finanziaria a carico del bilancio regionale e assicuri la compatibilità dell’intervento con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica.

 


 

Articolo 1, comma 10-bis
(Graduatorie ad esaurimento e di istituto del personale docente)

 

 

Il comma 10-bis dell’articolo 1 letteralmente stabilisce che “il termine per l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente (GaE), già aggiornate per il triennio 2014/2017, “è prorogato“ – per il triennio successivo – all’anno scolastico 2018/2019”. Dispone, inoltre, che “conseguentemente” la prima fascia delle graduatorie di istituto del medesimo personale è aggiornata a decorrere dall’a.s. 2019/2020.

 

Al riguardo, è utile ricordare, preliminarmente, che la prima fascia delle graduatorie di istituto, utilizzate per il conferimento delle supplenze, comprende i docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento per il medesimo posto o classe di concorso.

Conseguentemente, i termini di validità delle graduatorie ad esaurimento e delle graduatorie di istituto sono stati finora sempre allineati.

In particolare, ai sensi dell’art. 1, co. 4, del D.L. 97/2004 (L. 143/2004), l’aggiornamento delle GaE e delle graduatorie di istituto è effettuato con cadenza triennale.

L’ultimo aggiornamento è stato effettuato, per il triennio scolastico 2014/2015, 2015/2016 e 2016/2017, per le GAE con D.M n. 235 del 1 aprile 2014 e, per le graduatorie di istituto, con DM n. 353 del 22 maggio 2014.

 

Sulla base del quadro normativo esposto, sembrerebbe, dunque, che con il comma 10-bis si sia inteso prorogare (dall’a.s. 2016/2017) all’a.s. 2018/2019 la “validità sia delle graduatorie ad esaurimento, sia delle graduatorie di istituto – limitatamente, per queste ultime, alla prima fascia –, attualmente valide.

Si tratta, dunque, di una deroga alla previsione recata dal richiamato art. 1, co. 4, del D.L. 97/2004 (sulla base della quale, solo con l’aggiornamento triennale è possibile, tra l’altro, per quanti vi sono inclusi, aggiornare il proprio punteggio o chiedere il trasferimento in altra provincia).

La previsione sembrerebbe sia stata finalizzata a facilitare (senza novità di spostamenti di province o aggiornamenti di punteggio) la pianificazione dei posti da bandire nel concorso previsto dall’art. 1, co. 114, della L. 107/2015, le cui assunzioni dovrebbero avvenire negli aa.ss. 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019.

Infatti, da un lato, in base all’art. 1, co. 109, lett. c), della medesima L. 107/2015, per le assunzioni si procede, fino a totale scorrimento delle GaE, per il 50% dei posti attingendo dalle stesse e, per l’altro 50% attingendo da graduatorie di concorsi per titoli ed esami; dall’altro, in base al co. 114 citato, il concorso è bandito per la copertura dei (soli) posti vacanti e disponibili nell'organico, nonché per i posti che si renderanno tali nel triennio in questione.

 

Si ricorda, altresì, che l’art. 1, co. 113, lett. a) ed i) della stessa L. 107/2015 ha disposto che nei concorsi per l’accesso alla docenza - che sono indetti con cadenza triennale, e le cui graduatorie hanno validità triennale a decorrere dall'a.s. successivo a quello dell’approvazione - conseguono la nomina i candidati dichiarati vincitori che si collocano in una posizione utile in relazione al numero delle cattedre o dei posti messi a concorso (e non più dei posti “disponibili”, come precedentemente previsto).

 

Il 26 febbraio 2016 sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale, n. 16, tre bandi di concorso per titoli ed esami (per complessivi 63.712 posti, di cui 57.611 comuni e 6.101 di sostegno) finalizzati, rispettivamente, al reclutamento di personale docente per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia e primaria, per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado e per posti di sostegno dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado.

In particolare, i posti sono così ripartiti per grado di istruzione: infanzia 7.237 (6.933 comuni e 304 di sostegno); primaria 21.098 (17.299 comuni e 3.799 di sostegno); secondaria di I grado 16.616 (15.641 comuni e 975 di sostegno); secondaria di II grado 18.255 (17.232 comuni e 1.023 di sostegno).

Per tutte e tre le procedure il termine per la presentazione delle domande è stato fissato al 30 marzo 2016. I bandi fanno riferimento alle nuove classi di concorso definite con DPR 19/2016 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 22 febbraio 2016).

Con comunicato stampa del 30 marzo 2016, il MIUR ha reso noto che sono pervenute 165.578 domande di partecipazione, di cui 97.719 per il bando relativo a scuola dell'infanzia e scuola primaria, 58.254 per il bando relativo a scuola secondaria di I e II grado, 9.605 per il bando relativo a posti di sostegno. L'85,2% delle domande è stato inoltrato da donne. L'età media generale è 38,6 anni.

 

Per l’aggiornamento delle graduatorie di istituto relativamente alla seconda e alla terza fascia, il medesimo comma 10-bis dispone, invece, che rimane ferma la previsione di aggiornamento triennale.

 


 

Articolo 1, comma 10-ter
(Diplomi rilasciati dalle Istituzioni dell’alta formazione e specializzazione artistica e musicale)

 

 

Il comma 10-ter dell’articolo 1 differisce al 31 dicembre 2017 il termine entro cui i diplomi finali delle Istituzioni dell’alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM), rilasciati all’esito dei percorsi formativi dell’ordinamento previgente alla L. 508/1999, devono essere conseguiti ai fini dell’equipollenza ai diplomi accademici di secondo livello, rilasciati dalle stesse Istituzioni in base alla normativa vigente.

A tal fine, introduce nell’art. 1 della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), dopo il comma 107, che ha sancito l’equipollenza suddetta purché i diplomi fossero stati conseguiti prima della data della sua entrata in vigore, il nuovo comma 107-bis.

È, pertanto, finalizzata a risolvere la situazione determinata dalla circostanza che – come evidenziato dal rappresentante del Governo il 22 gennaio 2015, nella risposta all’interrogazione 5-03705 – corsi del vecchio ordinamento hanno continuato a funzionare, sia pure ad esaurimento, anche dopo l'entrata in vigore della citata legge di stabilità 2013.

 

Si ricorda, peraltro, che il citato comma 107 prevede che l’equipollenza sia sancita secondo una tabella di corrispondenza determinata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che non risulta finora intervenuto.

Per completezza, si ricorda, altresì che, in precedenza, ai sensi dell’art. 4, co. 3 e 3-bis, della L. 508/1999, come sostituito dall’art. 6 del D.L. 212/2002 (L. 268/2002), i diplomi rilasciati in base all’ordinamento previgente alla L. 508/1999 sono stati equiparati - ai fini dell’accesso ai pubblici concorsi - alle lauree cui al DM 509/1999 (dunque, ai titoli di studio universitari di “primo livello”) e che i possessori di tali diplomi potevano essere ammessi, purché in possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado, ai corsi di diploma accademico di secondo livello.

Pertanto, con le disposizioni introdotte dalla L. 228/2012 si è determinata una differente condizione tra i soggetti possessori di un diploma rilasciato in base all’ordinamento previgente che, per conseguire un titolo di secondo livello, hanno frequentato uno specifico corso accademico, e i soggetti che - sempre in possesso del diploma rilasciato in base all’ordinamento previgente -, hanno visto riconosciuto il proprio titolo di studio come equipollente al diploma accademico di secondo livello in via legislativa.


 

Articolo 1, comma 10-quater
(Contratti di lavoro nelle zone terremotate dell’Umbria)

 

 

Il comma 10-quater dell’articolo 1, integrando l’articolo 14, comma 14, del D.L. 6/1998 (che ha disciplinato specifici interventi urgenti in favore delle zone terremotate delle regioni Marche e Umbria e di altre zone colpite da eventi calamitosi), autorizza, per il triennio 2016-2018, la regione Umbria e i relativi comuni coinvolti (al fine di prorogare le attività tecnico-amministrative volte ad ultimare il processo di ricostruzione nelle zone terremotate dell'Umbria) a stipulare, con risorse proprie e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, contratti di lavoro a tempo determinato per un periodo massimo di tre anni, nei limiti strettamente necessari al completamento delle predette attività di ricostruzione, nonché nel rispetto della normativa vigente in materia di limitazioni assunzionali e finanziarie e dei limiti di durata dei contratti a tempo determinato di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 81/2015 (cioè termine massimo di 36 mesi con possibilità di ulteriore contratto con durata massima di 12 mesi).


 

Articolo 1, comma 10-quinquies
(Fondo di previdenza complementare dei dipendenti della pubbliche amministrazioni)

 

 

Il comma 10-quinquies dell’articolo 1 prevede che le risorse (di cui all'articolo 74, comma 1, della L. n. 388/2000) destinate al finanziamento dei fondi gestori di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato, nell’anno 2016 possano essere utilizzate, per un importo massimo di 214.000 euro, anche ai fini del finanziamento delle spese di avvio dei Fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.


 

Articolo 1, comma 10-sexies-10-octies
(Ricercatori universitari a tempo determinato)

 

 

I commi 10-sexies, 10-septies e 10-octies dell’articolo 1 concernono i contratti di ricercatore universitario a tempo determinato di “tipo b”, nonché i decreti che definiscono le procedure e i criteri per l’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale.

 

Preliminarmente si ricorda che l’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

La prima consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (tipo a).

La seconda consiste in contratti triennali non rinnovabili (tipo b), ed è riservata a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), oppure, che hanno usufruito, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ex art. 51, co. 6, della L. 449/1997 (abrogato dall’art. 29, co. 11, lett. d), della stessa L. 240/2010, in relazione alla nuova disciplina dell’istituto dettata dall’art. 22), di borse post-dottorato (o contratti, assegni o borse analoghi in università straniere), ovvero di contratti a tempo determinato ex art. 1, co. 14, della L. 230/2005.

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale – che, ai sensi dell’art. 16 della medesima L. 240/2010, attesta la qualificazione scientifica necessaria per l’accesso alla prima e alla seconda fascia del ruolo dei professori – , ai fini della chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

 

In particolare, il comma 10-octies, primo periodo, autorizza le università a prorogare fino al 31 dicembre 2016, con risorse a proprio carico e previo parere favorevole del dipartimento di afferenza, i contratti di ricercatore a tempo determinato di “tipo b” ai titolari che non hanno partecipato alle procedure di abilitazione scientifica nazionale nelle tornate 2012 e 2013.

Al medesimo fine, il comma 10-septies modifica la previsione (art. 24, co. 3, lett. b), L. 240/2010) secondo cui i contratti di ricercatore di “tipo b” non sono rinnovabili, stabilendo che gli stessi sono “rinnovabili non oltre il 31 dicembre 2016”.

Le disposizioni sono collegabili alla mancata indizione delle tornate 2014 e 2015 delle procedure di abilitazione scientifica nazionale, il cui conseguimento avrebbe potuto consentire la chiamata nel ruolo di professore associato, previa valutazione positiva da parte dell’università, dei medesimi ricercatori a tempo determinato di “tipo b” (art. 24, co. 5, L. 240/2010).

 

Al riguardo, nella seduta dell’Assemblea della Camera del 10 febbraio 2016, il Governo ha espresso parere favorevole sull’ordine del giorno 9/3513-A/109, che, sottolineando la difficoltosa interpretazione di tali disposizioni che intervenivano “in modo non coordinato” a modificare l’art. 24, co. 3, lett. b), della L. 240/2010, ha impegnato lo stesso Governo a chiarire che:

§  l'interpretazione corretta da attribuire al comma 10-septies è che i contratti di “ricercatore di tipo b” non sono rinnovabili, ad eccezione di quelli in scadenza nel corso dell'anno 2016, che possono invece essere rinnovati in corso d'anno ma comunque per una durata che non può superare il 31 dicembre 2016;

§  l'interpretazione corretta da attribuire al comma 10-octies è che i ricercatori di “tipo b” che hanno sostenuto le tornate 2012 o 2013 dell'ASN senza aver conseguito l'abilitazione, possono ottenere la proroga del contratto fino al 31 dicembre 2016 anche se lo stesso contratto è nel frattempo scaduto.

Il 15 marzo 2016 il MIUR ha inviato ai rettori e ai direttori generali delle università la nota prot. 3672, concernente disposizioni per il reclutamento, nella quale, in esplicita applicazione del citato odg, ha evidenziato che “in attesa della nuova abilitazione scientifica nazionale, le università possono rinnovare per una durata che non può andare oltre il 31/12/2016 i contratti dei ricercatori di tipo b) in scadenza nel corso dell’anno 2016 e prorogare fino alla stessa data quelli già scaduti di coloro che non hanno partecipato o che non hanno ottenuto l’abilitazione nelle tornate 2012 e 2013”.

 

Il comma 10-octies, secondo periodo, estende la possibilità di stipulare contratti di ricercatore di “tipo b” ai titolari di assegni di ricerca conseguiti ai sensi dell’art. 22 della L. 240/2010 (considerando tali assegni equipollenti a quelli conseguiti ai sensi dell’abrogato art. 51, co. 6, della L. 449/1997).

Si rimedia, così, ad una evidente incongruenza presente nel testo vigente della L. 240/2010.

 

Il comma 10-sexies differisce al 31 dicembre 2016 il termine per l’emanazione del regolamento che ridefinisce le modalità di espletamento delle procedure per l’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale (che doveva essere emanato prima dell’avvio della tornata 2014, da indire entro il 28 febbraio 2015).

Fissa, altresì, - e non proroga - alla medesima data il termine per la riemanazione del decreto ministeriale volto a ridefinire criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione della stessa abilitazione, termine non previsto dalla legislazione previgente.

Le modalità di espletamento delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale sono state disciplinate con regolamento emanato con DPR 222/2011. In particolare, l’art. 3, co. 4, del DPR dispone che il mancato conseguimento dell'abilitazione preclude la partecipazione alle procedure di abilitazione indette nel biennio successivo.

Con DM 76/2012 è stato, poi, emanato il regolamento con il quale sono stati definiti criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale.

La prima tornata della procedura per l’abilitazione scientifica nazionale – relativa al 2012 – è stata avviata con Decreto direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012. La tornata 2013 è stata avviata con Decreto direttoriale n. 161 del 28 gennaio 2013.

Il 18 giugno 2014 la VII Commissione della Camera ha poi approvato la risoluzione 8-00064, che ha impegnato il Governo a migliorare la normativa relativa all'abilitazione scientifica nazionale.

È conseguentemente, intervenuto l'art. 14 del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) che, nelle more della revisione della disciplina, ha previsto che la tornata 2014 doveva essere indetta (entro il 28 febbraio 2015) previa revisione del D.P.R. n. 222/2011, sulla base delle modifiche contestualmente introdotte nella L. 240/2010.

Lo schema di regolamento di modifica del D.P.R. n. 222/2011 (Atto del Governo n. 221) è stato trasmesso alle Camere il 30 ottobre 2015. Su tale schema, la VII Commissione della Camera ha espresso un parere favorevole con condizioni e osservazioni il 25 novembre 2015.

Il 3 marzo 2016 lo schema è stato definitivamente approvato dal Consiglio dei Ministri, ma non è ancora stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

Il 9 settembre 2015 l'ANVUR ha espresso il parere sullo schema di regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale. Il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole con osservazioni il 14 gennaio 2016.

 


 

Articolo 2, commi 1 e 2
(Processo amministrativo digitale)

 

 

L’articolo 2 del decreto-legge differisce al 1° luglio 2016 l’entrata in vigore della obbligatorietà della firma digitale nel processo amministrativo prevedendo, inoltre, una fase preliminare di sperimentazione della nuova disciplina presso i TAR e il Consiglio di Stato.

 

Il comma 1 dell’art. 2 proroga di sei mesi - al 1° luglio 2016 - il termine a decorrere dal quale è obbligatorio, nel processo amministrativo, sottoscrivere con firma digitale tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti.

A tal fine, viene modificato l’articolo 38, comma 1-bis, del decreto-legge n. 90 del 2014, che a sua volta interviene sul Codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 136, comma 2-bis).

Quella introdotta è la terza proroga del termine di avvio della nuova disciplina.

 

Il comma 2 dell’art. 2 aggiunge un comma 1-bis all’articolo 13 dell’Allegato 2 (Norme di attuazione) dello stesso Codice del processo amministrativo, con cui si prevede – per la graduale introduzione del processo amministrativo telematico - una fase di sperimentazione della nuova disciplina presso i Tribunali amministrativi regionali e il Consiglio di Stato (a decorrere dalla data di entrata in vigore del DPCM che dovrà stabilire le necessarie regole tecniche-operative fino al 30 giugno 2016). L'individuazione delle concrete modalità attuative della sperimentazione è demandata agli organi della giustizia amministrativa nel rispetto di quanto previsto nel citato D.P.C.M.

L’adozione del DPCM è prevista dal comma 1 dello stesso art. 13, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e DigitPA (l’Agenzia per l’Italia digitale); il provvedimento dovrà stabilire le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali.

L’art. 38, comma 1, del DL 90/2014 prevedeva che il DPCM fosse adottato entro 60 gg. dalla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione, stabilendo che il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa e l'Agenzia per l'Italia digitale dovessero rendere il rispettivo parere entro 30 giorni dalla richiesta, decorsi i quali si sarebbe potuto procedere in assenza dello stesso. Come accennato, il DPCM non è stato ancora adottato.


 

Articolo 2, comma 2-bis
(Sezioni distaccate insulari di tribunale)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 2 proroga di due anni (dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2018) il temporaneo ripristino, previsto dall'art. 10 del D.Lgs n. 14 del 2014, delle sezioni distaccate insulari di tribunale ad Ischia, Lipari e Portoferraio (Isola d'Elba).

Nelle citate sezioni distaccate sono trattati gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, quando il luogo in ragione del quale è determinata la competenza per territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime. Le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie sono trattate esclusivamente, salvo deroga disposta con DM giustizia, nella sede principale del tribunale. In tale sede sono altresì svolte, in via esclusiva, le funzioni del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell'udienza preliminare.

Viene, di conseguenza, fissato al 1° gennaio 2019 il termine da cui cessa l'efficacia della disciplina provvisoria sul ripristino delle sezioni insulari.

La disposizione precisa l'invarianza finanziaria per l'erario derivante dalla proroga.


 

Articolo 2, comma 2-ter
(Albo speciale per il patrocinio davanti
alle giurisdizioni superiori)

 

 

Il comma 2-ter dell’articolo 2 interviene sulla legge di riforma della professione forense (legge n. 247 del 2012), con particolare riferimento ai requisiti per esercitare il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori (Corte di cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Corte costituzionale, Tribunale superiore delle acque pubbliche).

La disposizione consente l'iscrizione nell'albo speciale agli avvocati che, entro 4 anni dall'entrata in vigore della riforma - in luogo degli attuali 3 anni - maturino i requisiti previsti prima della riforma forense, e dunque 12 anni di esercizio della professione.

Rispetto alla disposizione previgente, che richiedeva che tale requisito fosse stato maturato entro il 2 febbraio 2016, il comma 2-ter proroga tale termine al 2 febbraio 2017.


 

Articolo 2-bis, comma 1
(Portale delle vendite pubbliche)

 

 

L’articolo 2-bis, comma 1, proroga al 31 dicembre 2016 il termine in scadenza il 21 febbraio 2016 per l'adozione, da parte del responsabile dei servizi automatizzati del Ministero della giustizia, delle specifiche tecniche necessarie per la pubblicazione dei dati e dei documenti da inserire sul cd. portale delle vendite pubbliche ai sensi dell'art. 161-quater delle disposizioni di attuazione del c.p.c. (comma 1)

Il portale delle vendite pubbliche costituisce il sito Internet unico, gestito dal Ministero della giustizia, dove deve essere data notizia di tutti gli atti esecutivi effettuati sul territorio nazionale. La pubblicazione sul portale è effettuata a cura del professionista delegato per le operazioni di vendita o del commissionario o, in mancanza, del creditore procedente. Il portale provvede all'archiviazione e alla gestione dei dati relativi alle vendite in esso pubblicate.


 

Articolo 2-bis, comma 2
(Specifiche tecniche per la tenuta di albi ed elenchi)

 

 

L’articolo 2-bis, comma 2, proroga al 31 dicembre 2016 il termine in scadenza il 21 febbraio 2016 per l'adozione, da parte del responsabile dei servizi automatizzati del Ministero della giustizia, per la pubblicazione in modalità informatiche delle domande di iscrizione e tenuta, presso i tribunali, di specifici albi ed elenchi di professionisti (consulenti tecnici, periti, professionisti delegati alla vendita di beni mobili registrati, soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati).

 


 

Articolo 2-ter
(Mantenimento degli uffici dei giudici di pace)

 

 

L’articolo 2-ter proroga dal 28 febbraio al 31 maggio 2016 il termine (fissato dall'art. 2, comma 1-bis, del D.L. n. 192 del 2014) entro il quale il Ministero della giustizia - adottando il decreto di modifica delle tabelle delle circoscrizioni territoriali - approva la permanenza in attività degli uffici dei giudici di pace richiesta dagli enti locali.

Tale possibilità è prevista dall’art. 3 del D.Lgs n. 156 del 2012, secondo cui gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, possono richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace, con competenza sui rispettivi territori, di cui è proposta la soppressione, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che deve essere messo a disposizione dagli enti medesimi.

La decisione è assunta valutate le richieste e gli impegni assunti dagli enti stessi per il mantenimento degli uffici sul loro territorio, a loro integrali spese.


 

Articolo 2-quater, comma 1
(Contributo di licenziamento)

 

 

L’articolo 2-quater, comma 1, proroga per il 2016 il periodo nel quale il contributo di licenziamento (pari al 41% del trattamento mensile iniziale dell’A.S.P.I.) erogabile in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per cause che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’A.S.P.I. intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013, non è dovuto per casi specifici (quali i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto e l’interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere). Alle minori entrate derivanti dalla richiamata disposizione, pari a 38 milioni di euro, si provvede a valere sul Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.

 


 

Articolo 2-quater, comma 2
(Contratti di solidarietà)

 

 

L’articolo 2-quater, comma 2, prevede che per i contratti di solidarietà difensivi stipulati prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 148/2015 (si tratta di uno dei decreti attuativi del cd. Jobs Act - entrato in vigore il 24 settembre 2015 - che ha innovato la disciplina della materia), le cui istanze di integrazione salariale siano state presentate entro la stessa data, l'ammontare del trattamento di integrazione salariale, è aumentato, per il solo anno 2016, per una durata massima di dodici mesi, nella misura del 10 per cento della retribuzione persa a seguito della riduzione di orario, fino a concorrenza dell'importo massimo complessivo di 50 milioni di euro. Al relativo onere si provvede a valere sulle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 185/2008).


 

Articolo 2-quater, comma 3
(Riduzione dell’orario di lavoro nel settore privato)

 

 

L’articolo 2-quater, comma 3, modifica la specifica disciplina transitoria (valida per il settore privato, di cui all’articolo 1, comma 284, della L. 208/2015, legge di stabilità per il 2016) relativa alla trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma (che non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettata a contribuzione previdenziale) pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata).

Più specificamente:

§  si prevede che il decreto con cui stabilire le modalità di fruizione del richiamato beneficio debba essere emanato il termine di 90 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 208/2015 (in luogo dei 60 originariamente previsti);

§  si estende l’erogazione del beneficio, oltre che ai lavoratori iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria e alle forme sostitutive della stessa (costituite da talune residuali tipologie di lavoratori dipendenti, quali il Fondo Volo, il Fondo Dazio, i lavoratori dello Spettacolo e sportivi professionisti e i giornalisti iscritti all'I.N.P.G.I.), anche ai lavoratori iscritti alle forme esclusive (si dovrebbe trattare dei lavoratori dipendenti di forme sostitutive il cui ente titolare è stato interessato da processi di privatizzazione, quali le poste, il fondo speciale delle Ferrovie dello Stato, tutte comunque gestite dall’I.N.P.S.) dell’A.G.O.,

§  infine, si modifica la rubrica dell’articolo 10, prevedendo che la proroga di termini concerna (oltre che la materia economica e finanziaria) anche quella di lavoro e politiche sociali.

 


 

Articolo 3, comma 1
(Divieto di partecipazioni incrociate tra televisioni e quotidiani)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 3 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il divieto di incroci proprietari che impedisce ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma, i quali conseguono ricavi superiori all'8% del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC), e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40% dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica.

Ciò attraverso una modifica dell'art. 43, co. 12 del testo unico dei media audiovisivi, decreto legislativo n. 177/2005. Il termine originario era fissato dal Testo unico al 31 dicembre 2010.

Il termine stabilito al 31 dicembre 2010 era già stato prorogato, prima al 31 marzo 2011 dal decreto legge n. 225/2010, poi al 31 dicembre 2012 dal D.L. n. 34 del 2011, quindi al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 427, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), al 31 dicembre 2014 dall’articolo 12 del decreto-legge n. 150/2013 ed infine al 31 dicembre 2015 dall’art. 3,co. 3 del D.L. n. 192 del 2014.

 

In particolare, l’articolo 43, comma 12 stabilisce il divieto, che viene qui prorogato al 31 dicembre 2016, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani per:

§  i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, qualora abbiano conseguito, sulla base dell’ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ricavi superiori all’8 per cento del valore complessivo del sistema integrato delle comunicazioni;

§  i soggetti, richiamati dal precedente comma 11, operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche con ricavi superiori al 40 per cento del valore complessivo del settore.

 

Il comma 11 dell’articolo 43 fa in particolare riferimento ad imprese operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche come definito dall’articolo 18 del codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 259/2003). Tale disposizione rimette all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la definizione del mercato rilevante, ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche.

 

È prevista una deroga al divieto solo qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica.

Il divieto si applica invece anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

 

Si ricorda che la definizione di Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) è contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera s) del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici ed è costituito dal settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni. L’articolo 43 del testo unico ha introdotto le sopra citate specifiche limitazioni al fine di evitare il determinarsi di posizioni dominanti. Per quanto riguarda i limiti connessi ai ricavi, il comma 9 dello stesso articolo 43 prevede che, fermo restando il divieto di costituzione di posizioni dominanti nei singoli mercati, i soggetti tenuti all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione non possono né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati, conseguire ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni. Il comma 10 precisa che i predetti ricavi sono quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell'erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate all'articolo 2, comma 1, lettera s), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall'editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di internet, da pubblicità on line e sulle diverse piattaforme anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme sociali e di condivisione, e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico.

L'AGCOM con delibera n. 658 del 2015 ha concluso a dicembre 2015 l'analisi delle dimensioni economiche del SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni) per il 2014, che comprende i servizi di media audiovisivi, l'editoria e la pubblicità. Il valore economico complessivo del SIC nel 2013 è risultato di 17,1 miliardi di euro, con una flessione del 2,8% rispetto al 2013 (in due anni la flessione è stata complessivamente del 10,3%). Il settore radiotelevisivo (servizi di media audiovisivi e radio anche sul web), con 8.435 milioni € di ricavi, ne rappresenta il 49,2%, di cui la metà circa (4.462 mln €) rappresentata dalla televisione gratuita, con una flessione degli introiti da canone del 9,8% (1.488 mln € contro i 1643 milioni di euro per l’anno 2013). La televisione a pagamento ha registrato ricavi per 3.376 mln €, mentre le risorse complessive del settore radiofonico sono pari a 598 milioni di euro. L'editoria (quotidiana nazionale, locale, free press, periodica e agenzie di stampa), con ricavi per circa 4,447 miliardi di €, rappresenta il 27,3% del SIC, in flessione di 1,3 punti percentuali rispetto al 2013.


 

Articolo 3, comma 2
(Interrompibilità del carico elettrico nelle isole maggiori)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 3 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2017 il servizio di interrompibilità nelle isole maggiori (Sicilia e Sardegna) reso da grandi consumatori elettrici, rideterminandone contestualmente le condizioni.

Il medesimo comma dispone l’adeguamento su tutto il territorio nazionale della struttura delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema elettrico applicate ai clienti dei servizi elettrici per usi diversi da quelli domestici (dunque, ai clienti in alta e altissima tensione).

 

Più specificamente, la norma in esame aggiunge il comma 3-ter all’articolo 1, D.L. 3/2010 prevedendo che, nelle isole maggiori, il servizio di interrompibilità sia prorogato, relativamente alle utenze elettriche, fino al 31 dicembre 2017.

Il servizio di interrompibilità, inizialmente istituito dal citato articolo 1, commi da 1 a 3-bis del D.L. n. 3/2010 per il triennio 2010-2012, è stato già prorogato fino al 31 dicembre 2015 dall’articolo 34, comma 1, D.L. 179/2012.

 

Il servizio di interrompibilità è parte integrante del sistema di difesa della rete nazionale ed è uno degli strumenti di cui Terna S.p.A. (Società pubblica responsabile del sistema di trasmissione nazionale) dispone ai fini dell’esercizio in sicurezza del sistema elettrico ed in particolare al fine di mitigare il rischio di disalimentazioni nelle diverse condizioni di esercizio. Come indicato nelle decisioni della Commissione europea circa l’ammissibilità della misura prevista nel D.L. n. 3/2010 ai sensi della disciplina in materia di aiuti di Stato (decisione C (2010) 3222 finale e decisione C (2012) 6779 finale per la proroga al 2015 della misura operata dal D.L. n. 179/2012) “l’interrompibilità istantanea è un servizio reso da consumatori finali di energia elettrica la cui soglia di consumo minimo è fissata ad 1 MW per 24 ore al giorno, vale a dire solitamente imprese industriali. Tali imprese accettano l'interruzione quasi istantanea della fornitura di energia elettrica ogniqualvolta il gestore della rete di trasmissione nazionale (ossia TERNA spa) chieda di ridurre il consumo (o il carico), al fine di riequilibrare la rete di trasmissione. Ciò consente al gestore della rete di evitare blackout diffusi a danno degli utenti della rete elettrica a media e bassa tensione”.

In pratica, i clienti industriali, cosiddetti interrompibili, forniscono un servizio al sistema. Il servizio di interrompibilità ha una sua remunerazione.  La remunerazione per il servizio di interrompibilità è versata alle imprese interessate da Terna[16], che agisce in base alle istruzioni dell'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema elettrico (AEEGSI).

Secondo quanto evidenziato dall’Italia nel 2010 alla Commissione, date le caratteristiche del sistema elettrico nelle isole (carente interconnessione con il resto d'Italia, maggiore rischio di guasto degli impianti e mancanza di capacità di riaccensione), una maggiore disponibilità di carichi interrompibili può essere ottenuta solo aumentando la remunerazione corrisposta per il servizio.

Terna ha il compito di assegnare il servizio di interrompibilità attraverso procedure concorsuali. Gli utenti interrompibili vengono selezionati sulla base di una procedura di gara concorrenziale (concepita come una serie di aste al ribasso).

Il D.L. n. 3/2010 ha fissato le quantità massime richieste di carico interrompibile tramite procedura concorrenziale rispettivamente in misura pari a 500 MW in Sicilia e 500 MW in Sardegna e ha disposto che il prezzo del servizio non fosse superiore al doppio del prezzo previsto per il servizio di interrompibilità istantanea di cui alla deliberazione della medesima Autorità 15 dicembre 2006, n. 289/06.

La delibera 9 febbraio 2010, n. ARG/elt 15/10 dell’AEEGSI ha pertanto disposto che Terna provvedesse ad approvvigionarsi della capacità interrompibile in Sardegna e Sicilia fino all’occorrenza massima di 500 MW in ognuna delle due regioni attraverso meccanismi di gara al ribasso, analoghi a quelli previsti dalla Delibera della stessa Autorità 187/10, a partire da una base d’asta di 300.000 €/MW/anno. Tale prezzo corrispondeva a 20 interruzioni nel corso dell'anno. Per gli utenti interrompibili la delibera ha previsto un ulteriore bonus: per ciascuna interruzione aggiuntiva (dalla ventunesima in poi) un prezzo di 3.000 euro/MW[17].

Come già detto, il comma 2 in esame (lettera a)) proroga al 31 dicembre 2017 il servizio di interrompibilità, rideterminandone però le condizioni e i criteri economici. Si demanda infatti all’Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico di provvedere ad aggiornare le condizioni del servizio per il nuovo biennio (2016-2017), per quantità massime pari a 400 MW in Sardegna e 200 MW in Sicilia e con l'assegnazione diretta di una valorizzazione annua del servizio stesso pari a 170.000 Euro/MW.

La relazione tecnica precisa che il servizio si rende necessario a seguito delle esigenze evidenziate dal gestore del sistema di trasmissione Terna S.p.A., nell’ambito del monitoraggio della misura attuale, previsto dalla Commissione europea con la citata decisione C(2012) 6779 del 3 ottobre 2012.

 

Come rilevato dall'AEEGSI – che ha adottato il 4 gennaio 2016 la delibera 1/2016/R/eel di attuazione dell’articolo 3 comma 2 in esame, modificativa ed integrativa della precedente deliberazione 15/10 – la nuova disciplina comporta dunque le seguenti innovazioni nell’approvvigionamento da parte di Terna delle risorse per il servizio di riduzione istantanea dei prelievi di energia elettrica:

§  l’approvvigionamento delle citate risorse avviene mediante procedura di assegnazione, in luogo delle procedure concorsuali, e la conseguente previsione di un meccanismo di assegnazione pro quota in caso di offerte complessivamente superiori alle quantità massime;

§  la riduzione delle quantità massime approvvigionabili, da 500 MW a 200 MW per la Sicilia e da 500 MW a 400 MW per la Sardegna;

§  la fissazione di una valorizzazione annua del servizio pari a 170.000 euro/MW/anno, in luogo di un premio definito in esito alle procedure concorsuali definito dalla deliberazione ARG/elt 15/10 il cui valore massimo era pari a 300.000 euro/MW/anno - e la conseguente riduzione (da 20.000 a 11.300 euro) del valore sulla base del quale è calcolata la penale per coloro che recedono dal servizio.

 

L’articolo 3, comma 2, in esame (lettera b)), ha inoltre disposto che la struttura delle componenti tariffarie relative agli oneri generali di sistema, da applicare ai clienti connessi in alta e altissima tensione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, sia adeguata su tutto il territorio nazionale dall’Autorità in modo da rispecchiare la struttura degressiva della tariffa di rete per i servizi di trasmissione, distribuzione e misura, in vigore dal 2014.

La medesima norma prevede altresì che la rideterminazione degli oneri di sistema elettrico, di cui all'articolo 39, comma 3, del D.L. n. 83/2012, sia applicata esclusivamente agli oneri generali relativi al sostegno delle energie rinnovabili.

 

Come rileva l’AEEGSI nella sopra citata delibera 1/2016/R/eel l’attuazione di tale specifica previsione è collegata al procedimento di verifica della compatibilità delle misure in parola con le norme europee in materia di aiuti di Stato (cfr. Comunicazione della Commissione europea 2014/C 200/01 del 28 giugno 2014 “Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014- 2020”), tuttora in corso come rappresentato nella deliberazione 668/2015/R/eel.

 

L’articolo 39, comma 1, del decreto legge 83/12 ha previsto che con uno o più decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto col Ministro dello Sviluppo Economico, da emanare entro il 31 dicembre 2012, siano definite le imprese a forte consumo di energia.

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, ha adottato il decreto 5 aprile 2013, che definisce specifici requisiti e parametri per le imprese che registrano elevati consumi di energia elettrica, ai fini dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 39, comma 3, del decreto-legge 83/12.

Il Ministro dello Sviluppo Economico ha trasmesso, all’Autorità, una atto di indirizzo per l’attuazione del sopracitato articolo 39, del decreto legge 83/12 preordinato al riconoscimento delle agevolazioni sugli oneri generali di sistema per le imprese a forte consumo di energia elettrica, ed un secondo atto di indirizzo integrativo.

In seguito all’acquisizione degli indirizzi del Ministro dello Sviluppo Economico, l’AEEGSI, con la deliberazione 340/2013/R/eel, ha stabilito che, a partire dal 1 luglio 2013, le imprese a forte consumo di energia elettrica che ne abbiano titolo possano richiedere le agevolazioni loro spettanti.

Con la deliberazione 437/2013/R/eel, l’Autorità ha definito le modalità operative per la prima costituzione dell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico.

Con la deliberazione 467/2013/R/eel, l’Autorità ha definito le modalità di prima applicazione delle disposizioni del decreto 5 aprile 2013 in materia di agevolazioni relative agli oneri generali di sistema per le imprese a forte consumo di energia elettrica per il periodo di prima applicazione intercorrente dal 1 luglio 2013 al 31 dicembre 2014.

Sulla base della deliberazione 467/2013/R/eel, la Cassa ha reso disponibile un  portale ai fini della creazione dell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica con i dati del 2012 (dal 21 ottobre 2013 al 2 dicembre 2013) e con i dati del 2013 (dal 2 settembre al 31 ottobre 2014).

 

In ossequio alla normativa europea in materia di aiuti di Stato, le misure istitutive delle agevolazioni alle imprese a forte consumo di energia elettrica sono state notificate dal Governo alla Commissione Europea in data 17 aprile 2014 e il relativo procedimento - alla data di gennaio 2016 - era ancora in corso.

In relazione al lungo protrarsi del sopra richiamato procedimento davanti alla Commissione europea, con la deliberazione 452/2015/R/eel, i termini fissati ai fini della pubblicazione dell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica nel 2014 e all’erogazione delle relative agevolazioni sono stati prorogati al 31 dicembre 2015. La Cassa ha messo a disposizione il portale per l’aggiornamento dell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica per l’anno 2014, in due sessioni, fino al 31 ottobre 2015. Con la medesima deliberazione 452/2015/R/eel, l’Autorità si è riservata, altresì, di modificare i termini, nonché di provvedere a definire le agevolazioni sugli oneri generali di sistema da riconoscere alle imprese a forte consumo di energia elettrica per l’anno 2014, successivamente alla conclusione del procedimento di verifica da parte della Commissione europea.

 

Nel corso dell’anno 2015, in attesa delle determinazioni europee, ha continuato a trovare applicazione, da parte dei distributori, la disciplina che prevedeva per le imprese a forte di consumo di energia elettrica l’esonero dall’applicazione della componente tariffaria AE e l’esenzione totale delle componenti tariffarie A per i consumi mensili eccedenti gli 8 GWh in media tensione e i consumi mensili eccedenti i 12 GWh in alta e altissima tensione; ciò è stato applicato sulla base dell’ultimo elenco disponibile (relativo all’anno 2013). Peraltro, afferma l’AEEGSI, sulla base dei dati trasmessi dalla Cassa con la comunicazione dell’11 dicembre 2015, le stime degli oneri posti in capo al conto il Conto per la copertura delle agevolazioni riconosciute alle imprese a forte consumo di energia elettrica, alimentato dalla componente tariffaria AE ammontano a circa 1 miliardo di euro e tale importo, tenuto conto dei versamenti degli ultimi bimestri 2015 ancora da perfezionare, dovrebbe consentire di coprire i residui degli oneri necessari per le agevolazioni alle imprese a forte consumo di energia elettrica di competenza del secondo semestre 2013 e l’intero ammontare degli oneri per gli anni 2014 e 2015, anche in considerazione di eventuali modifiche che potrebbero richiedersi in esito al procedimento di verifica da parte della Commissione europea.

Nondimeno, conclude l’AEEGSI, a partire dal 2015, le imprese a forte consumo di energia elettrica sono state escluse dalla riduzione delle bollette elettriche, applicata con la deliberazione 518/2014/R/eel, in attuazione dell’articolo 23 decreto legge 91/14 concernente la riduzione degli oneri generali per gli utenti forniti in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW e in media tensione.

 

La deliberazione 668/2015/R/eel AEEGSI del 28 dicembre 2015 ha esteso la proroga dei termini per l'erogazione delle agevolazioni relative agli oneri generali di sistema per le imprese a forte consumo di energia elettrica e contiene altre disposizioni in materia di tali agevolazioni, tra cui la sospensione della componente tariffaria AE, in attesa della conclusione del procedimento di verifica, da parte della Commissione europea della compatibilità, delle medesime agevolazioni con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato.


 

Articolo 3, commi 2-bis e 2-ter
(Gara per l’affidamento del servizio
di distribuzione del gas naturale)

 

 

L’articolo 3, ai commi 2-bis e 2-ter, proroga i termini perentori per la pubblicazione dei bandi relativi alle gare uniche d’ambito per l’affidamento in concessione del servizio del gas naturale negli Ambiti territoriali minimi (ATEM). La proroga riguarda tutti gli ambiti (comma 2-bis). Si abroga poi la sanzione pecuniaria per le amministrazioni locali inadempienti già prevista dall’articolo 4, comma 5 del D.L. n. 69/2013 (comma 2-ter, lettera b)).

Inoltre, si dispone che l’intervento sostitutivo regionale (nel caso di inerzia dei Comuni) operi previa diffida ad adempiere entro il termine di sei mesi. In caso di inerzia regionale, interviene in via sostitutiva il Ministero dello Sviluppo economico. In entrambi i casi è nominato un commissario ad acta (comma 2-ter, lettera a) che novella il comma 2 dell’articolo 4 del D.L. n. 69/2013). Conseguentemente, si abroga la pregressa disciplina dell’intervento sostitutivo statale già contenuta nell’articolo 4, comma 4 del D.L. n. 69/2013 (comma 2-ter, lettera b)).

 

Nello specifico, il comma 2-bis dispone la proroga dei termini perentori per la pubblicazione dei bandi di gara rispettivamente di dodici mesi per gli ambiti del primo raggruppamento, di quattordici mesi per gli ambiti del secondo raggruppamento, di tredici mesi per gli ambiti del terzo, quarto e quinto raggruppamento, di nove mesi per gli ambiti del sesto e settimo raggruppamento e di cinque mesi per gli ambiti dell'ottavo raggruppamento.

La proroga opera in aggiunta alle proroghe per i diversi raggruppamenti vigenti al 28 febbraio 2016 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame).

