Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||
Titolo: | Disposizioni urgenti per il settore creditizio - D.L. 183/2015 - A.C. 3446 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 377 | ||
Data: | 02/12/2015 | ||
Organi della Camera: | VI-Finanze |
Disposizioni urgenti per il settore creditizio
2 dicembre 2015
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Indice |
Sintesi del contenuto|Il meccanismo di risoluzione|Articolo 1|Articolo 2|Articolo 3|Articolo 4| |
Sintesi del contenutoIl decreto-legge n. 183 del 2015 reca, nel quadro delle procedure di risoluzione delle crisi bancarie disciplinate dai D.Lgs. n. 180 e 181 del 2015 (che hanno recepito la normativa europea in materia, ossia la direttiva 2014/59/UE), disposizioni volte ad agevolare la tempestiva ed efficace attuazione dei programmi di risoluzione nei confronti della Cassa di risparmio di Ferrara Spa, della Banca delle Marche Spa, della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa e della Cassa di risparmio della Provincia di Chieti Spa, tutte in amministrazione straordinaria. In particolare sono dettate (articolo 1) misure e procedure specifiche ed eccezionali per la costituzione di quattro enti ponte, in corrispondenza delle summenzionate banche. Gli articoli 2 e 3 contengono invece disposizioni di carattere generale nel quadro della nuova normativa UE sulle crisi bancarie, con riguardo rispettivamente alle risorse da versare al Fondo nazionale di risoluzione, dopo l'entrata in funzione del Meccanismo di risoluzione unico previsto dal regolamento europeo n. 806/2014 e dall'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo di risoluzione unico, nonché alla disciplina fiscale applicabile nel caso sia adottate azioni di risoluzione. L'articolo 4 dispone l'immediata entrata in vigore del decreto-legge in esame. |
Il meccanismo di risoluzioneLa disciplina della crisi bancaria costituisce un elemento essenziale dell'Unione bancaria europea che poggia su tre pilastri normativi: i) il Meccanismo di vigilanza unico (SSM), ii) il Meccanismo di risoluzione unico (SRM) e iii) le connesse disposizioni in materia di finanziamento, che comprendono il Fondo di risoluzione unico (SRF), i Sistemi di garanzia dei depositi (SGD) e un meccanismo comune di backstop (linea di credito). I tre pilastri si basano su due serie di norme orizzontali applicabili a tutti gli Stati membri: i requisiti patrimoniali per le banche (pacchetto CRD IV) e le citate disposizioni della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD). In particolare la nuova disciplina europea contenuta nella citata direttiva 2014/59/UE(cosiddetta direttiva BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive) anticipa alla fase fisiologica dell'attività bancaria la gestione dell'eventuale crisi delle banche e dei gruppi bancari. Nella fase patologica dell'attività bancaria, le norme comunitarie e la disciplina nazionale di attuazione hanno introdotto un nuovo strumentario a disposizione delle autorità di settore e delle banche stesse: in particolare, con la cd. risoluzione viene avviato un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione, in Italia la Banca d'Italia – che, attraverso l'utilizzo di tecniche e poteri offerti dalle disposizioni, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. Resta in vigore la misura della liquidazione coatta amministrativa; in presenza di uno stato di dissesto, anche solo prospettico, le autorità di risoluzione devono valutare se è possibile attivare la procedura ordinaria di liquidazione coatta amministrativa o se è necessario avviare la procedura di risoluzione.Ai fini della risoluzione di banche e gruppi, le autorità preposte allo scopo possono attivare una serie di misure (articolo 17 e seguenti del D.Lgs. n. 180 del 2015):
vendere una parte dell'attività a un acquirente privato;
trasferire temporaneamente le attività e passività a un'entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato;
trasferire le attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli;
applicare il bail-in, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
Per quanto concerne invece il SRM - Meccanismo di risoluzione unico, si ricorda che è stato ratificato (legge n. 188 del 2015) l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al fondo di risoluzione unico, con Allegati, fatto a Bruxelles il 21 maggio 2014, con processo verbale di rettifica, fatto a Bruxelles il 22 aprile 2015. Per una disamina più dettagliata, si veda l'articolo 2 del provvedimento.
