Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||
Titolo: | Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni Atto del Governo 380 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 376 | ||||
Data: | 24/01/2017 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VII-Cultura, scienza e istruzione
XII-Affari sociali | ||||
Altri riferimenti: |
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Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni
24 gennaio 2017
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PremessaLo schema di decreto legislativo – deliberato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 14 gennaio 2017 – è volto al recepimento della delega conferita dalla L. 13 luglio 2015, n. 107, in materia di istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni di età, composto dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia. Esso è teso a superare la frammentazione della disciplina attuale in due segmenti:
In particolare, si prevede la progressiva istituzione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni, secondo le modalità definite da un Piano di azione nazionale pluriennale. Alla realizzazione del sistema integrato compartecipano finanziariamente Stato, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali. |
I principi e i criteri direttivi recati dalla L. 107/2015I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega riguardante il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, recata dall'art. 1, co. 180, 181, lett. e) – come modificata dall'art. 1, co. 2, lett. b), del disegno di legge di conversione del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – e 182, della L. 107/2015 prevedono l'istituzione del sistema citato, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie, attraverso:
- la generalizzazione della scuola dell'infanzia; - la qualificazione universitaria e la formazione continua del personale dei servizi educativi per l'infanzia e della scuola dell'infanzia;
Un ulteriore criterio direttivo, indicato quale strumento per la definizione dei fabbisogni standard, atteneva agli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l'infanzia e della scuola dell'infanzia, diversificati in base alla tipologia, all'età dei bambini e agli orari di servizio, prevedendo tempi di compresenza del personale dei servizi educativi per l'infanzia e dei docenti di scuola dell'infanzia, nonché il coordinamento pedagogico territoriale e il riferimento alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione; Con la sentenza 248/2016, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale previsione, evidenziando che la individuazione degli standard strutturali e qualitativi dei servizi educativi per l'infanzia e della scuola dell'infanzia va ricondotta alla competenza del legislatore regionale. In particolare, la Corte ha ricordato che, pronunciandosi in tema di disciplina degli asili nido (sentenza 120/2005), ha chiarito che la individuazione degli standard strutturali e qualitativi di questi ultimi non si identifica con i livelli essenziali delle prestazioni, "in quanto la norma censurata non determina alcun livello di prestazione, limitandosi ad incidere sull'assetto organizzativo e gestorio degli asili nido […]", né può essere ricompresa "nelle norme generali sull'istruzione".
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La procedura per l'emanazione del decreto legislativoLo schema di decreto legislativo è stato predisposto, come già detto, ai sensi dell'art. 1, co. 180, 181, lett. b), e 182 della L. 107/2015. In particolare, il co. 180 ha previsto l'adozione di diversi decreti legislativi entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dunque entro il 16 gennaio 2017. Il co. 182 ha previsto che i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché con gli altri Ministri competenti, previo parere della Conferenza unificata. Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si esprimono nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono comunque essere adottati. Se il termine previsto per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega, o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni. Il co. 184 dispone che, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dai co. 181 e 182, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi. |
Il quadro normativo vigenteServizi socio educativi per la prima infanzia (0-3 anni)
I nidi, che si rivolgono alle I nidibambine e ai bambini sotto i tre anni, sono stati istituiti dalla L. 1044/1971 che ha riconosciuto come "servizio sociale di interesse pubblico" l'assistenza prestata negli asili nido ai bambini fino ai tre anni di età e ha stabilito un piano quinquennale per la costruzione e la gestione di almeno 3.800 asili-nido dislocati sul territorio nazionale, affidandone la programmazione e regolamentazione alle regioni e la loro costruzione e gestione alle amministrazioni comunali.
Dopo la legge del 1971, il legislatore nazionale è intervenuto sulla materia con la L. 285/1997, nella quale, tra gli interventi finanziabili, era prevista "l'innovazione e la sperimentazione di servizi socio educativi per la prima infanzia", non sostitutivi degli asili nido, ovvero servizi in cui fosse garantita la presenza continua di genitori; servizi privi di servizi mensa e di riposo pomeridiano; servizi autoorganizzati dalle famiglie, dalle associazioni e dai gruppi.
Successivamente, il Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, varato con la legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 1259, della L. 296/2006), ha previsto un Il Piano straordinariofinanziamento statale, nel triennio 2007-2009, pari a € 446 mln per l'incremento dei posti disponibili nei servizi per i bambini da 0 a 3 anni, a cui si sono aggiunti circa € 281 mln di cofinanziamento regionale, per un totale di € 727 mln stanziati. In totale, con il Piano straordinario triennale avviato nel 2007 e con le successive Intese di riparto del Fondo famiglia del 2010 e 2012, sono stati stanziati a favore dello sviluppo dei servizi per la prima infanzia oltre € 616 mln. Anche la quota di cofinanziamento regionale è stata incrementata, attestandosi su € 300 mln. Considerando anche le altre iniziative statali, come la sperimentazione delle sezioni primavera e i nidi aziendali nella PA, complessivamente sono stati messi a disposizione dei territori oltre € 1.000 mln. L'ultimo finanziamento è intervenuto con la legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) che, al comma 131, ha istituito, per l'anno 2015, nello stato di previsione del MEF, un Fondo con la dotazione di € 112 mln, da destinare ad interventi a favore della famiglia. Gran parte delle risorse del Fondo, per un importo pari a € 100 mln, sono state finalizzate al rilancio del Piano per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia.
Gli effetti del Piano sono stati rilevati fin dall'inizio attraverso un'attività di monitoraggio, svolta con il supporto del Centro nazionale di documentazione ed analisi per l'infanzia e l'adolescenza (minori.it) ed affidata all'Istituto degli Innocenti, con la collaborazione delle regioni e delle province autonome e dell'ISTAT. I risultati di tale attività sono stati raccolti e presentati in rapporti di monitoraggio periodici.
Nel corso degli anni, il monitoraggio ha fotografato l'ampio Il monitoraggiodivario tra le regioni - sia in termini di spesa che di utenti -, nell'offerta pubblica di asili nido. Ancora nell'anno scolastico 2013/2014, come rilevato dall'Istat, le differenze territoriali nella quota di bambini presi in carico dai servizi pubblici, o finanziati dal settore pubblico, sono molto forti. Al Centro-nord i posti censiti nelle strutture pubbliche e private coprono il 28,2% dei bambini sotto i 3 anni, mentre nel Mezzogiorno si hanno 11,5 posti per cento bambini residenti. Oltre il 17% dei bambini del Centro-nord è accolto in servizi comunali o finanziati dai comuni. Nel Mezzogiorno la percentuale è inferiore al 5% (qui le diverse normative regionali sull'offerta dei servizi socio-educativi per la prima infanzia). All'interno della strategia Il PACcomplessiva del Piano Azione e coesione (PAC) di riduzione del divario fra le regioni meridionali e il resto del Paese, è stato avviato, nelle regioni dell'obiettivo convergenza (Campania, Sicilia, Puglia e Calabria), il Programma nazionale Servizi di cura all'infanzia e agli anziani non autosufficienti con l'obiettivo di ridurre le differenze regionali nell'erogazione dei servizi per l'infanzia e la non autosufficienza. Il programma, inizialmente di durata triennale (dal 2013 al 2015), è stato prorogato al giugno 2017 e la sua attuazione è stata affidata al Ministero dell'Interno, individuato quale Autorità di Gestione responsabile. I fondi per l'infanzia previsti dal PAC ammontano a € 339 mln per il periodo 2013-2017. Il Programma Nazionale ha previsto che le risorse affluiscano direttamente dal Ministero dell'interno ai beneficiari finali (comuni capofila ex lege 328/2000), senza intermediazione da parte delle regioni, che svolgono, invece, il controllo di primo livello sulla rendicontazione del Programma sulla base di convenzioni sottoscritte con l'Autorità di Gestione. I beneficiari sono direttamente gli Ambiti/Distretti di cui alla L. 328/2000 e, per essi, il comune capofila.
