Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Testo unico sulle sociertà a partecipazione pubblica - D.Lgs. 175/2016
Riferimenti: SCH.DEC N.404/XVII SCH.DEC N.404/XVII SCH.DEC N.297/XVII SCH.DEC N.297bis/XVII
Serie: Atti del Governo   Numero: 402/1
Data: 13/09/2017
Organi della Camera: V Bilancio

Testo Unico sulle

società a partecipazione pubblica

 

D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175

(come modificato dal D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 100)

 

Schede di lettura

settembre 2017

 



 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 475/1

 

 

 

 

 

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Atti del Governo n. 402/1

 

 

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I N D I C E

Introduzione. 1

Il contenuto del Testo Unico. 9

Schede di lettura

§  Articolo 1 (Oggetto) 27

§  Articolo 2 (Definizioni) 33

§  Articolo 3 (Tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica) 39

§  Articolo 4 (Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche) 41

§  Articolo 5 (Oneri di motivazione analitica) 51

§  Articolo 6 (Princìpi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico) 54

§  Articolo 7 (Costituzione di società a partecipazione pubblica) 57

§  Articolo 8 (Acquisto di partecipazioni in società già costituite) 59

§  Articolo 9 (Gestione delle partecipazioni pubbliche) 60

§  Articolo 10 (Alienazione di partecipazioni sociali) 62

§  Articolo 11 (Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico) 63

§  Articolo 12 (Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate) 79

§  Articolo 13 (Controllo giudiziario sull’amministrazione di società a controllo pubblico) 83

§  Articolo 14 (Crisi d’impresa di società a partecipazione pubblica) 84

§  Articolo 15 (Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica) 87

§  Articolo 16 (Società in house) 89

§  Articolo 17 (Società a partecipazione mista pubblico-privata) 95

§  Articolo 18 (Quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati) 99

§  Articolo 19 (Gestione del personale) 100

§  Articolo 20 (Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche) 105

§  Articolo 21 (Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali) 110

§  Articolo 22 (Trasparenza) 113

§  Articolo 23 (Clausola di salvaguardia) 115

§  Articolo 24 (Revisione straordinaria delle partecipazioni) 116

§  Articolo 25 (Disposizioni transitorie in materia di personale) 120

§  Articolo 26 (Altre disposizioni transitorie) 122

§  Articolo 27 (Coordinamento con la legislazione vigente) 127

§  Articolo 28 (Abrogazioni) 128

Testo a fronte. 131

 

 


Introduzione

Lo schema di decreto legislativo n 175 del 2016 reca il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (T.U.). Esso opera un riordino della previgente disciplina di settore, in attuazione della delega di cui al combinato disposto degli articoli 16 e 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, cd. legge Madia).

 

Il testo vigente alla data di pubblicazione del presente dossier contiene le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 100 del 2017, recante disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. n. 175 (ed adottato in attuazione dell’articolo 16, commi 7, della cita legge n. 124).

Per un raffronto puntuale tra il testo vigente del D.lgs. n. 175 e il testo precedente all'entrata in vigore del citato D.lgs. n.100 del 2017, si rinvia all’apposita sezione (v. § “Testo a fronte”) del presente dossier.

Le disposizioni di delega

L’articolo 18 della legge n. 124, ai fini dell'attuazione della delega per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, reca specifici criteri di delega, i quali vanno ad aggiungersi ai criteri generali comuni per l'esercizio delle tre deleghe di cui agli articoli 17, 18 e 19, indicati all'articolo 16[1].

In particolare, l'art. 18, comma 1, reca i seguenti principi e criteri direttivi:

§  distinzione tra tipi di società in relazione: alle attività svolte, agli interessi pubblici di riferimento, alla misura e qualità della partecipazione e alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità - diretta o mediante procedura di evidenza pubblica - dell'affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all'emissione di strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati. Definizione, per ciascuna delle tipologie individuate, della relativa disciplina, anche 'proporzionalmente' derogatoria rispetto alla disciplina privatistica, ivi compresa quella in materia di organizzazione e crisi d’impresa (lettera a))[2];

§  ridefinizione delle regole, delle condizioni e dei limiti per la costituzione di società o per l'assunzione o il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche. Ciò allo scopo di razionalizzare il sistema nel suo complesso, applicando criteri organizzativi di economicità e di efficienza (lettera b))[3];

§  definizione di un preciso regime che regoli le responsabilità degli amministratori degli enti partecipanti, degli organi di gestione e di controllo e del personale delle società partecipate (lettera c));

§  individuazione dei requisiti di onorabilità dei candidati e dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo societario, anche al fine di garantirne l’autonomia rispetto agli enti proprietari (lettera d));

§  razionalizzazione e rafforzamento dei criteri pubblicistici per gli acquisti e il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le politiche retributive, al fine di contenere i costi e di introdurre criteri obiettivi di valutazione che siano rapportati ai valori anche economici della gestione. A tal fine i risultati economici dovranno rilevare per la determinazione della parte variabile del compenso degli amministratori (lettera e));

§  promozione della trasparenza e dell'efficienza attraverso l'unificazione, la completezza e la massima intelligibilità dei dati economico-patrimoniali e dei principali indicatori di efficienza (lettera f));

§  attuazione dell'articolo 151, comma 8, del T.U. di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Tuel), in materia di consolidamento delle partecipazioni nei bilanci degli enti proprietari (lettera g))[4];

§  eliminazione delle sovrapposizioni tra il regime privatistico e quello pubblicistico nella regolamentazione di istituti ispirati alle medesime esigenze di disciplina e di controllo (lettera h));

§  possibilità di adozione di piani di rientro per le società con disavanzo di bilancio ed eventuale ricorso all'istituto del commissariamento (lettera i);

§  regolazione dei flussi finanziari tra ente partecipante e società partecipata secondo il criterio di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private e operatore di mercato (lettera l));

§  con esclusivo riferimento alle società partecipate dagli enti locali (lettera m)):

-       per le società che gestiscono servizi strumentali e funzioni amministrative, la definizione di criteri per la scelta del modello societario e per l'internalizzazione, nonché l'indicazione di procedure, limiti e condizioni per l'assunzione, la conservazione e la razionalizzazione di partecipazioni, anche in relazione al numero dei dipendenti, al fatturato e ai risultati di gestione (n. 1);

-       per le società che gestiscono servizi pubblici di interesse economico generale, l'individuazione di un numero massimo di esercizi con perdite di bilancio che comportino obblighi di liquidazione delle società, nonché la definizione, in conformità con la disciplina dell'Unione europea, di criteri e strumenti di gestione volti ad assicurare il perseguimento dell'interesse pubblico e a evitare effetti distorsivi sulla concorrenza, anche attraverso la disciplina dei contratti di servizio e delle carte dei diritti degli utenti e attraverso forme di controllo sulla gestione e sulla qualità dei servizi (n. 2);

-       la razionalizzazione delle partecipazioni societarie attraverso processi di aggregazione o attraverso la riduzione dell'entità e del numero delle partecipazioni stesse. Il decreto legislativo è chiamato a rafforzare le misure volte a garantire che gli obiettivi di efficienza, qualità ed economicità siano effettivamente perseguiti, e che nei rapporti finanziari tra enti locali e società partecipate siano rispettati gli equilibri di finanza pubblica e i principi di trasparenza amministrativa (n. 3);

-       al fine di promuovere la trasparenza, la pubblicazione, sul sito internet dell’ente locale e delle società partecipate, dei dati economico-patrimoniali, sulla base di modelli generali che ne consentano il confronto, anche ai fini della semplificazione dei processi di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche e delle società partecipate[5] (n. 4);

-       l'introduzione di un sistema sanzionatorio, anche mediante riduzione dei trasferimenti statali, per gli enti locali che non diano attuazione ai principi di razionalizzazione e di riduzione (n. 5);

-       l’introduzione di strumenti volti a favorire la tutela occupazionale nei processi di ristrutturazione e privatizzazione delle società (n. 6);

-       la revisione degli obblighi di rendicontazione delle società partecipate nei confronti degli enti locali, al fine di rendere analizzabili e confrontabili i dati economici e industriali del servizio e gli obblighi di servizio pubblico imposti e gli standard di qualità, con riferimento a ciascuna attività svolta, anche attraverso l'adozione di contabilità separate (n. 7).

L’iter parlamentare dei Testo Unico

In data 26 aprile 2016 il Governo trasmise alle Camere, per il prescritto parere delle Commissioni parlamentari competenti, lo schema di decreto legislativo recante T.U. in materia di società a partecipazione pubblica (A.G. 297).

L'esame da parte delle Commissioni parlamentari si concluse con l'espressione di due distinti pareri favorevoli con osservazioni e condizioni da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato e della Commissione Bilancio della Camera e di un parere favorevole con osservazioni della Commissione parlamentare per la semplificazione.

 

Il successivo 19 luglio il Governo, avendo ritenuto di non poter recepire compiutamente le condizioni contenute nei suddetti pareri, ai sensi dell'articolo 16, comma 4, della legge di delega (n. 124 del 2015)[6], presentò alle Camere un nuovo schema di decreto (A.G. n. 297-bis), corredato di una relazione illustrativa, con cui si dava conto sia delle modifiche apportate all'originario schema di decreto in recepimento dei pareri delle Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata, sia delle motivazioni del mancato recepimento di altre indicazioni emerse nel corso della fase consultiva.

Sia la Commissione Affari costituzionali del Senato che la Commissione Bilancio della Camera esaminarono il nuovo testo dello schema di decreto, esprimendo un parere favorevole con osservazioni.

Conclusosi in tal modo il procedimento parlamentare di esame della nuova disciplina sulle società a partecipazione pubblica, il Governo approvò lo schema di decreto legislativo in via definitiva e il T.U. entrò in vigore il 23 settembre 2016 (D.lgs. n.175 del 2016).

 

Il T.U. è stato oggetto di successive modifiche ed integrazioni introdotte con il D.lgs. n 100 del 2017.

In data 20 marzo 2017 il Governo trasmise alle Camere lo schema di decreto legislativo contenente disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 175 (A.G. 404) in attuazione dell’articolo 16, comma 7, della legge n. 124 del 2015[7].

Con la presentazione dello schema di decreto legislativo, sul quale prima della trasmissione alle Camere era stata acquisita l’intesa in sede di Conferenza unificata, il Governo intese:

§  introdurre modifiche al T.U. al fine di risolvere talune criticità emerse in fase applicativa;

§  sanare il vizio di legittimità contenuto nella legge delega, consistente nella previsione di un parere, e non invece di un'intesa, da parte della Conferenza unificata (cfr. il riquadro "Cenni alla sentenza n.251/2016 della Corte costituzionale").

Nel far ciò, il Governo diede seguito a quanto suggerito nel parere n. 83 del 17 gennaio 2017 che il Consiglio di Stato[8] aveva reso in risposta ad un quesito formulato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.

 

Cenni alla sentenza n. 251/2016 della Corte costituzionale

 

La Corte costituzionale, con la con sentenza 9-25 novembre 2016, n. 251, si pronuncia sulla legittimità di talune disposizioni della legge n.124 del 2015, recante delega al Governo per la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni (cd. legge Madia), sulla base di un ricorso della Regione Veneto.

La sentenza dichiara incostituzionale la legge n.124 nella parte in cui essa aveva previsto il mero parere della Conferenza unificata, e non invece l’intesa in sede di Conferenza unificata o di Conferenza Stato-Regioni (a seconda della materia oggetto di delega) per taluni decreti legislativi di attuazione.

Fra le disposizioni censurate vi sono anche quelle di delega al Governo per l’adozione del T.U. in materia di società a partecipazione pubblica.

Le disposizioni oggetto del ricorso conclusosi con la citata sentenza n.251 riguardano le deleghe per l’adozione di decreti legislativi per la disciplina dei seguenti ambiti: codice dell’amministrazione digitale (art.1), dirigenza pubblica (art. 11), lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (art. 17), società a partecipazione pubblica (art. 18), servizi pubblici locali di interesse economico generale (art. 19).

La Corte costituzionale censura alcune delle richiamate disposizioni per la mancata previsione, nell’ambito del procedimento di adozione dei decreti legislativi, della previa intesa nell’ambito del sistema delle Conferenze. Non ritiene infatti che la previsione di un mero parere, peraltro richiesto alla Conferenza unificata (anche nei casi in cui la sede naturale avrebbe dovuto essere la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano), sia idonea ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione. A tal fine, si rendono necessarie procedure collaborative volte alla definizione condivisa degli interventi normativi che incidono anche sulle competenze riservate alle autonomie.

La Corte censura pertanto le disposizioni di delega su società a partecipazione pubblica (art. 18), nonché su dirigenza pubblica (art. 11), lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (art. 17), servizi pubblici locali di interesse economico generale (art. 19), in quanto lesive del principio di leale collaborazione[9].

Nella sentenza in commento, la Corte rileva, fra l’altro, che la disciplina sulle società a partecipazione pubblica investe ambiti materiali che afferiscono alle competenze statali e regionali, senza che sia rinvenibile una prevalenza delle prime. Quanto alle competenze dello Stato, la Corte costituzionale richiama le materie “ordinamento civile” (cui sono riconducibili le disposizioni «volte a definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato») e “tutela della concorrenza”, riservate in via esclusiva allo Stato, alle quali si potrebbe aggiungere la materia “coordinamento della finanza pubblica” (cui afferiscono le previsioni relative alla razionalizzazione delle procedure di acquisto di beni e di reclutamento del personale, ai vincoli alle assunzioni e alle politiche retributive, finalizzati al contenimento dei costi), di competenza concorrente. Quanto alle competenze regionali residuali, appare particolarmente significativa la materia di organizzazione amministrativa regionale (cui afferiscono, fra le altre, le disposizioni sulla ridefinizione della disciplina, delle condizioni e dei limiti per la costituzione di società, nonché l'assunzione e il mantenimento di partecipazioni societarie). A fronte di una “concorrenza” di competenze statali e regionali, come anticipato la Corte censura la mancata previsione di un’intesa in sede di Conferenza unificata sui decreti legislativi, ritenendo insufficiente la richiesta di un mero parere (ai sensi dell’art.16, comma 4).

La Corte, per alcuni profili, opera in continuità con precedenti sentenze secondo cui, in presenza di un intreccio di materie, si rende necessario il ricorso a procedure di leale collaborazione; per altri aspetti, ed in particolare nell’imporre il rispetto di tale principio anche nell’ambito del procedimento di adozione del decreto legislativo, innova profondamente la pregressa giurisprudenza, per la quale “il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo”  (tra le altre, si veda la sentenza n. 6 del 2004).

 

In sede di esame parlamentare dell'A.G. 404:

§  le Commissioni Affari costituzionali del Senato e Bilancio della Camera hanno espresso pareri favorevoli con condizioni ed osservazioni;

§  la Commissione Bilancio del Senato ha reso un parere non ostativo con condizioni;

§  la Commissione parlamentare per la semplificazione ha formulato un parere favorevole con osservazioni.

 

Concluso l'iter parlamentare il Governo ha approvato lo schema di decreto legislativo in via definitiva (n.100/2017), entrato in vigore il 27 giugno 2017.

 


Il contenuto del Testo Unico

L'intervento normativo operato dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal decreto correttivo 16 giugno 2017, n.100, nel riassumere in un quadro organico le numerose disposizioni finora vigenti in materia, ne ridisegna la disciplina con la finalità di ridurre e razionalizzare il fenomeno delle società a partecipazione pubblica, avendo anche riguardo ad una efficiente gestione delle partecipazioni medesime ed al contenimento della spesa pubblica.

Il Testo Unico si articola sostanzialmente in quattro tipologie di intervento:

§  disposizioni introduttive recanti: l'indicazione dell'oggetto e dell'ambito di applicazione del T.U. (art. 1); la formulazione delle definizioni (art. 2); l’individuazione dei tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica (art. 3). L'individuazione delle tipologie di società è completata dagli artt. 16, 17 e 18, dedicati, rispettivamente, alle società in house, alle società miste pubblico-private, al procedimento di quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati;

§  disposizioni volte a stabilire condizioni e limiti delle partecipazioni pubbliche, nonché a ridefinire le regole per la costituzione di società o per l'assunzione o il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche, e di alienazione di partecipazioni pubbliche (artt. da 4 a 10);

§  disposizioni in materia di organi di amministrazione e di controllo delle società a controllo pubblico, con riferimento ai seguenti profili: governance societaria, requisiti dei componenti degli organi di amministrazione e compensi dei membri degli organi sociali (art. 11); regime di responsabilità dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti (art. 12); regime di controllo, con riguardo all'attivazione del controllo giudiziario (art. 13), alla prevenzione della crisi di impresa (art. 14), al controllo e monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (art. 15);

§  disposizioni volte a incentivare l'economicità e l'efficienza mediante l'introduzione di procedure di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria (artt. 20 e 24), di gestione del personale (artt. 19 e 25), di specifiche norme finanziarie per le partecipate degli enti locali (art. 21) e di promozione della trasparenza (art. 22).

Completano l’intervento le norme transitorie e quelle di coordinamento con la legislazione vigente (artt. 26 e 27), la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le disposizioni abrogative (artt. 23 e 28).

 

Ambito di applicazione del Testo Unico

Le norme del T.U. hanno ad oggetto la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l'acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta. Alle società quotate, nonché alle società da esse partecipate (salvo che queste ultime siano - non per il tramite di società quotate - controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche) le disposizioni del T.U. si applicano solo se espressamente previsto (articolo 1).

La partecipazione pubblica, i cui elementi definitori sono riportati nell’articolo 2, è ammessa esclusivamente in società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa. In merito all'organo di controllo, nelle società a responsabilità limitata a controllo pubblico l'atto costitutivo o lo statuto devono in ogni caso prevedere la nomina dell'organo di controllo o di un revisore. Nelle società per azioni a controllo pubblico la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale (articolo 3).

Per le società in house (società in controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici), l'articolo 16 richiede, in accordo con la disciplina europea (direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici), che:

§  per ricevere affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi non deve esservi partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata;

§  gli statuti devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società.

Per quanto riguarda le società a partecipazione mista pubblico-privata, l'articolo 17 richiede che nelle società miste costituite per la realizzazione e gestione di un'opera pubblica o di un servizio di interesse generale, avente ad oggetto esclusivo l'attività inerente all'appalto o alla concessione, la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30% e lo stesso deve essere selezionato mediante procedura ad evidenza pubblica c.d. a doppio oggetto (sottoscrizione o acquisto di quote societarie da parte del privato e contestuale affidamento del contratto di appalto o di concessione).

La durata della partecipazione privata alla società non può essere superiore alla durata dell'appalto o della concessione. Lo statuto deve prevedere meccanismi idonei a determinare lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio.

Oltre ad alcune facoltà conferite agli statuti delle società di cui al medesimo articolo 17 (clausole di deroga, emissioni di speciali categorie di azioni ed altre), si dispone che per le società che non siano organismi di diritto pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite non si applicano le disposizioni del Nuovo Codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016), se la scelta del socio privato - che ha i requisiti di qualificazione previsti dal Codice medesimo in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita - è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica, e se la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.

L'articolo 18 prevede e disciplina la possibilità per le società a controllo pubblico di quotazione in mercati regolamentati di azioni o altri strumenti finanziari.

Condizioni e limiti delle partecipazioni pubbliche

L'articolo 4 fissa il divieto generale, per le amministrazioni pubbliche, di costituire, anche indirettamente, società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Nei limiti di tale principio, lo stesso articolo 4 elenca le finalità perseguibili dalle amministrazioni mediante le società partecipate: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche; c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore privato selezionato secondo specifiche procedure; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti; e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.

 

L’articolo 4 ammette tuttavia la costituzione e la partecipazione a specifiche tipologie societarie: società di sperimentazione nel settore sanitario, società aventi come oggetto sociale esclusivo la gestione di fondi europei per conto dello Stato o delle regioni, nonché società elencate nell'allegato A al Testo Unico.

Nell'Allegato A sono presenti le società: Coni Servizi, EXPO, Arexpo, Invimit, Fises, Gruppo ANAS, Gruppo GSE, Gruppo Invitalia, Gruppo IPZS, Gruppo Sogin, Gruppo Eur, Gruppo FIRA, Gruppo Sviluppo Basilicata, Gruppo Fincalabra, Gruppo Sviluppo Campania, Gruppo Friulia, Gruppo Lazio Innova, Gruppo Filse, Gruppo Finlombarda, Gruppo Finlombarda Gestione SGR, Gruppo Finmolise, Gruppo Finpiemonte, Gruppo Puglia Sviluppo, Gruppo SFIRS, Gruppo IRFIS-FinSicilia, Gruppo Fidi-Toscana, Gruppo GEPAFIN, Gruppo Finaosta, Gruppo Veneto Sviluppo, Gruppo Trentino Sviluppo, Gruppo Ligurcapital, Gruppo Aosta Factor, Gruppo Friuli Veneto Sviluppo SGR, Gruppo Sviluppumbria, Gruppo Sviluppo Imprese Centro Italia - SICI SGR.

 

L’articolo in esame attribuisce inoltre al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti di Regione e Province autonome, qualora ricorrano taluni presupposti, la facoltà di deliberare l'esclusione (totale o parziale) dell'applicazione delle disposizioni del medesimo articolo a specifiche società a partecipazione pubblica (la competenza dei Presidenti di Regione e delle Province autonome è circoscritta alle società partecipate dall'ente territoriale di appartenenza). I provvedimenti eventualmente assunti sono trasmessi alle Camere e, nel caso di deliberazioni dei Presidenti di Regione o delle Province autonome, anche alla Corte dei conti e alla struttura del Ministero dell'economia preposta all'attività di indirizzo, controllo e monitoraggio sull'attuazione del Testo Unico.

Per la costituzione delle società a partecipazione pubblica o l'acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite l'articolo 5 richiede:

§  una motivazione analitica, con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali consentite dall’articolo 4, alla sostenibilità finanziaria ed alla economicità dell’azione amministrativa;

§  una comunicazione alla Corte dei conti, a fini conoscitivi, e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che valuta gli aspetti che potrebbero determinare distorsioni della concorrenza.

Vengono anche dettate norme specifiche sulla governance, sulla costituzione delle società o sull'acquisto di partecipazioni in società già costituite. L'articolo 6 definisce infatti gli elementi basilari dell'organizzazione e della gestione delle società a controllo pubblico, gli articoli 7 e 8 disciplinano, rispettivamente, la costituzione di tali società e l'acquisto di partecipazioni in società già costituite.

In particolare, la deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società e di acquisto da parte di un'amministrazione pubblica di partecipazioni in società già esistenti sono adottate con: a) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali; b) provvedimento del competente organo della regione, in caso di partecipazioni regionali; c) deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali; d) delibera dell'organo amministrativo dell'ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche.

L'articolo 9 individua i soggetti deputati a esercitare i diritti dell'azionista: per le partecipazioni statali, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministeri competenti per materia; per le partecipazioni regionali, la Presidenza della regione, salvo diversa disposizione di legge della regione titolare delle partecipazioni; per le partecipazioni degli enti locali, il sindaco o il presidente o un loro delegato; in tutti gli altri casi le partecipazioni sono gestite dall'organo amministrativo dell'ente.

L'articolo 10, infine, riguarda la procedura di alienazione delle partecipazioni sociali, che va effettuata nel rispetto dei princìpi di pubblicità e trasparenza. Solo in casi eccezionali, ed in presenza di una convenienza economica dell'operazione, l'alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente.

 

Amministrazione e controllo delle società a partecipazione pubblica

I requisiti dei componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico sono previsti dall'articolo 11, che richiede, tra l'altro, che nella scelta degli amministratori delle società sia assicurato il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo. In ogni caso i componenti degli organi medesimi devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia da stabilirsi con DPCM, previa intesa in Conferenza unificata.

Fra le principali novità, l'articolo stabilisce che l'organo amministrativo delle società a controllo pubblico è costituito, di norma, da un amministratore unico, ferma restando la possibilità da parte della società interessata di stabilire, con delibera da trasmettersi alla Corte dei conti e alla struttura del Ministero dell'economia preposta all'attività di indirizzo, controllo e monitoraggio sull'attuazione del T.U., di ricorrere ad una diversa forma di governance.

L'articolo detta norme sui compensi da corrispondere ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo e ai dipendenti delle società in controllo pubblico. Al riguardo, stabilisce che i compensi debbano dipendere dalla fascia di appartenenza della società, nell'ambito delle cinque fasce individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi. Per le società controllate dalle Regioni o dagli enti locali, tale decreto è adottato previa intesa in Conferenza unificata. Il limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo non potrà comunque eccedere i 240.000 euro annui.

Sono altresì stabilite disposizioni in tema di inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi presso gli organi amministrativi e di controllo in questione (in particolare, l’incompatibilità tra l’incarico di amministratore di società a controllo pubblico e quello di dipendente delle amministrazioni controllanti). Per quanto concerne le società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico, l'amministrazione titolare di una partecipazione superiore al 10 per cento potrà proporre agli organi societari l'introduzione di misure analoghe a quelle sopradette in materia di compensi.

Sono poi previste norme specifiche sulla responsabilità civile e contabile della società e dei componenti degli organi societari, anche con definizione della fattispecie che determina l’insorgere del danno erariale nei confronti della società (articolo 12), nonché in merito al controllo giudiziario sull'amministrazione di società a controllo pubblico (articolo 13).

Nei casi di crisi d'impresa (articolo 14), le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi. Qualora emergano indicatori di crisi aziendale, l'organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta un idoneo piano di risanamento. Si fa divieto, per le amministrazioni pubbliche di sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti o rilasciare garanzie a favore delle società partecipate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

L'adozione delle richiamate misure di risanamento è comunque consentita: i) se inquadrata nell'ambito di un piano di risanamento della società (preposta allo svolgimento di servizi di interesse pubblico o alla realizzazione di investimenti) che conduca all'equilibrio finanziario entro tre anni; ii) se necessaria per evitare gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, conseguenti all'eventuale interruzione dei servizi di pubblico interesse (in questo caso occorre un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri).

Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.

Si prevede infine l'individuazione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, nell'ambito del Ministero medesimo, di una struttura centrale con funzioni di indirizzo, monitoraggio e controllo sull'attuazione del T.U., attraverso poteri di indirizzo e ispettivi nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica, di diffusione di migliori pratiche, nonché di tenuta di un elenco pubblico di dette società (articolo 15).

 

Gestione del personale

In materia di gestione del personale delle società a controllo pubblico, il Testo Unico (articolo 19) stabilisce, salvo specifiche disposizioni recate nel provvedimento, che i rapporti di lavoro siano disciplinati dalle medesime disposizioni che si applicano al settore privato, mentre al reclutamento si applichino i principi previsti per l'accesso alle pubbliche amministrazioni.

In particolare, ai rapporti di lavoro dei dipendenti si applicano - per quanto non espressamente disciplinato - le disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, ai sensi della vigente normativa e del CCNL di riferimento.

Le società a controllo pubblico stabiliscono con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi normativi validi per le pubbliche amministrazioni. È inoltre previsto che le amministrazioni pubbliche socie debbano fissare obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate anche mediante contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello.

Viene inoltre definito uno specifico meccanismo di gestione dei processi di mobilità. Prima di effettuare nuove assunzioni, le amministrazioni pubbliche, nel caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi prima affidati ad una società partecipata, procedono - nel rispetto delle vacanze organiche e delle risorse disponibili - al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti dall'amministrazione e transitate alle dipendenze delle società interessata dalla reinternalizzazione. Al fine di non incidere negativamente sulla programmazione del turn over di personale dell’ente interessato, si dispone che la spesa per il riassorbimento del personale a tempo indeterminato non rileva nell’ambito delle facoltà assunzionali dell'ente medesimo. In conseguenza di dette norme, si prevede che le vigenti disposizioni in materia di gestione delle eccedenze di personale delle società partecipate introdotte dalla legge di stabilità per il 2014 continuino ad applicarsi fino all'adozione del decreto del Ministro del lavoro (di cui all'art.25, comma 1) relativo alle modalità con cui l'elenco del personale in esubero è trasmesso alle Regioni, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017.

Alle nuove regole sul personale dettate dall’articolo 19 si affiancano le disposizioni transitorie contenute nell'articolo 25, in cui si stabilisce che le società a controllo pubblico effettuino (entro il 30 settembre 2017) una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, e che l'elenco del personale eccedente, sia trasmesso - secondo modalità da stabilire con decreto del Ministro del lavoro previa intesa in Conferenza unificata - alla regione nel cui territorio la società ha sede legale. Le regioni formano e gestiscono l'elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e agevolano processi di mobilità in ambito regionale. Decorsi sei mesi dalla scadenza del termine di cui sopra, le regioni trasmettono gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. A partire dalla data di pubblicazione del citato decreto ministeriale e fino al 30 giugno 2018, le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato, se non attingendo ai predetti elenchi, ad eccezione di specifici casi di infungibilità. Sono escluse dall'applicazione di tali disposizioni le società a prevalente capitale privato (di cui all'articolo 17) che producono servizi di interesse generale e che nei tre esercizi precedenti abbiano ottenuto un risultato positivo.

 

Procedure di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria

L'articolo 20 del T.U. introduce nell'ordinamento una procedura di carattere ordinario che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate con cadenza annuale, pena una sanzione amministrativa da cinquemila a cinquecentomila euro, oltre al danno erariale provocato. Alla procedura di razionalizzazione periodica - che fa seguito alla revisione straordinaria prevista dal successivo articolo 24 - si procede a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.

Le amministrazioni pubbliche devono svolgere annualmente un'analisi in relazione dell'assetto complessivo delle proprie partecipazioni societarie, predisponendo un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, qualora rilevino:

§  partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all'art. 4;

§  società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

§  società che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

§  partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro (a decorrere dal triennio 2017-2019, mentre tale soglia è pari a 500mila euro per i trienni 2015-2017 e 2016-2018);

§  partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale (si pensi in particolare alle società strumentali) che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

§  necessità di contenimento dei costi di funzionamento ovvero necessità di aggregazione.

L'articolo 24 introduce una procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni, stabilendo che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del T.U. (23 settembre 2016), individuando quelle che devono essere alienate, nel caso in cui:

§  non siano riconducibili ad alcuna delle categorie previste dall'art. 4;

§  non soddisfino i requisiti motivazionali e di compatibilità con la normativa europea di cui all'art. 5, rispettivamente, commi 1 e 2;

§  ricadano nelle ipotesi per le quali l'articolo 20, comma 2, prevede la predisposizione di piani di riassetto finalizzati alla dismissione.

Le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione devono essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa, e vanno effettuate anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali.

 

Altre disposizioni

Completano l’intervento di ridisegno della disciplina sulle società partecipate dettata dal Testo Unico: la clausola di salvaguardia prevista dall’articolo 23 per le regioni a statuto speciale e le province autonome; l'elenco delle disposizioni in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche che vengono abrogate, in quanto confluite nel T.U. o comunque ritenute non più necessarie rispetto al nuovo quadro dallo stesso delineato (articolo 28); gli interventi di coordinamento con la normativa vigente, nell'ambito dei quali vengono fatte salve alcune norme risalenti ad anni precedenti (articolo 27) .

Una specifica disposizione è prevista dall’articolo 21 in tema di contabilità finanziaria delle società partecipate dalle amministrazioni locali: qualora dette società presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti sono tenute ad accantonare, nell'anno successivo (salve disposizioni di prima applicazione per il triennio 2015-2017) in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione.

Quanto, infine, alle numerose disposizioni transitorie recate dall’articolo 26, possono qui richiamarsi, oltre a quelle che prevedono il mantenimento delle partecipazioni in società quotate detenute dalle amministrazioni al 31 dicembre 2015 ed il termine del 31 luglio 2017 per l’adeguamento degli statuti societari alle disposizioni del Testo Unico, le seguenti:

§  la previsione che gli obblighi di dismissione conseguenti all'applicazione dell'art. 4 non valgono per le società individuate dall'Allegato A, nonché per le società che gestiscono fondi europei per conto dello Stato ovvero la realizzazione di progetti di ricerca finanziati dalle istituzioni dell’Unione europea;

§  una disciplina transitoria di esclusione dall'applicazione del T.U. volta ad agevolare la quotazione di società che abbiano già avviato il relativo percorso: il Testo Unico non si applica alle società che abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati e trasmesso il provvedimento alla Corte dei conti, per un termine di diciotto mesi, ovvero fino alla conclusione del procedimento di quotazione anche oltre detto termine, a condizione che sia stata presentata domanda di ammissione alla quotazione;

§  l’esclusione, in presenza di determinati presupposti, dall’applicazione del T.U. (nei dodici mesi successivi alla data della sua entrata in vigore), delle società in partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati;

§  il trasferimento della titolarità delle partecipazioni societarie delle altre amministrazioni statali al Ministero dell'economia e delle finanze - anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione - tramite D.P.C.M., qualora entro il 31 ottobre 2016 sia pervenuta la proposta dei relativi ministri;

§  l’esclusione dall’applicazione del T.U. delle società destinatarie dei provvedimenti adottati sulla base del codice delle leggi antimafia nonché della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. (operante nel settore della gestione e del recupero di crediti deteriorati);

§  la possibilità, in deroga alle previsioni contenute nell’articolo 4, dell’acquisizione e del mantenimento delle partecipazioni nelle società che risultano già costituite e autorizzate alla gestione delle case da gioco ai sensi della legislazione vigente.

 


 

Schede di lettura

 


Articolo 1
(Oggetto)

 

 

L’articolo 1, comma 1, definisce l'oggetto del Testo Unico, prevedendo che esso si applichi alla costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché all’acquisto, al mantenimento e alla gestione di partecipazioni, da parte di amministrazioni pubbliche, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta.

 

Ai sensi del successivo art. 2 (Definizioni), ai fini del presente decreto, devono intendersi:

 

§  per "società": gli organismi di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del codice civile, anche aventi come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili, ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile.

 

Il titolo V del libro V del codice civile opera la fondamentale distinzione delle società tra società di persone (società semplice, società a nome collettivo, società in accomandita semplice) e società di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni).

Le amministrazioni pubbliche possono essere titolari di partecipazioni solo in società per azioni o in società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa (cfr. art. 3 del testo in esame).

La definizione in commento è stata riformulata dal decreto legislativo n. 100 del 2017 nel senso di ricomprendere nella definizione di "società" anche gli organismi societari che hanno come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili. In questo modo le disposizioni del provvedimento vengono espressamente estese anche alle società consortili che sono disciplinate dall’art. 2615-ter (titolo X del libro V del codice civile).

Ciò anche al fine di tener conto di quanto già previsto all’articolo 3 del T.U., in cui si dispone che le amministrazioni pubbliche possano partecipare esclusivamente a determinati organismi societari (costituiti in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa), società, aventi anche carattere consortile.

 

§  per "amministrazioni pubbliche": le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale.

 

Ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001: "Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI".