E' all'esame delle competenti commissioni parlamentari lo schema di decreto legislativo n. 241,volto a recepire la direttiva 2014/49/UE (c.d. Deposit Guarantee Schemes Directive - DGSD), che istituisce un quadro normativo armonizzato a livello dell'Unione Europea in materia di sistemi di garanzia dei depositi, attuando così la delega contenuta all'articolo 7 della legge 9 luglio 2015, n. 114 (legge delegazione europea 2014).
Viene così disciplinata la dotazione finanziaria dei sistemi di garanzia, che deve essere proporzionata alle passività e deve raggiungere un limite minimo (in linea generale, lo 0,8 dei depositi delle banche aderenti). Sono altresì descritte le modalità per costituire la dotazione finanziaria dei sistemi di garanzia, prevedendo un sistema di contribuzione ex ante (in luogo dell'attuale meccanismo di contribuzione ex post, ovvero che si attiva in caso di necessità). Accanto alle forme di contribuzione ordinaria è prevista una contribuzione straordinaria, in caso di insufficienza della dotazione finanziaria. Sono definiti ambiti e modalità di azione dei sistemi di garanzia, ai quali è consentito intervenire anche nelle fasi della risoluzione delle banche, così come - ove previsto dallo statuto - allo scopo di superare lo stato di dissesto. Si conferma il limite di 100.000 euro per i depositi protetti e si chiarisce che il termine per il rimborso è destinato a ridursi progressivamente nel tempo passando, dagli attuali venti, a sette giorni lavorativi, una volta che il quadro normativo sarà a regime (dal 1° gennaio 2024). Sono introdotte norme sulla cooperazione dei sistemi di garanzia istituiti in UE e di coordinamento delle relative azioni. Sono attribuiti alla Banca d'Italia poteri di vigilanza e di disciplina sugli SGD, correlati alla nuova normativa. Viene poi puntualmente disciplinato l'insieme di obblighi informativi alla clientela sui sistemi di garanzia stessi e sulla loro operatività.
Al riguardo si segnala che il 27 febbraio 2015 la Commissione europea ha avviato, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), un'indagine formale nei confronti dell'Italia in relazione agli interventi di sostegno concessi dal sistema di garanzia dei depositi italiano, ossia il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi ("FITD"), a favore della banca Tercas - Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo S.p.A. (come evidenziato nel corso delle audizioni svoltesi presso la VI Commissione Finanze della Camera dai rappresentanti del Fondo Interbancario di tutela dei depositi). In via preliminare, la Commissione osserva che, conformemente all'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza tra gli Stati membri. Nel caso di specie, come indicato nella direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, laddove i sistemi di garanzia attuino misure volte a prevenire il fallimento di un ente creditizio, dovrebbero sempre rispettare le norme sugli aiuti di Stato. Ebbene, la Commissione rileva che è altamente probabile che i sistemi di garanzia dei depositi concedano aiuti di Stato quando intervengono al fine di prevenire il fallimento di un ente creditizio, dato che agiscono in virtù di un pubblico mandato dello Stato membro e rimangono sotto il controllo dell'autorità pubblica. La Commissione ha avviato la procedura di indagine formale in mancanza di informazioni rilevanti per valutare la compatibilità degli interventi con il mercato interno. In particolare, a suo avviso sono assenti o decisamente insufficienti gli elementi che dimostrino che:
Per quanto riguarda l'esenzione fiscale degli interventi del FITD, la Commissione osserva che la misura non è stata notificata e le informazioni fornite nella pre-notifica sono insufficienti affinché la Commissione stessa possa verificare la compatibilità della misura con il mercato interno. |
