Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: La fiscalità dei sistemi di previdenza complementare in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti
Serie: Appunti    Numero: 75
Data: 24/06/2014
Descrittori:
ASSICURAZIONI FACOLTATIVE E VOLONTARIE   FRANCIA
GERMANIA   GRAN BRETAGNA
PAGAMENTO DI IMPOSTE   PREVIDENZA SOCIALE
USA     

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 26/2014                                                                        24 giugno 2014

La fiscalità dei sistemi di previdenza complementare in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti

Francia

Pensioni complementari e pensioni supplementari

Il sistema previdenziale francese è articolato su tre livelli: la previdenza statale (régime générale); la previdenza aziendale a ripartizione (retraite complementaire), su base settoriale o territoriale; la previdenza aziendale a capitalizzazione (retraite supplementaire), organizzata direttamente dalla singola impresa. Per i funzionari pubblici e gli impiegati statali sono previsti regimi pensionistici separati (régimes speciaux).

Il regime di previdenza pubblica (régime générale) francese non assicura un trattamento pensionistico tale da garantire livelli di copertura molto elevati. Il legislatore ha pertanto incentivato e reso obbligatorio il ricorso a sistemi di previdenza complementare (Code de la Sécurité sociale, artt. L921-1 e ss.), organizzati secondo i meccanismi di retraite complementaire (pensione complementare) e di retraite supplementare (pensione supplementare).

Il meccanismo di retraite complementaire è una forma di previdenza aziendale (Code de la Sécurité sociale, art. 921-4) basata sull’obbligatorietà dell’adesione e sul criterio finanziario della ripartizione. Le casse pensionistiche (Code de la Sécurité sociale, art. 922-4) operano in regime di contribuzione definita, ma non prevedono l’accumulo delle risorse nel tempo e di conseguenza non assicurano un livello minimo di prestazioni. La rigidità del metodo contributivo e l’aggiunta di addizionali sui contributi per riequilibrare le Casse hanno comportato la riduzione dei rendimenti interni del sistema e la individuazione di ulteriori strumenti di previdenza integrativa.

Le diverse Casse pensionistiche che gestiscono meccanismi di retraite complementaire confluiscono in due principali associazioni:

-       l’AGIRC, Association Générale des Institutions de retraites des Cadres (cfr. Arrêté du 24 octobre 2013 relativo agli Statuti dell’associazione)

-       l’ARCCO, Association des Régimes de retraites Complementaires (Arrêté du 24 octobre 2013 relativo agli Statuti dell’associazione)

Oltre alle casse pensionistiche sono stati istituiti, a livello collettivo, anche altri istituti di previdenza complementare su iniziativa delle imprese e, a livello individuale, forme integrative supplementari di risparmio previdenziale attraverso contratti assicurativi.

La retraite supplementaire è una forma di previdenza (Code de la Sécurité sociale, artt. L 941-1 e ss.) basata sulla volontarietà dell’adesione e sul criterio della capitalizzazione.

Nell'ambito del sistema di retraite supplementaire sono previsti contratti di previdenza collettiva o individuale.

I contratti di tipo collettivo sono di norma offerti da imprese di grandi dimensioni (ad es., banche assicurazioni, energia) e offrono un completamento della copertura pensionistica di base e di quella complementare. Si tratta principalmente di piani previdenziali (ad es., assicurazioni-vita di gruppo) o di fondi di indennità di fine carriera.

I piani previdenziali in senso stretto possono a loro volta rientrare nella tipologia dei fondi a contribuzione definita, c.d. contratti “articolo 83”, (prestazione: rendita vitalizia) (Code général des impôts, art. 83, 1° quater, dettagliati nell’istruzione fiscale n.195 del 25 novembre 2005 che prevede, tra l’altro, l’affiliazione obbligatoria del dipendente al regime, l’uniformità del tasso di onere da versare per categoria di personale, rischi assicurati identici a quelli dei regimi di sicurezza sociale di base, etc.) o dei piani a prestazione definita (prestazione: erogazione di una predefinita percentuale degli stipendi percepiti nell'ultimo periodo dal lavoratore prima della pensione) (c.d. contratti “articolo 39”, Code général des impôts, art. 39).

I fondi di indennità di fine carriera permettono alle imprese, attraverso contratti assicurativi di gruppo di corrispondere ai lavoratori una prestazione alla fine della carriera o in caso di licenziamento (prestazione: pagamento di un capitale differito).