Per quanto concerne i consorzi, essi, oltre a essere regolati dal codice civile, sono disciplinati anche dall’art. 31 del Tuel quale forma organizzativa degli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e per l'esercizio associato di funzioni. Il profilo privatistico (la natura di contratto ex art. 2602 c.c.) e quello pubblicistico si coniugano quando il capitale/fondo di dotazione è posseduto da pubbliche amministrazioni. Una particolare categoria di consorzi è costituita dai consorzi di sviluppo industriale, qualificati dalla legge come enti pubblici economici.

Gli enti pubblici economici costituiscono uno degli strumenti organizzativi di cui la pubblica amministrazione può avvalersi per intervenire nel sistema economico per la realizzazione di fini pubblici. Essi operano - in concorrenza con i soggetti economici privati, in regime di diritto privato e secondo i criteri d'impresa - nell'ambito della produzione e dello scambio di beni e servizi, svolgendo attività prevalentemente o esclusivamente economiche. Tali enti, un tempo numerosissimi, sono oggi in via di estinzione in quanto sono stati quasi tutti trasformati in società per azioni.

Le autorità di sistema portuale sono state istituite dalla legge n. 84 del 1994, come da ultimo modificata dal decreto legislativo n. 169 del 2016[10], con i compiti, tra l'altro, di indirizzare, regolare e controllare le operazioni e i servizi portuali e di fornire servizi di interesse generale, a titolo oneroso, all'utenza portuale. L'autorità di sistema portuale, soggetta alla vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, è qualificata come ente pubblico non economico di rilevanza nazionale a ordinamento speciale ed è dotata di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria (il rendiconto della gestione finanziaria dell'autorità portuale è soggetto al controllo della Corte dei conti). Ai sensi dell'art. 6, comma 11, della legge n. 84, e succ. mod., le autorità di sistema portuale "non possono svolgere, né direttamente né tramite società partecipate, operazioni portuali e attività ad esse strettamente connesse". Esse, inoltre, possono assumere partecipazioni, a carattere societario di minoranza, in iniziative finalizzate alla promozione di collegamenti logistici e intermodali, funzionali allo sviluppo del sistema portuale, ai sensi dell'articolo 46 del decreto-legge n. 201/2011.

Le autorità portuali (così chiamate prima delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 169 del 2016) erano già vincolate alla presentazione dei piani operativi di razionalizzazione delle partecipate dall'art. 1, comma 611, della legge n. 190 del 2014.

 

§  per "partecipazione": "la titolarità di rapporti comportanti la qualità di socio in società o la titolarità di strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi"[11].

 

§  per "società a partecipazione pubblica": le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico. In relazione all'entità della partecipazione, le società si distinguono in: totalmente pubbliche (unico socio pubblico o con pluralità di soci pubblici), miste a prevalenza pubblica, miste a prevalenza privata.

 

Per società a partecipazione pubblica ogni società che è:

§  partecipata direttamente da amministrazioni pubbliche;

§  o partecipata da società soggette a controllo pubblico (partecipazione indiretta), vale a dire società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo, in conformità a quanto disposto dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del testo in commento, che richiama la situazione descritta dall'art. 2359 del codice civile[12], ovvero anche le ipotesi in cui, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività, si richieda, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, il consenso unanime delle parti che condividono il controllo.

 

La ratio di quest'ultima norma è quella di assimilare al controllo di una società anche la situazione in cui sussista la facoltà di una pubblica amministrazione di esercitare un potere di veto.

 

Al comma 2 si ribadiscono le finalità del provvedimento già enunciate nella legge delega: l’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, la tutela e la promozione della concorrenza e del mercato, la razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica.

 

Il comma 3 prevede che, per quanto non derogato dal testo in esame, continuano ad applicarsi alle società a partecipazione pubblica le disposizioni del codice civile in materia societaria e le norme generali di diritto privato[13].

 

Disciplina delle società a partecipazione pubblica

Il quadro normativo di riferimento è composto da un ampio novero di disposizioni, intervenute in particolare negli ultimi anni, che hanno introdotto elementi di specialità della disciplina delle società a partecipazione pubblica rispetto alla disciplina generale codicistica delle società.

Ciò premesso, la cornice normativa resta, tuttavia, quella delineata dal codice civile[14]: libro V, titolo V, capo V (Società per azioni), sezione XIII (Delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici), articolo 2449 c.c..

Il codice civile disciplina anche i rapporti tra ente socio e società partecipata e i relativi poteri di controllo.

Come rilevato dalla Corte dei conti[15], la soggezione delle società pubbliche alle regole del codice civile, da un lato, è aderente ai principi di economicità dell’azione amministrativa (art. 97, primo comma, Cost.) e, dall’altro, è coerente con la tutela della concorrenza, in quanto la prevalenza del diritto civile postula "l’eliminazione dei regimi di esclusiva e la piena espansione della concorrenza nel mercato".

Alla disciplina civilistica si è sovrapposta, nel corso degli anni, una serie di disposizioni di carattere speciale introdotte attraverso successivi interventi legislativi.

Il quadro normativo è diventato più complesso - specialmente negli ultimi anni - in quanto la necessità di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ha indotto ad elaborare stringenti misure di contenimento e di controllo finanziario sulle società a partecipazione pubblica, soggetti che, pur avendo una veste giuridica privatistica, perseguono interessi generali o svolgono funzioni di natura pubblicistica e sono destinatari di trasferimenti e sovvenzioni da parte dello Stato.

Il comma 4 prevede che restino ferme le specifiche disposizioni relative a singole società, nonché le disposizioni di legge riguardanti la partecipazione di amministrazioni pubbliche alle fondazioni[16] e ad enti associativi diversi dalle società.

 

Il comma 5 prevede che le disposizioni del T.U. in esame si applichino soltanto qualora espressamente previsto:

§  alle società quotate (come definite all'art. 2, comma 1, lett. p));

§  alle società partecipate da società quotate, salvo che siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche.

 

Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. p), si intendono per “società quotate”: le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati; le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati".

La disposizione in esame contribuisce a semplificare il quadro normativo, evitando - come accaduto finora - di dover escludere di volta in volta le società quotate dall'applicazione delle singole disposizioni e consentendo di abrogare le disposizioni fino ad oggi introdotte in tal senso[17].

 

In accoglimento delle osservazioni del Consiglio di Stato, dalla versione finale dell'art. 1 è stata eliminata la previsione (contenuta nell'AG n.297) che conferiva facoltà al Consiglio dei ministri di deliberare l’esclusione totale o parziale, dall’applicazione delle disposizioni del T.U., di singole società a partecipazione pubblica, motivandolo sulla base della misura e qualità della partecipazione pubblica, degli interessi pubblici a essa connessi e del tipo di attività svolta anche al fine di agevolarne la quotazione. Tale previsione è stata riformulata in modo da renderla più circoscritta e inserita quale comma 9 dell'art. 4.

 


 

Articolo 2
(Definizioni)

 

 

Le definizioni di cui all'articolo 2 si richiamano ai principi desumibili dalla normativa e dalla giurisprudenza nazionale ed europea.

 

Oltre alle definizioni già illustrate in sede di esame dell'art. 1, appaiono di particolare rilievo, ai fini dell’ambito di applicazione del T.U., le definizioni:

§  di "controllo analogo" quale "situazione in cui l’amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante" (cd. in house a cascata).

Si tratta della medesima definizione contenuta nella direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici (cfr. la scheda di approfondimento che segue).

§  di "controllo analogo congiunto" quale "situazione in cui l’amministrazione esercita, congiuntamente con altre amministrazioni, su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi". Detta situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 5, comma 5, del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.

Nella formulazione finale della lettera d) dell'art. 2, comma 1, è stata accolta l'osservazione del Consiglio di Stato (formulata con riferimento all'A.G. n. 297) che suggeriva di riportare la definizione completa di "controllo analogo congiunto" prevista dalle fonti europee anche al fine di un maggior coordinamento con l'art. 16 in materia di società in house e con l'art. 5, comma 5, del nuovo codice dei contratti pubblici.

L’articolo 5, comma 5, del nuovo codice dei contratti pubblici elenca infatti le condizioni che devono essere contestualmente soddisfatte per concretizzare la fattispecie del controllo congiunto:

a)    gli organi decisionali della persona giuridica controllata devono essere composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti;

b)    tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica;

c)     la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti.

 

Il controllo analogo

 

Il "controllo analogo" è un controllo effettivo e strutturale sui soggetti in house da parte dell’ente pubblico.

La Corte costituzionale ha asserito che il controllo analogo è configurabile in mancanza di “un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante e affidatario, perché quest’ultimo è, in realtà, solo la longa manus del primo” (sent. n. 46/2013).

La sentenza n. 46 prosegue: "Ciò non significa che siano annullati tutti i poteri gestionali dell’affidatario in house, ma che la «possibilità di influenza determinante» è incompatibile con il rispetto dell’autonomia gestionale, senza distinguere - in coerenza con la giurisprudenza comunitaria - tra decisioni importanti e ordinaria amministrazione".

 

Nella sentenza n. 50/2013 (declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 16, secondo periodo, della legge della regione Abruzzo n. 9 del 2011), la Corte richiama la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione europea (sentenza 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen) nella quale si afferma che sul soggetto concessionario deve essere esercitato «un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti».

La definizione della Corte di giustizia è stata codificata nell'art. 12, par. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/24/UE in materia di appalti pubblici: "Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (...) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice".

Tale definizione viene recepita sia nell'art. 5, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici sia nella disposizione in esame.

La giurisprudenza amministrativa ha posto l’accento sul rilievo dei controlli, in ragione dei quali trova giustificazione il fenomeno dell’in house e può considerarsi non aggirato il divieto di affidamento senza gara e non violate le regole della concorrenza.

I controlli devono essere esercitati, al tempo stesso, sugli organi (controlli strutturali) e sugli atti, ovvero sulle azioni e sui comportamenti.

Si configura, in tal modo, un esercizio di poteri pubblicistici più intensi di quelli spettanti al socio in base al regime civilistico, al punto che tutte le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante.

Sulle società in house cfr. art. 16 e relativa illustrazione.

 

§  di "servizi di interesse generale" quali "attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale".

 

La precisazione per la quale nei "servizi di interesse generale" sono inclusi anche i "servizi di interesse economico generale" è stata introdotta nella versione finale del testo in accoglimento delle osservazioni del Consiglio di Stato, della V Commissione della Camera e della Commissione parlamentare per la semplificazione (formulate con riferimento all'A.G. n. 297).

 

§  di "servizi di interesse economico generale" quali "servizi di interesse generale erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato.

 

La disciplina dell'UE in materia di SIG e SIEG

 

Le nozioni di Servizi di interesse generale (SIG) e di Servizi di interesse economico generale (SIEG) sono di derivazione europea.

In ambito comunitario il processo di integrazione dei Sieg si è avviato e sviluppato in connessione con l'organizzazione della libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, nonché con la progressiva liberalizzazione di settori di interesse economico generale tradizionalmente sottratti alle logiche di mercato e alle disposizioni in materia di concorrenza.

Gli Stati membri hanno, infatti, a lungo provveduto a definire, organizzare e finanziare i servizi di interesse generale secondo le loro tradizioni e la loro storia, in assenza di norme comunitarie che li vincolassero a un sistema di interdipendenza europea. Nel contesto di tali differenti esperienze organizzative è, tuttavia, emersa l'idea unitaria che determinate attività non potessero dipendere unicamente dalle regole del mercato e dal diritto comunitario in materia di concorrenza, ma necessitassero di una specifica regolamentazione idonea a garantire il diritto di accesso universale a beni e servizi fondamentali.

Negli anni Novanta del secolo scorso sono intervenute numerose direttive europee di settore (comunicazioni elettroniche, energia elettrica, gas, poste, ecc.) volte a liberalizzare i servizi di interesse generale. Le direttive in questione hanno aperto la gestione di specifici settori alla concorrenza tra più operatori, facendo venire meno la riserva originaria di attività nei confronti del soggetto pubblico, ma hanno contestualmente previsto che le autorità nazionali di regolazione provvedessero alla determinazione di standard minimi relativi ai servizi, alla fissazione delle tariffe, alla definizione dei sistemi di autorizzazione o di concessione, dei contratti di servizio, degli obblighi a contrarre a carico dei gestori, garantissero la redazione delle carte di servizi, etc.

La Commissione europea - anche con strumenti cd. di soft law - ha svolto un ruolo significativo nella definizione della disciplina europea dei servizi di interesse generale (SIG): si fa rifermento, in particolare, al Libro verde sui servizi di interesse generale del 2003 e al Libro bianco sui servizi di interesse generale del 2004. Nel Libro verde si offre una nozione complessa, flessibile e mutevole dei servizi di interesse generale: "la realtà dei servizi di interesse generale che comprendono servizi sia di interesse economico che non economico è complessa e in costante evoluzione. Riguarda un'ampia gamma di attività diverse: le attività delle grandi industrie di rete (energia, servizi postali, trasporti e telecomunicazioni), la sanità, l'istruzione e i servizi sociali; attività che hanno dimensioni diverse, dal livello europeo o persino mondiale a quello puramente locale; attività che hanno una natura diversa, dalle attività di mercato a quelle non di mercato. L'organizzazione di questi servizi varia in base alle tradizioni culturali, alla storia e alla conformazione geografica di ciascuno Stato membro, alle caratteristiche delle attività svolte, in particolare allo sviluppo tecnologico. L'Unione europea rispetta questa diversità e il ruolo delle autorità nazionali, regionali e locali nel garantire il benessere dei loro cittadini e le scelte democratiche relative fra l'altro al livello della qualità dei servizi".

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) dà particolare rilievo alla nozione di SIEG, evidenziandone il ruolo essenziale per la promozione della coesione sociale e territoriale e disponendo che l'Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedano affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono tali principi e fissano tali condizioni, fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi (art. 14).

I SIEG sono servizi che si prestano ad essere esercitati in forma imprenditoriale in regimi concorrenziali. Sono, dunque, forniti dal gestore agli utenti dietro corresponsione di un corrispettivo in denaro (e per questo distinti dai servizi non economici di interesse generale-SINEG, i quali sono erogati a titolo gratuito). Le imprese incaricate di svolgerli sono soggette alle disposizioni dei Trattati, in particolare alle regole in materia di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all’adempimento della specifica missione loro affidata (TFUE, art. 106).

In particolare, le disposizioni del Trattato rispondono a due esigenze: da una parte, garantire che i SIEG siano effettivamente uno strumento di rafforzamento della coesione sociale; in detta prospettiva agli Stati membri è consentito provvedere alla compensazione degli oneri sostenuti dalle imprese per effettuare quelle prestazioni che esse sono obbligate ad erogare per adempiere ai loro obblighi di servizio pubblico (criterio della compensazione). Dall'altra, assicurare che il finanziamento statale di servizi d’interesse economico generale non produca effetti distorsivi della concorrenza e degli scambi nel settore della fornitura dei servizi, come accadrebbe qualora la misura di detto finanziamento attribuisse all’impresa un vantaggio economico superiore a quello che sarebbe necessario a remunerare l’impresa per i costi del servizio pubblico (criterio della sovracompensazione o criterio degli aiuti di Stato, TFUE, art. 107).

Il diritto europeo riconosce agli Stati membri ampia libertà nel definire quali servizi sono di interesse economico generale. La Commissione europea è tenuta, tuttavia, a garantire che il finanziamento pubblico concesso per l'erogazione di tali servizi non falsi indebitamente la concorrenza nel mercato interno e che pertanto sia rispettato il principio di proporzionalità nella deroga alla disciplina concorrenziale strettamente funzionale al perseguimento dell'interesse pubblico (si veda la “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Una disciplina di qualità per i servizi di interesse generale in Europa”, 20 dicembre 2011).

Al riguardo, appare opportuno richiamare anche la sentenza della Corte di giustizia dell'UE del 24 luglio 2003 C-280/00, Altmark trans GmbH and Regierungspräsidun Magdeburg contro Nahverkehrsgeselleschaft Altmark GmbH. In quell'occasione, la Corte di giustizia stabilì che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscono aiuti di Stato se sono rispettate specifiche condizioni, fra cui la previa individuazione di parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione in modo obiettivo e trasparente, affinché si eviti che essa possa comportare un vantaggio economico atto a favorire l'impresa beneficiaria rispetto a imprese concorrenti[18].

Il Protocollo sui servizi di interesse generale allegato al TFUE (Protocollo n. 26) ha segnato una tappa fondamentale nel processo di cd. europeizzazione (integrazione in ambito comunitario) dei servizi pubblici:

"Art. 1. I valori comuni dell'Unione con riguardo al settore dei servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 14 del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea comprendono in particolare:

§  il ruolo essenziale e l'ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti;

§  la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse;

§  un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utente.

Art. 2. Le disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi di interesse generale non economico"[19].

 


 

Articolo 3
(Tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica)

 

 

L'articolo 3, al comma 1, individua i tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica: società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni e di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa.

 

A legislazione vigente le società per azioni (a loro volta articolate in società totalmente pubbliche ad unico socio o a pluralità di soci pubblici, miste a prevalenza pubblica e miste a prevalenza privata) e le società a responsabilità limitata costituiscono i modelli prevalenti di organizzazione societaria pubblica.

Le società consortili, che rappresentano un numero significativo in ambito locale, sono state aggiunte nella formulazione finale del testo in accoglimento di osservazioni fatte dalla V Commissione (Bilancio) della Camera e dalla Conferenza unificata (formulate con riferimento all'A.G. n. 297).

Nella rilevazione effettuata dalla Corte dei conti[20], in data 19 giugno 2015, nella banca dati SIQUEL il numero delle società consortili risulta pari a 642 (pari al 10,27 per cento del totale ) e quello delle società cooperative 219 (pari al 3,03% del totale).

 

Il comma 2 reca disposizioni speciali relative all'organo di controllo delle S.r.l. e delle S.p.A. a controllo pubblico. In particolare:

§  per le S.r.l. a controllo pubblico, l'atto costitutivo o lo statuto deve in ogni caso prevedere la nomina dell'organo di controllo o di un revisore;

§  nelle S.p.A. a controllo pubblico, la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale.

 

Al collegio sindacale compete il controllo di legittimità e di rispetto delle procedure e delle prassi operative sui procedimenti decisionali degli amministratori (mentre è esclusa la possibilità di esercitare un controllo di merito sull'opportunità e convenienza delle scelte di gestione degli amministratori).

La revisione legale dei conti consiste nell'espressione del giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto, nonché nella verifica, nel corso dell'esercizio, della regolare tenuta della contabilità sociale e della corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.

Il decreto legislativo n. 39 del 2010, di attuazione alla direttiva 2006/43/CE, ha modificato le disposizioni del codice civile in materia di revisione legale dei conti, sottraendo al collegio sindacale il controllo contabile e attribuendolo a un revisore legale dei conti o a una società di revisione legale iscritti nell'apposito registro. Resta tuttavia la possibilità che lo statuto delle S.p.A., che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, possa prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale (in questo caso, però, il collegio sindacale deve essere costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro).

Mentre la funzione di revisione legale può essere svolta dall'organo di controllo, anche in composizione monocratica, nelle S.r.l..

Le vigenti disposizioni codicistiche - applicabili, sino all'introduzione nell'ordinamento della norma in esame, anche alle S.r.l. a controllo pubblico - prevedono la nomina dell'organo di controllo o di un revisore dei conti quale contenuto meramente eventuale dell'atto costitutivo o dello statuto.

Rilevano, nello specifico:

§  l'art. 2463, secondo comma, n. 8, c.c., nel quale si prevede che l'atto costitutivo debba, tra l'altro, indicare "le persone cui è affidata l'amministrazione e l'eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti";

§  l'art. 2477 c.c. (Sindaco e revisione legale dei conti), il quale dispone che l'atto costitutivo possa "prevedere, determinandone le competenze e i poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l'organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo". L'obbligatorietà della nomina dell'organo di controllo o del revisore è prevista soltanto nei casi in cui la società: sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato; controlli una società obbligata alla revisione legale dei conti; abbia superato, per due esercizi consecutivi, due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis per la possibilità di redazione del bilancio in forma semplificata. Nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni.

Con la disposizione in esame l'atto costitutivo o lo statuto delle S.r.l. a controllo pubblico deve in ogni caso prevedere la nomina dell'organo di controllo o di un revisore.

Per quanto concerne le S.p.A. a controllo pubblico, la competenza sulla revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale.

La disciplina codicistica sulle società per azioni, precedentemente applicabile anche alle S.p.A. a controllo pubblico, demanda all'autonomia statutaria la facoltà di attribuire la competenza della revisione legale dei conti al collegio sindacale per le società non tenute alla redazione del bilancio consolidato.

Rileva al riguardo, in particolare, l'art. 2409-bis (Revisione legale dei conti): "La revisione legale dei conti sulla società è esercitata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale iscritti nell'apposito registro. Lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro".

Articolo 4
(Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e
la gestione di partecipazioni pubbliche)

 

 

L'articolo 4 prevede condizioni e limiti per la costituzione di società a partecipazione pubblica, diretta o indiretta, ovvero per l’acquisizione o il mantenimento di partecipazioni anche di minoranza.

 

In accoglimento della proposta della Conferenza unificata (formulata con riferimento all'A.G. n. 297), sono state escluse dall'ambito di applicazione del presente articolo anche le società finanziarie regionali (mediante inserimento nell'Allegato A al T.U.).

Le finanziarie regionali sono società di capitali che perseguono finalità pubbliche di supporto al sistema produttivo e di sviluppo economico, imprenditoriale e occupazionale regionale, svolgendo, tra l'altro, attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico, attività per la quale parecchie di esse hanno ottenuto l'iscrizione all'Albo degli intermediari finanziari. In taluni casi le finanziarie regionali provvedono alla gestione di fondi pubblici e alla erogazione di finanziamenti pubblici per conto delle Regioni, operando come società strumentali in house.

 

Il comma 1 reca un limite di carattere generale: le società a totale o parziale partecipazione pubblica devono avere per oggetto attività di produzione di beni e servizi strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali dell'ente/i partecipante/i.

 

La norma, nel disporre che le pubbliche amministrazioni "non possono costituire (…) società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società" riproduce il contenuto dell’articolo 3, comma 27, della legge n.244 del 2007.

 

Nell'ambito di tale principio generale, il comma 2 specifica le attività di produzione di beni e di servizi il cui svolgimento giustifica la partecipazione pubblica:

 

a)   la produzione di un servizio di interesse generale[21], ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi.

In accoglimento della proposta della Conferenza unificata (formulata con riferimento all'A.G. n. 297), nella versione finale del Testo Unico è stato specificato che nella produzione di un servizio di interesse generale è inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi.

 

b)  la progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 193 del nuovo codice dei contratti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.

L'art. 193 prevede la stipula di un accordo di programma tra soggetti pubblici e, ove opportuno, la costituzione di una società pubblica di progetto senza scopo di lucro, allorquando il progetto preliminare preveda, ai fini della migliore utilizzazione dell'infrastruttura e dei beni connessi, l'attività coordinata di più soggetti pubblici.

 

c)   la realizzazione e gestione di un’opera ovvero l'organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del nuovo codice dei contratti pubblici, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2.

L'art. 180 del nuovo codice dei contratti pubblici reca disciplina del contratto di partenariato pubblico-privato volto a promuovere una sinergia tra poteri pubblici e privati per finanziare, costruire o gestire infrastrutture o fornire servizi pubblici.

I commi 1 e 2 dell'art. 17 del testo in esame recano disposizioni relative alle modalità di selezione e di partecipazione dei soci privati nelle società a partecipazione mista pubblico-privata.

 

d)  l'autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento.

La qualificazione di una società come “strumentale” si ricollega alla tipologia di attività svolta, consistente in attività di supporto all'ente pubblico partecipante, in relazione a funzioni pubbliche di cui resta titolare quest'ultimo.

 

e)   i servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici[22] di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del nuovo codice dei contratti pubblici.

Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016 sono «amministrazioni aggiudicatrici»: "le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti".

 

Il comma 3 prevede una deroga al limite generale di partecipazione pubblica di cui al comma 1 volta a promuovere la valorizzazione dei beni immobili già facenti parte del patrimonio dell'amministrazione pubblica: esclusivamente a tale fine, è ammessa l'acquisizione di partecipazioni in società, tramite il conferimento di beni immobili, con l'obiettivo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato. Le società in cui l'amministrazione può acquisire partecipazioni ai sensi della disposizione in commento devono avere per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse.

 

Tale ultima precisazione è stata introdotta in accoglimento delle condizioni apposte ai pareri della 1a Commissione (Affari costituzionali) del Senato e della V Commissione (Bilancio) della Camera sull'A.G. n. 297.

 

Il comma 4, oltre a richiamare l'esclusività dell'oggetto sociale delle società in house, prevede - quale principio generale - che le società in house operino in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, fatte salve le specifiche disposizioni di cui al successivo art. 16 (in materia, appunto, di società in house).

 

Tra le disposizioni di cui all'art. 16, alla cui illustrazione si rinvia, rileva, in particolare, quella di cui al comma 3, che impone agli statuti delle società in house di prevedere che oltre l’80 per cento del fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci.

 

Il comma 5[23] - salve le diverse previsioni di legge regionali adottate nell'esercizio della potestà legislativa in materia di organizzazione amministrativa - vieta alle società cd. strumentali (comma 2, lettera d)), controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società. Tale divieto non si applica alle società che hanno per oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali (c.d. holding), fatto salvo il rispetto degli obblighi previsti in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamento del bilancio degli enti partecipanti.

 

Le attività svolte dalle società strumentali si traducono spesso in attività economiche potenzialmente contendibili sul mercato. Di qui le restrizioni poste dal legislatore.

 

Il comma 6 fa salva la possibilità di costituire società o enti in attuazione:

§  dell’articolo 34 del regolamento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che prevede la costituzione di gruppi di azione locale per l'elaborazione e l'attuazione di strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo;

§  dell’articolo 61 del regolamento (CE) n. 508 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che prevede la costituzione di gruppi di azione locale nel settore della pesca.

 

Il comma 7 dispone che siano ammesse le partecipazioni pubbliche nei seguenti tipi di società:

§  società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici;

§  società aventi per oggetto sociale prevalente la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane;

§  società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Il comma 7 è stato inserito in accoglimento di una osservazione della V Commissione (Bilancio) della Camera sull'A.G. n. 297, fatta eccezione per l'ultima fattispecie (società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione di energia da fonti rinnovabili) che è stata inserita dal decreto legislativo n. 100 del 2017 (A.G. n. 404).

 

Il comma 8 fa salva la possibilità di costituire:

§  le società con caratteristiche di spin off o di start up universitari previste dall'articolo 6, comma 9, della legge n. 240 del 2010, nonché quelle con caratteristiche analoghe degli enti di ricerca.

Il comma 8 è stato inserito in accoglimento dell'osservazione della V Commissione (Bilancio) della Camera sull'AG n.297 nella quale si chiedeva di definire idonee modalità di applicazione del T.U. agli spin off e agli start up universitari.

Le società con caratteristiche di spin off o di start up universitari sono solitamente costituite nella forma di società di capitali di diritto privato e sono dedicate alla valorizzazione commerciale di invenzioni, know how e competenze maturate nell’ambito della ricerca accademica. Ai sensi dell'art. 6, comma 9, della legge n. 240 del 2010 "la posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l'esercizio del commercio e dell'industria, fatta salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297".

§  per le università, società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche (fattispecie aggiunta dal decreto legislativo n. 100 del 2017).

 

Il comma 9 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze o dell'organo di vertice dell'amministrazione partecipante e trasmesso alle Camere per la comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti, possa essere deliberata l'esclusione totale o parziale - dall'applicazione dell'articolo in esame - di singole società a partecipazione pubblica, motivando detta esclusione con riferimento ai seguenti parametri: misura e qualità della partecipazione pubblica; interessi pubblici connessi alla partecipazione pubblica e al tipo di attività svolta, la quale deve risultare riconducibile alle finalità di cui al comma 1. Finalità della deliberazione in argomento può anche essere quella di agevolare la quotazione della singola società ai sensi dell'articolo 18 (in materia di quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati).

 

Nella previsione di cui ai primi due periodi del comma 9 è stata riformulata - in accoglimento delle indicazioni del Consiglio di Stato sull'AG n.297 - la disposizione originariamente collocata nell'ultimo comma dell'art. 1 del T.U.. In particolare è stato precisato che l'attività svolta dalle società escluse deve essere riconducibile alle finalità di cui al comma 1. Inoltre, in accoglimento delle condizioni poste dalle Commissioni parlamentari (1a Commissione del Senato e V Commissione della Camera) sull'A.G. n.297, è stato previsto che il D.P.C.M. sia trasmesso alle Camere per la comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti (alle quali non è tuttavia richiesto di esprimere il proprio parere).

 

A seguito di una modifica introdotta nel comma 9 dal decreto legislativo n. 100 del 2017, facoltà analoga a quella conferita al Presidente del Consiglio dei Ministri è riconosciuta anche ai Presidenti di Regione e delle Province autonome di Trento e Bolzano per singole società partecipate delle Regioni o dalle Province autonome. I Presidenti, nell'ambito delle rispettive competenze, possono, pertanto, deliberarne l'esclusione totale o parziale dell'applicazione del presente articolo, con proprio provvedimento, adottato in conformità all'ordinamento regionale ovvero della Provincia autonoma e nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità. Il provvedimento regionale (o della Provincia autonoma) - da motivare con riferimento ai medesimi parametri previsti per il D.P.C.M. - è trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, alla struttura del Ministero dell’economia cui spetta il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del T.U. (art. 15, comma 1), nonché alle Camere ai fini della comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti. A differenza che per il D.P.C.M. è assente il riferimento alla finalità di agevolare la quotazione della società.

Il comma 9-bis - aggiunto dal decreto legislativo n. 100 del 2017 - introduce una deroga alla previsione di cui al comma 2, lettera a), disponendo  che, in conformità alla disciplina europea, sia salva la possibilità, per le amministrazioni pubbliche, di acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi economici di interesse generale a rete, di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge n. 138 del 2011, anche fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento, purché l'affidamento dei servizi, sia in corso che nuovi, abbia rispettato e rispetti le procedure ad evidenza pubblica. Il comma stabilisce che per le predette partecipazioni trova applicazione l'articolo 20, comma 2, lettera e), che impone l'obbligo di presentare piani di razionalizzazione qualora sia stato rilevato, in sede di analisi annuale, un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 16 in materia di società in house.

Nell'articolo in esame confluiscono precedenti disposizioni normative (abrogate dall'art. 28) volte a contrastare la proliferazione, nell'economia italiana, di società partecipate da soggetti pubblici, anche generata - per quanto riguarda in particolare le partecipate territoriali - dalla tendenza a esternalizzare in forma societaria funzioni di natura amministrativa.

Detti interventi legislativi muovono dalla legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), che, all’articolo 3, commi da 27 a 29[24], ha posto il divieto di costituire società aventi ad oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, con conseguente obbligo di dismettere quelle estranee alle proprie finalità istituzionali.

Hanno fatto seguito:

§  la disposizione di cui all'art. 29, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011[25], che prevede l'approvazione, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, di uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali;

§  le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 555, 569 e 569-bis[26], della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014)[27], che hanno previsto: la messa in liquidazione per le società in house diverse da quelle che gestiscono servizi pubblici locali in caso di perdite registrate per quattro dei cinque esercizi precedenti; la proroga di un anno del termine previsto dall’art. 3, comma 29, della legge n. 244 del 2007, per la cessione a terzi delle partecipazioni non consentite (con l'eccezione degli enti che abbiano mantenuto la propria partecipazione, mediante approvazione di apposito piano operativo di razionalizzazione, in società ed altri organismi aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ai sensi dell'art. 1, commi 611 e 612, della legge n. 190 del 2014);

§  l’art. 2, comma 1, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, che ha introdotto, nell'art. 1, il comma 568-bis[28], il quale dispone una serie di incentivi (quale, fra gli altri, l'esenzione da imposizione fiscale) alla possibilità di scioglimento o di alienazione (con procedura a evidenza pubblica in corso o deliberata entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione) di società partecipate, direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni locali;

§  le disposizioni di cui all’art. 1, commi 611-612, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015)[29], che, nel contesto di un processo teso alla razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie, hanno previsto l’obbligo di presentazione dei piani operativi di razionalizzazione da parte di regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, enti locali, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, università e gli istituti di istruzione universitaria pubblici e autorità portuali, con l’obiettivo di conseguire la riduzione delle società, direttamente o indirettamente partecipate, entro il 31 dicembre 2015.

I piani operativi devono essere redatti in base ai seguenti criteri: "a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione; b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti" (detta ipotesi può verificarsi, tra l'altro, nelle società aventi come oggetto la gestione delle partecipazioni societarie, da ascrivere alla tipologia delle società strumentali); "c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni; d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica; e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni" (art. 1, comma 611).

Si osserva che, con riferimento alle società che gestiscono servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, le disposizioni della legge di stabilità per il 2015 tendono alla promozione del percorso delle aggregazioni[30].

I piani riguardano, in particolare, tutte le società detenute dagli enti territoriali, senza che rilevi la natura del servizio affidato (gli enti territoriali sono tenuti a trasmetterli alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti).

Detta prospettiva trova conferma nel T.U. in esame, il quale, all'art. 28 (Coordinamento con la legislazione vigente), modifica l'art. 1, comma 555, della legge n. 147 del 2013, prevedendo che siano vincolate all'obbligo di messa in liquidazione, in caso di risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, anche le società che svolgono servizi pubblici locali.

Riguarda in modo specifico le società partecipate dagli enti territoriali l’art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248[31], che ha disposto, per le società strumentali (cioè che hanno quale oggetto sociale la produzione di beni e servizi strumentali all'attività dell'ente territoriale in funzione della sua attività), il vincolo di esclusività: esse "devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale" e sono tenute a cessare le attività non consentite.

Programma di razionalizzazione delle partecipate locali

 

Le disposizioni di cui alla legge di stabilità per il 2015 hanno dato seguito ad alcune indicazioni contenute nel Programma di razionalizzazione delle partecipate locali, presentato, nel mese di agosto 2014, dal Commissario per la razionalizzazione della spesa pubblica pro tempore, Prof. Carlo Cottarelli, ai sensi dell’articolo 23 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014 (Riordino e riduzione della spesa di aziende, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali), il quale ha integrato i compiti già assegnati al Commissario stesso con l'incarico di predisporre, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, un programma di razionalizzazione delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali incluse nell'elenco pubblicato annualmente dall'Istat ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (l'art. 23 viene ora abrogato dall'art. 29 del T.U. in esame).

