Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Audizione della Commissaria europea per il commercio, Cecilia Malmström sulle politiche commerciali europee, con particolare riferimento alle pratiche di dumping e alle misure di difesa commerciale | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE Numero: 45 | ||||
Data: | 04/04/2017 | ||||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
audizioni e incontri in ambito ue
Audizione della Commissaria europea per il commercio, Cecilia Malmström sulle politiche commerciali europee, con particolare riferimento alle pratiche di dumping e alle misure di difesa commerciale
Roma, 6 aprile 2017
n. 45
4 aprile 2017
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)
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I N D I C E
La politica commerciale dell’Unione europea
· La nuova strategia commerciale dell’UE
· Priorità del programma di lavoro 2017 della Commissione europea in materia di politica commerciale
· Relazione programmatica del Governo sulla partecipazione dell’Italia all’UE
· Accordi commerciali conclusi
Pratiche di dumping e misure di difesa commerciale
L’Unione è una delle economie mondiali più aperte all’esterno. Gli scambi dell’UE con il resto del mondo sono raddoppiati tra il 1999 e il 2010 e attualmente quasi tre quarti delle importazioni nell’UE sono esenti dai dazi o sono soggette a dazi ridotti.
Il commercio estero di beni e servizi rappresenta circa il 35 % del PIL dell’UE: il 5 % in più rispetto agli USA. Secondo valutazioni della Commissione, un aumento dell’1% nel grado di apertura dell’economia genera, a distanza di un anno, un incremento della produttività del lavoro pari a 0,6 %.
La Commissione europea valuta che circa 31 milioni di posti di lavoro nell’UE dipendono dalle esportazioni europee.
L’UE sta portando avanti un programma senza precedenti di apertura reciproca dei mercati con alcuni dei maggiori partner commerciali bilaterali: USA, Canada e Giappone.
Il principale strumento che utilizza a tal fine sono gli accordi di libero scambio: prima del 2006 questi ultimi rappresentavano meno di un quarto degli scambi dell’UE. Se tutti i negoziati attualmente in corso dovessero concludersi positivamente, questa percentuale salirebbe a due terzi.
Il Consiglio europeo del 9 marzo 2017, da ultimo, ha ribadito l’impegno dell'UE “a favore di una politica commerciale incisiva e un sistema commerciale multilaterale aperto e disciplinato da regole, in cui l'OMC abbia un ruolo centrale.”
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Il 14 ottobre 2015, con la comunicazione “Commercio per tutti - Verso una politica commerciale e di investimento più responsabile” (COM (2015) 497), la Commissione ha avanzato proposte per una nuova strategia dell’UE in materia di scambi e di investimenti.
In particolare la nuova strategia intende promuovere una politica più efficace, trasparente e basata sui valori dell’UE:
In tale ambito la Commissione intende:
La Commissione intende dare una risposta alle preoccupazioni manifestate da organizzazioni, società civile e consumatori sugli eventuali impatti di taluni accordi in termini di minaccia al modello sociale e normativo dell'UE, di abbassamento degli standard di protezione della salute e dell’ambiente, di ripercussioni negative sull’occupazione, intensificando i suoi sforzi per promuovere un dibattito informato negli Stati membri e un dialogo più approfondito con la società civile in generale.
In tale ambito la Commissione intende in particolare:
La Commissione europea si impegna a salvaguardare il modello sociale e normativo europeo vigente a livello interno e sfruttare gli accordi commerciali e i programmi di preferenze commerciali per promuovere in tutto il mondo valori europei come lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani, il commercio equo ed etico e la lotta alla corruzione.
A tal fine, la Commissione:
Nel programma di lavoro per il 2017, la Commissione europea ribadisce l’impegno dell’UE a favore di un sistema commerciale aperto e regolamentato, essenziale per la crescita, l’occupazione e la competitività.