Articolo 1L'articolo 1 del provvedimento costituisce gli enti-ponte previsti dai provvedimenti di avvio della risoluzione di alcuni istituti bancari, ovvero della Banca delle Marche, della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, della Cassa di Risparmio di Ferrara e della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti. In proposito, si ricorda che il 22 novembre 2015 la Commissione europea ha approvato, in quattro decisioni distinte, i piani di risoluzione delle quattro banche italiane sopra menzionate e di cui si occupa il provvedimento in esame, conformemente alle norme UE sugli aiuti di stato (comunicazione sul settore bancario del 2013). La Commissione ha ritenuto che l'intervento del fondo di risoluzione dell'Italia consenta l'ordinata risoluzione delle banche in questione preservando la stabilità finanziaria. La Commissione ha giudicato i piani di risoluzione delle predette banche (la cui quota combinata rappresenta approssimativamente l'1% del mercato italiano) conformi alle norme UE in materia di aiuti di stato. Ciò fa seguito alla decisione della Banca d'Italia di assoggettare gli istituti, ciascuno dei quali era già stato posto in amministrazione straordinaria, a procedure di risoluzione conformemente alle norme UE sul risanamento e sulla risoluzione delle banche. In particolare la Commissione ha considerato che il piano italiano di ricorrere al fondo di risoluzione nazionale minimizza la necessità di aiuti di stato senza falsare indebitamente la concorrenza, preservando la stabilità finanziaria. I depositi rimarranno interamente protetti. Come risulta anche dal comunicato stampa emesso della Commissione, il fondo di risoluzione dell'Italia è chiamato ad erogare 3,6 miliardi di euro alle banche ponte, per capitalizzarle e per coprire la differenza negativa fra gli attivi trasferiti e le passività. Le misure comprendono anche un trasferimento di attivi deteriorati dalle banche ponte a una nuova società veicolo per la gestione degli attivi ed il fondo di risoluzione è chiamato a garantire tale cessione di attivi deteriorati, rafforzando in tal modo i bilanci delle banche ponte. Il beneficio connesso a tale garanzia è stato quantificato approssimativamente in 400 milioni di euro di ulteriore supporto del fondo di risoluzione. La Commissione ha riconosciuto che le misure sono in linea con l'obiettivo generale di salvaguardia della stabilità finanziaria e che gli azionisti e detentori di debiti subordinati di tali istituti hanno contribuito a coprire i costi, riducendo così al minimo il fabbisogno di aiuti di stato secondo i principi di condivisione degli oneri.
Inoltre, è stato sottolineato dalla Commissione come, per limitare le distorsioni della concorrenza, le banche ponte esisteranno solo per un periodo limitato e sarà attuata una politica di gestione prudente. Infine, la Commissione si riserva di valutare ai sensi delle norme UE sugli aiuti di stato la redditività del soggetto risultante dalla vendita delle banche ponte.
I provvedimenti di risoluzione sono stati emanati dalla Banca d'Italia nel novembre 2015 e sono consultabili sul sito web dell'Autorità. Il comma 1 costituisce, con effetto dalle ore 00,00 del 23 novembre 2015, quattro società per azioni:
Esse hanno per oggetto lo svolgimento dell'attività di ente-ponte ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, con riguardo rispettivamente alla Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., alla Banca delle Marche S.p.A., alla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e alla Cassa di risparmio di Chieti S.p.A, che si trovano in risoluzione, con l'obiettivo di:
Gli articoli da 42 a 44 del D.lgs. n. 180 del 2015 disciplinano la cessione dei beni di una banca in risoluzione ad un cd. ente-ponte (bridge bank). Per tale si intende (articolo 42) l'ente costituito per gestire beni e rapporti giuridici acquistati ai sensi delle procedure di risoluzione, con l'obiettivo di mantenere la continuità delle funzioni essenziali precedentemente svolte dall'ente sottoposto a risoluzione e, quando le condizioni di mercato sono adeguate, cedere a terzi le partecipazioni al capitale o i diritti, le attività o le passività acquistate. Il capitale dell'ente-ponte è interamente o parzialmente detenuto dal fondo di risoluzione o da autorità pubbliche; la Banca d'Italia ne approva l'atto costitutivo e lo statuto, nonché la strategia e il profilo di rischio; approva la nomina dei componenti degli organi di amministrazione e controllo dell'ente-ponte, l'attribuzione di deleghe e le remunerazioni; stabilisce restrizioni all'attività dell'ente-ponte, ove necessario per assicurare il rispetto delia disciplina degli aiuti di Stato. Una peculiarità di tale ente è che può essere autorizzato allo svolgimento delle attività bancaria e di investimento in via provvisoria, ancorché non soddisfi inizialmente i requisiti di legge.