 

Il successivo comma 2-ter modifica il comma 2 e abroga i commi 4 e 5 dell’articolo 4 del D.L. n. 69/2013, che disciplinavano rispettivamente il potere sostitutivo regionale, in caso di inerzia della stazione appaltante, e il potere sostitutivo statale, in caso di inerzia della Regione, nonché una forma di penalizzazione economica[18] per gli enti locali nei casi in cui gli stessi non avessero rispettato i termini per la scelta della stazione appaltante.

Si introduce in loro luogo una nuova previsione secondo la quale, scaduti i termini, la Regione competente sull'ambito territoriale assegna alle stazioni appaltanti ulteriori sei mesi per adempiere, decorsi i quali avvia la procedura di gara attraverso la nomina di un commissario ad acta. Trascorsi due mesi (e non più quattro mesi) dalla scadenza di tale termine senza che la Regione competente abbia proceduto alla nomina del commissario ad acta, il Ministro dello Sviluppo Economico dà avvio alla gara, nominando il commissario. L’importo eventualmente  anticipato  dai  gestori  uscenti per la copertura degli oneri di gara, è trasferito dalla stazione appaltante al commissario ad acta entro un mese dalla sua nomina, al netto dell’importo relativo agli esborsi precedentemente effettuati per la preparazione dei documenti di gara.

 

L’attività di distribuzione di gas naturale consiste nel trasporto di tale tipo di gas “attraverso reti di gasdotto locali per la consegna ai clienti” (art. 2, c. 1, lett. n), D.Lgs. n. 164/2000). Tale attività è espressamente qualificata dalla legge di servizio pubblico e viene svolta in regime di monopolio naturale. L’attività di distribuzione di gas naturale deve essere affidata “esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a 12 anni e  i Comuni che affidano il servizio, anche in forma associata, svolgono attività di indirizzo, vigilanza, programmazione e controllo sulle attività di distribuzione, ed i loro rapporti con il gestore del servizio sono regolati da appositi contratti di servizio, i quali devono conformarsi al contratto tipo predisposto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas ed approvato dal Ministero dello sviluppo economico (art. 14, c. 1, D.Lgs. n. 164/2000).

L'articolo 46-bis, comma 1, del D.L. n. 159/2007 ha demandato a successivi decreti ministeriali l'individuazione dei criteri di gara e di valutazione delle offerte e la determinazione degli Ambiti territoriali minimi (ATEM), secondo criteri di efficienza e riduzione dei costi[19].

Le gare per l’affidamento del servizio di distribu­zione di gas naturale devono, infatti, ai sensi del successivo art. 24, comma 4, del D.Lgs. n. 93/2011, essere effettuate, a decorrere dal 29 giugno 2011 (data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 93/2011, unicamente per ambiti territoriali minimi (ATEM) di cui all’art. 46-bis del D.L. n. 159/2007.

In attuazione di quanto disposto con l’art. 46-bis, con D.M. 19 gennaio 2011 del Ministro dello sviluppo economico (G.U. n. 74 del 31 marzo 2011) sono stati individuati 177 ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare e l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale. Con il successivo decreto del medesimo Ministro del 18 ottobre 2011 (G.U. n. 525 del 28 ottobre 2011) sono stati anche individuati i Comuni appartenenti a ciascun ambito territoriale.

Considerato che, come visto, la gara per la distribuzione di gas naturale deve svolgersi per ambiti territoriali e che gli ambiti predetti comprendono, di regola, una pluralità di comuni, si è reso necessario individuare il soggetto gestore della gara mede­sima, cioè la stazione appaltante.

Il D.M. 12 novembre 2011 n. 226, modificato in più punti dal recente D.M 20 maggio 2015 n. 106[20] ha definito i criteri di gara e di valutazione delle offerte per l'affidamento del servizio. La stazione appaltante, secondo le modalità definite dal citato D.M., può essere il comune capoluogo di provincia, una società di patrimonio delle reti oppure un comune capofila. La stazione appaltante deve predisporre e pubblicare il bando e il disciplinare di gara, attenendosi agli schemi allegati al medesimo Regolamento n. 226/2011.

L'articolo 3, comma 1, del D.M. n. 226/2011 ha inoltre previsto che, qualora la stazione appaltante non pubblichi il bando di gara entro specifici termini, la Regione con competenza sull'ambito, previa diffida ai soggetti inadempienti contenente un termine perentorio a provvedere, avvii la procedura di gara regionale ai sensi dell'articolo 14, comma 7, del D.Lgs. n. 164/2000, dunque anche attraverso la nomina di un commissario ad acta.

Come rileva l’AEEGSI, le gare per l’affidamento del servizio nei 177 ATEM, avrebbero dunque dovuto svolgersi - secondo i termini fissati dal D.M. - in un arco temporale di 3 anni a partire dal 2012, declinate in 8 raggruppamenti.

Le date limite individuate nel Regolamento gare sono state oggetto di diversi interventi di proroga, che non sempre hanno riguardato tutti i raggruppamenti, ma solo alcuni di essi.

Le proroghe sono intervenute a partire dal già citato D.L. n. 69/2013 (articolo 4, comma 3 e 3-bis), successivamente con l'articolo 1, comma 16 del D.L. n. 145/2013 (legge n. 9/2014) sui primi tre raggruppamenti, una terza ad opera dell'articolo 30-bis del D.L. n. 91/2014 (legge n. 116/2014) per gli ambiti dei primi sei raggruppamenti, ai fini dell'intervento sostitutivo della regione e delle penali previste dal già citato articolo 4, comma 5 del D.L. n. 145.

Da ultimo, l'articolo 3, comma 3-quater del D.L. n. 192/2014 (n. 11/2015), che ha fissato il termine al 31 dicembre 2015, ha previsto un'ulteriore proroga per la pubblicazione dei bandi di gara per il servizio di distribuzione gas (relativi al primo raggruppamento, con talune eccezioni). In particolare, l'articolo 3, comma 3-ter ha prorogato al 31 dicembre 2015 il termine oltre il quale si applica il prelievo del 20% delle somme spettanti agli enti locali a seguito della gara d'ambito, nei casi in cui gli Enti locali concedenti non abbiano rispettato i termini per la scelta della stazione appaltante (previsti dal regolamento di cui al DM 12 novembre 2011, n. 226) relativamente al primo e secondo raggruppamento.

Si ricorda, infine, che il D.Lgs. n. 93/2011 è intervenuto sul valore di rimborso delle reti esistenti (VIR) da riconoscere al gestore uscente, precisando che l'AEEGSI, limitatamente al primo periodo di esercizio delle concessioni assegnate per ambiti territoriali minimi, riconosce in tariffa al gestore entrante l'ammortamento della differenza tra il valore di rimborso e il valore delle immobilizzazioni nette, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località (RAB).

Sul punto, il D.L. n. 145/2013, operando una modifica al D.Lgs. n. 164/2000 (articolo 1, comma 16, che ha modificato l'articolo 15, comma 5 del D.Lgs. 164/2000) ha inoltre previsto che, qualora il VIR risulti maggiore del 10% del valore della RAB, la stazione appaltante concedente trasmetta all’Autorità le valutazioni di dettaglio per verifica, prima della pubblicazione del bando di gara, al fine di tenere conto delle eventuali osservazioni dell’Autorità per la determinazione del valore di rimborso da inserire nel bando di gara.

Tramite specifiche linee guida approvate dal Ministero dello Sviluppo Economico con il decreto 22 maggio 2014, in conformità con il Regolamento n.226/2011, sono stati definiti i criteri e le modalità operative per la valutazione del rimborso degli impianti di distribuzione.

L’8 marzo 2016 l’AEEGSI ha adottato, all’indomani delle modifiche operate dal provvedimento in esame, una segnalazione al Governo e al Parlamento 86/2016/I/GAS, che fornisce un aggiornamento della situazione delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas per ambito territoriale minimo (ATEM) ponendo in rilievo alcune criticità che permangono e che possono costituire un ostacolo alla piena attuazione della riforma avviata dall'articolo 46-bis, del D.L. n. 159/2007.

L’Autorità rileva che il provvedimento in esame “produce un leggero miglioramento della distribuzione temporale delle scadenze previste per le pubblicazioni dei bandi di gara, ma non risolve in modo adeguato la criticità connessa alla elevata numerosità di gare contestuali o quasi contestuali, con una concentrazione notevole tra il secondo semestre 2016 e il primo semestre del 2017. L’AEEGSI propone dunque una serie di interventi di riforma della disciplina vigente.

 

Anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, riunione del 9 marzo 2016 ha deliberato di formulare una segnalazione al Parlamento circa le problematiche concorrenziali rilevate in materia di gare per il servizio di distribuzione del gas naturale, come da ultimo modificate dal D.L. n. 210/2015. In particolare nella segnalazione al Parlamento inviata l’11 marzo alle Camere, l’AGCM considera “negativamente le previsioni contenute nei commi 2-bis e 2-ter dell'art. 3 del D.L. decreto- n. 210/2015”, in quanto “comprendono una nuova consistente proroga dei termini per la pubblicazione dei bandi, che agisce peraltro retroattivamente anche per gli Atem per i quali i termini sono già scaduti, nonché l'eliminazione di alcune misure volte ad assicurare la perentorietà e cogenza dei termini di legge per la pubblicazione dei bandi di ciascun Atem, quali la previsione di una penalizzazione economica per i comuni degli Atem che non rispettano la scadenza per la pubblicazione del bando e l'immediata azionabilità del potere sostitutivo della Regione una volta decorso il termine di legge per la pubblicazione del bando, potere sostitutivo che oggi può  invece essere esercitato solo dopo ulteriori sei mesi”.


 

Articolo 3, comma 2-quater
(Formazione per gli istallatori di impianti a fonti rinnovabili)

 

 

Il comma 2-quater dell’articolo 3 – operando una novella all’articolo 15, comma 2 del D.Lgs. n. 28/2011 - differisce al 31 dicembre 2016 il termine, già scaduto il 31 dicembre 2013, entro il quale le regioni e le province autonome attivano un programma di formazione per gli installatori di impianti a fonti rinnovabili o procedono al riconoscimento di fornitori di formazione, dandone comunicazione al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Le regioni e province autonome possono riconoscere ai soggetti partecipanti ai corsi di formazione crediti formativi per i periodi di prestazione lavorativa e di collaborazione tecnica continuativa svolti presso imprese del settore.

 

Si ricorda che il 24 gennaio 2013 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un documento (Delibera 13/008/CR10b/C9) che definisce lo standard formativo per l’attività di installazione e manutenzione straordinaria di impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili ai sensi D.lgs. n. 28/2011, secondo i criteri di cui all'allegato 4 del medesimo D.Lgs. n. 28/2011.

I corsi di formazione devono essere erogati dalle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano direttamente o attraverso soggetti accreditati.

Il termine per l’attivazione da parte delle Regioni del programma di formazione (80 ore complessive) è stato fissato inizialmente al 31 dicembre 2012 e poi differito al 31 dicembre 2013 dall’articolo 17 del D.L. n. 63/2013 (legge n. 90/2013), che ha riformulato l’articolo 15, comma 1 e 2 del D.Lgs. n. 28/2011 e ne ha abrogato il comma 3.

 


 

Articolo 3, comma 2-quinquies
(Sostegno all’emittenza radiotelevisiva locale)

 

 

Il comma 2-quinquies dell’articolo 3 modifica una disposizione della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) relativa al finanziamento dell'emittenza radiotelevisiva locale, stabilendo che il finanziamento a regime previsto da tale norma serva anche a compensare anche le riduzioni di spesa relative all'anno 2015 e che esso dovrà essere erogato secondo i criteri e le procedure del nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, istituito poi dall’articolo 1, comma 160, lettera b), della legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015).

La norma novellata è il comma 194 della legge di stabilità 2015, che ha autorizzato la spesa di 20 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2015, per il sostegno dell'emittenza radiotelevisiva locale, nonché per compensare le riduzioni di spesa nel settore, ammontanti a 80 milioni di euro nel 2014.

Il comma 160 della legge di stabilità 2016, con riferimento agli anni dal 2016 al 2018, ha riservato all’erario quote delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione destinandole tra l’altro (lett. b), al finanziamento, fino ad un importo massimo di 50 milioni di euro in ragione d'anno, di un Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, da istituire nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico

In materia si segnala che è stato pubblicato il bando per l'attribuzione dei contributi alle tv locali per l'anno 2015, secondo quanto previsto dall'articolo 1 decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292. L'importo complessivo a disposizione per il 2015 è di 42.818.194 euro. Si ricorda che lo stanziamento annuale di competenza per le emittenti sia radio che televisive locali è iscritto nel bilancio dello Stato in Tabella n. 3 (Ministero dello Sviluppo economico) al cap. 3121.

 


 

Articolo 3-bis
(Scuola sperimentale di dottorato internazionale
Gran Sasso
Science Institute (GSSI)

 

 

L’articolo 3-bis proroga per un triennio (accademico) l’operatività della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI), istituita sperimentalmente, a decorrere dall’a.a. 2013-2014, e per un triennio (accademico), dall’art. 31-bis del D.L. 5/2012 (L. 35/2012). A tal fine, novella la disposizione istitutiva.

Si segnala sin d’ora, peraltro, che le novelle così apportate all’art. 31-bis del D.L. 5/2012 sono state abrogate e soppresse dal co. 4 dell’art. 2 del D.L. 92/2016, in corso di esame al Senato (A.S. 2299), con il quale si dispone la stabilizzazione della Scuola. Lo stesso D.L. 92/2016 non prevede, invece, anche l’abrogazione dell’art. 3-bis in commento.

 

In base all’art. 31-bis del D.L. 5/2012, la Scuola GSSI - attivata dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) in via sperimentale per un triennio – ha lo scopo di attrarre competenze specialistiche di alto livello, mediante attività didattica post-laurea, nel campo delle scienze di base e dell’intermediazione fra ricerca e impresa (fisica, matematica e informatica, gestione dell’innovazione e dello sviluppo territoriale). In particolare, attiva corsi di dottorato di ricerca e attività di formazione post-dottorale.

Ai fini indicati, è stata autorizzata la spesa di € 12 mln per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.

È stato, altresì, previsto che, allo scadere del triennio di sperimentazione, la Scuola poteva assumere carattere di stabilità, previo reperimento delle adeguate risorse finanziarie, con apposito provvedimento legislativo; a tal fine, sono stati previsti come elementi necessari la valutazione dei risultati conseguiti, operata dall'ANVUR, e un decreto di riconoscimento e approvazione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

 

Per il finanziamento delle attività della Scuola GSSI nel nuovo triennio, l’art. 3-bis autorizza la spesa di € 3 mln per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, che integra le risorse assegnate con delibera CIPE n. 76 del 6 agosto 2015 (€ 18 mln per il triennio 2016-2018).

La medesima delibera, peraltro, ha previsto che il mancato conseguimento entro il 31 marzo 2016 delle condizioni normative abilitanti l’adozione del decreto di riconoscimento e approvazione del Ministro avrebbe comportato la rimodulazione, da parte del CIPE, delle risorse assegnate.

 

Per la copertura degli oneri, l’art. 3-bis prevede che si provvede, per ciascun anno, quanto a € 2 mln, mediante corrispondente riduzione delle risorse relative al Fondo di finanziamento ordinario delle università (cap. 1694, MIUR) e, quanto a € 1 mln, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento degli enti di ricerca finanziati dal MIUR (cap. 7236, MIUR).

Al riguardo si ricorda che l’art. 4 del DM 10 agosto 2015, n. 599, recante il riparto del Fondo ordinario per gli enti di ricerca finanziati dal MIUR per il 2015, aveva previsto l’assegnazione all’INFN di € 2 mln per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, al fine di assicurare il finanziamento della Scuola GSSI, quale quota di cofinanziamento dell’assegnazione finanziaria del CIPE.

 

Infine, prevede che, allo scadere del nuovo triennio, la Scuola potrà assumere carattere di stabilità, al verificarsi delle condizioni sopra ricordate.

 

Come ante anticipato, l’art. 4 del D.L. 92/2016, in corso di esame al Senato (A.S. 2299), abrogando e sopprimendo le novità introdotte con l’art. 3-bis in commento, ha fissato in € 3 mln a decorrere dal 2016 il finanziamento necessario per la stabilizzazione e la prosecuzione delle attività della Scuola GSSI - sempre ad integrazione delle risorse assegnate con delibera CIPE 76/2015 –, disponendo che lo stesso finanziamento sarà reso disponibile a seguito del decreto ministeriale con il quale la stessa Scuola assumerà carattere di stabilità come Istituto universitario ad ordinamento speciale. Per la copertura dei relativi oneri, l’art. 3 dello stesso D.L. ha confermato quanto previsto dall’art. 3-bis in commento.


 

Articolo 4, comma 1
(Poteri sostitutivi del prefetto in caso di mancata
approvazione del bilancio degli enti locali)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 4 proroga per l'anno 2016 l'applicazione della procedura che attribuisce al prefetto i poteri di impulso e sostitutivi (prima spettanti al soppresso Comitato regionale di controllo) relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio di previsione degli enti locali, ovvero di provvedere all'approvazione del bilancio stesso, in caso di inadempimento dell'ente locale agli obblighi fondamentali di approvazione del bilancio di previsione e dei provvedimenti necessari al riequilibrio di bilancio.

 

In particolare, la proroga riguarda l’applicazione delle procedure previste dall’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004[21], concernenti lo scioglimento dei consigli degli enti locali per mancata approvazione del bilancio nei termini previsti, ai sensi dell’articolo 141, comma 1, lettera c) del TUEL[22], e per l’attribuzione al Prefetto dei relativi poteri sostitutivi ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione medesimo e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Tale disciplina, si ricorda, è stata introdotta per la prima volta nel 2002 con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002, in via transitoria, in quanto diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi a seguito della riforma costituzionale del 2001.

A seguito della cessazione dei CO.RE.CO. (Comitati regionali di controllo), ed in assenza di una apposita disposizione transitoria, era sorto, infatti, il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente[23].

Tale normativa transitoria è stata confermata nell’anno successivo e poi estesa anche ai casi di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio di bilancio, con l’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004.

Tale ultima disposizione è stata annualmente prorogata, da ultimo al 2015, dall’articolo 4, comma 1, del D.L. 192/2014 (proroga termini).

 

La procedura richiamata prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio di previsione dell’ente locale deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, il Prefetto nomina un commissario affinché predisponga d'ufficio lo schema di bilancio per sottoporlo al consiglio[24].

In tale caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta, il Prefetto assegna al consiglio un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

Fermo restando che spetta agli statuti degli enti locali disciplinare le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l'approvazione del bilancio non oltre il termine di 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto per l'approvazione del bilancio stesso, nell'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 2, del TUEL, alla predetta nomina provvede il prefetto nei soli casi in cui lo statuto dell'ente non preveda diversamente.

 

Si ricorda, infine, che con il D.L. n. 174/2012 (articolo 3, comma 1, lettera l) l’applicazione della procedura in questione è stata estesa anche alle ipotesi di mancata approvazione del rendiconto di gestione entro i termini previsti dal TUEL (articolo 227, comma 2-bis, del TUEL).


 

Articolo 4, comma 1-bis
(Utilizzo delle risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione
di mutui e dal riacquisto dei titoli obbligazionari)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 4 proroga per l'anno 2016 la norma del D.L. 78/2015 (articolo 7, comma 2) che consente agli enti territoriali di utilizzare le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui nonché dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi senza vincoli di destinazione.

A tal fine, la disposizione in esame riformula il citato articolo 7, comma 2, del D.L. n. 78 del 2015, che attribuiva agli enti locali tale facoltà limitatamente all’anno 2015.

 

I commi 1 e 2 dell'articolo 7 del D.L. n. 78/2015 contengono disposizioni in materia di mutui degli enti locali, finalizzate da un lato a favorire l'accesso alle operazioni di rinegoziazione promosse dalla della Cassa depositi e prestiti e, dall'altro, a garantire una maggiore flessibilità nell'utilizzo dei risparmi derivanti dalla rinegoziazione.

In particolare, l’eliminazione del vincolo di destinazione disposto dal comma 2 consente agli enti locali, eccezionalmente e solo per il 2015, di utilizzare le risorse che si liberano dalla rinegoziazione dei mutui anche per operazioni di copertura delle spese correnti, senza vincolarle necessariamente al finanziamento della spesa in conto capitale o all’estinzione di mutui.

I risparmi di linea capitale infatti, pur in assenza di disposizioni restrittive espresse in tal senso, a differenza di quelli sulla linea interessi, dovrebbero essere destinati esclusivamente alla riduzione del debito o a nuovi investimenti.

Sul punto, si ricorda che diversi pronunciamenti della Magistratura contabile hanno indicato obblighi di utilizzo dei risparmi in questione a riduzione del debito, delineando una prassi non modificabile se non per via normativa.

 

Con riferimento al tema dei vincoli di destinazione dei proventi da rinegoziazione delle posizioni debitorie, prima dell’entrata in vigore della disciplina di cui al citato articolo 7, comma 2, del D.L. n. 78/2015 era intervenuta in tal senso l’interpretazione, sostenuta dalla Cassa depositi e prestiti (si veda in proposito la circolare n. 1283 del 28 aprile 2015, richiamata anche da una nota congiunta dell’11 maggio 2015 sottoscritta dal Direttore generale della CdP e dal Segretario generale dell’Anci), secondo cui le economie derivanti dal minore esborso annuale in linea capitale (conseguenti alla rinegoziazione dei mutui) devono essere destinate dagli enti locali alla copertura di spese di investimento o alla riduzione del debito.

Gli eventuali risparmi in linea interessi non sono invece soggetti ad alcun vincolo e, pertanto, possono essere destinati alla spesa corrente. Analoga interpretazione è stata altresì condivisa in più occasioni dalla Corte dei Conti, che ne ha rilevato la coerenza con i principi di sana gestione finanziaria.


 

Articolo 4, comma 1-ter e 1-quater
(Rendiconti dei partiti politici)

 

 

Il comma 1-ter proroga al 15 giugno 2016 - relativamente ai soli esercizi degli anni 2013 e 2014 - il termine, fissato dalla legge n. 96 del 2012 al 15 giugno di ogni anno, entro cui i rappresentanti legali o i tesorieri dei partiti politici devono trasmettere alla Commissione di garanzia il rendiconto ed i relativi allegati unitamente al giudizio espresso dalla società di revisione sul rendiconto ed il verbale di approvazione dello stesso.

 

I partiti sono tenuti a presentare il rendiconto di esercizio in tutti i seguenti casi:

§  hanno ottenuto dopo l'entrata in vigore della L. 96/2012 almeno un eletto nei Parlamenti nazionale o europeo o nei Consigli regionali, singolarmente o in forma aggregata (art. 9, co. 4, secondo e quarto periodo, L. 6 luglio 2012, n. 96);

§  hanno conseguito almeno il 2% dei voti validi alle elezioni della Camera del 2013, singolarmente o in forma aggregata (art. 9, co. 4, secondo e quarto periodo, L. 6 luglio 2012, n. 96);

§  sono iscritti nel registro di cui all'art. del 4 D.L. 149/2013 (art. 8, co. 2, DL 149/2013);

§  hanno fruito dei benefici (2 per mille e detrazioni fiscali) di cui al D.L. 149/2013 (art. 8, co. 9, DL 149/2013);

§  hanno percepito nel 2014 contributi pubblici (art. 9, co. 21, L. 6 luglio 2012, n. 96; il comma è abrogato dall’art. 14, comma 3, del D.L. 149/2013, ma solo con effetto a partire dalla definitiva soppressione dei contributi pubblici ai partiti, ossia a partire dal 2017);

§  hanno percepito nel 2013 o nel 2014 l'ultima rata di contributi pubblici (art. 9, co. 21, L. 6 luglio 2012, n. 96).

 

È stabilito inoltre (comma 1-quater) che, ai partiti e ai movimenti politici che non ottemperano all'obbligo di trasmissione di tali atti nei termini previsti (quindi entro il 15 giugno di ogni anno) o in quelli eventualmente prorogati da norme di legge (il 15 giugno 2016 per gli esercizi riferiti agli anni 2013 e 2014), la Commissione applica la sanzione amministrativa di euro 200.000.

 

Attualmente, in caso di inottemperanza alle disposizioni relative alla certificazione esterna dei rendiconti dei partiti o dell'obbligo di presentare il rendiconto e i relativi allegati o il verbale di approvazione del rendiconto da parte del competente organo interno, qualora l'inottemperanza non venga sanata entro i termini, la Commissione dispone, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data della contestazione, la cancellazione del partito dal registro dei partiti politici (articoli 7 e 8 D.L. 149/2013).

La Commissione applica, quale sanzione amministrativa pecuniaria, la decurtazione di una quota delle somme spettanti dalla destinazione volontaria del 2 per mille dell'IRPEF ai partiti che:

§  non abbiano rispettato gli obblighi per la redazione dei rendiconti;

§  abbiano omesso la pubblicazione nel proprio sito internet dei documenti previsti dalla legge;

§  abbiano omesso dati o abbiano dichiarato dati difformi rispetto alle scritture e ai documenti contabili;

§  non abbiano rappresentato una o più voci del rendiconto in conformità al modello di cui all'allegato A alla legge 2 gennaio 1997, n. 2;

§  abbiano omesso di indicare, in tutto o in parte, le informazioni previste dagli allegati B e C alla legge 2 gennaio 1997, n. 2, o non le abbiano rappresentate in forma corretta o veritiera, nella relazione sulla gestione e nella nota integrativa.

 

 

Le suddette sanzioni non possono eccedere i due terzi delle somme spettanti destinazione volontaria del 2 per mille dell'IRPEF; nell'applicazione delle sanzioni, la Commissione tiene conto della gravità delle irregolarità commesse e ne indica i motivi.

Si ricorda inoltre che la legge 175/2015 ha introdotto una disciplina specifica per gli anni 2013 e 2014 sulle modalità di controllo dei bilanci dei partiti, in virtù della quale non si applica, per quegli anni, la verifica della conformità delle spese effettivamente sostenute e delle entrate percepite alla documentazione prodotta a prova delle stesse, considerato che da parte della Commissione di garanzia non è stato possibile effettuare tale verifica in quell'arco temporale.


 

Articolo 4, comma 2
(Adeguamento della normativa antincendi nelle strutture scolastiche)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 4 stabilisce che l'adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi venga completato entro sei mesi dalla data di adozione del decreto ministeriale previsto dall’art. 10-bis del D.L. n. 104/2013 (a tutt’oggi non ancora emanato) e comunque non oltre il 31 dicembre 2016.

 

L’articolo 10-bis del D.L. 104/2013 ha fissato il termine del 31 dicembre 2015 per l’attuazione delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica. Per tale finalità lo stesso articolo ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro dell'interno (da emanare entro il 12 maggio 2014, ma a tutt’oggi non ancora emanato) finalizzato alla definizione e articolazione (con scadenze differenziate e tenendo conto della normativa sulla costituzione delle classi) delle prescrizioni per l'attuazione.

Le principali disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli incendi nelle scuole sono contenute nel D.M. 26 agosto 1992 (recante “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”).

Si ricorda altresì che il D.P.R. 151/2011 (“Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi”) individua le attività soggette ai controlli di prevenzione degli incendi e disciplina, per il deposito dei progetti, per l'esame dei progetti, per le visite tecniche, per l'approvazione di deroghe a specifiche normative, la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che, in base alla vigente normativa, sono attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Rientrano nel campo di applicazione di tale regolamento, in quanto indicati al punto 67 dell’allegato I al regolamento medesimo, le “scuole di ogni ordine, grado e tipo, collegi, accademie con oltre 100 persone presenti”, nonché gli “asili nido con oltre 30 persone presenti”.


 

Articolo 4, comma 2-bis
(Adeguamento della normativa antincendi nelle
strutture turistico alberghiere)

 

 

L'articolo 4, comma 2-bis, differisce al 31 dicembre 2016 il termine per l'adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto:

§  esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 9 aprile 1994 (che ha approvato la regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere);

§  e in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con D.M. interno 16 marzo 2012.

 

Il termine che viene differito dal comma in esame, scaduto il 31 ottobre 2015, è la risultante di una serie di proroghe succedutesi negli anni, l'ultima delle quali operata dall'art. 4, comma 2, del D.L. 192/2014.

Si ricorda che il punto 21.2 del D.M. 9 aprile 1994, con cui è stata approvata la regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere, ha previsto l’adeguamento delle attività ricettive esistenti, alle nuove disposizioni dettate dalla regola tecnica, entro otto anni “per l'adeguamento, all'interno delle camere per ospiti, dei materiali di rivestimento, dei tendaggi e dei materassi” alla prescrizioni dettate dalla regola tecnica in materia di reazione al fuoco dei materiali. Per le altre prescrizioni (ad eccezione di quelle di carattere gestionale, per le quali veniva fissato un termine di 2 anni per l’adeguamento) il termine previsto era invece il 31 dicembre 1999. L’art. 3-bis del D.L. 411/2001 ha prorogato il previsto termine di 8 anni e quello del 31 dicembre 1999 fino al 31 dicembre 2004. Il termine è poi stato ulteriormente prorogato e poi differito al 31 dicembre 2013 dall’art. 15, comma 7, del D.L. 216/2011. L’art. 11 del D.L. 150/2013 ha prorogato tale termine al 31 dicembre 2014 e, come anticipato, l’art. 4, comma 2, del D.L. 192/2014, ne ha successivamente disposto la proroga fino al 31 ottobre 2015.

La limitazione della proroga alle sole strutture ammesse, a domanda, al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, poi successivamente approvato con il D.M. interno 16 marzo 2012, è stata introdotta dal citato comma 7 dell’art. 15 del D.L. 216/2011. L’art. 11 del D.L. 150/2013 ha precisato, nel prorogare il termine, che il possesso dei requisiti per l’ammissione al piano citato deve verificarsi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge.

Il comma 8 dell’art. 15 del D.L. 216/2011 ha previsto l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 4 del D.P.R. 151/2011 (provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti) in caso di:

§  omessa presentazione dell'istanza;

§  mancata ammissione al piano straordinario;

§  mancato completamento dell’adeguamento antincendio al 31 dicembre 2013.

La relazione illustrativa al ddl di conversione del D.L. 216/2011 ha rilevato che tale adeguamento, se non sostenuto da mirati interventi, rischia di compromettere l’esercizio di numerose attività (circa 14 mila strutture) in un settore di assoluto rilievo per il Paese. La relazione ha anche ricordato la procedura di infrazione per il non corretto recepimento della direttiva 89/391/CE, avviata il 29 settembre 2011 dalla Commissione europea che, tra l’altro, ha censurato le proroghe che si susseguono ormai dal 2001 e che stanno procrastinando all’infinito l’applicazione delle disposizioni di sicurezza antincendio.

La medesima relazione illustrativa ha altresì rilevato che l’applicazione del D.P.R. 151/2011 di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, introducendo il sistema della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e connesse verifiche in tempi stretti, rischia di determinare ulteriori difficoltà nell’adeguamento antincendio con chiusura di numerosissime attività. Di qui la necessità di pervenire ad una soluzione “ponte”, individuata nel piano straordinario, che accompagni, con la gradualità necessaria, le strutture verso il vigente regime di semplificazione antincendio per tutti gli adempimenti relativi ai successivi rinnovi e alle verifiche periodiche.

Nella lettera di messa in mora del 30 settembre 2011 - con cui è stato dato  avvio alla procedura di infrazione n. 2010/4227 per non corretto recepimento della direttiva 89/391/CEE in materia di sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro - la Commissione europea ha avanzato rilievi su sei inosservanze della direttiva da parte della normativa nazionale. Uno dei punti in questione riguardava la proroga dei termini per l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto esistenti in data 9 aprile 1994.

Nella successiva lettera di novembre 2012 - con cui la procedura di infrazione ha raggiunto la fase di parere motivato - la Commissione europea ha dichiarato di ritenere soddisfacenti le spiegazioni fornite dalla autorità italiane in merito a quattro dei sei punti sollevati, tra i quali anche quello relativo alla citata proroga. Sull'argomento, le autorità italiane hanno informato la Commissione europea dell'adozione del DPR n. 151 del 1° agosto 2011. Secondo la Commissione europea, l'analisi di questo DPR unitamente  all'analisi della legge 14/2012 e del decreto ministeriale adottato il  16 marzo 2012, indica che le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti-letto esistenti in data 9 aprile 1994, devono rispettare le disposizioni minime in materia di prevenzione degli incendi conformemente alla direttiva 89/391/CE.

In ogni caso, una volta risolte anche le due questioni pendenti (deresponsabilizzazione del datore di lavoro in caso di delega o subdelega (violazione dell'articolo 5 della direttiva) e proroga dei termini prescritti per la redazione di un documento di valutazione dei rischi (violazione dell'articolo 9) la procedura è stata archiviata a marzo 2015."

Si ricorda, infine, che l’art. 11, comma 2, del D.L. 150/2013 ha previsto l’emanazione, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge, di un D.M. interno finalizzato all’aggiornamento e alla semplificazione (in particolare per le strutture ricettive turistico-alberghiere fino a 50 posti letto) delle disposizioni della regola tecnica approvata con D.M. 9 aprile 1994.

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. interno 14 luglio 2015, recante “Disposizioni di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico-alberghiere con numero di posti letto superiore a 25 e fino a 50”, pubblicato nella G.U. 24 luglio 2015, n. 170.

Articolo 4, comma 3
(Utilizzo delle dichiarazioni sostitutive
da parte dei cittadini stranieri)

 

 

L’articolo 4, comma 3, proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine per l’acquisto dell’efficacia delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare dichiarazioni sostitutive (le cosiddette autocertificazioni) limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani (art. 3, comma 2, TU in materia di documentazione amministrativa, D.P.R. 445/2000; art. 2, comma 1, regolamento di attuazione del TU immigrazione, D.P.R. 394/1999).

A tal fine viene modificato l’articolo 17, comma 4-quater, del D.L. 5/2012.

Il termine per l’acquisto dell’efficacia delle disposizioni sull’autocertificazione da parte degli stranieri, originariamente fissato al 1° gennaio 2013 dal citato D.L. 5/2012, era stato prorogato al 30 giugno 2014 dal D.L. 150/2013, al 30 giugno 2015 dal D.L. 119/2014 e al 31 dicembre 2015 dal D.L. 192/2014.

 

Questo ulteriore differimento è motivato dalla mancata adozione del decreto del Ministro dell’interno che, ai sensi dell’articolo 15, comma 4-quinques, D.L. 5/2012, deve individuare le modalità per l'acquisizione d'ufficio dei certificati del casellario giudiziale italiano, delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale, dei dati anagrafici e di stato civile, delle certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido, di quelle necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio nonché le misure idonee a garantire la celerità nell'acquisizione della documentazione. La mancata adozione è dovuta al protrarsi dei lavori avviati tra le amministrazioni competenti (Giustizia, Lavoro e Istruzione) per individuare le modalità di dialogo tra le banche dati da esse detenute.


 

Articolo 4, comma 4
(Esercizio obbligatorio in forma associata di
funzioni comunali e fusioni di comuni)

 

 

L’articolo 4, comma 4, proroga al 31 dicembre 2016 i termini - individuati dall’articolo 14, comma 31-ter, del D.L. 78/2010 – entro i quali diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni.

Inoltre, si prevede che i comuni istituiti per fusione entro il 1° gennaio 2016, sono esonerati per il 2016 dall'obbligo del rispetto delle nuove regole di finanza pubblica stabilite dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, commi 709-734, L. 208/2015), che richiedono agli enti territoriali il conseguimento di un saldo finanziario non negativo, in termini di competenza.

 

Con riferimento alla gestione associata delle funzioni fondamentali, i termini oggetto di differimento – per i quali erano previste scadenze differenti in relazione al numero di funzioni svolte in forma associata – sono quelli entro i quali i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti (ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane), sono tenuti ad esercitare obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali (art. 14, comma 28, D.L. n. 78/2010). Sono esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia.

 

Il termine per l’esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali dei comuni in questione era stato fissato al 1° gennaio 2014 dal D.L. 95/2012 (art. 19, comma 1, lett. e) che ha sostituito l'originario comma 31 dell’art. 14 del D.L. 78/2010 con i commi 31, 31-bis, 31-ter e 31-quater dell’articolo 14 del D.L. 78/2010. Il termine è stato prorogato una prima volta al 31 dicembre 2014 dall'art. 1, comma 530, della L. 147/2013 (che ha sostituito l'originaria lettera b) dell’art. 14, comma 31-ter con le attuali lettere b) e b-bis) e successivamente al 31 dicembre 2015 dal D.L. 192/2014 (art. 4, comma 6-bis) e, con la disposizione in commento, al 31 dicembre 2016.

 

Le funzioni fondamentali dei comuni sono così individuate dall’articolo 14, comma 27, del D.L. n. 78/2010:

§  organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

§  organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale (compreso il trasporto pubblico comunale);

§  catasto, ad eccezione delle funzioni statali;

§  pianificazione urbanistica ed edilizia e partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

§  pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

§  raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

§  progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini;

§  edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

§  polizia municipale e polizia amministrativa locale;

§  tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale (questa funzione è esclusa tra quelle da esercitare obbligatoriamente in forma associata);

§  servizi in materia statistica.

 

I termini previgenti entro i quali i comuni erano tenuti ad assicurare l’esercizio in forma associata erano i seguenti (art. 14, co. 31-ter, D.L. n. 78/2010):

§  1° gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali (lett. a);

§  30 settembre 2014, con riguardo ad ulteriori tre delle funzioni fondamentali (lett. b);

§  31 dicembre 2014 – termine in precedenza fissato al 1° gennaio 2014 (originaria lett. b) e più volte oggetto di proroga - al complesso delle funzioni (lett. b-bis).

 

Si ricorda che, nel caso di decorso dei termini in questione, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, viene esercitato il potere sostitutivo dello Stato (art. 14, co. 31-quater, D.L. n. 78/2010), con riguardo alle restanti funzioni fondamentali.

 

La I Commissione della Camera dei deputati ha svolto, nei mesi di novembre e dicembre 2015, un’indagine conoscitiva sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali per approfondire le diverse questioni che attengono a tale tematica e con la finalità, tra le altre, di comprendere quali difficoltà stanno incontrando gli enti nell'ottemperanza all’obbligo di esercizio associato di funzioni e quali correttivi sia possibile prevedere per sostenerli nella fase di riordino.

Nel corso dell’indagine è stato ricordato come (al dicembre 2015) le unioni di comuni sono 450 e coinvolgono 2.401 comuni, pari al 29,83 per cento dei comuni italiani, con una popolazione residente pari a 9 milioni e 981 mila abitanti. Di queste circa il 50 per cento sono unioni «di necessità» (ossia obbligate per legge). Le regioni maggiormente interessate sono Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sicilia.

 

Il comma 4 dispone, altresì, al secondo periodo, per i comuni istituiti a seguito di processi di fusione previsti dalla legislazione vigente (enti derivanti da fusione per unione o gli enti incorporanti a seguito di fusione per incorporazione), che hanno concluso tali processi entro il 1° gennaio 2016, che l'obbligo del rispetto delle nuove regole di finanza pubblica decorre dal 1° gennaio 2017.

Si tratta delle nuove regole stabilite dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, co. 709-734, L. 208/2015), cui sono assoggettati gli enti territoriali, ai fini del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. Agli enti territoriali viene richiesto, a tal fine, di conseguire un saldo finanziario non negativo, in termini di competenza, tra le entrate e le spese finali.

Per la copertura degli oneri finanziari derivanti dall’esclusione di tali enti dai vincoli finanziari di bilancio, computati pari a 10,6 milioni per il 2016, si utilizzano le disponibilità del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti da legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

 


 

Articolo 4, comma 5
(Mantenimento delle contabilità speciali delle province
di Monza-Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani)

 

 

Il comma 5 dell'articolo 4 proroga di un anno, al 31 dicembre 2016 il termine per l'utilizzo delle risorse disponibili sulle contabilità speciali intestate alle tre province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, al fine di consentire l'adempimento delle obbligazioni assunte su tali risorse per gli interventi autorizzati dalle leggi istitutive delle province medesime, nonché di agevolare il flusso dei pagamenti in favore delle imprese, secondo quanto previsto dall'articolo 41-bis del D.L. n. 66/2014.

In particolare, la proroga riguarda l’utilizzo delle risorse finanziarie, recate appunto dalle leggi che hanno istituito le suddette province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani (leggi n. 146, 147 e 148 del 2004[25]), destinate alla costituzione degli uffici periferici dell’amministrazione dello Stato ed assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia e poi trasferite ai prefetti incaricati di completare gli interventi.

Con il comma in esame si viene a prorogare di un ulteriore anno un termine già più volte prorogato da una serie di interventi normativi che si sono susseguiti nel corso del tempo, ad iniziare dall’articolo 4-bis del decreto-legge n. 97/2008. Da ultimo, il termine era stato fissato al 31 dicembre 2015 dall'articolo 4, comma 3, del D.L. n. 192/2014 (proroga termini).

 

In particolare, l’articolo 41-bis del D.L. n. 66/2014, richiamato dalla norma, ha autorizzato la proroga al 31 dicembre 2014 dell’utilizzo delle risorse disponibili sulle contabilità speciali di ciascuna delle tre province indicate, al fine di consentire l’adempimento delle obbligazioni assunte sulle risorse stanziate dalle suddette leggi per le nuove province dalle stesse istituite nonché di agevolare il flusso dei pagamenti in favore delle imprese, facendo seguito a numerosi altri interventi precedenti che hanno via via allungato i termini per il mantenimento delle predette risorse sulle rispettive contabilità speciali. Tale termine era stato poi prorogato al 31 dicembre 2015 dall'articolo 4, comma 3, del D.L. n. 192/2014 (proroga termini).

 

L’articolo 41-bis richiamato prevede, inoltre, al comma 2, che le somme rimaste non utilizzate allo scadere del termine previsto costituiranno economie di spesa, con conseguente versamento delle stesse allo stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato. La relazione tecnica alla norma in esame precisa che le eventuali risorse che rimarranno disponibili al termine dell’anno 2016 costituiranno economia di spesa e saranno versate sul cap. 3560 – Conto entrate eventuali diverse del Ministero dell’Interno – dello stato di previsione dell’Entrata.