Il sistema francese ammette, infine, altri contratti di previdenza collettiva: i piani di risparmio pensione d’impresa o tra imprese (plan d'épargne retraite entreprise – PERE o Plan d’épargne retraite interentreprise - PERI), contratti ad adesione collettiva obbligatoria con versamenti facoltativi dei lavoratori, che prevedono agevolazioni fiscali; i piani di risparmio pensione collettivi (plan d'épargne retraite collectif – PERCO), contratti collettivi ad adesione facoltativa con versamenti entro una soglia limite del salario lordo, ai quali può aggiungersi una contribuzione padronale (n.b.: rientrano entrambi nei meccanismi obbligatori aziendali di retraite supplementaire, c.d. regimi “articolo 83”).

I contratti di previdenza individuale infine si distinguono in: contratti per i lavoratori autonomi (c.d. contratti Madeline), ossia forme di previdenza individuale con obbligo di versamento di contributi, fiscalmente deducibili; piani di risparmio pensione popolare (plan d'épargne retraite populaire - PERP), piani individuali a contribuzione definita aperti a tutti i lavoratori con contributi deducibili dal reddito imponibile; altri regimi speciali, come il sistema di risparmio-pensione (PREvoyance de la FONction publique - PREFON retraite) destinato ai dipendenti pubblici (agenti statali - civili e militari-, ospedalieri, agenti delle collettività territoriali, degli enti pubblici e loro congiunti), associato ad un meccanismo di defiscalizzazione.

La fiscalità dei regimi di previdenza complementare

Per quanto riguarda il sistema di previdenza complementare aziendale, gli oneri salariali e padronali versati a tale titolo sono esonerati dall'imposta sul reddito, nel rispetto di determinate condizioni e di una soglia massima. Gli oneri padronali sono deducibili dai guadagni dell'impresa e non soggetti all'imposta sulle società e i contributi padronali non sono soggetti ad oneri sociali. Gli oneri dei lavoratori sono deducibili dal reddito imponibile.

Per beneficiare dell'esonero il meccanismo di previdenza deve essere collettivo e obbligatorio, ossia a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti – o di talune specifiche categorie professionali tra loro – e con l’obbligo di adesione da parte dei dipendenti.

La soglia massima di esonero fiscale per gli oneri padronali e dei lavoratori dipendenti, che finanziano un meccanismo di previdenza complementare collettivo e obbligatorio, è fissata fino al 2013 al 7% del plafond annuale della sicurezza sociale (plafond annuel de la sécurité sociale- PASS) (PASS 2012: 36.372 €; 2013: 37.032 €) al quale si aggiunge il 3% della remunerazione annuale lorda del dipendente percepita nell’anno precedente, senza che l'ammontare totale degli oneri deducibili possa comunque superare il 3% di 8 volte il PASS annuale.

La Loi de finances per il 2014 (Legge n. 2013-1278 del 29 dicembre 2013) ha abbassato le soglie di esonero fiscale portandole al 5% del PASS annuale (PASS 2014: € 37.548) al quale si aggiungerà il 2% della remunerazione annuale lorda del dipendente, con l’ulteriore limite della somma dei due precedenti elementi che non deve superare il 2% di 8 volte il PASS annuale (per le agevolazioni a favore dei datori di lavoro cfr. URSSAF, Régimes complémentaires de retraite et prévoyance. Dossier reglementaire).

Inoltre i contributi padronali versati ai regimi di pensione complementare legalmente obbligatori (AGIRC; ARRCO, IRCANTEC, AGFF, CRPNPAC), beneficiano di un regime sociale specifico: sono infatti esclusi totalmente dalla base imponibile degli oneri per la scurezza sociale e dei prelievi a titolo di Contribution sociale générale - CSG e Contribution pour le remboursement de la dette sociale - CRDS (Code de la Sécurité Sociale, art. L242-1, 5).

Viceversa, non sono previste misure di esonero fiscale dall’imposta sul reddito per le pensioni supplementari a prestazioni definite, per le quali il versamento delle prestazione è condizionato al completamento della carriera del dipendente all’interno dell’impresa (ad es., fondi di indennità di fine carriera). Tali regimi beneficiano comunque dell’esonero dagli oneri della Sicurezza sociale e dei prelievi della CSG e della CRDS. In contropartita, sono previsti contributi specifici a carico del datore di lavoro e, dal 1° gennaio 2011, anche un contributo a carico del beneficiario (Code de la Sécurité Sociale, art. L137-11).

