Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Le infrastrutture strategiche - Dalla "legge obiettivo" alle opere prioritarie - Nota di sintesi e focus tematici - 10° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici - PARTE I
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 234
Data: 18/05/2016
Descrittori:
OPERE PUBBLICHE     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

Servizio Studi

 

 

 

 

 

Le infrastrutture strategiche

Dalla “legge obiettivo” alle opere prioritarie

Nota di sintesi e focus tematici

 

 

 

 

10° Rapporto per la VIII Commissione
ambiente, territorio e lavori pubblici

 

 

 

n. 234 Parte prima

 

 

Maggio 2016

 


Camera dei deputati

SERVIZIO STUDI – Dipartimento Ambiente

* st_ambiente@camera.it

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Il presente Rapporto è stato predisposto dal Servizio Studi a seguito della deliberazione dell’Ufficio di Presidenza della VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici del 29 luglio 2015, in collaborazione con l’Autorità nazionale anticorruzione e l’Istituto di ricerca CRESME.

 

 

 

Documentazione e ricerche:

Le infrastrutture strategiche - Dalla “legge obiettivo” alle opere prioritarie” – 10° Rapporto  per la VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici:

-   Nota di sintesi e focus tematici, n. 234 parte prima, maggio 2016;

-   Lo stato di attuazione del Programma, n. 234 parte seconda, maggio 2016.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: Am0190

In copertina: Walter Valentini, “Costellazione I”, collezione della Camera dei deputati.

 

 


INDICE

 

 

Premessa                                                                                                               1

Nota di sintesi

Focus tematici

Opere prioritarie e sistemi locali: un approfondimento socio-economico          33

§  1. Premessa                                                                                                      33

§  2. L’analisi d'insieme                                                                                         36

La strategia europea per gli investimenti: il Piano Juncker                                 49

§  1. Premessa                                                                                                      49

§  2. Il Piano degli investimenti per l’Europa                                                           50

§  3. Lo stato dell’arte                                                                                           60

Scenari di innovazione per le costruzioni e le infrastrutture                                65

§  1. L’avvio del settimo ciclo di investimenti per le costruzioni e le infrastrutture      65

§  2. La riconfigurazione del mercato e i processi di innovazione                             68

§  3. Macchine e impianti                                                                                      69

§  4. La crescita dei servizi nelle costruzioni                                                            71

§  5. Innovazione tecnologica, digitalizzazione: “smart city”                                        74

§  6. La digitalizzazione nel processo costruttivo                                                     77

§  7. Conclusioni                                                                                                  79

Le modifiche del quadro normativo                                                                   81

§  1. La riforma degli appalti pubblici e delle concessioni                                         81

§  2. Il superamento della “legge obiettivo”                                                            90

§  3. Le altre modifiche del quadro normativo                                                        95


Premessa

Dal 2004 al 2015 le nove edizioni del Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” hanno fornito al Parlamento un’analisi approfondita sullo stato di attuazione della programmazione e sulla realizzazione delle infrastrutture strategiche. In tale ambito, i rapporti si sono, inoltre, di volta in volta concentrati su tematiche di specifico interesse per l’analisi dello stato di attuazione della “legge obiettivo”: dal ruolo centrale delle città e dei sistemi urbani alla selezione delle priorità, dalle varianti al contenzioso, dal partenariato pubblico privato all’attuazione delle direttive del 2014 sugli appalti pubblici e sulle concessioni negli scenari dell’innovazione.

La presentazione della decima edizione del Rapporto si inserisce in un contesto profondamente mutato e in piena evoluzione in cui il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprila 2016, n. 50, ha, tra l’altro, previsto l’abrogazione della “legge obiettivo” e la definizione di una nuova disciplina per la programmazione e il finanziamento delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese. Per tale ragione, il titolo del Rapporto quest’anno non fa più riferimento all’attuazione della “legge obiettivo”, ma all’attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche nel passaggio dalla “legge obiettivo” alla definizione delle opere prioritarie. 

Il Rapporto, infatti, intende fornire, in continuità con le precedenti edizioni, i risultati del monitoraggio sull’attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche al 31 marzo 2016 in considerazione della transizione in atto dalla vecchia alla nuova programmazione, che sarà definita nel Documento pluriennale di pianificazione, in cui si procederà a una mappatura e a una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e di programmazione vigenti alla data di entrata in vigore del nuovo Codice.

Nello scenario della programmazione delle infrastrutture strategiche, quest’anno, meritano una particolare attenzione le opere prioritarie elencate nel Documento di economia e finanza 2015, e recentemente confermate nel Documento di economia e finanza 2016, in quanto configurano una prima selezione delle opere che, sulla base delle indicazioni di tale documento, dovrebbero confluire nella nuova programmazione.

Per le opere infrastrutturali deliberate dal CIPE è disponibile, come ogni anno, un ulteriore approfondimento sullo stato di attuazione anche grazie ai dati ed alle informazioni forniti dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nel quadro della collaborazione tra la Camera dei deputati e l’Autorità, che è stata confermata in un accordo quadro firmato dai due Presidenti il 31 marzo 2016.

Tutti i Rapporti, nonché i dati, le informazioni e le schede riguardanti le singole opere e, per ciascuna di esse, gli specifici interventi sono consultabili, anche in questa edizione, attraverso il sistema informativo SILOS (Sistema informativo legge opere strategiche), accessibile sul portale e sul sito web della Camera, e consentono, pertanto, non solo al Parlamento, ma anche agli operatori del settore e a tutti i cittadini interessati di disporre di uno strumento di conoscenza approfondito ed imparziale.

La decima edizione del Rapporto reca, per il quarto anno consecutivo, una nota di sintesi, in cui sono condensati i principali dati del monitoraggio sullo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche e le considerazioni che emergono da tale analisi e da quattro focus su tematiche attinenti le infrastrutture in generale.

Il primo focus, a cura della Direzione centrale per le statistiche ambientali e territoriali dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), intende accompagnare il monitoraggio sullo stato di attuazione delle citate opere prioritarie con una lettura socio-economica del territorio che queste coinvolgono. Tale analisi, anche in risposta a una specifica richiesta avanzata nell’ambito della presentazione della precedente edizione del Rapporto, rappresenta un primo approfondimento a carattere sperimentale, che intende offrire una nuova chiave di lettura che consenta di approfondire su quali realtà territoriali insistono, o andranno ad insistere, le opere prioritarie utilizzando la griglia dei sistemi locali recentemente aggiornati dall’Istat e costruiti utilizzando i flussi degli spostamenti luogo di residenza/luogo di lavoro (pendolarismo giornaliero) rilevati in occasione dei censimenti della popolazione.

Il secondo focus, a cura del Servizio Ricerca e Studi della Cassa depositi e prestiti, riguarda il Piano per gli investimenti per l’Europa (noto come Piano Juncker). L’approfondimento delinea l’approccio alla base della strategia per gli investimenti, illustra i meccanismi di funzionamento del Piano e del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), da’ conto delle caratteristiche dei progetti ammissibili e della prima fase di operatività del Piano medesimo.

Il terzo focus, in continuità con l’approfondimento della precedente edizione, si sofferma sui processi evolutivi che stanno caratterizzando le innovazioni di prodotto e di processo nel settore delle costruzioni e nella realizzazione delle opere pubbliche, nonché la riconfigurazione del mercato.

Delle recenti modifiche normative, riguardanti le infrastrutture strategiche, che hanno contraddistinto il periodo successivo alla presentazione della nona edizione del Rapporto, si occupa il quarto focus. L’approfondimento si concentra sulla nuova normativa in materia di appalti pubblici e di concessioni, nell’ambito della quale è stata abrogata la cd. “ legge obiettivo” e la relativa disciplina speciale.

La parte “storica” del Rapporto, come ogni anno, si compone dell’analisi relativa allo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche[1], aggiornato quest’anno al 31 marzo 2016, nonché di 206 schede opera disponibili sul sito web e sul portale della Camera nel sistema SILOS. La tabella generale sullo stato di attuazione degli interventi, i cui dati sono altresì pubblicati in formato di tipo aperto (linked open data), è consultabile sul sito web e sul portale della Camera nell’ambito del sistema SILOS.

L’analisi dello stato di attuazione del Programma è riferita alla situazione al 31 marzo 2016, come ricostruita nel decimo monitoraggio, la cui base di dati fa riferimento al numero complessivo di infrastrutture strategiche programmate tra il 2001-2015. In tale ambito, l’analisi quest’anno si concentra, in primo luogo, sulle opere prioritarie, contenute nell’Allegato al DEF 2015 e confermate nell’allegato al DEF 2016 denominato Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica”, e, in secondo luogo, sulle altre opere non prioritarie presenti nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture approvato con la delibera n. 26 del 2014 del CIPE.

I dati riferiti alle opere deliberate dal CIPE, come ogni anno, sono contenuti nelle schede del sistema SILOS e recano: una descrizione delle caratteristiche e della storia dell’opera; la ricostruzione del costo presunto sulla base delle fonti documentali ufficiali a cui si fa riferimento; il quadro finanziario con l’evidenziazione delle disponibilità pubbliche e private, nonché delle diverse fonti di finanziamento, e del fabbisogno residuo; lo stato di avanzamento dell’opera medesima. In particolare, 204 schede riguardano opere deliberate dal CIPE e 2 gli itinerari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina di competenza del Commissario Straordinario. La parte della scheda relativa allo stato di attuazione, curata dall’Autorità nazionale anticorruzione, contiene i dati comunicati dal Responsabile Unico del Procedimento (R.U.P.) e riguardano: il livello di progettazione raggiunto (preliminare, definitiva ed esecutiva); l’affidamento dei lavori; l’esecuzione dei lavori, e segnatamente lo stato di avanzamento dei lavori medesimi, e l’eventuale presenza del contenzioso e delle varianti.

Una parte dell’analisi dello stato di attuazione è, infine, dedicata, come ogni anno, ai dati dei bandi di gara e delle relative aggiudicazioni che, oltre a fornire un ulteriore strumento per valutare lo stato di avanzamento delle infrastrutture strategiche, consentono di delineare più in generale l’evoluzione del mercato delle opere pubbliche.

 


Nota di sintesi

 


Nota di sintesi

1. L’evoluzione del Programma e i nuovi scenari di riferimento. 2. La programmazione delle infrastrutture strategiche 2001-2015. 3. Il Programma delle Infrastrutture Strategiche 2015. 3.1. Le opere prioritarie. 3.2. Le opere non prioritarie deliberate dal CIPE. 3.3. Le altre opere non prioritarie. 4. Il mercato delle opere pubbliche 2014-2015.

 

1. L’evoluzione del Programma e i nuovi scenari di riferimento. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ha innescato una fase di profondo cambiamento negli appalti pubblici e nelle concessioni, che investe anche la definizione delle strategie infrastrutturali e la realizzazione delle opere pubbliche.

Con l’entrata in vigore del nuovo Codice è stata abrogata la cd. “legge obiettivo” e con essa la disciplina speciale con cui sono state programmate, progettate e realizzate le infrastrutture strategiche dal 2001. Conseguentemente anche la progettazione e la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese, che saranno individuati nell’ambito della nuova programmazione, saranno regolate dalla disciplina ordinaria dei lavori pubblici sulla quale il nuovo Codice interviene con modifiche sostanziali.   

Nella prospettiva della nuova programmazione, che dovrà essere definita nel Documento pluriennale di pianificazione (DPP), la cui adozione è prevista entro un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 50, si procederà a una ricognizione di tutti gli interventi inclusi negli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti alla data del 19 aprile 2016, allo scopo di procedere a una revisione dei progetti (project review) e a una valutazione finalizzata alla selezione delle infrastrutture prioritarie.

Considerato che il processo di ridefinizione e revisione interessa la programmazione delle infrastrutture strategiche, il Rapporto di quest’anno, in continuità con le precedenti edizioni, analizza gli esiti del monitoraggio sullo stato della programmazione e della realizzazione delle infrastrutture strategiche alla data del 31 marzo 2016.

 

2. La programmazione delle infrastrutture strategiche 2001-2015. Il quadro di riferimento, che rappresenta l’intera base dei dati oggetto di monitoraggio come ricostruita  con il 10° Rapporto, prende in considerazione 418 infrastrutture inserite nella programmazione delle infrastrutture strategiche nel periodo 2001-2015, il cui costo presunto, aggiornato al 31 marzo 2016, ammonta a 362 miliardi 413 milioni di euro.

 

Schema 1 - LA PROGRAMMAZIONE DELLE INFRASTRUTTURE STRATEGICHE 2001-2015 - Quadro di riferimento dei costi al 31 marzo 2016 - Importi in miliardi di euro

Fonte: elaborazione CRESME Europa Servizi su dati CIPE, MIT, ANAS Spa, RFI Spa, DPS, Regioni, altri soggetti attuatori.

 

L’ingresso di nuove opere e la fuoriuscita degli interventi nel passaggio tra i vari documenti programmatici ha, infatti, determinato nel corso degli anni l’opportunità di costruire un quadro di riferimento che tenesse conto di tutte le opere inserite nella programmazione infrastrutturale strategica, anche di quelle non confermate.

Rispetto al 9° Rapporto (che recava dati aggiornati a dicembre 2014), escludendo i procedimenti interrotti e a parità di numero di infrastrutture, il costo complessivo del Programma si è ridotto di 21.445 milioni di euro (-5,6%) a seguito, principalmente, della revisione dei progetti esistenti di alcune infrastrutture stradali del Mezzogiorno. 

Dei 362,4 miliardi 278,9 miliardi sono relativi a opere prioritarie, individuate dall’Allegato infrastrutture al DEF 2015 e confermate con l’Allegato “Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica” al DEF 2016, e a opere non prioritarie presenti nella tabella 0, Programma delle infrastrutture Strategiche, dell’11° Allegato Infrastrutture alla nota di aggiornamento del DEF 2013, che è l’ultimo documento sul quale si è perfezionato l’iter di approvazione in conformità di quanto previsto dall’abrogata disciplina sulla programmazione delle infrastrutture strategiche. Su tale Allegato, infatti, è stata sancita l’intesa della Conferenza unificata ed è stata approvata la delibera del CIPE n. 26 del 2014. I restanti 83,5 miliardi sono riferiti a opere escluse da tale perimetro e non presenti nei documenti programmatici trasmessi dal Governo nel corso degli ultimi anni, ma che continuano ad essere oggetto di monitoraggio in quanto consentono di fornire un quadro completo rispetto alla programmazione storica delle infrastrutture strategiche.

Rispetto al costo totale delle infrastrutture strategiche programmate tra il 2001 e il 2015, il 42%, 151,2 miliardi, è relativo al costo degli interventi del perimetro CIPE, ovvero delle opere deliberate dal CIPE al 31 marzo 2016. Tale percentuale era del 40% (153,2 miliardi su 383,9) nel 2014.

Con il 10° Rapporto l’analisi si concentra sullo stato di attuazione del Programma delle Infrastrutture Strategiche formato dalle opere prioritarie, individuate dall’Allegato infrastrutture al DEF 2015, e dalle opere non prioritarie presenti nell’11° Allegato infrastrutture. Tale perimetro, per una più agevole esposizione dei dati, è denominato PIS 2015. Si tratta di un universo diverso da quello presentato nel 9° Rapporto, che considerava, oltre agli interventi dell’11° Allegato, i nuovi inserimenti del 12° Allegato infrastrutture ed escludeva alcuni interventi del perimetro delle opere prioritarie come ricostruito nel 10° Rapporto.

 

3. Il Programma delle Infrastrutture Strategiche 2015.  Il PIS 2015, in termini di costo, rappresenta il 77%, 278,9 miliardi, del costo delle opere programmate tra il 2001 e il 2015, pari a 362,4 miliardi. Rispetto ai valori del 9° Rapporto, considerando le opere prioritarie dell’Allegato Infrastrutture 2015 e le altre opere non prioritarie presenti nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture, si rileva una riduzione di 20,3 miliardi (-6,8%). Le ragioni di tale riduzione sono da attribuire, principalmente, alla revisione dei progetti esistenti di alcune infrastrutture stradali del Mezzogiorno (A3 Salerno-Reggio Calabria, SS 106 Jonica e SS 131 Cagliari-Sassari). 

Il 32% del costo del PIS 2015, pari a 90,1 miliardi, è relativo alle 25 opere prioritarie, che, sulla base delle indicazioni dell’Allegato al DEF 2016, dovrebbero confluire nel primo Documento pluriennale di pianificazione (DPP). Le venticinque opere prioritarie, come ricostruite nel 10° Rapporto, includono tutti gli interventi ad esse riconducibili inseriti nel PIS 2015, inclusi gli interventi ultimati. Tale scelta, oltre all’opportunità di considerare l’opera nella sua interezza, è determinata dall’impossibilità di identificare puntualmente gli interventi il cui costo concorre a formare l’ammontare complessivo delle opere prioritarie indicato negli allegati ai DEF 2015 e 2016. Per tali opere, infatti, gli elenchi riportati nei predetti allegati non forniscono un dettaglio degli interventi, ma solo i costi aggregati per singola opera. Il costo delle opere prioritarie, come ricostruito nel 10° Rapporto, non è quindi in parte confrontabile con quello riportato negli Allegati Infrastrutture ai DEF 2015 e 2016. 

Il restante 68%, pari a 188,8 miliardi, è riconducibile a opere non prioritarie inserite nell’11° Allegato infrastrutture. L’analisi di tali opere continua a rivestire interesse per la presenza di opere deliberate dal CIPE e di interventi in corso, anche tenuto conto dell’attenzione che la nuova disciplina riserva agli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti, ovvero gli interventi in relazione ai quali sia già intervenuta l’approvazione del contratto all’esito della procedura di affidamento della realizzazione dell’opera” (art. 200, comma 3 del D.Lgs. 50/2016).

Il 53% dei costi dell’intero PIS 2015, circa 148,6 miliardi, riguarda, infatti, opere esaminate dal CIPE al 31 marzo 2016, in conformità alle procedure della “legge obiettivo”, la metà dei quali riguarda opere prioritarie, circa 75,1 miliardi. Un altro 3,6% (circa 10 miliardi) riguarda opere non esaminate dal CIPE di competenza del Commissario Straordinario per la realizzazione degli itinerari ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina, sulla base delle procedure definite dall’articolo 1 del decreto legge n. 133 del 2014 (cd. decreto “sblocca Italia”), e il restante 43% (circa 120 miliardi) altre opere presenti nell’ultimo aggiornamento del PIS.

Le disponibilità finanziarie ammontano complessivamente a 140,1 miliardi, mentre il fabbisogno finanziario residuo ammonta a 138,8 miliardi includendo nel calcolo eventuali fondi residui. Le risorse disponibili consentono quindi una copertura finanziaria pari al 50,2% del costo (era il 46,4% nella rilevazione precedente, considerando le opere prioritarie dell’Allegato Infrastrutture 2015 e le altre opere non prioritarie presenti nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture). Per il 31,3% sono rappresentate da finanziamenti pubblici (era il 28,6%) e per il 18,9% da finanziamenti privati (era il 17,8%). Le risorse assegnate nell’ultimo anno, sulla base dei risultati del monitoraggio, sono pari a circa 5,1 miliardi di cui circa 4,6 miliardi a valere sulle risorse della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) e 473 milioni sulle risorse del Contratto di programma 2015 dell’Anas.