L'art. 23 prevedeva che il programma di razionalizzazione individuasse specifiche misure:

a)    "per la liquidazione o trasformazione per fusione o incorporazione degli organismi sopra indicati, in funzione delle dimensioni e degli ambiti ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività;

b)    per l'efficientamento della loro gestione, anche attraverso la comparazione con altri operatori che operano a livello nazionale e internazionale;

c)     per la cessione di rami d'azienda o anche di personale ad altre società anche a capitale privato con il trasferimento di funzioni e attività di servizi".

Il medesimo art. 23 prevedeva, altresì, che il programma venisse reso operativo e vincolante per gli enti locali - anche ai fini di una sua traduzione nel patto di stabilità e crescita interno - nella legge di stabilità per il 2015.

Come chiarito nel Programma stesso, sebbene la lettera dell'art. 23 richiami aziende speciali, istituzioni e società direttamente e indirettamente controllate dalle amministrazioni locali, la relazione si riferisce anche a partecipate in cui le amministrazioni locali abbiano una partecipazione non di controllo.

Nel Programma si definiscono quattro grandi aree in cui operano le partecipate locali:

§  i servizi strumentali: le partecipate in questo settore forniscono beni o servizi quasi esclusivamente all’ente partecipante, forniscono cioè input per la produzione dei servizi di cui l’ente partecipante è responsabile. I principali ambiti di attività sono la gestione di immobili, attività patrimoniali, l'informatica e i servizi amministrativi;

§  i servizi pubblici privi di rilevanza economica: le partecipate in questo settore forniscono servizi alla cittadinanza in settori in cui la finalità di lucro non è presente, e si finanziano principalmente attraverso la fiscalità generale (caratteristica condivisa con le partecipate strumentali) a fronte di un interesse generale alla fornitura di certi servizi;

§  i cinque tradizionali servizi pubblici di rilevanza economica a rete, caratterizzati, in linea di principio, dalla presenza di regolazione del settore (elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto pubblico locale-TPL);

§  un settore residuale che comprende le partecipate che vendono beni e servizi al pubblico in mercati concorrenziali.

Il Programma propone una strategia fondata su quattro cardini:

§  circoscrivere il campo di azione delle partecipate entro lo stretto perimetro dei compiti istituzionali dell’ente partecipante;

§  introdurre vincoli diretti su varie forme di partecipazioni, con l'obiettivo di limitare le partecipazioni indirette, le micropartecipazioni, le partecipate con esiguo numero di dipendenti e con un fatturato di entità trascurabile, le partecipate in perdita prolungata, le partecipate da piccoli comuni;

§  favorire la trasparenza, anche grazie alla definizione di un Testo Unico delle partecipate locali, e al controllo esercitato dall’opinione pubblica adeguatamente informata;

§  promuovere l’efficienza delle partecipate che rimarranno operative, attraverso: l’aggregazione tra partecipate operanti nei servizi pubblici a rete, che offrono servizi simili per sfruttare al meglio le economie di scala, dando a tal fine attuazione alla disciplina sugli ambiti territoriali ottimali; l'individuazione di una disciplina ad hoc per il servizio pubblico locale, che punti su un'azione sinergica di incremento dei ricavi e interventi sui costi, anche attraverso il ricorso a costi standard come strumento di verifica della congruità delle compensazioni e un maggior ricorso all'affidamento per gara.

 

Per gli adempimenti cui le pubbliche amministrazioni sono tenute in applicazione delle condizioni poste dall'articolo in esame, si rinvia a quanto previsto:

§  all'articolo 20, il quale - al fine di perseguire la razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche - impone alle pubbliche amministrazioni, che, tra l'altro, siano titolari di partecipazioni che non rientrano in alcuna delle categorie di cui all'art. 4, di predisporre annualmente piani di riassetto per la loro fusione o soppressione e di dare conto in apposita relazione dell'attuazione degli stessi;

§  all'articolo 24, il quale dispone una revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche da parte delle amministrazioni titolari di partecipazioni non riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all'art. 4, ovvero i cui atti costitutivi non soddisfino i requisiti motivazionali e di compatibilità con la normativa europea previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 5, ovvero, infine, che ricadano in una delle ipotesi per le quali l'art. 20, comma 2, prevede la dismissione. Dette amministrazioni sono tenute a predisporre un piano di ricognizione entro il 30 settembre 2017 (secondo il termine fissato dal decreto legislativo n. 100 del 2017) e a procedere alle conseguenti alienazioni entro un anno dall'approvazione dell'atto ricognitivo.


 

Articolo 5
(Oneri di motivazione analitica)

 

 

L’articolo 5 disciplina il procedimento di adozione e il contenuto dell'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, introducendo analitici obblighi motivazionali.

Fanno eccezione a tali obblighi i casi in cui la costituzione di una società o l’acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative.

Il comma 1 prevede che l’atto deliberativo debba essere motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4, ed evidenzi le ragioni e le finalità che giustificano la scelta di costituzione o di partecipazione parziale, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché le scelte di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. L'atto deliberativo deve, inoltre, dare conto della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.

Il comma 1 è stato modificato dal decreto legislativo n. 100 del 2017 nel senso di espungere il richiamo all’onere motivazionale della scelta societaria relativo alla "possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate", nonostante che il Consiglio di Stato - in sede di espressione del parere sul correttivo - abbia rilevato tale modifica avrebbe determinato il venir meno dell'"unico onere motivazionale effettivamente stringente per l’attività di acquisto presso terzi delle partecipazioni sociali".

Il comma 2 dispone che l'atto deliberativo dia, altresì, atto della compatibilità della scelta con la disciplina europea, con particolare riferimento a quella in materia di aiuti di Stato. Vi si prevede, inoltre, uno specifico vincolo procedurale per gli enti locali, i quali sono tenuti a sottoporre lo schema di atto deliberativo di costituzione di una società ovvero di acquisizione di partecipazioni a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate.

La precisazione relativa all'autonomia normativa degli enti locali nella disciplina delle forme di consultazione pubblica è stata introdotta dal decreto legislativo n. 100 del 2017.

Il Programma Cottarelli (su cui cfr. art. 4) evidenziava: "Una volta acclarato che una certa attività è strettamente giustificata in base ai compiti istituzionali della amministrazione pubblica in questione, occorre valutare se effettivamente la gestione di questa attività richieda: (i) la costituzione di un’entità separata dall’amministrazione controllante; e, in particolare, (ii) la costituzione di un’entità di diritto privato (come una società per azioni). Queste scelte sono particolarmente importanti per le partecipate strumentali e per quelle per servizi privi di rilevanza economica per i quali la gestione diretta da parte dell’ente partecipante è diffusa (per quelle che agiscono sul mercato la presunzione potrebbe essere che l’azione attraverso una partecipata di diritto privato sia appropriata). Queste scelte dovrebbero riflettere unicamente (stante ovviamente l’assenza della possibilità di acquistare dal settore privato i servizi rilevanti, già valutata sulla base del processo decisionale sopra descritto) la maggiore economicità/efficienza gestionale che deriverebbe da una esternalizzazione dell’attività. Un parere vincolante (o consultivo ma pubblico) in proposito potrebbe essere richiesto al MEF o altra entità centrale. In alternativa si potrebbe procedere con una consultazione diretta della cittadinanza on line"[32].

 

Il comma 3 dispone che l'atto deliberativo sia inviato alla Corte dei conti (nella sezione individuata dal comma 4), a fini conoscitivi, e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può esercitare i poteri di cui all'articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

 

Per quanto riguarda la trasmissione dell'atto deliberativo alla Corte dei conti, nella versione finale del T.U. è stato attribuito alla Corte dei conti un ruolo meramente informativo, in conformità alle attribuzioni già proprie della Corte dei conti ai sensi della legislazione vigente e in accoglimento delle proposte della V Commissione (Bilancio) della Camera e della Conferenza unificata nonché dell'osservazione della Commissione parlamentare per la semplificazione (formulate sull'AG n. 297).

Il testo originario prevedeva invece il parere preventivo della Corte dei conti sullo schema di atto deliberativo di costituzione di una partecipata pubblica ovvero di acquisizione di partecipazioni da parte di una amministrazione pubblica.

Per quanto concerne la trasmissione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'art. 21-bis della legge n. 287 del 1990 conferisce legittimazione all'Autorità medesima ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato.

 

Il comma 4 individua le sezioni della Corte dei conti competenti alla ricezione degli atti deliberativi sulla base di quanto previsto dal comma 3.

In particolare:

§  per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le Sezioni Riunite in sede di controllo;

§  per gli atti delle Regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione, è competente la Sezione regionale di controllo;

§  per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della legge n. 259 del 1958 ("Partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria"), è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi.

 


 

Articolo 6
(Princìpi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione
delle società a controllo pubblico)

 

 

L’articolo 6 definisce gli elementi basilari dell’organizzazione e della gestione delle società a controllo pubblico.

Il comma 1 dispone che tali società, qualora svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato devono adottare sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività. Non occorre invece procedere alla separazione societaria, come previsto in via generale dal comma 2-bis dell’articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287[33], che risulta esplicitamente derogato dalla disposizione in esame.

 

La disciplina di cui al comma 1 è diretta a favorire un'effettiva trasparenza finanziaria nei rapporti tra l'ente pubblico e le imprese da questo controllate e, conseguentemente, evitare distorsioni della concorrenza. Le imprese che ricevono pagamenti o altre forme di compensazione da parte pubblica per la gestione di attività di interesse pubblico protette da diritti speciali o esclusivi possono infatti operare in concorrenza con altre imprese ed è necessario poter verificare che quanto ricevuto non costituisca un indebito vantaggio e conseguentemente non determini una discriminazione ai danni di altri operatori economici.

La disciplina in commento risulta coerente con la direttiva n. 2006/111/CE della Commissione europea relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese.

Quanto alla deroga all’obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell’articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, essa consente di soprassedere al vincolo di operare mediante società separate, evitando così la proliferazione di altri enti societari. In quest'ultimo caso si determinerebbe infatti una situazione in evidente contrasto con la finalità di riduzione delle strutture societarie che ispira la legge delega e il T.U. in esame.

 

Il comma 2 dispone che le società a controllo pubblico adottino specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e ne informano l'assemblea nell'ambito della relazione annuale sul governo societario (comma 4).

 

Alla disposizione in esame fa seguito l'art. 14, commi 2 e sgg.; in particolare il comma 2 prevede che, qualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotti senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.

Il combinato disposto della disposizione in esame e dell'art. 14 è volto a introdurre, per le società a controllo pubblico, strumenti e procedimenti atti a monitorare lo stato di salute della società, facendone emergere le eventuali patologie prima che sopraggiunga lo stato di crisi irreversibile, in presenza del quale ha luogo l'attivazione della procedura fallimentare, ovvero degli strumenti alternativi al fallimento previsti dalla stessa legge fallimentare (di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni), la cui applicabilità alle società a partecipazione pubblica è asserita dal comma 1 dell'art. 14: il piano di risanamento (art. 67, terzo comma, lett. d)), l'accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis), il concordato preventivo (art. 160).

 

Il comma 3 introduce la facoltà, per le società a controllo pubblico, di integrare - in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative nonché dell’attività svolta, e fatte salve le funzioni degli organi di controllo previsti a norma di legge e di statuto - gli ordinari strumenti di governo societario con i seguenti altri:

§  regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività della società alle norme di tutela della concorrenza (lett. a));

§  un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell’impresa sociale e chiamato a collaborare con l'organo di controllo statutario in materia di regolarità ed efficienza della gestione (lett. b));

§  codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi, aventi ad oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell’attività della società (lett. c));

§  programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell’Unione europea (lett. d)).

In caso di adozione dei predetti strumenti, gli stessi dovranno, ai sensi del comma 4, essere indicati nella relazione sul governo societario che le società controllate predispongono annualmente.

In caso di mancata integrazione degli strumenti ordinari del governo societario con i richiamati strumenti, ai sensi del comma 5, la società a controllo pubblico è tenuta ad esplicitarne i motivi nella relazione sul governo societario.


 

Articolo 7
(Costituzione di società a partecipazione pubblica)

 

 

L’articolo 7 disciplina: la forma, i contenuti (che integrano quelli statuiti all'art. 5), i casi di mancanza o invalidità dell'atto con cui un'amministrazione pubblica delibera la costituzione di una società (commi da 1 a 3 e comma 6); forme integrative della pubblicità dell'atto deliberativo (comma 4), nonché la forma e i contenuti degli atti con i quali vengono sancite le più rilevanti vicende societarie (comma 7); le modalità di acquisizione delle partecipazioni private nella costituzione di società miste (comma 5).

In particolare, il comma 1 prevede che l’atto deliberativo assuma le seguenti forme:

§  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali[34];

§  provvedimento del competente organo della Regione, in caso di partecipazioni regionali.

Tale formulazione è volta a dare seguito al parere della Conferenza unificata sull'A.G. n.297, che invece demandava ad un decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, e salva diversa disposizione di legge regionale, la costituzione delle partecipazioni regionali:

§  deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali.

§  deliberazione dell’organo amministrativo dell’ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche.

Nella relazione governativa allo schema di decreto legislativo (A.G. 297) presentato alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari si asserisce: "in tale ultima ipotesi (vale a dire di "deliberazione dell’organo amministrativo dell’ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche") sono ricomprese anche le città metropolitane".

 

Il comma 2 opera un rinvio al comma 1 dell'articolo 5, in materia di obblighi motivazionali dell'atto.

Occorre peraltro tener conto altresì dei commi 2 e 3 del medesimo articolo, sebbene la disposizione in esame non operi un esplicito rinvio anche a questi ultimi. Essi richiedono infatti: che l'atto deliberativo di costituzione o acquisto di una partecipazione debba dar conto, altresì, della compatibilità dell'intervento finanziario con le norme dei trattati europei ed in particolare con la disciplina in materia di aiuti di Stato; che, per gli enti locali, sia preceduto da forme di consultazione pubblica o da parte degli enti locali (comma 2); che sia trasmesso alla Corte dei conti e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (comma 3).

Il comma 3 opera un rinvio agli artt. 2328 e 2463 del codice civile, che disciplinano gli elementi essenziali dell'atto costitutivo, rispettivamente, per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata.

 

Il comma 4 dispone che l'atto costitutivo sia pubblicato sul sito istituzionale dell'amministrazione pubblica partecipante.

 

Il comma 5 prevede che l'individuazione del socio privato nella costituzione di società miste rispetti le procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

 

Il comma 9 dell'art. 5 del nuovo codice dei contratti pubblici prevede che, nei casi in cui le norme vigenti consentano la costituzione di società miste per la realizzazione e gestione di un'opera pubblica o per l'organizzazione e la gestione di un servizio di interesse generale, la scelta del socio privato debba essere effettuata con procedure di evidenza pubblica.

 

Il comma 6 prevede, quale conseguenza della mancanza dell'atto deliberativo ovvero dell'invalidità dello stesso, la liquidazione delle partecipazioni ai sensi del successivo art. 24, comma 5, ovvero la nullità della società (secondo quanto previsto dall'articolo 2332 del codice civile) qualora si tratti di una partecipazione essenziale ai fini del conseguimento dell'oggetto sociale.

Il comma 7 dispone che la forma e i contenuti rispettivamente definiti ai commi 1 e 2 per l'atto deliberativo di costituzione di una società partecipata valgano, altresì, per gli atti che sanciscono: le modifiche di clausole dell’oggetto sociale che possano determinare un cambiamento significativo dell’attività della società (lett. a)); la trasformazione della società (lett. b)); il trasferimento della sede sociale all’estero (lett. c)); la revoca dello stato di liquidazione (lett. d)).

Articolo 8
(Acquisto di partecipazioni in società già costituite)

 

 

L’articolo 8 disciplina l'acquisto da parte delle pubbliche amministrazioni di partecipazioni in società già costituite, con esclusione di quelle in società quotate che non determinano l'acquisto della qualità di socio.

 

Il comma 1 dispone che per l’acquisto di partecipazioni in società già costituite - anche mediante sottoscrizione di un aumento di capitale o partecipazione a operazioni straordinarie - si applichino i commi 1 e 2 dell'art. 7, recanti disposizioni in materia, rispettivamente, di forma e di contenuti dell'atto deliberativo.

 

Il comma 2 prevede che l’eventuale mancanza o invalidità dell’atto deliberativo determina l’inefficacia del contratto di acquisto della partecipazione.

 

Sono previste, per l'acquisto di partecipazioni, le medesime formalità sia in termini di modalità di adozione dell'atto deliberativo che di onere motivazionale dell'atto previsto per la costituzione di società a partecipazione pubblica.

 

Ai sensi del comma 3, le disposizioni in tema di acquisto di partecipazioni in società già costituite (di cui all'articolo in esame) si applicano anche all’acquisto, da parte di pubbliche amministrazioni, di partecipazioni in società quotate, unicamente nei casi in cui l’operazione comporti l’acquisto della qualità di socio.


 

Articolo 9
(Gestione delle partecipazioni pubbliche)

 

 

L’articolo 9 reca disposizioni in materia di gestione delle partecipazioni pubbliche.

I soggetti deputati a esercitare i diritti dell'azionista dipendono dall'ente titolare delle partecipazioni:

§  il Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministeri competenti per materia, individuati dalle relative disposizioni di legge o di regolamento ministeriale, per le partecipazioni statali (comma 1)[35];

§  il soggetto a tal fine individuato dalla legge della regione che detiene le partecipazioni stesse, per le partecipazioni regionali (comma 2)[36];

§  il sindaco o il presidente o un loro delegato, per le partecipazioni degli enti locali (comma 3);

§  l’organo amministrativo dell’ente, per le partecipazioni detenute da soggetti diversi da quelli sopra menzionati (comma 4).

 

Le disposizioni che disciplinano la forma dell'atto con cui un'amministrazione pubblica delibera la costituzione di una società (di cui al comma 1 dell'art. 7) si applicano anche agli atti con cui sono deliberati la conclusione, la modificazione e lo scioglimento di patti parasociali (comma 5)[37].

La violazione delle disposizioni di cui ai commi sopra illustrati in materia di esercizio dei diritti dell'azionista (commi 1-4) e di conclusione, modificazione e scioglimento di patti parasociali (comma 5), nonché la violazione degli impegni assunti con i patti parasociali non determina l’invalidità delle deliberazioni degli organi della società partecipata. Rimane tuttavia ferma l'applicazione delle disposizioni generali di diritto privato sull'invalidità dell’esercizio del voto e sull'invalidità della deliberazione (comma 6).

 

Il comma 7 introduce una disposizione sulla decorrenza dell'efficacia degli atti di nomina e di revoca degli organi sociali da parte del socio pubblico: detti atti sono efficaci dal momento in cui la società riceve la comunicazione della loro adozione. É tuttavia fatta salva la disciplina civilistica in materia di revoca dei sindaci (art. 2400, secondo comma, c.c.).

La facoltà di nominare componenti negli organi sociali delle società per azioni a partecipazione pubblica, in misura proporzionale alla partecipazione al capitale sociale, può essere conferita al socio pubblico dagli statuti societari, in virtù di quanto disposto dall'art. 2449, primo comma, c.c.: "Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale".

L'art. 2400, secondo comma, c.c. richiamato nel testo stabilisce che i sindaci possono essere revocati: esclusivamente per giusta causa; sulla base di una deliberazione di revoca approvata con decreto del tribunale (sentito l'interessato).

 

Ai sensi del comma 8, la mancanza o invalidità dell’atto deliberativo di nomina o di revoca comporta la consequenziale invalidità della presa d'atto della nomina o della revoca da parte della società.

L'articolo in esame si applica (ai sensi del comma 9) anche alle partecipazioni pubbliche nelle società quotate.

Resta fermo quanto disposto dal decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, in materia di poteri speciali del socio pubblico. Si tratta di diritti di veto o di opposizione all’adozione di alcune delibere in settori di rilevante interesse per il Paese, quali quelli della difesa e della sicurezza nazionale, nonché dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni[38] (comma 10).


 

Articolo 10
(Alienazione di partecipazioni sociali)

 

 

L’articolo 10 disciplina le procedure di alienazione delle partecipazioni sociali e di costituzione di vincoli su partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche.

I relativi atti deliberativi sono adottati con le stesse modalità previste dall’articolo 7, comma 1, per la costituzione di società a partecipazione pubblica (comma 1).

Ai sensi del comma 2, l’alienazione è effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. Tale ultima possibilità è attivabile previa deliberazione dell’organo competente (quale definito dal comma precedente tramite rinvio all'art. 7, comma 1), che sia analiticamente motivata in relazione alla convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita. Il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto è comunque fatto salvo[39].

L’eventuale mancanza o invalidità dell’atto deliberativo determina l’inefficacia dell’atto di alienazione della partecipazione (comma 3).

È fatta salva la disciplina speciale in materia di alienazione delle partecipazioni dello Stato (comma 4).

 

Con riferimento a quest'ultima tipologia di alienazione, la disciplina generale è dettata dal decreto-legge n. 332 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 474 del 1994, di avvio del processo di privatizzazioni italiane.

Tale normativa costituisce una disciplina speciale, rispetto al regolamento generale di contabilità di Stato di cui al regio decreto n. 827 del 1924, volta a prevedere margini di flessibilità indispensabili per la negoziazione del prezzo e la definizione di altri elementi contrattuali (non previsti dalle norme sulla contabilità di Stato).

L'impianto complessivo accorda una preferenza al metodo dell'offerta pubblica per l'alienazione delle partecipazioni, pur ammettendo tecniche miste di offerta pubblica e trattativa privata.


 

Articolo 11
(Organi amministrativi e di controllo
delle società a controllo pubblico)

 

 

L'articolo 11 disciplina gli organi di amministrazione e di controllo delle società in controllo pubblico (di amministrazioni pubbliche sia centrali che locali), con riferimento al numero dei componenti e ai requisiti agli stessi richiesti; i compensi corrisposti ai componenti e ai dipendenti delle medesime società.

 

Il comma 1 prevede che i componenti dell’organo amministrativo di società a controllo pubblico debbano possedere, ferme restando le norme vigenti in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi, requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Tale decreto del PCM è adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze previa intesa in sede di Conferenza unificata[40].

 

Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità

 

La disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità è contenuta nel decreto legislativo n. 39 del 2013, alla cui integrale applicazione richiama il comma 14 dell'articolo in esame.

Fra le disposizioni precedenti al decreto legislativo n. 39 del 2013 e tuttora vigenti, che disciplinano situazioni ostative alle nomine, si segnalano:

§  l’art. 1, comma 734, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) secondo cui non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi abbia ricoperto nei precedenti cinque anni incarichi analoghi con bilanci che hanno registrato perdite per tre esercizi consecutivi. La predetta disposizione - tra l'altro dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale nella parte in cui si riferisce alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano - è stata interpretata autenticamente dall'art. 3, comma 32-bis, della legge n. 244 del 2007, nel senso che il divieto , per tre esercizi consecutivi, un progressivo peggioramento dei conti per ragioni riferibili a non necessitate scelte gestionali[41];

§  con specifico riguardo ai componenti degli organi di amministrazione degli enti locali le disposizioni del Tuel (art. 64, comma 4, e art. 248, comma 5). La prima disposizione richiamata prevede che  "il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono [...] essere nominati rappresentanti del comune e della provincia"; la seconda prevede che gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver concorso al verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per i successivi dieci anni, fra gli altri, incarichi di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili, inoltre, non possono ricoprire per un medesimo periodo di tempo, fra le altre, "alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici".

 

Il comma 1 richiama espressamente:

§  l'art. 12 del decreto legislativo n. 39 del 2013. Per quanto qui interessa:

-       le cariche di amministratore delegato e di presidente di organi amministrativi di società a controllo pubblico non possono essere attribuite a chi ricopre incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle medesime pubbliche amministrazioni o enti pubblici che hanno conferito l'incarico[42];

-       vi è incompatibilità tra gli incarichi di componente degli organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti (o forme associative di comuni aventi la medesima popolazione) e gli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale;

§  l'art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, che vieta - tra l'altro - di conferire incarichi in organi di governo di società controllate dalle amministrazioni pubbliche a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza, con l'eccezione dei casi in cui detti incarichi siano svolti a titolo gratuito[43].

In tema di incompatibilità e inconferibilità rileva anche il comma 8, che dispone che gli amministratori delle società in controllo pubblico:

§  non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti;

§  possono invece essere dipendenti della società controllante. In questo caso vige il principio di onnicomprensività della retribuzione (con il connesso obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appartenenza). Sono tuttavia fatti salvi i diritti alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 6 (cfr. infra). Dall’applicazione del comma 8 non possono derivare aumenti della spesa complessiva per i compensi degli amministratori.

 

Il comma 8 ha un carattere innovativo, in quanto ha introdotto nell'ordinamento l'incompatibilità tra incarico di amministratore della società in controllo pubblico e quello di dipendente delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti.

Secondo la legislazione previgente l'incompatibilità era nei confronti di coloro che svolgevano incarichi dirigenziali presso l'ente controllante e tale incompatibilità era limitata agli incarichi di presidente (solo se titolare di deleghe gestionali dirette) e amministratore delegato della società.

Più in generale, il comma 8 opera un'inversione di tendenza rispetto alla politica di settore perseguita a partire dal 2012. Allora - per ragioni di contenimento dei costi - si ritenne che la maggioranza dei consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico dovesse necessariamente essere composta da dipendenti dell'amministrazione che deteneva la partecipazione[44].

 

Il comma 11 dispone che nelle società di cui le amministrazioni pubbliche detengano il controllo indiretto non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione, amministratori della società controllante.

Le deroghe a tale divieto sono possibili solo qualora:

§  ai medesimi siano attribuite deleghe gestionali a carattere continuativo;

§  la nomina risponda all’esigenza di rendere disponibili alla società controllata (particolari e comprovate) competenze tecniche da parte degli amministratori della società controllante;

§  la nomina risponda all'esigenza di favorire l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento.

La disposizione riproduce il contenuto dell'art. 3, comma 14, della legge n. 244 del 2007 (di cui il T.U. dispone l'abrogazione), estendendone, tuttavia, l'applicazione - in precedenza limitata alle sole società controllate indirettamente dallo Stato - alle società controllate indirettamente dalle amministrazioni pubbliche come definite dall'art. 2 del T.U. (tra le quali, tra l'altro, le società in controllo indiretto di enti territoriali).

 

È invece consentito a coloro che hanno un rapporto di lavoro con una società a controllo pubblico di poter assumere l'incarico di componente degli organi di amministrazione nella stessa società, a condizione di essere collocati in aspettativa non retribuita e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza. In alternativa all'aspettativa, gli stessi possono rinunciare ai compensi (a qualsiasi titolo) spettanti per l'incarico di amministratore (comma 12).

 

Il comma 2 introduce la disposizione per cui l’organo amministrativo delle società a controllo pubblico è, di norma, costituito da un amministratore unico.

La previsione dell'amministratore unico quale regola generale per il governo delle società in controllo pubblico rappresenta uno dei principali elementi innovativi del T.U. in esame rispetto alla normativa vigente con finalità di semplificazione della composizione dell'organo amministrativo e di contenimento dei costi. In precedenti interventi legislativi di riduzione dei cda la figura dell'amministratore unico era stata già contemplata come soluzione virtuosa, ma non privilegiata.

Il comma 3 demanda all’assemblea della singola società a controllo pubblico la decisione di derogare a tale regola (cioè che l’organo amministrativo della società a controllo pubblico sia costituito da un amministratore unico). Tale determinazione deve essere assunta con delibera motivata in relazione a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi. In luogo dell'amministratore unico, l’assemblea può ricorrere:

§  al consiglio di amministrazione, composto da tre o cinque membri;

§  o a forme di governance alternative (quella di tipo dualistico o quella di tipo monistico).

 

La disposizione prevede infine che la delibera sia trasmessa alla sezione della Corte dei Conti competente (ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del T.U. - - si veda la scheda del presente dossier relativa al tale articolo) e alla struttura del Ministero dell’economia e delle finanze cui spetta il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del T.U. (ai sensi dell’articolo 15 - si veda la scheda relativa al tale articolo).

Il comma 3 è il risultato delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n.100 del 2017 (correttivo del Testo Unico)[45].

 

Quando la società a controllo pubblico sia costituita in forma di società a responsabilità limitata, non è consentito, in deroga all’articolo 2475, terzo comma, del codice civile, prevedere che l’amministrazione sia affidata, disgiuntamente o congiuntamente, a due o più soci (comma 5).

 

Disposizioni in materia di riduzione dei membri
dei Consigli di amministrazione

 

L'introduzione dell'amministratore unico come regola generale va nella direzione in atto da oltre un decennio di riduzione dei membri dei cda delle partecipate pubbliche con obiettivi di riduzione della spesa pubblica.

I principali interventi legislativi che hanno preceduto il T.U. sono:

§  l'art. 1, comma 465, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), il quale aveva demandato al Ministro dell'economia e delle finanze di emanare un atto di indirizzo volto, ove necessario, al contenimento del numero dei componenti dei cda delle società non quotate partecipate dal Ministero dell'economia e rispettive società controllate e collegate, al fine di rendere la composizione dei predetti consigli coerente con l'oggetto sociale delle società;

§  con riferimento alle società partecipate dagli enti locali, l'art. 1, comma 729, della legge n. 296 del 1996 stabiliva che i rispettivi consigli di amministrazione non potessero eccedere i 3 membri, ovvero 5 in presenza di un determinato livello minimo di capitale sociale, poi quantificato in almeno 2 milioni di euro[46]. Nelle società miste il numero dei componenti designati dai soci pubblici non poteva superare i 5 membri;

§  l'art. 4, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 (come sostituiti dal decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, e abrogato dall'art.28 del T.U.).

In particolare, il citato comma 4 riguardava le società strumentali controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazioni di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90 per cento dell’intero fatturato. Esso stabiliva che i cda di tali società devono essere composti da non più di tre membri, fatta salva la facoltà di nomina di un amministratore unico.

Per le altre società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, il comma 5 prevede che i cda debbano essere composti da tre o da cinque membri, tenendo conto della complessità delle attività svolte (se non diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge), fatta salva, anche in questo caso, la possibilità di nomina di un amministratore unico[47].

Il comma 2 del T.U. risulta in linea con il Programma Cottarelli che, pur facendo salva la facoltà di prevedere un amministratore unico, conservava, quale regola generale, il cda costituito da tre membri con riferimento al sistema di amministrazione e controllo tradizionale; il consiglio di gestione e il consiglio di sorveglianza con un numero di membri complessivamente pari a sei per le società a sistema dualistico. Veniva, inoltre, fatta salva la previsione di deroghe motivate, tra l'altro, dalla rilevanza e dalla complessità della società, individuata sulla base di "indicatori quantitativi dimensionali, che misurino sia la dimensione economica sia la complessità organizzativa e gestionale", sul modello di quelli elaborati per la classificazione per fasce di complessità utilizzata per l’individuazione dei compensi per le società non quotate controllate dal MEF.

 

Per la facoltà, attribuita agli statuti delle società in house e delle società a capitale misto pubblico-privato, di derogare ad alcune disposizioni del codice civile in materia di governance, si veda l'illustrazione dei successivi articoli 16 e 17.

 

Il comma 4 si fa carico di garantire l'equilibrio di genere nell'individuazione degli amministratori delle società:

§  sia con riferimento al numero complessivo delle nomine da effettuare nelle società a controllo pubblico nel corso dell'anno;

§  sia a livello di singola società, qualora si sia optato per un organo amministrativo a composizione collegiale ai sensi del comma 3. In questo caso lo statuto deve precedere il rispetto del principio di equilibrio di genere nella scelta degli amministratori.

 

L'equilibrio di genere era già previsto dalla legislazione previgente. L'art. 1 della legge n. 120 del 2011[48] impone un adeguamento degli statuti delle società quotate affinché sia previsto un equilibrio tra i generi in sede di riparto degli amministratori da eleggere e, in particolare, che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti. Analogo criterio è previsto per il collegio sindacale. L'art. 3 estende la disciplina anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, demandando ad apposito regolamento (poi adottato: DPR n. 251 del 2012), la definizione di termini e modalità di attivazione del principio di equilibrio di genere nelle società a controllo pubblico.

 

Il comma 15 sancisce l'applicazione agli organi di amministrazione e controllo delle società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici (società in house) della disciplina della prorogatio degli organi delle pubbliche amministrazioni (decreto-legge n. 293 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 444 del 1994).

La disciplina oggetto di rinvio stabilisce che gli organi amministrativi sociali debbano essere ricostituiti entro il termine di durata degli stessi; che gli organi scaduti siano prorogati per non più di quarantacinque giorni e che in tale periodo possano adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti e indifferibili.

Per la lettera d) del comma 9, che vieta agli statuti di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società, si rinvia alla illustrazione del medesimo comma (infra).

 

Il comma 6 disciplina i compensi degli amministratori di società a controllo pubblico con l'obiettivo di assicurare il contenimento dei relativi costi. Esso demanda ad un decreto del Ministro dell’economia la definizione degli indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi per la classificazione delle società a controllo pubblico in un numero di fasce fino a cinque.

Con riferimento ai compensi nelle società controllate dalle Regioni o dagli enti locali, la relativa disciplina è oggetto di intesa in Conferenza unificata[49].

Per ciascuna fascia è determinato, secondo un criterio di proporzionalità, un tetto massimo riferito al trattamento economico annuo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti.

Le disposizioni riguardanti la suddivisione delle società in fasce dimensionali, sulla cui base determinare i compensi massimi, era già prevista dall'art. 1, comma 672, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016).

 

In materia di compensi, il comma stabilisce inoltre che:

§  le società, nel determinare ciascun trattamento economico (oltre al rispetto del tetto massimo a seconda della fascia di appartenenza), dovranno seguire criteri oggettivi e trasparenti;

§  il trattamento economico da corrispondere deve essere onnicomprensivo;

§  nessun trattamento economico può superare l'importo di 240.000 euro annui;

§  tale soglia è calcolata al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario e tenendo conto dei compensi già percepiti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico;

§  è compito delle società verificare il rispetto di tale limite nei confronti di amministratori e dipendenti;

§  sono fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal predetto decreto;

§  la determinazione della parte variabile della remunerazione deve essere commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente. Di conseguenza, la parte variabile non può essere corrisposta in presenza di risultati negativi riconducibili alla responsabilità dell’amministratore.

Sulla parte variabile della retribuzione cfr. il comma 3 dell'art. 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011. Esso stabilisce che i compensi degli amministratori possono includere una componente variabile non inferiore al 30 per cento della componente fissa da corrispondere in misura proporzionale al grado di raggiungimento di obiettivi annuali, determinati preventivamente dal cda.

Nelle more dell'emanazione del decreto ministeriale (di cui al comma 6), si applicano le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 4[50], secondo periodo, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 dicembre 2013, n. 166[51] (comma 7).

 

Un excursus sulle misure di contenimento dei compensi prima del T.U.

