Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|
Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera | ||||||
Titolo: | La normativa in materia di bonifiche dei siti contaminati in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna | ||||||
Serie: | Appunti Numero: 61 | ||||||
Data: | 22/05/2014 | ||||||
Descrittori: |
|
Camera dei
deputati
XVII
Legislatura
BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA
A P P U N T I |
Appunto
22/2014
La normativa in materia di bonifiche dei siti contaminati
in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna
Francia
1. La normativa in materia di “responsabilità
ambientale”
In Francia, con l’adozione
della “Carta dell’ambiente” (Charte
de l’Environnement 2004) - cui è stato conferito valore di testo
fondamentale mediante
Successivamente, con l’approvazione
della Loi
n. 2008-757 del 1° agosto
2008 “relativa alla responsabilità ambientale e a diverse disposizioni di
adattamento al diritto comunitario nel settore dell’ambiente”, è stata
trasposta nell’ordinamento francese
Con la legge n.
Si rileva in particolare che gli articoli del codice
sopra richiamati disciplinano le condizioni nelle quali sono evitati o riparati
determinati danni causati all’ambiente, in applicazione del principio “chi
inquina paga” e mediante operazioni che abbiano un costo ragionevole per la
società (art.
L160-1 CA).
I “danni causati all’ambiente” sono i fatti che, causando un degrado
diretto o indiretto dell’ambiente, creino un rischio di nuocere gravemente alla
salute umana a causa della contaminazione
dei suoli dovuta all’introduzione di determinate sostanze; colpiscano
gravemente lo stato ecologico, chimico o quantitativo delle acque; impediscano
gravemente il mantenimento o il ristabilimento in uno stato di conservazione di
determinate specie animali; ostacolino le funzioni benefiche assicurate dai
suoli, dalle acque, e da alcune specie ed habitats
naturali (art.
L161-1 CA; artt.
R161-1 - R161-5 CA). È inoltre prevista la riparazione di ogni “minaccia
imminente” di tali danni.
La persona che può essere ritenuta responsabile di questi danni è riconosciuta nel “gestore” o
“controllore” (l’exploitant) di
un’attività economica che ha prodotto deterioramenti all’ambiente. La nozione
di “exploitant”
si estende ad ogni “persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che
esercita o controlla effettivamente, a titolo professionale, un’attività
economica a fini di lucro o senza tali fini (art.
L160-1 CA). Può dunque essere ritenuto responsabile di un danno ambientale
un imprenditore, o un ente territoriale, ma non un soggetto privato che
esercita un’attività economica non a titolo professionale.
Le spese che si rendono necessarie
per attuare le misure di prevenzione
(artt.
L162-3 - L162-5 CA) o riparazione
(artt.
L162-6 - L162-12 CA) del danno sono sostenute dal gestore o controllore
dell’attività economica che ha recato degrado all’ambiente.
Le spese per le misure di prevenzione o riparazione di un danno
ambientale possono essere ripartite tra
più gestori o controllori di
attività economiche qualora il danno abbia molteplici cause (art.
L162-18 CA).
L’exploitant può inoltre richiedere il risarcimento delle spese effettuate per misure di prevenzione o
riparazione di un danno ad un altro soggetto responsabile, qualora sia in grado
di provare che il danno o la minaccia imminente dello stesso: sia stato
commesso da un terzo, nonostante esistessero misure di sicurezza appropriate;
risulti dal fatto di aver rispettato un ordine o un’istruzione di un’autorità
pubblica non consecutivo ad un’emissione o un incidente causati dall’attività
economica in questione (art.
L162-22 CA).
Le spese per l’esecuzione delle misure sopra richiamate non possono essere a carico dell’exploitant, se questi prova che non ha
colpa o negligenza e che il danno in questione risulta da un’emissione o
un’attività, ovvero dall’utilizzo di un prodotto, non considerati suscettibili
di provocare danni all’ambiente, tenuto conto dello stato delle conoscenze
scientifiche e tecniche esistenti al momento del fatto che ha generato il danno
(art.
L162-23 CA).
L’autorità amministrativa competente
in materia di prevenzione e riparazione dei danni causati all’ambiente è il prefetto del dipartimento nel quale è
avvenuto il fenomeno di degrado ambientale, o nel quale si manifesta la sua
minaccia. Nel caso in cui tali fenomeni si verifichino in più dipartimenti, il
Primo ministro stabilisce il prefetto competente (art.
R162-2 CA).
Qualora si manifesti un danno
ambientale, il prefetto competente procede alla valutazione della natura e
delle conseguenze del fatto. L’exploitant
ritenuto responsabile è dunque chiamato a sottoporre all’approvazione del
prefetto le misure di riparazione che intende eseguire (art.
