Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||||
Titolo: | Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea - Schede di lettura | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 209 | ||||||
Data: | 29/07/2014 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
X-Attività produttive, commercio e turismo XIII-Agricoltura |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria (D.L. Competitività) D.L. 91/2014 – A.C. 2568 |
Schede di
lettura |
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n. 209 |
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29 luglio 2014 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Ambiente ( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it |
Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio: |
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
§
La nota
di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi. §
Le parti
relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle
procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione
europea. |
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La
documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la
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File:
D14091.doc |
INDICE
§ Articolo 1, commi 3-4 (Diffida per le infrazioni in materia agroalimentare)
§ Articolo 1-bis (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni)
§ Articolo 1-ter (Istituzione del sistema
di consulenza aziendale in agricoltura)
§ Articolo 2 (Semplificazioni per il settore vitivinicolo)
§ Articolo 3, commi 7-9 (Norme in materia di etichettatura dei prodotti agroalimentari)
§ Articolo 4, comma 8 (Sanzioni penali per violazione di divieti di coltivazione)
§ Articolo 6 (Rete del lavoro agricolo di qualità)
§ Articolo 6-bis (Disposizioni per i contratti di rete)
§ Articolo 7, commi 1 e 2 (Detrazioni per l’affitto di terreni
agricoli a giovani agricoltori)
§ Articolo 7, commi 3 e 4 (Ulteriori misure di fiscalità agricola)
§ Articolo 7-bis (Interventi a sostegno delle imprese agricole condotte da giovani)
§ Articolo 7-ter (Disposizioni penali urgenti per garantire la sicurezza agroalimentare)
§ Articolo 7-quater (Disposizioni per l’agricoltura biologica)
§ Articolo 7-quinquies (Esercizio del diritto di prelazione o di
riscatto agrari)
§ Articolo 7-sexies (Disposizioni in materia di limite per il
trasferimento di denaro contante)
§ Articolo 8 (Disposizioni finanziarie)
§ Articolo 8-bis (Contributo per il
recupero di pneumatici fuori uso)
§ Articolo 9, comma 10-bis (Segnaletica luminosa
stradale)
§ Articolo 10, comma 12-bis (Interconnessione diretta al SISTRI )
§ Articolo 11, commi 7, 9, 10 e 11 (Norme in materia di impianti termici
civili)
§ Articolo 11, comma 12-ter (Fissazione di valori
limite di emissione per le turbine a gas)
§ Articolo 12, comma 4-bis (Collaborazione delle
autorità ambientali della Rete Nazionale)
§ Articolo 12-bis (Requisiti acustici passivi degli edifici)
§ Art. 13, comma 5, lettera b-bis) (Classificazione
dei rifiuti)
§ Articolo 13, comma 9 (Finanziamento delle bonifiche dei beni contenenti amianto)
§ Articolo 14, comma 1 (Ordinanze contingibili e urgenti adottabili nella regione Lazio)
§ Articolo 14, commi 2 e 2-bis (Semplificazione
del SISTRI e concessione del servizio)
§ Articolo 14, comma 3-bis e 8-ter (Compostaggio dei rifiuti provenienti dalla
Campania e dal Lazio)
§ Articolo 14, comma 8), lettera a) (Definizione dei parametri di qualità delle
acque irrigue)
§ Articolo 14, comma 8, lettere b) e b-sexies) (Combustione di materiale vegetale)
§ Art. 14, comma 8, lettera b-ter)
(Utilizzo dei materiali derivanti
da operazioni di dragaggio)
§ Articolo 14, comma 8, lettera b-quinquies) (Individuazione dei beni in polietilene)
§ Articolo 14, commi 8-quinquies e 8-sexies (Miscelazione di oli usati e rifiuti
speciali)
§ Articolo 15-bis (Semplificazioni in
materia di rifiuti)
§ Articolo 18 (Credito d'imposta per investimenti in beni strumentali nuovi)
§ Articolo 19 (Modifiche alla disciplina ACE- aiuto crescita economica)
§ Articolo 19-bis (Nuove disposizioni in
materia di Agenzia per le imprese)
§ Articolo 20, comma 1-ter (Assunzioni di personale
Consob)
§ Articolo 20, comma 7-bis (Procedure di iscrizione
nel registro delle imprese)
§ Articolo 21, commi 1 e 2 (Misure a favore delle emissioni di
obbligazioni societarie)
§ Articolo 21, comma 2-bis (Compensi per gli
amministratori e per i dipendenti delle società quotate)
§ Articolo 21-bis (Attività di consulenza
finanziaria)
§ Articolo 22, commi 1-7 (Misure a favore del credito alle imprese)
§ Articolo 22, comma 3-bis (Partecipazione a banche
di credito cooperativo)
§ Articolo 22, commi 5-bis – 5-decies (Sgr di fondi immobiliari quotati)
§ Articolo 22, comma 6-bis (Cancellazione di
segnalazioni dei ritardi di pagamento)
§ Articolo 22, commi 7-bis e 7-ter (Restituzione di somme a Poste italiane
S.p.A.)
§ Articolo 22-bis (Semplificazioni nelle operazioni promozionali)
§ Articolo 22-ter (Semplificazioni in materia di attività imprenditoriali, commerciali e
artigianali)
§ Articolo 22-quater (Modifiche
all’articolo 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201)
§ Articolo 25 (Modalità di copertura di oneri sostenuti dal Gestore dei Servizi
Energetici GSE S.p.A.)
§ Articolo 27 (Rimodulazione del sistema tariffario dei dipendenti del settore
elettrico)
§ Articolo 28 (Riduzione dei costi del sistema elettrico per le isole minori non
interconnesse)
§ Articolo 29 (Rimodulazione del sistema tariffario elettrico delle Ferrovie dello
Stato)
§ Articolo 30, comma 2-novies (Tassazione
combustibili impianti cogenerativi)
§ Articolo 30-bis (Interventi urgenti per
la regolazione delle gare d’ambito del gas naturale)
§ Articolo 30-quater (Progetti a vantaggio
dei consumatori del servizio idrico integrato)
§ Articolo 30-quinquies (Bonus idrocarburi)
§ Articolo 30-sexies (Modifica alla Tabella 3 allegata alla legge
24 dicembre 2007, n. 244)
§ Articolo 32 (Garanzia dello Stato in favore di SACE per operazioni non di mercato)
§ Articolo 32-bis (Esenzione IVA per
prestazioni del servizio postale universale)
§ Articolo 33 (Semplificazione e razionalizzazione dei controlli della Corte dei
conti)
§ Articolo 33-bis (Disposizioni in materia
di società tra professionisti)
§ Articolo 34 (Abrogazioni e invarianza finanziaria)
§ Articolo 34, comma 1-bis (Esenzione bollo per
volontari del soccorso alpino)
§ Articolo 34-bis (Disposizioni
interpretative su esenzioni di accisa)
Articolo 1, commi 1-2
(Semplificazioni dei controlli sulle
imprese agricole.
Istituzione del registro unico dei controlli)
I commi 1 e 2 intervengono in materia di semplificazioni dei controlli sulle imprese agricole e di istituzione del registro unico dei controlli ispettivi, riproponendo, con talune lievi modifiche, il contenuto dell’articolo 1, comma 1 e 2, del DDL 1328 “Collegato agricolo”, attualmente all’esame del Senato.
Il comma 1 dispone che i controlli ispettivi nei confronti delle imprese agricole[1] devono essere effettuati in modo coordinato dagli organi competenti - tenuto conto del Piano nazionale integrato pluriennale dei controlli ufficiali in materia di alimenti, mangimi, sanità e benessere animale e sanità delle piante (PNI o MANCP), previsto dall’articolo 41 del Reg. (CE) n. 882/2004[2] e predisposto dal Ministero della Salute[3], nonché delle Linee guida in materia di controlli, oggetto dell’Intesa tra le Regioni, le province autonome e gli enti locali del 24 gennaio 2013 - evitando sovrapposizioni e duplicazioni, garantendo l'accesso all'informazione sui controlli ed utilizzando i dati contenuti nel registro unico del controlli ispettivi, istituito dal successivo comma 2.
Si impone, altresì, l’obbligo di verbalizzazione dei controlli ispettivi esperiti nei confronti delle imprese agricole, e di notifica del relativo verbale anche nei casi di riscontrata regolarità. In quest’ultimo caso, o nel caso di regolarizzazione successiva al controllo ispettivo eseguito, gli adempimenti relativi alle annualità sulle quali sono stati effettuati i controlli non possono essere oggetto di contestazioni in successive ispezioni, salvo che si tratti di comportamenti omissivi o irregolari dell'imprenditore, ovvero nel caso emergano atti, fatti o elementi non conosciuti al momento dell'ispezione.
La disposizione in commento si applica agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale del controllo ispettivo.
Il comma 2 dispone l’istituzione presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il registro unico dei controlli ispettivi sulle imprese agricole e agroalimentari.
L’istituzione del registro avviene con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’interno.
Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 del coordinamento dei controlli e dell’inclusione dei dati nel predetto registro, si dispone che i dati sui controlli effettuati da parte di organi di polizia, dai competenti organi di vigilanza e di controllo nonché dagli organismi privati autorizzati allo svolgimento dei predetti compiti (ulteriore categoria aggiunta nel corso dell’esame presso il Senato del provvedimento) devono essere resi disponibili tempestivamente in via telematica e rendicontati annualmente alle altre pubbliche amministrazioni, secondo le modalità da definirsi, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con Accordo sancito in sede di Conferenza Unificata Stato città ed autonomie locali[4].
La rendicontazione annuale avviene anche ai fini della successiva riprogrammazione ai sensi dell’articolo 42 del Reg. CE n. 882/2004[5].
È infine contenuta nel comma una clausola di salvaguardia finanziaria volta a prevedere che all’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 e 2 si provvede nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, secondo le modalità previste con il sopra citato Accordo.
Si segnala che il 4 luglio 2014 è stata pubblicata sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una Circolare del 2 luglio 2014 che fornisce le prime indicazioni applicative relative alle norme in materia agricola contenute nel D.L. n. 91/2014 in esame.
In particolare, per ciò che attiene alle misure qui in commento, la Circolare precisa che nelle more dell’adozione delle norme secondarie attuative, l’attività di controllo degli Uffici dell’ICQRF continuerà a svolgersi secondo le modalità consuete, ma con le seguenti indicazioni: notifica in ogni caso alle imprese agricole del verbale dell’ispezione amministrativa svolta, anche per constata regolarità. Inoltre, per “imprese agricole” devono intendersi le imprese condotte da imprenditori agricoli, ex art. 2135 cc..
Articolo 1,
commi 3-4
(Diffida per le infrazioni in materia
agroalimentare)
Il comma 3 dispone che per le violazioni alle norme
in materia agroalimentare (originariamente il testo del decreto-legge
limitava l’applicazione del disposto a quelle di lieve entità; durante
l’esame presso il Senato tale specifica è stata soppressa), per le quali è
prevista l’applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, l’organo
di controllo, nel caso in cui accerti violazioni sanabili, diffida
l'interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il
termine di venti giorni dalla data di ricezione della diffida stessa e
ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito amministrativo.
Nel corso dell’esame presso il Senato è stato specificato che l’istituto della diffida deve intendersi applicabile solo al primo accertamento di una violazione sanabile. E’ stato conseguentemente soppresso il disposto secondo il quale, in caso di reiterazione specifica delle violazioni suddette, accertata con provvedimento esecutivo nei tre mesi successivi alla diffida, la stessa non è più applicabile.
E’ stato, inoltre, aggiunto un periodo che
specifica cosa debba intendersi per violazioni sanabili: si tratta di
errori e omissioni formali, che comportano una mera operazione di
regolarizzazione, ovvero di violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose
sono sanabili.
Si osserva che l’istituto della
diffida, già previsto dall’articolo 43 della legge n. 82/2006 per le infrazioni minori nel settore
vitivinicolo, viene ora esteso dalla norma in esame a tutte le
infrazioni in materia agroalimentare.
Il testo originario del decreto prevedeva, inoltre che la diffida si applicasse anche ai prodotti già posti in vendita al consumatore finale, con esclusione delle violazioni relative alle norme in materia di sicurezza alimentare; tale disposto è stato soppresso nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato.
In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute all’interno della diffida entro il termine indicato, l’organo di controllo procede alla contestazione, ai sensi della legge sugli illeciti amministrativi, legge n. 689/1981 (articolo 14).
In tale ipotesi, è esclusa l’applicazione del pagamento in misura ridotta, previsto dalla medesima legge (articolo 16).
Nel corso dell’esame presso il Senato è stato, poi, aggiunto un nuovo comma 3-bis il quale dispone l’abrogazione dell’art. 7 del D.Lgs n. 225/2005 e del comma 4 dell’art. 12 del D.L.gs 75/2010 i quali, nell’ambito, rispettivamente, della normativa sulla commercializzazione dell’olio d’oliva e dell’impiego di fertilizzanti, prevedono già l’applicazione dell’istituto della diffida.
In ragione della norma generale introdotta dai commi in commento, tali disposizioni vengono, quindi, abrogate.
Ai sensi del comma 4, per le violazioni alle norme in materia agroalimentare per le quali è prevista l’applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, se già consentito il pagamento in misura ridotta, la somma dovuta è ridotta del trenta per cento se il pagamento volontario è effettuato in breve tempo: entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione.
Nel corso dell’esame al Senato, è stata aggiunto un ulteriore periodo, secondo il quale la disposizione di cui sopra si applica anche alle violazioni contestate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legge, purché l’interessato effettui il pagamento e trasmetta la relativa quietanza all’autorità competente e all’organo che ha accertato la violazione entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.
Articolo 1,
commi 4-bis e 4-ter
(Coordinamento delle attività di
vigilanza sulla pesca
e informazioni sul traffico marittimo)
I commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 1, introdotti al Senato, prevedono che il Comando generale della Capitanerie di porto predisponga un programma triennale ed un piano annuale di coordinamento per la vigilanza sulle attività della pesca e dispongono che gli armatori delle navi possano avere informazioni sul traffico marittimo in possesso del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.
In particolare, il comma 4-bis prevede che il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto, in attuazione delle direttive dei Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti, predisponga un programma triennale ed un piano annuale di coordinamento per l’ottimale impiego delle risorse disponibili per l’esercizio delle attività di vigilanza nel settore della pesca. Lo scopo è di razionalizzare l’attività di vigilanza, l’applicazione della disciplina tecnica e l’esercizio della relativa filiera, nonché di conseguire il miglioramento dell’efficacia dell’azione di tutela dell’ambiente marino e costiero e di sicurezza della navigazione, del trasporto marittimo e dei porti, ferme restando le attribuzioni dell’autorità competente ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo n. 4/2012 (Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura).
Si tratta del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - Direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura, che in qualità di autorità competente ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1224/2009, coordina le attività di controllo sulla pesca e l’acquacoltura, avvalendosi del Corpo delle capitanerie di porto quale Centro di controllo nazionale della pesca.
Si ricorda altresì che l’articolo 4, comma 8-ter, del D.L. n. 150 del 2013 ha ulteriormente differito al 31 dicembre 2014 il termine per l’emanazione del regolamento governativo di riforma delle Capitanerie di porto e provveduto a rifinanziare alcune attività delle Capitanerie di porto.
Il comma 4-bis, secondo periodo prevede che, nell’ambito delle attività del comma 4-bis, le informazioni sul traffico marittimo di cui agli articoli 6-ter, comma 2, e 9-bis del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 196, in possesso del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera possano essere rese disponibili agli armatori che ne facciano richiesta.
Si tratta delle informazioni sul traffico marittimo definite di tipo LRIT (il sistema di identificazione e tracciamento a grande distanza delle navi di cui alla regola V/19-1 della Convenzione SOLAS per la salvaguardia della vita umana in mare) e trasmesse dalle navi attraverso la partecipazione all'European LRIT Data Center e di quelle della rete AIS nazionale (il sistema di identificazione delle navi rispondente alle norme di funzionamento definite dall'IMO) per la ricezione e la diffusione di informazioni sul traffico marittimo per finalità connesse alla sicurezza della navigazione, tutte disciplinate dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 196 che ha dato attuazione alla direttiva 2002/59/CE istituendo un sistema comunitario di monitoraggio e di informazione sul traffico navale ed è poi stato modificato dal successivo D.Lgs. n. 18 del 2011 in attuazione della successiva direttiva 2009/17/CE.
La possibilità di richiedere tali informazioni viene ammessa limitatamente alle navi iscritte nelle matricole e nei registri (articolo 146 del codice della navigazione), ovvero nel Registro internazionale (articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457), per gli armatori che ne assumano l’esercizio ai sensi dell’articolo 265 del Codice della Navigazione (che individua i requisiti per conseguire il titolo di capitano superiore di macchina), secondo le previsioni di cui all’articolo 34, comma 46, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (che prevede la destinazione degli introiti derivanti da convenzioni stipulate dal Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera per l'implementazione dei servizi al bilancio dello Stato per essere interamente riassegnati al fondo per le esigenze delle Capitanerie di Porto) e con modalità e procedure fissate con il decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti per l'erogazione dei servizi AIS.
A tal fine, l'autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 99, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007, relativa allo sviluppo e all’ammodernamento della componente aeronavale e del sistema di comunicazione delle capitanerie di porto), è incrementata per l’importo di 8 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.
Il comma 4-ter reca quindi la copertura finanziaria di tali oneri, pari ad 8 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020, mediante corrispondente riduzione dell’accantonamento del Fondo speciale di conto capitale relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Articolo 1-bis
(Disposizioni
urgenti in materia di semplificazioni)
L’articolo, introdotto nel corso dell’esame in sede referente del decreto legge presso il Senato, reca una serie di semplificazioni in materia agricola.
Il comma 1 dispone che gli imprenditori agricoli che utilizzano depositi di prodotti petroliferi di capienza non superiore a 6 metri cubi, anche muniti di erogatore, ai sensi dell'articolo 14, commi 13-bis e 13-ter, del D.Lgs. n. 99/2004 non sono tenuti agli adempimenti procedurali sulla disciplina della prevenzione degli incendi previsti dal regolamento di cui al D.P.R. n. 151/2011[6].
Si ricorda che
l’articolo 4, comma 13-bis, del
D.lgs. n. 99/2004, dispone che i depositi di prodotti petroliferi impiegati dall’imprenditore
agricolo nell'esercizio delle proprie attività e ubicati all'interno delle
aziende agricole, ancorché attrezzati come impianti per il rifornimento delle
macchine agricole, e quelli impiegati nell'esercizio delle attività
agromeccaniche, ubicati all'interno delle medesime imprese agromeccaniche, non
sono soggetti alle disposizioni sulla distribuzione e lo stoccaggio di
carburanti di cui al D.Lgs. n. 32/1998 (ora D.Lgs. n. 249/2012).
Il successivo
comma 13-ter dispone che ai depositi
di cui sopra, qualora essi abbiano
capacità geometrica non superiore a 25 metri cubi, continuano ad applicarsi quanto
previsto dal:
§ D.M. 27 marzo 1985 il quale include i
depositi di capienza inferiore a 25 metri cubi nell'elenco dei depositi e
industrie pericolosi soggetti alle visite e controlli di prevenzione incendi
previsti dal D.M. 16 febbraio 1982. Si osserva in proposito che tale il D.M. 16
febbraio 1982 è stato abrogato dal D.P.R. n. 151/2011. La disciplina in esso
contenuta è ora prevista nell’allegato 1 del medesimi D.P.R. n. 151, il quale
reca l’Elenco delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione
incendi.
§ D.M. 19 marzo 1990, che reca specifiche
norme per il rifornimento di carburanti, a mezzo di contenitori-distributori
mobili, per macchine in uso presso aziende agricole, cave e cantieri.