Con riferimento ai titoli di accesso alla professione di educatore nei nidi d'infanzia, attualmente la loro definizione è di esclusiva competenza degli enti territoriali che, nelle Titoli di accesso per educatori nei nidiregolamentazioni di livello regionale, hanno individuato la formazione necessaria ad esercitare tale professione. L'elenco dei titoli di accesso ammissibili individuati dalle leggi regionali oscilla tra la qualificazione universitaria e la qualificazione di livello secondario superiore o professionale regionale; in numerosi comuni sono ammessi anche alcuni titoli di accesso in via di esaurimento, come quello di puericultrice triennale.
La scuola dell'infanzia
Ai sensi dell'art. 1 del d.lgs. 59/2004 – come modificato dall'art. 5, co. 4-quater, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – la scuola dell'Finalità della scuola dell'infanziainfanzia, non obbligatoria e di durata triennale, concorre all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale dei bambini, promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, nonché concorre ad assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale dei bambini, anche promuovendo il plurilinguismo attraverso l'acquisizione dei primi elementi della lingua inglese, e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza il profilo educativo e la continuità educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primaria. In particolare, per realizzare la continuità educativa, gli uffici scolastici regionali promuovono appositi accordi con i competenti uffici delle regioni e degli enti locali. Lo stesso art. 1 dispone che è assicurata la generalizzazione dell'offerta formativa e la possibilità di frequenza della scuola dell'infanzia, previo reperimento delle occorrenti risorse finanziarie.
L'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della A chi si rivolge la scuola dell'infanziascuola dell'infanzia è stato revisionato – a seguito dell'art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) – con il DPR 89/2009, il cui art. 2, in particolare, dispone che la scuola dell'infanzia accoglie bambini di età compresa tra i tre e i cinque anni compiuti entro il 31 dicembre dell'a.s. di riferimento. Su richiesta delle famiglie sono iscritti alla scuola dell'infanzia i bambini che compiono tre anni di età entro il 30 aprile dell'a.s. di riferimento (c.d. anticipo), a condizione che vi sia disponibilità di posti, si sia accertato l'avvenuto esaurimento di eventuali liste di attesa, vi sia disponibilità di locali e dotazioni idonei sotto il profilo dell'agibilità e funzionalità, tali da rispondere alle diverse esigenze dei bambini di età inferiore a tre anni, vi sia la valutazione pedagogica e didattica, da parte del collegio dei docenti, dei tempi e delle modalità dell'accoglienza. Analogamente, prevede la possibilità, previo accordo in sede di Conferenza unificata, di proseguire con l'attivazione delle «sezioni primavera» (introdotte dall'art. 1, co. 630 e 634, L. 296/2006), stabilendo gli opportuni coordinamenti con l'istituto degli anticipi e nell'ambito delle risorse finanziarie destinate allo scopo a legislazione vigente. Con riferimento alle sezioni primavera, si ricorda che l'art. 1, co. 630, della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007), per far Le sezioni primaverafronte alla crescente domanda di servizi educativi per i bambini al di sotto dei 3 anni di età, ha previsto la possibilità, previo accordo in sede di Conferenza unificata, di avviare progetti sperimentali di formazione rivolti a bambini dai 24 ai 36 mesi di età. Ha disposto, altresì, che i servizi possono articolarsi secondo diverse tipologie, con priorità per quelle che si qualificano come sezioni sperimentali aggregate alla scuola dell'infanzia, per favorire un'effettiva continuità del percorso formativo lungo l'asse cronologico 0-6 anni di età.
Da ultimo, il 30 luglio 2015 è stato siglato in sede di Conferenza unificata l'Accordo quadro per la prosecuzione dell'esperienza delle sezioni primavera per il periodo 2015-2017, che ha prorogato di ulteriori due anni la validità dell'Accordo quadro del 1° agosto 2013.
In particolare, l'art. 4 dell'accordo del 2013 ha previsto che lo Stato, le regioni e i comuni concorrono al funzionamento del servizio. Più nello specifico, il MIUR e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali mettono annualmente a disposizione del servizio specifiche risorse finanziarie, la cui entità complessiva viene resa nota all'inizio dell'esercizio finanziario, e comunque entro il mese di marzo.
Le risorse del MIUR sono appostate sul cap. 1466, sul quale – in base al Decreto 102065 del 27 dicembre 2016 - Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e per il triennio 2017–2019 - per il 2017 sono appostati € 9,9 mln.
La relazione tecnica evidenzia che nell'a.s. 2014/2015 sono state finanziate 181 sezioni primavera presenti nelle scuole statali.
Sempre in base all'art. 2 del DPR 89/2009, l'orario di funzionamento della scuola dell'L'orario di funzionamento della scuola dell'infanziainfanzia è stabilito in 40 ore settimanali, con possibilità di estensione fino a 50 ore, ferma restando la possibilità che le famiglie chiedano un tempo scuola ridotto, limitato alla sola fascia del mattino, per complessive 25 ore settimanali. Tutti gli orari sono comprensivi della quota riservata all'insegnamento della religione cattolica. Lo stesso art. 2 disponeva, inoltre, che l'istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni di scuola dell'infanzia doveva avvenire in collaborazione con gli enti territoriali, assicurando la coordinata partecipazione delle scuole statali e delle scuole paritarie, e che le sezioni della scuola dell'infanzia con un numero di iscritti inferiore a quello previsto in via ordinaria, situate in comuni montani, in piccole isole e in piccoli comuni, appartenenti a comunità prive di strutture educative per la prima infanzia, potevano accogliere piccoli gruppi di bambini di età compresa tra i due e i tre anni, sulla base di progetti attivati d'intesa e in collaborazione tra istituzioni scolastiche e comuni interessati, nella quota determinata annualmente nel decreto interministeriale sulla formazione dell'organico. Tali previsioni, recate dai co. 4 e 6, sono state, però annullate con sentenza della Corte costituzionale 92/2011, che ha dichiarato che non spettava allo Stato disciplinare l'istituzione di nuove scuole dell'infanzia e di nuove sezioni della scuola dell'infanzia, nonché la composizione di queste ultime (più ampiamente, v. infra, Par. Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite).
Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione sono state emanate, da ultimo, con D.M. 16 novembre 2012, n. 254. Ad esse le Le Indicazioni nazionali per il curricoloscuole dell'infanzia fanno riferimento, nell'ambito della loro autonomia, per l'elaborazione dell'offerta formativa, a decorrere dall'a.s. 2012/2013. In particolare, le Indicazioni nazionali evidenziano che l'itinerario scolastico dai 3 ai 14 anni, pur abbracciando tre tipologie di scuola caratterizzate ciascuna da una specifica identità educativa e professionale, è progressivo e continuo e che la presenza, sempre più diffusa, degli istituti comprensivi consente la progettazione di un unico curricolo verticale e facilita il raccordo con il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione.
