Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: I reati di corruzione propria, falso in bilancio e frode fiscale negli ordinamenti di Francia, Germania e Spagna
Serie: Appunti    Numero: 78
Data: 27/02/2015
Descrittori:
CORRUZIONE E CONCUSSIONE   EVASIONI FISCALI
FRANCIA   FRODE
GERMANIA   SPAGNA

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 6/2015                                                                                     27 febbraio 2015

I reati di corruzione propria, falso in bilancio e frode fiscale negli ordinamenti di Francia, Germania e Spagna

Francia

1.   Corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio

 

Il code penal punisce, all’art. 432-11, «la corruzione passiva e il traffico d’influenza commessi da persone esercenti funzione pubbliche» e, all’art. 433-1, la «corruzione attiva e il traffico d’influenza commessi da soggetti privati». La disciplina penalistica è stata aggiornata, di recente, dalla loi n. 2013-1117 del 6 dicembre 2013 in materia di lotta alla frode fiscale e alla grande criminalità finanziaria, approvata nel quadro della legislazione introdotta con finalità preventive e repressive dei fenomeni corruttivi (ne fa parte la loi n. 2013-907 dell’11 ottobre 2013 sulla trasparenza della vita pubblica).

 Nel primo caso, costituisce reato il fatto commesso dal pubblico ufficiale o da chi eserciti cariche elettive pubbliche («personne dépositaire de l’autorité publique, chargée d’une mission de service public, ou investie d’un mandat électif public») «di sollecitare o ricevere, senza averne titolo, in qualsiasi momento, direttamente o indirettamente, offerte, promesse, doni, regalie o vantaggi qualsiasi», per finalità che sono ricondotte dalla disposizione a due ipotesi di comportamento: «compiere od astenersi dal compiere un atto che rientra nella sua funzione, nella sua missione o nel suo mandato oppure sia da ciò facilitato»; e «abusare della sua influenza reale o presunta al fine di far ottenere da un’autorità o amministrazione pubblica riconoscimenti, impieghi, affari od ogni altra decisione favorevole».

Nel secondo caso, integra il reato di «corruzione attiva» il fatto del privato di offrire le stesse utilità a soggetti pubblici, al fine di riceverne in controprestazione il compimento ovvero l’astensione riferiti a un atto del loro ufficio, oppure l’uso indebito delle loro influenze per far ottenere un beneficio al privato.

La distinzione tra i due reati di corruzione si fonda sulla qualità dei soggetti che vengono in reciproco contatto al fine di porre in essere lo scambio illecito. Limitando qui l’esame alla prima ipotesi - la corruzione passiva -, è agevole rilevare come la condotta criminosa del funzionario pubblico possa concretarsi in due forme: la ricezione dell’utilità (fattispecie disciplinata, in Italia, dagli artt. 318 e 319 cod. pen.) e la sollecitazione, che nel diritto italiano trova termine corrispondente nelle disposizioni in materia di concussione (art. 317 cod. pen.; in Francia, tale reato è previsto dall’art. 432-10 del code penal). Può inoltre osservarsi come la sollecitazione, potendo sussistere senza che la persona sollecitata vi consenta, sia configurata nella disciplina francese a guisa di reato c.d. “di mera condotta”, per il quale non è dato distinguere in modo netto il tentativo dal reato consumato.

Il reato di corruzione passiva e di traffico d’influenza è punito con la pena detentiva di dieci anni e la multa di € 1.000.000 (un milione di euro). L’importo della sanzione pecuniaria, a seguito delle modifiche introdotte dalla novella del 2013 (art. 6), può essere elevato fino al doppio dell’ammontare dei profitti illecitamente ottenuti; la pena detentiva (come ora prevede l’art. 431-11-1), può essere ridotta della metà se l’autore o il complice del reato abbia portato a conoscenza dell’autorità amministrativa o giudiziaria la condotta criminosa, permettendo in tal modo di farla cessare e di identificarne gli eventuali altri autori.