Rispetto alla distribuzione sul territorio, le infrastrutture strategiche localizzate nelle regioni del Centro-Nord hanno un costo di 190,9 miliardi (costavano 192 miliardi al 31 dicembre 2014, considerando gli interventi presenti nella tabella 0 dell’11° Allegato infrastrutture e le opere prioritarie dell’Allegato Infrastrutture 2015) contro 86,2 miliardi del Mezzogiorno (104 miliardi al 31 dicembre 2014) e 1,9 miliardi di opere non ripartibili.

In termini percentuali, si tratta di quote del 68,4% (era il 64,2%) per il Centro-Nord contro il 30,9% per il Mezzogiorno (era il 34,9%), con uno 0,7% di opere non ripartibili (era lo 0,9%), a fronte di una superficie pari, rispettivamente, al 59,2% e al 40,8%, e ad una distribuzione della popolazione residente pari al 65,6% e al 34,4% in base ai dati  demografici Istat sulla popolazione residente aggiornati al 1° gennaio 2015.

Riguardo alle opere localizzate nelle regioni del Centro-Nord, nell’ultimo anno, l’attenzione è stata posta principalmente sulle infrastrutture ferroviarie per il completamento e la connessione della rete AV/AC nazionale con quella europea. Nel Mezzogiorno, invece, l’attenzione è stata posta principalmente nella revisione dei progetti di completamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e delle strade SS 106 Jonica e SS 131 Cagliari-Sassari, nonché nell’approvazione dei progetti per la realizzazione degli itinerari ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina con le nuove procedure del decreto cd. “sblocca Italia”.

Quanto all’avanzamento fisico delle infrastrutture comprese nel PIS 2015, rispetto al precedente Rapporto, si osserva, in termini di costo, una maggiore incidenza delle opere ultimate, o la cui ultimazione è prevista entro il 31 marzo 2016, di quelle con lavori in corso o con contratto approvato e lavori non avviati e delle opere aggiudicate, a fronte di un ridimensionamento delle quote delle opere in fase di progettazione o in gara.

L’analisi dello stato di avanzamento presentata nel 10° Rapporto prende in considerazione 1.038 lotti, tra opere, interventi, sottointerventi e ulteriori dettagli. Per 1.008 lotti, che rappresentano il 99,3% del costo (276.948 milioni su 278.936 milioni totali), è stato individuato uno specifico livello di attuazione compreso tra la prima fase progettuale dello studio di fattibilità e l’ultimazione dei lavori.

I 147 lotti con lavori in corso di esecuzione insieme ai 40 lotti con contratto approvato e in attesa di avviare i lavori, che dovrebbero rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di circa 70 miliardi (pari al 25% del costo complessivo del PIS 2015 al 31 marzo 2016): 49,4 miliardi riguardano interventi riferiti a opere prioritarie e 20,7 miliardi interventi riconducibili a opere non prioritarie. In particolare, il valore dei lotti in corso di costruzione ammonta complessivamente a circa 46,7 miliardi di euro, il 17% del totale (46,5 miliardi un anno prima, il 16 %), mentre 23,4 miliardi fanno riferimento a lotti con contratto approvato e in attesa di avviare i lavori. Si tratta dell’8,4% del costo totale al 31 marzo 2016.

Il costo dei 317 lotti ultimati risulta essere pari a circa 28,8 miliardi, il 10% del totale  (un anno prima era di circa 23,9 miliardi, l’8%).

I lotti aggiudicati, in via definitiva o provvisoria, hanno un valore di 4,5 miliardi di euro, corrispondenti all’1,6% dei costi totali. Quelli in gara hanno un valore di 18,6 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 7% dei costi totali. Il restante 56% dei costi, pari a circa 155 miliardi, riguarda invece interventi in fase di progettazione. Rappresentavano il 59% (circa 177 miliardi) a dicembre 2014.

Lo schema 2, sulla scorta di quanto delineato nella figura 19 contenuta nell’Allegato al DEF 2016 denominata “la roadmap verso il primo DPP”, reca il quadro delle opere che potrebbero confluire nel primo DPP. Nello schema sono evidenziati, oltre ai costi complessivi delle opere prioritarie e non, le quote di tali costi riconducibili a interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti in cui, come già rilevato, dovrebbero essere inclusi i lotti con contratti approvati, e in attesa di avviare i lavori, e con lavori in corso. Nell’ambito delle attività necessarie ai fini della predisposizione del primo DPP, l’Allegato al DEF 2016, da un lato, ricomprende la revisione dei progetti (project review) già inclusi nelle precedenti programmazioni e, dall’altro, la valutazione sulla base delle Linee guida standardizzate per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche. 

 

Schema 2 - IL PIS 2015 SECONDO IL 10° MONITORAGGIO - Opere che potrebbero confluire nel primo DPP in base alle indicazioni dell’Allegato al DEF 2016- Importi in miliardi di euro

Fonte: elaborazione CRESME Europa Servizi su dati CIPE, MIT, ANAS Spa, RFI Spa, DPS, Regioni, altri soggetti attuatori.

(a): compresi lotti in progettazione, in gara e aggiudicati in via definitiva e provvisoria nonché i lotti con uno stato di avanzamento “misto”,  quelli con contratto risolto e quelli per i quali non si dispone di informazioni sullo stato di avanzamento.

 

Per quanto riguarda la tipologia di opere, il PIS 2015 comprende prevalentemente strade, ferrovie e metropolitane. A queste infrastrutture per il trasporto è riconducibile il 93% dei costi del PIS; il restante 7% dei costi riguarda altre infrastrutture. Le strade rappresentano oltre la metà del costo del programma, circa 141 miliardi. Le opere ferroviarie e le metropolitane rappresentano, invece, rispettivamente il 34,8%, pari a 97 miliardi, e il 7,8%, pari a circa 22 miliardi.  Una quota del 2,0%, pari a circa 5,5 miliardi, spetta al Mo.S.E. e il restante 4,9%, 13,6 miliardi, alle altre opere. Rispetto alla tipologia di opera, si rileva un maggiore stato di avanzamento, nelle diverse fasi di realizzazione, per le ferrovie metropolitane: il 65,9% del costo è relativo a lotti in corso o ultimati; i lotti senza contratto, ovvero quelli in fase di progettazione o in gara, rappresentano poco meno del 26%; il restante 8,0% riguarda lotti con contratto e lavori non avviati.

 

3.1. Le opere prioritarie. Nel 10° Rapporto è stata posta particolare attenzione alle 25 opere prioritarie elencate nell’allegato al Documento di economia e finanza 2015 che, come già evidenziato, rappresentano una prima selezione delle opere che dovrebbero confluire nel Documento pluriennale di  pianificazione (DPP). Merita, altresì, segnalare che sull’Allegato al DEF 2015 è stata avviata, nel mese di agosto 2015, la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS).

Il costo delle 25 opere prioritarie, come ricostruito nel 10° Rapporto, è pari a 90,1 miliardi, il 32% del costo del “Programma delle Infrastrutture Strategiche 2015” (278,9 miliardi). Rispetto ai valori del 9° Rapporto si rileva una riduzione di 17,7 miliardi (-16,4%). Tale risultato è dovuto all’aggiornamento dei costi, prevalentemente in riduzione, di alcuni progetti. Le riduzioni di costo più significative riguardano la A3 Salerno-Reggio Calabria e la SS 106 Jonica. In particolare, il costo complessivo dell’ammodernamento e messa in sicurezza dell’A3 Salerno-Reggio Calabria passa da 10,6 miliardi (costo al 31 dicembre 2014) a 9,1 miliardi (costo al 31 marzo 2016). Più rilevante la riduzione rilevata per ammodernare e mettere in sicurezza la SS 106 Jonica, il cui costo si riduce da circa 20 miliardi a 4,2. Tali riduzioni di costo sono in parte imputabili alla nuova strategia di ANAS per completare e mettere in sicurezza la rete stradale nazionale, che privilegia gli interventi di sistemazione e messa in sicurezza della rete stradale esistente rispetto alle nuove opere. Altre riduzioni di costo significative riguardano la tratta AV/AC Verona-Padova, il cui costo si riduce di 649 milioni, da 6.051 milioni (costo indicato nel Contratto di programma 2012-2016, parte investimenti) a 5.402 milioni (costo indicato nell’Accordo, tra MIT e RFI Spa,  per l’aggiornamento del Contratto di programma 2012-2016 di dicembre 2014) e la Galleria di Base del Brennero, il cui costo si riduce di 465 milioni (da quasi 4,9 miliardi a 4,4). In quest’ultimo caso la variazione di costo è dovuta, in base a quanto riportato nella delibera CIPE 44/2015, alla revisione del progetto, ai ribassi d’asta consuntivati a fronte delle gare di appalto già esperite e alle  risultanze a consuntivo degli appalti già conclusi, nonché all’aggiornamento dei coefficienti inflattivi annui previsionali.

L’83% dei costi (circa 75 miliardi) riguarda opere esaminate dal CIPE. Un altro 11% (circa 10 miliardi) riguarda opere non esaminate dal CIPE di competenza del Commissario straordinario per la realizzazione degli itinerari ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina, e il restante 6% (circa 5 miliardi) riguarda altri interventi. Fanno parte di quest’ultimo gruppo alcuni lotti della SS 106 Jonica e del collegamento stradale Grosseto-Siena, il sistema tranviario fiorentino e il completamento della linea 1 della metropolitana di Torino.

Rispetto al costo delle opere prioritarie, le disponibilità finanziarie ammontano complessivamente a 60,2 miliardi di euro, mentre il fabbisogno residuo ammonta a 29,9 miliardi includendo nel calcolo eventuali fondi residui. Le risorse disponibili consentono quindi una copertura finanziaria pari al 66,8% del costo: per il 57,2%, 51,5 miliardi, sono rappresentate da finanziamenti pubblici e per il 9,6 %, 8,7 miliardi, da finanziamenti privati.

Le risorse assegnate nell’ultimo anno, sulla base dei risultati del monitoraggio, sono pari a 4,4 miliardi di euro di cui circa 4,1 miliardi a valere sulle risorse della legge di stabilità 2015 (3 miliardi per consentire l’avvio di nuovi cantieri dell’alta velocità nella tratta Milano-Venezia, 570 milioni per il 3° lotto costruttivo della Galleria del Brennero, 400 milioni per il 3° lotto costruttivo del Terzo valico dei Giovi e 137 milioni per la prosecuzione dei lavori del Mo.S.E.) e 265 milioni sulle risorse del Contratto di programma 2015 dell’Anas (237 milioni per i lotti 4 e 9 del collegamento stradale Grosseto-Siena, 17 milioni per due lotti della SS 106 Jonica e 11 milioni per un lotto della A3 Sa-Rc).

In occasione della seduta del CIPE del 1° maggio 2016, dopo il termine del monitoraggio, sono state esaminate tre opere prioritarie: il Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM) di Bologna, la Linea AV/AC Milano-Verona e la Galleria di base del Brennero. Per quest’ultima opera il CIPE ha approvato l’avvio della realizzazione del 4° lotto costruttivo del valore complessivo di 1,25 miliardi di euro e ha assegnato a RFI Spa circa un miliardo di euro, di cui 681 milioni a valere sulle risorse della legge di stabilità 2016 e 355 milioni a valere sulle risorse nazionali già stanziate per i primi tre lotti costruttivi e rese disponibili dall’ottenimento di cofinanziamenti europei Connecting Europe Facility (CEF) per il quadriennio 2016-2019. Il CIPE ha preso atto, tra l’altro, che sono stati assegnati dall’Unione europea, per il suddetto 4° lotto costruttivo, risorse CEF per 214,185 milioni di euro. Per quanto riguarda le altre due opere prioritarie, l’esame del CIPE ha riguardato l’approvazione del progetto definitivo del 1° lotto funzionale del SFM di Bologna e  la reiterazione, per la seconda volta, del vincolo preordinato all’esproprio sugli immobili interessati dalla realizzazione della Linea ferroviaria AV/AC Milano-Verona.

Tra le opere prioritarie vi sono sei opere ferroviarie, del costo complessivo di 41,4 miliardi, pari al 46% del costo totale delle 25 opere prioritarie e al 43% del costo delle opere ferroviarie del PIS 2015. Si tratta di opere finalizzate al potenziamento del sistema ferroviario ad Alta Velocità/Alta Capacità per lo sviluppo dei corridoi europei TEN-T nelle regioni del Nord e del Mezzogiorno.

 Il costo delle opere prioritarie per completare la rete ad Alta Velocità/Alta Capacità al Nord è pari a 26,6 miliardi di cui 18,6 miliardi contrattualizzati (collegamento ferroviario AV/AC Treviglio-Brescia-Verona-Padova, Terzo valico dei Giovi, lotti costruttivi 1 e 2 della Galleria di base del Brennero e  il cunicolo esplorativo della Maddalena intervento propedeutico alla realizzazione del tunnel di base del collegamento ferroviario Torino-Lione). I restanti 8 miliardi sono relativi alla tratta in territorio italiano del collegamento Torino-Lione (4,4 miliardi di cui 2,6 miliardi con progetto definitivo approvato dal CIPE nella seduta del 20 febbraio 2015) e ai lotti costruttivi dal 3° al 6° della Galleria di Base del Brennero (3,6 miliardi su un costo totale di 4,4 miliardi). Riguardo allo stato di avanzamento, le prime delibere del CIPE, inerenti opere ferroviarie prioritarie localizzate al Nord, sono del 2003 e i lavori hanno avuto inizio nel 2011 nella tratta Treviglio-Brescia. L’entrata in esercizio delle opere è previsto tra il 2016 (Treviglio-Brescia) e il 2029 (Torino-Lione).

 Il costo per estendere la rete ferroviaria ad Alta Velocità/Alta Capacità nelle regioni del Mezzogiorno, invece, è pari a 14,8 miliardi (6,2 miliardi per l’itinerario Napoli-Bari e 8,6 per l’itinerario Palermo-Catania-Messina). Riguardo allo stato di avanzamento, per la quasi totalità degli interventi risulta disponibile il progetto preliminare. Al fine di accelerare la realizzazione della rete ferroviaria ad Alta Velocità/Alta Capacità nelle regioni del Mezzogiorno, nel 2015 ha inizio l’attuazione delle nuove procedure dell’articolo 1 del decreto legge n. 133 del 2014 (cd. “sblocca Italia”), che prevedono un accentramento dei poteri e delle funzioni in capo all’amministratore delegato di RFI che diviene Commissario straordinario per la realizzazione degli itinerari ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina. Tra dicembre 2014 e marzo 2016 sono state emanate diciannove ordinanze, di cui quindici relative all’approvazione di progetti. 

Le dieci opere stradali hanno un costo di 28,4 miliardi, pari al 31,5% del costo totale delle 25 opere prioritarie e al 20% del costo delle opere stradali del PIS 2015. Si tratta di quattro tratte autostradali, del costo complessivo di 9,7 miliardi, da realizzare con il 76% di risorse private, localizzate in Lombardia (Pedemontana lombarda e Tangenziale est esterna di Milano) e nel nord est (Pedemontana Veneta e A4 Venezia-Trieste). Le restanti sei opere stradali, del costo complessivo di 18,6 miliardi da realizzare con risorse pubbliche, sono localizzate nelle regioni del Centro (Grosseto-Siena e Quadrilatero Marche-Umbria) e del Mezzogiorno (A3 Salerno-Reggio Calabria, SS 106 Jonica Taranto-Reggio Calabria, SS 640 Agrigento-Caltanissetta e itinerario Sassari-Olbia).

Nel seguente cartogramma è riportata la localizzazione territoriale delle 25 opere prioritarie elencate nell’allegato al Documento di economia e finanza 2015 come ricostruite nel 10° Rapporto. Nel cartogramma, che risponde alla sola esigenza di localizzare le opere prioritarie sul territorio, sono riportati i confini dei 611 sistemi locali, i tracciati delle reti autostradale e ferroviaria esistente, i collegamenti ferroviari e stradali di lunga percorrenza di cui fanno parte le 16 opere prioritarie stradali e ferroviarie e le città interessate dalle altre opere prioritarie, il Mo.S.E. e le reti metropolitane delle città di Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo e Catania.

Uno dei focus, curato dall’ISTAT, analizza i collegamenti ferroviari e stradali di lunga percorrenza per la mobilità delle merci e delle persone, di cui fanno parte le sedici opere prioritarie stradali e ferroviarie, utilizzando la griglia dei sistemi locali recentemente aggiornati dall’Istituto e costruiti utilizzando i flussi degli spostamenti luogo di residenza/luogo di lavoro (pendolarismo giornaliero) rilevati in occasione dei censimenti della popolazione. L’analisi contenuta in tale focus evidenzia che: nei sistemi locali considerati, di prima e seconda fascia, abitano 40 milioni di abitanti, su 22,3 milioni di occupati a livello nazionale, 14,4 milioni insistono su territori interessati dalle opere prioritarie di cui 9,7 milioni nei sistemi locali di fascia centrale e 4,7 in quelli di seconda fascia; il totale del valore aggiunto prodotto dalle imprese ammonta a circa 475 miliardi di euro a fronte di un dato nazionale che si attesta sui 711 miliardi di euro. Inoltre queste aree incidono sull’export nazionale per il 72,1%: infatti nel complesso il valore dell’export è stato di 265 miliardi di euro  a fronte di un valore nazionale di 368 miliardi di euro.


 

Cartogramma 1 – OPERE PRIORITARIE SECONDO IL 10° MONITORAGGIO – La localizzazione territoriale delle 25 opere prioritarie

 

Fonte: elaborazione Cresme Europa Servizi da fonti varie.

 

Le opere prioritarie per il potenziamento del trasporto ferroviario metropolitano nelle grandi città sono otto ed hanno un costo complessivo di 14,9 miliardi, pari al 16,5% del costo totale delle 25 opere prioritarie e al 68% del costo delle reti metropolitane del PIS 2015. Il 68% del costo totale, pari a circa 10,1 miliardi, riguarda le reti metropolitane delle città di Milano, Roma e Napoli, dove risiedono più di 5 milioni di persone. Il restante 32%, pari a 4,8 miliardi, compete alle reti metropolitane delle città di Torino, Bologna, Firenze, Catania e Palermo, dove risiedono circa 2,7 milioni di abitanti.

A ferrovie, strade e metropolitane si aggiunge il Mo.S.E., opera prioritaria del costo complessivo di 5,5 miliardi, finanziata per il 96% con risorse pubbliche, con uno stato di avanzamento dei lavori dell’84% e ultimazione programmata per giugno 2018.

In relazione alla distribuzione territoriale, nelle regioni del Centro-Nord si concentrano opere per un valore pari al 60% (circa 54,5 miliardi) e in quelle del Mezzogiorno per il restante 40% (circa 35,6 miliardi).

