Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||||
Titolo: | Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria - D.L. 83/2015 ' A.C. 3201 - Schede di lettura | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 318 | ||||||
Data: | 01/07/2015 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Misure urgenti in
materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e
funzionamento dell’amministrazione giudiziaria D.L. 83/2015 – A.C. 3201 |
Schede di
lettura |
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n. 318 |
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1° luglio 2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento giustizia ( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it |
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La
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File:
D15083 |
INDICE
TITOLO I Interventi in materia di
procedure concorsuali
CAPO I Facilitazione della finanza
nella crisi
CAPO II Apertura alla concorrenza
nel concordato preventivo
§ Art. 2 (Offerte concorrenti)
§ Art. 3 (Proposte concorrenti)
§ Art. 4 (Integrazione del contenuto della proposta
di concordato)
CAPO III Modifiche alla disciplina
del curatore fallimentare
§ Art. 5 (Requisiti per la nomina a curatore)
§ Art. 6 (Programma di liquidazione)
§ Art. 7 (Chiusura della procedura di fallimento)
CAPO IV Contratti pendenti nel concordato preventivo
CAPO V Accordo di ristrutturazione
con intermediari finanziari e convenzione di moratoria
§ Art. 9 (Crisi d’impresa con prevalente
indebitamento verso intermediari finanziari)
CAPO VI Rateizzazione del prezzo
§ Art. 11 (Rateizzazione del prezzo)
TITOLO II Interventi in materia di
procedure esecutive
CAPO I Modifiche al codice civile
§ Art. 12 (Modifiche al codice civile)
§ Art. 13 (Modifiche al codice di procedura civile)
§ Art. 15 (Portale
delle vendite pubbliche)
TITOLO III Disposizioni in materia
fiscale
§ Art. 17 (Blocco trasformazione in crediti di imposta
delle attività per imposte anticipate)
§ Art. 18 (Proroga
degli effetti del trattenimento in servizio dei magistrati ordinari)
§ Art. 19 (Disposizioni
in materia di processo civile telematico)
§ Art. 20 (Misure
urgenti per la funzionalità del processo amministrativo)
§ Art. 21 (Disposizioni
in materia di fondo per l’efficienza della giustizia)
TITOLO V Disposizioni finanziarie,
transitorie e finali
§ Art. 22 (Copertura
finanziaria)
§ Art. 23 (Disposizioni
transitorie e finali)
§
Il decreto-legge, composto da 24 articoli, detta una serie di misure in materia fallimentare, civile e processuale civile nonché di natura organizzativa.
In particolare, il provvedimento d’urgenza interviene in materia di:
· procedure concorsuali (Titolo I);
· procedure esecutive (Titolo II);
· misure fiscali (Titolo III);
· efficienza della giustizia e processo telematico (titolo IV).
Una specifica disciplina transitoria è dettata, infine, dal Titolo V.
In particolare, sono previste disposizioni che introducono:
- facilitazioni per l’accesso al credito da parte dell’impresa che abbia chiesto il concordato preventivo (anche con riserva): le relative richieste di finanziamento sono assistite dal beneficio della prededuzione;
- maggiore competitività nel concordato preventivo, con la possibilità di apertura sia ad offerte concorrenti per l’acquisto dei beni che a proposte di concordato alternative a quella dell’imprenditore;
- un nuovo accordo di ristrutturazione dei debiti nei confronti di creditori finanziari (banche ed intermediari) con la previsione di una moratoria dei crediti;
- un’azione revocatoria semplificata per atti a titolo gratuito pregiudizievoli dei creditori, in relazione ai quali questi ultimi potranno procedere subito a esecuzione forzata;
- più stringenti requisiti per i curatori nel fallimento nonchè la possibilità di rateizzare il prezzo delle vendite e degli altri atti di liquidazione;
- una disciplina migliorativa per i contratti pendenti nel concordato preventivo;
- una serie di novità in materia di esecuzione forzata con la finalità di velocizzare le procedure (tra cui, specifiche riduzioni di termini, la rateizzazione del prezzo di vendita, la degiurisdizionalizzazione della fase liquidativa dell’espropriazione immobiliare, l’istituzione del portale unificato delle vendite esecutive);
- disposizioni in materia fiscale volte ad ampliare la deducibilità delle perdite ai fini Ires e Irap;
- modifiche della disciplina del processo civile telematico.
Specifiche disposizioni riguardano la proroga della permanenza in servizio dei magistrati ordinari, l’abrogazione della prevista riorganizzazione territoriale dei TAR nonché l’ingresso nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale amministrativo proveniente dalle province e dalle aree metropolitane.
Il Titolo I ha ad
oggetto una serie di interventi in
materia di procedure concorsuali.
Tali interventi fanno seguito a una serie di modifiche legislative succedutesi negli ultimi anni in materia.
Le più
recenti modifiche legislative sulle procedure concorsuali
In particolare, l'articolo 33 del decreto legge n. 83 del 2012 (legge. conv. n. 134 del 2012) ha modificato alcune norme della legge fallimentare introducendone di nuove, intervenendo in prevalenza sulla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.
Le nuove previsioni intendono, da una parte, permettere alle imprese in crisi un accesso più rapido alle procedure di risanamento consentendo tra l'altro l'accesso a nuovi mezzi finanziari garantendo la continuità aziendale ed estendendo talune tutele già nella fase preliminare di negoziazione con i creditori, dall'altra, l'intenzione di garantire maggior rigore (con correlate sanzioni anche penali) in materia di attestazioni del professionista.
Le novità principali hanno riguardato:
- la possibilità, nel concordato preventivo, di presentare il piano anche dopo la presentazione della domanda (cd. concordato in bianco o preconcordato o concordato con riserva), riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione prescritta entro un termine fissato dal giudice (al massimo 120 giorni, prorogabili di ulteriori sessanta). Fino al decreto di apertura del concordato preventivo il debitore, previa autorizzazione del tribunale, può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili dall'attivo. Si è inteso così consentire al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi sino a generare un vero e proprio stato di insolvenza e promuovere la prosecuzione dell'attività produttiva dell'imprenditore in concordato (la nuova procedura è ispirata al c.d. Chapter 11 statunitense che ha dato più volte prova di efficienza e rapidità, consentendo, tra l'altro, i salvataggi di General Motors e Chrysler).
- la possibilità di accedere allo strumento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti anche dopo aver presentato domanda di ammissione al concordato preventivo, garantendo così piena alternativa tra le due procedure.
- la possibilità, per il debitore che sia in procinto di presentare un piano di concordato preventivo o una proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, di ottenere "finanza ponte" prededucibile all'esito di apposito vaglio di congruità e funzionalità effettuato dal professionista nella propria relazione (dunque in pendenza di omologazione del concordato o dell'accordo);
- l'introduzione di un'apposita disciplina del concordato con continuità aziendale ovvero il concordato che prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa;
- il blocco delle azioni esecutive e cautelari dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese;
- l'obbligo di attestazione della veridicità dei dati aziendali per il professionista che redige il piano di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d) L. Fall. ovvero la relazione che accompagna l'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis, comma 1, L. Fall., analogamente a quanto previsto per il concordato preventivo.
Il decreto-legge ha poi introdotto nella legge fallimentare l'art. 236-bis, Falso in attestazioni e relazioni, fattispecie che si articola su due condotte alternative integrate da falsità documentali e il cui oggetto materiale è rappresentato dalle relazioni e dalle attestazioni di cui agli artt. 67, terzo comma, lett. d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis L. fall. Soggetto attivo dei reati è il "professionista" tenuto a redigere dette relazioni e ad effettuare le attestazioni. Il fatto tipico consiste invece nella esposizione di informazioni false ovvero nell'omissione di informazioni rilevanti. La sanzione è costituita dalla reclusione da due a cinque anni e dalla multa da 50.000 a 100.000 euro. Sono previste due circostanze aggravanti: una prima (comma secondo), ad effetto ordinario, per il caso in cui il fatto sia commesso dal "professionista" al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri; una seconda (comma terzo), ad effetto speciale per il caso in cui dal fatto consegua un danno per i creditori.
Le ampie modifiche apportate all'istituto del concordato preventivo hanno determinato per alcuni uffici giudiziari l'esigenza di predisporre linee guida per orientare gli operatori. In particolare, si segnalano quelle predisposte dalla Sezione II civile - Fallimenti del Tribunale di Milano.
Si ricorda che, in relazione al cd. concordato in bianco (o con riserva) di cui all'art. 161 della legge fallimentare, il D.L. 145 del 2013 (L. 9 del 2014) aveva introdotto nell'ordinamento una norma di interpretazione autentica dell'art. 111, comma 2, della legge 267/1942, che sottoponeva ad alcune specifiche condizioni la prededucibilità dei crediti nelle citate procedure. In particolare, la norma considerava prededucibili i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo con riserva, ma solo a condizione che:
- la proposta, il piano e la documentazione richiesta fossero presentati entro il termine eventualmente prorogato dal giudice per il conpletamento della domanda con riserva;
- la procedura di concordato preventiva seguisse, senza soluzione di continuità, la presentazione della domanda di ammissione al concordato con riserva.
Tale norma interpretativa è stata, tuttavia abrogata, dall'art. 22, comma 7 del D.L. 91 del 2014 (L. 116 del 2014).
La breve esperienza applicativa ha dimostrato come tale disposizione interpretativa limitasse in modo consistente il riconoscimento del beneficio della prededuzione, rappresentando un ostacolo o quantomeno un'incongruenza rispetto ai più recenti orientamenti del Legislatore in materia di concordato preventivo. Infatti, tutti gli ultimi interventi di riforma in materia fallimentare avevano mirato a una maggiore efficienza della procedura concordataria e un'incentivazione dell'accesso delle imprese a questo strumento di gestione della crisi. Pur avendo il condivisibile intento di scoraggiare fenomeni di abuso nell'utilizzo della domanda di concordato preventivo con riserva, la precedente interpretazione autentica dell'art. 111, co. 2 L. fall. rischiava di pregiudicarne la funzionalità e gli obiettivi. Diminuendo le certezze dei creditori riguardo alla garanzia del rimborso prioritario in caso di successivo fallimento, la norma abrogata: da un lato, rendeva più arduo per il debitore trovare fornitori e finanziatori disposti ad investire nel risanamento dell'impresa; dall'altro lato (e in conseguenza del timore del debitore di perdere la fiducia di fornitori e banche) disincentivava un utilizzo corretto e tempestivo del preconcordato, che da strumento fondamentale per la preservazione della continuità aziendale rischiava di divenire anticamera di concordati meramente liquidatori o di fallimenti. Il Legislatore ha quindi deciso di tornare sui propri passi, eliminando almeno uno degli elementi di incertezza presenti nella disciplina del concordato preventivo: affinchè i crediti di fornitori e banche sorti durante il periodo "in bianco" siano garantiti dal beneficio della prededuzione in caso di successivo fallimento del debitore non è più necessario che proposta, piano e documentazione del concordato siano depositati entro il termine stabilito dal tribunale e che consegua l'effettiva apertura della procedura di concordato preventivo.
Il successivo intervento sulla legge fallimentare da parte dell'art. 82 del decreto legge n. 69 del 2013 (conv. L. 98/2013) ha inteso offrire maggiori garanzie di carattere informativo per i creditori e per il tribunale nel concordato preventivo “in bianco” (o “con riserva”) introdotto dal D.L: 83/2012. Con tale forma di concordato preventivo sono anticipati gli effetti protettivi del patrimonio dell'impresa in crisi, indipendentemente dalla elaborazione della proposta e del piano di concordato.
L’obiettivo delle disposizioni introdotte dall’art. 83 del decreto deriva dal notevole ricorso all'istituto del citato concordato in bianco non del tutto corrispondente alle finalità che ne hanno ispirato l'introduzione, rappresentate dall'anticipazione degli effetti protettivi del patrimonio dell'impresa in crisi. L'intervento è volto pertanto a conservare la flessibilità e la snellezza dello strumento, approntando però delle misure volte ad implementare il patrimonio informativo dei creditori e del tribunale già in sede di fissazione del termine attraverso l'estensione degli obblighi di deposito del debitore.
Viene modificato, quindi, l’art. 161 della legge fallimentare prevedendo che l’imprenditore che presenti la domanda per il concordato “in bianco” debba presentare insieme non solo i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi ma anche l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti.
Inoltre:
- il tribunale, nel fissare un termine per la presentazione del piano, può nominare subito il commissario giudiziale (in precedenza, invece, la nomina del commissario poteva avere luogo solamente con il decreto che apre la procedura di concordato preventivo, dopo la presentazione del piano); si applica l’art. 170, secondo comma, L. Fall., in base a cui i libri su cui è stato annotato il decreto di ammissione al concordato sono restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale;
- il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale – nelle forme seguite per la dichiarazione di fallimento e verificata la sussistenza delle condotte stesse – può con decreto dichiarare improcedibile la domanda di concordato e, su istanza del creditore o del P.M., accertati i presupposti per la dichiarazione di fallimento, lo dichiara con sentenza reclamabile ai sensi dell’art. 18 L. Fall. (reclamo del debitore e di qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di 30 giorni).
Viene, poi, integrata la disciplina degli atti urgenti di straordinaria amministrazione che il debitore può compiere fino al decreto di apertura del concordato preventivo, previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni. In base alla modifica introdotta il tribunale ha obbligo di acquisire il parere del commissario giudiziale.
Infine, sono precisati ulteriormente gli obblighi informativi periodici disposti dal tribunale, che il debitore deve assolvere.
Il più recente decreto-legge 132 del 2014 (legge conv. n. 162 del 2014), all'articolo 20 ha introdotto l'obbligo di deposito telematico di una serie di rapporti periodici e finali nell'ambito di procedure esecutive, concorsuali e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Ciò per consentire oltre che un controllo da parte del giudice preposto, anche ai Ministeri della giustizia e delle attività produttive di verificare l'esito e l'efficienza di tali procedure a fini statistici.
In particolare, il comma 1 aggiunge alcune disposizioni nell'art. 16-bis del decreto-legge n. 179/2012, che disciplina l'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali.
Inserendo disposizioni relative alla chiusura del fallimento, al concordato preventivo con cessione dei beni e con continuità aziendale, alla vendita nell'espropriazione immobiliare, il decreto-legge stabilisce che per la procedura fallimentare, di concordato preventivo e per le procedure esecutive individuali su beni immobili è previsto - a cura del curatore, del liquidatore o del commissario giudiziale, del delegato alla vendita dell'immobile - l'obbligo di elaborazione e di deposito del rapporto riepilogativo finale, da redigere in conformità a quanto già previsto dalla legge fallimentare (R.D. 267/1942, art. 33). In caso di concordato con continuità aziendale, è introdotto anche l'obbligo del commissario giudiziale di redigere il rapporto riepilogativo periodico.
Tutti questi rapporti dovranno essere depositati con modalità telematiche nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, nonché delle apposite specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.
Tali disposizioni si applicano anche ai rapporti periodici e finali nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (d.lgs. n. 270 del 1999).
Si ricorda, infine, che con decreto del Ministro della giustizia 28 gennaio 2015 è stata nominata la Commissione per le riforma delle procedure concorsuali, composta da magistrati, docenti universitari e professionisti, presieduta dal Dott. Renato Rordorf, presidente della I Sezione Civile della Corte di Cassazione e supportata da un Comitato Scientifico. Alla Commissione è stato assegnato il compito di analizzare organicamente il complesso delle normative in tema di procedure concorsuali e crisi d'impresa per monitorarne gli effetti e valutare la necessità di ulteriori eventuali interventi di riordino. Il mandato prevede anche una scadenza (31 dicembre 2015) per la presentazione di proposte normative sulla base di ambiti che lo stesso DM di nomina individua:
- nella valutazione di tutte le possibili ricadute della proposta, di imminente approvazione, del regolamento del Parlamento europeo che modifica il Reg. (CE) n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza transfrontaliere;
- nella razionalizzazione, semplificazione e uniformazione dei procedimenti previsti dalla legge fallimentare anche in relazione al raccordo con a disciplina del processo civile telematico;
- nell'individuazione di misure idonee ad incentivare l'emersione della crisi;
- nell’indagine statistica della durata e degli esiti dei procedimenti di concordato preventivo e fallimento nel periodo 2010-2014 e nell'adozione delle conseguenti misure funzionali alla:
- individuazione degli strumenti diretti a favorire una maggiore uniformità giurisprudenziale;
- incentivazione, in particolare, del concordato preventivo con continuità aziendale;
- accelerazione dei procedimenti liquidatori;
- armonizzazione della disciplina sui finanziamenti e sui crediti prededucibili;
- semplificazione delle disposizioni sul trattamento di creditori privilegiati e sulla suddivisione per classi dei creditori;
- individuazione di una disciplina inerente le proposte di piani concorrenti nella procedura di concordato preventivo.
