Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||||
Titolo: | Promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità - Atto del Governo 378 | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 377 | ||||||
Data: | 24/01/2017 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VII-Cultura, scienza e istruzione
XI-Lavoro pubblico e privato | ||||||
Altri riferimenti: |
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Promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilitÃ
24 gennaio 2017
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PremessaLo schema di decreto legislativo -  deliberato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 14 gennaio 2017 - è volto al recepimento della delega conferita dalla L. 13 luglio 2015, n. 107, in materia di promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione.
Esso enuncia innanzi tutto il principio generale secondo cui l'inclusione scolastica riguarda tutti gli alunni e gli studenti, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno. Individua in particolare i soggetti beneficiari delle proprie disposizioni negli alunni e negli studenti con disabilità certificata ai sensi di legge nonché le prestazioni per la loro inclusione scolastica effettuando una ricognizione dei compiti già assegnati, in base alla normativa vigente, a ciascun ente istituzionalmente preposto a garantire il diritto-dovere all'istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità . Qualifica quindi l'inclusione scolastica quale elemento portante dei processi di valutazione e di autovalutazione delle scuole, nell'ambito del Sistema nazionale di valutazione; individua la valutazione diagnostico-funzionale in luogo della diagnosi funzionale del profilo dinamico-funzionale, quale nuovo strumento per la definizione del cosiddetto funzionamento dell'alunno e dello studente con disabilità certificata, che costituisce il fondamento sulla cui base definire i diversi interventi, incluso il diritto al sostegno didattico, di cui l'alunno o lo studente ha bisogno per una piena inclusione scolastica; definisce la procedura per l'inclusione scolastica nell'ambito delle certificazioni previste dalla legge, specificando, per ciascuna fase, il soggetto competente per l'esame della domanda e introducendo tempistiche certe per la conclusione del procedimento; istituisce il GIT (Gruppo per l'inclusione territoriale) con il compito di presentare la proposta finalizzata all'individuazione delle risorse per il sostegno didattico all'USR competente per territorio; prevede che il Piano Educativo Individualizzato (PEI) sia parte integrante del progetto individuale previsto dalla legislazione vigente; definisce le modalità e i contenuti del piano per l'inclusione che rappresenta il principale documento programmatico-attuativo della scuola in materia di inclusione e costituisce uno dei momenti fondamentali per la definizione del progetto individuale, per la proposta di assegnazione delle risorse per il sostegno didattico da parte dei GIT e per la definizione del PEI; delinea i contenuti e le modalità di approvazione del PEI che confluisce poi nel progetto individuale; istituisce le sezioni del personale per il sostegno didattico per ciascun grado di istruzione, inclusa la scuola dell'infanzia, nell'ambito dei nuovi ruoli regionali del personale docente; introduce una nuova disciplina per l'accesso alla carriera di docente per il sostegno didattico nella scuola dell'infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria mediante l'istituzione di un apposito corso di specializzazione per le attività di sostegno agli alunni con disabilità ; definisce, per ciascuna tipologia di personale della scuola, le diverse attività formative che dovranno essere svolte in materia di inclusione scolastica; introduce il principio della continuità didattica, che riguarda non solo il docente di sostegno, ma anche tutto il personale della scuola; prevede, infine, a livello normativo primario, il diritto all'istruzione domiciliare in favore degli alunni e studenti per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza scolastica per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione, a causa di gravi patologie certificate, anche attraverso la definizione di progetti che possono avvalersi dell'uso delle nuove tecnologie. |
I principi e i criteri direttivi recati dalla L. 107/2015I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega riguardante la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione, recata dall'articolo 1, commi 180, 181, lett. c), e 182, della L. 107/2015 sono i seguenti:
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1)     la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l'inclusione scolastica degli studenti con disabilità , anche attraverso l'istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;
2)     la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità , in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l'intero ordine o grado di istruzione;
3)Â Â Â Â Â l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;
4)Â Â Â Â Â la previsione di indicatori per l'autovalutazione e la valutazione dell'inclusione scolastica;
5)    la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della L. 104/1992, e della L. 170/2010 (si veda infra), che partecipano ai gruppi di lavoro per l'integrazione e l'inclusione o agli incontri informali;
6)Â Â Â Â Â la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all'inclusione;
7)Â Â Â Â Â la previsione dell'obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell'integrazione scolastica;
8)Â Â Â Â Â la previsione dell'obbligo di formazione in servizio per il personale ATA, rispetto alle specifiche competenze, sull'assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica;
9)Â Â Â Â Â la previsione della garanzia dell'istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 12, comma 9, della L. 104/1992 (su cui si veda infra in sede di commento dell'articolo 18). |
La procedura per l'emanazione del decreto legislativoCome sopra ricordato, lo schema di decreto legislativo è stato predisposto ai sensi dell'articolo 1, commi 180, 181, lett. c), e 182, della L. 107/2015.
In particolare, il comma 180 ha previsto l'adozione di diversi decreti legislativi entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dunque entro il 16 gennaio 2017.
Il comma 182 ha previsto che i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché con gli altri Ministri competenti, previo parere della Conferenza unificata.
Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si esprimono nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono comunque essere adottati. Se il termine previsto per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega, o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.
Il comma 184 dispone che, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con la procedura previsti dai commi 181 e 182, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi. |
Il quadro normativo vigente
[1] Alla direttiva ha fatto seguito la Circolare ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013, recante indicazioni operative. Ulteriori chiarimenti sono contenuti nella nota prot. n. 2563 del 22 novembre 2013. [2] Ulteriori disposizioni di interesse si rinvengono anche nelle leggi 118/1971 (in particolare negli articoli 28, 29 e 30) e 517/1977 (segnatamente negli articoli 2 e 7). |
Contenuto dello schemaLo schema si compone di 21 articoli suddivisi in 7 Capi:
Capo I Principi generali (articoli 1 e 2);
Capo II Prestazioni e indicatori di qualità dell'inclusione scolastica (articoli 3 e 4);
Capo III Procedure di certificazione per l'inclusione scolastica (articoli 5, 6 e 7);
Capo IV Organizzazione scolastica per l'assegnazione delle risorse (comprendente il solo articolo 8);
Capo V Programmazione e progettazione dell'inclusione (articoli 9, 10, 11 e 12);
Capo VI Formazione iniziale dei docenti per il sostegno didattico (articoli 13 e 14);
Capo VII Ulteriori disposizioni (articoli 15, 16, 17, 18, 19, 20 e 21).
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Principi, finalità e ambito di applicazioneGli articoli 1 e 2 individuano i principi, le finalità e l'ambito di applicazione dello schema di decreto legislativo.
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In particolare, l'articolo 1 dispone che l'inclusione scolastica:
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L'articolo 2, comma 1, individua i destinatari delle disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo esclusivamente negli alunni e negli studenti con disabilità certificata in base alla legge, al fine di promuovere e garantire il diritto all'educazione, all'istruzione e alla formazione sin dalla scuola dell'infanzia.
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Ai fini della definizione della nozione di disabilità è espressamente richiamato l'articolo 3 della L. 104/1992, secondo il quale è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età , in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità . Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
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Il comma 2 prevede che per gli alunni e gli studenti con disabilità certificata l'inclusione scolastica è attuata attraverso la definizione e la condivisione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) di cui dall'articolo 11, parte integrante del progetto individuale previsto dall'articolo 14 della L. 328/2000, modificato dall'articolo 9 dello schema di decreto legislativo.
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L'articolo 14, L. 328/2000, nella formulazione vigente, prevede che per realizzare la piena integrazione delle persone disabili, nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale. Nell'ambito delle risorse disponibili in base al piano nazionale e ai piani regionali degli interventi e dei servizi sociali nonché in base al piano di zona (definiti dagli articoli 18 e 19 della L. 328/2000), il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà , emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.
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La disposizione per cui il Piano Educativo Individualizzato (PEI) è parte integrante del progetto individuale è ripetuta anche - oltre che nella novella disposta dal comma 1, capoverso a) dell'articolo 5 - nell'articolo 9, comma 1, primo periodo:  sotto il profilo redazionale, potrebbe quindi essere ritenuto opportuno collocare tale previsione all'interno del solo articolo 9 dello schema di decreto legislativo, che provvede infatti a novellare il comma 2 dell'art. 14 della L. 8 novembre 2000, n. 328. |
Prestazioni e indicatori di qualità dell'inclusione scolasticaGli articoli 3 e 4 disciplinano le prestazioni, le competenze nonché la valutazione della qualità dell'inclusione scolastica.