Si segnala che il
comma 1 ripropone con talune modifiche il contenuto dell’articolo 1, comma 4 del
DDL 1328 “Collegato agricolo”, all’esame del Senato.
Ai sensi del comma 2, si considera assolto l'obbligo di registrazione presso l'autorità territorialmente competente in materia igienico-sanitaria, previsto dall’articolo 6 del regolamento (CE) n. 852/2004[7], sull'igiene dei prodotti alimentari qualora le imprese agricole siano in possesso per l'esercizio dell'attività di autorizzazioni o nulla osta sanitario, di registrazione o di comunicazione inizio attività d'impresa.
Si segnala che il
comma 2 ripropone nel contenuto l’articolo 1, comma 3 del DDL 1328 “Collegato
agricolo”, all’esame del Senato.
Il
comma 3 integra l'articolo 16 della
legge n. 9/2013 sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva
vergini, con un due nuovi commi 3-bis-3-ter.
L'articolo 16 rende obbligatori l’istituzione e
l’aggiornamento del fascicolo aziendale da parte di tutti i produttori di oli
vergini, extravergini e lampanti e fissa inoltre le sanzioni in caso di
inadempienza[8]. Il fascicolo
deve essere costituito per tutti i soggetti pubblici e privati, identificati
dal Codice Fiscale (CUAA), esercenti attività agricola, agroalimentare o
forestale, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la Pubblica
Amministrazione centrale o regionale. Il fascicolo è gestito dalla società SIN
(partecipata al 51% da AGEA).
Per agevolare i
controlli sulla commercializzazione dell'olio di oliva, il D.M. 10 novembre
2009 ha introdotto l’obbligo - per i frantoi, le imprese di condizionamento e i
commercianti di olio sfuso - di tenere un registro per ogni stabilimento e
deposito, nel quale vanno annotate le produzioni, i movimenti e le lavorazioni
dell'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine.
In particolare, il nuovo comma 3-bis esenta dall'obbligo di tenere e aggiornare il fascicolo aziendale gli olivicoltori che producono olio destinato all'autoconsumo o comunque in quantità inferiore ai 250 kg all'anno.
Ai sensi del nuovo comma 3-ter, quanto
previsto dal comma 3-bis e dai
restanti commi dell’articolo 16 sulla tenuta del fascicolo aziendale non si
applicano agli oli legalmente prodotti fuori dal territorio nazionale.
Si segnala che il comma 3 ripropone quanto
contenuto nell’articolo 1, comma 5 del DDL 1328 “Collegato agricolo”,
attualmente all’esame del Senato.
Il comma 4 modifica l'articolo 14, comma 6, del D.Lgs. n. 99/2004[9], riducendo da 180 a 60 giorni, il termine entro il quale deve essere adottato - da parte della pubblica amministrazione nonché da parte degli enti pubblici economici procedenti - il provvedimento relativo alle istanze, concernenti l'esercizio dell'attività agricola, presentate per il tramite dei Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA)[10].
I Centri
abilitati di assistenza agricola, ai sensi della disposizione istitutiva recata
dall'articolo 3-bis, comma 2, del
decreto legislativo n. 165/1999[11], sono società
di capitali destinate a fornire attività di assistenza agli agricoltori,
soprattutto nei loro rapporti con la pubblica amministrazione, ed in
particolare:
§ nella elaborazione
delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di
ammissione a benefìci comunitari, nazionali e regionali e controllare la
regolarità formale delle dichiarazioni immettendone i relativi dati nel sistema
informativo attraverso le procedure del SIAN,
§ nella tenuta e conservazione
delle scritture contabili
I CAA sono
costituiti dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente
rappresentative, o da loro associazioni, da associazioni dei produttori e dei
lavoratori, da associazioni di liberi professionisti e dagli enti di patronato
e di assistenza professionale, che svolgono servizi analoghi, promossi dalle
organizzazioni sindacali.
Requisiti minimi di garanzia e di funzionamento dei CAA sono fissati dal decreto 27 marzo 2008 ("Riforma dei centri autorizzati di assistenza agricola"), emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Si segnala che il comma 4 ripropone il
contenuto nell’articolo 3 del DDL 1328 “Collegato agricolo”, attualmente
all’esame del Senato.
Il comma 5 dispone che per le piccole e medie imprese agricole (così definite ai sensi del Reg.(CE) n. 800/2008[12]), nei contratti di rete, formati da imprese agricole singole ed associate, la produzione agricola derivante dall'esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l'attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete.
Si ricorda che le reti
di impresa rappresentano forme di coordinamento di natura contrattuale tra
imprese, particolarmente destinate alle PMI che vogliono incrementare la loro
capacità competitiva senza ricorrere a fusioni o a unioni sotto il controllo di
un unico soggetto.
Il D.L. n.
5/2009, all'articolo 3, commi 4-ter – espressamente richiamato nel
testo del comma 5 in esame - e successivi commi, disciplina i contenuti
essenziali del contratto di rete tra due o più imprese, con
particolare riferimento ai diritti e agli obblighi assunti dalle imprese
partecipanti e alle modalità di esecuzione dei contratti stessi.
Il comma 6 abroga l’articolo 6 della legge n. 1526/1956[13] al fine di eliminare, per i magazzini di deposito all’ingrosso di burro, la prescritta iscrizione presso le Camere di commercio e l’obbligo di preventiva comunicazione di gestione dei medesimi magazzini all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari -ICQRF presso il Mipaaf, sia la comunicazione di chiusura e cancellazione dei depositi stessi alle medesime di Commercio.
L’articolo 6 dispone l’obbligo di regolare
iscrizione dei magazzini di deposito all'ingrosso di burro presso le competenti
Camere di commercio, industria ed agricoltura. Chiunque intenda gestire
magazzini per l'esercizio del commercio all'ingrosso o per la conservazione del
burro deve darne preventiva comunicazione all'Istituto incaricato della
vigilanza competente per territorio, specificando la precisa ubicazione dei
magazzini stessi. I titolari, gestori di magazzini devono comunicare
preventivamente alla Camera di commercio, industria ed agricoltura ed
all'Istituto di vigilanza competenti ogni trasferimento o chiusura dei
magazzini stessi.
Il comma 7 dispone la dematerializzazione e la realizzazione dei registri dei prodotti vitivinicoli nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), prevedendo che, in sede attuativa della misura in esame, vengano adottate modalità ulteriormente semplificate di compilazione dei registri dematerializzati, ivi compresi termini più favorevoli, per le aziende vitivinicole che producono meno di mille ettolitri di vino l'anno, prevalentemente con uve di produzione aziendale.
Il comma 7 richiama le disposizioni di cui
all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 436/2009[14], relativo alla
disciplina europea sulla tenuta dei registri vitivinicoli, delle quali
costituisce attuazione. In particolare, l’articolo 38, per ciò che concerne la
costituzione dei dispone che essi sono: a) creati
da un sistema informatico secondo le modalità adottate dalle autorità
competenti degli Stati membri; il contenuto dei registri informatizzati è il
medesimo dei registri cartacei; oppure b) costituiti da fogli fissi numerati in
ordine progressivo; oppure
c) costituiti da
appropriati elementi di contabilità moderna, riconosciuta dagli organismi
competenti, a condizione che in essi figurino le indicazioni che devono essere
contenute nei registri.
I commi 8-11 dispongono la dematerializzazione nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) dei seguenti registri di carico e scarico:
§ dei registri di carico e scarico relativi agli sfarinati e paste alimentari, nonché delle relative materie prime, destinati all’esportazione (comma 8).
Si tratta dei registri di cui all'articolo 12, comma
3, del D.P.R. n. 187/2001.Tale comma dispone che vanno
annotati in un apposito registro di carico e scarico: le singole materie prime
di base con requisiti diversi da quelli prescritti dalle norme contenute nel
medesimo D.P.R. n. 187; nonché le sostanze delle quali non è autorizzato
l'impiego per la produzione degli sfarinati e delle paste alimentari ai sensi dello
stesso D.P.R. che, invece, si intendono utilizzare per la fabbricazione degli
sfarinati e delle paste alimentari destinati all’esportazione. articolo ed i
prodotti le cui caratteristiche e modalità di tenuta sono stabilite con decreto
del MIPAAF.
§ dei registri di carico e scarico relativi alla materia prima impiegata nella produzione del burro e ai tipi di burro ottenuti, di cui all'articolo 1, sesto comma, della legge n. 1526/1956.
Per coordinamento normativo con la previsione in esame, si modifica il citato articolo 1 della legge n. 1526/1956, abrogandone il settimo comma, il quale attualmente dispone la preventiva vidimazione del registro dal Capo dell'istituto di vigilanza per la repressione delle frodi del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, competente per territorio, o da un funzionario da esso delegato, nonché si elimina – al sesto comma del citato articolo 1 - l’obbligo di annotazione giornaliera sul medesimo registro (comma 9).
§ dei registri di carico e scarico per i produttori, importatori e grossisti di saccarosio, glucosio e isoglucosio di cui al comma 1 dell'articolo 28 della legge n. 82/2006 impiegati nel settore vitivinicolo.
Si consideri in proposito che l’articolo 2, lettera g) del decreto-legge già modifica l’articolo 28 della legge n. 82/2006, rimuovendo l’obbligo per i produttori, importatori e grossisti di saccarosio, glucosio e iso glucosio di far sì che i registri di carico e scarico siano composti da fogli progressivamente numerati (comma 10).
§ dei registri di carico e scarico per il latte in polvere (comma 11). A tal fine, vengono sostituiti gli articoli 2 e 3 della legge n. 138/1974, con una nuova disciplina secondo la quale:
- le informazioni relative all'introduzione sul territorio nazionale di latte in polvere, registrate nei sistemi informativi del Ministero della salute, devono essere messe a disposizione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – ICQRF (nuovo articolo 2);
L’attuale articolo 2 della legge n. 138 obbliga invece
chi importa latte in polvere di comunicare, all'atto dello sdoganamento, alla
dogana e, a mezzo lettera raccomandata, all'istituto di vigilanza del MIPAAF
competenti per territorio, la destinazione, ad uso zootecnico o ad uso
alimentare umano, del latte stesso.
- i produttori, gli importatori, i grossisti e gli utilizzatori di latte in polvere o altri latti comunque conservati devono tenere aggiornato un registro di carico e scarico e tale registro è dematerializzato nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) (nuovo articolo 3).
L’attuale articolo 3 della legge n. 138 dispone che i
produttori, gli importatori, i grossisti e gli utilizzatori di latte in polvere
o altri latti comunque conservati devono tenere aggiornato un registro di
carico e scarico con fogli progressivamente numerati e vidimati, prima
dell'uso, dall'istituto di vigilanza del Ministero dell'agricoltura e delle
foreste, competente per territorio.
Tali registri devono essere conservati per un periodo
non inferiore a tre anni dalla data dell'ultima registrazione ed essere esibiti
ad ogni richiesta degli addetti alla vigilanza. Coloro che detengono soltanto
latti chiusi in confezioni originali di peso non superiore ad 1 chilogrammo,
sono esentati dall'obbligo del registro di carico e scarico di cui al presente
articolo.
Il comma 12 contiene una clausola di invarianza finanziaria secondo la quale all'attuazione dei commi da 7 a 11 si provvede con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare - da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. in esame - nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Fino all'entrata in vigore dei decreti attuativi, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti.
Il comma 13 abroga l'articolo 59-bis del D.L. n. 83/2012, relativo ai sistemi di sicurezza contro le contraffazioni dei prodotti agricoli e alimentari, il quale demanda al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, l’adozione di un regolamento – che avrebbe dovuto essere emanato entro il 12 febbraio 2013 - per la definizione delle modalità per l'integrazione dell'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari con sistemi di sicurezza realizzati dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, basati prioritariamente su elementi elettronici o telematici, anche in collegamento con banche dati.
Il comma 14 dispone l’esonero dall’obbligo di disporre del titolo di conduzione - ai fini della costituzione del fascicolo aziendale[15] - per i soggetti iscritti all’anagrafe delle aziende agricole che operano su terreni agricoli contraddistinti da particelle fondiarie di estensione inferiore a 5.000 metri quadrati, site in comuni montani, ricompresi nell'elenco delle zone svantaggiate di montagna delimitate ai sensi dell’art. 32 del reg. UE n.1305/2013.
Il comma dunque elimina la previsione dell’obbligo di inserire nel fascicolo aziendale il titolo di conduzione per quelle particelle di terreni di montagna al di sotto dei 5.000 metri quadri.
Il comma 15 demanda alle regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano l’individuazione di percorsi preferenziali per la pastorizia transumante nell'ambito dei ripari, degli argini e delle loro dipendenze, nonché delle sponde, scarpe e banchine dei corsi d'acqua e dei pubblici canali e loro accessori.
Ciò in deroga a quanto previsto:
§
dall'articolo 96,
primo comma, lettera i), R.D. n.
523/1904, che vieta in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde
e difese il pascolo e la permanenza dei bestiami sui ripari, sugli argini e
loro dipendenze, nonché sulle sponde, scarpe, o banchine dei pubblici canali e
loro accessori;
§
dall'articolo
134, primo comma, lettera f), R.D. n. 368/1904, che vieta nelle opere di
bonificazione a chi non ne ha ottenuta regolare concessione o licenza il
pascolo e la permanenza dei bestiami sui ripari, sugli argini e sulle loro
dipendenze, nonché sulle sponde, scarpe e banchine dei corsi d'acqua e loro
accessori e delle strade; e l'abbeveramento di animali e bestiame d'ogni
specie, salvo dove esistono abbeveratoi appositamente costruiti.
Quanto sopra è disposto a condizione che ciò non costituisca rischio per la tenuta delle predette opere e tenendo in considerazione le condizioni meteorologiche e idrografiche, le modalità di costruzione, e di manutenzione delle medesime, il carico e il tipo di bestiame e ogni altra caratteristica dei percorsi.
Il comma 16 reca una norma di interpretazione autentica di quanto previsto alla sezione 6 dell'Allegato A al D.Lgs. n. 194/2008, relativo ai controlli sanitari ufficiali eseguiti dalle autorità competenti per la verifica della conformità alla normativa sui mangimi e gli alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (titolo II del Reg. (CE) n. 882/2004).
Si ricorda che l’allegato A riporta le tariffe applicabili per i controlli sanitari ufficiali effettuati negli stabilimenti nazionali e la Sezione 6 fa riferimento a specifiche tipologie di stabilimenti che svolgono la loro attività prevalente all’ingrosso, tra i quali i depositi alimentari.
Secondo il comma 16 in esame le parole: "depositi alimentari" si interpretano nel senso che non sono considerati tali gli stabilimenti utilizzati dalle cooperative di imprenditori agricoli e dai consorzi agrari per la fornitura di servizi agli imprenditori agricoli.
Il comma 17 riconosce la possibilità alle organizzazioni professionali agricole ed agromeccaniche maggiormente rappresentative a livello nazionale - nell'esercizio dell'attività di consulenza per la circolazione delle macchine agricole - di attivare le procedure di collegamento al sistema operativo di prenotazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai fini dell'immatricolazione e della gestione delle situazioni giuridiche inerenti la proprietà delle macchine agricole.
L’articolo 107, comma 1, del codice della Strada
(decreto legislativo n. 285/1992) prevede che le macchine agricole siano soggette all'accertamento dei dati di identificazione, della potenza del motore
e della corrispondenza alle prescrizioni tecniche ed alle caratteristiche
disposte a norma di legge. Recentemente, l’art. 45 del D.L. n. 69/2013 ha previsto che l’accertamento di tali
dati di identificazione possa avvenire non solo da parte del Dipartimento per i
trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma anche
da parte delle strutture o degli enti in possesso dei requisiti, da definire
con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con
il Ministro delle politiche agricole.
Si ricorda che per le macchine agricole è stata prevista la revisione obbligatoria secondo le nuove disposizioni introdotte dal
D.L. n. 179/2012, che ha sostituito l’articolo
111, comma 1 del Codice della strada. Le nuove disposizioni prevedono che con
decreto da emanare entro il 31
dicembre 2014 (il termine per l’adozione era fissato originariamente al 28
febbraio 2013, ma è stato differito in sede di conversione dall’art. 5, co. 2
del D.L. n. 150/2013), si debba disporre la revisione obbligatoria delle
macchine agricole soggette ad immatricolazione a norma
dell'articolo 110 del codice della strada, al fine di accertarne lo stato di
efficienza e la permanenza dei requisiti minimi di idoneità per la sicurezza
della circolazione. Con il medesimo decreto deve essere disposta, a far data dal 1° gennaio 2015, la revisione
obbligatoria delle macchine agricole in circolazione soggette ad
immatricolazione in ragione del relativo stato di vetustà e con precedenza per
quelle immatricolate antecedentemente al 1° gennaio 2009. Dovranno inoltre
essere stabiliti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i criteri, le
modalità ed i contenuti della formazione professionale per il conseguimento
dell'abilitazione all'uso delle macchine agricole (cfr. il successivo comma 21).
Il comma 17 demanda quindi ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. la definizione delle modalità tecniche di collegamento con il Centro elaborazione dati del Ministero stesso e le relative modalità di gestione.
Il comma 21 elimina la necessità dell’apposita abilitazione, richiesta agli operatori per l’utilizzo di macchine agricole, per i soggetti titolari da almeno due anni di una patente A1, ovvero B, ovvero C1, di cui Codice all'articolo 124, comma 1, del Codice della strada (D.Lgs. n. 285/1992).
Per quanto riguarda l’abilitazione degli operatori questa è prevista in generale per
l’utilizzo delle attrezzature di lavoro dall'articolo 73, comma 5, del D.Lgs.
n. 81/2008, citato nel testo, in base al quale, in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano sono individuate le particolari attrezzature di lavoro per
le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le
modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la
durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione e le
condizioni considerate equivalenti alla specifica abilitazione. In attuazione
di tale previsione è stata adottato l’Accordo CSR del 22 febbraio 2012, n. 53,
nel quale si fa riferimento, tra l’altro ai trattori agricoli e forestali.
Peraltro una norma specifica è stata recentemente introdotta nell’ art. 111 del
Codice della Strada dove si è espressamente previsto che con apposito decreto ministeriale, da emanarsi entro il 31 dicembre 2014, siano
stabiliti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i criteri, le modalità ed i contenuti della
formazione professionale per il conseguimento dell'abilitazione all'uso delle
macchine agricole.
Si ricorda che l’articolo 124, comma 1, del Codice
della Strada dispone inoltre che per
guidare macchine agricole, escluse quelle con conducente a terra, nonché
macchine operatrici, escluse quelle a vapore, che circolano su strada, occorre
avere ottenuto una delle patenti di
cui all'articolo 116, comma 3, e precisamente:
a) della categoria A1, per la guida delle macchine
agricole o dei loro complessi che non superino i limiti di sagoma e di peso
stabiliti dall'articolo 53, comma 4, e che non superino la velocità di 40 km/h;
b) della
categoria B, per la guida delle macchine agricole, diverse da quelle di cui
alla lettera a), nonché delle macchine operatrici;
c) della
categoria C1, per le macchine operatrici eccezionali.
Speciali regole sono state introdotte con decreto
ministeriale 14 febbraio 2014 per la guida di macchine agricole da parte di
soggetti portatori di handicap e titolari di patenti speciali.
Il comma 18 interviene sulla disciplina relativa alle misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, contenuta nel D.Lgs. n. 214/2005, ed in particolare modifica l’articolo 19, relativo all’autorizzazione rilasciata dai Servizi fitosanitari regionali competenti ad una serie di soggetti.