La relazione illustrativa fornisce l’entità delle somme accreditate nelle suddette contabilità speciali (pari ad euro 35.003.173,06).

 

La medesima relazione precisa che il loro utilizzo è stato possibile solo dopo la conclusione dell’iter procedimentale relativo all'approvazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di rimodulazione e di integrazione del piano finanziario, che si è rivelato piuttosto complesso e ha richiesto una lunga elaborazione, concludendosi soltanto il 3 dicembre 2013.  Tale situazione, ritardando l'avvio delle attività previste, non ha consentito il completamento degli interventi integrativi programmati entro l'esercizio finanziario 2015, considerati sia i tempi tecnici necessari per l'ultimazione dei lavori che l'esigenza di rispettare i tempi previsti dall'attuale normativa sugli appalti pubblici in merito agli adempimenti amministrativi propedeutici alla stipula e alla gestione dei contratti e alla fase di pagamento.  In particolare, per quanto riguarda il completamento dell'istituenda questura di Fermo, l'aggiudicazione della relativa gara è avvenuta solo nel mese di ottobre 2015, con la conseguente impossibilità di ultimare le opere previste entro il 31 dicembre 2015.  In merito alla ristrutturazione della sede della questura di Barletta-Andria-Trani, invece, la relativa gara è in fase di aggiudicazione e i lavori previsti presentano tempi di realizzazione che richiederanno interventi per l'anno 2016.  La disposizione consente ai prefetti, titolari delle predette contabilità speciali, di utilizzare le risorse a disposizione oltre il termine del 31 dicembre 2015, evitando che le medesime, alla chiusura dell'esercizio in corso, costituiscano economia di bilancio, cosa che impedirebbe, di fatto, la realizzazione delle attività previste dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013.

 

Si ricorda che con le già citate leggi n. 146, 147 e 148 del 2004 sono state istituite tre nuove province: Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani.

Nelle tre leggi istitutive, con formulazione identica (art. 4, commi 1 e 2, L. 146/2004; art. 5, commi 1 e 2, L. 147/2004; art. 4, commi 1 e 2, L. 148/2004), si è disposto in ordine all’adozione (con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'interno) dei provvedimenti necessari per l'istituzione nelle nuove province degli uffici periferici dello Stato, fissandosi un termine minimo ed uno massimo entro i quali dovevano essere emanati i provvedimenti di costituzione degli uffici periferici dello Stato: non prima di trentaquattro mesi (30 aprile 2007[26]) e non oltre quattro anni (30 giugno 2008) dalla data di entrata in vigore delle leggi; quest’ultimo termine è stato successivamente differito al 30 giugno 2009 dall’art. 4-bis, comma 4, D.L. n. 97/2008[27].

In applicazione di tale disposizione di proroga, l’art. 12, comma 1, D.L. n. 207/2008[28] ha disposto la conservazione nel conto dei residui del bilancio 2009 delle disponibilità finanziarie recate dalle leggi istitutive delle nuove province ed esistenti alla chiusura dell’esercizio finanziario 2008.

Inoltre, per la realizzazione di tutti gli adempimenti connessi all’istituzione delle nuove province, e quindi anche a quelli relativi alla costituzione degli uffici periferici, è stato inizialmente nominato un commissario per ciascuna provincia[29]. Le leggi istitutive delle nuove province hanno previsto altresì l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui sono individuate le procedure per la gestione da parte del commissario delle risorse rese disponibili ai fini dell'istituzione degli uffici periferici delle amministrazioni statali. I richiamati DPCM sono stati emanati in data 23 gennaio 2006 e con essi sono state costituite le contabilità speciali presso le tesorerie provinciali[30].

Successivamente l’art. 6-bis, comma 4, primo periodo, del D.L. n. 300/2006[31] è intervenuto sulle risorse finanziarie sopra citate, assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia, provvedendo a mantenerle fino al 31 dicembre 2009 sulle contabilità medesime[32].

L’articolo 3, comma 5, del D.L. n. 194 del 30 dicembre 2009 (legge n. 25/2010) ha successivamente prorogato il predetto termine provvedendo a mantenere le risorse iscritte sulle contabilità speciali fino al completamento degli interventi e comunque non oltre il 31 dicembre 2011.

Tale termine è stato poi ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2012, dall’articolo 15, comma 6 del D.L. n. 216/2011 (legge n. 14/2012); al 30 giugno 2013, dall'articolo 1, comma 388, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) e successivamente al 31 dicembre 2013, dall'articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente del Consiglio 26 giugno 2013, attuativo di quanto consentito dall’articolo 1, comma 394 della medesima legge di stabilità 2013; al 31 dicembre 2014, dall’articolo 41-bis, comma 1, del D.L. n. 66/2014 (legge n. 89/2014) e, da ultimo, al 31 dicembre 2015 dall'articolo 4, comma 3, del D.L. n. 192/2014 (proroga termini).

  

Articolo 4, comma 6
(Bonifica di ordigni bellici)

 

 

Il comma 6 dell’articolo 4 interviene sulla data di entrata in vigore delle novelle recate al decreto legislativo n. 81 del 2008[33], concernente talune attività connesse alla bonifica da ordigni bellici inesplosi, specificando che le medesime decorrono trascorsi dodici mesi (anziché sei) dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro della difesa che ha definito i criteri per l'accertamento dell'idoneità delle imprese che intendono iscriversi nell'albo delle imprese specializzate in bonifiche da ordigni esplosivi residuati bellici.

 

A questo riguardo si ricorda che il richiamato decreto del Ministero della difesa 11 maggio 2015, n. 82 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 giugno 2015, n. 146. Esso ha istituito presso il Ministero della difesa - Segretariato generale della difesa e Direzione nazionale degli armamenti - Direzione dei lavori e del demanio - l'albo delle imprese specializzate nella bonifica da ordigni esplosivi residuati bellici, del quale è data pubblicità sul sito web istituzionale del medesimo Ministero. L'iscrizione all'albo è condizione per l'esercizio dell'attività di bonifica preventiva e sistematica da ordigni bellici inesplosi ed è disposta per categorie e classifiche in relazione alla tipologia di intervento da porre in essere e alle capacità tecnico-economiche dell'impresa.

Le imprese sono iscritte in un unico elenco secondo le categorie di attività e classificate secondo il valore dell'importo delle attività eseguibili. Le categorie di iscrizione al presente albo sono così individuate:

a)   bonifica terrestre (B. TER);

b)   bonifica subacquea (B. SUB);

c)   bonifica subacquea oltre i 40 metri di profondità.

 

Le classifiche sono stabilite secondo i seguenti livelli di importo delle attività eseguibili:

I.     fino a 50.000 euro;

II.   fino a 250.000 euro;

III.  fino a 500.000 euro;

IV. fino a 1.000.000 euro;

V.   fino a 2.500.000 euro;

VI. fino a 4.000.000 euro;

VII.        oltre 4.000.000 euro.

L'iscrizione abilita l'impresa a partecipare alle gare e ad eseguire le attività di bonifica per le categorie di iscrizione e per un importo massimo complessivo corrispondente alla classifica riconosciuta, incrementata di un quinto.

 

Presso il Ministero della difesa - Segretariato generale della difesa e Direzione nazionale degli armamenti - Direzione dei lavori e del demanio, è istituito un Comitato tecnico consultivo, composto da un rappresentante del Ministero della difesa, con funzioni di presidente, e dai rappresentanti dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, che esprime parere tecnico, obbligatorio e vincolante, in ordine all'adozione dei provvedimenti di iscrizione nell'albo, di mantenimento della stessa in sede di verifica biennale, di sospensione, di cancellazione, di modifica della categoria o della classifica di iscrizione. I componenti del Comitato, designati dai rispettivi Ministeri, sono nominati con determinazione del direttore della Direzione dei lavori e del demanio.


 

Articolo 4, comma 6-bis
(Proroga delle modalità di riparto
del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province)

 

 

Il comma 6-bis dell’articolo 4 reca alcune disposizioni di interesse per le province per l’anno 2016, relative:

§  alle modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio, confermando anche per tale anno l’applicazione dei criteri adottati negli anni precedenti;

§  alla ripartizione dei trasferimenti erariali non fiscalizzati da corrispondere alle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna (non interessate dal Fondo sperimentale di riequilibrio), secondo i medesimi criteri adottati lo scorso anno.

 

Più in dettaglio, il comma, ai primi due periodi, conferma l’applicazione per l’anno 2016 delle modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale adottate a partire dal 2013, ai sensi del decreto del Ministro dell’interno 4 maggio 2012. Si rinvia poi ad un successivo decreto del Ministero dell’interno, da adottare di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, la ricognizione delle risorse del Fondo da attribuire a ciascuna provincia.

Il citato D.M. 4 maggio 2012 prevede i seguenti criteri di riparto:

a)   il 50% in proporzione al valore della spettanza figurativa dei trasferimenti fiscalizzati di ciascuna provincia;

b)   il 38% in proporzione al gettito della soppressa addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna provincia nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012;

c)   il 5% in relazione alla popolazione residente;

d)   il 7% in relazione all'estensione del territorio provinciale.

Si rammenta che il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province delle regioni a statuto ordinario è stato istituito, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, dall'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68[34], per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata. Esso è operante dal 2012, e la sua durata si protrarrà fino all’istituzione del fondo perequativo vero e proprio destinato ad operare a regime, disciplinato dall’articolo 23 del medesimo D.Lgs. n. 68 del 2011.

Il Fondo è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’IRPEF, la cui aliquota è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’essa soppressa dall’anno 2012.

La soppressione dei trasferimenti erariali delle province[35] è stata attuata con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell’importo di 1.039,9 milioni[36]. Di conseguenza, l'ammontare complessivo di risorse finanziarie lorde a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio è stato determinato in 1.039,9 milioni di euro per il 2012, ai sensi del D.M. Interno 4 maggio 2012, e ripartito tra le province delle regioni a statuto ordinario sulla base dei criteri recati dal D.M. medesimo.

Negli anni successivi, l’ammontare complessivo di risorse finanziarie lorde a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale è stato confermato in 1.039 milioni per il 2013 (con il D.M. 10 dicembre 2013) e rideterminato in 1.047 milioni per il 2014 (D.M. 24 ottobre 2014) e per il 2015 (D.M. 29 settembre 2015), in base all'importo recato dal documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012, integrato di 7 milioni di euro per la cessazione dell'efficacia, a decorrere dal 2014, della riduzione dei contributi ordinari prevista dall'art. 1, comma 183, della legge n. 191/2009. Il riparto è stato effettuato, anche in questi anni, sulla base dei medesimi criteri recati dal D.M. 4 maggio 2012.

Va segnalato che le disponibilità di bilancio del fondo sperimentale di riequilibrio delle province (iscritto sul cap. 1352/Interno) sono state significativamente erose nel corso di questi anni per effetto delle manovre di finanza pubblica e delle riduzioni disposte da diversi provvedimenti normativi che ne hanno, di fatto, inficiato la finalità perequativa ad esso assegnata dal legislatore[37].

Ne è conseguita una forte riduzione delle risorse a disposizione delle amministrazioni provinciali, atteso che la sovrapposizione di siffatti provvedimenti di contenimento ed il cumulo degli effetti degli stessi hanno prodotto un sostanziale azzeramento del Fondo.

Nel bilancio di previsione per il 2016, il cap. 1352/Interno presenta una dotazione di 26,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018[38].

 

Il comma in esame interviene anche in merito alla determinazione per l’anno 2016 dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione da corrispondere dal Ministero dell’interno in favore delle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna, richiamando a tal fine alle disposizioni recate lo scorso anno dall'articolo 10, comma 2, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16[39].

Si sottolinea che il riferimento alle province delle sole Regioni Sicilia e Sardegna è dovuto al fatto che in queste regioni - contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato[40].

 

La disposizione citata reca le norme per la determinazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione da corrispondere alle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna per l’anno 2014, facendo a sua volta riferimento alle precedenti disposizioni dell’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 16 del 2012, relative alla quantificazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione degli enti locali nell’anno 2012, ai sensi della legge n. 42 del 2009 (di attuazione del federalismo fiscale), e pertanto ancora spettanti agli enti locali.

Si ricorda che con il termine di “trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione” si intendono - per quel che concerne gli enti locali delle regioni a statuto ordinario - quei trasferimenti residuali che, in linea di massima, non presentando il carattere della generalità e della permanenza, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, nonché i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali delle regioni a Statuto speciale, che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale, necessari a finanziare i bilanci e le funzioni ad esse attribuite.

Tali trasferimenti continuano ancora ad essere assegnati agli enti come spettanza ed erogati dal Ministero dell’interno alle scadenze indicate nel suo decreto del 21 febbraio 2002[41].

 


 

Articolo 4, comma 6-ter
(Mandato dei componenti del COCER)

 

 

L'articolo 4, comma 6-ter, attraverso due modifiche all'articolo 2257 del Codice dell'ordinamento militare prevede: la proroga, fino al 31 maggio 2017 del mandato dei componenti in carica del Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché del consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario. Tale termine era stato da ultimo prorogato al 30 maggio 2012 dall'articolo 8, comma 1, lett. c-bis) del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14; la conclusione, entro il 15 luglio 2017, dei procedimenti elettorali per il rinnovo dei consigli di rappresentanza.

 


 

Articolo 4, comma 6-quater
(Contratti dell’Agenzie industrie difesa)

 

 

L'articolo 4, comma 6-quater, proroga di un anno, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, un terzo dei contratti conclusi dall'Agenzia industrie difesa ai sensi articolo 143, comma 3, del D.P.R. n. 90 del 2010. In base a tale disposizione l'Agenzia può assumere, in relazione a particolari e motivate esigenze, cui non si può far fronte con il personale in servizio, e nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, personale tecnico o altamente qualificato, con contratti a tempo determinato di diritto privato, previa procedura di valutazione comparativa che accerti il possesso di un'adeguata professionalità in relazione alle funzioni da esercitare, desumibile da specifici e analitici curricula culturali e professionali.

 


 

Articolo 4-bis
(Ampliamento dei termini per la richiesta
di contributo da parte degli enti in dissesto)

 

 

L’articolo 4-bis estende l’applicazione delle disposizioni recate dal D.L. n. 174/2012, volte ad ampliare il complesso di risorse che costituiscono la massa attiva della gestione liquidatoria degli enti locali in stato di dissesto finanziario, agli enti che abbiano deliberato il dissesto dal giorno successivo all’entrata in vigore del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 e fino al 31 dicembre 2015.

 

In particolare, l’articolo 3-bis del D.L. n. 174/2012 – che viene qui novellato - destina ad incremento della massa attiva (intesa come il complesso dei mezzi finanziari destinati al risanamento dell’ente locale in stato di dissesto) degli enti che hanno dichiarato il dissesto dopo il 4 ottobre 2007 e sino alla data di entrata in vigore del D.L. n. 174/2012, le somme disponibili negli anni 2012-2014 sul capitolo 1316/Interno “Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali”[42], accantonate per l'attivazione delle procedure di allineamento alla media dei contributi e di mobilità del personale degli enti dissestati, ai sensi dell'articolo 35, comma 6, del D.Lgs. n. 504 del 1992, e non utilizzate dagli enti medesimi per tali finalità nella fase di consolidamento finanziario della gestione.

La modifica apportata dal comma in esame consente di destinare ad incremento della massa attiva degli enti che abbiano deliberato il dissesto finanziario dal giorno successivo all’entrata in vigore del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 e fino al 31 dicembre 2015 anche le somme accantonate negli anni 2015-2017 sul suddetto capitolo 1316/Interno, e ancora disponibili.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 35 del D.Lgs. n. 504/1992, che disciplina la composizione del fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, prevede, al comma 6, che su tale fondo sia accantonata ogni anno una quota di 100 miliardi di lire (corrispondenti a 51,6 milioni di euro) per l'attivazione delle procedure di allineamento alla media dei contributi e di mobilità del personale, che possono essere richieste dagli enti in stato di dissesto finanziario, nell’ambito della procedura di risanamento finanziario, disciplinata al Titolo VIII del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL).

In particolare, la procedura prevede che il consiglio dell'ente locale in stato di dissesto è tenuto a presentare al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del D.P.R. di nomina dell’organo straordinario di liquidazione, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. Il riequilibrio è realizzato mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti.

Per quanto concerne l’attivazione di nuove entrate, il comma 4 dell’articolo 259 del TUEL prevede che le province ed i comuni, per i quali le risorse di parte corrente, costituite dai trasferimenti e da tributi locali, sono disponibili in misura inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed a quella media della fascia demografica di appartenenza, possono richiedere, in sede di presentazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta, quale fattore del consolidamento finanziario della gestione.

Ai fini della riduzione delle spese, invece, l’articolo 259, comma 6, del TUEL prevede che l’ente locale provveda a rideterminare la dotazione organica dichiarando eccedente il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione, nonché a ridurre la spesa per il personale a tempo determinato. I dipendenti dichiarati in eccedenza sono pertanto collocati in disponibilità. In relazione a ciò, l’articolo 260, comma 2, del TUEL dispone che il Ministero dell'interno assegna all'ente locale per il personale posto in disponibilità un contributo pari alla spesa relativa al trattamento economico con decorrenza dalla data della deliberazione di dissesto e per tutta la durata della disponibilità. Analogo contributo, per la durata del rapporto di lavoro, è corrisposto all'ente locale presso il quale il personale predetto assume servizio.

 

In base all’ultimo periodo dell’articolo 3-bis del D.L. n. 174/2012, le somme da destinare a tale finalità sono stabilite nel limite massimo di 30 milioni di euro annui, che vengono a tal fine versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell’interno medesimo per essere destinate alle finalità di incremento della massa attiva della gestione liquidatoria degli enti locali in dissesto finanziario.

La quota di risorse disponibili provenienti dal Fondo ordinario è ripartita tra gli enti interessati, nei limiti della massa passiva accertata, in base ad una quota pro-capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati forniti dall'ISTAT. Ai fini del riparto, gli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono considerati come enti di 5.000 abitanti.

 


 

Articolo 4-ter
(Colloqui dei direttori dei servizi di informazione
con detenuti per la prevenzione di terrorismo)

 

 

L'articolo 4-ter proroga di un anno (al 31 gennaio 2017) il termine entro il quale, ai sensi dell’art. 4, comma 2-bis, del D.L. 144 del 2005, il Presidente del Consiglio - anche a mezzo del direttore del D.I.S. (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) - può richiedere all'autorità giudiziaria competente che i direttori dei servizi di sicurezza (Agenzia informazioni e sicurezza esterna - AISE e Agenzia informazioni e sicurezza interna - AISI) o altro personale dipendente espressamente delegato siano autorizzati ai colloqui con detenuti e internati, al solo fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.

 


 

Articolo 4-quater
(Conservazione dei dati del traffico telefonico)

 

 

L’articolo 4-quater proroga di sei mesi la deroga alle ordinarie modalità di conservazione dei dati telefonici e telematici detenuti dagli operatori dei servizi di telecomunicazione.

Modificando l’art. 4-bis del decreto legge n. 7 del 2015 in materia di antiterrorismo, la disposizione prevede che fino al 30 giugno 2017 i suddetti operatori di telefonia debbano conservare i dati del traffico telefonico e telematico (esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni) per finalità di accertamento e repressione dei reati di terrorismo nonché di un ulteriore serie di illeciti di grave allarme sociale (tra cui associazione mafiosa e reati connessi, strage, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione finalizzata al traffico di droga, tratta di persone).

Tale conservazione è ammessa in deroga a quanto previsto dal Codice della Privacy (art. 132, comma 1, del D.Lgs. 196 del 2003), che – per finalità di accertamento e repressione di reati - imporrebbe la distruzione dei citati dati dopo 24 mesi (per il traffico telefonico) o dopo 12 mesi (per il traffico telematico).

 


 

Articolo 5, comma 1
(Delimitazione dei distretti turistici)

 

 

L’articolo 5 proroga dal 31 dicembre 2015 al 30 giugno 2016 il termine entro il quale le Regioni devono procedere alla delimitazione dei distretti turistici.

 

Tale termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2012, era stato già prorogato al 30 giugno 2013 dalla Legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012, articolo 1, comma 388) e successivamente differito al 31 dicembre 2015 dal D.L. 83/2014 (articolo 10, comma 6, lett. a)).

 

Nello specifico, la norma in esame novella l'articolo 3, comma 5, del D.L. N. 70/2011 (legge n. 106/2011), il quale dispone che la delimitazione dei distretti da parte dalle Regioni avvenga d'intesa con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e con i Comuni interessati, previa Conferenza di servizi, che è obbligatoriamente indetta se richiesta da imprese del settore turistico che operano nei medesimi territori.

 

La delimitazione dei distretti turistici è funzionale alla costituzione, con D.M., dei distretti turistici stessi. Si ricorda infatti che il comma 4, dell’articolo 3 del D.L. 70/2011 prevede che possano essere istituiti, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, su richiesta delle imprese del settore che operano nei territori interessati, previa intesa con le Regioni interessate, i Distretti turistici con gli obiettivi di riqualificare e rilanciare l'offerta turistica a livello nazionale e internazionale, di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori del Distretto, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione dei servizi, di assicurare garanzie e certezze giuridiche alle imprese che vi operano con particolare riferimento alle opportunità di investimento, di accesso al credito, di semplificazione e celerità nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Per i suddetti distretti sono previste agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie.

Ai sensi del comma 6 dell’articolo 3 le imprese dei Distretti, costituite in rete ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter e ss del D.L. n. 5/2009, si applicano le agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006 (articolo 1, comma 368, lettere b), c) e d) della legge n. 266/2005[43]), previa autorizzazione rilasciata con decreto ministeriale del MEF di concerto con il MISE, da adottare entro sei mesi dalla relativa richiesta.

Le agevolazioni fiscali (c.d. tassazione di distretto) di cui alla lettera a) della citata legge finanziaria 2006 possono applicarsi, su richiesta, anche nel caso in cui le suddette imprese non siano costituite in rete. Inoltre i distretti turistici costituiscono zone "a burocrazia zero", con esclusione delle zone soggette a vincolo paesaggistico territoriale o del patrimonio storico artistico, ai sensi dell'art. 37-bis del D.L. n. 179/2012. Nei Distretti sono poi attivati sportelli unici di coordinamento delle attività delle Agenzie fiscali e dell’INPS.

Secondo quanto risulta dal sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sono costituiti con D.M. i seguenti distretti turistici:

Distretto turistico Atargatis

Distretto turistico Capri Isola Azzurra

Distretto turistico Cilento Blu

Distretto turistico Costa di Amalfi

Distretto turistico e balneare Roma Capitale

Distretto turistico Emiliano Romagnolo

Distretto turistico Flegreo

Distretto turistico Isola di Procida

Distretto turistico Riviera Salernitana

Distretto turistico Sele Picentini

Distretto turistico Isola verde d'Ischia

Distretto turistico litorale Domizio

Distretto turistico Policastro

Distretto turistico Penisola Sorrentina

Distretto turistico il Piceno


 

Articolo 5, comma 1-bis
(Grande Progetto Pompei)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 5 stabilisce il nuovo termine del 1° gennaio 2017 a partire dal quale il Direttore generale del Grande progetto Pompei e le competenze ad esso attribuite devono confluire nella Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia. A legislazione previgente, la confluenza si sarebbe dovuta determinare il 1° gennaio 2016.

A tal fine, novella l’art. 2, co. 5-ter, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).

Per effetto della novella, è dalla medesima data del 1° gennaio 2017 – e non più dal 1° gennaio 2016, come stabiliva la normativa previgente – che la Soprintendenza assume la denominazione di “Soprintendenza Pompei”.

Nel sito dedicato, peraltro, la denominazione della Soprintendenza risulta già “Soprintendenza Pompei”. E tale è già nominata, ad esempio, nel D.M. 23 gennaio 2016 (art. 6, co. 6) – attuativo dell’art. 1, co. 327, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), che ha disposto la riorganizzazione, anche mediante soppressione, fusione o accorpamento, degli uffici dirigenziali, anche di livello generale, del Ministero –, e nel D.M. 164 del 24 marzo 2016, relativo alla nomina del Comitato scientifico della stessa Soprintendenza.

 

Al contempo, sempre novellando la disposizione sopra indicata, prevede che è assicurato fino al 31 gennaio 2019 lo svolgimento delle funzioni (oltre che del Direttore generale di progetto) anche della struttura di supporto, conseguentemente incrementando (da € 100.000) a € 500.000 per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, il limite massimo di spesa, sempre a valere sulle risorse disponibili sul bilancio della Soprintendenza.

 

Per accelerare la realizzazione del Grande progetto Pompei, l’art. 1, co. da 1 a 7, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) – come modificato dall’art. 2 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) – ha previsto la nomina di un Direttore generale di progetto, coadiuvato da una struttura di supporto, e di un Vice Direttore generale vicario.

Al Direttore generale di progetto sono stati affidati specifici compiti, prevedendo che gli stessi dovessero essere svolti in stretto raccordo con la Soprintendenza, della quale rimanevano fermi compiti e attribuzioni in ordine alla gestione ordinaria del sito.

In particolare, il Direttore generale di progetto deve:

§  definire e approvare i progetti degli interventi di messa in sicurezza, restauro e valorizzazione previsti nel “Grande Progetto Pompei”, assicurare l’efficace e tempestivo svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento dei lavori e l’appalto dei servizi e delle forniture necessari, nonché seguire la fase di attuazione ed esecuzione dei relativi contratti. Fra l’altro, il Direttore generale di progetto ha assunto le funzioni di stazione appaltante;

§  assicurare supporto organizzativo e amministrativo alle attività di tutela e valorizzazione di competenza della Soprintendenza;

§  informare ogni sei mesi il Parlamento sullo stato di avanzamento dei lavori e su eventuali aggiornamenti del cronoprogramma (l’ultima relazione, aggiornata al 31 dicembre 2015, è stata trasmessa il 28 gennaio 2016 - Doc. CCXX, n. 4);

§  collaborare per assicurare la trasparenza, la regolarità e l’economicità della gestione dei contratti pubblici, anche al fine di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose, nel quadro del Protocollo di legalità stipulato con la Prefettura.

Inoltre, il Direttore generale di progetto è stato preposto all’Unità “Grande Pompei” – della quale lo stesso D.L. 91/2013 ha previsto la costituzione per consentire il rilancio economico sociale e la riqualificazione ambientale e urbanistica dei comuni interessati dal piano di gestione Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”, dotandola di autonomia amministrativa e contabile –, e ne ha assunto la rappresentanza legale.

Con D.P.C.M. 27 dicembre 2013 il Generale Giovanni Nistri è stato nominato Direttore generale di progetto, mentre il ruolo di Vice Direttore generale vicario è stato affidato al dott. Fabrizio Magani, direttore regionale dei beni culturali e paesaggistici d'Abruzzo e responsabile del progetto l'Aquila.

Successivamente, l’art. 16, co. 1-bis), lett. b), del D.L. 78/2015 (L. 125/2015) ha aggiunto il co. 5-ter all’art. 2 del D.L. 83/2014, stabilendo, tra l’altro, che lo svolgimento delle funzioni del Direttore generale di progetto era assicurato fino al 31 gennaio 2019 nel limite massimo di spesa pari a 100.000 euro lordi per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, a valere sulle risorse disponibili sul bilancio della Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia.

Ancora in seguito è stata avviata la procedura per la nomina come Direttore generale di progetto del Generale di divisione Luigi Curatoli, in sostituzione del generale Nistri: in particolare, il 13 gennaio 2016 la VII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole sul relativo schema di DPCM (AG n. 63).

 

In ordine a quanto previsto dal comma 1-bis in commento, l’11 febbraio 2016, rispondendo all’interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-07753, il rappresentante del Governo ha fatto presente  che “le condizioni attuali non sono ancora idonee al richiamato confluire del «Grande Progetto Pompei» nell'ambito della Soprintendenza, anche alla luce dell'avvicendamento alla guida del «Grande Progetto Pompei», avvenuto di recente, con la nomina del Generale Curatoli quale Direttore generale di progetto, in sostituzione del Generale Nistri e dell'avvio del piano degli interventi riguardanti i territori esterni all'area archeologica, demandati all'Unità «Grande Pompei», consistenti in interventi infrastrutturali urgenti di miglioramento delle vie di accesso ai siti archeologici e di riqualificazione e recupero urbanistico-ambientale dei territori limitrofi”. Ha, inoltre, evidenziato che “non è stato disposto alcun aumento delle risorse da destinarsi alla struttura di supporto. Il personale è in comando e mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, spettante presso le amministrazioni di provenienza, con oneri posti a carico delle medesime. A carico dell'unità sono posti gli oneri relativi al trattamento economico accessorio variabile (componenti F.U.A. e compensi per lavoro straordinario). Poste tali premesse, si conferma che la Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia, nell'ambito del proprio bilancio speciale, possiede ampia e documentata capienza, che ammonta ad oltre 28 milioni di euro. Peraltro, nel dettaglio, si precisa che, nel 2014, a fronte di 1.964.956 di visitatori paganti è derivato un introito netto di 19.565.774,04 di euro”.

Articolo 5-bis
(Finanziamento del Museo tattile statale “Omero”)

 

 

L’articolo 5-bis proroga per il triennio 2016-2018 il finanziamento di 500.000 euro annui - disposto, per il triennio 2013-2015, dall’art. 5-ter, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) - volto a garantire il funzionamento del Museo tattile statale “Omero”.

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa riferita agli enti culturali di cui alla L. 534/1996 (cap. 3671 dello stato di previsione del Mibact).

Il Museo tattile statale “Omero” è stato istituito in Ancona con L. 452/1999. Per l’istituzione del Museo la legge aveva autorizzato una spesa di £ 300 mln nel 1998 e di £ 500 mln nel 1999, mentre per il suo funzionamento aveva autorizzato una spesa di £ 460 mln annue a decorrere dal 1999.

Successivamente, l’art. 5-ter del D.L. 91/2013 aveva autorizzato la spesa di € 500.000 annui per il triennio 2013-2015[44].

Le risorse per il funzionamento sono allocate sul cap. 1308 dello stato di previsione del Mibac e, in base al DM 482300 del 28 dicembre 2015 – Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016–2018 –, per il 2016 ammontano a € 42.422.

 


 

Articolo 6, comma 1
(Formazione della gente di mare)

 

 

Nelle more dell'adozione del decreto interministeriale che disciplinerà i contenuti dei corsi di pronto soccorso per il personale navigante marittimo, l'articolo 6, comma 1 estende di ulteriori dieci mesi la proroga di otto mesi già concessa per il rinnovo dei certificati di addestramento della gente di mare in materia di soccorso sanitario rilasciati da oltre cinque anni dalle autorità competenti. Il termine della proroga per il rinnovo dei certificati di addestramento, ora pari a 18 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, scade il 26 dicembre 2016.

L’intervento legislativo è attuato intervenendo sull’art. 11, co. 3, del D.Lgs. n. 71/2015 che ha recepito la direttiva 2012/35/UE in materia di requisiti minimi di formazione della gente di mare.

L’art. 11, co. 2, del D.Lgs. n. 71/2015 prevede che i certificati di addestramento, che attestano la sussistenza di requisiti specifici di formazione, competenza o di servizio in navigazione, vengano rilasciati ai lavoratori marittimi dopo aver frequentato un corso apposito, definito con decreto del Ministro della salute sentito il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e aver superato un  esame teorico-pratico. Il decreto che avrebbe dovuto disciplinare i contenuti, i metodi e i mezzi di insegnamento, nonché le procedure di qualificazione dei docenti dei corsi di formazione della gente di mare per il rilascio dei certificati di addestramento da parte dell'autorità competente, non è stato finora emanato.

Nelle more dell'adozione del decreto di definizione dei corsi, il comma 3 dello stesso articolo 11 del D.Lgs. n. 71/2015 aveva già introdotto una norma transitoria assegnando un termine di otto mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo per provvedere al rinnovo dei certificati rilasciati da oltre cinque anni ai sensi del decreto del Ministro della sanità 7 agosto 1982, Istituzione di corsi di pronto soccorso per il personale navigante marittimo.

Poiché le norme vigenti non contemplano un termine di scadenza dei certificati e neppure disciplinano una procedura di rinnovo, con la conseguenza che i certificati di validità ultra quinquennale potrebbero essere considerati scaduti e in tale ipotesi si verrebbe a creare un danno ai lavoratori marittimi che vedrebbero scaduto il proprio certificato di addestramento senza sapere come rinnovarlo, la disposizione in esame stabilisce che il termine di otto mesi, previsto al citato comma 3 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 71 del 2015 per il rinnovo dei predetti certificati, sia prorogato di dieci mesi, onde consentire ai lavoratori marittimi di rinnovare i certificati secondo le modalità stabilite dalla normativa in via di definizione, anche al fine di poter meglio provvedere ai predetti adempimenti senza che venga pregiudicata l’operatività del personale marittimo interessato.

Articolo 6, comma 2
(Remunerazione della filiera del farmaco)

 

 

L’articolo 6, comma 2 proroga di un anno, dal 1° gennaio 2016 al 1° gennaio 2017, il termine entro cui effettuare la ridefinizione del sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco.

 

La necessità di ridefinire l’attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco è stata sottolineata fra l’altro dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, nelle Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2014, ha evidenziato come l’attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco contribuisca ad ostacolare lo sviluppo della vendita di farmaci di minor prezzo, in particolare dei farmaci generici.

 

L’intervento legislativo è attuato intervenendo sull’art. 15, co. 2, quinto periodo, del decreto-legge n. 95/2012 che aveva previsto, a decorrere dal gennaio 2013, il passaggio a un nuovo metodo di remunerazione della filiera distributiva del farmaco, da definirsi con decreto dei ministri della salute e dell’economia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sulla base di un accordo tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e l'Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) nel rispetto di vincoli precisi: invarianza dei costi con riferimento ai margini in vigore al 30 giugno 2012, rispetto dei tempi (90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 95/2012), accordo tra tutte le componenti della filiera, invarianza dei saldi di finanza pubblica

 

Il termine, originariamente fissato al 1° gennaio 2013, è stato posticipato dall'articolo 1, comma 388, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), al 30 giugno 2013. La stessa legge di stabilità 2013, al successivo comma 394, ha disposto che tale termine potesse essere ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2013. In seguito, il decreto-legge n. 150/2013 di proroga termini, all’articolo 7, comma 1, ha prorogato il termine al 1° gennaio 2015. Il termine è stato ulteriormente prorogato di un anno, fino al 1° gennaio 2016, dall’art. 7, co.3, del decreto legge di proroga termini 192/2014.


 

Articolo 6, comma 3
(Determinazione delle tariffe massime per
la remunerazione delle prestazioni sanitarie)

 

 

L’articolo 6, comma 3 proroga:

§  al 30 settembre 2016 il termine di validità delle tariffe massime di riferimento per le prestazioni di assistenza ambulatoriale indicate dal decreto del Ministro della salute 18 ottobre 2012 e di assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura di cui all'elenco 1 allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332;

§  al 31 dicembre 2016 il termine di validità delle tariffe massime di riferimento per le prestazioni di assistenza ospedaliera indicate dal decreto del Ministro della salute 18 ottobre 2012.

 

L’intervento legislativo è attuato sostituendo il comma 16 dell’articolo 15 del decreto-legge n. 95/2012 (Spending review).

 

Il decreto-legge n. 95/2012 (Spending review) all’art. 15, co. 15, ha disposto che il Ministero della Salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato- regioni, determini, con decreto, le tariffe massime che le regioni e le province autonome possono corrispondere alle strutture accreditate per l’erogazione delle prestazioni sanitarie per conto del SSN. Al fine di garantire un quadro certo per la programmazione, e di recuperare margini di inappropriatezza esistenti a livello locale e nazionale, il decreto-legge 95/2012 ha inoltre stabilito che la determinazione delle tariffe avvenga in base ai dati di costo disponibili e in base ai tariffari regionali, solo se ritenuti congrui e adeguati. Il successivo comma 16 prevede che le tariffe così determinate siano valide dalla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui sopra fino alla data del 31 dicembre 2014 e che costituiscano il riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Il comma 17 stabilisce inoltre che gli importi tariffari fissati dalle singole Regioni, superiori alle tariffe massime, restino a carico dei bilanci regionali.

Il decreto del Ministero della salute per la fissazione delle tariffe massime previsto dall’art. 15, co. 15, del decreto-legge 95/2012, è stato approvato il 18 ottobre 2012. Nello specifico il decreto determina le tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, di assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale, valide fino alla data del 31 dicembre 2014. L’art. 7, co. 4, del decreto legge 192/2014 di proroga termini ha poi prorogato di un anno, dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2015, la validità delle tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni, così come determinate dal D.M. 18 ottobre 2012.

 

Si ricorda che il Patto per la salute per gli anni 2014-2016 ha previsto, all’art. 1, co. 3, l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). La programmata attività di aggiornamento dei LEA, con l’introduzione di nuove prestazioni sanitarie erogabili a carico del SSN, imporrà l’esigenza di definire tariffe nazionali massime per tutte le prestazioni nuove o modificate, incluse nei nuovi LEA.

La proroga in esame si riferisce pertanto anche alle tariffe delle prestazioni dell’assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura di cui all’art. 2, co. 380, della legge finanziaria 2008 (legge 244/2007), che, come dichiarato più volte dal Ministro della salute, saranno incluse nel decreto di aggiornamento dei LEA, che dovrebbe essere emanato nei prossimi mesi.

A questo proposito, si ricorda che la legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), all’art. 1, co. 553, ha previsto che si provveda all'aggiornamento del D.P.C.M. 29 novembre 2001 recante Definizione dei livelli essenziali di assistenza, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di stabilità.

 


 

Articolo 6, comma 4
(Utilizzo di risorse a valere sul Fondo sanitario nazionale)

 

 

L’articolo 6, comma 4 estende al 2015 la possibilità che le quote premiali da attribuire alle regioni virtuose siano utilizzate per riequilibrare, in sede di riparto del Fondo sanitario nazionale, le regioni altrimenti penalizzate. La misura percentuale della quota premiale è individuata nello 0,25 per cento delle risorse ordinarie per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

L’intervento legislativo è attuato intervenendo sull’art. 2, co. 67-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, quinto periodo.

 

L’art. 2, comma 67-bis, della legge 191/2009[45] demanda ad un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze l’individuazione di forme premiali per le Regioni “virtuose” che istituiscono una Centrale Regionale per gli Acquisti e istruiscono gare per l’approvvigionamento di beni e servizi per un importo annuo non inferiore ad una soglia determinata dal medesimo decreto. Il decreto, che avrebbe dovuto essere adottato entro il 30 novembre 2011, non risulta finora emanato. Le quote premiali, a valere sul finanziamento statale ordinario per la sanità, sono state introdotte a partire dal 2012.

Successivamente, la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha previsto che, in via transitoria, nelle more dell'adozione del decreto di cui sopra, le quote premiali possano essere utilizzate anche per riequilibri in sede di riparto del Fondo sanitario nazionale. Tale previsione ha reso applicabile l’Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni sul riparto del Fondo sanitario nazionale 2013, per le compensazioni verso le regioni altrimenti penalizzate.

La determinazione della quota premiale è stata invece fissata, a decorrere dal 2013, dall'art. 15, co. 23, del decreto-legge n. 95/2012 (Spending review), come annualmente pari allo 0,25 per cento delle risorse del Fondo sanitario nazionale.

 

Si ricorda infine che, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nella seduta del 25 novembre ha approvato la proposta di riparto delle risorse finanziarie destinate al Servizio Sanitario Nazionale per l’anno 2015. La proposta ha preso in considerazione le risorse del fabbisogno indistinto e previsto l’utilizzo delle risorse accantonate per le quote premiali (art. 2, co. 67-bis, legge 191/2009) pari a 274,28 milioni di euro e a 101 milioni di euro derivanti dalle risorse degli obiettivi di Piano Sanitario Nazionale per il riequilibrio tra le Regioni. Le regioni e le province autonome hanno condizionato l’approvazione della proposta di riparto all'estensione nel 2015 di quanto stabilito dall'art. 2, co. 67-bis della Legge 191/2009.

Infine, il 23 dicembre 2015, la Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’Intesa sulla proposta del Ministero della Salute di deliberazione del Cipe sul riparto tra le regioni delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale 2015: 107,466 miliardi, tra quote indistinte, quote di riequilibrio e vincolate, da ripartire tra le Regioni.


 

Articolo 6, comma 4-bis
(Fabbisogni standard regionali in materia di sanità)

 

 

L'articolo 6, comma 4-bis, introdotto in sede referente, proroga al 2016 l'applicazione, in tutte le regioni, dei valori di costo rilevati nelle tre regioni di riferimento Marche, Umbria e Veneto per la determinazione del fabbisogno sanitario standard di cui di cui all'articolo 27, comma 5, del D.Lgs. n. 68/2011. L'individuazione delle regioni di riferimento, come esplicitato dalla norma in esame, è stata deliberata dalla Conferenza Stato-regioni nella seduta del 17 dicembre 2015.

La disposizione in commento, al secondo periodo, conferma, ai fini della determinazione dei fabbisogni standard regionali in materia di sanità, i costi pro capite per livelli assistenziali delle regioni di riferimento rilevati dai modelli LA 2013 e i pesi per classi di età, adottati nel 2015 in sede di riparto del Fondo sanitario nazionale.

 


 

Articolo 7, comma 1
(Anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 7 proroga di 7 mesi, vale a dire dal 31 dicembre 2015 al 31 luglio 2016, il termine (previsto dall’art. 8, comma 3-bis, del D.L. n. 192/2014) fino al quale l’anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore, per i contratti relativi a lavori, è elevata dal 10% al 20%.

 

Il comma 3 dell’art. 8 del D.L. 192/2014 ha prorogato fino al 31 dicembre 2016 la disciplina (di cui all’articolo 26-ter, comma 1, del D.L. 69/2013) che prevede la corresponsione in favore dell’appaltatore, nei contratti relativi a lavori, di un’anticipazione del prezzo pari al 10% dell’importo contrattuale, in deroga ai divieti vigenti di anticipazione del prezzo.