La Commissione europea indica le seguenti priorità:
· il proseguimento dei negoziati commerciali in corso con gli Stati Uniti, il Giappone, il Mercosur (Mercato comune dell'America meridionale), il Messico, la Tunisia e i paesi dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del Sud est asiatico);
I negoziati TTIP, avviati nel giugno 2013 e giunti al quindicesimo round negoziale, sono al momento sospesi per gli orientamenti della nuova amministrazione americana. La Commissaria europea Cecilia Malmström ha recentemente indicato che nel 2017 potrebbero concludersi i negoziati con il Giappone, Mercosur e Messico. Con i paesi dell’ASEAN, la UE sta conducendo negoziati a livello bilaterale con ciascun paese. Al momento sono stati conclusi i negoziati con Singapore (la finalizzazione dell’accordo è però al momento sospesa in attesa che la Corte di giustizia dell’UE si pronunci sulla natura mista o meno dell’accordo) e Vietnam, mentre sono ancora in corso con Malesia, Tailandia, Indonesia, Filippine e Myanmar/Burma. I negoziati con la Tunisia sono stati avviati ad ottobre 2015 e sono ancora in corso.
· la definizione di nuovi mandati per avviare negoziati commerciali con la Turchia, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Cile;
Per la Turchia si tratta di avviare il processo per la modernizzazione dell’Unione doganale già esistente con l’UE; per l’Australia e la Nuova Zelanda l’avvio di negoziati per accordi di libero scambio; per il Cile, l’aggiornamento dell’accordo di libero scambio del 2002.
· il proseguimento dei lavori a livello multilaterale in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC);
· la rapida ratifica dell’accordo economico e commerciale globale (CETA) con il Canada;
L’accordo CETA è stato siglato lo scorso 30 ottobre. Il Parlamento europeo ha approvato l’accordo il 15 febbraio 2017 (408 voti favorevoli, 254 contrari e 33 astensioni), che dovrebbe entrare provvisoriamente in vigore, una volta approvato dal Parlamento canadese, nel corso del 2017 per le materie sottoposte a competenza esclusiva dell’UE. Il CETA è stato, infatti, considerato un accordo misto e quindi per entrare definitivamente in vigore dovrà essere completata la ratifica presso tutti gli Stati membri dell’UE. L’accordo è già stato ratificato dalla Lettonia (il 23 febbraio 2017). Il disegno di legge di ratifica da parte dell’Italia non è ancora stato presentato. Si segnala che la Corte costituzionale francese sta esaminando un ricorso sulla compatibilità dell’accordo con la Costituzione francese.
Gli elementi chiave dell'accordo sono: a) l'eliminazione di circa il 99% dei dazi doganali esistenti tra le due aree economiche sui beni industriali e agricoli e nel settore della pesca; b) il riconoscimento delle indicazioni geografiche protette e la possibilità ai produttori canadesi di carne di avere accesso al mercato europeo e viceversa agli agricoltori europei di vendere latticini e prodotti caseari sul mercato nordamericano (nell'ambito del CETA, il Canada ha accettato di tutelare 143 indicazioni geografiche (IG) dell'UE; d) la rimozione di alcuni ostacoli agli investimenti diretti e specifiche disposizioni di protezione degli investimenti e risoluzione controversie tra Stati ed investitori, attraverso la creazione – innovando rispetto alla tradizionali clausole ISDS previste dai trattati commerciali bilaterali - di un tribunale permanente con giudici scelti dalle due parti per la risoluzione di eventuali dispute tra investitori e Stato e la previsione di un meccanismo di appello; e) la liberalizzazione del commercio nel settore dei servizi. Circa la metà dell’aumento globale del PIL per l’UE dovrebbe provenire dalla liberalizzazione degli scambi di servizi. Il CETA creerà nuove opportunità per le imprese europee, dando loro accesso al mercato canadese in settori quali i servizi finanziari, le telecomunicazioni, l’energia e i trasporti marittimi; f) una maggiore protezione, da parte canadese, della proprietà intellettuale, attraverso standard armonizzati a quelli dell'UE; g) l’eliminazione di barriere di natura non tariffaria, attraverso un maggior dialogo e trasparenza nel settore della regolamentazione tecnica; h) il mutuo riconoscimento di qualifiche professionali (ingegneri, architetti, commercialisti); i)una maggiore apertura dei mercati degli appalti pubblici.
