Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1° luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena - D.L. 78/2013 - A.C. 1417 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 53 | ||
Data: | 29/07/2013 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Conversione in
legge, D.L. 78/2013 - A.C. 1417 |
Schede di
lettura |
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n. 53 |
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29 luglio 2013 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Giustizia ( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it |
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citata la fonte. |
File: gi0081.doc |
INDICE
Schede di
lettura
Introduzione 3
§
Articolo 1 (Modifiche
al codice di procedura penale) 5
§
Articolo 2 (Modifiche
alla legge 26 luglio 1975, n. 354) 15
§
Articolo 3 (Modifiche
al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) 21
§
Articolo 3-bis (Misure per favorire l’attività lavorativa dei detenuti ed internati) 25
§
Articolo 4 (Compiti
attribuiti al commissario straordinario del Governo per le infrastrutture
carcerarie) 27
§
Articolo 5 (Copertura
finanziaria) 31
§
Articolo 6 (Entrata
in vigore) 33
Il decreto legge 78/2013 in conversione si compone di 6 articoli e contiene misure volte a fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento carcerario e l’inadeguatezza delle strutture penitenziarie e del regime di esecuzione delle pene detentive, anche in considerazione di quanto statuito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Torregiani c. Italia dell'8 gennaio 2013.
A tal fine modifica il codice di procedura penale, l’ordinamento penitenziario, il testo unico sulle tossicodipendenze e la disciplina dei poteri del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie
Il provvedimento è stato approvato, con modificazioni, dal Senato il 24 luglio scorso, che ha inserito un ulteriore articolo, volto a favorire l’attività lavorativa dei detenuti ed internati.
Di seguito viene dato sinteticamente conto del contenuto dell’articolato del decreto-legge e sono evidenziate le modifiche introdotte nel corso dell’esame al Senato.
Articolo 1
(Modifiche al codice di procedura penale)
L'articolo 1 del decreto-legge, composto da un solo comma con numerose lettere, introduce modifiche al codice di procedura penale, relativamente alla disciplina degli arresti domiciliari e a quella della sospensione dell’ordine di esecuzione delle pene detentive.
Nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione A.S. 896 viene evidenziato come gli interventi descritti dovrebbero avere un sicuro effetto deflattivo sulla popolazione carceraria e consentire di riequilibrare il sistema dell’esecuzione penale eliminando una serie di automatismi privi di reale significato in termini di difesa sociale.
La disposizione è stata ampiamente modificata nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in Senato: di seguito si dà conto del contenuto originario del provvedimento d’urgenza, attualmente vigenti, e delle modifiche apportate dall’altro ramo del Parlamento.
Anzitutto, il Senato ha premesso al comma 1 la lettera 0a), che novella l’art. 280 c.c.p. incidendo su uno dei presupposti di applicazione della custodia cautelare in carcere, ovvero l’entità della pena edittale. Attualmente la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. Tale limite è portato a 5 anni dalla modifica introdotta dal Senato. La disposizione riduce quindi il campo d’applicazione della custodia cautelare in carcere e dovrebbe limitare di conseguenza l’affollamento carcerario.
La lettera a) del comma 1 del testo originario del decreto-legge interviene
sulla disciplina degli arresti domiciliari, aggiungendo
all'art. 284 c.p.p. il comma 1-bis, in
base al quale il giudice, nel disporre il luogo degli arresti domiciliari, deve
valutare l’idoneità del domicilio in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato.
La relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione A.S. 896 sottolinea come tale esigenza risulti particolarmente sentita in relazione a reati quali i maltrattamenti in famiglia e gli atti persecutori, laddove la vicinanza dell’autore delle condotte potrebbe agevolarlo nella reiterazione delle stesse o nella perpetrazione di delitti più gravi nei confronti della vittima dei reati sopra citati.
Una modifica apportata dal Senato ha integrato la formulazione del testo, per precisare che la valutazione in oggetto debba comunque considerare prioritarie tali esigenze.
Si ricorda che la modifica alla disciplina degli arresti domiciliari ha, inoltre, effetto anche ai fini della detenzione domiciliare in forza del rinvio all’articolo 284 c.p.p. contenuto nell’articolo 47-ter, comma 4, dell’ordinamento penitenziario (L. 354/1975), in base a cui il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall'articolo 284 del codice di procedura penale.
Nel corso dell’esame al Senato, è stata aggiunta al comma 1 dell’art. 1 una lettera a-bis) che novella l’art. 386 c.p.p., comma 3, sui doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria debbono porre l'arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall'arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine debbono trasmettere il relativo verbale (salvo che il pubblico ministero autorizzi una dilazione maggiore). In base alla modifica introdotta, il verbale può essere trasmesso dalla polizia giudiziaria al publbico ministero anche per via telematica.
La lettera b), che si scompone in quattro diversi interventi, modifica l'articolo 656 c.p.p. in
materia di esecuzione delle pene
detentive (in merito si veda anche il
testo a fronte in calce alla scheda).
In particolare, il numero 1) inserisce nell’art. 656 tre ulteriori commi.
Il comma 4-bis prevede che il PM, previa verifica dei periodi di custodia cautelare o di pena fungibili[1] in relazione al titolo esecutivo da eseguire, prima di emettere l’ordine di esecuzione della pena debba richiedere al magistrato di sorveglianza l’eventuale applicazione della liberazione anticipata.
Il presupposto è che la residua pena da espiare, computando le detrazioni previste per la liberazione anticipata, rientri nei limiti – previsti dal comma 5 dello stesso art. 656 c.p.p. - che permettono la sospensione dell’esecuzione della pena e la possibile concessione delle misure alternative alla detenzione.
