Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive e protezione internazionale - D.L. 119/2014 ' A.C. 2616 - Schede di lettura
Riferimenti:
DL N. 119 DEL 22-AGO-14   AC N. 2616/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 214
Data: 08/09/2014
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2014 0119   GARE E MANIFESTAZIONI SPORTIVE
LESIONI PERSONALI     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

 

 

 

Contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive e protezione internazionale

 

D.L. 119/2014 – A.C. 2616

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

 

n. 214

 

8 settembre 2014

 

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni e Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

 

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: D14119.doc

 


INDICE

§  Articolo 1 (Misure per il contrasto della frode in competizioni sportive) 3

§  Articolo 2 (Modifiche in materia di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive) 5

§  Articolo 3, comma 1, lett. a) (Divieto di scritte o immagini che incitano alla violenza) 10

§  Articolo 3, comma 1, lettere b) e c) (Divieto per le società sportive di corrispondere agevolazioni, nonché di distribuire o vendere titoli di accesso a determinati soggetti) 11

§  Articolo 4, comma 1, lett. a) (Ulteriori misure per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive) 13

§  Articolo 4, comma 1, lett. b) (Arresto in flagranza in occasione di manifestazioni sportive) 15

§  Articolo 4, comma 2 (Misure di prevenzione applicate dall’autorità giudiziaria) 16

§  Articolo 4, comma 3, lettera a) (Procedure per l’adeguamento degli impianti sportivi) 18

§  Articolo 4, comma 3, lett. b) (DASpo per reiterato accesso agli stadi in violazione del regolamento d'uso) 19

§  Articolo 5 (Modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25) 20

§  Articolo 6 (Finanziamento del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e degli stranieri) 30

§  Articolo 7 (Riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno per i comuni interessati da flussi migratori) 32

§  Articolo 8, comma 1 (Misure per l'ammodernamento di mezzi, attrezzature e strutture della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) 34

§  Articolo 8, comma 2 (Differimento dell’entrata in vigore di disposizioni in materia di autocertificazione) 35

§  Articolo 9 (Misure urgenti in materia di disciplina dei materiali esplodenti) 36

§  Articolo 10 (Copertura finanziaria) 37

§  Articolo 11 (Entrata in vigore) 39

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Misure per il contrasto della frode in competizioni sportive)

 

 

L’articolo 1, comma 1, del decreto-legge – le cui disposizioni saranno efficaci dall’entrata in vigore della legge di conversione - inasprisce le pene previste per il delitto di frode in competizioni sportive.

 

La fattispecie penale, disciplinata dall’art. 1 della legge n. 401 del 1989[1], si realizza quando chiunque «offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva» al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo (comma 1) e si applica anche al partecipante alla competizione sportiva che accetta le utilità promesse (comma 2).

Quanto al regime sanzionatorio, l’entità della pena è diversa a seconda che il risultato della competizione sportiva sia ininfluente o influente ai fini di concorsi pronostici o scommesse autorizzate.

 

frode in competizione sportiva non soggetta a scommesse autorizzate.

In questo caso la disposizione vigente punisce la condotta con la reclusione da un mese ad un anno e la multa da 258 a 1.032 euro; nei casi di lieve entità è prevista la sola pena pecuniaria della multa. Il decreto-legge (lett. a) prevede invece la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 1.000 a 4.000 euro, escludendo ogni attenuazione di pena per la lieve entità.

 

frode in competizione sportiva soggetta a scommesse autorizzate.

La disposizione vigente stabilisce che se il risultato della competizione è influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati, i fatti di frode sono puniti con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con la multa da 2.582 a euro 25.822. Il decreto-legge (lett. b) stabilisce in questo caso che le pene previste per la frode in competizione non soggetta a scommesse siano aumentate fino alla metà e si applichi comunque una multa da 10.000 a 100.000 euro.

 

L’aumento delle pene previste per la frode in competizioni sportive dal decreto-legge comporta – tanto in relazione all’ipotesi base, quanto alla fattispecie aggravata - l’applicazione, ad esempio, dei seguenti istituti processuali penali: intercettazioni (art. 266, co. 1, lett. a); arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, co. 1, c.p.p.), custodia cautelare in carcere (art. 280, co. 2, c.p.p.).

 

Il comma 2 dell’articolo 1 differisce l’efficacia delle nuove pene all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 


 

Articolo 2
(Modifiche in materia di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive)

L’articolo 2 modifica la disciplina del c.d. D.A.SPO, il provvedimento con il quale il questore dispone il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989[2]. In merito il decreto-legge:

-        amplia le categorie dei potenziali destinatari del provvedimento;

-        aumenta la durata del provvedimento di divieto in relazione a recidivi ed a responsabili di episodi di violenza di gruppo;

-        disciplina il procedimento per chiedere e ottenere, trascorsi 3 anni dalla scadenza del divieto, la piena riabilitazione.

 

 

In particolare, l’articolo 2, comma 1, lett. a), incide sui presupposti che consentono al questore di emanare il provvedimento di divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono determinati eventi sportivi (nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nonché alle manifestazioni che si svolgono all'estero).

 

Si ricorda che in base al comma 2 dell’art. 6 il questore può altresì prescrivere alle persone cui è stato notificato il divieto, tenendo conto dell'attività lavorativa, di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per cui opera il predetto divieto. In questo caso, il provvedimento di DASpo emesso dal questore – unitamente all’eventuale obbligo di comparizione -  deve essere comunicato immediatamente al procuratore della Repubblica presso il Tribunale del luogo in cui si è tenuta la manifestazione sportiva e questi, laddove ritenga sussistano i presupposti previsti dalla legge, ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari con decreto motivato, entro il termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento[3]. Qualora la richiesta non venga avanzata entro il termine previsto o laddove il giudice non disponga la convalida nelle 48 ore successive, il provvedimento cessa di spiegare la propria efficacia.

 

Come evidenziato nella Analisi tecnico-normativa che accompagna il disegno di legge di conversione, al 22 maggio 2014 i DASpo in vigore erano complessivamente 5.091; di questi 2.160 sono stati irrogati nella stagione sportiva 2013-2014.

 

Sotto il profilo soggettivo, il provvedimento del questore può essere emesso nei confronti di soggetti – anche minorenni - che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, negli ultimi cinque anni, per una serie di reati, specificamente indicati, «ovvero per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza» (v. art. 2-bis, co. 2, DL n. 336 del 2001).

 

Più in dettaglio, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in commento, erano potenziali destinatari del DASpo i soggetti denunciati o condannati per i seguenti reati:

-        reati relativi al possesso di armi (art. 4, legge n. 110 del 1975);

-        uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo (art. 5, legge n. 152 del 1975);

-        esposizione o introduzione in luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive di simboli o emblemi discriminatori o razzisti (art. 2, DL n. 122 del 1993);

-        reati di lancio di materiale pericoloso, scavalcamento o invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive (art. 6-bis, legge n. 401 del 1989);

-        reato di possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive (art. 6-ter, legge n. 401 del 1989).

 

Il decreto-legge, intervenendo con la lettera a), n. 1), sul primo periodo dell’art. 6, comma 1, ha ampliato le categorie dei potenziali destinatari del provvedimento del questore, comprendendovi anche le persone che risultino denunciate o condannate, anche non sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi 5 anni, per:

·             il reato di introduzione o esposizione di striscioni e cartelli ovvero altre scritte o immagini che, comunque, incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce (art. 2-bis, DL n. 8 del 2007);

·             delitti contro l'ordine pubblico (articoli da 414 a 421 del codice penale, comprendenti ad esempio l’istigazione a delinquere, la pubblica intimidazione, la devastazione e il saccheggio, ma anche l’associazione a delinquere comune e mafiosa);

·             delitti di comune pericolo mediante violenza (articoli da 422 a 437 del codice penale, comprendenti ad esempio il danneggiamento seguito da incendio, la fabbricazione di materiali esplodenti, ma anche la strage);

·             rapina (art. 628 c.p.) o estorsione (art. 629 c.p.);

·             produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73, TU stupefacenti).

 

La Relazione illustrativa giustifica l’estensione del DASpo ai possibili responsabili di questi reati con il fatto che «si tratta di reati che, come dimostra l’esperienza maturata in questi anni, frequentemente si associano a comportamenti suscettibili di creare situazioni di pericolo per l’ordine pubblico e l’incolumità pubblica in occasione dello svolgimento di competizioni sportive o dei tragitti che le tifoserie compiono per raggiungerli».

 

La lettera a), n. 2), sostituisce il terzo periodo dell’art. 6, comma 1, relativo alla possibile applicazione del DASpo anche a soggetti che, pur non essendo stati condannati né denunciati, risultino aver comunque tenuto una condotta finalizzata a partecipare ad episodi di violenza nell’ambito di manifestazioni sportive così da porre in pericolo la sicurezza pubblica.

Tale possibilità, già prevista dal legislatore, viene confermata dal decreto-legge che interviene sulla formulazione della disposizione per ridefinire i presupposti che consentono all’autorità di pubblica sicurezza di vietare l’accesso agli stadi e – eventualmente – disporre la periodica comparizione personale del soggetto. In particolare, come evidenziato dal confronto che segue:

-        gli elementi oggettivi che giustificano la misura sono sostituiti da “elementi di fatto”, con terminologia mutuata dalla disciplina delle misure di prevenzione;

-        è specificato che le condotte che pongono in pericolo la sicurezza possono essere tenute anche all’estero;

-        alla condotta singola è aggiunta la “condotta di gruppo”.