Al fine di rispondere alle preoccupazioni espresse dall’opinione pubblica sull’impatto dell’accordo, UE e Canada hanno sottoscritto, in occasione della firma dell’accordo, uno strumento interpretativo sull’accordo CETA in cui si fornisce una interpretazione concordata in particolare sulla capacità dei governi di legiferare in difesa dell’interesse pubblico, come pure delle disposizioni relative alla protezione degli investimenti ed alla risoluzione delle controversie, nonché allo sviluppo sostenibile, ai diritti del lavoro e alla protezione ambientale.
· l'aggiornamento e la modernizzazione degli strumenti europei di difesa commerciale;
La Commissione considera urgente superare la situazione di stallo in seno al Consiglio dell’UE sulla proposta del 2013 relativa all’ammodernamento degli strumenti di difesa commerciale, tra cui la riforma della regola del dazio inferiore. Si tratta della proposta COM(2013)192 volta a modificare il regolamenti (CE) n. 1225/2009 e n. 597/2009 relativi alla difesa contro le importazioni oggetto rispettivamente di dumping e di sovvenzioni da parte di paesi non membri della Comunità europea. Il 21 ottobre 2016 il Consiglio europeo ha chiesto che sia raggiunto con urgenza un accordo equilibrato sulla posizione del Consiglio per quanto concerne la modernizzazione complessiva di tutti gli strumenti di difesa commerciale[2];
· svolgere un ruolo di primo piano nell’ambito dei lavori del forum mondiale sull'eccesso di capacità produttiva di acciaio, sotto l’egida del G20.
Concepito per affrontare l'eccesso di capacità produttiva dell'industria siderurgica mondiale, il Forum è stato istituito in occasione del vertice dei G20 che si è svolto a Hangzhou, in Cina. Avrà un mandato di tre anni rinnovabile e riferirà annualmente ai ministri del G20; una prima relazione dovrebbe essere presentata nel corso del 2017.
Per maggiori informazioni sugli accordi commerciali in corso da parte dell’UE si rimanda alla nota della DG Trade della Commissione europea.
Nella relazione programmatica per il 2017, il Governo - oltre a sottolineare l’importanza dei negoziati in materia di politica commerciale già indicati come prioritari nel programma di lavoro della Commissione europea – si indica l’intenzione di stimolare una riflessione sul futuro della politica commerciale dell’Unione europea e sulle modalità con le quali rispondere alla preoccupazioni dell’opinione pubblica mentendo l’efficacia e la credibilità dell’azione dell’UE.
Il Governo sottolinea, inoltre, le ulteriori seguenti priorità nell’ambito delle relazioni con paesi terzi:
· il rilancio del partenariato strategico tra l’UE e la Russia, che resta fortemente condizionato dalla crisi ucraina;
Si ricorda che in seguito alla crisi tra la Russia e l’Ucraina sono state adottate, sin da luglio 2014 delle serie di sanzioni economiche nei confronti della Russia, che sono state recentemente prorogate dal Consiglio europeo fino al 31 luglio 2017. Secondo dati forniti dalla Commissione europea ad aprile 2016, le esportazioni dell’UE verso la Russia sono calate del 28,4% nel 2015, rispetto al 2014, e le importazioni dalla Russia nell’UE del 25,5% nello stesso periodo di riferimento. Di conseguenza, la Russia è diventata il 5° partner commerciale dell’UE, perdendo la quarta posizione. Secondo gli stessi dati, l’Italia avrebbe subito nel 2015 un calo delle esportazioni nei confronti della Russia del 17,5% ed una calo delle importazioni dalla Russia del 25,2%, rispetto al 2014. Il totale dello scambio commerciale tra l’Italia e la Russia avrebbe subito un calo del 20,2%, passando dai 26,7 miliardi di euro nel 2014 a 21,3 miliardi di euro nel 2014. In conseguenza delle restrizioni imposte dalla Russia all’importazioni di prodotti agricoli ed alimentari dall’UE, secondo i dati della Commissione europea all’aprile 2016 le esportazioni agricole ed alimentari dell’UE verso la Russia hanno fatto registrare nel 2015 un calo del 39% rispetto al 2014. Per l’Italia il calo è stato del 38%. Il calo a livello di UE è stato comunque compensato da un generale aumento delle esportazioni.
