Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||
Titolo: | Percorsi dell'istruzione e formazione professionale - Atto del Governo 379 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 380 | ||
Data: | 27/01/2017 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione | ||
Altri riferimenti: |
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Percorsi dell'istruzione e formazione professionale
27 gennaio 2017
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Indice |
Premessa|Contenuto dello schema|Relazioni e pareri allegati|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
PremessaLo schema di decreto legislativo - deliberato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 14 gennaio 2017 - è volto al recepimento della delega conferita dalla L. 13 luglio 2015, n. 107, in materia di revisione dei percorsi dell'istruzione professionale nonché raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale (IeFP).
Esso si propone di superare la sovrapposizione tra istruzione professionale e istruzione tecnica, attraverso il rafforzamento dell'identità dell'istruzione professionale, nonché la sovrapposizione dei percorsi dell'istruzione professionale con quelli di IeFP di competenza delle Regioni, prevedendo il raccordo tra l'istruzione professionale e le istituzioni formative in modo stabile e strutturato, prevedendo che, a conclusione del primo ciclo di istruzione gli studenti possano scegliere tra i percorsi di istruzione professionale, di durata quinquennale, finalizzati al conseguimento del relativo diploma, realizzati da scuole statali e da scuole paritarie riconosciute ovvero i percorsi IeFP, di durata triennale per il conseguimento di qualifiche e di durata quadriennale per il conseguimento di diplomi professionali, realizzati dalle istituzioni formative accreditate dalle Regioni.
Inoltre lo schema di decreto legislativo offre alle scuole la possibilità di ampliare l'offerta formativa anche attraverso la realizzazione di percorsi di qualifica professionale, purché previsti dalla programmazione regionale, onde consentire agli studenti di acquisire una qualifica professionale a conclusione del primo biennio, frequentando un ulteriore anno organizzato dalle scuole in cui sono attivati percorsi di istruzione professionale, in percorsi paralleli a quelli che proseguono sino al quinto anno; potenzia gli indirizzi di studio quinquennali dell'istruzione professionale e delle figure nazionali di riferimento per le qualifiche e i diplomi di IeFP in relazione ad attività economiche in espansione .
Prevede la presenza, su tutto il territorio nazionale, di un sistema unitario e articolato, sino a livello terziario (università e Istituti tecnici superiori), di "Scuole professionali" (istruzione professionale e IeFP), ricomprese in una "Rete nazionale".
I principi e i criteri direttivi recati dalla L. 107/2015
I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega riguardante la revisione dei percorsi dell'istruzione professionale nonché raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale, recata dall'articolo 1, commi 180, 181, lett. d), e 182, della L. 107/2015 sono i seguenti:
1) la ridefinizione degli indirizzi, delle articolazioni e delle opzioni dell'istruzione professionale;
2) il potenziamento delle attività didattiche laboratoriali anche attraverso una rimodulazione, a parità di tempo scolastico, dei quadri orari degli indirizzi, con particolare riferimento al primo biennio.
Come già evidenziato nel dossier n. 286 del 1° aprile 2015 (sull'A.C. n. 2994, ora L. 107/2015), per il raccordo dei percorsi dell'istruzione professionale con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale non sono stati indicati principi e criteri direttivi.
La procedura per l'emanazione del decreto legislativo
Come sopra ricordato, lo schema di decreto legislativo è stato predisposto ai sensi dell'articolo 1, commi 180, 181, lett. d), e 182, della L. 107/2015.
In particolare, il comma 180 ha previsto l'adozione di diversi decreti legislativi entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dunque entro il 16 gennaio 2017.
Il comma 182 ha previsto che i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché con gli altri Ministri competenti, previo parere della Conferenza unificata.
Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si esprimono nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono comunque essere adottati. Se il termine previsto per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega, o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.
Il comma 184 dispone che, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con la procedura previsti dai commi 181 e 182, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi.
Il quadro normativo vigente
Si ricorda innanzi tutto che l'art. 52 del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) ha dettato disposizioni per la semplificazione e la promozione dell'istruzione tecnico-professionale - riordinata con il DPR 87/2010 e il DPR 88/2010 - e degli Istituti tecnici superiori (ITS).
In particolare, esso ha previsto la definizione di linee guida da adottare con decreto interministeriale, d'intesa con la Conferenza unificata.
Quest'ultima è stata raggiunta il 26 settembre 2012. Il conseguente DM è stato adottato il 7 febbraio 2013 ed è stato pubblicato nella GU del 19 aprile 2013.
In base all'articolo 52 del DL 5/2012, le linee guida prevedevano il coordinamento:
a) a livello territoriale, dell'offerta dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado di tipo tecnico e professionale e dei percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale;
Al riguardo si ricorda, peraltro, che l'articolo 19, comma 16, del DL 98/2011 aveva previsto l'emanazione, entro il 6 luglio 2012, di un regolamento di delegificazione volto a garantire la piena coerenza dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al d.lgs. 226/2005 con le modifiche ordinamentali apportate al secondo ciclo dell'istruzione ai sensi dell'articolo 64 del DL 112/2008. Il regolamento non risulta ancora intervenuto;
b) a livello nazionale, dell'offerta di percorsi degli Istituti tecnici superiori (istruzione terziaria non universitaria), in modo da valorizzare la collaborazione multiregionale e facilitare l'integrazione delle risorse disponibili con la costituzione, al massimo, di un ITS in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti (quest'ultima previsione è stata, poi, abrogata dall'articolo 14 del DL 104/2013);
Ulteriori obiettivi riguardavano:
c) la promozione della costituzione dei poli tecnico-professionali;
d) la promozione della realizzazione di percorsi in apprendistato per il conseguimento della qualifica e del diploma professionale;
e) la semplificazione degli organi di indirizzo, gestione e partecipazione previsti dagli statuti delle fondazioni ITS;
f) la previsione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, che le delibere del consiglio di indirizzo degli ITS possano essere adottate con voti di diverso peso ponderale e con diversi quorum funzionali (prevedendo, cioè un diverso numero di voti minimo per l'adozione di ciascuna decisione), e strutturali (prevedendo, cioè, un diverso numero legale necessario per la valida costituzione delle diverse sedute).
Con riferimento all'obiettivo di cui alla lett. a), si ricorda che per gli istituti professionali le principali linee generali del riordino - attuato con il DPR 87/2010, sulla base dell'articolo 64, comma 4, del DL 112/2008 - sono consistite nel semplificare i piani di studio, ridurre gli indirizzi curriculari e l'orario settimanale di lezione, potenziare la dimensione laboratoriale dell'apprendimento, tener conto della specificità del territorio e dell'utenza. A tal fine, è stata prevista la creazione di un Comitato tecnico-scientifico finalizzato a rafforzare il raccordo tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca, le esigenze del territorio e i fabbisogni del mondo produttivo. E' stato, inoltre, ribadito l'obiettivo di fornire agli studenti competenze spendibili per l'inserimento nel mondo del lavoro e per il passaggio ai livelli superiori di istruzione. Pertanto, fra gli strumenti didattici sono stati inseriti stage e alternanza scuola-lavoro.
Per gli istituti professionali, l'articolazione è stata definita in 2 settori (a fronte di 5) e 6 indirizzi (a fronte di 27), con un orario settimanale di 32 ore. È stata anche prevista la possibilità di attivare opzioni legate al mondo del lavoro e al territorio.
I relativi percorsi continuano ad avere durata quinquennale, articolati in 2 bienni (di cui, il primo è finalizzato all'assolvimento dell'obbligo scolastico) e in un V anno, al termine del quale si sostiene l'esame di Stato.
Con la Direttiva del Ministro n. 65 del 28 luglio 2010 sono state emanate le linee guida per il primo biennio; con la Direttiva del Ministro n. 5 del 16 gennaio 2012 sono state emanate le linee guida per il secondo biennio e il quinto anno; con la Direttiva del Ministro n. 70 del 1° agosto 2012, sono state definite le linee guida per i percorsi relativi alle ulteriori articolazioni delle aree di indirizzo in opzioni "in linea di continuità con le linee guida del primo biennio emanate con la direttiva n. 65/2010 e a completamento delle linee guida del secondo biennio e quinto anno dei percorsi degli istituti professionali emanate con la direttiva n. 5/2012".
In base alle indicazioni contenute nelle linee guida, gli istituti professionali perseguono l'obiettivo di far acquisire al diplomato, nell'ambito di settori produttivi relativamente ampi, capacità operative che lo mettano in grado di applicare le tecnologie a processi specifici e di prospettare e realizzare soluzioni anche innovative.
Per il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) - i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione - la competenza legislativa esclusiva è delle Regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni. In particolare, ai sensi del d.lgs. 226/2005, le Regioni assicurano l'articolazione di percorsi di durata triennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che consente l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale - e di percorsi di durata almeno quadriennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale, che consente l'accesso all'istruzione e formazione tecnica superiore.
Chiusa una fase di sperimentazione, il primo anno di attuazione dei percorsi di IeFP (nei quali può essere assolto l'obbligo di istruzione, ex articolo 64, comma 4-bis, del DL 112/2008), coincidente con l'anno scolastico e formativo 2010-2011, è stato avviato sulla base dell'Accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni il 29 aprile 2010, poi recepito con D.I. 15 giugno 2010. In particolare, l'Accordo, prodromico alla disciplina specifica definita da ciascuna Regione, ha individuato le figure professionali e gli standard minimi formativi.
Inoltre, l'articolo 2, comma 3, del DPR 87/2010 ha disposto che, nel rispetto delle competenze esclusive delle regioni, gli istituti professionali possono svolgere, in regime di sussidiarietà, un ruolo integrativo e complementare nei confronti dell'offerta delle istituzioni formative del sistema IeFP ai fini del conseguimento, anche nell'esercizio dell'apprendistato, di qualifiche professionali (in esito a percorsi triennali) e diplomi (in esito a percorsi quadriennali).
Il 16 dicembre 2010 è stata poi raggiunta un'intesa in Conferenza unificata in ordine all'approvazione delle linee guida (di cui all'articolo 13, comma 1-quinquies, del DL 7/2007 – L. 40/2007) finalizzate alla realizzazione di raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi IeFP. Le linee guida sono state adottate con DM 18 gennaio 2011.