- nell'individuazione delle linee generali di riforma delle procedure concorsuali diverse dal fallimento e, in particolare per quanto riguarda le procedure da sovraindebitamento, nella individuazione di misure volte a consentire al creditore di provocare l'apertura della procedura liquidatoria;
- nella ricognizione di linee di raccordo con le prospettive di riforma della materia dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;
- nella semplificazione, razionalizzazione e riduzione dei privilegi nonchè valutazione dell'introduzione di sistemi di garanzie mobiliari non possessorie, anche alla luce delle esperienze comparate e delle sollecitazioni internazionali.
L’articolo 1 è diretto a facilitare il reperimento di risorse finanziarie da parte dell’imprenditore, in vista della conclusione dei concordati.
In particolare, viene modificato l’articolo 182-quinquies della legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, numero 267 - LF) in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.
In base a tale articolo, il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo volta ad evitare azioni cautelari o esecutive può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili, se un professionista designato dal debitore, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.
Secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, in base ad alcuni orientamenti interpretativi la richiesta di autorizzazione alla contrazione dei finanziamenti interinali deve essere accompagnata, oltre che dall’attestazione dell’esperto, anche dal piano e dalla proposta di concordato: ciò anche in assenza un esplicito riscontro testuale nella disposizione così modificata nel 2012.
Verrebbe così limitata l’utilità pratica della nuova disposizione e risulterebbe ritardato il momento in cui l’impresa può accedere alla finanza prededucibile, nelle more della preparazione della documentazione concordataria. Di conseguenza sarebbero ridotte le concrete prospettive di risanamento dell’impresa in crisi.
L’articolo 1, comma 1, lettera a), pertanto, espressamente precisa, con la modifica del primo comma dell’articolo 182-quinquies della legge fallimentare, che la richiesta di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili può essere avanzata dal debitore anche prima del deposito del piano relativo alle modalità e ai tempi di adempimento della proposta di concordato preventivo e della relativa documentazione prescritta dall’art. 161 LF.
La lettera b) introduce poi un nuovo terzo comma all’articolo 182-quinquies, in base a cui il debitore può essere autorizzato fin dalla presentazione della domanda “prenotativa”, a contrarre limitati finanziamenti prededucibili a sostegno dell’attività aziendale, nel periodo necessario a presentare l’istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale. Si suppone che quest’ultimo, dovendo sostenere l’attività di impresa durante la procedura, sia di importo ben superiore.
In particolare, il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo, anche in assenza del piano, o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo volta ad evitare azioni cautelari o esecutive può chiedere al tribunale di essere autorizzato in via di urgenza a contrarre finanziamenti prededucibili, funzionali a urgenti necessità relative all’esercizio dell’attività aziendale fino alla scadenza:
- del termine fissato dal tribunale per la presentazione della proposta del piano e della relativa documentazione prescritta o
- fino all’udienza di omologazione o
- fino al termine di non oltre 60 giorni, stabilito dal tribunale, per il deposito dell’accordo di ristrutturazione, nel momento in cui dispone il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive.
Il ricorso deve specificare una serie di elementi:
· la destinazione dei finanziamenti
· che il debitore non è in grado di reperire altrimenti tali finanziamenti
· che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un pregiudizio imminente e irreparabile all’azienda.
Il tribunale, assunte sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione, sentito il commissario giudiziale se nominato e, se del caso, sentiti senza formalità i principali creditori, decide in camera di consiglio con decreto motivato, entro 10 giorni dal deposito dell’istanza di autorizzazione.
La richiesta può avere ad oggetto anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda.
Occorrerebbe precisare
direttamente nella disposizione di rango primario la definizione di “linee di
credito autoliquidanti”, locuzione utilizzata principalmente in ambito bancario
e in particolare nelle circolari della Banca d’Italia.
In fine, la lettera c) modifica il terzo comma dell’articolo 182-quinquies LF, estendendo anche alla cessione dei crediti la possibilità già prevista, per il tribunale, di concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti.
L’articolo 2 introduce, anzitutto, nella disciplina del concordato preventivo un nuovo articolo 163-bis L. Fall. che prevede l’apertura di una procedura competitiva rispetto all’offerta avanzata da un soggetto individuato, in ordine al trasferimento verso corrispettivo in denaro dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni.
La nuova disposizione (comma 1) consente la presentazione di altre offerte concorrenti in modo che le condizioni economiche assicurino il miglior realizzo dell’azienda e il ristoro dei creditori concordatari.
In base a quanto evidenziato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, infatti, il rischio di non ottenere le migliori condizioni economiche risulta particolarmente elevato, laddove la controparte del debitore non sia indipendente rispetto a quest’ultimo o quando il debitore non abbia già esperito un procedimento competitivo.
In particolare, il commissario giudiziale deve valutare, motivando le proprie conclusioni, la congruità dell’offerta tenendo conto a tal fine:
- dei termini e delle condizioni dell’offerta;
- del corrispettivo;
- delle caratteristiche dell’offerente.
L’offerta e il piano possono prevedere che il trasferimento abbia luogo prima della omologazione.
La medesima disposizione sul trasferimento prima della omologazione è presente
due volte all’interno del primo comma.
Il commissario può ritenere, alla luce di manifestazioni di interesse comunque pervenute, del valore dell’azienda o del bene, che l’offerta prevista nel piano non corrisponda al miglior interesse dei creditori. In tal caso chiede al tribunale, con istanza motivata, di aprire un procedimento competitivo.
Spetta quindi al tribunale, sentito il commissario, decidere sull’istanza oppure disporre d’ufficio l’apertura di un procedimento competitivo, tenendo conto - oltre che del valore dell’azienda o del bene - della probabilità di conseguire una migliore soddisfazione dei creditori.
Il tribunale dispone quindi con decreto l’apertura del procedimento competitivo che deve:
- stabilire le modalità di presentazione di offerte irrevocabili,
- prevedere che ne sia assicurata in ogni caso la comparabilità,
- stabilire i requisiti di partecipazione degli offerenti,
- stabilire le forme e i tempi di accesso alle informazioni rilevanti, gli eventuali limiti al loro utilizzo e le modalità con cui il commissario deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta,
- stabilire la data dell’udienza per l’esame delle offerte,
- stabilire le modalità di svolgimento della procedura competitiva, le garanzie che devono essere prestate dagli offerenti e le forme di pubblicità del decreto.
È poi previsto che l’offerta cui al primo comma (dunque: quella iniziale) divenga irrevocabile dal momento in cui viene modificata in conformità a quanto previsto dal decreto e viene prestata la garanzia stabilita con il medesimo decreto.
Le offerte debbono poi essere presentate in forma segreta e non sono efficaci qualora non conformi al decreto e, comunque, se sottoposte a condizione.
Le offerte sono poi rese pubbliche nell’udienza appositamente fissata, alla presenza degli offerenti e di qualunque interessato.
Se sono state presentate più offerte migliorative, il giudice dispone la gara tra gli offerenti.
Si valuti l’opportunità di precisare il carattere “migliorativo” delle
offerte al fine di non lasciare margini discrezionali in ordine allo
svolgimento della gara.
La gara può svolgersi nella stessa udienza o in un’udienza immediatamente successiva. Si deve concludere prima dell’adunanza dei creditori, anche quando il piano preveda che la vendita o l’aggiudicazione abbia luogo dopo l’omologazione.
In ogni caso, con la vendita o con l’aggiudicazione, se precedente, a soggetto diverso da colui che ha presentato l’offerta iniziale, quest’ultimo è liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore e in suo favore il commissario dispone il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell’offerta, entro il limite massimo del 3% del prezzo in essa indicato. In tal modo si vuole evitare che la prospettiva di una procedura competitiva abbia effetti disincentivanti rispetto alla presentazione di proposte di acquisto durante la fase iniziale del processo di risoluzione concordata della crisi. Il tetto al rimborso è invece diretto a evitare un’eccessiva lievitazione a carico della procedura dei costi.
Il debitore deve modificare la proposta e il piano di concordato in conformità all’esito della gara.
La relazione illustrativa del disegno di legge sottolinea che la comparabilità delle offerte garantisce che non sia richiesta una variazione sostanziale del piano, con il rischio che esso divenga, altrimenti, non più fattibile. Si sarebbe così inteso assicurare che la presentazione di offerte concorrenti non ostacoli il complessivo progetto di superamento in via concordata della crisi, predisposto dall’imprenditore in difficoltà. L’offerta migliorativa avrebbe il solo effetto, nell’ambito del medesimo piano, di aumentare il valore di realizzazione del bene di cui il piano già inizialmente prevedeva la cessione. Peraltro, secondo la stessa relazione illustrativa, ciò non significa che, in caso di offerta migliorativa, non sia necessario apportare modifiche al piano e alla proposta.
L’ultimo comma del nuovo articolo 163-bis stabilisce poi che la nuova disciplina debba essere applicata, in quanto compatibile, anche all’affitto di azienda o di uno o più rami d’azienda e alle cessioni nella fase del concordato con riserva.
Si valuti se la clausola di compatibilità possa ingenerare incertezze
applicative con riguardo all’affitto di azienda o di uno o più rami di azienda
ovvero al concordato con riserva.
Il comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge modifica l’articolo 182 della legge fallimentare concernente i provvedimenti in caso di cessione di beni a seguito della omologazione.
Viene in primo luogo sostituita la rubrica dell’articolo, che assume la denominazione “cessioni”, senza alcuna ulteriore specificazione in ordine all’oggetto.
È quindi integrato il primo comma dell’articolo 182 con la specifica previsione che, qualora il concordato consista nella cessione dei beni, il tribunale debba disporre che il liquidatore effettui la pubblicità prevista dall’articolo 490, primo comma, del codice di procedura civile (vendite pubbliche, modificato dall’art. 13 del decreto-legge, v. ultra) e fissi il termine entro cui tale pubblicità debba essere eseguita.
I
n base all’articolo 490, primo comma, del codice di procedura civile, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo.
Viene poi sostituito il quinto comma dell’articolo 182 della legge fallimentare. Tale comma, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, stabiliva che si debbano applicare gli articoli della legge fallimentare sulla vendita dei beni, in quanto compatibili (articoli da 105 a 108-ter LF). Il nuovo quinto comma stabilisce che alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo si applichino gli articoli da 105 a 108-ter della legge fallimentare in quanto compatibili. Specifica inoltre che la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nel decreto di omologazione per gli atti acquista successivi.
La relazione illustrativa precisa che si è così provveduto a rimuovere qualsiasi dubbio circa l’effetto “purgativo” anche delle cessioni effettuate prima dell’ammissione alla procedura di concordato, purché debitamente autorizzate, nonché delle cessioni attuate in esecuzione del concordato omologato ma a opera di un soggetto diverso dal liquidatore giudiziale. Ciò accadrebbe ad esempio quando la proposta non preveda la nomina di un liquidatore giudiziale o per le dismissioni nell’ambito di un concordato con continuità aziendale.
L’articolo 3 del decreto-legge modifica alcuni articoli della legge fallimentare con l’obiettivo di rendere possibile ai creditori la presentazione di proposte di concordato alternative a quella presentata dall’imprenditore all’assemblea dei creditori. Questi ultimi potranno quindi optare per la proposta che meglio tuteli i loro interessi.
In tal modo, come evidenziato anche nella relazione illustrativa, si vuole così offrire creditori la possibilità di impedire che il debitore presenti proposte che non rispecchiano il reale valore dell’azienda.
Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 3 modifica l’articolo 163 della legge fallimentare concernente la ammissione alla procedura di concordato preventivo.
L’art. 163 LF, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, nel disciplinare l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, stabiliva che il tribunale, ove non abbia provveduto a norma dell’articolo 162, commi primo e secondo, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.
Con il provvedimento di cui al primo comma, il tribunale:
1) delega un giudice alla procedura di concordato;
2) ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori;
3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29;
4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice. Su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato può disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall’articolo 34, primo comma.
Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell'articolo 173, primo comma.
Il termine per la convocazione dei creditori ordinata dal tribunale è portato da 30 a 120 giorni dalla data del provvedimento del tribunale medesimo.
Sono introdotti quattro nuovi commi, dopo il terzo, in base a cui uno o più creditori che, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato, rappresentino almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale, possono presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano non oltre 30 giorni prima dell’adunanza dei creditori.
Il 10% viene computato senza considerare i crediti della società che controlla la società debitrice, delle società da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo. La relazione che deve accompagnare il piano e la relativa documentazione può essere limitata alla fattibilità del piano per quegli aspetti che non siano già oggetto di verifica da parte del commissario giudiziale e può essere omessa qualora non ve ne siano.
È stabilito un requisito di ammissibilità delle proposte di concordato concorrente. Non deve infatti risultare che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento, ancorché dilazionato, di almeno il 40% dell’ammontare dei crediti chirografari. La proposta può prevedere l’intervento di terzi e, qualora il debitore sia una società per azioni o a responsabilità limitata, può prevedere un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di opzione.
I creditori che presentano una proposta di concordato concorrente hanno diritto di voto sulla medesima solo se collocati in una autonoma classe.
Se la proposta concorrente prevede diverse classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposto al giudizio del tribunale che verifica la correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.
Il comma 2 dell’articolo 3 modifica l’articolo 165 della legge fallimentare, relativo al commissario giudiziale. L’articolo 165 prevede che il commissario sia pubblico ufficiale, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, e che ad esso si applichino le disposizioni, relative ai curatori, in materia di reclamo, revoca, sostituzione e responsabilità.
Sono introdotti due nuovi commi all’articolo 165, in base a cui il commissario giudiziale è tenuto a fornire ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità della richiesta medesima e previa assunzione di opportuni obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in suo possesso. In ogni caso si applica il divieto di cui all’articolo 124, primo comma, ultimo periodo, della legge fallimentare, in base a cui la proposta di concordato preventivo non può essere presentata dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo se non dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
Tale disciplina, inoltre, si applica anche in caso di richieste, da parte di creditori di terzi, di informazioni utili per la presentazione delle offerte concorrenti di cui al nuovo articolo 163-bis (vedi sopra).
Il comma 3 dell’articolo tre modifica l’articolo 172 della legge fallimentare sulle operazioni e la relazione del commissario giudiziale.
Viene in primo luogo portato da 10 giorni a 45 giorni prima dell’adunanza dei creditori il termine entro cui il commissario giudiziale deve depositare in cancelleria l’inventario del patrimonio del debitore e la relazione sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato, sulle garanzie offerte creditori.
È inoltre introdotto un nuovo comma dopo il primo in base a cui, qualora, nei termini previsti, siano depositate proposte concorrenti, il commissario giudiziale riferisce in merito ad esse con relazione integrativa da depositare in cancelleria e da comunicare i creditori, almeno 10 giorni prima dell’adunanza dei medesimi.
Con una previsione di carattere esemplificativo (“di regola”), la relazione integrativa deve contenere una comparazione particolareggiata tra tutte le proposte depositate. Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a 15 giorni prima dell’adunanza dei creditori. Analoga relazione integrativa viene redatta qualora emergano informazioni che i creditori devono conoscere ai fini dell’espressione del voto.
Si osserva che andrebbero precisate le ragioni per cui la comparazione
particolareggiata della relazione integrativa debba essere presentata
esclusivamente di regola.
Il comma 4 dell’articolo 3 modifica l’articolo 175 della legge fallimentare, concernente la discussione della proposta di concordato.
Per coordinamento è innanzitutto integrato il primo comma, con l’espressa menzione dell’obbligo del commissario di illustrare anche le proposte alternative eventualmente presentate dai creditori.
E’ poi soppresso il secondo comma, in base a cui la proposta di concordato preventivo non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto.
Il nuovo terzo comma:
- stabilisce che ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o convenienti le proposte di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti (il testo previgente faceva riferimento alla unica proposta di concordato, ritenuta non ammissibile o “accettabile”);
- prevede che il debitore possa esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o fattibili le eventuali proposte concorrenti.
E’ introdotto un comma finale all’art. 175, in base a cui sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori, seguendo, per queste ultime, l’ordine temporale del loro deposito.
Il comma 5 dell’articolo 3 modifica l’art. 177 L. fall. sulla maggioranza per l’approvazione del concordato, in modo da tenere conto delle modifiche apportate con riguardo alle proposte concorrenti.
Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, l’art. 177 stabiliva che il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi (primo comma). I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato (secondo comma). I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito (terzo comma). Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato (quarto comma).
Il primo comma dell’art. 177 è integrato, con una serie di disposizioni sulle votazioni relative alle richieste di concordato preventivo.
