Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Disposizioni per favorire interventi volti alla prevenzione e alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico
Riferimenti:
AC N. 3342/XVII     
Serie: Appunti del Comitato per la legislazione    Numero: 504
Data: 12/10/2016
Descrittori:
SORVEGLIANZA SISMICA E IDROGEOLOGICA     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


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Disposizioni per favorire interventi volti alla prevenzione e alla riduzione del rischio idrogeologico e sismico

12 ottobre 2016
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Collegamento con lavori legislativi in corso|


Contenuto

La proposta di legge contiene disposizioni per agevolare la realizzazione di interventi di prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico e sismico prevedendo detrazioni fiscali (articoli 1, 2 e 3) e l'esclusione dal patto di stabilità interno di talune tipologie di spese. Ulteriori disposizioni riguardano l'istituzione degli uffici geologici comunali e delle cabine di regia regionali per il dissesto idrogeologico (art. 5), la promozione delle tecniche di ingegneria naturalistica (art. 7 e allegato 1), nonché l'irrogazione di sanzioni pecuniarie (art. 9).

Detrazioni fiscali per attività connesse al miglioramento sismico degli edifici e alla messa in sicurezza idrogeologica del territorio (artt. 1, 2 e 3)

L'articolo 1, comma 1, elenca una serie di attività connesse al miglioramento sismico degli edifici e alla messa in sicurezza idrogeologica del territorio, per le quali viene concessa, alle persone fisiche e giuridiche soggette alle imposte sui redditi, una detrazione dall'imposta lorda pari al 65% delle spese sostenute dalla data di entrata in vigore della legge e fino al 31 dicembre 2017.

Si ricorda che la normativa vigente prevede agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazioni, per le ristrutturazioni edilizie e per gli interventi volti al risparmio energetico degli edifici. In particolare, la detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. La norma è stata successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) l'articolo 16-bis.

A regime, la misura della detrazione IRPEF è del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare. A partire dal 26 giugno 2012 sono state elevate, di anno in anno, la misura della detrazione, dal 36 per cento al 50 per cento, e il limite di spesa massima agevolabile, da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare. Attualmente la misura del 50 per cento e il limite di spesa di 96.000 euro sono confermati fino al 31 dicembre 2016.

Si ricorda che tra gli interventi per i quali è ammessa la detrazione figurano quelli:

  • necessari alla ricostruzione o al ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, sempreché sia stato dichiarato lo stato di emergenza (articolo 16-bis, comma 1, lett. c));
  • relativi all'adozione di misure antisismiche con particolare riguardo all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari (articolo 16-bis, comma 1, lett. i)).

Con riferimento alle misure antisismiche, l'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013 ha elevato la detrazione al 65 per cento per le spese effettuate dal 4 agosto 2013 al 31 dicembre 2013 per interventi di adozione di misure antisismiche su costruzioni che si trovano in zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2 di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003) se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive. Tale misura è stata successivamente prorogata ed è attualmente confermata fino al 31 dicembre 2016.

Si ricorda che tra le spese sostenute che danno diritto alla detrazione sono comprese quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.

La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.

Per fruire della detrazione è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale , da cui risultino (c.d. bonifico parlante): 1) la causale del versamento, con il riferimento alla normativa (art. 16-bis del D.P.R. n. 917 del 1986); 2) il codice fiscale del beneficiario della detrazione; 3) il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.

Le attività per le quali spetta la detrazione (art. 1, comma 1)

Le attività elencate dal citato comma 1 riguardano:

a) indagini geognostiche e geofisiche finalizzate alla progettazione di interventi di adeguamento/miglioramento sismico delle strutture esistenti, di sistemazione/consolidamento dei versanti in frana, o di drenaggio delle acque per la mitigazione del rischio idrogeologico o il miglioramento della qualità abitativa, nonché di rinforzo dei sistemi di fondazione esistenti anche finalizzato alla riduzione dei cedimenti differenziali;

b) interventi per la sistemazione o per il consolidamento di versanti o, in generale, per la riduzione della pericolosità di frana realizzati anche con l'utilizzo delle tecniche dell'ingegneria naturalistica, che devono essere accompagnati da un adeguato studio geologico e geomorfologico;

c) interventi di manutenzione straordinaria delle opere accessorie alla rete stradale necessarie a garantire o a ripristinare il regolare deflusso delle acque, nonché a favorire la stabilità del terreno, della roccia o della sede stradale;

d) interventi per contrastare l'erosione superficiale del suolo anche con l'utilizzo delle tecniche dell'ingegneria naturalistica;

e) interventi per migliorare le caratteristiche del reticolo idrico superficiale, principale e secondario;

f) interventi di miglioramento idraulico dell'alveo e delle sponde dei corsi d'acqua connessi alla gestione degli accordi tra enti pubblici e soggetti privati di pubblico interesse;

g) interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di argini, sponde e manufatti per la protezione delle sponde di corsi d'acqua;

h) realizzazione di piani di assestamento e di piani di gestione delle superfici boschive ed interventi di taglio selettivo, di rimboschimento o di impianto di specie arbustive, pianificati dagli enti territoriali competenti, qualora in fase di progettazione una perizia di un professionista abilitato, o di personale tecnico interno specializzato, attesti che il rimboschimento contribuisca a una sensibile riduzione del rischio idrogeologico;

i) interventi strutturali di adeguamento e di miglioramento sismici di edifici e di pertinenze, in cui la riduzione della vulnerabilità sismica sia opportunamente attestata in fase di progettazione;

l) interventi di monitoraggio strutturale periodico degli edifici pubblici e privati realizzati con le moderne tecniche non distruttive di analisi modale sperimentale e di analisi spettrale dei microtremori strutturali realizzati sulle strutture esistenti;

m) interventi compensativi realizzati da soggetti pubblici o privati finalizzati al raggiungimento dell'invarianza idraulica della singola trasformazione urbanistica o territoriale conforme ai vigenti strumenti urbanistici;

n) spese tecniche ed oneri professionali connessi alla realizzazione dei predetti interventi.

Andrebbe valutata l'opportunità di un chiarimento in relazione a talune tipologie di attività, che potrebbero essere realizzate anche da soggetti pubblici, anche tenuto conto del fatto che per attività analoghe l'articolo 4 prevede l'esclusione delle relative spese (sostenute dagli enti pubblici territoriali) dal patto di stabilità interno.

Andrebbe, inoltre, valutata l'opportunità di un coordinamento con la normativa vigente riguardante la concessione di agevolazioni fiscali per l'adozione di misure antisismiche.