 

La legge di stabilità per il 2016, all'art. 1, commi da 672 a 676, aveva modificato la disciplina dei compensi per gli amministratori, dirigenti e dipendenti delle società controllate dal Ministero dell’economia, estendendola a tutte le società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche. Aveva fissato il limite massimo annuo dei compensi nell’importo di 240.000 euro e aveva stabilito alcuni obblighi di pubblicità per gli incarichi di consulenza e di collaborazione presso le società medesime e relativi compensi.

I richiamati commi della legge di stabilità per il 2016 sono intervenuti sulle disposizioni di cui ai commi 1, 5-bis e 5-ter dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha regolamentato il regime dei compensi dei componenti e titolari degli organi di amministrazione, differenziandolo tra quello delle società non quotate (commi da 1 a 5-ter), e quello delle società quotate (commi da 5-quater a 5-sexies)[52].

Il comma 1 dell’articolo 23-bis, prima della modifica apportata dall'art. 1, comma 672, della legge di stabilità per il 2016, disponeva che le società non quotate, direttamente controllate  dal Ministero dell’economia ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile (quindi in cui il MEF dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria), venissero classificate per fasce sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, con decreto del Ministro dell’economia, da emanare entro il 31 maggio 2012, provvedimento poi intervenuto con il D.M. 24 dicembre 2013, n.166. Per ciascuna fascia doveva essere determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione delle società direttamente controllate dal MEF avrebbero dovuto fare riferimento, per la determinazione, secondo criteri oggettivi e trasparenti, degli emolumenti da corrispondere agli amministratori investiti di particolari cariche, ai sensi dell’articolo 2389, terzo comma, del codice civile[53]; l’individuazione delle fasce e dei relativi compensi poteva essere effettuata anche sulla base di analisi svolte da primarie istituzioni specializzate.

Il limite ai compensi operava anche - ai sensi del comma 4 - per le società non quotate controllate da società direttamente controllate dal MEF.

Con i commi 5-bis e 5-ter dello stesso art. 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011[54], venivano fissati veri e propri tetti retributivi sia per i compensi di amministratori investiti di particolari cariche in società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni, sia per i trattamenti economici annui onnicomprensivi dei dipendenti di tali società.

Con l'art. 1, commi da 471 a 473, della legge n. 147 del 2013 è stata disposta l'applicazione generalizzata dei predetti limiti retributivi (cioè quelli di cui all'art. 23-bis): a chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti comunque denominati in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo (comma 471); ai componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle autorità amministrative indipendenti e delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (comma 472).

Con l’articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, si è previsto che, a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione fosse fissato in euro 240.000 annui, precisando conseguentemente che, a decorrere dalla predetta data, i riferimenti al limite retributivo del primo presidente medesimo di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201/2011 ovvero contenuti in disposizioni legislative e regolamentari si intendessero sostituiti dal predetto importo.

Con le modifiche apportate dal citato comma 672 della legge di stabilità per il 2016 si prevede che:

§  con decreto del Ministro dell’economia da emanarsi entro il 30 aprile 2016, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e sentita anche la Conferenza unificata per i profili di competenza, per le società direttamente o indirettamente controllate sia dalle amministrazioni dello Stato sia dalle altre amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001 - ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, vale a dire le società quotate  - sono individuate fino a cinque fasce di classificazione sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi;

§  per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite massimo dei compensi per il trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, dirigenti e dipendenti al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di 240.000 euro annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni, e ferme restando le specifiche disposizioni, anche regolamentari, che prevedono limiti inferiori.

L'art. 28, comma 1, lettera v), del T.U. in esame abroga il citato comma 672, mentre restano vigenti le disposizioni di cui ai commi successivi a esso connessi:

§  il comma 673, il quale stabilisce, con disposizione transitoria, che fino all’emanazione del nuovo D.M. ora previsto al comma 1 suddetto, continua a produrre i propri effetti il D.M. 24 dicembre 2013, n. 166, che attualmente regola i compensi in questione;

§  il comma 674, il quale dispone che, dalla data di adozione del decreto medesimo, sono abrogati i commi 5-bis e 5-ter dell’articolo 23-bis, che individuano, quale parametro di riferimento per i compensi in questione, il trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione, atteso che tali elementi risultano ricompresi nella nuova formulazione recata, prima, dal comma 672 e, ora, dal comma 6 dell'articolo 11 del T.U. in esame.

I commi 5-bis e 5-ter dell'art. 23-bis sono abrogati anche dall'art. 28, comma 1, lettera n), del T.U. in esame.

La lettera n) dispone, inoltre, l'abrogazione anche dei successivi commi da 5-quater a 5-sexies, che recano disciplina del trattamento economico degli organi di amministrazione delle società quotate, sulla quale il T.U. in esame non interviene.

§  i commi 675 e 676 dispongono alcuni obblighi di informazione, per la cui illustrazione si rinvia all'art. 22 (trasparenza).

Con particolare riferimento alle società totalmente partecipate da enti locali, l'art. 1, comma 725, della legge n. 296 del 1996 - abrogato dall'art. 28 lettera e), del T.U. in esame - prevede che nelle società a totale partecipazione degli enti locali "il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente al 70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia ai sensi dell'articolo 82 del T.U. di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso onnicomprensivo di cui al primo periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano anche alle società controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, dalle società indicate nel primo periodo del presente comma".

Relativamente alle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici e privati, i limiti al compenso lordo annuale, omnicomprensivo, possono essere incrementati in relazione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali[55].

Per le disposizioni che hanno stabilito relazioni tra i compensi degli amministratori di aziende speciali, istituzioni e società in house e i risultati di esercizio conseguiti dall’organismo si rinvia alla illustrazione dell'art. 21, in materia di società partecipate dalle amministrazioni locali.

Oltre alle disposizioni che fissano limiti alle singole remunerazioni, si rammentano le seguenti ulteriori disposizioni che sono intervenute a stabilire limiti generali all'erogazione dei compensi ai componenti degli organi societari:

§  l'art. 4, commi 4 e 5  del decreto-legge n. 95 del 2012, modificato dal decreto-legge n. 90 del 2014 (e abrogato del presente T.U.), prevede - in relazione ai compensi da corrispondere agli amministratori sia delle società controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, sia di quelle a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta - che il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società non possa superare l'80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell'anno 2013. Viene stabilito il principio di onnicomprensività della retribuzione, in virtù del quale i dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione, o della società controllante in caso di partecipazione indiretta o del titolare di poteri di indirizzo e di vigilanza, eventualmente nominati, hanno l'obbligo di riversare i relativi compensi all'amministrazione o alla società di appartenenza (fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate). La disposizione relativa alla onnicomprensività della retribuzione, con il conseguente obbligo di riversare i compensi alla società di appartenenza, è stata riformulata dal comma 8 dell'articolo in esame con riferimento alla nomina nei consigli di amministrazione dei dipendenti della società controllante, mentre non è più consentito ai dipendenti dell'amministrazione pubblica di ricoprire la carica di amministratore di società controllate;

§  l'art. 6, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, il quale prevede: "Fermo restando quanto previsto dall'art. 1, comma 58 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, a decorrere dal 1° gennaio 2011 le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010. Sino al 31 dicembre 2017, gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del presente comma [...]".

 

Ai sensi del comma 9, gli statuti delle società a controllo pubblico devono prevedere:

§  l’attribuzione da parte del Consiglio di amministrazione di deleghe di gestione a un solo amministratore, salva l’attribuzione di deleghe al presidente ove preventivamente autorizzata dall’assemblea (lett. a);

§  l’esclusione della carica di vicepresidente o, in alternativa, la sua previsione al solo fine di assicurare la temporanea sostituzione del presidente, ma senza riconoscimento di compensi aggiuntivi (lett. b);

§  il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività, o trattamenti di fine mandato, ai componenti degli organi sociali (lett. c);

§  il divieto di corrispondere premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività e per i trattamenti di fine mandato, recepisce quanto già previsto nella normativa vigente [56];

§  il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società (lett. d).

Si tratta di disposizioni che presentano aspetti innovativi rispetto alla disciplina previgente.

In particolare, il comma 12, dell'art. 3 della legge n. 244 del 2007, prevedeva:

§  la possibilità di costituzione di un apposito comitato eventualmente all'interno dell'organo di amministrazione, quale referente per gli organi di controllo interno;

§  che le società in questione provvedessero "a limitare ai casi strettamente necessari la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta", ai cui membri veniva riconosciuta la corresponsione di una remunerazione.

Tale ultima facoltà viene fatta salva dal comma 13 dell'articolo in esame limitatamente ai casi previsti dalla legge, sottraendola, conseguentemente, all'autonomia statutaria.

 

Il comma 9 ripropone quanto precedentemente previsto: dalla lettera c)  (soppressione della carica di vicepresidente o in ogni caso divieto di compensi aggiuntivi); dalla lettera d) (delegabilità da parte dell'organo di amministrazione ad un solo componente di proprie attribuzioni[57]); dalla lettera g) (divieto di corresponsione di gettoni di presenza) del comma 12 dell'art. 3 della legge n. 244 del 2007, così come modificato dall'art. 71 della legge n. 69 del 2009.  Tale disposizione è stata abrogata dall'art.28, comma 1, lettera f), del T.U. in esame.

 

Il comma 10 sancisce il divieto di corrispondere agli amministratori o ai dirigenti delle società in controllo pubblico indennità o trattamenti di fine mandato diversi o ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente (legge o contrattazione collettiva), ovvero di stipulare accordi di non concorrenza.

Sotto tale ultimo profilo è esplicitamente esclusa anche la possibilità di sottoscrivere patti di non concorrenza ai sensi dell'art 2125 c.c., con cui il prestatore di lavoro si impegna, in cambio di un corrispettivo, a limitare lo svolgimento della propria attività per un determinato periodo successivo alla cessazione del contratto.

Il comma 13 vincola ai soli casi previsti dalla legge la possibilità, per le società a controllo pubblico, di costituire comitati con funzioni consultive o di proposta. In tali casi si stabilisce che possa essere riconosciuta ai componenti dei comitati una remunerazione non superiore al 30 per cento del compenso deliberato per la carica di componente dell'organo amministrativo e la remunerazione deve essere in linea con la qualificazione professionale e l'impegno richiesto.

 

Proposte del Programma Cottarelli in materia di contenimento dei compensi dei componenti degli organi di amministrazione

 

Le disposizioni di cui all'articolo 11 - al pari dell'art. 1, comma 672, della legge di stabilità per il 2016 - tengono conto delle proposte relative agli organi sociali delle partecipate a controllo pubblico che trovano articolazione nell'Appendice 2 del Programma Cottarelli, elaborata sulla base dello studio condotto, tra la fine dell'anno 2013 e l'inizio dell'anno 2014, dal gruppo di lavoro per la revisione della spesa.

Per quanto riguarda, in modo specifico, il tema dei compensi dei componenti gli organi di amministrazione - oltre a individuare la necessità della loro coerenza con i due fattori della complessità della realtà societaria e della presenza di deleghe - il Programma sottolinea la necessità di "uniformare, quanto più possibile, la disciplina prevista nelle società partecipate da amministrazioni locali a quella vigente per le partecipate da amministrazioni centrali.

A tal fine si prevede di:

§  estendere il divieto di erogazione di gettoni di presenza già applicato alle società controllate dallo Stato (art. 3 comma 12, legge n. 244/2007 - finanziaria 2008 - come modificato da legge n. 69/2009);

§  estendere la disciplina, applicata agli amministratori delle società controllate di diritto dal MEF, che impone tetti differenziati per fasce di retribuzioni (ex art. 23-bis del D.l. n. 201/2011 individuate tenendo conto del valore della produzione, degli investimenti e del numero dei dipendenti). I tetti dovrebbero essere applicati alla retribuzione comprensiva della componente variabile e differenziati in funzione delle deleghe assegnate; rimane fermo il limite massimo rappresentato dalla retribuzione del Primo Presidente della Corte di Cassazione;

§  definire le regole per collegare la componente variabile a indicatori di performance predeterminati, chiari e riscontrabili;

§  disporre che nella regolamentazione del rapporto di amministrazione non possano essere inserite clausole contrattuali che prevedano al momento della cessazione della carica benefici economici.

 

L'articolo 11 risulta in linea con le indicazioni del Programma di razionalizzazione delle partecipate locali presentato dal Commissario Cottarelli[58]. Fermo restando che lo strumento principale per ridurre i costi di amministrazione delle partecipate (locali) viene individuato in un progetto di loro razionalizzazione e di riduzione del loro numero, il Programma propone, "come parte delle iniziative volte a una maggiore sobrietà nella gestione del settore pubblico":

§  l’ulteriore riduzione del numero dei consiglieri di amministrazione, salvo alcune specifiche deroghe;

§  l’ulteriore limitazione dei compensi degli organi di gestione sulla base della complessità della realtà societarie e della presenza di deleghe;

§  la valorizzazione degli elementi di competenza e indipendenza nella scelta degli amministratori.

In particolare il Programma fa rinvio ai contenuti dell'Appendice 2, la quale ha come ambito di applicazione le "società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta (da parte di amministrazioni centrali o locali, comprese le aziende speciali, consorzi e altre forme giuridiche)", mentre propone di "valutare la possibilità di formule di limitazione anche per le società a controllo pubblico (controllo di diritto e di fatto, diretto e indiretto, con richiamo all’art. 2359 c.c. come norma definitoria del controllo)".


 

Articolo 12
(Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti
degli organi delle società partecipate)

 

 

L'articolo 12 disciplina la responsabilità civile ed erariale dei componenti degli organi di società partecipate da pubbliche amministrazioni.

Il comma 1 stabilisce che:

§  in linea di principio, i componenti degli organi di amministrazione e di controllo delle società partecipate siano soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali;

§  è comunque fatta salva la giurisdizione della Corte dei conti per l'eventuale danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. In tali società i diritti speciali di amministrazione conferiti al socio pubblico sono tali da escludere qualsivoglia autonomia della società rispetto all'ente pubblico titolare della partecipazione (infra). Chi cagiona un danno al patrimonio della società partecipata determina un danno al patrimonio dell'ente pubblico;

§  la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale sia attribuita alla Corte dei conti nei limiti della quota di partecipazione pubblica.

Il comma 2 definisce il danno erariale quale danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti. Rientra nella definizione di danno erariale il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che abbiano trascurato di esercitare i propri diritti di socio. A tale fine occorre che la condotta sia stata posta in essere con dolo o colpa grave e che si sia determinata una riduzione del valore della partecipazione pubblica.

Le disposizioni di cui all'articolo in esame tengono conto delle posizioni della giurisprudenza di legittimità e contabile sull’individuazione della giurisdizione competente a conoscere del danno erariale prodotto dai membri degli organi sociali delle società pubbliche.

Già prima dell'entrata in vigore del Testo Unico, anche sulla base di disposizioni normative in materia, la giurisprudenza contabile e di legittimità era pervenuta a distinguere le seguenti fattispecie:

§  la Corte conti[59]. ha giurisdizione sull'azione di responsabilità degli organi sociali per i danni cagionati al patrimonio della società solo quando possa dirsi superata l'autonomia della personalità giuridica rispetto all'ente pubblico. È questo il caso della società in house in cui vi è la compresenza dei tre requisiti: partecipazione pubblica totalitaria; attività prevalente nei confronti del socio pubblico; sussistenza del controllo analogo (Cass., Sez. Un., n. 26283/2013; più di recente Cass., Sez. Un., n. 1091/2017; Corte dei conti, sez. II Giur. Centr. d'Appello, n. 76/2017)[60];

§  il giudice ordinario è competente (ai sensi dell'art. 16-bis del decreto-legge n. 248 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31 del 2008), per i danni cagionati dagli amministratori delle società quotate partecipate anche indirettamente dallo Stato o da altre amministrazioni o enti pubblici in misura inferiore al 50 per cento, e loro controllate: "la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario".

Per le predette società, l’azione sociale di responsabilità attivata dal rappresentante dell’ente socio è, pertanto, la sede nella quale possono essere conosciuti eventuali danni cagionati dagli amministratori al patrimonio sociale, ai sensi degli artt. 2392 e sgg. c.c. Nei danni al patrimonio sociale non si ravvisa alcuna ipotesi di danno erariale ricadente nella competenza della Corte dei conti, fatto salvo il caso di omesso/ritardato esercizio dell'azione sociale di responsabilità da parte del rappresentante dell’ente socio.

In particolare, il comma 2 dell'articolo in esame è in linea con la pronuncia della Cassazione (sez. un., 15 gennaio 2010, n. 519), che ha ritenuto che “trattandosi di società a partecipazione pubblica, il socio pubblico è di regola in grado di tutelare egli stesso i propri interessi sociali mediante l’esercizio delle suindicate azioni civili. Se ciò non faccia e se, in conseguenza di tale omissione, l’ente pubblico abbia a subire un pregiudizio derivante dalla perdita di valore della partecipazione, è sicuramente prospettabile l’azione del procuratore contabile nei confronti (non già dell’amministratore della società partecipata, per il danno arrecato al patrimonio sociale, bensì nei confronti) di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio ed abbia perciò pregiudicato il valore della partecipazione. Ed è ovvio che, con riguardo ad un’azione siffatta, vi sia piena competenza giurisdizionale della Corte dei conti".

In sostanza, ai fini della identificazione della giurisdizione, non rileva tanto la forma quotata/non quotata della società a partecipazione pubblica minoritaria, quanto il soggetto il cui patrimonio è inciso dal danno: la Corte dei conti conosce dei danni subiti dal socio pubblico, il giudice ordinario dei danni patiti dalla società;

§  conseguentemente anche nelle altre società (non quotate e quotate maggioritarie) il giudice competente va individuato in relazione alla tipologia del danno:

-      in caso di danno al patrimonio del socio pubblico è competente il giudice contabile.

Un esempio è dato dal danno all’immagine della pubblica amministrazione, la cui riconducibilità entro i parametri della giurisdizione contabile è confermata dall’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102[61];

-      in caso di danno al patrimonio della società, è competente l’autorità giurisdizionale ordinaria (azione sociale di responsabilità ex art. 2392 e sgg. c.c.);

-      in ogni caso, il giudice contabile è ritenuto competente a conoscere dell’omesso/ritardato esercizio di tale azione da parte del rappresentante dell’ente socio, così come negli altri casi di mala gestio.


 

Articolo 13
(Controllo giudiziario sull’amministrazione
di società a controllo pubblico)

 

 

L’articolo 13 detta specifiche disposizioni in tema di controllo giudiziario sull’amministrazione di società a controllo pubblico (incluse quelle a responsabilità limitata).

Il comma 1 prevede che, in tali società, ciascuna amministrazione pubblica socia sia legittimata a presentare denunzia al tribunale di gravi irregolarità poste in essere dagli amministratori. Ciò anche in deroga ai limiti minimi di partecipazione previsti dall'art. 2409 del codice civile (che attribuisce tale azione solo ai i soci che rappresentino il decimo del capitale sociale) e, quindi, indipendentemente dall’entità della partecipazione di cui sia titolare.

Il comma 2 specifica che anche nei confronti delle società a controllo pubblico costituite in forma di società a responsabilità limitata trova applicazione la richiamata disciplina.


 

Articolo 14
(Crisi d’impresa di società a partecipazione pubblica)

 

 

L’articolo 14 stabilisce espressamente la sottoposizione delle società partecipate alla disciplina fallimentare e disciplina le ipotesi di crisi aziendale nelle società a partecipazione pubblica, dettando specifiche procedure per prevenire l’aggravamento della crisi, correggerne gli effetti ed eliminarne le cause: tra esse l'adozione di un piano di risanamento da parte dell'organo amministrativo della società, qualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale di cui all’articolo 6, comma 2, uno o più indicatori della crisi stessa (comma 2).

Il comma 1 dispone espressamente la sottoposizione delle società in mano pubblica alla disciplina fallimentare, del concordato preventivo e dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.

La disposizione interviene in un ambito complesso in cui si è registrata una significativa oscillazione giurisprudenziale e un ampio dibattito dottrinale.

La circostanza che la pubblica amministrazione decida di costituire o comunque acquisire la partecipazione in società per lo svolgimento di un'attività riconducibile ad un servizio pubblico o ad un'attività strumentale alle proprie finalità istituzionali non implica autonomamente il conferimento nei confronti di dette società di una natura pubblicistica e di conseguenza la non soggezione alla disciplina fallimentare. Lo status di ente pubblico, che sottrarrebbe le società dalla declaratoria di fallimento, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 70 del 1975 richiede infatti un'esplicita previsione legislativa[62].

La richiamata disciplina in materia di prevenzione di crisi aziendali va a completare, per le società a partecipazione pubblica, il quadro normativo vigente in materia di fallimento e di concordato preventivo (regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni), nonché, ove ne ricorrano i presupposti, di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (decreto legislativo n. 270 del 1999 e decreto-legge n. 347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 2004) (comma 1).

 

In situazioni di rischio di crisi aziendali[63]:

§  l'organo amministrativo della società è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari con solerzia ("senza indugio"). La finalità è di evitare un ulteriore aggravamento della crisi, agire sulle cause e limitare gli effetti della crisi stessa, mediante la predisposizione di un idoneo piano di risanamento (comma 2);

§  la mancata adozione dei richiamati provvedimenti da parte del medesimo organo costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile (comma 3);

§  fra i provvedimenti adeguati vi è anche il ripianamento delle perdite da parte del socio pubblico a condizione che esso sia accompagnato da un piano di risanamento aziendale (di cui al comma 2) dal quale risulti inequivocabilmente la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico. In tutti gli altri casi non è consentito procedere al ripianamento delle perdite neanche se quest'ultimo è effettuato in concomitanza a un aumento di capitale, a un trasferimento straordinario di partecipazioni, al rilascio di garanzie o attraverso altre modalità giuridiche (comma 4);

§  le amministrazioni pubbliche non possono procedere ad interventi straordinari (sottoscrizione di aumenti di capitale, effettuazione di trasferimenti straordinari o di aperture di credito, rilascio di garanzie) a favore delle società partecipate (con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito), che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. È fatto salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter c.c., rispettivamente, per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata, nei casi di riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale (comma 5, primo periodo);

§  sono tuttavia consentiti i richiamati trasferimenti straordinari a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. In questo caso occorre che: i) le misure straordinarie siano previste nell'ambito del piano di risanamento della società; ii) che tale piano preveda il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni; iii) che il medesimo piano sia approvato dall'Autorità di regolazione di settore (se prevista) e comunicato alla Corte dei conti (secondo quanto disposto dall'art.5 del presente T.U. alla cui illustrazione si rinvia) (comma 5, secondo periodo);

§  con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri possono comunque essere autorizzati i richiamati interventi straordinari a sostegno delle società partecipate nei casi in cui ciò sia necessario al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, in presenza di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità. Il decreto è adottato sulla base di una specifica richiesta dell'amministrazione interessata, su formale proposta del Ministro dell'economia, con il concerto degli altri Ministri competenti. Esso è soggetto a registrazione della Corte dei conti (comma 5, terzo periodo).

Nel comma 5 confluisce il contenuto dell'art. 6, comma 19, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, come modificato dall'art. 1, comma 740, della legge di stabilità per il 2016 (abrogato dall'art. 28, comma 1, lettera l), del T.U. in esame).

 

Il comma 6 pone un ulteriore limite alla possibilità di costituzione di nuove società ovvero di acquisizione o mantenimento di partecipazioni in società esistenti: nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.

 


 

Articolo 15
(Monitoraggio, indirizzo e coordinamento
sulle società a partecipazione pubblica)

 

 

L’articolo 15 istituisce, nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, una struttura centrale con funzioni di impulso e monitoraggio sull’attuazione del T.U., con funzioni di indirizzo e ispettive nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica, di diffusione delle migliori pratiche, nonché di tenuta di un elenco di dette società.

Il comma 1 prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze:

§  sia individuata, nell’ambito del dicastero dell'economia, una struttura competente per l'indirizzo, il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del presente T.U.;

§  sia assicurata la separazione organizzativa di tale struttura rispetto agli uffici preposti all'esercizio dei diritti sociali.

 

Con D.M. 16 maggio 2017[64] la struttura è stata individuata nella Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro, già preesistente, nell'ambito della quale sono stati individuati due uffici per le attività indicate dall'articolo in commento (ufficio V e ufficio VI).

 

La richiamata struttura del Ministero dell'economia:

§  fornisce orientamenti in materia di applicazione del T.U. e del decreto legislativo n.333 del 2003[65] e promuove le migliori pratiche presso le società a partecipazione pubblica, adottando, nei confronti delle stesse, le direttive sulla separazione contabile e verificandone il rispetto, anche in termini di trasparenza. Sono comunque fatte salve le norme di settore e le competenze dalle stesse previste (comma 2);

§  tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via telematica, di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti, e a tal fine può utilizzare una banca dati già attiva, istituita, presso il medesimo Ministero[66], ai sensi dell'art. 17, comma 4 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014 (comma 3);

§  acquisisce, secondo modalità e termini fissati dalla stessa, segnalazioni periodiche dalle amministrazioni pubbliche e dalle società a partecipazione pubblica e ogni altro dato o documento richiesto, oltre ai bilanci e agli ulteriori documenti obbligatori di cui all'art. 6 (fra cui i programmi di valutazione del rischio aziendale). Tali adempimenti vanno ad aggiungersi alla acquisizione di informazioni già disposta dal citato art. 17, comma 4, del decreto-legge n.90 del 2014 (comma 4);

§  esercita i poteri ispettivi già previsti dalla normativa vigente[67] nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica in relazione agli obblighi previsti dal provvedimento in esame (comma 5).

 


 

Articolo 16
(Società in house)

 

 

L’articolo 16 reca disposizioni sulle società in house in coerenza con la normativa europea, recepita nell'ordinamento dal nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 (modificato dal decreto legislativo n. 56 del 2017).

 

Il nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 - in attuazione della legge delega n. 11 del 2016 - ha, tra l'altro, recepito le disposizioni in materia di affidamenti in house contenute nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che concernono, rispettivamente, l'aggiudicazione dei contratti di concessione, gli appalti pubblici e le procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali.

Per quanto riguarda la normativa europea, gli articoli 17 della direttiva 2014/23/UE (Concessioni tra enti nell'ambito del settore pubblico), 12 della direttiva 2014/24/UE (Appalti pubblici tra enti nell'ambito del settore pubblico), 28 della direttiva 2014/25/UE (Appalti tra amministrazioni aggiudicatrici), con identiche disposizioni, disciplinano tipologie di concessioni e di appalti che presentano caratteristiche tali da essere esclusi dall'ambito di applicazione della normativa europea in materia di procedure di affidamento dei contratti pubblici e da consentire il ricorso all'affidamento in house. Tra le disposizioni europee richiamate, le previsioni di cui all'art. 12 della direttiva 2014/24/UE, che disciplina l'in house nei settori classici, possono essere assunte a paradigma anche per l'in house nell'ambito delle concessioni e dei settori speciali, vista l’identità dei testi normativi specifici. In particolare, l'art. 12 definisce le condizioni che necessitano ai fini dell'esclusione, dall’ambito di applicazione della direttiva 2014/24/UE, di un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato.

Per quanto riguarda il nuovo codice dei contratti pubblici, l'art. 5 reca principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del settore pubblico.

Già prima della codificazione normativa europea, la giurisprudenza europea e quella nazionale avevano avuto modo di elaborare indici identificativi da utilizzare per verificare la legittimità del ricorso all’in house providing: la totale partecipazione pubblica; il controllo analogo, anche congiunto nel caso di affidamento in house in favore di società partecipata da più enti pubblici; la prevalenza dell’attività con l’ente affidante.

La formulazione della disciplina dell'in house recata dall'art. 12 della direttiva 2014/24/UE ha recepito la giurisprudenza della Corte di Giustizia sui requisiti dell'in house, introducendo, tuttavia, rilevanti innovazioni, che il Consiglio di Stato ha avuto modo di evidenziare nel parere n. 298/15 (cfr. scheda di approfondimento sottostante).

 

 

Il parere della Seconda Sezione del Consiglio di Stato n. 298/2015:

requisiti per gli affidamenti diretti in house

 

Nel parere n. 298/2015, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato - investita della richiesta di parere in ordine alla possibilità per il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca di affidare in via diretta al Cineca (Consorzio interuniversitario) servizi nel campo dell'informatica, concernenti il sistema universitario, della ricerca e scolastico - ha approfondito e chiarito, alla luce delle disposizioni della direttiva 2014/24/UE, i presupposti e le condizioni di ammissibilità degli affidamenti diretti in house.

In particolare, richiamando una propria precedente pronuncia, il Consiglio di Stato evidenzia che, oltre ai requisiti dell'istituto già definiti in via giurisprudenziale, una società partecipata da un ente pubblico, per poter essere investita direttamente della gestione di un compito, non deve presentare i seguenti ulteriori caratteri: la presenza di privati al capitale sociale o anche la mera previsione statutaria di una futura ed eventuale privatizzazione; la presenza di previsioni statutarie che permetterebbero alla società di acquisire una vocazione commerciale tale da rendere precario il controllo da parte dell'ente pubblico (ad esempio la possibilità di ampliare l'oggetto sociale, l'apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali, l'espansione territoriale dell'attività della società a tutta l'Italia e all'estero).

Passando all'esame dell'art. 12 della direttiva, il Consiglio di Stato rileva come il legislatore europeo - nel disciplinare un istituto regolato finora esclusivamente in via giurisprudenziale - abbia in parte recepito la giurisprudenza, ma, in una parte rilevante, abbia profondamente innovato, "definendo in modo parzialmente diverso le condizioni di esclusione dalla direttiva medesima. L’art. 12 cit., infatti, nel confermare che, nel caso di “in house providing” escluso dalla direttiva, 'l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi' (art.12 cit., 1° par., lett. a), ha aggiunto una precisa definizione in ordine all’ulteriore requisito della cosiddetta 'parte più importante dell'attività svolta', secondo cui 'oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice' (art.12 cit., 1° par., lett. b). Ed alla successiva lett. c) ha aggiunto la condizione ulteriore e parzialmente innovativa (rispetto alla giurisprudenza comunitaria e nazionale), secondo cui 'nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata'. Ha poi aggiunto nell'ultima parte del primo paragrafo cit., a maggiore definizione della nozione comunitaria di 'controllo analogo', che 'si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice'. Quindi l’art. 12, paragrafo 1 cit. richiede che, ai fini dell'esclusione dei contratti tra soggetti pubblici dall’applicazione della direttiva, l’amministrazione aggiudicatrice debba svolgere sull'altro ente pubblico 'un controllo analogo a quello che esercita sui propri dipartimenti/servizi'; inoltre che più dell’80% delle prestazioni dell'altro ente pubblico siano effettuate a favore dell’amministrazione aggiudicatrice o di un altro ente pubblico controllato dalla prima; infine che l'altro ente pubblico che riceve l'affidamento dall'amministrazione aggiudicatrice non sia controllato da capitale privato, (…); e che in ogni caso tale partecipazione non determini influenza dominante (la percentuale dell’80% richiama la stessa quota dettata, per i settori speciali, dagli artt. 218 del dlg.163/06 e 23 Dir. 17/2004)".

Il Consiglio di Stato rileva, inoltre, che la disciplina contenuta nella direttiva è stata "introdotta per la prima volta con diritto scritto" ed è "destinata a regolare a brevissimo la concorrenza nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell’U.E.".

 

 

Il comma 1 subordina l'affidamento diretto di contratti pubblici alle società in house da parte di amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo ovvero il controllo analogo congiunto alla condizione: che non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione che siano prescritte da norme di legge e che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata.

 

La ratio della norma consiste nell'evitare che l'aggiudicazione di un affidamento diretto (in assenza quindi di una procedura competitiva) determini un indebito vantaggio in favore di operatori economici privati, titolari di una partecipazione nel capitale della società partecipata, ai danni degli altri operatori economici concorrenti e, al contempo, nell'evitare di sfavorire quelle realtà in cui la presenza di soggetti privati sia resa obbligatoria da una norma di legge, a condizione che siano rispettati i presupposti del controllo analogo della pubblica amministrazione (su cui cfr. illustrazione dell'art. 2).

 

Il comma 1 risulta in linea con l'art. 12, paragrafo l, lettera c), della direttiva 2014/24/UE. Quest'ultimo dispone che - ai fini dell'esclusione, dall’ambito di applicazione della direttiva, di un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione (ovvero da più amministrazioni socie) a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato - deve essere soddisfatta, fra le altre, la condizione che nella persona giuridica controllata non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportino controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitino un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

 

Il comma 2 conferisce agli statuti delle società in house la facoltà di derogare ad alcune disposizioni del codice civile. In particolare:

 

§  gli statuti delle S.p.A. possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell’articolo 2380-bis (amministrazione della società nel sistema di governance tradizionale) e dell’articolo 2409-novies (amministrazione della società nel sistema di governance dualistico) del codice civile (lettera a)).

Si tratta di deroghe in tema di esclusività della gestione di società, che si spiegano con il ruolo penetrante, in tema di direzione e gestione, svolto dall'amministrazione pubblica nei confronti dell'organo amministrativo societario, che si ha nei casi in cui sussiste il controllo analogo.

 

§  gli statuti delle S.r.l. possono prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici soci di particolari diritti, ai sensi dell’articolo 2468, terzo comma, del codice civile (lettera b)).

§  in ogni caso, i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante la conclusione di appositi patti parasociali; tali patti possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all’articolo 2341-bis, primo comma, del codice civile (lettera c)).

Il comma 3 dispone che gli statuti delle società in house debbano prevedere che oltre l’80[68] per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci. Prima dell'entrata in vigore del D.lgs. n.100 del 2017, il comma prevedeva altresì la possibilità che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato fosse consentita solo a condizione che la stessa permettesse di conseguire economie di scala o altri guadagni di efficienza produttiva nell’esercizio dell’attività principale della società. Tale disposizione, peraltro arricchita da un ulteriore contenuto, è confluita in un distinto comma (il 3-bis, infra).

L'art. 12, paragrafo 1, lett. b) (e, per il controllo congiunto, l'art. 12, paragrafo 3, lett. b)) della direttiva 2014/24/UE prevede che una delle condizioni che giustificano l'affidamento in house sia la seguente: "oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi". Il paragrafo 5 indica le modalità di calcolo dell'80% di fatturato.

Il Consiglio di Stato - nel parere n. 298/15 - ha rilevato che, con detta disposizione, il legislatore europeo ha offerto una precisa quantificazione del requisito che la giurisprudenza era solita definire come "parte più rilevante dell'attività svolta".

 

Il comma 3-bis - inserito dal decreto legislativo n. 100 del 2017 - prevede che la produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato dell'80 per cento (fissato dal comma 3) sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società. Rispetto alla richiamata formulazione della seconda parte del comma 2, poi soppressa dal D.lgs. n.100 del 2017, in quella in esame si specifica che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato può essere rivolta anche a finalità diverse rispetto ai compiti affidati dalle amministrazioni pubbliche.