· il consolidamento delle relazioni tra UE e Svizzera, attraverso il negoziato per un nuovo accordo sul quadro dei rapporti istituzionali tra UE e Svizzera. Occorrerà, inoltre, trovare una soluzione alla questione posta dall’esito del referendum federale che ha imposto l’adozione di misure volte a limitare la libera circolazione delle persone, che sia compatibile con l’Accordo sulla libera circolazione delle persone tra UE e Svizzera e che non risulti penalizzate per i lavoratori italiani frontalieri o residenti in territorio svizzero;
· il consolidamento del partenariato con la Cina, sostenendo l’impegno negoziale della Commissione europea per una positiva e rapida conclusione dell’Accordo sugli investimenti UE-Cina, nonché sull’accordo sulla tutela delle indicazioni geografiche. Il Governo intende inoltre promuovere la partecipazione dell’Italia ai progetti infrastrutturali e alle iniziative di investimento nell’ambito del progetto “One belt One road” che mira a stabilire un network di infrastrutture che colleghi l’Asia e l’Europa, unendo lo storico percorso della Via della Seta alla via marittima concepita nel XXI secolo;
La Commissione ha avviato negoziati per un accordo sugli investimenti con la Cina nel novembre del 2013. Al momento si sono svolti 12 round negoziali, di cui l’ultimo nel settembre del 2016.
· la ripresa dei negoziati per la conclusione dell’accordo di libero scambio UE- India;
I negoziati per la creazione di un’area di libero scambio tra UE ed India sono stati avviati nel giugno 2007. Dopo esser stati sospesi nell’estate del 2013, sono ripresi nel gennaio del 2016 e sono tutt’ora in corso.
· la rapida ratifica dell’accordo di cooperazione sul partenariato e lo sviluppo dell’Afghanistan;
· la conclusione di accordi di libero scambio con quattro paesi della riva sud del Mediterraneo, Marocco, Tunisia, Egitto e Giordania, prestando particolare attenzione alla capitolo della liberalizzazione commerciali dei prodotti agricoli;
· il dialogo politico e la cooperazione con i Paesi africani.
La Commissione Europea ha concluso numerosi accordi commerciali sia con Paesi terzi che con Organizzazioni Regionali e in particolare si menzionano seguenti:
· Accordo di libero scambio UE – Canada (Comprehensive EconomicTrade Agreement – CETA;
· Accordi di associazione e cooperazione con Cile e Messico, con i Paesi dell’America Centrale (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama);
· Accordo Commerciale Multipartito tra UE e Comunità Andina (Colombia, Perù ed Ecuador);
· Accordi di libero scambio UE - Corea del Sud, UE – Singapore, UE Vietnam;
· Accordi di Associazione comprensivi di aree di libero scambio ampie ed approfondite con Ucraina, Moldova e Georgia;
· Accordi di Partenariato e Cooperazione con Russia e Iraq;
· Accordo di libero scambio con la Svizzera;
· Accordi di Stabilizzazione ed Associazione (ASA) con i Paesi dei Balcani occidentali (ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Albania, Montenegro, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Kosovo);
· Unioni doganali con Turchia, Andorra e San Marino;
· Spazio Economico Europeo (28 UE + Norvegia, Islanda, Liechtenstein);
· Accordi Euromediterranei di Associazione con Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Israele, Libano, Giordania;
· Accordi di Partenariato Economico (Economic Partnership Agreement – EPA) con i Paesi e le Organizzazioni regionali africane UE – ECOWAS, per l’Africa occidentale, UE- SADC, per l’Africa meridionale, UE - EAC per l’Africa orientale.
Il 18 ottobre 2016 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Verso una politica commerciale solida per l’UE nell’interesse della crescita e dell’occupazione” COM(2016)690, alla quale ha fatto seguito, lo scorso 9 novembre, la proposta di regolamento COM(2016)721, con cui viene introdotto un nuovo metodo di calcolo del dumping nei confronti di Paesi terzi che adottano pratiche commerciali sleali.