Il comma in esame dispone che la predetta autorizzazione è rilasciata, quale condizione per l’esercizio dell’attività degli stessi, a coloro che commercializzano – anziché come attualmente previsto dalla norma che applicano - il marchio di cui all'ISPM 15 della FAO, relativo alla regolamentazione internazionale del materiale da imballaggio in legno.
Conseguentemente, il medesimo comma 18 modifica la relativa norma sanzionatoria – contenuta all'articolo 54, comma 11 del medesimo D.Lgs. al fine di prevedere che essa si applica a chiunque commercializzi imballaggi con il marchio IPPC/FAO senza la specifica autorizzazione.
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dal comma 11 è costituita dal del pagamento di una somma da 1.500 euro a 9.000 euro.
Si ricorda che nell’ambito della normativa
internazionale per le misure fitosanitarie, opera il ISPM n. 15. La norma
internazionale FAO per le misure fitosanitarie n. 15 sugli orientamenti per la
regolamentazione del materiale da imballaggio in legno negli scambi internazionali
comprende misure fitosanitarie concernenti il materiale da imballaggio in
legno, in forma di casse, gabbie, fusti per imballaggio, palette, piattaforme
di carico, spalliere di palette e paglioli, destinate a ridurre il rischio di
introduzione e/o diffusione di parassiti da quarantena associati al materiale
da imballaggio in legno grezzo di conifere o altro, utilizzato negli scambi
internazionali.
Il materiale da imballaggio in legno contemplato nella norma in esame comprende il pagliolo, ma esclude il materiale da imballaggio in legno prodotto utilizzando legname lavorato tale da essere privo di organismi nocivi (es. legno compensato).
Le misure fitosanitarie
comprendono una serie di procedure ufficiali unitamente ai trattamenti e
marcatura del materiale da imballaggio in legno. L’apposizione del marchio
rende superfluo l’utilizzo di un certificato fitosanitario, in quanto indica
che le misure fitosanitarie accettate a livello internazionale sono state applicate.
Il comma 19 consente la costituzione e il riconoscimento da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di un consorzio di tutela per le bevande spiritose.
Ciò è disposto al fine di assicurare la piena integrazione - per ciascuna indicazione geografica (IG) di cui all'allegato III del Regolamento (CE) n. 110/2008 relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all'etichettatura e alla protezione delle IG delle bevande spiritose - con la disciplina nazionale in materia di indicazioni geografiche dei prodotti agroalimentari e dei vini in esecuzione dei relativi Regolamenti europei.
Si ricorda in proposito che la disciplina relativa ai
regimi di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari, che in sede europea è
considerata quale complemento alla politica di sviluppo rurale e alle politiche
di sostegno dei mercati e dei redditi nell’ambito della politica agricola
comune (PAC), è contenuta in primis
nel Regolamento (UE) n. 1151/2012, entrato in vigore il 3 gennaio 2013, che ha
abrogato i previgenti Regolamenti (CE) n. 509/2006 e (CE) n. 510/2006,
concernenti i prodotti DOP e IGP, e a Specialità Tradizionali.
La disciplina
sulla tutela della qualità dei prodotti prevista dal Regolamento n. 1151/2012
non si applica, per esplicita previsione dello stesso provvedimento (articolo
2):
§
ai vini e ai
prodotti vitivinicoli, per i quali trovano specifica applicazione le norme
sulla tutela della qualità relative al Regolamento (UE) n. 1308/2013, fatta
eccezione che per gli aceti di vino. Tali norme sono descritte nel capitolo
successivo;
§
alle bevande
spiritose, per le quali trova applicazione la disciplina sulla protezione delle
indicazioni geografiche contenuta nel Regolamento (CE) n. 110/2008.
Quanto alle bevande spiritose (quali rum, whisky
etc.), per «indicazione geografica», ai sensi dell’articolo 15 del Reg. n. 110/2008, si intende un’indicazione che
identifichi una bevanda spiritosa come originaria del territorio di un paese, o
di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità,
la rinomanza o altra caratteristica della bevanda spiritosa sia essenzialmente
attribuibile alla sua origine geografica. Le indicazioni geografiche devono
essere registrate nell’allegato III del medesimo Regolamento e quando sono
contenute in tale allegato non possono diventare generiche.
Con decreto di natura non regolamentare del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sono emanate disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela.
Il comma 20 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 11, della legge n. 251/1986, relativo alle competenze degli iscritti nell'albo professionale degli agrotecnici, ed in particolare, del comma 1, lettera c) di tale articolo, il quale dispone che l’iscrizione all’albo consente l'assistenza tecnico-economica agli organismi cooperativi ed alle piccole e medie aziende compresa la progettazione e direzione di piani aziendali ed interaziendali, anche ai fini della concessione dei mutui fondiari, nonché le opere di trasformazione e miglioramento fondiario
Ai sensi dell’articolo 20, tale norma si interpreta nel senso che sono anche di competenza degli iscritti nell'albo degli agrotecnici le attività di progettazione e direzione delle opere di trasformazione e miglioramento fondiario, sia agrario che forestale.
Articolo 1-ter
(Istituzione del sistema di consulenza
aziendale in agricoltura)
L’articolo in esame prevede l’istituzione di quadro nazionale omogeneo in materia di consulenza aziendale in agricoltura, previsto come sistema dall’articolo 12 del Reg. (UE) n. 1306/2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune.
L’articolo 12 del
Reg. (UE) n. 1306/2013 dispone che gli Stati membri istituiscono un sistema di consulenza aziendale sulla
conduzione del terreno e dell'azienda per
i beneficiari dei contributi PAC
(cd. "sistema di consulenza aziendale").
Il sistema è finalizzato in sostanza ad aiutare i
predetti beneficiari al rispetto degli obblighi previsti all’interno del
sistema di condizionalità agli aiuti dal medesimo Reg. 1306/2013. Il meccanismo della condizionalità
comporta, infatti, una serie di oneri amministrativi a carico dei beneficiari e
delle amministrazioni nazionali, perché devono essere tenuti registri,
effettuati controlli e, se necessario, applicate sanzioni.
Il sistema di consulenza è dunque funzionale rispetto
all’osservanza di tali obblighi e deve essere gestito da organismi pubblici
designati e/o organismi privati selezionati.
Ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 12, il sistema
di consulenza aziendale contempla come minimo:
a) gli obblighi a livello di azienda risultanti
dai criteri di gestione obbligatori e dalle norme per il mantenimento del terreno in buone condizioni agronomiche e
ambientali, ai sensi di quanto previsto dal medesimo Regolamento (titolo VI,
capo I e allegato II).
b) le pratiche
agricole benefiche per il clima e l'ambiente e per il mantenimento della
superficie agricola stabilite ai fini dei pagamenti diretti nell’ambito PAC dal
relativo Reg. UE n. 1307/2013 (Titolo III, capo 3) e articolo 4, par. 1, lett. c));
c) misure a livello di azienda previste dai
programmi di sviluppo rurale volte all'ammodernamento
aziendale, al perseguimento della competitività,
all'integrazione di filiera, all'innovazione e all'orientamento al mercato
nonché alla promozione dell'imprenditorialità;
d) i requisiti a livello di beneficiari adottati
dagli Stati membri per attuare le misure
di base in materia di protezione delle
acque, previste l'articolo 11, par. 3, Dir.2000/60/CE;
e) i requisiti a livello di beneficiari che sono
stati adottati dagli Stati membri sul corretto
uso dei prodotti fitosanitari, di cui all'art. 55 del Reg. (CE) n.
1107/2009, in particolare sull'obbligo di difesa
fitosanitaria a basso apporto di pesticidi, cui all'articolo 14 della
direttiva 2009/128/CE.
Il sistema di consulenza aziendale può inoltre
contemplare in particolare:
a) la promozione
delle conversioni aziendali e la diversificazione della loro attività
economica;
b) la gestione
del rischio e l'introduzione di idonee misure
preventive contro i disastri naturali, gli eventi catastrofici e le
malattie degli animali e delle piante;
c) i requisiti
minimi previsti dalla normativa nazionale per dar luogo ai pagamenti
agro-climatici- ambientali e per il sostegno all’agricoltura biologica nell’ambito del FEASR (indicati all'art. 28,
par. 3, e all'art. 29, par. 2, del relativo Reg. (UE) n. 1305/2013);
d) le informazioni relative alla mitigazione dei cambiamenti climatici e
all'adattamento ai medesimi, alla biodiversità e alla protezione delle acque di
cui all'allegato I del presente regolamento.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame, il sistema di consulenza deve contemplare almeno gli ambiti operativi, sopra indicati e commentati, previsti dalla normativa europea citata e gli aspetti concernenti la competitività dell’azienda agricola, zootecnica e forestale, incluso il benessere e la biodiversità animale, nonché i profili sanitari delle pratiche zootecniche.
Ai sensi del comma 3, lo svolgimento dell’attività di consulenza deve essere chiaramente separato dall’attività di controllo dei procedimenti amministrativi e tecnici per l’erogazione di finanziamenti pubblici all’agricoltura.
Ai sensi del comma 4, i consulenti che operano nel sistema, devono possedere qualifiche adeguate ovvero ricevere una adeguata formazione di base e di aggiornamento, in relazione agli ambiti operativi del sistema stesso.
Il comma 5 demanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali la definizione:
§ dei criteri che garantiscono il rispetto del principio di separatezza delle due funzioni di consulenza e controllo, sopra indicate;
§ le procedure omogenee per la realizzazione delle attività di formazione e aggiornamento dei consulenti;
§ le modalità di accesso al sistema di consulenza aziendale che tenga conto delle caratteristiche specifiche di tutti i comparti produttivi del settore agricolo, zootecnico e forestale;
§ l’istituzione, presso il MIPAAF, del Registro unico nazionale degli organismi di consulenza e del sistema di certificazione di qualità nazionale sull’efficacia ed efficienza dell’attività di consulenza svolta. L’istituzione deve avvenire nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il decreto deve essere adottato di concerto con il Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. in esame.
Ai sensi del comma 6, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano selezionano gli organismi di consulenza aziendale.
E’ richiamato a tal fine, l’articolo 15, par. 3, del
Reg. (UE) n. 1305/2013. Tale regolamento, per il periodo di programmazione
2014-2020, contiene la disciplina di sostegno
europeo allo sviluppo rurale da
parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). Tale sostegno europeo, per
l’Italia ammonta – nel periodo di programmazione 2014-2020- a complessivi 10,4
miliardi di euro ai quali si aggiunge il cofinanziamento nazionale (pari ad
ulteriori 10,4 miliardi di euro), ripartiti per obiettivi tematici.
In particolare, il Titolo III, capo I, indica le misure
di sviluppo rurale oggetto di sostegno, e tra queste, ai sensi del combinato
disposto dell’articolo 13 e dell’allegato VI del medesimo regolamento, rientrano anche i “Servizi di consulenza,
di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole”,
secondo importi massimi di sostegno fissati nell’Allegato II del medesimo
Regolamento.
L’articolo 15 dispone al paragrafo 1 che il sostegno è
concesso allo scopo di:
a) aiutare gli agricoltori, i giovani
agricoltori, gli altri gestori del territorio e le PMI insediate nelle zone
rurali ad avvalersi di servizi di consulenza per migliorare le prestazioni
economiche e ambientali, il rispetto del clima e la resilienza climatica della
loro azienda agricola, impresa e/o investimento;
b) promuovere l'avviamento di servizi di
consulenza aziendale, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle
aziende agricole, nonché di servizi di consulenza forestale, compreso il
sistema di consulenza aziendale di cui al Reg. (UE) n. 1306/2013;
c) promuovere la formazione dei consulenti.
Il beneficiario
del sostegno di cui alle lettere a) e c) è il prestatore di servizi di
consulenza o di formazione e il sostegno è concesso all'autorità o
all'organismo selezionato per avviare il servizio di consulenza aziendale, di
sostituzione, di assistenza alla gestione delle aziende agricole o di
consulenza forestale.
Infine, il comma 7 attribuisce ai Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) una ulteriore competenza, che consiste nell’accertare ed attestare fatti o circostanze di ordine meramente tecnico concernenti situazioni o dati certi relativi all’esercizio dell’attività di impresa.
Il comma dispone che tale competenza è svolta dai CAA a prescindere dalla convenzione tra gli organismi pagatori[16] e i CAA circa le competenze a questi delegate dai predetti organismi contenute nell’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 165/1999.
Tale articolo viene pertanto novellato dal comma in esame attraverso l’aggiunta di una nuova lettera c-bis).
Si ricorda che l’ articolo
3-bis della legge n. 165/1999 dispone che gli organismi pagatori, fatte salve
le specifiche competenze attribuite ai professionisti iscritti agli ordini e ai
collegi professionali, possono, con apposita convenzione, incaricare «Centri
autorizzati di assistenza agricola» (CAA) ad effettuare, per conto dei propri
utenti e sulla base di specifico mandato scritto, le seguenti attività:
a) tenere ed eventualmente conservare le
scritture contabili;
b) assisterli nella elaborazione delle
dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di ammissione a
benefìci comunitari, nazionali e regionali e controllare la regolarità formale
delle dichiarazioni immettendone i relativi dati nel sistema informativo
attraverso le procedure del SIAN;
c) interrogare le banche dati del SIAN ai fini
della consultazione dello stato di ciascuna pratica relativa ai propri
associati.
Articolo 1-quater
(Istituzione del Servizio
integrato per la tutela del
patrimonio agroalimentare italiano)
L’articolo 1-quater, introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone l’istituzione presso il sistema delle Camere di commercio di un Servizio telematico integrato, a domanda individuale, rivolto a imprese e loro associazioni, consorzi, istituzioni ed enti pubblici territoriali, per il monitoraggio dei marchi di qualità delle produzioni agroalimentari italiane e la loro prima tutela. Il sistema si avvale dell’assistenza tecnico-legale sui mercati esteri (comma 1).
Per l’erogazione del servizio l’Unioncamere – la quale cura la piattaforma telematica di accesso e offerta - si avvale delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, della rete delle Camere di commercio italiane all’estero, degli uffici consolari, dell’ICE - Agenzia e delle ambasciate italiane (comma 2).
L’Unioncamere assicura il monitoraggio delle attività in corso realizzando le opportune iniziative per la messa in efficienza degli strumenti di tutela tecnico-legale all’estero.
I costi sostenuti dal Sistema camerale per l’erogazione del servizio telematico integrato sono a carico dei soggetti richiedenti.
In proposito, si ricorda che la legge di riordino
delle Camere di Commercio prevede che al finanziamento del sistema camerale si
provveda anche tramite i proventi derivanti dalla gestione di attività e dalla
prestazione di servizi (legge 580/1993, articolo 18, comma 1, lettera b). Si
segnala peraltro che, nel testo del D.L. 90/2014 in corso di conversione, è
stato approvato in Commissione alla Camera un emendamento che prevede la
fissazione da parte del MiSE di queste tariffe.
Articolo 2
(Semplificazioni per il settore
vitivinicolo)
L’articolo 2, al comma 1, apporta modifiche varie alla legge 20 febbraio 2006, n. 82 che contiene norme per l’attuazione della normativa comunitaria concernente l’Organizzazione comune di mercato del vino (OCM vino), consentendo una serie di semplificazioni per gli operatori vitivinicoli.
Si ricorda in proposito che è in corso di esame presso la XIII Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, il progetto di legge A.C. 2236, recante “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino”, il quale, tra l’altro, propone modifiche alla legge n. 82/2006, vertendo sugli stessi ambiti qui in esame.
In particolare, il comma 1, interviene sulla legge n. 82/2006:
§ operando una semplificazione delle procedure per la produzione di taluni prodotti vitivinicoli, quali la produzione di mosto cotto, eliminando a tale proposito la previa autorizzazione da parte dell’ufficio territoriale dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del MIPAAF e sostituendola con una previa comunicazione entro il quinto giorno antecedente alla lavorazione (lettera a) che novella l’articolo 3, comma 2 della legge)
§ estendendo alla preparazione di bevande spiritose[17] il regime già previsto (comunicazione preventiva di lavorazione) per la preparazione di bevande aromatizzate con l’utilizzo di saccarosio, alcol etilico e altri prodotti consentiti dalla normativa UE, (lettera b), punti 1 e 2, che modifica l’articolo 5, comma 1 della legge).
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge n. 82/2006, che la norma qui in esame ora estende anche alle bevande spiritose, la preparazione di mosti di uve fresche mutizzati con alcol, di vini liquorosi, di vini aromatizzati, di bevande aromatizzate a base di vino, di cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli e di spumanti può essere fatta anche in stabilimenti dai quali si estraggono mosti o vini nella cui preparazione non è consentito l'impiego di saccarosio, dell'acquavite di vino, dell'alcol e di tutti quei prodotti invece consentiti dalla normative europea in materia di sostanze aromatizzate, ora contenuta nel nuovo Regolamento UE 251/2014 (che ha abrogato il Reg. UE. 1601/91)[18]. Ciò, soltanto a condizione che le lavorazioni siano preventivamente comunicate, entro il quinto giorno antecedente alla lavorazione, al competente ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi. Il saccarosio, l'acquavite di vino, l'alcol e gli altri prodotti consentiti dal citato regolamento UE, devono essere conservati in magazzini controllati dal predetto ufficio periferico, salvo che tali prodotti siano sottoposti alla vigilanza dell'autorità finanziaria; anche in tale caso, tuttavia, l'ufficio periferico può controllare i prodotti immagazzinati.
§ consentendo la detenzione, nei locali di un’impresa agricola che produce mosti o vini (il testo del decreto-legge prevedeva che i locali fossero intercomunicanti con quelli in cui si estraggono mosti o vini ottenuti dalla medesima impresa; al Senato tale specifica è stata soppressa) delle seguenti sostanze: acquavite, alcol e altre bevande spiritose; zuccheri in misura superiore a 10 Kg e soluzioni; sciroppi, bevande e succhi diversi dal mosto e dal vino, aceti, nonché sostanze zuccherine o fermentate diverse da quelle provenienti dall'uva fresca; uve passite o secche o sostanze da esse derivanti[19]. La detenzione – altrimenti vietata secondo la normativa vigente - è consentita solo a condizione che tali prodotti siano ottenuti esclusivamente dall’attività di coltivazione, silvicoltura e allevamento svolte dall’impresa oppure impiegati nella preparazione di alimenti costituiti prevalentemente da prodotti agricoli ottenuti dalle medesime attività. In tali casi la detenzione è soggetta ad una preventiva comunicazione da inviarsi, anche per via telematica – secondo una specifica aggiunta nel corso dell’esame presso il Senato - al competente ufficio dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (lettera c) che introduce il nuovo comma 3-bis dell’articolo 6);
§ semplificando l’istituzione da parte delle distillerie dei centri di raccolta temporanei fuori fabbrica dei sottoprodotti della vinificazione, eliminando in proposito la previa autorizzazione da parte del competente ufficio periferico dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi del MIPAAF e sostituendola con una previa comunicazione, da inviarsi al predetto ufficio (lettera d), punto 1) che novella il comma 3 dell’articolo 14);
§ eliminando il limite dei cinque giorni entro i quali comunicare la detenzione di vinacce destinate ad altri usi industriali, diversi dalla distillazione (compresa l'estrazione dell'enocianina) all'ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente in base al luogo di detenzione delle vinacce (lettera d), punto 2) che novella il comma 4 dell’articolo 14);
§ prevedendo che per gli aceti di vino preparati con metodo artigianale, a lunga maturazione, il limite dell’1,5 per cento in volume è elevato a 4 per cento in volume (lettera d)-bis, introdotta nel corso dell’esame al Senato che aggiunge un nuovo comma 3-bis all’articolo 16). In sostanza, si consente di considerare come aceto i preparati con volume alcolico fino al 4 per cento se prodotti con metodo tradizionale e artigianale;
§ apportando talune semplificazioni al regime delle sostanze ammesse per uso enologico:
- si conferma che è consentito detenere negli stabilimenti enologici, vendere per uso enologico e impiegare in enologia soltanto le sostanze espressamente permesse dalle vigenti norme nazionali e comunitarie, ma viene soppresso l’ulteriore vincolo per cui le sostanze ammesse devono rispondere alle caratteristiche di purezza determinate con decreto del MIPAAF (lettera e), punto 1) che modifica il comma 1 dell’articolo 25);
- si abroga la previsione che demanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro della salute, la definizione delle norme sulla produzione, confezionamento, conservazione ed etichettatura di sostanze destinate ad uso enologico e la previsione che demanda al Mipaaf il rilascio dell’autorizzazione alla produzione e alla commercializzazione dei citati preparati (lettera e), punto 2) che abroga i commi 2 e 3 dell’articolo 25).