Con riferimento alla qualificazione degli insegnanti nella scuola dell'infanzia, la previsione di un titolo di studio universitario è stata introdotta con l'art. 3, co. 2, della L. 341/1990 che, in particolare, ha Titoli per insegnare nella scuola dell'infanziaprevisto la frequenza di uno specifico corso di laurea (articolato in due indirizzi, uno per la scuola dell'infanzia e uno per la scuola primaria), che dava accesso ai concorsi, aventi valore abilitante. Il medesimo art. 3, co. 8, ha rimesso ad un decreto interministeriale la definizione di tempi e modalità per il graduale passaggio al nuovo ordinamento, anche con riferimento ai diritti degli insegnanti in servizio. In attuazione, è stato adottato il D.I. 10 marzo 1997, che ha previsto la graduale soppressione dei corsi di studio delle scuole e degli istituti magistrali, disponendo, però, che i titoli di studio conseguiti al termine dei corsi triennali e quinquennali sperimentali di scuola magistrale e dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'istituto magistrale, iniziati entro l'a.s. 1997-1998, o comunque conseguiti entro l'a.s. 2001-2002, conservano in via permanente valore legale e consentono di partecipare – fra l'altro - ai concorsi ordinari per titoli e per esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare. La previsione recata dall'art. 3, co. 2, della L. 341/1990 in base alla quale i concorsi avevano valore abilitante è stata poi abrogata dall'art. 5 della L. 53/2003, a sua volta successivamente abrogato dall'art. 2, co. 416, della L. 244/2007. Ancora in seguito, tuttavia, l'art. 6 del D.L. 137/2008 (L. 169/2008) ha disposto che l'esame di laurea sostenuto a conclusione dei corsi in scienze della formazione primaria istituiti a norma dell'art. 3, co. 2, della L. 341/1990 (corsi di durata quadriennale, attivati dall'a.a. 1998/1999) ha valore di esame di Stato e abilita all'insegnamento.
Con l'art. 6 del regolamento emanato – sulla base dell'art. 2, co. 416, della L. 244/2007 - con DM 249/2010 è stata poi prevista, per l'accesso all'insegnamento nella scuola dell'infanzia (nonché nella scuola primaria) la frequenza di un corso di laurea magistrale quinquennale, a ciclo unico, a numero programmato e con prova di accesso, attivato presso le facoltà di scienze della formazione e presso altre facoltà autorizzate dal MIUR. Il corso di laurea è comprensivo di attività di tirocinio indirette e dirette, per complessive 600 ore, pari a 24 crediti formativi universitari (CFU). Tali attività iniziano nel secondo anno di corso e si svolgono secondo modalità tali da assicurare un aumento progressivo del numero dei relativi CFU fino all'ultimo anno. Il corso di laurea si conclude con la discussione della tesi e della relazione finale di tirocinio che costituiscono, unitariamente, esame avente anche valore abilitante all'insegnamento nella scuola dell'infanzia (oltre che nella scuola primaria). A tale scopo la commissione nominata dalla competente autorità accademica è integrata da due docenti tutor (di cui all'art. 11 del medesimo DM) e da un rappresentante designato dall'Ufficio scolastico regionale. I corsi quinquennali sono stati attivati dall'a.a. 2011/2012.
Può essere utile ricordare, infine, che, a seguito del parere 03813/2013 del Consiglio di Stato - che, in particolare, ha evidenziato l'illegittimità del DM 62/2011, con il quale si è dato avvio alla presentazione delle domande per la costituzione delle graduatorie di istituto (cui si ricorre per il conferimento delle supplenze) per gli a.s. 2011-2012, 2012-2013 e 2013-2014, "nella parte in cui non parifica ai docenti abilitati coloro che abbiano conseguito entro l'anno 2001-2002 la c.d. abilitazione magistrale, inserendoli nella III fascia della graduatoria di istituto e non nella II fascia – il DM 353 del 22 maggio 2014, relativo all'aggiornamento delle graduatorie di istituto per il triennio scolastico 2014/2015, 2015/2016 e 2016/2017, ha consentito l'inserimento fra gli abilitati, ossia in II fascia, anche degli aspiranti che risultavano in possesso di diploma di maturità magistrale conseguito entro l'a.s. 2001-2002.
Per quanto riguarda l'insegnamento nelle sezioni primavera, al punto 3 del primo Accordo quadro in Conferenza Unificata, del 14 giugno 2007, è stato genericamenteTitoli per insegnare nelle sezioni primavera previsto che il personale educativo da utilizzare dovesse "essere fornito di specifica preparazione". Pertanto, in mancanza di una precisa previsione normativa, sono stati i diversi soggetti gestori dei servizi (scuole dell'infanzia statali, scuole dell'infanzia paritarie pubbliche e private, nidi d'infanzia comunali e privati convenzionati) a definire, a livello locale, quali requisiti e titoli di accesso dovesse possedere il personale da destinare alle sezioni primavera. Solo successivamente, l'art. 6 del già citato Accordo del 1° agosto 2013 ha precisato che, ferma restando, di norma, la conferma degli educatori e dei docenti già impiegati in precedenza sulle sezioni primavera, per le nuove assunzioni "è opportuno procedere prioritariamente alla scelta di personale con consolidata esperienza nei servizi per l'infanzia e/o con specifico titolo di studio (laurea in scienze della formazione primaria o scienze dell'educazione)". |
Contenuto dello schemaPrincipi e finalità
L'art. 1 definisce principi e Principi e finalitàfinalità dell'intervento, volto a garantire a tutte le bambine e a tutti i bambini pari opportunità di educazione e di istruzione, in un adeguato contesto affettivo, di cura, di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali. L'intervento normativo viene realizzato attraverso la progressiva istituzione - condizionata dall'effettiva disponibilità di risorse finanziarie, umane e strumentali - del sistema integrato di educazione e di istruzione per i bambini e le bambine in età compresa dalla nascita ai sei anni, secondo le modalità e i tempi del Piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato di cui all'art. 8, e nei limiti della dotazione finanziaria del Fondo nazionale di cui all'art. 12. Il sistema integrato intende:
Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel rispetto delle competenze degli enti territoriali, indirizza, Coordinamento del sistema integrato di educazione e di istruzionecoordina e promuove il sistema integrato su tutto il territorio nazionale.
Organizzazione del sistema integrato di educazione e di istruzione
L'art. 2 definisce l'organizzazione del sistema integrato, strutturandone l'articolazione in servizi educativi per l'infanzia e in scuole per l'infanzia e precisando che i due segmenti - che accolgono i bambini e le bambine in base all'età - costituiscono, ciascuno in base alle proprie caratteristiche funzionali, la sede primaria dei processi di cura, educazione ed istruzione per la completa attuazione delle finalità previste dall'art. 1. La Corte Costituzionale con la sentenza 467/2002 ha ricordato che "Il servizio fornito dall'asilo nido non si riduce ad una funzione di sostegno alla famiglia nella cura dei figli o in mero supporto per facilitare l'accesso dei genitori al lavoro, ma comprende anche finalità formative, essendo rivolto a favorire l'espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali del bambino".
In ambito europeo, la Comunicazione della Commissione Europea (2011) 66 del 17 febbraio 2011 evidenzia che "l'educazione e la cura della prima infanzia (Early Childhood Education and Care – ECEC) costituisce la base essenziale per il buon esito dell'apprendimento permanente, dell'integrazione sociale, dello sviluppo personale e della successiva occupabilità. Assumendo un ruolo complementare a quello centrale della famiglia, l'ECEC ha un impatto profondo e duraturo che provvedimenti presi in fasi successive non sono in grado di conseguire. Le primissime esperienze dei bambini gettano le basi per ogni forma di apprendimento ulteriore". La Comunicazione inoltre sottolinea come i servizi per la prima infanzia favoriscono particolarmente i bambini disagiati, contribuendo all'inclusione sociale dei bambini e delle loro famiglie e ricorda come l'ECEC è in grado di massimizzare, soprattutto per i soggetti appartenenti a gruppi svantaggiati, i tassi di rendimento nel corso del ciclo di apprendimento permanente (sul punto EACEA, Educazione e cura della prima infanzia in Europa: ridurre le disuguaglianze sociali e culturali, 2009).