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L'articolo 3, comma 1, prevede che lo Stato, le Regioni e gli Enti locali ai sensi della normativa vigente perseguono il raggiungimento delle prestazioni per l'inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità certificata.
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Secondo la relazione illustrativa, la norma "cristallizza" quanto spettante allo Stato, alle Regioni e agli Enti locali in base al vigente assetto normativo.
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In base al comma 2, per il tramite dell'Amministrazione scolastica lo Stato provvede:
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a) all'assegnazione nella scuola statale dei docenti per il sostegno didattico, al fine di assicurare il diritto all'educazione e all'istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità certificata;
b) all'assegnazione dei collaboratori scolastici nella scuola statale, per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti dal profilo professionale;
c) alla definizione dell'organico del personale ATA, tenendo conto tra i criteri per il riparto delle risorse professionali, della presenza di alunni e di studenti con disabilità certificata presso ciascuna istituzione scolastica statale, fermo restando il limite alla dotazione organica di cui all'articolo 19, comma 7, del decreto-legge n. 98/2011 come rideterminata dalla normativa vigente;
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In base al comma 3, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, sono apportate le necessarie modificazioni al DPR 119/2009 (regolamento recante disposizioni per la definizione dei criteri e dei parametri per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale (ATA) delle istituzioni scolastiche ed educative statali), al fine di adeguare i criteri e i parametri di riparto dell'organico del personale ATA per l'attuazione della suddetta disposizione.
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L'articolo 19, comma 7, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) – come modificato dall'articolo 1, comma 200, L. 107/2015 - ha disposto che, a decorrere dall'a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale educativo ed ATA non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'a.s. 2011/2012, assicurando in ogni caso, in ciascun anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012, dall'applicazione dell'articolo 64 del D.L. 112/2008.
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d) alla costituzione delle sezioni per la scuola dell'infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente;
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Ai sensi del comma 2, articolo 5, DPR 81/2009, le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall'insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola.
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e) ad assegnare alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e studenti con disabilità accolti e della percentuale di alunni con disabilità rispetto al numero complessivo degli alunni frequentanti.
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Ai sensi del comma 4, con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, sono individuati i criteri per una progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all'assistenza educativa e all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale, anche attraverso la previsione di specifici percorsi formativi propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati, fermi restando gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva e nel limite dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 947, L. 208/2015 e delle altre risorse al medesimo fine disponibili a legislazione vigente.
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L'articolo 1, comma 947, L. 208/2015, ha attribuito alle regioni, a decorrere dal 1° gennaio 2016, le funzioni relative ai servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con disabilità o in situazione di svantaggio, fatti salvi i casi in cui, con legge regionale, queste funzioni siano state già attribuite alle province, alle città metropolitane o ai comuni.
La modifica è collegata al processo di riordino delle province, di cui alla L. 56/2014, alle quali l'art. 139 del d.lgs. 112/1998 aveva attribuito le funzioni suddette in relazione all'istruzione secondaria superiore.
Le medesime funzioni, in base allo stesso art. 139, sono state attribuite ai comuni, in relazione agli altri gradi di scuola.
A tal fine, è autorizzata la spesa di € 70 mln per il 2016, da ripartire fra gli enti territoriali interessati con DPCM, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata.
L'assegnazione può essere effettuata in due erogazioni, sulla base dell'anno scolastico di riferimento.
Il contributo è stato ripartito con il DPCM 30 agosto 2016 (pubblicato nella GU 5 ottobre 2016, n. 233).
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Il comma 5 prevede che gli Enti locali, nel rispetto della ripartizione delle competenze prevista dall'articolo 1, comma 85 e seguenti della L. 56/2014[1], provvedono ad assicurare nei limiti delle risorse disponibili:
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a) l'assegnazione del personale dedicato all'assistenza educativa e all'assistenza per l'autonomia e per la comunicazione personale, come previsto dall'articolo 13, comma 3, L. 104/1992, in base al quale nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati;
b) i servizi per il trasporto per l'inclusione scolastica come garantiti dall'articolo 8, comma 1, lettera c), L. 104/1992 (secondo cui l'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche ed architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico) Â ed esercitati secondo la ripartizione delle competenze stabilite dall'articolo 26 della stessa legge 104/1992 e dall'articolo 139, comma 1, lettera c), d.lgs. 112/1998;
c) l'accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera c), L. 104/1992 e dell'articolo 2, comma 1, lettera b), L. 23/1996.
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Il comma 6 dispone che, ai sensi dell'articolo 315, comma 1, lettera b), d.lgs. 297/1994 (su cui si veda supra) e dell'articolo 13, comma 4, L. 104/1992, lo Stato, le Regioni e gli Enti locali garantiscono l'accessibilità e la fruibilità dei sussidi didattici, degli strumenti tecnologici e digitali necessari a supporto dell'inclusione scolastica agli alunni e agli studenti con disabilità .
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In base all'articolo 13, comma 4, L. 104/1992, i posti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado sono determinati nell'ambito dell'organico del personale in servizio alla data di entrata in vigore della stessa legge in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dall'articolo 42, comma 6, lettera h), L. 104/1992.
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Occorrerebbe valutare la coerenza del richiamo all'articolo 13, comma 4, L. 104/1992, rispetto al contenuto del comma 6 dell'articolo 3.
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L'articolo 4, comma 1, prevede che la valutazione della qualità dell'inclusione scolastica è parte integrante del procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche previsto dall'articolo 6 del DPR 80/2013.
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In materia, si veda il progetto realizzato nel 2009 dall'Agenzia Europea per lo sviluppo dell'istruzione degli alunni disabili, su richiesta del Consiglio dei rappresentanti degli Stati membri, sul tema "come individuare una serie di indicatori – per una scuola inclusiva in Europa"[2]. Al progetto hanno partecipato 23 Stati europei, fra i quali l'Italia.
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L'articolo 6 del DPR 80/2013 disciplina il procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche che si sviluppa, in modo da valorizzare il ruolo delle scuole nel processo di autovalutazione, sulla base dei protocolli di valutazione e delle scadenze temporali stabilite dalla conferenza per il coordinamento funzionale del Sistema nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione, nelle seguenti quattro fasi, a decorrere dall'anno 2013:
a) autovalutazione delle istituzioni scolastiche:
1) analisi e verifica del proprio servizio sulla base dei dati resi disponibili dal sistema informativo del Ministero, delle rilevazioni sugli apprendimenti e delle elaborazioni sul valore aggiunto restituite dall'Invalsi, oltre a ulteriori elementi significativi integrati dalla stessa scuola;
2) elaborazione di un rapporto di autovalutazione in formato elettronico, secondo un quadro di riferimento predisposto dall'Invalsi, e formulazione di un piano di miglioramento;
b) valutazione esterna:
1) individuazione da parte dell'Invalsi delle situazioni da sottoporre a verifica, sulla base di indicatori di efficienza ed efficacia previamente definiti dall'Invalsi medesimo;
2) visite dei nuclei di valutazione esterna, secondo il programma e i protocolli di valutazione adottati dalla conferenza sopra indicata;
3) ridefinizione da parte delle istituzioni scolastiche dei piani di miglioramento in base agli esiti dell'analisi effettuata dai nuclei;
c) azioni di miglioramento:
1) definizione e attuazione da parte delle istituzioni scolastiche degli interventi migliorativi anche con il supporto dell'Indire o attraverso la collaborazione con università , enti di ricerca, associazioni professionali e culturali. Tale collaborazione avviene nei limiti delle risorse umane e finanziarie disponibili e senza determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
d) rendicontazione sociale delle istituzioni scolastiche:
1) pubblicazione, diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori e dati comparabili, sia in una dimensione di trasparenza sia in una dimensione di condivisione e promozione al miglioramento del servizio con la comunità di appartenenza.
