Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||
Titolo: | I temi dell'attività parlamentare nella XVI legislatura - Politiche di coesione territoriale - Area n. 26 | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 Progressivo: 26 | ||||
Data: | 15/03/2013 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
La documentazione di inizio legislatura - accessibile dalla home page della Camera dei deputati - dà conto delle principali politiche pubbliche e delle attività svolte dalle Commissioni parlamentari nella XVI legislatura, suddivise in Aree tematiche, a loro volta articolate per Temi e Approfondimenti. L'accesso è disponibile per Commissione ovvero per Area tematica.
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Gli interventi di sostegno diretti al superamento del dualismo economico e alla promozione dello sviluppo e dell'occupazione nelle aree sottoutilizzate del Paese vedono il concorso dei diversi livelli di governo - in particolare lo Stato e le regioni - nonché dell'Unione europea.
Nell’ambito europeo la riduzione dei divari di sviluppo territoriale degli Stati membri è affidata alla politica di coesione che indirizza le risorse derivanti da due fondi comunitari e da un fondo nazionale, costituiti rispettivamente dal Fondo sociale europeo, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (già Fondo per le aree sottoutilizzate) verso specifiche aree che richiedono interventi per la promozione dello sviluppo e per rimuovere gli squilibri economico-sociali. In Italia, il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al periodo 2007-2013 - ossia il Quadro strategico nazionale - è stato approvato dalla Commissione europea nel luglio del 2007. Presso la Commissione medesima è in corso il negoziato sulla politica di coesione per il periodo 2014-2020, sulla cui base, una volta concluso, si procederà poi alla definizione del nuovo Quadro strategico nazionale per il medesimo periodo.
Nel corso della XVI legislatura la politica di coesione si è articolata secondo due linee direttrici: la ricognizione e gestione delle risorse finanziarie, volta ad ottimizzarne l’impiego ed a recuperare quelle ancora non utilizzate o di cui comunque era possibile il recupero; l’accelerazione dei programmi di spesa, in presenza dei consistenti ritardi che si erano determinati soprattutto nella prima metà della legislatura, ed, al contempo, il rafforzamento dell’efficacia degli interventi, mediante una nuova articolazione dei Fondi di utilizzo delle risorse e l’introduzione di nuovi strumenti operativi. Nella medesima finalità di rimozione dei divari territoriali vanno altresì considerate alcune specifiche misure approvate nel corso della legislatura, ad esempio in tema di crediti di imposta e di istituzioni finanziarie, volte alla promozione dello sviluppo territoriale nelle aree sottoutilizzate.
La politica di coesione 2007-2013
In Italia, il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al settennio 2007-2013 è costituito dal Quadro strategico nazionale 2007-2013 - approvato in via definitiva dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007. Tale Quadro espone, in un progetto unitario, la programmazione dei fondi strutturali e delle risorse aggiuntive nazionali per le aree del Mezzogiorno e del Centro Nord, secondo un sistema teso all’ unificazione della politica regionale comunitaria e di quella nazionale. Elemento centrale di tale sistema è il principio di addizionalità dei Fondi comunitari: questo prevede infatti che in corrispondenza delle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche di coesione, i singoli Stati membri debbano stanziare un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale. L’ unitarietà del sistema comporta inoltre che in caso di ritardi nell’attuazione dei programmi e di conseguente definanziamento delle risorse comunitarie, si determini una corrispondente riduzione del cofinanziamento nazionale.
Una ulteriore tipologia di risorse è infine costituita dalle risorse proprie nazionali (di natura aggiuntiva), stanziate nel Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), ora ridenominato come Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC).
L’insieme di questi tre differenti canali di finanziamento ha determinato un importo complessivo di risorse per il periodo 2007-2013 in Italia pari ad oltre 124 miliardi di euro (parte dei quali sono state peraltro destinati nel corso della legislatura ad altre finalità ), cosi articolato:
Le misure per accelerare l’utilizzo delle risorse
Come già avvenuto nelle legislature precedenti, anche nel corso della XVI legislatura si sono determinate rilevanti difficoltà delle amministrazioni centrali e regionali nell’ utilizzare le risorse comunitarie secondo la tempistica definita dalle norme comunitarie, con il rischio costante di disimpegno delle stesse, atteso che le regole europee prevedono il definanziamento (che comporta altresì la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale) delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento.
Dopo 4 anni di operatività dei fondi strutturali 2007-2013, al 31 dicembre 2010, lo stato di utilizzo dei fondi comunitari era in forte ritardo, con una percentuale di impegni sulle risorse complessivamente disponibili pari al 22 per cento e dei pagamenti intorno al 12 per cento.
Si è proceduto pertanto all’adozione di alcune misure, ad iniziare, alla fine del 2010, con il Piano nazionale per il Sud. Questo aveva in particolare indicato, soprattutto attraverso la delibera del CIPE n. 1 del 2011, le linee operative per un maggiore ed efficiente utilizzo delle risorse destinate alle aree sottoutilizzate, vale a dire sia quelle di carattere aggiuntivo previste dal FAS, sia quelle definite dai fondi strutturali dell’Unione europea. Il Piano prevedeva una concentrazione della strategia, della programmazione e delle risorse su pochi obiettivi prioritari (infrastrutture e beni pubblici, ricerca e innovazione, istruzione e competenze) rilevanti per lo sviluppo del Mezzogiorno. Successivamente, con il decreto legislativo n. 88 del 2011 sono stati introdotti nuovi strumenti per favorire l’utilizzo delle risorse finanziarie per la rimozione degli squilibri economici e sociali , quali ad esempio il Documento di indirizzo strategico ed il Contratto istituzionale di sviluppo che, tuttavia, non trovano immediata operatività .
Poiché il Piano per il sud non appariva conseguire risultati significativi, alla fine del 2011 viene adottato un nuovo strumento, il Piano di azione coesione con l’obiettivo di colmare i ritardi ancora rilevanti nell’utilizzo delle risorse, anche per ottemperare ad alcuni impegni assunti in sede europea sull’utilizzo delle stesse. Il Piano, nell’ impegnare le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi in grave ritardo, mira ad una concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), reperendo i necessari stanziamenti attraverso una riduzione della quota complessiva del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali nell’ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, con conseguente riutilizzo delle risorse per il finanziamento delle azioni e degli interventi previsti nel PAC stesso nelle medesime regioni.
Alla fine del 2012 il nuovo strumento evidenzia risultati positivi: è stato evitato il disimpegno delle risorse comunitarie non utilizzate, che avrebbe generato un effetto doppio in quanto sarebbe andata persa anche la corrispettiva quota di cofinanziamento nazionale; è inoltre aumentata la percentuale di pagamenti effettuati, anche a seguito della riduzione dell’ammontare di ciascun programma interessato, che ha reso la quota impegnabile più vicina a quella effettivamente liquidabile; con l’introduzione del sistema degli obiettivi (target) si è infine definito l’ammontare della quota percentuale di realizzazione da raggiungere alle scadenze prefissate, in modo da fornire alle amministrazioni interessate una tabella di marcia maggiormente vincolante.
La politica di coesione per la futura programmazione 2014-2020
L’assetto della futura politica di coesione per il periodo 2014-2020 è all’attenzione di un complessivo negoziato presso le istituzione dell’Unione Europea, sulla base di alcune proposte di regolamento predisposte dalla Commissione europea.
Tali proposte prevedono: la conservazione degli obiettivi convergenza (riservato alle regioni con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE-27) e competitività (che sarebbe aperto alle regioni con un PIL pro capite superiore al 90% della media dell'UE); l’introduzione di un nuovo obiettivo dei fondi strutturali che includerebbe le cosiddette "regioni in transizioneâ€; la concentrazione dell’intervento dei fondi strutturali su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia Europa 2020; l’istituzione di un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali, da tradurre in priorità d'investimento, nonché la conclusione di un contratto di partenariato tra la Commissione e ciascuno Stato membro.
Esse inoltre prospettano la ridefinizione delle regole di condizionalità per l’erogazione dei fondi, che sarebbero articolate in tre tipologie: a) ex ante, definite nelle norme specifiche di ciascun Fondo, riportate nel contratto di partnership tra la Commissione e Stati membri e regioni; b) legate al rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell’ambito delle proposta legislative relative alla governance economica; c) ex post (da completare entro il 31 dicembre 2023), vincolate al raggiungimento di obiettivi predeterminati. Inoltre il 5% degli stanziamenti sarebbe riservato ai programmi che hanno raggiunto gli obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020.
Per quanto concerne l’ammontare delle risorse finanziarie, l’esame delle proposte in questione è strettamente connesso al negoziato complessivo sul Quadro finanziario pluriennale (QSP) 2007-2014, nel cui ambito sarà definita l’entità delle risorse disponibili e la loro ripartizione tra le varie politiche di spesa. Può al momento segnalarsi che, sulla base di un primo accordo raggiunto nell’ambito del Consiglio europeo sul QFP medesimo, si prevede che per la politica di coesione, il livello di impegni non superi i 325,14 miliardi di euro ripartiti nell’arco dei sette anni di programmazione finanziaria.
La politica di coesione mira a ridurre i divari di sviluppo territoriale degli Stati membri mediante la destinazione di risorse, derivanti da fondi europei e, in ambito nazionale, dal Fondo di sviluppo e coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate), verso obiettivi individuati in specifiche aree che richiedono interventi per la promozione dello sviluppo e per rimuovere gli squilibri economico-sociali. Per l'Italia il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse è costituito dal Quadro strategico nazionale 2007-2013, approvato nel luglio 2007 dalla Commissione europea.
Gli interventi di sostegno diretti al superamento del dualismo economico e alla promozione dello sviluppo e dell'occupazione nel Mezzogiorno e nelle altre aree sottoutilizzate del Paese – il cui fondamento è rinvenibile nell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione – vedono il concorso dei diversi livelli di governo - in particolare lo Stato e le regioni - nonché dell'Unione europea, ai sensi dell’articolo 174 del Trattato dell’Unione europea.
Nell’ambito dell’Unione europea la riduzione dei divari di sviluppo territoriale degli Stati membri è affidata alla politica di coesione, che prevede l'attuazione di un quadro di programmazione pluriennale dei fondi strutturali comunitari al fine di perseguire specifici obiettivi di sviluppo in determinate aree.
Il quadro normativo comunitario che definisce gli obiettivi per il ciclo di programmazione 2007-2013 e gli strumenti finanziari di intervento della politica di coesione ad essi destinati è definito dal Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006.
Gli interventi strutturali della politica di coesione sono stati programmati in modo da concentrare le risorse complessive messe a disposizione dell’UE (pari a 308 miliardi di euro) su tre obiettivi: obiettivo convergenza, volto ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni in ritardo di sviluppo, obiettivo competitività e occupazione regionale, destinato al rafforzamento della competitività e dell’occupazione delle regioni diverse da quelle in ritardo di sviluppo, ed obiettivo cooperazione territoriale.
In Italia, il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al settennio 2007-2013 è costituito dal Quadro strategico nazionale 2007-2013 - approvato dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007. Il Quadro espone, in un progetto unitario, la programmazione dei fondi strutturali e delle risorse aggiuntive nazionali per le aree del Mezzogiorno e del Centro Nord, in un sistema di unificazione della politica regionale comunitaria e nazionale, sulla base del principio di addizionalità .
Il principio di addizionalità dei Fondi comunitari, previsto dai regolamenti dell’Unione Europea, prevede infatti che, in corrispondenza delle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche di coesione, i singoli Stati membri debbano stanziare un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale.
Tale principio reca la regola generale della complementarietà dell'intervento comunitario rispetto alle azioni condotte dagli Stati membri, al fine di evitare che le risorse dei Fondi strutturali comunitari vadano semplicemente a sostituirsi agli incentivi nazionali; l'aiuto dell’Unione esercita in tal modo un effetto trainante nei confronti dello sforzo finanziario nazionale. Le azioni ammesse al cofinanziamento non devono quindi coprire spese che lo Stato membro avrebbe effettuato in ogni caso nelle regioni interessate e lo Stato membro è impegnato a mantenere la spesa pubblica per finalità strutturali almeno allo stesso livello raggiunto durante il periodo di programmazione precedente.
Ai sensi dell’articolo 53 e del relativo Allegato III del regolamento CE n. 1083/2006, i massimali applicabili ai tassi di cofinanziamento comunitario sono del 75% per i programmi dell’obiettivo Convergenza e del 50% per i programmi dell’obiettivo Competitività .
In aggiunta, il Quadro strategico nazionale 2007-2013 espone anche la programmazione degli stanziamenti aggiuntivi derivanti dal Fondo per aree sottoutilizzate (FAS), che rappresenta lo strumento principale di attuazione della politica regionale nazionale.
All’inizio della XVI legislatura, la Commissione bilancio ha avviato una indagine conoscitiva sulle politiche di sostegno per le aree sottoutilizzate, anche al fine di individuare una posizione dell’Italia per eventuali modifiche alla politica di coesione.
Nell’ambito delle risorse finanziarie UE complessivamente stanziate per il periodo di programmazione 2007-2013 (circa 308 miliardi di euro), la quota assegnata all’Italia ammonta a 28,8 miliardi a valere su due fondi comunitari (Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR e Fondo sociale europeo - FSE).
Le risorse comunitarie assegnate all’Italia sono state programmate con il Quadro strategico nazionale 2007-2013, i cui interventi sono attuati attraverso 52 Programmi Operativi nazionali, regionali e interregionali, che definiscono le priorità strategiche per settori e territori.
Nel QSN 2007-2013, la gran parte di tali risorse, all’incirca il 75%, risultano destinate all’Obiettivo “Convergenzaâ€, che interessa le regioni Calabria Campania, Puglia, Sicilia, per un importo pari a 21,2 miliardi di euro, cui si aggiungono 430 milioni alla Basilicata (considerata in regime di phasing-out dall’obiettivo Convergenza).
All’obiettivo “Competitività â€, che interessa tutto il Centro-Nord, l’Abruzzo e il Molise, sono assegnati 5,4 miliardi di euro, pari al 22% delle risorse complessivamente destinate all’Italia, cui si aggiunge 1 miliardo destinato alla Sardegna (in regime di phasing-in).
La quota residua (oltre 800 milioni) interessa i programmi dell’Obiettivo “Cooperazione territorialeâ€.
Per il principio di addizionalità , in corrispondenza alle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali, il QSN 2007-2013 prevede un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale (circa 31,6 miliardi di euro per il periodo di programmazione, corrispondente ad un tasso del 50%), che transita dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.
A tali risorse vanno aggiunti 64,4 miliardi del Fondo per le aree sottoutilizzate, a tal fine stanziate dalla legge finanziaria del 2007 (art. 1, comma 863-866, legge n. 296 del 2006). Il Fondo per aree sottoutilizzate rappresenta lo strumento principale di attuazione della politica regionale nazionale, il cui utilizzo è stabilito in base agli indirizzi di politica regionale. Dal 2011, il Fondo ha assunto la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, emanato in attuazione della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale.
L’importo complessivo delle risorse destinate alle politiche di coesione e regionali per il periodo 2007-2013 in Italia è stato pari, pertanto, a oltre 124 miliardi di euro, di cui 101,6 miliardi destinati specificamente alle aree del Mezzogiorno, come si evince dalla programmazione delle risorse del QSN 2007-2013.
Per quanto riguarda le risorse aggiuntive del FAS, nel corso della XVI legislatura gli interventi normativi si sono concentrati su due linee direttrici principali: 1) la ricognizione delle risorse stanziate a legislazione vigente ancora non utilizzate o di cui comunque era possibile il recupero; 2) una nuova articolazione dei Fondi di utilizzo delle risorse medesime, ai fini di una maggiore efficacia della spesa.
In particolare, nel 2008, con il decreto-legge n 185 del 2008 è stato indicato un nuovo percorso di intervento delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate attraverso la costituzione, nell’ambito del FAS medesimo, di tre fondi settoriali: il Fondo per le infrastrutture, presso il Ministero dello sviluppo economico, le cui risorse sono ripartite dal CIPE con apposita delibera ed assegnate alle amministrazioni competenti; il Fondo sociale per l’occupazione e formazione, gestito autonomamente dal Ministro del lavoro; il Fondo strategico a sostegno dell’economia reale, gestito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Nell’originario Fondo per le aree sottoutilizzate permangono le risorse relative agli interventi di competenza delle amministrazioni regionali. La ripartizione di tali risorse tra le regioni è effettuata con apposita delibera CIPE.
Va segnalato che le risorse che all’inizio della legislatura risultavano stanziate per gli interventi del FAS nell’ambito del nuovo ciclo di programmazione 2007-2013 (come detto precedentemente, oltre 64 miliardi del FAS sino all’anno 2015, che si affiancano, per l'attuazione della politica di coesione, ai 28,5 miliardi di fondi comunitari e 31,6 miliardi di cofinanziamento nazionale) sono state via via utilizzate anche per finalità differenti rispetto a quelle indicate, in particolare per la copertura delle manovre di finanza pubblica, ovvero per la copertura di oneri recati dai altri provvedimenti legislativi, non tutti strettamente correlati agli interventi nelle aree sottoutilizzate. Si tratta in totale di riduzioni per 31,8 miliardi.
Si ricorda, tuttavia, che gli stanziamenti del FAS – ora denominato il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 88/2011 - sono stati, da ultimo, integrati in attuazione delle delibere CIPE di assegnazione delle risorse nel periodo 2008-2012, per un totale di circa 10 miliardi.
Pertanto, le autorizzazioni complessive di spesa del Fondo per lo sviluppo e la coesione nel bilancio dello stato per il triennio 2013-2015 (legge n. 229 del 2012) risultano pari a 22,3 miliardi, di cui 8 miliardi per il 2013, 5,8 miliardi per il 2014 e 8,5 miliardi per il 2015.
La politica di coesione è stata condizionata nel corso delle XVI legislatura dalla difficoltà delle amministrazioni centrali e regionali di utilizzare le risorse comunitarie secondo la tempistica definita dalle norme comunitarie, con il rischio costante di disimpegno delle stesse. Infatti, la c.d. "regola dell'n+2" prevede - per ciascun fondo (FSE, FESR) e per ogni Programma Operativo (PO) - il definanziamento delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento.
Il definanziamento delle risorse comunitarie comporta, inoltre, la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.