La successiva Raccomandazione 2013/112/UE della Commissione Europea rileva l'importanza di "sfruttare ulteriormente il potenziale dei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia in materia di inclusione sociale e di sviluppo, facendone un investimento sociale volto limitare, grazie a un intervento precoce, le disuguaglianze e le difficoltà di cui soffrono i minori svantaggiati".
In particolare, i servizi educativi per l'infanzia - gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati – sono Articolazione del sistema integratoarticolati in:
Le scuole dell'infanzia sono statali e paritarie.
I nidi e miocronidi accolgono le bambine ed i bambini tra 3 e 36 mesi di età e concorrono con le famiglie alla loro cura, educazione e socializzazione, promuovendone il benessere e lo sviluppo dell'identità, dell'autonomia e delle competenze. Presentano modalità organizzative e di funzionamento diversificate in relazione ai tempi di apertura del servizio e alla loro capacità ricettiva, assicurando il pasto e il riposo, ed operano in continuità con la scuola dell'infanzia.
I servizi integrativi concorrono all'educazione e alla cura delle bambine e dei bambini e soddisfano i bisogni delle famiglie in modo flessibile e diversificato sotto il profilo strutturale ed organizzativo. Essi si distinguono in:
Con riferimento alle sezioni primavera, si ribadisce – richiamando l'art. 1, co. 630, della L. 296/2006, (ma non anche l'art. 2 del DPR 89/2009), che già dispone in questi termini – che esse accolgono bambini tra 24 e 36 mesi di età. Inoltre, si specifica che esse sono aggregate, di norma, alle scuole per l'infanzia statali o paritarie ovvero sono inserite nei Poli per l'infanzia (di cui all'art. 3). Si precisa, infine, che esse hanno specifiche funzioni di cura, educazione e istruzione, con modalità adeguate alla fascia di età considerata, e possono essere gestite anche dallo Stato. Le normative delle regioni e province autonome denominano in modo assai vario le diverse tipologie di servizi socio-educativi per l'infanzia 0-3 anni, attualmente riferibili all'area sociale. Da questo punto di vista, la elaborazione e approvazione, nel 2009, del Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali ha avuto un ruolo importante per definire gli elementi di identità del sistema dei servizi educativi per l'infanzia. Il Nomenclatore definisce gli asili nido come servizi educativi di interesse generale, rivolti a tutti i bambini in età compresa tra i tre mesi e i tre anni. Aperti in orario diurno almeno cinque giorni la settimana, dal lunedì al venerdì, per almeno sei ore il giorno, per un'apertura annuale di almeno dieci mesi, i nidi d'infanzia erogano il servizio di mensa e prevedono il momento del riposo se funzionanti anche al pomeriggio. Rientrano fra i nidi d'infanzia anche i micro-nidi e le sezioni 24-36 mesi aggregate a scuole dell'infanzia. Come sottolineato dal Nomenclatore, nei servizi integrativi rientrano i servizi previsti dall'art. 5 della L. 285/1997: servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale per bambini da zero a tre anni, che prevedono la presenza di genitori, familiari o adulti che quotidianamente si occupano della loro cura, organizzati secondo criteri di flessibilità; servizi con caratteristiche educative e ludiche per l'assistenza a bambini da diciotto mesi a tre anni per un tempo giornaliero non superiore alle cinque ore, privi di servizi di mensa e di riposo pomeridiano. L'art. 5 della L. 285/1997 specifica che i servizi integrativi non sono sostitutivi degli asili nido previsti dalla L. 1044/1971, e possono essere anche autoorganizzati dalle famiglie, dalle associazioni e dai gruppi. Il Nomenclatore comprende nella categoria dei servizi integrativi anche i i servizi educativi realizzati in contesto familiare.
Con riferimento alla scuola dell'infanzia, si dispone che essa accoglie i bambini tra 3 e 6 anni. Inoltre, intervenendo nell'ambito ora definito dall'art. 1 del d.lgs. 59/2004, si ribadisce che essa opera in continuità con i servizi educativi per l'infanzia e con il primo ciclo di istruzione, assumendo una funzione strategica nel sistema integrato di educazione e di istruzione. In particolare, la scuola dell'infanzia – nell'ambito dell'assetto ordinamentale vigente e nel rispetto delle norme sull'autonomia scolastica e sulla parità scolastica, tenuto conto delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione (v. ante) – promuove l'educazione e l'istruzione, lo sviluppo dell'identità, dell'autonomia e delle competenze dei bambini, assicurando l'effettiva eguaglianza delle opportunità in rapporto con gli orientamenti educativi dei genitori. Sembrerebbe opportuno coordinare il testo con quanto già dispongono l'art. 1 del d.lgs. 59/2004 e l'art. 2 del DPR 89/2009.
Obiettivi strategici del sistema integrato di educazione e di istruzione
L'art. 4 individua gli obiettivi strategici del sistema integrato in:
In occasione del Consiglio europeo di Barcellona del 2002, gli Stati membri si sono posti l'obiettivo comune di garantire, entro il 2010, l'accesso a strutture educative a tempo pieno ad almeno il 90% dei bambini in età compresa tra i 3 anni e 5 anni, e ad almeno il 33% dei bambini al di sotto dei 3 anni. Ad oggi l'Italia ha raggiunto il primo obiettivo del 90% (in base alla relazione illustrativa, si tratta del 94%) ma non ancora quello del 33% (si veda Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Obiettivi di Barcellona: Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva, COM/2013/0322 final).
Come rilevato dall'Istat, nell'a.s. 2013/14 sul territorio nazionale sono state censite complessivamente 13.459 unità di offerta di servizi socio-educativi per l'infanzia per 360.314 posti. In particolare risultano attivi 11.283 asili nido. Di questi, il 20% è costituito dalle "sezioni primavera". Sono inoltre attive 2.176 unità che offrono "servizi integrativi per la prima infanzia": nidi in contesto domiciliare, spazi gioco e centri per bambini e genitori. I servizi a titolarità pubblica sono il 35% del totale e offrono il 50,5% dei posti complessivi. Le strutture pubbliche sono mediamente più grandi rispetto a quelle private e hanno una capienza media di 38 posti contro i 20 delle strutture private. In rapporto al potenziale bacino di utenza si hanno 22,5 posti per 100 bambini con meno di 3 anni.
Come rilevato dall'Istat, la percentuale di comuni che offrono il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, è passata dal 32,8% del 2003/2004 al 52,7% del 2012/2013. Inoltre, il Rapporto BES 2016 ha sottolineato che l'offerta di servizi per l'infanzia (disponibilità di posti in asili nido e micronidi, servizi integrativi per la prima infanzia), destinata a svolgere un ruolo fondamentale nella conciliazione famiglia-lavoro, è caratterizzata da una lenta diminuzione. Nonostante la diminuzione della natalità, e dunque della compagine dei potenziali beneficiari, gli obiettivi definiti in ambito europeo restano assai distanti;
Con riferimento al coordinamento pedagogico territoriale, la relazione tecnica specifica che tale figura assicura la dimensione collegiale del lavoro degli educatori e dei docenti e non si identifica con attività di compresenza.
Poli per l'infanzia
L'art. 3 prevede la costituzione – programmata dalle regioni, d'intesa con gli Uffici scolastici regionali, tenuto conto delle proposte formulate dagli enti locali, e ferme restando le loro competenze e la loro autonomia – di Poli per l'infanzia, finalizzati a potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico dei bambini e delle bambine di età compresa tra 3 mesi e 6 anni. In particolare, i Poli per l'infanzia accolgono, in un unico plesso o in edifici vicini, più strutture di educazione e di istruzione, volte ad offrire esperienze progettate nel quadro di uno stesso percorso educativo, nel rispetto dei tempi e degli stili di apprendimento di ciascuno. I Poli si caratterizzano quali laboratori permanenti di ricerca, innovazione, partecipazione e apertura al territorio, e condividono servizi generali, spazi collettivi e risorse professionali. Essi possono essere costituiti anche presso direzioni didattiche o istituti comprensivi.
