Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea |
Titolo: | Incontro con una delegazione della Sottocommissione sicurezza e difesa del Parlamento europeo (SEDE) - Roma, 17 luglio 2017 |
Serie: | Bollettino commissioni Numero: 48 |
Data: | 14/07/2017 |
Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
audizioni e incontri in ambito ue
Incontro con una delegazione della Sottocommissione sicurezza e difesa del Parlamento europeo (SEDE)
Roma, 17 luglio 2017
n. 48
14 luglio 2017
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)
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I N D I C E
Le dimensioni del fenomeno migratorio: flussi, richieste di asilo, ricollocazioni e reinsediamento
· Ricollocazioni e reinsediamenti
Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex)
· Triton
Ulteriori iniziative UE in materia di flussi migratori
· Quadro di partenariato (migration compact)
· La rotta del Mediterraneo centrale (Dichiarazione di Malta)
· Il piano di azione per l’Italia
La missione navale militare dell’UE nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED)
La missione Sea Guardian della NATO
Secondo
l’UNHCR, dal 1° gennaio al 14 luglio 2017, sono sbarcati sulle coste dell’UE
oltre 103 mila persone: oltre 86 mila hanno raggiunto l’Italia;
circa 10 mila sono arrivate in Grecia e oltre 6 mila hanno raggiunto la Spagna.
I migranti approdati sulle coste del Mediterraneo centrale ed orientale nel
2016 erano stati circa 363 mila, di cui oltre 181 mila in Italia[1]
e oltre 173 mila in Grecia.
Dall’inizio dell’anno i morti/dispersi in mare sono circa 2.350.
Di seguito una tabella con le principali nazionalità
dei migranti sbarcati sulle coste europee dall’inizio del 2017: Fonte UNHCR
Vi sono notevoli differenze di nazionalità dei migranti a seconda delle rotta migratoria impiegata. Per quanto riguarda la rotta verso l’Italia, Frontex, l’Agenzia europea per la guardia costiera e di frontiera ha registrato soprattutto migranti originari della Nigeria, del Bangladesh, della Guinea e della Costa d’Avorio. Il flusso relativo alla rotta del Mediterraneo orientale (dalla Turchia alle isole greche), significativamente ridotto da marzo 2016 (a seguito dell’applicazione della Dichiarazione UE Turchia), riguarda per lo più cittadini siriani, pakistani e iracheni.
Di seguito un grafico con le caratteristiche demografiche dei migranti sbarcati in Europa nel 2017: Fonte UNHCR
Secondo l’EASO, gli Stati membri nel maggio 2017 hanno registrato circa 59 mila domande di protezione internazionale. Nei primi cinque mesi del 2017, le domande di asilo registrate nell’UE sarebbero circa 300 mila. Nel 2016 gli Stati membri hanno registrato 1 milione e 200 mila di domande nuove.
Dai dati in possesso del Ministero dell’interno, nel maggio 2017 sono state presentate in Italia circa 12 mila domande di asilo. Le domande nei primi cinque mesi dell’anno sono state circa 58 mila. Nel 2016 sono state presentate in Italia 123.600 domande.
Il sito del Ministero dell’interno riporta altresì il dato di giugno che registra una lieve tendenza in aumento delle domande (13 mila).
Secondo la
Commissione europea, al 13 giugno 2017, il totale delle ricollocazioni
effettuate dagli Stati membri si attesta a circa 21 mila (quasi 14 mila
dalla Grecia, e circa 7 mila dall’Italia). Gli impegni in sede di Consiglio
prevedono uno sforzo da parte degli altri Stati membri per circa 98 mila
ricollocazioni.
Sia la Commissione europea sia il Parlamento europeo (in una risoluzione approvata in Assemblea Plenaria il 18 maggio 2016) hanno fortemente stigmatizzato gli scarsi risultati riguardo all’attuazione delle decisioni del Consiglio in materia di ricollocazioni. In particolare, le Istituzioni europee hanno messo in evidenza il fatto che alcuni Stati membri non hanno ancora attuato le decisioni del Consiglio, altri lo stanno facendo ad un ritmo non sufficiente[2].
Da ultimo, il 14 giugno 2017, la Commissione europea ha avviato nei confronti di Ungheria, Polonia e Repubblica ceca procedure di infrazione, per mancato rispetto degli obblighi contenuti nelle decisioni del 2015 in materia di ricollocazione.
