Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||
Titolo: | Le infrastrutture strategiche - Dalla "legge obiettivo" alle opere prioritarie - Nota di sintesi e focus tematici - 10° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici - PARTE I | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 234 | ||
Data: | 18/05/2016 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Servizio Studi
Le infrastrutture strategiche
Dalla “legge obiettivo” alle opere
prioritarie
Nota
di sintesi e focus tematici
10° Rapporto per la VIII
Commissione
ambiente, territorio e lavori pubblici
n.
234 Parte prima
Maggio
2016
SERVIZIO
STUDI – Dipartimento Ambiente |
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Il presente Rapporto è stato
predisposto dal Servizio Studi a seguito della deliberazione dell’Ufficio di
Presidenza della VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici del 29
luglio 2015, in collaborazione con l’Autorità nazionale anticorruzione e
l’Istituto di ricerca CRESME. |
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Documentazione e ricerche: Le
infrastrutture strategiche - Dalla “legge obiettivo” alle opere prioritarie”
– 10° Rapporto per la VIII Commissione
Ambiente, territorio e lavori pubblici: - Nota
di sintesi e focus tematici, n. 234 parte prima, maggio 2016; - Lo
stato di attuazione del Programma, n. 234 parte seconda, maggio 2016. |
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La
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dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la
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legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia
citata la fonte. |
File:
Am0190 |
In copertina: Walter
Valentini, “Costellazione I”, collezione della Camera dei deputati.
INDICE
Nota di sintesi
Focus tematici
Opere
prioritarie e sistemi locali: un approfondimento socio-economico 33
§ 1. Premessa 33
§ 2. L’analisi d'insieme 36
La
strategia europea per gli investimenti: il Piano Juncker 49
§ 1. Premessa 49
§ 2. Il Piano degli investimenti per
l’Europa 50
§ 3. Lo stato dell’arte 60
Scenari
di innovazione per le costruzioni e le infrastrutture 65
§ 1. L’avvio del settimo ciclo di
investimenti per le costruzioni e le infrastrutture 65
§ 2. La riconfigurazione del mercato e i
processi di innovazione 68
§ 3. Macchine e impianti 69
§ 4. La crescita dei servizi nelle
costruzioni 71
§ 5. Innovazione tecnologica,
digitalizzazione: “smart city” 74
§ 6. La digitalizzazione nel processo
costruttivo 77
§ 7. Conclusioni 79
Le
modifiche del quadro normativo 81
§ 1. La riforma degli appalti pubblici e
delle concessioni 81
§ 2. Il superamento della “legge
obiettivo” 90
§ 3. Le altre modifiche del quadro
normativo 95
Dal 2004 al
2015 le nove edizioni del Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”
hanno fornito al Parlamento un’analisi approfondita sullo stato di attuazione
della programmazione e sulla realizzazione delle infrastrutture strategiche. In
tale ambito, i rapporti si sono, inoltre, di volta in volta concentrati su
tematiche di specifico interesse per l’analisi dello stato di attuazione della
“legge obiettivo”: dal ruolo centrale delle città e dei sistemi urbani alla
selezione delle priorità, dalle varianti al contenzioso, dal partenariato
pubblico privato all’attuazione delle direttive del 2014 sugli appalti pubblici
e sulle concessioni negli scenari dell’innovazione.
La
presentazione della decima edizione del Rapporto si inserisce in un contesto
profondamente mutato e in piena evoluzione in cui il nuovo Codice dei contratti
pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprila 2016, n. 50, ha, tra l’altro,
previsto l’abrogazione della “legge obiettivo” e la definizione di una nuova
disciplina per la programmazione e il finanziamento delle infrastrutture e
degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese. Per tale ragione, il
titolo del Rapporto quest’anno non fa più riferimento all’attuazione della
“legge obiettivo”, ma all’attuazione del Programma delle infrastrutture
strategiche nel passaggio dalla “legge obiettivo” alla definizione delle opere
prioritarie.
Il Rapporto,
infatti, intende fornire, in continuità con le precedenti edizioni, i risultati
del monitoraggio sull’attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche
al 31 marzo 2016 in considerazione della transizione in atto dalla vecchia alla
nuova programmazione, che sarà definita nel Documento pluriennale di
pianificazione, in cui si procederà a una mappatura e a una ricognizione di tutti
gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e di
programmazione vigenti alla data di entrata in vigore del nuovo Codice.
Nello
scenario della programmazione delle infrastrutture strategiche, quest’anno,
meritano una particolare attenzione le opere prioritarie elencate nel Documento
di economia e finanza 2015, e recentemente confermate nel Documento di economia
e finanza 2016, in quanto configurano una prima selezione delle opere che,
sulla base delle indicazioni di tale documento, dovrebbero confluire nella
nuova programmazione.
Per le opere
infrastrutturali deliberate dal CIPE è disponibile, come ogni anno, un
ulteriore approfondimento sullo stato di attuazione anche grazie ai dati ed
alle informazioni forniti dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nel
quadro della collaborazione tra la Camera dei deputati e l’Autorità, che è
stata confermata in un accordo quadro firmato dai due Presidenti il 31 marzo
2016.
Tutti i
Rapporti, nonché i dati, le informazioni e le schede riguardanti le singole
opere e, per ciascuna di esse, gli specifici interventi sono consultabili,
anche in questa edizione, attraverso il sistema informativo SILOS (Sistema
informativo legge opere strategiche), accessibile sul portale e sul sito web
della Camera, e consentono, pertanto, non solo al Parlamento, ma anche agli
operatori del settore e a tutti i cittadini interessati di disporre di uno
strumento di conoscenza approfondito ed imparziale.
La decima edizione del Rapporto reca, per il quarto anno consecutivo, una
nota di sintesi, in cui sono condensati i principali dati del monitoraggio
sullo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche e le
considerazioni che emergono da tale analisi e da quattro focus su tematiche
attinenti le infrastrutture in generale.
Il primo focus, a cura della Direzione centrale per le statistiche
ambientali e territoriali dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), intende
accompagnare il monitoraggio sullo stato di attuazione delle citate opere
prioritarie con una lettura socio-economica del territorio che queste
coinvolgono. Tale analisi, anche in risposta a una specifica richiesta avanzata
nell’ambito della presentazione della precedente edizione del Rapporto,
rappresenta un primo approfondimento a carattere sperimentale, che intende
offrire una nuova chiave di lettura che consenta di approfondire su quali
realtà territoriali insistono, o andranno ad insistere, le opere prioritarie
utilizzando la griglia dei sistemi locali recentemente aggiornati dall’Istat e
costruiti utilizzando i flussi degli spostamenti luogo di residenza/luogo di
lavoro (pendolarismo giornaliero) rilevati in occasione dei censimenti della
popolazione.
Il secondo focus, a cura del Servizio Ricerca e Studi della Cassa
depositi e prestiti, riguarda il Piano per gli investimenti per l’Europa (noto
come Piano Juncker). L’approfondimento delinea
l’approccio alla base della strategia per gli investimenti, illustra i
meccanismi di funzionamento del Piano e del Fondo europeo per gli investimenti
strategici (FEIS), da’ conto delle caratteristiche dei progetti ammissibili e
della prima fase di operatività del Piano medesimo.
Il terzo focus, in continuità con l’approfondimento della precedente
edizione, si sofferma sui processi evolutivi che stanno caratterizzando le
innovazioni di prodotto e di processo nel settore delle costruzioni e nella
realizzazione delle opere pubbliche, nonché la riconfigurazione del mercato.
Delle recenti modifiche normative, riguardanti le infrastrutture
strategiche, che hanno contraddistinto il periodo successivo alla presentazione
della nona edizione del Rapporto, si occupa il quarto focus. L’approfondimento
si concentra sulla nuova normativa in materia di appalti pubblici e di
concessioni, nell’ambito della quale è stata abrogata la cd. “ legge obiettivo”
e la relativa disciplina speciale.
La parte “storica” del Rapporto, come ogni anno, si compone dell’analisi
relativa allo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture
strategiche[1], aggiornato quest’anno
al 31 marzo 2016, nonché di 206 schede opera disponibili sul sito web e sul
portale della Camera nel sistema SILOS. La tabella generale sullo stato di
attuazione degli interventi, i cui dati sono altresì pubblicati in formato di
tipo aperto (linked open data), è
consultabile sul sito web e sul portale della Camera nell’ambito del sistema
SILOS.
L’analisi dello stato di attuazione del Programma è riferita alla
situazione al 31 marzo 2016, come ricostruita nel decimo monitoraggio, la cui
base di dati fa riferimento al numero complessivo di infrastrutture strategiche
programmate tra il 2001-2015. In tale ambito, l’analisi quest’anno si concentra,
in primo luogo, sulle opere prioritarie, contenute nell’Allegato al DEF 2015 e
confermate nell’allegato al DEF 2016 denominato “Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica”, e, in secondo luogo, sulle altre opere non
prioritarie presenti nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture approvato
con la delibera n. 26 del 2014 del CIPE.
I dati riferiti alle opere deliberate dal CIPE, come ogni anno, sono
contenuti nelle schede del sistema SILOS e recano: una descrizione delle
caratteristiche e della storia dell’opera; la ricostruzione del costo presunto
sulla base delle fonti documentali ufficiali a cui si fa riferimento; il quadro
finanziario con l’evidenziazione delle disponibilità pubbliche e private,
nonché delle diverse fonti di finanziamento, e del fabbisogno residuo; lo stato
di avanzamento dell’opera medesima. In particolare, 204 schede riguardano opere
deliberate dal CIPE e 2 gli itinerari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina di
competenza del Commissario Straordinario. La parte della scheda relativa allo
stato di attuazione, curata dall’Autorità nazionale anticorruzione, contiene i
dati comunicati dal Responsabile Unico del Procedimento (R.U.P.) e riguardano: il
livello di progettazione raggiunto (preliminare, definitiva ed esecutiva);
l’affidamento dei lavori; l’esecuzione dei lavori, e segnatamente lo stato di
avanzamento dei lavori medesimi, e l’eventuale presenza del contenzioso e delle
varianti.
Una parte dell’analisi dello stato di attuazione è, infine, dedicata,
come ogni anno, ai dati dei bandi di gara e delle relative aggiudicazioni che,
oltre a fornire un ulteriore strumento per valutare lo stato di avanzamento
delle infrastrutture strategiche, consentono di delineare più in generale
l’evoluzione del mercato delle opere pubbliche.
1. L’evoluzione del Programma e
i nuovi scenari di riferimento. 2. La programmazione delle infrastrutture
strategiche 2001-2015. 3. Il Programma delle Infrastrutture Strategiche 2015.
3.1. Le opere prioritarie. 3.2. Le opere non prioritarie deliberate dal CIPE.
3.3. Le altre opere non prioritarie. 4. Il mercato delle opere pubbliche
2014-2015.
1. L’evoluzione del Programma e
i nuovi scenari di riferimento. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18
aprile 2016, n. 50, ha innescato una fase di profondo cambiamento negli appalti
pubblici e nelle concessioni, che investe anche la definizione delle strategie
infrastrutturali e la realizzazione delle opere pubbliche.
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice è stata abrogata la cd. “legge
obiettivo” e con essa la disciplina
speciale con cui sono state programmate, progettate e realizzate le
infrastrutture strategiche dal 2001. Conseguentemente anche la progettazione e
la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo
sviluppo del Paese, che saranno individuati nell’ambito della nuova
programmazione, saranno regolate dalla disciplina ordinaria dei lavori pubblici
sulla quale il nuovo Codice interviene con modifiche sostanziali.
Nella prospettiva della nuova programmazione, che dovrà essere definita
nel Documento pluriennale di pianificazione (DPP), la cui adozione è prevista
entro un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 50, si
procederà a una ricognizione di tutti gli interventi inclusi negli strumenti di
pianificazione e programmazione vigenti alla data del 19 aprile 2016, allo
scopo di procedere a una revisione dei progetti (project review) e a una valutazione finalizzata
alla selezione delle infrastrutture prioritarie.
Considerato che il processo di
ridefinizione e revisione interessa la
programmazione delle infrastrutture strategiche, il Rapporto di quest’anno,
in continuità con le precedenti edizioni, analizza gli esiti del monitoraggio
sullo stato della programmazione e della realizzazione delle infrastrutture
strategiche alla data del 31 marzo 2016.
2. La programmazione delle
infrastrutture strategiche 2001-2015. Il quadro di riferimento, che rappresenta l’intera base dei dati oggetto
di monitoraggio come ricostruita con il
10° Rapporto, prende in considerazione 418 infrastrutture inserite nella
programmazione delle infrastrutture strategiche nel periodo 2001-2015, il cui
costo presunto, aggiornato al 31 marzo 2016, ammonta a 362
miliardi 413 milioni di euro.
Schema
1 - LA PROGRAMMAZIONE DELLE INFRASTRUTTURE
STRATEGICHE 2001-2015 - Quadro di riferimento dei costi al 31 marzo 2016 - Importi in miliardi di euro
|
Fonte: elaborazione CRESME Europa Servizi su dati CIPE, MIT, ANAS Spa,
RFI Spa, DPS, Regioni, altri soggetti attuatori.
L’ingresso di nuove opere e la fuoriuscita degli
interventi nel passaggio tra i vari documenti programmatici ha, infatti,
determinato nel corso degli anni l’opportunità di costruire un quadro di
riferimento che tenesse conto di tutte le opere inserite nella programmazione
infrastrutturale strategica, anche di quelle non confermate.
Rispetto al 9° Rapporto (che recava dati aggiornati a dicembre 2014),
escludendo i procedimenti interrotti e a parità di numero di infrastrutture, il
costo complessivo del Programma si è ridotto di 21.445 milioni di euro (-5,6%)
a seguito, principalmente, della revisione dei progetti esistenti di alcune
infrastrutture stradali del Mezzogiorno.
Dei 362,4 miliardi 278,9 miliardi
sono relativi a opere prioritarie,
individuate dall’Allegato infrastrutture al DEF 2015 e confermate con
l’Allegato “Strategie per
le infrastrutture di trasporto e logistica” al DEF 2016, e a opere non
prioritarie presenti nella tabella 0, Programma delle infrastrutture
Strategiche, dell’11° Allegato
Infrastrutture alla nota di aggiornamento del DEF 2013, che è l’ultimo documento sul quale si è
perfezionato l’iter di approvazione in conformità di quanto previsto
dall’abrogata disciplina sulla programmazione delle infrastrutture strategiche.
Su tale Allegato, infatti, è stata sancita l’intesa della Conferenza unificata
ed è stata approvata la delibera del CIPE n. 26 del 2014. I restanti
83,5 miliardi sono riferiti a opere escluse da tale perimetro e non presenti
nei documenti programmatici trasmessi dal Governo nel corso degli ultimi anni,
ma che continuano ad essere oggetto di monitoraggio in quanto consentono di
fornire un quadro completo rispetto alla programmazione storica delle
infrastrutture strategiche.
Rispetto al costo totale delle infrastrutture strategiche programmate tra il 2001 e
il 2015, il 42%, 151,2 miliardi, è relativo al costo
degli interventi del perimetro CIPE,
ovvero delle opere deliberate dal CIPE al 31 marzo 2016. Tale percentuale era
del 40% (153,2 miliardi su 383,9) nel 2014.
Con il 10° Rapporto l’analisi si concentra sullo stato di attuazione del
Programma delle Infrastrutture Strategiche formato dalle opere prioritarie,
individuate dall’Allegato infrastrutture al DEF 2015, e dalle opere non
prioritarie presenti nell’11° Allegato infrastrutture. Tale perimetro, per una
più agevole esposizione dei dati, è denominato PIS 2015. Si tratta di un
universo diverso da quello presentato nel 9° Rapporto, che considerava, oltre
agli interventi dell’11° Allegato, i nuovi inserimenti del 12° Allegato
infrastrutture ed escludeva alcuni interventi del perimetro delle opere
prioritarie come ricostruito nel 10° Rapporto.
3. Il Programma delle
Infrastrutture Strategiche 2015. Il PIS 2015, in termini di costo,
rappresenta il 77%, 278,9 miliardi,
del costo delle opere programmate tra il 2001 e il 2015, pari a 362,4 miliardi.
Rispetto ai valori del 9° Rapporto, considerando le opere prioritarie
dell’Allegato Infrastrutture 2015 e le altre opere non prioritarie presenti
nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture, si rileva una riduzione di
20,3 miliardi (-6,8%). Le ragioni di tale riduzione sono da attribuire,
principalmente, alla revisione dei progetti esistenti di alcune infrastrutture
stradali del Mezzogiorno (A3 Salerno-Reggio Calabria, SS 106 Jonica e SS 131
Cagliari-Sassari).
Il 32% del costo del PIS 2015,
pari a 90,1 miliardi, è relativo
alle 25 opere prioritarie, che, sulla base delle indicazioni
dell’Allegato al DEF 2016, dovrebbero confluire nel primo Documento pluriennale
di pianificazione (DPP). Le venticinque opere prioritarie, come ricostruite nel 10° Rapporto, includono tutti gli interventi
ad esse riconducibili inseriti nel PIS 2015, inclusi gli interventi ultimati.
Tale scelta, oltre all’opportunità di considerare l’opera nella sua interezza,
è determinata dall’impossibilità di identificare puntualmente gli interventi il
cui costo concorre a formare l’ammontare complessivo delle opere prioritarie
indicato negli allegati ai DEF 2015 e 2016. Per tali opere, infatti, gli elenchi
riportati nei predetti allegati non forniscono un dettaglio degli interventi,
ma solo i costi aggregati per singola opera. Il costo delle opere prioritarie,
come ricostruito nel 10° Rapporto, non è quindi in parte confrontabile con
quello riportato negli Allegati Infrastrutture ai DEF 2015 e 2016.
Il restante 68%, pari a 188,8
miliardi, è riconducibile a opere
non prioritarie inserite nell’11° Allegato infrastrutture. L’analisi di
tali opere continua a rivestire interesse per la presenza di opere deliberate
dal CIPE e di interventi in corso, anche tenuto conto dell’attenzione che la
nuova disciplina riserva agli interventi con obbligazioni giuridicamente
vincolanti, “ovvero gli interventi in
relazione ai quali sia già intervenuta l’approvazione del contratto all’esito
della procedura di affidamento della realizzazione dell’opera” (art. 200, comma
3 del D.Lgs. 50/2016).
Il 53% dei costi dell’intero PIS 2015, circa 148,6 miliardi, riguarda,
infatti, opere esaminate dal CIPE al 31 marzo 2016, in conformità alle procedure
della “legge obiettivo”, la metà dei quali riguarda opere prioritarie, circa
75,1 miliardi. Un altro 3,6% (circa 10 miliardi) riguarda opere non esaminate dal
CIPE di competenza del Commissario Straordinario per la realizzazione degli
itinerari ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina, sulla base delle
procedure definite dall’articolo 1 del decreto legge n. 133 del 2014 (cd.
decreto “sblocca Italia”), e il restante 43% (circa 120 miliardi) altre opere presenti
nell’ultimo aggiornamento del PIS.
Le disponibilità finanziarie
ammontano complessivamente a 140,1
miliardi, mentre il fabbisogno finanziario residuo ammonta a 138,8 miliardi
includendo nel calcolo eventuali fondi residui. Le risorse disponibili
consentono quindi una copertura finanziaria pari al 50,2% del costo (era il
46,4% nella rilevazione precedente, considerando le opere prioritarie
dell’Allegato Infrastrutture 2015 e le altre opere non prioritarie presenti
nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture). Per il 31,3% sono
rappresentate da finanziamenti pubblici (era il 28,6%) e per il 18,9% da
finanziamenti privati (era il 17,8%). Le risorse assegnate nell’ultimo
anno, sulla base dei risultati del monitoraggio, sono pari a circa 5,1 miliardi di cui circa 4,6 miliardi
a valere sulle risorse della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) e
473 milioni sulle risorse del Contratto di programma 2015 dell’Anas.