L'articolo 43 disciplina oggetto, modalità, effetti della cessione all'ente-ponte di azioni, partecipazioni, attività e passività dell'ente sottoposto a risoluzione. All'ente ponte sono cedute tutte le azioni o le altre partecipazioni emesse da uno o più enti sottoposti a risoluzione, o parte di esse; tutti i diritti, le attività o le passività, anche individuabili in blocco, di uno o più enti sottoposti a risoluzione, o parte di essi. Il valore complessivo delle passività cedute all'ente-ponte non supera il valore totale dei diritti e delle attività ceduti o provenienti da altre fonti. La Banca d'Italia, su istanza dell'ente-ponte, può disporre la cessione a un terzo delle azioni o delle altre partecipazioni o dei diritti, delle attività o delle passività da esso acquisiti, secondo una procedura aperta, trasparente, non discriminatoria nei confronti dei potenziali acquirenti, assicurando che la cessione avvenga a condizioni di mercato. L'ente-ponte succede all'ente sottoposto a risoluzione nei diritti, nelle attività o nelle passività ceduti, salvo che la Banca d'Italia disponga diversamente ove necessario per conseguire gli obiettivi della risoluzione.
L'ente ponte (articolo 44) cessa ove non sussistano più le condizioni per la sua esistenza, ossia nel caso si fonda con un altro soggetto, oppure ove le autorità pubbliche o il fondo di risoluzione ne ritrasferiscano a terzi le attività; ove i diritti, le attività e le passività dell'ente siano ceduti a un terzo; sono completati la liquidazione delle attività e il pagamento delle passività. Esso comunque cessa quando è accertato che nessuna delle situazioni precedentemente elencate ha ragionevoli probabilità di verificarsi e, comunque, ove siano trascorsi due anni dall'ultima cessione dell'ente-ponte. Il termine di due anni può essere prorogato in presenza di specifiche condizioni di legge.
In sostanza, con la pubblicazione del provvedimento in esame, avente forza di legge, si tiene luogo delle formalità civilistiche di costituzione della società e di iscrizione nel registro delle imprese. La relazione illustrativa chiarisce che la necessità e urgenza di tali disposizioni risiede nel fatto che, al fine di evitare impatti per la stabilità finanziaria e rischi di contagio, le misure di risoluzione devono essere attuate ad horas e nella circostanza che è necessario dissipare talune incertezze normative, che potrebbero risultare in una dilatazione dei tempi di attuazione delle misure di risoluzione.
Il comma 2 dell'articolo 1 chiarisce che agli enti-ponte così costituiti possono essere trasferiti azioni, partecipazioni, diritti, nonché attività e passività delle banche in risoluzione, ai sensi del già richiamato articolo 43 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180.