L162-7 CA). Su tali misure il prefetto richiede un parere alle collettività
territoriali, ai loro raggruppamenti, o agli enti pubblici competenti, nonché
alle associazioni di protezione dell’ambiente (art.
L162-10 CA). Dopo aver offerto all’exploitant
la possibilità di esprimere le sue osservazioni in materia, il prefetto
dispone, con decisione motivata, le misure di riparazione che devono essere
attuate (art.
L162-11 CA).
Nel caso di contaminazione dei suoli, come previsto dall’art.
L161-1, par. 1°, sez. I, CA, le misure di riparazione devono servire ad
eliminare ogni rischio di attentato grave alla salute umana, tenendo conto
delle condizioni del sito danneggiato. Deve inoltre essere prevista la
possibile riparazione del suolo mediante rigenerazione naturale (art.
L162-8 CA; artt.
R162-9 - R162-10 CA).
In caso di urgenza, o qualora non sia
possibile identificare immediatamente l’exploitant di un determinato danno
ambientale, le collettività territoriali, altri enti territoriali o pubblici,
le associazioni interessate, o i proprietari di terreni nei quali si è
verificato il danno possono proporre all’autorità competente di eseguire loro
stessi le misure di riparazione del danno (art.
L162-15 CA). Nelle stesse situazioni il prefetto competente può disporre di
eseguire lui stesso, o di far eseguire a spese dell’exploitant negligente, le misure di riparazione necessarie (art.
L162-16 CA). Qualora l’exploitant venga
meno ai suoi doveri con riguardo alle misure sia di prevenzione, sia di
riparazione di un danno ambientale, l’autorità competente può disporre
determinate sanzioni amministrative
(art.
L162-14; art.
L171-8 CA). Se l’exploitant non
comunica all’autorità amministrativa competente le informazioni dovute in caso
di minaccia di danno ambientale o del suo verificarsi, o se non esegue le
misure di riparazione del danno disposte dalla stessa autorità, può incorrere
in sanzioni penali, che sono quelle stabilite per le contraventions della 5a
classe, per le quali è prevista una pena pecuniaria fino ad un massimo di 1.500
euro (art.
R163-1 CA; art.
131-13 Codice penale).
Nel luglio 2012 il Ministero dell’ambiente francese
ha pubblicato una “Guida metodologica”
per gli operatori del settore al fine di agevolare l’applicazione della legge
n. 2008-757: “Le
guide méthodologique: la loi résponsabilité environnementale et ses méthodes
d’équivalence”.
2. La legislazione delle “installations classées
pour la protection de l’environnement” (ICPE).
Nell’ordinamento francese vige una legislazione specifica per alcuni stabilimenti che svolgono
determinate attività produttive. Si tratta di fabbriche, officine, laboratori,
depositi, cantieri, all’interno dei quali sono svolte attività economiche che
possono presentare inconvenienti per la salute pubblica, per l’agricoltura, per
la protezione dell’ambiente e dei paesaggi, per l’utilizzo razionale
dell’energia, per la conservazione dei siti o del patrimonio archeologico. Tali
istituti sono definiti “installations classées pour la protection de
l’environnement” (ICPE) (art.
L511-1 CA).
Una prima sistematizzazione della
disciplina in materia è stata disposta con
Attualmente la materia è
disciplinata dal Codice dell’ambiente. Con riferimento alle disposizioni di
rango legislativo, si tratta delle norme contenute nel Titolo I (“installations classées pour la protection
de l’environnement”), del Libro V, della parte legislativa del Codice
dell’ambiente (artt.
L511-1 e ss. CA). Alcuni di questi articoli sono stati di recente
modificati con
Le ICPE che possono operare in
Francia sono definite nella “nomenclatura delle installazioni classificate”
stabilita dal Governo con decreto adottato previo parere del Consiglio di
Stato. Le ICPE, a seconda della gravità dei pericoli o dei possibili
inconvenienti che le loro attività possono arrecare, sono sottoposte ad un
regime di autorizzazione, di registrazione o di dichiarazione (art.
L511-2 CA).
Con riferimento al momento della
cessazione delle attività di una ICPE e alle misure di ripristino del sito (rémise
en état du site) presso cui ha operato l’ICPE interessata, il Codice
dell’ambiente dispone alcune regole specifiche.
Al momento della dichiarazione della
cessazione definitiva delle attività, il gestore di una ICPE sottoposta ad
autorizzazione o a registrazione è tenuto a porre il sito presso cui operava l’ICPE in condizioni di non nuocere agli interessi protetti dall’art.