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Il comma 2 attribuisce all'INVALSI, in fase di predisposizione dei protocolli di valutazione e dei quadri di riferimento dei rapporti di autovalutazione, il compito di definire gli indicatori per la valutazione della qualità dell'inclusione scolastica, sulla base dei seguenti criteri:
a) qualità del Piano per l'inclusione scolastica (si veda il commento all'articolo 10);
b) realizzazione di percorsi per la personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei processi di educazione, istruzione e formazione, definiti ed attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche degli alunni e degli studenti, livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell'elaborazione del Piano per l'inclusione e nell'attuazione dei processi di inclusione;
c) realizzazione di iniziative finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali del personale scolastico incluse le specifiche attività formative;
d) utilizzo di strumenti e criteri condivisi per la valutazione dei risultati di apprendimento degli alunni e degli studenti, anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione;
e) grado di accessibilità e di fruibilità delle risorse, attrezzature, strutture e spazi.
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Si veda l'approfondimento sul sistema nazionale di valutazione della scuola.
[1] I commi da 85 a 97 disciplinano il riordino delle funzioni delle province.
[2] Il progetto ha ricevuto un contributo della Comunità Europea nell'ambito del Programma di apprendimento per tutto l'arco della vita, erogato dalla Commissione Europea, Direzione Generale per l'Istruzione e la Cultura.
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Certificazione e valutazione diagnostico-funzionale, commissioni mediche, procedura per l'inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilitÃGli articoli da 5 a 7 dello schema di decreto legislativo modificano la disciplina sull'accertamento della situazione di handicap per gli alunni e sulle valutazioni relative ai medesimi soggetti.
La nuova normativa - ai sensi del successivo articolo 20, comma 1 - si applica a decorrere dal 1° settembre 2017 (nonché dall'anno scolastico 2018-19 per quanto riguarda i rinnovi degli atti).
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Il comma 1 dell'articolo 5 modifica la disciplina sulle valutazioni relative agli alunni - di ogni scuola (da quella dell'infanzia fino a tutte le scuole secondarie) - individuati come portatori di handicap (individuati come tali ai sensi dell'art. 3 della L. 5 febbraio 1992, n. 104, e secondo la procedura di cui all'articolo 5, comma 3, ed all'articolo 7 del presente schema).
In particolare, il suddetto comma 1 sostituisce con una procedura unica di valutazione diagnostico-funzionale (di natura bio-psico-sociale) - da svolgersi secondo la disciplina di cui al successivo articolo 6 - le attuali distinte procedure di diagnosi funzionale e di definizione di un profilo dinamico-funzionale. Di conseguenza, la nuova tipologia di valutazione fa capo ad un unico organo - costituito dalla commissione medica di cui al successivo articolo 6 (sia pure con composizione variabile) - mentre l'attuale "dicotomia documentale", secondo la relazione illustrativa dello schema, determina "gioco-forza un allungamento dei tempi", facendo riferimento a soggetti diversi - costituiti, per la diagnosi funzionale, da un'unità multidisciplinare presso l'azienda sanitaria locale[1] e, per il profilo dinamico-funzionale, dalla medesima unità multidisciplinare, dai docenti curriculari e dagli insegnanti specializzati della scuola, con la collaborazione dei familiari dell'alunno [2].
Inoltre, la nuova procedura, essendo unica, è sottoposta per intero ad aggiornamento, il quale, ai sensi del comma 6 dell'articolo 6, è operato al passaggio di ogni grado di istruzione (inclusa la scuola dell'infanzia), nonché in presenza di condizioni nuove e sopravvenute in relazione all'evoluzione della persona, mentre nel regime attuale il solo profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore.
Resta fermo che la procedura in esame è utile ai fini della formulazione del piano educativo individualizzato (PEI) (il quale è oggetto, in particolare, del successivo articolo 11). Il medesimo comma 1 dell'articolo 5 prevede che tale piano sia parte integrante del progetto individuale per la persona disabile (progetto che, ai sensi dell'art. 14 della L. 8 novembre 2000, n. 328, è predisposto dal comune, d'intesa con l'azienda sanitaria locale, su richiesta dell'interessato).
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Il comma 2 dell'articolo 5 demanda ad un DPCM, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto secondo la procedura ivi stabilita (che prevede, tra l'altro, la previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome), la definizione dei criteri, dei contenuti e delle modalità di redazione sia del documento di accertamento della disabilità in età evolutiva sia della valutazione diagnostico-funzionale, secondo, rispettivamente, due documenti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità , la Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati (lCD) e la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF). Ai sensi del successivo articolo 19, comma 3, dall'entrata in vigore di quest'ultimo decreto sono abrogati gli attuali atti secondari di regolamentazione dei criteri e delle modalità per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap e per la relativa valutazione.
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Occorrerebbe valutare se sussista l'esigenza di un coordinamento di tale norma transitoria con quella di cui all'articolo 20, comma 1, secondo la quale la nuova disciplina (di cui al presente Capo III) si applica a decorrere dal 1° settembre 2017 (nonché dall'anno scolastico 2018-19 per quanto riguarda i rinnovi degli atti).
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Il comma 3 dell'articolo 5 demanda all'INPS di fissare, in accordo con il Ministero della salute e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, le linee guida sui criteri per la definizione e la redazione, da parte del medico specialista, della documentazione di accompagnamento della domanda di accertamento della condizione di portatore di handicap (inerente ad un alunno).
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Il comma 1 dell'articolo 6 modifica la composizione delle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali per i casi in cui l'accertamento della situazione di handicap concerna un soggetto in età evolutiva. In tali ipotesi, in base alla novella, resta fermo che la commissione sia presieduta da un medico specialista in medicina legale e che essa sia integrata con un rappresentante dell'INPS, mentre gli altri due medici devono essere scelti uno tra gli specialisti in pediatria e l'altro tra gli specialisti in neuropsichiatria infantile; la composizione generale attuale prevede invece che uno dei due medici sia scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro.
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Potrebbe essere ritenuto opportuno chiarire se, con riferimento alla nuova composizione, resti fermo il principio che i tre medici membri debbano essere scelti tra quelli dipendenti o convenzionati dell'azienda sanitaria locale territorialmente competente nonché chiarire la nozione di età evolutiva (a cui la novella fa riferimento per la composizione specifica in oggetto), tenendo conto anche delle diverse possibili età di cessazione della condizione di alunno.
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Resta fermo (in base alla disciplina vigente) che la commissione sia integrata (per tutti i casi di accertamento di situazione di handicap) da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le aziende sanitarie locali, e che la medesima commissione sia di volta in volta integrata con un sanitario in rappresentanza dell'ente o associazione rappresentativo di una determinata categoria di invalido.
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Sotto il profilo relazionale, si segnala che il comma 1 dell'articolo 6, nel testo della novella all'articolo 4, della legge 104/1992, richiama erroneamente l'articolo 19, comma 11, della legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111, anziché fare riferimento al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.
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Il comma 2 dell'articolo 6 prevede che le commissioni mediche, composte ai sensi della novella di cui al precedente comma 1, siano integrate (nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente), ai fini della valutazione diagnostico-funzionale (di cui all'articolo 5 dello schema) ed ai fini degli atti di cui al comma 3 del medesimo articolo 6, da un terapista della riabilitazione, un operatore sociale ed un rappresentante dell'Amministrazione scolastica con specifiche competenze in materia di disabilità , nominato dall'Ufficio scolastico regionale competente per territorio e scelto tra i docenti impegnati in progetti e convenzioni di particolare rilevanza didattica e culturale (di cui all'art. 1, comma 65, della L. 13 luglio 2015, n. 107). Come già ricordato, nella normativa vigente, la definizione del profilo dinamico-funzionale (profilo ora assorbito, come detto, nella procedura unica di valutazione diagnostico-funzionale) è demandata ad un'unità multidisciplinare presso l'azienda sanitaria locale, ai docenti curriculari ed agli insegnanti specializzati della scuola, con la collaborazione dei familiari dell'alunno[3].
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Ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 6, le commissioni così integrate individuano per ciascun soggetto - successivamente alla predisposizione della valutazione diagnostico-funzionale e sulla base esclusivamente di quest'ultima (la quale è "distinta" dall'accertamento della condizione di disabilità ) - le tipologie di prestazioni sociali e sanitarie (quantificandole) ed accertano il diritto al sostegno didattico.