Nell'intesa si sottolinea che i raccordi sono in particolare finalizzati a sostenere e garantire l'organicità sul territorio dell'offerta dei percorsi a carattere professionale, prevenire la dispersione scolastica e formativa, facilitare i passaggi tra i sistemi formativi. Si stabilisce, inoltre, che la prima attuazione delle linee guida è oggetto di specifici accordi territoriali tra i competenti Assessorati regionali e gli Uffici scolastici regionali, e che ciascuna Regione stabilisce i percorsi che gli istituti professionali possono erogare in regime sussidiario.
Il 27 luglio 2011, in sede di Conferenza Stato-Regioni, è stato poi raggiunto l'accordo - recepito con DM 11 novembre 2011 - riguardante gli atti necessari per il passaggio al nuovo ordinamento dei percorsi di istruzione e formazione professionale. La messa a regime del Capo III del d.lgs. n. 226/2005 riguarda, a partire dall'anno scolastico e formativo 2011/2012, i percorsi di durata triennale e quadriennale.
Si veda anche la pagina web sul sito del MIUR.
In ambito europeo giova segnalare le seguenti Raccomandazioni.
La Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente, esorta i governi dell'UE affinché l'insegnamento e l'apprendimento di competenze chiave siano parte integrante delle loro strategie di apprendimento permanente. La raccomandazione individua otto competenze chiave essenziali per ciascun individuo in una società della conoscenza.
Le otto competenze chiave sono le seguenti:
1) comunicazione nella madrelingua: capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, emozioni, fatti e opinioni sia oralmente che per iscritto;
2) comunicazione nelle lingue straniere: come sopra, ma comprende abilità di mediazione (ossia riassumere, parafrasare, interpretare o tradurre) e di comprensioni interculturale;
3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia: solida padronanza sicura delle competenze aritmetico-matematiche, comprensione del mondo naturale e capacità di applicare le conoscenze e la tecnologia ai bisogni umani percepiti (quali la medicina, i trasporti o le comunicazioni);
4) competenza digitale: uso sicuro e critico della tecnologia dell'informazione e della comunicazione in ambito lavorativo, nel tempo libero e per comunicare;
5) imparare a imparare: capacità di gestire efficacemente il proprio apprendimento, sia a livello individuale che in gruppo;
6) competenze sociali e civiche: capacità di partecipare in maniera efficace e costruttiva alla vita sociale e lavorativa e di impegnarsi nella partecipazione attiva e democratica, soprattutto in società sempre più differenziate;
7) spirito di iniziativa e imprenditorialità: capacità di trasformare le idee in azioni attraverso la creatività, l'innovazione e l'assunzione del rischio, nonché capacità di pianificare e gestire dei progetti;
8) consapevolezza ed espressione culturale: capacità di apprezzare l'importanza creativa di idee, esperienze ed emozioni espresse tramite una varietà di mezzi quali la musica, la letteratura e le arti visive e dello spettacolo.
La Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF) rappresenta uno schema comune per aiutare i paesi dell'UE e le istituzioni scolastiche, i datori di lavoro e gli individui europei a confrontare le qualifiche di tutti i sistemi di istruzione e formazione dell'UE. Rendendo le competenze e le qualifiche più trasparenti, il Quadro europeo delle qualifiche rappresenta uno strumento per la promozione di Erasmus+. Attraverso un documento standardizzato, il Quadro europeo delle qualifiche completa inoltre la rete dei servizi europei dell'occupazione (EURES) e l'iniziativa Europass, entrambe volte ad aiutare gli europei a trovare occasioni di lavoro o formazione in tutto il continente. Riguarda sia l'istruzione superiore (università e istituzioni simili) sia la formazione professionale, contribuendo ad aumentare la mobilità di lavoratori e studenti, e consentendo il riconoscimento delle loro qualifiche al di fuori del paese di provenienza. Esso è uno strumento basato sui risultati di apprendimento piuttosto che sulla durata degli studi. I principali descrittori del livello di riferimento sono:
- le abilità (la capacità di applicare le conoscenze per portare a termine compiti e risolvere problemi);
- le competenze (la capacità di usare le conoscenze e le abilità in situazioni di lavoro o di studio);
- le conoscenze.
Il nucleo del Quadro europeo delle qualifiche consiste in otto livelli di riferimento che descrivono che cosa un discente conosce, capisce ed è in grado di realizzare. Il Quadro non intende sostituire i quadri nazionali delle qualifiche, ma piuttosto facilitare la cooperazione fra gli stessi. In ogni paese che partecipa al Quadro viene istituito un punto nazionale di coordinamento, che fornisce informazioni sul modo in cui il quadro nazionale delle qualifiche si relaziona al Quadro europeo delle qualifiche e coordina l'attuazione di quest'ultimo a livello nazionale.
La Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale (EQAVET) (quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità) fa parte di una serie di iniziative europee volte ad incoraggiare la mobilità dei lavoratori. Esso aiuta i paesi a promuovere e a monitorare i miglioramenti dei loro sistemi di istruzione e formazione professionale (IFP). La Raccomandazione stabilisce un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità, quale strumento di riferimento europeo comune. Su base volontaria, le autorità nazionali possono utilizzare gli aspetti che ritengono più utili per sviluppare, migliorare, orientare e valutare la qualità dei loro sistemi di istruzione e formazione professionale (IFP). Il quadro contiene un ciclo di quattro fasi per la programmazione, attuazione, valutazione/accertamento e riesame/revisione dei sistemi di IFP. Ciascuna fase include criteri di qualità e descrittori indicativi per aiutare le autorità nazionali a fissare obiettivi, elaborare norme e procedere alle revisioni. Gli indicatori di riferimento, come gli investimenti nella formazione degli insegnanti, sono progettati per aiutare a valutare e migliorare la qualità dei sistemi di IFP. Le autorità nazionali sono incoraggiate a svolgere un ruolo attivo nell'ambito del quadro e a sviluppare ulteriormente principi, criteri di riferimento, indicatori e linee guida. I punti nazionali di riferimento per la garanzia della qualità tengono informati gli interessati sulle attività del quadro, ne sostengono e sviluppano l'attività e aiutano a valutarne i risultati. Le autorità nazionali devono revisionare il processo ogni quattro anni. |
Contenuto dello schemaSi ricorda in via preliminare che la materia dei percorsi dell'istruzione professionale è attualmente disciplinata con un regolamento di delegificazione (il DPR 87/2010 sopra richiamato).
Si segnala al riguardo che l'analisi tecnico-normativa (Parte I, punto 7) afferma che le materie oggetto dell'intervento non formano oggetto di provvedimenti di rilegificazione.
Come ricordato dianzi, il raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale è attualmente oggetto di un'intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata.
Lo schema di decreto legislativo si compone di 14 articoli e 3 allegati, che ne fanno parte integrante.
Oggetto, principi e finalità
L'articolo 1, comma 1, prevede che lo schema di decreto legislativo, in coerenza con gli obiettivi e le finalità individuati dalla L. 107/2015, disciplina la revisione dei percorsi dell'istruzione professionale, in raccordo con quelli dell'istruzione e formazione professionale, attraverso la ridefinizione degli indirizzi e il potenziamento delle attività didattiche laboratoriali.
Secondo il comma 2, le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale sono scuole territoriali dell'innovazione, aperte e concepite come laboratori di ricerca, sperimentazione ed innovazione didattica.
In base al comma 3, il modello didattico è improntato al principio della personalizzazione educativa volta a consentire ad ogni studente di rafforzare e innalzare le proprie competenze per l'apprendimento permanente a partire dalle competenze chiave di cittadinanza, nonché di orientare il progetto di vita e di lavoro dello studente, anche per migliori prospettive di occupabilità. Il modello didattico aggrega le discipline negli assi culturali di cui all'articolo 2, comma 1, DM 139/2007 recante norme in materia di adempimento dell'obbligo di istruzione, adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 622, L. 296/2006; il medesimo modello fa riferimento a metodologie di apprendimento di tipo induttivo ed è organizzato per unità di apprendimento.
L'articolo 2, comma 1, DM 139/2007 , prevede che, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di istruzione, i saperi e le competenze, articolati in conoscenze e abilità, con l'indicazione degli assi culturali di riferimento, sono descritti nell'allegato documento tecnico, che fa parte integrante del presente regolamento e si applicano secondo le modalità ivi previste.
Il documento tecnico allegato afferma che i saperi e le competenze per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione sono riferiti ai quattro assi culturali (dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale) che costituiscono «il tessuto» per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati all'acquisizione delle competenze chiave che preparino i giovani alla vita adulta e che costituiscano la base per consolidare e accrescere saperi e competenze in un processo di apprendimento permanente, anche ai fini della futura vita lavorativa.
I saperi sono articolati in abilità/capacità e conoscenze, con riferimento al sistema di descrizione previsto per l'adozione del Quadro europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF) (su cui si veda supra). La competenza digitale, contenuta nell'asse dei linguaggi, è comune a tutti gli assi, sia per favorire l'accesso ai saperi sia per rafforzare le potenzialità espressive individuali.
Il comma 4 dispone che il sistema dell'istruzione professionale ha la finalità di formare lo studente ad arti, mestieri e professioni strategici per l'economia del Paese per un saper fare di qualità comunemente denominato "Made in Italy", nonché di garantire che le competenze acquisite nei percorsi di istruzione professionale consentano una facile transizione nel mondo del lavoro e delle professioni.
Identità dell'istruzione professionale
L'articolo 2 - raffrontabile con l'articolo 2 del DPR 87/2010 - comma 1, prevede che, al fine di assicurare allo studente una solida base di istruzione generale e competenze tecnico-professionali in una dimensione operativa in relazione alle attività economiche e produttive cui si riferisce l'indirizzo di studio prescelto, i percorsi di istruzione professionale hanno un'identità
culturale, metodologica e organizzativa che è definita nel Profilo educativo, culturale e professionale (P.E.Cu.p.) di cui all'allegato A che costituisce parte integrante dello schema di decreto legislativo (si veda infra).
Il comma 2 dispone che il P.E.Cu.p. integra il profilo educativo, culturale e professionale dello studente di cui all'articolo 1, comma 5, d.lgs. 226/2005, ed è comune a tutti i percorsi di istruzione professionale, nonché ai profili di uscita degli indirizzi di studio previsti dall'articolo 3.