L511-1 CA e in condizioni tali
da permetterne un “uso futuro”
specifico che può essere o già determinato nel “decreto di autorizzazione” o definito
congiuntamente con il sindaco competente per l’area o con il “presidente
dell’ente pubblico di cooperazione intercomunale competente in materia di
urbanistica”, al momento della cessazione dell’attività dell’ICPE. L’“uso
futuro” del sito può essere eventualmente stabilito di concerto con il
proprietario del terreno presso cui operava l’ICPE. Qualora non si trovi un
accordo su tale uso, si opta per un uso comparabile a quello avuto nell’ultimo
periodo. Nel caso in cui la riabilitazione prevista del sito sia incompatibile
con l’uso futuro della zona, il prefetto
competente può stabilire le prescrizioni di riabilitazione per un uso del sito
coerente con i documenti di urbanistica (art.
L512-6-1 CA; art.
L512-7-6 CA). Nel caso in cui avvenga la cessazione delle attività di una
ICPE sottoposta a dichiarazione, il suo gestore è tenuto a lasciare il sito in
modo tale da non nuocere agli interessi protetti dall’art.
L511-1 CA e da permetterne un uso futuro comparabile all’ultimo periodo di
attività dell’ICPE (art.
L512-12-1 CA).
Entrando più nello specifico, nel
caso di una ICPE sottoposta ad autorizzazione, al momento della cessazione
definitiva delle attività il suo gestore è tenuto a notificare al prefetto,
entro un termine stabilito, la data di tale cessazione e le misure che intende
assumere per assicurare la “messa in
sicurezza del sito” (mise en sécurité
du site). Il gestore deve definire l’“utilizzo
futuro” del sito secondo regole specifiche. È poi compito del prefetto
determinare in ultima analisi le misure di ripristino del sito che devono
essere attuate (art.
R512-39-1 e art.
R512-39-2 CA). Una volta stabilito il tipo o i tipi di “usi futuri” del
sito, il gestore dell’ICPE trasmette al prefetto di competenza una relazione (mémoire) in cui indica le misure che ha
assunto o che intende assumere per assicurare la protezione degli interessi
menzionati all’articolo L511-1 CA. Si rileva in particolare che in tale
documento devono essere illustrate le “misure di gestione dei rischi legati
alle acque sotterranee o superficiali
eventualmente inquinate”. In caso di necessità di lavori di riabilitazione,
il prefetto determina eventualmente le misure di sorveglianza necessarie. Una
volta disposti i lavori di ripristino del sito, l’“ispettore delle ICPE” ne
constata la realizzazione e ne invia una relazione al prefetto (art.
R512-39-3 CA).
Qualora il ripristino di un sito utilizzato da una
ICPE comporti un ripristino “nel suo stato iniziale”, il gestore della ICPE
interessata deve includere nella relazione una valutazione dello stato di inquinamento del suolo e delle
acque sotterranee causato da determinate sostanze pericolose. Nel caso in
cui sia riscontrato che l’origine di un inquinamento significativo del suolo o
delle acque sotterranee del sito dipenda dall’attività dell’ICPE in questione,
il suo gestore indica le misure che intende assumere per riportare il sito
nelle condizioni simili a quelle descritte nel “rapporto base” sul sito
elaborato al momento dell’inizio delle attività dell’ICPE nella zona (art.
R515-75 CA).
3.
La gestione dei siti e dei suoli inquinati
Di recente, con la già citata Loi
n.2014-366 del
L’art.
173 della legge dispone infatti, tra le altre modifiche al Codice
dell’ambiente, l’introduzione di nuovi articoli nel capitolo VI (“Sites et sols
pollués”) del Libro V della parte legislativa Codice dell’ambiente. Tale capitolo si compone di tre articoli: art.
L556-1 (modificato), art.
L556-2 e art.
L556-3 (inseriti ex novo con il provvedimento del 2014).
Il nuovo art.
L556-1 CA dispone in particolare che - fatti salvi gli articoli del codice
dedicati alla chiusura delle attività delle ICPE che operano in virtù di una
registrazione, di un’autorizzazione, o di una dichiarazione – debbano essere
rispettate alcune condizioni qualora sia proposto un ulteriore utilizzo futuro
di un certo suolo, differente da quello proposto dall’exploitant interessato. Colui che si propone di realizzare il
cambiamento di utilizzo è tenuto a definire le misure di gestione dell’inquinamento dei suoli e a realizzarle al
fine di assicurare la compatibilità tra lo stato dei suoli e la protezione
della sicurezza, la salute o la sanità pubblica, l’agricoltura e l’ambiente,
con riferimento all’utilizzo progettato. Queste misure di gestione devono
essere elaborate tenendo conto dell’efficacia delle tecniche di riabilitazione,
realizzate in condizioni economicamente accettabili e di un bilancio dei loro
costi e benefici. Il proponente di tali misure deve sottoporre la sua proposta
ad un “ufficio di studi certificato nel campo dei siti e dei suoli inquinati”.