Il comma 3 fissa il capitale sociale degli enti-ponte così costituiti. In particolare, il capitale della Nuova Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A. è stabilito in euro 191.000.000 ed è ripartito in n. 10.000.000 (dieci milioni) di azioni; il capitale sociale della Nuova Banca delle Marche S.p.A. è stabilito in euro 1.041.000.000 ed è ripartito in n. 10.000.000 (dieci milioni) di azioni; il capitale sociale della Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio S.p.A, è stabilito in euro 442.000.000 ed è ripartito in n. 10.000.000 (dieci milioni) di azioni; il capitale sociale della Nuova Cassa di risparmio della provincia di Chieti S.p.A. è stabilito in euro 141.000.000 ed è ripartito in n. 10.000.000 (dieci milioni) di azioni. Tali azioni sono interamente sottoscritte dal Fondo nazionale di risoluzione, che è stato istituito con il provvedimento n. 1226609/15 del 18 novembre 2015 della Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 78 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180. La predetta norma stabilisce che i Fondi di risoluzione, istituiti presso la Banca d'Italia, siano alimentati da contributi versati dalle banche, dai contributi straordinari (versati ove gli ordinari siano insufficienti a coprire perdite, costi o altre spese), prestiti e altre forme di sostegno finanziario (nel caso di insufficienza dei contributi ordinari e di non disponibilità o sufficienza dei contributi ordinari) e delle somme versate dall'ente sottoposto a risoluzione o dall'ente-ponte, interessi e altri utili derivanti dai propri investimenti. I Fondi costituiscono un patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della Banca d'Italia e da quello di ciascun soggetto che le ha fornite. Tali fondi sono finalizzati, in seno alla risoluzione degli enti creditizi (articolo 79):
Essi, in linea generale, non possono assorbire direttamente le perdite delle banche sottoposte a risoluzione né possono ricapitalizzarle. Nel rispetto dell'articolo 42, comma 2, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, il capitale di nuova emissione della società può essere sottoscritto anche da soggetti diversi dal Fondo nazionale di risoluzione.
Si chiarisce che (comma 4 dell'articolo 1) la Banca d'Italia con proprio provvedimento adotta lo statuto, nomina i primi componenti degli organi di amministrazione e controllo e ne determina i compensi. Per la fase successiva alla costituzione si rinvia a quanto stabilito dall'articolo 42, comma 3, del richiamato decreto legislativo n. 180 del 2015, che affida all'Autorità il compito di approvare l'atto costitutivo e lo statuto dell'ente-ponte, nonché la strategia e il profilo di rischio; di approvare la nomina dei componenti degli organi di amministrazione e controllo dell'ente-ponte, l'attribuzione di deleghe e le remunerazioni; di stabilire restrizioni all'attività dell'ente-ponte, ove necessario per assicurare il rispetto della disciplina degli aiuti di Stato. Il 22 novembre 2015 la Banca d'Italia ha provveduto ai primi adempimenti relativi a detti enti, con efficacia differita al momento della costituzione dell'ente ponte: di conseguenza, per effetto delle norme in commento essi sono convalidati.
Al comma 5 si chiarisce che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto tiene luogo di tutti gli adempimenti di legge richiesti per la costituzione delle società e che dalla medesima data per le obbligazioni sociali rispondono soltanto le società con il proprio patrimonio.
Il comma 6, ferma restando l'efficacia del provvedimento in GU, specifica che gli adempimenti societari devono essere perfezionati dagli amministratori delle società nel più breve tempo possibile dall'atto del loro insediamento. |
Articolo 2Con l'articolo 2 si intende chiarire alcuni aspetti legati alle disponibilità finanziarie del Fondo di risoluzione nazionale, successivamente all'integrale avvio del meccanismo di risoluzione unico. La norma, infatti, illustra le modalità con cui il sistema bancario nazionale provvede a somministrare al Fondo di risoluzione nazionale i mezzi finanziari necessari all'adempimento degli obblighi assunti da questo prima dell'avvio del meccanismo di risoluzione unico, qualora le contribuzioni ordinarie e straordinarie già versate non siano sufficienti.