L'articolo 1, comma 5, d.lgs. 226/2005 , prevede che i percorsi liceali e i percorsi di istruzione e formazione professionale nei quali si realizza il diritto-dovere all'istruzione e formazione sono di pari dignità e si propongono il fine comune di promuovere l'educazione alla convivenza civile, la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il saper essere, il saper fare e l'agire, e la riflessione critica su di essi, nonché di incrementare l'autonoma capacità di giudizio e l'esercizio della responsabilità personale e sociale curando anche l'acquisizione delle competenze e l'ampliamento delle conoscenze, delle abilità, delle capacità e delle attitudini relative all'uso delle nuove tecnologie e la padronanza di una lingua europea, oltre all'italiano e all'inglese, secondo il profilo educativo, culturale e professionale di cui all'allegato A. Essi assicurano gli strumenti indispensabili per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita.
L'Allegato A descrive il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, specificando, tra l'altro, che Il Profilo mette in luce come, indipendentemente dai percorsi di istruzione e di formazione frequentati, le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative apprese (il fare consapevole), nonché l'insieme delle azioni e delle relazioni interpersonali intessute (l'agire), siano la condizione per maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienza umana, sociale e professionale.
Ai sensi del comma 3, il P.E.Cu.p. si basa su uno stretto raccordo della scuola con il mondo del lavoro e delle professioni e si ispira ai modelli promossi dall'Unione europea e ad una personalizzazione dei percorsi contenuta nel Progetto formativo individuale di cui al successivo
articolo 5, comma 1, lettera a).
Il comma 4 prevede che i percorsi di istruzione professionale hanno una durata quinquennale e sono finalizzati al conseguimento di diplomi di istruzione secondaria di secondo grado, relativi agli indirizzi di studio di cui all'articolo 3, che danno accesso agli istituti tecnici superiori, all'università e alle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica.
Indirizzi di studio
L'articolo 3 - cui corrispondono nell'assetto vigente gli articoli 3 e 4 del DPR 87/2010 - prevede al comma 1 che gli indirizzi di studio dei percorsi di istruzione professionale sono i seguenti:
a) Servizi per l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la silvicoltura;
b) Pesca commerciale e produzioni ittiche;
c) Artigianato per il Made in Italy;
d) Manutenzione e assistenza tecnica;
e) Gestione delle acque e risanamento ambientale;
f) Servizi commerciali;
g) Enogastronomia e ospitalità alberghiera;
h) Servizi culturali e dello spettacolo;
i) Servizi per la sanità e l'assistenza sociale;
l) Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico;
m) Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.
Viene dunque introdotto un nuovo ordinamento basato su 11 indirizzi di studio in luogo dei 6 attualmente previsti. Si veda infra il par. Confluenza dei percorsi degli istituti professionali previsti dall'ordinamento attuale.
Attualmente - in base agli articoli 3 e 4 del DPR 87/2010 - i percorsi degli istituti professionali attengono a 2 settori (industria e artigianato; servizi), strutturati a loro volta, rispettivamente, in 2 e 4 indirizzi, ulteriormente specificabili in articolazioni.
L'articolo 8, comma 4, lett. c), del DPR 87/2010 ha previsto la definizione, con decreto MIUR-MEF, previo parere della Conferenza Stato-Regioni, degli ambiti, dei criteri e delle modalità per l'ulteriore articolazione delle aree di indirizzo in un numero contenuto di opzioni, incluse in un apposito elenco nazionale, in applicazione degli spazi di flessibilità previsti dall'articolo 5, comma 3, lett. b), del medesimo DPR (entro il 35% dell'orario annuale delle lezioni nel secondo biennio e il 40% nell'ultimo anno). In attuazione di quanto disposto, è intervenuto il D.I. 24 aprile 2012, prot. n. 7428. Successivamente, l'elenco è stato integrato con D.I. 13 novembre 2014, prot. n. 836.
L'articolo 5 del DPR 87/2010 ha stabilito che gli istituti professionali possono utilizzare la quota di autonomia del 20% dei curricoli, fermo restando che ciascuna disciplina non può essere decurtata per più del 20% previsto dai quadri orari definiti con il medesimo DPR. I quadri orari sono stati successivamente integrati ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013).
Inoltre, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lett. c), del DPR 87/2010, gli istituti professionali possono utilizzare gli spazi di flessibilità nel primo biennio entro il 25% dell'orario annuale delle lezioni per svolgere un ruolo integrativo e complementare rispetto al sistema dell'istruzione e della formazione professionale regionale.
Per il settore industria e artigianato gli indirizzi sono i seguenti:
a) Produzioni industriali ed artigianali (C1);
b) Manutenzione e assistenza tecnica (C2).
Per il settore dei servizi gli indirizzi sono i seguenti:
a) Servizi per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (B1);
b) Servizi socio-sanitari (B2);
c) Servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera (B3);
d) Servizi commerciali (B4).
In base al comma 2, i quadri orari relativi ai predetti indirizzi di studio sono riportati nell'allegato B che costituisce parte integrante dello schema di decreto legislativo. Gli indirizzi di studio dell'ordinamento di cui al del DPR 87/2010 confluiscono negli indirizzi di studio di cui al comma 1 come riportato nell'allegato C che costituisce parte integrante dello schema di decreto legislativo.
Ai sensi dei commi 3 e 4, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avente natura regolamentare ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, L. 400/1988, adottato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della Salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono determinati i profili di uscita degli indirizzi di studio di cui al comma 1, i relativi risultati di apprendimento, declinati in termini di competenze, abilità e conoscenze. Con il medesimo decreto è indicato il riferimento degli indirizzi di studio alle attività economiche referenziate ai codici ATECO adottati dall'ISTAT per le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico ed esplicitati almeno sino a livello di sezione e di correlate divisioni. II decreto contiene altresì le indicazioni per il passaggio al nuovo ordinamento, di cui al successivo articolo 11. Il decreto individua altresì i profili di uscita e i risultati di apprendimento secondo criteri che ne rendono trasparente la distinzione rispetto ai profili e ai criteri degli indirizzi dei settori tecnologico ed economico degli istituti tecnici di cui al DPR 88/2010 (definiti, rispettivamente, dagli articoli 4 e 3 del DPR citato). II medesimo decreto correla i profili in uscita degli indirizzi di studio anche ai settori economico-professionali di cui al DM 13 giugno 2015.
Dal punto di vista redazionale, al comma 3 dell'articolo 3, le parole «d'intesa» dovrebbero essere sostituite con le seguenti: «previa intesa».
In base al comma 5, le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono declinare i nuovi indirizzi di studio in percorsi formativi richiesti dal territorio coerenti con le priorità indicate dalle Regioni nella propria programmazione, nei limiti degli spazi di flessibilità di cui al successivo articolo 6, comma 1, lettera b). Tale declinazione può riferirsi solo alle attività economiche previste nella sezione e nella divisione cui si riferisce il codice ATECO attribuito all'indirizzo con il decreto di cui al comma 3. L'utilizzo della flessibilità avviene nei limiti delle dotazioni organiche assegnate senza determinare esuberi di personale.
Come sopra ricordato, nell'attuale ordinamento la strutturazione dei percorsi è tripartita: i due settori dianzi indicati infatti sono suddivisi in indirizzi, i quali, a loro volta, possono prevedere distinte "articolazioni". Si veda, a titolo di esempio, l'allegato D del DPR 87/2010.
Assetto organizzativo
L'articolo 4 - comparabile con l'articolo 5 del DPR 87/2010 - prevede al comma 1 che l'istruzione professionale è caratterizzata da una struttura quinquennale dei percorsi, secondo quanto previsto dai quadri orari di cui all'allegato B, che sono articolati in un biennio e in un successivo triennio.
Per quanto riguarda i criteri per la definizione dell'orario complessivo annuale degli istituti professionali nell'assetto vigente si vedano anche lo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente integrazioni al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, recante norme per il riordino degli istituti professionali (Atto del Governo n. 375) e il relativo dossier n. 431 del 19 gennaio 2017.
Il comma 2 stabilisce che il biennio comprende 2112 ore complessive, articolate in 1188 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e in 924 ore di attività e insegnamenti di indirizzo comprensive del tempo da destinare al potenziamento dei laboratori. Le attività e gli insegnamenti di istruzione generale e di indirizzo sono aggregati in assi culturali. Le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale, nell'esercizio della propria autonomia organizzativa e didattica, e con riferimento al Progetto formativo individuale possono organizzare il primo biennio in periodi didattici e possono articolare la classe per gruppi. l periodi didattici possono essere collocati anche in due diversi anni scolastici ai fini dell'accesso al terzo anno dei percorsi. Nell'ambito delle 2112 ore, una quota, non superiore a 264 ore, è destinata alla personalizzazione degli apprendimenti e alla realizzazione del progetto formativo individuale; tale quota può comprendere anche le attività di alternanza scuola-lavoro previste dall'articolo 5, comma 1, lettera d).
In base al comma 3, il triennio è articolato in un terzo, quarto e quinto anno. Per ciascun anno del triennio, l'orario scolastico è di 1056 ore, articolate in 462 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e in 594 ore di attività e insegnamenti di indirizzo, al fine di consentire allo studente di:
a) consolidare e innalzare progressivamente, soprattutto in contesti di laboratorio e di lavoro, i livelli di istruzione generale acquisiti nel biennio, anche attraverso spazi orari riservati nell'ambito della quota di autonomia, determinata a norma del successivo articolo 6, comma 1, lettera a);
b) acquisire e approfondire, specializzandole progressivamente, le competenze, le abilità e le conoscenze di indirizzo in funzione di un rapido accesso al lavoro;
c) partecipare alle attività di alternanza scuola-lavoro, previste dall'articolo 1, comma 33, L. 107/2015, anche in apprendistato ai sensi degli articoli 41, 42 e 43 del d.lgs. 81/2015;
L'articolo 1, comma 33, L. 107/2015, ha disposto che, negli ultimi tre anni di scuola secondaria di secondo grado, i percorsi di alternanza scuola-lavoro - che devono essere inseriti nel Piano triennale dell'offerta formativa - hanno una durata complessiva di almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di almeno 200 ore nei licei.
Tali previsioni si applicano a partire dalle classi terze attivate nell'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge.
Si veda anche l'articolo 5, comma 2, lett. d), DPR 87/2010.