Gli Stati membri e gli altri Stati associati hanno inoltre realizzato per quasi tre quarti degli obiettivi del programma di reinsediamento (che prevede 22.504 reinsediamenti). In particolare, al 9 giugno 2017, sono state reinsediate 16.419 persone in 21 Stati (Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito). Sette Stati membri (Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia) e tre paesi associati (Islanda, Liechtenstein e Svizzera) hanno già rispettato interamente i rispettivi impegni assunti.
I reinsediamenti nell'ambito della dichiarazione UE-Turchia hanno raggiunto un livello record nel maggio 2017, con quasi 1.000 rifugiati siriani cui sono stati forniti canali legali per entrare in Europa. Il numero complessivo dei reinsediamenti dalla Turchia nell'ambito della dichiarazione si attesta ora a 6.254 persone.
Con
l’approvazione del regolamento n. 2016/1624 la precedente Agenzia europea per
la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli
Stati membri dell'Unione europea, meglio conosciuta con il nome di Frontex, è
stata potenziata e ridenominata Agenzia europea della guardia di frontiera e
costiera (il nome breve Frontex è stato mantenuto) è l’organismo europeo
volto a sostenere gli Stati membri nel monitoraggio delle frontiere esterne UE
e nelle operazioni di rimpatrio dei migranti entrati irregolarmente negli Stati
membri.
I principali ambiti di competenza di Frontex sono:
· analisi dei rischi: Frontex valuta i rischi per la sicurezza delle frontiere dell'UE; definisce modelli e tendenze dell'immigrazione clandestina e delle attività criminali transfrontaliere ai confini esterni, inclusa la tratta di esseri umani; condivide i suoi dati con i paesi dell'UE e la Commissione europea e li usa per programmare le sue attività;
· operazioni congiunte: Frontex coordina l'invio di personale e di attrezzature tecniche (aerei, navi, attrezzature di sorveglianza/controllo alle frontiere) nelle zone di frontiera bisognose di assistenza aggiuntiva;
· risposta rapida - se un paese dell'UE è confrontato ad una pressione estrema ai confini esterni, specie all'arrivo di un numero elevato di cittadini extra UE, Frontex coordina l'invio di squadre europee di guardie di frontiera;
· ricerca - Frontex collabora con il mondo della ricerca e dell'industria per garantire fornire tecnologie adeguate alle esigenze delle autorità preposte al controllo delle frontiere
· formazione - Frontex definisce standard comuni per la formazione delle autorità di frontiera nei paesi dell'UE e associati a Schengen, con particolare riferimento alla realizzazione di controlli uniformi sulle persone che attraversano i confini esterni dell'UE;
· rimpatri congiunti - l'agenzia elabora le prassi dei rimpatri e coordina le operazioni comuni di rimpatrio (spetta tuttavia ai singoli paesi decidere chi rimpatriare)[3];
· scambio di informazioni - Frontex sviluppa e gestisce sistemi di scambio di informazioni tra le autorità di frontiera.
La sede di Frontex a Varsavia dispone di un organico di oltre 300 persone che operano nei seguenti settori:
Ø analisi dei rischi
Ø operazioni (via terra, mare e aria)
Ø centro situazionale di Frontex
Ø rimpatri
Ø risorse comuni
Ø cooperazione internazionale ed europea
Ø affari giuridici, ufficio diritti fondamentali
Ø governo societario.
Il budget di Frontex è significativamente cresciuto negli ultimi tre anni. I l bilancio è infatti passato dai 143 milioni del 2015, ai 232 nel 2016, fino a 302 milioni per l’anno corrente.
L’Agenzia attualmente fornisce sostegno operativo sul campo agli Stati membri con oltre 1.600 guardie di frontiera (solo in Italia sono stati schierati oltre 400 agenti: vedi infra).
