Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera |
Titolo: | Le immunità parlamentari nei principali paesi europei |
Serie: | Appunti Numero: 81 |
Data: | 21/07/2014 |
Camera dei deputati
XVII Legislatura
BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE
STRANIERA
A P P U N T I |
Appunto 32/2014 21 luglio 2014
Le immunità parlamentari nei principali paesi
europei
Francia
La tutela assicurata dall’ordinamento francese alla libertà di
esercizio del mandato parlamentare è sancita in particolare dal principio delle immunità parlamentari,
affermato dalla Costituzione (art. 26).
Le immunità parlamentari assicurano a deputati e senatori un regime giuridico in deroga al diritto
comune per quanto riguarda i loro rapporti con la giustizia al fine di
preservarne l’indipendenza.
L’immunità protegge ogni membro del parlamento contro ogni azione
giudiziaria, penale e civile, motivata da atti che, compiuti al di fuori del
mandato parlamentare, sarebbero penalmente sanzionabili o suscettibili di
impegnare la responsabilità civile del suo autore (per diffamazione, ad
esempio).
Si distinguono due tipi di immunità parlamentari: l’irresponsabilità e l’inviolabilità.
L’irresponsabilità (immunità
assoluta) riguarda le opinioni o i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni.
L’art. 26, comma 1 della Costituzione recita
infatti: “Nessun membro del Parlamento può essere perseguito, ricercato,
arrestato, detenuto o giudicato per opinioni o voti espressi nell’esercizio
delle sue funzioni”.
L’irresponsabilità del deputato è un’immunità permanente, perpetua e
valida anche dopo la fine del mandato e copre tutti gli atti propri della
funzione parlamentare (rapporti, proposte di legge, discorsi, interrogazioni,
voti, atti compiuti nell’ambito di missioni ad esso affidate dalle istanze
parlamentari). Neanche il deputato stesso può rinunciare a tale immunità.
Sono esclusi dall’irresponsabilità gli atti e le dichiarazioni non
rapportabili all’esercizio diretto della funzione parlamentare, come ad esempio
articoli scritti su giornali, interventi in riunioni pubbliche o private,
interviste rilasciate durante trasmissioni radiofoniche e televisive o, secondo
una giurisprudenza consolidata, le opinioni espresse da un deputato nell’ambito
di una missione ad esso affidata dal Governo.
L’inviolabilità (immunità
relativa) è limitata alla durata del mandato parlamentare ed ha l’obiettivo di
evitare che l’esercizio del mandato parlamentare sia ostacolato da determinate
azioni penali aventi ad oggetto gli atti compiuti dal deputato o dal senatore come
semplice cittadino.
L’inviolabilità regola le condizioni relative all’esercizio dell’azione
penale per gli atti estranei alle
funzioni parlamentari (Cost., art. 26, commi 2, 3 e 4).
Nessun membro del Parlamento può essere sottoposto ad arresto o a
qualsiasi misura di privazione o di restrizione della libertà senza l’autorizzazione dell’Ufficio di Presidenza
dell’Assemblea alla quale appartiene, ad eccezione dei casi di flagranza di
reato o di condanna definitiva. L’Assemblea può inoltre decidere la sospensione
della detenzione o delle misure di privazione e restrizione della libertà, o
dell’azione penale nei confronti di un suo membro, per una durata limitata alla
sessione in corso.
A seguito della revisione costituzionale, operata dalla legge
costituzionale
Il Regolamento dell’Assemblea
nazionale (art. 80)
prevede - all’inizio della legislatura e all’inizio della sessione parlamentare
per ogni anno successivo, ad eccezione di quello precedente il rinnovo
dell’Assemblea - la costituzione di una commissione incaricata di esaminare le
domande di sospensione della detenzione o delle misure di privazione e
restrizione della libertà, o dell’azione penale nei confronti di un deputato.
Il Regolamento del Senato (art. 105)
prevede, invece, la costituzione di una commissione ad hoc ogni volta che
l’assemblea debba esaminare una proposta di risoluzione presentata per
richiedere la sospensione della detenzione o delle misure di privazione e
restrizione della libertà o dell’azione penale nei confronti di un senatore.