Dispone, inoltre, la costruzione di Poli per l'infanzia innovativi, a tal fine Costruzione di Poli per l'infanzia innovativiprevedendo che l'INAIL, nell'ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili di cui all'art. 65 della L. 153/1969, destina fino ad un massimo di € 150 mln nel triennio 2017-2019, comprensivi delle risorse per l'acquisizione delle aree. Rispetto alle richiamate risorse, i canoni di locazione da corrispondere all'INAIL sono posti a carico dello Stato per € 4,5 mln annui a decorrere dal 2019. Al relativo onere si provvede a valere sul «Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (art. 1, co. 202, L. 107/2015). Al riguardo, la relazione tecnica specifica che le risorse sono pari a € 50 mln annui, comprensivi di € 30 mln per l'acquisizione delle aree. Evidenzia, inoltre, che, per rendere remunerativo l'investimento per l'INAIL, è stato considerata a carico del bilancio del MIUR una quota per il pagamento dei canoni di locazione pari a circa il 3% dell'investimento complessivo. I canoni saranno corrisposti all''INAIL una volta che le nuove strutture saranno state realizzate e messe a disposizione della comunità.
La relativa disciplina è analoga, mutatis mutandis, a quella prevista dall'art. 1, co. 153-158, della L. 107/2015, per la costruzione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio. Qui il sito dedicato a Scuole innovative.
In particolare, si prevede che le risorse per la costruzione di Poli dell'infanzia innovativi sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Al riguardo si ricorda che, con la già citata sentenza 248/2016, la Corte costituzionale ha dichiarato anche l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, co. 153, della L. 107/2015, nella parte in cui non prevede che il decreto (DM 7 agosto 2015) che provvede alla ripartizione delle risorse sia adottato sentita la Conferenza unificata.
Sembrerebbe pertanto opportuno prevedere il coinvolgimento della Conferenza unificata (anzichè della Conferenza Stato-regioni). Con il medesimo decreto sono individuati, altresì, i criteri per l'acquisizione da parte delle regioni delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione dei Poli. Le regioni, d'intesa con gli enti locali, selezionano da uno a tre interventi sul proprio territorio, e ne danno formale comunicazione al MIUR. Per tale selezione, non è indicato un termine.
Il co. 154 della L. 107/2015 prevede la selezione, in ogni regione, di un massimo di 5 interventi, entro 60 giorni dalla data del decreto di ripartizione delle risorse.
Con ulteriore decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emanato sentita la Conferenza Stato-regioni, è indetto uno specifico concorso con procedura aperta, anche mediante procedure telematiche, avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati dalle regioni, nel limite delle risorse assegnate a ciascuna regione e comunque nel numero di almeno uno per regione. Anche in tal caso, sembrerebbe opportuno il coinvolgimento della Conferenza unificata (anzichè della Conferenza Stato-regioni). Una commissione di esperti valuta i progetti e, per ogni area di intervento, ne comunica al MIUR la graduatoria, ai fini del finanziamento. Ai componenti della commissione non spetta alcun compenso, né rimborsi spese. Si prevede, inoltre, che gli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento possono affidare ai soggetti vincitori del concorso i successivi livelli di progettazione. A tal fine, si richiama l'art. 156, co. 6, del d.lgs. 50/2016. In particolare, l'art. 156, co. 6, del d.lgs. 50/2016 prevede che la stazione appaltante può affidare al vincitore del concorso di idee la realizzazione dei successivi livelli di progettazione, con procedura negoziata senza bando, a condizione che detta facoltà sia stata esplicitata nel bando, e che il soggetto sia in possesso dei requisiti di capacità tecnico professionale ed economica previsti nel bando in rapporto ai livelli progettuali da sviluppare.
Da ultimo, si dispone che, a decorrere dal 2018, gli interventi di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico e riqualificazione di immobili di proprietà pubblica da destinare a Poli per l'infanzia sono ammessi nella programmazione unica triennale nazionale. Si tratta del primo anno di riferimento della nuova programmazione unica triennale nazionale in materia di edilizia scolastica. L'art. 10 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), richiamato nel testo, ha previsto, al co. 1, ultimo periodo, l'adozione di un decreto interministeriale (MIUR-MEF-MIT) per definire, tra l'altro, una programmazione triennale, in conformità ai contenuti dell'intesa in Conferenza unificata del 1° agosto 2013 sull'attuazione dei piani di edilizia scolastica formulati ai sensi dell'art. 11, co. 4-bis e seguenti, del D.L. 179/2012 (L. 221/2012).
E' stato dunque, adottato il D.I. 23 gennaio 2015 che, considerata la mancata attuazione dei piani triennali regionali di edilizia scolastica di cui all'art. 6 dell'intesa del 1° agosto 2013 - relativi al triennio 2013-2015 – ha proceduto alla definizione di una nuova tempistica per la programmazione degli interventi. In particolare, per quanto qui interessa, l'art. 2 ha previsto che le regioni dovevano trasmettere al MIUR e al MIT, entro il 31 marzo 2015, i piani regionali triennali (triennio 2015-2017), soggetti a conferma circa l'attualità degli interventi inseriti per il 2016 e il 2017, rispettivamente entro il 31 marzo 2016 e il 31 marzo 2017.
I piani trasmessi dovevano essere inviati dal MIUR al MIT e inseriti in un'unica programmazione nazionale, da predisporre entro il 30 aprile 2015 e che poteva trovare attuazione nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.
La programmazione nazionale 2015-2017 è stata adottata con DM 322 del 29 maggio 2015.
Riparto delle competenze
Gli artt. da 5 a 7 disciplinano la ripartizione delle competenze fra Stato, regioni ed enti Le competenze dello Statolocali. In particolare, l'art. 5 affida allo Stato, nei limiti del Fondo nazionale di cui all'art. 12, compiti di:
Si affida, dunque, allo Stato la funzione di indirizzo e programmazione non solo per la fascia di età da 3 a 6 anni, ma anche per la fascia di età da 0 a 3 anni;
L'art. 1, co. 124, della L. 107/2015 ha previsto l'adozione ogni 3 anni, con decreto ministeriale, di un Piano nazionale di formazione dei docenti, che deve indicare le priorità nazionali sulla base delle quali le istituzioni scolastiche definiscono le attività di formazione. In base allo stesso co. 124, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale.
Qui il Piano nazionale di formazione per il triennio 2016-2019;
Al riguardo, sono richiamati gli artt. 14 e 50 del d.lgs. 82/2005, recante il Codice dell'amministrazione digitale, che, rispettivamente, affidano allo Stato la disciplina del coordinamento informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale e prevedono che i dati sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall'ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati. In materia, si ricorda che l'art. 10, co. 8, del D.L. 179/2012 (L. 221/2012) ha previsto che l'Anagrafe nazionale degli studenti è alimentata anche con i dati relativi agli iscritti alla scuola dell'infanzia.