Per quanto riguarda il settore dei rimpatri tra il 1º gennaio e il 9 giugno 2017, l’Agenzia ha fornito ai diversi Stati membri sostegno per realizzare 144 operazioni, durante le quali sono stati rimpatriati 6.799 cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Il 31 ottobre 2014 è stata avviata l’operazione congiunta, sotto il coordinamento di Frontex, Triton, con lo scopo di sostenere lo sforzo dell'Italia nel fronteggiare la pressione migratoria alla frontiera meridionale italiana. Fino al 31 dicembre 2014 l’operazione Triton e la missione italiana Mare nostrum sono proseguite in parallelo, mentre dal 1° gennaio 2015 è subentrata unicamente Triton.
I dettagli dell’operazione e l’entità dei mezzi
necessari ad attuarla sono state concordate tra Frontex e l’Italia che
figura come Paese ospite della missione.
La Commissione europea ha inizialmente precisato che la nuova missione congiunta di Frontex presentava caratteri ben diversi dell’operazione Mare nostrum: l’obiettivo principale di Triton secondo tali dichiarazioni non era la ricerca e il salvataggio delle imbarcazioni dei migranti in pericolo bensì la sorveglianza delle frontiere esterne dell’Unione europea. Successivamente la Commissione europea ha tuttavia precisato che ove necessario le squadre impegnate nelle attività di Triton non si sarebbero sottratte agli obblighi del diritto internazionale e di quello europeo, intervenendo ove necessario, in soccorso dei migranti in pericolo di vita.
A tal proposito si ricorda che la disciplina di riferimento per la sorveglianza delle frontiere marittime dell’UE (il regolamento (UE) n. 656/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, recante norme per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea) già impone ai soggetti coinvolti nelle operazioni congiunte azioni di salvataggio dei natanti in difficoltà. L’articolo 3 (Sicurezza in mare) del regolamento prevede infatti che le misure adottate ai fini di un’operazione marittima sono attuate in modo da assicurare in ogni caso l’incolumità delle persone intercettate o soccorse, delle unità partecipanti o di terzi.
L’articolo 9 (Situazioni di ricerca e soccorso) prevede, tra l’altro, che gli Stati membri osservino l’obbligo di prestare assistenza a qualunque natante o persona in pericolo in mare e durante un’operazione marittima e assicurino che le rispettive unità partecipanti si attengano a tale obbligo, conformemente al diritto internazionale e nel rispetto dei diritti fondamentali, indipendentemente dalla cittadinanza o dalla situazione giuridica dell’interessato o dalle circostanze in cui si trova.
Si segnala infine che il citato regolamento istitutivo della Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera prevede tra i compiti dell’Agenzia l’assistenza agli Stati membri in circostanze che richiedono una maggiore assistenza tecnica e operativa alle frontiere esterne avviando interventi rapidi alle frontiere esterne degli Stati membri che fronteggiano sfide specifiche e sproporzionate, tenendo conto del fatto che alcune situazioni possono comportare emergenze umanitarie e il soccorso in mare, conformemente al diritto dell'Unione e al diritto internazionale;
L'area operativa di Triton è stata inizialmente più limitata rispetto all'area di Mare Nostrum, operando entro le 30 miglia dalle coste (italiana e maltese). Successivamente l’operazione è stata potenziata con l’estensione dell’area operativa: essa è stata ampliata fio a coprire le acque territoriali italiane nonché parti delle zone di ricerca e salvataggio (SAR) d'Italia e di Malta, estendendosi fino a 138 miglia a sud della Sicilia.
Il mandato di Frontex è stato inoltre ampliato per contribuire al contrasto del traffico di droga, della pesca illegale e dell’inquinamento marittimo.
Sotto
l’egida dell’operazione Triton, l’Agenzia ha schierato 402 agenti,
inclusi i membri dell’equipaggio dei mezzi dispiegati, gli addetti al
coordinamento, e gli esperti che assistono nell’attuazione dell’approccio
basato sui punti di crisi[4].
Il dispiegamento è sostenuto da 3 aeromobili, 3 elicotteri, 4
pattugliatori offshore, 7 pattugliatori costieri e 3 motovedette
costiere. Partecipano all’operazione 26 Paesi.
Le guardie impiegate dall’Agenzia nella misisone assitono le autorità italiane anche nelle attività di registrazione dei migranti, e nella raccolta di intelligence sulle reti dei trafficanti che operano in Libia e negli altri Stati africani, anche in collaborazione con Europol.