Quando peraltro il dipendente utilizza i suoi diritti collegati al suo “conto risparmio tempo” (Compte épargne temps - CET) per finanziare un meccanismo di pensione supplementare a carattere collettivo e obbligatorio, la parte dei diritti trasferiti che corrispondono ad una partecipazione finanziaria del datore di lavoro al CET segue lo stesso regime di esonero dei contributi al regime di retraite supplémentaire.

Anche i contributi dei datori di lavoro destinati al finanziamento di prestazioni di retraite supplementaire sono esclusi dalla base imponibile degli oneri sociali entro determinati limiti.

Per beneficiare di tale esclusione il meccanismo di previdenza complementare deve essere collettivo e ad adesione obbligatoria (cfr. la pagina web del Portale della Sicurezza sociale dedicata alla recente Circolare ministeriale del 25 settembre 2013 e alla documentazione collegata che ha precisato i criteri per definire il carattere collettivo e obbligatorio dei sistemi di protezione sociale complementare; cfr., a completamento, anche il documento diffuso con Lettera circolare Acoss del 4 febbraio 2014 sulle modalità di valutazione dei caratteri collettivo e obbligatorio dei regimi di retraite supplementaire). I regimi di retraite supplementaire istituiti prima del 12 gennaio 2012 dovranno conformarsi a tali disposizioni entro il 30 giugno 2014.

È prevista l’esclusione dalla base imponibile degli oneri annuali della Sicurezza sociale propri di ciascun assicurato per una frazione non superiore al più elevato dei valori seguenti:

-       5% del PASS annuale;

-       5% della remunerazione soggetta a oneri della Sicurezza sociale, senza tener conto della parte padronale destinata al finanziamento di regimi di pensione e di previdenza soggetti ad oneri sociali. L’ammontare della remunerazione ammesso per il calcolo della deduzione non può superare di 5 volte il PASS annuale (ad esempio per il 2014, 187.740 €).

Inoltre i contributi del datore di lavoro previsti nell’ambito di un accordo collettivo, versati a complemento del risparmio volontario dei suoi dipendenti, finalizzato ad un piano aziendale pensionistico (ad es. un PERCO), beneficiano di esonero fiscale entro il limite dell’ammontare esentato dagli oneri sociali (16% del PASS annuale, ovvero 6.008 € per il 2014).

Per quanto riguarda, infine, i contratti di previdenza individuale dei lavoratori, come i PERP e i contratti Madeline per i lavoratori autonomi, la deducibilità dal reddito imponibile dei versamenti effettuati non può superare il 10% dei redditi da attività professionale dell’anno precedente, entro il limite massimo di 8 volte il PASS annuale oppure, per i redditi più elevati, entro il limite massimo del 10% del PASS annuale (con le seguenti soglie: PASS 2012, € 36.372; PASS 2013, € 37.032; PASS 2014, € 37.548). Ad esempio, per i versamenti effettuati nel 2013, la soglia potrà essere pari al più elevato degli importi seguenti:

-       10% dei redditi professionali del 2012, al netto degli oneri sociali e delle spese professionali, con una deduzione massima di € 29.098;

-       3.637 per redditi più elevati.

Per tutta la durata della sottoscrizione di un PERP, inoltre, le somme versate a tale titolo, che sono indisponibili fino al momento del pensionamento, non rientrano nella base di calcolo dell’Impôt sur la fortune – ISF e sono esonerate dai prelievi a carattere sociale (Contribution sociale générale - CSG e Contribution pour le remboursement de la dette sociale - CRDS).

Come per la fiscalità dei PERP e dei contratti Madelin, anche la PREFON della funzione pubblica consente una deduzione fiscale dal reddito imponibile nel limite del 10% del reddito da attività dell’anno precedente, entro la soglia massima di 8 volte il PASS dell’anno precedente.

È da sottolineare, infine, che, per taluni strumenti di previdenza pensionistica complementare collettivi e obbligatori come i PERCO, anche la rendita pensionistica beneficia di forme di defiscalizzazione, mentre per la maggior parte degli altri meccanismi tra i quali, ad esempio, tutti gli strumenti di previdenza individuali summenzionati, la deducibilità fiscale è ammessa fino all’accesso al trattamento pensionistico; i successivi assegni pensionistici, complementari e supplementari, come ad esempio le pensioni ARRCO E AGIRC, sono soggetti all’imposta sul reddito.