Con nota Prot. 3430 del 10 ottobre 2016, il MIUR ha comunicato che, a partire dall'a.s. 2016/2017, tutte le scuole dell'infanzia, statali e paritarie, comunicano all'Anagrafe i dati di cui al DM 25 gennaio 2016, n. 24 (sul cui schema il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere favorevole l'8 ottobre 2015), integrato dal DM 26 luglio 2016, n. 595 (sul cui schema il medesimo Garante ha espresso parere favorevole il 12 maggio 2016);
L'art. 6 affida alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nei Le competenze di regioni e province autonomelimiti delle risorse finanziarie disponibili nei loro bilanci, compiti di:
L'art. 7 affida agli enti locali, singoli o in forma associata, nei limiti delle risorse Le competenze degli enti localifinanziarie disponibili nei loro bilanci, compiti di:
Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del sistema integrato di educazione e di istruzione
L'art. 8 prevede la predisposizione - entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del Piano di azione nazionaledecreto legislativo - di un Piano di azione nazionale pluriennale finalizzato all'estensione del sistema integrato di educazione e di istruzione su tutto il territorio nazionale, in modo progressivo e graduale, in relazione alle risorse del Fondo nazionale (di cui l'art. 12 prevede l'istituzione) e ad "eventuali" ulteriori risorse messe a disposizione dagli altri enti interessati. Il Piano è adottato con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata. Il termine di 6 mesi dovrebbe essere riferito all'adozione del Piano e non alla predisposizione. In particolare, il Piano definisce la destinazione delle risorse finanziarie disponibili, sulla base di indicatori di evoluzione demografica e di riequilibrio territoriale e tenuto conto degli obiettivi strategici (di cui all'art. 4) e degli interventi in atto e in programmazione da parte degli enti locali nella gestione dei servizi educativi e scolastici per l'infanzia. Si tratta di un aspetto su cui interviene anche l'art. 9. Gli interventi sono attuati, in riferimento a ciascuno degli enti destinatari e a ciascuna delle specifiche iniziative, in base all'effettivo concorso, da parte dell'ente medesimo, al finanziamento del fabbisogno mediante la previsione delle risorse necessarie, per quanto di rispettiva competenza.
Tra gli obiettivi specifici del Piano rientra, in particolare, il superamento della fase sperimentale delle sezioni primavera, mediante la loro graduale stabilizzazione e il loro progressivo potenziamento, nonché l'esclusione dei servizi educativi per l'infanzia dai servizi pubblici a domanda individuale. Gli asili nido comunali rientrano nella gamma dei servizi a domanda individuale resi dal comune a seguito di specifica domanda dell'utente. L'art. 6 del D.L. 55/1983 (L. 131/1983) ha stabilito che i comuni sono tenuti a definire, non oltre la data della deliberazione del bilancio, la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale. Successivamente, il Decreto del Ministero dell'Interno 31 dicembre 1983 ha individuato le categorie di servizi classificabili quali "servizi a domanda individuale", premettendo che per tali devono intendersi tutte quelle attività gestite direttamente dall'ente, poste in essere non per obbligo istituzionale, che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale. Nel caso degli asili nido, il livello minimo di contribuzione richiesta all'utente è del 50%, ma le rette variano sensibilmente da comune a comune poiché la misura percentuale di contribuzione ai costi dei servizi a domanda individuale viene definita al momento dell'approvazione del bilancio di previsione comunale.
Il Rapporto annuale 2016 ISTAT ha rilevato che, nel 2013, per gli asili nido e per gli altri servizi socio-educativi per la prima infanzia, la spesa corrente dei comuni nel loro complesso è stata di circa € 1,3 mld. Il valore pro capite, rapportato ai bambini residenti, è poco inferiore a € 800 l'anno con fortissime disparità territoriali: si passa da circa € 200 nel Mezzogiorno a quasi € 1.400 al Centro. Dopo una fase di crescita della spesa pubblica per questo tipo di servizi, che l'Istat ha potuto monitorare a partire dal 2003, nel 2010 si hanno i primi segnali di rallentamento e nel 2013 si rileva un calo dell'1,1% su base annua. La riduzione di spesa a carico dei comuni è in buona parte compensata dall'aumento della compartecipazione pagata dalle famiglie: il totale della spesa impegnata dai comuni per il funzionamento dei servizi socio-educativi è diminuito solo dello 0,3%. La quota di spesa a carico degli utenti sul totale della spesa corrente impegnata dai comuni si è mantenuta intorno al 18% fino al 2009 ed è aumentata gradualmente negli anni successivi, attestandosi al 20,2% nel 2013. Allo stato attuale, le rette sono determinate nel 75% dei casi in base all'ISEE, nel 20% dei casi in base al reddito familiare e nel restante 5% la retta è unica.
La L. 42/2009 sul federalismo fiscale ha riconosciuto i nidi come servizi fondamentali e quindi oggetto di finanziamento da parte della fiscalità generale, ma ancor oggi i servizi per l'infanzia gravano quasi interamente sui bilanci dei comuni che li gestiscono direttamente o attraverso accordi con iniziative del terzo settore o di privati. Più in particolare, nell'ambito del processo di attuazione del federalismo fiscale, sono state approvate le Note metodologiche e del fabbisogno standard relative alle funzioni di istruzione pubblica e di gestione del territorio delle province, e le restanti Note metodologiche e del fabbisogno standard per ciascun comune e provincia relativi alle funzioni di istruzione pubblica, viabilità e trasporto pubblico locale, gestione del territorio e ambiente, settore sociale e asili nido. Per le funzioni relative a istruzione pubblica e servizio degli asili (che rappresentano circa il 18% della spesa corrente dei comuni), le Note metodologiche hanno applicato il principio della spesa storica riferita al 2010 ovvero hanno considerato l'ammontare effettivamente speso da un comune in quell'anno per l'offerta del servizio ai cittadini (si rinvia a Audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente del consiglio dei ministri concernente nota metodologica sui fabbisogni standard dei comuni delle Regioni a statuto ordinario).
Peraltro, l'art. 13, co. 2, stabilisce che gli incrementi del livello di copertura dei servizi educativi per l'infanzia, delle sezioni primavera e delle scuole dell'infanzia potranno essere determinati annualmente con apposita intesa in sede di Conferenza unificata, in rapporto alle risorse che si renderanno disponibili, anche in considerazione degli esiti della Relazione sullo stato di attuazione del Piano di azione (v. infra).
Inoltre, l'art. 12, co. 6 e 7, prevede che la progressiva generalizzazione dell'offerta per le scuole dell'infanzia è perseguita tramite la gestione Organico di potenziamento nelle scuole dell'infanziadiretta delle scuole statali e il sistema delle scuole paritarie (come già previsto dalla L. 62/2000), e che alla scuola dell'infanzia statale è assegnata una quota parte dei docenti che costituiscono l'organico di potenziamento (di cui all'art. 1, co. 95, e alla Tab. 1 della L. 107/2015) (che non include questo ordine di scuola). Precisa, infine, che da ciò non devono determinarsi esuberi nell'ambito dei ruoli regionali. Al riguardo, si ricorda che l'art. 1, co. 95, secondo periodo, della L. 107/2015 ha autorizzato il MIUR, per l'a.s. 2015/2016, a coprire posti ulteriori rispetto a quelli comuni e di sostegno, ripartiti tra i gradi di istruzione della scuola primaria e secondaria e le tipologie di posto, nonché tra le regioni in proporzione, per ciascun grado, alla popolazione scolastica delle scuole statali, tenuto altresì conto della presenza di aree montane o di piccole isole, di aree interne, a bassa densità demografica o a forte processo immigratorio, nonché di aree caratterizzate da elevati tassi di dispersione scolastica, come indicato nella Tab. 1. In particolare, la tab. 1 ha previsto 18.133 posti per la scuola primaria, 7.206 per la scuola secondaria di secondo grado, 23.473 per la scuola secondaria di secondo grado, per un totale di 48.812 posti comuni, e 6.446 posti per il sostegno, indicando la ripartizione fra le regioni.
Lo stesso co. 95, quinto periodo, ha previsto che, a decorrere dall'a.s. 2016/2017, i posti di cui alla tab. 1 confluiscono nell'organico dell'autonomia, costituendone i posti per il potenziamento.
