Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||
Titolo: | Professionisti dei beni culturali - A.C. 362-B - Schede di lettura - Elementi per l'istruttoria legislativa | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 24 Progressivo: 2 | ||
Data: | 24/06/2014 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione |
Professionisti dei beni culturali
24 giugno 2014
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ContenutoLa proposta di legge, già approvata con modifiche dall’Assemblea della Camera il 15 gennaio 2014 (A.S. 1249), è stata ulteriormente modificata dalla 7^ Commissione del Senato in sede deliberante l’11 giugno 2014. Essa reca disposizioni in materia di esercizio della professione dei soggetti impegnati nelle attività di tutela, protezione, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali, a tal fine prevedendo l'istituzione di elenchi nazionali di professionisti. Verte, dunque, nell'ambito della disciplina delle professioni non organizzate in ordini o collegi, affrontato in termini generali dalla L. 14 gennaio 2013, n. 4, richiamata nel testo. L'art. 1, co. 2, della L. 4/2013 disponLa L. 4/2013e che per "professione non organizzata in ordini o collegi" si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo. Individua, inoltre, esplicitamente alcune esclusioni: si tratta delle attività (intellettuali) riservate per legge agli iscritti in albi o elenchi, ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
Per quanto qui interessa, la legge dispone, altresì, che coloro che esercitano la professione possono costituire associazioni professionali di natura privatistica – caratterizzate dall'assenza di scopo di lucro (art. 5, co. 1, lett. f)) – con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.
In particolare, le associazioni professionali e le forme aggregative delle stesse associazioni – il cui elenco è pubblicato sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico – collaborano all'elaborazione delle norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI (d'ora in avanti: norme tecniche UNI), di cui alla direttiva 98/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, relative alle singole attività professionali, e possono promuovere la costituzione di organismi accreditati di certificazione della conformità per i settori di competenza. Tali organismi possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista, anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alle norme tecniche UNI definite per la singola professione.
Le associazioni professionali, invece, possono rilasciare ai propri iscritti un'attestazione relativa, tra l'altro, agli standard qualitativi e di qualificazione professionale necessari per il mantenimento dell'iscrizione all'associazione e all'eventuale possesso della certificazione di conformità alle norme tecniche UNI. Il possesso dell'attestazione non rappresenta requisito necessario per l'esercizio dell'attività professionale.
In particolare, l'art. 1 – non modificato dal Senato - inserisce nella parte prima (Disposizioni generali) del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) l'art. 9-bis. Esso, operato un richiamo alla competenza dello Stato relativa alla tutela e a quella concorrente relativa alla valorizzazione dei beni culturali - di cui agli artt. 4 e 7 del d.lgs. 42/2004 - e fatte salve le competenze degli operatori delle professioni già regolamentate, dispone che gli interventi operativi di tutela, protezione, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali sono affidati, secondo le rispettive competenze, allaProfessionisti competenti ad eseguire interventi su beni culturali responsabilità e all'attuazione di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell'arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale. A fronte dell'inserimento deiRestauratori e collaboratori restauratori di beni culturali restauratori di beni culturali e dei collaboratori restauratori di beni culturali (le sole figure già disciplinate dal vigente Codice dei beni culturali e del paesaggio) fra i professionisti abilitati ad effettuare gli interventi operativi sopra indicati -, il co. 4 dell'art. 2 – non modificato dal Senato - fa salva, per gli stessi professionisti, la specifica disciplina recata dall'art. 182 del d.lgs. 42/2004 (modificato con legge 14 gennaio 2013, n. 7. Si veda dossier del Servizio Studi n. 739 del 13 dicembre 2012). L'art. 2, co. 1 – Elenchi nazionali di professionistinon modificato dal Senato - dispone l’istituzione presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di elenchi nazionali di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali, storici dell'arte, in possesso dei requisiti previsti (gli elenchi non riguardano, dunque, i restauratori e i collaboratori restauratori di beni culturali, per le ragioni ante esposte). In base al co. 2 – modificato dal Senato - le modalità e i requisiti per l’iscrizione dei professionisti negli elenchi saranno stabiliti con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare - previo parere delle Commissioni parlamentari - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e sentiti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le rispettive associazioni professionali, individuate ai sensi dell'art. 26 del d.lgs. 206/2007 e della L. 4/2013, e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali maggiormente rappresentative. Le modifiche apportate dalla 7a Commissione del Senato riguardano la eliminazione dell’intesa con le associazioni professionali ai fini dell’emanazione del decreto ministeriale e l’eliminazione della previsione che il parere delle Commissioni parlamentari sul relativo schema è vincolante nelle parti in cui le Commissioni medesime formulano identiche condizioni. Al riguardo, si ricorda che la Sottocommissione per i pareri della 1a Commissione del Senato, nella seduta dell’11 febbraio 2014, ha fatto presente che il coinvolgimento delle associazioni professionali, in sede di emanazione del decreto ministeriale, deve avere esclusivamente natura consultiva, poiché il ricorso allo strumento dell'intesa appare incongruo rispetto al normale procedimento per l'adozione di atti normativi di rango secondario.