Rispetto alla distribuzione sul territorio, le infrastrutture
strategiche localizzate nelle regioni del Centro-Nord
hanno un costo di 190,9 miliardi
(costavano 192 miliardi al 31 dicembre 2014, considerando gli interventi
presenti nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture e le opere
prioritarie dell’Allegato Infrastrutture 2015) contro 86,2 miliardi del Mezzogiorno
(104 miliardi al 31 dicembre 2014) e 1,9 miliardi di opere non ripartibili.
In termini percentuali, si tratta di quote del 68,4% (era il 64,2%) per
il Centro-Nord contro il 30,9% per il Mezzogiorno (era il 34,9%), con uno 0,7%
di opere non ripartibili (era lo 0,9%), a fronte di una superficie pari, rispettivamente,
al 59,2% e al 40,8%, e ad una distribuzione della popolazione residente pari al
65,6% e al 34,4% in base ai dati
demografici Istat sulla popolazione residente aggiornati al 1° gennaio
2015.
Riguardo alle opere localizzate nelle regioni del Centro-Nord, nell’ultimo anno, l’attenzione è stata
posta principalmente sulle infrastrutture ferroviarie per il completamento e la
connessione della rete AV/AC nazionale con quella europea. Nel Mezzogiorno,
invece, l’attenzione è stata posta principalmente nella revisione dei progetti
di completamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e delle strade SS 106
Jonica e SS 131 Cagliari-Sassari, nonché nell’approvazione dei progetti per la
realizzazione degli itinerari ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina con
le nuove procedure del decreto cd. “sblocca Italia”.
Quanto all’avanzamento fisico delle
infrastrutture comprese nel PIS 2015, rispetto al precedente Rapporto, si
osserva, in termini di costo, una maggiore incidenza delle opere ultimate, o la
cui ultimazione è prevista entro il 31 marzo 2016, di quelle con lavori in
corso o con contratto approvato e lavori non avviati e delle opere aggiudicate,
a fronte di un ridimensionamento delle quote delle opere in fase di
progettazione o in gara.
L’analisi dello stato di avanzamento presentata nel 10° Rapporto prende
in considerazione 1.038 lotti, tra opere, interventi, sottointerventi
e ulteriori dettagli. Per 1.008 lotti, che rappresentano il 99,3% del costo
(276.948 milioni su 278.936 milioni totali), è stato individuato uno specifico
livello di attuazione compreso tra la prima fase progettuale dello studio di
fattibilità e l’ultimazione dei lavori.
I 147 lotti con lavori in corso
di esecuzione insieme ai 40 lotti con contratto approvato e in attesa di avviare
i lavori, che dovrebbero rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di
circa 70 miliardi (pari al 25% del
costo complessivo del PIS 2015 al 31 marzo 2016): 49,4 miliardi riguardano interventi
riferiti a opere prioritarie e 20,7 miliardi interventi riconducibili a opere
non prioritarie. In particolare, il valore dei lotti in corso di costruzione ammonta complessivamente
a circa 46,7 miliardi di euro, il 17% del totale (46,5 miliardi un anno prima,
il 16 %), mentre 23,4 miliardi fanno riferimento a lotti con contratto
approvato e in attesa di avviare i lavori. Si tratta dell’8,4% del costo totale
al 31 marzo 2016.
Il costo dei 317 lotti ultimati
risulta essere pari a circa 28,8 miliardi,
il 10% del totale (un anno prima era di
circa 23,9 miliardi, l’8%).
I lotti aggiudicati, in via definitiva o provvisoria, hanno un valore
di 4,5 miliardi di euro,
corrispondenti all’1,6% dei costi totali. Quelli in gara hanno un valore di 18,6
miliardi di euro, corrispondenti a circa il 7% dei costi totali. Il
restante 56% dei costi, pari a circa 155
miliardi, riguarda invece interventi in fase di progettazione. Rappresentavano il 59% (circa 177 miliardi) a
dicembre 2014.
Lo schema 2, sulla scorta di quanto delineato nella figura 19 contenuta
nell’Allegato al DEF 2016 denominata “la roadmap verso il primo DPP”, reca
il quadro delle opere che potrebbero confluire nel primo DPP. Nello schema sono
evidenziati, oltre ai costi complessivi delle opere prioritarie e non, le quote
di tali costi riconducibili a interventi con obbligazioni giuridicamente
vincolanti in cui, come già rilevato, dovrebbero essere inclusi i lotti con
contratti approvati, e in attesa di avviare i lavori, e con lavori in corso.
Nell’ambito delle attività necessarie ai fini della predisposizione del primo
DPP, l’Allegato al DEF 2016, da un lato, ricomprende la revisione dei progetti
(project review) già
inclusi nelle precedenti programmazioni e, dall’altro, la valutazione sulla
base delle Linee guida standardizzate per la valutazione degli investimenti in
opere pubbliche.
Schema 2 - IL PIS 2015 SECONDO IL 10° MONITORAGGIO - Opere che potrebbero confluire nel primo
DPP in base alle indicazioni dell’Allegato al DEF 2016- Importi in miliardi di
euro
|
Fonte: elaborazione CRESME Europa Servizi su dati CIPE, MIT, ANAS Spa,
RFI Spa, DPS, Regioni, altri soggetti attuatori.
(a): compresi lotti in progettazione, in gara e aggiudicati in via definitiva e provvisoria
nonché i lotti
con uno stato di avanzamento “misto”,
quelli con contratto risolto e quelli per i quali non si dispone
di informazioni sullo stato di avanzamento.
Per quanto riguarda la tipologia
di opere, il PIS 2015 comprende prevalentemente
strade, ferrovie e metropolitane. A queste infrastrutture per il trasporto
è riconducibile il 93% dei costi del PIS; il restante 7% dei costi riguarda
altre infrastrutture. Le strade rappresentano oltre la metà del costo del
programma, circa 141 miliardi. Le opere ferroviarie e le metropolitane rappresentano, invece, rispettivamente il 34,8%, pari a
97 miliardi, e il 7,8%, pari a circa 22 miliardi.
Una quota del 2,0%, pari a circa 5,5 miliardi, spetta al Mo.S.E. e il restante 4,9%, 13,6 miliardi, alle altre
opere. Rispetto alla tipologia
di opera, si rileva un maggiore stato di avanzamento, nelle diverse fasi di
realizzazione, per le ferrovie metropolitane: il 65,9% del costo è relativo a
lotti in corso o ultimati; i lotti senza contratto, ovvero quelli in fase di
progettazione o in gara, rappresentano poco meno del 26%; il restante 8,0%
riguarda lotti con contratto e lavori non avviati.
3.1. Le opere prioritarie. Nel 10° Rapporto è
stata posta particolare attenzione alle 25 opere prioritarie elencate
nell’allegato al Documento di economia e finanza 2015 che, come già
evidenziato, rappresentano una prima selezione delle opere che dovrebbero
confluire nel Documento pluriennale di
pianificazione (DPP). Merita, altresì, segnalare che sull’Allegato al
DEF 2015 è stata avviata, nel mese di agosto 2015, la procedura di valutazione
ambientale strategica (VAS).
Il costo delle 25 opere
prioritarie, come ricostruito nel 10° Rapporto, è pari a 90,1 miliardi, il 32% del costo del
“Programma delle Infrastrutture Strategiche 2015” (278,9 miliardi). Rispetto ai
valori del 9° Rapporto si rileva una riduzione di 17,7 miliardi (-16,4%). Tale
risultato è dovuto all’aggiornamento dei costi, prevalentemente in riduzione,
di alcuni progetti. Le riduzioni di costo più significative riguardano la A3
Salerno-Reggio Calabria e la SS 106 Jonica. In particolare, il costo
complessivo dell’ammodernamento e messa in sicurezza dell’A3 Salerno-Reggio
Calabria passa da 10,6 miliardi (costo al 31 dicembre 2014) a 9,1 miliardi
(costo al 31 marzo 2016). Più rilevante la riduzione rilevata per ammodernare e
mettere in sicurezza la SS 106 Jonica, il cui costo si riduce da circa 20
miliardi a 4,2. Tali riduzioni di costo sono in parte imputabili alla nuova
strategia di ANAS per completare e mettere in sicurezza la rete stradale
nazionale, che privilegia gli interventi di sistemazione e messa in sicurezza
della rete stradale esistente rispetto alle nuove opere. Altre riduzioni di
costo significative riguardano la tratta AV/AC Verona-Padova, il cui costo si
riduce di 649 milioni, da 6.051 milioni (costo indicato nel Contratto di
programma 2012-2016, parte investimenti) a 5.402 milioni (costo indicato
nell’Accordo, tra MIT e RFI Spa, per
l’aggiornamento del Contratto di programma 2012-2016 di dicembre 2014) e la
Galleria di Base del Brennero, il cui costo si riduce di 465 milioni (da quasi
4,9 miliardi a 4,4). In quest’ultimo caso la variazione di costo è dovuta, in
base a quanto riportato nella delibera CIPE 44/2015, alla revisione del
progetto, ai ribassi d’asta consuntivati a fronte delle gare di appalto già
esperite e alle risultanze a consuntivo
degli appalti già conclusi, nonché all’aggiornamento dei coefficienti
inflattivi annui previsionali.
L’83% dei costi (circa 75 miliardi) riguarda opere esaminate dal CIPE.
Un altro 11% (circa 10 miliardi) riguarda opere non esaminate dal CIPE di
competenza del Commissario straordinario per la realizzazione degli itinerari
ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina, e il restante 6% (circa 5
miliardi) riguarda altri interventi. Fanno parte di quest’ultimo gruppo alcuni
lotti della SS 106 Jonica e del collegamento stradale Grosseto-Siena, il
sistema tranviario fiorentino e il completamento della linea 1 della
metropolitana di Torino.
Rispetto al costo delle opere prioritarie, le disponibilità finanziarie ammontano complessivamente a 60,2 miliardi di euro, mentre il fabbisogno residuo ammonta a 29,9 miliardi includendo nel calcolo
eventuali fondi residui. Le risorse disponibili consentono quindi una copertura
finanziaria pari al 66,8% del costo: per il 57,2%, 51,5 miliardi, sono rappresentate da finanziamenti pubblici e per il 9,6 %, 8,7 miliardi, da finanziamenti
privati.
Le risorse assegnate nell’ultimo
anno, sulla base dei risultati
del monitoraggio, sono pari a 4,4 miliardi di euro di cui circa 4,1
miliardi a valere sulle risorse della legge di stabilità 2015 (3 miliardi per
consentire l’avvio di nuovi cantieri dell’alta velocità nella tratta
Milano-Venezia, 570 milioni per il 3° lotto costruttivo della Galleria del
Brennero, 400 milioni per il 3° lotto costruttivo del Terzo valico dei Giovi e
137 milioni per la prosecuzione dei lavori del Mo.S.E.)
e 265 milioni sulle risorse del Contratto di programma 2015 dell’Anas (237
milioni per i lotti 4 e 9 del collegamento stradale Grosseto-Siena, 17 milioni
per due lotti della SS 106 Jonica e 11 milioni per un lotto della A3 Sa-Rc).
In occasione
della seduta del CIPE del 1° maggio 2016, dopo il termine del monitoraggio,
sono state esaminate tre opere prioritarie: il Servizio Ferroviario
Metropolitano (SFM) di Bologna, la Linea AV/AC Milano-Verona e la Galleria di
base del Brennero. Per quest’ultima opera il CIPE ha approvato l’avvio della
realizzazione del 4° lotto costruttivo del valore complessivo di 1,25 miliardi
di euro e ha assegnato a RFI Spa circa un miliardo di euro, di cui 681 milioni a
valere sulle risorse della legge di stabilità 2016 e 355 milioni a valere sulle
risorse nazionali già stanziate per i primi tre lotti costruttivi e rese
disponibili dall’ottenimento di cofinanziamenti europei Connecting Europe Facility (CEF) per il quadriennio
2016-2019. Il CIPE ha preso atto, tra l’altro, che sono stati assegnati
dall’Unione europea, per il suddetto 4° lotto costruttivo, risorse CEF per
214,185 milioni di euro. Per quanto riguarda le altre due opere prioritarie,
l’esame del CIPE ha riguardato l’approvazione del progetto definitivo del 1°
lotto funzionale del SFM di Bologna e la
reiterazione, per la seconda volta, del vincolo preordinato all’esproprio sugli
immobili interessati dalla realizzazione della Linea ferroviaria AV/AC
Milano-Verona.
Tra le opere prioritarie vi sono sei
opere ferroviarie, del costo complessivo di 41,4 miliardi, pari al 46% del costo totale delle 25 opere
prioritarie e al 43% del costo delle opere ferroviarie del PIS 2015. Si tratta
di opere finalizzate al potenziamento del sistema ferroviario ad Alta Velocità/Alta
Capacità per lo sviluppo dei corridoi europei TEN-T nelle regioni del Nord e
del Mezzogiorno.
Il costo delle opere prioritarie
per completare la rete ad Alta Velocità/Alta Capacità al Nord è pari a 26,6
miliardi di cui 18,6 miliardi contrattualizzati (collegamento ferroviario AV/AC
Treviglio-Brescia-Verona-Padova, Terzo valico dei Giovi, lotti costruttivi 1 e
2 della Galleria di base del Brennero e
il cunicolo esplorativo della Maddalena intervento propedeutico alla
realizzazione del tunnel di base del collegamento ferroviario Torino-Lione). I
restanti 8 miliardi sono relativi alla tratta in territorio italiano del
collegamento Torino-Lione (4,4 miliardi di cui 2,6 miliardi con progetto
definitivo approvato dal CIPE nella seduta del 20 febbraio 2015) e ai lotti
costruttivi dal 3° al 6° della Galleria di Base del Brennero (3,6 miliardi su
un costo totale di 4,4 miliardi). Riguardo allo stato di avanzamento, le prime
delibere del CIPE, inerenti opere ferroviarie prioritarie localizzate al Nord, sono
del 2003 e i lavori hanno avuto inizio nel 2011 nella tratta Treviglio-Brescia.
L’entrata in esercizio delle opere è previsto tra il 2016 (Treviglio-Brescia) e
il 2029 (Torino-Lione).
Il costo per estendere la rete
ferroviaria ad Alta Velocità/Alta Capacità nelle regioni del Mezzogiorno, invece,
è pari a 14,8 miliardi (6,2 miliardi per l’itinerario Napoli-Bari e 8,6 per
l’itinerario Palermo-Catania-Messina). Riguardo allo stato di avanzamento,
per la quasi totalità degli interventi risulta disponibile il progetto
preliminare. Al fine di accelerare la realizzazione della rete ferroviaria ad
Alta Velocità/Alta Capacità nelle regioni del Mezzogiorno, nel 2015 ha inizio
l’attuazione delle nuove procedure dell’articolo 1 del decreto legge n. 133 del
2014 (cd. “sblocca Italia”), che prevedono un accentramento dei poteri e delle
funzioni in capo all’amministratore delegato di RFI che diviene Commissario straordinario
per la realizzazione degli itinerari ferroviari Napoli-Bari e
Palermo-Catania-Messina. Tra dicembre 2014 e marzo 2016 sono state emanate diciannove
ordinanze, di cui quindici relative all’approvazione di progetti.
Le dieci opere stradali hanno
un costo di 28,4 miliardi, pari al
31,5% del costo totale delle 25 opere prioritarie e al 20% del costo delle
opere stradali del PIS 2015. Si tratta di quattro tratte autostradali, del
costo complessivo di 9,7 miliardi, da realizzare con il 76% di risorse private,
localizzate in Lombardia (Pedemontana lombarda e Tangenziale est esterna di
Milano) e nel nord est (Pedemontana Veneta e A4 Venezia-Trieste). Le restanti
sei opere stradali, del costo complessivo di 18,6 miliardi da realizzare con
risorse pubbliche, sono localizzate nelle regioni del Centro (Grosseto-Siena e
Quadrilatero Marche-Umbria) e del Mezzogiorno (A3 Salerno-Reggio Calabria, SS
106 Jonica Taranto-Reggio Calabria, SS 640 Agrigento-Caltanissetta e itinerario
Sassari-Olbia).
Nel seguente cartogramma è
riportata la localizzazione territoriale delle 25 opere prioritarie elencate
nell’allegato al Documento di economia e finanza 2015 come ricostruite nel 10°
Rapporto. Nel cartogramma, che risponde alla sola esigenza di localizzare le
opere prioritarie sul territorio, sono riportati i confini dei 611 sistemi
locali, i tracciati delle reti autostradale e ferroviaria esistente, i
collegamenti ferroviari e stradali di lunga percorrenza di cui fanno parte le
16 opere prioritarie stradali e ferroviarie e le città interessate dalle altre
opere prioritarie, il Mo.S.E. e le reti metropolitane
delle città di Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo e
Catania.
Uno dei focus, curato
dall’ISTAT, analizza i collegamenti ferroviari e stradali di lunga percorrenza
per la mobilità delle merci e delle persone, di cui fanno parte le sedici opere
prioritarie stradali e ferroviarie, utilizzando la griglia dei sistemi locali
recentemente aggiornati dall’Istituto e costruiti utilizzando i flussi degli
spostamenti luogo di residenza/luogo di lavoro (pendolarismo giornaliero)
rilevati in occasione dei censimenti della popolazione. L’analisi contenuta in
tale focus evidenzia che: nei sistemi locali considerati, di prima e seconda
fascia, abitano 40 milioni di abitanti, su 22,3 milioni di occupati a livello
nazionale, 14,4 milioni insistono su territori interessati dalle opere
prioritarie di cui 9,7 milioni nei sistemi locali di fascia centrale e 4,7 in
quelli di seconda fascia; il totale del valore aggiunto prodotto dalle imprese ammonta
a circa 475 miliardi di euro a fronte di un dato nazionale che si attesta sui
711 miliardi di euro. Inoltre queste aree incidono sull’export nazionale per il
72,1%: infatti nel complesso il valore dell’export è stato di 265 miliardi di
euro a fronte di un valore nazionale di
368 miliardi di euro.
Cartogramma 1 – OPERE PRIORITARIE SECONDO IL 10° MONITORAGGIO
– La localizzazione territoriale delle 25 opere prioritarie
|
Fonte: elaborazione Cresme
Europa Servizi da fonti varie.
Le opere prioritarie per il potenziamento del trasporto ferroviario metropolitano nelle grandi città sono otto ed
hanno un costo complessivo di 14,9
miliardi, pari al 16,5% del costo totale delle 25 opere prioritarie e al
68% del costo delle reti metropolitane del PIS 2015. Il 68% del costo totale,
pari a circa 10,1 miliardi, riguarda le reti metropolitane delle città di
Milano, Roma e Napoli, dove risiedono più di 5 milioni di persone. Il restante
32%, pari a 4,8 miliardi, compete alle reti metropolitane delle città di
Torino, Bologna, Firenze, Catania e Palermo,
dove risiedono circa 2,7 milioni di abitanti.
A ferrovie, strade e metropolitane si aggiunge il Mo.S.E., opera prioritaria del costo complessivo di 5,5 miliardi,
finanziata per il 96% con risorse pubbliche, con uno stato di avanzamento dei
lavori dell’84% e ultimazione programmata per giugno 2018.
In relazione alla distribuzione
territoriale, nelle regioni del Centro-Nord si concentrano opere per un
valore pari al 60% (circa 54,5 miliardi) e in quelle del Mezzogiorno per il
restante 40% (circa 35,6 miliardi).
Riguardo all’avanzamento fisico delle opere prioritarie al 31
marzo 2016, considerando che l’analisi tiene conto dello stato di avanzamento
di 221 lotti, tra opere, interventi, sottointerventi e
ulteriori dettagli, i lotti con lavori
in corso di esecuzione insieme a quelli con contratto approvato e in attesa di avviare
i lavori, che dovrebbero rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di
circa 49 miliardi, pari al 55% del
costo complessivo delle 25 opere prioritarie al 31 marzo 2016. In particolare, i lavori in corso di esecuzione hanno un costo di 32,3 miliardi, pari al
35,9% del costo complessivo delle opere prioritarie e al 69,3% del valore dei
lavori in corso del PIS 2015 (46,7
miliardi). Un altro 19% del costo, pari a circa 17,1 miliardi, riguarda lotti
con contratto approvato e lavori non avviati (vi rientrano, tra gli altri,
alcuni lotti dei collegamenti ferroviari AV/AC Milano-Venezia e Genova-Milano).