Il successivo comma 3-bis ha raddoppiato la misura della suddetta anticipazione del prezzo (portandola al 20% dell’importo contrattuale), con esclusivo riferimento ai contratti di appalto relativi a lavori disciplinati dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006), affidati a seguito di gare bandite o di altra procedura di affidamento avviata successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge (convertito con la L. 27 febbraio 2015, n. 11) e fino al 31 dicembre 2015.

Riguardo all’art. 26-ter del D.L. 69/2013, si ricorda che esso stabilisce che l’anticipazione in questione è prevista e pubblicizzata nella gara di appalto per i contratti di appalto relativi a lavori disciplinati dal D.Lgs. 163/2006, affidati a seguito di gare bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e fino al 31 dicembre 2014 (termine prorogato dal citato comma 3 dell’articolo 8 del D.L. 192/2014).

Il comma 1 dell’articolo 140 del Regolamento di attuazione del Codice (D.P.R. 207/2010) prevede l’applicazione del divieto di anticipazioni del prezzo di cui all’art. 5 del D.L. 79/1997. Tale norma, inclusa tra varie disposizioni di contenimento della spesa pubblica, vieta alle amministrazioni pubbliche ed agli enti pubblici economici di concedere, in qualsiasi forma, anticipazioni del prezzo in materia di contratti di appalto di lavori, di forniture e di servizi, con esclusione dei contratti già aggiudicati alla data di entrata in vigore del decreto e di quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento da parte dell'Unione europea.

Le ulteriori disposizioni dettate dall’art. 26-ter sono volte a disciplinare le modalità per la concessione dell’anticipazione nonché per la compensazione dell’anticipazione nei contratti di appalto relativi a lavori di durata pluriennale.

 

La disposizione in esame è stata abrogata dall’articolo 217, comma 1, lettera uu), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (nuovo Codice dei contratti pubblici). Tale decreto è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 19 aprile 2016.

La disciplina sull’anticipazione del prezzo è stata, infatti, inserita a regime nell’ambito della nuova normativa sui contratti pubblici, e segnatamente nel comma 18 dell’articolo 35 del citato decreto legislativo. Conseguentemente, oltre all’abrogazione delle disposizioni di proroga è stato abrogato anche il citato articolo 26-ter del decreto-legge n. 69 del 2013, che aveva inserito la predetta disciplina.

 


 

Articolo 7, comma 1-bis
(Utilizzo risorse regionali)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 7 integra una disposizione contenuta nel D.L. 192/2014, concernente un caso specifico di deroga al patto di stabilità per l’anno 2014, in base al quale la regione inadempiente non è tenuta a versare all’erario la quota di sforamento dei limiti posti dal patto di stabilità. La norma in esame pone un vincolo di utilizzo della suddetta quota – nelle disponibilità della regione in quanto non versata all’erario - stabilendo che le risorse devono essere utilizzate, entro il 2016, per interventi e servizi nel settore delle infrastrutture scolastiche, della protezione civile, del dissesto idrogeologico e del patrimonio culturale.

 

L’articolo 10, comma 12-sexiesdecies, secondo periodo, del D.L. 192/2014 individua un caso particolare di inadempienza dei vincoli del patto di stabilità: la regione che non ha rispettato il limite alle spese fissato dal patto, ma che abbia tuttavia destinato al pagamento dei debiti pregressi risultanti alla data del 31 dicembre 2012 (debiti delle regioni, diversi da quelli finanziari e sanitari, di cui all’articolo 2 del D.L. 35/2013), una quota dell’obiettivo del patto di stabilità superiore al 50 per cento dello obiettivo stesso.

Nel caso illustrato, non si applica la sanzione prevista dal comma 462 della legge di stabilità 2013, del versamento all’erario della quota corrispondente alla differenza tra l’obiettivo programmatico posto dal patto di stabilità e il risultato registrato dalla regione.

Per queste regioni, viene precisato, la disapplicazione opera però limitatamente alla parte eccedente il 2 per cento delle entrate tributarie, escluse quelle destinate alla sanità, nonché delle entrate per accensione di prestiti, come registrate nell’ultimo consuntivo disponibile.

 

Il citato comma 462 dell’articolo 1 della legge 228/2012 disciplina le sanzioni in caso di inosservanza degli obiettivi stabiliti per le regioni ai fini dell’osservanza del patto di stabilità interno, da parte delle regioni. Per quanto qui rileva, la lettera a) primo periodo stabilisce che la regione, nell’anno successivo a quello dell'inadempienza, è tenuta a versare all’entrata del bilancio statale l’importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato.

La norma stabilisce che questa sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa, rispetto alla corrispondente spesa del 2011, per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione europea. Una specifica disciplina è stata prevista per il 2013 - dal quinto periodo della medesima lettera a) - in relazione al parametro di riferimento sulla base del quale calcolare la maggiore spesa: la corrispondente spese del 2011 deve essere infatti diminuita della percentuale di manovra prevista per l'anno di riferimento, nonché, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità nel triennio, dell'incidenza degli scostamenti tra i risultati finali e gli obiettivi del triennio e gli obiettivi programmatici stessi.

 

La norma in esame aggiunge un periodo alla fine del comma 12-sexiesdecies con il quale viene stabilito che le risorse corrispondenti alla quota di sforamento del patto di stabilità (non versata all’erario), devono essere destinate, entro il 31 dicembre 2016, per interventi e servizi nel settore delle infrastrutture scolastiche, della protezione civile, del dissesto idrogeologico e del patrimonio culturale

Si ricorda infine che, in relazione al 2014, tra le Regioni a statuto ordinario, solo la Regione Lazio ha superato i limiti posti dal patto di stabilità[46].

 


 

Articolo 7, comma 2
(Requisiti degli esecutori di lavori pubblici)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 7 proroga di sette mesi, dal 31 dicembre 2015 al 31 luglio 2016, i termini (previsti dai commi 9-bis, 15-bis e 20-bis dell’art. 253 del D.Lgs. n. 163/2006) fino ai quali si applicano alcune agevolazioni transitorie rispetto al regime ordinario relativo alla dimostrazione dei requisiti degli esecutori di lavori pubblici e dei prestatori di servizi relativi ai servizi di architettura e di ingegneria ai fini, rispettivamente, della qualificazione e delle procedure di affidamento, nonché le disposizioni transitorie che consentono l'esclusione automatica delle offerte anomale a tutti i contratti “sotto-soglia”.

 

In particolare, il comma 2 dell’articolo 7 proroga di sette mesi, dal 31 dicembre 2015 al 31 luglio 2016, i termini fissati dalle seguenti disposizioni recate dall’art. 253 del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006, che prevedono una serie di disposizioni transitorie:

§  comma 9-bis, che disciplina le modalità di dimostrazione di requisiti a fini di qualificazione delle imprese. In particolare il comma riguarda:

-   la dimostrazione del requisito della cifra di affari realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, del requisito dell'adeguata dotazione di attrezzature tecniche e del requisito dell'adeguato organico medio annuo. A tal fine, la norma prevede che, sino al 31 luglio 2016 (in conseguenza della proroga in commento), il periodo di attività documentabile è quello relativo al decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA (Società Organismo di Attestazione) per il conseguimento della qualificazione;

-   la dimostrazione del requisito dei lavori realizzati in ciascuna categoria e del requisito dell'esecuzione di un singolo lavoro ovvero di due o tre lavori in ogni singola categoria. A tal fine, sino al 31 luglio 2016, sono da considerare i lavori realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA per il conseguimento della qualificazione. Le disposizioni si applicano anche alle imprese di cui all'articolo 40, comma 8 (imprese affidatarie di lavori pubblici di importo fino a 150.000 euro), per la dimostrazione dei requisiti di ordine tecnico-organizzativo, nonché agli operatori economici di cui all'articolo 47 (operatori economici stabiliti in Stati diversi dall'Italia) con le modalità ivi previste.

 

Le citate agevolazioni operano in luogo delle disposizioni del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti, di cui al D.P.R. n. 207/2010, che fanno riferimento all’ultimo quinquennio (cfr. artt. 79, 83 e 90 del Regolamento).

§  comma 15-bis, che disciplina le modalità di dimostrazione dei requisiti di capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria in relazione alle procedure di affidamento di cui all'art. 91 (incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo).

Nel dettaglio il comma citato prevede che, per le finalità indicate, sino al 31 luglio 2016 (in conseguenza della proroga in commento), il periodo di attività documentabile è quello relativo ai migliori tre anni del quinquennio precedente o ai migliori cinque anni del decennio precedente la data di pubblicazione del bando di gara. Le disposizioni si applicano anche agli operatori economici di cui all'articolo 47 (operatori economici stabiliti in Stati diversi dall'Italia) con le modalità ivi previste.

Le citate agevolazioni operano in luogo delle disposizioni dettate dall’art. 263 del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti, di cui al D.P.R. n. 207/2010.

§  comma 20-bis, in base al quale le stazioni appaltanti possono applicare le disposizioni di cui agli articoli 122, comma 9, e 124, comma 8 – che consentono l'esclusione automatica delle offerte anomale nei contratti di lavori d'importo inferiore o pari a 1 milione di euro e di servizi e forniture d'importo inferiore o pari a 100.000 euro – a tutti i c.d. contratti sotto-soglia, cioè a tutti i contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie previste dall'art. 28 del Codice).

Tali soglie, ai sensi dell'art. 28 del Codice dei contratti pubblici, sono pari a:

-      135.000 euro o 209.000 euro (a seconda del tipo di servizio e dell'amministrazione aggiudicatrice) per gli appalti di forniture e di servizi;

-      5.225.000 euro per gli appalti e per le concessioni di lavori pubblici.

 

Con riferimento alle norme dettate dai commi 9-bis e 15-bis, introdotti nel Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) dall'art. 2, comma 1, lett. vv), nn. 3) e 4), del D.Lgs. 152/2008, si fa notare che la proroga in esame rappresenta la terza proroga del termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2010, dal testo originario dei commi citati. Relativamente alla disposizione dettata dal comma 20-bis, si fa notare che tale comma è stato inserito nel testo del Codice dall’art. 4, comma 2, lett. ll), n. 3), del D.L. 70/2011 e successivamente, il termine in esso contemplato, è stato prorogato al 31 dicembre 2015 dall’art. 26, comma 2, lett. c), del D.L. 69/2013.

 

 

Si segnala, infine, che il decreto legislativo n. 163 del 2006 è stato abrogato dall’articolo 217, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (nuovo Codice dei contratti pubblici). Il nuovo Codice è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 19 aprile 2016.

L’articolo 216 reca le disposizioni transitorie volte a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina prevedendo che, nelle more dell’adozione dei provvedimenti attuativi, si applichino talune norme previgenti.

 


 

Articolo 7, commi 3 e 4
(Attestazioni rilasciate dalle società organismi di attestazione (SOA)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 4 proroga di sette mesi, fino al 31 luglio 2016, la disciplina transitoria (di cui dall'art. 189, comma 5, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006) in base alla quale, ai fini della qualificazione come contraente generale, il possesso dei requisiti di adeguata idoneità tecnica ed organizzativa può essere sostituito dal solo possesso delle attestazioni rilasciate dalle società organismi di attestazione (SOA) per importo illimitato a seconda delle categorie di opere generali presenti nelle varie classificazioni.

Il comma 4 dell’articolo 4 proroga di sette mesi, fino al 31 luglio 2016, la possibilità, per i contraenti generali, di documentare l'esistenza dei requisiti a mezzo copia conforme delle attestazioni SOA possedute.

 

In particolare, il comma 3 dell’articolo 7 proroga di sette mesi, dal 31 dicembre 2015 al 31 luglio 2016, il termine (contemplato dall’art. 189, comma 5, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006) a decorrere dal quale trova applicazione la disciplina sulla qualificazione del contraente generale, relativamente alla dimostrazione del possesso dei requisiti di adeguata idoneità tecnica ed organizzativa.

Si tratta della terza proroga del termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2013 dal testo originario della norma.

Per effetto della proroga, fino al 31 luglio 2016, i citati requisiti potranno essere dimostrati con il possesso di certificati rilasciati dalle società organismi di attestazione (SOA) in luogo della disciplina prevista dal comma 3 del medesimo articolo 189.

Nello specifico, il comma 5 dell’articolo 189 prevede che, per le iscrizioni richieste o rinnovate fino al 31 dicembre 2015, il possesso dei requisiti di adeguata idoneità tecnica e organizzativa può essere sostituito dal possesso di attestazioni SOA, per importo illimitato in non meno di tre categorie di opere generali per la Classifica I, in non meno di sei categorie, di cui almeno quattro di opere generali per la Classifica II e per la Classifica III, in nove categorie, di cui almeno cinque di opere generali.

Si rammenta che i contraenti generali sono qualificati per classifiche, riferite all'importo lordo degli affidamenti per i quali possono concorrere (art. 186, comma 1, del Codice dei contratti pubblici) e che le classifiche di qualificazione, ai sensi del comma 3 dell’articolo 186 del Codice, sono le seguenti: I (sino a 350 milioni di euro); II (sino a 700 milioni di euro) e III (oltre 700 milioni di euro).

 

Il successivo comma 4 apporta una conseguente modifica al termine di cui all’art. 357, comma 27, del regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), che viene anch’esso prorogato fino al 31 luglio 2016.

In virtù di tale proroga, fino a tale data, i contraenti generali possono documentare l'esistenza dei requisiti a mezzo copia conforme delle attestazioni SOA possedute. Nello specifico, in relazione ai requisiti di adeguata idoneità tecnica ed organizzativa (di cui alla lettera c. 2 del comma 1 dell’articolo 100 del regolamento), i soggetti in possesso di attestazioni SOA per classifica illimitata possono documentare l'esistenza del requisito a mezzo copia conforme delle attestazioni possedute, secondo quanto prescritto dall'articolo 189, comma 5, del Codice dei contratti.

Anche in questo caso, come per il comma precedente, si tratta della terza proroga del termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2013 dal testo originario della norma.

 

Si segnala, infine, che il decreto legislativo n. 163 del 2006 è stato abrogato dall’articolo 217, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (nuovo Codice dei contratti pubblici). Il nuovo Codice è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 19 aprile 2016.

L’articolo 216 reca le disposizioni transitorie volte a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina prevedendo che, nelle more dell’adozione dei provvedimenti attuativi, si applichino talune norme previgenti.

La nuova normativa riguardante il contraente generale è ora contenuta negli articoli 194-199 del nuovo Codice.


 

Articolo 7, comma 4-bis
(Requisiti delle imprese)

 

 

L’articolo 7, comma 4-bis, proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 luglio 2016 il termine (previsto dal comma 19-bis dell'art. 357 del regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici di cui al D.P.R. 207/2010) fino al quale, ai fini della qualificazione degli esecutori dei lavori, per la dimostrazione, da parte dell'impresa, del requisito della cifra di affari realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, il periodo di attività documentabile è quello relativo ai migliori cinque anni del decennio antecedente la data di pubblicazione del bando.

 

La possibilità testé menzionata è prevista dal comma 19-bis (introdotto nel testo del c.d. Regolamento appalti dall’art. 33-bis del D.L. 179/2012) in relazione a quanto stabilito dall'articolo 61, comma 6, del medesimo regolamento.

Tale comma 6 dispone che per gli appalti di importo a base di gara superiore a euro 20.658.000 (classifica VIII di importo illimitato) l'impresa, oltre alla qualificazione conseguita nella classifica VIII, deve aver realizzato, nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, una cifra di affari, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, non inferiore a 2,5 volte l'importo a base di gara. Tale requisito deve essere comprovato secondo quanto previsto all'art. 79, commi 3 e 4[47], ed è soggetto a verifica da parte delle stazioni appaltanti.

 

Si segnala, infine, che il D.P.R. n. 207 del 2010 è stato abrogato dall’articolo 217, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (nuovo Codice dei contratti pubblici). Il nuovo Codice è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 19 aprile 2016.

L’articolo 216 reca le disposizioni transitorie volte a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina prevedendo che, nelle more dell’adozione dei provvedimenti attuativi, si applichino talune norme previgenti.

In particolare, per quanto concerne il Regolamento, si prevede che l’abrogazione abbia effetto dalla data di entra in vigore degli atti attuativi del nuovo Codice, i quali operano la ricognizione delle disposizioni del D.P.R. n. 207/2010 da esse sostituite, e dalla data di entrata in vigore del Codice per quanto concerne talune parti e titoli specificamente indicati. In tali parti è ricompresa la parte VII in cui è incluso l’articolo 357 su cui interviene la proroga in commento.

 


 

Articolo 7, comma 5
(Contrasto alle pratiche di servizio abusivo taxi
e di noleggio con conducente)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 7 proroga al 31 dicembre 2016, il termine, per l’emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti finalizzato ad impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente.

Con tale decreto dovrebbero altresì definirsi gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi. Il decreto dovrà essere emanato di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza Unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

Si ricorda che il termine originario per l’emanazione del decreto, fissato al 25 maggio 2010 dall’art. 2, comma 3 del D.L. n. 40 del 2010 è stato già prorogato nove volte. Le successive proroghe del termine sono state disposte dall’art. 51, comma 7 del n. 78 del 2010 (al 31 dicembre 2010), dalla Tabella 1 del D.L. n. 225 del 2010 (al 31 marzo 2011), dal D.P.C.M. 25 marzo 2011 (al 31 dicembre 2011), dall’art. 11, comma 4 del D.L. n. 216 del 2011 (al 30 giugno 2012), dall’art. 17 del D.L. n. 83 del 2012 (al 31 dicembre 2012), dall’art. 1, comma 388 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013; al 30 giugno 2013), dal D.P.C.M. 26 giugno 2013 (al 31 dicembre 2013), dal D.L. n. 150 del 2013 (31 dicembre 2014) e da ultimo al 31 dicembre 2015 dall’art. 8, co. 1 del D.L. n. 192 del 2014.

La proroga viene disposta modificando l’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 40/2010 che ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, per la rideterminazione dei principi fondamentali di cui alla legge n. 21/1992 (relativa alla disciplina dei servizi di autotrasporto pubblico non di linea), allo scopo di contrastare l'esercizio abusivo delle attività di taxi e di noleggio con conducente e di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale. A tale decreto è stato quindi rimessa anche l'attuazione delle disposizioni in materia di noleggio con conducente contenute nel decreto-legge n. 207/2008.

Si ricorda infatti che l’art. 29, comma 1-quater, del D.L. n. 207/2008 ha ampliato, attraverso alcune novelle alla legge n. 21/1992, gli obblighi a carico degli esercenti del servizio di noleggio con conducente ed ha introdotto alcune limitazioni allo svolgimento del servizio stesso, prevedendo, tra le altre cose, una preventiva autocertificazione per l'accesso nel territorio di altri comuni e nuove modalità per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni, con obbligatoria disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile situati nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. L'operatività della disciplina è stata subito sospesa con l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 5/2009, in considerazione dei timori per la limitazione della libertà di concorrenza nel settore che la sua applicazione avrebbe comportato. In attesa dell'emanazione del decreto ministeriale, il cui termine viene qui nuovamente differito, si deve ritenere ancora vigente la disciplina in materia di NCC recata dalla legge n. 21/1992 precedentemente alle modifiche del decreto-legge n. 207/2008 e caratterizzata da minori vincoli per l'esercizio dell'attività. In Italia operano, nel libero mercato, oltre 80000 imprese titolari di Autorizzazioni NCC, con circa 200.000 addetti;

 

Si ricorda che a giugno 2015 l'Autorità di Regolazione dei Trasporti ha inviato al Governo ed al Parlamento un atto di segnalazione sulla rilevanza economico-regolatoria dell'autotrasporto di persone non di linea: Taxi, NCC e nuovi relativi servizi offerti su piattaforme tecnologiche, basati sulla flessibilità e sulla condivisione di risorse. L'Autorità segnala la necessità di dare un adeguato livello di regolazione alle emergenti formule, diverse dai servizi di taxi ed NCC, basate su piattaforme tecnologiche che offrono servizi di intermediazione su richiesta e con finalità commerciale, proponendo di introdurre obblighi specifici attinenti sia alle piattaforme, che ai requisiti del conducente, che alla qualità ed alla sicurezza del servizio. L'Autorità propone il mantenimento dell'attuale connotazione del servizio di trasporto pubblico dei taxi con la copertura del servizio nell'arco dell'intera giornata, ma con la possibilità per i taxi di praticare sconti, di costituirsi come impresa e in tal caso di poter cumulare più licenze, nonché di ampliare l'utilizzo del servizio di taxi per servizi pubblici flessibili destinati a specifiche categorie di utenti, nonché la possibilità per il tassista di acquisire servizi da fonti diverse, senza vincoli di esclusiva. Si propone anche l'eliminazione dell'obbligo per gli NCC di fare rientro in rimessa dopo ogni singolo servizio e l'affidamento alle Regioni, anziché ai Comuni, dell'individuazione dei bacini ottimali sovracomunali. Per approfondimenti si vedano: l'Atto di segnalazione al Governo e Parlamento; le proposte di modifica della legge n. 21/1992; la Tabella di raffronto tra la disciplina vigente e le proposte dell'Autorità.


 

Articolo 7, comma 6
(Formazione per gli addetti al salvamento acquatico)

 

 

Il comma 6 dell’articolo 7, differisce dal 30 giugno 2014 al 31 luglio 2016 il termine entro il quale è prorogata la validità delle autorizzazioni, già rilasciate entro il 31 dicembre 2011, per lo svolgimento dei corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico e per il rilascio dei relativi brevetti.

Il differimento di termini viene disposto in attesa dell’emanazione di un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che disciplini i corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988 (regolamenti ministeriali), e per il quale viene disposta altresì la proroga fino al 31 luglio 2016.

 

Si ricorda che i corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico non sono disciplinati da norme di rango legislativo o regolamentare, ma vengono attualmente autorizzati sulla base di circolari ministeriali.

 

Il termine originario, individuato dall’articolo 15, comma 3-quinquies del decreto-legge n. 216/2011, era il 31 dicembre 2012. Successivamente il termine è stato prorogato al 30 giugno 2013 dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), poi al 31 dicembre 2013 dal D.P.C.M. 26 giugno 2013 ed infine al 30 giugno 2014 dall’art. 4, co. 1 del D.L. n. 150 del 2013.


 

Articolo 7, comma 7
(Pubblicità in materia di appalti pubblici)

 

 

Il comma 7 dell’articolo 7 proroga di un anno, vale a dire al 1° gennaio 2017, il termine per l’entrata in vigore delle disposizioni (contenute nell’art. 26 del D.L. n. 66/2014) che – in tema di obblighi di pubblicità, relativi agli avvisi e ai bandi previsti nel Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo n. 163/2006, di seguito Codice) – contemplano la soppressione dell’obbligo di pubblicazione sui quotidiani per estratto del bando o dell’avviso per l’affidamento dei contratti pubblici nei settori ordinari, sopra e sotto la soglia di rilevanza europea, nonché la previsione dell’obbligo di pubblicazione, esclusivamente, in via telematica, di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle previste dal Codice, e del rimborso delle spese di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione del contratto.

 

Si segnala che il decreto legislativo n. 163 del 2006 è stato abrogato dall’articolo 217, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (nuovo Codice dei contratti pubblici). Il nuovo Codice è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 19 aprile 2016.

L’articolo 216 reca le disposizioni transitorie volte a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina prevedendo che, nelle more dell’adozione dei provvedimenti attuativi, si applichino talune norme previgenti.

In particolare il comma 11 dell’articolo 216, che regola la disciplina transitoria nelle more dell’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 73 sulla pubblicazione a livello nazionale, prevede, tra l’altro, che fino al 31 dicembre 2016 si applica altresì il regime di cui al comma 7 dell'articolo 66, nel testo applicabile fino alla predetta data, ai sensi dell’articolo 26 del D.L. n. 66/2014, come modificato dalla norma in commento.


 

Articolo 7, commi 8, 10 e 11
(Interventi di edilizia scolastica)

 

 

I commi 8, 10 e 11 prorogano o differiscono alcuni termini in materia di edilizia scolastica.

In particolare, il comma 8 proroga (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2016 il termine per i pagamenti da parte degli enti locali, secondo gli stati di avanzamento dei lavori debitamente certificati, relativi alla riqualificazione e messa in sicurezza degli istituti scolastici statali, di cui all’art. 18, commi da 8-ter a 8-sexies, del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013).

Il riferimento specifico è al co. 8-quinquies, ultimo periodo, dell’art. 18 del D.L. n. 69/2013, su cui era già intervenuto, prevedendo una proroga dal termine iniziale del 31 dicembre 2014, l’art. 6, co. 4, lett. c), del D.L. n. 192/2014 (L. n. 11/2015).

Restano fermi i termini di conservazione dei residui previsti a legislazione vigente: pertanto, come evidenziava la relazione tecnica all’A.C. 3513, il MIUR ha dovuto impegnare entro il 2015 le risorse del 2014 non ancora impegnate, che altrimenti sarebbero andate in economia.

La relazione illustrativa faceva presente che la proroga si rendeva necessaria in quanto in alcuni comuni delle regioni. le cui graduatorie sono state inizialmente sospese da provvedimenti giurisdizionali, gli interventi sono stati aggiudicati solo entro il 28 febbraio 2015, con conseguente ritardo nell’esecuzione dei lavori.

L’art. 18, co. 8-ter-8-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), oggetto di successive modificazioni da parte di diversi provvedimenti, ha autorizzato, per l’anno 2014, la spesa di 150 milioni di euro per attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui sia stata censita la presenza di amianto. In particolare, ha previsto la ripartizione delle risorse a livello regionale, da assegnare successivamente agli enti locali proprietari degli immobili ad uso scolastico, corrispondentemente al numero degli edifici scolastici e degli alunni presenti nella singola regione, oltre che alla situazione del patrimonio edilizio scolastico, sulla base delle quote indicate nella Tabella 1 ad esso allegata.

Gli enti locali dovevano presentare alle regioni, entro il 15 settembre 2013, i progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici. Le regioni dovevano presentare al MIUR, entro il 15 ottobre 2013, le graduatorie, alle quali si faceva riferimento per l’assegnazione delle risorse, da effettuare entro il 30 ottobre 2013 con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

L’assegnazione del finanziamento autorizzava gli enti locali ad avviare le procedure di gara ovvero di affidamento dei lavori, da effettuare entro il termine del 28 febbraio 2014, pena la revoca del finanziamento. Tale termine è stato, poi, differito al 30 aprile 2014 dall’art. 19, co. 2, del D.L. 16/2014 (L. 68/2014) e, successivamente, al 31 dicembre 2014 – ovvero al 28 febbraio 2015 per le regioni nelle quali sono intervenuti provvedimenti di sospensione delle procedure a seguito di contenzioso – dall’art. 6, co. 4, del D.L. 192/2014 (L. 11/2015).

L’art. 18 del D.L. 69/2013 ha, altresì, stabilito che le eventuali economie di spesa che dovessero rendersi disponibili alla chiusura delle procedure previste, ovvero le risorse derivanti dalle revoche, vengono riassegnate dal MIUR in base alla graduatoria delle richieste. Ha, infine, previsto che lo stesso Ministero provvede al trasferimento delle risorse agli enti locali per permettere i pagamenti entro il 31 dicembre 2014 - termine prorogato al 31 dicembre 2015 dal già citato art. 6, co. 4, del D.L. 192/2014 e, ora, al 31 dicembre 2016 - secondo gli stati di avanzamento dei lavori debitamente certificati.

Le risorse sono state ripartite con DM 906 del 5 novembre 2013, in base alle graduatorie approvate dalle competenti regioni, entro il limite massimo di cui alla predetta Tabella 1, fatta eccezione per la Regione Puglia, per la quale le risorse sono state ripartite con DM 19 febbraio 2014, dopo il rigetto, da parte del TAR, delle istanze di sospensiva della graduatoria regionale (in precedenza, la sospensione della graduatoria era stata disposta con decreto monocratico del TAR di Lecce n. 505 del 18 ottobre 2013). Lo stesso DM 19 febbraio 2014, peraltro, ha apportato alcune rettifiche alle assegnazioni disposte con il DM 906/2013.

Peraltro, dopo la ripartizione delle risorse con il D.M. 906 del 2013, il comune di Napoli ha impugnato la graduatoria elaborata dalla regione Campania. La I sezione del TAR Campania, dopo aver concesso la sospensiva (ordinanza n. 01777/2013 del 20 novembre 2013), con sentenza n. 5128 del 30 settembre 2014 ha ripristinato nell’efficacia la graduatoria.

 

L’art. 48, co. 2, del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) ha poi previsto l’assegnazione da parte del CIPE, per la prosecuzione del programma di interventi di cui all'art. 18, co. 8-ter, del D.L. 69/2013, di un importo fino a 300 milioni di euro, nell'ambito della programmazione nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativa al periodo 2014-2020, previa verifica dell'utilizzo delle risorse assegnate nell'ambito della programmazione 2007-2013 del Fondo medesimo e di quelle assegnate a valere sugli stanziamenti relativi al programma delle infrastrutture strategiche per l'attuazione di piani stralcio del programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici.

Con delibera n. 22 del 30 giugno 2014 (GU n. 222 del 24 settembre 2014), il CIPE – constatato che, a fronte dei 692 interventi ammessi al finanziamento con le risorse di cui all’art. 18, co. 8-ter, del D.L. 69/2013, restavano in graduatoria ulteriori 2.024 interventi, per un importo complessivo di € 490,6 mln -, ha poi assegnato al MIUR 400 milioni di euro per l'anno 2015, a valere sulle risorse del FSC 2007-2013 resesi disponibili a seguito di ricognizione e riprogrammazione, per il finanziamento delle misure di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali indicate nell'all. 1 della delibera, sulla base dello scorrimento delle graduatorie approvate dalle regioni entro il 15 ottobre 2013.

Nella medesima delibera, al punto 1.6, era stato previsto che il mancato affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014 avrebbe comportato la revoca dei finanziamenti.

Tale termine è stato, poi, prorogato al 28 febbraio 2015 dall’art. 6, co. 5, del D.L. 192/2014.

 

Il comma 10 proroga (dal 12 gennaio 2016) al 30 aprile 2016 il termine (fissato dall’art. 1, comma 165, della L. 107/2015, entrata in vigore il 16 luglio 2015), entro cui gli enti beneficiari dei finanziamenti previsti da alcuni programmi di edilizia scolastica devono provvedere alla trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) delle aggiudicazioni provvisorie dei relativi lavori, pena la revoca dei finanziamenti medesimi.

Il citato comma 165 ha dettato disposizioni finalizzate ad assicurare la prosecuzione e il completamento di una serie di programmi in materia di edilizia scolastica avviati nel recente passato. In particolare, il quinto periodo di tale comma detta disposizioni finalizzate a garantire la sollecita attuazione dei programmi:

§  finanziati (ai sensi dell'art. 18, comma 1, lett. b), del D.L. 185/2008) con la delibera CIPE n. 32/2010;

L'art. 18 del D.L. 185/2008 ha previsto, al comma 1, lettera b), che il CIPE provveda all'assegnazione, per la messa in sicurezza delle scuole, di una quota delle risorse nazionali del Fondo aree sottoutilizzate (oggi Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, FSC) al Fondo infrastrutture di cui all'art. 6-quinquies del D.L. 112/2008. La delibera CIPE n. 3/2009 ha quindi assegnato al Fondo Infrastrutture 1 miliardo di euro da destinare al Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici. La successiva delibera 32/2010 del 13 maggio 2010 (rettificata dalla delibera 67/2010) ha assegnato la prima quota del miliardo di euro (358,42 milioni) per il “Piano straordinario stralcio”, da erogare “secondo modalità temporali compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all’utilizzo delle risorse FAS”. La Relazione sullo stato della spesa, sull’efficacia nell’allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell’azione amministrativa svolta dal MIT, corredata dal rapporto sull'attività di analisi e revisione delle procedure di spesa e dell'allocazione delle relative risorse in bilancio, relativa all'anno 2012 e trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati l'11 luglio 2013, in relazione al programma in questione, riferisce che sono state sottoscritte da parte degli enti locali 1.640 convenzioni corrispondenti ad un valore di circa 350 Meuro (98% del totale pari a 358 milioni). Per quanto riguarda le erogazioni effettuate a favore degli enti locali beneficiari, risultano disposti 1.023 decreti di trasferimento corrispondenti a circa 96,5 Meuro. Per quanto riguarda l’avanzamento fisico, gli interventi ultimati, ovvero con avvenuta comunicazione di ultimazione lavori, risultano 19, per circa 3,5 Meuro.

§  finanziati (ai sensi dell'art. 33, comma 3, della L. 183/2011) con la delibera CIPE n. 6 del 20 gennaio 2012.

L'art. 33, comma 3, della L. 183/2011 ha assegnato al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) una dotazione finanziaria di 2.800 milioni per l'anno 2015 per il periodo di programmazione 2014-2020, da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici, per l'edilizia sanitaria, per il dissesto idrogeologico e per interventi a favore delle imprese sulla base di titoli giuridici perfezionati alla data del 30 settembre 2011, già previsti nell'ambito dei programmi nazionali per il periodo 2007-2013. L’individuazione degli interventi è stata demandata ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, su proposta del Ministro interessato al singolo intervento. Il CIPE, in attuazione di tali disposizioni, con la delibera n. 6/2012, ha ridefinito il quadro finanziario complessivo del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnando, tra l’altro, 259 milioni per un programma straordinario di interventi urgenti sul patrimonio scolastico. Nel recente “School Book - Il punto sull'edilizia scolastica”, curato dalla Struttura di Missione per il coordinamento e l'impulso nell'attuazione degli interventi di riqualificazione dell'edilizia scolastica, si afferma, con riferimento alla delibera CIPE n. 32/2010 e al comma 3 dell’art. 33 della L. 183/2011, che “in tutto vengono finanziati 3.515 interventi”.

 

Per tali finalità, il quinto periodo in questione prevede che il parere richiesto ai provveditorati per le opere pubbliche sui progetti definitivi presentati dagli enti beneficiari si intende positivamente reso entro trenta giorni dalla richiesta, ovvero entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione per quelli presentati precedentemente.

Il sesto periodo dispone che gli enti beneficiari devono provvedere alla trasmissione al MIT delle aggiudicazioni provvisorie dei lavori entro 180 giorni dall’entrata in vigore della L. 107/2015, quindi entro il 12 gennaio 2016 (ora 30 aprile 2016), pena la revoca dei finanziamenti. Il successivo periodo stabilisce che le risorse oggetto di revoca sono destinate dal CIPE alle medesime finalità di edilizia scolastica in favore di interventi compresi nella programmazione nazionale triennale 2015-2017, secondo modalità individuate dal medesimo Comitato.

 

Il comma 11, primo periodo, differisce (dal 31 ottobre 2015) al 29 febbraio 2016 il termine per l’aggiudicazione provvisoria dei lavori straordinari di edilizia scolastica per i quali le regioni sono state autorizzate, ai sensi dell’art. 10 del D.L. n. 104/2013 (L. n. 128/2013), a stipulare mutui trentennali, con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa, la Cassa depositi e prestiti e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria.

Il secondo periodo del comma 11 prevede l’ulteriore proroga del termine indicato al primo periodo del medesimo comma:

§  al 30 aprile 2016 nel caso in cui le gare per l'affidamento dei lavori, bandite entro il 29 febbraio 2016, siano andate deserte o prevedano l'affidamento congiunto dei lavori e della progettazione (c.d. appalto integrato);

§  al 15 ottobre 2016 per gli appalti di lavori pubblici sopra-soglia, cioè di importo superiore alla soglia di rilevanza europea prevista dall'art. 28, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006 (pari a 5,225 milioni di euro), a condizione che i relativi bandi di gara siano pubblicati entro il 29 febbraio 2016.

Si segnala, infine, che il decreto legislativo n. 163 del 2006 è stato abrogato dall’articolo 217, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (nuovo Codice dei contratti pubblici). Il nuovo Codice è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 19 aprile 2016.

L’articolo 216 reca le disposizioni transitorie volte a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina prevedendo che, nelle more dell’adozione dei provvedimenti attuativi, si applichino talune norme previgenti.

Il riferimento alle soglie di rilevanza europea deve ora intendersi all’articolo 35 del nuovo Codice.

 

Si tratta del differimento di un termine previsto con norma secondaria, ossia con il decreto interministeriale (MEF-MIUR-MIT) 27 aprile 2015 (GU n. 121 del 27 aprile 2015), che aveva, a sua volta, prorogato il termine del 30 settembre 2015, fissato dal decreto interministeriale (MEF-MIUR-MIT) 23 gennaio 2015 (GU n. 51 del 3 marzo 2015).

L’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – come modificato dall’art. 9, co. 2-quater, del D.L. 133/2014 (L. 164/2014) - ha previsto che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica e di immobili adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari, di proprietà degli enti locali, nonché la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici e la realizzazione di palestre nelle scuole o di interventi volti al miglioramento delle palestre scolastiche esistenti, per la programmazione triennale 2013-2015, le regioni interessate potevano essere autorizzate dal MEF, d’intesa con il MIUR e con il MIT, a stipulare mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa, la Cassa depositi e prestiti e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del d.lgs. 385/1993. Per la definizione delle modalità di attuazione, in conformità ai contenuti dell’intesa in Conferenza unificata del 1° agosto 2013 sull'attuazione dei piani di edilizia scolastica formulati ai sensi dell'art. 11, co. 4-bis e seguenti, del D.L. 179/2012 (L.221/2012), ha previsto l’intervento di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

È stato dunque, adottato il D.L. 23 gennaio 2015 (GU n. 51 del 3 marzo 2015) che, considerata la mancata attuazione dei piani triennali regionali di edilizia scolastica di cui all’art. 6 dell’intesa del 1° agosto 2013 - relativi al triennio 2013-2015 – ha proceduto alla definizione di una nuova tempistica per la programmazione degli interventi.

Ulteriori interventi sulla tempistica sono derivati dal D.L. 27 aprile 2015 (GU n. 121 del 27 maggio 2015).

In particolare, per quanto qui interessa, l’art. 2 del D.I. 23 gennaio 2015, come modificato dal D.I. 17 aprile 2015, ha previsto che le regioni dovevano trasmettere al MIUR e al MIT, entro il 30 aprile 2015, i piani regionali triennali (triennio 2015-2017).

I piani annuali sono soggetti a conferma circa l’attualità degli interventi inseriti per il 2016 e il 2017, rispettivamente entro il 31 marzo 2016 e il 31 marzo 2017.

L’art. 2 citato ha, altresì, previsto che il MIUR doveva trasmettere i piani al MIT ed inserirli in un’unica programmazione nazionale, da predisporre entro il 31 maggio 2015 e che poteva trovare attuazione nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.

L’aggiudicazione provvisoria doveva avvenire entro il 31 ottobre 2015, pena la revoca dell’assegnazione[48].

La programmazione nazionale è stata predisposta con DM 29 maggio 2015, n. 322.

Da ultimo:

§  nella GU del 14 settembre 2015, n. 213 è stato pubblicato il DM 16 marzo 2015 con cui il MIUR ha ripartito su base regionale le risorse previste come attivabili in termini di volume di investimento derivanti dall'utilizzo dei contributi trentennali autorizzati dall'art. 10 del D.L. 104/2013, riportando per ciascuna regione la quota di contributo annuo assegnato;

§  nella GU del 27 ottobre 2015, n. 250, S.O. n. 59, è stato pubblicato il D.L. 1 settembre 2015, che autorizza le regioni all’utilizzo dei contributi pluriennali.

Articolo 7, comma 9
(Contratto di programma con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI))

 

 

Il comma 9 dell’articolo 7 proroga il Contratto di programma parte servizi- 2012-2014, stipulato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI), per il periodo necessario alla stipula del nuovo contratto e comunque non oltre il 31 dicembre 2016.

La proroga viene disposta nelle more della stipula dei nuovi contratti di programma per il periodo 2016-2020 e sino all'efficacia degli stessi ed ai medesimi patti e condizioni già previsti, con l'aggiornamento delle relative Tabelle.

La validità del Contratto era stata fissata in tre anni (dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2014) dall’articolo 4 del Contratto stesso, che prevede peraltro la possibilità delle parti, alla scadenza e nelle more del suo rinnovo e per un termine massimo di un ulteriore anno, di decidere di proseguire nell’applicazione della disciplina contrattuale ai medesimi patti e condizioni in esso previste. Con la disposizione in commento le scadenza viene quindi prorogata in via legislativa di un ulteriore periodo, comunque non oltre il 31 dicembre 2016.

 

Viene a tal fine modificato l’art. 15, comma 1 del D.Lgs. n. 112 del 2015 che ha dato attuazione della direttiva 2012/34/UE sullo spazio ferroviario europeo unico.

L’art. 15, comma 1 del D.Lgs. n. 112 del 2015 prevede infatti che i rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e lo Stato siano disciplinati da un atto di concessione e da uno o più contratti di programma. I contratti di programma sono stipulati per un periodo minimo di cinque anni, nel rispetto dei principi e parametri fondamentali di cui all'allegato II del decreto. Le condizioni dei contratti di programma e la struttura dei pagamenti ai fini dell'erogazione di fondi al gestore dell'infrastruttura sono concordate in anticipo e devono coprire l'intera durata del contratto.

Si ricorda che è stato presentato al Parlamento il 2 dicembre 2015 lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contenente i criteri di privatizzazione e le modalità di dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Ferrovie dello Stato italiane Spa, che prevede l'alienazione di una quota della partecipazione in Ferrovie dello Stato S.p.A., in modo tale da consentire comunque il mantenimento di una partecipazione dello Stato non inferiore al 60 per cento, facendo salva l’assegnazione dell’infrastruttura della rete ferroviaria. Su tale schema la Commissione trasporti ha espresso il proprio parere nella seduta del 19 gennaio 2016.