Tale questione era peraltro già stata sollevata dalla I Commissione della Camera che, nel parere reso il 18 dicembre 2013, aveva invitato la VII Commissione a valutare attentamente la previsione, irrituale per l'ordinamento, dell’ “«l'intesa» con le associazioni professionali ai fini dell'emanazione del decreto ministeriale, attribuendo ad un soggetto privato, seppure rappresentativo, un ruolo di «co-decisore» con riferimento ad un atto normativo secondario”. Con riferimento al parere delle Commissioni parlamentari, la Sottocommissione per i pareri della 1a Commissione del Senato ha rilevato che esso deve essere previsto come meramente obbligatorio.
Il co. 2 dispone, altresì, che il decreto deve essere emanato in conformità alla normativa dell'Unione europea e deve definire anche le modalità per la tenuta degli elenchi in collaborazione con le predette associazioni professionali, nonchè che gli elenchi sono pubblicati sul sito internet del Mibact. L' art. 26 del d.lgs. 206/2007 ha La disciplina sulle associazioni professionalidisposto che, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme comuni da sottoporre alla Commissione europea, il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri convoca conferenze di servizi cui partecipa l'autorità competente (per le attività afferenti al settore del restauro e della manutenzione dei beni culturali, il MIBAC, ex art. 5, co. 1, lett. i)). Sulla ipotesi di piattaforma elaborata vengono sentite, in particolare, se si tratta di professioni non regolamentate, le associazioni rappresentative a livello nazionale. Esse sono sentite anche ai fini dell'elaborazione di piattaforme comuni proposte da altri Stati membri e in ogni altro caso in cui a livello europeo deve essere espressa la posizione italiana in materia di piattaforma comune.
Sempre l'art. 26 ha indicato i requisiti da considerare per valutare la rappresentatività a livello nazionale delle associazioni delle professioni non regolamentate. Le associazioni in possesso dei prescritti requisiti sono individuate, previo parere del CNEL, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee, e del Ministro competente per materia.
Al riguardo si ricorda che era intervenuto il decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008, poi annullato dal TAR del Lazio, con sentenze nn. 3159 e 3160 dell'11 febbraio 2009, poiché aveva "integrato una disciplina legislativa già di per sé autosufficiente".
Per la disciplina della costituzione delle associazioni professionali ai sensi della L. 4/2013, si veda ante.
Con La disciplina UEriferimento alla disciplina dell’Unione europea, si ricorda che, per il diritto europeo, i professionisti sono, al pari delle imprese, soggetti alle regole di concorrenza (dettate dall'art. 101 del Trattato sull'Unione europea, ex art. 81 del TCE). L'UE è dunque particolarmente attenta ai c.d. diritti esclusivi, ovvero a tutte le regolamentazioni che riservino alcune attività a una ristretta categoria di professionisti.
In particolare, l'art. 16 della "direttiva servizi" (Direttiva n. 2006/123/UE) prevede, fra l'altro, che gli Stati membri non possono subordinare l'accesso a un'attività di servizi o l'esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi: a) non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell'ubicazione della sede legale; b) necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell'ambiente; c) proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. Il punto (56) dei considerando della direttiva, peraltro, evidenzia che "motivi imperativi di interesse generale" – tra i quali rientrano, in particolare, per quanto qui interessa, la tutela dei consumatori e dei destinatari di servizi, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale (art. 4 della direttiva) – "possono giustificare l'applicazione di regimi di autorizzazione e altre restrizioni", fatto salvo il rispetto dei citati principi di necessità e proporzionalità.
In maniera analoga dispone il D.lgs. n. 59 del 2010, emanato in attuazione della direttiva citata. In particolare – ribadita all'art. 8 la definizione di "motivi imperativi d'interesse generale" recata dall'art. 4 della direttiva – gli artt. 14 e 15 prevedono che, fatte salve le disposizioni istitutive relative ad ordini, collegi e albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione. Ove sia previsto un regime autorizzatorio, le condizioni alle quali è subordinato l'accesso e l'esercizio alle attività di servizi devono essere, tra l'altro: non discriminatorie; commisurate all'obiettivo di interesse generale; chiare ed inequivocabili; oggettive; rese pubbliche preventivamente; trasparenti e accessibili.
Ai sensi del co. 3 – non modificato dal Senato -, gli elenchi non costituiscono un albo professionale. L'assenza dei professionisti indicati dai medesimi elenchi non preclude in alcun modo la possibilità di esercitare la professione. Il co. 5 – non modificato dal Senato - reca la clausola di neutralità finanziaria. |
Relazioni allegate o richiesteLa proposta di legge era corredata di relazione illustrativa. |
Necessità dell'intervento con leggeL'intervento con legge si rende necessario poichè si novella un decreto legislativo, dunque una fonte normativa primaria. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLa disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alle materie beni culturali - riguardando sia la tutela che la valorizzazione degli stessi - e professioni. Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 307/2004, ha affermato che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale, “il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni”. |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliL'art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione. |
Compatibilità comunitaria |
Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europeaNell’ambito delle iniziative volte a completare e rafforzare il mercato interno, prospettate dall’Atto per il mercato unico, il 20 novembre 2013 è stata approvata la direttiva 2013/55/UE che modifica la disciplina relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali in tutta l’UE (direttiva 2005/36/CE). Con l’obiettivo, in particolare, di favorire una maggiore automaticità nel riconoscimento delle qualifiche, la direttiva prevede l’introduzione di una tessera professionale europea e la definizione di un quadro comune di formazione. |
Incidenza sull'ordinamento giuridicoAttribuzione di poteri normativi L'art. 2 prevede l'intervento di un decreto ministeriale (per l'oggetto, si veda par. Contenuto). |