 

Il comma 4 dispone che il mancato rispetto del limite dell'80 per cento del fatturato (di cui al comma 3) costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile e dell’articolo 15 del decreto legislativo in esame[69].

L'art. 2409 c.c. dispone in ordine alla facoltà, in capo ai soci della società di denunciare dinnanzi al tribunale gli amministratori di cui si sospetti che abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione tali da arrecare danno alla società (o a società controllate).

 

Il comma 5 dispone che, nel caso di mancato rispetto del richiamato limite di fatturato, la società possa sanare l’irregolarità se, entro tre mesi dalla data in cui la stessa si è manifestata, rinunci a una parte dei rapporti di fornitura con soggetti terzi, ovvero rinunci agli affidamenti diretti da parte dell’ente o degli enti pubblici soci. Nell'uno e nell'altro caso la società è tenuta a sciogliere i relativi rapporti contrattuali.

Nel caso in cui la società opti per la rinuncia agli affidamenti diretti da parte degli enti pubblici soci, il riaffidamento delle attività precedentemente svolte dalla società controllata deve essere effettuato, dall’ente o dagli enti pubblici soci, mediante procedure competitive regolate dalla disciplina in materia di contratti pubblici, entro i sei mesi successivi allo scioglimento del rapporto contrattuale. Nelle more dello svolgimento delle procedure di gara i beni o servizi continuano a essere forniti dalla stessa società controllata.

 

Il comma 6 prevede che, nel caso di rinuncia agli affidamenti diretti (di cui al comma 5), la società possa continuare la propria attività se e in quanto sussistano i requisiti previsti dall’articolo 4 per la costituzione di società partecipate (si veda la scheda del presente dossier relativa a tale articolo). A seguito della cessazione degli affidamenti diretti, perdono efficacia le clausole statutarie e i patti parasociali finalizzati a realizzare i requisiti del controllo analogo.

 

Il comma 7 prevede che le società in house provvedano all'acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina recata dal nuovo codice dei contratti pubblici, fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 192 del medesimo codice.

 

L'art. 5 del nuovo codice dei contratti pubblici reca principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del settore pubblico.

L'art. 192 disciplina il regime speciale degli affidamenti in house, prevedendo l'istituzione presso l'ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) dell'elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house).

 


 

Articolo 17
(Società a partecipazione mista pubblico-privata)

 

 

L’articolo 17 reca specifiche disposizioni relative alle società a partecipazione mista pubblico-privata, costituite per realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero per l'organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del nuovo codice dei contratti pubblici, con un imprenditore che sia stato selezionato con le modalità previste dai commi 1 e 2 dell'articolo in esame (art. 4, comma 2, lett. c)).

Nello specifico:

§  la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30 per cento (comma 1, prima parte del primo periodo);

§  la procedura di selezione pubblica del medesimo deve svolgersi nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del nuovo codice dei contratti pubblici e avere quale oggetto, al contempo, la sottoscrizione o l’acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e l’affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell’attività della società mista (cd. "gara a doppio oggetto") (comma 1, seconda parte del primo periodo);

§  il socio privato deve possedere i requisiti di qualificazione previsti da norme legali o regolamentari in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita, nonché i necessari requisiti di qualificazione generali e speciali di carattere tecnico ed economico-finanziario, da specificare nel bando di gara unitamente al criterio di aggiudicazione (comma 2, periodi primo e terzo);

§  all’avviso pubblico sono allegati la bozza dello statuto e degli eventuali accordi parasociali, nonché degli elementi essenziali del contratto di servizio e dei disciplinari e regolamenti di esecuzione che ne costituiscono parte integrante (comma 2, secondo periodo);

§  il bando di gara oltre all'oggetto dell'affidamento e ai richiamati requisiti di qualificazione dei concorrenti, deve contenere criteri di aggiudicazione idonei a garantire una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva e un esito della procedura che realizzi un vantaggio economico complessivo per l'amministrazione pubblica che ha indetto la procedura (coma 2, terzo periodo);

§  i criteri di aggiudicazione possono contemplare anche aspetti qualitativi ambientali e sociali collegati all'oggetto dell'affidamento o relativi all'innovazione (comma 2, quarto periodo);

§  la durata della partecipazione privata alla società non può essere superiore alla durata dell’appalto o della concessione per l’affidamento e l’esecuzione dei quali essa è stata costituita. È demandata a disposizioni statutarie la determinazione di meccanismi idonei a determinare lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio (comma 3);

§  il comma 4 prevede che: gli statuti delle S.p.A. possono contenere clausole in deroga alle disposizioni del codice civile in materia di amministrazione della società per le società con sistema di governance tradizionale (articolo 2380-bis), nonché in materia di consiglio di gestione per le società che abbiano optato per il sistema di governance dualistico[70] (articolo 2409-novies) al fine di consentire il controllo interno del socio pubblico sulla gestione dell’impresa (lett. a)); gli statuti delle S.r.l. possono prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici partecipanti e ai soci privati di particolari diritti, ai sensi dell’articolo 2468, terzo comma, del codice civile, e derogare all’articolo 2479, primo comma, del codice civile nel senso di eliminare o limitare la competenza dei soci (lett. b)); è demandata all'autonomia statutaria la previsione dell’emissione di speciali categorie di azioni e di azioni con prestazioni accessorie da assegnare al socio privato (lett. c)); i patti parasociali possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all’articolo 2341-bis, primo comma, del codice civile, purché entro i limiti di durata del contratto per la cui esecuzione la società è stata costituita (lett. d)).

Con l'eccezione della possibilità di derogare all'art. 2479, primo comma, del c.c., le richiamate facoltà di deroga sono le stesse conferite, dal precedente art. 16, agli statuti delle società in house.

§  il comma 5 attribuisce alla società mista, al fine di ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi (anche nel caso in cui non siano affidati simultaneamente), la facoltà di emettere azioni correlate ai sensi dell’articolo 2350, secondo comma, del codice civile, o costituire patrimoni destinati o essere assoggettate a direzione e coordinamento da parte di un’altra società;

§  il comma 6 esclude l'applicabilità del nuovo codice dei contratti pubblici alle società miste, che non siano organismi di diritto pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, per la realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, qualora ricorrano le seguenti condizioni:

a)   il socio privato sia stato selezionato nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;

b)  il socio privato possegga i requisiti di qualificazione previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;

c)   la società provveda alla realizzazione dell'opera o del servizio in via diretta, in misura superiore al 70 per cento del relativo importo.

 

Il partenariato pubblico-privato (cd. PPP) è una delle tre modalità di organizzazione dei servizi pubblici (accanto al ricorso al mercato e all’affidamento in house).

L'affidamento della realizzazione e gestione di un’opera ovvero della organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale si realizza attraverso la cd. "gara a doppio oggetto" (riguardante sia la qualità di socio sia l’affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell’attività della società mista).

Tale modello è stato dapprima previsto in ambito europeo: si rammenta la Comunicazione interpretativa della Commissione europea del 5 febbraio 2008 sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI), pubblicata nella G.U.C.E. 12 aprile 2008, C91/4, nella quale si afferma che è sufficiente una sola procedura di gara se la scelta del partner oggetto di preventiva gara è limitata all’affidamento della missione originaria, il che si verifica quando la scelta di quest’ultimo è accompagnata sia dalla costituzione del partenariato pubblico privato istituzionale (attraverso la costituzione di società mista), sia dall’affidamento della missione al socio operativo.

La Corte di giustizia si è pronunciata sulla possibilità di affidamento diretto a società a partecipazione mista (Corte di giustizia, sez. III, 15 ottobre 2009, C-196/08 - Acoset S.p.A.), ritenendo che le norme comunitarie “non ostano all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una società a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dell’offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni”[71].

Il modello della gara a doppio oggetto ha avuto anche l’avallo della giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1555), secondo cui “Le condizioni che devono sussistere affinché il ricorso ad una società mista, sia legittimo sono: 1) che esista una norma di legge che autorizzi l’amministrazione ad avvalersi di tale "strumento"; 2) che il partner privato sia scelto con gara; 3) che l’attività della costituenda società mista sia resa, almeno in via prevalente, in favore dell’autorità pubblica che ha proceduto alla costituzione della medesima; 4) che la gara (unica) per la scelta del partner e l’affidamento dei servizi definisca esattamente l’oggetto dei servizi medesimi (deve trattarsi di servizi "determinati"); 5) che la selezione della offerta migliore sia rapportata non alla solidità finanziaria dell’offerente, ma alla capacità di svolgere le prestazioni specifiche oggetto del contratto; 6) che il rapporto instaurando abbia durata predeterminata”.

Il principio della gara a doppio oggetto ha trovato codificazione, nel nostro ordinamento, con il comma 12 dell'art. 4 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 (l'art. 4, in materia di adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell'Unione europea, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 199 del 2012):

"12. Fermo restando quanto previsto ai commi 8, 9, 10 e 11, nel caso di procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio, al quale deve essere conferita una partecipazione non inferiore al 40 per cento, e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, il bando di gara o la lettera di invito assicura che:

a)   i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;

b)  il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l'intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo affidamento;

c)   siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione".

 


 

Articolo 18
(Quotazione di società a controllo pubblico
in mercati regolamentati)

 

 

L’articolo 18 prevede la possibilità di quotazione in mercati regolamentati delle società a controllo pubblico.

Per gli obblighi motivazionali e la forma dell’atto deliberativo si rinvia, rispettivamente, all'art. 5, comma 1, e all'art. 7, comma 1. L'atto deliberativo deve essere corredato, quale contenuto obbligatorio, di uno specifico programma avente ad oggetto il mantenimento o la progressiva dismissione del controllo pubblico sulla società quotata (comma 1).

Ai sensi del comma 2, anche nel caso della richiesta di ammissione alla quotazione, la relativa deliberazione deve essere adottata secondo le modalità di cui all'art. 7, comma 1 (non vengono richiesti oneri motivazionali che sono già recati nella deliberazione con cui l'amministrazione si determina alla quotazione di azioni).

È comunque consentita la quotazione in mercati regolamentati di singole società a partecipazione pubblica, che sono soggette a regimi speciali in base a norme di legge (comma 3).

Si richiama l'art. 4, comma 9, primo periodo, del T.U. in esame, il quale prevede che l'esclusione, da parte del Consiglio dei ministri, di singole società a partecipazione pubblica dall’applicazione delle disposizioni dello stesso, possa essere motivata anche dalla finalità di agevolarne la quotazione ai sensi dell’articolo in commento.

 


 

Articolo 19
(Gestione del personale)

 

 

L’articolo 19 reca disposizioni in materia di gestione del personale delle società a controllo pubblico, le quali stabiliscono che i rapporti di lavoro, salvo specifiche disposizioni recate nel provvedimento, sono disciplinati dalle medesime disposizioni che si applicano al settore privato, mentre al reclutamento si applicano i principi previsti per l’accesso alle pubbliche amministrazioni. Detta inoltre i criteri in tema di gestione di specifici processi di mobilità.[72]

 

Il comma 1 dispone che ai rapporti di lavoro dei dipendenti si applicano - per quanto non espressamente disciplinato dal decreto legislativo n.175/2016 in esame - le disposizioni del codice civile (libro V, titolo II, capo I), e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi di riferimento.

Le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti (che devono essere pubblicati sul sito istituzionale della società stessa, ai sensi di quanto previsto dal comma 3), criteri e modalità per il reclutamento del personale, nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, nonché dei principi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che detta i criteri a cui le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si devono conformare (comma 2). I contratti stipulati in assenza dei predetti provvedimenti o delle richiamate procedure, ai fini retributivi sono nulli, salvo quanto previsto dall'art. 2126 del codice civile (Prestazione di fatto con violazione di legge). Resta ferma la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale (comma 4).

In sostanza, con i suddetti commi da 1 a 4 si ribadisce che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico - salvo quanto disposto nel T.U. in esame - sono retti dalle stesse norme valide per il settore privato (codice civile e altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa), e che le modalità per il reclutamento del personale devono rispettare i principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, nonché i principi riguardanti le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni dettati dall'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (in tale disposizione confluisce il contenuto dei commi 1 e 2 dell'art. 18 del decreto-legge n. 112 del 2008, oggetto di abrogazione nell’articolo 28 del T.U. in commento). Come detto, viene inoltre operata la scelta di mantenere in capo al giudice ordinario la competenza sulle controversie relative ai provvedimenti e alle procedure di reclutamento del personale, a differenza di quanto accade per i dipendenti pubblici, in cui le controversie in materia di procedure concorsuali sono in capo alla giurisdizione del giudice amministrativo (art.63, comma 3, del decreto legislativo n.165 del 2001).

Il comma 5 prevede che le amministrazioni pubbliche titolari delle partecipazioni determinino, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento delle società controllate, ivi comprese le spese per il personale, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale. Dette determinazioni dovranno tener conto, oltre di quanto dispongono le disposizioni transitorie in tema di personale recate dal successivo articolo 25, delle disposizioni vigenti che stabiliscono divieti o limitazioni alle assunzioni di personale da parte delle pubbliche amministrazioni, in considerazione del settore in cui ciascun soggetto opera.

I richiamati obiettivi di contenimento dei costi dovranno essere attuati dalle società a controllo pubblico con idonei provvedimenti, che con riferimento al contenimento dei costi del personale dovranno essere recepiti, ove possibile, nella contrattazione di secondo livello (comma 6).

Sia i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni sia i contratti sono sottoposti alla pubblicazione sul sito istituzionale della società, oltre che dell’amministrazione (comma 7, primo periodo). Qualora non si ottemperi agli anzidetti obblighi di pubblicità e trasparenza, si prevede: i) il divieto dell'erogazione in favore delle società “di somme a qualsivoglia titolo[73] da parte dell'amministrazione interessata”[74]; ii) che sia applicabile “una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della violazione”[75]; iii) che tale inadempimento costituisca “elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell’amministrazione", ed è comunque valutato “ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili”[76], salvo che il dirigente non provi che tale inadempimento è dipeso da una causa a lui non imputabile (comma 7, secondo periodo).

I commi da 5 a 7 richiamano quanto disposto dal comma 2-bis dell'art. 18 del citato decreto-legge n. 112 del 2008 in materia di personale delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo[77]: esse devono perseguire l'obiettivo di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale[78].

Il comma 8 introduce – nei primi due periodi - uno specifico meccanismo di gestione dei processi di mobilità (con applicazione della procedura di cui all'art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001[79]), disponendo che, prima di effettuare nuove assunzioni, le amministrazioni pubbliche che abbiano proceduto a reinternalizzare funzioni o servizi esternalizzati a società partecipate, sono tenute - nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili - al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze delle società interessate dal processo di reinternalizzazione.

Con la reinternalizzazione di funzioni o servizi occorre pertanto procedere al corrispondente riassorbimento nella pubblica amministrazione, entro determinati limiti, delle unità di personale transitato alle dipendenze della società, ma già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche.

Il terzo periodo del comma 8 reca un intervento che appare diretto ad evitare possibili effetti distorsivi conseguenti alla decisione di procedere alla internalizzazione delle funzioni, prevedendo che essa abbia un impatto tendenzialmente neutro (e non più negativo) nei confronti delle capacità assunzionali complessive dell’ente e, pertanto, della programmazione del turn over in corso.

A tal fine esso dispone che nei casi in cui le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società decidano di reinternalizzare funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, e pertanto procedano, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, la spesa per il riassorbimento del personale a tempo indeterminato non rileva nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili (e, per gli enti territoriali, anche nell’ambito del parametro di cui al comma 557-quater dell’art. 1 della legge n. 296/2006[80]).

Tale “sterilizzazionedella spesa in questione avviene a condizione che siano effettuati gli adempimenti previsti dall’articolo 6-bis del D.Lgs. n. 165/2001[81] e, in particolare, a condizione che: a) in corrispondenza del trasferimento alla società della funzione sia stato trasferito anche il personale corrispondente alla funzione medesima (con le relative risorse stipendiali); b) la dotazione organica dell'ente sia stata corrispondentemente ridotta e tale contingente di personale non sia stato sostituito; c) siano state adottate le necessarie misure di riduzione dei fondi destinati alla contrattazione integrativa; d) l'aggregato di spesa complessiva del personale soggetto ai vincoli di contenimento sia stato ridotto in misura corrispondente alla spesa del personale trasferito alla società.

In conseguenza dello specifico processo di mobilità introdotto dai primi due periodi del comma 8, il comma 9 dispone che le disposizioni introdotte dalla legge di stabilità per il 2014 (commi da 565 a 568 della legge n.147/2013 abrogati dall’articolo 28 del T.U. in esame) in materia di gestione delle eccedenze di personale delle società partecipate continueranno ad applicarsi sino alla data di pubblicazione del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (previsto dal successivo articolo 25, comma 1) di definizione delle modalità di trasmissione alle singole Regioni dell’elenco del personale eccedente nelle società partecipate, una volta conclusa la ricognizione del personale in servizio. Nel caso in cui detto decreto non dovesse essere pubblicato entro il 31 dicembre 2017, a partire da tale data cesseranno comunque gli effetti delle richiamate disposizioni di cui alla legge n. 147 del 2013.

Per effetto del comma 9, quindi, il meccanismo di gestione dei processi di mobilità introdotto dal comma 8 tiene luogo di quello previsto ai commi da 565 a 568 dell'art. 1 della legge n.147/2013 citata, i quali continuano ad applicarsi soltanto fino, al massimo, al termine del corrente anno 2017.

Ai sensi dei suddetti commi, oggetto di abrogazione, il meccanismo di mobilità viene attivato in caso di eccedenze di personale delle società controllate da pubbliche amministrazioni, nonché nell'ipotesi in cui l'incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti, e si perfeziona con l'obbligo dell'informativa alle rappresentanze sindacali e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato in azienda. Spetta all’ente controllante provvedere alla riallocazione totale o parziale del personale in eccedenza nell’ambito della stessa società mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, ovvero presso altre società controllate dal medesimo ente o dai suoi enti strumentali, ovvero, infine, attraverso la possibilità di concludere accordi collettivi con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative finalizzati alla realizzazione di forme di trasferimento in mobilità dei dipendenti in esubero presso altre società dello stesso tipo operanti anche al di fuori del territorio della regione ove hanno sede le società interessate da eccedenze di personale[82].


 

Articolo 20
(Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche)

 

 

L’articolo 20 introduce una procedura di carattere ordinario che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate, al fine di razionalizzare le partecipazioni da essi detenute.

Va segnalato come, oltre all’articolo in esame, sul complessivo intervento di razionalizzazione societaria operato dal Testo Unico in esame incidono anche – come si dirà nell’illustrare l’articolo - le disposizioni contenute:

§  nell’articolo 4, ove vengono individuate le attività perseguibili mediante le partecipazioni societarie pubbliche;

§  nell’articolo 25, che disciplina una operazione di revisione straordinaria delle partecipazioni;

§  alcune delle disposizioni transitorie dettate nell’articolo 26, con riguardo in particolare ai commi 11 e da 12-bis a 12 sexies.

In particolare, viene stabilito che – salvo quanto previsto in ordine all’effettuazione della revisione straordinaria delle partecipazioni disciplinata dal successivo articolo 24, comma 1 - ai fini della razionalizzazione del sistema societario, ricorrendo anche alla fusione ovvero alla soppressione mediante messa in liquidazione o cessione delle società stesse - le amministrazioni pubbliche devono effettuare annualmente, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti enucleati al successivo comma 2, un piano di riassetto (comma 1).

Con riguardo alle amministrazioni che non detengono alcuna partecipazione, le stesse dovranno darne comunicazione alla Corte dei conti, fermi restando gli adempimenti già previsti all’articolo 17, comma 4, del decreto-legge n.90 del 2014, in virtù del quale il Ministero dell'economia “acquisisce le informazioni relative alle partecipazioni in società ed enti di diritto pubblico e di diritto privato detenute direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche”.

Ai sensi del comma 2, le cui disposizioni rivestono un ruolo centrale per la procedura di razionalizzazione in esame, i piani di riassetto, corredati di apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione, devono essere predisposti qualora, in sede di analisi, le amministrazioni pubbliche abbiano rilevato:

a)   partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all'art. 4;

b)  società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c)   società che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

d)  partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro;

e)    partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale (si pensi in particolare alle società strumentali) che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

f)    necessità di contenimento dei costi di funzionamento;

g)    necessità di aggregazione di società che svolgono le attività consentite dall’articolo 4.

Su alcune delle fattispecie sopra elencate incidono tuttavia anche altre disposizioni del Testo Unico in esame, costituite dalle seguenti.

Il comma 12-ter dell’articolo 26 stabilisce che per le società previste dal comma 8 dell’articolo 4 – vale a dire quelle con caratteristiche di spin off o start up universitari o degli enti di ricerca, ovvero le società costituite dalle università per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche - le disposizioni recate dall’articolo 20 in esame si applicano decorsi 5 anni dalla istituzione delle stesse.

Il successivo comma 12-quater del medesimo articolo dispone che per le società aventi per attività la gestione o l’organizzazione di spazi ed eventi fieristici, la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, ovvero la produzione di energia da fonti rinnovabili (società previste dal comma 7 dell’articolo 4), per l’applicazione del criterio del risultato negativo per quatto dei cinque esercizi precedenti previsto dalla lettera e) si considerano gli esercizi successivi al 2017.

In ordine alla lettera d), il comma 12-quinquies dell’articolo 26 dispone che il primo triennio rilevante è il periodo 2017-2019[83] e, nelle more della prima applicazione di tale criterio, si applica la soglia di fatturato medio di cinquecentomila euro per i trienni 2015-2017 e 2016-2018 ai fini dell’adozione dei piani di razionalizzazione previsti dall’articolo 20 in esame, ed, invece, il triennio precedente l’entrata in vigore del provvedimento (triennio 2014-2016) ai fini della razionalizzazione straordinaria prevista dall’articolo 24.

Quanto ai criteri previsti dalla lettere a) ed e), a norma del comma 12-sexies gli stessi non si applicano alle società partecipate che gestiscono case da gioco già autorizzate (ai sensi della legislazione vigente) al momento dell'entrata in vigore del Testo Unico in esame.

Si ritiene opportuno segnalare come il comma 2 in esame concorra, unitamente ad altre disposizioni del T.U. ed in particolare con il comma 2 dell’articolo 4, a delimitare il perimetro applicativo del T.U. medesimo. Benché attinenti ad oggetti differenti – costituiti rispettivamente dalle attività per le quali è consentita la costituzione di società partecipate o la detenzione di partecipazioni (nel caso del comma 2 dell’articolo 4), e dal sussistere di caratteristiche e di risultanze gestionali che possono rendere necessaria la soppressione della società partecipata (nel caso del comma 2 dell’articolo 20) – le due norme “fanno sistema” al fine di valutare il quadro complessivo dei criteri che consentono ovvero vietano il mantenimento delle attuali partecipazioni societarie (ovvero che presiedono alla acquisizione di nuove).

Quadro ai cui fini vanno ovviamente considerate anche le disposizioni presenti nel T.U. che escludono talune società o tipologie di società dall’ambito applicativo del medesimo, quali, tra le più significative:

§  l’articolo 4, comma 9, in cui si prevede che con D.P.C.M, ovvero con provvedimento del presidente della Regione nel caso di partecipate regionali, possa essere deliberata l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni dell’articolo 4 a singole società;

§  l’articolo 26, comma 2, che rinvia all’elenco delle società escluse indicate nell’Allegato A del provvedimento.

 

I provvedimenti societari previsti dal comma 1 (vale a dire le analisi delle partecipazioni) e dal comma 2 (i piani di razionalizzazione) vanno adottati entro il 31 dicembre di ogni anno e devono esser trasmessi, con le modalità previste dall’articolo 17, comma 4, del decreto-legge n.90 del 2014[84], alla struttura del Ministero dell’economia incaricata del controllo e monitoraggio sull’attuazione del decreto in esame istituita dall’art. 15 (cui si rinvia) e alla competente sezione di controllo della Corte dei conti (comma 3).

Importante segnalare in proposito come, secondo quanto dispone il comma 11 del successivo articolo 26, agli adempimenti inerenti la razionalizzazione periodica in esame si procederà - stante l’immediata applicazione della revisione straordinaria prevista dall’articolo 24 - a decorrere dall’anno 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.

In caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell’anno successivo le amministrazioni pubbliche devono approvare una relazione sull’attuazione dello stesso, che trasmetteranno alla competente sezione regionale della Corte dei conti e alla struttura di controllo presso il MEF (comma 4).

I piani possono prevedere mediante operazioni straordinarie, anche la dismissione o l'assegnazione di partecipazioni acquistate anche per espressa previsione normativa. In tale fattispecie gli atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti eventualmente in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione (comma 5).

In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, al comma 7 viene prevista una sanzione amministrativa da 5.000 a 500.000 euro (salvo l’ulteriore danno rilevato dal giudice contabile), comminata dalla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti. Si applicano inoltre le norme sanzionatorie previste nei commi da 5 a 9 dell’articolo 24 in caso di mancata effettuazione della revisione straordinaria ivi stabilita (inibizione del socio pubblico all’esercizio dei diritti sociali, liquidazione della partecipazione, ovvero, ricorrendone i presupposti, liquidazione della società).

A norma dei commi 6 ed 8 resta ferma l'applicazione delle seguenti disposizioni in materia di razionalizzazione delle partecipate pubbliche:

§  il comma 568-bis della legge n.147/2013 (legge di stabilità 2014), il quale prevede una serie di incentivi fiscali alla possibilità di scioglimento o di alienazione (con procedura a evidenza pubblica in corso o deliberata entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione) di società partecipate, direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni locali;

§  l'art. 29, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale dispone l'approvazione, da parte del Ministro dell'economia, previo parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, di uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali;

§  l’art. 1, commi da 611 a 616, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015), facendosi in tal modo salva la disciplina dettata nella materia in esame dalla legge di stabilità 2015 medesima che, nel contesto di un processo teso alla razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie, ha previsto (in particolare ai commi 611-612) l’obbligo di presentazione da parte degli enti territoriali (regioni, enti locali, camere di commercio, università ed autorità portuali) dei piani operativi di razionalizzazione, con l’obiettivo di conseguire la riduzione delle società, direttamente o indirettamente partecipate, esplicitando modalità e tempi di attuazione, entro il 31 marzo 2015, prevedendo contestualmente che entro il 31 marzo 2016 ciascun organo proprietario predisponga una relazione sui risultati conseguiti da trasmettere alla Corte dei conti.

 

Il comma 9 dispone che, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il conservatore del registro delle imprese cancelli d’ufficio - con apposito procedimento -, dal registro delle imprese, le società a controllo pubblico che, per oltre tre anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio d’esercizio ovvero non abbiano compiuto atti di gestione.

Il conservatore comunica previamente l’avvio del procedimento agli amministratori o ai liquidatori, che possono entro 60 giorni presentare domanda di prosecuzione dell’attività, e, in caso di regolare presentazione della domanda, non si dà seguito al procedimento di cancellazione

Sempre al comma 9, si prevede infine che Unioncamere presenti alla struttura del Ministero dell'economia competente a svolgere attività di monitoraggio, indirizzo e coordinamento sull'attuazione del Testo Unico in esame una dettagliata relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni contenute nel medesimo comma.

 


 

Articolo 21
(Norme finanziarie sulle società partecipate dalle
amministrazioni locali)

 

 

L’articolo 21 detta norme finanziarie sulle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali, di cui all'elenco predisposto annualmente dall'Istat ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009.

In particolare, il comma 1 dispone che, qualora dette società presentino un risultato di esercizio[85] negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti sono tenute ad accantonare, nell'anno successivo, in apposito fondo vincolato, un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Detto importo è reso disponibile:

§  in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione;

§  in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti.

Il comma 2 reca disposizioni per la prima applicazione, riferite agli anni 2015, 2016 e 2017, degli accantonamenti di cui al comma 1.

I commi 1 e 2 riproducono il contenuto dell'art. 1, commi 551 e 552, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) con riferimento alle sole società partecipate dalle amministrazioni locali, laddove i commi 551 e 552 hanno, come ambito soggettivo di applicazione, le aziende speciali, le istituzioni, le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'elenco predisposto annualmente dall'Istat ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009[86]. Ne discende, all'art. 27 (comma 2, lettera a)), in sede di modifiche di coordinamento con la legislazione vigente, tramite novella al comma 550, la limitazione dell'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 551 a 562 dell'art. 1 della legge n. 147 alle aziende speciali e alle istituzioni.

Le disposizioni in commento sono dirette a evitare che la mancata considerazione delle perdite eventualmente riportate dall’organismo partecipato possa incidere negativamente sui futuri equilibri di bilancio dell'ente partecipante.

Il presupposto di applicazione della norma è la presenza, nell’ultimo bilancio disponibile, di un risultato di esercizio o un saldo finanziario negativo, non immediatamente ripianato dall’ente partecipante. A regime, l’importo accantonato nel bilancio di previsione sarà equivalente al risultato negativo non immediatamente ripianato, in proporzione alla quota di partecipazione.

Nelle more della piena attuazione dei principi del consolidamento introdotti dal decreto legislativo n. 118 del 2011[87], la Sezione delle autonomie della Corte dei conti, nelle linee di indirizzo per il passaggio alla nuova contabilità armonizzata (deliberazione n. 4/SEZAUT/2015/INPR), ha richiamato l’attenzione degli enti territoriali sull’obbligatoria costituzione, nel bilancio di previsione 2015, di un fondo vincolato in caso di perdite reiterate nelle aziende speciali, nelle istituzioni e nelle società partecipate ai sensi di quanto disposto dai citati commi 551 e 552.

Il comma 3 introduce misure di riduzione dei compensi degli amministratori delle società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali, titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo. La riduzione è quantificata nella misura del 30 per cento dei compensi percepiti.

Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori.

Le previsioni di cui al comma 3 non trovano tuttavia applicazione agli amministratori di società il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante.

 

Il comma 3 riproduce i contenuti già previsti dall'art. 1, comma 554, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014), che, nella formulazione precedente l'entrata in vigore del Testo Unico in esame, riguardava oltre alle società a partecipazione maggioritaria delle amministrazioni locali (titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione), anche le aziende speciali e le istituzioni. L'art. 27 (comma 2, lettera b)) del decreto legislativo in esame opera la conseguente modifica di coordinamento, disponendo, tramite novella, che il comma 554 continui ad applicarsi esclusivamente alle aziende speciali e alle istituzioni.

La riduzione dei compensi dei componenti degli organi sociali costituisce, insieme alla riduzione del numero dei componenti stessi, la modalità attraverso la quale pervenire al contenimento dei costi degli organi sociali.

La legge di stabilità per il 2014, nell’ottica di una crescente responsabilizzazione dei soggetti che agiscono per finalità pubbliche, ha inteso accentuare la correlazione tra i compensi degli amministratori di aziende speciali, istituzioni e società in house e i risultati di esercizio conseguiti dall’organismo.

Anche nel caso in esame, dunque, la riduzione del compenso si pone quale incentivo a una gestione virtuosa della società in house.

 

Il comma 3-bis precisa che le pubbliche amministrazioni locali partecipanti possono procedere al ripiano delle perdite subite dalla società partecipata con le somme accantonate ai sensi del comma 1, nei limiti della loro quota di partecipazione e nel rispetto dei principi e della legislazione dell'Unione europea in tema di aiuti di Stato.


 

Articolo 22
(Trasparenza)

 

 

L’articolo 22, nel disporre che le società in controllo pubblico sono tenute ad assicurare il massimo livello di trasparenza sull’uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti, richiama espressamente, rinviando in toto allo stesso, quanto previsto dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante " Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni".

 

Il decreto legislativo n. 33 del 2013, adottato in attuazione della legge delega n. 190 del 2012[88], è stato ampiamente modificato dal D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", emanato sulla base della delega di cui all'art. 7, comma 1, della legge n. 124 del 2016.

Secondo l’articolo 2-bis del D.Lgs. n. 33/2013, riguardante l’ambito soggettivo di applicazione, la disciplina recata dal decreto legislativo stesso per le pubbliche amministrazioni (di cui al comma 1) si applica anche, in quanto compatibile, “(omissis) b) alle società in controllo pubblico come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Sono escluse le società quotate come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera p), dello stesso decreto legislativo, nonché le società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche”.

Tale specificazione è stata introdotta con il comma 2-ter dell’articolo 27 del Testo Unico delle società partecipate in commento (D.Lgs. n. 175/2016, come modificato dall’articolo 18, comma 1, del D.Lgs. n. 100/2017), nell’ambito delle disposizioni di coordinamento con la normativa vigente.

 

Gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati, e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato sono definiti dall’articolo 22 del D.Lgs. n. 33/2013 medesimo.

Si ricorda inoltre che sono in corso di aggiornamento da parte dell’ANAC le Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle P.A. e degli enti pubblici economici (in sostituzione di quelle emanate dall’ANAC con determinazione 17 giugno 2015, n. 8). Sullo schema di Linee guida è stata effettuata una consultazione pubblica ed è stato acquisito il parere del Consiglio di Stato (parere 29 maggio 2017, n. 1257).

 


 

Articolo 23
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L’articolo 23 prevede espressamente l’applicazione delle disposizioni del T.U. in esame alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Il richiamo all’applicabilità delle disposizioni solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni previste dagli Statuti delle Regioni ad ordinamento autonomo e alle Province autonome si fonda sulla circostanza che le disposizioni dello schema in esame non possono incidere sulle discipline, e quindi sul quadro delle competenze, definite dagli statuti, e dalle relative norme di attuazione, in quanto gli statuti stessi sono adottati con legge costituzionale. Si tratta peraltro di una clausola di salvaguardia che è costantemente inserita in tutti i provvedimenti che possono potenzialmente incidere sulle competenze delle regioni a statuto speciale e costituisce uno dei parametri su cui si fondano i giudizi della Corte costituzionale sulle questioni che le vengono poste.

Quanto al riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il titolo V della parte seconda della Costituzione, si rammenta che l'articolo 10 ha disposto la possibile applicazione delle disposizioni della legge costituzionale alle regioni a statuto speciale per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite, fino all’adeguamento dei rispettivi statuti. Sulla base della clausola di maggior favore di cui all'art. 10 la Corte costituzionale valuta, in sede di giudizio di legittimità, se prendere a parametro l’articolo 117 Cost. anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nella materia oggetto della questione assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali[89].

 


 

Articolo 24
(
Revisione straordinaria delle partecipazioni)

 

 

L’articolo 24 dispone una revisione straordinaria delle partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche alla data di entrata in vigore del decreto in esame (23 settembre 2016).

A tal fine il comma 1 dispone che le partecipazioni che:

§  non siano riconducibili ad alcuna delle categorie previste dall'art. 4, del decreto in esame (cfr.infra);

§   non soddisfino i requisiti motivazionali e di compatibilità con la normativa europea di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 5.