La relazione
illustrativa afferma che in tal modo viene meno una disciplina, in tema
di autorizzazione alla produzione delle sostanze impiegate in enologia già considerate
ammissibili dal legislatore europeo, per la quale il MiPAAF non aveva mai
proceduto alla disciplina attuativa
- per coordinamento normativo, viene adeguata la norma sanzionatoria delle violazione delle prescrizioni in materia di sostanze ammesse, eliminando il richiamo ai decreti ministeriali soppressi (lettera h), punto 1, che sostituisce il comma 11 dell’articolo 35).
- abrogando la norma sui prodotti per l’igiene della cantina e la relativa norma che ne sanziona la violazione (lettera f) che abroga l’articolo 26 e lettera h), punto 2, che abroga il comma 12 dell’art. 35).
La norma sui prodotti per l’igiene della cantina, contenuta nell’articolo 26 ora abrogato, demandava ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro della salute, l’individuazione delle sostanze e dei prodotti utilizzabili per la pulizia e per il risanamento dei recipienti di prodotti vinosi, nonché degli attrezzi, delle pareti, dei pavimenti e degli accessori di cantina. Mentre, il comma 12 dell’art. 35, anch’esso abrogato, stabiliva che la violazione di quanto previsto dall’articolo 26 fosse punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 150 euro a 1.500 euro.
§ modificando la disciplina dei registri di carico e scarico per i produttori, importatori e grossisti di saccarosio, glucosio e isoglucosio, al fine di rimuovere l’obbligo che il registro sia composto da fogli progressivamente numerati sui quali sono annotate le relative operazioni (lettera g) che modifica l’articolo 28).
La misura in esame va letta in combinato disposto con quanto ora previsto dalla norma del provvedimento in esame, come introdotto al Senato, il quale prevede la dematerializzazione del registro di cui sopra e dei registri dei prodotti vitivinicoli.
§
abrogando
la disciplina della diffida per le infrazioni minori, prevista dall’articolo 43.
Tale
abrogazione è motivata dall’introduzione di una nuova disciplina sulla diffida
estesa a tutti gli illeciti agroalimentari puniti con sanzioni amministrative
pecuniarie, di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legge in esame.
Nel
corso dell’esame presso il Senato sono stati aggiunti
all’articolo 2 in esame due ulteriori commi:
§
il comma 1-bis
prevede che per i titolari di stabilimenti enologici con
una produzione inferiore a 50 ettolitri, l’obbligo di tenuta del registro può
considerarsi assolto con la presentazione della dichiarazione di produzione e
di giacenza;
Secondo quanto
previsto dall’art. 36 del reg. CEE 436/2009, le persone che detengono prodotti
del settore vitivinicolo per l'esercizio della loro professione sono soggette
all'obbligo di tenere i “registri” che indichino le entrate e le uscite del
prodotto.
§
il comma 1-ter
modifica la normativa in vigore
(articolo 8, D.Lgs. n. 61/2010) nella parte relativa al divieto di utilizzo
delle denominazioni DOCG, DOC e IGT per i vini ottenuti da vitigni non
classificati idonei alla coltivazione o che derivano da ibridi interspecifici
tra la vitis vinifera e le altre
specie americane o asiatiche. Tale divieto resta riferito alle denominazioni
DOCG e DOC mentre per le IGT si specifica che è consentito l’uso non solo delle
varietà in osservazione (già previsto) ma anche delle varietà di vite iscritte
nel Registro nazionale delle varietà di vite da vino.
La disciplina dell’organizzazione comune del mercato
vitivinicolo
nel nuovo Regolamento (UE) 1308/2012
La normativa
generale della Organizzazione Comune del Mercato del vino è inserita nella
generale disciplina dell’Organizzazione comune dei mercati dei prodotti
agricoli (cd. OCM Unica), di cui al nuovo Regolamento (UE) 1308/2013 del
Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, il quale sostituisce
il precedente Regolamento n. 1234/2007, delegando la Commissione all’adozione
di una serie di regole applicative.
Per quanto specificamente concerne i prodotti vitivinicoli e i profili in
questa sede più propriamente attinenti, il nuovo regolamento UE mantiene
l’impianto sostanziale della normativa precedente, tranne che per taluni
limitati, ma rilevanti, aspetti.
Gestione degli impianti viticoli
Il nuovo
regolamento pone fine al divieto di
impianto di nuovi vigneti, in ragione del conseguimento degli obiettivi
principali della riforma del 2008 dell’OCM vino, dati dalla riduzione
dell'eccedenza strutturale nella produzione vinicola e dal progressivo
miglioramento della competitività del settore. Il nuovo sistema di
autorizzazioni per gli impianti viticoli, contenuto nella Parte II, Titolo I,
Capo III del Regolamento, che trova applicazione dal 1 gennaio 2016 al 31
dicembre 2030 (articolo 61), prevede che gli Stati membri mettano a
disposizione ogni anno autorizzazioni per nuovi impianti in misura pari all'1%
della superficie vitata totale nel loro territorio. Viene comunque consentito
di applicare percentuali inferiori o di limitare il rilascio di autorizzazioni
a livello regionale per specifiche zone ammissibili alla produzione di vini
DOP, alla produzione di vini IGP, oppure per zone senza un'indicazione
geografica, con comunicazione motivata da notificarsi alla Commissione
(articoli 62-63)[20].
Agli
Stati membri che attuano il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli sopra descritto o un programma di sostegno nazionale è fatto obbligo, a decorrere al 1° gennaio 2016, di tenere lo schedario
viticolo contenente le informazioni
aggiornate sul potenziale produttivo. Ciò ai sensi articolo 145, che sostituisce la precedente disciplina sullo
schedario viticolo contenuta nell’articolo 185-bis del Reg. CE 1234/2007.
Sulla base dello schedario viticolo,
entro il 1° marzo di ogni anno gli Stati membri che prevedono nei rispettivi
programmi di sostegno la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti sono
tenuti a presentare alla Commissione un inventario aggiornato del rispettivo
potenziale produttivo.
Dal 1° gennaio 2016, le modalità
delle comunicazioni alla Commissione sulle superfici vitate sono stabilite
dalla Commissione con atti di esecuzione e per agevolare la sorveglianza del
potenziale produttivo da parte degli Stati membri, alla Commissione è conferito
il potere di adottare atti delegati circa il contenuto dello schedario viticolo
e alle esenzioni.
Rimane confermata, nel nuovo
Regolamento la disciplina relativa:
§
all’obbligo degli
Stati membri di designare una o più autorità incaricate di controllare
l'osservanza delle norme dell'Unione nel settore vitivinicolo, ed in
particolare di designare i laboratori autorizzati a eseguire analisi ufficiali
nel settore vitivinicolo (articolo 146, identico all’art. 185-quinquies del Reg. CE n. 1234/2007).
§
all’obbligo di
mettere in circolazione nella Comunità i prodotti del settore vitivinicolo solo
scortati da un documento di accompagnamento ufficiale, nonché l’obbligo per i
produttori di detenere un registro di entrata e di uscita dei prodotti
(articolo 147, analogo all’art. 185-quater
del Reg. CE n. 1234/2007).
Articolo 3,
commi 1-6
(Crediti di imposta per lo sviluppo del commercio
elettronico e di nuovi prodotti a favore delle imprese agricole)
Il comma 1 riconosce un credito
d’imposta nella misura del 40 per cento delle spese per nuovi investimenti finalizzati alla realizzazione e l’ampliamento di infrastrutture informatiche per il potenziamento del commercio elettronico da
parte delle imprese che producono prodotti agricoli ed agroalimentari. Nel
corso dell’esame presso il Senato è
stato approvato un emendamento che ha esteso
le disposizioni in esame anche ai prodotti della pesca e dell’acquacoltura.
Il credito di imposta è
riconosciuto nel periodo d’imposta al 31 dicembre 2014 e per l’anno 2015 e
2016, non può comunque essere superiore a 50.000
euro.
Per il medesimo credito è
riconosciuto il limite di spesa di 500.000 euro per l’anno 2014 e di 2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 1
milione di euro per l’anno 2016, secondo la modifica introdotta al Senato (ai sensi di quanto previsto dal comma 5, lettera a)).
Il testo originario della norma stanzia
invece 500.000 euro per l’anno 2014 e 1 milione di euro per ciascuno degli anni
2015 e 2016.
Per l’individuazione della platea
dei beneficiari della misura la norma fa riferimento:
-
alle imprese che producono i prodotti agricoli
-
alle imprese di pesca e di
acquacoltura, secondo quanto introdotto
nel corso dell’esame al Senato;
-
alle piccole e medie imprese come definite dal Reg. (CE) n.800/2008[21] che producono prodotti agroalimentari
non compresi nel predetto Allegato I.
Le predette imprese possono esser
costituite anche sotto forma di cooperative o di consorzi.
Come detto, il credito di imposta
è riconosciuto per investimenti in infrastrutture informatiche per il
potenziamento del commercio elettronico.
L'Allegato I al
TFUE, al quale il testo del decreto-legge demanda, contiene una lista di
denominazioni di prodotti alimentari previsto dall'articolo 38 del Trattato, il
primo articolo del Titolo III dedicato a "Agricoltura e pesca". L'articolo
citato prevede che l'Unione europea stabilisca una politica comune
dell'agricoltura e della pesca e che la politica comune debba accompagnare il
funzionamento e lo sviluppo del mercato interno - comprendente l'agricoltura,
la pesca e il commercio dei prodotti agricoli, che esplicitamente comprendono i
prodotti della pesca - del settore. L'Allegato I elenca, quindi, quei prodotti
cui si applica la disciplina dettata dal Trattato stesso sull'agricoltura e la
pesca.
Si ricorda, al
riguardo, che nell’ambito dell’Accordo di partenariato 2014-2020 è previsto, come obiettivo tematico 2, il
miglioramento dell’accesso alle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione. In considerazione, infatti, dell’importanza per le aree rurali
di una politica di copertura della banda larga, viene confermato l’obiettivo,
già considerato nella precedente programmazione dei fondi relativi allo
sviluppo rurale, relativamente al completamento della dotazione
infrastrutturale per la connessione veloce. Il raggiungimento dei risultati in
questo ambito è considerato prioritario anche ai fini dell’identificazione dei
domini come elementi di forza del tessuto produttivo della conoscenza dei
prodotti di qualità.
Il Fondo europeo
per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR) è chiamato a concorrere per
garantire i seguenti target:
·
infrastrutture che garantiscano una connettività superiore
a 30Mbps per la banda larga;
·
infrastrutture che garantiscano una connettività superiore
a 100 MBps per la banda ultra-larga.
L’ammontare delle
risorse del FEASR (escluso il cofinanziamento nazionale) destinate a tale
obiettivo è di 136,5 milioni euro.
Si ricorda,
inoltre, che uno specifico strumento per la concessione alle micro, piccole e
medie imprese di finanziamenti a tasso agevolato per investimenti, anche
tramite leasing, in macchinari,
impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso
produttivo, nonché per investimenti in hardware, software e tecnologie digitali,
è contenuto nel D.L. 69/2013, articolo 2 (cd. Decreto del Fare) e attuato con
il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, adottato di
concerto con il Ministro dell’ Economia e delle Finanze del 27 novembre 2013
(pubblicato in G.U. 24 gennaio 2014).
Lo strumento,
come detto, è rivolto alle PMI, operanti in tutti i settori produttivi, inclusi
agricoltura e pesca, che realizzano gli investimenti (anche mediante operazioni
di leasing finanziario). Nel dettaglio, il meccanismo prevede che Cassa depositi e prestiti attraverso
l’utilizzo delle risorse in gestione separata finalizzate ad interventi di
rilancio dell’economia[22] costituisca un plafond destinato alle
banche e agli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività
di leasing finanziario (purché
garantiti da banche) perché questi forniscano, fino al 31 dicembre 2016,
finanziamenti alle imprese per i predetti investimenti. Gli istituti
finanziatori aderiscono a tal fine
ad una apposita convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico
(sentito il Ministero dell'economia e delle finanze), CDP S.p.A. e ABI.
L'importo massimo
del plafond da parte di CDP è
fissato dal D.L. n. 69/2013 in 2,5 miliardi di euro incrementabili, sulla base
delle risorse disponibili ovvero che si renderanno disponibili con successivi
provvedimenti legislativi, fino a 5 miliardi secondo gli esiti del monitoraggio
sull'andamento dei finanziamenti effettuato dalla CDP e comunicato trimestralmente
al Ministero dello sviluppo economico ed al Ministero dell'economia e delle
finanze.
A gennaio 2014 l’intervento in questione è stato reso operativo con la messa a disposizione da parte di CDP del Plafond “Beni Strumentali”, da 2,5 miliardi di euro, dedicato esclusivamente al finanziamento, attraverso il sistema bancario, dell’acquisto di beni strumentali da parte delle Piccole e medie imprese[23]. La Convenzione CDP-MISE-ABI è stata stipulata il 14 febbraio 2014.
Le PMI finanziate attraverso le risorse della provvista messa a disposizione da CDP possono avere accesso ad un contributo statale che copre parte degli interessi sui finanziamenti bancari per gli investimenti realizzati, erogato direttamente dal Ministero dello sviluppo economico[24]. Il contributo è pari all’ammontare degli interessi, calcolati su un piano di ammortamento convenzionale con rate semestrali, al tasso del 2,75% annuo per cinque anni[25].
La linea di provvista risulta allo stato attiva e su essa le PMI, a partire dal prossimo 31 marzo, potranno richiedere finanziamenti agli Istituti aderenti, affiancati da una contribuzione pubblica, erogata direttamente dal Ministero dello sviluppo economico.
Si consideri che
le modalità di concessione delle agevolazioni di cui all’articolo 2 del D.L. n.
69/2013 è oggetto di modifiche ad opera dell’articolo 18, comma 9-bis del provvedimento in esame.
Il comma 2 dispone che il credito d'imposta va indicato nella
dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale è concesso
ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi di quanto previsto
dal D. Lgs. n, 241/1997 (articolo 17).
L’articolo 17, al comma 1 dispone che i contribuenti
eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e
delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti
previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo,
nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle
denunce periodiche. La compensazione deve essere effettuata entro la data di
presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito
annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore
aggiunto, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a
partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della
dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge. Il versamento unitario e
la compensazione riguardano i crediti e i debiti indicati nel comma 2 del
medesimo articolo.
Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione
ai fini IRAP e non rileva ai fini
del rapporto tra l’ammontare dei ricavi e gli altri proventi, rilevante ai fini
del calcolo della deducibilità, di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR
(D.Lgs. n. 917/1986).
L’articolo 61
dispone che gli interessi passivi inerenti all’esercizio d’impresa sono
deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e
altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi
concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e
proventi.
La parte di
interessi passivi non deducibile ai sensi del comma 1 del presente articolo non
dà diritto alla detrazione dall’imposta prevista
L’articolo 109,
al comma 5 dispone che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli
interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale,
sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da
cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che
non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad
attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni
produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione
del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra
l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito
d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di
tutti i ricavi e proventi.
Infine, il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali, da adottarsi di concerto con i Ministri dello
sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, la definizione delle condizioni,
termini e modalità di applicazione del credito d’imposta di cui al comma 1 e di
quanto previsto dal medesimo comma 2 anche con riguardo alla fruizione del beneficio
al fine del rispetto del limite di spesa previsto e del suo monitoraggio.
Si rammenta un
credito di imposta analogo è contenuto all'articolo 8 del disegno di legge A.S.
n. 1328 (cd. collegato agricolo).
Il comma 3 riconosce un credito
d’imposta nella misura del 40 per
cento delle spese per nuovi investimenti per lo sviluppo di nuovi prodotti,
pratiche, processi e tecnologie, nonché
per la cooperazione di filiera,
sostenute dalle imprese che producono prodotti agricoli e agroalimentari.
Il credito di imposta è
riconosciuto nel periodo d’imposta al 31 dicembre 2014 e per l’anno 2015 e
2016, non può comunque essere superiore a 400.000
euro.
Il medesimo credito è
riconosciuto entro il limite di spesa di 4,5
milioni di euro per l’anno 2014,
di 12 milioni per il 2015 e di 9 milioni
per il 2016 (ai sensi di quanto previsto dal successivo comma 5, lettera b)).
Tali importi sono stati modificati
nel corso dell’esame presso il Senato, in quanto originariamente il testo
del decreto prevedeva 4,5 milioni di euro per l’anno 2014, 9 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2015 e 2016.
Il beneficio anche in questo caso
spetta, al pari di quanto stabilito al comma 1:
-
alle imprese che producono i prodotti agricoli;
-
alle imprese di pesca e di
acquacoltura , secondo quanto
introdotto nel corso dell’esame al
Senato;
-
alle piccole e medie imprese come definite dal Reg. (CE) n.800/2008 che producono prodotti agroalimentari non compresi nell’Allegato I.
La finalità dell’agevolazione
consiste nell’incentivare la creazione di nuove reti di imprese o lo svolgimento di nuove attività da parte di reti
di impresa già esistenti.
Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 3 del D.L. 5/2010 ha
disciplinato i distretti produttivi e le reti
di imprese, disponendo che con il contratto di rete più imprenditori
perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la
propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine
si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme
e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero
a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale,
tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività
rientranti nell’oggetto della propria impresa.
Il contratto può anche prevedere
l’istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune
incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del
contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Il contratto di rete è
soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese.
L’art. 45 del D.L. n. 83/2012 ha
introdotto talune semplificazioni
burocratiche sulla forma contrattuale (prevedendo che possa essere redatto
anche come atto firmato digitalmente) e sulle modalità di iscrizione presso il
Registro delle imprese delle eventuali modifiche intervenute, prevedendo,
infine, che ai contratti in esame non si applichino le norme sui contratti
agrari.
L’art. 36 del D.L. 179/2012 ha infine,
previsto:
- al
comma 2-bis l’istituzione presso
ISMEA di un fondo mutualistico nazionale,
alimentato con i contributi volontari degli agricoltori, la cui finalità deve
essere la stabilizzazione dei redditi;
- al
comma 2-ter che un fondo di mutualità possa anche essere
previsto con i contratti di rete sottoscritti da imprenditori del comparto
agricolo con l’assistenza delle organizzazioni professionali di categoria, allo
scopo di stabilizzare le relazioni contrattuali tra i contraenti;
- al
comma 5 che per gli adempimenti pubblicitari richiesti dal D.L. n. 5/09 il
contratto di rete nel settore agricolo può essere sottoscritto dalle parti con
l'assistenza di una o più organizzazioni professionali agricole.