L’art.
L556-2 CA stabilisce in particolare che i progetti di costruzione di
edifici o di lottizzazione di terreni in suoli che presentano rischi di
inquinamento sono oggetto di uno “studio dei suoli”. Con riferimento ai
progetti di costruzione di edifici o di ristrutturazione che necessitano di un
permesso, il responsabile dei progetti inserisce, nel dossier relativo alla
domanda di autorizzazione per tali lavori, un attestato predisposto da un
ufficio studi certificato, in cui è garantita la realizzazione dello studio dei
suoli e della sua presa in considerazione per l’attuazione dei progetti sopra
indicati. L’art.
L556-3 CA dispone che, in caso di inquinamento dei suoli o di rischio di
tale fenomeno, l’autorità amministrativa competente può, dopo aver messo in
mora il responsabile del danno, stabilire d’ufficio l’esecuzione dei lavori di risanamento ambientale degli stessi. I
lavori sono a spese del responsabile del danno. L’esecuzione dei lavori può
essere assegnata dal ministro dell’ambiente, o da quello competente per
l’urbanistica, ad un ente pubblico fondiario (établissement public foncier) o, in sua assenza, all’“Agenzia per l’ambiente e per la gestione
dell’energia” (Agence de
l’environnement et de la maîtrise de l’énergie – ADEME-).
Qualora si verifichi la scomparsa o l’insolvenza dell’exploitant del sito inquinato, o del responsabile
dell’inquinamento, lo Stato può, con l’eventuale concorso finanziario delle
collettività territoriali, assegnare all’ADEME il risanamento ambientale del
sito. I lavori di bonifica realizzati possono essere eventualmente dichiarati,
su richiesta dello Stato, “lavori di
pubblica utilità”.
Con riferimento ai suoli inquinati che hanno generato uno dei rischi sopradescritti,
l’art. L556-3 CA individua inoltre diversi
possibili responsabili. Qualora l’inquinamento del suolo sia stato prodotto
da un’attività descritta all’art. L165-2 CA, o da un’attività realizzata da una
ICPE, o da “un’installazione nucleare di base”, si ritiene responsabile del
danno l’ultimo exploitant della
struttura che è alla base dell’inquinamento del suolo, o eventualmente la
persona indicata all’art.
L512-21 e all’art.
L556-1 CA. Qualora l’inquinamento del suolo abbia un’origine diversa da
quella sopradescritta, si ritiene responsabile
del danno il produttore di rifiuti che ha contribuito all’inquinamento dei
suoli, o il gestore di tali rifiuti.
Si rileva che il Titolo IV del Libro V
della parte legislativa del Codice dell’ambiente è dedicato alla materia dei
rifiuti (déchets), (artt.
L541-1 e ss. CA). Il Titolo IV del Libro V della parte regolamentare del
Codice dell’ambiente è dedicato alla stessa materia (cfr. artt.
D541-1 e ss.). L’art. L556-3 CA dispone infine che, a titolo
sussidiario, qualora non si individui uno dei responsabili sopra descritti, si
ritiene responsabile del danno il proprietario del terreno in cui sono presenti
i suoli inquinati, se è dimostrato che questi abbia dimostrato negligenza o che
non sia estraneo a tale inquinamento.
Germania
In Germania, a livello federale, la disciplina riguardante la difesa
del suolo è contenuta nella Legge sulla
protezione del suolo e sul risanamento dei siti contaminati (Gesetz
zum Schutz vor schädlichen Bodenveränderungen und zur Sanierung von Altlasten
(Bundes-Bodenschutzgesetz - BBodSchG) del
-
limitazioni
delle funzioni del suolo;
-
effetti sulla
salute umana o sull’ambiente derivanti dal deterioramento del suolo.
La legge stabilisce una serie di
obblighi di prevenzione di inquinamento o rischio di inquinamento; ogni
soggetto che svolge un’attività potenzialmente inquinante ha l’obbligo generale
di agire in modo da non creare danni al suolo (§ 4, comma 1). L’obbligo
di ripristino ambientale sorge in capo al soggetto
responsabile. In assenza del soggetto responsabile (che può essere anche
persona giuridica o società), ne rispondono il proprietario o il gestore del
sito. L’operazione di bonifica deve essere eseguita in modo che non vi siano
rischi per la salute umana e per l’ambiente a lungo termine (§ 4, comma 3).