La società RFI S.p.A., controllata al 100% dal gruppo Ferrovie dello Stato Spa, è stata costituita il 1° luglio 2001, in adempimento delle direttive comunitarie che hanno decretato la separazione fra il gestore della rete e il fornitore dei servizi di trasporto. A decorrere da questa data RFI ha acquisito gli effetti della concessione rilasciata con il decreto ministeriale n. 138-T del 31 ottobre 2000 a Ferrovie dello Stato S.p.A. per la gestione dell'infrastruttura ferroviaria nazionale. L' 8 agosto 2014 è stato siglato tra MIT e RFI e trasmesso al Parlamento il 13 gennaio 2015  il Contratto di programma 2012-2016 - parte Investimenti. Tale Contratto, su cui la IX Commissione della Camera ha espresso il parere di competenza nella seduta del 18 marzo 2015, ha concluso il suo iter approvativo con la registrazione alle Corte dei Conti il 16 giugno 2015. Il CdP parte Investimenti, pur mantenendo sostanzialmente invariato l'impianto contrattuale con particolare riferimento agli obblighi del Gestore, contiene alcuni elementi di novità in particolare relativi alla manutenzione, sia ordinaria che straordinaria dell'infrastruttura ferroviaria che è ora disciplinata dal CdP 2012-2014 - parte Servizi, secondo quanto stabilito dal CIPE nella Delibera 4/2012. Il Contratto di Programma Parte Investimenti infatti non comprende più gli interventi di manutenzione straordinaria.

Il Contratto di programma 2012-2014- Parte Servizi tra RFI e Ministero delle infrastrutture e trasporti è stato approvato con Delibera CIPE n. 22 del 18 marzo 2013 e quindi definitivamente sottoscritto il 29 novembre 2013, dopo l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari (la IX Commissione Trasporti della Camera ha espresso il 19 novembre 2013 parere favorevole con condizioni e osservazione; il contratto è stato infine registrato dalla Corte dei conti il 9 giugno 2014). Il contratto prevede stanziamenti complessivi, per il triennio 2012-2014 pari a 4.575 milioni di euro e contiene, all'allegato 6, indicazioni sulle linee di intervento previste da RFI in materia di manutenzione straordinaria, nonché all'articolo 5 l'obbligo, per il gestore, di avviare una revisione dei processi manutentivi, con l'obiettivo di garantire le performance di rete contrattualizzate e conseguire un risparmio di spesa di circa 250 milioni di euro all'anno rispetto al dato storico dei costi di manutenzione.


 

Articolo 7, comma 9-bis
(Commissario per la tratta ferroviaria Napoli-Bari)

 

 

L'articolo 7, comma 9-bis proroga al 30 settembre 2017 l'incarico di Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, inclusa nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd. "legge obiettivo").

L'incarico era stato conferito , dall'art. 1, comma 1, del D.L. n. 133 del 2014, per due anni, rinnovabili, all'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A.. Con il medesimo comma si modifica anche tale disposizione conferendo l'incarico all'amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A..

 

Secondo l’articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 133 la durata dell’incarico del Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli - Bari, di cui al Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443 aveva la durata di due anni dall'entrata in vigore del decreto medesimo. L'incarico è comunque rinnovabile con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto anche dei risultati conseguiti.

Il Commissario provvede all'approvazione dei relativi progetti, d’intesa con la Regione interessata, rielabora i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati e, anche sulla base dei soli progetti preliminari, il Commissario può bandire la gara e tassativamente entro centoventi giorni dall'approvazione dei progetti decorrenti dalla chiusura della conferenza di servizi provvede alla consegna dei lavori, anche adottando provvedimenti d'urgenza. Il Commissario provvede inoltre all'espletamento di ogni attività amministrativa, tecnica ed operativa, comunque finalizzata alla realizzazione della citata tratta ferroviaria, utilizzando all'uopo le strutture tecniche di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.. In sede di aggiornamento del Contratto di programma il Commissario trasmette al CIPE i progetti approvati, il cronoprogramma dei lavori e il relativo stato di avanzamento, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi. Il contratto istituzionale di sviluppo sottoscritto in relazione all'asse ferroviario Napoli-Bari può essere derogato in base alle decisioni assunte dal Commissario.

 

Con riferimento alle risorse per la realizzazione della tratta ferroviaria i due interventi più significativi in essere sono il Raddoppio della tratta Napoli - Cancello - Frasso Telesìno - Apice –Orsara, in fase di progettazione preliminare, che prevede un costo complessivo pari a 5,505 miliardi di euro (con orizzonte temporale per il completamento delle opere successivo al 2020) e per cui sono disponibili 2,071 miliardi di euro e la variante Cancello – Napoli, in fase di progettazione definitiva, e con orizzonte temporale per il completamento dell’opera fissato al 2023, per la quale è previsto un costo di 813 milioni di euro, interamente finanziato.


 

Articolo 7, comma 9-ter
(Società ferroviarie del Sud Est e Servizi Automobilistici)

 

 

Il comma 9-ter dell’articolo 7 proroga di ulteriori trenta giorni il termine di novanta giorni, previsto dall'articolo 1, comma 867, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), entro il quale il commissario della società Ferrovie del Sud Est, è tenuto a predisporre il piano industriale.

 

Si prevede inoltre che, entro lo stesso termine (pertanto 120 dall'insediamento del commissario) non sia possibile intraprendere azioni esecutive, anche concorsuali, ivi inclusi atti di intervento, nei confronti della società Ferrovie del Sud Est e Servizi automobilistici.

I pignoramenti eventualmente eseguiti non sarebbero vincolanti per gli enti debitori e per i terzi pignorati. Tali soggetti sono autorizzati a disporre delle somme pignorate per le finalità istituzionali della società citata.

 

Il comma 867 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) prevede il commissariamento dell’azienda Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che dovrà altresì nominare il commissario ed eventuali subcommissari.

 

Il 12 gennaio 2016, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione della disposizione citata, sono stati nominati il commissario e i sub-commissari della società Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici. Commissario governativo è stato nominato Andrea Viero, i sub-commissari sono Domenico Mariani e Angelo Mautone. Nel decreto vengono, tra l’altro, anche precisate anche le modalità di utilizzo dello stanziamento di 70 milioni di euro per l'anno 2016, previsto con la Legge di stabilità, al fine di garantire la continuità aziendale e ripristinarne l'equilibrio economico e finanziario.

 

Il Commissario, ai sensi della citata disposizione predispone e presenta al socio unico, nel predetto termine di novanta giorni una dettagliata e documentata relazione, in merito allo stato finanziario e patrimoniale della società alle cause che hanno determinato la grave situazione finanziaria della medesima società, anche al fine di consentire al socio unico (ossia il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) di valutare le condizioni per l'esercizio dell'azione di responsabilità ai sensi dell'articolo 2393 del codice civile.

 

La relazione del commissario è stata inviata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 19 marzo 2016, con allegata la relazione finale di due diligence. Il dossier relativo alle Ferrovie Sud Est e Servizi Automobilistici S.r.l., con la relazione del Commissario e la relazione finale di due diligence, è stato ufficialmente trasmesso dal Ministero alla Procura generale della Repubblica di Roma, alla Procura regionale della Corte dei Conti per il Lazio e all’Autorità Nazionale Anticorruzione il 22 marzo 2016.

 

Il Commissario provvede, a seguito della ricognizione contabile, se necessario, dandone preventiva comunicazione al socio e al Ministero dell'economia e delle finanze, ad attivare le procedure di ristrutturazione dei debiti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e propone eventualmente il trasferimento o l’alienazione della società secondo criteri e modalità individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 


 

Articolo 7, comma 11-bis
(Normative tecniche in materia di costruzioni di dighe)

 

 

L'articolo 7, comma 11-bis proroga di poco più di un anno, dal 7 febbraio 2016 al 28 febbraio 2017, il termine (previsto dal comma 2-bis dell'art. 5 del D.L. 136/2004) fino al quale è possibile applicare le precedenti normative sulla medesima materia, in alternativa alla nuova disciplina introdotta dal D.M. Infrastrutture e trasporti 26 giugno 2014, recante "Norme tecniche per la progettazione e la costruzione degli sbarramenti di ritenuta (dighe e traverse)".

 

L’art. 5, comma 1, del D.L. 136/2004, per assicurare uniformi livelli di sicurezza, ha previsto l’emanazione (da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici, di concerto con il Dipartimento della protezione civile) di norme tecniche, anche per la verifica sismica ed idraulica, relative alle costruzioni, nonché alla redazione di norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l'adeguamento, anche sismico ed idraulico, delle dighe di ritenuta, dei ponti e delle opere di fondazione e sostegno dei terreni.

Il successivo comma 2-bis, al fine di avviare una fase sperimentale di applicazione delle norme tecniche di cui al comma 1, ha consentito, per un periodo di diciotto mesi (poi prorogati al 31 dicembre 2007 dal comma 4-bis dell'art. 3, del D.L. 300/2006; al 30 giugno 2009 dall'art. 20, comma 1, del D.L. 248/2007) dalla data di entrata in vigore delle stesse, la possibilità di applicazione, in alternativa, della normativa precedente sulla medesima materia.

In attuazione del comma 1 dell’art. 5 del D.L. 136/2004 sono state emanate le nuove norme tecniche per le costruzioni (D.M. infrastrutture e trasporti 14 settembre 2005, poi sostituito dal D.M. 14 gennaio 2008 recante “Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”) e, successivamente, con il D.M. infrastrutture e trasporti 26 giugno 2014 (pubblicato nella G.U. 8 luglio 2014, n. 156, ed entrato in vigore il 7 agosto 2014), le norme tecniche per la progettazione e la costruzione degli sbarramenti di ritenuta (dighe e traverse).

Il termine di diciotto mesi previsto dal comma 2-bis, relativamente alle norme del D.M. 26 giugno 2014, è quindi scaduto il 7 febbraio 2016.

 


 

Articolo 7, comma 11-ter
(Revisione delle macchine agricole in circolazione)

 

 

Il comma 11-ter dell’articolo 7, proroga al 30 giugno 2016, il termine per procedere alla revisione obbligatoria delle macchine agricole che siano soggette ad immatricolazione, in ragione del relativo stato di vetustà e con precedenza per quelle immatricolate antecedentemente al 1° gennaio 2009.

Il termine era in precedenza fissato al 31 dicembre 2015 dall'art. 111, comma 1, secondo periodo, del Codice della strada (CdS - decreto legislativo 285/1992), come modificato dal D.L. n. 192 del 2014.

La stessa norma dell’art. 111 del CdS, al primo periodo, ha previsto altresì, l'emanazione, entro il 30 giugno 2015, da parte del Ministero delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministero delle politiche agricole, di un apposito decreto ministeriale per disciplinare la revisione obbligatoria di tali veicoli. Tale decreto ministeriale è stato emanato il 20 maggio 2015 e ha quindi definito i criteri per la revisione generale periodica delle macchine agricole e operatrici.

I termini in questione erano stati in precedenza già prorogati, a partire dal D.L. n. 179 del 2012, dal D.L. n. 150 del 2013 (c.d. decreto “Proroga termini” del 2013) e dalla legge di conversione n. 15 del 2014, del D.L. n. 150 /2013.

 


 

Articolo 7, comma 11-quater
(Fondo per il trasporto pubblico locale)

 

 

Il comma 11-quater dell’articolo 7 differisce al 1° gennaio 2017 l'applicazione delle disposizioni recate dell'articolo 1 comma 866 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015), che ha previsto l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un Fondo finalizzato all'acquisto, diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, nonché alla riqualificazione elettrica o al noleggio, di mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale anche per garantire l'accessibilità alle persone a mobilità ridotta.

Si ricorda che a tale Fondo è previsto che confluiscano, previa intesa con le regioni, le risorse disponibili di cui all'articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ed i successivi rifinanziamenti, nonché che siano assegnati 210 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, 130 milioni di euro per l'anno 2021 e 90 milioni di euro per l'anno 2022.

Il comma 11-quater stabilisce che nel Fondo confluiranno le risorse previste dall'articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), per le annualità 2017, 2018 e 2019.

L'articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha incrementato la dotazione del Fondo per il miglioramento della mobilità dei pendolari (istituito dall’art. 1, co. 1031 della legge n. 296/2006), di 300 milioni per il 2014 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, destinandola all'acquisto di materiale rotabile su gomma e di materiale rotabile ferroviario, nonché di vaporetti e ferryboat destinati ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, stabilendo altresì l’esclusione dei relativi pagamenti dal patto di stabilità interno, nel limite del 45 per cento dell'assegnazione di ciascuna regione per l'anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016.

Per le risorse relative agli anni 2015 e 2016 il comma 11-quater prevede invece che si applicheranno le modalità e le procedure dell’articolo 1, comma 83, della legge n. 147 del 2013, e di cui all'articolo 1, comma 223, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), che ha previsto che le risorse del citato comma 83, finalizzate a favorire il rinnovo dei parchi automobilistici destinati ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, siano destinate all'acquisto di materiale rotabile su gomma, rimettendo ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita la Conferenza Stato-regioni la ripartizione delle risorse, sulla base di specifici criteri (migliore rapporto tra posto/km prodotti e passeggeri trasportati; condizioni di vetustà nonché classe di inquinamento degli attuali parchi veicolari; entità del cofinanziamento regionale e locale; posti/km prodotti).


 

Articolo 8, comma 1
(Sistema di tracciabilità dei rifiuti - SISTRI)

 

 

Le lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 8 prorogano di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2016, rispettivamente, il periodo in cui continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti antecedenti alla disciplina del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) e non si applicano le sanzioni relative al sistema medesimo, nonché il termine finale di efficacia del contratto con l’attuale concessionaria del SISTRI. La successiva lettera b-bis) prevede la corresponsione, all'attuale concessionaria del SISTRI, a titolo di anticipazione dell'indennizzo dei costi di produzione, di 20 milioni di euro.

 

In particolare, la lettera a) proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2016, la durata del c.d. doppio binario, cioè del periodo in cui continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla responsabilità della gestione dei rifiuti, al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, nonché al trasporto dei rifiuti, antecedenti alla disciplina relativa al SISTRI.

Nello stesso periodo, quindi per tutto il 2016, non si applicano le sanzioni relative al SISTRI diverse da quelle concernenti l'omissione dell'iscrizione al SISTRI e del pagamento del contributo per l'iscrizione stessa (tali ultime sanzioni, previste dai commi 1 e 2 dell'articolo 260-bis del D.Lgs. n. 152/2006, sono infatti già operative dal 1° aprile 2015).

Relativamente alle citate sanzioni già operative dal 1° aprile 2015, la lettera a) prevede che il loro importo sia dimezzato e che tale riduzione operi fino al 31 dicembre 2016 e comunque non oltre il collaudo con esito positivo della piena operatività del nuovo sistema di tracciabilità individuato a mezzo di procedure ad evidenza pubblica (bandite dalla Consip S.p.A. il 26 giugno 2015, v. infra).

È utile richiamare, in estrema sintesi, l’evoluzione normativa della disciplina relativa al SISTRI. Dopo che la scorsa legislatura si era chiusa con la sospensione del SISTRI fino al 30 giugno 2013, l'attuale legislatura si è aperta con il D.M. 20 marzo 2013 che ha stabilito i termini di riavvio progressivo del SISTRI per consentirne la messa a regime da marzo 2014. Prima di tale data però è intervenuto l'art. 11 del D.L. 101/2013, che ha apportato una serie di modifiche alla disciplina del SISTRI, circoscrivendo la platea dei soggetti obbligati ad aderire al sistema e fissando le norme per la specificazione dei soggetti e l'individuazione di ulteriori categorie a cui applicare il sistema medesimo. L'articolo ha fissato, inoltre, i nuovi termini per l'operatività del SISTRI, dettato norme per l'applicazione delle sanzioni (comma 3-bis), per la semplificazione del sistema medesimo, nonché norme relative ai rapporti con la società concessionaria del sistema e per l'istituzione di un tavolo tecnico di monitoraggio.

Successivamente il D.L. 150/2013 (art. 10, comma 3-bis) e poi l’art. 9, comma 3, del D.L. 192/2014 hanno dettato norme di proroga, stabilendo l'allungamento fino al 31 dicembre 2015 del periodo durante il quale i soggetti obbligati al controllo telematico devono continuare ad effettuare anche il tracciamento tradizionale dei rifiuti (cd. "doppio binario") e previsto l'applicazione delle sanzioni SISTRI solo a decorrere dal 1° aprile 2015.

Gli adempimenti e gli obblighi a cui fa riferimento la proroga in esame sono quelli disciplinati dagli articoli 188, 189, 190 e 193 del D.Lgs. n. 152/2006, c.d. Codice dell'ambiente, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 205/2010, che ha recepito la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti e ha introdotto la disciplina del SISTRI nel citato Codice.

 

La successiva lettera b) proroga di un anno, vale a dire fino al 31 dicembre 2016, il termine finale di efficacia del contratto con l’attuale concessionaria del SISTRI (Selex Service Management S.p.A.) e la data fino alla quale è garantito, alla medesima società, l'indennizzo dei costi di produzione consuntivati.

L'articolo 14, comma 2-bis, lettera b), del D.L. 91/2014, che ha inserito il comma 9-bis all'articolo 11 del D.L. 101/2013, ha fissato al 31 dicembre 2015 il termine finale di efficacia del contratto stipulato dal Ministero dell'ambiente con la Selex Service Management S.p.A. per la concessione del servizio di realizzazione, gestione e manutenzione del SISTRI. La stessa lettera ha previsto l'avvio, entro il 30 giugno 2015, delle procedure per l'affidamento della nuova concessione del servizio nel rispetto dei criteri e modalità di selezione fissati dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) e dalle norme europee di settore, nonché dei principi di economicità, semplificazione, interoperabilità tra sistemi informatici e costante aggiornamento tecnologico. L'art. 35, comma 10, del D.L. 133/2014 ha integrato tale disposizione al fine di consentire al medesimo Ministero di avvalersi di Consip S.p.A., per lo svolgimento delle procedure di affidamento, previa stipula di convenzione per la disciplina dei relativi rapporti. Il bando di gara è stato pubblicato il 26 giugno 2015. Recenti informazioni in ordine all'attuazione e all'operatività del SISTRI, anche in relazione al predetto bando, sono state fornite in risposta all'interrogazione 5-06943. Ulteriori aggiornamenti sono stati forniti dal Ministro dell’ambiente in risposta all’interrogazione 4-04317. In particolare, rispondendo all’interrogazione, il Ministro ha reso noto che “nel mese di novembre 2015 è stato inviato alle RTI partecipanti, il disciplinare di gara con i relativi allegati, dando così avvio alla fase finale di aggiudicazione”.

Con riferimento ai costi di produzione consuntivati sino al 31 dicembre 2016, il citato comma 9-bis prevede che il rimborso alla società concessionaria sia garantito previa valutazione di congruità dell'Agenzia per l'Italia digitale, nei limiti dei contributi versati dagli operatori alla predetta data.

 

La lettera b-bis), che aggiunge due nuovi periodi alla fine del comma 9-bis dell'art. 11 del D.L. 101/2013, stabilisce che, in ogni caso, all'attuale concessionaria del SISTRI sono corrisposti – a titolo di anticipazione delle somme da versare per l'indennizzo dei costi di produzione e salvo conguaglio – 20 milioni di euro (10 milioni per ciascuno degli anni 2015-2016).

La lettera in esame precisa che l'indennizzo dovrà avvenire a seguito della procedura prevista "dal periodo precedente" (cioè dal terzo periodo del citato comma 9-bis), secondo cui all'attuale società concessionaria del SISTRI è garantito l'indennizzo dei costi di produzione consuntivati sino al 31 dicembre 2016, previa valutazione di congruità dell'Agenzia per l'Italia digitale, nei limiti dei contributi versati dagli operatori alla predetta data.

Viene inoltre disposto che il pagamento delle somme, a titolo di anticipazione, è effettuato dal Ministero dell'ambiente nell'ambito dei propri stanziamenti di bilancio entro il 31 marzo 2016 (nuovo quinto periodo del comma 9-bis dell'art. 11 del D.L. 101/2013).

 


 

Articolo 8, comma 2
(Emissioni industriali di grandi impianti di combustione)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 8 proroga di un anno, vale a dire al 1° gennaio 2017, il termine a decorrere dal quale i “vecchi” grandi impianti di combustione, vale a dire quelli anteriori al 1988 che hanno ottenuto apposita esenzione e quelli anteriori al 2013 (vedi infra), devono rispettare i nuovi e più severi limiti di emissione previsti dalla direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (nuovi commi 3-bis e 3-ter dell’art. 273 del D.Lgs. n. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente). La proroga non riguarda tutti gli impianti “vecchi”, ma solo quelli per cui il Codice dell’ambiente ha previsto specifiche deroghe, e a condizione che siano state presentate (nei termini indicati dal comma in esame) le istanze di deroga.

 

Con la direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (c.d. direttiva IED, acronimo di Industrial Emissions Directive) sono state riviste e rifuse in un unico testo giuridico sette direttive riguardanti le emissioni industriali, tra cui la direttiva 2008/1/CE in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (c.d. direttiva IPPC) e la direttiva 2001/80/CE sulla limitazione delle emissioni in atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione.

Per tali ultimi impianti, i valori limite di emissione previsti dall'allegato V della direttiva 2010/75/UE sono generalmente più severi rispetto a quelli della direttiva 2001/80/CE. La direttiva IED prevede però una certa flessibilità per consentire l’adeguamento degli impianti esistenti.

Nel recepire nell’ordinamento nazionale la direttiva 2010/75/UE, il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46, ha apportato numerose modifiche al Codice dell’ambiente. Tra queste si segnalano in particolare numerosi commi dell’articolo 273.

Il nuovo comma 3 dell’art. 273 del Codice dispone che:

§  ai grandi impianti di combustione anteriori al 2013 i pertinenti valori limite di emissione (che sono indicati nella Parte II, sezioni da 1 a 6, dell'Allegato II alla Parte V del Codice dell’ambiente) si applicano a partire dal 1° gennaio 2016;

§  ai grandi impianti di combustione che hanno ottenuto l'esenzione prevista all'Allegato II, Parte I, paragrafo 2, alla Parte V del Codice, si applicano, in caso di esercizio dal 1° gennaio 2016, i valori limite di emissione previsti per gli impianti nuovi. La citata procedura di esenzione riguarda gli impianti anteriori al 1988. I gestori di tali impianti  sono tenuti a presentare all'autorità competente, nell'ambito della richiesta di autorizzazione integrata ambientale, una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 20.000 ore operative a partire dal 1° gennaio 2008 e a non farlo funzionare oltre il 31 dicembre 2015.

 

Lo stesso comma 3 dell’art. 273 prevede che le vigenti autorizzazioni siano adeguate, entro la citata data del 1° gennaio 2016, nell'ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico ovvero, se nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, a seguito di una richiesta di aggiornamento presentata dal gestore entro il 1° gennaio 2015 ai sensi della disciplina relativa all’autorizzazione integrata ambientale (AIA). Viene altresì disposto che le autorizzazioni vigenti continuano, nelle more del loro adeguamento, a costituire titolo all'esercizio fino al 1° gennaio 2016. Il comma 3 dispone inoltre che le autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo non possono stabilire valori limite meno severi di quelli previsti dalle autorizzazioni soggette al rinnovo. Tali “nuove” autorizzazioni, in base a quanto disciplinato nei commi successivi, potranno prevedere una serie di deroghe (alle condizioni indicate nei medesimi commi).

Il comma 4, ad esempio, stabilisce che l'autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, gli impianti di combustione di cui al comma 3 siano in esercizio per un numero di ore operative pari o inferiore a 17.500 senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni:

a)   il gestore dell'impianto presenta all'autorità competente, entro il 30 giugno 2014, nell'ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico dell'autorizzazione (o, se questo non è previsto entro tale data, nell'ambito delle procedure di AIA), una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 17.500 ore operative tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, informandone contestualmente il Ministero dell'ambiente;

b)   entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, il gestore presenta all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente, un documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016;

c)   nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l'impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell'autorizzazione, nonché delle norme in materia di emissioni in atmosfera degli impianti e in materia di AIA;

d)   l'impianto non ha ottenuto l'esenzione prevista all'Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte V del Codice.

 

Il comma 5 stabilisce che l'autorizzazione può consentire, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, che gli impianti di combustione anteriori al 2002 con potenza termica nominale totale non superiore a 200 MW siano in esercizio senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni:

a)   almeno il 50 per cento della produzione di calore utile dell'impianto (calcolata secondo le modalità indicate nella disposizione) è fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda; il gestore è tenuto a presentare all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di calore utile dell'impianto destinata a tale fornitura;

b)   nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l'impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell'autorizzazione, nonché delle norme in materia di emissioni in atmosfera degli impianti e in materia di AIA.

 

Ulteriori deroghe sono state previste dalle disposizioni dell’allegato II alla parte V del Codice dell’ambiente.

Per gli impianti multicombustibile (che comportano l'impiego simultaneo di due o più combustibili), il punto 3 della parte I stabilisce che l'autorità competente, in sede di autorizzazione, stabilisce i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le polveri e i metalli, secondo le modalità disciplinate dal punto 3.2 (la cui procedura fa riferimento ai valori limite standard indicati nella Parte II, sezioni da 1 a 6, dell'Allegato II alla Parte V del D.Lgs. 152/2006) o applicando le deroghe previste ai punti 3.3 e 3.4.

Il punto 3.3 citato stabilisce, in deroga al punto 3.2, che l'autorità competente, in sede di autorizzazione, può applicare le disposizioni concernenti il combustibile determinante (inteso come il combustibile con il più elevato valore limite di emissione), per gli impianti multicombustibile anteriori al 2013 che utilizzano i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i propri consumi propri dell'installazione, sempre che, durante il funzionamento dell'impianto la proporzione di calore fornito da tale combustibile risulti pari ad almeno il 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili. Se la proporzione del calore fornito dal combustibile determinante è inferiore al 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili, l'autorità competente determina il valore limite di emissione, applicando un’apposita procedura, disciplinata nello stesso punto 3.3.

Il punto 3.4, in alternativa a quanto previsto al punto 3.3, prevede che ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas, per gli impianti multicombustibili, ricompresi in una installazione che svolge attività di raffinazione, alimentati con i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i consumi propri dell'installazione, l'autorizzazione può applicare un valore limite medio di emissione di anidride solforosa pari a 1.000 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 e pari a 600 mg/Nm3 per gli altri impianti anteriori al 2013.

 

Ulteriori deroghe sono previste, con riferimento ai singoli inquinanti, nella parte II dell’allegato II alla parte V del Codice.

 

Al fine di giustificare la necessità della proroga in esame, la relazione illustrativa sottolinea che nel recepimento italiano (come si è avuto modo di evidenziare in precedenza) “si specifica che le deroghe devono essere espressamente previste nell’autorizzazione, discostandosi a riguardo dal disposto europeo che si limita a riconoscere agli Stati membri la possibilità di accordare le deroghe, senza specificare quale sia lo strumento con cui farlo” (si vedano, in particolare, gli articoli 33, 35 e 40 della direttiva IED). Pertanto, secondo la relazione illustrativa, “per qualunque motivo l’autorità competente non fosse in grado di aggiornare l’autorizzazione entro il 31 dicembre 2015, a norma vigente gli impianti per cui sono state chieste le deroghe dovrebbero rispettare dal 1° gennaio 2016 i limiti massimi generalmente applicabili e ciò verosimilmente determinerebbe l’interruzione dell’attività fino all’aggiornamento dell’autorizzazione. Tale situazione … si sta verificando in alcuni casi concreti, sia per ritardi attribuibili ai gestori nella presentazione delle istanze di deroga o delle integrazioni a tali istanze, sia per ritardi attribuibili alle amministrazioni, che non sempre riescono a rispettare i tempi procedimentali indicati dalla norma. Preso atto di tale situazione, la norma in esame interviene accordando per legge le deroghe in un periodo transitorio, comunque non superiore ad un anno”. Ciò premesso, la seguente tabella sintetizza (semplificando) gli impianti interessati dalla proroga e le condizioni per usufruirne:


 

Impianti interessati dalla proroga

Condizione per poterne usufruire

Impianti con arco di vita limitato (art. 273, comma 4, del D.Lgs. 152/2006; art. 33 della direttiva IED).

Il gestore dell'impianto ha presentato all'autorità competente, entro il 30 giugno 2014, una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 17.500 ore operative tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, informandone contestualmente il Ministero dell'ambiente.

Impianti di teleriscaldamento (art. 273, comma 5, del D.Lgs. 152/2006; art. 35 della direttiva IED).

La norma prevede che sia stata regolarmente presentata istanza di deroga ai sensi del comma 5.

Il comma 5 dell’art. 273 impone al gestore di presentare all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di calore utile dell'impianto destinata ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda. Tale relazione però dovrà essere presentata entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017.

Impianti multicombustibile di raffineria (§ 3.3 e 3.4 della parte I dell’allegato II alla parte V del D.Lgs. 152/2006; art. 40, §§ 2 e 3, della direttiva IED).

Il gestore dell'impianto ha presentato regolare istanza di deroga entro il 31 dicembre 2015.

Impianti che possono ottenere una deroga ai sensi della parte II dell’allegato II del D.Lgs. 152/2006 con riferimento a specifici inquinanti.

Nella relazione illustrativa si fa riferimento alle deroghe al rispetto delle emissioni di anidride solforosa nei casi di esercizio fortemente limitato di cui ai § 2 della sezione 1-A e della sezione 2-A della parte II dell’allegato II alla parte V del D.Lgs. 152/2006; (allegato V, parte 1, § 2, della direttiva IED); di ossidi di azoto (in particolare nel caso di impianti che bruciano residui di raffinazione o residui di processi chimici, nonché in caso di esercizio fortemente limitato di cui alla tabella della sezione 4-A della parte II dell’allegato II alla parte V del D.Lgs. 152/2006) o di polveri (in particolare nel caso di impianti che bruciano residui di raffinazione di cui al § 2 della sezione 5-A della parte II dell’allegato II alla parte V del D.Lgs. 152/2006).

Il gestore dell'impianto ha presentato regolare istanza di deroga entro il 31 dicembre 2015.

Il comma in esame stabilisce infine che, sino alla definitiva pronuncia dell'Autorità Competente in merito all'istanza, e comunque non oltre il 1° gennaio 2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all'esercizio a condizione che il gestore rispetti anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga. Con riferimento agli impianti che usufruiscono di una deroga relativa a specifici inquinanti, viene inoltre stabilito che gli stessi dovranno rispettare, dal 1° gennaio 2016, per gli inquinanti non oggetto di richiesta di deroga, i pertinenti valori limite di emissione massimi indicati nell'Allegato II, parte II, alla Parte V del D.Lgs. n. 152/2006.

 


 

Articolo 8, comma 3
(Conferimento in discarica dei rifiuti
con PCI superiore a 13.000 kJ/kg)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 8 proroga di due mesi, cioè fino al 29 febbraio 2016, il termine – previsto dall'art. 6, comma 1, lettera p), del decreto legislativo n. 36 del 2003 – di entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti (urbani e speciali) con PCI (Potere calorifico inferiore) superiore a 13.000 kJ/Kg.

 

Si ricorda che l’art. 6 del citato decreto legislativo n. 36, con cui è stata data attuazione alla direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, ha, infatti, indicato tra i rifiuti che non possono essere ammessi in discarica, alla lettera p) del comma 1, anche i rifiuti con PCI superiore a 13.000 kJ/kg che devono, invece, essere smaltiti in appositi impianti di termovalorizzazione, ai fini di potenziare il recupero energetico. Occorre ricordare che tale divieto non era previsto dalla direttiva comunitaria n. 31, ma è stato introdotto con la finalità di potenziare il recupero energetico dei rifiuti attraverso processi di termovalorizzazione.

Si ricorda inoltre che l’art. 2, comma 4-sexiesdecies, del decreto-legge n. 225 del 2010, ha integrato il testo della citata lettera p) prevedendo che il divieto di smaltimento in discarica in esso contemplato non si applica ai rifiuti provenienti dalla frantumazione degli autoveicoli a fine vita (c.d. fluff) e dei rottami ferrosi “per i quali sono autorizzate discariche monodedicate che possono continuare ad operare nei limiti delle capacità autorizzate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225”, cioè alla data del 27 febbraio 2011.

Si ricorda che il termine in questione, originariamente fissato al 1° gennaio 2007, è stato oggetto di numerose proroghe, l’ultima delle quali operata dall’art. 9, comma 1, del D.L. 192/2014, che ha fissato la data del 31 dicembre 2015, ora prorogata al 29 febbraio 2016.

Si fa notare che l’art. 46 della L. n. 221/2015 (c.d. collegato ambientale) ha abrogato la lettera p) del comma 1 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 36/2003, su cui incide la proroga in esame.


 

Articolo 9
(
Gestione del dirigente delegato ai pagamenti
ex Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI-UNIRE
)

 

 

L’articolo 9 proroga al 30 giugno 2016, limitatamente alle operazioni di pagamento e riscossione riferite all’annualità 2015 e alle annualità precedenti, l’autorizzazione a favore del dirigente delegato del MIPAAF ad effettuare pagamenti e riscossioni utilizzando il conto di tesoreria dell'ex ASSI, Agenzia per lo sviluppo del settore ippico.

Il termine, originariamente disposto per il solo anno 2014 (art. 1, co. 298, L. 147/2013, legge stabilità 2014), era stato prorogato, dapprima, al 30 giugno 2015 dall’articolo 1, co. 11 del D.L. 192/2014 (proroga termini per il 2015), poi, al 31 dicembre 2015 dal comma 3-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 51/2015.

 

Si ricorda, al riguardo, che il comma 9 dell’articolo 23-quater del D.L. 95/2012 ha disposto la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippicoAssi (a sua volta subentrata all’UNIRE nel 2011 e chiamata a svolgere compiti relativi al miglioramento delle razze equine, alla gestione dei libri genealogici, alla programmazione delle corse e dei programmi di allevamento, alla gestione del servizio di diffusione delle riprese televisive delle corse).

Con la medesima disposizione è stato, quindi, previsto che, con successivi decreti di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottati di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvedesse al trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie degli enti incorporati, si ripartissero tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli le funzioni già attribuite ad ASSI dalla normativa vigente, le relative risorse umane, finanziarie e strumentali nonché i relativi rapporti giuridici attivi e passivi.

Fino all’adozione dei suddetti decreti, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali veniva autorizzato a delegare uno o più dirigenti per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione, comprese le operazioni di pagamento e riscossione a valere sui conti correnti già intestati all’ASSI.

Si rimandava infine ad un D.P.C.M. (di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze) l'approvazione della tabella di corrispondenza per l’inquadramento del personale trasferito e ad un D.P.C.M. (su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) la rideterminazione delle dotazioni organiche del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l’istituzione di un posto di dirigente generale di prima fascia, in relazione alle funzioni e risorse trasferite.

In attuazione delle disposizioni in esame, sono stati emanati il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 gennaio 2013, recante la tabella di corrispondenza per l’inquadramento nei ruoli del MIPAAF e l’agenzia delle dogane e dei monopoli del personale della soppressa Agenzia per lo sviluppo ippico e il decreto del Ministro delle politiche agricole 31 gennaio 2013 , recante trasferimento delle funzioni e delle risorse dell’ex ASSI al MIPAAF e all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

In seguito al trasferimento di competenze in esame si sono registrate notevoli difficoltà tecniche per la gestione dei pagamenti del soppresso ente (pagamenti in favore degli operatori del settore, premi al traguardo, pagamenti verso le società di gestione degli ippodromi, situazioni debitorie derivanti dalla gestione dell'ex ASSI – UNIRE). Già con il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, n. 11177 del 31 gennaio 2013 si consentì al segretario generale dell'ex ASSI, per l'esercizio 2013, di effettuare pagamenti e riscossioni a valere sul conto corrente di tesoreria dell'Agenzia soppressa.

 

Successivamente l'articolo 1, comma 298, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha disposto che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali potesse nominare un dirigente delegato per effettuare tali pagamenti e riscossioni, utilizzando il suddetto conto di tesoreria, per l'esercizio 2014 e successivamente fino al 30 giugno 2015 con il D.L. 192/2014. Come già detto il termine è stato poi prorogato al 31 dicembre 2015 dall’art. 6, comma 3-bis, del D.L.5 maggio 2015, n.51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91.

Si ricorda che in materia di riforma del settore ippico, l’articolo 14, comma 2, comma ff) della legge 11 marzo 2014, n. 23, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale, prevedeva, per il rilancio del settore ippico, l'istituzione della Lega ippica italiana, con funzioni, fra l'altro, di organizzazione degli eventi ippici, controllo di primo livello sulla regolarità delle corse, ripartizione e rendicontazione del fondo per lo sviluppo e la promozione del settore ippico. Il Fondo sarebbe stato alimentato mediante quote versate dagli iscritti alla Lega, nonché mediante quote della raccolta delle scommesse ippiche, del gettito derivante da scommesse su eventi ippici virtuali e da giochi pubblici raccolti all'interno degli ippodromi, attraverso la cessione dei diritti televisivi sugli eventi ippici, nonché di eventuali contributi erariali straordinari decrescenti fino all'anno 2017. Il termine per l’esercizio della delega è decorso inutilmente (26 giugno 2015), senza l’adozione del decreto sopra indicato.

Presso la XIII Commissione Agricoltura della Camera dei deputati sono all’esame alcune proposte di legge C. 753, 1033 e 1061, 1314, 1546 e 2054, recanti disposizioni per la promozione del settore ippico nonché in materia di scommesse ippiche.

 


 

Articolo 10, comma 1
(Cessazione delle attività di accertamento,
liquidazione e riscossione della società Equitalia)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 10 proroga dal 31 dicembre 2015 al 30 giugno 2016 il termine di operatività delle vigenti disposizioni in materia di riscossione delle entrate locali, superando la precedente scadenza a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero dovuto cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.

 

In particolare la disposizione in esame, modificando l’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013, differisce dal 31 dicembre 2015 al 30 giugno 2016:

§  il termine entro cui le società agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;

§  il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l’attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

Si evidenzia che il termine originario era stato fissato dalla legge di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011 nel 1° gennaio 2012. L’articolo 7, lettera gg-ter), del citato decreto-legge, con riferimento all’attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa), consentiva fino a tale termine ad Equitalia e alle società per azioni dalla stessa partecipata di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 10, comma 13-octies, del decreto-legge n. 201 del 2011 e al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012.

Successivamente il comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 (nella sua formulazione originaria) consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. Sul comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 è intervenuto l’articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni. Tale diverso termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali. Il decreto-legge n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio delle funzioni relative alla riscossione.

Il nuovo termine è stato rinviato dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) al 31 dicembre 2014 e dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 642 della legge n. 190 del 2014) al 30 giugno 2015. Da ultimo, il decreto-legge n. 78 del 2015 (articolo 7, comma 7) lo ha ulteriormente differito al 31 dicembre 2015.

 

Si ricorda che la legge delega sulla riforma fiscale (legge n. 23 del 2014) dedicava specifica attenzione al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell’ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intendeva procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei concessionari, all’emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Tuttavia, il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega, senza che tale norma sia stata attuata.

 

La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. 70/2011

Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies) del decreto-legge 70/2011 stabilisce che a partire da una specifica data – come si è visto, da ultimo il 30 giugno 2016 - Equitalia S.p.A. e le società da essa partecipate cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate.

Dal momento di tale cessazione spetterà dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o dall’affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:

§  la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo;

§  le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. n. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.

Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati  questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione – entro la prima decade del mese.

Il vigente sistema di riscossione delle entrate locali

A seguito della riforma della riscossione operata dal decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare, ai sensi del comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.A. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).

In alternativa, ai concessionari è stato consentito di scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai sensi del successivo comma 25, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi sia diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Infine, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 


 

Articolo 10, comma 1-bis
(Insediamento delle commissioni censuarie locali e centrale)

 

 

L'articolo 10, comma 1-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, proroga di sei mesi il termine entro il quale devono essere insediate le commissioni censuarie locali e centrale. Le commissioni censuarie sono insediate, anche in assenza di designazione di uno o più componenti supplenti, entro il 28 luglio 2016, ossia diciotto mesi (in luogo di un anno) dal 28 gennaio 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 198 del 2015, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate che individua una data unica di insediamento a livello nazionale.

Le commissioni censuarie sono organismi che coadiuvano l’Amministrazione finanziaria per i lavori di formazione, revisione e conservazione del catasto terreni e del catasto edilizio urbano (ora l’Agenzia delle entrate, a seguito dell’incorporazione dell’Agenzia del territorio, ai sensi dell’articolo 23-quater del D.L. n. 95/2012) ed esplicano funzioni consultive (obbligatorie e vincolanti) in tema di approvazione dei prospetti tariffari.

 

Si ricorda che la composizione, le attribuzioni e il funzionamento delle commissioni censuarie locali e centrale sono state modificate dal citato D.Lgs. n. 198 del 2014, in attuazione della delega fiscale (legge n. 23 del 2014).

 

L’impianto normativo originario prevedeva tre livelli di commissioni censuarie che avrebbero assistito l’Amministrazione finanziaria nei lavori di formazione, revisione e conservazione del catasto dei terreni e del catasto edilizio urbano:

§  le commissioni censuarie distrettuali (con sede nei comuni con maggior popolazione residente tra quelli del distretto censuario: i distretti sono stati definiti con D.M. 9 novembre 1973 e non potevano ricomprendere più di 12 comuni); successivamente, l’articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 1993 ha disposto la soppressione di tali commissioni;

§  le commissioni censuarie provinciali;

§  la commissione censuaria centrale.

 

La legge delega (articolo 2, comma 3, lettera a) ha affidato al Governo il compito di emanare norme dirette a:

§  ridefinire le competenze e il funzionamento delle commissioni censuarie provinciali e della commissione censuaria centrale, anche includendovi la validazione delle funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale, e introducendo procedure deflative del contenzioso;

§  modificare la loro composizione, anche in funzione delle nuove competenze attribuite, assicurando la presenza in esse di rappresentanti dell'Agenzia delle entrate; rappresentanti degli enti locali, professionisti; tecnici e docenti qualificati in materia di economia e di estimo urbano e rurale; esperti di statistica e di econometria, anche indicati dalle associazioni di categoria del settore immobiliare; magistrati appartenenti rispettivamente alla giurisdizione ordinaria e a quella amministrativa; per le commissioni censuarie provinciali di Trento e di Bolzano, rappresentanti delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

In sintesi, il decreto legislativo n. 198 ha ripartito le nuove commissioni censuarie in 106 commissioni locali - le cui sedi sono individuate nella Tabella allegata al Decreto legislativo citato - e in una commissione centrale, con sede a Roma (articolo 1).