Conformemente all’ultimo comma dell’art. 26
della Costituzione, ciascuna delle due assemblee parlamentari si riunisce in
seduta supplementare per esaminare le conclusioni della relativa commissione
sulle domande di sospensione e la discussione, in seduta plenaria, porta alla
votazione di una proposta di risoluzione.
Germania
L’istituto dell’immunità parlamentare ha il suo fondamento giuridico
nell’art. 46
della Legge fondamentale, secondo cui un deputato non può essere perseguito, in
sede sia giudiziaria sia disciplinare, né essere in genere chiamato a rendere
conto fuori del Bundestag per le opinioni manifestate e i voti espressi
in Assemblea o in una commissione parlamentare, a meno che non si tratti
di ingiurie diffamanti. Un deputato può essere chiamato a rispondere di
un’azione per la quale è prevista una sanzione o essere arrestato solo dopo
l’autorizzazione del Bundestag, salvo che sia colto nell’atto di
commettere il fatto o nel giorno immediatamente successivo. L’autorizzazione
del Bundestag è inoltre necessaria per qualsiasi altra limitazione della
libertà personale o per iniziare un procedimento contro un deputato.
Un cittadino eletto al Bundestag gode
della protezione dell’immunità dal momento della sua entrata in Parlamento. Se
sono in corso indagini su di lui, queste vengono subito interrotte e il
tribunale si rivolge al Presidente del Bundestag
con una comunicazione. Qualora sia già iniziata l’azione penale, anche
questa deve essere sospesa ed è necessario presentare una domanda di
autorizzazione a procedere, ovvero una richiesta di rimozione dell’immunità,
che seguirà la procedura parlamentare prevista dal Regolamento del Bundestag.
Le disposizioni della Legge fondamentale in materia di immunità si riferiscono ai soli membri del Bundestag
e non riguardano i membri della Camera alta del Parlamento federale (Bundesrat),
questi ultimi non eletti dai cittadini, ma direttamente designati dai Governi dei
Länder. Tuttavia, i membri del Bundesrat che sono, al tempo stesso,
anche membri del Parlamento del Land di appartenenza, godono delle immunità sancite dalle
rispettive costituzioni regionali.
In sostanza, il citato art. 46 prevede due profili di immunità parlamentare: la irresponsabilità o insindacabilità (Indemnität) e l’immunità processuale penale (Immunität).
Per quel che concerne il primo profilo, il comma 1 dell’art. 46 dispone
che la norma non sia applicata per le "ingiurie diffamanti" (verleumderische
Beleidigungen), vale a dire le offese personali e gratuite, prive di
contenuto politico, per le quali il parlamentare è pienamente responsabile.
Occorre tuttavia rilevare che nella prassi risulta difficile distinguere le
pure offese personali dalle cd. “ingiurie a carattere politico” che rientrano
nell’ambito dell’irresponsabilità.
Quanto al secondo profilo, il diritto all’immunità deve essere
considerato un mezzo di tutela del Parlamento e non una prerogativa del singolo
deputato. Il fine di tale istituto è infatti quello di garantire l’operatività
e la funzionalità dell’organo parlamentare proteggendolo dalle ingerenze
dell’esecutivo e del potere giudiziario. Pertanto, dal momento che l’immunità
riguarda i procedimenti penali e altre misure coercitive nei confronti di singoli membri del Bundestag , ai fini
dello svolgimento di un processo o dell’esecuzione di determinate misure è
necessaria l’autorizzazione del Bundestag.
L’obbligo dell’autorizzazione parlamentare è previsto per tutti i procedimenti
penali contro i componenti il Bundestag a prescindere dal fatto che si
tratti di un giudizio su un tema rientrante nella prerogativa della
irresponsabilità o altro tipo di reato, per le perquisizioni e i sequestri nel
corso di processi in cui il deputato è imputato o accusato, nonché per gli
arresti e il rilascio di dichiarazioni giurate in caso di esecuzione forzata.