Rispetto ai lavori con contratto del PIS 2015 rappresentano una quota del
72,9%. I lotti in progettazione
hanno un costo di 28,2 miliardi e
rappresentano circa un terzo del costo delle opere prioritarie e il 18,2% delle
opere in fase di progettazione del PIS 2015. Rientrano in questo gruppo, tra
gli altri, i collegamenti ferroviari Torino-Lione, Napoli-Bari,
Palermo-Catania-Messina e i lotti costruttivi dal 3° al 6° del valico del
Brennero. I lotti con gara in corso o aggiudicata rappresentano meno del 2%
(1,4 miliardi). L’11,8%, circa 10,7
miliardi, riguarda i lotti ultimati
tra i quali sono inclusi, tra gli altri, alcuni lotti della A3 Salerno-Reggio
Calabria, della SS 106 Jonica, le tratte T6A e T7 della Linea C della
metropolitana di Roma e la tratta Garibaldi-Bignami della linea 5 della
metropolitana di Milano. Rispetto ai lotti ultimati del PIS 2015 rappresentano
il 37,1%. Infine lo 0,4% (354 milioni) riguarda lotti con contratto risolto.
3.2. Le opere non prioritarie
deliberate dal CIPE. Il costo delle 154 opere non
prioritarie esaminate dal CIPE, tra ottobre 2002 e marzo 2016, è di 73,5 miliardi, pari al 26% del costo
del PIS 2015 (278,9 miliardi), di cui tre opere, del costo di 755 milioni,
esaminate nel 2015: il raddoppio della tratta Termoli-Chieuti-Lesina della
linea ferroviaria Pescara-Bari, esaminato nella seduta del 28 gennaio 2015; il
3° lotto, da San Pelino allo svincolo di Marana, della SS 260 Picente, esaminato il 20 febbraio 2015; l’adeguamento e la
messa in sicurezza della SS 131 “Carlo Felice” nel tratto tra il Km. 108 e il
Km. 209 (risoluzione nodi critici 1° e 2° stralcio), esaminati il 23 dicembre
2015. Rispetto al 9° Rapporto, il costo delle 154 opere si riduce di 654
milioni (da 74.147 milioni a 73.493, -0,9%). La variazione di costo più
rilevante, dovuta alla revisione del progetto esistente, riguarda l’opera
stradale “Variante di Formia”. La soluzione alternativa al progetto definitivo
approvato da ANAS Spa nel 2010, del costo di 735 milioni, prevede un costo di
160 milioni.
Rispetto al costo delle opere, le risorse
disponibili ammontano a 44,3
miliardi e consentono una copertura finanziaria pari al 60%. Rispetto al precedente monitoraggio risultano
aumentate le risorse pubbliche e ridotte quelle private. Tale riduzione è
dovuta principalmente all’aggiornamento delle disponibilità del collegamento
stradale SS 372 "Caianello-Benevento" (Telesina) a seguito della
delibera CIPE n. 45 del 29 aprile 2015, con la quale la proposta del promotore
per la realizzazione dell’opera in project financing è stata valutata come giuridicamente non
percorribile e finanziariamente non sostenibile.
Per le opere non prioritarie esaminate dal CIPE il contributo privato rappresenta il 60,6% delle disponibilità, pari a circa 27 miliardi. Il restante 39,4% riguarda risorse pubbliche, pari a
circa 17 miliardi. Le risorse assegnate nell’ultimo anno,
sulla base dei risultati del monitoraggio, sono pari a 608 milioni di cui 485 milioni a valere sulle risorse della legge
di stabilità 2015 - 260 milioni alla BreBeMi e 225
alla linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, tratta Andora-Finale Ligure - e
122,5 milioni da risorse del Contratto di programma 2015 Anas. Queste ultime
risorse sono state assegnate a: SS 11 "Padana Superiore", 1° stralcio
da Magenta a Vigevano (118 milioni); “Variante di Formia” (1,5 milioni per la
redazione del nuovo progetto definitivo che, come sopra anticipato, prevede una
soluzione alternativa al progetto definitivo approvato da ANAS Spa nel 2010,
con un costo che si riduce da 735 milioni a 160 milioni); “Direttrice
Terni-Rieti”, tratto Terni (loc. San Carlo)-confine
regionale (3 milioni per maggiori esigenze per lavori in corso).
Riguardo all’avanzamento
fisico al 31 marzo 2016 delle opere non prioritarie esaminate dal CIPE,
considerando che l’analisi tiene conto dello stato di avanzamento di 392 lotti,
si rileva, in termini di costo, una alta incidenza dei lotti in fase di
progettazione. Il costo dei lotti in
fase di progettazione è di circa 35
miliardi, pari a poco meno del 50% del costo totale (73,5 miliardi). In
questo ambito, il fabbisogno finanziario residuo è elevato in quanto le
disponibilità coprono meno del 20% del costo.
I lotti in gara rappresentano il 18,2% (13,4 miliardi) del costo totale
e quelli aggiudicati il 3,7% (2,7 miliardi). I lotti con lavori in corso di esecuzione insieme a quelli con contratto approvato e in attesa di avviare
i lavori, che dovrebbero rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di
circa 13,5 miliardi, pari al 18,4%
del costo complessivo delle 154 opere non prioritarie deliberate dal CIPE al 31
marzo 2016. In particolare, i lavori in corso rappresentano il 12,9% (9,5 miliardi),
mentre quelli contrattualizzati e con
lavori non avviati rappresentano il 5,5% (4 miliardi). Un altro 11,8% spetta ai
lotti ultimati (8,7 miliardi). Infine, quote marginali spettano ai lotti con
contratto risolto e a quelli per i quali non è stato possibile individuare lo
stato di avanzamento al 31 marzo 2016.
Il 58% del costo complessivo, 43
miliardi su 73,5 miliardi totali, riguarda 61 opere stradali del costo medio di oltre 700 milioni. Le
opere stradali con lavori non
contrattualizzati, ovvero in fase di progettazione, in gara o aggiudicati,
costano 30,6 miliardi, il 71% del
costo totale delle opere stradali non prioritarie esaminate dal CIPE.
L’avanzamento procedurale, finanziario e fisico di alcuni nuovi collegamenti
autostradali in fase di progettazione di rilevante impegno finanziario, sia
privato che pubblico, risulta condizionato dall’esigenza di rivalutare i
progetti, in base al calo dei volumi di traffico, registrato negli ultimi anni
con il perdurare della crisi economica. Rientrano tra questi il collegamento
Orte-Mestre, l’Autostrada Medio Padana Veneta e il collegamento Via del Mare
(A4-Jesolo e litorali), il collegamento A31 Trento-Rovigo (Valdastico Nord), il
collegamento Roma–Latina e Cisterna-Valmontone. L’esigenza di rivalutare i
progetti e i piani economico-finanziari condiziona anche l’avanzamento di
alcuni progetti con convenzione sottoscritta: Campogalliano-Sassuolo
(convenzione del 4 dicembre 2014), Porto di Ancona-grande viabilità
(convenzione del 18 dicembre 2013) e Ragusa–Catania (convenzione del 7 novembre
2014). Il costo complessivo di tali collegamenti è pari a 1,9 miliardi su 3
miliardi totali di costo dell’insieme dei progetti con contratto sottoscritto e
lavori non avviati.
Il costo delle opere stradali in
corso di costruzione al 31 marzo 2016 è di circa 4,2 miliardi, pari al 9,7% del
costo totale delle opere stradali non prioritarie esaminate dal CIPE. Le
ultimate invece costano 5,1 miliardi (il 12% del totale).
Riguardo alle altre tipologie di
opere, le opere ferroviarie hanno un
costo di circa 19 miliardi (il 26%
del costo totale, meno della metà delle opere stradali) e oltre il 90% riguarda lotti in fase di progettazione con un elevato fabbisogno
finanziario residuo. Fanno parte di questo gruppo, tra le altre, la tratta
nazionale della linea ferroviaria Torino-Lione, da Chiusa San Michele a Settimo
Torinese, il quadruplicamento Fortezza-Verona, la tratta Andora - Finale Ligure
della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, il completamento della linea
ferroviaria Pontremolese.
Le reti metropolitane hanno un
costo di 3,8 miliardi (il 5% del costo totale) di cui 1,2 miliardi relativi a
lavori ultimati. Altri 1,2 miliardi spettano a lavori in corso o con contratto
approvato e i restanti 1,4 miliardi alle metropolitane in fase di
progettazione.
Il costo delle restanti
tipologie di opere è di circa 8 miliardi di cui 1,7 miliardi (il 21%) relativo
a opere non contrattualizzate.
Rispetto alla distribuzione
territoriale, nelle regioni del Centro-Nord è localizzato l’80% del costo
delle opere non prioritarie esaminate dal CIPE. Si tratta di 58,7 miliardi, dei
quali 46,3 miliardi (79%) relativi a opere senza contratto. Nelle regioni del
Mezzogiorno è localizzata una quota del 19% (14,1 miliardi) e il restante 1% è
relativo al Programma grandi stazioni.
3.3. Le altre opere non
prioritarie. Il costo delle
altre opere non prioritarie del PIS è di 115,3
miliardi, il 41,5% del costo del PIS 2015 (278,9 miliardi). Rientrano in questo gruppo di opere, tra le
altre, due opere esaminate dal CIPE nella seduta del 1° maggio 2016, dopo il
termine del monitoraggio. Si tratta del collegamento viario “Pedemontana
Piemontese” tra la A4 e la A26 (Santhià-Biella-Gattinara-Ghemme) e il
completamento della SS 291 della Nurra, Lotto 1°, da
Alghero a Olmedo in località bivio cantoniera di Rudas,
per il quale è stato deciso di rinviare a nuova istruttoria il perfezionamento
del progetto. Si tratta di interventi inseriti nel Piano pluriennale degli investimenti 2015-2019 di Anas SpA e finanziati, in parte, con le risorse previste dall’articolo
3, comma 2, lettera c), del D.L. 133 del 2014 (cd. “Sblocca Italia”).
Rispetto al 9° Rapporto, il costo delle opere si riduce di quasi 2
miliardi (da 117.309 milioni a 115.350, -1,7%) a seguito, principalmente, dell'azzeramento
del costo del progetto di adeguamento di un tratto, di circa 100 Km, della SS
131 Cagliari-Sassari, tra il km. 108+300 e 209+482 (2° e 3° lotto omogeneo). L’elevato
costo delle opere (circa 1,4 miliardi) e la necessità di urgenti interventi di
messa in sicurezza dei tratti più critici ha indotto l’Anas a sviluppare nuove
soluzioni progettuali di minore impegno finanziario. La soluzione individuata è
stata quella di estendere l’intervento “svincoli e messa in sicurezza tra i km
146+800 e km 209+600”, già presente nel PIS approvato dal CIPE con delibera
26/2014, al tratto tra il km 108+300 e il km 146+800. Tale progetto complessivo
è stato esaminato dal CIPE nella seduta del 23 dicembre 2015.
Le risorse disponibili, per
la realizzazione delle altre opere non prioritarie del PIS, ammontano a 35,7 miliardi e consentono una
copertura finanziaria pari al 30,9% del costo. In questo ambito il contributo pubblico rappresenta il 51,5% delle disponibilità e quello
privato il restante 48,5%. Nell’ultimo anno, i nuovi finanziamenti ammontano a
circa 85 milioni e provengono tutti dal Contratto di Programma 2015 di Anas SpA. Le opere destinatarie di tali risorse sono: la SS 182
delle Serre (54,8 milioni); la SS 291 "della Nurra"
(19 milioni); l’asse stradale di collegamento tra gli svincoli di Prato est e
Prato ovest, ex completamento raddoppio di viale Leonardo da Vinci (11,0 milioni).
Riguardo all’avanzamento fisico
delle altre opere non prioritarie del PIS, considerando che l’analisi tiene
conto dello stato di avanzamento di 425 lotti, il 79,5% del costo, quasi 92 miliardi di euro, riguarda opere in fase di progettazione. I lotti
in gara o aggiudicati rappresentano meno del 5% del costo totale (5,6
miliardi). I lotti con lavori in corso di
esecuzione insieme a quelli con contratto approvato e in attesa
di avviare i lavori, che dovrebbero
rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di circa 7,2 miliardi, pari a poco più del 6% del costo complessivo delle altre opere non prioritarie del PIS al 31 marzo 2016. In particolare, i lavori in corso rappresentano una quota del 4,3% (4,9
miliardi), mentre quelli contrattualizzati e con lavori non avviati
rappresentano il 2,0% (circa 2,3 miliardi). I lavori ultimati rappresentano l’8,2% (9,4 miliardi)
e i misti l’1,1% (circa 1,3 miliardi). Infine, una quota marginale dello 0,1%
spetta ai lotti per i quali non è stato possibile individuare lo stato di
avanzamento al 31 marzo 2016.
Per quanto riguarda la tipologia
di opere, il 60% del costo delle
altre opere non prioritarie del PIS 2015 fa riferimento a opere stradali. Si tratta di circa 70 miliardi di euro dei quali 60
non contrattualizzati (l’86,6%). Riguardo alle altre tipologie di opere, le
opere ferroviarie hanno un costo di 36,7 miliardi (il 32% del costo totale) di
cui quasi 30 non contrattualizzati. Il costo delle reti metropolitane è pari a
3,2 miliardi (il 61,6% risulta senza contratto) e altri 4,7 miliardi riguardano
altre tipologie di opere (in prevalenza opere portuali), quasi tutti relativi a
lotti senza contratto. Il costo delle restanti tipologie di opere (in
prevalenza reti idriche) è di circa 1 miliardo, di cui 793 milioni (il 76,2%)
relativo a opere non contrattualizzate. Riguardo alla copertura finanziaria dei
costi, fatta eccezione per le opere portuali, tutte le altre tipologie di opere
hanno disponibilità inferiori al 50% del costo.
Rispetto alla distribuzione
territoriale, nelle regioni del Centro-Nord
è localizzato oltre il 67% del costo. Si tratta di 77,7 miliardi dei quali 62,5
miliardi, l’80%, relativi a lotti in fase di progettazione. Nelle regioni del
Mezzogiorno è localizzata una quota del
32% (36,5 miliardi di cui 29,2, l’80%, in fase di progettazione), mentre il
restante 1% riguarda opere non ripartibili a livello di macro area (Programma
piccoli interventi ANAS, Programma interventi RFI e Programma Seimila
campanili). Per le opere localizzate nelle regioni del Centro-Nord le
disponibilità ammontano al 31,3% del costo. Si tratta di circa 24,4 miliardi,
di cui 7,6 miliardi (31%) da risorse pubbliche e 16,8 miliardi (69%) da risorse
private che, per la quasi totalità, sono contributi delle concessionarie
autostradali. Più bassa l’incidenza delle disponibilità sul costo per le opere
da realizzare nel Mezzogiorno. Si tratta di circa 10,1 miliardi, pari al 27,8%
del costo, di cui circa 9,6 (95%) da risorse pubbliche e i restanti 500 milioni
da risorse private (5%).
4. Il mercato delle opere
pubbliche 2014-2015. Negli
ultimi due anni il mercato delle opere pubbliche è cambiato. Si passa da una
domanda sostenuta da un limitato numero di grandi contratti per la
realizzazione di nuove infrastrutture strategiche a una domanda sostenuta da un
numero maggiore di opportunità piccole, medie e grandi per la manutenzione del
patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente. Nel biennio 2014-2015,
infatti, dopo dodici anni di riduzione, riprende ad aumentare il numero dei
bandi di gara, con tassi di crescita, rispetto al biennio 2012-2013, del 21% per il mercato nel suo complesso e
segnatamente del 2,4% con riguardo ai contratti complessi e del 27%
relativamente agli appalti tradizionali; piccoli, medi e grandi contratti
crescono con tassi superiori al 20%. Rispetto agli importi, si osservano tassi
di crescita del 46% per l’intero mercato, del 50% con riguardo ai contratti
complessi e del 43% per gli appalti tradizionali. I medesimi trend di crescita interessano anche le
aggiudicazioni, con percentuali di incremento, rispetto al biennio 2012-2013,
del 4% per numero e del 12,8% per importo.
I
cambiamenti del mercato, i cui primi segnali si avvertono a partire dalla
seconda metà del 2013, diventano più chiari nel biennio 2014-2015 e riguardano:
la crescita delle opere medie e piccole,
dopo dodici anni di valori contraddistinti da una progressiva riduzione; la crescita delle grandi opere di importo
superiore a 50 milioni di euro, dopo un biennio 2012-2013 di forte riduzione (-27%
il numero di opportunità e -32% l’importo, rispetto al biennio 2010-2011); la rilevanza della manutenzione e della riqualificazione
del patrimonio pubblico, che arriva a rappresentare il 74% del mercato (non
superava il 47% tra il 2002 e il 2011); la
crescita degli appalti di sola esecuzione e delle concessioni di servizi; l’aumento della dimensione degli appalti per
la manutenzione e la gestione dei patrimoni pubblici; la riduzione di oltre
il 50% del numero e dell’importo dei bandi delle concessioni di lavori,
soprattutto di quelle grandi e piccole nei settori più “tradizionali” delle
autostrade, dei cimiteri, dei parcheggi e degli impianti sportivi; la riduzione
della dimensione degli appalti integrati; il mancato ricorso agli affidamenti a
contraente generale (gli ultimi bandi di gara risalgono al 2009); l’imputazione
del 65% del valore del mercato in gara a
comuni, aziende speciali, Ferrovie e Consip (era il 48% nel biennio
2012-2013); la crescita del mercato diffusa sul territorio; la prosecuzione
dell’interesse per il PPP, ma per iniziative più piccole. Ulteriori cambiamenti
potrebbero derivare dall’attuazione delle norme del nuovo Codice dei contratti
pubblici.
La
fase di cambiamento e di evoluzione, che interessa il quadro regolatorio, si
inserisce in un contesto di progressiva riconfigurazione
del mercato delle opere pubbliche, non solo a motivo dei mutamenti sopra
evidenziati, ma anche dei processi evolutivi, che riguardano l’innovazione di
prodotti, materiali e componenti, e la digitalizzazione, peraltro prevista nella
nuova normativa sugli appalti pubblici e sulle concessioni. In tale contesto,
il processo di revisione, che sta interessando la programmazione e la
realizzazione delle infrastrutture, si incrocia con l’esigenza, richiamata in
più occasioni nel corso dell’esame della nuova normativa sugli appalti pubblici
e affermata anche nell’ambito della nuova strategia europea per il rilancio
degli investimenti, della qualità e
della centralità del progetto.
L'allegato al Documento di economia e finanza
2015 ha individuato venticinque opere prioritarie del Programma delle
infrastrutture strategiche. In tale documento è stato precisato che le opere
prioritarie sono state selezionate a valle di un processo che, partendo
dall'analisi dei flussi di domanda riguardanti il trasporto dei passeggeri e
delle merci e della dotazione infrastrutturale italiana, identifica le linee
strategiche nazionali in materia di trasporti. L’elenco delle venticinque opere
prioritarie è stato recentemente confermato dall’allegato al Documento di
economia e finanza 2016 denominato “Strategie per le infrastrutture di
trasporto e logistica”.
Il presente focus, anche in risposta a una
specifica richiesta avanzata nell’ambito della presentazione della precedente
edizione del Rapporto, intende accompagnare il monitoraggio sullo stato di
attuazione delle citate opere prioritarie, i cui esiti sono trattati in altre
parti del Rapporto, con una lettura socio-economica del territorio che queste coinvolgono.
Tale analisi, che rappresenta un primo approfondimento a carattere
sperimentale, è sviluppata non per esprimere deterministici rapporti di causa
ed effetto, peraltro assai complessi e di difficile misurazione, ma per offrire
una nuova chiave di lettura che consenta di approfondire su quali realtà
territoriali insistono, o andranno ad insistere, le opere prioritarie.
