Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Titolo: | Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto - D.L. 1/2015 ' A.C. 2894 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 277 | ||||
Data: | 20/02/2015 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
X-Attività produttive, commercio e turismo |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni
urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi
e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto D.L. 1/2015 – A.C. 2894 |
Schede di
lettura |
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n. 277 |
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20 febbraio 2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Ambiente ( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive ( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it |
Ha partecipato alla redazione del dossier: |
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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La documentazione
dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione
interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. |
File:
D15001.docx |
INDICE
§ Articolo 2, commi 1-6, 7, 8 e 9-11 (Disciplina applicabile ad Ilva S.p.A.)
§ Articolo 2, commi 8-bis e 8-ter (Agevolazioni fiscali e
finanziarie per imprese creditrici)
§ Articolo 3, commi 2-4 e 5-ter (Ulteriori
disposizioni finanziarie)
§ Articolo 3, comma 5 (Liquidazione del vincolo contrattuale tra
Ilva e Fintecna)
§ Articolo 4-bis (Anticipazioni del Fondo
di rotazione)
§ Articolo 5 (Contratto istituzionale di sviluppo per l’area di Taranto)
§ Articolo 7 (Disposizioni sul Commissario straordinario del porto di Taranto)
§ Articolo 8 (Piano nazionale della città e relativi interventi nel comune di
Taranto)
Articolo 1
(Rafforzamento della disciplina dell’amministrazione
straordinaria delle imprese di interesse strategico nazionale in crisi)
L’articolo 1 estende la disciplina prevista
per l’amministrazione straordinaria
delle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, alle
imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, introducendo
a tal fine una serie di modifiche al
decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (cd. legge Marzano).
Lo stabilimento di interesse strategico nazionale è definito dall'articolo 1 del DL n. 207 del 2012 un impianto presso il quale devono essere occupati un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno; occorre altresì che vi sia una assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione. Lo stabilimento che risponde a tali caratteristiche viene individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
Si ricorda che gli impianti siderurgici della società ILVA s.p.a.
costituiscono stabilimenti di
interesse strategico nazionale ( secondo quanto previsto dall'art. 2, comma
2, D.L. 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto
2013, n. 89).
In particolare, il comma 1, estende alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico, la disciplina dell’iter di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, la quale prevede che l’ammissione immediata a tale procedura, la nomina del commissario straordinario e la determinazione del relativo compenso, ivi incluse le altre condizioni dell’incarico, anche in deroga alla vigente normativa in materia, possono essere disposte con decreto sia del Presidente del Consiglio dei Ministri, sia del Ministro dello sviluppo economico.
Il decreto legge n. 347 del 2003 (convertito, con modificazioni, con
la legge 18 febbraio 2004, n. 39, recante "Misure urgenti per la
ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza"),
come modificato ed integrato da numerosi successive disposizioni, ha introdotto
nell'ordinamento italiano una nuova disciplina relativa alla procedura
concorsuale di amministrazione
straordinaria per le grandi imprese in stato di insolvenza, finalizzata
alla ristrutturazione industriale delle stesse sotto la supervisione del
Ministro competente. Lo stesso decreto prevede misure volte a semplificare l'ammissione alla procedura
concorsuale (introdotta per la prima volta nell'ordinamento con il decreto-legge
30 gennaio 1979, n. 29, c.d. legge Prodi) e a rafforzare i poteri riconosciuti
all'autorità amministrativa, per imprese
con almeno 500 lavoratori subordinati e debiti per un ammontare complessivo non
inferiore a 300 milioni di euro. Il decreto 134 /2008 (cd Alitalia) ha ampliato
l'ambito dei destinatari della disciplina del decreto legge n. 347,
consentendone l'applicazione anche alle imprese in stato di insolvenza che
intendano ricorrere alle procedure di cessione di complessi aziendali, sulla
base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non
superiore ad un anno.
Con riguardo all’iter di
ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria prevede (art. 2)
che il Ministro dello sviluppo
economico, valutata la sussistenza dello stato di insolvenza e dei
requisiti occupazionali e debitori
indicati richiesti, possa procedere immediatamente, con proprio decreto,
all'ammissione dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e
alla nomina del commissario straordinario. Per
le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, l’ammissione
immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, la nomina del
commissario straordinario e la determinazione del relativo compenso, ivi
incluse le altre condizioni dell’incarico, anche in deroga alla vigente
normativa in materia, possono essere disposte con decreto sia del Presidente
del Consiglio dei Ministri, sia del Ministro dello sviluppo economico, secondo
le modalità di cui all’articolo 38 del decreto legislativo n.
Con riguardo agli effetti del decreto di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, si ricorda che esso determina lo spossessamento del debitore e l'affidamento al commissario straordinario della gestione dell'impresa e dell'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente. Determina altresì gli effetti di cui all'articolo 48 del decreto legislativo n. 270 (Sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, anche speciali) e agli articoli 42, 44, 45, 46 e 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare).
Il tribunale, con sentenza pubblicata entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, dichiara lo stato di insolvenza dell'impresa (art. 2 DL 243/2003). Con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza il tribunale: nomina il giudice delegato per la procedura; assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore, un termine non inferiore a novanta giorni e non superiore a centoventi giorni dalla data dell'ammissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande; stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui, nel termine di trenta giorni da quello sopra indicato, si procederà all'esame dello stato passivo davanti al giudice delegato.
La sentenza determina, con riferimento alla data del decreto di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, gli effetti di cui al decreto legislativo n. 270, in quanto compatibili.
Si segnala che il Tribunale
di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza dell’ILVA s.p.a.
con sentenza depositata il 30
gennaio 2015.
Il comma 2 specifica che nel caso di imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale strategico sottoposte a commissariamento straordinario (come nel caso della società ILVA s.p.a.), l’istanza per l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria è presentata dal commissario straordinario stesso, il quale può essere nominato commissario straordinario della procedura.
Si ricorda che il decreto-legge n. 61 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 89 del 2013, disciplina – in via generale (articolo 1) e con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto (articolo 2) – il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA).
Il DL prevede il Commissariamento Straordinario dello stabilimento ILVA per garantire che la prosecuzione dell'attività produttiva sia funzionale alla conservazione della continuità aziendale ed alla destinazione prioritaria delle risorse aziendali alla copertura dei costi necessari per gli interventi di risanamento ambientale individuati da un Comitato di Tre Esperti nominati dal Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per la definizione del “Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell’A.I.A.
In data 5 giugno 2013, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha nominato Commissario Straordinario dello stabilimento ILVA di Taranto, il dott. Enrico Bondi per la durata di un anno. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 giugno 2014 è stato nominato il dott. Pietro Gnudi per dodici mesi a decorrere dal 4 giugno 2014.
Con istanza depositata in data 21 gennaio 2015, il dott. Piero Gnudi, nella qualità di Commissario straordinario della Ilva S.p.A. ha chiesto l'ammissione immediata della Ilva S.p.A. alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi e per gli effetti del sopra citato decreto-legge n. 347/2003. Con decreto dello Sviluppo economico del 21 gennaio 2015 (pubblicato nella G.U. del 6 febbraio 2016) la società Ilva S.p.A. è ammessa, con decorrenza immediata, alla procedura di amministrazione straordinaria, a norma dell'art. 2 del decreto-legge n. 347/2003, così come modificato dal Decreto legge in esame. Sono stati contestualmente nominati commissari straordinari il dott. Piero Gnudi, l'avv. Corrado Carrubba ed il prof. Enrico Laghi.
Per una disamina delle norme riguardanti l’emergenza ambientale nell’area dell’ILVA di Taranto adottate nei vari decreti legge si rinvia al relativo tema.
Il comma 2-bis, inserito nel corso dell’esame in Senato, contiene specifiche disposizioni – inserite nella disciplina generale delle imprese sottoposte ad amministrazione controllata (DL 347/2003) - volte a tutelare l’indotto delle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale strategico sottoposte ad amministrazione straordinaria, con riguardo ai criteri di priorità nella soddisfazione dei crediti anteriori all’ammissione alla procedura.
In particolare è specificato che sono prededucibili, ossia hanno priorità di soddisfazione in sede di ripartizione dell’attivo fallimentare:
· i crediti anteriori vantati da piccole e medie imprese relativi a prestazioni necessarie al risanamento ambientale, alla sicurezza, alla continuità dell’attività degli impianti produttivi industriali;
Per la definizione di PMI il testo in esame rinvia a quella contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE, ossia le imprese che: occupano meno di 250 persone; il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro; oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
· i crediti anteriori relativi al risanamento ambientale, alla sicurezza e all'attuazione degli interventi in materia di tutela dell'ambiente e della salute previsti dal Piano ambientale, specifico per ILVA s.p.a. (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014, in merito al quale si rinvia alla scheda dell’articolo 2).
Le due fattispecie
sembrerebbero distinguersi per i destinatari (piccole e medie imprese nel primo
caso, tutte le imprese nel secondo), nonché per la tipologia di interventi che
hanno dato origine ai crediti, che nel secondo caso comprende, accanto al
risanamento ambientale e alla sicurezza anche gli interventi attuativi del
Piano ambientale dell’ILVA.
Andrebbe chiarito l’ambito
applicativo delle disposizioni sulla prededucibilità
dei crediti. Dal tenore letterale della norma sembrerebbe potersi desumere che
nel caso generale di imprese che gestiscono uno stabilimento industriale di
interesse strategico nazionale sottoposte ad amministrazione straordinaria (tra
cui l’Ilva, ma potenzialmente anche ulteriori casi), sono prededucibili esclusivamente i crediti delle piccole e
medie imprese, maturati sia per interventi ambientali che legati alla
continuità degli impianti produttivi; nel caso specifico dell’Ilva
sembrerebbero essere tutelate tutte le imprese che hanno maturato crediti
legati al risanamento ambientale e alla sicurezza nonché all’attuazione del
Piano ambientale dell’Ilva.
La disposizione in esame introduce infatti il comma 1-ter nel testo dell’articolo 3 del DL 347/2003. Al riguardo si ricorda che comma 1-bis del medesimo art. 3 dispone che il giudice delegato, prima dell'autorizzazione del programma, può autorizzare il commissario straordinario al pagamento di creditori anteriori, quando ciò sia necessario per evitare un grave pregiudizio alla continuazione dell'attività d'impresa o alla consistenza patrimoniale dell'impresa stessa.
Si ricorda che i crediti prededucibili sono i primi a dover essere soddisfatti in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare. Si tratta, in base all'art. 111, secondo comma, della legge fallimentare (R.D. n. 267/1942), dei crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge e di quelli sorti in occasione o in funzione del fallimento o di una precedente procedura concorsuale.
L'art. 111-bis l.fall. prevede che i crediti prededucibili debbano essere accertati con la procedura di accertamento del passivo solo se sono oggetto di contestazione per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l'esercizio provvisorio. Per quanto riguarda il pagamento, i crediti prededucibili vanno soddisfatti (per capitale, spese ed interessi) con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti, per non danneggiarli.
Se l'attivo è insufficiente, la distribuzione delle somme deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge.
Il comma 3 esonera il Commissario straordinario delle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico per le quali sia stato fatto immediato ricorso alla trattativa privata (sulla quale si veda il comma 4 dell’articolo in esame) dall’obbligo di presentazione al Ministro dello sviluppo economico, del proprio programma di ristrutturazione o di cessione dei complessi aziendali entro 180 giorni dal decreto di nomina.
Anche in questo caso si estende alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico la disciplina vigente per le imprese operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali. Infatti il comma 2 dell’articolo 4 del decreto-legge n.347 del 2003 prevede che, salvo per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali per le quali sia stato fatto immediato ricorso alla trattativa privata (di cui al comma 4-quater del medesimo articolo) il Commissario straordinario presenti al Ministro dello sviluppo economico, entro 180 giorni dal decreto di nomina, il proprio programma (di ristrutturazione o di cessione dei complessi aziendali), considerando specificamente, anche ai fini del concordato, la posizione dei piccoli risparmiatori persone fisiche che abbiano investito in obbligazioni emesse o garantite dall’impresa in amministrazione straordinaria. Contestualmente, presenta al giudice delegato la relazione contenente la descrizione particolareggiata delle cause di insolvenza.
Il comma 4 apporta alcune modifiche alla disciplina delle condizioni di cessione a privati delle imprese e degli stabilimenti oggetto di procedure di amministrazione straordinaria (di cui all’art. 4, comma 4-quater del decreto legge n. 347 del 2003), al fine di estenderle la normativa vigente per le imprese che operano nel settore dei servizi pubblici essenziali anche alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico.
La prima modifica concerne l’inserimento dell’opzione dell’affitto, e non più solo della vendita degli impianti soggetti ad amministrazione straordinaria. E’ quindi stabilito che il commissario dell’amministrazione straordinaria procede ad individuare l’affittuario o l’acquirente, a trattativa privata, (e quindi derogando ai principi fissati dall'articolo 62 del D.lgs. 270 del 1999, pur nel rispetto del principio di trasparenza e non discriminazione) tra i soggetti che garantiscono nel medio periodo, a seconda dei casi, la continuità del servizio pubblico essenziale ovvero la continuità produttiva dello stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, anche con riferimento alla garanzia di adeguati livelli occupazionali, nonché la rapidità ed efficienza (tale requisito è stato introdotto nel corso dell’esame in Senato) di intervento ed il rispetto della legislazione nazionale ed europea.
Al riguardo si ricorda che l'articolo 62 del decreto legislativo n. 270 del 1999 prevede che l'alienazione dei beni dell'impresa insolvente, in conformità delle previsioni del programma autorizzato, venga effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), disponendo che la vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda di valore superiore a lire cento milioni venga effettuata previo espletamento di idonee forme di pubblicità e che il valore dei beni venga preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario.
In generale, con riferimento alle procedure di liquidazione delle imprese in stato di amministrazione straordinaria, il D.Lgs 270/1999 prevede che il commissario straordinario, entro i sessanta giorni successivi al decreto di apertura della procedura, presenti al Ministero dell'industria un programma redatto secondo uno degli indirizzi alternativi in merito al recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali. Tale risultato si può realizzare, in via alternativa: a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno («programma di cessione dei complessi aziendali»); b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni («programma di ristrutturazione») b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno («programma di cessione dei complessi di beni e contratti»).
Nel corso dell’esame in Senato è stata inserita una disposizione concernente l’obbligo per il commissario straordinario di richiedere al potenziale affittuario o acquirente, contestualmente alla presentazione dell'offerta, la presentazione di un piano industriale e finanziario nel quale devono essere indicati gli investimenti, con le risorse finanziarie necessarie e le relative modalità di copertura, nonché gli obiettivi strategici della produzione industriale degli stabilimenti del gruppo.
Il canone di affitto o il prezzo di cessione non devono essere inferiori a quelli di mercato, accertati da una perizia indipendente, effettuata da un'istituzione finanziaria scelta dal MiSE, con proprio decreto. È altresì previsto che il diritto di prelazione a favore dell'affittuario possa essere concesso convenzionalmente, previa espressa autorizzazione del Ministro dello sviluppo economico e con parere favorevole del comitato di sorveglianza.
Il comma 4 dispone infine che alle procedure di liquidazione individuate e disciplinate dalla normativa oggetto di commento si applichino le disposizioni della legge fallimentare (legge 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni, in particolare gli articoli 104-ter e 105, inseriti rispettivamente dagli articoli 91 e 92 del decreto legislativo n. 5 del 2006, che ha riformato le procedure concorsuali).
L’articolo 104-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n.267 riguarda l’affitto dell'azienda o di rami dell'azienda. In particolare il comma terzo-richiamato nel testo dell’articolo in commento- concerne il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell'affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all'affittuario di un giusto indennizzo. Il comma quinto concerne il diritto di prelazione a favore dell'affittuario, che può essere concesso convenzionalmente, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tale caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell'azienda o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all'affittuario, il quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione. Infine il comma sesto dispose che la retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile.
L'articolo 105 del regio decreto 16 marzo 1942, n.267 riguarda invece la vendita dell'azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco: il quarto comma esclude la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento, salva diversa convenzione; in base al quinto comma, il curatore può procedere altresì alla cessione delle attività e delle passività dell'azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell'alienante prevista dall'articolo 2560 del codice civile ; il sesto comma si occupa della cessione dei crediti relativi alle aziende cedute, prevedendo che anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, essa ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede al cedente. Secondo il settimo comma i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, mentre l'ottavo comma autorizza il curatore a procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 del codice civile. Sono comunque fatte salve le diverse disposizioni previste in leggi speciali.
Il comma 5, modificato
in Senato, prevede il trasferimento all'affittuario o all'acquirente
rispettivamente in caso di affitto o cessione di aziende e rami di aziende in
regime di amministrazione straordinaria, delle autorizzazioni, certificazioni,
licenze, concessioni o altri atti o titoli.
Nel corso dell’esame in Senato, è stata inserita una disposizione (modificativa dell’art. 4, comma 4-sexies del DL 347/2003) che prevede il mantenimento per un periodo di 18 mesi – invece che degli attuali 6 mesi- dall’avvio dell’amministrazione straordinaria dei requisiti in capo alle aziende interessate per il mantenimento delle eventuali autorizzazioni, certificazioni, licenze, concessioni o altri atti o titoli per l’esercizio e la conduzione delle attività.
Si ricorda che il comma 4-sexies dell’articolo 4 del DL 347/2003 prevede che le imprese operanti nei servizi pubblici essenziali ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria conservano, per sei mesi dalla data di ammissione alle procedure, le eventuali autorizzazioni, certificazioni, licenze, concessioni o altri atti o titoli per l’esercizio e la conduzione delle relative attività svolte alla data di sottoposizione delle stesse alla procedura concorsuale e, in caso di cessione di aziende e rami di aziende, sono trasferiti all’acquirente le autorizzazioni, certificazioni, licenze, concessioni o altri atti o titoli.
Il comma 6 elimina il riferimento alla ristrutturazione dal programma di concordato che il commissario straordinario può presentare per il soddisfacimento dei creditori (articolo 4-bis del DL 347/2003), al fine di rendere applicabile tale disciplina anche all’amministrazione straordinaria di imprese che gesticono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale.
Si ricorda che l’articolo 4-bis del DL 347/2003 prevede disposizioni particolari per la soddisfazione dei creditori attraverso un concordato, in caso di programma di ristrutturazione). Nell’ambito della proposta di concordato è infatti possibile:
· suddividere in classi i creditori, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;
· contemplare un trattamento diverso a seconda della classe di creditori;
· ristrutturare il debito e soddisfare i creditori attraverso una varietà di strumenti; in particolare, la proposta di concordato può prevedere l’attribuzione ai creditori, o ad alcune categorie di essi o a società da questi partecipate, di azioni o quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
· attribuire ad un assuntore le attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato.
Il comma 7 introduce una deroga alla disciplina dell’azione revocatoria prevista dalla legge fallimentare (e applicabile anche alle grandi imprese in stato di insolvenza, ai sensi degli articoli 49 e 91 del D.Lgs. 270/1999). Tale deroga consiste nel sottrarre all'azione revocatoria gli atti e i pagamenti compiuti in pendenza del commissariamento straordinario delle imprese di interesse strategico nazionale, al fine di assicurare il raggiungimento dello scopo stesso del commissariamento, vale a dire la continuità aziendale e la prosecuzione della attività produttiva dell’impresa di interesse strategico nazionale garantendo che le risorse aziendali siano destinate prioritariamente a tali finalità.