Riguardo all’avanzamento fisico delle opere prioritarie al 31 marzo 2016, considerando che l’analisi tiene conto dello stato di avanzamento di 221 lotti, tra opere, interventi, sottointerventi e ulteriori dettagli, i lotti con lavori in corso di esecuzione insieme a quelli con contratto approvato e in attesa di avviare i lavori, che dovrebbero rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di circa 49 miliardi, pari al 55% del costo complessivo delle 25 opere prioritarie al 31 marzo 2016. In particolare, i lavori in corso di esecuzione hanno un costo di 32,3 miliardi, pari al 35,9% del costo complessivo delle opere prioritarie e al 69,3% del valore dei lavori  in corso del PIS 2015 (46,7 miliardi). Un altro 19% del costo, pari a circa 17,1 miliardi, riguarda lotti con contratto approvato e lavori non avviati (vi rientrano, tra gli altri, alcuni lotti dei collegamenti ferroviari AV/AC Milano-Venezia e Genova-Milano). Rispetto ai lavori con contratto del PIS 2015 rappresentano una quota del 72,9%. I lotti in progettazione hanno un costo di 28,2 miliardi e rappresentano circa un terzo del costo delle opere prioritarie e il 18,2% delle opere in fase di progettazione del PIS 2015. Rientrano in questo gruppo, tra gli altri, i collegamenti ferroviari Torino-Lione, Napoli-Bari, Palermo-Catania-Messina e i lotti costruttivi dal 3° al 6° del valico del Brennero. I lotti con gara in corso o aggiudicata rappresentano meno del 2% (1,4 miliardi). L’11,8%, circa 10,7 miliardi, riguarda i lotti ultimati tra i quali sono inclusi, tra gli altri, alcuni lotti della A3 Salerno-Reggio Calabria, della SS 106 Jonica, le tratte T6A e T7 della Linea C della metropolitana di Roma e la tratta Garibaldi-Bignami della linea 5 della metropolitana di Milano. Rispetto ai lotti ultimati del PIS 2015 rappresentano il 37,1%. Infine lo 0,4% (354 milioni) riguarda lotti con contratto risolto.

 

3.2. Le opere non prioritarie deliberate dal CIPE. Il costo delle 154 opere non prioritarie esaminate dal CIPE, tra ottobre 2002 e marzo 2016, è di 73,5 miliardi, pari al 26% del costo del PIS 2015 (278,9 miliardi), di cui tre opere, del costo di 755 milioni, esaminate nel 2015: il raddoppio della tratta Termoli-Chieuti-Lesina della linea ferroviaria Pescara-Bari, esaminato nella seduta del 28 gennaio 2015; il 3° lotto, da San Pelino allo svincolo di Marana, della SS 260 Picente, esaminato il 20 febbraio 2015; l’adeguamento e la messa in sicurezza della SS 131 “Carlo Felice” nel tratto tra il Km. 108 e il Km. 209 (risoluzione nodi critici 1° e 2° stralcio), esaminati il 23 dicembre 2015. Rispetto al 9° Rapporto, il costo delle 154 opere si riduce di 654 milioni (da 74.147 milioni a 73.493, -0,9%). La variazione di costo più rilevante, dovuta alla revisione del progetto esistente, riguarda l’opera stradale “Variante di Formia”. La soluzione alternativa al progetto definitivo approvato da ANAS Spa nel 2010, del costo di 735 milioni, prevede un costo di 160 milioni.

Rispetto al costo delle opere, le risorse disponibili ammontano a 44,3 miliardi e consentono una copertura finanziaria pari al 60%.  Rispetto al precedente monitoraggio risultano aumentate le risorse pubbliche e ridotte quelle private. Tale riduzione è dovuta principalmente all’aggiornamento delle disponibilità del collegamento stradale SS 372 "Caianello-Benevento" (Telesina) a seguito della delibera CIPE n. 45 del 29 aprile 2015, con la quale la proposta del promotore per la realizzazione dell’opera in project financing è stata valutata come giuridicamente non percorribile e finanziariamente non sostenibile.

Per le opere non prioritarie esaminate dal CIPE il contributo privato rappresenta il 60,6% delle disponibilità, pari a circa 27 miliardi. Il restante 39,4% riguarda risorse pubbliche, pari a circa 17  miliardi. Le risorse assegnate nell’ultimo anno, sulla base dei risultati del monitoraggio, sono pari a 608 milioni di cui 485 milioni a valere sulle risorse della legge di stabilità 2015 - 260 milioni alla BreBeMi e 225 alla linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, tratta Andora-Finale Ligure - e 122,5 milioni da risorse del Contratto di programma 2015 Anas. Queste ultime risorse sono state assegnate a: SS 11 "Padana Superiore", 1° stralcio da Magenta a Vigevano (118 milioni); “Variante di Formia” (1,5 milioni per la redazione del nuovo progetto definitivo che, come sopra anticipato, prevede una soluzione alternativa al progetto definitivo approvato da ANAS Spa nel 2010, con un costo che si riduce da 735 milioni a 160 milioni); “Direttrice Terni-Rieti”, tratto Terni (loc. San Carlo)-confine regionale (3 milioni per maggiori esigenze per lavori in corso).

Riguardo all’avanzamento fisico al 31 marzo 2016 delle opere non prioritarie esaminate dal CIPE, considerando che l’analisi tiene conto dello stato di avanzamento di 392 lotti, si rileva, in termini di costo, una alta incidenza dei lotti in fase di progettazione. Il costo dei lotti in fase di progettazione è di circa 35 miliardi, pari a poco meno del 50% del costo totale (73,5 miliardi). In questo ambito, il fabbisogno finanziario residuo è elevato in quanto le disponibilità coprono meno del 20% del costo.  I lotti in gara rappresentano il 18,2% (13,4 miliardi) del costo totale e quelli aggiudicati il 3,7% (2,7 miliardi). I lotti con lavori in corso di esecuzione insieme a quelli con contratto approvato e in attesa di avviare i lavori, che dovrebbero rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di circa 13,5 miliardi, pari al 18,4% del costo complessivo delle 154 opere non prioritarie deliberate dal CIPE al 31 marzo 2016. In particolare, i lavori in corso rappresentano il 12,9% (9,5 miliardi), mentre  quelli contrattualizzati e con lavori non avviati rappresentano il 5,5% (4 miliardi). Un altro 11,8% spetta ai lotti ultimati (8,7 miliardi). Infine, quote marginali spettano ai lotti con contratto risolto e a quelli per i quali non è stato possibile individuare lo stato di avanzamento al 31 marzo 2016.

Il 58% del costo complessivo, 43 miliardi su 73,5 miliardi totali, riguarda 61 opere stradali del costo medio di oltre 700 milioni.  Le opere stradali con lavori non contrattualizzati, ovvero in fase di progettazione, in gara o aggiudicati, costano 30,6 miliardi, il 71% del costo totale delle opere stradali non prioritarie esaminate dal CIPE. L’avanzamento procedurale, finanziario e fisico di alcuni nuovi collegamenti autostradali in fase di progettazione di rilevante impegno finanziario, sia privato che pubblico, risulta condizionato dall’esigenza di rivalutare i progetti, in base al calo dei volumi di traffico, registrato negli ultimi anni con il perdurare della crisi economica. Rientrano tra questi il collegamento Orte-Mestre, l’Autostrada Medio Padana Veneta e il collegamento Via del Mare (A4-Jesolo e litorali), il collegamento A31 Trento-Rovigo (Valdastico Nord), il collegamento Roma–Latina e Cisterna-Valmontone. L’esigenza di rivalutare i progetti e i piani economico-finanziari condiziona anche l’avanzamento di alcuni progetti con convenzione sottoscritta: Campogalliano-Sassuolo (convenzione del 4 dicembre 2014), Porto di Ancona-grande viabilità (convenzione del 18 dicembre 2013) e Ragusa–Catania (convenzione del 7 novembre 2014). Il costo complessivo di tali collegamenti è pari a 1,9 miliardi su 3 miliardi totali di costo dell’insieme dei progetti con contratto sottoscritto e lavori non avviati.

Il costo delle opere stradali in corso di costruzione al 31 marzo 2016 è di circa 4,2 miliardi, pari al 9,7% del costo totale delle opere stradali non prioritarie esaminate dal CIPE. Le ultimate invece costano 5,1 miliardi (il 12% del totale).

Riguardo alle altre tipologie di opere, le opere ferroviarie hanno un costo di circa 19 miliardi (il 26% del costo totale, meno della metà delle opere stradali) e oltre il 90% riguarda lotti in fase di progettazione con un elevato fabbisogno finanziario residuo. Fanno parte di questo gruppo, tra le altre, la tratta nazionale della linea ferroviaria Torino-Lione, da Chiusa San Michele a Settimo Torinese, il quadruplicamento Fortezza-Verona, la tratta Andora - Finale Ligure della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, il completamento della linea ferroviaria Pontremolese. 

Le reti metropolitane hanno un costo di 3,8 miliardi (il 5% del costo totale) di cui 1,2 miliardi relativi a lavori ultimati. Altri 1,2 miliardi spettano a lavori in corso o con contratto approvato e i restanti 1,4 miliardi alle metropolitane in fase di progettazione. 

Il costo delle restanti tipologie di opere è di circa 8 miliardi di cui 1,7 miliardi (il 21%) relativo a opere non contrattualizzate.

Rispetto alla distribuzione territoriale, nelle regioni del Centro-Nord è localizzato l’80% del costo delle opere non prioritarie esaminate dal CIPE. Si tratta di 58,7 miliardi, dei quali 46,3 miliardi (79%) relativi a opere senza contratto. Nelle regioni del Mezzogiorno è localizzata una quota del 19% (14,1 miliardi) e il restante 1% è relativo al Programma grandi stazioni. 

 

3.3. Le altre opere non prioritarie. Il costo delle altre opere non prioritarie del PIS è di 115,3 miliardi, il 41,5% del costo del PIS 2015 (278,9 miliardi).  Rientrano in questo gruppo di opere, tra le altre, due opere esaminate dal CIPE nella seduta del 1° maggio 2016, dopo il termine del monitoraggio. Si tratta del collegamento viario “Pedemontana Piemontese” tra la A4 e la A26 (Santhià-Biella-Gattinara-Ghemme) e il completamento della SS 291 della Nurra, Lotto 1°, da Alghero a Olmedo in località bivio cantoniera di Rudas, per il quale è stato deciso di rinviare a nuova istruttoria il perfezionamento del progetto. Si tratta di interventi inseriti nel Piano pluriennale degli investimenti 2015-2019 di Anas SpA e finanziati, in parte, con le risorse previste dall’articolo 3, comma 2, lettera c), del D.L. 133 del 2014 (cd. “Sblocca Italia”).

Rispetto al 9° Rapporto, il costo delle opere si riduce di quasi 2 miliardi (da 117.309 milioni a 115.350, -1,7%) a seguito, principalmente, dell'azzeramento del costo del progetto di adeguamento di un tratto, di circa 100 Km, della SS 131 Cagliari-Sassari, tra il km. 108+300 e 209+482 (2° e 3° lotto omogeneo). L’elevato costo delle opere (circa 1,4 miliardi) e la necessità di urgenti interventi di messa in sicurezza dei tratti più critici ha indotto l’Anas a sviluppare nuove soluzioni progettuali di minore impegno finanziario. La soluzione individuata è stata quella di estendere l’intervento “svincoli e messa in sicurezza tra i km 146+800 e km 209+600”, già presente nel PIS approvato dal CIPE con delibera 26/2014, al tratto tra il km 108+300 e il km 146+800. Tale progetto complessivo è stato esaminato dal CIPE nella seduta del 23 dicembre 2015.

Le risorse disponibili, per la realizzazione delle altre opere non prioritarie del PIS, ammontano a 35,7 miliardi e consentono una copertura finanziaria pari al 30,9% del costo. In questo ambito il contributo pubblico rappresenta il 51,5% delle disponibilità e quello privato il restante 48,5%. Nell’ultimo anno, i nuovi finanziamenti ammontano a circa 85 milioni e provengono tutti dal Contratto di Programma 2015 di Anas SpA. Le opere destinatarie di tali risorse sono: la SS 182 delle Serre (54,8 milioni); la SS 291 "della Nurra" (19 milioni); l’asse stradale di collegamento tra gli svincoli di Prato est e Prato ovest, ex completamento raddoppio di viale Leonardo da Vinci (11,0 milioni).

Riguardo all’avanzamento fisico delle altre opere non prioritarie del PIS, considerando che l’analisi tiene conto dello stato di avanzamento di 425 lotti, il 79,5% del costo, quasi 92 miliardi di euro, riguarda opere in fase di progettazione. I lotti in gara o aggiudicati rappresentano meno del 5% del costo totale (5,6 miliardi). I lotti con lavori in corso di esecuzione insieme a quelli con contratto approvato e in attesa di avviare i lavori, che dovrebbero rappresentare gli interventi con obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), hanno un valore di circa 7,2 miliardi, pari a poco più del 6% del costo complessivo delle altre opere non prioritarie del PIS al 31 marzo 2016. In particolare, i lavori in corso rappresentano una quota del 4,3% (4,9 miliardi), mentre quelli contrattualizzati e con lavori non avviati rappresentano il 2,0% (circa 2,3 miliardi). I lavori  ultimati rappresentano l’8,2% (9,4 miliardi) e i misti l’1,1% (circa 1,3 miliardi). Infine, una quota marginale dello 0,1% spetta ai lotti per i quali non è stato possibile individuare lo stato di avanzamento al 31 marzo 2016.

Per quanto riguarda la tipologia di opere, il 60% del costo delle altre opere non prioritarie del PIS 2015 fa riferimento a opere stradali. Si tratta di circa 70 miliardi di euro dei quali 60 non contrattualizzati (l’86,6%). Riguardo alle altre tipologie di opere, le opere ferroviarie hanno un costo di 36,7 miliardi (il 32% del costo totale) di cui quasi 30 non contrattualizzati. Il costo delle reti metropolitane è pari a 3,2 miliardi (il 61,6% risulta senza contratto) e altri 4,7 miliardi riguardano altre tipologie di opere (in prevalenza opere portuali), quasi tutti relativi a lotti senza contratto. Il costo delle restanti tipologie di opere (in prevalenza reti idriche) è di circa 1 miliardo, di cui 793 milioni (il 76,2%) relativo a opere non contrattualizzate. Riguardo alla copertura finanziaria dei costi, fatta eccezione per le opere portuali, tutte le altre tipologie di opere hanno disponibilità inferiori al 50% del costo.

Rispetto alla distribuzione territoriale, nelle regioni del Centro-Nord è localizzato oltre il 67% del costo. Si tratta di 77,7 miliardi dei quali 62,5 miliardi, l’80%, relativi a lotti in fase di progettazione. Nelle regioni del Mezzogiorno è localizzata  una quota del 32% (36,5 miliardi di cui 29,2, l’80%, in fase di progettazione), mentre il restante 1% riguarda opere non ripartibili a livello di macro area (Programma piccoli interventi ANAS, Programma interventi RFI e Programma Seimila campanili). Per le opere localizzate nelle regioni del Centro-Nord le disponibilità ammontano al 31,3% del costo. Si tratta di circa 24,4 miliardi, di cui 7,6 miliardi (31%) da risorse pubbliche e 16,8 miliardi (69%) da risorse private che, per la quasi totalità, sono contributi delle concessionarie autostradali. Più bassa l’incidenza delle disponibilità sul costo per le opere da realizzare nel Mezzogiorno. Si tratta di circa 10,1 miliardi, pari al 27,8% del costo, di cui circa 9,6 (95%) da risorse pubbliche e i restanti 500 milioni da risorse private (5%).

 

4. Il mercato delle opere pubbliche 2014-2015. Negli ultimi due anni il mercato delle opere pubbliche è cambiato. Si passa da una domanda sostenuta da un limitato numero di grandi contratti per la realizzazione di nuove infrastrutture strategiche a una domanda sostenuta da un numero maggiore di opportunità piccole, medie e grandi per la manutenzione del patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente. Nel biennio 2014-2015, infatti, dopo dodici anni di riduzione, riprende ad aumentare il numero dei bandi di gara, con tassi di crescita, rispetto al biennio 2012-2013,  del 21% per il mercato nel suo complesso e segnatamente del 2,4% con riguardo ai contratti complessi e del 27% relativamente agli appalti tradizionali; piccoli, medi e grandi contratti crescono con tassi superiori al 20%. Rispetto agli importi, si osservano tassi di crescita del 46% per l’intero mercato, del 50% con riguardo ai contratti complessi e del 43% per gli appalti tradizionali. I medesimi trend di crescita interessano anche le aggiudicazioni, con percentuali di incremento, rispetto al biennio 2012-2013, del 4% per numero e del 12,8% per importo.

I cambiamenti del mercato, i cui primi segnali si avvertono a partire dalla seconda metà del 2013, diventano più chiari nel biennio 2014-2015 e riguardano: la crescita delle opere medie e piccole, dopo dodici anni di valori contraddistinti da una progressiva riduzione;  la crescita delle grandi opere di importo superiore a 50 milioni di euro, dopo un biennio 2012-2013 di forte riduzione (-27% il numero di opportunità e -32% l’importo, rispetto al biennio 2010-2011); la rilevanza della manutenzione e della riqualificazione del patrimonio pubblico, che arriva a rappresentare il 74% del mercato (non superava il 47% tra il 2002 e il 2011); la crescita degli appalti di sola esecuzione e delle concessioni di servizi; l’aumento della dimensione degli appalti per la manutenzione e la gestione dei patrimoni pubblici; la riduzione di oltre il 50% del numero e dell’importo dei bandi delle concessioni di lavori, soprattutto di quelle grandi e piccole nei settori più “tradizionali” delle autostrade, dei cimiteri, dei parcheggi e degli impianti sportivi; la riduzione della dimensione degli appalti integrati; il mancato ricorso agli affidamenti a contraente generale (gli ultimi bandi di gara risalgono al 2009); l’imputazione del 65% del valore del mercato in gara a comuni, aziende speciali, Ferrovie e Consip (era il 48% nel biennio 2012-2013); la crescita del mercato diffusa sul territorio; la prosecuzione dell’interesse per il PPP, ma per iniziative più piccole. Ulteriori cambiamenti potrebbero derivare dall’attuazione delle norme del nuovo Codice dei contratti pubblici.

 

La fase di cambiamento e di evoluzione, che interessa il quadro regolatorio, si inserisce in un contesto di progressiva riconfigurazione del mercato delle opere pubbliche, non solo a motivo dei mutamenti sopra evidenziati, ma anche dei processi evolutivi, che riguardano l’innovazione di prodotti, materiali e componenti, e la digitalizzazione, peraltro prevista nella nuova normativa sugli appalti pubblici e sulle concessioni. In tale contesto, il processo di revisione, che sta interessando la programmazione e la realizzazione delle infrastrutture, si incrocia con l’esigenza, richiamata in più occasioni nel corso dell’esame della nuova normativa sugli appalti pubblici e affermata anche nell’ambito della nuova strategia europea per il rilancio degli investimenti, della qualità e della centralità del progetto.