La procedura non è applicabile nei casi in cui è previsto il divieto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva. Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo, con ordinanza adottata in camera di consiglio, sulle riduzioni di pena per la liberazione anticipata di cui all’art. 54 della legge 354/1975 sull’ordinamento penitenziario (ovvero 45 giorni per ogni semestre di pena scontata).
La modifica introdotta fa sì che tali detrazioni di pena siano "anticipate", al fine di limitare l’ingresso in carcere per brevi periodi di detenzione.
Sarà possibile, infatti, sospendere l’ordine di esecuzione, ogniqualvolta che, a seguito del ricalcolo, la pena detentiva da espiare, anche se costituente parte residua di maggior pena, risulti inferiore:
· a 3 anni;
· ovvero a 6 anni, per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza;
· ovvero a 4 anni, nei casi previsti dall’art. 47-ter, comma 1, dell’ordinamento penitenziario (particolari categorie cui è applicabile la detenzione domiciliare, v. ultra).
Secondo la disciplina dell’art. 656 (non modificata dal D.L.) il PM, notificando l’ordine di sospensione dell’esecuzione, avviserà il condannato della possibilità di avanzare istanza di concessione di una delle previste misure alternative alla detenzione.
Lo stesso comma 4-bis esclude l'applicabilità della disposizione in questione nei confronti dei condannati per i gravi delitti di cui all’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario.
Si osserva che il comma 4-bis fa
riferimento alla “eventuale” applicazione della liberazione anticipata, pur non
indicando gli elementi di valutazione a disposizione del magistrato di
sorveglianza. L’art. 47-ter dell’ordinamento
penitenziario, sulla liberazione
anticipata, infatti, collega la
concessione della misura al fatto che il condannato a pena detentiva abbia dato prova di partecipazione
all'opera di rieducazione.
Il nuovo comma 4-ter dell’art. 656 c.p.p. dispone invece che, quando il condannato si trova già in stato di custodia cautelare in carcere, il PM emette l'ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui al comma 4-bis, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata. Una modifica introdotta al Senato stabilisce, per coordinamento, che detta trasmissione debba avvenire “senza ritardo”.
Il nuovo comma 4-quater prevede poi che, nei casi previsti dal comma 4-bis, il pubblico ministero emetta i provvedimenti previsti dai commi 1 (ordine di esecuzione di sentenza di condanna a pena detentiva), 5 (decreto di sospensione dell'esecuzione per talune pene, per l’applicazione delle misure alternative alla detenzione) e 10 (decreto di sospensione dell'esecuzione in carcere di condannato agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire) dell’art. 656 c.p.p., dopo la decisione del magistrato di sorveglianza sulla concessione della liberazione anticipata.
Il numero 2) della lettera b) interviene sul comma 5 dell'articolo 656 c.p.p., armonizzandone il contenuto con le previsioni dell’art. 47-ter dell’ordinamento penitenziario, relativo alla detenzione domiciliare. In particolare, il decreto-legge stabilisce in 4 anni il limite di pena – anche residua - per la sospensione dell’ordine di esecuzione nei confronti di particolari categorie di condannati per i quali l’ordinamento penitenziario (art. 47-ter, comma 1) già prevede la detenzione domiciliare negli stessi limiti di pena da espiare.
Si tratta dei seguenti soggetti:
§ donna incinta o madre di prole di età inferiore a 10 anni con lei convivente;
§ padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti impossibilitata a dare assistenza alla prole;
§ persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
§ persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente;
§ persona di età minore di anni 21, per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
Come si legge nella relazione illustrativa che accompagnava l’originario disegno di legge presentato al Senato “queste categorie di soggetti, qualora debbano espiare una pena fino a 4 anni, potranno accedere alla detenzione domiciliare di cui all’articolo 47-ter, comma 1, dell’ordinamento penitenziario, dallo stato di libertà, senza necessariamente fare ingresso in carcere”.
Potrebbe risultare utile, sul punto, chiarire il rapporto tra la nuova
disciplina della sospensione dell’esecuzione per l’applicazione delle misure
alternative e la disciplina vigente
della detenzione domiciliare per le specifiche categorie indicate nell’art. 47-ter,
comma 1, OP.
Si osserva che pare opportuno considerare se, sulla base del testo, sia
possibile non applicare le nuove disposizioni sulla liberazione anticipata e
disporre comunque la sospensione dell’esecuzione della pena ai fini
dell’applicazione delle misure alternative, con durata maggiore rispetto a
quella derivante dal ricalcolo relativo alla liberazione anticipata.
Il numero 3 della lettera b) interviene sul comma 9 dell’art. 656 c.p.p., che prevede una serie esclusioni oggettive relative a delitti per i quali la sospensione dell’ordine di esecuzione della pena non può essere disposta.
Come si evince dal testo a fronte che segue, nel testo previgente il decreto-legge tale preclusione riguardava i condannati per i gravi delitti di cui all'articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario nonché quelli di cui agli articoli 423-bis (incendio boschivo), 624 (furto pluriaggravato ex art. 625), 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo) e delitti aggravati ai sensi dell’articolo 61, co. 1, n. 11-bis, c.p. (l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale)[2], fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89 del testo unico stupefacenti (DPR 309/1990).
