Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di professioni dei beni culturali - A.C. 362 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 362/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 24
Data: 12/06/2013
Descrittori:
ALBI PROFESSIONALI   BENI CULTURALI ED ARTISTICI
QUALIFICA PROFESSIONALE   TUTELA DEL PAESAGGIO
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


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Modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di professioni dei beni culturali

12 giugno 2013
Elementi per l'istruttoria legislativa



Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali|Compatibilità comunitaria|Incidenza sull'ordinamento giuridico|Formulazione del testo|



Contenuto

La proposta di legge - che riprende, con alcune variazioni, la proposta di legge della XVI legislatura A.C. 1614, il cui esame non si è concluso - novella il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.lgs. 42/2004, attraverso l'inserimento di due nuovi articoli.

Essa reca disposizioni in materia di esercizio della professione dei soggetti impegnati nelle attività di tutela, vigilanza, ispezione, protezione, conservazione e fruizione dei beni culturali, a tal fine prevedendo l'istituzione di registri nazionali ai quali sono tenuti ad iscriversi i professionisti idonei allo svolgimento degli interventi.

La proposta verte, dunque, nell'ambito della disciplina delle professioni non organizzate in ordini o collegi affrontato, in termini generali, dalla L. 14 gennaio 2013, n. 4, peraltro richiamata nell'ambito della stessa proposta.

L'art. 1, co. 2, della L. 4/2013 dispone che per "professione non organizzata in ordini o collegi" si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo. Individua, inoltre, esplicitamente alcune esclusioni: si tratta delle attività (intellettuali) riservate per legge agli iscritti in albi o elenchi, ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
Per quanto qui interessa, la legge dispone, altresì, che coloro che esercitano la professione possono costituire associazioni professionali di natura privatistica – caratterizzate dall'assenza di scopo di lucro (art. 5, co. 1, lett. f) – con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.
In particolare, le associazioni professionali e le forme aggregative delle stesse associazioni – il cui elenco è pubblicato sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico – collaborano all'elaborazione delle norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI (d'ora in avanti: norme tecniche UNI), di cui alla direttiva 98/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, relative alle singole attività professionali, e possono promuovere la costituzione di organismi accreditati di certificazione della conformità per i settori di competenza. Tali organismi possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista, anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alle norme tecniche UNI definite per la singola professione.
Le associazioni professionali, invece, possono rilasciare ai propri iscritti un'attestazione relativa, tra l'altro, agli standard qualitativi e di qualificazione professionale necessari per il mantenimento dell'iscrizione all'associazione e all'eventuale possesso della certificazione di conformità alle norme tecniche UNI.
Il possesso dell'attestazione non rappresenta requisito necessario per l'esercizio dell'attività professionale.

 

La relazione illustrativa della proposta di legge in esame evidenzia che si intende intervenire nel settore delle professionalità degli  operatori privati, in un'ottica "di tutela dei consumatori (che in questo caso equivalgono all'intera collettività nazionale)". La specifica relativa ai soli operatori privati non è peraltro presente nell'articolato.

 

Si tratta di un aspetto da chiarire, in relazione a quanto si esporrà infra.

 

Si ricorda che, in materia di professioni dei beni culturali, il Codice disciplina solo le figure di restauratore di beni culturali e di collaboratore restauratore di beni culturali (art. 29 e, per la fase transitoria, art. 182, di recente modificato con la legge 14 gennaio 2013, n. 7. Si veda dossier del Servizio Studi n. 739 del 13 dicembre 2012).

 

L'art. 1 della pdl inserisce nella parte prima del Codice (artt. 1-9), recante Disposizioni generali, l'art. 9-bis.

Esso dispone che gli archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi esperti di diagnostica applicata ai beni culturali, storici dell'arte, "in possesso di adeguata formazione e professionalità", nonché alla responsabilità o alla diretta attuazione degli operatori delle altre professioni già regolamentate.

 

Occorrerebbe esplicitare il significato dell'espressione "da qualunque soggetto realizzati", dal momento che la possibilità che gli interventi possano non essere attuati direttamente dai professionisti citati (ma che, realizzati da altri, a costoro ne sia affidata comunque la responsabilità) è già contemplata dalla medesima disposizione.

 

In ordine al possesso di "adeguata formazione e professionalità" dei professionisti indicati, è l'art. 2 a chiarire il concetto.

L'art. 2, infatti, introduce nella parte quinta del Codice – recante, fra l'altro, disposizioni transitorie – l'art. 182-bis, rubricato "Disposizioni transitorie in materia di professioni dei beni culturali": esso prevede – "in conformità con il riordino delle classi di laurea e con la definizione dei livelli minimi di qualificazione per l'accesso alle professioni" di cui all'art. 9-bisl'istituzione presso il MIBAC di registri nazionali dei professionisti archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi esperti di diagnostica applicata ai beni culturali e storici dell'arte idonei allo svolgimento degli interventi di cui all'art. 9-bis (co. 1 dell'art. 182-bis): si introduce, così, una riserva di attività in favore dei soli professionisti iscritti a tali registri.