La relazione illustrativa osserva che la norma procedurale in esame, facendo riferimento esclusivamente alla valutazione diagnostico-funzionale, è intesa a corrispondere meglio agli effettivi bisogni dell'alunno con disabilità , nell'ambito delle provvidenze che ciascun soggetto istituzionale è tenuto ad erogare, evitando attribuzioni "meccaniche", discendenti automaticamente e in modo indifferenziato dall'accertamento della condizione di handicap o di handicap grave.
In base al successivo comma 5, la proposta relativa alla quantificazione delle risorse di sostegno didattico è effettuata dal Gruppo per l'inclusione territoriale (GIT) (gruppo che è oggetto della novella di cui all'articolo 8 del presente schema).
Si ricorda che, in base al successivo articolo 21, comma 3, ai membri delle suddette commissioni mediche non spetta alcun tipo di emolumento o rimborso.
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Il comma 1 dell'articolo 7 prevede che la domanda per l'accertamento della situazione di handicap ai fini dell'inclusione sociale e scolastica sia presentata all'INPS, secondo modalità che ne consentano la gestione prioritaria e la calendarizzazione dell'accertamento entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda. Le commissioni mediche effettuano gli accertamenti di competenza e redigono i documenti (di cui agli articoli 5 e 6) entro trenta giorni dalla data di calendarizzazione dell'accertamento. Per i casi in esame, dunque, si modifica la norma generale vigente (di cui all'art. 2, comma 3-bis, del D.L. 27 agosto 1993, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 ottobre 1993, n. 423), in base alla quale la commissione medica deve pronunciarsi sulla sussistenza o meno della situazione di handicap entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda.
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Il successivo comma 2 prevede che:
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a)     la domanda di accertamento della condizione di disabilità in esame sia presentata (in via telematica) da parte del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta - su richiesta dei genitori o del soggetto con responsabilità genitoriale - con il corredo della documentazione del medico specialista (quest'ultima è redatta in base alle linee guida stabilite ai sensi del precedente articolo 5, comma 3);
b)     l'accertamento della condizione di disabilità , la valutazione diagnostico-funzionale e le determinazioni (da parte, come detto, della medesima commissione medica) sulle prestazioni sociali e sanitarie e sul diritto al sostegno didattico siano trasmessi ai genitori, i quali li inoltrino all'istituzione scolastica ed al competente ente locale, ai fini dell'elaborazione, rispettivamente, del piano educativo individualizzato e, ove richiesto dai genitori, del progetto individuale per la persona disabile;
c)Â Â Â Â Â Â quest'ultimo progetto sia trasmesso, da parte dell'ente locale, all'istituzione scolastica;
d)Â Â Â Â Â tutti i documenti summenzionati - ivi compresi il piano ed il progetto - siano inviati, a cura del dirigente scolastico, al GIT, ai fini della proposta relativa alla quantificazione delle risorse di sostegno didattico.
[1] Disciplinata dall'art. 3 del D.P.R. 24 febbraio 1994.
[3] Cfr. l'art. 4 del DPR 24 febbraio 1994. |
Gruppo per l'inclusione territorialeL'articolo 8 istituisce il Gruppo per l'inclusione territoriale (GIT), sostituendo, a tal fine, il vigente articolo 15 della L. 104/1992.
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Dal punto di vista redazionale, all'articolo 8, comma 1, capoverso «Articolo 15 (Gruppo per l'inclusione territoriale)», comma 1, andrebbe inserito il riferimento corretto alla "legge 13 luglio 2015, n. 107" anziché alla "legge 13 luglio 2013, n. 107".
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L'articolo 15 della L. 104/1992 ha istituito presso ogni ufficio scolastico provinciale un gruppo di lavoro[1] - che dura in carica tre anni - composto da:
tre esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal Ministero della pubblica istruzione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
I criteri per la costituzione dei gruppi di lavoro provinciali interistituzionali sono stati disciplinati dal DM 26 giugno 1992 (pubblicato nella GU 30 ottobre 1992, n. 256) e gli stessi gruppi sono stati riordinati dall'articolo 1, comma 1, lett. o), DPR 75/2007.
Presso ogni circolo didattico ed istituto di scuola secondaria di primo e secondo grado sono stati inoltre costituiti gruppi di studio e di lavoro composti da insegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano educativo.
I GLIP hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione:
Tali competenze sono finalizzate all'impostazione e all'attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché a qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.
I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da inviare al Ministro della pubblica istruzione ed al presidente della giunta regionale, il quale può avvalersi della relazione ai fini della verifica dello stato di attuazione degli accordi di programma sopra indicati.
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Vengono quindi soppressi:
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Sui gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica si vedano le FAQ presenti sul sito del MIUR.
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Si ricorda, inoltre, che, nell'ambito del progetto "Nuove tecnologie e disabilità ", gli Uffici scolastici regionali istituirono i Centri Territoriali di Supporto (CTS). Il ruolo degli stessi è stato, poi, disciplinato con la direttiva del MIUR del 27 dicembre 2012, che ha ritenuto opportuna la presenza di almeno un CTS per ogni provincia[3]. Sempre in base alla direttiva, i CTS hanno il compito, tra l'altro, di definire, autonomamente o in rete, per ogni anno scolastico, il piano annuale di interventi relativo agli interventi formativi, tenendo conto dei bisogni emergenti dal territorio e delle strategie e priorità generali individuate dagli USR e dal MIUR.
Ai CTS sono affiancati, a livello di distretto sociosanitario, i Centri Territoriali per l'Inclusione (CTI).
Peraltro, nella nota prot. n. 2563 del 22 novembre 2013 il MIUR ha fatto presente che era in atto una riorganizzazione complessiva della rete dei CTS e dei CTI, a cura degli Uffici scolastici regionali, per la ridefinizione di compiti e ruoli, che sarebbero stati chiariti con successiva nota.
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 In base al comma 1 del nuovo articolo 15, L. 104/1992, il GIT viene istituito per ciascuno degli ambiti territoriali di cui all'articolo 1, comma 66, L. 107/2015, ed è composto da:
Il comma 66 dell'articolo 1, L. 107/2015, stabilisce che - a decorrere dall'a.s. 2016/2017 - i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto. Entro il 30 giugno 2016 gli USR, su indicazione del MIUR, sentiti le regioni e gli enti locali, definiscono l'ampiezza degli ambiti territoriali, inferiore alla provincia o alla città metropolitana, considerando:
a) la popolazione scolastica;
b) la prossimità delle istituzioni scolastiche;
c) le caratteristiche del territorio, tenendo anche conto delle specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole, della presenza di scuole nelle carceri, nonché di ulteriori situazioni o esperienze territoriali già in atto.Â
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Con nota prot. n. 726 del 26 gennaio 2016 il MIUR ha definito le linee guida per la costituzione degli ambiti territoriali.
Secondo la relazione tecnica gli ambiti territoriali attualmente costituiti sul territorio nazionale sono circa 300.
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Il GIT, in qualità di organo tecnico, sulla base delle valutazioni diagnostico-funzionali, del progetto individuale e del Piano per l'inclusione trasmessi dalle singole istituzioni scolastiche statali, propone all'USR la quantificazione delle risorse di sostegno didattico per l'inclusione da assegnare a ciascuna scuola; l'assegnazione definitiva delle predette risorse è effettuata dall'USR nell'ambito delle risorse dell'organico dell'autonomia per i posti di sostegno.
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Secondo il comma 2 del nuovo articolo 15, L. 104/1992, nell'ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili, il MIUR definisce riguardo al GIT:
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Le disposizioni introdotte dall'articolo 8 si applicano a decorrere dal 1° settembre 2017 (articolo 20, comma 2).
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Progetto individuale, Piano per l'inclusione, Piano Educativo individualizzatoGli articoli da 9 a 11 individuano gli strumenti per procedere alla programmazione e alla progettazione dell'inclusione scolastica.
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L'articolo 9 stabilisce che il Piano Educativo Individualizzato è parte integrante del Progetto individuale. A tal fine integra il comma 2 dell'articolo 14, L. 328/2000.