 

Germania

Il sistema pensionistico tedesco prevede una previdenza gestita dai poteri pubblici (Gesetzliche Rentenversicherung), una previdenza decentrata a livello aziendale (Betriebliche Rentenversicherung) e, infine, una previdenza rimessa all’iniziativa individuale dei soggetti (Private Altersversorgung).

La previdenza integrativa aziendale è di tipo volontario ed è disciplinata dalla Legge sul miglioramento della previdenza complementare aziendale (Gesetz zur Verbesserung der betrieblichen Altersversorgung - BetrAVG) del 1974.

Ai sensi del § 1, comma 1, del BetrAVG, si ha “previdenza aziendale” (Betriebliche Alterversorgung) quando il datore di lavoro “promette” di corrispondere al lavoratore una prestazione previdenziale nel caso di vecchiaia, invalidità o a favore dei superstiti in occasione del rapporto di lavoro. Caratteristica della previdenza complementare è l’autonomia e la libertà del datore di lavoro di istituire forme di previdenza complementare. Tale libertà si estende alla forma giuridica prescelta, ai lavoratori beneficiari, alle risorse da destinare alla previdenza complementare. Fino alla fine degli anni ottanta il finanziamento avveniva quasi esclusivamente a carico del datore di lavoro. La possibilità di una contribuzione a carico del lavoratore è stata poi riconosciuta dalla giurisprudenza del Tribunale federale del lavoro con una pronuncia del 1990. A seguito di tale pronuncia sono state approvate alcune novelle legislative: la prima prevede che i lavoratori possano contribuire volontariamente alla previdenza integrativa aziendale mediante il riconoscimento di un diritto soggettivo alla “conversione salariale (Entgeltumwandlung) (§ 1a del BetrAVG). La norma attribuisce ai lavoratori il diritto di chiedere il conferimento di una quota dei crediti retributivi futuri - fino a un massimo pari al 4% del limite massimale di contribuzione obbligatoria - a forme pensionistiche complementari. La seconda novella prevede per il lavoratore la possibilità di una contribuzione “in senso proprio” a favore di fondi pensione (Pensionsfonds), di casse pensioni (Pensionskasse) o di un’assicurazione diretta (Direktversicherung) (§1, comma 2, numero 4)

La differenza tra la fattispecie della “conversione salariale” e la contribuzione “in senso proprio” a carico del lavoratore risiede nel fatto che mentre la conversione salariale presuppone la stipulazione di un accordo tra datore e lavoratore e si riferisce a retribuzioni lorde future, la contribuzione “in senso proprio” a carico del lavoratore avviene tramite il conferimento di una quota delle retribuzioni al netto degli oneri previdenziali e fiscali. Quest’ultima ipotesi non richiede un accordo tra datore e lavoratore. Il lavoratore versa direttamente all’ente previdenziale la contribuzione a suo carico o dà ordine al datore di versare parte del salario al netto all’ente previdenziale.

I piani previdenziali aziendali, costituiti attraverso accordi tra rappresentanze sindacali, tra il sindacato dei lavoratori e il datore di lavoro o tra datori di lavoro e lavoratori dipendenti, sono riconducibili alle seguenti tipologie:

·         la promessa diretta (Direktzusage): in questo caso il datore di lavoro promette la prestazione e provvede all’erogazione al momento del verificarsi dell’evento protetto. A tale scopo, il datore di lavoro costituisce accantonamenti mediante riserve di bilancio aziendale. Non è ammessa la contribuzione da parte dei lavoratori. I contributi sono a carico dell’azienda e sono deducibili dal reddito di impresa e dal reddito del lavoratore; i redditi derivanti dall’investimento delle riserve accantonate sono soggetti ad imposizione. Se le prestazioni sono riassicurate presso una compagnia di assicurazioni è prevista la deducibilità dei premi versati. Il capitale corrisposto al lavoratore è assoggettato all’imposta sul reddito (§ 1, comma 1, frase seconda, BetrAVG);

·         le casse pensioni (Pensionkassen): le casse pensionistiche implicano la costituzione di un’entità giuridica autonoma e indipendente dall’impresa. Le Pensionkassen sono assimilate a società di assicurazione del ramo vita e sono pertanto sottoposte al controllo dell’organo di vigilanza del settore. Il finanziamento delle casse pensionistiche avviene tramite i contributi del datore di lavoro e del lavoratore e le erogazioni possono essere sia a prestazione, sia a contribuzione definita (§ 1b, comma 3, BetrAVG);