Le condizioni per la detraibilità delle spese (art. 2 e commi 2 e 5 dell'art. 1)

In base all'articolo 2, comma 1, le spese per gli interventi illustrati sono detraibili solo se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) riguardano interventi che i contribuenti hanno effettuato su beni immobili di cui siano proprietari, nudi proprietari o che detengono in forza di un diritto reale di godimento o che occupino a titolo di locazione o di comodato;

b) sono comprovate da fatture o da altri documenti validi e regolari sotto il profilo fiscale, con regolare quietanza e con allegate le ricevute di bonifici bancari, le copie di assegni non trasferibili, le ricevute di pagamento mediante carta di credito o bancomat, attestanti inequivocabilmente l'effettivo e regolare pagamento e debitamente autenticati mediante le forme previste dal D.P.R. 445/2000;

Al riguardo, si ricorda che la normativa vigente, sopra richiamata, richiede il bonifico bancario o postale "parlante". Tuttavia l'Agenzia delle entrate ammette altre modalità di pagamento per le spese che non è possibile pagare con bonifico (per esempio, oneri di urbanizzazione, diritti pagati per concessioni, autorizzazioni e denunce di inizio lavori, ritenute fiscali sugli onorari dei professionisti, imposte di bollo).

c) gli interventi cui le spese afferiscono sono stati effettuati in conformità alle autorizzazioni e agli adempimenti previsti dalla normativa vigente;

d) la riduzione della vulnerabilità o della pericolosità idrogeologica o sismica degli interventi è attestata dalla relazione di un professionista esperto e abilitato;

e) gli interventi di prevenzione del rischio sismico e idrogeologico realizzati su immobili sono finalizzati alla messa in sicurezza dell'intero edificio;

f) il rispetto dei requisiti progettuali e realizzativi contemplati dall'art. 6 è asseverato da un tecnico abilitato.

Ulteriori condizioni di carattere progettuale e realizzativo sono contemplate dal comma 5 dell'art. 1.

Considerato che tale comma riproduce, in gran parte, le disposizioni dei commi 1 e 2 dell'art. 6, andrebbe valutato un coordinamento con le predette disposizoni.

 Il comma 2 dell'art. 2 esclude la detraibilità degli interventi di cui alle lettere b) c), d), ed e) del comma 1, se gli stessi sono contemporanei o propedeutici alla realizzazione di interventi di edilizia privata.

Inoltre, il comma 2 dell'art. 1 prevede che le prestazioni professionali di qualunque natura previste dal comma 1 devono essere svolte esclusivamente da professionisti abilitati all'esercizio delle rispettive professioni e che le indagini diagnostiche e conoscitive di qualsiasi genere siano svolte esclusivamente da soggetti autorizzati e qualificati ai sensi della normativa vigente.

            

Limiti di detraibilità e quote annuali (art. 3, comma 1, e art. 1, commi 3 e 4) 

L'articolo 3, comma 1, stabilisce che la detrazione prevista dall'art. 1 è ripartita in cinque quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi, fino a un limite massimo di detrazione pari a 100.000 euro.

Disposizioni connesse sono dettate dai commi 3 e 4 dell'art. 1. Il comma 3 prevede che, nel caso in cui gli interventi realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione si tiene conto anche delle spese sostenute nei medesimi anni precedenti. Il comma 4 invece dispone che sono comprese nell'importo detraibile anche le spese sostenute successivamente al 31 dicembre 2017, purché siano relative a interventi la cui realizzazione sia effettivamente iniziata entro tale data.

Casi di trasferimento del beneficio fiscale (art. 3, comma 2)

Il comma 2 dell'art. 3 disciplina i casi di trasferimento della detrazione. In caso di alienazione a qualsiasi titolo del bene immobile sul quale sono stati realizzati gli interventi, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi d'imposta, salvo diverso accordo delle parti, al contribuente che ha conseguito la proprietà del bene. In caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente agli eredi legittimi o testamentari che conservano la detenzione materiale e diretta del bene.

Tale norma riproduce quanto già previsto per le detrazioni riguardanti le ristrutturazioni edilizie dall'articolo 2, commi 12-bis e 12-ter, del decreto-legge n. 138 del 2011.

Esclusione delle spese per la prevenzione/riduzione dei rischi idrogeologico e sismico dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno (art. 4 e commi 1 e 5 dell'art. 5)

L'articolo 4, comma 1, elenca una serie di attività per le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge e fino al 31 dicembre 2017, le relative spese sostenute dagli enti pubblici territoriali, a qualsiasi titolo, sono escluse dal saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno.

Il successivo comma 2 chiarisce che l'esclusione opera anche per le spese sostenute successivamente al 31 dicembre 2017, purché relative a interventi la cui realizzazione sia stata approvata entro tale data.

Si segnala che l'esclusione in questione è oggetto della proposta di legge C. 1233, intitolata proprio "Disposizioni concernenti l'esclusione delle spese per la prevenzione e la riduzione del rischio idrogeologico e sismico, effettuate dagli enti pubblici territoriali, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno", all'esame della V Commissione (Bilancio).

In merito alla disposizione in esame si rileva la necessità di una sua riformulazione che provveda a sopprimere il riferimento al Patto di stabilità interno, da considerarsi ormai superato alla luce della disciplina sul pareggio di bilancio negli enti territoriali introdotta dalla legge n. 243 del 2012, che rappresenta ora il nuovo vincolo attraverso il quale le autonomie territoriali concorrono al contenimento dei saldi di finanza pubblica.

Le spese in questione vanno pertanto escluse dal saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, individuato ai sensi del comma 710 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

 

Per quanto concerne poi l'individuazione dei soggetti beneficiari della deroga, si rileva che sebbene la norma faccia riferimento agli "enti pubblici territoriali" essa sembra doversi riferire ai soli enti locali (vale a dire, province e comuni) in quanto soltanto per essi il vincolo del patto era calcolato con riferimento al saldo finanziario, dal quale si vogliono escludere le spese in questione. Nel caso delle regioni, l'esclusione delle spese avrebbe dovuto essere formulata in termini di esclusione dal complesso delle spese finali e non dal saldo.