Per tale finalità, si è ritenuto appropriato
utilizzare la griglia dei sistemi locali recentemente aggiornati dall’Istat e
costruiti utilizzando i flussi degli spostamenti luogo di residenza/luogo di
lavoro (pendolarismo giornaliero) rilevati in occasione dei censimenti della
popolazione. L’attrattività e l’importanza dei Sistemi locali (Sl), in particolar modo per lo studio dei processi di
sviluppo locale ma anche per l’attuazione delle policy, nasce dalla possibilità di disporre di una griglia
territoriale sufficientemente dettagliata e che esaurisce completamente ed in
maniera omogenea lo spazio nazionale. I sistemi locali, però, sono soprattutto
aree i cui confini non sono il risultato di eventi storici passati, di
decisioni politico-amministrative o della sola morfologia del territorio, ma
sono invece definiti sulla base dell’organizzazione (o meglio
dell’auto-organizzazione) dei rapporti sociali, lavorativi ed economici
dell’area.
La granularità territoriale e l’“indipendenza”
dai confini amministrativi non esauriscono le qualità e l’attrattività dei
sistemi locali: questi tracciano, anche se in maniera approssimata, l’ambito
“naturale” dove le persone svolgono le loro attività quotidiane, dalla
residenza, al lavoro, alla fruizione dei servizi. I sistemi locali, seppur non
delineati in nessuna cartografia fisica o politica, rappresentano degli oggetti
reali, ai quali l’intensità delle relazioni interne generate dai flussi di
pendolarismo assegna anche un proprio “ordinamento”. Da un punto di vista più
operativo, i Sl sono quindi quei luoghi (precisamente
identificati e simultaneamente delimitati su tutto il territorio nazionale)
dove la popolazione risiede e lavora e dove quindi indirettamente tende ad
esercitare la maggior parte delle proprie relazioni sociali ed economiche.
Come già anticipato, il presente
approfondimento assume comunque un carattere sperimentale. Per la prima volta si
cerca infatti di inquadrare un’infrastruttura
nel suo contesto territoriale di riferimento, anche se questa analisi
non può offrire una valutazione del loro impatto, ma solo la descrizione delle
principali caratteristiche socio-economiche dei sistemi locali coinvolti. Sono
state quindi individuate sperimentalmente due “fasce di competenza”:
·
la
prima fascia, denominata “fascia centrale” individua tutti i sistemi locali
attraversati (anche in minima parte e/o per effetto di approssimazioni di scala
geografica) dai collegamenti oggetto di analisi. Queste aree sono quindi quelle
più direttamente coinvolte nel processo di costruzione e sulle quali le
ricadute sociali ed economiche possono essere sicuramente più rilevanti;
·
la
seconda fascia individua invece tutti quei sistemi locali contermini alla
fascia centrale o i cui confini si collocano a ridosso di questi. Queste aree,
mediamente più estese delle precedenti, disegnano contesti sociali ed economici
più sfumati anche se in certi casi non meno rilevanti perché, ad esempio,
coinvolgono importanti aree insediative e/o produttive.
L’analisi prende in considerazione i
collegamenti ferroviari e stradali di lunga percorrenza per la mobilità delle
merci e delle persone di cui fanno parte le sedici opere prioritarie stradali e
ferroviarie. Si tratta, in particolare, di sei collegamenti ferroviari -
Torino-Lione, Milano-Venezia, Milano-Genova, Monaco-Verona, Napoli-Bari,
Palermo-Catania-Messina - e dieci collegamenti stradali Agrigento-Caltanissetta, Salerno-Reggio Calabria,
Taranto-Reggio Calabria - Olbia-Sassari, Grosseto-Siena, Quadrilatero
Marche-Umbria, Venezia-Trieste, Pedemontana Veneta, Pedemontana Lombarda e
Tangenziale est esterna di Milano. Tali due ultimi collegamenti sono analizzati
congiuntamente in quanto fanno parte di una strategia volta a ridurre e a
depotenziare il traffico stradale nell’area milanese. Per tale ragione in altre parti del focus si
fa riferimento a quindici collegamenti anziché a sedici.
Sono esclusi dall’analisi il MO.S.E. e i collegamenti
ferroviari metropolitani, interessati prevalentemente da spostamenti in ambito
urbano, che avrebbero richiesto una delimitazione delle fasce di competenza di
tipo sub-comunale.
L’analisi considera i predetti collegamenti
stradali e ferroviari, di cui fanno parte le sedici opere prioritarie, nella
loro interezza. Tale scelta è risultata la più idonea per il presente focus
dedicato al contesto socio economico su cui tali collegamenti insistono e
realizzato utilizzando la griglia territoriale dei sistemi locali.
Per ognuno dei sistemi locali di prima e
seconda fascia, sono stati raccolti ventuno indicatori socio-economici
rilevanti, organizzati in cinque aree tematiche:
·
territorio
(densità abitativa, superficie territoriale delle località abitate, superficie
territoriale dei comuni ad elevato rischio sismico, popolazione nei comuni
montani);
·
popolazione,
demografia e livelli di istruzione (variazione percentuale della popolazione
residente totale, popolazione residente straniera, indice di vecchiaia, indice
di dipendenza demografica - cioè il rapporto tra la popolazione in età non
lavorativa e quella in età di lavoro -, indice di possesso di titoli
universitari e terziari non universitari);
·
mercato
del lavoro (tasso di attività, tasso di occupazione e tasso di disoccupazione);
·
struttura
produttiva (addetti delle unità locali delle imprese, unità locali delle
imprese del settore manifatturiero, addetti delle unità locali delle imprese
manifatturiere);
·
produzione
e redditi (valore aggiunto delle unità locali delle imprese, produttività delle
unità locali delle imprese, export per addetto, reddito imponibile a fini
IRPEF, variazione percentuale del reddito imponibile ai fini IRPEF, presenze
turistiche nel totale degli esercizi ricettivi).
Le principali caratteristiche dei predetti
indicatori sono descritte nel paragrafo 2 dell’allegato al Rapporto riguardante
proprio la metodologia utilizzata per la predisposizione del presente
focus. Sulla base di questi indicatori,
e sul loro confronto con il dato medio nazionale, si è cercato di delineare un
quadro che metta in luce le caratteristiche sociali ed economiche dei territori
attraversati nel loro complesso o con riferimento alla singola opera. L’analisi
di insieme è oggetto del presente focus, mentre l’analisi di dettaglio dei
singoli collegamenti considerati è riportata in un apposito allegato al
Rapporto[2].
L’analisi
d’insieme riguarda tutti i sistemi locali coinvolti, al netto di quelli
interessati da più di un’opera prioritaria ferroviaria o stradale. Questa
considerazione vale, ovviamente, anche nel caso in cui sono analizzati i
singoli collegamenti.
Sui complessivi 611 sistemi locali, ben 369
risultano coinvolti almeno da un’opera prioritaria (pari a poco più del 60 per
cento del totale): nel complesso questi rappresentano il 64,0 per cento dei
comuni, il 58,1 per cento della superficie nazionale e il 66,1 per cento della
popolazione nazionale (Tavole A1a e A1b, Cartogramma A1). Il contributo in
termini di popolazione residente è assai rilevante (oltre 40 milioni di
abitanti), ma è giustificato dal fatto che sono coinvolti i più importanti
sistemi locali urbani, ad eccezione dei soli sistemi di Roma, Bologna e
Cagliari.
I
sistemi interessati da una sola opera sono la maggioranza (Cartogramma A1), sia
in termini di numero di aree (255, pari al 69,1 per cento del totale), sia in
termini di popolazione residente (oltre 23 milioni di abitanti, pari al 58,2
per cento del totale).
I
sistemi locali, che invece sono coinvolti in più di un’opera prioritaria, sono
114 così articolati:
·
90
sistemi vedono la presenza di due opere. Tali sistemi, concentrati in
particolare in Veneto e Calabria, con oltre sei milioni di abitanti
rappresentano quasi il 16 per cento della popolazione;
·
i
rimanenti 24 sistemi locali sono interessati da ben tre infrastrutture e
rappresentano oltre il 26 per cento della popolazione considerata. Tali sistemi
risultano concentrati prevalentemente in Lombardia e Veneto.
§
Cartogramma A1. – Sistemi locali interessati da una o più
opere prioritarie stradali e ferroviarie
|
Fonte:
elaborazioni Istat su dati Servizio studi Camera-Cresme |
Nel complesso, i sistemi locali considerati
hanno una grande rilevanza anche rispetto ai fenomeni socio-economici. A fronte
di oltre 22,3 milioni di occupati a livello nazionale, 14,4 milioni sono quelli
che insistono su territori interessati dalle opere prioritarie di cui 9,7
milioni nei sistemi locali di fascia centrale e 4,7 in quelli di seconda
fascia. Tale rilevanza si evidenzia anche in termini più strettamente
economici: il totale del valore aggiunto prodotto dalle imprese ammonta a circa
475 miliardi di euro (67 per cento circa) a fronte di un dato nazionale che si
attesta sui 711 miliardi di euro.
Di una certa importanza anche il contributo di
queste aree sull’export nazionale: nel complesso il valore dell’export è stato
di 265 miliardi di euro (72,1 per cento) a fronte di un valore nazionale di 368
miliardi di euro. La quota più elevata (187 miliardi di euro pari al 50,9 per
cento del totale nazionale) è di competenza dei sistemi locali appartenenti
alla fascia centrale.
Anche per ciò che riguarda il reddito
imponibile Irpef 2013 si rileva che le aree considerate presentano una quota di
reddito considerevole rispetto al dato complessivo nazionale. I sistemi locali
di fascia centrale pesano per il 45,4 per cento (353 miliardi di euro), i
sistemi di seconda fascia per il 20,0 per cento (155 miliardi di euro); il
totale delle aree considerate quindi, con 508 miliardi di euro su 777
complessivi, contribuisce per poco meno di due terzi del reddito complessivo
nazionale.
La suddivisione per fasce di competenza
evidenzia come quella centrale sia mediamente più rilevante rispetto invece ai
territori più marginalmente coinvolti dalla realizzazione dell’infrastruttura
(seconda fascia). Infatti sempre dalla Tavola A1b risulta evidente che la quota
della popolazione dei sistemi appartenenti alla fascia centrale del complesso
delle infrastrutture considerate è di quasi il 45 per cento (poco più di 27
milioni di abitanti) contro il 21,3 per cento dei sistemi di seconda fascia
(quasi 13 milioni di abitanti). La rilevanza relativa dei sistemi di fascia
centrale si riscontra anche distinguendo i dati per tipo di opera interessata:
ferroviaria (30,7 per cento contro 17,9 per cento) o stradale (21,9 per cento
contro 19,2 per cento), anche se per quest’ultima tipologia la distinzione tra
le due fasce risulta meno accentuata.
Tavola A1a – Sistemi locali interessati per tipologia di
opera prioritaria (valori assoluti)
Tavola A1b – Sistemi locali
interessati per tipologia di opera prioritaria (valori percentuali)
I sei collegamenti ferroviari, analizzati nel
loro insieme, coinvolgono 199 sistemi locali (32,6 per cento del totale), 56
appartenenti alla fascia centrale e 143 alla seconda fascia. La popolazione
interessata ammonta a quasi 30 milioni di abitanti (48,6 per cento), in gran
parte collocata nella fascia centrale (quasi 19 milioni di abitanti, pari al
30,7 per cento del totale). L’estensione territoriale è di quasi un terzo del
totale nazionale (32,5 per cento).
Le infrastrutture stradali considerate sono
nove e coinvolgono un numero maggiore di sistemi locali (236), suddivisi in 74
appartenenti alla fascia centrale e 162 di seconda fascia, come anche più
estesa è la superficie territoriale interessata (37,1 per cento); di contro, poiché
queste infrastrutture interessano in prevalenza aree meno densamente popolate,
si registra un numero minore di abitanti coinvolti, pari a quasi 25 milioni di
persone (37,1 per cento del totale nazionale).
L’analisi del contesto socio-economico dei territori
interessati dalle quindici opere prioritarie considerate è assai articolata ma
si può affermare, almeno in termini generali, che questo possa essere
ricondotto prevalentemente a tipologie di territori urbanizzati. Ciò è ben
evidente anche dai cartogrammi, relativi alle singole infrastrutture e
riportati nell’allegato al Rapporto, che illustrano l’intero tracciato
dell’infrastruttura con evidenziati, tra l’altro, l’opera prioritaria e i
sistemi locali interessati.
Dall’analisi della Tavola A2 si possono
estrapolare molti elementi che confermano quanto detto in precedenza. Sia per
le infrastrutture ferroviarie che per quelle stradali la fascia centrale dei
sistemi locali considerati presenta mediamente valori degli indicatori
superiori a quelli medi nazionali e tipici di aree fortemente antropizzate. Ciò
è particolarmente evidente se si guarda, ad esempio, alla densità abitativa che
presenta un valore di 343 abitanti per km2 a fronte di un dato medio
nazionale di poco superiore a 200 o l’incidenza della superficie delle località
abitate che è del 9,8 per cento nella fascia centrale a fronte del 6,7 per
cento del dato medio nazionale. Queste differenze risultano ancora più
accentuate se si considera la distinzione fra infrastrutture ferroviarie e
stradale, con una più marcata distanza dalla media nazionale della prima
categoria.
Mediamente più bassa la percentuale di
popolazione montana nei sistemi di fascia centrale (9,9 per cento) rispetto a
quelli della seconda fascia (17,6 per cento), dove la differenza è più
rilevante per le opere stradali rispetto a quelle ferroviarie. Invece,
l’incidenza di territorio interessato da elevato rischio sismico per il
complesso delle infrastrutture è mediamente di tre punti percentuali più
elevata rispetto alla media nazionale: le opere ferroviarie presentano
un’incidenza decisamente più bassa (35,6 per cento) rispetto alle opere
stradali (48,4 per cento).
Riguardo invece alla struttura demografica
della popolazione residente non sono rilevabili differenze sostanziali tra le
aree interessate e la media nazionale, anche in virtù della grande estensione
territoriale dei sistemi considerati. Fa eccezione forse, per il totale dei
sistemi appartenenti alla fascia centrale, una minore incidenza dell’indice di
vecchiaia (146,1 per cento rispetto al 157,7 per cento della media nazionale) e
dell’indice di dipendenza demografica (una differenza di circa un punto
percentuale). Queste maggiori disuguaglianze sono attribuibili quasi totalmente
a carico dei territori attraversati dalle opere di tipo ferroviario.
Altra notazione di un certo rilievo sono le
differenze nell’indice di possesso di titoli universitari che sono risultate
maggiori nella fascia centrale, sia per le opere ferroviarie che stradali (13,6
per cento e 13,9 per cento, rispettivamente), rispetto ai sistemi appartenenti
alla seconda fascia. Ancora una volta la spiegazione sta nel fatto che,
mediamente, queste infrastrutture collegano o attraversano grandi centri urbani
dove si concentrano le caratteristiche di sviluppo socio-economico più
rilevanti.
Sul lato relativo agli aspetti più prettamente
economici si riscontra, in primo luogo, un sostanziale allineamento con il
profilo medio nazionale per ciò che riguarda gli indicatori relativi al mercato
del lavoro: il tasso di attività, il tasso di occupazione e il tasso di
disoccupazione si discostano infatti, per il complesso dei sistemi considerati,
meno di un punto percentuale rispetto alla media Italia. Le differenze si fanno
invece più evidenti se si considera la distinzione per tipologia di opera e, al
suo interno, per ambito territoriale di competenza. Le infrastrutture stradali
presentano una performance
complessiva migliore rispetto alla media nazionale, sia per il tasso di
occupazione (due punti percentuali al di sopra della media) che del tasso di
disoccupazione (-1,3 punti percentuali in meno), anche se questi migliori
risultati vanno imputati in gran parte ai soli sistemi della fascia centrale.
Le performance, invece, dei territori
interessati dalle opere ferroviarie, presentano valori peggiori della media
nazionale per tutti e tre gli indicatori considerati (48,5 per cento, 42,2 per
cento e 12,9 per cento, rispettivamente); in questo caso però i valori più
negativi sono attribuibili ai sistemi di fascia centrale, anche per effetto
della significativa presenza di aree di crisi localizzate in sistemi del
Mezzogiorno.
Questa sorta di dualismo nei risultati del
mercato del lavoro tra opere ferroviarie e opere stradali si ripropone anche
per gli indicatori relativi alla struttura produttiva. Le aree interessate da
opere ferroviarie presentano una dotazione di addetti delle imprese inferiore a
quelle interessate da opere stradali (280 addetti per 1.000 abitanti contro
291,3 addetti per 1.000 abitanti), anche se ambedue le tipologie di opere
presentano valori superiori alla media nazionale che si attesta a 270,3 addetti
ogni 1.000 abitanti. Analoghe differenze si registrano anche per la dotazione
di unità locali manifatturiere (7,6 contro 8,4 unità locali ogni 1.000
abitanti, a fronte di un valore medio nazionale di 7,6) e per gli addetti
manifatturieri, con una netta prevalenza delle aree coinvolte in opere stradali
(72,2 addetti per 1.000 abitanti) rispetto a quelle coinvolte in opere
ferroviarie (65,4 addetti per 1.000 abitanti).
Passando ad analizzare i risultati economici
dei sistemi locali considerati va in primo luogo sottolineato come questi
territori rappresentano più di due terzi (66,8 per cento) del valore aggiunto
nazionale prodotto dalle imprese; tale quota è risultata del 53,1 per cento con
riferimento alle aree interessate da opere ferroviarie e del 46,2 per cento per
quelle interessate da opere stradali[3].
Per ambedue le tipologie di opera il contributo maggiore proviene da sistemi
locali appartenenti alla fascia centrale che, in termini complessivi,
contribuiscono per il 48,8 per cento a fronte del 17,9 per cento invece delle
aree di seconda fascia.
In secondo luogo è possibile osservare che, in
termini aggregati, la produttività nelle imprese è risultata di poco superiore
a quella media nazionale (45,4 contro 44,9 mila euro per addetto,
rispettivamente), ma risulta invece decisamente accentuata se si considera la
distinzione tra fascia centrale (47,3 mila euro) e seconda fascia di sistemi
locali (40,9 mila euro). La distanza con il valore medio nazionale diventa
ancora più ampia distinguendo la produttività per tipologia di opera, con
valori più elevati nelle aree interessate da opere ferroviarie (47,4 mila euro
per addetto) rispetto a quelle interessate da opere stradali (46,9 mila euro
per addetto). Trattandosi in media, come già visto con riferimento alla quota
di valore aggiunto prodotto, di aree fortemente produttive, anche l’incidenza
delle esportazioni è significativamente differente rispetto al dato medio
nazionale: è di 3,5 mila euro per addetto la differenza per i sistemi locali
interessati da opere ferroviarie e di 3,9 mila euro per addetto per le aree
coinvolte da opere stradali. Il valore più elevato, superiore di 6,4 mila
rispetto alla media nazionale (28,4 mila euro di valore esportato per addetto),
si registra nella fascia centrale dei sistemi locali interessati da opere
stradali.
Per ciò che riguarda la distribuzione del
reddito non si evidenziano particolari differenze tra le aree considerate che
presentano limitate differenze con la media nazionale, sia in termini positivi
che negativi; fanno eccezione i sistemi locali di fascia centrale interessati
da opere stradali per i quali si registra una differenza rispetto al valore
nazionale di 1,6 mila euro per abitante (14,4 contro 12,8 mila euro per
abitante, rispettivamente). Tutte le tipologie di aree considerate presentano
il segno meno sulla variazione, tra il 2009 e il 2013, del reddito imponibile
che vanno da un massimo negativo di -0,8 per cento (Sl
di fascia centrale, totale infrastrutture), al valore più basso di 0,1 per
cento (Sl di seconda fascia, opere ferroviarie).
Infine, l’attrattività turistica di queste
aree, misurata attraverso il numero di giornate di presenza negli esercizi
ricettivi per abitante, non presenta sostanziali differenze se analizzate per
tipologia di opera (5,0 contro 5,7) e, in ambedue i casi di opera ferroviaria e
stradale, i valori complessivi degli indicatori sono comunque al di sotto della
media nazionale (6,2 giornate di presenza per abitante). Qualche differenza
sostanziale si registra invece tra sistemi locali di fascia centrale e di
seconda fascia per il complesso delle infrastrutture considerate: i primi si
collocano al di sotto della media nazionale (4,6), mentre i secondi presentano
valori decisamente al di sopra (8,0).