Focus tematici

 


Opere prioritarie e sistemi locali: un approfondimento socio-economico*

1. Premessa

L'allegato al Documento di economia e finanza 2015 ha individuato venticinque opere prioritarie del Programma delle infrastrutture strategiche. In tale documento è stato precisato che le opere prioritarie sono state selezionate a valle di un processo che, partendo dall'analisi dei flussi di domanda riguardanti il trasporto dei passeggeri e delle merci e della dotazione infrastrutturale italiana, identifica le linee strategiche nazionali in materia di trasporti. L’elenco delle venticinque opere prioritarie è stato recentemente confermato dall’allegato al Documento di economia e finanza 2016 denominato “Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica”.

Il presente focus, anche in risposta a una specifica richiesta avanzata nell’ambito della presentazione della precedente edizione del Rapporto, intende accompagnare il monitoraggio sullo stato di attuazione delle citate opere prioritarie, i cui esiti sono trattati in altre parti del Rapporto, con una lettura socio-economica del territorio che queste coinvolgono. Tale analisi, che rappresenta un primo approfondimento a carattere sperimentale, è sviluppata non per esprimere deterministici rapporti di causa ed effetto, peraltro assai complessi e di difficile misurazione, ma per offrire una nuova chiave di lettura che consenta di approfondire su quali realtà territoriali insistono, o andranno ad insistere, le opere prioritarie.

Per tale finalità, si è ritenuto appropriato utilizzare la griglia dei sistemi locali recentemente aggiornati dall’Istat e costruiti utilizzando i flussi degli spostamenti luogo di residenza/luogo di lavoro (pendolarismo giornaliero) rilevati in occasione dei censimenti della popolazione. L’attrattività e l’importanza dei Sistemi locali (Sl), in particolar modo per lo studio dei processi di sviluppo locale ma anche per l’attuazione delle policy, nasce dalla possibilità di disporre di una griglia territoriale sufficientemente dettagliata e che esaurisce completamente ed in maniera omogenea lo spazio nazionale. I sistemi locali, però, sono soprattutto aree i cui confini non sono il risultato di eventi storici passati, di decisioni politico-amministrative o della sola morfologia del territorio, ma sono invece definiti sulla base dell’organizzazione (o meglio dell’auto-organizzazione) dei rapporti sociali, lavorativi ed economici dell’area.

La granularità territoriale e l’“indipendenza” dai confini amministrativi non esauriscono le qualità e l’attrattività dei sistemi locali: questi tracciano, anche se in maniera approssimata, l’ambito “naturale” dove le persone svolgono le loro attività quotidiane, dalla residenza, al lavoro, alla fruizione dei servizi. I sistemi locali, seppur non delineati in nessuna cartografia fisica o politica, rappresentano degli oggetti reali, ai quali l’intensità delle relazioni interne generate dai flussi di pendolarismo assegna anche un proprio “ordinamento”. Da un punto di vista più operativo, i Sl sono quindi quei luoghi (precisamente identificati e simultaneamente delimitati su tutto il territorio nazionale) dove la popolazione risiede e lavora e dove quindi indirettamente tende ad esercitare la maggior parte delle proprie relazioni sociali ed economiche.

Come già anticipato, il presente approfondimento assume comunque un carattere sperimentale. Per la prima volta si cerca infatti di inquadrare un’infrastruttura  nel suo contesto territoriale di riferimento, anche se questa analisi non può offrire una valutazione del loro impatto, ma solo la descrizione delle principali caratteristiche socio-economiche dei sistemi locali coinvolti. Sono state quindi individuate sperimentalmente due “fasce di competenza”:

·     la prima fascia, denominata “fascia centrale” individua tutti i sistemi locali attraversati (anche in minima parte e/o per effetto di approssimazioni di scala geografica) dai collegamenti oggetto di analisi. Queste aree sono quindi quelle più direttamente coinvolte nel processo di costruzione e sulle quali le ricadute sociali ed economiche possono essere sicuramente più rilevanti;

·     la seconda fascia individua invece tutti quei sistemi locali contermini alla fascia centrale o i cui confini si collocano a ridosso di questi. Queste aree, mediamente più estese delle precedenti, disegnano contesti sociali ed economici più sfumati anche se in certi casi non meno rilevanti perché, ad esempio, coinvolgono importanti aree insediative e/o produttive.

L’analisi prende in considerazione i collegamenti ferroviari e stradali di lunga percorrenza per la mobilità delle merci e delle persone di cui fanno parte le sedici opere prioritarie stradali e ferroviarie. Si tratta, in particolare, di sei collegamenti ferroviari - Torino-Lione, Milano-Venezia, Milano-Genova, Monaco-Verona, Napoli-Bari, Palermo-Catania-Messina - e dieci collegamenti stradali  Agrigento-Caltanissetta, Salerno-Reggio Calabria, Taranto-Reggio Calabria - Olbia-Sassari, Grosseto-Siena, Quadrilatero Marche-Umbria, Venezia-Trieste, Pedemontana Veneta, Pedemontana Lombarda e Tangenziale est esterna di Milano. Tali due ultimi collegamenti sono analizzati congiuntamente in quanto fanno parte di una strategia volta a ridurre e a depotenziare il traffico stradale nell’area milanese.  Per tale ragione in altre parti del focus si fa riferimento a quindici collegamenti anziché a sedici.

Sono esclusi dall’analisi il MO.S.E. e i collegamenti ferroviari metropolitani, interessati prevalentemente da spostamenti in ambito urbano, che avrebbero richiesto una delimitazione delle fasce di competenza di tipo sub-comunale.

L’analisi considera i predetti collegamenti stradali e ferroviari, di cui fanno parte le sedici opere prioritarie, nella loro interezza. Tale scelta è risultata la più idonea per il presente focus dedicato al contesto socio economico su cui tali collegamenti insistono e realizzato utilizzando la griglia territoriale dei sistemi locali.

Per ognuno dei sistemi locali di prima e seconda fascia, sono stati raccolti ventuno indicatori socio-economici rilevanti, organizzati in cinque aree tematiche:

·     territorio (densità abitativa, superficie territoriale delle località abitate, superficie territoriale dei comuni ad elevato rischio sismico, popolazione nei comuni montani);

·     popolazione, demografia e livelli di istruzione (variazione percentuale della popolazione residente totale, popolazione residente straniera, indice di vecchiaia, indice di dipendenza demografica - cioè il rapporto tra la popolazione in età non lavorativa e quella in età di lavoro -, indice di possesso di titoli universitari e terziari non universitari);

·     mercato del lavoro (tasso di attività, tasso di occupazione e tasso di disoccupazione);

·     struttura produttiva (addetti delle unità locali delle imprese, unità locali delle imprese del settore manifatturiero, addetti delle unità locali delle imprese manifatturiere);

·     produzione e redditi (valore aggiunto delle unità locali delle imprese, produttività delle unità locali delle imprese, export per addetto, reddito imponibile a fini IRPEF, variazione percentuale del reddito imponibile ai fini IRPEF, presenze turistiche nel totale degli esercizi ricettivi).

Le principali caratteristiche dei predetti indicatori sono descritte nel paragrafo 2 dell’allegato al Rapporto riguardante proprio la metodologia utilizzata per la predisposizione del presente focus.  Sulla base di questi indicatori, e sul loro confronto con il dato medio nazionale, si è cercato di delineare un quadro che metta in luce le caratteristiche sociali ed economiche dei territori attraversati nel loro complesso o con riferimento alla singola opera. L’analisi di insieme è oggetto del presente focus, mentre l’analisi di dettaglio dei singoli collegamenti considerati è riportata in un apposito allegato al Rapporto[2].

2. L’analisi d'insieme

L’analisi d’insieme riguarda tutti i sistemi locali coinvolti, al netto di quelli interessati da più di un’opera prioritaria ferroviaria o stradale. Questa considerazione vale, ovviamente, anche nel caso in cui sono analizzati i singoli collegamenti.

Sui complessivi 611 sistemi locali, ben 369 risultano coinvolti almeno da un’opera prioritaria (pari a poco più del 60 per cento del totale): nel complesso questi rappresentano il 64,0 per cento dei comuni, il 58,1 per cento della superficie nazionale e il 66,1 per cento della popolazione nazionale (Tavole A1a e A1b, Cartogramma A1). Il contributo in termini di popolazione residente è assai rilevante (oltre 40 milioni di abitanti), ma è giustificato dal fatto che sono coinvolti i più importanti sistemi locali urbani, ad eccezione dei soli sistemi di Roma, Bologna e Cagliari.

I sistemi interessati da una sola opera sono la maggioranza (Cartogramma A1), sia in termini di numero di aree (255, pari al 69,1 per cento del totale), sia in termini di popolazione residente (oltre 23 milioni di abitanti, pari al 58,2 per cento del totale).

I sistemi locali, che invece sono coinvolti in più di un’opera prioritaria, sono 114 così articolati:

·     90 sistemi vedono la presenza di due opere. Tali sistemi, concentrati in particolare in Veneto e Calabria, con oltre sei milioni di abitanti rappresentano quasi il 16 per cento della popolazione;

·     i rimanenti 24 sistemi locali sono interessati da ben tre infrastrutture e rappresentano oltre il 26 per cento della popolazione considerata. Tali sistemi risultano concentrati prevalentemente in Lombardia e Veneto.


§      

Cartogramma A1. – Sistemi locali interessati da una o più opere prioritarie stradali e ferroviarie

Fonte: elaborazioni Istat su dati Servizio studi Camera-Cresme

 


 

Nel complesso, i sistemi locali considerati hanno una grande rilevanza anche rispetto ai fenomeni socio-economici. A fronte di oltre 22,3 milioni di occupati a livello nazionale, 14,4 milioni sono quelli che insistono su territori interessati dalle opere prioritarie di cui 9,7 milioni nei sistemi locali di fascia centrale e 4,7 in quelli di seconda fascia. Tale rilevanza si evidenzia anche in termini più strettamente economici: il totale del valore aggiunto prodotto dalle imprese ammonta a circa 475 miliardi di euro (67 per cento circa) a fronte di un dato nazionale che si attesta sui 711 miliardi di euro.

Di una certa importanza anche il contributo di queste aree sull’export nazionale: nel complesso il valore dell’export è stato di 265 miliardi di euro (72,1 per cento) a fronte di un valore nazionale di 368 miliardi di euro. La quota più elevata (187 miliardi di euro pari al 50,9 per cento del totale nazionale) è di competenza dei sistemi locali appartenenti alla fascia centrale.

Anche per ciò che riguarda il reddito imponibile Irpef 2013 si rileva che le aree considerate presentano una quota di reddito considerevole rispetto al dato complessivo nazionale. I sistemi locali di fascia centrale pesano per il 45,4 per cento (353 miliardi di euro), i sistemi di seconda fascia per il 20,0 per cento (155 miliardi di euro); il totale delle aree considerate quindi, con 508 miliardi di euro su 777 complessivi, contribuisce per poco meno di due terzi del reddito complessivo nazionale.

La suddivisione per fasce di competenza evidenzia come quella centrale sia mediamente più rilevante rispetto invece ai territori più marginalmente coinvolti dalla realizzazione dell’infrastruttura (seconda fascia). Infatti sempre dalla Tavola A1b risulta evidente che la quota della popolazione dei sistemi appartenenti alla fascia centrale del complesso delle infrastrutture considerate è di quasi il 45 per cento (poco più di 27 milioni di abitanti) contro il 21,3 per cento dei sistemi di seconda fascia (quasi 13 milioni di abitanti). La rilevanza relativa dei sistemi di fascia centrale si riscontra anche distinguendo i dati per tipo di opera interessata: ferroviaria (30,7 per cento contro 17,9 per cento) o stradale (21,9 per cento contro 19,2 per cento), anche se per quest’ultima tipologia la distinzione tra le due fasce risulta meno accentuata.

 

Tavola A1a – Sistemi locali interessati per tipologia di opera prioritaria (valori assoluti)

 

 

 

 

 

Tavola A1b – Sistemi locali interessati per tipologia di opera prioritaria (valori percentuali)

Casella di testo: Valori percentuali (3)

I sei collegamenti ferroviari, analizzati nel loro insieme, coinvolgono 199 sistemi locali (32,6 per cento del totale), 56 appartenenti alla fascia centrale e 143 alla seconda fascia. La popolazione interessata ammonta a quasi 30 milioni di abitanti (48,6 per cento), in gran parte collocata nella fascia centrale (quasi 19 milioni di abitanti, pari al 30,7 per cento del totale). L’estensione territoriale è di quasi un terzo del totale nazionale (32,5 per cento).

Le infrastrutture stradali considerate sono nove e coinvolgono un numero maggiore di sistemi locali (236), suddivisi in 74 appartenenti alla fascia centrale e 162 di seconda fascia, come anche più estesa è la superficie territoriale interessata (37,1 per cento); di contro, poiché queste infrastrutture interessano in prevalenza aree meno densamente popolate, si registra un numero minore di abitanti coinvolti, pari a quasi 25 milioni di persone (37,1 per cento del totale nazionale).

L’analisi del contesto socio-economico dei territori interessati dalle quindici opere prioritarie considerate è assai articolata ma si può affermare, almeno in termini generali, che questo possa essere ricondotto prevalentemente a tipologie di territori urbanizzati. Ciò è ben evidente anche dai cartogrammi, relativi alle singole infrastrutture e riportati nell’allegato al Rapporto, che illustrano l’intero tracciato dell’infrastruttura con evidenziati, tra l’altro, l’opera prioritaria e i sistemi locali interessati.

Dall’analisi della Tavola A2 si possono estrapolare molti elementi che confermano quanto detto in precedenza. Sia per le infrastrutture ferroviarie che per quelle stradali la fascia centrale dei sistemi locali considerati presenta mediamente valori degli indicatori superiori a quelli medi nazionali e tipici di aree fortemente antropizzate. Ciò è particolarmente evidente se si guarda, ad esempio, alla densità abitativa che presenta un valore di 343 abitanti per km2 a fronte di un dato medio nazionale di poco superiore a 200 o l’incidenza della superficie delle località abitate che è del 9,8 per cento nella fascia centrale a fronte del 6,7 per cento del dato medio nazionale. Queste differenze risultano ancora più accentuate se si considera la distinzione fra infrastrutture ferroviarie e stradale, con una più marcata distanza dalla media nazionale della prima categoria.

Mediamente più bassa la percentuale di popolazione montana nei sistemi di fascia centrale (9,9 per cento) rispetto a quelli della seconda fascia (17,6 per cento), dove la differenza è più rilevante per le opere stradali rispetto a quelle ferroviarie. Invece, l’incidenza di territorio interessato da elevato rischio sismico per il complesso delle infrastrutture è mediamente di tre punti percentuali più elevata rispetto alla media nazionale: le opere ferroviarie presentano un’incidenza decisamente più bassa (35,6 per cento) rispetto alle opere stradali (48,4 per cento).

Riguardo invece alla struttura demografica della popolazione residente non sono rilevabili differenze sostanziali tra le aree interessate e la media nazionale, anche in virtù della grande estensione territoriale dei sistemi considerati. Fa eccezione forse, per il totale dei sistemi appartenenti alla fascia centrale, una minore incidenza dell’indice di vecchiaia (146,1 per cento rispetto al 157,7 per cento della media nazionale) e dell’indice di dipendenza demografica (una differenza di circa un punto percentuale). Queste maggiori disuguaglianze sono attribuibili quasi totalmente a carico dei territori attraversati dalle opere di tipo ferroviario.

Altra notazione di un certo rilievo sono le differenze nell’indice di possesso di titoli universitari che sono risultate maggiori nella fascia centrale, sia per le opere ferroviarie che stradali (13,6 per cento e 13,9 per cento, rispettivamente), rispetto ai sistemi appartenenti alla seconda fascia. Ancora una volta la spiegazione sta nel fatto che, mediamente, queste infrastrutture collegano o attraversano grandi centri urbani dove si concentrano le caratteristiche di sviluppo socio-economico più rilevanti.

Sul lato relativo agli aspetti più prettamente economici si riscontra, in primo luogo, un sostanziale allineamento con il profilo medio nazionale per ciò che riguarda gli indicatori relativi al mercato del lavoro: il tasso di attività, il tasso di occupazione e il tasso di disoccupazione si discostano infatti, per il complesso dei sistemi considerati, meno di un punto percentuale rispetto alla media Italia. Le differenze si fanno invece più evidenti se si considera la distinzione per tipologia di opera e, al suo interno, per ambito territoriale di competenza. Le infrastrutture stradali presentano una performance complessiva migliore rispetto alla media nazionale, sia per il tasso di occupazione (due punti percentuali al di sopra della media) che del tasso di disoccupazione (-1,3 punti percentuali in meno), anche se questi migliori risultati vanno imputati in gran parte ai soli sistemi della fascia centrale. Le performance, invece, dei territori interessati dalle opere ferroviarie, presentano valori peggiori della media nazionale per tutti e tre gli indicatori considerati (48,5 per cento, 42,2 per cento e 12,9 per cento, rispettivamente); in questo caso però i valori più negativi sono attribuibili ai sistemi di fascia centrale, anche per effetto della significativa presenza di aree di crisi localizzate in sistemi del Mezzogiorno.

Questa sorta di dualismo nei risultati del mercato del lavoro tra opere ferroviarie e opere stradali si ripropone anche per gli indicatori relativi alla struttura produttiva. Le aree interessate da opere ferroviarie presentano una dotazione di addetti delle imprese inferiore a quelle interessate da opere stradali (280 addetti per 1.000 abitanti contro 291,3 addetti per 1.000 abitanti), anche se ambedue le tipologie di opere presentano valori superiori alla media nazionale che si attesta a 270,3 addetti ogni 1.000 abitanti. Analoghe differenze si registrano anche per la dotazione di unità locali manifatturiere (7,6 contro 8,4 unità locali ogni 1.000 abitanti, a fronte di un valore medio nazionale di 7,6) e per gli addetti manifatturieri, con una netta prevalenza delle aree coinvolte in opere stradali (72,2 addetti per 1.000 abitanti) rispetto a quelle coinvolte in opere ferroviarie (65,4 addetti per 1.000 abitanti).

Passando ad analizzare i risultati economici dei sistemi locali considerati va in primo luogo sottolineato come questi territori rappresentano più di due terzi (66,8 per cento) del valore aggiunto nazionale prodotto dalle imprese; tale quota è risultata del 53,1 per cento con riferimento alle aree interessate da opere ferroviarie e del 46,2 per cento per quelle interessate da opere stradali[3]. Per ambedue le tipologie di opera il contributo maggiore proviene da sistemi locali appartenenti alla fascia centrale che, in termini complessivi, contribuiscono per il 48,8 per cento a fronte del 17,9 per cento invece delle aree di seconda fascia.