·         i fondi pensione (pensionsfonds): si tratta di entità giuridiche indipendenti distinte dal datore di lavoro e generalmente costituite da banche o compagnie assicurative in linea con le disposizioni contenute nella Direttiva europea sui fondi pensione. Tali piani possono essere a contribuzione o a prestazione definita. Il livello minimo di contribuzione da parte dei lavoratori è pari al 4% del reddito lordo, mentre i datori di lavoro non sono obbligati a versare contributi. Le prestazioni devono essere erogate in forma di rendita vitalizia e maturano all’entrata in quiescenza del lavoratore. Tale rendita viene corrisposta da una compagnia di assicurazione alla quale va versato il montante contributivo al momento del pensionamento (§ 1b, comma 3, BetrAVG e § 112 VAG);

·         le assicurazioni dirette (Direktversicherungen): si tratta di polizze individuali o collettive stipulate dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti o dei suoi superstiti (§ 1b, comma 2, BetrAVG). Tale sistema viene finanziato tramite il versamento dei contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori. I contributi versati dal datore di lavoro sono interamente deducibili dal reddito imponibile dell’impresa. I redditi dei fondi non sono soggetti a imposizione. Il capitale corrisposto è esente da imposta;

·         le casse di assistenza (Unterstutzungkassen). Anche in questo caso, come nel caso della promessa diretta, si tratta di fondi non contributivi, stante il divieto per i lavoratori di partecipare al finanziamento del piano. Tali casse sono assimilate a persone giuridiche autonome rispetto alle imprese e il finanziamento è interamente a carico dei datori di lavoro. Il carattere peculiare di questi organismi è l’assenza dell’obbligo di fornire la prestazione pensionistica (§ 1b, comma 4, BetrAVG).

Infine, esistono i piani pensionistici individuali. Si tratta essenzialmente di polizze vita. A condizione che il piano previdenziale individuale preveda una durata di almeno dodici anni, i premi di polizza sono interamente deducibili. I proventi derivanti dagli investimenti sono tassati, mentre la prestazione erogata è soggetta alla normale imposta sui redditi. La prestazione erogata in seguito alla morte dell’assicurato o in seguito all’assicurazione di un capitale non è soggetta ad imposta.

Gli schemi di previdenza complementare sono organizzati secondo il sistema tecnico finanziario della capitalizzazione, e sono per la maggior parte costituiti secondo lo schema a prestazioni definite. In quest’ambito essi prevedono un indicizzazione delle pensioni. I fondi interni (promessa diretta) prevedono contributi esclusivamente o in gran parte a carico del datore di lavoro, mentre per i fondi esterni (fondi pensione, casse pensione, assicurazioni dirette e fondi di assistenza) gran parte dei contributi grava sui lavoratori. Il sistema di previdenza complementare più diffuso è quello a promessa diretta.

 

Regno Unito

Il modello di previdenza sociale adottato nel Regno Unito, pur sottoposto negli anni a rilevanti modifiche (da ultimo con il Pensions Act 2014), ha conservato la propria fisionomia connotata da tre componenti essenziali: la previdenza pubblica di base (State pension), la previdenza complementare di tipo collettivo (occupational o workplace pension) e la previdenza individuale.

La previdenza del primo tipo, di impianto solidaristico e caratterizzata da una modalità di gestione a ripartizione, è finanziata attraverso il versamento obbligatorio da parte del lavoratore di contributi previdenziali (national insurance contributions), secondo classi di contribuzione e fino al raggiungimento dell’età pensionabile (attualmente fissata a 67 anni); il relativo trattamento è costituito da una rendita flat-rate, ovvero non parametrata al reddito del singolo lavoratore. A questo trattamento pensionistico di base si affianca una pensione integrativa, anche questa ispirata a logiche redistributive, i cui schemi (costituiti dapprima dallo State Earnings Related Pension Scheme - SERPS, introdotto nel 1975), poi, in sua sostituzione graduale, dalla Second State Pension introdotta nel 2002), sebbene fondati egualmente sullo schema a ripartizione (pay-asyou-go basis) hanno ad oggetto un trattamento pensionistico parzialmente correlato ai livelli del reddito da lavoro.