In merito si rileva che non risultano nell’ordinamento precedenti riferimenti a “condotte di gruppo”.

Dovranno essere pertanto chiariti in sede interpretativa i contorni della condotta del singolo chiamato a rispondere – seppur dinanzi al questore – per una condotta di gruppo finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza. Ciò anche in considerazione del fatto che tale condotta può essere il presupposto per l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale quale quella dell’obbligo di comparizione personale presso l’ufficio di polizia nel corso dello svolgimento delle manifestazioni sportive.

Si ricorda che il codice penale prevede quale fattispecie autonoma di reato la violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies). In tale ipotesi, tuttavia, è espressamente richiesta la partecipazione del singolo ad atti di violenza.

-        agli episodi di violenza sono aggiunti gli episodi di minaccia e di intimidazione;

-        al pericolo per la sicurezza pubblica è aggiunta la turbativa per l’ordine pubblico.

 

 

 

 

Normativa precedente al DL

Normativa vigente (post DL)

Legge n. 401 del 1989
Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive

Art. 6
Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive

Comma 1, III periodo

Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse.

Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all'estero, una condotta, sia singola che di gruppo, finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo.

 

L’Analisi tecnico-normativa che accompagna il disegno di legge di conversione evidenzia come la «riformulazione si ispira a recenti orientamenti della giurisprudenza amministrativa, secondo cui il DASPO può essere irrogato sia quando l’interessato abbia tenuto condotte attive finalizzate a partecipare ad episodi di violenza, sia quando abbia messo in essere comportamenti che comportano o agevolano situazioni di allarme o di pericolo di lesione dell’ordine pubblico».

 

 

L’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge interviene sulla durata del DASpo, modificando il comma 5 dell’art. 6 della legge n. 401/89.

Il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive e il parallelo eventuale obbligo di comparizione negli uffici di polizia, in base al comma 5 possono essere disposti per un periodo di tempo che va da 1 a 5 anni e possono essere revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione.

In merito, il decreto-legge specifica che:

·             se il provvedimento è emesso in relazione ad una condotta di gruppo, per coloro che hanno assunto la direzione del gruppo il DaSpo ha una durata minima di 3 anni;

·             se il provvedimento è emesso nei confronti di un soggetto già destinatario in passato di analogo provvedimento amministrativo (c.d. recidiva), il DASpo ha una durata da 5 a 8 anni e dovrà sempre accompagnarsi all’obbligo di comparizione negli uffici di polizia.

 

Infine, il decreto-legge disciplina (aggiungendo il comma 8-bis nell’art. 6) il procedimento per ottenere, alla cessazione del DASpo, la sostanziale riabilitazione dell’interessato, ovvero la cessazione di tutti gli effetti pregiudizievoli connessi all’applicazione del divieto da parte del questore (si pensi agli effetti previsti dagli artt. 8 e 9 del DL n. 8 del 2007, sui quali interviene l’art. 3 del decreto in commento, al quale si rinvia). In sintesi, la disposizione prevede:

-        che una apposita domanda debba essere rivolta dall’interessato al questore che aveva disposto il divieto (ovvero, in caso di più provvedimenti di DASpo emessi da questori diversi, al questore che ha emesso l’ultimo dei divieti[4]);

-        che tale domanda non possa essere presentata prima che siano trascorsi 3 anni dalla scadenza del DASpo;

-        che la domanda possa essere accolta solo se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, non solo in occasione di manifestazioni sportive.

 


 

Articolo 3, comma 1, lett. a)
(Divieto di scritte o immagini che incitano alla violenza
)

 

L’articolo 3 del decreto-legge interviene sul DL n. 8 del 2007[5] per modificarne le disposizioni relative al divieto di striscioni e cartelli incitanti alla violenza e al divieto di agevolazioni nei confronti di soggetti destinatari di DASpo nonché per dettare ulteriori prescrizioni per le società calcistiche.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1 modifica l’art. 2-bis del decreto-legge che, sotto la rubrica “Divieto di striscioni e cartelli incitanti alla violenza o recanti ingiurie o minacce”, punisce con l’arresto da 3 mesi ad un anno la violazione del divieto di introduzione o l’esposizione di striscioni e cartelli che incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce.

Il decreto-legge n. 119 amplia l’ambito di applicazione della fattispecie penale, aggiungendo agli striscioni ed ai cartelli qualsiasi tipo di scritta o immagine che inciti alla violenza o che contenga ingiurie o minacce.

 


 

Articolo 3, comma 1, lettere b) e c)
(Divieto per le società sportive di corrispondere agevolazioni, nonché di distribuire o vendere titoli di accesso a determinati soggetti
)

 

La lettera b) estende l’ambito di applicazione del divieto per le società sportive di corrispondere una serie di benefici a determinate categorie di soggetti. La lett. c) reca alcune specifiche concernenti i casi in cui è fatto divieto alle società organizzatrici di competizioni calcistiche di vendere o distribuire titoli di accesso.

A tal fine, novellano gli artt. 8, co. 1, e 9, co. 1, del D.L. 8/2007 (L. 41/2007).

 

In primo luogo, la lett. b) introduce il divieto per le società sportive di stipulare contratti aventi ad oggetto la concessione dei diritti del titolare del marchio d’impresa registrato (di cui all’art. 20, commi 1 e 2, del d.lgs. 30/2005) con soggetti destinatari di provvedimenti che vietano l’accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, ai sensi dell’art. 6, della L. 401/1989 (c.d. DASPO).

Inoltre, estende il divieto di corrispondere, in qualsiasi forma, diretta o indiretta, sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, ivi inclusa l'erogazione a prezzo agevolato o gratuito di biglietti e abbonamenti o titoli di viaggio, a coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, “per reati in materia di contraffazione di prodotti o di vendita abusiva degli stessi”. Dunque, stante la formulazione del testo, tale limitazione si applica a chiunque abbia commesso reati di contraffazione o vendita abusiva aventi ad oggetto qualsiasi tipo di prodotto commerciale (non essendo circoscritta ai soli reati connessi con il marchio registrato dalle predette società sportive).

 

L’art. 8, comma 1, del D.L. 8/2007 (L. 41/2007) prevede il divieto di corrispondere determinati benefici (sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, ivi inclusa l'erogazione a prezzo agevolato o gratuito di biglietti e abbonamenti o titoli di viaggio) ai seguenti soggetti:

-    destinatari di provvedimenti che vietano l’accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989 (DASPO);

-    destinatari di misure di prevenzione, ai sensi della L. 1423/1956;

-    condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Inoltre, vieta alle società sportive di corrispondere contributi, sovvenzioni, facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni di tifosi, comunque denominate[6].

Il comma 2 del medesimo art. 8 demanda ad un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, la definizione delle modalità di verifica, attraverso la questura, della sussistenza dei requisiti ostativi per i nominativi comunicati dalle società sportive.

In attuazione di tale disposizione (e dell’art. 9, co. 2, di analogo contenuto, riferibile però alla cessione dei titoli di accesso) è intervenuto il DM 15 agosto 2009 che, in particolare, all’art. 3, dispone che le società, prima della corresponsione delle agevolazioni (ovvero della cessione dei titoli di accesso), devono comunicare alla questura, anche per via telematica, attraverso un sistema dedicato, i dati anagrafici del soggetto destinatario. Le società provvedono con le stesse modalità, anche in caso di sostituzione del nominativo del beneficiario dell'agevolazione (o del destinatario del titolo di accesso).

 

La lett. c) precisa che il divieto di emettere, vendere o distribuire titoli di accesso all’impianto sportivo da parte delle società organizzatrici di competizioni calcistiche comprende tutte le possibili modalità di rilascio dei medesimi titoli.

Circoscrive, inoltre, l’ambito temporale applicativo del divieto, disponendo ora che esso vige nei confronti dei soggetti attualmente destinatari di DASPO e di coloro che siano stati condannati negli ultimi cinque anni, anche con sentenza definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Il testo previgente dell’art. 9, comma 1, del D.L. 8/2007 prevedeva, per le società organizzatrici di competizioni calcistiche, responsabili della emissione, distribuzione, vendita e cessione dei titoli di accesso[7], il divieto di emettere, vendere o distribuire titoli a:

-    soggetti che siano stati destinatari di provvedimenti che vietano l’accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989 (DASPO);

-    soggetti che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

 

 

Articolo 4, comma 1, lett. a)
(Ulteriori misure per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive)

 

La lettera a) aggiunge alla legge 401 del 1989 un articolo 7-bis.1 che introduce un ulteriore strumento generale di prevenzione della violenza negli stadi..

L’art. 7-bis.1 prevede, infatti, che il Ministro dell’interno - in quanto autorità nazionale di pubblica sicurezza - possa, con decreto, in caso di gravi episodi di violenza commessi in occasione di partite di calcio:

·        disporre la chiusura del settore ospiti degli impianti sportivi in cui si svolgano partite considerate a rischio-violenza (“in relazione al pericolo di turbativa dell’ordine pubblico”)

·        vietare la vendita dei biglietti di accesso allo stadio ai tifosi che risultino residenti nella provincia della squadra ospite.