In secondo luogo è possibile osservare che, in termini aggregati, la produttività nelle imprese è risultata di poco superiore a quella media nazionale (45,4 contro 44,9 mila euro per addetto, rispettivamente), ma risulta invece decisamente accentuata se si considera la distinzione tra fascia centrale (47,3 mila euro) e seconda fascia di sistemi locali (40,9 mila euro). La distanza con il valore medio nazionale diventa ancora più ampia distinguendo la produttività per tipologia di opera, con valori più elevati nelle aree interessate da opere ferroviarie (47,4 mila euro per addetto) rispetto a quelle interessate da opere stradali (46,9 mila euro per addetto). Trattandosi in media, come già visto con riferimento alla quota di valore aggiunto prodotto, di aree fortemente produttive, anche l’incidenza delle esportazioni è significativamente differente rispetto al dato medio nazionale: è di 3,5 mila euro per addetto la differenza per i sistemi locali interessati da opere ferroviarie e di 3,9 mila euro per addetto per le aree coinvolte da opere stradali. Il valore più elevato, superiore di 6,4 mila rispetto alla media nazionale (28,4 mila euro di valore esportato per addetto), si registra nella fascia centrale dei sistemi locali interessati da opere stradali.

Per ciò che riguarda la distribuzione del reddito non si evidenziano particolari differenze tra le aree considerate che presentano limitate differenze con la media nazionale, sia in termini positivi che negativi; fanno eccezione i sistemi locali di fascia centrale interessati da opere stradali per i quali si registra una differenza rispetto al valore nazionale di 1,6 mila euro per abitante (14,4 contro 12,8 mila euro per abitante, rispettivamente). Tutte le tipologie di aree considerate presentano il segno meno sulla variazione, tra il 2009 e il 2013, del reddito imponibile che vanno da un massimo negativo di -0,8 per cento (Sl di fascia centrale, totale infrastrutture), al valore più basso di 0,1 per cento (Sl di seconda fascia, opere ferroviarie).

Infine, l’attrattività turistica di queste aree, misurata attraverso il numero di giornate di presenza negli esercizi ricettivi per abitante, non presenta sostanziali differenze se analizzate per tipologia di opera (5,0 contro 5,7) e, in ambedue i casi di opera ferroviaria e stradale, i valori complessivi degli indicatori sono comunque al di sotto della media nazionale (6,2 giornate di presenza per abitante). Qualche differenza sostanziale si registra invece tra sistemi locali di fascia centrale e di seconda fascia per il complesso delle infrastrutture considerate: i primi si collocano al di sotto della media nazionale (4,6), mentre i secondi presentano valori decisamente al di sopra (8,0).

 

 


Tavola A2. – Gli indicatori e i sistemi locali interessati dalle 15 opere prioritarie


La strategia europea per gli investimenti: il Piano Juncker[4]

1. Premessa

Negli ultimi anni, le risorse destinate alle infrastrutture, all’innovazione tecnologica e alle imprese si sono ridotte in misura significativa: secondo la Commissione Europea, il flusso di investimenti verso queste categorie di impieghi è ancora del 15% inferiore rispetto ai livelli pre-crisi.

Per tale ragione, nelle strategie per sostenere e promuovere la crescita a livello europeo, il tema del rilancio degli investimenti assume un carattere centrale.

Nell’attuale contesto economico-finanziario, le difficoltà di catalizzare risorse private verso gli investimenti infrastrutturali non sono riconducibili, come avveniva nella prima fase della crisi, ad una scarsità di liquidità nel sistema finanziario, ma alla percezione di un livello di rischio elevato da parte degli investitori rispetto a questa categoria di interventi. Tale percezione, in parte eredità della crisi, è principalmente attribuibile alla scarsa qualità media dei progetti infrastrutturali attualmente presenti sul mercato.

Gli operatori, inoltre, nella fase successiva alla crisi, non hanno fiducia circa una ripresa dei volumi di domanda che giustifichi investimenti sostenibili di ampliamento/adeguamento della capacità delle reti e dei nodi infrastrutturali.

In un contesto di questo tipo, per consentire al sistema finanziario di rafforzare gli impieghi diretti verso gli investimenti in infrastrutture, si è ritenuto utile mettere a punto interventi di credit enhancement, attraverso un sistema di garanzie tese a mitigare il rischio per quei progetti che, in assenza di misure ad hoc, non avrebbero trovato sul mercato risorse disponibili.

Questa, di fatto, l’intuizione alla base del Piano degli investimenti per l’Europa (Investment Plan for Europe), c.d. Piano Juncker, d’ora in avanti Piano.

2. Il Piano degli investimenti per l’Europa

Nel contesto descritto, il Piano propone un nuovo modello per consolidare una ripresa economica investment driven. Il presupposto primario di tale modello è rappresentato dal passaggio dalla contribuzione pubblica a fondo perduto all’impiego di strumenti finanziari ad hoc in grado di attivare le risorse private.

Corollario del nuovo paradigma, e reale elemento di discontinuità introdotto dal Piano, è quello di considerare il progetto come fulcro del processo, dalle prime fasi di programmazione degli interventi a quelle successive della progettazione, realizzazione, messa in opera e gestione.

Il ricorso a risorse private per il finanziamento di interventi di interesse pubblico, infatti, richiede progetti in grado di remunerare adeguatamente chi si assume l’onere di sopportarne il rischio.

In altri termini ciò che il Piano si prefigge di fare è di “investire nell’investimento”[5].

Per far ciò sono stati previsti tre pilastri a sostegno del Piano:

·     l’adozione di riforme regolamentari e strutturali in grado di rimuovere i colli di bottiglia che comprimono la capacità di realizzare investimenti e aumentare il flusso di risorse per lo sviluppo delle infrastrutture, l’innovazione e le imprese;

·     un’azione di capacity building, da realizzare attraverso la creazione di un advisory hub in grado di offrire assistenza nella fase di elaborazione e implementazione dei progetti e la creazione di un “parco progetti” europeo che consenta di disporre sempre di una pipeline di progetti di qualità;

·     la creazione del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS).

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) è, di fatto, lo strumento operativo tramite il quale il Piano si propone di mobilitare finanziamenti privati verso progetti di interesse pubblico, senza creare ulteriore debito pubblico.

Il Fondo, creato congiuntamente dalla Commissione Europea e dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), ha una dotazione iniziale di 21 miliardi di euro, di cui 16 miliardi provenienti dal bilancio dell’UE e ulteriori 5 miliardi dalla BEI.

Sebbene un ruolo centrale nel Piano sia attribuito, chiaramente, al Gruppo BEI, altrettanto rilevante risulta la cooperazione tra la Banca Europea degli Investimenti e gli istituti nazionali di promozione (National Promotional Institution -NPIs).

In Italia il ruolo di NPI è stato assegnato a Cassa depositi e prestiti dal comma 826 dell’articolo 1 dell’ultima legge di stabilità. In virtù di tale ruolo CDP, oltre a contribuire al Piano con un affiancamento al FEIS di risorse per ulteriori 8 miliardi di euro (come hanno fatto anche Germania, Francia, Polonia, Inghilterra e Spagna), supporta l’attività di selezione di una pipeline di progetti cosiddetti “Junckerabili” e può impiegare le risorse della gestione separata per contribuire a realizzare gli obiettivi del Piano.

Il FEIS è uno strumento c.d. unfunded che, offrendo una garanzia a fronte della quale la BEI potrà raccogliere risorse sul mercato, attiva un significativo effetto leva e mobilita, grazie all’effetto di crowding-in connesso ai cofinanziamenti, risorse ingenti.

Sulla base dell’esperienza maturata dalla BEI nel comparto della realizzazione delle infrastrutture, si stima un effetto leva 1:15 che dovrebbe consentire, a partire dai 21 miliardi di euro di dotazione del FEIS, di reperire sul mercato fondi per 63 miliardi di euro, per raccogliere cofinanziamenti privati e pubblici per un ammontare complessivo di 315 miliardi dal 2015 al 2017.

 

 

Dotazione, leva ed effetto catalitico del FEIS

Fonte: Commissione europea, 2016

 

 

L’effetto leva e l’effetto catalitico attesi dall’attuazione del Piano evidenziano come, nel contesto economico finanziario descritto, il tema non sia quello della scarsità di liquidità nel sistema, che avrebbe potuto indirizzare l’azione verso uno strumento finanziario funded ad hoc, bensì quello di aumentare la capacità di assumere rischi da parte delle istituzioni finanziarie, BEI in primis.

In questo modo, di fatto, si individua un nuovo ruolo per l’impiego di risorse pubbliche nella realizzazione degli investimenti che supera la prassi dei contributi a fondo perduto per stanziare risorse destinate ad assorbire, in parte, le potenziali perdite connesse ai rischi di progetto. In altri termini, attraverso il FEIS si intende supportare quei progetti di investimento il cui profilo di rischio, in assenza della garanzia offerta dal Fondo, è considerato non in linea con quanto richiesto dal mercato.

Sempre nell’ottica di agevolare il processo di infrastrutturazione, si colloca la scelta della Commissione Europea di adottare una posizione favorevole nell’ambito del Patto di Stabilità rispetto ai contributi pubblici che ricadono sotto l’ombrello del FEIS. In altri termini, secondo quella che comunemente viene definita “clausola investimenti”, è tollerato che uno Stato membro devii temporaneamente dal proprio obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di aggiustamento concordato, al fine di compiere investimenti, qualora siano verificate alcune condizioni:

·     la crescita del PIL sia negativa o il PIL resti ben al di sotto del suo potenziale (con un conseguente divario tra prodotto effettivo e potenziale superiore a meno 1,5% del PIL);

·     la deviazione dagli obiettivi di bilancio non implichi il superamento del valore di riferimento del 3% fissato per il disavanzo e sia preservato un margine di sicurezza adeguato;

·     i livelli degli investimenti siano effettivamente aumentati;

·     gli investimenti riguardino spese nazionali per progetti cofinanziati dal FEIS o progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della politica strutturale e di coesione;

·     la deviazione sia corretta entro l'orizzonte temporale del programma di stabilità o di convergenza dello Stato membro.


 

BOX - La governance del Piano

Dal punto di vista della governance del processo è previsto che la candidatura sia indirizzata al board di BEI, che si esprime in merito all’approvazione del progetto. La funzione di indirizzo, l’allocazione strategica delle attività e le politiche e procedure operative del FEIS, invece, sono affidate al Comitato Direttivo cui partecipano, in proporzione, tutti contributori di capacità di rischio, mentre il Comitato per gli investimenti, composto da otto valutatori indipendenti nominati dal Comitato direttivo, ha il compito di analizzare e selezionare, in base al merito, le proposte progettuali ammissibili al Fondo e approvare il sostegno alle operazioni.

Una volta conclusa la selezione dei progetti da parte del Comitato per gli investimenti, qualora le due diligence avessero esito positivo, si procede con le successive fasi di stanziamento ed erogazione.

Iter di approvazione dei progetti e delle piattaforme

Fonte: CDP

 


 

L’effetto leva e il ruolo di “attivatore” di risorse che si attende dal Piano è rafforzato dall’integrazione tra il FEIS e altri strumenti europei già operativi. In particolare, sono state recentemente emanate le guideline relative alle modalità di integrazione tra FEIS e Fondi strutturali e di investimento europei (c.d. Fondi SIE).

I Fondi SIE nascono per promuovere nella UE una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Nel periodo 2014-2020, si prevedono investimenti per 454 miliardi di euro a valere su 500 programmi concentrati in settori strategici. I fondi SIE sono erogati attraverso programmi pluriennali cofinanziati a livello nazionale, che la Commissione approva e gli Stati membri e le loro Regioni attuano in regime di gestione concorrente. Le Autorità locali sono responsabili della selezione, dell'attuazione e del monitoraggio dei progetti sostenuti con i fondi SIE. Rispetto al FEIS, che opera tramite la BEI, i Fondi SIE si caratterizzano quindi per un diverso profilo di rischio e differenti criteri di operatività.

I fondi SIE e il FEIS possono mobilitare investimenti aggiuntivi integrandosi a vicenda in quanto la ratio, la concezione e il quadro legislativo di questi fondi li rendono complementari.

Tale complementarità si può concretizzare in molti modi, in funzione dell'investimento. L'uso integrato dei fondi SIE e del FEIS può essere particolarmente interessante in determinati Paesi o settori in cui i Fondi strutturali offrono ampie opportunità e in cui il FEIS da solo non è stato ancora pienamente mobilitato.

Non solo, nel nuovo impianto previsto, i promotori dei progetti dovrebbero avvalersi del supporto offerto dall’advisory hub anche per ottimizzare il ricorso coordinato ai diversi strumenti.

Complessivamente, sommando gli effetti leva a quelli connessi all’attivazione di risorse europee, nazionali, locali e provenienti dal mercato, gli effetti attesi dall’implementazione dell’operatività del FEIS in termini di volumi di investimenti fissi lordi sono, di fatto, quelli di riportare tali volumi su un sentiero coerente con le stime pre-crisi.

 

Investimenti fissi lordi nello scenario base, nello scenario FEIS (UE28, prezzi 2013, € mld)

Fonte: Commissione europea, 2016

 

L’effettiva possibilità di concretizzare tale obiettivo risiede nella qualità dei progetti che verranno realizzati facendo ricorso al Piano.

2.1.  L’implementazione del Piano: le caratteristiche dei progetti ammissibili

Al fine di perseguire l’obiettivo di sostegno alla crescita economica e alla ripresa nella fase post-crisi, sono state individuate le categorie di progetti ammissibili con riferimento al settore di appartenenza, alle controparti, alla dimensione e al profilo di rischio.

In particolare, per quanto riguarda il settore di riferimento, l’accesso allo strumento del FEIS è dedicato a progetti relativi a:

·     ricerca, sviluppo e innovazione;

·     energia;

·     trasporti;

·     information technology;

·     ambiente;

·     capitale umano, cultura e sanità;

·     supporto alle PMI e alle mid-cap.

 

Dal punto di vista della distribuzione geografica dei progetti non sono previste quote specifiche da destinare ai singoli Stati, come ad esempio è prassi per la programmazione dei Fondi europei. Non solo, il progetto è valutato ex se, indipendentemente dall’investment gap del Paese nel quale ricade.

Si realizza, dunque, una sorta di concorso tra progetti finalizzato a valorizzare gli interventi più “efficienti” a livello europeo indipendentemente dal contesto nel quale questi si collocano. La finalità dell’intervento, infatti, non è perequativa ma di stimolo alla crescita. Questo aspetto appare di particolare rilevanza in quanto riafferma la centralità del progetto nell’ambito del Piano e mira a valorizzare esclusivamente le iniziative meglio strutturate.

Il Piano, dunque, è applicabile in modo omogeneo in tutto il territorio della UE28 ed è previsto che possa essere attivato anche per interventi ai quali partecipa uno Stato membro, ma che coinvolgono anche Paesi prossimi (come ad esempio Norvegia, Svizzera, Balcani Occidentali, ecc.).

La modalità di intervento del Piano può essere diversa a seconda della dimensione del progetto: tipicamente è prevista una modalità di intervento diretta su progetti mediamente grandi, mentre - per interventi di dimensioni inferiori - è prevista la possibilità di realizzare piattaforme di investimento di progetti integrati che verranno valutate come unicum.

Le piattaforme di investimento sono anche una delle modalità di cooperazione tra le NPIs e la BEI. Si tratta, di fatto, di accordi di co-investimento che vengono strutturati per catalizzare risorse dal settore privato e, al tempo stesso, consentono di aggregare i progetti d'investimento, ridurre i costi delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il rischio fra i vari investitori. Se ben congegnate, le piattaforme sono potenzialmente in grado di attirare i capitali degli investitori istituzionali privati, come i fondi pensione, e d'intensificare quindi l'impatto dei fondi pubblici.

Ad oggi le NPIs stanno lavorando con la BEI per la definizione di alcune Piattaforme specifiche. In questi casi la BEI e l’NPI si impegnano a condividere parte dei processo di selezione e valutazione degli interventi, armonizzando i criteri adottati e le procedure pur mantenendo, nella maggior parte dei casi, autonomia nella fase di delibera di eventuali impegni di finanziamento.

In linea generale, sia che si tratti di interventi puntuali, sia che si tratti di progetti inseriti in Piattaforme specifiche, per essere valutati nell’ambito del Piano i progetti proposti devono rispondere anche ad altri criteri di selezione.

In particolare è necessario verificare:

·     l’addizionalità dell’intervento rispetto a strumenti già operativi;

·     la compatibilità con le politiche dell’UE, incluso l’obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, della creazione di posti di lavoro di qualità, e della coesione economica, sociale e territoriale;

·     la viability dei progetti sotto il profilo tecnico ed economico;

·     la capacità di mobilitare capitale privato, ove possibile.

 

Tra questi, il criterio dell’addizionalità richiede uno specifico approfondimento in quanto racchiude il senso stesso del Piano.

Per addizionalità, nel lessico del Piano, si intende la necessità di garantire che l’accesso allo strumento, segnatamente al FEIS, sia dedicato a progetti che, in assenza del Piano, non sarebbero stati realizzati. Si tratta, in altri termini, di operazioni che fanno fronte ai fallimenti di mercato, o a situazioni di investimento sub-ottimale, e che la BEI, o gli strumenti finanziari esistenti dell’Unione, non avrebbero potuto finanziare tout court, ovvero che non avrebbero potuto finanziare in egual misura, senza il sostegno del FEIS.

La centralità della verifica di tale requisito è evidente se si considera il rischio di spiazzamento che si correrebbe in caso contrario.

Una volta verificata l’addizionalità dell’intervento deve essere assicurata l’esistenza di un numero sufficiente di progetti viable.

La viability dei progetti, ovvero la fattibilità tecnica degli interventi e la loro sostenibilità economico-finanziaria, è, infatti, un requisito cardine affinché il Piano possa dispiegare il suo effetto di crowding-in rispetto al sistema finanziario, attivando adeguati volumi di cofinanziamento e indirizzando la liquidità presente sul mercato verso i progetti più “efficienti”.

In base agli esiti di tali verifiche, la BEI esprime poi un proprio parere in merito alla garanzia, potendo peraltro decidere, con procedura separata, di finanziare, con risorse proprie, e senza l’uso della garanzia dell’UE, un progetto che non sia stato considerato eleggibile ai fini del Piano.

2.2. L’advisory hub: focus sulla qualità dei progetti

Uno dei principali obiettivi del Piano, dunque, è quello di introdurre un nuovo approccio alla selezione e alla predisposizione dei progetti di investimento anche migliorando il modo in cui gli investitori privati e le autorità pubbliche accedono alle informazioni sui progetti di investimento.

Tale obiettivo richiede un rafforzamento delle competenze degli operatori coinvolti nel processo di programmazione e progettazione degli interventi finalizzato a garantire la solidità economica e finanziaria delle iniziative.

Di qui la creazione di un Polo europeo di consulenza sugli investimenti (European Investment Advisory Hub), che dovrà offrire supporto tecnico e legale ai singoli Paesi per l’individuazione dei progetti, la loro presentazione e il loro sviluppo.

L’obiettivo è quello di fornire una piattaforma di servizi di consulenza tecnica anche sulla strutturazione dei progetti e sull’utilizzo di strumenti di finanza innovativa e partenariati pubblico privati.

Anche in questo caso le NPIs sono state invitate a collaborare mettendo a fattor comune la conoscenza dei territori e proponendosi, tra l’altro, come soggetti erogatori dei servizi di advisory a livello nazionale.