Il Nuovo quadro di partenariato, presentato dall’UE nel giugno 2016, reca una serie di principi da attuare in sede di negoziati UE con i principali Paesi terzi di origine e di transito dei migranti, che includono tra l’altro:
· una combinazione di incentivi positivi e negativi nel campo dello sviluppo e del commercio a seconda del grado di collaborazione dei Paesi terzi nella gestione della migrazione;
· lo smantellamento delle reti dei trafficanti e la creazione di rotte migratorie legali;
· il potenziamento dei mezzi finanziari a sostegno dello sviluppo dei Paesi africani.
La Commissione europea sta effettuando un monitoraggio periodico dei risultati dei primi compact, con particolare riferimento ai cinque Paesi terzi considerati prioritari: Niger, Nigeria, Senegal, Mali e Etiopia.
In tale ambito si ricorda altresì il Piano di azione di La Valletta, approvato in esito al summit UE Africa del 11-12 novembre 2015, al quale hanno partecipato, tra l’altro, i capi di Stato e di Governo dell'Unione europea e dei Paesi africani.
Anche a seguito di una serie di proposte contenute nella comunicazione “Migrazione sulla rotta del Mediterraneo centrale. Gestire i flussi, salvare vite”, presentata dalla Commissione europea nel gennaio 2017, il Consiglio europeo informale del 3 febbraio 2017 ha approvato la Dichiarazione di Malta recante una serie di azioni prioritarie in materia di flussi migratori irregolari lungo la rotta del Mediterraneo centrale.
Tali misure riguardano, tra l’altro: la formazione, l’equipaggiamento e il supporto alla guardia costiera nazionale libica; lo smantellamento del modello di attività dei trafficanti; il sostegno allo sviluppo delle comunità locali in Libia, in particolare nelle zone costiere e presso le frontiere terrestri libiche, la capacità e le adeguate condizioni di accoglienza dei migranti in Libia, con l supporto di UNHCR e dell’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni); il sostegno all'OIM in materia di attività di rimpatrio volontario assistito; il rafforzamento delle campagne di informazione e di sensibilizzazione destinate ai migranti in Libia; il dialogo e la cooperazione con i Paesi confinanti con la Libia per quanto riguarda la prevenzione delle partenze e la gestione dei rimpatri.
Molte delle indicazioni contenute nella dichiarazione di Malta sono state da ultimo ribadite nelle conclusioni del Consiglio europeo del 22 giugno 2017, con particolare riguardo a:
· la cooperazione con i paesi di origine e di transito, anche al fine di contenere la pressione migratoria alle frontiere terrestri della Libia e di altri paesi limitrofi;
· il potenziamento della cooperazione regionale nelle attività di ricerca e soccorso;
· la formazione e l'equipaggiamento della guardia costiera libica;
· il partenariato con l'OIM e l'UNHCR, anche per facilitare i rimpatri volontari e migliorare le condizioni di accoglienza;
· lo smantellamento dei modelli di attività della tratta e del traffico di esseri umani, anche attraverso un migliore controllo del commercio di equipaggiamenti utilizzati in tali attività.
A seguito delle sollecitazioni del Governo italiano, manifestate anche in occasione dell’incontro tra i Ministri dell’interno di Francia, Germania e Italia e il Commissario per la migrazione e gli affari interni, svoltosi a Parigi il 2 luglio 2017, la Commissione europea, il 4 luglio 2017, ha proposto un Piano di azione per sostenere l’Italia, ridurre la pressione migratoria e aumentare la solidarietà.