Tali commi dispongono: a) che l'atto di costituzione di una società deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali previste dall'articolo 4, evidenziando, altresì le ragioni che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria; b) che l’atto medesimo deve dar atto della compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.

§  ricadano nelle ipotesi per le quali l’articolo 20, comma 2 (cfr. infra), prevede la predisposizione di piani di riassetto finalizzati alla dismissione;

§  siano alienate ovvero per esse si procede all'adozione di un piano di riassetto per la loro valorizzazione, fusione o soppressione, messa in liquidazione o cessione (secondo quanto previsto dall'art. 20, commi 1 e 2, specificatamente richiamati nel comma 1 in esame).

A tal fine, entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica effettua la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute (alla suddetta data del 20 settembre 2016), individuando quelle che devono essere alienate (comma 3).

Gli esiti della revisione delle partecipazioni, anche nel caso in cui non si rinvengano situazioni che rendano necessaria l'attuazione di razionalizzazione, dovranno essere comunicati con le modalità di cui all'art. 17 del decreto-legge n. 90/2014, e tali informazioni vanno rese disponibili alla competente sezione della Corte dei conti[90] ed alla struttura del Ministero dell'economia incaricata dell'attività di monitoraggio, indirizzo, coordinamento delle società partecipate ai sensi dell'art. 15 del provvedimento in esame.

Il comma 2 precisa che per le amministrazioni territoriali e gli altri enti tenuti a redigere il piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni dagli stessi possedute, di cui all’articolo 1, comma 611, della legge n.190/2014[91], il provvedimento di ricognizione di cui al comma 1 costituisce aggiornamento dello stesso piano operativo

Il comma 4 dispone che le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione debbano essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa e con le modalità di alienazione previste dall'art. 10 (cfr.infra).

In caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società, e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro, con l'osservanza, sia per le S.p.A. che per le S.r.l., dei criteri e del procedimento di cui, rispettivamente, agli articoli 2437-ter, secondo comma, e 2437-quater del codice civile[92] (comma 5).

In ordine a tale ultima norma, come anche con riguardo a quella recata al precedente comma 3, va tenuto presente che l’articolo 21 del decreto legislativo correttivo del T.U. in esame – vale a dire il D.Lgs. n.100/2017 – prevede, in evidente correlazione con il termine del 30 settembre 2017 stabilito per l’effettuazione dell’operazione di revisione straordinaria in esame, che le disposizioni recate dai commi 3 e 5 dell’articolo in commento si applichino a decorrere dal 1°ottobre 2017; dispone inoltre che fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo medesimo, (intervenuta il 27 giugno 2017), sono fatti salvi gli atti di esercizio dei diritti sociali di cui al suddetto comma 5 compiuti dal socio pubblico.

Con il comma 6 si stabilisce che la società è posta in liquidazione:

§  nei casi di scioglimento previsti dal sesto e settimo comma dell’articolo 2437-quater del codice civile[93];

§  in caso di estinzione della partecipazione di una società unipersonale.

Quanto al comma 7, lo stesso precisa che gli obblighi di alienazione che insorgono a seguito della ricognizione straordinaria prevista dall’articolo in esame valgono anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali.

Tale statuizione viene, tra l'altro, indirettamente ribadita dal successivo comma 8, il quale prevede che all'attuazione dei piani di ricognizione si applichino le disposizioni previste dai commi 613 e 614 dell’articolo 1 della legge n. 190/2014 per i piani operativi - prima citati in riferimento al comma 2 - di razionalizzazione delle società e partecipazioni dalle stesse possedute.

Il primo di tali commi (comma 613) dispone infatti che le deliberazioni di scioglimento e di liquidazione e gli atti di dismissione di società costituite o di partecipazioni societarie acquistate per espressa previsione normativa sono disciplinati unicamente dalle disposizioni del codice civile e, in quanto incidenti sul rapporto societario, non richiedono né l'abrogazione né la modifica della previsione normativa originaria. Quanto al comma 614, lo stesso reca disposizioni volte all’applicabilità delle previsioni in materia di personale in servizio e di regime fiscale delle operazioni di scioglimento e alienazione dettate dalla legge n.147/2013 (in particolare i commi da 563 a 568-ter, che qui non si dettagliano) alle operazioni di scioglimento ed alienazione di società partecipate deliberate ai sensi della legge medesima entro il 2015.

Il comma 9 dispone infine che - all’esclusivo fine di favorire i processi di cui all'articolo in esame - in occasione della prima gara successiva alla cessazione dell’affidamento in favore della società a controllo pubblico coinvolta nel procedimento di alienazione, al personale già impiegato nell’appalto o nella concessione cessati si applica la disciplina in materia di trasferimento d’azienda[94].

A tal riguardo va segnalato che tra le norme di coordinamento con la normativa vigente dettate dall’articolo 27 del provvedimento in esame, il comma 2-bis dello stesso dispone che resta fermo quanto previsto dal comma 2-bis dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 138/2011, a norma del quale l'operatore economico succeduto al concessionario iniziale, a seguito di operazioni societarie anche di fusioni o acquisizioni, deve proseguire nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste. In tale ipotesi, anche su istanza motivata del gestore, il soggetto competente accerta la persistenza dei criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario al fine di procedere, ove necessario, alla loro rideterminazione, anche tramite l'aggiornamento del termine di scadenza di tutte o di alcune delle concessioni in essere.

 

Può rilevarsi come l'articolo in esame - con la previsione di un procedimento di revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche - vada ad integrare il quadro delle misure di riordino, semplificazione e riduzione, in una parola di razionalizzazione, delle stesse, già delineato dagli artt. 4 e 20, alla cui illustrazione si rinvia.

In tale quadro esso, in particolare, appare “far sistema” con l'articolo 20 del decreto[95], contenendo entrambi disposizioni che riguardano la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche. Essi si differenziano in ragione della circostanza che il primo articolo detta una disciplina a regime della revisione, mentre questo in esame impone un meccanismo di razionalizzazione straordinaria delle partecipazioni, da realizzarsi entro il 30 giugno 2017. Si tratta di disposizioni che dunque, seppur tendenti al medesimo fine, si fondano su presupposti parzialmente diversi, con un ambito di applicazione che nell’articolo 20 risulta più esteso di quello dell’articolo 24.

 


 

Articolo 25
(Disposizioni transitorie in materia di personale)

 

 

L’articolo 25 reca la disciplina transitoria in materia di personale delle società a controllo pubblico, prevedendo, al comma 1, che le società medesime effettuino entro il 30 settembre 2017 una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, procedendo quindi a trasmettere alla regione competente (individuata dalla norma in quella in cui la società ha sede legale) l'elenco del personale eccedente, con la puntuale indicazione dei profili posseduti.

La trasmissione dell’elenco va effettuata secondo modalità stabilite da un decreto del Ministro del lavoro, adottato di concerto con il Ministro per la semplificazione e con il Ministro dell'economia, previa intesa in Conferenza unificata. Alle regioni viene attribuito il compito (comma 2) di formare e gestire l'elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti ai sensi del comma 1 e di agevolare processi di mobilità in ambito regionale, con modalità definite dal D.M. suddetto.

La norma fa riferimento alla c.d. “intesa forte” ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, il quale prevede che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso – a differenza dell’intesa prevista dall’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 - è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 281/1997 medesimo, nei quali si prevede che, nei casi di mancato raggiungimento dell'intesa ovvero di urgenza, il Consiglio dei ministri possa comunque procedere con provvedimento motivato.

Decorsi sei mesi dalla sopradetta data del 30 settembre 2017 (quindi, entro il termine del 31 marzo 2018) le regioni trasmettono gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che gestisce l'elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati (comma 3).

Si dispone inoltre che fino al 30 giugno 2018, le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo, con le modalità definite dal decreto del Ministro del lavoro previsto dal comma 1, agli elenchi predisposti dalle regioni (ai sensi del comma 2), ovvero agli elenchi gestiti dall’ANPAL (di cui al comma 3). Il divieto di assunzione stabilito dal comma 3 in esame decorre dalla data di pubblicazione del suddetto decreto del Ministro del lavoro (comma 4).

Conseguentemente, nelle more dell’emanazione del decreto medesimo, le società partecipate possono avviare e concludere procedure di assunzione, fermi restando i vincoli e le condizioni stabilite a legislazione vigente

Viene poi stabilito (comma 5, primo periodo) che qualora sia indispensabile personale con profili non disponibili negli elenchi delle regioni e dell’ANPAL, le regioni, fino alla scadenza del termine di cui al comma 3 (31 marzo 2018), possono autorizzare, in deroga al divieto previsto dal comma 4, l'avvio di procedure di assunzione ai sensi dell'articolo 19. Dopo la scadenza del suddetto termine, il soggetto titolato all'autorizzazione delle procedure di assunzione è l'ANPAL (comma 5, secondo periodo).

Per quanto riguarda le società controllate dallo Stato, l'autorizzazione alle procedure di assunzione compete al Ministero dell'economia.

I rapporti di lavoro stipulati in violazione delle disposizioni dell’articolo 5 in esame sono nulli e i relativi provvedimenti costituiscono grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile (comma 6).

Da ultimo, il comma 7 esclude dall'applicazione del presente articolo le società a partecipazione mista pubblico-privata di cui all’articolo 17 (vale a dire quelle a prevalente capitale privato, atteso che ai sensi di tale articolo la partecipazione del socio privato non può essere inferiore al 30 per cento) che producono servizi di interesse generale e che nei tre esercizi precedenti abbiano prodotto un risultato positivo.


 

Articolo 26
(Altre disposizioni transitorie)

 

 

L’articolo 26 reca ulteriori disposizioni transitorie.

È stabilito il termine del 31 luglio 2017[96] per l’adeguamento degli statuti societari alle disposizioni del decreto (comma 1).

Le disposizioni che circoscrivono le finalità perseguibili dalle amministrazioni pubbliche mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche (contenute all'art. 4) non si applicano per le società individuate dall'Allegato A, nonché per le società che gestiscono fondi europei per conto dello Stato ovvero la realizzazione di progetti di ricerca finanziati dalle istituzioni dell’Unione europea (comma 2).

Rimangono ammesse, inoltre, le partecipazioni in società quotate detenute dalle pubbliche amministrazioni al 31 dicembre 2015 (comma 3).

Il comma 4 prevede una disciplina transitoria volta ad agevolare la quotazione di società in partecipazione pubblica presso mercati regolamentati. Sono infatti escluse dall’applicazione del decreto legislativo in esame, per un periodo di diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente Testo Unico, le società che entro il medesimo termine abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati e trasmesso il provvedimento alla Corte dei conti. Qualora dette società abbiano presentato domanda di ammissione alla quotazione entro lo stesso termine, il decreto legislativo continua tuttavia a non applicarsi alle stesse fino alla conclusione del procedimento di quotazione.

Il comma 5 esclude altresì dall’applicazione del decreto, nei dodici mesi successivi alla sua entrata in vigore, le società in partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati. Tali atti devono essere stati comunicati alla Corte dei conti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del Testo Unico in esame. Quest'ultimo continua a non applicarsi alla stessa società qualora il procedimento di quotazione si sia concluso entro il suddetto termine di dodici mesi. Sono comunque fatti salvi gli effetti degli atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, adottati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

Il comma 6 esclude dall’applicazione delle disposizioni degli articoli 4 (Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche), 17 (Società a partecipazione mista pubblico-privata), 19 (Gestione del personale) e 25 (Disposizioni transitorie in materia di personale) le società a partecipazione pubblica derivanti da una sperimentazione gestionale costituite ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto legislativo n. 502/1992.

Il citato articolo consente alle regioni e le province autonome di Trento e Bolzano di autorizzare programmi di sperimentazione aventi ad oggetto nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato. Al di fuori di tali programmi di sperimentazione vige il divieto per le aziende del Servizio sanitario nazionale di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute.

Il comma 7 fa salve, fino al completamento dei relativi progetti, le partecipazioni pubbliche nelle società costituite per il coordinamento e l'attuazione dei patti territoriali e dei contratti d'area per lo sviluppo locale, ai sensi della delibera Cipe 21 marzo 1997, che ha recato la disciplina generale della programmazione negoziata.

Il comma 8 dispone l’adozione del decreto di cui all'articolo 11, comma 6 (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di classificazione in cinque fasce delle società in controllo pubblico - (cfr.infra) entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del Testo Unico (intervenuta il 23 settembre 2016).

La norma è subordinata alla mancata adozione[97] (alla data di entrata in vigore del T.U. in esame) di analogo decreto previsto dall'articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (comma abrogato dall’articolo 28, lettera v) del Testo Unico in commento).

Il comma 9 interviene sul D.Lgs. n. 118/2011[98], e in particolare:

a)   all'articolo 11-quater (sulle società controllate), comma 1, al fine di limitare la definizione di “società controllata da una regione o da un ente locale” recata dall’articolo al solo scopo dell’elaborazione del bilancio consolidato;

b)  all'articolo 11-quinquies (sulle società partecipate), comma 1, al fine di limitare la definizione di “società partecipata da una regione o da un ente locale” recata dall’articolo al solo scopo dell’elaborazione del bilancio consolidato.

Ai sensi del comma 10, le società in controllo pubblico si adeguano alle previsioni dell’articolo 11, comma 8, entro il 31 luglio 2017.

L'art. 11, comma 8, (cfr. infra) disciplina:

§  l'incompatibilità tra la posizione di dipendente delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti e la carica di amministratore di società in controllo pubblico;

§  l'onnicomprensività del trattamento per gli amministratori che siano dipendenti della società controllante (già in vigore in virtù dell'art. 4, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 95 del 2012).[99]

 

Il comma 12 prevede il trasferimento della titolarità delle partecipazioni societarie delle altre amministrazioni statali al Ministero dell'economia e delle finanze, anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione, tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, qualora entro il 31 ottobre 2016 pervenga la proposta dei relativi ministri.

La norma è anche finalizzata a dare piena attuazione alla previsione di cui all'articolo 9, comma 1, secondo cui per le partecipazioni pubbliche statali i diritti del socio sono esercitati dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con altri Ministeri competenti per materia.

 

Il comma 12-bis esclude dall’applicazione del T.U. le società destinatarie dei provvedimenti adottati sulla base del codice delle leggi antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011), nonché la Società per la Gestione di Attività - S.G.A. S.p.A. (operante nel settore del recupero dei crediti deteriorati, di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 59 del 2016).

 

Il comma 12-ter fissa, per le società con caratteristiche di spin off o di start up universitari previste dall'articolo 6, comma 9, della legge n. 240 del 2010, nonché per quelle con caratteristiche analoghe agli enti di ricerca, a 5 anni dopo la loro costituzione la data di decorrenza per l'applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 20, in materia di razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche.

 

Il comma 12-quater prevede un’eccezione, nell’ambito della razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche, per le società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici, la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, nonché la produzione di energia da fonti rinnovabili (citate dall’articolo 4, comma 7). Per tali società, ai fini della prima applicazione della disposizione che impone l’adozione di piani di razionalizzazione per partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti (articolo 20, comma 2, lettera e)), si considerano i risultati dei cinque esercizi successivi all'entrata in vigore del Testo Unico.

 

Il comma 12-quinquies dispone che, ai fini dell'applicazione della disposizione che richiede l’adozione dei piani di razionalizzazione qualora le amministrazioni pubbliche rilevino partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro (articolo 20, comma 2, lettera d)), il primo triennio rilevante è il triennio 2017-2019. Nelle more della prima applicazione del suddetto criterio relativo al triennio 2017-2019, si applica la soglia di fatturato medio non superiore a cinquecentomila euro:

§  per il triennio precedente l'entrata in vigore del Testo Unico, ai fini dell'adozione dei piani di revisione straordinaria di cui all'articolo 24

§  per i trienni 2015-2017 e 2016-2018, ai fini dell'adozione dei piani di razionalizzazione di cui all'articolo 20.

 

Il comma 12-sexies riguarda le partecipazioni pubbliche nelle società che, alla data di entrata in vigore del Testo Unico, risultano già costituite e autorizzate alla gestione delle case da gioco ai sensi della legislazione vigente. Tali partecipazioni possono essere acquisite e mantenute, in deroga all'articolo 4, ove si dispone che (a parte i casi elencati dal comma 2) le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

Inoltre, sempre con riguardo a tali società:

§  non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, comma 2, lettere a) ed e), ossia non è richiesta l’adozione dei piani di razionalizzazione per le partecipazioni societarie che non rientrino nelle eccezioni previste dall’articolo 4, né per quelle che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

§  il divieto previsto dall'articolo 14, comma 5, di sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, e rilasciare garanzie a favore delle società partecipate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali si applica a decorrere dal 31 maggio 2018.


 

Articolo 27
(Coordinamento con la legislazione vigente)

 

 

L’articolo 27 reca disposizioni di coordinamento con la legislazione vigente.

 

Delle disposizioni di coordinamento con la legislazione vigente si è dato conto nel corso dell'illustrazione dei singoli articoli ed in particolare:

§  per il comma 1, si veda alla scheda di lettura dell’articolo 19, commi 5-7;

§  per il comma 2, lettera a), si veda la scheda dell’articolo 21, comma 2;

§  per il comma 2, lettera b), si rinvia alla scheda dell’articolo 21, comma 3;

§  per il comma 2, lettera c), si rimanda alla scheda relativa all’articolo 4, comma 9;

§  per il comma 2-bis, introdotto dal decreto correttivo, si veda la scheda di lettura dell’articolo 24, comma 9;

§  per il comma 2-ter, anch’esso introdotto dal decreto correttivo, si veda la scheda di lettura dell’articolo 22.


 

Articolo 28
(Abrogazioni)

 

 

L’articolo 28 reca abrogazione delle disposizioni vigenti in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, confluite nel decreto legislativo o comunque ritenute non più necessarie rispetto al disegno complessivo della riforma[100].

 

La tabella che segue riporta, per le norme abrogate, il rinvio alla scheda di lettura nella quale è stata commentata la specifica abrogazione.

 

§   

Lett.

Norme abrogate

Vedi scheda articolo

a)

Articoli 116, 122 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

4

b)

l'articolo 14, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

[101]

c)

l'articolo 1, comma 3, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239;

4

d)

l'articolo 13 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

4

e)

l'articolo 1, commi 725, 726, 727, 728, 729, 730, 733 e 735 della legge 27 dicembre 2006, n. 296

11

f)

l'articolo 3, commi 12, 12-bis, 14, 15, 16, 17, 27, 27-bis, 28, 28-bis, 29, 32-bis, 32-ter e 44, ottavo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 244

4, 5, 7, 9, 11

g)

l'articolo 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, commi 1, 2 e 3;

19

h)

l'articolo 71 della legge 18 giugno 2009, n. 69;

11

l)

l'articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

14

m)

l'articolo 3-bis, comma 6, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148

19

n)

l'articolo 23-bis, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

11

o)

l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, limitatamente al primo e al terzo periodo;

11

p)

l'articolo 4, comma 5, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, limitatamente al primo periodo e alle parole “e dal terzo” del secondo periodo;

11

q)

l'articolo 4, comma 13, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, limitatamente al primo, al secondo e al quarto periodo;

1

r)

l'articolo 3, comma 7-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125;

11

s)

l'articolo 1, commi 551, limitatamente al secondo periodo, 558 e 562, limitatamente alla lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147

21

t)

l'articolo 1, commi da 563 a 568 e da 568-ter a 569-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147

4, 19

u)

l'articolo 23 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89

4

v)

l'articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208

11

 

 


Testo a fronte


D.Lgs. n. 175/2016, testo originario

D.Lgs. n. 175/2016, integrato con le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 100/2017

Premessa

Premessa

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;

Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

Visto il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante «Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture»;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 20 gennaio 2016;

Acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella riunione del 14 aprile 2016;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 16 marzo 2016;

Acquisito il parere della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 14 luglio 2016;

Acquisiti i pareri definitivi delle competenti Commissioni parlamentari ai sensi dell'articolo 16, comma 4, della citata legge n. 124 del 2015;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 10 agosto 2016;

 

 

 

 

Sulla proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;

Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

Visto il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante «Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture»;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 20 gennaio 2016;

Acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella riunione del 14 aprile 2016;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 16 marzo 2016;

Acquisito il parere della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 14 luglio 2016;

Acquisiti i pareri definitivi delle competenti Commissioni parlamentari ai sensi dell'articolo 16, comma 4, della citata legge n. 124 del 2015;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 10 agosto 2016;

Acquisita l'intesa in sede di Conferenza Unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, raggiunta nella seduta del 16 marzo 2017;

Sulla proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

Art. 1

Oggetto

Art. 1

Oggetto

1. Le disposizioni del presente decreto hanno a oggetto la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l'acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta.

identico

2. Le disposizioni contenute nel presente decreto sono applicate avendo riguardo all'efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica.

identico

3. Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato.

identico

4. Restano ferme:

a) le specifiche disposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l'esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento di una specifica missione di pubblico interesse;

b) le disposizioni di legge riguardanti la partecipazione di amministrazioni pubbliche a enti associativi diversi dalle società e a fondazioni.

identico

5. Le disposizioni del presente decreto si applicano, solo se espressamente previsto, alle società quotate, come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera p).

5. Le disposizioni del presente decreto si applicano, solo se espressamente previsto, alle società quotate, come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera p), nonché alle società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche.

Art. 2

Definizioni

Art. 2

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intendono per:

 

a)  «amministrazioni pubbliche»: le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità portuali;

b)  «controllo»: la situazione descritta nell'articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo;

c)  «controllo analogo»: la situazione in cui l'amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione partecipante;

d)  «controllo analogo congiunto»: la situazione in cui l'amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

e)  «enti locali»: gli enti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

f)  «partecipazione»: la titolarità di rapporti comportanti la qualità di socio in società o la titolarità di strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi;

g)  «partecipazione indiretta»: la partecipazione in una società detenuta da un'amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica;

h)  «servizi di interesse generale»: le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale;

i) «servizi di interesse economico generale»: i servizi di interesse generale erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato;

l) «società»: gli organismi di cui al titolo V del libro V del codice civile;

 

 

m) «società a controllo pubblico»: le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b);

n) «società a partecipazione pubblica»: le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico;

o) «società in house»: le società sulle quali un'amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto;

 

 

 

p)  «società quotate»: le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati; le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati; le società partecipate dalle une o dalle altre, salvo che le stesse siano anche controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche.

1. Ai fini del presente decreto si intendono per:

a)  «amministrazioni pubbliche»: le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale;

 

b)  identica;

 

 

 

 

 

 

c)  identica;

 

 

 

 

 

 

d)  identica;

 

 

 

 

 

e)  identica;

 

f)  identica;

 

 

g)  identica;

 

 

 

h)  identica;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

i)  identica;

 

 

l) «società»: gli organismi di cui al titolo V e VI, capo I del libro V del codice civile anche aventi come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili, ai sensi dell’art. 2615-ter del codice civile;

m)  identica;

 

 

n)  identica;

 

 

o) «società in house»: le società sulle quali un'amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di cui all'articolo 16, comma 1, e che soddisfano il requisito dell'attività prevalente di cui all'articolo 16, comma 3;

p)  «società quotate»: le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati; le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati.

Art. 3

Tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica

Art. 3

Tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica

1. Le amministrazioni pubbliche possono partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa.

2.  Nelle società a responsabilità limitata a controllo pubblico l'atto costitutivo o lo statuto in ogni caso prevede la nomina dell'organo di controllo o di un revisore. Nelle società per azioni a controllo pubblico la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale.

Articolo non modificato

Art. 4

Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche

Art. 4

Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche

1.  Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

identico

2.  Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate:

a)  produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;

b)  progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;

c)  realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2;

d)  autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;

e)  servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.

2.  identico:

 

 

 

 

a)  identica;

 

 

 

 

b)  identica;

 

 

 

c)  identica

 

 

 

d)  autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;

e)  identica.

3.  Al solo fine di ottimizzare e valorizzare l'utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio, le amministrazioni pubbliche possono, altresì, anche in deroga al comma 1, acquisire partecipazioni in società aventi per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse, tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato.

identico

4.  Le società in house hanno come oggetto sociale esclusivo una o più delle attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) del comma 2. Salvo quanto previsto dall'articolo 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.

identico

5.  Fatte salve le diverse previsioni di legge regionali adottate nell'esercizio della potestà legislativa in materia di organizzazione amministrativa, è fatto divieto alle società di cui al comma 2, lettera d), controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società. Il divieto non si applica alle società che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali, salvo il rispetto degli obblighi previsti in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamento del bilancio degli enti partecipanti.

identico

6.  E' fatta salva la possibilità di costituire società o enti in attuazione dell'articolo 34 del regolamento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e dell'articolo 61 del regolamento (CE) n. 508 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio 15 maggio 2014.

identico

7.  Sono altresì ammesse le partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici, nonché la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane.

7.  Sono altresì ammesse le partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici, la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane nonché la produzione di energia da fonti rinnovabili.

8.  E' fatta salva la possibilità di costituire, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, le società con caratteristiche di spin off o di start up universitari previste dall'articolo 6, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nonché quelle con caratteristiche analoghe degli enti di ricerca.

8.  E' fatta salva la possibilità di costituire, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, le società con caratteristiche di spin off o di start up universitari previste dall'articolo 6, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nonché quelle con caratteristiche analoghe degli enti di ricerca. È inoltre fatta salva la possibilità, per le università, di costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche.

9.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze o dell'organo di vertice dell'amministrazione partecipante, motivato con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità di cui al comma 1, anche al fine di agevolarne la quotazione ai sensi dell'articolo 18, può essere deliberata l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni del presente articolo a singole società a partecipazione pubblica. Il decreto è trasmesso alle Camere ai fini della comunicazione alle commissioni parlamentari competenti.

9.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze o dell'organo di vertice dell'amministrazione partecipante, motivato con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità di cui al comma 1, anche al fine di agevolarne la quotazione ai sensi dell'articolo 18, può essere deliberata l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni del presente articolo a singole società a partecipazione pubblica. Il decreto è trasmesso alle Camere ai fini della comunicazione alle commissioni parlamentari competenti. I Presidenti di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano, con provvedimento adottato ai sensi della legislazione regionale e nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità, possono, nell'ambito delle rispettive competenze, deliberare l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni del presente articolo a singole società a partecipazione della Regione o delle province autonome di Trento e Bolzano, motivata con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità di cui al comma 1. Il predetto provvedimento è trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, alla struttura di cui all'articolo 15, comma 1, nonché alle Camere ai fini della comunicazione alle commissioni parlamentari competenti.

 

9-bis. Nel rispetto della disciplina europea, è fatta salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi economici di interesse generale a rete, di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, anche fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento, in deroga alle previsioni di cui al comma 2, lettera a), purché l'affidamento dei servizi, in corso e nuovi, sia avvenuto e avvenga tramite procedure ad evidenza pubblica. Per tali partecipazioni, trova piena applicazione l'articolo 20, comma 2, lettera e). Resta fermo quanto previsto dall'articolo 16.

Art. 5

Oneri di motivazione analitica

Art. 5

Oneri di motivazione analitica

1.  A eccezione dei casi in cui la costituzione di una società o l'acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative, l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica, anche nei casi di cui all'articolo 17, o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria e in considerazione della possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. La motivazione deve anche dare conto della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa.

1.  A eccezione dei casi in cui la costituzione di una società o l'acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative, l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica, anche nei casi di cui all'articolo 17, o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. La motivazione deve anche dare conto della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa.

2.  L'atto deliberativo di cui al comma 1 dà atto della compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica.

2.  L'atto deliberativo di cui al comma 1 dà atto della compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate.

3.  L'amministrazione invia l'atto deliberativo di costituzione della società o di acquisizione della partecipazione diretta o indiretta alla Corte dei conti, a fini conoscitivi, e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può esercitare i poteri di cui all'articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

identico

4.  Ai fini di quanto previsto dal comma 3, per gli atti delle amministrazioni dello Stato è competente l'ufficio di controllo di legittimità sugli atti; per gli atti delle regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione, è competente la Sezione regionale di controllo; per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte di conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi.

4.  Ai fini di quanto previsto dal comma 3, per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le sezioni riunite in sede di controllo; per gli atti delle regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione, è competente la Sezione regionale di controllo; per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi.

Art. 6

Princìpi fondamentali sull'organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico

Art. 6

Princìpi fondamentali sull'organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico

1.  Le società a controllo pubblico, che svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all'obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell'articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività.

2.  Le società a controllo pubblico predispongono specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e ne informano l'assemblea nell'ambito della relazione di cui al comma 4.

3.  Fatte salve le funzioni degli organi di controllo previsti a norma di legge e di statuto, le società a controllo pubblico valutano l'opportunità di integrare, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative nonché dell'attività svolta, gli strumenti di governo societario con i seguenti:

a)  regolamenti interni volti a garantire la conformità dell'attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale;

b)  un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell'impresa sociale, che collabora con l'organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmette periodicamente all'organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l'efficienza della gestione;

c)  codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi a oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell'attività della società;

d)  programmi di responsabilità sociale d'impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell'Unione europea.

4.  Gli strumenti eventualmente adottati ai sensi del comma 3 sono indicati nella relazione sul governo societario che le società controllate predispongono annualmente, a chiusura dell'esercizio sociale e pubblicano contestualmente al bilancio d'esercizio.

5.  Qualora le società a controllo pubblico non integrino gli strumenti di governo societario con quelli di cui al comma 3, danno conto delle ragioni all'interno della relazione di cui al comma 4.

 

 

Articolo non modificato

Art. 7

Costituzione di società a partecipazione pubblica

Art. 7

Costituzione di società a partecipazione pubblica

1.  La deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società è adottata con:

a)  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali;

b)  provvedimento del competente organo della regione, in caso di partecipazioni regionali;

c)  deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali;

d)  delibera dell'organo amministrativo dell'ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche.

2.  L'atto deliberativo è redatto in conformità a quanto previsto all'articolo 5, comma 1.

3.  L'atto deliberativo contiene altresì l'indicazione degli elementi essenziali dell'atto costitutivo, come previsti dagli articoli 2328 e 2463 del codice civile, rispettivamente per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata.

4.  L'atto deliberativo è pubblicato sui siti istituzionali dell'amministrazione pubblica partecipante.

5.  Nel caso in cui sia prevista la partecipazione all'atto costitutivo di soci privati, la scelta di questi ultimi avviene con procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

6.  Nel caso in cui una società a partecipazione pubblica sia costituita senza l'atto deliberativo di una o più amministrazioni pubbliche partecipanti, o l'atto deliberativo di partecipazione di una o più amministrazioni sia dichiarato nullo o annullato, le partecipazioni sono liquidate secondo quanto disposto dall'articolo 24, comma 5. Se la mancanza o invalidità dell'atto deliberativo riguarda una partecipazione essenziale ai fini del conseguimento dell'oggetto sociale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2332 del codice civile.

7.  Sono, altresì, adottati con le modalità di cui ai commi 1 e 2:

a)  le modifiche di clausole dell'oggetto sociale che consentano un cambiamento significativo dell'attività della società;

b)  la trasformazione della società;

c)  il trasferimento della sede sociale all'estero;

d)  la revoca dello stato di liquidazione.

Articolo non modificato

Art. 8

Acquisto di partecipazioni in società già costituite

Art. 8

Acquisto di partecipazioni in società già costituite

1.  Le operazioni, anche mediante sottoscrizione di un aumento di capitale o partecipazione a operazioni straordinarie, che comportino l'acquisto da parte di un'amministrazione pubblica di partecipazioni in società già esistenti sono deliberate secondo le modalità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2.

2.  L'eventuale mancanza o invalidità dell'atto deliberativo avente ad oggetto l'acquisto della partecipazione rende inefficace il contratto di acquisto della partecipazione medesima.

3.  Le disposizioni del presente articolo si applicano anche all'acquisto, da parte di pubbliche amministrazioni, di partecipazioni in società quotate, unicamente nei casi in cui l'operazione comporti l'acquisto della qualità di socio.

Articolo non modificato

Art. 9

Gestione delle partecipazioni pubbliche

Art. 9

Gestione delle partecipazioni pubbliche

1.  Per le partecipazioni pubbliche statali i diritti del socio sono esercitati dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con altri Ministeri competenti per materia, individuati dalle relative disposizioni di legge o di regolamento ministeriale.

2.  Per le partecipazioni regionali i diritti del socio sono esercitati secondo la disciplina stabilita dalla regione titolare delle partecipazioni.

3.  Per le partecipazioni di enti locali i diritti del socio sono esercitati dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato.

4.  In tutti gli altri casi i diritti del socio sono esercitati dall'organo amministrativo dell'ente.

5.  La conclusione, la modificazione e lo scioglimento di patti parasociali sono deliberati ai sensi dell'articolo 7, comma 1.

6.  La violazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 e il contrasto con impegni assunti mediante patti parasociali non determinano l'invalidità delle deliberazioni degli organi della società partecipata, ferma restando la possibilità che l'esercizio del voto o la deliberazione siano invalidate in applicazione di norme generali di diritto privato.

7.  Qualora lo statuto della società partecipata preveda, ai sensi dell'articolo 2449 del codice civile, la facoltà del socio pubblico di nominare o revocare direttamente uno o più componenti di organi interni della società, i relativi atti sono efficaci dalla data di ricevimento, da parte della società, della comunicazione dell'atto di nomina o di revoca. E' fatta salva l'applicazione dell'articolo 2400, secondo comma, del codice civile.

8.  Nei casi di cui al comma 7, la mancanza o invalidità dell'atto deliberativo interno di nomina o di revoca rileva come causa di invalidità dell'atto di nomina o di revoca anche nei confronti della società.

9.  Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle partecipazioni di pubbliche amministrazioni nelle società quotate.

10.  Resta fermo quanto disposto dal decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56.

Articolo non modificato

Art. 10

Alienazione di partecipazioni sociali

Art. 10

Alienazione di partecipazioni sociali

1.  Gli atti deliberativi aventi ad oggetto l'alienazione o la costituzione di vincoli su partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche sono adottati secondo le modalità di cui all'articolo 7, comma 1.

2.  L'alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei princìpi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell'organo competente ai sensi del comma 1, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell'operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l'alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. E' fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto.

3.  La mancanza o invalidità dell'atto deliberativo avente ad oggetto l'alienazione della partecipazione rende inefficace l'atto di alienazione della partecipazione.