Nella comunicazione la Commissione europea sollecita gli Stati membri ad approvare con urgenza la proposta di regolamento presentata già nel 2013 (COM(2013)192), volta a modernizzare gli strumenti di difesa commerciale, sulla quale si è prodotta una situazione di stallo per effetto del mancato accordo in sede di Consiglio. Oggetto di controversia è, in particolare, la permanenza o meno della cosiddetta regola del dazio inferiore, che a giudizio della Commissione europea e di alcuni Stati membri (tra cui l’Italia) andrebbe soppressa in quanto non sufficiente a tutelare le imprese europee di fronte al dumping praticato da alcuni partner commerciali, in particolare dalla Cina.
La regola del dazio inferiore consente alla Commissione di istituire i dazi a un livello inferiore al margine di dumping se tale livello è sufficiente a eliminare il pregiudizio arrecato ai prodotti dell'UE. In pratica, il livello dei dazi antidumping è stabilito al livello del margine di dumping o al livello che elimina il pregiudizio, a seconda del livello più basso (il "dazio inferiore"). La regola del dazio inferiore limita pertanto il livello dei dazi che possono essere imposti. Tale approccio equo è favorevole agli esportatori e la sua applicazione sistematica va al di là di quanto richiesto dagli obblighi stabiliti nell'Accordo antidumping del WTO.
Alcuni Paesi (Repubblica Ceca, Malta, Danimarca, Regno Unito, Slovenia, Finlandia, Svezia, Austria, Cipro, Paesi Bassi, Lettonia, Estonia e Irlanda) vorrebbero mantenerla, mentre altri Paesi (Polonia, Francia, Grecia, Ungheria, Belgio, Slovacchia, Lituania e Portogallo) vorrebbero vederla disapplicata. Questa è anche la posizione del Governo italiano che durante la Presidenza di turno ha tentato di raggiungere un compromesso sul testo.
Per quanto riguarda gli altri membri del WTO (inclusi gli Stati Uniti), la maggioranza di essi non applica autolimitazioni di questo tipo. Tra i Paesi che usano strumenti di difesa commerciale solo l'India, la Turchia, il Brasile e l'Australia applicano una qualche forma di regola del dazio inferiore.
La Commissione ha ritenuto necessario assumere questa iniziativa per effetto del rischio della decadenza di alcune disposizioni del Protocollo di adesione della Cina al WTO relative ai criteri per la determinazione del dumping per le economie non di mercato. La Commissione europea, in attesa che si definisca la questione del riconoscimento della Cina quale economia di mercato, al fine di evitare un vuoto normativo e una situazione d’incertezza, ha prospettato una soluzione con la quale tenta di aggirare la suddetta questione del riconoscimento e di assicurare, nel contempo, un livello di protezione antidumping adeguato.
In linea generale, si configura la pratica del dumping allorché un prodotto viene immesso in un mercato estero a un prezzo inferiore a quello normalmente applicato nel mercato interno, in tal modo distorcendo la concorrenza a danno delle imprese del Paese importatore.
Il WTO considera il dumping una pratica commerciale sleale che i Paesi importatori possono contrastare con l'introduzione di dazi antidumping, purché dimostrino:
Per margine di dumping si intende la differenza tra il prezzo utilizzato nelle normali operazioni commerciali nel mercato del Paese di esportazione (valore normale) e il prezzo all'esportazione. Il WTO vieta dazi antidumping superiori al margine di dumping; pertanto, il margine di dumping rappresenta il livello di dazi più elevato che il Paese importatore può imporre.
Di seguito si riportano le cifre relative agli scambi tra l’UE e la Cina concernenti le importazioni e le esportazioni, che denotano un notevole incremento delle importazioni europee negli anni 2014-2015.
Con riferimento all’industria siderurgica, l'eccesso di capacità cinese dell’acciaio è calcolato in 350 milioni di tonnellate. L'introduzione di prodotti cinesi è fortemente aumentata negli ultimi anni e il prezzo di alcuni prodotti è sceso del 40%. Dalla Cina, che produce circa 820 milioni di tonnellate di acciaio l'anno, quasi la metà della produzione mondiale, nel 2015 sono arrivate in Europa oltre 100 milioni di tonnellate.