In particolare, secondo il piano:
la Commissione intende:
o incrementare ulteriormente la capacità delle autorità libiche grazie a un progetto dotato di 46 milioni di euro e preparato congiuntamente con l'Italia;
o finanziare la creazione in Libia di un centro di coordinamento e soccorso marittimo pienamente operativo;
o aumentare i finanziamenti per la gestione della migrazione in Italia di ulteriori 35 milioni di euro da mobilitare immediatamente;
o garantire una piena mobilitazione delle agenzie dell'UE:
Ø l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) è pronto ad aumentare il numero delle unità mobili che contribuiscono al trattamento delle domande;
Ø l'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera dovrebbe esaminare urgentemente le proposte dell'Italia in relazione all'operazione congiunta Triton;
Ø la riserva di reazione rapida della guardia di frontiera e costiera europea, forte di 500 esperti sul rimpatrio, è pronta per essere dispiegata su richiesta dell'Italia;
o avviare e finanziare un nuovo sistema di reinsediamento, in particolare da Libia, Egitto, Niger, Etiopia e Sudan di concerto con l'UNHCR e con decorrenza immediata;
o collaborare con la Libia per rafforzare i controlli sulla frontiera meridionale, in cooperazione con i paesi del G5 Sahel e gli Stati membri e con il sostegno finanziario dell'UE;
o intensificare gli interventi per stipulare accordi di riammissione (o accordi informali equivalenti) con i paesi di origine e di transito, con il sostegno degli Stati membri;
o intensificare la cooperazione con Niger and Mali nell'ambito del quadro di partenariato per prevenire gli spostamenti verso la Libia;
o continuare a lavorare con l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) per accelerare i rimpatri volontari assistiti dalla Libia e dal Niger verso i paesi di origine, anche mediante un aumento dei finanziamenti;
o garantire di concerto con gli Stati membri la piena attuazione del quadro di partenariato, anche estendendolo ad altri paesi rispetto ai 5 prioritari, esercitando pressioni di tipo sia positivo che negativo;
o in aggiunta ai 200 milioni di euro già stanziati nel 2017 per la “finestra” per l'Africa settentrionale (“North Africa window”) del Fondo fiduciario UE-Africa, garantire finanziamenti equivalenti per il 2018 e gli anni successivi con contributi del bilancio dell'UE e degli Stati membri.
Inoltre, il Piano prevede che gli Stati membri:
· contribuiscano in modo più sostanziale al Fondo fiduciario UE-Africa per integrare il contributo di 2,6 miliardi di euro del bilancio limitato dell'UE, in linea con gli impegni da loro assunti nel novembre 2015 (cfr. tabella);
· accelerino il ricollocamento dall'Italia, reagendo in modo più rapido alle richieste italiane, aumentando la consistenza e la regolarità degli impegni;
· contribuiscano, di concerto con la Commissione e il servizio per l'azione esterna, al dialogo con la Tunisia, l'Egitto e l'Algeria e incoraggiare tali paesi ad associarsi alla rete Seahorse per il Mediterraneo e invitare la Tunisia e la Libia a dichiarare le rispettive aree di ricerca e salvataggio e a istituire un centro ufficiale di coordinamento e soccorso marittimo;
· accelerino, di concerto con il Parlamento europeo, le discussioni sulla riforma del sistema di Dublino per la distribuzione delle domande di asilo all'interno dell'UE, al fine di disporre di un quadro più stabile per affrontare tali problemi in futuro;
· mobilitino le loro capacità, in sinergia con quelle della guardia costiera e di frontiera europea, per contribuire al rimpatrio dei migranti irregolari dall'Italia;
Inoltre, l'Italia dovrebbe:
§ redigere, in consultazione con la Commissione e sulla base di un dialogo con le ONG, un codice di condotta per le ONG che effettuano attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo;
§ rispettare gli impegni assunti in materia di ricollocamento:
o registrando urgentemente tutti gli eritrei presenti in Italia;
o centralizzando e standardizzando la procedura di ricollocamento;
o consentendo il ricollocamento dei minori non accompagnati;
o facendo prova di una maggiore flessibilità nei controlli di sicurezza organizzati a livello bilaterale con altri Stati membri;
§ attuare rapidamente la legge Minniti, anche:
o creando capacità supplementari nei centri di crisi;
o aumentando la capacità di accoglienza e aumentando in modo sostanziale e in tutta urgenza la capacità di trattenimento, portandola ad almeno 3 000 posti;
o aumentando il periodo massimo di trattenimento in linea con il diritto dell'UE;
o accelerando in modo marcato l'esame delle domande di asilo in fase di ricorso;
o accelerare i rimpatri:
Ø applicando procedure di rimpatrio accelerate;
Ø avvalendosi maggiormente delle procedure rapide e dei motivi di inammissibilità;
Ø elaborando un elenco nazionale di paesi di origine sicuri;
Ø emettendo decisioni di rimpatrio di pari passo e contemporaneamente con quelle sull'asilo;
Ø valutando la possibilità di utilizzare restrizioni in materia di residenza;
Ø ed evitando di fornire documenti di viaggio ai richiedenti asilo.