Tavola
A2. – Gli indicatori e i sistemi locali interessati dalle 15 opere prioritarie
Negli ultimi anni,
le risorse destinate alle infrastrutture, all’innovazione tecnologica e alle imprese
si sono ridotte in misura significativa: secondo la Commissione Europea, il
flusso di investimenti verso queste categorie di impieghi è ancora del 15%
inferiore rispetto ai livelli pre-crisi.
Per tale ragione,
nelle strategie per sostenere e promuovere la crescita a livello europeo, il
tema del rilancio degli investimenti assume un carattere centrale.
Nell’attuale
contesto economico-finanziario, le difficoltà di catalizzare risorse private
verso gli investimenti infrastrutturali non sono riconducibili, come avveniva
nella prima fase della crisi, ad una scarsità di liquidità nel sistema
finanziario, ma alla percezione di un livello di rischio elevato da parte degli
investitori rispetto a questa categoria di interventi. Tale percezione, in
parte eredità della crisi, è principalmente attribuibile alla scarsa qualità
media dei progetti infrastrutturali attualmente presenti sul mercato.
Gli operatori,
inoltre, nella fase successiva alla crisi, non hanno fiducia circa una ripresa
dei volumi di domanda che giustifichi investimenti sostenibili di
ampliamento/adeguamento della capacità delle reti e dei nodi infrastrutturali.
In un contesto di
questo tipo, per consentire al sistema finanziario di rafforzare gli impieghi
diretti verso gli investimenti in infrastrutture, si è ritenuto utile mettere a
punto interventi di credit enhancement, attraverso un sistema di garanzie tese a
mitigare il rischio per quei progetti che, in assenza di misure ad hoc, non
avrebbero trovato sul mercato risorse disponibili.
Questa, di fatto,
l’intuizione alla base del Piano degli investimenti per l’Europa (Investment Plan for Europe), c.d. Piano Juncker, d’ora in avanti Piano.
Nel contesto
descritto, il Piano propone un nuovo modello per consolidare una ripresa
economica investment driven. Il
presupposto primario di tale modello è rappresentato dal passaggio dalla
contribuzione pubblica a fondo perduto all’impiego di strumenti finanziari ad
hoc in grado di attivare le risorse private.
Corollario del nuovo
paradigma, e reale elemento di discontinuità introdotto dal Piano, è quello di
considerare il progetto come fulcro del processo, dalle prime fasi di
programmazione degli interventi a quelle successive della progettazione,
realizzazione, messa in opera e gestione.
Il ricorso a risorse
private per il finanziamento di interventi di interesse pubblico, infatti,
richiede progetti in grado di remunerare adeguatamente chi si assume l’onere di
sopportarne il rischio.
In altri termini ciò
che il Piano si prefigge di fare è di “investire nell’investimento”[5].
Per far ciò sono
stati previsti tre pilastri a sostegno del Piano:
·
l’adozione di riforme regolamentari e strutturali
in grado di rimuovere i colli di bottiglia che comprimono la capacità di
realizzare investimenti e aumentare il flusso di risorse per lo sviluppo delle
infrastrutture, l’innovazione e le imprese;
·
un’azione di capacity building, da realizzare attraverso la creazione di un advisory hub in grado
di offrire assistenza nella fase di elaborazione e implementazione dei progetti
e la creazione di un “parco progetti”
europeo che consenta di disporre sempre di una pipeline di progetti di qualità;
·
la creazione del Fondo Europeo per gli Investimenti
Strategici (FEIS).
Il Fondo europeo per
gli investimenti strategici (FEIS) è, di fatto, lo strumento operativo tramite
il quale il Piano si propone di mobilitare finanziamenti privati verso progetti
di interesse pubblico, senza creare ulteriore debito pubblico.
Il Fondo, creato
congiuntamente dalla Commissione Europea e dalla Banca Europea per gli
Investimenti (BEI), ha una dotazione iniziale di 21 miliardi di euro, di cui 16
miliardi provenienti dal bilancio dell’UE e ulteriori 5 miliardi dalla BEI.
Sebbene un ruolo
centrale nel Piano sia attribuito,
chiaramente, al Gruppo BEI, altrettanto rilevante risulta la cooperazione tra
la Banca Europea degli Investimenti e gli istituti nazionali di promozione (National Promotional
Institution -NPIs).
In Italia il ruolo
di NPI è stato assegnato a Cassa depositi e prestiti dal comma 826
dell’articolo 1 dell’ultima legge di stabilità. In virtù di tale ruolo CDP,
oltre a contribuire al Piano con un affiancamento al FEIS di risorse per
ulteriori 8 miliardi di euro (come hanno fatto anche Germania, Francia,
Polonia, Inghilterra e Spagna), supporta l’attività di selezione di una pipeline di progetti cosiddetti “Junckerabili” e può impiegare le risorse della gestione
separata per contribuire a realizzare gli obiettivi del Piano.
Il FEIS è uno
strumento c.d. unfunded che,
offrendo una garanzia a fronte della quale la BEI potrà raccogliere risorse
sul mercato, attiva un significativo effetto leva e mobilita, grazie
all’effetto di crowding-in connesso ai cofinanziamenti, risorse
ingenti.
Sulla base
dell’esperienza maturata dalla BEI nel comparto della realizzazione delle
infrastrutture, si stima un effetto leva 1:15 che dovrebbe consentire, a
partire dai 21 miliardi di euro di dotazione del FEIS, di reperire sul mercato
fondi per 63 miliardi di euro, per raccogliere cofinanziamenti privati e
pubblici per un ammontare complessivo di 315 miliardi dal 2015 al 2017.
Dotazione, leva ed effetto catalitico del FEIS |
|
Fonte: Commissione
europea, 2016 |
L’effetto leva e
l’effetto catalitico attesi dall’attuazione del Piano evidenziano come, nel
contesto economico finanziario descritto, il tema non sia quello della scarsità
di liquidità nel sistema, che avrebbe potuto indirizzare l’azione verso uno
strumento finanziario funded
ad hoc, bensì quello di aumentare la capacità di assumere rischi da parte delle
istituzioni finanziarie, BEI in primis.
In questo modo, di
fatto, si individua un nuovo ruolo per l’impiego di risorse pubbliche nella realizzazione
degli investimenti che supera la prassi dei contributi a fondo perduto per
stanziare risorse destinate ad assorbire, in parte, le potenziali perdite
connesse ai rischi di progetto. In altri termini, attraverso il FEIS si intende
supportare quei progetti di investimento il cui profilo di rischio, in assenza
della garanzia offerta dal Fondo, è considerato non in linea con quanto
richiesto dal mercato.
Sempre nell’ottica
di agevolare il processo di infrastrutturazione, si colloca la scelta della Commissione
Europea di adottare una posizione favorevole nell’ambito del Patto di Stabilità
rispetto ai contributi pubblici che ricadono sotto l’ombrello del FEIS. In
altri termini, secondo quella che comunemente viene definita “clausola
investimenti”, è tollerato che uno Stato membro devii temporaneamente dal
proprio obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di aggiustamento
concordato, al fine di compiere investimenti, qualora siano verificate alcune condizioni:
·
la crescita del PIL sia negativa o il PIL resti ben
al di sotto del suo potenziale (con un conseguente divario tra prodotto
effettivo e potenziale superiore a meno 1,5% del PIL);
·
la deviazione dagli obiettivi di bilancio non
implichi il superamento del valore di riferimento del 3% fissato per il
disavanzo e sia preservato un margine di sicurezza adeguato;
·
i livelli degli investimenti siano effettivamente
aumentati;
·
gli investimenti riguardino spese nazionali per
progetti cofinanziati dal FEIS o progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della
politica strutturale e di coesione;
·
la deviazione sia corretta entro l'orizzonte
temporale del programma di stabilità o di convergenza dello Stato membro.
BOX - La governance
del Piano
|
Dal punto di vista
della governance del processo è
previsto che la candidatura sia indirizzata al board di BEI, che si esprime in
merito all’approvazione del progetto. La funzione di indirizzo, l’allocazione
strategica delle attività e le politiche e procedure operative del FEIS,
invece, sono affidate al Comitato Direttivo cui partecipano, in proporzione,
tutti contributori di capacità di rischio, mentre il Comitato per gli
investimenti, composto da otto valutatori indipendenti nominati dal Comitato
direttivo, ha il compito di analizzare e selezionare, in base al merito, le
proposte progettuali ammissibili al Fondo e approvare il sostegno alle
operazioni. Una volta conclusa
la selezione dei progetti da parte del Comitato per gli investimenti, qualora
le due diligence
avessero esito positivo, si procede con le successive fasi di stanziamento ed
erogazione. |
Iter di
approvazione dei progetti e delle piattaforme |
|
Fonte: CDP |
L’effetto leva e il
ruolo di “attivatore” di risorse che si attende dal Piano è rafforzato
dall’integrazione tra il FEIS e altri strumenti europei già operativi. In
particolare, sono state recentemente emanate le guideline relative alle modalità
di integrazione tra FEIS e Fondi strutturali e di investimento europei (c.d.
Fondi SIE).
I Fondi SIE nascono
per promuovere nella UE una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Nel
periodo 2014-2020, si prevedono investimenti per 454 miliardi di euro a valere
su 500 programmi concentrati in settori strategici. I fondi SIE sono erogati
attraverso programmi pluriennali cofinanziati a livello nazionale, che la Commissione
approva e gli Stati membri e le loro Regioni attuano in regime di gestione
concorrente. Le Autorità locali sono responsabili della selezione,
dell'attuazione e del monitoraggio dei progetti sostenuti con i fondi SIE.
Rispetto al FEIS, che opera tramite la BEI, i Fondi SIE si caratterizzano
quindi per un diverso profilo di rischio e differenti criteri di operatività.
I fondi SIE e il
FEIS possono mobilitare investimenti aggiuntivi integrandosi a vicenda in
quanto la ratio, la concezione e il quadro legislativo di questi fondi li
rendono complementari.
Tale complementarità
si può concretizzare in molti modi, in funzione dell'investimento. L'uso
integrato dei fondi SIE e del FEIS può essere particolarmente interessante in
determinati Paesi o settori in cui i Fondi strutturali offrono ampie
opportunità e in cui il FEIS da solo non è stato ancora pienamente mobilitato.
Non solo, nel nuovo
impianto previsto, i promotori dei progetti dovrebbero avvalersi del supporto
offerto dall’advisory hub anche per
ottimizzare il ricorso coordinato ai diversi strumenti.
Complessivamente,
sommando gli effetti leva a quelli connessi all’attivazione di risorse europee,
nazionali, locali e provenienti dal mercato, gli effetti attesi
dall’implementazione dell’operatività del FEIS in termini di volumi di
investimenti fissi lordi sono, di fatto, quelli di riportare tali volumi su un
sentiero coerente con le stime pre-crisi.
Investimenti fissi lordi nello
scenario base, nello scenario FEIS (UE28, prezzi 2013, € mld) |
|
Fonte: Commissione
europea, 2016 |
L’effettiva
possibilità di concretizzare tale obiettivo risiede nella qualità dei progetti
che verranno realizzati facendo ricorso al Piano.
Al fine di
perseguire l’obiettivo di sostegno alla crescita economica e alla ripresa nella
fase post-crisi, sono state individuate le categorie di progetti ammissibili
con riferimento al settore di appartenenza, alle controparti, alla dimensione e
al profilo di rischio.
In particolare, per
quanto riguarda il settore di riferimento, l’accesso allo strumento del FEIS è
dedicato a progetti relativi a:
·
ricerca, sviluppo e innovazione;
·
energia;
·
trasporti;
·
information technology;
·
ambiente;
·
capitale umano, cultura e sanità;
·
supporto alle PMI e alle mid-cap.
Dal punto di vista
della distribuzione geografica dei progetti non sono previste quote specifiche
da destinare ai singoli Stati, come ad esempio è prassi per la programmazione
dei Fondi europei. Non solo, il progetto è valutato ex se, indipendentemente dall’investment gap del Paese nel quale ricade.
Si realizza, dunque,
una sorta di concorso tra progetti finalizzato a valorizzare gli interventi più
“efficienti” a livello europeo indipendentemente dal contesto nel quale questi
si collocano. La finalità dell’intervento, infatti, non è perequativa ma di
stimolo alla crescita. Questo aspetto appare di particolare rilevanza in quanto
riafferma la centralità del progetto nell’ambito del Piano e mira a valorizzare
esclusivamente le iniziative meglio strutturate.
Il Piano, dunque, è
applicabile in modo omogeneo in tutto il territorio della UE28 ed è previsto
che possa essere attivato anche per interventi ai quali partecipa uno Stato
membro, ma che coinvolgono anche Paesi prossimi (come ad esempio Norvegia,
Svizzera, Balcani Occidentali, ecc.).
La modalità di
intervento del Piano può essere diversa a seconda della dimensione del
progetto: tipicamente è prevista una modalità di intervento diretta su progetti
mediamente grandi, mentre - per interventi di dimensioni inferiori - è prevista
la possibilità di realizzare piattaforme di investimento di progetti integrati
che verranno valutate come unicum.
Le piattaforme di
investimento sono anche una delle modalità di cooperazione tra le NPIs e la BEI. Si tratta, di fatto, di accordi di co-investimento
che vengono strutturati per catalizzare risorse dal settore privato e, al tempo
stesso, consentono di aggregare i progetti d'investimento, ridurre i costi
delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il rischio
fra i vari investitori. Se ben congegnate, le piattaforme sono potenzialmente
in grado di attirare i capitali degli investitori istituzionali privati, come i
fondi pensione, e d'intensificare quindi l'impatto dei fondi pubblici.
Ad oggi le NPIs stanno lavorando con la BEI per la definizione di
alcune Piattaforme specifiche. In questi casi la BEI e l’NPI si impegnano a
condividere parte dei processo di selezione e valutazione degli interventi,
armonizzando i criteri adottati e le procedure pur mantenendo, nella maggior
parte dei casi, autonomia nella fase di delibera di eventuali impegni di
finanziamento.
In linea generale,
sia che si tratti di interventi puntuali, sia che si tratti di progetti
inseriti in Piattaforme specifiche, per essere valutati nell’ambito del Piano i
progetti proposti devono rispondere anche ad altri criteri di selezione.
In particolare è
necessario verificare:
·
l’addizionalità
dell’intervento rispetto a strumenti già operativi;
·
la compatibilità con le politiche dell’UE, incluso
l’obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, della
creazione di posti di lavoro di qualità, e della coesione economica, sociale e
territoriale;
·
la viability dei progetti sotto il profilo tecnico ed
economico;
·
la capacità di mobilitare capitale privato, ove
possibile.
Tra questi, il
criterio dell’addizionalità richiede uno specifico approfondimento in quanto
racchiude il senso stesso del Piano.
Per addizionalità,
nel lessico del Piano, si intende la necessità di garantire che l’accesso allo
strumento, segnatamente al FEIS, sia dedicato a progetti che, in assenza del
Piano, non sarebbero stati realizzati. Si tratta, in altri termini, di
operazioni che fanno fronte ai fallimenti di mercato, o a situazioni di
investimento sub-ottimale, e che la BEI, o gli strumenti finanziari esistenti
dell’Unione, non avrebbero potuto finanziare tout court, ovvero che non avrebbero potuto finanziare in egual
misura, senza il sostegno del FEIS.
La centralità della
verifica di tale requisito è evidente se si considera il rischio di
spiazzamento che si correrebbe in caso contrario.
Una volta verificata
l’addizionalità dell’intervento deve essere assicurata l’esistenza di un numero
sufficiente di progetti viable.
La viability dei
progetti, ovvero la fattibilità tecnica degli interventi e la loro
sostenibilità economico-finanziaria, è, infatti, un requisito cardine affinché
il Piano possa dispiegare il suo effetto di crowding-in rispetto al sistema finanziario, attivando adeguati volumi di
cofinanziamento e indirizzando la liquidità presente sul mercato verso i
progetti più “efficienti”.
In base agli esiti di
tali verifiche, la BEI esprime poi un proprio parere in merito alla garanzia,
potendo peraltro decidere, con procedura separata, di finanziare, con risorse
proprie, e senza l’uso della garanzia dell’UE, un progetto che non sia stato
considerato eleggibile ai fini del Piano.
Uno dei principali
obiettivi del Piano, dunque, è quello di introdurre un nuovo approccio alla
selezione e alla predisposizione dei progetti di investimento anche migliorando
il modo in cui gli investitori privati e le autorità pubbliche accedono alle
informazioni sui progetti di investimento.
Tale obiettivo
richiede un rafforzamento delle competenze degli operatori coinvolti nel
processo di programmazione e progettazione degli interventi finalizzato a
garantire la solidità economica e finanziaria delle iniziative.
Di qui la creazione
di un Polo europeo di consulenza sugli investimenti (European Investment Advisory
Hub), che dovrà offrire supporto tecnico e legale
ai singoli Paesi per l’individuazione dei progetti, la loro presentazione e il
loro sviluppo.
L’obiettivo è quello
di fornire una piattaforma di servizi di consulenza tecnica anche sulla
strutturazione dei progetti e sull’utilizzo di strumenti di finanza innovativa
e partenariati pubblico privati.
Anche in questo caso
le NPIs sono state invitate a collaborare mettendo a
fattor comune la conoscenza dei territori e proponendosi, tra l’altro, come
soggetti erogatori dei servizi di advisory a livello nazionale.
Accanto all’advisory hub, al fine
di rafforzare e promuovere la qualità progettuale, è stata prevista la
costituzione di una riserva di progetti di rilevanza europea.
L’inclusione dei
progetti nella pipeline ha lo scopo
iniziale di dare loro visibilità per i potenziali investitori privati.
In prospettiva,
inoltre, dalla predisposizione di tale riserva potrebbe scaturire anche un
sistema di certificazione europea dei progetti di investimento che soddisfano
determinati criteri, che permetta di attirare gli investitori privati.
La preselezione dei
progetti permetterebbe ai potenziali investitori di ottenere garanzie sulla
qualità progettuale e su una adeguata valutazione del rischio.
Questo nuovo
approccio rappresenta un cambio di passo importante verso una più matura
cultura di progetto che, indipendente dallo sviluppo e dall’implementazione del
Piano, potrebbe essere trasposta a livello nazionale.
La consapevolezza di
quanto sia necessario investire sulla qualità dell’intero ciclo di
progettazione e realizzazione degli interventi infrastrutturali sembra
riscontrabile anche nell’ambito delle azioni delineate nell’allegato “Strategie
per le infrastrutture di trasporto e la logistica” al Documento di Economia e
Finanza 2016. In tale ambito, il Piano Juncker
potrebbe rappresentare un fattore di accelerazione per taluni interventi.
Il 2015 e i primi
mesi del 2016 rappresentano di fatto la prima fase di operatività del Piano
degli investimenti per l’Europa, un periodo di avvio delle procedure, di fine tuning
degli strumenti e di definizione puntuale delle relazioni e degli impegni che
legano tra loro i diversi attori del processo.
Complessivamente,
con riferimento al solo segmento di attività riconducibile alla BEI in senso
stretto (ovvero escludendo, perché non oggetto del presente approfondimento, le
iniziative a sostegno delle PMI attraverso il Fondo europeo per gli
investimenti), ad aprile 2016 sono stati approvati 57 progetti, finanziati
interventi per 7,8 miliardi di euro coinvolgendo 24 dei 28 Stati membri.
La quota prevalente
dei progetti approvati è relativa al settore energia, trasporti e ricerca e
sviluppo.
Distribuzione settoriale dei
progetti approvati in ambito FEIS ad aprile 2016 |
|
Fonte: Commissione
Europea, 2016 |
Dei 57 progetti
approvati nell’ambito del segmento infrastrutture e innovazione, 7 riguardano
l’Italia. Il finanziamento offerto dalla BEI sotto il cappello del FEIS per tali
iniziative ammonta a 1,3 miliardi di euro, che si prevede consentiranno di
mobilitare 4,3 miliardi di euro di investimenti e di creare 3.200 posti di
lavoro.
