Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: D.L. 21 giugno 2013, n. 69 'Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia', convertito, in legge, con modificazioni, dall' art. 1, comma 1, L. 9 agosto 2013, n. 98 - (Articoli da 1 a 40)
Riferimenti:
AC N. 1248/XVII   DL N. 69 DEL 21-GIU-13
Serie: Progetti di legge    Numero: 36    Progressivo: 4
Data: 11/10/2013
Descrittori:
ECONOMIA NAZIONALE   L 2013 0098
POLITICA ECONOMICA     
Altri riferimenti:
L N. 98 DEL 09-AGO-13     

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

Progetti di legge

 

 

 

Le leggi

D.L. 21 giugno 2013, n. 69

Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”, convertito, in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1,
L. 9 agosto 2013, n. 98

Schede di lettura

(Articoli da 1 a 40)

 

 

 

 

 

n. 36/4

Tomo I

 

 

11 ottobre 2013


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

 

 

 

 

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File: D13069ds1.doc

 


INDICE
(Tomo I)

 

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Rafforzamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese) 3

§      Articolo 2 (Finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese) 8

§      Articolo 3 (Rifinanziamento dei contratti di sviluppo) 12

§      Articolo 3-bis (Misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale (D.L. n. 72/2013)) 17

§      Articolo 4, commi 1-7 (Norme in materia di concorrenza nel mercato del gas naturale e nei carburanti) 20

§      Articolo 4, comma 7-bis (Deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti) 24

§      Articolo 5 (Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica ed estensione della cd. Robin Hood Tax) 26

§      Articolo 6 (Gasolio per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra) 33

§      Articolo 7 (Imprese miste per lo sviluppo) 37

§      Articolo 8 (Partenariati) 39

§      Articolo 9, commi 1-2 e 3-bis (Accelerazione nell’utilizzazione dei fondi strutturali europei) 41

§      Articolo 9, comma 5 (Risorse Fondo di solidarietà della UE per gli interventi di emergenza connessi a calamità) 54

§      Articolo 9-bis (Attuazione rafforzata degli interventi per lo sviluppo e la coesione territoriale) 56

§      Articolo 10 (Liberalizzazione dell'accesso alla rete internet tramite tecnologia WIFI e dell'allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete pubblica) 60

§      Articolo 11 (Proroga del credito d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico) 65

§      Articolo 11-bis (Misure economiche di natura compensativa per le televisioni locali) 68

§      Articolo 12 (Ricapitalizzazione delle Società di Gestione del Risparmio) 69

§      Articolo 12-bis (Sostegno alle imprese creditrici dei comuni dissestati) 71

§      Articolo 13 (Governance dell’Agenda digitale Italiana) 76

§      Articolo 13-bis (Piattaforme accreditate per gli acquisti di beni e servizi delle tecnologie della comunicazione e dell'informazione) 85

§      Articolo 14 (Misure per favorire la diffusione del domicilio digitale) 88

§      Articolo 15 (Disposizioni in tema di sistema pubblico di connettività) 94

§      Articolo 16 (Razionalizzazione dei CED Centri elaborazione dati Modifiche al decreto-legge 18 agosto 2012, n. 179) 95

§      Articolo 16-bis (Modifiche al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, in materia di accesso alle banche dati pubbliche - Credito al consumo) 96

§      Articolo 17 (Misure per favorire realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico) 98

§      Articolo 17-bis (Modifica all'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559, in materia di compiti dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato) 103

§      Articolo 17-ter (Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese) 105

§      Articolo 18, commi 1-3, 11 e 12 (Fondo per il finanziamento di infrastrutture cantierate o cantierabili) 108

§      Articolo 18, comma 4 (Corridoio tirrenico meridionale A12 – Appia e bretella autostradale Cisterna Valmontone) 113

§      Articolo 18, comma 5 (Assegnazione di risorse alla società concessionaria Strada dei parchi S.p.A.) 116

§      Articolo 18, comma 6 (Disposizioni concernenti la linea C della metropolitana di Roma) 118

§      Articolo 18, comma 7 (Contratto di Programma RFI) 120

§      Articolo 18, commi da 8 a 8-sexies (Interventi per l’edilizia scolastica) 122

§      Articolo 18, comma 8-septies (Deroga per scuole e servizi dell’infanzia alle misure di contenimento della spesa per mobili e arredi da parte delle PA) 129

§      Articolo 18, comma 9 (Primo programma “6000 Campanili”) 131

§      Articolo 18, comma 10 (Programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA) 133

§      Articolo 18, commi da 13 a 14-bis (Copertura finanziaria e relazione alle Camere da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) 134

§      Articolo 19, commi 1-2 (Disposizioni in materiali di concessioni) 139

§      Articolo 19, commi 3-4 (Disposizioni in materia di defiscalizzazione) 145

§      Articolo 19, comma 5 (Disposizioni in materia di project bond) 150

§      Articolo 19, comma 5-bis (Canoni demaniali marittimi) 151

§      Articolo 20 (Riprogrammazione degli interventi del Piano nazionale della sicurezza stradale) 153

§      Articolo 21 (Differimento dell'operatività della garanzia globale di esecuzione) 159

§      Articolo 22 (Misure per l'aumento della produttività nei porti) 160

§      Articolo 23 (Disposizioni urgenti per il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico) 164

§      Articolo 24 (Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188 ed alla legge 3 luglio 2009, n. 99 – Disciplina del settore ferroviario) 168

§      Articolo 25, commi 1-4 (Svolgimento da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle funzioni di vigilanza e di concedente) 175

§      Articolo 25, comma 5 (Utilizzo di risorse per i contratti di servizio con l’ENAV) 180

§      Articolo 25, commi 5-bis e 5-ter (Aeroporto di Pisa) 181

§      Articolo 25, comma 6 (Sicurezza grandi dighe) 183

§      Articolo 25, commi 7 e 8 (Disposizioni concernenti ANAS) 185

§      Articolo 25, commi 9-11 (Collegamenti isole minori) 187

§      Articolo 25, comma 11-bis (Finanziamento opere infrastrutturali) 189

§      Articolo 25, comma 11-ter (Adeguamento della SS “Telesina” e del collegamento Termoli-San Vittore) 192

§      Articolo 25, comma 11-quater (Inquinamento acustico delle aviosuperfici) 194

§      Articolo 25, commi da 11-quinquies a 11-sexies (Debiti delle regioni per trasporto pubblico – Debiti Regione Calabria) 196

§      Articolo 25-bis (Sede dell’Autorità di regolazione dei trasporti) 200

§      Articolo 26 (Proroghe in materia di appalti pubblici) 203

§      Articolo 26-bis (Suddivisione in lotti) 206

§      Articolo 26-ter (Anticipazione del prezzo nei contratti di appalto) 208

§      Articolo 27 (Semplificazione in materia di procedura CIPE e concessioni autostradali) 210

§      Articolo 28 (Indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento) 214

§      Articolo 29 (Data unica di efficacia degli obblighi) 223

§      Articolo 29-bis (Interpretazione autentica dell’articolo 13, comma 3, del D.L. n. 138 del 2011, in materia di incompatibilità) 226

§      Articolo 29-ter (Disposizioni transitorie in materia di incompatibilità di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39) 228

§      Articolo 30, commi 1-5-bis, 5-quater e 6 (Semplificazioni in materia edilizia) 231

§      Articolo 30, comma 5-ter (Liberalizzazioni esercizi commerciali) 246

§      Articolo 30-bis (Semplificazioni in materia agricola) 248

§      Articolo 31 (Semplificazioni in materia di DURC) 250

§      Articoli 32 e 35, comma 1 (Semplificazione di adempimenti in materia di sicurezza sul lavoro) 255

§      Articolo 33 (Semplificazione del procedimento per l’acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia) 274

§      Articolo 34 (Disposizioni in materia di trasmissione in via telematica del certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto, del certificato di parto e del certificato di interruzione di gravidanza) 275

§      Articolo 35, comma 1-bis (Limitazione delle spese per il personale “precario” nelle Regioni) 277

§      Articolo 36 (Proroga di Consigli di indirizzo e vigilanza di INPS e INAIL) 279

§      Articolo 37 (Zone a burocrazia zero) 281

§      Articolo 38 (Disposizioni in materia di prevenzione incendi) 284

§      Articolo 39 (Uso individuale dei beni culturali, autorizzazione paesaggistica, ARCUS) 286

§      Articolo 40, comma 1 (Riequilibrio finanziario dello stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) 292

§      Articolo 40, comma 1-bis (Fondazioni culturali) 295

 


INDICE
(Tomo II)

Schede di lettura

§      Articolo 41 (Disposizioni in materia ambientale)........................................ 299

§      Articolo 41-bis (Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo) 314

§      Articolo 41-ter (Norme ambientali per gli impianti ad inquinamento scarsamente significativo)   318

§      Articolo 41-quater (Disciplina dell’utilizzo del pastazzo)............................. 321

§      Articolo 42 (Soppressione certificazioni sanitarie)..................................... 324

§      Articolo 42-bis (Ulteriore soppressione di certificazione sanitaria)............ 329

§      Articolo 42-ter (Semplificazione in merito alle verifiche dell’Istituto nazionale della previdenza sociale sull’accertamento dell’invalidità)................................................................. 333

§      Articolo 42-quater (Trattamenti pensionistici per i lavoratori esposti all’amianto)  335

§      Articolo 43 (Disposizioni in materia di trapianti)......................................... 337

§      Articolo 44, commi 1 e 2 (Riconoscimento del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni di altri Stati membri)................................................................................... 339

§      Articolo 44. commi 3 e 4 (Semplificazioni per la certificazione di qualità delle materie prime utilizzate per la produzione di medicinali).................................................................. 341

§      Articolo 44, commi da 4-bis a 4-ter (Disposizioni per la classificazione dei farmaci orfani e di eccezionale rilevanza terapeutica)............................................................. 343

§      Articolo 44. comma 4-quater (Assicurazione esercenti professioni sanitarie) 346

§      Articolo 44, comma 4-quinquies (Foglietto illustrativo medicinali)............. 347

§      Articolo 45 (Omologazione delle macchine agricole)................................. 348

§      Articolo 45-bis (Abilitazione all'uso di macchine agricole)......................... 349

§      Articolo 46 (EXPO Milano 2015)................................................................ 351

§      Articolo 46-bis (Rifinanziamento legge 499/1999 – settore agricolo)......... 355

§      Articolo 46-ter (Disposizioni in favore dell’Esposizione Universale di Milano del 2015)  356

§      Articolo 47 (Modifiche alla legge 27 dicembre 2002, n. 28- Fondo di garanzia per i mutui per impianti sportivi)....................................................................................................... 361


§      Articolo 47-bis (Misure per garantire la piena funzionalità e semplificare l’attività della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi)................................................ 363

§      Articolo 48 (Modifiche al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).......... 365

§      Articolo 49, commi 01, 1 e 2 (Proroga e differimento termini in materia di spendig review)     367

§      Articolo 49, comma 1-bis  (Limiti alla spesa della P.A. per auto di servizio: norma di interpretazione autentica).................................................................................................... 370

§      Articolo 49, comma 2-bis (Spending review sanitaria).............................. 372

§      Articolo 49-bis (Misure per il rafforzamento della spending review).......... 375

§      Articolo 49-ter (Semplificazioni per i contratti pubblici).............................. 379

§      Articolo 49-quater (Anticipazione di liquidità in favore dell’Associazione italiana della Croce Rossa) 381

§      Articolo 49-quinquies (Misure finanziarie urgenti per gli enti locali)........... 385

§      Articolo 50 (Modifiche alla disciplina della responsabilità fiscale negli appalti) 388

§      Articolo 50-bis (Semplificazione delle comunicazioni telematiche all’Agenzia delle entrate per i soggetti titolari di partita IVA)...................................................................... 390

§      Articolo 51 (Soppressione dell’obbligo di presentazione mensile  del modello 770)   394

§      Articolo 51-bis (Ampliamento dell’assistenza fiscale)................................ 396

§      Articolo 52 (Disposizioni per la riscossione mediante ruolo)..................... 398

§      Articolo 53 (Disposizioni per la gestione delle entrate tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate)....................................................................... 410

§      Articolo 54, comma 1 (Questionari per la predisposizione dei fabbisogni standard per gli enti locali) 413

§      Articolo 54, comma 1-bis (Gestione del servizio di tesoreria degli enti locali da parte di società per azioni)......................................................................................................... 415

§      Articolo 54-bis (Modifiche alla legge 6 novembre 2012, n. 190 in tema di vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione)............................................................................ 417

§      Articolo 54-ter (Modifiche al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico)................................................................................... 419

§      Articolo 55 (Norma interpretativa in materia di rimborsi IVA alle agenzie di viaggio) 422

§      Articolo 56 (Proroga termine di versamento dell’imposta sulle transazioni finanziarie)   424

§      Articolo 56-bis (Semplificazione delle procedure in materia di trasferimenti di immobili agli enti territoriali).................................................................................................... 426

§      Articolo 56-ter (Piani di azionariato)............................................................ 433

§      Articolo 56-quater (Diritto di ripensamento per l’offerta fuori sede nei servizi di investimento)     435

§      Articolo 56-quinquies (Emittenti finanziarie cooperative)........................... 437

§      Articolo 57 (Interventi straordinari a favore della ricerca per lo sviluppo del Paese)  439

§      Articolo 57-bis (Personale scolastico collocato fuori ruolo per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica).......................................................................... 442

§      Articolo 58, commi 1-3 e 4-7 (Turnover nelle università e negli enti di ricerca)     444

§      Articolo 58, comma 3-bis (Esclusioni dal limite alla spesa per missioni di università ed enti di ricerca finanziate da soggetti pubblici)................................................................... 449

§      Articolo 58, comma 7-bis (Disposizioni concernenti assunzioni di breve durata presso il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura)........................................... 451

§      Articolo 59 (Borse di mobilità e Piano nazionale per il sostegno al merito e alla mobilità degli studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi)............................................................. 453

§      Articolo 60 (Sistema di finanziamento delle università e dell’ANVUR e procedure di valutazione delle attività amministrative delle università e degli enti di ricerca).................... 458

§      Articolo 61 (Copertura finanziaria).............................................................. 465

§      Articolo 62 (Finalità e ambito di applicazione)............................................ 472

§      Articolo 63 (Giudici ausiliari)....................................................................... 473

§      Articolo 64 (Requisiti per la nomina).......................................................... 475

§      Articolo 65 (Pianta organica dei giudici ausiliari. Domande per la nomina a giudici ausiliari)   477

§      Articolo 66 (Presa di possesso)................................................................. 478

§      Articolo 67 (Durata dell’ufficio).................................................................... 479

§      Articolo 68 (Collegi e provvedimenti. Monitoraggio).................................. 480

§      Articolo 69 (Incompatibilità ed ineleggibilità)............................................... 481

§      Articolo 70 (Astensione e ricusazione)....................................................... 484

§      Articolo 71 (Decadenza, dimissioni, mancata conferma e revoca)........... 485

§      Articolo 72 (Stato giuridico e indennità)...................................................... 486

§      Articolo 73 (Formazione presso gli uffici giudiziari).................................... 487

§      Articolo 74 (Magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione con compiti di assistente di studio)................................................................... 494

§      Articolo 75 (Intervento del pubblico ministero nei giudizi civili dinanzi alla Corte di Cassazione)  496

§      Articolo 76 (Divisione a domanda congiunta demandata a un professionista) 497

§      Articolo 77 (Conciliazione giudiziale).......................................................... 499

§      Articolo 78 (Misure per la tutela del credito)............................................... 502

§      Articolo 79 (Semplificazione della motivazione della sentenza civile - soppresso)    504

§      Articolo 80 (Foro delle società con sede all’estero - soppresso)............... 505

§      Articolo 81 (Pubblico ministero presso la corte di cassazione)................. 508

§      Articolo 82 (Concordato preventivo).......................................................... 510

§      Articolo 83 (Modifiche alla disciplina dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato)................................................................................................ 515

§      Articolo 84 (Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 “Misure in materia di mediazione civile e commerciale”)................................................................................ 517

§      Articolo 84-bis (Modifica all’art 2643 del codice civile)............................... 528

§      Articolo 84-ter (Limiti ai compensi per gli amministratori di società a controllo pubblico)    529

§      Articolo 85 (Copertura finanziaria articoli 63, 73 e 74)............................... 535

 


Schede di lettura


 

Articolo 1
(Rafforzamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese)

 


1. Al fine di migliorare l'efficacia degli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto e nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, specifiche disposizioni volte a:

a) assicurare un più ampio accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese, anche tramite:

1. l'aggiornamento, in funzione del ciclo economico e dell'andamento del mercato finanziario e creditizio, dei criteri di valutazione delle imprese ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo e della misura dell'accantonamento a titolo di coefficiente di rischio;

2. l'incremento, sull'intero territorio nazionale, della misura massima della garanzia diretta concessa dal Fondo fino all'80 per cento dell'ammontare dell'operazione finanziaria, con riferimento alle "operazioni di anticipazione di credito, senza cessione dello stesso, verso imprese che vantano crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni" e alle "operazioni finanziarie di durata non inferiore a 36 mesi" di cui, rispettivamente, agli articoli 4 e 5 del decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 26 giugno 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 agosto 2012, n. 193, fermi restando gli ulteriori limiti nonché i requisiti e le procedure previsti dai medesimi articoli; la misura massima di copertura della garanzia diretta di cui al presente numero si applica anche alle operazioni in favore di imprese ubicate in aree di crisi definite dall'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nonché alle operazioni garantite a valere sulla sezione speciale di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 27 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2009.

3. la semplificazione delle procedure e delle modalità di presentazione delle richieste attraverso un maggior ricorso a modalità telematiche di ammissione alla garanzia e di gestione delle relative pratiche;

4. misure volte a garantire l'effettivo trasferimento dei vantaggi della garanzia pubblica alle piccole e medie imprese beneficiarie dell'intervento;

b) limitare il rilascio della garanzia del Fondo alle operazioni finanziarie di nuova concessione ed erogazione, escludendo la possibilità di garantire operazioni finanziarie già deliberate dai soggetti finanziatori alla data di presentazione della richiesta di garanzia, salvo che le stesse non siano condizionate, nella loro esecutività, all'acquisizione della garanzia da parte del Fondo;

b-bis) prevedere specifici criteri di valutazione ai fini dell'ammissione alla garanzia del Fondo da parte delle imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, nonché delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.

2. Le condizioni di ammissibilità e le disposizioni di carattere generale di cui all'articolo 13 del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 31 maggio 1999, n. 248, sono approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze.

[3. Il comma 3 dell'articolo 11 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è abrogato.]

4. Al comma 3, ultimo periodo, dell'articolo 39 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le parole: «all'80 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «al 50 per cento».

5. All'articolo 39, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, le parole: «nonché alle grandi imprese limitatamente ai soli finanziamenti erogati con la partecipazione di Cassa depositi e prestiti, secondo quanto previsto e nei limiti di cui all'articolo 8, comma 5, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106» sono soppresse.

5-bis. Nell'ambito delle risorse del Fondo di cui al comma 1 e previa adozione di un apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, gli interventi ivi previsti sono estesi ai professionisti iscritti agli ordini professionali e a quelli aderenti alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e in possesso dell'attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge n. 4 del 2013. Con il decreto di cui al primo periodo sono determinate le modalità di attuazione del presente comma, prevedendo in particolare un limite massimo di assorbimento delle risorse del Fondo non superiore al 5 per cento delle risorse stesse.

5-ter. Al fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, possono affluire, previa assegnazione all'entrata del bilancio dello Stato, contributi su base volontaria per essere destinati alla microimprenditorialità ai sensi e secondo le modalità di cui all'articolo 39, comma 7-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definite le modalità di attuazione del presente comma nonché le modalità di contribuzione da parte di enti, associazioni, società o singoli cittadini al predetto fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996.


 

 

L’articolo 1, al fine di potenziare gli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, contiene disposizioni non immediatamente applicative, esplicitando le finalità, nonché i principi e criteri cui deve attenersi il Governo - tramite l’emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze – per la definizione di misure volte:

§      ad ampliare le possibilità di accesso al credito da parte delle PMI (lettera a);

§      a limitare il rilascio della garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese alle operazioni finanziarie di nuova concessione o erogazione (lettera b);

§      prevedere specifici criteri di valutazione ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo da parte delle imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, nonché delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 (lettera b-bis, aggiunta durante l’esame parlamentare);

 

Il decreto ministeriale cui è demandata la definizione delle disposizioni operative deve essere emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame.

 

Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato costituito con legge n. 662/96 (art.2, comma 100, lettera a) con lo scopo di: “assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese”. L’impatto sulle imprese è quindi quello di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle PMI mediante la concessione di una garanzia pubblica.

A fine 2011, il Governo ha previsto la riforma e il rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia per le PMI: con gli articoli 33 e 39 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 convertito con modificazioni dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214 (cosiddetto Salva Italia), il plafond complessivo del Fondo è stato incrementato (rifinanziamento di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013, 2014) e sono state previste misure innovative. In attuazione delle citate disposizioni è stato adottato il D.M. 26 giugno 2012. Tale decreto individua, per gli interventi del Fondo, in relazione a tipologie di operazioni finanziarie, categorie di imprese beneficiarie, settori economici di appartenenza e aree geografiche: la misura della copertura degli interventi di garanzia e controgaranzia; la misura della copertura massima delle perdite; l'importo massimo garantito per singola impresa; la misura delle commissioni per l'accesso alla garanzia. È altresì definita la misura minima dell'accantonamento da operare, a titolo di coefficiente di rischio, per ogni operazione finanziaria ammessa alla garanzia del Fondo.

 

La prima finalità, ossia quella di ampliare la platea di imprese potenziali beneficiarie del Fondo, individuata dall’articolo 1, comma 1, lettera a), viene specificata, con l’esplicitazione di alcuni criteri direttivi.

 

Il primo criterio indicato per l’ampliamento dell’accesso al credito, di cui all’art.1, comma 1, lettera a, n.1) è l'aggiornamento delle regole d'accesso, con riferimento alla valutazione delle imprese ammesse e alla misura dell’accantonamento a titolo di coefficiente di rischio. Tale aggiornamento è effettuato «in funzione del ciclo economico e dell'andamento del mercato finanziario e creditizio».

Il secondo criterio individuato dall’articolo 1, comma 1, lettera a) , numero 2) è più specifico ed è volto ad innalzare dall’attuale settanta per cento fino all’ottanta per cento dell’importo dell’operazione, la misura massima di copertura della garanzia diretta del Fondo per le seguenti tipologie di operazioni:

§      operazioni di anticipazione di credito verso imprese che vantano crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni;

§      operazioni finanziarie comunque finalizzate all'attività di impresa, aventi durata non inferiore a 36 mesi;

§      operazioni a favore di imprese ubicate in aree di crisi industriali complesse (articolo 27 del decreto-legge 83/2012);

§      operazioni garantite a valere sulla sezione speciale del Fondo riservata alla concessione di garanzie sui finanziamenti accordati a piccole e medie imprese di autotrasporto di merci (D.M. 27 luglio 2009).

Le ultime due fattispecie, relative alle imprese ubicate in aree di crisi e alle PMI di autotrasporto merci, sono state introdotte durante l’esame parlamentare.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata altresì introdotta la specificazione che la misura massima di copertura si riferisce alla garanzia diretta del Fondo.

Si ricorda che la garanzia del Fondo è richiesta ed è concessa alla banca o al soggetto (confidi o altro fondo di garanzia) che ha garantito, in prima battuta, il finanziamento concesso dalla banca. Pertanto, l’intervento del Fondo, pur avendo quale beneficiario ultimo la PMI, è sempre intermediato dalla banca finanziatrice o dal confidi.

Il Fondo opera tramite tre modalità di intervento:

§       Garanzia diretta, ossia la garanzia concessa dal Fondo al soggetto finanziatore (banca o intermediario finanziario vigilato);

§       Controgaranzia, ossia la garanzia prestata dal Fondo a favore dei confidi. Viene fornita su operazioni di garanzia concesse da confidi ed altri fondi di garanzia;

§       Cogaranzia, ossia la garanzia prestata dal Fondo direttamente a favore dei soggetti finanziatori e congiuntamente ai confidi ed altri fondi di garanzia.

 

Il terzo criterio indicato dall’articolo 1, comma 1, lettera a) , numero 3) è volto a potenziare l’efficacia degli interventi del Fondo tramite la semplificazione delle procedure e delle modalità di presentazione delle richieste, in particolare attraverso lo sfruttamento delle tecnologie digitali.

Il quarto e ultimo criterio consiste nella previsione che le misure operative individuate dal governo nella predisposizione del decreto attuativo dovranno garantire l’effettivo trasferimento dei vantaggi della garanzia pubblica alle imprese destinatarie.

 

La lettera b) prevede che il Governo individui misure volte ad escludere l’accesso al Fondo per operazioni finanziarie già deliberate dai soggetti finanziatori, con l’intento evidente di circoscrivere la concessione della garanzia alle imprese che, effettivamente, abbiano bisogno di un sostegno pubblico per poter accedere al credito bancario.

Una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare ha introdotto la lettera b-bis) che contiene la previsione di specifici criteri di valutazione ai fini dell'ammissione alla garanzia del Fondo da parte delle imprese sociali nonché delle cooperative sociali.

 

Il comma 2, con riferimento all’approvazione delle condizioni di ammissibilità per l’accesso al Fondo adottate dal Comitato di gestione dello stesso, ribadisce la competenza del Ministro dello sviluppo economico (aggiornandone la denominazione). L’elemento innovativo consiste nella sostituzione del parere del Ministro dell’agricoltura, attualmente previsto, con quello del Ministro dell’Economia e delle finanze.

Il comma 3 è stato soppresso nel corso dell’esame parlamentare.

 

Il comma 4 modifica l’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 39 del D.L. 201/2011 prevedendo che una quota non inferiore al 50 per cento (e non più il vigente 80 per cento) delle disponibilità finanziarie del Fondo sia riservata ad interventi non superiori a cinquecentomila euro d’importo massimo garantito per singola impresa.

 

Il comma 5 prevede l’abrogazione dell’estensione della garanzia del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese anche alle grandi imprese, limitatamente ai soli finanziamenti erogati con la partecipazione di Cassa depositi e prestiti.

Il comma 5-bis, inserito durante l’esame parlamentare, estende gli interventi previsti dall’articolo in esame

§      ai professionisti iscritti agli ordini professionali;

§      ai professionisti aderenti alle associazioni professionali di professioni non organizzate iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ed in possesso dell’attestazione rilasciata dall’associazione (legge 4/2013).

 

L’estensione avviene nell’ambito delle risorse del Fondo e previa adozione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che definisca le modalità di attuazione del presente comma, prevedendo in particolare un limite massimo di assorbimento delle risorse del fondo non superiore al 5 per cento delle risorse stesse.

 

Il comma 5-ter, inserito nel corso dell’esame parlamentare stabilisce che al Fondo di garanzia possono affluire contributi su base volontaria destinati alla microimprenditorialità, richiamando allo scopo quanto previsto dall’art. 39, comma 7-bis del D.L. n. 201/2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011), il quale riserva ad interventi di garanzia in favore del microcredito una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese. Le modalità di attuazione, nonché le modalità di contribuzione da parte di enti, associazioni, società o singoli cittadini, sono rimesse al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (21 agosto 2013).


 

Articolo 2
(Finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti
e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese)

 


1. Al fine di accrescere la competitività dei crediti al sistema produttivo, le micro, piccole e medie imprese, come individuate dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, possono accedere a finanziamenti e ai contributi a tasso agevolato per gli investimenti, anche mediante operazioni di leasing finanziario, in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per gli investimenti in hardware, in software ed in tecnologie digitali.

2. I finanziamenti di cui al comma 1 sono concessi, entro il 31 dicembre 2016, dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività di leasing finanziario, purché garantiti da banche aderenti alla convenzione di cui al comma 7, a valere su un plafond di provvista, costituito, per le finalità di cui all'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti S.p.A., per l'importo massimo di cui al comma 8.

3. I finanziamenti di cui al comma 1 hanno durata massima di 5 anni dalla data di stipula del contratto e sono accordati per un valore massimo complessivo non superiore a 2 milioni di euro per ciascuna impresa beneficiaria, anche frazionato in più iniziative di acquisto. I predetti finanziamenti possono coprire fino al cento per cento dei costi ammissibili individuati dal decreto di cui al comma 5.

4. Alle imprese di cui al comma 1 il Ministero dello sviluppo economico concede un contributo, rapportato agli interessi calcolati sui finanziamenti di cui al comma 2, nella misura massima e con le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 5. L'erogazione del predetto contributo è effettuata in più quote determinate con il medesimo decreto. I contributi sono concessi nel rispetto della disciplina comunitaria applicabile e, comunque, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 8, secondo periodo.

5. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti i requisiti e le condizioni di accesso ai contributi di cui al presente articolo, la misura massima di cui al comma 4 e le modalità di erogazione dei contributi medesimi, le relative attività di controllo nonché le modalità di raccordo con il finanziamento di cui al comma 2.

6. La concessione dei finanziamenti di cui al presente articolo può essere assistita dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella misura massima dell'ottanta per cento dell'ammontare del finanziamento. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono disciplinate priorità di accesso e modalità semplificate di concessione della garanzia del Fondo sui predetti finanziamenti.

7. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Associazione Bancaria Italiana e Cassa depositi e prestiti S.p.A. stipulano una o più convenzioni, in relazione agli aspetti di competenza, per la definizione, in particolare:

a) delle condizioni e dei criteri di attribuzione alle banche e agli intermediari di cui al comma 2 del plafond di provvista di cui al comma 2, anche mediante meccanismi premiali che favoriscano il più efficace utilizzo delle risorse;

b) dei contratti tipo di finanziamento e di cessione del credito in garanzia per l'utilizzo da parte delle banche e degli intermediari di cui al comma 2 della provvista di cui al comma 2;

c) delle attività informative, di monitoraggio e rendicontazione che devono essere svolte dalle banche e dagli intermediari di cui al comma 2 aderenti alla convenzione, con modalità che assicurino piena trasparenza sulle misure previste dal presente articolo .

8. L'importo massimo dei finanziamenti di cui al comma 1 è di 2,5 miliardi di euro incrementabili, sulla base delle risorse disponibili ovvero che si renderanno disponibili con successivi provvedimenti legislativi, fino al limite massimo di 5 miliardi di euro secondo gli esiti del monitoraggio sull'andamento dei finanziamenti effettuato dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A., comunicato trimestralmente al Ministero dello sviluppo economico ed al Ministero dell'economia e delle finanze. Per far fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi di cui al comma 4, è autorizzata la spesa di 7,5 milioni di euro per l'anno 2014, di 21 milioni di euro per l'anno 2015, di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, di 17 milioni di euro per l'anno 2020 e di 6 milioni di euro per l'anno 2021.

8-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, compatibilmente con la normativa europea vigente in materia, anche alle piccole e medie imprese agricole e del settore della pesca.


 

 

L'articolo 2 introduce un meccanismo incentivante per le micro, piccole e medie imprese che vogliono effettuare investimenti, anche tramite leasing, di macchinari, impianti, attrezzature ad uso produttivo. Durante l’esame parlamentare è stato specificato che l’agevolazione si applica anche all’acquisto di beni strumentali d'impresa, nonché per gli investimenti in hardware, in software ed in tecnologie digitali.

I soggetti destinatari della misura agevolativa sono le micro, piccole e medie imprese ai sensi della Raccomandazione 2003/361/Ce della Commissione del 6 maggio 2003.

 

Il meccanismo prevede innanzitutto l'intervento di Cassa depositi e prestiti presso la gestione separata della quale viene costituito un plafond che sarà utilizzato dalla medesima Cassa per fornire, fino al 31 dicembre 2016, provvista dalle banche per la concessione di finanziamenti alle imprese che intendono effettuare investimenti per rinnovare i propri macchinari.

Per l’intervento della Cassa depositi e prestiti sono richiamate le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4-bis, del D.L. n. 5/2009, che consentono l'utilizzo delle risorse rivenienti dal risparmio postale e attribuite a Cassa depositi e prestiti S.p.A. per iniziative a favore delle piccole e medie imprese attraverso l'intermediazione di soggetti autorizzati all'esercizio del credito (comma 2).

Il comma 4-bis dell’articolo 3 del D.L. n. 5/2009 dispone in merito all’applicazione dell’articolo 5, comma 7, lettera a) del decreto-legge n. 269 del 2003 in relazione alle forme che possono assumere le operazioni di finanziamento che rientrano nella gestione separata della Cassa depositi e prestiti S.p.A.

 

I finanziamenti sono erogati dalle banche che aderiscono alla convenzione da stipulare tra il Ministero dello sviluppo economico (sentito il Ministero dell'economia e delle finanze), Cassa depositi e prestiti S.p.A. e ABI.

A tale convenzione (o convenzioni) è rimessa altresì la disciplina di dettaglio, per quanto attiene, in particolare, alle modalità operative per la concessione dei finanziamenti agevolati, dei contratti tipo di finanziamento e cessione del credito, incluse le attività di monitoraggio e di rendicontazione svolte dalle banche. (comma 7).

Durante l’esame parlamentare è stato previsto che i finanziamenti possano essere erogati anche dagli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività di leasing finanziario purché garantiti da banche.

I finanziamenti bancari avranno durata non superiore a cinque anni e saranno erogati fino ad un massimo di 2 milioni di euro per impresa, anche frazionato in più iniziative. Si prevede, inoltre, la possibilità che il finanziamento copra l'intero costo dell'investimento (comma 3).

Come sottolineato altresì dalla Relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto legge, l'istituzione presso Cassa depositi e prestiti S.p.A. di un plafond di 2,5 miliardi di euro – eventualmente incrementabile fino a 5 miliardi di euro sulla base del monitoraggio sull'andamento dei finanziamenti e nei limiti delle risorse disponibili o delle necessarie coperture – (comma 8) non ha impatto sul bilancio dello Stato, in quanto è effettuata da Cassa depositi e prestiti s.p.a. a condizioni di mercato, in analogia con altre iniziative a favore delle P.M.I., già precedentemente intraprese o tuttora in corso.

La seconda parte dell’intervento consiste nell’erogazione di un contributo statale alle imprese che accedono ai predetti finanziamenti bancari per coprire parte degli interessi (comma 4).

Il contributo è infatti calcolato in rapporto agli interessi sui finanziamenti bancari. E’ rimessa ad un decreto dello Sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione della misura massima del contributo nonché la definizione delle condizioni di accesso e le modalità di funzionamento (commi 4 e 5).

L’articolo 2, comma 4, terzo periodo con disposizione che appare priva di reale portata innovativa, specifica inoltre che “I contributi sono concessi nel rispetto della disciplina comunitaria applicabile e, comunque, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 8”.

Per quanto riguarda l’erogazione dei contributi è autorizzata (comma 8, secondo periodo) la spesa di:

§      7, 5 milioni di euro per il 2014;

§      21 milioni di euro per il 2015;

§      35 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2019;

§      17 milioni di euro per l’anno 2020;

§      6 milioni di euro per l’anno 2021.

 

E’ inoltre prevista la possibilità che i finanziamenti, fino all'80 per cento del loro ammontare, siano assistititi dalla garanzia del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, a valere sulle risorse finanziarie già disponibili nel Fondo stesso. E’ demandata a decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle modalità priorità di accesso e delle modalità di concessione della garanzia (comma 6).

 

Durante l’esame parlamentare, gli incentivi previsti sono stati estesi anche alle piccole e medie imprese agricole e del settore della pesca, compatibilmente con la normativa comunitaria in materia (comma 8-bis).


 

Articolo 3
(Rifinanziamento dei contratti di sviluppo)

 


1. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 sono destinate risorse pari a 150 milioni di euro per il finanziamento dei programmi di sviluppo nel settore industriale, ivi inclusi quelli relativi alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, da realizzare nei territori regionali che, sulla base delle risorse finanziarie disponibili alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono destinatari di risorse per la concessione delle agevolazioni.

2. I programmi di cui al comma 1 sono agevolati tramite la concessione del solo finanziamento agevolato, nel limite massimo del cinquanta per cento dei costi ammissibili. Alla concessione del contributo a fondo perduto si provvede, conformemente a quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2010, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 2010, n. 300, nel limite finanziario dell'eventuale cofinanziamento regionale disposto in favore dei singoli programmi d'investimento.

3. Per le finalità di cui al comma 1, il Ministero dello sviluppo economico utilizza le disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 23 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le procedure e le modalità previste dal decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze 8 marzo 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 maggio 2013, n. 113. Le somme di cui al comma 1 che non risultano impegnate entro il 30 giugno 2014 per le finalità previste dal medesimo comma, ritornano nella disponibilità del Fondo per la crescita sostenibile.

4. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, provvede a ridefinire le modalità e i criteri per la concessione delle agevolazioni e la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche al fine di accelerare le procedure per la concessione delle agevolazioni, di favorire la rapida realizzazione dei programmi d'investimento e di prevedere specifiche priorità in favore dei programmi che ricadono nei territori oggetto di accordi, stipulati dal Ministero dello sviluppo economico, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.

4-bis. Al fine di consentire la migliore attuazione di quanto previsto all'articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il decreto del Ministro dello sviluppo economico di cui al comma 4 deve prevedere l'importo complessivo delle spese e dei costi ammissibili degli investimenti oggetto del contratto di sviluppo, con esclusione del costo di opere infrastrutturali se previste, non inferiore a 20 milioni di euro, con riferimento ai programmi di sviluppo industriale, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2010, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 24 dicembre 2010, ovvero 7,5 milioni di euro, qualora tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Nell'ambito del programma di sviluppo, i progetti d'investimento del proponente devono prevedere spese ammissibili di importo complessivo non inferiore a 10 milioni di euro, a parte eventuali progetti di ricerca industriale a prevalente sviluppo sperimentale, con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del medesimo decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2010, ovvero 3 milioni di euro se tali programmi riguardano esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.


 

 

L’articolo 3, modificato nel corso dell’esame parlamentare, attribuisce 150 milioni di euro una tantum - a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile - per il finanziamento dei contratti di sviluppo nel settore industriale, riguardanti territori regionali attualmente privi di copertura finanziaria.

 

In particolare il comma 1 definisce l’ambito di applicazione della misura di agevolazione, specificando che lo stanziamento di 150 milioni di euro è destinato a finanziare, nel quadro degli interventi di cui all’articolo 43, del D.L. n. 112/2008, i programmi di sviluppo nel settore industriale, ivi inclusi quelli relativi alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

Tali programmi devono esser realizzati nei territori regionali che, sulla base delle fonti finanziarie disponibili alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono destinatari di risorse per la concessione delle agevolazioni.

 

Il D.M. 24 settembre 2010 ha attuato l'art. 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 dettando le disposizioni in merito ai criteri e modalità di concessione di agevolazioni finanziarie tramite i contratti di sviluppo. Il Contratto di Sviluppo favorisce la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni, proposti da imprese italiane ed estere. Finanzia investimenti nei settori industriale, turistico e commerciale. È rivolto alle imprese italiane alle imprese estere che hanno una sede stabile in Italia. È sottoscritto da una o più imprese, Invitalia e da eventuali Amministrazioni pubbliche. È composto da uno o più progetti di investimento ed eventuali progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale inoltre può comprendere la realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico.

I progetti di investimento del Contratto di Sviluppo possono essere realizzati:

§       nelle aree previste dalla Carta degli aiuti a finalità regionale approvata dalla Commissione europea per il periodo 2007-2013 (Aiuto di Stato n. 117/2010 pubblicato su GUUE del 10 agosto 2010, n. C 215/5);

§       nel resto del territorio nazionale, se presentati da PMI o da grandi imprese attive nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, con meno di 750 dipendenti e/o un fatturato inferiore a 200 milioni di euro (cosiddette “imprese intermedie”).

I progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale possono essere realizzati su tutto il territorio nazionale.

 

La relazione illustrativa precisa che allo stato attuale risultano assegnate ai contratti di sviluppo risorse, nell'ambito del Programma operativo nazionale ricerca e competitività 2007-2013 (PON R&C), del Piano di azione coesione (PAC) e delle risorse liberate del PON Sviluppo imprenditoriale locale 2000-2006 (PON SIL) ex decreto ministeriale 28 settembre 2012, finalizzate al finanziamento di programmi di sviluppo localizzati nelle sole regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, mentre risultano prive di copertura finanziaria tutte le altre regioni. A queste ultime, pertanto, la norma in commento ha inteso assegnare risorse, per un ammontare pari a 150 milioni di euro.

 

Il comma 2 prevede che i detti programmi siano agevolati tramite la concessione del solo finanziamento agevolato, nel limite massimo del 50% dei costi ammissibili.

 

Con riguardo al finanziamento agevolato le circolari applicative del D.M. 24 settembre 2010 (Circolare del Ministero dello sviluppo economico esplicativa 16 giugno 2011 per la concessione delle agevolazioni e Circolare 29/3/2013) specificano che l'eventuale finanziamento agevolato é concesso nella misura massima del 75% in termini di percentuale nominale rispetto alle spese ammissibili e deve essere assistito da idonee garanzie ipotecarie e/o bancarie. Il finanziamento agevolato ha una durata massima di otto anni oltre ad un periodo di utilizzo e preammortamento commisurato alla durata del programma e, comunque, non superiore a quattro anni. Il tasso agevolato di finanziamento é pari al 20% del tasso di riferimento vigente alla data di concessione delle agevolazioni, fissato sulla base di quanto stabilito dalla Commissione Europea.

 

Alla concessione del contributo a fondo perduto si provvede, conformemente a quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, del decreto interministeriale del 24 settembre 2010, nel limite finanziario dell'eventuale cofinanziamento regionale disposto in favore dei singoli programmi d'investimento.

Si ricorda che il comma 1, dell’articolo 8 prevede che la proposta definitiva di contratto di sviluppo è presentata dal proponente all’Agenzia (Invitalia), che ne invia immediatamente copia alla Regione o alle Regioni interessate, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di cui all’articolo 7, comma 3, prorogabile una sola volta di non oltre 30 giorni. Decorso tale termine perentorio, senza che la documentazione prevista sia stata presentata o qualora quella presentata risulti incompleta, la stessa non è più ricevibile e la relativa istanza di accesso è considerata decaduta. La Regione o le Regioni, entro 30 giorni dal ricevimento della proposta comunica/no le proprie osservazioni ed il proprio parere ed eventualmente la disponibilità al cofinanziamento, specificandone la misura, all’Agenzia, che li trasmette immediatamente al MiSE. Nel caso in cui la Regione o le Regioni non trasmettano entro il termine sopra indicato le proprie osservazioni ed il proprio parere, quest’ultimo si considera positivo.

 

Il comma 3 prevede che le risorse (150 milioni) volte a finanziare i tali programmi di sviluppo nel settore industriale e agricolo siano a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile (articolo 23, D.L. n. 83/2012 e D.M. 8 marzo 2013). Le somme che non risultino impegnate entro il 30 giugno 2014 per le finalità previste dal medesimo comma ritornano nella disponibilità del Fondo per la crescita sostenibile.

Si ricorda che l’articolo 23 ha trasformato il Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT) nel Fondo per la crescita sostenibile, chiamato a promuovere i progetti di ricerca strategica, il rafforzamento della struttura produttiva e la presenza internazionale delle imprese nazionali; nel contempo ha abrogato numerose disposizioni, contenute nell’Allegato 1, che contenevano una serie di misure incentivanti per le imprese.

Per l’attuazione di tale riforma sono stati emanati:

§       il D.M. 8 marzo 2013, il quale ha definito, tra l’altro, finalità, tipologie di intervento e forme di aiuto concedibili; i termini, le modalità e le procedure, per la concessione delle agevolazioni;

§       Il D.M. 20 giugno 2013 che ha attribuito risorse pari a 300 mln per la promozione di progetti di ricerca e sviluppo di rilevanza strategica per il sistema produttivo e, in particolare, per la competitività delle piccole e medie imprese [finalità di cui all'art. 23, comma 2, lettera a)]. La dotazione finanziaria del Fondo per la crescita sostenibile e' pari, alla data del 30 aprile 2013, a 657.mln di euro, cui si aggiungono 186. mln di euro ancora da versare e che, pertanto, la disponibilità complessiva del Fondo da destinare a nuovi interventi, al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del più volte citato decreto-legge n. 83 del 2012, e' pari a 844.2 mln di euro, come accertato con decreto del Direttore Generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali 30 maggio 2013;

§       D.M. 20 giugno 2013 che ha previsto l’intervento del Fondo per la crescita sostenibile a favore di progetti di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici identificati dal Programma quadro comunitario «Orizzonte 2020».

 

Il comma 4 prevede che le modalità e i criteri per l'attuazione degli interventi di cui all’art. 43 del D.L. n. 112/2008 siano definite con un decreto del Ministro dello sviluppo economico con riguardo a specifiche priorità in favore dei programmi che ricadono nei territori oggetto di accordi, stipulati dal medesimo Ministero, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.

 

Il comma 4-bis specifica che il decreto del Ministro dello sviluppo economico - di cui al comma 4 deve prevedere che l'importo complessivo delle spese e dei costi ammissibili degli investimenti oggetto del contratto di sviluppo, non sia inferiore a 20 milioni di euro con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1 lettera a), dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 7,5 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

E' inoltre specificato che nell'ambito del programma di sviluppo oggetto del contratto, i progetti di investimento del proponente devono prevedere spese ammissibili di importo non inferiore a dieci milioni di euro a parte eventuali progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1, lettera a) dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 3 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

L'articolo 3, comma 1, del citato D.M. specifica che la proposta di contratto di sviluppo può avere ad oggetto diversi programmi. In particolare la lettera a) del medesimo comma riguarda il programma di sviluppo industriale definendolo un'iniziativa imprenditoriale finalizzata alla produzione di beni e/o servizi, per la cui realizzazione sono necessari uno o più progetti d'investimento ed, eventualmente, progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, come individuati nel Titolo IV, strettamente connessi e funzionali tra di loro in relazione al processo di produzione dei prodotti finali.

Il titolo IV stabilisce nel dettaglio la disciplina dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale specificando, tra l'altro che le agevolazioni relative ai progetti di sviluppo industriale possono essere concesse a fronte di progetti di sviluppo sperimentale che possono prevedere anche attività di ricerca industriale. In ogni caso, la parte di sviluppo sperimentale deve essere, in termini di costi agevolabili, prevalente rispetto a quella di ricerca industriale.

Ai sensi del D.M. 24 settembre 2010 per “ricerca industriale” si intende: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Comprende la creazione di componenti di sistemi complessi necessaria per la ricerca industriale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera b). Per “sviluppo sperimentale” si intende: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e altro, allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati.


 

Articolo 3-bis
(Misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale (D.L. n. 72/2013))

 


1. Le risorse per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale, ripartite ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e non richieste dalle regioni entro il 31 maggio 2013, possono essere assegnate, con decreto di aggiornamento del decreto direttoriale di cui al medesimo articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 35 del 2013, alle regioni che ne fanno richiesta entro il 30 giugno 2013, prioritariamente in funzione dell'adempimento alla diffida prevista dall'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni.

2. In relazione a quanto previsto al comma 1, all'articolo 3, comma 9, ultimo periodo, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, le parole: «30 giugno» sono sostituite dalle seguenti: «15 luglio».


 

 

L’articolo 3-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, reca misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del SSN. La norma ha inteso accelerare ulteriormente l’accesso alle anticipazioni di liquidità disposte dal decreto legge 35/2013, stabilendo misure dirette ad anticipare e concludere la procedura per il riparto, fra le regioni e le province autonome, delle anticipazioni di liquidità previste per il 2013, pari a 5 miliardi di euro, per il pagamento dei debiti sanitari di cui al decreto legge 35/2013.

 

L’articolo 3-bis riproduce letteralmente il testo dell’articolo 1 del decreto legge 24 giugno 2013, n. 72, non convertito in legge. L'articolo 1, comma 2, della legge in esame ha pertanto disposto la validità degli atti e dei provvedimenti adottati e ha fatto salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del decreto legge n. 72/2013, non convertite in legge.

 

Si ricorda che articolo 1, comma 10, del decreto legge n. 35/2013 (legge n. 64/2013) prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un Fondo con obbligo di restituzione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, strutturandolo in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio):

§       “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”;

§       “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”;

§       Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”.

Quanto alle risorse, la “Sezione debiti del Servizio sanitario nazionale”, recava, nella formulazione originaria del D.L. n. 35, una dotazione finanziaria di 5 miliardi per il 2013 e di 9 miliardi per il 2014.

L’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 102/2013, in corso di conversione presso le Camere, ha operato una rimodulazione delle risorse complessivamente iscritte sul Fondo di cui all’articolo 1, comma 10 del D.L. n. 35[1]. In particolare, le risorse della Sezione debiti del Servizio sanitario nazionale sono state incrementate per l’anno 2013, passando dagli originari 5 miliardi a 7,5 miliardi e la dotazione per il 2014 è stata contemporaneamente ridotta passando dagli iniziali 9 miliardi a 6,5 miliardi di euro[2].

 

L’articolo 3 del medesimo decreto disciplina la concessione delle anticipazioni di liquidità in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012. Le anticipazioni sono dunque ammesse per un importo massimo di 14 miliardi di euro per il biennio 2013-2014, di cui 5 miliardi per il 2013 e 9 miliardi per il 2014. I criteri per il riparto delle risorse tra le regioni e le province autonome sono costituiti dall'ammontare degli ammortamenti non sterilizzati e dall'importo delle mancate erogazioni - per competenza e/o per cassa - delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi Servizi sanitari. Le anticipazioni in oggetto devono essere restituite, insieme con gli interessi, in un periodo non superiore a 30 anni (ai sensi del comma 5, lettera c))[3].

 

Dal punto di vista procedurale, il comma 2 dell’articolo 3, del decreto-legge 35/2013, stabilisce che, in via d'urgenza per l'anno 2013, il MEF provvede con decreto direttoriale, entro il 15 maggio 2013, al riparto fra le Regioni dell'anticipazione di liquidità fino a concorrenza massima dell'importo di 5 miliardi di euro. Come stabilito, entro il 31 maggio successivo, le regioni dovevano inoltrare l’istanza di accesso per accedere all’erogazione delle risorse. Tale quota di anticipazioni è stata ripartita (nella misura massima prevista di 5 miliardi) con il decreto direttoriale del 16 aprile 2013, la cui Tabella 1 reca il riparto fra le regioni. Poiché, al 31 maggio 2013, non hanno presentato istanza di accesso la Valle d’Aosta, le due Province autonome di Trento e Bolzano e le regioni Lombardia, Marche, Basilicata e Friuli Venezia Giulia, sul riparto recato dal decreto direttoriale del 16 aprile 2013 sono residuate risorse per un importo complessivo pari a 278.828.000 euro, che lo stesso articolo 3, comma 4, del decreto legge n. 35/2013, dà la possibilità di riassegnare, in occasione del secondo riparto definitivo di 9 miliardi, alle regioni che ne facciano richiesta.

Il decreto legge 72/2013, nel testo originario, novellando il contenuto del decreto legge 35/2013, ha anticipato tale riassegnazione, disponendo al riguardo che le quote residuate dal riparto effettuato con il decreto direttoriale del 16 aprile 2013 potessero essere riassegnate alle regioni che ne avessero fatto richiesta entro il 30 giugno 2013 attraverso un aggiornamento dello stesso decreto direttoriale del 16 aprile 2013, prioritariamente in funzione dell'adempimento alla diffida prevista dall'articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004.

Per quanto riguarda il diritto di accesso delle regioni alle anticipazioni, si ricorda che l’articolo 3, comma 9, del decreto legge n. n. 35/2013, concede priorità alle regioni in disavanzo e commissariate sottoposte alla procedura di cui all’articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004. Nell’ambito di tale procedimento, il decreto legge 35/2013 ha disposto uno slittamento per l’anno 2013 dei termini di cui al citato comma 174, prevedendo che il termine del 30 aprile – entro il quale le regioni devono adottare i provvedimenti per ripianare il disavanzo - fosse differito al 15 maggio e quello del 31 maggio - entro il quale spetta al commissario ad acta l’adozione dei medesimi provvedimenti - fosse differito al 30 giugno. L’articolo in esame, differisce nuovamente il termine del 30 giugno portandolo al 15 luglio 2013.

Si segnala che le regioni concretamente sottoposte alla procedura di cui al sopra citato comma 174 sono Puglia e Piemonte.

Al 30 giugno 2013, sono pervenute le richieste di accesso delle regioni Piemonte, Puglia, Emilia Romagna e Lazio. Il decreto direttoriale 2 luglio 2013 ha infine ripartito le risorse residuate dal primo riparto del 16 aprile e pari a 278.828.000 euro, assegnando per il criterio di priorità sopra ricordato il 75% per cento alle regioni Piemonte e Puglia, e il restante 25% alle regioni Emilia Romagna e Lazio.

 

Si ricorda infine che sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze è disponibile una sezione dedicata al Monitoraggio del pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione ai soggetti creditori ai sensi del D.L. n. 35/2013. Una sezione è dedicata alle Risorse assegnate e disponibili per il pagamento dei debiti sanitari nel 2013.


 

Articolo 4, commi 1-7
(Norme in materia di concorrenza nel mercato
del gas naturale e nei carburanti)

 


1. All'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93, le parole «Per gli stessi clienti vulnerabili» sono sostituite dalle seguenti «Per i soli clienti domestici».

2. I termini previsti dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, come modificati ai sensi del comma 3 del presente articolo, relativi all'avvio delle procedure di gara per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, sono da intendersi di natura perentoria. In particolare, scaduti tali termini, la Regione con competenza sull'ambito, avvia la procedura di gara attraverso la nomina di un commissario ad acta, ai sensi dell'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.

3. Le date limite di cui all'Allegato 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, relative agli ambiti ricadenti nel primo e secondo raggruppamento dello stesso Allegato 1, che sono scadute o che verrebbero a scadere entro il mese di ottobre 2013, sono prorogate di quattro mesi, con uno spostamento dei rispettivi termini di cui all'articolo 3 del medesimo regolamento relativi alla mancata nomina della stazione appaltante comunque a data non anteriore al 1° gennaio 2014. Per tutti gli ambiti dello stesso Allegato in cui non è presente il capoluogo di provincia, la designazione della stazione appaltante di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, avviene a maggioranza qualificata dei due terzi dei comuni appartenenti all'ambito che rappresentino almeno i due terzi dei punti di riconsegna dell'ambito, come risultanti dai dati di riferimento per la formazione degli ambiti pubblicati sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico.

3-bis. Le date stabilite dall'Allegato 1 annesso al regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, sono prorogate di ventiquattro mesi, comprensivi delle proroghe disposte dal comma 3 del presente articolo, per gli ambiti in cui almeno il 15 per cento dei punti di riconsegna è situato nei comuni colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 e inseriti nell'elenco di cui all'Allegato 1 annesso al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° giugno 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 6 giugno 2012, e successive modificazioni.

4. Decorsi quattro mesi dalla scadenza dei termini di cui al comma 2 senza che la Regione competente abbia proceduto alla nomina del commissario ad acta, il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Regione, interviene per dare avvio alla gara, nominando un commissario ad acta.

5. Nei casi in cui gli Enti locali concedenti non abbiano rispettato i termini di cui all'articolo 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, come modificati ai sensi del comma 3 del presente articolo, il venti per cento delle somme di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, ad essi spettanti a seguito della gara, è versato dal concessionario subentrante, con modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, in uno specifico capitolo della Cassa conguaglio per il settore elettrico per essere destinato alla riduzione delle tariffe di distribuzione dell'ambito corrispondente.

6. Al fine di facilitare lo svolgimento delle gare di cui al comma 2 e di ridurre i costi per gli enti locali e per le imprese, il Ministero dello sviluppo economico può emanare linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale, in conformità con l'articolo 5 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226.

7. Al fine di promuovere la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti liquidi e per diffondere l'uso del metano e del GPL per autotrazione nelle aree con scarsa presenza di impianti di distribuzione di tale carburante, il fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, è destinato anche alla erogazione di contributi per la chiusura e contestuale trasformazione da impianti di distribuzione di carburanti liquidi in impianti di distribuzione esclusiva di metano o di GPL per autotrazione, secondo le modalità definite con i decreti del Ministro dello sviluppo economico 19 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2013, e 7 agosto 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del 25 settembre 2003.


 

 

L’articolo 4 contiene disposizioni di diversa natura che riguardano il mercato del gas naturale (l’applicazione del servizio di tutela gas, al comma 1; le gare del gas, ai commi da 2 a 6) e la rete di distribuzione carburanti (al comma 7).

 

In particolare, il comma 1 limita ai soli clienti domestici l’applicazione transitoria del servizio di tutela gas, cioè il servizio per il quale per alcuni clienti c.d. “vulnerabili”, i prezzi di riferimento sono determinati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

A tal fine, la norma interviene sull’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n.164/2000 (cd. decreto Letta), come modificato dall’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. n. 93/2011, che ha inserito i piccoli clienti industriali tra i cd. “clienti vulnerabili”.

 

Si ricorda in proposito che il citato comma 2 dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 164/2000 reca la definizione di clienti vulnerabili, nella quale rientrano:

§       i clienti domestici,

§       le utenze relative ad attività di servizio pubblico, tra cui ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole, e altre strutture pubbliche e private che svolgono un'attività riconosciuta di assistenza;

§       i clienti civili e non civili i cui consumi non superano i 50.000 metri cubi annui.

 

La norma esclude dunque anche le utenze relative ad attività di servizio pubblico dall’applicazione del servizio di tutela gas.

 

I commi da 2 a 6 mirano a velocizzare e dare certezza all'avvio delle prime gare di distribuzione del gas per ambiti territoriali, rafforzando i termini e le competenze delle Regioni, prevedendo una penalizzazione economica per i comuni che ritardano ad individuare la stazione appaltante e disponendo un potere sostitutivo statale.

 

Il comma 2 qualifica come perentori i termini indicati dall’articolo 3 del D.M. 12 novembre 2011 per l’avvio delle gare d’ambito nel primo periodo di applicazione, decorsi i quali la Regione avvia la procedura di gara attraverso la nomina di un commissario ad acta.

 

Si ricorda che l’articolo 14, comma 7, del D.Lgs. n. 164/2000 prevede che la procedura di gara sia avviata dagli enti locali non oltre un anno prima della scadenza dell'affidamento, in modo da evitare soluzioni di continuità nella gestione del servizio. Qualora l'ente locale non provveda entro il termine indicato, sarà la regione, anche attraverso la nomina di un commissario ad acta, ad avviare la procedura di gara.

Questa sarà la tempistica da rispettare a regime (ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del D.M. 12 novembre 2011, n. 226), mentre per il primo periodo di applicazione il comma 1 del medesimo D.M. indica una serie di scadenze meno stringenti e differenziate per gruppi di comuni (come risulta dalle tabelle contenute nell’allegato 1). Decorsi tali termini,

la Regione, previa diffida ai soggetti inadempienti contenente un termine perentorio a provvedere, avvia la procedura di gara come nel caso “a regime”.

 

Il comma 3 proroga di quattro mesi le date limite entro cui convocare i Comuni dell’ambito per la scelta della stazione appaltante per i primi due raggruppamenti di comuni di cui all’Allegato 1 del D.M. che sono scadute o scadrebbero entro il mese di ottobre 2013, con uno spostamento dei termini relativi alla mancata nomina della stazione appaltante a data non anteriore al 1° gennaio 2014.

Inoltre, viene indicata una procedura per designare la stazione appaltante per tutti gli ambiti dell’Allegato 1 in cui non è presente il capoluogo di provincia.

In tali casi la scelta della stazione appaltante avviene a maggioranza qualificata dei due terzi dei comuni appartenenti all’ambito che rappresentino almeno i due terzi dei punti di riconsegna dell’ambito, come risultanti dai dati di riferimento per la formazione degli ambiti pubblicati sul sito internet del Ministero dello Sviluppo Economico.

 

Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, proroga di ulteriori 24 mesi tali date limite per quegli ambiti in cui almeno il 15 per cento dei punti di riconsegna è situato nei Comuni colpiti dagli eventi sismici in Emilia del 20 e 29 maggio 2012.

 

Il comma 4 dispone un potere sostitutivo statale in caso di inerzia della Regione nella nomina del commissario ad acta.

Se infatti la Regione competente non procede alla nomina del commissario ad acta, dopo quattro mesi dalla scadenza dei termini indicati dal comma 2, il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Regione stessa, interviene per dare avvio alla gara, nominando un commissario ad acta.

 

Il comma 5 prevede una forma di penalizzazione economica per gli enti locali nei casi in cui gli stessi non abbiano rispettato i termini per la scelta della stazione appaltante.

In tali casi, il 20% degli oneri che il gestore corrisponde annualmente agli Enti locali come quota parte della remunerazione del capitale è versato dal concessionario subentrante, con modalità stabilite dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, in uno specifico capitolo della Cassa conguaglio settore elettrico per essere destinati alla riduzione delle tariffe di distribuzione dell’ambito corrispondente.

 

Il comma 6 lascia al Ministero dello sviluppo economico la facoltà di emanare linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale, con lo scopo di facilitare lo svolgimento delle gare e di ridurre i costi degli enti locali e delle imprese.

 

Il comma 7 riguarda invece la rete di distribuzione dei carburanti, ed in particolare estende la destinazione del fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti anche all’erogazione di contributi per la chiusura di impianti di distribuzione di carburanti liquidi e la loro contestuale trasformazione in impianti di distribuzione esclusiva di metano o GPL per autotrazione. L’estensione al GPL è avvenuta durante l’esame parlamentare.

Si ricorda che il D.Lgs. n. 32/1998 ha provveduto a razionalizzare il sistema di distribuzione dei carburanti. L’articolo 6 ha istituito presso la cassa conguaglio GPL il Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti.


 

Articolo 4, comma 7-bis
(Deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti
di distribuzione carburanti)

 


7-bis. All'articolo 34 della legge 12 novembre 2011, n. 183, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Per tenere conto dell'incidenza delle accise sul reddito di impresa degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, il reddito stesso è ridotto, a titolo di deduzione forfetaria, di un importo pari alle seguenti percentuali dei volumi d'affari di cui all'articolo 20, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633:

a) 1,1 per cento del volume d'affari fino a 1.032.000 euro;

b) 0,6 per cento del volume d'affari oltre 1.032.000 euro e fino a 2.064.000 euro;

c) 0,4 per cento del volume d'affari oltre 2.064.000 euro».


 

 

Il comma 7-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, modifica la disciplina della deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti sostituendo il parametro dei ricavi con quello dei volumi d’affari. Le percentuali di riduzione forfetaria del reddito e gli scaglioni di riferimento non sono modificati.

 

La deduzione forfettaria in favore dei distributori di carburante, originariamente disposta dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 448/1998 e successivamente prorogata nel tempo, è stata introdotta a regime dall’articolo 34 della legge n. 183 del 2011.

Essa si sostanzia in una deduzione forfetaria dei ricavi indicati all'articolo 85, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986), ovvero dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante. L'agevolazione viene concessa per tener conto dell’incidenza delle accise sul reddito di impresa dei soggetti distributori.

 

La riduzione forfetaria del reddito deve essere effettuata per un importo pari alle seguenti percentuali dell'ammontare lordo dei ricavi:

§      1,1 per cento dei ricavi fino a 1.032.000,00 euro;

§      0,6 per cento dei ricavi oltre 1.032.000,00 euro e fino a 2.064.000,00 euro;

§      0,4 per cento dei ricavi oltre 2.064.000,00 euro.

 

Il comma 7-bis in commento, ai fini del calcolo della deduzione, sostituisce il parametro dei ricavi con quello del volume d’affari per la cui definizione si rimanda all’articolo 20 del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell’IVA), da ultimo modificato dalla legge n. 228 del 2012.

L’articolo 20 definisce volume d'affari del contribuente l'ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate, registrate o soggette a registrazione con riferimento a un anno solare, tenendo conto delle variazioni dell’imponibile o dell’imposta. Non concorrono a formare il volume d'affari le cessioni di beni ammortizzabili, compresi quelli indicati nell'articolo 2424 del codice civile, voci B.I.3) (diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno) e B.I.4) (concessioni, licenze, marchi e diritti simili) dell'attivo dello stato patrimoniale, nonché i passaggi di cui al quinto comma dell'articolo 36 (soggetti che esercitano più attività).


 

Articolo 5
(Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica
ed estensione della cd.
Robin Hood Tax)

 


1. Al comma 16 dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le parole: «volume di ricavi superiore a 10 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 1 milione di euro» sono sostituite dalle seguenti: «volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro».

2. Le maggiori entrate generate dalle disposizioni di cui al comma 1 sono destinate, al netto della copertura finanziaria di cui all'articolo 61, alla riduzione della componente A2 della tariffa elettrica deliberata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas sulla base delle modalità individuate con decreto adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Per l'anno 2013, il valore del costo evitato di combustibile di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6/92 del 29 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 1992, n. 109, da riconoscere in acconto fino alla fissazione del valore annuale di conguaglio, è determinato, per la componente convenzionale relativa al prezzo del combustibile, sulla base del paniere di riferimento individuato ai sensi dell'articolo 30, comma 15, della legge 23 luglio 2009, n. 99, in cui il peso dei prodotti petroliferi sia progressivamente ridotto in ciascun trimestre e posto pari all'ottanta per cento nel primo trimestre, al settanta per cento nel secondo trimestre, al sessanta per cento nel terzo trimestre e al sessanta per cento nel quarto trimestre. Il complemento al cento per cento è determinato in base al costo di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all'ingrosso come definito dalla deliberazione del 9 maggio 2013, n. 196/2013/R/GAS e degli ulteriori provvedimenti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Il Ministro dello sviluppo economico, con provvedimento da adottare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, stabilisce le modalità di aggiornamento del predetto valore, in acconto e in conguaglio, nonché le modalità di pubblicazione dei valori individuati secondo i criteri di cui ai commi 4 e 5. Restano ferme le modalità di calcolo della componente relativa al margine di commercializzazione all'ingrosso e della componente di trasporto nonché i valori di consumo specifico di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 20 novembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 novembre 2012, n. 280.

4. A decorrere dal 1° gennaio 2014, in attesa della ridefinizione della disciplina organica di settore, il valore di cui al comma 3, primo periodo, è aggiornato trimestralmente in base al costo di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all'ingrosso come definito al comma 3, ferma restando l'applicazione dei valori di consumo specifico di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 20 novembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 novembre 2012, n. 280.

5. In deroga ai commi 3 e 4, per gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti in esercizio da non più di otto anni alla data di entrata in vigore del presente decreto e che sono stati ammessi al regime di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6/92 del 29 aprile 1992, fino al completamento del quarto anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il valore di cui al comma 3, primo periodo, è determinato sulla base del paniere di riferimento individuato ai sensi dell'articolo 30, comma 15, della legge 23 luglio 2009, n. 99, in cui il peso dei prodotti petroliferi è pari al 60 per cento. Per gli anni di esercizio successivi, si applica il metodo di aggiornamento di cui al comma 4 del presente articolo. Per gli impianti situati in zone di emergenza relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti, il valore di cui al comma 3 è determinato sulla base del paniere di riferimento in cui il peso dei prodotti petroliferi è pari al 60 per cento fino al completamento dell'ottavo anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

[6. Sono abrogate le disposizioni di cui all'articolo 30, comma 15, della legge 23 luglio 2009, n. 99, incompatibili con le norme del presente articolo.]

7. I commi 7-bis, 7-ter e 7-quater dell'articolo 25 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, come introdotti dal comma 364 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono abrogati.

7-bis. I titolari di impianti di generazione di energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012 possono optare, in alternativa al mantenimento del diritto agli incentivi spettanti sulla produzione di energia elettrica, come riconosciuti alla data di entrata in esercizio, per un incremento del 20 per cento dell'incentivo spettante, per un periodo massimo di un anno a decorrere dal 1° settembre 2013, e del 10 per cento per un ulteriore successivo periodo di un anno, con corrispondente riduzione del 15 per cento dell'incentivo spettante nei successivi tre anni di incentivazione o, comunque, entro la fine del periodo di incentivazione su una produzione di energia pari a quella sulla quale è stato riconosciuto il predetto incremento. L'incremento è applicato sul coefficiente moltiplicativo spettante per gli impianti a certificati verdi e, per gli impianti a tariffa onnicomprensiva, sulla tariffa onnicomprensiva spettante al netto del prezzo di cessione dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in attuazione dell'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, registrato nell'anno 2012. L'opzione per il regime di cui al presente comma è comunicata dal titolare dell'impianto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al Gestore dei servizi energetici (GSE).

8. Le disposizioni di cui al presente articolo sono attuate in modo da comportare una riduzione effettiva degli oneri generali di sistema elettrico e dei prezzi dell'energia elettrica.


 

 

L’articolo 5 reca una serie di interventi diversi che impattano sui prezzi dell'energia elettrica, con un’estensione della Robin Hood Tax in parte destinata a riduzione degli oneri generali di sistema, una riduzione delle tariffe incentivanti CIP 6 per le fonti rinnovabili e assimilate e il blocco di una maggiorazione degli incentivi all'elettricità prodotta da biocombustibili liquidi.

 

Il comma 1, con una modifica all’articolo 81 del D.L. n. 112 del 2008, estende l’applicazione della c.d. Robin Hood Tax (maggiorazione IRES) alle aziende con volume di ricavi superiori a 3 milioni di euro (nella normativa previgente era prevista per volumi superiori a 10 milioni) e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro (nella normativa previgente era 1 milione di euro).

 

Si ricorda che l’articolo 81 del D.L. n. 112 del 2008 (modificato da ultimo dall’articolo 7, comma 1, del D.L. n. 138 del 2011) ha introdotto un'addizionale all'IRES nei confronti delle società che operano nel settore petrolifero, ivi compreso il settore dell’energia elettrica, con volume di ricavi superiore a 10 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 1 milione di euro (limiti abbassati dalla norma in esame). L’aliquota, fissata in origine al 5,5% e successivamente elevata al 6,5% (articolo 56 della L. n. 99 del 2009), è stata poi innalzata al 10,5% per i periodi di imposta dal 2011 al 2013 (articolo 7, comma 3 del D.L. n. 138 del 2011: misure di perequazione nei settori petrolifero, dell'energia elettrica e del gas). E' stata inoltre ampliata la platea di soggetti passivi cui si applica tale addizionale, estesa - tra l'altro - anche alle imprese operanti nel trasporto e distribuzione del gas naturale.

Si rammenta, inoltre, che la legge n. 7 del 2009 (ratifica trattato Italia-Libia) ha introdotto una ulteriore addizionale IRES al 4% (la cui disciplina è stata modificata dall'articolo 25-bis del D.L. n. 216 del 2011) per le imprese operanti nel settore degli idrocarburi con determinati requisiti, tra cui una capitalizzazione superiore a 20 miliardi di euro.

 

L'Autorità per l'energia elettrica e il gas il 24 gennaio 2013 ha trasmesso al Parlamento la relazione sull'attività di vigilanza svolta nell'anno 2012 sul divieto di traslazione della maggiorazione IRES (c.d. Robin Hood Tax) sui prezzi al consumo, previsto dall’articolo 81, comma 18. Nelle conclusioni si legge che alla luce dell'esito dell'attività svolta nel corso dell'anno 2012 resta confermata l'esigenza di una puntuale vigilanza sul rispetto del divieto di traslazione; le analisi relative all'ultimo esercizio monitorato hanno infatti mostrato che una parte dei soggetti vigilati ha continuato ad attuare politiche di prezzo tali da costituire una possibile violazione del divieto di traslazione, comportando comunque uno svantaggio economico per i consumatori finali.

La Robin Hood Tax ha prodotto un gettito di 1,45 miliardi di euro, per l'86% provenienti dagli operatori del settore elettrico e del gas. Si segnala che nel 2012 le entrate sono triplicate rispetto al 2010 (527 milioni), in seguito all'incremento al 10,5% e all'allargamento dei settori interessati, superando ampiamente le previsioni del Tesoro, nonostante una parallela forte contrazione dei soggetti incisi.

 

Il comma 2 destina le risorse derivanti dall’estensione della Robin Hood Tax alla riduzione della componente A2 della bolletta elettrica, una volta sottratte la quota da utilizzare per la copertura finanziaria disposta dall’articolo 61 del decreto. Le modalità attuative saranno individuate con decreto adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Si ricorda che la componente A2 degli oneri generali di sistema copre i costi per lo smantellamento delle centrali nucleari e la chiusura del ciclo del combustibile. E’ definita direttamente dall' Autorità per l' Energia Elettrica ed il Gas (AEEG) e il ricavato affluisce alla Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico in un apposito Conto di gestione il cui utilizzo e gestione sono disciplinati dall'Autorità.

Secondo i dati pubblicati dall’AEEG sul proprio sito, gli oneri generali di sistema incidono del 19,23% sulla bolletta di un utente domestico tipo, per un totale di 98 euro annui su una bolletta media di 511 euro. All’interno degli oneri generali di sistema, la componente A2 rappresenta solamente il 2,51%. La maggior parte di questi oneri, infatti, è dovuta alla componente A3 (90,61%) che copre gli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate.

 

Il commi 3, 4 e 5 modificano le modalità di determinazione delle tariffe concesse agli impianti in regime Cip6, prevedendo una parziale deroga per gli impianti di termovalorizzazione.

È definito un regime di gradualità per l'anno 2013, in cui continua ad essere utilizzato il paniere di riferimento di prodotti gas-petrolio ma con riduzione del peso dei prodotti petroliferi e, dunque, con una progressione verso il prezzo all'ingrosso del gas naturale cui si approderà a partire dal 1° gennaio 2014.

 

In particolare:

§      per l'anno 2013, il valore del costo evitato di combustibile da riconoscere in acconto fino alla fissazione del valore annuale di conguaglio, è determinato, per la componente convenzionale relativa al prezzo del combustibile, sulla base del paniere di riferimento di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99, in cui il peso dei prodotti petroliferi sia progressivamente ridotto in ciascun trimestre (80% per il primo trimestre, 70% per il secondo trimestre, 60% per il terzo e quarto trimestre). Il complemento al cento per cento è determinato in base al costo di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all'ingrosso come definito dalla deliberazione del 9 maggio 2013, n. 196/2013/R/GAS e degli ulteriori provvedimenti dell'Autorità per l'energia elettrica e del gas (comma 3);

§      dal 2014, il valore del CEC è aggiornato trimestralmente in base al costo di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all'ingrosso, ferma restando l'applicazione dei valori di consumo specifico di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 20 novembre 2012 (comma 4);

§      è prevista una deroga per agevolare gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti, per i quali il valore del CEC è determinato tenendo conto di un peso dei prodotti petroliferi paniere di riferimento pari al 60% (comma 5).

Nel testo originario del decreto, la deroga valeva per i termovalorizzatori più recenti (in esercizio convenzionato da un periodo inferiore a otto anni), fino al completamento dell'ottavo anno di esercizio, e tale formulazione interessava 7 termovalorizzatori, ad alcuni dei quali l’agevolazione si calcolava per un periodo piuttosto limitato essendo entrati in vigore nel 2006-2007.

Durante l’esame parlamentare il comma 5 è stato modificato in modo da

§      far valere la deroga per i termovalorizzatori già in esercizio;

§      limitare il calcolo agevolato del CEC fino al completamento del quarto anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad eccezione degli impianti situati in zone di emergenza relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti, per i quali il calcolo agevolato del CEC fino al completamento dell’ottavo anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

La nuova formulazione del comma 5 ha cambiato la ratio della deroga, che deroga non vale più solo per i termovalorizzatori di più recente costruzione, bensì per tutti i termovalorizzatori in esercizio ammessi al regime CIP6. La deroga, inoltre, opera fino al completamento del quarto (o dell’ottavo anno nelle zone di emergenza rifiuti) a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e non dall’inizio dell’esercizio del termovalorizzatore.

Riguardo all’attuazione, la norma precisa che il Ministro dello sviluppo economico, con provvedimento da adottare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, stabilisce le modalità di aggiornamento del valore del CEC, in acconto e in conguaglio, nonché le modalità di pubblicazione dei valori individuati secondo i criteri di cui ai commi 4 e 5.

Restano ferme le modalità di calcolo della componente relativa al margine di commercializzazione all'ingrosso e della componente di trasporto nonché i valori di consumo specifico di cui al D.M. 20 novembre 2012, cui è stato definito l’aggiornamento del CEC negli anni dal 2010 in poi e il valore di conguaglio del CEC per l’anno 2011 oltre che il valore di acconto del CEC per l’anno 2012.

 

Il meccanismo noto come “CIP 6consiste in un incentivo a favore dei produttori di energia elettrica con impianti alimentati da fonti rinnovabili o assimilate che, avvalendosi di un’apposita convenzione, cedono al GSE (Gestore del sistema elettrico) l’energia prodotta ad un prezzo di ritiro superiore a quello di mercato. La differenza di prezzo viene recuperata attraverso un’apposita voce di costo (componente A3) nella bolletta degli utenti. Tale sistema di incentivazione di fatto non è andato a sostegno in via prioritaria delle fonti rinnovabili vere e proprie in quanto ne hanno beneficiato soprattutto gli impianti utilizzanti fonti assimilate tra cui i termovalorizzatori, alimentati da rifiuti. L'incentivo ai kWh prodotti da impianti Cip6 è calcolato tenendo costo del tipo di tecnologia e del costo evitato del combustibile (CEC): il produttore Cip6 riceve il valore del quantitativo di gas che sarebbe stato necessario a produrre con il metano il kWh generato dall’impianto.

 

Nel motivare l’esigenza dell’intervento normativo in esame, il Governo spiega che, considerata la struttura del parco di produzione elettrico nazionale e l'uso prevalente di gas naturale, il CEC è da intendersi riferito al costo di produzione del kWh a gas naturale. L'attuale norma di determinazione del «costo evitato», contenuta nella legge n. 99 del 2009, fa invece ancora riferimento ad un paniere di prodotti olio-gas non più attuale, portando a valori tariffari per l'energia CIP 6/92 che sono ancora oggi di molto superiori ai reali costi evitati. Secondo i dati citati dalla relazione, il valore del kWh scambiato sulla Borsa elettrica è ormai stabilmente inferiore a 60 euro/MWh, contro un valore della tariffa CIP 6/92 di quasi 100 euro/MWh.

Il comma 6, che abrogava le disposizioni di cui all'articolo 30, comma 15, della legge 23 luglio 2009, n. 99, non indicandole specificamente, ma tramite un generico riferimento a quelle incompatibili con le norme del presente articolo, è stato soppresso durante l’esame parlamentare.

Il comma 7 elimina la facoltà per i titolari di impianti di generazione energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili[4], entrati in esercizio prima del 2013, di modificare il sistema di incentivazione vigente, con effetto dal 2013.

Tale opzione consente una maggiorazione degli incentivi all'elettricità prodotta da biocombustibili liquidi entro un limite massimo di ore annue di funzionamento, che da definirsi con decreto ministeriale.

La relazione illustrativa stima che tale maggiorazione comporterebbe un aumento degli oneri effettivi sulle tariffe che, assumendo un limite massimo di ore annue di funzionamento di circa 5000 ore, assommerebbe a oltre 300 milioni di euro all'anno, che gli operatori beneficiari del maggior incentivo impiegherebbero in larghissima misura per l'importazione del biocombustibile, con marginali effetti sull'occupazione

Tale facoltà era stata prevista dalla legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 364, della legge n. 228/2012), che aveva inserito all’interno del D.Lgs. n. 28/2011[5] i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater dell'articolo 25, al fine di salvaguardare la quota di produzione di energia elettrica da impianti alimentati a bioliquidi e garantire così il rispetto degli obiettivi in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili imposti dall'UE.

 

Il comma 7-bis, aggiunto durante l’esame parlamentare, lascia la possibilità ai titolari di impianti di generazione energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012 di opzione tra:

§      il mantenimento al diritto agli incentivi spettanti sulla produzione di energia elettrica, come riconosciuti alla data di entrata in esercizio;

§      un meccanismo che prevede un aumento degli incentivi spettanti nei primi due anni e una riduzione negli anni successivi.

Tale meccanismo prevede un incremento del 20 per cento dell'incentivo spettante, per un periodo massimo di un anno a decorrere dal 1° settembre 2013 e del 10 per cento per un ulteriore, successivo periodo di un anno, con corrispondente riduzione del 15 per cento dell'incentivo spettante nei successivi tre anni di incentivazione, o comunque entro la fine del periodo di incentivazione su una produzione di energia pari a quella sulla quale è stato riconosciuto il predetto incremento. L'incremento è applicato sul coefficiente moltiplicativo spettante per gli impianti a certificati verdi e, per gli impianti a tariffa omnicomprensiva, sulla tariffa omnicomprensiva spettante al netto del prezzo di cessione dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

L’opzione deve essere comunicata dal titolare dell'impianto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, al GSE.

 

Il comma 8 precisa che l’attuazione dell’articolo 5 deve avvenire in modo da comportare una riduzione effettiva degli oneri generali di sistema elettrico e dei prezzi dell'energia elettrica.


 

Articolo 6
(Gasolio per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra)

 


1. A decorrere dal 1° agosto 2013 e fino al 31 dicembre 2015, a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale è applicata, sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 17, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 e successive modificazioni, l'accisa al livello di imposizione, per l'anno 2013, pari a euro 25 per 1.000 Litri, qualora gli stessi soggetti, in sede di richiesta dell'assegnazione del gasolio, ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454, si obblighino a rispettare la progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali.