La previsione di destinazione di quota parte delle risorse di cui alla tab. 1 della L. 107/2015 alla scuola dell'infanzia implicherà, dunque, una diversa distribuzione delle stesse fra i diversi ordini e gradi di scuole. Per disporre di un chiaro quadro di distribuzione delle risorse, occorrerebbe sostituire la tab. 1 della L. 107/2015.
L'art. 11, infine, stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano devono trasmettere annualmente al MIUR un rapporto sullo stato di attuazione del Piano di azione nazionale pluriennale. Su tale base, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Relazione sull'attuazione del Pianopresenta al Parlamento, ogni due anni, una Relazione sullo stato di attuazione del Piano.
Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione
L'art. 12 e l'art. 13, co. 1, riguardano l'istituzione, nello stato diFondo nazionale per il sistema integrato previsione del MIUR, del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione, con una dotazione pari a € 209 mln per il 2017, € 224 mln per il 2018 e € 239 mln a decorrere dal 2019. Al relativo onere si provvede, in base all'art. 13, co. 3 (e non 4), a valere sul «Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (art. 1, co. 202, L. 107/2015).
Il Fondo nazionale, il cui obiettivo è la progressiva attuazione del Piano di azione nazionale pluriennale, finanzia:
In particolare, il riparto del Fondo è stabilito mediante un'intesa in Conferenza unificata – promossa dalCompartecipazione al finanziamento Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, fatte salve le competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali –, che stabilisce anche la compartecipazione al finanziamento del sistema integrato di educazione e di istruzione di Stato, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano e enti locali. In sede di Conferenza unificata possono essere concordate le risorse a carico dei diversi soggetti istituzionali, anche con interventi graduali, al fine del raggiungimento degli obiettivi strategici. Sono fatte salve le risorse di personale (definite dal MIUR, dì concerto con il MEF e il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione) e le risorse finanziarie previste a legislazione vigente per la scuola dell'infanzia statale.
Il MIUR opera la ripartizione delle risorse tra le regioni – esclusivamente come cofinanziamento della programmazione regionale dei servizi educativi e scolastici per l'infanzia –, sulla base del numero di iscritti, della popolazione nella fascia di età interessata, di eventuali esigenze di riequilibri territoriali, nonché dei bisogni effettivi dei territori e della loro capacità massima fiscale. Si tratta di un aspetto sul quale, come si è visto, interviene anche l'art. 8. Previa programmazione regionale, sulla base delle richieste degli enti locali, le risorse sono poi erogate direttamente ai comuni, con priorità per quelli privi o carenti di scuole dell'infanzia.
Partecipazione economica delle famiglie ai servizi educativi per l'infanzia
L'art. 9 conferma l'attuale Partecipazione delle famiglie sistema di compartecipazione dell'utenza alle spese relative ai servizi educativi per l'infanzia sia pubblici che privati accreditati che ricevono finanziamenti pubblici. Per la definizione della soglia massima di partecipazione economica delle famiglie alle spese di funzionamento dei servizi educativi per l'infanzia, si rinvia ad un'intesa in sede di Conferenza unificata. Inoltre, viene anche confermato che gli enti locali possono prevedere agevolazioni tariffarie sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente- ISEE (di cui al DPCM 159/2013) e che, per le famiglie con un particolare disagio economico o sociale rilevato dai servizi territoriali, può essere prevista l'esenzione totale dalla compartecipazione al costo. Sul tema dell' ISEE, si ricorda che l'erogazione di molti degli interventi e servizi sociali è legata, nella misura o nel costo, alla situazioni economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), istituito dal d.lgs. 109/1998 quale prova dei mezzi per l'accesso a prestazioni agevolate. L'ISEE, calcolato sulla base d'una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), vale annualmente per tutti i membri del nucleo e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. L'art. 5 del D.L. 201/2011 ha previsto la riforma dell'indicatore per rendere più corretta la misurazione della condizione economica delle famiglie, e quindi migliorare l'equità nell'accesso alle prestazioni. Il 1° gennaio 2015 è entrato in vigore il DPCM 159/2013 di revisione dell'Indicatore. Con la riforma, gli enti erogatori sono tenuti a utilizzare l'ISEE, anche se possono prevedere, accanto all'Indicatore, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari. Il nuovo ISEE inoltre deve essere considerato "livello essenziale delle prestazioni", di conseguenza le leggi regionali ed i regolamenti comunali devono considerare vincolanti le sue prescrizioni. In relazione alle leggi regionali, possono essere considerate condizioni migliorative, ovvero generatrici di maggior favore per i cittadini. Ai fini della determinazione della quota di compartecipazione alla spesa degli interventi e dei servizi da parte del cittadino, tenuto conto che l'ISEE differisce sulla base della tipologia di prestazione sociale agevolata richiesta – come previsto dagli artt. 6, 7 (dedicato alle Prestazioni sociali agevolate rivolte a minorenni, fra le quali può essere ricompresa a pieno titolo la retta per gli asili nido) e 8 del citato DPCM 159/2013 -, i Comuni definiscono per ogni tipologia di intervento e/o di servizio specifiche modalità di calcolo: la percentuale di copertura di ciascun servizio ai fini della determinazione della quota di contribuzione; la quota di contribuzione massima posta a carico del cittadino; l'eventuale quota minima di contribuzione (ISEE iniziale e ISEE finale); la struttura della contribuzione, secondo fasce differenziate delle quote di compartecipazione ovvero secondo il metodo della progressione lineare. Alcuni enti territoriali prevedono anche l'esenzione totale dalla compartecipazione al costo.
Dispone, inoltre, che le aziende pubbliche e private, quale forma di welfare aziendale, possono erogare alle lavoratrici e ai lavoratori con figli di età compresa fra i 3 mesi e i 3 anni un «Buono nido» spendibile nel sistema dei nidi accreditati o a gestione comunale. Tale buono non prevede oneri fiscali o previdenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, fino a un valore di € 150 per ogni singolo buono. Si ricorda che l'art. 1, co. 355, della L. 232/2016 (legge di bilancio 2017) ha introdotto, a decorrere dal 2017, l'erogazione di un buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei 3 anni affetti da gravi patologie croniche. Il buono è pari a € 1.000 annui, corrisposti in 11 mensilità, pari a circa € 90,9 mensili, ed è corrisposto dall'INPS al genitore che ne faccia richiesta presentando documentazione idonea; è riferito ai nuovi nati nel 2016 e potrà essere percepito per un massimo di un triennio, visto che si riferisce alla platea dei bambini da 0 a 3 anni. La norma si configura come tetto massimo di spesa per lo Stato, pari a € 144 mln per il 2017, € 250 mln per il 2018 e € 300 mln per il 2019, per poi proseguire a regime con l'autorizzazione di complessivi € 330 mln annui dal 2020. Le modalità di attuazione devono essere stabilite con DPCM, su proposta del Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dal 1° gennaio 2017.
Per un approfondimento relativo alle buone pratiche di welfare aziendale si rinvia a Welfare Index PMI.
Commissione per il sistema integrato di educazione e istruzione
L'art. 10 dispone che con decreto del Ministro dell'istruzione, dellLinee guida per il sistema integrato'università e della ricerca, da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, è istituita la Commissione per il sistema integrato di educazione e istruzione, alla quale sono affidati compiti consultivi e propositivi: in particolare, essa propone al MIUR le Linee guida per il sistema integrato di educazione e di istruzione. La Commissione è costituita da esperti - di cui non viene indicato il numero – in materia di educazione ed istruzione delle bambine e dei bambini da 0 a 6 anni, designati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dalle regioni e dagli enti locali. Essa dura in carica 3 anni ed entro tale termine deve essere ricostituita. L'incarico può essere rinnovato allo stesso componente per non più di una volta. Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso o rimborso spese.