I richiamati articoli 41, 42 e 43 del d.lgs. 81/2015 disciplinano, rispettivamente, la definizione, la disciplina generale dell'apprendistato nonché l'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
d) costruire il curriculum dello studente previsto dall'articolo 1, comma 28, L. 107/2015, in coerenza con il Progetto formativo individuale;
L'articolo 1, comma 28, L. 107/2015 ha previsto che le scuole secondarie di secondo grado introducono insegnamenti opzionali nel secondo biennio e nell'ultimo anno anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità. Tali insegnamenti, attivati nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e dei posti di organico dell'autonomia assegnati sulla base dei piani triennali dell'offerta formativa, sono parte del percorso dello studente e sono inseriti nel curriculum dello studente, che ne individua il profilo associandolo a un'identità digitale e raccoglie tutti i dati utili anche ai fini dell'orientamento e dell'accesso al mondo del lavoro, relativi al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avene natura regolamentare, da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono disciplinate le modalità di individuazione del profilo dello studente da associare ad un'identità digitale, le modalità di trattamento dei dati personali contenuti nel curriculum dello studente da parte di ciascuna istituzione scolastica, le modalità di trasmissione al MIUR dei suddetti dati ai fini di renderli accessibili nel Portale unico dei dati della scuola, nonché i criteri e le modalità per la mappatura del curriculum dello studente ai fini di una trasparente lettura della progettazione e della valutazione per competenze.
e) effettuare i passaggi tra i percorsi di istruzione professionale e quelli di istruzione e formazione professionale e viceversa, secondo le modalità previste dall'articolo 8.
Attualmente l'articolo 5, comma 2, DPR 87/2010, prevede che il primo biennio è articolato, per ciascun anno, in 660 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e in 396 ore di attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di istruzione e dell'acquisizione dei saperi e delle competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti; il secondo biennio è articolato per ciascun anno, in 495 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e in 561 ore di attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo; il quinto anno è articolato in 495 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e in 561 ore di attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo, che consentano allo studente di acquisire una conoscenza sistemica della filiera economica di riferimento, idonea anche ad orientare la prosecuzione degli studi a livello terziario con particolare riguardo all'esercizio delle professioni tecniche.
In base al comma 4, il quinto anno è strutturato dalle istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia, in modo da consentire il conseguimento del diploma di istruzione professionale, previo superamento degli esami di Stato, e anche di maturare i crediti per l'acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS), ove previsto dalla programmazione delle singole Regioni.
Si ricorda che in base all'articolo 9 del DPCM 25 gennaio 2008, i percorsi IFTS hanno, di regola, durata annuale, per un totale di 800/1000 ore e sono finalizzati al conseguimento di un certificato di specializzazione tecnica superiore per rispondere a fabbisogni formativi riferiti ai settori produttivi individuati, per ogni triennio, con accordo in sede di Conferenza unificata.
Ai sensi del comma 5, le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale sono dotate di un ufficio tecnico, senza ulteriori oneri di funzionamento se non quelli previsti nell'ambito delle risorse a legislazione vigente, con il compito di sostenere la migliore organizzazione e funzionalità dei laboratori a fini didattici e il loro adeguamento in relazione alle esigenze poste dall'innovazione tecnologica nonché per la sicurezza delle persone e dell'ambiente.
Attualmente l'obbligo di dotarsi di un ufficio tecnico è previsto per gli istituti professionali per il settore industria ed artigianato (articolo 4, comma 3, DPR 87/2010): essi hanno i medesimi compiti previsti dal comma 5 dell'articolo 4: sostenere la migliore organizzazione e funzionalità dei laboratori a fini didattici e il loro adeguamento in relazione alle esigenze poste dall'innovazione tecnologica nonché per la sicurezza delle persone e dell'ambiente.
In base alla relazione tecnica, il numero degli uffici tecnici attivabili ammonta a circa 1030, che corrisponde alle istituzioni scolastiche autonome all'interno delle quali è attivo almeno un indirizzo di istruzione professionale. Sempre secondo tale documento, l'impegno lavorativo richiesto per le attività svolte presso l'ufficio tecnico è compatibile con il contemporaneo esercizio della funzione docente tanto da non comportare l'esonero dall'insegnamento: si tratta, infatti, di "attività aggiuntiva funzionale all'insegnamento" ai sensi dell'articolo 88, comma 2, lett. d), del CCNL personale del comparto scuola 2006-2009 del 29 novembre 2007, e, in quanto tale, potrà essere remunerata a carico del Fondo per Il miglioramento dell'offerta formativa.
Assetto didattico
L'articolo 5 prevede che l'assetto didattico dell'istruzione professionale è caratterizzato:
a) dalla personalizzazione del percorso di apprendimento, che si avvale di una quota del monte ore non superiore a 264 nel biennio e dal Progetto formativo individuale che viene redatto dal consiglio di classe entro tre mesi dall'inizio delle attività didattiche del primo anno di frequenza e aggiornato durante l'intero percorso scolastico. Il Progetto formativo individuale si basa su un bilancio personale che evidenzia i saperi e le competenze acquisiti da ciascuno studente, anche in modo non formale e informale ed è idoneo a rilevare le potenzialità e le carenze riscontrate, al fine di motivarlo ed orientarlo nella progressiva costruzione del proprio percorso formativo e lavorativo. Il consiglio di classe individua, al proprio interno, i docenti che assumono la funzione di tutor per sostenere gli studenti nell'attuazione e nello sviluppo del Progetto formativo individuale. L'attività di tutorato è svolta dai docenti designati dal consiglio di classe, fatto salvo lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 1, comma 5, L. 107/2015, nell'ambito delle risorse disponibili presso l'istituzione scolastica a legislazione vigente;
L'articolo 1, comma 5, L. 107/2015, ha previsto che al fine di dare piena attuazione al processo di realizzazione dell'autonomia e di riorganizzazione dell'intero sistema di istruzione, è istituito per l'intera istituzione scolastica, o istituto comprensivo, e per tutti gli indirizzi degli istituti secondari di secondo grado afferenti alla medesima istituzione scolastica l'organico dell'autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell'offerta formativa predisposto ai sensi del comma 14. I docenti dell'organico dell'autonomia concorrono alla realizzazione del piano triennale dell'offerta formativa con attività di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento.
Si veda anche l'articolo 3 del DPR 275/1999 come sostituito dall'articolo 1, comma 14, L. 107/2015.
b) dall'aggregazione, nel biennio, delle discipline all'interno degli assi culturali caratterizzanti l'obbligo di istruzione e dall'aggregazione, nel triennio, delle discipline di istruzione generale;
c) dall'utilizzo prevalente di metodologie didattiche per l'apprendimento di tipo induttivo, attraverso esperienze laboratoriali e in contesti operativi, analisi e soluzione dei problemi relativi alle attività economiche di riferimento, il lavoro cooperativo per progetti, nonché la gestione di processi in contesti organizzati;
d) dalla possibilità di attivare percorsi di alternanza scuola-lavoro, già dalla seconda classe del biennio, e percorsi di apprendistato ai sensi dell'articolo 43 del d.lgs. 81/2015 (su cui si veda supra in sede di commento dell'articolo 4);
e) dall'organizzazione per unità di apprendimento, che, partendo da obiettivi formativi adatti e significativi per i singoli studenti, sviluppano appositi percorsi di metodo e di contenuto, tramite i quali si valuta il livello delle conoscenze e delle abilità acquisite e la misura in cui lo studente abbia maturato le competenze attese. Le unità di apprendimento rappresentano il necessario riferimento per il riconoscimento dei crediti posseduti dallo studente, soprattutto nel caso di passaggi ad altri percorsi di istruzione e formazione;
f) dalla certificazione delle competenze che è effettuata, nel corso del biennio, con riferimento alle unità di apprendimento, secondo un modello adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ferma restando la disciplina vigente in merito alla certificazione delle competenze per il triennio, nonché per le qualifiche triennali e i diplomi quadriennali.
Strumenti per l'attuazione dell'autonomia
L'articolo 6 - correlabile con l'articolo 5, comma 3, DPR 87/2010 - prevede, al comma 1, che le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica:
a) utilizzare la quota di autonomia del 20% dell'orario complessivo del biennio, nonché dell'orario complessivo del triennio, per il perseguimento degli obiettivi di apprendimento relativi al profilo di uscita di ciascun indirizzo di studio e per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività di laboratorio, sulla base dei criteri generali e delle indicazioni contenuti nel P.E.Cu.p., nell'ambito dell'organico dell'autonomia sopra ricordato;
L'articolo 5, comma 3, DPR 87/2010, ha previsto, alla lett. a), che gli istituti professionali possono utilizzare la quota di autonomia del 20% dei curricoli, nell'ambito degli indirizzi definiti dalle regioni e in coerenza con il profilo di cui all'allegato A, sia per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività di laboratorio, sia per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell'offerta formativa. Nei limiti del contingente di organico ad esse annualmente assegnato, tale quota è determinata, in base all'orario complessivo delle lezioni previsto per il primo biennio e per il complessivo triennio, tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie, fermo restando che ciascuna disciplina non può essere decurtata per più del 20% previsto dai quadri orario di cui agli allegati B e C. A tal fine, nell'ambito delle dotazioni organiche del personale docente determinate annualmente con decreto MIUR-MEF può essere previsto un contingente di organico da assegnare alle singole istituzioni scolastiche e/o disponibile attraverso gli accordi di rete, fermo restando il conseguimento, a regime, degli obiettivi finanziari di cui all'articolo 64 DL 112/2008 (L. 133/2008), e subordinatamente alla preventiva verifica da parte del MIUR di concerto con il MEF circa la sussistenza di economie aggiuntive.
b) utilizzare gli spazi di flessibilità, in coerenza con gli indirizzi attivati e con i profili di uscita di
cui all'articolo 3, entro il 40% dell'orario complessivo previsto per il terzo, quarto e quinto anno, nell'ambito dell'organico dell'autonomia;
L'articolo 5, comma 3, DPR 87/2010, ha previsto, alla lett. b), che gli istituti professionali utilizzano gli spazi di flessibilità, intesi come possibilità di articolare in opzioni le aree di indirizzo per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni, con riferimento all'orario annuale delle lezioni entro il 35% nel secondo biennio e il 40% nell'ultimo anno. L'utilizzo della citata flessibilità avviene nei limiti delle dotazioni organiche assegnate senza determinare esuberi di personale.