2. Ai sensi dell'articolo 25 del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008, il livello di accisa da corrispondere non deve essere inferiore al livello minimo di imposizione definito dalla direttiva n. 2003/96/CE, e successive modificazioni. Qualora tale livello minimo sia modificato l'accisa dovuta per il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra viene corrispondentemente adeguata. La sintesi delle informazioni relative alla misura di cui al presente articolo è comunicata alla Commissione europea con le modalità di cui all'articolo 9 del citato regolamento (CE) n. 800/2008.

3. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 1 e 2, pari a 14,4 milioni di euro per l'anno 2013 e 34,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 si provvede mediante riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2002, n. 67, in misura tale da garantire la copertura finanziaria di cui al presente comma.

4. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, viene disciplinata l'applicazione del presente articolo.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 6, relativamente al gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra da parte dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, fissa l’applicazione dell’accisa per il periodo 1° agosto 2013 - 31 dicembre 2015 nella misura di 25 euro per mille litri, nel caso che gli stessi soggetti, in sede di richiesta dell’assegnazione del gasolio, ai sensi del decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, si obblighino a rispettare la progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali.

 

La Tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995, nell’indicare gli impieghi dei prodotti energetici che comportano l'esenzione dall'accisa o l'applicazione di un'aliquota ridotta, al punto 5 riporta la voce “Impieghi in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica” nelle seguenti misure:


 

gasolio

22 per cento aliquota normale

oli vegetali non modificati chimicamente

Esenzione

benzina

49 per cento aliquota normale

 

L'agevolazione viene concessa anche mediante crediti o buoni d'imposta, sulla base di criteri stabiliti, in relazione alla estensione dei terreni, alla qualità delle colture ed alla dotazione delle macchine agricole effettivamente utilizzate, come definiti con il decreto del Ministro delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454. In particolare ai sensi del decreto, all’articolo 1, comma 2, si considerano macchine adibite a lavori agricoli le macchine agricole previste dall'articolo 57 del nuovo codice della strada, gli impianti e le attrezzature destinate ad essere impiegate nelle attività agricole e forestali, le macchine per la prima trasformazione dei prodotti agricoli, nonché gli impianti di riscaldamento delle serre e dei locali adibiti ad attività di produzione.

 

Considerando che, ai sensi dell’Allegato I al medesimo D.Lgs. n. 540/1995, per il gasolio usato come carburante è prevista una accisa pari a 617,40 euro per mille litri (così fissata dalla Determinazione dell’Agenzia delle dogane 9 agosto 2012, n. 88789 e ribadita dall’articolo 1, comma 487, della legge di stabilità 2013), applicando a tale importo il 22 per cento quale aliquota ridotta, l’accisa per il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra è attualmente determinata in 135,83 euro per mille litri.

 

La disposizione in esame pone per i beneficiari la condizione che essi si obblighino a rispettare la progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali.

In merito a tale aspetto non appare chiaro come venga attuata tale condizione che, dalla formulazione del testo, sembrerebbe una “condizione necessaria” per ottenere il beneficio fiscale.

La disposizione sembrerebbe in ogni caso avere un valore di “impegno programmatico” con scopi ambientali: viene fornito gasolio con un’accisa ridotta a fronte di un impegno a ridurre il consumo di gasolio.

Viene peraltro da considerare che, in termini economici, a fronte di una riduzione del prezzo di un prodotto, tendenzialmente si genera un aumento della richiesta del prodotto stesso e quindi un maggior consumo.

 

Il comma in esame inoltre richiama la direttiva 2003/96/CE del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

In particolare l’articolo 17 della direttiva prevede che, a condizione che i livelli minimi di tassazione previsti nella presente direttiva siano rispettati in media per ciascuna impresa, gli Stati membri possono applicare sgravi fiscali sul consumo di prodotti energetici utilizzati per il riscaldamento o per i fini di cui all'articolo 8, paragrafo 2, lettere b) e c) e di elettricità nei seguenti casi: a) a favore delle imprese a forte consumo di energia; b) qualora siano conclusi accordi con imprese o associazioni di imprese, o qualora siano attuati regimi concernenti diritti commercializzabili o misure equivalenti, purché volti a conseguire obiettivi di protezione ambientale o a migliorare l'efficienza energetica.

 

Si ricorda che l’articolo 5, comma 5, del D.L. n. 268/2000, relativamente al periodo 3 ottobre 2000–31 dicembre 2000, prevedeva per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra un’aliquota pari allo 0% di quella applicata sul gasolio usato come carburante. Con successivi provvedimenti è stata invece disposta l’esenzione dall’accisa. In particolare, l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) ha disposto l’applicazione di tale agevolazione per il primo semestre 2001; successivamente, l’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 246/2001 e l’articolo 3 del D.L. n. 356/01 hanno stabilito la proroga dell’agevolazione, rispettivamente al 30 settembre 2001 e al 31 dicembre 2001. Quindi la proroga di tale regime agevolativi veniva disposta annualmente in sede di legge finanziaria per gli anni dal 2002 al 2009 (articolo 13, comma 3, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002), articolo 19, comma 4, della legge n. 292/2002 (finanziaria 2003), articolo 2, comma 4, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004), articolo 1, comma 511, lett. h), della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005), articolo 1, comma 115, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006), articolo 1, comma 394 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), articolo 1, comma 175, della legge n. 244/2007 (finanziaria 2008) e dall’articolo 2, comma 14 della legge n. 203/2008 (finanziaria 2009).

Nel 2009 la Commissione europea ha qualificato tali misure come aiuti di Stato: le misure finanziate con risorse statali hanno favorito talune imprese (le aziende del settore dell'agricoltura e, in particolare, quelle che coltivano sotto serra) e hanno inciso sugli scambi e falsare la concorrenza, vista la posizione dell'Italia nella produzione agricola sotto serra.

Trattandosi di una forma agevolativa, il comma 2 ribadisce che, ai sensi dell’articolo 25 del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008, il livello di accisa da corrispondere all’Unione non deve essere inferiore al livello minimo di imposizione definito dalla direttiva (CE) n. 2003/96/CE, e successive modificazioni.

Qualora tale livello minimo venga modificato l’accisa dovuta per il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra viene corrispondentemente adeguata.

La sintesi delle informazioni relative alla misura di cui al presente articolo è comunicata alla Commissione europea con le modalità di cui all’articolo 9 del citato regolamento (CE) n. 800/2008.

 

La disposizione richiamata prevede, al comma 1, che entro 20 giorni lavorativi dall'entrata in vigore di un regime di aiuti o dalla concessione di un aiuto ad hoc, esentati a norma del regolamento stesso, lo Stato membro interessato trasmette alla Commissione una sintesi delle informazioni relative alla misura d'aiuto in questione. Tale sintesi è fornita mediante modulo elettronico attraverso l'applicazione informatica della Commissione prevista a tale scopo e nella forma prevista all'allegato III. La Commissione accusa senza indugio ricevuta della sintesi. La sintesi è pubblicata dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e sul sito web della Commissione.

 

Il comma 3 reca la quantificazione dell’onere determinato dall’accisa agevolata per le coltivazioni in serra (25 euro per mille litri) disposta dal comma 1 e dalla relativa compensazione del livello minimo di imposizione del livello di accisa da corrispondere all’Unione europea (comma 2) indicandolo complessivamente in 14,4 milioni di euro per il 2013 (tale regime decorre dal 1° agosto 2013) e in 34,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014-2015.

 

Alla copertura dell’onere si provvede mediante riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, recante “Determinazione dei consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nelle coltivazioni sotto serra ai fini dell’applicazione delle aliquote ridotte o dell’esenzione dell’accisa”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2002, in misura tale da garantire la copertura finanziaria di cui al presente comma.

Si ricorda che la legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) all’articolo 1, comma 517 dispone la riduzione del 5 per cento, a decorrere dal 1o gennaio 2014, dei consumi medi dei prodotti petroliferi da ammettere all'impiego agevolato in agricoltura, come determinati in modo standardizzato nell’Allegato 1 al decreto del Ministero delle politiche agricole del 26 febbraio 2002 (G.U. n. 67/2002). Limitatamente all’anno 2013 i predetti consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato in agricoltura sono ridotti del 10 per cento.

Peraltro, l’articolo 2 del citato decreto ministeriale stabilisce che le regioni e le province autonome, quando ricorrano le speciali condizioni elencate al comma 2, possano disporre le maggiorazioni di cui ai punti 19 e 20 dello stesso allegato 1.

 

Il comma 4 rinvia la disciplina dell’applicazione del presente articolo ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze.


 

Articolo 7
(Imprese miste per lo sviluppo)

 


1. Il comma 1 dell'articolo 7 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, è sostituito dal seguente:

«1. A valere sul Fondo di rotazione di cui all'articolo 6 e con le stesse procedure, possono essere concessi ad imprese italiane crediti agevolati per assicurare il finanziamento della quota di capitale di rischio, anche in forma anticipata, per la costituzione di imprese miste. Possono altresì essere concessi crediti agevolati ad investitori pubblici o privati o ad organizzazioni internazionali, affinché finanzino imprese miste da realizzarsi in Paesi in via di sviluppo (PVS) o concedano altre forme di agevolazione identificate dal CIPE che promuovano lo sviluppo dei Paesi beneficiari. Una quota del medesimo Fondo può essere destinata alla costituzione di un Fondo di garanzia per prestiti concessi dagli istituti di credito a imprese italiane o per agevolare gli apporti di capitale delle imprese italiane nelle imprese miste.».

1-bis. Nel quadro degli impegni assunti dall'Italia in ambito internazionale per il superamento dell'aiuto legato, per accedere ai crediti agevolati a valere sul Fondo rotativo previsto dall'articolo 6 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, le imprese italiane si devono formalmente impegnare a rispettare quanto previsto dalle Linee guida dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sulla responsabilità sociale delle imprese per gli investimenti internazionali e dalla risoluzione P7_TA(2011)0141 del Parlamento europeo, del 6 aprile 2011, in materia di investimenti internazionali e di rispetto da parte delle imprese delle clausole sociali e ambientali e delle norme internazionali sui diritti umani.


 

 

Al fine di sostenere la ripresa delle iniziative di cooperazione allo sviluppo, favorendo l’internazionalizzazione delle imprese italiane attraverso la creazione di joint ventures nei Paesi in via di sviluppo, l’articolo 7 novella il comma 1 dell’articolo 7 della legge n. 49 del 1987, che disciplina l’assetto della cooperazione italiana allo sviluppo

La nuova formulazione prevede che attraverso il Fondo di rotazione per la cooperazione allo sviluppo, gestito dal Mediocredito centrale (originariamente previsto dalla legge n. 227 del 1977, cd. “Legge Ossola” e disciplinato dall’art. 6 della richiamata legge n. 48 del 1987) possano essere concessi, ad imprese italiane, crediti agevolati per assicurare il finanziamento integrale del capitale di rischio ai fini della costituzione di joint ventures nei Paesi in via di sviluppo (PVS), con corresponsione dei crediti agevolati, anche in forma anticipata.

I crediti potranno essere erogati a favore di investitori pubblici o privati o di organizzazioni internazionali, sempre al fine di favorire da parte loro la costituzione di imprese miste nei PVS, ovvero di promuovere lo sviluppo attraverso altre agevolazioni identificate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

Una quota del Fondo rotativo, sempre secondo quanto previsto dal comma 1, potrà altresì essere destinata a dar vita ad un nuovo Fondo di garanzia a tutela dei prestiti concessi da istituti di credito a imprese italiane, oppure per facilitare gli apporti di capitale italiano nelle imprese miste.

La previgente disciplina non prevedeva l’eventualità di una previa corresponsione di tali crediti e precisava che essi potessero coprire solo parzialmente il finanziamento del capitale di rischio.

 

Il comma 1-bis introduce una norma che impone alle imprese italiane che abbiano accesso ai predetti crediti agevolati l’osservanza delle linee-guida stabilite dall’OCSE in materia di imprese multinazionali[6], aggiornate dalla Conferenza ministeriale dell’OCSE svoltasi a Parigi il 25 maggio 2011, e della risoluzione del 6 aprile 2011 del Parlamento europeo in materia di investimenti internazionali e di rispetto da parte delle imprese delle clausole sociali ed ambientali e delle norme internazionali sui diritti umani[7].


 

Articolo 8
(Partenariati)

 


1. Dopo l'articolo 14 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, è aggiunto il seguente:

«Art. 14-bis - (Partenariati) 1. Per la realizzazione di programmi, progetti o interventi rientranti nelle finalità della presente legge in partenariato con altri soggetti, sono stipulati appositi accordi di programma ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, con enti od organismi pubblici sovranazionali o privati.

2. I soggetti realizzatori degli interventi rendicontano secondo le regole ordinarie le entrate e le spese sostenute per ogni intervento, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, secondo uno schema da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro degli affari esteri, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze. Si applica l'articolo 11, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123.

3. Le somme statali non utilizzate alla fine dell'intervento sono versate all'entrata del bilancio dello Stato. Le somme non statali non utilizzate alla fine dell'intervento sono riversate agli enti o organismi sovranazionali o privati firmatari dell'accordo di programma.».


 

 

L’articolo 8 del decreto legge in esame introduce un articolo aggiuntivo, il 14-bis (Partenariati), alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo.

 

Il comma 1 prevede, per l’attuazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo definiti dalla stessa legge 49 del 1987, la sottoscrizione di appositi accordi di programma tra enti pubblici, organismi sopranazionali ed enti privati promotori dei predetti interventi.

Il comma precisa che gli accordi in questione sono soggetti al rispetto delle disposizioni della legge n. 241 del 1990, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi che disciplina le modalità di stipula degli accordi sostitutivi di provvedimenti discrezionali della pubblica amministrazione, nonché degli accordi di programma, prescrivendo anche l’obbligo dell’esplicitazione della motivazione.

 

Il comma 2 , stabilisce che la rendicontazione degli interventi avvenga in base alle norme ordinarie, rinviando ad un decreto di natura non regolamentare del ministro degli esteri, emanato d’intesa con il ministro dell’economia e delle finanze, la disciplina di dettaglio per la rendicontazione degli accordi di cui al comma precedente.

Il comma 2 richiama inoltre espressamente l'articolo 11, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 123 del 2011 ai fini della sottoposizione al controllo contabile successivo.

Il comma 3 prescrive il versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle somme statali non utilizzate alla fine dell’intervento di cooperazione ovvero, quando si tratta di fondi non statali, la loro restituzione ai soggetti privati o pubblici o sovranazionali che li avevano erogati.


 

Articolo 9, commi 1-2 e 3-bis
(Accelerazione nell’utilizzazione dei fondi strutturali europei)

 


1. Le amministrazioni e le aziende dello Stato anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le istituzioni universitarie, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, gli enti pubblici non economici nazionali, le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono tenuti a dare precedenza, nella trattazione degli affari di competenza, ai procedimenti, provvedimenti e atti anche non aventi natura provvedimentale relativi alle attività in qualsiasi modo connesse all'utilizzazione dei fondi strutturali europei, compresi quelli inerenti allo sviluppo rurale e alla pesca e alla realizzazione dei progetti realizzati con i medesimi fondi.

2. Al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dall'ordinamento dell'Unione europea per i casi di mancata attuazione dei programmi e dei progetti cofinanziati con fondi strutturali europei e di sottoutilizzazione dei relativi finanziamenti, relativamente alla programmazione 2007-2013, in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi, il Governo, allo scopo di assicurare la competitività, la coesione e l'unità economica del Paese, esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione secondo le modalità procedurali individuate dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, dagli articoli 5 e 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e dalle disposizioni vigenti in materia di interventi sostitutivi finalizzati all'esecuzione di opere e di investimenti nel caso di inadempienza di amministrazioni statali ovvero di quanto previsto dai contratti istituzionali di sviluppo e dalle concessioni nel caso di inadempienza dei concessionari di servizi pubblici, anche attraverso la nomina di un commissario straordinario, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il quale cura tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche necessarie per l'autorizzazione e per l'effettiva realizzazione degli interventi programmati, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate. A tal fine, le amministrazioni interessate possono avvalersi di quanto previsto dall'articolo 55-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni.

[3. Le amministrazioni competenti all'utilizzazione dei diversi fondi strutturali, nei casi in cui riscontrino criticità nelle procedure di attuazione dei programmi, dei progetti e degli interventi di cui al comma 2, riguardanti la programmazione 2007-2013, convocano una Conferenza di servizi al fine di individuare le inadempienze e accertarne le eventuali cause, rimuovendo, ove possibile, gli ostacoli verificatisi.]

3-bis. Al fine di accelerare le procedure di certificazione delle spese europee relative ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali europei 2007-2013 e per evitare di incorrere nelle sanzioni di disimpegno automatico previste dai regolamenti europei, le autorità di gestione dei programmi operativi regionali o nazionali che hanno disponibilità di risorse sui relativi assi territoriali o urbani attingono direttamente agli interventi candidati dai comuni al piano nazionale per le città, di cui all'articolo 12 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, stipulando accordi diretti con i comuni proponenti, a condizione che tali interventi risultino coerenti con le finalità dei citati programmi operativi. Su iniziativa del Ministro per la coesione territoriale e d'intesa con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è istituito un tavolo tecnico, a cui partecipano le autorità di gestione dei programmi operativi regionali e nazionali e, in rappresentanza dei comuni beneficiari, l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) che provvede a supportare le autorità competenti nell'istruttoria di tutti gli adempimenti necessari per l'ammissione al finanziamento dei suddetti interventi. Mediante apposita convenzione da stipulare entro trenta giorni dalla costituzione del tavolo tecnico tra l'ANCI, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le linee di indirizzo per la stipulazione degli accordi diretti tra i comuni e le autorità di gestione nonché per il raccordo tra le attività di supporto alla stipulazione di tali convenzioni e le misure di assistenza tecnica o le azioni di sistema dei programmi di capacity building della programmazione regionale unitaria.

[4. Ove non sia stato possibile superare le eventuali inadempienze nel corso della Conferenza di servizi di cui al comma 3, le amministrazioni, per la parte relativa alla propria competenza, comunicano all'ente territoriale inadempiente i motivi di ritardo nell'attuazione dei programmi, progetti e interventi di cui al comma 2 e indicano quali iniziative ed atti da adottare. In caso di ulteriore mancato adempimento, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione, l'amministrazione dello Stato, sentite le Regioni interessate, adotta le iniziative necessarie al superamento delle criticità riscontrate, eventualmente sostituendosi all'ente inadempiente attraverso la nomina di uno o più commissari ad acta.]


 

 

L’articolo 9 reca, ai commi da 1 a 3-bis, norme sull’utilizzazione dei fondi strutturali europei, finalizzate ad evitare il rischio di ulteriori ritardi nell’utilizzo delle risorse comunitarie e la conseguente attivazione delle sanzioni comunitarie, consistenti nel definanziamento delle risorse medesime.

 

L’obiettivo è perseguito dal comma 1, il quale stabilisce un obbligo per le amministrazioni pubbliche di trattazione prioritaria di tale materia rispetto ad altre.

In particolare, la norma sancisce l’obbligo per le amministrazioni e le aziende dello Stato anche a ordinamento autonomo, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le istituzioni universitarie, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, gli enti pubblici non economici nazionali e le agenzie fiscali, di dare precedenza, nella trattazione degli affari di propria competenza, ai procedimenti, ai provvedimenti e agli atti, anche non aventi natura provvedimentale, relativi alle attività in qualsiasi modo connesse all’utilizzazione dei fondi strutturali europei, compresi quelli inerenti allo sviluppo rurale e alla pesca, e alla realizzazione dei progetti finanziati con i medesimi fondi.

 

L’obiettivo di accelerazione dei procedimenti in tale materia è già stato oggetto dei seguenti recenti interventi, effettuati sia con atti aventi forza e valore di legge, sia con atti amministrativi e accordi tra amministrazioni:

§       il D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88, all’articolo 3, comma 3, prevede che il Ministro delegato per la politica di coesione adotti, ove necessario e nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell'Unione europea, le opportune misure di accelerazione degli interventi anche relativamente alle amministrazioni che risultano non in linea con la programmazione temporale degli interventi medesimi;

§       l'articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, stabilisce che le risorse provenienti da una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013, sono destinate alla realizzazione di interventi di sviluppo socio-economico concordati tra le Autorità italiane e la Commissione europea;

§       ai sensi della delibera CIPE n. 1 del 2001 con l’accordo nell’ambito del Comitato Nazionale del Quadro Strategico Nazionale (riunione del 30 marzo 2011) tra tutte le Regioni, le Amministrazioni centrali interessate e il partenariato economico e sociale, è stato individuato un percorso per l’accelerazione e la riprogrammazione delle risorse destinate alle aree sottoutilizzate, vale a dire sia quelle di carattere aggiuntivo previste dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate) sia quelle definite dai fondi strutturali dell’Unione europea, mediante la fissazione di target di impegno e di spesa certificata alla Commissione europea.

Sono stati definiti specifici target calcolati in rapporto alle soglie annuali n+2 delle risorse comunitarie che devono essere raggiunte da ciascun Programma nel corso degli anni 2012 e 2013: In particolare, al 31 maggio 2013 deve essere raggiunto il 40% della soglia e al 31 ottobre 2013 l’80%;

§       con il Piano di Azione Coesione, adottato alla fine del 2011 - definito di intesa con la Commissione europea in attuazione degli impegni assunti dal Governo italiano nel corso del Vertice europeo del 26 ottobre 2011 - il quale ha permesso una riprogrammazione delle risorse comunitarie e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, per complessivi 12,1 miliardi, che è stata trasferita al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione.

 

Va ricordato che il Ministro per la coesione territoriale, nel corso dell’audizione del 12 giugno 2013 presso le Commissioni V e XIV della Camera, al 31 maggio 2013, data dell'ultima verifica dei target intermedi nazionali di spesa, ha reso noto che la spesa certificata cumulata per il complesso dell'Italia (19,8 miliardi di euro) ha superato (di 1,2 punti percentuali) l'obiettivo di spesa complessiva, raggiungendo un livello pari al 40% degli importi da considerare[8], ma che, tuttavia, questo dato riflette risultati molto differenziati fra le due macro aree. Nelle regioni più sviluppate si raggiunge infatti un livello di spesa pari al 49,4% delle risorse programmate, mentre nelle regioni meno sviluppate, la spesa si ferma al 35,7%. Determinante, al fine del conseguimento del risultato di spesa sopra indicato, è stata – ricorda il Ministro - la riduzione del cofinanziamento nazionale, attuata attraverso il Piano di Azione Coesione, che ha ridotto l'ammontare complessivo delle spese da certificare a Bruxelles ed ha consentito di evitare una perdita di risorse derivanti dal bilancio comunitario a fine 2012[9]. Nel complesso, tuttavia, le risorse ancora da spendere, anche dopo la riprogrammazione del Piano di Azione Coesione, ammontano a circa 30 miliardi di euro, la maggior parte dei quali nell'area della Convergenza.

Nella tabelle riportate in fondo alla presente scheda di lettura sono illustrati i dati aggiornati sullo stato di attuazione dei fondi strutturali alla data del 31 agosto 2013 (cfr. ultra).

Il Ministro per la coesione territoriale ha messo in rilievo la necessità di una ricognizione dei programmi operativi attuativi dei Fondi, al fine di stimare la quota di risorse che, senza una ulteriore riprogrammazione, rischia di incorrere nelle sanzioni comunitarie (riduzione delle risorse per il Fondo e per il Programma operativo interessato) e di una azione di riprogrammazione delle suddette risorse a rischio- da attuarsi in più fase - che consenta di concentrare i fondi resi disponibili su poche misure con effetto anticiclico, volte a favorire l’occupazione giovanile e a contrastare il progressivo impoverimento delle famiglie, soprattutto al Sud, nonché a sostenere il sistema delle imprese.

Una prima manovra di riprogrammazione dei Programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 e di rimodulazione del Piano di Azione Coesione, per circa 1 miliardo di euro, è stata attuata attraverso l’articolo 4 del D.L. n. 76/2013, al fine di recuperare le risorse per il finanziamento degli interventi a favore dell'occupazione giovanile e dell'inclusione sociale nel Mezzogiorno, disposti, rispettivamente, dall'art. 1, comma 12, lett. a), e dall'art. 3, commi 1 e 2, del D.L. n. 76.

 

Con riferimento alle sanzioni previste dall’ordinamento dell’Unione europea, si ricorda che il mancato conseguimento degli obiettivi UE comporta, secondo i Regolamenti comunitari[10], una riduzione delle risorse per il Fondo e per il Programma operativo interessato.

Infatti, in base alla c.d. "regola dell'n+2", per ogni annualità contabile delle risorse impegnate – per ciascun fondo (FSE, FESR) e programma operativo (PO) sul bilancio comunitario - la parte che non risulta effettivamente spesa e certificata alla Commissione entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’impegno di bilancio viene disimpegnata automaticamente.

Il disimpegno delle risorse comunitarie comporta anche la parallela riduzione di disponibilità delle relative risorse di cofinanziamento nazionale.

Al costante monitoraggio della spesa dei fondi strutturali nel quadro dei programmi operativi, nazionali e regionali, provvede il Ministro per la Coesione territoriale sulla base di dati validati dalla Ragioneria generale dello Stato e dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e la Coesione economica.

Al riguardo, la Relazione illustrativa al provvedimento in esame ricorda che la Commissione europea ha già proposto una raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea per un rafforzamento dei poteri delle strutture centrali dello Stato al fine di realizzare un’efficace utilizzazione dei fondi comunitari. Nella Raccomandazione del 29 maggio 2013 (Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2013 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell’Italia 2012-2017[11]) la Commissione europea, nel sottolineare l’azione intrapresa dall’Italia per il miglioramento dell’efficienza e della qualità della spesa pubblica, raccomanda all’Italia di adottare nel periodo 2013-2014 misure strutturali per migliorare la gestione dei fondi dell’UE nelle Regioni del Mezzogiorno, in vista del periodo di programmazione 2014-2020[12].

Per accelerare l’utilizzo dei fondi strutturali - per i casi di mancata attuazione dei programmi e dei progetti cofinanziati con fondi strutturali europei e di sottoutilizzazione dei relativi finanziamenti, relativamente alla programmazione 2007-2013 - il comma 2facoltà al Governo, in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi, di sostituirsi all’amministrazione inerte o inadempiente.

Il potere sostitutivo è esercitato dal Governo - al fine di assicurare la competitività, la coesione e l’unità economica del Paese - ai sensi dell'articolo 120, comma secondo, della Costituzione, secondo le modalità procedurali individuate:

§      dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131[13], che disciplina la procedura per l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo in attuazione del dettato costituzionale testé citato.

L’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, come modificato dalla riforma del Titolo V del 2001, prevede il potere sostitutivo del Governo nei confronti di Regioni ed enti locali in gravi casi di inadempienza (mancato rispetto di norme internazionali o comunitarie) oppure qualora sia in pericolo la sicurezza pubblica, od ancora quando, in generale, lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica del Paese. Tale dettato costituzionale è attuato dal citato articolo 8 della legge n. 131/2003, prevedendo un procedimento che si conclude con delibera del Consiglio dei Ministri e mette capo a provvedimenti sostitutivi o a nomina di commissario.

§      dagli articoli 5 e 11 della legge n. 400 del 1988, relativi, rispettivamente, alle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri e ai Commissari straordinari del Governo;

§      dalle vigenti disposizioni in materia di interventi sostitutivi finalizzati all'esecuzione di opere e di investimenti nel caso di inadempienza di amministrazioni statali, ovvero di quanto previsto dai contratti istituzionali di sviluppo e dalle concessioni nel caso di inadempienza dei concessionari di servizi pubblici.

 

L’esercizio del potere sostitutivo del Governo avviene anche attraverso la nomina di un commissario straordinario, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il quale cura tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi programmati, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate.

Le amministrazioni interessate possono avvalersi di quanto previsto dall’articolo 55-bis del D.L. n. 1/2012 (legge n. 27/2012), il quale consente alle stesse, per gli interventi e i progetti finanziati con fondi europei, di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, dell’Agenzia nazionale per l’attrazione per gli investimenti e lo sviluppo d’impresa (ex Sviluppo Italia, ora INVITALIA) S.p.A.

 

Si ricorda che l’articolo 55-bis, al comma 1, prevede - per le amministrazioni centrali competenti alla realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese, finanziati con risorse nazionali, dell’Unione europea e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione - la possibilità di avvalersi per le occorrenti attività economiche, finanziarie e tecniche, delle convenzioni con l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (INVITALIA S.p.A.) [14].

In particolare, il medesimo articolo, al comma 2-bis (introdotto dall’articolo 29-bis del D.L. n. 83/2012[15] – al fine di accelerare l'attuazione degli interventi di rilevanza strategica per la coesione territoriale e la crescita economica, con particolare riferimento a quelli nelle aree sottoutilizzate del Paese, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione; nonché, per razionalizzare e rendere più efficienti le relative procedure di spesa – per i progetti finanziati con fondi europei consente alle amministrazioni interessate di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, della suddetta Agenzia.

L'Agenzia opererà in qualità di centrale di committenza, ai sensi degli articoli 3, comma 34, 19, comma 2, e 33, comma 3, del D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), nell’ambito delle sue competenze istituzionali e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di procedure di acquisto di beni e servizi.

 

I commi 3 e 4 del testo originario sono stati soppressi nel corso dell’esame parlamentare.

 

Il comma 3-bis stabilisce, infine, che le autorità di gestione dei programmi operativi regionali o nazionali, che abbiano disponibilità di risorse sui relativi assi territoriali o urbani, attingono direttamente agli interventi candidati dai Comuni al Piano Città di cui all'articolo 12 del D.L. n. 83/2012 (legge n. 134/2012)[16], stipulando accordi diretti con i Comuni proponenti, in quanto questi ultimi risultino coerenti con le finalità dei suddetti programmi operativi.

La finalità dell’intervento indicata dal comma è quella di accelerare le procedure di certificazione delle spese comunitarie relative ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 e per evitare di incorrere nelle sanzioni del disimpegno automatico delle somme previste dai regolamenti comunitari.

Si ricorda che l'art. 12 del D.L. n. 83/2012 disciplina il Piano nazionale per le città. Ai sensi dei commi 1 e 2 del predetto articolo, i comuni propongono ad uno specifico organismo, la Cabina di regia, ai fini della predisposizione del Piano da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), proposte di contratti di valorizzazione urbana costituite da un insieme coordinato di interventi per la valorizzazione di aree urbane degradate indicando una serie di elementi indicati nel comma 2 e, in particolare: la descrizione, le caratteristiche e l‘ambito urbano oggetto di trasformazione e valorizzazione; gli investimenti ed i finanziamenti necessari, sia pubblici che privati, comprensivi dell‘eventuale cofinanziamento del comune proponente; i soggetti interessati; le eventuali premialità; il programma temporale degli interventi da attivare; la fattibilità tecnico-amministrativa.

In data 8 febbraio 2013 il MIT ha emanato il decreto dipartimentale n. 1105/2013, di approvazione della destinazione delle risorse del Fondo citato proposta dalla Cabina di regia. I progetti che hanno superato la selezione potranno usufruire, secondo quanto indicato in un comunicato del MIT, "di un cofinanziamento nazionale di 318 milioni di euro (224 dal Fondo Piano Città e 94 dal Piano Azione Coesione per le Zone Franche Urbane dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per le PMI), che attiveranno nell'immediato progetti e lavori pari a 4,4 miliardi di euro complessivi, tra fondi pubblici e privati".

 

In particolare, il comma dispone l’istituzione - su iniziativa del Ministero della Coesione Territoriale e d'intesa con il Ministero degli Affari Regionali e delle Autonomie Locali e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto – di un tavolo tecnico, al quale partecipano le autorità di gestione dei programmi operativi regionali e nazionali e, in rappresentanza dei comuni beneficiari, l'ANCI, che provvede a supportare le autorità competenti nell'istruttoria di tutti gli adempimenti necessari per l'ammissione al finanziamento dei suddetti interventi.

Si demanda ad una apposita convenzione - da stipularsi, entro 30 giorni dalla costituzione del tavolo tecnico, tra l'ANCI e i seguenti Ministeri della Coesione Territoriale, per gli affari regionali e le autonomie locali, e delle infrastrutture e dei trasporti – la definizione:

§      delle linee di indirizzo per la stipula degli accordi diretti tra i Comuni e le autorità di gestione;

§      nonché del raccordo tra le attività di supporto alla stipula di dette convenzioni (recte, accordi) e le misure di assistenza tecnica o azioni di sistema dei programmi di capacity building della programmazione regionale unitaria.


 

Il ritardo nell’utilizzo dei fondi comunitari e lo stato di attuazione al 31 agosto 2013

Nell’ambito delle risorse finanziarie UE complessivamente stanziate per il periodo di programmazione 2007-2013 (circa 308 miliardi di euro), la quota assegnata all’Italia ammonta a 28,8 miliardi a valere su due fondi comunitari (Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR e Fondo sociale europeo - FSE). Tali risorse comunitarie sono state programmate con il Quadro strategico nazionale 2007-2013, approvato dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007, i cui interventi sono attuati attraverso 52 Programmi Operativi nazionali, regionali e interregionali, che definiscono le priorità strategiche per settori e territori.

Le risorse programmate nel QSN 2007-2013 ammontano a oltre 60 miliardi di euro, di cui circa 28,8 miliardi di fondi strutturali provenienti dalla UE e circa 31,6 miliardi di risorse di cofinanziamento nazionale (iscritti sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie previsto dalla legge n. 183/1987, c.d. principio di addizionalità), destinati a finanziare tre Obiettivi prioritari di sviluppo.

La gran parte di tali risorse, 43,6 miliardi, all’incirca il 75% del totale, risultano destinate all’Obiettivo “Convergenza”, che interessa le Regioni Calabria Campania, Puglia, Sicilia, cui si aggiunge la Basilicata (considerata in regime di phasing-out dall’obiettivo Convergenza). All’Obiettivo “Competitività”, che interessa tutto il Centro-Nord, l’Abruzzo e il Molise, nonché la Sardegna (in regime di phasing-in) sono assegnati 15,8 miliardi di euro (circa il 22% delle risorse complessivamente destinate all’Italia). La quota residua, 0,8 milioni di euro, interessa i programmi dell’Obiettivo “Cooperazione territoriale”.

In merito allo stato di attuazione degli interventi strutturali 2007-2013, si ricorda che le amministrazioni centrali e regionali hanno incontrato rilevanti difficoltà nell’utilizzare le risorse comunitarie secondo la tempistica definita dalle norme comunitarie, con il rischio costante di disimpegno delle stesse, atteso che le regole europee prevedono il definanziamento (che comporta altresì la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale) delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento. Alla fine del 2010, dopo 4 anni di operatività dei fondi strutturali 2007-2013, lo stato di utilizzo dei fondi comunitari era molto preoccupante, l’Italia risultava essere penultima tra gli Stati membri, con una percentuale di impegni sulle risorse complessivamente disponibili del 22% e di pagamenti intorno al 12%.

Per recuperare tale ritardo, nel corso del 2011 è stata avviata, di intesa con la Commissione Europea, l’azione per accelerare l’attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013, sulla base di quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 1 e puntualmente concordato nel Comitato Nazionale del Quadro Strategico Nazionale (riunione del 30 marzo 2011) da tutte le Regioni, dalle Amministrazioni centrali interessate e dal partenariato economico e sociale.

Con la delibera CIPE n. 1/2011, in particolare, è stato individuato un percorso per l’accelerazione e la riprogrammazione delle risorse destinate alle aree sottoutilizzate, vale a dire sia quelle di carattere aggiuntivo previste dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate) sia quelle definite dai fondi strutturali dell’Unione europea, mediante la fissazione di target di impegno e di spesa certificata alla Commissione europea.

 

Alla fine del 2011, è stato adottato il Piano di Azione Coesione, quale risposta del Governo italiano ai ritardi nell’attuazione dei programmi dei Fondi strutturali 2007-2013 – specie nelle Regioni dell’Obiettivo Convergenza – e alle richieste di intervento dell’Unione Europea.

Contestualmente, a livello normativo, nell’ambito della legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183 del 2011), con l'articolo 24, comma 3, è stata prevista la possibilità che le risorse provenienti da una riduzione del cofinanziamento nazionale di programmi relativi al periodo 2007-2013, iscritte sul Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, possano essere destinate alla realizzazione di interventi di sviluppo socio-economico concordati tra le Autorità italiane e quelle europee

Il Piano di Azione Coesione, nell’impegnare le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi in grave ritardo, ha mirato ad una concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), reperendo i necessari stanziamenti attraverso una riduzione della quota complessiva del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali nell’ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, che è stato portato dal 50 al 25%, con conseguente riutilizzo delle risorse per il finanziamento, nelle medesime Regioni, delle azioni e degli interventi previsti nel Piano stesso.

Il Piano, articolato in tre fasi di riprogrammazione, ha determinato, nel suo complesso, una rimodulazione di risorse comunitarie per circa 12,1 miliardi di euro complessivi, di cui 9,9 miliardi quale riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale e 2,2 miliardi quale revisione interna dei programmi.

Al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di spesa previsti dai programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea per il periodo 2007-2013, con il D.L. n. 201/2011 si è inoltre intervenuti ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno delle Regioni le spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari. Ciò ha permesso di “non computare” nei saldi del patto di stabilità le spese sostenute dalle Regioni a valere sulle proprie risorse, nonché su quelle statali loro trasferite dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. La deroga al patto di stabilità ha consentito una accelerazione della capacità di spesa ed evitato il disimpegno automatico delle risorse comunitarie. L’esclusione di tali spese dai vincoli del patto, inizialmente prevista nel limite di 1.000 milioni di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014, è stata aumentata di ulteriori 800 milioni di euro per l’anno 2013 dall’articolo 2, comma 7, del D.L. n. 35 del 2013, per consentire alle amministrazioni titolari dei programmi comunitari 2007-2013 di conseguire gli obiettivi posti dai target di spesa al 31 dicembre 2013 al fine di evitare la perdita delle risorse non utilizzate, secondo la regola del disimpegno automatico delle risorse.

Nonostante i progressi realizzati, l’utilizzo dei fondi strutturali 2007-2013 è ancora fortemente in ritardo. Il Ministro per la coesione territoriale, nel corso dell’audizione del 12 giugno 2013 - mettendo in rilievo come, a due anni e mezzo dalla scadenza finale per la certificazione delle spese alla Commissione UE, il totale della spesa effettuata sia poco più del 40% - ha sottolineato la necessità di una ulteriore azione di riprogrammazione delle risorse a rischio, volta a concentrare i fondi resi disponibili su poche misure con effetto anticiclico: lotta alla disoccupazione giovanile e al progressivo impoverimento delle famiglie, soprattutto al Sud (sul punto si veda quanto già attuato con l’articolo 4 del D.L. n. 76/2013, attraverso la riprogrammazione dei programmi operativi nazionali – PON, per circa 1 miliardo di euro), e sostegno al sistema delle imprese attraverso la promozione degli investimenti in grado di stimolare le economie locali.

Alla data del 31 agosto 2013, il totale della spesa effettuata è pari a 22,5 miliardi di euro, corrispondente al 44,7% delle risorse complessive.

Nel complesso, dunque, sulla base dei dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, aggiornati al 31 agosto 2013, le risorse ancora da spendere entro il 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti) - come riprogrammate a seguito dei 3 aggiornamenti del Piano di Azione Coesione, che ha ridotto le risorse del QSN 2007-2013 da oltre 60 a circa 50,2 miliardi (considerando anche le risorse destinate all’obiettivo Cooperazione transfrontaliera, circa 705 milioni, che tuttavia non rientrano nella riprogrammazione del PAC) - ammontano a circa 27,8 miliardi di euro, la maggior parte dei quali nell'area della Convergenza.

 

Le tavole successive, fornite dalla Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea – IGRUE, riportano le informazioni sullo stato di utilizzo dei fondi strutturali (quota comunitaria + cofinanziamento nazionale) al 31 agosto 2013.

Esse sono riferite ad un ammontare complessivo di risorse disponibili pari a 50,2 miliardi di euro (34,1 dell’Obiettivo Convergenza, 15,4 dell’Obiettivo Competitività e 0,7 dell’Obiettivo Cooperazione), che considerano, rispetto ai 60 miliardi originari, gli effetti dei tre aggiornamenti del Piano di Azione Coesione.

 

Programmazione 2007/2013 - Obiettivi -

Attuazione al 31 agosto 2013

(Fonte RGS-IGRUE)

Milioni di euro

 

 


 

Obiettivo Convergenza

Stato di attuazione al 31 agosto 2013

(Fonte RGS-IGRUE)

Milioni di euro              

Obiettivo Convergenza

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

% imp. /
 prog.

% pag. /
 prog.

FESR

27.227,40

24.678,06

9.803,89

90,64

36,01

POIN Attrattori culturali e turismo

681,73

277,11

162,05

40,65

23,77

POIN Energie rinnovabili

1.103,79

935,65

497,96

84,77

45,11

PON Governance e AT FESR

226,19

178,17

123,95

78,77

54,80

PON Istruzione

510,78

523,28

255,26

102,45

49,98

PON reti e mobilità

2.576,61

1.878,50

696,31

72,91

27,02

PON Ricerca e competitività

4.424,39

4.887,07

2.063,72

110,46

46,64

PON Sicurezza per lo Sviluppo

978,08

629,12

470,71

64,32

48,13

Calabria

2.545,06

1.473,81

657,40

57,91

25,83

Campania

4.576,53

5.006,29

1.195,59

109,39

26,12

Puglia

4.492,32

4.707,87

2.128,50

104,80

47,38

Sicilia

4.359,74

3.599,17

1.176,42

82,55

26,98

Basilicata

752,19

582,02

376,02

77,38

49,99

FSE

6.916,28

5.633,70

3.570,30

81,46

51,62

Campania

968,00

485,90

300,55

50,20

31,05

Calabria

800,50

581,25

440,17

72,61

54,99

Sicilia

1.632,31

1.573,59

768,94

96,40

47,11

Basilicata

322,37

232,46

193,50

72,11

60,02

Puglia

1.279,20

915,71

648,53

71,58

50,70

PON Governance e Azioni di Sistema

427,98

395,66

235,89

92,45

55,12

PON Competenze per lo Sviluppo

1.485,93

1.449,13

982,74

97,52

66,14

TOTALE CONVERGENZA

34.143,69

30.311,76

13.374,20

88,78%

39,17%


Obiettivo Competitività

Stato di attuazione al 31 agosto 2013

(Fonte RGS-IGRUE)

Milioni di euro              

Obiettivo Competitività

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

 imp. /
 prog.

 pag. /
 prog.

FESR

7.835,51

6.391,23

4.032,86

81,57

51,47

Abruzzo

345,37

235,61

185,18

68,22

53,62

Emilia Romagna

383,23

409,60

219,31

106,88

57,23

Friuli Venezia Giulia

300,75

226,44

131,19

75,29

43,62

Lazio

736,93

498,71

348,03

67,67

47,23

Liguria

525,88

434,11

270,68

82,55

51,47

Lombardia

531,75

432,58

272,31

81,35

51,21

Marche

285,83

291,81

144,73

102,09

50,64

Molise

192,52

131,94

91,29

68,53

47,42

PA di Bolzano

73,93

77,13

40,92

104,32

55,35

P.A. Trento

62,48

60,00

36,15

96,03

57,86

Piemonte

1.068,74

836,48

583,05

78,27

54,55

Toscana

1.126,03

1.107,22

579,25

98,33

51,44

Umbria

343,77

290,50

170,13

84,50

49,49

Valle d'Aosta

48,52

51,56

29,14

106,26

60,05

Veneto

448,42

400,65

228,04

89,35

50,85

Sardegna

1.361,34

906,88

703,44

66,62

51,67

FSE

7.567,20

6.525,81

4.770,92

86,24

63,05

Abruzzo

316,56

199,33

157,20

62,97

49,66

Emilia Romagna

847,20

809,77

620,03

95,58

73,19

Friuli Venezia Giulia

316,64

318,60

224,08

100,62

70,77

Lazio

730,50

570,87

338,23

78,15

46,30

Liguria

391,65

345,12

219,10

88,12

55,94

Lombardia

796,23

693,85

509,88

87,14

64,04

Marche

278,74

259,90

183,61

93,24

65,87

Molise

102,90

70,37

53,74

68,38

52,22

PA di Bolzano

158,51

149,08

89,33

94,05

56,36

P.A. Trento

217,27

242,88

185,55

111,79

85,40

Piemonte

1.001,10

841,15

643,79

84,02

64,31

Toscana

659,60

572,07

418,12

86,73

63,39

Umbria

227,38

178,09

134,27

78,32

59,05

Valle d'Aosta

64,28

63,58

37,21

98,92

57,88

Veneto

711,59

589,19

452,39

82,80

63,57

Sardegna

675,05

554,28

458,28

82,11

67,89

Azioni di Sistema

72,00

67,69

46,13

94,01

64,07

TOTALE COMPETITIVITÀ

15.402,71

12.917,04

8.803,78

83,86%

57,16%

 


Obiettivo Cooperazione transfrontaliera

Stato di attuazione al 31 agosto 2013

(Fonte RGS-IGRUE)

 

Cooperazione transfrontaliera

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

% imp. /
 prog.

% pag. /
 prog.

PO Italia-Francia - frontiera marittima

161,98

118,47

77,91

73,14%

48,10%

ALCOTRA

199,58

252,65

105,51

126,59%

52,87%

Italia - Svizzera

91,75

88,74

49,19

96,72%

53,61%

Italia-Slovenia 2007-2013

136,71

62,88

36,92

45,99%

27,01%

PO Italia-Malta

35,47

22,43

8,27

63,25%

23,33%

INTERREG IV
ITALIA-AUSTRIA

80,10

62,63

36,38

78,19%

45,42%

TOTALE COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA

705,59

607,80

314,19

86,14

44,53

 


 

Articolo 9, comma 5
(Risorse Fondo di solidarietà della UE per gli interventi
di emergenza connessi a calamità)

 

5. Le risorse economiche rivenienti dal Fondo di solidarietà dell'Unione Europea per gli interventi di emergenza sono accreditate al Fondo di rotazione previsto dall'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, del Ministero dell'economia e delle finanze e da questo trasferite, per quanto di rispettiva spettanza, alle gestioni commissariali attivate per le emergenze di cui trattasi, ovvero, in mancanza, alle amministrazioni competenti, fermo il ruolo dell'organismo responsabile dell'attuazione dell'Accordo sottoscritto in sede europea.

 

 

Il comma 5 dell’articolo 9 dispone l’accreditamento delle risorse del Fondo di solidarietà dell’Unione europea per gli interventi di emergenza al Fondo di rotazione per le politiche comunitarie ed il loro trasferimento alle gestioni commissariali attivate per fronteggiare gli interventi emergenziali ovvero, in mancanza, alle amministrazioni competenti.

Secondo quanto precisato dalla relazione illustrativa la norma si renderebbe necessaria al fine di superare i dubbi interpretativi e applicativi sorti in sede di controllo preventivo di legittimità in ordine al soggetto giuridico legittimato a gestire le risorse economiche rivenienti dal Fondo, dubbi che – secondo quanto riportato nella relazione – avrebbero comportato il blocco di parte delle risorse economiche messe a disposizione dall’Unione europea, stante la mancata registrazione di provvedimenti assunti dalla regione Lombardia motivata dalla ritenuta competenza del Dipartimento della protezione civile. Dovrebbe trattarsi, pertanto, di problemi sorti in relazione alla gestione delle risorse del Fondo di solidarietà erogate a fronte degli eventi sismici del maggio 2012 che hanno colpito, tra l’altro, la Lombardia.

 

Si ricorda che in caso di calamità naturali il principale strumento che l’Unione europea mette a disposizione è il Fondo di solidarietà (FSUE) istituito dal Regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell'11 novembre 2002. L’articolo 5 di tale Regolamento prevede che la Commissione e lo Stato beneficiario concludano una convenzione (o accordo) di attuazione della decisione che concede la sovvenzione. Tale accordo descrive segnatamente la natura e la localizzazione degli interventi che saranno finanziati dal Fondo e dispone in merito all’individuazione dell’organismo responsabile dell’attuazione dell’accordo medesimo.

Si segnala, inoltre, che l’articolo 2, comma 5, del decreto legge n. 74 del 2012, prevede che il Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del maggio 2012 nei territori delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto venga alimentato, tra l’altro, con le risorse eventualmente rivenienti dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea. Ai presidenti delle predette regioni, in qualità di Commissari delegati, sono intestate apposite contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate le risorse provenienti dal Fondo.

Con decreto 28 maggio 2013 (pubblicato nella G. U. 11 settembre 2013, n. 213.) sono state ripartite le somme del Fondo di solidarietà dell'Unione Europea, pari a 670.192.359 euro, per il finanziamento degli interventi di ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012.

 

Da ultimo, la disposizione precisa che resta fermo il ruolo dell’organismo responsabile dell’attuazione dell’Accordo sottoscritto in sede europea.

Relativamente all’individuazione del citato organismo si rinvia a quanto detto in precedenza a proposito del FSUE.


 

Articolo 9-bis
(Attuazione rafforzata degli interventi per lo sviluppo
e la coesione territoriale)

 


1. Per le finalità di cui all'articolo 9, nonché per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, le amministrazioni competenti possono stipulare un contratto istituzionale di sviluppo.

2. Al fine di cui al comma 1, il contratto istituzionale di sviluppo è promosso dal Ministro per la coesione territoriale o dalle amministrazioni titolari dei nuovi progetti strategici, coerenti con priorità programmatiche di rango europeo, nazionale o territoriale, ed è regolato dai commi 2 e seguenti dell'articolo 6 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, come modificato dal presente articolo, in quanto compatibili con il presente articolo.

3. Il terzo periodo del comma 2 dell'articolo 6 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, è sostituito dal seguente: «Il contratto istituzionale di sviluppo prevede, quale modalità attuativa, che le amministrazioni centrali, ed eventualmente regionali, si avvalgano, anche ai sensi dell'articolo 55-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, costituita ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, e successive modificazioni, ad esclusione di quanto demandato all'attuazione da parte dei concessionari di servizi pubblici».

4. Al comma 4 dell'articolo 5 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera a), la parola: «attuatrici» è sostituita dalle seguenti: «responsabili dell'attuazione e dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, costituita ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, e successive modificazioni, anche quale centrale di committenza della quale si possono avvalere le stesse amministrazioni responsabili dell'attuazione degli interventi strategici»;

b) alla lettera d) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché gli incentivi all'utilizzazione del contratto istituzionale di sviluppo di cui all'articolo 6».

5. L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, per le attività di progettazione e di realizzazione degli interventi di cui al presente articolo opera nel rispetto della disciplina nazionale ed europea in materia. Ai progetti strategici si applicano le disposizioni vigenti in materia di prevenzione e di repressione della criminalità e dei tentativi di infiltrazione mafiosa, comprese quelle concernenti le comunicazioni e le informazioni antimafia.

6. Con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, è aggiornato il contenuto minimo delle convenzioni di cui al comma 5 dell'articolo 2 del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, e successive modificazioni.

7. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


L’articolo 9-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, interviene in merito al “contratto istituzionale di sviluppo”, cioè quello strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l’utilizzo dei fondi strutturali europei, nonché per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Si rammenta che In attuazione del Piano nazionale per il Sud, prima con la delibera CIPE n. 1 del 2011, poi con l’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011, è stato introdotto nell’ordinamento, in sostituzione del previgente strumento dell’intesa istituzionale di programma, il contratto istituzionale di sviluppo (CIS).

Il contratto istituzionale di sviluppo viene sottoscritto dal Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e possono parteciparvi altre amministrazioni competenti, compresi i concessionari di servizi pubblici[17].

Il comma 2 specifica che il contratto istituzionale di sviluppo è promosso dal Ministro per la coesione territoriale o dalle amministrazioni titolari dei nuovi progetti strategici, coerenti con priorità programmatiche di rango europeo, nazionale e/o territoriale, ed è regolato dai commi 2 e seguenti dell'articolo 6, decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, per quanto compatibili con il presente articolo.

I successivi commi da 3 a 7 novellano l’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011, ponendo l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa (denominata anche Invitalia), quale soggetto centrale di coordinamento delle attività di progettazione e di realizzazione degli interventi ricompresi nei contratti istituzionali di sviluppo.

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007, all’articolo 1, commi da 459 a 464, ha introdotto una serie di disposizioni volte ad un complessivo riassetto della società Sviluppo Italia S.p.A., che viene denominata “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.”, da attuarsi mediante un piano di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute nei settori non strategici e di cessione delle società regionali. I settori di intervento della società riguardano, in particolare, l’attrazione degli investimenti esteri (contratto di localizzazione), gli incentivi alle imprese (autoimpiego e autoimprenditorialità; interventi di deindustrializzazione ex lege n. 181/1989; contratti di sviluppo).

Da ultimo l’articolo 55-bis del D.L. n. 1 del 2012 consente alle amministrazioni centrali di avvalersi delle convenzioni con l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. per le attività economiche, finanziarie e tecniche - comprese quelle di progettazione in materia di lavori pubblici – occorrenti ai fini della realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento agli interventi di rilevanza strategica per la coesione territoriale, finanziati con risorse nazionali, comunitarie e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche mediante finanza di progetto.

 

Il comma 3 sostituisce al comma 2 dell’articolo 6 l’ultimo periodo, prevedendo, quale modalità attuativa, che le amministrazioni centrali, ed eventualmente regionali, si avvalgano dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, salvo per quanto assegnato all'attuazione dei concessionari di servizi pubblici.

La formulazione previgente prevedeva la generica possibilità per le amministrazioni centrali e regionali di avvalersi di organismi di diritto pubblico in possesso dei necessari requisiti di competenza e professionalità.

 

Analogamente con il comma 4 viene novellato l’articolo 5, comma 4, del medesimo D.Lgs. n. 88, relativo alla Programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Il richiamato comma 4 prevede che con delibera del CIPE da approvare entro il mese di ottobre dell’anno che precede l’avvio del ciclo pluriennale di programmazione (in sede di prima applicazione sarà il mese di ottobre 2013) siano definiti i contenuti di un Documento di indirizzo strategico.

I contenuti del Documento di indirizzo strategico dovranno indicare:

a) gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate, le finalità specifiche da perseguire, il riparto delle risorse tra le priorità e le diverse macro-aree territoriali, nonché l’identificazione delle Amministrazioni attuatrici;

(…)

d) eventuali meccanismi premiali e sanzionatori, ivi compresa la revoca anche parziale dei finanziamenti relativi al raggiungimento di obiettivi e risultati misurabili e al rispetto del crono programma.

 

La novella in esame modifica la lettera a) facendo riferimento, ai fini dell’identificazione, delle amministrazioni responsabili dell'attuazione e l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, anche quale centrale di committenza della quale si possono avvalere le stesse amministrazioni responsabili per l'attuazione degli interventi strategici.

La lettera d) viene novellata inserendo tra i contenuti del Documento di indirizzo strategico anche gli incentivi all'utilizzazione del contratto istituzionale di sviluppo.

Il comma 5 stabilisce che l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa nelle attività di progettazione e realizzazione degli interventi opererà nel rispetto della disciplina nazionale e comunitaria in materia. Ai progetti strategici si applicano le vigenti disposizioni in materia di prevenzione e repressione della criminalità e dei tentativi di infiltrazione mafiosa, ivi comprese quelle concernenti le comunicazioni e informazioni antimafia.

Tale principio è già contenuto all’articolo 6, comma 3 del D.Lgs. n. 88, ai sensi del quale per gli interventi individuati nel contratto istituzionale di programma si applicano le vigenti disposizioni in materia di prevenzione e repressione della criminalità organizzata e dei tentativi di infiltrazione mafiosa, ivi comprese quelle concernenti le comunicazioni e informazioni antimafia.

 

Ai sensi del comma 6 si rinvia ad una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali, per l’aggiornamento del contenuto minimo delle convenzioni previste dal comma 5, dell’articolo 2, del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, istitutivo dell’originaria società Sviluppo Italia[18].

 

Infine il comma 7 dispone che dall’'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 10
(Liberalizzazione dell'accesso alla rete internet tramite
tecnologia WIFI e dell'allacciamento dei terminali
di comunicazione alle interfacce della rete pubblica)

 


1. L'offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede l'identificazione personale degli utilizzatori. Quando l'offerta di accesso non costituisce l'attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l'articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e l'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni.

[2. La registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all'identità dell'utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici. Se l'offerta di accesso ad internet non costituisce l'attività commerciale prevalente del gestore, non trovano applicazione l'articolo 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 e l'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155.]

3. Al decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 198, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2 è abrogato;

b) all'articolo 3 il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni 23 maggio 1992, n. 314, è abrogato.».


 

 

L’articolo 10 modifica sotto diversi profili la disciplina della prestazione al pubblico di servizi Internet. In particolare, si interviene sulle modalità di identificazione degli utenti e sulla conservazione dei relativi dati; sui titoli autorizzativi necessari per l’effettuazione di tale attività e sull’installazione delle apparecchiature di comunicazione elettronica. Nel corso dell’esame parlamentare è stato modificato il comma 1 ed il comma 2 è stato soppresso.

Identificazione degli utenti, titoli autorizzativi e conservazione dei dati personali

Il comma 1, modificato nel corso dell’esame parlamentare, afferma che l'offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede l'identificazione personale degli utilizzatori. Si prevede inoltre che quando l'offerta di accesso non costituisce l'attività commerciale prevalente del gestore del servizio, venga soppresso:

§      l’obbligo di ottenere l’autorizzazione generale (che si esplica in una denuncia di inizio attività con il meccanismo del silenzio-assenso) prevista dall’articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003);

§      l’obbligo di ottenere la licenza al questore previsto dall’articolo 7 del decreto-legge n. 144/0255.

 

Al riguardo, nel richiamare la ricostruzione normativa operata nel dossier relativo al testo originario del decreto legge, si segnala che, con le modifiche introdotte al comma 1 dell’articolo 7 del decreto-legge n. 144 del 2005 (c.d. “decreto Pisanu”), ad opera dell’articolo 2, comma 19, del decreto-legge n. 225/2010, l’obbligo di ottenere una licenza dal questore appare essere venuto meno, a decorrere dal 31 dicembre 2011, per tutti i soggetti gestori di pubblici esercizi o di circoli privati che mettano a disposizione del pubblico apparecchi terminali per le comunicazioni telematiche, anche quando tale attività costituisca l’’attività commerciale prevalente. La disposizione potrebbe pertanto determinare incertezze interpretative. In particolare:

§      qualora l’offerta di accesso alla rete Internet tramite tecnologia WIFI venga assimilata alla fornitura di apparecchi terminali per le comunicazioni elettroniche (assimilazione peraltro presente nei commi 4 e 5 dello stesso articolo 7 del decreto-legge n. 144/2005 per quanto concerne gli obblighi di identificazione e monitoraggio, obblighi poi anch’essi soppressi dal decreto legge n. 225/2010), si potrebbe porre il dubbio di una reintroduzione dell’obbligo di licenza per i gestori di pubblici esercizi ed i circoli privati che svolgano come attività commerciale prevalente l'offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI;

§      qualora non si acceda all’interpretazione di una assimilazione tra le due attività, rimarrebbe comunque il dubbio del regime da applicare a coloro che svolgono come attività commerciale prevalente l’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI.

 

Viene invece meno[19]:

§      l’obbligo di garantire la tracciabilità del collegamento attraverso l’assegnazione temporanea di un indirizzo IP e il mantenimento di un registro informatico dell’associazione temporanea di tale indirizzo IP al MAC address del terminale utilizzato per l’accesso alla rete Internet;

Per indirizzo IP si intende un indirizzo telematico, ossia sequenza di numeri o di caratteri alfabetici che permette di individuare un punto di connessione alla rete Internet.

Il MAC (Media Access Control) address è un codice di 48 bit (6 Byte) affidato in modo univoco dal produttore ad ogni scheda di rete. Si tratta in sostanza di un codice che consente l’identificazione di un terminale e non della persona.

 

§      la previsione del comma 2 (soppresso nel corso dell’esame parlamentare) in base alla quale il trattamento dei dati personali relativi alla tracciabilità del collegamento potesse avvenire senza consenso dell’interessato attraverso le modalità semplificate indicate dall’articolo 13, comma 3, del codice per il trattamento dei dati personali (decreto legislativo n. 169/2003) e dal relativo provvedimento di attuazione del 15 novembre 2007 emanato dal Garante per i dati personali, senza obbligo di notificazione del trattamento al Garante per i dati personali.

 

In proposito, merita rilevare che l’articolo 13, comma 3, del Codice fa riferimento alla possibilità di modalità semplificate per l'informativa fornita in particolare da servizi telefonici di assistenza e informazione al pubblico.

Il soppresso comma 2 appariva recepire, in relazione al previsto obbligo, ora venuto meno, di tracciabilità del collegamento, alcuni dei rilievi indicati dal Garante per la protezione dei dati personali[20], nella sua segnalazione al Parlamento del 9 luglio 2013, con riferimento all’obbligo di tracciabilità mediante il solo MAC address previsto dal testo originario del comma 1 dell’articolo 10 nonché alla previsione, di cui al comma 2 del testo originario, che la registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identificazione degli utenti, non costituisse trattamento di dati personali.

 

Conseguentemente, viene sostituita la rubrica dell’articolo, che diviene: “Liberalizzazione dell'accesso ad internet tramite tecnologia WIFI e dell'allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete pubblica”.

 

Nella tabella sottostante sono posti a confronti le tre versioni dei commi 1 e 2 dell’articolo 10, quella del testo originario del decreto, quella del testo A e quella del testo A/R, a seguito dell’emendamento da ultimo approvato nel corso del rinvio alle Commissioni competenti in sede referente del provvedimento:

 

Art. 10 D.L. 69/2013

(Testo originario)

Art. 10 D.L. 69/2013

(Testo A)

Art. 10 D.L. 69/2013

(Testo A/R)

1. L’offerta di accesso ad internet al pubblico è libera e non

richiede la identificazione personale degli utilizzatori. Resta fermo

l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento

(MAC address).

1.Quando non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio, l’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede l’identificazione personale degli utilizzatori. Non trovano applicazione l’articolo 25 del codice delle

comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni. Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento attraverso l’assegnazione temporanea di un indirizzo IP e il mantenimento di un registro informatico dell’associazione temporanea di tale indirizzo IP

al MAC address del terminale utilizzato per l’accesso alla rete internet.

1. L’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede l’identificazione personale degli utilizzatori. Quando l’offerta di accesso non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l’articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni.

2. La registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici. Se l’offerta di accesso ad internet non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore, non trovano applicazione l’articolo 25 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 e l’articolo 7 del decreto legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155.

2. Il trattamento dei dati personali necessari per garantire la tracciabilità del collegamento di cui al comma 1 è effettuato senza consenso dell’interessato, previa informativa resa con le modalità semplificate di cui all’articolo 13, comma 3, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e non comporta l’obbligo di notificazione del trattamento al Garante per la protezione dei dati personali.

Soppresso

 

Installazione delle apparecchiature di comunicazione elettronica

Il comma 3 dell’articolo 10 introduce infine, attraverso alcune modifiche al decreto legislativo n. 198/2010, misure di semplificazione per l’installazione delle apparecchiature di comunicazione elettronica.

In particolare:

§      viene meno, attraverso la soppressione dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 198/2010, l’obbligo di affidare tali lavori unicamente alle imprese abilitate secondo le procedure previste dal medesimo decreto legislativo;

§      si prevede, attraverso una modifica del comma 2 dell’articolo 3 del medesimo decreto legislativo, l’abrogazione del decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni 23 maggio 1992 n. 314 (Regolamento recante disposizioni di attuazione della L. 28 marzo 1991, n. 109, in materia di allacciamenti e collaudi degli impianti telefonici interni).

 

L’articolo 2 del decreto legislativo n. 198/2010 (Attuazione della direttiva 2008/63/CE relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni) prevedeva che gli utenti delle reti di comunicazione elettronica fossero tenuti ad affidare i lavori di installazione, di allacciamento, di collaudo e di manutenzione delle apparecchiature terminali, che realizzano l'allacciamento dei terminali di telecomunicazione all'interfaccia della rete pubblica, ad imprese abilitate secondo le modalità previste con decreto del Ministro dello sviluppo economico chiamato tra le altre cose a disciplinare: a) la definizione dei requisiti di qualificazione tecnico-professionali che devono possedere le imprese; b) le modalità procedurali per il rilascio dell'abilitazione; c) le modalità di accertamento e di valutazione dei requisiti di qualificazione tecnico-professionali. Non risulta che il decreto attuativo di tale disposizione sia stato emanato; conseguentemente a disciplinare la questione è rimasto, in base a quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 2 nel testo previgente alla modifica introdotta dalla disposizione in commento, il decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni 23 maggio 1992 n. 314.

 

Si ricorda, peraltro, che in base all’articolo 3 della direttiva 2008/63/CE gli Stati membri hanno la facoltà, ma non l’obbligo, di “esigere dagli operatori economici un'idonea qualificazione tecnica per l'allacciamento, l'installazione e la manutenzione di apparecchiature terminali, qualificazione accertata in base a criteri oggettivi non discriminatori e resi pubblici”.


 

Articolo 11
(Proroga del credito d’imposta per la produzione, la distribuzione
e l’esercizio cinematografico)

 

1. Per il periodo d'imposta 2014 spettano i crediti d'imposta di cui all'articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e successive modificazioni, nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro per l'anno 2014. Con provvedimento dell'Agenzia delle entrate sono dettati termini e modalità di fruizione dei crediti di imposta nonché ogni altra disposizione finalizzata a garantire il rispetto del limite massimo di spesa di cui al primo periodo.

 

 

L’articolo 11 estende al periodo d’imposta 2014 i crediti d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dall’articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) e successive modificazioni, nel limite massimo di spesa di 45 milioni.

E’ prevista l’emanazione di un provvedimento dell’Agenzia delle entrate con cui sono dettati termini e modalità di fruizione dei crediti di imposta, nonché ogni altra disposizione finalizzata a garantire il rispetto del limite massimo di spesa indicato.

 

Si segnala che il D.L. 8 agosto 2013, n. 91, come modificato nel corso dell’esame parlamentare, all’articolo 8, comma 1, rende permanenti, dal 1° gennaio 2014, i crediti d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dall’articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della legge n. 244/2007, nel limite massimo complessivo di 110 milioni annui a decorrere dal 2014. Il successivo comma 6 provvede alla copertura degli oneri nella misura di 65 milioni per il 2014 e di 110 milioni a decorrere dal 2015, considerando che 45 milioni per il 2014 sono già autorizzati dall’articolo 11 del D.L. n. 69 in commento.

L’articolo 8 del D.L. n. 91, oltre ad estendere tale beneficio ai produttori indipendenti di opere audiovisive (commi 2 e 5), rinvia, ai fini dell’attuazione, ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo da emanare entro 3 mesi dalla conversione in legge del decreto-legge stesso (comma 4), fermo restando che l'efficacia delle nuovi disposizioni, recanti misure qualificabili come aiuti di Stato, è subordinata alla preventiva all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell’UE (comma 7).

Si osserva che alla luce delle disposizioni di cui al comma 4, il rinvio ad un provvedimento attuativo del direttore dell’Agenzia delle entrate previsto dal secondo periodo della disposizione in commento appare superato.

I meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nel settore cinematografico, introdotti dalla legge finanziaria 2008 per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d’imposta successivi, sono stati prorogati a partire dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 dall’art. 2, co. 4, del D.L. n. 225/2010.

In particolare, i commi 325-328, art. 1, della legge finanziaria 2008 riconoscono, in primo luogo, un credito di imposta ai soggetti passivi IRES e ai titolari di reddito di impresa a fini IRPEF, che non appartengono alla filiera del settore cinematografico ed audiovisivo (c.d. tax credit esterno) nella misura del 40% degli apporti in denaro effettuati per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 28/2004, entro il limite massimo di 1 milione di euro e purché sia rispettato il c.d. “requisito di territorialità” (obbligo di utilizzare l’80% di detti apporti nel territorio nazionale, impiegando manodopera e servizi italiani).

Per le imprese interne alla filiera del cinema (c.d. tax credit interno) vengono invece riconosciuti, ai fini delle imposte sui redditi, crediti di imposta differenziati in varie percentuali e con determinati limiti massimi, a seconda che si tratti di imprese di produzione cinematografica, di imprese di distribuzione cinematografica ovvero di imprese di esercizio cinematografico. I suindicati crediti d’imposta, con riferimento alla stessa opera filmica, non sono in ogni caso cumulabili a favore della stessa impresa ovvero delle imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario, o ancora di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione o controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto, secondo le norme civilistiche.

I commi 330-332 stabiliscono i limiti massimi degli apporti ammessi ai fini del calcolo dei crediti di imposta e alla partecipazione complessiva agli utili degli associati e le condizioni per il riconoscimento del crediti d’imposta che, tra l’altro, può essere fruito a partire dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in pubblico del film (di cui alla legge n. 161/1962) e previa attestazione, rilasciata dall’impresa di produzione cinematografica, del rispetto delle condizioni richieste dalla legge. Il comma 333 ha demandato ad un decreto del MiBAC la fissazione delle disposizioni applicative delle disposizioni contenute ai suindicati commi. E’ pertanto intervenuto il D.M. 7 maggio 2009 che ha dettato la disciplina di dettaglio per la concessione dei crediti d’imposta in esame - e divieti di cumulo - per le imprese di produzione cinematografica in relazione alla realizzazione di opere cinematografiche. Successivamente, è stato inoltre emanato il D.M. 21 gennaio 2010 con riferimento ai crediti di imposta concessi alle imprese non appartenenti al settore cine-audiovisivo e alle imprese di distribuzione ed esercizio cinematografico, sia per l’attività di produzione, sia per quella di distribuzione di opere cinematografiche.

Il comma 334 stabilisce che l’efficacia delle agevolazioni introdotte sia subordinata all’autorizzazione della Commissione europea in materia di aiuti di Stato. I crediti d’imposta di cui è possibile fruire, pertanto, devono essere riferiti esclusivamente a spese sostenute successivamente a tale atto autorizzatorio. In proposito si ricorda che, da ultimo, la Commissione europea, con atto C(2011) 4984 definitivo del 6 luglio 2011 ha deciso di non sollevare obiezioni sul regime di proroga fino al 31 dicembre 2013 delle agevolazioni fiscali in commento. Infatti, la proroga e l’aumento della dotazione delle misure non hanno modificato la valutazione iniziale riguardante la compatibilità dei regimi già approvati dalla Commissione con atti N595/2008 e C25/2009 (ex- N673/08).

Il comma 335 attribuisce, inoltre, un credito d’imposta per spese relative a manodopera italiana: alle imprese di produzione esecutiva e di post-produzione nazionali viene riconosciuto un credito d’imposta, utilizzando manodopera italiana, del 25% dei costi di produzione, entro il limite massimo di 5 milioni di euro per ciascun film, su commissione di produzioni estere di pellicole, o loro parti, girate sul territorio nazionale. Le norme attuative di tale agevolazione, da emanarsi con decreto del MiBAC come previsto al comma 336, sono contenute nel sopra richiamato D.M. 7 maggio 2009.

Il comma 337 ha stabilito infine che i crediti d’imposta in commento sono utilizzabili esclusivamente in compensazione, non concorrono alla formazione del reddito ai fini fiscali, alla formazione del valore della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile.


 

Articolo 11-bis
(Misure economiche di natura compensativa per le televisioni locali)

 

1. Le misure economiche compensative percepite dalle emittenti televisive locali a titolo risarcitorio a seguito del volontario rilascio delle frequenze di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 29 febbraio 2012, sono da qualificare come contributi in conto capitale di cui all'articolo 88, comma 3, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e come tali partecipano alla formazione del reddito nell'esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell'esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi esercizi non oltre il quarto.

 

 

L’articolo 11-bis - introdotto e modificato nel corso dell’esame parlamentare - è volto a qualificare a fini fiscali come contributi in conto capitale e quindi come “sopravvenienze attive” le misure economiche compensative percepite dalle emittenti televisive locali a titolo risarcitorio a seguito del volontario rilascio delle frequenze di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 gennaio 2012.

 

Il decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 gennaio 2012 ha previsto, ai sensi dell’articolo 1, comma 9, della legge n. 220/2010, misure economiche compensative, per complessivi 174.684.709, nei confronti delle emittenti televisive locali che hanno rinunciato ai propri diritti d’uso ai fini della destinazione della banda 790-862 Mhz alla telefonia mobile (c.d. “dividendo digitale esterno” determinato dal passaggio delle trasmissione alla tecnica digitale terrestre).

Si ricorda che per sopravvenienze si intendono, nella vita dell’impresa, quegli eventi di carattere economico riferiti ad elementi di reddito imputati ad esercizi precedenti; sono dunque elementi che rettificano il reddito di precedenti esercizi. A seconda del fatto che le genera, si qualificano come sopravvenienze attive o passive. In genere, le sopravvenienze sono tassate secondo il criterio di competenza.

L'articolo 88, comma 3, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) ricomprende, tra le sopravvenienze attive, i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità.

Tali proventi concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell'esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto. Per essi non si applica, dunque, il criterio di competenza, ma quello di cassa.


 

Articolo 12
(Ricapitalizzazione delle Società di Gestione del Risparmio)

 

1. Al comma 1 dell'articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, le parole: «3 milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «6 milioni di euro». Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 139, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

 

 

L’articolo 12, modificando l’articolo 33 del D.L. n. 98 del 2011, autorizza la spesa di 6 milioni di euro per l’anno 2013 (in luogo dei 3 milioni precedentemente stanziati, da ultimo, dalla legge di stabilità per il 2013) per l’apporto al capitale sociale della Società di gestione del risparmio per la valorizzazione e la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti locali e dello Stato attraverso la gestione di un sistema integrato di fondi immobiliari chiusi.

 

In attuazione di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 33, con Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 marzo 2013 (pubblicato nella G.U. n. 125 del 30 maggio 2013) è stata costituita la Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio Società per azioni (Invimit SGR S.p.a.) con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione.

In allegato al decreto del 19 marzo 2013 è stato pubblicato lo Statuto della Invimit. Si evidenzia che l’articolo 5 dello Statuto prevede un capitale sociale di 2 milioni di euro. Il capitale è detenuto interamente dal Ministero dell’economia e delle finanze che esercita i diritti dell’azionista. Le azioni possono essere trasferite, mediante decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, a titolo gratuito all'Agenzia del demanio (articolo 33, comma 8-bis, del D.L. n. 98/2011).

Ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto ciascun fondo comune di investimento o comparto di fondi istituito e/o gestito dalla Società costituisce patrimonio autonomo, distinto, a tutti gli effetti, dal patrimonio della Società, da quello dei partecipanti ai fondi e da ogni altro fondo gestito dalla stessa.

Gli organi della Società sono il Presidente, l’Assemblea, il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale.

 

Nel corso dell’audizione del 12 giugno 2013 presso la Commissione Finanze della Camera dei deputati, il Direttore dell’Agenzia del Demanio, Stefano Scalera, ha affermato che nel 2012 l’Agenzia ha individuato 350 immobili non strumentali e del valore di circa un miliardo di euro, potenzialmente conferibili a fondi di investimento immobiliare.

Il Ministro Saccomanni, nel corso di un’audizione in Parlamento il 3 luglio 2013, ha dichiarato che i fondi immobiliari da istituire presso la Invimit SGR avranno una iniziale disponibilità di circa 600 milioni, derivante dalla sottoscrizione ex lege da parte degli enti previdenziali pubblici. La parte di patrimonio dello Stato che non verrà conferita ai fondi immobiliari della InvImit SGR o comunque messa sul mercato per la vendita, sarà avviata al programma di concessione “Valore Paese”: si tratta di affidare la gestione al privato di beni non utilizzati appartenenti al patrimonio dello Stato e degli Enti pubblici (territoriali e non) per finalità sociali o produttive, mantenendo la proprietà pubblica, nel rispetto dei vincoli cui l’immobile è sottoposto.


 

Articolo 12-bis
(Sostegno alle imprese creditrici dei comuni dissestati)

 


1. All'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«17-sexies. Al fine di sostenere la grave situazione delle imprese creditrici dei comuni dissestati e di ridare impulso ai relativi sistemi produttivi locali, una quota annua fino all'importo massimo di 100 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 10 della “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, non erogata dalla Cassa depositi e prestiti negli anni 2013 e 2014, è destinata a favore dei comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario nei ventiquattro mesi precedenti alla data di entrata in vigore del presente decreto e che hanno aderito alla procedura semplificata prevista dall'articolo 258 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, previa apposita istanza dell'ente interessato. Tali somme sono messe a disposizione dell'organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento dei debiti commerciali al 31 dicembre 2012, ad eccezione dei debiti fuori bilancio non riconosciuti ai sensi dell'articolo 194 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, entro la medesima data, con le modalità di cui al citato articolo 258, nei limiti dell'anticipazione erogata, entro centoventi giorni dalla disponibilità delle risorse. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri e le modalità per il riparto e l'attribuzione della somma stanziata tra gli enti beneficiari e la relativa restituzione, ai sensi del comma 13. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».


 

 

L’articolo 12-bis inserisce un nuovo comma 17-sexies nell’articolo 1 del D.L. n. 35/2012[21], riservando una quota annua, fino all’importo massimo di 100 milioni di euro, delle risorse della “Sezione enti locali” del Fondo anticipazioni liquidità autorizzate dal comma 10 del predetto decreto-legge, non erogate dalla Cassa depositi e prestiti e, dunque, disponibili per gli anni 2013 e 2014, a favore dei comuni che:

§      hanno deliberato il dissesto finanziario nei ventiquattro mesi precedenti alla data del 22 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. in esame);

Sul punto, si ricorda che il Ministero dell’economia e finanze - Dipartimento del Tesoro, con Nota inviata a Cassa Depositi e prestiti in data 7 maggio 2013 ha espressamente chiarito che hanno la possibilità di formulare istanza di anticipazione di liquidità a valere sulla apposita Sezione del Fondo anche gli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto ai sensi dell’articolo 246 del TUEL.

Ai sensi della predetta Nota, tali enti possono richiedere l’anticipazione di liquidità esclusivamente per i debiti non rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, in quanto questi ultimi restano regolati dalla specifica procedura del TUEL.

§      hanno aderito alla procedura semplificata di accertamento e liquidazione dei debiti prevista dall’articolo 258 del testo unico enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

In base all’articolo 258 del TUEL, l'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità semplificata di liquidazione. Attraverso tale procedura semplificata, l'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito, può definire in via transattiva le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti privilegiati.

Effettuati gli accantonamenti, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione.

§      presentino apposita istanza.

 

Le somme, finalizzate a sostenere la grave situazione delle imprese creditrici dei comuni dissestati e a ridare impulso ai relativi sistemi produttivi locali, sono messe a disposizione dell’organo straordinario di liquidazione, che provvedere al pagamento dei debiti commerciali maturati alla data del 31 dicembre 2012, con le modalità indicate dal citato articolo 258 del TUEL, nei limiti dell’anticipazione erogata, entro centoventi giorni dalla disponibilità delle risorse.

Il comma 12-bis in esame supera dunque quanto previsto dalla Nota interpretativa del MEF-RGS del 7 maggio 2013 che ammetteva la concessione di anticipazioni di liquidità per gli enti locali dissestati esclusivamente per i debiti non rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione.

 

Sono espressamente esclusi i debiti fuori bilancio non riconosciuti entro la medesima data – presumibilmente da intendersi alla data del 31 dicembre 2012 - ai sensi dell’articolo 194 del TUEL.

L’esclusione dei debiti fuori bilancio non riconosciuti dal novero di quelli che possono essere estinti con l’anticipazione di liquidità risulta in linea con quanto già chiarito nella citata Nota inviata dal Ministero dell’economia e finanze a Cassa depositi e prestiti, con la quale il Ministero ha precisato che possono essere inclusi tra i debiti oggetto dell’anticipazione di liquidità dell’apposita Sezione enti locali del Fondo anche i debiti ”fuori bilancio” purché riconosciuti, prevedendo le relative coperture finanziarie con le procedure previste dall’articolo 194 del TUEL[22], entro il 31 dicembre 2012.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 35 del 2013 ha istituito un apposito Fondo con obbligo di restituzione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012 dalle amministrazioni locali, ripartito in tre Sezioni, specificamente destinate alle regioni, agli enti locali e agli enti del servizio sanitario che non possono farvi fronte per carenza di liquidità[23].

Per quanto concerne la Sezione del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali, il D.L. n. 35/2013 ha disposto il trasferimento delle relative risorse su apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell'economia e delle finanze, gestito da Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale è stata autorizzata a effettuare operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto. Per regolamentare i rapporti tra Ministero dell’economia e CDP è stato stipulato in data 12 aprile 2013 apposito addendum alla Convenzione del 23 dicembre 2009, regolatorio dei criteri e delle modalità di gestione della Sezione da parte di Cassa.

 

Quanto alle risorse, la “Sezione enti locali”, l’articolo1, comma 10 del D.L. n. 35/2013 (legge n. 64/2013) recava una dotazione finanziaria di 1.800 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

L’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 102/2013, in corso di conversione presso le Camere, ha operato una rimodulazione delle risorse complessivamente iscritte sul Fondo di cui all’articolo 1, comma 10 del D.L. n. 35[24]. In particolare, per ciò che concerne la Sezione enti locali del Fondo la relativa dotazione è stata incrementata ad opera del citato decreto legge per l’anno 2013, passando dagli originari 1.800 milioni a 3,4 miliardi e la dotazione per il 2014 è stata contemporaneamente ridotta passando dagli iniziali 9 miliardi a 189 milioni di euro[25].