Qualora non sia possibile compiere un’opera di bonifica, devono essere adottate
altre misure di messa in sicurezza e di protezione del sito.
In caso di sversamento accidentale,
il soggetto responsabile deve avvertire non solo le autorità competenti, ma anche
il proprietario del sito qualora sia persona diversa dal gestore, provvedendo a
fornire tutta la documentazione necessaria sulle condizioni del sito e sul
progetto di intervento.
Il soggetto responsabile della bonifica
deve presentare un piano di bonifica
e un contratto pubblico che
espliciti le modalità, i mezzi e i soggetti che intende adoperare per
realizzare il lavoro presentato nel progetto (§ 13). Il piano di
bonifica può essere rivisto modificato e integrato dalle autorità competenti
qualora lo ritengano inadeguato od insufficiente. Le clausole contenute nel
contratto sono sotto il controllo delle autorità pubbliche. Una volta approvato
dall’autorità, il piano viene dichiarato vincolante per il soggetto che lo ha
presentato.
Sulla base di quanto disposto dalla
Legge fondamentale e ai sensi del § 21 della Legge sulla
protezione del suolo, i Länder sono
autonomamente responsabili della gestione dei siti contaminati. Ogni Land ha individuato una propria procedura e le varie procedure
applicate hanno in comune i seguenti passaggi:
-
l’identificazione
e la registrazione (in anagrafe) dei siti contaminati, dal momento che tutti i Länder dispongono di un proprio registro
e di propri criteri di iscrizione e aggiornamento;
-
l’investigazione
e l’analisi di rischio;
-
gli interventi
di bonifica e di monitoraggio.
Tutti i Länder
applicano il principio generale “chi inquina paga”, qualora il responsabile
sia identificabile; in caso contrario, o nel caso in cui le spese di ripristino
siano troppo onerose per il proprietario o gestore del sito, alcuni Länder prevedono il sostegno pubblico
alle opere.
Regno Unito
In applicazione dell’Environmental
Protection Act 1990 (come successivamente modificato), la qualificazione normativa di sito inquinato
(contaminated land) concerne le aree
territoriali esposte alle conseguenze ambientali di determinati agenti
inquinanti, suscettibili di determinare effetti dannosi sulla popolazione,
sulle specie di fauna protetta e sulle risorse idriche. Tale definizione è
formulata (nella Part 2 A del testo normativo) in coerenza
con le finalità generali della legge, consistenti nella individuazione e
rimozione di ogni “rischio inaccettabile” per la salute umana e per l’ambiente,
nel ripristino dei siti contaminati e nella garanzia per i soggetti pubblici e
privati che, in relazione agli adempimenti previsti dalla legge, vengano posti
su di loro oneri compatibili con i principi di proporzionalità e di sviluppo
sostenibile.
La legge definisce in dettaglio
(all’art. 78
A) il “danno significativo alla salute umana” (harm to human health) il cui possibile verificarsi fonda il
criterio di qualificazione delle aree come inquinate. Ad alcune di tali aree,
inoltre, è attribuita rilevanza particolare (special sites), in ragione della tipologia o del livello di
inquinamento o in quanto sottoposta a specifiche forme di controllo: è il caso
dei siti contaminati da radioattività, o utilizzati per determinate attività
industriali altamente inquinanti, oppure gestiti direttamente dal Ministero
della Difesa.
La competenza esclusiva in ordine alla qualificazione delle aree
inquinate è attribuita dalla legge agli enti locali preposti (local authorities), ai quali spetta, nel
quadro delle funzioni di regolazione ad essi attribuite in materia ambientale,
disporre lo svolgimento di accurati controlli circa la sussistenza delle
condizioni da cui possano derivare effetti pregiudizievoli significativi (significant harm) per l’equilibrio
ecologico, gli organismi viventi e, nel caso dell’uomo, riferiti alla sua
salute (nonché ai suoi beni: art. 78A(4)). Tali condizioni sono sottoposte ad
accertamento mediante un accurato esame tecnico-scientifico di tutti gli elementi
di prova rilevanti e disponibili (risk
assessment), i cui risultati sono rimessi, di norma, all’apprezzamento
dello stesso ente locale per quanto attiene alla valutazione della possibilità
e della probabilità che simili danni possano prodursi.
Un limite generale alla
discrezionalità degli enti locali è posto nel testo normativo attraverso
l’individuazione di determinate conseguenze sulla salute della popolazione
(quali la mortalità, la diffusione di gravi patologie, l’occorrenza di difetti
genetici riscontrati alla nascita e di menomazioni delle funzioni riproduttive),
il cui verificarsi comporta, tipicamente, la sussistenza delle anzidette
condizioni di rischio. Gli enti locali possono tuttavia considerare come
rilevanti, ai fini dell’applicazione della legge e in conformità ai suoi
obiettivi generali, ulteriori tipologie di rischio, in combinazione tra loro o
con riferimento ai particolari effetti che possono derivarne sulla salute e
sulla qualità di vita della popolazione interessata. Peraltro, il danno alla salute, valutato in
relazione al suo grado di intensità e rilevanza al fine di qualificare o meno
una determinata area come inquinata, può essere preso in esame dall’ente locale
sotto l’ulteriore profilo della sua valenza di evento indicativo, sintomatico o
precursore di un danno più grave che nel lungo periodo possa determinarsi in
conseguenza del ripetersi di episodi meno significativi se isolatamente
considerati.
Una descrizione delle categorie di
rischio, considerate in relazione ai loro possibili effetti sulla salute umana
e sull’equilibrio ambientale, è contenuta nel par. 4 delle apposite linee
guida predisposte dal Dipartimento governativo competente e aggiornate nel
2012.
La stessa legge, all’art. 78B, attribuisce
agli enti locali funzioni ispettive
e ne disciplina le modalità di esercizio. Esse sono articolate con riferimento
ad ambiti territoriali più ampi, nei quali tali funzioni si esplicano in
indagini su vasta scala e nella raccolta di informazioni generali, e ad ambiti
più circoscritti, in relazione ai quali i risultati dell’indagine sono oggetto
dello specifico risk assessment. Le
due modalità ispettive (denominate, rispettivamente, strategic e detailed
inspection) sono caratterizzate, nel primo caso, dalla previa
predisposizione di un programma di azione, con cui l’ente locale provvede a
formulare (e ad aggiornare costantemente) i criteri generali adottati per
l’individuazione dei fattori di rischio ambientale e la definizione delle
soluzioni esperibili (anche attraverso il concorso volontario dei soggetti
interessati), nonché per limitare gli oneri amministrativi destinati a gravare
sugli operatori e per contenere i costi per l’erario; nel secondo caso,
l’ispezione si correla a scelte di priorità concernenti le aree territoriali da
sottoporre a specifica valutazione del rischio ambientale.
La relazione finale dell’attività
ispettiva (risk summary), di cui le
linee guida ministeriali delineano il contenuto minimo, include tra l’altro:
l’indicazione degli agenti inquinanti rilevati, della loro pericolosità per la
salute, del grado di probabilità che il relativo impatto possa prodursi e in
quale arco di tempo; la descrizione dei rischi esaminati nel loro contesto
territoriale in relazione ad altri fattori di rischio a cui sia esposta la
popolazione; la descrizione generale dell’intervento ritenuto idoneo alla
bonifica del sito inquinato, con previsione dei tempi necessari per effettuarlo
e dei benefici attesi. Qualora ad esito dell’indagine l’autorità locale
competente qualifichi l’area considerata come non inquinata, essa motiva per
iscritto la propria decisione, con provvedimento portato a conoscenza di tutti
i soggetti interessati.
Nell’esercizio dei loro compiti, gli enti locali sono tenuti ad
agire – specie nei casi di maggiore incertezza – effettuando una ponderazione
tra i rischi correlati all’inquinamento rilevato in una determinata area e i
benefici conseguenti ad interventi di riduzione o rimozione di tali rischi;
ciò, avendo riguardo al potenziale impatto delle opere di risanamento
ambientale sotto il profilo dei costi finanziari (indipendentemente dal
soggetto, pubblico o privato, che debba sostenerli), degli oneri amministrativi,
nonché degli ulteriori effetti sull’ambiente e sulla salute che possono
derivarne. A tale proposito, le già richiamate linee guida ministeriali
delineano per gli enti locali un approccio
di tipo precauzionale: la valutazione dei rischi sussistenti in determinate
aree territoriali è infatti considerata su un piano di bilanciamento con la
proporzionalità e ragionevolezza degli eventuali interventi di risanamento.
All’accertato inquinamento di una determinata area fa seguito il
provvedimento dell’ente locale con cui se ne prescrive la bonifica (remediation notice,
la cui emanazione può non avere luogo qualora il soggetto che ne sarebbe
destinatario ponga spontaneo, tempestivo e adeguato rimedio al fenomeno
inquinante). A tal fine, l’autorità preposta al controllo sull’effettiva e
conforme esecuzione dei relativi interventi (enforcing authority) è lo stesso ente locale competente oppure, in
taluni casi (riferiti perlopiù ai special
sites), l’agenzia nazionale per la protezione ambientale (Environmental Agency).