In dettaglio, quando sono poste al voto più proposte di concordato, si considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, prevale quella del debitore o, in caso di parità fra proposte di creditori, quella presentata per prima.
Quando nessuna delle proposte concorrenti poste al voto sia stata approvata con le maggioranze prescritte, il giudice delegato, con decreto da adottare entro trenta giorni dal termine previsto per il dissenso dei creditori che non hanno partecipato al voto (venti giorni dalla chiusura del verbale) rimette al voto la sola proposta che ha conseguito la maggioranza relativa dei crediti ammessi al voto, fissando il termine per la comunicazione ai creditori e il termine a partire dal quale i creditori, nei venti giorni successivi, possono far pervenire il proprio dissenso. In ogni caso deve essere raggiunta la maggioranza per l’approvazione del concordato (maggioranza dei crediti ammessi al voto, anche all’interno del maggior numero di classi di creditori).
Inoltre, al quarto comma dell’art. 177 LF, alle categorie di soggetti esclusi dal voto sono aggiunte: la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo.
Il comma 6 dell’art. 3 modifica l’articolo 185 LF, sulla esecuzione del concordato.
Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, l’art. 185 LF prevedeva che, dopo l'omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l'adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori (primo comma). Si applica il secondo comma dell'art. 136. (le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili, sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato) (secondo comma).
Sono aggiunti quattro commi all’art. 185 LF sul seguito del debitore alla proposta di concordato approvata e omologata. E’ infatti previsto che:
- il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata;
- nel caso in cui il commissario giudiziale rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla suddetta proposta o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al tribunale. Il tribunale, sentito il debitore, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti;
- il soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori può denunziare al tribunale i ritardi o le omissioni da parte del debitore, mediante ricorso al tribunale notificato al debitore e al commissario giudiziale, con il quale può chiedere al tribunale di attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti;
- fermo restando il disposto dell'articolo 173 (revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione di fallimento nel corso della procedura), il tribunale, sentiti in camera di consiglio il debitore e il commissario giudiziale, può revocare l'organo amministrativo, se si tratta di società, e nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta, ivi incluso, qualora tale proposta preveda un aumento del capitale sociale del debitore, la convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e l'esercizio del voto nella stessa. Quando è stato nominato il liquidatore, i compiti di amministratore giudiziario possono essere a lui attribuiti.
Art.
4
(Integrazione del contenuto della
proposta di concordato)
L’articolo 4 modifica l’art. 161 della legge fallimentare al fine di evitare che dall’ammissione al concordato preventivo derivino vantaggi per i creditori del tutto aleatori e non determinati.
E’ infatti previsto che, con il piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta (comma 2, lett. e), il debitore debba in ogni caso precisare le specifiche utilità economiche che ogni creditore ricaverebbe dal concordato.
L’art. 4 in esame fa erroneo riferimento al primo comma (anziché al
secondo) dell’art. 161 della legge fallimentare.
Art.
5
(Requisiti per la nomina a curatore)
Il Capo
III del decreto (artt. 5-7)
detta alcune modifiche alla disciplina che la legge fallimentare dedica al curatore fallimentare sia con finalità
di accelerazione delle procedure che di garanza della terzietà dell’organo.
Il comma 1 dell’art. 5:
·
modifica
il terzo comma dell’articolo 28
della L. fall. sulle situazioni di incompatibilità
della nomina a curatore. In particolare è esteso dai 2 ai 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento
il periodo in cui vige l’incompatibilità alla nomina di chi ha concorso al
dissesto dell'impresa. Analoga incompatibilità riguarda chi abbia svolto
funzioni di commissario giudiziale in un concordato con lo stesso debitore
nonché colui che, con quest’ultimo, era unito in associazione professionale;
·
aggiunge
tre ulteriori commi allo stesso art. 28
secondo i quali:
-
il
curatore deve essere in possesso di una struttura
organizzativa e di risorse che permettano il rispetto dei tempi previsti
dal programma di liquidazione di cui all’art. 104-ter della legge fallimentare (v. ultra, art. 6);
-
la
sentenza dichiarativa di fallimento motiva sulla sussistenza dei requisiti della nomina a curatore e, anche in base
alle risultanze dei rapporti riepilogativi semestrali sull’attività svolta,
trasmessi da questi al giudice, tiene conto delle indicazioni dei creditori
sulla nomina del curatore eventualmente espresse durante il procedimento. Si valuti se la sentenza dichiarativa di
fallimento, con cui è nominato il curatore, debba tenere conto delle risultanze
dei rapporti riepilogativi dell’attività del curatore medesimo, inerenti a procedure
fallimentari diverse, nell’ambito delle quali egli abbia svolto la medesima
funzione. Infatti, essendo la nomina effettuata con la sentenza dichiarativa di
fallimento, i rapporti riepilogativi – successivi alla nomina - non potranno che
riferirsi a distinte procedure fallimentari. La disciplina transitoria dettata dall’art. 23 del provvedimento in esame prevede che le citate disposizioni
dell’art. 28 L. fall. sulle incompatibilità del curatore, sulla necessità della
struttura organizzativa e sulla sussistenza dei requisiti di nomina del
curatore si applichino ai fallimenti dichiarati dopo la data di entrata in
vigore del decreto-legge 83/2015 (cioè dopo il 28 giugno 2015);
-
viene
istituito presso il Ministero della Giustizia un registro nazionale, accessibile al pubblico e gestito con modalità
informatiche dove confluiscono, oltre ai provvedimenti di nomina dei curatori
fallimentari, anche quelli dei commissari e liquidatori giudiziali; sul
registro vanno annotati anche le chiusure dei fallimento, le omologhe del
concordato nonché l’ammontare dell’attivo e passivo delle procedure concorsuali
chiuse. Sulla base della citata disciplina
transitoria dell’art. 23 del decreto-legge, le disposizioni sul registro
nazionale acquistano efficacia 60 gg. dopo la pubblicazione sul sito Internet
del Ministero della giustizia delle specifiche tecniche da parte del
responsabile per i sistemi informativi automatizzati dello stesso Ministero, da
adottarsi entro sei mesi dalla citata data di entrata in vigore del
decreto-legge in esame (si rileva
l’opportunità che il provvedimento concernente tali specifiche, ai sensi dell’art.
20, comma 5, del DL 132/2014, sia pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
Il comma 2
dell’articolo 5 autorizza - per l’istituzione del citato registro nazionale
presso il Ministero della giustizia – la spesa di 100.000 euro per l’anno 2015.
Art.
6
(Programma di liquidazione)
L’articolo 6 modifica l’art. 104-ter della legge fallimentare – relativo al programma di liquidazione dell’attivo – prevedendo termini procedurali più stringenti.
In particolare:
· è integrata la formulazione del comma 1 prevedendosi che, in ogni caso, il programma di liquidazione debba essere formato entro 180 gg. dalla sentenza che dichiara il fallimento e che il mancato rispetto di quest’ultimo termine è giusta causa di revoca del curatore;
· è stabilito, dal nuovo terzo comma, che il programma debba precisare il termine entro il quale sarà ultimata la liquidazione dell’attivo del fallimento e che tale termine non possa eccedere i 2 anni, salvo che il curatore ritenga necessario, motivandone le ragioni (si presume al comitato dei creditori, cui spetta ex art. 104-ter l’approvazione del programma di liquidazione), un termine maggiore per liquidare specifici cespiti;
· il curatore, oltre che da altri professionisti, può essere autorizzato dal giudice delegato ad essere coadiuvato nella vendita dei beni anche da società specializzate; è fatto salvo quanto previsto dall’art. 107, L. falI. (quarto comma).
La salvezza delle previsioni dell’art. 107 sembra riferirsi: al fatto che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in base al programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati; alla possibilità che il curatore possa prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dallo stesso giudice delegato; agli obblighi del curatore, prima del completamento delle vendite di immobili e altri beni registrati, di darne notizia a tutti i creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio; al fatto che Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al 10% del prezzo offerto; dell’obbligo del curatore di informare il giudice delegato e il comitato dei creditori sugli esiti delle procedure, depositando in cancelleria la relativa documentazione.
Si valuti se il rinvio all’art. 107, in cui già è richiamata la
possibilità per il curatore di avvalersi di soggetti specializzati, renda
superfluo il riferimento specifico alle società specializzate da cui il
curatore stesso può essere coadiuvato nella vendita dei beni.
· è prevista come giusta causa di revoca del curatore il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione.
Art.
7
(Chiusura della procedura di fallimento)
L’articolo 7 modifica – anche in tal caso a fini di velocizzazione della procedura - gli articoli 118 e 120 della legge fallimentare in materia di chiusura del fallimento.
Un primo intervento (lett. a) aggiunge alcuni periodi al secondo comma dell’art. 118, in base ai quali si stabilisce:
· la chiusura del fallimento a seguito di ripartizione dell’attivo anche quando vi siano giudizi pendenti, relativi a rapporti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento nei quali il curatore, ex art. 43 L. fall, è legittimato a stare in causa anche negli (eventuali) gradi ulteriori di giudizio; la previsione, che riproduce quanto già stabilito dal D.Lgs. 385/1993 (TU bancario) per la chiusura della liquidazione coatta amministrativa, intende anche facilitare il rispetto del termine biennale stabilito ora dall’art. 104-ter, come modificato dall’articolo 6 del provvedimento;
· una deroga all’art. 35 L. fall.: anche le rinunce alle liti e alle transazioni devono essere autorizzate dal giudice delegato.
Attualmente, il citato art. 35 prevede che le rinunce (con le riduzioni di crediti, i compromessi, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l'accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione) sono di competenza del curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori; il giudice delegato deve essere sempre informato in via preventiva dal curatore delle transazioni; per gli altri atti tale obbligo informativo sussiste quando essi siano di valore superiore a 50.000.
· che le somme necessarie a coprire le spese di giudizio nonché quelle ricevute per effetto di provvedimenti non definitivi sono trattenute dal curatore; dopo la chiusura del fallimento le somme trattenute e quelle che residuano dagli accantonamenti sono ripartite tra i creditori; con le modalità disposte dal tribunale con il decreto motivato di chiusura della procedura fallimentare;
· che eventuali sopravvenienze dell’attivo derivanti dai giudizi pendenti (rectius: dalla conclusione dei giudizi pendenti) non comportano la riapertura della procedura di fallimento;
· la tardiva ammissione all’esdebitazione del fallito (art. 142, L. fall.) quando, a seguito del riparto supplementare conseguente alla chiusura di un giudizio pendente, i creditori siano stati in parte soddisfatti (si fa infatti riferimento alla causa di inammissibilità di cui al secondo comma dell’art. 142, v. ultra); la richiesta di esdebitazione va avanzata entro un anno dalla data del citato riparto.
Si ricorda che l’esdebitazione consente al fallito persona fisica l’ammissione al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che:1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; 2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;3) non abbia violato le disposizioni di cui all'articolo 48 (consegna al curatore di tutta la corrispondenza inerente il fallimento); 4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta; 5) non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito; 6) non sia stato condannato definitivamente per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione(comma 1). L'esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali (comma 2).
E’ poi integrato dall’art. 7 (lett. b) il secondo comma dell’art. 120 LF con la previsione che, nonostante la chiusura del fallimento, la pendenza dei giudizi inerenti i rapporti patrimoniali del fallito consente la permanenza in carica del curatore e del giudice delegato, pur ai soli fini previsti dall’art. 118, secondo comma, come modificato (v. ante, lett. a).
Chiude l’art. 120 la
previsione secondo cui i creditori non possono mai agire su quanto
è oggetto dei giudizi in corso.
L’articolo 8 modifica l’art. 169-bis L. fall, relativo alla disciplina degli effetti dei contratti in corso di esecuzione in cui è parte il debitore che ha chiesto il concordato preventivo.
La finalità dell’intervento – che uniforma tale disciplina a quella analoga dettata per il fallimento (artt. 72 e ss., L. fall.) - è quella di sciogliere i dubbi interpretativi inerenti alla possibilità del debitore di sciogliersi da tali contratti evitando così il protrarsi di lunghi contenziosi che ritardano la definizione del concordato.
Una prima modifica (lett. a) riguarda la rubrica della disposizione citata: “Contratti in corso di esecuzione” è sostituita da “Contratti pendenti” (identica rubrica è prevista dal citato art. 72).
Tale previsione pare estendere gli effetti dell’art. 169-bis anche ai contratti stipulati ma non ancora in corso di esecuzione. La relazione illustrativa, nel sottolineare che tale previsione si uniforma alla formulazione dell’art. 72 (ampiamente condivisa da dottrina e giurisprudenza), rileva in particolare che viene chiarito che si tratta non di contratti già interamente eseguiti da una delle parti bensì di contratti ancora ineseguiti o parzialmente eseguiti da entrambe le parti.
Sostanziali modifiche riguardano, quindi, la procedura di scioglimento dei contratti pendenti. E’ anzitutto modificato il primo comma dell’art. 169-bis, che attualmente prevede che nella domanda di ammissione al concordato preventivo (che ha forma di ricorso), il debitore può chiedere che il tribunale o il giudice delegato (dopo il decreto di ammissione), lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di 60 giorni, prorogabili una sola volta.
Il nuovo primo comma prevede (lett. b):
- che la richiesta di scioglimento dal contratto può essere avanzata anche successivamente alla presentazione del ricorso di ammissione al concordato;
- che lo scioglimento è autorizzato dal giudice delegato con decreto motivato, sentito l’altro contraente;
- che lo scioglimento (o la sospensione) del contratto hanno effetto dalla data di comunicazione all’altro contraente del decreto autorizzativo del giudice delegato (viene così chiarito il dubbio, ricorrente nella prassi, sulla esatta decorrenza dello scioglimento).
Il secondo comma dell’art. 169-bis stabilisce che allo scioglimento del contratto consegue il diritto dell’altro contraente all’indennizzo equivalente al risarcimento del danno per mancato adempimento e che tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.
Tale ultima disposizione è integrata dalla previsione (lett. c) secondo cui la domanda di concordato costituisce limite per la prededucibilità di tali crediti; infatti è stabilito che il credito derivante da prestazioni eseguite legalmente (e in conformità ad accordo o usi negoziali) dopo la presentazione della domanda di concordato costituisce credito prededucibile.
Il secondo comma dell'art. 111 L. fall. ha definito i crediti prededucibili, come quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare. Le somme derivanti dalla liquidazione dell’attivo fallimentare soddisfano con precedenza (rispetto ad altri crediti) il pagamento dei crediti prededucibili.
L’articolo 8 in esame aggiunge, infine (lett. d), un ultimo comma all’art. 169-bis relativo allo scioglimento del contratto di locazione finanziaria (cd. leasing) in corso di esecuzione alla data di presentazione della domanda di concordato preventivo. La disposizione estende anche al concordato preventivo i principi stabiliti dall’art. 72-quater per lo scioglimento del contratto di leasing nel fallimento.
Il contratto di leasing è generalmente definito come il contratto di finanziamento che consente ad un soggetto utilizzatore di avere, in cambio di un canone periodico, da altro soggetto concedente (generalmente una finanziaria) la disponibilità di un bene di consumo o di un bene strumentale all’esercizio della propria attività. Al termine del contratto, l’utilizzatore avrà una opzione per l’acquisto del bene (cd. riscatto) per una somma di regola inferiore al valore di mercato del bene stesso.
Viene stabilito
- che in caso di scioglimento del contratto di locazione finanziaria il concedente ha diritto alla restituzione del bene e deve versare al debitore l’eventuale differenza tra la maggior somma ricavata dalla vendita (o da altra collocazione del bene stesso) avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale; la somma versata al debitore, derivante dalla citata differenza, è acquisita alla procedura di concordato;
Per “credito residuo in linea capitale” si intende il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento e non anche le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a tale data.
- che il concedente la locazione ha diritto di far valere verso il debitore un credito - soddisfatto come credito anteriore al concordato - determinato dalla differenza tra quello vantato alla data del deposito della domanda di concordato e quello ricavato dalla nuova allocazione del bene.
Art.
9
(Crisi d’impresa con prevalente
indebitamento verso intermediari finanziari)
L’articolo 9 aggiunge alla legge fallimentare un nuovo articolo 182-sexies che integra - con specifico riferimento a banche ed intermediari finanziari - la disciplina dell’accordo di ristrutturazione dei debiti dettata dall’art. 182-bis, L. fallimentare.
Sostanzialmente, si mira a togliere a banche che vantino crediti di modesta entità il potere di interdizione in relazione ad accordi di ristrutturazione che vedano l’adesione delle banche creditrici maggiormente esposte.