4.  E' fatta salva la disciplina speciale in materia di alienazione delle partecipazioni dello Stato.

Articolo non modificato

Art. 11

Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico

Art. 11

Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico

1.  Salvi gli ulteriori requisiti previsti dallo statuto, i componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 12 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, e dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

1.  Salvi gli ulteriori requisiti previsti dallo statuto, i componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze previa intesa in Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 12 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, e dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

2.  L'organo amministrativo delle società a controllo pubblico è costituito, di norma, da un amministratore unico.

identico

3.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e finanze, di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri in base ai quali, per specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa, l'assemblea della società a controllo pubblico può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civile. In caso di adozione del sistema dualistico, al consiglio di sorveglianza sono attribuiti i poteri di cui all'articolo 2409-terdecies, primo comma, lettera fbis), del codice civile. Nel caso in cui sia adottato uno dei sistemi alternativi, il numero complessivo dei componenti degli organi di amministrazione e controllo non può essere superiore a cinque.

3. L'assemblea della società a controllo pubblico, con delibera motivata con riguardo a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi, può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civile. La delibera è trasmessa alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all'articolo 15.

4.  Nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d'anno. Qualora la società abbia un organo amministrativo collegiale, lo statuto prevede che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge 12 luglio 2011, n. 120.

identico

5.  Quando la società a controllo pubblico sia costituita in forma di società a responsabilità limitata, non è consentito, in deroga all'articolo 2475, terzo comma, del codice civile, prevedere che l'amministrazione sia affidata, disgiuntamente o congiuntamente, a due o più soci.

identico

6.  Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata per i profili di competenza, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le società a controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico. Le stesse società verificano il rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri amministratori e dipendenti fissato con il suddetto decreto. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui al presente comma. Il decreto stabilisce altresì i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell'esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell'amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta.

6.  Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le società a controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società. Per le società controllate dalle Regioni o dagli enti locali, il decreto di cui al primo periodo è adottato previa intesa in Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997. n. 281. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico. Le stesse società verificano il rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri amministratori e dipendenti fissato con il suddetto decreto. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui al presente comma. Il decreto stabilisce altresì i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell'esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell'amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta.

7.  Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 6 restano in vigore le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 dicembre 2013, n. 166.

identico

8.  Gli amministratori delle società a controllo pubblico non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti. Qualora siano dipendenti della società controllante, in virtù del principio di onnicomprensività della retribuzione, fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 6, essi hanno l'obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appartenenza. Dall'applicazione del presente comma non possono derivare aumenti della spesa complessiva per i compensi degli amministratori.

identico

9.  Gli statuti delle società a controllo pubblico prevedono altresì:

a)  l'attribuzione da parte del consiglio di amministrazione di deleghe di gestione a un solo amministratore, salva l'attribuzione di deleghe al presidente ove preventivamente autorizzata dall'assemblea;

b)  l'esclusione della carica di vicepresidente o la previsione che la carica stessa sia attribuita esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o impedimento, senza riconoscimento di compensi aggiuntivi;

c)  il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell'attività, e il divieto di corrispondere trattamenti di fine mandato, ai componenti degli organi sociali;

d)  il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società.

identico

10.  E' comunque fatto divieto di corrispondere ai dirigenti delle società a controllo pubblico indennità o trattamenti di fine mandato diversi o ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva ovvero di stipulare patti o accordi di non concorrenza, anche ai sensi dell'articolo 2125 del codice civile.

identico

11.  Nelle società di cui amministrazioni pubbliche detengono il controllo indiretto, non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a meno che siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere continuativo ovvero che la nomina risponda all'esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante o di favorire l'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento

identico

12.  Coloro che hanno un rapporto di lavoro con società a controllo pubblico e che sono al tempo stesso componenti degli organi di amministrazione della società con cui è instaurato il rapporto di lavoro, sono collocati in aspettativa non retribuita e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza, salvo che rinuncino ai compensi dovuti a qualunque titolo agli amministratori.

identico

13.  Le società a controllo pubblico limitano ai casi previsti dalla legge la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta. Per il caso di loro costituzione, non può comunque essere riconosciuta ai componenti di tali comitati alcuna remunerazione complessivamente superiore al 30 per cento del compenso deliberato per la carica di componente dell'organo amministrativo e comunque proporzionata alla qualificazione professionale e all'entità dell'impegno richiesto.

identico

14.  Restano ferme le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39.

identico

15.  Agli organi di amministrazione e controllo delle società in house si applica il decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.

identico

16.  Nelle società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico, l'amministrazione pubblica che sia titolare di una partecipazione pubblica superiore al dieci per cento del capitale propone agli organi societari l'introduzione di misure analoghe a quelle di cui ai commi 6 e 10.

identico

Art. 12

Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate

Art. 12

Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate

1.  I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. E' devoluta alla Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2.

2.  Costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell'esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione.

Articolo non modificato

Art. 13

Controllo giudiziario sull'amministrazione di società a controllo pubblico

Art. 13

Controllo giudiziario sull'amministrazione di società a controllo pubblico

1.  Nelle società a controllo pubblico, in deroga ai limiti minimi di partecipazione previsti dall'articolo 2409 del codice civile, ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall'entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale.

2.  Il presente articolo si applica anche alle società a controllo pubblico costituite in forma di società a responsabilità limitata.

Articolo non modificato

Art. 14

Crisi d'impresa di società a partecipazione pubblica

Art. 14

Crisi d'impresa di società a partecipazione pubblica

1.  Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.

1.  Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.

2.  Qualora emergano, nell'ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all'articolo 6, comma 3, uno o più indicatori di crisi aziendale, l'organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l'aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.

2.  Qualora emergano, nell'ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all'articolo 6, comma 2, uno o più indicatori di crisi aziendale, l'organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l'aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.

3.  Quando si determini la situazione di cui al comma 1, la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell'organo amministrativo, costituisce grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile.

3.  Quando si determini la situazione di cui al comma 2, la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell'organo amministrativo, costituisce grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile.

4.  Non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell'amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 4, anche in deroga al comma 5.

4.  Non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell'amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5.

5.  Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall'Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all'articolo 5, che contempli il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma.

5.  Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall'Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all'articolo 5, che contempli il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma.

6.  Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.

identico

Art. 15

Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica

Art. 15

Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica

1.  Nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, è individuata la struttura competente per il controllo e il monitoraggio sull'attuazione del presente decreto. Il Ministero dell'economia e delle finanze assicura la separazione, a livello organizzativo, tra la suddetta struttura e gli uffici responsabili dell'esercizio dei diritti sociali.

1.  Nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è individuata la struttura competente per l’indirizzo, il controllo e il monitoraggio sull'attuazione del presente decreto. Il Ministero dell'economia e delle finanze assicura la separazione, a livello organizzativo, tra la suddetta struttura e gli uffici responsabili dell'esercizio dei diritti sociali.

2.  Fatte salve le norme di settore e le competenze dalle stesse previste, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente decreto, la struttura di cui al comma 1 fornisce orientamenti e indicazioni in materia di applicazione del presente decreto e del decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333, e promuove le migliori pratiche presso le società a partecipazione pubblica, adotta nei confronti delle stesse società le direttive sulla separazione contabile e verifica il loro rispetto, ivi compresa la relativa trasparenza.

identico

3.  La struttura di cui al comma 1 tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via telematica, di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti, utilizzando le informazioni della banca dati di cui all'articolo 17, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.

identico

4.  Fermo restando quanto disposto dal citato articolo 17, comma 4, del decreto-legge n. 90 del 2014, le amministrazioni pubbliche e le società a partecipazione pubblica inviano alla struttura cui al comma 1, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche e ogni altro dato o documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci e gli altri documenti obbligatori, di cui all'articolo 6 del presente decreto, con le modalità e nei termini stabiliti dalla medesima struttura.

identico

5.  In relazione agli obblighi previsti dal presente decreto, i poteri ispettivi di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono esercitati nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica.

identico

Art. 16

Società in house

Art. 16

Società in house

1.  Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata.

 

identico

2.  Ai fini della realizzazione dell'assetto organizzativo di cui al comma 1:

a)  gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell'articolo 2380-bis e dell'articolo 2409-novies del codice civile;

b)  gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l'attribuzione all'ente o agli enti pubblici soci di particolari diritti, ai sensi dell'articolo 2468, terzo comma, del codice civile;

c)  in ogni caso, i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante la conclusione di appositi patti parasociali; tali patti possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all'articolo 2341-bis, primo comma, del codice civile.

identico

3.  Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società.

3.  Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci.

 

3-bis. La produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3, che può essere rivolta anche a finalità diverse, è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società.»;

4.  Il mancato rispetto del limite quantitativo di cui al comma 3 costituisce grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile e dell'articolo 15 del presente decreto.

identico

5.  Nel caso di cui al comma 4, la società può sanare l'irregolarità se, entro tre mesi dalla data in cui la stessa si è manifestata, rinunci a una parte dei rapporti di fornitura con soggetti terzi, sciogliendo i relativi rapporti contrattuali, ovvero rinunci agli affidamenti diretti da parte dell'ente o degli enti pubblici soci, sciogliendo i relativi rapporti. In quest'ultimo caso le attività precedentemente affidate alla società controllata devono essere riaffidate, dall'ente o dagli enti pubblici soci, mediante procedure competitive regolate dalla disciplina in materia di contratti pubblici, entro i sei mesi successivi allo scioglimento del rapporto contrattuale. Nelle more dello svolgimento delle procedure di gara i beni o servizi continueranno ad essere forniti dalla stessa società controllata.

5.  Nel caso di cui al comma 4, la società può sanare l'irregolarità se, entro tre mesi dalla data in cui la stessa si è manifestata, rinunci a una parte dei rapporti con soggetti terzi, sciogliendo i relativi rapporti contrattuali, ovvero rinunci agli affidamenti diretti da parte dell'ente o degli enti pubblici soci, sciogliendo i relativi rapporti. In quest'ultimo caso le attività precedentemente affidate alla società controllata devono essere riaffidate, dall'ente o dagli enti pubblici soci, mediante procedure competitive regolate dalla disciplina in materia di contratti pubblici, entro i sei mesi successivi allo scioglimento del rapporto contrattuale. Nelle more dello svolgimento delle procedure di gara i beni o servizi continueranno ad essere forniti dalla stessa società controllata.

6.  Nel caso di rinuncia agli affidamenti diretti, di cui al comma 5, la società può continuare la propria attività se e in quanto sussistano i requisiti di cui all'articolo 4. A seguito della cessazione degli affidamenti diretti, perdono efficacia le clausole statutarie e i patti parasociali finalizzati a realizzare i requisiti del controllo analogo.

identico

7.  Le società di cui al presente articolo sono tenute all'acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 192 del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016.

7.  Le società di cui al presente articolo sono tenute all'acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 192 del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016.

Art. 17

Società a partecipazione mista pubblico-privata

Art. 17

Società a partecipazione mista pubblico-privata

1.  Nelle società costituite per le finalità di cui all'articolo 4, comma 2, lettera c), la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al trenta per cento e la selezione del medesimo si svolge con procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e ha a oggetto, al contempo, la sottoscrizione o l'acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e l'affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell'attività della società mista.

1.  Nelle società a partecipazione mista pubblico-privata, la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al trenta per cento e la selezione del medesimo si svolge con procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e ha a oggetto, al contempo, la sottoscrizione o l'acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e l'affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell'attività della società mista.

2.  Il socio privato deve possedere i requisiti di qualificazione previsti da norme legali o regolamentari in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita. All'avviso pubblico sono allegati la bozza dello statuto e degli eventuali accordi parasociali, nonché degli elementi essenziali del contratto di servizio e dei disciplinari e regolamenti di esecuzione che ne costituiscono parte integrante. Il bando di gara deve specificare l'oggetto dell'affidamento, i necessari requisiti di qualificazione generali e speciali di carattere tecnico ed economico-finanziario dei concorrenti, nonché il criterio di aggiudicazione che garantisca una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l'amministrazione pubblica che ha indetto la procedura. I criteri di aggiudicazione possono includere, tra l'altro, aspetti qualitativi ambientali, sociali connessi all'oggetto dell'affidamento o relativi all'innovazione.

identico

3.  La durata della partecipazione privata alla società, aggiudicata ai sensi del comma 1 del presente articolo, non può essere superiore alla durata dell'appalto o della concessione. Lo statuto prevede meccanismi idonei a determinare lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio.

identico

4.  Nelle società di cui al presente articolo:

a)  gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell'articolo 2380-bis e dell'articolo 2409-novies del codice civile al fine di consentire il controllo interno del socio pubblico sulla gestione dell'impresa;

b)  gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l'attribuzione all'ente o agli enti pubblici partecipanti e ai soci privati di particolari diritti, ai sensi dell'articolo 2468, terzo comma, del codice civile, e derogare all'articolo 2479, primo comma, del codice civile nel senso di eliminare o limitare la competenza dei soci;

c)  gli statuti delle società per azioni possono prevedere l'emissione di speciali categorie di azioni e di azioni con prestazioni accessorie da assegnare al socio privato;

d)  i patti parasociali possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all'articolo 2341-bis, primo comma, del codice civile, purché entro i limiti di durata del contratto per la cui esecuzione la società è stata costituita.

identico

5.  Nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, al fine di ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi, anche non simultaneamente assegnati, la società può emettere azioni correlate ai sensi dell'articolo 2350, secondo comma, del codice civile, o costituire patrimoni destinati o essere assoggettata a direzione e coordinamento da parte di un'altra società.

identico

6.  Alle società di cui al presente articolo che non siano organismi di diritto pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, per la realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite non si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016, se ricorrono le seguenti condizioni:

 

a)  la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;

b)  il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;

c)  la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.

identico

Art. 18

Quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati

Art. 18

Quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati

1.  Le società controllate da una o più amministrazioni pubbliche possono quotare azioni o altri strumenti finanziari in mercati regolamentati, a seguito di deliberazione adottata ai sensi dell'articolo 5, comma 1, secondo le modalità di cui all'articolo 7, comma 1. L'atto deliberativo prevede uno specifico programma avente ad oggetto il mantenimento o la progressiva dismissione del controllo pubblico sulla società quotata.

2.  L'atto deliberativo avente ad oggetto la richiesta di ammissione alla quotazione è adottato con le modalità di cui all'articolo 7, comma 1.

3.  E' fatta salva la possibilità di quotazione in mercati regolamentati di società a partecipazione pubblica singolarmente individuate, soggette a regimi speciali in base ad apposite norme di legge.

Articolo non modificato

Art. 19

Gestione del personale

Art. 19

Gestione del personale

1.  Salvo quanto previsto dal presente decreto, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi.

identico

2.  Le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei princìpi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei princìpi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

identico

3.  I provvedimenti di cui al comma 2 sono pubblicati sul sito istituzionale della società. In caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano gli articoli 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

identico

4.  Salvo quanto previsto dall'articolo 2126 del codice civile, ai fini retributivi, i contratti di lavoro stipulati in assenza dei provvedimenti o delle procedure di cui al comma 2, sono nulli. Resta ferma la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale.

identico

5.  Le amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all'articolo 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale.

5.  Le amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all'articolo 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera.

6.  Le società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello.

identico

7.  I provvedimenti e i contratti di cui ai commi 5 e 6 sono pubblicati sul sito istituzionale della società e delle pubbliche amministrazioni socie. In caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano l'articolo 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

identico

8.  Le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l'utilizzo delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell'amministrazione interessata e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili.

8.  Le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l'utilizzo delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell'amministrazione interessata e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili.

La spesa per il riassorbimento del personale già in precedenza dipendente dalle stesse amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo indeterminato non rileva nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili e, per gli enti territoriali, anche del parametro di cui all'articolo 1, comma 557-quater, della legge n. 296 del 2006, a condizione che venga fornita dimostrazione, certificata dal parere dell'organo di revisione economico-finanziaria, che le esternalizzazioni siano state effettuate nel rispetto degli adempimenti previsti dall'articolo 6-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, in particolare, a condizione che:

a) in corrispondenza del trasferimento alla società della funzione sia stato trasferito anche il personale corrispondente alla funzione medesima, con le correlate risorse stipendiali;

b) la dotazione organica dell'ente sia stata corrispondentemente ridotta e tale contingente di personale non sia stato sostituito;

c) siano state adottate le necessarie misure di riduzione dei fondi destinati alla contrattazione integrativa;

d) l'aggregato di spesa complessiva del personale soggetto ai vincoli di contenimento sia stato ridotto in misura corrispondente alla spesa del personale trasferito alla società.

9.  Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 565 a 568 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, continuano ad applicarsi alle sole procedure in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

9.  Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 565 a 568 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, continuano ad applicarsi fino alla data di pubblicazione del decreto di cui all’articolo 25, comma 1, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017.

Art. 20

Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche

Art. 20

Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche

1.  Fermo quanto previsto dall'articolo 24, comma 1, le amministrazioni pubbliche effettuano annualmente, con proprio provvedimento, un'analisi dell'assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 17, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, le amministrazioni che non detengono alcuna partecipazione lo comunicano alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all'articolo 15.

identico

2.  I piani di razionalizzazione, corredati di un'apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione, sono adottati ove, in sede di analisi di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche rilevino:

a)  partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all'articolo 4;

b)  società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c)  partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

d)  partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro;

e)  partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

f)  necessità di contenimento dei costi di funzionamento;

g)  necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all'articolo 4.

identico

3.  I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono adottati entro il 31 dicembre di ogni anno e sono trasmessi con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114 e rese disponibili alla struttura di cui all'articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4.

identico

4.  In caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell'anno successivo le pubbliche amministrazioni approvano una relazione sull'attuazione del piano, evidenziando i risultati conseguiti, e la trasmettono alla struttura di cui all'articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4.

identico

5.  I piani di riassetto possono prevedere anche la dismissione o l'assegnazione in virtù di operazioni straordinarie delle partecipazioni societarie acquistate anche per espressa previsione normativa. I relativi atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni sociali sono disciplinati, salvo quanto diversamente disposto nel presente decreto, dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione.

identico

6.  Resta ferma la disposizione dell'articolo 1, comma 568-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

identico

7.  La mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti” . Si applica l'articolo 24, commi 5, 6, 7, 8 e 9.

7.  La mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 da parte degli enti locali comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti” . Si applica l'articolo 24, commi 5, 6, 7, 8 e 9.

8.  Resta fermo quanto previsto dall'articolo 29, comma 1-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dall'articolo 1, commi da 611 a 616, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

identico

9.  Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il conservatore del registro delle imprese cancella d'ufficio dal registro delle imprese, con gli effetti previsti dall'articolo 2495 del codice civile, le società a controllo pubblico che, per oltre tre anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio d'esercizio ovvero non abbiano compiuto atti di gestione. Prima di procedere alla cancellazione, il conservatore comunica l'avvio del procedimento agli amministratori o ai liquidatori, che possono, entro 60 giorni, presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell'attività, corredata dell'atto deliberativo delle amministrazioni pubbliche socie, adottata nelle forme e con i contenuti previsti dall'articolo 5. In caso di regolare presentazione della domanda, non si dà seguito al procedimento di cancellazione. Unioncamere presenta, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, alla struttura di cui all'articolo 15, una dettagliata relazione sullo stato di attuazione della presente norma.

identico

Art. 21

Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali

Art. 21

Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali

1.  Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell'anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le pubbliche amministrazioni locali che adottano la contabilità civilistica adeguano il valore della partecipazione, nel corso dell'esercizio successivo, all'importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile. L'importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l'importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione.

identico

2.  Gli accantonamenti e le valutazioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dall'anno 2015. In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017, in presenza di adozione della contabilità finanziaria:

a)  l'ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo accantona, in proporzione alla quota di partecipazione, una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nell'esercizio precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25 per cento per il 2014, del 50 per cento per il 2015 e del 75 per cento per il 2016; qualora il risultato negativo sia peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l'accantonamento è operato nella misura indicata dalla lettera b);

b)  l'ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio non negativo accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25 per cento per il 2015, al 50 per cento per il 2016 e al 75 per cento per il 2017 del risultato negativo conseguito nell'esercizio precedente.

identico

3.  Le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all'80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori. Quanto previsto dal presente comma non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante.

identico

 

3-bis. Le pubbliche amministrazioni locali partecipanti possono procedere al ripiano delle perdite subite dalla società partecipata con le somme accantonate ai sensi del comma 1, nei limiti della loro quota di partecipazione e nel rispetto dei principi e della legislazione dell'Unione europea in tema di aiuti di Stato.

Art. 22

Trasparenza

Art. 22

Trasparenza

1.  Le società a controllo pubblico assicurano il massimo livello di trasparenza sull'uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti, secondo le previsioni del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

Articolo non modificato

Art. 23

Clausola di salvaguardia

Art. 23

Clausola di salvaguardia

1.  Le disposizioni del presente decreto si applicano nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Articolo non modificato

Art. 24

Revisione straordinaria delle partecipazioni

Art. 24

Revisione straordinaria delle partecipazioni

1.  Le partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche alla data di entrata in vigore del presente decreto in società non riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, ovvero che non soddisfano i requisiti di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, o che ricadono in una delle ipotesi di cui all'articolo 20, comma 2, sono alienate o sono oggetto delle misure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2. A tal fine, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla medesima data di entrata in vigore del presente decreto, individuando quelle che devono essere alienate. L'esito della ricognizione, anche in caso negativo, è comunicato con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Le informazioni sono rese disponibili alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all'articolo 15.

1.  Le partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche alla data di entrata in vigore del presente decreto in società non riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all'articolo 4, ovvero che non soddisfano i requisiti di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, o che ricadono in una delle ipotesi di cui all'articolo 20, comma 2, sono alienate o sono oggetto delle misure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2. A tal fine, entro il 30 settembre 2017, ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del presente decreto, individuando quelle che devono essere alienate. L'esito della ricognizione, anche in caso negativo, è comunicato con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Le informazioni sono rese disponibili alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all'articolo 15.

2.  Per le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, il provvedimento di cui al comma 1 costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione adottato ai sensi del comma 612 dello stesso articolo, fermi restando i termini ivi previsti.

identico

3.  Il provvedimento di ricognizione è inviato alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, nonché alla struttura di cui all'articolo 15, perché verifichi il puntuale adempimento degli obblighi di cui al presente articolo.

Identico

N.B: ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 100/2017, comma 2, le disposizioni di cui all'articolo 24, commi 3 e 5, del decreto legislativo n. 175 del 2016 si applicano a decorrere dal 1° ottobre 2017 e sono fatti salvi gli atti di esercizio dei diritti sociali di cui al predetto articolo 24, comma 5, compiuti dal socio pubblico sino alla data di entrata in vigore del presente decreto.

4.  L'alienazione, da effettuare ai sensi dell'articolo 10, avviene entro un anno dalla conclusione della ricognizione di cui al comma 1.

identico

5.  In caso di mancata adozione dell'atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all'articolo 2437-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all'articolo 2437-quater del codice civile.

 

 

 

 

Identico

 

 

N.B: ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 100/2017, comma 2, le disposizioni di cui all'articolo 24, commi 3 e 5, del decreto legislativo n. 175 del 2016 si applicano a decorrere dal 1° ottobre 2017 e sono fatti salvi gli atti di esercizio dei diritti sociali di cui al predetto articolo 24, comma 5, compiuti dal socio pubblico sino alla data di entrata in vigore del presente decreto.

6.  Nei casi di cui al sesto e al settimo comma dell'articolo 2437-quater del codice civile ovvero in caso di estinzione della partecipazione in una società unipersonale, la società è posta in liquidazione.

identico

7.  Gli obblighi di alienazione di cui al comma 1 valgono anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali.

identico

8.  Per l'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1, si applica l'articolo 1, commi 613 e 614, della legge n. 190 del 2014.

identico

9.  All'esclusivo fine di favorire i processi di cui al presente articolo, in occasione della prima gara successiva alla cessazione dell'affidamento in favore della società a controllo pubblico interessata da tali processi, il rapporto di lavoro del personale già impiegato nell'appalto o nella concessione continua con il subentrante nell'appalto o nella concessione ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile.

identico

Art. 25

Disposizioni transitorie in materia di personale

Art. 25

Disposizioni transitorie in materia di personale

1.  Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le società a controllo pubblico effettuano una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 24. L'elenco del personale eccedente, con la puntuale indicazione dei profili posseduti, è trasmesso alla regione nel cui territorio la società ha sede legale secondo modalità stabilite da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze.

1.  Entro il 30 settembre 2017, le società a controllo pubblico effettuano una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 24. L'elenco del personale eccedente, con la puntuale indicazione dei profili posseduti, è trasmesso alla regione nel cui territorio la società ha sede legale secondo modalità stabilite da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze previa intesa in Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131.

2.  Le regioni formano e gestiscono l'elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti ai sensi del comma 1 e agevolano processi di mobilità in ambito regionale, con modalità definite dal decreto di cui al medesimo comma.

identico

3.  Decorsi ulteriori sei mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 1, le regioni trasmettono gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che gestisce l'elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati.

identico

4.  Fino al 30 giugno 2018, le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 1, agli elenchi di cui ai commi 2 e 3.

4.  Fino al 30 giugno 2018, le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 1, agli elenchi di cui ai commi 2 e 3. Il predetto divieto decorre dalla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 1.

5.  Esclusivamente ove sia indispensabile personale con profilo infungibile inerente a specifiche competenze e lo stesso non sia disponibile negli elenchi di cui ai commi 2 e 3, le regioni, fino alla scadenza del termine di cui al comma 3, possono autorizzare, in deroga a quanto previsto dal comma 4, l'avvio delle procedure di assunzione ai sensi dell'articolo 19. Dopo la scadenza del suddetto termine, l'autorizzazione è accordata dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. Per le società controllate dallo Stato, prima e dopo la scadenza del suddetto termine, l'autorizzazione è accordata dal Ministero dell'economia e delle finanze.

5.  Esclusivamente ove sia indispensabile personale con profilo infungibile inerente a specifiche competenze e lo stesso non sia disponibile negli elenchi di cui ai commi 2 e 3, le regioni, fino alla scadenza del termine di cui al comma 3, possono autorizzare, in deroga al divieto previsto dal comma 4, l'avvio delle procedure di assunzione ai sensi dell'articolo 19. Dopo la scadenza del suddetto termine, l'autorizzazione è accordata dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. Per le società controllate dallo Stato, prima e dopo la scadenza del suddetto termine, l'autorizzazione è accordata dal Ministero dell'economia e delle finanze.

6.  I rapporti di lavoro stipulati in violazione delle disposizioni del presente articolo sono nulli e i relativi provvedimenti costituiscono grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile.

identico

7.  Sono escluse dall'applicazione del presente articolo le società a prevalente capitale privato di cui all'articolo 17 che producono servizi di interesse generale e che nei tre esercizi precedenti abbiano prodotto un risultato positivo.

identico

Art. 26

Altre disposizioni transitorie

Art. 26

Altre disposizioni transitorie

1.  Le società a controllo pubblico già costituite all'atto dell'entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti alle disposizioni del presente decreto entro il 31 dicembre 2016. Per le disposizioni dell'articolo 17, comma 1, il termine per l'adeguamento è fissato al 31 dicembre 2017.

1.  Le società a controllo pubblico già costituite all'atto dell'entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti alle disposizioni del presente decreto entro il 31 luglio 2017. Per le disposizioni dell'articolo 17, comma 1, il termine per l'adeguamento è fissato al 31 dicembre 2017.

2.  L'articolo 4 del presente decreto non è applicabile alle società elencate nell'allegato A, nonché alle società aventi come oggetto sociale esclusivo la gestione di fondi europei per conto dello Stato o delle regioni.

2.  L'articolo 4 del presente decreto non è applicabile alle società elencate nell'allegato A, nonché alle società aventi come oggetto sociale esclusivo la gestione di fondi europei per conto dello Stato o delle regioni ovvero la realizzazione di progetti di ricerca finanziati dalle istituzioni dell’Unione europea.

3.  Le pubbliche amministrazioni possono comunque mantenere le partecipazioni in società quotate detenute al 31 dicembre 2015.

identico

4.  Nei dodici mesi successivi alla sua entrata in vigore, il presente decreto non si applica alle società in partecipazione pubblica che abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati con provvedimento comunicato alla Corte dei conti. Ove entro il suddetto termine la società interessata abbia presentato domanda di ammissione alla quotazione, il presente decreto continua a non applicarsi alla stessa società fino alla conclusione del procedimento di quotazione.

4.  Nei diciotto mesi successivi alla sua entrata in vigore, il presente decreto non si applica alle società in partecipazione pubblica che abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati con provvedimento comunicato alla Corte dei conti. Ove entro il suddetto termine la società interessata abbia presentato domanda di ammissione alla quotazione, il presente decreto continua a non applicarsi alla stessa società fino alla conclusione del procedimento di quotazione.

5.  Nei dodici mesi successivi alla sua entrata in vigore, il presente decreto non si applica alle società in partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati. I suddetti atti sono comunicati alla Corte dei conti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Ove entro il suddetto termine di dodici mesi il procedimento di quotazione si sia concluso, il presente decreto continua a non applicarsi alla stessa società. Sono comunque fatti salvi, anche in deroga all'articolo 7, gli effetti degli atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, adottati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

identico

6.  Le disposizioni degli articoli 4 e 19 non si applicano alle società a partecipazione pubblica derivanti da una sperimentazione gestionale costituite ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

6.  Le disposizioni degli articoli 4, 17, 19 e 25 non si applicano alle società a partecipazione pubblica derivanti da una sperimentazione gestionale costituite ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

7.  Sono fatte salve, fino al completamento dei relativi progetti, le partecipazioni pubbliche nelle società costituite per il coordinamento e l'attuazione dei patti territoriali e dei contratti d'area per lo sviluppo locale, ai sensi della delibera Cipe 21 marzo 1997.

identico

8.  Ove alla data di entrata in vigore del presente decreto non sia stato adottato il decreto previsto dall'articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il decreto di cui all'articolo 11, comma 6 è adottato entro trenta giorni dalla suddetta data.

identico

9.  Al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)  all'articolo 11-quater, comma 1, le parole: «Si definisce» sono sostituite dalle seguenti: «Ai fini dell'elaborazione del bilancio consolidato, si definisce»;

b)  all'articolo 11-quinquies, comma 1, le parole: «Per società partecipata» sono sostituite dalle seguenti: «Ai fini dell'elaborazione del bilancio consolidato, per società partecipata».

identico

10.  Le società a controllo pubblico si adeguano alle previsioni dell'articolo 11, comma 8, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

10.  Le società a controllo pubblico si adeguano alle previsioni dell'articolo 11, comma 8, entro il 31 luglio 2017.

11.  Salva l'immediata applicazione della disciplina sulla revisione straordinaria di cui all'articolo 24, alla razionalizzazione periodica di cui all'articolo 20 si procede a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.

identico

12.  Al fine di favorire il riordino delle partecipazioni dello Stato e di dare piena attuazione alla previsione di cui all'articolo 9, comma 1, ove entro il 31 ottobre 2016 pervenga la proposta dei relativi ministri, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la titolarità delle partecipazioni societarie delle altre amministrazioni statali è trasferita al Ministero dell'economia e delle finanze, anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione.

identico

 

12-bis. Sono escluse dall'applicazione del presente decreto le società destinatarie dei provvedimenti di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché la società di cui all'articolo 7 del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119.

 

12-ter. Per le società di cui all’articolo 4, comma 8, le disposizioni dell’articolo 20 trovano applicazione decorsi 5 anni dalla loro costituzione.

 

12-quater. Per le società di cui all'articolo 4, comma 7, solo ai fini della prima applicazione del criterio di cui all'articolo 20, comma 2, lettera e), si considerano i risultati dei cinque esercizi successivi all'entrata in vigore del presente decreto

 

12-quinquies. Ai fini dell'applicazione del criterio di cui all'articolo 20, comma 2, lettera d), il primo triennio rilevante è il triennio 2017-2019. Nelle more della prima applicazione del suddetto criterio relativo al triennio 2017-2019, si applica la soglia di fatturato medio non superiore a cinquecentomila euro per il triennio precedente l'entrata in vigore del presente decreto ai fini dell'adozione dei piani di revisione straordinaria di cui all'articolo 24 e per i trienni 2015-2017 e 2016-2018 ai fini dell'adozione dei piani di razionalizzazione di cui all'articolo 20.

 

12-sexies. In deroga all'articolo 4, le amministrazioni pubbliche possono acquisire o mantenere partecipazioni nelle società che, alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, risultano già costituite e autorizzate alla gestione delle case da gioco ai sensi della legislazione vigente. Con riguardo a tali società, le disposizioni di cui all'articolo 20, comma 2, lettere a) ed e), non trovano applicazione e le disposizioni di cui all'articolo 14, comma 5, si applicano a decorrere dal 31 maggio 2018.

Art. 27

Coordinamento con la legislazione vigente

Art. 27

Coordinamento con la legislazione vigente

1.  All'articolo 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 sono apportate le seguenti modificazioni:

a)  nella rubrica, le parole: «delle società» sono sostituite dalle seguenti: «delle aziende e istituzioni»;

b)  al comma 2-bis, le parole: «Le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo», ovunque occorrano, sono sostituite dalle seguenti: «Le aziende speciali e le istituzioni».

identico

2.  All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)  al comma 550, le parole: «alle aziende speciali, alle istituzioni e alle società» sono sostituite dalle seguenti: «alle aziende speciali e alle istituzioni»;

b)  al comma 554, le parole: «le aziende speciali, le istituzioni e le società» sono sostituite dalle seguenti: «le aziende speciali e le istituzioni»;

c)  al comma 555, le parole: «diversi dalle società che svolgono servizi pubblici locali» sono soppresse.

identico

 

2-bis. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 3-bis, comma 2-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

 

2-ter. All'articolo 2-bis, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, la lettera b) è sostituita dalla seguente: “b) alle società in controllo pubblico come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Sono escluse le società quotate come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera p), dello stesso decreto legislativo, nonché le società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche.