Accanto all’advisory hub, al fine di rafforzare e promuovere la qualità progettuale, è stata prevista la costituzione di una riserva di progetti di rilevanza europea.

L’inclusione dei progetti nella pipeline ha lo scopo iniziale di dare loro visibilità per i potenziali investitori privati.

In prospettiva, inoltre, dalla predisposizione di tale riserva potrebbe scaturire anche un sistema di certificazione europea dei progetti di investimento che soddisfano determinati criteri, che permetta di attirare gli investitori privati.

La preselezione dei progetti permetterebbe ai potenziali investitori di ottenere garanzie sulla qualità progettuale e su una adeguata valutazione del rischio.

Questo nuovo approccio rappresenta un cambio di passo importante verso una più matura cultura di progetto che, indipendente dallo sviluppo e dall’implementazione del Piano, potrebbe essere trasposta a livello nazionale.

La consapevolezza di quanto sia necessario investire sulla qualità dell’intero ciclo di progettazione e realizzazione degli interventi infrastrutturali sembra riscontrabile anche nell’ambito delle azioni delineate nell’allegato “Strategie per le infrastrutture di trasporto e la logistica” al Documento di Economia e Finanza 2016. In tale ambito, il Piano Juncker potrebbe rappresentare un fattore di accelerazione per taluni interventi.

3. Lo stato dell’arte

Il 2015 e i primi mesi del 2016 rappresentano di fatto la prima fase di operatività del Piano degli investimenti per l’Europa, un periodo di avvio delle procedure, di fine tuning degli strumenti e di definizione puntuale delle relazioni e degli impegni che legano tra loro i diversi attori del processo.

Complessivamente, con riferimento al solo segmento di attività riconducibile alla BEI in senso stretto (ovvero escludendo, perché non oggetto del presente approfondimento, le iniziative a sostegno delle PMI attraverso il Fondo europeo per gli investimenti), ad aprile 2016 sono stati approvati 57 progetti, finanziati interventi per 7,8 miliardi di euro coinvolgendo 24 dei 28 Stati membri.

La quota prevalente dei progetti approvati è relativa al settore energia, trasporti e ricerca e sviluppo.

 

Distribuzione settoriale dei progetti approvati in ambito FEIS ad aprile 2016

Fonte: Commissione Europea, 2016

 

Dei 57 progetti approvati nell’ambito del segmento infrastrutture e innovazione, 7 riguardano l’Italia. Il finanziamento offerto dalla BEI sotto il cappello del FEIS per tali iniziative ammonta a 1,3 miliardi di euro, che si prevede consentiranno di mobilitare 4,3 miliardi di euro di investimenti e di creare 3.200 posti di lavoro.

Il primo progetto italiano, finanziato dalla BEI e assistito dalla garanzia del FEIS, è quello relativo al progetto di modernizzazione delle acciaierie ARVEDI, sottoscritto a maggio 2015. Si tratta di un finanziamento di 100 milioni di euro, su circa 227 di costo totale dell’investimento, relativo all’avvio di un programma di ricerca e sviluppo con focus sull’efficienza energetica degli impianti.

Il secondo, firmato a dicembre 2015, riguarda il piano di Telecom Italia per la banda ultra larga, che punta ad aumentare la copertura broadband per le famiglie dal 32% attuale al 60%. L’operazione riguarda un finanziamento da 500 milioni (su un importo complessivo di 1,8 miliardi di euro), di cui il 30% sarà dedicato allo sviluppo della rete nel Mezzogiorno.

Sempre a dicembre 2015 è stata firmata l’operazione da 300 milioni di euro, su un investimento complessivo di 709 milioni di euro, con Trenitalia per l’acquisto di 49 nuove motrici e 250 carrozze viaggiatori a due piani per i pendolari per le reti regionali in Lazio, Toscana, Veneto, Piemonte e Liguria.

Altra operazione di rilievo è quella “2i Rete Gas”, con un finanziamento di 200 milioni nell’ambito del FEIS su un investimento complessivo di 415 milioni, per l'installazione di oltre 2,8 milioni di contatori elettronici domestici e la creazione di un sistema centralizzato di telelettura e telegestione dei contatori stessi.

Tra gli interventi di dimensione più contenuta si segnala quello relativo al miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti della Raffineria di Milazzo (30 milioni di finanziamento nell’ambito del FEIS su un investimento complessivo di 236), e quello, di 15 milioni su un finanziamento complessivo di 105 milioni, relativo a Novamont per lo sviluppo di tecnologie per i materiali plastici bio.

 

Progetti italiani approvati nell’ambito del FEIS (escluso FEI), aprile 2016

Fonte: BEI, 2016

(*) Il dato è da considerare definitivo per le operazioni già sottoscritte mentre è ancora provvisorio per quelle in corso di formalizzazione.

 

Al fine di avere evidenza circa quanto fin qui affermato in merito alla rilevanza della cultura di progetto nell’implementazione del Piano e alla necessità di garantire il rispetto dei criteri di addizionalità e viability, è opportuno sottolineare come la lista di progetti proposti nelle fasi di avvio del Piano da parte dell’Italia comprendesse inizialmente 76 progetti per un ammontare complessivo degli investimenti pari a circa 196 miliardi di euro, di questi, si stimava all’epoca, circa 75 miliardi di euro sarebbero stati attivabili nel triennio 2015-2017.

Molti dei progetti proposti in quella prima fase scontavano proprio difficoltà di viability connessa a colli di bottiglia normativi e autorizzativi, problemi di fattibilità tecnica e sostenibilità finanziaria degli interventi.

Una valutazione effettiva sul Piano degli investimenti per l’Europa e sulla sua efficacia nel sostenere una ripresa economica solida e inclusiva nell’Unione è, ad oggi, prematura. Tuttavia, l’analisi del contesto nel quale è maturata l’esigenza di supportare la ripresa economica della UE con interventi strutturali a sostegno degli investimenti, la disamina degli strumenti che compongono il Piano e la valutazione dello stato dell’arte al termine del primo anno di operatività dello strumento consentono di tracciare un primo quadro di sintesi relativo alle opportunità e ai vincoli che questo nuovo paradigma del finanziamento delle infrastrutture propone.

In estrema sintesi, si può affermare sin d’ora che tra i risultati dell’intervento ci sia la perentoria affermazione del progetto come fulcro del processo.

Cultura di progetto, programmazione adeguata, verifica della viability sono parametri cruciali non solo ai fini della “Junckerabiltà” degli interventi, ma più in generale, nella programmazione di qualsiasi intervento infrastrutturale anche a livello nazionale.

 


Scenari di innovazione per le costruzioni e le infrastrutture

1. L’avvio del settimo ciclo di investimenti per le costruzioni e le infrastrutture

Le previsioni riguardanti il biennio 2016-2017 sembrano prospettare l’inizio di una nuova fase per gli investimenti in edilizia e infrastrutture dopo la recessione iniziata nel 2008.  L’entità della ripresa, date le dimensioni della contrazione durante la crisi, è modesta, ma sembra rafforzarsi nel 2017 e nel 2018.

 

Tabella 1 – Investimenti in costruzioni : previsioni 2016-2017 (variazioni a valori deflazionati)

DATA STIMA

2016

2017

COMMISSIONE EUROPEA (1)

Gennaio 2016

2,4

3,3

MINISTERO DELL’ECONOMIA  E DELLE FINANZE(2)

Aprile 2016

1,0

1,5

CONFINDUSTRIA (3)

Dicembre 2015

1,3

1,8

CRESME

Maggio 2016

1,8

2,1

ANCE (4)

Dicembre 2015

1,0

 

(1)   European Commission, European economic forecast, febbraio 2016, p.156.

(2)  MEF, Documento di economia e finanza 2016, aprile 2016.

(3)  Confindustria, Scenari Economici. Risalita in cerca di slancio, dicembre 2015, p.11.

(4)  ANCE, Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni, dicembre 2015, p.28.

 

Ove le previsioni venissero confermate il settore delle costruzioni entrerebbe nel settimo ciclo edilizio degli investimenti dal secondo dopoguerra. Nella fase iniziale del ciclo sarebbero rilevanti il comparto della riqualificazione del patrimonio esistente e le opere pubbliche, successivamente l’edilizia non residenziale e, a partire dal 2017, la nuova produzione residenziale. 

 

 

 

 

 

Grafico 1. - Serie ciclica degli investimenti in costruzioni

dal 1951 al 2020 (Miliardi di euro costanti)

Fonte: CRESME

 

Secondo l’Osservatorio degli appalti pubblici di CRESME Europa Servizi, già nel 2014 gli importi a valori correnti dei lavori pubblici messi in gara sono stati pari a 28,4 miliardi di euro, con un incremento del 56% rispetto al 2013. Nel 2015 la crescita è continuata toccando i 30,5 miliardi di euro, pari a un incremento del 7,2%. Si è così interrotta una fase di contrazione dei bandi di gara che era iniziata nel 2004 e proseguita sino al 2013, con le sole eccezioni del 2008 e del 2010.


 

Tabella 2.  OO.PP. : BANDI DI GARA PUBBLICATI IN ITALIA

(Importi in milioni di euro)

Valori assoluti

Variazioni %

rispetto all’anno precedente

Numero

Importo

Numero

Importo

2002

35.437

23.736

14,3

12,0

2003

34.768

32.873

-1,9

38,5

2004

30.728

32.345

-11,6

-1,6

2005

29.873

32.125

-2,8

-0,7

2006

26.765

29.886

-10,4

-7,0

2007

25.465

28.154

-4,9

-5,8

2008

24.131

30.841

-5,2

9,5

2009

18.494

25.680

-23,4

-16,7

2010

18.518

27.603

0,1

7,5

2011

16.723

27.000

-9,7

-2,2

2012

15.863

22.169

-5,1

-17,9

2013

14.104

18.169

-11,1

-18,0

2014

17.487

28.415

24,0

56,4

2015

18.795

30.466

7,5

7,2

Fonte: CRESME Europa Servizi.

 

Il quadro che si delinea attraverso i dati di mercato è quello di una nuova stagione per il settore delle costruzioni e per le opere pubbliche. La moderata uscita dalla crisi e l’inizio di un nuovo ciclo non deve però far dimenticare, da un lato, l’eccezionale contrazione del valore della produzione vissuta dal settore - 35% del mercato a valori costanti tra il 2008 e il 2015 - e soprattutto il fatto che la crisi ha avviato un profondo processo di riconfigurazione che non potrà che accelerarsi con l’avvio della nuova fase.


 

GRAFICO 2  - IL VALORE DELLA PRODUZIONE DEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI 2015 - (Importi Meuro)

Fonte: CRESME Europa Servizi.

2. La riconfigurazione del mercato e i processi di innovazione

Il tema della riconfigurazione del mercato investe, da un lato, il nodo del ridimensionamento strutturale di alcune attività e la crescita di altre e, dall’altro, l’analisi dello scenario del mutamento tecnologico che incide sui prodotti, sui processi e sui modelli di offerta. Nel 2015, secondo le stime del CRESME,  il 72% del valore del mercato delle costruzioni in Italia è ormai prodotto dalla manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio esistente.  Il valore della nuova edilizia residenziale si riduce a 14,6 miliardi di euro con un calo del 70% rispetto al picco precedente la crisi.

L’attività di manutenzione e riqualificazione del patrimonio esistente interessa anche il comparto dell’edilizia residenziale pubblica e le opere del genio civile. Dei 32,9 miliardi di euro di investimenti nel settore pubblico nel 2015, 17,5 sono costituiti da opere di nuova realizzazione, mentre 15,4 miliardi, il 46,8%, sono di manutenzione straordinaria.  L’importanza della riqualificazione del patrimonio esistente è il primo evidente elemento della riconfigurazione avvenuta nel mercato delle costruzioni.

Per quanto riguarda i mutamenti tecnologici in atto, come si è avuto modo di anticipare nel focus della precedente edizione riguardante il recepimento delle direttive europee del 2014 negli scenari dell’innovazione[6], information communication technology, digitalizzazione, robotica, stampanti 3d, nanotecnologie, domotica e internet delle cose (internet of things) ridisegnano materiali, componenti,  processi  dell’industria delle costruzioni, modificano i comportamenti e le organizzazioni , i luoghi dell’abitare e del lavoro, lo spazio urbano.

L’impatto delle innovazioni tecnologiche sugli scenari economici è tale che da più parti si fa riferimento a una nuova fase storica, un passaggio di epoca, all’inizio di una forte discontinuità tra passato e futuro, all’ingresso nella “quarta rivoluzione industriale”.

Costruzioni e infrastrutture diventano sempre più sistemi di “macchine” e “impianti”: tale tendenza potrebbe ancor più rafforzarsi nel settimo ciclo edilizio.

3. Macchine e impianti

Dall’analisi della produzione di edifici e reti infrastrutturali emerge la crescita, misurata in termini occupazionali, delle attività afferenti alla tecnologia e all’impiantistica.

Secondo l’Istat, tra i censimenti del 1991 e del 2011, le imprese di installazioni degli impianti in Italia sono passate da 74.000 a 151.000, gli addetti di queste imprese sono cresciuti da 272.000 a 487.000, passando dall’impiegare il 20% degli addetti alle costruzioni nel 1991 al 30,4% nel 2011. Secondo i dati ASIA (Archivio Statistico delle Imprese Attive) nel 2013, gli addetti alle installazioni degli impianti sono aumentati ancora arrivando a impiegare il 34% degli addetti nel settore delle costruzioni.

Del resto il potenziale di mercato degli impianti appare rilevante se si considerano la componente di innovazione tecnologica, la necessità di adeguamento dovuta all’aggiornamento delle norme e le dimensioni e i caratteri dello stock di impianti esistenti negli edifici e nelle infrastrutture. Secondo recenti analisi del CRESME, la dotazione impiantistica degli edifici residenziali in Italia consta di circa 19,5 milioni di impianti termici tra autonomi e centralizzati, senza considerare gli impianti che non riscaldano l’intera abitazione (camini, ecc.) e gli impianti mobili (stufe, convettori, ecc.); gli impianti per l’aria condizionata sono 17,7 milioni (considerando le unità motocondensanti); gli impianti per la produzione di acqua calda sanitaria sono quasi 12 milioni; gli impianti idraulici e idro-sanitari sono presenti nella quasi totalità delle abitazioni (si stima che solo 150.000 abitazioni ne siano prive, pari allo 0,5% del totale); anche gli impianti elettrici hanno una diffusione quasi totale con il 98,9% di presenza nelle abitazioni e il 96,3% con utenza attiva; gli impianti di sollevamento ammontano complessivamente a oltre 930 mila unità tra ascensori, montacarichi e scale mobili. Nel settore non residenziale, rispetto ad uno stock complessivo superiore ai 4,7 milioni di unità immobiliari, si rilevano 3,6 milioni di unità servite da impianti di riscaldamento e 2,4 milioni di unità con impianto di raffrescamento. Tra le unità immobiliari dotate di entrambe le funzioni (riscaldamento e raffrescamento), oltre 770 mila unità immobiliari possiedono un impianto che assolve ad entrambe le funzioni.

Ma il peso degli impianti è rilevante anche all’interno del mercato delle opere pubbliche. Si stima che il mercato dei contratti pubblici, che prevedono attività di installazione, manutenzione e gestione di impianti civili e industriali, ovvero i bandi di gara per la realizzazione di nuovi impianti e per la riqualificazione, manutenzione e gestione di impianti esistenti, nonché per la costruzione/riqualificazione, manutenzione e gestione di altre opere complete di impianti civili e industriali, tra il 2002 e il 2014, è rappresentato da 125.777 gare per un importo complessivo di oltre 205 miliardi. Rispetto all’intero mercato dei contratti per opere pubbliche, rappresenta quote del 41% per numero e del 57% per importo[7].

Il 51% dei 205 miliardi messi in gara (circa 104 miliardi, pari al 29% del mercato delle opere pubbliche) riguarda bandi che prevedono, tra l’altro, la fornitura, il montaggio, la manutenzione o la ristrutturazione di impianti interni agli edifici: impianti tecnologici di cui alle categorie SOA OG11, OS3, OS28 e OS30, ovvero impianti idrosanitari, di cucine e lavanderie, del gas ed antincendio, termici e di condizionamento del clima, interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi nonché reti di trasmissione dati; impianti elettromeccanici trasportatori di cui alla categoria SOA OS4 (impianti trasportatori e di sollevamento, ascensori e scale mobili); impianti pneumatici e antintrusione di cui alla categoria SOA OS5. Gli impianti nelle gare per opere infrastrutturali rappresentano invece il 49% del valore delle opere messe in gara. Si tratta prevalentemente di impianti riconducibili alle categorie SOA OG6 (acquedotti, gasdotti, oleodotti e opere di irrigazione), OS22 (impianti di potabilizzazione e depurazione), OG10 (impianti per la trasformazione e la distribuzione dell’energia elettrica e impianti di pubblica illuminazione), OG9 (impianti per la produzione di energia elettrica) e OS14 (impianti di smaltimento e recupero degli edifici). Tra il 2002 e il 2014, la domanda pubblica media annua di interventi nel settore dell’impiantistica è rappresentata da 9.675 interventi per un importo complessivo di 15,8 miliardi.

4. La crescita dei servizi nelle costruzioni

Il mercato delle costruzioni e quello delle infrastrutture sono poi cambiati nel corso degli anni non solo integrando sempre più gli impianti, ma estendendosi alla gestione delle opere. In particolare, l’analisi dei dati sulle opere pubbliche evidenzia come i contratti di Partenariato Pubblico Privato (PPP) e i contratti di costruzione, manutenzione e gestione interamente finanziati con risorse pubbliche, che si possono considerare “nuovi mercati”, si sono via via affermati negli anni, mentre il mercato dei lavori “tradizionali”, ovvero quello degli appalti di sola esecuzione, ha perso importanti quote di mercato rispetto agli anni novanta e all’inizio degli anni 2000.

 

Tabella 3 - MERCATO OPERE PUBBLICHE –Bandi di gara per tipo di mercato, tipo di contratto e sistema di realizzazione - 2002-2014 - Importi in MEURO

 

2002

2014

Totale

2002-2014

2002

%

2014

%

‘02-‘14

%

 

Lavori tradizionali - A

20.466

16.117

251.684

86

57

70

 

Sola esecuzione

18.318

11.562

180.505

77

41

50

 

Appalto Integrato

1.636

4.556

55.279

7

16

15

 

Contraente generale

513

0

15.899

2

0

4

 

Lavori e servizi – B

1.819

2.915

53.269

8

10

15

 

Concessione di lavori

1.286

1.528

46.655

5

5

13

 

Altro PPP

3

111

1.916

0

0

1

 

Costruzione e gestione

530

1.277

4.698

2

4

1

 

Servizi e Lavori – C

1.451

9.382

54.044

6

33

15

 

Concessione di servizi

124

1.839

16.103

1

6

4

 

Altro PPP

8

257

3.954

0

1

1

 

Manutenzione e gestione

1.319

7.286

33.986

6

26

9

 

TOTALE

23.736

28.415

358.996

100

100

100

 

MERCATI TRADIZIONALI - A

20.466

16.117

251.684

86

57

70

 

MERCATI COMPLESSI - B+C

3.270

12.298

107.312

14

43

30

 

Fonte: CRESME Europa Servizi e Osservatorio Nazionale sul PPP (www.infoppp.it).