Il secondo periodo del comma dispone, peraltro, che l'iscrizione è condizione sufficiente per lo svolgimento degli interventi indicati nel nuovo art. 9-bis.

 

Al riguardo, sembrerebbe opportuno coordinare le due previsioni, dal momento che, come si è visto, in base al primo periodo, l'iscrizione nei registri nazionali risulta essere condizione necessaria per l'esercizio della professione, mentre, in base al secondo periodo, risulta mera condizione sufficiente.

 

Con riferimento alla transitorietà delle disposizioni - cui, come si è visto, fa riferimento la rubrica dell'art. 182-bis - si evidenzia che la stessa non si evince, letteralmente, dal testo.

L'intenzione sembrerebbe, peraltro, quella di far terminare la fase transitoria all'atto della definizione dei livelli minimi di qualificazione per l'accesso alle professioni.

Ove l'ipotesi sia corretta, appare necessario sostituire le parole "e con la definizione dei livelli minimi" con le parole "e nelle more della definizione dei livelli minimi".

 

A differenza della definizione dei livelli minimi di qualificazione per l'accesso alle professioni citate, che restano da definire, per gli ambiti in questione sono stati già definiti i percorsi universitari e le scuole di specializzazione.

In base ai DD.MM. 16.3.2007, di definizione delle classi di laurea e di laurea magistrale, come modificati dal D.M. 28.12.2010, risultano istituite, in particolare, le seguenti classi: L-1 Classe delle lauree in Beni culturali; L-43 Classe delle lauree in Diagnostica per la conservazione dei beni culturali; LM-2 Classe delle lauree magistrali in Archeologia; LM-5 Classe delle lauree magistrali in Archivistica e Biblioteconomia; LM-10 Classe delle lauree magistrali in Conservazione dei beni architettonici e ambientali; LM-11 Classe delle lauree magistrali in Scienze per la conservazione dei beni culturali; LM-89 Classe delle lauree magistrali in Storia dell'arte. Infine, il D.M. 2.3.2011 ha definito la classe di laurea magistrale a ciclo unico LMR/02 in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali.

Con D.M. 31.1.2006 sono state definite 8 tipologie di Scuole di specializzazione nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi dell'art. 6 della L. n. 29/2001. Esse riguardano i beni archeologici; i beni architettonici e del paesaggio; i beni storici artistici; i beni archivistici e librari; i beni demoetnoantropologici; i beni musicali; i beni scientifici e tecnologici; i beni naturali e territoriali.

 

L'individuazione delle modalità e dei requisiti di iscrizione  ai registri e delle relative modalità di tenuta è demandata ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Conferenza Stato-regioni, e in collaborazione (tanto per l'individuazione dei requisiti di iscrizione, quanto per la tenuta dei registri) con le relative associazioni professionali individuate ai sensi dell'art. 26 del d.lgs. 206/2007 (dunque, il riferimento sembrerebbe essere alla "rappresentatività delle associazioni a livello nazionale") e della L. 4/2013.

L'art. 26 deld.lgs n. 206/2007 ha disposto che, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme comuni da sottoporre alla Commissione europea, il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri convoca conferenze di servizi cui partecipa l'autorità competente (per le attività afferenti al settore del restauro e della manutenzione dei beni culturali, il MIBAC, ex art. 5, co. 1, lett. i)). Sulla ipotesi di piattaforma elaborata vengono sentite, in particolare, se si tratta di professioni non regolamentate, le associazioni rappresentative a livello nazionale. Esse sono sentite anche ai fini dell'elaborazione di piattaforme comuni proposte da altri Stati membri e in ogni altro caso in cui a livello europeo deve essere espressa la posizione italiana in materia di piattaforma comune.

Sempre l'art. 26 ha indicato i requisiti da considerare per valutare la rappresentatività a livello nazionale delle associazioni delle professioni non regolamentate. Le associazioni in possesso dei prescritti requisiti sono individuate, previo parere del CNEL, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee, e del Ministro competente per materia.

Al riguardo si ricorda che era intervenuto il decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008, poi annullato  dal TAR del Lazio, con sentenze nn. 3159 e 3160 dell'11 febbraio 2009, poiché aveva "integrato una disciplina legislativa già di per sé autosufficiente".

Per la disciplina della costituzione delle associazioni professionali ai sensi della L. 4/2013, si veda ante.

 

Si stabilisce peraltro sin d'ora che tra i requisiti per l'iscrizione nei registri si considera "sufficiente ma non necessaria" la certificazione professionale rilasciata dalle stesse associazioni (co. 2 dell'art. 182-bis). Per l'emanazione del decreto non è previsto il parere parlamentare, né è indicato un termine.

Al riguardo si evidenzia che, in base alla normativa vigente (v. infra) tale provvedimento dovrà assicurare che i requisiti stabiliti per l'iscrizione ai registri nazionali assicurino, in particolare, il rispetto dei principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità.