Merita segnalare, per completezza, che la legge 2013-1117, già richiamata, nella prospettiva di «rafforzare il ruolo della società civile nell’accertamento e nella repressione dei reati di corruzione», ha modificato le norme processuali (con l’introduzione dell’art. 2-23 del code de procédure pénale) al fine di ammettere la costituzione di parte civile delle associazioni anti-corruzione in procedimenti penali tipizzati dal legislatore sotto il profilo della rilevanza vi assumono les atteintes à la probité»: tra questi, appunto, i procedimenti per corruzione «passiva » e traffico d’influenza (e per altre fattispecie di illecito concernenti la corruzione, la concussione, il riciclaggio, il peculato e la violazione delle leggi elettorali). Per altro verso, le misure legislative in materia di corruzione sono state integrate dalle previsioni incorporate nel code de travail al fine di tutelare i cosiddetti lanceurs d’alerte, ossia i soggetti che attraverso le loro segnalazioni e rivelazioni permettono lo svolgimento di indagini e la repressione dei reati.

Infine, il corpus normativo in materia di corruzione, interessato dalle recenti revisioni finalizzate a renderlo di più efficace applicazione, comprende le nuove previsioni del code de procédure pénale (art. 706-1-1) dirette a rafforzare i poteri delle autorità inquirenti nelle indagini sulla grande criminalità economica e finanziaria, e, tra questi, i reati di corruzione sopra menzionati.

 

2. Falso in bilancio

La disciplina del falso in bilancio, contenuta in origine nella legge in materia di società commerciali del 1966, è stata trasposta nel 2000 nel Code de commerce (e, più di recente, modificata dalla loi n. 2013-1117 del 6 dicembre 2013 in materia di lotte alla frode fiscale e alla grande criminalità finanziaria).

Nel testo vigente, l’art. L 241-3, n. 3 del Code de commerce punisce con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 375.000 euro il fatto, commesso dai gestori di una società a responsabilità limitata, «anche in assenza di una distribuzione dei dividendi, di presentare ai soci conti annuali che, per ciascun esercizio, non diano un’immagine fedele dei risultati delle operazioni, della situazione finanziaria e del patrimonio a conclusione di questo periodo, al fine di dissimulare la reale situazione della società». Con riferimento alle società per azioni, l’art. L 242-6 del Code prevede, nei confronti del presidente, degli amministratori e dei direttori generali, le medesime pene detentive e pecuniarie, riferite al fatto di «pubblicare o presentare agli azionisti, anche in assenza di una distribuzione dei dividendi, conti annuali che, per ciascun esercizio, non diano un’immagine fedele dei risultati di esercizio, della situazione finanziaria e del patrimonio a conclusione di questo periodo, al fine di dissimulare la reale situazione della società». La stessa norma si applica alla società in accomandita per azioni e ai direttori generali delegati (artt. L243-1 e L 248-1).

Sul piano oggettivo, i reati di falso in bilancio sono caratterizzati dalla violazione dell’obbligo di fornire una rappresentazione, appunto, «fedele» della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società. L’individuazione di questo obbligo in termini di «fedeltà» delle scritture contabili (con espressione evidentemente ispirata alla true and fair view del modello inglese), anziché in termini di «esattezza» delle medesime (come prevedeva la disciplina francese prima del recepimento della direttiva 78/660/CEE, intervenuto nel 1983), ha indotto parte dei commentatori a rilevarela vaghezza della relativa nozione e i possibili problemi applicativi che potrebbero derivarne.

La non sempre agevole delimitazione della fattispecie sul piano oggettivo ha fatto sì che la dottrina ponesse in risalto l’elemento psicologico del reato, ravvisato nella intenzionalità dell’alterazione od omissione di dati contabili; ad integrare la condotta criminosa non è, dunque, il minimo margine di scostamento delle scritture dalla realtà, di cui è possibile il verificarsi a causa di improvvise variazioni di parametri e della loro non immediata riducibilità a cifre esatte, ma è la redazione di bilanci inesatti effettuata in conoscenza di causa.