L’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis, L.fall.) è uno strumento per il risanamento dell’impresa in crisi cui si ricorre quando vuole ridurre la propria esposizione debitoria e tentare un percorso che porti verso il risanamento. Esso si fonda su un accordo con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e sulla relazione di un professionista che attesti la veridicità e la fattibilità, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori.
Il contenuto dell’accordo con i creditori aderenti, anche di crediti tributari e previdenziali, è liberamente determinabile, mentre ai creditori non aderenti all’accordo si deve assicurare l’integrale pagamento nei termini fissati dalla legge. Per facilitare l’utilizzo di questo tipo di accordo l’impresa può fare una richiesta di preaccordo (o proposta di accordo) ottenendo l’applicazione anticipata delle tutele e vedendosi assegnata un termine per depositare i documenti. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, quindi, sono caratterizzati da due fasi: quella propriamente stragiudiziale, nella quale il debitore negozia con i creditori la propria situazione debitoria e nella quale, in sostanzia, è rimesso all’autonomia delle parti trovare, qualora sia possibile, un accordo; e quella giudiziale, in cui l’accordo necessita dell’omologazione dell’autorità giudiziaria per essere produttivo di ulteriori effetti legali: omologa che può essere concessa sulla base di una valutazione discrezionale di attendibilità del piano di riorganizzazione dell’impresa come illustrato nell’apposita relazione.
L’accordo di ristrutturazione dei debiti non determina l’apertura del concorso dei creditori sul patrimonio, e non vi è alcun obbligo di rispettare la c.d. “par conditio creditorum” tra i creditori e non è nominato alcun organo che rappresenta la massa dei creditori, non ha una efficacia vincolante verso tutti i creditori, ma solo nei confronti degli aderenti. Per questo motivo gli accordi di ristrutturazione dei debiti non possono essere considerati una procedura concorsuale.
Il nuovo art. 182-septies (rubricato “Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria”) – che attua anche la Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014 “su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza” (n. 20) – integra a tal fine la disciplina dell’art. 182-bis, a sua volta derogatoria rispetto a quella del codice civile (artt. 1372 e 1411).
Condizione preliminare
dell’accordo è che le banche e gli intermediari finanziari aderenti vantino un credito verso
l’impresa che sia almeno pari al 50% del totale dell’indebitamento complessivo.
Sostanzialmente si prevede che, in tale ipotesi, l’accordo di ristrutturazione del debito può essere concluso se vi aderiscono creditori finanziari che rappresentano il 75% del credito della categoria, fermo restando l’integrale pagamento dei creditori non finanziari.
Il debitore può chiedere l’estensione dell’accordo alle banche (e intermediari finanziari) non aderenti, aventi posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli degli aderenti, quando tali operatori finanziari siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative e compiutamente informati dei termini dell’accordo di ristrutturazione. Questi possono aderire oppure ricorrere al tribunale cui spetta l’omologazione dell’accordo.
Il tribunale, verificate
positivamente le condizioni sopraindicate e ritenuto che le banche e gli
intermediari finanziari ai quali si chiede l’estensione dell’accordo possano
risultare soddisfatti nei loro crediti “in
misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”, procede all’omologazione dell’accordo di
ristrutturazione del debito.
Analoga disciplina (compresa le condizioni procedurali indicate) degli effetti sulle banche non aderenti si applica in relazione alle convenzioni che possono essere raggiunte su una eventuale moratoria temporanea dei crediti verso una o più banche aderenti all’accordo (rimane ferma la necessità del raggiungimento del citato 75%). Tali moratorie, molto frequenti nella prassi, possono essere opposte dalle banche negli stessi termini indicati in relazione all’accordo di ristrutturazione. Ove la convenzione di moratoria sia confermata dal tribunale, gli operatori finanziari non aderenti possono reclamare il relativo decreto alla corte d’appello.
Specifici limiti sono posti dall’art. 182-septies (ultimo comma) a quanto può essere imposto alle banche non aderenti per effetto degli accordi e delle convenzioni di moratoria.
In particolare, tali limiti riguardano l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, l’utilizzo di affidamenti esistenti e l’erogazione di nuovi finanziamenti.
Art.
10
(Disposizioni penali in materia di
accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di
moratoria)
L’articolo 10 modifica, anzitutto, l’art. 236 della legge fallimentare per estendere la disciplina sanzionatoria ivi prevista (per i soli concordato preventivo e amministrazione controllata) alle ipotesi di illecito riferite ai nuovi istituti di ristrutturazione del credito con intermediari finanziari e convenzione di moratoria introdotti dall’art. 9 del disegno di legge di conversione.
Integrando il primo comma dell’art. 236 si prevede che l’imprenditore che, per ottenere l’omologazione della ristrutturazione o il consenso degli intermediari finanziari alla convenzione di moratoria (di cui al nuovo art. 182-septies), si sia attribuito attività inesistenti o abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.
Un comma aggiuntivo allo stesso art. 236 estende a “ristrutturazione” e “convenzione” la disciplina sanzionatoria degli artt. 223, 224, 227, 232 e 233 della legge fallimentare.
Il riferimento è quindi:
- per l’art. 223 (pene per la bancarotta fraudolenta), alla sanzionabilità del debitore (reclusione da tre a dieci anni) delle ipotesi di distrazione, occultamento, distruzione o dissipazione (anche parziale) dei suoi beni ovvero, esposizione di passività inesistenti; falsificazione, distrazione o distruzione di libri contabili per ostacolare la ricostruzione del patrimonio;
- per l’art. 223 (pene per la bancarotta semplice), alla sanzionabilità del debitore (reclusione da sei mesi a due anni) che ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti; ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa; non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare; alla mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili;
- per l’art. 227, alla sanzionabilità dell’institore dell’imprenditore debitore per i reati di bancarotta (semplice e fraudolenta), ricorso abusivo al credito e denuncia di creditori inesistenti;
-
per l’art. 232, alla sanzionabilità
(reclusione da uno a cinque anni) di chiunque faccia domande
di ammissione di crediti simulati o compia distrazioni di beni (senza concorso
col debitore);
- per l’art. 233, alla sanzionabilità (reclusione da sei mesi a tre anni e multa non inferiore a 103 euro) del cd. mercato di voto da parte dell’intermediario finanziario che concorda col debitore, o con altri nell'interesse di quest’ultimo, vantaggi a proprio favore per dare il suo voto all’accordo di ristrutturazione o alla convenzione di moratoria,
Una seconda modifica
interessa l’art. 236-bis, L. fall. con cui, per
coordinamento, è estesa alla ristrutturazione del credito con intermediari
finanziari e alla convenzione di moratoria, la disciplina sanzionatoria del falso
in attestato e in relazioni.
E’ quindi punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro il professionista che, nelle relazioni, previste dall’art. 182-septies, espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti. Aumenti di pena sono previsti se il fatto è commesso per conseguire un ingiusto profitto per sè o per altri o se ne deriva un danno per i creditori.
Si osserva sul punto che obblighi di attestazione dell’omogeneità delle
posizioni giuridiche e degli interessi economici delle banche interessate alla
convenzione in moratoria sono espressamente stabiliti dall’art. 182-septies, comma 5, in capo al professionista-revisore
legale designato dal debitore.
Una relazione dello stesso professionista (sulla veridicità dei dati
aziendali e la fattibilità della convenzione) dovrà accompagnare l’opposizione
alla convenzione da parte delle banche non aderenti (art. 182-septies, sesto comma). Inoltre, nonostante l’art.
182-septies non si riferisca
espressamente alla relazione di un professionista, si ritiene - ai fini
dell’omologazione da parte del tribunale – che possano avere tale forma e
provenienza “le complete e aggiornate informazioni sulla situazione
patrimoniale economica e finanziaria del debitore…..” che, ai sensi del quarto
comma, devono essere trasmesse alle banche a cui il debitore chiede di
estendere gli effetti dell’accordo di ristrutturazione.
Art.
11
(Rateizzazione del prezzo)
L’articolo 11 integra il contenuto dell’art. 107 della legge fallimentare, stabilendo che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione, effettuati dal curatore del fallimento tramite procedure competitive possano prevedere che il versamento del prezzo possa essere rateizzato.
Si fa rinvio, in quanto compatibili, all’applicazione di alcune disposizioni del codice di procedura civile sulla possibile vendita con incanto, sulle modalità della vendita e sull’eventuale inadempienza dell’aggiudicatario del bene
Inoltre,
viene esplicitato quanto previsto in generale dal comma 1 sull’obbligo del
curatore di assicurare adeguate forme di pubblicità delle
vendite, la massima informazione e partecipazione degli interessati. Per tali
scopi, un periodo aggiuntivo del comma 1 dello stesso art. 107 stabilisce, con
il riferimento all’art. 490, primo comma, c.p.p. (come modificato dall’art. 13
del d.d.l. in esame), che il curatore debba, almeno 30 gg. prima dell’inizio
delle procedure competitive, darne avviso mediante pubblicazione sul portale
delle vendite pubbliche del sito Internet del Ministero della giustizia.
Le disposizioni sulla rateizzazione del prezzo si applicano, secondo la disciplina transitoria dell’art. 23, anche ai fallimenti e ai procedimenti di concordato preventivo in corso alla data di entrata in vigore del DL 83 (28 giugno 2015).
Art.
12
(Modifiche al codice civile)
L’articolo 12 introduce nel codice civile l’articolo 2929-bis, finalizzato a prevedere una forma semplificata di tutela esecutiva del creditore pregiudicato da atti dispositivi del debitore, compiuti a titolo non oneroso. L’azione esecutiva semplificata ivi prevista non necessita, in particolare, di un atto di citazione ma è introdotta direttamente in sede esecutiva contestualmente all’atto di pignoramento.
Come riferisce la relazione illustrativa al d.d.l. di conversione, la nuova azione vuole evitare che il soggetto la cui posizione creditoria sia anteriore all’atto (ma non tutelabile in quanto non ipotecario o pignoratizio) sia costretto, nei casi citati, a ricorrere all’azione revocatoria (art. 2901 c.c.) che - oltre a richiedere specifici presupposti (in particolare, il dolo del debitore) - consente di richiedere il pignoramento del bene solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza (art. 2902 c.c.). La stessa relazione rileva la frequenza delle revocatorie che, tuttavia, richiedono tempi molto lunghi per il formarsi del giudicato (in media 8 anni); dalla disciplina dell’art. 2929-bis dovrebbe derivare, quindi, sia una riduzione dei costi da sopportare per la realizzazione coattiva del credito sia una diminuzione del contenzioso.
L’art. 12 aggiunge, quindi, la Sezione I-bis nel Capo II (Dell’esecuzione forzata) del libro VI del codice civile, costituita dall’unico art. 2929-bis, che prevede la possibilità che il creditore, titolare di un credito sorto prima dell’atto pregiudizievole, munito di titolo esecutivo (atto di pignoramento) proceda ad esecuzione forzata sul bene anche in assenza di una sentenza definitiva di revocatoria che abbia dichiarato l’inefficacia di tale atto. Tale azione esecutiva sarà possibile in presenza di due condizioni:
- che con l’atto pregiudizievole il debitore abbia costituito un vincolo di indisponibilità o alieni a titolo gratuito un bene immobile o un bene mobile registrato; in caso di alienazione, l’azione è proposta come espropriazione verso il terzo proprietario (art. 602 e ss., c.p.c.); l’azione non sarà esperibile, quindi, per atti onerosi o che non riguardino detta tipologia di beni;
- che il creditore abbia trascritto il pignoramento entro un anno dalla data di trascrizione dell’atto pregiudizievole.
Analoga forma di tutela è riservata al terzo creditore anteriore che potrà intervenire nell’esecuzione promossa da altri nel sopracitato termine di un anno (dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole).
Sia il debitore (ex art. 615 c.p.c.) che il terzo proprietario (ex art. 619 c.p.c.) come ogni altro interessato al mantenimento del vincolo sul bene potranno proporre opposizione all’azione esecutiva sia ove contestino i presupposti alla base dell’azione di cui all’art. 2929-bis, sia quando rivendichino la buona fede ovvero la mancata conoscenza del pregiudizio che l’atto di disposizione del bene arrecava al creditore.
Si osserva come l’art. 23 del provvedimento faccia erroneo riferimento
alla disciplina transitoria dell’articolo 12, comma 1, lettera b) (partizione interna
all’articolo non presente nella disposizione richiamata), precisandone
l’applicazione esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente
alla data di entrata in vigore del decreto-legge (28 giugno 2015).
Art.
13
(Modifiche al codice di procedura civile)
L’articolo 13 apporta numerose modifiche alla disciplina dell’esecuzione forzata contenuta nel codice di procedura civile.
Laddove non sia diversamente disposto, in base all’art. 23 del decreto-legge che contiene la disciplina transitoria, tutte le novelle si applicano anche ai procedimenti di esecuzione forzata in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 83/2015. Quando sia già stata disposta la vendita, la stessa ha comunque luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore e le disposizioni della riforma si applicano se il giudice dispone una nuova vendita.
Al comma 1, la lettera a) modifica l’art. 480 c.p.c., relativo alla forma e al contenuto dell’atto di precetto. Il decreto-legge dispone che il precetto debba contenere anche un avvertimento al debitore sulla possibilità di avvalersi degli accordi di composizione della crisi previsti dalla legge n. 3 del 2012 sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento.
La disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (cfr. art. 23, comma 7).
L'istituto della composizione delle crisi da sovraindebitamento nasce per far fronte a “una situazione di perdurante squilibrio economico fra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte" che determina la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. La crisi da sovraindebitamento può colpire tanto le famiglie quanto i lavoratori autonomi e gli imprenditori, purché questi ultimi non siano soggetti alle procedure fallimentari; da ultimo, il DL 179/2012 ha esteso la procedura anche ai consumatori. Si tratta, in sostanza, della mancanza, protratta nel tempo, di risorse economiche per far fronte agli impegni assunti, una situazione analoga a quella che può determinare il fallimento dell'imprenditore commerciale.
La legge n. 3 del 2012 delinea una sorta di procedura concorsuale, modellata sull’istituto del concordato fallimentare, applicabile a soggetti diversi dagli imprenditori commerciali, allo scopo di evitare inutili collassi economici con la frequente impossibilità di soddisfacimento dei creditori ma, soprattutto, con il ricorso al mercato dell’usura e, quindi, al crimine organizzato.
Più in dettaglio, la legge contempla lo strumento dell’accordo con i creditori, su proposta del debitore, sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei. Rispetto a questi ultimi, il piano può anche prevedere una moratoria dei pagamenti (con esclusione dei crediti impignorabili) sempre che il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine e l'esecuzione del piano venga affidata ad un liquidatore nominato dal giudice.
Viene definito il procedimento finalizzato all’omologazione da parte del giudice dell’accordo, che presuppone l’accettazione da parte dei creditori che rappresentino almeno il 60 per cento dei crediti. In caso di contestazioni da parte dei creditori, il giudice procederà all'omologazione soltanto se riterrà che il singolo credito possa essere meglio soddisfatto dal piano rispetto a quanto non sarebbe in caso di liquidazione del patrimonio del debitore.
La legge del 2012 prevede il coinvolgimento degli “organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento”. Questi ultimi, costituiti ad hoc da enti pubblici e iscritti in apposito registro, svolgono in generale attività di assistenza al debitore finalizzate al superamento della crisi di liquidità, di soluzione delle eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo e di vigilanza sull’esatto adempimento dello stesso.
La lettera b) modifica l’art. 490 c.p.c., che disciplina la pubblicità degli avvisi nell’ambito delle procedure di espropriazione forzata. La riforma sostituisce all’attuale affissione nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento, la pubblicazione sul sito internet del Ministero della giustizia.
Su tale sito istituzionale, infatti, dovrà essere individuata un’area pubblica da denominare “portale delle vendite pubbliche”.
La Relazione illustrativa specifica che l’intervento normativo «intende introdurre il portale delle vendite pubbliche, che contenga gli avvisi di tutte le vendite disposte dai tribunali italiani», nell’ambito del portale europeo della giustizia. Il portale dovrebbe consentire a tutti gli interessati «di acquisire le informazioni relative a tutte le vendite giudiziarie accedendo ad un’unica area web gestita dal Ministero della Giustizia, così superando l’attuale frammentazione, dovuta al fatto che ogni singolo tribunale pubblica gli avvisi di vendita su un sito individuato autonomamente e non comunicante con i siti degli altri uffici».