Articolo 2, commi 1-6, 7, 8 e 9-11
(Disciplina applicabile ad
Ilva S.p.A.)
I commi da 1 a 6, 7, 8 e da 9 a 11 dell’articolo 2 recano disposizioni specificamente applicabili a ILVA S.p.A.
Il comma 1 dell’articolo 2 prevede che l’ammissione di ILVA S.p.A. alla procedura di amministrazione straordinaria determina la cessazione della precedente gestione commissariale ed il subentro del nuovo organo commissariale nei poteri necessari per l’attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (c.d. Piano ambientale) adottato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014.
Il comma 2 disciplina i rapporti intercorrenti tra la valutazione del danno sanitario (VDS) e le prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), mentre i commi da 3 a 5 definiscono e disciplinano la procedura per l'attuazione del “piano ambientale” nonché il relativo monitoraggio a fini di rendicontazione alle Camere.
Il comma 6 introduce una presunzione di liceità delle condotte del commissario straordinario e dei funzionari da lui delegati, purché le condotte siano finalizzate a dare attuazione all’AIA e alle altre norme a tutela dell’ambiente, della salute e dell’incolumità pubblica o amministrativa e siano osservate le disposizioni contenute nel Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria relativo allo stabilimento ILVA di Taranto (piano approvato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014).
Il comma 7 stabilisce che le operazioni di finanziamento dell’ILVA, finalizzate alla tutela ambientale e sanitaria, ovvero funzionali alla continuazione dell'esercizio dell'impresa e alla gestione del relativo patrimonio, nonché i pagamenti effettuati per tali finalità, non determinano responsabilità penale per bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta.
I commi da 8 a 10 individuano le norme vigenti che continueranno a trovare applicazione, in quanto compatibili, in costanza del nuovo regime di amministrazione straordinaria, e ne precisano alcuni riferimenti.
Il comma 11, infine, consente all’impresa commissariata ai sensi del D.L. 61/2013, successivamente ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, di accedere alle procedure per la riconversione industriale dei siti inquinati.
Cessazione della precedente gestione commissariale (comma 1)
Il comma 1 prevede che l’ammissione di ILVA S.p.A. alla procedura di amministrazione straordinaria determina la cessazione del commissariamento straordinario deliberato ai sensi del D.L. 61/2013.
Per una ricostruzione dei provvedimenti riguardanti l’ammissione di ILVA alla procedura di amministrazione straordinaria e la nomina dei commissari straordinari si rinvia alla scheda di commento dell’articolo 1.
Lo stesso comma dispone, inoltre, il subentro del commissario straordinario nei poteri necessari per l’attuazione degli interventi previsti dal Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (c.d. Piano ambientale) adottato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8 maggio 2014.
Il piano ambientale”, previsto dall’art. 1, commi 5 e 7, del D.L. 61/2013, prevede:
§ le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), la cui contestata violazione ha determinato il commissariamento dell'ILVA.
§ nonché, in attuazione dell'art. 7 del D.L. 136/2013, la conclusione di tutti i procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e dall'AIA del 26 ottobre 2012, con esclusione di quelli che dovranno essere avviati a seguito dell'adempimento di prescrizioni e di quelli che comprendono impianti dello stabilimento non disciplinati dal piano.
Si ricorda che l’art. 1, comma 1, del D.L. 61/2013, che ha previsto la nomina di un commissario e di un sub-commissario per l’ILVA, ha attribuito a tali soggetti i poteri per i piani e le azioni di bonifica previsti dall'AIA.
Si ricorda altresì che in base all’art. 22-quater, comma 3, del D.L. 91/2014, il sub-commissario ILVA dispone, coordina ed è responsabile in via esclusiva dell'attuazione degli interventi previsti dal "piano ambientale".
Relazione tra la valutazione del danno sanitario (VDS) e le
prescrizioni contenute nell’AIA (comma 2)
Il comma 2 disciplina i rapporti intercorrenti tra la valutazione del danno sanitario (VDS) e le prescrizioni contenute nell’AIA, ribadendo disposizioni già statuite dal comma 7 dell’art. 1 del D.L. 61/2013.
Viene infatti disposto che in attuazione dell’articolo 1-bis del decreto legge n. 207 del 2012, la VDS,:
§ si deve conformare ai criteri metodologici stabiliti dal decreto ministeriale 24 aprile 2013;
§ non può modificare unilateralmente le prescrizioni dell’AIA, ma consente alla Regione competente di chiederne il riesame ai sensi dell’art. 29-octies, comma 4, del d.lgs. 152/2006.
Il comma in esame inoltre ribadisce la possibilità di modificare i contenuti del “piano ambientale” (approvato con il citato D.P.C.M. 14 marzo 2014) con i procedimenti previsti dagli articoli 29-octies e 29-nonies del d.lgs. 152/2006 per l’aggiornamento dell’AIA.
Si ricorda che la disciplina dell’AIA è contenuta nel titolo III-bis (articoli da 29-bis a 29-quattuordecies) della Parte II del Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006). In particolare l’articolo 29-octies disciplina il rinnovo o il riesame dell’AIA, mentre il successivo articolo 29-nonies prevede la necessità di una nuova AIA in caso di modifiche sostanziali e di una volturazione della stessa AIA in caso di variazioni del soggetto gestore.
L’articolo 1-bis, comma 1, del decreto legge n. 207 del 2012 prevede l’obbligo di redazione, con aggiornamento almeno annuale, di un rapporto di valutazione del danno sanitario (VDS) anche sulla base del registro tumori regionale e delle mappe epidemiologiche sulle principali malattie a carattere ambientale. Tale rapporto deve essere redatto per tutte le aree interessate dagli stabilimenti di interesse strategico nazionale. Viene altresì previsto che il rapporto VDS sia redatto congiuntamente dall'ASL (Azienda Sanitaria Locale) e dall’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente) competenti per territorio. Con il citato decreto 24 aprile 2013 sono stati stabiliti i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di VDS.
In attuazione delle citate disposizioni è stato redatto un rapporto di VDS nel maggio 2013[1].
Attuazione del piano
ambientale (commi 3-6)
I commi da 3 a 6 dell'articolo in esame definiscono e disciplinano la procedura per l'attuazione del “piano ambientale” approvato con D.P.C.M. 14 marzo 2014.
Il comma 3 ribadisce disposizioni vigenti (vedi infra), specificando che l'attività di gestione dell'impresa eseguita nel rispetto delle prescrizioni del D.P.C.M. 14 marzo 2014 va considerata ad ogni effetto attività di pubblica utilità e che gli interventi previsti dal piano ambientale:
§ sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità;
In merito alla dichiarazione di pubblica utilità, si ricorda che essa accerta l’esistenza di ragioni di pubblico interesse alla realizzazione di un’opera e attribuisce all’opera medesima una determinata qualità giuridica, che costituisce presupposto per le procedure espropriative. La disciplina concernente l’occupazione d'urgenza è contenuta nell’art. 22-bis del D.P.R. 327/2001 (T.U. espropri).
§ costituiscono varianti ai piani urbanistici.
Si fa notare che disposizioni pressoché identiche sono contenute nel comma 1-bis dell’art. 2 del D.L. 61/2013 (ove, infatti, si stabilisce che gli interventi previsti dal piano di cui all'articolo 1, comma 5, vale a dire dal “piano ambientale”, sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità e costituiscono varianti ai piani urbanistici) e nel comma 10 dell’art. 1 del medesimo decreto-legge, in base al quale l’attività di gestione dell'impresa eseguita nel rispetto dei piani è considerata di pubblica utilità ad ogni effetto.
Come il comma 3, anche il comma 4 ribadisce disposizioni già vigenti (vedi infra) e finalizzate alla velocizzazione del procedimento di approvazione degli interventi previsti dal “piano ambientale” previsto dal comma 9 dell’art. 1 del D.L. 61/2013, come modificato dall’art. 7, comma 1, lettera e), del D.L. 136/2013.
Il citato comma 9 ha introdotto una speciale disciplina procedimentale al fine dell'acquisizione di autorizzazioni, intese, concerti, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati degli enti locali, regionali, dei ministeri competenti, di tutti gli altri enti comunque coinvolti, necessari per realizzare le opere e i lavori previsti dall'AIA, dal “piano ambientale” e dal “piano industriale di conformazione delle attività produttive”.
A tal fine il comma citato ha previsto la convocazione di una conferenza dei servizi, da parte del Ministero dell'ambiente, su proposta del commissario straordinario, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della L. 241/1990. Tale conferenza:
§ si deve pronunciare entro il termine di sessanta giorni dalla convocazione;
§ si esprime dopo avere acquisito, se dovuto, il parere della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale, che si esprime sulla valutazione di impatto ambientale (VIA) del progetto entro sessanta giorni dalla sua presentazione, o sulla verifica di assoggettabilità alla procedura medesima entro trenta giorni. I predetti termini sono comprensivi dei quindici giorni garantiti al pubblico interessato al fine di esprimere osservazioni sugli elaborati progettuali messi a disposizione. Nei casi di attivazione delle procedure di VIA, il termine di conclusione della conferenza di servizi è sospeso per un massimo di novanta giorni. Decorso tale termine, i pareri non espressi si intendono resi in senso favorevole. Solo nel caso di motivata richiesta di approfondimento tecnico, tale termine può essere prorogato una sola volta fino ad un massimo di trenta giorni;
§ si conclude con una determinazione conclusiva che è adottata con decreto del Ministro dell'ambiente e che costituisce variante ai piani territoriali ed urbanistici, per la quale non è necessaria la valutazione ambientale strategica.
Nel caso di motivato dissenso delle autorità preposte alla tutela ambientale, sanitaria, culturale o paesaggistica, il Consiglio dei Ministri si pronuncia sulla proposta, previa intesa con la regione o la provincia autonoma interessata, entro i venti giorni successivi all'intesa. L'intesa si intende comunque acquisita decorsi trenta giorni dalla relativa richiesta.
Il comma in esame dispone innanzitutto che per l’attuazione degli interventi previsti dal “piano ambientale” (approvato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014), il procedimento di cui al citato comma 9 dell’art. 1 del D.L. 61/2013 è avviato su proposta del commissario entro 15 giorni dalla comunicazione (la parola “comunicazione” è stata inserita nel corso dell’esame al Senato in luogo della parola “disponibilità” presente nel testo iniziale del decreto e la cui portata non è chiara) dei relativi progetti.
I termini per l'espressione dei pareri, dei visti e dei nulla osta relativi agli interventi previsti per l'attuazione del citato piano devono essere resi dalle amministrazioni o dagli enti competenti entro venti giorni dalla richiesta, prorogabili di ulteriori venti giorni in caso di richiesta motivata e, qualora non resi entro tali termini, si intendono acquisiti con esito positivo (silenzio-assenso).
Viene inoltre stabilito che per la VIA e per i pareri in materia di tutela sanitaria e paesaggistica, restano ferme le previsioni del citato comma 9 (di cui si è dato conto in precedenza).
Si rammenta che disposizioni molto simili a quelle contenute nel comma 4 in esame sono contenute nel comma 1-ter dell’art. 2 del D.L. 61/2013, il quale, tuttavia, affida alla proposta del sub-commissario il procedimento di cui al comma 9 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013 per lo svolgimento della conferenza di servizi indetta dal Ministero dell’ambiente.
Tale norma, inoltre, fa riferimento, alla “disponibilità dei relativi progetti”, utilizzando quindi un’espressione analoga a quella contemplata dal testo iniziale del comma in esame, poi corretta nel corso dell’esame al Senato con il riferimento alla “comunicazione dei relativi progetti”.
Il comma 4-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, dispone che il Ministro dell'ambiente presenti alle Camere, con cadenza semestrale, una relazione sullo stato di attuazione del “piano ambientale” (approvato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014) e sulle risultanze dei controlli ambientali effettuati.
In base al successivo comma 5, il “piano ambientale” (approvato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014) si intende attuato se entro il 31 luglio 2015 siano realizzate, almeno nella misura dell’80%, le prescrizioni che siano in scadenza entro quella data.
Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che tale soglia deve essere valutata con riferimento al numero delle prescrizioni, quindi indipendentemente dalla rilevanza del loro contenuto.
Viene inoltre previsto che il commissario è tenuto a presentare al Ministero dell'ambiente e all'ISPRA una relazione sull'osservanza delle disposizioni del predetto piano.
Si demanda ad un successivo D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’ambiente, la definizione del termine ultimo per l’attuazione di tutte le altre prescrizioni.
Nel corso dell’esame al Senato è stato chiarito che resta fermo il rispetto dei termini massimi previsti dal comma 3-ter dell’art. 2 del D.L. 61/2013.
Anche nel caso del comma in esame ci si trova di fronte ad una disposizione che riproduce analoghe disposizioni vigenti. Anche il comma 3-ter dell’articolo 2 del D.L. 61/2013, infatti, prevede che per l'osservanza del piano ambientale devono essere attuate, entro il 31 luglio 2015, almeno l'80% delle prescrizioni in scadenza a quella data.
La stessa norma, oltre a motivare la deroga concessa alla luce dell’elevato numero di prescrizioni con interconnessioni critiche contenute nel piano, stabilisce però che:
§ rimane comunque fermo il termine ultimo già previsto del 4 agosto 2016 per l'attuazione di tutte le altre prescrizioni;
§ è fatto salvo il termine per l'applicazione della decisione 2012/135/UE della relativa alle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT, acronimo anglosassone di Best Available Techniques) per la produzione di ferro ed acciaio.
Con riferimento al termine per l’applicazione delle citate BAT si ricorda che la Decisione della Commissione 2012/135/UE è stata adottata il 28 febbraio 2012 e pubblicata l’8 marzo 2012. Ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2010/75/UE, entro quattro anni dalla data di pubblicazione delle decisioni sulle conclusioni sulle BAT, l'autorità competente riesamina e, se necessario, aggiorna tutte le condizioni di autorizzazione e garantisce che l'installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione.
In proposito occorre ricordare che il decreto di riesame dell’AIA del 26 ottobre 2012 è stato emanato proprio al fine di disporre, fin da subito, e quindi anticipando la scadenza dell’8 marzo 2016, il rispetto delle BAT approvate con la citata decisione 2012/135/UE.
Riguardo ai tempi di attuazione del “piano ambientale” relativo allo stabilimento di Taranto si rammenta che nel documento consegnato dal Commissario Piero Gnudi nel corso dell'audizione presso le Commissioni riunite VIII e X della Camera, tenutasi il 17 dicembre 2014, si legge che è stato completato il 75% con 88 linee di intervento ottemperate e che sono state impegnate risorse per un importo complessivo pari a 600 milioni di euro.
Il comma 6 introduce una presunzione assoluta di liceità delle condotte del commissario straordinario e dei funzionari da lui delegati, purchè:
· le condotte siano finalizzate a dare attuazione all’AIA e alle altre norme a tutela dell’ambiente, della salute e dell’incolumità pubblica o amministrativa;
· siano osservate le disposizioni contenute nel piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria relativo allo stabilimento ILVA di Taranto (piano approvato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014).
In presenza di tali presupposti sono infatti escluse tanto la responsabilità penale e la responsabilità amministrativa dei singoli quanto la responsabilità amministrativa derivante da reato della società ILVA s.p.a.
Analoga disposizione era contenuta nell'articolo 1, comma 9, del decreto-legge n. 61 del 2013 ove si prevede, sempre in virtù del richiamo all'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 20013, il possibile esonero della responsabilità del commissario e del sub commissario e degli esperti del comitato per i possibili illeciti commessi in relazione all'attuazione dell'A.I.A. e delle altre norme di tutela ambientale e sanitaria.
Analiticamente, il comma 6 equipara il rispetto delle disposizioni del Piano all’adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione dell'impresa richiesti dal decreto legislativo n. 231 del 2001, che disciplina la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Ciò vale ad escludere l’eventuale responsabilità amministrativa dell’ente ILVA s.p.a.
Si ricorda che il D.Lgs. n. 231/2001 prevede che, per una serie di reati espressamente individuati (artt. 24 e ss.), tra i quali i reati contro l’ambiente, possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive e confisca. Il presupposto per l’irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell’ente che, ai sensi dell’art. 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell’interesse dell’ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.
In particolare, l’articolo 6 del decreto legislativo prevede che se un reato è stato commesso da soggetti che rivestono funzioni apicali ovvero funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente (nonché che esercitano su di esso, anche di fatto, la gestione e il controllo) l'ente non risponde a titolo di responsabilità amministrativa se prova varie circostanze, fra le quali, alla lettera a) quella che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Peraltro, l'articolo 6 del decreto legislativo 231, richiamato dal decreto-legge 1/2015 per l'esclusione della responsabilità amministrativa dell'organo, richiede inoltre che: b) il compito di vigilare sul funzionamento, l’efficacia e l’osservanza dei modelli nonché di curare il loro aggiornamento sia stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il cosiddetto organismo di vigilanza; c) le persone fisiche abbiano commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla precedente lettera b).
Inoltre, il comma 6 esclude espressamente che le condotte poste in essere in attuazione del Piano diano luogo a responsabilità penale o amministrativa del Commissario straordinario e dei soggetti da lui delegati. Il decreto-legge, infatti, assume che se le condotte sono realizzate in osservanza del Piano, esse rappresentano «adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro».
La qualificazione così effettuata, sembrerebbe, quindi, escludere la rilevanza penale e amministrativa delle condotte poste in essere in osservanza del piano ambientale.
Occorre valutare se, in virtù
del richiamo contenuto nel decreto-legge, eventuali future modificazioni del
DPCM 14 marzo 2014 ne facciano venire meno la connotazione legislativa di
“migliori regole preventive”, con conseguente cessazione della causa di non
punibilità.
Esclusione della responsabilità penale per operazioni di finanziamento
dell’ILVA (comma 7)
Il comma 7 stabilisce che le operazioni di finanziamento dell’ILVA, finalizzate alla tutela ambientale e sanitaria, ovvero funzionali alla continuazione dell'esercizio dell'impresa e alla gestione del relativo patrimonio, nonché i pagamenti effettuati per tali finalità, non determinano responsabilità penale per bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta.
L’esenzione, secondo la relazione governativa, «trova giustificazione nel fatto che tali finanziamenti sono funzionali al risanamento ambientale ovvero alla continuazione dell’esercizio dell’attività di impresa attestata dal Ministro dell’ambiente e dal Ministro dello sviluppo economico».
Analiticamente, il comma 7 modifica l’art. 217-bis della legge fallimentare, che esclude l’applicabilità delle fattispecie penali di bancarotta semplice e di bancarotta fraudolenta ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di:
- un concordato preventivo;
- un accordo di ristrutturazione dei debiti;
- un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento;
- un’autorizzazione del giudice a seguito della presentazione di una domanda di concordato o di ristrutturazione dei debito.