 

Ciò è necessario soprattutto alla luce del fatto che, come ante anticipato, l'articolato non esplicita che ci si riferisce esclusivamente ai professionisti privati, e non anche ai dipendenti pubblici (in quanto già vincitori di pubblici concorsi banditi dalla P.A.) con la qualifica, ad esempio, di bibliotecari, archivisti o archeologi.

In materia si ricorda, preliminarmente, che, per il diritto europeo, i professionisti sono, al pari delle imprese, soggetti alle regole di concorrenza (dettate dall'art. 101 del Trattato sull'Unione europea, ex art. 81 del TCE). L'UE è dunque particolarmente attenta ai c.d. diritti esclusivi, ovvero a tutte le regolamentazioni che riservino alcune attività a una ristretta categoria di professionisti.
In particolare, l'art. 16 della "direttiva servizi" (Direttiva n. 2006/123/UE) prevede, fra l'altro, che gli Stati membri non possono subordinare l'accesso a un'attività di servizi o l'esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi: a) non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell'ubicazione della sede legale; b) necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell'ambiente; c) proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. Il punto (56) dei considerando della direttiva, peraltro, evidenzia che "motivi imperativi di interesse generale" – tra i quali rientrano, in particolare, per quanto qui interessa, la tutela dei consumatori e dei destinatari di servizi, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale (art. 4 della direttiva) – "possono giustificare l'applicazione di regimi di autorizzazione e altre restrizioni", fatto salvo il rispetto dei citati principi di necessità e proporzionalità.
In maniera analoga dispone il D.lgs. n. 59 del 2010, emanato in attuazione della direttiva citata. In particolare – ribadita all'art. 8 la definizione di "motivi imperativi d'interesse generale" recata dall'art. 4 della direttiva – gli artt. 14 e 15 prevedono che, fatte salve le disposizioni istitutive relative ad ordini, collegi e albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione. Ove sia previsto un regime autorizzatorio, le condizioni alle quali è subordinato l'accesso e l'esercizio alle attività di servizi devono essere, tra l'altro: non discriminatorie; commisurate all'obiettivo di interesse generale; chiare ed inequivocabili; oggettive; rese pubbliche preventivamente; trasparenti e accessibili.

 

Profili di interesse della L. 4/2013
Ambito soggettivo di riferimento
Ambito oggettivo di riferimento
Professionalità interessate
Istituzione di registri nazionali per l'esercizio delle professioni
Percorsi universitari e scuole di specializzazione
Modalità e requisiti di iscrizione ai registri


Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge è corredata di relazione illustrativa.



Necessità dell'intervento con legge

L'intervento con legge si rende necessario poiché si novella un decreto legislativo, dunque una fonte normativa primaria.



Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina recata dalla pdl è riconducibile alle materie beni culturali - riguardando sia la tutela che la valorizzazione degli stessi - e professioni.

L'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. ha annoverato la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (a sua volta, l'art. 116, terzo comma, Cost. ha previsto la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente. Conseguentemente, spetta alla legislazione dello Stato determinare i principi fondamentali, in conformità con i quali le regioni potranno esercitare la propria potestà legislativa.

Inoltre, l'art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare "forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali" tra Stato e regioni.

Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato, la Corte costituzionale, nelle sentenze nn. 478/2002 e 307/2004, ha affermato che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale, "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".
Successivamente all'adozione del Codice, la Corte, nella sentenza n. 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, co. 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, co. 3). Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative.

 

Anche la disciplina delle professioni rientra nell'ambito della competenza legislativa concorrente.

In proposito si ricorda che, in base alla giurisprudenza costituzionale, la potestà legislativa regionale in materia deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.


Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L'art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione.



Compatibilità comunitaria

 





Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea

Nell'ambito delle iniziative volte a completare e rafforzare il mercato interno, prospettate dall'Atto per il mercato unico, la Commissione europea ha presentato, il 19 dicembre 2011, una proposta di modifica della direttiva 2005/36/UE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali in tutta l'UE.

Con l'obiettivo, in particolare, di introdurre una maggiore automaticità nel riconoscimento delle qualifiche, la proposta prevede la definizione di un quadro comune di formazione o verifiche professionali comuni, che dovrebbe sostituire lo strumento delle piattaforme comuni previsto dalla direttiva vigente.

La proposta, che segue la procedura legislativa ordinaria, dovrebbe essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo in sessione plenaria il 7 ottobre 2013.



Incidenza sull'ordinamento giuridico



Attribuzione di poteri normativi

L'art. 2 prevede l'intervento di un decreto ministeriale (per l'oggetto, si veda par. Contenuto).



Formulazione del testo

All'art. 1, occorrerebbe inserire il riferimento agli interventi di valorizzazione dei beni culturali, per la ragione esposta nel par. Contenuto.

All'art. 2, co. 1 dell'art. 182-bis del d.lgs. 42/2004, ultimo periodo, l'espressione "all'elenco" dovrebbe essere sostituita con l'espressione "ai registri".