 

Si ricorda che la vigente disciplina del pareggio di bilancio prevede per gli enti locali l'esclusione dal computo del saldo finanziario per il 2016, di cui al comma 710 della legge n. 208/2015:
- delle spese sostenute per interventi di edilizia scolastica effettuati a valere sull'avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite massimo di 480 milioni di euro (comma 713);
- delle spese sostenute per interventi di bonifica ambientale, conseguenti ad attività minerarie, effettuati a valere sull'avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite massimo di 20 milioni di euro (comma 716).
Già in passato, il patto di stabilità interno per gli enti locali (disciplinato dall'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato, dall'articolo 1, commi 489-498, della legge n. 190/2014 - legge di stabilità per il 2015) prevedeva alcune esclusioni di specifiche voci di entrata e di spesa dal computo del saldo. Tali esclusioni erano state considerate per evitare che i vincoli del patto potessero rallentare gli impegni e i pagamenti connessi ad interventi considerati prioritari e strategici, sia per correggere eventuali effetti anomali che potessero determinarsi sui saldi a causa del non allineamento temporale tra entrata e spesa. Si ricordano, ad esempio, le esclusioni dal patto di stabilità interno:
  • delle spese per calamità naturali (articolo 31, comma 7, della legge n. 183/2011);
  • delle spese effettuate con risorse provenienti direttamente o indirettamente dall'Unione europea (articolo 31, comma 10, della legge n. 183/2011);
  • delle risorse trasferite dall'ISTAT e delle spese per la progettazione e l'esecuzione dei censimenti (articolo 31, comma 12, della legge n. 183/2011);
  • di talune spese sostenute dal comune di Campione d'Italia, riferite alle peculiarità territoriali di tale comune (articolo 31, comma 14-bis, della legge n. 183/2011);
  • delle spese sostenute dai comuni per interventi di edilizia scolastica (articolo 31, comma 14-ter, della legge n. 183/2011, e successivi DPCM attuativi).
 
Le attività per le quali opera l'esclusione (art. 4, comma 1, e art. 5, comma 1)

Il comma 1 elenca le attività per le quali opera l'esclusione, che riguardano tra l'altro:

-  la realizzazione delle misure compensative per il rispetto dei princìpi dell'invarianza idraulica, della sicurezza idrogeologica e della sicurezza idraulica; 

- le attività di monitoraggio, comprese la progettazione, l'installazione e la manutenzione di sistemi di monitoraggio;

- gli interventi per la sistemazione o per il consolidamento di versanti o, in generale, per la riduzione della pericolosità di frana, privilegiando gli interventi di ingegneria naturalistica definita dall'articolo 7;

- gli interventi per migliorare il drenaggio delle acque meteoriche e del reticolo idrico superficiale, principale e secondario;

- gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di argini, sponde e manufatti per la protezione delle sponde dei corsi d'acqua;

- gli interventi di rimboschimento qualora sia attestato che genera una sensibile riduzione del rischio idrogeologico;

- gli interventi di ristrutturazione edilizia (come definiti dal T.U. edilizia di cui al D.P.R. 380/2001) di edifici pubblici con criteri antisismici, nonché gli interventi strutturali di adeguamento e di miglioramento sismici di edifici pubblici, in cui la riduzione della vulnerabilità sismica sia opportunamente attestata in fase di progettazione dalla perizia di un professionista idoneo, o di personale tecnico interno specializzato;

- le azioni di valutazione e di controllo degli aspetti ambientali legati alle attività industriali presenti nel territorio comunale;

- le azioni per la predisposizione del censimento con georeferenziazione dei punti di scarico delle attività industriali e delle abitazioni private finalizzato alla predisposizione e alla gestione degli adeguamenti richiesti per uniformare alla legislazione vigente anche gli scarichi esistenti di qualunque tipo;

- gli interventi di miglioramento della permeabilità del suolo;

- la realizzazione di vasche di laminazione previste nella pianificazione di bacino, o previo parere dell'autorità di bacino distrettuale, comunque finalizzate alla mitigazione del rischio idrogeologico.

Andrebbe valutata l'opportunità di verificare il riferimento all'articolo 69 del decreto legislativo n. 152 del 2006 richiamato in corrispondenza di taluni dei predetti interventi.

Tale disposizione prevede che i piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.
I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:
a)  interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
b)  svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
c)  compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.
Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.
Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.

Ai sensi del comma 1 dell'art. 5 sono altresì escluse le spese a qualsiasi titolo sostenute dagli enti pubblici territoriali per la predisposizione, l'attivazione e il funzionamento di uffici geologici comunali e di cabine di regia regionali sul dissesto idrogeologico

 

     Le condizioni per l'esclusione (art. 4, commi 3 e 4, e comma 4 dell'art. 6)

     In base al comma 3 dell'art. 4 l'esclusione in questione non opera, relativamente agli interventi di cui alle lettere d), e) e f) del comma 1 dell'art. 4, se gli stessi sono contemporanei o propedeutici alla realizzazione di interventi di edilizia privata. Si tratta di interventi analoghi a quelli previsti dalle lettere b), c) ed e) dell'art. 2, comma 2 ai quali non si applicano le detrazioni fiscali del comma 1 dell'articolo 1 a tali condizioni.

Tale disposizione è pressochè identica a quella contenuta nell'A.C. 1233. La relazione illustrativa motiva la norma con la necessità di evitare che le agevolazioni possano favorire speculazioni edilizie o di altro tipo.

      Il successivo comma 4 detta requisiti progettuali e realizzativi che riproducono in buona parte quelli dettati dall'art. 6.

Si valuti pertanto un coordinamento del comma in esame con tali disposizioni.

Per gli interventi di importo superiore a 500.000 euro l'esclusione è sottoposta al parere del dipartimento della protezione civile regionale che, entro 60 giorni, valuta la priorità dell'intervento, la sua fattibilità e la congruità dell'importo (art. 6, comma 4).

Istituzione e funzioni degli Uffici geologici comunali e delle Cabine di regia regionali per il dissesto idrogeologico (art. 5, commi 1-4 e 6-7)

L'art. 5 disciplina le competenze e le funzioni degli uffici geologici comunali e delle cabine di regia regionali sul dissesto idrogeologico per la cui istituzione il comma 1 prevede l'esclusione delle spese dal patto di stabilità.

L'art. 5, comma 6, chiarisce che l'istituzione di uffici geologici comunali è obbligatoria e deve avvenire, da parte dei singoli comuni o da associazioni degli stessi, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

   Il comma 7 dispone che le cabine di regia coordinano e programmano le attività degli enti, sia comunali che di livello superiore, preposti alla tutela delle risorse idriche, al fine di garantire un'azione sinergica tecnica e gestionale conforme alle disposizioni delle direttive europee in materia di acque (2000/60/CE) e di gestione dei rischi di alluvioni (2007/60/CE), nonché di garantire la prevenzione e la protezione del territorio comunale.

Il comma 1 assegna alle strutture in questione i seguenti ruoli:

  • agli uffici geologici comunali un ruolo operativo e di produzione di materiale tecnico;
  • alle cabine di regia regionali un ruolo di coordinamento delle attività comunali con gli enti preposti alla prevenzione del dissesto idrogeologico.

Quest'ultima disposizione riproduce nella sostanza quanto stabilito, in maniera più precisa, dal comma 7.