Tale catalogo di ipotesi che escludono l’insorgere della responsabilità penale è integrato dal decreto-legge n. 1/2015 con l’indicazione:
- delle operazioni di finanziamento dell’impresa commissaria, funzionali a porre in essere le misure e le attività di tutela ambientale e sanitaria ovvero funzionali alla continuazione dell'esercizio dell'impresa e alla gestione del relativo patrimonio (effettuate ai sensi dell'articolo 22-quater, comma 1, del decreto-legge n. 91 del 2014);
- dei pagamenti e delle operazioni compiuti dall’impresa commissariata, per le medesime finalità, con impiego delle somme provenienti da tali finanziamenti.
Si ricorda che l’art. 216 della legge fallimentare (bancarotta fraudolenta) punisce con la reclusione da 3 a 10 anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore che ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, esposto o riconosciuto passività inesistenti; analoga sanzione è irrogata in caso, per analoghe finalità, siano sottratti, distrutti o falsificati i libri e le altre scritture contabili ovvero siano tenuti in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
E' punito con la reclusione da 1 a 5 anni il fallito che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione (cd. bancarotta preferenziale).
Salve le altre pene accessorie previste dal codice penale, la condanna per bancarotta fraudolenta importa per la 10 anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
La bancarotta semplice, invece, è disciplinata dall’art. 217 della legge fallimentare, è punita con la reclusione da 6 mesi a 2 anni e consiste nel fatto dell'imprenditore che, se è dichiarato fallito, e fuori dai casi di bancarotta fraudolenta
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i 3 anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Anche qui, salve le altre pene accessorie di cui al codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a 2 anni.
Coordinamento con norme vigenti (commi 8-10)
I commi da 8 a 10 individuano le norme vigenti che continueranno a trovare applicazione, in quanto compatibili, in costanza del nuovo regime di amministrazione straordinaria, e ne precisano alcuni riferimenti.
In particolare, il comma 8 elenca le norme applicabili, in quanto compatibili, ad ILVA S.p.A:
§ il decreto-legge n. 61/2013;
§ l'art. 12 del decreto-legge n. 101/2013, come modificato dal presente decreto.
Nel corso dell’esame al
Senato, da tale insieme di norme è stato espunto l'articolo 22-quater, comma 2, del D.L. 91/2014, che
ha riscritto il comma 11-quinquies
dell’art. 1 del D.L. 61/2013. Tale modifica è consequenziale alla riscrittura
del comma 1 dell’art. 3, che ha dettato una nuova e specifica disciplina per il
trasferimento all’impresa delle somme sequestrate (si rinvia in proposito al
commento del comma 1 dell’art. 3). Si consideri comunque che il citato articolo
22-quater modifica una norma del
decreto legge n. 61 del 2013, che in conseguenza di quanto disposto dal comma
in esame già viene considerato
applicabile ad ILVA S.p.A. in quanto compatibile.
Il comma 9 specifica che i riferimenti al commissario e al sub-commissario nonché al commissariamento e alla gestione commissariale contenuti negli articoli 1 e 2-quinquies del D.L. 61/2013, nell’articolo 12 del D.L. 101/2013 e nell’articolo 22-quater, comma 2, del D.L. 91/2014 devono intendersi come riferimenti, rispettivamente, al commissario straordinario e alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.L. n. 347/2003. Anche il riferimento al piano deve intendersi riferito a quello previsto dal DPCM 14 marzo 2014.
Il comma 10 specifica che il riferimento alla gestione commissariale di cui all’articolo 1, comma 9-bis, del D.L. 61/2013 si intende riferito alla gestione aziendale da parte del commissario o dell’avente titolo, sia esso affittuario o cessionario, e che la disciplina ivi prevista si applica all’impresa commissariata o affittata o ceduta fino alla data di cessazione del commissariamento o a diversa data fissata con DPCM su proposta del Ministro dello sviluppo economico.
Accesso alle procedure per la riconversione dei siti inquinati (comma
11)
Il comma 11 dispone che, nel caso in cui l’impresa commissariata ai sensi del D.L. 61/2013 sia successivamente ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, è possibile, per la stessa impresa, accedere alle procedure previste dall’articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente) per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico.
L’art. 252-bis del cd. Codice dell’ambiente - che come recita la rubrica contiene la disciplina per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali (SIN) di preminente interesse pubblico - prevede che il Ministro dell’ambiente e il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di competenza, possono stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale (SIN), individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della L. 426/1998, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. Tale articolo è stato così riscritto dal comma 1 dell’art. 4 del D.L. 145/2013. Il successivo comma 2 prevede la concessione di un credito d'imposta alle imprese sottoscrittrici degli accordi di programma citati a fronte dell'acquisizione di nuovi beni strumentali a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 145/2013 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2015.
Per espressa previsione del comma 1 dell’art. 252-bis, la disciplina in esso contenuta non si applica alle aree interessate dalle norme del D.L. 61/2013. Il comma in esame precisa che tale esclusione cessa di avere effetto nel caso in cui l'impresa sia ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria.
La Commissione europea ha emesso lo scorso 16 ottobre 2014 un parere motivato nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013, contestando in relazione allo stabilimento ILVA di Taranto la violazione della direttiva 2008/1/CE (cd. Direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento fino al 7 gennaio 2014, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, a decorrere da tale data.
Come ricordato dalla Commissione, la direttiva sulle emissioni industriali ha sostituito, a decorrere dal 7 gennaio 2014, la direttiva IPPC, mantenendo in vigore la maggior parte degli obblighi da essa previsti, tra i quali l’obbligo di garantire che nessuna istallazione operi senza autorizzazione e che le condizioni di tale autorizzazione siano rispettate.
Si ricorda che lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto era già stato oggetto della procedura di infrazione n. 2008/2071, riguardante numerosi stabilimenti industriali privi di autorizzazione ai sensi della direttiva 2008/1/CE (IPCC). In esito a tale procedura di infrazione, la Corte di giustizia dell’UE, nel marzo 2011, ha dichiarato l’inadempienza dell’Italia per la mancata adozione delle misure necessarie a garantire che il funzionamento degli impianti industriali sia conforme a quanto disposto dalla direttiva (causa 50/10).
Al fine di dare esecuzione alla sentenza, il 4 agosto 2011, allo stabilimento ILVA di Taranto è stata rilasciata un’autorizzazione integrata ambientale (AIA), parzialmente rivista da una successiva nuova autorizzazione rilasciata il 26 ottobre 2012.
Nel settembre 2013 la Commissione europea, ritenendo il gestore dello stabilimento ILVA di Taranto inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste dall’AIA dell’ottobre 2012, ha avviato una nuova procedura di infrazione, in esito alla fase precontenziosa esperita secondo il sistema EU Pilot (caso 3268/2012 ENVI).
Successivamente, il 22 aprile 2014, la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora complementare, nella quale concludeva che, con riferimento allo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto, l’Italia non aveva ottemperato agli obblighi imposti dagli articoli 8, paragrafi 1 e 2, 11 e 14 della direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali; dall’articolo 9, paragrafo 5, della direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (c.d. direttiva Seveso).
In risposta a tale lettera, le autorità italiane hanno comunicato l’adozione del DPCM 14 marzo 2014, di approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (c.d. piano ambientale), a norma del DL n. 61/2013, che ha modificato l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) dello stabilimento, quale risultava dal decreto AIA del 2011 e dal decreto di riesame AIA del 2012.
Nel parere motivato del 16 ottobre 2014, la Commissione, pur riconoscendo i progressi conseguiti dalla data di costituzione in mora, contesta la violazione delle direttive sopra richiamate con riferimento a tre diversi ambiti.
Anzitutto, essa ritiene il gestore dello stabilimento ILVA di Taranto inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste dall’AIA dell’ottobre 2012.
Le inadempienze ancora riscontrate riguardano:
- la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti che risultano ancora privi, inoltre, di un sistema di captazione e convogliamento delle emissioni, il mancato adeguamento della macchine per lo scarico dei materiali e dei nastri trasportatori, al fine di evitare emissioni di polveri;
- la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas;
- la mancata adozione di misure per il controllo dell’emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento;
- mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.
Alle autorità italiane che, in
risposta alla costituzione in mora complementare, hanno sottolineato che il
citato DPCM del 14 marzo 2014 aveva
disposto lo slittamento dei termini di
adempimento delle prescrizioni dell’AIA, la Commissione replica che si
tratta di una questione meramente
formale che non sana le inadempienze
rilevate, da cui dipendono la mancata riduzione delle emissioni incontrollate
dello stabilimento ILVA.
Inoltre, la Commissione rileva che:
- il rinvio dei termini di adempimento delle prescrizione di un’AIA è contrario alla logica dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali, che dispone che gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché le condizioni di autorizzazione siano rispettate;
- non risulta l’adozione del piano industriale, propedeutico, a norma del DL n. 61/2013, all’attuazione del piano ambientale.
Come previsto dal DPCM del 14 marzo 2014, il commissario straordinario ILVA dovrà precisare, nell’ambito della predisposizione del piano industriale, la tempistica per la definizione dei progetti definitivi ed un’analisi dei costi degli interventi previsti nel piano ambientale. La mancata adozione del piano dovrebbe dipendere, secondo le informazioni in possesso della Commissione, dalla difficoltà di reperire le risorse necessarie.
La mancata adozione del piano industriale, ad avviso della Commissione, pone in dubbio la possibilità che siano rispettati anche i nuovi termini previsti dal DPCM. Di tale eventualità appare consapevole lo stesso Governo italiano che, nel luglio 2014, ha adottato un nuovo decreto-legge (n. 100/2014), che reca misure urgenti per la realizzazione del piano ambientale dello stabilimento siderurgico dell’ILVA di Taranto.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la Commissione europea conclude che, non avendo garantito il rispetto di tutte le prescrizioni dell’AIA, la Repubblica italiana ha violato l’articolo 14, lettera a), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali a decorrere da tale data.
Un secondo ambito di violazioni contestate dalla Commissione europea, già all’atto della costituzione in mora complementare, riguarda le disposizioni delle direttive IPPC e sulle emissioni industriali anche con riferimento alla mancata adozione di misure che garantiscano che le istallazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi.
La Commissione cita a sostegno di tale affermazione i seguenti fatti:
- l’inclusione della zona industriale di Taranto tra i Siti di Interesse Nazionale (SIN) altamente inquinati e da bonificare;
- la caratterizzazione cui è stato sottoposto il sito di pertinenza dell’ILVA, da cui è risultato che il suolo, le acque superficiali e le acque sotterranee del sito sono fortemente inquinate. Per il contrasto di tale inquinamento, attribuito dal ministero dell’Ambiente all’attività produttiva dello stabilimento ILVA (nota 8898/TRI/VIII del 28/3/2013), non risultano ancora intraprese tutte le necessarie azioni di bonifica;
- il grave inquinamento anche dei comuni limitrofi di Taranto (in particolare, il comune di Statte), attribuibile all’attività dello stabilimento ILVA. Tale inquinamento è dimostrato dalle ordinanze del sindaco di Taranto che interessano, in particolare, il quartiere Tamburi, il più vicino allo stabilimento, nonché dallo stanziamento di 8 milioni di euro disposto dalle autorità italiane per bonificare il quartiere.
Dai dati ufficiali delle competenti autorità italiane, risulta che, sebbene nel 2013 la qualità dell’aria a Taranto sia migliorata rispetto al 2012, lo stabilimento ILVA continua a causare un inquinamento significativo non solo dell’aria ma anche del suolo e delle acque.
Di ciò le autorità italiane, ad avviso della Commissione, si sono dimostrate pienamente consapevoli, dal momento che, sulla base del DL 63/2013, il Governo italiano ha commissariato l’ILVA, constatando che la sua attività ha comportato e continua a comportare oggettivamente pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e la salute a causa dell’inosservanza dell’autorizzazione integrata ambientale. Per rimediare alla persistenza dei fenomeni inquinanti, inoltre, la Commissione ricorda ancora l’adozione, da parte del Governo italiano, del citato DL n. 100/2014.
La Commissione riporta ulteriori evidenze del perdurare dell’inquinamento: ad esempio, la rilevazione nei sedimenti marini e nei mitili di inquinanti provenienti dalle acque reflue dello stabilimento.
In base a tali dati, la Commissione europea eccepisce la violazione da parte della Repubblica italiana dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e dell’articolo 11, lettera c), della direttiva sulle emissioni industriali, a decorrere da tale data.
A tale proposito, la Commissione auspica l’adozione da parte del Governo
italiano delle misure necessarie alla riduzione dell’inquinamento anche
prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali in corso. Ulteriori
ritardi, infatti causerebbero un aggravamento
della situazione, rendendo ancora più difficile il conseguimento a Taranto
di un livello accettabile di qualità ambientale.
Il terzo ambito di contestazioni mosse dalla Commissione attiene alla violazione da parte della Repubblica italiana dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e dell’articolo 14, paragrafo 1, comma 1, della direttiva sulle emissioni industriali a decorrere da tale data, nonché la violazione dell’articolo 9, paragrafo 3, comma 1 e paragrafo 6, della direttiva IPPC fino al 7 gennaio 2014 e dell’articolo 14, paragrafo 1, comma 2, lettere b), e) ed f), della direttiva sulle emissioni industriali a decorrere da tale data, letti in combinato disposto, rispettivamente, con l’articolo 3, paragrafo 1, lettere a), c) ed f), della direttiva IPPC e con l’articolo 11, lettere a), e) ed h), della direttiva sulle emissioni industriali.
La direttiva sulle emissioni
industriali stabilisce le prescrizioni
minime che devono essere contenute nell’autorizzazione per uno stabilimento
industriale e gli obblighi
fondamentali del gestore (articoli 14 e 11). Ai sensi della medesima
direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie a garantire il rispetto di alcuni principi nella
gestione degli stabilimenti (prevenzione dell’inquinamento; riduzione
dell’impatto ambientale della gestione dei rifiuti; azzeramento del rischio di
inquinamento al momento della cessazione dell’attività e ripristino del sito).
Ad avviso della Commissione, l’AIA 2011-2012 non conteneva tutte le misure previste dagli articoli 11 e 14 della direttiva sulle emissioni industriali.
In particolare, la Commissione si riferisce al mancato aggiornamento dell’AIA nel 2013, la mancanza di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee, per la verifica periodica del loro stato e per la prevenzione delle emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee; la mancanza di misure relative all’arresto definitivo dell’impianto.
Pur prendendo in considerazione le ulteriori misure recate dal DPCM del 14 marzo 2014, ad avviso della Commissione, l’AIA dello stabilimento ILVA di Taranto continua ad essere inadeguata, non contenendo tutte le misure prescritte dalle direttive europee.
La Commissione fonda tale conclusione sull’analisi della gestione delle discariche interne allo stabilimento, della gestione dei rifiuti del ciclo produttivo e della gestione dei sottoprodotti; della gestione delle acque e delle acque reflue; della protezione e del monitoraggio del suolo e delle acque sotterranee; della cessazione definitiva dell’attività.
Alla luce di tali considerazioni, la Commissione ritiene che l’Italia sia inadempiente in relazione agli obblighi posti dalla direttiva sulle emissioni industriali, dal momento che né l’AIA dello stabilimento ILVA di Taranto né il DPCM del 14 marzo 2014 includono tutte le misure necessarie che riguardano, in particolare, la gestione dei sottoprodotti e dei rifiuti, la protezione e il monitoraggio del suolo e delle acque sotterranee nonché la cessazione definitiva delle attività.
Articolo
2, co. 6-bis e 6-ter
(Prevenzione e cura onco-ematologica
pediatrica nella provincia di Taranto)
Il co. 6-bis dispone l’autorizzazione per la regione Puglia, nei limiti di spesa di 0,5 milioni di euro per il 2015 e di 4,5 milioni per il 2016, ad effettuare interventi per il potenziamento della prevenzione e della cura nel settore della onco-ematologia pediatrica nella provincia di Taranto. La finalità della norma è di assicurare adeguati livelli della salute pubblica e una più efficace lotta ai tumori, riferita in particolare alle malattie infantili.
Il 6-ter prevede la copertura dei predetti maggiori oneri mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze per il 2015, utilizzando parzialmente l’accantonamento del medesimo Ministero che viene autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.
Si segnala in
proposito che l’ASL di Taranto, nell’ottobre 2014, ha dichiarato di volersi impegnare
nella stesura di un Protocollo d’intesa con soggetti privati per la
realizzazione di un reparto dedicato alla lotta dei tumori in età pediatrica di
cui è attualmente privo il polo oncologico all’interno dell’Ospedale Civile
S.G. Moscati di Taranto.
Articolo 2, commi 8-bis e 8-ter
(Agevolazioni fiscali e finanziarie per
imprese creditrici)
I commi 8-bis e 8-ter, introdotti durante l’esame del provvedimento al Senato, recano agevolazioni di natura fiscale e finanziaria nei confronti di alcune imprese che vantano crediti nei confronti dell’ILVA o di imprese di interesse strategico nazionale.
Il comma 8-bis dispone la sospensione dei termini di versamento dei tributi erariali che scadono nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame e il 15 settembre 2015, in favore delle imprese di autotrasporto e delle piccole imprese che vantino crediti nei confronti di Ilva S.p.A. per prestazioni svolte prima del deposito della domanda di accertamento dello stato di insolvenza della società.
Il comma 8-ter affida al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero
dello sviluppo economico, previo accordo con l'Associazione bancaria italiana e
con le associazioni dei rappresentanti delle imprese dei consumatori, il
compito di concordare tutte le misure necessarie per sospendere il pagamento della quota capitale delle rate dei mutui, per gli anni dal 2015 al 2017,
contratti dalle piccole e medie imprese che vantano crediti verso imprese di interesse strategico nazionale ammesse
all'amministrazione straordinaria secondo le procedure di legge.
Il comma 8-bis dispone un’agevolazione fiscale, consistente nella sospensione dei versamenti di tributi erariali, in favore di:
- imprese di autotrasporto;
- piccole imprese, come definite ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE, della Commissione, del 6 maggio 2003
Per la definizione di “piccola impresa” il testo in esame rinvia a quella contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE, ossia l’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.
Tale agevolazione opera purché dette imprese vantino crediti nei confronti di Ilva S.p.A. per prestazioni svolte a favore della medesima società prima del deposito della domanda di accertamento dello stato di insolvenza, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270.
Ai sensi del richiamato articolo 3, comma 1, ove un'impresa avente i requisiti di legge per l’ammissione allo stato di amministrazione straordinaria si trovi in stato di insolvenza, il tribunale del luogo in cui essa ha la sede principale, su ricorso dell'imprenditore, di uno o più creditori, del pubblico ministero, ovvero d'ufficio, dichiara tale stato con sentenza in camera di consiglio.
Si osserva che la
disposizione in commento non prevede alcuna forma di controllo – anche di
natura formale o documentale – sulla fondatezza della pretesa, vantata nei
confronti dell’ILVA, dei soggetti eventualmente ammessi all’agevolazione in
commento.