Il comma 4 ricalca pedissequamente quanto previsto dal comma 2 circa
le modalità di indicazione del credito di imposta in sede di dichiarazione dei
redditi e circa la sua utilizzabilità esclusivamente in compensazione e il
fatto che esso non concorre alla formazione del reddito e del valore della
produzione ai fini IRAP. Allo stesso modo che per il credito di imposta di cui
al comma 1, le modalità applicative della misura sono rimesse ad apposito decreto attuativo del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri dello
sviluppo economico e dell'economia e delle finanze.
Infine, ai sensi del comma 6, sia il credito di imposta per
nuovi investimenti in infrastrutture informatiche ai fini dello sviluppo
dell’e-commerce, di cui al comma 1, sia il credito di imposta per lo per lo sviluppo di nuovi prodotti, nonché
per la cooperazione di filiera sono subordinati all'autorizzazione della Commissione europea (ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE).
Articolo 3,
commi 7-9
(Norme in materia di etichettatura dei
prodotti agroalimentari)
I commi da 7 a 9 recano disposizioni volte a sbloccare l’attuazione
della legge sull’etichettatura e a prevedere una procedura finalizzata a dare
piena attuazione alle norme previste dal regolamento (UE) n. 1169/2011 che
entreranno in vigore il 13 dicembre 2014.
In particolare, il comma 7 interviene sulla legge n. 4/2011,
recante norme in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari,
ed in particolare:
· modifica il comma 3 dell’articolo 4, relativo all’adozione di decreti interministeriali
del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro
dello sviluppo economico attuativi dell’obbligo, introdotto dallo stesso
articolo 4, di indicare nell’etichetta il luogo di origine o di
provenienza dei prodotti alimentari e sulla tracciabilità dei prodotti agricoli
di origine o di provenienza del territorio nazionale.
Si sopprime, in particolare, il secondo periodo del comma 3 il
quale disponeva che in sede di prima
applicazione, il procedimento per l’adozione dei predetti decreti fosse
attivato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge
stessa n. 4/2011.
Vengono infatti introdotti nuovi
termini per l’adozione dei predetti decreti, i quali peraltro dovranno
conformarsi alla nuova disciplina
europea, nel frattempo intervenuta, data dal Regolamento UE n. 1169/2011, che si applicherà a decorrere dal 13
dicembre 2014.
In particolare, il successivo comma 9 dispone che i decreti attuativi della disciplina
sull’etichettatura dei prodotti dovranno essere adottati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge in
esame, con le modalità già previste dal comma 7: d’intesa con la Conferenza
unificata, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello
nazionale nel settore agroalimentare, acquisiti i pareri delle competenti
parlamentari commissioni.
·
nuovo comma 4-bis, all’articolo 4, il quale dispone che il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali indice una consultazione pubblica tra i consumatori per comprendere in quale
misura le informazioni relative all’origine dei prodotti alimentari e della
materia prima agricola siano in grado di indirizzare le scelte dei consumatori.
A tal fine, lo stesso dicastero agricolo svolge ricerche, in collaborazione con
il Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (CRA), per individuare,
su scala territoriale, i legami tra la qualità di taluni prodotti e la loro
relativa provenienza.
Il comma 8 prevede che la consultazione pubblica debba svolgersi entro un mese dall’entrata in vigore
del decreto legge.
Articolo 3,
comma 10
(Fondo finanziamento programmi nazionali
distribuzione derrate alimentari agli indigenti)
Il comma 10 interviene sull’art. 58 del D.L. n. 83/2012 nella parte in
cui istituisce presso l’Agenzia per l’erogazioni in agricoltura (AGEA) il Fondo per il finanziamento dei programmi
nazionali di distribuzione delle derrate alimentari agli indigenti.
La modifica è volta ad inserire quale
ulteriore finalità del Fondo quella legata all’efficientamento della filiera della produzione e dell’erogazione.
La relazione illustrativa al
disegno di legge di conversione (A.S. 1541) specifica che tale novella consente
l’introduzione, tra le finalità del Tavolo permanente di coordinamento
istituito presso il Dicastero agricolo ai sensi del decreto interministeriale
n.18476 del 17 dicembre 2012, quella di coordinare la gestione dei c.d.
“sprechi alimentari” al fine di poterli destinare agli indigenti. La lotta agli
sprechi costituisce peraltro una delle tematiche affrontate in sede di Expo
2015.
L’art. 58 dispone, infatti,
al comma 1, l’istituzione del Fondo per il finanziamento dei programmi
nazionali di distribuzione delle derrate alimentari alle persone indigenti.
Con il successivo Decreto interministeriale del 17 dicembre
2012, adottato ai sensi del comma 2
dell’articolo 58, di concerto con il Ministro per la cooperazione
internazionale e l’integrazione, sono stati precisati, all’articolo 2, sia
l’ambito di applicazione che le finalità, disponendo le modalità per la gestione
del fondo, gli indirizzi e gli strumenti per favorire ed incrementare il
recupero delle derrate alimentari e la successiva distribuzione agli indigenti,
l’istituzione di un tavolo permanente di coordinamento tra istituzioni,
organizzazioni caritatevoli e operatori della filiera agroalimentare nonché di
un sistema di informativo presso AGEA a supporto della gestione dei dati.
Il fondo è sostenuto da risorse finanziarie pubbliche, nazionali e
comunitarie e da erogazioni liberali di denaro da parte di soggetti privati, e gestito da AGEA attraverso propri
provvedimenti e nei limiti della disponibilità del fondo stesso (comma 4), sulla base degli atti
ministeriali di indirizzo e dopo aver acquisito il parere del tavolo permanente
di coordinamento (la cui istituzione è stata prevista dal predetto decreto del
17 dicembre 2012) che si esprime relativamente alle modalità gestionali del
fondo e delle erogazioni liberali di derrate alimentari, di beni e servizi.
Nell’istituire - decreto
interministeriale n.18476 del 17 dicembre 2012- il tavolo presieduto da un
rappresentate di questo Ministero e composto da rappresentanti di altri
Ministeri e da un rappresentate di ogni organizzazione caritatevole
riconosciuta ed iscritta all’albo di AGEA, nonché da un rappresentante
dell’ANCI, è stato coinvolto anche il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali per poter definire misure operative efficaci e condivise.
Si ricorda, inoltre, che la
legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), all’articolo
1, comma 224, ha disposto che il fondo è rifinanziato per 10 milioni di euro per l’anno 2014.
Con la riforma del bilancio
dell’Unione europea, come affermato dal Ministro Martina in data 14 arile 2014,
in risposta all'interrogazione n. 4-01543 presentata presso l’Aula del Senato, il finanziamento del fondo sarà effettuato, oltre che con le risorse
nazionali, a valere sul Fondo sociale
europeo, che è gestito dal Ministero del lavoro e che, pertanto, è già
coinvolto nei tavoli di discussione relativi alla prossima programmazione
2014-2017, al fine di concordare i necessari atti amministrativi attuativi
della nuova normativa europea che disciplina gli aiuti agli indigenti.
Gli incrementi del fondo
disposti da privati beneficiano comunque, ai sensi del predetto articolo 58,
delle agevolazioni fiscali di cui
all’art. 13 del D.lgs. n. 460/97, previste per gli enti non commerciali e le
organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Le medesime agevolazioni si
applicano, secondo il comma 3, alle
derrate attribuite al programma da parte degli operatori della filiera agroalimentare.
L’attribuzione, sempre a
titolo di liberalità, avviene secondo le modalità stabilite da AGEA, che è
anche il soggetto responsabile
dell’attuazione del programma (comma 4).
Si ricorda inoltre che, con
il Reg UE n.223/2014 è stato
istituito il Fondo di aiuti europei per
gli indigenti (FEAD) con il quale vengono sostenuti gli interventi promossi
dai paesi dell'UE per fornire agli indigenti un'assistenza materiale,
tra cui generi alimentari, abiti e altri articoli essenziali per uso personale,
come scarpe, sapone e shampoo. La Commissione approva i programmi nazionali per il periodo
2014-2020, sulla cui base le autorità nazionali adottano le singole
decisioni che portano all'erogazione dell'assistenza Le autorità nazionali possono sia acquistare
direttamente il cibo e i beni e fornirli alle organizzazioni, oppure finanziare
le organizzazioni affinché provvedano agli acquisti. In quest'ultimo caso, le
organizzazioni partner possono
distribuire direttamente il cibo e i beni, oppure chiedere aiuto ad altre
organizzazioni. Le organizzazioni possono essere enti pubblici oppure organizzazioni
non governative selezionate dalle autorità nazionali sulla base di criteri
oggettivi e trasparenti definiti a livello nazionale. Per il periodo
2014-2020 sono stati stanziati per il FEAD oltre 3,8 miliardi di euro;
i paesi dell'UE sono tenuti a contribuire al rispettivo programma nella misura
di almeno il 15% mediante cofinanziamenti nazionali.
In merito alla problematica
relativa allo spreco alimentare, si
ricorda che il 3 giugno 2014 l’Assemblea della Camera ha approvato la Mozione Fiorio
1-00482 con la quale si
impegna il Governo, tra l’altro, ad utilizzare i finanziamenti previsti dal
Fondo per gli aiuti europei agli indigenti (FEAD) per la prosecuzione, senza
soluzione di continuità, del programma di distribuzione di alimenti agli
indigenti finora svolto da AGEA in concorso con le organizzazioni caritative.
Articolo 4,
commi 1-7
(Nuove norme sulla produzione di
mozzarella di bufala campana e sulla tracciabilità del latte bufalino)
L’articolo 4, commi da 1 a 3 e 7 recano nuove disposizioni sulla produzione della Mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta, e sulla tracciabilità dei latte di bufala e dei prodotti trasformati derivanti dall’utilizzo di latte bufalino, sostitutive dalla disciplina attualmente vigente in materia.
I commi da 4 a 6 dispongono sanzioni varie per chi viola gli obblighi introdotti dalla nuova disciplina.
L’articolo interviene sulla disciplina delle modalità di produzione della mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta, prima contenuta nell'articolo 4-quinquiesdecies del D.L. n. 171/2008 (legge n. 205/2008), il quale imponeva, a decorrere dal 1 luglio 2014, che la produzione della mozzarella di bufala campana DOP fosse effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari[26].
In particolare, l’articolo 4-quinquiesdecies viene abrogato (comma 7), e sostituito con una nuova disciplina la quale impone che la produzione della “Mozzarella di Bufala campana” DOP deve avvenire in uno spazio in cui è lavorato esclusivamente latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana. In tale spazio può avvenire anche la produzione di semilavorati e di altri prodotti purché realizzati esclusivamente con latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della Mozzarella di Bufala Campana DOP (MBC DOP).
La produzione di prodotti realizzati anche o esclusivamente con latte differente da quello da allevamenti inseriti nell’areale di controllo della MBC DOP deve essere effettuata in uno spazio differente (comma 1).
Si ricorda che - sulla base
delle norme europee che disciplinano
l’attribuzione del Disciplinare di
produzione della MBC DOP denominazioni d’origine, consentendo la tutela del
prodotto conforme ad un disciplinare di produzione sull’intero territorio
comunitario - la “mozzarella di bufala campana”, dopo un primo riconoscimento
con il D.P.R. 10 aprile 1993 che ne ha assicurato la protezione sul territorio
nazionale, ha ottenuto la più ampia tutela in ambito UE con l’approvazione del Reg. CE n. 1107/96, modificato dal Reg. CE n. 103/2008 che ha rivisto il
disciplinare di produzione.
Il disciplinare, pur in
presenza di più puntuali specifiche in merito al metodo di ottenimento del
prodotto, la cui zona geografica di provenienza è stata ampliata, non contempla specifiche limitazioni in
ordine alla utilizzazione degli impianti anche per produzioni non rientranti
nella DOP.
Si segnala comunque al
riguardo che nella pubblicazione della domanda
di modifica al disciplinare in G.U.U.E. il 25 aprile 2007- nel corso dell'iter che ha portato al Reg. 103/2008 -
si prevede tra l'altro che "ogni
fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna i
prodotti in entrata e i prodotti in uscita. In questo modo, e attraverso
l'iscrizione in appositi elenchi, gestiti dall'organismo di controllo, degli
allevatori, dei produttori e dei confezionatori, è garantita la tracciabilità e
la rintracciabilità (da valle a monte della filiera di produzione) del prodotto".
Disposizioni aventi
finalità analoghe a quelle sopra illustrate, specificamente dirette a
consentire la realizzazione di più agevoli controlli per evitare l’utilizzo di
materie prime non conformi al disciplinare, sono previste dal disciplinare di
produzione del “parmigiano reggiano”, il quale richiede che “tutto il latte
introdotto in caseificio sia conforme ai regolamenti di produzione del
Parmigiano Reggiano", che indicano fra l’altro quale debba essere il
metodo di alimentazione delle vacche da latte, e richiedono un periodo di
quattro mesi per la conversione degli allevamenti non conformi.
Inoltre, si
segnala che presso la XIII Commissione agricoltura della Camera sono in corso
di esame due proposte di legge che incidono sulla stessa materia dell’articolo
qui in esame[27].
Infine, si ricorda che
presso la XIII Commissione della Camera dei deputati si è tenuto nell’anno 2013
un ciclo di audizioni informali su questioni di interesse del
comparto della mozzarella di bufala campana DOP, che ha visto l'intervento
dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, dell'Assessore
all’agricoltura della Regione Campania e di varie associazioni di categoria,
quali Confagricoltura, Confindustria Campania e il Consorzio per la tutela del
formaggio mozzarella di bufala campana DOP[28].
L’articolo in esame abroga il
preesistente sistema di tracciabilità delle quantità di latte bufalino
prodotto, previsto dall’articolo 7 della legge n. 4/2011 (comma 7), sostituendolo con la previsione di un più ampio sistema
di tracciabilità che impone agli allevatori
bufalini ed ai trasformatori e
intermediari di latte di bufala l’obbligo di adottare, nelle rispettive
attività, sistemi idonei a garantire la rilevazione
e la tracciabilità del latte prodotto quotidianamente,
dei quantitativi di latte di bufala trasformato e delle quantità di prodotto
derivante dalla trasformazione del latte di bufala utilizzato (comma 2).
Si demanda ad un decreto del
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il
Ministro della salute, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in
vigore del decreto legge, la definizione delle modalità per l’attuazione delle
disposizioni di cui all’articolo in esame (comma
3).
Durante l’esame
presso il Senato è stato previsto che il decreto
dovrà stabilire le modalità per la
separazione delle produzioni, impedendo ogni contatto tra latte proveniente
dagli allevamenti certificati e gli altri tipi di latte nonché tra mozzarella
di bufala campana DOP e prodotti ottenuti con altro tipo di latte.
L’articolo 7 della legge n. 4/2011 aveva previsto
che gli allevatori bufalini fossero tenuti ad adottare strumenti per la
rilevazione, certa e verificabile, della quantità di latte prodotto
giornalmente da ciascun animale. Le modalità applicative sono state rinviate ad
un decreto del Ministro delle politiche
agricole, alimentari e forestali, sentite le regioni interessate che è
stato, poi, emanato il 14 gennaio 2013.
Quanto agli
obblighi di trasmissione, il D.M. citato ha previsto che entro i primi 10
giorni lavorativi di ciascun mese dell'anno l'allevatore, direttamente o
tramite organismi da lui delegati, trasmette al SIAN i dati relativi primo
giorno del mese in corso, nonché il numero totale delle bufale in produzione e
la quantità di latte di massa prodotto per l'intero mese precedente. Il primo
giorno lavorativo di ogni settimana di ciascun mese dell'anno l'allevatore,
direttamente o tramite organismi da lui delegati, trasmette al SIAN la quantità
di latte di massa prodotto nella settimana precedente (articolo 5)[29].
In ordine alla
tracciabilità della provenienza del latte acquistato dai caseifici, si ricorda che l'articolo 26, comma 5, della nuova disciplina europea in materia di
etichettatura e fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, Regolamento UE n. 1169/2011, che
entrerà in vigore il 13 dicembre 2014, prevede che la Commissione UE presenti,
entro il 13 dicembre 2014, al Parlamento europeo e al Consiglio, una relazione
sull'indicazione obbligatoria del paese d'origine o del luogo di provenienza
del latte usato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari.
L’articolo 4 prevede
sanzioni per :
·
chiunque viola l’obbligo di produrre
MBC DOP in uno spazio in cui è lavorato
esclusivamente latte proveniente dall’areale DOP e il relativo obbligo di produrre in uno spazio differente i prodotti realizzati anche o solo con latte differente, previsto dal comma
1.
Tali violazioni sono punite con una sanzione amministrativa pecuniaria del
pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 13.000 e alla sanzione accessoria della chiusura
dello stabilimento nel quale si è verificata la violazione per un periodo
da un minimo di dieci ad un massimo di trenta giorni, salvo quanto previsto
dall’ultimo periodo del presente comma. Nel
corso dell’esame al Senato è stata, inoltre, inserita la sanzione
accessoria della pubblicazione
dell’ordinanza di ingiunzione, a cura e spese dell’interessato, su due quotidiani a diffusione
nazionale.
Si applica inoltre la sanzione accessoria della sospensione del diritto di utilizzare la
DOP dalla data dell’accertamento della violazione fino a quando l’organo di
controllo non abbia verificato la rimozione della causa che ha dato origine
alla sanzione e l’avvenuta pubblicità della stessa, attraverso la
pubblicazione, a cura e spese dell’interessato, su due quotidiani a diffusione
nazionale.
Nel caso di
accertamento della reiterazione delle violazioni di sopra,
avvenuto nei sei mesi successivi all’adozione del provvedimento esecutivo, è
disposta la chiusura dello stabilimento
è disposta per un periodo da un minimo
di trenta ad un massimo di novanta giorni e gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie sono raddoppiati.
Si prevede inoltre
che la sanzione della chiusura dello
stabilimento nel quale si è verificata la violazione è inoltre disposta anche a carico di coloro che utilizzano latte o cagliata diversi da
quelli della Mozzarella di Bufala Campana DOP nella produzione di
Mozzarella di Bufala Campana DOP.
In tali casi la
chiusura dello stabilimento è disposta per un minimo di 10 giorni ad un massimo di 30 giorni (termini
modificati durante l’esame presso il Senato; il testo del decreto-legge
originario prevedeva la chiusura per un minimo di un giorno ad un massimo di
dieci giorni).
In caso di
reiterazione è prevista la chiusura da un minimo di trenta ad un massimo di
novanta giorni (anche in tal caso è
stata apportata dal Senato una variazione in quanto originariamente era stato
prevista una durata di trenta giorni) (comma
4).
La Circolare
del MIPAAF del 2 luglio 2014 precisa che le fattispecie sanzionatorie di
cui al comma 4 qui in esame, essendo previste sanzioni accessorie, non si
applica la diffida di cui all’art. 1, comma 3, del decreto legge.
Durante l’esame
presso il Senato è introdotta la previsione dell’applicazione della procedura di cui all’art. 19 della legge n. 689/1981
anche nel caso di opposizione all’inibizione all’uso della denominazione
protetta.
L’articolo richiamato prevede che quando si
è proceduto a sequestro, gli interessati possono, anche immediatamente,
proporre opposizione. Sull'opposizione la decisione è adottata con ordinanza
motivata emessa entro il decimo giorno successivo alla sua proposizione. Se non
è rigettata entro questo termine, l'opposizione si intende accolta. Anche prima
della conclusione del procedimento amministrativo, l'autorità competente può
disporre la restituzione della cosa sequestrata, previo pagamento delle spese
di custodia, a chi prova di averne diritto e ne fa istanza, salvo che si tratti
di cose soggette a confisca obbligatoria. Quando l'opposizione al sequestro
viene rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa
ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due
mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal
giorno in cui è avvenuto il sequestro.