Ogni commissione censuaria è articolata, come nel precedente assetto ordinamentale, in sezioni; alle due sezioni competenti, rispettivamente, in materia di catasto terreni e di catasto edilizio urbano - già attualmente previste - si aggiunge una terza sezione, specializzata, in fase di prima attuazione, in materia di riforma del sistema estimativo del catasto dei fabbricati. È peraltro prevista la possibilità di modificare il numero delle sezioni con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in relazione allo stato di attuazione della suddetta riforma (articoli 2 e 6 del Decreto legislativo).

La composizione delle sezioni delle commissioni censuarie locali è stabilita dall’articolo 3 del decreto legislativo. Nello specifico, la citata norma dispone, al comma 1, che ciascuna delle tre sezioni sia composta da sei membri effettivi e da sei supplenti. Le sezioni della commissione censuaria locale di Trento e di quella di Bolzano sono integrate con un componente effettivo e uno supplente scelto fra quelli designati dalle rispettive Province autonome fra i propri dipendenti di ruolo. Il citato articolo 3 fissa anche le regole per la designazione e la scelta dei componenti effettivi e supplenti, operata dal Presidente del tribunale, sulla base di un elenco di designazioni effettuate dall’Agenzia, dall’ANCI e dal Prefetto.

Gli articoli 6 e seguenti del decreto stabiliscono la composizione della commissione censuaria centrale, articolata – al pari di quelle locali - in tre sezioni (una competente in materia di catasto terreni, una competente in materia di catasto urbano e una, in fase di prima attuazione, specializzata in materia di riforma del sistema estimativo del catasto dei fabbricati).

Gli articoli 10-12 del decreto legislativo individuano i requisiti per la nomina a componente effettivo e supplente delle commissioni censuarie, i motivi di incompatibilità e le cause di decadenza dall’incarico. Gli articoli 14 e individuano le funzioni, rispettivamente, delle commissioni censuarie locali e della commissione censuaria centrale. Gli articoli 17-20 del Decreto legislativo disciplinano il funzionamento delle commissioni censuarie, che possono essere convocate a sezione semplice o a sezioni unite, e la validità delle relative deliberazioni.

 

Con la circolare n. 3/E del 18 febbraio 2015 l'Agenzia delle entrate ha delineato i tratti significativi delle nuove commissioni censuarie e ha fornito le prime indicazioni operative sugli adempimenti da effettuare per l'insediamento delle medesime, anche al fine di consentire un'omogenea applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 198 del 2014.

Il D.M. 27 maggio 2015, pubblicato nella G.U. del 4 giugno 2015, ha individuato i criteri per la designazione, da parte dell'Associazione nazionale dei comuni italiani, dei componenti delle sezioni delle commissioni censuarie locali e centrale.


 

Articolo 10, comma 2
(Aliquota ridotta per uso combustione)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 10 proroga al 31 dicembre 2016 il termine entro il quale continuano ad applicarsi alla produzione combinata di energia elettrica e calore gli specifici coefficienti - indicati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas - necessari a individuare i quantitativi di combustibile che, impiegati nei predetti impianti, possano ritenersi utilizzati per la produzione di energia elettrica e che sono dunque soggetti ad accisa agevolata.

 

Più in dettaglio le norme in esame prorogano dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine (di cui all'articolo 3-bis, comma 2, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, che lo fissava originariamente al 31 dicembre 2012) entro il quale continuano ad applicarsi alla produzione combinata di energia elettrica e calore, specifici coefficienti (indicati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con deliberazione n. 16/98 dell'11 marzo 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 82 dell'8 aprile 1998 e ridotti nella misura del 12 per cento) necessari a individuare i quantitativi di combustibile i quali, impiegati nei predetti impianti, possano ritenersi utilizzati per la produzione di energia elettrica e che sono dunque soggetti alla relativa accisa (in misura, dunque, agevolata).

Tale applicazione viene effettuata in attesa dell’adozione del decreto del Ministero dello sviluppo economico - di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – che consente la determinazione della tassazione applicabile ai combustibili impiegati negli impianti cogenerativi (produzione combinata di energia elettrica e calore). Si rammenta che per l’adozione di tale decreto non è previsto uno specifico termine; tuttavia, rinviando di un anno l’applicazione dei coefficienti summenzionati, si posticipa sostanzialmente anche l’emanazione della norma secondaria.

 

Si rammenta che il richiamato articolo 3-bis del decreto-legge n. 16 del 2012 al comma 1 ha novellato il Testo Unico Accise – TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995), indicando una misura agevolata di accisa applicabile ai combustibili impiegati in impianti di produzione combinata di energia e calore; si tratta in particolare delle aliquote di accisa previste per l’energia elettrica dal punto 11 della tabella A allegata al Testo Unico Accise, rideterminate in relazione a specifici coefficienti da individuare con un decreto del Ministero dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tale rideterminazione dovrebbe avvenire, secondo quanto previsto dal citato articolo 3-bis, attraverso la fissazione di specifici coefficienti moltiplicativi delle predette aliquote di accisa, di cui al punto 11 della tabella A.

In attesa del predetto decreto, come già visto in precedenza, il comma 2 del citato articolo 3-bis lascia ferma l’applicazione, per la suddetta produzione combinata di energia elettrica e calore, dei coefficienti già individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

 

Tale termine è stato prorogato da ultimo al 31 dicembre 2015 dall’articolo 10, comma 2 del D.L. n. 192 del 2015.

 

La misura in esame, inizialmente prevista dal 1° gennaio al 31 dicembre 2012, era stata prorogata sino al 30 giugno 2013 dall'articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sino al 31 dicembre 2013 dall'articolo 1 del D.P.C.M. 23 luglio 2013, sino al 30 giugno 2014 dall’articolo 9, comma 6, del D.L. n 150 del 2013 e sino al 31 dicembre 2014 dall’articolo 30, comma 2-novies, del decreto-legge n. 91 del 2014.

 


 

Articolo 10, comma 2-bis
(Incentivi per progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 10 differisce dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine di avvio dei progetti di Efficienza Energetica di grandi dimensioni, novellando il comma 11 dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 102/2014 di recepimento della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.

 

Il citato comma 11 dispone che per i progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni, non inferiori a 35.000 TEP/anno, il cui periodo di riconoscimento dei certificati bianchi termini entro il 2014, sia prorogata la durata degli incentivi stessi. La proroga degli incentivi - che opera fino al 31 dicembre 2016 (secondo quanto precisato dalla novella che sostituisce la precedente formulazione “per i soli anni 2015 e 2016”) è consentita dal comma 11 fronte di progetti definiti dallo stesso proponente e previa verifica tesa a valutare in maniera stringente le reali peculiarità dei progetti. I progetti devono essere in grado di produrre nuovi risparmi di energia in misura complessivamente equivalente alla soglia minima annua indicata.

Con la novella qui in esame il termine entro il quale avviare tali progetti è differito al 31 dicembre 2016.

Si ricorda che, sempre ai sensi del comma 11, i progetti devono rispondere a criteri di:

§  collegamento funzionale a nuovi investimenti in impianti energeticamente efficienti installati nel medesimo sito industriale;

§  efficientamento energetico di impianti collegati alla medesima filiera produttiva, anche in siti diversi, avviati nella medesima data;

§  risanamento ambientale nei siti di interesse nazionale di cui all’articolo 252 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente)[49];

§  salvaguardia dell’occupazione.


 

Articolo 10, commi 2-ter-2-sexies
(IVA degli organismi di formazione professionale)

 

 

I commi da 2-ter a 2-sexies dell'articolo 10, inseriti durante l’esame parlamentare, definiscono il regime di detraibilità dell'IVA in relazione alle attività svolte dagli organismi di formazione professionale che percepiscono contributi pubblici.

Si chiarisce che, in relazione alle attività formative svolte dai predetti organismi, ove essi siano destinatari di sovvenzioni, l'IVA assolta sull'acquisto di beni e servizi è detraibile purché i beni e servizi acquistati con tali contributi siano utilizzati per l'effettuazione di operazioni imponibili IVA, ovvero che danno a loro volta diritto alla detrazione.

 

Si ricorda che il citato articolo 19 del D.P.R. n. 633 del 1972 reca la disciplina generale delle detrazioni IVA. In particolare, è detraibile dall’imposta relativa alle operazioni effettuate il quantum dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo, o a lui addebitata a titolo di rivalsa, per beni e servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione.

In genere (secondo comma dell’articolo 19), non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi che riguardano operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta.

In relazione a specifiche operazioni esenti, ovvero alcune cessioni di beni individuate dalla legge (in particolare dall'articolo 2, terzo comma, lettere a), b), d) ed f) del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972) la detrazione è comunque applicabile.

In particolare, è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti a cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro (articolo 2, terzo comma, lettera a) del D.P.R. IVA).

 

Come anche si evince da quanto illustrato nell’interrogazione a risposta immediata, in commissione Finanze, n. 5-06067 (conclusasi il 30 luglio 2015) la norma in esame intende dirimere il contenzioso nato tra gli enti di formazione professionale e l’Amministrazione finanziaria.

I predetti organismi, in presenza di finanziamenti europei, hanno considerato l'IVA sugli acquisti pienamente detraibile e, dunque, non hanno valutato tale imposta quale costo a discarico del contributo comunitario. L'amministrazione finanziaria ha tuttavia emanato una serie di atti di accertamento nei confronti dei predetti soggetti a seguito di tali operazioni, contestando loro la possibilità di detrarre l'IVA assolta sugli acquisti dagli stessi posti in essere.

Nella seduta della Camera dei deputati di venerdì 20 febbraio 2015 il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/2803-A/17 impegnandosi, nelle more dell'approvazione della disciplina attuativa per la gestione dei Fondi europei per il Programma Operativo 2014-2020 necessaria a chiarire per il futuro la disciplina IVA per gli organismi di formazione, a prorogare la detrazione dell'imposta assolta sugli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione professionali, operati nell'ambito dei finanziamenti comunitari del PO 2007/2013, in presenza di operazioni fuori campo IVA (ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, lettera a), ossia delle cessioni che hanno per oggetto denaro) o comunque, in ogni caso, a stabilire la conformità alla normativa vigente, alle pregresse indicazioni del Ministero del lavoro e agli indirizzi già dati in precedenza dall'Agenzia delle Entrate del comportamento fiscale degli organismi di formazione professionale in materia di detraibilità IVA sugli acquisti.

Rispondendo all'interrogazione n. 5-05268, svolta presso la Commissione Finanze della Camera sulla materia della detrazione IVA per gli enti di formazione professionale, il 9 aprile 2015 il Governo ribadiva l'interpretazione seguita dall'Amministrazione finanziaria, in base alla quale per i beni e i servizi utilizzati esclusivamente per realizzare operazioni fuori campo IVAin particolare servizi di formazione fuori campo IVA, in quanto non riconducibili ad un rapporto caratterizzato dal nesso di sinallagmaticità – non compete alcuna detrazione d'imposta.

Sul punto è poi intervenuta la sentenza n. 12523 della Corte di Cassazione, Sezione V Civile, pubblicata il 17 giugno 2015. La Corte, in sintesi, ha ammesso la possibilità di portare in detrazione l'IVA assolta sugli acquisti effettuati per l'esercizio dell'attività di formazione.

 

Nella risposta del Governo all’interrogazione n. 5-06067, riportando quanto affermato dall’Agenzia delle entrate, si è fatto presente che le elargizioni di denaro pubblico non aventi carattere di corrispettività (tra cui contributi a fondo perduto) sono tendenzialmente neutre agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, poiché non incidono sulla determinazione dell'imposta, né dal lato attivo (del soggetto erogante) né dal lato passivo (del soggetto beneficiario).

In particolare, per l'organismo di formazione – beneficiario dei contributi - il diritto a detrazione non dipende dalla natura contributiva delle somme percepite, ma dal regime IVA delle operazioni attive poste in essere, ovvero dal regime fiscale dell'attività di formazione svolta dagli organismi interessati.

Pertanto, ha ribadito l’Amministrazione finanziaria, per l'organismo di formazione il diritto a detrarre l'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi “finanziati” da contributi fuori campo IVA, è soggetto alle regole di carattere generale che disciplinano il diritto di detrazione, di cui al menzionato articolo 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

In particolare, la detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi compete nella misura in cui detti beni e servizi sono impiegati per realizzare operazioni imponibili o a queste assimilate; non è, dunque, detraibile l'IVA relativa all'acquisto di beni e di servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, salvo le specifiche deroghe di legge (già menzionato articolo 19, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972).

Nei confronti del soggetto beneficiario dei fondi non opera la deroga alla indetraibilità (riconosciuta dall'articolo 19, terzo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) in quanto, a parere dell’Amministrazione finanziaria, la norma di deroga deve intendersi come riferita agli acquisti di beni e di servizi effettuati dal soggetto erogante i contributi, e cioè da colui che pone in essere l'operazione di cessione di denaro.

L’’Agenzia delle Entrate ha fornito indirizzi interpretativi in materia di detraibilità dell'Iva degli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione, in presenza di finanziamenti comunitari, con la circolare 11 maggio 2015, n. 20/E, ove si chiarisce, tra l'altro, che l'IVA è detraibile nella misura in cui il soggetto passivo utilizza detti beni e servizi per l'effettuazione di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto.

 

Più in dettaglio (comma 2-ter), le norme in esame introducono una norma di interpretazione autentica del menzionato articolo 19, comma 2 del DPR n. 633 del 1972.

Ai sensi delle disposizioni introdotte, per gli enti di formazione destinatari di contributi pubblici - anche erogati ai sensi dell'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ovvero sotto forma di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e attribuzione di vantaggi economici - in relazione alle attività formative da essi svolte, l'IVA assolta sull'acquisto di beni e servizi è detraibile a condizione che i beni e servizi acquistati con tali contributi siano utilizzati per l'effettuazione di operazioni imponibili IVA, ovvero che danno a loro volta diritto alla detrazione.

 

Il successivo comma 2- quater intende dirimere il contenzioso pregresso. Si dispone infatti che rimane ferma la detrazione dell'imposta assolta, sugli acquisti di beni e servizi, dagli organismi di formazione professionale utilizzati nella realizzazione di attività formative per l'acquisizione di una qualifica professionale, a condizione che:

§  la detrazione sia anteriore al 27 febbraio 2016 (data di conversione in legge del provvedimento in esame);

§  l'imposta non sia stata considerata, dall'ente erogatore, quale spesa ammessa al finanziamento.

 

Ai sensi del comma 2-quinques, gli enti che erogano contributi pubblici per le attività formative svolte dagli organismi di formazione professionale devono tener conto, nella determinazione dei contributi, dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi realmente e definitivamente sostenuta dal beneficiario.

 

Tale disposizione è dettata al fine di assicurare coerenza con l’articolo 7 del D.P.R. n. 196 del 2008, espressamente menzionata nel comma in esame: il D.P.R. reca il regolamento di esecuzione del regolamento (CE) n. 1083/2006 sui fondi europei (fondo europeo di sviluppo regionale, sul fondo sociale europeo e sul fondo di coesione), in particolare definendo le norme sull'ammissibilità delle spese per i programmi cofinanziati dai fondi strutturali per la fase di programmazione 2007-2013. Il comma 1 dell’articolo 7 stabilisce che l’IVA realmente e definitivamente sostenuta dal beneficiario è una spesa ammissibile solo ove non sia recuperabile.  Il comma 2 reca specifiche prescrizione per beneficiari soggetti ad un regime IVA forfetario; il comma 3 chiarisce che è spesa ammissibile l'imposta di registro, in quanto afferente a un'operazione. È inoltre considerato “spesa ammissibile” ogni altro tributo od onere fiscale, previdenziale e assicurativo per operazioni cofinanziate da parte dei Fondi strutturali, nel limite in cui non sia recuperabile dal beneficiario.

 

Infine, il comma 2-sexies stima gli oneri derivanti dalle norme in commento; essi sono pari a 6 milioni di euro per l'anno 2016, 5 milioni per l'anno 2017 e 3 milioni per il 2018. Ad essi si provvede mediante corrispondente riduzione, per i medesimi anni, del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (articolo 189, comma 1, lettera a) del D.L. n. 185 del 2008).


 

Articolo 10, comma 3
(Contenimento dell’acquisto di mobilio da parte delle pubbliche amministrazioni (deroga per gli enti locali)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 10 proroga per l’anno 2016 le norme di contenimento della spesa pubblica che vietano alle amministrazioni pubbliche, alle autorità indipendenti e alla CONSOB di effettuare spese per l’acquisto di mobili e arredi di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni precedenti, ad eccezione per gli immobili destinati ad uso scolastico e dei servizi per l’infanzia.

 

In particolare, il comma estende all’anno 2016 quanto già previsto per gli anni 2013, 2014 e 2015 in merito al contenimento della spesa per l’acquisto di mobili e arredi da parte delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 196/2009[50], nonché delle autorità indipendenti e della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

Tale disposizione era stata già prorogata al 2015 dall’articolo 10, comma 6, del D.L. n. 192/2014 (proroga termini).

Nel corso dell’esame in sede referente, gli enti locali sono stati esclusi dall’applicazione dei limiti in questione.

 

In particolare, la disposizione contenuta all'articolo 1, comma 141, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, limita l'acquisto dei predetti beni per gli anni 2013, 2014 e 2015 (ed ora anche nel 2016) nella misura del 20 per cento rispetto alla spesa media sostenuta negli anni 2010 e 2011, con eccezione degli acquisti di mobili e arredi destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia – esclusione questa introdotta dall’articolo 18, comma 8-septies, del D.L. n. 69/2013.

 

I limiti all’acquisto di arredi e mobilio di cui al comma 141 non si applicano neppure:

§  agli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, nonché per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all'estero, ai sensi di quanto espressamente disposto dal successivo comma 144 della legge n. 228/2012;

§  agli investimenti connessi agli interventi speciali realizzati per promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, per rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs. n. 88 del 2011[51], come disposto dal comma 165 della medesima legge n. 228/2012.

L'applicazione delle suddette misure di contenimento della spesa costituisce per le Regioni, ai sensi del comma 145 della suddetta legge, condizione per l'erogazione da parte dello Stato della quota dei trasferimenti erariali[52].

 

Nell'ottica della massima razionalizzazione degli spazi e del contenimento della spesa, si ricorda che la norma in questione concede la possibilità di superare il prefissato limite del 20 per cento soltanto allorché l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili. In tal caso, però, ai sensi del succitato comma 141, sarà il collegio dei revisori dei conti o l'ufficio centrale di bilancio a dover verificare preventivamente i risparmi realizzabili, i quali devono essere superiori alla minore spesa derivante dall'attuazione della norma. In caso di violazione, scattano i presupposti per la valutazione ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

 

La relazione illustrativa motiva la proroga, considerato il perdurare di una difficile situazione finanziaria per il comparto pubblico, in un'ottica di razionalizzazione della spesa e di completo sfruttamento dell'esistente patrimonio rappresentato da mobili e arredi. La stessa relazione precisa che le somme rivenienti dalla disposizione in discorso e relative agli enti pubblici vanno versate all'entrata del bilancio dello Stato, ai sensi dell'articolo 1, comma 142, della legge n. 228 del 2012.


 

 

Articolo 10, comma 4
(Proroga consulenti finanziari)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 10 proroga al 31 dicembre 2016 il termine per l'esercizio dell'attività di consulenza in materia di investimenti (consulenti finanziari), da parte dei soggetti che al 31 dicembre 2007 prestavano già tale attività, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, in attesa della riforma del settore.

 

In particolare, le norme in esame prorogano il termine di cui all’articolo 19, comma 14 del decreto legislativo 17 settembre 2007, n. 164 (che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva 2004/39/CE cd. MIFID), al fine di consentire fino al 31 dicembre 2016 l'esercizio dell'attività di consulenza in materia di investimenti (consulenti finanziari) da parte dei soggetti che già esercitavano tale attività in attesa della piena operatività delle eventuali riforme.

Per effetto della norme in esame, dunque, nonostante l'esercizio professionale di servizi e attività di investimento sia riservato dalla legge (ai sensi dell’articolo 18 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF, D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) a banche e imprese di investimento, i soggetti che al 31 ottobre 2007 prestavano consulenza in materia di investimenti possono continuare a svolgere tale servizio, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, fino al 31 dicembre 2016 (in luogo del 31 dicembre 2015).

 

Si rammenta che l’articolo 19 del predetto D.Lgs. 164 del 2007 prevede l'istituzione dell'Albo delle persone fisiche consulenti finanziari e delle società di consulenza finanziaria, alla cui tenuta avrebbe dovuto provvedere un organismo nominato dal Ministro dell'economia e delle finanze e vigilato dalla Consob. Con specifico riferimento alla costituzione dell'organismo di tenuta dell'Albo dei consulenti finanziari, il comma 14-bis dell’articolo 19 dispone, come disciplina transitoria, che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto -  sentite la Banca d'Italia e la Consob –  si sarebbe provveduto alla nomina, in sede di prima applicazione, dei membri dell'organismo predetto, fissandone inoltre la durata in carica, i compensi e le attribuzioni.

Di conseguenza, in attesa dell'istituzione di tale organismo, cui era subordinata l'operatività della nuova disciplina, l'articolo 19 aveva originariamente fissato al 31 dicembre 2009 il termine per l'esercizio dell'attività di consulenza in materia di investimenti da parte dei soggetti che al 31 dicembre 2007 prestavano già tale attività, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.

Tale limite temporale originario è stato annualmente prorogato dall'articolo 4-bis, comma 1 del D.L. 3 giugno 2008, n. 97, dall’articolo 41, comma 16-bis del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, dall'articolo 23, comma 7 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, dall’articolo 1, comma 14 del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194; successivamente, il termine è stato prorogato dal 2010 al 2014 dall’articolo 9, comma 1 del D.L. 30 dicembre 2013, n. 150 e da ultimo (al 31 dicembre 2015) dall’articolo 21-bis, comma 1 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91.

 

Nelle more dell’istituzione dell’organismo sono intervenuti emanato i regolamenti attuativi in materia di consulenza finanziaria, tra cui il regolamento di disciplina dei requisiti patrimoniali e di indipendenza delle società di consulenza finanziaria, nonché dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali delle società di consulenza finanziaria (di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 5 aprile 2012, n. 66).

Successivamente la legge n. 114 del 2015 (legge di delegazione europea 2014), nell'ambito della delega per il recepimento della direttiva 2014/65/UE (cd. MIFID 2), ha introdotto un apposito criterio (articolo 9, comma 1, lettera o)) di modifica e integrazione al TUF in materia di consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria e promotori finanziari, assegnando in particolare ad unico organismo sottoposto alla vigilanza della Consob, ordinato in forma di associazione di diritto privato, la tenuta dell'Albo, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti anzidetti.

 

Da ultimo, i commi da 36 a 48 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) hanno riformato il sistema di vigilanza sui promotori finanziari e sui consulenti finanziari, di fatto recependo i contenuti della proposta di legge d'iniziativa parlamentare, già approvata dal Senato (A.C n. 3369), che dispone la trasformazione dell'attuale organismo per la tenuta dell'Albo dei promotori finanziari nel nuovo organismo unico.

 

In particolare si prevede l'istituzione di un Albo unico gestito da un Organismo con personalità giuridica di diritto privato, ordinato in forma di associazione: l'attuale Organismo per la tenuta dell'Albo dei promotori finanziari (APF) viene quindi trasformato nel nuovo Organismo per la tenuta dell'Albo unico dei consulenti finanziari. All’interno dell’Albo unico sono previste tre distinte sezioni con riguardo al tipo di attività svolta dai soggetti, che assumono le seguenti denominazioni:

§  consulenti finanziari abilitati all'offerta fuori sede (attuali promotori finanziari: articolo 31 del Testo Unico Finanziario – TUF di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998);

§  persone fisiche consulenti finanziari autonomi (attuali consulenti finanziari: articolo 18-bis TUF);

§  società di consulenza finanziaria (attuali società di consulenza finanziaria ex articolo 18-ter del TUF);

A tale Organismo sono trasferite le funzioni di vigilanza e sanzionatorie esercitate dalla Consob sui promotori finanziari e sui consulenti finanziari. Si prevede una disciplina regolamentare della Consob, emanata congiuntamente all’Organismo suddetto, per definire le modalità operative e la data di avvio sia dell'albo che della vigilanza da parte dell'organismo preposto. Resta ferma la vigente disciplina previdenziale applicabile ai promotori finanziari.

Si provvede inoltre alla revisione del sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela. Viene rimessa alla Consob la disciplina delle modalità per assicurare l'introduzione di meccanismi di risoluzione stragiudiziale attraverso l'istituzione di un apposito organo i cui componenti sono da essa nominati, a partecipazione obbligatoria, in grado di assicurare la rapida, economica soluzione delle controversie, il contraddittorio tra le parti e l'effettività della tutela in assenza di maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si prevede che l'iscrizione all'Albo unico dei consulenti finanziari sia subordinata al versamento di una tassa sulle concessioni governative. Tale tassa è dovuta per le iscrizioni successive alla data di entrata in vigore della norma.


 

Articolo 10, comma 5
(Riduzione dei costi sostenuti dalle pubbliche amministrazioni
per organi collegiali e incarichi)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 10 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il limite massimo - pari agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, ridotti del 10 per cento – stabilito per la corresponsione di indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità, da parte delle pubbliche amministrazioni ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali, comunque denominati, ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo.

 

La norma si inquadra nel contesto degli obiettivi di contenimento della spesa per gli organi delle amministrazioni pubbliche.

Oggetto di proroga della disposizione in esame è l'articolo 6, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che – a decorrere dal 1° gennaio 2011 – ha stabilito che le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196[53], incluse le autorità indipendenti, nei confronti dei:

§  componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati;

§  titolari di incarichi di qualsiasi tipo;

siano automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010.

Al contempo, la disposizione prevede che, a partire da tale data e fino – in base alla proroga in esame – al 31 dicembre 2016, i suddetti emolumenti non possano superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, ridotti del 10 per cento.

 

Il termine in questione era stato prorogato dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014 dall’art. 1, comma 10, del decreto-legge n. 150 del 2013 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2014 e, successivamente, dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2015 dall’art. 10, comma 5, del decreto-legge n. 192 del 2014 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del 2015.

 

Le previsioni in questione trovano applicazione anche nei confronti dei commissari straordinari del Governo (ossia, i commissari straordinari che possono essere nominati al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali) nonché degli altri commissari straordinari, comunque denominati.

La norma oggetto di proroga fa salvo quanto previsto dall'art. 1, comma 58, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che aveva disposto in precedenza una analoga riduzione.

È altresì specificato che tale riduzione non si applica al trattamento retributivo di servizio.

 


 

Articolo 10, comma 6
(Riduzione dei costi delle locazioni passive per gli immobili
delle pubbliche amministrazioni)

 

 

L’articolo 10, comma 6, estende all’anno 2016 il blocco dell'adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, nonché dalle autorità indipendenti e dalla CONSOB e utilizzati a fini istituzionali.

La relazione governativa afferma che l’intervento si rende necessario in considerazione del perdurare dell’eccezionalità della situazione economica e della necessità di raggiungere gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica.

 

Originariamente il blocco dell’adeguamento automatico dei canoni era previsto per il triennio 2012-2014 dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review); esso è stato poi esteso all’anno 2015 dall’articolo 10, comma 7, del D.L. n. 192/2014.

 

In particolare, con il comma in esame si estende al 2016 quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 95 del 2012, il quale - nell’ambito di numerose misure introdotte per ridurre e razionalizzare gli spazi utilizzati dalle pubbliche amministrazioni per scopi istituzionali nonché per contenere la spesa per locazioni passive - ha disposto il 'blocco' per il triennio 2012-2014 - blocco poi esteso, come detto, al 2015 dal decreto-legge n. 192/2014 (proroga termini) - degli adeguamenti Istat relativi ai canoni dovuti dalle Amministrazioni Pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, nonché dalle autorità indipendenti inclusa la Consob, per l’utilizzo di immobili in locazione passiva, di proprietà pubblica o privata.

Si segnala che il comma 14-bis dell’articolo 5 del D.L. 95 medesimo ha esteso all’ordinamento della Banca d’Italia i principi in materia di contenimento della spesa recati dai commi 1 (blocco aggiornamento Istat) e 4 (riduzione del 15 per cento dei canoni di locazione) dell’articolo 3.

Secondo quanto esposto nella Relazione tecnica, alla norma, pur foriera di risparmi di spesa, non sono ascritti effetti finanziari positivi, per ragioni prudenziali. Al riguardo si ricorda che la relazione tecnica al disegno di legge di conversione del D.L. n. 95/2012 (A.S. 3396) stimava che lo Stato, attraverso il blocco degli aggiornamenti Istat che si riferisce ai contratti in essere nonché a quelli di nuova sottoscrizione, potesse conseguire un risparmio per il secondo semestre del 2012 pari a 5 milioni di euro, per l’anno 2013 pari a 16 milioni di euro e a decorrere dall’anno 2014 pari a 15 milioni di euro. Per quanto riguarda gli enti territoriali si ipotizzava un risparmio di 5 milioni di euro per il secondo semestre del 2012, di 17 milioni di euro per il 2013 e di 16 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014.

 

Per completezza espositiva, si ricorda che l’articolo 3 del D.L. n. 95/2012 ha recato, altresì, ulteriori misure concernenti la riduzione dei canoni di locazione passiva per le amministrazioni pubbliche.

In particolare, si ricorda il comma 4 che dispone, per le amministrazioni centrali individuate dall’Istat e le autorità indipendenti inclusa la Consob, la riduzione del 15 per cento del canone di locazione per gli immobili in uso istituzionale, a decorrere dal 1° gennaio 2015 e la riduzione imperativa dei canoni di locazione passiva nel caso di contratti scaduti o rinnovati.

Si ricorda, infine, che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato redatto dall'ISTAT entro il 31 luglio 2014 hanno potuto comunicare il preavviso di recesso dai contratti di locazione di immobili in corso al 15 dicembre 2013; il recesso si perfeziona decorsi 180 giorni dal preavviso, anche in deroga ad eventuali clausole che lo limitino o lo escludano (articolo 2-bis del D.L. n. 120 del 2013, come modificato dall'articolo 24, comma 2-bis, del D.L. n. 66 del 2014).

Tale disposizione si applica anche ai contratti di locazione per immobili di proprietà di fondi comuni di investimento immobiliare promossi dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (articolo 24, comma 2-ter, del D.L. n. 66 del 2014).

 


 

Articolo 10, comma 6-bis
(Trasferimenti di immobili agli enti territoriali)

 

 

L'articolo 10, comma 6-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, riapre i termini della procedura di trasferimento di beni immobili dallo Stato agli enti territoriali (federalismo demaniale), prevedendo che gli enti territoriali possano fare richiesta all'Agenzia del demanio di attribuzione di tali beni, eccetto le tipologie specificamente indicate, a decorrere dall'entrata in vigore della legge in esame ed entro il termine del 31 dicembre 2016.

 

Più in dettaglio, la norma in esame consente che le richieste degli enti territoriali all’Agenzia del demanio (di cui all'articolo 56-bis, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69) riguardanti l’assegnazione di immobili di proprietà statale possano essere effettuate, secondo le modalità indicate dalla legge, a decorrere dal 27 febbraio 2016 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame) ed entro il termine perentorio del 31 dicembre 2016.

Il richiamato articolo 56-bis del D.L. n. 69 del 2013 ha previsto un nuovo meccanismo di trasferimento di beni immobili di proprietà dello Stato, demaniali e patrimoniali, a favore di comuni, province, città metropolitane e regioni che ne facciano richiesta.

 

La procedura prevede una interlocuzione diretta tra gli enti territoriali ed Agenzia del demanio, attraverso una verifica delle effettive esigenze ovvero delle opportunità di utilizzo degli immobili. I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni hanno potuto presentare richiesta di acquisizione di beni immobili dello Stato dal 1° settembre 2013 fino al 30 novembre 2013. Le procedure sono in via di conclusione ed i trasferimenti degli immobili agli enti locali sono in corso ed i dati sono in continuo aggiornamento.

 

L'Agenzia del demanio ha comunicato la situazione complessiva al 29 gennaio 2016: sono state presentate 9367 richieste di trasferimento effettuate su tutto il territorio nazionale; a fronte delle 5648 istanze accolte, sono stati emessi 3429 provvedimenti di trasferimento. Per le restanti istanze l'Agenzia del demanio è in attesa di ricevere, da parte degli enti richiedenti, le delibere propedeutiche all'emissione del provvedimento di trasferimento. Per 3608 istanze di attribuzione è stata riscontrata l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 56-bis. In relazione a 111 istanze, di cui alcune particolarmente complesse, i pareri sono ancora in via di definizione. Si ricorda che non possono essere trasferiti i beni in uso per finalità dello Stato o per quelle in materia di razionalizzazione degli spazi e di contenimento della spesa; i beni per i quali siano in corso procedure volte a consentirne l'uso per le medesime finalità; i beni per i quali siano in corso operazioni di valorizzazione o dismissione ai sensi dell'art. 33 D.L. 98/2011.


 

Articolo 10, commi 7-7-quater
(Croce Rossa Italiana)

 

 

I commi da 7 a 7-quater dell’articolo 10 contengono disposizioni relative alla Croce Rossa Italiana.

In premessa ricordiamo che, dal 1° gennaio 2016, l'Associazione italiana della Croce Rossa è stata trasformata in persona giuridica di diritto privato. Conseguentemente, l'originaria CRI ha assunto la natura provvisoria di Ente strumentale alla Croce Rossa italiana, mantenendo la personalità giuridica di diritto pubblico come ente non economico. L’Ente sarà soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2018.

 

L’Ente Strumentale prosegue in tutte le attività e i rapporti attivi e passivi della CRI e ne mantiene la partita IVA e il Codice fiscale. È soggetto alla vigilanza e Ministero della salute e, per quanto di competenza, del Ministero della difesa, che esercitano la funzione di vigilanza sull’Ente. Lo Statuto dell’Ente Strumentale, di cui all’art. 3, comma 4, del D.Lgs. 178/2012, non risulta ancora essere stato emanato dal Ministero della salute. Si segnala invece che, con Ordinanza presidenziale del 18 dicembre 2015, è stato approvato il Bilancio preventivo 2016 relativo all’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana.

Al 29 dicembre 2015, risale invece l’Atto costitutivo dell’Associazione di promozione sociale denominata Associazione della Croce Rossa italiana: associazione di interesse pubblico ed ausiliaria dei pubblici poteri nel soccorso umanitario (la normativa è consultabile sul sito della Croce Rossa italiana).

 

Più in particolare, le norme in commento hanno prorogato al 2016 la possibilità di impiego di avanzi accertati per le esigenze del bilancio di previsione del suddetto Ente strumentale e confermato che la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio dell'Ente continuano ad essere assicurati dall'Avvocatura dello Stato. Il comma 7-ter ha modificato la norma sul finanziamento annuale dell'Associazione, prevedendo che le percentuali di riduzione, applicate al finanziamento attribuito all'Associazione ed all'Ente strumentale per il 2014, decorrano nella misura del 10%, dal 2016 e, nella misura del 20%, dal 2017. Il comma 7-quater ha infine disposto ulteriore proroghe e modifiche alla disciplina sull'anticipazione di liquidità in favore dell'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana.

 

Il comma 7, estende alle esigenze del bilancio di previsione del 2016 – con riferimento all’Ente Croce Rossa Italiana – l’utilizzo di avanzi accertati e di garanzie per prestiti. Sulla base di quanto disposto dall’art. 3, co. 3, del D.Lgs. 178/2012, il Commissario della CRI (ovvero il Presidente nazionale) sono autorizzati ad utilizzare, escluse le risorse derivanti da raccolte fondi finalizzate, nonché escluse le risorse provenienti dal Ministero della Difesa per gli anni 2010, 2011, il 2013, il 2014 e il 2015 e destinate ai Corpi Ausiliari delle Forze Armate, la quota vincolata dell'avanzo accertato dell'amministrazione sia del comitato centrale che del consolidato alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 178/2012, per il ripiano immediato di debiti anche a carico dei bilanci dei comitati con riferimento all'ultimo conto consuntivo consolidato approvato, a quello che sarà approvato per il 2012 e per le esigenze del bilancio di previsione 2013, 2014, 2015, e – con modifica introdotta dal provvedimento in comento – per l'anno 2016, con riferimento all'Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana, nonché ad utilizzare beni immobili, a garanzia di mutui, prestiti o anticipazioni per fronteggiare carenze di liquidità per spese obbligatorie e inderogabili.

 

Il comma 7-bis conferma che la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio dell'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana continuano ad essere assicurati dall'Avvocatura dello Stato, come dovrà essere esplicitato nello Statuto dell'Ente, da adottarsi con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 7-ter, in considerazione della definitiva soppressione dell’Ente strumentale alla Croce Rossa italiana, prevista dal il 1° gennaio 2018, all’articolo 8, comma 2, decimo periodo, del decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, proroga di un anno (rideterminandolo al 2018) il termine a partire dal quale è prevista la soppressione dell'Ente Croce rossa e la sua trasformazione in associazione – prevedendo il differimento delle relative procedure di trasferimento delle risorse – ed il termine (rideterminandolo a decorrere dal 2017) a partire dal quale il finanziamento annuale dell'Associazione non può superare l'importo complessivamente attribuito all'Ente e all'Associazione ai sensi dell'art. 2, comma 5, per l'anno 2014, decurtato del 10 per cento per il 2016 e del 20 per cento a decorrere dall'anno 2017;

 

Il Decreto 29 gennaio 2016 Assegnazione delle risorse finanziarie all'Associazione della Croce Rossa italiana e all'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana per il primo semestre 2016, ha stabilito che il finanziamento disponibile, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, risulta pari a 131.771.467,80 euro per l'anno 2016 e a 117.130.193,60 euro per l'anno 2017. Per il primo semestre dell'anno 2016 è stato assegnato l'importo di 5.172.030,11 euro in favore dell'Associazione della Croce rossa italiana e l'importo di 60.713.703,79 euro in favore dell'Ente strumentale alla Croce rossa italiana.

 

Il comma 7-quater, dispone numerose proroghe, nonché modifiche e aggiunte letterali al testo dall'articolo 49-quater del decreto-legge n. 69/2013. In particolare:

§  la lettera a) modifica il comma 1 dell'art. 49-quater. Nelle more dello svolgimento delle attività relative a questioni patrimoniali, l'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana può presentare al Dipartimento del tesoro e Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del MEF, entro il 30 giugno 2016 - precedentemente entro il 30 settembre 2013 - con certificazione congiunta del presidente e dell'amministratore - precedentemente del direttore generale -, un'istanza di accesso ad anticipazione liquidità, per l'anno 2016 – precedentemente per l'anno 2014 -, nel limite massimo di 150 milioni di euro (numeri da 1 a 4). La norma in esame (numeri 5 e 6), modifica incisivamente anche il secondo periodo del comma 1 dell'art. 49-quater, prevedendo che l'anticipazione è concessa, previa presentazione da parte dell'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana di un piano di pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili anche a carico di singoli comitati territoriali, ivi comprese le obbligazioni estinte nel periodo 1 gennaio 2013-31 dicembre 2015 a valere su anticipazioni bancarie, alla data del 31 dicembre 2015, nei limiti delle disponibilità in conto residui iscritte in bilancio per l'anno 2016 e non più necessarie per le finalità originarie, relative all'autorizzazione di spesa per assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti scaduti della pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto legge 35/2013 (cd. Decreto Pagamenti debiti PA), e comunque limitatamente alla quota non ancora erogata;

§  la lettera b) della disposizione in esame sostituisce la lettera a) del comma 2 dell'articolo 49-quater che stabilisce le procedure necessarie per l'erogazione dell'anticipazione di liquidità di cui sopra. Tali procedure, rispetto a quanto prima stabilito, comprendono anche l'approvazione, da parte delle Amministrazioni vigilanti, del rendiconto per l'anno 2015 e della delibera di accertamento dei debiti anche a carico dei singoli comitati territoriali, con l'indicazione di misure idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità maggiorata degli interessi. Tale delibera di accertamento deve essere adottata dal Comitato - di cui all'art. 2, co. 3, lettera a), del D.Lgs. 178/2012 - con asseverazione del collegio dei revisori dei conti;

§  la lettera c) sostituisce il comma 2-bis dell'articolo 49-quater prevedendo che, le risorse derivanti dalle riduzioni del finanziamento previsto per l'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana e per l'Associazione della Croce Rossa italiana - ai sensi dell'articolo 8, comma 2, del D.Lgs. 178/2012 - a valere sul finanziamento del SSN, a decorrere dall'anno di applicazione delle medesime riduzioni (cioè dal 2017), sono vincolate al rimborso dell'anticipazione di liquidità di cui al comma 1, come modificato dal provvedimento in commento, nella misura di 6 milioni di euro annui per l'intero periodo di rimborso delle stesse anticipazioni di liquidità. Fino all'applicazione delle predette riduzioni del finanziamento, e, comunque, in caso di insufficienza del predetto importo, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a trattenere la relativa quota parte a valere sulle somme a qualunque titolo dovute dallo Stato all'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana o all'Associazione della Croce Rossa italiana, fino a concorrenza della rata dovuta. Tenuto conto di quanto previsto in materia di dismissione di immobili, di cui all'art. 4, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 178/2012, i proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dell'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana o all'Associazione della Croce Rossa italiana sono prioritariamente destinati al rimborso dell'anticipazione di liquidità.

 


 

Articolo 10, comma 8
(Finanziamenti della Banca d’Italia alle banche)

 

 

Il comma 8 dell’articolo 10 proroga ai contratti di garanzia finanziaria stipulati entro il 31 dicembre 2016, in relazione a finanziamenti forniti dalla Banca d’Italia alle banche, la speciale disciplina derogatoria - disposta dall’articolo 8, comma 30, del decreto-legge n. 201 del 2011 - concernente il regime di opponibilità della garanzia (prestata mediante cessione o pegno di credito) al debitore e al terzo.