Con riferimento particolare alla società per azioni, la condotta criminosa consiste nelle comunicazioni collettive dirette all’esterno della società ovvero ai soci (articolandosi, in questo caso, nelle forme della pubblicazione e della presentazione di conti infedeli ai soci, i quali, tipicamente, sono resi destinatari di tale rappresentazione mendace in sede di assemblea ordinaria oppure attraverso i documenti trasmessi in prospettiva del suo svolgimento); ne consegue che non integra tale fattispecie di reato la comunicazione resa ad un solo individuo, indipendentemente dalla sua qualità di azionista. Il reato, quindi, si perfeziona quando detta comunicazione dei conti abbia luogo in assemblea, o attraverso il loro deposito presso la sede sociale o l’invio ai soci nei termini prescritti, anche se i conti dovessero essere respinti dai soci e indipendentemente dalla consapevolezza di questi ultimi circa la falsità dei conti medesimi; peraltro, la stessa deliberazione concernente la presentazione dei conti infedeli è generalmente ritenuta costitutiva del reato.

Dal momento della consumazione decorre il termine triennale della prescrizione; secondo l’orientamento della giurisprudenza, tuttavia, alla pubblicazione del bilancio infedele può collegasi un reato ulteriore e autonomo rispetto alla presentazione, con l’effetto di far decorrere un nuovo termine di prescrizione.

Per quanto riguarda i soggetti danneggiati dal reato, trova applicazione l’art. 2 del code de procédure pénale, che ammette alla costituzione di parte civile chiunque dimostri di aver riportato un pregiudizio direttamente derivante dal reato commesso. Tale è il caso, in particolare (per concorde opinione della dottrina e della giurisprudenza), dei soggetti che abbiano acquistato o venduto azioni sulla base di valutazioni compiute avendo a presupposto un bilancio infedele, dei portatori di certificati di investimento, dei creditori della società e della stessa società a cui si riferiscono le false scritture contabili. Per contro, si ritiene che il danno abbia natura indiretta quando l’acquisto di titoli azionari emessi dalla società da parte oppure l’apertura di credito disposta nei suoi confronti abbiano avuto luogo in un momento precedente alla pubblicazione del falso bilancio.

 

3. Frode fiscale

La disciplina del reato di fraude fiscale et d’abus de biens sociaux, dettata dall’art. 1741 del code général des impôts, è stata, come nei casi prima esaminati, oggetto di modifiche introdotte dalla loi n. 2013-1117 sulla «trasparenza della vita pubblica».

La disposizione del code général des impôts punisce «chiunque si sia fraudolentemente sottratto o abbia tentato di sottrarsi all’imposizione e al pagamento totale o parziale delle imposte previste da questo codice, o abbia volontariamente omesso di effettuare la sua dichiarazione nei termini prescritti, o abbia volontariamente omesso una parte delle somme soggette ad imposta, o abbia organizzato il proprio stato di insolvenza od ostacolato con altre operazioni il recupero dell’imposta, od agito in qualsiasi altra modalità fraudolenta». Per tale reato il codice prevede, indipendentemente dalle sanzioni fiscali applicabili, la pena detentiva di cinque anni e l’ammenda di € 500.000 euro.

La novella del 2013 (art. 9) ha integrato la disposizione suddetta prevedendovi circostanze aggravanti: esse ricorrono qualora il reato sia commesso da «gruppi organizzati oppure avvalendosi di conti bancari o di enti detenuti all’estero», o «mediante operazioni come la falsificazione o l’interposizione di enti fittizi od artificiali». In tale ipotesi, il reato è punibile con la pena detentiva di sette anni e l’ammenda di € 2.000.000 (due milioni di euro).