Al portale delle vendite pubbliche sono rivolte anche altre
disposizioni del decreto-legge, che qui si anticipano:
-
l’art. 13,
comma 1, lett. ee) sanziona la
mancata pubblicità sul portale con l’estinzione della procedura esecutiva;
-
il comma 2 dell’articolo 13 (v. infra) contiene specifiche
autorizzazioni di spesa per gli interventi informatici connessi al portale
delle vendite pubbliche;
-
l’articolo 14 introduce nelle
disposizioni di attuazione l’art. 161-quater, relativo al portale;
-
l’articolo 15 del decreto-legge (v. infra) quantifica in 100 euro il
contributo dovuto dal creditore per realizzare questa forma di pubblicità;
- l’articolo 23 del decreto-legge, sulla normativa transitoria, dispone che tutta la disciplina del portale delle vendite pubbliche diventi efficace trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche.
Il decreto-legge riscrive inoltre la disposizione (terzo comma dell’art. 490 c.p.c.) relativa alla pubblicazione sui quotidiani. Rispetto alla precedente formulazione, la riforma non impone tali forme di pubblicità, ma le rimette alla valutazione del giudice, che decide solo previa istanza dei creditori.
Normativa
pre-DL |
Normativa
vigente |
Codice di procedura civile |
|
Art.
490 Pubblicità degli avvisi |
|
Quando la legge dispone che di un atto
esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che
possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui
nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento
esecutivo. |
Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere inserito sul portale del Ministero della giustizia in un'area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”. |
In caso di espropriazione di beni mobili
registrati, per un valore superiore a 25.000 euro, e di beni immobili, lo
stesso avviso, unitamente a copia dell'ordinanza del giudice e della
relazione di stima redatta ai sensi dell'articolo 173-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice, è
altresì inserito in appositi siti internet almeno quarantacinque giorni prima
del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto. |
Identico. |
Il giudice dispone inoltre che l'avviso sia
inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione
delle offerte o della data dell'incanto una o più volte sui quotidiani
di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o,
quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali e, quando
occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. La
divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi dai quotidiani di
informazione deve intendersi complementare e non alternativa. Sono
equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali
o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della
comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei
quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata.
Nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore. |
Su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo il giudice può disporre inoltre che l'avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali o che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore. |
La lettera c) apporta modifiche alla disciplina della conversione del pignoramento, di cui all’art. 495 c.p.c.
Con l’istituto della conversione del pignoramento il debitore può chiedere la sostituzione dei beni pignorati con una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti (primo comma), presentando, a pena di inammissibilità, istanza prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione del bene, e depositando un quinto della somma dovuta (secondo comma). La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione (terzo comma).
Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo 18 mesi la somma determinata, più gli interessi (quarto comma). Se il debitore omette il versamento della somma o della rata, o li ritarda di oltre 15 giorni, le somme versate formano parte dei beni pignorati e il giudice può disporre senza indugio la vendita (quinto comma). L’istanza piò essere presentata una sola volta (settimo comma).
Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento con il versamento dell'intera somma (sesto comma).
Il decreto-legge interviene sul quarto comma, consentendo la rateizzazione mensile non solo per i beni immobili ma anche per i beni mobili e allungando le rate da 18 a massimo 36 mesi. La riforma dispone inoltre che ogni 6 mesi il giudice provveda a distribuire ai creditori le somme recuperate.
La lettera d), modificando l’art. 497 c.p.c., dispone che il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi 45 giorni senza che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita. Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge i creditori avevano tempo 90 giorni per chiedere di procedere.
La disposizione si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento (cfr. art. 23, comma 6).
La lettera e) interviene sull’art. 530 del codice di procedura che, nell’ambito della procedura di esecuzione mobiliare presso il debitore, disciplina il provvedimento per l’assegnazione o la vendita. La riforma:
· anche in questo caso richiede che almeno 10 giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto sia data alla procedura adeguata pubblicità sul portale delle vendite pubbliche (v. sopra);
· stabilisce che, se il valore dei beni pignorati supera i 20.000 euro (limite fissato dall’art. 525, secondo comma), il giudice dell’esecuzione può disporre che il versamento del prezzo sia rateizzato entro massimo 12 mesi.
La lettera f), intervenendo sull’art. 532 c.p.c., che nell’ambito dell’esecuzione mobiliare presso il debitore disciplina la vendita a mezzo di commissionario, rende questa modalità di vendita la regola, imponendo al giudice di procedere in tal senso quando la vendita possa essere effettuata senza incanto.
La disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (cfr. art. 23, comma 7).
Il decreto-legge, inoltre, precisa che le cose pignorate devono essere affidate all'istituto vendite giudiziarie, ovvero ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, che risulti iscritto nell’elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati (elenco previsto dall’art. 169-sexies delle disposizioni di attuazione del codice di rito, introdotto dall’art. 14 del decreto-legge in commento).
Infine, la riforma conferma che il giudice fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione, ma aggiunge che spetta al giudice anche:
· fissare il numero complessivo degli esperimenti di vendita, che non può essere inferiore a tre;
· individuare i criteri per determinare i relativi ribassi;
· definire le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita.
Il soggetto incaricato della vendita non può restituire gli atti in cancelleria prima di 6 mesi, ma non può neanche protrarre le attività di vendita oltre l’anno. In caso di rinuncia, il giudice, a meno che non intervengano istanze di integrazione del pignoramento, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche se non ricorrono i presupposti per dichiarare l’infruttuosità dell’espropriazione forzata a norma dell’art. 164-bis delle disposizioni di attuazione.
La disposizione si applica alle vendite disposte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, anche rispetto alle procedure esecutive già pendenti alla medesima data (cfr. art. 23, comma 10).
La lettera g) coordina con le suddette modifiche all’art. 532 c.p.c. il testo dell’art. 533, in tema di obblighi del commissionario, disponendo che, trascorso infruttuosamente il termine di 12 mesi, questi debba restituire gli atti alla cancelleria del giudice dell’esecuzione fornendo prova delle attività compiute per realizzare la vendita del bene.
Anche questa disposizione si applica alle vendite disposte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, anche rispetto alle procedure esecutive già pendenti alla medesima data (cfr. art. 23, comma 10).
La lettera h), intervenendo sull’art. 534-bis del codice di procedura, in tema di delega per le operazioni di vendita all’incanto, elimina – anche in questo caso – ogni discrezionalità del giudice, che dovrà quindi procedere con questa modalità (nel testo previgente aveva la facoltà di sceglierla), senza sentire gli interessati.
La lettera i) riforma l’art. 534-ter c.p.c., che disciplina il ricorso al giudice dell’esecuzione da parte del professionista delegato per la vendita all’incanto che ravvisi difficoltà. Il decreto-legge:
· consente questa modalità di accesso al giudice, chiamato a risolvere i problemi della vendita, non solo al professionista ma anche al commissionario (che interviene, come detto, nella vendita senza incanto);
· afferma che contro il decreto con il quale il giudice dell’esecuzione prende posizione, le parti possono presentare reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c. (il reclamo al collegio va presentato entro 15 giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione; il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento reclamato).
La lettera l) interviene sull’art. 545 del codice di procedura civile che, nell’ambito dell’espropriazione presso terzi, disciplina i crediti impignorabili.
In base all’art. 545 c.p.c. sono impignorabili:
- i crediti alimentari;
- i sussidi di garanzia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri;
- i sussidi dovuti per maternità, malattie e funerali da casse di assicurazione;
- enti di assistenza o istituti di beneficenza.
Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio o altra indennità possono essere pignorate per crediti alimentari se vi è l’autorizzazione del giudice. Sempre questa categoria di somme è pignorabile nella misura di 1/5 per tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni e per ogni altro credito (quindi per i crediti tra privati).
Se concorrono più cause di pignoramento, in ogni caso il vincolo non può colpire più della metà delle somme.
Il decreto-legge aggiunge che:
- le somme dovute a titolo di pensione (o di indennità che svolge la medesime funzione, o di assegno di quiescenza) sono impignorabili nella misura corrispondente all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà; la restante parte è pignorabile con i vincoli già visti (ovvero, per crediti alimentari nella misura fissata dal giudice; per tributi nella misura di un quinto; in caso di concorso di pignoramenti, nella misura della metà);
L'assegno sociale, istituito dall’articolo 3, comma 6, della L. 335/1995 (e che ha sostituito dal 1° gennaio 1996 la pensione sociale) è una prestazione economica, erogata a domanda, in favore dei cittadini che si trovano in condizioni economiche particolarmente disagiate con redditi non superiori alle soglie previste annualmente dalla legge. La misura massima dell’assegno per il 2015 (circolare INPS n. 1/2015) è pari a 448,52 euro per 13 mensilità, con limite di reddito[1] pari ad 5.830,76 euro annui.
- in caso di accredito su conto corrente di qualsiasi somma riconducibile a rapporto di lavoro o trattamento di quiescenza, le somme sono impignorabili nella misura corrispondete al triplo dell’assegno sociale, se l’accredito è anteriore al pignoramento. Se l’accredito è successivo al pignoramento, valgono le regole ordinarie (ovvero, per crediti alimentari nella misura fissata dal giudice; per tributi nella misura di un quinto; in caso di concorso di pignoramenti, nella misura della metà). La successiva lettera m), novellando l’art. 546 c.p.c. impone il rispetto delle suddette regole al terzo pignorato;
- il pignoramento eseguito in violazione di legge è inefficace, o parzialmente inefficace, e il vizio è rilevabile d’ufficio dal giudice.
Queste disposizioni si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento (cfr. art. 23, comma 6).
La lettera n) apporta modifiche all’art. 567 c.p.c. che, nell’ambito dell’espropriazione immobiliare, disciplina l’istanza di vendita, accorciando i tempi (da 120 a 60 giorni) per gli adempimenti richiesti al creditore procedente.
La disposizione si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento (cfr. art. 23, comma 6).
La lettera o) sostituisce l’art. 568 c.p.c., relativo alla determinazione del valore dell’immobile.
Normativa
pre-DL |
Normativa
vigente |
Codice di procedura civile |
|
Art.
568 Determinazione del valore dell'immobile |
|
Agli effetti dell'espropriazione il valore
dell'immobile si determina a norma dell'articolo 15 primo comma. |
Agli effetti dell'espropriazione il valore dell'immobile è determinato dal giudice avuto riguardo al valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall'esperto nominato ai sensi dell'articolo 569, primo comma. |
Per il diritto del direttario, il valore, agli effetti indicati, si determina in base agli otto decimi di quello calcolato a norma dell'articolo 13 ultimo comma. Se il bene non è soggetto a tributo diretto
verso lo Stato o se per qualsiasi ragione il giudice ritiene che il valore
determinato a norma delle disposizioni precedenti sia manifestamente
inadeguato, il valore è determinato dal giudice stesso sulla base degli
elementi forniti dalle parti e di quelli che gli può fornire un esperto da
lui nominato. |
Nella determinazione del valore di mercato l'esperto procede al calcolo della superficie dell'immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l'assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d'uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonché per le eventuali spese condominiali insolute. |
Tale determinazione viene demandata al giudice, che terrà conto del valore di mercato (e degli elementi che gli forniranno le parti e l’esperto). In particolare, la riforma detta dei criteri che l’esperto dovrà seguire nel determinare il valore di mercato, tra i quali spiccano la superficie dell’immobile e il valore al metro quadro, ma anche i vincoli gravanti sul bene e le eventuali passività condominiali.
La lettera p) modifica il successivo art. 569, relativo al provvedimento che autorizza la vendita.
Normativa
pre-DL |
Normativa
vigente |
Codice di procedura civile |
|
Art.
569 Provvedimento per l'autorizzazione della vendita |
|
A seguito dell'istanza di cui all'articolo
567 il giudice dell'esecuzione, entro trenta giorni dal deposito della
documentazione di cui al secondo comma dell'articolo 567, nomina l'esperto
convocandolo davanti a sé per prestare il giuramento e fissa l'udienza per la
comparizione delle parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non
siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per
l'udienza non possono decorrere più di centoventi giorni. |
A seguito dell'istanza di cui all'articolo 567 il giudice dell'esecuzione, entro quindici giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell'articolo 567, nomina l'esperto che presta giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione e fissa l'udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l'udienza non possono decorrere più di novanta giorni. |
All'udienza le parti possono fare
osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre,
a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già
decadute dal diritto di proporle. |
Identico. |
Se non vi sono opposizioni o se su di esse
si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza
la vendita, fissando un termine non inferiore a novanta giorni, e non
superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte
d'acquisto ai sensi dell'articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza
stabilisce le modalità con cui deve essere prestata la cauzione e fissa, al
giorno successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la deliberazione
sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'articolo 573. Il
giudice provvede ai sensi dell'articolo 576 solo quando ritiene probabile che
la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della
metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568. |
Nel caso in cui il giudice disponga con
ordinanza la vendita forzata, fissa un termine non inferiore a novanta
giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte
d'acquisto ai sensi dell'articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza
stabilisce le modalità con cui deve essere prestata la cauzione, se la vendita è fatta in uno o più
lotti, il prezzo base determinato a norma dell'articolo 568, il termine, non
superiore a centoventi giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo
dev'essere depositato, con le modalità del deposito e fissa, al giorno
successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la deliberazione
sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'articolo 573. Quando ricorrono giustificati motivi, il
giudice dell'esecuzione può disporre che il versamento del prezzo abbia luogo
ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi. Il giudice
provvede ai sensi dell'articolo 576 solo quando ritiene probabile che vendita
con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto
al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568. |
Con la stessa ordinanza, il giudice può
stabilire che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte,
lo svolgimento della gara tra gli offerenti e, nei casi previsti, l'incanto,
nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche. |
Identico. |
Se vi sono opposizioni il tribunale le
decide con sentenza e quindi il giudice dell'esecuzione dispone la vendita
con ordinanza. |
Identico. |
Con la medesima ordinanza il giudice fissa
il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore
che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui
all'articolo 498 che non sono comparsi. |
Identico. |
In sintesi, il decreto-legge:
· accelera le procedure, riducendone i tempi (cfr. primo comma);
· prevede che il giudice debba nell’ordinanza di vendita indicare il prezzo e determinare altresì il termine entro il quale dovrà essere versato il prezzo;
· consente al giudice di autorizzare il pagamento rateale del prezzo stesso.
La lettera q) modifica l’art. 571 del codice, relativo alle offerte d’acquisto nella vendita senza incanto. Rispetto alla disciplina previgente, che riteneva l’offerta inefficace se inferiore al prezzo determinato a norma dell'articolo 568, il decreto-legge respinge le offerte inferiori di oltre un quarto il prezzo stabilito (che, peraltro, viene contestualmente riportato ai valori di mercato e dunque presumibilmente alzato).
Contestualmente, la lettera r), che interviene sull’art. 572 c.p.c. e dunque sulla decisione sull’offerta, prevede che questa sia senz’altro accolta se pari o superiore al valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 568 (prima dell’entrata in vigore del DL era richiesto che l’offerta fosse superiore di un quinto rispetto al valore dell’immobile). Se invece l’offerta è inferiore al valore fissato, ma in misura non superiore a un quarto, il giudice può procedere alla vendita se ritiene che non vi sia modo di conseguire un prezzo più alto.
Se vi sono invece più offerte, si applica l’art. 573 c.p.c., relativo alla gara tra gli offerenti. Su questa disposizione interviene la lettera s) che consente la vendita a favore del miglior offerente solo se il giudice ritiene che con una nuova vendita non sia possibile conseguire un prezzo più alto. Se più offerte si equivalgono, il bene sarà assegnato a colui che ha presentato l’offerta per primo. Nel determinare il valore dell’offerta, il giudice dovrà tener conto non solo del prezzo ma della situazione complessiva dell’offerente (cauzione prestata, tempi e forme del pagamento del prezzo).
Normativa
pre-DL |
Normativa
vigente |
Codice di procedura civile |
|
Art.
573 Gara tra gli offerenti |
|
Se vi sono più offerte, il giudice
dell'esecuzione invita gli offerenti a una gara sull'offerta più alta. |
Se vi sono più offerte, il giudice dell'esecuzione invita in ogni caso gli offerenti a una gara sull'offerta più alta. |
Se la gara non può avere luogo per mancanza
di adesioni degli offerenti, il giudice può disporre la vendita a favore del
maggiore offerente oppure ordinare l'incanto. |
Se la gara non può avere luogo per mancanza di adesioni degli offerenti, il giudice, quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita, dispone la vendita a favore del migliore offerente oppure, nel caso di più offerte dello stesso valore, dispone la vendita a favore di colui che ha presentato l'offerta per primo. |
|
Ai fini dell'individuazione della
migliore offerta, il giudice tiene conto dell'entità del prezzo, delle
cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonché di
ogni altro elemento utile indicato nell'offerta stessa. |
La lettera t) integra il contenuto dell’art. 574 c.p.c., sui provvedimenti relativi alla vendita, per disciplinare il pagamento rateale del prezzo. In particolare, il decreto-legge prevede:
· che il giudice dell’esecuzione, con decreto, possa autorizzare l'aggiudicatario che ne faccia richiesta ad immettersi comunque nel possesso dell'immobile venduto;
· che lo stesso giudice debba però far prestare all’aggiudicatario una fideiussione pari ad almeno il 30% del prezzo di vendita. La fideiussione è rilasciata a favore della procedura esecutiva, a garanzia del rilascio dell'immobile in caso di inadempienza dell’aggiudicatario, nonché del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all'immobile;
· che la fideiussione debba essere rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari sottoposti a revisione contabile.