Con la modifica di cui alla lettera a), il decreto-legge, nella sua versione iniziale, ha soppresso il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione per tutte le fattispecie di reato indicate (con la sola eccezione dei reati più gravi individuati dall’articolo 4-bis OP). Contestualmente, il suddetto divieto viene introdotto per le condanne per il reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti di minore di anni 14, previsto dall’articolo 572, comma 2, c.p., e per le condanne inflitte per atti persecutori aggravati commessi a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, ovvero commessi con armi o da persona travisata, secondo quanto previsto dall’articolo 612-bis, comma 3, c.p.
Una modifica introdotta al
Senato ha, tuttavia, reintrodotto
il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione per i condannati ex
art. 423-bis (incendio boschivo) e 624-bis (furto in abitazione e furto con
strappo).
Infine, il decreto-legge prevede, al comma 9 dell’art. 656 c.p.p., la soppressione della lettera c) e dunque elimina il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione per i plurirecidivi ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, c.p. (ovvero coloro che, già recidivi, commettono un altro delitto non colposo). Anche per tale categoria di soggetti, quindi, in base al decreto-legge, è possibile il ricorso alle misure alternative alla detenzione.
Il Senato ha eliminato tale previsione reintroducendo dunque il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione per i plurirecidivi.
Il numero 4 della lettera b) coordina il contenuto del comma 10 dell’art. 656 c.p.p. - relativo all’emissione dell’ordine di esecuzione nei confronti di condannati che si trovano agli arresti domiciliari - con la nuova disciplina introdotta dai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo. Pertanto, anche ai condannati che si trovino agli arresti domiciliari si applica il calcolo relativo alla liberazione anticipata, introdotto dal provvedimento in esame.
Il seguente testo a fronte dà conto del testo originario dell’art. 656 c.p.p, delle modifiche apportate dal decreto-legge (AS 896) e di quelle introdotte al Senato in sede di conversione (AC 1417).
Testo originario |
Decreto-legge |
A.C. 1417 |
Codice di procedura penale Art. 656 Esecuzione delle pene detentive |
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1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena
detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se
il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è
consegnata all'interessato. |
1. Identico. |
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2. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è
comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato. |
2. Identico. |
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3. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui
confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla,
l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie
all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato. |
3. Identico. |
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4. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità
previste dall'articolo 277. |
4. Identico. |
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4-bis. Al di fuori dei casi previsti
dal comma 9, lett. b), quando la residua pena da espiare, computando le
detrazioni previste dall'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, non
supera i limiti indicati dal comma 5, il pubblico ministero, prima di
emettere l'ordine di esecuzione, previa verifica dell'esistenza di periodi di
custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile relativi al titolo
esecutivo da eseguire, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza
affinché provveda all'eventuale applicazione della liberazione anticipata. Il
magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo con ordinanza adottata ai
sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. La presente disposizione
non si applica nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo
4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. |
4-bis. Identico. |
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4-ter. Quando il condannato si trova in
stato di custodia cautelare in carcere il pubblico ministero emette l'ordine
di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui al comma 4-bis, trasmette
gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione
anticipata. |
4-ter. Quando il condannato si trova in
stato di custodia cautelare in carcere il pubblico ministero emette l'ordine
di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui al comma 4-bis, trasmette senza ritardo gli atti al magistrato di sorveglianza
per la decisione sulla liberazione anticipata. |
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4-quater. Nei casi previsti dal comma
4-bis, il pubblico ministero emette i provvedimenti previsti dai commi 1, 5 e
10 dopo la decisione del magistrato di sorveglianza. |
4-quater. Identico. |
5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore
pena, non è superiore a tre anni o sei anni nei casi di cui agli articoli 90
e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9
ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero,
salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di
esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al
difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore
che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta
giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla
documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle
misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50,
comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di
cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero
la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso
testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o
la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato
testo unico, l'esecuzione della pena avrà corso immediato. |
5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore
pena, non è superiore a tre anni, quattro
anni nei casi previsti dall'articolo 47-ter, comma 1, della legge 26 luglio
1975, n. 354, o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo
unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,
n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto
previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e
il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore
nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha
assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può
essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione
necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative
alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26
luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del
testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione
dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico.
L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o la stessa
sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo
unico, l'esecuzione della pena avrà corso immediato. |
5. Identico. |
6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di
cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato dal pubblico ministero, il quale la
trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza
competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico
ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione utile, questa,
salvi i casi di inammissibilità, può essere depositata nella cancelleria del
tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a
norma dell'articolo 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facoltà del
tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di
documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo
666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni
dal ricevimento dell'istanza. |
6. Identico. |
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7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può
essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova
istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla
medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione
dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 del testo unico approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e
successive modificazioni. |
7. Identico. |
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8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia
tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari
inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il
decreto di sospensione dell'esecuzione. Il pubblico ministero provvede
analogamente quando l'istanza presentata è inammissibile ai sensi degli
articoli 90 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché, nelle
more della decisione del tribunale di sorveglianza, quando il programma di
recupero di cui all'articolo 94 del medesimo testo unico non risulta iniziato
entro cinque giorni dalla data di presentazione della relativa istanza o
risulta interrotto. A tal fine il pubblico ministero, nel trasmettere
l'istanza al tribunale di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti. |
8. Identico. |
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8-bis. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia
avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico
ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni,
all'esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica. |
8-bis. Identico. |
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9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere
disposta: |
9. Identico: |
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a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo
4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché
di cui agli articoli 423-bis, 624,
quando ricorrono due o più circostanze tra quelle indicate dall’articolo 625,
624-bis del codice penale e per i delitti in cui ricorre l’aggravante di cui
all’articolo 61, primo comma, numero 11-bis, del medesimo codice, fatta
eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai
sensi dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. |
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo
4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché
di cui agli articoli 572, secondo
comma, e 612-bis, terzo comma, del codice penale; |
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo
4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché
di cui agli articoli 423-bis, 572,
secondo comma, 612-bis, terzo comma, 624-bis
del codice penale fatta eccezione per
coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi
dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. ; |
b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da
eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in
cui la sentenza diviene definitiva; |
b) identico |
b) identico |
c) nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la
recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale. |
Soppressa. |
c) nei confronti dei condannati ai
quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto
comma, del codice penale |
10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si
trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da
eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di
carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza
perché provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative
di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il
condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo
corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli
adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354,
e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di
sorveglianza. |
10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si
trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da
eseguire, e se la residua pena da
espiare determinata ai sensi del comma 4-bis non supera i limiti indicati dal
comma 5, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di
carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza
perché provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative
di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il
condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo
corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli
adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354,
e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di
sorveglianza. |
10. Identico. |
L'articolo 2 è composto da un unico comma, che a sua volta è suddiviso in quattro distinti interventi normativi, modificativi di alcuni aspetti della disciplina dell'ordinamento penitenziario di cui alla legge n. 354 del 1975.