L’articolo 11, comma 8 del D.L. n. 91 dell’8 agosto 2013 - successivo al D.L. n. 35/2013– ha infine disposto una riduzione di 75 milioni per il 2014 delle risorse della Sezione enti locali, a copertura degli oneri derivanti dall'istituzione del Fondo rotativo per la concessione di finanziamenti alle fondazioni lirico sinfoniche.

 

Per quanto concerne lo stato di attuazione delle anticipazioni agli enti locali, alla data del 4 settembre 2013[26], risulta che Cassa depositi ha concesso anticipazioni per l’intero importo originariamente stanziato dal D.L. n. 35, pari appunto a complessivi 3,6 miliardi per il biennio 2013-2014.

Alla medesima data del 4 settembre 2013, le anticipazioni erogate da Cassa agli enti locali ammessi sono state pari a 1.606 milioni di euro[27] rispetto ai 1.800 milioni disponibili[28].

 

Il Ministero dell’economia e finanze, in data 3 ottobre 2013 ha comunicato che ha preso avvio il procedimento per l’erogazione agli enti locali autorizzati delle anticipazioni a valere sulle somme aggiuntive per il 2013 disposte dal D.L. n. 102. E’ stato infatti registrato dalla Corte dei Conti il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che dispone l’erogazione agli Enti locali autorizzati della cifra, fino a 1,8 miliardi di euro, inizialmente programmata per il 2014[29].

L’articolo 12-ter rinvia ad un apposito decreto del Ministro dell’interno, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione dei criteri per il riparto e l’attribuzione della somma stanziata tra i comuni dissestati beneficiari, nonché la relativa sua restituzione, ai sensi del comma 13 dell’articolo 1 del D.L. n. 35/2013.

Il citato comma 13 definisce le modalità con le quali Cassa depositi procede all’anticipazione di liquidità agli enti locali a valere sulle risorse della specifica Sezione del Fondo ad essi destinata, nonché le modalità attraverso le quali gli stessi enti provvederanno alla restituzione delle anticipazioni.

Ciò avverrà attraverso la predisposizione di un piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e di quota interessi[30], con durata fino ad un massimo di 30 anni. Le restituzioni avvengono con rate annuali, entro il 30 settembre di ciascun anno.

Le restituzioni sono versate annualmente da Cassa depositi e prestiti all’entrata del bilancio statale, distinte per la quota capitale e per quota interessi. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato.

In caso di mancata corresponsione della rata di ammortamento entro il 30 settembre di ciascun anno, l'Agenzia delle Entrate provvede a trattenere le somme non corrisposte, per i comuni, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria, per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori.

 

Il tasso di interesse da applicare alle erogazioni a saldo previste dall’articolo 13, comma 2 del D.L. n. 102/2013[31], è stato fissato dal MEF e diffuso con Comunicato del 2 settembre 2013 ed è pari, è pari al 3,44%.


 

Articolo 13
(Governance dell’Agenda digitale Italiana)

 


1. Il comma 2 dell'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 è sostituito dal seguente:

«2. È istituita la cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un suo delegato e composta dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dal Ministro per la coesione territoriale, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dal Ministro della salute, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da un Presidente di regione e da un Sindaco designati dalla Conferenza Unificata. La cabina di regia è integrata dai Ministri interessati alla trattazione di specifiche questioni. La cabina di regia presenta al Parlamento, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, avvalendosi anche dell'Agenzia per l'Italia digitale e delle amministrazioni rappresentate nella cabina di regia, un quadro complessivo delle norme vigenti, dei programmi avviati e del loro stato di avanzamento e delle risorse disponibili che costituiscono nel loro insieme l'agenda digitale. Nell'ambito della cabina di regia è istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, organismo consultivo permanente composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università, presieduto dal Commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. All'istituzione della cabina di regia di cui al presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.».

1-bis. Alla lettera f) del comma 2-bis dell'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, dopo le parole: «per favorire l'accesso alla rete internet» sono inserite le seguenti: «nelle zone rurali, nonché».

2. Al decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 19, comma 1, sono soppresse le parole da «del Ministro dell'economia e delle finanze,» sino alla fine del periodo;

b) all'articolo 20, comma 2, sono soppresse le parole da «, altresì, fatte salve» sino a «istituzioni scolastiche,»;

c) all'articolo 21, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, o il Ministro delegato, nomina il direttore generale dell'Agenzia, tramite procedura di selezione ad evidenza pubblica, tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione.»;

d) all'articolo 21, comma 4, il secondo, il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti: «Lo statuto prevede che il Comitato di indirizzo sia composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, da un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana. Ai componenti del Comitato di indirizzo non spettano compensi, gettoni, emolumenti o indennità comunque definiti né rimborsi di spese e dalla loro partecipazione allo stesso non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Con lo statuto sono altresì disciplinate le modalità di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del Comitato di indirizzo e le modalità di nomina del Collegio dei revisori dei conti»;

d-bis) all'articolo 22, comma 3, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Sono fatti salvi le risorse finanziarie di cui all'articolo 1, comma 222, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e i relativi rapporti in essere, nonché le risorse finanziarie a valere sul Progetto operativo di assistenza tecnica «Società dell'informazione» che permangono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio dei ministri, che può avvalersi, per il loro utilizzo, della struttura di missione per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la medesima Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi del comma 2 dell'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e successive modificazioni»;

e) all'articolo 22, il secondo periodo del comma 4 è soppresso;

f) all'articolo 22, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla nomina del direttore generale dell'Agenzia, è determinata la dotazione delle risorse umane dell'Agenzia, fissata entro il limite massimo di 130 unità, con corrispondente riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza, nonché la dotazione delle risorse finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'Agenzia stessa, tenendo conto del rapporto tra personale dipendente e funzioni dell'Agenzia, in un'ottica di ottimizzazione delle risorse e di riduzione delle spese per il funzionamento e per le collaborazioni esterne. Con lo stesso decreto è definita la tabella di equiparazione del personale trasferito con quello appartenente al comparto Ministeri. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza, nonché il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative. Nel caso in cui il trattamento risulti più elevato rispetto a quello del comparto Ministeri, il personale percepisce per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici.».

2-bis. I regolamenti previsti dagli articoli 2, comma 5, 3, comma 4, 12, comma 13, e 14, comma 2-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, qualora non ancora adottati e decorsi ulteriori trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.

2-ter. I decreti del Presidente del Consiglio dei ministri previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 2, comma 1, 3, comma 1, e 7, comma 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, qualora non ancora adottati e decorsi ulteriori trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono adottati anche ove non sia pervenuto il concerto dei Ministri interessati.

2-quater. I decreti ministeriali previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 4, comma 1, 8, commi 2 e 13, 10, comma 10, 12, comma 7, 13, comma 2, e 15, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, qualora non ancora adottati e decorsi ulteriori trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri anche ove non sia pervenuto il concerto dei Ministri interessati.


 

 

L’articolo 13, modificato in sede di esame parlamentare, interviene su alcune disposizioni del decreto-legge c.d. semplificazioni (D.L. n. 5/2012) e del decreto-legge c.d. crescita (D.L. n. 83/2012) con i quali è stato delineato il quadro complessivo di intervento per l’Agenda digitale italiana.

In particolare il comma 1 stabilisce modifiche che riguardano la governance del settore, incidendo sul soggetto a cui sono state conferite attribuzioni di indirizzo e coordinamento per la realizzazione dell’Agenda, cioè la Cabina di regia; mentre il comma 2 prevede modifiche che riguardano la realizzazione degli obiettivi dell'Agenda, incidendo sul soggetto cui sono state attribuite funzioni operative nel settore, cioè l’Agenzia per l’Italia digitale.

 

Il quadro della governance del settore è stato delineato con l’articolo 47 del D.L. n. 5/2012 (D.L.“semplificazioni”) che, al comma 2, ha previsto una cabina di regia da istituire con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze.

Essa è competente all'attuazione dell'agenda digitale italiana, attraverso il coordinamento degli interventi pubblici di regioni, province autonome ed enti locali, in conformità all’obiettivo governativo della modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese stabilito dal comma 1 dello stesso art. 47. Tale comma specifica le azioni per le quali si pone l’esigenza di coordinamento: esse riguardano lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, il potenziamento dell’offerta di connettività a larga banda, l’incentivazione di cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali e la promozione di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.

In particolare queste azioni hanno trovato una specificazione per obiettivi, in sede di conversione del decreto-legge, nel comma 2-bis, la cui elencazione dalle lett. a) a i), riempie di contenuti concreti l’attività di coordinamento della cabina di regia, da svolgere nel quadro delle indicazioni dell'agenda digitale europea, di cui alla comunicazione della Commissione europea COM (2010) 245 definitivo/2 del 26 agosto 2010.

 

La cabina è stata istituita con decreto 28 marzo 2012, ai sensi dell’art. 47, comma 2; è articolata in sei gruppi di lavoro per i seguenti obiettivi dell’Agenda digitale: infrastrutture e sicurezza; eCommerce; eGovernment Open Data; alfabetizzazione Informatica - competenze digitali; ricerca e innovazione; smart Cities and Communities.

 

Il citato art. 47 del D.L. n. 5/2012, nel prevedere la fonte istitutiva della cabina di regia, non ne stabiliva la composizione (l’art. 12 D.L. n.179/2012 ha poi previsto l’integrazione della cabina di regia, per gli aspetti relativi al settore sanitario, con un componente designato dal Ministro della salute, il cui incarico è svolto a titolo gratuito).

 

L’articolo 13, comma 1, interviene su tale aspetto, indicando come componenti della cabina il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, un Presidente di regione e un Sindaco designati dalla Conferenza Unificata. Nel corso dell’esame parlamentare è stato aggiunto come componente della cabina di regia anche il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. La presidenza della cabina è attribuita al Presidente del Consiglio dei Ministri o ad un suo delegato. Inoltre essa è integrata dai Ministri interessati alla trattazione di specifiche questioni.

Oltre ad individuare la composizione, costituita da rappresentanti degli Esecutivi statali, regionali e comunali, il comma 1 provvede a disciplinare i rapporti tra la cabina di regia e il Parlamento assicurando a quest’ultimo uno strumento conoscitivo sullo stato dell’agenda digitale definito “quadro complessivo” che la cabina di regia presenta al Parlamento, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge.

 

Sotto il profilo della successione temporale di fonti in tema di composizione della cabina di regia e di tecniche normative adottate, va notato che, da un punto di vista formale, la novella introdotta dall’art. 13, comma 1, non modifica l’art. 12 D.L. n. 179/2012 sopra richiamato, in quanto esso è intervenuto sulla composizione della cabina senza novellare l’art. 47 del D.L. n. 5/2012.

Lo stesso art. 13, comma 1, prevede l’istituzione nella cabina di regia di un organismo consultivo permanente, composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università.

Tale organismo, denominato Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, è istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, per la cui adozione il comma 1 non prevede alcun termine.

La presidenza del Tavolo è attribuita al Commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, che viene posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

In base al comunicato stampa della riunione del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2013 il Commissario per l’attuazione dell’agenda digitale è individuato nell’ing. Francesco Caio, mentre i componenti del Tavolo saranno scelti tra “esperti e rappresentanti di imprese e università”.

 

L’ultimo periodo del comma 1 stabilisce che all'istituzione della cabina di regia si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Presumibilmente tale clausola dovrebbe riferirsi anche agli altri soggetti - Tavolo tecnico, Commissario e struttura di missione – previsti dal comma 1.

 

In proposito, si può ricordare che l’articolo 7, comma 3, lett. c) del D.L. 95/2012 aveva soppresso la struttura di missione della Presidenza del Consiglio denominata Unità per l’e-government e l’innovazione per lo sviluppo, quantificando in 1.147.493 euro il relativo risparmio.

 

Tuttavia una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare, comma 2, lett. d)-bis, consente alla struttura di missione l’utilizzo: delle risorse di cui all’art. 1, comma 222, della L. 311/2004, legge finanziaria per il 2005, derivanti da sottoscrizione e alienazione di quote di uno o più fondi comuni di investimento per favorire l'afflusso di capitale di rischio verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate; nonché le risorse finanziarie a valere sul Progetto Operativo di Assistenza Tecnica «Società dell'informazione». La medesima modifica mantiene comunque ferma la destinazione originaria delle risorse suddette per i rapporti in essere.

 

Il citato comma 222 prevede che, per favorire l'afflusso di capitale di rischio verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri può sottoscrivere e alienare quote di uno o più fondi comuni di investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR).

 

Dopo l’entrata in vigore dell’art. 47 del D.L. n. 5/2012, nel quadro della governance del settore sono stati inseriti gli artt. 19-22 del D.L. n. 83/2012 che hanno disciplinato l’istituzione e le funzioni dell’Agenzia per l'Italia digitale, attribuendo a quest’ultima il compito di realizzare gli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, ma in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia.

 

Il nuovo comma 1-bis, modifica l’art. 47, comma 2-bis, lettera f), del D.L. n. 5/2012, specificando che tra gli obiettivi della Cabina di regia vi sia anche quello di favorire l'accesso alla rete internet nelle zone rurali.

 

Ai sensi del D.L. n. 83/2012, i compiti dell’Agenzia si svolgono in un ambito segnato, da un lato, da tali indirizzi (art. 20) e, dall’altro, dalla vigilanza che su di essa è esercitata da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (art. 19).

 

L’articolo 13 del D.L. n. 69/2013 interviene su tale vigilanza, con il comma 2, lett. a), attribuendola esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri, o al Ministro da lui delegato, nel quale si concentra, quindi, con un’unione personale, la presidenza del soggetto chiamato ad esprimere indirizzi e la competenza a vigilare il soggetto attuatore.

 

Tale concentrazione esprime la centralità che l’articolo 13 del D.L. n. 69/2013 attribuisce al Presidente del Consiglio nel settore, centralità rafforzata anche da misure previste dalle successive lettere c), d) ed f).

In particolare il comma 2 lett. c), modificato in sede parlamentare, prevede le modalità di nomina del direttore dell’Agenzia.

 

Ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.L. n. 83/2012, il decreto di nomina doveva essere adottato dal Presidente del Consiglio entro un termine determinato, sulla base del concerto con i ministri ai quali era attribuita la vigilanza e previo avviso pubblico.

 

In base alla novella che si introduce non è previsto alcun termine, è soppresso il concerto, in coerenza con la novella in tema di vigilanza, ed è eliminato l’obbligo del previo avviso pubblico. Si prevede infatti che il direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale sia nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal ministro delegato “tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione”. Nel corso dell’esame parlamentare è stato peraltro reintrodotto l’obbligo, soppresso dal testo originario del decreto, di adottare per la nomina una procedura ad evidenza pubblica .

In proposito si ricorda che, in base alla procedura previgente, si era già provveduto, il 30 ottobre 2012, alla nomina del direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale (individuato nell’ing. Agostino Ragosa), il quale in attesa della piena operatività dell’Agenzia ha fin qui operato come Commissario straordinario della stessa.

 

Il comma 2 lett. d), modificato dalle Camere, interviene sulla composizione del Comitato di indirizzo, che deve essere prevista nello Statuto dell’Agenzia in base all’art. 21, comma 4, del D.L. n. 83/2012.

In base alla nuova formulazione del secondo, terzo e quarto periodo del comma 4, introdotta in Commissione, si aggiungono ai membri attualmente previsti come componenti del Comitato di Indirizzo, anche i membri del Tavolo Permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana.

Il Comitato pertanto risulterebbe composto, oltre che da un rappresentante della Presidenza del Consiglio e da due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata, dai rappresentanti dei seguenti Ministeri o Ministri:

§      Ministero dello sviluppo economico;

§      Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

§      Ministero dell'economia e finanze;

§      Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

 

Si conferma che i componenti partecipano al Comitato di Indirizzo senza oneri a carico della finanza pubblica e che con lo statuto sono altresì disciplinate le modalità di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del Comitato di Indirizzo e le modalità di nomina del Collegio dei Revisori.

 

In proposito, si ricorda che lo statuto dell’Agenzia che avrebbe dovuto essere adottato entro il 14 dicembre 2012 (e cioè entro quarantacinque giorni dalla nomina del direttore dell’Agenzia) non è stato invece fin qui adottato. Al riguardo, in risposta alle interrogazioni a risposta immediata 3-00055 e 3-00056, nella seduta dell’Assemblea della Camera del 15 maggio 2013, il Ministro dello sviluppo economico ha precisato che lo statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale inviato in un primo momento per errore alla Corte dei conti è stato ritirato dalla Corte da parte del Governo, sottoposto all’esame dell’Ufficio centrale del bilancio della Presidenza del Consiglio e quindi nuovamente inviato alla Corte dei conti per la registrazione.

 

Per la nuova lettera d-bis) v. supra.

 

Il comma 2, lett. f), sopprime la previsione della concertazione con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione previsto dall’art. 22, comma 6 del D.L. 83/2012 ai fini del decreto del Presidente del Consiglio che determina la dotazione delle risorse umane dell’Agenzia, mantenendo solo quella con il Ministro dell'economia e delle finanze (per le ulteriori previsioni della lett. f v. infra).

 

Il comma 2, lett. b) amplia la competenza dell’Agenzia, in quanto sopprime la previsione di salvezza delle funzioni dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) nel supporto allo sviluppo del piano di innovazione nelle istituzioni scolastiche, inserita nel testo previgente dell’art. 20, co. 2, primo periodo, del D.L. n. 83/2012 (L. n. 134/2012).

 

L’INDIRE, ripristinato dal 1° settembre 2012 ai sensi dell’art. 19, co. 1, del D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011), è un ente di ricerca con autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale, amministrativa e regolamentare.

 

Il comma 2, lett. e) ed f), interviene in tema di risorse umane dell’Agenzia.

Con la lett. e) vengono soppresse le prescrizioni stabilite, ai fini del transito di personale all’Agenzia, dall’art. 22, comma 4, secondo periodo del D.L. n. 83/2012. Il transito era subordinato - per il personale di DigitPA, dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione e del Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione in materia di sicurezza delle reti che fosse in posizione di comando - al previo interpello e alla valutazione comparativa della qualificazione professionale posseduta nonché dell'esperienza maturata nel settore dell'innovazione tecnologica, dell'anzianità di servizio nelle amministrazioni richiamate, e dei titoli di studio.

La lett. f) novella le previsioni del D.L. n. 83/2012, relative alla dotazione dell’Agenzia: oltre a ridurre, come si è visto, l’ambito della concertazione prescritta per l’adozione del relativo D.P.C.M., viene anche ridotto da 150 a 130 il limite massimo di unità della dotazione.

Quanto a quest’ultima ne è soppressa la definizione che la qualificava come “effettiva” ed è anche eliminata la limitazione al personale che fosse effettivamente trasferito: tali modifiche potrebbero indicare una situazione di flessibilità della dotazione sia pur nel massimo delle 130 unità.

 

Il comma 2-bis prevede che i regolamenti previsti dagli articoli di seguito indicati del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, qualora non ancora adottati e una volta decorsi ulteriori 30 giorni dall'approvazione della presente legge (rectius: della legge di conversione del decreto legge), siano adottati su proposta del Presidente del Consiglio. Si tratta dei regolamenti previsti dai seguenti articoli:

§      art. 2, comma 5 (regolamento di modifica del D.P.R. n. 223/1989 “Regolamento anagrafico della popolazione residente”);

§      art. 3, comma 4 (regolamento per la revisione del decreto legislativo n. 322 del 1989 relativo al Sistema statistico nazionale e per il complessivo riordino del Sistema Statistico Nazionale);

§      art.12, comma 13 (regolamento che individua i soggetti che possono avere accesso ai registri del fascicolo sanitario elettronico);

§      art. 14, comma 2-bis (regolamento del Ministro dello sviluppo economico per definire le misure e le modalità di intervento da porre a carico degli operatori delle telecomunicazioni, al fine di minimizzare le interferenze tra telefonia mobile (LTE) e televisione digitale terrestre).

 

Analogamente il comma 2-ter dispone che alcuni decreti del Presidente del Consiglio dei ministri previsti dal decreto-legge n. 179/2012, qualora non ancora adottati e una volta decorsi ulteriori 30 giorni dall'approvazione della presente legge, siano adottati anche ove non sia pervenuto il concerto dei ministri interessati. Si tratta dei seguenti:

§      i D.P.C.M. di attuazione delle nuove norme sull’Anagrafe nazionale della popolazione residente (articolo 2, comma 1);

§      il D.P.C.M. che stabilisce i tempi di realizzazione del censimento della popolazione e delle abitazioni (articolo 3, comma 1);

§      il D.P.C.M. per l’attuazione delle disposizioni in materia di certificazione telematica delle malattie (articolo 7, comma 3-bis: il riferimento al comma 3-bis è errato, si dovrebbe riferire al comma 3, cpv. 3-bis)).

 

Infine, in base al nuovo comma 2-quater, i decreti ministeriali previsti dagli articoli 4, comma 3, 8, commi 2 e 13, 10, comma 10, 12, comma 7, 13, comma 2 e 15, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, qualora non ancora adottati e una volta decorsi ulteriori 30 giorni dall'approvazione della presente legge, saranno adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri anche ove non sia pervenuto il concerto dei ministri interessati. Si tratta dei seguenti:

§      D.M. interno per definire le modalità di comunicazione, variazione e cancellazione del proprio domicilio digitale da parte del cittadino (articolo 4, comma 3);

§      D.M. trasporti che definisce le regole tecniche per l’innovazione nei sistemi di trasporto pubblico locale e per le modalità per la trasmissione elettronica dei dati di cui ai formulari FAL all’Autorità marittima (articolo 8, commi 2 e 13);

§      D.M. istruzione per l'attuazione del comma 9 relativo ai procedimenti telematici relativi allo stato giuridico ed economico del rapporto di lavoro del personale del comparto Scuola (articolo 10, comma 10);

§      D.M. salute relativo i contenuti del Fascicolo Sanitario Elettronico (articolo 12, comma 7);

§      D.M. salute per le modalità di attuazione delle norme sulla validità nazionale delle prescrizioni farmaceutiche generate in formato elettronico (articolo 13, comma 2);

§      D.M. sviluppo economico per l’estensione delle modalità di pagamento elettronico (articolo 15, comma 2).


 

Articolo 13-bis
(Piattaforme accreditate per gli acquisti di beni e servizi delle tecnologie della comunicazione e dell'informazione)

 


1. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono dettate linee guida per l'accreditamento di conformità alla normativa in materia di contratti pubblici, di servizi, soluzioni e piattaforme tecnologiche per le aste on line e per il mercato elettronico da utilizzare per gli acquisti di beni e servizi delle tecnologie della comunicazione e dell'informazione. L'accreditamento indica, tra l'altro, i livelli di sicurezza informatica, gli elementi minimi di tracciabilità dei processi e i requisiti di inalterabilità, autenticità e non ripudio dei documenti scambiati.

2. Le pubbliche amministrazioni possono usare piattaforme e soluzioni di acquisto on line accreditate anche ponendole in competizione tra loro. Qualora vi siano prodotti open source che non comportino oneri di spesa, il ricorso ai medesimi prodotti deve essere ritenuto prioritario.

3. Gli operatori che mettono a disposizione soluzioni e tecnologie accreditate sono inseriti nell'elenco dei fornitori qualificati del Sistema pubblico di connettività ai sensi dell'articolo 82 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 13-bis, inserito nel corso dell’esame parlamentare, demanda, al comma 1, ad apposito decreto interministeriale, la definizione di linee guida per l'accreditamento di conformità alla normativa in materia di contratti pubblici, di servizi, soluzioni e piattaforme tecnologiche per le aste on-line e per il mercato elettronico da utilizzare per gli acquisti di beni e servizi delle tecnologie della comunicazione e della informazione (ICT[32]).

Lo stesso comma disciplina le modalità per l’emanazione del citato decreto, prevedendo che sia emanato:

§      di concerto dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico;

§      sentita l’AVCP (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici);

§      entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Quanto ai contenuti dell’accreditamento, il medesimo comma prevede che siano indicati, tra l'altro:

§      i livelli di sicurezza informatica;

§      gli elementi minimi di tracciabilità dei processi;

§      i requisiti di inalterabilità, autenticità e non ripudio dei documenti scambiati.

§

Il Mercato Elettronico della P.A. (MePA) è un mercato digitale in cui le pubbliche amministrazioni acquistano, per valori inferiori alla soglia di rilievo comunitario[33], i beni e servizi offerti da fornitori abilitati a presentare i propri cataloghi sul sistema. Il MePA è dunque uno degli strumenti di acquisto previsti dal sistema di e-Procurement della P.A., il sistema informatico delle procedure telematiche di acquisto di beni e servizi (v. infra).

Il MePA, realizzato da Consip per conto del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), è disciplinato dagli artt. 328, 332, 335 e 336 del D.P.R. n. 207/2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti pubblici) e da una serie di norme di carattere generale e speciale, che ne regolano il funzionamento[34].

Il Sistema di e-Procurement della P.A. è il sistema informatico predisposto dal MEF, tramite Consip, costituito da soluzioni e strumenti elettronici e telematici che consentono l’effettuazione delle procedure telematiche di approvvigionamento previste dagli strumenti di acquisto[35] messi a disposizione da Consip, nel rispetto della normativa sugli acquisti della P.A. Attraverso le procedure previste da ciascuno strumento di acquisto, Consip seleziona e mette a disposizione delle pubbliche amministrazioni aggiudicatrici gli elenchi dei fornitori e i beni e servizi da questi offerti, ordinati in cataloghi. I beni e i servizi offerti nei cataloghi possono essere acquistati dai soggetti aggiudicatori abilitati al sistema tramite propri punti ordinanti, attraverso procedure, termini e condizioni specifiche per ciascuno strumento di acquisto.

Sin dal 2007, ai sensi dell’art. 1, comma 450, della L. n. 296/2006 (finanziaria 2007), le amministrazioni statali centrali e periferiche (ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie), per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico.

Tale obbligo è stato esteso dal D.L. n. 52/2012 anche alle altre amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001.

Si ricordano, altresì, le disposizioni dettate dall’art. 1, comma 4, del D.L. n. 95/2012, che consente ai Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti di effettuare i propri acquisti (in alternativa a quanto previsto dall’art. 33, comma 3-bis del Codice, che prevede l’affidamento obbligatorio ad un’unica centrale di committenza) utilizzando gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, comprese le convenzioni Consip, nonché il MePA.

Il comma 6 del medesimo articolo consente di istituire nell’ambito del MePA specifiche sezioni ad uso delle amministrazioni pubbliche.

Ai sensi dell’art. 3, comma 15, del D.Lgs. n. 163/2006, l’asta elettronica è “un processo per fasi successive basato su un dispositivo elettronico di presentazione di nuovi prezzi, modificati al ribasso, o di nuovi valori riguardanti taluni elementi delle offerte, che interviene dopo una prima valutazione completa delle offerte permettendo che la loro classificazione possa essere effettuata sulla base di un trattamento automatico”. Il ricorso alle aste elettroniche è disciplinato dall’art. 85 del medesimo decreto.

 

Relativamente ai contenuti dell’accreditamento previsti dal comma in esame, si osserva che il richiamo, per esempio, ai livelli di sicurezza informatica, sembrerebbe suggerire l’opportunità di prevedere il coinvolgimento dell’Agenzia per l'Italia Digitale (istituita dall’art. 19 del D.L. n. 83/2012) nell’emanazione del decreto interministeriale previsto dalla disposizione in commento.

Il comma 2 prevede, per le pubbliche amministrazioni, la possibilità di usare piattaforme e soluzioni di acquisto on-line accreditate, anche ponendole in competizione tra loro, e il ricorso prioritario a prodotti open source, che non comportino oneri di spesa.

Ai sensi del comma 3, gli operatori che mettono a disposizione soluzioni e tecnologie accreditate sono inseriti nell'elenco dei fornitori qualificati del Sistema Pubblico di Connettività (SPC) istituito dall'art. 82 del D.Lgs. n. 82/2005.


 

Articolo 14
(Misure per favorire la diffusione del domicilio digitale)

 


1. All'articolo 10 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, dopo il comma 3-ter sono aggiunti i seguenti:

«3-quater. All'atto della richiesta del documento unificato, ovvero all'atto dell'iscrizione anagrafica o della dichiarazione di cambio di residenza a partire dall'entrata a regime dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, di cui all'articolo 2 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 è assegnata al cittadino una casella di posta elettronica certificata, di cui all'articolo 16-bis, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, con la funzione di domicilio digitale, ai sensi dell'articolo 3-bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, successivamente attivabile in modalità telematica dal medesimo cittadino. Con il decreto del Ministro dell'interno di cui al comma 3 sono stabilite le modalità di rilascio del domicilio digitale all'atto di richiesta del documento unificato.

3-quinquies. Il documento unificato di cui al comma 3 sostituisce, a tutti gli effetti di legge, il tesserino di codice fiscale rilasciato dall'Agenzia delle entrate.».

1-bis. All'articolo 47, comma 2, lettera c), del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dopo le parole: «di cui all'articolo 71» sono inserite le seguenti: «. E' in ogni caso esclusa la trasmissione di documenti a mezzo fax».

1-ter. All'articolo 43 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. L'amministrazione procedente opera l'acquisizione d'ufficio, ai sensi del precedente comma, esclusivamente per via telematica (L)».

2. Dall'applicazione della disposizione di cui al comma 1 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

L'articolo 14, modificato nel corso dell’esame parlamentare, introduce, al comma 1, una novella nell’art. 10 del D.L. n. 70/2011[36] già modificato da ultimo dal D.L. n. 179/2012[37], mediante la quale si aggiungono i commi 3-quater e 3-quinquies.

Con il primo (comma 3-quater) si prevede l’assegnazione automatica di una casella di posta elettronica certificata ai cittadini, in sede di rilascio del documento unificato (in cui sono unificate la carta di identità elettronica (CIE) e la tessera sanitaria elettronica), ovvero all’atto di iscrizione anagrafica o dichiarazione di cambio di residenza (ma solamente a partire dall’entrata a regime dell’Anagrafe della popolazione residente).

La casella è assegnata di diritto, vale come domicilio digitale ed è poi attivabile in via telematica dall’interessato. Le modalità di rilascio del domicilio digitale sono stabilite con il decreto che definisce le modalità tecniche del documento unificato.

Con la seconda modifica (comma 3-quinquies del novellato art. 10), si stabilisce che il documento unificato sostituisce a tutti gli effetti il tesserino di codice fiscale rilasciato dall’Agenzia delle entrate.

 

L’unificazione del documento era stata introdotta nell’art. 10 del D.L. n. 70/2011 con una novella prevista dall’art. 1 dello stesso D.L. n. 179/2012, che riservava al Ministero dell’interno la responsabilità del processo di produzione e rilascio della carta di identità elettronica, in precedenza attribuita ai comuni, in un’ottica di semplificazione dell’intero sistema del rilascio. Tuttavia, fino a quando non sarà realizzata l’unificazione della tessera sanitaria e della carta d’identità elettronica, la generazione della tessera sanitaria su supporto di Carta nazionale dei servizi continuerà ad essere assicurata dal Ministero dell’economia e delle finanze. Inoltre, il comma 3 di tale articolo rimette ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri - su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale - il progressivo ampliamento delle possibili utilizzazioni della carta d'identità elettronica “anche in relazione all'unificazione sul medesimo supporto della carta d'identità elettronica con la tessera sanitaria, alle modifiche ai parametri della carta d'identità elettronica e della tessera sanitaria necessarie per l'unificazione delle stesse sul medesimo supporto, nonché al rilascio gratuito del documento unificato”.

Viene invece attribuita a un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e, limitatamente ai profili sanitari, con il Ministro della salute, la determinazione delle modalità tecniche di produzione, distribuzione, gestione e supporto all'utilizzo del documento unificato.

 

Gli atti di normazione secondaria previsti dall’articolo che viene novellato - sia il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, per il quale non è disposto alcun termine, sia il decreto del Ministro dell'interno stabilito dal comma 3 - non risultano emanati e l’emissione della CIE risulta in una fase di sperimentazione che coinvolge 153 comuni, con applicazione effettiva limitata a 16 comuni[38]. È vigente invece il decreto del Ministero dell’Interno del 22 aprile 2008 che determina in euro 20,00 l'importo del corrispettivo da porre a carico dei richiedenti la carta d'identità elettronica, importo riscosso dai comuni all'atto della richiesta di emissione della stessa[39].

In tale quadro la disposizione introdotta con la novella non appare immediatamente applicativa sia in quanto rinvia a decreto ministeriale l’individuazione delle modalità di rilascio del domicilio digitale, sia in quanto la documentazione elettronica cui si fa riferimento è ancora in una fase sperimentale molto circoscritta sul territorio nazionale.

 

Si nota poi che il contesto normativo relativo al domicilio digitale appare caratterizzato da una stratificazione normativa che si intreccia con rinvii a fini applicativi ad atti di normazione secondaria.

Infatti, in tema di domicilio digitale, oltre alle disposizioni che l’art. 14 novella, vi sono anche quelle dell’art. 3-bis del D.Lgs. n. 82/2005, c.d. Codice dell’amministrazione digitale, introdotte con lo stesso D.L. 179/2012, già citato.

Esso già prevede la facoltà di ogni cittadino di indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata, da rilasciare ai sensi dell’art. 16-bis, comma 5, del D.L. n. 185/2008[40], quale suo domicilio digitale. A sua volta tale comma rinvia ad un D.P.C.M. per le modalità di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini[41].

 

L'indirizzo è inserito nell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) e reso disponibile a tutte le pubbliche amministrazioni e ai gestori o esercenti di pubblici servizi. Si ricorda che l’art. 2 del D.L. 179/2011 ha disposto l'unificazione in un'unica anagrafe - l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) – del sistema anagrafico precedentemente strutturato in quattro partizioni (Indice nazionale delle anagrafi-INA, anagrafe comunale, AIRE centrale e AIRE comunale). La nuova Anagrafe non è ancora entrata a regime in assenza di adozione dei decreti attuativi previsti dai commi 4 e 6 del citato art. 2 del D.L. n. 179.

 

Inoltre, l’art. 3-bis rinvia, senza prevedere il termine per l’emanazione, a un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale, per definire le modalità di comunicazione, variazione e cancellazione del proprio domicilio digitale da parte del cittadino, nonché le modalità di consultazione dell'ANPR da parte dei gestori o esercenti di pubblici servizi ai fini del reperimento del domicilio digitale dei propri utenti.

A decorrere dal 1° gennaio 2013, salvo i casi in cui è prevista dalla normativa vigente una diversa modalità di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, senza oneri di spedizione a suo carico.

Si ricorda inoltre che l’art. 1, comma 2, lett. c), del D.L. 179/2012 ha previsto un finanziamento aggiuntivo di 60 milioni per il 2013 e di 82 milioni a decorrere dal 2014, per la realizzazione e il rilascio gratuito del suddetto documento unificato.

 

Anche con riguardo all’unificazione di carta d’identità elettronica e di tessera sanitaria, si può notare che le stesse sono state oggetto di una normazione stratificata nel tempo e negli ultimi anni si è assistito, sia a livello nazionale che regionale, a una proliferazione di carte che, a vario titolo, consentono l'accesso a servizi messi a disposizione dalle diverse amministrazioni.

Nel tentativo di omogeneizzare le diverse realtà locali, il piano e-Gov 2012 ha previsto, tra l’altro, che le carte nazionali/regionali dei servizi sostituiscano o integrino le tessere sanitarie in tutte le regioni italiane (obiettivo 17).

 

In sede di conversione sono state introdotte due ulteriori disposizioni. Il comma 1-bis dell’articolo 14 modifica l’articolo 47 del Codice dell’amministrazione digitale (CAD), adottato con il D.Lgs. n. 82/2005 escludendo la trasmissione via fax delle comunicazioni di documenti tra pubbliche amministrazioni.

Il principio dell’obbligo dell’utilizzo delle procedure e delle reti informatiche nelle comunicazioni delle pubbliche amministrazioni era già contenuto nella delega al Governo del 2009 per la modifica del codice dell’amministrazione digitale (L. 69/2009, art. 33, comma 1, lett. m).

Tale principio è stato realizzato con il decreto di attuazione della delega (D.Lgs. 235/2010) che ha introdotto l’obbligo di utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni o di comunicare in cooperazione applicativa (in ogni caso in forma digitale), mentre la disposizione previgente prevedeva che tali comunicazioni avvenissero “di norma” tramite e-mail (art. 47, comma 1, del D.Lgs. n. 82/2005, modificato dall’art. 32, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 235/2010).

Si ricorda, in proposito, che l’art. 31 del citato decreto di attuazione (D.Lgs. n. 235/2010) ha modificato anche l’art. 45 del CAD prevedendo che i documenti trasmessi dai cittadini alla pubblica amministrazione soddisfano il requisito della forma scritta solamente se inviati con mezzo telematico o informatico, escludendo il fax in precedenza espressamente incluso.

In ogni caso, anche prima della modifiche apportate al Codice, le diverse disposizioni in materia di posta elettronica certificata avevano sancito “l’obbligo di utilizzo della posta elettronica da parte delle amministrazioni pubbliche con riferimento sia alla posta elettronica semplice, da utilizzarsi per le comunicazioni ordinarie interne alle amministrazioni e tra amministrazioni, sia a quella certificata, da prendere a modello per tutte le comunicazioni ufficiali da e verso i cittadini e le imprese (Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica, Circolare 18 febbraio 2010, n. 1/2010/DDI, Uso della Posta Elettronica Certificata nelle amministrazioni pubbliche).

 

Alla luce della normativa vigente, che già prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazione di comunicare attraverso la posta elettronica o comunque con mezzi informatici, non appare chiara la portata innovativa della disposizione introdotta con la novella all’art. 47 del CAD.

 

Il successivo comma 1-ter, con una modifica all’art. 43 del testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445/2000), prevede che le pubbliche amministrazioni procedono alla consultazione degli archivi dell'amministrazione certificante finalizzata all'accertamento d'ufficio di stati, qualità e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini esclusivamente per via telematica, escludendo l’utilizzo del fax.

 

L’art. 43, comma 1, del citato testo unico prevede che le pubbliche amministrazioni sono tenute ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di certificazione (art. 46 TU) e di atto di notorietà (art. 47 TU) nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti.

 

Gli articoli 46 e 47 del TU riguardano rispettivamente le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà.

Per quanto riguarda la prime, si tratta di dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni, che comprovano una serie di stati, qualità personali e fatti dell’interessato, quali la data e il luogo di nascita, residenza, cittadinanza, godimento dei diritti civili e politici ecc.

L’atto di notorietà concerne invece stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato. Esso è stato sostituito dalla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, e consiste in una dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate, anche per via telematica, unitamente a una fotocopia di un documento di identità del sottoscrittore. Il comma 3 dell’art. 47 prevede che fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

 

Le pubbliche amministrazioni accertano d'ufficio stati, qualità e fatti, e controllano le dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini attraverso la consultazione diretta degli archivi dell'amministrazione certificante. Per l'accesso ai propri archivi l'amministrazione certificante rilascia all'amministrazione procedente apposita autorizzazione in cui vengono indicati i limiti e le condizioni di accesso volti ad assicurare la riservatezza dei dati personali ai sensi della normativa vigente.

In questi casi l'amministrazione procedente opera d'ufficio e, finora, poteva procedere anche per fax e via telematica.

La modifica introdotta nel comma 1-ter prevede appunto il solo mezzo telematico per l’accertamento presso altre amministrazioni.


 

Articolo 15
(Disposizioni in tema di sistema pubblico di connettività)

 

1. Il comma 2 dell'articolo 80 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni è sostituito dal seguente:

«2. Il Presidente della Commissione è il Commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale o, su sua delega, il Direttore dell'Agenzia digitale. Il Presidente e gli altri componenti della Commissione restano in carica per un triennio e l'incarico è rinnovabile.».

 

 

L’articolo 15 prevede, attraverso una modifica dell’articolo 80 del codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82/2005), che il Presidente della Commissione per il coordinamento del sistema pubblico di connettività sia individuato, a seguito della soppressione di Digit-PA intervenuta con il decreto-legge n. 83/2012, nel Commissario per l’attuazione dell’Agenzia digitale o, su sua delega, nel direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale. Si prevede inoltre che l’incarico del presidente e dei componenti la Commissione abbia la durata di un triennio, rinnovabile.

Nel testo previgente, invece, la presidenza dell’organismo era affidata al presidente di Digit-PA e l’incarico di presidente e componenti aveva la durata di un biennio, rinnovabile.

Con gli articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 83/2012, Digit-PA (ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione) è stata soppressa e le sue funzioni trasferite all’Agenzia per l’Italia digitale

 

Per la figura del Commissario per l’attuazione dell’Agenzia digitale, istituita dall’articolo 13, e più in generale per l’attuazione dell’Agenda digitale ed i profili concernenti l’istituzione dell’Agenzia per l’Italia digitale, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 13.

 

Ai sensi dell’articolo 73 del Codice dell’amministrazione digitale, il sistema pubblico di connettività (SPC) costituisce l'insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche, per lo sviluppo, la condivisione, l'integrazione e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare l'interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, nonché la salvaguardia e l'autonomia del patrimonio informativo di ciascuna pubblica amministrazione.

Per la ricostruzione dei compiti della Commissione si rinvia a quanto osservato nel dossier relativo al testo originario del decreto-legge.


 

Articolo 16
(Razionalizzazione dei CED Centri elaborazione dati
Modifiche al decreto-legge 18 agosto 2012, n. 179)

 


1. All'articolo 33-septies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. Nell'ambito del piano triennale di cui al comma 4 sono individuati i livelli minimi dei requisiti di sicurezza, di capacità elaborativa e di risparmio energetico dei CED, nonché le modalità di consolidamento e razionalizzazione, ricorrendo ove necessario all'utilizzo dei CED di imprese pubbliche e private nonché di enti locali o di soggetti partecipati da enti locali nel rispetto della legislazione vigente in materia di contratti pubblici.».


 

 

L’articolo 16 prevede, attraverso l’inserimento del comma 4-bis nell’articolo 33-septies del decreto-legge n. 179/2012, che nell’ambito del piano triennale di razionalizzazione dei centri di elaborazione dati (CED) delle pubbliche amministrazioni siano individuati i livelli minimi dei requisiti di sicurezza, di capacità elaborativa e di risparmio energetico e le modalità di consolidamento e razionalizzazione, ricorrendo anche all’utilizzo dei centri di elaborazione dati di imprese pubbliche e private nonché (come specificato nel corso dell’esame parlamentare) di enti locali o di soggetti partecipati da enti locali. In ogni caso deve essere rispettata la legislazione in materia di contratti pubblici (vale a dire il decreto legislativo n. 163/2006).

 

Il comma 4 dell’articolo 33-septies prevede che entro il 30 settembre 2013 l'Agenzia per l'Italia digitale trasmetta al Presidente del Consiglio dei ministri, dopo adeguata consultazione pubblica, i risultati del censimento effettuato e le linee guida per la razionalizzazione dell'infrastruttura digitale della pubblica amministrazione. Entro i successivi novanta giorni il governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza unificata, adotta il piano triennale di razionalizzazione dei CED delle pubbliche amministrazioni, aggiornato annualmente.

Il medesimo articolo, al comma 2, definisce il CED come “il sito che ospita un impianto informatico atto alla erogazione di servizi interni alle amministrazioni pubbliche e servizi erogati esternamente dalle amministrazioni pubbliche che al minimo comprende apparati di calcolo, apparati di rete per la connessione e apparati di memorizzazione di massa”.


 

Articolo 16-bis
(Modifiche al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, in materia di accesso alle banche dati pubbliche - Credito al consumo)

 


1. Al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 30-ter, dopo il comma 7 è inserito il seguente:

«7-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, nell'ambito dello svolgimento della propria specifica attività, gli aderenti possono inviare all'ente gestore richieste di verifica dell'autenticità dei dati contenuti nella documentazione fornita dalle persone fisiche nei casi in cui ritengono utile, sulla base della valutazione degli elementi acquisiti, accertare l'identità delle medesime»;

b) all'articolo 30-sexies, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il parere del gruppo di lavoro di cui all'articolo 30-ter, comma 9, può essere rideterminata la misura delle componenti del contributo di cui al comma 2 del presente articolo».


 

 

L’articolo 16-bis apporta modifiche alla disciplina del furto d’identità nel settore del credito al consumo, contenuta nel D.Lgs. n. 141 del 2010.

 

Si ricorda che il D.Lgs. n. 64 del 2011 ha inserito nel D.Lgs. n. 141/2010 il Titolo V-bis dedicato all’istituzione di un sistema pubblico di prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi nel settore del credito al consumo, con specifico riferimento al furto d'identità, ovvero la frode che si sostanzia ogniqualvolta qualcuno utilizzi senza autorizzazione i dati personali di un soggetto (anagrafica, codice fiscale, dati previdenziali, ecc.) per ottenere un finanziamento a suo nome. L’obiettivo della normativa è di prevenire il fenomeno delle frodi, fornendo strumenti adatti ad accertare identità e capacità reddituale dei richiedenti il credito, configurare forme di deterrenza per i frodatori e ridurre il contenzioso giudiziario. A tale scopo, il sistema prevenzione configurato si prefigge di fornire contributi sul processo di “identificazione”, inteso come verifica della validità dei dati dichiarati dal soggetto e, successivamente, sul piano della “autenticazione”, ovvero la verifica con elevato livello di affidabilità dell'identità del soggetto.

Il sistema di prevenzione configurato dal D.Lgs. n. 64 del 2011 si basa su un archivio centrale informatizzato e su un gruppo di lavoro (articolo 30-ter, comma 2). La titolarità del predetto archivio, così come del trattamento dei dati, è affidata al MEF che, ai sensi delle norme del codice della privacy, (articolo 29 del codice del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), designa la Consap S.p.A. quale ente gestore dell’archivio. Il gruppo di lavoro opera con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento, per migliorare l’azione preventiva. Ha inoltre funzioni di elaborazione e studio dei dati statistici, in forma anonima, relativi al comparto delle frodi.

 

In particolare l’articolo 30-ter del D.Lgs. n. 141 del 2010, oggetto di modifica con le norme in esame, ha istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un sistema di prevenzione delle frodi, sul piano amministrativo (ferme restando, dunque, le prescrizioni civili e penali in materia), nel settore del credito al consumo e dei pagamenti dilazionati o differiti, con specifico riferimento al furto d'identità.

 Per quanto concerne l’utilizzo dell’archivio da parte dei soggetti aderenti al sistema di prevenzione delle frodi, il comma 7 consente ai soggetti aderenti di inviare al gestore richieste di verifica dell'autenticità dei dati contenuti nella documentazione fornita dalle persone fisiche o giuridiche che richiedono una dilazione o un differimento di pagamento, un finanziamento o altra analoga facilitazione finanziaria, un servizio a pagamento differito. Tale verifica non può essere richiesta al di fuori dei casi e delle finalità previste per la prevenzione del furto di identità.

 

L’articolo 16-bis, comma 1, lettera a) inserisce all’articolo 30-ter un nuovo comma 7-bis, con il quale si prevede che gli aderenti al sistema di prevenzione delle frodi nel settore del credito al consumo possano inviare all'ente gestore ulteriori richieste di verifica dell'autenticità dei dati contenuti nella documentazione fornita dalle persone fisiche, nei casi in cui ritengono utile, sulla base della valutazione degli elementi acquisiti, accertare l'identità dei soggetti.

 

L’articolo 16-bis, comma 1, lettera b) modifica l’articolo 30-sexies inserendovi il nuovo comma 2-bis, con il quale si prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il parere del gruppo di lavoro, può essere rideterminata la misura delle componenti del contributo per l’accesso all’archivio che costituisce il sistema.

 

L’articolo 30-sexies si occupa della procedure di riscontro dell’autenticità dei dati. La Consap (ente gestore dell’archivio) autorizza, di volta in volta, la procedura di collegamento dell'archivio alle banche dati degli organismi pubblici e privati. Ciascuna richiesta di verifica comporta, da parte dell'aderente, il pagamento di un contributo fisso tale da garantire la copertura del costo pieno del servizio svolto dal gestore (comma 2). La Consap è obbligata a fornire al MEF apposita rendicontazione sulle somme introitate e i costi sostenuti in rapporto al servizio.

La quota delle somme introitate dalla Consap non destinata a garantire le spese di progettazione e di realizzazione dell'archivio, nonché il costo pieno del servizio svolto dalla stessa, viene versata annualmente, dal medesimo ente, all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnata ad apposito programma dello stato di previsione del MEF, da destinare alla prevenzione dei reati finanziari (nuovo comma 1-bis dell’articolo 30-septies, inserito dal D.Lgs. n. 169/2012).


 

Articolo 17
(Misure per favorire realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico)

 


1. All'articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, dopo le parole: «Il FSE è istituito dalle regioni e province autonome,» sono inserite le seguenti: «conformemente a quanto disposto dai decreti di cui al comma 7, entro il 30 giugno 2015,»;

b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Per favorire la qualità, il monitoraggio, l'appropriatezza nella dispensazione dei medicinali e l'aderenza alla terapia ai fini della sicurezza del paziente, è istituito il dossier farmaceutico quale parte specifica del FSE, aggiornato a cura della farmacia che effettua la dispensazione»;

c) al comma 6, le parole: «senza l'utilizzo dei dati identificativi degli assistiti e dei documenti clinici presenti nel FSE» sono sostituite dalle seguenti: «senza l'utilizzo dei dati identificativi degli assistiti presenti nel FSE»;

d) al comma 7, le parole: «con decreto» sono sostituite dalle seguenti: «con uno o più decreti» e le parole: «i contenuti del FSE e» sono sostituite dalle seguenti: «i contenuti del FSE e del dossier farmaceutico nonché»;

e) al comma 15, dopo le parole: «dei servizi da queste erogate» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero partecipare alla definizione, realizzazione ed utilizzo dell'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità per il FSE conforme ai criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 7, resa disponibile dall'Agenzia per l'Italia digitale,»;

f) dopo il comma 15 sono aggiunti i seguenti:

«15-bis. Entro il 30 giugno 2014, le regioni e le province autonome presentano all'Agenzia per l'Italia digitale e al Ministero della salute il piano di progetto per la realizzazione del FSE, redatto sulla base delle linee guida rese disponibili dalla medesima Agenzia e dal Ministero della salute, anche avvalendosi di enti pubblici di ricerca, entro il 31 marzo 2014.

15-ter. L'Agenzia per l'Italia digitale, sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni e dalle province autonome, nell'ambito dei rispettivi piani, cura, in accordo con il Ministero della salute, con le regioni e le province autonome, la progettazione e la realizzazione dell'infrastruttura nazionale necessaria a garantire l'interoperabilità dei FSE.

15-quater. L'Agenzia per l'Italia digitale e il Ministero della salute operano congiuntamente, per le parti di rispettiva competenza, al fine di: a) valutare e approvare, entro sessanta giorni, i piani di progetto presentati dalle regioni e dalle province autonome per la realizzazione del FSE, verificandone la conformità a quanto stabilito dai decreti di cui al comma 7 ed in particolare condizionandone l'approvazione alla piena fruibilità dei dati regionali a livello nazionale, per indagini epidemiologiche, valutazioni statistiche, registri nazionali e raccolta di dati a fini di programmazione sanitaria nazionale; b) monitorare la realizzazione del FSE, da parte delle regioni e delle province autonome, conformemente ai piani di progetto approvati. La realizzazione del FSE in conformità a quanto disposto dai decreti di cui al comma 7 è compresa tra gli adempimenti cui sono tenute le regioni e le province autonome per l'accesso al finanziamento integrativo a carico del Servizio sanitario nazionale da verificare da parte del Comitato di cui all'articolo 9 dell'intesa sancita il 23 marzo 2005 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.

15-quinquies. Per il progetto FSE di cui al comma 15-ter, da realizzare entro il 31 dicembre 2015, è autorizzata una spesa non superiore a 10 milioni di euro per l'anno 2014 e a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, da definire su base annua con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze su proposta dell'Agenzia per l'Italia digitale».


 

 

A fronte di situazioni regionali molto diverse, l’articolo 17 stabilisce termini temporali certi per l’utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico-FSE su tutto il territorio nazionale. L’intervento legislativo apporta modifiche all’articolo 12 del decreto legge n. 179/2012[42], che istituisce il FSE, e affida alle regioni e alle province autonome il compito di realizzarlo, sulla base di criteri unitari a livello nazionale, da definirsi con decreti attuativi interministeriali.

 

Si ricorda che le principali tipologie di informazioni che il Fascicolo Sanitario Elettronico raccoglie e rende disponibili al medico e al paziente riguardano i seguenti ambiti: ricovero ospedaliero; specialistica ambulatoriale; prestazioni farmaceutiche; assistenza residenziale; assistenza domiciliare; accessi al Pronto Soccorso. Il Fascicolo Sanitario elettronico è il punto di aggregazione delle informazioni e dei documenti clinici generati dai vari attori del Sistema Sanitario; è pertanto indispensabile che tutti i dati clinici riferibili ad un paziente possano essere originati dai diversi titolari del trattamento operanti in uno stesso ambito territoriale. Al proposito si rinvia al recente Rapporto Osservatorio nazionale FSE: il valore di una ricerca [43], svolto attraverso l'Università di Urbino, che mette a confronto due tipologie di dati: le informazioni sul FSE precedenti al 2013 e quelle risultanti dalla stessa ricerca, provenienti da 238 Aziende sanitarie e 11 società ICT in house delle Regioni. Le conclusioni del Rapporto rilevano che il Fse è ormai una realtà diffusa nel Centro-Nord dove coinvolge già oltre 10 milioni di cittadini; si sta rapidamente evolvendo come progetto nazionale; le Regioni dotate di Società ICT in house hanno ottenuto i miglior risultati, ancora perfezionabili con il riuso delle soluzioni tecnologiche adottate; mentre appare necessario un sistema efficace di monitoraggio permanente della diffusione del FSE che coinvolga tutti i soggetti protagonisti attraverso un "Osservatorio Federato" di garanzia.

 

L’articolo 17, più volte modificato nel corso dell’esame parlamentare, stabilisce che:

§      entro e non oltre il 31 marzo 2014, l’Agenzia per l’Italia digitale e il Ministero della salute, anche avvalendosi di enti pubblici di ricerca, rendono disponibili Linee guida, sulla base delle quali deve essere redatto il piano di progetto regionale per la realizzazione del FSE. Tale previsione, non presente nel testo originario, è stata introdotta nel corso dell’esame parlamentare;

§      entro il 30 giugno 2014 - entro il 31 dicembre 2013 nel testo originario - le regioni e province autonome, sono tenute a presentare all’Agenzia per l’Italia digitale i piani di progetto per la sua realizzazione. L’Agenzia per l’Italia digitale ha il compito, insieme al Ministero della salute, di valutare ed approvare i piani di progetto regionali entro 60 giorni. In base ai piani presentati, l’Agenzia per l’Italia digitale cura la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura centrale, della quale, regioni e province autonome, possono avvalersi per l’attuazione del FSE. Successivamente, l’Agenzia e il Ministero della salute sono responsabili di monitorare che la realizzazione dei FSE sia conforme ai piani regionali presentati;

§      entro il 30 giugno 2015 - nel testo originario entro il 31 dicembre 2014 - le regioni e le province autonome devono provvedere all’istituzione del FSE (comma 1, lettera a) dell’articolo in esame);

§      entro il 31 dicembre 2015 il progetto FSE deve essere realizzato.

Nel corso dell’esame parlamentare, è stata fra l’altro decisa l’istituzione del dossier farmaceutico quale parte specifica del FSE, ed è divenuto più incisivo il ruolo delle regioni e delle province autonome nella definizione, realizzazione ed utilizzo dell'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità del FSE.

 

Nel dettaglio, sono state apportate le seguenti modifiche all’articolo 12 del decreto legge 179/2012:

§      la lettera b), inserisce dopo il comma 2 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012, il comma 2-bis che istituisce il dossier farmaceutico quale parte specifica del FSE. Il dossier farmaceutico è istituito per favorire la qualità, il monitoraggio e l'appropriatezza nella dispensazione dei medicinali nonché l'aderenza alla terapia ai fini della sicurezza del paziente. E’ aggiornato a cura della farmacia che effettua la dispensazione: divengono così tracciabili anche i farmaci acquistati direttamente dal paziente, quali i farmaci prescritti su ricetta bianca e i medicinali da banco;

§      la lettera c) modifica il comma 6 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012. Le regioni e le province autonome, insieme al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute, perseguono con il FSE, nel’ambito delle rispettive competenze, finalità di studio e di ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico, nonché finalità di programmazione, sanitaria, verifica delle qualità delle cure e valutazione dell’assistenza sanitaria. Tali finalità sono perseguite senza utilizzare i dati identificativi degli assistiti presenti nel FSE, secondo livelli di accesso, modalità e logiche di organizzazione ed elaborazione dei dati definiti con i decreti di cui al comma 7, in conformità ai principi di proporzionalità, necessità e indispensabilità nel trattamento dei dati personali. Precedentemente era previsto che non potessero essere utilizzati nemmeno i documenti clinici presenti nel FSE;

§      la lettera d), prevede che i decreti attuativi interministeriali, di cui al comma 7 dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012, definiscano, oltre ai contenuti del FSE, anche quelli del dossier farmaceutico.

 

Al proposito si ricorda che il comma 7 dell’articolo 12 del decreto legge n. 179/2012 prevede l’emanazione di uno o più decreti attuativi interministeriali per la definizione dei dati contenuti nel FSE, per le garanzie e le misure di sicurezza da adottare nel trattamento dei dati personali, nonché per le modalità ed i diversi livelli di accesso. I decreti attuativi, la cui emanazione era prevista entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 179/2012, non risultano emanati.

 

§      la lettera e) incide sul comma 15 dell’articolo 12 del decreto legge n. 179/2012. Rispetto al testo originario del decreto, diviene più incisivo il ruolo delle regioni e delle province autonome nella definizione, realizzazione ed utilizzo dell'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità per il FSE. In particolare, per l’attuazione delle disposizioni in materia di FSE, le regioni e le province autonome possono realizzare infrastrutture tecnologiche condivise a livello sovra-regionale, e avvalersi, anche mediante riuso, delle infrastrutture tecnologiche per il FSE già realizzate da altre regioni, o dei servizi da queste erogate, ovvero partecipare alla definizione, realizzazione ed utilizzo dell'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità per il FSE conformemente ai criteri stabiliti dai decreti attuattivi interministeriali (di cui al comma 7 dell’articolo 12 del decreto legge n. 179/2012). L’infrastruttura nazionale è resa disponibile dall'Agenzia per l'Italia digitale;

§      la lettera f) inserisce nel corpo dell’articolo 12 i commi da 15-bis a 15-quinquies, che definiscono le fasi procedurali per la realizzazione del FSE.

 

Il comma 15-bis fissa al 30 giugno 2014, il termine entro il quale le regioni e le province autonome presentano all'Agenzia per l'Italia digitale e al Ministero della salute, il piano di progetto per la realizzazione del FSE. Il piano deve essere redatto sulla base di linee guida rese disponibili entro il 31 marzo 2014 dalla medesima Agenzia e dal Ministero della salute, che a tal fine possono avvalersi di enti pubblici di ricerca.

 

Il comma 15-ter prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale, sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni e dalle province autonome, nell'ambito dei rispettivi piani, curi, in accordo con il Ministero della salute, con le regioni e le province autonome, la progettazione e la realizzazione dell'infrastruttura nazionale necessaria a garantire l'interoperabilità dei fascicoli regionali.

 

Il comma 15-quater chiarisce che l’Agenzia per l’Italia digitale e il Ministero della salute operano congiuntamente, per le parti di rispettiva competenza, al fine di:

a)   valutare e approvare, entro 60 giorni, i piani di progetto presentati dalle regioni e province autonome per la realizzazione del FSE, verificandone la conformità ai criteri stabiliti dai decreti attuativi interministeriali di definizione del FSE. L'approvazione dei piani di progetto è condizionata alla verifica della piena fruibilità dei dati regionali a livello nazionale per indagini epidemiologiche, valutazioni statistiche, registri nazionali e raccolta dati a fini di programmazione sanitaria nazionale;

b)   monitorare che le regioni e le province autonome realizzino il FSE conformemente ai piani di progetto approvati. Con modifica introdotta in sede referente, si stabilisce infine che la realizzazione del FSE, in conformità a quanto disposto dai decreti attuativi interministeriali, è ricompresa tra gli adempimenti cui sono tenute le regioni per l’accesso al finanziamento integrativo a carico del SSN da verificarsi da parte del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA.

 

Infine, il comma 15-quinquies reca l’autorizzazione di spesa per la progettazione e la realizzazione dell'infrastruttura nazionale necessaria a garantire l'interoperabilità dei fascicoli regionali. Contestualmente, viene fissato al 31 dicembre 2015 il termine entro cui realizzare il progetto FSE. A tal fine, è autorizzata una spesa non superiore ai 10 milioni di euro per il 2014 e a 5 milioni di euro a decorrere dal 2015, da definire su base annua con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze su proposta dell'Agenzia per l'Italia digitale.


 

Articolo 17-bis
(Modifica all'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559, in materia di compiti dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato)

 


1. All'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«10-bis. Ai fini del presente articolo, ferme restando le specifiche disposizioni legislative in materia, sono considerati carte valori i prodotti, individuati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, aventi almeno uno dei seguenti requisiti:

a) sono destinati ad attestare il rilascio, da parte dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni, di autorizzazioni, certificazioni, abilitazioni, documenti di identità e riconoscimento, ricevute di introiti, ovvero ad assumere un valore fiduciario e di tutela della fede pubblica in seguito alla loro emissione o alle scritturazioni su di essi effettuate;

b) sono realizzati con tecniche di sicurezza o con impiego di carte filigranate o similari o di altri materiali di sicurezza ovvero con elementi o sistemi magnetici ed elettronici in grado, unitamente alle relative infrastrutture, di assicurare un'idonea protezione dalle contraffazioni e dalle falsificazioni».


 

 

L’articolo 17-bis modifica l’articolo 2 della legge n. 559/1966[44] recante i compiti dell’Istituto Poligrafico dello Stato, introducendovi un nuovo comma 11, al fine di disciplinare i criteri generali per la definizione delle carte-valori.

 

Si ricorda che la legge n. 559/1966 ha disposto la trasformazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato da ente pubblico economico in società per azioni, disciplinandone i relativi ambiti di operatività. In particolare, ai sensi dell’articolo 2 della citata legge, l’Istituto ha compiti di produzione e di fornitura della carta, delle carte valori, degli stampati e delle pubblicazioni anche su supporti informatici per il fabbisogno delle amministrazioni statali[45].

 

In virtù del comma introdotto dall’articolo in esame, sono considerate carte-valori i prodotti individuati con decreto non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, i quali abbiano almeno uno dei seguenti requisiti:

§      sono destinati ad attestare il rilascio da parte dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni di autorizzazioni, certificazioni, abilitazioni, documenti di identità e riconoscimento, ricevute di introiti, ovvero ad assumere un valore fiduciario e di tutela della fede pubblica;

§      sono realizzati con tecniche di sicurezza o con impiego di carte filigranate o similari o di altri materiali di sicurezza o con elementi o sistemi magnetici ed elettronici in grado di assicurare idonea protezione dalle contraffazioni e falsificazioni.


 

Articolo 17-ter
(Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale
di cittadini e imprese)

 


1. Al comma 2 dell'articolo 64 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Con l'istituzione del sistema SPID di cui al comma 2-bis, le pubbliche amministrazioni possono consentire l'accesso in rete ai propri servizi solo mediante gli strumenti di cui al comma 1, ovvero mediante servizi offerti dal medesimo sistema SPID».

2. Dopo il comma 2 dell'articolo 64 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, come da ultimo modificato dal presente articolo, sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Per favorire la diffusione di servizi in rete e agevolare l'accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, anche in mobilità, è istituito, a cura dell'Agenzia per l'Italia digitale, il sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese (SPID).

2-ter. Il sistema SPID è costituito come insieme aperto di soggetti pubblici e privati che, previo accreditamento da parte dell'Agenzia per l'Italia digitale, secondo modalità definite con il decreto di cui al comma 2-sexies, gestiscono i servizi di registrazione e di messa a disposizione delle credenziali e degli strumenti di accesso in rete nei riguardi di cittadini e imprese per conto delle pubbliche amministrazioni, in qualità di erogatori di servizi in rete, ovvero, direttamente, su richiesta degli interessati.

2-quater. Il sistema SPID è adottato dalle pubbliche amministrazioni nei tempi e secondo le modalità definiti con il decreto di cui al comma 2-sexies.

2-quinquies. Ai fini dell'erogazione dei propri servizi in rete, è altresì riconosciuta alle imprese, secondo le modalità definite con il decreto di cui al comma 2-sexies, la facoltà di avvalersi del sistema SPID per la gestione dell'identità digitale dei propri utenti. L'adesione al sistema SPID per la verifica dell'accesso ai propri servizi erogati in rete per i quali è richiesto il riconoscimento dell'utente esonera l'impresa da un obbligo generale di sorveglianza delle attività sui propri siti, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70.

2-sexies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono definite le caratteristiche del sistema SPID, anche con riferimento:

a) al modello architetturale e organizzativo del sistema;

b) alle modalità e ai requisiti necessari per l'accreditamento dei gestori dell'identità digitale;

c) agli standard tecnologici e alle soluzioni tecniche e organizzative da adottare anche al fine di garantire l'interoperabilità delle credenziali e degli strumenti di accesso resi disponibili dai gestori dell'identità digitale nei riguardi di cittadini e imprese, compresi gli strumenti di cui al comma 1;

d) alle modalità di adesione da parte di cittadini e imprese in qualità di utenti di servizi in rete;

e) ai tempi e alle modalità di adozione da parte delle pubbliche amministrazioni in qualità di erogatori di servizi in rete;

f) alle modalità di adesione da parte delle imprese interessate in qualità di erogatori di servizi in rete».

3. Il sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese (SPID) è realizzato utilizzando le risorse finanziarie già stanziate a legislazione vigente per l'Agenzia per l'Italia digitale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


L’articolo 17-ter, introdotto in sede di conversione del decreto-legge, novella l’articolo 64 del Codice dell’amministrazione digitale, adottato con il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (CAD) al fine di istituire il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID).

 

Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) sancisce che l’identificazione informatica di un soggetto consiste nella validazione dell’insieme di dati attribuiti in modo esclusivo ed univoco ad esso, consentendone l’identificazione nei sistemi informativi. L’identificazione deve essere effettuata attraverso opportune tecnologie atte a garantire la sicurezza dell’accesso. Ai sensi dell’articolo 64 del CAD, le amministrazioni possono consentire l’accesso ai servizi on-line che richiedono l’identificazione informatica, oltre che mediante la carta di identità elettronica (CIE) e la carta nazionale dei servizi (CNS), anche utilizzando strumenti diversi di identificazione certa del soggetto richiedente. Pertanto, nulla osta a che le amministrazioni pubbliche rendano disponibili sistemi di identificazione informatica alternativi, purché consentano l’accesso ai servizi anche con carta di identità elettronica e carta nazionale dei servizi.

Si ricorda che DigitPA (oggi Agenzia per l’Italia digitale) ha sviluppato un modello di Gestione Federata dell'Identità Digitale GFID per il Sistema Pubblico di Connettività (Spc), consultabile alla seguente pagina:

http://www.digitpa.gov.it/sites/default/files/allegati_tec/SPCoop-ModelloGFID_V1.5.1.pdf

 

La disposizione di cui all’articolo 17-ter prevede, con l’introduzione dei commi da 2-bis a 2-sexies del citato art. 64 CAD, un nuovo sistema, denominato SPID, funzionale ad agevolare cittadini ed imprese nell’accesso ai servizi erogati in rete da parte delle pubbliche amministrazioni. A tal fine, il sistema è costituito mettendo insieme i soggetti pubblici e privati (identity provider) che gestiscono i servizi di registrazione e di rilascio delle credenziali e degli strumenti di accesso in rete a cittadini e imprese per conto delle pubbliche amministrazioni, in qualità di erogatori di servizi in rete, ovvero, direttamente, su richiesta degli interessati (comma 2-ter).

Con D.P.C.M., adottato su proposta del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono definite:

§      le caratteristiche del sistema, che comprendono il modello architetturale e organizzativo, nonché gli standard tecnologici e le soluzioni per garantire l’interoperabilità delle credenziali e degli strumenti di accesso nei riguardi di cittadini e imprese (comma 2-sexies);

§      le modalità di adesione da parte di cittadini e imprese in qualità di utenti di servizi in rete, nonché quelle delle imprese in qualità di erogatori di servizi in rete (comma 2-sexies);

§      le modalità di accreditamento da parte dell’Agenzia per l’Italia digitale dei soggetti che gestiscono la registrazione e l’accesso in rete, c.d. gestori dell’identità digitale (comma 2-ter);

§      i tempi e le modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni in qualità di erogatori di servizi in rete (comma 2-quater).

 

È inoltre riconosciuta alle imprese la facoltà di avvalersi del sistema SPID per la verifica dell’accesso ai propri servizi erogati in rete da parte dei rispettivi utenti: l’adesione esonera l’impresa dall’obbligo generale di sorveglianza delle attività sui propri siti, ai sensi del D.Lgs. n. 70/2003 (art. 17), che riguarda in particolare il commercio elettronico (comma 2-quinquies).

 

L’istituzione del sistema SPID è realizzata e curata dall’Agenzia per l’Italia digitale (comma 2-bis) utilizzando le risorse finanziarie già stanziate a legislazione vigente in favore di tale organismo. Una volta istituito il Sistema, l’accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni potrà avvenire esclusivamente mediante i servizi offerti dal Sistema, oltre che tramite la carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi.


 

Articolo 18, commi 1-3, 11 e 12
(Fondo per il finanziamento di infrastrutture cantierate o cantierabili)

 


1. Per consentire nell'anno 2013 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un Fondo con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro, di cui 335 milioni di euro per l'anno 2013, 405 milioni di euro per l'anno 2014, 652 milioni di euro per l'anno 2015, 535 milioni di euro per l'anno 2016 e 142 milioni di euro per l'anno 2017. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti presenta semestralmente alle Camere una documentazione conoscitiva e una relazione analitica sull'utilizzazione del Fondo di cui al presente comma.

2. Con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si provvede all'individuazione degli specifici interventi da finanziare e all'assegnazione delle risorse occorrenti, nei limiti delle disponibilità annuali del Fondo di cui al comma 1. Gli interventi finanziabili ai sensi del presente comma riguardano il completamento delle infrastrutture di rilevanza strategica nazionale in corso di realizzazione, il potenziamento dei nodi, dello standard di interoperabilità dei corridoi europei e il miglioramento delle prestazioni della rete e dei servizi ferroviari, il collegamento ferroviario funzionale tra la Regione Piemonte e la Valle d'Aosta, il superamento di criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie, l'asse di collegamento tra la strada statale 640 e l'autostrada A19 Agrigento - Caltanissetta, gli assi autostradali Pedemontana Veneta e Tangenziale Esterna Est di Milano. Per quest'ultimo intervento, l'atto aggiuntivo di aggiornamento della convenzione conseguente all'assegnazione del finanziamento è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottarsi entro trenta giorni dalla trasmissione dell'atto convenzionale ad opera dell'amministrazione concedente. Gli interventi rispondenti alle finalità di potenziamento dei nodi, dello standard di ínteroperabilità dei corridoi europei e del miglioramento delle prestazioni della rete e dei servizi ferroviari sono in ogni caso riferiti a infrastrutture comprese nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, per le quali si sono perfezionate le procedure di individuazione con il coinvolgimento degli enti territoriali.

3. Con delibere CIPE, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto possono essere finanziati, a valere sul fondo di cui al comma 1, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, l'asse viario Quadrilatero Umbria-Marche, la tratta Colosseo - Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma, la linea M4 della metropolitana di Milano, il collegamento Milano-Venezia secondo lotto Rho-Monza, nonché, qualora non risultino attivabili altre fonti di finanziamento, la linea 1 della metropolitana di Napoli, l'asse autostradale Ragusa-Catania e la tratta Cancello - Frasso Telesino della linea AV/AC Napoli-Bari.

11. Il mancato conseguimento, alla data del 31 dicembre 2013, delle finalità indicate al comma 1, determina la revoca del finanziamento assegnato ai sensi del presente articolo. Con i provvedimenti di assegnazione delle risorse di cui ai commi 2 e 3 sono stabilite, in ordine a ciascun intervento, le modalità di utilizzo delle risorse assegnate, di monitoraggio dell'avanzamento dei lavori e di applicazione di misure di revoca. Le risorse revocate confluiscono nel Fondo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

12. Le risorse assegnate a valere sul Fondo di cui al comma 1 non possono essere utilizzate per la risoluzione di contenziosi.

 


 

 

L’articolo 18 prevede, al comma 1, l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un Fondo con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro ripartita per cinque anni, di cui:

§      335 milioni di euro per l’anno 2013;

§      405 milioni di euro per l’anno 2014;

§      652 milioni di euro per l’anno 2015;

§      535 milioni di euro per l’anno 2016;

§      142 milioni di euro per l’anno 2017.

Il comma 1 precisa che il Fondo è volto a consentire nell’anno 2013 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori.

 

Il Fondo ha delle caratteristiche di assoluta novità in quanto andrà a finanziare sia infrastrutture comprese nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd. “legge obiettivo”) che opere non incluse in tale programma. Accanto ad interventi relativi alle infrastrutture strategiche il Fondo andrà a finanziare anche interventi di manutenzione del territorio e per la sua messa in sicurezza, nonché interventi di piccola dimensione. Si tratta, pertanto, di uno strumento di carattere straordinario giustificato dall’esigenza, enunciata nella norma e nelle relazioni di accompagnamento, di rilancio della realizzazione del settore infrastrutturale nell’attuale situazione economica (l’articolo 18 è il primo articolo compreso nel capo III recante misure per il rilancio delle infrastrutture).

Con riguardo all’assegnazione delle risorse del Fondo, in via generale si rileva che i commi 2 e 3 prevedono distinte procedure di assegnazione delle risorse a seconda che gli interventi necessitino o meno di ulteriori procedure autorizzatorie e/o approvative. I successivi commi 5 e 9 prevedono ulteriori interventi a valere sulle risorse del Fondo, ma in deroga alle procedure di cui al comma 2. Per le considerazioni inerenti invece gli interventi di cui al comma 10 si rinvia alla relativa scheda di commento.

Nel corso dell’esame parlamentare, è stato inserita una previsione in base alla quale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti presenta semestralmente al Parlamento una documentazione conoscitiva e una relazione analitica sull'utilizzazione del Fondo di cui al comma 1.

Si segnala che l’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture, trasmesso al Parlamento il 30 settembre 2013, reca una voce denominata “Decreto fare”, che è stata inserita nelle Tabelle del Programma suddivisa tra alcuni interventi di seguito specificati.

Interventi finanziabili (comma 2)

In particolare, il comma 2 elenca gli interventi, finanziabili con le risorse assegnate al Fondo, che dovranno essere individuati, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il comma 2 provvede ad elencare specifici interventi, ma reca anche interventi di carattere generico. Con riguardo agli interventi finanziabili di carattere generico, essi riguardano:

§      il completamento delle infrastrutture di rilevanza strategica nazionale in corso di realizzazione;

§      il potenziamento dei nodi;

§      lo standard di interoperabilità dei corridoi europei e il miglioramento delle prestazioni della rete e dei servizi ferroviari;

§      il superamento di criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie.

Si segnala che il comma 10 dell’articolo 18 (alla cui scheda di commento si rinvia) reca disposizioni in ordine alla definizione di un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale d’interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA che, secondo quanto rilevato dalla relazione tecnica, dovrebbe essere finanziato a valere sulle risorse del Fondo.

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture ha incluso, nell’ambito della macrovoce relativa al “Decreto Fare” il Programma Piccoli interventi ANAS” dell’importo di 300 milioni di euro.

 

Nel corso dell’esame parlamentare, è stato specificato che gli interventi rispondenti alle finalità di potenziamento dei nodi, dello standard di interoperabilità dei corridoi europei e del miglioramento delle prestazioni della rete e dei servizi ferroviari sono in ogni caso riferiti a infrastrutture comprese nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, per le quali si sono perfezionate le procedure di individuazione con il coinvolgimento degli enti territoriali.

 

Per quanto riguarda invece gli specifici interventi finanziabili, essi riguardano:

§      il collegamento ferroviario funzionale tra la Regione Piemonte e la Valle d’Aosta;

Per tale intervento l’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture espone un costo di 27 milioni di euro.

§      l’asse di collegamento tra la strada statale 640 e l’autostrada A19 Agrigento – Caltanissetta;

L'opera, suddivisa in due lotti, è riportata nell’aggiornamento dell’11° Allegato Infrastrutture allegato al Documento di economia e finanza 2013 rispettivamente con i seguenti costi: 499,5 milioni di euro (lotto 1) e 990 milioni di euro (lotto 2) interamente disponibili.

§      gli assi autostradali Pedemontana Veneta e Tangenziale Esterna Est di Milano. Per l’intervento relativo alla Tangenziale, la norma in commento prevede che l’atto aggiuntivo di aggiornamento della convenzione conseguente all’assegnazione del finanziamento è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi entro trenta giorni dalla trasmissione dell’atto convenzionale ad opera dell’amministrazione concedente.

Ulteriori interventi finanziabili con delibere CIPE (comma 3)

Il comma 3 prevede che entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con delibere CIPE possono essere finanziate, a valere sulle risorse del suddetto Fondo, nei limiti delle risorse annualmente disponibili:

§      l’asse viario Quadrilatero Umbria-Marche;

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture riporta un costo complessivo dell’opera in circa 2,5 miliardi di euro con un fabbisogno di 786,70 milioni di euro [46].

§      la tratta Colosseo – Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma;

Si rinvia alla scheda di commento del comma 6 dell’articolo 18, che detta le condizioni per la sottoposizione di tale tratta al CIPE.

§      la linea M4 della metropolitana di Milano;

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture espone un costo complessivo dell’opera risulta di circa 1,8 miliardi di euro[47].

§      il collegamento Milano-Venezia secondo lotto Rho-Monza.

Per tale intervento l’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture espone un costo di 55 milioni di euro. Nella seduta dell’8 agosto 2013, il CIPE ha assegnato, con prescrizioni, 55 milioni di euro per la “S.P. 46 Rho-Monza – lotto 2, variante di attraversamento in sotterranea della linea ferroviaria Milano-Saronno (FNM)”.

 

Nel caso in cui non risultino attivabili altre fonti di finanziamento,con delibere del CIPE potranno altresì essere finanziati i seguenti interventi:

§      la linea 1 della metropolitana di Napoli[48];

§      l’asse autostradale Ragusa-Catania[49];

§      la tratta Cancello – Frasso Telesino della linea AV/AC Napoli-Bari.

In base all’11° aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche, il costo dell’opera ammonta a 730 milioni di euro interamente disponibili.

 

Si tratta di interventi localizzati nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza che – come precisato dalla relazione tecnica – potranno accedere agli interventi del Fondo “solo nel caso in cui non risultassero attivabili le risorse del PON reti e viabilità allo stato non utilizzate ferma restando la procedura di riprogrammazione”.

Utilizzo e revoca delle risorse del Fondo (commi 11 e 12)

Il comma 11 prevede, nel caso in cui, entro il 31 dicembre 2013, non siano conseguite le finalità indicate al comma 1, la revoca dei finanziamenti assegnati a valere sul Fondo istituito ai sensi del comma 1 dell’articolo 18.

Nei decreti ministeriali e nelle delibera CIPE, con cui sono assegnate le risorse previste ai commi 2 e 3, devono essere stabiliti per ciascun intervento:

§      le modalità di utilizzo delle risorse assegnate;

§      il monitoraggio dell’avanzamento dei lavori;

§      l’applicazione di misure di revoca.

Le risorse revocate confluiscono nel Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico, nonché per gli interventi per la salvaguardia della laguna di Venezia, di cui all’articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.

Il comma 12 stabilisce che le risorse assegnate a valere sul Fondo di cui al comma 1 non possono essere utilizzate per la risoluzione di contenziosi.


 

Articolo 18, comma 4
(Corridoio tirrenico meridionale A12 – Appia e bretella autostradale Cisterna Valmontone)

 

4. Le risorse già assegnate con la delibera CIPE n. 88/2010 al «Corridoio tirrenico meridionale A12 - Appia e bretella autostradale Cisterna Valmontone» sono indistintamente utilizzabili per i lotti in cui è articolata l'opera. L'opera, interamente messa a gara, può essere realizzata e finanziata per lotti funzionali, senza alcun obbligo del concedente nei confronti del concessionario al finanziamento delle tratte non coperte ove nei tre anni successivi all'aggiudicazione non vengano reperite le risorse necessarie.

 

 

Il comma 4 dell’articolo 18 prevede l’utilizzazione indistinta delle risorse, già assegnate con la delibera CIPE n. 88/2010, per i lotti in cui è articolata l’opera “Corridoio tirrenico meridionale A12 – Appia e bretella autostradale Cisterna Valmontone”.