Attività a cui sono preposti gli uffici geologici comunali e competenze (art. 5, commi 1, 3 e 4)

In base al comma 1, gli uffici comunali in questione, anche in forma associata con gli uffici di altri comuni, sono preposti alle seguenti attività:

- individuazione e valutazione delle aree sottoposte ai rischi geologici, geomorfologici e idrogeologici presenti nel territorio comunale, specificando in dettaglio gli ambiti territoriali, la popolazione, le infrastrutture e gli insediamenti esposti;

- produzione di cartografia tematica a fini conoscitivi e di interscambio di dati, nonché  allo scopo di produrre nuovi strumenti urbanistici e cartografici geotematici relativi alla pericolosità geomorfologica, idraulica e di microzonazione sismica;

- monitoraggio del territorio di competenza con finalità di previsione e prevenzione dei rischi geologici, geomorfologici, idrogeologici e sismici;

- azioni di vigilanza sulla rete idrografica secondaria e sulla modificazione della permeabilità del suolo a seguito delle trasformazioni urbanistiche;

- partecipazione in progetti di studio e ricerca;

- supporto agli uffici di protezione civile comunali (nella stesura e attuazione dei piani di emergenza) e agli uffici tecnici comunali (nella programmazione di interventi di mitigazione preventiva nelle aree a rischio idrogeologico);

- archiviazione e catalogazione con geolocalizzazione finalizzata alla creazione di basi di dati comunali delle indagini geologiche e geotecniche dirette, nonché delle altre indagini di tipo geofisico realizzate da privati nell'ambito di pratiche edilizie e urbanistiche, da realizzare entro 3 anni dall'entrata in vigore della legge;

- predisposizione, di concerto con le agenzie regionali per la protezione ambientale, con le aziende sanitarie competenti per territorio e con l'ente gestore dei servizi idrici, del censimento e della georeferenziazione degli scarichi industriali e delle abitazioni private al fine dell'adeguamento degli stessi alla legislazione vigente.

Il comma 3 dispone che gli uffici geologici comunali operano in stretta connessione con le strutture tecniche nazionali e territoriali preposte alla difesa del suolo e alla lotta contro la desertificazione, applicando gli standard di lavoro delle medesime strutture e agevolano lo scambio di informazioni contenute nelle rispettive banche di dati.

Il comma 4 prevede che l'attività degli uffici geologici comunali si esplichi nei seguenti campi e azioni:

- coordinare e armonizzare l'aggiornamento e l'approfondimento delle conoscenze geologiche, geologico-tecniche, geomorfologiche, idrogeologiche e sismiche (anche e soprattutto derivanti dalla documentazione allegata alle normali pratiche edilizie) al fine di produrre e mantenere una cartografia a scala comunale di tipo geologico geotematico e di microzonazione sismica necessaria alla pianificazione territoriale e urbanistica;

- esprimere parere vincolante sulle scelte urbanistiche e sulla qualità delle trasformazioni, con particolare riguardo ai profili idraulici e idrogeologici e all'impatto ambientale;

- realizzare nuovi corpi arginali se previsti nella pianificazione di bacino, o previo parere dell'autorità di bacino distrettuale, comunque finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico;

- valutare e controllare, esprimendo parere vincolante, i seguenti interventi: manutenzione ordinaria/straordinaria di argini, sponde e manufatti per la protezione delle sponde dei corsi d'acqua; rimboschimento, qualora generi una sensibile riduzione del rischio idrogeologico (attestata, in fase di progettazione, da perizia di un professionista idoneo o di personale tecnico interno specializzato); adeguamento/miglioramento sismico di edifici pubblici (in cui la riduzione della vulnerabilità sismica sia opportunamente attestata in fase di progettazione dalla perizia di un professionista idoneo, o di personale tecnico interno specializzato); sistemazione di versanti o, in generale, di riduzione della pericolosità di frana; manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere accessorie del reticolo stradale per garantire il deflusso delle acque e favorire la stabilità del terreno; miglioramento del drenaggio delle acque meteoriche e del reticolo idrico superficiale, compresi gli interventi di taglio selettivo della vegetazione in alveo;

- valutare e controllare, esprimendo parere vincolante, gli aspetti ambientali legati alle attività industriali presenti nel territorio comunale finalizzando l'azione dell'ufficio geologico comunale all'ottenimento della protezione dall'inquinamento dei suoli e delle falde idriche;

- predisporre studi e approfondimenti tecnici riguardanti la riduzione del rischio geologico;

- predisporre, di concerto con le agenzie regionali per la protezione ambientale, con le aziende sanitarie locali competenti per territorio e con l'ente gestore dei servizi idrici, il censimento e la georeferenziazione degli scarichi delle attività industriali e delle abitazioni private finalizzato all'adeguamento alla legislazione vigente degli scarichi stessi

Si segnala che tale attività, previista alla lettera n) del comma 4, è identica a quella di cui alla lettera l) del comma 1 del medesimo articolo. 

- eseguire interventi di miglioramento della permeabilità del suolo;

- realizzare vasche di laminazione, se previste nella pianificazione di bacino, o previo parere dell'autorità di bacino distrettuale comunque finalizzate alla mitigazione del rischio idrogeologico.

Attività a cui sono preposte le cabine di regia (art. 5, comma 2)     

In base al comma 2 dell'art. 5, le cabine di regia regionali per il dissesto idrogeologico sono preposte alle seguenti attività:

- coordinamento con le autorità di bacino per aggiornare e completare i PSAI nel territorio comunale;

- coordinamento degli uffici tecnici comunali nel recepimento delle norme di tutela idrogeologica del piano di assetto idrogeologico (PAI) nel piano regolatore generale (PRG);

- ottimizzazione nelle logiche gestionali in materia idrogeologica e idraulica a livello territoriale, coordinando le amministrazioni competenti per l'accelerazione delle procedure di pianificazione e di intervento;

- coordinamento per l'elaborazione di piani di potatura degli alberi e della spazzatura delle strade;

- identificazione delle scale delle priorità degli interventi;

- coordinamento tra gli uffici di protezione civile comunali e i servizi tecnici del comune nella predisposizione e nella piena attuazione dei piani di emergenza;

- coordinamento fra le strutture tecniche nazionali e territoriali preposte alla difesa del suolo e gli uffici tecnici comunali;

- coordinamento fra i diversi uffici tecnici comunali nella programmazione di interventi di mitigazione preventiva nelle aree a rischio idrogeologico;

- coordinamento di studi ed approfondimenti tecnici riguardanti la riduzione del rischio idrogeologico.

      

Requisiti progettuali e realizzativi degli interventi (art. 6, commi 1-3 e 5)

Il comma 1 dell'articolo 6 stabilisce che gli interventi di cui agli articoli 1, 4 e 5 della presente legge devono essere progettati e realizzati anche in funzione della salvaguardia dell'ambiente in tutti i suoi aspetti, nel rispetto delle prescrizioni per le zone sismiche e dei vincoli di carattere ambientale, ecologico, idrogeologico, forestale e paesaggistico, ai sensi del D.Lgs. 42/2004, delle leggi nn. 394/1991, 64/1974 e 1766/1927, del R.D. 3267/1923, e delle direttive 2000/60/CE (c.d. direttiva acque) e 2007/60/CE (c.d. direttiva alluvioni).