·
chiunque viola
l’obbligo di adottare sistemi idonei di tracciabilità del latte prodotto, dei quantitativi di latte di
bufala trasformato e delle quantità di prodotto derivante dalla trasformazione
del latte di bufala di cui al comma 2.
In tal caso è prevista una sanzione
amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 750 ad euro 4.500.
Qualora la violazione
riguarda prodotti inseriti nel sistema di controllo
delle denominazioni protette di cui al Reg. (UE) n. 1151/2012
sul regime europeo di qualità dei prodotti agricoli e alimentari[30], si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 13.000.
Per tali violazioni, è inoltre fatta salva
l’applicazione delle norme penali vigenti.
Si ricorda in proposito che l’articolo 517-quater del codice penale
disciplina il reato di contraffazione di indicazioni geografiche o
denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, prevedendo la
reclusione fino a due anni e la multa fino a euro 20.000.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine di
trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita,
pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in
circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte[31].
Era originariamente previsto ma è stato soppresso durante l’esame presso il Senato
che gli addetti al controllo, nel caso di prima violazione, procedano a diffidare il responsabile ad adempiere
alle prescrizioni previste entro un termine massimo di quindici giorni. Decorso inutilmente tale termine, gli importi delle sanzioni
amministrative pecuniarie previste dal presente comma sono raddoppiati (comma 5).
E’ stato, inoltre, inserito un nuovo comma 5-bis secondo
il quale alle violazioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano esclusivamente le
disposizioni sanzionatorie previste dai commi 4 e 5 .
Il Dipartimento
dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei
prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali, è designato quale autorità competente all'applicazione delle predette
sanzioni, sia per le violazioni del comma 1 che per le violazioni del comma 2 (comma 6).
Articolo 4,
comma 8
(Sanzioni penali per violazione di
divieti di coltivazione)
Il comma 8 sanziona penalmente la violazione dei divieti di coltivazione previsti dal Reg. UE 178/2002, in materia di sicurezza alimentare nel territorio dell’UE. Il fine della misura, si rileva nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione presentato al Senato, è quello di rendere effettivi i divieti ed i limiti imposti per la coltivazione di OGM sul territorio.
In particolare, il comma prevede che chiunque viola i divieti di coltivazione introdotti con atti adottati, anche in via cautelare, ai sensi della disciplina sul sistema di allarme rapido nell’UE in materia di sicurezza alimentare contenuta negli articoli 53 e 54 del Reg. (CE) n. 178/2002[32], è punito con la multa da 25.000 euro a 50.000 euro (il testo del decreto originario prevedeva la reclusione da 6 mesi a tre anni e la multa da euro 10.000 a euro 30.000).
La
disposizione in esame punisce la violazione di alcuni divieti di coltivazione
con la sola pena pecuniaria della multa, mentre il testo originario del decreto-legge
prevede la pena congiunta detentiva e pecuniaria (reclusione e multa). In
merito si ricorda che è attualmente in corso di esercizio da parte del Governo
una delega per la depenalizzazione di tutti i reati puniti con la sola pena
pecuniaria (art. 2, legge n. 67 del 2014) che non rientrino in alcune
particolari materie.
L’autore del
delitto è tenuto altresì a rimuovere, a propria cura e spese, secondo le
prescrizioni del competente organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni
di polizia giudiziaria, le coltivazioni di sementi vietate ed alla
realizzazione delle misure di riparazione primaria e compensativa nei termini e
con le modalità definiti dalla Regione competente per territorio. E’ fatta
salva l’ipotesi che il fatto costituisca più grave reato.
Si
ricorda che la commercializzazione e sperimentazione di OGM in Europa sono
disciplinate in primo luogo dalla direttiva 90/219/CE, attualmente rifusa nella
2009/41/CE, che regola l'impiego confinato di microrganismi geneticamente
modificati in modo da limitare le possibili conseguenze negative sulla salute
umana e sull'ambiente. Il provvedimento è stato recepito con il D.Lgs. 3 marzo
1993, n. 91.
La
materia è inoltre regolata dalla Direttiva 2001/18/CE (che ha abrogato la
precedente 90/220/CE), che disciplina l'immissione deliberata nell'ambiente,
anche con la coltivazione, di organismi geneticamente modificati, inclusa la
loro immissione in commercio e la messa a disposizione di terzi - dietro
compenso o gratuitamente - all'interno della Comunità. L'importazione o la
movimentazione delle materie prime agricole con OGM rientra nella immissione in
commercio, e deve pertanto sottostare alle regole definite con la direttiva. Le
disposizioni, recepite in Italia dal D.Lgs. 8 Luglio 2003, n. 224, rispetto alla
precedente direttiva ribadiscono la validità del principio di precauzione,
prevedono un’autorizzazione a tempo determinato, introducono norme più rigorose
nella valutazione d’impatto ambientale.
Successivamente
sono stati pubblicati nuovi Regolamenti sulla commercializzazione,
tracciabilità ed etichettatura degli OGM: il Regolamento 1829/2003/CE, che si
applica agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (più precisamente
alimenti e mangimi prodotti "con" un OGM ma anche "da" un
OGM), ha definito una procedura comunitaria per la valutazione delle sicurezza
dei prodotti prima della immissione sul mercato. Il provvedimento
sostanzialmente introduce un nuovo sistema di autorizzazione e vigilanza sia
sugli alimenti che sui mangimi, nonché nuove disposizioni in materia di
etichettatura; e il Regolamento 1830/2003/CE che ha istituito un quadro
normativo per la tracciabilità dei prodotti contenenti OGM e degli alimenti e
dei mangimi ottenuti da OGM.
Le
disposizioni sanzionatorie delle violazioni dei detti regolamenti sono state
approvate con il D.Lgs. 21 marzo 2005, n. 70 che ha ripartito tra il Ministero
dell'Ambiente e le regioni e province autonome la competenza in merito
all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
Va
segnalato che nel 2001, in attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE, è
stato adottato il D.Lgs. 212/2001 sulla commercializzazione dei prodotti
sementieri, che prevede, in apparente contrasto con la normativa comunitaria
(ove si prevede che le varietà OGM autorizzate a livello europeo possano
liberamente circolare su tutto il territorio comunitario), che la messa in
coltura di prodotti sementieri contenenti OGM sia soggetta ad autorizzazione
del Ministero delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri
dell’Ambiente e della Salute, sulla base di un parere tecnico previamente
espresso da una Commissione di esperti (12 membri) di nomina ministeriale e
regionale (art.1, co. 2).
Il
D.Lgs. n. 224/2003, basato sul principio di precauzione , stabilisce le misure
volte a proteggere la salute umana, animale ed ambientale, relativamente alle
attività di rilascio di OGM definiti come organismi, diversi dall'essere umano,
il cui materiale genetico sia stato modificato in modo diverso da quanto si
verifica in natura mediante accoppiamento o incrocio o con la ricombinazione
genetica naturale), con riferimento alla:
§ emissione
deliberata per scopi diversi dall'immissione sul mercato;
§ immissione
sul mercato di OGM come tali o contenuti in prodotti.
L'autorità
nazionale competente in materia è il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, che agisce, per quanto di rispettiva competenza, d'intesa con i
Ministri della salute, del lavoro e delle politiche sociali, delle politiche
agricole e forestali, delle attività produttive, e dell'istruzione.
Il
dicastero dell'ambiente è pertanto l'organo competente alla verifica e rilascio
dei provvedimenti autorizzativi, e chiunque intenda effettuare un'emissione
deliberata nell'ambiente di un OGM, o una immissione sul mercato, è tenuto a
presentargli preventivamente una notifica in quadruplice copia, accompagnata
da:
a)
un fascicolo tecnico con le informazioni dettagliate riportate all'allegato
III;
b)
la valutazione del rischio ambientale;
c)
la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la
filiera agroalimentare.
Ricevuta
la notifica, il dicastero dell'Ambiente effettua un’istruttoria preliminare,
quindi trasmette copia della notifica ai Ministeri della Salute e delle
Politiche agricole e forestali, all'APAT (Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici) ed alle Regioni e Province Autonome
competenti.
E'
prevista anche una procedura di consultazione ed informazione pubblica.
Si
provvede poi allo scambio di informazioni con la Commissione europea e le
autorità competenti degli altri Stati membri, mentre al notificante ed alla
Commissione europea viene inviata la relazione di valutazione. Si rilascia poi
al notificante l'autorizzazione scritta all'emissione, e si stabiliscono i
requisiti di etichettatura ed imballaggio.
Qualora
necessario, gli organi di competenza possono, con provvedimento d'urgenza,
limitare o vietare temporaneamente l'immissione sul mercato, l'uso o la vendita
sul territorio nazionale di un OGM.
Il
dicastero dell'Ambiente invia alla Commissione europea una sintesi di ogni
notifica ricevuta nonché delle decisioni definitive adottate nei confronti
delle stesse, includendovi le eventuali ragioni per le quali una notifica sia
stata respinta.
Lo
stesso dicastero trasmette una volta l'anno alla Commissione un elenco degli
OGM il cui rilascio sia stato autorizzato mediante le procedure differenziate
semplificate, quindi degli OGM il cui rilascio non sia stati autorizzato.
Presso
il Ministero dell'Ambiente è istituito un pubblico registro informatico dove
sono annotate le localizzazioni degli OGM emessi; e un sistema analogo è
istituito anche presso le Regioni e le Province Autonome, in modo da consentire
il monitoraggio di eventuali loro effetti.
Chiunque
coltivi OGM deve pertanto non solo comunicare alle Regioni e Province
competenti per territorio la localizzazione delle coltivazione, ma è anche
tenuto a conservare per dieci anni le informazioni relative agli OGM coltivati
ed alla loro localizzazione. Contestualmente deve inoltre apporre adeguati
cartelli di segnalazione che indichino chiaramente la presenza di OGM.
Si
osservi che il quadro legislativo dei paesi membri e dell’UE in materia di OGM
è in evoluzione.
In
particolare, in Francia, il 5 maggio scorso i due rami del Parlamento hanno
definitivamente approvato una proposta di legge che mette al bando la
coltivazione di mais OGM sul territorio nazionale. Ai fini della promulgazione
e dell'entrata in vigore del testo, il provvedimento ha dovuto ricevere il
vaglio di conformità del Consiglio costituzionale. Con la pronuncia del 28 maggio 2014, il
Consiglio Costituzionale francese ha dichiarato la legittimità della proposta
di legge.
Inoltre,
Il Consiglio ambiente del 12 giugno 2014 ha approvato, a larga maggioranza, con
le sole astensioni di Belgio e Lussemburgo, la proposta di compromesso della
presidenza greca sulla proposta di modifica alla Direttiva 2001/18/CE
finalizzata a consentire agli Stati membri di limitare o vietare la
coltivazione, in tutto o in parte del loro territorio, degli OGM che sono stati
autorizzati o sono sotto autorizzazione a livello europeo.
La proposta dunque introduce la possibilità per
gli Stati membri di vietare in tutto o parte del loro territorio la
coltivazione degli OGM, anche per motivi diversi dalla tutela della salute e
dell'ambiente.
L'iter presso le istituzioni proseguirà, nel
semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Ue per la definizione
dell'accordo in seconda lettura con il Parlamento europeo e la definitiva
approvazione.
Documenti
all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio
rapporti con l’Unione Europea)
Con riferimento alla disposizione che prevede specifiche sanzioni per chiunque violi i divieti di coltivazione di OGM sul territorio previsti dagli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002, si segnala che è attualmente all’esame delle Istituzioni dell’UE una proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio (COM(2010)375).
Sulla proposta, che permetterà agli Stati membri di decidere se coltivare o meno organismi geneticamente modificati sul proprio territorio, il 23 luglio 2014 il Consiglio Affari generali ha adottato la sua posizione in prima lettura.
Articolo 5
(Disposizioni per l'incentivo
all'assunzione di giovani lavoratori agricoli e la riduzione del costo del
lavoro in agricoltura)
I commi da 1 a 12 dell’articolo 5 riguardano una misura sperimentale di incentivo alle assunzioni da parte dei datori di lavoro imprenditori agricoli, mentre i successivi commi 13 e 14 consentono, per i produttori agricoli che rientrino nell’àmbito di applicazione dell'IRAP, alcune deduzioni dalla base imponibile del medesimo tributo, con riferimento ai lavoratori agricoli dipendenti a tempo determinato.
I commi da 1 a 12 introducono uno specifico incentivo, in favore dei datori di lavoro imprenditori agricoli, al fine di promuovere l’occupazione stabile in agricoltura, in attesa dell’adozione di ulteriore risorse da realizzarsi anche attraverso la nuova programmazione comunitaria 2014-2020.
In particolare, si prevede:
· che l’incentivo sia erogato ai fini dell’assunzione di giovani tra i 18 ed i 35 anni, nel limite di specifiche risorse, a favore dei datori di lavoro imprenditori agricoli che assumano tali soggetti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (o a termine in presenza di specifici parametri, vedi infra) dei lavoratori che oltre all’età richiamata, ai sensi del comma 4, siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi o che siano privi di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado (comma 1);
· l’istituzione, ai fini dell’erogazione del suddetto incentivo, del Fondo per gli incentivi all’assunzione di giovani lavoratori agricoli (nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), con dotazione pari a 9 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 (comma 2);
· che ai fini della concessione dell'incentivo il contratto di lavoro a tempo determinato debba avere durata almeno triennale, debba garantire al lavoratore un periodo di occupazione minima di 102 giornate all'anno nonché essere redatto in forma scritta (comma 3);
· che l’incentivo venga erogato a condizione che le assunzioni debbano essere effettuate tra il 1° luglio 2014 ed il 30 giugno 2015 e debbano portare un incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra il numero di giornate lavorate nei singoli anni successivi all'assunzione e il numero di giornate lavorate nell'anno precedente l'assunzione (comma 5). Ai fine del computo dell’incremento, lo stesso comma dispone che i lavoratori part-time siano computati in base al rapporto tra le ore pattuite e l'orario normale di lavoro dei lavoratori a tempo pieno. L'incremento della base occupazionale, infine, deve essere considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto;
L’incremento occupazionale netto è valutato in base ai richiamati criteri. Si dovrebbe ritenere, anche in base all’attuazione di precedenti misure di incentivo analoghe, che l’incremento si verifichi anche nel caso di imprese agricole di nuova costituzione (in cui, cioè, la media di riferimento sia per definizione pari a zero).
· che l’importo dell’incentivo sia pari ad un terzo della retribuzione lorda (imponibile ai fini della contribuzione previdenziale), per un periodo complessivo massimo di 18 mesi, e sia riconosciuto - esclusivamente mediante compensazione con i contributi previdenziali dovuti - secondo i seguenti criteri (comma 6): per i contratti a termine (lettera a)), le quote del beneficio, ciascuna pari a 6 mensilità, spettano a decorrere dal completamento, rispettivamente, del primo, del secondo e del terzo anno di assunzione; per i contratti a tempo indeterminato (lettera b)), l'intero incentivo, pari, come detto, a 18 mensilità, spetta a decorrere dal completamento del diciottesimo mese dal momento dell’assunzione. In ogni caso, il valore annuale dell'incentivo non può comunque superare (comma 6-bis), per ciascun lavoratore assunto, l'importo di 3.000 euro, nel caso di assunzione a tempo determinato, e di 5.000 euro, nel caso di assunzione a tempo indeterminato;
· che all’incentivo si applichino le norme generali in materia di incentivi all'assunzione - relative soprattutto a fattispecie di esclusione del beneficio - di cui all'articolo 4, commi 12, 13 e 15, della L. 92/2012 (comma 7);
I richiamati commi dell’articolo 4 della L. 92/2012 ha posto alcune norme, relative all'applicazione di tutti gli istituti di incentivo all'occupazione, definendo, al contempo, determinate fattispecie di esclusione del riconoscimento degli incentivi stessi. Si precisa, inoltre, che ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore abbia prestato l'attività, in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato. Infine, è stato stabilito che l’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie in materia producono la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione;
· l’obbligo, per l’I.N.P.S., di adeguare, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (e cioè entro il 24 agosto 2014), le proprie procedute informatizzate (senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) al fine di ricevere le domande di ammissione all’incentivo. Nello stesso termine, l’I.N.P.S. deve (con propria circolare) anche disciplinare le modalità attuative per l’erogazione dell’incentivo nonché le modalità di controllo per il rispetto dei parametri ai quali è condizionata l’erogazione dell’incentivo stesso (comma 8). Il riconoscimento dell’incentivo è effettuato in base all’ordine cronologico delle domande (comma 9), nel limite delle risorse indicate in precedenza; è infine previsto un monitoraggio delle minori entrate in relazione alla concessione dell’incentivo;
· l’obbligo di alcuni adempimenti da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (comunicazione sintetica alla Commissione europea relativa alla configurazione dell’agevolazione quale aiuto di Stato, verifica della compatibilità delle disposizioni in esame con la nuova disciplina europea di esenzione stante la compatibilità dell’agevolazione con gli aiuti di Stato) (commi 10 e 11);
· che a decorrere dalla data in cui è possibile presentare domanda di ammissione (e cioè dal 24 agosto 2014) per il suddetto beneficio (con riferimento alle assunzioni di lavoratori agricoli a tempo indeterminato) non trovi più applicazione l’incentivo previsto per la generalità dei datori di lavoro e relativa alla stipulazione - entro il 30 giugno 2014 - di contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con soggetti di età compresa tra i 18 ed i 29 anni e che diano luogo ad un incremento occupazionale netto, di cui all’articolo 1 del D.L. 76/2013, salvaguardando comunque le domande presentate (per il beneficio in questione) prima della suddetta data ( comma 12).
Tale articolo ha introdotto, in via sperimentale, un incentivo per i datori di lavoro che entro il 30 giugno 2015 assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o che siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale. L’incentivo è pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, copre un periodo di 18 mesi e non può comunque superare l’importo di 650 euro per ogni lavoratore assunto. Le assunzioni devono comportare un incremento occupazionale netto. Il medesimo incentivo è riconosciuto, per un periodo di 12 mesi, nel caso di trasformazione con contratto a tempo indeterminato. Alla trasformazione deve corrispondere l’assunzione, entro un mese, di un ulteriore lavoratore. Per il finanziamento dell’incentivo sono previste risorse statali pari a 500 milioni per le regioni del Mezzogiorno e a 294 milioni per le restanti regioni, nonché eventuali ulteriori finanziamenti a carico delle singole Regioni.
I commi 13 e 14, estendono le deduzioni per lavoro dipendente di cui all’articolo 11, comma 1 lettera) , numeri 2), 3) e 4 della D.Lgs. n. 446/1997 - nella misura del 50 per cento degli importi ivi previsti – per produttori agricoli soggetti ad IRAP[33] e – secondo quanto introdotto al Senato – per le società agricole[34], nel caso di lavoratori a tempo determinato con un contratto di durata di almeno tre anni e con almeno 150 giornate lavorate all’anno.
Le deduzioni in oggetto sono dunque pari a:
1) 3.750 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente impiegato nel periodo di imposta, aumentate a 6.750 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni;
2) fino a 7.500 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente impiegato nel periodo d'imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, aumentate a 10.500 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni; tale deduzione è alternativa a quella di cui al numero 1), e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione delle regole europee sugli aiuti de minimis (Reg. UE 1408/2013);
3) il 50 per cento dei contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori assunti con il contratto a tempo determinato.
La disposizione si applica - previa autorizzazione della Commissione UE richiesta a cura del Mipaaf - a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, senza tuttavia incidere sull’acconto dovuto per il medesimo periodo d’imposta.