Art. 28

Abrogazioni

Art. 28

Abrogazioni

1.  Sono abrogati:

a)  gli articoli 116, 122 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

b)  l'articolo 14, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

c)  l'articolo 1, comma 3, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239;

d)  l'articolo 13 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

e)  l'articolo 1, commi 725, 726, 727, 728, 729, 730, 733 e 735 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

f)  l'articolo 3, commi 12, 12-bis, 14, 15, 16, 17, 27, 27-bis, 28, 28-bis, 29, 32-bis, 32-ter e 44, ottavo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

g)  l'articolo 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, commi 1, 2 e 3;

h)  l'articolo 71 della legge 18 giugno 2009, n. 69;

l)  l'articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

m)  l'articolo 3-bis, comma 6, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;

n)  l'articolo 23-bis, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

o)  l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, limitatamente al primo e al terzo periodo;

p)  l'articolo 4, comma 5, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, limitatamente al primo periodo e alle parole “e dal terzo” del secondo periodo;

q)  l'articolo 4, comma 13, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, limitatamente al primo, al secondo e al quarto periodo;

r)  l'articolo 3, comma 7-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125;

s)  l'articolo 1, commi 551, limitatamente al secondo periodo, 558 e 562, limitatamente alla lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

t)  l'articolo 1, commi da 563 a 568 e da 568-ter a 569-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

u)  l'articolo 23 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;

v)  l'articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Articolo non modificato

Allegato A

Società

Allegato A

 

Società

Coni Servizi

EXPO

Arexpo

Invimit

 

 

Gruppo ANAS

Gruppo GSE

Gruppo Invitalia

IPZS

Sogin

Gruppo Eur

FIRA

Sviluppo Basilicata

Fincalabra

Sviluppo Campania

Gruppo Friulia

Lazio Innova

Filse

Finlombarda

Finlombarda Gestione SGR

Finmolise

Finpiemonte

Puglia Sviluppo

SFIRS

IRFIS-FinSicilia

Fidi-Toscana

GEPAFIN

Finaosta

Veneto Sviluppo

Trentino Sviluppo

Ligurcapital

Aosta Factor

FVS SGR

Friulia Veneto Sviluppo SGR

 

Sviluppumbria

Sviluppo Imprese Centro Italia - SICI SGR

 

Società

Coni Servizi

EXPO

Arexpo

Invimit

Fises

 

Gruppo

Gruppo ANAS

Gruppo GSE

Gruppo Invitalia

Gruppo IPZS

Gruppo Sogin

Gruppo Eur

Gruppo FIRA

Gruppo Sviluppo Basilicata

Gruppo Fincalabra

Gruppo Sviluppo Campania

Gruppo Friulia

Gruppo Lazio Innova

Gruppo Filse

Gruppo Finlombarda

Gruppo Finlombarda Gestione SGR

Gruppo Finmolise

Gruppo Finpiemonte

Gruppo Puglia Sviluppo

Gruppo SFIRS

Gruppo IRFIS-FinSicilia

Gruppo Fidi-Toscana

Gruppo GEPAFIN

Gruppo Finaosta

Gruppo Veneto Sviluppo

Gruppo Trentino Sviluppo

Gruppo Ligurcapital

Gruppo Aosta Factor

 

 

Gruppo Friuli Veneto Sviluppo SGR

Gruppo Sviluppumbria

Gruppo Sviluppo Imprese Centro Italia - SICI SGR

 



[1]     L'art. 16 prevede l’adozione di decreti legislativi di semplificazione delle disposizioni nei seguenti settori: lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, partecipazioni societarie e servizi pubblici locali. I princìpi e criteri direttivi generali sono i seguenti: elaborazione di testi unici con le modifiche strettamente necessarie per il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni legislative vigenti, limitandosi, altresì, alle modificazioni strettamente necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo; risoluzione delle antinomie in base ai princìpi dell’ordinamento e alle discipline generali regolatrici della materia; indicazione esplicita delle norme abrogate.

Per quanto concerne le disposizioni procedurali, si prevede che i decreti legislativi siano adottati su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e del parere del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, che si pronunciano nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.

[2]     Per le tipologie di società a partecipazione pubblica si rinvia alla illustrazione dell'art. 3 dello schema di decreto legislativo in esame.

[3]     Per le disposizioni finora intervenute in materia di razionalizzazione delle società a partecipazione pubblica si rinvia alla illustrazione dell'art. 4 dello schema di decreto legislativo in esame.

[4]     L'art. 151, comma 8, del Tuel dispone che gli enti locali approvino, entro il 30 settembre di ogni anno, il bilancio consolidato con i bilanci dei propri organismi e enti strumentali e delle società controllate e partecipate, attenendosi ai principi contabili stabiliti da uno specifico allegato (n. 4/4) del decreto legislativo n. 118/2011, che ha dettato la nuova disciplina dell'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi.

[5]     Benché non citato espressamente in delega, il riferimento è da intendersi all’attuazione della nuova disciplina contabile introdotta dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi.

[6]     Secondo cui il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione e le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione fermo restando che, decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.

[7]     Il comma 7, in combinato disposto con il comma 1, attribuisce al Governo la facoltà di adottare - entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo  in materia di “partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche” (nonché dei decreti legislativi in materia di “lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa” e “servizi pubblici locali di interesse economico generale”) e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e della procedura previsti allo stesso articolo 16 per l’esercizio della delega - uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive. Lo schema di decreto va trasmesso alle Camere, per l'espressione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari entro i successivi 60 giorni.

[8]     Nel parere si afferma, fra l'altro, che il Governo avrebbe potuto sanare il vizio procedurale consistente nella mancata intesa acquisendo la stessa sul provvedimento nel suo complesso, in sede di adozione dei decreti legislativi correttivi.

[9]     Quanto alle disposizioni di delega all’adozione del codice dell’amministrazione digitale, ritiene invece infondata la questione di legittimità, per via della prevalenza della competenza statale (riguardante “il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione).

[10]    Con il decreto legislativo n. 169 del 2016 sono state individuate 15 Autorità di sistema portuale, che rappresentano centri decisionali strategici cui fanno capo i 57 porti di rilevanza nazionale. Le Autorità di sistema portuale individuate dalla nuova normativa, in luogo delle autorità portuali, sono le seguenti: 1) Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale: Porti di Genova, Savona e Vado Ligure; 2) Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale: Porti di La Spezia e Marina di Carrara; 3) Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale: Porti di Livorno, Capraia, Piombino, Portoferraio, e Rio Marina e Cavo; 4) Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale: Porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta; 5) Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale: Porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia; 6) Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale, Jonio e dello Stretto: Porti di Gioia Tauro, Crotone (porto vecchio e nuovo), Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Messina, Milazzo, Tremestieri, Vibo Valentia e Reggio Calabria; 7) Autorità di Sistema Portuale del Mare Di Sardegna: Porti di Cagliari, Foxi-Sarroch, Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Oristano, Portoscuso-Portovesme e Santa Teresa di Gallura (solo banchina commerciale); 8) Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale: Porti di Palermo, Termini Imerese, Porto Empedocle e Trapani; 9) Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Orientale: Porti di Augusta e Catania; 10) Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale: Porti di Bari, Brindisi, Manfredonia, Barletta e Monopoli; 11) Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio: Porto di Taranto; 12) Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale: Porto di Ancona, Falconara, Pescara, Pesaro, San Benedetto del Tronto (esclusa darsena turistica) e Ortona; 13) Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centro-Settentrionale: Porto di Ravenna; 14) Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale: Porti di Venezia e Chioggia; 15) Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale: Porto di Trieste.

[11]    La titolarità di strumenti finanziari conferisce al suo possessore diritti amministrativi, i quali riguardano la possibilità di partecipare all'amministrazione della società e alla formazione della volontà sociale. Sono, ad esempio, diritti amministrativi: il diritto di intervenire nelle assemblee; il diritto di voto; il diritto di chiedere agli amministratori la convocazione o il rinvio dell'assemblea dei soci; il diritto per gli assenti o dissenzienti di impugnare le deliberazioni assembleari invalide; il diritto di denunciare al Collegio sindacale fatti censurabili.

[12]    A norma dell’art. 2359 c.c. sono considerate “controllate” le società nelle quali un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria o di un numero di voti sufficiente per esercitare un’influenza dominante, situazione che si configura anche in presenza di particolari vincoli contrattuali ("Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa"). L'art. 2359 c.c., oltre alla fattispecie del controllo, contempla, al terzo comma, anche quella delle società collegate, sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. Poiché il testo unico, in sede di definizione del termine controllo, richiama "la situazione descritta nell'articolo 2359" e non "la situazione descritta all'art. 2359, commi primo e secondo", non si può escludere a priori l'intenzione di voler far rientrare nella definizione anche i casi in cui la pubblica amministrazione sia in grado di esercitare sulla società un'influenza notevole.

[13]    La formulazione "norme generali di diritto privato" è stata adottata nella redazione finale del testo in luogo della formulazione originaria "leggi speciali" in accoglimento delle osservazioni del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari al fine di meglio chiarire l'intenzione di fare salve le disposizioni generali e non quelle speciali rispetto al presente testo.

[14]    La priorità della disciplina civilistica è stata anche riaffermata nel contesto delle disposizioni sulla revisione della spesa. L’art. 4, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 (oggetto di abrogazione da parte dell'art. 29 del testo unico in esame), ha stabilito che “Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali”.

[15]    Corte dei conti-Sezione delle Autonomie, Gli organismi partecipati degli enti territoriali, deliberazione n. 24/2015, p. 31.

[16]    Le fondazioni partecipate (c.d. fondazioni amministrative) nascono quali fondazioni strumentali agli enti pubblici fondatori. Costituite per iniziativa di una pluralità di soggetti, senza assumere per questo carattere associativo, sono dotate di un patrimonio destinato a uno specifico scopo di pubblica utilità. "Trattasi di istituto atipico, la cui disciplina si desume, in via di interpretazione sistematica, per effetto del combinato disposto dell’art. 45 Cost., che promuove lo sviluppo della cooperazione senza fini speculativi, e dell’art. 1332 c.c. che consente, nei contratti aperti, l’adesione di altre parti, disciplinandone le modalità ove non previste" (Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, ibidem, p. 33).

[17]    Ad esempio l'art. 4, comma 13, primo periodo, del decreto-legge n. 95 del 2012.

[18]    Al riguardo, la Corte ha precisato che la compensazione da parte di uno Stato membro delle perdite subite da un'impresa, senza che siano stati previamente stabiliti i richiamati parametri, quando in un secondo tempo risulti che l'esercizio di alcuni servizi nell'ambito dell'adempimento di obblighi di servizio pubblico non è stato economicamente redditizio, costituisce un intervento finanziario ricadente nella nozione di aiuto di Stato. Inoltre, la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto degli introiti relativi agli stessi, al netto di un margine di utile ragionevole per l'adempimento di tali obblighi. Infine, nei casi in cui la scelta dell'impresa chiamata a svolgere obblighi di servizio pubblico non consegua a una procedura di appalto pubblico che consenta di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore per la collettività, occorre che l’ammontare della compensazione sia determinato tenendo conto dei costi che un'impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata delle risorse per poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, avrebbe sostenuto per adempiere a tali obblighi, al netto degli introiti ad essi attinenti nonché di un margine di utile ragionevole.

[19]    Come rilevato nello studio di sintesi del Protocollo n. 26 condotto dal CESI-European Academy, sebbene i servizi non economici non siano disciplinati dall’articolo 1 del Protocollo stesso, ciò nonostante essi non dovrebbero in alcun modo essere esclusi dall’attuazione dei valori del Protocollo da parte delle autorità nazionali. Al contrario, trattandosi di servizi intrinsecamente legati al sociale e alla cittadinanza, essi dovrebbero essere esemplari in termini di qualità, sicurezza, accessibilità economica, parità di trattamento, accesso universale e diritti degli utenti.

[20]    Corte dei Conti - Sezione delle Autonomie, ibidem, p. 20.

[21]    Previsione già contenuta nell' art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007, abrogato dall’art. 28 del testo in esame.

[22]    Previsione già contenuta nell' art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007, oggetto di abrogazione da parte dell’art. 28 del testo in esame.

[23]    Il comma 5 è stato inserito in accoglimento delle condizioni apposte ai pareri della 1a Commissione (Affari costituzionali) del Senato e della V Commissione (Bilancio) della Camera sull'AG n.297.

[24]    Commi abrogati dall'art. 28.

[25]    La cui applicazione è fatta salva dal successivo art. 20.

[26]    I commi 569 e 569-bis sono abrogati dal successivo art. 28.

[27]    L'art. 1, comma 561, della stessa legge n. 147 del 2013 ha abrogato l'art. 14, comma 32, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, il quale recava disposizioni sulle dismissioni delle partecipazioni degli enti locali; in particolare vi si prevedeva: il divieto di costituzione o partecipazione a società dei Comuni con meno di 30.000 abitanti con conseguente obbligo di messa in liquidazione o cessione delle partecipazioni nelle società già costituite (con l’eccezione delle società finanziariamente sane); la possibilità di detenere una sola partecipazione da parte dei Comuni con popolazione da 30 a 50.000 abitanti.

Il successivo comma 562 ha, tra l'altro, abrogato le disposizioni del decreto-legge n. 95 del 2012, che imponevano vincoli stringenti nei confronti delle società, non quotate, esercenti attività strumentali, dalla ristrutturazione alla dismissione.

[28]    La cui applicazione è fatta salva dal successivo art. 20.

[29]    La cui applicazione è fatta salva dal successivo art. 20.

[30]    L'art. 28 ha disposto l'abrogazione dell'art. 1, comma 3, lett. n), della legge n. 239 del 2004, in cui si prevedeva di favorire, anche con opportune incentivazioni, le aggregazioni nel settore energetico delle imprese partecipate dagli enti locali sia tra di loro che con le altre imprese che operano nella gestione dei servizi. Detta disposizione può, infatti, ritenersi assorbita nel più vasto ambito di applicazione della lett. d) del citato comma 611.

[31]    Articolo abrogato dall'art. 28 del decreto legislativo in esame.

[32]    La relazione del Commissario prosegue: "Una consultazione popolare per valutare la costituzione di partecipate trova un precedente storico nella legge Giolitti del 1903 che recitava a proposito della costituzione di una municipalizzata: “la deliberazione del consiglio comunale è sottoposta anche al voto degli elettori del comune, convocati con manifesto della giunta municipale da pubblicarsi almeno 15 giorni prima della convocazione. L'elettore vota pel sì o pel no sulla questione della assunzione diretta del servizio. Nel caso di risultato contrario alla deliberazione del consiglio comunale, la proposta di assunzione diretta del servizio non può essere ripresentata se non dopo tre anni, salvo che un quarto almeno degli elettori inscritti ne faccia richiesta nelle forme prescritte dal regolamento; ma anche in questo caso non dovrà esser trascorso meno di un anno dall'avvenuta votazione”".

[33]    Ai sensi del citato comma 2-bis, le imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui agiscono, devono operare mediante società separate.

[34]    L'art. 3, comma 28-bis, della legge n. 244 del 2007, abrogato dall'art. 28 del testo unico in esame, prevede: "Per le amministrazioni dello Stato, l'autorizzazione di cui al comma 28 è data con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze".

[35]    Si rammenta la previsione dell'abrogato art. 3, comma 27-bis, della legge n. 244 del 2007, secondo cui per le amministrazioni dello Stato restano ferme le competenze del Ministero dell'economia già previste dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della medesima legge. In caso di costituzione di società che producono servizi di interesse generale e di assunzione di partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista di concerto con i Ministeri competenti per materia.

[36]    Nello schema di decreto legislativo adottato in via preliminare dal Consiglio dei ministri e trasmesso alle Camere per il parere (AG 297) il soggetto era stato individuato nel Presidente della Regione. La formulazione attuale recepisce osservazioni contenute nel parere reso dal Consiglio di Stato e dalla Conferenza unificata. L’individuazione dell’organo amministrativo della Regione afferisce a modalità organizzative proprie della Regione stessa in ordine alle quali la competenza legislativa è riservata alle regioni (117, quarto comma, della Costituzione).

[37]    I patti parasociali sono gli accordi tra soci, in base ai quali si stabilisce un comportamento comune per influenzare la vita della società; essi vincolano soltanto i soci partecipanti e sono validi secondo le regole generali dei contratti. Le tre tipologie tradizionali di patti parasociali sono: i sindacati di voto, in cui i soci si accordano preventivamente per votare in maniera uniforme nell'assemblea; i sindacati di blocco, volti a limitare il trasferimento delle azioni a terzi; i sindacati di acquisto, finalizzati a concordare l'acquisto di azioni.

[38]    Il comma 10 recepisce una specifica osservazione formulata dal Consiglio di Stato contenuta nel parere espresso sull'AG n.297.

[39]    Tale specificazione recepisce una delle osservazioni contenute nel parere della Conferenza unificata sull'AG 297.

[40]    Il riferimento all'intesa in sede di Conferenza unificata è stato aggiunto nel testo unico dal decreto legislativo n. 100 del 2017, recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (AG 404).

[41]    Al riguardo, si veda anche l'illustrazione del successivo comma 10.

[42]    In proposito, con la delibera dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) n. 47/2013 - con riguardo al rapporto tra le previsioni dell’art. 4 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 (che, prima della modifica introdotta dal decreto-legge n. 90 del 2014, imponeva alle pubbliche amministrazioni, incluse le province e i comuni, di nominare propri dipendenti nei consigli di amministrazione delle società partecipate), e gli artt. 9 e 12 del decreto legislativo n. 39 del 2013 - l'Autorità asserisce che l'incompatibilità è limitata alle cariche di presidente titolare di deleghe gestionali dirette e di amministratore delegato, e che in tal senso debba essere interpretato sia il riferimento a "presidente" al comma 1 dell'art. 12, sia il riferimento a "componente di organi di indirizzo" al comma 4 dello stesso articolo.

[43]    Si ricorda che gli incarichi a titolo gratuito - con l'eccezione degli incarichi dirigenziali e direttivi, la cui durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile - possono essere conferiti senza termine a soggetti in quiescenza a seguito di modifica apportata, all'art. 5, comma 9, dalla legge n. 124 del 2015. Sull'argomento si rammentano, inoltre, le circolari interpretative del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 6 del 2014 e n. 4 del 2015.

[44]    I commi 4 e 5 dell'art.4 del decreto-legge n. 95 del 2012 (abrogati dall'art. 28 del testo unico in esame) prevedevano - per ragioni di contenimento della spesa - che la maggioranza dei membri dei consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico (due nei consigli di amministrazione a tre membri e tre in quelli a cinque membri) fossero dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione o titolare dei poteri di indirizzo e vigilanza per le società a partecipazione diretta, ovvero tra dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione della società controllante o di poteri di indirizzo e vigilanza e dipendenti della stessa società controllante per le società a partecipazione indiretta.

      Il decreto-legge n. 90 del 2014 è successivamente intervenuto su tale disposizione, eliminando l'obbligo di nominare dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione. Alle amministrazioni titolari delle partecipazioni restava, tuttavia, la facoltà di nominare loro dipendenti nelle società da esse controllate.

[45]    Il comma 3 dell’articolo 11, nel testo previgente, demandava a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la determinazione dei criteri sulla base dei quali l'assemblea della società a controllo pubblico avrebbe potuto optare, oltre che per il mantenimento di un consiglio di amministrazione in luogo di un amministratore unico, anche per il sistema di governance dualistico o monistico, e prevedeva che, in caso di adozione del sistema dualistico, al Consiglio di sorveglianza sarebbero stati attribuiti i poteri di cui all’articolo 2409-terdecies, primo comma, lettera f-bis), c.c.. Con tale ultima previsione veniva sottratta all'autonomia statutaria la facoltà di attribuire al consiglio di sorveglianza il potere di deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione, ferma in ogni caso la responsabilità di questo per gli atti compiuti. Tale potere veniva attribuito al Consiglio di sorveglianza ex lege. Qualora si fosse optato per uno dei sistemi alternativi di governance, il numero complessivo dei componenti degli organi di amministrazione e controllo non avrebbe potuto essere superiore a cinque.

[46]    Detto importo è stato determinato con il DPCM 26 giugno 2007.

[47]    Le disposizioni di cui ai richiamati commi 4 e 5, come espressamente statuito dall’art. 16, comma 2, del decreto-legge n. 90 del 2014, hanno trovato efficacia a decorrere dal primo rinnovo dei Consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90/2014 (25 giugno 2014).

[48]    Recante modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati

[49]    L'intesa è il risultato di una modifica introdotta dal D.lgs. n. 100 del 2017 (AG 404), mentre nel testo originario il coinvolgimento della Conferenza unificata era limitato all'espressione del parere sul decreto ministeriale.

[50]    Ai sensi dell'art. 4, comma 4, a decorrere dal 1º gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può essere superiore all'80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell'anno 2013. Tale disposizione è oggetto di abrogazione ai sensi dell'articolo 28 del testo unico in esame.

[51]    Recante “Regolamento relativo ai compensi per gli amministratori con deleghe delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'ex articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”.

[52]    Si rammenta che il decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, all'art. 34, comma 38, precisa: "Ai fini della corretta applicazione delle disposizioni in materia di contenimento della spesa pubblica riguardanti le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, si intendono per società quotate le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati".

[53]    La disciplina relativa ai compensi degli amministratori delle società a controllo pubblico trova il suo primo riferimento nelle disposizioni del codice civile in materia di società di capitali: l'art. 2364, primo comma, n. 3), che annovera tra le competenze dell'assemblea ordinaria della società la determinazione del compenso degli amministratori, qualora non stabilito dallo statuto; e l'art. 2389, il quale conferma la competenza dell'assemblea in ordine alla determinazione dei compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione, mentre conferisce al consiglio di amministrazione, sentito il collegio sindacale, la determinazione della remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità a quanto previsto dallo statuto societario (amministratori cui siano conferite deleghe ai sensi dello statuto); se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

[54]    Commi aggiunti dall'art. 2, comma 20-quater, lett. b), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

[55]    Ai sensi dell'art. 1, comma 728, della legge n. 296 del 2006, abrogato dall'articolo 28 del testo unico in esame, il compenso, calcolato ai sensi del comma 725, è incrementato di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la presenza di questi ultimi è pari o superiore al cinquanta per cento del capitale e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi negli altri casi.

[56]    Viene conseguentemente abrogato all'art. 28, comma 1, lettera r), del testo unico (in quanto riassorbito nella disposizione in esame), l'art. 3, comma 7-bis, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, il quale prevedeva che "Nella regolamentazione del rapporto di lavoro dei dirigenti, le società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, o dai loro enti strumentali, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 31 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e delle società dalle stesse controllate, non possono inserire, in assenza di preventiva autorizzazione dei medesimi enti o amministrazioni, clausole contrattuali che al momento della cessazione del rapporto prevedano per i soggetti di cui sopra benefici economici superiori a quelli derivanti ordinariamente dal contratto collettivo di lavoro applicato. Dette clausole, inserite nei contratti in essere, sono nulle qualora siano state sottoscritte, per conto delle stesse società, in difetto dei prescritti poteri o deleghe in materia".

      Non risulta, invece, oggetto di abrogazione l'art. 1, comma 466, della legge n. 296 del 2006 (come modificato dalla legge n. 244 del 2007)  il quale prevede che: "Nella regolamentazione del rapporto di amministrazione, le società non potranno inserire clausole contrattuali che, al momento della cessazione dell'incarico, prevedano per i soggetti di cui sopra (componenti dei consigli di amministrazione delle società non quotate partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze e rispettive società controllate e colle) benefìci economici superiori ad una annualità di indennità".

[57]    Restava, tuttavia, la facoltà di prevedere, in deroga a detta disposizione, per l'organo di amministrazione il conferimento di deleghe per singoli atti anche ad altri membri dell'organo stesso, a condizione che non fossero previsti compensi aggiuntivi.

[58]    Per il quale si rinvia alla apposita scheda di approfondimento a corredo della illustrazione dell'art. 4.

[59]    Si rammenta che il sistema sanzionatorio della Corte dei conti, rispetto al sistema di responsabilità previsto dal codice civile, è, tra l'altro, caratterizzato da prescrizione più breve e limitazione della responsabilità ai soli fatti commessi con dolo o colpa grave. Tuttavia, demandare alla sola competenza della giurisdizione ordinaria i fatti illeciti riscontrati nelle società partecipate, conduce a scarsi risultati, non perché il sistema civilistico non sia efficace, ma perché si possono verificare omissioni di attivazione da parte dei rappresentanti del socio pubblico (spesso il responsabile o il corresponsabile del danno è proprio chi dovrebbe attivare l’azione di recupero).

[60]    Per la possibile estensione dell'ambito di competenza della giurisdizione contabile prima dell'entrata in vigore del testo unico, si richiama, tuttavia, la sentenza della Corte dei conti, Sez. I Giur. Centr. d'Appello n. 178 del 2015, con la quale il Collegio di appello, senza entrare nel merito della fattispecie e, dunque, se i convenuti avessero o no prodotto con dolo o colpa grave il danno erariale in questione, ha annullato la sentenza di primo grado - che, fin da subito, escludeva la giurisdizione contabile - richiamando le pronunce delle Sezioni unite, in tema di responsabilità degli organi sociali delle partecipate pubbliche. Secondo il giudice d'Appello, non è la qualificazione in house della società da parte dell'ente pubblico a costituire l'elemento discriminante per l'identificazione del giudice competente, ma piuttosto la riconducibilità del patrimonio leso all'ente pubblico; altrimenti "sarebbe sufficiente, a qualsiasi amministrazione o ente pubblico, creare altrettante S.p.A., con quote infinitesimali di partecipazione privata (o addirittura, in ipotesi, anche a partecipazione pubblica totalitaria), cui far gestire servizi pubblici con risorse anch’esse completamente pubbliche, per eludere la giurisdizione di responsabilità erariale (e quindi, in buona sostanza, il precetto costituzionale di cui all’art. 103, comma 2 Cost.): ciò che in ambito civilistico potrebbe far parlare, addirittura, di negozio in frode alla legge (art. 1344 c.c.)".

[61]    Come modificato dal decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141

[62]    Al riguardo, si segnala - fra le altre - la sentenza della Corte di Cassazione n. 22209 del 2013 che ha ammesso la sottoposizione a procedure fallimentari di una società a maggioranza pubblica (operante nel settore dello smaltimento e stoccaggio dei rifiuti).

[63]    Tali situazioni, secondo la disposizione in commento, possono emergere dai programmi di valutazione del rischio, per i quali si rinvia all'illustrazione dell'art. 6, comma 2.

[64]    Recante "Modifiche al decreto 17 luglio 2014 di individuazione e attribuzione degli Uffici di livello dirigenziale non generale dei Dipartimenti del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché al decreto del 20 ottobre 2014 concernente la graduatoria degli Uffici centrali di livello dirigenziale non generale".

[65]    "Attuazione della direttiva 2000/52/CE, che modifica la direttiva 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, nonché alla trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese".

[66]    Si tratta della banca dati disciplinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 gennaio 2015, recante "Definizione delle informazioni da trasmettere al Dipartimento del Tesoro relativamente alle partecipazioni detenute dalle Amministrazioni pubbliche e disciplina delle modalità tecniche di comunicazione, acquisizione e fruizione dei dati", in base a quanto previsto dal citato articolo 17, comma 4. Le informazioni contenute in detta banca dati sono relative alle partecipazioni in società ed enti di diritto pubblico e di diritto privato detenute direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche individuate dall'Istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, e da quelle di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[67]    Viene richiamato l'art. 6, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012: "Fermo restando quanto previsto da altre disposizioni legislative, il potere ispettivo attribuito dalla vigente normativa al Dipartimento della funzione pubblica ed al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato nei confronti delle amministrazioni pubbliche è esteso alle società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta (omissis)".

[68]    In accoglimento di una osservazione del Consiglio di Stato (espresso sullo schema di decreto legislativo AG 297) la formulazione "oltre l'80 per cento" è stata sostituita alla originaria formulazione "almeno l'80 per cento".

[69]    Il riferimento all'articolo 15 (riguardante monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica) appare peraltro non del tutto chiaro, tenuto conto che in esso non si fa esplicito riferimento a forme di "grave irregolarità" (invece presenti all'art. 13, relativo al controllo giudiziario sull'amministrazione di società a controllo pubblico, e all'art. 14, con riferimento alla mancata adozione di adeguati provvedimenti per contrastare crisi di impresa).

[70]    Al riguardo si rinvia alla illustrazione dell'art. 11.

[71]    La Corte dei conti-Sezione delle Autonomie, nella deliberazione n. 15 del 2014, specifica: "La gara a doppio oggetto è fattispecie diversa dall’affidamento diretto di ulteriori appalti a una società mista già costituita. In quest’ultima ipotesi, infatti, si è in presenza di società miste c.d. aperte nei cui confronti non è possibile derogare al principio della gara" (p. 30). Così come è fattispecie diversa dall’acquisizione di una partecipazione azionaria in una società costituita in precedenza.

[72]    In tema di personale rilevano altresì le disposizioni transitorie dettate dall’articolo 25 e dal comma 6 dell’articolo 26 (vedi infra). Quest’ultimo, in particolare, esclude dall’applicazione dell’articolo 19 in commento le società che sperimentino nuovi modelli gestionali mediante forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, ai sensi dell’articolo 9-bis del D.Lgs. n. 502/1992.

[73]    Si deve presumere che in questo caso la mancata pubblicazione debba essere addebitabile alla società, non alla pubblica amministrazione.

[74]    Ai sensi dell’art 22, comma 4, del decreto legislativo n. 33 del 2013 (recante: “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”), a cui il comma 7, secondo periodo, dell’articolo in esame fa espresso rinvio.

[75]    Ai sensi dell’art. 47, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013, a cui il comma 7, secondo periodo, dell’articolo in esame fa espressamente rinvio.

[76]    Ai sensi dell’art. 46 del decreto legislativo n. 33 del 2013, a cui il comma 7, secondo periodo, dell’articolo in esame fa espresso rinvio.

[77]    L'art. 27 del testo unico opera la conseguente modifica di coordinamento, disponendo che l'art. 18 del decreto-legge n. 112 del 2008 si riferisca esclusivamente ad aziende speciali e istituzioni.

[78]    Le stesse regole erano stabilite specificamente per le società affidatarie in house dall'art. 3-bis, comma 6, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 (come modificato dalla legge n. 147 del 2013): "Le società affidatarie in house sono tenute all'acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. Le medesime società adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché i vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive stabiliti dall'ente locale controllante ai sensi dell'articolo 18, comma 2-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008". Il citato comma 6 viene abrogato dall'art. 28 del testo unico in esame, in quanto assorbito dalle successive disposizioni.

[79]    Il citato art. 30 disciplina il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.

[80]    Parametro in cui si prevede che a decorrere dall'anno 2014 gli enti territoriali devono assicurare nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della disposizione (vale a dire il triennio 2010-2013).

[81]    Tale norma dispone che le amministrazioni pubbliche siano autorizzate ad acquistare sul mercato i servizi originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale, e che le stesse  se interessate da processi di razionalizzazione della spesa, provvedano al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione in misura corrispondente, fermi restando i processi di riallocazione e di mobilità del personale.

[82]    Si osserva che sono stati abrogati anche i commi 563, 564 e 568-ter dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013, sempre concernenti misure relative alla mobilità del personale. In proposito si rileva che al comma 563 si asserisce che "la mobilità non può comunque avvenire tra le società di cui al presente comma (società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni) e le pubbliche amministrazioni": potrebbe pertanto essere opportuno valutare se esso possa incidere sul comma 8 dell’articolo 19 del testo unico, che è volto a favorire il riassorbimento nell’ambito della pubblica amministrazione di personale delle società, già dipendente delle pubbliche amministrazioni..

[83]    La decorrenza dal 2017 è da mettere in relazione alla circostanza che questa ed altre disposizioni transitorie previste dall’articolo 26 (commi da 12-bis a 12-sexies) sono state introdotte con il decreto correttivo 16 giugno 2017, n.100, le cui norme sono entrate in vigore il 27 giugno 2017.

[84]    L’articolo 17 detta una procedura – che qui non si dettaglia- volta alla ricognizione degli enti pubblici ed alla unificazione delle banche dati delle società partecipate

[85]    Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile (il quale reca le voci che devono trovare evidenza nel conto economico).

[86]    All'art. 29 è abrogato il comma 551, limitatamente al secondo periodo, che riguarda le sole società che redigono il bilancio consolidato, ed il cui contenuto è, conseguentemente, confluito nella disposizione di cui al comma 1 in esame.

[87]    Il decreto legislativo n. 118 del 2011, modificato dal decreto legislativo n. 126 del 2014, nell’armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle regioni, delle province e degli enti locali, dispone il consolidamento dei conti tra gli enti e i loro organismi partecipati.

[88]    Recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione".

[89]    L'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 prevede che "1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite". Esso ha trovato attuazione con l'art. 11 della legge n. 131 del 2003: "1. Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonché dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 2. Le Commissioni paritetiche previste dagli statuti delle Regioni a statuto speciale, in relazione alle ulteriori materie spettanti alla loro potestà legislativa ai sensi dell'articolo 10 della citata legge costituzionale n. 3 del 2001, possono proporre l'adozione delle norme di attuazione per il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti all'esercizio delle ulteriori funzioni amministrative. 3. Le norme di attuazione di cui al comma 2 possono prevedere altresì disposizioni specifiche per la disciplina delle attività regionali di competenza in materia di rapporti internazionali e comunitari".

[90]    Sezione da individuarsi ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del decreto legislativo in esame. In sintesi, per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le Sezioni Riunite in sede di controllo; per gli atti delle Regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione, è competente la Sezione regionale di controllo; per gli atti degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della legge n. 259 del 1958) è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi.

[91]    Per il quale si rinvia alla illustrazione dell'art. 4.

[92]    Che concernono rispettivamente il valore di liquidazione delle azioni ed il procedimento di liquidazione.

[93]    Che rispettivamente dispongono che: - in assenza di utili e riserve disponibili deve essere convocata l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società; - alla deliberazione di riduzione del capitale sociale si applicano le disposizioni del comma secondo, terzo e quarto dell’articolo 2445 e, ove l'opposizione sia accolta, la società si scioglie.

[94]    Si tratta dell'art. 2112 c.c. (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda), come modificato dall'art. 32 del decreto legislativo n. 276 del 2003, il quale lascia fermi i diritti dei prestatori di lavoro in caso di trasferimento d'azienda di cui alla normativa di recepimento delle direttive europee in materia (l'art. 32 è stato a sua volta modificato dal decreto legislativo n. 251 del 2004).

[95]    In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato nel parere da esso reso sullo schema di decreto legislativo modificativo del testo originario del D,Lgs. n. 175 /2016 ((Atto del Governo n.404, poi divenuto il decreto legislativo n.100/2017,di modifica del D.Lgs. suddetto).

[96]    Si ricorda che il termine, originariamente previsto al 31 dicembre 2016 dal D.Lgs. n. 175/2016, è stato successivamente differito al 31 luglio 2017 dal D.Lgs. n. 100/2017.

[97]    Poi effettivamente non adottato.

[98]    Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[99]    La disposizione di adeguamento entro la prevista data pare dunque fare riferimento alla norma relativa alla richiamata incompatibilità: in tal caso, parrebbe che le amministrazioni pubbliche siano tenute a procedere - anche prima del termine di scadenza naturale dei consigli di amministrazione delle società controllate - alla sostituzione, nei medesimi consigli, dei loro rappresentanti che siano dipendenti pubblici (a meno che questi non optino per la carica di amministratore, e ferma restando la disposizione di cui all'art. 23-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 sul collocamento in aspettativa dei dipendenti pubblici).

[100]  Delle disposizioni oggetto di abrogazione si è dato conto, salvo che per la lettera b), nel corso della illustrazione dei singoli articoli.

[101] La norma interviene, modificandone numerose disposizioni, sull’articolo 113 del D.Lgs. n.267/2000 (Testo Unico enti locali, TUEL) le cui disposizioni concernono la materia – ora ridefinita in più parti dal decreto legislativo n.175/2016 in esame - delle modalità di gestione delle reti ed erogazione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica .