Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: La presenza femminile in campo politico ed economico nelle legislazioni di alcuni paesi europei
Serie: Appunti    Numero: 48
Data: 29/04/2013
Descrittori:
DIRITTO   DONNE
EUROPA   PARITA' TRA SESSI

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

Appunto 12/2013                                                                                  29 aprile 2013

 

La presenza femminile in campo politico ed economico nelle legislazioni di alcuni paesi europei

 

1. Le pari opportunità

Nella legislazione di molti Stati europei vigono disposizioni in materia di pari opportunità tra uomini e donne. Si tratta di misure di diversa portata ed incidenza applicativa, che in alcuni casi riguardano tutti gli aspetti della vita pubblica, mentre in altri casi disciplinano soltanto ambiti specifici (quali la rappresentanza politica o l’attività lavorativa).

In Francia nel 2004 è vigente la Loi n. 2004-391 du 4 mai 2004 relative à la formation professionnelle et au dialogue social, che ha modificato il Codice del lavoro per introdurvi misure volte a garantire pari opportunità per uomini e donne nell’ambito della formazione professionale.

La lotta contro le discriminazioni – in base al sesso, all’origine, all’orientamento sessuale, ecc. – è, inoltre, compito generale dell’autorità amministrativa indipendente istituita allo scopo nel 2004, la Haute Autorité de Lutte contre les Discriminations et pour l’Egalité (HALDE).

Più recentemente, misure riguardanti la parità di retribuzione tra uomini e donne sono state introdotte con la Loi n. 2006-340 du 23 mars 2006 relative à l’égalité salariale entre les femmes et les hommes. Composta di cinque titoli, la legge persegue le finalità, in particolare, di eliminare le differenze di remunerazione tra uomini e donnee di favorire la conciliazione tra la vita professionale e la vita familiare, una rappresentanza equilibrata di donne e uomini in consigli d’amministrazione di imprese pubbliche e l’accesso alla formazione professionale e all’apprendistato. Definitivamente approvata dall’Assemblea Nazionale il 23 febbraio 2006, la legge è stata però oggetto di un ricorso al Consiglio costituzionale, che (con la Decisione del Consiglio, n. 2006-533 DC, del 16 marzo 2006) ne ha censurato il testo in più parti (compreso l’intero titolo concernente la rappresentanza femminile nei consigli d’amministrazione).

Nel 2008 il legislatore ha approvato, inoltre, misure in materia di lotta alla discriminazione nei luoghi di lavoro: la Loi n. 2008-496 du 27 mai 2008 portant diverses dispositions d’adaptation au droit communautaire dans le domaine de la lutte contre les discriminations. La legge adotta alcune misure necessarie al recepimento nell’ordinamento francese di tre direttive comunitarie in materia di lotta contro le discriminazioni: la direttiva 2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; la direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; la direttiva 2002/73/CE che modifica la direttiva 76/207/CEE relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro.

Ancora nel 2008 è stata approvata una modifica della Costituzione, che ha riguardato anche la tematica delle pari opportunità. La Loi constitutionnelle n. 2008-724 du 23 juillet 2008 de modernisation des institutions de la Ve République ha infatti disposto il completamento dell’art. 1 Cost. con un secondo comma che recita: “La legge favorisce l’uguale accesso delle donne e degli uomini ai mandati elettorali e alle funzioni elettive, così come alle responsabilità professionali e sociali”.

La Germania ha approvato nel 2006 la Gesetz zur Umsetzung europäischer Richtlinien zur Verwirklichung des Grundsatzes der Gleichbehandlung vom 14. August 2006 (Legge di recepimento di direttive europee per l’attuazione del principio di parità di trattamento).

L’uguaglianza dinanzi alla legge è un principio contemplato dall’art. 3 della Legge fondamentale tedesca (“Tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge. Gli uomini e le donne sono equiparati nei loro diritti. Lo Stato promuove la effettiva attuazione della equiparazione di donne e uomini e agisce per l'eliminazione delle situazioni esistenti di svantaggio Nessuno può essere discriminato o favorito per il suo sesso, …”).

Con la trasposizione legislativa delle quattro direttive europee sopra richiamate, inoltre, il legislatore ha delineato il quadro normativo in cui sono resi vigenti i principi di parità e uguaglianza nel rapporto tra i sessi. L’elemento principale della legge di attuazione delle quattro direttive è costituito dall’introduzione, all’art. 1, di una nuova legge generale sulla parità di trattamento (Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz – AGG) avente come scopo quello di impedire o di rimuovere le situazioni di svantaggio a motivo della razza, dell’origine etnica, del sesso, della religione o delle opinioni filosofiche, della condizione di invalidità, dell’età o dell’identità sessuale di un individuo. Le altre disposizioni della legge individuano i suoi ambiti di applicazione (vita lavorativa, protezione sociale, agevolazioni sociali, formazione, campo del diritto civile), definiscono le forme di discriminazione secondo le indicazioni delle direttive europee e disciplinano la tutela del lavoratore, affermano, a questo particolare riguardo, un generale divieto di discriminazione (Benachteiligungsverbot), che ammette isolate eccezioni.

Un ruolo di notevole importanza nella lotta contro la discriminazione è attribuito in Germania all’Antidiskriminierungsstelle des Bundes (Ufficio federale antidiscriminazione), istituito dalla legge anzidetta presso il Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani. A questo Ufficio, cui sono tenuti a fornire informazioni tutte le autorità federali e tutti gli uffici pubblici, può rivolgersi chiunque ritenga di essere stato discriminato per uno dei motivi citati dalla legge. L’Ufficio svolge funzioni di consulenza e di mediazione nel tentativo di giungere alla composizione amichevole di controversie eventualmente insorte per violazione del principio di non discriminazione e sottoposte alla sua attenzione. Esso ha inoltre il compito di effettuare indagini a carattere scientifico e di presentare al Bundestag una relazione ogni quattro anni in cui potrà fare opportune raccomandazioni a scopo preventivo o per l’adozione di misure volte a rimuovere casi di discriminazione. In tutte queste funzioni e, in particolare per il dialogo con gruppi e organizzazioni sociali attivi nella lotta contro la discriminazione, l’Ufficio federale è coordinato da un comitato (Beirat), composto al massimo da 16 persone, per metà uomini e metà donne.

Nel Regno Unito, le più recenti innovazioni normative introdotte annoverano, in primo luogo, il Work and Families Act 2006 in materia di conciliazione tra vita familiare e lavorativa di uomini e donne.

Relativamente ai periodi di congedo per maternità e per adozione, la legge ha previsto un’estensione dei periodi minimi di astensione nei quali la lavoratrice, in presenza di determinati requisiti e per una durata variabile, ha diritto al pagamento di indennità (maternity pay) o di sussidi (maternity allowance); analoghe previsioni sono applicabili all’indennità di adozione (adoption pay). La legge ha inoltre disciplinato (ed esteso quanto ai requisiti per beneficiarne) i congedi di paternità per gli uomini (paternity leave), introdotti nel 2003 e concessi sia in caso di nascita di un figlio (proprio oppure della propria moglie o convivente, e in quest’ultimo caso può goderne anche un’altra donna, in caso di relazione omosessuale), sia in caso di adozione di un minore.

Rilievo centrale, per quel che concerne l’affermazione e l’operatività del principio di eguaglianza, ha l’Equality Act 2010, legge approvata con la principale finalità di razionalizzare ed aggiornare la legislazione antidiscriminatoria stratificatasi nel tempo, precedentemente costituita da testi normativi di portata settoriale, e di introdurre un quadro legislativo unitario da porre a fondamento della tutela dell’eguaglianza in ogni aspetto della vita sociale. Sebbene non diretta a tutelare soltanto le donne, merita di essere segnalata una fattispecie posta in risalto nel testo legislativo, quella costituita dallo harassment, comportamento che si concreta non solamente in molestie sessuali, o nel trattamento meno favorevole riservato alla vittima per aver subito o rifiutato tali molestie, ma anche nel comportamento discriminatorio riferito ad una caratteristica protetta della persona e il cui scopo od effetto sia quello di creare un ambiente nei suoi confronti degradante, intimidatorio, ostile o comunque suscettibile di lederne la dignità.

Va infine ricordato che un importante passo verso una più organica sistematizzazione delle varie norme antidiscriminazione era stato già prima compiuto dall’Equality Act 2006, in particolare attraverso l’istituzione dell’autorità di garanzia in tema di uguaglianza, la Equality and Human Rights Commission (CEHR), che ha assunto le competenze precedentemente attribuite ad altri organismi di settore.

In Spagna è vigente la Ley Orgánica 3/2007, de 22 de marzo, para la igualdad efectiva de mujeres y hombres, che può essere considerata un vero e proprio “codice delle pari opportunità” riguardante tutti i settori della vita sociale (di questo provvedimento – che recepisce nell’ordinamento interno le direttive comunitarie già richiamate - è disponibile una traduzione italiana sul sito del Dipartimento per le Pari opportunità).

L’articolo 14 della Costituzione spagnola pone il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e il divieto di discriminazione, tra l’altro, in base al sesso; a sua volta l’articolo 9, comma 2, obbliga i pubblici poteri alla promozione delle condizioni mediante le quali l’uguaglianza tra gli individui (ed i gruppi ai quali essi partecipano) sia reale ed effettiva. Su queste premesse, la disciplina introdotta dalla legge organica 3/2007 agisce in due direzioni: la prevenzione delle condotte discriminatorie e la previsione di politiche attive per rendere effettivo il principio di uguaglianza, con riguardo specifico al lavoro (sia nelle amministrazioni pubbliche sia nelle imprese private) e – come si dirà in seguito - alla partecipazione politica a livello statale, regionale e locale, al fine di assicurare, mediante modifiche alla normativa elettorale, una rappresentanza significativa di entrambi i sessi negli organi e nelle cariche di responsabilità.

In relazione alla parità di trattamento e alle pari opportunità nel mondo del lavoro, la legge organica ha modificato lo Statuto dei Lavoratori e il Testo Unico sulla Sicurezza Sociale, prevedendo, tra l’altro, l’obbligo di negoziare appositi “piani di uguaglianza” nelle imprese con più di 250 lavoratori, misure specifiche di sensibilizzazione volte ad evitare le molestie sessuali sul luogo di lavoro e misure più favorevoli per il godimento dei congedi di paternità. Con riferimento ai congedi di paternità, merita peraltro segnalare che la loro durata è stata ulteriormente ampliata – con decorrenza dal 2011 – dalle disposizioni della Ley 9/2009, de 6 de octubre, de ampliación de la duración del permiso de paternidad en los casos de nacimiento, adopción o acogida, approvata nel segno di una politica positiva volta a promuovere il coinvolgimento maschile nelle responsabilità familiari.

L’applicazione del principio di uguaglianza nell’ambito del lavoro pubblico, secondo la nota Legge organica 3/2007, si fonda sul criterio della “presenza equilibrata” di uomini e donne (individuato, in via generale, nel rapporto limite del 60%, da un lato, e del 40%, dall’altro lato) negli organi direttivi dell’amministrazione statale, nominati dal Governo; tale principio deve inoltre essere osservato nelle nomine effettuate nei consigli di amministrazione delle imprese, al cui capitale partecipi l’amministrazione dello Stato. Il rispetto del principio di uguaglianza si applica anche alle Forze armate e alle Forze e ai Corpi di pubblica sicurezza dello Stato.

Sul versante delle imprese private, la legge organica del 2007 ha inteso promuoverne la responsabilità sociale anche sotto il profilo dell’eguaglianza tra uomini e donne. Viene in rilievo, a tale riguardo, la disposizione che impone, anche nei consigli di amministrazione delle società commerciali private dotate di bilanci, “una presenza equilibrata di donne e uomini” da realizzarsi entro 8 anni dalla data di entrata in vigore della legge.

La medesima legge, infine, ha istituito organismi con compiti promozionali e di controllo, quali la “Commissione Interministeriale di Uguaglianza tra donne e uomini” (poi disciplinata dal Real Decreto 1370/2007, 19 de octubre, por el que se regula la Comisión Interministerial de Igualdad entre mujeres y hombres), il “Consiglio di Partecipazione della Donna” (regolato in seguito dal Real Decreto 1791/2009, de 20 de noviembre, por el que se regula el régimen de funcionamiento, competencias y composición del Consejo de Participación de la Mujer), e le “Unità di Uguaglianza” presso ciascun Ministero.

 

2. Le “quote rosa” elettorali

In Belgio è vigente il principio di parità tra uomini e donne in materia di elettorato passivo, la cui applicazione ha avuto corso in modo progressivo e graduale. Il Code électoral, a seguito di una prima modifica intervenuta con la legge del 24 maggio 1994, prevedeva che, a decorrere dal 1996, il numero dei candidati dello stesso sesso presenti nelle liste per le elezioni della Camera e del Senato non potesse superare i due terzi del totale. Dal 1999, la disposizione è stata applicata anche alle elezioni del Parlamento europeo, alle regionali e alle amministrative. Il codice elettorale è stato modificato di nuovo con la legge del 18 luglio 2002 e successivamente con la legge del 13 dicembre 2002, e prevede attualmente (art. 117 bis) una presenza di pari entità tra uomini e donne nelle liste dei candidati alle elezioni delle Camere legislative federali, imponendo che la differenza tra il numero di candidati di ciascun sesso non sia superiore ad uno e che i due primi candidati di ciascuna lista debbano essere di sesso differente. L’inosservanza di questa disposizione comporta l’esclusione della lista non conforme ai relativi requisiti.

La riforma costituzionale introdotta in Francia nel 2008 (con la già richiamata Loi constitutionnelle n. 2008-724 du 23 juillet 2008 de modernisation des institutions de la Ve République) ha riformulato l’articolo 1 aggiungendovi un secondo comma (“La legge favorisce l’uguale accesso delle donne e degli uomini ai mandati elettorali e alle funzioni elettive, così come alle responsabilità professionali e sociali”) che costituisce il punto di approdo di revisioni costituzionali intraprese in anni precedenti (in particolare con la Loi constitutionnelle n. 99-569 du 8 juillet 1999 relative à l’égalité entre les femmes et les hommes, con cui erano stati modificati gli articoli 3 e 4 della Costituzione).

Sul piano della legislazione ordinaria, l’eguaglianza di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive a livello locale, nazionale ed europeo è stata perseguita mediante interventi normativi che hanno generalmente modificato il Code electoral .

Risale al 2000, in primo luogo, la legge (Loi n. 2000-493 du 6 juin 2000 tendant à favoriser l'égal accès des femmes et des hommes aux mandats électoraux et fonctions électives) che in attuazione della revisione costituzionale del 1999 ha sancito il principio della parità di accesso ai mandati elettorali e alle funzioni elettive per gli uomini e le donne. Il testo legislativo persegue la parità numerica tra uomini e donne nelle candidature (per le elezioni a scrutinio di lista e a rappresentanza proporzionale) disponendo che, nelle elezioni municipali (per i comuni di almeno 3.500 abitanti), regionali, per il Parlamento europeo e il Senato (nei dipartimenti che comportano almeno 3 senatori) "su ogni lista, lo scarto tra il numero dei candidati di ciascun sesso non può essere superiore a uno”.

Le legge del 2000, inoltre, ha modificato il meccanismo di finanziamento pubblico dei partiti e dei gruppi politici per incoraggiare i partiti a presentare candidature femminili anche alle elezioni legislative. A tal fine, le sue disposizioni penalizzano, sotto il profilo dell’accesso ai contributi pubblici, le formazioni politiche che non rispettano il principio di parità nelle elezioni, prevedendo una diminuzione del finanziamento se lo scarto tra il numero dei candidati di ciascun sesso supera il 2% del numero totale dei candidati.

In materia di elezioni regionali e del Parlamento Europeo, il principio della parità i sessi è stato ribadito nel 2003 dal legislatore francese con la Loi n. 2003-327 du 11 avril 2003 relative à l'élection des conseillers régionaux et des représentants au Parlement européen ainsi qu'à l'aide publique aux partis politiques.

Una più organica revisione della materia si è avuta, nel 2007, con la Loi n. 2007-128 du 31 janvier 2007 tendant à promouvoir l'égal accès des femmes et des hommes aux mandats électoraux et fonctions électives. La legge comporta, innanzitutto, la creazione di un obbligo di parità tra uomo e donna negli esecutivi dei comuni con almeno 3.500 abitanti e nei governi regionali. Per quanto concerne il finanziamento pubblico ai partiti è stabilito che, in caso di non rispetto da parte dei partiti del principio della parità tra i sessi nella scelta delle candidature per le elezioni all’Assemblea nazionale, si applica una maggiore riduzione della prima tranche di tale finanziamento. Il tasso di diminuzione, come modificato dalla legge del 2007, è pari ad una percentuale nella misura non più della metà (come stabilito in precedenza), ma dei ¾ dello scarto tra il numero dei candidati di ciascun sesso rispetto al numero complessivo dei candidati.

Nel 2008, al fine di favorire ulteriormente la presenza femminile nelle cariche elettive a livello locale, il legislatore ha approvato la Loi n. 2008-175 du 26 février 2008 facilitant l'égal accès des femmes et des hommes au mandat de conseiller général. Con tale provvedimento sono stati estesi i casi in cui, quando il posto di Conseilleur général diviene vacante, è possibile chiamare a tale incarico il suo “supplente”, che in base alla Loi n. 2007-128 deve essere di sesso diverso rispetto al titolare della carica.

Il controllo sull’applicazione sulle leggi in materia di pari opportunità nei diversi ambiti della vita politica e sociale, è assicurato da alcuni specifici organi parlamentari. Nel 1999 (con la Loi n. 99- 585 du 12 juillet 1999 tendant à la création de délégations parlementaires aux droits des femmes et à l'égalité des chances entre les hommes et les femmes) sono state infatti istituite, sia presso l’Assemblea nazionale che presso il Senato, “le delegazioni parlamentari sui diritti delle donne e sull’eguaglianza delle possibilità fra donne e uomini” (Délégation aux droits des femmes et à l’égalité des chances entre les hommes et les femmes), con il compito di informare le assemblee sulla politica del Governo in tema di pari opportunità, di svolgere audizioni ministeriali, di formulare proposte legislative e di presentare ogni anno una relazione sulla propria attività.

In Portogallo, a seguito della quarta revisione costituzionale del 1997, l’articolo 109 della Costituzione, dedicato alla “partecipazione politica dei cittadini”, assegna alla legge il compito di “promuovere l’uguaglianza nell’esercizio dei diritti civili e politici e la non discriminazione in funzione del sesso nell’accesso alle cariche politiche”.

Nel 2006 l’Assemblea della Repubblica (camera del parlamento monocamerale portoghese) ha approvato la nuova legge sulla parità di diritti fra uomo e donna: la Lei Orgânica n. 3/2006 de 21 de Agosto (Lei da paridade). Il testo normativo (all’articolo 2) stabilisce espressamente che nelle liste dei candidati per l’elezione dell’Assemblea della Repubblica, dei rappresentanti portoghesi al Parlamento europeo e per le elezioni locali deve essere prevista una rappresentanza minima del 33,3% per ciascun sesso. È inoltre precisato che le liste plurinominali non possono contenere più di due candidati dello stesso sesso collocati consecutivamente in ordine di lista. La legge prevede altresì (all’articolo 7) apposite sanzioni in caso di inosservanza delle suddette disposizioni, consistenti nella riduzione delle sovvenzioni per le campagne elettorali, stabilite nella legge sul finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali (Lei n. 19/2003 de 20 de Junho). Tali riduzioni possono arrivare fino all’80% dei finanziamenti e sono calcolate in relazione ai due profili menzionati (rappresentanza minima e ordine delle candidature nella lista).

In Spagna è stata approvata nel 2007 la Ley Orgánica 3/2007, de 22 de marzo, para la igualdad efectiva de mujeres y hombres, che contiene, nella seconda disposizione aggiuntiva, una modifica della Legge elettorale generale (Legge organica 5/1985), al fine di prevedere (nel nuovo articolo 44 bis) che nelle liste dei candidati per l’elezione al Congresso dei deputati, dei rappresentanti spagnoli al Parlamento europeo, nonché per le elezioni regionali e locali, sia prevista una rappresentanza minima del 40% per sesso, con esclusione delle elezioni negli enti locali con 3.000 abitanti o meno e negli enti insulari con 5.000 abitanti o meno. Le liste dei partiti che non rispettano le quote previste sono respinte dalla Commissione elettorale provinciale, che dà ai partiti un breve periodo di tempo utile a correggere le liste. Per quanto riguarda le sanzioni per la violazione delle suddette disposizioni, l’art. 153 della legge elettorale stabilisce che, per gli illeciti non costituenti reato e rientranti quindi tra le infrazioni di natura amministrativa, è competente per l’applicazione delle sanzioni la Giunta elettorale di riferimento; sono previste, in particolare, multe che variano da 300 a 3.000 euro, in caso di infrazioni commesse da autorità o funzionari pubblici, e da 100 a 1.000 euro, se si tratta di illeciti commessi da privati.

Anche a livello regionale, alcune Comunità autonome spagnole hanno approvato una disciplina delle quote rosa elettorali. Ad esempio, nei Paesi Baschi il comma 4 dell’art. 50 della Ley 5/1990, de 15 de junio, de Elecciones al Parlamento Vasco (introdotto nel 2005) dispone che le candidature presentate dai partiti per l’elezione dell’organo rappresentativo della Comunità debbano prevedere almeno il 50% di donne.

In Austria il principio di parità dei diritti fra uomini e donne, previsto nella Costituzione dal 1981 non ha ricevuto alcuna attuazione legislativa in materia di accesso alle cariche elettive. Solo gli statuti dei partiti politici contengono regole in tal senso.

In Finlandia la legge sulla parità fra i sessi (Act on Equality between Women and Men) dell’8 agosto 1986, n. 609, prevede che almeno il 40% dei componenti di tutti gli organi collegiali pubblici indirettamente costituiti a livello nazionale o locale debba appartenere allo stesso sesso (art. 4a). Tale quota non è prevista ai fini dell'elezione diretta di organi rappresentativi (non vi sono, infatti, disposizioni specifiche all’interno dell’Election Act 714/1998), di cui tuttavia condiziona in qualche misura la predisposizione delle relative liste, in relazione alla eventuale successiva costituzione indiretta di organi collegiali composti da membri democraticamente eletti.

In Germania, il cui ordinamento attribuisce copertura costituzionale al principio dell’eguaglianza tra i sessi (art. 3, comma 2, Grundgesetz), e provvede alla sua attuazione al livello legislativo federale (Gleichberechtigungsgesetz - GleichberG del 1957), non è invece prevista l’obbligatorietà dei relativi criteri paritari nelle consultazioni elettorali. E’ tuttavia da segnalare, per completezza, che per favorire la presenza delle donne nella vita politica alcuni partiti politici hanno istituito la “quota rosa” (Frauenquote), principio in base al quale le funzioni e gli incarichi all’interno del partito devono essere equamente distribuite fra uomini e donne. Tutti i partiti, con la sola eccezione dell’FDP (partito liberale), hanno infatti provveduto ad inserire regole interne finalizzate a garantire la rappresentanza femminile (ad esempio, il partito della CDU regola la parità tra uomini e donne al § 15 del suo statuto).

Nel Regno Unito il Sex Discrimination (Election Candidates) Act 2002, promulgato il 26 febbraio 2002, consente ai partiti politici l'adozione su base volontaria di misure rivolte a promuovere l'eguaglianza (o a ridurre la disparità) tra i sessi nella selezione delle candidature elettorali. La legge consente inoltre ai partiti di presentare (non più fino al 2015 ma fino al 2030, nuovo termine introdotto dall’art. 105 dell’Equality Act 2010) liste elettorali esclusivamente formate da candidate (women-only shortlists).

 

3. La parità tra i sessi nei consigli di amministrazione

In Francia, alcune disposizioni sulle quote di rappresentanza femminile negli organi direttivi delle società pubbliche e private erano state inserite dal legislatore nel 2006 nella Loi relative à l’égalité salariale entre les femmes et les hommes (Loi n. 2006-340). In particolare il Titolo III della legge (artt. 21-26) aveva l’obiettivo di agevolare l’accesso delle donne alle istanze deliberative nell’impresa e alle giurisdizioni professionali; tale parte della legge venne però allora dichiarata incostituzionale dal Consiglio costituzionale il 16 marzo 2006 (decisione n. 2006-533 DC) e la legge venne promulgata il 23 marzo 2006, senza le disposizioni del Titolo III.

La revisione costituzionale del 2008, già richiamata, e l’enunciazione del principio secondo il quale “la legge favorisce l’uguale accesso alle donne e agli uomini ai mandati elettorali e funzioni elettive, così come alle responsabilità professionali e sociali”, hanno nuovamente reso possibile l’intervento legislativo in questo ambito. La legge del gennaio 2011 (Loi n. 2011-103 du 27 janvier 2011 relative à la représentation équilibrée des femmes et des hommes au sein des conseils d'administration et de surveillance et à l'égalité professionnelle) promuove l’eguaglianza professionale tra uomini e donne nelle imprese ed impone il criterio della “rappresentanza equilibrata tra uomini e donne” nella formazione degli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in Borsa, delle imprese del settore pubblico e degli enti pubblici a carattere industriale e commerciale soggetti al diritto privato.

La proporzione degli amministratori di ciascun sesso non può essere inferiore al 40%, obiettivo da raggiungere nell'arco di 6 anni, con il raggiungimento minimo del 20% entro 3 anni dalla promulgazione della legge. Negli organi di amministrazione con un massimo di 8 membri, lo scarto tra i rappresentanti dei due sessi non può essere superiore a 2. In base al testo del legislativo del 2011 il mancato rispetto delle quote così fissate comporta la nullità delle nomine del consiglio di amministrazione, e implica l’obbligo di convocare una nuova assemblea generale per regolarizzare la composizione del consiglio medesimo.

Inoltre, per quanto riguarda i membri degli organi di amministrazione o controllo scelti da una lista di candidati, quest’ultima dovrà essere composta da candidati uomini e donne alternati in egual numero.

In Norvegia, la Legge sull’eguaglianza di genere, del 9 giugno 1978, n. 45 (Lov om likestilling mellom kjønnen. - Likestillingsloven – likestl), modificata nel 2005, dispone all’articolo 21 che la rappresentanza femminile nelle commissioni di enti pubblici, nei comitati aziendali, nei consigli di amministrazione di società, e negli organismi analoghi sia assicurata secondo specifici criteri proporzionali, tali da riservare alle donne una quota di seggi determinata dalla stessa legge in rapporto alla composizione totale del collegio.

Dal 2006 le medesime norme sono contenute dalla legge sulle società quotate in borsa e sulle società controllate dallo Stato, del 13 giugno 1997, n. 45 (Lov om allmennaksjeselskaper - allmennaksjeloven), modificata nel 2003, che prevede lo scioglimento dell'azienda in caso di inosservanza degli obblighi suddetti.

Infine, anche la Legge sulle cooperative, del 29 giugno 2007, n. 81 (Lov om samvirkeforetak –Samvirkelova) prevede, all’art. 69, le medesime disposizioni delle due leggi prima citate in relazione alla rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione.

In Spagna, la Legge organica per la parità effettiva tra gli uomini e le donne, del 22 marzo 2007, n. 3 (qui il testo in traduzione italiana) contiene una disposizione specifica (art. 75) sulla partecipazione delle donne nei consogli di amministrazione, al fine di includere nella loro composizione una presenza femminile idonea a “raggiungere una presenza equilibrata di donne e uomini in un periodo di otto anni a partire dall’entrata in vigore” della legge medesima.

Il Governo spagnolo, inoltre, ha introdotto nel 2007 un principio di best practice nel codice sulla corporate governance per promuovere le rappresentanze femminili negli organi di gestione delle società quotate, con l'obiettivo per il 2015 di arrivare a una presenza femminile del 40% nei consigli di amministrazione (ad oggi, tuttavia, le donne nei consigli delle società quotate spagnole risultano essere l'11% del totale).

In altri paesi europei, come la Germania, il Regno Unito e la Svezia, non vi sono norme sulla rappresentanza femminile nelle società quotate, ma solo "raccomandazioni" nei rispettivi codici di corporate governance.

In Germania è stato di recente modificato il Corporate Governance Kodex per tentare di aumentare la rappresentanza femminile nelle principali società. Al riguardo va segnalato l'esempio della Deutsche Telekom, che ha introdotto una quota rosa per statuto, prevedendo che entro il 2015 il 35% delle posizioni di management debba essere ricoperto da donne; sono state inoltre nominate sei donne come membri dell'organismo di controllo.

Nel Regno Unito un rapporto del marzo 2012, curato dal Department for Business, Innovation and Skills e intitolato “Women on Boards”, ha evidenziato come nel 2011 vi sia stato il più grande incremento mai registrato della percentuale di donne nei consigli di amministrazione, passando dal 12,5% del 2010 al 15,6 del 2011 nei cda delle società “top-100”. Dieci sono le raccomandazioni contenute nel rapporto, tra le quali si segnalano anzitutto il raggiungimento dell’obiettivo di almeno il 25% di rappresentanza femminile nei cda delle società “top-100” entro il 2015 e, in secondo luogo, l’obbligo delle società quotate di rendere noti ogni anno i dati relativi alle percentuali femminili nei consigli di amministrazione e nell’intera struttura societaria.

In Svezia, pur in assenza di norme specifiche in materia, la rappresentanza femminile nelle società è fra le più alte in Europa. La percentuale delle donne nei cda è passata dal 17,5 per cento nel 2003 al 25,5 nel 2012 (si tratta di un incremento annuale dello 0.9 per cento): tale percentuale è significativamente più alta rispetto alla media dell’Unione europea (15.8%)

Un rapporto pubblicato da tre studiose svedesi nel giugno 2010, intitolato “Women on the Corporate Board in Sweden”, analizza la qualità del contributo fornito dalle donne nei consigli di amministrazione societari.

 

 

Documentazione bibliografica e risorse online

 

a) Pari opportunità e “quote rosa”

Cerrina Feroni, Ginevra, Democrazia nei partiti e pari opportunità. Una rassegna comparata (in “Diritto e società”, 2009, n. 1, pp. 147-188)

Parlamento europeo, Direzione generale delle Politiche interne dell’Unione, Sistemi elettorali che prevedono quote riservate alle donne e loro applicazione in Europa (settembre 2008)

Quota Project – Global Database of Quotas for Women

Portale sulle quote rosa in materia elettorale, contenente informazioni legislative e indicazioni bibliografiche relative ad oltre 100 paesi di tutto il mondo. Il sito è promosso dall’International Institute for Democracy and Electoral Assistance (IDEA), dalla Stockholm University e dall’Inter-Parliamentary Union (IPU).

 

b) Presenza femmininile nei consigli di amministrazione

In Norvegia, un’apposita sezione del sito del Ministero dell’infanzia e dell’uguaglianza di genere offre una sintesi (in lingua inglese) dell’attuale disciplina in materia di rappresentanza dei sessi nei Consigli di Amministrazione.

Per la Spagna, uno studio pubblicato nel marzo 2013 (dal titolo Mujeres en Consejos de Administración y Organismos de Decisión de Empresas) a cura della società “Informa D&B” (facente parte del del gruppo CESCE, leader in Spagna per l’informazione nei settori della finanza, del commercio e del marketing) ha evidenziato come, a sei anni di distanza dall’approvazione della legge summenzionata, la rappresentanza femminile nei Consigli di amministrazione delle aziende continui ad essere piuttosto scarsa, segnalando che solo il 10,57% delle imprese con più di 250 dipendenti hanno un consiglio di amministrazione con più del 40% di donne.

Per una ricognizione dei dati relativi alla presenza femminile nei consigli di amministrazione in Svezia, può consultarsi lo studio dal titolo Women on the Corporate Boards in Sweden, del 2010.

 

Ulteriori informazioni sulla presenza delle donne nei consigli societari nei 27 paesi dell’Unione europea possono essere reperite sul sito della Commissione europea Women on Boards.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera

tel. 06/6760. 2278 – 3242 ; mail: LS_segreteria@camera.it