Articolo 6
(Rete del lavoro agricolo di qualità)
Il comma
1 prevede l’istituzione presso
l’INPS – della “Rete del lavoro di qualità”– alla quale possono partecipare le imprese
agricole[35] in
possesso dei seguenti requisiti:
a) non
avere riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di
lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore
aggiunto (nel testo originario era previsto come ulteriore motivo di esclusione
il non avere procedimenti penali in corso, durante l’esame presso il Senato
tale causa di esclusione è stata soppressa);
b) non
essere stati destinatari, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative per
le violazioni di cui alla lettera a);
c) essere
in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi
assicurativi.
Si osserva che l’istituzione di una “Rete del
lavoro agricolo di qualità” risponde ad una proposta elaborata nell’ambito
della proposta unitaria di riforma del mercato agricolo dalle sigle sindacali
del settore agricolo FAI-CISL, CGIL-FLAI e UILA[36]. Tale
proposta è stata presentata, in prima battuta, il 26 febbraio 2014, presso
l’INPS, dalle sigle sindacali del settore agricolo FAI-CISL, CGIL-FLAI e UILA[37] e
successivamente depositata agli atti del Senato, in data 23 aprile 2014, in
sede di Audizione informale dei rappresentanti dei sindacati agricoli sul Disegno
di legge A.S. n. 1328 (cd. Collegato competitività settore agricolo).
Il comma
2 prevede che alla Rete di cui al comma 1 sovraintenda una cabina di regia
composta da rappresentanti delle istituzioni centrali e territoriali, da
rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro e presieduta dal
rappresentante dell’INPS.
Ai sensi del comma 5 la partecipazione alla cabina di regia è a titolo gratuito
e ai componenti non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o
altri emolumenti comunque denominati.
La cabina di regia si avvale per il suo
funzionamento delle risorse umane e strumentali messe a disposizione dall’INPS,
il quale - ai sensi di quanto previsto dal successivo comma 8 - provvede con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a
legislazione vigente.
La cabina di regia è in
particolare composta da un
rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del
Ministero delle politiche agricole e forestali, del Ministero dell’economia e
delle finanze, dell’INPS e della Conferenza regioni e province autonome di
Trento e di Bolzano. I membri sono designati entro 30 giorni dall’entrata in
vigore del D.L. in esame.
Fanno parte della cabina di regia anche tre
rappresentanti dei lavoratori subordinati e tre rappresentanti dei datori di
lavoro e dei lavoratori autonomi dell'agricoltura nominati con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
delle politiche agricole alimentari e forestali, entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore del D.L., su designazione delle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative su base nazionale (comma 2).
I compiti
della cabina di regia sono enunciati nel comma 4 e consistono, in particolare,
nel:
a) deliberare
sulle istanze di partecipazione alla Rete, entro 30 giorni dalla
presentazione delle stesse;
b) escludere
dalla Rete le imprese agricole che perdono i requisiti di cui al comma 1.
c) redigere
e aggiornare l’elenco delle imprese agricole che partecipano alla Rete
e curarne la pubblicazione sul sito internet
dell’INPS;
d) formulare
proposte al Ministero del lavoro e
delle politiche sociali e al Ministero delle politiche agricole e forestali in
materia di lavoro e di legislazione sociale nel settore agricolo.
Il comma
3 prevede le modalità di partecipazione
alla Rete, disponendo che le imprese agricole – al fine di parteciparvi -
presentino istanza in via telematica.
Si osserva che la norma non
chiarisce a chi debba essere presentata l’istanza, anche se sembra presumibile,
ai sensi del predetto comma 4, che essa debba essere presentata alla Cabina di
regia.
Il comma 3 si limita infatti a prevedere che,
entro trenta giorni dall’insediamento, la predetta cabina di regia definisce
con apposita determinazione gli elementi essenziali dell’istanza.
Il comma
6, dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’INPS - fermi restando gli ordinari controlli in materia di tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro - orientano l’attività di vigilanza
nei confronti delle imprese non
appartenenti alla Rete del lavoro agricolo di qualità, fatti salvi:
·
i casi di
richiesta di intervento proveniente dal lavoratore, dalle organizzazioni
sindacali, dall’Autorità giudiziaria o da autorità amministrative
·
e, secondo quanto introdotto al Senato, i casi di imprese che abbiano procedimenti penali in corso per
violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, di
contratti collettivi, di sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di imposte
sui redditi e sul valore aggiunto.
Secondo dunque le modifiche introdotte all’articolo in sede di esame in
prima lettura presso l’altro ramo del Parlamento, le imprese che abbiano procedimenti penali in corso possono dunque partecipare
alla “Rete del lavoro di qualità”,
ma – sebbene vi partecipino - rientrano tra le tipologie di imprese oggetto di
vigilanza “prioritaria” dal parte del il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali
e l’INPS.
Quanto sopra è disposto con il fine di
realizzare un più efficace utilizzo delle risorse ispettive disponibili.
In ragione del fatto che le imprese
partecipanti alla rete del lavoro agricolo di qualità debbono essere in una
condizione di regolarità contributiva e fiscale e non aver violato le norme a
tutela della sicurezza del lavoratore e sono “controllate” in tal senso in via
prioritaria dalla cabina di regia, il comma 6 in esame sembra istituire, nella
sostanza, un canale di controllo prioritario per le imprese non iscritte alla
rete che continua ad essere esercitato dal Ministero del lavoro e dall’INPS.
Il comma
7 fa comunque salva la possibilità che il Ministero del lavoro e l’INPS effettuino
controlli sulla veridicità delle dichiarazioni in base alla disciplina vigente.
Documenti
all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura
dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)
Con riferimento alla disposizione che
istituisce una Rete del lavoro agricolo, finalizzata alla prevenzione del lavoro agricolo sommerso, si segnala che è
attualmente all’esame delle Istituzioni dell’UE una proposta di decisione (COM(2014)221)
relativa all’istituzione di una piattaforma
europea per il rafforzamento della cooperazione per la prevenzione e la lotta
al lavoro sommerso.
In particolare, la proposta prevede l’istituzione di una piattaforma per il rafforzamento della cooperazione per il contrasto del lavoro sommerso, composta dalle autorità nazionali, e dalla Commissione.
La proposta è attualmente all’esame della XI
Commissione e, in sede consultiva, della XIV Commissione della Camera dei
deputati, mentre la Commissione lavoro del Senato ha già approvato un’apposita
risoluzione il 3 giugno 2014 (DOC.
XVIII, n. 67).
Articolo 6-bis
(Disposizioni
per i contratti di rete)
L’articolo 6-bis, al comma 1, dispone che le risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), di cui al comma 354 e seguenti della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), sono destinate anche al finanziamento agevolato di investimenti in ricerca ed innovazione tecnologica, effettuati da imprese agricole, forestali e agroalimentari che partecipano ad un contratto di rete, per le finalità proprie del medesimo contratto.
A tal fine, l’articolo 6-bis, al comma 1, introduce nella predetta legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), un nuovo comma 361-bis.
Si osserva al riguardo che la legislazione vigente già include il finanziamento
agevolato a valere sul FRI di interventi in ricerca e sviluppo nei confronti
delle imprese agricole; sembra, quindi, che la portata innovativa del disposto
in esame sia da riferirsi alla possibilità di richiedere tali finanziamenti le
imprese in esame che partecipano ad un contratto di rete.
Le reti di
impresa rappresentano forme di coordinamento di natura contrattuale tra
imprese, particolarmente destinate alle PMI che vogliono incrementare la loro
capacità competitiva senza ricorrere a fusioni o a unioni sotto il controllo di
un unico soggetto.
Il D.L. n.
5/2009, all'articolo 3, commi 4-ter - espressamente richiamato dalla
norma in esame - e successivi commi, disciplina i contenuti essenziali del
contratto di rete tra due o più imprese, con particolare riferimento ai diritti
e agli obblighi assunti dalle imprese partecipanti e alle modalità di
esecuzione dei contratti stessi.
Con riferimento al Fondo rotativo, si ricorda che l'art. 1, comma 354, della legge
finanziaria per il 2005, come successivamente modificato dall’articolo 3, comma
6 del D.L. n. 35/2005, ha disposto l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di
un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca,
finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma
di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro
pluriennale.
Fondo è destinato alle imprese, anche associate in
appositi organismi, anche cooperativi, costituiti o promossi dalle associazioni
imprenditoriali e dalle Camere di commercio.
Si consideri che una
quota delle risorse del FRI è specificamente destinata agli interventi in
ricerca e sviluppo delle imprese.
Infatti, si ricorda che – ai sensi dell’articolo 30
del D.L. n. 83/2012 – per le finalità perseguite
dal Fondo per la crescita sostenibile – tra quali rientra la promozione di progetti di ricerca, sviluppo
e innovazione di rilevanza strategica per
il rilancio della competitività del sistema produttivo - i relativi programmi e interventi possono
essere agevolati anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il
sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca. In particolare, ai sensi
del comma 3, le risorse non utilizzate del FRI al 31 dicembre di ciascun anno,
sono destinate per le finalità di cui sopra, nel limite massimo del 70 per cento.
Tale norma sembra dunque incidere su quanto già
previsto dal comma 1 del citato articolo 6 del D.L. n. 35/2005 secondo il quale
una quota pari ad almeno il 30 per cento
delle risorse finanziarie del FRI è destinata a sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e
sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della
ricerca pubblica. L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo
di tale quota parte di risorse è affidata al Programma Nazionale della Ricerca
(PNR), approvato annualmente dal CIPE, secondo specifiche priorità indicate nel
comma 4 dell’articolo 6 del D.L. n. 35/2005[38].
Con apposite delibere del CIPE, presieduto dal
Presidente del Consiglio dei ministri in maniera non delegabile, da sottoporre
al controllo preventivo della Corte dei conti, il FRI è ripartito per essere
destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse
delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente.
Ai fini dell'individuazione degli interventi ammessi
al finanziamento sono considerati prioritariamente i seguenti progetti di
investimento:
a) interventi finalizzati ad innovazioni, attraverso
le tecnologie digitali, di prodotti, servizi e processi aziendali;
b) programmi di innovazione ecocompatibile finalizzati
al risparmio energetico secondo la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato
per la tutela ambientale;
c) realizzazione dei corridoi multimodali transeuropei
n. 5, n. 8 e n. 10 e connesse bretelle di collegamento, nonché delle reti
infrastrutturali marittime, logistiche ed energetiche comunque ad essi
collegate;
c-bis) infrastrutture strategiche di preminente
interesse nazionale (legge obiettivo);
c-ter) infrastrutture nel settore energetico ed in
quello delle reti di telecomunicazione, sulla base di programmi predisposti dal
Ministero delle attività produttive;
c-quater) iniziative e programmi di ricerca e sviluppo
realizzati nell'ambito dei progetti di innovazione industriale.
Con Delibera CIPE 15 luglio 2005, n. 76/2005 sono
state fissate le modalità di funzionamento del fondo.
La dotazione
iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio
postale, è stabilita in 6 miliardi
di euro.
Le successive
variazioni alla dotazione – dispone il comma 354 - sono disposte dalla
Cassa depositi e prestiti Spa, in
relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse,
e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato
fissati ai sensi del comma 361[39].
Secondo quanto risulta dalle informazioni pubblicate
sul sito istituzionale di CDP S.p.A., il CIPE stabilendo i criteri generali di
erogazione dei finanziamenti agevolati, e ad un tasso di interesse minimo dello
0,50% annuo ha approvato lo schema di convenzione per la regolazione dei
rapporti tra la CDP, i Ministeri titolari dei regimi di aiuto e i Soggetti
abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, ed ha ripartito i 6
miliardi di euro di dotazione iniziale del FRI (Del. CIPE n. 38/2008,
successivamente integrata da Dell. CIPE n. 101/2010 e, da ultimo, dalla Del.
CIPE n.93/2013).
Il comma 2 stabilisce che le imprese agricole, alimentari e forestali aderenti a contratti di rete, per le finalità ad esso connesse, possono accedere prioritariamente - a parità delle altre condizioni stabilite da ciascun documento di programmazione - alle risorse previste per i programmi di sviluppo rurale regionale e nazionale nell'ambito del nuovo ciclo di programmazione dei fondi comunitari 2014-2020.
Con riferimento ai programmi di sviluppo rurale, si
ricorda che per periodo di programmazione 2014-2020, è stato approvato il nuovo
regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), il quale fa parte - unitamente al
Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), al Fondo sociale europeo (FSE), al
Fondo di coesione (FC) ed al futuro Fondo europeo per gli affari marittimi e la
pesca (FEAMP) - dei fondi contemplati nel Quadro Strategico Comune dell'Unione
europea.
Il Regolamento
(UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre
2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per
lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del
Consiglio dispone la nuova disciplina relativa agli aiuti allo sviluppo rurale
concessi a valere sul FEASR. L'Allegato I al Regolamento fissa gli stanziamenti
complessivi FEASR per lo sviluppo rurale nell'Unione europea ripartiti per
Stati membri destinatari. L'Italia è destinataria per il periodo 2014-2020 di
circa 10,4 miliardi, ai quali va
aggiunta la quota di cofinanziamento nazionale, pari anch’essa a circa 10,4
miliardi di euro.
Si segnala che
l’articolo 6-bis ripropone quanto contenuto nell’articolo 10 del DDL 1328
“Collegato agricolo”, attualmente all’esame del Senato.
Articolo 7,
commi 1 e 2
(Detrazioni per l’affitto di terreni
agricoli a giovani agricoltori)
L’articolo in esame, al comma 1, interviene sull’articolo 16
del TUIR (D.P.R. n. 917/1986) relativo alle detrazioni per canoni di locazione
al fine di:
·
introdurvi una detrazione per
i coltivatori diretti e gli imprenditori
agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola di età inferiore
ai trentacinque anni, pari al 19 per
cento delle spese sostenute per i
canoni di affitto dei terreni agricoli, entro il limite di euro 80 per ciascun ettaro preso in affitto e fino a un massimo di euro 1.200 annui.
Il Senato ha aggiunto
nel corso dell’esame che si deve trattare di terreni agricoli diversi da quelli di proprietà dei genitori.
E’ stato, poi, precisato nel corso dell’esame al Senato che, per chiedere la detrazione
d’imposta in esame, occorre che il contratto
di affitto sia redatto in forma scritta.
La detrazione spetta, nel rispetto della regola de minimis di cui al regolamento sugli
aiuti di stato d’importanza minore per il settore agricolo Reg. (UE) n.
1408/2013[40] (nuovo comma 1-quinquies).
Con
riguardo alle figure soggettive che hanno titolo per usufruire dei benefici in
esame va anzitutto richiamato l’articolo 1 del D.Lgs. n. 99/2004, (come modificato
dal D.Lgs.n. 101/2005), che ha introdotto in via generale nell’ordinamento
nazionale, in luogo della figura di imprenditore agricolo a titolo principale
(IATP), la nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP),
adeguandola alle nuove norme approvate con il regolamento CE n. 1257/1999. La
norma prevede che la qualifica di IAP venga riconosciuta a chi, in possesso di
specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività
agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi da
tali attività almeno il 50% del proprio reddito globale. Per i soggetti che
operino nelle zone svantaggiate i requisiti suddetti sono ridotti al 25%. La
qualifica di IAP può essere riconosciuta, a determinate condizioni,
differenziate a seconda delle forme societarie, anche alle società che abbiano
come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole.
Per
la definizione di coltivatore diretto va invece richiamata la legge n. 203 del
1982 che prevede che siano coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo
con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa
costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di
coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate
necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell'impiego delle
macchine agricole.
·
prevedere che anche per la detrazione di cui sopra, qualora essa
sia di ammontare superiore all’imposta lorda diminuita, nell’ordine, delle
detrazioni per carichi di famiglia e alle altre detrazioni (di cui agli
articoli 12 e 13 del medesimo TUIR), è riconosciuto un ammontare pari alla
quota di detrazione che non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze sono stabilite le modalità per l’attribuzione del predetto
ammontare.
Ai sensi del comma 2, quanto disposto dal comma 1 si applica a decorrere dal periodo d’imposta 2014,
senza tuttavia incidere sull'acconto relativo all'imposta sul reddito delle
persone fisiche dovuto nel medesimo anno.
Secondo una analisi del Centro Studi di
Confagricoltura su dati Unioncamere – riportata dalla medesima organizzazione nel
corso dell’audizione presso il Senato sul D.L. in oggetto, il 2 luglio 2014 -,
l’incidenza degli imprenditori agricoli ‘under 35’ sul
totale degli imprenditori del settore iscritti al Registro delle Imprese è
passata dal 7,57% del 2010 al 6,94% del
2013. Nello stesso intervallo temporale, la generalità delle imprese
agricole è diminuita del 8,66%, mentre quelle condotte da giovani sotto i 35
anni hanno registrato una flessione pressoché doppia (-16,28%). Anche se parte
di questo fenomeno è dovuta al superamento dell’età da parte dei conduttori, le
imprese agricole condotte da ‘under 35’ iscritte alle Camere di Commercio
rappresentano solo il 6,94% del totale.
Articolo 7,
commi 3 e 4
(Ulteriori misure di fiscalità agricola)
I commi 3 e 4 recano misure di carattere fiscale che consistono nell'abrogazione delle agevolazioni per mancata
coltivazione del terreno per un'intera annata agraria, e nella rivalutazione dei redditi dominicali e
agrari ai fini della determinazione delle imposte sui redditi.
In particolare, il comma 3 prevede l'abrogazione dell’articolo
31, comma 1 del TUIR (D.P.R.
917/1986) il quale disponeva che, se un fondo rustico, costituito per almeno
due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali, non fosse
stato coltivato, neppure in parte, per un'intera annata agraria e per cause non
dipendenti dalla tecnica agraria, il reddito
dominicale, per l'anno in cui si
fosse chiusa l'annata agraria, si considerava pari al 30 per cento di quello determinato secondo le tariffe d’estimo ai
sensi degli artt. 28 e ss. del TUIR (articolo 7, comma 3).
Non viene invece
in alcun modo modificata l’analoga
disposizione (contenuta nel comma 2 dell’articolo 31 del TUIR) relativa alla
perdita di raccolto derivante da eventi naturali.
L’abrogazione del comma 1
dell’articolo 31 incide anche su quanto disposto dal successivo articolo 35 del TUIR secondo il quale è
nullo il reddito agrario in caso di mancata coltivazione dei terreni ai sensi
dell’ articolo 31.
Si osserva che, per
coordinamento normativo, sarebbe opportuno intervenire con una modifica
dell’articolo 35 in questione al fine di rimuovere il riferimento in esso
contenuto all’articolo 31, comma 1.
Infine, il comma 4 interviene sulla rivalutazione
dei redditi dominicale e agrario ai soli fini della determinazione delle
imposte sui redditi che, per i periodi d'imposta 2013, 2014 e 2015, il comma
512, articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) aveva stabilito
nella misura del 15 percento.
Attraverso una sostituzione del
citato comma 512, il comma 4 porta dal 15 al
30 percento l’entità della predetta rivalutazione nel periodo d’imposta 2015, e la mette a regime, nella misura del 7
percento, a decorrere dal periodo d’imposta 2016.
La misura della rivalutazione del
15 percento è mantenuta ferma per il 2013 e 2014.
Per i terreni agricoli, nonché
per quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli
imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, la
rivalutazione è confermata al 5 per cento per i periodi di imposta 2013 e 2014
e invece portata al 10 per cento per il periodo di imposta 2015.
Ai fini della determinazione
dell’acconto per gli anni 2013, 2015 ed il 2016, i contribuenti debbono tener
conto delle rispettive nuove rivalutazioni.