Dopo 4 anni di operatività dei fondi strutturali 2007-2013, al 31 dicembre 2010, lo stato di utilizzo dei fondi comunitari era preoccupante, con una percentuale di impegni sulle risorse complessivamente disponibili pari al 22 per cento e dei pagamenti intorno al 12 per cento.
Come ricordato dal Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, nella sua relazione alle Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato (seduta del 6 dicembre 2011), l’Italia risultava essere penultima tra gli Stati membri, con una percentuale di pagamenti eseguiti al 31 dicembre 2010 superiore solo alla sola Romania, e con un valore percentuale di realizzazione inferiore di 9 punti percentuali rispetto allo stesso stadio del periodo di programmazione 2000-2006.
Per recuperare il ritardo nell’utilizzo delle risorse comunitarie, un primo intervento era stato delineato dal Governo alla fine del 2010, con l’adozione il 26 novembre 2010 del Piano nazionale per il Sud, finalizzato allo sviluppo e al rilancio del Sud attraverso 8 priorità strategiche, di cui 3 priorità strategiche di sviluppo e 5 priorità strategiche di carattere orizzontale.
Una prima fase di attuazione del Piano è individuabile nel D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88, recante interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, emanato in attuazione dell’articolo 16 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, volto a definire una nuova disciplina e nuove modalità di utilizzo dei fondi destinati alla coesione territoriale, e nell’adozione del decreto del Ministro economia e finanze 26 novembre 2010 sulla perequazione infrastrutturale, finalizzato a dettare, ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 42/2009, regole e principi per la determinazione del ritardo infrastrutturale dei territori e per gli interventi destinati al suo recupero. Il decreto legislativo ha introdotto significativi strumenti (dal Documento di indirizzo strategico al Contratto istituzionale di programma) volti a consentire di superare le criticità che hanno ostacolato il raggiungimento di risultati soddisfacenti nell’utilizzo delle risorse destinate alle aree del Mezzogiorno del Paese, ed individuando nuovi strumenti procedurali per rendere più efficace la politica di riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Viene, inoltre, previsto il nuovo strumento del “contratto istituzionale di sviluppo†che il Ministro delegato stipula con le regioni e le altre amministrazioni competenti, con la finalità di accelerare la realizzazione degli interventi ed assicurare la qualità della spesa pubblica. Con il contratto istituzionale di sviluppo, cui possono partecipare anche i concessionari di servizi pubblici (quali ad esempio Anas, Ferrovie dello Stato, ecc.) sono destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate dal CIPE e individuati i tempi, le responsabilità e le modalità di attuazione degli interventi, prevedendo anche le condizioni di definanziamento degli stessi e l’attribuzione delle relative risorse ad altri livelli di governo.
Con la delibera CIPE n. 1 del 2011, che ha definito le linee operative del Piano per il Sud, per superare le forti criticità registrate nell'avanzamento dei Programmi Operativi fino al 2010, in accordo con le Regioni, le Amministrazioni centrali interessate e il partenariato economico e sociale, sono state adottate misure volte ad accelerare la realizzazione dei programmi cofinanziati, in particolare attraverso la fissazione di target di impegno alle date del 31 maggio e 31 dicembre 2011, e di target di spesa certificata alla Commissione europea al 31 ottobre 2011, prevedendo una sanzione finanziaria (rimodulazione delle risorse in favore di altri programmi), in caso di mancato raggiungimento degli stessi, graduata in funzione della distanza dai traguardi individuati.
Contestualmente, nel corso del 2011 è stata avviata, di intesa con la Commissione Europea, l’azione per accelerare l’attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013, sulla base di quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 1 e puntualmente concordato nel Comitato Nazionale del Quadro Strategico Nazionale (riunione del 30 marzo 2011) da tutte le Regioni, dalle Amministrazioni centrali interessate e dal partenariato economico e sociale.
I dati di monitoraggio alla fine dei 2011, pur evidenziando ancora ritardi rilevanti rispetto agli analoghi dati del precedente periodo di programmazione 2000-2006, evidenziano gli effetti positivi delle misure di accelerazione poste in essere nel 2010. In particolare, gli impegni sono passati, in un anno, complessivamente dal 20 a oltre il 42% sul totale delle risorse programmate, mentre la spesa è aumentata dal 10 al 18%.
Allo scopo di consolidare e completare questo percorso, alla fine del 2011 il Governo Monti ha adottato il Piano di Azione Coesione, inviato il 15 novembre 2011 al Commissario Europeo per la Politica Regionale, quale risposta del Governo italiano ai ritardi nell’attuazione dei programmi dei Fondi strutturali 2007-2013 – specie nelle Regioni dell’Obiettivo Convergenza – e alle richieste di intervento dell’Unione Europea.
Il Piano prevede un’azione strategica di rilancio del Sud, che punta alla concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi che si rendono disponibili, attraverso una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, nell’ambito dei programmi operativi delle Regioni Convergenza e, in parte, dei programmi delle altre regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo), che, dato il forte ritardo di attuazione, rischiano il disimpegno automatico delle risorse. In sostanza, il documento propone una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, che verrebbe portato dal 50 al 25 per cento, in modo da rendere disponibili risorse da programmare prioritariamente su interventi nel settore delle infrastrutture, in particolare finalizzati al potenziamento delle Ferrovie/Reti meridionali.
Il 3 novembre 2011 è stato siglato l'accordo tra il Governo italiano e le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia sulla rimodulazione dei programmi operativi regionali cofinanziati dai Fondi strutturali, che vincola il riutilizzo delle risultanti risorse nazionali secondo il principio di territorialità .
Il Piano, articolato in più fasi di riprogrammazione e aggiornamento dei programmi cofinanziati ha determinato, nel suo complesso, una rimodulazione delle risorse comunitarie e una riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale, per complessivi 12,1 miliardi.
In particolare, il Piano di Azione Coesione ha operato attraverso le seguenti tre fasi di riprogrammazione:
Per una analisi dell'utilizzo dei fondi strutturali al 21 dicembre 2012, si rinvia alla scheda di approfondimento Lo stato di attuazione dei fondi 2007-2013.
Si richiama, infine, per completezza espositiva, la Relazione annuale 2012 della Corte dei Conti sui rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari.
Il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante "Disposizioni in materia di risorse aggiuntive e di interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42", interviene sulla disciplina del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), che viene ridenominato come "Fondo per lo sviluppo e la coesione" ed individua nuovi strumenti procedurali idonei a rendere più efficace la politica di riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese, anche per un miglior utilizzo delle risorse finanziarie destinate a tale scopo.
Il provvedimento, oltre ad intervenire sulla disciplina del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), che viene ridenominato come “Fondo per lo sviluppo e la coesioneâ€, individua nuovi strumenti finalizzati a rendere più efficace la politica di riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese, stabilendo altresì specifiche regole di programmazione per un miglior utilizzo delle risorse finanziarie. A tale scopo viene espressamente precisato che gli interventi previsti dal decreto debbano venire coordinati con quelli di natura ordinaria, mantenendo distinte le rispettive risorse ed, inoltre, programmando gli interventi a carico del Fondo per lo sviluppo e la coesione tenendo conto della programmazione degli interventi ordinari.
Le risorse, che devono essere aggiuntive rispetto agli interventi ordinari, sono finalizzate alla rimozione degli squilibri e alla promozione dello sviluppo; esse derivano prioritariamente dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, le cui dotazioni sono stabilite dalla politica regionale nazionale, nonché dai finanziamenti a finalità strutturale dell’Unione europea e dai relativi cofinanziamenti nazionali, esclusivamente per la quota in conto capitale, escludendo pertanto l’impiego di tali risorse per le spese correnti da parte dei soggetti destinatari. Nell’ambito delle finalità degli interventi da effettuare va ricompreso anche l’obiettivo di rimuovere le “diseguaglianze di capacità amministrativaâ€.
L’utilizzo delle risorse deve essere effettuato sulla base del criterio della programmazione pluriennale, che, anche tenendo conto di specifiche priorità individuate dall’Unione europea, deve in ogni caso assicurare – con riferimento anche alle zone di montagna, a quelle confinanti con le regioni a statuto speciale ed alle isole minori - una ripartizione del Fondo per lo sviluppo e la coesione nella quota dell’85 per cento alle regioni del Mezzogiorno e del restante 15 per cento alle regioni del Centro-Nord. La programmazione deve inoltre indirizzare alla costruzione di un sistema di indicatori di risultato, alla valutazione degli impatti e alla previsione, ove appropriato, di riserve premiali e meccanismi sanzionatori, nel rispetto dei criteri di concentrazione territoriale e finanziaria. Per individuare le priorità d’intervento da finanziare occorre aver riguardo alle specificità territoriali, con particolare attenzione alle condizioni socio-economiche e al deficit infrastrutturale, con il coinvolgimento del partenariato economico-sociale secondo il principio della leale collaborazione istituzionale tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali. Il provvedimento prevede una funzione di coordinamento affidata al Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, d’intesa con il Ministro dell’economia. Il Ministro delegato è chiamato altresì ad esercitare una funzione di relazione con i competenti organi dell’Unione europea e a valutare le opportune misure di accelerazione degli interventi, al fine di garantire la tempestiva attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali comunitari e l’integrale utilizzo delle risorse assegnate al Paese.
In merito alle novità introdotte con la disciplina del Fondo per lo sviluppo e la coesione, si prevede che nel Documento di economia e finanza (DEF) risulti determinato, all’inizio del ciclo di programmazione dei fondi europei (il prossimo ciclo inizierà dal 2014), in coerenza con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e tenendo conto degli andamenti del Pil, l’ammontare delle risorse da destinare agli interventi del Fondo, che potrà essere successivamente rideterminato in riferimento alla effettiva realizzazione finanziaria degli interventi medesimi. Il DEF, inoltre, deve indicare gli obiettivi di convergenza economica delle aree del Paese a minore capacità fiscale e del graduale conseguimento, in queste, dei livelli delle prestazioni e dei costi di erogazione dei servizi standardizzati. Sulla base di quanto indicato dal DEF viene assegnato alla legge di stabilita' relativa all’anno che precede l’avvio di un nuovo ciclo pluriennale di programmazione (vale a dire il 2013, atteso che, come detto, il nuovo ciclo inizia dal 2014) il compito di incrementare la dotazione finanziaria del Fondo. Successivamente, ferma restando la dotazione complessiva del Fondo, l’annuale legge di stabilita' potrà rimodulare l’articolazione delle quote anno per anno; è prevista altresì una riprogrammazione delle risorse trascorso il primo triennio del periodo, che può essere effettuata solo previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni ed autonomie locali.
Un’ulteriore innovazione è l’introduzione di un Documento di indirizzo strategico, mediante l’approvazione di una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) entro il mese di ottobre dell’anno che prevede l’avvio di un nuovo ciclo programmatorio, con il quale vengono stabiliti gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse, tenendo conto degli indirizzi comunitari e degli impegni assunti nel Programma Nazionale di Riforma. Si dispone inoltre che la selezione degli interventi da realizzare venga effettuata anche tenendo conto di un rating di capacità tecnico-amministrativa dei soggetti attuatori degli stessi, potendosi a tal fine prevedere, per il rispetto dei tempi di realizzazione, forme di affiancamento dei soggetti in questione.
Viene altresì previsto il nuovo strumento del “contratto istituzionale di sviluppo†che il Ministro delegato stipula con le regioni e le altre amministrazioni competenti, con la finalità di accelerare la realizzazione degli interventi ed assicurare la qualità della spesa pubblica. Con il contratto istituzionale di sviluppo, cui possono partecipare anche i concessionari di servizi pubblici (quali ad esempio Anas, Ferrovie dello Stato, ecc.) sono destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate dal CIPE e individuati i tempi, le responsabilità e le modalità di attuazione degli interventi, prevedendo anche le condizioni di definanziamento degli stessi e l’attribuzione delle relative risorse ad altri livelli di governo. In ogni caso, i sistemi informativi dovranno garantire la tracciabilità , distintamente, dei flussi finanziari comunitari e nazionali, fino alla ultimazione di ciascun intervento In caso di inerzia o di mancato rispetto delle scadenze da parte delle amministrazioni responsabili degli interventi, il Governo può esercitare il potere sostitutivo, mediante la nomina di un commissario straordinario.
Alla luce dei ritardi nell’utilizzo delle risorse previste nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea e delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, nella seduta del 26 novembre 2010 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Piano nazionale per il Sud che individuava 8 priorità strategiche finalizzate allo sviluppo e al rilancio delle aree del Mezzogiorno:
Ai fini del perseguimento di tali indicate priorità , il Governo aveva evidenziato i seguenti criteri di azione:
Venivano definite priorità “orizzontaliâ€: sicurezza e legalità ; certezza delle regole; funzionamento della pubblica amministrazione; sistema finanziario per il territorio; semplificazione del sostegno al sistema imprenditoriale.
Ai fini della selezione degli investimenti da realizzare (per singole linee di intervento e per progetti strategici), veniva considerato necessario assicurare un impiego delle risorse ancorato alla valutazione e all’accertamento dell’effettività dei presupposti che avrebbero dovuto rendere tale impiego concretamente in grado di conseguire i risultati attesi.
Nel Piano veniva evidenziato il ricorso ai “contratti istituzionalidi sviluppoâ€, quale strumento attraverso il quale fissare il quadro degli impegni e delle responsabilità delle amministrazioni, le modalità attraverso le quali conseguire gli obiettivi per ogni priorità e il relativo cronogramma; il quadro finanziario integrato e articolato per le risorse aggiuntive (fondi comunitari e nazionali aggiuntivi) e per le risorse ordinarie convergenti verso gli obiettivi di priorità . Il “contratto istituzionale di sviluppo†è stato definito al punto 5) della delibera CIPE n. 1 del 2011 e successivamente disciplinato dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 2011.
In particolare con il “contratto istituzionale di sviluppo†il Ministro delegato stipula con le regioni e le altre amministrazioni competenti, con la finalità di accelerare la realizzazione degli interventi ed assicurare la qualità della spesa pubblica. Attraverso il contratto istituzionale di sviluppo, cui possono partecipare anche i concessionari di servizi pubblici (quali ad esempio Anas, Ferrovie dello Stato, ecc.), sono destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate dal CIPE e individuati i tempi, le responsabilità e le modalità di attuazione degli interventi, prevedendo anche le condizioni di definanziamento degli stessi e l’attribuzione delle relative risorse ad altri livelli di governo. In ogni caso, i sistemi informativi dovranno garantire la tracciabilità , distintamente, dei flussi finanziari comunitari e nazionali, fino alla ultimazione di ciascun intervento In caso di inerzia o di mancato rispetto delle scadenze da parte delle amministrazioni responsabili degli interventi, il Governo può esercitare il potere sostitutivo, mediante la nomina di un commissario straordinario.
Nell’ambito del documento, il Governo richiamava il quadro della situazione delle risorse per il Mezzogiorno contenuto nel Rapporto annuale del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, e sancito nella delibera CIPE n. 79 del 30 luglio 2010, nella quale è stata effettuata una ricognizione, per il periodo 2000-2006, dello stato di attuazione degli interventi finanziati dal Fondo per le aree sottoutilizzate e delle risorse liberate nell'ambito dei programmi comunitari dell’Obiettivo 1.
Da tale ricognizione si evidenziava che:
Il Governo rilevava come il disimpegno dei fondi comunitari al 31 dicembre 2010 sia stato scongiurato solo grazie alla decisione della Commissione, che ha concesso termini più ampi per la rendicontazione della spesa, e come il raggiungimento degli obiettivi di spesa dei fondi comunitari al 31 dicembre 2011 appaia allo stato problematico per quasi tutti i programmi operativi riguardanti l’obiettivo Convergenza nell’ambito dei Fondi strutturali 2007-2013.
Si indicava, dunque, come finalità quella di ristabilire principi e criteri per l’utilizzazione e la concentrazione delle risorse, nazionali e comunitarie, della programmazione 2007 – 2013 in aggiunta a quelle derivanti dalla ricognizione svolta a luglio 2010, nella citata delibera CIPE n. 79 del 30 luglio 2010.
Si ricorda, in proposito che nella deliberan. 1 del 2011 il CIPE ha fissato i criteri e le modalità per:
Il Piano per il Sud evidenzia, tra l’altro, il legame tra federalismo fiscale e politiche di coesione, preannunciando l’adozione del decreto legislativo di attuazione dell’articolo 16 della legge n. 42/2009 (poi divenuto il D.Lgs. n. 88 del 2011 ), volto a definire una nuova disciplina e modalità di utilizzo dei fondi destinati alla coesione territoriale e l’adozione di un decreto interministeriale sulla perequazione infrastrutturale volto a dettare, ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 42/2009, in sede di prima applicazione, regole e principi per la determinazione del ritardo infrastrutturale dei territori e per gli interventi destinati al suo recupero (decreto del Ministro economia e finanze 26 novembre 2010).
Una delle principali priorità strategiche del Piano nazionale per il Sud riguarda la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali a rete, materiali e immateriali, destinati principalmente al sistema dei collegamenti dorsali e trasversali, con specifico riferimento al sistema ferroviario Alta Capacità /Alta Velocità , alle opere logistiche ed in particolare ai seguenti sistemi ferroviari e viari:
a) i sistemi ferroviari Napoli - Bari - Lecce - Taranto, Salerno - Reggio Calabria e Catania - Palermo;
b) i sistemi stradali Olbia - Sassari ed il completamento della autostrada Salerno - Reggio Calabria.
Ad essa si è data attuazione con la delibera CIPE n. 62 del 2011.
Con le successive delibere n. 78 del 2011 (Governo Berlusconi), n. 8 e n. 60 del 2012 (Governo Monti), il CIPE ha individuato gli interventi e le risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) da destinare agli interventi anche nei settori degli investimenti in ambito universitario, del rischio idrogeologico e della depurazione delle acque e bonifica dei siti contaminati.
1. Le risorse comunitarie
Il QSN 2007-2013 , approvato dalla Commissione europea con Decisione del 13 luglio 2007, prevede per l’Italia l’assegnazione di una quota di risorse comunitarie pari a 28.812 milioni di euro, comprensivi dell’indicizzazione pari al 2% annuo.