La State pension può essere erogata (attualmente in misura non inferiore a circa 450 sterline mensili) anche in presenza di ulteriori trattamenti pensionistici (costituiti da pensioni complementari oppure integrative ad adesione libera), nonché di redditi determinati dall’eventuale prosecuzione dell’attività lavorativa. Merita segnalare, per completezza, che la riforma del 2014 ha introdotto una “nuova” State pension, a carattere unitario poiché consistente in un unico trattamento (di importo commisurato a circa 600 sterline alla settimana) a cui avranno accesso, a decorrere dal 6 aprile 2016, i lavoratori e le lavoratrici nati, rispettivamente, a partire dal 1951 e dal 1953 con almeno dieci anni di contributi previdenziali versati, per i lavoratori che raggiungano l’età pensionabile.

La previdenza complementare si fonda sugli occupational o workplace pension schemes, i cui benefici, in termine di trattamenti erogabili, sono direttamente collegati all’ammontare dei contributi versati nel corso della vita lavorativa. I relativi schemi pensionistici si articolano in due principali categorie: essi possono essere promossi dal datore da lavoro e da questo gestiti (tramite un trustee) o affidati a soggetti terzi, oppure essere offerti da fondi pensione aperti alla libera adesione.

Gli schemi del primo tipo danno luogo a trattamenti erogati dal fondo pensione alimentato dai contributi corrisposti dai lavoratori e dagli oneri previdenziali versati dallo stesso datore di lavoro, i quali possono essere a contribuzione o, rispettivamente, a prestazione definita, a seconda che la loro struttura si fondi sull’ammontare dei contributi versati e dagli investimenti effettuati dall’ente gestore (defined contribution pension scheme) oppure su un importo predeterminato e conoscibile al momento dell’adesione (defined benefit pension schemes). La misura minima della contribuzione previdenziale è attualmente pari allo 0,8% della retribuzione (4% dal 2018) da parte del lavoratore, dell’1% (3% dal 2018) da parte del datore di lavoro e dello 0,2% (1% dal 2018) da parte dello Stato, nella forma del tax relief.

In conformità al modello di tassazione applicato in ambito previdenziale, la contribuzione è esente da imposta (attraverso la loro deducibilità dall’imposta sul reddito), così come ne sono esenti i redditi maturati nella fase di accumulazione, mentre le pensioni sono tassate in via ordinaria. Per i contributi previdenziali del lavoratore è infatti prevista la deducibilità dal reddito (tax relief) in misura del 20% ed entro il limite più basso tra il 100% del reddito complessivo e la soglia di 40.000 euro. È altresì prevista l’erogabilità del trattamento in unica soluzione se di importo limitato; in tal caso il 25% dell’importo totale è esente da tassazione.

La seconda categoria di schemi pensionistici annovera conti individuali a capitalizzazione (personal pensions), di natura prevalentemente assicurativa, introdotti con il fine di sostituire gradualmente il secondo pilastro pubblico (Second State pension, di cui è stata progressivamente ridotta la portata) e le pensioni aziendali del tipo “defined benefit”, oltre che di incentivare il risparmio individuale. Essi sono di tipologia variabile a seconda dei contenuti, delle modalità di adesione e del grado di flessibilità (è il caso dei group personal pension schemes, sottoscritti da datori di lavoro di piccole e medie imprese per i propri dipendenti, e dei stakeholder pension schemes, caratterizzati dai limiti stabiliti per i costi di gestione e le più facili modalità di recesso dell’aderente). L’aliquota fiscale è attualmente determinata nella misura del 20%.

Quale che sia lo schema pensionistico scelto dal lavoratore, la tassazione dei suoi contributi previdenziali è soggetta alle regole vigenti in materia di deducibilità fiscale (personal allowances) che prevedono limiti variabili in base all’età anagrafica e al reddito complessivo del beneficiario (per i lavoratori nati a partire dal 1948, ad esempio, è prevista una soglia di deducibilità pari a 10.000 sterline a fronte di un reddito non superiore alle 100.000 sterline al netto di determinate detrazioni). È previsto, infatti, che il lavoratore possa portare in deduzione i contributi previdenziali versati fino al 100% del suo reddito annuale - purché versati prima dei 75 anni di età – entro il limite di 40.000 sterline.