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L'articolo 10 affida al dirigente scolastico, sulla base delle direttive generali fissate dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il compito di elaborare la proposta di Piano per l'inclusione riferito a tutti gli alunni e gli studenti. Il Piano, deliberato dal collegio dei docenti, indica le barriere ed i facilitatori del contesto di riferimento nonché gli interventi di miglioramento della qualità dell'inclusione scolastica ed è parte integrante del piano triennale dell'offerta formativa (PTOF). Il Piano per l'inclusione è attuato nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili previste a legislazione vigente.
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Sul PTOF si veda, in particolare, l'articolo 3, DPR 275/1999, come modificato dall'articolo 1, comma 14, L. 107/2015.
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L'articolo 11 prevede al comma 1 che il Piano Educativo Individualizzato (PEI) di cui all'articolo 12, comma 5, L. 104/1992, come modificato dall'articolo 5 dello schema di decreto legislativo, è elaborato ed approvato dai docenti contitolari o dall'intero consiglio di classe, tenuto conto della certificazione e della valutazione diagnostico-funzionale e del progetto individuale. La redazione avviene all'inizio dell'anno scolastico con la collaborazione dei genitori o del soggetto con responsabilità genitoriale, delle risorse professionali specifiche assegnate alla classe nonché degli operatori socio sanitari.
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In base al comma 2, il PEI realizza l'inclusione scolastica nelle dimensioni dell'apprendimento, della relazione, della socializzazione, della comunicazione e dell'interazione specificando tutti gli elementi necessari alla predisposizione di un ambiente di apprendimento adeguato. Individua gli strumenti per l'effettivo svolgimento dell'alternanza scuola-lavoro, assicurando la partecipazione dei soggetti coinvolti nel progetto di inclusione. |
Ruoli per il sostegno didatticoL'articolo 12, comma 1, istituisce - nell'ambito dei ruoli di cui all'articolo 1, comma 66, L. 107/2015 (su cui si veda supra) - per ciascun grado di istruzione, inclusa la scuola dell'infanzia, le sezioni dei docenti per il sostegno didattico. In base al comma 4 dell'articolo 20, le sezioni sono istituite a decorrere dall'a.s. 2017/2018 ed in esse vi confluiscono tutti i docenti assunti a tempo indeterminato sui posti di sostegno.
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Ai sensi del comma 2, i docenti assunti a tempo indeterminato sui posti di sostegno, in possesso dei requisiti e comunque nel limite dei posti vacanti e disponibili dell'organico dell'autonomia, possono chiedere il passaggio sui posti comuni, trascorsi 10 anni scolastici di appartenenza nelle sezioni dei docenti per il sostegno didattico. Ai fini del computo della permanenza in tali sezioni, è considerato anche il servizio prestato sul posto di sostegno in epoca antecedente all'assunzione in ruolo a tempo indeterminato, purché il predetto servizio sia stato svolto in costanza del possesso dello specifico titolo di specializzazione.
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Secondo il comma 5 dell'articolo 20, il vincolo decennale di permanenza si applica al personale docente assunto sui posti di sostegno a decorrere dall'anno scolastico 2018/2019 mentre al personale docente assunto a tempo indeterminato sui posti di sostegno entro l'anno scolastico 2017/2018, continua ad applicarsi il vincolo quinquennale di permanenza sulla predetta tipologia di posto.
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Attualmente infatti i docenti di sostegno, dopo 5 anni di appartenenza al loro ruolo, possono chiedere il trasferimento al ruolo comune, nel limite dei posti disponibili e vacanti delle dotazioni organiche (articolo 127, comma 2, d.lgs. 297/1994).
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Con Nota 29 aprile 2016, AOODGPER 11729, il MIUR ha trasmesso ai direttori degli Uffici scolastici regionali lo schema di decreto interministeriale recante disposizioni, per il triennio 2016/2019, in ordine alle dotazioni di organico del personale docente, alla relativa quantificazione a livello nazionale e regionale, ai criteri di ripartizione da adottare con riferimento alle diverse realtà provinciali e alle singole istituzioni scolastiche. In base alle tabelle allegate allo schema, delle 746.418 cattedre previste per il prossimo triennio, 601.126 sono posti comuni, 96.480 sono posti per il sostegno e 48.812 sono posti per il potenziamento. Relativamente ai posti comuni in relazione agli ordini e gradi di scuola, per la scuola dell'infanzia sono previsti 81.771 posti, per la scuola primaria 196.707 posti, per la scuola secondaria di primo grado 131.033 posti, per la scuola secondaria di secondo grado 191.615 posti. Per quanto riguarda il sostegno, 90.034 sono posti comuni, 6.446 sono posti di potenziamento. I numeri indicati sono stati confermati nel D.I. 625 del 5 agosto 2016.
L'organico di fatto per l'a.s. 2016/2017 è stato, invece, definito con il D.I. 581/2016 in misura pari a 30.626 posti.
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Formazione iniziale dei docenti per il sostegno didatticoGli articoli 13 e 14 introducono i corsi di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica, rispettivamente, degli alunni con disabilità nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria e degli studenti con disabilità nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
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L'articolo 13, commi 1 e 2, prevede che la specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria si consegue attraverso il corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica.
Il corso:
a) è annuale e prevede l'acquisizione di 60 CFU, comprensivi di almeno 300 ore di tirocinio, pari a 12 CFU;
b) è attivato presso le università autorizzate dal MIUR nelle quali sono attivi i corsi di laurea a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria;
c) è programmato a livello nazionale dal MIUR in ragione delle esigenze e del fabbisogno del sistema nazionale di istruzione e formazione;
d) l'accesso al corso è subordinato al superamento di una prova predisposta dalle università .
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In base al comma 3, a decorrere dall'anno 2019, accedono al corso esclusivamente gli aspiranti in possesso della laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria che abbiano conseguito ulteriori 60 CFU relativi alle didattiche dell'inclusione oltre a quelli già previsti nel corso di laurea. Ai fini del conseguimento dei predetti 60 CFU, potranno essere riconosciuti i crediti formativi universitari eventualmente conseguiti dai predetti laureati magistrali in relazione ad insegnamenti nonché a crediti formativi universitari ottenuti in sede di svolgimento del tirocinio e di discussione di tesi attinenti al sostegno e all'inclusione.
Ai sensi del comma 4, la positiva conclusione del corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica costituisce titolo per l'insegnamento sui posti di sostegno della scuola dell'infanzia e della scuola primaria.
In base al comma 5, con proprio decreto - da emanarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo - il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca definisce i piani di studio, le modalità attuative e quelle organizzative del corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica e dei crediti formativi necessari per l'accesso al corso.
Il decreto deve essere adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 95, L. 127/1997, in base al quale i criteri generali concernenti l'ordinamento degli studi dei corsi universitari, con esclusione del dottorato di ricerca, sono definiti, nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia, sentiti il CUN e le Commissioni parlamentari competenti, con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca), di concerto con altri Ministri interessati.
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L'articolo 14, comma 1, prevede che la specializzazione per le attività di sostegno didattico agli studenti con disabilità nella scuola secondaria di primo e secondo grado si consegue attraverso la frequenza del corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica. Tale disposizione è destinata a operare nelle more dell'entrata in vigore del decreto legislativo[1] attuativo della delega di cui all'articolo 1, comma 181, lettera b), L. 107/2015.
Secondo il comma 2, il corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica è attivato presso le università autorizzate dal MIUR, è annuale e prevede l'acquisizione di 60 CFU, comprensivi di almeno 300 ore di tirocinio, pari a 12 CFU.
In base al comma 3, il corso di specializzazione è programmato a livello nazionale dal MIUR tenendo conto delle esigenze e del fabbisogno del sistema nazionale di istruzione e formazione. L'accesso al corso è subordinato al superamento di una prova di accesso predisposta dalle università .
Il comma 4 prevede che a decorrere dal 2019 accedono al corso esclusivamente gli aspiranti in possesso dei requisiti di accesso previsti dalla normativa vigente per l'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado che abbiano conseguito 60 CFU relativi alle didattiche dell'inclusione, acquisiti esclusivamente presso l'università .