Nei confronti delle predette categorie di imprese sono sospesi:
- i termini dei versamenti di tributi erariali che scadono nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del provvedimento in commento e il 15 settembre 2015;
- per il medesimo periodo, le procedure esecutive e cautelari relative ai predetti tributi;
- i termini relativi ai versamenti derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli atti di cd. accertamento esecutivo (ai sensi dell'articolo 29 del DL 78/2010), ancorché scaduti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Le somme non versate per effetto della sospensione di cui al presente articolo, sono versate in unica soluzione entro il 21 dicembre 2015.
La norma in commento reca una sospensione relativa ai soli tributi erariali; la sospensione dunque non opera:
- per i tributi regionali e locali.
- per esplicita previsione di legge, per le ritenute operate dai soggetti beneficiari in qualità di sostituti d'imposta, che dovranno continuare ad essere effettuate e versate.
Il comma 8-ter persegue l’esplicita finalità di rimodulare il piano di ammortamento dei mutui e dei finanziamenti per le piccole e medie imprese (come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione UE del 6 maggio 2003), che vantano crediti verso imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, ammesse all'amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge n. 347/2003.
Per la definizione di PMI il testo in esame rinvia a quella contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE, ossia le imprese che: occupano meno di 250 persone; il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro; oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
A tal fine si affida al Ministero
dell'economia e delle finanze e al Ministero dello sviluppo economico, entro il 1° aprile 2015 (90 giorni dall’entrata
in vigore della legge di stabilità 2015, ovvero dal 1° gennaio 2015; si tratta
del termine previsto dal comma 246 della medesima legge di stabilità, l. n.
190/2014), e previo accordo con l'Associazione bancaria italiana e con le
associazioni dei rappresentanti delle imprese dei consumatori, il compito di concordare, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica, tutte le misure
necessarie al fine di sospendere il pagamento della quota capitale delle rate
dei predetti finanziamenti per gli anni dal 2015 al 2017.
La disposizione in esame ricalca il già richiamato comma 246 della legge di stabilità
2015. Tale norma, al fine di consentire l’allungamento del piano di
ammortamento dei mutui e dei finanziamenti
per le famiglie e le micro, piccole e medie imprese, dispone che il
Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dello sviluppo
economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima
legge di stabilità (entro il 1° aprile 2015), previo accordo con l’Associazione bancaria italiana e con le associazioni
dei rappresentanti delle imprese e dei consumatori, concordino le misure
necessarie per sospendere il pagamento
della quota capitale delle rate per gli anni dal 2015 al 2017.
Si rammenta che numerosi strumenti di natura convenzionale sono stati adottati nel corso del tempo (in particolare dal 2009 in poi, con l’acuirsi della crisi economico-finanziaria) per alleviare il carico dell’indebitamento delle famiglie e delle PMI.
In particolare, si ricorda in questa sede l'Accordo per una misura straordinaria di sostegno alle famiglie in difficoltà a seguito della crisi, firmato per la prima volta il 18 dicembre 2009 dall'ABI e dalle Associazioni dei consumatori, successivamente prorogato nel tempo e poi confluita nell'ambito dell'Accordo ABI - Associazioni dei Consumatori, siglato il 30 luglio 2012, denominato "Percorso Famiglia". L’accordo, che ha concluso la propria operatività il 31 marzo 2013), prevedeva la sospensione del rimborso delle rate di mutuo per almeno 12 mesi alle seguenti condizioni:
§ per i mutui di importo fino a 150.000 euro accesi per l'acquisto, costruzione o ristrutturazione dell'abitazione principale, anche di quelli oggetto di operazioni di cartolarizzazione;
§ nei confronti dei clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui che hanno subito nel periodo 2009 - 2012 eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).
Per quanto riguarda le imprese, nel febbraio del 2012 è stata sottoscritta l'intesa tra il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Ministero dello Sviluppo Economico, l'ABI e le altre Associazioni di rappresentanza delle imprese, denominata "Nuove misure per il credito alle PMI" volta alla sospensione dei pagamenti da parte di talune imprese e all'allungamento dei piani di finanziamento. Nel luglio 2013 l’ABI e le associazioni di impresa hanno sottoscritto l' "Accordo per il credito 2013", con misure analoghe a quelle già messe a disposizione delle PMI con le l'accordo di febbraio 2012.
Da ultimo, tale accordo è stato prorogato al 31 marzo 2015. I contenuti principali dell'accordo sono rimasti immutati rispetto al passato:
§ sospensione per 12 mesi della quota capitale delle rate dei mutui, anche se agevolati o perfezionati tramite il rilascio di cambiali;
§ sospensione per 12 ovvero per 6 mesi della quota capitale dei canoni di operazioni di leasing, rispettivamente immobiliare o mobiliare;
§ allungamento della durata dei mutui per un massimo del 100% della durata residua del piano di ammortamento e comunque non oltre 3 anni per i mutui chirografari e a 4 anni per quelli ipotecari;
§ allungamento fino a 270 giorni delle scadenze delle anticipazioni bancarie su crediti per i quali si siano registrati insoluti di pagamento;
§ allungamento per un massimo di 120 giorni delle scadenze del credito agrario di conduzione.
Articolo 2-bis
(Sostegno alle imprese fornitrici di
società che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse
strategico nazionale soggette ad amministrazione straordinaria)
L’articolo 2-bis, introdotto durante l’esame al Senato, riguarda la tutela dei fornitori e delle imprese dell’indotto. La norma riserva un importo massimo di 35 milioni di euro delle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese al sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese che siano fornitrici di beni o servizi (ovvero creditrici, per le medesime causali) connessi al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell'attività di società che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale soggette ad amministrazione straordinaria.
Si ricorda che il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato costituito con legge n. 662/96 (art.2, comma 100, lettera a) con lo scopo di: “assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese”. La legge di stabilità per il 2014 (Legge n. 147/2013), ha assegnato 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 al Fondo di garanzia a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Si dispone inoltre, che con apposita delibera del CIPE sono altresì assegnati al predetto Fondo di garanzia, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni.
Si ricorda inoltre che la legge di stabilità per il 2015 (Legge 190/2014) ha cambiato la platea dei destinatari della garanzia che non sono più esclusivamente le piccole e medie imprese, ma le imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499.
Ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo, le richieste devono essere corredate dalla attestazione circa la sussistenza, alla data della richiesta stessa, della condizione dell'impresa destinataria del finanziamento di essere fornitrice di beni e/o servizi funzionali alla continuazione dell'attività, ovvero creditrice per le predette causali, di società che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico e che siano soggette ad amministrazione straordinaria. Tale attestazione deve essere rilasciata dal Commissario straordinario oppure, se nominato, dal Commissario della procedura di amministrazione straordinaria di cui all'articolo 2, comma 2-ter,del decreto-legge n. 347/2003, come modificato dal decreto legge in esame.
Come già sopra ricordato con decreto dello Sviluppo economico del 21 gennaio 2015 (pubblicato nella G.U. del 6 febbraio 2016) la società Ilva S.p.A. è stata ammessa, con decorrenza immediata, alla procedura di amministrazione straordinaria, a norma dell'art. 2 del decreto-legge n. 347/2003, così come modificato dal Decreto legge in esame e sono stati contestualmente nominati commissari straordinari il dott. Piero Gnudi, l'avv. Corrado Carrubba ed il prof. Enrico Laghi.
Le richieste di garanzia relative alle operazioni finanziarie di cui al presente articolo seguono i criteri e le modalità di concessione semplificati della garanzia previsti per le imprese start-up innovative e degli incubatori certificati dall’articolo 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 aprile 2013[2]. A tal fine, l’impresa beneficiaria, alla data della richiesta da parte del soggetto finanziatore, non deve avere in essere alcun affidamento con quest’ultimo né con altri soggetti appartenenti al medesimo gruppo bancario. La richiesta di garanzia deve essere corredata da conforme dichiarazione da parte del soggetto finanziatore, pena l’inammissibilità della stessa.
Con riguardo ai criteri e alle modalità
di concessione della garanzia per le imprese start-up innovative e degli
incubatori certificati dall’articolo 3 del DM 26 aprile 2013, si ricorda che la
garanzia del Fondo è concessa:
·
a titolo gratuito
(comma 1).
·
senza valutazione
dei dati contabili di bilancio dell'impresa o dell'incubatore, a condizione che
il soggetto finanziatore, in relazione all'importo dell'operazione finanziaria,
non acquisisca alcuna garanzia, reale, assicurativa o bancaria ad eccezione di
quelle previste ai commi 4 e 5 (comma 2).
I soggetti richiedenti la garanzia
del Fondo devono aver preventivamente acquisito apposita dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà che attesta l'iscrizione nella apposita
sezione speciale del Registro delle imprese istituita ai sensi dell'art. 25,
comma 8, del decreto-legge n. 179/2012 (comma 3).
Sulle operazioni di cui al comma 2:
·
la garanzia
diretta del Fondo copre fino all'80% dell'ammontare dell'esposizione per
capitale, interessi, contrattuali e di mora, del soggetto richiedente nei
confronti dell'impresa (comma 4);
·
la controgaranzia
del Fondo è concessa fino alla misura massima dell'80% dell'importo garantito
dal confidi o da altro fondo di garanzia, a condizione che le garanzie da
questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell'80%.
Entro il predetto limite, la controgaranzia copre fino all'80% della somma
liquidata dal confidi o da altro fondo di garanzia al soggetto finanziatore
(comma 5).
·
l'importo massimo
garantibile dal Fondo per singola start-up innovativa
o incubatore certificato è pari a 2,5 milioni di euro (comma 6).
·
alle richieste di
garanzia è riconosciuta priorità nell'istruttoria e nella presentazione al
Comitato di gestione (comma 7).
Le richieste di garanzia riferite a
start-up innovative e incubatori certificati che non rispettano la condizione
di cui al comma 2, ovvero prive della dichiarazione di cui al comma 3, sono
valutate e la relativa garanzia è concessa sulla base delle ordinarie modalità
e procedure previste dalle vigenti Disposizioni operative del Fondo, fermo
restando quanto previsto al comma 1 (comma 8).
Articolo 3, commi 1 e 1-bis
(Utilizzo delle somme sequestrate ad ILVA
S.p.A. per l’emissione di obbligazioni)
Il comma 1, a seguito dell’esame del provvedimento in Senato, consente all’amministrazione straordinaria di ILVA s.p.a. di utilizzare le somme sequestrate per emettere obbligazioni. Le obbligazioni saranno intestate al Fondo unico Giustizia e gestite da Equitalia Giustizia s.p.a., secondo le indicazioni dell’autorità giudiziaria.
Le somme recuperate da ILVA attraverso l’emissione delle obbligazioni dovranno costituire un patrimonio separato della società, da utilizzare esclusivamente per gli interventi di risanamento ambientale.
Analiticamente, il comma 1 stabilisce che, con l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria di ILVA s.p.a.:
· l’organo commissariale può chiedere il trasferimento delle somme già sottoposte a sequestro penale. Si tratta delle somme sequestrate e versate su una contabilità speciale, per essere vincolate all'attuazione delle prescrizioni dell'a.i.a. e alla messa in sicurezza, risanamento e bonifica ambientale, in base all’art. 1, comma 11-quinquies del decreto-legge n. 61/2013[3] (primo periodo);
· l’organo commissariale può chiedere all’autorità giudiziaria di disporre che tali somme siano impegnate, invece che nell’aumento del capitale sociale come già previsto dall’art. 1, commi 11-bis e seguenti del decreto-legge n. 61/2013, per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla società ILVA s.p.a. in amministrazione straordinaria (secondo periodo); il sequestro penale sulle somme si converte in sequestro delle obbligazioni (sesto periodo).
Si ricorda che le obbligazioni sono un titolo di credito che rappresenta una parte di debito acceso da una società o da un ente pubblico per finanziarsi: garantisce all'acquirente il rimborso del capitale più un tasso di interesse. Le obbligazioni sono emesse allo scopo di reperire, direttamente tra i risparmiatori e a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle dei prestiti bancari, capitali da investire. Il vantaggio per la società emittente deriva da tassi di interesse solitamente inferiori rispetto a quelli che sarebbe costretta a pagare rivolgendosi ad un finanziamento bancario di eguale scadenza, mentre l'investitore beneficia di un tasso maggiore rispetto a quello di un investimento in liquidità e ha la possibilità di smobilizzare il proprio investimento sul mercato secondario.
Tali obbligazioni:
- potranno essere emesse anche per una somma eccedente il doppio del capitale sociale (quarto periodo);
- dovranno avere un tasso di rendimento «parametrato a quello mediamente praticato sui rapporti intestati al Fondo unico giustizia» (quinto periodo);
- dovranno essere intestate al Fondo unico giustizia e, per esso, ad Equitalia Giustizia S.p.A. (settimo periodo), che agirà sulla base delle indicazioni fornite dall’autorità giudiziaria (nono periodo).
Inoltre,
- al credito derivante dalla sottoscrizione dell’obbligazione è riconosciuta la prededucibilità, ma solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri crediti prededucibili e i crediti riguardanti le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma ai prestatori di lavoro subordinato (terzo periodo);
Per quanto riguarda, in particolare, la prededucibilità del credito derivante dalla sottoscrizione delle obbligazioni, si ricorda che in base all’art. 111 della legge fallimentare il credito prededucibile è il primo a dover essere soddisfatto in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare e che sono prededucibili tutti i crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge nonché quelli sorti in occasione o in funzione del fallimento o di una precedente procedura concorsuale.
In merito occorre sottolineare come lo stesso provvedimento in commento, a seguito dell’esame del disegno di conversione in Senato, contempla due ulteriori riconoscimenti di prededucibilità: si tratta dei crediti delle piccole e medie imprese dell’indotto ILVA, che hanno realizzato interventi di risanamento ambientale e dei finanziamenti che ILVA è autorizzata a contrarre fino a 400 milioni di euro, con garanzia dello Stato. Si tratta di crediti prededucibili che dovranno essere soddisfatti integralmente prima di poter soddisfare i crediti derivanti dalla sottoscrizione di obbligazioni.
Inoltre, contrariamente a quanto previsto in via generale dall’art. 111 della legge fallimentare, che prevede come i crediti prededucibili debbano essere soddisfatti prioritariamente rispetto ai crediti assistiti da privilegio, il comma 1 prevede che il credito prededucibile derivante dalla sottoscrizione di obbligazioni venga soddisfatto dopo le retribuzioni dei lavoratori subordinati che, in base all’art. 2751-bis, del codice civile, costituiscono un credito privilegiato.
Si ricorda, infine, che anche per i crediti prededucibili vale il principio per cui se l'attivo è insufficiente, la distribuzione delle somme deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità.
Quanto all’uso dei capitali derivanti dalla sottoscrizione delle obbligazioni, il decimo periodo del comma 1 stabilisce che le somme – a questo punto libere dal vincolo del sequestro, che si è convertito nel sequestro delle obbligazioni – siano versate nel patrimonio di ILVA per essere destinate in via esclusiva all’attuazione delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell’impresa in amministrazione straordinaria, e agli interventi di bonifica. Tale patrimonio, in base all’undicesimo periodo, dovrà essere trattato nel rispetto delle disposizioni del codice civile sui patrimoni destinati ad uno specifico scopo (articoli da 2447-bis a 2447-decies).
Si tratta delle disposizioni, introdotte con la riforma del diritto societario, che consentono alle società per azioni di destinare determinati beni, anche immobili o mobili registrati, o una determinata parte del capitale in via esclusiva ad un unico affare nonché di stipulare un contratto di finanziamento finalizzato ad un solo affare e rimborsabile con i proventi dello stesso. Uno dei principi cardine di questa disciplina è l’esclusiva responsabilità del patrimonio separato in ordine alle obbligazioni contratte per la sua realizzazione, fatta salva la responsabilità illimitata in caso di fatto illecito (art. 2447-quinquies c.c.).
Il comma 1-bis dell’articolo 3 del decreto-legge 1/2015, a seguito dell’esame del d.d.l. di conversione in Senato, interviene sull’art. 1, comma 11-quinquies, del decreto-legge n. 61/2013 per elimina il termine ultimo del 2014 previsto originariamente per il trasferimento da parte dell’autorità giudiziaria delle somme sequestrate all’impresa commissariata. La disposizione corregge inoltre il riferimento al “giudice” con quello, più corretto, all’autorità giudiziaria e il riferimento all’autorità giurisdizionale con quello, più corretto, all’autorità giudiziaria.
Articolo 3, comma 1-ter
(Finanziamenti contratti dall’organo
commissariale di ILVA S.p.A. assistiti dalla garanzia dello Stato)
Il comma 1-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, autorizza l'organo commissariale di ILVA S.p.A. a contrarre finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 400 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato, al fine della realizzazione degli investimenti necessari al risanamento ambientale, nonché di quelli destinati ad interventi a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, formazione e occupazione, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia.
Il predetto finanziamento è rimborsato dall'organo commissariale in prededuzione rispetto agli altri debiti, ai sensi dell'articolo 111, primo comma, numero 1, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267[4], e successive modificazioni.
Ai sensi dell’articolo 111 citato della legge fallimentare, sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge nonché quelli sorti in occasione o in funzione del fallimento o di una precedente procedura concorsuale; tali debiti sono soddisfatti con preferenza in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare.
La garanzia dello Stato sul predetto finanziamento è a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile.
La norma prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze di un fondo a copertura delle garanzie dello Stato concesse ai sensi della disposizione in esame, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l'anno 2015 ed autorizza, altresì, l'istituzione di una apposita contabilità speciale su cui confluiscono le predette risorse.
La previsione di un contabilità speciale sembra riconducibile alla necessità di consentire l’utilizzabilità del suddetto stanziamento – disposto dal comma in esame per il solo anno 2015 - anche negli anni successivi.
Le contabilità speciali sono conti particolari accesi a favore di Amministrazioni, enti o funzionari, presso le Sezioni di tesoreria provinciale, alimentati dalle somme versate a favore degli intestatari e da questi utilizzati per i propri pagamenti, mediante l’emissione di appositi titoli di spesa (ordini di pagamento).
Nessuna contabilità speciale può essere istituita senza la preventiva autorizzazione della Direzione generale del Tesoro (attuale Ministero dell’economia e delle finanze). Non possono essere costituite né alimentate contabilità speciali con fondi provenienti dal bilancio dello Stato, salvo che ciò non sia autorizzato da specifiche disposizioni legislative (come nel caso in questione).
La normativa di carattere generale sulle contabilità speciali è contenuta agli articoli 585-591 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato), con alcune deroghe in materia previste dall’articolo 10 del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili).
Le contabilità speciali (come i conti correnti) costituiscono operazioni estranee al bilancio, effettuate mediante le Sezioni di tesoreria provinciale (mediante la tesoreria centrale nel caso dei conti correnti). Le operazioni di riscossione e pagamento sono contabilizzate in sede separata, rispetto a quelle concernenti la gestione del bilancio dello Stato e non incidono, ovviamente, sui risultati finanziari dell’esercizio.
La situazione contabile delle contabilità speciali, relative al servizio di cassa effettuato dalle tesorerie per conto dei titolari, è esposto nel Conto riassuntivo del tesoro, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.