In base alla lett. c) della medesima disposizione, essi possono utilizzare gli spazi di flessibilità anche nel primo biennio entro il 25% dell'orario annuale delle lezioni per svolgere un ruolo integrativo e complementare rispetto al sistema dell'istruzione e della formazione professionale regionale, nei limiti degli assetti ordinamentali e delle consistenze di organico previsti dal DPR 87/2010.
c) stipulare contratti d'opera con esperti del mondo del lavoro e delle professioni, in possesso di una specifica e documentata esperienza professionale maturata nell'ambito delle attività
economiche di riferimento dell'indirizzo di studio e in possesso di competenze specialistiche non presenti nell'istituto, ai fini dell'arricchimento dell'offerta formativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ferma restando la possibilità di ricevere finanziamenti da soggetti pubblici e privati. A riguardo, le istituzioni scolastiche provvedono nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente;
L'articolo 5, comma 3, DPR 87/2010, ha previsto, alla lett. f), che gli istituti professionali possono stipulare contratti d'opera con esperti del mondo del lavoro e delle professioni con una specifica e documentata esperienza professionale maturata nel settore di riferimento, ai fini dell'arricchimento dell'offerta formativa e per competenze specialistiche non presenti nell'istituto, nei limiti degli spazi di flessibilità previsti e delle risorse iscritte nel programma annuale di ciascuna istituzione scolastica.
d) attivare partenariati territoriali per il miglioramento e l'ampliamento dell'offerta formativa, per il potenziamento dei laboratori, ivi comprese le dotazioni strumentali degli stessi, per la realizzazione dei percorsi in alternanza, comprese le esperienze di scuola-impresa e di bottega
scuola, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ferma restando la possibilità di ricevere finanziamenti da soggetti pubblici e privati;
e) costituire, nell'esercizio della propria autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, i dipartimenti quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa;
L'articolo 5, comma 3, DPR 87/2010, ha previsto, alla lett. d), che gli istituti professionali possono costituire, nell'esercizio della loro autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa.
f) dotarsi, nell'esercizio della propria autonomia didattica e organizzativa, di un comitato tecnico-scientifico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, composto da docenti e da esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica, con
funzioni consultive e di proposta per l'organizzazione delle attività e degli insegnamenti di indirizzo e l'utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità. Ai componenti del comitato non
spettano compensi, indennità, gettoni di presenza o altre utilità comunque denominate.
L'articolo 5, comma 3, DPR 87/2010, ha previsto, alla lett. e), che gli istituti professionali possono dotarsi, nell'esercizio della loro autonomia didattica e organizzativa, di un comitato tecnico-scientifico, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, composto da docenti e da esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per l'organizzazione delle aree di indirizzo e l'utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità; ai componenti del comitato non spettano compensi ad alcun titolo.
Ai sensi del comma 2, al fine di facilitare e potenziare i raccordi con il sistema di istruzione e formazione professionale, le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono ampliare la propria offerta formativa a norma dell'articolo 9 del DPR 275/1999, anche per la realizzazione, a conclusione del biennio, di un terzo anno, in cui lo studente può conseguire, in classi distinte da quelle in cui proseguono i percorsi quinquennali, le qualifiche professionali di cui all'articolo 17 del d.lgs. 226/2005. Tale ampliamento si realizza nell'ambito della programmazione triennale dell'offerta formativa di cui all'articolo 1, comma 2, L. 107/2015, sempreché previsto dalla programmazione delle singole Regioni, nell'esercizio delle proprie competenze esclusive in materia.
L'articolo 9, DPR 275/1999, prevede che le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra loro consorziate, realizzano ampliamenti dell'offerta formativa che tengano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione giovanile e degli adulti. I curricoli possono essere arricchiti con discipline e attività facoltative che per la realizzazione di percorsi formativi integrati, le istituzioni scolastiche programmano sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a convenzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale, anche per la realizzazione di specifici progetti. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla base di specifica progettazione, anche mediante il ricorso a metodi e strumenti di autoformazione e a percorsi formativi personalizzati. Per l'ammissione ai corsi e per la valutazione finale possono essere fatti valere crediti formativi maturati anche nel mondo del lavoro, debitamente documentati, e accertate esperienze di autoformazione. Le istituzioni scolastiche valutano tali crediti ai fini della personalizzazione dei percorsi didattici, che può implicare una loro variazione e riduzione. Nell'ambito delle attività in favore degli adulti possono essere promosse specifiche iniziative di informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni.
L'articolo 17, comma 1, del d.lgs. 226/2005, prevede che le Regioni assicurano, quali livelli essenziali dell'orario minimo annuale e dell'articolazione dei percorsi formativi, un orario complessivo obbligatorio dei percorsi formativi di almeno 990 ore annue. Le Regioni assicurano inoltre, agli stessi fini, l'articolazione dei percorsi formativi nelle seguenti tipologie:
a) percorsi di durata triennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che costituisce titolo per l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale;
b) percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale.
Ai fini di cui al comma 1, anche per offrire allo studente una contestuale pluralità di scelte, le Regioni assicurano l'adozione di misure che consentano l'avvio contemporaneo dei percorsi del sistema educativo di istruzione e formazione (comma 2).
L'articolo 1, comma 2, L. 107/2015, prevede che le istituzioni scolastiche garantiscono la partecipazione alle decisioni degli organi collegiali e la loro organizzazione è orientata alla massima flessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico, nonché all'integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. In tale ambito, l'istituzione scolastica effettua la programmazione triennale dell'offerta formativa per il potenziamento dei saperi e delle competenze delle studentesse e degli studenti e per l'apertura della comunità scolastica al territorio con il pieno coinvolgimento delle istituzioni e delle realtà locali.
Rete nazionale delle scuole professionali e raccordo con il sistema di istruzione e formazione professionale
L'articolo 7, comma 1, stabilisce che ai fini dell'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione sino al conseguimento, entro il diciottesimo anno di età, di almeno una qualifica professionale, di durata triennale, lo studente in possesso del titolo conclusivo del primo ciclo di istruzione può scegliere, all'atto dell'iscrizione ai percorsi del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, tra:
a) i percorsi per il conseguimento di diplomi, di durata quinquennale, realizzati da scuole statali o da scuole paritarie riconosciute;
b) i percorsi di istruzione e formazione professionale, per il conseguimento di qualifiche, di durata triennale, e di diplomi professionali, di durata quadriennale, realizzati dalle istituzioni
formative accreditate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi
del d.lgs. 226/2005.
Il comma 2 prevede che i percorsi di istruzione professionale e di istruzione e formazione professionale si realizzano nell'ambito di un'offerta formativa unitaria, articolata e integrata stabilmente sul territorio. A tal fine, è costituita la "Rete nazionale delle scuole professionali" (di seguito denominata Rete), di cui fanno parte, nel rispetto della loro diversa identità e pari dignità, le istituzioni scolastiche statali o paritarie che offrono percorsi di istruzione professionale e le istituzioni formative accreditate sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni di cui al Capo III del d.lgs. 226/2005. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono definiti i criteri, i termini e le modalità per la costituzione e l'aggiornamento annuale della Rete nazionale delle scuole professionali.
Dal punto di vista redazionale, al comma 2 dell'articolo 7, le parole «d'intesa» dovrebbero essere sostituite con le seguenti: «previa intesa».
In base al comma 3, la Rete realizza il confronto organico e continuativo tra i soggetti che ne fanno parte e tra tali soggetti e gli altri Enti pubblici e privati, allo scopo di promuovere l'innovazione, il permanente raccordo con il mondo del lavoro, l'aggiornamento periodico, nel limite fissato degli indirizzi di studio e dei profili di uscita previsti dall'articolo 3.
Secondo il comma 4, per la partecipazione alla "Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro" di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 150/2015, allo scopo di rafforzare gli interventi di supporto alla transizione dalla scuola al lavoro, diffondere e sostenere il sistema duale realizzato in alternanza scuola-lavoro e in apprendistato, le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale e le istituzioni formative accreditate si raccordano in modo stabile e strutturato nell'ambito della Rete nazionale delle scuole professionali.
La Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro (la cui composizione è disciplinata dall'articolo 1, comma 2, d.lgs. 150/2015), secondo quanto riportato nella relazione illustrativa all'Atto del Governo n. 177, rappresenta uno "strumento di governance per garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale e assicurare l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative".
La Rete è costituita dai seguenti soggetti, pubblici o privati:
a) l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del lavoro (ANPAL), che esercita il ruolo di coordinamento gestionale della Rete;
b) le strutture regionali per le Politiche Attive del Lavoro a livello regionale e delle province autonome;
c) l'INPS, in relazione alle competenze in materia di incentivi e strumenti a sostegno del reddito;
d) l'lNAIL, in relazione alle competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro;
e) le Agenzie per il lavoro e i soggetti autorizzati allo svolgimento delle attività di intermediazione ai sensi dell'articolo 6 del d.lgs. 276/2003, e i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro;
f) i fondi interprofessionali per la formazione continua;
g) i fondi bilaterali per il lavoro in somministrazione;
h) l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL, ora INAPP) e Italia lavoro S.p.A.;
i) il sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di scuola secondaria di secondo grado.
Compito della Rete è quello di promuovere l'effettività dei diritti al lavoro, alla formazione e all'elevazione professionale, così come sancito dalla Costituzione, ed il diritto di accesso per ogni individuo ai servizi di collocamento gratuito. A tal fine, la rete pone in essere interventi e servizi volti "a migliorare l'efficienza del mercato del lavoro, assicurando, tramite l'attività posta in essere dalle strutture pubbliche e private, accreditate o autorizzate, ai datori di lavoro il soddisfacimento dei fabbisogni di competenze ed ai lavoratori il sostegno nell'inserimento o nel reinserimento al lavoro".
Come ricordato supra (par. I principi e i criteri direttivi recati dalla L. 107/2015), per il raccordo dei percorsi dell'istruzione professionale con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale non sono stati indicati principi e criteri direttivi.