La legge, all’art. 78E, definisce
la bonifica dei siti inquinati (remediation)
come il complesso di attività preordinate, a seconda dei casi, a prevenire,
minimizzare o mitigare gli effetti ed ogni rischio significativo conseguenti
all’inquinamento dell’area territoriale o delle acque considerate, oppure
finalizzate a riportare i luoghi al loro precedente stato, e consistenti,
inoltre, nelle successive ispezioni periodicamente effettuate per constatare la
condizione dei luoghi o delle acque. Nel quadro di queste generali opzioni,
l’autorità competente individua la natura degli interventi specificamente
necessari e ne precisa le finalità, le tecniche e le fasi, avendo riguardo
(come esposto nel par. 6 delle succitate linee guida) alla loro complessiva
ragionevolezza sotto il profilo della loro praticabilità ed efficacia, della
sostenibilità dei costi, della gravità dei rischi per l’ambiente e per la
salute e degli effettivi benefici che possono essere in tal modo ottenuti.
In relazione alla responsabilità
per gli interventi di bonifica, la legge (art. 78F(6),
corredata dalle dettagliate previsioni delle linee guida (par. 7: Liability), attribuisce alle autorità
locali il compito di individuare il soggetto o il gruppo di soggetti nei cui
confronti, in applicazione del principio “chi inquina paga”, sono imputabili i
costi da sostenere per il risanamento. A tale scopo il testo normativo
distingue due categorie di responsabilità (di grado “A” o “B”), riferendo la
prima ai soggetti la cui attività sia accertata in diretto rapporto di
causalità con l’inquinamento, e la seconda (in assenza dei primi) ai
proprietari o ai detentori dei siti inquinati. Nell’ipotesi del concorso di più
soggetti nella produzione o diffusione di agenti inquinanti, possono essere
stabilite, e tra loro graduate, responsabilità concorrenti mediante una
ripartizione di operazioni e di costi finanziari (liability groups). Distinte procedure sono previste per l’ipotesi
in cui non sia possibile individuare un soggetto direttamente responsabile di
un determinato agente inquinante (orphan
linkages), prevedendosi, in tale ipotesi, l’assunzione dei costi da parte
della enforcing authority,
eventualmente con il contributo dei soggetti di cui sia stata accertata la
responsabilità per un altro concorrente fattore inquinante. La decisione circa
il possibile recupero, totale o parziale, dei costi rientra nell’ambito delle
autonome valutazioni della stessa autorità locale, che a tal fine considera i
profili di praticabilità e ragionevolezza delle proprie determinazioni, con
particolare riguardo agli effetti finanziari sulle imprese e sulle comunità
interessate.
Per completezza, occorre segnalare come la
disciplina di tutela ambientale non costituisca l’unico strumento normativo
applicabile da parte delle amministrazioni locali in materia di siti inquinati.
Esse, infatti, possono attivarsi sulla base di altre disposizioni, esercitando
i poteri loro attribuiti dalle normative in tema di pianificazione urbanistica
e di autorizzazioni edilizie, alle cui previsioni non sono estranee finalità di
tutela ambientale o di recupero di aree contaminate: è il caso delle Environmental
Damage (Prevention and Remediation) Regulations 2009, S.I. 2009/153,
che peraltro rappresenta l’atto normativo con cui il Regno Unito (limitatamente
a Inghilterra e Galles) ha recepito nel proprio ordinamento la direttiva
2004/35/CE sul danno ambientale[1].
Spagna
In Spagna la politica in materia di recupero di siti
contaminati è iniziata sostanzialmente negli anni ’90 del secolo scorso. Nel
1995 fu infatti approvato, da parte del Ministero dell’ambiente, il Plan
Nacional de Recuperación de Suelos Contaminados (1995-2005), che fissava una
serie di obiettivi in materia di gestione e un meccanismo di finanziamento
congiunto con le Comunità autonome, costituendo il quadro generale per il
recupero dei siti inquinati.
Si
ricorda che la competenza in materia è del Ministero dell’ambiente (divenuto dal
2011 Ministero dell’agricoltura, alimentazione e ambiente), ma le Comunità autonome
hanno poteri attuativi.
Nel 1998 fu approvata la legge in materia di rifiuti (Ley
10/1998, de 21 de abril, de Residuos), successivamente abrogata dalla legge del
Uno
dei principi fondamentali della legge era rappresentato dall’introduzione di
una politica di “prevenzione” dei rifiuti, ovvero di regolamentazione della
fase di produzione e di inserimento nel mercato di prodotti che, una volta
utilizzati, generano dei rifiuti.