Come già indicato nel tema sulla politica di coesione 2007-2013 , tali risorse sono distribuite sui tre obiettivi denominati rispettivamente Convergenza, Competitività regionale ed occupazione, Cooperazione territoriale europea.
Le tabelle 1, 2 e 3 in allegato mettono in evidenza le dotazioni comunitarie annuali nella programmazione 2007-2013 per obiettivo e per finanziamento dei fondi strutturali interessati, vale a dire il FESR e il FSE.
2. Il quadro finanziario di cofinanziamento nazionale e le politiche regionali di sviluppo
In corrispondenza alle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali per il raggiungimento di ciascun obiettivo delle politiche di coesione e sviluppo, il QSN 2007-2013 prevede un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale, che transita dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (legge 183 del 16 aprile 1987). In aggiunta, il QSN prevede l’impiego di stanziamenti derivanti dal Fondo per aree sottoutilizzate (ora Fondo per lo sviluppo e la coesione - FSC), il cui utilizzo è stabilito in base agli indirizzi di politica regionale.
Il Quadro strategico nazionale 2007-2013 prevede una programmazione settennale dei diversi strumenti finanziari di attuazione della politica di coesione e di sviluppo (fondi strutturali, quote di cofinanziamento nazionale e risorse aggiuntive nazionali) allo scopo di ridurne l’articolazione e migliorare l’attuazione degli obiettivi strategici rispetto alla precedente programmazione 2000-2006.
Le dotazioni complessive delle risorse delle politiche di coesione e regionali ammontano per l’intero periodo 2007-2013 a oltre 124 miliardi di euro e sono ripartite per area obiettivo secondo le misure riportate in tabella:
Tabella 4 - QSN 2007-2013 – Dotazioni finanziarie complessive
(in miliardi di euro, valori indicizzati al 2006)
|
Fondi strutturli |
Cofinanz. nazionale |
FAS |
TOTALE |
QSN 2007-2013 |
28,7 |
31,6 |
64,4 |
124,7 |
Obiettivo Convergenza |
21,6 |
21,8 |
- |
43,4 |
Obiettivo compet.tà regionale e occupazione |
6,3 |
9,6 |
- |
15,9 |
Obiettivo cooperaz. territoriale |
0,8 |
0,2 |
- |
1 |
A livello di macro-area territoriale, le risorse complessive (comunitarie e nazionali) previste per il Mezzogiorno ammontano a 101,6 miliardi di euro e per il Centro-Nord a 22,1 miliardi.
Nella macro area del Mezzogiorno sono incluse tutte le regioni dell’obiettivo Convergenza (Campagna, Puglia, Calabria e Sicilia, oltre alla Basilicata in regime transitorio) e le regioni dell’obiettivo Competitività quali Abruzzo, Molise e Sardegna in regime transitorio. Di seguito è indicata la ripartizione delle risorse previste dal QSN 2007-2013 per macroarea:
Tabella 5 - QSN 2007-2013 – Ripartizione delle dotazioni finanziarie per macroarea
(in miliardi di euro)
|
Fondi strutturali (*) |
Cofinanz. Nazionale |
FAS(**) |
Totale |
Centro-Nord |
4,9 |
7,5 |
9,7 |
22,1 |
Mezzogiorno |
23,0 |
23,9 |
54,7 |
101,6 |
Totale |
27,9 |
31,4 |
64,4 |
123,7 |
(*) Non sono incluse le risorse dell’obiettivo Cooperazione territoriale.
(**) Include la riserva premiale di 17 miliardi di euro, che non è computata nella ripartizione degli stanziamenti ai programmi.
Riguardo alle politiche di intervento previste per il Centro-nord, il QSN 2007-2013 riporta la strategia che mira a consolidare e ad innovare la capacità competitiva dei sistemi territoriali, rafforzando la dimensione sostenibile dello sviluppo, con particolare attenzione ai processi di innovazione delle imprese.
Per il Mezzogiorno, l’ammontare per il periodo 2007-2013 - al netto della riserva premiale del FAS pari a circa 17 miliardi di euro – è di oltre 84 miliardi di euro, ripartiti nelle dieci priorità strategiche che il QSN 2007-2013 raggruppa in quattro macrobiettivi: sviluppo dei circuiti della conoscenza (priorità 1 e 2); incremento della qualità della vita, della sicurezza e dell’inclusione sociale (priorità 3 e 4); potenziamento delle filiere produttive, dei servizi e della concorrenza (priorità da 5 a 8); Internazionalizzazione e modernizzazione (priorità 9 e 10).
In termini percentuali, le priorità su cui la politica di coesione regionale nella nuova programmazione destina più risorse sono le reti e la mobilità (17%) e la competitività dei sistemi produttivi (16%), entrambe appartenenti al macro-obiettivo strategico del potenziamento della produttività , dei servizi e della concorrenza, con particolare riferimento al sistema dei trasporti e dei servizi pubblici, seguiti dall’energia sostenibile ed ambiente (15,8%) per l’uso più efficiente delle risorse ambientali, dalla ricerca ed innovazione (14%) e dalle risorse umane (9%).
La tabella che segue riassume dette priorità strategiche per lo sviluppo del Mezzogiorno:
Tabella 6 - QSN 2007-2013 –
Ripartizione programmatica delle risorse tra le priorità della politica
regionale 2007-2013 per il Mezzogiorno
(in milioni di euro)
Priorità del QSN 2007-2013 |
Fondi Strutturali cofinanz. naz.le |
FAS (*) |
TOTALE |
Quota di riparto |
1. Risorse umane |
5.460,6 |
2.111,6 |
7.572,2 |
9,0 |
di cui: istruzione |
2.332,6 |
1.874,3 |
4.206,9 |
5,0 |
2. Ricerca e innovazione per la competitività |
6.531,2 |
5.247,9 |
11.779,1 |
14,0 |
3. Energia sostenibile e ambiente |
7.370,9 |
5.922,6 |
13.293,5 |
15,8 |
di cui: energia rinnovabile e risparmio energetico (interreg.) |
1.541,8 |
|
1.541,8 |
2,8 |
4. Servizi per l’attrattività territoriale |
4.105,3 |
3.298,7 |
7.404,0 |
8,8 |
di cui: sicurezza |
1.157,9 |
|
1.157,9 |
1,4 |
5. Risorse naturali e culturali, attrattività e sviluppo |
4.871,7 |
2.700,6 |
7.572,3 |
9,0 |
di cui: attrattori culturali, |
988,8 |
946,3 |
1935,1 |
2,3 |
6. Reti e mobilità |
6.248,0 |
8.055,2 |
14.303,2 |
17,0 |
7. Competitività dei sistemi produttivi e occupazione |
7.464,2 |
5.997,6 |
13.461,8 |
16,0 |
8. Sistemi urbani |
2.685,8 |
3.372,0 |
6.057,8 |
7,2 |
9. Apertura internazionale e attrazione di investimenti e consumi |
559,8 |
449,8 |
1.009,6 |
1,2 |
10. Capacità istituzionali (governance) |
1.353,7 |
329,0 |
1.682,7 |
2,0 |
TOTALE |
46.651,1 |
37.485,0 |
84.136,1 |
100,0 |
(*) Al netto della quota di riserva pari a circa 17 miliardi di euro destinati ai meccanismi premiali.
Fonte: QSN 2007-2013, Allegato tecnico.
Si segnala infine che, oltre all’elencazione delle priorità con riferimento agli orientamenti strategici per la coesione, il QSN 2007-2013 contiene l’elenco dei programmi operativi nel settennio di programmazione, a carattere regionale (POR) e nazionale (PON), in base ai quali sono delineate le strategie di allocazione programmatica ed utilizzo dei Fondi e della corrispondente quota di cofinanziamento nazionale, nonché del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) destinato alle politiche regionali di riequilibrio economico delle aree in ritardo di sviluppo. Essi presentano, in particolare le informazioni sugli assi prioritari e sui loro obiettivi specifici, un piano di finanziamento e le disposizioni di attuazione del programma operativo. Sono altresì presenti le valutazioni ex ante dei programmi operativi, nel rispetto del principio di addizionalità dei Fondi comunitari, volte a migliorare la qualità della programmazione e gli indicatori economici consuntivi regionali che giustificano le priorità strategiche nel settennio di programmazione.
In presenza dei ritardi che si stavano determinando in Italia nell'utilizzo delle risorse dei fondi strutturali europei stanziati per il periodo 2007-2013, nel novembre del 2011 è stato predisposto il Piano di azione coesione, con l'obiettivo di accelerare l'attuazione dei programmi di spesa e, al contempo, di rafforzare l'efficacia degli interventi.
Il Piano di Azione Coesione costituisce uno strumento, predisposto nel corso del 2011 e poi adottato nel novembre del medesimo anno, realizzato allo scopo di superare i ritardi che, a cinque anni dall’avvio dell’operatività dei fondi strutturali 2007-2013, ancora caratterizzavano l’utilizzo dei fondi strutturali medesimi, e rispondere alle richieste di intervento in tal senso dell’Unione europea.
Il Piano interviene a consolidare un percorso di accelerazione nell’attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013, già iniziato, con un primo tentativo, nell’anno 2010 mediante l’adozione del Piano nazionale per il Sud, che tuttavia non ottiene risultati significativi. In particolare, con la delibera del CIPE n. 1 del 2011, che ha definito le linee operative del Piano per il Sud, viene individuato un percorso per l’accelerazione e la riprogrammazione delle risorse destinate alle aree sottoutilizzate, vale a dire sia quelle di carattere aggiuntivo previste dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate) sia quelle definite dai fondi strutturali dell’Unione europea, mediante la fissazione di target di impegno e di spesa certificata alla Commissione europea.
Nonostante tale Piano, i dati di monitoraggio alla fine del 2011 continuavano ad evidenziare ancora ritardi rilevanti rispetto agli analoghi dati del precedente periodo di programmazione 2000-2006, pur risentendo positivamente degli effetti delle misure di accelerazione dell'attuazione poste in essere nel 2010, soprattutto sul lato degli impegni.
Nel complesso, lo stato di attuazione dei Fondi strutturali si attestava, per ciò che attiene agli impegni complessivamente assunti al 31 dicembre 2011, ad un valore ancora piuttosto basso, rispetto al precedente periodo di programmazione 2000-2006, pari a circa il 42% del contributo totale, mentre per quanto concerne i pagamenti, la percentuale si riduce al 18%.
Particolarmente in ritardo, rispetto agli obiettivi prefissati, risultava, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza, lo stato di attuazione dei programmi operativi regionali (POR) della Campania e della Sicilia a valere sulle risorse del Fondo sociale europeo (FSE), della regione Abruzzo (sia su quelli del Fondo sociale europeo che su quelli del Fondo europeo di sviluppo regionale - FESR), nonché il programma operativo nazionale (PON) “Ricerca e competitività †e il programma operativo interregionale (POIN) “Attrattori culturali, naturali e turismoâ€.
Di intesa con la Commissione Europea, alla fine del 2011, è stato pertanto approvato il Piano di Azione Coesione, inviato il 15 novembre 2011 al Commissario Europeo per la Politica Regionale, con il quale è stata definita un’azione strategica di rilancio del Mezzogiorno.
Tale azione è finalizzata alla concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi che si rendono disponibili, attraverso una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, nell’ambito dei programmi operativi delle Regioni Convergenza e, in parte, dei programmi delle altre regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo), che, dato il forte ritardo di attuazione, rischiano il disimpegno automatico delle risorse.
Con l’adozione del Piano, definito di intesa con la Commissione europea, si è inteso rendere operativi gli impegni assunti dal Governo italiano nel corso del Vertice europeo del 26 ottobre 2011 al fine di recuperare i ritardi accumulati nell’uso dei fondi strutturali, unitamente al percorso di accelerazione della spesa avviato con la delibera CIPE n. 1 del 2011.
Il Piano, frutto di una azione di cooperazione rafforzata tra le autorità europee, il Governo nazionale e le amministrazioni centrali e, soprattutto, regionali, fissa principi, regole e interventi per la revisione dei programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali 2007-2013, al fine di accelerarne l’attuazione e migliorarne l’efficacia.
Esso è attuato attraverso la rimodulazione strategica delle risorse dei singoli programmi operativi, con la riprogrammazione di alcuni programmi regionali maggiormente in ritardo con spostamento di risorse dei fondi strutturali verso quelli maggiormente performanti, e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, che viene trasferita al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore degli interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione.
Come è noto, infatti, i regolamenti comunitari impongono, per poter usufruire dei fondi strutturali, che ciascuno Stato membro stanzi una quota nazionale di “cofinanziamentoâ€, che testimonia l’impegno di quel Paese per il riequilibrio dei divari di sviluppo. I livelli di cofinanziamento sono differenziati in base al livello di prosperità dei vari Stati. Secondo il Regolamento Generale dei Fondi strutturali (Reg. CE n. 1083/2006), l’Italia deve garantire, nelle Regioni in ritardo (cioè nelle 4 regioni meridionali interessate dall’Obiettivo convergenza più la Basilicata in sostegno transitorio), un livello di cofinanziamento pari ad almeno il 25% del valore del programma (a fronte del 75% massimo di cofinanziamento comunitario). Nelle altre regioni, l’Italia deve invece garantire un cofinanziamento pari almeno al 50%. L’Italia ha scelto, per aumentare le risorse a disposizione per gli investimenti, di adottare un tasso di cofinanziamento più alto, pari nel Mezzogiorno, al 50% del valore del programma.
A tal fine, è stato disposto, in accordo con la Commissione (ai sensi dell’articolo 33 del regolamento CE n. 1083/2006), una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali, con una diversa percentuale della quota di cofinanziamento comunitario che è stato elevato dall’originario 50 al 75 per cento (limite massimo di partecipazione), con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, le cui risorse vengono destinate agli obiettivi del Piano di Azione Coesione.
In sostanza, in accordo con le Istituzioni europee, la quota di finanziamento comunitario dei programmi operativi in ritardo di attuazione, che rischiano il disimpegno automatico delle risorse, resta invariata, in valori assoluti, pur assumendo un peso percentuale maggiore (da 50 al 75 per cento), mentre si riduce la quota di risorse di cofinanziamento nazionale (dal 50 al 25 per cento). Le risorse nazionali, che fuoriescono dai programmi attuativi dei fondi strutturali, vengono utilizzate per gli obiettivi prioritari del Piano di Azione Coesione.
Contestualmente, il 3 novembre 2011, è stato siglato l'accordo tra il Governo italiano e le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia sulla rimodulazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali, con il quale il riutilizzo delle risultanti risorse nazionali viene vincolato al principio di territorialità .
Tale principio viene inoltre inserito nella legge di stabilità 2012 (articolo 23, comma 4), prevedendo che il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie previsto dall’articolo 5 della legge n. 183 del 1987 possa destinare le risorse finanziarie derivanti da un’eventuale riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali 2007/2013 alla realizzazione di interventi di sviluppo socio-economico concordati tra lo Stato italiano e la Commissione europea nell’ambito della revisione dei programmi stessi.
Il Piano di Azione Coesione (PAC), articolato in più fasi di riprogrammazione e aggiornamento dei programmi cofinanziati ha determinato, nel suo complesso, una rimodulazione delle risorse comunitarie e una riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale, per complessivi 12,1 miliardi, di cui 9,9 miliardi dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.
Una prima fase, varata il 15 dicembre 2011 e aggiornata a febbraio 2012, a seguito di un Accordo condiviso tra Governo e le Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia per accelerare e riqualificare l’utilizzo dei Fondi strutturali comunitari, al quale hanno aderito anche Abruzzo e Molise (regioni dell’Obiettivo Competitività ), ha riguardato i programmi operativi regionali per complessivi 3,5 miliardi di riprogrammazione, che sono stati destinati a favore di istruzione, ferrovie, formazione riformata, agenda digitale e credito di imposta per lavoratori svantaggiati. E’ stata inoltre prevista la costituzione di un Fondo da 1,5 miliardi di euro a favore di investimenti su reti e nodi ferroviari. (link)
La seconda fase, varata il 15 maggio 2012 (circa 2,9 miliardi) ha riguardato i fondi gestiti da Amministrazioni centrali (Programmi operativi nazionali o interregionali), riprogrammati a favore della cura per l’infanzia e per gli anziani non autosufficienti, dei giovani, della competitività e innovazione delle imprese e delle aree di attrazione culturale. Per 1,9 miliardi si tratta di fondi assegnati al Piano di Azione Coesione; per il resto di riprogrammazioni all’interno dei programmi. (link)
La terza ed ultima fase di riprogrammazione, varata nel dicembre 2012 d’intesa con le Regioni (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Valle D’Aosta) e con i ministeri interessati, ha riguardato un importo di 5,7 miliardi, di cui 4,9 miliardi quale riduzione del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali e 0,8 miliardi di rimodulazione all’interno dei programmi operativi, ed è stata riprogrammata a favore di misure anticicliche (2,5 miliardi), la salvaguardia di progetti validi già avviati (1,9 miliardi) e nuove azioni regionali (1,3 miliardi). (link)
Con la delibera n. 96 del 3 agosto 2012 il CIPE ha preso atto dell’aggiornamento del Piano di Azione Coesione, mentre con la delibera n. 113 del 26 ottobre 2012 sono state individuate le amministrazioni responsabili della gestione e dell’attuazione dei programmi e degli interventi finanziati nell’ambito del Piano e definite le relative modalità di attuazione.
Per mezzo del Piano di Azione Coesione (PAC), e sulla base di quanto disposto dall’articolo 23 della legge di stabilità 2013 prima illustrato, è stata determinata una riduzione della quota complessiva del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali nell’ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, con conseguente riutilizzo delle risorse per il finanziamento delle azioni e degli interventi previsti nel PAC stesso nelle medesime regioni.
E’ stato in tal modo evitato il disimpegno delle risorse comunitarie non utilizzate, che avrebbe generato un effetto doppio in quanto sarebbe andata persa anche la corrispettiva quota di cofinanziamento nazionale.
E’ inoltre aumentata la percentuale di pagamenti effettuati, in quanto, a seguito della riduzione dell’ammontare di ciascun fondo interessato, il denominatore del rapporto risulta essere di importo più basso; con l’introduzione del sistema degli obiettivi (target) è stato infine definito l’ammontare della quota percentuale di realizzazione da raggiungere alle scadenze prefissate, in modo da fornire alle amministrazioni interessate una tabella di marcia maggiormente definita.