Analogamente, in campo societario il code de commerce (agli artt. L 241-3 e L 242-6, anch’essi modificati dalla legge del 2013, art. 30) prevede una circostanza aggravante che ricorre allorché l’illecito sia realizzato o facilitato mediante conti aperti o contratti sottoscritti presso enti stabiliti all’estero, oppure avvalendosi dell’interposizione di persone fisiche o giuridiche così come di qualsiasi organismo, istituzione fiduciaria o enti similari stabiliti all’estero; in tale ipotesi sono comminate la pena detentiva di sette anni e l’ammenda di € 500.000 euro.

La repressione penale del reato di frode fiscale può altresì comportare l’irrogazione delle pene accessorie previste dall’art. 131-27 del code penal, tra cui si segnala l’interdizione dall’esercizio diretto o indiretto, per conto proprio od altrui, di professioni liberali, commerciali o industriali, di dirigere, amministrare o gestire, a qualsiasi titolo, un’impresa commerciale o industriale oppure una società commerciale; l’interdizione è permanente oppure definitiva, e, in tal caso, di durata massima ora elevata a quindici anni.

 

Germania

1.   Corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio

Nell’ambito dei reati compiuti nell’esercizio di una pubblica funzione rientra la c.d. corruzione passiva (Bestechlichkeit), disciplinata dal § 332 del Codice penale.

La norma punisce con la detenzione da sei mesi a cinque anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che chiede, si fa promettere o accetta un vantaggio per sé o per un terzo, come ricompensa per aver compiuto o per compiere in futuro un atto inerente al proprio ufficio e con il quale ha violato o violerebbe i doveri d’ufficio. Nei casi di minore gravità è prevista la pena detentiva fino a tre anni o la sanzione pecuniaria. È punibile anche il tentativo del reato (comma 1).

Nel caso di un magistrato o di un giudice arbitrale, che chieda o accetti compensi per atti giudiziari contrari ai propri doveri di giudice, il § 332, comma 2, prevede la reclusione da uno a dieci anni e, per i casi meno gravi, da sei mesi a cinque anni (comma 2).

L’applicabilità di tali disposizioni, con riferimento al compimento di un atto futuro, presuppone che l’autore del reato, sia esso un pubblico ufficiale o un magistrato, si sia mostrato nei confronti dell’altra parte disposto a violare i propri doveri d’ufficio oppure, nel caso di un atto rimesso alla sua discrezionalità, disposto a farsi influenzare dalla ricompensa nell’esercizio del suo potere discrezionale (comma 3).

Ai fini della prescrizione, vale la norma generale penalistica che ne disciplina i termini (§ 78). Nel caso di specie, il termine è di dieci anni se il reato di corruzione è punito con la reclusione da cinque a dieci anni (art. 78, co. 3, n. 3) e di cinque anni se la pena detentiva prevista va da uno a cinque anni (art. 78, co. 3, n. 4).

2.   Falso in bilancio

La fattispecie generale del “falso in bilancio” (unrichtige Darstellung) è contemplata, per le società di capitali, nel § 331 del Codice di commercio (Handelsgesetzbuch - HGB), introdotto nel dicembre 1985 e da ultimo modificato nel gennaio 2007. In base alle disposizioni in esso contenute è punito con la reclusione fino a tre anni o con una sanzione pecuniaria senza limite chi, come componente dell’organo di gestione o del consiglio di sorveglianza di una società di capitali, rappresenti in modo inesatto od occulti la situazione della società nel bilancio di apertura, nel bilancio di esercizio, nella relazione di gestione o in bilanci intermedi.