In
particolare il titolo V della legge (artt. 27-28) concerneva i siti
contaminati. Le Comunità autonome dovevano inoltre tenere un inventario dei
“suoli contaminati” (suelos contaminados), mettendo in atto ogni procedura necessaria per il loro
recupero.
Nel
2005 è stato adottato il regolamento attuativo, il Real
Decreto 9/2005, de 14 de enero, por el que se establece la relación de
actividades potencialmente contaminantes del suelo y los criterios y estándares
para la declaración de suelos contaminados (tuttora vigente). Il
decreto utilizza la categoria dei livelli generici di riferimento (niveles genéricos de referenzia - NGR), tra
i quali la concentrazione di una sostanza inquinante nel suolo che non comporta
un rischio superiore al massimo accettabile per la salute umana o per gli
ecosistemi. A partire dagli NGR le Comunità autonome possono decidere di
dichiarare un sito contaminato nel caso in cui fossero superati gli NGR o di
richiedere l’esecuzione di un’analisi di rischio specifica per il sito. Esse
possono tuttavia considerare il rischio potenziale sufficientemente basso da
non richiedere ulteriori interventi.
Il
decreto prende in considerazione tre tipologie di uso del suolo: industriale,
residenziale e naturale. Per le tre tipologie vengono esaminati diversi scenari
di esposizione. In particolare per tutte e tre le tipologie sono presi in
considerazione i fattori relativi agli esseri umani; solo per la terza
tipologia è preso in considerazione anche l’ecosistema.
Nel
2009 è stato adottato il Piano nazionale integrato dei rifiuti per il periodo
2009-2015 (Plan Nacional
Integrado de Residuos para el período 2008-2015), una parte del quale è
dedicata ai suoli contaminati.
Successivamente
La
legge 22/2011, che ha contestualmente abrogato la precedente normativa del
Il
titolo I, contenente disposizioni e principi generali, è a sua volta suddiviso
in due capitoli. Il capitolo I detta le disposizioni generali e pone come
oggetto della legge la gestione dei rifiuti attraverso misure che ne prevengano
la produzione e ne riducano gli impatti negativi sulla salute umana e sull’ambiente
interessato, migliorando al contempo l’efficacia nell’uso delle risorse; è
posta come oggetto della legge anche la definizione del regime giuridico dei
suoli inquinati. L’art. 3, lettera x, definisce suolo inquinato (“suelo
contaminado”) qualsiasi suolo “le cui caratteristiche siano state alterate
negativamente dalla presenza di componenti chimici pericolosi derivanti da
attività dell’uomo”.
Il
capitolo II, riguardante i principi della politica dei rifiuti e le competenze
di carattere amministrativo, istituisce, con riferimento a quest’ultimo
versante, una nuova Commissione di coordinamento in materia di rifiuti (Comisión de coordinación en materia de
residuos), ascritta al Ministero dell’ambiente, qualificata come organo di
cooperazione tecnica e collaborazione tra le distinte amministrazioni e
composta da rappresentanti dei diversi Ministeri competenti per materia, delle Comunità
autonome e degli enti locali.
Il
titolo II, dedicato agli strumenti della politica dei rifiuti, prevede
l’elaborazione di piani e programmi per la gestione dei rifiuti, a livello sia nazionale
che regionale e locale, e dà particolare risalto, in consonanza con le
disposizioni contenute nella direttiva 2008/98/CE, ai programmi di prevenzione
della formazione dei rifiuti, che devono essere redatti dalle pubbliche
amministrazioni competenti.
Il
titolo V contiene disposizioni relative ai suoli inquinati. Tra i vari profili
considerati, è attribuito alle Comunità autonome il compito di procedere a un
inventario di tali suoli per i territori di rispettiva competenza e stabilisce
le procedure per il recupero degli stessi.
Per
quanto concerne il profilo della responsabilità, anche nella legislazione
spagnola è presente il principio “chi inquina paga”. L’art. 36 della legge
22/2011 stabilisce che sono tenuti a svolgere le operazioni di decontaminazione e di recupero dei suoli inquinati,
su richiesta delle Comunità autonome, i soggetti inquinatori (los causantes de la contaminación), che,
nel caso in cui siano più di uno, rispondono di tale obbligo solidalmente e, secondariamente,
in questo ordine: prima i proprietari dei suoli contaminati, poi i possessori
degli stessi. Nel caso dei beni pubblici in concessione, rispondono, in
mancanza del soggetto inquinatore, prima il possessore e poi il proprietario.
Si
segnalano infine i provvedimenti normativi in materia di due Comunità autonome:
SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera
tel. 06/6760. 2278
– 3242 ; mail: LS_segreteria@camera.it
[1]