Il primo progetto
italiano, finanziato dalla BEI e assistito dalla garanzia del FEIS, è quello
relativo al progetto di modernizzazione delle acciaierie ARVEDI, sottoscritto a
maggio 2015. Si tratta di un finanziamento di 100 milioni di euro, su circa 227
di costo totale dell’investimento, relativo all’avvio di un programma di
ricerca e sviluppo con focus sull’efficienza energetica degli impianti.
Il secondo, firmato
a dicembre 2015, riguarda il piano di Telecom Italia per la banda ultra larga,
che punta ad aumentare la copertura broadband
per le famiglie dal 32% attuale al 60%. L’operazione riguarda un finanziamento
da 500 milioni (su un importo complessivo di 1,8 miliardi di euro), di cui il
30% sarà dedicato allo sviluppo della rete nel Mezzogiorno.
Sempre a dicembre
2015 è stata firmata l’operazione da 300 milioni di euro, su un investimento
complessivo di 709 milioni di euro, con Trenitalia per l’acquisto di 49 nuove
motrici e 250 carrozze viaggiatori a due piani per i pendolari per le reti
regionali in Lazio, Toscana, Veneto, Piemonte e Liguria.
Altra operazione di
rilievo è quella “2i Rete Gas”, con un finanziamento di 200 milioni nell’ambito
del FEIS su un investimento complessivo di 415 milioni, per l'installazione di
oltre 2,8 milioni di contatori elettronici domestici e la creazione di un
sistema centralizzato di telelettura e telegestione
dei contatori stessi.
Tra gli interventi
di dimensione più contenuta si segnala quello relativo al miglioramento
dell’efficienza energetica degli impianti della Raffineria di Milazzo (30
milioni di finanziamento nell’ambito del FEIS su un investimento complessivo di
236), e quello, di 15 milioni su un finanziamento complessivo di 105 milioni,
relativo a Novamont per lo sviluppo di tecnologie per
i materiali plastici bio.
Progetti italiani approvati
nell’ambito del FEIS (escluso FEI), aprile 2016 |
|
Fonte: BEI, 2016 |
(*) Il dato è da
considerare definitivo per le operazioni già sottoscritte mentre è ancora
provvisorio per quelle in corso di formalizzazione. |
Al fine di avere
evidenza circa quanto fin qui affermato in merito alla rilevanza della cultura
di progetto nell’implementazione del Piano e alla necessità di garantire il
rispetto dei criteri di addizionalità e viability, è
opportuno sottolineare come la lista di progetti proposti nelle fasi di avvio
del Piano da parte dell’Italia comprendesse inizialmente 76 progetti per un ammontare
complessivo degli investimenti pari a circa 196 miliardi di euro, di questi, si
stimava all’epoca, circa 75 miliardi di euro sarebbero stati attivabili nel
triennio 2015-2017.
Molti dei progetti
proposti in quella prima fase scontavano proprio difficoltà di viability
connessa a colli di bottiglia normativi e autorizzativi, problemi di
fattibilità tecnica e sostenibilità finanziaria degli interventi.
Una valutazione
effettiva sul Piano degli investimenti per l’Europa e sulla sua efficacia nel
sostenere una ripresa economica solida e inclusiva nell’Unione è, ad oggi,
prematura. Tuttavia, l’analisi del contesto nel quale è maturata l’esigenza di
supportare la ripresa economica della UE con interventi strutturali a sostegno
degli investimenti, la disamina degli strumenti che compongono il Piano e la
valutazione dello stato dell’arte al termine del primo anno di operatività
dello strumento consentono di tracciare un primo quadro di sintesi relativo
alle opportunità e ai vincoli che questo nuovo paradigma del finanziamento
delle infrastrutture propone.
In estrema sintesi,
si può affermare sin d’ora che tra i risultati dell’intervento ci sia la
perentoria affermazione del progetto come fulcro del processo.
Cultura di progetto,
programmazione adeguata, verifica della viability sono parametri cruciali non solo ai fini della “Junckerabiltà” degli interventi, ma più in generale, nella
programmazione di qualsiasi intervento infrastrutturale anche a livello nazionale.
Le previsioni
riguardanti il biennio 2016-2017 sembrano prospettare l’inizio di una nuova
fase per gli investimenti in edilizia e infrastrutture dopo la recessione
iniziata nel 2008. L’entità della
ripresa, date le dimensioni della contrazione durante la crisi, è modesta, ma
sembra rafforzarsi nel 2017 e nel 2018.
Tabella 1
– Investimenti in costruzioni : previsioni 2016-2017 (variazioni a valori
deflazionati) |
|||
DATA
STIMA |
2016 |
2017 |
|
COMMISSIONE EUROPEA (1) |
Gennaio
2016 |
2,4 |
3,3 |
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE(2) |
Aprile
2016 |
1,0 |
1,5 |
CONFINDUSTRIA (3) |
Dicembre
2015 |
1,3 |
1,8 |
CRESME |
Maggio
2016 |
1,8 |
2,1 |
ANCE (4) |
Dicembre
2015 |
1,0 |
|
(1) European Commission, European economic forecast, febbraio
2016, p.156.
(2) MEF, Documento
di economia e finanza 2016, aprile 2016.
(3) Confindustria, Scenari
Economici. Risalita in cerca di slancio, dicembre 2015, p.11.
(4) ANCE, Osservatorio congiunturale sull’industria
delle costruzioni, dicembre 2015, p.28.
Ove le previsioni
venissero confermate il settore delle costruzioni entrerebbe nel settimo ciclo
edilizio degli investimenti dal secondo dopoguerra. Nella fase iniziale del
ciclo sarebbero rilevanti il comparto della riqualificazione del patrimonio
esistente e le opere pubbliche, successivamente l’edilizia non residenziale e,
a partire dal 2017, la nuova produzione residenziale.
Grafico 1. - Serie ciclica degli investimenti in
costruzioni dal 1951 al 2020 (Miliardi di euro costanti) |
|
Fonte: CRESME
Secondo
l’Osservatorio degli appalti pubblici di CRESME Europa Servizi, già nel 2014
gli importi a valori correnti dei lavori pubblici messi in gara sono stati pari
a 28,4 miliardi di euro, con un incremento del 56% rispetto al 2013. Nel 2015
la crescita è continuata toccando i 30,5 miliardi di euro, pari a un incremento
del 7,2%. Si è così interrotta una fase di contrazione dei bandi di gara che
era iniziata nel 2004 e proseguita sino al 2013, con le sole eccezioni del 2008
e del 2010.
Tabella
2. OO.PP. : BANDI DI GARA PUBBLICATI
IN ITALIA (Importi
in milioni di euro) |
||||
Valori assoluti |
Variazioni % rispetto all’anno
precedente |
|||
Numero |
Importo |
Numero |
Importo |
|
2002 |
35.437 |
23.736 |
14,3 |
12,0 |
2003 |
34.768 |
32.873 |
-1,9 |
38,5 |
2004 |
30.728 |
32.345 |
-11,6 |
-1,6 |
2005 |
29.873 |
32.125 |
-2,8 |
-0,7 |
2006 |
26.765 |
29.886 |
-10,4 |
-7,0 |
2007 |
25.465 |
28.154 |
-4,9 |
-5,8 |
2008 |
24.131 |
30.841 |
-5,2 |
9,5 |
2009 |
18.494 |
25.680 |
-23,4 |
-16,7 |
2010 |
18.518 |
27.603 |
0,1 |
7,5 |
2011 |
16.723 |
27.000 |
-9,7 |
-2,2 |
2012 |
15.863 |
22.169 |
-5,1 |
-17,9 |
2013 |
14.104 |
18.169 |
-11,1 |
-18,0 |
2014 |
17.487 |
28.415 |
24,0 |
56,4 |
2015 |
18.795 |
30.466 |
7,5 |
7,2 |
Fonte: CRESME Europa
Servizi.
Il quadro che si delinea attraverso i dati di
mercato è quello di una nuova stagione per il settore delle costruzioni e per
le opere pubbliche. La moderata uscita dalla crisi e l’inizio di un nuovo ciclo
non deve però far dimenticare, da un lato, l’eccezionale contrazione del valore
della produzione vissuta dal settore - 35% del mercato a valori costanti tra il
2008 e il 2015 - e soprattutto il fatto che la crisi ha avviato un profondo
processo di riconfigurazione che non potrà che accelerarsi con l’avvio della
nuova fase.
GRAFICO
2 - IL VALORE DELLA PRODUZIONE DEL
SETTORE DELLE COSTRUZIONI 2015 - (Importi Meuro) |
|
Fonte: CRESME Europa
Servizi.
Il tema della riconfigurazione del mercato
investe, da un lato, il nodo del ridimensionamento strutturale di alcune
attività e la crescita di altre e, dall’altro, l’analisi dello scenario del
mutamento tecnologico che incide sui prodotti, sui processi e sui modelli di
offerta. Nel 2015, secondo le stime del CRESME,
il 72% del valore del mercato delle costruzioni in Italia è ormai
prodotto dalla manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio esistente. Il valore della nuova edilizia residenziale
si riduce a 14,6 miliardi di euro con un calo del 70% rispetto al picco
precedente la crisi.
L’attività di manutenzione e riqualificazione
del patrimonio esistente interessa anche il comparto dell’edilizia residenziale
pubblica e le opere del genio civile. Dei 32,9 miliardi di euro di investimenti
nel settore pubblico nel 2015, 17,5 sono costituiti da opere di nuova
realizzazione, mentre 15,4 miliardi, il 46,8%, sono di manutenzione
straordinaria. L’importanza della riqualificazione
del patrimonio esistente è il primo evidente elemento della riconfigurazione
avvenuta nel mercato delle costruzioni.
Per quanto riguarda i mutamenti tecnologici in
atto, come si è avuto modo di anticipare nel focus della precedente edizione
riguardante il recepimento delle direttive europee del 2014 negli scenari
dell’innovazione[6],
information communication
technology, digitalizzazione, robotica, stampanti
3d, nanotecnologie, domotica e internet delle cose (internet of things) ridisegnano
materiali, componenti, processi dell’industria delle costruzioni, modificano
i comportamenti e le organizzazioni , i luoghi dell’abitare e del lavoro, lo
spazio urbano.
L’impatto delle innovazioni tecnologiche sugli
scenari economici è tale che da più parti si fa riferimento a una nuova fase storica,
un passaggio di epoca, all’inizio di una forte discontinuità tra passato e
futuro, all’ingresso nella “quarta rivoluzione industriale”.
Costruzioni e infrastrutture diventano sempre
più sistemi di “macchine” e “impianti”: tale tendenza potrebbe ancor più
rafforzarsi nel settimo ciclo edilizio.
Dall’analisi della produzione di edifici e reti
infrastrutturali emerge la crescita, misurata in termini occupazionali, delle
attività afferenti alla tecnologia e all’impiantistica.
Secondo l’Istat, tra i censimenti del 1991 e
del 2011, le imprese di installazioni degli impianti in Italia sono passate da
74.000 a 151.000, gli addetti di queste imprese sono cresciuti da 272.000 a
487.000, passando dall’impiegare il 20% degli addetti alle costruzioni nel 1991
al 30,4% nel 2011. Secondo i dati ASIA (Archivio Statistico delle Imprese
Attive) nel 2013, gli addetti alle installazioni degli impianti sono aumentati
ancora arrivando a impiegare il 34% degli addetti nel settore delle
costruzioni.
Del resto il potenziale di mercato degli
impianti appare rilevante se si considerano la componente di innovazione
tecnologica, la necessità di adeguamento dovuta all’aggiornamento delle norme e
le dimensioni e i caratteri dello stock di impianti esistenti negli edifici e
nelle infrastrutture. Secondo recenti analisi del CRESME, la dotazione
impiantistica degli edifici residenziali in Italia consta di circa 19,5 milioni
di impianti termici tra autonomi e centralizzati, senza considerare gli
impianti che non riscaldano l’intera abitazione (camini, ecc.) e gli impianti
mobili (stufe, convettori, ecc.); gli impianti per l’aria condizionata sono
17,7 milioni (considerando le unità motocondensanti);
gli impianti per la produzione di acqua calda sanitaria sono quasi 12 milioni;
gli impianti idraulici e idro-sanitari sono presenti nella quasi totalità delle
abitazioni (si stima che solo 150.000 abitazioni ne siano prive, pari allo 0,5%
del totale); anche gli impianti elettrici hanno una diffusione quasi totale con
il 98,9% di presenza nelle abitazioni e il 96,3% con utenza attiva; gli
impianti di sollevamento ammontano complessivamente a oltre 930 mila unità tra
ascensori, montacarichi e scale mobili. Nel settore non residenziale, rispetto
ad uno stock complessivo superiore ai 4,7 milioni di unità immobiliari, si
rilevano 3,6 milioni di unità servite da impianti di riscaldamento e 2,4
milioni di unità con impianto di raffrescamento. Tra le unità immobiliari
dotate di entrambe le funzioni (riscaldamento e raffrescamento), oltre 770 mila
unità immobiliari possiedono un impianto che assolve ad entrambe le funzioni.
Ma il peso degli impianti è rilevante anche
all’interno del mercato delle opere pubbliche. Si stima che il mercato dei
contratti pubblici, che prevedono attività di installazione, manutenzione e
gestione di impianti civili e industriali, ovvero i bandi di gara per la
realizzazione di nuovi impianti e per la riqualificazione, manutenzione e
gestione di impianti esistenti, nonché per la costruzione/riqualificazione,
manutenzione e gestione di altre opere complete di impianti civili e
industriali, tra il 2002 e il 2014, è rappresentato da 125.777 gare per un
importo complessivo di oltre 205 miliardi. Rispetto all’intero mercato dei
contratti per opere pubbliche, rappresenta quote del 41% per numero e del 57%
per importo[7].
Il 51% dei 205 miliardi messi in gara (circa
104 miliardi, pari al 29% del mercato delle opere pubbliche) riguarda bandi che
prevedono, tra l’altro, la fornitura, il montaggio, la manutenzione o la ristrutturazione
di impianti interni agli edifici: impianti tecnologici di cui alle categorie
SOA OG11, OS3, OS28 e OS30, ovvero impianti idrosanitari, di cucine e
lavanderie, del gas ed antincendio, termici e di condizionamento del clima,
interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi nonché reti di
trasmissione dati; impianti elettromeccanici trasportatori di cui alla
categoria SOA OS4 (impianti trasportatori e di sollevamento, ascensori e scale
mobili); impianti pneumatici e antintrusione di cui alla categoria SOA OS5. Gli
impianti nelle gare per opere infrastrutturali rappresentano invece il 49% del
valore delle opere messe in gara. Si tratta prevalentemente di impianti
riconducibili alle categorie SOA OG6 (acquedotti, gasdotti, oleodotti e opere
di irrigazione), OS22 (impianti di potabilizzazione e depurazione), OG10
(impianti per la trasformazione e la distribuzione dell’energia elettrica e
impianti di pubblica illuminazione), OG9 (impianti per la produzione di energia
elettrica) e OS14 (impianti di smaltimento e recupero degli edifici). Tra il
2002 e il 2014, la domanda pubblica media annua di interventi nel settore
dell’impiantistica è rappresentata da 9.675 interventi per un importo
complessivo di 15,8 miliardi.
Il mercato delle costruzioni e quello delle
infrastrutture sono poi cambiati nel corso degli anni non solo integrando
sempre più gli impianti, ma estendendosi alla gestione delle opere. In
particolare, l’analisi dei dati sulle opere pubbliche evidenzia come i
contratti di Partenariato Pubblico Privato (PPP) e i contratti di costruzione,
manutenzione e gestione interamente finanziati con risorse pubbliche, che si
possono considerare “nuovi mercati”, si sono via via affermati negli anni, mentre
il mercato dei lavori “tradizionali”, ovvero quello degli appalti di sola
esecuzione, ha perso importanti quote di mercato rispetto agli anni novanta e
all’inizio degli anni 2000.
Tabella 3 - MERCATO OPERE
PUBBLICHE –Bandi di gara per tipo di mercato, tipo di contratto e sistema di
realizzazione - 2002-2014 - Importi in MEURO |
|||||||
|
2002 |
2014 |
Totale 2002-2014 |
2002 % |
2014 % |
‘02-‘14 % |
|
Lavori tradizionali - A |
20.466 |
16.117 |
251.684 |
86 |
57 |
70 |
|
Sola esecuzione |
18.318 |
11.562 |
180.505 |
77 |
41 |
50 |
|
Appalto Integrato |
1.636 |
4.556 |
55.279 |
7 |
16 |
15 |
|
Contraente generale |
513 |
0 |
15.899 |
2 |
0 |
4 |
|
Lavori e servizi – B |
1.819 |
2.915 |
53.269 |
8 |
10 |
15 |
|
Concessione di lavori |
1.286 |
1.528 |
46.655 |
5 |
5 |
13 |
|
Altro PPP |
3 |
111 |
1.916 |
0 |
0 |
1 |
|
Costruzione e gestione |
530 |
1.277 |
4.698 |
2 |
4 |
1 |
|
Servizi e Lavori – C |
1.451 |
9.382 |
54.044 |
6 |
33 |
15 |
|
Concessione di servizi |
124 |
1.839 |
16.103 |
1 |
6 |
4 |
|
Altro PPP |
8 |
257 |
3.954 |
0 |
1 |
1 |
|
Manutenzione e gestione |
1.319 |
7.286 |
33.986 |
6 |
26 |
9 |
|
TOTALE |
23.736 |
28.415 |
358.996 |
100 |
100 |
100 |
|
MERCATI TRADIZIONALI - A |
20.466 |
16.117 |
251.684 |
86 |
57 |
70 |
|
MERCATI COMPLESSI - B+C |
3.270 |
12.298 |
107.312 |
14 |
43 |
30 |
|
Fonte: CRESME Europa
Servizi e Osservatorio Nazionale sul PPP (www.infoppp.it).
I “nuovi mercati”, che nascono nei primi anni
2000 in corrispondenza con l’introduzione delle nuove procedure di affidamento
nella normativa, tengono conto dell’esigenza di integrazione delle attività di
costruzione e di fornitura di servizi, ovvero di tutte quelle attività che
accompagnano l’intero ciclo di vita delle opere pubbliche: dalla progettazione,
al finanziamento, alla costruzione, alla manutenzione e alla gestione dei
servizi da prestare all'utenza.
Dividendo i principali segmenti di mercato in due
gruppi principali, dei ”mercati complessi” e dei “mercati tradizionali”,
nell’intero periodo 2002-2014 emerge con forza la crescita e l’affermazione dei
mercati complessi, che integrano le attività di progettazione ed esecuzione dei
lavori con la manutenzione e la gestione pluriennale delle opere, a fronte
della contrazione dei mercati tradizionali, e in particolare degli appalti di
sola esecuzione. Nel 2002 i lavori “tradizionali” di sola esecuzione valevano
l’86% dell’ammontare delle gare pubbliche messe in gara; nel 2014 questa
percentuale è scesa al 57%.