La norma prevede che l’opera, che deve essere interamente messa a gara, può essere realizzata e finanziata per lotti funzionali e, in assenza di finanziamento per la realizzazione delle tratte nei tre anni successivi all’aggiudicazione dell’opera, non è previsto alcun obbligo del concedente al finanziamento delle tratte medesime nei confronti del concessionario.

 

Il Corridoio Tirrenico Meridionale A12 – Formia e Cisterna – Valmontone, inserito nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”), è stato approvato dal CIPE a livello di progetto preliminare con delibera n. 50 del 2004, e riguardava un primo stralcio funzionale comprendente il Corridoio Tirrenico Meridionale, Tratta A12 – Sabaudia/Terracina e la tratta Cisterna Valmontone, rinviandosi ad una nuova e diversa progettazione preliminare il secondo stralcio del Corridoio Tirrenico Meridionale costituito dalla tratta Sabaudia/Terracina – Formia. Con la medesima delibera veniva assegnato un finanziamento di 259,5 milioni di euro (in termini di volume di investimenti) allo stralcio funzionale del Corridoio Tirrenico Meridionale, tratta A12 – Sabaudia/Terracina e un finanziamento di 100 milioni di euro (in termini di volume di investimenti) alla tratta Cisterna – Valmontone.

Con la delibera CIPE n. 88 del 2010, sono stati approvati i progetti definitivi: a) della tratta autostradale “Roma (Tor de’ Cenci) - Latina Nord (Borgo Piave)”, comprensiva delle complanari; b) della tratta autostradale “Cisterna – Valmontone”; c) delle relative opere connesse:- tangenziale di Labico;- asse secondario tra la SR “Ariana” e la SP “Artena – Cori”;- tangenziale di Lariano, nonché dei seguenti progetti preliminari delle ulteriori opere connesse: a) tangenziale di Latina; b) asse viario di collegamento tra Velletri e la SP “Velletri – Cori”; c) miglioramenti funzionali delle viabilità esistenti:- via dei Giardini (dallo svincolo di Aprilia Sud alla SR Nettunense);- via Apriliana (tra lo svincolo di Aprilia Nord e la stazione di Campoleone di Latina);- la SP “Velletri – Cori” (tra il nuovo asse di collegamento con Velletri e la tangenziale di Lariano). Con la medesima delibera si è preso atto che il soggetto aggiudicatore, al fine di eseguire in modo organico l’intervento, dovesse procedere con l’indizione di una unica procedura di gara ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione di una concessione di costruzione e gestione, ponendo a base di gara i predetti progetti definitivi e preliminari, nonché la progettazione del Collegamento A12 – Roma (Tor de’ Cenci). Nella delibera si specifica che i contributi assegnati con delibera CIPE n. 50/2004 a valere sulle risorse destinate alle infrastrutture strategiche dalla legge n. 166/2002, sono allocati a favore dell’intero sistema autostradale oggetto della delibera e relative opere connesse e che tali contributi pubblici a fondo perduto, pari a 468,4 milioni di euro, sono destinati all’abbattimento del costo iniziale dell’intervento.

La Corte dei conti, con deliberazione 7/2013, ha ricusato il visto e la registrazione della delibera CIPE n. 86 del 2012 relativa all’approvazione del progetto definitivo dell’intervento “Completamento corridoio tirrenico meridionale A12- Appia e bretella autostradale Cisterna-Valmontone, tratto A12 Roma Civitavecchia – Roma (Tor de’ Cenci)”, con reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio apposto con precedente delibera del CIPE n. 50/2004, nonché al parere sullo schema di convenzione. La delibera n. 86, secondo quanto si apprende dalla descrizione del contenuto nella deliberazione della Corte Conti, specifica che, riguardo al collegamento Cisterna Valmontone ed opere connesse, la progettazione, realizzazione e gestione restano subordinate all’avverarsi della condizione che si realizzi l’assegnazione di ulteriori risorse pubbliche necessarie, entro il termine di tre anni decorrenti dalla data di perfezionamento della citata convenzione. In tale prospettiva, la delibera del CIPE puntualizza che la copertura finanziaria viene assicurata nell’ambito del piano economico e finanziario riferito alle tratte A12 – Roma (Tor Dè Cenci) – Latina (Borgo Piave) con un contributo pubblico pari a 468,1 meuro, con l’ulteriore disposizione (punto 3 del deliberato) che formino oggetto della convenzione le sole tratte per le quali è disponibile la copertura finanziaria “nel presupposto che lo Stato non assume nessun obbligo di finanziamento delle tratte attualmente non coperte finanziariamente”.

Nel rinviare al contenuto della deliberazione 7/2013 per una ricostruzione puntuale della complessa vicenda, si segnala in questa sede che la Corte ha eccepito che la delibera non chiarisce, con puntuali prescrizioni, le ragioni e i criteri in base ai quali si è provveduto alla destinazione delle risorse assegnate esclusivamente al collegamento tra l’area pontina e l’A2 Cisterna Valmontone alle tratte A12 Roma Tor De Cenci e Roma Tor De Cenci - Latina Borgo Piave oggetto dello schema di convenzione.

Nel corso dello svolgimento di un atto di sindacato ispettivo presso l’VIII Commissione è stato precisato, nella risposta fornita dal dicastero di merito, che “la destinazione dei fondi all'intera opera è risultata, a parere della Corte, non univocamente stabilita per il lotto funzionale; tale interpretazione potrà essere corretta con opportuna definizione dell'utilizzo dei fondi”[50].

Per un approfondimento riguardante i profili economici e temporali dell’opera, vedi la scheda presente nel 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” – predisposta dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) - relativa al Sistema Intermodale Integrato Pontino Roma–Latina e Cisterna-Valmontone (aggiornata al 30 settembre 2012).

Nella seduta del CIPE del 2 agosto 2013, secondo quanto si apprende dal comunicato ufficiale, è stato approvato con prescrizioni il progetto definitivo del “collegamento autostradale A12 Roma-Civitavecchia – Roma Pontina (Tor de’ Cenci)”, previa reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio sugli immobili interessati dal km 5+400 al termine dell’intervento; il Comitato ha altresì valutato positivamente con prescrizioni lo schema di convenzione per l’affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e gestione del corridoio intermodale Roma-Latina e del collegamento Cisterna-Valmontone

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza 2013, trasmesso al Parlamento il 30 settembre 2013, riporta: per l’opera Cisterna - Valmontone e opere connesse un costo di 714,09 milioni di euro da reperire; per il collegamento A12 Roma (Tor de' Cenci) un costo di 498,63 milioni di euro interamente disponibili; per il Corridoio Intermodale Integrato Pontino Roma – Latina un costo di 1515,93 milioni di euro interamente disponibili.


 

Articolo 18, comma 5
(Assegnazione di risorse alla società concessionaria Strada
dei parchi S.p.A.)

 


5. Per assicurare la continuità funzionale e per lo sviluppo degli investimenti previsti nella Convenzione vigente relativa alla realizzazione e gestione delle tratte autostradali A24 e A25 «Strade dei Parchi», a valere sul Fondo di cui al comma 1, ed in deroga alla procedura di cui al comma 2, è destinato alla società concessionaria, secondo le modalità previste dal Verbale d'Intesa sottoscritto da ANAS S.p.A. e Strada dei Parchi S.p.A. il 16 dicembre 2010, l'importo complessivo di 90,7 milioni di euro, in ragione di 82,2 milioni di euro per l'anno 2013 e 8,5 milioni di euro per l'anno 2014, di cui 34,2 milioni di euro quale contributo dovuto dallo Stato e 56,5 milioni di euro in via di anticipazione a fronte del contributo dovuto dalla Regione Lazio, dalla Provincia e dal Comune di Roma ai sensi della Convenzione. Le risorse anticipate vengono restituite dalla Regione e dagli enti locali interessati entro il 31 dicembre 2015, con versamento all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.


 

 

Il comma 5 prevede, al fine di assicurare la continuità funzionale e la realizzazione degli investimenti previsti nella Convenzione vigente per la realizzazione e la gestione delle tratte autostradali A24 e A25 “Strade dei Parchi”, l’assegnazione di 90,7 milioni di euro (82,2 milioni di euro per l’anno 2013 e 8,5 milioni di euro per l’anno 2014) alla società concessionaria utilizzando le risorse del Fondo istituito al comma 1, in deroga alla procedura di cui al comma 2 che l’approvazione di appositi decreti ministeriali. La norma specifica che il predetto importo è destinato alla società concessionaria secondo le modalità previste dal Verbale d’Intesa sottoscritto da ANAS S.p.A. e Strada dei Parchi S.p.A il 16 dicembre 2010.

 

In particolare, dei 90,7 milioni di euro stanziati, 34,2 milioni sono un contributo statale e 56,5 milioni un’anticipazione del contributo dovuto dalla Regione Lazio, dalla Provincia e dal Comune di Roma ai sensi della citata Convenzione (in cui la Società Strada dei Parchi S.p.A. si è impegnata a progettare e realizzare una viabilità complanare all’autostrada A24, tra la Barriere di Roma Est e Via P. Togliatti, che prevede il contributo economico del Ministero delle Infrastrutture, della Regione Lazio, della Provincia di Roma e del Comune di Roma, per un investimento complessivo di 259 milioni di euro)[51]. Le risorse anticipate, entro il 31 dicembre 2015, dovranno essere versate al bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al "Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi di cui all'articolo 6 della legge 29 novembre 1984, n. 798" di cui all’articolo 32, comma 1, del D.L. n. 98/2011 (sul Fondo si veda la scheda di commento riferita ai commi da 1 a 3, nonché 11 e 12 dell’articolo 18).

Il raggruppamento Autostrade S.p.A.-Toto S.p.A. ha costituito la Società Strada dei Parchi S.p.A., che, dal 1° gennaio 2003, è subentrata alla precedente gestione per conto ANAS. La società ha pertanto la concessione di costruzione ed esercizio delle autostrade A24 (Roma-L’Aquila-Teramo) e A25 (Torano-Avezzano-Pescara): un sistema che costituisce collegamento tra il versante tirrenico e quello adriatico, formando una connessione tra l’Autostrada del Sole A1 (Milano-Napoli) e l’Autostrada Adriatica A14 (Bologna-Bari-Taranto). Il 18 novembre 2009 è stata sottoscritta la Nuova Convenzione Unica tra ANAS S.p.a. e Strada dei Parchi S.p.a., approvata dal CIPE con delibera 20/2010. La scadenza della concessione è fissata al 31 dicembre 2030.

 

Da ultimo, si rammenta che il comma 183 dell’articolo unico della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) prevede che il Governo possa procedere, fatta salva la preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria, ad una rinegoziazione con la società concessionaria delle autostrade A24-A25 delle condizioni della concessione anche al fine di evitare un incremento delle tariffe non sostenibile per l'utenza alle condizioni indicate nella norma.


 

Articolo 18, comma 6
(Disposizioni concernenti la linea C della metropolitana di Roma)

 

6. Entro il 30 ottobre 2013 viene sottoposto al CIPE il progetto definitivo della tratta Colosseo - Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma, da finanziarsi a valere sul Fondo di cui al comma 1 a condizione che la tratta completata della stessa linea C da Pantano a Centocelle sia messa in pre-esercizio entro il 15 dicembre 2013.

 

 

Il comma 6 dell’articolo 18 prevede che, entro il 30 ottobre 2013, il progetto definitivo della tratta Colosseo - Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma debba essere sottoposto al CIPE. Ai fini del finanziamento del progetto possono essere utilizzate le risorse del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, a condizione che la tratta completata Pantano - Centocelle della stessa linea C venga messa in pre-esercizio entro il 15 dicembre 2013. Si rammenta che il comma 3 del medesimo articolo 18 già demanda a delibere CIPE, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la possibilità di finanziare a valere sulle risorse del Fondo istituito dal comma 1 dell’articolo 18 alcune opere strategiche tra le quali la tratta Colosseo – Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma. La disposizione in commento, pertanto, detta le condizioni alle quali la tratta è sottoposta all’esame del CIPE e la data entro la quale avverrà detto esame.

Il tracciato della Linea C della metropolitana di Roma comprende 42 stazioni per una lunghezza complessiva di 42 km, in parte ad automazione integrale (treni con guida senza macchinista). Nel dettaglio il tracciato fondamentale si articola in 6 tratte: - T2: Clodio/Mazzini–Fori Imperiali/Colosseo - T3: Fori Imperiali/Colosseo-San Giovanni - T4: San Giovanni-Malatesta - T5: Malatesta-Teano-Alessandrino - T6A: Alessandrino-Bivio Torrenova - T7: Bivio Torrenova-Pantano e deposito graniti.

L’opera è finanziata nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”) [52].

La tratta T2 Clodio/Mazzini–Fori Imperiali/Colosseo, secondo quanto riportato nell’aggiornamento dell’XI Allegato al Documento di economia e finanza 2013 trasmesso al Parlamento nel mese di settembre 2013, ha un costo di 769,44 milioni di euro. La disposizione in commento fa riferimento alla tratta Colosseo – Piazza Venezia nell’ambito della linea T2.

Per quanto riguarda invece le tratte T6A, T7, e deposito graniti, nel cui ambito è inclusa la tratta Pantano – Centocelle, secondo quanto riportato nel citato Allegato, il costo complessivo è pari a circa 930 milioni di euro interamente disponibili. In particolare, la tratta Pantano – Centocelle risulta in fase di ultimazione.

Con la delibera del CIPE n. 84 del 2011 è stata approvata la variante relativa all’utilizzo delle terre da scavo delle tratte T4 - T5 e T6A comprese nel tracciato fondamentale ed è stato individuato nell’importo di 3.486,864 milioni di euro il «limite di spesa» del tracciato fondamentale, ripartito per tratte e per quote di finanziamento tra i soggetti finanziatori.

Da ultimo, con la delibera CIPE n. 127 del 2012, sono state individuate le risorse statali pari a 81,1 milioni di euro, a parziale copertura dell’atto transattivo relativo alle tratte T3, T4, T5, T6A, T7 e deposito Graniti, tra Roma metropolitane s.r.l. (soggetto aggiudicatore) e metro C S.p.A. (contraente generale). Secondo quanto stabilito nel punto 1.8. di tale delibera, il nuovo «limite di spesa» del tracciato fondamentale della linea C della Metropolitana di Roma, costituito dalle tratte T2,T3, T4, T5, T6A, T7 e Deposito graniti, sarà rideterminato dal Comitato a seguito della trasmissione, da effettuarsi entro novanta giorni dalla pubblicazione della delibera (avvenuta il 22 giugno 2013), dei quadri economici aggiornati di tutte le tratte citate.


 

Articolo 18, comma 7
(Contratto di Programma RFI)

 

7. Nelle more dell'approvazione del Contratto di Programma - parte investimenti 2012-2016 sottoscritto con RFI è autorizzata la contrattualizzazione degli interventi per la sicurezza ferroviaria immediatamente cantierabili per l'importo già disponibile di 300 milioni di euro di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 maggio 2012, n. 119.

 

 

Il comma 7 dell’articolo 18 interviene in materia di investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato, in attesa dell'approvazione del Contratto di Programma - parte investimenti 2012 -2016 con RFI, autorizzando per l’importo di 300 milioni di Euro, la contrattualizzazione degli interventi per la sicurezza ferroviaria che siano immediatamente cantierabili di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 2012.

Più precisamente il riferimento è all’art. 1, comma 6 del richiamato D.P.C.M., che ha disposto l’utilizzo, per l'anno 2012 della somma di 300 milioni di euro per gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato - Contratto di programma con RFI.

Con l’art. 1 del D.P.C.M. 1 marzo 2012 in questione si è provveduto a ripartire una parte delle risorse del Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 7-quinquies del D.L. n. 5 del 2009 e successivamente modificato dalla legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), destinato ad assicurare il finanziamento di vari interventi urgenti e indifferibili. In base al D.P.C.M. il fondo è stato ripartito, per l’importo di 785 milioni di euro per l’anno 2012, sui 13 settori di intervento indicati nell’Elenco 3[53] allegato alla legge 183/2011, tra cui rientrano sia il Contratto di Programma con RFI che gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato.

 

Si ricorda che il nuovo contratto di programma tra RFI e Ministero delle infrastrutture si concretizzerà, in coerenza con la delibera CIPE n. 4/2012, in due atti distinti, entrambi in corso di stipulazione:

§      la parte servizi (lo schema di contratto di programma 2012-2014 è stato approvato dal CIPE il 18 marzo 2013 ed è attualmente all’esame delle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato) chiamata a gestire la manutenzione ordinaria e straordinaria e le attività di safety, security e navigazione;

§      la parte investimenti (lo schema di contratto è stato siglato da RFI e dal Ministero il 12 marzo 2013 ed è attualmente all'esame del CIPE) concentrata sul completamento delle opere in corso e l'avvio di opere prioritarie nell'ambito dei progetti di investimento finalizzato all'ammodernamento e lo sviluppo dell'infrastruttura.


 

Articolo 18, commi da 8 a 8-sexies
(Interventi per l’edilizia scolastica)

 


8. Per innalzare il livello di sicurezza degli edifici scolastici, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nell'ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili di cui all'articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, destina fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 a un piano di interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche con strumenti previsti dall'articolo 53, comma 5, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, secondo un programma concordato tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

8-bis. Al fine di predisporre il piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, di cui al comma 8, è autorizzata la spesa di 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, in relazione all'articolo 2, comma 329, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'individuazione di un modello unico di rilevamento e potenziamento della rete di monitoraggio e di prevenzione del rischio sismico. Al relativo onere, pari a 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2014 e 2015, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

8-ter. Al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto, nonché di garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico, ferma restando la procedura prevista dall'articolo 11, commi da 4-bis a 4-octies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, per le altre risorse destinate al Fondo unico di cui al comma 4-sexies del medesimo articolo 11 e nelle more della completa attuazione della stessa procedura, per l'anno 2014 è autorizzata la spesa di 150 milioni di euro. Per le suddette finalità, nonché per quelle di cui al comma 8, fino al 31 dicembre 2014, i sindaci e i presidenti delle province interessati operano in qualità di commissari governativi, con poteri derogatori rispetto alla normativa vigente, che saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Ai relativi oneri si provvede ai sensi del comma 8-sexies.

8-quater. Le risorse previste dal comma 8-ter sono ripartite a livello regionale per essere assegnate agli enti locali proprietari degli immobili adibiti all'uso scolastico sulla base del numero degli edifici scolastici e degli alunni presenti in ciascuna regione e della situazione del patrimonio edilizio scolastico ai sensi della tabella 1 annessa al presente decreto. Le quote imputate alle province autonome di Trento e di Bolzano sono rese indisponibili in attuazione dell'articolo 2, comma 109, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. L'assegnazione agli enti locali è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro il 30 ottobre 2013 sulla base delle graduatorie presentate dalle regioni entro il 15 ottobre 2013. A tale fine, gli enti locali presentano alle regioni entro il 15 settembre 2013 progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici. La mancata trasmissione delle graduatorie da parte delle regioni entro il 15 ottobre 2013 comporta la decadenza dall'assegnazione dei finanziamenti assegnabili. Le risorse resesi disponibili sono ripartite in misura proporzionale tra le altre regioni. L'assegnazione del finanziamento prevista dal medesimo decreto autorizza gli enti locali ad avviare le procedure di gara con pubblicazione delle medesime ovvero le procedure di affidamento dei lavori. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunica al Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco dei finanziamenti assegnati agli enti locali e semestralmente lo stato di attuazione degli interventi, che sono pubblicati nel sito internet dei due Ministeri.

8-quinquies. Il mancato affidamento dei lavori di cui al comma 8-quater entro il 28 febbraio 2014 comporta la revoca dei finanziamenti. Le eventuali economie di spesa che si rendono disponibili all'esito delle procedure di cui al citato comma 8-quater ovvero le risorse derivanti dalle revoche dei finanziamenti sono riassegnate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alle richieste che seguono nell'ordine della graduatoria. Lo stesso Ministero provvede al trasferimento delle risorse agli enti locali per permettere i pagamenti entro il 31 dicembre 2014, secondo gli stati di avanzamento dei lavori debitamente certificati.

8-sexies. La somma di 150 milioni di euro giacente sul conto corrente bancario acceso presso la banca Intesa Sanpaolo Spa, relativo alla gestione stralcio del Fondo speciale per la ricerca applicata (FSRA) di cui all'articolo 4 della legge 25 ottobre 1968, n. 1089, è versata all'entrata del bilancio dello Stato entro il 31 gennaio 2014 per essere riassegnata al Fondo unico per l'edilizia scolastica di cui all'articolo 11, comma 4-sexies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Le ulteriori somme disponibili all'esito della chiusura della gestione stralcio del FSRA sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate al Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali.


 

 

Il comma 8, modificato durante l’esame parlamentare, prevede, allo scopo di aumentare il livello di sicurezza degli edifici scolastici, che l'INAIL destina fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 ad un piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici e di costruzione di nuovi edifici scolastici, da realizzare anche con gli strumenti previsti dall'articolo 53, comma 5, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5. Le risorse utilizzate provengono dagli investimenti immobiliari del piano d’impiego dei fondi disponibili di cui all'articolo 65 della legge 153/1969, secondo un programma concordato tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, d'intesa con i Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti, e sentita la Conferenza unificata.

L’articolo 53 del D.L. n. 5/2012 prevede(va) l’approvazione di un “Piano nazionale di edilizia scolastica” entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore (comma 1) e, nelle more dell’approvazione di tale Piano, di un “Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici” (comma 5).

In particolare il comma 5 ha individuato i seguenti interventi urgenti da attuare nelle more della definizione e approvazione del Piano nazionale:

§       approvazione, da parte del CIPE (su proposta dei Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata), di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche favorendo interventi diretti al risparmio energetico e all’eliminazione delle locazioni a carattere oneroso, nell’ambito delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione dall’art. 33, comma 8, della L. n. 183/2011 e pari a 100 milioni di euro per l’anno 2012. Tale Piano non è stato ancora approvato;

§       applicazione anche nel triennio 2012-2014 delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 626, della L. n. 296/2006 (finanziaria 2007), con estensione dell’ambito di applicazione alle scuole primarie e dell’infanzia, subordinatamente al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.

Si ricorda che il citato comma 626, nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. n. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), ha previsto la definizione, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, da parte dell’INAIL, d'intesa con i Ministri del lavoro e dell’istruzione e con gli enti locali competenti, di indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Lo stesso comma ha demandato all’INAIL la determinazione dell'entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità indicate, la definizione dei criteri e delle modalità per l'approvazione dei singoli progetti, nonché l’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti. In attuazione di tale disposizione la delibera del Consiglio di Indirizzo e di Vigilanza dell'INAIL n. 8 del 3 aprile 2007 ha determinato in 100 milioni di euro per il triennio 2007/2009 l'entità delle risorse da destinare alle finalità di cui al citato comma 626.

L’articolo 65 della L. n. 153/69 dispone che i soggetti richiamati compilino annualmente un piano di impiego dei fondi disponibili (ossia le somme eccedenti la normale liquidità di gestione), approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Se non per particolari esigenze di bilancio, la percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare il 40%, né essere inferiore al 20% dei fondi disponibili. Anche i piani relativi agli investimenti immobiliari devono essere approvati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

I commi da 8-bis a 8-sexies sono stati introdotti durante l’esame parlamentare.

Il comma 8-bis, ai fini della predisposizione del suddetto piano di edilizia scolastica, autorizza una spesa di 3,5 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, per l'individuazione di un modello unico di rilevamento e potenziamento della rete di monitoraggio e di prevenzione del rischio sismico.

La norma pone l’individuazione del modello unico in relazione all’articolo 2, comma 329, della legge n. 244/2007. Tale norma ha in precedenza autorizzato la spesa di 4,5 milioni di euro per il triennio 2008-2010 allo scopo di garantire la prosecuzione delle attività di monitoraggio del rischio sismico attraverso l’utilizzo di tecnologie scientifiche innovative integrate dei fattori di rischio nelle diverse aree del territorio ai sensi dell’articolo 1, comma 247, della legge 244/2007. Tale ultima disposizione ha consentito lo stanziamento di risorse[54] per la predisposizione - da parte del Centro di Geomorfologia Integrata per l'Area del Mediterraneo (CGIAM)- di metodologie scientifiche innovative integrate dei fattori di rischio delle diverse aree del territorio da applicare nel monitoraggio del rischio sismico.

La copertura del suddetto stanziamento è assicurata con la riduzione degli stanziamenti degli anni 2014 e 2015 del fondo speciale di conto capitale (bilancio triennale 2013-2015), utilizzando parzialmente l'accantonamento del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare.

Si segnala che il comma 5-bis dell’articolo 8 del D.L. n. 43/2013, inserito nel corso dell’esame parlamentare, è volto a ripristinare lo stanziamento di 1 milione di euro previsto, per il 2013, dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 195/2009 che, allo scopo di assicurare la massima funzionalità delle attività di monitoraggio del rischio sismico, ha autorizzato la spesa di 1 milione di euro per l’anno 2011 e di 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2013, per il rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 2, comma 329, della L. n. 244/2007.

Il comma 8-ter autorizza, per l’anno 2014, la spesa di 150 milioni di euro per attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui sia stata censita la presenza di amianto, e garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico.

La spesa è autorizzata ferma restando la procedura prevista dall’art. 11, commi da 4-bis a 4-octies, del D.L. n. 179/2012 (L. n. 221/2012), che si applicherà alle ulteriori risorse destinate al Fondo unico dell’edilizia scolastica previsto da tali disposizioni.

E’ previsto, inoltre, che, fino al 31 dicembre 2014, i sindaci e i presidenti delle province, interessati dai piani per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle scuole statali, per le suddette finalità e per quelle indicate al comma 8, operino in qualità di commissari governativi con poteri derogatori rispetto alla normativa vigente, che sono definiti con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

L’art. 11, comma 4-bis – 4-octies del D.L. n. 179/2012 dispone la predisposizione e l’approvazione di appositi piani triennali di interventi di edilizia scolastica e dei corrispondenti finanziamenti. In particolare, un decreto del MIUR, d’intesa con la Conferenza unificata - che non risulta al momento ancora approvato - definisce le priorità strategiche, le modalità e i termini per l’approvazione dei piani, che saranno articolati in annualità, e i relativi finanziamenti. Gli enti locali proprietari degli immobili ad uso scolastico sono tenuti a presentare un’apposita richiesta alle rispettive regioni, per essere inseriti in tali piani. Ciascuna regione e provincia autonoma, valutata la corrispondenza con le indicazioni del decreto e tenuto conto della programmazione dell’offerta formativa, approva e trasmette al MIUR il piano di interventi entro i termini indicati dal decreto, pena la decadenza dai finanziamenti assegnabili.

Il MIUR verifica tali piani e, in assenza di osservazioni, comunica l’avvenuta approvazione degli stessi alle regioni e alle province autonome, per la loro pubblicazione.

Per tali finalità, è stata disposta l’istituzione, nello stato di previsione del MIUR, a decorrere dal 2013, del Fondo unico per l’edilizia scolastica, nel quale confluiscono tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica.

Nell’assegnazione delle risorse si tiene conto della capacità di spesa degli enti locali nell’utilizzo delle risorse assegnate nell’annualità precedente, “premiando” le regioni “virtuose” con l’attribuzione di una quota aggiuntiva non superiore al 20%.

Per gli edifici scolastici di nuova edificazione, l’infrastruttura di rete internet è compresa tra le opere edilizie necessarie.

Il comma 8-quater dispone che le risorse previste sono ripartite a livello regionale per essere poi assegnate agli enti locali proprietari degli immobili ad uso scolastico, sulla base del numero degli edifici scolastici e degli alunni presenti nella singola regione e della situazione del patrimonio edilizio scolastico, come da Tabella 1 allegata al decreto.

La Tabella riporta le somme ripartite a livello regionale, senza indicare i parametri in base ai quali tali somme sono ricavate (numero degli edifici scolastici e degli alunni presenti nella singola regione):

 

REGIONI

EURO

Abruzzo

4.000.000

Basilicata

2.000.000

Calabria

13.000.000

Campania

18.000.000

Emilia-Romagna

7.000.000

Friuli- V. G.

2.500.000

Lazio

14.000.000

Liguria

4.000.000

Lombardia

15.000.000

Marche

3.000.000

Molise

2.000.000

Piemonte

9.000.000

Puglia

12.000.000

Sardegna

5.000.000

Sicilia

16.000.000

Toscana

10.000.000

Umbria

2.500.000

Valle d’Aosta

1.000.000

Veneto

10.000.000

Totale

150.000.000

È previsto, inoltre, che le quote imputate alle province autonome di Trento e Bolzano sono rese indisponibili, in attuazione dell’art. 2, comma 109, della L. n. 191/2009 (legge finanziaria 2010).

La citata norma della legge finanziaria 2010 ha disposto l’abrogazione degli artt. 5 e 6 della L. n. 386/1989 che tra l’altro prevedevano, per le province autonome di Trento e di Bolzano, la partecipazione alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Sono stati fatti salvi, in ogni caso, i contributi erariali in essere sulle rate di ammortamento di mutui e prestiti obbligazionari accesi dalle province autonome, nonché i rapporti giuridici già definiti.

 

Dal punto di vista della tempistica, gli enti locali dovevano presentare alle regioni, entro il 15 settembre 2013, i progetti esecutivi di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici immediatamente cantierabili.

Su queste basi, le regioni devono presentare al MIUR, entro il 15 ottobre 2013, le graduatorie, alle quali si fa riferimento per l’assegnazione delle risorse, effettuata entro il 30 ottobre 2013 con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Il mancato rispetto del termine per la trasmissione delle graduatorie da parte delle regioni comporta la decadenza dall’assegnazione dei finanziamenti previsti per la ripartizione. Le risorse “liberate”, vale a dire quelle che non potranno essere assegnate, saranno ripartite in misura proporzionale tra le altre regioni.

Al riguardo si segnala che, con alcuni atti di sindacato ispettivo, è stata rappresentata al MIUR l’opportunità di prorogare i termini previsti per i vari adempimenti. A titolo di esempio, si vedano l’interpellanza urgente 2-00234 e l’interrogazione a risposta scritta 4-02012. In quest’ultima, in particolare, si evidenzia che “alcune regioni, come ad esempio la Basilicata, hanno pubblicato i relativi bandi solo nei primi giorni dello stesso mese di settembre, rendendo quasi impossibile per i comuni la predisposizione dei progetti entro i termini richiesti”. Il riferimento è alla Delibera della Giunta regionale del 6 settembre 2013, n. 1040, con il quale la Basilicata ha approvato l’avviso pubblico (successivamente rettificato con D.G.R. n. 1092 del 10 settembre 2013, pubblicato nel B.U. Basilicata n. 34 del 16 settembre 2013) che ha individuato i criteri mediante i quali pervenire alla formulazione della graduatoria per l’assegnazione delle risorse ad essa destinate.

Sempre a titolo di esempio, si cita la delibera della Giunta regionale della Liguria 3 settembre 2013, n. 1082 (pubblicata nel B.U. Liguria 11 settembre 2013, n. 37, parte seconda).

 

La norma prevede, inoltre, con una formulazione generica, che l'assegnazione del finanziamento autorizza gli enti locali ad avviare le procedure di gara con pubblicazione delle medesime ovvero le procedure di affidamento dei lavori.

In proposito, si segnala che l'articolo 3, comma 36, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) reca la definizione di "procedure di affidamento" in base alla quale le «procedure di affidamento» e l'«affidamento» comprendono sia l'affidamento di lavori, servizi, o forniture, o incarichi di progettazione, mediante appalto, sia l'affidamento di lavori o servizi mediante concessione, sia l'affidamento di concorsi di progettazione e di concorsi di idee.

Il MIUR comunica al MEF l’elenco dei finanziamenti assegnati agli enti locali e, semestralmente, lo stato di attuazione degli interventi. Questi ultimi vengono pubblicati sul sito di entrambi i Ministeri.

 

Il comma 8-quinquies stabilisce che il mancato affidamento dei lavori, previsti dal comma 8-quater, entro il 28 febbraio 2014, comporta la revoca dei finanziamenti. Le eventuali economie di spesa che dovessero rendersi disponibili alla chiusura delle procedure previste, ovvero le risorse derivanti dalle revoche, vengono riassegnate dal MIUR in base alla graduatoria delle richieste. Lo stesso Ministero provvede al trasferimento delle risorse agli enti locali per permettere i pagamenti entro il 31 dicembre 2014, secondo gli stati di avanzamento dei lavori debitamente certificati.

 

Il comma 8-sexies prevede, per la copertura delle somme indicate al comma 8-ter, il versamento di 150 milioni di euro, in giacenza sul conto corrente bancario acceso presso la banca Intesa Sanpaolo S.p.A, relativo alla “gestione stralcio” del Fondo speciale della ricerca applicata (FSRA) di cui all’art. 4 della L. 1089/1968, all’entrata del bilancio dello Stato entro il 31 gennaio 2014, per essere successivamente riassegnato al sopra citato Fondo unico per l’edilizia scolastica.

La norma dispone anche riguardo le ulteriori somme disponibili alla chiusura del programma stralcio del Fondo speciale della ricerca applicata, prevedendo che le stesse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate al FFO.

 

La Relazione sul Rendiconto generale dello Stato della Corte dei conti del 27 giugno 2013 riporta l’informazione che dalla gestione stralcio del Fondo speciale della ricerca applicata (FSRA) sono stati erogati 2,3 milioni di euro nel 2012, mentre non si sono conclusi progetti di ricerca finanziati dal Fondo. Esso è un fondo di rotazione per la concessione di crediti agevolati, originariamente previsto dall’articolo 4 della L. n. 1089/1968, norma successivamente abrogata, a decorrere dal 16 dicembre 2010, dal combinato disposto del comma 1 dell’art. 1 e dell’allegato al D.Lgs. n. 212 del 2010 (c.d. “taglia-leggi”). Si segnala che con l’istituzione del FAR (Fondo agevolazioni alla Ricerca) ad opera del D.Lgs. n. 297 del 1999 e con il decreto ministeriale di attuazione dello stesso (DM n. 593 del 2000), la disciplina del FSRA era stata di fatto soppressa, rimanendo in vita una gestione transitoria per tutte le domande presentate e in corso di istruttoria prima del 3 gennaio 2000.

 

Per completezza si segnala che l’art. 10 del D.L. n. 104/2013, in corso di esame parlamentare, reca disposizioni finalizzate a consentire alle regioni interessate la stipula di mutui per il finanziamento di interventi in materia di edilizia scolastica - fra i quali, interventi di messa in sicurezza, nonché costruzione di nuovi edifici pubblici - nell’ambito della programmazione 2013-2015.


 

Articolo 18, comma 8-septies
(Deroga per scuole e servizi dell’infanzia alle misure di contenimento della spesa per mobili e arredi da parte delle PA)

 

8-septies. All'articolo 1, comma 141, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dopo le parole: «non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi,» sono inserite le seguenti: «se non destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia,».

 

 

Il comma 8-septies dell’articolo 18 reca disposizioni volte ad escludere le spese per acquisto di mobili e arredi destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia dalle misure di contenimento della spesa introdotte su tali tipologie di acquisto per le amministrazioni pubbliche, per gli anni 2013-2014, dall’articolo 1, comma 141, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilità 2013).

Si ricorda che il citato comma 141 dell’articolo unico della legge n. 228/2012 prevede che le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione come individuate dall’ISTAT annualmente, ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge n. 196/2009[55] - nonché le Autorità indipendenti e la CONSOB, non possono effettuare, negli anni 2013 e 2014, spese per l’acquisto di mobili e arredi in misura superiore al 20 per cento della spesa sostenuta per gli stessi beni in media negli anni 2010 e 2011.

È fatta salva l’ipotesi che l’acquisto di tali beni sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili.

A tal fine, il comma 141 prevede che il collegio dei revisori dei conti o l’ufficio centrale del bilancio provveda a verificare preventivamente i risparmi realizzabili, i quali devono essere superiori alla minore spesa derivante dall’applicazione dei limiti posti dalla norma stessa.

La violazione dell’obbligo di riduzione della spesa per acquisto di mobili e arredi sancito dal comma 141 è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

Per gli enti e le amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria, il successivo comma 142 dispone l’obbligo del versamento annuale, entro il 30 giugno di ciascun anno, ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, delle somme derivanti da tali misure di riduzione della spesa. Tale obbligo non ricorre per gli enti e gli organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

L'applicazione delle suddette misure di contenimento della spesa costituisce, per le Regioni, condizione per l'erogazione da parte dello Stato della quota dei trasferimenti erariali di cui all'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 174/2012[56] (comma 145).

L’esclusione degli acquisti di mobili e arredi destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia dalle sopradescritte misure di contenimento della spesa si aggiunge a quelle già previste dal successivo comma 144 della legge n. 228/2012, il quale stabilisce la non applicazione dei limiti all’acquisto di arredi, mobilio nonché di autovetture di servizio - di cui, rispettivamente, ai commi 141 e 143 della legge n. 228/2012 per gli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza.

Si ricorda, infine, che la medesima legge n. 228/2012 prevede, al successivo comma 165, che i limiti all’acquisto di mobili ed arredi di cui al comma 141 non si applicano neppure agli investimenti connessi agli interventi speciali realizzati per promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, per rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs. n. 88 del 2011[57].


 

Articolo 18, comma 9
(Primo programma “6000 Campanili”)

 


9. A valere sul Fondo di cui al comma 1, in deroga alla procedura indicata al comma 2, l'importo di 100 milioni di euro per l'anno 2014, da iscriversi nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, è destinato alla realizzazione del primo Programma «6000 Campanili» concernente interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifìci pubblici, ivi compresi gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, ovvero di realizzazione e manutenzione di reti viarie e infrastrutture acessorie e funzionali alle stesse o reti telematiche di NGN e WI-FI, nonché di salvaguardia e messa in sicurezza del territorio. Possono accedere al finanziamento solo gli interventi muniti di tutti i pareri, autorizzazioni, permessi e nulla osta previsti dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale - e l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, sono disciplinati i criteri per l'accesso all'utilizzo delle risorse degli interventi che fanno parte del Programma. I Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, le unioni composte da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e i comuni risultanti da fusione tra comuni, ciascuno dei quali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, per il tramite dell'ANCI, presentano entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della sopra citata convenzione, le richieste di contributo finanziario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il contributo richiesto per il singolo progetto non può essere inferiore a 500.000 euro e maggiore di 1.000.000 di euro e il costo totale del singolo intervento può superare il contributo richiesto soltanto nel caso in cui le risorse finanziarie aggiuntive necessarie siano già immediatamente disponibili e spendibili da parte del Comune proponente. Ogni Comune può presentare un solo progetto. Il Programma degli interventi che accedono al finanziamento è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.


 

 

Il comma 9 destina contributi statali a favore dei piccoli comuni (con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti), e a favore delle unioni composte da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e dei comuni risultanti da fusione tra comuni, ciascuno dei quali con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti:

§      per interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici, compresi gli interventi per l'adozione di misure antisismiche;

§      per la realizzazione e manutenzione di reti viarie e delle infrastrutture accessorie e funzionali alle stesse o delle reti telematiche di nuova generazione (NGN) e Wi-fi;

§      per la salvaguardia e la messa in sicurezza del territorio.

Alla realizzazione di tali interventi sono destinati 100 milioni di euro per l’anno 2014[58], utilizzando lo stanziamento del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, in deroga alla procedura di assegnazione effettuata con decreti ministeriali indicata al comma 2 dell’articolo 18.

Sono finanziabili solo gli interventi muniti di tutti i pareri, autorizzazioni, permessi e nulla osta previsti dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163[59] e dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207[60].

Con una convenzione[61], da stipularsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, e da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e l'ANCI disciplinano i criteri per l’accesso ai finanziamenti.

La norma prevede che i comuni, tramite l’ANCI, presentano, entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della convenzione, le richieste di contributo finanziario (da un minimo di 500.000 euro fino ad un massimo 1.000.000 di euro per progetto) al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Ogni comune presenta un solo progetto ed è prevista una deroga al limite massimo del contributo concesso, soltanto nel caso in cui le risorse finanziarie aggiuntive necessarie siano già immediatamente disponibili e spendibili da parte del comune proponente.

Il Programma degli interventi che accedono al finanziamento è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Con D.M. 26 settembre 2013 è stato approvato l'Atto aggiuntivo alla Convenzione 29 agosto 2013 disciplinante i criteri per l'accesso all'utilizzo delle risorse degli interventi che fanno parte del primo Programma «6000 Campanili».

Al seguente link http://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=cm&o=vd&id=2855 sul sito del MIT è disponibile il testo definitivo della convenzione, che stabilisce i criteri e le modalità di partecipazione al primo programma "6000 campanili”.

La norma in commento disciplina una procedura che coinvolge, da un lato, i comuni e, dall’altro, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti analogamente a quanto previsto per il “Piano nazionale per le città” disciplinato dall’art. 12 del D.L. 83/2012. Nell’ambito di tale Piano, infatti, i Comuni hanno proposto ad uno specifico organismo, la Cabina di regia, istituito nell’ambito del MIT e composto da una serie di soggetti specificati nella norma (tra i quali l’ANCI), proposte di contratti di valorizzazione urbana costituite da un insieme coordinato di interventi per la valorizzazione di aree urbane degradate.


 

Articolo 18, comma 10
(Programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA)

 

10. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è approvato il programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA con l'individuazione delle relative risorse e apposita convenzione che disciplina i rapporti tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ANAS SpA per l'attuazione del programma nei tempi previsti e le relative modalità di monitoraggio. La società ANAS SpA presenta semestralmente alle Camere una relazione sull'attuazione del programma di cui al presente comma.

 

 

Il comma 10 dell’articolo 18 reca disposizioni in ordine alla definizione di un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale d’interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA.

Il suddetto programma deve essere approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in cui sono individuate le risorse a disposizione, ed attuato secondo una convenzione che disciplina i rapporti tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ANAS S.p.A., i tempi previsti e le relative modalità di monitoraggio degli interventi. L’ANAS S.p.A. presenta semestralmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione del programma.

La norma reca disposizioni in ordine alla definizione di un programma di interventi di manutenzione straordinaria sulla rete stradale di interesse stradale nazionale “fermo restando quanto previsto dal comma 2”, che demanda a decreti interministeriali l’assegnazione delle risorse del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18 ad alcuni interventi ivi indicati tra i quali quelli volti al “superamento delle criticità sulle infrastrutture viarie concernenti i ponti e le gallerie”. La relazione tecnica precisa che la norma non determina oneri aggiuntivi rispetto a quelli recati dal comma 1 dell’articolo 18 in quanto si tratta di un programma finanziato da una quota delle risorse ivi previste.

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture, trasmesso al Parlamento nel mese di settembre 2013, ha incluso, nell’ambito della macrovoce relativa al “Decreto Fare”, il “Programma Piccoli interventi ANAS” dell’importo di 300 milioni di euro.


 

Articolo 18, commi da 13 a 14-bis
(Copertura finanziaria e relazione alle Camere da parte del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti)

 


13. Agli oneri derivanti dal comma 1 si provvede: quanto a euro 235 milioni per l'anno 2013, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 213, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; quanto a euro 50 milioni per l'anno 2013, a euro 120 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e a euro 142 milioni per l'anno 2016, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 6 febbraio 2009, n. 7; quanto a euro 96 milioni per l'anno 2014, a euro 258 milioni per l'anno 2015, a euro 143 milioni per l'anno 2016 e a euro 142 milioni per l'anno 2017 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 208, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; quanto a euro 50 milioni per l'anno 2013, a euro 189 milioni per l'anno 2014, a euro 274 milioni per l'anno 2015 e a euro 250 milioni per l'anno 2016 mediante corrispondente utilizzo delle risorse assegnate dal CIPE in favore del secondo lotto del Terzo Valico dei Giovi a valere sul Fondo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

14. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione dei Ministeri interessati, le variazioni di bilancio conseguenti alla ripartizione del Fondo di cui al comma 1.

14-bis. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisce semestralmente alle Camere sullo stato di attuazione dei decreti attuativi di propria competenza di cui al presente articolo.


 

 

Il comma 13 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla costituzione del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, pari a 335 milioni di euro nel 2013, 405 milioni nel 2014, 652 milioni nel 2015, 535 milioni nel 2016 e 142 milioni nel 2017.

Ad essi si provvede:

§      quanto a euro 235 milioni per l’anno 2013, mediante corrispondente riduzione delle risorse assegnate dall’articolo 1, comma 213, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) al Fondo sviluppo e coesione destinate alla ridefinizione dei rapporti contrattuali con la società Stretto di Messina.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 213, della legge n. 228/2012 ha assegnato al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), per il 2013, una dotazione finanziaria aggiuntiva di 250 milioni di euro destinandola all’attuazione delle misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina S.p.A. .

Il secondo periodo del comma ha destinato alle stesse finalità di ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina S.p.A[62]., ulteriori risorse, fino a un importo massimo di 50 milioni di euro, a valere sulle somme rivenienti da revoche relative a finanziamenti per la realizzazione di opere infrastrutturali comprese nel Programma delle infrastrutture strategiche.

Al riguardo, si fa presente che il D.L. n. 187/2012, successivamente confluito nell’articolo 34-decies del D.L. n. 179 del 2012 (legge n. 221/2012), ha disciplinato la procedura da seguire per l’esame in linea tecnica del progetto definitivo dell'opera Ponte sullo Stretto di Messina e previsto, in mancanza del rispetto delle fasi disciplinate, la caducazione di tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonché delle convenzioni e di ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla società concessionaria. Il primo adempimento, alla cui mancanza è collegato il prodursi dell’effetto caducatorio, era la stipula, entro il termine perentorio del 1° marzo 2013, dell’atto aggiuntivo tra la società Stretto di Messina S.p.A. ed il contraente generale. Tale atto aggiuntivo non è stato stipulato.

§      quanto a euro 50 milioni per l’anno 2013, a euro 120 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e a euro 142 milioni per l’anno 2016, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 1 della legge n. 7/2009 di ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008.

L’articolo 5 della legge n. 7/2009 reca gli stanziamenti per l’attuazione delle norme del citato Trattato. Si tratta, in particolare, di 180 milioni per ciascuno degli anni dal 2009 al 2028, destinati alla realizzazione di progetti infrastrutturali da realizzarsi da parte dell'Italia, sulla base delle proposte avanzate dalla Grande Giamahiria araba libica. Nella legge di bilancio 2013-2015 (legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012), tali stanziamenti sono iscritti sul capitolo 7800/Ministero Infrastrutture e trasporti.

Si rileva che l’autorizzazione legislativa di spesa in oggetto è stata ridotta per il 2013 dall’articolo 4, comma 1, lettera c), n. 2 del D.L. n. 54/2013 (legge n. 85/2013), il quale, a parziale copertura degli interventi in esso previsti in materia di cassa integrazione guadagni, ha disposto che 100 milioni di euro per il 2013 delle disponibilità esistenti su tale autorizzazione siano versati all’entrata del bilancio statale.

Il D.L. n. 63/2013 (legge n. 90/2013), a parziale copertura della proroga delle detrazione fiscale sugli interventi di ristrutturazione edilizia ed efficienza energetica, ha ulteriormente ridotto, all’articolo 21, comma 3, lettera b), le risorse dell’autorizzazione di spesa in questione in misura pari a 44,8 milioni di euro per l'anno 2014, a 54,7 milioni di euro per l'anno 2015, a 34,7 milioni di euro per l'anno 2016 e a 31,8 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2023, contestualmente disponendone un incremento di 413,1 milioni di euro per l'anno 2024.

Infine, si ricorda che il D.L. n. 102/2013, in corso di conversione, all’articolo 15, comma 3, lettera b) e allegato 3, ha disposto una riduzione di 30 milioni di euro per il 2013 dell’articolo 5, comma 1, lettera c).

§      quanto a euro 96 milioni per l’anno 2014, a euro 258 milioni per l’anno 2015, a 143 milioni per l’anno 2016 e a euro 142 milioni per l’anno 2017 mediante corrispondente riduzione delle risorse stanziate per la realizzazione della nuova linea AV/AC Torino Lione, dall’articolo 1, comma 208, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).

Si ricorda che l’articolo 1, comma 208 della legge n. 228/2012 ha autorizzato, per il finanziamento di studi, progetti, attività e lavori preliminari nonché lavori definitivi della nuova linea ferroviaria Torino - Lione, la spesa di 60 milioni di euro per l'anno 2013, di 100 milioni di euro per l'anno 2014, di 680 milioni di euro per l'anno 2015 e 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2029.

La delibera CIPE n. 57/2011 ha approvato il progetto preliminare del collegamento internazionale Torino-Lione. Tale progetto si differenzia rispetto al progetto originario del 2005, sia relativamente al tracciato, che alle modalità realizzative. Sono inoltre previsti interventi per 41,5 milioni di euro per opere compensative dell’impatto territoriale e sociale, strettamente correlate alla funzionalità dell’opera. Per questi interventi la successiva delibera CIPE n. 23/2012 ha previsto un primo stanziamento di 10 milioni di euro[63]. Il 30 gennaio 2012 è stato sottoscritto tra Francia e Italia un protocollo addizionale all’Accordo iniziale del 29 gennaio 2001, il quale specifica il tracciato del progetto, approvando le modifiche apportate, e la ripartizione dei costi della sezione transfrontaliera e prevede che la linea ferroviaria sia realizzata per fasi funzionali[64]. Il relativo disegno di legge di autorizzazione alla ratifica è stato approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 6 giugno 2013. Infine, con l’art. 7–quater del D.L. n. 43/2013 sono stati esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno i pagamenti relativi all'attuazione degli interventi di riqualificazione del territorio finalizzati all'esecuzione del progetto relativo al collegamento internazionale Torino-Lione, o che in tal senso saranno individuati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dai rappresentanti degli enti locali interessati all'opera[65].

§      quanto a euro 50 milioni per l’anno 2013, a euro 189 milioni per l’anno 2014, a euro 274 milioni per l’anno 2015 e a euro 250 milioni per l’anno 2016 mediante corrispondente utilizzo delle risorse assegnate dal CIPE, con delibera in favore del secondo lotto del Terzo Valico dei Giovi, a valere sul “Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi nei comuni di Venezia e Chioggia” di cui all’articolo 32, comma 1, del D.L. n. 98/2011 (legge n. 111/2011).

Si ricorda che l’articolo 32, comma 1 del D.L. n. 98/2011 ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il "Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi di cui all'articolo 6 della legge n. 798/1984 (recante interventi nei comuni di Venezia e Chioggia)" con una dotazione di 930 milioni per l'anno 2012 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016. Le risorse del Fondo sono assegnate dal CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e sono destinate prioritariamente alle opere ferroviarie da realizzare relative ai corridoi europei TEN-T e inseriti nel programma delle infrastrutture strategiche ai sensi dell'articolo 2, commi 232-234, della legge n. 191/2009, nonché ai contratti di programma con RFI S.p.A. e ANAS S.p.A.

Il Fondo in oggetto è stato successivamente ridotto da una serie di interventi legislativi successivi. A seguito di tali riduzioni, le relative risorse, pari a 817,7 milioni di euro per il 2013, a 881,5 milioni per il 2014, a 855,8 milioni per il 2015 e a 862,3 milioni per il 2016, sono state oggetto di riprogrammazione ad opera della Delibera CIPE del 18 febbraio 2013, n. 7/2013.

Nell’ambito di tale riprogrammazione, alla Linea AV/AC Milano-Genova (Terzo Valico dei Giovi) - 2° lotto, è destinata la somma di 171,4 milioni di euro per il 2013, di 200 milioni per il 2014, di 288 milioni per il 2015 e di 300,6 milioni per il 2016.

Da ultimo, l’art. 7-ter, comma 2 del D.L. n. 43/2013 (legge n. 71/2013) reca uno stanziamento decennale, di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2024, per il finanziamento degli investimenti relativi alla rete infrastrutturale ferroviaria nazionale. In particolare, lo stanziamento sarà attribuito con delibere del CIPE, con priorità agli interventi per la realizzazione del Linea AV/AC Milano-Genova (terzo valico dei Giovi)[66]. Si ricorda che il D.L. n. 102/2013, in corso di conversione, all’articolo 15, comma 3, lettera d), ha disposto una riduzione di 100 milioni di euro per il 2015 dell’articolo 7-ter, comma 2, del D.L. n. 43/2013.

In base all'ultimo allegato Infrastrutture del Documento di economia e finanza (DEF) di settembre 2013, il primo lotto dell’opera (in fase di realizzazione) avrà un costo di 718 milioni di euro (totalmente coperto); il secondo lotto (per il quale si è in attesa del progetto esecutivo) di 860 milioni di euro (anch'esso totalmente coperto); i lotti terzo, quarto, quinto e sesto (per tutti i quali si è in fase di progetto definitivo) di, rispettivamente, 1.510 milioni, 1.340 milioni, 1.200 milioni e 650 milioni di euro, per i quali deve essere ancora individuata la copertura finanziaria.


La Tabella che segue indica gli oneri recati dall’articolo 18, comma 1, per la costituzione del Fondo e le risorse utilizzate a copertura degli stessi:

 

milioni di euro

 

2013

2014

2015

2016

2017

ONERI

335

405

652

535

142

Art. 1, co. 213, L. n. 228/2012

(risorse aggiuntive FAS per definizione rapporti contrattuali stretto di Messina)

235

 

 

 

 

Art. 5, co. 1, L. n. 7/2009

(risorse per Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria libica)

50

120

120

142

 

Art. 1, co. 208, L. n. 228/2012

(risorse stanziate per la realizzazione della nuova linea AV/AC Torino Lione)

 

96

258

143

142

Del. CIPE n. 7/2013

Risorse a valere sul “Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico” per secondo lotto del Terzo Valico dei Giovi

50

189

274

250

 

COPERTURA ONERI

335

405

652

535

142

 

Il comma 14 autorizza il Ministro dell’economia e finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio conseguenti alla ripartizione del Fondo di cui al comma 1.

Nel corso dell’esame parlamentare, è stato inserito il comma 14-bis in base al quale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisce semestralmente alle Camere sullo stato di attuazione dei decreti attuativi di propria competenza di cui al presente decreto.


 

Articolo 19, commi 1-2
(Disposizioni in materiali di concessioni)

 


1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 143:

1) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«All'atto della consegna dei lavori il soggetto concedente dichiara di disporre di tutte le autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nulla osta, permessi o altri atti di consenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente e che detti atti sono legittimi, efficaci e validi.»;

2) al comma 8, le parole: «o nuove condizioni per l'esercizio delle attività previste nella concessione, quando determinano una modifica dell'equilibrio del piano», sono sostituite dalle seguenti: «o che comunque incidono sull'equilibrio del piano economico-finanziario, previa verifica del CIPE sentito il Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS)»;

3) dopo il comma 8, è inserito il seguente:

«8-bis. Ai fini della applicazione delle disposizioni di cui al comma 8 del presente articolo, la convenzione definisce i presupposti e le condizioni di base del piano economico-finanziario le cui variazioni non imputabili al concessionario, qualora determinino una modifica dell'equilibrio del piano, comportano la sua revisione. La convenzione contiene inoltre una definizione di equilibrio economico finanziario che fa riferimento ad indicatori di redditività e di capacità di rimborso del debito, nonché la procedura di verifica e la cadenza temporale degli adempimenti connessi.» ;

b) all'articolo 144:

1) al comma 3-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Per le concessioni da affidarsi con la procedura ristretta, nel bando può essere previsto che l'amministrazione aggiudicatrice possa indire, prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte, al fine di verificare l'insussistenza di criticità del progetto posto a base di gara sotto il profilo della finanziabilità, e possa provvedere, a seguito della consultazione, ad adeguare gli atti di gara aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non può essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla relativa comunicazione agli interessati. Non può essere oggetto di consultazione l'importo delle misure di defiscalizzazione di cui all'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e all'articolo 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, nonché l'importo dei contributi pubblici, ove previsti.»;

2) dopo il comma 3-bis, sono inseriti i seguenti:

«3-ter. Il bando può prevedere che l'offerta sia corredata dalla dichiarazione sottoscritta da uno o più istituti finanziatori di manifestazione di interesse a finanziare l'operazione, anche in considerazione dei contenuti dello schema di contratto e del piano economico-finanziario.

3-quater. L'amministrazione aggiudicatrice prevede nel bando di gara che il contratto di concessione stabilisca la risoluzione del rapporto in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento o in mancanza della sottoscrizione o del collocamento delle obbligazioni di progetto di cui all'articolo 157, entro un congruo termine fissato dal bando medesimo, comunque non superiore a ventiquattro mesi, decorrente dalla data di approvazione del progetto definitivo. Resta salva la facoltà del concessionario di reperire la liquidità necessaria alla realizzazione dell'investimento attraverso altre forme di finanziamento previste dalla normativa vigente, purché sottoscritte entro lo stesso termine. Nel caso di risoluzione del rapporto ai sensi del primo periodo, il concessionario non avrà diritto ad alcun rimborso delle spese sostenute, ivi incluse quelle relative alla progettazione definitiva. Il bando di gara può altresì prevedere che in caso di parziale finanziamento del progetto e comunque per uno stralcio tecnicamente ed economicamente funzionale, il contratto di concessione rimanga valido limitatamente alla parte che regola la realizzazione e gestione del medesimo stralcio funzionale.» ;

c) all'articolo 153, dopo il comma 21 è aggiunto il seguente:

«21-bis. Al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e il coinvolgimento del sistema bancario nell'operazione, si applicano in quanto compatibili le disposizioni contenute all'articolo 144, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater.»;

d) all'articolo 174, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

«4-bis. Al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e il coinvolgimento del sistema bancario nell'operazione, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute all'articolo 144, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater.»;

e) all'articolo 175, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:

«5-bis. Al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e il coinvolgimento del sistema bancario nell'operazione, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute all'articolo 144, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater.».

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b), c), d) ed e), non si applicano alle procedure in finanza di progetto, di cui agli articoli 153 e 175 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore del presente decreto, né agli interventi da realizzare mediante finanza di progetto le cui proposte sono state già dichiarate di pubblico interesse alla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

Il comma 1 reca una serie di novelle al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, d’ora in avanti Codice) finalizzate a incidere sulla disciplina dei contratti di partenariato pubblico privato, e segnatamente delle concessioni di lavori pubblici[67], relativamente alle dichiarazioni del soggetto concedente e alle condizioni che determinano la revisione del piano economico e finanziario degli investimenti del concessionario (comma 1, lettera a), nonché allo svolgimento di una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte, al coinvolgimento degli istituti finanziatori fin dalla fase di gara, alla previsione di clausole di risoluzione del contratto di concessione in caso di mancato reperimento del finanziamento privato (comma 1, lettera b).

Le predette novelle al Codice si applicano alle operazioni di finanza di progetto (project financing), ad eccezione di quelle con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore della disposizione (comma 2).

Le disposizioni sembrano volte ad agevolare la bancabilità dei progetti da realizzare in partenariato pubblico privato (PPP). In proposito, si segnala che la realizzazione delle infrastrutture in PPP, anche nella “legge obiettivo”, deve far fronte ad alcuni problemi legati alla complessità delle procedure, alla difficoltà di definire per via contrattuale l’allocazione del rischio tra le parti, nonché alla chiusura del finanziamento (financial closing)[68].

Comma 1, lettera a)- Modifiche all’articolo 143 del Codice

Il comma 1, lettera a), novella in più punti l’articolo 143 del Codice, che disciplina le caratteristiche delle concessioni di lavori pubblici.

 

Una prima modifica, integrativa del disposto del comma 5, prevede che il soggetto concedente, alla consegna dei lavori, fornisca una dichiarazione in cui attesti che è in possesso di tutte le autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nulla osta, permessi o altri atti di assenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente e che i predetti atti sono legittimi, efficaci e validi. Si ricorda, in proposito, che il comma 5 dell’articolo 143 prevede che le amministrazioni aggiudicatrici, previa analisi di convenienza economica, possono prevedere nel piano economico finanziario e nella convenzione, a titolo di prezzo, la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili nella loro disponibilità o allo scopo espropriati la cui utilizzazione ovvero valorizzazione sia necessaria all'equilibrio economico-finanziario della concessione. La ratio della disposizione sembra, pertanto, quella di fornire una sorta di garanzia al concessionario relativamente agli immobili che vengono ceduti.

 

Un’ulteriore novella, che incide sul comma 8 dell’articolo 143, stabilisce che le norme legislative e regolamentari che comunque incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario (PEF) degli investimenti del concessionario comportano la sua necessaria revisione, previa verifica del CIPE, sentito il Nucleo di consulenza per l'Attuazione e Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS). La disposizione sembra ampliare, rispetto al testo previgente, le fattispecie che consentono la revisione del piano.

Si ricorda che il comma 8, al fine di ristabilire l’equilibrio economico finanziario delle concessioni, ha previsto l’istituto della revisione del piano. Il testo della norma, nella parte in cui incide la novella in commento, nel disciplinare la revisione del piano, faceva riferimento alla necessità della revisione medesima in conseguenza di norme legislative o regolamentari che stabilissero nuove condizioni per l’esercizio delle attività previste nella concessione nel caso in cui dovessero determinare una modifica dell’equilibrio del piano. La novella consente di ricorrere all’istituto della revisione in tutti i casi di norme sopravvenute, che incidano comunque sull’equilibrio economico finanziario.

 

Viene, altresì, introdotto un nuovo comma 8-bis che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 8, prevede che la convenzione definisce i presupposti e le condizioni di base del piano economico e finanziario le cui variazioni, non imputabili al concessionario, qualora determinino una modifica dell’equilibrio del piano, comportano la sua revisione.

Si ricorda che il secondo periodo del comma 8 dell’articolo 143 precisa che i presupposti e le condizioni di base che determinano l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione, da richiamare nelle premesse del contratto, ne costituiscono parte integrante.

Il nuovo comma 8-bis prevede, inoltre, che la convenzione contiene una definizione di equilibrio economico finanziario, che faccia riferimento ad indicatori di redditività e di capacità di rimborso del debito, nonché la procedura di verifica e la cadenza temporale degli adempimenti connessi.

Comma 1, lettera b)- Modifiche all’articolo 144 del Codice

La lettera b) novella in più punti l’articolo 144 del Codice, che disciplina le procedure di affidamento e la pubblicazione del bando relativo alle concessioni di lavori pubblici.

La prima modifica va ad integrare il comma 3-bis dell’articolo 144 al fine di prevedere nel bando, per le concessioni da affidare con procedura ristretta[69], la facoltà per le amministrazioni aggiudicatrici di svolgere una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte prima del termine di scadenza delle offerte medesime. La consultazione è finalizzata a verificare l’eventuale presenza di criticità di finanziamento del progetto posto a base di gara. A seguito della consultazione l’amministrazione aggiudicatrice può modificare il termine di presentazione delle offerte allo scopo di adeguare la documentazione di gara; tale termine non può comunque essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti interessati.

 

L’importo delle misure di defiscalizzazione previste dall’articolo 18 della legge n. 183 del 2011 e del credito di imposta per le nuove infrastrutture di cui all’articolo 33 del decreto legge n. 179 del 2012, nonché l’importo degli eventuali contributi pubblici, non possono essere oggetto di consultazione. Si rammenta che sulle disposizioni relative alla defiscalizzazione e al credito di imposta interviene l’articolo 19, commi 3 e 4, del decreto legge (alla cui scheda di commento si rinvia).

 

Le ulteriori novelle provvedono a introdurre due commi aggiuntivi all’articolo 144 volti a inserire talune previsioni nel bando di gara. In particolare, il bando di gara:

§      può prevedere che l’offerta sia accompagnata da una dichiarazione di uno o più istituti in cui venga manifestato l’interesse a finanziare l’operazione (comma 3-ter). La norma specifica ulteriormente quanto già in realtà previsto dalla normativa vigente atteso che, per un verso, l’articolo 143, comma 7, e l’articolo 153, comma 9, del Codice prevedono che “in fase di gara le offerte debbano dare conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti finanziatori nel progetto” e che, per l’altro, l’articolo 144, comma 3-bis, del medesimo Codice sottolinea che “i bandi e i relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità dell'opera”. Rispetto alle predette norme, il coinvolgimento degli istituti finanziatori sembra maggiore in quanto si fa riferimento a una manifestazione di interesse;

§      prevede clausole risolutorie del contratto di concessione nel caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento o della mancata sottoscrizione o collocamento delle obbligazioni delle società di progetto di cui all’articolo 157 del Codice (cd. project bond) entro il termine fissato dal medesimo bando, che deve essere congruo e comunque non deve essere superiore a ventiquattro mesi dalla data di approvazione del progetto definitivo. Nel caso di risoluzione del contratto, al concessionario non spetterà alcun rimborso delle spese sostenute, incluse quelle relative alla progettazione definitiva. La norma precisa che il concessionario ha comunque facoltà di reperire altre forme di finanziamento previste dalla legislazione vigente purché intervengano entro lo stesso termine. Nel caso di parziale finanziamento del progetto si prevede, infine, che il bando di gara preveda una risoluzione limitata alla parte non finanziata rimanendo conseguentemente operativa solo la parte del contratto di concessione che regola lo “stralcio” oggetto di finanziamento e che comunque deve tecnicamente ed economicamente funzionale.

Comma 1, lettere c), d) ed e) - Modifiche agli articoli 153, 174 e 175 del Codice

Le lettere c), d) ed e) novellano rispettivamente gli articoli 153, 174 e 175 del Codice, concernenti rispettivamente la disciplina delle concessioni in finanza di progetto relative ai lavori “ordinari” e all’affidamento di opere strategiche, al fine di prevedere l’applicabilità, in quanto compatibile, delle disposizioni di cui ai commi 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’articolo 144 del Codice, come modificate ovvero introdotte dalla predetta lettera b).

Comma 2 – Applicabilità delle modifiche del comma 1

Il comma 2 precisa che le predette novelle al Codice, segnatamente quelle all’articolo 144, non si applicano alle operazioni di project financing con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore del decreto legge e agli interventi da realizzare in finanza di progetto le cui proposte sono state già dichiarate di pubblico interesse alla data di entrata in vigore del decreto legge.

La valutazione del pubblico interesse delle proposte è disciplinata dai commi 16 e 19 dell’articolo 153 del D.Lgs. n. 163/2006, che disciplina le procedure di finanza di progetto.


 

Articolo 19, commi 3-4
(Disposizioni in materia di defiscalizzazione)

 


3. All'articolo 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, il primo periodo, è sostituito dal seguente:

«1. Al fine di favorire in via sperimentale la realizzazione di nuove opere infrastrutturali di rilevanza strategica nazionale di importo superiore a 200 milioni di euro mediante l'utilizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato di cui all'articolo 3, comma 15-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la cui progettazione definitiva sia approvata entro il 31 dicembre 2016, per i quali non sono previsti contributi pubblici a fondo perduto ed è accertata, in esito alla procedura di cui al comma 2, la non sostenibilità del piano economico-finanziario, è riconosciuto al soggetto titolare del contratto di partenariato pubblico-privato, ivi comprese le società di progetto di cui all'articolo 156 del medesimo decreto legislativo n. 163 del 2006, un credito di imposta a valere sull'IRES e sull'IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell'opera.»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il CIPE, previo parere del NARS che allo scopo è integrato con due ulteriori componenti designati rispettivamente dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprie delibere individua l'elenco delle opere che, per effetto dell'applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2-ter, conseguono le condizioni di equilibrio economico-finanziario necessarie a consentirne il finanziamento, e il valore complessivo delle opere che possono accedere alle agevolazioni; per ciascuna infrastruttura sono inoltre determinate le misure agevolative necessarie per la sostenibilità del piano economico-finanziario, definendone le modalità per l'accertamento, per il relativo monitoraggio nonché per la loro rideterminazione in caso di miglioramento dei parametri posti a base del piano economico-fìnanziario e applicando, per quanto compatibili, i principi e i criteri definiti dal CIPE con le apposite linee guida per l'applicazione dell'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183.»;

c) il comma 2-ter è sostituito dal seguente:

«2-ter. Al fine di favorire la realizzazione di nuove opere infrastrutturali di rilevanza strategica nazionale di importo superiore a 200 milioni di euro mediante l'utilizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato di cui all'articolo 3, comma 15-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la cui progettazione definitiva sia approvata entro il 31 dicembre 2016, per le quali è accertata, in esito alla procedura di cui al comma 2, la non sostenibilità del piano economico-finanziario, è riconosciuta al soggetto titolare del contratto di partenariato pubblico-privato, ivi comprese le società di progetto di cui all'articolo 156 del medesimo decreto legislativo n. 163, al fine di assicurare la sostenibilità economica dell'operazione di partenariato pubblico-privato, l'esenzione dal pagamento del canone di concessione nella misura necessaria al raggiungimento dell'equilibrio del piano economico-finanziario.»;

d) al comma 2-quater, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Le misure di cui al presente articolo sono alternative a quelle previste dall'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183. Le stesse misure sono riconosciute in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato.».

4. All'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Con le modalità di cui al precedente periodo può essere altresì definita ogni altra disposizione attuativa del presente articolo.»;

b) il comma 3 è abrogato.


 

 

Il comma 3 modifica la disciplina degli incentivi fiscali per la realizzazione di nuove infrastrutture di rilevanza strategica nazionale, riducendo da 500 a 200 milioni di euro il valore dell’opera al di sopra del quale viene concesso l’incentivo.

 

A seguito degli interventi apportati con il D.L. n. 179/2012, il legislatore ha delineato tre modalità di sostegno alla realizzazione di nuove opere, le cui procedure sembrano essere sostanzialmente analoghe:

§       in via sperimentale, viene introdotto un credito d’imposta per nuove opere di importo superiore a 500 milioni di euro (articolo 33, comma 1); esso spetta per la realizzazione di nuove opere infrastrutturali di importo superiore a 500 milioni di euro con contratti di partenariato pubblico privato (PPP) a valere sull’IRES e sull’IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell’opera stessa;

§       è prevista l’esenzione dal pagamento del canone di concessione, sempre per nuove opere di importo superiore a 500 milioni di euro (comma 2-ter dell’articolo 33), cumulabile con la misura precedente;

§       si dispone la “defiscalizzazione” delle nuove opere incluse in piani o programmi di amministrazioni pubbliche previsti a legislazione vigente (ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 183 del 2011), consistente nella possibilità di compensare le imposte con quanto dovuto dalla PA a titolo di contributo pubblico a fondo perduto.

 

Un’ulteriore misura riguarda la tassazione agevolata dei cd. project bond (ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 83/2012), con l’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota al 12,5% sulle emissioni obbligazionarie effettuate nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 da parte delle società di progetto per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità.

 

In particolare, la lettera a) del comma 3 - mediante sostituzione del comma 1, primo periodo, del citato articolo 33 - riduce da 500 a 200 milioni di euro il valore dell’opera infrastrutturale al di sopra del quale viene concesso il credito d’imposta in caso di realizzazione mediante contratti di partenariato pubblico-privato.

E’ introdotto un nuovo requisito, consistente nella rilevanza strategica nazionale dell’opera, mentre viene prorogato di un anno il limite temporale per l’approvazione della progettazione definitiva (dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016).

 

Restano confermati i precedenti requisiti, vale a dire:

§       non usufruire di contributi pubblici a fondo perduto;

§       accertamento, in esito alla procedura di cui al successivo comma 2, della non sostenibilità del piano economico finanziario (PEF).

Il comma prevede, altresì, che il credito di imposta deve essere stabilito per ciascun progetto:

§       nella misura necessaria al raggiungimento dell’equilibrio del PEF;

§       comunque entro il limite massimo del 50% del costo dell’investimento.

 

Viene inoltre stabilito che il credito di imposta non costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP e viene previsto che esso venga posto a base di gara per l’individuazione dell’affidatario del contratto di PPP e successivamente dovrà essere riportato anche nel contratto.

 

La lettera b) del comma 3 - mediante sostituzione del comma 2 dell’articolo 33 del D.L. n. 179/2012 -incide sulla procedura di verifica da parte del CIPE (che delibera, come già previsto nel testo previgente, previo parere del Nucleo di consulenza per l'Attuazione e Regolazione dei Servizi di pubblica utilità appositamente integrato da due componenti) della non sostenibilità del piano economico e finanziario. In particolare, rispetto al testo previgente, si precisa che il CIPE, con proprie delibere, individua l’elenco delle opere che, per effetto dell’applicazione delle misure del credito di imposta (di cui al comma 1 dell’articolo 33 del D.L. n. 179/2012) e dell’esenzione dal pagamento del canone di concessione (di cui al comma 2-ter dell’articolo 33 del D.L. n. 179/2012), conseguono le condizioni di equilibrio economico-finanziario necessarie a consentirne il finanziamento, e il valore complessivo delle opere che possono accedere alle agevolazioni. Per ciascuna infrastruttura sono, inoltre, determinate le misure agevolative necessarie per la sostenibilità del piano economico e finanziario e le modalità di accertamento, monitoraggio ed eventuale rideterminazione applicando, per quanto compatibili, i principi e i criteri definiti dal CIPE con le linee guida per l’applicazione delle misure di defiscalizzazione di cui all’articolo 18 della legge n. 183 del 2011 (vedi infra).

Il CIPE, con delibera 1/2013, ha approvato la direttiva in materia di attuazione delle misure di compensazione fiscale previste dall'art. 18 della legge n. 183/2011.

 

La successiva lettera c) del comma 3 - mediante sostituzione del comma 2-ter del medesimo articolo 33 - riconosce al soggetto titolare del contratto per la realizzazione di opere infrastrutturali con PPP (come già definite dal comma 1 sopra illustrato), l'esenzione dal pagamento del canone di concessione nella misura necessaria al raggiungimento dell'equilibrio del piano economico finanziario. La modifica è volta, pertanto, ad adeguare il riferimento alla nuova soglia al di sopra della quale è applicabile la misura del credito di imposta. Viene meno, rispetto alla formulazione previgente, il requisito dell’inserimento in piani o programmi di amministrazioni pubbliche atteso che, sulla scorta di quanto previsto per le opere agevolabili con la misura del credito di imposta, si fa riferimento al requisito della rilevanza strategica nazionale.

Si rammenta che l’art. 1, comma 1020, della legge n. 296 del 2006 è intervenuto sulla disciplina del canone annuo a carico degli enti concessionari (disciplinato dall’art. 10 della legge n. 537 del 1993), sotto due profili:

a)  sotto il profilo dell’entità del canone, che è stato incrementato dall’1 al 2,4 per cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari;

b)  sotto il profilo della destinazione di tali somme, prevedendo che una parte delle medesime, pari al 42 per cento, sia corrisposta direttamente all’ANAS, che a sua volta provvede a destinarla alle sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari, secondo direttive impartite dal Ministero delle infrastrutture.

 

La lettera d) aggiunge un periodo al comma 2-quater, al fine di rendere le misure sopra descritte alternative alla “defiscalizzazione” prevista dall’articolo 18 della citata legge n. 183 del 2011.

 

Tale articolo – più volte modificato al fine di precisarne i contenuti - ha introdotto le seguenti misure agevolative per favorire la realizzazione di nuove infrastrutture, incluse in piani o programmi di amministrazioni pubbliche previsti a legislazione vigente, da realizzare con contratti di partenariato pubblico privato, con l’obiettivo di azzerare il contributo pubblico a fondo perduto:

a)  la compensazione delle imposte sui redditi e dell'IRAP generate durante il periodo di concessione con il predetto contributo a fondo perduto;

b)  la compensazione dell'imposta sul valore aggiunto con il predetto contributo pubblico a fondo perduto, nonché, limitatamente alle grandi infrastrutture portuali, per un periodo non superiore ai 15 anni, con il 25% dell'incremento del gettito di imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni di importazione riconducibili all'infrastruttura oggetto dell'intervento;

c)  il riconoscimento al concessionario come contributo in conto esercizio dell'ammontare del canone di concessione.

 

Resta invece confermata la cumulabilità dell’esenzione dal canone di concessione con il credito d’imposta. Nel complesso le due misure non potranno superare il 50 per cento del costo dell'investimento, tenendo conto anche del contributo pubblico a fondo perduto

 

La norma prevede quindi che la misura sia riconosciuta in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato (tale clausola era prima contenuta nel comma 2-ter).

La norma fa riferimento genericamente alla disciplina comunitaria, il che potrebbe implicare la necessità di acquisire ai sensi degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) la preventiva autorizzazione della Commissione europea ai fini dell’effettiva applicazione dell’esenzione. La necessità di acquisire tale autorizzazione preventiva sarebbe esclusa laddove l’agevolazione rientrasse, caso per caso, nel campo di applicazione della disciplina de minimis (200.000 euro per ciascuna impresa per tre anni).

 

Il comma 4 modifica il comma 2 dell’articolo 18 della citata legge n. 183 del 2011 demandando ad una delibera CIPE la definizione di tutte le disposizioni attuative della norma in commento. Conseguentemente, è abrogato il comma 3 del medesimo articolo 18 in base al quale l'efficacia delle misure previste ai commi 1 e 2 era subordinata all'emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 104, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

 

La norma sembrerebbe volta, in particolare, a superare la necessità di emanare un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per determinare le quote di ammortamento ammesse in deduzione per le concessioni relative alla costruzione e all'esercizio di opere pubbliche. L'articolo 104, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevede che, per le concessioni relative alla costruzione e all'esercizio di opere pubbliche sono ammesse in deduzione quote di ammortamento finanziario differenziate da calcolare sull'investimento complessivo realizzato. Le quote di ammortamento sono determinate nei singoli casi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in rapporto proporzionale alle quote previste nel piano economico-finanziario della concessione, includendo nel costo ammortizzabile gli interessi passivi anche in deroga alle disposizioni del comma 1 dell'articolo 110 del medesimo testo unico.


 

Articolo 19, comma 5
(Disposizioni in materia di project bond)

 

5. All'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, le parole: «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti «Le disposizioni di cui al comma 1».

 

 

Il comma 5 interviene sulla disciplina fiscale dei project bond, introdotta dall’articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2012.

 

L’articolo 1 del decreto-legge n. 83 ha introdotto un regime fiscale agevolato per gli interessi derivanti dai cd. “project bond”, ovvero dalle emissioni obbligazionarie effettuate, nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2012), dalle società di progetto per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità. L’agevolazione consiste nell’assimilazione ai titoli di Stato e, dunque, a tassazione sostitutiva con aliquota al 12,5%. Le disposizioni precisano poi i limiti di deducibilità degli interessi passivi per i project bond (comma 2); introducono un regime agevolato, ai fini delle imposte di registro e ipocatastali, per le garanzie (e le operazioni ad esse correlate) rilasciate in relazione all’emissione di project bond (comma 3). L’emissione di detti titoli viene infine consentita anche alle società già operative, per coprire debiti contratti precedentemente sulle infrastrutture esistenti.

 

La modifica è volta a rendere strutturali le agevolazioni fiscali in materia di project bond, vale a dire la deducibilità degli interessi passivi e il regime agevolato, ai fini delle imposte di registro e ipocatastali, per le garanzie (e le operazioni ad esse correlate) rilasciate in relazione all’emissione di project bond. Continua ad applicarsi alle sole obbligazioni emesse nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 l’agevolazione relativa al regime fiscale sugli interessi consistente nell’equiparazione a quello sui titoli di Stato (12,5%).


 

Articolo 19, comma 5-bis
(Canoni demaniali marittimi)

 


5-bis. Fino alla data del 15 settembre 2013 sono sospesi i pagamenti dei canoni per le concessioni demaniali marittime indicate all'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, anche qualora i relativi importi siano stati iscritti al ruolo esattoriale e siano state emesse cartelle di pagamento da parte degli agenti incaricati alla riscossione. Fino alla stessa data del 15 settembre 2013 sono sospesi i procedimenti amministrativi avviati dalle amministrazioni competenti e gli effetti dei medesimi, relativi alla sospensione, revoca o decadenza dalla concessione demaniale marittima derivante dal mancato versamento del canone demaniale marittimo nella misura determinata dal medesimo articolo 03 del decreto-legge n. 400 del 1993. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le amministrazioni competenti provvedono a trasmettere all'agente della riscossione l'elenco dei codici tributo interessati dalla sospensione.


 

 

Il comma 5-bis dell’articolo 19 prevede la sospensione, fino al 15 settembre 2013, del pagamento dei canoni demaniali marittimi. La sospensione ha effetto anche qualora i relativi importi siano stati iscritti al ruolo esattoriale e siano state emesse cartelle di pagamento da parte degli agenti incaricati alla riscossione. Conseguentemente sono sospesi anche i provvedimenti amministrativi relativi al mancato pagamento dei canoni, anche con riferimento all’eventuale sospensione, revoca o decadenza della concessione. Entro dieci giorni dall’entrata in vigore della disposizione le amministrazioni competenti dovranno trasmettere all’agente della riscossione i codici tributo interessati dalla sospensione.

In particolare, la disposizione precisa che si fa riferimento ai canoni demaniali di cui “all'articolo 3” (rectius: 03) del decreto-legge n. 400/1993, così come modificato dai commi 251 e 252 dell’articolo unico della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007).

L’articolo 03 del decreto-legge n. 400/1993, come sostituito dal comma 251 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007 ha ridefinito le modalità di determinazione dei canoni demaniali marittimi. In particolare si prevede una classificazione delle aree sottoposte, in base agli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, al pagamento dei canoni di concessione (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei) in due aree: A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica).