Le prescrizioni imposte dal decreto possono avere durata massima di 2 anni.

L’art. 1 della legge 121 del 1981 stabilendo che il Ministro dell’interno è autorità nazionale di pubblica sicurezza gli attribuisce la responsabilità della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, l'alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e il coordinamento in materia di compiti e attività delle forze di polizia. Il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.

L’art. 7-bis.1 fa salve le prerogative in materia del prefetto che, già sulla base della normativa previgente, in quanto autorità competente per l’ordine e la sicurezza pubblica nella provincia, può adottare – solitamente dietro segnalazione dell’Osservatorio nazionale delle manifestazioni sportive - le misure che ritiene opportune in relazione allo svolgimento di partite di calcio ritenute a rischio. Il decreto del prefetto che, come avvenuto più volte in passato, può disporre la chiusura del settore ospiti e limitare la vendita dei biglietti della partita ai residenti nella provincia di svolgimento della gara è adottato in base all’art. 2 del cd. TULPS (RD 733/1931,Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).

Ulteriori prescrizioni contenute solitamente nei decreti prefettizi sono il divieto di diffusione e vendita di biglietti attraverso i circuiti telematici nonché il divieto di cessione del biglietto da parte dell'acquirente ad altro tifoso non residente nella provincia o regione di svolgimento della gara.

L’art. 2 del TULPS, di valenza generale, dà infatti al prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, la facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica. Contro tali provvedimenti chi vi ha interesse può presentare ricorso gerarchico  al Ministro per l'interno o ricorrere al Tar.

Lo stesso prefetto, ai sensi dell’art. 7-bis della citata legge 401 del 1989, sentito il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica (in composizione integrata da rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali e del C.O.N.I.), può disporre:

·        il differimento ad altra data dello svolgimento di manifestazioni sportive; in situazioni connotate dalla permanenza del pericolo di grave turbativa;

·        il divieto dello svolgimento di manifestazioni sportive per periodi ciascuno di durata non superiore ai 30 giorni.

 

Si osserva come non risulti chiaro il rapporto tra la nuova disciplina dell’art. 7-bis.1 e quella vigente che vede, nel proprio ambito territoriale, la competenza dei prefetti. La formulazione della nuova norma potrebbe, infatti, far pensare ad una misura di carattere generale con cui, per determinate partite considerate “a rischio” e specificamente indicate nel decreto del Ministro (ad esempio, per pregressi episodi di violenza tra opposte tifoserie) è chiuso per un massimo di 2 anni il settore ospiti di alcuni stadi. Poiché tale misura, valida solo per determinate partite, è già nella competenza dei prefetti, l’intervento con decreto del ministro parrebbe giustificato dalla sola valenza biennale della misura stessa.

Inoltre, in base alla formulazione della norma, sembra presupporre necessariamente l’adozione del decreto ministeriale il pregresso verificarsi di “gravi episodi di violenza commessi in occasione di partite di calcio”. Lo strumento introdotto dall’art. 7-bis. 1, in mancanza di tali episodi, non sembrerebbe poter essere utilizzato come misura generale di prevenzione della violenza negli stadi.

 

 

 


 

Articolo 4, comma 1, lett. b)
(Arresto in flagranza in occasione di manifestazioni sportive)

 

La lettera b) interviene sull’art. 8 della legge n. 401/1989, che individua i casi in cui è consentito l’arresto in flagranza di reato durante o in occasione di manifestazioni sportive, disciplina il c.d. arresto in flagranza differita e dispone che all’interessato dalla misura possa essere altresì imposto il DASpo.

In particolare, modificando il comma 1-bis, il decreto-legge consente l’arresto in flagranza di reato anche di colui che in occasione della manifestazione sportiva compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (reato previsto dall’art. 2 del DL 122/1993).

 

Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 119/2014 in esame l’arresto in flagranza era consentito, oltre che nei casi previsti in via generale dal codice di procedura penale (artt. 380 e 381), solo nelle seguenti ipotesi:

-        lancio o utilizzo di materiale pericoloso in occasione di manifestazioni sportive (art. 6-bis, comma 1, legge n. 401/89);

-        possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive (art. 6-ter, legge n. 401/89);

-        reati relativi al possesso di armi (art. 4, legge n. 110 del 1975);

-        uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo (art. 5, legge n. 152 del 1975);

-        esposizione o introduzione in luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive di simboli o emblemi discriminatori o razzisti (art. 2, DL n. 122 del 1993);

-        violazione del DASpo.

A seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge, in forza del richiamo che l’art. 8, comma 1-bis opera ai reati di cui all’art. 6, comma 1, della legge (modificato dall’art. 2 del decreto-legge n. 119/2014) è possibile l’arresto in flagranza in deroga alle disposizioni generali anche per il reato di introduzione o esposizione di striscioni e cartelli ovvero altre scritte o immagini che, comunque, incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce (art. 2-bis, DL n. 8 del 2007).

 


 

Articolo 4, comma 2
(Misure di prevenzione applicate dall’autorità giudiziaria
)

 

 

Il comma 2 modifica l’art. 4 del decreto legislativo n. 159 del 2011[8] (Codice antimafia) che individua in generale i soggetti che possono essere destinatari di misure di prevenzione personali e patrimoniali applicate dall’autorità giudiziaria, tra i quali già prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in esame erano ricomprese le persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, a episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive.

 

In base al codice antimafia le ordinarie misure di prevenzione - sorveglianza speciale di pubblica sicurezza; il divieto di soggiorno in uno o più comuni; l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale; la confisca dei beni - possono essere applicate nei confronti dei soggetti indiziati di una mera attività di agevolazione nei confronti delle persone o dei gruppi che abbiano reiteratamente preso parte attiva alle manifestazioni di violenza.

In relazione alle misure di prevenzione patrimoniali, l'art. 16, comma 2, del codice antimafia contiene due previsioni che dettano una disciplina speciale: in primo luogo, la confisca può riguardare esclusivamente quei beni, rientranti nella disponibilità dei suddetti destinatari, che «possono agevolare, in qualsiasi modo, le attività di chi prende parte attiva a fatti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive»; in altri termini, l'intervento ablativo dipende da una qualificazione che attiene alla potenziale destinazione, e non all'origine illecita dei beni. In secondo luogo, il sequestro effettuato nel corso di operazioni di polizia dirette alla prevenzione delle suindicate manifestazioni di violenza è convalidato dal tribunale, secondo la disciplina dei provvedimenti d'urgenza (ovvero entro 10 giorni).

 

Il decreto-legge estende ulteriormente il campo di applicazione delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di partecipare a episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive. Viene infatti specificato che le misure di prevenzione personali possono essere applicate dall’autorità giudiziaria anche alle persone che – per il loro comportamento – si possono ritenere dedite alla commissione di reati che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l’incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive.

Gli indici di tale pericolosità possono essere tratti:

·        dalla partecipazione, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza in occasione di eventi sportivi, ovvero

·        dalla reiterata applicazione del DASpo.

 

 


 

Articolo 4, comma 3, lettera a)
(Procedure per l’adeguamento degli impianti sportivi)

Il comma 3, lettera a), dell’articolo 4 estende la disciplina semplificata - già prevista per il rilascio delle autorizzazioni necessarie per l’adeguamento alle misure di sicurezza degli impianti sportivi di capienza superiore a 7.500 spettatori - agli interventi di adeguamento necessari alla riqualificazione degli stadi, alla segmentazione dei settori e all’abbattimento delle barriere, in attuazione degli obblighi imposti dai competenti organi calcistici, anche internazionali.

 

A tal fine, il numero 2) della lettera a) del comma 3 introduce un nuovo comma 5-ter all’articolo 1-quater del decreto-legge n. 28 del 2003[9], ai sensi del quale viene estesa la procedura delineata dal precedente comma 5-bis. Ai sensi di tale disposizione l'amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, entro 48 ore dalla richiesta, deve rilasciare i titoli abilitativi necessari per l’adeguamento dell’impianto ovvero convocare entro lo stesso termine un'apposita conferenza di servizi che deciderà nelle successive 24 ore. In assenza di decisione, l’istanza si ritiene accolta.

Anche in tal caso restano ferme le competenze della Commissione tecnica prevista dall’art. 80 del TULPS.

 

L’articolo 80 del regio decreto n. 773 del 1931 stabilisce che l'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza.

 

Il numero 1) della lettera a) del comma 3 interviene sul comma 5 del citato articolo 1-quater, prevedendo che anche per gli interventi di adeguamento previsti dai commi 5-bis e 5-ter le società calcistiche debbano procedere in accordo con i proprietari degli stadi. Tale accordo era già previsto per gli interventi in tema di bigliettazione, varchi di accesso, videosorveglianza e barriere di separazione tra opposte tifoserie (commi 1, 2, 3, 4 del medesimo articolo).

 


 

Articolo 4, comma 3, lett. b)
(DASpo per reiterato accesso agli stadi in violazione del regolamento d'uso)

 

La lettera b) modifica l’art. 1-septies del decreto-legge n. 28 del 2003 che prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria quando l’accesso e la permanenza in uno stadio avvenga in violazione del regolamento d'uso dell’impianto.