La limitazione delle prerogative della magistratura in sede penale è
bilanciata dalla prassi, invalsa dalla fine degli anni ’60, in virtù della
quale il Bundestag all’inizio di ogni legislatura approva una sorta di autorizzazione generale contenuta nella
“Decisione del Bundestag sulla rimozione
dell’immunità dei suoi membri” (Beschluß des Deutschen Bundestages betr. Aufhebung der Immunität von Mitgliedern des Bundestages) di cui all’Allegato 6
del Regolamento. Ai sensi del primo comma
di tale allegato, il Bundestag
autorizza per la durata dell’intera legislatura lo svolgimento di indagini nei confronti di deputati per reati penalmente
perseguibili, salvo che si tratti di ingiurie a carattere politico (§§ 185,
186, 187a, comma 1, 188, comma 1 del codice penale). L’autorizzazione generale
non comprende il rinvio a giudizio per reati penalmente perseguibili e
richieste di emanazione di un’ordinanza di condanna, né misure di limitazione o
privazione della libertà nel corso delle indagini. Nel medesimo allegato 6 sono
poi enunciati i principi stabiliti dalla Commissione per la verifica delle
elezioni, l’immunità e il Regolamento (Ausschuß für Wahlprüfung, Immunität
und Geschäftsordnung) per una corretta applicazione della disciplina
relativa all’immunità.
L’iter della
procedura, per gli aspetti parlamentari, è disciplinato dal § 107 del
Regolamento del Bundestag e dal citato Allegato 6. Prima di
avviare le indagini, il pubblico ministero competente ha l’obbligo di
comunicare al Presidente del Bundestag l’intenzione di aprire
un’istruttoria nei confronti di un membro del Bundestag.
Contemporaneamente, qualora non ostino motivi investigativi, deve essere
informato anche il deputato interessato. Le indagini possono iniziare non prima
di 48 ore dall’arrivo della comunicazione al Presidente dell’Assemblea. Ai fini
del computo del termine non sono calcolati i fine settimana e i giorni festivi.
Il Presidente, d’intesa con il presidente della Commissione per la verifica
delle elezioni, l’immunità ed il regolamento, può prolungare tale termine o
richiedere la sospensione del procedimento.
Una volta avviate le indagini, qualora il pubblico ministero concluda
l’istruttoria con una richiesta di incriminazione o reputi necessaria una
perquisizione (o qualunque altro provvedimento che non rientri
nell’autorizzazione di carattere generale), deve richiedere al Bundestag un’autorizzazione
specifica per via gerarchica, cioè tramite il procuratore generale, il
Ministero della giustizia del Land e il Ministero federale della
giustizia. La richiesta, indirizzata al Presidente del Bundestag, viene direttamente assegnata
alla Commissione per la verifica delle
elezioni, l’immunità ed il regolamento,
la quale, dopo aver esaminato e discusso la questione, formula la propria raccomandazione al Bundestag in base ai principi dettati nell’allegato 6 (Beschlussempfehlung).
La raccomandazione della Commissione di approvare o respingere la revoca
dell’immunità è pubblicata in uno stampato in cui figura il nome del deputato,
ma non il reato per il quale si richiede di intentare un procedimento penale.
La discussione su di una raccomandazione non è legata ad un termine, ma deve
avere inizio non prima del terzo giorno della distribuzione della proposta
stessa. Nell’interesse del deputato e dell’intero organo parlamentare
l’Assemblea, in base alla prassi, decide senza discussione.
Nelle questioni di minore rilevanza, come ad esempio i reati
riguardanti la circolazione stradale (per i quali deve essere concessa, in
linea di principio, l’autorizzazione),
L’autorizzazione a procedere concessa dal Bundestag consiste in
pratica nella “rimozione dell’immunità”
(Aufhebung der Immunität). Il deputato conserva lo status di membro del Bundestag
e continua ad esercitare il proprio mandato. Dovendo egli partecipare ai
lavori parlamentari, il pubblico ministero e il tribunale, nel momento di
fissare i termini procedurali, devono tener conto del programma stabilito per
lo svolgimento delle sedute del Bundestag. Dal punto di vista temporale,
dunque, mentre l’irresponsabilità ha
carattere permanente, l’immunità
processuale penale vale solo per la durata del mandato.
Infine, secondo quanto prescrive l’art. 47 della Legge
fondamentale, a ciascun membro del Bundestag
è riconosciuto il diritto di rifiutarsi
di testimoniare (Zeugnisverweigerungsrecht):
il deputato può infatti avvalersi di tale diritto negando la sua testimonianza
in riferimento a persone che gli abbiano confidato dei fatti nella sua qualità
di deputato, nonché riguardo ai fatti stessi. Lo stesso vale anche per la
fattispecie inversa, in cui sia stato il deputato a confidarsi con un’altra
persona. Entro i limiti di tale diritto, non è ammesso il sequestro di
documenti scritti o di registrazioni. Al Bundestag
non è attribuito il potere di disporre di tale diritto, che presuppone un
rapporto fiduciario tra il deputato e un altro cittadino. Spetta quindi
soltanto al deputato decidere di avvalersene rifiutandosi di testimoniare;
inoltre, tale diritto continua ad essere efficace anche una volta cessato il
mandato parlamentare.