Come viene
evidenziato nel sesto capitolo del Rapporto[8], a partire dalla seconda metà del 2013, e in
particolare nel 2014 e nel 2015, si assiste a una ripresa grazie alla quale
tornano a crescere anche gli appalti di sola esecuzione. Ma una
ampia parte della domanda di opere pubbliche, nonostante la ripresa della ‘sola
esecuzione’ nel biennio 2014-2015, viene sempre più intercettata dal mondo dei
servizi. In tale ambito, si assiste all’esternalizzazione dei servizi da parte
dei soggetti pubblici a soggetti privati. E’ un processo che a livello
internazionale prima, e in Italia poi, ha portato allo sviluppo del facility management (FM), una disciplina che si
occupa dell’ottimizzazione della gestione delle attività non core business di un soggetto sia pubblico, sia privato, vale a
dire delle attività ausiliarie a qualsiasi attività principale. Negli anni 2000
si è assistito nel settore pubblico a una forte crescita dell’esternalizzazione
a terzi di singoli servizi e attività integrate tra loro (costruzione,
manutenzione e gestione). A titolo esemplificativo, per comprendere meglio
l’ambito operativo della disciplina, è forse utile accennare ad alcuni esempi
di attività ausiliarie che possono essere esternalizzate, e che si riferiscono
a un caso concreto, come, ad esempio, la gestione di un museo: sono infatti
esternalizzate le attività inerenti la
costruzione e la gestione di un parcheggio del museo, il coordinamento
integrato dei servizi che ruotano intorno alla gestione dello spazio espositivo
in termini di pulizia e gestione del calore, i servizi di mobilità inerenti il
collegamento con la rete dei trasporti locali, i servizi di ristoro, la
vigilanza necessaria alla funzione della struttura, ecc…
Questi servizi, che non rappresentano il core
business dell’attività museale, possono essere esternalizzati sia in forma
singola sia integrata.
Lo sviluppo del mercato dell’esternalizzazione
dei servizi, singoli e integrati, è riscontrabile nel raffronto dei dati tra il
2007 – primo anno in cui tali dati sono rilevabili – e il 2014: tale mercato,
considerando l’insieme dei servizi messi in gara, è passato da 24,3 miliardi di
euro a 43,4.
Grafico 3. I bandi di gara per contratti pubblici di
lavori e servizi 2007-2014 a confronto – Importi in miliardi di euro |
|
|
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Fonte: CRESME
Europa Servizi, su dati Osservatorio Nazionale del Facility Management.
Se la richiesta dei servizi all’industria
edilizia e a quella delle opere del genio civile sta ormai estendendosi dalla
semplice costruzione dell’edificio, all’intero ciclo di vita dell’immobile,
centrale diviene l’attenzione posta alle fasi di verifica e valutazione dei
prodotti-servizi effettuati e a quelle nelle quali si è in diretto contatto con
il cliente finale.
Un aspetto rilevante della riflessione, che
sarebbe opportuno approfondire nell’esperienza italiana, ha a che fare proprio
con l’evoluzione del concetto di misurazione e dimostrazione delle performance raggiunte attraverso il
processo di esternalizzazione.
Il miglioramento esponenziale nell’utilizzo dei
computer, le enormi quantità di dati digitalizzate insieme alle nanotecnologie,
alla nuova robotica, alle biotecnologie e alla rete digitale comune che
consente quella che viene generalmente definita “connessione globale”,
determinano uno scenario innovativo e modificano radicalmente il quadro
evolutivo della produttività e dei processi produttivi.
Sono processi che stanno ridefinendo le stesse
modalità di funzionamento delle città, delle reti, dei territori: da un lato,
digitalizzazione e nuove potenzialità di gestione dei dati determinano innovativi contenuti di funzionalità,
efficienza e qualità che hanno già alimentano la teoria della “smart city”; dall’altro, nuove tecnologie
consentono forme di risparmio nell’erogazione dei servizi e nella gestione
dell’ambiente costruito e ridisegnano gli scenari economici.
Un esempio che fa capire quello che sta
succedendo può essere l’illuminazione pubblica. Sulla base delle tecnologie
esistenti e delle esperienze che si stanno maturando, infatti, i terminali di
illuminazione pubblica (così come quelli semaforici o altri vari terminali),
attraverso un processo di valorizzazione tecnologica dell’infrastruttura,
diventano strumenti di connessione, controllo e facilitazione, in sostanza
infrastruttura capillare di un progetto innovativo che trasforma “i punti luce”
in sistema informativo diffuso in grado di erogare più servizi: dal punto di
vista della sicurezza e della mobilità, con videocamere in grado di monitorare
il territorio (telecontrollo); dal punto di vista della mobilità, integrando i
punti luce con sensori per il traffico automobilistico, ciclabile e pedonale (telerilevazione); dal punto di vista dell’ambiente,
attraverso sensori di misurazione della qualità dell’aria. Ma le potenzialità
si allargano: alla telegestione georeferenziata
dei parchimetri e dello svuotamento dei cassonetti dei rifiuti; allo sviluppo
di servizi di richiesta di soccorso georeferenziati,
di servizi di alimentazione ed erogazione di ricarica per veicoli elettrici, di
alimentazione ed erogazione di ricariche per i cellulari, di servizi georeferenziati di telemedicina, di servizi di
alimentazione e telegestione georeferenziata
di stazioni con defibrillatore, ecc. In sostanza, grazie alle nuove tecnologie,
“i punti luce” si trasformano in nodi di una rete che consente di cablare la
città, integrata con soluzioni di fibra ottica o cloud wi-fi, garantendo la funzionalità della
copertura di molti servizi.
Ma la trasformazione dei punti luce è solo un
esempio del quadro delle soluzioni tecnologiche, delle opportunità, delle
offerte e delle sperimentazioni oggi disponibili grazie alla digitalizzazione e
all’internet delle cose. L’intero mondo delle costruzioni, dei trasporti e
delle utilities è investito dai
processi innovativi che “internet of thing” sta producendo, incidendo sui comportamenti
della domanda, sui modelli di offerta e sui processi gestionali.
Nell’Osservatorio Italian Smart Cities
, una piattaforma realizzata dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani,
per mettere a disposizione di tutti i progetti “delle comunità intelligenti
italiane”, al 15 maggio 2016, sono presenti 1.311 progetti che coinvolgono 158
comuni , per 15 milioni di
cittadini, e un investimento totale di
3,7 miliardi di euro.
Reti stradali, rete elettrica, sicurezza,
turismo, edifici, illuminazione, contatori per la fornitura di commodities,
raccolta dei rifiuti, parcheggi, infrastrutture del traffico, pannelli e
dissuasori di accesso, varchi e pannelli
a messaggio variabile, impianti semaforici e centraline, telecamere di
videosorveglianza, rete di fibra ottica, pensiline intelligenti per il
trasporto pubblico rappresentano già oggi gli ambiti di attività di un settore
in forte sviluppo.
Uno degli aspetti più interessanti dello
sviluppo delle smart city riguarda le infrastrutture viarie
e i servizi connessi: lo sviluppo di tecnologie e soluzioni si arricchisce di
APP per la gestione dei servizi di mobilità in ambito urbano, per lo smart parking, di sistemi telematici per la
gestione del traffico e dei dati (viabilità, tempi di percorrenza, monitoraggio
ambientale), di soluzioni innovative per il pagamento, la gestione della sosta,
la regolazione e il controllo degli accessi alle città, di nuove tecnologie che
riguardano la mobilità elettrica e le nuove forme di mobilità urbana condivisa
(Sharing Mobility).
Tre elementi rendono interessante lo sviluppo
delle smart cities, in
considerazione delle risorse necessarie per l’investimento tecnologico dell’up grade dei punti luce e degli altri
terminali sul territorio: le nuove tecnologie LED e i modulatori di intensità,
che consentono rilevanti risparmi energetici e manutentivi; lo sviluppo di interventi di partenariato
pubblico e privato, tenuto conto che gli investimenti potrebbero essere
ripagati dai risparmi; le opportunità che derivano dall’utilizzo di risorse
dell’Unione europea tra le quali si segnalano quelle stanziate nell’ambito
dell’iniziativa Smart Cities
and Communities il cui obiettivo è, tra l’altro,
quello di migliorare l’impatto ambientale delle città e ridurre le emissioni di
C02.
Come già rilevato nel 9° Rapporto,
l’innovazione sta incidendo anche sui processi produttivi del settore delle
costruzioni. Si tratta, da un lato, dell’avvio di una fase di
industrializzazione attraverso la quale sempre più componenti degli edifici e
delle opere del genio civile vengono costruiti fuori cantiere e assemblati in
cantiere. L’attività di cantiere viene realizzata attraverso lo sviluppo di
macchine e robot, tra le quali si inseriscono le stampanti 3d.
L’altro lato dell’innovazione riguarda la modellazione
informatica, nel cui ambito è ricompreso il Building
Information Modeling (BIM), che, attraverso la
condivisione e l’integrazione di varie tipologie di software, consente di contenere tutte le informazioni sul progetto,
sui prodotti impiegati, sulle diverse fasi e sui costi relativi alla
costruzione e alla gestione. Un migliore utilizzo dei dati grazie a strumenti
come il Building Information Modeling consente di progettare e costruire virtualmente, attraverso strumenti di
simulazione elettronica, il prodotto edilizio e infrastrutturale, permettendo
lo scambio delle informazioni tra tutti gli attori della filiera progettuale e
realizzativo. L’implementazione dei
predetti strumenti potrebbe aumentare la prevedibilità e la qualità della
valutazione delle scelte, riducendo significativamente il costo dell’errore che
caratterizza l’attività edilizia e infrastrutturale.
Queste potenzialità tecnologiche richiedono
modelli organizzativi profondamente ripensati e tempi di implementazione che
non possono essere rapidissimi, ma tracciano con chiarezza le potenzialità
dello sviluppo futuro. Nel 9° Rapporto si è già avuto modo di segnalare come in
altri Stati membri dell’Unione europea il processo di introduzione degli
strumenti di simulazione elettronica, già utilizzati da anni all’estero, si è
incrociato con il recepimento delle direttive sugli appalti pubblici del 2014,
che disciplinano anche l’utilizzo degli strumenti elettronici. L’articolo 22,
paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE, infatti, prevede che, “per gli appalti
pubblici di lavori e i concorsi di progettazione, gli Stati membri possono
richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, quali gli strumenti di
simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi”.
Il criterio direttivo, di cui alla lettera oo) dell’articolo 1 della legge delega n. 11 del 2016,
prevede, tra l’altro, il “progressivo uso di metodi e strumenti elettronici
specifici, quali quelli di modellazione elettronica e informativa per
l’edilizia e le infrastrutture”. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui
al decreto legislativo n. 50 del 2016, include, tra gli obiettivi della
progettazione in materia di lavori pubblici, la razionalizzazione delle
attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo
uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione
per l’edilizia e le infrastrutture (art. 23, comma 1, lettera h). Le stazioni
appaltanti possono richiedere l’utilizzo dei predetti metodi per le nuove opere,
nonché per interventi di recupero, riqualificazione e varianti. L’utilizzo di
tali metodologie costituisce, peraltro, un parametro di valutazione dei
requisiti premianti per la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle
centrali di committenza. A un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, da adottare entro il 31 luglio 2016, è demandata la definizione
delle modalità e dei tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei
predetti metodi presso le stazioni appaltanti, le amministrazioni concedenti e
gli operatori economici, valutata in base alla tipologia delle opere da
affidare e alla strategia di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche
del settore delle costruzioni.
Gli elementi e i dati disponibili, nonché le
tendenze in atto e i nuovi scenari, delineano processi evolutivi che
interessano il settore delle costruzioni, per l’attività di progettazione,
costruzione e gestione di edifici e infrastrutture. L’innovazione tecnologica e
la digitalizzazione rappresentano i motori del cambiamento più rilevante in
termini di messa in discussione del modello di offerta preesistente, ma anche
quanto avvenuto in questi anni si traduce in cambiamenti importanti,
dall’affermazione della riqualificazione alla crescita del peso degli impianti,
a cui si aggiungono lo sviluppo - negli ultimi anni - delle fonti energetiche
rinnovabili e l’attenzione verso le misure per migliorare l’efficienza
energetica.
Gli effetti della introduzione di strumenti di
modellazione nell’edilizia e nelle infrastrutture potranno essere valutati in
futuro nell’attuazione delle nuove norme in materia di contratti pubblici.
Ma gli effetti più importanti in termini di
innovazione potranno forse derivare dall’integrazione dell’evoluzione tecnologica
di prodotti, materiali, sistemi componenti, della digitalizzazione, che trova
negli strumenti di modellazione lo strumento oggi più attuale, nonché dei
principi organizzativi della produzione, già adottati in altri ambiti
industriali ma ancora ben distanti dall’applicazione nel settore delle
costruzioni.
La legge 28 gennaio 2016,
n. 11, ha delegato il Governo ad attuare la nuova disciplina europea in materia
di appalti pubblici e concessioni, attraverso il recepimento delle direttive
2014/23/UE, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, 2014/24/UE, sugli
appalti pubblici, e 2014/25/UE sulle procedure d'appalto degli enti erogatori
nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali,
nonché a procedere a un complessivo riordino della normativa vigente sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
La legge elenca
un’articolata serie di principi e criteri direttivi per l’esercizio delle
deleghe sulla base dei quali procedere a una revisione sostanziale della
normativa in materia di appalti pubblici e di concessioni, che interessa tutti
gli ambiti della disciplina sui contratti pubblici, dall’affidamento
all’esecuzione, e il ruolo stesso dei principali attori del settore.
Con l’adozione del
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, il Governo ha scelto di dare
attuazione alle due predette deleghe con un unico provvedimento in luogo della
possibilità – pure prevista dalla citata legge - di adottare un decreto
legislativo per il recepimento delle direttive entro il 18 aprile 2016,
corrispondente al termine fissato dalle direttive stesse per il loro
recepimento, e di un decreto per il riordino della normativa entro il 31 luglio
2016.
L’esame parlamentare
del decreto legislativo ha dato luogo a due articolati pareri di identico
contenuto approvati dalle Commissioni VIII (Ambiente) della Camera e 8a
(Lavori pubblici) del Senato.
Entro un anno dalla
data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 50 del 2016, il Governo
può adottare disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei principi e
criteri direttivi e della procedura disciplinati nella legge delega (art. 1,
comma 8, della legge 11/2016).
L’attuazione della
nuova disciplina non è più demandata a un regolamento di attuazione ed
esecuzione, ma a linee guida di carattere generale proposte dall'Autorità
nazionale anticorruzione e approvate con decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, nonché a provvedimenti della stessa Autorità.
Nella governance del settore, infatti, un ruolo centrale
è assunto dall’Autorità a cui sono attribuite più ampie funzioni di vigilanza e
di regolazione, anche attraverso l’adozione di atti di indirizzo quali linee
guida, bandi-tipo, capitolati –tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di
regolamentazione flessibile. Ulteriori
provvedimenti di attuazione riguardano l’adozione di decreti ministeriali a cui
il nuovo Codice demanda la definizione di specifici aspetti della nuova
disciplina. L’Autorità ha pubblicato sul
proprio sito web primi i sette
documenti di consultazione preliminari alla predisposizione degli atti
normativi previsti dal Codice riguardanti il direttore dei lavori, il direttore
dell’esecuzione, il responsabile unico del procedimento, le procedure per
l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di
rilevanza europea, le indagini di mercato e la formazione e la gestione degli
elenchi di operatori economici, l’offerta economicamente più vantaggiosa, i
criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti
nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici,
i servizi di ingegneria e architettura.
Con l’entrata in
operatività della nuova disciplina si è provveduto a una serie di abrogazioni
tra le quali quelle del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e del relativo
regolamento di attuazione ed esecuzione di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, anche se talune disposizioni transitorie
prevedono la vigenza delle parti del regolamento, che dovranno essere sostituite
dalla regolazione contenuta nelle linee guida.
La nuova disciplina
interviene in maniera sostanziale su tutte le fasi del contratto apportando una
serie di innovazioni di rilievo in parte riconducibili all’attuazione delle
direttive europee, in parte al riordino della normativa.
Rientrano tra le
novità più importanti legate al recepimento della normativa europea:
l’adeguamento e l’introduzione di nuove procedure di scelta del contraente, tra
le quali la procedura competitiva con negoziazione (art. 62) e il partenariato
per l’innovazione (art. 65); la previsione del documento di gara unico europeo
– DGUE (art. 85); la valorizzazione dei criteri sociali e ambientali (tra gli
altri, l’art. 30); la preferenza per il criterio di aggiudicazione dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, anche se è consentita la possibilità di
ricorrere al criterio del minor prezzo per i lavori di importo pari o inferiore
a 1.000.000 di euro (art. 95); l’utilizzo dei mezzi di comunicazione
elettronici nelle comunicazioni (art. 52).
Tra le novità più
rilevanti, che rientrano invece nel riordino della normativa, rilevano: la
qualificazione delle stazioni appaltanti (art. 38), l’istituzione di un albo
dei componenti delle commissioni aggiudicatrici (art. 78); la qualificazione
degli operatori economici attraverso l’istituzione di un sistema del rating di impresa connesso a criteri reputazionali (art. 83); la nuova disciplina del subappalto
(art. 105); la ridefinizione degli incentivi per le funzioni tecniche svolte
dai dipendenti pubblici, che non devono più essere destinati alla
progettazione, ma esclusivamente ad altre attività tra le quali la
programmazione, la direzione dei lavori e il collaudo (art. 113).
Specifiche
disposizioni riguardano la ridefinizione dei livelli di progettazione in
materia di lavori pubblici, che si articola, secondo tre livelli di successivi
approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica,
progetto definitivo e progetto esecutivo (art. 23); particolare rilevanza, al
riguardo, riveste il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
che dovrà definire i contenuti della progettazione nei tre livelli considerato
che, fino alla data di entrata in vigore di tale provvedimento, continuano ad
essere applicate le norme del regolamento richiamate nella disciplina
transitoria (art. 216, comma 4). Gli obiettivi della progettazione sono, oltre
al soddisfacimento dei bisogni della collettività e alla conformità con le
norme ambientali e urbanistiche vigenti, già previsti dalla normativa
previgente, anche quelli di garantire la qualità architettonica e tecnico
funzionale dell'opera ed il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici
specifici quali quelli di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture[9] (nell’ambito di tali strumenti è incluso il Building Information Modeling
- BIM).
Una nuova disciplina
è, inoltre, prevista per la centralizzazione delle committenze (art. 37),
disciplina che in parte si intreccia anche con il nuovo sistema di qualificazione
delle stazioni appaltanti.
Si demanda, infine,
a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro un anno
dalla data di entrata in vigore del codice, la fissazione dei criteri per
l'individuazione delle opere per le quali è obbligatorio il ricorso alla
procedura di dibattito pubblico, nonché la definizione delle modalità di
svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura (art. 22). Gli
esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede
di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di
conferenza di servizi relativa all'opera sottoposta al dibattito pubblico.
1.3. Le modifiche al
sistema delle concessioni
Gli articoli da 164
a 178, inclusi nella parte III del nuovo Codice, recano la disciplina dei
contratti di concessione che, sulla scorta di quanto prevede la direttiva
2014/23/UE, per la prima volta detta regole generali unitarie per le
concessioni di lavori e di servizi alle quali, nella precedente disciplina, si
applicavano solo i principi generali del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea.
Tra le
caratteristiche qualificanti del contratto di concessione, in base alla nuova
disciplina, si prevede il trasferimento al concessionario del rischio operativo
(definito dalla lettera zz) del comma 1 dell’articolo 3) legato alla gestione dei lavori o
dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi. La
norma specifica che il rischio è riferito alla possibilità che, in condizioni
operative normali, le variazioni relative ai costi e ricavi oggetto della
concessione incidano sull'equilibrio del piano economico finanziario, che
rappresenta il presupposto per la corretta allocazione dei rischi. Ai soli fini
del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara l'amministrazione
aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo
pubblico ovvero nella cessione di beni immobili. In ogni caso, l'eventuale
riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o
di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica
amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo
dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari.
Ulteriori innovazioni
rispetto alla normativa previgente condizionano la sottoscrizione del contratto
di concessione alla presentazione di idonea documentazione inerente il
finanziamento dell'opera prevedendo la risoluzione di diritto nel caso in cui
il finanziamento non sia perfezionato entro dodici mesi dalla sottoscrizione
medesima.
La durata massima
delle concessioni, che è limitata e determinata nel bando in funzione dei
lavori o servizi richiesti al concessionario, non può essere superiore al
periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del
concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad
una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti
necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante
dal piano economico-finanziario.