Giusta il comma 5, con proprio decreto - da adottare con le modalità previste dall'articolo 13, comma 5 dello schema di decreto legislativo - il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca definisce i piani di studio, le modalità attuative e quelle organizzative del corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
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Si ricorda che l'art. 13 del DM 249/2010 ha disposto, da ultimo, che, in attesa della istituzione di specifiche classi di abilitazione, la specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni disabili si consegue solo presso le università , con la partecipazione a un corso di durata almeno annuale, a numero programmato, che deve comprendere almeno 300 ore di tirocinio e articolarsi distintamente per la scuola dell'infanzia, la scuola primaria, la scuola secondaria di primo grado e quella di secondo grado. Possono partecipare gli insegnanti abilitati. A conclusione, si sostiene un esame finale che consente l'iscrizione negli elenchi per il sostegno ai fini delle assunzioni a tempo indeterminato ed a tempo determinato sui relativi posti disponibili.
Criteri e le modalità per lo svolgimento dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno sono stati definiti con il DM 30 settembre 2011 (pubblicato nella GU 2 aprile 2012, n. 78). In particolare, l'art. 7 del DM ha disposto che il corso è superato con il conseguimento di 60 crediti formativi universitari.
Occorre, peraltro, ricordare che, con D.D. 16 aprile 2012, n.7, intervenuto a seguito di un Accordo del 5 luglio 2011 fra il MIUR e la Conferenza nazionale permanente dei presidi di Scienze della formazione, il cui articolo 4 ha previsto che "nell'ambito del presente Accordo, possono essere attivate altre tipologie di corso/master relative alla disabilità , per la formazione, il perfezionamento e l'aggiornamento professionale del personale scolastico in servizio", sono stati istituiti corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per il sostegno destinati al personale docente in esubero.
I corsi sono attivati in tre moduli, ciascuno equivalente a 20 crediti formativi universitari, corrispondenti ai livelli base, intermedio ed avanzato. In prima applicazione, è stata prevista la possibilità di utilizzare i docenti su posto di sostegno dopo l'acquisizione del livello intermedio, ovvero del livello base nel caso in cui la tempistica non consenta di espletare le prove di verifica del livello intermedio in tempo utile ai fini della procedura di utilizzazione, in subordine ai docenti in possesso di titolo di specializzazione.
Le disposizioni introdotte dagli articoli 13 e 14 si applicano a decorrere dall'anno accademico 2017/2018 (articolo 20, comma 3).
Si segnala che lo schema non pone a regime (a decorrere, cioè, dal suddetto anno scolastico 2017-18) norme di salvezza per i soggetti che abbiano conseguito titoli analoghi o corrispondenti in base all'attuale disciplina.
[1] Si vedano lo schema di decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione (Atto del Governo n. 377) e il relativo dossier n. 375 del 20 gennaio 2017. |
Formazione in servizio del personale della scuola, continuità didattica, Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica, istruzione domiciliareGli articoli da 15 a 18 disciplinano una serie di istituti afferenti all'inclusione scolastica degli alunni o studenti con disabilità .
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L'articolo 15, comma 1, prevede che il piano nazionale di formazione - di cui all'articolo 1, comma 124, L. 107/2015 - garantisce, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, le necessarie attività formative per la piena realizzazione degli obiettivi previsti dallo schema di decreto legislativo.
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Con comunicato MIUR del 3 ottobre 2016 è stata data notizia dell'adozione del Piano nazionale per la formazione degli insegnanti.
Nel documento si osserva che le risorse a disposizione passano da un totale per il triennio 2013-2016 di 18.5 milioni di euro a circa 270 milioni per il triennio 2016-2019.
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Si ricorda infatti che l'articolo 1, comma 124, L. 107/2015, ha previsto che, nell'ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo fosse obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell'offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento autonomamente adottati dalle scuole stesse nell'ambito della fase di autovalutazione (ai sensi dell'art. 6 del DPR 80/2013), sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria.
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Sotto il profilo redazionale, potrebbe valutarsi l'opportunità di una riformulazione del comma 1, evitando il doppio riferimento al piano nazionale di formazione ed espungendo l'inciso "e con le risorse disponibili" in quanto pleonastico.
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In base al comma 2, le istituzioni scolastiche, nell'ambito della definizione del piano di formazione inserito nel piano triennale dell'offerta formativa, individuano le attività rivolte ai docenti delle classi, in particolare in cui sono presenti alunni e studenti con disabilità certificata, anche in relazione alle scelte pedagogiche, metodologiche e didattiche inclusive e coerenti con i piani degli studi personalizzati.
Secondo il comma 3, il piano nazionale di formazione individua, nell'ambito delle risorse disponibili, anche le attività formative per il personale ATA al fine di sviluppare, in coerenza con i profili professionali, le competenze sugli aspetti organizzativi, educativo-relazionali, sull'assistenza di base, in relazione all'inclusione scolastica. Il personale ATA è tenuto a partecipare periodicamente alle suddette iniziative formative.
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La relazione tecnica afferma che si potrà far fronte a tali attività "nel limite di euro 1,3 milioni iscritti a legislazione vigente sui capitoli relativi alla formazione del personale scolastico, ove non già finalizzati".
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Il comma 4 attribuisce al MIUR il compito di definire le modalità della formazione in ingresso e in servizio dei dirigenti scolastici sugli aspetti pedagogici, organizzativi e gestionali, giuridici e didattici dell'inclusione scolastica.
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L'articolo 16, comma 1, prevede che la continuità educativa e didattica per gli alunni e gli studenti con disabilità certificata è garantita dal personale della scuola, dal piano di inclusione e dal progetto educativo individualizzato.
In base al comma 2, per valorizzare le competenze professionali e garantire la piena attuazione del piano annuale di inclusione, il dirigente scolastico propone ai docenti dell'organico dell'autonomia di svolgere anche attività di sostegno didattico, purché in possesso della specifica specializzazione, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 1, commi 5 e 79, L. 107/2015.
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Il comma 5, articolo 1, L. 107/2015, ha previsto che, al fine di dare piena attuazione al processo di realizzazione dell'autonomia e di riorganizzazione dell'intero sistema di istruzione, è istituito per l'intera istituzione scolastica, o istituto comprensivo, e per tutti gli indirizzi degli istituti secondari di secondo grado afferenti alla medesima istituzione scolastica l'organico dell'autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell'offerta formativa. I docenti dell'organico dell'autonomia concorrono alla realizzazione del piano triennale dell'offerta formativa con attività di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento.
Il comma 79, articolo 1, L. 107/2015, ha previsto che a decorrere dall'a.s. 2016/2017, per la copertura dei posti dell'istituzione scolastica, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all'ambito territoriale di riferimento, prioritariamente sui posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili, al fine di garantire il regolare avvio delle lezioni, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi e delle precedenza nell'assegnazione della sede previste, per i soggetti con disabilità , dalla L. 104/1992. Il dirigente scolastico può utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purché posseggano titoli di studio validi per l'insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire e purché non siano disponibili nell'ambito territoriale docenti abilitati in quelle classi di concorso.
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Il comma 3 dispone che al fine di agevolare la continuità educativa e didattica e valutato, da parte del dirigente scolastico, l'interesse dell'alunno e dello studente, può essere proposto, non prima dell'avvio delle lezioni, ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico, e ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato, un ulteriore contratto a tempo determinato per l'anno scolastico successivo, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 131, L. 107/2015.
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Il comma 131, articolo 1, L. 107/2015, ha previsto che a decorrere dal 1° settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili (supplenze annuali), non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi.
Peraltro la richiamata disposizione è stata oggetto di interpretazione autentica da parte dell'articolo 1, comma 375, L. 232/2016, il quale ha stabilito che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo e ATA presso le istituzioni scolastiche ed educative statali per la copertura di posti vacanti e disponibili, di cui tener conto per il computo di una durata complessiva non superiore a 36 mesi (anche non continuativi), sono quelli sottoscritti dal 1° settembre 2016.
Si veda, più specificamente, il dossier n. 395/6 Volume II del dicembre 2016.
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L'articolo 17, comma 1, istituisce presso il MIUR l'Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica che si raccorda con l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità .
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L'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità è stato istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dall'articolo 3 della L. 18/2009, di ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità . Esso è stato quindi disciplinato dal DM 167/2010.
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In base al comma 2, l'Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica svolge i seguenti compiti:
a) analisi e studio delle tematiche relative all'inclusione degli alunni e degli studenti con disabilità a livello nazionale e internazionale;
b) monitoraggio delle azioni per l'inclusione scolastica;
c) proposte di accordi inter-istituzionali per la realizzazione del progetto individuale di inclusione;
d) proposte di sperimentazione in materia di innovazione metodologico-didattica e disciplinare.