Regno Unito
Le immunità dei membri
del Parlamento hanno radici profonde nella storia costituzionale del Regno
Unito, e le rispettive discipline, consolidatesi dopo le lotte politiche del
XVII secolo, costituiscono parte integrante della forma di governo britannica e
della tradizione costituzionale dello Stato. Il principio dell’autonomia delle
Assemblee legislative e della insindacabilità degli interna corporis acta ha fondamento positivo nel Bill of Rights del 1689, e, per taluni
aspetti, nei Parliamentary Privilege Acts
del 1737 e del 1770; le convenzioni costituzionali e la prassi parlamentare, d’altra
parte, hanno concorso a delineare la disciplina dei relativi istituti[1].
Nonostante il suo radicamento nella tradizione, il tema è stato oggetto in
tempi recenti di un rinnovato interesse, con particolare riguardo
all’elaborazione di alcune proposte di riforma in materia di “parliamentary privilege”.
I membri di entrambe le Camere non godono di una generale ed
incondizionata immunità dai procedimenti
penali esperiti nei loro confronti. Per tale ragione essi possono essere
(e, nell’esperienza, sono stati) perseguiti dal giudice penale (ad esempio, per
illeciti riferiti all’erogazione di rimborsi), con precedenza del procedimento
giurisdizionale ordinario rispetto all’esercizio, da parte della Camera, dei propri
poteri disciplinari (i quali, peraltro, sono attivati a fronte della violazione
delle norme di deontologia vigenti nell’ordinamento parlamentare, e non di
comportamenti di rilevanza penale, rimessi alla cognizione del giudice comune).
Il “privilegio parlamentare”,
in cui si sostanzia l’autonomia delle Camere, si riflette sullo status dei loro componenti e si declina,
in primo luogo, nell’immunità ad essi riconosciuta per i voti dati e le opinioni espresse.
Esplicazione del fondamentale
principio, che vuole l’attività del Parlamento libera da intromissioni delle
corti e sottoposta unicamente al proprio stesso controllo (exclusive cognisance), è infatti la libertà di espressione
(freedom of speech) dei parlamentari, i quali non possono essere chiamati a
rendere conto delle opinioni espresse in Parlamento dinanzi alle corti, in
procedimenti civili o penali, oppure in qualsiasi sede diversa dal Parlamento
medesimo (articolo 9 del Bill of Rights[2]);
nel tempo sono venute meno, invece, le antiche disposizioni legislative che con
formula più ampia affermavano l’improcedibilità di azioni legali rivolte contro
membri del Parlamento.
La tradizionale
deferenza verso l’immunità statuita dall’antico testo legislativo ha fatto sì
che, per superare determinati suoi effetti preclusivi sul piano giudiziale -
consistenti nel divieto, anch’esso tralatizio, di ricorrere ai lavori
preparatori per l’interpretazione della legge, e nell’impossibilità di
esaminare i dibattiti parlamentari nel caso in cui un membro del Parlamento
subisca diffamazione con riguardo al modo in cui ha espletato il proprio
mandato -, si siano rese necessarie, rispettivamente, l’eliminazione del
cosiddetto Hansard Ban ad opera della
giurisprudenza (principalmente nel caso Pepper
v. Hart[3]),
e una modifica legislativa idonea a consentire, su istanza del membro in quanto
parte offesa, la non applicazione dell’immunità nelle cause di diffamazione (Defamation Act 1996, section 13). Quest’ultima
disposizione, in particolare, al momento della sua approvazione suscitò critiche
circa la sua congruenza e opportunità, tali da indurre, nel 1999, la Commissione bicamerale sulle prerogative parlamentari
(Joint Committee on Parliamentary Privilege) a raccomandarne la modifica affinché la
deroga all’immunità nei giudizi dinanzi alle corti fosse possibile non per
iniziativa del singolo parlamentare, ma a seguito di delibera dell’Assemblea;
tale suggerimento non ha però finora avuto seguito.