La norma novellata dispone che coloro che accedono allo stadio o vi si trattengono in violazione del suddetto regolamento d’uso siano soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro. In caso di recidiva, ovvero quando il contravventore risulti già sanzionato per la medesima violazione nella medesima stagione sportiva, il legislatore ha previsto oltre ad un aumento della sanzione pecuniaria, anche la possibile applicazione del DASpo.

Su questo divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive è intervenuto il decreto-legge in esame aumentandone la durata: il Daspo motivato dalla reiterata violazione del regolamento d’uso degli impianti ha ora una durata minima di un anno e massima di 3 (prima il provvedimento aveva una durata da 3 mesi a 2 anni).

 

 


 

Articolo 5
(Modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25)

 

L’articolo 5 – inserito nel Capo II che reca disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale – modifica in più parti il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, che ha dato attuazione alla direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

 

Il riconoscimento dello status di rifugiato è entrato nel nostro ordinamento con l’adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 (ratificata con la legge 722/1954) ed è regolato essenzialmente da fonti di rango comunitario. Successivamente, la normativa UE ha introdotto l’istituto di protezione internazionale che comprende due distinte categorie giuridiche: i rifugiati, disciplinati dalla Convenzione di Ginevra, e le persone ammissibili alla protezione sussidiaria, di cui possono beneficiare i cittadini stranieri privi dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ossia non sono in grado di dimostrare di essere oggetto di specifici atti di persecuzione, ma che, tuttavia, se ritornassero nel Paese di origine, correrebbero il rischio effettivo di subire un grave danno e che non possono o (proprio a cagione di tale rischio) non vogliono avvalersi della protezione del Paese di origine. Una ulteriore fattispecie è la protezione temporanea che può essere concessa in caso di afflusso massiccio di sfollati.

 

In particolare, viene stabilito che le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale – che passano da dieci a venti - siano insediate presso le prefetture, la quali forniscono il necessario supporto organizzativo e logistico. Al contempo è attribuita, in tale ambito, una funzione di coordinamento al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. In base ad un’ulteriore modifica, il rappresentante dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) che fa parte delle commissioni territoriali può essere anche designato da tale organismo senza doverne necessariamente fare parte. Inoltre, viene elevato a trenta il numero delle sezioni composte da membri supplenti.

Il testo interviene inoltre in merito alla competenza delle commissioni territoriali nel caso di trasferimento del richiedente ad un centro diverso da quello in cui è accolto o trattenuto e riguardo alle modalità di svolgimento del colloquio che, di norma, dovrà essere svolto alla presenza di uno solo dei componenti della Commissione, con specifica formazione e, ove possibile, dello stesso sesso del richiedente.

 

Nel dettaglio delle misure disposte dall’articolo in esame, il compito di fornire il necessario supporto organizzativo e logistico è attribuito alle prefetture – presso cui vengono insediate le Commissioni territoriali - mentre al competente Dipartimento del Ministero dell’interno, cui è stata finora attribuita la predetta funzione di supporto, viene affidato un ruolo di coordinamento (comma 1, lett. a) n. 1).

Il numero massimo delle commissioni territoriali viene poi elevato (comma 1, lett. a), n. 2) da dieci a venti.

In base alla legislazione vigente, le sedi e le circoscrizioni territoriali in cui operano le commissioni sono individuate con decreto del Ministro dell'interno ai sensi dell’art. 4, co. 2, del d. lgs. 25/08.

 

Il decreto legislativo 25/08 (art. 4, co. 2-bis) prevede attualmente che, al verificarsi di un eccezionale incremento delle domande di asilo connesso all'andamento dei flussi migratori e per il tempo strettamente necessario da determinare nello stesso decreto, presso ciascuna commissione territoriale possono essere istituite, con decreto del Ministro dell'interno, una o più sezioni composte dai membri supplenti delle commissioni medesime. Le sezioni possono essere istituite fino a un numero massimo complessivo di dieci (con la modifica in esame: trenta) per l'intero territorio nazionale e operano in base alle disposizioni che regolano l'attività delle commissioni territoriali[10].

 

 

Viene inoltre stabilito (comma 1, lett. a), n. 3) che le sezioni (composte da membri supplenti delle commissioni territoriali) possono essere istituite fino a un numero massimo complessivo di trenta per l'intero territorio nazionale; le sezioni operano in base alle disposizioni che regolano l'attività delle commissioni territoriali.

 

Una ulteriore modifica (comma 1, lett. a), n. 4) riguarda la composizione delle commissioni territoriali al fine di prevedere che il rappresentante dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), previsto dall’art. 4 del d. lgs. 25/08, non debba necessariamente appartenere a tale organismo, essendo sufficiente che sia “designato” dallo stesso.

 

Per quanto riguarda la composizione delle commissioni territoriali, come definita dall’art. 4 del d. lg. 25/08, si ricorda che - nel rispetto del principio di equilibrio di genere – ne fanno parte: un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, un funzionario della Polizia di Stato, un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e un rappresentante dell'ACNUR (in base alle modifiche recate dal testo in esame: designato dall’ACNUR).

Per ciascun componente sono nominati uno o più componenti supplenti. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. Le commissioni territoriali possono essere integrate, su richiesta del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti protezione internazionale, in ordine alle domande per le quali occorre disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. Ove necessario, le commissioni possono essere composte anche da personale in posizione di collocamento a riposo da non oltre due anni appartenente alle amministrazioni o agli enti rappresentati nella commissione.

Le attività di supporto delle commissioni sono svolte dal personale in servizio appartenente ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno.

 

Sono poi aggiunte nuove disposizioni (comma 1, lett. a), nn. 5 e 6) al fine di prevedere che nel caso in cui, nel corso della procedura, si renda necessario il trasferimento del richiedente ad un centro diverso da quello in cui è accolto o trattenuto, la competenza all'esame della domanda è assunta dalla commissione nella cui circoscrizione territoriale è collocato il centro di nuova destinazione. Tuttavia, se prima del trasferimento il richiedente ha sostenuto il colloquio, la competenza rimane in capo alla commissione territoriale innanzi alla quale si è svolto il colloquio.

 

La competenza delle commissioni territoriali, salvo eccezioni, è determinata sulla base della circoscrizione territoriale in cui è presentata la domanda (art. 4 d. lgs. 25/08). Nel caso di richiedenti accolti nei centri di accoglienza o trattenuti (in base alle previsioni degli articoli 20 e 21 d. lgs. 25/08) la competenza è determinata in base alla circoscrizione territoriale in cui è collocato il centro.

 

Inoltre, ferma restando in ogni caso la competenza della commissione territoriale innanzi alla quale si è svolto il colloquio, si prevede che la competenza per l'esame delle domande di protezione internazionale possa essere individuata, con provvedimento del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo in deroga al comma 5, tenendo conto del numero dei procedimenti assegnati a ciascuna commissione nonché dei mutamenti di residenza o domicilio comunicati dall'interessato.

In base alle disposizioni vigenti, l’interessato è tenuto ad informare l'autorità competente in ordine ad ogni suo mutamento di residenza o domicilio. In caso di mancata osservanza di tale obbligo, eventuali comunicazioni concernenti il procedimento si intendono validamente effettuate presso l'ultimo domicilio del richiedente.

 

La Commissione nazionale è presieduta da un prefetto ed è composta: da un dirigente in servizio presso la  Presidenza del Consiglio dei Ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Ciascuna amministrazione designa un supplente. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. La Commissione nazionale si avvale del supporto organizzativo e logistico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.

 

Alla luce dell’incipit della disposizione, che mantiene in ogni caso ferma la competenza della commissione territoriale innanzi alla quale si è svolto il colloquio, ne deriva che la norma che consente al presidente della Commissione nazionale di individuare una diversa competenza delle commissioni territoriali (tenendo conto del numero di procedimenti assegnati e dei mutamenti di residenza o domicilio dell’interessato) potrà riferirsi ai casi in cui non sia stato ancora svolto il colloquio. 

 

Nella relazione illustrativa si evidenzia, in particolare, che la finalità dei correttivi introdotti al criterio di individuazione della competenza delle commissioni territoriali è, da un lato, quella di scongiurare sovraccarichi di lavoro per le singole commissioni attraverso la redistribuzione delle domande da parte del Presidente della Commissione nazionale – in virtù dei suoi poteri di indirizzo e coordinamento – e, dall'altro, di disegnare un sistema più funzionale con lo spostamento di tale competenza laddove, nelle more del procedimento, il richiedente sia stato trasferito in un centro di accoglienza (governativo o appartenente alla rete SPRAR) ovvero di trattenimento diverso da quello nel quale si trovava inizialmente.

Sempre per esigenze di funzionalità del sistema, viene ricordato nella relazione illustrativa, è stato previsto che lo spostamento di competenza possa conseguire anche al mutamento di residenza o domicilio del richiedente asilo, preventivamente e debitamente comunicato dall'interessato. In quest'ultimo caso, tuttavia, come nel caso in cui lo spostamento di competenza risponda a esigenze di omogenea distribuzione dei carichi di lavoro tra le Commissioni, occorre un apposito provvedimento del Presidente della Commissione nazionale, per scongiurare il rischio che, con il ricorso strumentale al cambio di residenza o domicilio, il richiedente possa orientare l'individuazione della Commissione competente. Il Presidente della Commissione nazionale valuterà pertanto l'effettività dell'esigenza di spostare la competenza territoriale della Commissione decidente. In nessun caso, tuttavia, la competenza ad assumere la decisione potrà essere incardinata presso una Commissione diversa da quella presso la quale si è già svolto il colloquio.