Il comma 252 ha invece previsto che le misure dei canoni demaniali marittimi, come ridefinite dal comma 251, si applichino anche, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

Per quanto concerne più in generale la materia dei canoni demaniali marittimi, si ricorda che da ultimo l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;

La disposizione interveniva sull’articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194/2009. Tale disposizione aveva prorogato la durata delle concessioni in essere fino al 31 dicembre 2015, nelle more del riordino complessivo della materia che doveva essere effettuato con il decreto legislativo attuativo dell’articolo 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010), al fine di superare il sistema del rinnovo automatico delle concessioni, oggetto della procedura di infrazione comunitaria 2008/4908. Il termine per l’esercizio della delega è scaduto il 17 aprile 2013, senza che il decreto legislativo sia stato adottato. Per ulteriori elementi si rinvia all’approfondimento Le concessioni demaniali marittime all’interno della sezione temi dell’attività parlamentare sul sito internet della Camera dei deputati.


 

Articolo 20
(Riprogrammazione degli interventi del
Piano nazionale della sicurezza stradale)

 


1. Con ricognizione, da completare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, da effettuare con i soggetti beneficiari, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti verifica lo stato di attuazione degli interventi del 1° e 2° Programma annuale di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale cofinanziati con legge 23 dicembre 1999, n. 488. Ove dalla predetta ricognizione risultino interventi non ancora avviati i corrispondenti finanziamenti ed i relativi impegni di spesa sono revocati con uno o più decreti, di natura non regolamentare, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

2. Le risorse derivanti dalle revoche dei finanziamenti sono iscritte nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sono destinate alla realizzazione in cofinanziamento di un programma di interventi di sicurezza stradale, concernenti prevalentemente lo sviluppo e la messa in sicurezza di itinerari e percorsi ciclabili e pedonali, nonché al finanziamento della realizzazione e della messa in sicurezza dei tratti stradali mancanti per dare continuità all'asse viario Terni-Rieti, alla prosecuzione del monitoraggio dei Programmi di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale ed all'implementazione ed al miglioramento del sistema di raccolta dati di incidentalità stradale in coerenza con quanto previsto dall'articolo 56 della legge 29 luglio 2010, n. 120.

3. Le somme relative ai finanziamenti revocati iscritte in conto residui sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica nel triennio 2013-2015, per le finalità del comma 2.

4. Il programma da cofinanziare è definito sulla base delle proposte formulate dalle Regioni a seguito di specifica procedura fondata su criteri di selezione che tengono prioritariamente conto dell'importanza degli interventi in termini di effetti sul miglioramento della sicurezza stradale di cui al comma 2 e della loro immediata cantierabilità.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le variazioni di bilancio conseguenti all'attuazione del presente articolo.

5-bis. Al fine di garantire l'efficacia del sistema sanzionatorio relativo alle violazioni del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e l'effettiva disponibilità delle risorse destinate al finanziamento dei programmi annuali di attuazione del Piano nazionale della sicurezza stradale, di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, all'articolo 202 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Tale somma è ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione. La riduzione di cui al periodo precedente non si applica alle violazioni del presente codice per cui è prevista la sanzione accessoria della confisca del veicolo, ai sensi del comma 3 dell'articolo 210, e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida»;

b) al comma 2:

1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico»;

2) al secondo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico»;

c) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2.1. Qualora l'agente accertatore sia munito di idonea apparecchiatura il conducente, in deroga a quanto previsto dal comma 2, è ammesso ad effettuare immediatamente, nelle mani dell'agente accertatore medesimo, il pagamento mediante strumenti di pagamento elettronico, nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 1. L'agente trasmette il verbale al proprio comando o ufficio e rilascia al trasgressore una ricevuta della somma riscossa, facendo menzione del pagamento nella copia del verbale che consegna al trasgressore medesimo»;

d) al comma 2-bis è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Qualora l'agente accertatore sia dotato di idonea apparecchiatura, il conducente può effettuare il pagamento anche mediante strumenti di pagamento elettronico»;

e) al comma 2-ter, le parole: «alla metà del massimo» sono sostituite dalle seguenti: «al minimo».

5-ter. Il Ministro dell'interno, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, promuove la stipulazione di convenzioni con banche, con la società Poste italiane Spa e con altri intermediari finanziari al fine di favorire, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la diffusione dei pagamenti mediante strumenti di pagamento elettronico previsti dall'articolo 202 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come da ultimo modificato dal comma 5-bis del presente articolo.

5-quater. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono disciplinate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, tramite posta elettronica certificata nei confronti dei soggetti abilitati all'utilizzo della posta medesima, escludendo l'addebito delle spese di notificazione a carico di questi ultimi.


 

 

L’articolo 20, modificato nel corso dell’esame parlamentare, interviene in materia di sicurezza stradale disponendo la ricognizione dello stato di attuazione degli interventi del primo e del secondo Programma annuale di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale cofinanziati con legge 23 dicembre 1999, n. 488. La ricognizione è finalizzata alla eventuale revoca delle risorse destinate a finanziare gli interventi (relativi rispettivamente agli anni 2002 e 2003) che risultino non ancora avviati ed alla loro destinazione ad altre finalità di sicurezza stradale. Nel corso dell’esame parlamentare sono stati aggiunti tre nuovi commi che prevedono il pagamento in misura ridotta del 30 per cento delle sanzioni per violazioni al Codice della Strada nel caso di pagamento effettuato entro cinque giorni, con l’esclusione delle violazioni più gravi, nonché la possibilità di utilizzo di strumenti di pagamento elettronico.

 

Il comma 1, prevede in particolare che la ricognizione dello stato di attuazione degli interventi del primo e del secondo Programma annuale di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale sarà svolta dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti insieme ai soggetti beneficiari e dovrà essere completata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In questo caso è infatti previsto che i relativi impegni di spesa siano revocati con uno o più decreti, di natura non regolamentare, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Si ricorda che il Piano nazionale della sicurezza stradale di cui all’art. 32, comma 5, della legge n. 144/1999, viene approvato dal CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) e viene attuato attraverso Programmi annuali. Esso consiste in un sistema articolato di indirizzi, di misure per la promozione e l'incentivazione di piani e strumenti per migliorare i livelli di sicurezza da parte degli enti proprietari e gestori di interventi infrastrutturali, di misure di prevenzione e controllo, di dispositivi normativi e organizzativi, finalizzati al miglioramento della sicurezza secondo gli obiettivi comunitari. Con delibera CIPE 29 novembre 2002, n. 100/2002[70] , sono stati approvati il Piano nazionale della sicurezza stradale per il biennio 2002-2003 ed il primo programma annuale di attuazione del Piano nazionale per il 2002. Con Del. CIPE 13 novembre 2003, n. 81/2003[71] è stato approvato il secondo programma annuale di attuazione per il 2003. Il primo ed il secondo programma di attuazione sono stati finanziati con la legge 23 dicembre 1999 n. 488 (legge finanziaria 2000) per circa 342 mln di euro di investimento. Successivamente, con Del. 21 dicembre 2007, n. 143/2007[72], è stato approvato il terzo programma annuale di attuazione del Piano nazionale; con Del. CIPE 18 dicembre 2008, n. 108/2008[73] sono stati approvati il quarto e il quinto, ed ultimo, programma di attuazione del Piano nazionale. Infine, l’art. 4, comma 60 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012) ha ridotto di euro 135.000, a decorrere dall’anno 2012, gli oneri per il finanziamento del Piano nazionale della sicurezza stradale.

 

In base al comma 2, modificato nel corso dell’esame parlamentare, le risorse revocate saranno iscritte nel bilancio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e destinate alla realizzazione, in cofinanziamento con le regioni (sulla base delle proposte formulate dalle regioni, come previsto dal successivo comma 4) di un programma di interventi per la sicurezza stradale inerenti prevalentemente allo sviluppo e la messa in sicurezza di itinerari e percorsi ciclabili e pedonali nonché al finanziamento per la realizzazione e messa in sicurezza dei tratti stradali mancanti e dare continuità all’asse viario Terni Rieti.

Rimangono confermate poi le altre due finalità previste nel testo originario del comma 2:

§      prosecuzione del monitoraggio dei programmi di attuazione del Piano nazionale della sicurezza stradale;

§      implementazione e miglioramento del sistema di raccolta dati di incidentalità stradale in coerenza con quanto previsto dall'articolo 56 della legge 29 luglio 2010, n. 120.

In base al successivo comma 4, anch’esso modificato, per adeguarlo alla nuova formulazione del comma 2, il programma da cofinanziare sarà definito sulla base delle proposte formulate dalle Regioni a seguito di specifica procedura fondata su criteri di selezione che dovranno tenere prioritariamente conto dell'importanza degli interventi in termini di effetti sul miglioramento della sicurezza stradale di cui al comma 2 e della loro immediata cantierabilità;

Il comma 3, dispone che le somme relative ai finanziamenti revocati iscritte in conto residui siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica nel triennio 2013-2015, per le finalità del comma 2.

Il comma 5 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze ad apportare le variazioni di bilancio conseguenti all'attuazione dell’articolo.

 

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati aggiunti tre nuovi commi che prevedono il pagamento in misura ridotta del 30 per cento delle sanzioni per violazioni al Codice della Strada e l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronico.

Il comma 5-bis dispone in particolare la modifica in più punti dell'articolo 202 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) prevedendosi:

a)   al comma 1, che la sanzione per le violazioni al Codice della Strada sia ridotta del 30 per cento se il pagamento viene effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione. La riduzione non si applica alle sole violazioni più gravi, cioè a quelle per cui è prevista la sanzione accessoria della confisca del veicolo (dell'articolo 210, comma 3) o della sospensione della patente di guida;

Si ricorda che l'articolo 202 del Codice della strada consente attualmente il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazione delle disposizioni dello stesso Codice in misura ridotta e pari al minimo fissato dalle singole norme qualora il pagamento stesso sia effettuato entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione. Inoltre, in base all'articolo 200 del CdS, la contestazione da parte dell'agente accertatore, deve essere (fatte salve alcune fattispecie indicate al comma 1-bis dell'articolo 201, quali l'impossibilità di raggiungere il veicolo o l'attraversamento con semaforo con luce rossa) immediata, tanto nei confronti del trasgressore, quanto nei confronti della persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta. Dell'avvenuta contestazione deve essere redatto, anche con l'ausilio di sistemi informatici, verbale contenente anche le dichiarazioni che gli interessati chiedono che vi siano inserite; copia del verbale deve essere consegnata al trasgressore e, se presente, alla persona obbligata in solido, nonché all'ufficio o comando da cui dipende l'agente accertatore. In base all'articolo 201 qualora la contestazione immediata della violazione non risulti possibile, deve avvenire, entro novanta giorni dall'accertamento, la notificazione del verbale all'effettivo trasgressore.

b)   al comma 2, consentendo il pagamento delle suddette sanzioni mediante strumenti di pagamento elettronico;

c)   un nuovo comma 2.1 all’articolo 202, con la previsione che qualora l'agente accertatore sia munito di idonea apparecchiatura il conducente, in deroga a quanto previsto dal comma 2, possa effettuare immediatamente, nelle mani dell'agente accertatore medesimo il pagamento mediante strumenti di pagamento elettronico, nella misura ridotta. L'agente trasmette in questo caso il verbale al proprio comando o ufficio e rilascia al trasgressore una ricevuta della somma riscossa, facendo menzione del pagamento nella copia del verbale che consegna al trasgressore, anche all'atto della contestazione, nelle mani dell'agente accertatore;

d)   al comma 2-bis dell’articolo 202, si novella il testo attuale che ammette il pagamento immediato nelle mani dell'agente accertatore per determinate violazioni commesse da soggetti in possesso di alcune categorie di patente nell’ambito dell’autotrasporto di persone o cose. Anche per queste fattispecie si prevede ora che il versamento dell'importo ridotto possa essere effettuato mediante strumenti di pagamento elettronico, quando l'agente sia munito della necessaria apparecchiatura;

Le violazioni alle quali fa riferimento il comma 2-bis sono quelle commesse nell'esercizio dell'attività di autotrasporto di persone o cose, dai titolari delle patenti di guida C, C+E, D e D+E (si tratta di autoveicoli, di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, anche con rimorchio, e di autobus per più di 8 passeggeri, anche con rimorchio, anche se le nuove classificazioni delle patenti europee entrate in vigore dal 19 gennaio 2013 prevedono ora una nuova classificazione) e previste dai seguenti articoli del Codice della strada:

§       articolo 142, commi 9 e 9-bis: superamento dei limiti di velocità di oltre 40 chilometri orari;

§       articolo 148: violazione dei divieti di sorpasso;

§       articolo 167, circolazione con eccedenza del carico superiore al 10% rispetto alla massa complessiva a pieno carico del veicolo, indicata nella carta di circolazione;

§       articolo 174, commi 5, 6 e 7, e articolo 178, commi 5, 6 e 7: mancato rispetto dei periodi di guida e di risposo prescritti ai conducenti di autoveicoli adibiti al trasporto di persone o cose, se la violazione ha durata superiore al 10% rispetto al limite.

e)   al comma 2-ter , che attualmente prevede che il trasgressore che non si avvalga della facoltà di pagamento immediato di cui al comma 2-bis, sia tenuto a versare all'agente accertatore, a titolo di cauzione, una somma pari alla metà del massimo della sanzione pecuniaria prevista per la violazione, riducendo tale cauzione all’importo minimo della sanzione prevista.

Le modifiche apportate dal comma 5-bis sono finalizzate a garantire l'efficacia del sistema sanzionatorio relativo alle violazioni del codice della strada e l'effettiva disponibilità delle risorse destinate al finanziamento dei programmi annuali di attuazione del Piano nazionale della sicurezza stradale, di cui ai commi 1 e 2.

Il comma 5-ter stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, promuova la stipula di convenzioni con banche, con la società Poste italiane Spa e con altri intermediari finanziari per favorire la diffusione dei pagamenti delle sanzioni mediante strumenti di pagamento elettronici, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 5-quater demanda infine ad un decreto interministeriale (del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e la semplificazione), la disciplina delle procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni al Codice della strada tramite posta elettronica certificata, nei confronti dei trasgressori abilitati all'utilizzo di tale sistema. La notifica tramite posta elettronica esclude l'addebito delle spese di notificazione a carico dei trasgressori. Il decreto dovrà essere emanato entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si ricorda che la posta elettronica certificata (PEC) viene definita dal Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82/2005) come il sistema di comunicazione in grado di attestare l'invio e l'avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi. Il decreto-legge n. 185/2008 ha esteso a tutte le amministrazioni pubbliche l'obbligo di istituire una casella di posta elettronica certificata. Inoltre, in base al decreto legislativo n. 235/2010, le pubbliche amministrazioni sono tenute a utilizzare la PEC ai fini della trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una di consegna a soggetti che abbiano preventivamente dichiarato il proprio indirizzo; la trasmissione del documento informatico tramite PEC equivale, altresì, alla notificazione a mezzo posta, salvo che la legge disponga diversamente.


 

Articolo 21
(Differimento dell'operatività della garanzia globale di esecuzione)

 

1. Il termine previsto dall'articolo 357, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, già prorogato ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2012, n. 119, è ulteriormente differito al 30 giugno 2014.

 

 

L’articolo 21 reca il differimento del termine di entrata in operatività delle disposizioni in materia di garanzia globale di esecuzione (cd. performance bond) di cui alla parte II, titolo VI, capo II, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, forniture e servizi, d’ora in avanti Regolamento). In particolare, il termine per l’entrata in operatività del sistema di garanzia globale – già prorogato di un anno, ossia fino all’8 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 73 del 2012[74] – è ulteriormente differito al 30 giugno 2014.

 

Il comma 5 dell’articolo 357 del Regolamento ha previsto che le disposizioni della parte II, titolo VI, capo II (sistema di garanzia globale), si applicano ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si indice una gara siano pubblicati a decorrere da un anno successivo alla data di entrata in vigore del regolamento, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, ai contratti in cui gli inviti a presentare le offerte siano inviati a decorrere da un anno successivo alla data di entrata in vigore del regolamento.

La parte II del Regolamento disciplina i contratti pubblici relativi a lavori nei settori ordinari e il capo II, del titolo VI, istituisce (art. 129) il sistema di garanzia globale di esecuzione che consiste nella garanzia fideiussoria di buon adempimento e nella garanzia di subentro ed è obbligatoria “per gli appalti di progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori di ammontare a base d'asta superiore a 75 milioni di euro, per gli affidamenti a contraente generale di qualunque ammontare, e, ove prevista dal bando o dall'avviso di gara, per gli appalti di sola esecuzione di ammontare a base d'asta superiore a 100 milioni di euro”. Gli articoli da 129 a 136 del Regolamento disciplinano, tra l’altro, l’istituzione e la definizione del sistema di garanzia globale di esecuzione, nonché le modalità di presentazione, l’oggetto, la durata, l’attivazione, i rapporti tra le parti.


 

Articolo 22
(Misure per l'aumento della produttività nei porti)

 


1. All'articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, primo periodo, le parole: «Nei siti oggetto di interventi» sono sostituite dalle seguenti: «Nelle aree portuali e marino costiere poste in siti» e il quarto periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto di approvazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare deve intervenire entro trenta giorni dalla suddetta trasmissione, previo parere, solo se il progetto di dragaggio prevede anche il progetto di infrastrutture di contenimento non comprese nei provvedimenti di rilascio della Valutazione d'impatto ambientale dei Piani regolatori portuali di riferimento, o comunque difformi da quelle oggetto dei provvedimenti della Commissione di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sull'assoggettabilità o meno del progetto alla valutazione di impatto ambientale.»;

b) al comma 2, lettera a), le parole: «analoghe al fondo naturale con riferimento al sito di prelievo e» sono soppresse;

c) al comma 2, lettera c), le parole «con le modalità previste dal decreto di cui al comma 6» sono soppresse;

d) al comma 6, le parole: «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, definisce con proprio decreto le modalità e le norme tecniche per i dragaggi dei materiali, anche al fine dell'eventuale loro reimpiego, di aree portuali e marino costiere poste in siti di bonifica di interesse nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «adotta con proprio decreto le norme tecniche applicabili alle operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere poste in siti di bonifica di interesse nazionale al fine dell'eventuale reimpiego dei materiali dragati ed al fine di quanto previsto dal comma 2 del presente articolo».

2. Nell'ambito della propria autonomia finanziaria, alle autorità portuali è consentito di stabilire variazioni in diminuzione, fino all'azzeramento, delle tasse di ancoraggio e portuale, così come adeguate ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2009, n. 107, nonché variazioni in aumento, fino a un limite massimo pari al doppio della misura delle tasse medesime. L'utilizzo delle entrate rivenienti dall'esercizio dell'autonomia impositiva e tariffaria delle autorità portuali, nonché la compensazione, con riduzioni di spese correnti, sono adeguatamente esposti nelle relazioni sul bilancio di previsione e nel rendiconto generale. Nei casi in cui le autorità portuali si avvalgano della predetta facoltà di riduzione della tassa di ancoraggio in misura superiore al settanta per cento, è esclusa la possibilità di pagare il tributo con la modalità dell'abbonamento annuale. Il collegio dei revisori dei conti attesta la compatibilità finanziaria delle operazioni poste in essere. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. All'articolo 18-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, al comma 1, dopo le parole: «nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti» sono aggiunte le seguenti: «e gli investimenti necessari alla messa in sicurezza, alla manutenzione e alla riqualificazione strutturale degli ambiti portuali» e le parole: «di 70 milioni di euro annui» sono sostituite dalle seguenti: «di 90 milioni di euro annui».


 

 

 

L’articolo 22 prevede tre tipologie di interventi in materia di porti.

1) Dragaggi nei porti

Il primo intervento, di cui al comma 1, lett. a), semplifica la disciplina in materia di dragaggi dei porti: viene in particolare modificata la legge n. 85/1994 di riordino della legislazione in materia portuale sui porti. all’articolo 5-bis, prevedendo che la contestualità tra operazioni di dragaggio e predisposizioni delle operazioni di bonifica ivi prevista avvenga non genericamente nei siti oggetto degli interventi, bensì più specificatamente nelle aree portuali e marino costiere poste in tali siti.

Viene poi previsto che il decreto di approvazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare debba intervenire entro trenta giorni dalla suddetta trasmissione e che la sottomissione del progetto sui dragaggi alla Commissione di valutazione di impatto ambientale sia limitata al caso in cui il progetto preveda anche infrastrutture di contenimento non comprese nei provvedimenti di rilascio della valutazione di impatto ambientale o nei piani regolatori portuali di riferimento.

Il comma 1, lett. b), relativamente ai materiali derivanti dalle attività di dragaggio, consente la reimmissione nei siti idrici di provenienza ovvero l’utilizzazione per il rifacimento degli arenili anche dei materiali dei dragaggi che non presentino[75], come invece ora richiesto, caratteristiche analoghe al fondo naturale con riferimento al sito di prelievo, mantenendo l’unico requisito della idoneità al sito di destinazione.

Il comma 1, lett. c) novella la corrispondente lettera del comma 2 dell’articolo 5-bis, che consente l’utilizzo dei materiali non pericolosi[76] per il refluimento all’interno di casse di colmata di vasche di raccolta, o comunque in strutture di contenimento in possesso di determinati requisiti[77]. La modifica elimina il rinvio alle modalità operative adottate dal Ministero dell’ambiente, alla luce del fatto che il comma 6 non demanda più (per quanto previsto dalla lettera d) successiva) l’individuazione delle citate modalità al decreto del Ministero dell’ambiente.

Il comma 1, lett. d) prevede che il decreto Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e trasporti, per la definizione delle modalità e delle norme tecniche applicabili ai dragaggi dei materiali sia adottato anche senza il parere della Conferenza Stato-regioni e sia limitato alle norme tecniche applicabili alle operazioni di dragaggio e non più anche alle modalità dello stesso.

2) Tasse di ancoraggio e portuali

Il secondo intervento, di cui al comma 2, attiene al rafforzamento dell’autonomia finanziaria delle autorità portuali consentendogli di variare le tasse sulle merci e per l'ancoraggio: si consente in particolare di diminuire le tasse fino all’azzeramento, ovvero di aumentarle fino a un tetto massimo pari al doppio. La norma è finalizzata a consentire alle autorità portuali di modulare la propria offerta in relazione alle condizioni di svantaggio concorrenziale in cui possono trovarsi rispetto ad altri porti, anche stranieri.

La misura fa seguito all’applicazione in via sperimentale da parte delle autorità portuali, negli anni 2010, 2011 e 2012, della facoltà loro consentita dall'articolo 5, comma 7-duodecies, del decreto-legge n. 194/2009 di abbattere le tasse portuali e, in particolare, la tassa di ancoraggio. In base a quanto stabilito dall’articolo 1, comma 388, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) tale disposizione cesserà di avere effetto dal 30 giugno 2013.

 

Per la ricostruzione delle recenti evoluzioni normative in materia di tasse portuali sulle merci e per l’ancoraggio, si rinvia a quanto osservato nel dossier sul testo originario del decreto.

Con D.M. 24 dicembre 2012 sono state infine recentemente adeguate le aliquote della tassa di ancoraggio e della tassa portuale a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ( 6 gennaio 2013).

Il periodo preso in considerazione per l’adeguamento è quello compreso tra il 1° gennaio 1993 ed il 31 dicembre 2011 nel quale è stato accertato che il tasso d'inflazione FOI accertato dall'ISTAT è stato pari al 59,3%. Secondo il principio della gradualità triennale previsto dall'art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 107, l'applicazione dell'adeguamento è stata ripartita nel triennio 2012, 2013 e 2014, nelle rispettive misure del 33%, 33% e 34%, così come l'applicazione degli adeguamenti annuali previsti nella misura del 75 per cento del tasso ufficiale d'inflazione è effettuata a partire dall'anno 2015.

 

Il comma 2 prevede poi che l'utilizzo delle entrate derivanti dalla autonomia impositiva e tariffaria delle autorità portuali, nonché la compensazione, con riduzioni di spese correnti, siano adeguatamente esposti nelle relazioni di bilancio di previsione e nel rendiconto generale.

Nei casi in cui le autorità portuali si avvalgano della facoltà di riduzione della tassa di ancoraggio in misura superiore al settanta per cento, viene esclusa la possibilità di pagare il tributo con la modalità dell'abbonamento annuale. Il collegio dei revisori dei conti deve attestare la compatibilità finanziaria delle operazioni poste in essere. Si prevede infine che dalla misura non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3) Autonomia finanziaria delle autorità portuali

Il comma 3 modifica il comma 1 dell'articolo 18-bis della legge 28 gennaio 1984, n. 94, introdotto dal decreto-legge n. 83/2012, in materia di autonomia finanziaria delle autorità portuali.

L’articolo 18-bis nella legge n. 84/1994 ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo per interventi infrastrutturali nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti alimentato, nel limite di 70 milioni di euro annui, con la destinazione, su base annua, dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto.

Circa la ripartizione del Fondo, il comma 2 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze quantifichi entro il 30 aprile di ciascun esercizio finanziario l'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, nonché la quota da iscrivere nel fondo. Il comma 4 prevede che il fondo sia ripartito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, seguendo questi criteri:

§      a ciascun porto dovrà essere attribuito un importo pari all’ottanta per cento della quota dell’IVA dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per suo tramite;

§      il restante venti per cento del fondo complessivo dovrà essere ripartito tra i porti con finalità perequative, tenendo anche conto delle previsioni dei rispettivi piani operativi triennali e piani regolatori portuali (e quindi, sembra intendersi, dei programmi di investimento prospettati in tali documenti).

Il decreto non risulta ancora emanato.

 

Il comma 3 novella tale disciplina prevedendo:

a)   l’innalzamento da 70 milioni di euro annui a 90 milioni di euro annui del limite entro il quale le autorità portuali possono trattenere la percentuale dell’uno per cento dell’IVA riscossa nei porti;

b)   la destinazione delle risorse anche agli investimenti necessari alla messa in sicurezza, alla manutenzione e alla riqualificazione strutturale degli ambiti portuali.


 

Articolo 23
(Disposizioni urgenti per il rilancio della nautica
da diporto e del turismo nautico)

 


01. All'articolo 49-bis, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, dopo le parole: «il titolare persona fisica» sono inserite le seguenti: «o società non avente come oggetto sociale il noleggio o la locazione».

1. All'articolo 49-bis, comma 5, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, dopo le parole: «di cui al comma 1» sono inserite le seguenti: «, di durata complessiva non superiore a quarantadue giorni,» e le parole «sempreché di importo non superiore a 30.000 euro annui» sono soppresse.

2. Al comma 2 dell'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le lettere a) e b) sono abrogate e le lettere c) e d) sono sostituite dalle seguenti:

«c) euro 870 per le unità con scafo di lunghezza da 14,01 a 17 metri;

d) euro 1.300 per le unità con scafo di lunghezza da 17,01 a 20 metri;».


 

 

L’articolo 23, reca norme per il rilancio della nautica da diporto.

 

In particolare, il comma 1 novella l’articolo 49-bis, comma 5, del Codice della nautica da diporto (D.Lgs. n. 171 del 2005), in materia di noleggio occasionale di unità da diporto, consentendo l’assoggettamento ad imposta sostitutiva del 20 per cento, a richiesta del percipiente, dei proventi derivanti dalle attività di noleggio occasionale di durata complessiva non superiore a 42 giorni[78], indipendentemente quindi dall’ammontare dei proventi derivanti dal noleggio. La norma novellata prevedeva invece la possibilità di assoggettamento ad imposta sostitutiva solo nel limite di proventi inferiori a 30.000 euro. Rimane ferma l’esclusione della detraibilità o deducibilità dei costi e delle spese sostenute relative all'attività di noleggio.

Si ricorda che l’articolo 49-bis, che viene qui modificato e con il quale è stata disciplinata per la prima volta l’attività di noleggio occasionale, è stato recentemente introdotto nel Codice della nautica da diporto dall’art. 59-ter D.L. n. 1 del 2012, con finalità di incentivazione del turismo nautico. La norma ha infatti consentito al titolare persona fisica, ovvero all’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria, di imbarcazioni e navi da diporto di effettuare, in forma occasionale e senza quindi che potesse essere qualificata come attività commerciale ai fini fiscali, l’attività di noleggio di tali unità. Per i proventi derivanti da tale attività, purché non superassero i 30.000 euro annui, è stato consentito l’assoggettamento a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con aliquota al 20%. In attuazione della norma, con D.M. Infrastrutture e Trasporti del 26 febbraio 2013 sono state definite le modalità di comunicazioni telematiche necessarie per lo svolgimento dell'attività di noleggio occasionale di unità da diporto.

Con il comma 01, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, si modifica l'articolo 49-bis del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, estendendo anche alle società non aventi come oggetto sociale il noleggio o la locazione, oltre che alle persone fisiche, l’attività di noleggio occasionale.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione della norma - premesso che per navigazione da diporto si intende quella effettuata in acque marittime ed interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro, nonché quella esercitata a scopi commerciali, anche mediante le navi con scafo di lunghezza superiore a 24 metri e di stazza lorda non superiore alle 1.000 tonnellate destinate in navigazione internazionale esclusivamente al noleggio per finalità turistiche, - si tratta, come già previsto nell’art. 49-bis, delle sole imbarcazioni e navi da diporto come definite nell’art. 3, comma 1 del Codice della nautica da diporto.

 

Si tratta quindi solamente delle seguenti:

§      le imbarcazioni da diporto, cioè le unità con scafo di lunghezza superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri (misurate secondo le norme armonizzate);

§      le navi da diporto, definite dal codice come le unità con scafo di lunghezza superiore a ventiquattro metri (sempre misurate secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666).

 

Sono quindi escluse le altre tipologie di imbarcazioni destinate alla navigazione da diporto che sono contemplate nell’art. 3, comma 1 del codice e precisamente i natanti da diporto (unità da diporto a remi, o con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri) e le generiche unità da diporto (definizione residuale che individua ogni altra costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto). Dovrebbero essere altresì esclusi, in base al fatto che sono equiparati ai fini dell'abilitazione al comando alle unità da diporto, i motoscafi ad uso privato (art. 39, co. 5, del Codice).

 

Per quanto riguarda gli aspetti fiscali il comma 5 dell’articolo 49-bis del Codice della nautica (D.Lgs. n. 171 del 2005), introdotto dall’articolo 59-ter, del D.L. n. 1/2012 ha istituito un regime fiscale agevolato opzionale (imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, con aliquota del 20 per cento[79]) per i proventi derivanti dal noleggio occasionale (la cui durata complessiva non deve essere quindi superiore a 42 giorni, come previsto dalla modifica del presente articolo).

Nel dettaglio, si accede a tale regime agevolato a condizione che:

§       il percipiente ne faccia richiesta. Si tratta infatti di un regime opzionale;

§       i proventi derivino dall’attività di noleggio occasionale. Tale noleggio deve essere esercitato dunque da persona fisica (titolare o utilizzatore) ed avere ad oggetto imbarcazioni e navi da diporto;

§       i proventi non siano superiori a 30.000 euro annui (ora soppresso);

§       il contribuente effettui l’apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate, pena l’impossibilità di fruire del regime agevolato o, se ne fruisce già, la decadenza dallo stesso.

L’opzione per l’imposta sostitutiva preclude la possibilità di detrarre o dedurre costi e spese sostenute in relazione all’attività di noleggio.

Per quanto concerne il versamento dell’imposta, esso si effettua al medesimo termine fissato per il versamento del saldo IRPEF; di conseguenza l’acconto IRPEF verrà calcolato senza tenere conto delle disposizioni così introdotte.

Si rimanda all’ordinaria disciplina delle imposte sui redditi per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione e il contenzioso dell’imposta sostitutiva.

Si demanda infine a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate (non ancora emanato) la definizione di modalità semplificate di documentazione e dichiarazione dei predetti proventi, nonché la fissazione delle modalità di versamento dell’imposta sostitutiva e delle altre disposizioni di attuazione.

Il comma 2 modifica l’articolo 16, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, che ha istituito la tassa sulle unità da diporto a decorrere dal 1° maggio 2012 . La norma è stata successivamente interamente sostituita dall’art. 60-bis, comma 1, lett. a), del D.L. n. 1 del 2012.

 

L’articolo 60-bis, comma 1, lett. a), del D.L. n. 1 del 2012, al fine di semplificare la determinazione della tassa sulle unità da diporto, ne ha previsto la definizione su base annuale, anziché su un calcolo giorno per giorno sulla base dello stazionamento in porti nazionali o della navigazione in acque pubbliche, come previsto dal testo originario. La tassa annuale per le unità da diporto, da pagare dal 1° maggio di ogni anno, era, nel testo previgente alle modifiche introdotte dalla disposizione in commento, determinata nelle seguenti misure in base alla lunghezza dello scopo:

 

Tassa annuale unità da diporto

Comma 2, lett.

euro

lunghezza dello scafo

a)

800

10,01 - 12 metri

b)

1.160

12,01 - 14 metri

c)

1.740

14,01 - 17 metri

d)

2.600

17,01 - 20 metri

e)

4.400

20,01 - 24 metri

f)

7.800

24,01 - 34 metri

g)

12.500

34,01 - 44 metri

h)

16.000

44,01 - 54 metri

i)

21.500

54,01 - 64 metri

l)

25.000

superiore a 64 metri

Il comma 2 ha pertanto disposto la soppressione delle lettere a) e b) esentando quindi dal pagamento della tassa le unità da diporto con lunghezza fino a 14 metri – e ne ha ridotto l’ammontare per le imbarcazioni di lunghezza compresa tra i 14 e i 20 metri (lettere c) e d)), che viene rideterminato in 870 euro annui (in luogo di 1.740 euro) per le unità tra i 14 e i 17 metri, e in 1.300 euro (in luogo di 2.600 euro) per le unità tra i 17 e i 20 metri di lunghezza.

Conseguentemente la tassa annuale per le unità da diporto verrebbe ad essere così rideterminata:

Tassa annuale unità da diporto

Comma 2, lett.

euro

lunghezza dello scafo

a)

esente

10,01 - 12 metri

b)

esente

12,01 -14 metri

c)

870

14,01 - 17 metri

d)

1.300

17,01 - 20 metri

e)

4.400

20,01 - 24 metri

f)

7.800

24,01 - 34 metri

g)

12.500

34,01 - 44 metri

h)

16.000

44,01 - 54 metri

i)

21.500

54,01 a 64 metri

l)

25.000

superiore a 64 metri

 

Circa l’ambito di applicazione, si ricorda che il comma 7 dell'articolo 16, specifica che la tassa si applica ai proprietari, agli usufruttuari, agli acquirenti con patto di riservato dominio o agli utilizzatori a titolo di locazione anche finanziaria, per la durata della stessa, residenti nel territorio dello Stato, nonché alle stabili organizzazioni in Italia dei soggetti non residenti, che posseggano, o a cui sia attribuibile il possesso di unità da diporto;

La tassa non si applica invece:

§      ai soggetti non residenti e non aventi stabili organizzazioni in Italia che posseggano unità da diporto, sempre che il loro possesso non sia attribuibile a soggetti residenti in Italia;

§      alle unità bene strumentale di aziende di locazione e noleggio.

Si ricorda infine che il comma 3 dell'articolo 16 specifica che la riduzione della tassa al 50% prevista per le unità a vela con motore ausiliario si applica quando il rapporto fra superficie velica e potenza del motore espresso in Kw non sia inferiore a 0.5, nonché prevede la riduzione al 50% anche per le unità con scafo di lunghezza fino ad 12 metri utilizzate esclusivamente dai proprietari residenti, come propri ordinari mezzi di locomozione, nei comuni ubicati nelle isole minori e nelle isole della laguna di Venezia.

Si ricorda che il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 24 aprile 2012 sono state definite modalità, termini di versamento e di comunicazione dei dati identificativi delle unità da diporto soggette alla tassa annuale. In particolare l’articolo 2, nello specificare che la tassa (da pagare dal 1° maggio ai sensi del comma 2 dell’articolo 16) è riferita al periodo 1° maggio - 30 aprile dell’anno successivo, stabilisce che il versamento della tassa è effettuato entro il 31 maggio di ciascun anno.


 

Articolo 24
(Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188 ed alla legge 3 luglio 2009, n. 99 – Disciplina del settore ferroviario)

 


1. All'articolo 17 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «d'intesa con», sono sostituite dalla seguente: «sentita» e le parole: «è stabilito il canone dovuto» sono sostituite dalle seguenti: «è approvata la proposta del gestore per l'individuazione del canone dovuto»;

b) il comma 11 è sostituito dal seguente:

«11. Con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, sono definiti il quadro per l'accesso all'infrastruttura, i principi e le procedure per l'assegnazione della capacità di cui all'articolo 27 del presente decreto, per il calcolo del canone ai fini dell'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e dei corrispettivi dei servizi di cui all'articolo 20 del presente decreto, non ricompresi in quelli obbligatori inclusi nel canone di accesso all'infrastruttura, nonché le regole in materia di servizi di cui al medesimo articolo 20.».

2. Al fine di completare l'adeguamento della normativa nazionale agli obblighi previsti dalla direttiva 91/440/CEE, all'articolo 5 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente:

«4-bis. La separazione contabile e dei bilanci di cui ai precedenti commi del presente articolo deve fornire la trasparente rappresentazione delle attività di servizio pubblico e dei corrispettivi e/o fondi pubblici percepiti per ogni attività.».

3. Al fine di semplificare le procedure di accesso al mercato nei segmenti di trasporto nazionale a media e lunga percorrenza nonché al fine di integrare il recepimento della direttiva 2007/58/CE, all'articolo 59 della legge 23 luglio 2009, n. 99, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le parole: «diritto di far salire e scendere» sono sostituite dalle seguenti «diritto di far salire o scendere»;

b) dopo il comma 4, sono inseriti i seguenti:

«4-bis. L'autorità competente, qualora venga accertata la compromissione dell'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico, può richiedere all'impresa ferroviaria oggetto della procedura di cui al comma 2, il pagamento di opportuni, trasparenti e non discriminatori diritti di compensazione. L'importo di tali diritti deve, in linea con l'analisi economica effettuata dall'organismo di regolazione, essere tale da neutralizzare la predetta compromissione dell'equilibrio economico e non può comunque eccedere quanto necessario per coprire i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio, inclusa la componente di remunerazione del capitale investito prevista nei contratti di servizio. I diritti riscossi devono essere utilizzati per il cofinanziamento dei servizi oggetto del contratto di servizio pubblico al fine di ristabilirne l'equilibrio economico. Nel caso in cui le imprese ferroviarie, interessate dal procedimento di limitazione di cui ai commi 1 e 2, provvedano al pagamento dei sopra indicati diritti alla competente autorità, non sono più soggette alle limitazioni nel diritto di far salire o scendere le persone fintanto che non si verifichino nuove ulteriori compromissioni dei contratti di servizio pubblico sulle relazioni interessate.

4-ter. Si prescinde dalla valutazione di cui ai commi precedenti e dalle limitazioni conseguenti qualora il modello di esercizio sia tale che le fermate intermedie siano a distanza superiore ai 100 Km e i livelli medi tariffari applicati risultino di almeno il 20% superiori a quelli dei servizi a committenza pubblica.».

3-bis. Dopo il comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, è inserito il seguente:

«3-bis. Le modifiche di cui al comma 2 non possono prescrivere livelli di sicurezza diversi da quelli minimi definiti dai CST, a meno che non siano accompagnate da una stima dei sovracosti necessari e da un'analisi di sostenibilità economica e finanziaria per il gestore dell'infrastruttura e per le imprese ferroviarie, corredata di stime ragionevoli anche in termini di relativi tempi di attuazione».


 

 

L’articolo 24 interviene in materia ferroviaria in diversi ambiti:

§      con il comma 1 in materia di accesso all’infrastruttura ferroviaria ed ai servizi relativi, modificando il d.lgs. n. 188/2003;

§      con il comma 2 sulla separazione contabile e dei bilanci delle imprese ferroviarie;

§      con il comma 3 (modificato nel corso dell’esame parlamentare) sul cabotaggio per i servizi passeggeri ferroviari nazionali a media e lunga percorrenza, modificando la legge n. 99 del 2009;

§      con il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, in materia di standard di sicurezza definiti dall’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria.

Canoni per l’accesso all’infrastruttura ferroviaria e ai servizi (comma 1)

Il comma 1, lett. a), modifica l'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, che ha dato attuazione nel nostro ordinamento alle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE in materia ferroviaria e che disciplina i canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria. L’art. 17 in particolare, nel testo previgente, definiva la procedura per la determinazione del canone dovuto per l'accesso all'infrastruttura ferroviaria nazionale prevedendo che, ai fini dell'accesso e dell'utilizzo equo e non discriminatorio dell'infrastruttura ferroviaria da parte delle associazioni internazionali di imprese ferroviarie e delle imprese ferroviarie, il canone sia stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, acquisita una motivata relazione da parte del Gestore dell'infrastruttura ferroviaria (vale a dire Rfi Spa), previo parere del CIPE e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano limitatamente ai servizi di loro competenza.

Con la modifica del comma 1 lett. a) in commento si prevede invece che il decreto ministeriale debba solo approvare la proposta del Gestore per l'individuazione del canone dovuto e che il decreto stesso sia adottato semplicemente sentita la Conferenza Stato-Regioni, anziché previa intesa con la Conferenza stessa, come previsto in precedenza.

 

Nel rinviare, per una ricostruzione normativa complessiva a quanto osservato nel dossier sul testo originario del decreto legge, si segnala peraltro che la determinazione di criteri per l’individuazione dei canoni per l’accesso all’infrastruttura ferroviaria potrebbe rientrare tra le competenze dell’Autorità di regolazione per i trasporti, istituita dal decreto-legge n. 201/2011. Tra le competenze dell’Autorità rientrano infatti il compito di garantire “condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali” e quello di “definire i criteri per la fissazione di tariffe, canoni e pedaggi”, nonché, con riferimento specifico al trasporto ferroviario, quello di “sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni e gli enti locali interessati, definire gli ambiti del servizio pubblico sulle tratte e le modalità di finanziamento” (art. 37 del decreto-legge n. 201/2011).

 

Nella materia è poi intervenuta la sentenza del 3 ottobre 2013 della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-369/11. In particolare, l'Italia, afferma la sentenza, non garantendo l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura per la determinazione dei diritti di accesso all'infrastruttura e la ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, paragrafo 1, e 30, paragrafo 3, della direttiva 2001/14/CE del 26 febbraio 2001, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, come modificata dalla direttiva 2007/58/CE. La normativa italiana, secondo la Corte, non garantisce l'indipendenza di gestione del gestore dell'infrastruttura. Il diritto italiano ripartisce infatti la gestione delle «funzioni essenziali» tra, da un lato, Rete Ferroviaria Italiana SpA («RFI»), il gestore dell'infrastruttura sulla base di una concessione del Ministero dei Trasporti, e, dall'altro, questo stesso Ministero. RFI, pur essendo dotata di personalità giuridica autonoma, fa parte del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane («gruppo FS»), che comprende altresì Trenitalia SpA, la principale impresa ferroviaria italiana. RFI è incaricata del calcolo dei diritti di accesso alla rete per ogni operatore e della loro riscossione, sulla base delle tariffe fissate dal Ministro. Il diritto dell'Unione conferisce agli Stati membri il compito di istituire un quadro per l'imposizione dei diritti nel rispetto dell'indipendenza gestionale del gestore dell'infrastruttura, cui spetta determinare i diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura e provvedere alla loro riscossione. Per contro, secondo la Commissione, riservandosi il potere di fissare il livello dei diritti di accesso alla rete, l'Italia priverebbe il gestore di uno strumento essenziale di gestione. La Corte rileva che la normativa italiana prevede che la determinazione dei diritti, fissata di concerto con il Ministro, vincoli il gestore. Sebbene il Ministro eserciti un mero controllo di legittimità, detto controllo dovrebbe tuttavia spettare all'organismo di regolamentazione. La Corte ne trae la conclusione che la legge italiana non consente di assicurare l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura.

 

Il comma 1 lett. b) sostituisce poi il comma 11 dell’art. 17, aggiungendo, rispetto al testo vigente, la previsione dell’emanazione di uno o più decreti ministeriali che possano regolare anche i corrispettivi dei servizi non ricompresi in quelli obbligatori inclusi nel canone di accesso all'infrastruttura.

L’articolo 17, nel testo previgente, rinvia attualmente a uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, per:

1)   la definizione del quadro per l'accesso all'infrastruttura, i principi e le procedure per l'assegnazione della capacità di cui all'articolo 27 del decreto;

2)   il calcolo del canone ai fini dell'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria;

3)   i corrispettivi per la fornitura dei servizi di cui all'articolo 20;

4)   le regole in materia di servizi di cui al medesimo articolo 20.

 

Con la modifica della lett. b), che interviene sul sopra citato punto 3), il decreto ministeriale potrà anche prevedere corrispettivi per i servizi di cui all’articolo 20 non ricompresi in quelli obbligatori inclusi nel canone di accesso all'infrastruttura. L’art. 20 ricomprende infatti una elencazione di servizi la cui fornitura è ricompresa obbligatoriamente nel canone ed una seconda elencazione di servizi a cui le imprese hanno diritto ma senza che sia specificato nella sul fatto che il loro costo sia ricompreso nel canone, consistenti ad esempio nell’accesso a stazioni passeggeri, ad aree di sosta e ricovero treni, ai centri di manutenzione, alle aree smistamento treni, agli scali merci ed agli impianti di combustibile, nonché in altri servizi complementari.

Separazione contabile e dei bilanci delle imprese ferroviarie (comma 2)

Il comma 2 dell’articolo 24 reca una norma che intende rispondere ai rilievi della Commissione europea nella procedura di infrazione 2012/2213 nella quale si chiede di completare l'adeguamento della normativa nazionale agli obblighi previsti dalla direttiva 91/440/CEE, in materia di separazione contabile e dei bilanci, attuata nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 188 del 2003.

La disposizione aggiunge a tal fine all'articolo 5 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, un nuovo comma 4-bis in base al quale la separazione contabile e dei bilanci dovrà fornire la rappresentazione trasparente delle attività di servizio pubblico e dei corrispettivi e/o fondi pubblici percepiti per ogni attività.

Cabotaggio e limitazioni di accesso al mercato per i servizi passeggeri ferroviari nazionali (comma 3)

Il comma 3 dell’articolo 24, interviene in vario modo sulle procedure di accesso al mercato nei segmenti di trasporto nazionale passeggeri a media e lunga percorrenza, nonché per integrare il recepimento della direttiva 2007/58/CE.

Il comma 3, lett. a) dell’art. 24, modifica innanzitutto l'articolo 59 della legge 23 luglio 2009, n. 99, relativamente alle limitazioni allo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale. La norma che si intende novellare attualmente prevede che lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, possa essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico (del quale è titolare, come si è visto, Trenitalia Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato Spa) in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto, incluse le ripercussioni sul costo netto per le competenti autorità pubbliche titolari del contratto, domanda dei passeggeri, determinazione dei prezzi dei biglietti e relative modalità di emissione, ubicazione e numero delle fermate, orario e frequenza del nuovo servizio proposto.

La modifica del comma 3, lett. a) consiste nel sostituire le parole: "diritto di far salire e scendere" con il "diritto di far salire o scendere", circoscrivendo quindi la limitazione, per le imprese concorrenti dell’impresa titolare del contratto di servizio pubblico, alla salita alternativamente alla discesa.

 

La lett. b) del comma 3 inserisce poi i nuovi commi 4-bis e 4-ter allo stesso articolo 59 della sopra citata legge n. 99/2009, introducendo per l’autorità competente la possibilità di imporre, in alternativa alle limitazioni sopra richiamate, il pagamento di diritti di compensazione da parte delle imprese ferroviarie diverse dall’impresa titolare del contratto di pubblico servizio che intendono far salire o scendere passeggeri in stazioni italiane.

In dettaglio, il nuovo comma 4-bis prevede che l'autorità competente, qualora venga accertata la compromissione dell'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico, possa richiedere all'impresa ferroviaria oggetto della procedura di cui al comma 2, la riscossione di opportuni, trasparenti e non discriminatori diritti di compensazione.

Con una modifica introdotta nel corso dell’esame in sede referente, si è specificato che l’importo di tali diritti deve, in linea con l’analisi economica effettuata dall’organismo di regolazione, essere tale da neutralizzare la compromissione dell’equilibrio economico. Inoltre, i diritti di compensazione, come stabilito dal testo originario, non possono eccedere quanto necessario per coprire i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio, inclusa la componente di remunerazione del capitale investito prevista nei contratti di servizio.

Inoltre, sempre in base alla modifica introdotta nel corso dell’esame in sede referente, i diritti riscossi devono essere utilizzati per il cofinanziamento dei servizi oggetto del contratto di servizio pubblico al fine di ristabilirne l’equilibrio economico.

Nel caso in cui le imprese ferroviarie, interessate dal procedimento di limitazione di cui ai commi 1 e 2, provvedano al pagamento dei diritti alla competente autorità, queste non saranno più soggette alle limitazioni sul far salire o scendere i passeggeri fintanto che non si incorra in nuove ulteriori compromissioni dei contratti di servizio pubblico sulle relazioni interessate.

Con il nuovo comma 4-ter si dispone che si prescinda dalla valutazione di cui ai commi precedenti e dalle limitazioni conseguenti (vale a dire la possibilità per l’autorità competente di imporre limitazioni o il pagamento di diritti di compensazione), qualora il modello di esercizio sia tale che le fermate intermedie siano a distanza superiore ai 100 Km e i livelli tariffari applicati risultino di almeno il 20% superiori a quelli dei servizi a committenza pubblica.

In sostanza: le imprese ferroviarie che vogliano far salire i propri passeggeri in stazioni italiane, anche nell’ambito di treni di collegamento internazionale, non potranno essere soggette a limitazioni o al pagamento di diritti di compensazione se la distanza tra le fermate intermedie superi i 100 km e se le tariffe relative sono almeno del 20% superiori a quelle dei servizi a committenza pubblica.

Si ricorda che nell’ambito del “quarto pacchetto ferroviario” è compresa una proposta di regolamento sull'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia (COM(2013)28) adottata dalla Commissione europea il 30 gennaio 2013 e trasmessa al Parlamento europeo.

 

La proposta prevede, con la finalità di aumentare la quantità e migliorare la qualità dei servizi di trasporto passeggeri, norme comuni in materia di aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico mediante gara nel trasporto di passeggeri per ferrovia, che diventa la regola generale anche nel trasporto ferroviario (con un periodo decennale di transizione fino al 2 dicembre 2019), consentendo anche alle autorità competenti di aggiudicare a imprese ferroviarie diverse contratti di trasporto passeggeri per ferrovia che riguardano parti della stessa rete o un complesso di tragitti. La possibilità di aggiudicazione diretta a un operatore interno per un contratto di volume esiguo o quale misura di emergenza e la verifica giuridica della decisione di aggiudicazione saranno disposizioni di applicazione immediata. I contratti di servizio pubblico nel settore ferroviario che sono aggiudicati direttamente tra il 1° gennaio 2013 e il 2 dicembre 2019, potranno restare in vigore fino alla data di scadenza, ma non oltre il 31 dicembre 2022. Si prevedono inoltre misure di accompagnamento atte a migliorare l'esito delle procedure di gara.

Standard di sicurezza definiti dall’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (comma 3-bis)

Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 24 modifica l'articolo 12 del decreto legislativo n. 162 del 2007 che ha dato attuazione alle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE sulla sicurezza e lo sviluppo delle ferrovie comunitarie, in materia di standard di sicurezza definiti dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie.

L’articolo 12 prevede attualmente che l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, istituita dallo stesso decreto legislativo n. 162/2007 con sede a Firenze, provveda affinché gli standard e le norme nazionali di sicurezza siano pubblicate in un linguaggio chiaro e accessibile agli interessati e messe a disposizione di tutti i gestori dell'infrastruttura, delle imprese ferroviarie, di chiunque richieda un certificato di sicurezza e di chiunque richieda un'autorizzazione di sicurezza. L'Agenzia può inoltre apportare, quando necessarie, le modifiche agli standard ed alle norme di sicurezza nazionali e le notifica alla Commissione. Qualora tali modifiche prescrivano livelli di sicurezza superiori a quelli minimi definiti dai CST (cioè, in base alla definizione recata dall’articolo 3, gli obiettivi comuni di sicurezza, ovvero i livelli minimi di sicurezza che devono almeno essere raggiunti dalle diverse parti del sistema ferroviario e dal sistema nel suo complesso, espressi in criteri di accettazione del rischio), o comunque le norme riguardino l'attività di imprese ferroviarie di altri Stati membri sulla rete ferroviaria italiana, l'Agenzia presenta tale progetto di norma alla Commissione.

 

Il nuovo comma 3-bis prevede che le modifiche apportate dall’Agenzia agli standard ed alle norme di sicurezza nazionali non possano prescrivere livelli di sicurezza diversi da quelli minimi definiti dagli obiettivi minimi di sicurezza CST se non sono accompagnate da una stima dei sovra costi necessari e da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria per il gestore dell'infrastruttura e per le imprese ferroviarie, corredata da stime ragionevoli anche in termini di relativi tempi di attuazione.


 

Articolo 25, commi 1-4
(Svolgimento da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle funzioni di vigilanza e di concedente)

 


1. Al fine di assicurare la continuità dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in attuazione dell'articolo 11, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e la semplificazione, si procede alla individuazione delle unità di personale trasferito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alla definizione della tabella di equiparazione del personale trasferito con quello appartenente al comparto Ministeri e all'Area I della dirigenza nonché alla individuazione delle spese di funzionamento relative all'attività di vigilanza e controllo sui concessionari autostradali. Il personale trasferito, cui si applicano, per quanto non espressamente previsto, le disposizioni di cui all'articolo 36, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, mantiene la posizione assicurativa già costituita nell'ambito dell'assicurazione generale obbligatoria, ovvero delle forme sostitutive o esclusive dell'assicurazione stessa. Per le finalità di cui al presente comma, la dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è incrementata di un numero pari alle unità di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al primo periodo.

2. Con il decreto di cui al comma 1 si provvede all'individuazione delle risorse derivanti dalle sub concessioni su sedime autostradale e, ove necessario, di quelle derivanti dal canone comunque corrisposto ad ANAS S.p.a. ai sensi dell'articolo 1, comma 1020, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, - anche mediante apposita rideterminazione della quota percentuale del predetto canone da corrispondere direttamente ad ANAS S.p.a. da parte dei concessionari autostradali - destinate a coprire gli oneri derivanti dal comma 1, da iscrivere corrispondentemente nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. ANAS S.p.a. provvede a dare esplicita evidenza tra i ricavi propri del conto economico delle entrate acquisite ai sensi del citato comma 1020.

3. ANAS S.p.a. versa, entro il 30 giugno 2013, all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, la quota relativa al periodo 1° ottobre-31 dicembre 2012, al netto delle anticipazioni già effettuate, dei canoni afferenti alla competenza dell'anno 2012 concernenti le sub concessioni sul sedime autostradale previsti a carico dei concessionari autostradali. A decorrere dal 2013 i canoni di competenza relativi alle sub concessioni sul sedime autostradale previsti a carico dei concessionari autostradali sono versati al bilancio dello Stato con cadenza mensile, entro il mese successivo, nella misura del novanta per cento dell'ammontare degli importi dovuti per il corrispondente periodo dell'anno precedente, salvo conguaglio da effettuarsi entro il 31 marzo dell'anno successivo. Per il solo anno di competenza 2013 il termine di versamento delle prime sei rate è fissato al 31 luglio 2013. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

4. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti assume le situazioni debitorie e creditorie relative alle funzioni di cui all'articolo 36, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ed all'articolo 11, comma 5. del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, nonché l'eventuale contenzioso, sorti a far data dal 1° ottobre 2012.


 

 

I commi da 1 a 4 recano disposizioni finalizzate a consentire la prosecuzione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), delle attività di vigilanza sulle concessionarie autostradali, transitate al MIT a decorrere dal 1° ottobre 2012, unitamente alle altre competenze individuate dall'articolo 36 del D.L. n. 98/2011, in seguito alla soppressione dell'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali.

A tal fine vengono disciplinate idonee modalità di trasferimento al MIT delle necessarie risorse umane (comma 1) e finanziarie (commi 2, 3 e 4).

Relativamente alla richiamata Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali si ricorda che essa è stata istituita (a decorrere dal 1° gennaio 2012) dall’art. 36 del D.L. n. 98/2011, che ha introdotto un’articolata disciplina volta a ridefinire l’assetto delle funzioni e delle competenze in materia di gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale. L’art. 36, comma 2, ha quindi provveduto ad elencare le funzioni attribuite all’Agenzia. Il successivo comma 4 ha disposto il subentro (entro il 30 settembre 2012) dell'Agenzia ad ANAS s.p.a. nelle funzioni di concedente per le convenzioni in essere alla stessa data, mentre il comma 5 ha disposto, relativamente alle attività e ai compiti di cui al comma 2, che l'Agenzia esercita ogni competenza già attribuita in materia all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali e ad altri uffici di ANAS s.p.a. ovvero ad uffici di amministrazioni dello Stato, i quali sono conseguentemente soppressi. A tal fine lo stesso comma 5 ha previsto il trasferimento all’Agenzia del personale degli uffici soppressi con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e di risorse finanziarie.

Nelle more dell’adozione dello statuto della nuova Agenzia, l’art. 11, comma 5, del D.L. n. 216/2011 (come novellato dall'art. 12, comma 79, lett. a), del D.L. n. 95/2012) ha previsto, in caso di mancata adozione entro il 30 settembre 2012 dello statuto e del D.P.C.M. di individuazione delle unità di personale da trasferire all'Agenzia, la soppressione dell'Agenzia stessa e il trasferimento al MIT, a decorrere dal 1° ottobre 2012, delle attività e dei compiti già attribuiti alla medesima. Lo stesso comma 5 dell’art. 11 ha chiarito che il MIT, in caso di soppressione dell’Agenzia, sarebbe rimasto titolare delle risorse previste dall'art. 36, comma 5, del D.L. n. 98/2011.

Scaduto inutilmente il termine per l’emanazione dello statuto, l’Agenzia è stata considerata soppressa (ai sensi del citato art. 11) e quindi con il decreto 1° ottobre 2012, n. 341, il MIT ha provveduto all’istituzione della Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, cui è stata affidata la gran parte delle funzioni indicate dal comma 2 dell’art. 36, del D.L. n. 98/2011, che inizialmente erano state affidate all’Agenzia.

 

Nel dettaglio, il comma 1, per la finalità suindicata, demanda ad un D.P.C.M. le modalità di individuazione delle risorse umane che devono essere trasferite dall’A.N.A.S. S.p.A. al MIT, nonché la definizione della tabella di equiparazione tra il personale trasferito e quello appartenente al comparto Ministeri e all'Area I della dirigenza. Il personale così trasferito, a cui continua ad applicarsi quanto previsto dall’articolo 36, comma 5, del D.L. n. 98/2011, mantiene la posizione assicurativa già costituita nell’assicurazione generale obbligatoria, ovvero nelle forme sostitutive o esclusive della predetta assicurazione. La dotazione organica del MIT è conseguentemente incrementata di un numero pari alle unità di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, trasferite ai sensi del citato D.P.C.M.

Si segnala, inoltre, che l’articolo 6, comma 3-bis, del D.L. n. 101/2013, in corso di esame parlamentare, novella il comma 1, modificando gli incrementi previsti nella dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) in conseguenza del trasferimento delle funzioni relative alla vigilanza sui concessionari della rete autostradale.

La misura dell’incremento nella dotazione organica del MIT viene modificata prevedendo che l’incremento sia:

§      per l'area funzionale, di un numero di unità pari al numero di unità di personale individuato nella predetta area dal citato D.P.C.M.;

§      per l'area dirigenziale, di una unità di prima fascia e dodici unità di seconda fascia, come individuato dal predetto decreto.

 

Si segnala che il testo non prevede un termine entro il quale il suddetto D.P.C.M. debba essere adottato.

 

Si fa notare, inoltre, che l’art. 6, comma 3, del citato D.L. n. 101/2013 prevede – per le medesime finalità perseguite dal comma 1 - una disposizione finalizzata a derogare, per il MIT, ai limiti alle assunzioni previsti dalla normativa vigente (art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010). La deroga citata opera nei limiti di 50 unità di personale ed esclusivamente per lo svolgimento dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale. Per la copertura degli oneri conseguenti viene prevista l'attivazione della procedura per l'individuazione delle risorse contemplata dal comma 2 dell'articolo in esame.

 

Ai fini della copertura degli oneri connessi al trasferimento di personale previsto dal comma 1, il comma 2 prevede che il D.P.C.M. contemplato dal comma 1 provveda all’individuazione delle risorse derivanti:

§      dalle sub-concessioni su sedime autostradale;

La relazione tecnica quantifica le risorse derivanti dai canoni di sub-concessione, già dovuti al concedente ai sensi delle convenzioni, “in 21,7 milioni di euro come da bilancio ANAS 2011 e previsti per il 2013 nell’ordine di 17 milioni di euro”.

§      e, ove necessario, di quelle derivanti dal canone comunque corrisposto ad ANAS S.p.a. ai sensi dell’art. 1, comma 1020, secondo periodo, della L. n. 296/2006, anche mediante apposita rideterminazione della quota percentuale del predetto canone da corrispondere direttamente ad ANAS S.p.a. da parte dei concessionari autostradali.

L’art. 10, comma 3, della L. n. 537/1993 ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 1994, gli enti concessionari di autostrade sono tenuti a corrispondere allo Stato un canone annuo, la cui misura è stata più volte modificata: dall’art. 1, comma 1020, della L. n. 296/2006 (finanziaria 2007), dall’art. 1-bis del D.L. n. 162/2008 e dall’art. 19, comma 9-bis, del D.L. n. 78/2009.

A seguito di tali modifiche, la misura del canone annuo è fissata nel 2,4% dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari.

In particolare, per quanto rileva ai fini della disposizione in commento, si evidenzia che, ai sensi del secondo periodo del comma 1020 della L. n. 296/2006, il 42% di tale canone è corrisposto direttamente all’ANAS che provvede a darne distinta evidenza nel piano economico-finanziario e lo destina prioritariamente alle sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari predetti, fino alla concorrenza dei relativi costi, ivi compresa la corresponsione di contributi alle concessionarie, secondo direttive impartite dal MIT volte anche al conseguimento della loro maggiore efficienza ed efficacia.

Si ricorda, inoltre, che il D.L. n. 78/2009 ha aumentato il canone incorporandovi un sovrapprezzo sui pedaggi (che era previsto dall’art. 1, comma 1021, della legge finanziaria 2007, abrogato dal citato comma 9-bis dell’art. 19 del D.L. n. 78/2009) e che un ulteriore aumento, basato sulla percorrenza chilometrica dei veicoli, è stato disposto dal comma 4 dell’art. 15 del D.L. n. 78/2010[80].

L’art. 33, comma 4, del D.L. n. 179/2012 ha trasferito inoltre alla Regione Toscana i canoni di cui all'art. 1, comma 1020, della L. n. 296/2006 derivanti dalla realizzazione del completamento dell'autostrada Livorno-Civitavecchia, tratto Cecina-Civitavecchia, per i primi dieci anni di gestione dell'infrastruttura, fino alla quota massima annua del 75%.

 

Lo stesso comma reca altresì disposizioni di natura contabile. Viene infatti disposto che le citate risorse dovranno essere iscritte nello stato di previsione del MIT e che ANAS S.p.a. provvederà a dare esplicita evidenza tra i ricavi propri del conto economico delle entrate acquisite ai sensi del citato comma 1020.

 

Il comma 3 disciplina le modalità di versamento al bilancio dello Stato, da parte dell’ANAS, dei canoni relativi alle sub-concessioni sul sedime autostradale, per la successiva riassegnazione (con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze) ad apposito capitolo dello stato di previsione del MIT.

Entro il 30 giugno 2013, ANAS S.p.a. versa la quota relativa al periodo 1° ottobre-31 dicembre 2012, al netto delle anticipazioni già effettuate, dei canoni afferenti alla competenza dell'anno 2012 concernenti le sub concessioni sul sedime autostradale previsti a carico dei concessionari autostradali. A decorrere dal 2013 i canoni di competenza relativi alle sub concessioni sul sedime autostradale previsti a carico dei concessionari autostradali sono versati al bilancio dello Stato con cadenza mensile, entro il mese successivo, nella misura del novanta per cento dell'ammontare degli importi dovuti per il corrispondente periodo dell'anno precedente, salvo conguaglio da effettuarsi entro il 31 marzo dell'anno successivo. Per il solo anno di competenza 2013 il termine di versamento delle prime sei rate è fissato al 31 luglio 2013.

 

Il comma 4 dispone che il MIT assume le situazioni debitorie e creditorie relative alle funzioni trasferite (indicate dall’art. 36, comma 2, del D.L. n. 98/2011 e ribadite dall’art. 11, comma 5, del D.L. n. 216/2011) e l’eventuale contenzioso, sorti dal 1° ottobre 2012.


 

Articolo 25, comma 5
(Utilizzo di risorse per i contratti di servizio con l’ENAV)

 

5. Le disponibilità residue delle risorse iscritte in bilancio per l'anno 2012 destinate ai Contratti di servizio e di programma dell'ENAV S.p.A. di cui all'articolo 5, comma 10, del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 maggio 1989, n. 160, possono essere utilizzate per la compensazione dei costi sostenuti dall'ENAV nell'anno 2012, e previsti dai predetti contratti, per garantire la sicurezza degli impianti ed operativa di cui all'articolo 11-septies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

 

 

Il comma 5 dell’articolo 25 consente che le disponibilità residue delle risorse iscritte in bilancio per l'anno 2012 destinate ai contratti di servizio e di programma dell'ENAV S.p.A. (lEnte nazionale di assistenza al volo ), di cui all'articolo 5, comma 10, del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77, possano essere utilizzate per la compensazione dei costi sostenuti dall'ENAV nell'anno 2012, e previsti dai predetti contratti, per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa, di cui all'articolo 11-septies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203.

 

L’art. 11-septies richiamato ha novellato l’art. 2, comma 1, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350/2003) che aveva istituito ai fini del miglioramento della sicurezza l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sulle aeromobili destinata a compensare ENAV Spa, secondo modalità regolate dal contratto di servizio, anche dei costi per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa.


 

Articolo 25, commi 5-bis e 5-ter
(Aeroporto di Pisa)

 


5-bis. Al fine di ridurre il rischio aeronautico e ambientale correlato all'insistenza di abitazioni a uso residenziale intercluse nel sedime dell'aeroporto di Pisa, è stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa, il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), la società di gestione interessata, la regione, la provincia e il comune competenti apposito accordo di programma per la delocalizzazione delle abitazioni intercluse nel sedime dell'aeroporto di Pisa. Nello stesso accordo sono previsti le modalità di attuazione dell'intervento, le risorse che concorrono al finanziamento e i termini per la loro erogazione nonché le modalità di trasferimento delle aree al demanio aeronautico civile statale.

5-ter. All'accordo di programma di cui al comma 5-bis può essere destinata una quota delle risorse da assegnare per l'anno 2013 all'ENAC, ai sensi dell'articolo 11-decies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, nella misura massima di 10 milioni di euro e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

Il comma 5 bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che venga stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa, il Ministero dell’economia e finanze, l’ENAC, la Società di gestione interessata, la Regione, Provincia e Comune competenti apposito Accordo di Programma per la delocalizzazione delle abitazioni intercluse nel sedime dell’Aeroporto di Pisa, al fine di ridurre il rischio aeronautico e ambientale correlato all’insistenza di abitazioni ad uso residenziale intercluse nel sedime dell’aeroporto di Pisa.

Nello stesso Accordo dovranno essere previste le modalità di attuazione dell’intervento, le risorse per il finanziamento e i termini di erogazione, nonché le modalità di trasferimento delle aree al demanio aeronautico civile e statale.

 

In base al successivo nuovo comma 5-ter, all’accordo di programma potrà essere destinata una quota delle risorse da assegnare per l’anno 2013 all’ENAC, ai sensi dall'articolo 11-decies del decreto-legge n. 203 del 2005, nella misura massimo di 10 milioni di euro e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 11-decies ha previsto la riduzione del 75 per cento, fino alla data di introduzione del sistema di determinazione dei diritti aeroportuali, dei canoni di concessione demaniale, istituiti dal decreto-legge 28 giugno 1995, n. 251, ed ha analogamente ridotto la misura dei diritti aeroportuali.

A tale proposito l’articolo 21-bis, comma 1, del decreto-legge n. 248/2007 (proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria) ha poi previsto che fino all'emanazione dei decreti di rideterminazione complessiva dei diritti aeroportuali di cui all'articolo 10, comma 10 della legge n. 537/1993 (interventi correttivi di finanza pubblica) da adottare entro il 31 dicembre 2012, il Ministro dei trasporti (ora delle infrastrutture e dei trasporti) provvede, con proprio decreto, all'aggiornamento della misura dei diritti aeroportuali al tasso di inflazione programmato. La disposizione prevede inoltre che l'aggiornamento della misura dei diritti decade qualora i concessionari non presentino completa istanza di stipula del contratto di programma entro il medesimo termine del 31 dicembre 2012.

Recentemente peraltro, gli articoli da 71 a 82 del decreto-legge n. 1/2012 (c.d. “D.L. liberalizzazioni”) hanno recepito la direttiva 2009/12/CE che ha introdotto un nuovo sistema per la determinazione dei diritti aeroportuali basato sul confronto tra utenti e gestori aeroportuali. La determinazione dei diritti aeroportuali, che deve comunque avvenire nel rispetto dei principi di cui all’articolo 11-nonies del decreto-legge n. 203/2005, è affidata all’istituenda Autorità dei trasporti e, nelle more della sua costituzione, all’ENAC.

 

Con D.P.C.M. 26 giugno 2013 sono stati recentemente prorogati al 31 dicembre 2013 alcuni termini, in scadenza il 30 giugno 2013, di interesse del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tra cui il termine per la rideterminazione con D.P.R. dei diritti aeroportuali.

 

Per quanto riguarda i diritti per l’aeroporto di Pisa (nonché per quelli di Napoli, Brindisi, Bari e Bologna) questi sono definiti nei relativi Contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con le società Concessionarie.

 

Per gli altri aeroporti si applica invece il D.M. 7 febbraio 2013 del Ministero delle infrastrutture e trasporti (in G.U. del 17/5/2013) con il quale è stata aggiornata la misura dei diritti aeroportuali per l'anno 2012 in base al tasso di inflazione programmato. E' prevista inoltre una nuova misura dei diritti aeroportuali anche per gli scali di Catania, Cagliari, Venezia Tessera, Roma Ciampino e Fiumicino, per i quali e' stato già stipulato il Contratto di programma con ENAC, ma le cui tariffe non sono ancora entrate in vigore. Per questi aeroporti, pertanto, l'aggiornamento decadrà in caso di entrata in vigore delle tariffe previste nei rispettivi contratti.


 

Articolo 25, comma 6
(Sicurezza grandi dighe)

 

6. Al fine di superare lo stato di emergenza derivante dalla scadenza delle gestioni commissariali già operanti per la messa in sicurezza delle grandi dighe senza concessionario, all'articolo 55, comma 1-ter, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «A tal fine la dotazione organica del personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è incrementata di un numero corrispondente di posti.».

 

 

Il comma 6 dispone, in relazione all’assunzione di 32 unità di personale, già prevista dall’articolo 55, comma 1-ter del D.L. n. 1/2012, che venga incrementata la dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti[81] (MIT).

La norma precisa, inoltre, che l’adeguamento della dotazione organica del Ministero è volta a superare lo stato di emergenza derivante dalla scadenza delle gestioni commissariali già operanti per la messa in sicurezza delle grandi dighe senza concessionario[82].

Il D.P.C.M. 10 marzo 2011[83] ha prorogato fino al 29 febbraio 2012 lo stato di emergenza dichiarato dal D.P.C.M. 18 novembre 2004, per l’accelerazione degli interventi di messa in sicurezza delle grandi dighe senza concessione, individuate dal soppresso RID (Registro Italiano Dighe), ai sensi degli articoli 1 e 2 del D.L. n. 79/2004, ove si dispone che alla definizione degli interventi per la messa in sicurezza delle grandi dighe si provvede su indicazione del Registro italiano dighe e previa emanazione della citata deliberazione di cui all'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Successivamente, sono state emanate diverse ordinanze di protezione civile, al fine di procedere alla messa in sicurezza dei citati invasi.

L’O.P.C.M. n. 3920/2011, modificando l'ordinanza 3736/2009, ha consentito tra l’altro al MIT di stipulare, per i suddetti scopi, fino ad un massimo di quindici contratti di collaborazione coordinata e continuativa o di consulenza, di durata annuale.

Successivamente, l’art. 55, comma 1-ter, del D.L. n. 1/2012 ha autorizzato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo delle grandi dighe e delle opere di derivazione a valle e condotte forzate, ad assumere a tempo indeterminato 32 unità di personale, anche in deroga alla normativa vigente in materia di assunzioni, stanziando a tale scopo la spesa di euro 1.514.000 annui a decorrere dal 2013.

Per la copertura di tali oneri, viene parzialmente utilizzata una quota delle entrate, previste per il 2013 dall'art. 2, comma 172, del decreto-legge n. 262/2006, utilizzate per il finanziamento delle attività già facenti capo al RID, provenienti dalla contribuzione a carico degli utenti dei servizi delle grandi dighe riscossa dai concessionari, non coperte dal finanziamento a carico dello Stato[84]. In attuazione del comma 173, che ha demandato ad apposito decreto interministeriale la fissazione dei criteri e dei parametri per la quantificazione degli oneri connessi alle attività già facenti capo al RID, sono stati emanati due decreti, in data 4 giugno 2009[85].

Si ricorda inoltre che una serie di misure volte a migliorare la sicurezza delle grandi dighe gestite da concessionari sono state introdotte dall’art. 43, commi 7-15, del decreto legge n. 201/2011.


 

Articolo 25, commi 7 e 8
(Disposizioni concernenti ANAS)

 


7. All'articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2:

1) all'alinea, le parole: «, anche avvalendosi di Anas s.p.a.,» sono soppresse;

2) alla lettera a), le parole: «ovvero in affidamento diretto ad Anas s.p.a. a condizione che non comporti effetti negativi sulla finanza pubblica, nonché, subordinatamente alla medesima condizione, di affidamento diretto a tale società della concessione di gestione di autostrade per le quali la concessione sia in scadenza ovvero revocata» sono soppresse;

3) alla lettera b), il numero 3) è abrogato;

b) al comma 3, lettera a), le parole: «anche per effetto di subentro ai sensi del precedente comma 2, lettere a) e b)» sono soppresse.

8. All'articolo 36, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: «L'amministratore unico» sono sostituite dalle seguenti: «L'organo amministrativo» e le parole: «entro il 30 marzo» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 30 novembre»;

b) al secondo periodo, le parole: «Entro 30 giorni dall'emanazione del decreto di approvazione dello statuto» sono sostituite dalle seguenti: «Entro 30 giorni dalla data di approvazione da parte dell'assemblea del bilancio per l'esercizio 2012»;

c) il terzo periodo è soppresso.


 

 

Il comma 7 dell’articolo 25 novella in più punti i commi 2 e 3 dell’art. 36 del D.L. n. 98/2011 (sull’art. 36 del D.L. n. 98/2011, vedi la scheda dell’articolo 25, comma 1), al fine, in particolare, di eliminare la possibilità:

§      dell’affidamento diretto ad ANAS S.p.A. della costruzione di nuove autostrade, a condizione che non comporti effetti negativi sulla finanza pubblica, delle concessioni di gestione di autostrade in scadenza o revocate, ovvero delle concessioni per la costruzione e la gestione di nuove autostrade;

§      del subentro, da parte dell’ANAS, subordinatamente alla citata condizione di assenza di effetti negativi sulla finanza pubblica, nelle concessioni di gestione di autostrade in scadenza o revocate.

Viene altresì eliminata la parte della disposizione del comma 2, che consente al MIT, che ha rilevato i compiti dell’Agenzia in seguito alla sua soppressione, di avvalersi dell’ANAS nello svolgimento dei compiti affidati (numero 1, della lettera a), del comma esaminato).

 

Il comma 8 modifica l'art. 36, comma 9 del D.L. n. 98/2011, al fine di differire i termini per l’adozione del nuovo statuto e la ricostituzione del consiglio di amministrazione dell’ANAS.

In particolare, il nuovo comma 9 dell’art. 36, prevede che l'organo amministrativo provvede altresì alla riorganizzazione delle residue risorse di Anas s.p.a. nonché alla predisposizione del nuovo statuto della società che, entro il 30 novembre 2013, è approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Entro 30 giorni dalla data di approvazione da parte dell'assemblea del bilancio per l'esercizio 2012, viene convocata l'assemblea di Anas s.p.a. per la ricostituzione del consiglio di amministrazione.

La disposizione sopprime inoltre l’ultimo periodo del comma 9 dell’art. 36 ove si impone, al nuovo statuto dell’Anas S.p.A., di prevedere i requisiti necessari per stabilire forme di controllo analogo del MIT e del MEF sulla società stessa, al fine di assicurare la funzione di organo in house dell'amministrazione.

 

Si segnala a proposito quanto rilevato dalla Corte dei conti, nella sua Determinazione n. 36/2013, con riguardo ad una revisione della disciplina prevista dall’art. 36 del D.L. n. 98/2011. Nelle conclusioni della relazione allegata alla citata determinazione, infatti, si legge che l’inquadramento dell’ANAS quale organo in house dell’amministrazione “potrebbe risultare problematico con il processo di forte apertura al mercato di ANAS che l’art. 36 intende perseguire, in quanto la Società, avendo dismesso le funzioni di concedente, dovrebbe poter operare in condizioni tali da competere con prerogative analoghe a quelle degli altri concessionari. L’obiettivo perseguito di affidare ad ANAS senza gara le concessioni, in scadenza o revocate, per la gestione di autostrade esistenti ovvero le concessioni di nuove autostrade, purché in assenza di effetti negativi sulla finanza pubblica, è risultato molto problematico – e finora non attuato – sulla base dell’interpretazione, fornita dai competenti Ministeri, che considera ogni indebitamento incidere sul bilancio dello Stato. Ne deriva come, per conseguire un effettivo potenziamento di ANAS nel ruolo di Concessionaria e consentire alla Società di svolgere attività di mercato, sia opportuna, anche nell’ipotesi in cui la stessa resti nel perimetro della P.A., una riflessione sulla disciplina de qua in modo da apportare eventuali, necessari correttivi”.


 

Articolo 25, commi 9-11
(Collegamenti isole minori)

 


9. Le funzioni ed i compiti di vigilanza sulle attività previste dalla Convenzione per l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo con le isole minori siciliane stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 998, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dell'articolo 19-ter del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, sono attribuiti alla Regione Siciliana a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto.

10. All'articolo 6, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole «con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze» sono soppresse e dopo le parole «ogni successiva modificazione ovvero integrazione delle suddette convenzioni è approvata» sono inserite le seguenti «con decreto del Presidente della Regione Siciliana.».

11. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti si provvede, nei successivi trenta giorni, alle modifiche del testo convenzionale, stipulato in data 30 luglio 2012, necessarie all'adeguamento alle presenti disposizioni.


 

 

L’articolo 25, commi da 9 a 11, trasferisce alla Regione siciliana sia le funzioni che i compiti di vigilanza sulle attività previste nella Convenzione per l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo con isole minori siciliane, sottoscritta in data 30 luglio 2012.

Si tratta della Convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e i trasporti e la Società Compagnia delle Isole S.p.A., stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 998, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dell'articolo 19-ter del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, e che disciplina il complesso degli obblighi e dei diritti derivanti dall'esercizio dei servizi di collegamento marittimo tra la Sicilia e le Isole minori siciliane: Vulcano, Lipari, Panarea, Salina, Rinella, Stromboli, Ginostra, Filicudi, Alicudi, Favignana, Marettimo, Levanzo, Ustica, Pantelleria, Linosa, Lampedusa. La Convenzione ha efficacia dal 30 luglio 2012 fino al 30 luglio 2024 (art. 4 della Convenzione) e per lo svolgimento dei servizi della Convenzione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è obbligato a versare alla Società un corrispettivo annuo di euro 55.694.895.

Si ricorda che l’art. 6, comma 19 del D.L. n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012 ha approvato ex lege le convenzioni stipulate con i soggetti che si sono aggiudicati i compendi aziendali delle società Tirrenia di navigazione S.p.A. e Siremar-Sicilia regionale marittima S.p.A . La norma ha inoltre previsto che le convenzioni producono effetti a far data dalla sottoscrizione e che ogni successiva modificazione ovvero integrazione delle suddette convenzioni sia approvata con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le regioni interessate.

L’attività di vigilanza (art. 10 della Convenzione) è attualmente svolta dai Ministeri vigilanti (il Ministero delle infrastrutture e trasporti e il Ministero dell’economia e finanze) e riguarda:

§      il rispetto degli obblighi della Convenzione,la richiesta di informazioni e l’effettuazione di controlli anche con poteri di ispezione e di acquisizione della documentazione;

§      la richiesta semestrale di dati contabili;

§      la verifica dell’idoneità delle navi adibite ai servizi di collegamento;

§      lì approvazione dei piani delle navi;

§      la proposta di risoluzione del rapporto per inadempimento.