Si tratta di una norma analoga a quella contenuta nell'art. 2 dell'A.C. 1233. 

Relativamente ai vincoli di carattere paesaggistico, si ricorda che essi sono disciplinati dal D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). In particolare l'art. 146, comma 1, di tale decreto dispone che i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati in base alle disposizioni del Codice stesso, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. Pertanto, ai sensi del comma 2, hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non abbiano ottenuto l'autorizzazione.
Per quanto riguarda i vincoli ambientali previsti dalla L. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette), si ricorda che l'art. 6 prevede specifiche misure di salvaguardia per le aree individuate come aree da proteggere, che operano fino all'istituzione delle singole aree protette. In tali misure di  salvaguardia è compreso il divieto di esecuzione di nuove costruzioni e di trasformazione di quelle esistenti, che opera al di fuori dei centri edificati e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati. In seguito all'istituzione dell'area protetta, e all'approvazione del relativo regolamento, la disciplina dell'esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco è contenuta nel medesimo regolamento.
Si ricorda inoltre che qualsiasi attività che comporti una trasformazione nei boschi e nei terreni sottoposti a vincolo idrogeologico è soggetta all'autorizzazione di cui all'art. 7 del R.D. 3267 del 1923. L'art. 1 del medesimo decreto sottopone a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme del decreto, possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque. Ai sensi dell'art. 2 la determinazione dei terreni da vincolare viene fatta per zone nel perimetro dei singoli bacini fluviali, sulla base delle indicazioni dell'Amministrazione forestale.
Si fa notare che, ai sensi dell'art. 142 del D.Lgs. n. 42/2004, rientrano tra i beni paesaggistici vincolati ex lege i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi, i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento e anche le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici, con le eccezioni indicate nel medesimo articolo. Tali eccezioni riguardano in massima parte le aree che alla data del 6 settembre 1985 erano delimitate, negli strumenti urbanistici, come zone territoriali omogenee A e B ai sensi del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, vale a dire centri storici e le altri parti del territorio totalmente o parzialmente edificate.
Si rammenta infine che la citata legge n. 1766/1927 disciplina gli usi civici, vale a dire quei diritti spettanti a una collettività, insediata su un territorio, il cui contenuto consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque, mentre la legge n. 64 del 1974 detta disposizioni per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche.

    Requisiti ulteriori sono fissati dai commi 2 e 3.

Il comma 2 stabilisce che all'atto della progettazione preliminare deve essere effettuato un esame delle diverse soluzioni possibili tenendo conto, nella valutazione dei costi e dei benefici, anche di costi e benefici di tipo ambientale, optando per la soluzione che realizza il miglior grado di integrazione tra i diversi obiettivi.

Condizioni specifiche riguardano alcuni tipi di interventi. Viene infatti prescritto che:

  • gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare l'equilibrio sedimentario del corso d'acqua;
  • gli interventi di naturalizzazione, incluse la delocalizzazione di beni ubicati in aree ad alta pericolosità idraulica e la rimozione di manufatti che limitano la continuità tra alveo e piana inondabile, devono essere privilegiati, ove possibile, rispetto agli interventi di artificializzazione.

     

Il comma 3 prevede una vera e propria procedura per l'approvazione degli interventi di cui all'articolo 1 sul reticolo idrografico e, in particolare, per la mitigazione del rischio idraulico.

A tal fine viene prevista la presentazione, all'autorità di bacino o al distretto idrografico territorialmente competente, di una relazione tecnica, che deve attestare e dimostrare con chiarezza, da parte di ogni professionista, ciascuno per le proprie competenze professionali, che l'intervento non comporta un aggravio del rischio idraulico a valle o a monte.

Si osserva che, in virtù della riforma dell'organizzazione dei distretti idrografici operata dall'art. 63 del D.Lgs. 152/2006 (da ultimo modificato dall'art. 51 del cd. collegato ambientale), in ciascun distretto idrografico è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, quale autorità competente ai sensi della direttiva 2000/60/CE e del D.Lgs. 49/2010 (di recepimento della direttiva 2007/60/CE).

Andrebbe pertanto valutata l'opportunità di modificare la disposizione in esame al fine di adeguarla al sistema di governance disciplinato dalle richiamate disposizioni.

Entro 60 giorni dalla presentazione, l'autorità di bacino deve adottare l'atto di assenso o di diniego, ovvero richiedere integrazioni o suggerire modifiche all'intervento. L'autorità con motivata ragione può richiedere ulteriori 30 giorni per esprimere il proprio giudizio, decorsi i quali si intende formato il silenzio-diniego. La richiesta di documentazione integrativa interrompe tale termine. Il silenzio-diniego deve in ogni caso essere adeguatamente motivato da parte dell'ente competente entro ulteriori 30 giorni.

Si segnala che sono state adottate disposizioni in attuazione della legge n. 124/2015 di riforma della P.A. Con il D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 126 sono state introdotte alcune disposizioni generali applicabili ai procedimenti relativi alle attività non assoggettate ad autorizzazione espressa (cd. SCIA 1). Il decreto introduce norme generali sulle modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni: in particolare, stabilendo l'obbligo per le amministrazioni di rilasciare una ricevuta dell'avvenuta presentazione dell'istanza, comunicazione o segnalazione, anche in via telematica. Inoltre, è introdotta una disciplina per evitare che la stessa SCIA diventi più complicata del procedimento ordinario a causa dei numerosi atti presupposti, prevedendo una concentrazione dei regimi amministrativi: in base ad essa nei casi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, l'interessato presenta un'unica SCIA e l'attività può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione (cd. SCIA unica). Spetta all'amministrazione che riceve la SCIA di trasmetterla alle altre amministrazioni interessate, al fine di consentire il controllo sulla sussistenza dei presupposti e requisiti di loro competenza. Nei casi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA sia necessaria l'acquisizione di atti di assenso, comunque denominati, o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, è prevista, dopo la presentazione della SCIA, la convocazione della conferenza di servizi.
Al contempo, il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, sempre adottato in attuazione della legge 124/2015, ha interamente riscritto gli articoli da 14 a 14-quinquies della L. n. 241/1990 sulla conferenza dei servizi. La nuova disciplina distingue due modelli di conferenza decisoria, caratterizzati da diverse modalità di svolgimento; inoltre, sono ridotti i relativi termini procedimentali.
Infine, nell'ambito delle misure di semplificazione introdotte dalla legge di riforma delle amministrazioni pubbliche immediatamente cogenti, è stato introdotto il meccanismo di silenzio assenso (regolato nei rapporti tra privati e amministrazione dall'art. 20, L. 241/1990) nei rapporti tra amministrazioni pubbliche. In virtù del nuovo istituto, nei casi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi da parte di una pubblica amministrazione sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, le amministrazioni o i gestori competenti sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, decorso il quale senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito (art. 17-bis, L. 241/1990, introdotto dall'art. 3, L. 124/2015).
Il termine di trenta giorni è suscettibile di una sola interruzione qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso faccia presenti esigenze istruttorie o presenti richieste di modifica, che devono essere motivate e formulate in modo puntuale entro il termine stesso. In seguito all'interruzione del termine, l'assenso, il concerto o il nulla-osta sono resi nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento. In caso di conflitto tra amministrazioni statali coinvolte, spetta al Presidente del Consiglio decidere sulle modifiche da apportare al provvedimento, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Si applica il silenzio assenso decorsi novanta giorni anche per i pareri e i nulla osta di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini. L'unica eccezione prevista all'applicazione del silenzio assenso è rappresentata dai casi in cui l'adozione di un provvedimento espresso sia richiesta da disposizioni del diritto dell'Unione europea.