 

Sono introdotte (comma 1, lett. b) alcune disposizioni riguardanti lo svolgimento del colloquio al fine di prevedere che questo si svolga, di norma, alla presenza di uno solo dei componenti della Commissione, con specifica formazione e, ove possibile, dello stesso sesso del richiedente. Tale modifica risponde – viene evidenziato nella relazione illustrativa - all’esigenza di accelerare l'esame delle domande di protezione internazionale.

 

In base alla legislazione vigente, l'esame della domanda di protezione internazionale è svolto dalle commissioni territoriali secondo i principi fondamentali e le garanzie di cui al capo II del d. lgs. 25/08. La commissione territoriale provvede al colloquio con il richiedente entro trenta giorni dal ricevimento della domanda e decide entro i tre giorni feriali successivi. Qualora la commissione territoriale, per la sopravvenuta esigenza di acquisire nuovi elementi, non abbia potuto adottare la decisione entro i tali termini, informa del ritardo il richiedente e la questura competente.

Il richiedente protezione internazionale è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fatte salve alcune previsioni, fino alla decisione della commissione territoriale in ordine alla domanda. Il prefetto competente stabilisce un luogo di residenza o un'area geografica ove i richiedenti asilo possano circolare.

 

Attualmente, l’articolo 12 del decreto legislativo 25/08 prevede che la commissione territoriale possa decidere di svolgere il colloquio alla presenza di uno solo dei propri componenti - e, ove possibile, dello stesso sesso del richiedente - in caso di richiesta motivata dell'interessato.

Il provvedimento in esame sopprime dunque tale disposizione al fine di stabilire, quale regola generale (“di norma”), che il colloquio si svolga alla presenza di uno solo dei componenti della Commissione, con specifica formazione e, ove possibile, dello stesso sesso del richiedente.

Viene previsto che il componente che effettua il colloquio sottopone la proposta di deliberazione alla Commissione che decide ai sensi dell'articolo 4, comma 4.

 

In base a tale disposizione, le commissioni territoriali sono validamente costituite con la presenza della maggioranza dei componenti e deliberano con il voto favorevole di almeno tre componenti. In caso di parità prevale il voto del presidente. Per la composizione delle commissioni territoriali si veda supra.

 

In ogni caso, viene stabilito che, su determinazione del Presidente, o su richiesta dell'interessato, “preventivamente informato”, il colloquio si svolgerà innanzi alla Commissione.

 

In merito alle disposizioni recate dall’articolo in esame, giova ricordare come alcune misure fossero state anticipate ed illustrate nel corso dell'informativa urgente del Governo sull'ingente incremento del flusso di migranti e sulle misure da adottare per farvi fronte, svolta alla Camera dei deputati il 16 aprile 2014. In tale sede, il Ministro dell'interno ha evidenziato come la necessità di “rendere più performante il sistema di accoglienza dei migranti presuppone la velocizzazione dell'esame della decisione delle istanze di protezione internazionale”. Le commissioni territoriali che sono destinate a questo importante compito – ha evidenziato in tale sede il Ministro dell’interno - sono state progressivamente incrementate in modo tale da poter rispondere più velocemente alla richiesta; l'obiettivo di certezza riguardo alle richieste di protezione internazionale passa inoltre attraverso un'ulteriore implementazione che faccia leva sulle prefetture. La finalità rappresentata dal Ministro è quella di rendere il sistema più ampio sul piano dell'operatività territoriale e al contempo più flessibile.

In tale sede, sono stati altresì esposti alcuni dati: nell’anno 2013 le domande di asilo presentate sono state circa 27 mila e nel primo trimestre del 2014 sono state avanzate oltre 13 mila istanze, con un incremento delle richieste di asilo di circa il 140 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le commissioni hanno deciso, nel 2013, l'esito di oltre 24 mila richieste. Il Ministro ha inoltre evidenziato come la percentuale dei dinieghi rispetto alle richieste di diritto all'asilo o alla protezione internazionale sia inferiore a un terzo del totale.

 

Viene infine disposta (comma 2) l’autorizzazione di spesa – la cui copertura finanziaria è prevista al successivo art. 10 - di euro 9.149.430 per l'anno 2014 e di euro 10.683.060 a decorrere dall'anno 2015 per l’incremento del numero delle commissioni territoriali e delle sezioni.

 

Il Sistema europeo comune di asilo e lo stato del recepimento della normativa UE nell’ordinamento interno

Dalla fine degli anni ’90 l’Unione europea è impegnata nella creazione di un Sistema europeo comune di asilo (CEAS) finalizzato a garantire un approccio comune degli Stati membri in materia di asilo per garantire elevati standard di protezione per i rifugiati.

Nella prima fase di elaborazione del sistema comune, tra il 1999 e il 2005, sono stati adottati diversi provvedimenti legislativi recanti norme minime comuni che costituiscono tuttora la base normativa in materia. Altrettanto importante è stato il rafforzamento della solidarietà finanziaria con la creazione del Fondo europeo per i rifugiati.

I principi fondamentali in materia di asilo sono contenuti nella Convezione ONU di Ginevra del 1951 (ratificata con la legge 722/1954) che definisce, tra l’altro, i requisiti per accedere allo status di rifugiato.

I principali atti normativi del Sistema comune sono:

·         il c.d. regolamento Dublino II (Reg. (UE) n. 343/2003, così denominato perché adottato in sostituzione della Convenzione di Dublino) relativo alla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo;

·         la direttiva accoglienza recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (dir. 2003/9/CE del 27 gennaio 2003 recepita dall’ordinamento italiano con il decreto legislativo 140/2005);

·         la direttiva procedure che disciplina il procedimento per l’attribuzione (e la revoca) dello status di rifugiato (dir. 2005/85/CE del 1° dicembre 2005 recepita con il decreto legislativo 25/2008);

·         la direttiva qualifiche che introduce norme minime comuni sull’attribuzione della qualifica di rifugiato e sul contenuto della protezione riconosciuta (dir. 2004/83/CE del 26 aprile 2004 recepita dal decreto legislativo 251/2007);

·         la direttiva protezione temporanea: in caso di afflusso massiccio di sfollati (dir. 2001/55/CE del 20 luglio 2001 recepita con il decreto legislativo 85/2003).

 

Dopo il completamento della prima fase si è aperta una riflessione sugli ulteriori sviluppi del sistema comune. Il Libro verde del 2007 è stato la base per una consultazione pubblica che ha portato all’elaborazione da parte della Commissione del Piano d'azione in materia di asilo, presentato nel giugno 2008, e all’aggiornamento della normativa, al fine di individuare norme più flessibili, eque ed efficaci e di consolidare una vera e propria politica comune in materia di asilo. Infatti, come rilevato da una ricerca dell’European Council on Refugees and Exiles (ECRE) del settembre 2013, persistono ancora notevoli differenze normative e di prassi tra i Paesi membri.

La seconda fase si è chiusa nel 2013 con la definitiva approvazione di nuovi provvedimenti in sede UE, in sostituzione dei precedenti.

In particolare, nel 2011 è stata approvata la nuova direttiva qualifiche e nel giugno 2013 gli altri provvedimenti. Alcuni di questi (i regolamenti) sono automaticamente recepiti negli ordinamenti interni, mentre altri (le direttive) dovranno essere attuati dagli Stati membri mediante l’adozione di specifici atti normativi nazionali.

I nuovi provvedimenti destinati a riformare l’intera disciplina sono i seguenti:

·         il regolamento Dublino III Reg. (UE) n. 604/2013 del 26 giugno 2013 in sostituzione del Dublino II (applicazione dal 1° gennaio 2014);

·         la nuova direttiva accoglienza: dir. 2013/33/UE del 26 giugno 2013 (termine per il recepimento 20 luglio 2015);

·         la nuova direttiva procedure: dir. 2013/32/UE del 26 giugno 2013 (termine per il recepimento 20 luglio 2015);

·         la nuova direttiva qualifiche: dir. 2011/95/UE del 13 dicembre 2011, recepita con il decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 18.

·         Completano il quadro della disciplina:

·         il nuovo regolamento EURODAC per il confronto delle impronte digitali al fine dell’applicazione del regolamento Dublino: Reg. (UE) n. 603/2013 del 26 giugno 2013, che sostituisce il Reg. (UE) n. 2725/2000

·         il regolamento EASO che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo: Reg (UE) n. 439/2010 del19 maggio 2010.

 

Per quanto riguarda il recepimento della normativa UE in materia, attualmente è in corso l’adeguamento al nuovo pacchetto asilo dell’Unione europea la cui definizione è stata completata nel 2013: la legge di delegazione europea 2013 (L. 96/2013) ha disposto la delega per il recepimento della nuova direttiva “qualifiche” del 2011 (dir. 2011/95/UE adottata in sostituzione della dir. 2004/83/CE) che è stata esercitata con l'adozione del decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 18. La legge di delegazione 2013 ha disposto anche una delega per il recepimento della direttiva 2011/51/UE, che interviene su un aspetto specifico, ossia l’estensione del diritto all’ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di protezione internazionale, attraverso la modifica della direttiva 2003/109/CE: la delega è stata attuata con l'emanazione del decreto legislativo 13 febbraio 2014, n. 12.