Si rammenta in sintesi che il Meccanismo unico di risoluzione (Single Resolution Mechanism - SRM), cui si è accennato nel paragrafo dedicato all'Unione Bancaria, costituisce - insieme al Codice unico europeo e al Meccanismo di vigilanza unico - uno dei tre pilastri dell'Unione medesima. Scopo del SRM è garantire che il settore bancario nella zona euro e nell'Unione europea sia sicuro e affidabile, che le banche insolvibili siano soggette a risoluzione senza ricorrere al denaro dei contribuenti, riducendo al massimo l'impatto sull'economia reale. Gli obiettivi principali del SRM consistono nel rafforzare la fiducia nel settore bancario; nell'impedire la corsa agli sportelli e il contagio nelle situazioni di dissesto; nel ridurre al minimo la relazione negativa tra banche ed emittenti sovrani; nell'eliminare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari. Le norme relative al Meccanismo di risoluzione unico (SRM), quando entreranno in vigore, si applicheranno alle banche degli Stati membri della zona euro e a quelle dei Paesi dell'UE che scelgono di aderire all'Unione bancaria. Il SRM è disciplinato dal Regolamento (UE) n. 806/2014, che fissa norme ed una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico, e consta di un'autorità di risoluzione a livello dell'UE, il Comitato di risoluzione unico, e di un Fondo di risoluzione comune, finanziato dal settore bancario.
Il Fondo verrà costituito nell'arco di 8 anni, e dovrebbe raggiungere almeno l'1% dell'importo dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati in tutti gli Stati che fanno parte dell'Unione bancaria, per un totale stimato di circa 55 miliardi di euro. Il contributo dovuto da ciascuna banca sarà calcolato in percentuale dell'ammontare delle sue passività (con l'esclusione dei fondi propri e dei depositi protetti) rispetto alle passività aggregate (esclusi i fondi propri e i depositi protetti) di tutti gli enti creditizi autorizzati negli Stati membri partecipanti e adattato in proporzione ai rischi assunti di ciascun ente. I contributi delle banche raccolti a livello nazionale saranno trasferiti al Fondo di risoluzione unico (con le modalità definite dall'Accordo di Bruxelles, per cui si veda infra), al quale sarà possibile accedere solo in caso di applicazione corretta e totale delle norme di bail-in e dei principi stabiliti nella direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche e nel regolamento sul meccanismo di risoluzione unico. Tale condizione è volta a garantire il rispetto di uno dei princìpi portanti dell'Unione bancaria, ossia che il costo dei dissesti bancari gravi sul settore finanziario e non sui contribuenti. Il Fondo sarà inizialmente costituito da "comparti nazionali", che verranno fusi in modo graduale durante una fase transitoria della durata di otto anni. La messa in comune dell'utilizzo dei fondi versati inizierà con il 40% nel primo anno e un ulteriore 20% nel secondo, per poi aumentare di un importo costante per i successivi sei anni finché i comparti nazionali non cesseranno di esistere. Nel caso di crisi, le risorse utilizzate sarebbero in primis quelle dei comparti corrispondenti agli Stati in cui hanno sede le banche coinvolte dalla procedura di risoluzione mentre le risorse degli altri comparti verranno coinvolte con un meccanismo di mutualità gradualmente crescente.
La legge n. 188 del 2015 ha ratificato l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo di risoluzione unico, con Allegati, fatto a Bruxelles il 21 maggio 2014, con processo verbale di rettifica, fatto a Bruxelles il 22 aprile 2015. Detto accordo definisce, per la succitata fase transitoria, le modalità per il trasferimento e la messa in comune dei fondi. La decisione di ricorrere allo strumento d un autonomo accordo internazionale, è stata assunta dal Consiglio allo scopo di venire incontro alle preoccupazioni di natura giuridica e costituzionale sollevate da alcuni Stati membri secondo i quali i Trattati vigenti non offrivano una base legale sufficiente per imporre alle banche un obbligo di contribuzione diretta al Fondo.