Si ricorda che la Convenzione del 2012 ha sostituito la precedente Convenzione fra lo Stato e la Società Siremar, stipulata il 17 dicembre 1991 e modificata nel 1994 e 1995. Circa la procedura di privatizzazione di Siremar, già intestataria delle convenzioni per l'espletamento dei servizi di collegamento marittimo fra il continente e la regione Sicilia ed in regime di amministrazione straordinaria, si ricorda che la procedura di gara è stata espletata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e nell’ottobre 2011 si è aggiudicata la gara per la cessione la Compagnie delle isole, società controllata da Mediterranea Holding SpA, la quale a sua volta vede una significativa partecipazione azionaria della Regione Siciliana, oltre che di altri operatori del settore come Lauro, Isolemar, Acies. L’acquisizione di Siremar da parte della Compagnia delle isole è stata ritenuta non lesiva della concorrenza da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato con provvedimento n. 23023 del 23 novembre 2011, in quanto nelle rotte nelle quali Siremar detiene significative quote di mercato i soci di Mediterranea Holding ed in particolare il gruppo Lauro non risultano attivi. Tuttavia, la società di navigazione siciliana (composta dalle società Caronte & Tourist e Ustica Lines), che aveva partecipato alla gara, ha richiesto al TAR del Lazio l’annullamento della stessa. In particolare oggetto di contestazione è stata la controgaranzia finanziaria offerta dalla Regione Siciliana alla Compagnie delle Isole, che costituirebbe un aiuto di Stato illegittimo. Il TAR del Lazio, con ordinanza del 7 luglio 2012, ha sospeso l’esito della gara; il Consiglio di Stato con sentenza del 18 luglio 201 ha poi revocato la sospensiva.

Il comma 10 prevede, in conseguenza del trasferimento delle funzioni alla Regione Sicilia operato dal comma 9, il trasferimento, dai Ministeri vigilanti alla Regione Sicilia, di ogni successiva modifica o integrazione della Convenzione, che dovrà essere approvata con decreto del Presidente della Regione. La disposizione novella quanto previsto dall’art. 6, comma 19 del D.L. n. 95 /2012 che ha approvato la Convenzione, in base al quale la convenzione produce effetti a far data dalla sottoscrizione e ogni successiva modificazione ovvero integrazione deve essere approvata con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le regioni interessate.

Il comma 11 rinvia infine ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la definizione delle modifiche, nei successivi trenta giorni, del testo della Convenzione, per adeguarla alle nuove disposizioni qui previste.


 

Articolo 25, comma 11-bis
(Finanziamento opere infrastrutturali)

 


11-bis. Le risorse revocate ai sensi dell'articolo 18, comma 11, che confluiscono nel Fondo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono attribuite prioritariamente:

a) al completamento della copertura del Passante ferroviario di Torino;

b) alla regione Piemonte, a titolo di contributo per spese sostenute per la realizzazione del collegamento Torino-Ceres/Aeroporto di Caselle;

c) al collegamento ferroviario Novara-Seregno-Malpensa (potenziamento e variante di Galliate);

d) alla regione autonoma Friuli Venezia Giulia per la realizzazione della terza corsia della tratta autostradale A4 Quarto d'Altino-Villesse-Gorizia, al fine di consentire l'attuazione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3702/2008 del 5 settembre 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 213 dell'11 settembre 2008;

e) agli interventi di soppressione e automazione di passaggi a livello sulla rete ferroviaria mediante costruzione di idonei manufatti sostitutivi o deviazioni stradali o di miglioramento delle condizioni di esercizio di passaggi a livello non eliminabili, individuati, con priorità per la tratta terminale pugliese del corridoio ferroviario adriatico da Bologna a Lecce, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.


 

 

Il comma 11-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, attribuisce prioritariamente le risorse del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, revocate in base a quanto disposto dal comma 11 del medesimo articolo, ad alcuni interventi ed infrastrutture di seguito elencati:

§      al completamento della copertura del Passante ferroviario di Torino;

Si segnala che con delibera del CIPE 26 ottobre 2012, n. 101, è stato approvato il progetto definitivo dell'interconnessione tra la linea ferroviaria Torino-Ceres e il passante ferroviario di Torino in corrispondenza della stazione Rebaudengo, opera inclusa nel Programma delle infrastrutture strategiche[86]. Si ricorda che il CIPE, con Delibera 23 marzo 2012, preso atto che la realizzazione del collegamento della ferrovia Torino – Ceres con il Passante ferroviario di Torino in corrispondenza della stazione di Rebaudengo riveste un ruolo strategico nell'ambito del Sistema ferroviario metropolitano, anche in relazione alle opere prioritarie di prima fase legate alla «Nuova linea Torino – Lione, che il costo dell'opera e' pari a 162 milioni di euro, ha disposto a favore del soggetto aggiudicatore dell'intervento, Società di committenza regionale S.p.A. Piemonte, l'assegnazione di risorse pari a euro 20.000.000 secondo la seguente articolazione temporale: 3 milioni per il 2012, 2 milioni per il 2013, 3 milioni per il 2014, 12 per il 2015.

§      alla regione Piemonte, a titolo di contributo per spese sostenute per la realizzazione del collegamento Torino-Ceres/Aeroporto di Caselle;

§      al collegamento ferroviario Novara-Seregno-Malpensa (potenziamento e variante di Galliate);

L’opera, inserita nel Programma delle infrastrutture strategiche, secondo quanto riportato nell’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza 2013, presentato al Parlamento nel mese di settembre 2013, ha un costo di 78,85 milioni di euro da reperire[87].

§      alla regione Autonoma Friuli Venezia Giulia per la realizzazione della terza corsia della tratta autostradale A4 Quarto d'Altino-Villesse-Gorizia, al fine di consentire l'attuazione dell'O.P.C.M. n. 3702/2008 e successive modificazioni;

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 6-ter, comma 1, del D.L. n. 79/2012 ha salvaguardato gli effetti della deliberazione del Consiglio dei ministri e delle dichiarazioni dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto d'Altino-Trieste e nel raccordo autostradale Villesse-Gorizia. Tra i provvedimenti i cui effetti sono salvaguardati, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali disposto dall’articolo 3, comma 2, del D.L. 59/2012, rientra anche l’O.P.C.M. del 5 settembre 2008, n. 3702. Con tale ordinanza si è provveduto alla nomina del commissario delegato nel Presidente della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con il compito di provvedere: alla realizzazione della terza corsia nel tratto autostradale A4 Quarto D'Altino-Villesse, ed all'adeguamento a sezione autostradale del raccordo Villesse-Gorizia; alla realizzazione degli interventi insistenti sul tratto autostradale A4 Quarto D'Altino-Trieste o sul raccordo Villesse-Gorizia o sul sistema autostradale interconnesso, previsti nella convenzione di concessione tra Autovie Venete S.p.A. e l'ANAS S.p.a., ritenuti indispensabili ai fini del superamento dello stato di emergenza; alla realizzazione delle opere di competenza di enti diversi dalla concessionaria Autovie Venete S.p.A. Con l’art. 1 dell’O.P.C.M. del 22 luglio 2011, n. 3954 si è provveduto a sostituire il Commissario delegato Presidente della regione autonoma, con l’ing. Riccardo Riccardi, assessore alle infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale e lavori pubblici della regione autonoma. Con D.P.C.M. 22 dicembre 2012, è stato prorogato, fino al 31 dicembre 2014, lo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto d'Altino - Trieste e nel raccordo autostradale Villesse - Gorizia. Il Presidente della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia subentra all'ing. Riccardo Riccardi nelle funzioni di Commissario delegato.

L’opera è inclusa nel Programma delle infrastrutture strategiche [88].

§      agli interventi di soppressione ed automazione di passaggi a livello sulla rete ferroviaria mediante costruzione di idonei manufatti sostitutivi o deviazioni stradali o di miglioramento delle condizioni di esercizio di passaggi a livello non eliminabili, individuati, con priorità per la tratta terminale pugliese del corridoio ferroviario adriatico da Bologna a Lecce, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture strategiche al Documento di economia e finanza 2013, per l’Asse ferroviario interregionale Bologna-Bari-Lecce, riporta un costo di 1.434,04 milioni di euro di cui disponibili 759,26.

Si ricorda che i nuovi orientamenti comunitari per la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) (COM(2011)650), nell’ambito della rete centrale, individuano dieci corridoi, di cui quattro interessano l’Italia e di cui non fa parte l’Asse ferroviario Bologna-Bari-Lecce . I corridoi sono i seguenti:

-        il corridoio 1 Baltico-Adriatico che collegherà Helsinki a Ravenna, nell’ambito del quale sono previsti i collegamenti ferroviari Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna;

-        il corridoio 3 Mediterraneo da Algeciras (Spagna) fino alla frontiera ungherese che comprenderà, tra l’altro, i collegamenti ferroviari Lione-Torino, Milano-Brescia, Brescia-Venezia-Trieste, Milano-Mantova-Venezia-Trieste e Trieste-Diva;

-        il corridoio 5 Helsinki-La Valletta che comprenderà il tunnel di base del Brennero nonché i collegamenti ferroviari Fortezza-Verona, Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Messina-Palermo e Palermo-La Valletta;

-        il corridoio 9 Genova-Rotterdam che comprenderà i collegamenti ferroviari Genova-Milano-Novara (cosiddetto “terzo valico appenninico”).

Per la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) (COM(2011)650) , è prevista infatti una rete centrale (core network) che costituirà la spina dorsale della rete transeuropea di trasporto, da realizzare entro il 2030, basata su un “approccio per corridoi”, ed una rete globale (da realizzare entro il 2050), che comprenderà le altre infrastrutture a livello nazionale e regionale. La rete centrale permetterà collegamenti con le reti infrastrutturali di trasporto dei paesi vicini e dovrà rispecchiare l'evoluzione della domanda di traffico e la necessità del trasporto multimodale. La rete centrale interesserà 83 porti europei principali mediante collegamenti ferroviari e stradali, 37 aeroporti principali mediante collegamenti ferroviari verso grandi città, 15.000 km di linee ferroviarie ad alta velocità e 35 grandi progetti transfrontalieri per ridurre le strozzature.


 

Articolo 25, comma 11-ter
(Adeguamento della SS “Telesina” e
del collegamento Termoli-San Vittore)

 


11-ter. Le proposte dei soggetti promotori per l'approvazione dei progetti preliminari, anche suddivisi per lotti funzionali in coerenza con le risorse finanziarie disponibili, degli interventi di adeguamento della strada statale n. 372 "Telesina" tra Io svincolo di Caianello della strada statale n. 372 e lo svincolo di Benevento sulla strada statale n. 88 nonché del collegamento autostradale Termoli-San Vittore devono essere sottoposte al CIPE per l'approvazione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Le risorse già assegnate con la delibera del CIPE n. 100/2006 del 29 marzo 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre 2006, e quelle a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate assegnate con la delibera del CIPE n. 62/2011 del 3 agosto 2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011, sono destinate esclusivamente alla realizzazione della predetta opera di adeguamento della strada statale n. 372 "Telesina". La mancata approvazione delle proposte determina l'annullamento della procedura avviata e la revoca dei soggetti promotori.


 

 

Il comma 11-ter, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, stabilisce che le proposte dei soggetti promotori per l’approvazione dei progetti preliminari degli interventi di adeguamento della SS “Telesina” e del collegamento Termoli-San Vittore devono essere sottoposte all’approvazione dal CIPE entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Si tratta, in entrambi i casi, di operazioni di finanza di progetto. Si prevede, inoltre, che i progetti preliminari possono anche essere suddivisi per lotti funzionali, in coerenza con le risorse finanziarie disponibili.

La norma fa riferimento in particolare ai progetti della S.S. 372 Telesina tra lo svincolo di Caianello della S.S. 372 e lo svincolo di Benevento sulla S.S. 88, nonché al collegamento autostradale Termoli-San Vittore.

Si prevede, inoltre, che la mancata approvazione delle proposte determina l’annullamento della procedura avviata e la revoca dei soggetti promotori.

Per quanto riguarda la SS 372, la norma precisa che le risorse già assegnate con delibera Cipe n. 100 del 2006 e quelle a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate (ora Fondo per lo sviluppo e la coesione) assegnate con delibera CIPE n. 62 del 2011 relativa al Piano sud sono destinate esclusivamente alla realizzazione degli interventi di adeguamento della predetta opera.

L’intervento SS “Telesina”, inserito fra le opere strategiche già nel 2001 (delibera CIPE n. 121/2001), consiste nell’adeguamento in sede, a quattro corsie, della Statale 372 “Telesina”, con la realizzazione anche di nuovi svincoli. Il tratto interessato, di circa 61 chilometri, è quello fra lo svincolo di Benevento sulla Statale 88 e lo svincolo di Caianello sulla A1[89].

La delibera CIPE n. 62/2011 ha individuato gli interventi strategici prioritari per l’attuazione del Piano Nazionale per il Sud e ha assegnato all’opera SS 372 Telesina, 90 milioni, a copertura della quota pubblica, cui va aggiunta l’assegnazione programmatica, ai sensi della delibera CIPE n. 100/2006, pari a 110 milioni.

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza 2013, trasmesso al Parlamento il 30 settembre 2013, riporta, per l’adeguamento della strada “Telesina” dal Km 0+000 al km 60+900, un costo di 588,64 milioni di euro interamente disponibili.

Il collegamento autostradale Termoli-San Vittore per cui il 18 gennaio 2008 è stata costituita "Autostrada del Molise S.p.A.", società mista Anas Regione Molise, prevede un tracciato di circa 150 km, che si svilupperà in due tratte: San Vittore-Venafro-Isernia-Bojano-Campobasso e Bojano-Termoli, di due corsie per senso di marcia, più corsia di emergenza; 121 viadotti (per complessivi 40,3 km); 15 gallerie (per uno sviluppo lineare complessivo di 11,8 km); e 35 svincoli di collegamento con la viabilità esistente. Per la realizzazione della prima tratta, San Vittore-Venafro-Isernia-Bojano-Campobasso, "Autostrada del Molise S.p.A." ha approvato il 1° febbraio 2011 il progetto preliminare[90]. Con la predetta deliberazione 62/2011, per la realizzazione della prima tratta, sono stati assegnati dal CIPE 200 milioni di euro. L’intervento rientra nel Programma delle infrastrutture strategiche. L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza 2013 riporta: per la prima tratta un costo di 1137,35 milioni di euro di cui disponibili 236,60; per la seconda tratta un costo di 1620,35 milioni di euro da reperire.


 

Articolo 25, comma 11-quater
(Inquinamento acustico delle aviosuperfici)

 


11-quater. All'articolo 11, comma 1, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, dopo le parole: «dagli autodromi,» sono inserite le seguenti: «dalle aviosuperfici, dai luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile,». All'articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 aprile 2001, n. 304, dopo le parole: «di autodromi,» sono inserite le seguenti: «aviosuperfici, luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile,»'. All'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre 1997, dopo la parola: «aeroportuali» sono inserite le seguenti: «, di aviosuperfici, dei luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile». All'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Ministro dell'ambiente 31 ottobre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 1997, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché delle aviosuperfici e dei luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile».


 

 

Il comma 11-quater, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, è volto ad inserire nella disciplina sull’inquinamento acustico:

§      le emissioni sonore derivanti dalle attività delle aviosuperfici, cioè di quelle aree idonee alla partenza e all'approdo di aeromobili, che non appartengano al demanio aeronautico[91];

§      le emissioni sonore derivanti dai luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile.

Secondo quanto comunicato per le vie brevi dagli uffici del Coni, le discipline olimpiche si riconducono esclusivamente alle Federazioni sportive riconosciute a tal fine dallo stesso Comitato olimpico.

 

In particolare, la norma modifica l’art. 11, comma 1, della legge quadro sull’inquinamento acustico n. 447 del 1995, che prevede l’emanazione di regolamenti di esecuzione distinti per sorgente sonora avente origine dal traffico veicolare, ferroviario, marittimo ed aereo, dagli autodromi, dalle piste motoristiche di prova e per attività sportive, da natanti, da imbarcazioni di qualsiasi natura, nonché dalle nuove localizzazioni aeroportuali[92], inserendo come sorgente sonora le attività delle aviosuperfici e le attività sportive delle discipline olimpiche in forma stabile.

Conseguentemente:

§      le due attività vengono di fatto assimilate, per le emissioni sonore prodotte, alle attività motoristiche, disciplinate dal regolamento di cui al D.P.R. 3 aprile 2001, n. 304, in conseguenza della novella apportata dalla norma all’articolo 1, comma 1, del citato D.P.R.;

§      non si applicano alle due attività, come per le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali e marittime, i valori limite differenziali di immissione, relativi agli ambienti abitativi, a seguito di una modifica all’art. 4, comma 3 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 (determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore);

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera f), della legge 447/1995 per valore limite di immissione si intende il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori. Ai sensi della lettera b) del comma 3 del medesimo articolo 2, i valori limite differenziali sono determinati con riferimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo.

§      sono applicati anche alle due attività, i criteri di misura del rumore emesso dagli aeromobili nelle attività aeroportuali in conseguenza della modifica dell'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 31 ottobre 1997 sulla metodologia di misura del rumore aeroportuale.

 

Si ricorda che l’articolo 8 della suddetta legge quadro n. 447/1995 sull’inquinamento acustico prevede che i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale devono essere redatti in conformità alle esigenze di tutela dall'inquinamento acustico delle popolazioni interessate. Si prevede quindi che nell’ambito delle procedure di valutazione di impatto ambientale, la realizzazione, la modifica ed il potenziamento di determinate tipologie di opere sia accompagnata dalla documentazione di impatto acustico fornita da parte dei competenti soggetti titolari dei progetti o opere da realizzare. Tra tali opere soggette a valutazione di impatto ambientale sono considerate anche le aviosuperfici.


 

Articolo 25, commi da 11-quinquies a 11-sexies
(Debiti delle regioni per trasporto pubblico – Debiti Regione Calabria)

 


11-quinquies. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11, commi 6 e 7, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, nonché quanto disposto dall'articolo 16, commi 4 e 9, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, le regioni interessate, al fine di consentire la rimozione dello squilibrio finanziario derivante da debiti pregressi a carico dei rispettivi bilanci regionali concernenti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale e di applicare i criteri di incremento dell'efficienza e di razionalizzazione previsti dall'articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, predispongono un piano di ristrutturazione del debito a tutto il 31 dicembre 2012, da sottoporre, entro il 31 ottobre 2013, all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze. Il piano di ristrutturazione del debito deve individuare le necessarie azioni di razionalizzazione e di incremento dell'efficienza da conseguire attraverso l'adozione dei criteri e delle modalità di cui al citato articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012. Per il finanziamento del piano di ristrutturazione, ciascuna regione interessata è autorizzata, previa delibera del CIPE, a utilizzare, per gli anni 2013 e 2014, le risorse ad essa assegnate a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione in attuazione della delibera del CIPE n. 1/2011 dell'11 gennaio 2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 80 del 7 aprile 2011, nel limite massimo dell'importo che sarà concordato tra ciascuna regione, il Ministero per la coesione territoriale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze sulla base del piano stesso. Per le regioni interessate sarà conseguentemente sottoposta all'esame del CIPE, per la presa d'atto, la nuova programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

11-sexies. Per il biennio 2013-2014, al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, la regione Calabria è autorizzata, acquisito il parere del Ministro per la coesione territoriale, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell'economia e delle finanze, ad utilizzare le risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, nel limite di 40 milioni di euro per operazioni di potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro, compreso l'acquisto di materiale rotabile automobilistico e ferroviario. Le risorse sono rese disponibili, entro il predetto limite di 40 milioni di euro, previa rimodulazione del piano di interventi rientrante nella programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.


 

 

Il comma 11-quinquies, inserito nel corso dell’esame parlamentare, consente alle regioni interessate di predisporre, entro il 31 ottobre 2013, un piano di ristrutturazione del debito del settore del trasporto pubblico regionale e locale maturato fino al 31 dicembre 2012. Per il finanziamento del piano ciascuna regione interessata è autorizzata, previa delibera CIPE, ad utilizzare le risorse alla stessa assegnate, in base alla delibera CIPE n. 1 dell’11 gennaio 2011, sul fondo sviluppo e coesione (ex-fondo per le aree sottoutilizzate) per il cofinanziamento nazionale delle politiche di coesione dell’Unione europea (la delibera n. 1/2011 concerne Obiettivi, criteri e modalità di programmazione delle risorse per le aree sottoutilizzate e selezione ed attuazione degli investimenti per i periodi 2000-2006 e 2007-2013). Tali risorse possono essere utilizzate nel limite massimo concordato tra ciascuna Regione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro per le infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell’economia e delle finanze sulla base del Piano medesimo. Conseguentemente il CIPE provvederà alla riprogrammazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

La disposizione risulta finalizzata, in base al testo della stessa, a:

§      rimuovere lo squilibrio finanziario derivante da debiti pregressi inerenti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale;

§      applicare i criteri di efficientamento e razionalizzazione previsti dall’articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge n. 95/2012. Conseguentemente si prevede che il piano di rientro predisposto dalle regioni interessate debba individuare le misure di razionalizzazione ed efficientamento alla luce di tali criteri.

 

La disposizione richiamata, nel testo modificato dall’articolo 1, comma 301, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), stabilisce che i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico regionale e locale, anche ferroviario, istituito dal medesimo articolo 16-bis (ed alimentato con i proventi di un’aliquota di compartecipazione sulla benzina e sul gasolio per autotrazione) siano definiti, entro il 31 gennaio 2013, con D.P.C.M., su proposta del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi d’intesa con la Conferenza unificata. Sulla base dei criteri individuati le regioni dovranno adottare (in base al comma 4) un piano di programmazione dei servizi. Il comma 3 già indica alcuni criteri, prevedendo che si tenga conto, in particolare, del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando esigenze della mobilità nei territori, anche con differenziazione dei servizi. Si richiamano inoltre:

a)  il miglioramento dell’offerta di servizio, rendendola più idonea, efficiente ed economica per il soddisfacimento della relativa domanda;

b)  l’incremento progressivo del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;

c)  la progressiva riduzione dei servizi offerti in misura eccessiva rispetto alla domanda e il corrispondente incremento, qualitativo e quantitativo, dei servizi per i quali si registra una domanda elevata;

d)  la definizione di appropriati livelli occupazionali;

e)  la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e verifica.

 

In attuazione della disposizione è stata emanato il D.P.C.M. 11 marzo 2013 che prevede che le risorse stanziate sul Fondo siano ripartite entro il 30 giugno di ciascun anno con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da emanare, sentita la Conferenza Unificata. La ripartizione è effettuata per il 90% sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 del decreto e per il residuo 10% in base alle medesime percentuali ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di: a) un'offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. A titolo di anticipazione il 60% delle risorse viene ripartito ed erogato alle regioni sulla base delle percentuali della Tabella 1, mentre Il residuo 40%, al netto delle eventuali riduzioni conseguenti al mancato raggiungimento degli obiettivi, viene erogato su base mensile a decorrere dal mese di agosto di ciascun anno. Le regioni provvedono poi ai corrispondenti trasferimenti agli enti locali.

Con D.P.C.M. 26 luglio 2013 è stata inoltre determinata l'aliquota di compartecipazione alle accise sulla benzina e sul gasolio per autotrazione che alimenta il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, istituito a decorrere dal 2013 dall'art. 16-bis del D.L. n. 95 del 2012. L'aliquota di compartecipazione è fissata al 19,7 per cento per l'anno 2013.

La disposizione inoltre fa salvo quanto disposto:

§      dall’articolo 11, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 35/2013, che ha introdotto un analogo meccanismo limitatamente alla regione Piemonte (possibilità di attingere, per la copertura del disavanzo nel settore del trasporto pubblico locale, nel limite massimo di 150 milioni di euro per l’anno 2013, alle risorse del Fondo di sviluppo e coesione assegnate al Piemonte previa presentazione di un piano di razionalizzazione dei servizi);

§      l’articolo 16, commi 4 e 9 del decreto-legge n. 83/2012.

Tali disposizioni prevedono:

-        un’autorizzazione di spesa di 40 milioni di euro per il 2012 per garantire il trasferimento alle regioni Calabria e Puglia della proprietà delle società Ferrovie della Calabria S.r.l. e Ferrovie del Sud-Est e servizi automobilistici S.r.l. (individuando la copertura, per la regione Calabria, nelle risorse del Fondo sviluppo e coesione; comma 4);

-        l’utilizzo delle risorse del fondo sviluppo e coesione, per gli anni 2012 e 2013, a copertura dei debiti del trasporto regionale su ferro della Campania (comma 9).

 

Il comma 11-sexies contiene una disposizione analoga a quella del comma 11-quinquies, con riferimento specifico alla regione Calabria.

Tale regione è infatti autorizzata ad attingere, nel limite massimo di 40 milioni di euro per il biennio 2013-2014, alle risorse del Fondo sviluppo e coesione assegnate alla Calabria per il cofinanziamento nazionale delle politiche di coesione dell’Unione europea per operazioni di potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro, compreso l’acquisto di materiale rotabile automobilistico e ferroviario.

Le risorse saranno rese disponibili previa rimodulazione degli interventi previsti nell’ambito della programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

La disposizione è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione del settore del trasporto pubblico locale previsti dall’articolo 16-bis del decreto-legge n. 95/2012.

 


 

Articolo 25-bis
(Sede dell’Autorità di regolazione dei trasporti)

 

1. All'articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «La sede dell'Autorità è individuata in un immobile di proprietà pubblica nella città di Torino, laddove idoneo e disponibile, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il termine del 31 dicembre 2013».

 

 

L’articolo 25-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che la sede dell'Autorità di regolazione dei trasporti, istituita con il decreto-legge n. 201/2011, sia stabilita in un immobile di proprietà pubblica nella città di Torino, laddove idoneo e disponibile: si prevede a tal fine l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel termine del 31 dicembre 2013.

In tal senso il comma 5-bis provvede infatti a novellare l'articolo 37, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale prevede attualmente che la sede dell'Autorità sia definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senza individuarne l’ubicazione.

Con D.P.C.M. dell'11 maggio 2012, la sede dell’Autorità dei trasporti era stata individuata nella città di Roma, in base dell’esame delle candidature presentate dalle città di Roma, Bologna e Verona, anche in base alla distribuzione sul territorio nazionale delle altre Autorità di regolazione di settore.

 

Si ricorda che l'Autorità dei trasporti, istituita dall’articolo 37 del decreto legge n. 201/2011, come modificato dall’articolo 36 del decreto-legge n. 1/2012, è un organo collegiale composto da un presidente e due componenti, nominati secondo le procedure di cui all'articolo 2, comma 7, della legge n. 481/1995 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità).

In base a tale disposizione, il presidente e i due componenti sono individuati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente. Le designazioni effettuate dal Governo sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari. In nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle predette Commissioni a maggioranza dei due terzi dei componenti. Le Commissioni possono procedere all'audizione delle persone designate. I componenti durano in carica sette anni, senza possibilità di conferma.

La composizione dell'Autorità è stata definita con il D.P.R. 9 agosto 2013 con il quale, a seguito del parere favorevole espresso dalle Commissioni parlamentari di merito, sono stati nominati Andrea CAMANZI a Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti e Barbara MARINALI e Mario VALDUCCI come componenti della medesima Autorità.

All’Autorità sono affidati compiti significativi di regolazione, di promozione e tutela della concorrenza, nel settore dei trasporti stradali, sia nazionali che locali, nel trasporto ferroviario, aereo, marittimo, nonché nel settore portuale. L'Autorità in dettaglio, in base all'articolo 37 del decreto-legge n. 201/2011:

§      garantisce condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali, fatte salve le competenze dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali (nel frattempo soppressa e le cui competenze sono state trasferite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), e alla mobilità dei passeggeri e delle merci in ambito nazionale, locale e urbano, anche collegata a stazioni, aeroporti e porti;

§      definisce, se necessario, i criteri per la fissazione di tariffe, canoni e pedaggi;

§      verifica la corretta applicazione, da parte dei soggetti interessati, dei criteri come sopra fissati;

§      stabilisce le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto nazionali e locali connotati da oneri di servizio pubblico;

§      definisce il contenuto minimo degli specifici diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto;

§      definisce gli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni, da inserire nei capitolati delle medesime gare, e stabilisce i criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici;

§      verifica, in particolare, che nei bandi di gara per il trasporto ferroviario regionale, non sussistano condizioni discriminatorie o che impediscano l'accesso a concorrenti potenziali, con particolare riferimento al requisito della disponibilità del materiale rotabile già al momento della gara;

§      nel settore del trasporto ferroviario, sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni e gli enti locali interessati, definisce gli ambiti del servizio pubblico sulle tratte e le modalità di finanziamento. L'Autorità, dopo un congruo periodo di osservazione, analizza l'efficienza dei diversi gradi di separazione tra l'impresa che gestisce l'infrastruttura e l'impresa ferroviaria, anche in relazione alle esperienze degli altri Stati membri dell'UE e all'esigenza di tutelare l'utenza pendolare. In esito all'analisi, l'Autorità avrebbe dovuto predisporre, entro il 30 giugno 2013, una relazione da trasmettere al Governo e al Parlamento;

§      svolge le funzioni di organismo di regolazione per l'accesso all'infrastruttura ferroviaria, definendo i criteri per la determinazione dei pedaggi e per l'assegnazione delle tracce e della capacità e vigilando sulla loro corretta applicazione;

§      nel settore autostradale, stabilisce, per le nuove concessioni, sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap, con revisione quinquennale. Definisce gli schemi di concessione, da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione, gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono tenuti i concessionari autostradali per le nuove concessioni e gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali;

§      svolge le funzioni di Autorità di vigilanza in materia di diritti aeroportuali, approvando i sistemi di tariffazione e l'ammontare dei suddetti diritti;

§      monitora e verifica la corrispondenza dei livelli di offerta del servizio taxi, delle tariffe e della qualità delle relative prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, allo scopo di garantire il diritto di mobilità degli utenti. Comuni e regioni, previo parere dell'Autorità, provvedono ad adeguare il servizio dei taxi, nel rispetto dei principi dettati dalla legge.

 

L'Autorità riferisce annualmente alle Camere, evidenziando lo stato della disciplina di liberalizzazione adottata e la parte ancora da definire.


 

Articolo 26
(Proroghe in materia di appalti pubblici)

 


1. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, il comma 418 è sostituito dal seguente:

«418. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190, i dati ivi previsti relativi all'anno 2012 sono pubblicati unitamente ai dati relativi all'anno 2013.».

2. All'articolo 253 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 9-bis:

1) al primo e al secondo periodo, le parole: «31 dicembre 2013» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2015»;

2) al primo periodo, le parole: «ai migliori cinque anni del decennio» sono sostituite dalle seguenti: «al decennio»;

b) al comma 15-bis lo parole: «31 dicembre 2013» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2015»;

c) al comma 20-bis le parole: «31 dicembre 2013» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2015».


 

 

Il comma 1 dell'articolo 26, che riscrive il comma 418 dell’articolo unico della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), proroga al 31 gennaio 2014 e al 30 aprile 2014 i termini di pubblicazione da parte delle stazioni appaltanti nei propri siti web istituzionali dei dati in materia di procedimenti di scelta del contraente relativi all’esercizio 2012, unitamente a quelli dell’esercizio 2013.

Si ricorda in proposito che il comma 32 dell’art. 1 della L. n. 190/2012 (recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”) prevede i seguenti adempimenti:

§       entro il 31 gennaio di ogni anno, le stazioni appaltanti, con riferimento ai procedimenti di scelta del contraente ai sensi del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), devono pubblicare una serie di informazioni (struttura proponente; oggetto del bando; elenco degli operatori invitati a presentare offerte; aggiudicatario; importo di aggiudicazione; tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; importo delle somme liquidate), relativamente all'anno precedente, in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Lo stesso comma prevede che le medesime informazioni siano trasmesse all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) ai fini della successiva pubblicazione sul sito web dell’Autorità stessa;

§      entro il 30 aprile di ogni anno, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) deve trasmettere alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, in formato digitale standard aperto, le informazioni suddette.

 

Il testo previgente del comma 418 prevedeva che, in sede di prima applicazione (quindi in sostanza per i dati relativi al 2012), i termini citati fossero differiti al 31 marzo 2013 e al 30 giugno 2013.

Si segnala che l’AVCP ha provveduto in data 26 maggio 2013, con la deliberazione n. 26, ad emanare le prime indicazioni per l'assolvimento degli adempimenti in questione.

 

Il comma 2 proroga di 2 anni - dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2015 - i termini fissati dalle disposizioni recate dall’art. 253 del D.Lgs. n. 163/2006, che prevedono una serie di agevolazioni transitorie rispetto al regime ordinario:

§      comma 9-bis, che disciplina le modalità di dimostrazione di requisiti a fini di qualificazione delle imprese. In particolare il comma riguarda:

-       la dimostrazione del requisito della cifra di affari realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, del requisito dell'adeguata dotazione di attrezzature tecniche e del requisito dell'adeguato organico medio annuo. A tal fine, la norma previgente prevedeva che sino al 31 dicembre 2013 (ora 2015), il periodo di attività documentabile era quello relativo ai migliori cinque anni del decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA (Società Organismo di Attestazione) per il conseguimento della qualificazione. Relativamente a tale disposizione, nel corso dell’esame parlamentare, è stata approvata una modifica che sostituisce il riferimento ai migliori cinque anni del decennio con il decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con le SOA.

-       la dimostrazione del requisito dei lavori realizzati in ciascuna categoria e del requisito dell'esecuzione di un singolo lavoro ovvero di due o tre lavori in ogni singola categoria. A tal fine, sino al 31 dicembre 2013 (ora 2015), sono da considerare i lavori realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA per il conseguimento della qualificazione. Le disposizioni si applicano anche alle imprese di cui all'articolo 40, comma 8 (imprese affidatarie di lavori pubblici di importo fino a 150.000 euro), per la dimostrazione dei requisiti di ordine tecnico-organizzativo, nonché agli operatori economici di cui all'articolo 47 (operatori economici stabiliti in Stati diversi dall'Italia) con le modalità ivi previste.

Le citate agevolazioni operano in luogo delle disposizioni del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti, di cui al D.P.R. n. 207/2010, che fanno riferimento all’ultimo quinquennio (cfr. artt. 79, 83 e 90 del Regolamento).

§      comma 15-bis, che disciplina le modalità di dimostrazione dei requisiti di capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria in relazione alle procedure di affidamento di cui all'art. 91 (incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo).

Nel dettaglio il comma citato prevede che, per le finalità indicate, sino al 31 dicembre 2013 (ora 2015), il periodo di attività documentabile è quello relativo ai migliori tre anni del quinquennio precedente o ai migliori cinque anni del decennio precedente la data di pubblicazione del bando di gara. Le disposizioni si applicano anche agli operatori economici di cui all'articolo 47 (operatori economici stabiliti in Stati diversi dall'Italia) con le modalità ivi previste.

Le citate agevolazioni operano in luogo delle disposizioni dettate dall’art. 263 del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti, di cui al D.P.R. n. 207/2010.

§      comma 20-bis, che consente fino al 31 dicembre 2013 (ora 2015), alle stazioni appaltanti, di applicare le disposizioni di cui agli articoli 122, comma 9, e 124, comma 8 (che consentono l’esclusione automatica delle offerte anomale) a tutti i contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie previste dall’art. 28 del Codice.


 

Articolo 26-bis
(Suddivisione in lotti)

 


1. All'articolo 2, comma 1-bis, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell'appalto in lotti».

2. All'articolo 6, comma 5, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo le parole: «principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente,» sono inserite le seguenti: «di tutela delle piccole e medie imprese attraverso adeguata suddivisione degli affidamenti in lotti funzionali».

3. All'articolo 7, comma 8, lettera a), del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, dopo le parole: «i dati concernenti il contenuto dei bandi» sono inserite le seguenti: «, con specificazione dell'eventuale suddivisione in lotti ai sensi dell'articolo 2, comma 1-bis,».


 

 

L’articolo 26-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede, al fine di agevolare l’attività delle piccole e medie imprese, una serie di adempimenti riguardanti la suddivisione in lotti funzionali degli affidamenti relativi ai contratti per lavori, servizi e forniture.

 

In particolare, il comma 1 modifica l’art. 2, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture), prevedendo che la stazione appaltante, nella determina a contrarre[93], deve indicare la motivazione della mancata suddivisione degli appalti in lotti funzionali.

L’art. 2, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 163/2006 prevede, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l'accesso delle piccole e medie imprese, l’obbligo delle stazioni appaltanti, ove possibile ed economicamente conveniente, di suddividere gli appalti in lotti funzionali. Si prevede, inoltre, che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese.

 

Il comma 2 dispone, attraverso una novella all’articolo 6, comma 5, del suddetto Codice, che, nell’ambito dello svolgimento delle funzioni di vigilanza sui contratti, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici deve garantire il rispetto della tutela delle piccole e medie imprese, attraverso un’adeguata suddivisione degli affidamenti in lotti funzionali.

L’articolo 6, comma 5 del D.Lgs. n. 163/2006 disciplina le funzioni di vigilanza dell'Autorità sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali, nonché, nei limiti stabiliti dal Codice, sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito di applicazione del Codice medesimo, al fine di garantire l'osservanza dei principi previsti e, segnatamente, il rispetto dei principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, e di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonché il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole procedure di gara.

 

In merito alle comunicazioni delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori all'Osservatorio dei contratti pubblici per contratti di importo superiore a 50.000 euro, il comma 3 introduce, per i dati concernenti il contenuto dei bandi, la specificazione dell'eventuale suddivisione in lotti.

La novella riguarda le comunicazioni previste all'articolo 7, comma 8, lettera a), del D.Lgs. n. 163/2006, per cui le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a fornire all'Osservatorio, per contratti di importo superiore a 50.000 euro, entro trenta giorni dalla data dell'aggiudicazione definitiva o di definizione della procedura negoziata, i dati concernenti il contenuto dei bandi, dei verbali di gara, i soggetti invitati, l'importo di aggiudicazione definitiva, il nominativo dell'affidatario e del progettista.


 

Articolo 26-ter
(Anticipazione del prezzo nei contratti di appalto)

 


1. Per i contratti di appalto relativi a lavori, disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, affidati a seguito di gare bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2014, in deroga ai vigenti divieti di anticipazione del prezzo, è prevista e pubblicizzata nella gara d'appalto la corresponsione in favore dell'appaltatore di un'anticipazione pari al 10 per cento dell'importo contrattuale. Si applicano gli articoli 124, commi 1 e 2, e 140, commi 2 e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207.

2. Nel caso di contratti di appalto relativi a lavori di durata pluriennale, l'anticipazione va compensata fino alla concorrenza dell'importo sui pagamenti effettuati nel corso del primo anno contabile.

3. Nel caso di contratti sottoscritti nel corso dell'ultimo trimestre dell'anno, l'anticipazione è effettuata nel primo mese dell'anno successivo ed è compensata nel corso del medesimo anno contabile.


 

 

L’articolo 26-ter, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede, in deroga ai divieti vigenti di anticipazione del prezzo, la corresponsione in favore dell’appaltatore di un’anticipazione pari al 10 per cento dell’importo contrattuale, attraverso una norma transitoria che si applicherà fino al 31 dicembre 2014.

In particolare, il comma 1 stabilisce che l’anticipazione del prezzo deve essere prevista e pubblicizzata nella gara di appalto per i contratti di appalto relativi a lavori disciplinati dal decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), affidati a seguito di gare bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge e fino al 31 dicembre 2014.

Il comma 1 dell’articolo 140 del Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici di cui al D.P.R. n. 207/2010 (d’ora in avanti Regolamento) prevede l’applicazione del divieto di anticipazioni del prezzo di cui all’articolo 5 del D.L. n. 79/1997. Tale norma, inclusa tra varie disposizioni di contenimento della spesa pubblica, vieta alle amministrazioni pubbliche ed agli enti pubblici economici di concedere, in qualsiasi forma, anticipazioni del prezzo in materia di contratti di appalto di lavori, di forniture e di servizi, con esclusione dei contratti già aggiudicati alla data di entrata in vigore del decreto e di quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento da parte dell'Unione europea.

 

Si prevede inoltre l’applicazione degli articoli 124, commi 1 e 2, e 140, commi 2 e 3, del Regolamento.

Il comma 1 dell’articolo 124 prevede che l'erogazione dell'anticipazione, ove consentita dalle leggi vigenti, è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all'anticipazione maggiorato del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell'anticipazione stessa secondo il cronoprogramma dei lavori. Il comma 2 del medesimo articolo 124 dispone che l'importo della garanzia viene gradualmente ed automaticamente ridotto nel corso dei lavori, in rapporto al progressivo recupero dell'anticipazione da parte delle stazioni appaltanti.

Il comma 2 dell’articolo 140 prevede che, nei casi consentiti dalle leggi vigenti, le stazioni appaltanti erogano all'esecutore, entro quindici giorni dalla data di effettivo inizio dei lavori accertata dal responsabile del procedimento, l'anticipazione sull'importo contrattuale nella misura prevista dalle norme vigenti. La ritardata corresponsione dell'anticipazione obbliga al pagamento degli interessi corrispettivi a norma dell'articolo 1282 codice civile. Il comma 3 del medesimo articolo 140 dispone la decadenza del beneficiario decade dall'anticipazione se l'esecuzione dei lavori non procede secondo i tempi contrattuali; sulle somme restituite sono dovuti gli interessi corrispettivi al tasso legale con decorrenza dalla data di erogazione della anticipazione.

I commi 2 e 3 stabiliscono specifici criteri per la compensazione dell’anticipazione del 10 per cento nei contratti di appalto relativi a lavori di durata pluriennale.

In particolare, il comma 2 stabilisce che l'anticipazione deve essere compensata fino alla concorrenza dell'importo sui pagamenti effettuati nel corso del primo anno contabile.

Il comma 3, nel caso di contratti sottoscritti nel corso dell'ultimo trimestre dell'anno, stabilisce che l'anticipazione è corrisposta nel primo mese dell'anno successivo ed è compensata nel corso del medesimo anno contabile.


 

Articolo 27
(Semplificazione in materia di procedura CIPE
e concessioni autostradali)

 


1. Il comma 5 dell'articolo 21 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«5. Il concessionario formula al concedente, entro il 15 ottobre di ogni anno, la proposta di variazioni tariffarie che intende applicare nonché la componente investimenti dei parametri X e K relativi a ciascuno dei nuovi interventi aggiuntivi. Con decreto motivato del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 15 dicembre, sono approvate o rigettate le variazioni proposte. Il decreto motivato può riguardare esclusivamente le verifiche relative alla correttezza dei valori inseriti nella formula revisionale e dei relativi conteggi, nonché alla sussistenza di gravi inadempienze delle disposizioni previste dalla convenzione e che siano state formalmente contestate dal concessionario entro il 30 giugno precedente.».

2. All'articolo 169-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, terzo periodo, le parole: «Dipartimento per la programmazione economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri» e, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «II Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri si pronuncia entro sessanta giorni, decorsi infruttuosamente i quali il decreto può essere comunque adottato»;

b) al comma 3 è aggiunto, in fine il seguente periodo: «In caso di criticità procedurali, tali da non consentire il rispetto del predetto termine di trenta giorni per l'adozione del decreto, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisce al Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni.».


 

 

Il comma 1 dell'articolo 27, attraverso la riscrittura del comma 5 dell’art. 21 del D.L. n. 355/2003, modifica la procedura per l’approvazione degli adeguamenti annuali delle tariffe autostradali, al fine di armonizzarla al mutato assetto delle competenze istituzionali, a seguito del trasferimento dall'ANAS al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) delle funzioni di concedente della rete autostradale (vedi l’'articolo 36, comma 2, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98).

Ciò spiega l’eliminazione della parte della disposizione che disciplinava, nell’ambito della citata procedura, il rapporto tra concedente e MIT, cioè tra due soggetti che nel mutato assetto vengono a coincidere.

Ulteriori modifiche, come si evince dal testo a fronte di seguito riportato, riguardano le mutate scadenze temporali e l’inserimento del parametro K.

Si ricorda che la componente investimenti del parametro K (indicata anche con la simbologia KINVESTIMENTI) rappresenta, nelle formule di adeguamento tariffario[94], la variazione percentuale annuale della tariffa determinata ogni anno in modo da consentire la remunerazione degli investimenti realizzati l’anno precedente quello di applicazione.

Benché non contemplata dal testo previgente, il parametro K era comunque già tenuto in considerazione nell’ambito della procedura di cui trattasi[95].

 

Testo previgente

Nuovo testo

5. Il concessionario provvede a comunicare al concedente, entro il 31 ottobre di ogni anno, le variazioni tariffarie che intende applicare nonché la componente investimenti del parametro X relativo a ciascuno dei nuovi interventi aggiuntivi.

Il concedente, nei successivi trenta giorni, previa verifica della correttezza delle variazioni tariffarie, trasmette la comunicazione, nonché una sua proposta,

5. Il concessionario formula al concedente, entro il 15 ottobre di ogni anno, la proposta di variazioni tariffarie che intende applicare nonché la componente investimenti dei parametri X e K relativi a ciascuno dei nuovi interventi aggiuntivi.

ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, i quali, di concerto, approvano o rigettano le variazioni proposte con provvedimento motivato nei quindici giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

Con decreto motivato del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 15 dicembre, sono approvate o rigettate le variazioni proposte.

Il provvedimento motivato può riguardare esclusivamente le verifiche relative alla correttezza dei valori inseriti nella formula revisionale e dei relativi conteggi, nonché alla sussistenza di gravi inadempienze delle disposizioni previste dalla convenzione e che siano state formalmente contestate dal concessionario entro il 30 giugno precedente

Il decreto motivato può riguardare esclusivamente le verifiche relative alla correttezza dei valori inseriti nella formula revisionale e dei relativi conteggi, nonché alla sussistenza di gravi inadempienze delle disposizioni previste dalla convenzione e che siano state formalmente contestate dal concessionario entro il 30 giugno precedente.

 

Il comma 2, lettera a), interviene sulla disciplina delle opere strategiche, al fine di accelerare la nuova procedura di approvazione unica del progetto preliminare (PP) da parte del CIPE, prevista dall'art. 169-bis del D.Lgs. n. 163/2006 (introdotto dall'art. 41, comma 2, lett. a), del D.L. n. 201/2011).

Viene altresì inserita la corretta denominazione del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri (istituito con D.P.C.M. 21 giugno 2007), in luogo di quella errata (Dipartimento per la programmazione economica) recata dal testo previgente.

Relativamente alla citata procedura di approvazione unica del PP, si ricorda che il testo del comma 1 dell’art. 169-bis del Codice dei contratti pubblici, nella parte non novellata, prevede che, su proposta del MIT, il CIPE possa valutare il PP ai fini dell'approvazione unica dello stesso, assicurando l'integrale copertura finanziaria del progetto. In caso di opere finanziate a carico della finanza pubblica, la delibera CIPE relativa al PP deve indicare un termine perentorio, a pena di decadenza dell'efficacia della delibera e del finanziamento, per l'approvazione del progetto definitivo. In caso di approvazione unica del PP, il progetto definitivo è approvato con decreto interministeriale (adottato di concerto dai Ministeri delle infrastrutture, dell’economia e dell’ambiente, per i profili di rispettiva competenza), sentito il citato Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

L’accelerazione della citata procedura viene impressa attraverso la previsione:

§      di un termine (di 60 giorni) per il pronunciamento da parte del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri;

§      del meccanismo del silenzio-assenso nei casi di mancato rispetto del termine citato, per cui il provvedimento di approvazione può essere comunque adottato.

Il comma 2, lettera b), interviene ulteriormente sulla medesima procedura di approvazione, ma con riguardo all’iter del progetto definitivo (PD), disciplinato dal comma 3 dell'art. 169-bis del D.Lgs. n. 163/2006.

Relativamente al citato iter approvativo del progetto definitivo, si ricorda che il testo del comma 3, nella parte non novellata, prevede che il progetto definitivo sia rimesso da parte del soggetto aggiudicatore, del concessionario o contraente generale a ciascuna delle amministrazioni interessate dal progetto rappresentate nel CIPE e a tutte le ulteriori amministrazioni competenti a rilasciare permessi e autorizzazioni di ogni genere e tipo, nonché ai gestori di opere interferenti. Nel termine perentorio di 45 giorni dal ricevimento del progetto le P.A. competenti e i gestori di opere interferenti possono presentare motivate proposte di adeguamento o richieste di prescrizioni per il progetto definitivo o di varianti migliorative che non modificano la localizzazione e le caratteristiche essenziali delle opere, nel rispetto dei limiti di spesa e delle caratteristiche prestazionali e delle specifiche funzionali individuati in sede di progetto preliminare. Nei 30 giorni successivi il MIT valuta la compatibilità delle proposte e richieste pervenute dalle P.A. competenti e dai gestori di opere interferenti con le indicazioni vincolanti contenute nel progetto preliminare approvato e, nel caso in cui verifichi il rispetto di tutte le condizioni previste dal comma 2, il progetto definitivo viene approvato con il decreto interministeriale previsto dal comma 1.

 

La citata procedura viene integrata con la previsione di un periodo aggiuntivo, alla fine del comma 3 dell'art. 169-bis, che, in caso di criticità procedurali, tali da non consentire il rispetto del citato termine di 30 giorni per l’adozione del decreto, dispone che il MIT riferisce al Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni.


 

Articolo 28
(Indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento)

 


1. La pubblica amministrazione procedente o, in caso di procedimenti in cui intervengono più amministrazioni, quella responsabile del ritardo e i soggetti di cui all'art. 1, comma 1-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, con esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, corrispondono all'interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro.

2. Al fine di ottenere l'indennizzo, l'istante è tenuto ad azionare il potere sostitutivo previsto dall'art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990 nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Nel caso di procedimenti in cui intervengono più amministrazioni, l'interessato presenta istanza all'amministrazione procedente, che la trasmette tempestivamente al titolare del potere sostitutivo dell'amministrazione responsabile del ritardo. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, della medesima legge individuano a tal fine il responsabile del potere sostitutivo.

3. Nel caso in cui anche il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine di cui all'articolo 2, comma 9-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, o non liquidi l'indennizzo maturato fino alla data della medesima liquidazione, l'istante può proporre ricorso ai sensi dell'articolo 117 del codice del processo amministrativo di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni, oppure, ricorrendone i presupposti, dell'articolo 118 dello stesso codice.

4. Nel giudizio di cui all'articolo 117 del codice di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni, può proporsi, congiuntamente al ricorso avverso il silenzio, domanda per ottenere l'indennizzo. In tal caso, anche tale domanda è trattata con rito camerale e decisa con sentenza in forma semplificata.

5. Nei ricorsi di cui al comma 3, nonché nei giudizi di opposizione e in quelli di appello conseguenti, il contributo unificato è ridotto alla metà e confluisce nel capitolo di cui all'articolo 37, comma 10, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni.

6. Se il ricorso è dichiarato inammissibile o è respinto in relazione all'inammissibilità o alla manifesta infondatezza dell'istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice, con pronuncia immediatamente esecutiva, condanna il ricorrente a pagare in favore del resistente una somma da due volte a quattro volte il contributo unificato.

7. La pronuncia di condanna a carico dell'amministrazione è comunicata, a cura della Segreteria del giudice che l'ha pronunciata, alla Corte dei conti al fine del controllo di gestione sulla pubblica amministrazione, al Procuratore regionale della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza, nonché al titolare dell'azione disciplinare verso i dipendenti pubblici interessati dal procedimento amministrativo.

8. Nella comunicazione di avvio del procedimento e nelle informazioni sul procedimento pubblicate ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, è fatta menzione del diritto all'indennizzo, nonché delle modalità e dei termini per conseguirlo, e sono altresì indicati il soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo e i termini a questo assegnati per la conclusione del procedimento.

9. All'articolo 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento.».

10. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa iniziati successivamente alla medesima data di entrata in vigore.

11. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo restano a carico degli stanziamenti ordinari di bilancio di ciascuna amministrazione interessata.

12. Decorsi diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono stabiliti la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti amministrativi esclusi, o la cessazione delle disposizioni del presente articolo, nonché eventualmente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivi contenute sono applicate, anche gradualmente, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli individuati al comma 10 del presente articolo.


 

 

L’articolo 28, modificato in sede di conversione, introduce il diritto di chiedere un indennizzo da ritardo della pubblica amministrazione nella conclusione dei procedimenti amministrativi iniziati ad istanza di parte. La misura si affianca all’istituto del risarcimento del danno da ritardo, già previsto dalla legge n. 241/1990 (di seguito, legge proc.), e, al pari di questo, è volta a conseguire un più vasto rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi.

L’applicazione delle disposizioni è consentita in via sperimentale per diciotto mesi solo per i procedimenti relativi all’attività di impresa e rinviata ad una successiva valutazione negli altri casi. La successiva valutazione potrebbe condurre anche alla previsione della cessazione del nuovo istituto.

La disciplina vigente della conclusione del procedimento amministrativo

La materia dei termini procedimentali è contenuta nell’articolo 2 della legge n. 241/1990, che stabilisce la disciplina generale dell’obbligo di provvedere in capo alle pubbliche amministrazioni. Al fine di ridurre i termini di conclusione ed assicurare l’effettività del loro rispetto da parte delle amministrazioni, tale disposizione è stata già ampiamente modificata nel corso della XVI legislatura dalla L. n. 69/2009 (articolo 7), dalla L. n. 190/2012 (articolo 1, comma 38).

All’esito degli interventi di novella, l’articolo 2 della legge proc. stabilisce che i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro trenta giorni, a meno che disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di natura regolamentare da emanarsi da parte di ciascuna amministrazione prevedano un termine diverso.

 

All'adozione di tali provvedimenti si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, che individuano i termini di conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali.

 

In ogni caso, i termini fissati dalle amministrazioni non possono comunque essere superiori ai novanta giorni.

 

La legge ammette tuttavia la possibilità di prevedere termini superiori ai novanta giorni in considerazione della «sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento». In questi casi, tuttavia, il termine massimo di durata non può oltrepassare comunque i centottanta giorni e per l’adozione del relativo regolamento è necessaria sia la proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sia la previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Sono esclusi da tale disciplina i procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e quelli riguardanti l’immigrazione[96].

 

I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. È ammessa la sospensione del termine, per una sola volta e per un periodo non superiore a 30 giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.

 

Contestualmente, l’articolo 2, comma 1, della legge proc., come modificato dalla L. n. 190/2012, prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni di concludere il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata qualora ravvisino “la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda”. La semplificazione consiste nel fatto che la motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo. In tal modo, s’intendono fornire gli strumenti per attuare correttamente l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, già sancito dall’articolo 2 della L. 241, nei casi in cui si riscontri l’assoluta mancanza dei presupposti per l’avvio della stessa istruttoria, al fine di realizzare un’ulteriore semplificazione ed accelerazione dell’attività amministrativa.

Oltre a stabilire una rideterminazione dei termini procedimentali, la legge 69/2009, con l’obiettivo di dare effettività a tali disposizioni, ha disciplinato le conseguenze del ritardo nel provvedere da parte dell'amministrazione, sia nei riguardi dei cittadini destinatari dell’azione amministrativa, sia nei riguardi dei dirigenti ai quali si possa far risalire la responsabilità del ritardo medesimo.

Sotto il primo aspetto, l’articolo 2-bis della legge proc. prevede, a carico di tutte le amministrazioni pubbliche, l’obbligo del risarcimento del danno ingiusto cagionato al cittadino in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.

La nuova ipotesi di indennizzo da ritardo

La disposizione in esame introduce l’indennizzo da ritardo, indicandone al comma 1, l’ambito di applicazione soggettivo. L’ipotesi attiene al ritardo determinato dalla pubblica amministrazione (che può essere sia quella che ha dato avvio al procedimento, sia altra amministrazione, che intervenga nel corso del procedimento e che abbia causato il ritardo, come, ad esempio, la p.a. che debba rendere un parere), ma anche dai soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative.

 

L’articolo 1, comma 1-ter, della legge proc., introdotto dalla L. n. 15/2005, vincola tali soggetti al rispetto dei principi generali dell’attività amministrativa sanciti dal comma 1 del medesimo articolo. La legge n. 190/2012 ha di recente novellato la disposizione specificando che devono assicurare un livello di garanzia dei principi non inferiore a quello cui sono tenute le p.a. Tali soggetti sono altresì tenuti al risarcimento del danno da ritardo ai sensi dell’articolo 2-bis della legge proc.

 

Quanto all’ambito di applicazione oggettivo, l’indennizzo è ammesso solo nelle ipotesi di mero ritardo nella conclusione di procedimenti ad istanza di parte. Pertanto l’indennizzo non può essere richiesto nei procedimenti avviati d’ufficio ed è determinato dal fattore temporale quale mero nesso causale.

Inoltre, anche per i procedimenti avviati su iniziativa di parte, è espressamente escluso in via ulteriore:

§      nei procedimenti concernenti lo svolgimento di pubblici concorsi;

§      nelle ipotesi di silenzio qualificato.

 

Il silenzio è l’inerzia dell’amministrazione. Nel nostro ordinamento, sono riconosciute varie forme di silenzio, nate nell’ambito della giustizia amministrativa o introdotte dal legislatore. La distinzione principale è quella intercorrente tra silenzio non significativo e silenzio cui il legislatore ha attribuito un significato effettuale (silenzio significativo).

Il silenzio non significativo, categoria di matrice giurisprudenziale, è divenuto categoria generale con l’art. 2 della legge proc. che previsto che l’amministrazione concluda il procedimento amministrativo in un tempo prefissato. Si parla al riguardo di silenzio-inadempimento o silenzio-rifiuto: si tratta di un mero fatto e si realizza quando l’amministrazione omette di provvedere nel termine senza che vi sia una particolare attribuzione legislativa di significato a tale inerzia.

Negli altri casi di silenzio significativo, l’ordinamento ricollega al decorso del termine la produzione di un effetto equivalente all’emanazione di un provvedimento favorevole (silenzio-assenso) o di diniego (silenzio-diniego) a seguito di istanza del privato. Si parla, infine di silenzio-rigetto nell’ipotesi di inerzia dell’amministrazione dinanzi alla presentazione di un ricorso amministrativo: in tal caso, il ricorso si intende respinto.

 

La misura dell’indennizzo è stabilita in una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo rispetto alla data di scadenza del termine procedimentale. È stabilito anche un tetto massimo, in base al quale l’indennizzo non può essere superiore in ogni caso alla somma di 2.000 euro.

Il procedimento per ottenere l’indennizzo

Per ottenere l’indennizzo, il comma 2 dell’articolo 28 richiede all’istante di azionare il potere sostitutivo previsto dall’art. 2, comma 9-bis, della legge proc.

 

Il potere sostitutivo in caso di inerzia dell’amministrazione è stato introdotto dall’articolo 1 del D.L. n. 5/2012 (c.d. decreto semplificazioni), che ha aggiunto all’articolo 2 della legge proc. i commi da 9-bis a 9-quinquies.

Il comma 9-bis prevede una misura di pianificazione organizzativa, in base alla quale nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, l’organo di governo deve individuare, tra le figure apicali, il soggetto a cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia.

La medesima disposizione stabilisce in proposito alcuni criteri suppletivi ove l’organo di governo non provveda all’individuazione: infatti, in tal caso, il potere sostitutivo si intende attribuito al dirigente generale. In mancanza di questi, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione. A seguito di un’ulteriore novella introdotta dall’art. 13, comma 01, D.L. n. 83/2012, tali informazioni sono oggetto di un obbligo di pubblicità sul sito internet istituzionale dell’amministrazione. In caso di ritardo, il titolare del potere sostitutivo comunica senza indugio il nominativo del responsabile per valutare l’opportunità di avviare il procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza a tali disposizioni, assume, oltre alla propria responsabilità, anche quella del responsabile.

Il comma 9-ter garantisce al privato in attesa del provvedimento dell’amministrazione, ove il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, la possibilità di rivolgersi direttamente al titolare del potere sostitutivo (individuato ai sensi del comma precedente) affinché concluda il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario.

In ogni caso, il provvedimento finale dovrà essere adottato entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto. In tal modo, l’introduzione a regime di un potere sostitutivo attribuisce al privato in attesa del provvedimento, prima di ricorrere all’azione giudiziale, un ulteriore strumento esperibile a garanzia dell’effettività dell’azione amministrativa. Tra gli oneri incombenti in capo al titolare del potere sostitutivo, secondo quanto previsto dal comma 9-quater, vi è quello di comunicare all’organo di governo entro il 30 gennaio di ogni anno, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge e o dai regolamenti.

In base al comma 9-quinquies, l’amministrazione deve “riconoscere” l’eventuale ritardo nell’adempimento, indicando in tutti i provvedimenti rilasciati su istanza di parte, sia il termine previsto per disposizione di legge o regolamentare, sia quello effettivamente impiegato.

Sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni introdotte i procedimenti tributari e quelli in materia di giochi pubblici, con l’effetto di mantenere ferma la disciplina di settore.

 

Poiché la disciplina sul potere sostitutivo attualmente non si applica ai soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrativa, la disposizione richiede che gli stessi provvedano a individuare il responsabile.

 

Entro venti giorni dalla scadenza del termine procedimentale, l’istante deve rivolgersi al titolare del potere sostitutivo. Tale termine è qualificato decadenziale: pertanto, la sua inutile decorrenza comporta l’estinzione del diritto all’indennizzo. Nelle ipotesi di procedimenti in cui intervengono più amministrazioni, l’istanza per l’indennizzo deve essere presentata all’amministrazione responsabile del procedimento, che provvede a trasmetterla al titolare del potere sostitutivo dell'amministrazione responsabile del ritardo.

 

Il comma 3 della disposizione prevede che qualora il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento ovvero non liquidi l’indennizzo maturato fino a quella data, l’istante può proporre ricorso dinanzi al giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 117 del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104/2010), che disciplina il rito avverso il silenzio della p.a.

 

Il ricorso giurisdizionale previsto dal citato art. 117 è volto ad accertare la legittimità o meno del silenzio dell’amministrazione in relazione all’obbligo di conclusione del procedimento con un provvedimento espresso. Il legislatore fa salva la possibilità di proporre ricorso per decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 118 del Codice ove ne ricorrano i presupposti.

 

Il Titolo III del libro IV del Codice del processo amministrativo, composto del solo art. 117, è dedicato al rito avverso il silenzio della pubblica amministrazione, anch’esso codificato senza innovazioni particolari, salvo un coordinamento in caso di concorso di azioni diverse con quella relativa alla mera inerzia.

Il ricorso avverso il silenzio è proposto, senza previa diffida, con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un contro interessato fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.

Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni. Ove occorra, il giudice nomina un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata.

Nel caso in cui nel corso del giudizio avverso il silenzio sopravvenga il provvedimento espresso, o un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il provvedimento espresso, e l’intero giudizio prosegue con tale rito. In tale ipotesi è prevista una conversione obbligatoria del rito camerale in rito ordinario, essendo sopravvenuto il provvedimento espresso e incentrandosi il contenzioso su quest’ultimo.

Quanto al ricorso per decreto ingiuntivo, disciplinato dall’art. 118 del Codice del processo amministrativo, si tratta di un procedimento analogo a quello disciplinato nel codice di procedura civile (e dunque che presuppone un credito liquido, certo ed esigibile ex art. 633 c.p.c.) che può essere attivato nelle materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, se le controversie abbiano ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale.

 

La disposizione specifica che può proporsi congiuntamente al ricorso avverso il silenzio, anche la domanda per ottenere l'indennizzo. In questa ipotesi, anche tale domanda è trattata con rito camerale e decisa con sentenza in forma semplificata (comma 4).

 

Attualmente, l’articolo 117, comma 6, prevede che se insieme all’azione avverso il silenzio viene proposta l’azione di risarcimento del danno per inosservanza dolosa o colposa del termine per provvedere, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e fissare l’udienza pubblica per la trattazione della domanda risarcitoria.

 

Ai sensi del comma 6, qualora il giudice dichiari inammissibile il ricorso ovvero lo rigetti in ragione della inammissibilità o della manifesta infondatezza dell’istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice condanna il ricorrente a pagare una somma da due a quattro volte superiore il contributo unificato (su cui, v. infra) in favore dell’amministrazione resistente.

 

Si ricorda che, proprio al fine di favorire il rispetto dell’obbligo di provvedere nei termini previsti, il legislatore ha introdotto la c.d. conclusione semplificata del procedimento di cui all’articolo 2, comma 1, legge proc. (v. supra).

 

Il comma 5 dell’articolo 28 riduce della metà il contributo unificato nei ricorsi disciplinati dalla medesima disposizione e pone un vincolo di destinazione delle relative risorse in favore di un capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, che lo utilizzerà per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia amministrativa (ex art. 37, comma 10, secondo periodo del D.L. n. 98/2011). La riduzione del contributo è estesa anche ai giudizi di opposizione e a quelli di appello conseguenti al ricorso principale.

 

Quanto all’importo del contributo unificato, In base all’art. 13, comma 6-bis, del TU spese di giustizia (D.P.R. n. 115/2002) per il ricorso ai sensi dell’art. 117 del Codice del processo amministrativo sono dovuti 300 euro; conseguentemente, nei casi appena descritti, il contributo dovuto è di 150 euro. Pertanto, l’indennizzo per cinque giorni di ritardo rifonde del pagamento del contributo.

 

La segreteria del giudice è tenuta dalla previsione contenuta al comma 7 a comunicare la pronuncia di condanna a carico dell’amministrazione:

§      alla Corte dei conti al fine del controllo di gestione sulla pubblica amministrazione;

§      al Procuratore regionale della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza;

§      al titolare dell'azione disciplinare verso i dipendenti pubblici interessati dal procedimento amministrativo.

 

Il comma 8, infine, prevede che sia nella comunicazione di avvio del procedimento (prevista dall’art. 7, legge proc.), sia nelle informazioni sul procedimento che devono essere pubblicate a cura delle p.a. ai sensi dell’art. 35, D.Lgs. n. 33/2013, debba essere fatta menzione:

§      del diritto all'indennizzo, nonché delle modalità e dei termini per conseguirlo;

§      del soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo e dei termini a questo assegnati per la conclusione del procedimento.

 

Sul punto, si ricorda che l’articolo 35 del citato D.Lgs. n. 33/2013 già prevede, al comma 1, lett. m), la pubblicazione del nome del soggetto a cui è attribuito, in caso di inerzia, il potere sostitutivo, nonché le modalità per attivare tale potere, con indicazione dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale.

La novella alla legge n. 241/1990

Il comma 9 dell’articolo 28 novella la legge proc. introducendo all’articolo 2-bis, che prevede la risarcibilità del danno da ritardo, un nuovo comma 1-bis.

La nuova disposizione prevede quanto già disposto dal comma 1 dell’articolo 28 in commento, ossia, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, il diritto dell’istante di ottenere un indennizzo per il mero ritardo. Al pari di quanto previsto al comma 1 dell’articolo 28 sono escluse le ipotesi di silenzio qualificato e i procedimenti relativi ai concorsi pubblici.

La disposizione prosegue rinviando alla legge o, sulla base di una legge, ad un regolamento di delegificazione per disciplinare le condizioni e le modalità del diritto all’indennizzo.

La formulazione del testo della novella potrebbe non dar luogo a problemi interpretativi di coordinamento tra le disposizioni recate dall’articolo 28, commi 1-8, e la disciplina contenuta nella legge proc., in quanto, le disposizioni di legge attuative a cui fa rinvio il nuovo comma 1-bis del novellato art. 2-bis della legge proc. dovrebbero, presumibilmente, essere proprio le disposizioni dell’articolo 28.

Tuttavia, la previsione della novella e della disciplina dettata negli altri commi dell’art. 28 comporta la coesistenza in sedi diverse dell’ordinamento, e con diversi livelli di dettaglio, del regime relativo ad uno stesso istituto.

Da ultimo, la novella precisa che in caso di indennizzo, le somme corrisposte o da corrispondere a tale titolo sono detratte dal risarcimento.

In tal modo si ribadisce che la richiesta di indennizzo non esclude, ricorrendone i presupposti, di chiedere anche il risarcimento del danno da ritardo. In tale ipotesi, il risarcimento sarà dovuto solo per la misura maggiore, tenuto conto della cifra corrisposta o da corrispondere (ancorché quantificata) a titolo di indennizzo.

È nota la differenza tra indennizzo e risarcimento del danno. Il primo consiste nel pagamento dovuto ad un soggetto per un pregiudizio da subìto che, però, non consegue ad un atto illecito. Il risarcimento, invece, è dovuto quale ristoro di un danno subito, ossia un pregiudizio conseguente ad atto illecito e come tale fonte di responsabilità civile.

L’applicazione in via sperimentale

I commi 10 e 12 dell’articolo 28 dettano disposizioni relative alla efficacia delle disposizioni sul diritto all’indennizzo da ritardo.

In particolare, si prescrive l’applicazione in via sperimentale delle stesse ai soli procedimenti amministrativi relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa, iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione, con decorrenza a partire da tale data (21 agosto 2013).

La fase sperimentale avrà una durata di diciotto mesi, al termine dei quali, sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, sarà adottato un regolamento di delegificazione ex art. 17, comma 2, L. n. 400/1988, con il quale potranno essere stabiliti la conferma o la rimodulazione o la “cessazione” – rectius dell’efficacia - delle disposizioni sull’indennizzo per i procedimenti relativi all’impresa, ovvero anche la decorrenza di tali disposizioni per i procedimenti amministrativi esclusi dalla prima fase sperimentale. L’applicazione per questi potrà avvenire eventualmente con modalità graduali.

Il regolamento è adottato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata.

 

Il comma 11 prevede che gli oneri finanziari derivanti dall’applicazione dell’indennizzo restano a carico degli stanziamenti ordinari di bilancio di ciascuna amministrazione interessata.


 

Articolo 29
(Data unica di efficacia degli obblighi)

 


1. Gli atti normativi del Governo e gli atti amministrativi a carattere generale delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici nazionali e delle agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, fissano la data di decorrenza dell'efficacia degli obblighi amministrativi introdotti a carico di cittadini e imprese, al 1° luglio o al 1° gennaio successivi alla loro entrata in vigore, fatta salva la sussistenza di particolari esigenze di celerità dell'azione amministrativa o derivanti dalla necessità di dare tempestiva attuazione ad atti dell'Unione europea.

2. Per obbligo amministrativo ai sensi del comma 1 si intende qualunque adempimento, comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti, cui cittadini e imprese sono tenuti nei confronti della pubblica amministrazione.

3. All'articolo 12 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Il responsabile della trasparenza delle amministrazioni competenti pubblica sul sito istituzionale uno scadenzario con l'indicazione delle date di efficacia dei nuovi obblighi amministrativi introdotti e lo comunica tempestivamente al Dipartimento della funzione pubblica per la pubblicazione riepilogativa su base temporale in un'apposita sezione del sito istituzionale. L'inosservanza del presente comma comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 46.».

4. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono determinate le modalità di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 1-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, inserito dal comma 3 del presente articolo.

5. Il comma 1 del presente articolo ha efficacia a decorrere dal 2 luglio 2013.


 

 

L’articolo 29 pone l’obbligo di fissare la data di decorrenza dell’efficacia degli obblighi amministrativi introdotti a carico di cittadini ed imprese al 1° luglio o al 1° gennaio successivi alla loro entrata in vigore.

Inoltre, viene posto l’obbligo da parte del responsabile della trasparenza delle amministrazioni competenti sia di pubblicare sul sito istituzionale le date di efficacia dei nuovi obblighi amministrativi introdotti, sia di comunicarle al Dipartimento della funzione pubblica, che a sua volta le pubblicherà in apposite pagine web.

Entrambi gli obblighi, come si vedrà infra in dettaglio, non sono immediatamente efficaci.

 

In primo luogo, il comma 1 individua le categorie degli atti che, qualora introducano nuovi oneri amministrativi a carico di cittadini ed imprese, devono contestualmente prevederne la decorrenza dell’efficacia in due “finestre” predeterminate: appunto il 1° luglio o il 1° gennaio successivi alla loro entrata in vigore. In particolare la disposizione riguarda i seguenti provvedimenti:

§      atti normativi del Governo;

§      regolamenti ministeriali;

§      atti amministrativi a carattere generale:

-       delle amministrazioni dello Stato;

-       degli enti pubblici nazionali;

-       delle agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Si tratta, come si vede di una ampia ed eterogenea pluralità di atti – idonea a comprendere anche i decreti-legge, in quanto “atti normativi del Governo” - accomunati dalla caratteristica della generalità dei soggetti nei confronti dei quali producono i propri effetti.

Non sono compresi gli atti delle autorità amministrative indipendenti, pur in presenza di ampie competenze regolatorie proprie di alcune di esse.

In particolare, la giurisprudenza ha affermato che gli atti amministrativi generali “sono espressione di mera potestà amministrativa e sono rivolti alla cura concreta di interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralità di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili”; i regolamenti, che rientrano tra gli atti normativi, sono, invece, “espressione di una potestà normativa attribuita all’amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all’ordinamento giuridico esistente, con precetti aventi i caratteri della generalità e dell’astrattezza” (T.A.R. Basilicata, 197/2000, Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2001).

 

Inoltre, il comma 1 prevede due deroghe in presenza di particolari esigenze di celerità dell'azione amministrativa o derivanti dalla necessità di dare tempestiva attuazione ad atti dell'Unione europea.

 

Il comma 2 provvede a delimitare l’ambito oggettivo di applicazione di quanto disposto dal comma 1: la dichiarazione della decorrenza dell’efficacia riguarda gli obblighi amministrativi che comportano la “raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti, cui cittadini e imprese sono tenuti nei confronti della pubblica amministrazione”. Sono, pertanto, escluse altre tipologie di scadenze, ad esempio quelle riguardanti i pagamenti.

 

La misura introdotta dall’articolo in esame non interviene sul versante della riduzione degli oneri amministrativi – politica avviata della scorsa legislatura - ma intende limitare uno degli effetti derivanti dall’instabilità normativa, ossia la frequente modificazione delle modalità, procedure e termini concernenti gli obblighi amministrativi gravanti su cittadini ed imprese, attraverso appunto l’introduzione di due “finestre” annuali prefissate di decorrenza di tali modifiche, in modo da consentire la predisposizione per tempo da parte degli interessati degli strumenti necessari per ottemperare a detti obblighi.

 

La riduzione degli oneri amministrativi è un tema che si inquadra nella cornice ordinamentale europea ed è stato perseguito in base all’impegno assunto dallo Stato italiano nel Consiglio dei ministri europeo dell’8-9 marzo 2007. Per “oneri amministrativi”, s’intendono i costi degli adempimenti cui cittadini ed imprese sono tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni nell'ambito del procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione.

Sulla materia, nel corso della XVI legislatura, si sono susseguiti diversi interventi normativi, costituiti dall’articolo 25 del D.L. n. 112/2008, poi modificato dall’art. 6, comma 2, lett. f), D.L. n. 70/2011, dall’articolo 8 della L. n. 180/2011 (c.d. statuto delle imprese) e, da ultimo, dall’art. 3, del D.L. n. 5/2012 (c.d. decreto semplificazioni).

L’obiettivo perseguito è, da un parte, la misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi nelle materie affidate alla competenza dello Stato e, dall’altro, la loro riduzione per una quota complessiva del 25 per cento, entro il 31 dicembre 2012.

La disposizione non prevede l’introduzione di un periodo di tempo predeterminato che debba necessariamente intercorrere tra la pubblicazione del provvedimento recante un nuovo onere e la sua entrata in vigore, previsione utile per evitare l’eventualità che l’effetto di conoscibilità sia precluso in caso di provvedimenti adottati in una data molto prossima ad una delle due finestre.

Inoltre, il comma 3 aggiungendo un articolo 12-bis al decreto legislativo 33/2013 che raccoglie le disposizioni in materia di trasparenza delle pubbliche amministrazioni, prevede che il responsabile della trasparenza di ciascuna delle amministrazioni competenti sia tenuto a pubblicare sul sito istituzionale lo scadenzario con l'indicazione delle date di efficacia dei nuovi obblighi amministrativi introdotti. Inoltre, lo scadenzario viene comunicato al Dipartimento della funzione pubblica per la pubblicazione riepilogativa in un'apposita sezione del sito istituzionale.

L’inosservanza di tali obblighi costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale.

Le modalità di pubblicazione sono demandate ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (comma 4).

Sul punto, si ricorda che l’articolo 34 del citato D.Lgs. n. 33/2013 già prevede la pubblicazione degli oneri informativi, definiti come qualunque obbligo informativo o adempimento che comporti la raccolta, l'elaborazione, la trasmissione, la conservazione e la produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione.

Infine, il comma 5 introduce una disposizione transitoria, fissando la decorrenza dell’efficacia del comma 1 al 2 luglio 2013.


 

Articolo 29-bis
(Interpretazione autentica dell’articolo 13, comma 3, del D.L. n. 138 del 2011, in materia di incompatibilità)

 

1. Le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 3, primo periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, non si applicano alle cariche elettive di natura monocratica relative ad organi di governo di enti pubblici territoriali con popolazione tra 5.000 e 20.000 abitanti, le cui elezioni sono state svolte prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto.

 

 

L’articolo 29-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca una disposizione transitoria relativa all’applicazione dell’art. 13, comma 3, primo periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148).

La disposizione in commento esclude i comuni tra i 5.000 e i 20.000 abitanti le cui elezioni si siano tenute prima della data di entrata in vigore del decreto n. 138/2011 (17 settembre 2011) dall’applicazione dell’incompatibilità tra le cariche di deputato, di senatore e di membro del Governo, con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali superiori a 5.000 abitanti.

 

L’articolo 13, comma 3, citato ha stabilito una causa di incompatibilità tra le cariche di deputato, di senatore e di membro del Governo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 215 del 2004, ossia ministro, viceministro, sottosegretario, commissario straordinario di governo, (primo periodo) e di membro del Parlamento europeo (terzo periodo) con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti (in pratica, sindaco di comune con più di 5.000 abitanti e presidente di provincia). E’ stato disposto anche il divieto di cumulo delle indennità derivanti dall’esercizio contemporaneo delle cariche incompatibili nel periodo precedente l’opzione (quarto periodo).

La disposizione, inoltre, prevede (secondo periodo) che l’incompatibilità (per quanto riguarda parlamentari e membri del Governo) si applichi a decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del decreto (che si ricorda sono state indette il 22 dicembre 2012 e si sono svolte il 24 e 25 febbraio 2013).

Per i parlamentari europei la incompatibilità si applica, invece, a decorrere dalla data di indizione delle elezioni europee successive alla data di entrata in vigore del decreto (le elezioni europee, che si svolgeranno il 22-25 maggio 2014[97], saranno indette con decreto del Presidente della Repubblica nel mese di marzo 2014[98]).

Ed è sulla decorrenza della norma che interviene, senza novellare il decreto-legge n. 138, l’articolo in esame: questo esclude l’applicazione di tale causa di incompatibilità agli enti territoriali tra i 5.000 e i 20.000 abitanti le cui elezioni si siano tenute prima della data di entrata in vigore del decreto n. 138/2011 (17 settembre 2011).

In altre parole, i sindaci (dei comuni tra 5.000 e 20.000 abitanti) eletti prima del 17 settembre 2011, che sono anche parlamentari o membri di Governo, se non hanno già optato, potranno cumulare le due cariche fino alla scadenza naturale della carica locale, mentre chi è stato eletto dopo dovrà optare, se non lo ha già fatto, in quanto la incompatibilità è scattata con le elezioni politiche di febbraio.

Per i comuni con più di 20.000 abitanti rimane ferma la normativa vigente.

Si ricorda, inoltre, che la Corte costituzionale ha anticipato, in un certo senso, il principio ispiratore dell’incompatibilità introdotta dal decreto-legge 138, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4 della L. n. 60/1953 (relativa alle incompatibilità parlamentari), nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20 mila abitanti (sent. n. 277/2011).

La Camera dei deputati ha recepito la sentenza della Corte costituzionale con la decisione della Giunta delle elezioni adottata nella seduta del 14 dicembre 2011 che ha accertato l'incompatibilità con il mandato parlamentare delle cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti ricoperte da 6 deputati.

La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha, invece, ritenuto di non applicare gli effetti della sentenza a due senatori/sindaci sui quali la Giunta si era già pronunciata in precedenza (seduta del 21 dicembre 2011).

Successivamente, la Corte Costituzionale ha ribadito l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20 mila abitanti dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 63 del testo unico enti locali (D.Lgs. n. 63/267) nella parte in cui non prevede tale incompatibilità (sent. n. 120/2013).

Per quanto riguarda le province si ricorda che dal 2011 non si svolgono più le consultazioni per il rinnovo dei consigli provinciali e per l’elezione dei presidenti di provincia. Infatti, l'art. 23 del decreto-legge n. 201/2011 (poi dichiarato incostituzionale sent. 3 luglio 2013) aveva previsto la loro elezione di secondo grado, rinviando la determinazione delle modalità di elezione di tali organi a legge dello Stato che avrebbe dovuto essere approvata entro il 31 dicembre 2013. Nel frattempo agli organi politici in scadenza si sono sostituiti gestioni commissariali.


 

Articolo 29-ter
(Disposizioni transitorie in materia di incompatibilità di cui al
decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39)

 

1. In sede di prima applicazione, con riguardo ai casi previsti dalle disposizioni di cui ai capi V e VI del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo in conformità alla normativa vigente prima della stessa data, non hanno effetto come causa di incompatibilità fino alla scadenza già stabilita per i medesimi incarichi e contratti.