Passaggi tra i sistemi formativi
L'articolo 8, comma 1, consente allo studente di chiedere di effettuare il passaggio tra i percorsi di istruzione professionale e i percorsi di istruzione e formazione professionale compresi nel repertorio nazionale dell'offerta di istruzione e formazione professionale di cui agli accordi in Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010, del 27 luglio 2011 e del 19 gennaio 2012 e viceversa. Le fasi del passaggio sono disciplinate con accordo in Conferenza Stato-Regioni nel rispetto dei criteri generali di cui al presente articolo.
L'accordo del 29 aprile 2010 in sede di Conferenza Stato-Regioni - recepito con DM 15 giugno 2010 - aveva previsto l'avvio della messa a regime dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al Capo III del d.lgs. 226/2005, e riguardava, per il primo anno di attuazione 2010/2011, i percorsi di durata triennale e quadriennale finalizzati al conseguimento dei titoli di qualifica e di diploma professionale di cui all'articolo 17, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo medesimo.
Riguardo all'accordo del 27 luglio 2011 si veda supra, nel par. Il quadro normativo vigente
Con l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio 2012 - recepito con DM 23 aprile 2012 - si è proceduto a integrare e modificare il repertorio delle figure nazionali di riferimento relative alle qualifiche professionali, approvato con l'accordo del 27 luglio 2011 - allegato 2 - prima ricordato.
Il 28 ottobre 2004 era stato concluso un accordo in sede di Conferenza unificata riguardante la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi. Esso faceva riferimento all'offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale la cui realizzazione - a partire dall'a.s. 2003/2004 - era stata prevista dal precedente accordo in sede di Conferenza unificata del 19 giugno 2003 nonché dai successivi accordi conclusi a livello territoriale tra le singole Regioni e gli USR competenti e teneva altresì conto dell'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni del 15 gennaio 2004 per la definizione degli standard formativi minimi relativi alle competenze di base nell'ambito dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale.
L'accordo del 28 ottobre 2004 si collocava nella fase transitoria di attuazione della L. 53/2003 e riconosceva «la necessità di favorire la prosecuzione degli studi anche attraverso passaggi tra i sistemi formativi, sostenendo gli studenti con interventi integrativi e modalità di recupero dei debiti». Vi si faceva inoltre riferimento alla finalità di favorire il reciproco passaggio tra istituzioni scolastiche e formative, all'interno del sistema educativo di istruzione e formazione, nonché al riconoscimento - tra i sistemi regionali e tra questi ed il sistema dell'istruzione - della certificazione delle qualifiche professionali rilasciate dalle Regioni a conclusione dei percorsi formativi. Vi si menzionava, di conseguenza, per il passaggio dai percorsi dell'istruzione ai percorsi della formazione professionale, la definizione delle modalità di riconoscimento del credito formativo e della relativa attribuzione di valore.
Secondo i commi 2, 3 e 4, il passaggio prevede, da parte delle istituzioni scolastiche e formative interessate, la progettazione e l'attuazione di modalità di accompagnamento e di sostegno dello studente e la possibilità di inserimento graduale nel nuovo percorso. Il passaggio è effettuato esclusivamente a domanda dello studente nei limiti delle disponibilità di posti nelle classi di riferimento delle istituzioni scolastiche e formative. Il passaggio non è automatico ma tiene conto dei diversi risultati di apprendimento e dello specifico profilo di uscita dell'ordine di studi e dell'indirizzo, riferiti al percorso al quale si chiede di accedere anche nel caso in cui lo studente sia già in possesso di ammissione all'annualità successiva del percorso di provenienza. La determinazione dell'annualità di inserimento è basata sul riconoscimento dei crediti posseduti, sulla comparazione tra il percorso di provenienza e quello cui lo studente chiede di accedere, nonché sulle sue effettive potenzialità di prosecuzione del percorso.
In base al comma 5, nel corso o al termine del biennio, le istituzioni scolastiche e le istituzioni formative accreditate tengono conto dei crediti maturati e certificati, secondo le seguenti modalità:
a) certificazione delle competenze acquisite nel precedente percorso formativo, con riferimento alle unità di apprendimento previste dall'articolo 5, comma 1, lettera e);
b) elaborazione, anche sulla base di eventuali verifiche in ingresso, di un bilancio di competenze da parte delle istituzioni che accolgono lo studente;
c) progettazione e realizzazione delle attività di inserimento e di accompagnamento nel nuovo.
Il comma 6 - erroneamente indicato come comma 5 nello schema di decreto legislativo - prevede che lo studente, conseguita la qualifica triennale, può proseguire il proprio percorso di studio scegliendo di passare al quarto anno dei percorsi di istruzione professionale, secondo le modalità descritte in precedenza, oppure di passare al quarto anno dei percorsi di istruzione e formazione professionale presso le istituzioni formative comprese nella Rete nazionale delle scuole professionali per conseguire un diploma professionale di tecnico di cui all'articolo 17 del d.lgs. 226/2005 (su cui si veda supra in sede di commento dell'articolo 6) compreso nel repertorio nazionale dell'offerta di istruzione e formazione professionale di cui ai richiamati accordi in Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010, del 27 luglio 2011 e del 19 gennaio 2012.
Il comma 7 - erroneamente indicato come comma 6 nello schema di decreto legislativo - stabilisce che i diplomi di istruzione professionale, rilasciati in esito agli esami di Stato conclusivi dei relativi percorsi quinquennali, le qualifiche e i diplomi professionali rilasciati In esito agli esami conclusivi dei percorsi di istruzione e formazione professionale, rispettivamente di durata triennale e quadriennale, sono titoli di studio tra loro correlati nel repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali di cui all'articolo 8 del d.lgs. 13/2013.
L'articolo 8 del d.lgs. 13/2013 prevede al comma 1 che in conformità agli impegni assunti dall'Italia a livello comunitario, allo scopo di garantire la mobilità della persona e favorire l'incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, la trasparenza degli apprendimenti e dei fabbisogni, nonché l'ampia spendibilità delle certificazioni in ambito nazionale ed europeo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, è istituito il repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, di cui all'articolo 4, comma 67, L. 28 giugno 92/2012, secondo cui tutti gli standard delle qualificazioni e competenze certificabili ai sensi del sistema pubblico di certificazione sono raccolti in repertori codificati a livello nazionale o regionale, pubblicamente riconosciuti e accessibili in un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali.
Il comma 2 stabilisce che il repertorio nazionale costituisce il quadro di riferimento unitario per la certificazione delle competenze, attraverso la progressiva standardizzazione degli elementi essenziali, anche descrittivi, dei titoli di istruzione e formazione, ivi compresi quelli di istruzione e formazione professionale, e delle qualificazioni professionali attraverso la loro correlabilità anche tramite un sistema condiviso di riconoscimento di crediti formativi in chiave europea.
Ai sensi del comma 3 il repertorio nazionale è costituito da tutti i repertori dei titoli di istruzione e formazione, ivi compresi quelli di istruzione e formazione professionale, e delle qualificazioni professionali tra cui anche quelle del repertorio delle professioni (ora istituito e disciplinato dall'articolo 46, comma 3, del d.lgs. 81/2015, il cui art. 55, comma 1, lett. g), ha abrogato il testo unico dell'apprendistato di cui al d.lgs. 167/2011), codificati a livello nazionale, regionale o di provincia autonoma, pubblicamente riconosciuti e rispondenti ai seguenti standard minimi:
a) identificazione dell'ente pubblico titolare;
b) identificazione delle qualificazioni e delle relative competenze che compongono il repertorio;
c) referenziazione delle qualificazioni, laddove applicabile, ai codici statistici di riferimento delle attività economiche (ATECO) e della nomenclatura e classificazione delle unità professionali (CP ISTAT), nel rispetto delle norme del sistema statistico nazionale;
d) referenziazione delle qualificazioni del repertorio al Quadro europeo delle qualificazioni (EQF), realizzata attraverso la formale inclusione delle stesse nel processo nazionale di referenziazione ad EQF.
Il comma 4 ha previsto che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, secondo criteri definiti con le linee guida di cui all'articolo 3 del d.lgs. 13/2013, rendono pubblicamente accessibile e consultabile per via telematica il repertorio nazionale. In attuazione di tale previsione è stato emanato il DM 30 giugno 2015 (pubblicato nella GU 20 luglio 2015, n. 166).
Dotazioni organiche
L'articolo 9, comma 1, stabilisce che le dotazioni organiche dei percorsi di istruzione professionale sono determinate dall'USR competente:
a) nell'ambito dell'organico triennale dell'autonomia previsto dall'articolo 1, commi 64 e 65, L. 107/2015;
b) tenendo conto del fabbisogno orario previsto dall'ordinamento dei singoli indirizzi e del numero degli studenti iscritti, nel limite di un monte ore complessivo annuale di 1056 ore per ciascuno dei cinque anni di corso.
La quota in compresenza è definita dai piani orari di cui all'allegato B, nell'ambito dei nuovi indirizzi di studio nei quali confluiscono - sulla base della tabella contenuta nell'allegato C - i percorsi di istruzione professionale attualmente previsti dal DPR 87/2010.
Le funzioni relative agli uffici tecnici sono svolte dagli insegnanti tecnico-pratici dell'organico dell'autonomia forniti di specifiche professionalità, nell'ambito degli insegnanti assegnati ai posti di cui all'articolo 1, comma 64, L. 107/2015.
L'articolo 1, comma 64, L. 107/2015, ha previsto che a decorrere dall'a.s. 2016/2017, con cadenza triennale, con decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza unificata, e comunque nel limite massimo di spesa dell'incremento della dotazione organica del personale docente (previsto, a decorrere dall'a.s. 2015/2016, dal comma 201), è determinato l'organico dell'autonomia su base regionale.
Il comma 65 ha previsto che il riparto della dotazione organica tra le Regioni è effettuato sulla base del numero delle classi, per i posti comuni, e sulla base del numero degli alunni, per i posti del potenziamento, senza ulteriori oneri rispetto alla dotazione organica assegnata. Il riparto della dotazione organica per il potenziamento dei posti di sostegno è effettuato in base al numero degli alunni disabili. Si tiene conto, senza ulteriori oneri rispetto alla dotazione organica assegnata, della presenza di aree montane o di piccole isole, di aree interne, a bassa densità demografica o a forte processo immigratorio, nonché di aree caratterizzate da elevati tassi di dispersione scolastica. Il riparto, senza ulteriori oneri rispetto alla dotazione organica assegnata, considera altresì il fabbisogno per progetti e convenzioni di particolare rilevanza didattica e culturale espresso da reti di scuole o per progetti di valore nazionale. In ogni caso il riparto non deve pregiudicare la realizzazione degli obiettivi di risparmio previsti dal DPR 81/2009. Il personale della dotazione organica dell'autonomia è tenuto ad assicurare prioritariamente la copertura dei posti vacanti e disponibili.