Le misure presentate sono state discusse nella riunione informale del Consiglio "Giustizia e affari interni" del 6 luglio 2017.
Il Consiglio informale GAI ha trovato un sostanziale accordo sulle misure relative:
· all’aumento dell’impegno UE in Libia (con particolare riguardo alla richiesta di maggiori risorse economiche da parte degli Stati membri nell’ambito del Fondo fiduciario per l’Africa,
· al codice di condotta per le ONG;
· alla politica dei rimpatri, in particolare attraverso misure che prevedono una stretta sui visti (i Paesi che non accolgono i rimpatri dovrebbero andare incontro a restrizioni sui visti da parte dei paesi europei).
La missione navale militare EUNAVFOR MED, volta a contribuire a smantellare le reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale, è stata avviata con decisione del Consiglio dell’UE del 22 giugno 2015.
La missione - condotta nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - era stata approvata dal Consiglio affari del 18 maggio 2015 con la decisione 2015/778, sulla base del mandato conferito dal Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015.
La missione è realizzata adottando misure sistematiche per individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti, in conformità del diritto internazionale applicabile, incluse l'UNCLOS e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Alla missione partecipano 25 gli Stati membri dell’UE, oltre all’Italia, Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovenia, Repubblica slovacca, Spagna, Svezia e Ungheria.
Il comando operativo di EUNAVFOR MED ha sede a Roma e comandante dell'operazione è l'ammiraglio di divisione Enrico Credendino.
La missione EUNAVFOR MED è condotta in 3 fasi:
·
in
una prima fase (22 giugno - 7 ottobre 2015), sostiene
l'individuazione e il monitoraggio delle reti di migrazione attraverso la
raccolta d'informazioni e il pattugliamento in alto mare conformemente al
diritto internazionale;
·
in
una seconda fase (7 ottobre 2015 – in corso),
a) procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto internazionale applicabile, in particolare UNCLOS e protocollo per combattere il traffico di migranti e alle condizioni previste dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU;
b) conformemente
alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o
al consenso dello Stato costiero interessato, procede a fermi, ispezioni,
sequestri e dirottamenti, in alto mare o nelle acque territoriali e interne
di tale Stato, di imbarcazioni sospettate di essere usate per il
traffico e la tratta di esseri umani;
· in una terza fase, conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, adotta tutte le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione e relativi mezzi, anche eliminandoli o rendendoli inutilizzabili, che sono sospettati di essere usati per il traffico e la tratta di esseri umani, nel territorio di tale Stato, alle condizioni previste da detta risoluzione o detto consenso.
Per la piena operatività della missione nella seconda fase e nella terza fase sarà necessario un mandato internazionale attraverso una risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Il Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite, il 9 ottobre 2015, ha approvato la
risoluzione 2240
(2015) che autorizza gli Stati membri e la UE ad effettuare, per il
periodo di un anno, fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto
mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la
tratta di esseri umani (v. sopra seconda fare, punto a). Il Consiglio
di sicurezza il 6 ottobre 2016 ha poi prolungato di un anno tale
autorizzazione.
Le fasi successive della missione dovranno essere autorizzate da successive risoluzioni del Consiglio di sicurezza, e sarà necessario il consenso del Governo libico.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il 14 giugno 2016, ha adottato un nuova risoluzione 2292(2016) volta a consentire alla operazione EUNAVFOR MED attività per far rispettare l’embargo di armi all’UE. In particolare, la risoluzione prevede che a partire dal 14 giugno 2016 e per un durata di 12 mesi i mezzi della missione EUNAVFOR MED potranno intercettare e ispezionare in alto mare al largo delle coste della Libia le imbarcazioni in provenienza o dirette in Libia sospettate di trasportare armi o attrezzature militari.
La
transizione alle fasi successive sarà oggetto di una ulteriore
valutazione da parte del Consiglio dell’UE e decisione del Comitato politico e
di sicurezza, organo preparatorio del Consiglio per la politica estera e di
sicurezza comune e della politica sicurezza e di difesa comune [5], che
esercita il controllo politico e la direzione strategica della missione.