In particolare, ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 in esame, dopo l'avvio del Meccanismo di risoluzione unico (ai sensi dell'articolo 99 del regolamento (UE) n. 806/2014) fermi restando gli obblighi di contribuzione al Fondo di risoluzione unico (previsti dagli articoli 70 e 71 del medesimo regolamento n. 806/2014), le banche aventi sede legale in Italia e le succursali italiane di banche extracomunitarie, qualora i contributi ordinari e straordinari già versati al Fondo di risoluzione nazionale, al netto dei recuperi derivanti da operazioni di dismissione poste in essere dal Fondo, non siano sufficienti alla copertura delle obbligazioni, perdite, costi e altre spese a carico del Fondo di risoluzione nazionale in relazione alle misure previste dai provvedimenti di avvio della risoluzione, versano contribuzioni addizionali al Fondo di risoluzione nazionale nella misura determinata dalla Banca d'Italia, comunque entro il limite complessivo, inclusivo delle contribuzioni versate al Fondo di risoluzione unico, previsto dalle norme UE. Per l'anno 2016 tale limite complessivo è incrementato di due volte l'importo annuale dei contributi determinati in conformità all'articolo 70 del regolamento (UE) n. 806/2014 e del regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/81 In estrema sintesi, il richiamato articolo 70 dispone che il contributo annuo di ciascun ente sia calcolato in percentuale dell'ammontare delle sue passività, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, in relazione alle passività aggregate, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati nei territori di tutti gli Stati membri partecipanti. Il calcolo dei singoli contributi è affidato in concreto al Comitato di risoluzione, previa consultazione della BCE o dell'autorità nazionale competente e in stretta cooperazione con le autorità nazionali di risoluzione.
Il comma 2 dell'articolo 2 prevede che, in caso di inadempimento dell'obbligo di versare al Fondo di risoluzione nazionale i contributi addizionali determinati ai sensi dell'illustrato comma 1, si applicano le sanzioni ordinariamente previste (ex articolo 96 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180) per le violazioni degli obblighi di contribuzione al fondo di risoluzione nazionale (ex articoli 82 e 83 del medesimo D.Lgs). Giusto il rimando all'articolo 144, comma 1 del Testo unico bancario (come recentemente riformato dal D.Lgs. n. 72 del 2015) nel caso di violazione degli obblighi di versamento al Fondo di risoluzione nazionale dunque la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000 fino al 10 per cento del fatturato nei confronti delle banche, degli intermediari finanziari, delle rispettive capogruppo, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento e dei soggetti ai quali sono state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti, nonché di quelli incaricati della revisione legale dei conti. |
Articolo 3L'articolo 3 reca disposizioni fiscali. In particolare il comma 1 reca norme concernenti il trattamento tributario delle DTA – Deferred Tax Assets per gli istituti nei confronti dei quali sono adottate azioni di risoluzione, prevedendo che la trasformazione in credito d'imposta delle DTA, iscritte nella situazione contabile di riferimento dell'ente sottoposto a risoluzione, decorre dalla data di avvio della risoluzione ed opera sulla base dei dati della medesima situazione contabile. A decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di avvio della risoluzione, cessano di essere deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta. Tale disposizione (comma 2) si applica a decorrere dal 23 novembre 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180.
Il comma 3 dell'articolo 3 in commento incide invece sull'articolo 16 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, al fine di precisare che le misure fiscali ivi contenute decorrono dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, in luogo del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015. In particolare, si tratta delle disposizioni (contenute nell'articolo 16, comma 1) che consente di dedurre in un unico esercizio (rispetto ai precedenti 5 anni) le svalutazioni e le perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione, ai fini delle imposte dirette. Con detta modifica, tale facoltà risulta applicabile anche ai soggetti con periodo d'imposta non coincidente ovvero superiore all'anno solare. Il comma 4 dispone che i versamenti effettuati dal fondo di risoluzione agli enti ponte non si considerano sopravvenienze attive ai fini delle imposte sui redditi, dunque evitando così l'applicazione dell'IRES (articolo 88 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) su tali somme. |
Articolo 4L'articolo 4 reca la decorrenza delle norme in esame: esse si applicano dal 23 novembre 2015, data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
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