Un diverso aspetto
venuto in risalto nell’esperienza del Regno Unito (e posto all’esame della
predetta Commissione bicamerale, a cui si deve un’organica riflessione sugli
istituti dell’immunità parlamentare[4])
è stato quello dei limiti della libertà
di espressione del membro del Parlamento, di cui è stata in passato
prospettata l’autonoma regolamentazione parlamentare quanto alle sue modalità
di esercizio, e con riferimento anche alla previsione di un diritto di replica
del cittadino (non parlamentare) che si ritenga leso da affermazioni a suo
carico compiute nel corso di procedimenti dell’Assemblea. La questione è tornata
di attualità in relazione a una sentenza della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo del 2003, pronunciata sul ricorso contro il Regno Unito di un
elettore che si riteneva diffamato dal parlamentare del suo collegio per
effetto di talune affermazioni a lui riferite pronunciate nel contesto di un
dibattito alla Camera dei Comuni[5].
Corollario ulteriore
del principio dell'autonomia del Parlamento - e parte costitutiva dell'immunità
parlamentare - è, tradizionalmente, la libertà
dall’arresto dei membri del Parlamento e la loro soggezione a poteri
disciplinari e penali esercitati dalle stesse Camere; libertà, tuttavia, che
nella prassi non è mai stata intesa o applicata nel senso di rendere i
parlamentari immuni dall’applicazione delle disposizioni di diritto penale o di
condizionare a una previa autorizzazione dell’assemblea la procedibilità nei loro
confronti per reati comuni.
Pare degno di nota che
anche su questo profilo si sia fermata l’attenzione del Joint Committee on Parliamentary
Privilege in occasione dell’esame svolto nel 1999 di una riforma dell’immunità parlamentare.
In merito all’eventualità
che accuse di corruzione (bribery)
fossero rivolte a membri del Parlamento,
Le raccomandazioni
enunciate dal Joint Committee
avrebbero dovuto, come auspicato dalla stessa Commissione, assumere veste
legislativa nella forma di un nuovo Parliamentary
Privilege Act; ma ciò non è avvenuto. Esse sono tuttavia confluite nel più
ampio dibattito sulla revisione del diritto penale in materia di reati
economici (imperniato sull’elaborazione di un Corruption Bill nel 2003 e sui termini di applicabilità delle sue
disposizioni ai membri del Parlamento e all’acquisizione a fini probatori di
atti parlamentari[8]),
per essere infine recepite in parte dal Codice di comportamento dei membri
della Camera dei Comuni e nelle previsioni regolamentari concernenti il Register of interests.
Il dibattito
politico-istituzionale in ordine a tali profili ha avuto una significativa
ripresa, ponendosi anzi ai primi posti dell’agenda parlamentare, a dieci anni
di distanza dalle raccomandazioni del suddetto Joint Committee, quando nel 2009 è stata divulgata, con ampia
risonanza nell’opinione pubblica, l’esistenza di abusi commessi da membri del Parlamento relativamente
all’erogazione di rimborsi ottenuti sulla base di false dichiarazioni. Lo
scandalo del 2009[9]
ha determinato l’approvazione, nello stesso anno, del Parliamentary
Standards Act 2009, che oltre ad
alcune rilevanti innovazioni concernenti il sistema della deontologia parlamentare,
ha introdotto la figura di “reato parlamentare” - stante la sua esclusiva
applicabilità ai membri delle Camere - consistente nelle dichiarazioni mendaci
o fuorvianti (false or misleading)
rese nelle richieste di rimborso. Merita segnalare che l’approvazione della
legge è stata ritenuta necessaria benché
Più di recente, il
governo conservatore-liberaldemocratico ha posto in agenda la riforma delle immunità e delle
prerogative parlamentari in relazione alla libertà della stampa e al diritto di
cronaca, recuperando alcune proposte formulate nel 1999 dal Joint Committee on Parliamentary Privilege
e prospettando, tra l’altro, l’espressa abrogazione della tutela garantita
dell’art. 9 del Bill of Rights del
1689 con riferimento a una serie di reati. Le linee di fondo dell’intervento
riformatore, esposte in un documento diffuso nel 2012 e sottoposto alla
procedura di consultazione pubblica[11],
muovono dalla premessa che “it is wrong
in principle to deny the courts access to any relevant evidence when the
alleged act is serious enough to have been recognised as a criminal offence”,
per giungere a prospettare una limitazione delle tutele garantite dall’immunità
parlamentare ai soli casi in cui il reato contestato al componente della Camera
si correli strettamente alla ragione di fondo di tale istituto, ossia la protezione
della sua libertà di parola e di dibattito in Parlamento[12].