 

 

L’articolo 29-ter, introducendo una disposizione transitoria relativa al decreto legislativo 39/2013 (che non viene novellato), stabilisce che le nuove cause di incompatibilità previste dal decreto non si applicano alle situazioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 aprile 2013, n. 92 ed entrato in vigore il 4 maggio 2013 attua la delega contenuta nei commi 49 e 50 dell’art. 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (la c.d. legge anticorruzione) in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati di diritto pubblico (per una disamina degli aspetti principali del decreto legislativo si rinvia al dossier del Servizio studi della Camera Inconferibilità e incompatibilità di incarichi. Decreto legislativo n. 39 del 2013, Documentazione e ricerche n. 24, 4 giugno 2013, dove sono anche evidenziati alcuni dubbi interpretativi).

 

Il decreto legislativo 39/2013 prevede fattispecie di:

§      inconferibilità, cioè di preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, nonché a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. g);

§      incompatibilità, da cui consegue l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. h).

 

Le nuove forme di incompatibilità sono regolate dai capi V e VI.

Si prevede l’incompatibilità tra gli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti in controllo pubblico e:

§      cariche in enti di diritto privato regolati o controllati da pubbliche amministrazioni, nonché lo svolgimento di attività professionali (capo V);

§      cariche elettive e di governo a livello statale, regionale e locale (capo VI).

Mentre l’inconferibilità è una fattispecie relativamente nuova per il nostro ordinamento (se si eccettuano le incompatibilità ex post di cui alla legge 215/2004, relativa ai membri del governo e poche altre norme), l’incompatibilità invece è prevista in numerose disposizioni già vigenti, alle quali si aggiungono e spesso si sovrappongono quelle introdotte dal decreto 39/2013 ponendo la questione del loro coordinamento.

Un’altra questione riguarda più in generale il procedimento sanzionatorio: si prevede, in caso di incompatibilità, da un lato, la decadenza dall’incarico entro 15 giorni dalla contestazione. Sono però fatte salve le disposizioni che prevedono il collocamento in aspettativa non retribuita dei dipendenti pubblici in caso di incompatibilità (art. 9, rispettivamente, commi 1 e 2).

 

Si rileva che il termine di opzione tra le cariche, o della scelta del collocamento in aspettativa è già decorso e che presumibilmente sono già state effettuate alcune opzioni

 

La vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità è effettuata, secondo l’art. 15, dal responsabile del piano anticorruzione di ciascun soggetto, con obbligo di segnalazione delle eventuali violazioni all'Autorità nazionale anticorruzione (CIVIT), all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché alla Corte dei conti, per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

In particolare la CIVIT, a seguito di segnalazione o d'ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell'incarico e segnalare il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

Inoltre, la CIVIT esprime pareri sulla interpretazione e applicazione delle nuove disposizioni su richiesta delle amministrazioni interessate (ma si veda in proposito l’art. 54-ter del presente decreto-legge che riconduce tale compito consultivo nell’ambito ministeriale).

La complessità delle nuove disposizioni, il mancato coordinamento con la normativa vigente e talune difficoltà interpretative hanno provocato la presentazione di numerose richieste di chiarimento (oltre cento, come riferisce il comunicato della CIVIT del 25 luglio 2013), anche in relazione all’assenza di una disciplina transitoria.

 

Ed è appunto su quest’ultima questione che interviene l’articolo in commento, introducendo una disciplina transitoria che fa salve le situazioni giuridiche preesistenti alla entrata in vigore del decreto legislativo.

 

In tema di efficacia nel tempo delle norme su inconferibilità e incompatibilità degli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico di cui al D.Lgs. n. 39/2013 si è espressa la CIVIT nell’ambito del potere interpretativo conferitole dal decreto legislativo stesso (Delibera 27 giugno 2013, n. 46).

La CIVT ha ritenuto che il D.Lgs. n. 39/2013 non pone alcun problema di retroattività e, conseguentemente, di violazione dell’invocato principio tempus regit actum. Le norme del decreto – in particolare, gli artt. da 4 a 8 – non incidono sulla validità del preesistente atto di conferimento degli incarichi, mentre ben può la legge sopravvenuta disciplinare ipotesi di incompatibilità tra incarichi e cariche con il conseguente obbligo di eliminare la situazione divenuta contra legem attraverso apposita procedura. Gli incarichi e le cariche presi in esame dalla nuova disciplina sul punto, infatti, comportano l’espletamento di funzioni e poteri che si protraggono nel tempo (quali, ad esempio, atti di gestione finanziaria, atti di amministrazione e gestione del personale, ecc.). Trattandosi di un “rapporto di durata”, dunque, il fatto che l’origine dell’incarico si situa in un momento anteriore non può giustificare il perdurare nel tempo di una situazione di contrasto con la norma, seppur sopravvenuta.

Deve concludersi, pertanto, nel senso che la nuova disciplina è di immediata applicazione. Ne deriva che non è in questione l’applicazione del principio della irretroattività della legge, quanto piuttosto l’eventuale differimento dell’efficacia delle norme sulla incompatibilità, che avrebbe richiesto una possibile ma necessariamente espressa previsione da parte del legislatore. Ma ciò non è avvenuto. Inoltre, secondo la CIVIT, «La soluzione adottata dal legislatore secondo l’interpretazione ora prospettata non contrasta, d’altra parte, con il richiamato principio della tutela dell’affidamento. Si deve rilevare, infatti, che tale soluzione si ispira chiaramente a principi di ragionevolezza, perché il protrarsi di situazioni di incompatibilità oggettivamente in contrasto con la nuova disciplina finirebbe col differire nel tempo la sua efficacia e, quindi, il perseguimento della finalità di prevenzione della corruzione che il legislatore ha attribuito alla disciplina in esame, e creerebbe una disparità di trattamento tra i dirigenti a cui è stato conferito l’incarico prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 39/2013 e i dirigenti a cui è stato conferito successivamente».

 

Si fa presente che anche gli articoli 54-bis e 54-ter (alle cui schede si fa rinvio) intervengono in materia, incidendo sul potere consuntivo della CIVIT.


 

Articolo 30, commi 1-5-bis, 5-quater e 6
(Semplificazioni in materia edilizia)

 


1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 22, comma 6, del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, al medesimo decreto sono apportate le seguenti modificazioni:

0a) dopo l'articolo 2 è inserito il seguente:

«Art. 2-bis. (L) - (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati). - 1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali»;

a) all'articolo 3, comma 1, lettera d), ultimo periodo, le parole: «e sagoma» sono soppresse e dopo la parola «antisismica» sono aggiunte le seguenti: «nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.»;

b) all'articolo 6, al comma 4, al primo periodo, le parole da «dichiara preliminarmente» a «e che» sono soppresse;

c) all'articolo 10, comma 1, lettera c) le parole: «della sagoma,» sono soppresse; dopo le parole «comportino mutamenti della destinazione d'uso» sono aggiunte le seguenti: «, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni»;

d) all'articolo 20 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il comma 8, è sostituito dal seguente:

«8. Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9.»;

2) il comma 9 è sostituito dal seguente:

«9. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso, il procedimento è concluso con l'adozione di un provvedimento espresso e si applica quanto previsto dall'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. In caso di diniego dell'atto di assenso, eventualmente acquisito in conferenza di servizi, decorso il termine per l'adozione del provvedimento finale, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende respinta. Il responsabile del procedimento trasmette al richiedente il provvedimento di diniego dell'atto di assenso entro cinque giorni dalla data in cui è acquisito agli atti, con le indicazioni di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. Per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, resta fermo quanto previsto dall'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.»;

3) il comma 10 è abrogato;

e) all'articolo 22, comma 2, dopo le parole: «non alterano la sagoma dell'edificio» sono aggiunte le seguenti: «qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni,»;

f) nel capo III del titolo II, dopo l'articolo 23, è aggiunto il seguente:

«Art. 23-bis. (Autorizzazioni preliminari alla segnalazione certificata di inizio attività e alla comunicazione dell'inizio dei lavori) - 1. Nei casi in cui si applica la disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prima della presentazione della segnalazione, l'interessato può richiedere allo sportello unico di provvedere all'acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari per l'intervento edilizio, o presentare istanza di acquisizione dei medesimi atti di assenso contestualmente alla segnalazione. Lo sportello unico comunica tempestivamente all'interessato l'avvenuta acquisizione degli atti di assenso. Se tali atti non vengono acquisiti entro il termine di cui all'articolo 20, comma 3, si applica quanto previsto dal comma 5-bis del medesimo articolo.

2. In caso di presentazione contestuale della segnalazione certificata di inizio attività e dell'istanza di acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari per l'intervento edilizio, l'interessato può dare inizio ai lavori solo dopo la comunicazione da parte dello sportello unico dell'avvenuta acquisizione dei medesimi atti di assenso o dell'esito positivo della conferenza di servizi.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, si applicano anche alla comunicazione dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 6, comma 2, qualora siano necessari atti di assenso, comunque denominati, per la realizzazione dell'intervento edilizio.

4. All'interno delle zone omogenee A) di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e in quelle equipollenti secondo l'eventuale diversa denominazione adottata dalle leggi regionali, i comuni devono individuare con propria deliberazione, da adottare entro il 30 giugno 2014, le aree nelle quali non è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma. Senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, decorso tale termine e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione di cui al primo periodo è adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Nelle restanti aree interne alle zone omogenee A) e a quelle equipollenti di cui al primo periodo, gli interventi cui è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività non possono in ogni caso avere inizio prima che siano decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della segnalazione. Nelle more dell'adozione della deliberazione di cui al primo periodo e comunque in sua assenza, non trova applicazione per le predette zone omogenee A) la segnalazione certificata di inizio attività con modifica della sagoma.»;

g) all'articolo 24, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:

«4-bis. Il certificato di agibilità può essere richiesto anche:

a) per singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all'intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;

b) per singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all'edificio oggetto di agibilità parziale.»;

h) all'articolo 25, dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti:

«5-bis. Ove l'interessato non proponga domanda ai sensi del comma 1, fermo restando l'obbligo di presentazione della documentazione di cui al comma 3, lettere a), b) e d), del presente articolo e all'articolo 5, comma 3, lettera a), presenta la dichiarazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato, con la quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità, corredata dalla seguente documentazione:

a) richiesta di accatastamento dell'edificio che lo sportello unico provvede a trasmettere al catasto;

b) dichiarazione dell'impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico valutate secondo la normativa vigente.

5-ter. Le Regioni a statuto ordinario disciplinano con legge le modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 5-bis e per l'effettuazione dei controlli.».

[2. All'articolo 9, comma 5, della legge 24 marzo 1989, n. 122, e successive modificazioni, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «La disposizione di cui al primo periodo si applica anche in caso di trasferimento del solo vincolo di pertinenzialità dei parcheggi realizzati ai sensi del comma 1.».]

3. Salva diversa disciplina regionale, previa comunicazione del soggetto interessato, sono prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto, purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell'interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati.

3-bis. Il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni.

4. La disposizione di cui al comma 3 si applica anche alle denunce di inizio attività e alle segnalazioni certificate di inizio attività presentate entro lo stesso termine.

5. Dall'attuazione dei commi 3 e 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

5-bis. I destinatari degli atti amministrativi relativi alle attività ricomprese nell'articolo 7, comma 9, della legge 1° agosto 2002, n. 166, effettuate dal Servizio tecnico centrale della Presidenza del Consiglio superiore dei lavori pubblici, già rilasciati alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 26 novembre 2012, n. 267, sono tenuti al versamento, entro il 30 giugno 2014, dell'aliquota percentuale dell'importo totale di cui all'allegato I annesso allo stesso regolamento, corrispondente ai giorni di validità degli atti amministrativi rilasciati, nonché all'importo totale, nei casi in cui tali atti non prevedano un termine di scadenza.

5-quater. All'articolo 15 della legge 11 novembre 2011, n. 180, le parole: «con posa in opera» sono soppresse.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

Deroghe al D.M. n. 1444/1968

La lettera 0a) del comma 1 dell’articolo 30, introdotta nel corso dell’esame parlamentare, inserisce nel testo del D.P.R. n. 380/2001 l’articolo 2-bis rubricato disposizioni derogatorie in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

In particolare, il nuovo articolo 2-bis consente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di:

§      prevedere, con proprie leggi e regolamenti, norme derogatorie al D.M. n. 1444/1968 (che, all’art. 9, fissa i limiti di distanza tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee);

§      dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi. Si fa notare che le materie citate sono le stesse disciplinate dagli artt. 3, 4 e 5 del D.M. n. 1444/1968.

 

Si osserva che la norma fa genericamente riferimento alla possibilità di prevedere norme in deroga al D.M. n. 1444/1968 e, per tale ragione, sembrerebbe introdurre una facoltà di deroga più ampia rispetto a quanto indicato nella rubrica (che fa riferimento ai limiti di distanza tra fabbricati).

 

La norma in esame stabilisce altresì che le disposizioni citate possono essere dettate nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario (anche se non esplicitamente menzionato, la norma dovrebbe riferirsi all’assetto complessivo e unitario del territorio) o di specifiche aree territoriali.

Per quanto concerne il riferimento alla definizione o alla revisione di strumenti urbanistici funzionali a un assetto complessivo e unitario del territorio si veda quanto sottolineato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di distanze tra fabbricati (vedi infra).

Viene inoltre precisato che le regioni e le province autonome potranno esercitare i predetti poteri derogatori ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile[99] e alle disposizioni integrative.

 

Il D.M. n. 1444/1968 detta nel suo complesso una serie di disposizioni volte fissare limiti inderogabili di densità edilizia (art. 7), di altezza (art. 8), di distanza fra i fabbricati (art. 9) e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti (artt. da 3 a 6). Le disposizioni del citato decreto, per quanto disposto dall’art. 1 del decreto stesso, si applicano ai “nuovi piani regolatori generali e relativi piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate; ai nuovi regolamenti edilizi con annesso programma di fabbricazione e relative lottizzazioni convenzionate; alle revisioni degli strumenti urbanistici esistenti”.

L’art. 2 del D.M. n. 1444/1968 prevede inoltre la seguente classificazione delle zone territoriali omogenee:

A     le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B     le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;

C     le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

D     le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

E      le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

F      le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

L’articolo 9 del D.M. n. 1444/68 fissa le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee (in particolare viene prevista una disciplina per le zone A e C, nonché per i nuovi edifici ricadenti in altre zone; viene altresì disciplinato il caso di fabbricati separati da strade destinate al traffico dei veicoli). L’ultimo comma di tale articolo dispone che sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi dell’articolo 9 nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

In materia di distanze, si segnala che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 232/2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 50, comma 8, lettera c), della legge della regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11, recante norme per il governo del territorio. La Corte ha ricordato che l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato. I suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi.

Quanto affermato nella sentenza citata è stato ribadito nelle successive sentenze nn. 114/2012 e 6/2013. In particolare nella sentenza n. 6/2013 la Corte costituzionale ha affermato che il punto di equilibrio tra la competenza legislativa statale in materia di «ordinamento civile» e quella regionale in materia di «governo del territorio» trova una sintesi normativa nell’ultimo comma dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, che la stessa Corte ha più volte ritenuto dotato di «efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato». Le deroghe all’ordinamento civile delle distanze tra edifici sono, dunque, consentite nei limiti ora indicati, se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio.

Modifiche della sagoma e ristrutturazione edilizia

Ai sensi del comma 1, lettera a), dell'articolo 30 in esame, salvo il comma 6 dell’art. 22 del D.P.R. n. 380/2001 (secondo cui la DIA deve essere preceduta, per lavori su immobili vincolati, dall’autorizzazione o parere previsto dalle norme vigenti), vengono inclusi nel novero degli “interventi di ristrutturazione edilizia” - elencati dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 3 del medesimo decreto - quelli di demolizione e ricostruzione che comportano variazioni nella sagoma.

Viene inoltre introdotto, all’art. 3, comma 1, lett. d), un periodo che mira a ricomprendere nella ristrutturazione edilizia anche il ripristino/ricostruzione di edifici crollati o demoliti.

Il rispetto della medesima sagoma dell’edificio preesistente viene invece ancora considerato come elemento per considerare l’intervento – sia di demolizione/ricostruzione, sia di ripristino/ricostruzione di edifici crollati/demoliti – come “di ristrutturazione edilizia” qualora l’immobile sia vincolato ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

 

La successiva lettera c) reca una modifica consequenziale, volta a far sì che gli interventi di ristrutturazione edilizia con modifiche della sagoma non siano più soggetti a permesso di costruire, a meno che non riguardino immobili vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

 

Un’ulteriore modifica consequenziale è apportata dalla successiva lettera e), che novella l’art. 22, comma 2, del T.U. edilizia relativo alla possibilità di operare alcune tipologie di varianti al permesso di costruire semplicemente tramite la DIA.

La novella in questione, coordinandosi con quelle recate dalle lettere a) e c) del comma 1 dell'articolo 30, integra il citato comma 2 al fine di chiarire che il divieto di alterazione della sagoma riguarda i soli edifici vincolati ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004.

Di conseguenza, negli edifici non vincolati, sarà possibile operare con la DIA una variante al permesso di costruire anche qualora la variante stessa preveda modifiche della sagoma.

 

Si ricorda che l’art. 22, comma 1, del Testo unico dispone che sono realizzabili mediante DIA gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 (permesso di costruire) e all'articolo 6 (attività edilizia libera), purché, ovviamente, conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

Si ricorda inoltre che la DIA può essere sostituita dalla più snella SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività), introdotta dal comma 4-bis dell'art. 49, del D.L. n. 78/2010, attraverso la sostituzione dell’art. 19 della L. n. 241/1990.

L’art. 5 (comma 2, lett. b) e c) del D.L. 70/2011 ha infatti chiarito che la SCIA si applica anche all’edilizia in sostituzione della DIA, ma non della superDIA (ovvero la Dia alternativa al permesso di costruire disciplinata dall'art. 22, comma 3), consentendo l’avvio dei lavori il giorno stesso della sua presentazione (mentre con la DIA occorre attendere 30 giorni).

Riguardo agli immobili vincolati si ricorda che, comunque, l’art. 22, comma 6 (che viene fatto salvo dal comma 1 dell’art. 30 in esame), prevede che la realizzazione degli interventi assoggettati a DIA o superDIA che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative, tra cui rientrano quelle dettate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004) che ha sostituito il D.Lgs. 490/1999, che ancora viene citato nel testo del comma 6.

Si segnala altresì che sulla questione dei mutamenti di sagoma si è espressa la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 309/2011, ha censurato l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall’art. 22 della successiva L.R. n. 7/2010, che aveva definito come ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma, in contrasto con l’allora vigente art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/2001 che, secondo la Corte, rappresenta un principio fondamentale in materia di governo del territorio.

Con riferimento alle semplificazioni operate dalle lettere c) ed e), che consentono di eseguire con semplice DIA (e quindi, in sostituzione di questa, con la SCIA) interventi di ristrutturazione edilizia o varianti a permessi di costruire comportanti modifiche della sagoma, si segnala altresì la disposizione dettata dal comma 4 del nuovo art. 23-bis introdotto nel T.U. edilizia dalla lettera f) del comma 1 dell’articolo in esame (v. infra).

Dichiarazione del tecnico abilitato per interventi di edilizia libera

Il comma 1, lettera b), dell'articolo 30 novella l’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia) provvedendo ad abrogare quella parte del comma che prevedeva, limitatamente ad alcune tipologie di interventi di edilizia libera (indicati dalla lettere a) ed e-bis) del comma 2), la dichiarazione del tecnico abilitato di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente.

Si ricorda che le citate lettere a) ed e-bis) del comma 2 dell’art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 elencano i seguenti interventi di edilizia libera:

a)    gli interventi di manutenzione straordinaria, ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;

e-bis) le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa.

Rilascio del permesso di costruire su immobili vincolati

La lettera d) del comma 1 dell'articolo 30 novella l’art. 20 del T.U. edilizia che disciplina il procedimento da seguire per il rilascio del permesso di costruire, nella parte relativa all’atto di assenso per immobili su cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.

La principale innovazione apportata dalla lettera in esame, contemplata dal nuovo testo del comma 9, è che, in caso di immobili vincolati, il procedimento si deve concludere con l'adozione di un provvedimento espresso.

Il testo previgente prevedeva invece l’ipotesi del silenzio-rifiuto.

 

Nel caso di diniego dell’atto di assenso, viene previsto che il responsabile del procedimento trasmetta al richiedente il provvedimento di diniego entro 5 giorni dalla data in cui è acquisito agli atti, con le indicazioni di cui all’art. 3, comma 4, della L. n. 241/1990, cioè del termine e dell'autorità cui è possibile ricorrere.

Ulteriore novità è rappresentata dall’introduzione di una disposizione secondo cui, per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, resta fermo quanto previsto dall’art. 146, comma 9, del D.Lgs. n. 42/2004.

Tale comma 9 disciplina la procedura da seguire nel caso di silenzio del soprintendente in merito al parere vincolante che egli deve rendere sull'istanza di autorizzazione paesaggistica.

Autorizzazioni preliminari alla SCIA e alla comunicazione di inizio lavori

La lettera f) del comma 1 dell'articolo 30 introduce nel T.U. edilizia un nuovo articolo 23-bis in materia di autorizzazioni preliminari alla SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e alla comunicazione dell’inizio dei lavori.

Il comma 1 dell’art. 23-bis prevede che, per gli interventi assoggettati a SCIA, l’interessato può richiedere allo sportello unico di provvedere all’acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari per l’intervento edilizio:

§      prima di presentare la SCIA;

§      o contestualmente alla segnalazione.

 

Lo stesso comma impone allo sportello unico di comunicare tempestivamente all’interessato l’avvenuta acquisizione degli atti di assenso e prevede la convocazione di apposita conferenza di servizi in mancanza della loro acquisizione entro il termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda, previsto dall’art. 20, comma 3, del T.U. edilizia.

Relativamente alla SCIA (introdotta dal comma 4-bis dell'art. 49, del D.L. n. 78/2010, attraverso la sostituzione dell’art. 19 della L. n. 241/1990), si ricorda che essa si applica (come confermato dall’art. 5, comma 2, lett. b) e c), del D.L. n. 70/2011) anche all’edilizia in sostituzione della DIA, ma non della superDIA (ovvero la DIA alternativa al permesso di costruire disciplinata dall'art. 22, comma 3, del T.U. edilizia).

A sua volta la DIA, ai sensi dell’art. 22, comma 1, è ammessa per tutti gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 (permesso di costruire) e all'articolo 6 (attività edilizia libera), purché, ovviamente, conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

La presentazione della SCIA consente l’avvio dei lavori il giorno stesso della sua presentazione, mentre con la DIA occorre attendere 30 giorni.

 

Il comma 2 dell’art. 23-bis prevede che, in caso di presentazione contestuale della SCIA e dell’istanza di acquisizione degli atti di assenso necessari per l’intervento edilizio, l’interessato possa dare inizio ai lavori solo dopo la comunicazione da parte dello sportello unico dell’avvenuta acquisizione dei medesimi atti di assenso o dell’esito positivo della conferenza di servizi.

 

Ai sensi del comma 3, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, si applicano anche alla comunicazione di inizio lavori (CIL) prevista per gli interventi di edilizia libera dall’art. 6, comma 2, qualora siano necessari atti di assenso, comunque denominati, per la realizzazione dell’intervento edilizio.

 

Il comma 4, modificato nel corso dell’esame parlamentare, reca una disposizione relativa alla realizzazione nelle zone territoriali omogenee A di cui al D.M. 1444/1968 e in quelle equipollenti secondo l'eventuale diversa denominazione adottata dalle leggi regionali - di interventi di demolizione e ricostruzione, o di varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma.

Si ricorda che le citate zone A, ai sensi dell’art. 2 del D.M. n. 1444/1968, includono “le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”.

 

In ordine ai citati interventi, il comma 4 prevede:

§      adozione, entro il 30 giugno 2014, di delibere comunali volte a individuare le aree (all’interno delle citate zone “A” o equipollenti) nelle quali non è applicabile la SCIA per gli interventi o le varianti suddetti;

§      divieto, nelle restanti aree interne alle zone “A” o equipollenti, per gli interventi cui è applicabile la SCIA, di inizio dei lavori prima che siano decorsi 30 giorni dalla presentazione della SCIA medesima.

 

Il comma 4 prevede altresì che, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, decorso il termine del 30 giugno 2014 per l’adozione della delibera comunale e in mancanza di intervento sostitutivo della regione, la citata deliberazione venga adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

L’ultimo periodo del comma dispone infine che, nelle more dell'adozione della deliberazione comunale e comunque in sua assenza, non trova applicazione nelle zone “A” predette (in tale ultimo periodo la norma non fa riferimento alle zone equipollenti) la SCIA per interventi comportanti modifiche della sagoma.

Certificato di agibilità

La lettera g), modificata nel corso dell’esame parlamentare, integra il disposto dell’art. 24 del T.U. edilizia (che disciplina il rilascio del certificato di agibilità), mediante l’aggiunta di un nuovo comma 4-bis che consente il rilascio del certificato di agibilità parziale.

Il nuovo comma 4-bis consente infatti di richiedere il certificato di agibilità anche nei seguenti casi e alle condizioni indicate:

a)   per singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;

b)   per singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all'edificio oggetto di agibilità parziale.

Si fa notare che la disposizione recata dal nuovo comma 4-bis consente di recepire nell’ordinamento una pratica, quella del rilascio del certificato di agibilità parziale, già in uso, in modo tacito o regolamentato, nella maggior parte degli enti preposti al suo rilascio.

Ai sensi dell’art. 24 del T.U. edilizia, il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni (indicate dal comma 1) di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente. Tale certificato, che deve essere richiesto dal titolare del permesso di costruire o da colui che ha presentato la DIA, viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale con riferimento ai seguenti interventi:

a)       nuove costruzioni;

b)       ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;

c)       interventi su edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1.

 

Si fa notare che la lettera g) nel testo originario del decreto-legge prevedeva l’inserimento, nell’art. 24 del T.U. edilizia, anche di un comma 4-ter. Tale comma tuttavia è stato soppresso nel corso dell’esame parlamentare.

Il citato comma 4-ter disponeva che nei predetti casi di rilascio del certificato di agibilità parziale, prima della scadenza del termine triennale entro il quale l’opera deve essere completata, lo stesso fosse prorogato, per una sola volta, di 3 anni. Lo stesso comma 4-ter disponeva, sempre nei predetti casi di rilascio del certificato di agibilità parziale, che, salvo diversa indicazione delle leggi regionali, la non applicazione delle disposizioni dell’art. 25, comma 5-bis - introdotte dalla lettera h) del comma 1 dell’art. 30 in esame - che semplificano le modalità di presentazione della domanda di rilascio del certificato di agibilità.

La lettera h) integra il disposto dell’art. 25 del T.U. edilizia (che disciplina il procedimento di rilascio del certificato di agibilità), mediante l’aggiunta di due nuovi commi (5-bis e 5-ter).

Il nuovo comma 5-bis prevede un procedimento alternativo (a quello previsto dai commi 1-5 dell’art. 25) per il rilascio del certificato di agibilità.

Il comma 5-ter demanda alle leggi regionali la disciplina relativa alle modalità attuative delle disposizioni di cui al comma 5-bis e all’effettuazione dei controlli.

Parcheggi pertinenziali

Nel corso dell’esame parlamentare è stato soppresso il comma 2, che prevedeva una novella al comma 5 dell’art. 9 della L. n. 122/1989 (c.d. legge Tognoli) volta ad ampliare l'ambito di applicazione della disposizione (introdotta dall’art. 10 del D.L. n. 5/2012) che consente il trasferimento dei c.d. parcheggi pertinenziali, specificando che il trasferimento può riguardare anche il solo vincolo pertinenziale.

Proroga dei termini di inizio e fine lavori nel permesso di costruire, DIA e SCIA e convenzioni di lottizzazione

Il comma 3 dell'articolo 30, ferma restando la diversa disciplina regionale e previa comunicazione del soggetto interessato, prevede la proroga di 2 anni dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori fissati per il permesso di costruire dall’art. 15 del T.U. edilizia.

Lo stesso comma chiarisce che la proroga riguarda i termini come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all’entrata in vigore del decreto legge.

Nel corso dell’esame parlamentare il comma in esame è stato integrato al fine di introdurre alcune condizioni per l’operatività della proroga.

Viene infatti previsto che essa operi:

§      purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato;

§      e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell'interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati.

Si segnala che il comma 2 dell’articolo 3-quater del D.L. n. 91/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 112/2013, ha integrato il comma 3 dell’articolo 30 prevedendo, altresì, la proroga di tre anni del termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto legge n. 91 del 2013.

 

Il comma 3-bis , inserito durante l’esame parlamentare, proroga di 3 anni il termine di validità, nonché i termini di inizio e fine dei lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. n. 1150/1942, o degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012.

Si ricorda che l’art. 28 della L. n. 1150/1942 consente - nei comuni forniti di programma di fabbricazione ed in quelli dotati di piano regolatore generale fino a quando non sia stato approvato il piano particolareggiato di esecuzione - la lottizzazione di terreno a scopo edilizio, che può essere autorizzata dal comune previo nulla osta del provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, nonché la competente Soprintendenza.

Lo stesso articolo dispone, tra l’altro, che l’autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda, tra l’altro, “i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere”.

 

Il comma 4 estende l’applicazione delle disposizioni di proroga recate dal comma 3 anche alle DIA e SCIA presentate entro lo stesso termine.

Il comma 5 dispone che l’attuazione dei commi 3 e 4 avvenga senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Relativamente alla disciplina dettata dall’art. 15 si ricorda che, in base al comma 1, nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.

Ai sensi del comma 2 il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata non può superare i 3 anni dall'inizio dei lavori. Lo stesso comma 2 disciplina i casi di proroga, che può avvenire con provvedimento motivato e solo per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. La norma fa riferimento esclusivo alla mole dell'opera da realizzare o alle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.

Relativamente alla DIA si ricorda che l’art. 23, comma 2, dispone che la denuncia di inizio attività è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a 3 anni.

La legge non dispone invece esplicitamente sull'efficacia della SCIA, alla quale si applica, quindi, la disciplina del T.U. edilizia (D.P.R. n. 380/2001) e quindi il termine di efficacia di 3 anni previsto dall’art. 23. È questa l'interpretazione data dallo studio del Consiglio nazionale dei notai n. 325-11/C, in seguito alla confermata estensione della SCIA in ambito edilizio operata dal D.L. n. 70/2011.

Tariffazione delle attività svolte dal Servizio tecnico centrale del Consiglio superiore dei lavori pubblici

Il comma 5-bis, inserito nel corso dell’esame parlamentare, contiene una disposizione che riguarda la tariffazione degli atti amministrativi:

§      già rilasciati alla data di entrata in vigore del D.M. n. 267/2012 (Regolamento riguardante i proventi delle attività del Servizio tecnico centrale del Consiglio superiore dei lavori pubblici), vale a dire del 20 aprile 2013 (essendo stato pubblicato, tale decreto, nella G.U. 5 aprile 2013, n. 80);

§      e relativi alle seguenti attività (contemplate dall’art. 7, comma 9, della L. n. 166/2002), svolte dal Servizio tecnico centrale della Presidenza del Consiglio superiore dei lavori pubblici:

-        attività connesse con l'applicazione del D.P.R. n. 246/1993 (Regolamento di attuazione della direttiva n. 89/106/CEE relativa ai prodotti da costruzione) e attinenti allo svolgimento delle funzioni di organismo di certificazione ed ispezione, nonché di notifica di altri organismi e di benestare tecnico europeo;

-         attività di studio e ricerca, anche nel campo della modellistica fisica delle opere, svolte dal citato Servizio per l'espletamento dei compiti relativi al rilascio delle concessioni ai laboratori di prove sui materiali e di prove geotecniche sui terreni e sulle rocce;

-         attività ispettiva, relativamente agli aspetti che riguardano la sicurezza statica delle costruzioni, presso impianti di prefabbricazione e di produzione di prodotti di impiego strutturale nelle costruzioni civili.

 

Si ricorda che il comma 9 dell’art. 7 della L. n. 166/2002 ha destinato i proventi delle succitate attività ad apposita U.P.B. nell'ambito del centro di responsabilità “5 - Consiglio superiore dei lavori pubblici” dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture, e demandato la disciplina ad apposito regolamento, emanato di concerto dai Ministri delle infrastrutture e dell’economia. In attuazione di tale norma è stato emanato il D.M. 26 novembre 2012, n. 267 (pubblicato nella G.U. 5 aprile 2013, n. 80).

L’art. 1 di tale decreto elenca una serie di attività, svolte dal Servizio tecnico centrale, rientranti nell’ambito di applicazione del decreto stesso. Il successivo articolo 2 pone a carico dei richiedenti le spese relative all'espletamento delle citate attività e rinvia agli importi delle relative tariffe indicati negli allegati I e II del decreto.

 

La disposizione prevede l’obbligo, per i destinatari degli atti amministrativi citati, del versamento, entro il 30 giugno 2014:

§      dell’aliquota percentuale dell’importo totale di cui all’allegato I del D.M. n. 267/2012, corrispondente ai giorni di validità degli atti amministrativi rilasciati;

§      dell’importo totale, nei casi in cui tali atti non prevedano un termine di scadenza.

 

Si fa notare che la disposizione appare analoga a quella recata dal comma 2 dell’articolo 2 del citato D.M. n. 267/2012, che dispone che, a copertura dell'attività di vigilanza, svolta dal Servizio tecnico centrale, i titolari degli atti amministrativi di cui all'articolo 1 (che lo si ricorda elenca tutte le attività rientranti nel campo di applicazione del D.M.), già rilasciati alla data di entrata in vigore del D.M. medesimo, versano, entro 60 giorni dalla stessa, una aliquota percentuale dell'importo totale di cui all'allegato I, corrispondente ai giorni restanti di validità dell'atto amministrativo stesso. L’allegato I elenca le tariffe da applicare per i servizi resi a pagamento di cui all'articolo 1, lettere da a) ad n), del D.M. n. 267/2012.

 

Si osserva che non appare chiaro se la norma intenda fare riferimento ai giorni “restanti” di validità degli atti amministrativi analogamente a quanto previsto dal comma 2 dell’art. 2 del D.M. n. 267/2012.

Si osserva, inoltre, che potrebbe essere opportuno l’utilizzo della congiunzione “o” in luogo della congiunzione “nonché”, atteso che le fattispecie di versamento precedentemente contemplate appaiono riconducibili a differenti presupposti.

Estensione della disciplina sulla sospensione dei pagamenti ai subcontratti di forniture

Il comma 5-quater, inserito nel corso dell’esame parlamentare, novella l'art. 15 della L. 180/2011, il quale reca una disposizione di applicazione dell'art. 118, comma 3, secondo periodo, del D.Lgs. 1n. 63/2006 (Codice dei contratti pubblici) in tema di subappalto.

Il comma 3 dell’art. 118 del Codice dispone che nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro 20 giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate.

Il secondo periodo del comma 3 dispone poi che, qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il citato termine di 20 giorni, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari.

L’art. 15 della L. n. 180/2011 ha successivamente esteso l’applicazione delle citate norme, dettate dal secondo periodo del comma 3 dell’art. 118 del Codice, anche alle somme dovute agli esecutori in subcontratto di forniture con posa in opera le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture.

Prima di tale norma, invece, l’applicabilità del citato secondo periodo era limitata ai subappalti, come definiti dal comma 11 dell’art. 118, vale a dire “qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare”.

Si ricorda, in proposito, che ai sensi dell’art. 14 del Codice un contratto misto avente per oggetto la fornitura di prodotti e, a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione è considerato un «appalto pubblico di forniture».

Sul punto si è anche espressa l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP), che ha chiarito, con la delibera n. 81 del 6 ottobre 2011, che “ai fini della individuazione della normativa applicabile, occorre (…) sempre fare riferimento al criterio basato sulla valutazione della prevalenza funzionale delle rispettive prestazioni, nel senso, che quando l’appalto è funzionale alla realizzazione o alla modificazione di un’opera di ingegneria civile si applica la normativa dei lavori pubblici quale sia l’importo economico della fornitura e del lavoro. Viceversa è configurabile un contratto di fornitura con posa in opera nel caso in cui con il contratto di fornitura si intenda conseguire una prestazione avente per oggetto una merce, un prodotto, che autonomamente soddisfano il bisogno per la loro stessa natura. In tal caso gli eventuali lavori di posa e installazione del bene fornito sono di carattere accessorio e strumentale rispetto all’uso dello stesso”.

Il nuovo comma 5-quater sopprime le parole “con posa in opera'', estendendo, in tal modo, la portata della disposizione recata dall’art. 15 della L. n. 180/2011 a tutti gli esecutori in subcontratto di forniture le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture.

Applicazione delle norme dell'articolo

Il comma 6 dispone, infine, l’applicazione non immediata delle disposizioni dell'articolo in esame, bensì solamente dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.


 

Articolo 30, comma 5-ter
(Liberalizzazioni esercizi commerciali)

 

5-ter. All'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «', potendo prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali».

 

 

Il comma 5-ter, dell’articolo 30, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, è intervenuto sull'articolo 31, comma 2 del decreto-legge n. 201 del 2011 ove si chiamano le Regioni e gli enti locali ad adeguare i propri ordinamenti al principio generale della libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli, esclusi quelli connessi alla tutela della salute dell'ambiente e dei beni culturali - stabilendo per le Regioni e gli enti locali stessi la possibilità di prevedere, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali.

Si ricorda che l'articolo 31 del D.L. 201/2011 (c.d. salva-Italia) ha reso la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali permanente e non più solo sperimentale ed applicabile in tutto il territorio nazionale, e non solo nelle località turistiche e d'arte.

Sulla disciplina degli orari, introdotta dal citato articolo 31 del D.L. 201/2011 alcune Regioni hanno tentato un ricorso alla Corte costituzionale rivendicando la propria competenza in un ambito della regolazione commerciale dove si sostiene che la materia rilevante non sia la concorrenza ma la garanzia della fornitura del servizio al cittadino.

La Corte infatti, anteriormente alla liberalizzazione del 2011, ha costantemente ascritto la disciplina degli orari degli esercizi commerciali, alla materia del commercio di competenza esclusiva residuale delle Regioni.

Il quadro muta decisamente con l'introduzione delle disposizioni di liberalizzazione di cui all'articolo 31 più volte citato.

Con specifico riguardo a tale articolo la Corte, con la sentenza n. 299 del 2012, ha posto in luce, tra l'altro che per costante giurisprudenza costituzionale la nozione di concorrenza attribuita alla competenza esclusiva dello Stato comprende: a) sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e che ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; b) sia le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, rimuovendo cioè, in generale, i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche»; 2) la materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere finalistico, non è una materia di estensione certa o delimitata, ma è configurabile come trasversale, «corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche incise dall'intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle regioni».

Dalla natura trasversale della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza la Corte ha tratto la conclusione «che il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio non è idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta competenza statale e che la disciplina statale della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza» (sentenza n. 299 del 2012 citata, punto 6.1. del Considerato in diritto).

Con la sentenza 299 del 2012, e con le successive sentenze nn. 27 e 38 del 2013, la Corte qualifica dunque le norme sugli orari degli esercizi commerciali come norme di tutela della concorrenza, in quanto tale rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, e quindi abilitate a disporre costituendo un limite alla disciplina regionale.


 

Articolo 30-bis
(Semplificazioni in materia agricola)

 


1. All'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 2, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola, nonché per la vendita esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione di inizio attività»;

b) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. La vendita diretta mediante il commercio elettronico può essere iniziata contestualmente all'invio della comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione»;

c) dopo il comma 8 sono aggiunti i seguenti:

«8-bis. In conformità a quanto previsto dall'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nell'ambito dell'esercizio della vendita diretta è consentito il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell'imprenditore agricolo, con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni generali di carattere igienico-sanitario.

8-ter. L'attività di vendita diretta dei prodotti agricoli ai sensi del presente articolo non comporta cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge la vendita e può esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati».


 

 

L'articolo 30-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare modifica la disciplina legislativa vigente in materia di esercizio della vendita diretta, intervenendo su più punti dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del. 2001.

In primo luogo (lett. a) modificando il secondo periodo del comma 2 si stabilisce che anche per la vendita diretta esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non sia richiesta la comunicazione di inizio attività (al pari di quanto oggi già previsto per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità).

 

Si rammenta che anche il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 è intervenuto sull'articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001 modificando però soltanto il primo periodo del comma 2 allo scopo di favorire la vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante. Quest'ultima, infatti, pur essendo sempre soggetta a comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione, può ora essere effettuata a decorrere dalla data di invio della medesima comunicazione.

 

Esso interviene, inoltre, introducendo dopo il comma 4 dell'art. 4 del D.Lgs. n. 228/2001 (lett. b) un ulteriore comma, il 4-bis, il quale prevede che l'attività di vendita diretta se svolta mediante il commercio elettronico, può essere iniziata contestualmente all'invio della comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione.

Con l’introduzione del comma 8-bis (lettera c) si prevede che nell’ambito dell’esercizio della vendita diretta è consentito il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell'imprenditore agricolo, escludendo però il servizio assistito di somministrazione e mantenendo al contempo l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

Infine il comma 8-ter stabilisce che la vendita diretta da parte dell’impresa agricola non comporta cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge la vendita e può esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati.

Nel complesso si tratta di norme volte a semplificare attività e modalità connesse alla vendita diretta dei prodotti agricoli allo scopo di favorire l’impresa agricola, che in questo modo ha la possibilità di integrare la propria redditività. La previsione che l’impresa agricola per effettuare la vendita diretta dei propri prodotti non è obbligata a dover richiedere al comune il cambio di destinazione d’uso dei locali interessati alla vendita rappresenta inoltre una semplificazione rilevante in quanto comporta risparmi per l’impresa sia in termini economici sia di tempo.

Si segnala che in data 20 maggio 2013 presso la XIII Commissione (Agricoltura) è iniziato l’esame della proposta di legge A.C. 77Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità.” (Realacci ed altri) il quale contiene nel suo articolato identiche disposizioni.


 

Articolo 31
(Semplificazioni in materia di DURC)

 


1. All'articolo 13-bis, comma 5, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, le parole: «di cui all'articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,» sono soppresse.

1-bis. In caso di lavori privati di manutenzione in edilizia realizzati senza ricorso a imprese direttamente in economia dal proprietario dell'immobile, non sussiste l'obbligo della richiesta del documento unico di regolarità contributiva (DURC) agli istituti o agli enti abilitati al rilascio.

2. Al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 38, comma 3, le parole da: «resta fermo» fino a: «successive modificazioni e integrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «resta fermo per le stazioni appaltanti e per gli enti aggiudicatori l'obbligo di acquisire d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva»;

b) all'articolo 118, comma 6, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Ai fini del pagamento delle prestazioni rese nell'ambito dell'appalto o del subappalto, la stazione appaltante acquisisce d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva in corso di validità relativo all'affidatario e a tutti i subappaltatori.».

3. Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nelle ipotesi previste dai commi 4 e 5 del presente articolo, in caso di ottenimento da parte dei soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, del documento unico di regolarità contributiva (DURC) che segnali un'inadempienza contributiva relativa a uno o più soggetti impiegati nell'esecuzione del contratto, i medesimi soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 trattengono dal certificato di pagamento l'importo corrispondente all'inadempienza. Il pagamento di quanto dovuto per le inadempienze accertate mediante il DURC è disposto dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 direttamente agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile.

4. Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, acquisiscono d'ufficio, attraverso strumenti informatici, il documento unico di regolarità contributiva (DURC) in corso di validità:

a) per la verifica della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all'articolo 38, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) per l'aggiudicazione del contratto ai sensi dell'articolo 11, comma 8, del decreto legislativo n. 163 del 2006;

c) per la stipula del contratto;

d) per il pagamento degli stati di avanzamento dei lavori o delle prestazioni relative a servizi e forniture;

e) per il certificato di collaudo, il certificato di regolare esecuzione, il certificato di verifica di conformità, l'attestazione di regolare esecuzione, e il pagamento del saldo finale.

5. Il documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha validità di centoventi giorni dalla data del rilascio. I soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, utilizzano il DURC in corso di validità, acquisito per l'ipotesi di cui al comma 4, lettera a), del presente articolo, anche per le ipotesi di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma nonché per contratti pubblici di lavori, servizi e forniture diversi da quelli per i quali è stato espressamente acquisito. Dopo la stipula del contratto, i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 acquisiscono il DURC ogni centoventi giorni e lo utilizzano per le finalità di cui al comma 4, lettere d) ed e), del presente articolo, fatta eccezione per il pagamento del saldo finale per il quale è in ogni caso necessaria l'acquisizione di un nuovo DURC.

6. Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, acquisiscono d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva (DURC) in corso di validità relativo ai subappaltatori ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 118, comma 8, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006. n. 163, nonché nei casi previsti al comma 4, lettere d) ed e), del presente articolo.

7. Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai fini della verifica amministrativo-contabile, i titoli di pagamento devono essere corredati dal documento unico di regolarità contributiva (DURC) anche in formato elettronico.

8. Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità.

8-bis. Alle erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere, compresi quelli di cui all'articolo 1, comma 553, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, da parte di amministrazioni pubbliche per le quali è prevista l'acquisizione del documento unico di regolarità contributiva (DURC), si applica, in quanto compatibile, il comma 3 del presente articolo.

8-ter. Ai fini della fruizione dei benefici normativi e contributivi in materia di lavoro e legislazione sociale e per finanziamenti e sovvenzioni previsti dalla normativa dell'Unione europea, statale e regionale, il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ha validità di centoventi giorni dalla data del rilascio.

8-quater. Ai fini dell'ammissione delle imprese di tutti i settori ad agevolazioni oggetto di cofinanziamento europeo finalizzate alla realizzazione di investimenti produttivi, le pubbliche amministrazioni procedenti anche per il tramite di eventuali gestori pubblici o privati dell'intervento interessato sono tenute a verificare, in sede di concessione delle agevolazioni, la regolarità contributiva del beneficiario, acquisendo d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva (DURC).

8-quinquies. La concessione delle agevolazioni di cui al comma 8-quater è disposta in presenza di un documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato in data non anteriore a centoventi giorni.

8-sexies. Fino al 31 dicembre 2014 la disposizione di cui al comma 5, primo periodo, si applica anche ai lavori edili per i soggetti privati.

8-septies. L'esercizio dell'attività d'impresa di spedizione non è soggetto a licenza di pubblica sicurezza e ai relativi controlli.


 

 

L’articolo 31, modificato nel corso dell’esame parlamentare, introduce disposizioni di semplificazione in materia di Documento unico di regolarità contributiva (DURC)[100].

 

Più precisamente:

§      estende la procedura compensativa (prevista dallo stesso articolo 13-bis) in virtù della quale si procede al rilascio del DURC in presenza di crediti certificati nei confronti delle P.A. di importo pari ai versamenti contributivi dovuti, anche alle procedure di appalto pubblico e di appalti privati in edilizia (eliminando il riferimento all’articolo 1, comma 1175, della L. n. 296/2006 contenuto nell’articolo 13-bis, comma 5, del D.L. n. 52/2012) (comma 1).

Si ricorda che, il comma 1175 prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza sociale sono riservati ai datori di lavoro che rispettino tutte le seguenti condizioni:

-        siano in possesso del DURC;

-        rispettino gli altri obblighi previsti dalla legislazione vigente (presumibilmente, ratione materiae, dalla legislazione lavoristica e previdenziale);

-        rispettino gli accordi e i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

§      prevede l’esenzione dall’obbligo di richiesta del DURC agli istituti o enti abilitati al rilascio in caso di lavori privati di manutenzione in edilizia, realizzati direttamente in economia dal proprietario dell’immobile, senza ricorso ad imprese (comma 1-bis);

§      prevede che, ai fini del pagamento delle prestazioni rese nei contratti di appalto, il DURC relativo all’affidatario e ai subappaltatori sia acquisito, d’ufficio, dalla stazione appaltante (commi 2 e 6) e che i titoli di pagamento siano corredati dal DURC, anche in formato elettronico (comma 7).

L’obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all'articolo 2 del D.L. n. 210/2002 era invece attribuito all’affidatario dagli articoli 38, comma 3, e 118, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006.

Si segnala che una previsione in parte analoga è contenuta nell’articolo 16-bis, comma 10, del D.L. n. 185/2008 che dispone l’obbligo, per le stazioni appaltanti pubbliche, di acquisire d’ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il DURC presso gli istituti o gli enti abilitati al rilascio ad ogni fine di legge.

§      dispone che nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la validità del DURC sia di 120 giorni dalla data del rilascio e venga acquisito dalla stazione appaltante sempre attraverso strumenti informatici; inoltre, la richiesta del DURC non viene più limitata unicamente alle fasi dell’affidamento e della gestione del contratto, ma viene estesa anche alle ipotesi di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture diversi da quelli per i quali il DURC è stato espressamente acquisito (fermo restando l’obbligo di produzione del DURC per il pagamento delle prestazioni); il DURC, nelle fasi di pagamento dei lavori e di collaudo, viene acquisito ogni 120 giorni; infine, nel caso in cui il DURC registri un’inadempienza, la stazione appaltante trattiene l’importo dovuto dal certificato di pagamento, provvedendo essa stessa, direttamente, al versamento agli enti previdenziali e assicurativi creditori. Il pagamento di quanto dovuto per le inadempienze accertate mediante il DURC e' disposto dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 207/2010 (commi 3, 4 e 5).

Si ricorda che la validità del DURC è in linea generale mensile[101], mentre per il settore degli appalti privati è trimestrale[102].

I soggetti indicati dall’articolo 3, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 207/2010, (regolamento di esecuzione ed attuazione del D.Lgs. n. 163/2006) sono le amministrazioni aggiudicatrici, gli organismi di diritto pubblico, gli enti aggiudicatori, gli altri soggetti aggiudicatori, i soggetti aggiudicatori e le stazioni appaltanti indicati rispettivamente dall'articolo 3, commi 25, 26, 29, 31, 32 e 33, del D.Lgs. n. 163/2006.

§      prevede che le amministrazioni competenti trasmettano l’invito alla regolarizzazione (entro e non oltre quindici giorni) delle eventuali inadempienze mediante posta elettronica, all’interessato o per il tramite del consulente del lavoro (comma 8);

§      dispone che la possibilità per la stazione appaltante di trattenere l’importo dovuto dal certificato di pagamento, nel caso in cui il DURC registri un’inadempienza, può essere esercitata anche da parte delle amministrazioni pubbliche con riferimento alle erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere (compresi quelli comunitari, di cui all’articolo 1, comma 553, della L. n. 266/2005) (comma 8-bis);

§      dispone che il DURC abbia validità di 120 giorni dalla data del rilascio anche per la fruizione dei benefici normativi e contributivi in materia di lavoro e legislazione sociale e per i finanziamenti e le sovvenzioni previsti a livello comunitario, statale e regionale (comma 8-ter);

§      prevede per le pubbliche amministrazioni l’obbligo di acquisire d’ufficio il DURC per verificare la regolarità contributiva del beneficiario ai fini dell’ammissione alle agevolazioni oggetto di cofinanziamento comunitario finalizzate alla realizzazione di investimenti produttivi. La concessione delle suddette agevolazioni è ammessa a condizione che la data del DURC non sia anteriore a 120 giorni dalla data del rilascio (commi 8-quater e 8-quinquies);

§      dispone che, fino al 31 dicembre 2014, la validità del DURC sia di 120 giorni dalla data del rilascio anche per i datori di lavoro edili privati (comma 8-sexies);

§      prevede che l’esercizio dell’attività d’impresa di spedizione non sia soggetto a licenza di pubblica sicurezza ed ai relativi controlli (comma 8-septies).


 

Articoli 32 e 35, comma 1
(Semplificazione di adempimenti in materia di sicurezza sul lavoro)

 


1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

0a) all'articolo 3, il comma 12-bis è sostituito dal seguente:

«12-bis. Nei confronti dei volontari di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, dei volontari che effettuano servizio civile, dei soggetti che prestano la propria attività, spontaneamente e a titolo gratuito o con mero rimborso di spese, in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni sportive dilettantistiche di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, nonché nei confronti di tutti i soggetti di cui all'articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 del presente decreto. Con accordi tra i soggetti e le associazioni o gli enti di servizio civile possono essere individuate le modalità di attuazione della tutela di cui al primo periodo. Ove uno dei soggetti di cui al primo periodo svolga la sua prestazione nell'ambito di un'organizzazione di un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al soggetto dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla sua attività. Egli è altresì tenuto ad adottare le misure utili a eliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolgano nell'ambito della medesima organizzazione»;

0b) all'articolo 6, comma 8, lettera g), la parola: «definire» è sostituita dalle seguenti: «discutere in ordine ai» e dopo le parole: «con decreto del Presidente della Repubblica,» sono aggiunte le seguenti: «su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,»;

a) all'articolo 26, i commi 3 e 3-bis sono sostituiti dai seguenti:

«3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all'articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all'attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell'impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione dell'incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell'ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento. In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture. A tali dati accedono il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Dell'individuazione dell'incaricato di cui al primo periodo o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nell'ambito di applicazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, tale documento è redatto, ai fini dell'affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto.

3-bis. Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l'obbligo di cui al comma 3 non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è superiore a cinque uomini-giorno, sempre che essi non comportino rischi derivanti dal rischio di incendio di livello elevato, ai sensi del decreto del Ministro dell'interno 10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 64 alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, o dallo svolgimento di attività in ambienti confinati, di cui al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177, o dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all'allegato XI del presente decreto. Ai fini del presente comma, per uomini-giorno si intende l'entità presunta dei lavori, servizi e forniture rappresentata dalla somma delle giornate di lavoro necessarie all'effettuazione dei lavori, servizi o forniture considerata con riferimento all'arco temporale di un anno dall'inizio dei lavori.»;

a-bis) all'articolo 27, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Con il decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), sono individuati i settori, ivi compresi i settori della sanificazione del tessile e dello strumentario chirurgico, e i criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati, e sulla base delle attività di cui all'articolo 21, comma 2, nonché sull'applicazione di determinati standard contrattuali e organizzativi nell'impiego della manodopera, anche in relazione agli appalti e alle tipologie di lavoro flessibile, certificati ai sensi del titolo VIII, capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni»;

b) all'articolo 29:

1) ai commi 5 e 6 sono premesse le seguenti parole: «Fermo restando quanto previsto al comma 6-ter,»;

2) dopo il comma 6-bis sono inseriti i seguenti:

«6-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sulla base delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell'INAIL e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda. Il decreto di cui al primo periodo reca in allegato il modello con il quale, fermi restando i relativi obblighi, i datori di lavoro delle aziende che operano nei settori di attività a basso rischio infortunistico possono dimostrare di aver effettuato la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 e al presente articolo. Resta ferma la facoltà delle aziende di utilizzare le procedure standardizzate previste dai commi 5 e 6 del presente articolo.

6-quater. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6-ter per le aziende di cui al medesimo comma trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 6-bis.»;

b-bis) all'articolo 31, comma 1, dopo le parole: «servizio di prevenzione e protezione» è inserita la seguente: «prioritariamente»;

c) all'articolo 32, dopo il comma 5, è inserito il seguente:

«5-bis. In tutti i casi di formazione e aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo, in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, a quelli previsti per il responsabile e per gli addetti del servizio prevenzione e protezione, è riconosciuto credito formativo per la durata ed i contenuti della formazione e dell'aggiornamento corrispondenti erogati. Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l'avvenuta formazione sono individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), e dell'articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro.»;

d) all'articolo 37, dopo il comma 14 è inserito il seguente:

«14-bis. In tutti i casi di formazione ed aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell'aggiornamento corrispondenti erogati. Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l'avvenuta formazione sono individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), e dell'articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro.»;

e) l'articolo 67 è sostituito dal seguente:

«Art. 67. - (Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio). - 1. In caso di costruzione e di realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonché nei casi di ampliamenti e di ristrutturazioni di quelli esistenti, i relativi lavori devono essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore e devono essere comunicati all'organo di vigilanza competente per territorio i seguenti elementi informativi:

a) descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle principali modalità di esecuzione delle stesse;

b) descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti.

2. Il datore di lavoro effettua la comunicazione di cui al comma 1 nell'ambito delle istanze, delle segnalazioni o delle attestazioni presentate allo sportello unico per le attività produttive con le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate, secondo criteri di semplicità e di comprensibilità, le informazioni da trasmettere e sono approvati i modelli uniformi da utilizzare per i fini di cui al presente articolo.

3. Le amministrazioni che ricevono le comunicazioni di cui al comma 1 provvedono a trasmettere in via telematica all'organo di vigilanza competente per territorio le informazioni loro pervenute con le modalità indicate dal comma 2.

4. L'obbligo di comunicazione di cui al comma 1 si applica ai luoghi di lavoro ove è prevista la presenza di più di tre lavoratori.

5. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1.»;

f) all'articolo 71, il comma 11 è sostituito dal seguente:

«11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell'allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l'effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell'INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla messa in servizio dell'attrezzatura. Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall'ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l'effettuazione delle verifiche l'INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all'esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell'organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro»;

g) all'articolo 88, comma 2, la lettera g-bis) è sostituita dalla seguente:

g-bis) ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento, nonché ai piccoli lavori la cui durata presunta non è superiore a dieci uomini-giorno, finalizzati alla realizzazione o alla manutenzione delle infrastrutture per servizi, che non espongano i lavoratori ai rischi di cui all'allegato XI»;

g-bis) all'articolo 88, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che deve essere adottato entro il 31 dicembre 2013»;

h) al capo I, del titolo IV, è aggiunto, in fine, il seguente articolo:

«Art. 104-bis. - (Misure di semplificazione nei cantieri temporanei o mobili). - 1. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro della salute, da adottare sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h), del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, comma 1, e del fascicolo dell'opera di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), fermi restando i relativi obblighi.»;

i) all'articolo 225, comma 8, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.»;

l) all'articolo 240, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.»;

m) all'articolo 250, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale notifica può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.»;

n) all'articolo 277, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.».

2. I decreti di cui agli articoli 29, comma 6-ter e 104-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introdotti dal comma 1, lettere b), ed h), del presente articolo sono adottati, rispettivamente, entro novanta giorni e sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Dall'attuazione della disposizione di cui al comma 1, lettera f), del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate adempiono ai compiti derivanti dalla medesima disposizione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

4. Dopo il comma 2 dell'articolo 131 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è inserito il seguente:

«2-bis. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati modelli semplificati per la redazione del piano di sicurezza sostitutivo del piano di sicurezza e coordinamento di cui al comma 2, lettera b), fermi restando i relativi obblighi.».

5. Il decreto previsto dal comma 4 è adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

6. Al testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 54 è abrogato a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;

b) all'articolo 56:

1) il primo comma è sostituito dal seguente:

«A decorrere dal 1° gennaio 2014, l'INAIL trasmette telematicamente, mediante il Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, alle autorità di pubblica sicurezza, alle aziende sanitarie locali, alle autorità portuali, marittime e consolari, alle direzioni territoriali del lavoro e ai corrispondenti uffici della Regione siciliana e delle province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio i dati relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di quelli con prognosi superiore a trenta giorni»;

2) al secondo comma, l'alinea è sostituito dal seguente:

«Nel più breve tempo possibile, e in ogni caso entro quattro giorni dalla presa visione, mediante accesso alla banca dati INAIL, dei dati relativi alle denunce di infortuni di cui al primo comma, la direzione territoriale del lavoro - settore ispezione del lavoro procede, su richiesta del lavoratore infortunato, di un superstite o dell'INAIL, ad un'inchiesta al fine di accertare:»;

3) dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:

«Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».

7. Le modalità di comunicazione previste dalle disposizioni di cui al comma 6 si applicano a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, che definisce le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SENP) nei luoghi di lavoro.

7-bis. All'articolo 82 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro».

7-ter. Il comma 5 dell'articolo 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che il pagamento dei contributi previdenziali e assicurativi in misura ridotta è riconosciuto anche alle cooperative e relativi consorzi di cui al comma 1 dell'articolo 2 della legge 15 giugno 1984, n. 240, non operanti in zone svantaggiate o di montagna, in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa di cui al libro V, titolo II, capo II, del codice civile, in zone di montagna o svantaggiate e successivamente conferito alla cooperativa. Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

*********

1. All'articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono aggiunti, infine, i seguenti commi:

«13-bis. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e sentite la Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all'articolo 6 del presente decreto e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 del presente decreto, sono definite misure di semplificazione della documentazione, anche ai fini dell'inserimento di tale documentazione nel libretto formativo del cittadino, che dimostra l'adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi di informazione e formazione previsti dal presente decreto in relazione a prestazioni lavorative regolamentate dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che implicano una permanenza del lavoratore in azienda per un periodo non superiore a cinquanta giornate lavorative nell'anno solare di riferimento.

13-ter. Con un ulteriore decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sono definite misure di semplificazione degli adempimenti relativi all'informazione, formazione, valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria per le imprese agricole, con particolare riferimento a lavoratori a tempo determinato e stagionali, e per le imprese di piccole dimensioni».


 

 

Gli articoli 32 e 35 del D.L. n. 69/2013, modificati nel corso dell’esame parlamentare, recano disposizioni volte alla semplificazione di specifiche procedure in materia di sicurezza sul lavoro.

Più specificamente:

§      l’articolo 32 reca numerosi interventi di semplificazione in materia di lavoro, attraverso una serie di novelle al D.Lgs. n. 81/2008, in materia di sicurezza sul lavoro, al D.Lgs. n. 136/2006, in materia di pubblici appalti, ed al D.P.R. n. 1124/1965, concernente l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

§    l’articolo 35 individua di apposite procedure al fine di semplificare gli obblighi di informazione, formazione e sorveglianza sanitaria anche quando il lavoratore svolga la sua attività in azienda per un periodo non superiore a 50 giorni nel corso di una anno solare.

Volontariato

La lettera 0a) del comma 1 dell’articolo 32, introdotta nel corso dell’esame parlamentare, modifica ampiamente il testo dell’articolo 3, comma 12-bis, del D.Lgs. 81/2008, il quale ha disposto l’applicazione, ai soggetti che esplicano attività di volontariato (ai sensi della L. 1° agosto 1991, n. 266)[103] ed ai volontari che esplicano servizio civile, delle disposizioni per i lavoratori autonomi previste dall’articolo 21 dello stesso D.Lgs. 81/2008. Le modalità di tutela sono individuate con accordi tra il volontario e l’associazione di volontariato o l’ente di servizio civile[104]. In particolare, il nuovo testo estende significativamente l’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni del richiamato articolo 21, ricomprendendo oltre ai soggetti richiamati anche i soggetti che prestano la propria attività, spontaneamente e a titolo gratuito o con mero rimborso spese, in favore delle associazioni di promozione sociale[105], delle associazioni sportive dilettantistiche[106], nonché nei confronti di tutti i soggetti di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), del TUIR[107].

Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI)[108]

La lettera a) del comma 1 dell’articolo 32 prevede alcune semplificazioni inerenti alla documentazione relativa agli adempimenti per quanto concerne il DUVRI, di cui all’articolo 26 del D.Lgs. n. 81/2008.

 

IL DUVRI deve essere elaborato qualora un'impresa esterna intervenga nell'unità produttiva per effettuare lavori di manutenzione o impiantare cantieri temporanei non soggetti all'obbligo di stesura del Piano di sicurezza e coordinamento, in conformità a quanto disposto dall'articolo 26 del D.Lgs. n. 81/2008. L’onere della redazione spetta all’azienda committente, sia pubblica sia privata. Il DUVRI, che deve essere allegato al contratto d'appalto o d'opera, ha lo scopo di:

§      valutare i rischi derivanti dalle interferenze reciproche dovuti alle due diverse attività;

§      indicare le misure adottate per eliminare i rischi da interferenza;

§      indicare le misure adottate per ridurre al minimo i rischi non eliminabili;

§      verificare che le maestranze incaricate dei lavori siano in possesso dei requisiti tecnici adeguati;

§      accertare che le maestranze incaricate dei lavori siano in regola con le posizioni assicurative INAIL;

§      individuare i costi della sicurezza.

In particolare, i commi 3 e 3-bis dell’articolo 26 del D.Lgs. 81/2008 prevedevano, nel testo previgente alle disposizioni in esame, che il datore di lavoro committente promuovesse la cooperazione ed il coordinamento con appaltatori e subappaltatori elaborando appunto un unico documento di valutazione dei rischi (comma 3) che indicasse le misure adottate per eliminare o, ove ciò non fosse stato possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento deve essere allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture. Le richiamate disposizioni non trovano applicazione per i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 163/2006, il documento è redatto, ai fini dell’affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto. Il successivo comma 3-bis prevedeva che l’obbligo richiamato non si applicasse ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature nonché ai lavori o servizi la cui durata non fosse superiore ai 2 giorni, sempre che essi non comportassero rischi derivanti dalla presenza di agenti cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’ allegato XI (come, ad esempio, lavori con esposizione a sostanze chimiche, biologiche, radiazioni ionizzanti, ecc.).

Si prevede, in primo luogo, che la cooperazione e coordinamento tra il committente, appaltatori e subappaltatori, per la prevenzione dei rischi da interferenze, si possano attuare, limitatamente ai settori di attività con basso rischio di infortuni e anche di malattie professionali, con l’individuazione di un incaricato, sia per quanto attiene alle attività del committente stesso, sia a quelle dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, in possesso dei requisiti adeguati e specifici in relazione all’incarico conseguito[109].

Inoltre, viene espressamente previsto che ai dati presenti nel DUVRI accedano il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Inoltre, l’obbligo di redazione del DUVRI non trova applicazione per i servizi di natura intellettuale, per le mere forniture di materiali o attrezzature, nonché per i lavori o servizi la cui durata non sia superiore a 5 uomini-giorno[110] (invece di 10 uomini-giorno, come previsto nel testo originario del decreto-legge), e che non comportino rischi derivanti dal rischio incendio alto (di cui al D.M. 10 marzo 1998), dallo svolgimento di attività in ambienti confinati (di cui al D.P.R. 14 settembre 2011, n. 177), o dalla presenza, oltre ad agenti cancerogeni nonché biologici, atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all'allegato XI, anche di agenti mutageni e amianto.

Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro

Nel corso dell’esame parlamentare è stata introdotta la lettera a-bis al comma 1 dell’articolo 32), la quale prevede, modificando il comma 1 dell’articolo 27 del D.Lgs. n. 81/2008, che l’individuazione dei settori (e non più, anche, dei criteri) finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, tra i quali vengono ricompresi anche quelli della sanificazione del tessile e dello strumentario chirurgico, sia demandata al D.P.R.[111] con il quale si disciplina (ex articolo 6, comma 8, lettera g), del D.Lgs. n. 81/2008) il sistema di qualificazione delle imprese (e non ai compiti della Commissione). Il sistema di qualificazione, in particolare, è fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza (acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati), nonché sulla base delle attività di cui all’articolo 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008 e sull’applicazione di determinati standard contrattuali e organizzativi nell’impiego della manodopera, anche in relazione agli appalti e alle tipologie di lavoro flessibile introdotte dal Titolo VIII, capo I, del D.Lgs. n. 276/2003.

Individuazione delle attività a basso rischio

La lettera b) del comma 1 dell’articolo 32 apporta alcune modifiche all’articolo 29 del D.Lgs. n. 81/2008. Oltre a modifiche meramente formali di coordinamento , vengono introdotti i nuovi commi 6-ter e 6-quater.

Più specificamente, con il nuovo comma 6-ter viene demandata ad uno specifico decreto, sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (che vede quindi rafforzate le proprie prerogative), l’individuazione dei settori di attività a basso rischio infortunistico, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti non solo dagli indici infortunistici di settore dell’INAIL, ma anche dagli indici relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda..

Nello stesso decreto viene altresì allegato il modello con il quale, fermi restando i relativi obblighi, i datori di lavoro delle aziende che operano nei settori di attività a basso rischio infortunistico possono dimostrare di aver effettuato la valutazione dei rischi (effettuazione della valutazione dei rischi ed elaborazione del relativo documento). Resta ferma la facoltà delle aziende di utilizzare le procedure standardizzate previste dai commi 5 e 6 29[112] (concernenti le modalità di attuazione della valutazione dei rischi per i datori di lavoro che impieghino, rispettivamente, fino a 10 e fino a 50 lavoratori).

Il nuovo comma 6-quater dispone che fino alla data di entrata in vigore del decreto richiamato per le aziende a basso rischio infortunistico continuino ad applicarsi le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 6-bis del medesimo articolo 29 (concernenti le procedure per la valutazione dei rischi da effettuare per i datori di lavoro che occupino rispettivamente, fino a 10 e fino a 50 lavoratori).

Ai sensi del successivo comma 2, il richiamato decreto deve essere adottato entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

Servizio di prevenzione e protezione

Nel corso dell’esame parlamentare è stata introdotta la lettera b-bis) al comma 1 dell’articolo 32, che modificando l’articolo 31, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, prevede che l’obbligo del datore di lavoro di organizzare il servizio di prevenzione e protezione sia svolto prioritariamente all'interno della azienda o della unità produttiva (invece che solamente all’interno di essa).

Corsi di formazione dei soggetti deputati alla sicurezza adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative

Le lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 32 inserendo, rispettivamente, il comma 5-bis all’articolo 32 e il comma 14-bis all’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/2008, hanno lo scopo di evitare duplicazioni dei corsi di formazione e aggiornamento per determinati soggetti (responsabili e addetti ai servizi di protezione e sicurezza, dirigenti, preposti, lavoratori, rappresentati dei lavoratori per la sicurezza). In particolare, si prevede che nelle ipotesi di sovrapposizione (totale o parziale) dei contenuti dei richiamati corsi, venga riconosciuto un credito formativo per la durata ed i contenuti della formazione e dell’aggiornamento corrispondenti erogati.

In entrambe le disposizioni è stato evidenziato che le modalità di riconoscimento dei crediti formativi, e relativi modelli attraverso cui è documentata l'avvenuta formazione, debbano essere individuati dalla Conferenza Stato-Regioni, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.

Inoltre è stato disposto l’obbligo, per gli istituti di istruzione e universitari, di rilasciare gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro agli allievi equiparati ai lavoratori.

Comunicazioni obbligatorie agli organi di vigilanza

La lettera e) del comma 1 dell’articolo 32 sostituisce interamente il contenuto dell’articolo 67 del D.Lgs. n. 81/2008, relativo all’obbligo di comunicazione all’organo di vigilanza competente di informazioni relative a nuovi insediamenti produttivi o ampliamenti e ristrutturazioni di quelli esistenti.

 

Nel testo previgente del richiamato articolo 67, la costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonché gli ampliamenti e le ristrutturazioni di quelli esistenti, dovevano essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore ed essere notificati all'organo di vigilanza competente per territorio.

La richiamata notifica doveva indicare gli aspetti considerati nella valutazione e relativi alla descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle principali modalità di esecuzione delle stesse, nonché alla descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti.

Entro 30 giorni dalla data di notifica, l'organo di vigilanza poteva chiedere ulteriori dati e prescrivere modificazioni in relazione ai dati notificati. La richiamata notifica si applicava ai luoghi di lavoro ove fosse prevista la presenza di più di 3 lavoratori, ed era valida ai fini delle eliminazioni e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5 (comunicazione effettuata attraverso reti di comunicazione elettronica, attraverso la trasmissione della password in modalità criptata e fermi restando determinati parametri di sicurezza).

 

Il nuovo testo dell’articolo 67 prevede:

§      la conferma dell’obbligo di descrizione dell’oggetto delle lavorazioni e delle principali modalità di esecuzione delle stesse, nonché delle caratteristiche dei locali e degli impianti (comma 1);

§      che la comunicazione possa essere effettuata dal datore di lavoro nell’ambito delle istanze, delle segnalazioni o delle attestazioni presentate allo sportello unico per le attività produttive con le modalità stabilite dal regolamento di cui al D.P.R. n. 160/2010. L’individuazione delle informazioni da trasmettere e l’approvazione dei modelli uniformi da utilizzare per i fini indicati è demandata ad un apposito decreto interministeriale, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame (comma 2);

§      l’obbligo, per le amministrazioni riceventi la comunicazione, di trasmettere in via telematica all’organo di vigilanza competente per territorio le informazioni loro pervenute con le modalità indicate in precedenza (comma 3);

§      la conferma che l’obbligo di comunicazione operi nei luoghi di lavoro con più di 3 lavoratori (comma 4);

§      che fino all’entrata in vigore del decreto suddetto interministeriale, trovino applicazione le disposizioni di cui al comma 1 (comma 5).

Verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro

La lettera f) del comma 1 dell’articolo 32, modificata nel corso dell’esame parlamentare, sostituisce i commi 11 e 12 dell’articolo 71 del D.Lgs. n. 81/2008, disciplinante le verifiche sulle attrezzature di lavoro disposte dagli organismi a ciò deputati.

 

Il richiamato comma 11 stabiliva che, oltre a quanto previsto per le varie tipologie di controllo sulle attrezzature, il datore di lavoro sottoponesse le attrezzature di lavoro individuate dall’allegato VII del D.Lgs. n. 81/2008 a verifiche periodiche, allo scopo di valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di tali verifiche era effettuata dall’ISPESL nel termine di 60 giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro poteva avvalersi delle ASL o di soggetti pubblici o privati abilitati con specifiche modalità. Le successive verifiche erano effettuate dai soggetti indicati, che vi provvedevano nel termine di 30 giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro poteva avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati, sempre con specifiche modalità. Le verifiche erano onerose, con spese di effettuazione a carico del datore di lavoro.

Il successivo comma 12 prevedeva che per le richiamate verifiche le ASL e l'ISPESL potessero avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati, con questi ultimi che acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.

 

Rispetto al testo previgente:

§      si dispone che l’Istituto deputato alle verifiche sia l’INAIL (in virtù della soppressione dell’ISPESL disposta dall’articolo 7, comma 1, del D.L. n. 78/2010 con conseguente passaggio di funzioni appunto all’INAIL) e si diminuisce il termine da 60 a 45 giorni (dalla messa in servizio dell’attrezzatura e non più dalla data della richiesta da parte del datore di lavoro) entro il quale l’Istituto deve effettuare la prima verifica;

§      si introduce una semplificazione della procedura da seguire nel caso in cui l’INAIL (che secondo le nuove disposizioni può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati), entro il suddetto termine di 45 giorni, non provveda alla verifica. In particolare, si prevede che decorso tale termine il datore di lavoro possa avvalersi, su propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati (seguendo le modalità individuate nel D.M. 11 aprile 2011, emanato in attuazione dell’articolo 71, comma 13). Le verifiche successive vengono effettuate, sempre a seguito di libera scelta del datore di lavoro, dalle ASL o dall’ARPA (se previsto con legge regionale) o da soggetti pubblici o privati abilitati, sempre secondo le modalità di cui al richiamato D.M. 11 aprile 2011;

§      si introduce l’obbligo di conservazione e di messa a disposizione per l’organo di vigilanza dei verbali redatti in esito alle verifiche effettuate ai sensi dello stesso comma 11.

Dall’attuazione della disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 3). E’ obbligatorio, per le Amministrazioni interessate, adempiere ai compiti derivanti dalla disposizione medesima con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Si ricorda, infine, che nel corso dell’esame parlamentare è stata soppressa la nuova formulazione del comma 12 dell’articolo 71 (introdotta dalla stessa lettera f)) in base alla quale i soggetti privati abilitati alle verifiche richiamate acquistavano la qualifica di incaricati di pubblico servizio unicamente per l’effettuazione delle verifiche di cui al comma 11.

Adempimenti nei cantieri temporanei o mobili

Le lettere g) ed h) del comma 1 dell’articolo 32, modificate nel corso dell’esame parlamentare, prevedono alcune semplificazioni di adempimenti connessi alle misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, di cui all’articolo 88 del D.Lgs. n. 81/2008.

 

In particolare:

§      aggiungendo un periodo all’articolo 88, comma 2, lettera g-bis), si dispone la disapplicazione della disciplina del D.Lgs. n. 81/2008, oltre che ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile, anche ai piccoli lavori la cui durata presunta non è superiore ai 10 uomini-giorno, finalizzati alla realizzazione o manutenzione delle infrastrutture per servizi, a condizione che non espongano i lavoratori ai rischi comportanti rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori, di cui all’Allegato XI dello stesso D.Lgs. n. 81/2008 (il testo attuale prevede che le attività non debbano comportare lavori edili e di ingegneria civile di cui all'allegato X);

§      inserendo il nuovo articolo 104-bis, si demanda ad un decreto interministeriale (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché con il Ministro della salute, da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge) l’individuazione di modelli semplificati per la redazione di alcuni documenti relativi ai cantieri (quali il piano operativo di sicurezza, il piano di sicurezza e coordinamento, nonché il fascicolo dell’opera). Viene altresì confermato che il decreto viene adottato sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, ma si specifica che l’adozione debba effettuarsi previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni;

§         introducendo il comma 2-bis (nuova lettera g-bis dell’articolo 32) del comma 1 dell’articolo 32) si dispone l’applicazione delle disposizioni concernenti i cantieri temporanei o mobili agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche, tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività. L’individuazione di tali necessità è demandata ad un apposito decreto interministeriale, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, da adottare entro il 31 dicembre 2013.

Ai sensi del successivo comma 2 i decreti di cui agli articoli 29, comma 6-ter e 104-bis, del D.Lgs. n. 81/2008, sono adottati, rispettivamente, entro 90 giorni e 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Invio di specifiche comunicazioni in via telematica

Le lettere i), l), m) ed n) del comma 1 dell’articolo 32 prevedono l’invio telematico di specifiche comunicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche per mezzo di organismi paritetici o organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.

 

Si tratta, nello specifico:

§      della comunicazione all’organo di vigilanza inviata dal datore di lavoro dopo che lo stesso abbia informato i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate, di cui all’articolo 225, comma 8, del D.Lgs. n. 81/2008 (lettera i));

§      della comunicazione all’organo di vigilanza con la quale il datore di lavoro comunica il verificarsi degli eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeni o mutageni, indicando analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o pericolose, di cui all’articolo 240, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008 (lettera l));

§      della comunicazione che il datore di lavoro invia all’organo di vigilanza prima dei lavori che possano comportare, per i lavoratori, un’esposizione ad amianto, di cui all’articolo 250, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 (lettera m));

§      della comunicazione inviata dal datore di lavoro all’organo di vigilanza (nonché ai lavoratori ed al rappresentante per la sicurezza) competente nel caso di incidenti che possano provocare la dispersione nell'ambiente di specifici agenti biologici, di cui all’articolo 277, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008 (lettera n)).

Piano di sicurezza sostitutivo negli contratti di appalto pubblici

Il comma 4 dell’articolo 32 inserisce il nuovo comma 2-bis all’articolo 131 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), il quale demanda ad un decreto interministeriale, da adottarsi ai sensi del comma 5 entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, l’individuazione di modelli semplificati per la redazione del piano di sicurezza sostitutivo del piano di sicurezza e coordinamento, fermi restando i relativi obblighi.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 131, nell’ambito della sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, ha disposto, tra l’altro, l’obbligo, per l'appaltatore od il concessionario, di redigere e consegnare entro 30 giorni dall'aggiudicazione dell’appalto, e comunque prima della consegna dei lavori, alle Amministrazioni aggiudicatrici o agli altri soggetti aggiudicatori un piano di sicurezza sostitutivo del piano di sicurezza e di coordinamento quando quest'ultimo non sia previsto ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 (Allegato XV).

Ai sensi dell’articolo 100 del D.Lgs. n. 81/2008, il piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che è parte integrante del contratto di appalto, è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, nonché la stima dei costi della sicurezza indicati al punto 4 dell'allegato XV del D.Lgs. n. 81/2008.

Semplificazione delle denunce di infortuni sul lavoro

Il comma 6 dell’articolo 32 apporta alcune modifiche al D.P.R. n. 1124/1965 (T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), allo scopo di semplificare le procedure di comunicazione e notifica di denuncia degli infortuni sul lavoro da parte del datore di lavoro.

 

In particolare:

§      viene abrogato l’articolo 54, che dispone l’obbligo, per il datore di lavoro, di denunciare entro 2 giorni all’autorità locale di pubblica sicurezza ogni infortunio sul lavoro che abbia per conseguenza la morte o l’inabilità al lavoro per più di 3 giorni. L’abrogazione opera a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 8, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008, che definisce le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro (lettera a));

Si segnala, al riguardo, che il richiamato decreto, che doveva essere adottato entro 180 giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2008, non risulta essere stato ancora emanato.

§      modificando l’articolo 56:

-        si prevede l’obbligo, l’obbligo per l’INAIL, a decorrere dal 1° gennaio 2014, di trasmettere telematicamente, mediante il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), alle autorità competenti , i dati relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di quelli con prognosi superiore a 30 giorni;

-        si prevede che l’attivazione dell’inchiesta, da parte dei servizi ispettivi della direzione territoriale del lavoro competente ai fini dell’accertamento relativo alla situazione del soggetto infortunato non sia più d’ufficio, bensì, mediante accesso alla banca dati I.N.A.I.L. dei dati relativi alle denunce di infortuni, su richiesta del lavoratore infortunato, di un superstite o dell’I.N.A.I.L. (lettera b), n. 2));

Nella disciplina previgente, infatti (secondo comma dell’articolo 56 del D.P.R. 1124/1965), la direzione provinciale del lavoro - settore ispezione del lavoro – competente doveva procedere, nel più breve tempo possibile, e in ogni caso entro 4 giorni dal ricevimento della denuncia, ad un'inchiesta al fine di accertare: la natura del lavoro al quale era addetto l'infortunato; le circostanze in cui è avvenuto l'infortunio e la causa e la natura di esso, anche in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e di prevenzione; l'identità dell'infortunato e il luogo dove esso si trova; la natura e l'entità delle lesioni; lo stato dell'infortunato; la retribuzione; in caso di morte, le condizioni di famiglia dell'infortunato, i superstiti aventi diritto a rendita e la residenza di questi ultimi.