Come si è detto, completano il pacchetto asilo diversi altri provvedimenti, tra cui la nuova direttiva accoglienzae la nuova direttivaprocedureche assieme alla “qualifiche” costituiscono la base normativa in materia. Il recepimento di questi due atti (il cui termine è fissato al luglio 2015) è previsto dal disegno di legge di delegazione europea relativa al secondo semestre 2013, approvato dalla Camera (A.C. 1836) ed attualmente all’esame del Senato. Il medesimo disegno di legge delega il Governo ad emanare un testo unico delle disposizioni di attuazione della normativa dell’Unione europea in materia di diritto di asilo, protezione sussidiaria e di protezione temporanea.

 

Compatibilità comunitaria

Procedure di contenzioso

Con lettera di costituzione in mora del 24 ottobre 2012 la Commissione europea ha aperto la procedura di infrazione (n. 2012/2189) nei confronti dell’Italia contestando la violazione di obblighi imposti dal diritto dell’UE, previsti dalle direttive 2005/85/CE (direttiva “procedure”), 2003/9/CE (direttiva “accoglienza“), 2004/83/CE (direttiva “qualifiche”), e dal regolamento n. 343/2003 (regolamento “Dublino”, recante i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo, successivamente abrogato dal regolamento (UE) n. 604/2013). 

In primo luogo, la Commissione rileva che gli interessati incontrano diversi ostacoli a contattare le Autorità italiane deputate a ricevere le domande di asilo, sottolineando che:

·        benché la stessa normativa UE consenta agli Stati membri di imporre che la domanda di asilo venga presentata personalmente e soltanto presso talune Autorità, tali condizioni non possono essere ammesse quando, come in Italia, rendano impossibile o eccessivamente difficile, per il rifugiato, l'esercizio dei diritti che gli spettano;

·        i richiedenti asilo, attualmente trattenuti presso i Centri di identificazione ed espulsione (CIE), sarebbero pressoché irraggiungibili dal personale di organismi internazionali o nazionali che li renda edotti, in una lingua ad essi comprensibile, dei loro diritti e delle modalità idonee a presentare una domanda di asilo.

La Commissione rileva altresì che, laddove la direttiva "accoglienza" dispone che, entro tre giorni dalla richiesta di asilo, il richiedente ottenga il rilascio di un "permesso di soggiorno", in Italia la concessione di quest'ultimo certificato sopraggiungerebbe, talvolta, decorsi molti mesi dalla presentazione della domanda. Inoltre, ove la direttiva "accoglienza" dispone che il "richiedente asilo" goda delle "condizioni di accoglienza" (alloggio, vitto, vestiario etc.) a decorrere dalla stessa richiesta di asilo e non già dal momento dell'ottenimento del "permesso di soggiorno", in Italia, per converso, il richiedente potrebbe approfittare dell'"accoglienza" solo in seguito al rilascio dello stesso permesso di soggiorno.

Con riferimento al regolamento “Dublino”, la Commissione osserva che tale regolamento indica alcuni criteri atti ad individuare lo Stato UE "competente" a valutare una domanda di asilo (di solito è lo Stato attraverso cui il richiedente stesso è entrato nella UE). Qualora il richiedente rivolga la domanda di asilo ad uno Stato UE che non è quello "competente" in base ai predetti parametri, la Commissione sottolinea che:

·        lo Stato UE cui si rivolge una domanda di asilo dovrebbe comunque garantire al soggetto richiedente, in attesa che lo Stato "competente" lo "prenda" o "riprenda" in carico, condizioni minime di accoglienza;

·        dalla giurisprudenza della Corte UE risulta che uno Stato UE, che ritenga "competente" un altro Stato UE, non può comunque trasferire in quest'ultimo Stato il richiedente asilo, ove, nello stesso Stato, i rifugiati subiscano trattamenti degradanti e disumani.

·

Sempre in tema di violazione di obblighi imposti previsti dalle citate direttive “procedure”, “accoglienza“ e “qualifiche”, nonché dal regolamento “Dublino”, il 14 luglio 2014 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora (procedura n. 2014/2171) relativa alla tutela dei minori non accompagnati richiedenti asilo.

La Commissione riconosce che la legislazione nazionale in Italia fornisce un quadro inteso a garantire un alto livello di protezione ai minori non accompagnati, compresa la rapida nomina di un tutore e la definizione prioritaria della necessità di asilo. Tuttavia, secondo i rilievi della Commissione:

·     nella pratica l’accesso alle procedure di asilo per i minori non accompagnati è spesso ritardato a causa dei lunghi tempi di attesa per la nomina dei tutori, che possono arrivare fino a 11 mesi. In tal senso, si profila una violazione dell’art. 17, paragrafo 1 della direttiva “procedure”, e dell’art. 19, paragrafo 1, della direttiva “accoglienza”, in combinato disposto con il principio consolidato secondo cui le procedure per l’esercizio dei diritti garantiti dal diritto dell’UE devono essere facilmente accessibili;

·     in molti casi viene nominato lo stesso tutore per un gran numero di minori, con ripercussioni negative sulla possibilità di instaurare una relazione di fiducia e un rapporto di tutela attento e curato;

·     non vi è alcuna disposizione giuridica che precisi che i tutori legali debbano essere formati e debbano possedere un’apposita competenza in materia di asilo. A tale riguardo, la Commissione osserva che l’art. 19, paragrafo 4 della direttiva “accoglienza” dispone che le persone che si occupano di minori non accompagnati abbiano ricevuto o ricevano una specifica formazione in merito alle particolari esigenze degli stessi. Inoltre, discende dall’art. 17, paragrafo 1 della direttiva “procedure” che i tutori siano in grado di fornire ai minori non accompagnati a loro affidati un’adeguata assistenza individuale e informazioni sulla procedura di asilo;

·     non sembra esistere alcun sistema di controllo per verificare in che modo i tutori legali agiscono e svolgono il loro mandato.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 24 giugno 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica del regolamento (UE) n. 604/2013 (cd. regolamento “Dublino III”) per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro.

Alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea C-648/11, la Commissione propone di chiarire qual è lo Stato membro competente per l'esame di una domanda presentata da un minore non accompagnato.

La modifica proposta contempla due possibili casi:

·      quella del minore che non ha familiari, fratelli o parenti nel territorio dell'UE e che ha presentato più domande, tra cui una nello Stato membro in cui si trova attualmente. In tal caso, lo Stato membro competente è quello in cui il minore ha presentato una domanda e si trova attualmente. Questa norma mira a garantire che la procedura per determinare lo Stato membro competente non sia prolungata inutilmente e che i minori non accompagnati accedano rapidamente alle procedure volte al riconoscimento dello status di protezione internazionale;

·      il caso in cui il minore che chiede protezione internazionale si trova in uno Stato membro in cui non ha presentato domanda. La proposta prevede che lo Stato membro garantisca al minore la possibilità di presentare domanda nel suo territorio, dopo averlo informato di tale diritto e delle relative conseguenze. In tal caso:

¾     se decide di presentare domanda in quello Stato membro, il minore resterà in tale Stato membro, che sarà competente per l'esame della domanda (a condizione che ciò corrisponda all'interesse superiore del minore);

¾     se il minore decide di non presentare domanda nello Stato membro in cui si trova, sarà competente lo Stato membro in cui il minore ha presentato l'ultima domanda (a meno che ciò sia in contrasto con l'interesse superiore del minore).

La proposta sarà esaminata dal Consiglio dell’UE e dal Parlamento europeo secondo la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione).

 

 


 

Articolo 6
(Finanziamento del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e degli stranieri)

 

L’articolo 6 individua ulteriori risorse per far fronte all’accoglienza dei richiedenti asilo e all’eccezionale afflusso di immigrati sul territorio nazionale.

 

In particolare, il comma 1 affronta il tema dell’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale incrementando per il 2014 di 50,8 milioni di euro il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo (di cui all’art. 1-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416).

Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, in base al disegno di legge di assestamento del bilancio (AS. 1595, già approvato dalla Camera), il fondo registrava 118,6 milioni di euro per l’anno 2014.

 

La relazione illustrativa specifica che tali nuove risorse saranno destinate ad ampliare le strutture del SPRAR, Sistema di protezione finalizzato all’accoglienza dei richiedenti asilo..

 

La disciplina del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo destinato a finanziarie le iniziative degli enti locali è fissata ancora oggi nell’art. 1-septies del D.L. n. 416/1989, ai sensi del quale esso è alimentato da:

·        apposite risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero dell’interno;

·        assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati[11];

·        donazioni private.

Le disponibilità del Fondo sono assegnate annualmente con decreto del Ministro dell’interno, e sono destinate alle iniziative dei comuni e delle province, in misura non superiore all’80% del costo complessivo di ciascuna iniziativa territoriale.

Ai sensi dell’art. art. 1-sexies, comma 2, del D.L. n. 416 è stato adottato il decreto ministeriale 28 novembre 2005, poi sostituito dal D.M. 30 luglio 2013, con il quale il Ministero dell’interno ha dettato le linee guida ed il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la ripartizione e per la verifica della corretta gestione del medesimo contributo e le modalità per la sua eventuale revoca.