Il comma 3 prevede che l'Osservatorio è presieduto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca o da un suo delegato, ed è composto dai rappresentanti delle Associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative sul territorio nazionale nonché da altri soggetti pubblici e privati, comprese le istituzioni scolastiche, individuati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Il comma 4 attribuisce al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il compito di determinare, con proprio decreto, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, le modalità di funzionamento e la durata dell'Osservatorio.
Il comma 5 prevede una clausola di invarianza finanziaria.
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L'Osservatorio permanente per l'integrazione degli alunni con disabilità è stato da ultimo ricostituito nel dicembre 2015 (si veda il comunicato MIUR del 22 dicembre 2015).
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Secondo la relazione illustrativa, l'articolo in esame "cristallizza, a livello di fonte di rango primario", l'istituzione dell'Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica.
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L'articolo 18, commi 1 e 2, prevede che le istituzioni scolastiche, in collaborazione con l'USR, gli Enti locali e le aziende sanitarie locali individuano - nell'ambito delle risorse finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente - azioni per garantire il diritto all'istruzione agli alunni e agli studenti per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza scolastica per un periodo non inferiore a 30 giorni di lezione, anche non continuativi, a causa di gravi patologie certificate anche attraverso progetti che possono avvalersi dell'uso delle nuove tecnologie.
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Sull'istruzione domiciliare si veda l'apposita pagina web del MIUR.
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In base alla relazione illustrativa, la disciplina introdotta dall'articolo in esame "supera alcune criticità emerse in tema di istruzione domiciliare, ad oggi non precipuamente normata e resa effettiva da linee di indirizzo del Ministero che hanno in parte assimilato la disciplina relativa alla "scuola in ospedale" di cui all'articolo 12, comma 9, della legge n. 104 del 1992, all'istruzione domiciliare".
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Si ricorda che l'articolo 12, comma 9, L. 104/1992, ha previsto che ai minori handicappati soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono comunque garantite l'educazione e l'istruzione scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d'intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione, pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi possono essere ammessi anche i minori ricoverati nei centri di degenza, che non versino in situazioni di handicap e per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo per un periodo non inferiore a 30 giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata dall'autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svolte dai docenti in servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad ogni effetto alla frequenza delle classi alle quali i minori sono iscritti.
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Si segnala che la norma di delega (articolo 1, comma 181, lettera c), n. 9, L. 107/2015) fa riferimento alla previsione della garanzia dell'istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 12, comma 9, L. 104/1992, sopra descritto.
Al riguardo si rileva che l'articolo 18 non contiene alcuna espressa menzione di tale disposizione, facendo invece riferimento agli alunni e agli studenti per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza scolastica, a causa di gravi patologie certificate, per un periodo non inferiore a 30 giorni di lezione, anche non continuativi. Â
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Soppressioni di normeL'articolo 19, comma 1, modifica, a decorrere dal 1° settembre 2017:
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a) il comma 5, articolo 10, DL 78/2010 (L. 122/2010), sopprimendone il primo, il secondo e il quarto periodo che fanno riferimento agli accertamenti collegiali mediante i quali le aziende sanitarie verificano la sussistenza della condizione di alunno in situazione di handicap. Le disposizioni superstiti del citato articolo 10, comma 5, DL 78/2010, sono quindi dichiarate applicabili anche alle commissioni mediche di cui all'articolo 6, comma 1, dello schema di decreto legislativo;
b) il comma 7, articolo 35, L. n. 289/2002, di cui viene soppresso l'ultimo periodo, in base al quale è stato emanato il DPCM 185/2006, recante le modalità e i criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto disabile.
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Sembra quindi potersi desumere dalla soppressione di tale disposizione di rango primario anche la caducazione del DPCM 185/2006, in relazione al quale però il successivo comma 3 prevede che esso continui ad applicarsi fino all'entrata in vigore del DPCM previsto dall'articolo 5, comma 2.
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Il comma 2 modifica l'articolo 13, comma 2-ter, DL 104/2013 (L. 128/2013), sostituendovi, ove ricorrono, le parole "diagnosi funzionali" con le seguenti: "valutazioni diagnostico-funzionali". Si ricorda infatti che, in base all'articolo 5, comma 1, dello schema di decreto legislativo, la valutazione diagnostico-funzionale sostituisce la diagnosi funzionale ed il profilo dinamico funzionale.
Si prevede quindi che siano apportate le necessarie modificazioni, anche tenendo conto di quanto previsto dallo schema di decreto legislativo, al DM 162/2016, emanato in attuazione dell'articolo 13, comma 2-ter, ultimo periodo, D.L. n. 104/2013, e concernente il trattamento di dati sensibili idonei a rilevare lo stato di disabilità degli alunni censiti in Anagrafe nazionale degli studenti in una partizione separata. La procedura con cui effettuare le modifiche è la medesima in base alla quale è stato adottato il citato DM 162/2016: essa prevede l'emanazione di un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avente natura regolamentare, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali. Il citato articolo 13, comma 2-ter, D.L n. 104/2013, ha infatti previsto che le istituzioni scolastiche trasmettano per via telematica alla banca dati dell'Anagrafe nazionale degli studenti le diagnosi funzionali (ora valutazioni diagnostico-funzionali), di cui alla legge n. 104 del 1992, prive di elementi identificativi degli alunni.
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In base al comma 3, continuano ad avere efficacia il DPR 24 febbraio 1994 (pubblicato per la prima volta nella GU 6 aprile 1994, n. 79 e ripubblicato nella GU 15 aprile 1994, n. 97) e il DPCM 185/2006, fino all'entrata in vigore del DPCM la cui emanazione è prevista dall'articolo 5, comma 2, al quale è demandata la definizione dei criteri, dei contenuti e delle modalità di redazione sia del documento di accertamento della disabilità in età evolutiva sia della valutazione diagnostico-funzionale.
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Di tali disposizioni si prevede la soppressione in quanto non compatibili con la normativa introdotta dall'articolo 5 dello schema di decreto legislativo.
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Il comma 4 sopprime l'articolo 13 del DM 249/2010, su cui si veda supra in sede di commento degli articoli 13 e 14.
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Si rileva come una fonte di rango primario incida su una disposizione contenuta in un regolamento ministeriale.
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Copertura finanziariaL'articolo 21, comma 1, dispone che le attività di cui all'articolo 3, comma 2 del presente schema di decreto, siano svolte dall'organico dell'autonomia esclusivamente nell'ambito dell'organico dei posti di sostegno, come determinato ai sensi dell'art. 1, comma 75 della legge 13 luglio 2015 n. 107, con la procedura di assegnazione di cui all'articolo 15, comma 3, della legge n. 104 del 1992, come modificato dal presente decreto; per il profilo dei collaboratori scolastici, nell'ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili.
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L'articolo 1, comma 75, della legge 13 luglio 2015 n. 107 prevede che l'organico dei posti di sostegno sia determinato nel limite previsto dall'articolo 2, comma 414, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e dall'articolo 15, comma 2-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ferma restando la possibilità di istituire posti in deroga ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 1, comma 605, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Tali disposizioni hanno disciplinato la progressiva rideterminazione della dotazione organica di diritto relativa ai docenti di sostegno, nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento, nell'anno scolastico 2010/2011, di una consistenza organica pari al 70 per cento del numero dei posti di sostegno complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007. La predetta percentuale è stata poi rideterminata, negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015, in misura pari rispettivamente al 75 per cento e al 90 per cento ed è pari al 100 per cento a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016. Dall'anno scolastico 2014/2015 il riparto in parola è assicurato equamente a livello regionale, in modo da determinare una situazione di organico di diritto dei posti di sostegno percentualmente uguale nei territori. Il numero dei posti risultanti dall'applicazione di tale disposizione non può comunque risultare complessivamente superiore a quello derivante dalle predette rideterminazioni.
Per quanto concerne la determinazione degli organici delle scuole, operazione annualmente avviata subito dopo la conclusione delle iscrizioni degli alunni che, per l'anno scolastico 2017/18, sono previste dal 16 gennaio al 6 febbraio 2017, il Ministro dell'Istruzione d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e con il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione ha emanato, in data 29 aprile 2016, un decreto interministeriale con le consistenze delle dotazioni organiche nazionali e regionali valevoli per gli anni scolastici 2016/17, 2017/18 e 2018/19.