In occasione della terza riprogrammazione del Piano di dicembre 2012 sono stati presentati i risultati positivi conseguiti nell’ambito delle due fasi precedenti, in particolar modo, per quanto riguarda le linee di intervento relative all’istruzione (speso oltre il 30 per cento delle risorse, impegnato il 70 per cento), alle ferrovie (il contratto istituzionale di sviluppo per la realizzazione della direttrice Napoli-Bari-Lecce-Taranto finanziata da 3,5 miliardi di euro), al credito d’imposta occupazione per lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati (completamente esaurito il budget dedicato, ulteriori risorse aggiuntive previste nella terza riprogrammazione).
Dei complessivi 12,1 miliardi di risorse considerate nel Piano di Azione Coesione, 9,9 miliardi sono determinati dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali.
Complessivamente, le regioni vedono ridotte le risorse del cofinanziamento nazionale per 6,8 miliardi. In particolare, Sicilia e Campania, i cui programmi operativi manifestano i maggiori ritardi attuativi, vedono ridotte le risorse dei loro POR, rispettivamente, di 2.631 e 2.438 milioni, destinate ad altri interventi del Piano di Azione Coesione sul medesimo territorio. Le altre regioni che hanno proceduto ad una rimodulazione delle risorse dei propri piani operativi sono la Puglia (746 milioni), la Calabria (513 milioni), la Sardegna (394 milioni), nonché il Friuli Venezia Giulia (44 milioni) e la Valle d’Aosta (16 milioni).
Per i programmi nazionali e interregionali la riduzione del cofinanziamento ammonta a 3,1 miliardi. La rimodulazione ha riguardato i programmi nazionali o interregionali Ricerca e competitività (1.780 milioni), Energia rinnovabile e risparmio energetico (504 milioni), Attrattori culturali, naturali e turismo (330 milioni), Sicurezza (190 milioni), Reti e mobilità (173 milioni) e Governance (50 milioni).
Con la delibera n. 113 del 2012 il CIPE, nel ripartire tra i programmi la riduzione del cofinanziamento nazionale al fine di utilizzarla per il finanziamento degli interventi considerate del Piano di azione coesione relativamente alle prime due riprogrammazioni (5 miliardi), pone 2.935 milioni a valere sui programmi operativi nazionali e 2.072 milioni sui programmi regionali, di cui 952 milioni della Sicilia, 600 milioni della Campania, 340 milioni della Sardegna, 100 milioni della Puglia e 80 milioni della Calabria.
Per quanto concerne, in via generale, lo stato di attuazione dei Fondi strutturali 2007-2013, va considerato che, a seguito del Piano di Azione Coesione, l’ammontare complessivo delle risorse destinate ai programmi operativi (quota comunitaria + cofinanziamento nazionale), originariamente programmato nel Quadro strategico nazionale 2007-2013, si è ridotto da 60,1 miliardi (28,5 miliardi di fondi comunitari e 31,6 miliardi di cofinanziamento) a 54,4 miliardi, a seguito del secondo aggiornamento del PAC.
Non appena saranno adottate le relative decisioni comunitarie relative alle riduzioni del cofinanziamento nazionale prevista dal terzo aggiornamento del PAC, definito a dicembre 2012, la disponibilità complessiva delle risorse si assesterà a 49,5 miliardi.
Fermo restando la quota di finanziamento comunitaria (28,5 miliardi), l’ammontare del cofinanziamento nazionale sarà pari a 21 miliardi, con una devoluzione di 10 miliardi verso gli interventi ricompresi nel Piano di Azione Coesione.
A seguito della rimodulazione delle risorse dei programmi operativi, lo stato di attuazione dei fondi strutturali al 31 dicembre 2012 presenta una percentuale di pagamenti effettuati notevolmente aumentata rispetto all’anno precedente, in quanto, a seguito della riduzione dell’ammontare di ciascun fondo interessato, il denominatore del rapporto risulta essere di importo più basso.
Sulla base delle informazioni disponibili (Ragioneria generale dello Stato), alla data del 31 dicembre 2012 la spesa complessivamente impegnata a valere sui fondi strutturali risulta pari al 73,3 per cento (rispetto al 42 per cento raggiunto a dicembre 2011), con pagamenti pari al 36,2 per cento (rispetto al 18 per cento del 2011). Tali valori sono tuttavia rapportati ad una disponibilità di risorse pari a 54,4 miliardi.
In particolare, i pagamenti dell’obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, nonché Basilicata in regime transitorio) continuano a mantenersi ad un livello inferiore alla media (31 per cento), mentre quelli dei programmi rientranti nell’obiettivo Competitività (aree del Centro-Nord e regioni meridionali non ricomprese nell’obiettivo Convergenza) hanno raggiunto la percentuale del 49 per cento rispetto alle disponibilità .
Benché i dati di monitoraggio espongano un quadro attuativo non soddisfacente, soprattutto sul versante dei pagamenti, gli stessi evidenziano comunque, rispetto agli analoghi del precedente anno, la significatività degli effetti prodotti dalle misure di accelerazione dell'attuazione poste in essere.
In particolare, relativamente all’obiettivo Convergenza gli impegni sono passati dal 47 al 73 per cento sul totale delle risorse programmate, mentre i pagamenti sono aumentati dal 20 al 31%. Per quanto riguarda l’obiettivo Competitività gli impegni sono passati dal 53 al 74 per cento sul totale delle risorse programmate, mentre i pagamenti sono aumentati dal 32 al 49%.
Analoghe indicazioni sull’utilizzo delle risorse sono ricavabili nei dati forniti recentemente dal Ministro per la coesione territoriale, che fanno tuttavia riferimento ad un più ampio parametro: tali dati infatti considerano anche gli effetti del terzo aggiornamento della PAC e quindi si riferiscono ad una disponibilità di risorse pari a 49,5 miliardi.
L’indicatore di riferimento è infatti quello della “spesa certificata†che risulta essere pari al 37 per cento delle risorse considerate, dato percentuale che risulta superiore rispetto all’obiettivo prefissato (target) per tale data, che veniva indicato al 31,5 per cento.
Per una analisi più dettagliata dello stato di attuazione dei singoli programmi operativi regionali e nazionali, attuativi degli obiettivi dei fondi strutturali, si rinvia alla scheda di approfondimento Lo stato di attuazione dei fondi 2007-2013.
Si richiama, infine, per completezza espositiva, la Relazione annuale 2012 della Corte dei Conti sui rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari.
Nel corso del 2011 è stata avviata, di intesa con la Commissione Europea, un’azione per accelerare l’attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 sulla base di quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 1 del 2011 e concordato nel Comitato nazionale del Quadro Strategico Nazionale (riunione del 30 marzo 2011) da tutte le Regioni, dalle Amministrazioni centrali interessate e dal partenariato economico e sociale.
Allo scopo di consolidare e completare questo percorso è stato predisposto il Piano di Azione Coesione inviato il 15 novembre 2011 dall’allora Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale Fitto al Commissario Europeo per la Politica Regionale.
Il Piano di Azione Coesione ha l’obiettivo di colmare i ritardi ancora rilevanti nell’attuazione e, al contempo, rafforzare l’efficacia degli interventi, in attuazione degli impegni assunti con la lettera del Presidente del Consiglio al Presidente della Commissione Europea e al Presidente del Consiglio Europeo del 26 ottobre 2011 e in conformità alle Conclusioni del Vertice dei Paesi Euro dello stesso 26 ottobre 2011. Il Piano impegna quindi le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi in grave ritardo, garantendo una forte concentrazione delle risorse su alcune priorità . L’intervento, definito tenendo conto degli esiti del confronto con il partenariato istituzionale ed economico-sociale, si attua sulla base di quattro principi:
Per ogni priorità individuata dal Piano vengono definiti i risultati attesi (target) dalla realizzazione degli interventi pianificati.
Il Piano, frutto di una azione di cooperazione rafforzata tra le autorità europee, il Governo nazionale e le amministrazioni centrali e, soprattutto, regionali, fissa principi, regole e interventi per la revisione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013, al fine di accelerarne l’attuazione e migliorarne l’efficacia.
Esso è attuato attraverso la rimodulazione strategica delle risorse dei singoli programmi operativi, con la riprogrammazione di alcuni programmi regionali maggiormente in ritardo con spostamento di risorse dei fondi strutturali verso quelli maggiormente performanti, e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, che viene trasferita al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore degli interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione.
Come è noto, infatti, i regolamenti comunitari impongono, per poter usufruire dei fondi strutturali, che ciascuno Stato membro stanzi una quota nazionale di “cofinanziamentoâ€, che testimonia l’impegno di quel Paese per il riequilibrio dei divari di sviluppo. I livelli di cofinanziamento sono differenziati in base al livello di prosperità dei vari Stati. Secondo il Regolamento Generale dei Fondi strutturali (Reg. CE n. 1083/2006), l’Italia deve garantire, nelle Regioni in ritardo (cioè nelle 4 regioni meridionali interessate dall’Obiettivo convergenza più la Basilicata in sostegno transitorio), un livello di cofinanziamento pari ad almeno il 25% del valore del programma (a fronte del 75% massimo di cofinanziamento comunitario). Nelle altre regioni, l’Italia deve invece garantire un cofinanziamento pari almeno al 50%. L’Italia ha scelto, per aumentare le risorse a disposizione per gli investimenti, di adottare un tasso di cofinanziamento più alto, pari nel Mezzogiorno, al 50% del valore del programma.
A tal fine, è stato disposto, in accordo con la Commissione (ai sensi dell’articolo 33 del regolamento CE n. 1083/2006), una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali, con una diversa percentuale della quota di cofinanziamento comunitario che è stato elevato dall’originario 50 al 75 per cento (limite massimo di partecipazione), con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, le cui risorse vengono destinate agli obiettivi del Piano di Azione Coesione.
In sostanza, in accordo con le Istituzioni europee, la quota di finanziamento comunitario dei programmi operativi in ritardo di attuazione, che rischiano il disimpegno automatico delle risorse, resta invariata, in valori assoluti, pur assumendo un peso percentuale maggiore (da 50 al 75 per cento), mentre si riduce la quota di risorse di cofinanziamento nazionale (dal 50 al 25 per cento). Le risorse nazionali, che fuoriescono dai programmi attuativi dei fondi strutturali, vengono utilizzate per gli obiettivi prioritari del Piano di Azione Coesione.
Contestualmente, il 3 novembre 2011, è stato siglato l’ accordo tra il Governo italiano e le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia sulla rimodulazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali, con il quale il riutilizzo delle risultanti risorse nazionali viene vincolato al principio di territorialità .
Tale principio viene inoltre inserito nella legge di stabilità 2012 (articolo 23, comma 4), prevedendo che il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie previsto dall’articolo 5 della legge n. 183 del 1987 possa destinare le risorse finanziarie derivanti da un’eventuale riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali 2007/2013 alla realizzazione di interventi di sviluppo socio-economico concordati tra lo Stato italiano e la Commissione europea nell’ambito della revisione dei programmi stessi.
Il disegno programmatico del “Piano d’azione coesione†e la sua attuazione anticipano per molti aspetti la riforma della politica di coesione in via di approvazione da parte della Commissione europea, nella direzione di:
Il Piano, per la parte relativa alle regioni, è stato oggetto di tre aggiornamenti a febbraio 2012, a maggio 2012 e a dicembre 2012.
L’intervento si rende necessario al fine di utilizzare interamente i fondi strutturali, concentrando gli investimenti in tre settori ad alto impatto socioeconomico (scuola, ferrovie e agenda digitale), e di sostenere l’occupazione dei lavoratori svantaggiati, maggiormente colpiti dalle difficoltà nella recente fase congiunturale negativa.
Il Piano di Azione Coesione (PAC) ha determinato a tutt’oggi, nel suo complesso, una rimodulazione delle risorse comunitarie e una riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale, per complessivi 12,1 miliardi, di cui 9,9 miliardi dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.
La prima fase, varata il 15 dicembre 2011 e aggiornata a febbraio 2012, a seguito di un Accordo condiviso tra Governo e le Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia per accelerare e riqualificare l’utilizzo dei Fondi strutturali comunitari, al quale hanno aderito anche Abruzzo e Molise (regioni dell’Obiettivo Competitività ), ha riguardato i programmi operativi regionali per complessivi 3,5 miliardi di riprogrammazione, che sono stati destinati a favore di istruzione, ferrovie, formazione riformata, agenda digitale e credito di imposta per lavoratori svantaggiati. E’ stata inoltre prevista la costituzione di un Fondo da 1,5 miliardi di euro a favore di investimenti su reti e nodi ferroviari.
La seconda fase, varata il 15 maggio 2012 (circa 2,9 miliardi) ha riguardato i fondi gestiti da Amministrazioni centrali (Programmi operativi nazionali o interregionali), riprogrammati a favore della cura per l’infanzia e per gli anziani non autosufficienti, dei giovani, della competitività e innovazione delle imprese e delle aree di attrazione culturale. Per 1,9 miliardi si tratta di fondi assegnati al Piano di Azione Coesione; per il resto di riprogrammazioni all’interno dei programmi.
La terza ed ultima fase di riprogrammazione, varata nel dicembre 2012 d’intesa con le Regioni (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Valle D’Aosta) e con i ministeri interessati, ha riguardato un importo di 5,7 miliardi, di cui 4,9 miliardi quale riduzione del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali e 0,8 miliardi di rimodulazione all’interno dei programmi operativi, ed è stata riprogrammata a favore di misure anticicliche (2,5 miliardi), la salvaguardia di progetti validi già avviati (1,9 miliardi) e nuove azioni regionali (1,3 miliardi).
Con la delibera n. 96 del 3 agosto 2012 il CIPE ha preso atto dell’aggiornamento del Piano di Azione Coesione, mentre con la delibera n. 113 del 26 ottobre 2012 sono state individuate le amministrazioni responsabili della gestione e dell’attuazione dei programmi e degli interventi finanziati nell’ambito del Piano e definite le relative modalità di attuazione.
La prima fase (dicembre 2011) determina la riprogrammazione all’interno dei Programmi regionali per oltre 1,5 miliardi, così divisi: istruzione: circa 1 miliardo; agenda digitale: 410 milioni; credito per l’occupazione: 142 milioni. Si prevede altresì la costituzione di un Fondo da 1,6 miliardi di euro a favore di investimenti su reti e nodi ferroviari.
Istruzione:
La strategia intende rafforzare nelle regioni dell’obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia), le azioni finalizzate al miglioramento delle competenze dei giovani e al contrasto alla dispersione scolastica già in corso di realizzazione con i PON “Competenze per lo sviluppo†(FSE) e “Ambienti per l’apprendimento†(FESR).
Per tutti questi interventi il Piano d’Azione programma complessivamente 974 milioni, che si aggiungono alla dotazione finanziaria dei due Programmi Nazionali FESR e FSE, del valore complessivo di poco inferiore ai 2 miliardi, entrambi in avanzato stato di attuazione. Si tratta di risorse a gestione MIUR da utilizzare in area Convergenza e provenienti dai POR FESR ed FSE delle rispettive Regioni, come riportato nella tabella seguente:
Regione |
FESR |
FSE |
Totale |
Calabria |
59,9 |
42,9 |
102,8 |
Campania |
250,0 |
100,0 |
350,0 |
Puglia |
90,0 |
72,4 |
162,4 |
Sicilia |
263,1 |
96,0 |
359,1 |
Totale |
663,0 |
311,3 |
974,3 |
Con il primo aggiornamento del PAC (febbraio 2012) è stato definito il Piano d’azione Istruzione.
Agenda digitale:
Sono stati definiti tre progetti infrastrutturali per l’attuazione dell’Agenda digitale da realizzare nelle Regioni del Mezzogiorno nell’ambito del Piano di Azione per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia EU2020:
Per questi interventi il Piano d’Azione programma complessivamente 409,9 Milioni di euro di risorse FESR sui Programmi operativi regionali, di cui 269,8 in area Convergenza che saranno utilizzate nell’ambito dei progetti strategici nazionali in sinergia con le operazioni già in atto nelle diverse Regioni.
Regione |
Piano naz. Banda larga |
Banda ultralarga |
Data center |
Totale |
Calabria |
5,0 |
86,9 |
40,0 |
131,9 |
Campania * |
0 |
0 |
0 |
0 |
Puglia |
18,2 |
0 |
0 |
18,2 |
Sicilia |
7,0 |
53,0 |
0 |
60,0 |
Basilicata |
4,9 |
14,8 |
40,0 |
59,7 |
Sardegna |
6,5 |
88,6 |
40,0 |
135,1 |
Molise |
0 |
4,0 |
1,0 |
5,0 |
Totale |
41,6 |
247,3 |
121,0 |
409,9 |
* Risorse da determinare successivamente.
Occupazione:
Promuovere nuova occupazione attraverso il finanziamento, a valere sui POR regionali, del credito di imposta occupazione di cui all’articolo 2 del D.L. n. 70 del 2011, così come concordato in via definitiva su proposta del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la Commissione europea (DG EMPL).
Le risorse destinate ammontano a 142 milioni (ulteriori 175 milioni saranno aggiunti nelle successive fasi di riprogrammazione del PAC), cosi ripartite: Calabria: 20 milioni; Campania: 20 milioni; Puglia: 10 milioni; Sicilia: 65 milioni; Sardegna: 20 milioni; Molise: 1 milione; Abruzzo: 4 milioni.
Reti Ferroviarie
L’obiettivo è di migliorare la mobilità a lunga, media e breve percorrenza sulla rete ferroviaria del Sud, oggi caratterizzata da tempi elevati e da condizioni di disagio nel servizio di trasporto. Il Piano di Azione Coesione si prefigge di avviare o completare alcune scelte strategiche per la modernizzazione della rete ferroviaria anche tenendo conto degli obiettivi fissati. Con gli interventi tecnologici a più rapida realizzazione (36/48 mesi), si conseguiranno i primi benefici di miglioramento nei tempi di percorrenza. Gli interventi infrastrutturali con tempi lunghi (fino a 10 anni) consentiranno di costruire un quadro di certezze per il futuro, rilevante per le realizzazioni di importanti relazioni ferroviarie con ricadute positive per cittadini e imprese.