In particolare, la lettera a) interviene sull’art. 21 della legge n. 354, relativo al lavoro all’esterno del carcere, inserendovi il comma 4-ter, che permette ai detenuti e agli internati la partecipazione, a titolo volontario e gratuito, all'esecuzione di progetti di pubblica utilità presso lo Stato, le Regioni, le province e i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. In tal caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al l’articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, che regola il lavoro di pubblica utilità in relazione ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace.
L’art. 54 del D. lgs n. 274 stabilisce che il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a 10 giorni né superiore a 6 mesi; che l'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.
Il Senato ha modificato la formulazione del nuovo comma 4-ter prevedendo:
§ che detenuti e internati possano “di norma” essere assegnati alle attività di pubblica utilità;
§ che nell’assegnazione si debba tener conto anche delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dei detenuti;
§ che il lavoro di pubblica utilità possa svolgersi anche presso comunità montane, Unioni di comuni, Asl, enti e organizzazioni anche internazionali, comprese quelle di assistenza sanitaria;
§ la possibile assegnazione di detenuti e internati ad attività a titolo volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi;
§ l’inapplicabilità del comma 4-ter ai detenuti e agli internati per: il delitto di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.); per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste da tale articolo; per delitti commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose.
Nel corso dell’esame al Senato sono, poi, state aggiunte
le lettere a-bis) e a-ter) che novellano l’art. 30-ter dell’ordinamento
penitenziario, relativo ai permessi premio.
In particolare, la lettera a-bis) interviene sul comma 2 aumentando da 20 a 30 giorni, per i condannati minorenni, la durata
di ogni permesso premio; analogamente, la durata complessiva per ogni anno
di espiazione è aumentata da 60 a 100
giorni.
La lettera
a-ter) amplia i presupposti di
concessione dei permessi premio previsti dal comma 4 dell’art. 30-ter. Attualmente,
i permessi possono essere concessi:
a) ai condannati all'arresto o alla
reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta all'arresto;
b) ai condannati alla reclusione superiore a
tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c) (che esclude i condannati per
taluno dei gravi delitti di cui all'articolo 4-bis), dopo l'espiazione di
almeno un quarto della pena;
c)
nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno (dei
delitti indicati nei commi 1, 1-ter e
1quater)) dell'articolo 4-bis, dopo
l'espiazione di almeno
metà della pena e, comunque, di
non oltre dieci anni; (la Corte Costituzionale con sentenza n. 450/1998 ha peraltro dichiarato
l'illegittimità costituzionale
dell'art. 30-ter, comma 4,
lettera c), nella parte in cui si riferisce ai minorenni);
d)
nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno
dieci anni.
La disposizione introdotta dal Senato aumenta
da 3 a 4 anni, in entrambe le ipotesi descritte alle lettere a) e b), il
limite di pena detentiva di riferimento per la concessione dei permessi premio.
La lettera b) (distinta in quattro numeri) apporta una serie di modifiche all’articolo 47-ter dell’ordinamento penitenziario, in materia di detenzione domiciliare.
In primo luogo (numero 1), viene abrogato il comma 1.1 dell’articolo 47-ter - introdotto dalla legge n. 251 del 2005 - con la conseguente eliminazione del divieto di concessione della detenzione domiciliare tra i 3 e i 4 anni di pena (anche residua) nei confronti dei condannati recidivi ai sensi dell’art. 99, co. 4, c.p., per i quali ricorrono i presupposti di cui al comma 1 del medesimo articolo 47-ter.
In secondo luogo (numero 2), si dispone la soppressione di una parte del secondo periodo del comma 1-bis dell’articolo 47-ter - introdotta dalla legge n. 251 del 2005 - in tema di concessione della detenzione domiciliare cd. 'generica' o infrabiennale.
Si tratta della detenzione domiciliare che può essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 dell’art. 47-ter, quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. Fino all’entrata in vigore del decreto-legge, questo tipo di detenzione domiciliare non si applicava ai condannati per una serie di reati (indicati dall’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario) e ai recidivi ex art. 99, comma 4, c.p.
Anche in questo caso il decreto-legge elimina il divieto di applicazione di tale misura alternativa nei confronti dei recidivi ai sensi dell’art. 99, co. 4, c.p.
Si ricorda che, in base alla legge 199/2010, attualmente i recidivi
possono accedere alla detenzione presso il domicilio per l’espiazione di pene
non superiori a 18 mesi.
Il Senato ha soppresso sia il numero 1) che il numero 2) della lettera b), in tal modo ripristinando il divieto di concessione della detenzione domiciliare per i recidivi.
Il numero 3 della lettera b) riformula il comma 1-quater dell’articolo 47-ter dell’ordinamento penitenziario. La disposizione previgente al decreto-legge stabiliva che il magistrato di sorveglianza cui, ad esecuzione della pena già iniziata, fosse rivolta istanza di detenzione domiciliare potesse disporre l’applicazione provvisoria della misura in presenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis dell’art. 47-ter. La norma prevedeva l’applicabilità delle disposizioni del comma 4 dello stesso art. 47-ter (ovvero l’ordinaria competenza per l’applicazione della misura in capo al tribunale di sorveglianza).
Il decreto-legge - ferma restando nella stessa ipotesi la competenza alla concessione in via definitiva da parte del tribunale di sorveglianza – ha modificato tale disciplina per consentire al magistrato di sorveglianza, nei casi di grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, di applicare in via provvisoria, indipendentemente dall’accertamento dei requisiti, la detenzione domiciliare prevista dai commi 1, 1-bis e 1-ter dell’articolo 47-ter. In quella ipotesi di grave pregiudizio l’istanza di detenzione domiciliare deve essere rivolta proprio al magistrato di sorveglianza.
Nel corso dell’esame al Senato il comma 1-quater è stato, tuttavia, ulteriormente modificato:
§ prevedendo l’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare anche nell’ipotesi di cui al comma 01 dell’art. 47-ter (condannato ultra settantenne);
§ chiarendo che spetta allo stesso magistrato di sorveglianza applicare provvisoriamente la misura (in effetti, la formulazione iniziale del comma 1-quater proposta dal decreto-legge abilitava espressamente il magistrato a ricevere solo l’istanza di detenzione domiciliare su cui, evidentemente, avrebbe dovuto pronunciarsi il tribunale di sorveglianza);
§ correggendo il rinvio alle disposizioni, in quanto compatibili, sui poteri del tribunale di sorveglianza (comma 4, anziché 4-bis, dello stesso art. 47-ter). In base al comma 4, il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall'articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare. In base al comma 4-bis, nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.
La soppressione del comma 9 del citato articolo 47-ter, disposta dal numero 4 della lettera b), intende eliminare preclusioni di natura assoluta all’accesso a misure alternative alla detenzione, valorizzando in tal modo le valutazioni di merito della magistratura di sorveglianza sulla condotta e sulla personalità del condannato ai fini dell’accesso ai benefici penitenziari.
Detto comma, infatti, prevedeva:
§ che la denuncia per evasione dalla detenzione domiciliare comportasse automaticamente la sospensione della stessa detenzione domiciliare (automatismo già dichiarato incostituzionale dalla Consulta, sentt. n. 193/1997 e 189/2010);
§ che alla condanna conseguisse la revoca della misura.
Con una modifica introdotta dal Senato è stata reintrodotta nell’art. 47-ter una nuova formulazione del comma 9 che, confermando l’eliminazione dell’automatismo derivante dalla denuncia di evasione (ovvero la sospensione dal beneficio) prevede che solo alla condanna per evasione consegua la revoca della detenzione domiciliare e che la revoca non abbia luogo qualora il fatto sia di lieve entità.
Sempre nel corso dell’esame al Senato sono state soppresse le lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 2.
Le lettere c) e d) abrogano
gli articoli 30–quater, 50-bis e 58-quater, comma 7-bis,
dell’ordinamento penitenziario (disposizioni introdotte dalla legge n. 251 del
2005, cd. ex Cirielli), che disciplinano l’accesso ai benefici
penitenziari per i condannati plurirecidivi.
Si tratta, rispettivamente:
· dei permessi premio (art. 30-quater);
In base all’art. 30-quater, i permessi premio possono essere concessi
ai detenuti, ai quali sia stata
applicata la recidiva prevista dall'articolo
99, quarto comma, del codice
penale (plurirecidivi), in una serie di casi
previsti dal comma
4 dell'articolo 30-ter:
-
nei confronti dei
condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se
congiunta: dopo l'espiazione di un terzo della pena;
-
nei confronti dei condannati alla reclusione
superiore a tre anni: dopo l'espiazione della metà della pena;
-
nei confronti dei
condannati per taluni gravi reati indicati nell’art. 4-bis o all’ergastolo:
dopo l'espiazione di due
terzi della pena e, comunque, di non oltre quindici anni.
· della
semilibertà (art. 50-bis); in base all’art. 50-bis la semilibertà può essere concessa ai detenuti, ai quali
sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale, soltanto dopo
l'espiazione dei due
terzi della pena ovvero, se si
tratta di un condannato per taluno dei
delitti dell'articolo 4-bis, di almeno
tre quarti di essa;
· della
concessione per più di una volta di alcune misure previste dall’art. art.
58-quater, co. 7-bis; in base al comma 7-bis l’affidamento in prova al servizio
sociale nei casi previsti dall'articolo 47, la detenzione domiciliare e
la semilibertà non possono essere concessi più' di una volta
al condannato al quale sia stata
applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale.
Articolo 3
(Modifiche al D.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309)
L'articolo 3 del testo del decreto-legge interviene sull'articolo 73 del testo unico in materia di stupefacenti (D.P.R. n. 309 del 1990[3]), che disciplina la produzione, il traffico e la detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope.
In particolare, l’art. 73 punisce con la reclusione da 6 a 20 anni e con la multa da 26.000 a 260.000 euro:
§ chiunque, senza la prescritta autorizzazione coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope;
§ chiunque, senza l'autorizzazione prescritta, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze psicotrope che appaiono appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale oppure medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope che eccedono il quantitativo prescritto (comma 1).
Punisce inoltre con la reclusione da 6 a 22 anni e con la multa da 26.000 a 300.000 euro chiunque, essendo munito dell'autorizzazione prescritta, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle specifiche tabelle (comma 2).
Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione (comma 3).
In specie, quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000 (comma 5).
Nell'ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti del codice di procedura penale, su richiesta dell'imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità già previsto nel procedimento penale davanti al giudice di pace, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l'Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L'Ufficio riferisce periodicamente al giudice. Il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, il giudice che procede, o quello dell'esecuzione, tenuto conto dell'entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte (comma 5-bis).
Inoltre se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata (comma 6) e le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti (comma 7).
Il testo originario del decreto-legge inserisce nell’art. 73 del testo unico un nuovo comma 5-ter, per consentire al condannato tossicodipendente o assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope di essere ammesso al lavoro di pubblica utilità, per i fini e con le modalità previste dal comma 5-bis del medesimo articolo 73, per tutti i delitti, salvo quelli di maggiore gravità di cui all’articolo 407 co. 2, lett. a) c.p.p. (si tratta di delitti di maggiore gravità per i quali il codice di procedura stabilisce il limite massimo di due anni per la conclusione delle indagini preliminari[4]).
Nel corso dell’esame del d.d.l. di conversione il Senato ha modificato l’articolo 3 del decreto-legge, intervenendo sul comma 5-ter dell’articolo 73 del testo unico sulle tossicodipendenze, con l’introduzione di alcuni requisiti ulteriori per l’applicazione della misura del lavoro di pubblica utilità. In particolare:
§ il lavoro di pubblica utilità è disposto solo con riferimento a un diverso reato commesso per una sola volta;
§ il diverso reato deve essere stato commesso dalla persona tossicodipendente o dall’assuntore “abituale” di sostanze stupefacenti (è stato soppresso il richiamo anche alle sostanze “psicotrope”) in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale;
§ il giudice deve avere inflitto una pena non superiore ad un anno di detenzione;
§ all’elenco dei reati esclusi, oltre a quelli previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), c.p.p., sono aggiunti i reati contro la persona.
Appare utile chiarire
se il riferimento alla commissione del reato per una “sola volta” costituisca
un limite per l’applicazione del lavoro di pubblica utilità con riguardo alla
commissione di ciascun reato diverso da quelli del testo unico sulle
tossicodipendenze (limite oggettivo) oppure se si intenda consentire il lavoro
di pubblica utilità una sola volta in totale in favore della stessa persona che
abbia commesso un diverso reato (limite soggettivo).
Si osserva inoltre che
il codice penale fa riferimento testuale solo ai “delitti” e non genericamente
ai “reati” contro la persona.
Articolo 3-bis
(Misure per favorire l’attività
lavorativa dei detenuti ed internati)
La disposizione in commento è stata inserita nel decreto-legge dal Senato nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione.
L’art. 3-bis novella due leggi (la n. 381 del 1991, sulle cooperative sociali, e la n. 193 del 2000, sull’attività lavorativa dei detenuti) con la finalità di sostenere il reinserimento lavorativo degli ex detenuti.
In particolare, il comma 1 modifica l’articolo 4 della legge n. 381 del 1991 in tema di sgravi contributivi per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate impiegate in cooperative sociali.
Si tratta della disposizione che definisce le categorie di persone svantaggiate, includendovi le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno (comma 1), per poi prescrivere alla cooperativa che tali persone rappresentino almeno il 30% dei suoi lavoratori (comma 2). Per tali cooperative, ed in relazione a tali lavoratori svantaggiati, sono azzerate le aliquote della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale (comma 3) con alcune eccezioni. Il comma 3-bis, infatti, stabilisce che tali aliquote, se dovute relativamente alle retribuzioni corrisposte alle persone detenute o internate negli istituti penitenziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno, sono ridotte nella misura percentuale individuata ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia. La disposizione aggiunge che gli sgravi contributivi si applicano anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione.
La disposizione approvata dal Senato sostituisce l’ultimo periodo del comma 3-bis, ampliando la durata del periodo successivo allo stato di detenzione nel quale sono concessi gli sgravi contributivi.
In particolare, si stabilisce che gli sgravi permangono:
- per 18 mesi dalla scarcerazione, per coloro che hanno beneficiato di misure alternative o del lavoro esterno;
- per 24 mesi dalla scarcerazione per tutti coloro che non hanno beneficiato di tali istituti.
Il comma 2 novella la legge n. 193 del 2000, Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti, inserendovi l’articolo 3-bis, che concede alle imprese che assumono detenuti un credito d’imposta.
Si ricorda che il credito di imposta è uno strumento agevolativo di carattere fiscale, nella forma di un contributo, che permette di ridurre un debito che il contribuente ha nei confronti dello Stato. L’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, recante “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto attraverso una forma di compensazione”, dispone che i contribuenti, nell’effettuare i versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, possono eventualmente portare in compensazione i crediti, relativi allo stesso periodo, vantati nei confronti dei medesimi soggetti. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della successiva dichiarazione.
In particolare, la disposizione concede alle imprese:
§ un credito d’imposta mensile nella misura massima di 700 euro a lavoratore, se assumono – per almeno 30 giorni - detenuti ammessi al lavoro esterno ovvero svolgono nei loro confronti «effettivamente attività formative» (comma 1);
Si ricorda che il lavoro esterno (art. 21 OP) non è una vera misura alternativa alla detenzione ma un beneficio, concesso dal direttore dell’Istituto di pena, che consiste nella possibilità di uscire dal carcere per svolgere un’attività lavorativa, anche autonoma (art. 48, comma 12, R.E.), oppure per frequentare un corso di formazione professionale (art. 21 OP, comma 4 bis). Possono essere ammessi al lavoro esterno gli imputati (previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria); i condannati e gli internati per reati diversi da quelli previsti all’art. 4-bis OP; i condannati per reati previsti all’art. 4 bis OP, dopo l’espiazione di un terzo della pena e, comunque, di almeno 5 anni; i condannati all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno 10 anni.
§ un credito d’imposta mensile nella misura massima di 350 euro a lavoratore, se assumono – per almeno 30 giorni – detenuti semiliberi ovvero svolgono nei loro confronti «effettivamente attività formative» (comma 2).
Si ricorda il regime di semilibertà (art. 48 OP) consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale (reg. es. 101), in base ad un programma di trattamento, la cui responsabilità è affidata al Direttore dell'Istituto di pena. I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.
La disposizione (comma 3) precisa che i crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione e che sono riconosciuti (in coordinamento con la previsione della legge n. 381/1991) anche successivamente all’uscita dal carcere, per 18 o 24 mesi, a seconda che il lavoratore abbia o meno avuto accesso alle misure alternative alla detenzione.
Con finalità di coordinamento, l’articolo 3-bis novella infine l’articolo 4 della legge del 2000, inserendovi un richiamo alla nuova disposizione introdotta.
L'articolo 4 amplia i compiti assegnati al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie all’interno del quadro normativo fissato dal D.P.R. 3 dicembre 2012.
Si tratta del D.P.R. (registrato alla Corte dei conti il 21 dicembre 2012) con il quale è stato nominato Commissario straordinario il Prefetto Angelo Sinesio - già Commissario Delegato ai sensi dell'Ordinanza di protezione civile 3995 del 13 gennaio 2012 - per l'anno 2013. Al Commissario sono stati attribuiti i poteri degli organi delle amministrazioni competenti in via ordinaria nonché quelli previsti dall'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009. Il D.P.R ha confermato le risorse umane e strumentali già attribuite al Commissario delegato, nonché le risorse finanziarie che confluiscono nella contabilità speciale. Per quanto riguarda le risorse umane, il medesimo d.P.R. ha assegnato al Commissario straordinario una dotazione organica di 15 unità ed autorizzato la corresponsione di compensi per lavoro straordinario per un massimo di 50 ore mensili pro-capite.
In particolare, il comma 1 stabilisce che, nei limiti di quanto previsto dal suddetto D.P.R. e, in via temporanea, fino al 31 dicembre 2014, le funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie sono integrate con i seguenti ulteriori compiti:
§ programmazione dell'attività di edilizia penitenziaria (lettera a);
§ manutenzione straordinaria, ristrutturazione, completamento e ampliamento delle strutture penitenziarie esistenti (lettera b);
§ mantenimento e promozione di piccole strutture carcerarie ove applicare percorsi di esecuzione della pena differenziati «su base regionale» e implementazione di trattamenti individualizzati ritenuti indispensabili per la rieducazione del detenuto. Ciò in base alla lettera b-bis), introdotta dal Senato;
Appare utile chiarire
quale sia la portata del riferimento alla “base regionale”.
§ realizzazione di nuovi istituti penitenziari e di alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, al di fuori delle aree di notevole interesse pubblico sottoposte a vincolo ai sensi dell'articolo 136 del D.Lgs. n. 42 del 2004 (lettera c);
§ destinazione e valorizzazione dei beni immobili penitenziari anche mediante acquisizione, cessione, permuta e forme di partenariato pubblico-privato ovvero tramite la costituzione di uno o più fondi immobiliari, articolati in un sistema integrato nazionale e locale (lettera d);
§ individuazione di immobili dismessi nella disponibilità dello Stato o degli enti pubblici territoriali e non territoriali, al fine della realizzazione di strutture carcerarie (lettera e). Tanto alla lettera d) quanto alla lettera e) il Senato ha aggiunto il riferimento alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi; pertanto, in base alla modifica apportata lettera d), il Commissario può destinare beni immobili penitenziari anche mediante costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi; in base alla modifica alla lettera e), il Commissario può individuare immobili atti, tra l’altro, “alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi”;
§ raccordo con il capo Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e con il capo Dipartimento per la giustizia minorile.
Si osserva che
l’integrale richiamo al decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre
2012, registrato alla Corte dei conti il 21 dicembre 2012, registro n. 10,
foglio n. 144, determina la completa trasposizione a livello legislativo del
contenuto di un atto amministrativo che, in conseguenza di ciò, non sarebbe più
modificabile con le modalità proprie degli atti amministrativi e che peraltro
non è stato pubblicato con le modalità previste per gli atti normativi.
Il comma 2 prevede che gli atti del Commissario straordinario, ove rientrino nelle competenze assegnate all'Agenzia del demanio, siano adottati d’intesa con la stessa Agenzia e, ai sensi del comma 4, siano sottoposti al regime di controllo di regolarità amministrativa e contabile secondo la legislazione vigente.