 

In tali ipotesi si deroga ai requisiti di opponibilità della garanzia richiesti dal codice civile e dalla legge speciale: alle predette finalità viene ritenuta sufficiente la sottoscrizione del contratto di garanzia.

Si ricorda che, al fine di incentivare e semplificare le modalità di prestazione di finanziamenti da parte della Banca d’Italia a banche per esigenze di liquidità, il citato articolo 8, comma 30, del D.L. n. 201 del 2011 ha disposto una deroga temporanea alla normativa civilistica in materia di garanzie per quanto riguarda i finanziamenti della Banca d‘Italia per esigenze di liquidità delle banche.

Precisamente, ove la Banca d’Italia eroghi finanziamenti garantiti da pegno o cessione di credito, la garanzia ha effetto nei confronti del debitore e dei terzi dal momento della sua prestazione, in deroga ai requisiti di opponibilità della garanzia nei confronti del debitore e dei terzi stabiliti dal codice civile (artt. 1264, 1265, 2800) e dalla disciplina relativa ai contratti di garanzia finanziaria (artt. 1, lett. q), e 2, lett. b), D.Lgs. n. 170/2004). Come già anticipato in precedenza, in tale ipotesi ai fini dell’opponibilità viene ritenuta sufficiente la sottoscrizione del contratto di garanzia. La garanzia prestata è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione dell’art. 67, comma 4, R.D. n. 267/1942, che già esclude la revocatoria stessa nei confronti dell’istituto di emissione.

La disciplina derogatoria si applicava originariamente ai contratti di garanzia finanziaria stipulati entro il 31 dicembre 2012; detto termine è stato prorogato al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; successivamente la proroga è stata estesa al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 26 giugno 2013, al 31 dicembre 2014 dall’articolo 9, comma 3 del D.L. n. 150 del 2013 ed al 31 dicembre 2015 dall’articolo 10, comma 3 del D.L. n. 192 del 2014.


 

Articolo 10, comma 8-bis
(Mantenimento in bilancio di residui relativi
all’applicazione del c.d.
split payment)

 

 

L'articolo 10, comma 8-bis proroga al 2016 l'utilizzo delle somme iscritte in conto residui nell’anno 2015 del bilancio dello Stato, relative all'applicazione della normativa in tema di scissione dei pagamenti per l'IVA (split payment).

 

Si fa riferimento alla disposizione della legge di stabilità per il 2015 (articolo 1, comma 629, lett. b), legge n. 190/2014) che ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2015, la scissione del pagamento dell'IVA dal pagamento del corrispettivo per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle amministrazioni pubbliche indicate da tale norma, nello svolgimento di attività per le quali esse non sono soggetti passivi di IVA.

In attuazione di tali disposizioni, le amministrazioni pubbliche acquirenti dei beni, o committenti dei servizi, erogano al fornitore del bene o del servizio il solo importo del corrispettivo, al netto dell’IVA indicata in fattura, ed effettuano il versamento IVA direttamente all'Erario.

Le modalità e i termini per il versamento sono individuati dal D.M. 23 gennaio 2015. In particolare, per le operazioni soggette al regime di scissione dei pagamenti, l’imposta diviene esigibile al momento del pagamento della fattura. Nel decreto sono definite le modalità di assolvimento del tributo a disposizione della Pubblica amministrazione, che potrà optare tra:

§  versamenti distinti per ciascuna fattura la cui Iva è divenuta esigibile;

§  unico versamento giornaliero relativo a tutte le fatture per le quali l'Iva è divenuta esigibile in quello stesso giorno;

§  versamento cumulativo, entro il giorno 16 di ciascun mese, relativo a tutte le fatture per le quali l'imposta è divenuta esigibile nel mese precedente.

 

Come illustrato nella relazione illustrativa dell’emendamento con il quale è stata introdotta la norma in esame, dal momento che il versamento dell’IVA avviene nel mese successivo alla transazione, si determina la necessità della proroga dell’utilizzo delle relative somme, iscritte in conto residui riferite ad operazioni perfezionate nel mese precedente, per poter procedere ai conseguenti versamenti all'entrata del bilancio dello Stato.

La norma sembrerebbe interessare, dunque, le sole risorse iscritte in conto residui al 31 dicembre 2015 necessarie al versamento all’Erario nel 2016 dell’IVA divenuta esigibile a dicembre 2015, a seguito del pagamento del corrispettivo al fornitore di impegni assunti nel corso degli esercizi precedenti per acquisti di beni e servizi.


 

Articolo 10, commi 8-ter e 8-quater
(Proroga di termini di natura contabile)

 

 

Le disposizioni di cui ai commi 8-ter e 8-quater dell’articolo 10 recano la proroga di alcune disposizioni di natura contabile che consentono alle amministrazioni statali di esercitare alcune misure di flessibilità nella gestione degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato.

Come indicato nella relazione, la proroga di alcuni margini di flessibilità costituisce – nelle more del completamento della riforma del bilancio di cui alla legge di contabilità - un elemento indispensabile per un utilizzo efficiente delle risorse finanziarie, in quanto i criteri di costruzione del bilancio di previsione a legislazione vigente e il verificarsi di eventi non prevedibili al momento della previsione iniziale possono, nel corso della gestione, far sì che l’allocazione delle risorse, stabilita con il bilancio di previsione, non risulti la più efficiente in relazione agli obiettivi di efficienza ed economicità della gestione.

Rimodulazioni degli stanziamenti annuali di autorizzazioni di spesa pluriennali

Il comma 8-ter proroga all’esercizio 2017 e relativo bilancio pluriennale la possibilità – disciplinata dall’articolo 6, comma 16, del D.L. n. 95/2012 – di rimodulare, con la legge di bilancio, gli stanziamenti di competenza delle autorizzazioni di spesa pluriennale, negli anni ricompresi nel bilancio pluriennale, nel rispetto del limite complessivo della spesa autorizzata.

La norma citata prevede che di tali rimodulazioni ne sia data apposita evidenza contabile nell’ambito del disegno di legge di bilancio.

 

Tale forma di flessibilità, introdotta dal citato D.L. n. 95/2012 in via sperimentale per il triennio 2013-2015, è stata prorogata al 2016 dall’articolo 10, comma 10, lettera b) del D.L. n. 192/2014.

Tale rimodulazione è finalizzata ad adeguare gli stanziamenti di competenza delle leggi pluriennali di spesa alle corrispondenti autorizzazioni di cassa che, ai sensi dell’articolo 6, comma 10, del medesimo D.L. n. 95/2012 (come modificato dall’articolo 6, comma 11-quater, del D.L. n. 35/2013) sono determinate in relazione al piano finanziario dei pagamenti programmati.

Si ricorda che le disposizioni introdotte dall’articolo 6, commi 10 e 12, del D.L. n. 95/2012 hanno imposto ai dirigenti responsabili della gestione, anche in questo caso in via sperimentale per il triennio 2013-2015, l’obbligo di predisposizione di un piano finanziario dei pagamenti, in relazione a ciascun impegno assunto sui capitoli di bilancio di propria pertinenza.

Tale obbligo di predisposizione di un vero e proprio cronoprogramma dei pagamenti obbligo, inizialmente limitato alle sole spese per somministrazioni, forniture e appalti, è stato poi esteso dall’articolo 6, comma 11-quater, del D.L. n. 35/2013 a qualsiasi tipologia di spesa, comprese, dunque, quelle per le quali i pagamenti stessi vengono disposti mediante l’emissione di ruoli di spesa fissa, quale condizione necessaria per l’ammissione al pagamento dei titoli.

Si tratta, dunque, di una forma di flessibilità orizzontale diretta ad avvicinare la fase dell’assunzione dell’impegno a quella della disposizione del pagamento (ossia la competenza alle effettive esigenze di cassa) ed evitare, così la formazione dei residui passivi.

Rimodulazioni delle dotazioni finanziarie tra le missioni di spesa di ciascuno stato di previsione

Il comma 8-quater dell’articolo 10 è volto a prorogare all’esercizio finanziario 2017 e relativo bilancio pluriennale la facoltà per le Amministrazioni centrali di rimodulare le dotazioni finanziarie tra le missioni di spesa di ciascuno stato di previsione, prevista dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 78/2010.

In particolare, la norma richiamata consente alle amministrazioni centrali, in sede di formazione delle previsioni di spesa, con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze, di procedere alla rimodulazione delle dotazioni finanziarie rimodulabili tra le missioni di ciascuno stato di previsione, in deroga a quanto previsto in materia di flessibilità delle dotazioni di bilancio dall’articolo 23 della legge di contabilità pubblica[54], che riconosce tale facoltà solo nell’ambito di un singolo programma o fra programmi della stessa missione.

Tale facoltà, originariamente introdotta dal D.L. n. 78/2010 con riferimento al triennio 2011-2013 - a fronte di consistenti riduzioni delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa a legislazione vigente operate dal decreto-legge medesimo[55] - è stata poi prorogata agli esercizi finanziari 2014 e 2015 dall’articolo 9, comma 10, del D.L. n. 150/2013 e successivamente al 2016 dall’articolo 10, comma 11, del D.L. n. 192/2014.

 

Come previsto dal citato articolo 2 del D.L. n. 78/2010, si ricorda che la facoltà di effettuare rimodulazioni tra le missioni di spesa di ciascuno stato di previsione del bilancio dello Stato può essere esercitata solo per motivate esigenze ed entro i seguenti limiti:

§  esclusivamente con riferimento alle spese rimodulabili[56] di cui all’articolo 21, comma 7 della legge n. 196/2009, riconducibili, cioè, a quelle disposte da fattori legislativi e di adeguamento al fabbisogno;

§  nel rispetto dell’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica;

§  restando precluso l’utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti.

 

In relazione all’attuale contenuto della legge di bilancio e agli attuali strumenti di flessibilità, come configurati nella legge n. 196/2009, va ricordato che essi saranno destinati ad essere sostituiti dall’entrata a regime del nuovo contenuto della legge di bilancio, come delineato in attuazione della riforma dell’articolo 81 della Costituzione.

Come risulta dalla disciplina contenuta nell’articolo 15 della legge n. 243/2012 (recante “Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione”) con la nuova legge di bilancio si provvede, sostanzialmente, ad unificare in un unico documento gli attuali contenuti della legge di stabilità e della legge di bilancio, come ora previsti, rispettivamente, all’articolo 11 e agli articoli 21-30 della legge n. 196 del 2009. Le disposizioni recate dall’articolo 15 sulla nuova legge di bilancio entreranno in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2016.


 

Articolo 10, comma 8-quinquies
(Personale dell’Agenzia delle dogane)

 

 

L'articolo 10, comma 8-quinquies, introdotto durante l’esame parlamentare, proroga al 31 dicembre 2016 la disposizione che consente di superare le differenze sul piano del trattamento retributivo tra il personale delle diverse sezioni del personale non dirigenziale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, utilizzando le risorse ancora disponibili stanziate dalla legge finanziaria 2008 per l'assunzione di personale nelle Agenzie fiscali.

Si prevede inoltre la soppressione delle distinte Sezioni all'interno del ruolo unico del personale non dirigenziale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Più in dettaglio, al fine di consentire l'integrale passaggio di tutto il personale nella sezione "Dogane" del ruolo dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli - con conseguente soppressione delle distinte sezioni all'interno del ruolo unico del personale non dirigenziale – viene prorogata fino al 31 dicembre 2016 l’applicazione dell’articolo 1, comma 9, lettera b), della legge n. 186 del 2014, nei limiti delle risorse disponibili ai sensi di legge.

La richiamata norma stabilisce infatti che le risorse ancora disponibili previste dall'articolo 1, comma 346, lettera e), della legge n. 244 del 2007 (34 milioni per il 2008, 46 milioni per il 2009 e 62 milioni annui a decorrere dal 2010), possano essere utilizzate, oltre che per la finalità ivi prevista (ovvero l’assunzione di nuovo personale anche di qualifica dirigenziale), anche per il passaggio del personale tra le sezioni del ruolo del personale non dirigenziale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

La lettera b) chiarisce inoltre che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli deve definire i criteri per il passaggio del personale da una sezione all'altra, in considerazione del progressivo completamento dei processi di riorganizzazione connessi all'incorporazione dell'AAMS all'interno dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e alla soppressione dell'ASSI - Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (articolo 23-quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95).

Si prevede, in particolare, che ai dipendenti (ex AAMS ed ex ASSI) che transitano presso la sezione «dogane» si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale già appartenente all'Agenzia delle dogane. Ai dipendenti ex ASSI che transitano alla sezione «monopoli» si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico previsto per il personale già appartenente all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

Si ricorda in materia che, da ultimo, la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 990) consente all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, anche per l'anno 2016, di procedere allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne bandite al 1° gennaio 2015, al fine di coprire i posti vacanti.


 

Articolo 10, comma 8-sexies
(Limiti al lavoro straordinario del personale dei corpi di polizia)

 

 

Il comma 8-sexies dell’articolo 10 dispone - al fine di consentire il pagamento dei compensi per lavoro straordinario ai corpi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia penitenziaria, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato) - la proroga all'anno 2016 dei limiti massimi stabiliti per il 2015, in attesa del decreto che definisca i medesimi limiti per il 2016.

I limiti a cui la proroga si riferisce sono quelli relativi al numero complessivo massimo di prestazioni orarie aggiuntive da retribuire come lavoro straordinario, che, ai sensi dell'articolo 43, comma 13, della legge n. 121/1981, deve essere stabilito annualmente con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia.


 

Articolo 11, comma 1
(Commissario per gli eventi alluvionali del novembre 2013 in Sardegna)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 11 proroga di un anno, cioè fino al 31 dicembre 2016, il termine di durata dell’incarico (affidato al Presidente dell’ANAS S.p.A.) di Commissario delegato per gli interventi di ripristino della viabilità nelle strade statali e provinciali interrotte o danneggiate dagli eventi alluvionali verificatisi nel mese di novembre 2013 in Sardegna.

 

L’incarico commissariale suddetto è stato attribuito al Presidente dell’ANAS S.p.A. dal comma 123 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (L. 147/2013), il quale ha altresì autorizzato il Commissario a provvedere, in via di anticipazione, sulle risorse del “Programma ponti e gallerie stradali” (di cui all'art. 18, comma 10, del D.L. 69/2013, e successivi rifinanziamenti), sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il comma 6 dell'art. 3 del D.L. 4/2014 ha poi stabilito che lo stesso Commissario opera con poteri, anche derogatori, da definirsi con ordinanza del capo del Dipartimento della Protezione civile.

In attuazione di tali norme sono state emanate la delibera del Consiglio dei Ministri 6 febbraio 2014 e l'ordinanza di protezione civile n. 144 con cui sono stati individuati i poteri attribuiti al Commissario. Successivamente è stata emanata l'ordinanza di protezione civile n. 164 dell'11 aprile 2014, che ha autorizzato l'apertura di una apposita contabilità speciale intestata al medesimo Commissario, sulla quale far confluire le risorse del citato Programma ponti e gallerie destinate per le finalità indicate dalla citata ordinanza n. 144.

Nessuno dei provvedimenti citati conteneva però un termine di scadenza delle funzioni e dei poteri del Commissario.

Tale termine è stato fissato al 31 dicembre 2015 dall’art. 11, comma 2, del D.L. 192/2014 (tale norma prevede infatti che l’incarico prosegua fino al completamento degli interventi di ripristino e, comunque, non oltre la data fissata) ed è ora prorogato di un anno dal comma in esame. La richiamata norma dettata dal comma 2 ha altresì disposto che restano ferme le disposizioni di cui alla succitata ordinanza n. 144/2014, come integrata dall'ordinanza 11 aprile 2014, n. 164.

Per un approfondimento sulle principali disposizioni adottate a fronte degli eventi alluvionali verificatisi in Sardegna nel novembre 2013 si rinvia alla scheda del Servizio studi, Le principali disposizioni adottate a fronte degli eventi alluvionali verificatisi nella regione Sardegna nel mese di novembre 2013, del 31 marzo 2016.

 


 

Articolo 11, comma 2
(Incentivazione impianti fotovoltaici ubicati nelle zone
colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 11, dispone una ulteriore proroga del termine per l’entrata in esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, che nelle zone colpite dal sisma del 20 maggio e del 29 maggio 2012, risultavano - a causa dello stesso - distrutti o oggetto di ordinanze sindacali di sgombero in quanto inagibili.

A tal fine opera una novella all’articolo 8, comma 7 del decreto-legge n. 74/2012 (legge n. 122/2012).

 

In particolare, il comma 2 proroga dal 31 dicembre 2015 al 30 settembre 2016:

§  il termine entro il quale devono entrare in esercizio gli impianti alimentati da fonti rinnovabili - realizzati nei o sui fabbricati e quelli in fase di realizzazione, ubicati nelle zone colpite dal predetto sisma e a causa dello stesso distrutti o oggetto di ordinanze sindacali di sgombero - ai fini dell’accesso alle incentivazioni cui avevano diritto alla data dell’8 giugno 2012 (data di entrata in vigore del D.L. n. 74/2012);

§  il termine entro il quale devono entrare in esercizio gli impianti alimentati da fonti rinnovabili già autorizzati alla data del 30 settembre 2012, per accedere agli incentivi vigenti alla data del 6 giugno 2012 (tariffe 1° semestre del Quarto Conto Energia).

 

Si ricorda che il termine in esame era stato già prorogato con l’articolo. 2, comma 4, lettera a), D.L. 150/2013 e con l’articolo 11, comma 1-bis, D.L. 192/2014.

 

Per un approfondimento relativo agli impianti, alle zone e alle modalità di incentivazione previsti si veda: GSE, Conto Energia: interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012.

Per il meccanismo di incentivazione dedicato agli impianti solari fotovoltaici e solari termodinamici, si rinvia inoltre a: GSE, Conto energia.


 

Articolo 11, commi 2-bis e 2-ter
(Proroga emergenza e attività Fintecna nei territori
colpiti dagli eventi sismici del 2012)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 11 proroga di due anni, cioè dal 31 dicembre 2016 (termine fissato dall'articolo 13, comma 01, del D.L. n. 8/2015) al 31 dicembre 2018 il termine di scadenza dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 nei territori di alcune province dell'Emilia Romagna, della Lombardia e del Veneto.

Il successivo comma 2-ter prevede la medesima proroga biennale (quindi fino al 31 dicembre 2018) del termine per l'applicazione delle disposizioni (dettate dal comma 14 dell'art. 10 del D.L. n. 83/2012) secondo cui, sulla base di apposita convenzione, Fintecna o società da questa interamente controllata assicura alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto il supporto necessario per le attività tecnico-ingegneristiche dirette a fronteggiare con la massima tempestività le esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Viene conseguentemente estesa di due anni l'applicabilità della relativa copertura finanziaria (quantificata, dal comma 14-bis dell'art. 10 del D.L. n. 83/2012, nel limite di 2 milioni di euro annui) a valere sulle risorse disponibili nelle contabilità speciali intestate ai Presidenti delle regioni colpite.

 

Riguardo alla succitata convenzione si ricorda che essa è stata stipulata il 20 febbraio 2013 con ordinanza n. 21 del Presidente della Regione Emilia-Romagna in qualità di commissario delegato (i relativi testi sono pubblicati nel B.U.R. Emilia-Romagna n. 44/2013). L'oggetto della convenzione con Fintecna è la disponibilità fino ad un massimo di n. 20 unità di personale, dotate delle necessarie competenze professionali tecnico-ingegneristiche, per la realizzazione delle attività necessarie al ripristino della operatività degli impianti, degli edifici e delle infrastrutture oggetto degli interventi per il terremoto. A tal fine, Fintecna può anche stipulare contratti di prestazione di servizi, anche professionali e contratti di collaborazione a progetto con soggetti professionalmente qualificati.

Per una panoramica delle disposizioni emanate in seguito agli eventi calamitosi in questione, si rinvia al paragrafo “Sisma del maggio 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto” del tema web “Terremoti” pubblicato sul sito della Camera dei deputati.


 

Articolo 11, comma 3
(Unità tecnico operativa per la liquidazione della gestione
della emergenza rifiuti in Campania)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 11 proroga di un anno, vale a dire fino al 31 dicembre 2016, l'Unità Tecnica-Amministrativa (UTA) - istituita dall'art. 15 dell'ordinanza del Presidente dei Consiglio dei Ministri n. 3920 del 28 gennaio 2011 - al fine di completare le attività amministrative, contabili e legali conseguenti alle pregresse gestioni commissariali e di amministrazione straordinaria nell'ambito della gestione dei rifiuti nella regione Campania.

L'articolo 15 dell'O.P.C.M. n. 3920 del 28 gennaio 2011 ha istituito la suddetta unità tecnico-amministrativa per provvedere:

§  all'adozione di misure di carattere straordinario ed urgente finalizzate a fronteggiare le problematiche inerenti al movimento franoso nel territorio di Montaguto, in provincia di Avellino;

§  per subentrare nelle attività delle “Unità stralcio” e “Unità operativa”, al fine di chiudere l'emergenza rifiuti in Campania, istituite dall’art. 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, fino al 31 gennaio 2011.

Con l’art. 1 del D.P.C.M. 28 giugno 2013, l’operatività dell’UTA è stata prorogata fino al 31 dicembre 2013, limitatamente alle seguenti attività amministrative e contabili relative alla gestione emergenziale dei rifiuti in Campania:

a)   recupero della massa attiva ed estinzione della massa passiva derivante dalle attività compiute durante lo stato di emergenza rifiuti in Campania ed imputabili alle Strutture commissariali istituite dall'articolo 1 del D.L. n. 90/2008;

b)   procedure di esproprio ed intestazione dei relativi cespiti a favore degli Enti e delle Amministrazioni territoriali;

c)   gestione del contenzioso afferente alla cessata emergenza;

d)   rendicontazione delle contabilità speciali pregresse.

 

L’art. 5, comma 1, del D.L. n. 136/2013, su cui interviene la norma in commento, ha esteso la proroga ai due anni successivi (cioè fino al 31 dicembre 2015) per le finalità che si è già avuto modo di richiamare (vale a dire “consentire il completamento delle attività amministrative, contabili e legali conseguenti alle pregresse gestioni commissariali e di amministrazione straordinaria nell'ambito della gestione dei rifiuti nella regione Campania”) ed ha stabilito che l’UTA opera in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il successivo comma 2 ha demandato ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, la disciplina della composizione, delle attribuzioni, del funzionamento, del trattamento economico e delle procedure operative dell'UTA. A tale norma è stata data attuazione con il D.P.C.M. 20 febbraio 2014 (pubblicato nella G.U. 26 maggio 2014, n. 120).


 

Articolo 11, comma 3-bis
(Emergenza ambientale stabilimento Stoppani)

 

 

L'articolo 11, comma 3-bis, differisce dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 gli effetti dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 2006, che reca disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave situazione di emergenza, determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova, in conseguenza della presenza di cromo esavalente ubicato all'interno del medesimo stabilimento.

 

Con il D.P.C.M. 23 novembre 2006 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla grave situazione determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova, in conseguenza della presenza di cromo ubicato all'interno del medesimo stabilimento.

Con D.P.C.M. 17 dicembre 2010, lo stato d'emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2011 e successivamente con il D.P.C.M. 23 dicembre 2011 è stato nuovamente prorogato fino al 31 dicembre 2012.

Gli effetti dell’ordinanza di protezione civile n. 3554 del 2006 (con cui è stato nominato il Commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza e sono stati definiti i compiti, i poteri e le risorse ad esso attribuiti) sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2013 dall’articolo 2 del D.L. 1/2013, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali previsto dall’art. 3, comma 2, del D.L. 59/2012, atteso il permanere delle gravi condizioni di emergenza ambientale e ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di evitare il verificarsi di soluzioni di continuità nella gestione dell'emergenza. Successivamente il comma 5 dell’art. 5 del D.L. 136/2013, richiamato dalla norma in commento, ha prorogato gli effetti dell’ordinanza fino al 31 dicembre 2014. Il comma 4-quinquies dell’articolo 9 del D.L. 192/2014, anch’esso richiamato dalla disposizione in esame, ha poi differito tale termine fino al 31 dicembre 2015 e disposto che, alla copertura degli oneri conseguenti, si provvede nei limiti delle risorse già previste per la copertura finanziaria della medesima ordinanza.

Con O.P.C.M. del 6 agosto 2013, per la realizzazione degli interventi di bonifica più urgenti comprensivi della messa in sicurezza e della demolizione degli edifici presenti sull'area dello stabilimento ex Stoppani, il Ministero dell'ambiente e la Regione Liguria sono stati autorizzati a trasferire sulla contabilità speciale intestata al Commissario delegato - Prefetto di Genova:

a)   2.000.000 euro a valere sulle risorse del bilancio della regione Liguria (legge regionale n. 22 del 16 luglio 2013);

b)   1.000.000 euro, per il 2013, a valere sulle risorse del bilancio di previsione del Ministero dell'ambiente (capitolo 7503);

c)   1.291.142,25 euro, per il 2012, già trasferito dal Ministero dell'ambiente e disponibile sul bilancio regionale.

 

Recenti informazioni sullo stato dei lavori in corso nel sito inquinato di interesse nazionale (SIN) di "Cogoleto-Stoppani" sono state fornite, il 3 novembre 2015, dal Ministro dell'ambiente in risposta all'interrogazione 4/09265.


 

Articolo 11, comma 3-ter
(Personale dell’Agenzia regionale campana difesa suolo)

 

 

Il comma 3-ter dell’articolo 11 detta disposizioni finalizzate a garantire lo svolgimento di attività di supporto tecnico ed amministrativo alla Regione Campania per l'attuazione degli interventi (previsti dal comma 1, lettera a), dell'art. 2 del D.L. n. 185/2015, vedi infra) di smaltimento, ove occorra anche attraverso la messa in sicurezza permanente in situ, delle c.d. ecoballe depositate nei diversi siti della Regione Campania nel corso del periodo emergenziale 2000/2009.

Per tale finalità viene stabilito che l'Agenzia regionale campana difesa suolo continua ad avvalersi del personale a tempo determinato attualmente in servizio, ai sensi del comma 426 della L. n. 190/2014 (stabilità 2015), che proroga al 31 dicembre 2018 il termine entro il quale le amministrazioni possono bandire procedure concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato per la stabilizzazione dei precari della P.A., nelle more dell'attuazione delle procedure di reclutamento previste dall'art. 9, comma 36, del D.L. n. 78/2010, secondo cui gli enti di nuova istituzione (non derivanti da processi di accorpamento o fusione di precedenti organismi), nel quinquennio decorrente dalla loro istituzione, possono procedere ad assunzioni, previo esperimento delle procedure di mobilità, nel limite del 50% delle entrate correnti ordinarie aventi carattere certo e continuativo e, in ogni caso, nel limite complessivo del 60% della dotazione organica (sono fatte tuttavia salve le maggiori facoltà assunzionali eventualmente previste dalla legge istitutiva).

L'articolo 2 del D.L. 185/2015 interviene nella vicenda dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania al fine di pervenire alla soluzione della situazione di grave criticità perdurante nella Regione a causa della presenza di una ingente quantità di rifiuti imballati (le c.d. ecoballe), che sono stati collocati in diversi siti del territorio regionale durante il periodo emergenziale, che ha interessato la Campania nell'arco del primo decennio degli anni Duemila. Il mancato smaltimento di tali rifiuti è stato contestato all'Italia nelle procedure di infrazione concluse con una doppia condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenze del 4 marzo 2010 e del 16 luglio 2015).

Per sanare tale situazione l'articolo 2 prevede che il Presidente della regione predisponga un piano straordinario di interventi riguardanti:

§  lo smaltimento delle "ecoballe", anche attraverso la messa in sicurezza permanente in situ (lettera a) del comma 1);

§  la bonifica, la riqualificazione ambientale e il ripristino dello stato dei luoghi dei siti di cui alla lettera a) non interessati dalla messa in sicurezza permanente e l'eventuale restituzione delle aree attualmente detenute in locazione ovvero ad altro titolo (lettera b) del comma 1).

 

I commi successivi disciplinano le modalità e i tempi di approvazione del piano, nonché i termini per il rilascio delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione degli interventi. Nelle more dell'approvazione del piano, il comma 7 affida al Presidente della Regione Campania il compito di predisporre e attuare un primo stralcio operativo d'interventi per lo smaltimento di una quota non superiore al 30% delle ecoballe presso impianti nazionali ed esteri.

 


 

Articolo 11, comma 3-quater
(Proroga termini per sospensione mutui
in zone colpite da calamità naturali)

 

 

Il comma 3-quater dell’articolo 11 differisce, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, il termine entro il quale i soggetti colpiti dal sisma del maggio 2012 e da altre calamità in Emilia-Romagna e Veneto (vedi infra), che siano titolari di mutui ipotecari o chirografari relativi a edifici distrutti, inagibili o inabitabili, anche parzialmente, o ad attività economiche svolte nei medesimi edifici, ottengono, a domanda, una sospensione delle rate dei medesimi mutui in essere con banche o intermediari finanziari, optando tra la sospensione dell'intera rata e quella della sola quota capitale, senza oneri aggiuntivi per il mutuatario.

Alla copertura degli oneri recati dal comma in esame si provvede, nel limite massimo di 500.000 euro, a valere sulle risorse disponibili nelle contabilità speciali dei Presidenti delle Regioni colpite, in qualità di Commissari delegati, istituite in seguito al sisma del maggio 2012, ricorrendo eventualmente alla ridefinizione degli interventi programmati.

Le altre calamità in Emilia-Romagna e Veneto, a cui si applica la disposizione in esame, sono l'alluvione che ha colpito i comuni del Modenese il 17 e il 19 gennaio 2014 (nello specifico i comuni di Bastiglia, Bomporto, San Prospero, Camposanto, Finale Emilia, Medolla e San Felice sul Panaro, elencati dall’art. 3, comma 1, del D.L. 4/2014) e gli eventi atmosferici che hanno interessato i comuni del Veneto dal 30 gennaio al 18 febbraio 2014 (cioè i comuni elencati nell’allegato 1-bis del D.L. 4/2014). Tali comuni, unitamente a quelli colpiti dal sisma del maggio 2012 (individuati dall’art. 1 del D.L. 74/2012 e dall’art. 67-septies del D.L. 83/2012), sono infatti richiamati dal comma 2-bis dell’art. 3 del D.L. 4/2014, su cui opera la proroga in esame.


 

Articolo 11, comma 3-quinquies
(Proroga gestione commissariale bonifiche aree campane)

 

 

Il comma 3-quinquies dell’articolo 11 detta disposizioni finalizzate a consentire la prosecuzione degli interventi di bonifica dei siti inquinati nella cd. Terra dei fuochi. A tal fine viene differita al 31 luglio 2016, la durata della gestione commissariale riguardante gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree campane di Giugliano e dei Laghetti di Castelvolturno (prevista dall'art. 11 dell'O.P.C.M. 3891/2010).

L'art. 11 dell'O.P.C.M. n. 3891 del 2010, dispone che il dott. Mario Pasquale De Biase, Commissario delegato per il completamento della liquidazione della struttura commissariale creata per fronteggiare le criticità in materia di bonifiche dei suoli, delle falde, dei sedimenti inquinati e di tutela delle acque superficiali della regione Campania (ai sensi dell'art. 9, comma 6, dell'O.P.C.M. 3849/2010) provvede, avvalendosi in qualità di Soggetto attuatore della Società Sogesid S.p.A., e nel rispetto delle determinazioni assunte da parte dell'Autorità giudiziaria, alla realizzazione degli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano (Napoli) e dei Laghetti di Castelvolturno (Caserta), nel limite massimo di 47,8 milioni di euro (a valere sulle risorse presenti nella contabilità del sopra citato commissario delegato). L’articolo 5, comma 5, del D.L. 136/2013, richiamato dalla disposizione in esame, ha prorogato gli effetti del citato articolo 11 al 31 dicembre 2015.

Sulla bonifica del sito di interesse regionale “Area Vasta di Giugliano e Laghetti di Castelvolturno” utili informazioni sono state fornite dal Ministro dell’ambiente, l’11 marzo scorso, in risposta all’interrogazione 4-01110.


 

Articolo 11-bis
(Bonifica e rigenerazione urbana di Bagnoli)

 

 

L'articolo 11-bis detta una serie di disposizioni inerenti la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale del comprensorio Bagnoli-Coroglio.

Prima di proseguire appare opportuna una ricostruzione della normativa vigente prima dell’intervento normativo in questione.

 

Bonifica ambientale e rigenerazione urbana di Bagnoli-Coroglio

La disciplina introdotta dall'art. 33 del D.L. 133/2014

L'articolo 33 del D.L. 133 del 2014 (cd. decreto sblocca Italia) detta una disciplina speciale (commi 1-10) per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate sulla base di una delibera del Consiglio dei Ministri, attraverso la predisposizione di uno specifico programma di risanamento ambientale e di un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana.

È previsto altresì che tale disciplina venga applicata al comprensorio Bagnoli-Coroglio, sito nel comune di Napoli, dichiarato area di rilevante interesse nazionale, considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree medesime (comma 11).

Tali disposizioni hanno l'obiettivo prioritario di assicurare la programmazione, la realizzazione e la gestione unitaria degli interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in tempi certi e brevi (comma 1).

Le funzioni amministrative relative agli interventi previsti sono attribuite allo Stato, con la partecipazione degli enti territoriali interessati alle determinazioni in materia di governo del territorio (comma 2), che le esercita attraverso la nomina di un Commissario straordinario del Governo e di un Soggetto Attuatore (commi 5 e 6).

Il Commissario straordinario del Governo e il Soggetto Attuatore sono preposti alla formazione, all'approvazione e all'attuazione del programma di risanamento ambientale e del documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana, anche ai fini dell'adozione di misure straordinarie di salvaguardia e tutela ambientale (comma 4).

In riferimento al predetto comprensorio Bagnoli-Coroglio, i successivi commi da 12 a 13-quater dettano disposizioni sul trasferimento della proprietà delle aree e degli immobili in possesso della società Bagnoli Futura S.p.A., sulla sostenibilità economica e finanziaria del suddetto programma e sulla sua compatibilità con i piani di evacuazione per l'emergenza Vesuvio, sull'acquisizione delle proposte del comune di Napoli e sulla salvaguardia dei livelli occupazionali della società Bagnoli Futura S.p.A.

Modifiche successive

Una prima modifica della disciplina introdotta dal succitato articolo 33 è stata operata dal comma 356 della L. 190/2014, al fine di fare corretto riferimento all'ultimo dei decreti di perimetrazione del sito inquinato di interesse nazionale (SIN) di Bagnoli-Coroglio. La previgente formulazione del comma 11 faceva infatti riferimento al D.M. Ambiente 31 agosto 2001, ma (in attuazione dell'art. 36-bis, comma 3, del D.L. 83/2012) il sito in oggetto è stato successivamente riperimetrato con D.M. Ambiente 8 agosto 2014, pubblicato nella G.U. n. 195 del 23 agosto 2014. Tale riperimetrazione ha escluso alcune aree dalla competenza del Ministero dell'ambiente per trasferirle alla competenza della Regione Campania.

Modifiche più sostanziali sono state apportate dal comma 16-quater dell'articolo 11 del D.L. 78 del 2015. Tali modifiche intervengono sulla procedura di selezione del Commissario straordinario di Governo (lett. a), nonché provvedono all'individuazione dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti S.p.A. quale Soggetto attuatore e all'istituzione di una Cabina di regia, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con riferimento al comprensorio di Bagnoli-Coroglio (lett. b e c). Conseguentemente vengono modificate le disposizioni riguardanti la definizione del programma di rigenerazione urbana, anche con riguardo al coinvolgimento del comune di Napoli.

Un'ulteriore modifica è prevista dalla lettera c) del comma 12 dell'articolo 1 del D.Lgs. 22 gennaio 2016, n. 10, che modifica l'articolo 33, comma 3, primo periodo, del D.L. 133/2014, al fine di prevedere che la delibera del Consiglio dei ministri, per l'individuazione delle aree di rilevante interesse nazionale, alle quali si applica la disciplina prevista dall'articolo 33, venga adottata su proposta dei Ministri dell'ambiente e delle infrastrutture e dei trasporti.

Disposizioni di attuazione

In attuazione delle disposizioni succitate è stato emanato il D.P.C.M. 15 ottobre 2015 che, tra l'altro, ha previsto che, nelle more dell'approvazione del programma di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana di cui al comma 3 dell'art. 33 del D.L. n. 133 del 2014, continua l'attuazione dell'Accordo di programma "per l'attuazione delle iniziative, delle misure, delle attività e degli interventi necessari per il corretto esercizio delle funzioni di custodia giudiziaria dinamica disposta con provvedimento del 21 novembre 2014 del Presidente del Tribunale di Napoli, Sesta Sezione Penale, apposto in calce alla lettera della Procura della Repubblica di Napoli in data 18 novembre 2014, da espletare nelle aree ex ILVA ed ex Italsider del sito di interesse nazionale Bagnoli-Coroglio oggetto di sequestro giudiziario", sottoscritto il 16 aprile 2015 dal Ministero dell'ambiente e dal Comune di Napoli, approvato con d.d. prot. n. 136/STA del 16 aprile 2015 e registrato alla Corte di conti in data 5 maggio 2015, reg. n. 1, fog. n. 1592.

Conseguentemente, al fine di attuare quanto disposto nel citato Accordo, l'articolo 4 del medesimo D.P.C.M. 15 ottobre 2015 ha previsto che le risorse finanziarie già trasferite dal Ministero dell'ambiente nel bilancio del comune di Napoli ai fini della bonifica del comprensorio Bagnoli-Coroglio in coerenza con l'assetto delle competenze previgente all'art. 33 del D.L. 133/2014, nonché quelle per la bonifica dell'amianto nell'area ex Eternit, sono destinate al finanziamento degli interventi previsti dall'Accordo di programma di cui sopra e del Programma di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana di cui al predetto art. 33, secondo gli indirizzi della Cabina di regia.

Come riferito dal Ministro dell'ambiente, in risposta all'interrogazione n. 3-01660, tale accordo risulta finanziato per 4,5 milioni di euro a valere sulle risorse residue pari a circa 45 milioni di euro già al netto di circa 3 milioni spesi dal custode giudiziario pro tempore per le finalità di messa in sicurezza, che conseguentemente risultano pari a 40,5 milioni.

Una ricostruzione completa degli accordi di programma stipulati in relazione all'area di Bagnoli-Coroglio è stata fornita dal Ministro dell'ambiente, in data 9 ottobre 2015, in risposta all'interrogazione n. 4-01394.

Si segnala che nel febbraio scorso il Ministero dell’ambiente ha trasmesso al Parlamento la Relazione sullo stato di avanzamento delle attività di risanamento dei siti industriali dell’area di Bagnoli aggiornata al 31 dicembre 2015 (Doc. CXXIX, n. 2).

Finanziamento degli interventi

L'art. 1 del D.L. 185/2015 ha previsto il trasferimento immediato di risorse per 50 milioni di euro per l'anno 2015 al Soggetto Attuatore, per la realizzazione della prima fase del programma di bonifica ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio.

Il comma 1, con una modifica al comma 10 dell’art. 33 del D.L. 133/2014, proroga di sessanta giorni il termine per l'adozione del programma di rigenerazione urbana delle aree in questione da parte del Commissario straordinario del Governo.

Nel testo previgente del comma 10 dell’art. 33 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia) l'adozione del programma era prevista entro soli dieci giorni dalla conclusione della conferenza di servizi (finalizzata ad ottenere tutti gli atti di assenso e di intesa da parte delle amministrazioni competenti) per l'esame della proposta di programma o (in caso di mancato accordo in sede di conferenza) dalla deliberazione del Consiglio dei ministri.

 

Il comma 2 destina - entro trenta giorni dall'approvazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana o di stralci di detto programma relativi ad interventi urgenti o propedeutici - le risorse residue dei fondi stanziati dal Ministero dell'ambiente per il sito di "Bagnoli-Coroglio" ed erogati al Comune di Napoli, non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, al finanziamento dei medesimi interventi, secondo gli indirizzi della cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio (di cui all'art. 33, comma 13, del citato D.L. 133/2014).

 

Il comma 3 modifica in più punti il comma 12 del citato articolo 33, al fine di:

§  sopprimere ogni riferimento nella disciplina vigente alla previsione della costituzione di una apposita società per azioni da parte del soggetto attuatore per finalità legate al trasferimento al medesimo soggetto attuatore, con oneri a carico del medesimo, della proprietà delle aree e degli immobili di cui è titolare la società Bagnoli Futura S.p.A. in stato di fallimento (e conseguentemente sopprimere il riferimento alla parola "azioni" presente nella disciplina vigente);

§  inserire una disciplina degli strumenti finanziari per un importo corrispondente al valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti, che viene  versato alla curatela fallimentare. Tali strumenti finanziari (di durata massima di 15 anni decorrenti dalla data di entrata in vigore della disposizione) sono emessi sui mercati regolamentati dallo stesso soggetto attuatore (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti S.p.A., quale società in house dello Stato).
Le modalità dell'incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti al soggetto attuatore non sono definite con il decreto di nomina del medesimo soggetto, come previsto dalla normativa vigente, ma con un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro novanta giorni dalla comunicazione della determinazione del valore degli immobili e delle aree citati da parte dell'Agenzia del Demanio;

§  precisare che l'emissione dei predetti strumenti finanziari non comporta l'esclusione dalla disciplina sui compensi degli amministratori e dei dipendenti relativa al limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali  (prevista dall'articolo 23-bis del D.L. n. 201 del 2011);

§  chiarire che la trascrizione del decreto di trasferimento (delle aree e degli immobili) deve essere effettuata entro il termine di sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione;

§  mantenere fermi gli eventuali obblighi a carico dei creditori fallimentari o dei loro aventi causa a titolo di responsabilità per i costi della bonifica.

 

Infine, per esigenze di coordinamento con la citata soppressione della costituzione della apposita società per azioni, il comma 3 abroga il comma 13.1 e sopprime il riferimento alla medesima S.p.A., contenuto nel successivo comma 13-quater dell'articolo 33.