Al tal fine, sono stati individuati d’intesa fra Governo e Regioni alcuni assi prioritari d’intervento: asse Catania–Palermo, asse Napoli–Bari, nodo di Bari e tratte adriatiche, asse Taranto-Sibari-Gioia Tauro, asse jonico e rete ferroviaria sarda. In base ad una recuperata logica di programmazione unitaria, per ognuno di questi assi i nuovi interventi da finanziare sono stati identificati in modo da completare (in tutto o in parte) i finanziamenti già disponibili dal Fondo sviluppo e coesione (delibera CIPE 62/2011), dal Programma Operativo Nazionale o da fonti di finanziamento ordinario.
Il finanziamento degli interventi identificati viene realizzato attraverso la riduzione del tasso di co-finanziamento dei fondi comunitari per un importo complessivo pari a 1.620 milioni. In particolare vengono destinati nuovi finanziamenti a:
Questi interventi si aggiungono a precedenti finanziamenti del Fondo sviluppo e coesione per 830 milioni e ad altri finanziamenti nazionali per 4.221 milioni. Complessivamente vengono mobilitate risorse per circa 6,5 miliardi.
Con il primo aggiornamento del PAC (febbraio 2012) sono stati ulteriormente dettagliati gli interventi ferroviari.
La seconda fase di riprogrammazione del PAC (maggio 2012) ha interessato invece i programmi gestiti dalle Amministrazioni centrali (PON e POIN) destinati a favore della cura per l’infanzia e per gli anziani non autosufficienti (730 milioni), dei giovani, della competitività e innovazione delle imprese e delle aree di attrazione culturale, per 2,3 miliardi, di cui 1,9 miliardi assegnati al PAC e per il resto dalla riprogrammazione all’interno dei programmi, così ripartiti
(milioni di euro):
Cura dell’infanzia |
400,0 |
Cura degli anziani non autosufficienti |
330,0 |
Interventi per la legalità in aree a elevata dispersione scolastica |
77,0 |
Progetti promossi da giovani del privato sociale |
37,6 |
Autoimpiego e autoimprenditorialità |
50,0 |
Apprendistato e uscita da “né allo studio né al lavoro†|
50,0 |
Promozione metodi applicati di studio/ricerca nelle Università attraverso ricercatori italiani all’estero (c.d. Messaggeri della conoscenza) |
5,3 |
Promozione sviluppo imprese, e ricerca |
740,7 |
Promozione innovazione via domanda pubblica |
150,0 |
Valorizzazione aree di attrazione culturale |
330,0 |
Riduzione tempi giustizia civile |
4,4 |
Interventi efficienza energetica aree urbane e naturali |
124,0 |
Totale |
2.299,0 |
La terza fase di riprogrammazione del PAC (dicembre 2012), il cui valore complessivo ammonta a 5,7 miliardi, è stata diretta a:
La terza fase riguarda, per l’area “Convergenzaâ€, i Programmi regionali di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e i Programmi nazionali “Reti e Mobilità †e “Sicurezza per lo sviluppo†(per circa il 98%). Riguarda inoltre i Programmi delle Regioni Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Valle d’Aosta.
La riprogrammazione avviene attraverso riduzione della quota di cofinanziamento nazionale (4,9 mld) e riallocazioni di risorse all’interno dei programmi operativi (0,8 mld).
Mentre nella prima e seconda riprogrammazione si sono privilegiati obiettivi di riequilibrio strutturale (scuola, reti ferroviarie e digitali, servizi di cura, etc.), nella terza si è posta l’attenzione, su sollecitazione delle parti economiche e sociali, a misure anticicliche e misure rivolte alla salvaguardia di singoli progetti in ritardo, ma meritevoli di finanziamento. Pertanto la terza fase è articolata in tre obiettivi:
Le misure anticicliche sono state così identificate e finanziate:
|
Riduzione cofinanz. |
Riprogr. P.O. |
Totale |
Agevolazione fiscale de minimis per micro e piccole aziende delle aree a disagio socioeconomico |
366,0 |
11,0 |
377,0 |
Rifinanziamento credito d’imposta occupati svantaggiati |
85,0 |
90,0 |
175,0 |
Misure innovative e sperimentali di tutela dell'occupazione e politiche attive del lavoro collegate ad ammortizzatori sociali in deroga |
530,0 |
0 |
530,0 |
Promozione della nuova imprenditorialità |
92,8 |
112,0 |
204,8 |
Potenziamento istruzione tecnica e professionale di qualità |
81,0 |
25,0 |
106,0 |
Promozione sviluppo turistico e commerciale |
134,0 |
224,9 |
358,9 |
Interventi di rilancio di aree colpite da crisi industriali |
282,0 |
0 |
282,0 |
Strumenti di incentivazione per il rinnovamento di macchinari e attrezzature da parte delle imprese |
57,0 |
270,0 |
327,0 |
Aiuto alle persone con elevato disagio sociale |
85,0 |
58,7 |
143,7 |
Totale |
1.712,8 |
791,6 |
2.504,4 |
Per quanto riguarda la salvaguardi di progetti avviati (1,9 miliardi) si tratta di interventi avviati nei programmi operativi e che hanno necessità di tempi più ampi per dispiegare i loro effetti (anche in considerazione del rischio di non ultimazione entro il 31 dicembre 2015) è stata impostata sulla base di una serrata concertazione tra le Amministrazioni centrali capofila dei Fondi strutturali, le Regioni e la Commissione europea. Le principali tipologie di intervento riguardano i “grandi progetti†(687,7 milioni) e altri interventi validi in relazione ai diversi contesti territoriali (1,243,6 milioni), quali misure per il risparmio energetico e produzione da fonti rinnovabili; per la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale; per la rigenerazione urbana; per il miglioramento delle strutture scolastiche attraverso un forte ricorso alle nuove tecnologie e alle
attrezzature didattiche innovative, per il miglioramento di specifiche infrastrutture in Calabria, Puglia, Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia-Giulia , anche attraverso il contributo del PON Reti e Mobilità .
Le nuove azioni assorbono 1.250,5 milioni destinati a interventi nuovi ovvero non compresi negli originari programmi operativi cofinanziati la cui realizzazione, anche in coerenza con le mutate esigenze poste dalla crisi economica in atto, assicura il raccordo con la programmazione del prossimo ciclo 2014-2020.
Riassumendo, il Piano di Azione Coesione è stato attuato attraverso tre fasi successive di riprogrammazione dei Programmi cofinanziati dai fondi strutturali. Le prime due fasi (dicembre 2011 e poi maggio 2012) hanno riallocato un totale di risorse pari a 6,4 miliardi di euro, attraverso sia la riduzione del cofinanziamento nazionale, sia la revisione interna dei programmi. Tali fasi hanno riguardato in misura prevalente (4,9 miliardi) le regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e in misura più contenuta (0,5 miliardi) le altre regioni del Sud e alcune del Centro Nord. Sommando ad esse le risorse considerate nella terza fase (5,7 miliardi), la PAC complessivamente ha movimentato 12,1 miliardi, di cui circa 10 miliardi provenienti della riduzione del cofinanziamento nazionale dei fondi comunitari.
I programmi operativi ridotti
Con la delibera n. 113 del 26 ottobre 2012 il CIPE ha individuato le amministrazioni responsabili della gestione e dell’attuazione dei programmi finanziati nell’ambito del Piano di azione coesione (PAC), nonché le relative modalità di attuazione. La delibera considera risorse rivenienti dalla riduzione del cofinanziamento nazionale dei programmi operativi dei fondi comunitari per poco più di 5 miliardi, che vengono riassegnate sempre nell’ambito del Fondo di rotazione ex art. 5, legge n. 183/1987 in favore dei singoli programmi e interventi del PAC, con imputazione alle annualità 2012 e 2013 dei predetti programmi operativi.
Riduzioni del cofinanziamento nazionale
Programmi operativi regionali |
FESR |
FSE |
Totale |
Calabria |
80,0 |
|
80,0 |
Campania |
600,0 |
|
600,0 |
Puglia |
100,0 |
|
100,0 |
Sicilia |
500,0 |
452,0 |
952,0 |
Sardegna |
340,3 |
|
340,3 |
TOTALE |
1.620,3 |
452,0 |
2.072,3 |
Programmi operativi nazionali |
|
|
|
Ricerca e competitività |
1.781,0 |
|
1.781,0 |
Sicurezza per lo sviluppo |
180,0 |
|
180,0 |
Governance e assistenza tecnica |
50,0 |
|
50,0 |
Attrattori culturali, naturali e turismo |
330,0 |
|
330,0 |
Energie rinnovabili e risparmio energetico |
504,0 |
|
504,0 |
Governance e azioni di sistema |
|
90,0 |
90,0 |
TOTALE |
2.845,0 |
90,0 |
2.935,0 |
TOTALE GENERALE |
4.465,3 |
542,0 |
5.007,3 |
Assegnazione delle risorse
Programmi/Interventi |
Responsabile gestione |
Responsabile attuazione |
Importi |
Ferrovie |
Min. Infrastrutture |
RFI |
1.502,6 |
Servizi di cura all’infanzia |
Min. Interno |
Enti locali |
400,0 |
Servizi di cura anziani non autosufficienti |
Min. Interno |
Enti locali |
330,0 |
Interventi di legalità in aree a elevata dispersione scolastica |
Min Interno |
Enti locali |
77,0 |
Giovani del non profit per lo sviluppo del Mezzogiorno |
PCM |
Dip. Gioventù |
37,6 |
Autoimpiego e autoimprenditorialità |
MISE |
MISE |
50,0 |
Apprendistato e uscita da “né allo studio né al lavoro†|
Min. Lavoro |
Min. Lavoro |
50,0 |
Messaggeri della conoscenza nelle Università meridionali |
MIUR |
MIUR |
5,3 |
Ricerca e innovazione |
MIUR |
MIUR |
115,5 |
Promozione sviluppo e innovazione imprese |
MISE |
MISE |
436,2 |
Promozione innovazione via domanda pubblica |
MISE |
MISE |
50,0 |
Promozione innovazione via domanda pubblica |
MIUR |
MIUR |
100,0 |
Valutazione aree di attrazione culturale |
MIBAC |
MIBAC |
130,0 |
Riduzione tempi giustizia civile |
Min. Giustizia |
Min. Giustizia |
4,4 |
Interventi efficienza energetica aree urbane e naturali |
MISE |
MISE |
124,0 |
Piano giovani Sicilia |
Regione Siciliana |
Regione Siciliana |
452,0 |
TOTALE |
|
|
3.864,6 |
Interventi già individuati nei PO la cui attuazione proseguirà fuori dal programma originario |
|
|
|
Ricerca |
MIUR |
MIUR |
546,0 |
Sicurezza |
Min. Interno |
Min. Interno |
103,0 |
Imprese |
MISE |
MISE |
178,0 |
Energia |
MISE |
MISE |
198,0 |
Altri interventi P.A.C. |
Regione Sardegna |
Regione Sardegna |
117,7 |
TOTALE |
|
|
1.142,7 |
TOTALE P.A.C. |
|
|
5.007,3 |
Le risorse trasferite al Piano di azione coesione dopo la terza riprogrammazione
Mentre la precedente tavola allegata alla delibera CIPE n. 113 del 2012 indicava riduzioni per 5 miliardi in quanto considerava gli effetti del PAC fino al secondo aggiornamento del maggio 2012, la tavola che segue ricomprebde anche gli effetti del terzo aggiornamento del PAC di dicembre 2012 e pertanto la riduzione del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali (quota trasferita a PAC) viene indicata in 9,9 miliardi.
(milioni di euro)
|
Dotazione complessiva iniziale |
Contributo |
Quota trasferita a PAC |
Programmi FSE |
|
|
|
Calabria |
860,40 |
800,5 |
60,0 |
Campania |
1.118,0 |
968,0 |
150,0 |
Sardegna |
729,3 |
675,1 |
54,2 |
Sicilia |
2.084,4 |
1.632,30 |
452 |
Valle d'Aosta |
82,3 |
65,8 |
16,5 |
Governance |
517,8 |
427,9 |
90,0 |
TOTALE FSE |
5.392,2 |
4.569,6 |
822,7 |
Programmi FESR |
|
|
|
Calabria |
2.998,2 |
2.544,7 |
453,5 |
Campania |
6.864,8 |
4.576,8 |
2.288,0 |
Friuli-Venezia Giulia |
303,0 |
258,8 |
44,2 |
Puglia |
5.238,0 |
4.492,3 |
745,7 |
Sardegna |
1.701,7 |
1.361,7 |
340 |
Sicilia |
6.539,6 |
4.360,6 |
2.179,0 |
Totale regioni |
23.645,3 |
17.594,9 |
6.050,4 |
Governance |
276,2 |
226,2 |
50 |
Reti e mobilità |
2.749,4 |
2.576,6 |
172,8 |
Ricerca e competitivià |
6.205,4 |
4.425,4 |
1.780,0 |
Sicurezza |
1.158,0 |
968,1 |
189,9 |
Attrattori culturali, naturali e turismo |
1.015,6 |
685,7 |
329,9 |
Energia rinnovabile e risparmio energetico |
1.607,8 |
1.103,8 |
504,0 |
Totale programmi nazionali e interr. |
13.012,4 |
9.985,8 |
3.026,6 |
TOTALE FESR |
36.657,7 |
27.580,7 |
9.077,0 |
TOTALE COMPLESSIVO |
42.049,9 |
32.150,3 |
9.899,7 |
Dei complessivi 12,1 miliardi di risorse considerate nel Piano di Azione Coesione, 9,9 miliardi sono determinati dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali.
Complessivamente, le regioni vedono ridotte le risorse del cofinanziamento nazionale per 6,8 miliardi. In particolare, Sicilia e Campania, i cui programmi operativi manifestano i maggiori ritardi attuativi, vedono ridotte le risorse dei loro POR, rispettivamente, di 2.631 e 2.438 milioni, destinate ad altri interventi del Piano di Azione Coesione sul medesimo territorio. Le altre regioni che hanno proceduto ad una rimodulazione delle risorse dei propri piani operativi sono la Puglia (746 milioni), la Calabria (513 milioni), la Sardegna (394 milioni), nonché il Friuli Venezia Giulia (44 milioni) e la Valle d’Aosta (16 milioni).
Per i programmi nazionali e interregionali la riduzione del cofinanziamento ammonta a 3,1 miliardi. La rimodulazione ha riguardato i programmi nazionali o interregionali Ricerca e competitività (1.780 milioni), Energia rinnovabile e risparmio energetico (504 milioni), Attrattori culturali, naturali e turismo (330 milioni), Sicurezza (190 milioni), Reti e mobilità (173 milioni) e Governance (50 milioni).
Si espone di seguito la medesima tavola articolata per regioni e programmi nazionali.
|
Dotazione complessiva iniziale |
Contributo |
Quota trasferita a PAC |
CALABRIA |
3.858,6 |
3.345,2 |
513,5 |
di cui Calabria Fse |
860,4 |
800,5 |
60,0 |
di cui Calabria Fesr |
2.998,2 |
2.544,7 |
453,5 |
CAMPANIA |
7.982,8 |
5.544,8 |
2.438,0 |
di cui Campania Fse |
1.118,0 |
968,0 |
150,0 |
di cui Campania Fesr |
6.864,8 |
4.576,8 |
2.288,0 |
PUGLIA Fesr |
5.238,0 |
4.492,3 |
745,7 |
SARDEGNA |
2.431,0 |
2.036,8 |
394,2 |
di cui Sardegna Fse |
729,3 |
675,1 |
54,2 |
di cui Sardegna Fesr |
1.701,7 |
1.361,7 |
340,0 |
SICILIA |
8.624,0 |
5.992,9 |
2.631,0 |
di cui Sicilia Fse |
2.084,4 |
1.632,30 |
452,0 |
di cui Sicilia Fesr |
6.539,6 |
4.360,6 |
2.179,0 |
VALLE D'AOSTA Fse |
82,3 |
65,8 |
16,5 |
FRIULI-VENEZIA GIULIA Fesr |
303,0 |
258,8 |
44,2 |
Programmi nazionali e interregionali |
|
|
|
GOVERNANCE |
794,0 |
654,1 |
140,0 |
di cui Governance Fse |
517,8 |
427,9 |
90,0 |
di cui Governance Fesr |
276,2 |
226,2 |
50,0 |
RETI E MOBILITÀ Fesr |
2.749,4 |
2.576,6 |
172,9 |
RICERCA E COMPETITIVIÀ Fesr |
6.205,4 |
4.425,4 |
1.780,0 |
SICUREZZA Fesr |
1.158,0 |
968,1 |
189,9 |
ATTRATTORI CULTURALI, NATU-RALI E TURISMO Fesr |
1.015,6 |
685,7 |
329,9 |
ENERGIA RINNOVABILE E RISPARMIO ENERGETICO Fesr |
1.607,8 |
1.103,8 |
504,0 |
TOTALE COMPLESSIVO |
42.049,9 |
32.150,3 |
9.899,7 |
Il quadro normativo comunitario che definisce gli obiettivi per il ciclo di programmazione 2007-2013 e gli strumenti finanziari di intervento della politica di coesione ad essi destinati è definito dal Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006, recante le disposizioni generali sui Fondi strutturali, che ha abrogato le norme che regolavano la disciplina della precedente programmazione 2000-2006 (Regolamento (CE) n. 1260 del 1999).
Nel quadro comunitario a sostegno dell'Agenda di Lisbona, i fondi che intervengono nell’ambito della politica di coesione sono limitati a tre, rispetto ai cinque della precedente programmazione: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), Fondo Sociale Europeo (FSE) e Fondo di Coesione.
Con le decisioni adottate il 4 agosto 2006 (nn. 593-597, n. 609 e n. 769), la Commissione UE ha dato attuazione alla programmazione relativa ai Fondi strutturali, individuando le aree interessate e la ripartizione fra gli Stati membri delle risorse destinate ai singoli obiettivi.
a) Obiettivo “Convergenzaâ€
L’obiettivo “Convergenza†è inteso ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni in ritardo di sviluppo favorendo il miglioramento delle condizioni di crescita e di occupazione. Tale obiettivo assume carattere prioritario rispetto agli altri due obiettivi. Ad esso sono infatti destinate oltre l’81,5% della dotazione complessiva delle risorse dei Fondi strutturali, pari a circa 251,2 miliardi di euro, nel settennio di programmazione 2007-2013 (Decisione della Commissione 2006/594/CE del 4 agosto 2006).