In base al comma 5, sono escluse dall'applicazione della legge le opere strutturali di riduzione della vulnerabilità o della pericolosità sismica volte a:

a) sopraelevare la costruzione;

b) ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente ad essa connesse;

c) apportare variazioni di classe o destinazione d'uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10 per cento;

d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che realizzino una costruzione diversa dalla precedente.

 

Promozione delle tecniche di ingegneria naturalistica (art. 7 e allegato 1)

Il comma 1 dell'articolo 7 dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nelle opere pubbliche è privilegiato l'uso di tecniche di ingegneria naturalistica, le quali vengono definite dal successivo comma 2.

La definizione contenuta nel comma 2 include tra le tecniche di ingegneria naturalistica:

a) le tecniche di rinaturazione finalizzate alla realizzazione di ambienti idonei a specie o a comunità vegetali e animali;

b) le tecniche che utilizzano piante vive, o parti di esse, quali materiali da costruzione, da sole o in abbinamento con altri materiali;

c) le tecniche che utilizzano materiali, anche solo inerti, infrastrutture e altri strumenti volti a garantire condizioni favorevoli alla vita delle specie animali.

 

I commi 3 e 4 elencano i contesti di applicazione delle tecniche di ingegneria naturalistica e gli obiettivi che le stesse consentono e devono perseguire.

Il comma 5 e l'allegato 1 dettano disposizioni modificative dell'abrogato D.P.R. 207/2010, regolamento attuativo del "vecchio" Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006).

L'attuazione del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) non prevede l'emanazione di un nuovo regolamento sostitutivo del D.P.R. 207/2010, ma il ricorso a linee guida proposte ovvero adottate dall'Autorità nazionale anticorruzione (l'ANAC).

Una prima modifica, prevista dal comma 5, riguarda l'introduzione, nella normativa sui contratti pubblici, della definizione di "ingegneria naturalistica", intesa come "la disciplina tecnico-scientifica che studia le modalità di utilizzo, come materiale da costruzione, del materiale vivo, piante o parti di esse, in abbinamento con altri materiali non cementizi". 

Si fa notare in proposito che la lettera pp) dell'art. 3 del D.Lgs. 50/2016 definisce l'«opera» come "il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di difesa e di presidio ambientale, di presidio agronomico e forestale, paesaggistica e di ingegneria naturalistica".

La seconda modifica riguarda la riscrittura (da parte dell'allegato 1 alla proposta di legge in esame) della descrizione dei contenuti della lavorazione specialistica OG13 "Opere di ingegneria naturalistica", contenuta nell'allegato A al D.P.R. 207/2010.

Il comma 5 e l'allegato 1 andrebbero coordinati con il nuovo quadro normativo di riferimento contenuto nel decreto legislativo n. 50 del 2016. 

Merita segnalare che, in base alle disposizioni transitorie contenute nell'art. 216, comma 14, del D.Lgs. 50/2016, l'allegato A è ancora in vigore e lo sarà fino all'adozione delle linee guida, relative ai lavori pubblici, con cui l'ANAC dovrà disciplinare requisiti, qualificazione e avvalimento.

Il secondo periodo del comma 2 dell'art. 83 del D.Lgs. 50/2016 prevede, infatti, l'emanazione (entro il 19 aprile 2017), da parte dell'ANAC, di linee guida relative ai lavori volte a disciplinare, nel rispetto dei principi dettati dal medesimo articolo: il sistema di qualificazione; i casi e le modalità di avvalimento; i requisiti e le capacità che devono essere posseduti dal concorrente e la documentazione richiesta ai fini della dimostrazione del loro possesso. L'art. 216, comma 14, prevede che, nelle more dell'emanazione delle linee guida continuino ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al Titolo III (intitolato "Sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori" e composto dagli articoli 60-96) della Parte Il del D.P.R. 207/2010, nonché degli allegati e delle parti di allegati ivi richiamate.

Poiché l'allegato A è richiamato dall'art. 61, comma 3, esso resterà in vigore fino all'emanazione delle citate linee guida. 

 
Vincoli decennali sull'edificabilità e la destinazione d'uso dei terreni interessati (art. 8)

L'articolo 8 introduce i seguenti vincoli decennali sui terreni su cui sono stati eseguiti gli interventi agevolati dalla proposta di legge:

  • i terreni non edificabili interessati dagli interventi di cui all'art. 1 non possono diventare edificabili per almeno 10 anni dalla fine dell'intervento, ove non sussistano limiti maggiori;
  • i terreni interessati dagli interventi di cui agli artt. 4 e 5 non possono cambiare destinazione d'uso per almeno 10 anni dalla loro conclusione, fatti salvi eventuali limiti maggiori.

 

Tale ultima disposizione riproduce quella dell'A.C. 1233, nella cui relazione illustrativa si motiva la norma in questione in ragione della necessità di evitare successive speculazioni edilizie o di altro tipo sui terreni. 

Sanzioni (art. 9)

L'articolo 9, fatta salva l'ulteriore responsabilità civile, penale e amministrativa prevista dalla normativa vigente, prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 3% dell'importo ammesso a detrazione e, comunque, non inferiore a 10.000 euro:

  • al professionista che, nel redigere una perizia o asseverazione, in base alle disposizioni della medesima proposta di legge, con dolo o con colpa grave riporta fatti e dati o formula conclusioni non rispondenti alla realtà (comma 1);
  • al contribuente che, sapendo che la perizia o l'osservazione (rectius l'asseverazione) presenta i vizi citati, l'ha comunque utilizzata al fine di ottenere la detrazione prevista dalla proposta di legge in esame. In tal caso, il contribuente decade altresì dal diritto di beneficiare di ogni ulteriore detrazione o agevolazione fiscale, di qualsiasi natura, della quale eventualmente usufruisca (comma 2);
  • al responsabile dell'organo che ha deliberato uno degli interventi di agli artt. 4 e 5, qualora, sapendo che la perizia presenta i vizi citati, l'ha comunque utilizzata al fine di ottenere l'esclusione delle spese sostenute per l'intervento dal saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno. In tal caso è altresì prevista l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni (comma 3). 