Il comma 512 dell’articolo 1 della legge n. 228/2012, nella
sua formulazione previgente alle modifiche introdotte dal comma in esame,
disponeva che, ai soli fini della determinazione delle imposte sui redditi, per
i periodi d'imposta 2013, 2014 e 2015, i redditi dominicale e agrario fossero
rivalutati del 15 per cento. Per i terreni agricoli, nonché per quelli non
coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori
agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, la rivalutazione era
pari al 5 per cento.
Rimane invariata la previsione che l'incremento si applica sull'importo risultante dalla rivalutazione operata dall'articolo 3, comma 50, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che, a sua volta, aveva già rivalutato i redditi dominicali e agrari, rispettivamente, dell'80 per cento e del 70 per cento.
Si ricorda, in estrema sintesi, che sono titolari di redditi fondiari le persone fisiche (articolo 26 del TUIR) che hanno il possesso dell’immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale di godimento; tali redditi concorrono a formare il reddito complessivo dei soggetti possessori, nel periodo di imposta in cui si tale possesso si è verificato. Possono produrre redditi fondiari anche le società di persone, le s.r.l. e le cooperative che rivestono la qualifica di società agricole.
In particolare, il reddito dominicale è il tipo di
reddito fondiario derivante dalla proprietà o da altro diritto reale di
godimento sui terreni; esso è indipendente dalla circostanza che la
coltivazione del terreno sia effettuata dal proprietario o da terzi, in quanto
esso è imputato al proprietario / titolare di diritto reale sul terreno.
Il reddito agrario esprime invece (articolo 32 del
TUIR) la redditività media derivante dall’esercizio di attività agricole; esso
è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al
capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della
potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.
Articolo 7-bis
(Interventi
a sostegno delle imprese agricole condotte da giovani)
L'articolo 7-bis, introdotto durante l’esame al Senato, interviene in riforma degli interventi a sostegno dei giovani imprenditori agricoli contenuta nel Capo III del Titolo I del D.Lgs. n. 185/2000.
In particolare, l'articolo,
al comma 1, sostituisce il Capo III,
del Titolo I, del predetto D. Lgs. n. 185/2000, concernente le misure in favore
della nuova imprenditorialità in agricoltura.
Gli articoli 9 e 10 di cui il predetto capo è composto,
vengono sostituiti con 5 nuovi articoli, da 9 a 10-quater. La rubrica del Capo
viene rinominata in “Misure in favore
dello sviluppo dell’imprenditorialità in agricoltura e del ricambio
generazionale”.
Con tale intervento di riforma degli incentivi
all’autoimprenditorialità agricola, il legislatore di fatto completa la riforma
del Titolo I del D.Lgs. n. 185/2000, già in parte realizzata con il Decreto
legge n. 145/2013 (cd. “Destinazione Italia”), muovendosi in simmetria con
essa.
L’articolo 7-bis
riproduce, con talune differenze, il contenuto dell’articolo 13 del DDL A.S.
1328, cd. collegato agricolo, attualmente all’esame del Senato.
Il Titolo
I del D.Lgs. n. 185/2000 è stato infatti oggetto di una significativa riforma ad
opera dell’articolo 2, commi 1 e 1-bis
D.L. n. 145/2013 (cd. “Destinazione Italia”), la quale non ha però inciso in modo sostanziale sul Capo III specificamente dedicato alla nuova imprenditorialità in agricoltura[41].
Il Capo
III del D.Lgs. n. 185/2000, nella sua formulazione attualmente vigente, indica all’articolo 9, i soggetti beneficiari
dei contributi per la nuova imprenditorialità in agricoltura, all’articolo 10 indica
i progetti finanziabili.
In particolare, il comma 01 dell’articolo 9 dispone che le agevolazioni
di cui al capo III siano concedibili su
tutto il territorio nazionale nel
rispetto di quanto previsto dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato
per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione
di prodotti agricoli.
Il comma 1 considera ammissibili ai
benefici i giovani imprenditori agricoli,
anche organizzati in forma societaria, subentranti
nella conduzione dell'azienda agricola, che presentino progetti per lo sviluppo
o il consolidamento di iniziative nei settori della produzione,
commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura.
Il comma 2 dispone quale requisito che i soggetti
siano residenti, alla data del
subentro, nei comuni ricadenti, anche in parte, nel territorio nazionale. Le società subentranti, alla data di
presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed
operativa nel territorio nazionale e l'azienda agricola localizzata nei
territorio nazionale.
Le società subentranti devono essere
amministrate da un giovane imprenditore agricolo ed essere prevalentemente
composte da soggetti di età compresa tra i 18 e i 39 anni che abbiano la
maggioranza assoluta numerica e delle quote di partecipazione.
Le agevolazioni concedibili possono
assumere la forma di contributi a fondo
perduto e di mutui a tasso agevolato.
Ai sensi dell’articolo 10 possono essere finanziati, secondo i criteri e gli
indirizzi stabiliti dal CIPE e nei limiti
posti dall'Unione europea, i progetti relativi ai settori della produzione,
commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura.
Sono esclusi
dal finanziamento i progetti che prevedono
investimenti superiori a due miliardi di lire (1.032.914 euro) al netto dell'IVA[42].
Il nuovo articolo 9 del
D. Lgs. n. 185 – come sostituito dall’articolo in esame – individua, al comma 1, le
finalità del Capo III nel sostegno le imprese agricole a
prevalente o totale partecipazione giovanile, per favorire il ricambio generazionale
in agricoltura e il miglioramento delle condizioni per l'accesso al credito.
La nuova formulazione conferma dunque quanto previsto dalla
normativa vigente, secondo la quale gli aiuti ai giovani imprenditori agricoli
sono concedibili su tutto il territorio nazionale.
Al comma 2, si subordina la concessione delle misure di
sostegno di cui al Capo III all’autorizzazione
della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE[43].
Il nuovo articolo 10,
al comma 1, stabilisce le tipologie dei benefici, consistenti in mutui agevolati a tasso zero.
Per gli
investimenti, si tratta di mutui della durata massima, comprensiva del periodo
di preammortamento, di 10 anni e di importo non superiore al 75% della spesa
ammissibile. Per il settore della produzione, i suddetti mutui hanno durata
massima, compreso il periodo di preammortamento, di 15 anni.
Vengono dunque eliminati
con la riforma qui in esame i contributi
a fondo perduto.
Il comma 2 prevede
che alle agevolazioni si applichino i massimali
previsti dalle norme europee e che le medesime agevolazioni siano concesse nel rispetto la disciplina europea sugli
aiuti di stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e
commercializzazione dei prodotti agricoli.
Si
ricorda in proposito che per il periodo di programmazione
2014-2020, la Commissione europea ha adottato, il 25 giugno 2014, il nuovo regolamento di esenzione (ABER –
Regolamento che dichiara alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e
forestale e nelle zone rurali compatibili con il mercato interno in
applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE e che abroga il regolamento (CE) n.
1857/2006, il quale è stato operativo fino al 30 giugno scorso) e gli Orientamenti dell’Unione europea per gli
aiuti di Stato nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali 2014-2020.
Entrambi sono in procinto di esse pubblicati in Gazzetta ufficiale.
Per gli aiuti cd. de minimis nel
settore agricolo con il Reg. (UE) 18
dicembre 2013, n. 1408/2013. Si tratta di quegli aiuti di piccolo ammontare
concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola (di importo complessivo non superiore a 15.000 euro
nell'arco di tre esercizi finanziari) che per la loro esiguità e nel rispetto di
date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla
Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati
membri e dunque non suscettibili di provocare un’alterazione dalla concorrenza
tra gli operatori economici[44].
Il comma 3 introduce la previsione secondo la
quale i mutui sono assistiti dalle garanzie
previste dall’articolo 44 del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia), acquisibili nell’ambito degli investimenti da
realizzare.
L’articolo
44 del TUB dispone che i finanziamenti di credito agrario e di credito
peschereccio, anche a breve termine, possono essere assistiti dal privilegio
speciale previsto dall'articolo art. 46 del medesimo TUB[45]. In particolare, i finanziamenti a breve e
medio termine sono assistiti da privilegio legale sui seguenti beni mobili
dell'impresa finanziata: a) frutti
pendenti, prodotti finiti e in corso di lavorazione; b) bestiame, merci, scorte, materie prime,
macchine, attrezzi e altri beni, comunque acquistati con il finanziamento
concesso; c) crediti, anche futuri,
derivanti dalla vendita dei beni indicati nelle lettere precedenti. Il
privilegio legale si colloca nel grado immediatamente successivo ai crediti per
le imposte sui redditi immobiliari (di cui al n. 2) dell'art. 2778 cc.).
In
caso di inadempimento, il giudice del luogo in cui si trovano i beni sottoposti
ai privilegi può, su istanza della banca creditrice, assunte sommarie
informazioni, disporne l'apprensione e la vendita. Ove i finanziamenti di
credito agrario e di credito peschereccio siano garantiti da ipoteca su
immobili, si applica la disciplina prevista per le operazioni di credito
fondiario.
Il nuovo articolo
10-bis indica i soggetti
beneficiari delle agevolazioni: possono beneficiare degli incentivi le imprese, in qualsiasi forma costituite,
che siano subentranti nella conduzione di un’intera azienda agricola,
esercitante esclusivamente l’attività agricola ex art. 2135 c.c.[46]. Le imprese
subentranti devono:
a) essere costituite
da non più di sei mesi alla data di
presentazione della domanda di agevolazione.
b) esercitare esclusivamente
l'attività agricola ai sensi
dell'articolo 2135 del codice civile;
c) amministrate e condotte da un giovane imprenditore
agricolo di età compresa tra i diciotto
e i quaranta anni, ovvero, nel caso di società composte per oltre la metà
numerica dei soci e di quote di partecipazione, da giovani imprenditori
agricoli di età compresa tra i 18 e 40 anni.
L'azienda agricola oggetto di subentro deve esercitare
esclusivamente l'attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 cc. da almeno
due anni alla data di presentazione della domanda di agevolazione.
I nuovi requisiti
soggettivi previsti sembrano per
taluni aspetti più restrittivi rispetto a quelli vigenti: in particolare,
si prevede che debba trattarsi di imprese subentranti costituite da non più di
sei mesi, e di imprese che esercitano l'attività agricola in via esclusiva.
Dall’altro lato, però, si innalza da 39 a 40 anni il limite di età degli
imprenditori giovanili.
Si rileva, al riguardo, che la scelta
appare conforme a quanto attualmente previsto nella disciplina sulla PAC
2014-2020, ed in particolare dal Reg. UE 1307/2013 (articolo 50) in cui è
definito giovane agricoltore una persona fisica di età non superiore a 40 anni.
La nuova disciplina non reca più quanto previsto attualmente per cui - per l'accesso alle
agevolazioni - le imprese devono avere la sede legale, amministrativa ed
operativa nel territorio nazionale e che i giovani imprenditori agricoli devono
essere residenti nel territorio nazionale.
Il comma 2
estende le agevolazioni di cui al
Capo III alle imprese che presentino
progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori della
produzione e della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, attive da almeno due anni alla data di
presentazione della domanda di agevolazione.
Tali imprese devono però esercitare esclusivamente l'attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile e amministrate e condotte da un giovane imprenditore agricolo di età compresa tra i diciotto e i quaranta anni (vedi supra, lettere b) e c)).
L’articolo 10-ter concerne i progetti finanziabili.
Sono finanziabili le iniziative che prevedano investimenti
non superiori a 1,5 milioni di euro
- in
luogo dell’attuale milione di euro
circa al netto dell’IVA - nei settori
della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.
L'articolo dispone altresì che le iniziative devono essere
finanziate, nei limiti delle risorse di cui al successivo articolo 10-quater,
secondo i criteri e le modalità che saranno stabiliti con decreto ministeriale attuativo del Ministro delle politiche agricole da
adottarsi entro 60 giorni
dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. in esame, e nei limiti
posti dall'Unione europea.
Per ciò che concerne le risorse finanziarie disponibili, l’articolo 10-quater stabilisce che la concessione
delle agevolazioni è disposta a valere sulle risorse di cui al punto 2
della delibera del CIPE n. 62 del 2 agosto 2002, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 261 del 7 novembre 2002.
Le predette disponibilità possono essere incrementate da eventuali ulteriori risorse derivanti dalla
programmazione nazionale ed europea.
Si ricorda che il punto 2 della delibera del CIPE n. 62/2002 aveva impegnato Sviluppo
Italia S.p.A. a destinare 85 milioni di euro al finanziamento delle iniziative
volte a favorire l’imprenditorialità giovanile agricola ( iniziative prima
disciplinate dall'art. 3, comma 9, del D.L. n. 67/1997 poi dagli articoli 9 e
10 del D.Lgs. n. 185/2000), utilizzando a tal fine le risorse di cui al Fondo
di cui all’articolo 25 del D. Lgs. n. 185/2000[47] derivanti
dal recupero dei mutui contratti dai giovani agricoltori.
Successivamente a tale delibera, ai sensi dell’articolo 4,
commi 42-44 della legge n. 350/2003, la competenza in materia di attuazione degli investimenti agevolati per
i giovani agricoltori è stata trasferita da Sviluppo Italia (ora INVITALIA)
all’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare ISMEA.
Il trasferimento delle relative risorse finanziarie è avvenuto con
Decreto del Ministro per le politiche agroalimentari e forestali del 28
dicembre 2006, il quale ha previsto che le risorse di cui al punto 2 della
delibera, pari a 50 milioni di euro venissero trasferite sul conto corrente
(infruttifero) di tesoreria centrale dello Stato presso la Banca d'Italia
intestato ad ISMEA (numero di pertinenza 178, conto 22054, ISMEA per
l'attuazione del decreto ministeriale 28 dicembre 2006).
Tale dotazione è stata incrementata con delibera CIPE n. 37 del 23 marzo 2012,
la quale ha assegnato 5 milioni di euro a favore di ISMEA per il finanziamento
delle misure agevolative dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego nel
settore agricolo[48]. Alla
data del 23 luglio 2014, sulla base dell’interrogazione effettuata presso la
Ragioneria generale dello Stato, il predetto conto di tesoreria reca una
disponibilità di 24,4 milioni di euro circa.
Per ciò che attiene alle risorse
europee, si ricorda che la PAC 2014-2020 dedica apposite finalizzazioni ai
giovani agricoltori. Si ricorda, in particolar modo, il Reg. (UE) n.
1305/2013. Tale regolamento, per il periodo di programmazione 2014-2020,
contiene la disciplina di sostegno europeo allo sviluppo rurale da
parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). Tale sostegno europeo, per l’Italia ammonta – nel periodo
di programmazione 2014-2020- a complessivi 10,4 miliardi di euro ai quali si
aggiunge il cofinanziamento nazionale (pari ad ulteriori 10,4 miliardi di
euro), ripartiti per obiettivi tematici.
In particolare, l’articolo 7 dispone che –
per contribuire alla realizzazione delle priorità dell'Unione in materia di
sviluppo rurale - gli Stati membri
possono inserire nei programmi di sviluppo rurale dei sottoprogrammi tematici
che rispondano a specifiche esigenze. Tali sottoprogrammi tematici possono
riguardare, tra l'altro i giovani
agricoltori.
L’allegato IV del Reg. UE n. 1305 – che contiene un elenco
indicativo di misure e interventi di particolare rilevanza per i sottoprogrammi
tematici - indica per i Giovani agricoltori le seguenti misure di sostegno da
realizzarsi attraverso le risorse FEASR:
·
aiuto
all'avviamento di attività imprenditoriale per i giovani agricoltori che si
insediano per la prima volta in un'azienda agricola
·
Investimenti in
immobilizzazioni materiali
·
Trasferimento di
conoscenze e azioni di informazione
·
Servizi di
consulenza, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende
agricole
·
Cooperazione
·
Investimenti in
attività extra-agricole.
Nello specifico, il Titolo III, capo I, indica le
misure di sviluppo rurale oggetto di sostegno, e tra queste, ai sensi del
combinato disposto dell’articolo 17 e dell’allegato VI del medesimo regolamento
rientrano gli investimenti in immobilizzazioni
a favore di giovani agricoltori
secondo aliquote massime di sostegno fissate nell’Allegato II del medesimo
Regolamento. Rientrano altresì i giovani
agricoltori nella misura di sostegno allo sviluppo delle aziende agricole e delle imprese (aiuto all’avviamento),
contenuta nell’articolo 19.
Il comma 1, lettera
b) dell’articolo 7-bis interviene sull'articolo 24, comma 1,
del medesimo D. Lgs. n. 185, con
finalità di coordinamento normativo con quanto previsto alla lettera a),
cpv. 10-ter, al fine di sopprimere la
previsione che demanda la definizione dei criteri e delle modalità di
concessione delle agevolazioni dal
citato Capo III ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari
e forestali, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze.
Infine, il comma 2
dispone che alle domande di accesso alle
agevolazioni presentate prima
della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in
esame continua ad applicarsi la disciplina
previgente.
Articolo 7-ter
(Disposizioni
penali urgenti per garantire la
sicurezza agroalimentare)
L’articolo 7-ter, inserito durante l’esame al Senato, modifica il codice penale e il codice di procedura penale per inasprire la repressione del delitto di contraffazione alimentare, previsto dall’art. 517-quater del codice penale.
In particolare, il comma 1 interviene sull’art. 517-quater del codice penale, che punisce con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20.000 euro le condotte di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Con l’aggiunta di un ulteriore comma, il disegno di legge di conversione stabilisce che la condanna per questo delitto comporti sempre l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere, nonché l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Il comma 2 sostituisce l’art. 518 del codice penale, che attualmente impone la pubblicazione della sentenza di condanna che riguardi i delitti di aggiotaggio (art. 501 c.p.), di frode contro le industrie nazionali (art. 514 c.p.), di frode commerciale (art. 515 c.p.), di vendita di sostanze alimentari non genuine (art. 516 c.p.) e di vendita di prodotti industriali con segno mendaci (art. 517 c.p.).
La disposizione approvata dal Senato aggiunge alle condanne che comportano la pubblicazione della sentenza, anche la condanna per il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.).
Il comma 3 modifica invece il codice di procedura penale (art. 51, comma 3-bis), per attribuire alla competenza della procura distrettuale, cioè all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello nel cui ambito ha sede il giudice competente, la competenza ad esercitare l’azione penale per il delitto di associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Dall’inserimento di tale delitto (art. 416, finalizzato a commettere il delitto previsto dall’art. 517-quater) nel catalogo dell’art. 51, comma 3-bis, conseguirebbe la presunzione di adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere. L’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale prevede infatti che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per uno dei delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, sia applicata la custodia cautelare in carcere, a meno che non siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
Questa conseguenza non è peraltro adottata dall’articolo in commento che, con il comma 4, novella proprio l’art. 275 c.p.p. sui presupposti della custodia cautelare, per escludere l’automatismo in presenza di indagini per associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Articolo 7-quater
(Disposizioni
per l’agricoltura biologica)
L’articolo 7-quater, introdotto nel corso dell’esame al Senato, opera uno snellimento degli adempimenti burocratici in capo agli operatori nel settore dell’agricoltura biologica, disponendo l’istituzione presso il MIPAAF del Sistema informativo per il biologico (SIB), il quale, mediante l’infrastruttura del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), è preposto a gestire i procedimenti amministrativi degli operatori e degli organismi di controllo.
Prevede inoltre l’istituzione dell’Elenco pubblico degli operatori dell’agricoltura biologica, sulla base delle informazioni contenute nel SIB.
In particolare, il comma 1, dispone l’abrogazione degli articoli da 6 a 9 del D. Lgs. n. 220/1995