Sono ammissibili al finanziamento dei Fondi strutturali nell’ambito dell’obiettivo “Convergenza†le aree europee meno sviluppate, corrispondenti al livello NUTS II, il cui PIL per abitante, misurato in parità di potere di acquisto sulla base di dati comunitari per il periodo 2000-2002, è inferiore al 75% della media comunitaria dell’UE-25.
L'elenco delle regioni interessate dall'obiettivo “Convergenzaâ€, valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, è riportato nell’allegato I alla decisione della Commissione UE n. 595/2006 del 4 agosto 2006. Per l’Italia, vi rientrano le seguenti regioni: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia
La Commissione ha peraltro previsto un sostegno transitorio, c.d. regime di “phasing-outâ€, nell’ambito dell’obiettivo “Convergenzaâ€, in favore di quelle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria se calcolata sui 15 Stati membri, ma che hanno superato tale soglia per effetto dell’allargamento della UE a 25 Stati (cosiddetto “effetto statisticoâ€).
Le regioni interessate dal sostegno transitorio nel quadro dell'obiettivo “Convergenza†sono elencate nell'allegato II alla decisione della Commissione UE n. 595/2006.
Per l’Italia, l’unica regione a beneficiare del regime transitorio di sostegno è la regione Basilicata.
b) Obiettivo “Competitività e occupazione regionaleâ€
L’obiettivo “Competitività e occupazione regionale†è inteso al rafforzamento della competitività e dell’occupazione delle regioni diverse da quelle in ritardo di sviluppo. A questo obiettivo è destinata una dotazione di risorse pari a circa il 16% del totale delle risorse della programmazione 2007-2013, pari a oltre 49 miliardi di euro (Decisione della Commissione 2006/593/CE del 4 agosto 2006).
Esso interessa tutte le aree comunitarie che non ricadono nell’obiettivo “Convergenzaâ€. Le aree italiane interessate dagli interventi dell’Obiettivo Competitività corrispondono a tutto il Centro-Nord, l’Abruzzo e il Molise.
Sono inoltre beneficiarie degli interventi dell’obiettivo “Competitività †anche le regioni che rientravano nell’Obiettivo 1 della precedente programmazione e che non risultano ammissibili, neanche in via transitoria, nell’obiettivo “Convergenza†della nuova programmazione. Queste aree beneficiano di un sostegno transitorio e specifico per evitare gli effetti negativi derivanti da un rapido passaggio al nuovo obiettivo (c.d. phasing-in).
L’elenco delle regioni ammesse a beneficiare del finanziamento dei Fondi strutturali a titolo transitorio e specifico nell’ambito dell’obiettivo “Competitività regionale e occupazione†per il periodo 2007-2013 nell’Allegato alla decisione della Commissione UE del 4 agosto 2006, n. 2006/597/CE.
Per l’Italia, tra queste aree è inclusa la regione Sardegna.
c) Obiettivo “Cooperazione territoriale europeaâ€
L’obiettivo “Cooperazione territoriale†mira alla integrazione equilibrata del territorio dell’UE attraverso il rafforzamento della cooperazione a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale.
Rientrano in questo obiettivo le unità territoriali classificate quali NUTS III situate lungo tutte le frontiere terrestri interne, lungo alcune frontiere terrestri esterne, nonché lungo le frontiere marittime, separate, in linea generale, da una distanza non superiore ai 150 Km.
L’elenco delle regioni e delle zone ammissibili è riportato nell’Allegato I della decisione della Commissione UE n. 769/2006 del 31 ottobre 2006. L’obiettivo “Cooperazione†riguarda tutte le regioni e le province italiane che concorrono a realizzare 18 Programmi operativi con aree omologhe degli altri Stati membri.
Le risorse dei fondi comunitari assegnate all’Italia, alle quali si affiancano quelle di cofinanzimento nazionale, sono state programmate con il Quadro strategico nazionale 2007-2013 (approvato con la delibera CIPE n. 174 del 2006), i cui interventi sono attuati attraverso 52 Programmi Operativi nazionali, regionali e interregionali, che definiscono le priorità strategiche per settori e territori (di cui 28 finanziati dal FESR e 24 dal FSE).
Le risorse indicate nel QSN 2007-2013 ammontano a circa 60,1 miliardi di euro: si tratta di oltre 28,5 miliardi di fondi strutturali provenienti dalla UE e di circa 31,6 miliardi di risorse di cofinanziamento nazionale (iscritti sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie previsto dalla legge n. 183/1987), destinati a a finanziare i tre Obiettivi prioritari di sviluppo, come evidenziato nella tavola che segue: finanziare i tre Obiettivi prioritari di sviluppo, come evidenziato nella tavola che segue:
(milioni di euro)
Obiettivi |
Contributi UE |
Cofinanziamento nazionale |
Totale |
Convergenza |
21.640,4 |
21.958,9 |
43.599,3 |
Competitività |
6.324,9 |
9.489,5 |
15.814,4 |
Cooperazione territoriale |
546,4 |
159,2 |
705,6 |
TOTALE |
28.511,7 |
31.607,6 |
60.119,3 |
Fonte. RGS – IGRUE.
Rispetto all’ammontare iniziale indicato nel QSN 2007-2013, il Piano di Azione Coesione (PAC), approvato a novembre 2011, ha determinato una rimodulazione delle risorse attraverso la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.
Pertanto, a seguito delle prime due fasi attuative del Piano, il contributo totale per la politica di coesione è stato rideterminato nel seguente importo:
(milioni di euro)
Obiettivi |
Contributo originario |
Contributo dopo PAC |
Convergenza |
43.599,3 |
38.07,9 |
Competitività |
15.814,4 |
15.457,5 |
Cooperazione territoriale |
705,6 |
705,6 |
TOTALE |
60.119,3 |
54.371,0 |
Fonte: RGS-IGRUE
Si segnala che l’ammontare del contributo totale, qui indicato (54,371 miliardi) non tiene ancora conto delle riduzioni disposte con la terza e ultima fase di riprogrammazione del Piano di Azione Coesione, definita nel dicembre 2012, che ha determinato una ulteriore riduzione del cofinanziamento nazionale per circa 4,9 miliardi.
Si ricorda che tali risorse recuperate a valere sulla quota di cofinanziamento nazionale sono state utilizzate al fine di attuare, nell’ambito del Piano di Azione Coesione, interventi al di fuori dai Programmi operativi.
Per l’ultima trance di risorse recuperate dal Piano di Azione Coesione, si è ancora in attesa delle relative decisioni comunitarie.
Secondo i dati forniti dal Ministro per la coesione territoriale Barca, l’ammontare delle risorse disponibili per i programmi operativi attuativi dei fondi strutturali viene indicato in 49,497 miliardi. (comunicato stampa del 9 gennaio 2013).
L’analisi dei dati di attuazione degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali fornisce, per ciascun Obiettivo, un quadro d’insieme dell’avanzamento finanziario degli interventi europei al 31 dicembre 2012.
Nella tabella che segue è esposto lo stato di attuazione finanziaria per Obiettivo prioritario, in cui sono evidenziati rispetto al contributo totale - ossia all’importo complessivamente stanziato nel periodo di programmazione previsto nel piano finanziario dei Programmi – gli impegni assunti e i pagamenti effettuati dai beneficiari finali.
(milioni di euro)
Obiettivi |
Contributo totale |
Impegno |
Pagamento totale |
% imp su contr. |
% pag. su contr. |
Convergenza |
38.207,9 |
27.889,1 |
11.860,3 |
73,0 |
31,0 |
Competitività |
15.457,5 |
11.449,6 |
7.583,5 |
74,1 |
49,1 |
Cooperazione territoriale |
705,6 |
499,3 |
265,0 |
70,8 |
37,6 |
TOTALE |
54.371,0 |
39.838,0 |
19.708,8 |
73,3 |
36,2 |
Fonte: RGS-IGRUE
Nel complesso, lo stato di attuazione dei Fondi strutturali si attesta, per ciò che attiene agli impegni complessivamente assunti al 31 dicembre 2012, ad un valore pari a oltre il 73% del contributo totale, mentre per quanto concerne i pagamenti, la percentuale si mantiene più bassa, pari al 36%.
Il risultato migliore sotto il profilo dell’attuazione finanziaria è registrato dall’Obiettivo Competitività regionale ed Occupazione, con pagamenti, al 31 dicembre 2012, pari a circa il 49,1% delle risorse per esso stanziate.
Anche con riferimento ai Fondi strutturali, il FESR denota un livello di attuazione al 31 dicembre 2012 inferiore rispetto al FSE, che mostra migliori performance sia sotto il profilo degli impegni che dei pagamenti.
(milioni di euro)
Fondo |
Contributo totale |
Impegno |
Pagamento totale |
% imp su contr. |
% pag. su contr. |
FESR |
39.683,3 |
29.168,2 |
12.805,1 |
73,5 |
32,3 |
FSE |
14.687,7 |
10.669,9 |
6.903,8 |
72,6 |
47,0 |
TOTALE |
54.371,0 |
39.838,0 |
19.708,8 |
73,3 |
36,2 |
Fonte: RGS-IGRUE
In merito allo stato di attuazione degli interventi strutturali, la Relazione evidenzia che, al fine di superare le forti criticità registrate nell'avanzamento dei Programmi Operativi fino al 2010, con la delibera CIPE n. 1/2011, in accordo con le Regioni, le Amministrazioni centrali interessate e il partenariato economico e sociale, sono state adottate misure volte ad accelerare la realizzazione dei programmi cofinanziati, in particolare attraverso la fissazione di target di impegno alle date del 31 maggio e 31 dicembre 2011 e di target di spesa certificata alla Commissione europea al 31 ottobre 2011, prevedendo una sanzione finanziaria in caso di mancato raggiungimento degli stessi, graduata in funzione della distanza dai traguardi individuati.
In coerenza con tale impostazione, con l’adozione del Piano di Azione Coesione, dello scorso ottobre 2011, il Governo ha disegnato un’azione strategica di rilancio del Sud, che punta alla concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi che si rendono disponibili, attraverso una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, nell’ambito dei programmi operativi delle Regioni Convergenza e, in parte, dei programmi delle altre regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo), che, dato il forte ritardo di attuazione, rischiano il disimpegno automatico delle risorse.
I dati di monitoraggio, al 31 dicembre 2012, se confrontati con quelli dei due anni precedenti, risentono significativamente degli effetti delle misure di accelerazione dell'attuazione poste in atto.
In particolare, gli impegni sono passati complessivamente dal 42% del 2011 a oltre il 73% sul totale delle risorse programmate, mentre la spesa è aumentata dal 18 al 36%.
In particolare, relativamente all’obiettivo Convergenza, gli impegni sono passati dal 40 al 73% sul totale delle risorse programmate, mentre i pagamenti sono aumentati dal 14 al 31%.
Per quanto riguarda l’obiettivo Competitività , gli impegni sono passati dal 50 al 74% sul totale delle risorse programmate, mentre i pagamenti sono aumentati dal 28 al 49%.
Su tali percentuali particolarmente positive incide, tuttavia, la riduzione complessiva del contributo totale per l’attuazione dei fondi strutturali, determinata dal Piano di Azione Coesione.
Nella tavola successiva sono indicati i programmi operativi, nazionali e regionali, le cui risorse finanziarie sono state oggetto di riduzione del cofinanziamento nazionale. Le risorse recuperate sono state destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione.
Nelle tavole successive sono indicati, sia per fondo strutturale che per obiettivo, le risorse impegnate e i pagamenti effettuati alla data del 31 dicembre 2012 sugli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali UE 2007/2013.
Fonte: RGS-IGRUE
Per quanto concerne l’Obiettivo Convergenza, il FESR - che finanzia i Programmi di competenza delle regioni (POR) Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, nonché alcuni Programmi gestiti dalle Amministrazioni centrali dello Stato (PON) e i due Programmi interregionali nei settori energia (POIN Energia) e turismo (POIN Turismo) - evidenzia alla data del 31 dicembre 2012 un importo di impegni complessivamente assunti e di pagamenti effettuati pari, rispettivamente, al 73 per cento e al 28,8 per cento del contributo complessivo.
Nello specifico, l'avanzamento della spesa mostra (si veda, al riguardo, la tabella successiva) che, oltre al Programma Interregionale Attrattori e al Programma Nazionale Reti e mobilità , tre dei cinque Programmi Regionali (POR) dell'Obiettivo Convergenza sono ancora in ritardo rispetto alla media (si tratta dei POR Calabria, Campania e Sicilia), figurando al di sotto della media dei Programmi FESR.
I Programmi Convergenza FSE nel 2012 hanno raggiunto un livello medio di attuazione, con riguardo ai pagamenti, intorno al 40,8 per cento. Fa eccezione il programma della Campania il cui stato di avanzamento è intorno al 25 per cento.
L’ObiettivoCompetitività regionale e occupazione (CRO) si applica alle aree del Centro-Nord dell’Italia e nelle regioni del Mezzogiorno non ricomprese nell’Obiettivo Convergenza.
Nell'area dell'Obiettivo Competitività lo stato dell'attuazione, sempre valutato sulla base del dato di spesa (pagamenti), è nettamente più elevato rispetto all'Obiettivo Convergenza (oltre il 49 per cento rispetto al 31 per cento dell’obiettivo Convergenza).
Gli impegni complessivamente assunti e i pagamenti effettuati per i programmi regionali cofinanziati dal FESR risultano pari, rispettivamente, al 72,5 per cento e al 45,5 per cento, quelli cofinanziati dal FSE risultano leggermente migliori, con una percentuale di pagamenti sul complesso dei contributi, pari a circa il 52,7 per cento. Tra i POR finanziati dal FESR, quelli che presentano valori sotto media sono soprattutto quelli delle regioni Friuli, Lazio e Molise. Tra i Programmi FSE, quelli delle regioni Abruzzo, Lazio, Molise e Umbria presentano valori inferiori alla media.
L’Obiettivo Cooperazione territoriale, che si applica ai programmi Interreg, tutti finanziati dal FESR, evidenzia uno stato di attuazione del 73,5% per quanto riguarda gli impegni complessivamente assunti e del 37,5% per ciò che concerne i pagamenti.
Nelle tabelle seguenti è riportata la ripartizione regionale delle risorse UE per Fondo ed Obiettivo con i relativi impegni e pagamenti alla data del 31 dicembre 2012 (fonte: RGS-IGRUE).
Si ricorda che al fine di ottenere risultati più incisivi nell’utilizzo dei fondi comunitari, e considerando taluni ritardi accertati alla fine del 2010 - sia con la delibera CIPE n. 1 del 2011 che con il Piano di Azione Coesione definito dal Governo Monti nel novembre 2011 - è stato introdotto il principio dei target, cioè la determinazione di obiettivi di spesa intermedi (target) al fine di sottoporre le amministrazioni a svolgere in maniera più determinata le attività per la realizzazione degli interventi, in modo da evitare il disimpegno automatico dei fondi.
In particolare sono stati fissati target di impegno alle date del 31 maggio e 31 dicembre 2011 e di target di spesa certificata alla Commissione europea al 31 ottobre 2011, prevedendo una sanzione finanziaria in caso di mancato raggiungimento degli stessi, graduata in funzione della distanza dai traguardi individuati.
Attraverso l’indicatore della spesa certificata, con cadenza periodica, si evidenziano i programmi che non hanno raggiunto l’obiettivo (target) e che quindi saranno assoggettati ad una riduzione dei finanziamenti.
Nell’ultima certificazione del 31 dicembre 2012 soltanto un programma operativo su 52, il POIN “Attrattori culturali, naturali e turismoâ€, non ha raggiunto l’obiettivo previsto, perdendo conseguentemente 33,3 milioni di euro di finanziamenti. Nella tabella seguente sono evidenziati i target in termini di spesa certificata (dati in milioni di euro) dei singoli programmi operativi.
Secondo il Ministero per la coesione territoriale, l’indicazione dello stato di utilizzo dei fondi, pur fornendo una indicazione sommaria dello stato di avanzamento dei programmi operativi attuativi dei fondi strutturali - sia come impegni, ma soprattutto come pagamenti – non riesce, tuttavia, ad evidenziare con chiarezza l’effettivo andamento del procedimento (non sarebbe infatti possibile comprendere l’applicazione della regola dell’n+2 ai fini del disimpegno delle risorse, non conoscendo l’ammontare delle risorse dell’annualità n da spendere entro i 2 esercizi successivi, senza avere a disposizione l’esposizione pluriennale delle risorse). Invece, il sistema dei target mette in evidenza l’ammontare dell’obiettivo da raggiungere per ciascun programma, in termini di spesa certificata, fermo restando il 100 per cento al 31 dicembre 2015 (n+2 del 31 dicembre 2013)
La tavola che segue riporta – in valori assoluti - l’evoluzione della spesa certificata per singolo programma operativo al 31 dicembre di ogni annualità (dati in milioni di euro).
Il Fondo per lo sviluppo e la coesione è stato istituito dal decreto legislativo n. 88 del 2011, che ha così ridenominato il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), nel quale sono iscritte le risorse nazionali destinate al riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici.
Va preliminarmente rammentato che le politiche di coesione si attuano sia attraverso l’utilizzo delle risorse previste nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea (Fondo sociale europeo - FSE, Fondo europeo di sviluppo regionale - FESR), con la corrispettiva quota di cofinanziamento nazionale a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (l’articolo 5 della legge n. 183 del 1987), sia attraverso il ricorso a risorse aggiuntive iscritte nel Fondo per le aree sottoutilizzate, FAS. Tale Fondo era stato istituito dall’ articolo 61 della legge n. 289/2002, in cui si disponeva che a decorrere dal 2003 le risorse nazionali destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate del Paese fossero concentrate in tale nuovo Fondo: le risorse in questione hanno natura aggiuntiva, vale a dire sono da sommarsi a quelle ordinarie e a quelle comunitarie e nazionali di cofinanziamento. Con uno dei decreti legislativi attuativi della legge delega n.42 del 2009 sul federalismo fiscale (D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88), relativo alla rimozione degli squilibri economico-sociali, il FAS ha assunto la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Le risorse che all’inizio della XVI legislatura risultavano stanziate per gli interventi del FAS nell’ambito del nuovo ciclo di programmazione 2007-2013 (oltre 64 miliardi di euro sino all’anno 2015, cui si affiancavano originariamente, per l'attuazione della politica di coesione, 28,7 miliardi di fondi comunitari e 31,6 miliardi di cofinanziamento nazionale) sono state utilizzate anche per finalità più specifiche, vale a dire sia a copertura delle diverse manovre di finanza pubblica, sia a copertura di oneri recati da numerosi provvedimenti legislativi intervenuti, alcuni dei quali, tuttavia, non strettamente correlati agli interventi nelle aree sottoutilizzate.