In relazione alle sanzioni amministrative previste dall'art. 9, si osserva:

- che la clausola di salvaguardia del primo comma ("Fatta salva l'ulteriore responsabilità civile, penale e amministrativa prevista dalla normativa vigente") potrebbe non trovare applicazione nel caso in cui il fatto illecito sia considerato reato. L'art. 9 della legge n. 689 del 1981 afferma, infatti, che «Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale»; diversamente, la sovrapposizione della sanzione amministrativa alla sanzione penale determinerebbe una lesione del principio del "ne bis in idem". Si valuti dunque l'opportunità di prevedere, all'inizio della disposizione, una diversa clausola di salvaguardia ("Salvo che il fatto costituisca reato");
- che al professionista che assevera con dolo o colpa grave fatti non rispondenti alla realtà è applicabile - per le condotte dolose - la fattispecie penale di falso ideologico prevista dall'art. 481 c.p.(Chiunque, nell'esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 51 a euro 516. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro), come confermato da ultimo da Cass. pen. Sez. III, 18-06-2014, n. 50621;

- che potrebbe essere opportuno precisare l'autorità amministrativa titolare all'irrogazione delle sanzioni;

- che l'interdizione dai pubblici uffici costituisce attualmente una pena accessoria per i delitti, comminata non da un'autorità amministrativa bensì dal giudice penale.

 

Copertura finanziaria (art. 10)

  L'articolo 10 reca la copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento in esame, che vengono quantificati, al comma 1, nel limite massimo di 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.

Alla copertura degli oneri così quantificati si provvede ai sensi di quanto previsto dai successivi commi da 2 a 6.

In particolare, il comma 2 ridetermina in aumento a decorrere dal 1 marzo 2017 i canoni annui per i permessi di ricerca e per le concessioni di coltivazione di idrocarburi, di cui all'articolo 18, comma 1 del D.Lgs. n. 625/1996, e, nello specifico porta il canone annuo per:

a) permesso di ricerca: dagli attuali 7,18 euro a 1.095 euro per chilometro quadrato;

b) permesso di ricerca in prima proroga: da 14,37 euro a 2.191,50 euro per chilometro quadrato;

c) permesso di ricerca in seconda proroga: da 28,74 euro a 4.381,50 euro per chilometro quadrato;

d) concessione di coltivazione: da 57,47 euro a 8.763 euro per chilometro quadrato;

e) concessione di coltivazione in proroga: da 86,21 euro a 13.144,50 euro per chilometro quadrato.

Il comma in esame, nel sostituire il comma 1 dell'articolo 18, non prevede più il canone annuo che, secondo la disciplina vigente, è dovuto per il permesso di prospezione e per la concessione di stoccaggio.

   L'attuale disciplina dei canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana sono fissati dal citato articolo 18, comma 1, del D.Lgs. n. 625/1996. Ai sensi del comma 2 dell'articolo 18, nel caso di titoli minerari ricadenti nel territorio delle regioni a statuto speciale o delle province autonome di Trento e Bolzano i canoni sono dovuti alla regione o provincia autonoma. Ai sensi del comma 3, i canoni indicati dal comma 1 sono aggiornati con decreto del Ministro dell'economia e finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
   La tabella che segue - tratta dal sito istituzionale del MISE - dà indicazione dei canoni come rivalutati a gennaio 2015 secondo l'indice ISTAT dei prezzi al consumo:
Tipologia di titolo minerario
Importo definito dal
D.Lgs 625/96
(Lire/Km2)
Canone rivalutato
Gennaio 2015
(Euro/Km2)
Permesso di prospezione
5.000
3,59
Permesso di ricerca
10.000
7,18
Permesso di ricerca in prima proroga
20.000
14,37
Permesso di ricerca in seconda proroga
40.000
28,74
Concessione di coltivazione
80.000
57,47
Concessione di coltivazione in proroga
120.000
86,21
Concessione di stoccaggio su concessione di coltivazione
20.000
14,37
Concessione di stoccaggio senza concessione di coltivazione
80.000
57,47

Il comma 3 ridetermina in aumento il canone annuo da versare in caso di rilascio del titolo concessorio unico (ricerca + coltivazione, ai sensi di quanto consentito dall'articolo 38 del D.L. n. 133/2014), che viene fissato in misura pari a 10.000 euro per chilometro quadrato.

Attualmente, ai sensi del D.M. 25 marzo 2015, il titolare del titolo concessorio unico deve corrispondere allo Stato un canone annuo relativo alla superficie dell'area asservita alla fase di ricerca con le stesse modalità previste dal sopra indicato articolo 18 del D.Lgs. n. 625/96 per il permesso di ricerca ed un canone relativo alla superficie dell'area asservita alla fase di coltivazione con le stesse modalità previste dal medesimo articolo 18 per la concessione di coltivazione.

 Il comma 4 innalza, a decorrere dal 1º marzo 2017, l'aliquota di prodotto che deve essere corrisposta allo Stato dai titolari di ciascuna concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi estratti sia in terraferma che in mare, stabilendola, uniformemente, nella misura del 50 per cento della quantità di idrocarburi estratti.

   Ai sensi del vigente articolo 19, comma 1, del D.Lgs. n. 625/1996, il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è invece tenuto a corrispondere annualmente allo Stato il valore di un'aliquota del prodotto della coltivazione pari al 7 per cento della quantità di idrocarburi liquidi e gassosi estratti in terraferma, e al 7 per cento della quantità di idrocarburi gassosi e al 4 per cento della quantità di idrocarburi liquidi estratti in mare (petrolio offshore). Tali aliquote sono state parzialmente modificate dall'articolo 45 della legge n. 99/2009. La norma ha previsto, per le sole produzioni di idrocarburi liquidi e gassosi ottenute in terraferma, compresi i pozzi che partono dalla terraferma, l'innalzamento dell'aliquota al 10 per cento. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione versa le somme corrispondenti al valore dell'incremento di aliquota ad un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, le quali sono poi interamente riassegnate al Fondo preordinato alla promozione di misure di sviluppo economico e all'attivazione di una social card per i residenti nelle regioni interessate dalle estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi. Le modalità procedurali di utilizzo del Fondo citato sono state disciplinate con D.M. 25 febbraio 2016.
  L'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996 prevede varie esenzioni dal pagamento e riduzioni sul pagamento d'aliquota dovuto, che la proposta di legge in esame, al successivo comma 5, provvede ad abrogare (vedi, infra).
  Sulla base dei dati disponibili sul sito istituzionale del MISE, il gettito delle royalties sulle produzioni idrocarburi per l'anno 2016 è circa 187,6 milioni di euro. Esso è, ai sensi degli articoli 20 e ss. del D.Lgs. n. 625, destinato, in diversa misura percentuale, allo Stato, alle regioni e ai comuni, anche per interventi di risanamento ambientale delle aree.
Si osserva che il comma 4 in esame interviene sull'entità dell'aliquota di prodotto che deve essere corrisposta annualmente allo Stato dai titolari di ciascuna concessione di coltivazione di idrocarburi, senza operare una modifica esplicita al comma 1 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996.