Il regime fiscale applicabile prevede, in particolare, l’imponibilità del reddito – sia esso costituito anche dal cumulo della pensione di base, della pensione integrativa e della retribuzione – per l’importo eccedente le suddette soglie “personali” di esenzione, fissate, per l’anno finanziario 2013-2014, nella misura di 8.105 sterline fino ai 64 anni di età, attestandosi sulle 10.500 sterline per la fascia di età dai 64 ai 75 anni e sulle 10.660 sterline oltre i 75 anni. Tali importi possono essere portati in deduzione dal reddito complessivo, il quale è sottoposto a tassazione con aliquota variabile dal 20% (per i redditi fino a 31.865 sterline nel 2014-2015) al 40% (per i redditi tra le 31.865 e le 150.000 sterline) o al 45% (per i redditi eccedenti le 150.000 sterline).

Nel caso delle personal pensions, al soggetto che corrisponde i relativi contributi è riconosciuto una agevolazione fiscale nella misura del 20% di quanto versato, nella forma di incremento percentuale del monte dei contributi (in altri termini, a fronte del versamento contributivo di 80 sterline all’interessato è attribuito, per il tramite dell’ente gestore, un credito contributivo di 100 sterline).

La disciplina fiscale cui sono soggetti gli enti gestori è articolata in funzione delle operazioni finanziarie da questi effettuate; le entrate conseguite mediante investimenti, di norma, sono esenti da tassazione (attraverso l’applicabilità, anche in questo caso, di deduzioni e crediti d’imposta).

 

Stati Uniti

Il principale riferimento normativo statunitense in materia pensionistica è costituito dallo Employee Retirement Income Security Act (ERISA), una legge federale che nel 1974 ha stabilito gli standard minimi dei trattamenti pensionistici in favore del personale delle aziende private. Diverse parti di tale legge sono codificate nello United States Code: tra queste le sezioni da 410 a 415. L’ERISA, in particolare il suo titolo I: fissa le regole che l’istitutore del piano deve rispettare nell’adempiere i propri doveri informativi nei confronti dei sottoscrittori; contiene indicazioni sui requisiti richiesti ai lavoratori coperti dal piano; stabilisce le regole relative al finanziamento; indica le responsabilità del fiduciario nei confronti dei partecipanti. Il titolo II riguarda essenzialmente i principi in materia fiscale.

Le pensioni complementari nel sistema statunitense[1] possono essere a livello collettivo o individuale. Esse possono essere infatti stipulate a livello aziendale o di più aziende oppure per l’insieme dei soggetti appartenenti ad una determinata categoria professionale.

I fondi pensione (pension funds) possono essere istituiti da un sindacato, da un gruppo di datori di lavoro o da un singolo datore di lavoro, che rappresentano i cosiddetti “sponsor”. Il fondo può essere amministrato direttamente dallo sponsor (prendendo la veste di self-administered plans) oppure da un soggetto esterno. In tal caso, può trattarsi di una compagnia di assicurazione, con garanzia dell’erogazione dei benefici pensionistici a suo carico, ovvero di un altro soggetto, quale una banca o una società.

I piani pensionistici possono essere a benefici definiti (defined benefit plans) ovvero a contribuzione definita (defined contribution plans).

Il defined benefit plan è un piano pensionistico nel quale il beneficio è rappresentato da una somma definita che sarà erogata al momento del pensionamento del lavoratore; esso prevede generalmente il pagamento di una somma fissa durante la vita del lavoratore in pensione (o da parte del coniuge superstite). L’ammontare della pensione viene calcolato prendendo in considerazione gli anni di servizio e la retribuzione media del soggetto per un periodo di alcuni anni. Tale piano predispone le fonti finanziarie necessarie a coprire i pagamenti relativi ai benefici promessi; non prevede conti individuali per i partecipanti, ma le attività del piano sono sommate nella veste giuridica del trust, che deve far fronte ai benefici pensionistici dei vari soggetti sottoscrittori. Il partecipante al fondo non condivide i rischi del fondo stesso; nel caso in cui le attività scendano al di sotto di un certo livello, è lo sponsor che deve intervenire per riportare i contributi a un livello di efficienza. Tali piani sono pertanto garantiti dallo sponsor ovvero da un’assicurazione, se stipulata, oppure dalla Pension Benefit Guaranty Corporation (PBGC), agenzia federale che può intervenire in caso di insolvenza. Questi piani sono spesso integrati nel sistema pubblico della Sicurezza sociale (Social Security), al fine di assicurare ai partecipanti un determinato livello di beneficio pensionistico.