L'articolo 15, comma 3, della legge n. 104 del 1992 disciplina i gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica. A tal fine, ivi si dispone che tali gruppi di lavoro svolgano compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39 e 40, per l'impostazione e l'attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.
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Il comma 2 stabilisce che le attività di cui all'articolo 3, comma 2, lettere e) d) ed e) siano svolte nell'ambito delle risorse disponibili.
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Il comma 3 stabilisce che ai componenti della Commissione Medica di cui all'articolo 6, nella composizione prevista ai commi 1 e 2, ed i componenti dei gruppi per l'inclusione scolastica di cui all'articolo 8 ed ai componenti dell'Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica di cui all'articolo 17 non spetta alcun compenso, indennità , gettone di presenza, rimborsi di spese e qualsivoglia altro emolumento.
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Il comma 4 provvede agli oneri derivanti dall'articolo 8 pari ad euro 3,32 milioni nell'anno 2017 e ad euro 9,95 milioni a decorrere dall'anno 2018. A tal fine si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Fondo La Buona Scuola).
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Il comma 202 in parola ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un fondo di parte corrente, denominato Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica, con uno stanziamento pari a 83.000 euro per l'anno 2015, a 533.000 euro per l'anno 2016, a 104.043.000 euro per l'anno 2017, a 69.903.000 euro per l'anno 2018, a 47.053.000 euro per l'anno 2019, a 43.490.000 euro per l'anno 2020, a 48.080.000 euro per l'anno 2021, a 56.663.000 euro per l'anno 2022 e a 45.000.000 euro annui a decorrere dall'anno 2023. Al riparto del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale decreto può destinare un importo fino a un massimo del 10 per cento del Fondo ai servizi istituzionali e generali dell'amministrazione per le attività di supporto al sistema di istruzione scolastica.
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Il comma 5 contiene la clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale, dall'attuazione delle restanti disposizioni del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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Si rammenta che l'articolo 17, comma 6-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in caso di clausole siffatte, stabilisce che per le disposizioni corredate di clausole di neutralità finanziaria, la relazione tecnica riporta la valutazione degli effetti derivanti dalle disposizioni medesime, i dati e gli elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica, attraverso l'indicazione dell'entità  delle risorse già  esistenti nel bilancio e delle  relative  unità gestionali, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime anche attraverso la loro riprogrammazione. In ogni caso, la clausola di neutralità finanziaria non può essere prevista nel caso di spese di natura obbligatoria. |
Relazioni e pareri allegatiLo schema è corredato dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica, dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi di impatto della regolamentazione.
Non risulta allegato il parere della Conferenza unificata. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIn base all'articolo 117, secondo comma, lett. n), della Costituzione, rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato le norme generali in materia di istruzione; alla competenza concorrente è invece riservata l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e formazione professionale (articolo 117, terzo comma).
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La giurisprudenza della Corte Costituzionale, successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, ha individuato i criteri del riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni nella materia dell'istruzione, allo scopo di porre una linea di confine tra i titoli di competenza esclusiva e concorrente che sono stati entrambi previsti nell'art. 117 della Costituzione. Tali criteri sono stati illustrati nella sentenza n. 147 del 2012. Tale sentenza si ricollega ad una serie di sentenze, risalenti già al 2004, che hanno chiarito la differenza esistente tra le norme generali sull'istruzione, riservate alla competenza generale dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera n), Cost. e i principi fondamentali della materia istruzione, che l'articolo 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente.
In merito all'istruzione tout court, si può ricordare anche la sentenza n. 62 del 2013 con cui la Corte è tornata a tracciare la differenza esistente tra le norme generali sull'istruzione e i principi fondamentali della materia, mantenendo piena adesione alla pregressa giurisprudenza costituzionale. Con la citata sentenza la Corte ha ricordato che rientrano «tra le norme generali sull'istruzione "quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali". Sono, invece, espressione di principi fondamentali della materia dell'istruzione "quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale" (sentenze n. 147 del 2012, n. 92 del 2011 e n. 200 del 2009)».
La sentenza n. 13 del 2004 afferma che il nuovo Titolo V riconosce alle regioni una potestà legislativa concorrente in materia di istruzione ed una potestà esclusiva dello stato in materia di "norme generali sull'istruzione"; aggiunge che, senza procedere ad una ricostruzione generale di quale sia la distinzione fra le due potestà e di come operi il rapporto tra le due tipologie di legislazione statale - principi fondamentali e norme generali - debba certamente escludersi che la riforma del Titolo V abbia privato le regioni di ambiti competenziali che esse si erano già in precedenza visti attribuiti con delega legislativa e che in questi ambiti, sicuramente riconducibili alla competenza regionale concorrente, lo Stato è chiamato a fissare unicamente principi; e che una norma di principio non può escludere completamente l'intervento regionale in un settore strettamente connesso ad un ambito di competenza legislativa concorrente.
La sentenza n. 34 del 2005 ricorda come la normativa antecedente alla riforma del Titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 del D.Lgs. n. 112 del 1998 e sia quindi da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 "abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita".
La sentenza n. 279 del 2005 affronta la questione relativa alla individuazione delle norme generali e la loro distinzione non solo dalle altre norme, di competenza delle regioni, ma anche dai principi fondamentali di cui all'art. 117, comma terzo, della Costituzione: può dirsi che le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale. Le norme generali così intese si differenziano, nell'ambito della stessa materia, dai principi fondamentali i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività , ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose.
In particolare, nelle sentenze n. 200 del 2009 e n. 92 del 2011 è stata chiarita la differenza esistente tra le norme generali sull'istruzione - riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera n), Cost. - e i principi fondamentali della materia istruzione, che l'articolo 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente.
Nella sentenza n. 200 si enuclea una chiara definizione vincolante – ma ovviamente non tassativa – degli ambiti riconducibili al "concetto" di "norme generali sull'istruzione", come si ricava dalla lettura del complesso delle disposizioni costituzionali di cui agli articoli 33 e 34 Cost.: in questi articoli il legislatore costituzionale ha inteso individuare le caratteristiche basilari del sistema scolastico, relative: alla istituzione di scuole per tutti gli ordini e gradi (art. 33, secondo comma, Cost.); al diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (art. 33, terzo comma, Cost.); alla parità tra scuole statali e non statali sotto gli aspetti della loro piena libertà e dell'uguale trattamento degli alunni (art. 33, quarto comma, Cost.); alla necessità di un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi (art. 33, quinto comma, Cost.); all'apertura della scuola a tutti (art. 34, primo comma, Cost.); alla obbligatorietà e gratuità dell'istruzione inferiore (art. 34, secondo comma, Cost.); al diritto degli alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (art. 34, terzo comma, Cost.); alla necessità di rendere effettivo quest'ultimo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso (art. 34, quarto comma, Cost.). In altri termini, il legislatore costituzionale ha assegnato alle prescrizioni contenute nei citati artt. 33 e 34 valenza necessariamente generale ed unitaria che identifica un ambito di competenza esclusivamente statale. In tale contesto si colloca l'art. 117, secondo comma, Cost. lettera n), Cost., nel testo novellato dalla riforma del 2001, che, utilizzando la medesima locuzione "norme generali sull'istruzione", stabilisce che titolare esclusivo della relativa potestà legislativa è lo Stato, in tal modo precisando il riferimento alla "Repubblica" contenuto nel citato art. 33, secondo comma, Cost. Appartengono, invece, - prosegue la sentenza n. 200 - "alla categoria delle disposizioni espressive di princÃpi fondamentali della materia dell'istruzione, anch'esse di competenza statale, quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei principi fondamentali stessi".
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Per quanto riguarda la disciplina delle prestazioni per l'inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità certificata, previste dall'articolo 3, si ricorda che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale rientra parimenti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, in base all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
Più in generale, in relazione alle altre disposizioni dello schema di decreto legislativo che riguardano l'assetto organizzativo delle istituzioni scolastiche, si segnala che, in base all'articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione, anche la materia dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali è compresa nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.
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