Analoghe sanzioni sono previste, per quanto riguarda le società per azioni (AG) e in accomandita per azioni (KGaA), dal § 400 della Legge azionaria (Aktiengesetz), che punisce con la reclusione fino a tre anni o con una sanzione pecuniaria il membro del consiglio di amministrazione o dell’organo di sorveglianza o il liquidatore che, in rappresentazioni o prospetti sullo stato patrimoniale, in rapporti o informazioni rese in assemblea, riporti in modo inesatto od occulti le condizioni della società nei suoi rapporti con società collegate, ove il fatto non sia punito dal § 331, co. 1, del Codice di commercio; parimenti, il § 82 della Legge sulle società a responsabilità limitata (GmbH), prevede la medesima pena per chi, come amministratore, liquidatore, membro del consiglio di sorveglianza o di organi similari, in una comunicazione pubblica rappresenti falsamente ovvero occulti la situazione patrimoniale della società, se il fatto non integra il già citato § 331, co. 1, del Codice di commercio. La sussidiarietà di entrambe le fattispecie rispetto alla norma del Codice di commercio implica che esse, ferma restando la necessità di una falsa informazione sulle condizioni patrimoniali della società, non trovano applicazione per quanto riguarda i bilanci.

In ogni caso il tentativo del reato non è punibile. Le incriminazioni in tema di false comunicazioni sociali presuppongono la consapevole volontà di realizzare gli elementi costitutivi del reato, senza necessità di un fine di inganno o di danno e comprendono tutte le forme di dolo, ivi compreso il dolo eventuale. L’errore di diritto e di fatto esclude il dolo.

Pur non essendo specificati nel § 331 del Codice di commercio i destinatari delle false comunicazioni, la dottrina ritiene che si tratti di coloro che hanno accesso al bilancio e alle altre scritture contabili, attraverso il relativo registro, la loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale o con altre modalità. In pratica la norma intende tutelare tutti coloro che, in qualità di creditori o di soci o di terzi, hanno, o possono avere, rapporti economici con la società.

Quando si realizza la presa di conoscenza del reato di falsa rappresentazione da parte della collettività (data del c.d. esaurimento del reato), allora decorre il termine della prescrizione quinquennale ai sensi del § 78, co. 3, n. 4, del Codice penale (Strafgesetzbuch StGB), che prevede tale termine per i reati sanzionati con una pena detentiva da 1 a 5 anni.

3.  Frode fiscale

Nell’ordinamento giuridico tedesco l’evasione fiscale (Steuerhinterzihung) assume rilevanza penale in ogni caso, indipendentemente dall’ammontare evaso. Pertanto, a differenza dell’ordinamento svizzero, quello tedesco non distingue la frode fiscale (Steuerbetrug) dal reato di evasione fiscale, connotando quest’ultima già di per sé una fattispecie di reato. Inoltre, non c’è differenza tra evasione fiscale perpetrata attraverso una dichiarazione infedele o una omessa dichiarazione. Infatti, il § 370, co. 1, del Codice tributario (Abgabenordnung - AO) punisce allo stesso modo, con la reclusione fino a cinque anni o con una sanzione pecuniaria, chi rende alle autorità finanziarie o ad altra autorità informazioni inesatte o incomplete su fatti rilevanti ai fini fiscali e chi illecitamente tace alle autorità finanziarie atti fiscalmente rilevanti. Si applica invece una pena detentiva da sei mesi a dieci anni in casi particolarmente gravi, come quelli elencati al comma 3: evasione fiscale su larga scala o ottenimento di benefici fiscali ingiustificati; abuso dei propri poteri o della propria posizione di pubblico ufficiale; sfruttamento della complicità di un pubblico ufficiale che abusa dei suoi poteri o della sua posizione; utilizzo di documentazione contraffatta o falsificata; adesione ad una banda per la perpetrazione continuativa del reato di evasione fiscale. Solitamente si considerano casi particolarmente gravi quelli in cui il contribuente, nel sottrarsi deliberatamente ai propri obblighi fiscali, evade su “larga scala”. Secondo gli orientamenti della giurisprudenza, l’evasione su larga scala si ha per imposte evase superiori a 50.000 euro e, su questa base, vanno anche commisurate le pene.