Appare qui utile segnalare, per una ricognizione dei
maggiori caratteri costitutivi dello status
parlamentare, come nel Regno Unito sia attualmente tema di dibattito
l’opportunità di introdurre l’istituto del recall, allo scopo di consentire
agli elettori di un singolo collegio di determinare, attraverso la
presentazione di un’apposita petizione, la decadenza dell’eletto che abbia
commesso gravi ed accertate malversazioni. La posizione favorevole del Governo,
che nel recall ha ravvisato un
ulteriore potere disciplinare esercitabile dalla Camera chiamata a considerare
il merito delle petizione ad essa indirizzata, ha tuttavia incontrato le
critiche del Political and Constitutional
Reform Committee della Camera dei Comuni, che ha ritenuto adeguata, e
concretamente applicabile, la vigente misura disciplinare dell’espulsione dalla Camera del membro che
si sia reso autore di gravi illeciti[13].
Si tratta di una sanzione raramente irrogata nella storia parlamentare[14],
che comporta la conseguente decadenza dal mandato (peraltro, senza incidere sul
diritto elettorale passivo di chi ne venga colpito, che può presentarsi alle
elezioni suppletive convocate a seguito della vacanza del suo seggio).
Nondimeno, essa vige tuttora nell’ordinamento parlamentare e se ne può disporre
l’applicazione alle infrazioni delle regole dell’ordine parlamentare
(attraverso il misbehaviour in the
Chamber o il contempt posto in
essere mediante violazioni del Codice di condotta); tale indiscussa vigenza ha
recentemente indotto il Committee on
Standards a ritenere sufficienti le attuali sanzioni disciplinari[15],
considerato anche il regime probatorio richiesto per la loro irrogazione, di
norma meno rigoroso di quello applicato nei comuni procedimenti
giurisdizionali.
Spagna
L’articolo 71, comma 1,
della Costituzione garantisce ai deputati
e ai senatori il godimento della “inviolabilità
(inviolabilidad) per le opinioni
manifestate nell’esercizio delle loro funzioni”.
Ai sensi del comma 2 del
medesimo articolo, i deputati ed i senatori, “durante il periodo del loro
mandato”, godono altresì dell’immunità
(inmunidad) e possono essere
arrestati solo “in caso di flagrante reato”; essi inoltre non possono essere
“incriminati né processati senza previa
autorizzazione delle rispettive Camere”.
Il comma 3 del medesimo
articolo introduce il principio del “foro speciale” (aforamiento) per i processi contro i parlamentari, assegnando la
competenza a giudicare alla Sezione penale del Tribunale supremo, così come
avviene per il Primo ministro e per gli altri membri del Governo.
Se la “inviolabilità”
riconosciuta al comma 1 è assimilabile alla nostra “insindacabilità”, intesa
come irresponsabilità giuridica per le opinioni espresse dal parlamentare
nell’esercizio delle proprie funzioni[16], il
concetto di “immunità”, così come evidenziato dalla giurisprudenza del
Tribunale costituzionale (sentenze 90/1985, 243/1988, 9/1990 e 206/1992) e dalla dottrina giuridica, costituisce
una prerogativa di carattere formale, volta a tutelare le Camere e il loro
funzionamento, evitando attacchi politici e strumentali ai rappresentanti
popolari che le compongono; l’immunità non ha quindi la natura di privilegio
personale del singolo parlamentare (ius
singolare). In tale contesto va quindi interpretata la limitazione di tale
prerogativa al “periodo del mandato”, al termine del quale il parlamentare
torna ad essere sottoposto alla giustizia ordinaria, come gli altri cittadini.
Al di fuori dei casi di flagranza del reato, per i quali è
possibile anche l’arresto, per poter
incriminare e sottoporre a processo penale un membro del Congresso dei deputati
(o del Senato) è necessario ottenere l’autorizzazione
a procedere da parte della Camera di appartenenza.