 

I “nuovi mercati”, che nascono nei primi anni 2000 in corrispondenza con l’introduzione delle nuove procedure di affidamento nella normativa, tengono conto dell’esigenza di integrazione delle attività di costruzione e di fornitura di servizi, ovvero di tutte quelle attività che accompagnano l’intero ciclo di vita delle opere pubbliche: dalla progettazione, al finanziamento, alla costruzione, alla manutenzione e alla gestione dei servizi da prestare all'utenza.

Dividendo i principali segmenti di mercato in due gruppi principali, dei ”mercati complessi” e dei “mercati tradizionali”, nell’intero periodo 2002-2014 emerge con forza la crescita e l’affermazione dei mercati complessi, che integrano le attività di progettazione ed esecuzione dei lavori con la manutenzione e la gestione pluriennale delle opere, a fronte della contrazione dei mercati tradizionali, e in particolare degli appalti di sola esecuzione. Nel 2002 i lavori “tradizionali” di sola esecuzione valevano l’86% dell’ammontare delle gare pubbliche messe in gara; nel 2014 questa percentuale è scesa al 57%.

Come viene evidenziato nel sesto capitolo del Rapporto[8], a partire dalla seconda metà del 2013, e in particolare nel 2014 e nel 2015, si assiste a una ripresa grazie alla quale tornano a crescere anche gli appalti di sola esecuzione. Ma una ampia parte della domanda di opere pubbliche, nonostante la ripresa della ‘sola esecuzione’ nel biennio 2014-2015, viene sempre più intercettata dal mondo dei servizi. In tale ambito, si assiste all’esternalizzazione dei servizi da parte dei soggetti pubblici a soggetti privati. E’ un processo che a livello internazionale prima, e in Italia poi, ha portato allo sviluppo del facility management (FM), una disciplina che si occupa dell’ottimizzazione della gestione delle attività non core business di un soggetto sia pubblico, sia privato, vale a dire delle attività ausiliarie a qualsiasi attività principale. Negli anni 2000 si è assistito nel settore pubblico a una forte crescita dell’esternalizzazione a terzi di singoli servizi e attività integrate tra loro (costruzione, manutenzione e gestione). A titolo esemplificativo, per comprendere meglio l’ambito operativo della disciplina, è forse utile accennare ad alcuni esempi di attività ausiliarie che possono essere esternalizzate, e che si riferiscono a un caso concreto, come, ad esempio, la gestione di un museo: sono infatti esternalizzate  le attività inerenti la costruzione e la gestione di un parcheggio del museo, il coordinamento integrato dei servizi che ruotano intorno alla gestione dello spazio espositivo in termini di pulizia e gestione del calore, i servizi di mobilità inerenti il collegamento con la rete dei trasporti locali, i servizi di ristoro, la vigilanza necessaria alla funzione della struttura, ecc… Questi servizi, che non rappresentano il core business dell’attività museale, possono essere esternalizzati sia in forma singola sia integrata.

Lo sviluppo del mercato dell’esternalizzazione dei servizi, singoli e integrati, è riscontrabile nel raffronto dei dati tra il 2007 – primo anno in cui tali dati sono rilevabili – e il 2014: tale mercato, considerando l’insieme dei servizi messi in gara, è passato da 24,3 miliardi di euro a 43,4.

 

Grafico 3. I bandi di gara per contratti pubblici di lavori e servizi

2007-2014 a confronto – Importi in miliardi di euro

Fonte: CRESME Europa Servizi, su dati Osservatorio Nazionale del Facility Management.

 

Se la richiesta dei servizi all’industria edilizia e a quella delle opere del genio civile sta ormai estendendosi dalla semplice costruzione dell’edificio, all’intero ciclo di vita dell’immobile, centrale diviene l’attenzione posta alle fasi di verifica e valutazione dei prodotti-servizi effettuati e a quelle nelle quali si è in diretto contatto con il cliente finale.

Un aspetto rilevante della riflessione, che sarebbe opportuno approfondire nell’esperienza italiana, ha a che fare proprio con l’evoluzione del concetto di misurazione e dimostrazione delle performance raggiunte attraverso il processo di esternalizzazione.

5. Innovazione tecnologica, digitalizzazione: smart city”

Il miglioramento esponenziale nell’utilizzo dei computer, le enormi quantità di dati digitalizzate insieme alle nanotecnologie, alla nuova robotica, alle biotecnologie e alla rete digitale comune che consente quella che viene generalmente definita “connessione globale”, determinano uno scenario innovativo e modificano radicalmente il quadro evolutivo della produttività e dei processi produttivi.

Sono processi che stanno ridefinendo le stesse modalità di funzionamento delle città, delle reti, dei territori: da un lato, digitalizzazione e nuove potenzialità di gestione dei dati determinano  innovativi contenuti di funzionalità, efficienza e qualità che hanno già alimentano la teoria della “smart city”; dall’altro, nuove tecnologie consentono forme di risparmio nell’erogazione dei servizi e nella gestione dell’ambiente costruito e ridisegnano gli scenari economici.

Un esempio che fa capire quello che sta succedendo può essere l’illuminazione pubblica. Sulla base delle tecnologie esistenti e delle esperienze che si stanno maturando, infatti, i terminali di illuminazione pubblica (così come quelli semaforici o altri vari terminali), attraverso un processo di valorizzazione tecnologica dell’infrastruttura, diventano strumenti di connessione, controllo e facilitazione, in sostanza infrastruttura capillare di un progetto innovativo che trasforma “i punti luce” in sistema informativo diffuso in grado di erogare più servizi: dal punto di vista della sicurezza e della mobilità, con videocamere in grado di monitorare il territorio (telecontrollo); dal punto di vista della mobilità, integrando i punti luce con sensori per il traffico automobilistico, ciclabile e pedonale (telerilevazione); dal punto di vista dell’ambiente, attraverso sensori di misurazione della qualità dell’aria. Ma le potenzialità si allargano: alla telegestione georeferenziata dei parchimetri e dello svuotamento dei cassonetti dei rifiuti; allo sviluppo di servizi di richiesta di soccorso georeferenziati, di servizi di alimentazione ed erogazione di ricarica per veicoli elettrici, di alimentazione ed erogazione di ricariche per i cellulari, di servizi georeferenziati di telemedicina, di servizi di alimentazione e telegestione georeferenziata di stazioni con defibrillatore, ecc. In sostanza, grazie alle nuove tecnologie, “i punti luce” si trasformano in nodi di una rete che consente di cablare la città, integrata con soluzioni di fibra ottica o cloud wi-fi, garantendo la funzionalità della copertura  di molti servizi.

Ma la trasformazione dei punti luce è solo un esempio del quadro delle soluzioni tecnologiche, delle opportunità, delle offerte e delle sperimentazioni oggi disponibili grazie alla digitalizzazione e all’internet delle cose. L’intero mondo delle costruzioni, dei trasporti e delle utilities è investito dai processi innovativi che “internet of thing sta producendo, incidendo sui comportamenti della domanda, sui modelli di offerta e sui processi gestionali. Nell’Osservatorio Italian Smart Cities , una piattaforma realizzata dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, per mettere a disposizione di tutti i progetti “delle comunità intelligenti italiane”, al 15 maggio 2016, sono presenti 1.311 progetti che coinvolgono 158 comuni , per  15 milioni di cittadini,  e un investimento totale di 3,7 miliardi di euro.

Reti stradali, rete elettrica, sicurezza, turismo, edifici, illuminazione, contatori per la fornitura di commodities, raccolta dei rifiuti, parcheggi, infrastrutture del traffico, pannelli e dissuasori  di accesso, varchi e pannelli a messaggio variabile, impianti semaforici e centraline, telecamere di videosorveglianza, rete di fibra ottica, pensiline intelligenti per il trasporto pubblico rappresentano già oggi gli ambiti di attività di un settore in forte sviluppo.

Uno degli aspetti più interessanti dello sviluppo delle smart city riguarda le infrastrutture viarie e i servizi connessi: lo sviluppo di tecnologie e soluzioni si arricchisce di APP per la gestione dei servizi di mobilità in ambito urbano, per lo smart parking, di sistemi telematici per la gestione del traffico e dei dati (viabilità, tempi di percorrenza, monitoraggio ambientale), di soluzioni innovative per il pagamento, la gestione della sosta, la regolazione e il controllo degli accessi alle città, di nuove tecnologie che riguardano la mobilità elettrica e le nuove forme di mobilità urbana condivisa (Sharing Mobility).

Tre elementi rendono interessante lo sviluppo delle smart cities, in considerazione delle risorse necessarie per l’investimento tecnologico dell’up grade dei punti luce e degli altri terminali sul territorio: le nuove tecnologie LED e i modulatori di intensità, che consentono rilevanti risparmi energetici e manutentivi;  lo sviluppo di interventi di partenariato pubblico e privato, tenuto conto che gli investimenti potrebbero essere ripagati dai risparmi; le opportunità che derivano dall’utilizzo di risorse dell’Unione europea tra le quali si segnalano quelle stanziate nell’ambito dell’iniziativa Smart Cities and Communities il cui obiettivo è, tra l’altro, quello di migliorare l’impatto ambientale delle città e ridurre le emissioni di C02.

6. La digitalizzazione nel processo costruttivo

Come già rilevato nel 9° Rapporto, l’innovazione sta incidendo anche sui processi produttivi del settore delle costruzioni. Si tratta, da un lato, dell’avvio di una fase di industrializzazione attraverso la quale sempre più componenti degli edifici e delle opere del genio civile vengono costruiti fuori cantiere e assemblati in cantiere. L’attività di cantiere viene realizzata attraverso lo sviluppo di macchine e robot, tra le quali si inseriscono le stampanti 3d.

L’altro lato dell’innovazione riguarda la modellazione informatica, nel cui ambito è ricompreso il Building Information Modeling (BIM), che, attraverso la condivisione e l’integrazione di varie tipologie di software, consente di contenere tutte le informazioni sul progetto, sui prodotti impiegati, sulle diverse fasi e sui costi relativi alla costruzione e alla gestione. Un migliore utilizzo dei dati grazie a strumenti come il Building Information Modeling consente di progettare e costruire virtualmente, attraverso strumenti di simulazione elettronica, il prodotto edilizio e infrastrutturale, permettendo lo scambio delle informazioni tra tutti gli attori della filiera progettuale e realizzativo. L’implementazione dei predetti strumenti potrebbe aumentare la prevedibilità e la qualità della valutazione delle scelte, riducendo significativamente il costo dell’errore che caratterizza l’attività edilizia e infrastrutturale.

Queste potenzialità tecnologiche richiedono modelli organizzativi profondamente ripensati e tempi di implementazione che non possono essere rapidissimi, ma tracciano con chiarezza le potenzialità dello sviluppo futuro. Nel 9° Rapporto si è già avuto modo di segnalare come in altri Stati membri dell’Unione europea il processo di introduzione degli strumenti di simulazione elettronica, già utilizzati da anni all’estero, si è incrociato con il recepimento delle direttive sugli appalti pubblici del 2014, che disciplinano anche l’utilizzo degli strumenti elettronici. L’articolo 22, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE, infatti, prevede che, “per gli appalti pubblici di lavori e i concorsi di progettazione, gli Stati membri possono richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, quali gli strumenti di simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi”.

Il criterio direttivo, di cui alla lettera oo) dell’articolo 1 della legge delega n. 11 del 2016, prevede, tra l’altro, il “progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione elettronica e informativa per l’edilizia e le infrastrutture”. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, include, tra gli obiettivi della progettazione in materia di lavori pubblici, la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (art. 23, comma 1, lettera h). Le stazioni appaltanti possono richiedere l’utilizzo dei predetti metodi per le nuove opere, nonché per interventi di recupero, riqualificazione e varianti. L’utilizzo di tali metodologie costituisce, peraltro, un parametro di valutazione dei requisiti premianti per la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza. A un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro il 31 luglio 2016, è demandata la definizione delle modalità e dei tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei predetti metodi presso le stazioni appaltanti, le amministrazioni concedenti e gli operatori economici, valutata in base alla tipologia delle opere da affidare e alla strategia di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche del settore delle costruzioni.

7. Conclusioni

Gli elementi e i dati disponibili, nonché le tendenze in atto e i nuovi scenari, delineano processi evolutivi che interessano il settore delle costruzioni, per l’attività di progettazione, costruzione e gestione di edifici e infrastrutture. L’innovazione tecnologica e la digitalizzazione rappresentano i motori del cambiamento più rilevante in termini di messa in discussione del modello di offerta preesistente, ma anche quanto avvenuto in questi anni si traduce in cambiamenti importanti, dall’affermazione della riqualificazione alla crescita del peso degli impianti, a cui si aggiungono lo sviluppo - negli ultimi anni - delle fonti energetiche rinnovabili e l’attenzione verso le misure per migliorare l’efficienza energetica.

Gli effetti della introduzione di strumenti di modellazione nell’edilizia e nelle infrastrutture potranno essere valutati in futuro nell’attuazione delle nuove norme in materia di contratti pubblici.

Ma gli effetti più importanti in termini di innovazione potranno forse derivare dall’integrazione dell’evoluzione tecnologica di prodotti, materiali, sistemi componenti, della digitalizzazione, che trova negli strumenti di modellazione lo strumento oggi più attuale, nonché dei principi organizzativi della produzione, già adottati in altri ambiti industriali ma ancora ben distanti dall’applicazione nel settore delle costruzioni.


Le modifiche del quadro normativo

1. La riforma degli appalti pubblici e delle concessioni

1.1. L’attuazione della delega

La legge 28 gennaio 2016, n. 11, ha delegato il Governo ad attuare la nuova disciplina europea in materia di appalti pubblici e concessioni, attraverso il recepimento delle direttive 2014/23/UE, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, 2014/24/UE, sugli appalti pubblici, e 2014/25/UE sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché a procedere a un complessivo riordino della normativa vigente sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

La legge elenca un’articolata serie di principi e criteri direttivi per l’esercizio delle deleghe sulla base dei quali procedere a una revisione sostanziale della normativa in materia di appalti pubblici e di concessioni, che interessa tutti gli ambiti della disciplina sui contratti pubblici, dall’affidamento all’esecuzione, e il ruolo stesso dei principali attori del settore.

Con l’adozione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, il Governo ha scelto di dare attuazione alle due predette deleghe con un unico provvedimento in luogo della possibilità – pure prevista dalla citata legge - di adottare un decreto legislativo per il recepimento delle direttive entro il 18 aprile 2016, corrispondente al termine fissato dalle direttive stesse per il loro recepimento, e di un decreto per il riordino della normativa entro il 31 luglio 2016.

L’esame parlamentare del decreto legislativo ha dato luogo a due articolati pareri di identico contenuto approvati dalle Commissioni VIII (Ambiente) della Camera e 8a (Lavori pubblici) del Senato.

Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 50 del 2016, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura disciplinati nella legge delega (art. 1, comma 8, della legge 11/2016).

L’attuazione della nuova disciplina non è più demandata a un regolamento di attuazione ed esecuzione, ma a linee guida di carattere generale proposte dall'Autorità nazionale anticorruzione e approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché a provvedimenti della stessa Autorità. Nella governance del settore, infatti, un ruolo centrale è assunto dall’Autorità a cui sono attribuite più ampie funzioni di vigilanza e di regolazione, anche attraverso l’adozione di atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, capitolati –tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione  flessibile. Ulteriori provvedimenti di attuazione riguardano l’adozione di decreti ministeriali a cui il nuovo Codice demanda la definizione di specifici aspetti della nuova disciplina.  L’Autorità ha pubblicato sul proprio sito web primi i sette documenti di consultazione preliminari alla predisposizione degli atti normativi previsti dal Codice riguardanti il direttore dei lavori, il direttore dell’esecuzione, il responsabile unico del procedimento, le procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, le indagini di mercato e la formazione e la gestione degli elenchi di operatori economici, l’offerta economicamente più vantaggiosa, i criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici, i servizi di ingegneria e architettura.

Con l’entrata in operatività della nuova disciplina si è provveduto a una serie di abrogazioni tra le quali quelle del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e del relativo regolamento di attuazione ed esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, anche se talune disposizioni transitorie prevedono la vigenza delle parti del regolamento, che dovranno essere sostituite dalla regolazione contenuta nelle linee guida.

1.2. Le nuove regole per gli appalti pubblici

La nuova disciplina interviene in maniera sostanziale su tutte le fasi del contratto apportando una serie di innovazioni di rilievo in parte riconducibili all’attuazione delle direttive europee, in parte al riordino della normativa.

Rientrano tra le novità più importanti legate al recepimento della normativa europea: l’adeguamento e l’introduzione di nuove procedure di scelta del contraente, tra le quali la procedura competitiva con negoziazione (art. 62) e il partenariato per l’innovazione (art. 65); la previsione del documento di gara unico europeo – DGUE (art. 85); la valorizzazione dei criteri sociali e ambientali (tra gli altri, l’art. 30); la preferenza per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche se è consentita la possibilità di ricorrere al criterio del minor prezzo per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro (art. 95); l’utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nelle comunicazioni (art. 52).

Tra le novità più rilevanti, che rientrano invece nel riordino della normativa, rilevano: la qualificazione delle stazioni appaltanti (art. 38), l’istituzione di un albo dei componenti delle commissioni aggiudicatrici (art. 78); la qualificazione degli operatori economici attraverso l’istituzione di un sistema del rating di impresa connesso a criteri reputazionali (art. 83); la nuova disciplina del subappalto (art. 105); la ridefinizione degli incentivi per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti pubblici, che non devono più essere destinati alla progettazione, ma esclusivamente ad altre attività tra le quali la programmazione, la direzione dei lavori e il collaudo (art. 113).

Specifiche disposizioni riguardano la ridefinizione dei livelli di progettazione in materia di lavori pubblici, che si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo (art. 23); particolare rilevanza, al riguardo, riveste il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che dovrà definire i contenuti della progettazione nei tre livelli considerato che, fino alla data di entrata in vigore di tale provvedimento, continuano ad essere applicate le norme del regolamento richiamate nella disciplina transitoria (art. 216, comma 4). Gli obiettivi della progettazione sono, oltre al soddisfacimento dei bisogni della collettività e alla conformità con le norme ambientali e urbanistiche vigenti, già previsti dalla normativa previgente, anche quelli di garantire la qualità architettonica e tecnico funzionale dell'opera ed il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture[9] (nell’ambito di tali strumenti è incluso il Building Information Modeling - BIM).

Una nuova disciplina è, inoltre, prevista per la centralizzazione delle committenze (art. 37), disciplina che in parte si intreccia anche con il nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti.

Si demanda, infine, a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del codice, la fissazione dei criteri per l'individuazione delle opere per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, nonché la definizione delle modalità di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura (art. 22). Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenza di servizi relativa all'opera sottoposta al dibattito pubblico.