I criteri per la determinazione delle dotazioni organiche del personale docente sono attualmente recati dal DPR 81/2009 emanato ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del DL 112/2008 (L. 133/2008).
In particolare, l'articolo 2 prevede che le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente sia a livello nazionale che per ambiti regionali - in questo secondo caso sentita la Conferenza unificata, anche ai fini della distribuzione - tenuto conto degli assetti ordinamentali, dei piani di studio e delle consistenze orarie previsti dalle norme in vigore, nonché dei criteri relativi: a) alla previsione dell'entità e della composizione della popolazione scolastica e con riguardo alle esigenze degli alunni disabili e degli alunni di cittadinanza non italiana; b) al grado di densità demografica delle province di ogni regione e della distribuzione della popolazione tra i comuni di ogni circoscrizione provinciale; c) alle caratteristiche geo-morfologiche e alle condizioni socio-economiche e di disagio delle diverse realtà territoriali; d) all'articolazione dell'offerta formativa; e) alla distribuzione degli alunni nelle classi sulla base di un incremento del rapporto medio, a livello nazionale, alunni/classe di 0,40 da realizzare nel triennio 2009-2011; f) alle caratteristiche dell'edilizia scolastica.
Le dotazioni dell'istruzione secondaria di I e II grado sono inoltre determinate con riguardo alle diverse discipline ed attività contenute nei curricoli delle singole istituzioni.
Sempre l'articolo 2 dispone che i dirigenti preposti agli USR provvedono alla ripartizione delle consistenze organiche a livello provinciale, avendo cura di promuovere interlocuzioni con le regioni e gli enti locali al fine di una piena coerenza tra le previsioni programmatiche del piano regionale di localizzazione delle istituzioni scolastiche e dell'offerta formativa e l'attribuzione delle risorse. L'assegnazione delle risorse è effettuata con riguardo alle specifiche esigenze ed alle diverse tipologie e condizioni di funzionamento delle istituzioni scolastiche, nonché alle possibilità di impiego flessibile delle stesse risorse, in coerenza con quanto previsto dal DPR 275/1999.
Nella determinazione dei contingenti provinciali di organico si tiene conto delle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, con particolare riguardo ai comuni montani e alle piccole isole, nonché alle aree che presentano elevati tassi di dispersione e di abbandono.
È peraltro opportuno ricordare che, successivamente alla rideterminazione prevista dall'articolo 64 del DL 112/2008, l'articolo 19, comma 7, del DL 98/2011 (L. 111/2011) ha disposto che, a decorrere dall'a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente (nonché del personale educativo ed ATA) non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'a.s. 2011/2012, assicurando in ogni caso, in ciascun anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012, dall'applicazione del citato articolo 64 del DL 112/2008.
Secondo il comma 2, le singole autonomie scolastiche possono adattare i percorsi attraverso gli spazi di flessibilità, nei limiti delle dotazioni organiche triennali e della programmazione dell'offerta formativa regionale.
Il comma 3 prevede che i percorsi sono attivati nel limite dei parametri previsti per la costituzione delle classi dal DPR 81/2009, fermo restando quanto previsto dall'articolo 64, comma 6, del DL 112/2008 (L. 133/2008), il quale ha provveduto a quantificare le economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato dall'applicazione del citato articolo 64, pari a 3.188 milioni di euro a decorrere dal 2012.
Il comma 4 stabilisce che l'articolazione delle cattedre, ivi comprese quelle degli insegnanti tecnico-pratici, in relazione alle classi di concorso del personale docente, per ciascuno degli indirizzi di istruzione professionale offerti dalle istituzioni scolastiche, è determinata dalle medesime istituzioni scolastiche e dagli USR ai sensi dell'articolo 1, comma 12, L. 107/2015. Secondo tale disposizione, le istituzioni scolastiche predispongono, entro il mese di ottobre dell'anno scolastico precedente al triennio di riferimento, il piano triennale dell'offerta formativa. Il predetto piano contiene anche la programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e ATA, nonché la definizione delle risorse occorrenti in base alla quantificazione disposta per le istituzioni scolastiche. Il piano può essere rivisto annualmente entro il mese di ottobre.
Gli USR verificano, ai sensi dell'articolo 1, comma 13, L. 107/2015, che l'articolazione proposta dalle istituzioni scolastiche non determini situazioni di esubero nel relativo ambito territoriale.
In particolare, l'USR - ai sensi della norma citata - verifica che il piano triennale dell'offerta formativa rispetti il limite dell'organico assegnato a ciascuna istituzione scolastica e trasmette al MIUR gli esiti della verifica.
Monitoraggio, valutazione di sistema e aggiornamento dei percorsi
L'articolo 10 - che può essere posto a confronto con l'articolo 7 del DPR 87/2010 - stabilisce al comma 1 che i percorsi di istruzione professionale sono oggetto di costante monitoraggio a cura del MIUR, nel confronto con le Regioni, gli Enti locali, le parti sociali e gli altri Ministeri interessati, avvalendosi anche dell'assistenza tecnica dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI), dell'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) e dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), senza oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate svolgono la loro attività di monitoraggio e valutazione con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Si veda l'approfondimento sul sistema nazionale di valutazione della scuola.
Si ricorda che l'articolo 10, comma 3-bis, del d.lgs. 150/2015 - aggiunto dall'articolo 4, comma 1, lett. f), d.lgs. 185/2016 - ha previsto che, con effetto dal 1° dicembre 2016, l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori assumesse la denominazione di Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) e ogni richiamo all'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e all'ISFOL, contenuto in disposizioni normative vigenti, dovesse intendersi riferito, rispettivamente, all'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche e all'INAPP.
Sotto il profilo redazionale, le parole «dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori» dovrebbero quindi essere sostituite con le seguenti: «dell'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche».
Ai sensi del comma 2, i profili di uscita e i relativi risultati di apprendimento dell'istruzione professionale sono aggiornati, con cadenza quinquennale, con riferimento agli esiti del monitoraggio, anche in relazione a nuove attività economiche e, più in generale, all'innovazione tecnologica e organizzativa e ai mutamenti del mercato del lavoro e delle professioni.
Passaggio al nuovo ordinamento
L'articolo 11 - confrontabile con l'articolo 8 del DPR 87/2010 - dispone al comma 1 che i percorsi di istruzione professionale sono ridefiniti secondo le disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo a partire dalle classi prime funzionanti nell'a.s. 2018/2019.
In base al comma 2, a partire dalle classi prime del medesimo a.s. 2018/2019, gli indirizzi, le articolazioni e le opzioni previste dal DPR 87/2010 confluiscono nei nuovi indirizzi secondo quanto previsto dalla tabella di confluenza di cui all'allegato C.
Il comma 3 prevede che il passaggio al nuovo ordinamento è supportato dalle indicazioni contenute nel decreto interministeriale avente natura regolamentare previsto dall'articolo 3, comma 3, le quali contengono orientamenti riferiti a: sostegno dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, per la definizione dei piani triennali dell'offerta formativa e per l'attivazione dei percorsi di qualifica professionale di cui all'articolo 17 del d.lgs. 226/2005 (articolo 6, comma 2); predisposizione di misure nazionali di sistema per l'aggiornamento dei dirigenti, dei docenti e del personale ATA degli istituti professionali, nonché per l'informazione dei giovani e delle loro famiglie in relazione alle scelte dei nuovi indirizzi di studio. Le misure sono attuate nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Copertura finanziaria
L'articolo 12 provvede agli oneri derivanti dallo schema di decreto legislativo, pari a:
a) 15,87 milioni di euro per il 2017,
b) 63,59 milioni di euro per il 2018,
c) 85,33 milioni di euro per il 2019,
d) 55,48 milioni di euro per il 2020,
e) 40,42 milioni di euro per il 2021,
f) 48,20 milioni di euro a decorrere dal 2022.
A tal fine si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 202, L. 107/2015 (Fondo La Buona Scuola).
Il comma 202 in parola ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un fondo di parte corrente, denominato Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica, con uno stanziamento pari a 83.000 euro per l'anno 2015, a 533.000 euro per l'anno 2016, a 104.043.000 euro per l'anno 2017, a 69.903.000 euro per l'anno 2018, a 47.053.000 euro per l'anno 2019, a 43.490.000 euro per l'anno 2020, a 48.080.000 euro per l'anno 2021, a 56.663.000 euro per l'anno 2022 e a 45.000.000 euro annui a decorrere dall'anno 2023. Al riparto del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale decreto può destinare un importo fino a un massimo del 10 per cento del Fondo ai servizi istituzionali e generali dell'amministrazione per le attività di supporto al sistema di istruzione scolastica.
Abrogazioni e norme transitorie
L'articolo 13, comma 1, abroga il DPR 87/2010 (il più volte richiamato regolamento di delegificazione con cui è stato disposto, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, DL 112/2008, il riordino degli istituti professionali), a decorrere dall'a.s. 2022/2023 mentre in base al comma 2 è abrogato l'articolo 13, comma 1-quinquies, DL 7/2007 - L. 40/2007 (su cui si veda supra, par. Il quadro normativo vigente), a decorrere dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo.
L'articolo 14, comma 1, stabilisce che il DPR 87/2010 continua ad applicarsi esclusivamente:
a) per l'a.s. 2018/2019, per le classi dalla seconda alla quinta;
b) per l'a.s. 2019/2020, per le classi dalla terza alla quinta;
c) per l'a.s. 2020/2021, per le classi dalla quarta alla quinta;
d) per l'a.s. 2021/2022, per le sole classi quinte.
In base al comma 2, le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle "finalità" dello schema di decreto legislativo nell'ambito delle competenze ad esse spettanti ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione e secondo quanto disposto dai rispettivi ordinamenti.