La procedura è
disciplinata, per quanto concerne i deputati, dagli artt. 11-14 del Regolamento
del Congresso dei Deputati. Nel Regolamento
del Senato la procedura è disciplinata dall’art. 22.
La richiesta di
autorizzazione (suplicatorio) è
trasmessa alle Camere dalla Sezione penale del Tribunale supremo, alla quale qualsiasi
autorità giudiziaria, che in sede di indagini ravvisi ipotesi di reato a carico
di un parlamentare, è tenuta a trasmettere i suoi atti. Il Tribunale supremo
non è obbligato a inoltrare automaticamente richiesta di autorizzazione per
ogni segnalazione ricevuta, ma può svolgere ulteriori indagini e, soprattutto,
convocare l’interessato per il rilascio di dichiarazioni spontanee, a seguito
delle quali valutare se inoltrare o meno il suplicatorio
alla Camera di appartenenza[17].
Il Presidente del Congresso
(o del Senato), ricevuta una richiesta di autorizzazione, la trasmette alla
Commissione competente (Comisión del
Estatuto de los Diputados al Congresso, Comisión
de Suplicatorios al Senato), che entro 30 giorni, durante i quali è
ascoltato anche l’interessato, concludono l’esame della questione e presentano
una relazione per l’Assemblea, che deve deliberare nella prima seduta
immediatamente successiva. La decisione adottata, in forma di risoluzione
motivata, va comunicata, entro 8 giorni, al Tribunale supremo; entrambi i
regolamenti parlamentari prevedono la possibilità del “silenzio-rifiuto”,
indicando che il suplicatorio è da
considerarsi respinto se
Come sottolineato dalla
giurisprudenza costituzionale, nelle sentenze citate, nonché dalla dottrina
giuridica, la decisione delle Camere (facendo riferimento al concetto di
“immunità” esposto e tenendo in massima considerazione il principio della
separazione dei poteri) ha il valore di un giudizio
sostanzialmente politico, volto all’individuazione di un possibile fumus persecutionis nei confronti del
rappresentante del popolo e non si pone, quindi, come un esame giudiziario del
merito delle accuse. L’atto delle Camere, espressione dell’attività di un
pubblico potere, è comunque sottoposto alla Costituzione ed è quindi possibile
farne oggetto di un “ricorso di amparo”
dinanzi al Tribunale costituzionale, per possibile lesione di diritti
individuali. Anche il Tribunale costituzionale, a sua volta, non entra nel
merito del caso, ma verifica la corrispondenza tra la motivazione della
decisione adottata dalle Camere e la tutela del corretto funzionamento delle
assemblee rappresentative.
La concessione
dell’autorizzazione consente la continuazione del procedimento e perciò anche
l’avvio di un processo penale contro il parlamentare[18]. Il
diniego del suplicatorio determina
invece il proscioglimento dell’accusato e la fine del procedimento[19].
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[1] Nel rispetto di un risalente principio
della prassi parlamentare (espresso da una resolution
adottata dalla Camera dei Lord e trasmessa ai Comuni nel 1704), l’introduzione
di privilegi o immunità parlamentari ulteriori rispetto a quelli già previsti
dal diritto legislativo o consuetudinario, potrebbe aver luogo soltanto
mediante legge formale.
[2] Il testo dell’articolo 9 del Bill of Rights può tradursi come segue:
“La libertà di parola o le discussioni o dibattiti in Parlamento non devono
essere incriminati o contestati in alcuna corte o in altro luogo fuori del
Parlamento”. Tenore analogo hanno, per
[3] Pepper (Inspector of Taxes)
v Hart (1993) AC 593.
[4] Il riferimento è alla relazione del Joint
Committee on Parliamentary Privilege pubblicata nella sessione
[5] CEDU,
A v the United Kingdom (2003).
[6] Il principio, che si fa risalire ad un
precedente della Camera dei Comuni del 1695, è recepito, in forma aggiornata,
nella versione vigente del Code of
Conduct for Members.
[7] Affinché accuse di corruzione non
fossero pretestuosamente rivolte a membri del Parlamento,
[8] La questione è tornata a riproporsi in
occasione dell’approvazione del Bribery
Act 2010, il cui
testo conteneva originariamente un art. 15 – poi soppresso in corso di esame –
che consentiva espressamente l’utilizzazione di atti parlamentari ai fini della
formazione della prova nei procedimenti penali. Anche in questo caso,
l’opinione prevalente fu di rimettere la materia ad un’organica e unitaria
revisione legislativa della materia delle prerogative parlamentari.