La sovraccapacità riguarda anche altri settori, come quello dell'alluminio. In Cina ci sono circa 10 milioni di tonnellate di capacità di alluminio in eccesso, stimolata dalle sovvenzioni all'energia (che rappresenta fino al 40% dei costi di produzione dell'alluminio).
L'uso che l'UE fa degli strumenti di difesa commerciale è molto ridotto rispetto a tanti altri Paesi e riguarda solo lo 0,21% delle importazioni. Negli ultimi anni, tuttavia, la Commissione europea ha dovuto far ricorso a un numero crescente di misure antidumping e antisovvenzioni, che, secondo le stime della stessa Commissione, hanno tutelato circa 315 mila posti di lavoro in Europa, principalmente nei settori chimico, del ferro e dell'acciaio, delle ceramiche e dell'ingegneria meccanica. Solo per l’industria dell'acciaio, l'UE mette già in atto 40 misure antidumping e antisovvenzioni, 18 delle quali riguardano prodotti provenienti dalla Cina.
Gli Stati Uniti, ad esempio, impongono il doppio delle misure antidumping rispetto all'UE, con dazi spesso molto più alti. Per esempio, nel 2015 gli Stati Uniti hanno istituito un'aliquota del dazio antidumping pari al 266% nei confronti della Cina per i prodotti di acciaio laminati a freddo, mentre nell'Unione il tasso equivalente è stato del 21,1%. Una differenza così importante dei livelli dei dazi rischia di deviare i flussi commerciali verso l'UE, mettendo l'industria e i lavoratori europei in gravi difficoltà.
La Cina ha aderito all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) nel dicembre 2001. La Sezione 15 del Protocollo di adesione stabilisce che ciascun membro dell’Organizzazione è libero di decidere se concedere o meno alla Cina lo status di economia di mercato.
L’UE, ai sensi del regolamento antidumping di base, prevede 5 criteri ai fini del riconoscimento dello status di economia di mercato a un Paese terzo:
· scarsa interferenza del Governo nell’allocazione delle risorse e nelle decisioni delle imprese, sia direttamente che indirettamente (es. fissazione di prezzi, discriminazioni fiscali o regimi valutari);
· assenza di distorsioni statali nei processi di privatizzazione delle imprese e di sistemi commerciali o di compensazione non di mercato;
· diritto societario trasparente, protezione degli azionisti, pubblicità dei dati aziendali;
· insieme di norme coerente, efficace e trasparente sui diritti di proprietà e sul diritto fallimentare (bancarotta);
· esistenza di un settore finanziario realmente indipendente dallo Stato con sufficienti disposizioni ed adeguato controllo.
Nelle more del riconoscimento della Cina come economia di mercato, la stessa Sezione 15[3] stabilisce che gli importatori WTO per calcolare il margine di dumping[4] possano utilizzare metodologie alternative al metodo del valore normale (il prezzo praticato all'interno del Paese di origine delle merci).
In particolare, l’Unione europea, in presenza di determinate condizioni, utilizza il cosiddetto metodo del “Paese analogo” (o “Paese di riferimento”) il quale consente, nel caso di importazioni in provenienza da Paesi non retti da un’economia di mercato, di determinare il valore normale in base al prezzo o al valore costruito in un Paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale Paese terzo ad altri Paesi. In tal modo, si possono considerare i prezzi (normalmente più alti) di un Paese terzo per applicare margini di correzione tariffaria antidumping superiori rispetto a quelli praticati considerando i prezzi o i costi interni cinesi.
In base ad altra norma del Protocollo di adesione della Cina al WTO[5], le suddette disposizioni decadrebbero con il riconoscimento dello status di mercato alla Cina e in ogni caso dopo 15 anni dalla data di adesione della Cina al WTO.
La Cina, avvalendosi di quest’ultima disposizione, afferma che, a partire dall’11 dicembre 2016, i Paesi membri del WTO non possano più adottare, nelle procedure antidumping aventi ad oggetto prodotti importati dalla Cina, metodologie alternative a quella del cosiddetto valore normale. Ciò comporterebbe per l’Unione europea l’abbandono del metodo del Paese analogo o di riferimento e di modificare pertanto il trattamento riservato alla Cina nelle indagini antidumping.