La modifica all’art. 587, relativo all’inadempienza dell’aggiudicatario, è volta essenzialmente a coordinare le ipotesi di inadempienza con il previsto pagamento rateale del prezzo. La lettera u), infatti, prevede che costituisca inadempimento anche il mancato versamento di una sola rata entro 10 giorni dalla scadenza del termine.
Le lettere v), z) e aa), che modificano rispettivamente gli articoli 588, 589 e 590 del codice di procedura, hanno finalità di coordinamento.
La lettera bb) modifica l’art. 591, che disciplina il provvedimento di amministrazione giudiziaria o il nuovo incanto.
Normativa
pre-DL |
Normativa
vigente |
Codice di procedura civile |
|
Art.
591 |
|
Provvedimento
di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto |
Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di incanto |
Se non vi sono domande di assegnazione o se
decide di non accoglierle, il giudice dell'esecuzione dispone
l'amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure
pronuncia nuova ordinanza ai sensi dell'articolo 576 perché si proceda a nuovo
incanto. |
Se non vi sono domande di assegnazione o se decide di non accoglierle, il giudice dell'esecuzione dispone l'amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure pronuncia nuova ordinanza ai sensi dell'articolo 576 perché si proceda a incanto, sempre che ritenga che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568. |
Il giudice può altresì stabilire diverse
condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base
inferiore di un quarto a quello precedente. Il giudice, se stabilisce nuove
condizioni di vendita o fissa un nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo
termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il
quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571. |
Il
giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme
di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto. Il giudice, se
stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa un nuovo prezzo, assegna
altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a
novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo
571. |
Si applica il terzo comma, secondo periodo,
dell'articolo 569. |
Se al secondo tentativo la vendita non ha
luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione, il giudice
assegna il bene al creditore o ai creditori richiedenti, fissando il termine
entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio. Si applica
il secondo comma dell'articolo 590. |
La riforma intende garantire il miglior prezzo di vendita, a tutela dei creditori e del debitore. A tal fine:
· se il primo tentativo di vendita non ha avuto esito, il giudice dell’esecuzione può procedere con la vendita all’incanto, ma solo se ritiene che con tale modalità sarà possibile vendere il bene a un prezzo superiore della metà il valore del bene determinato a norma dell’art. 568. Si ricorda che analoga previsione è contenuta nell’art. 503 c.p.c., come modificato dal recente d.l. 132/2014. Si valuti la portata applicativa della disposizione. Infatti, l’art. 568 – come modificato dal decreto-legge in commento - collega a valori di mercato (e non più alla rendita catastale) il prezzo di base del bene immobile; occorre dunque valutare se sia plausibile vendere all’incanto il bene, per un prezzo che – alla lettera – supera del 50% il valore di mercato del bene.
· il giudice può decidere di ribassare il prezzo di vendita fino a un quarto. Prima della riforma era obbligatorio abbassare il prezzo di un quarto, con il decreto-legge è rimesso al giudice dell’esecuzione determinare il quantum della diminuzione del prezzo;
· se fallisce anche il secondo tentativo di vendita, il giudice assegna il bene al creditore o ai creditori richiedenti, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio.
La lettera cc) modifica l’art. 591-bis c.p.c., in tema di delega a un notaio o ad un
professionista (avvocati o commercialisti) delle
operazioni di vendita.
Il decreto-legge:
· sostituisce alla facoltatività, l’obbligo per il giudice dell’esecuzione di delegare le operazioni di vendita. A tale regola si può fare eccezione solo se, sentiti i creditori, il giudice ritiene che gli interessi delle parti siano meglio tutelati da una vendita diretta;
· prevede la revoca della delega se il professionista non rispetta i termini e le direttive impartite per causa a lui imputabile.
La lettera dd) modifica la disposizione sulla forma dell’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) per consentire al giudice, in caso di contestazione parziale del diritto dell’istante, di sospendere l’efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata.
La lettera ee) inserisce l’articolo 631-bis nel codice di procedura civile, per disciplinare le conseguenze dell’omessa pubblicità sul portale delle vendite pubbliche. La nuova disposizione precisa che se tale pubblicità non è realizzata il processo esecutivo si estingue. Se la pubblicità non è stata possibile per malfunzionamenti del portale, e tale situazione è accertata ufficialmente (in base all’art. 161-quater delle disposizioni di attuazione, v. infra), la sanzione dell’estinzione non si applica.
Infine, la lettera ff) interviene sull’art. 492-bis c.p.c., recentemente inserito dal
legislatore[2] per disciplinare la ricerca con modalità telematiche dei beni da
pignorare.
Il decreto-legge elimina il riferimento al creditore
procedente - che aveva indotto alcuni interpreti a ritenere che il procedimento
di autorizzazione innanzi al presidente del tribunale potesse essere avviato
esclusivamente dopo il pignoramento – e prevede che la richiesta di
autorizzazione possa essere proposta al presidente del tribunale solo dopo la
notificazione del precetto, salve specifiche ragioni di urgenza.
Come detto, il comma
2 dell’articolo 13 autorizza le spesa per gli interventi informatici
connessi al portale delle vendite pubbliche:
Anno |
Spesa autorizzata (€) |
2015 |
900.000 |
dal 2016 |
200.000 |
Art.
14
(Modifiche alle disposizioni per
l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie e ad
altre disposizioni)
L’articolo 14 detta una serie di modifiche alle norme di attuazione del codice di procedura civile avente natura di coordinamento con le disposizioni introdotte dal decreto-legge.
In particolare (comma 1).
- è modificato l’art. 155-quinquies, per permettere al creditore di ottenere dai gestori delle banche dati l’autorizzazione a richiedere i dati rilevanti del debitore anche prima dell’adozione del decreto dirigenziale del Ministero della giustizia che attesta la piena funzionalità delle strutture tecnologiche che attestino la piena funzionalità delle stesse banche dati; l’efficacia di tale previsione è condizionata all’adozione del citato decreto entro 12 mesi dalla vigenza della legge di conversione del decreto in esame (lett. a);
- è modificato l’art. 161-ter (prevedendosi la possibilità di interconnessione tra il portale telematico delle vendite pubbliche, previsto dall’art. 13 del DL in esame e quello dei gestori delle vendite telematiche) ed introdotto un nuovo art. 161-quater che detta la disciplina di dettaglio delle modalità di pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche (la pubblicazione è di regola effettuata da un professionista delegato in conformità di specifiche tecniche da adottare con decreto del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia; la segnalazione degli avvisi di vendita sul portale vanno inviati mediante PEC a chi ne ha fatto richiesta e si è registrato; il portale archivia e gestisce i dati sulle vendite) (lett. b e c);
- è aggiunto un nuovo art. 169-sexies che prevede l’istituzione presso ogni tribunale di un elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati; l’elenco è formato dal presidente del tribunale, sentito il Procuratore della Repubblica (lett. d);
- è integrato il contenuto dell’art. 173-bis che, nell’espropriazione immobiliare, detta la disciplina della stima del bene da parte dell’esperto nominato dal giudice. Per il particolare rilievo delle operazioni di stima sono ancor più dettagliati i dati che dalla stima devono obbligatoriamente risultare con riferimento, in particolare: alle opere abusive e alla loro possibile sanatoria; all’eventuale possibilità di condono; ai relativi costi da sopportare e alle oblazioni già pagate o da pagare; al censo, livello o uso civico che eventualmente gravi sul bene pignorato e all’eventuale affrancazione da tali oneri; all’informazione sulle spese fisse di gestione manutenzione del bene, spese straordinarie e condominiali non pagate nell’ultimo biennio anteriore alla perizia; all’esistenza di provvedimenti giudiziari in corso sul bene pignorato. E’ abbreviato da 45 a 30 gg il termine dall’udienza fissata per la comparizione delle parti e dei creditori ex art. 569 c.p.c. (lett. e);
- è modificato l’art. 173-quinquies per consentire che l’offerta d’acquisto del bene immobile in esecuzione e la prestazione della cauzione avvengano con modalità telematiche di pagamento (carte di credito, di debito o prepagate); la cauzione potrà essere prestata anche con fideiussione o atra garanzia comunque rilasciata da banche, assicurazioni e intermediari finanziari vigilati (lett. f).
Il comma 2 dell’art. 14 aggiunge un art. 16-novies al DL 179 del 2012 con cui si stabilisce l’uso esclusivo di modalità telematiche per le domande di iscrizione e la tenuta dell’albo dei consulenti tecnici, dell’albo dei periti presso il tribunale, dell’elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati e dell’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita. Si prevede: che le domande sono inserite sulla base delle sopracitate specifiche tecniche, stabilite dal responsabile dei servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia; che eventuali tributi, bolli e diritti per l’iscrizione negli albi ed elenchi indicati siano corrisposti con mezzi di pagamento telematico ovvero con carte di credito, di debito, carte prepagate o altri mezzi di pagamento con moneta elettronica; che il presidente del tribunale forma e tiene gli indicati albi e gli elenchi con modalità informatiche e sulla base delle indicate specifiche tecniche.
Le disposizioni dell’art. 16-novies acquistano efficacia 30 gg. dopo la pubblicazione sul sito del Ministero della giustizia delle indicate specifiche tecniche. Sono, infine, dettate istruzioni per l’iscrizione agli albi ed elenchi informatici dei professionisti che già risultano iscritti (è previsto un termine di 90 gg. per l’inserimento dei propri dati con modalità telematiche e ion conformità alle specifiche tecniche).
Il comma 3 modifica l’art. 122 del DPR 1229 del 1959, mirando sostanzialmente alla riduzione del compenso degli ufficiali giudiziari per le operazioni da essi compiuti nel processo esecutivo.
Si prevede, in particolare, tale riduzione - a carico del creditore che procede e liquidato dal giudice - in caso di chiusura anticipata del processo esecutivo.
E’ inoltre introdotto un tetto massimo per i compensi (attualmente parametrati al ricavato) e sono previste ipotesi in cui tale compenso non è dovuto.
L’art. 122 prevede attualmente che il 60% delle somme complessivamente percepite siano attribuite (dall'ufficiale giudiziario dirigente) all'ufficiale o al funzionario che ha proceduto alle operazioni di pignoramento. Viene modificata la disposizione che prevede la distribuzione del residuo 40% della quota, con la previsione che tale distribuzione avvenga ad opera dell’ufficiale giudiziario coordinatore dell’ufficio giudiziario (anzichè dirigente l'ufficio), in parti uguali, tra tutti gli altri ufficiali e funzionari preposti al servizio UNEP (ufficio notificazioni esecuzioni e protesti).
Il comma 4, infine, reca la copertura finanziaria dell’istituzione dell’elenco dei soggetti specializzati per la vendita dei beni mobili pignorati; è a tal fine autorizzata la spesa di 150.000 euro per l’anno 2015.
Art.
15
(Portale delle vendite pubbliche)
L’articolo 15 interviene sul TU delle spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002[3]) per fissare in 100 euro il contributo che, nell’ambito della procedura di esecuzione forzata, deve pagare il creditore procedente per dare idonea pubblicità alla vendita di un bene immobile o mobile registrato.
La disposizione assume che tale pubblicità venga data sul portale delle vendite pubbliche, previsto dall’art. 490 del codice di procedura civile (come modificato dall’art. 13, co. 1, lett. b) del decreto-legge in commento).
Il pagamento del contributo dovrà essere effettuato con sistemi telematici ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento con moneta elettronica, attraverso gli intermediari abilitati che riversano le somme alla Tesoreria dello Stato (in base all’art. 4, comma 9 del decreto-legge n. 193 del 2009[4]).
Ogni tre anni l’importo del contributo potrà essere rivisto (con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di concerto con il Ministero dell’economia), in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo.
Le entrate derivanti dall’applicazione del contributo saranno riassegnate dall’apposito capito dell’entrata del bilancio del Ministero della giustizia e destinate al funzionamento degli uffici giudiziari nonché all’implementazione e allo sviluppo dei sistemi informatizzati.
La Relazione tecnica aggiunge che il maggior gettito derivante dalla disposizione, «allo stato non quantificabile», potrà essere destinato anche alla manutenzione e allo sviluppo del portale delle vendite pubbliche.
Art.
16
(Deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti enti creditizi e
finanziari e imprese di assicurazione)
L’articolo 16 modifica
la disciplina fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese
di assicurazione ai fini delle imposte dirette, in particolare consentendone la deducibilità in un unico
esercizio (rispetto ai precedenti 5 anni) e apportando una specifica disciplina transitoria ai fini delle
imposte sui redditi e dell’IRAP.
I commi da 1 a 5
recano la nuova disciplina delle perdite sui crediti valida ai fini delle imposte sul reddito.
Più in dettaglio, il comma
1 modifica il comma 3 dell’articolo 106 del Testo Unico delle
Imposte sui Redditi – TUIR (DPR n. 917 del 1986).
Si ricorda in questa sede che i termini di deducibilità di perdite e svalutazioni sono stati
oggetti di una progressiva modifica nel corso del tempo, volta a consentire una
più rapida deduzione delle poste negative.
In un primo momento, per effetto di quanto disposto dall’articolo 82, comma 11 del D.L. n. 112 del 2008, per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, derivanti da operazioni di erogazione del credito alla clientela (compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate) erano deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,30 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio; l'ammontare complessivo delle svalutazioni oltre lo 0,30 per cento era deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi.
Con le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 160 della legge n. 147 del 2013) tale regime è stato modificato al fine di eliminare il predetto limite dello 0,30 e abbassare da diciotto a cinque esercizi (quello in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi) il periodo per la deduzione delle poste negative. A tale regime sono state sottratte le perdite su crediti realizzate mediante cessione a titolo oneroso, deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono rilevate in bilancio. Si precisa, inoltre, che le svalutazioni e le perdite deducibili in quinti si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio.
Per effetto del comma 1 in esame:
- le partite negative sono rese integralmente deducibili nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio, eliminando dunque l’obbligo di distribuzione su cinque esercizi;
- la nuova disciplina della deducibilità per gli enti creditizi e finanziari si applica non solo alle svalutazioni e alle perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo, come previsto dalla disciplina previgente, bensì anche alle perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
- ai fini del calcolo della deducibilità, le svalutazioni e le perdite diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio (tale metodologia di calcolo era prima applicata alle svalutazioni e alle perdite deducibili in quinti).
Il comma 2 chiarisce che la nuova disciplina così delineata (comma 1) si applica dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015.
Come in merito chiarito dalla relazione illustrativa, le disposizioni in esame si applicano anche alle imprese di assicurazione per i crediti vantati verso gli assicurati, giusto rinvio dell’articolo 16, comma 9 del D.lgs. n. 173 del 1997 in materia di conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione.
I commi da 3 a 5 contengono la disciplina transitoria per il primo periodo di applicazione della misura.
In primo luogo, si sancisce (comma 3) che, per il primo periodo di applicazione, le svalutazioni e le perdite, diverse dalle perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso, siano deducibili nei limiti del 75 del loro ammontare.
Il restante 25 per cento (comma 4), così come le rettifiche e riprese di valore nette, iscritte in bilancio fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2014, non ancora dedotte ai sensi del previgente comma 3 dell’articolo 106 (che, si ricorda in questa sede, prevedeva l’obbligo di ripartire la deduzione su cinque anni), sono deducibili in dieci anni nelle seguenti misure:
- per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016;
- per l’8 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;
- per il 10 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018;
per il 12 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024;
- per il 5 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025.
Resta immutata (comma 5) la determinazione dell’acconto sull’IRES dovuta per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015 e per i due periodi d’imposta successivi, che dunque non tiene conto delle modifiche operate dai commi da 1 a 4.
I commi da 6 a 10 recano le correlate modifiche al regime IRAP (imposta regionale sulle attività produttive).
In particolare, la lettera a) del comma 6 sostituisce l’articolo 6, comma 1, lettera c-bis) del D.lgs. n. 446 del 1997, al fine di chiarire che per le banche e gli altri enti finanziari, nella base imponibile sono computate le rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, se riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo senza la necessità di distribuirle, in quote costanti, nell'esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi.