Agli oneri derivanti dalla costituzione del Fondo, pari a 150 milioni per l'anno 2015, si provvede mediante l’utilizzo delle disponibilità in conto residui del Fondo istituito dall’articolo 37, comma 6, del D.L. n. 66/2014[5], presso il Ministero dell’economia, finalizzato ad integrare le risorse del bilancio statale destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato, con una dotazione finanziaria pari ad 1 miliardo di euro per il 2014.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 396, della legge di stabilità per il 2015, anche le risorse di tale Fondo sono gestite attraverso una apposita contabilità speciale.
Le disponibilità di tale Fondo sono già state utilizzate, nella misura di 100 milioni di euro, a copertura degli oneri derivanti dalla costituzione di un fondo - analogo a quello qui previsto - costituito per fornire compensazione finanziaria alle garanzie da parte dello Stato concesse per le operazioni non di mercato di SACE S.p.A. riguardanti settori strategici per l'economia italiana, ai sensi dell’articolo 32 del D.L. n. 91/2014 (che ha inserito il comma 9-bis, nell’articolo 6 del D.L. n. 296/2003).
Si ricorda, infine, per completezza, che un fondo analogo a quello previsto dal comma in esame è stato costituito, ai sensi dell’articolo 37, comma 4, del D.L. n. 66/2014, per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato a supporto della procedura, ivi disciplinata, di cessione dei crediti di parte corrente certificati, in capo a soggetti esterni alla P.A., attinenti ai debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, nell’importo di 150 milioni per il 2014.
Articolo 3, commi 2-4 e 5-ter
(Ulteriori disposizioni finanziarie)
I commi 2 e 3 dell’articolo 3 disciplinano rispettivamente la titolarità di contabilità speciali in capo al Commissario straordinario dell’amministrazione straordinaria, in cui confluiscono le risorse, e gli obblighi di rendicontazione in ordine all’utilizzo delle risorse medesime.
Il comma 4 precisa che resta fermo il diritto di rivalsa da parte dello Stato nei confronti dei responsabili del danno ambientale.
Il comma 5-ter, infine, introduce una clausola di salvaguardia finanziaria operante nel caso in cui, per effetto dell’attuazione del comma 1 dell’articolo 3, dovessero emergere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. A tali oneri aggiuntivi si fa fronte mediante una riduzione di pari importo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, stanziate per il periodo di programmazione 2014-2020.
Titolarità delle contabilità speciali (comma 2)
Il comma 2 prevede - ai fini dell’attuazione delle prescrizioni contenute nel “piano ambientale” approvato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014 - la titolarità in capo al Commissario straordinario dell’amministrazione straordinaria di contabilità speciali, aperte presso la tesoreria statale, in cui confluiscono:
a) le risorse assegnate dal CIPE con propria delibera, previa presentazione di un progetto di lavori, a valere sul FSC (Fondo per lo sviluppo e la coesione), nel limite delle risorse annualmente disponibili e garantendo comunque la neutralità dei saldi di finanza pubblica;
b) altre eventuali risorse a qualsiasi titolo destinate o da destinare agli interventi di risanamento ambientale.
Nel corso dell’esame al Senato il comma in esame è stato modificato al fine di eliminare i riferimenti al comma 11-quinquies dell’art. 1 del D.L. 61/2013, in conseguenza della riscrittura del comma 1 dell'articolo in esame, il cui nuovo testo non prevede più il versamento delle somme sottoposte a sequestro penale in una contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, bensì il loro trasferimento all’impresa commissariata (si rinvia in proposito al commento relativo al comma 1).
Obblighi di rendicontazione (comma 3)
Relativamente all’utilizzo delle risorse di tutte le contabilità speciali aperte, ai sensi del comma 3, il Commissario straordinario è tenuto a:
§ a provvedere alla loro rendicontazione, secondo la normativa vigente;
§ a fornire periodica informativa - la disposizione non indica specifiche scadenze temporali – ai Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico e alle autorità giudiziarie interessate.
§ nonché, secondo quanto inserito nel corso dell’esame al Senato, a trasmettere una relazione semestrale alle Camere.
Diritto di rivalsa dello Stato in materia di danno ambientale (comma 4)
Il comma 4 dell'articolo in esame precisa che resta fermo il diritto di rivalsa da parte dello Stato nei confronti dei responsabili del danno ambientale.
Si rammenta, con riferimento al suddetto diritto di rivalsa, che l'articolo 305 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (c.d. Codice Ambientale) prevede, tra l'altro, nel caso in cui si sia verificato un danno ambientale, che - se l'operatore non adempie agli obblighi di contenimento e ripristino previsti dalla legge o nel caso in cui l'operatore stesso non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi - il Ministro dell'ambiente ha facoltà di adottare egli stesso le misure di contenimento e di ripristino, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.
L'articolo 305 del Codice dell'ambiente recepisce il disposto dell'articolo 10 della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale, che definisce una disciplina-quadro per la prevenzione e la riparazione dei danni all’ambiente basata sul principio “chi inquina paga”.
Ai sensi dell’articolo 10 della citata direttiva, infatti, il diritto di rivalsa nei confronti del responsabile dell’inquinamento da parte dell’autorità competente che abbia provveduto alle misure preventive e di ripristino del danno significativo all’ambiente si prescrive in cinque anni dalla data in cui tali misure sono state portate a termine o in cui è stato identificato l’operatore responsabile o il terzo responsabile, a seconda di quale sia la data posteriore.
Clausola di
salvaguardia finanziaria a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la
coesione (comma 5-ter)
Il comma 5-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, introduce una clausola di salvaguardia finanziaria operante nel caso in cui, per effetto dell’attuazione del comma 1 – che consente all’amministrazione straordinaria di ILVA s.p.a. di utilizzare le somme già sequestrate dall’autorità giudiziaria per emettere obbligazioni - dovessero emergere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
A tali oneri aggiuntivi si fa fronte mediante una riduzione di pari importo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, stanziate per il periodo di programmazione 2014-2020. La norma autorizza, a tal fine, il CIPE, con propria delibera, ad individuare le risorse disponibili sulla programmazione 2014-2020, eventualmente riprogrammando le assegnazioni già effettuate, che non abbiano tuttavia dato luogo a obblighi giuridicamente vincolanti.
Si rammenta che le risorse del FSC per la programmazione 2014-2020 sono state autorizzate nell’importo complessivo di 54.810 milioni dall'articolo 1, comma 6 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014).
Il Fondo per lo
sviluppo e la coesione (FSC) è stato istituito dal D.Lgs.
n. 88 del 2001[6], il quale ha così ridenominato
il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS)[7]. Nel Fondo sono iscritte tutte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali,
destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e
investimenti pubblici.
Il Fondo per lo
sviluppo e la coesione è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria
all'insieme degli interventi aggiuntivi, rispetto all’ordinario finanziamento
nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse
aree del Paese. L’intervento del Fondo è finalizzato al finanziamento di
progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere
immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di
grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi di
consistenza progettuale ovvero realizzativa tra loro funzionalmente connessi.
L’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha disposto una dotazione
aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativamente al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, nella misura complessiva di 54.810 milioni. La norma ne dispone l’iscrizione in bilancio limitatamente
alla misura dell’80 per cento (43.848 milioni). Per il triennio
2014-2016, gli importi iscritti in bilancio sono stati pari a 50 milioni nel 2014, 500 milioni nel 2015 e a 1 miliardo nel 2016. Per
gli anni successivi, la norma prevede che la quota annuale venga determinata
dalla tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sul rimanente importo
di 42.298 milioni.
Per quanto
concerne la restante quota del 20 per
cento (10.962 milioni), la relazione tecnica al disegno di legge di
stabilità 2014 (A.S. 1120) precisava che la relativa iscrizione in bilancio
avverrà all’esito di una apposita verifica di metà periodo (da effettuare
precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019,
quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse
assegnate.
Si segnala che
nel corso del 2014 sono intervenute
alcune disposizioni che hanno utilizzato
le risorse del FSC, programmazione 2014-2020, a copertura degli oneri da esse stesse recati, per un importo
complessivo di 153,7 milioni di euro per
il 2015, 514,8 milioni per il 2016, 1.418,3 milioni per il 2017 e 2.642,3,7
milioni per il 2018 e anni successivi.
Sulla dotazione del Fondo è inoltre, da ultimo, intervenuta la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014), che ha disposto, nella Tabella E, una riduzione delle risorse relative al ciclo di programmazione 2014-2020 del Fondo per lo sviluppo e la coesione di 40 milioni di euro per il 2015, nonché una rimodulazione delle risorse medesime attraverso una anticipazione di 100 milioni al 2015, di 500 milioni al 2016 e di 1.500 milioni al 2017, con conseguente riduzione di 2.100 milioni della quota relativa al 2018 e anni successivi.
Nel bilancio per gli anni 2015-2017, la quota del Fondo relativa alla programmazione 2014-2020 presenta i seguenti importi – secondo quanto esposto nella Tabella E della legge di stabilità 2015:
FSC 2014-2020 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
Importi esposti in Tabella E (legge n. 190/2014) |
406,3 |
985,2 |
2.481,7 |
35.155,7 |
Per quanto concerne la programmazione delle risorse per il ciclo 2014-2020 da parte del CIPE, si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, commi 703-706, legge n. 190/2014) ha introdotto disposizioni che hanno innovato i principali elementi di governance e di procedura, con conseguente abrogazione delle analoghe disposizioni vigenti[8].
In particolare, la nuova disciplina prevede, tra l’altro, che:
· la dotazione finanziaria del FSC sia impiegata per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali, anche con riferimento alle attività di programmazione dei Fondi strutturali e di Investimento europei;
· entro il 31 marzo 2015 il Ministro, o Sottosegretario di Stato, delegato alla coesione territoriale, denominato “Autorità politica per la coesione” individua le aree tematiche nazionali e gli obiettivi strategici per ciascuna area e li comunica alle Commissioni parlamentari competenti;
· con delibera CIPE entro il 30 aprile 2015 sarà ripartita la dotazione finanziaria del FSC tra le diverse aree tematiche nazionali[9];
· viene infine modificata la procedura contabile di erogazione delle risorse FSC: le risorse - che dal 2015 sono allocate nello stato di previsione del MEF (cap. 8000) - sono trasferite in apposita contabilità speciale presso il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche nazionali, che si aggiunge alle altre contabilità speciali attraverso le quali il Fondo gestisce le risorse nazionali e dell’Unione europea dei fondi strutturali.
Con riferimento alla previsione, di cui all’ultimo periodo del comma 5-bis in esame, che autorizza il CIPE a riprogrammare le assegnazioni già disposte che non abbiano dato luogo a obblighi giuridicamente vincolanti, si ricorda che diverse disposizioni legislative – che qui non si dettagliano - hanno già effettuato una riserva di assegnazione delle risorse del FSC 2014-2020, che dovranno essere formalizzate da parte del CIPE in sede di riparto delle risorse del Fondo.
Articolo 3, comma 5
(Liquidazione del vincolo contrattuale
tra Ilva e Fintecna)
Il comma 5 dell’articolo 3, modificato nel corso dell’esame in Senato, autorizza il commissario straordinario a sottoscrivere con FINTECNA S.p.A., in qualità di avente causa dell'IRI, un atto convenzionale di liquidazione del vincolo risalente al contratto di cessione dell'ILVA Laminati Piani (oggi ILVA S.p.A.) che obbliga FINTECNA a salvaguardare l’ILVA da perdite risultanti da violazioni di legge in materia ambientale avvenute durante la gestione precedente alla cessione. Nel corso dell’esame in Senato è stato abolito il parere preventivo dell'Avvocatura Generale dello Stato e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
La liquidazione è determinata nell’importo di 156.000.000 di euro.
Si ricorda che, nell'ambito della complessiva operazione di privatizzazione delle aziende metallurgiche di Stato, l'IRI (oggi Fintecna) ha ceduto nel marzo 1995 alla RILP Srl (Gruppo Riva) la totalità del pacchetto azionario dell'ILVA Laminati Piani srl, alla quale erano stati precedentemente conferiti i complessi produttivi di Taranto, Novi Ligure, Genova, Marghera e Torino.
Con tale cessione il venditore garantiva di non aver posto in essere atti e comportamenti di natura dolosa o gravemente colposa in materia ambientale, impegnandosi a tenere indenne l'acquirente da perdite risultanti da violazioni di legge in materia ambientale, nei limiti di un importo di 180 miliardi di lire.
A fronte degli eventuali danni ambientali recati dall'attività
produttiva svolta dalla società di Stato nel sito industriale, Fintecna, subentrando all’IRI, ha provveduto ad accantonare
a fondo rischi un importo corrispondente ai 180 miliardi di lire, che oggi,
rivalutati, corrispondono a 150 milioni
di euro, secondo quanto dichiarato dall’AD di Cassa Depositi e Prestiti
Gorno Tempini nel corso dell’audizione del 28 gennaio al Senato. Fintecna ha proposto ai Commissari straordinari una
transazione che consenta di giungere ad una soluzione definitiva in merito a
questo contenzioso, liberando le riserve accantonate per 150 milioni di euro, a
fronte di una liberatoria.
L'accantonamento agli “altri fondi rischi ed oneri” nel prospetto di stato patrimoniale del bilancio 2013 di Fintecna S.p.A. ammonta ad oltre un miliardo di euro (1.129.068 migliaia di euro), di cui circa il 40% riguardante i fondi rischi per contenziosi civili, amministrativi e fiscali, principalmente a presidio dei rischi connessi con i contenziosi che originano per la maggior parte dalle incorporazioni delle società in liquidazione dell’ex gruppo IRI. I fondi per bonifiche e conservazione siti immobiliari rappresentano circa il 30% dell’ammontare complessivo, e sono relativi alle probabili passività derivanti dagli impegni assunti dalle società dell’ex gruppo IRI a seguito della privatizzazione. La Relazione sulla Gestione del Bilancio di esercizio non specifica, tuttavia, l’importo riferito all’ILVA.
Si ricorda infine che Fintecna è una società interamente partecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., che ha per oggetto:
- l'assunzione, gestione e dismissione di partecipazioni in Società o Enti, operanti in Italia ed all'Estero nei settori industriale, immobiliare e dei servizi, che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzati da adeguate prospettive di redditività, nonché la gestione e dismissione di partecipazioni, già possedute, in Società o Enti in genere, ivi compresi quelli in stato di liquidazione;
- l’acquisto e l’alienazione di beni immobili, lo svolgimento di operazioni e negozi giuridici riguardanti gli stessi, ivi compresa la locazione, l’affitto, la concessione in godimento ed il rilascio di garanzie reali.
In quanto interamente partecipata dalla CDP, Fintecna segue le medesime regole di ingaggio della Cassa relativamente alla redditività e alla solidità delle aziende.
La liquidazione:
- ha carattere definitivo;
- non è soggetta ad azione revocatoria;
- e preclude ogni azione finalizzata al risarcimento del danno ambientale generatosi, relativamente agli stabilimenti produttivi ceduti dall’IRI in sede di privatizzazione della ILVA, antecedentemente al 16 marzo 1995.
Articolo 3, comma 5-bis
(Messa in sicurezza e gestione di rifiuti
radioattivi depositati nel Comune di Statte)
Il comma 5-bis dell’articolo 3, inserito nel corso dell’esame al Senato, destina fino a 10 milioni di euro ai fini della messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi in deposito nell'area ex Cemerad ricadente nel Comune di Statte, in provincia di Taranto.
Tali importi trovano copertura a valere sulle risorse disponibili sulla contabilità speciale di cui all'art. 1, comma 3, del D.L. 129/2012.
Si ricorda che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. 129/2012 ha finalizzato all'attuazione degli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto previsti nel Protocollo d'intesa del 26 luglio 2012, le risorse disponibili, nel limite di 20 milioni di euro, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente per l'esercizio finanziario 2012, destinate a trasferimenti alle regioni per interventi di carattere ambientale e per la tutela del territorio contro il dissesto idrogeologico. Il successivo comma 4 ha stabilito che tali risorse devono essere trasferite alla Regione Puglia per essere poi riversate nell’apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale e intestata al Commissario.
In attuazione di tali disposizioni, il decreto del Ministero dell’ambiente del 10 ottobre 2012 ha disposto l’impegno complessivo di 20 milioni di euro in favore della Regione Puglia.
La situazione del deposito di rifiuti radioattivi nell’area ex Cemerad è stata recentemente illustrata dal Ministro dell’ambiente nel corso della seduta dell’Assemblea della Camera del 14 gennaio 2015, in risposta all’interrogazione n. 3/01241.
In tale risposta il Ministro ha sottolineato che “in località Vocchiaro, nel comune di Statte, in provincia di Taranto, si trova un deposito temporaneo denominato Cemerad che ha operato nel campo della raccolta dei rifiuti radioattivi da applicazioni medico-industriali. La società di riferimento, la Cemerad Srl, è stata dichiarata fallita nel 2005 e da oltre dieci anni il deposito è sottoposto a provvedimento di sequestro preventivo con affidamento in custodia giudiziaria all'assessore dell'ecologia del comune di Statte. Ad aprile 2012 l'ISPRA ha effettuato un sopralluogo nel quale ha riscontrato che la situazione potesse costituire nel suo complesso un caso di applicazione delle disposizioni dell'articolo 126-bis del decreto legislativo n. 230 del 1995, in tema di interventi nelle esposizioni prolungate. L'ISPRA ha, poi, riferito di aver appreso dal comune di Statte che lo stesso aveva già acquisito un progetto esecutivo per la caratterizzazione dei rifiuti radioattivi presenti nel deposito per una spesa complessiva di circa un milione e mezzo di euro, la somma massima nella disponibilità del comune dedicabile al deposito. Tale operazione è, peraltro, ritenuta propedeutica ai necessari interventi destinati, in particolare, al trasferimento dei rifiuti in un deposito idoneo in vista del successivo smaltimento e alla bonifica dell'area nel suo complesso che comporterebbe una spesa complessiva valutata nell'ordine di 5 milioni di euro. Il Dipartimento della protezione civile per procedere alla messa in sicurezza, con una nota del mese di agosto dello stesso 2012, aveva precisato che l'attuazione degli interventi previsti dalla legge dovesse essere coordinata a livello locale dalla competente prefettura-ufficio territoriale del Governo, avvalendosi delle risorse economiche già stanziate dagli enti locali. Nell'informativa del 1o ottobre 2014 la prefettura di Taranto, che si è attivata tempestivamente coordinando gli interventi e formando periodicamente le istituzioni interessate, ha comunicato che nel capannone sono conservati 16.724 fusti di cui 3.334 contengono rifiuti radioattivi mentre nei rimanenti 13.380 sono contenuti rifiuti decaduti. Risulta, inoltre, essere in corso di predisposizione da parte del comando provinciale dei vigili del fuoco il piano di emergenza relativo a scenari incidentali riguardanti il deposito. Il 10 dicembre 2014 il prefetto di Taranto ha segnalato che il comune di Statte ha fatto pervenire una relazione con i quadri economici di due ipotesi alternative di intervento, quantificando in 5.125.000 euro i costi relativi all'ipotesi di caratterizzazione dei fusti in loco e successivo smaltimento dei rifiuti speciali non radioattivi ed in 9.024.600 euro quelli relativi all'allontanamento di tutti i fusti per la successiva caratterizzazione e avvisi allo smaltimento. Quest'ultima ipotesi, come segnala la prefettura, risulterebbe attuabile solo mediante il ricorso a procedura di urgenza. Nella circostanza il capo del Dipartimento della Protezione civile ha evidenziato che la soluzione definitiva del problema deve trovare opportuna copertura finanziaria nelle risorse ordinarie della regione Puglia e delle altre amministrazioni locali interessate”.