Il defined contribution plan non prevede una somma fissa da versare al lavoratore nel momento del pensionamento; i benefici pensionistici sono invece correlati all’insieme dei contributi versati al piano dal lavoratore e/o dal datore di lavoro. In tal caso esistono conti separati per i diversi partecipanti, sebbene la gestione sia unitaria. I lavoratori partecipano in maniera proporzionale ai guadagni o alle perdite derivanti dalla gestione dei fondi. Tali piani richiedono il versamento di contributi periodici nei conti individuali dei partecipanti. In essi il lavoratore stabilisce, oltre al livello dei contributi da versare, anche il livello di rischio da sostenere, prevedendo, ad esempio, che gli investimenti siano limitati a determinate tipologie di titoli. Il rischio ricade infatti sul lavoratore, e non sul fondo, pertanto il valore del beneficio pensionistico è correlato alle attività del piano.

In sostanza i defined benefit plans contemplano benefici pensionistici sicuri e predeterminati e si rivolgono in genere a lavoratori che hanno lavorato a lungo presso un unico datore di lavoro. Essi garantiscono altresì un elevato grado di sicurezza.

I defined contribution plans consentono di accumulare velocemente i benefici pensionistici per i lavoratori che posseggono un reddito elevato, tuttavia i benefici variano a seconda della redditività finanziaria degli investimenti effettuati, i cui rischi ricadono comunque sui partecipanti.

Da un punto di vista quantitativo, i defined benefit plans hanno conosciuto una grande fortuna presso i lavoratori negli anni ’80 per poi decrescere successivamente, in favore dei defined contribution plans. Secondo dati del 2012 resi noti dall’Ufficio statistiche del Dipartimento del lavoro americano (U.S. Bureau of Labor Statistics), il 41% dei lavoratori dell’industria privata ha scelto un defined contribution plan, mentre solo il 17% ha optato per un defined benefit plan[2].

Per quanto concerne il trattamento fiscale dei piani pensionistici, esso risulta abbastanza vantaggioso. La maggior parte dei piani beneficia di deduzioni fiscali: i contributi a carico dei lavoratori sono infatti deducibili dal reddito. In generale anche i contributi dei datori di lavoro sono deducibili, a meno che il fondo non presenti una situazione caratterizzata da un alto grado di finanziamento. I rendimenti ottenuti dal fondo non sono soggetti al prelievo fiscale ordinario; viceversa, le prestazioni pensionistiche sono tassate come reddito ordinario, così come le somme eventualmente erogate al lavoratore una tantum.

In particolare i piani che risultano maggiormente favoriti in campo fiscale sono i cosiddetti “qualified retirement plans”, ossia piani che presentano una serie di caratteristiche determinate dalla legge. Tali piani possono usufruire di una immediata deduzione fiscale e il fondo è esentasse; nel caso in cui il soggetto ritiri i fondi, è tuttavia dovuto il pagamento delle tasse. Se non si usufruisce della deduzione, è possibile ritirare i fondi dal piano senza oneri fiscali.

Tra questi piani qualificati si sono diffusi in particolare i cosiddetti 401k plans[3] per le società commerciali. Tali piani consentono ai lavoratori di versare contributi detraibili fiscalmente. Il lavoratore può decidere la parte destinata al fondo pensionistico, entro un limite massimo fissato annualmente ($ 17.500 per il 2013-2014). I contributi dei datori di lavoro non sono obbligatori.

I 403b plans sono molto simili ai precedenti, ma sono riservati a enti no-profit e ad istituzioni educative[4].

 

 

 

 

 

SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera

tel. 06/6760. 2278 – 3242 ; mail: LS_segreteria@camera.it



[1] Per una trattazione più ampia dell’argomento si rinvia al contributo di Pietro Schiavone, La previdenza complementare negli Stati Uniti: ricostruzione dello stato dell’arte ed esegesi critica, in “La previdenza complementare nella riforma del Welfare”, a cura di Giuseppe Ferraro, Milano, Giuffrè, 2000, vol. II, pp. 1089-1135. Si veda altresì, nel medesimo volume, il saggio La previdenza complementare negli Stati Uniti: tendenze evolutive e prospettive di riforma di Federico Maria Putaturo Donati, pp. 1137-1165.

[2] Si veda per approfondire il bollettino n. 21 del dicembre 2012 dello U.S. Bureau of Labor Statistics.

[3] Il loro nome è dovuto alla sottosezione dello U.S. Code (Internal Revenue Code) nella quale essi sono disciplinati.

[4] Si vedano in materia anche le pagine dedicate alle pensioni sul portale usa.gov (Retirement) e sul sito dell’Internal Revenue Service (Information for Retirement Plans).