Analoga misura è disposta dalla lettera b) del comma 6 per le imprese di assicurazione, mediante una modifica all’articolo 7, comma 1, lettera b-bis) del D.lgs. n. 446 del 1997. Per le imprese di assicurazione, dunque, saranno computate nella base imponibile IRAP le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti di assicurati iscritti in bilancio a tale titolo, senza l’obbligo di ripartire tali poste su cinque esercizi.
Analogamente a quanto previsto a fini IRES, si sancisce (comma 7) che le nuove norme IRAP in materia di perdite si applicano dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015.
I commi 8-10 recano la disciplina transitoria, con una disposizione che riprende quanto previsto dalle già commentate norme in materia di imposte sui redditi.
In particolare (comma 8) per il primo periodo di applicazione le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette sono deducibili nei limiti del 75 per cento del loro ammontare.
L’eccedenza (25 per cento), insieme alle rettifiche e riprese di valore nette iscritte in bilancio dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 e non ancora dedotte ai sensi della previgente disciplina, sono deducibili in dieci anni con le seguenti modalità:
- per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016;
- per l’8 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;
- per il 10 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018;
- per il 12 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024;
-
per il 5 per cento nel periodo d’imposta in
corso al 31 dicembre 2025.
Il comma 10 chiarisce che ai fini dell’acconto IRAP dovuto per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015 e per i due periodi d’imposta successivi, non si tiene conto delle modifiche operate dai commi da 6 a 9.
Il comma 11 stima che la disposizione sia foriera di maggiori entrate pari a 137 milioni di euro per il 2016, in 107 milioni di euro per il 2017, in 505 milioni di euro per il 2018, in 130 milioni di euro per il 2020, in 451 milioni di euro per il 2021, in 360 milioni di euro per il 2022, in 245 milioni di euro per il 2023, in 230 milioni di euro per il 2024 e in 189 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
Si stabilisce che dette maggiori entrate confluiscono nel Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 1, comma 200 della legge di stabilità 2015 (legge 190 del 2014).
I commi 199-201 della richiamata legge di stabilità recano l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di appositi fondi destinati al finanziamento di esigenze indifferibili. In particolare, il comma 200 istituisce un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione, con la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.
Il comma 12 dell’articolo in esame modifica il predetto comma 200 al fine di stabilire che detto Fondo – istituito presso il MEF (cap. 3076) – sia ripartito annualmente con più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri - in luogo di un solo decreto - su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
Al riguardo, la relazione illustrativa puntualizza che la nuova disciplina incide sulla disciplina delle imposte anticipate – DTA (per cui si veda la scheda di lettura dell’articolo 17) in quanto con la totale deducibilità in un unico esercizio non si generano più imposte differite attive iscritte in bilancio, salvo che per il 2015 – limitatamente al 25 per cento di svalutazioni e perdite sui crediti la cui deducibilità è sospesa –, con riferimento al quale sono generabili DTA che si trasformano, secondo le norme generali, in credito d’imposta.
Art.
17
(Blocco trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte
anticipate)
L’articolo 17 blocca parzialmente l’applicazione delle disposizioni sui Deferred Tax Assets – DTA, che consentono di qualificare come crediti d’imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio; in particolare, si prevede che esse non trovino applicazione per le attività per imposte anticipate, relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all’esercizio in corso al 27 giugno 2015 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).
In sostanza, l’applicazione delle norme in tema di trasformazione di DTA in crediti d’imposta viene bloccata per gli enti diversi da quelli creditizi e finanziari, i quali possono avvantaggiarsi di tale disciplina solo per le attività relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, come chiarito dall’Agenzia delle entrate.
Le altre ipotesi di trasformazione in crediti di imposta delle DTA continuano invece a trovare applicazione secondo le regole ordinarie, illustrate di seguito.
Si ricorda che la disciplina dei cd. Deferred Tax Assets consente di qualificare come crediti d’imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio.
Essa è stata originariamente introdotta dall’articolo 2, commi da 55 a 58, del D.L. 29
dicembre 2010, n. 225 al fine di consentire la trasformazione in credito di
imposta delle attività per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio,
relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell’
articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell’avviamento e delle altre
attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle
imposte sui redditi in più periodi d’imposta.
Tale disciplina è stata successivamente modificata dall’articolo 9 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 che ha altresì previsto
la conversione delle DTA iscritte in presenza di perdite fiscali rilevanti ai
sensi dell’articolo 84 del TUIR.
Infine, l’articolo
1, commi da 167 a 171 della L. 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità
2014) ha ulteriormente esteso
l’ambito applicativo della disciplina in esame relativamente alle DTA IRAP
afferenti ai medesimi componenti negativi (svalutazione crediti,
ammortamento/svalutazioni dell’avviamento e delle altre attività immateriali)
in caso di perdita civilistica e valore della produzione netta negativo.
Si rammenta che la disciplina in esame è stata
originariamente introdotta nell’ottica di migliorare
il trattamento fiscale degli enti creditizi e finanziari, come chiarito
nella relazione illustrativa alle disposizioni originarie del D.L. n. 225 del
2010; si intendeva, in sostanza, colmare il divario di incidenza delle imposte
anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti
creditizi e finanziari) rispetto a quelli europei. L’impossibilità di liquidare
le poste dell’attivo relative alle DTA aveva infatti indotto il Comitato di
Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali; essi, superata una certa
soglia, hanno un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualità
(common equity) di un ammontare pari
alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale.
Pertanto, l’entrata in vigore del nuovo accordo di Basilea (c.d. Basilea 3) ha
implicato che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti
si traducesse anche in una penalizzazione sul piano della dotazione
patrimoniale regolamentare delle banche italiane. Per evitare il sorgere di
questo svantaggio competitivo, la norma ha previsto un meccanismo di
conversione automatica in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai
sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997; in tal modo, le DTA sono
“smobilizzabili” e, pertanto, concorrerebbero all’assorbimento delle perdite al
pari del capitale e delle altre riserve, divenendo per tale via pienamente
riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è altresì previsto
anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di
bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel
caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività
immateriali effettuato ai sensi dell’art. 15 del D.L. n. 185/2008.
In merito si rammenta che la risoluzione n. 94/E del 2011 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito
che la norma in esame può essere applicata anche dalle società che svolgono attività diverse da quella bancaria, limitatamente alla sola fattispecie
relativa al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali,
ossia alle fattispecie la cui applicazione viene bloccata dalle norme in esame.
La
disciplina dei DTA
L’articolo 2, commi 55 e seguenti del D.L. n. 225 del 2010 prevede alcune fattispecie di trasformazione delle imposte anticipate (o imposte differite attive o Dta - Deferred tax assets) in crediti d’imposta.
La prima fattispecie è prevista dal richiamato comma 55, ai sensi del quale le imposte differite attive che possono essere trasformate in credito verso l’Erario sono quelle che si originano dal differimento della deduzione dei componenti negativi relativi:
· alla svalutazione dei crediti degli enti finanziari e creditizi, nonché alle perdite su crediti, non ancora dedotte ai fini delle imposte sui redditi;
· alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti, non ancora dedotte dalla base imponibile IRAP;
· al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
La trasformazione è possibile solo qualora nel bilancio individuale della società sia rilevata una perdita d’esercizio.
Il comma 56 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010 ha fissato la decorrenza della predetta trasformazione dalla data di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci o dell’organo competente per legge (anche nel caso di patologia dell’andamento aziendale), operando per un importo pari al prodotto - da effettuarsi sulla base dei dati del medesimo bilancio approvato - tra:
· la perdita d’esercizio e
· il rapporto fra le attività per imposte anticipate e la somma del capitale sociale e delle riserve.
La seconda fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d’imposta è prevista dal comma 56-bis, il quale prevede la trasformazione in crediti d’imposta delle DTA da perdite fiscali, per la quota di queste dovuta alla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55. La trasformazione riguarda le DTA da perdite fiscali “generate” dai componenti negativi di reddito di cui al comma 55 per l’intero ammontare delle stesse che trova capienza nella perdita fiscale dell’esercizio. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita fiscale di cui al comma in esame. La trasformazione di una parte delle DTA in credito d’imposta comporta che l’ammontare della perdita fiscale dell’esercizio computabile in diminuzione del reddito imponibile nei periodi d’imposta successivi va depurato della quota di perdita fiscale che ha dato luogo alle DTA trasformate in crediti d’imposta ai sensi del presente comma.
La terza fattispecie (introdotta dalla legge di Stabilità 2014) è individuata dal comma 56-bis1 e riguarda le DTA generate dalle componenti negative IRAP: si possono di trasformare in crediti d’imposta – in caso di base imponibile IRAP, ovvero valore della produzione netta, negativa - la quota delle attività per imposte anticipate di cui al comma 55, riferita ai componenti negativi di cui al medesimo comma (perdite e svalutazioni; rettifiche di valore per deterioramento) che hanno concorso alla formazione del valore della produzione netta negativo. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive in cui viene rilevato il valore della produzione netta negativo di cui al presente comma.
La fattispecie di cui al comma 56-bis1 è applicabile ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia.
La quarta fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d’imposta è prevista dal comma 56-ter, ai sensi del quale la disciplina in commento si applica anche ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia.
Il comma 57 chiarisce che il credito d’imposta non è rimborsabile né produttivo di interessi, potendo essere ceduto ovvero utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, senza limiti di importo. Tale credito, da indicare nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell'IRAP. Il credito d’imposta può essere ceduto al valore nominale nell’ambito dello stesso gruppo, secondo le modalità previste dall’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito). L’eventuale credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni è rimborsabile.
Dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta.
Il Titolo IV, articoli da 18 a 21 del decreto-legge, contiene una pluralità di disposizioni.
Alcune riguardano il personale: l’articolo 18 infatti disciplina il trattenimento in servizio dei magistrati ordinari, scaglionando dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il collocamento a riposo di quanti, raggiunti i limiti per la pensione, siano attualmente trattenuti nei ruoli; l’articolo 21, inoltre, prevede l’inquadramento nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale proveniente dalle province.
Altre disposizioni riguardano la c.d. giustizia digitale: l’articolo 19 detta disposizioni sul processo civile telematico, consentendo il deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio mentre l’articolo 20 posticipa ad anno nuovo l’entrata in vigore del c.d. processo amministrativo telematico.
Di giustizia amministrativa tratta anche l’articolo 20 del decreto-legge che abroga le disposizioni che prevedevano una complessiva riorganizzazione sul territorio, con finalità di razionalizzazione, dei tribunali amministrativi regionali.
Infine, sul versante delle risorse economiche, l’articolo 19 potenzia gli stanziamenti del fondo per l’efficienza della giustizia previsto dalla legge di stabilità 2015; da tale fondo, peraltro, l’articolo 21 attinge le risorse per le assunzioni delle 2.000 unità di personale proveniente dalle province.
Art.
18
(Proroga degli effetti del trattenimento
in servizio dei magistrati ordinari)
L’articolo 18 disciplina il trattenimento in servizio del magistrati ordinari che hanno maturato i requisiti per il collocamento a riposo, scaglionando - in deroga a quanto già disposto dal recente decreto-legge n. 90 del 2014 - il loro pensionamento, così da consentire al Consiglio superiore della magistratura di procedere ordinatamente al conferimento degli incarichi direttivi che si renderanno vacanti.
L’art. 1 del decreto-legge n. 90 del 2014, per favorire il c.d. ricambio nella PA, ha abrogato tutte le disposizioni che disciplinavano l'istituto del trattenimento in servizio (ovvero la possibilità per i dipendenti pubblici di permanere in servizio per un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo), prevedendo che nella PA i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge fossero fatti salvi solo fino al 31 ottobre 2014; al solo personale delle varie magistrature, al fine di garantire la funzionalità degli uffici giudiziari, era consentito il trattenimento in servizio fino al 31 dicembre 2015. Allo scadere di quest’anno, dunque, dovevano cessare tutti i trattenimenti in servizio, che per la magistratura, si ricorda, possono essere protratti fino al 75° anno di età.
In particolare, il decreto-legge n. 83/2015:
- conferma che i magistrati ordinari che alla data del 31 dicembre 2015 avranno compiuto 72 anni dovranno essere collocati a riposo entro la fine dell’anno;
- dispone che i magistrati ordinari che alla medesima data non abbiano compiuto 72 anni, ma debbano essere collocati a riposo nel periodo 31 dicembre 2015 - 30 dicembre 2016, siano trattenuti in servizio fino al 31 dicembre 2016.
In base alla Relazione illustrativa, la disposizione intende evitare che il collocamento a riposo al 31 dicembre 2015 di un alto numero di magistrati (previsto dal DL 90/2014) paralizzi le attività degli uffici giudiziari.
Trattandosi infatti di magistrati che per anzianità rivestono funzioni direttive o semidirettive, il Consiglio Superiore della Magistratura è chiamato a svolgere una valutazione comparativa tra gli aspiranti ai posti vacanti, che richiede tempi congrui. Il decreto-legge, dilazionando di un anno la fuoriuscita dalla magistratura, mira a garantire quei tempi al CSM, consentendogli di coprire gli uffici che si renderanno vacanti con maggiore gradualità.
Art.
19
(Disposizioni in materia di processo
civile telematico)
L’articolo 19 introduce nuove disposizioni di completamento del c.d. processo civile telematico, modificando le disposizioni relative alla c.d. giustizia digitale contenute nel decreto-legge n. 179 del 2012[5] (artt. 16-18) e così prevedendo:
- che nei giudizi civili di ogni natura e grado gli atti introduttivi possano essere depositati telematicamente;
- specifiche modalità per attestare la conformità all’originale della copia informatica di un atto analogico;
- nuovi stanziamenti per gli interventi di completamento del processo civile telematico.
In particolare, il comma 1, lettera a), interviene sull’art. 16-bis, che disciplina il deposito telematico degli atti processuali, prevedendo (comma 1-bis) che in tutti i procedimenti civili, tanto in primo grado quanto in appello, il deposito dell’atto introduttivo, o del primo atto difensivo, nonché di tutti i documenti che si offrono in comunicazione, possa essere fatto con modalità telematiche.
Si tratta di un ulteriore passo in avanti verso la completa digitalizzazione del processo civile: la disciplina precedente, infatti, obbliga al deposito telematico di tutti gli atti processuali successivi all’atto introduttivo; il decreto-legge in commento consente (senza renderlo obbligatorio) il deposito telematico degli atti introduttivi. La disposizione precisa che se le parti optano per il deposito telematico, dovranno rispettare la disciplina regolamentare sulla sottoscrizione e trasmissione degli atti telematici, e il deposito si perfezionerà nel rispetto di quelle modalità.
Con la modifica del comma 9-bis il decreto-legge specifica che ogniqualvolta si fa riferimento al difensore occorra equiparargli il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente.
La lettera b) inserisce nella sezione relativa alla giustizia digitale del DL n. 179/2012 due nuovi articoli (16-decies e 16-undecies).
Si osserva che, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in
commento, il DL 179/2012 conteneva, prima dell’articolo 17, l’articolo
16-octies; conseguentemente i nuovi articoli introdotti dovrebbero assumere la
seguente numerazione: art. 16-novies e art. 16-decies.
Il nuovo articolo 16-decies disciplina il potere di certificare la conformità all’originale delle copie degli atti notificati. La disposizione trova applicazione quando viene depositato con modalità telematiche un atto formato su supporto analogico, e notificato dall’ufficiale giudiziario o dall’avvocato con modalità non telematiche. In tali casi spetta al difensore, al dipendente di cui si avvale la PA, al consulente tecnico, al professionista delegato, al curatore o al commissario giudiziale, attestare la conformità della copia digitale all’atto originale; la copia e l’attestazione di conformità all’originale equivarranno così all’originale dell’atto notificato.
L’articolo 16-undecies specifica come deve essere fatta l’attestazione di conformità, prevedendo:
· che se l’attestazione riguarda una copia analogica, deve essere apposta in calce o a margine della copia stessa, ovvero su foglio separato ma congiunto materialmente alla copia;
· che se l’attestazione riguarda una copia informatica, deve essere apposta nello stesso documento informatico oppure apposta su un documento informatico separato che dovrà contenere l’indicazione dei dati essenziali per individuare la copia a cui si riferisce. Se l’attestazione è su un documento informatico separato, questo dovrà essere allegato al messaggio di PEC con il quale si deposita telematicamente la copia.
Il comma 2 prevede le seguenti nuove autorizzazioni di spesa per il completamento del processo civile telematico e gli ulteriori processi di digitalizzazione del Ministero della giustizia:
Anno |
Spesa autorizzata (mln di €) |
2015 |
44,85 |
2016 |
3 |
2017 |
2 |
dal 2018 |
1 |
Le somme sono destinate, in particolare, alla tenuta con modalità informatiche degli albi e degli elenchi dei consulenti tecnici, dei periti presso il tribunale e dei professionisti chiamati a provvedere alle operazioni di vendita.