Tuttavia, tale decadenza è oggetto di controverse interpretazioni. Vi è la tesi di chi sostiene che l’Unione europea potrebbe continuare a utilizzare il metodo del Paese analogo anche dopo l’11 dicembre 2016. Secondo questa tesi, non verrebbe comunque meno l’onere in capo alle imprese cinesi di dimostrare che nel loro settore prevalgono condizioni di economia di mercato. Secondo un’altra interpretazione la decadenza delle norma in questione provocherebbe un’inversione dell’onere della prova: mentre oggi sono le imprese cinesi a dover dimostrare che nel loro settore prevalgono condizioni di economia di mercato, dopo l’11 dicembre 2016 ricadrebbe sulle autorità dei Paesi importatori l’onere di dimostrare che le imprese cinesi non operano in condizioni di mercato.
A seguito della suddetta scadenza, il 12 dicembre 2016 la Cina ha formalmente avviato una richiesta di consultazioni con l’Unione europea, nell’ambito del WTO, sulle disposizioni del regolamento antidumping UE che prevedono un diverso regime da applicare alle importazioni provenienti dai cosiddetti Paesi a economia non di mercato, tra cui la Cina. Le consultazioni si sono svolte il 23 gennaio 2017, ma non sono riuscite a risolvere la controversia. Di conseguenza, il 9 marzo 2017 la Cina ha richiesto la costituzione di un panel di esperti, avviando così formalmente la seconda fase del procedimento di contenzioso. L'UE ha contestato la richiesta di costituzione del panel. Il 3 aprile 2017, il Dispute Settlement Body (DSB) del WTO ha deciso di costituire il panel, ma i membri non sono stati ancora scelti.
Per migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’azione dell’UE e con l’obiettivo di modernizzare gli strumenti di difesa commerciale, il 10 aprile 2013 la Commissione europea aveva presentato la proposta di regolamento (COM(2013)192) contenente modifiche al regolamento antidumping di base[6] e al regolamento antisovvenzioni di base[7].
Le modifiche proposte dalla Commissione si prefiggono di:
La proposta è già stata discussa ampiamente in seno al Parlamento europeo e al Consiglio. Tuttavia, mentre il Parlamento europeo l’ha approvata in prima lettura, in sede di Consiglio i punti di vista degli Stati membri sono ancora largamente divergenti. In particolare, si è prodotta un'impasse sulla questione della regola del dazio inferiore (Lesser Duty Rule).
La proposta di regolamento COM(2016)791 reca un nuovo metodo di calcolo del dumping sulle importazioni da Paesi in cui vi sono distorsioni del mercato o in cui lo Stato ha un'influenza pervasiva sull'economia. La nuova proposta, secondo quanto enunciato dalla Commissione, non sostituisce quella del 2013 per la modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale, ma si affianca ad essa.
Secondo le intenzioni della Commissione, il nuovo metodo di calcolo del dumping garantirebbe una transizione razionale verso il nuovo assetto, senza concedere lo status di economia di mercato a nessun Paese, ma assicurando che gli strumenti di difesa commerciale dell’UE vengano adattati alle nuove realtà giuridico-economiche mantenendo un livello di protezione equivalente. Inoltre, il nuovo metodo permetterebbe di intervenire sulle sovvenzioni recentemente rilevate.
Per identificare e determinare le distorsioni del mercato legate all'intervento dello Stato nei Paesi terzi che dissimulano la vera portata delle pratiche di dumping la Commissione ritiene che si debbano prendere in considerazione diversi criteri tra cui, per esempio:
Questa nuova metodologia, a detta della Commissione, non farà distinzioni tra i diversi Paesi e potrà essere applicata in egual misura a tutti i membri del WTO, comportando l'eliminazione dell'elenco dei Paesi che non hanno un'economia di mercato nell’ambito della legislazione antidumping e avvicinando in tal modo la legislazione e la prassi dell'Unione a quelle di altri partner internazionali, come gli Stati Uniti e il Canada. Il nuovo metodo sarà applicato unicamente alle inchieste avviate dopo l’entrata in vigore delle nuove norme.