1.3. Le modifiche al sistema delle concessioni

Gli articoli da 164 a 178, inclusi nella parte III del nuovo Codice, recano la disciplina dei contratti di concessione che, sulla scorta di quanto prevede la direttiva 2014/23/UE, per la prima volta detta regole generali unitarie per le concessioni di lavori e di servizi alle quali, nella precedente disciplina, si applicavano solo i principi generali del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Tra le caratteristiche qualificanti del contratto di concessione, in base alla nuova disciplina, si prevede il trasferimento al concessionario del rischio operativo (definito dalla lettera zz) del comma 1 dell’articolo 3) legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi. La norma specifica che il rischio è riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ricavi oggetto della concessione incidano sull'equilibrio del piano economico finanziario, che rappresenta il presupposto per la corretta allocazione dei rischi. Ai soli fini del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara l'amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili. In ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari.

Ulteriori innovazioni rispetto alla normativa previgente condizionano la sottoscrizione del contratto di concessione alla presentazione di idonea documentazione inerente il finanziamento dell'opera prevedendo la risoluzione di diritto nel caso in cui il finanziamento non sia perfezionato entro dodici mesi dalla sottoscrizione medesima.

La durata massima delle concessioni, che è limitata e determinata nel bando in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario, non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario.

Si prevede una nuova disciplina per l’esecuzione delle concessioni già in essere alla data di entrata in vigore del nuovo Codice, in attuazione del criterio di delega di cui alla lettera iii) dell’articolo 1 della legge n. 11 del 2016, in base alla quale  i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare una quota pari all'80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo superiore a 150.000 euro, relativi alle concessioni, mediante procedura ad evidenza pubblica. Il restante 20 per cento può essere realizzato da società in house per i soggetti pubblici ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Le concessioni già in essere si adegueranno alle predette disposizioni entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del Codice. Le modalità per la verifica del rispetto della quota dell’80%, che è annuale, è demandata a linee guida da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore del Codice. Eventuali situazioni di squilibrio rispetto al limite indicato devono essere riequilibrate entro l'anno successivo. Nel caso di reiterate situazioni di squilibrio per due anni consecutivi il concedente deve applicare una penale in misura pari al 10 per cento dell'importo complessivo dei lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto essere affidati con procedura ad evidenza pubblica.

Un particolare regime transitorio è, infine, previsto per le concessioni autostradali scadute ovvero per le quali la scadenza avviene nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, al fine di procedere all’affidamento secondo procedure di evidenza pubblica. Si prevede, inoltre, lo svolgimento di tutte le verifiche necessarie a valutare lo stato tecnico complessivo dell'infrastruttura da parte del concedente, almeno un anno prima della data di scadenza della concessione, in contraddittorio con il concessionario. Nell’ambito di tali verifiche, sono ordinati, se del caso, i necessari ripristini e le occorrenti modificazioni dello stato dei luoghi in conformità degli impegni assunti convenzionalmente. Per le opere assentite che il concessionario ha già eseguito e non ancora ammortizzate alla scadenza della concessione, il concessionario uscente ha diritto ad un indennizzo da parte del subentrante, che è pari al costo effettivamente sostenuto, al netto degli ammortamenti, dei beni reversibili non ancora ammortizzati come risultante dal bilancio di esercizio alla data dell'anno in cui termina la concessione, e delle variazioni eseguite ai fini regolatori.

1.4.  Il partenariato pubblico privato nel nuovo Codice dei contratti

Il nuovo Codice dei contratti pubblici dedica il titolo I della parte IV (articoli 180-191) alla disciplina dei contratti di partenariato pubblico privato (PPP) definiti come i contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto con i quali una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato, in funzione della durata dell'ammortamento dell'investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all'utilizzo dell'opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell'operatore (art. 3, comma 1, lettera eee) del decreto legislativo n. 50/2016).

La definizione di contratto di PPP sembra avere una portata innovativa rispetto alla normativa previgente laddove, per un verso, provvede a esplicitare talune caratteristiche del contratto di PPP sotto il profilo del riconoscimento dei corrispettivi e dell’allocazione dei rischi. Si prevede, infatti, che i ricavi di gestione dell'operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall'ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Il trasferimento del rischio in capo all'operatore economico comporta l'allocazione a quest'ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l'esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell'opera (come definiti, rispettivamente, dall'articolo 3, comma 1, lettere aaa), bbb) e ccc)).

L'equilibrio economico finanziario (come definito all'articolo 3, comma 1, lettera fff)), rappresenta il presupposto per la corretta allocazione dei rischi e, ai soli fini del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara l'amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili che non assolvono più a funzioni di interesse pubblico. In ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari.

Il verificarsi di fatti non riconducibili all'operatore economico che incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto.

Salva l'ipotesi in cui l'affidamento abbia ad oggetto anche l'attività di progettazione di fattibilità tecnico-economica e la progettazione definitiva, le amministrazioni aggiudicatrici provvedono all'affidamento dei contratti ponendo a base di gara il progetto definitivo e uno schema di contratto e di piano economico finanziario, che disciplinino l'allocazione dei rischi tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico.

Nell’ambito dei contratti di PPP rientrano la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione di partenariato in materia di opere o servizi che presentino le caratteristiche precedentemente indicate.

Con la finanza di progetto (project financing), si prevede di affidare una concessione ponendo a base di gara un progetto di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti. A differenza della disciplina previgente l’articolo 183 del nuovo Codice disciplina due procedure a seconda che si tratti della realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità inseriti negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente ovvero di proposte, che gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici, relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità non presenti negli strumenti di programmazione.

Una specifica norma transitoria è prevista per i progetti preliminari, non ancora approvati alla data di entrata in vigore del nuovo codice, riguardanti proposte di concessione, nell’ambito delle previgenti procedure di finanza di progetto (disciplinate dagli articoli 153 e 175 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163), per le quali sia già intervenuta la dichiarazione di pubblico interesse (art. 216, comma 23). Si prevede, infatti, che tali progetti sono oggetto di valutazione di fattibilità economica e finanziaria e di approvazione da parte dell'amministrazione sulla base della nuova disciplina e che la mancata approvazione determina la revoca delle procedure avviate e degli eventuali soggetti promotori, ai quali è riconosciuto il rimborso dei costi sostenuti e documentati per l'integrazione del progetto a base di gara, qualora dovuti, relativi allo studio di impatto ambientale ed alla localizzazione urbanistica.

Ulteriori disposizioni contenute nel Titolo I della Parte IV del decreto legislativo n. 50 del 2016, mutuate dalla disciplina previgente, riguardano, tra l’altro, l’emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte della società di progetto aventi scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità (project bond),  la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità (cd. leasing immobiliare pubblico), il contratto di disponibilità, nonché il trasferimento all'affidatario della proprietà di

beni immobili appartenenti all'amministrazione aggiudicatrice, che non assolvono più a funzioni di pubblico interesse, a titolo di corrispettivo totale o parziale.

Trovano, infine, collocazione nella disciplina dei contratti di PPP le disposizioni in materia di baratto amministrativo o partenariato sociale (articolo 190), in base al quale i cittadini possono realizzare interventi di valorizzazione del territorio, in cambio di riduzioni o esenzioni di tributi, e di sussidiarietà orizzontale (articolo 191) nell’ambito delle quali si consente ai comuni di affidare in gestione ai cittadini la manutenzione di aree riservate al verde pubblico urbano e gli immobili di origine rurale e a gruppi di cittadini organizzati di formulare agli enti locali proposte operative per la realizzazione di opere di interesse locale.

Si segnala, infine, che il Codice non si applica al caso in cui un'amministrazione pubblica stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni, di un'opera pubblica o di un suo lotto funzionale o di parte dell'opera prevista nell'ambito di strumenti o programmi urbanistici (art. 20).

2. Il superamento della “legge obiettivo”

Tra i criteri della citata legge delega n. 11 del 2016 riveste particolare rilevanza l’espresso superamento della cd. “legge obiettivo”, che è stato attuato attraverso l’abrogazione dei commi da 1 a 5 della legge 21 dicembre 2001, n. 443 e della disciplina speciale che ha regolato la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale e che era contenuta nel capo IV del titolo III della parte II dell’abrogato decreto legislativo n. 163 del 2006 (articolo 217, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 50 del 2016).

Il nuovo Codice dei contratti pubblici, pertanto, riconduce alla disciplina ordinaria la realizzazione di tutte le opere pubbliche, incluse quelle che saranno individuate nella nuova programmazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese a cui il Codice dedica gli articoli da 200 a 203 della Parte V.

Specifiche disposizioni transitorie regolano le procedure per la valutazione di impatto ambientale delle grandi opere, avviate alla data di entrata in vigore del Codice secondo la disciplina previgente, che sono concluse in conformità a tale disciplina, e i progetti preliminari relativi alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità riguardanti proposte di concessione, nell’ambito delle procedure di finanza di progetto, per le quali sia già intervenuta la dichiarazione di pubblico interesse, non ancora approvati alla data di entrata in vigore del nuovo Codice, che sono oggetto di valutazione di fattibilità economica e finanziaria e di approvazione da parte dell'amministrazione ai sensi delle nuove norme.

2.1. La programmazione delle infrastrutture prioritarie

La nuova disciplina delle infrastrutture prioritarie individua due strumenti per la pianificazione e la programmazione: il piano generale dei trasporti e della logistica e i documenti pluriennali di pianificazione.

Il piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL), che contiene le linee strategiche delle politiche della mobilità delle persone e delle merci nonché dello sviluppo infrastrutturale del Paese, è adottato ogni tre anni, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del CIPE, acquisito il parere della Conferenza unificata e sentite le Commissioni parlamentari competenti.

Il documento pluriennale di pianificazione, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oltre a includere e rendere coerenti tutti i piani e i programmi d'investimento per opere pubbliche di propria competenza (come prevede l’articolo 2 del decreto legislativo n. 228 del 2011 in materia di valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche), contiene l'elenco degli interventi relativi al settore dei trasporti e della logistica la cui progettazione di fattibilità è valutata meritevole di finanziamento, da realizzarsi in coerenza con il PGTL, e tiene conto dei piani operativi per ciascuna area tematica nazionale a cui sono destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Il procedimento per l’adozione del DPP prevede invece che il documento sia trasmesso al CIPE e che sia sentita la Conferenza unificata. Ai fini dell’inserimento delle infrastrutture nel DPP, le Regioni, le Province autonome, le Città Metropolitane e gli altri enti competenti trasmettono al Ministero delle infrastrutture proposte di interventi relativi al settore dei trasporti e della logistica dando priorità al completamento delle opere incompiute. Il Ministero verifica la fondatezza della valutazione ex ante dell'intervento effettuata dal soggetto proponente, la coerenza complessiva dell'intervento proposto e la sua funzionalità rispetto al raggiungimento degli obiettivi indicati nel PGTL e, qualora lo ritenga prioritario, può procedere al suo inserimento nel DPP. Si prevede la predisposizione di una dettagliata relazione sullo stato di avanzamento degli interventi inclusi nel DPP, che è allegata al Documento di economia e finanza.

L’adozione del primo DPP è prevista entro un anno dall’entrata in vigore del nuovo Codice. Ai fini della prima individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari, si prevede - da parte del Ministero delle infrastrutture - lo svolgimento di una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e programmazione, comunque denominati, vigenti alla data di entrata in vigore del nuovo codice, all’esito della quale sono proposti gli interventi da inserire nel primo DPP. La ricognizione deve, in ogni caso, comprendere gli interventi per i quali vi sono obbligazioni giuridiche vincolanti, ovvero gli interventi in relazione ai quali sia gia' intervenuta l'approvazione del contratto all'esito della procedura di affidamento della realizzazione dell'opera, nonché quelli che costituiscono oggetto di accordi internazionali sottoscritti dall'Italia.

Fino all'approvazione del primo DPP, valgono come programmazione degli investimenti in materia di infrastrutture e trasporti gli strumenti di pianificazione e programmazione e i piani, comunque denominati, già approvati secondo le procedure vigenti alla data di entrata in vigore del nuovo codice o in relazione ai quali sussiste un impegno assunto con i competenti organi dell'Unione europea.

Nei successivi DPP si procederà sempre alla revisione degli interventi precedentemente inseriti, al fine di evitare sovrapposizioni tra gli strumenti di programmazione, e alla valutazione di un eventuale reinserimento sulla base della sussistenza dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera e della fattibilità economico-finanziaria. In proposito, si tiene conto, in particolare, delle opere per le quali una parte significativa non sia stata ancora realizzata e il progetto esecutivo evidenzi costi superiori di oltre il venti per cento rispetto allo studio di fattibilità. Resta ferma la possibilità di intervenire sulla programmazione, anche al di fuori dei tempi previsti per l’approvazione, nel caso in sia necessario a motivo di fattori eccezionali o imprevedibili.

2.2. Il finanziamento delle infrastrutture prioritarie

Per il finanziamento delle infrastrutture prioritarie, sono istituiti, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Fondo per la progettazione di fattibilità delle infrastrutture prioritarie e la project review delle opere già finanziate, nonché il Fondo da ripartire per la realizzazione delle infrastrutture prioritarie. In sede di prima applicazione, confluiscono, nei due citati Fondi, le risorse disponibili del "Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi di cui all'articolo 6 della legge 29 novembre 1984, n. 798", di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto legge n. 98 del 2011, del “Fondo revoche” di cui all'articolo 32, comma 6, del decreto legge n. 98 del 2011, del Fondo per consentire la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, di cui all'articolo 18, comma 1, del decreto legge n. 69 del 2013 (cd. Fondo “sblocca cantieri”), nonché le risorse disponibili iscritte nel capitolo 7060 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti denominato "Fondo da ripartire per la progettazione e la realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale nonché per opere di captazione ed adduzione di risorse idriche".

Ai fini della riprogrammazione della allocazione delle risorse, i finanziamenti destinati alle infrastrutture strategiche da revocare, sulla base dei criteri individuati nel DPP e in conseguenza delle attività di project review, sono individuati con una o più delibere del CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

A uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del CIPE, è demandata, tra l’altro, l’assegnazione delle risorse al Fondo per la progettazione, mentre le risorse del Fondo per la realizzazione sono assegnate dal CIPE ai diversi interventi, su proposta del Ministro delle infrastrutture e d’intesa con il Ministro dell’economia.

2.3. La nuova disciplina del contraente generale

Gli articoli da 194 a 199 del nuovo Codice degli appalti recano la disciplina del contraente generale (general contractor) con il quale il soggetto aggiudicatore affida ad un soggetto dotato di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara a fronte di un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori. L’istituto del contraente generale è stato introdotto con la disciplina delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale. Il nuovo codice ora prevede espressamente che all’affidamento unitario a contraente generale si possa far ricorso sia nella realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari (articolo 200, comma 2, lettera b), sia nella locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità di cui all’articolo 187.

Le principali differenze rispetto alla normativa previgente riguardano innanzitutto la direzione dei lavori a cui il contraente generale non provvede più. Si prevede, infatti, che il soggetto aggiudicatore nomina il direttore dei lavori e i collaudatori e assicura un costante monitoraggio dei lavori anche tramite un comitato permanente costituito da suoi rappresentanti e rappresentanti del contraente generale. Il divieto di attribuzione di compiti di responsabile o di direttore dei lavori allo stesso contraente generale, negli appalti pubblici di lavori, affidati a contraente generale, è, peraltro,  divenuto operativo già a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge delega.

Quanto alle procedure di aggiudicazione, inoltre, per l'affidamento a contraente generale si pone a base di gara il progetto definitivo, mentre la disciplina previgente faceva riferimento al progetto preliminare, e l'aggiudicazione dei contratti avviene secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

3. Le altre modifiche del quadro normativo 

Prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici sono state adottate disposizioni che hanno modificato la disciplina in tale ambito.

La legge n. 221 del 2015 (collegato ambientale) contiene un gruppo di disposizioni in materia di “appalti verdi” concernenti, tra l’altro, le garanzie previste a corredo dell'offerta, i criteri per l’aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e l'applicazione dei "criteri ambientali minimi" (CAM) negli appalti pubblici che, incidendo sulla normativa previgente, vengono ora regolati dal nuovo Codice.

Il decreto legge n. 210 del 2015 ha prorogato una serie di termini riguardanti, tra l’altro, il possesso dei requisiti degli esecutori di lavori pubblici e la disciplina sull’anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore, per i contratti relativi a lavori,  ora confluita a regime nel nuovo Codice (i termini in materia di lavori pubblici sono raggruppati nell’articolo 7). E’ stato, altresì, prorogato al 30 settembre 2017 l'incarico di Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari (articolo 7, comma 9-bis).

Le principali disposizioni di carattere finanziario adottate nel 2015 sono contenute nella legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), sia nell’articolato, sia nella Tabella E. Di esse si dà specificamente conto nell’ambito delle singole schede opera del sistema SILOS, atteso che si tratta in prevalenza di interventi su autorizzazioni di spesa esistenti concernenti singole infrastrutture per le quali si dispongono aumenti, riduzioni, ovvero rimodulazioni. Si richiamano in questa sede le norme che prevedono, nelle more della stipulazione del contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Ferrovie dello Stato italiane S.p.A., il trasferimento alla medesima società delle risorse già destinate alla realizzazione dell’opera (comma 678) e che riguardano la disciplina e le risorse del contratto di programma ANAS (commi da 868 a 874), confluite in un unico capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (capitolo 7002), pari complessivamente a circa 10,2 miliardi di euro.

Sono, infine, in corso di esame parlamentare alcuni schemi di decreti legislativi attuativi della legge n. 124 del 2015, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, che modificano, tra l’altro, la disciplina sulla conferenza dei servizi (atto del Governo n. 293).



[1]    Volume n. 234 parte seconda.

*    A cura della Direzione centrale per le statistiche ambientali e territoriali dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

[2]    Vol. n. 234, parte seconda, Allegato Opere prioritarie e sistemi locali: un approfondimento socio-economico.

[3]    Si ricorda che, poiché sono stati considerati sistemi locali interessati da più di un'infrastruttura, la somma delle due tipologie non coincide ovviamente con il totale.

[4]    A cura del Servizio Ricerca e Studi della Cassa depositi e prestiti.

[5]    Si veda: Petrina F., Virno C. “Il Piano di investimento europeo come strumento di razionalizzazione dei processi decisionali e di diffusione della valutazione economica a livello nazionale” (Luglio 2015).

[6]    L’attuazione della legge obiettivo, 9° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, Nota di sintesi e focus tematici, vol. n. 157, pagg. 23-51.

[7]    CRESME, Il mercato dell’installazione impianti in Italia: 2015-2018. Primo Rapporto Congiunturale e Previsionale, Roma 2015.

[8]    Vol. n. 234, parte seconda, capitolo sesto Il mercato delle opere pubbliche.

[9]    Si veda il paragrafo 6 del focus Scenari di innovazione per le costruzioni e le infrastrutture,  in cui si fa riferimento, tra l’altro, alle disposizioni previste nel decreto legislativo n. 50 del 2016 per l’introduzione di tali strumenti.