Il 20 giugno 2016 il Consiglio dell’UE ha adottato una decisione con la quale si proroga di un anno (al 27 luglio 2017) la missione EUNAVFOR MED e si estende il suo mandato anche ai profili relativi a:
a) sviluppo di capacità, formazione e condivisione di informazioni con la guardia costiera e la marina libiche, in base a una richiesta da parte delle autorità libiche legittime e tenendo conto della necessità di titolarità della Libia;
L’ammiraglio Enrico Credendino, responsabile della missione EUNAVFOR MED e il contrammiraglio Abdallah Toumia, comandante della guardia costiera libica, hanno firmato a Roma, lo scorso 23 agosto, un protocollo di accordo sulle attività di formazione della guarda costiera e la marina libica da parte della missione EUNAVFOR MED.
b) contributo alla condivisione delle informazioni e attuazione dell'embargo delle Nazioni Unite sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche, sulla base della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, poi adottata il 14 giugno 2016 (v. supra).
Le unità navali dell'UE che partecipano all'operazione Eunavfor Med potranno quindi entrare nelle acque libiche, su richiesta delle autorità libiche, per condurre attività di addestramento della Guardia costiera.
L'ingresso in acque libiche secondo le
modalità previste per le funzioni di addestramento non
costituisce l'avvio della cosiddetta fase 2 B, quella che prevede
operazioni in acque territoriali per la caccia e la lotta contro i trafficanti
di essere umani.
Il 14 luglio 2017 il Consiglio dell’UE ha adottato una decisione con la quale ha prorogato la missione EUNAVFOR MED al 31 dicembre 2018.
La missione coopera con le pertinenti autorità degli Stati membri ed è previsto prevede un meccanismo di coordinamento con le agenzie dell’Unione Frontex, Europol, Eurojust, Ufficio europeo di sostegno all’asilo e le altre missioni PSDC.
Il 22 dicembre 2015 è stato firmato un memorandum di intesa volto a rafforzare la cooperazione tra la missione EUNAVFOR MED e Europol, in particolare al fine di individuare e smantellare la rete criminali convolti nel traffico di rifugiati nel sud del Mediterraneo.
Al
30 giugno 2017, la missione ha contribuito a soccorrere circa 39.000
persone, sequestrare 463 imbarcazioni e a consegnare alle autorità
italiane 110 persone accusate di traffico di migranti.
La
missione impiega 6 unità navali (oltre alla nave italiana d’assalto
anfibio San Giusto, 5 unita navali messe a disposizione da Germania, Regno
unito, Spagna, Francia e Belgio) e 7 unità aeree (di cui tre elicotteri
messi a disposizione da Italia, Spagna e Belgio e tre unità aeree da
Lussemburgo, Spagna e Francia).
L'importo
di riferimento finanziario per i costi comuni della missione è stato
pari a 11,8 milioni di EUR per il primo anno di attività (fino al 27
luglio 2016), per il secondo anno di attività (dal 28 luglio 2016 al 27
luglio 2017) è previsto uno stanziamento di 6,7 milioni di euro.
Con
riferimento alla partecipazione italiana alla missione dell’Unione
europea EUNAVFOR MED si ricorda che, da ultimo, il decreto legge n. 67 del 2016
ha autorizzato, al comma 8 dell’articolo 1, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016,
la spesa di euro 70.305.952.
In particolare l'Italia contribuisce mettendo a disposizione:
· il quartier generale operativo UE in Roma;
· nave italiana d’assalto anfibio San Giusto con alcuni aeromobili imbarcati;
· supporti sanitari imbarcati e a terra;
· risorse logistiche nelle basi di Augusta, Sigonella e Pantelleria.
La missione Sea guardian della NATO è subentrata alla missione Active endeavour nel Mediterraneo.
La missione si propone di assolvere ad una vasta gamma di compiti tra cui la sorveglianza degli spazi marittimi di interesse, il contrasto alla minaccia terroristica e formazione a favore delle forze di sicurezza dei paesi rivieraschi (c.d. capacity building). A questi compiti già svolti dalle forze marittime NATO, possono aggiungersi quelli di garanzia della libertà di navigazione, di interdizione marittima, di contrasto alla proliferazione delle armi di distruzione di massa e di protezione delle infrastrutture sensibili.
L’Italia partecipa alla missione con 287 unità di personale militare per una media annua di 75 unità in funzione dei giorni di impiego. Si prevede, inoltre, l’invio di 2 unità navali e 2 unità aeree.