 

Il comma 5, lettera a) abroga le esenzioni e le riduzioni di pagamento delle aliquote di prodotto della coltivazione di idrocarburi di cui all'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996, ed in particolare:

  • abroga le esenzioni dal pagamento d'aliquota previste per le produzioni disperse, bruciate, impiegate nelle operazioni di cantiere o nelle operazioni di campo oppure reimmesse in giacimento, e le esenzioni dal pagamento per le produzioni ottenute durante prove di produzione effettuate in regime di permesso di ricerca (abrogazione del comma 2 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996);
  • abroga le esenzioni dal pagamento d'aliquota previste per le produzioni dei primi 20 milioni di Smc di gas e 20000 tonnellate di olio prodotti annualmente in terraferma, e i primi 50 milioni di Smc di gas e 50000 tonnellate di olio prodotti annualmente in mare (abrogazione del comma 3 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996);
  • abroga le riduzioni d'aliquota previste per le produzioni di gas in terraferma, per le produzioni di gas in mare, e per le produzioni di olio in terraferma e di olio in mare, ai fini di tenere conto di qualunque onere relativo, compresi quelli relativi al trattamento e trasporto, le ulteriori riduzioni per tener conto dei costi fatturati di vettoriamento, le ulteriori riduzioni che possono essere concesse dal MISE per le produzioni di idrocarburi con caratteristiche di marginalità economica causata da speciali trattamenti necessari per portare tali produzioni a specifiche di commerciabilità e per il flussaggio di olii pesanti (abrogazione dei commi 6 e 7 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996);
    Si ricorda che, ai sensi del comma 7 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996, l'entità delle riduzioni è annualmente determinata dal MEF per tener conto delle variazioni annuali dei prezzi della produzione di prodotti industriali e del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) nell'industria. L'ultima determinazione è avvenuta con D. Dirett. 23 marzo 2016.
  • abroga la disposizione che, in luogo delle riduzioni sopra indicate, esenta dal pagamento d'aliquota, a decorrere dall'anno 2002, un ammontare della produzione annuale per ciascuna concessione di coltivazione pari a 25 milioni di Smc di gas per le produzioni in terraferma e a 80 milioni di Smc di gas per le produzioni in mare (abrogazione del comma 6-bis dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996).

 

Il comma 5, alle lettere da b) a d), interviene con modifiche di coordinamento ed in particolare:

  • sopprime (al comma 8 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625) il richiamo alle riduzioni d'aliquota ai fini della determinazione annuale delle royalties dovute da parte del titolare della concessione;
  • esplicita (nei commi 12 e 14 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 625) il richiamo alla Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie (i commi 12 e 14 fanno invece attualmente riferimento alla Commissione di cui al comma 7 dell'articolo 19, il quale viene abrogato dal provvedimento in esame).

 

Il comma 6 prevede, a decorrere dal 1º marzo 2017, l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di 2.000 euro per chilometro quadrato per ogni anno di mancato inizio delle attività di concessione.

Non è specificato se il richiamo al chilometro quadrato intenda fare riferimento all'estensione (in km quadrati) della concessione di coltivazione.

  L'articolo 30 del D.Lgs. n. 625/1996 prevede che il provvedimento di attribuzione della concessione di coltivazione (Decreto direttoriale) approva il programma dei lavori da svolgere e stabilisce ogni altro obbligo in conformità delle disposizioni di legge. Il provvedimento concessorio indica l'estensione della concessione, che non può superare 150 chilometri quadrati, e la sua durata, che non può superare 20 anni, prorogabili secondo le norme vigenti.
  Il Disciplinare tipo di cui al D.M. 4 marzo 2011, come modificato ed aggiornato (in ragione dell'introduzione del titolo concessorio unico) dal D.M. 25 marzo 2015, prevede che il Ministero dichiari la decadenza del titolare del permesso di prospezione o di ricerca, o della concessione, o del titolo concessorio unico quando:
a) il titolare non adempia agli obblighi imposti con l'atto di conferimento;
b) il titolare non abbia osservato le disposizioni contenute nel disciplinare od impartite dal Ministero o dagli uffici territoriali competenti;
c) sia stata omessa richiesta al Ministero di apposita autorizzazione in tutti i casi previsti;
d) non siano stati corrisposti il canone, i tributi e quanto altro stabilito dal decreto di conferimento.
  La pronuncia della decadenza è disposta, sentito il titolare e previo parere della Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie (CIRM), con decreto del Ministero.
  Dunque, secondo la disciplina vigente, la contravvenzione all'obbligo di dare esecuzione al programma di coltivazione, cui si è impegnato il concessionario attraverso la predisposizione del programma, comporta revoca della concessione.
  Si ricorda infatti al riguardo che il D.P.R. 391/1995, all'articolo 44, dispone che il concessionario può sospendere di propria iniziativa i lavori di coltivazione e di ulteriore ricerca solo per ragioni di forza maggiore o per giustificati motivi tecnico-economici, dandone immediata notizia all'ingegnere capo della sezione competente per la approvazione. Al di fuori di tali casi, il concessionario non può sospendere i lavori se non espressamente autorizzato dall'ingegnere capo.
  Si ricorda, inoltre, che la disciplina vigente (articolo 8 del D.Lgs. n. 625/1996) prevede, nei casi di inadempienza o ingiustificato ritardo nell'attuazione dei programmi di ricerca, che il Ministero, previa contestazione del fatto, procede a dichiarare la decadenza dei titolari, comminando altresì una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma pari al 10% del costo previsto dei lavori non realizzati, e comunque non inferiore ai trenta milioni e non superiore a lire centoottanta milioni.

Relazioni allegate o richieste

Alla proposta di legge è allegata la relazione illustrativa.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Rileva, in primo luogo, la materia della tutela dell'ambiente, assegnata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma, lettera s), dell'articolo 117 della Costituzione.
In relazione a specfici profili, sembra rilevare, altresì, la materia del governo del territorio, che rientra tra le materie di legislazione concorrente elencate nel terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione.


Collegamento con lavori legislativi in corso

E' all'esame della V Commissione (Bilancio) la proposta di legge n. 1233 recante l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese per la prevenzione del rischio idrogeologico.

E' in corso di esame al Senato la proposta di legge, che delega il Governo al riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile (A.S. 2068 ), già approvata in prima lettura dalla Camera.