Per espressa disposizione del § 369 del Codice tributario, ai c.d. reati fiscali (Steuerstraftaten) si applicano le leggi generali in materia di diritto penale, se non diversamente stabilito dalle norme penali contenute in leggi di natura fiscale. I reati fiscali si prescrivono di norma in cinque anni, ma nei casi di evasione particolarmente grave precedentemente indicati, il termine di prescrizione previsto dallo stesso Codice tributario al § 376 è di dieci anni. Tale termine è stato introdotto dall’art. 10 della legge fiscale annuale 2009 (Jahressteuergesetz 2009) del 19 dicembre 2008. Il tentativo di estendere la prescrizione decennale a tutti i casi di evasione fiscale indistintamente, oggetto di un disegno di legge presentato dal Bundesrat al Bundestag nella scorsa legislatura (stampato BT n. 17/13664 del 29 maggio 2013), è fallito per l’opposizione dei gruppi parlamentari della maggioranza contro il voto favorevole dei socialdemocratici (SPD) e dei Verdi (Bündnis 90/Die Grünen) e l’astensione della Sinistra (Die Linke).

Dal reato di evasione fiscale va infine distinta la fattispecie di elusione fiscale incauta (leichtfertige Steuerverkürzung), cui fa riferimento il § 378 del Codice tributario, che rappresenta soltanto un illecito amministrativo. Come tale essa può (ma non necessariamente deve, secondo il principio di opportunità) essere perseguita dalle autorità finanziarie, mentre la punizione dei reati fiscali è obbligatoria (principio di legalità). L’elusione fiscale è sanzionata con una multa fino a 50.000 euro.

 

Spagna

1.   Corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio

Il reato di corruzione (cohecho) è disciplinato dagli artt. 419-427 del codice penale.

L’autorità o funzionario pubblico che, a profitto proprio o di un terzo, riceve o sollecita, direttamente o tramite intermediario, una dazione, un favore o una retribuzione di qualsiasi tipo, o accetta l’offerta o la promessa per compiere nell’esercizio del suo incarico un atto contrario ai doveri inerenti allo stesso, o per non realizzare o ritardare senza motivazione quanto dovrebbe effettuare, incorre nella pena della reclusione da tre a sei anni, nella multa da dodici a ventiquattro mesi[1] e nell’inabilitazione speciale dall’impiego o incarico pubblico per un periodo da sette a dodici anni, senza pregiudizio della pena corrispondente all’atto realizzato, omesso o ritardato in ragione della retribuzione o promessa, se costitutivo di un delitto (art. 419 cp).

L’autorità o funzionario pubblico che, a profitto proprio o di un terzo, riceve o sollecita, direttamente o tramite intermediario, una dazione, un favore o una retribuzione di qualsiasi tipo o accetta l’offerta o la promessa per realizzare un atto proprio del suo incarico, incorre nella pena della reclusione da due a quattro anni, nella multa da dodici a ventiquattro mesi e nell’inabilitazione speciale da impiego o incarico pubblico per un periodo da tre a sette anni (art. 420 c.p.).

Le pene indicate negli artt. 419 e 420 sono previste anche nel caso in cui la dazione, il favore o la retribuzione sia richiesta o sollecitata dall’autorità o funzionario pubblico, nei rispettivi casi, come ricompensa per la condotta descritta nei medesimi articoli (art. 421 c.p.).

L’autorità o funzionario pubblico che, a profitto proprio o di un terzo, accetta direttamente o tramite intermediario, una dazione o un dono che gli furono offerti in considerazione del suo incarico o funzione, incorre nella pena della reclusione da sei mesi a un anno e nella sospensione dell’impiego o incarico pubblico da uno a tre anni (art. 422 c.p.).

I termini di prescrizione, per le fattispecie sopra elencate, vanno da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, a seconda della pena massima prevista[2] (art. 131, co. 1, c.p.).