Ne consegue che, per comprendere l’andamento nella gestione delle risorse del FAS è necessario analizzare da un lato l’attività di assegnazione delle disponibilità nell’ambito dell’attività programmatoria del CIPE, dall’altro la determinazione delle disponibilità di bilancio in conseguenza delle scelte del legislatore (Governo e Parlamento) nella determinazione delle manovre correttive di finanza pubblica e delle annuali sessioni di bilancio.
In un successivo momento con decreti ministeriali di variazione la Ragioneria generale dello Stato (RGS) trasferisce le disponibilità del FAS ai pertinenti capitoli delle Amministrazioni competenti per la gestione in base alle deliberazione del CIPE di assegnazione delle risorse del Fondo.
A seguito della destinazione di parte delle risorse ad altre finalità di spesa, come prima detto, il CIPE ha dovuto più volte provvedere ad una diversa programmazione delle assegnazioni delle risorse (link a approfondimento “la programmazione 2007-2013 delle risorse FAS). Dopo una prima assegnazione delle risorse effettuata con la delibera n. 166 del 2007, a seguito di una riduzione delle risorse FAS per 8 miliardi determinata dalla manovra disposta con il D.L. n. 112 del 2008 e di una riduzione delle stesse a copertura di oneri recati da numerosi provvedimenti per circa 5 miliardi (di cui 2,3 miliardi ascrivibili a disposizioni intervenute nella fine della XV legislatura), il CIPE, con la delibera n. 112 del 2008, ha risposto la riduzione di 12,9 miliardi di risorse, imputandone 2,4 miliardi alle risorse FAS del precedente ciclo di programmazione 2000-2006 e 10,5 miliardi al ciclo 2007-2013. Con la successiva delibera n. 1 del 2009, il CIPE, conteggiando anche alcuni recuperi di risorse, ha definito il quadro delle risorse disponibili al marzo 2009 (52,4 miliardi), che con ulteriori delibere in pari data sono state così assegnate:
- Fondo infrastrutture: 12,4 miliardi;
- Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale: 9 miliardi;
- Fondo sociale per l’occupazione e la formazione: 4 miliardi.
I tre fondi in questione sono stati istituiti all’interno del FAS dal decreto-legge n.185 del 2008: il Fondo per le infrastrutture presso il Ministero dello sviluppo economico, le cui risorse sono ripartite dal CIPE con apposita delibera ed assegnate alle amministrazioni competenti; il Fondo strategico a sostegno dell’economia reale, gestito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri; il Fondo sociale per l’occupazione e formazione, gestito autonomamente dal Ministro del lavoro;. Nel Fondo per le aree sottoutilizzate permangono le risorse relative agli interventi di competenza delle amministrazioni regionali. La ripartizione di tali risorse tra le regioni è effettuata con apposita delibera CIPE.
Infine con la delibera n. 1 del 2011 il CIPE ha provveduto alla ripartizione della riduzione del 10 per cento delle risorse FAS disposta dal D.L. n. 78 del 2010 (5 miliardi, di cui 3 miliardi a carico delle risorse destinate alle Regioni e 2 miliardi alle amministrazioni centrali), mentre con la delibera n. 6 del 2012 ha imputato le riduzioni di spesa disposte dalla tabella E della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011) per complessivi 9,5 miliardi, oltre a reintegrare parzialmente alcune di tali riduzioni.
La legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007), all’articolo 2, comma 537, ha rimodulato, per ciascuna annualità 2008-2015, l’ammontare delle risorse aggiuntive destinate al Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), pari a 64,4 miliardi di euro, che erano state stanziate dall’articolo 1, comma 863, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006). In particolare, gli importi annuali sono stati fissati in 1.100 milioni per il 2008, 4.400 milioni per il 2009, 9.166 milioni per il 2010, 9.500 milioni per il 2011, 11.000 milioni per il 2012, 11.000 milioni per il 2013, 9.400 milioni per il 2014 e 8.713 milioni per il 2015.
I 64,4 miliardi di risorse aggiuntive autorizzati dalla legge finanziaria 2007 si sommavano ai 17,1 miliardi di disponibilità del Fondo autorizzate dalle precedenti legge finanziarie per gli anni 2008 e successivi, ed ancora iscritte nel bilancio pluriennale.
Conteggiando anche gli effetti delle disposizioni dell’articolato della legge finanziaria 2008 – non considerati nella tabella F - che hanno determinato riduzioni del FAS per circa 2 miliardi, le disponibilità per il periodo 2008-2015 ammontavano complessivamente a circa 80 miliardi.
Nel periodo considerato le disponibilità del FAS, ora FSC, sono state spesso utilizzate sia a copertura delle diverse manovre di finanza pubblica, sia a copertura di oneri recati da numerosi provvedimenti legislativi intervenuti, alcuni dei quali, come detto, non strettamente correlati agli interventi nelle aree sottoutilizzate. Le riduzioni del Fondo intervenute negli anni dal 2008 al 2012, relativamente alle risorse per gli esercizi finanziari 2008-2013, ammontano a 31,8 miliardi, a fronte di un rifinanziamento di 2,8 miliardi disposto per l’annualità 2015 dall’articolo 33, comma 3, della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011).
Tra le riduzioni del FAS utilizzate a copertura delle manovre di bilancio si ricordano l’articolo 60, comma 1, del D.L. n. 112 del 2008 (- 8 miliardi), l’articolo 2 del D.L. n. 78 del 2010 (- 5 miliardi), la tabella E della legge di stabilità 2012 (- 9,5 miliardi) e l’articolo 16, comma 2, del D.L. n. 95 del 2012 (- 3 miliardi).
Le leggi finanziarie, prima, e di stabilità , poi, hanno inoltre disposto rimodulazioni, che qui non si dettagliano, delle autorizzazioni pluriennali di spesa, anticipando o posticipando le risorse.
Alla luce di tali variazioni, la legge di bilancio per il 2013-2015 (legge n. 229/2012) espone le risorse del Fondo sviluppo e coesione pari a 8 miliardi per il 2013, a 5,8 miliardi per il 2014 e a 8,5 miliardi per il 2015.
Risorse per le aree sottoutilizzate
La rimozione degli squilibri economici e sociali, cui sono destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione e quelli dei fondi comunitari, è stata affrontata nel corso della XVI legislatura anche con specifici strumenti di carattere agevolativo, volti alla promozione dell'attività economica nelle aree interessate.
Unitamente agli interventi previsti dai fondi comunitari e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS), il legislatore è intervenuto per rimuovere gli squilibri economici e sociali anche attraverso specifici strumenti, il cui finanziamento è stato quasi sempre posto a valere sulle disponibilità finanziarie del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali europei o su quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Superato il sistema dei c.d. finanziamenti a pioggia previsti nei decenni precedenti, ed esauriti gli interventi previsti dalla legge 488 del 1992 (recante la disciplina per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno) ed, inoltre, in aggiunta a strumenti già da tempo operanti, quali i patti territoriali o i contratti di area (ora gestiti dalla Cassa depositi e prestiti), nel corso della XVI legislatura si sono da un lato rinnovate alcune forme agevolative già precedentemente attivate, quale i crediti di imposta per nuovi investimenti o per nuove assunzioni, ovvero sono stati affinati altri strumenti di concertazione: ad esempio con l’introduzione del “contratto di sviluppoâ€, che ha sostituito il contratto di programma e il contratto di localizzazione, nonché attraverso la figura del “contratto istituzionale di sviluppo†previsto dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011. Sono state inoltre introdotte forme di agevolazione fiscale attraverso la c.d. “fiscalità di vantaggio†o gli interventi nelle “zone franche urbaneâ€. Il finanziamento delle imprese operanti nelle aree del Mezzogiorno è stata prevista anche per mezzo della “Banca del Mezzogiornoâ€, cui è stata conferita una maggiore operatività , nonché con l’emissione di specifici strumenti finanziari, denominati “titoli di risparmio per l'economia meridionaleâ€.
L’articolo 2 del D.L. n. 70 del 2011 ha istituito un credito d’imposta per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno nei ventiquattro mesi successivi al 14 maggio 2011. Il credito d’imposta è concesso ai datori di lavoro che nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia) assumono a tempo indeterminato lavoratori “svantaggiati†o “molto svantaggiatiâ€, aumentando il numero di dipendenti. La disposizione ha individuato le risorse necessarie nell’utilizzo congiunto delle risorse nazionali e comunitarie del Fondo Sociale Europeo, previo consenso della Commissione Europea.
Ottenuto nell’ottobre 2011 il consenso della Commissione all’utilizzo delle risorse dei fondi strutturali, con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 maggio 2012, nonché con circolare dell’Agenzia delle entrate del 14 settembre 2012 sono state emanate le disposizioni attuative.
Il Piano di Azione Coesione (PAC) ha destinato al credito di imposta in esame 142 milioni, cui si sono aggiunti successivamente nel 2012, sempre a valere sulle risorse del PAC ulteriori 175 milioni.
Analogamente l’articolo 2-bis del D.L. n. 70 del 2011 ha previsto il rifinanziamento del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate, già contemplato dall'articolo 1, commi da 271 a 279, della legge n. 296 del 2006. Anche in questo caso per il finanziamento si fa ricorso ai fondi strutturali europei, più specificamente alle risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), nonché al cofinanziamento nazionale sulle risorse destinate ai territori di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.
Tale strumento, tuttavia, non ha potuto avere attuazione, a causa del mancato assenso della Commissione europea, necessario ai sensi dell’articolo 107 del Trattato UE. La Commissione ha infatti ritenuto che il credito di imposta in esame, in quanto non legato a nuovi investimenti o occupazione, rientrasse tra le misure qualificabili come “aiuti di funzionamentoâ€, cioè volti a ridurre le spese correnti delle imprese, e pertanto vietato.
Al fine di favorire l'attrazione degli investimenti e la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa rilevanti per il rafforzamento della struttura produttiva del Paese, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno, con l’articolo 43 del D.L. n. 112 del 2008 è stata disposta una semplificazione degli strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa, devolvendo ad un decreto ministeriale (D.M. 24 settembre 2010) il compito di stabilire i criteri e le condizioni per la concessione di agevolazioni finanziarie a sostegno degli investimenti privati e per la realizzazione di interventi ad essi complementari e funzionali, affidandone la gestione all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. (ora Invitalia).
Con il decreto attuativo sopradetto è stato in particolare disciplinato lo strumento del contratto di sviluppo, al quale il Piano di Azione Coesione ha destinato 770 milioni. Alla data del 31 gennaio 2013 le iniziative in fase di valutazione sono trenta, per un totale di investimenti previsti di 2,2 miliardi.
Con l’introduzione del contratto di sviluppo cessa l’operatività dei previgenti contratti di programma e dei contratti di localizzazione.
In attuazione del Piano per il Sud, prima con la delibera CIPE n. 1 del 2011, poi con l’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011, è stato introdotto nell’ordinamento il contratto istituzionale di sviluppo (CIS). Il contratto va di fatto a sostituire nell’ordinamento lo strumento dell’intesa istituzionale di programma, cioè quello strumento di programmazione creato dalla legge n. 662 del 1996 che consente a ogni Regione o Provincia autonoma di concordare con il governo centrale gli obiettivi, i settori e le aree dove effettuare gli interventi infrastrutturali di interesse comune per lo sviluppo del territorio regionale, da attuare poi con gli Accordi di programma quadro.
Il contratto istituzionale di sviluppo viene sottoscritto dal Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e possono parteciparvi altre amministrazioni competenti, compresi i concessionari di servizi pubblici.
A seguito di quanto stabilito con la delibera CIPE n. 41 del 2012 - che ha precisato che ai fini dell’attuazione degli interventi infrastrutturali indicati in precedenti delibere, nelle ipotesi nelle quali i soggetti attuatori siano costituiti da concessionari di pubblici servizi di rilevanza nazionale, si procede attraverso lo strumento del contratto istituzionale di sviluppo - sono stati sottoscritti i CIS relativi alla direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto e alla direttrice Salerno-Reggio Calabria, e da ultimo, a fine febbraio 2013, quello relativo alla ferrovia Palermo-Catania-Messina. E’ in corso di istruttoria il CIS relativo alla strada statale Sassari-Olbia.
L’articolo 40 del D.L. n. 78 del 2010 ha previsto la possibilità , per alcune regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), di adottare proprie leggi tese a modificare le aliquote IRAP fino ad azzerarle e di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni, nei riguardi delle nuove iniziative produttive. La norma precisa che l’intervento è disposto “in anticipazione del federalismo fiscale ed in considerazione della particolarità della situazione economica del Sud", nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia europea. Il compito di stabilire il periodo d'imposta a decorrere dal quale trovano applicazione le nuove disposizioni regionali in materia di IRAP viene affidato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con ciascuna delle regioni che emanano leggi secondo la suddetta finalità .
Al momento non risulta che tale possibilità sia stata utilizzata dalle regioni interessate.
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 2 del D.L. n. 201 del 2011 nel prevedere alcune agevolazioni IRAP per l’assunzione di lavoratrici e giovani, reca una maggiorazione di tali agevolazioni per i lavoratori di sesso femminile, nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni, dipendenti a tempo indeterminato, impiegato nel periodo d’imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, per i quali la deduzione è di 15.200 euro su base annua, in luogo della deduzione ordinaria di 9.200 euro, a decorrere dal 2012.
L’istituzione delle Zone Franche Urbane (ZFU) è stato disposto dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, all’articolo 1, comma 340), che aveva a tal fine costituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU. Poiché il nuovo strumento non aveva trovato poi trovato concreta attuazione, con l’articolo 37 del D.L. n. 179 del 2012 è stata prevista la possibilità che le risorse rivenienti dalla riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 nell’ambito del Piano di azione coesione, nonché ulteriori risorse regionali potessero essere destinate anche al finanziamento delle agevolazioni previste per le ZFU (esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, dell’IRAP, dell’imposta sugli immobili e dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente), in favore delle imprese di micro e piccola dimensione localizzate o che si localizzano nelle ZFU individuate da una precedente delibera CIPE (n. 14 del 2009). La disposizione ha previsto la possibilità di individuare ulteriori zone delle regioni ammissibili all'obiettivo Convergenza, nonché di estendere tali agevolazioni nelle aree industriali delle medesime regioni dove è stata avviata una procedura di riconversione industriale.
La creazione della "Banca del Mezzogiorno" era già stata delineata nella XIV legislatura, con la legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), all’articolo 1, commi da 376 a 378, e poi nuovamente disciplinata, nella XVI legislatura, dall'articolo 6-ter del D.L. n. 112 del 2008.
Tuttavia solo con la legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), all’articolo 2, commi da 161 a 177, è stato definito concretamente un insieme di disposizioni dirette ad aumentare la capacità di offerta del sistema bancario e finanziario delle regioni del Mezzogiorno e a sostenere le iniziative imprenditoriali canalizzando il risparmio privato in quelle regioni. A tal fine si prevede un’articolata disciplina volta alla costituzione della Banca del Mezzogiorno S.p.A., quale società partecipata dallo Stato in qualità di socio fondatore e da altri soggetti privati che saranno invitati a parteciparvi da un Comitato promotore all’uopo istituito. La banca agisce attraverso la rete di banche e di istituzioni che vi aderiscono con l’acquisto di azioni, e sua finalità precipua è quella di sostenere progetti di investimento nel Mezzogiorno, promuovendo in particolare il credito alle PMI anche con il supporto di intermediari finanziari. Si prevede una disciplina specifica in materia di emissione di azioni di finanziamento delle banche di credito cooperativo autorizzate all’attività bancaria successivamente all’entrata in vigore della legge finanziaria che partecipano al capitale della Banca del Mezzogiorno. Al Ministro dell’economia è inoltre data la facoltà di autorizzare enti e società partecipate dal medesimo Ministero a contribuire, in qualità di soci finanziatori, alla sottoscrizione del capitale delle banche di credito cooperativo che partecipano al capitale della Banca del Mezzogiorno.
Conseguentemente la Banca d’Italia ha rilasciato a Poste Italiane l’autorizzazione per l’acquisto del Medio Credito Centrale (MCC), individuato come struttura di vertice per dare attuazione alla realizzazione della Banca del Mezzogiorno. La cessione di MCC si è perfezionata il 1° agosto 2011 e la banca ha assunto la denominazione di Banca del Mezzogiorno – Medio Credito Centrale (BdM-MCC). Pertanto la banca opera sul territorio utilizzando la rete degli sportelli postali (attualmente attraverso 250 sportelli postali, come delineato nel piano strategico di BdM-MCC).
La Banca del Mezzogiorno é ricompresa tra le 5 priorità strategiche di carattere orizzontale del Piano nazionale per il Sud (che comprendeva anche 3 priorità strategiche di sviluppo) definito dal Governo nel novembre 2010.
Con il D.L. n. 70 del 2011, all’articolo 8, comma 4, oltre a sopprimere alcune disposizioni relative alla Banca del Mezzogiorno relative al limite massimo per sottoscrittore e al limite temporale minimo per la detenzione in portafoglio, si è autorizzato l’emissione – fino ad un massimo di 3 miliardi di euro - di specifici Titoli di Risparmio per l’Economia Meridionale fiscalmente agevolati (imposta sostitutiva sugli interessi al 5 per cento) da parte di banche italiane. Alla disposizione si è dato attuazione con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 1° dicembre 2011.
L'Unione europea ha avviato nel 2012 la revisione organica della disciplina degli aiuti di Stato.