-        si prevede che agli adempimenti previsti dall’articolo 56 debba provvedersi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (lettera b), n. 3)).

Ai sensi del comma 7, infine, le modalità di comunicazione delle disposizioni richiamate trovano applicazione a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 8, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008, in precedenza richiamato.

Determinazione del prezzo nei contratti di appalto pubblici

Nel corso dell’esame parlamentare è stato introdotto il comma 7-bis all’articolo 32, che apportano alcune modifiche al D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). Il nuovo comma inserisce il nuovo comma 3-bis all’articolo 82 del D.Lgs. n. 163/2006, inerente il criterio di determinazione del costo più basso negli appalti pubblici.

 

Ai sensi del richiamato articolo 82 del D.Lgs. n. 163/2006, il prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, è determinato nel seguente modo: spetta al bando di gara stabilire se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a misura, sia determinato mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari; oppure se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a corpo, sia determinato mediante ribasso sull'importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari.

Per i contratti da stipulare parte a corpo e parte a misura, il prezzo più basso è determinato mediante offerta a prezzi unitari.

 

Il nuovo comma 3-bis prevede che il prezzo più basso venga altresì determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

In relazione a questa disposizione, quindi, il costo del personale non figura più elemento di prezzo e quindi non deve essere più sottoposto a verifica di congruità.

 

Si ricorda, peraltro, che l’articolo 4, comma 2, lettera i-bis), del D.L. n. 70/2011, nello stabilire che nei contratti pubblici la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, aveva previsto (con l’aggiunta del comma 3-bis all’articolo 81 del D.Lgs. n. 163/2006) un’analoga procedura volta ad escludere il costo del personale dai criteri per la scelta dell’offerta migliore negli appalti pubblici; successivamente, tale norma è stata abrogata dall’articolo 44, comma 2, del D.L. n. 201/2011[113].

Pagamento contributi previdenziali ed assicurativi

Nel corso dell’esame parlamentare è stato introdotto il comma 7-ter all’articolo 32, secondo cui il pagamento in misura ridotta dei contributi previdenziali ed assicurativi di cui all’articolo 9, comma 5, della L. 67/1988, previsto per i datori di lavoro che occupano personale nei territori montani o in zone agricole svantaggiate, è riconosciuto anche alle cooperative e relativi consorzi presenti nel settore dell’agricoltura, non operanti in zone svantaggiate o di montagna, proporzionalmente alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci (anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa di cui al libro V, titolo II, capo II del codice civile) in zone di montagna o svantaggiate e successivamente conferito alla cooperativa. Non è consentita la ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati prima dell'entrata in vigore del comma in oggetto.

Si ricorda che in base a quanto previsto dall’articolo 9, comma 5, della L. n. 67/1988 i premi ed i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali, dovuti dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani[114], sono fissati nella misura del 20% a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 25% a decorrere dal 1° ottobre 1995 e del 30% a decorrere dal 1° ottobre 1996. I suddetti premi e contributi dovuti dai datori di lavoro agricolo operanti nelle zone agricole svantaggiate sono fissati nella misura del 30% a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 40% a decorrere dal 1° ottobre 1995, del 60% a decorrere dal 1° ottobre 1996.

Semplificazione di prestazioni lavorative di breve durata

L’articolo 35, comma 1, modificato nel corso dell’esame parlamentare, aggiungendo il comma 13-bis all’articolo 3 del D.Lgs. n. 81/2008, relativo al campo di applicazione del provvedimento stesso, demanda ad un apposito decreto interministeriale (da adottare non solamente sentite la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e la Conferenza Stato-Regioni, ma previo parere delle Commissioni parlamentari competenti) nel rispetto dei livelli generali di tutela in materia di salute e sicurezza sul lavoro e fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 del D.Lgs. .n. 81/2008, concernenti l’informazione e formazione dei lavoratori, (mentre non viene più richiamato l’articolo 41 relativo alla sorveglianza sanitaria), la definizione di misure di semplificazione della documentazione richiesta, anche ai fini dell’inserimento della documentazione medesima nel libretto formativo del cittadino, al fine della dimostrazione dell’assolvimento da parte del datore di lavoro degli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 81/2008 in materia di informazione e formazione (ma non più quelli inerenti alla sorveglianza sanitaria) in relazione a prestazioni lavorative regolamentate dal D.Lgs. n. 276/2003 (si tratta in sostanza, delle forme contrattuali flessibili) che implicano una permanenza del lavoratore in azienda per un periodo non superiore a 50 giornate lavorative nell’anno solare di riferimento.

Si segnala, al riguardo, che il testo, pur subordinando la procedura di semplificazione all’adozione di uno specifico decreto, non indica il termine entro il quale lo stesso debba essere adottato.

Gli articoli 36 e 37 del D.Lgs. n. 81/2008 concernono l’informazione e la formazione dei lavoratori, prevedendo in particolare, il principio della facile comprensione del contenuto della informazione da parte dei lavoratori, consentendo loro di acquisire le relative conoscenze. Lo stesso articolo dispone altresì l’obbligo di informare i lavoratori immigrati previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo. Il successivo articolo 37 ha disciplinato la formazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze, potenziandola rispetto alle disposizioni contenute nella normativa previgente. L’articolo 41, in materia di sorveglianza sanitaria, ha in particolare stabilito, innovando la disciplina previgente, che la stessa sorveglianza includa la visita medica preventiva intesa a valutare l’idoneità alla mansione specifica, la visita medica periodica, la visita medica richiesta dal lavoratore alle condizioni sopraindicate, la visita medica svolta in occasione del cambio della mansione e la visita medica all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.

 

Allo stesso tempo, viene inserito il comma 13-ter, il quale prevede che con un ulteriore decreto interministeriale, sentite le corrispondenti componenti delle Commissioni consultive permanenti per la salute e la sicurezza sul lavoro e in agricoltura e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, siano definite misure di semplificazione degli adempimenti relativi all'informazione, formazione, valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria per le imprese agricole, con particolare riferimento a lavoratori a tempo determinato e stagionali, e per le imprese di piccole dimensioni.

Si segnala, al riguardo, che il testo, pur subordinando la procedura di semplificazione all’adozione di uno specifico decreto, non indica il termine entro il quale lo stesso debba essere adottato.

 

Articolo 33
(Semplificazione del procedimento per l’acquisto
della cittadinanza per lo straniero nato in Italia)

 


1. Ai fini di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni idonea documentazione.

2. Gli ufficiali di stato civile sono tenuti, nel corso dei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, a comunicare all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge n. 91 del 1992 entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.

2-bis. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza acquisiscono e trasmettono dati e documenti attraverso gli strumenti informatici.


 

L’articolo 33, modificato nel corso dell’esame parlamentare, introduce alcune disposizioni per il procedimento per l'acquisto della cittadinanza dello straniero nato in Italia.

Il comma 1 prevede che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana - da parte dello straniero nato in Italia e ivi residente per diciotto anni ininterrottamente - all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della pubblica amministrazione, e che egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.

Il comma 2 riguarda la dichiarazione per l'acquisto della cittadinanza italiana, prevedendo che gli ufficiali di stato civile debbano comunicare all'interessato, al compimento del diciottesimo anno di età, presso la sede di residenza che risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il predetto diritto entro il diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto potrà essere esercitato anche oltre il termine fissato dalla legge. Gli ufficiali sono tenuti ad inviare la comunicazione nel corso dei 6 mesi precedenti il compimento del 18° anno di età.

Il comma 2-bis prescrive (a decorrere da tre mesi dall'entrata in vigore della legge) l'acquisizione e la trasmissione di dati e documenti in via esclusivamente informatica, da parte degli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza.

Si ricorda che l’obbligo dell’utilizzo delle procedure e delle reti informatiche nelle comunicazioni delle pubbliche amministrazioni è già presente nell’ordinamento (art. 47, comma 1, del D.Lgs. n. 82/2005, modificato dall’art. 32, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 235/2010) che ha introdotto l’obbligo di utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni o di comunicare in cooperazione applicativa (in ogni caso in forma digitale).

In materia di trasmissione informatica di documenti interviene altra disposizione del provvedimento in esame (art. 14, co. 1-bis e 1-ter) cui si rinvia.


 

Articolo 34
(Disposizioni in materia di trasmissione in via telematica
del certificato medico di gravidanza indicante la data presunta
del parto, del certificato di parto e del certificato
di interruzione di gravidanza)

 


1. All'articolo 21 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. A decorrere dal termine indicato nel comma 2-ter, il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto deve essere inviato all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) esclusivamente per via telematica direttamente dal medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, secondo le modalità e utilizzando i servizi definiti con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, utilizzando il sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia, di cui al decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 19 marzo 2010, n. 65.»;

b) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. La trasmissione all'INPS del certificato di parto o del certificato di interruzione di gravidanza deve essere effettuata esclusivamente per via telematica dalla competente struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata con il Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità e utilizzando i servizi definiti con il decreto interministeriale di cui al comma 1bis.»

2-ter. Le modalità di comunicazione di cui ai commi 1-bis e 2-bis trovano applicazione a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui al comma 1-bis.

2-quater. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2-ter rimane in vigore l'obbligo per la lavoratrice di consegnare all'INPS il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto, a sensi del comma 1, nonché la dichiarazione sostitutiva attestante la data del parto, ai sensi dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.».

2. Alle funzioni e ai compiti derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1 l'amministrazione provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 34 introduce la possibilità di trasmissione per via telematica dei certificati medici di gravidanza, parto e interruzione di gravidanza, ai fini dell’erogazione delle prestazioni di maternità, modificando l’articolo 21 del D.Lgs. n. 151/2001.

 

In base al citato articolo 21 i predetti certificati devono essere consegnati in modalità cartacea dalla lavoratrice stessa allo sportello delle sedi dell’INPS territorialmente competenti o tramite lettera raccomandata.

Si ricorda che analoga previsione è contenuta nel comma 3 dell’articolo 47 del D.Lgs. n. 151/2001, relativamente alla fruizione dei congedi per malattia dei figli.

 

Rispetto al testo previgente l’obbligo di presentazione del certificato medico di gravidanza, parto e interruzione di gravidanza è ora a carico del medico del SSN che deve trasmetterlo, esclusivamente per via telematica, all’INPS secondo le modalità definite con decreto interministeriale, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, utilizzando il sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia di cui al D.M. 26 febbraio 2010. Le richiamate disposizioni trovano applicazione a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui sopra. Fino a tale data, l’obbligo di presentazione dl certificato rimane a carico della lavoratrice (comma 1, lettere a) e b)).

 

Il D.M. 26 febbraio 2010 disciplina il sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia. Si ricorda che l’obbligo della trasmissione telematica dei certificati di malattia nel settore pubblico e privato è sancito dall’articolo 7 del D.L. n. 179/2012 a partire dal 18 dicembre 2012.

Dalle disposizioni in esame, ai sensi del successivo comma 2, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 35, comma 1-bis
(Limitazione delle spese per il personale “precario” nelle Regioni)

 

1-bis. All'articolo 6, comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il rispetto del parametro è considerato al fine della definizione, da parte della regione, della puntuale applicazione della disposizione recata in termini di principio dal comma 28 dell'articolo 9 del presente decreto».

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 35, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, estende l'osservanza del parametro secondo cui il rapporto tra spesa per il personale e spesa corrente deve essere uguale o inferiore alla media nazionale (descritto all'art. 6, comma 20 del D.L. n. 78/2010) alle limitazioni alle spese per il personale “precario” (di cui all'art. 9, comma 28, del medesimo D.L. n. 78/2010) cui le regioni debbono adeguarsi in quanto principio di coordinamento della finanza pubblica.

 

La norma in esame reca una modifica all'articolo 6, comma 20, del decreto legge n. 78/2010[115] il quale dispone diverse misure di riduzione dei costi degli apparati amministrativi.

Tra le misure recate dall'articolo 6 si ricordano la riduzione dei costi degli organi collegiali (commi 1-5); la riduzione del 10% del compenso degli organi di amministrazione e controllo di società non quotate del conto della P.A. e di società totalmente possedute dalle amministrazioni pubbliche (comma 6) e i limiti per le amministrazioni pubbliche del conto P.A., incluse le autorità indipendenti, alle spese per studi, incarichi di consulenza, relazioni pubbliche,convegni, mostre, pubblicità, missioni, formazione e per autovetture (commi 7-14).

 

In particolare la norma recata al comma 20 del citato articolo 6, dispone sull’applicazione delle disposizioni recanti norme di risparmio degli apparati amministrativi contenute nell’articolo stesso da parte delle regioni e delle province autonome, nonché degli enti del servizio sanitario nazionale.

La norma, nel primo periodo, qualifica come disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica le disposizioni dell’articolo stesso, escludendone l’applicazione diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale. Il secondo periodo del comma dispone una redistribuzione, tra le regioni a statuto ordinario del 10% dei trasferimenti per il c.d. “federalismo amministrativo”, a vantaggio delle regioni che abbiano contenuto i compensi dei consiglieri regionali e che abbiano applicato “volontariamente” le misure di contenimento della spesa recate dallo stesso articolo 6.

Il terzo periodo del comma 20 dispone sul 'parametro' da seguire per valutare se una regione abbia o meno adempiuto alle misure di risparmio degli apparati amministrativi indicate nel citato articolo 6.

Le regioni a statuto ordinario sono considerate adempienti se, oltre al rispetto del patto di stabilità, hanno registrato un rapporto fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno, che sia uguale o inferiore alla media nazionale.

 

La norma in esame aggiunge un inciso dopo questo periodo.

Il parametro – vale a dire che il rapporto sopra citato fra spesa di personale e spesa corrente deve essere uguale o inferiore alla media nazionale - deve essere applicato anche per dare attuazione alla disposizione contenuta al comma 28 dell'articolo 9 del D.L. n. 78/2010 vale a dire per le limitazione alle spese per il personale precario della pubblica amministrazione. Si ricorda che le regioni, le province autonome e gli enti del servizio sanitario nazionale sono tenute a dare attuazione alle disposizioni sul contenimento della spesa per il personale, in quanto principio di coordinamento della finanza pubblica, come esplicitato al terzo periodo del medesimo comma 28.

 

L’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 ha disposto la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di assumere personale attraverso fattispecie contrattuali “flessibili” a condizione che venga rispettato il limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009, in particolare:

§       per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;

§       per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio di cui all'art. 70, comma 1, lettera d) del D.Lgs. n. 276/2003.

La disposizione si applica a partire dall’anno 2011 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non economici, alle università e agli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001, le C.C.I.A.A.. Inoltre, i contenuti della disposizione in esame costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Inoltre, si consente agli enti locali, a decorrere dal 2013, di superare tale limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, fermo restando che la spesa complessiva non possa comunque superare la spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

Il mancato rispetto dei limiti di cui al comma in esame costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.


 

Articolo 36
(Proroga di Consigli di indirizzo e vigilanza di INPS e INAIL)

 


1. Nelle more del completamento del processo di riordino dei consigli di indirizzo e vigilanza dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), conseguente alle disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e all'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, al fine di garantire la continuità dell'azione amministrativa e gestionale, nonché il rispetto degli adempimenti di natura contabile, economica e finanziaria, i componenti dei medesimi organismi operanti alla data del 30 aprile 2013 sono prorogati nei rispettivi incarichi fino alla costituzione dei nuovi consigli di indirizzo e vigilanza e comunque non oltre il 30 settembre 2013.

2. Gli obiettivi di risparmio rivenienti dalle misure di razionalizzazione organizzativa dell'INPS e dell'INAIL di cui all'articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre 2011, n. 183, in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 1, comma 403, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono incrementati di ulteriori 150.000 euro per l'anno 2013, per la copertura delle spese di funzionamento conseguenti alla proroga dei consigli di indirizzo e vigilanza dei medesimi enti disposta dal presente articolo.


 

 

L’articolo 36 prevede la proroga degli incarichi dei componenti dei consigli di indirizzo e vigilanza dell’I.N.P.S. e dell’I.N.A.I.L., operanti alla data del 30 aprile 2013, fino alla costituzione dei nuovi consigli di indirizzo e vigilanza e comunque non oltre il 30 settembre 2013 (comma 1).

La scadenza naturale dei richiamati organi di entrambi gli istituti è stata il 2 gennaio 2013, secondo quanto previsto dal D.P.C.M. del 2 gennaio 2009; tale termine è stato già prorogato al 30 aprile 2013 dall’articolo 1, comma 402, della L. n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013).

Più specificamente, il comma 1 dispone la proroga del richiamato termine di scadenza, nelle more del completamento del processo di riordino degli enti previdenziali (di cui all’articolo 7, commi 1-14, del D.L. n. 8/2010, che ha portato alla soppressione, dal 31 maggio 2010, di IPSEMA, ISPESL - con relativo trasferimento di funzioni e personale all’INAIL - e IPOST - con relativo trasferimento di funzioni e personale all’INPS, nonché dell’ENAM - con relativo passaggio di funzioni e personale all’INPDAP-, nonché dell’ulteriore processo di riordino di cui all’articolo 21, comma del D.L. n. 201/2011 che ha disposto la soppressione dal 1° gennaio 2012 di INPDAP ed ENPALS, con relativo trasferimento funzioni e personale all’INPS), al fine di garantire la continuità dell'azione amministrativa e gestionale, nonché il rispetto dei prescritti adempimenti di natura contabile, economica e finanziaria.

 

Il successivo comma 2 dispone che gli obiettivi di risparmio rivenienti dalle misure di razionalizzazione organizzativa dell'INPS e dell'INAIL di cui all'articolo 4, comma 66, della legge di stabilità 2012 (L. n. 183/2011), siano incrementati, in aggiunta a quanto disposto dall’articolo 1, comma 403, della L. n. 228/2012, di ulteriori 150.000 euro per il 2013 (per uno stanziamento complessivo pari quindi a 300.000 euro). Tali disponibilità sono destinate per le spese di funzionamento conseguenti alla proroga dei CIV degli enti stessi, ai sensi del precedente comma.

L’articolo 4, comma 66, della legge di stabilità 2012 ha previsto, allo scopo di concorrere al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica per gli anni 2012 e successivi, l’obbligo, per l’INPS, l’INPDAP e INAIL (nell’ambito della propria autonomia), di adottare specifiche misure di razionalizzazione organizzativa, al fine di ridurre le proprie spese di funzionamento in misura non inferiore all’importo complessivo, in termini di saldo netto, di 60 milioni di euro per l’anno 2012, 10 milioni di euro per l’anno 2013 e 16,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014.


 

Articolo 37
(Zone a burocrazia zero)

 


1. Fermo restando quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri burocratici per le imprese, le convenzioni di cui all'articolo 12 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, possono essere sottoscritte dai soggetti sperimentatori entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. Le attività di sperimentazione di cui al citato articolo 12 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, sono estese a tutto il territorio nazionale, anche ai fini della definizione delle modalità operative per la creazione di un sistema integrato di dati telematici tra le diverse amministrazioni e i gestori di servizi pubblici e di servizi per la pubblica utilità.

3. I soggetti sperimentatori individuano e rendono pubblici sul loro sito istituzionale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i casi in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza è sostituito da una comunicazione dell'interessato.

3-bis. Si intendono non sottoposte a controllo tutte le attività delle imprese per le quali le competenti pubbliche amministrazioni non ritengono necessarie l'autorizzazione, la segnalazione certificata di inizio attività, con o senza asseverazioni, ovvero la mera comunicazione. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale l'elenco delle attività soggette a controllo. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al presente comma.

4. Il Ministero dello sviluppo economico promuove l'accesso alle informazioni, comprese quelle di cui al comma 3, tramite il proprio sito istituzionale.

Il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, predispone, altresì, un Piano nazionale delle zone a burocrazia zero e ne monitora costantemente l'attuazione pubblicando sul proprio sito una relazione trimestrale.

5. Le attività di cui al comma 2 non sono soggette a limitazioni, se non quando sia necessario tutelare i principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell'uomo e l'utilità sociale, il rispetto della salute, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale.

6. Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

L’articolo 37, modificato nel corso dell’esame parlamentare, interviene nella materia della semplificazione degli oneri burocratici delle imprese. Tale materia è oggetto di una normazione che negli ultimi anni è stata particolarmente copiosa e ha prodotto una stratificazione di disposizioni la cui lettura coordinata risulta non sempre agevole.

L’articolo in esame non sembra apportare modifiche sostanziali al suddetto quadro normativo, esplicitamente ribadendo che resta fermo “quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi delle imprese”.

In particolare l’oggetto dell’intervento sono i percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese, attivati tramite lo strumento delle convenzioni di cui all’articolo 12 del decreto-legge 9 febbraio, 2012. n. 5. Inoltre il comma 3-bis prevede norme in materia di semplificazioni dei controlli sulle imprese.

La rubrica dell’articolo fa riferimento alla possibilità, prevista dall’art. 37-bis del D.L. n. 179/2012, di individuare, nell’ambito delle attività sperimentali, “zone a burocrazia zero”, nelle quali provare forme di deregulation controllata ed utilizzare le risorse previste per le zone franche urbane disagiate.

 

Con riguardo alle convenzioni, il comma 1 prevede che i soggetti sottoscrittori possono stipularle entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame.

 

Il comma 2 attiene alle attività sperimentali di semplificazione attivate con le convenzioni sopra citate, per le quali si prevede l’estensione a tutto il territorio nazionale. La finalità dell’estensione è quella di creare un sistema integrato di dati telematici tra le diverse amministrazioni e i gestori di servizi pubblici e di servizi per la pubblica utilità. Inoltre il comma 5 prevede che tali attività siano soggette a limitazioni quando sia necessario tutelare i principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell'uomo e l'utilità sociale, il rispetto della salute, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale

 

Secondo i dati forniti nella Relazione che il Governo, allo scadere della XVI legislatura, ha presentato alle Camere in materia di “Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi delle imprese” (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, comma 3 del D.L. n. 1 del 2012) le sperimentazioni in corso alla data del 25 marzo 2013 sono le seguenti:

a)    Regione Abruzzo, Comuni della Regione e altre amministrazioni: Attuazione SUAP;

b)    Regione Sicilia, Comuni della Regione e altre amministrazioni: modulistica standardizzata per riforma SUAP;

c)    Regione Toscana, Comuni della Regione e altre amministrazioni: modello procedurale unificato per la conferenza di servizi telematica;

d)    Regione Veneto, Comuni della Regione, altre amministrazioni e Unioncamere Veneto: regime SUAP telematico;

e)    Provincia di Potenza, Comuni della provincia ed altre amministrazioni: informatizzazione del procedimento e “zone a burocrazia zero”.

 

Il comma 3 prevede che i soggetti sperimentatori individuano e rendono pubblici sul loro sito istituzionale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i casi in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza sia sostituito da una comunicazione dell’interessato.

 

Il comma 3-bis prevede che tutte le attività delle imprese per le quali le competenti pubbliche amministrazioni non ritengano necessarie l'autorizzazione, la segnalazione certificata di inizio attività, con o senza asseverazioni, ovvero la mera comunicazione non siano sottoposte a controllo. Inoltre è previsto che le pubbliche amministrazioni siano tenute a pubblicare sul proprio sito istituzionale l'elenco delle attività soggette a controllo. Infine, è previsto l’obbligo di adeguamento degli ordinamenti alle disposizioni di cui ai precedenti periodi, per le Regioni e gli enti locali.

 

Il comma 4 prevede nuovi compiti per il Ministero dello sviluppo economico:

§      promuovere l’accesso alle informazioni, comprese quelle in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza sia sostituito da una comunicazione dell’interessato, tramite il proprio sito istituzionale;

§      predisporre, d’intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione un Piano nazionale delle zone a burocrazia zero e monitorarne costantemente l’attuazione pubblicando sul proprio sito una relazione trimestrale.

 

Il comma 6 prevede una clausola di salvaguardia secondo la quale agli adempimenti di cui al presente articolo, presumibilmente i nuovi compiti assegnati al MISE, si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica


 

Articolo 38
(Disposizioni in materia di prevenzione incendi)

 


1. Gli enti e i privati di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, sono esentati dalla presentazione dell'istanza preliminare di cui all'articolo 3 del citato decreto qualora già in possesso di atti abilitativi riguardanti anche la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio, rilasciati dalle competenti autorità.

2. Fermo restando quanto previsto al comma 1, i soggetti di cui al medesimo comma presentano l'istanza preliminare di cui all'articolo 3 e l'istanza di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011 entro tre anni dalla data di entrata in vigore dello stesso.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 38 semplifica gli adempimenti di prevenzione incendi per i soggetti responsabili delle c.d. nuove attività (attività assoggettate alla disciplina di prevenzione incendi solo in seguito all’emanazione del D.P.R. n. 151/2011) richiamate dall’art. 11, comma 4, del D.P.R. n. 151/2011.

La semplificazione consiste nell’esenzione dalla presentazione dell’istanza preliminare - prevista dall’art. 3 del D.P.R. n. 151/2011 per le sole attività di categoria B e C - per i progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche comportanti un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. Tale esenzione opera qualora i soggetti responsabili siano già in possesso di atti abilitativi riguardanti anche la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio, rilasciati dalle competenti autorità.

 

Per comprendere le terminologie fin qui utilizzate è necessario chiarire i punti salienti della nuova disciplina dettata dal Regolamento di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi di cui al D.P.R. n. 151/2011.

Con l’emanazione del D.P.R. n. 151/2011 le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi sono state suddivise in tre categorie (A, B e C), in ragione del loro grado di pericolosità, elencate nell'allegato I al medesimo decreto e assoggettate a una disciplina differenziata.

Rientrano nella categoria A le attività poco rischiose, mentre le categorie B e C riguardano attività con livelli di rischio medio-alti; solo per queste ultime categorie il decreto prevede (all’art. 3) l’obbligo del parere di conformità, da parte del Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente, sui progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.

Rispetto all’elenco di attività previsto dalla normativa previgente (recata dal D.M. 16 febbraio 1982), il nuovo elenco di cui all’allegato I del D.P.R. n. 151 prevede l’assoggettamento alla disciplina di prevenzione incendi ad attività non precedentemente contemplate. Le nuove attività introdotte si riferiscono essenzialmente[116] a:

§       infrastrutture di trasporto a elevato rischio (aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime, con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 m2; metropolitane in tutto o in parte sotterranee; interporti con superficie superiore a 20.000 m2; gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 metri e ferroviarie superiori a 2.000 metri[117]);

§       grandi complessi per il terziario (edifici e/o complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica con presenza di persone superiore a 300 unità, ovvero di superficie complessiva superiore a 5.000 m2, indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla relativa diversa titolarità);

§       demolizioni di veicoli e simili con relativi depositi, di superficie superiore a 3.000 m2;

§       strutture turistico-ricettive all'aria aperta (campeggi, villaggi turistici, ecc.) con capacità ricettiva superiore a 400 persone.

 

Relativamente al citato comma 4 dell’art. 11 del D.P.R. n. 151/2011 si ricorda che esso reca una disposizione transitoria in base alla quale gli enti e i privati responsabili delle nuove attività introdotte all'Allegato I, esistenti alla data di pubblicazione del regolamento (pubblicato nella G.U. 22 settembre 2011, n. 221), devono espletare gli adempimenti prescritti dal decreto non immediatamente, ma entro 2 anni dall’entrata in vigore del medesimo regolamento, vale a dire entro il 7 ottobre 2013.

Tale termine, inizialmente fissato al 7 ottobre 2012, è stato prorogato di un anno dall’art. 7, comma 2-bis, del D.L. n. 83/2012.

Per quanto riguarda gli adempimenti prescritti dal D.P.R. n. 151/2011 essi possono essere schematicamente sintetizzati come segue, a seconda della categoria di rischio dell’attività:

 

Categoria di attività

Istanza preliminare per ottenere il parere di conformità (art. 3 D.P.R. 151/2011)

Istanza per l’ottenimento del certificato di prevenzione incendi (CPI), tramite segnalazione certificata di inizio attività- SCIA (art. 4 D.P.R. n. 151/2011)

A

NO

B

C

 

Il comma 2 proroga di un ulteriore anno, vale a dire al 7 ottobre 2014, il termine per l’assolvimento degli adempimenti prescritti dagli articoli 3 e 4 del D.P.R. n. 151/2011, da parte dei soggetti responsabili delle c.d. nuove attività, ferma restando l’esclusione disposta dal comma 1 dell'articolo in commento.


 

Articolo 39
(
Uso individuale dei beni culturali,
autorizzazione paesaggistica, ARCUS
)

 


1. Al Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 106, comma 2, la parola: «soprintendente» è sostituita dalla seguente: «Ministero»;

b) all'articolo 146:

1) al comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Qualora i lavori siano iniziati nel quinquennio, l'autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi.»;

2) al comma 5, secondo periodo, le parole: «e, ove non sia reso entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti, si considera favorevole» sono sostituite dalle seguenti: «ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione»;

[3) al comma 9, i primi tre periodi sono sostituiti dal seguente: «Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione.».]

1-bis. I commi da 24 a 30 dell'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono abrogati.

1-ter. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla revisione del regolamento di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 24 settembre 2008, n. 182, prevedendo anche la trasmissione al Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici dell'atto di indirizzo per la società Arcus Spa, annualmente emanato con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici ha facoltà di proporre osservazioni entro trenta giorni dalla ricezione dell'atto di indirizzo. Lo schema del decreto recante l'atto di indirizzo è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. I pareri sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 39 reca modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004) in tema di uso individuale dei beni culturali e di autorizzazione paesaggistica.

Durante l’esame parlamentare, inoltre, è stata inserita l’abrogazione delle disposizioni che avevano previsto la messa in liquidazione, dal 1° gennaio 2014, della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo - ARCUS Spa ed è stata prevista la revisione del D.M. n. 182/2008, con il quale sono stati dettati criteri e modalità per l’utilizzo degli stanziamenti previsti per le infrastrutture, destinati ai beni e alle attività culturali.

 

In particolare, il comma 1, lett. a), novella l’art. 106 del D.Lgs. n. 42/2004 affidando al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la determinazione - che, in base all’articolo citato, spettava al soprintendente - del canone per la concessione in uso, a singoli richiedenti, di beni in consegna al medesimo Ministero.

La relazione illustrativa evidenziava che si tratta di un chiarimento del quadro normativo vigente, poiché, in base all’art. 17, co. 3, lett. l), del D.P.R. n. 233/2007, recante regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, la competenza a concedere in uso i beni culturali in consegna allo stesso Ministero spetta al direttore regionale e non al soprintendente.

 

L’art. 106 del D.Lgs. n. 42/2004 dispone che lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono concedere a singoli richiedenti l’uso dei beni culturali che hanno in consegna, purché per finalità compatibili con la loro destinazione culturale (ad esempio, un immobile può essere concesso ad una università, purché ne faccia sede di conferenze e di studio). Per i beni in consegna al Ministero, la determinazione del canone (secondo gli indirizzi dettati dall’art. 108) era rimessa dal codice al soprintendente.

 

Il comma 1, lettera b), che novella i commi 4 e 5 dell’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, modifica il termine di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica e incide sul procedimento amministrativo di rilascio della medesima autorizzazione. In particolare, la lettera b):

§      aggiunge un periodo al comma 4 dell’articolo 146, estendendo l’efficacia quinquennale dell’autorizzazione paesaggistica - nel caso di lavori iniziati nel quinquennio decorrente dalla data di rilascio dell’autorizzazione – a tutta la durata dei medesimi lavori (numero 1). Tale disposizione è già stata novellata dall’articolo 3-quater, comma 1, del D.L. n. 91/2013, convertito dalla legge n. 112/2013, al fine di introdurre un termine preciso per l’esecuzione dei lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica, Il testo vigente, in conseguenza della recente novella, prevede che i lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo.

Ai sensi del comma 4 dell’art. 146, l'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio. L'autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione.

§      modifica il secondo periodo del comma 5 dell’articolo 146 dimezzando da 90 a 45 giorni il termine per l’espressione del parere obbligatorio non vincolante del soprintendente, nell’ambito delle procedure di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, nel caso specifico in cui siano state approvate le prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati e sia stato positivamente verificato l’adeguamento degli strumenti urbanistici alle medesime prescrizioni. Decorso tale termine, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione (numero 2);

 

Nel corso dell’esame parlamentare, è stata soppressa, infine, la previsione di cui al comma 1, lettera b), numero 3), che sostituiva i primi tre periodi del comma 9 dell’articolo 146, stabilendo che, trascorso il termine di 45 giorni in assenza del parere vincolante del soprintendente, l'amministrazione competente provvedesse sulla domanda di autorizzazione.

I primi tre periodi del comma 9 dell’art. 146, che erano sostituiti dalla novella di cui al numero 3, prevedono che, in assenza del parere di cui al comma 8, l'amministrazione competente indica una conferenza di servizi - alla quale il soprintendente è tenuto a partecipare o a fare pervenire il parere scritto - che deve pronunciarsi entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione.

Ai sensi dell’art. 146, comma 8, il soprintendente rende il parere vincolante di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti.

 

I commi 1-bis e 1-ter, inseriti durante l’esame parlamentare, abrogano le disposizioni che avevano previsto la messa in liquidazione, dal 1° gennaio 2014, della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo - ARCUS Spa e avevano fissato la procedura di assegnazione al MIBAC della quota del Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali destinata ai beni e alle attività culturali, e prevedono la revisione del D.M. n. 182/2008.

In particolare, il comma 1-bis abroga i commi 24-30 dell’art. 12 del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012) che avevano disposto:

§      la messa in liquidazione dal 1° gennaio 2014 di ARCUS Spa, riportando nell'ambito dell'ordinaria gestione del MIBAC le attività ad essa demandate e con trasferimento al medesimo dicastero – che sarebbe subentrato anche in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già facenti capo alla società – di tutti i beni residuanti dalla liquidazione (commi 24, 27 e 28);

§      la nomina con decreto interministeriale di un commissario liquidatore, con durata in carica fino al 31 dicembre 2014. Al commissario era stata affidata, in particolare, la messa in liquidazione e il completamento esclusivamente delle attività in corso di svolgimento, affidate ad ARCUS ai sensi dell’art. 60, comma 4, della L. n. 289/2002, per le quali fossero sorti obblighi giuridicamente vincolanti nei confronti di terzi o fossero già stati individuati con decreti interministeriali interventi e beneficiari e fossero già stati contratti i relativi mutui (commi 25 e 26);

§      la novella dell’art. 32, co. 16, del D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011), in base alla quale era stato introdotto il termine finale del 2016 per l’assegnazione di una quota del 3% del Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali (di cui al co. 1 del medesimo art. 32) alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali (comma 29).

Al riguardo, la relazione illustrativa del D.L. n. 98/2011 (A.S. 3396), esplicitato che il Fondo in questione era destinato a cessare a tale data ove non rifinanziato per le annualità successive, chiariva che, al termine del 2016, sarebbe tornato ad essere operativo il meccanismo di finanziamento previsto dall’art. 60, co. 4, della L. n. 289/2002 (v. infra);

§      l’assegnazione della quota del 3% del Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali al MIBAC per la destinazione alla realizzazione di progetti per i beni e le attività culturali di assoluta rilevanza nazionale e internazionale, nonché alla realizzazione di infrastrutture destinate alla valorizzazione e alla fruizione di detti beni (comma 30).

Al riguardo si evidenzia che l’abrogazione disposta dal comma 1-bis in esame non fa venir meno il termine del 2016 per la destinazione della quota suddetta alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali, che resta prevista dal testo vigente dell’articolo 32, comma 16, del D.L. 98/2011.

 

In relazione alle previsioni relative alla liquidazione di Arcus, si vedano le argomentazioni rese dal Ministro per i beni e le attività culturali nel corso di una apposita audizione svolta presso la 7a Commissione del Senato il 13 giugno 2012.

 

Il comma 1-ter dispone che con decreto interministeriale (Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze) si provvede alla revisione del D.I. 24 settembre 2008, n. 182 (v. box), prevedendo la trasmissione dell’atto di indirizzo annuale per ARCUS al Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, il quale ha facoltà di proporre osservazioni entro 30 giorni dalla ricezione.

Dispone, inoltre, che lo schema dello stesso atto di indirizzo è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. I pareri devono essere espressi entro 30 giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto contenente l’atto di indirizzo può essere adottato.

In base alla formulazione letterale, dunque, al Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici sarà trasmesso l’atto di indirizzo e non lo schema dello stesso. Pertanto, il parere delle Camere sarà reso senza poter tenere conto delle eventuali osservazioni dello stesso Consiglio.

 

Il comma 1-ter contiene, infine, la clausola di invarianza finanziaria.

 

ARCUS Spa è stata istituita dall’art. 2 della L. n. 291/2003 (che ha sostituito l’art. 10 della L. 352/1997, con il quale il Ministro era stato autorizzato alla costituzione della SIBEC Spa -Società italiana per i beni culturali-, mai divenuta operativa) per il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo degli interventi per la tutela dei beni culturali e per le attività culturali e lo spettacolo. La medesima disposizione ha previsto che annualmente il Ministro per i beni e le attività culturali presenta al Parlamento una relazione sull’attività svolta dalla società (si veda, da ultimo, con riferimento all’anno 2012, il Doc. CLXVI, n. 4). Il controllo sulla gestione finanziaria della società è esercitato dalla Corte dei conti.

Sempre ai sensi dell’art. 10 della L. n. 352/1997, per lo svolgimento delle sue funzioni la società può contrarre mutui a valere sulle risorse da individuare ai sensi dell’art. 60, co. 4, della L. n. 289/2002 (L. finanziaria 2003), nei limiti delle quote già preordinate come limiti d’impegno, secondo criteri definiti da un regolamento del Ministro per i beni e le attività culturali, emanato di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 60, co. 4, della L. n. 289/2002 ha riservato il 3% degli stanziamenti per le infrastrutture ad interventi a favore dei beni e delle attività culturali rinviando, per la definizione dei criteri di utilizzo e destinazione di tale quota, ad un regolamento interministeriale che è stato adottato - dopo una fase transitoria - con il D.I. 24 settembre 2008, n. 182, entrato in vigore il 3 dicembre 2008.

Ai sensi del D.I. n. 182/2008, entro il 31 gennaio di ciascun anno il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il MEF, sentito il MiBAC, individua gli stanziamenti per le infrastrutture per i quali va calcolato il 3% da destinare a interventi a favore dei beni e delle attività culturali; a sua volta, il Ministro dell'economia e delle finanze, d’intesa con i Ministri interessati e sentito il Ministro per i beni e le attività culturali, individua gli ulteriori stanziamenti per infrastrutture iscritti in stati di previsione diversi da quello del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per i quali va parimenti calcolato il 3% per interventi a favore dei beni e delle attività culturali. Gli interventi ammessi al finanziamento sono inclusi in un apposito programma annuale, approvato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Entro il 28 febbraio di ciascun anno, con atto di indirizzo dei Ministri per i beni e le attività culturali e delle infrastrutture e trasporti, sono indicati gli obiettivi di interesse e i criteri per la selezione degli interventi nell'ambito di specifiche finalità (sostegno e riqualificazione del patrimonio culturale per un importo non inferiore al 50% delle risorse disponibili; interventi di tutela paesaggistica per un importo non inferiore al 30% delle risorse disponibili; interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo per un importo non superiore al 20% delle risorse disponibili; assicurare idonee forme di compartecipazione di altri soggetti pubblici o privati per l’integrazione delle risorse finanziarie necessarie). Le proposte di intervento devono pervenire ad ARCUS Spa. Il programma degli interventi finanziabili è approvato entro il 30 giugno di ciascun anno. Il MIBAC presenta annualmente al Parlamento una relazione sugli interventi realizzati.

 

In seguito, l’articolo 32, comma 16, del D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011) ha destinato alla spesa per la tutela e gli interventi a favore di beni e attività culturali, a decorrere dal 2012, una quota fino al 3% del Fondo infrastrutture stradali e ferroviarie - istituito dal co. 1 dello stesso articolo nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione di € 930 mln per il 2012 e di € 1000 mln per gli esercizi dal 2013 al 2016 -, disponendo che l’assegnazione è disposta con delibera CIPE, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze. Al CIPE medesimo viene trasmessa annualmente dal Ministro per i beni e le attività culturali una relazione sullo stato di attuazione degli interventi finanziati.

Il comma 16 ha, altresì, previsto che, a partire dal 2012, il citato 3% è definito esclusivamente nei nuovi termini previsti.

 


 

Articolo 40, comma 1
(Riequilibrio finanziario dello stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo)

 


1. All'articolo 2, comma 8, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, dopo le parole: «Soprintendenze speciali ed autonome,» sono aggiunte le seguenti: «nonché il reintegro degli stanziamenti di bilancio dello stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,» e dopo le parole: «impegni già presi su dette disponibilità» sono aggiunte le seguenti «, o versamenti all'entrata del bilancio dello Stato, per i quali il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato con propri decreti ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio, ai fini della loro riassegnazione, in aggiunta agli ordinari stanziamenti di bilancio, allo stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l'attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.». Restano fermi, inoltre, gli obblighi di versamento all'entrata del bilancio dello Stato di cui all'articolo 4, comma 85, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 40, comma 1, prevede la possibilità che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo versi all’entrata del bilancio dello Stato risorse disponibili nei conti di tesoreria delle Soprintendenze dotate di autonomia speciale, per la successiva riassegnazione allo stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in aggiunta agli ordinari stanziamenti di bilancio, per l’attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

 

In particolare, l’art. 40, comma 1, novella l’art. 2, comma 8, del D.L. n. 34/2011 (L. n. 75/2011) - che aveva consentito al Ministro per i beni e le attività culturali di provvedere, in deroga al regime ordinario (di cui all’art. 4, comma 3, del D.P.R. n. 240/2003[118]), con proprio decreto, a trasferire risorse tra le disponibilità giacenti sui conti di tesoreria delle Soprintendenze dotate di autonomia speciale (individuate dall’art. 15, comma 3, lett. a-f), del D.P.R. n. 233/2007)[119], al fine di assicurarne l'equilibrio finanziario, comunque assicurando l’assolvimento degli impegni già presi sulle disponibilità suddette -, disponendo che il Ministro possa anche versare le stesse risorse all’entrata del bilancio dello Stato. Per tali versamenti il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio, affinché gli stessi introiti siano riassegnati, a fini di reintegro e in aggiunta agli ordinari stanziamenti di bilancio, allo stato di previsione della spesa del MIBACT per l’attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

 

L’ultimo periodo del comma in esame mantiene fermi, in ogni caso, gli obblighi di versamento all’entrata del bilancio dello Stato previsti dall’art. 4, comma 85, della L. n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), poi modificato dall’art. 1, comma 78, della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013). In materia è, poi, intervenuto anche l’art. 11, comma 12, del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013).

 

L’art. 4, comma 85, della L. n. 183/2011, come modificato dall’art. 1, comma 78, della L. n. 228/2012, dispone che, le somme giacenti, alla data di entrata in vigore della stessa L. n. 183/2011, nelle contabilità speciali intestate ai capi degli Istituti centrali e periferici del Ministero, compresi gli Istituti dotati di autonomia speciale, di cui all’art. 15, comma 3, del DPR 233/2007[120], per la gestione dei fondi loro assegnati in applicazione dei piani di spesa per la realizzazione di interventi nel settore dei beni culturali (sull’argomento si veda, nel dossier del Servizio Studi n. 708/4 del 31 gennaio 2013, la scheda di lettura relativa all’art. 1, comma 78, della L. 228/2012), con priorità per quelle accreditate fino al 31 dicembre 2006, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, rispettivamente per un importo pari a 60,4 milioni di euro entro il 30 giugno 2012 e a 10 milioni di euro entro il 30 giugno 2013, previa individuazione con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Segretario generale[121].

Da ultimo, i commi 9 e 11 dell’art. 11 del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013) hanno disposto, rispettivamente, che:

§       fino a 25 milioni di euro per il 2013 provenienti dalle disponibilità giacenti, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, sulle contabilità speciali sopra indicate, sono utilizzati per concedere anticipazioni finanziarie alle fondazioni lirico-sinfoniche che versano in una situazione di carenza di liquidità tale da pregiudicare la gestione ordinaria;

§       3,5 milioni di europer gli anni 2013 e 2014[122]”, provenienti dalle stesse disponibilità, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del MIBACT per sostenere gli enti che operano nel settore dei beni e delle attività culturali.

Il co. 12 ha, peraltro, tenuto fermo l’obbligo di completamento dei versamenti di cui all’art. 4, co. 85, della L. 183/2011, secondo una modulazione temporale pari a 2 milioni di euro per l'anno 2013 e a 8,6 milioni di euro annui per il periodo 2014-2018.


 

Articolo 40, comma 1-bis
(Fondazioni culturali)

 

1-bis. L'articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, si interpreta nel senso che alle fondazioni, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle nome in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti.

 

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca una norma di interpretazione autentica (con effetto, pertanto, retroattivo) dell’articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge n. 64/2010, al fine di chiarire che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di contratti di lavoro a termine.

 

Si ricorda che già con il D.Lgs. n. 367 del 1996 è stata prevista la trasformazione obbligatoria in fondazioni di diritto privato degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, per eliminare rigidità organizzative e creare disponibilità di risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo. Più recentemente il D.L. n. 345/2000 (L. n. 6/2001) ha disciplinato la trasformazione di tali enti in fondazioni lirico-sinfoniche (complessivamente, 14).

In attesa di una riforma organica, da ultimo, il D.L. n. 64/2010 (L. n. 100/2010) ha previsto uno o più regolamenti di delegificazione ai fini della revisione dell’assetto ordinamentale e organizzativo di tali fondazioni.

In particolare, l’articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge n. 64/2010, prevede che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, continua ad applicarsi l'articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426[123], anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.

Il contratto di lavoro a tempo determinato è disciplinato dal decreto legislativo 368/2001, adottato in attuazione della direttiva 1999/70/CE 28 giugno 1999 (relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato) che ha riformato interamente la disciplina dell'apposizione del termine al contratto di lavoro, abrogando la precedente normativa in materia (L. n. 230/1962, articolo 8-bis del D.L. n. 17/1983, articolo 23 della L. n. 56/1987. Con tale provvedimento è stata modificata profondamente la precedente impostazione normativa (in base alla quale il rapporto di lavoro a termine era vietato, tranne nei casi tassativi indicati dalla legge e dai contratti collettivi) ammettendo di regola il contratto a tempo determinato, salvo i casi in cui è espressamente vietato. Su tale impianto normativo è successivamente intervenuta la L. n. 247/2007, che ha modificato il D.Lgs. n. 368/2001 stabilendo, in primo luogo, che il contratto di lavoro subordinato sia stipulato normalmente a tempo indeterminato, nonché un limite massimo di durata (pari a 36 mesi, comprensivo di proroghe e rinnovi), nell'ipotesi di successione di contratti a termine, oltre il quale il contratto si considera a tempo indeterminato. Da ultimo, sulla materia sono intervenute la legge n. 92/2012 (di riforma del mercato del lavoro) e l’articolo 7 del decreto-legge n. 76/2013.

Per quanto concerne, in particolare, il profilo oggetto della disposizione in commento, l’articolo 5 del D.Lgs. n. 368/2001 (modificato sostanzialmente dall’articolo 1, comma 9, della L. n. 92/2012), prevede che nel caso in cui il rapporto di lavoro continui dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro sia tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato (a decorrere dalla scadenza dei predetti termini).

 

Si ricorda, infine, che ulteriori disposizioni in materia sono contenute nell’articolo 11 del D.L. n. 91/2013[124], il quale reca disposizioni volte al risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che versano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale, nonché disposizioni per il sostegno finanziario agli enti che operano nel settore dei beni e delle attività culturali.



[1]     L’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 102/2013 ha, in particolare, rimodulato la dotazione complessiva del Fondo per assicurare liquidità per pagamenti certi liquidi ed esigibili degli enti territoriali, che passa dagli originari 9.327,9 milioni per il 2013 e 14.527,9 milioni per il 2014 a 16.546,6 milioni per il 2013 e a 7.309,4 milioni nel 2014.

[2]     Si noti infine, che il medesimo articolo 13 del D.L. n. 102/2013, ha disposto, al comma 8, un incremento della dotazione complessiva del Fondo anticipazioni liquidità per 7,2 miliardi di euro, destinando tale incremento “ad ulteriori pagamenti” da parte delle Regioni e degli enti locali di debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, demandando però ad un successivo decreto ministeriale, da adottarsi entro il 28 febbraio 2014, la definizione del riparto delle suddette risorse tra le tre Sezioni in cui il Fondo è articolato.

[3]     La quota di anticipazioni relativa al 2013 è stata già ripartita tra le regioni e le province autonome (nella misura massima prevista di 5 miliardi) con i decreti direttoriali del 16 aprile 2013. e del 2 luglio 2013.

[4]     Il D.M. (MiSE) del 6 luglio 2012 riguardante l’incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici definisce bioliquidi sostenibili i combustibili liquidi ottenuti dalla biomassa che rispettano i requisiti di sostenibilità di cui all’ articolo 38 del decreto legislativo n. 28 del 2011.

[5]     Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

[6]     Il testo completo delle Linee-guida dell’OCSE è consultabile all’URL

http://www.oecd.org/daf/inv/mne/MNEguidelinesITALIANO.pdf.

[7]     Il testo completo della risoluzione è disponibile all’URL

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2011-0141+0+DOC+XML+V0//IT.

[8]     http://www.coesioneterritoriale.gov.it/monitoraggio-spesa-certificata-31-maggio-2013-italia-40/

[9]     Con la riduzione del cofinanziamento, consentita da un livello medio di cofinanziamento nazionale in Italia assai superiore rispetto a quello fissato dai regolamenti comunitari, si è infatti, corrispondentemente, ridotto l'ammontare complessivo delle spese da certificare a Bruxelles, ferme restando le risorse comunitarie attribuite e quindi rimborsabili, riducendo così la pressione temporale sulla spesa (e i correlati rischi di disimpegno per i Programmi maggiormente in ritardo).

[10]    Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006, recante le disposizioni generali sui Fondi strutturali.

[11]    Bruxelles, 29.5.2013, COM(2013) 362 final.

[12]    Come ribadito dal Ministro Trigilia nel corso dell’audizione tenuta il 12 giugno scorso presso le Commissioni V e la XIV, tale convincimento è reso ancora più esplicito nella lettera che il Commissario europeo per la Politica Regionale, J. Hahn, ha inviato al Ministero per la coesione territoriale lo scorso 30 maggio, nella quale si fa riferimento alla necessità di rafforzare il ruolo nazionale e di accrescere la concentrazione delle risorse su pochi obiettivi ritenuti prioritari.

[13]    L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3., c.d. legge La Loggia.

[14]    L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (ex Sviluppo Italia) S.p.A, è una società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Ad essa è attribuito il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti.

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006, articolo 1, commi 460-464), oltre a mutarne la denominazione, ha operato un riassetto complessivo della società, attribuendo al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri.

[15]    Convertito, con modificazioni, nella legge n. 134/2012.

[16]    Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83.

[17]    A seguito di quanto stabilito con la delibera CIPE n. 41 del 2012 - che ha precisato che ai fini dell’attuazione degli interventi infrastrutturali indicati in precedenti delibere, nelle ipotesi nelle quali i soggetti attuatori siano costituiti da concessionari di pubblici servizi di rilevanza nazionale, si procede attraverso lo strumento del contratto istituzionale di sviluppo - sono stati sottoscritti i CIS relativi alla direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto e alla direttrice Salerno-Reggio Calabria, quello relativo alla ferrovia Palermo-Catania-Messina e quello relativo alla strada statale Sassari-Olbia.

[18]    Il contenuto minimo delle convenzioni è stato stabilito con delibera CIPE 6 agosto 1999, n. 145.

[19]    rispetto all’articolo 10 del testo A del provvedimento.

[20]    Per il contenuto dei rilievi del Garante si rinvia alla precedente edizione del dossier relativa al testo A del provvedimento.

[21]    Decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, recante Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

[22]    L’articolo 194 del TUEL disciplina il riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio degli enti locali, che avviene con deliberazione consiliare o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità.

[23]    Più in dettaglio, il citato comma 10 articola il Fondo per il pagamento dei debiti in tre distinte sezioni, denominate rispettivamente:

§       "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali;

§       “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari;

§       “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

[24]    L’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 102/2013 ha, in particolare, rimodulato la dotazione complessiva del Fondo per assicurare liquidità per pagamenti certi liquidi ed esigibili degli enti territoriali, che passa dagli originari 9.327,9 milioni per il 2013 e 14.527,9 milioni per il 2013 a 16.546,6 milioni per il 2013 e a 7.309,4 milioni nel 2014.

[25]    Si noti infine, che il medesimo articolo 13 del D.L. n. 102/2013, ha disposto, al comma 8, un incremento della dotazione complessiva del Fondo anticipazioni liquidità per 7,2 miliardi di euro, destinando tale incremento “ad ulteriori pagamenti” da parte delle Regioni e degli enti locali di debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, demandando però ad un successivo decreto ministeriale, da adottarsi entro il 28 febbraio 2014, la definizione del riparto delle suddette risorse tra le tre Sezioni in cui il Fondo è articolato

[26]    Dati del Ministero dell’economia e finanze contenuti nell’Aggiornamento sullo stato di attuazione del D.L. n. 35/2012.

Il testo del documento è disponibile sul sito istituzionale del MEF al seguente indirizzo

http://www.mef.gov.it/primo-piano/documenti/2013/Attuazione_sblocca_debiti_4_9.1.pdf

[27]    A valere sulle quali i medesimi enti hanno effettuato pagamenti ai creditori per 1.394 milioni di euro.

[28]    Si fa presente che, sulla base delle informazioni disponibili contenute nell’Aggiornamento sullo stato di attuazione del D.L. n. 35/2012 del 4 settembre 2013, dei complessivi originari 9,8 miliardi per il 2013 messi a disposizione sul Fondo, sono stati richieste e concesse risorse per 8,2 miliardi.

[29]    In base all’incremento di liquidità del Fondo anticipazioni disposto per il 2013 dal comma 1 dell’articolo 13, del D.L. n. 102/2013, il comma 2 del medesimo articolo ha stabilito che le anticipazioni di liquidità concesse da CDP (e già contrattualizzate) ai sensi del D.L. n. 35 possono essere erogate a saldo, nell'anno 2013, su richiesta dell'ente locale beneficiario.

In data 11 settembre 2013, è stato pertanto firmato tra CDP e MEF l’Atto Integrativo all’Addendum del 12 aprile 2013 e l’allegato Atto modificativo del Contratto tipo di anticipazione, che definisce i criteri e le modalità di accesso all’erogazione a saldo delle anticipazioni di liquidità concesse da CDP agli Enti locali. Il citato decreto del MEF autorizza tale erogazione.

[30]    Per le erogazioni relative all’anno 2013, il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni è pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro (BTP) a 5 anni in corso di emissione, rilevato dal MEF - Dipartimento del Tesoro all’8 aprile 2013 (data di pubblicazione del provvedimento in G.U.) e pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero. Per le erogazioni relative all’anno 2014, il tasso di interesse da applicare alle anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei BTP a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del MEF entro il 15 gennaio 2014.

[31]    Corrispondente al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione rilevato sul mercato regolamentato dei titoli di Stato - MTS al 30 agosto 2013 (tenuto conto che il 31 agosto 2013, data di pubblicazione del decreto - legge, non era giornata di contrattazioni).

[32]    Information and Communication Technology

[33]    Si ricorda che nell’ambito degli appalti pubblici, disciplinati dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), si distinguono i contratti «sopra soglia» e «sotto soglia», a seconda che abbiano ad oggetto affidamenti, rispettivamente, di importo superiore, ovvero inferiore a determinati valori (cd. soglie comunitarie). Agli appalti «sopra soglia» si applicano le direttive comunitarie, in particolare, la direttiva 2004/18/CE e la direttiva 2004/17/CE, e la normativa nazionale di recepimento contenuta nel Codice dei contratti, mentre agli appalti «sotto soglia» si applicano, oltre alle disposizioni della parte I (principi e disposizioni comuni), della parte IV (contenzioso) e della parte V (disposizioni di coordinamento, finali e transitorie) del Codice dei contratti, anche le disposizioni della parte II relative ai contratti pubblici nei settori ordinari, in quanto non derogate dalle norme di cui agli articoli da 121 a 124 del Codice concernenti specificamente gli appalti sotto soglia.

[34]    La disciplina delle procedure telematiche di acquisto dei beni e servizi della pubblica amministrazione era inizialmente contenuta nell’art. 11 del D.P.R. n. 101/2002, successivamente abrogato dal D.P.R. n. 207/2010.

[35]    Ai fini dell’esplicitazione del concetto di “strumenti di acquisto” si ricorda che – secondo quanto riportato dalla medesima Consip S.p.a. - costituiscono strumenti di acquisto, oltre che le citate convenzioni quadro, anche il mercato elettronico della Pubblica Amministrazione, gli accordi Quadro, il sistema Dinamico di Acquisizione della Pubblica Amministrazione e qualsiasi altra modalità di approvvigionamento messi a disposizione dei Soggetti aggiudicatori attraverso il Sistema di e-Procurement dal MEF, tramite Consip, per l’acquisto di beni e servizi attraverso modalità, in tutto o in parte, informatiche, ai sensi degli artt. 77 - in particolare commi 5 e 6 - e 85 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).

[36]    D.L. "Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia", convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

[37]    D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, conv. con modificazioni dalla L 17 dicembre 2012, n. 221.

[38]    http://servizidemografici.interno.it/it/cie/elenco-comuni-sperimentatori

[39]    http://servizidemografici.interno.it/sites/default/files/Decreto-22-aprile-2008.pdf. Inoltre, il decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, dell'8 novembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - supplemento ordinario - n. 261 del 9 novembre 2007, recante «Regole tecniche della carta d'identità elettronica» aveva, tra l'altro, determinato le nuove regole tecniche e di sicurezza della carta d'identità elettronica in attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 7-vicies ter della legge n. 43 del 2005.

[40]    D.L. 29 novembre 2008, n. 185, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale, conv. con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

[41]    D.P.C.M. 6 maggio 2009.

[42]    D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 17 dicembre 2012, n. 221.

[43]    Università di Urbino, Osservatorio nazionale FSE: il valore di una ricerca, I Meeting Nazionale "Il Fascicolo Sanitario Elettronico in Italia" 13/15 giugno 2013 - Monastero della Collina dei Camaldoli – Napoli. Consultabile all’indirizzo:

      http://www.assinteritalia.it/cms/media/files/Meeting%20FSE%20in%20Italia_Diffusione,%20Stato%20e%20Criticita_Prof_%20Moruzzi.pdf

[44]    Legge 13 luglio 1966, n. 559, recate “Nuovo ordinamento dell'Istituto Poligrafico dello Stato”.

[45]    In particolare, l'Istituto provvede alla stampa ed alla gestione, anche telematica della Gazzetta Ufficiale e della Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana; cura la stampa di pubblicazioni di carattere legislativo, di raccolte e di estratti di leggi e atti ufficiali e può pubblicare e vendere opere aventi rilevante carattere artistico, letterario, scientifico, ferme restando in materia le attribuzioni del Ministero per i beni e le attività culturali.

[46]   Si rinvia alla scheda 71 del 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che reca dati aggiornati al 30 settembre 2012.

[47]   Si rinvia alla scheda 87 del 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che reca dati aggiornati al 30 settembre 2012.

[48]   Si rinvia alla scheda 106 del 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che reca dati aggiornati al 30 settembre 2012.

[49]   Si rinvia alla scheda 57 del 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che reca dati aggiornati al 30 settembre 2012.

[50]    Risposta all’interrogazione n. 5/00336 di giovedì 13 giugno 2013 disponibile al link:

http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.asp?highLight=0&idAtto=2313&stile=8

[51]    Vedi la carta dei servizi di Strada dei Parchi S.p.A.

[52]    Per una descrizione delle principali caratteristiche dell’opera si rinvia alla scheda 105 del 7° Rapporto sullo stato di attuazione della “legge obiettivo”, predisposta dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che reca dati al 30 settembre 2012.

[53]    I 13 settori di intervento del Fondo sono sinteticamente i seguenti: Fondo per le politiche giovanili; Investimenti Gruppo Ferrovie; Contratto di programma con RFI; Professionalizzazione Forze armate; Partecipazione italiana a Banche e Fondi internazionali; Esigenze connesse alla celebrazione della ricorrenza del 4 novembre; Provvidenze alle vittime dell'uranio impoverito; Ulteriori esigenze dei Ministeri; Interventi per assicurare la gratuità parziale dei libri di testo scolastici; Unione italiana ciechi; Interventi di carattere sociale; Interventi di sostegno all’editoria e al pluralismo dell’informazione.

[54]    A tal fine, è stata autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007.

[55]    L’ultimo elenco degli enti ed organismo facenti parte del conto economico consolidato della P.A. è stato pubblicato dall’ISTAT nella G.U. n. 229 del 30 settembre 2013.

[56]    Si ricorda che il citato articolo 2, comma 1, del D.L. n. 174/2012, condiziona l’erogazione dei trasferimenti alle Regioni all’adozione da parte delle stesse di un insieme di misure di riduzione dei costi della politica, alcune già previste dalla normativa vigente. In particolare, la disposizione prevede che, a decorrere dal 2013, una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni – esclusi quelli destinati al finanziamento del servizio sanitario nazionale ed al trasporto pubblico locale - è erogata solo a condizione che la regione, con le modalità previste dal proprio ordinamento, adotti, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro l’8 giugno 2013 (sei mesi successivi all’8 dicembre 2012, data di entrata in vigore della legge n. 213/2012, di conversione del D.L. n. 174/2012) qualora occorra procedere a modifiche statutarie, una serie di misure di contenimento dei costi degli apparati politici. Tra tali misure, si ricordano la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali, la riduzione e il divieto di cumulo di indennità ed emolumenti percepiti dagli stessi, la pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo; la riduzione dei contributi ai gruppi consiliari.

[57]    Il D.Lgs. n. 88 del 2011 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42), conformemente al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, disciplina la destinazione delle risorse aggiuntive e l’effettuazione di interventi speciali, finalizzati alla promozione dello sviluppo economico e alla coesione sociale e territoriale, nonché alla rimozione degli squilibri economici e sociali. Il D.Lgs. n. 88/2011 individua gli strumenti procedurali idonei a creare le condizioni per rendere più efficace la politica di coesione e a stabilire le regole di programmazione per conseguire risultati più incisivi in materia di interventi speciali.

Si ricorda che l’articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale stabilisce i principi e criteri direttivi per l’attuazione del quinto comma dell’art. 119 della Costituzione, in base al quale si prevede che lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.

[58]    Nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

[59]    Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[60]    Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[61]    Approvata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

[62]    Per quanto riguarda il progetto del Ponte sullo Stretto, si segnala che l’opera è compresa nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui all’art. 1, comma 1, della L. 443/2001 (“legge obiettivo”). Per una descrizione delle caratteristiche dell’opera e dello stato di attuazione al 30 settembre 2012 si rinvia alla scheda n. 65 del 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” predisposta dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

[63]    Inoltre, il 31 gennaio 2013 è stato presentato, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Progetto definitivo della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino – Lione.

[64]    La prima fase è stata individuata nella sezione transfrontaliera compresa tra Susa, in Italia, e Saint-Jean-de-Maurienne, in Francia. Per quanto riguarda la ripartizione dei costi della sezione transfrontaliera, valutata in circa 8,5 miliardi di euro, l'Italia e la Francia forniranno il 60% dei finanziamenti (suddividendoli tra loro nella misura rispettivamente del 57,9% e del 42,1%) e l'Unione Europea il restante 40%. Le successive fasi funzionali, che dovranno essere regolate con successivi accordi, consisteranno, per quanto riguardo l’Italia, nella realizzazione di un tunnel di circa 19 km tra Susa e Chiusa San Michele.

[65]    Per approfondimenti in merito al progetto di collegamento internazionale Torino - Lione si rinvia alla scheda dell’opera tratta dal 7° Rapporto sullo stato di attuazione della "legge obiettivo" del Servizio Studi della Camera, presentato alla VIII Commissione (Ambiente) in data 19 dicembre 2012, che reca dati e informazioni al 30 settembre 2012

[66]    Per approfondimenti si veda la scheda n. 39 tratta dal 7° Rapporto sullo stato di attuazione della "legge obiettivo" del Servizio Studi della Camera, presentato alla VIII Commissione (Ambiente) in data 19 dicembre 2012, che reca dati e informazioni al 30 settembre 2012.

[67]    Le concessioni di lavori pubblici rientrano, tra l’altro, tra i contratti di partenariato pubblico e privato come definiti dal Codice ai sensi del comma 15-ter dell’articolo 3.

[68]    Si veda, in proposito, quanto rilevato nel focus dedicato al PPP e alle opere strategiche (vol. n. 392, pagg. 51-ss) contenuto nel 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e presentato all’VIII Commissione ambiente il 19 dicembre 2012.

[69]    L’articolo 144, comma 1, del Codice prevede che le stazioni appaltanti affidano le concessioni di lavori pubblici con procedura aperta o ristretta, utilizzando il criterio selettivo dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

[70]    Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 2003, n. 15.

[71]    Gazzetta Ufficiale 21 gennaio 2004, n. 16.

[72]    Gazzetta Ufficiale. 23 giugno 2008, n. 145.

[73]    Gazzetta Ufficiale 28 marzo 2009, n. 73.

[74]    D.L. 6 giugno 2012, n. 73, Disposizioni urgenti in materia di qualificazione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2012, n. 119.

[75]    All’origine ovvero a seguito di trattamenti aventi esclusivamente lo scopo della rimozione degli inquinanti, ad esclusione dei processi finalizzati alla immobilizzazione degli inquinanti stessi.

[76]    All'origine o a seguito di trattamenti finalizzati esclusivamente alla rimozione degli inquinanti, ad esclusione quindi dei processi finalizzati alla immobilizzazione degli inquinanti stessi quali solidificazione e stabilizzazione.

[77]    Vale a dire che presentino che presentino un sistema di impermeabilizzazione naturale o artificiale o completato artificialmente al perimetro e sul fondo in grado di assicurare requisiti di permeabilità equivalenti a quelli di uno strato di materiale naturale dello spessore di 1 metro con K minore o uguale a 1,0 x 10 - 9 m/s.

[78]    Nel testo originario del decreto erano previsti 40 giorni.

[79]    Si ricorda che i proventi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente, nonché i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o quelli derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere rientrano nella categoria di “redditi diversi” a fini IRPEF (articolo 67, comma 1 del TUIR), ove non costituiscano redditi di capitale, ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in qualità di lavoro dipendente. In rapporto alle predette attività, il reddito imponibile (articolo 71, comma 2 del TUIR) è costituito dalla differenza tra l'ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla produzione del reddito medesimo.

[80]    Per i dettagli relativi agli aumenti disposti dai decreti-legge nn. 78/2009 e 78/2010 si rinvia al paragrafo “Disciplina del canone annuo e del sovrapprezzo autostradale” del dossier “L’Anas e le concessioni autostradali” del 6 luglio 2011.

[81]    Le funzioni del RID, soppresso dai commi 170-171 dell’art. 2 del D.L. n. 262/2006, sono state assegnate alla Direzione Generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche e gli Uffici Tecnici per le dighe, istituita dal D.P.R. 211/2008 di riorganizzazione del MIT.

[82]    Si veda La relazione sullo stato di attuazione degli interventi urgenti per la messa in sicurezza delle grandi dighe (Doc. CXII n. 3, aggiornata al 29 febbraio 2012), presentata nella XVI Legislatura dal MIT per l’individuazione di tali dighe.

[83]    Proroga dello stato di emergenza in relazione alla messa in sicurezza delle grandi dighe di Zerbino e La Spina (Piemonte); Molinaccio (Marche); Pasquasia e Cuba (Sicilia); Gigliara Monte (Calabria); Figoi e Galano (Liguria), Muro Lucano (Basilicata); Muraglione, Montestigliano e Fosso Bellaria (Toscana); Sterpeto (Lazio); La Para e Rio Grande (Umbria).

[84]    L’art. 1, comma 69, della L.228/2012 (legge di stabilità 2013) ha novellato il citato comma 172 e, a decorrere dal 1° gennaio 2013, ha portato il contributo dei concessionari delle grandi dighe ad euro 2.500.000 per l'anno 2012, ad euro 2.673.000 per l'anno 2013, ad euro 3.172.000 per l'anno 2014 e pari a euro 3.184.000 annui a decorrere dal 2015, a favore del bilancio dello Stato.

[85]    “Disciplina dei criteri di determinazione del contributo annuo da parte dei concessionari di dighe per le attività di vigilanza e controllo svolte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti” e “Disciplina dei criteri di determinazione del diritto di istruttoria da parte dei richiedenti la concessione o dei concessionari, per le attività espletate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella fase di progettazione e costruzione di dighe”.

[86]    Si veda la scheda n. 193 del 7° Rapporto sullo stato di attuazione della “legge obiettivo” predisposta dal Servizio Studi della Camera dei deputati in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che reca dati ed informazioni al 30 settembre 2012.

[87]    Si veda la scheda n. 12 del 7° Rapporto sullo stato di attuazione della “legge obiettivo” predisposta dal Servizio Studi della Camera dei deputati in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che reca dati ed informazioni al 30 settembre 2012.

[88]    Si veda la scheda n. 15 del 7° Rapporto sullo stato di attuazione della “legge obiettivo” predisposta dal Servizio Studi della Camera dei deputati in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che reca dati ed informazioni al 30 settembre 2012.

[89]    Per elementi di dettaglio sullo stato di attuazione dell’opera, si veda la scheda n. 77 del 7° Rapporto sullo stato di attuazione della “legge obiettivo” predisposta dal Servizio Studi della Camera dei deputati in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che reca dati ed informazioni al 30 settembre 2012

[90]    Fonte Anas S.a.P.

[91]    Ai sensi dell’art. 1 del D.M. 1° febbraio 2006 (Norme di attuazione della L. 2 aprile 1968, n. 518, concernente la liberalizzazione dell'uso delle aree di atterraggio).

[92]    Relativamente al traffico ferroviario, il D.P.R. 18 novembre 1998, n. 459, relativamente alle emissioni sonore prodotte nello svolgimento delle attività motoristiche, il D.P.R. 3 aprile 2001, n. 304 e, relativamente al traffico veicolare, il D.P.R. 30 marzo 2004, n. 142.

[93]    Prima dell'avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici decretano o determinano di contrarre, in conformità ai propri ordinamenti, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte (art. 11, comma 2 del D.Lgs. n. 163/2006). In sostanza, la determina a contrarre è l’atto, di spettanza dirigenziale, con il quale la stazione appaltante, pubblica amministrazione, manifesta la propria volontà di stipulare un contratto, vedi anche l’approfondimento dell’AVCP.

[94]    Per un approfondimento sulle formule tariffarie in uso si rinvia al paragrafo 3.4 “Illustrazione generale del regime tariffario” dell’intervento dell'Amministratore unico dell'ANAS presso la Commissione VIII (audizione del 1° febbraio 2012).

[95]    Una semplice dimostrazione viene dalla lettura del citato paragrafo 3.4 “Illustrazione generale del regime tariffario” dell’intervento dell'Amministratore unico dell'ANAS, ove si legge che “per l’adeguamento relativo all’anno 2012, l’ANAS, a seguito delle verifiche e dei conteggi effettuati, non ha accolto, riducendole, undici proposte relative al parametro K (investimenti) formulate dai concessionari, avendo rilevato dagli atti contabili una minor spesa rispetto a quanto programmato dai piani finanziari”.

[96]    Sul punto sono state adottate Linee di indirizzo con D.M. 12 gennaio 2010, in base alla quali, in caso di termini procedimentali superiori a novanta giorni e comunque inferiori a centottanta giorni, le Amministrazioni dovranno fornire una motivazione puntuale, con riferimento a ciascuno dei singoli procedimenti per i quali esse ritengono di dover stabilire questo diverso e maggiore termine, con riferimento alle ragioni giustificatrici indicate dalla legge n. 69 del 2009 (sostenibilità dei tempi sotto il profilo della organizzazione amministrativa, natura degli interessi pubblici tutelati, particolare complessità del procedimento).

[97]    Si veda la decisione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'Unione europea del 14 giugno 2013.

[98]    I comizi elettorali per la elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il decreto di convocazione dei comizi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il cinquantesimo giorno antecedente quello della votazione (art. 7, commi 1° e 2°, L. 18/1979).

[99]    Si ricorda che l’articolo 873 del Codice civile, collocato nella sezione VI del Capo II del Titolo II del Libro III, dispone che le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri e che nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.

[100]  Il DURC è stato introdotto dal D.Lgs. 494/1996 per i cantieri temporanei o mobili laddove si è previsto che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, fosse tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva. Questa norma è ora riprodotta all’articolo 90 del D.Lgs. 81/2008. In seguito, tale obbligo è stato esteso dapprima alle ipotesi di imprese affidatarie di un appalto pubblico, tenute alla presentazione del documento alla stazione appaltante a pena di revoca dell'affidamento (articolo 2 del D.L. 210/2002) e, successivamente, per l’accesso da parte delle imprese ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie.

[101]  Si veda a riguardo il D.M. 24 ottobre 2007.

[102]  In tal senso l’articolo 39-septies, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti”, convertito in legge, con modificazioni dall'articolo 1, L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[103]  “Legge-quadro sul volontariato”.

[104]  In particolare, è stato disposto l’obbligo, per il datore di lavoro, nel caso in cui il volontario svolga la propria prestazione nell’ambito dell’organizzazione del datore stesso, di informare dettagliatamente il volontario sui rischi specifici esistenti negli ambienti di operatività nonché le misure si emergenza e prevenzione da adottare. Allo stesso tempo sussiste l’obbligo, sempre per il datore di lavoro, di eliminare o ridurre al minimo i rischi di interferenza tra prestazioni del volontario e le altre attività effettuate nell’ambito dell’organizzazione di lavoro.

[105]  Di cui alla L. 7 dicembre 2000, n. 383.

[106]  Di cui alla L. 16 dicembre 1991, n. 398, ed articolo 90 della L. 17 dicembre 2002, n. 289..

[107]  Si tratta dei direttori artistici e dei collaboratori tecnici che effettuino prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguano finalità dilettantistiche, coloro che esercitino direttamente attività sportive dilettantistiche in relazione al CONI, alle Federazioni sportive nazionali, all'UNIRE, agli enti di promozione sportiva ed a qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche a condizione che sia riconosciuto dagli organismi citati.

[108]  Per una disamina puntuale della disciplina del DUVRI si rimanda alle schede del Dossier del Servizio Studi n. 36 del 28 giugno 2013 (Volume I).

[109]  Il testo attuale non fa riferimento alle malattie professionali, alle attività dell’impresa appaltatrice e ai lavoratori autonomi e stabilisce che i requisiti richiesti siano quelli tipici di un preposto.

[110]  Per uomini-giorno deve intendersi l’entità presunta dei lavori, servizi e forniture rappresentata dalla somma delle giornate di lavoro necessarie all’effettuazione dei lavori, servizi o forniture considerata con riferimento all’arco temporale di un anno dall’inizio dei lavori. Si ricorda che in materia, a risposta dell’interrogazione 5-00221 (Fedriga) circa l’obbligo, dal 1° giugno 2013, anche per le aziende che occupino fino a 10 dipendenti, di essere in possesso del documento di valutazione dei rischi (di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f), del D.Lgs. 81/2008) non essendo più sufficiente l'autocertificazione a dimostrazione dell'avvenuta valutazione di tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro, il 25 giugno u.s., il Governo ha affermato che la ratio sottesa all'elaborazione delle procedure standardizzate “è stata proprio quella di predisporre uno strumento che il datore di lavoro potrà facilmente utilizzare per effettuare la valutazione dei rischi presenti nella sua azienda (e, conseguentemente, per predisporre le misure volte a eliminare o, quanto meno, ridurre tali rischi), senza ricorrere ad esperti della materia”, anche in virtù del fatto che oramai sono passati 5 anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008, e che “un ritorno all'istituto dell'autocertificazione per le piccole imprese presenta forti criticità di ordine comunitario atteso che il nostro Paese è stato, sul punto, espressamente diffidato dall'Unione europea la quale, in recenti interlocuzioni nell'ambito di progetti pilota (prodromici all'apertura di vere e proprie procedure di infrazione), ha chiaramente fatto intendere che non tollererà che gli Stati membri prevedano semplici dichiarazioni relative alla valutazione dei rischi”. Ad ogni modo, lo stesso governo ha evidenziato come l’articolo in esame contenga norme di semplificazione, quali appunto, quella sul DUVRI e quella sui cantieri nel caso di piccoli lavori.

[111]  La lettera g) è stata modificata (nel senso che il D.P.C.M. è emanato su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali) dall’articolo 32, comma 1, lettera 0b), del D.L. 69/2013.

[112]  Il testo attuale prevede che si faccia riferimento ai commi 5 e 6 dell’articolo 26, concernenti, rispettivamente, la valutazione dei rischi da interferenze e quella valutare dell’adeguatezza e sufficienza del valore economico dell’appalto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza.

[113]  Al riguardo si segnala che taluni aspetti critici connessi alla concreta applicazione della norma erano già stati evidenziati dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici nel Documento di consultazione del 2 agosto 2011.

[114]  Si veda l’articolo 9 del D.P.R. 601/1973.

[115]  D.L. 31 maggio 2010 n. 78 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n. 122) Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.

[116]  Per un’analisi approfondita delle nuove attività previste dal D.P.R. n. 151 si rinvia alla tavola di comparazione con le attività elencate nel D.M. 16 febbraio 1982 contenuta nell’allegato II al D.P.R. n. 151.

[117]  L’art. 55, comma 1-bis, del D.L. n. 1/2012 ha disposto che per le attività di cui al numero 80 dell'Allegato I al D.P.R. 151/2011, vale a dire “gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 metri e ferroviarie superiori a 2.000 metri”, i termini degli adempimenti restano rispettivamente disciplinati dal D.Lgs. n. 264/2006 e dal D.M. Infrastrutture e trasporti 28 ottobre 2005.

[118]  La previsione già recata dall’art. 2, comma 8, del D.L. n. 34/2011 era stata esplicitamente assunta (senza procedere a novella) in deroga a quanto disposto dall’art. 4, co. 3, del DPR n. 240/2003 recante il regolamento sul funzionamento amministrativo-contabile e sulla disciplina del servizio di cassa delle Soprintendenze dotate di autonomia gestionale, il quale pone un limite percentuale alle risorse attingibili dal Ministero.

In particolare, la disposizione citata prevede che il Ministro, al fine di consentire il riequilibrio finanziario nell’ambito delle Soprintendenze medesime, può disporre con proprio decreto, annualmente, che una quota non superiore al 30% delle risorse derivanti dalle entrate da proventi diversi, sia versata all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze allo stato di previsione del Mibac, per la ripartizione tra le Soprintendenze interessate in relazione alle rispettive esigenze finanziarie.

[119]  L’elenco delle Soprintendenze dotate di autonomia speciale di cui all’art. 15, comma 3, del D.P.R. 233/2007 è stato di recente modificato dall’art. 1 del D.L. 91/2013 (L. n. 112/2013), che ha disposto la costituzione della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia (in luogo della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei) e della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta (in luogo della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli). Lo stesso art. 1, inoltre, ha determinato in 163 unità la dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia del MIBACT, al fine di consentire l’istituzione della Soprintendenza archeologica di Napoli. Le ulteriori Soprintendenze dotate di autonomia speciale individuate dall’art. 15, co. 3, del DPR 233/2007 sono le seguenti: Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Firenze.

[120]  Alle Soprintendenze citate nella precedente nota, si aggiungono l'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro, la Biblioteca nazionale centrale di Roma, la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, il Centro per il libro e la lettura, l'Archivio centrale dello Stato.

[121]  Le motivazioni delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2013 sono state esplicitate dal rappresentante del Governo con la presentazione di una nota durante la discussione presso la VII Commissione della Camera il 30 ottobre 2012. In particolare, nella nota è stato evidenziato che “Come precisato con circolare n. 22/2012 del Segretariato generale, le somme reperite in seguito all'applicazione della norma in oggetto, devono essere versate in conto entrata del bilancio dello Stato sul capo XXIX, capitolo 3680 denominato «entrate eventuali e diverse concernenti il ministero per i beni e le attività culturali». Pertanto non è prevista alcuna riassegnazione ai capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali”.

[122]  La relazione illustrativa all’A.S. 1014 evidenziava che l’importo di 3,5 milioni di euro è riferibile a ciascuno degli anni 2013 e 2014.

[123]  L'articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 426/1977, vieta i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Le assunzioni attuate in violazione di tale divieto sono nulle di diritto, ferma la responsabilità personale di chi le ha disposte.

[124]  Per un approfondimento si può consultare il dossier del Servizio Studi n. 75 del 26 settembre 2013.