Si prevede una nuova
disciplina per l’esecuzione delle concessioni già in essere alla data di
entrata in vigore del nuovo Codice, in attuazione del criterio di delega di cui
alla lettera iii) dell’articolo 1 della legge n. 11 del 2016, in base alla
quale i soggetti pubblici o privati,
titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici non affidate con la
formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza
pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare una
quota pari all'80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture di
importo superiore a 150.000 euro, relativi alle concessioni, mediante procedura
ad evidenza pubblica. Il restante 20 per cento può essere realizzato da società
in house
per i soggetti pubblici ovvero da società direttamente o indirettamente
controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori
individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo
semplificato. Le concessioni già in essere si adegueranno alle predette
disposizioni entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del
Codice. Le modalità per la verifica del rispetto della quota dell’80%, che è
annuale, è demandata a linee guida da adottare entro novanta giorni
dall’entrata in vigore del Codice. Eventuali situazioni di squilibrio rispetto
al limite indicato devono essere riequilibrate entro l'anno successivo. Nel
caso di reiterate situazioni di squilibrio per due anni consecutivi il
concedente deve applicare una penale in misura pari al 10 per cento
dell'importo complessivo dei lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto
essere affidati con procedura ad evidenza pubblica.
Un particolare
regime transitorio è, infine, previsto per le concessioni autostradali scadute
ovvero per le quali la scadenza avviene nei ventiquattro mesi successivi alla
data di entrata in vigore della nuova disciplina, al fine di procedere
all’affidamento secondo procedure di evidenza pubblica. Si prevede, inoltre, lo
svolgimento di tutte le verifiche necessarie a valutare lo stato tecnico
complessivo dell'infrastruttura da parte del concedente, almeno un anno prima
della data di scadenza della concessione, in contraddittorio con il concessionario.
Nell’ambito di tali verifiche, sono ordinati, se del caso, i necessari
ripristini e le occorrenti modificazioni dello stato dei luoghi in conformità
degli impegni assunti convenzionalmente. Per le opere assentite che il
concessionario ha già eseguito e non ancora ammortizzate alla scadenza della
concessione, il concessionario uscente ha diritto ad un indennizzo da parte del
subentrante, che è pari al costo effettivamente sostenuto, al netto degli
ammortamenti, dei beni reversibili non ancora ammortizzati come risultante dal
bilancio di esercizio alla data dell'anno in cui termina la concessione, e
delle variazioni eseguite ai fini regolatori.
1.4. Il partenariato pubblico privato nel nuovo
Codice dei contratti
Il nuovo Codice dei
contratti pubblici dedica il titolo I della parte IV (articoli 180-191) alla
disciplina dei contratti di partenariato pubblico privato (PPP) definiti come i
contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto con i quali una o più
stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo
determinato, in funzione della durata dell'ammortamento dell'investimento o
delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti
nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera
in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della
fornitura di un servizio connesso all'utilizzo dell'opera stessa, con
assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte
dell'operatore (art. 3, comma 1, lettera eee) del decreto legislativo n. 50/2016).
La definizione di
contratto di PPP sembra avere una portata innovativa rispetto alla normativa
previgente laddove, per un verso, provvede a esplicitare talune caratteristiche
del contratto di PPP sotto il profilo del riconoscimento dei corrispettivi e
dell’allocazione dei rischi. Si prevede, infatti, che i ricavi di gestione
dell'operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall'ente
concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal
medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della
gestione del servizio ad utenza esterna. Il trasferimento del rischio in capo
all'operatore economico comporta l'allocazione a quest'ultimo, oltre che del
rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di
attività redditizia verso l'esterno, del rischio di domanda dei servizi resi,
per il periodo di gestione dell'opera (come definiti, rispettivamente,
dall'articolo 3, comma 1, lettere aaa), bbb) e ccc)).
L'equilibrio
economico finanziario (come definito all'articolo 3, comma 1, lettera fff)),
rappresenta il presupposto per la corretta allocazione dei rischi e, ai soli
fini del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara
l'amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in
un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili che non assolvono
più a funzioni di interesse pubblico. In ogni caso, l'eventuale riconoscimento
del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori
meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può
essere superiore al trenta per cento del costo dell'investimento complessivo,
comprensivo di eventuali oneri finanziari.
Il verificarsi di
fatti non riconducibili all'operatore economico che incidono sull'equilibrio
del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare
mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. La revisione deve
consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico
e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto.
Salva l'ipotesi in
cui l'affidamento abbia ad oggetto anche l'attività di progettazione di
fattibilità tecnico-economica e la progettazione definitiva, le amministrazioni
aggiudicatrici provvedono all'affidamento dei contratti ponendo a base di gara
il progetto definitivo e uno schema di contratto e di piano economico
finanziario, che disciplinino l'allocazione dei rischi tra amministrazione
aggiudicatrice e operatore economico.
Nell’ambito dei
contratti di PPP rientrano la finanza di progetto, la concessione di
costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di
opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di
realizzazione di partenariato in materia di opere o servizi che presentino le
caratteristiche precedentemente indicate.
Con la finanza di
progetto (project financing),
si prevede di affidare una concessione ponendo a base di gara un progetto di
fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione
di offerte che contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a
carico dei soggetti proponenti. A differenza della disciplina previgente
l’articolo 183 del nuovo Codice disciplina due procedure a seconda che si
tratti della realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità
inseriti negli strumenti di programmazione formalmente approvati
dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente ovvero
di proposte, che gli operatori economici possono presentare alle
amministrazioni aggiudicatrici, relative alla realizzazione in concessione di
lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità non presenti negli strumenti di
programmazione.
Una specifica norma
transitoria è prevista per i progetti preliminari, non ancora approvati alla
data di entrata in vigore del nuovo codice, riguardanti proposte di
concessione, nell’ambito delle previgenti procedure di finanza di progetto
(disciplinate dagli articoli 153 e 175 del decreto legislativo 12 aprile 2006
n. 163), per le quali sia già intervenuta la dichiarazione di pubblico
interesse (art. 216, comma 23). Si prevede, infatti, che tali progetti sono
oggetto di valutazione di fattibilità economica e finanziaria e di approvazione
da parte dell'amministrazione sulla base della nuova disciplina e che la
mancata approvazione determina la revoca delle procedure avviate e degli
eventuali soggetti promotori, ai quali è riconosciuto il rimborso dei costi
sostenuti e documentati per l'integrazione del progetto a base di gara, qualora
dovuti, relativi allo studio di impatto ambientale ed alla localizzazione
urbanistica.
Ulteriori
disposizioni contenute nel Titolo I della Parte IV del decreto legislativo n.
50 del 2016, mutuate dalla disciplina previgente, riguardano, tra l’altro,
l’emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte della società di
progetto aventi scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo
servizio di pubblica utilità (project bond), la locazione finanziaria di opere pubbliche o di
pubblica utilità (cd. leasing
immobiliare pubblico), il contratto di disponibilità, nonché il trasferimento
all'affidatario della proprietà di
beni immobili appartenenti all'amministrazione
aggiudicatrice, che non assolvono più a funzioni di pubblico interesse, a
titolo di corrispettivo totale o parziale.
Trovano, infine,
collocazione nella disciplina dei contratti di PPP le disposizioni in materia
di baratto amministrativo o partenariato sociale (articolo 190), in base al
quale i cittadini possono realizzare interventi di valorizzazione del
territorio, in cambio di riduzioni o esenzioni di tributi, e di sussidiarietà orizzontale (articolo 191) nell’ambito delle quali si consente ai comuni di
affidare in gestione ai cittadini la manutenzione di aree riservate al verde
pubblico urbano e gli immobili di origine rurale e a gruppi di cittadini
organizzati di formulare agli enti locali proposte operative per la
realizzazione di opere di interesse locale.
Si segnala,
infine, che il Codice non si applica al caso in cui un'amministrazione pubblica
stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si impegni
alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le
necessarie autorizzazioni, di un'opera pubblica o di un suo lotto funzionale o
di parte dell'opera prevista nell'ambito di strumenti o programmi urbanistici
(art. 20).
Tra i criteri
della citata legge delega n. 11 del 2016 riveste particolare rilevanza
l’espresso superamento della cd. “legge obiettivo”, che è stato attuato
attraverso l’abrogazione dei commi da 1 a 5 della legge 21 dicembre 2001, n. 443 e della disciplina speciale che ha regolato la
progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle
infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale e che era
contenuta nel capo IV del titolo III della parte II dell’abrogato decreto
legislativo n. 163 del 2006 (articolo 217, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 50 del
2016).
Il nuovo Codice
dei contratti pubblici, pertanto, riconduce alla disciplina ordinaria la
realizzazione di tutte le opere pubbliche, incluse quelle che saranno
individuate nella nuova programmazione delle infrastrutture e degli
insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese a cui il Codice dedica gli
articoli da 200 a 203 della Parte V.
Specifiche
disposizioni transitorie regolano le procedure per la valutazione di impatto
ambientale delle grandi opere, avviate alla data di entrata in vigore del
Codice secondo la disciplina previgente, che sono concluse in conformità a tale
disciplina, e i progetti preliminari relativi alla realizzazione di lavori
pubblici o di lavori di pubblica utilità riguardanti proposte di concessione,
nell’ambito delle procedure di finanza di progetto, per le quali sia già
intervenuta la dichiarazione di pubblico interesse, non ancora approvati alla
data di entrata in vigore del nuovo Codice, che sono oggetto di valutazione di
fattibilità economica e finanziaria e di approvazione da parte
dell'amministrazione ai sensi delle nuove norme.
La nuova
disciplina delle infrastrutture prioritarie individua due strumenti per la
pianificazione e la programmazione: il piano generale dei trasporti e della
logistica e i documenti pluriennali di pianificazione.
Il piano generale
dei trasporti e della logistica (PGTL), che contiene le linee strategiche delle
politiche della mobilità delle persone e delle merci nonché dello sviluppo
infrastrutturale del Paese, è adottato ogni tre anni, su proposta del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del CIPE, acquisito il parere della Conferenza
unificata e sentite le Commissioni parlamentari competenti.
Il documento
pluriennale di pianificazione, di competenza del Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti, oltre a includere e rendere coerenti tutti i piani e i
programmi d'investimento per opere pubbliche di propria competenza (come
prevede l’articolo 2 del decreto legislativo n. 228 del 2011 in materia di
valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche), contiene l'elenco
degli interventi relativi al settore dei trasporti e della logistica la cui
progettazione di fattibilità è valutata meritevole di finanziamento, da
realizzarsi in coerenza con il PGTL, e tiene conto dei piani operativi per
ciascuna area tematica nazionale a cui sono destinate le risorse del Fondo per
lo sviluppo e la coesione.
Il procedimento
per l’adozione del DPP prevede invece che il documento sia trasmesso al CIPE e
che sia sentita la Conferenza unificata. Ai fini dell’inserimento delle
infrastrutture nel DPP, le Regioni, le Province autonome, le Città
Metropolitane e gli altri enti competenti trasmettono al Ministero delle
infrastrutture proposte di interventi relativi al settore dei trasporti e della
logistica dando priorità al completamento delle opere incompiute. Il Ministero
verifica la fondatezza della valutazione ex ante dell'intervento effettuata dal
soggetto proponente, la coerenza complessiva dell'intervento proposto e la sua
funzionalità rispetto al raggiungimento degli obiettivi indicati nel PGTL e,
qualora lo ritenga prioritario, può procedere al suo inserimento nel DPP. Si
prevede la predisposizione di una dettagliata relazione sullo stato di
avanzamento degli interventi inclusi nel DPP, che è allegata al Documento di
economia e finanza.
L’adozione del
primo DPP è prevista entro un anno dall’entrata in vigore del nuovo Codice. Ai
fini della prima individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti
prioritari, si prevede - da parte del Ministero delle infrastrutture - lo
svolgimento di una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli
strumenti di pianificazione e programmazione, comunque denominati, vigenti alla
data di entrata in vigore del nuovo codice, all’esito della quale sono proposti
gli interventi da inserire nel primo DPP. La ricognizione deve, in ogni caso,
comprendere gli interventi per i quali vi sono obbligazioni giuridiche vincolanti,
ovvero gli interventi in relazione ai quali sia gia'
intervenuta l'approvazione del contratto all'esito della procedura di
affidamento della realizzazione dell'opera, nonché quelli che costituiscono
oggetto di accordi internazionali sottoscritti dall'Italia.
Fino
all'approvazione del primo DPP, valgono come programmazione degli investimenti
in materia di infrastrutture e trasporti gli strumenti di pianificazione e
programmazione e i piani, comunque denominati, già approvati secondo le
procedure vigenti alla data di entrata in vigore del nuovo codice o in
relazione ai quali sussiste un impegno assunto con i competenti organi
dell'Unione europea.
Nei successivi DPP
si procederà sempre alla revisione degli interventi precedentemente inseriti,
al fine di evitare sovrapposizioni tra gli strumenti di programmazione, e alla
valutazione di un eventuale reinserimento sulla base della sussistenza
dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera e della fattibilità
economico-finanziaria. In proposito, si tiene conto, in particolare, delle
opere per le quali una parte significativa non sia stata ancora realizzata e il
progetto esecutivo evidenzi costi superiori di oltre il venti per cento
rispetto allo studio di fattibilità. Resta ferma la possibilità di intervenire
sulla programmazione, anche al di fuori dei tempi previsti per l’approvazione,
nel caso in sia necessario a motivo di fattori eccezionali o imprevedibili.
Per il
finanziamento delle infrastrutture prioritarie, sono istituiti, nello stato di
previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Fondo per la
progettazione di fattibilità delle infrastrutture prioritarie e la project review delle
opere già finanziate, nonché il Fondo da ripartire per la realizzazione delle
infrastrutture prioritarie. In sede di prima applicazione, confluiscono, nei
due citati Fondi, le risorse disponibili del "Fondo infrastrutture
ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli
interventi di cui all'articolo 6 della legge 29 novembre 1984, n. 798", di
cui all'articolo 32, comma 1, del decreto legge n. 98 del 2011, del “Fondo
revoche” di cui all'articolo 32, comma 6, del decreto legge n. 98 del 2011, del
Fondo per consentire la continuità dei cantieri in corso ovvero il
perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, di
cui all'articolo 18, comma 1, del decreto legge n. 69 del 2013 (cd. Fondo
“sblocca cantieri”), nonché le risorse disponibili iscritte nel capitolo 7060
dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
denominato "Fondo da ripartire per la progettazione e la realizzazione
delle opere strategiche di preminente interesse nazionale nonché per opere di
captazione ed adduzione di risorse idriche".
Ai fini della
riprogrammazione della allocazione delle risorse, i finanziamenti destinati
alle infrastrutture strategiche da revocare, sulla base dei criteri individuati
nel DPP e in conseguenza delle attività di project review, sono individuati con una o più
delibere del CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
A uno o più
decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del CIPE, è demandata,
tra l’altro, l’assegnazione delle risorse al Fondo per la progettazione, mentre
le risorse del Fondo per la realizzazione sono assegnate dal CIPE ai diversi
interventi, su proposta del Ministro delle infrastrutture e d’intesa con il
Ministro dell’economia.
Gli articoli da
194 a 199 del nuovo Codice degli appalti recano la disciplina del contraente
generale (general contractor)
con il quale il soggetto aggiudicatore affida ad un soggetto dotato di adeguata
capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione con
qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel
progetto redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara a fronte di
un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori.
L’istituto del contraente generale è stato introdotto con la disciplina delle
infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale. Il nuovo codice
ora prevede espressamente che all’affidamento unitario a contraente generale si
possa far ricorso sia nella realizzazione delle infrastrutture e degli
insediamenti prioritari (articolo 200, comma 2, lettera b), sia nella locazione
finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità di cui all’articolo 187.
Le principali
differenze rispetto alla normativa previgente riguardano innanzitutto la
direzione dei lavori a cui il contraente generale non provvede più. Si prevede,
infatti, che il soggetto aggiudicatore nomina il direttore dei lavori e i
collaudatori e assicura un costante monitoraggio dei lavori anche tramite un
comitato permanente costituito da suoi rappresentanti e rappresentanti del
contraente generale. Il divieto di attribuzione di compiti di responsabile o di
direttore dei lavori allo stesso contraente generale, negli appalti pubblici di
lavori, affidati a contraente generale, è, peraltro, divenuto operativo già a decorrere dalla data
di entrata in vigore della legge delega.
Quanto alle
procedure di aggiudicazione, inoltre, per l'affidamento a contraente generale
si pone a base di gara il progetto definitivo, mentre la disciplina previgente
faceva riferimento al progetto preliminare, e l'aggiudicazione dei contratti
avviene secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Prima dell’entrata
in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici sono state adottate
disposizioni che hanno modificato la disciplina in tale ambito.
La legge n. 221
del 2015 (collegato ambientale) contiene un gruppo di disposizioni in materia
di “appalti verdi” concernenti, tra l’altro, le garanzie previste a corredo
dell'offerta, i criteri per l’aggiudicazione dell’offerta economicamente più
vantaggiosa e l'applicazione dei "criteri ambientali minimi" (CAM)
negli appalti pubblici che, incidendo sulla normativa previgente, vengono ora
regolati dal nuovo Codice.
Il decreto legge
n. 210 del 2015 ha prorogato una serie di termini riguardanti, tra l’altro, il
possesso dei requisiti degli esecutori di lavori pubblici e la disciplina
sull’anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore, per i contratti
relativi a lavori, ora confluita a regime
nel nuovo Codice (i termini in materia di lavori pubblici sono raggruppati
nell’articolo 7). E’ stato, altresì, prorogato al 30 settembre 2017 l'incarico
di Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta
ferroviaria Napoli-Bari (articolo 7, comma 9-bis).
Le principali disposizioni
di carattere finanziario adottate nel 2015 sono contenute nella legge di
stabilità 2016 (L. 208/2015), sia nell’articolato, sia nella Tabella E. Di esse
si dà specificamente conto nell’ambito delle singole schede opera del sistema
SILOS, atteso che si tratta in prevalenza di interventi su autorizzazioni di
spesa esistenti concernenti singole infrastrutture per le quali si dispongono
aumenti, riduzioni, ovvero rimodulazioni. Si richiamano in questa sede le norme
che prevedono, nelle more della stipulazione del contratto di programma tra il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Ferrovie dello
Stato italiane S.p.A., il trasferimento alla medesima società delle risorse già
destinate alla realizzazione dell’opera (comma 678) e che riguardano la
disciplina e le risorse del contratto di programma ANAS (commi da 868 a 874),
confluite in un unico capitolo dello stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze (capitolo 7002), pari complessivamente a circa
10,2 miliardi di euro.
Sono, infine, in
corso di esame parlamentare alcuni schemi di decreti legislativi attuativi
della legge n. 124 del 2015, in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche, che modificano, tra l’altro, la disciplina sulla
conferenza dei servizi (atto del Governo n. 293).
[1] Volume n. 234 parte seconda.
* A cura della Direzione centrale per le statistiche ambientali e territoriali dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
[2] Vol. n. 234, parte seconda, Allegato Opere prioritarie e sistemi locali: un approfondimento socio-economico.
[3] Si ricorda che, poiché sono stati considerati
sistemi locali interessati da più di un'infrastruttura, la somma delle due
tipologie non coincide ovviamente con il totale.
[4] A cura del Servizio Ricerca e Studi della Cassa depositi e
prestiti.
[5] Si veda: Petrina F., Virno C. “Il Piano
di investimento europeo come strumento di razionalizzazione dei processi
decisionali e di diffusione della valutazione economica a livello nazionale”
(Luglio 2015).
[6] L’attuazione della legge
obiettivo, 9° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e
lavori pubblici, Nota di sintesi e focus tematici, vol. n. 157, pagg. 23-51.
[7] CRESME, Il mercato dell’installazione impianti in Italia:
2015-2018. Primo Rapporto Congiunturale e Previsionale, Roma 2015.
[8] Vol. n. 234, parte seconda, capitolo sesto Il mercato delle opere pubbliche.
[9] Si veda il paragrafo 6 del focus Scenari di innovazione per le costruzioni e le infrastrutture, in cui si fa riferimento, tra l’altro,
alle disposizioni previste nel decreto legislativo n. 50 del 2016 per
l’introduzione di tali strumenti.