Profilo educativo, culturale e professionale
L'allegato A (previsto dall'articolo 2) - raffrontabile con l'allegato A del DPR 87/2010 - descrive il profilo educativo, culturale e professionale (P.E.Cu.p.) dello studente a conclusione del percorsi di istruzione professionale del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, precisando che esso è finalizzato:
- ad una crescita educativa, culturale e professionale;
- allo sviluppo dell'autonoma capacità di giudizio;
- all'esercizio della responsabilità personale e sociale.
Il P.E.Cu.p. specifico per i percorsi di istruzione professionale, comune ai relativi profili di uscita degli indirizzi di studio, si basa su una dimensione connotata da uno stretto raccordo della scuola con il mondo del lavoro e delle professioni, ispirato ai modelli duali di apprendimento promossi dall'UE per intrecciare istruzione, formazione e lavoro (Vocational Education and Training - VET) e da una personalizzazione dei percorsi resa riconoscibile e comunicabile dal progetto formativo individuale, idonea a consentire a tutti gli studenti di rafforzare e innalzare le proprie competenze-chiave di cittadinanza, a partire da quelle che caratterizzano l'obbligo di istruzione e, nel contempo, avere migliori prospettive di occupabilità.
Per quanto riguarda i risultati di apprendimento, i percorsi di istruzione professionale hanno l'obiettivo di far acquisire agli studenti competenze basate sull'integrazione tra i saperi tecnico-professionali e i saperi linguistici e storico-sociali, da esercitare nei diversi contesti operativi di riferimento avvalendosi dei seguenti strumenti organizzativi e metodologici.
I percorsi quinquennali di istruzione professionale sono articolati in modo da garantire ad ogni studente:
a) la frequenza di un percorso personalizzato per acquisire, nel biennio, le competenze chiave
di cittadinanza, i saperi e le competenze necessarie per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, gli strumenti per orientarsi in relazione all'indirizzo di studio scelto al momento dell'iscrizione alla prima classe. Per questo le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale hanno la possibilità di articolare, nella loro autonomia, le classi in livelli di apprendimento e periodi didattici, anche strutturati nei primi due anni scolastici, come strumenti più efficaci di prevenzione della dispersione scolastica e di inclusione sociale;
b) la reversibilità delle scelte, consentendo i passaggi, dopo il primo biennio, ai percorsi di qualifica professionale presso le istituzioni formative di leFP, nonché i loro successivi rientri nei percorsi quinquennali di istruzione professionale.
Il percorso è organizzato sulla base del progetto formativo individuale, redatto dal consiglio di classe entro i primi tre mesi del primo anno di frequenza. In esso sono evidenziati I saperi e le competenze acquisiti dallo studente anche in modo non formale e informale, ai fini di un apprendimento personalizzato, idoneo a consentirgli di proseguire con successo, anche attraverso l'esplicitazione delle sue motivazioni allo studio, le aspettative per le scelte future, le difficoltà incontrate e le potenzialità rilevate.
I percorsi di istruzione professionale assumono modelli organizzativi e metodologie didattiche idonee a favorire l'integrazione tra area di istruzione generale e area di indirizzo, attraverso l'implementazione delle metodologie laboratoriali e consentono agli studenti di sviluppare, a partire dall'esperienza in laboratorio e in contesti operativi reali, le competenze, abilità e conoscenze richieste dal mondo del lavoro e delle professioni per assumere ruoli tecnici operativi in relazione all'area delle attività economiche di riferimento, considerati nella loro dimensione sistemica.
Inoltre i percorsi di istruzione professionale, come definiti nel nuovo ordinamento, si caratterizzano per il collegamento con il sistema produttivo, in particolare nel triennio, e per l'apprendimento in alternanza scuola-lavoro e in apprendistato.
Quadri orari dei nuovi istituti professionali
L'allegato B (previsto dall'articolo 3, comma 2) - correlabile solo in parte con l'allegato B del DPR 87/2010 -contiene i quadri orari:
- per l'area generale comune a tutti gli indirizzi per il biennio e il triennio;
- per ciascuna delle 11 nuove aree di indirizzo relative al triennio.
Confluenza dei percorsi degli istituti professionali previsti dall'ordinamento attuale
L'allegato C (previsto dall'articolo 3, comma 2) reca la tabella di confluenza dei percorsi degli istituti professionali attualmente previsti dal DPR 87/2010 nei nuovi indirizzi di studio introdotti dall'articolo 3, comma 1, dello schema di decreto legislativo.
Per quanto riguarda le singole confluenze, si segnala in particolare che:
- l'indirizzo di studio denominato Artigianato per il Made in Italy incorpora 6 diversi percorsi attualmente previsti;
- l'indirizzo di studio Enogastronomia e ospitalità alberghiera riunisce 4 distinti percorsi dell'ordinamento vigente;
- le due diverse articolazioni (Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico e Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico) del medesimo indirizzo Servizi socio-sanitari divengono due distinti e autonomi indirizzi di studio. |
Relazioni e pareri allegatiLo schema è corredato dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica, dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi di impatto della regolamentazione.
Non risulta allegato il parere della Conferenza unificata. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIn base all'articolo 117, secondo comma, lett. n), della Costituzione, rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato le norme generali in materia di istruzione; alla competenza concorrente è invece riservata l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e formazione professionale (articolo 117, terzo comma).
La giurisprudenza della Corte Costituzionale, successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, ha individuato i criteri del riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni nella materia dell'istruzione, allo scopo di porre una linea di confine tra i titoli di competenza esclusiva e concorrente che sono stati entrambi previsti nell'art. 117 della Costituzione. Tali criteri sono stati illustrati nella sentenza n. 147 del 2012. Tale sentenza si ricollega ad una serie di sentenze, risalenti già al 2004, che hanno chiarito la differenza esistente tra le norme generali sull'istruzione, riservate alla competenza generale dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera n), Cost. e i principi fondamentali della materia istruzione, che l'articolo 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente.
In merito all'istruzione tout court, si può ricordare anche la sentenza n. 62 del 2013 con cui la Corte è tornata a tracciare la differenza esistente tra le norme generali sull'istruzione e i principi fondamentali della materia, mantenendo piena adesione alla pregressa giurisprudenza costituzionale. Con la citata sentenza la Corte ha ricordato che rientrano «tra le norme generali sull'istruzione "quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali". Sono, invece, espressione di principi fondamentali della materia dell'istruzione "quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale" (sentenze n. 147 del 2012, n. 92 del 2011 e n. 200 del 2009)».
La sentenza n. 13 del 2004 afferma che il nuovo Titolo V riconosce alle regioni una potestà legislativa concorrente in materia di istruzione ed una potestà esclusiva dello stato in materia di "norme generali sull'istruzione"; aggiunge che, senza procedere ad una ricostruzione generale di quale sia la distinzione fra le due potestà e di come operi il rapporto tra le due tipologie di legislazione statale - principi fondamentali e norme generali - debba certamente escludersi che la riforma del Titolo V abbia privato le regioni di ambiti competenziali che esse si erano già in precedenza visti attribuiti con delega legislativa e che in questi ambiti, sicuramente riconducibili alla competenza regionale concorrente, lo Stato è chiamato a fissare unicamente principi; e che una norma di principio non può escludere completamente l'intervento regionale in un settore strettamente connesso ad un ambito di competenza legislativa concorrente.
La sentenza n. 34 del 2005 ricorda come la normativa antecedente alla riforma del Titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 del D.Lgs. n. 112 del 1998 e sia quindi da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 "abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita".
La sentenza n. 279 del 2005 affronta la questione relativa alla individuazione delle norme generali e la loro distinzione non solo dalle altre norme, di competenza delle regioni, ma anche dai principi fondamentali di cui all'art. 117, comma terzo, della Costituzione: può dirsi che le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale. Le norme generali così intese si differenziano, nell'ambito della stessa materia, dai principi fondamentali i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose.
In particolare, nelle sentenze n. 200 del 2009 e n. 92 del 2011 è stata chiarita la differenza esistente tra le norme generali sull'istruzione - riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera n), Cost. - e i principi fondamentali della materia istruzione, che l'articolo 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente.
Nella sentenza n. 200 si enuclea una chiara definizione vincolante – ma ovviamente non tassativa – degli ambiti riconducibili al "concetto" di "norme generali sull'istruzione", come si ricava dalla lettura del complesso delle disposizioni costituzionali di cui agli articoli 33 e 34 Cost.: in questi articoli il legislatore costituzionale ha inteso individuare le caratteristiche basilari del sistema scolastico, relative: alla istituzione di scuole per tutti gli ordini e gradi (art. 33, secondo comma, Cost.); al diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (art. 33, terzo comma, Cost.); alla parità tra scuole statali e non statali sotto gli aspetti della loro piena libertà e dell'uguale trattamento degli alunni (art. 33, quarto comma, Cost.); alla necessità di un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi (art. 33, quinto comma, Cost.); all'apertura della scuola a tutti (art. 34, primo comma, Cost.); alla obbligatorietà e gratuità dell'istruzione inferiore (art. 34, secondo comma, Cost.); al diritto degli alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (art. 34, terzo comma, Cost.); alla necessità di rendere effettivo quest'ultimo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso (art. 34, quarto comma, Cost.). In altri termini, il legislatore costituzionale ha assegnato alle prescrizioni contenute nei citati artt. 33 e 34 valenza necessariamente generale ed unitaria che identifica un ambito di competenza esclusivamente statale. In tale contesto si colloca l'art. 117, secondo comma, Cost. lettera n), Cost., nel testo novellato dalla riforma del 2001, che, utilizzando la medesima locuzione "norme generali sull'istruzione", stabilisce che titolare esclusivo della relativa potestà legislativa è lo Stato, in tal modo precisando il riferimento alla "Repubblica" contenuto nel citato art. 33, secondo comma, Cost. Appartengono, invece, - prosegue la sentenza n. 200 - "alla categoria delle disposizioni espressive di princípi fondamentali della materia dell'istruzione, anch'esse di competenza statale, quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei principi fondamentali stessi".
In relazione alle disposizioni dello schema di decreto legislativo che riguardano l'assetto organizzativo degli istituti professionali, si segnala che, in base all'articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione, anche la materia dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali è compresa nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Per quanto riguarda le disposizioni che prevedono la garanzia di determinate attività prestazionali in favore degli studenti da parte degli istituti professionali (come quelle disciplinate dagli articoli 5 e 8), si ricorda che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale rientra parimenti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, in base all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. |