 

Il comma 2 crea invece un nuovo fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno per fronteggiare l’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale e vi destina per il 2014 62,7 milioni di euro.

Alla ripartizione del fondo dovrà provvedere il Ministro dell’interno, previa intesa con il Ministro dell’economia, tenendo conto anche delle esigenze connesse al rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza. In tal senso dispone il comma 2 rinviando alle finalità previste dall’art. 14-bis del TU immigrazione.

 

Si ricorda che nel 2013 sono stati stanziati 190 milioni di euro al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale (art. 1, co. 2, del D.L. n. 120/2013, conv. da L. n. 137/2013). In base alla norma istitutiva, la ripartizione del Fondo deve essere effettuata con decreto del Ministro dell'interno, previa intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche tenendo conto delle esigenze connesse all'accoglienza sul territorio nazionale di donne straniere in stato di gravidanza, nonché di quelle concernenti i comuni maggiormente esposti all'afflusso di stranieri, con particolare riguardo al comune di Lampedusa e Linosa. Il relativo decreto, emanato il 3 giugno 2014, provvede a ripartire le suddette risorse come segue: 30 milioni di euro sono stati assegnati al fondo nazionale per le politiche dell’asilo e 160 milioni per far fronte alle spese del Dipartimento della Pubblica sicurezza..

 

 

Il comma 3 interviene sulla legge di stabilità 2014 per correggere i riferimenti normativi contenuti nell’art. 1, comma 203, in relazione al Fondo per i minori stranieri non accompagnati.

La disposizione approvata a dicembre 2013, infatti, faceva erroneamente riferimento al DL n. 15/2012, che in realtà tratta di elezioni amministrative, e non come corretto al DL n. 95/2012, il cui art. 23, comma 11, fa effettivamente riferimento all’esigenza di assicurare gli interventi a favore dei minori stranieri non accompagnati istituendo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per l'accoglienza.

 


 

Articolo 7
(Riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno
per i comuni interessati da flussi migratori
)

 

 

L’articolo 7 interviene in favore dei comuni siciliani maggiormente interessati dalla pressione migratoria che sono stati chiamati a sostenere le spese necessarie al fine di fronteggiare l’eccezionale flusso migratorio in atto nel corso del corrente anno.

 

Per i comuni in questione, analiticamente indicati all’inizio della disposizione[12], la norma dispone l’esclusione delle spese effettuate per le suddette finalità dall’ambito di quelle rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità interno.

Per quanto concerne i meccanismi di calcolo degli obiettivi di saldo, si ricorda brevemente che dal 2011 gli obiettivi del patto di stabilità sono ancorati alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio. In particolare, per gli anni dal 2014 al 2017, la normativa vigente, come aggiornata dalla legge di stabilità per il 2014, prevede che il saldo obiettivo venga determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media da esso sostenuta nel triennio 2009-2011 - come desunta dai certificati di conto consuntivo - determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni. Va inoltre rammentato che poiché l’aggiornamento della base di calcolo per la determinazione dei saldi obiettivo per l’anno 2014, potrebbe determinare, per alcuni enti, una variazione molto consistente dell’obiettivo da conseguire nel 2014, il comma 533 della legge di stabilità sopra citata ha introdotto, per i comuni, per il solo esercizio 2014, una misura correttiva, volta a garantire che per nessun comune si realizzi un peggioramento superiore al 15 per cento rispetto all’obiettivo di saldo finanziario 2014 calcolato con le modalità previste dalla normativa previgente (c.d. clausola di salvaguardia).

 

La somma complessiva delle spese che verranno escluse dal computo non potrà comunque essere superiore al limite massimo complessivo commisurato al 50 per cento degli effetti finanziari determinati dall’ applicazione della sanzione stabilita nei confronti degli enti inadempienti rispetto al patto di stabilità, come prevista dal comma 26, lettera a), dell’articolo 31 della legge n. 183 del 2011.

Il mancato raggiungimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno comporta infatti l’applicazione di una serie di misure sanzionatorie, disciplinate per quanto concerne gli enti locali dal comma 26 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011. In particolare, per gli enti inadempienti la sanzione prevista dalla lettera a) del comma 26 medesimo consiste nel taglio delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo degli enti locali[13], in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato.

 

Conseguentemente l’articolo prevede anche la rideterminazione, per i comuni, della riduzione degli obiettivi per il 2014 stabilita ai sensi  dall’articolo 1, comma 122, della legge n. 220 del 2010. Tale norma autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, con apposito decreto, alla riduzione degli obiettivi annuali degli enti assoggettabili alla sanzione cui gli stessi sono soggetti in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo del patto di stabilità interno. Poiché tale rideterminazione è stata operata con il D.M. n.11390 del 10 febbraio 2014, la stessa andrà modificata in relazione a quanto disposto dall’articolo in esame.

Si dispone infine che la ripartizione della esclusione delle spese tra i comuni considerati nell’articolo in esame – esclusione che come detto opererà nell’ambito dei limiti finanziari sopra illustrati - verrà definita da un apposito decreto del Ministero dell’interno, da adottare entro il 15 ottobre 2014 tenendo conto delle spese sostenute da ciascun comune e delle dimensioni demografiche degli stessi, rapportate alla popolazione straniera accolta.

 


 

Articolo 8, comma 1
(Misure per l'ammodernamento di mezzi, attrezzature e strutture della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

L’articolo 8, al comma 1, stanzia risorse per l’ammodernamento dei mezzi a disposizione di Polizia di Stato e Vigili del fuoco.

Nella tabella sono evidenziate le risorse stanziate per il 2014, il 2015 e ciascuno degli anni tra il 2016 e il 2021, con l’indicazione della specifica destinazione:

 

(in milioni di euro)

Esercizio finanziario

2014

2015

2016…2021

Stanziamento

10

40

50

Destinazione:

 

 

 

Polizia di Stato, per l’acquisto di automezzi e di equipaggiamenti, nonché per manutenzioni straordinarie e adattamento di strutture e impianti

8

36

44

Corpo nazionale dei vigili del fuoco per l’acquisto di automezzi per il soccorso urgente

2

4

6

 

La Relazione illustrativa contiene ulteriori elementi volti a chiarire la possibile destinazione specifica delle risorse stanziate. In particolare, se per i vigili del fuoco la relazione riconduce tutte le nuove risorse alla realizzazione di «un primo parziale svecchiamento delle principali dotazioni veicolari con vita operativa superiore a 25 anni», le esigenze della Polizia di Stato vengono descritte più analiticamente, con l’ausilio di tabelle, e vengono distinte tra rinnovo veicoli, interventi sugli equipaggiamenti (caschi, giubbotti antiproiettile ecc.) e manutenzione strutture (accasermamento).

 

 

 


 

Articolo 8, comma 2
(Differimento dell’entrata in vigore di disposizioni in materia di autocertificazione)

 

L’articolo 8, al comma 2, intervenendo sull’art. 17, comma 4-quater del DL n. 5 del 2012[14], differisce al 30 giugno 2015 il termine di entrata in vigore delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare dichiarazioni sostitutive limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani (art. 3, comma 2, TU in materia di documentazione amministrativa, DPR 445/2000; art. 2, comma 1, regolamento di attuazione del TU immigrazione).

Il termine per l’entrata in vigore delle disposizioni sull’autocertificazione da parte degli stranieri era stato fissato al 30 giugno 2014 dal DL n. 150 del 2013[15] che, a sua volta, aveva prorogato il termine del 1° gennaio 2013 originariamente previsto dal decreto-legge del 2012.

 

La relazione illustrativa motiva questo ulteriore differimento con il protrarsi dei «lavori di interconnessione avviati con il Ministero della giustizia e con altre amministrazioni interessate alla realizzazione dei collegamenti telematici necessari per l'accesso diretto al sistema informativo del casellario (SIC), alle banche dati dei certificati dei carichi pendenti, nonché per l'acquisizione delle altre informazioni di interesse per la concessione dei titoli di soggiorno».

 

Si osserva, peraltro, che, in questo caso, non si tratta di prorogare un termine bensì di differirlo, trattandosi di un termine scaduto: dal 1° luglio 2014 al 23 agosto 2014 – data di entrata in vigore del decreto-legge in commento – le disposizioni sull’autocertificazione da parte degli stranieri sono state infatti in vigore.

Occorre pertanto valutare se non si rendano opportune norme per disciplinare gli effetti che l’entrata in vigore della nuova disciplina potrebbe aver già prodotto, anche in riferimento ad eventuali procedimenti amministrativi pendenti.

 

 


 

Articolo 9
(Misure urgenti in materia di disciplina dei materiali esplodenti)

 

L’articolo 9 prevede l’istituzione presso il Ministero dell’interno di una Commissione centrale con funzioni consultive in materia di sostanze esplodenti nonché, specularmente, di Commissioni tecniche a livello territoriale.

Mentre la prima fornisce pareri sui provvedimenti riguardanti le sostanze esplosive e infiammabili, le commissioni territoriali (che la relazione al decreto individua a livello provinciale) esercitano le funzioni anche prescrittive propedeutiche al rilascio della licenza per la fabbricazione ed il deposito di tali materiali pericolosi.