In base al comma 3 restano in capo al Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, le funzioni di indirizzo, vigilanza e controllo sull’attività del Commissario straordinario del Governo svolta in esecuzione dei compiti assegnati. Si dispone, altresì, che questi riferisca trimestralmente al Ministro della giustizia e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sull'attività svolta. A questa disposizione il Senato ha aggiunto l’obbligo di relazione annuale al Parlamento, al quale il Commissario dovrà adempiere, per il 2013, entro il 31 dicembre.
Il comma 5 prevede, poi, che gli atti del Commissario siano adottati nei limiti delle risorse disponibili sul cap. 5421 assegnato alla contabilità speciale del medesimo Commissario. Il Senato ha eliminato il riferimento specifico al numero del capitolo di bilancio.
Il comma 6
dispone che, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legge in
conversione, al medesimo Commissario siano attribuiti i poteri derogatori, ove necessario, di cui alle Ordinanze del
Presidente del Consiglio dei ministri nn. 3861/2010[5] e 3995/2012[6], limitatamente alle
deroghe alla legge n. 717 del 1949[7], al D.P.R. n. 383 del 1994[8], all'articolo 17 della
Legge n. 127 del 1997[9] e agli articoli 49[10] e 70[11] del c.d. Codice degli
appalti (D. Lgs. n. 163 del 2006), concernenti rispettivamente la disciplina
dell’avvalimento e quella dei termini
di ricezione delle domande di partecipazione e di ricezione delle offerte.
Il comma 7 dispone che, stante quanto già previsto dal citato D.P.R. 3 dicembre 2012, al Commissario straordinario è assegnata una dotazione organica di ulteriori 15 unità, ripartite tra le varie qualifiche, ivi comprese quelle dirigenziali, secondo la pianta organica stabilita dal medesimo Commissario. Si precisa che il personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni, dalle Agenzie e dagli enti territoriali è assegnato, anche in posizione di comando o distacco, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, ai sensi del d. lgs. n. 165 del 2001, conservando lo stato giuridico e il trattamento economico in godimento con oneri a carico dell'amministrazione di appartenenza. Al fine di assicurare la piena operatività della struttura, il medesimo comma autorizza il Commissario a stipulare contratti a tempo determinato, ma nei limiti delle risorse disponibili sul cap. 5421 assegnato alla contabilità speciale del medesimo Commissario.
In merito il Senato ha specificato che il personale in comando o distacco non ha diritto ad indennità o compensi aggiuntivi ed ha – anche in questo comma – soppresso il richiamo specifico al capitolo di bilancio.
La relazione della Corte dei Conti (delibera 11/2012/G emessa il 12 settembre 2012) indica un attivo di 333,4 milioni di euro al 28 agosto 2012. Le risorse derivano dai trasferimenti statali provenienti dai capitoli 7473 e 7300 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalle somme provenienti dalla Cassa delle ammende, nonché dalle somme provenienti da Fondi regionali e privati.
Il comma 8 conferma le risorse strumentali e finanziarie già assegnate al Commissario straordinario, nonché quelle già disponibili sul cap. 5421 assegnato alla contabilità speciale del Commissario straordinario. Anche in questo caso il Senato ha soppresso il richiamo al capitolo di bilancio.
Infine, il comma 9 stabilisce espressamente che, in relazione alle attività compiute in attuazione della norma, al Commissario straordinario non spetta alcun tipo di compenso.
Articolo 5
(Copertura finanziaria)
L'articolo 5 reca la consueta clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che all'attuazione delle disposizioni in esame si provveda tramite l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
L’articolo non è stato modificato dal Senato, a seguito dell’introduzione dell’articolo 3-bis.
Articolo 6
(Entrata in vigore)
L'articolo 6 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento, disponendo l'efficacia del decreto-legge dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 2 luglio 2013.
[1] L'espressione "pena dichiarata fungibile" fa rinvio al disposto dell'articolo 657 del codice di procedura penale, ai sensi del quale il pubblico ministero, nel determinare la pena detentiva da eseguire, computa il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la custodia è ancora in corso. Si procede nello stesso modo in caso di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza detentiva, se questa non è stata applicata definitivamente. Il pubblico ministero computa altresì il periodo di pena detentiva espiata per un reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata quando per il reato è stata concessa amnistia o quando è stato concesso indulto, nei limiti dello stesso.
[2] Norma peraltro dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 249/2010.
[3] D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
[4] In particolare, i reati richiamati dall’art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p. e quindi esclusi dall’applicazione della disciplina del lavoro di pubblica utilità sono i seguenti: devastazione, saccheggio e strage, guerra civile, associazioni di tipo mafioso, strage; ipotesi aggravate di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, associazione armata per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri; omicidio, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione, consumati o tentati; i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di associazioni sovversive e banda armata; delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo; delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate quando il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, e 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope; associazione per delinquere, nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza; riduzione in schiavitù, le ipotesi più gravi di prostituzione minorile e pornografia minorile, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, ipotesi aggravate di violenza sessuale, alcune ipotesi di trasporto e ingresso illegali di cittadini extracomunitari.
[5] Recante Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 marzo 2010, n. 73.
[6] Recante Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 19 gennaio 2012, n. 15.
[7] Recante Norme per l'arte negli edifici pubblici.
[8] Recante Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale.
[9] Recante Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo. Il richiamato articolo 17 reca “Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione dell'attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo”.
[10] Il riferimento è alla cd. procedura di “avvalimento” ovvero la possibilità per il concorrente - singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell'articolo 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture - di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell'attestazione SOA di altro soggetto.
[11] In materia di termini per la ricezione delle offerte e delle domande di partecipazione alle gare da parte della stazione appaltante.