 

Il seguente testo a fronte evidenzia le modifiche apportate al comma 12 dell’art. 33 del D.L. n. 133/2014:

 

Testo previgente

Nuovo testo

12. In riferimento al predetto comprensorio il Soggetto Attuatore è individuato nell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti S.p.a., quale società in house dello Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro la data del 30 settembre 2015, è trasferita al Soggetto Attuatore, con oneri a carico del medesimo, la proprietà delle aree e degli immobili di cui è attualmente titolare la società Bagnoli Futura S.p.A. in stato di fallimento.

12. In riferimento al predetto comprensorio il Soggetto Attuatore è individuato nell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti S.p.a., quale società in house dello Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro la data del 30 settembre 2015, è trasferita al Soggetto Attuatore, con oneri a carico del medesimo, la proprietà delle aree e degli immobili di cui è attualmente titolare la società Bagnoli Futura S.p.A. in stato di fallimento.

Il Soggetto Attuatore costituisce allo scopo una società per azioni, il cui capitale azionario potrà essere aperto ad altri soggetti che conferiranno ulteriori aree ed immobili limitrofi al comprensorio di Bagnoli-Coroglio meritevoli di salvaguardia e riqualificazione, previa autorizzazione del Commissario straordinario del Governo.

 

La trascrizione del decreto di nomina del Soggetto Attuatore produce gli effetti di cui all'articolo 2644, secondo comma, del codice civile.

La trascrizione del decreto di trasferimento al Soggetto Attuatore produce gli effetti di cui all'articolo 2644, secondo comma, del codice civile.

Alla procedura fallimentare della società Bagnoli Futura S.p.A. è riconosciuto dalla società costituita dal Soggetto Attuatore un importo determinato sulla base del

valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti rilevato dall'Agenzia del Demanio alla data del trasferimento della proprietà, che potrà essere versato

mediante azioni o altri strumenti finanziari

Alla procedura fallimentare della società Bàgnoli Futura S.p.A. è riconosciuto

un importo corrispondente al

 

valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti, rilevato dall'Agenzia del Demanio alla data del trasferimento della proprietà.

emessi dalla società, il cui rimborso è legato all'incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti, secondo le modalità indicate con il decreto di nomina del Soggetto Attuatore.

 

Tale importo viene versato alla curatela fallimentare mediante strumenti finanziari, di durata non superiore a quindici anni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente disposizione,

emessi su mercati regolamentati dal Soggetto Attuatore, anche al fine di soddisfare ulteriori fabbisogni per interventi necessari all'attuazione del programma di cui al comma 8. L'emissione degli strumenti finanziari di cui al presente comma non comporta l'esclusione dai limiti relativi al trattamento economico stabiliti dall'articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni.

Successivamente alla trascrizione del decreto e alla consegna dei titoli,

 

tutti i diritti relativi alle aree e agli immobili trasferiti, ivi compresi quelli inerenti alla procedura fallimentare della società Bagnoli Futura S.p.A., sono estinti e le relative trascrizioni cancellate.

La trascrizione del decreto di nomina del Soggetto Attuatore e degli

 

 

altri atti previsti dal presente comma e conseguenti sono esenti da imposte di registro, di bollo e da ogni altro onere ed imposta.

Dalla trascrizione del decreto di trasferimento e alla consegna dei suddetti titoli,

tutti i diritti relativi alle aree e agli immobili trasferiti, ivi compresi quelli inerenti alla procedura fallimentare della società Bagnoli Futura S.p.A., sono estinti e le relative trascrizioni cancellate.

La trascrizione del predetto decreto, da effettuarsi entro il termine di sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, e gli

altri atti previsti dal presente comma e conseguenti sono esenti da imposte di registro, di bollo e da ogni altro onere ed imposta.

 

all'incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti, secondo le modalità indicate con il decreto di nomina del Soggetto Attuatore.

 

Il Soggetto Attuatore ha diritto

all'incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili ad esso trasferiti, secondo le modalità indicate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro novanta giorni dalla comunicazione della determinazione del valore suddetto da parte dell'Agenzia del Demanio. Restano fermi gli eventuali obblighi a carico dei creditori fallimentari o dei loro aventi causa a titolo di responsabilità per i costi della bonifica.

N.B. In carattere blu è indicato il testo che è stato posizionato, al fine di agevolare il confronto, diversamente rispetto alla norma previgente.

 


 

Articolo 12
(Tracciabilità della vendita dei giornali e modernizzazione
della rete di distribuzione e vendita della stampa)

 

 

L’articolo 12 proroga (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2016 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre.

Inoltre, dispone che il credito d’imposta per sostenere l’adeguamento tecnologico degli operatori del settore, previsto originariamente per l’anno 2012 e, da ultimo, riferito all’anno 2015, è utilizzabile per l’anno 2016.

Il riferimento è alla disciplina definita con l’art. 4, co. 1, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012), sulla quale sono, poi, intervenuti, prevedendo proroghe, l’art. 1, co. 334 e 335, della L. 147/2013 (L. di stabilità 2014) e l’art. 1, co. 185, della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015).

La proroga è motivata, ancora una volta, con la necessità di favorire l’attuazione del piano di modernizzazione della rete di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica.

Al riguardo, la relazione illustrativa all’A.C 3513, fatto presente che le precedenti proroghe erano state determinate dalle difficoltà che hanno caratterizzato il raggiungimento dei necessari accordi fra gli operatori della filiera interessati, evidenziava che il 26 maggio 2015 era stato siglato l’accordo fra editori e distributori e che era in corso il tavolo tecnico per la condivisione del progetto da parte dei rivenditori.

Faceva, altresì, presente, che il D.P.C.M. per la definizione di condizioni, termini e modalità di attuazione delle disposizioni recate dall’art. 4 del D.L. 63/2012, anche con riguardo alla fruizione del credito di imposta, era in corso di emanazione, ma non poteva più esplicare effetti per il 2015.

A sua volta, la relazione tecnica evidenziava che le risorse per il riconoscimento del credito di imposta erano già state trasferite dallo stato di previsione del MEF alla contabilità speciale dell’Agenzia delle entrate.

Per la compensazione finanziaria degli effetti negativi, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, connessi all’utilizzo delle suddette somme nell’esercizio 2016, si prevede la riduzione, per € 13,3 mln, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali (art. 6, co. 2, D.L. 154/2008-L. 189/2008).

 

L’art. 4, co. 1, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012), al fine di favorire la modernizzazione del sistema del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, aveva reso obbligatoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013, la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre[57].

Inoltre, per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori, aveva previsto – nel rispetto della regola “de minimis” (di cui all’allora vigente regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006) – l’attribuzione di un credito di imposta per l’anno 2012, per un importo comunque non superiore a 10 milioni di euro e pari ai risparmi effettivamente conseguiti dall’attuazione del co. 3 (volto a porre termine ad un contenzioso instauratosi in relazione all'art. 56, co. 4, della L. 99/2009, in materia di agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali)[58].

I risparmi derivanti dal co. 3 sono stati accertati con D.P.C.M. 4 luglio 2014 e sono risultati pari a € 4,8 mln[59].

Inoltre, con D.P.C.M., di concerto con il MEF, dovevano essere definiti condizioni, termini e modalità di attuazione delle disposizioni recate dall’art. 4, anche con riguardo alla fruizione del credito di imposta.

 

Il termine del 1° gennaio 2013 è stato, poi, prorogato al 31 dicembre 2014 dall’art. 1, co. 334, della L. 147/2013, che ha anche disposto l’accesso nel 2014 al credito di imposta già previsto per il 2012.

Inoltre, il co. 335 dello stesso art. 1, disponendo la soppressione del credito d’imposta previsto per gli anni 2013, 2014 e 2015 per le imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell’ingegno digitali, ha stabilito che le somme destinate per l’anno 2014 al sopprimendo credito d'imposta – come rideterminate ai sensi del D.P.C.M. di cui il co. 577 prevedeva l’emanazione – sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla dotazione del credito d’imposta previsto per sostenere l’adeguamento tecnologico degli operatori dell’editoria.

In attuazione del citato co. 577, con D.P.C.M. 20 febbraio 2014 (G.U. n. 67 del 21 marzo 2014), le somme in questione sono state rideterminate, in particolare, in € 8,5 mln per il 2014 (allocati sul cap. 7769 del MEF)[60].

 

Successivamente, l’art. 1, co. 185, della L. 190/2014 ha prorogato al 31 dicembre 2015 l’obbligo della tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici e ha posticipato al 2015 l’accesso al credito di imposta, a valere sulle risorse stanziate per tale finalità dall’art. 4, co. 1, del D.L. 63/2012, come integrate dal co. 335 dell'art. 1 della L. 147/2013 (per complessivi, dunque € 13,3 mln).

 

Il 20 gennaio 2016, nel suo intervento alla Camera nella seduta delle Commissioni riunite I e V, il rappresentante del Governo ha fatto presente che la somma di € 13,3 milioni è stata versata in entrata nell’ultimo bimestre 2014 e riassegnata ad apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del MEF nell’esercizio 2015, per poi essere trasferita nel medesimo anno alla contabilità speciale n. 117 intestata all’Agenzia delle entrate.


 

Articolo 12-bis
(Proroga del termine dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro)

 

 

L'articolo 12-bis proroga fino alla fine della legislatura in corso il termine per la conclusione dei lavori della Commissione bicamerale d'inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, termine indicato dall'articolo 2, comma 1 della legge 30 maggio 2014, n. 82, istitutiva della Commissione, in 24 mesi dalla costituzione della Commissione stessa (avvenuta il 2 ottobre 2014).

 

La Commissione ha il compito di accertare eventuali nuovi elementi, ulteriori rispetto a quelli acquisiti dalle precedenti Commissioni parlamentari di inchiesta, sul sequestro e sull'assassinio di Aldo Moro e eventuali responsabilità su tali fatti riconducibili ad apparati, strutture e organizzazioni comunque denominati ovvero a persone a essi appartenenti o appartenute. La Commissione conclude i propri lavori entro 24 mesi dalla sua costituzione e presenta al Parlamento una relazione sulle risultanze delle indagini.

 

La proroga della Commissione non prende in considerazione la questione delle spese di funzionamento che l'organismo parlamentare dovrà affrontare dal 2016 in poi. Riguardo alle spese, la legge 82/2014, all'articolo 7, comma 5, contiene riferimenti agli anni 2014, 2015 e 2016 (e quantifica i rispettivi importi, diversi da un anno all'altro, ripartendo gli oneri in parti uguali tra Camera e Senato), ma tali indicazioni non sono applicabili al periodo che va dal 1° gennaio 2017.

 


 

Articolo 12-ter
(Proroga di termini in materia di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri - Vittime delle foibe)

 

 

L'articolo 12-ter riapre i termini per la presentazione delle domande da parte dei congiunti delle vittime delle foibe per la concessione di un riconoscimento a titolo onorifico, che consiste in una insegna metallica con relativo diploma a firma del Presidente della Repubblica, consegnato annualmente con cerimonia collettiva.

La legge n. 92/2004 - che ha fissato nella giornata del 10 febbraio il "Giorno del ricordo", quale solennità civile in memoria di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale - prevedeva, infatti, che le domande potessero essere inoltrate entro il termine di dieci anni dalla data di entrata in vigore della legge, ossia entro il 28 aprile 2014 (art. 4, comma 2). La disposizione in esame, al comma 1, porta il termine da dieci a venti anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 92/2004.

Si ricorda, in proposito che il riconoscimento a titolo onorifico è concesso ai congiunti di coloro che, dall'8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell'attuale confine orientale, sono stati soppressi e infoibati. Agli infoibati sono assimilati, a tutti gli effetti, gli scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati. Il riconoscimento può essere concesso anche ai congiunti dei cittadini italiani che persero la vita dopo il 10 febbraio 1947, ed entro l'anno 1950, qualora la morte sia sopravvenuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia, con esclusione di coloro che sono morti in combattimento o sono stati soppressi mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell'Italia.

 

Il comma 2 specifica che le domande, con la relativa documentazione allegata, devono essere inviate alla Commissione istituita ad hoc presso la Presidenza del Consiglio ai sensi dell'articolo 5 della legge 92/2004, (la formula della legge ora vigente si limita a stabilire che la domande siano inviate "alla Presidenza del Consiglio").

La Commissione è composta da dieci membri: il Presidente del Consiglio (o persona da lui delegata) che la presiede, i capi servizio degli uffici storici degli stati maggiori dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei Carabinieri, due rappresentanti del comitato per le onoranze ai caduti delle foibe, un esperto designato dall'Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata di Trieste, un esperto designato dalla Federazione delle associazioni degli esuli dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, e un funzionario del Ministero dell'interno.

 

Il comma 3 stabilisce che per attuare le nuove disposizioni si provveda nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 12-quater
(Ordine dei giornalisti)

 

 

L’articolo 12-quater proroga al 31 dicembre 2016 la durata in carica dei componenti del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dei componenti dei Consigli regionali del medesimo Ordine.

 

La L. 69/1963, istituendo l’Ordine dei giornalisti, cui appartengono i giornalisti professionisti e i pubblicisti, iscritti nei rispettivi elenchi dell'albo, ha affidato le funzioni relative alla tenuta dell'albo, e quelle relative alla disciplina degli iscritti, per ciascuna regione o gruppo di regioni, ad un Consiglio dell'Ordine (art. 1).

I componenti di ogni consiglio regionale o interregionale restano in carica tre anni e possono essere rieletti. Qualora uno dei componenti del Consiglio venga a mancare, lo sostituisce il primo dei non eletti del rispettivo elenco. I componenti così eletti rimangono in carica fino alla scadenza del Consiglio (art. 7).

Al contempo, la L. n. 69/1963 ha istituito il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, con sede presso il Ministero della giustizia (art. 16). La disciplina relativa alla durata in carica dei membri del Consiglio nazionale è identica a quella già vista per i consigli regionali o interregionali (art. 17).

L’attuale Consiglio nazionale è stato convocato per l’insediamento per il triennio 2013-2016 il 18 giugno 2013. Dal sito del Consiglio risulta che i componenti del Consiglio nazionale eletti per il triennio 2013-2016 sono 156, equamente ripartiti fra giornalisti professionisti e giornalisti pubblicisti.

 

La proroga appare collegata a quanto previsto dall’art. 2, co. 4-5, dell’A.S. 2271, approvato in prima lettura dalla Camera, che delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati, per quanto qui interessa, alla razionalizzazione del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, relativamente alle competenze in materia di formazione, ai procedimenti relativi ai ricorsi in materia di iscrizioni o di cancellazioni dall'albo o dagli elenchi, nonché in materia disciplinare ed elettorale, alla riduzione del numero dei componenti fino ad un massimo di 36, di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti, all'adeguamento del sistema elettorale.

I decreti legislativi devono essere adottati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.



[1]     Come riportato nella relazione illustrativa, si ritiene che per le assunzioni riferite ai suddetti budget (oggetto di successive proroghe negli anni passati) questa possa essere l'ultima proroga.

[2]     Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[3]     Tali limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette e a quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate (di cui alla L. 331/2000, al D.Lgs. 215/2001 e alla L. 226/2004), fatto salvo quanto previsto all’articolo 25 della medesima L. 226/2004 in materia di reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo militare della Croce Rossa.

[4]     A tal fine, l’apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è stato finanziato per un importo pari a 25 milioni di euro per l’anno 2008 ed a 75 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, importo ridotto per il 2013 di 29.821.278 euro dall’articolo 15, comma 3, lett. b), del D.L. 102/2013, di 13 milioni di euro dall’articolo 3, comma 8, lett. b), del D.L. 151/2013, di 12 milioni di euro a decorrere dal 2015 dall’art. 30, c. 2.4, del D.Lgs. 165/2001 (comma inserito dall’art. 4, c. 1, del D.L. 90/2014), di 25 milioni di euro dall’art. 1, c. 5, lett. d), del D.L. 185/2014 e di 25 milioni di euro dall’art. 1, c. 699, lett. d), della L. 190/2014.

[5]     Con riferimento al personale degli enti di ricerca, si ricorda che il reclutamento dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca è regolato sulla base delle norme concernenti il pubblico impiego. Nel rispetto delle norme generali e dei singoli decreti di organizzazione degli enti, ciascun ente definisce la programmazione pluriennale del fabbisogno del personale e le singole procedure di reclutamento sulla base dei propri regolamenti interni, generalmente nell’ambito di un piano triennale di attività, formulato e rivisto annualmente sulla base del programma nazionale per la ricerca di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 204/1998.

[6]     Tale comma ha disposto che il reclutamento è adottato da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della L. 449/1997. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è inoltre subordinato all'emanazione di appositi D.P.C.M. (adottati nel corso degli anni. Per l’autorizzazione a bandire procedure di reclutamento, si veda anche l'art. 4, commi 3 e da 3-quinquies a 3-septies, D.L. 101/2013.

[7]     L’art. 7, c. 4-bis, del D.L. 194/2009 ha previsto che l’art. 66, c. 13, non si applica a 3 istituti universitari ad ordinamento speciale, ossia all’Istituto universitario di studi superiori di Pavia, all’Istituto italiano di scienze umane di Firenze e alla Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca. A sua volta, l’art. 10 della L. 183/2010 stabilisce che agli istituti universitari ad ordinamento speciale non si applicano le disposizioni che prevedono che la somma disponibile per le assunzioni nelle università statali – pari, per ciascun anno, al 50 per cento della spesa relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente - è destinata, per una quota non inferiore al 60 per cento, all’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato e di contrattisti. Ai sensi di tale disposizione rimane, invece, fermo anche per gli istituti universitari ad ordinamento speciale il menzionato limite del 50 per cento.

[8]     A tale previsione si è data attuazione con il D.P.C.M. 23 settembre 2013 con il quale sono state tra l’altro autorizzate assunzioni da parte dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Merita inoltre ricordare che l’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008 aveva previsto un regime permanente e speciale in materia di turn over a favore dei soli Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, derogatorio rispetto a quello generale previsto al precedente comma 7. In tal senso, per il biennio 2010-2011 tali amministrazioni hanno potuto procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. E’ inoltre stato previsto che il ricambio del turn-over sia limitato al 20% nel triennio 2012-2014, al 50% nel 2015 e al 100% dal 2016, analogamente alle altre amministrazioni dello Stato.

[9]     Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[10]   La normativa previgente faceva infatti riferimento al “personale cessato”, senza alcuna specificazione, con la conseguenza che doveva intendersi tutto il personale in servizio (di ruolo e non di ruolo). Facendo riferimento al solo personale di ruolo (ossia al solo personale della pianta organica ed escludendo quindi il personale non di ruolo, come personale comandato, personale con contratto a tempo determinato o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa), la base di calcolo potrebbe restringersi, con conseguente limitazione delle facoltà di assunzioni.

[11]   Per l’autorizzazione ad assumere e a trattenere in servizio unità di personale a tempo indeterminato per le esigenze di varie amministrazioni, ai sensi anche dell’art. 3, c. 1, del D.L. 90/2014, si veda il D.P.C.M. 29 luglio 2014.

[12]   Si ricorda che per il Corpo nazionale dei vigile del fuoco, un incremento di 1.000 unità della dotazione organica è stata previsto dall'articolo 8 del D.L. n. 101/2013.

[13]   Per l’autorizzazione a bandire procedure di reclutamento in favore del comparto sicurezza - difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco si veda il DPCM 8 settembre 2014.

[14]   L’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha disposto che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato e ulteriori enti pubblici ivi indicati possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Si ricorda che, con provvedimenti successivi (da ultimo il D.L. 90/2014, la L. 190/2014 e il D.L. 78/2015), sono state introdotte alcune deroghe a quanto stabilito dal citato art. 9, c. 28, del D. L. 78/2010, attraverso l’individuazione dei casi in cui tali limiti non trovano applicazione.

[15]   L’art. 1, c. 207, della L. 147/2013, prevede tra l’altro, per l'anno 2014, al fine di favorire l’inserimento lavorativo, mediante contratti a tempo determinato, degli LSU e dei lavoratori titolari di determinati strumenti di sostegno al reddito (CIGS, indennità di mobilità e trattamento speciale di disoccupazione) degli enti pubblici della sola regione Calabria, la possibilità di utilizzare le risorse di cui all’art. 1, c. 1156, lettera g)-bis, della L. 296/2006, pari a 50 milioni annui, a carico del Fondo per l’occupazione, previsti per la stabilizzazione degli LSU in favore delle regioni che rientrano negli obiettivi di convergenza dei fondi strutturali dell’Unione europea (al riguardo, si ricorda che l’art. 13, c. 1-bis, del D.L. 185/2015, per la medesima finalità, ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per il 201,. Fermo restando il rispetto del Patto di stabilità interno, le assunzioni a tempo determinato possono avvenire in deroga alla normativa vigente (che limita, a vario titolo, le assunzioni, anche a tempo determinato, da parte delle PA). Inoltre, al solo fine di consentire la stipula dei suddetti contratti a tempo determinato fino al 31 dicembre 2014, il richiamato art. 1, c. 207, della L. 147/2013 ha previsto che il mancato rispetto del Patto di stabilità interno per il 2013, non comportasse l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 31, comma 26, lettera d), della L. n. 183/2011, che vieta agli enti che lo hanno violato di assumere o stabilizzare personale a qualsiasi titolo, nonché di stipulare contratti di servizio “elusivi” con soggetti privati).

[16]   Le risorse richieste per finanziare la misura vengono tuttavia raccolte attraverso un corrispettivo (il corrispettivo di dispacciamento) pagato dagli utenti dei servizi di dispacciamento. Il corrispettivo di dispacciamento viene versato a Terna. Tuttavia, se i proventi non sono sufficienti per coprire i costi di Terna (che comprendono la remunerazione pagata per i servizi di interrompibilità) la differenza viene versata a Terna su base mensile dalla Cassa Conguaglio del Settore Elettrico, che gestisce un apposito fondo, anch'esso approvvigionato con contributi obbligatori.

[17]   Nella decisione C (2012) 6779 finale della Commissione si rilevava che nonostante le aste organizzate su base trimestrale a partire dal 2010, al 2012 Terna non era riuscita a contrattualizzare il livello previsto di capacità interrompibile istantaneamente in nessuna delle due isole. Ciò ha fatto sì che gli operatori richiedessero sempre il prezzo di riferimento (ovvero EUR 300 000 per MW/anno) per la fornitura dei servizi in questione. Cfr, sul punto anche il sito istituzionale di TERNA.

[18]   L'articolo 4, comma 5, del D.L. n. 69/2013 ha fissato una forma di penalizzazione economica per gli enti locali nei casi in cui gli stessi non abbiano rispettato i termini per la scelta della stazione appaltante. In tali casi, il 20% degli oneri che il gestore corrispondeva annualmente agli enti locali come quota parte della remunerazione del capitale doveva, secondo la norma, essere versato dal concessionario subentrante, con modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, in uno specifico capitolo della Cassa conguaglio settore elettrico, per essere destinati alla riduzione delle tariffe di distribuzione dell'ambito corrispondente.

[19]   Ai sensi del comma 2 dell’articolo 46-bis, all’individuazione degli ATEM provvedono i Ministri dello Sviluppo Economico e per gli Affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata.

[20]   Si segnala che il citato D.M. n. 106/2015 ha introdotto la previsione secondo la quale, nel caso in cui gli enti locali di due o più ambiti confinanti decidano di effettuare la gara in maniera congiunta, si considera come termine di scadenza per la pubblicazione del bando di gara la data più lontana tra le scadenze degli ambiti che si uniscono, con la condizione vincolante che la decisione di gara congiunta e la nomina della stazione appaltante vengano formalizzate entro il termine più ravvicinato. Il D.M. ha inoltre inserita la previsione dell'onere a carico dei gestori uscenti di anticipare alla stazione appaltante il corrispettivo una tantum per la copertura degli oneri di gara, ivi inclusi gli oneri di funzionamento della commissione di gara e specificato che la gara è effettuata tramite procedura ristretta, ad eccezione degli ambiti in cui un gestore uscente gestisca più del 60% dei punti di riconsegna dell'ambito, per i quali si adotta la procedura aperta. Il D.M n. 106 è stato oggetto da parte di alcuni esponenti dell’ANCI di alcune osservazioni critiche, essendo stato messo in evidenza che esso configura un sistema «assolutamente asimmetrico e penalizzante per le amministrazioni, con i comuni degli ambiti del terzo gruppo che dovrebbero pubblicare i bandi di gara l'11 settembre per evitare le sanzioni, mentre per i primi due gruppi di ATEM la penalizzazione scatterebbe dal 1° gennaio 2016».

[21]   D.L. 30 dicembre 2004 n. 314, Proroga di termini, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 1 marzo 2005, n. 26.

[22]   Si ricorda che lo scioglimento dei consigli per mancata approvazione del bilancio di previsione è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000. In tale specifica ipotesi, l’articolo 141 prevede che i consigli comunali e provinciali, in via generale, vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno.

[23]   Si ricorda che il testo tutt’ora vigente del comma 2 dell’articolo 141 del TUEL prevede, infatti, che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, sia l'organo regionale di controllo a nominare un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio un termine, non superiore a 20 giorni, per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

[24]   Si segnala che per l’anno 2016, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali – ordinariamente fissato al 31 dicembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 1, del TUEL - è stato differito dapprima al 31 marzo 2016 con il D.M. Interno 28 ottobre 2015 e poi al 30 aprile con il D.M. Interno 1 marzo 2016.

[25]   L. 11 giugno 2004, n. 146, Istituzione della provincia di Monza e della Brianza; L. 11 giugno 2004, n. 147, Istituzione della provincia di Fermo; L. 11 giugno 2004, n. 148, Istituzione della provincia di Barletta-Andria-Trani.

[26]   L’art. 6-bis del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17), Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, ha anticipato di due mesi (al 30 aprile 2007) il termine originario di 36 mesi previsto dalle leggi istitutive delle nuove province.

[27]   D.L. 3 giugno 2008, n. 97, Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini, convertito con modificazione dalla L. 2 agosto 2008, n. 129.

[28]   D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

[29]   Si vedano i tre distinti decreti del Ministro dell’interno del 7 dicembre 2004.

[30]   Le contabilità speciali sono conti particolari accesi, a favore di Amministrazioni, enti o funzionari, presso le Sezioni di tesoreria provinciale, alimentati dalle somme versate a favore degli intestatari e da questi utilizzati per i propri pagamenti, mediante l’emissione di appositi titoli di spesa (ordini di pagamento).

La normativa di carattere generale sulle contabilità speciali è contenuta agli articoli 585-591 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato), con alcune deroghe in materia previste dall’articolo 10 del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili).

Le contabilità speciali (come i conti correnti) costituiscono operazioni estranee al bilancio, effettuate mediante le Sezioni di tesoreria provinciale (mediante la tesoreria centrale nel caso dei conti correnti).

Si osserva che la legge di contabilità pubblica n. 196/2009 prevede – quale criterio direttivo della delega al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, contenuta nell’articolo 40, comma 2, lettera p) - delega che avrebbe dovuto essere esercitata entro il 1 gennaio 2014- la progressiva eliminazione delle gestioni contabili operanti a valere su contabilità speciali o conti correnti di tesoreria, i cui fondi siano stati comunque costituiti mediante il versamento di somme originariamente iscritte in stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato, ad eccezione della gestione relativa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché delle gestioni fuori bilancio (istituite dalla legge n. 1041/1971), nonché delle gestioni fuori bilancio autorizzate per legge, e dei casi di urgenza e necessità.

Inoltre, l’articolo 15 della legge n. 243/2012, recante le norme attuative del principio dell’equilibrio dei bilanci pubblici (cd. pareggio di bilancio), introdotto in Costituzione dalla Legge Cost. n. 1/2012, nel disciplinare il contenuto della nuova legge di bilancio (che si applica a decorrere dal 1 gennaio 2016) dispone che con legge dello Stato dovrà essere disciplinato il progressivo superamento delle gestioni contabili operanti su contabilità speciali o conti correnti di tesoreria e la riconduzione delle relative risorse finanziarie al bilancio dello Stato.

[31]   D.L. n. 300/2006, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (L. n. 17/2007).

[32]   Quanto disposto dal comma 4 costituisce attuazione della risoluzione n. 112 approvata dalle Commissioni I e V della Camera dei deputati il 31 gennaio 2007 - Risoluzione 7-00112 (Violante ed altri) presentata il 31/01/2007 e conclusa il 06/02/2007, che impegnava il Governo ad adottare le iniziative necessarie per consentire la conservazione a bilancio delle risorse stanziate dalle leggi istitutive delle nuove province per garantirne la costituzione.

[33]   Le richiamate modifiche sono state introdotte dal comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 177 del 2012, recante modifiche al decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica di ordigni bellici.

[34]   Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[35]   Si ricorda che l’art. 11, comma 1, della legge n. 42/2009 prevede la soppressione dei trasferimenti statali e regionali - e la loro sostituzione con risorse fiscali - diretti al finanziamento delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali degli enti locali, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione, e al finanziamento delle spese relative ad ogni altra funzione, ad eccezione di quelli:

§  aventi la natura di “contributi speciali”, ossia diretti a finanziare, congiuntamente ai finanziamenti dell’Unione europea e ai cofinanziamenti nazionali, gli interventi finalizzati agli obiettivi di cui all’art. 119, comma 5, della Costituzione;

§  destinati ai fondi perequativi e ai contributi erariali e regionali sulle rate di ammortamento dei mutui.

I provvedimenti attuativi della legge delega (D.Lgs. n. 23/2011 e n. 68/2011) hanno, pertanto, determinato la soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali aventi carattere di generalità e permanenza spettanti sia ai comuni che alle province e Città metropolitane e la loro sostituzione con risorse fiscali autonome (tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e addizionali a tributi erariali e regionali) nonché con risorse di carattere perequativo, iscritte nell’apposito Fondo sperimentale di riequilibrio (destinato ad essere sostituito dal Fondo perequativo vero e proprio).

Per i comuni, si ricorda, tale meccanismo, disciplinato dal D.Lgs. n. 23/2011, è stato sostituito a seguito della messa a regime dell'imposta municipale propria (IMU), ai sensi dell’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012, che ha ridefinito i rapporti finanziari tra Stato e comuni, con l’attribuzione ai comuni dell'intero gettito IMU, e della istituzione, in luogo del Fondo sperimentale di riequilibrio, del Fondo di solidarietà comunale, alimentato con quota parte dell’IMU, e da ripartirsi sulla base di criteri espressamente indicati.

[36]   Secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012. Sulla base del medesimo documento della Commissione, il citato D.P.C.M. ha altresì quantificato i trasferimenti statali non fiscalizzati per le province per il 2012, nell’importo di 13,4 milioni.

[37]   Sull’ammontare di risorse finanziarie lorde del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale vanno contabilizzate, infatti, alcune riduzioni derivanti dalla legislazione vigente, tra cui quelle previste dall’art. 16, co. 7 del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review), come modificato dall’articolo 1, comma 121, della legge n. 228/2012, che prevedono la riduzione del Fondo di 500 milioni di euro per l’anno 2012, di 1.200 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014, e di 1.250 milioni di euro a decorrere dal 2015.

[38]   Come messo in evidenza dalla Corte dei Conti nel Relazione sul “Riordino delle province, aspetti ordinamentali e riflessi finanziari”, di aprile 2015, particolarmente significativi risultano “i dati relativi alla ripartizione del Fondo sperimentale di riequilibrio delle Province ricomprese nelle regioni a statuto ordinario per l’anno 2014 che compiutamente evidenziano l’incidenza dei recuperi e delle riduzioni operate in forza delle disposizioni dianzi richiamate, nonché il significativo disallineamento tra le somme astrattamente imputabili in forza del decreto ministeriale, quelle effettivamente assegnate e quelle, addirittura, oggetto di recupero (cfr. tabella in appendice): a riprova, dunque, che così come evidenziato nell’ambito della Relazione sulla gestione finanziaria esercizio 2013 “le risorse da Fondo sperimentale di riequilibrio hanno rappresentato un’entrata solo nominale” “.

[39]   Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche.

[40]   Si ricorda, al riguardo, che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è, dunque, ancora a carico dello Stato.

Per quanto concerne, in particolare, le province della regione Siciliana, si ricordano i procedimenti normativi in atto per la loro soppressione, nell'ambito dell’autonomia della regione.

[41]   Il decreto disciplina le modalità di erogazione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, prevedendone l’erogazione in tre rate, entro i mesi di febbraio, maggio ed ottobre.

[42]   Si ricorda che a seguito dell’emanazione dei decreti legislativi attuativi della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale, nel Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, istituito ai sensi del D.Lgs. n. 504/1992, residuano attualmente soltanto i trasferimenti erariali che non sono stati oggetto di fiscalizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 23/2011, e pertanto ancora dovuti dal Ministero dell’interno alle province e ai comuni secondo le scadenze indicate nel decreto del Ministro dell’interno del 21 febbraio 2002. Si tratta di quei trasferimenti che, in linea di massima, non presentano il carattere della generalità e della permanenza e che, pertanto, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale.

[43]   Più in particolare la lettera a) ai numeri 1-15 contiene una serie di agevolazioni fiscali e alla lettera b) prevede che per semplificare le procedure amministrative le imprese aderenti possono intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici, ovvero dare avvio presso gli stessi a procedimenti amministrativi per il tramite del distretto di cui esse fanno parte. Per quanto riguarda la lettera c) possono esser individuate le semplificazioni applicabili alle operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti concessi da una pluralità di banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto e ceduti ad un'unica società cessionaria. Infine la lettera d) prevedeva l’istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, che è stata successivamente soppressa.

[44]   Come indicato nel sito ufficiale del Museo, nell'estate del 2012 è iniziato il trasferimento nei nuovi spazi della Mole Vanvitelliana di Ancona e la realizzazione del nuovo Museo Omero è un processo ancora in corso. L’obiettivo è la creazione di un percorso espositivo innovativo e multisensoriale, tecnologicamente avanzato, con almeno 300 opere in esposizione.

[45]   Legge 23 dicembre 2009, n. 191, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010). Il comma 67-bis è stato inserito dall'art. 9, co. 2, del D.Lgs. 149/2011, modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dall'art. 1, co. 234, legge stabilità 2014 (legge 147/2013) e successivamente dall'art. 42, co. 14-ter, del decreto legge 133/ 2014

[46]   Si veda sul punto Rapporto 2015 sul coordinamento della finanza pubblica, Corte dei Conti, maggio 2015, in particolare Dal patto di stabilità interno agli equilibri di bilancio: un sistema ancora da ridisegnare - I risultati del patto delle Regioni nel 2014.

[47]   L’art. 79 del D.P.R. n. 207 del 2010, sui requisiti di ordine speciale dispone, al comma 3 che la cifra di affari in lavori relativa all'attività diretta è comprovata: da parte delle ditte individuali, delle società di persone, dei consorzi di cooperative, dei consorzi tra imprese artigiane e dei consorzi stabili con le dichiarazioni annuali IVA e con le relative ricevute di presentazione da parte delle società di capitale con i bilanci riclassificati in conformità delle direttive europee e con le relative note di deposito. Il comma 4 prevede che la cifra di affari in lavori relativa alla attività indiretta è attribuita in proporzione alle quote di partecipazione dell'impresa richiedente ai consorzi di cui all'articolo 34, comma 1, lettere e) ed f), del codice, e alle società fra imprese riunite dei quali l'impresa stessa fa parte, nel caso in cui questi abbiano fatturato direttamente alla stazione appaltante e non abbiano ricevuto fatture per lavori eseguiti da parte di soggetti consorziati. La cifra di affari in lavori relativa alla attività indiretta è comprovata con i bilanci riclassificati in conformità delle direttive europee e le relative note di deposito o con le dichiarazioni annuali IVA e relative ricevute di presentazione qualora i soggetti partecipati non siano obbligati alla redazione e deposito dei bilanci. Sulle modalità di dimostrazione dei requisiti di cui agli articoli 78 e 79 del D.P.R. 207/2010 si è anche espressa l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP, ora sostituita dall’ANAC) con il comunicato 6 agosto 2011 (pubblicato nella G.U. 6 agosto 2011, n. 182).

[48]   In base all’art. 2, co. 5, del D.I. 23 gennaio 2015, la revoca doveva essere disposta con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e comunicata alla regione competente e le relative risorse dovevano essere accertate dal MIUR e riassegnate prioritariamente agli interventi presenti nei piani delle regioni che fossero in possesso di un’anagrafe di edilizia scolastica aggiornata, secondo criteri, tempi e modalità stabilite con un decreto interministeriale (MIUR-MIT-MEF) da adottare entro il 30 novembre 2015.

[49]   Ai sensi di tale articolo (comma 1) i siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede (comma 2) con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo una serie di principi e criteri direttivi definiti nel medesimo articolo 252.

[50]   La ricognizione delle amministrazioni pubbliche prevista per legge è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre. Da ultimo, l’elenco delle P.A. inserite nel conto economico consolidato è stato individuato dall’ISTAT con il Comunicato del 30 settembre 2015.

[51]   Il D.Lgs. n. 88 del 2011, emanato in attuazione dell’articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, disciplina, conformemente al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, la destinazione delle risorse aggiuntive e l’effettuazione di interventi speciali, finalizzati alla promozione dello sviluppo economico e alla coesione sociale e territoriale, nonché alla rimozione degli squilibri economici e sociali, individuandone altresì gli strumenti procedurali idonei a creare le condizioni per rendere più efficace la politica di coesione.

[52]   Al riguardo si ricorda che l’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 174/2012, condiziona l’erogazione dei trasferimenti alle regioni all’adozione da parte delle stesse di un insieme di misure di riduzione dei costi della politica, alcune già previste dalla normativa vigente. Si tratta, comunque, dei trasferimenti diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale.

[53]  In base all’art. 1, comma 3, della legge 196 del 2009 per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT); la ricognizione delle amministrazioni pubbliche è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre. Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato sono state individuate negli elenchi di cui al Comunicato 24 luglio 2010, al Comunicato 30 settembre 2011, al Comunicato 28 settembre 2012, al Comunicato 30 settembre 2013, al Comunicato 10 settembre 2014 e al Comunicato 30 settembre 2015.

[54]   L’articolo 23 della legge n. 196/2009 prevede che, in sede di formulazione degli schemi degli stati di previsione, i Ministri devono indicare, anche sulla base delle proposte dei responsabili della gestione dei programmi, gli obiettivi di ciascun Dicastero e quantificare le risorse necessarie per il loro raggiungimento, tenendo conto delle istruzioni fornite annualmente, con apposita circolare, dal Ministero dell’economia. Per quanto concerne la quantificazione delle risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi dei rispettivi dicasteri, l’articolo 23, al comma 1 e 3, prevede inoltre che i Ministri competenti possono proporre la rimodulazione delle risorse tra programmi appartenenti alla stessa missione di spesa. Per motivate esigenze, con il disegno di legge di bilancio possono inoltre essere effettuate rimodulazioni delle dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi, compensative all’interno di un programma o tra programmi di una medesima missione di spesa. Resta preclusa la possibilità di utilizzare stanziamenti di spesa in conto capitale per il finanziamento di spese correnti.

In allegato a ciascuno stato di previsione della spesa devono essere indicate le autorizzazioni legislative di cui si propone la modifica e il corrispondente importo.

[55]   In particolare, il D.L. n. 78/2010 ha disposto, a decorrere dall’anno 2011, la riduzione lineare del 10% delle spese rimodulabili delle missioni di ciascun Ministero.

[56]   Si ricorda che le spese del bilancio statale, secondo la definizione contenuta nell’articolo 21, comma 5, della citata legge di contabilità, si ripartiscono in rimodulabili e non rimodulabili. Le spese rimodulabili sono individuate, dal comma 7 dell’articolo 21, nelle spese derivanti da fattori legislativi (intendendo come tali quelle autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio) e nelle spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente, ma quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

Le spese non rimodulabili sono invece quelle “per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione”. Esse corrispondono alle spese definite come “oneri inderogabili”, vale a dire le spese vincolate a meccanismi o parametri (determinati da leggi o da altri atti normativi) che ne regolano autonomamente l’evoluzione. Gli oneri inderogabili sono costituiti esclusivamente dalle spese obbligatorie, ossia quelle relative a particolari finalità espressamente elencate: pagamento di stipendi, assegni, pensioni ed altre spese fisse, interessi passivi, obblighi comunitari ed internazionali, ammortamento di mutui, nonché le spese vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi ne regolano l’evoluzione (v. art. 10, comma 15, del D.L. n. 98/2011).

[57]   Aveva, altresì, disposto che la gestione degli strumenti informatici e della rete telematica è svolta, in maniera condivisa, con la partecipazione di tutti i componenti della filiera distributiva (editori, distributori e rivenditori), che stabiliscono di comune accordo lo sviluppo della rete, la gestione dati e i costi di collegamento.

[58]   In particolare, il co. 3 individuava il criterio per determinare il rimborso spettante a Poste Italiane per il periodo intercorrente tra il 1.1.2010 e il 31.3.2010 (data di cessazione dell’applicazione delle agevolazioni tariffarie), identificando la “convenzione più favorevole” con le tariffe stabilite, per l’anno 2012, dal D.M. 21 ottobre 2010, per gli invii non omologati destinati alle aree extraurbane. Si ricorda, infatti, che l’applicazione delle tariffe agevolate era stata sospesa, per l’anno 2010, a decorrere dal 1.4.2010, dal D.M. 30 marzo 2010, emanato in applicazione dell’art. 10-sexies, co. 2, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010). Quest’ultimo articolo aveva destinato al rimborso delle agevolazioni tariffarie postali del settore dell'editoria un importo di 50 milioni di euro per il 2010.

Per ulteriori approfondimenti, si v. dossier del Servizio Studi n. 657 del 2 luglio 2012.

[59]   Le somme sono state versate all’entrata del bilancio dello Stato, ai fini della loro riassegnazione ad apposito capitolo dello stato di previsione del MEF.

[60]   Ulteriori € 4,3 mln, rideterminati per il 2015, sono stati, poi, azzerati, a seguito dell’art. 1, co. 242, della L. 190/2014 (v. anche la prima nota di variazioni al ddl di stabilità 2015).