Disposizioni transitorie
L'art. 14 prevede, a decorrere dall'a.s. 2018/2019, il graduale superamento dell'istituto degli anticipi nella scuola dell'infanzia statale eSuperamento degli anticipi paritaria (v. ante, Par. Quadro normativo vigente), a seguito della progressiva estensione del sistema integrato di educazione e istruzione e, dunque, subordinatamente alla effettiva presenza sui territori di servizi educativi per l'infanzia.
Inoltre, dispone che, a decorrere dall'a.s. 2019/2020, il possesso della laurea in Scienze dell'Qualificazione universitaria per gli educatori per l'infanziaeducazione a indirizzo specifico per educatori dei servizi per l'infanzia, ovvero della laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria, costituisce requisito necessario per l'accesso ai posti di educatore per l'infanzia. Si ricorda che il corso di laurea magistrale in Scienze della formazione primaria (LM -85-bis) è stato previsto dall'art. 2 e dalla tab. 1 del regolamento emanato con DM 249/2010.
Sembrerebbe opportuno citare esplicitamente la classe di laurea magistrale a ciclo unico LM 85-bis. Per il medesimo accesso continuano, tuttavia, ad essere validi i titoli conseguiti, entro la data di entrata in vigore del decreto, nell'ambito di specifiche normative regionali.
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Relazioni e pareri allegatiLo schema di decreto legislativo è corredato di relazione illustrativa, relazione tecnica, analisi tecnico-normativa, analisi di impatto della regolamentazione. Non è, invece, presente, il parere della Conferenza unificata. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteNello schema di decreto legislativo viene in rilievo, innanzitutto la materia istruzione. La Costituzione riserva le norme generali in materia di istruzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. n); alla competenza concorrente di Stato e regioni è, invece, rimessa l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e formazione professionale (art. 117, terzo comma). La Corte Costituzionale, nella sentenza 279/2005, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale di numerose norme del d.lgs. 59/2004, ha tracciato un quadro generale di riferimento per l'interpretazione del quadro delle competenze delineato dalla Costituzione in materia di istruzione. In particolare, la Corte ha precisato che «le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale». In tal senso, le norme generali si differenziano anche dai "principi fondamentali", i quali, «pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose».
La Corte è tornata sull'argomento con la sentenza 200/2009, concernente l'art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), nella quale ha individuato nei contenuti degli art. 33 e 34 Cost. la prima chiara definizione vincolante degli ambiti riconducibili al concetto di "norme generali sull'istruzione". Sul piano della legislazione ordinaria, la Corte ha fatto riferimento agli ambiti individuati dalla L. 53/2003, che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi proprio per la definizione delle "norme generali sull'istruzione" evidenziando, quindi, che ai sensi della stessa, "rientrano nelle norme generali sull'istruzione: la definizione generale e complessiva del sistema educativo di istruzione e formazione, delle sue articolazioni cicliche e delle sue finalità ultime; la regolamentazione dell'accesso al sistema ed i termini del diritto-dovere alla sua fruizione; la previsione generale del contenuto dei programmi delle varie fasi e dei vari cicli del sistema e del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la "quota nazionale"; la previsione e la regolamentazione delle prove che consentono il passaggio ai diversi cicli; la definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all'esito dei percorsi formativi, nonché per il passaggio ai percorsi scolastici; la definizione generale dei "percorsi" tra istruzione e formazione che realizzano diversi profili educativi, culturali e professionali (cui conseguono diversi titoli e qualifiche, riconoscibili sul piano nazionale) e la possibilità di passare da un percorso all'altro; la valutazione periodica degli apprendimenti e del comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e formazione, attribuito agli insegnanti della stessa istituzione scolastica; i princípi della valutazione complessiva del sistema; il modello di alternanza scuola-lavoro, al fine di acquisire competenze spendibili anche nel mercato del lavoro; i princípi di formazione degli insegnanti".
Inoltre, la Corte ha rilevato che in via interpretativa sono, in linea di principio, considerate norme generali sull'istruzione, fra le altre, quelle sull'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche, sull'assetto degli organi collegiali, sulla parità scolastica e sul diritto allo studio e all'istruzione.
La stessa sentenza n. 200/2009 inoltre, con riferimento agli ambiti attribuibili alla potestà legislativa concorrente in materia di istruzione ha osservato che "la relazione tra normativa di principio e normativa di dettaglio va intesa […] nel senso che alla prima spetta prescrivere criteri ed obiettivi, essendo riservata alla seconda l'individuazione degli strumenti concreti per raggiungere detti obiettivi". Alla luce di questa ripartizione, la Corte ha, in particolare, dichiarato l'illegittimità costituzionale delle disposizioni contenute nelle lett. f-bis) ed f-ter) del citato art. 64, co. 4, del D.L. 112/2008, in quanto attinenti al dimensionamento della rete scolastica sul territorio. Richiamando tale pronuncia, la Corte, con la sentenza 92/2011 ha poi annullato il co. 4 dell'art. 2 del DPR 89/2009 (v. ante, Par. Quadro Normativo), evidenziando che l'istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni nelle scuole dell'infanzia già esistenti, attiene, in maniera diretta, al dimensionamento della rete scolastica sul territorio. Solo ad abundantiam, la Corte ha rilevato anche la violazione del principio di leale collaborazione per la mancata previsione di ogni forma di coinvolgimento regionale nella adozione delle relative misure di riordinamento della rete. Ad analoghe conclusioni la Corte è pervenuta per quanto attiene alle disposizioni di cui al co. 6 del medesimo art. 2, rilevando che spetta alle regioni l'adozione di misure volte alla riduzione del disagio di particolari utenti del servizio scolastico. Con riguardo ai servizi socio-educativi per la prima infanzia, essi afferiscono al sistema dei servizi sociali e sono, pertanto, ricompresi nella sfera della legislazione esclusiva delle regioni (art. 117, quarto comma, Cost.).
Con riferimento alla realizzazione di Poli innovativi per l'infanzia, rileva, infine, la materia "governo del territorio", affidato alla competenza concorrente di Stato e regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). |
Conformità con altri princìpi costituzionaliL'art. 3 della Costituzione sancisce la pari dignità sociale e l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione – fra l'altro - di sesso, razza, lingua, religione, condizioni personali e sociali, e affida alla Repubblica la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono – fra l'altro - il pieno sviluppo della persona umana. L'art. 31 della Costituzione prevede che la Repubblica protegge - fra l'altro - l'infanzia, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. |
Incidenza sull'ordinamento giuridico |
Attribuzione di poteri normativiL'art. 3, co. 6 e 8, l'art. 5, co. 1, lett. f) e l'art. 10, co. 1, prevedono l'emanazione di decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Per l'oggetto dei decreti, si veda Par. Contenuto. |
Coordinamento con la normativa vigenteLo schema di decreto legislativo prevede deroghe o modifiche non esplicite alla disciplina vigente, con particolare riferimento al d.lgs. 59/2004. (v. par. Contenuto). |
Collegamenti con lavori legislativi in corsoLa 7° Commissione del Senato aveva avviato l'esame dell'A.S. 1260 e abb., recanti disposizioni per l'istituzione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino a 6 anni. L'ultima seduta si è svolta il 31 marzo 2015. In particolare, in tale seduta il Presidente ha reso noto alla Commissione che nel disegno di legge A.C. 2994 (poi, L. 107/2015) era stata inserita una previsione di delega sull'argomento. |
Formulazione del testoAll'art. 14, co. 3, occorre sopprimere la locuzione "triennale", poiché, in base all'art. 3 del DM 270/2004, il titolo di studio cui si vuole fare riferimento è denominato (solo) "laurea". |