Articolo 4, commi 1 e 2
(Modifiche all’articolo 12 del decreto
legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
ottobre 2013, n. 125)
La finalità principale dei commi 1 e 2 dell'articolo 4 in esame è quella di sancire l'approvazione ex lege:
§ delle modalità di costruzione e di gestione delle discariche - localizzate nel perimetro dell'impianto produttivo di Taranto della società ILVA S.p.A. - per rifiuti speciali (pericolosi e non pericolosi), presentate in data 19 dicembre 2014 dal sub-commissario (nuovo testo del comma 2 dell’art. 12 del D.L. 101/2013). Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto un periodo aggiuntivo volto a disporre anche l’approvazione ex lege, a saldi invariati per la finanza pubblica, delle proposte presentate dal sub-commissario, nella medesima data, al Ministro dell'ambiente e relative alla definizione delle misure di compensazione ambientale;
§ delle modalità di gestione e smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo del suddetto stabilimento, presentate in data 11 dicembre 2014 dal sub-commissario (nuovo testo del comma 6 dell’art. 12 del D.L. 101/2013).
In particolare, il comma 1 non si limita alla citata approvazione ex lege, in sostituzione della procedura prevista dall'articolo 12, comma 2, del D.L. 101/2013, ma prevede altresì che eventuali successive modifiche delle succitate modalità siano approvate ed autorizzate dall'autorità competente ai sensi e con le procedure di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 (c.d. Codice Ambientale) e quindi secondo l'ordinario procedimento riguardante la costruzione e gestione delle discariche.
Relativamente al testo previgente dell’art. 12, comma 2, del D.L. 101/2013, si ricorda che esso prevedeva che le modalità di costruzione e gestione delle discariche per rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi nel perimetro dell'impianto dell'ILVA, da destinare al conferimento dei rifiuti prodotti dall'attività dell'ILVA stessa e dagli interventi di risanamento ambientale, fossero approvate (entro 30 giorni dall’entrata in vigore della relativa legge di conversione) con decreto del Ministro dell'ambiente, su proposta del sub-commissario ambientale ILVA, sentita l'ARPA Puglia. Lo stesso testo prevedeva che con la medesima procedura, sentito il comune di Statte e il Ministro dell'economia e delle finanze, fossero definite anche le misure di compensazione ambientali.
L’articolo 12, comma 1, del D.L. 101/2013 fa riferimento alle seguenti discariche:
§ la discarica di rifiuti non pericolosi che ha ottenuto parere di compatibilità ambientale positivo nel 2010. La norma fa riferimento alla Determinazione del dirigente dell’ufficio programmazione, politiche energetiche, v.i.a. e v.a.s. 11 maggio 2010, n. 160, con la quale la Regione Puglia ha espresso parere favorevole di compatibilità ambientale per l’intervento “concernente la discarica per rifiuti speciali non pericolosi prodotti dallo stabilimento ILVA S.p.A. di Taranto e dalle aziende partecipate presenti nel territorio della provincia di Taranto, in area cava Mater Gratiae, in agro di Statte, proposto da Ilva S.p.A.”;
§ la discarica di rifiuti pericolosi che ha ottenuto valutazione d'impatto ambientale positiva nel 1995. La norma qui si riferisce al DEC/VIA/2158 del 28 giugno 1995, con cui i Ministeri dell’ambiente e dei beni culturali hanno espresso giudizio positivo “circa la compatibilità ambientale del progetto di discariche di ll categoria tipo B e C per rifiuti tossici e nocivi da realizzarsi in Comune di Statte (TA) Iocalità Cava Mater Gratiae, presentato dalla Società ILVA S.p.A.”, condizionato ad una serie di prescrizioni riportate nel decreto medesimo.
La relazione illustrativa spiega che “tale procedura ha il pregio di valorizzare il lavoro tecnico già svolto dal sub commissario e di velocizzare e semplificare l’adozione dei piani allo stato non ancora approvati”.
L’approvazione per decreto-legge, presenta – rispetto all’adozione di un provvedimento amministrativo, come originariamente previsto – diversi regimi di:
- formazione dell’atto (si pensi agli istituti di: partecipazione, informazione al pubblico, ponderazione degli interessi, acquisizione di pareri e atti propedeutici, motivazione, responsabilità amministrativa);
- tutela giurisdizionale (accesso alla giustizia costituzionale piuttosto che a quella amministrativa);
- impatto su eventuali procedimenti sub iudice.
Relativamente alla definizione delle misure di compensazione ambientale, come anticipato, nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto un periodo volto a disporre l’approvazione ex lege delle proposte di definizione delle citate misure presentate dal sub-commissario. Nella versione iniziale del decreto-legge, il comma 2 prevede invece l’emanazione di un decreto adottato dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti i comuni interessati.
Tale ultima procedura risulta a sua volta diversa da quella del testo previgente, che prevedeva la stessa procedura contemplata per la definizione delle modalità di costruzione e gestione delle discariche (cui si accennato in precedenza), a cui si aggiungeva il coinvolgimento del Comune di Statte e del Ministro dell'economia e delle finanze.
Nella versione iniziale del decreto-legge, al citato decreto ministeriale viene anche demandata la definizione di eventuali ulteriori garanzie finanziarie di cui all'art. 208, comma 11, lettera g), del d.lgs. 152/2006. Il testo approvato dal Senato prevede ancora la definizione di eventuali ulteriori garanzie finanziarie con apposito decreto adottato dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ma viene soppresso il riferimento al coinvolgimento dei comuni interessati, che – sulla base del testo originario del decreto – devono essere “sentiti”.
Si stabilisce, infine, che la mancata prestazione delle garanzie finanziarie entro 120 giorni dall'adozione del citato decreto interministeriale comporta la decadenza dall'esercizio dell'attività di costruzione/gestione della discarica.
Per una analisi dell’attuale gestione dei rifiuti nell’area dello stabilimento ILVA di Taranto si rinvia a quanto relazionato dal sub-commissario nel corso dell’audizione del 20 ottobre 2014 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Per quanto concerne il rinvio alla disciplina delle discariche contenuta nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente), si ricorda che l'articolo 182, riguardante lo smaltimento dei rifiuti stabilisce che attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo n. 36 del 2003, mentre la disciplina autorizzativa per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti è contemplata nell'art. 208 e seguenti dello stesso Codice.
Si rammenta che l'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, concernente l'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, al comma 11, stabilisce che tale autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, nonché del principio chi inquina paga - di cui all'articolo 178 - in materia di gestione dei rifiuti. In particolare alla lettera g) si stabilisce che l'autorizzazione debba stabilire le garanzie finanziarie, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto. Alla lettera g) si prevede, inoltre, che le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'art. 14 del decreto legislativo n. 36 del 2003 e cioè, secondo determinati criteri, per una somma commisurata alla capacità autorizzata della discarica ed alla classificazione della stessa.
Analogamente al comma 1, anche il comma 2 dell'articolo in esame non si limita alla citata approvazione ex lege - in sostituzione della procedura prevista dall'art. 12, comma 6, del D.L. 101/2013, per l’approvazione delle modalità di gestione e smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo dello stabilimento ILVA di Taranto - ma prevede altresì che eventuali successive modifiche delle citate modalità siano approvate ed autorizzate dall'autorità competente ai sensi e con le procedure di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 (c.d. Codice Ambientale) e quindi secondo le procedure ordinarie riguardanti la gestione dei rifiuti.
Relativamente al testo previgente dell’art. 12, comma 6, del D.L. 101/2013, si ricorda che esso prevedeva la definizione delle citate modalità con apposito decreto (da emanarsi entro 3 mesi dall’entrata in vigore della relativa legge di conversione) del Ministro dell'ambiente, su proposta del sub-commissario, in coerenza con le prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) ivi richiamate, e sentite la Regione Puglia e l'ARPA della medesima regione. Lo stesso comma prevedeva, relativamente alla definizione delle misure di compensazione ambientale per i comuni interessati, che venisse sentito anche il Ministro dell'economia e delle finanze.
Il nuovo testo del comma 6 dell’art. 12 del D.L. 101/2013, inoltre,
a differenza di quanto stabilito nel testo previgente (v. supra), non prevede in tale caso misure di compensazione ambientale. Viene
invece introdotta la definizione di eventuali
ulteriori garanzie finanziarie di cui all'art. 208, comma 11, lettera g),
del d.lgs. 152/2006, tramite un
apposito decreto adottato dal Ministro dell'ambiente, di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
Si stabilisce, infine, analogamente al disposto del comma 1, che la mancata prestazione delle garanzie finanziarie entro 120 giorni dall'adozione del citato decreto comporta la decadenza dall'esercizio dell'attività di gestione/smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo dello stabilimento ILVA di Taranto.
Articolo 4, commi 2-bis e 2-ter
(Norme in materia di gestione dei rifiuti
e di recupero di rifiuti e materiali)
Nel corso dell’esame al Senato sono stati aggiunti due commi (2-bis e 2-ter) volti ad orientare l'attività produttiva e le attività di gestione di rifiuti autorizzate in forza del presente decreto al rispetto della gerarchia europea di gestione dei rifiuti e a favorire il recupero di rifiuti e materiali.
In particolare, il comma 2-bis stabilisce che, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento nazionale e dell’Unione europea, l'attività produttiva e le attività di gestione di rifiuti autorizzate in forza del presente decreto devono garantire il rispetto dei principi della direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE) e, in particolare, della gerarchia delle modalità di gestione dei rifiuti, secondo l'ordine di priorità della prevenzione, del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.
Si ricorda che le norme della direttiva rifiuti 2008/98/CE sono state recepite nell’ordinamento nazionale con il d.lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente), come modificato dal d.lgs. 205/2010. In particolare, ai sensi dell'art. 179 del Codice, che recepisce la gerarchia dei rifiuti di cui all’articolo 4 della direttiva, la gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia, che stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
e) smaltimento.
Si ricorda altresì che l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva consente, per flussi di rifiuti specifici, di discostarsi dalla gerarchia ma solo “laddove ciò sia giustificato dall'impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti”.
Nel recepire tale norma il comma 3 dell’art. 179 ha ribadito che in via eccezionale è possibile discostarsi dalla succitata gerarchia, con riferimento a singoli flussi di rifiuti, “qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse”.
Il comma 2-ter detta disposizioni finalizzate a favorire, nel rispetto dei principi definiti dalla direttiva rifiuti 2008/98/CE, il recupero dei residui della produzione dell'impianto ILVA di Taranto costituiti dalle scorie provenienti dalla fusione in forni elettrici, a combustibile o in convertitori a ossigeno di leghe di metalli ferrosi e dai successivi trattamenti di affinazione e deferrizzazione delle stesse classificate con codice europeo dei rifiuti (CER) 10 02 01, 10 02 02 o 10 09 03.
Il codice europeo dei rifiuti (CER) individua le varie tipologie di rifiuti all’interno del Catalogo dei rifiuti contenuto nell’Allegato D, alla Parte Quarta, del D.Lgs 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente) che riproduce l’elenco dei rifiuti istituito dalla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 ed inserisce in premessa la Classificazione dei rifiuti. Si ricorda che tale elenco, a decorrere dal 1° giugno 2015, sarà sostituito da quello contenuto nell’allegato alla Decisione 18 dicembre 2014, n. 2014/955/UE.
I codici CER cui fa riferimento la norma si riferiscono alle seguenti tipologie di rifiuto:
§ 10 02 01 rifiuti del trattamento delle scorie (sottoclasse dei “rifiuti dell'industria del ferro e dell'acciaio”);
§ 10 02 02 scorie non trattate (sottoclasse dei “rifiuti dell'industria del ferro e dell'acciaio”);
§ 10 09 03 scorie di fusione (sottoclasse dei “rifiuti della fusione di materiali ferrosi”).
Tali rifiuti possono essere recuperati nelle seguenti attività:
§ formazione di rilevati, di alvei di impianti di deposito di rifiuti sul suolo, di sottofondi stradali e di massicciate ferroviarie (R5);
§ riempimenti e recuperi ambientali (R10).
I codici R5 ed R10 indicati dalla norma sono quelli utilizzati dall’allegato C alla parte IV del D.Lgs. 152/2006 per identificare le seguenti operazioni di recupero dei rifiuti:
R5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche;
R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia.
Il comma in esame fissa altresì le condizioni da rispettare per poter procedere al recupero. Il recupero dei succitati residui nelle attività indicate è infatti possibile:
§ se vi è conformità al test di cessione di cui al D.M. Ambiente 5 febbraio 1998
Tale D.M. ha individuato i rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero e disciplinato le condizioni specifiche in base alle quali è possibile la citata sottoposizione, ivi compreso il test di cessione, che è disciplinato dall’art. 9 del medesimo D.M.
§ oppure in applicazione della disciplina
del Regolamento (CE) n. 1907/2006 (concernente la registrazione, la
valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, c.d. Regolamento REACH), se più favorevole.
In questo secondo caso viene affidato all’ISPRA
(Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il compito di accertare l'assenza di rischi di
contaminazione per la falda e per la salute (ai sensi dell'art. 177, comma
4, del d.lgs. 152/2006) entro 12 mesi
dall'avvenuto recupero.
La disposizione in esame sembra di fatto utilizzare i criteri dettati dal Regolamento REACH come criteri di “cessazione della qualifica di rifiuto” (end of waste). Si tratta di un’operazione che la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha avallato con la sentenza 7 Marzo 2013 (causa C-358/11), ove si legge che nulla impedisce che si tenga conto del fatto che “un rifiuto pericoloso cessi di essere un rifiuto in quanto il suo recupero avviene sotto forma di un uso autorizzato in forza dell’allegato XVII del regolamento REACH e che il suo detentore non sia quindi più tenuto a disfarsene ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della suddetta direttiva” (n. 2008/98/CE).
Si ricorda che l’art. 184-ter, comma 2, del d.lgs. 152/2006 prevede che i criteri end of waste (EOW) siano “adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente” e che gli stessi criteri includano “se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto” Il successivo comma 3 stabilisce che, nelle more dell’adozione di uno o più decreti end of waste, “continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, ecc.”.
Quanto al richiamo al comma 4 dell’art. 177 del d.lgs. 152/2006 si ricorda che esso dispone che i rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
Articolo 4-bis
(Anticipazioni del Fondo di rotazione)
L’articolo 4-bis del provvedimento in esame, introdotto durante l’esame presso il Senato, novella l’articolo 43 della legge n. 234 del 2012, che disciplina la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, introducendo il comma 9-bis, che autorizza il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie ad anticipare gli oneri derivanti dalle sentenze di condanna a sanzioni pecuniarie inflitte dalla Corte di giustizia europea, con successiva rivalsa sulle amministrazioni responsabili delle violazioni, anche tramite compensazione con i finanziamenti loro assegnati per interventi comunitari.
Il nuovo comma 9-bis dispone infatti che ai fini dell’esecuzione tempestiva delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell’articolo 260, paragrafi 2 e 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie è autorizzato ad anticipare, nei limiti delle proprie disponibilità ed entro i termini di scadenza fissati dalle Istituzioni europee, gli oneri finanziari derivanti da tali sentenze. L’articolo precisa inoltre che il Fondo, al fine del reintegro delle somme anticipate, provvede a rivalersi sulle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna, sentite le stesse, anche attraverso compensazione con le risorse accreditate dall'Unione europea per il finanziamento di interventi comunitari riguardanti iniziative a titolarità delle stesse Amministrazioni e corrispondenti cofinanziamenti nazionali.
Il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie è stato istituito, con la legge 16 aprile 1987, n. 183, presso il Ministero dell’economia e delle finanze[10], con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, per garantire il coordinamento degli interventi previsti dalla normativa comunitaria con quelli degli altri strumenti nazionali di agevolazione, e il proficuo utilizzo dei flussi finanziari destinati all'attuazione delle politiche strutturali.
Con il D.P.R. 29 dicembre 1988, n. 568, è stato dettato il regolamento per l’organizzazione e le procedure amministrative di funzionamento del Fondo.
Per quanto riguarda le modalità di pagamento dei contributi (comunitari e nazionali) per l'attuazione dei programmi di politica comunitaria, si ricorda che il Fondo di rotazione si avvale, per il suo funzionamento, di due appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria generale dello Stato, nei quali vengono versate, rispettivamente, le somme erogate dalle Istituzioni della Comunità europea a favore dell'Italia, e le somme annualmente determinate con la legge di bilancio (articolo 5 della legge n. 183/1987).
Attraverso il Fondo di rotazione si assicura la centralizzazione presso la tesoreria dello Stato dei flussi finanziari provenienti dall’Unione europea e la gestione univoca dei relativi trasferimenti in favore delle Amministrazioni e degli Enti titolari, consentendo anche di monitorare l’impatto di tali flussi sugli aggregati di finanza pubblica, in funzione anche del rispetto dei vincoli del patto di stabilità.
Nel bilancio dello Stato (cap. 7493/Economia) sono iscritte le somme da versare annualmente al conto corrente infruttifero aperto presso la tesoreria centrale dello stato denominato "Ministero del tesoro - Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali”. Nel bilancio per il 2015, la dotazione del capitolo è pari a 4.950 milioni di euro per il 2015, 4.450 milioni per il 2016 e a 4.950 milioni per il 2017.
Il nuovo comma 9-bis, introdotto dalla disposizione in commento, si inserisce nella disciplina in materia di contenzioso contenuta nel capo VII della legge n. 234 del 2012. L’articolo 43, in particolare, disciplina il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell’Unione europea, riprendendo le disposizioni dell’articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005, introdotto dalla legge comunitaria 2007 (25 febbraio 2008, n. 34).
L’articolo 43 prevede misure volte ad
assicurare l’adempimento degli obblighi europei e internazionali dello Stato
derivanti, in particolare, dalle procedure d’infrazione avviate dalla
Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, dalle
sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla
violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali). A tal
fine, viene introdotto il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti
dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi derivanti dalla
normativa dell’Unione europea, individuati nelle regioni, le province
autonome, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici ed i soggetti
equiparati, stabilendo che lo Stato può esercitare il diritto di rivalersi nei confronti di tali enti nelle regolazioni
finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo
europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo
sviluppo rurale (FEASR) e di altri fondi aventi finalità strutturali (commi 1 e
3). La norma precisa inoltre (comma 4)
che tale diritto di rivalsa è esercitato dallo Stato per compensare gli oneri
finanziari derivanti dalle sentenze di
condanna della Corte di Giustizia dell’Unione europea ex articolo 260, paragrafi 2 e 3 del
TFUE.[11]
Sanzioni
pecuniarie della Corte di giustizia dell’Unione europea
La Corte di
giustizia dell’Unione europea può condannare gli Stati membri al pagamento di sanzioni pecuniarie per violazione di
obblighi derivanti dall’ordinamento dell’Unione, accertata in esito ad una
procedure di infrazione di cui agli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione (TFUE).
Ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, la Commissione quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi incombenti in virtù del Trattato, dopo aver posto lo Stato in condizione di presentare le sue osservazioni (mediante una lettera di messa in mora) emette un parere motivato al riguardo. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia. Ai sensi dell’articolo 260 del TFUE, quando la Corte di giustizia emetta, in esito al ricorso della Commissione europea di cui all’articolo 258, una sentenza con cui si accerti che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi incombenti in virtù dei trattati, tale Stato è tenuto a prendere provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta. Se la Commissione ritiene che lo Stato interessato non abbia adottato tali provvedimenti, dopo averlo posto in condizione di presentare osservazioni, può adire la Corte, precisando l’importo della somma forfettaria o della penalità da versare da parte dello Stato membro in questione. La Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato membro non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.
Nel caso di mancato recepimento di una direttiva la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia, ai sensi dell’articolo 260, per chiedere la condanna pecuniaria.
Ai sensi dell’articolo 260 sopra richiamato le sanzioni che la Corte di giustizia può comminare ad uno Stato membro per violazioni del diritto dell'UE consistono dunque in una somma forfettaria e/o in una penalità di mora.
Le due sanzioni possono essere inflitte cumulativamente qualora la
violazione del diritto dell'Unione sia particolarmente grave e persistente. Non è
possibile determinare a priori l'ammontare esatto delle sanzioni
pecuniarie che la Corte di giustizia può infliggere a uno Stato membro in caso
di mancata esecuzione di una sentenza della Corte di giustizia. I
criteri per la quantificazione di somma forfettaria e penalità di mora
sono indicati in due comunicazioni della Commissione europea del 2005 e del
2010: (SEC(2005)1658) che detta la disciplina generale, modificata dalla (SEC(2010)923), relativa al mancato recepimento di direttive.
L'Italia ha subito sinora
due condanne pecuniarie.
La prima, relativa al mancato recupero degli aiuti illegittimamente concessi dall’Italia per
l’assunzione di lavoratori mediante i contratti di formazione e lavoro,
prevedeva il pagamento - di 30 milioni
di euro a titolo forfettario e di una ulteriore penalità, per ogni sei mesi di ritardo
nell'attuazione della sentenza, pari alla moltiplicazione dell’importo di base
di 30 milioni per la percentuale
degli aiuti illegali incompatibili il cui recupero non è ancora stato
effettuato o non è stato dimostrato rispetto al totale degli aiuti non
recuperati.
Nella seconda condanna, relativa alle discariche abusive, è stato seguito un criterio più complesso: una somma forfetaria di 40 milioni di euro più una penalità decrescente su base semestrale di 42,8 milioni dalla quale però devono essere detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenenti rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 euro per le altre discariche regolarizzate
Articolo 5
(Contratto istituzionale di sviluppo per
l’area di Taranto)
Il comma 1, prevede che l’attuazione degli interventi per far fronte alla situazione di criticità riguardante la città e l’area di Taranto sia disciplinata da uno specifico contratto istituzionale di sviluppo denominato “CIS Taranto”.
I Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) sono atti negoziali sottoscritti dal Ministro per la Coesione Territoriale, d'intesa con il Ministro dell'Economia e Finanze e da altre amministrazioni competenti, volti a eseguire interventi prioritari di sviluppo, soprattutto nelle aree svantaggiate e nel Mezzogiorno. I CIS sono stati istituiti dall'art. 6 del D.Lgs. 88/2011 che disciplina le risorse aggiuntive e gli interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali e sono finanziati dal Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale, dalle risorse del Piano di Azione e Coesione (PAC) e da ulteriori fonti finanziarie nell'ottica della programmazione unitaria. I CIS sono finalizzati all’accelerazione della realizzazione degli interventi speciali (interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione delle aree sottoutilizzate del Paese e la solidarietà sociale, a rimuovere gli squilibri economici e sociali e a favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona) per il miglioramento degli equilibri economici e sociali nel paese nonché ad assicurare la qualità della spesa pubblica. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione, le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti.
Con riguardo ai soggetti sottoscrittori, il comma 2 dispone che il CIS Taranto sia sottoscritto da tutti i soggetti istituzionali chiamati a far parte del Tavolo istituzionale permanente per l’Area di Taranto, costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con compiti di coordinamento e concertazione delle azioni da intraprendere e di definizione delle strategie per lo sviluppo del territorio tarantino. Il tavolo è istituito con D.P.C.M. entro 30 giorni dalla data di conversione in legge del decreto legge in esame.
Si segnala che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° giugno 2014 è stata istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri- Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali e delle aree urbane, la Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto e lo svolgimento delle funzioni di Autorità di gestione del POIn Attrattori culturali, naturali e del turismo.
Sono chiamati a far parte del Tavolo, presieduto dalla Presidenza del Consiglio, rappresentanti delle amministrazioni centrali, degli enti territoriali e locali e degli altri soggetti coinvolti (Autorità portuale, Commissario straordinario per la bonifica, Commissario del porto di Taranto), nonché dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (Invitalia). Il Tavolo così costituito assorbe le funzioni di tutti gli altri tavoli tecnici sia centrali che locali istituiti sull’area di Taranto.
Nel corso dell’esame presso il Senato il comma 2 è stato modificato nel senso di ampliare la partecipazione al Tavolo istituzionale a tre rappresentanti della regione Puglia, invece di uno, nonché ad un rappresentante della Camera di commercio di Taranto.
Inoltre sono stati aggiunti:
il comma 2-bis che attribuisce al Tavolo istituzionale il compito di verificare, dopo 12 mesi dalla data di sottoscrizione, lo stato di applicazione del CIS Taranto;
il comma 2-ter che specifica che il CIS Taranto dovrà contenere il programma di bonifiche di cui al successivo articolo 6 e il Piano nazionale della città e relativi interventi nel comune di Taranto di cui al successivo articolo 8.
Il comma 3 reca la clausola d’invarianza finanziaria, trattandosi di attività rientranti nelle competenze istituzionali delle rispettive amministrazioni.
Articolo 6
(Programma per la bonifica,
l’ambientalizzazione e la riqualificazione dell’area di Taranto)
L'articolo 6 affida al Commissario straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto (previsto dal D.L. 129/2012) il compito di provvedere alla predisposizione di un programma di misure, a medio e lungo termine, per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell’area di Taranto, inteso a garantire la sicurezza delle persone e dell’ambiente. Vengono altresì individuate le risorse per l’attuazione del programma e dettate disposizioni per ridurre, nell’ambito della sua realizzazione, gli effetti occupazionali negativi connessi con il processo di riorganizzazione dei siti produttivi della città di Taranto.
In particolare, il comma 1 dell'articolo 6 affida al Commissario straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto (previsto dal D.L. 129/2012) il compito di provvedere alla predisposizione di un programma di misure, a medio e lungo termine, "per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione" dell’area di Taranto, inteso a garantire la sicurezza delle persone e dell’ambiente.
Nel corso dell’esame al Senato il primo periodo del comma in esame è stato sostituito. Riguardo alle finalità del programma, rispetto al testo iniziale del decreto-legge è stato eliminato l’obiettivo, ivi previsto, di mitigare le criticità dell’area di Taranto, con riferimento alla competitività delle imprese del territorio tarantino. È stato inoltre modificato l’obiettivo relativo ai livelli di sicurezza da conseguire. Infatti, mentre il testo iniziale del decreto-legge prevede il raggiungimento di un adeguato livello di sicurezza (per le persone e per l’ambiente), il testo approvato dal Senato richiede il raggiungimento ove possibile, mediante ricorso alle BAT (Best Available Techniques) riconosciute a livello internazionale, del più alto livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente. Nel corso dell’esame al Senato è stato altresì precisato che, nel predisporre il citato programma, il Commissario deve tener conto delle eventuali indicazioni del Tavolo Istituzionale permanente per l'Area di Taranto, i cui componenti, ai sensi dell’articolo 5 del presente decreto, sottoscrivono il “CIS Taranto”.
Il secondo periodo del comma 1 stabilisce che al suddetto programma deve essere data attuazione secondo le disposizioni contenute nel CIS Taranto (Contratto istituzionale di sviluppo per l'area di Taranto) di cui all'articolo 5 del presente decreto.
Si rammenta che l’art. 1 del D.L. 129/2012 ha demandato ad un apposito D.P.C.M. la nomina di un Commissario straordinario al fine di assicurare l’attuazione degli interventi previsti dal Protocollo di intesa del 26 luglio 2012, compresi quelli individuati per un importo complessivo pari a 110,2 milioni di euro dalle delibere CIPE del 3 agosto 2012, afferenti a risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) già assegnate alla regione Puglia e ricomprese nel predetto Protocollo.
In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.P.C.M. 8 luglio 2014 (pubblicato nella G.U. 11 agosto 2014, n. 185), con cui si è provveduto alla nomina del Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto, nella persona della dott.ssa Vera Corbelli, per la durata di un anno.
Relativamente al risanamento dell’area di Taranto si ricorda, come sottolineato dal comma in esame, che essa è stata dichiarata “ad elevato rischio di crisi ambientale” con la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 novembre 1990.
In attuazione di tale deliberazione, che ha imposto al Ministero dell'ambiente di predisporre, d'intesa con la regione Puglia e con gli altri enti locali interessati, il piano di disinquinamento per il risanamento del territorio di Taranto, è stato emanato il D.P.R. 23 aprile 1998 di approvazione del piano medesimo (G.U. del 30 novembre 1998 - Suppl. Ordinario n. 196).
L’area di Taranto è stata poi successivamente inserita tra i siti di bonifica di interesse nazionale (SIN) dall’art. 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426 e con il successivo D.M. Ambiente 10 gennaio 2000 (G.U. n. 45 del 24 febbraio 2000) ne è stata disposta la perimetrazione.
La perimetrazione del SIN di Taranto copre una superficie complessiva pari a circa 115.000 ettari, di cui 83.000 ettari di superficie marina che interessa l’intera area portuale. Il SIN di Taranto viene anche descritto nell’allegato B al D.M. 18 settembre 2001, n. 468 (Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale) che riporta, tra l’altro, che “il comparto siderurgico (ILVA) è il più grande polo nazionale. Nell'area sono inoltre presenti industrie manufatturiere di dimensioni medio-piccole. Il porto di Taranto, che movimenta da 30 a 40 milioni di tonnellate di merci, ed i cantieri militari e civili presenti nell'area, costituisce un'attività industriale primaria a rilevante impatto ambientale. La superficie interessata dagli interventi di bonifica e ripristino ambientale è pari a circa 22,0 km2 (aree private), 10,0 km2 (aree pubbliche), 22,0 km2 (Mar Piccolo), 51,1 km2 (Mar Grande), 9,8 km2 (Salina Grande). Lo sviluppo costiero è di circa 17 km”.
Per una panoramica degli interventi finora programmati per il risanamento dell’area di Taranto, delle fonti di finanziamento e delle strutture preposte si rinvia al documento consegnato dal Commissario Vera Corbelli nel corso della sua audizione del 19 gennaio 2015 presso le Commissioni riunite 10a e 13a del Senato nell’ambito dell’esame del presente disegno di legge.
Il comma 2 individua le seguenti risorse, per la realizzazione del programma, da trasferire sulla contabilità speciale del Commissario straordinario:
§ risorse effettivamente disponibili di cui al decreto-legge n. 129 del 2012;
Nel citato decreto-legge si fa riferimento (all’art. 1, comma 1) alle risorse stanziate con le delibere CIPE del 3 agosto 2012 per un importo specificato nella norma, pari a 110,2 milioni di euro, a valere sulle risorse della regione Puglia del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC). Si dispone inoltre (art. 1, comma 3) che all’attuazione degli altri interventi previsti nel Protocollo sono altresì finalizzate risorse disponibili dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente per l’esercizio finanziario 2012, nel limite massimo di 20 milioni di euro.
Le risorse citate dai commi 1 e 3, ai sensi del comma 4 dell’art. 1 del D.L. 129/2012, sono trasferite alla regione Puglia per essere destinate all’apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale ed intestata al Commissario[12].
Il Commissario è altresì individuato, dal successivo comma 5, quale soggetto attuatore per l'impiego delle risorse del Programma Operativo Nazionale (PON) “Ricerca e competitività” dedotte nel Protocollo, e pari a 30 milioni di euro, da utilizzare mediante gli ordinari ed i nuovi strumenti di programmazione negoziata, nonché del PON “Reti e mobilità”, per un importo pari a 14 milioni di euro per la realizzazione della nuova diga foranea di protezione del Porto di Taranto. Inoltre l'articolo 1, comma 8, prevede che i finanziamenti a tasso agevolato a valere sul cd. Fondo Kyoto – di cui all’articolo 57, comma 1, del D.L. 83/2012 - possono essere concessi anche per gli interventi di riqualificazione e di ambientalizzazione compresi nell’area del SIN di Taranto. Per tale finalità, nell’ambito del Fondo rotativo è destinata una quota di risorse fino a un importo massimo di 70 milioni di euro.
§ risorse residue stanziate per interventi nelle aree sottoutilizzate: il comma in esame fa esplicito riferimento alle risorse di cui alla delibera CIPE 17/2003 (Ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate – rifinanziamento legge 208/1998 triennio 2003-2005 - legge finanziaria 2003, art.61) e alle delibere ad essa collegate, vale a dire la delibera CIPE 83/2003 s.m.i. (ripartizione accantonamento di 900 milioni di euro per interventi nelle aree sottoutilizzate - punto 1.1, delibera 17/2003) e la delibera CIPE 179/2006 (applicazione del punto 6.4 della delibera CIPE n.17/2003 decurtazione delle risorse)[13];
§ risorse allo scopo impegnate dal Ministero dell'ambiente;
§ ulteriori risorse che con propria delibera il CIPE può destinare nell'ambito della programmazione 2014-2020 del FSC (Fondo di sviluppo e coesione), per il prosieguo di interventi di bonifiche e riqualificazione dell'area di Taranto.
Nel documento consegnato dal Commissario Vera Corbelli nel corso della sua audizione del 19 gennaio 2015 presso le Commissioni riunite 10a e 13a del Senato nell’ambito dell’esame del presente disegno di legge viene fornita la seguente ricognizione delle fonti di finanziamento:
Il comma 3 prevede la possibilità per il Commissario straordinario di utilizzare una quota non superiore all'1,5% delle risorse sopra elencate per le attività tecnico-amministrative connesse alla realizzazione degli interventi medesimi.
Il comma 4 prevede che il Commissario straordinario, per le attività di propria competenza, possa avvalersi di altre pubbliche amministrazioni, università o loro consorzi e fondazioni, nonché di enti pubblici di ricerca, secondo le previsioni dell’art. 15, comma 1, della L. 241/1990.
L'articolo 15, comma 1, della legge n. 241 del 1990 consente alle amministrazioni pubbliche di concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune. Tali accordi debbono essere stipulati per atto scritto - a fare data dal 30 giugno 2014 sono sottoscritti con firma digitale - e se sono sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.
Il comma 4-bis, introdotto durante l’esame al Senato, dispone che il Commissario straordinario, nell'individuare i soggetti tenuti all'attuazione degli interventi previsti dall'articolo 5 e dal comma 2 del presente articolo, può definire procedure volte a favorire l'impiego di lavoratori provenienti dai bacini di crisi delle aziende dei complessi industriali di Taranto già coinvolti in programmi di integrazione del reddito e sospensione dell'attività lavorativa.
Con riferimento agli interventi richiamati si ricorda che il comma 2 dell'articolo in esame riguarda il programma di misure, a medio e lungo termine, per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell’area di Taranto, mentre l’articolo 5 prevede che l'attuazione degli interventi che riguardano l'area di Taranto sia disciplinata da uno specifico Contratto Istituzionale di Sviluppo denominato «CIS Taranto».
Il comma in esame precisa che la disposizione è finalizzata ad ottimizzare l'impiego di risorse umane e finanziarie, nonché di ridurre gli effetti occupazionali negativi connessi con il processo di riorganizzazione dei siti produttivi della città di Taranto.
L’ultimo periodo del comma in esame, inoltre, prevede che il Commissario straordinario adotti altresì tutte le procedure necessarie volte a ridurre gli eventuali effetti occupazionali negativi connessi alla riorganizzazione delle attività d'impresa, anche con riferimento a tutti i siti produttivi del gruppo presenti sul territorio nazionale.
Articolo 7
(Disposizioni sul Commissario
straordinario del porto di Taranto)
Il comma 1 dell’articolo
7 estende i poteri del Commissario
straordinario del Porto di Taranto a tutti gli interventi infrastrutturali
necessari per l’adeguamento e l’ampliamento del Porto medesimo, oltre a
quelli previsti dal D.P.C.M. 17 febbraio 2012 di nomina del Commissario
medesimo. Con un emendamento approvato al Senato l’estensione dei poteri viene
consentita anche per gli interventi relativi al sistema logistico portuale e retroportuale.
Con DPCM 17 febbraio 2012 infatti, il Prof. Avv. Sergio Prete, Presidente dell’Autorità portuale di Taranto (nominato il 7 giugno 2011 con mandato fino al 7 giugno 2015) è stato nominato Commissario straordinario per le seguenti opere e lavori relativi al porto di Taranto:
a) Piastra portuale di Taranto;
b) dragaggio per l'approfondimento dei fondali al Molo polisettoriale e connessa vasca di contenimento dei fanghi di dragaggio;
c) consolidamento/adeguamento della esistente banchina del Molo polisettoriale;
d) nuova diga foranea a protezione dall'agitazione del moto ondoso in Darsena Molo polisettoriale;
e) potenziamento collegamenti ferroviari del porto di Taranto;
f) rettifica, allargamento e adeguamento strutturale della banchina di levante del molo San Cataldo e della Calata 1.
Il comma 1 richiama a tal fine la norma del comma 1002 della legge finanziaria 2007 che consente al Ministro delle infrastrutture e trasporti, per garantire gli interventi infrastrutturali per l'ampliamento del porto di Taranto, di procedere con i poteri generali in materia di infrastrutture che sono garantiti al Ministro nell'articolo 163 del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.)
La Relazione governativa evidenzia che ciò avviene al fine di rendere l’infrastruttura portuale di Taranto rispondente agli standard competitivi dell’area mediterranea - con riflessi positivi in termini di sicurezza e celerità dei trasporti marittimi, nonché di sviluppo economico e competitivo dell’intero Paese - e soprattutto con benefiche ricadute in campo occupazionale. Gli interventi da realizzare comprendono, a titolo esemplificativo: la bonifica dello Yard Belleli, l’ampliamento del V Sporgente e relativi dragaggi, i dragaggi delle banchine pubbliche del porto commerciale, l’intervento di ripristino della Calata IV, ex area Soico. Nel porto vecchio o commerciale sono previsti altri interventi (ricostruzione impalcato testata Molo San Cataldo, Centro Servizi Polivalente, rete di raccolta e collettamento acque di pioggia e rete idrica e fognante) i cui oneri sono a carico dell’Autorità Portuale.