2.  Falso in bilancio

Ai sensi dell’art. 290 del codice penale, gli amministratori, di fatto o di diritto, di una società costituita o in fase di costituzione, che falsificano i conti annuali o altri documenti che devono riflettere la situazione giuridica o economica dell’ente, in modo idoneo a causare un danno economico alla stessa, a qualcuno dei suoi soci, o ad un terzo, sono puniti con la pena della reclusione da uno a tre anni e con la multa da sei a dodici mesi. Se viene causato un pregiudizio economico, le pene si applicano nella loro metà superiore.

L’art. 296 prevede inoltre che i fatti siano perseguibili solo su denuncia della persona offesa o del suo rappresentante legale. Quando la persona è minore di età, incapace o invalida, la denuncia può essere presentata dal pubblico ministero. Non è necessaria la denuncia quando la commissione del delitto offende interessi generali o una pluralità di persone.

Il reato si prescrive in cinque anni (vedi nota 2).

3.  Frode fiscale

L’art. 305 del codice penale prevede che chiunque, tramite azione od omissione, defrauda le finanze pubbliche (Hacienda Pública) statali, autonomiche, forali[3] o locali, eludendo il pagamento di tributi, somme ritenute o che si sarebbero dovuto ritenere o acconti d’imposta, ottenendo indebitamente restituzioni o sfruttando allo stesso modo benefici fiscali, sempre che il valore della somma frodata, l’importo non incassato delle ritenute o degli acconti d’imposta o delle restituzioni o benefici fiscali indebitamente ottenuti o sfruttati superi i centoventimila euro, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni e la multa pari al sestuplo della citata somma, salvo che il soggetto abbia provveduto a regolarizzare la propria situazione tributaria.

Oltre alle pene indicate, il responsabile perde la possibilità di ottenere sovvenzioni o aiuti pubblici e il diritto a benefici o incentivi fiscali o della Sicurezza sociale per un periodo compreso tra i tre ed i sei anni.

Il reato si prescrive in cinque anni (vedi nota 2).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Con il codice penale del 1995 è stato introdotto in Spagna il sistema dei “giorni di multa” (días-multa): ogni giorno di multa può variare da un ammontare minimo di 2 a un massimo di 400 euro (per le persone giuridiche da un minimo di 30 a un massimo di 5.000 euro) e la pena può oscillare da un minimo di 10 giorni a un massimo di 2 anni (fino a 5 anni per le persone giuridiche). Spetta al giudice fissare l’importo giornaliero all’interno dei limiti indicati, tenendo conto della situazione economica del condannato, nonché determinare tempi e modi di pagamento (art. 50 del codice penale).

[2] L’art. 131, comma 1, del codice penale, prevede che i delitti si prescrivono in: 20 anni, quando la pena massima prevista dalla legge è di 15 o più anni; 15 anni, quando la pena massima prevista dalla legge è l’inabilitazione per più di 10 anni o la reclusione per più di 10 anni e meno di 15; 10 anni, quando la pena massima prevista dalla legge è la reclusione o l’inabilitazione per più di 5 anni e fino a 10; 5 anni, negli altri casi. L’ingiuria e la calunnia si prescrivono in un anno. Le contravvenzioni si prescrivono nel periodo di sei mesi (art. 131, comma 2). Ai sensi dell’art. 132, i termini previsti per la prescrizione si computano a partire dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione punibile. In caso di delitto continuato, delitto permanente, infrazioni abituali, tali termini si computano rispettivamente a partire dal giorno in cui è stata commessa l’ultima infrazione, dal giorno in cui è venuta meno la situazione illecita o dal giorno in cui è cessata la condotta criminosa. Esistono comunque reati imprescrittibili, come il genocidio.

[3] Il diritto forale è l’insieme degli ordinamenti giuridici di diritto privato che si applicano in alcune zone della Spagna, come la Navarra.