Si tratta, in sostanza, della ricostituzione di organi collegiali già esistenti sia a livello centrale che provinciale (L. 110/1975, artt. 6 e 49 del TULPS) prima del decreto-legge 95 del 2012 sulla revisione della spesa pubblica, il cui art. 12, comma 20, con alcune eccezioni, ha trasferito le competenze dei citati organismi ai relativi uffici delle amministrazioni nell'ambito delle quali operavano.

La previsione di tali Commissioni, secondo la relazione al provvedimento in esame, si rende necessaria “per la rilevanza, anche in chiave di prevenzione degli infortuni, delle funzioni consultive previste dalla vigente legislazione relativamente all’adozione dei provvedimenti ministeriali e delle autorità di pubblica sicurezza con riguardo alle sostanze in discorso”.

La composizione delle Commissioni è affidata ad un decreto del Ministro dell'interno da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame (quindi entro il 23 settembre 2014).

La neutralità finanziaria della norma è assicurata dalla gratuità dell’incarico dei componenti dei collegi, che operano con le risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente.

 

 

 

 

 


 

Articolo 10
(Copertura finanziaria)

 

 

L’articolo 10 reca la quantificazione degli oneri recati dal provvedimento in esame e la relativa copertura finanziaria.

Tali oneri sono quantificati pari a 132,7 milioni di euro per l'anno 2014, a 50,683 milioni per l'anno 2015, 60,683 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021 e 10,683 per gli anni successivi.

 

Gli oneri derivano, nello specifico, dai seguenti articoli:

·         articolo 5, comma 2 che aumenta il numero delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, autorizzando la spesa di 9,149 milioni di euro per il 2014 e 10,683 milioni dal 2015;

·         articolo 6, comma 1, che aumenta per 50,850 milioni nel 2014 la dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo;

·         articolo 6, comma 2, che istituisce un Fondo presso il Ministero dell’interno per fronteggiare l’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale, con una dotazione di 62,7 milioni per il 2014 ;

·         articolo 8, comma 1 che dispone misure per l’ammodernamento di mezzi, attrezzature e strutture della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei nazionale dei vigili del fuoco, autorizzando una spesa di 10 milioni di euro per il 2014, 40 milioni di euro per il 2015 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021.

 

Agli oneri si provvede:

a)   quanto a 122,7 milioni di euro per l'anno 2014 e a 10,683 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, mediante il corrispondente utilizzo di quota parte degli introiti derivanti dai contributi versati dagli stranieri per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno (cosiddetto Fondo rimpatri, previsto dall’articolo 14-bis del decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998).

b)   quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2014, a 40 milioni di euro per l’anno 2015 e a 50 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l’anno 2014, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero dell’interno.

 

La Tabella che segue indica gli oneri complessivi e le risorse utilizzate a copertura per gli anni dal 2014 al 2017 (nonché ove ricorrano, anche per gli anni successivi) come indicati nel prospetto relativo recante gli effetti finanziari delle norma del provvedimento, ai sensi dell’articolo in esame:

 

milioni di euro

Art./comma

2014

2015

2016

2017

 

ONERI

132,7

50,683

60,683

60,683

5, co. 2

Aumento Commissioni territoriali riconoscimento asilo

9,149

10,683

10,683

10,683*

6, co. 1

Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo

50,850

 

 

 

6, co. 2

Fondo per esigenze legate all’afflusso di stranieri

62,7

 

 

 

8, co. 1

Ammodernamento mezzi, attrezzature e strutture PS e VF

10

40

50

50**

10

COPERTURA

132,7

50,683

60,683

60,683

a)

Fondo rimpatri

122,7

10,683

10,683

10,683

b)

Fondo speciale conto capitale Ministero dell’interno

10

40

50

50

* L’onere, nonché la corrispondente copertura, è a decorrere dal 2015.

** L’onere, nonché la corrispondente copertura, è fino all’anno 2021.

 

 

Il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 11
(Entrata in vigore)

 

L’articolo 11 fissa, come di consueto, l’entrata in vigore del decreto-legge il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 22 agosto scorso (Gazz. Uff. n. 194).

Si ricorda, peraltro, che in base all’art. 1, comma 2, del decreto-legge, le modifiche alla fattispecie penale di frode in competizioni sportive acquisteranno efficacia solo con l’entrata in vigore della legge di conversione.

 

 


 



[1]     Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive.

[2]     Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive.

[3]     La giurisprudenza, tanto costituzionale quanto di legittimità, ha stabilito che l'autorità giudiziaria debba accertare la «concreta e attuale pericolosità del soggetto, quale presupposto di giustificazione e idoneità della misura stessa in relazione allo scopo cui è preordinata» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 136 del 1998; Sezioni Unite della Corte di Cassazione penale, sentenza 27 ottobre 2004).

[4]     Si ricorda che per quanto riguarda il DASpo, la giurisprudenza ha affermato che la competenza ad emettere il provvedimento spetta al questore del luogo in cui le turbative si sono verificate, non risultando applicabili le regole generali in tema di misure di prevenzione, atteso che la misura in questione riguarda situazioni di pericolosità desunte in via esclusiva da fatti specifici commessi in occasione di manifestazioni sportive; il criterio della residenza o, alternativamente, della dimora abituale del soggetto destinatario del provvedimento, può trovare applicazione sussidiaria nelle sole ipotesi in cui quello del fatto commesso non possa operare come, ad esempio, in caso di turbativa verificatasi all'estero (Cassazione penale, Sez. III, Sent. n. 33863 del 09-05-2007 - ud. del 09-05-2007).

[5]     D.L. 8 febbraio 2007, n. 8, Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive, convertito in legge, con modificazioni dall’art. 1, L. 4 aprile 2007, n. 41.

[6]     In deroga a ciò, il comma 4 del medesimo art. 8 consente alle società sportive di stipulare con associazioni legalmente riconosciute e aventi tra le finalità statutarie la promozione e la divulgazione dei valori e dei principi della cultura sportiva, della non violenza e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica, contratti e convenzioni in forma scritta aventi ad oggetto progetti di interesse comune per la realizzazione delle richiamate finalità, nonché per il sostegno di gemellaggi con associazioni legalmente riconosciute dei sostenitori di altre società sportive aventi i medesimi fini statutari. Tuttavia, i contratti e le convenzioni stipulati con associazioni che abbiano tra i propri associati persone a cui sia stato notificato il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive (di cui all’art. 6, co. 1, L. 401/1989) sono sospesi per la durata di tale divieto, salvo che intervengano l’espulsione delle persone destinatarie dello stesso e la pubblica dissociazione dell’associazione dei comportamenti che lo hanno determinato.

[7]     Il riferimento è ai titoli di cui al decreto del Ministro dell'interno del 6 giugno 2005, che definisce le modalità per l'emissione, distribuzione e vendita dei titoli di accesso agli impianti sportivi di capienza superiore alle diecimila unità, in occasione di competizioni sportive riguardanti il gioco del calcio.

[8]     D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.

[9]     D.L. 24 febbraio 2003, n. 28, Disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive.

[10]   In particolare, è la legge europea 2013 (L. 97/2013) che ha previsto, in caso di massiccio afflusso di richiedenti asilo, la costituzione di sezioni composte dai membri supplenti delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (art. 30). Ha inoltre disposto l’estensione anche ai titolari di protezione sussidiaria dell’accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni (art. 7); la disposizione era finalizzata a risolvere due procedure di contenzioso aperte dalla Commissione: casi EU Pilot n. 1769/11/JUST e n. 2368/11/HOME.

[11]   Il Fondo Europeo per i Rifugiati è stato istituito con Decisione del Consiglio Europeo n. 2000/596/CE (cd. “Decisione FER”) per sostenere le azioni degli Stati membri dell’Unione in merito alle condizioni di accoglienza, integrazione e rimpatrio volontario di richiedenti asilo, rifugiati e profughi. La Decisione introduce un nuovo sistema di gestione degli interventi, che affida a ciascuno Stato membro il compito di individuare, sulla base della situazione esistente nei singoli Paesi, le carenze nel campo dell’accoglienza, dell’integrazione e del rimpatrio volontario e le azioni da intraprendere per far fronte alle specifiche esigenze riscontrate a livello nazionale, attraverso la predisposizione di un apposito programma di attuazione FER. Le risorse finanziarie del FER vengono ripartite fra gli Stati membri, ai quali viene affidata la responsabilità dell’attuazione delle azioni che beneficiano del sostegno comunitario e quindi la selezione, la sorveglianza, il controllo e la valutazione dei singoli progetti. In Italia, l’Autorità Responsabile è il Ministero dell’Interno. Si cfr. :
http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema010.html.

[12]   Si tratta dei comuni di Agrigento, Augusta, Caltanissetta, Catania, Lampedusa, Mineo, Palermo, Porto Empedocle, Pozzallo, Ragusa, Siculiana, Siracusa e Trapani.

[13]   Per i comuni, a seguito della soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale, ai sensi dell’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012, la riduzione delle risorse deve intendersi riferita al Fondo di solidarietà comunale.

[14]   D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 4 aprile 2012, n. 35.

[15]   D.L. 30 dicembre 2013, n. 150, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, L. 27 febbraio 2014, n. 15.