[9] È forse utile richiamare, sinteticamente
e nei suoi snodi essenziali, la vicenda da cui principalmente hanno tratto
origine, per un verso, l’istituzione della Independent
Parliamentary Standards Authority (ISPA) e, per altro verso, l’esigenza di
aggiornamento delle regole di deontologia parlamentare nel senso di una loro
più stringente formulazione. Nel febbraio del 2008 veniva autorizzata dall’Information Tribunal, a cui si erano
individualmente rivolti alcuni giornalisti, un’istanza di accesso (presentata
in base al Freedom of Information Act)
ai dati relativi alle richieste di rimborso depositate da determinati membri
del Parlamento.
[10] UK Supreme Court, R v Chaytor and others (Appellants), UKSC
52 (2010).
[11] Si tratta del “Libro verde” dal titolo Parliamentary
Privilege,
pubblicato nell’aprile 2012. Per l’esame delle proposte in esso contenute
[12] Si vedano i parr. 95 e 98 del citato
“Libro verde”; le esenzioni previste sono riferite, ad esempio, al reato (di common law) di misconduct in public office, alla diffusione di determinate
informazioni in violazione dell’Official
Secrets Act 1989, o a reati di opinione previsti dalla legislazione
anti-terrorismo e in materia di ordine pubblico.
[13] Si veda la relazione del Governo Recall
of MPs Draft Bill,
pubblicata nel dicembre 2011. Le valutazioni del Political and Constitutional Committee della Camera dei Comuni sono
esposte nella relazione pubblicata il
[14] In epoca contemporanea, la sanzione
della expulsion è stata applicata
dalla Camera dei Comuni tre volte: nel 1922, nel 1947 e nel 1953. Secondo
l’opinione emersa in seno al Committee on
Standards and Privileges, il ricorso raro ed episodico a questa misura
appare motivato dal suo carattere estremo e dalla cautela verso provvedimenti
suscettibili di interferire con le scelte dell’elettorato. Il relativo
procedimento, inoltre, presenterebbe aspetti di dubbia compatibilità con lo Human Rights Act 1998, come rilevato già
nel 1999 dal Joint Committee on
Parliamentary Privilege.
[15] Mette conto segnalare che, con
risoluzione adottata nel 2003, è stata introdotta alla Camera dei Comuni la
misura disciplinare della sospensione dell’indennità corrisposta ai suoi
componenti.
[16] Il Tribunale costituzionale ha chiarito
che l’ambito materiale concernente le “opinioni” espresse comprende anche le
“dichiarazioni di giudizio o di volontà”; per quanto riguarda invece l’ambito
funzionale, il giudice costituzionale ha optato per un’interpretazione
restrittiva, escludendo tutti gli atti realizzati dal parlamentare come
“cittadino” (o anche come “politico”), ma comunque compiuti “fuori
dell’esercizio delle competenze e funzioni che potessero corrispondergli come
parlamentare” (sentenza 51/1985).
[17] Non vi sono norme specifiche sui tempi
di trasmissione dei fascicoli da parte delle autorità giudiziarie al Tribunale
supremo, né sulla portata delle indagini che esse possono svolgere
preliminarmente. A tutela dei parlamentari eventualmente indagati, va segnalata
[18] Ulteriori disposizioni di dettaglio sono
contenute negli articoli 750-756 del codice di procedura penale e nella Ley de 9 de febrero de 1912 declarando los Tribunales que han de entender en el conocimiento de las
causas contra Senadores y Diputados,
formalmente in vigore, anche se considerata implicitamente abrogata da parte
della dottrina. Le sentenze del Tribunale supremo, pronunciate ai sensi
dell’articolo 71, comma 3, della Costituzione, sono da considerarsi definitive
e non ricorribili, come è stato chiarito dalla sentenza 51/1985 del Tribunale
costituzionale.
[19] La terminologia adottata dalla legge (“se sobreseerá respecto al Senador o Diputado
a Cortes”, ex art. 754 del codice
di procedura penale, e “sobreseimiento
libre, respecto al Senador o Diputado”, ex
art. 7 della Ley de