In particolare, nel quadro della strategia relativa alla modernizzazione del quadro normativo dell'UE in materia di aiuti di Stato, avviata con la comunicazione (COM(2012)209) dell’8 maggio 2012, la Commissione europea ha presentato il 14 gennaio 2013 un documento di consultazione sugli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale.
Il documento – che è formulato quale bozza di nuovi orientamenti in materia - invita le parti interessate ad esprimersi, entro l’11 marzo.
Nella comunicazione del maggio 2012 si sosteneva la necessità di completare il processo di modernizzazione entro la fine del 2013, considerato che proprio in quella data giungeranno a scadenza una serie di orientamenti in materia di aiuti di Stato,tra cui proprio quelli relativo agli aiuti di Stato per investimenti a finalità regionale. Inoltre, sempre nel 2013, saranno oggetto di revisione e di ridefinizione altri rilevanti strumenti UE di programmazione economica e finanziaria, che presentano importanti correlazioni con la disciplina in materia di aiuti di Stato, quali l’approvazione del nuovo quadro finanziario pluriennale (inserisci link al tema web) per il periodo 2014-2020, e l’approvazione delle nuove norme in materia di fondi strutturali sempre per il periodo 2014-2020.
Il progetto di orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale è il primo ad essere stato presentato in attuazione della comunicazione sopra richiamata.
Il progetto di nuovi orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale contiene criteri per valutare la compatibilità delle seguenti tipologie di misure:
i) gli aiuti volti a ridurre alcune difficoltà specifiche incontrate dalle PMI nelle "zone a" (ovvero, le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media UE-27, nonché le regioni ultraperiferiche);
ii) gli aiuti destinati a compensare i costi aggiuntivi (diversi dai costi di trasporto) delle regioni ultraperiferiche;
iii) gli aiuti destinati a prevenire o a ridurre lo spopolamento delle zone a bassissima densità demografica.
La Commissione precisa che alcune delle tipologie di aiuto che attualmente ricadono nell’ambito di applicazione degli orientamenti sugli aiuti a finalità regionale beneficeranno, in presenza di determinati requisiti, di apposite esenzioni nell’ambito del regolamento generale di esenzione per categoria (Regolamento (CE) n. 800/2008), anch’esso oggetto di revisione:
- i regimi di aiuti al funzionamento finalizzati a compensare i costi aggiuntivi (diversi dai costi di trasporto) dello svolgimento di un'attività economica in una regione ultraperiferica, a condizione che, per ciascun beneficiario, l'importo annuo dell'aiuto non superi il 10% dei ricavi annui delle vendite o, se inferiore, il 10% del fatturato netto annuo registrato dal beneficiario nella regione ultraperiferica interessata;
- i regimi di aiuti al funzionamento finalizzati a compensare i costi aggiuntivi di trasporto delle merci in una regione ultraperiferica o scarsamente popolata.
Il progetto di orientamenti opera una parziale revisione criteri da soddisfare affinché la misura possa essere considerata compatibile con il mercato interno,. A tal fine di prospettano i seguenti:
Se uno qualsiasi di questi criteri non è soddisfatto, ad esempio, se risulta evidente che l'investimento sarebbe stato comunque realizzato nello stesso luogo senza l'aiuto (assenza di effetto di incentivazione), o che una misura di aiuto ha un nesso causale diretto con la chiusura di un'attività simile in un'altra regione (presenza di un effetto negativo indebito), la misura di aiuto in questione non è considerata compatibile con il mercato interno. Invece, nei casi in cui tutti i criteri siano soddisfatti, la Commissione procederà a soppesare gli effetti negativi e positivi della misura in termini di contributo allo sviluppo della regione rispetto alle potenziali distorsioni della concorrenza e degli scambi che potrebbe causare.
La Commissione propone di limitare la possibilità di concedere aiuti agli investimenti a grandi impresenelle "zone a": tale scelta si giustifica con la constatazione che le grandi imprese hanno maggiori possibilità di realizzare un investimento anche senza sostegno finanziario, facendo dunque risultare l'aiuto concesso a loro favore inefficiente e costoso, con conseguenti importanti effetti distorsivi sul mercato interno.
Al riguardo la Commissione osserva che:
La comunicazione relativa alla modernizzazione del quadro normativo dell'UE in materia di aiuti di Stato (COM(2012)209) è stata esaminata dalla Commissione Attività produttive, la quale il 28 novembre 2012 ha approvato un documento finale nel quale si esprime una valutazione complessivamente positiva sulla comunicazione, con particolare riferimento all’intenzione di:
L'assetto della politica di coesione dell'Unione europea, in vista della scadenza dell'attuale periodo di programmazione 2007-2013, è oggetto di una profonda revisione nell'ambito della definizione del nuovo quadro finanziario dell'UE per il 2014-2020.
Facendo seguito alle proposte legislative sul nuovo Quadro finanziario UE 2014-2020, presentate nel giugno 2011 – che hanno prospettato una nuova architettura della politica di coesione - il 6 ottobre 2011, la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte legislative relative alla disciplina generale dei fondi strutturali e a quella specifica dei fondi della politica di coesione per il periodo 2014-2020:
Le proposte prospettano, in particolare:
• la concentrazione dell’intervento dei fondi strutturali su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia Europa 2020;
• l’istituzione di un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali, per tradurre in priorità d'investimento;
• la conclusione di un contratto di partenariato tra la Commissione e ciascuno Stato membro, recante l'impegno dei contraenti a livello nazionale e regionale ad utilizzare i fondi stanziati per dare attuazione alla strategia Europa 2020, nonché un quadro di riferimento dei risultati con il quale valutare i progressi in relazione agli impegni;
• lo stretto collegamento con i programmi nazionali di riforma e i programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri e con le raccomandazioni specifiche per ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi;
a) ex ante, definite nelle norme specifiche di ciascun Fondo, riportate nel contratto di partnership tra la Commissione e Stati membri e regioni;
b) legate al rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell’ambito delle proposta legislative relative alla governance economica;
c) ex post (da completare entro il 31 dicembre 2023), vincolate al raggiungimento di obiettivi predeterminati. Inoltre il 5% degli stanziamenti sarebbe riservato ai programmi che hanno raggiunto gli obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020.
L’esame delle proposte relative alla politica di coesione è strettamente connesso al negoziato complessivo sul QFP 2007-2014, nel cui ambito sarà definita l’entità delle risorse disponibile e la loro ripartizione tra le varie politiche di spesa.
Il Consiglio europeo del 7-8 febbraio 2013 Consiglio europeo del 7-8 febbraio 2013 ha raggiunto un accordo politico sul QFP: Iin base al quale l massimale delle spese dell’UE, per il periodo 2014-2020, è stato fissato a 959,9 miliardi di euro in stanziamenti d’impegno (pari all'1,00 % del reddito nazionale lordo dell'UE) e a 908,4 miliardi di euro in stanziamenti di pagamento (pari allo 0,95% dell'RNL dell'UE).
Per quanto concerne specificamente la politica di coesione, l’accordo prevede che il livello di impegni non superi i 325,14 miliardi di euro, così ripartiti nell’arco dei sette anni di programmazione finanziaria:
Coesione economica, sociale e territoriale (in miliardi di euro)
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
2020 |
44,67 |
45,40 |
46,04 |
46,54 |
47,03 |
47,51 |
47,92 |
Le risorse destinate all'obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" ammonterebbero complessivamente a 313,19 miliardi di euro, così ripartiti:
Le risorse residue sarebbero destinate alla cooperazione transnazionale, interregionale e transfrontaliera (8,94 miliardi), alle regioni ultraperiferiche (1,38 miliardi) e allo sviluppo urbano sostenibile (330 milioni di euro).
La dotazione di ciascuno Stato membro sarebbe la somma delle dotazioni per le sue singole regioni ammissibili calcolate secondo la seguente procedura:
- per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è inferiore all'82% della media dell'UE: 3,15%;
- per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è compreso tra l'82% e il 99% della media dell'UE: 2,70%;
- per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è superiore al 99% della media dell'UE: 1,65%;
La dotazione di ciascuno Stato membro sarebbe la somma delle dotazioni per le sue singole regioni ammissibili calcolate secondo la seguente procedura:
La dotazione finanziaria teorica iniziale totale è ottenuta moltiplicando l'intensità media di aiuto pro capite e per anno di 19,8 euro per la popolazione ammissibile.
La quota di ciascuno Stato membro interessato sarebbe la somma delle quote delle sue regioni ammissibili, determinate secondo i seguenti criteri ponderati:
Per contribuire all'obiettivo di concentrare adeguatamente il finanziamento a sostegno della coesione nelle regioni e negli Stati membri meno sviluppati e alla riduzione delle disparità dell'intensità media dell'aiuto pro capite, il livello massimo del trasferimento a ogni singolo Stato membro sarà fissato al 2,35% del PIL (cd. capping).
L’accordo prevede inoltre una rete di sicurezza per le regioni il cui PIL pro capite per il periodo 2007-2013 è stato inferiore al 75% della media dell'UE a 25, ma il cui PIL pro capite è superiore al 75% della media dell'UE a 27: per tali regioni (in Italia: Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata) il livello minimo del sostegno nel periodo 2014-2020 dovrebbe corrispondere ogni anno al 60% della loro dotazione annuale media nel periodo 2007-2013.
Tenuto conto che alcuni Stati membri sono stati particolarmente colpiti dalla crisi economica all'interno della zona euro che ha avuto ripercussioni dirette sul loro grado di prosperità , il Consiglio europeo ha concordato che i fondi strutturali erogheranno le seguenti dotazioni supplementari: 1,375 miliardi di euro per le regioni più sviluppate della Grecia; 1 miliardo per il Portogallo (450 milioni per le regioni più sviluppate, 75 milioni per le regioni in transizione e 475 milioni di per le regioni meno sviluppate); 100 milioni di euro per le regioni di confine, centrali e occidentali dell'Irlanda; 1,8 miliardi di euro per la Spagna; 1,5 miliardi per le regioni meno sviluppate dell'Italia.
La Camera ha esaminato le questioni relative al nuovo assetto della politica di coesione per il periodo 2014-2020 sia con riferimento al Quadro finanziario pluriennale nel suo complesso, sia con riguardo specifico alla proposta dio regolamento generale sui fondo strutturali.
Sotto il primo profilo, il documento finale approvato dalle Commissioni V e XIV della Camera il 28 marzo 2012 in esito all’esame delle proposte legislative relative al QFP, rilevava, tra le altre cose, l’esigenza di:
Il 14 dicembre 2011 la Commissione XIV politiche dell’UE della Camera dei deputati ha invece approvato un parere motivato contestando la conformità dell’art. 21 della proposta di regolamento recante disposizioni comuni sui fondi strutturali con il principio di sussidiarietà .
Ad avviso della Commissione XIV, tali condizionalità sono intese prevalentemente ad assicurare il rispetto di parametri macroeconomici e di finanza pubblica, che non possono interferire con il perseguimento degli obiettivi e delle azioni in materia di coesione economica, sociale e territoriale previsti dagli artt. 3, 174 e 175 del Trattato sul funzionamento dell’UE.
Nel luglio del 2011 è stato avviato, a seguito della presentazione, il 29 giugno 2011, delle proposte legislative della Commissione in materia, il negoziato sul quadro finanziario e sul sistema di risorse proprie dell'UE per il periodo 2014-2020,essendo in scadenza quelli vigenti relativi al 2007-2013.
Ai sensi dell’art. 312 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) il quadro finanziario pluriennale – che fissa, in relazione a ciascuna delle grandi aree di spesa dell’UE, il massimale degli stanziamenti per il periodo 2014-2020 e in ognuno degli anni in esso ricompresi, vincolando le decisioni annuali di bilancio delle Istituzioni europee – è stabilito dal Consiglio dell’UE attraverso un regolamento adottato all’unanimità , previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono.
Le risorse proprie – i mezzi di finanziamento del
bilancio europeo, riscossi direttamente dall’Unione o tramite gli Stati
membri, di cui, per lo stesso periodo di riferimento del quadro
finanziario, viene decisa la natura e il massimale - in base
all’articolo 311 del TFUE, sono invece stabilite con una decisione del
Consiglio che delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. La decisione entra in vigore soltanto previa approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali.
Il
negoziato avviato dopo la presentazione, il 29 giugno 2011, delle
proposte legislative della Commissione in materia ed è proseguito nel
corso delle Presidenze di turno dell’UE di Polonia, Danimarca, Cipro e
Irlanda.
A luglio 2012 la Commissione europea aveva presentato una proposta modificata che prevedeva, per il periodo 2014-2020, una dotazione massima complessiva, a prezzi 2011, di 1.033miliardi di euro in termini di impegno, pari al 1,08% del RNL complessivo dell’UE e di 987 miliardi di euro in termini di pagamento,pari al 1,03% del RNL.
A fronte della forti difficoltà emerse nel negoziato per le forti divergenze tra gli Stati membri il 22-23 novembre 2012 si è svolto un Consiglio europeostraordinario che tuttavia nonè riuscito a raggiungere un accordo unanime.
Il Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013 ha raggiunto un accordo che prevede la cifra massima di spesa per l’UE a 28 (sulla base dell’ipotesi che la Croazia aderisca all’UE nel 2013) per il periodo 2014-2020 pari a 959 988 milioni di euro in stanziamenti per impegni, corrispondente al 1,00% del reddito nazionale lordo (RNL) dell’UE (contro 1 033 000 proposti dalla Commissione europea) e a 908 400 milioni di euro in stanziamenti per pagamenti, corrispondenti allo 0,95% del RNL dell’UE (contro i 987 000 milioni di euro proposti dalla Commissione europea).
Le prospettive finanziarie in scadenza per il periodo 2007-2013 prevedono 975 777 milioni di euro in stanziamenti di impegni, corrispondenti al 1,12% RNL dell’UE e 925 576 milioni di euro in stanziamenti di pagamento, corrispondenti al 1,06% del RNL dell’UE.
Rispetto alle proposte iniziali della Commissione europea, sostenute anche dal Parlamento europeo i tagli si concentrano sulla politica agricola (-11%, rispetto al 2007-2013) e sulla politica di coesione (-8,3% rispetto al 2007-2013) che pur rimanendo le politiche sulle quali si concentrano la maggior parte dei finanziamenti (cumulativamente circa il 72% degli stanziamenti complessivi) subiscono, rispetto alle ultime proposte della Commissione europea, un taglio di 13 293 milioni di euro (politica agricola) e 44 000 milioni di euro (politica di coesione). Risultano, inoltre, particolarmente ridimensionati gli stanziamenti per il “Meccanismo per collegare l'Europa†l’iniziativa volta a finanziare le reti infrastrutturali energetiche, digitali e di trasporto, che dagli iniziali 50 000 milioni di euro proposti dalla Commissione europea sono scesi a 29 299 milioni di euro.
Aumentano (+37% rispetto al 2007- 2013), invece gli stanziamenti per la crescita e l’occupazione con, in particolare, la previsione di uno stanziamento di 6 000 milioni di euro per l’occupazione giovanile.
Il Parlamento europeo si dovrà ora esprimere l’accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo, potendo solo approvarlo o respingerlo a maggioranza dei suoi membri.
Il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, ha espresso delle riserve sull’accordo raggiunto dal Consiglio europeo ed i Presidenti del gruppo parlamentare del Partito popolare europeo, del gruppo dei Socialisti e democratici, del gruppo dei liberali e dei democratici e del gruppo dei Verdi in una nota congiunta hanno espresso critiche nei confronti dell’accordo raggiunto dal Consiglio europeo, giudicato insufficiente a rafforzare la competitività dell’Unione europea.
Spese
Le spese saranno suddivise in sei rubriche intese a rispecchiare le priorità politiche dell'Unione:
Rimangono fuori dagli stanziamenti previsti dal quadro finanziario pluriennale alcuni strumenti sui quali pure il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sul loro finanziamento. Si tratta di:
Entrate
Per quanto riguarda il sistema delle risorse proprie, il Consiglio europeo ha accolto in parte le proposte della Commissione europea volte ad una riforma profonda di tale sistema, ma ha deciso di mantenere i sistemi di correzione a favore di alcuni Stati membri.
L’importo totale delle risorse proprie attribuite al bilancio dell’Unione per gli stanziamenti annuali per i pagamenti non supera l'1,23 % della somma degli RNL di tutti gli Stati membri. L’importo totale degli stanziamenti per gli impegni iscritti nel bilancio dell’Unione non supera l'1,29 % della somma degli RNL di tutti gli Stati membri.
L’Italia, secondo quanto indicato il 14 febbraio 2013 dal Ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanese, nel corso dell’audizione presso il Senato sugli esiti del Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013, migliorerebbe la sua posizione nell’ambito del cosiddetto “saldo netto†(la differenza tra i contributi dell’Italia al bilancio UE ed i fondi ricevuti) che pur restando negativo passerà dagli attuali 4 500 milioni di euro l’anno per il periodo 2007-2013, corrispondenti allo 0,28% del RNL, a 3 850 milioni di euro l’anno per il periodo 2014-2020, corrispondenti allo 0,23% del RNL, con una riduzione media annuale di 650 milioni di euro per l’intero periodo 2014-2020. L’Italia diverrebbe il terzo minor contribuente netto, dopo Belgio e Spagna. Il miglioramento della situazione del saldo netto dell’Italia è stato ottenuto in gran parte grazie ad un aumento netto delle risorse destinate all’Italia nell’ambito della politica di coesione, in controtendenza rispetto ad una generalizzata riduzione dei finanziamenti (tra l’8% e il 10 % a seconda degli Stati membri) per la politica di coesione per gli altri Stati membri.
Esame parlamentare
Le Commissioni riunite
bilancio e politiche dell'Unione Europea il 28 marzo 2012 hanno
approvato un documento finale relativo al quadro finanziario pluriennale
dell'UE (QFP) e al sistema delle risorse proprie per il 2014-2020.
Il documento finale è stato approvato in esito ad una articolata serie di audizioni di rappresentanti delle Istituzioni dell’UE, del Governo, delle regioni, di categorie produttive nonché di esperti, nel corso delle quali sono stati acquisiti elementi di valutazione e conoscenza sul pacchetto di proposte legislative presentate dalla Commissione europea in materia il 29 giugno 2011 e sullo stato e le prospettive del negoziato in corso a livello europeo.