Il fabbisogno finanziario della missione è stimato in euro 17.537.952 fino al 31 dicembre 2017.
La missione Active Endevour si è concretizzata nel dispiegamento nel Mediterraneo, a partire dal 9 ottobre 2001, della Forza Navale Permanente della NATO nel Mediterraneo (STANAVFORMED). Il dispiegamento è stato disposto a seguito della decisione del Consiglio Nord Atlantico del 3 ottobre 2001, relativo all’applicazione dell’articolo 5 del Trattato di Washington, in conseguenza degli avvenimenti dell’11 settembre. Compito della missione è stato quello di monitorare il flusso del traffico delle merci via mare nella regione, stabilendo contatti con le navi mercantili che vi transitano. L’operazione è stata effettuata nel contesto della lotta al terrorismo internazionale e dei controlli antipirateria marittima.Dal 16 marzo 2004 la NATO ha esteso a tutto il Mediterraneo l'area di pattugliamento. Nel gennaio 2005, a seguito dell’integrazione nella NRF (NATO Response Force) la STANAVFORLANT e la STANAVFORMED sono state rispettivamente rinominate SNMG-1 (Standing NRF Maritime Group 1) e SNMG-2 (Standing NRF Maritime Group 2).
A seguito del Summit di Varsavia di luglio 2016, la NATO ha stabilito di implementare la missione Active Endeavour, reindirizzandola verso l’operazione denominata "Sea Guardian", che è condotta in sinergia con l'operazione "Sophia" e in coordinamento con le iniziative che assumerà la Guardia Costiera e di Frontiera "Frontex", della Unione Europea.
A differenza della missione Active Endevour, l’operazione Sea Guardian non è condotta in base alla clausola di difesa collettiva dell’Alleanza di cui all’articolo 5 del Trattato. Tuttavia, essa potrebbe avere una componente basata su tale clausola, se il Consiglio Nord Atlantico (NAC) deciderà in tal senso.
L’Operazione Sea Guardian rientra sotto il Comando Marittimo Alleato (HQ MARCOM) con sede a Northwood (Regno Unito).
[1] Secondo Frontex, la rotta del Mediterraneo centrale (dall’Africa del nord, con particolare riferimento alle coste libiche, verso l’Italia) ha registrato nei primi sei mesi del 2017 un aumento del 21 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016.
[2] Uno studio commissionato in preparazione della citata risoluzione agli Uffici del Parlamento europeo rileva, peraltro, che i ritardi nell’attuazione dei programmi di ricollocazione in Italia sarebbero parzialmente dipesi da deficit nella gestione da parte delle autorità italiane delle procedure di asilo. In particolare lo studio riporta una impreparazione diffusa tra i vari organismi competenti, anche a livello locale, per i servizi di asilo e in particolare nei centri di accoglienza. Lo studio sottolinea inoltre una mancanza di coordinamento tra autorità competenti, e l’uso di procedure eccessivamente farraginose, in quanto articolate in molti passaggi che spesso devono svolgersi in differenti luoghi.
[3] Per quanto riguarda il settore dei rimpatri tra il 1º gennaio e il 9 giugno 2017, l’Agenzia ha fornito sostegno a 144 operazioni, durante le quali sono stati rimpatriati 6.799 cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare - e ulteriori 43 operazioni sono in fase di preparazione.
[4] I punti di crisi (hotspot) sono zone alla frontiera esterna [dell’UE] interessata da una pressione migratoria sproporzionata dove sono state insediati sono centri specializzati per la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo ai fin del follow up (presentazione di domande di asilo, rimpatri dei migranti irregolari). In Italia sono attualmente operativi punti di crisi a Lampedusa, Taranto, Trapani e Pozzallo.
[5] Il Comitato politico e di sicurezza (CPS) è una formazione permanente del Consiglio dell'Unione europea (UE). Esso contribuisce all'elaborazione e all'attuazione della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD). Il CPS, presieduto in permanenza dal servizio europeo per l'azione esterna, è composto da un ambasciatore per ogni Stato membro, un rappresentante permanente della Commissione europea, un rappresentante del Comitato militare dell’UE, un rappresentante del segretariato del Consiglio dell'UE e uno del servizio giuridico del Consiglio.