La Relazione tecnica imputa questi stanziamenti al Fondo, previsto dalla legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 96), per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico (dotato di 50 milioni di euro per l'anno 2015, di 90 milioni di euro per l'anno 2016 e di 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017).
La medesima relazione finalizza le spese autorizzate all’investimento, per quanto riguarda l’anno in corso, e al funzionamento, a partire dall’anno prossimo. La stessa relazione chiarisce la destinazione delle spese di investimento previste per il 2015.
2015 |
Destinazione della spesa |
Razionalizzazione
e adeguamento delle sale server, nonché potenziamento della banda trasmissiva
e realizzazione di sistemi di ridondanza |
19.000.000 |
Potenziamento
dei sistemi centrali a supporto del processo civile e penale telematico,
nonché informatizzazione degli albi e degli elenchi dei consulenti tecnici,
dei periti presso il tribunale e dei professionisti disponibili a provvedere
alle operazioni di vendita |
9.850.000 |
Modifiche
evolutive urgenti ai registri civili e alla consolle del magistrato nonché ai
registri penali e per l’integrazione di questi ultimi con i sistemi di
notificazione e comunicazione |
11.000.000 |
Primi
interventi relativi alla integrazione delle banche dati di giurisprudenza
nonché modifiche evolutive ai sistemi della corte di cassazione per
l’integrazione con i registri civili e penali di primo e secondo grado |
5.000.000 |
|
44.850.000 |
Art.
20
(Misure urgenti per la funzionalità del
processo amministrativo)
L’articolo 20 sopprime le disposizioni in materia di riorganizzazione dei TAR prevista dal decreto-legge n. 90 del 2014, abrogando le disposizioni che ne scandivano i tempi e ne dettavano le modalità. In assenza dell’intervento d’urgenza, a partire dal 1° luglio 2015 sarebbero state soppresse le sezioni staccate di TAR di Parma, Pescara e Latina. La disposizione, inoltre, differisce al 1° gennaio 2016 l’avvio del c.d. processo amministrativo digitale, originariamente previsto per il 1° luglio 2015.
In particolare, l’art. 20, comma 1, lettera a) del decreto legge abroga le seguenti norme:
· l’art. 18, comma 1, del DL 90 che, a decorrere dal 1° luglio 2015, anche in assenza di riorganizzazione complessiva dei TAR, prevedeva la soppressione delle sezioni staccate di TAR di Parma, Pescara e Latina (ovvero di tutte le sezioni staccate di TAR che non si trovano in comuni sede di Corte d'appello, ad eccezione di Bolzano). Un DPCM, che avrebbe dovuto essere emanato entro il 31 marzo 2015, avrebbe dovuto disciplinare le modalità di soppressione e di trasferimento di contenzioso e personale;
· l’art. 18, comma 1-bis, del DL 90, che prevedeva, entro il 28 febbraio 2015, che il Governo dovesse presentare alle Camere una relazione sull’assetto organizzativo dei tribunali amministrativi regionali, con un allegato piano di riorganizzazione e l’individuazione di eventuali sezioni distaccate da sopprimere. Il termine originario entro il quale il Governo doveva provvedere a tale adempimento era fissato al 31 dicembre 2014 ed è stato poi prorogato dal c.d. DL proroga termini (n. 192 del 2014) al 28 febbraio di quest’anno: ciò nonostante, la relazione non è mai stata presentata alle Camere;
· l’art. 18, comma 2, che correggeva la geografia giudiziaria dei TAR per escludere la presenza di sezioni distaccate in Emilia-Romagna, Abruzzo e Lazio.
La Relazione illustrativa motiva questa retromarcia con «l’opportunità di destinare alla riorganizzazione del settore tempi e percorsi maggiormente adeguati alla complessità del progetto rispetto a quanto previsto nella normativa abrogata».
La lettera b) modifica l’art. 38 del decreto-legge n. 90/2014 con l’effetto di posticipare al 1° gennaio 2016 l’entrata in vigore della disposizione che nel processo amministrativo impone la sottoscrizione con firma digitale di tutti gli atti processuali (del giudice, dei suoi ausiliari, del personale di cancelleria e delle parti).
La Relazione illustrativa del d.d.l. di conversione spiega che «la posticipazione dell’entrata in vigore del predetto obbligo è discesa dalla riscontrata opportunità che la sottoscrizione digitale si inserisca nel contesto di una complessiva informatizzazione del processo amministrativo, in corso di normazione ed in assenza della quale non sarebbe possibile garantire la funzionalità della firma digitale alla redazione degli atti del processo».
Art.
21
(Disposizioni in materia di fondo per
l’efficienza della giustizia)
L’articolo 21 prevede l’ingresso nel ruolo dell’amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale proveniente da province e aree metropolitane.
In particolare, il decreto-legge interviene sulla legge di stabilità 2015[6] (legge n. 190 del 2014) per inserire un ulteriore periodo al comma 425, che disciplina le procedure di mobilità per il ricollocamento di tale personale.
Si ricorda che i commi da 421 a 428 dell’art. 1 della legge di stabilità 2015 dispongono la riduzione del 50% e del 30% della dotazione organica, rispettivamente, di province e città metropolitane, con la contestuale definizione di un procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedentario verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni. In particolare, il comma 425 disciplina il ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, sulla base di una ricognizione dei posti disponibili da parte del Dipartimento della funzione pubblica. Più specificamente, le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare un numero di posti, riferiti soprattutto alle sedi periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, al netto di quelle finalizzate all’assunzione di vincitori di concorsi pubblici collocati nelle graduatorie vigenti, dando priorità alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari.
Il provvedimento in commento stabilisce:
· che il numero massimo di personale proveniente dagli “enti di area vasta” da inquadrare nel ruolo dell’amministrazione giudiziaria è di 2.000 unità;
La disposizione inserita nel comma 425 della legge di stabilità 2015 fissa in 2.000 unità il tetto massimo di unità che potranno essere inquadrate nel ruolo dell’amministrazione giudiziaria ma stabilisce anche che questa norma opera “in aggiunta alle procedure di cui al presente comma e con le medesime modalità”; occorrerebbe chiarire se questo contingente di 2000 unità si sommi a quello che sarà determinato dal Dipartimento della funzione pubblica in base al comma 425.
· che agli oneri connessi si provvederà attraverso il fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico, previsto dall’art. 1, comma 96, della stessa legge di stabilità. Si ricorda che tale fondo ha una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2015, di 90 milioni di euro per l'anno 2016 e di 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017.
La Relazione tecnica individua, a valere su tale Fondo, un limite di spesa di euro 46 milioni per il 2016 e di 92 milioni a decorrere dal 2017. Residuerebbero dunque per l’efficienza del sistema giudiziario, il potenziamento dei servizi e il completamento del processo telematico 44 milioni per il 2016 e 28 milioni a decorrere dal 2017.
Art.
22
(Copertura finanziaria)
L’articolo 22 reca le disposizioni concernenti la copertura finanziaria del provvedimento.
La copertura è integralmente posta a carico del Fondo istituito dalla L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) presso il Ministero della giustizia per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico. Il Fondo ha una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2015, di 90 milioni di euro per l'anno 2016 e di 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017.
L’articolazione della copertura è la seguente (comma 1):
- per gli oneri derivanti dall’istituzione del registro nazionale degli organi del fallimento (art. 5, comma 2), del portale delle vendite pubbliche (art. 13, comma 2), dell'elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati (art. 14, comma 4), per gli interventi necessari al completamento del processo civile telematico e degli ulteriori processi di digitalizzazione del Ministero della giustizia (art. 19, comma 2) e per l’acquisizione all’amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale amministrativo proveniente dalle province (art. 21) pari a 46 mln di euro per il 2015; 49,2, per il 2016, 94,2 per il 2017; 93,2 mln a decorrere dal 2019 si provvede:
- quanto a 46 mln per il 2015, 3,2 mln per il 2016, 2,2 mln per il 2017 e 1,2 mln a decorrere dal 2018 con una corrispondente riduzione del citato Fondo istituito dalla legge di stabilità 2015;
- quanto a 46 mln per il 2016 e a 92 mln a decorrere dal 2017 mediante corrispondente utilizzo dello stesso Fondo. Le variazioni di bilancio necessarie alla ripartizione del citato Fondo sui pertinenti capitoli in attuazione dell’art. 21 (per l’inquadramento delle citate 2.000 unità di personale proveniente dalle province) sono apportate con decreti del Ministro dell’economia, su proposta del Ministro della giustizia.
Il comma 2 prevede che le risorse del Fondo non utilizzate potranno essere destinate al potenziamento degli interventi già previsti del decreto-legge, per l'efficientamento del sistema giudiziario, nonché in caso di indisponibilità delle risorse del fondo unico giustizia, al rifinanziamento delle borse di studio per gli stage formativi presso gli uffici giudiziari (art. 73, DL 69/2013).
Il comma 3, infine, autorizza il Ministro dell’economia ad apportare le necessarie variazioni di bilancio.
Art.
23
(Disposizioni transitorie e finali)
L’articolo 23 detta un differenziata disciplina transitoria delle disposizioni contenute nel decreto legge.
Il comma 1 prevede, nel concordato preventivo, che la disciplina delle offerte concorrenti prevista dall’art. 2, comma 1, del DL si applichi ai procedimenti di concordato introdotti successivamente all’entrata in vigore del decreto (29 giugno 2015); che quella sulle proposte concorrenti (art. 3) e sulla integrazione del contenuto della proposta di concordato (art. 4) si applichino ai procedimenti di concordato introdotti dopo la vigenza delle legge di conversione del DL in esame.
Il comma 2 stabilisce, invece, che una serie di disposizioni collegate all’istituzione del portale delle vendite pubbliche (art. 2, comma 2, lett. b); art. 13, comma 1, lett b) n. 1 e lett. c) n. 1; art. 14, comma 1, lett. b) e c) trovino applicazione 30 gg. dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Il comma
3 detta la disciplina transitoria per
le disposizioni introdotte dagli articoli 5 e 6 del provvedimento, relative
rispettivamente ai requisiti del curatore
fallimentare e al programma di liquidazione da questi predisposto.
Si prevede che le nuove disposizioni
dell’art. 28 L. fall. di cui all’art. 5 comma 1, lett. a) e b), primo e
secondo capoverso, sulle incompatibilità del curatore fallimentare, sulla
necessità che questi disponga di struttura organizzativa e risorse adeguate nonché
sulla attestazione, nella sentenza dichiarativa del fallimento, della
sussistenza dei requisiti di nomina del curatore) si applichino ai fallimenti
dichiarati dopo la data di entrata in vigore del decreto-legge 83/2015
(cioè dopo il 28 giugno 2015).
Il comma
4 dell’art. 23 prevede la disciplina transitoria dell’art. 5, comma 1,
lett. b), terzo capoverso, per la vigenza delle disposizioni sul registro
nazionale istituito presso il Ministero della Giustizia (dove
confluiscono i provvedimenti di nomina dei curatori fallimentari, dei
commissari e liquidatori giudiziali e dove vanno annotate le chiusure dei
fallimento, le omologhe del concordato nonché l’ammontare dell’attivo e passivo
delle procedure concorsuali chiuse). Sulla base della citata disciplina
transitoria, le disposizioni sul registro nazionale acquistano efficacia 60 gg.
dopo la pubblicazione sul sito Internet del Ministero della giustizia delle
specifiche tecniche da parte del responsabile per i sistemi informativi
automatizzati dello stesso Ministero, da adottarsi entro sei mesi dalla citata
data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (si osserva che il provvedimento concernente tali specifiche, ai sensi
dell’art. 20, comma 5, del DL 132/2014, avrebbe dovuto essere pubblicato nella
Gazzetta ufficiale).
Il comma 5 prevede che si applichino ai fallimenti e ai concordati preventivi aperti alla data di vigenza del DL (28 giugno 2015) le seguenti disposizioni:
- l’art. 11, sulla rateizzazione del prezzo;
- l’art. 2, comma 2, che modifica l’art. 182 L. fall.; si osserva che il comma 5 fa riferimento all’art. 2, comma 2, lett, b) primo periodo, disposizione la cui disciplina transitoria è già dettata dal comma 2 dell’articolo 23 in esame.
Il comma 6 prevede che si applichino esclusivamente alle procedura di esecuzione forzata iniziate dopo l’entrata in vigore del DL le disposizioni dell’art. 13 relative a:
- perdita di efficacia del pignoramento (lett. d);
- crediti impignorabili (lett. l e m);
- riduzione dei tempi per l’istanza di vendita nell’espropriazione immobiliare (lett. n).
Si osserva come il riferimento del comma 6 alla disciplina transitoria
dell’art. 12, comma 1, lett. b) appaia errato non avendo tale disposizione una
partizione in commi e lettere.
Il comma 7 dispone l’applicazione dall’entrata in vigore della legge di conversione del DL della disposizione di cui all’art. 7, sulla chiusura della procedura di fallimento e di quelle dell’art. 13, relative al contenuto dell’atto di precetto (lett. a) e alla vendita a mezzo di commissario (lett. f).
Il comma 8 prevede che l’art. 8 sui contratti pendenti nel concordato preventivo si applichi alle istanze di scioglimento depositate dopo l’entrata in vigore del DL.
Il comma 9 disciplina l’efficacia delle modifiche al c.p.c. relative alle procedure di esecuzione forzata (art. 13). Quando non sia diversamente disposto (v. ante) tali novelle si applicano anche a procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del DL: quando è già stata disposta la vendita, essa ha comunque luogo con le norme previgenti e la riforma troverà applicazione solo se il giudice dispone una nuova vendita.
In base al comma 10 le disposizioni dell’art. 13 sulla chiusura anticipata del processo esecutivo (lett. f, n. 2) e sulla restituzione degli atti alla cancelleria (lett. g) si applicano solo alle vendite disposte successivamente all’entrata in vigore del DL. anche nelle procedure esecutive pendenti a tale data.
Il comma 11 dispone che la disciplina dell’art. 503 c.p.c. (sulle modalità della vendita forzata) nella formulazione integrata dall’art. 19, comma 1, del DL 132/2014 (che ha aggiunto un comma che prevede che la vendita con incanto può essere disposta solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene determinato a norma dell’art. 568 c.p.c) si applichi dalla data di entrata in vigore del DL in esame (28 giugno 2015) anche alle procedure esecutive pendenti all’11 novembre 2014, data di entrata in vigore della legge 162/2014 (di conversione del citato DL 132/2014). Tale previsione appare collegata alla modifica della determinazione dei valori immobiliari prevista dall’art. 13, comma 1, lett. o) del DL in commento, che sostituisce l’art. 568 c.p.c..
Si osserva, tuttavia, che già una disciplina transitoria per tale
disposizione era prevista dallo stesso art. 19 del Dl 132/2014 il cui comma
6-bis stabiliva la sua applicazione ai procedimenti
iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata
in vigore della legge 162/2014 (entrata in vigore l’11 novembre 2014), di
conversione dello stesso DL 132/2014. Tali disposizioni sono dunque efficaci per
i procedimenti avviati a decorrere dall’11 dicembre 2014.
Il decreto-legge in commento estende l’ambito di applicazione dell’art.
503 c.p.c., nella sua nuova formulazione, anche ai procedimenti già pendenti
l’11 novembre 2014 (data di entrata in vigore della legge di conversione).
Si valuti se occorra specificare l’impatto della nuova disposizione transitoria sugli atti già posti in essere medio tempore nei procedimenti già pendenti all’11 novembre 2014. Si valuti altresì se la disposizione transitoria copra anche i procedimenti avviati dopo l’11 novembre, ma prima del 11 dicembre 2014.
L’articolo 24 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto-legge, che entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] Ai fini della concessione, sono considerati redditi del richiedente e del coniuge: i redditi assoggettabili all’IRPEF, al netto dell’imposizione fiscale e contributiva; i redditi esenti da imposta; i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (vincite derivanti dalla sorte, da giochi di abilità, da concorsi a premi, corrisposte dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche e private); i redditi soggetti ad imposta sostitutiva (interessi postali e bancari; interessi dei BOT,CCT e di ogni altro titolo di Stato; interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, emessi da banche e società per azioni; etc.); i redditi di terreni e fabbricati; le pensioni di guerra; le rendite vitalizie erogate dall’INAIL; le pensioni dirette erogate da Stati esteri; le pensioni ed assegni erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili, ai sordi; gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile.
[2] Cfr. art. 19, comma 1, del D.L. 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile).
[3] D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A).
[4] D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.
[5] D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 17 dicembre 2012, n. 221.
[6] L. 23/12/2014, n. 190, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015).