Si ricorda che il D.L. 129/2012 aveva previsto disposizioni urgenti per il
risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di
Taranto tramite la nomina di un Commissario straordinario al fine di assicurare l’attuazione degli interventi previsti dal Protocollo di intesa del 26
luglio 2012 stipulato tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il
Ministero dello sviluppo economico, il Ministero per la coesione territoriale,
la regione Puglia, la provincia di Taranto, il Comune di Taranto e il
Commissario straordinario del Porto di Taranto per interventi urgenti di
bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto. L’art. 1, comma 2 di tale decreto ha
anche previsto che per gli interventi previsti nel Protocollo di intesa con
oneri a carico dell’Autorità portuale di Taranto, fosse assicurato il coordinamento fra il Commissario straordinario nominato ed il commissario
straordinario dell’Autorità portuale di Taranto.
Si ricorda altresì che l’hub portuale di
Taranto è inserito tra le opere del Programma
delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443 del 2001,
cd. legge obiettivo, e della successiva delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre
2001. Il 12° Allegato infrastrutture alla Nota di aggiornamento del DEF 2014
riporta un costo di 219,58 Meuro interamente
disponibili. Sullo stato di attuazione dell’hub
portuale di Taranto ed il relativo quadro finanziario si può, inoltre,
consultare la scheda della banca dati SILOS (Sistema Informativo
Legge Opere Strategiche) curata dal Servizio Studi della Camera in
collaborazione con il CRESME e l’AVCP.
Si segnala infine, come
risulta dalla Delibera CIPE n. 31 del 2014, trasmessa alle Camere il 21
novembre 2014, l'Autorità portuale di
Taranto ha trasmesso al CIPE con nota 13 marzo 2014, n. 3504 (integrata dalla
successiva nota 21 marzo 2014, n.3832) il
Programma dei lavori pubblici 2014-2016,
dalla quale risulta che il Programma triennale 2014-2016, approvato con
delibera del Comitato portuale 10 dicembre 2013, n. 14, comprende 12 interventi
che, secondo le indicazioni di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti 11 novembre 2011, sono costituiti da 8 opere per la
realizzazione di nuove costruzioni, un'opera di recupero e 3 opere di
ristrutturazione. Il Programma in questione ha un costo complessivo di 417,050
milioni di euro, finanziato per 211,050 milioni di euro a carico delle risorse
disponibili nell'anno 2014, per 105 milioni di euro a carico di risorse
previste per l'anno 2015 e per 101 milioni di euro a carico di risorse previste
per l'anno 2016. Il CIPE ha espresso parere di compatibilità con i documenti
programmatori vigenti di tale Programma triennale 2014-2016, nei limiti delle effettive disponibilità
finanziarie.
Il comma 2, in applicazione dei generali principi di efficacia dell’attività amministrativa e di semplificazione procedimentale ed al fine di determinare una fondamentale accelerazione, prevede che tutti gli atti necessari, le autorizzazioni, le intese, i concerti, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati degli enti locali, regionali, dei Ministeri e di tutti gli altri competenti enti, siano rilasciati entro 30 giorni dalla richiesta del Commissario straordinario del Porto di Taranto e che decorso tale termine gli stessi si intendano resi in senso favorevole.
Con una modifica approvata al Senato si prevede (nuovo comma 2-bis), si prevede altresì che l'autorità Portuale di Taranto pubblichi sul proprio sito istituzionale tutte le autorizzazioni, intese, concerti, pareri, nulla osta ed atti di assenso resi dagli enti coinvolti in base al comma 2.
Il comma 3 dispone che la pronuncia sulla compatibilità ambientale delle opere deve essere emessa nel termine di 60 giorni dalla richiesta, ai sensi dell'art. 13, comma 3, del D.L. 67/1997.
L'articolo 13
del D.L. 67/1997 ha introdotto - al fine di far ripartire una serie di opere di
rilevante interesse nazionale per le implicazioni occupazionali ed i connessi
riflessi sociali, individuate con appositi decreti del Presidente del Consiglio
dei ministri, che risultavano bloccate - la figura del commissario
straordinario e ne ha disciplinato i poteri, anche in deroga alla normativa
vigente (comma 4-bis). Il comma 3 del
medesimo articolo prevede, in particolare, che la pronuncia sulla compatibilità
ambientale delle citate opere, ove non ancora intervenuta, sia emessa entro 60
giorni dalla richiesta. Si ricorda, inoltre, che la normale procedura di VIA è disciplinata
dalla parte seconda del cd. Codice dell’ambiente (D.Lgs.
152/2006): in particolare l’art. 26 prevede che l'autorità competente conclude
con provvedimento espresso e motivato il procedimento di valutazione
dell'impatto ambientale nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione
dell'istanza.
Il richiamo alle disposizioni del comma 3 dell’art. 13 del D.L. 67/1997 è operato in virtù del fatto che il D.P.C.M. 17 febbraio 2012, pubblicato nella G.U. n. 84 del 10 aprile 2012, nel nominare il Commissario straordinario del Porto di Taranto, ha attribuito a tale soggetto, tra gli altri, i poteri previsti dall’art. 13 del citato D.L. 67/1997.
Articolo 8
(Piano nazionale della città e relativi
interventi nel comune di Taranto)
L'articolo 8 disciplina gli interventi per la riqualificazione e la valorizzazione della cosiddetta «città vecchia» di Taranto e dell'Arsenale militare marittimo della città.
In particolare il comma 1 dispone che il Comune di Taranto adotta, ad integrazione del progetto presentato per il “Piano nazionale delle città”, un Piano di interventi per il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione della “città vecchia” di Taranto.
Con riferimento al progetto presentato nell’ambito del c.d. “Piano città” (avviato con l’art. 12 del D.L. 83/2012) si richiama quanto riportato, con riferimento alla città di Taranto, nella presentazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativa ai progetti di riqualificazione ammessi (dalla Cabina di regia[14]) a beneficiare delle risorse finanziarie del piano medesimo[15]: “la proposta è rivolta al miglioramento della qualità, dell’offerta di servizi e di attrezzature di un’area urbana altamente degradata: il Quartiere Tamburi, interessato da un elevatissimo tasso d’inquinamento ambientale dovuto all’assoluta contiguità con l’industria ILVA. Valore della proposta: 68,9 milioni di euro; contributo Cabina di regia: 24 milioni di euro”.
Durante l’esame al Senato, il comma 1 è stato modificato al fine di specificare che il Piano di interventi può prevedere la valorizzazione di eventuali immobili di proprietà pubblica meritevoli di salvaguardia e riqualificazione nonché la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, in particolare di centri culturali ed ambulatori polispecialistici, aree verdi attrezzate con strutture ludico ricreative.
In particolare,
i commi 7 e 8 dell'art. 16 del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380,
indicano rispettivamente, come opere di urbanizzazione primaria, strade
residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di
distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi
di verde attrezzato, incluse le infrastrutture destinate all'installazione di
reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, introdotte
dall’art. 2 comma 5 del D.L. 112 del 2008, e, come opere di urbanizzazione
secondaria, asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e
complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di
quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e
sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le
costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla
distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla
bonifica di aree inquinate.
Lo stesso comma 1, in combinato disposto con il comma 2, prevede il seguente iter procedurale per il perfezionamento del piano:
§ trasmissione del piano al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al fine dell'acquisizione degli atti di assenso, comunque denominati, di competenza;
§ valutazione, da parte del citato Ministero, entro 60 giorni dalla ricezione degli atti, della compatibilità degli interventi con le esigenze di tutela del patrimonio culturale. La valutazione positiva del Ministero, espressa con decreto del Ministro sulla base dei pareri degli uffici periferici e centrali competenti, sostituisce tutte le autorizzazioni, i nulla osta e gli atti di assenso comunque denominati di competenza del Ministero medesimo;
§ acquisizione delle autorizzazioni, delle intese, dei concerti, dei pareri, dei nulla osta e di ogni altro atto di assenso comunque denominato degli enti locali, regionali, degli altri Ministeri, nonché di tutti gli altri competenti enti e agenzie. In proposito, il comma in esame stabilisce che i citati atti di assenso sono resi entro 30 giorni dalla richiesta del Comune di Taranto. Decorso inutilmente detto termine, tali atti si intendono resi in senso favorevole (silenzio-assenso), ferme restando le competenze regionali in materia urbanistica;
§ pronuncia sulla compatibilità ambientale delle opere entro 60 giorni dalla richiesta, ai sensi dell'art. 13, comma 3, del D.L. 67/1997 (comma 2).
L'articolo 13 del D.L. 67/1997 ha introdotto - al fine
di far ripartire una serie di opere di rilevante interesse nazionale per le
implicazioni occupazionali ed i connessi riflessi sociali, individuate con
appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che risultavano
bloccate - la figura del commissario straordinario e ne ha disciplinato i
poteri, anche in deroga alla normativa vigente (comma 4-bis). Il comma 3 del medesimo articolo prevede, in particolare, che
la pronuncia sulla compatibilità ambientale delle citate opere, ove non ancora
intervenuta, sia emessa entro 60 giorni dalla richiesta. Si ricorda, inoltre,
che la normale procedura di VIA è disciplinata dalla parte seconda del cd.
Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006): in
particolare l’art. 26 prevede che l'autorità competente conclude con
provvedimento espresso e motivato il procedimento di valutazione dell'impatto
ambientale nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione
dell'istanza.
Il richiamo alle disposizioni del comma 3 dell’art. 13
del D.L. 67/1997 è operato in virtù del fatto che il D.P.C.M. 17 febbraio 2012, pubblicato nella G.U. n. 84 del 10 aprile 2012, nel
nominare il Commissario straordinario del Porto di Taranto, ha attribuito a
tale soggetto, tra gli altri, i poteri previsti dall’art. 13 del citato D.L.
67/1997.
Durante l’esame al Senato,
è stato aggiunto il comma 1-bis ai sensi del quale il
Comune di Taranto è tenuto a pubblicare sul proprio sito
istituzionale tutte le autorizzazioni, le
intese, i concerti, i pareri, i nulla osta e gli atti di assenso resi dagli
enti di cui al comma 1.
Durante l’esame al Senato, è stato, altresì, inserito il comma 2-bis che prevede l’obbligo per il Comune di Taranto di pubblicazione sul proprio sito istituzionale della pronuncia di compatibilità ambientale, prevista dal suddetto comma 2, ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 recante la disciplina sulla pubblicazione e sull’accesso alle informazioni ambientali.
In particolare,
l’art. 40, comma 2 del D.Lgs n. 33 del 2013 stabilisce
che le amministrazioni pubbliche (statali, regionali, locali, le aziende
autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi,
nonché ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse
alle tematiche ambientali o eserciti responsabilità amministrative sotto il
controllo di un organismo pubblico), di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
b), del decreto legislativo n. 195 del 2005, pubblicano, sui propri siti
istituzionali e in conformità a quanto previsto dal decreto medesimo, le
informazioni ambientali previste all'articolo 2, comma 1, lettera a), del
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, che detengono ai fini delle proprie
attività istituzionali, nonché le relazioni di cui all'articolo 10 del medesimo
decreto legislativo. Di tali informazioni deve essere dato specifico rilievo
all'interno di un'apposita sezione detta “Informazioni ambientali”.
Il comma 3 dispone che i Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e della difesa - previa intesa con la Regione Puglia e il Comune di Taranto, da acquisire nell'ambito del Tavolo istituzionale di cui all'articolo 5 del decreto-legge in esame – provvedono alla predisposizione, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, di un progetto di valorizzazione culturale e turistica dell'Arsenale militare marittimo di Taranto, ferme restando la prioritaria destinazione ad arsenale del complesso e le prioritarie esigenze operative e logistiche della Marina Militare.
Lo stesso comma dispone che il progetto è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
riguardo al quale la norma non fissa
alcun termine per l’emanazione.
Durante l’esame al Senato, è stato aggiunto il comma 3-bis che prevede l’obbligo per il Comune di Taranto di pubblicazione sul proprio sito istituzionale del Piano e del Progetto, previsti dai suddetti commi 1 e 3, ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 sulla pubblicità dei processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche.
In particolare, l’art. 38, comma 1 prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano tempestivamente sui propri siti istituzionali: i documenti di programmazione anche pluriennale delle opere pubbliche di competenza dell'amministrazione; le linee guida per la valutazione degli investimenti; le relazioni annuali; ogni altro documento predisposto nell'ambito della valutazione, ivi inclusi i pareri dei valutatori che si discostino dalle scelte delle amministrazioni e gli esiti delle valutazioni ex post che si discostino dalle valutazioni ex ante; le informazioni relative ai Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici di cui all'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, incluse le funzioni e i compiti specifici ad essi attribuiti, le procedure e i criteri di individuazione dei componenti e i loro nominativi.
La realizzazione dell'Arsenale Militare Marittimo di Taranto, inaugurato nel 1889, fu avviata dopo l’approvazione delle legge n. 833 del 1882, che stanziava a tal fine la somma di lire 9.300.000. La sua costruzione era dovuta principalmente sia per rafforzare la Difesa del versante Adriatico e sia per la posizione dell'Italia nel Mediterraneo. I lavori iniziarono nel 1883 con la costruzione di un canale di comunicazione, fra la rada (mar Grande) ed il mar Piccolo, a cui seguirono numerose altre importanti opere. L'Arsenale occupa un'area di oltre 90 ettari ed ha un fronte a mare di circa 3 Km con uno sviluppo di 4,5 Km di banchine. Il territorio è organizzato in quattro aree: l'area della Direzione, l'area dei sistemi di combattimento a ponente, l'area della piattaforma al centro, l'area dei servizi a levante e distribuita nel territorio. È allo studio, recentemente, un innovativo “Piano Regolatore” che si pone l'obiettivo di una più razionale distribuzione delle infrastrutture sul territorio, secondo un criterio che pone l'Unità Navale in una posizione baricentrica rispetto alle aree ove si svolgono le operazioni di manutenzione sugli impianti. Il personale dell’Arsenale è costituito da circa 2.300 dipendenti civili e da circa 200 militari. Si tratta di un Arsenale di grande potenzialità per la quantità e qualità del personale impiegato, per la consistenza e funzionalità delle infrastrutture, degli impianti e dei mezzi ed attrezzature di lavoro in dotazione. L’Arsenale fa parte dell'area Tecnica-Industriale della Difesa, di cui rappresenta, anche per il numero dei suoi dipendenti civili e militari, l'Ente anche numericamente più importante. I suoi compiti consistono principalmente nell'assicurare il supporto e l'efficienza delle Unità Navali, secondo un programma annuale di soste lavori e di interventi che viene proposto dallo Stato Maggiore, concordato ed approvato dall'Ispettorato Navale Logistico, previo esame congiunto con lo Stabilimento. Per i particolari compiti ad esso devoluti, l'Arsenale, oltre a rappresentare uno stabilimento di lavoro vero e proprio, costituisce una struttura tecnico-logistica di grande rilievo, specialmente perché interviene altresì per la manutenzione e la riparazione di apparati e impianti dal contenuto tecnologicamente elevato, al fine di assicurare la disponibilità e la prontezza operativa delle Navi della Marina Militare.
Il comma 4 stabilisce che, fermo restando quanto disposto in materia di norme e piani urbanistici ed edilizi dall'articolo 2, comma 1, del D.P.R. 383/1994, n. 383, il decreto di approvazione del progetto (di cui al comma 3) sostituisce tutte le autorizzazioni, i pareri e gli atti di assenso comunque denominati di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
L'articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 383/1994 prevede che per le opere pubbliche di interesse statale l'accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, salvo che per le opere destinate alla difesa militare, è fatto dallo Stato di intesa con la regione interessata, entro sessanta giorni dalla richiesta da parte dell'amministrazione statale competente.
Il comma 5 stabilisce che i programmi di riqualificazione e valorizzazione della “città vecchia” e dell'Arsenale militare marittimo di Taranto (previsti rispettivamente dai commi 1 e 3) sono sottoposti al CIPE ai fini dell'approvazione e assegnazione delle risorse finanziarie a valere sul FSC (Fondo di sviluppo e coesione, istituito dal D.Lgs. 88/2011), nel limite delle risorse annualmente disponibili e garantendo comunque la neutralità dei saldi di finanza pubblica.
[1] Tutta la documentazione relativa al rapporto di VDS del maggio 2013 è disponibile al link www.isprambiente.gov.it/it/garante_aia_ilva/valutazione-danno-sanitario.
[2] Criteri e modalità semplificati di accesso all'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in favore di start-up innovative e degli incubatori certificati. Tale decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2013.
[3] D.L. 4 giugno 2013, n. 61, Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale, convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, legge n. 89 del 2013.
[4] Recante “Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa”.
[5] Recante misure urgenti per la competitività e le giustizia sociale, convertito dalla legge n. 89/2014.
[6] Decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42 sul federalismo fiscale, il cui articolo 4 ha istituito il FSC in sostituzione del previgente Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). La disciplina del Fondo è stata poi integrata e modificata da successivi provvedimenti, in particolare con gli articoli 9 e 9-bis del decreto legge n.69 del 2013 e poi con l’articolo 10 del decreto-legge n.101 del 2013.
[7] Si ricorda che il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito dall’articolo 61 della legge n. 289/2002, il quale ha concentrato in tale Fondo di carattere generale, a decorrere dal 2003, tutte le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate del Paese.
[8] In particolare, quelle contenute all’art. 5, commi 4-5, del D.Lgs. n. 88 del 2011 ed il secondo periodo del comma 8 dell’art. 10 del D.L. n. 101 del 2013.
[9] Si ricorda che l’articolo 1, comma 8, della legge di stabilità 2014 prevedeva la delibera programmatica di ripartizione entro il 1° marzo 2014.
[10] Il Fondo è stato istituito nell'ambito del Ministero del tesoro presso la Ragioneria generale dello Stato “Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea – IGRUE”, con le caratteristiche di fondo di rotazione con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio.
[11] La norma detta poi, ai commi 5 e seguenti, le specifiche modalità di esercizio del diritto di rivalsa che può essere esercitato in modo differente, a seconda che l’obbligato sia un ente territoriale, ovvero un ente od organismo pubblico diverso assoggettato al sistema di tesoreria unica, ovvero altro ente.
[12] In attuazione delle disposizioni dettate dai commi 3 e 4 dell’art. 1 del D.L. 129/2012, il decreto del Ministero dell’ambiente del 10 ottobre 2012 ha disposto l’impegno complessivo di 20 milioni di euro in favore della Regione Puglia. Con il successivo decreto del 17dicembre 2012 il Ministero dell’ambiente ha disposto, sempre in favore della Regione Puglia, l’impegno di ulteriori 8 milioni di euro. I testi dei citati decreti sono disponibili al link www.camera.it/temiap/2015/02/10/OCD177-906.pdf.
[13] L’allegato 1 della delibera CIPE n. 179 del 2006 è disponibile al link www.cipecomitato.it/it/il_cipe/delibere/download?f=E060179allegati.pdf.
[14] La Cabina di regia in questione è stata istituita dal citato art. 12 del D.L. 83/2012 per il coordinamento e la selezione dei programmi di riqualificazione urbana proposti dai Comuni.
[15] Cfr. http://www.mit.gov.it/mit/mop_all.php?p_id=13825, pagina 8.