Più in dettaglio, la proposta di regolamento prevede che, qualora sia accertato che non è opportuno utilizzare i prezzi e i costi sul mercato interno del paese esportatore a causa dell'esistenza di distorsioni significative, il valore normale è costruito in base a costi di produzione e di vendita che rispecchino prezzi o valori di riferimento esenti da distorsioni. A tal fine, possono essere utilizzati i prezzi, i costi o i valori di riferimento internazionali esenti da distorsioni o i corrispondenti costi di produzione e di vendita in un paese rappresentativo appropriato, con un livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore.
Per quanto riguarda invece i Paesi non membri del WTO (Azerbaigian, Bielorussia, Corea del Nord, Kazakhstan, Turkmenistan e Uzbekistan), il valore normale viene determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l'esportazione da tale paese terzo ad altri paesi, compresa l'Unione. Ove ciò non sia possibile, il valore normale è determinato su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nell'Unione per un prodotto simile, se necessario adeguato per includere un equo margine di profitto.
Come avviene attualmente, il compito di presentare denunce sarà, anche in futuro, a carico dell'industria europea, che potrà però avvalersi di relazioni della Commissione a sostegno delle proprie tesi. I servizi della Commissione, infatti, possono pubblicare una relazione sulla situazione specifica in un determinato paese o settore, che potrà essere inserita nel fascicolo di qualsiasi inchiesta relativa a quel paese o settore.
La proposta prevede anche modifiche al regolamento antisovvenzioni di base prevedendo che eventuali nuove sovvenzioni emerse durante un'indagine possano essere oggetto dell'inchiesta e prese in considerazione all'atto della determinazione dei dazi definitivi.
L'esperienza ha dimostrato, infatti, che l'effettiva entità delle sovvenzioni viene di norma constatata durante l’inchiesta. In particolare, accade di frequente che gli esportatori oggetto dell'inchiesta risultino beneficiare di sovvenzioni la cui esistenza non avrebbe ragionevolmente potuto essere conosciuta prima dello svolgimento dell'inchiesta.
Il 9 febbraio 2017 la X Commissione (attività produttive) ha approvato un documento finale sulle proposte in oggetto, esprimendo una valutazione contraria con le seguenti osservazioni:
a) in linea generale, le proposte non garantiscono quel rafforzamento delle politiche commerciali dell’UE che appare necessario nel contesto attuale, tenuto conto della concorrenza molto aggressiva e spesso sleale esercitata da alcuni Paesi, in particolare dalla Cina, anche alla luce delle misure, rilevatesi più efficaci, praticate da tempo da alcuni partner, tra cui gli Stati Uniti d’America;
b) non può essere mantenuta la regola del dazio inferiore che, peraltro, non discende dalla regolamentazione WTO e costituisce uno specifico dell’ordinamento europeo che non trova riscontro in altri ordinamenti;
c) nell’attuale situazione, non si può procedere al riconoscimento della Cina quale economia di mercato, non essendo soddisfatti i cinque criteri con cui l'UE ha valutato fino ad oggi lo status di economia di mercato. Peraltro, un ulteriore imprescindibile criterio da assumere deve essere individuato nella verifica del mancato ricorso al dumping sociale, ossia a pratiche produttive che si basano sullo sfruttamento dei lavoratori e sulla negazione di diritti irrinunciabili dei lavoratori stessi, ampiamente praticato da alcune economie, in particolare dalla stessa Cina;
d) più in generale, le politiche antidumping europee devono basarsi su criteri certi e definiti, tali da non determinare situazioni di incertezza che possano porre gli operatori economici nell’impossibilità di conoscere le regole concretamente applicabili. Le disposizioni della proposta per la definizione di un valore normale di calcolo del dumping sembrano rimettere a una valutazione discrezionale la scelta di assumere i parametri indicati, ai quali non viene attribuito carattere vincolante. In proposito, le modifiche in sede negoziale dovrebbero andare nel senso di rendere meno aleatori e discrezionali i parametri previsti.
La Presidenza slovacca, in sede di Consiglio affari esteri dell'11 novembre scorso ha sottoposto agli Stati membri un testo di compromesso, sul quale non è stato possibile raggiungere un accordo politico per effetto della mancanza di coesione tra gli Stati. Nella proposta, peraltro, si dice innanzitutto che il principio della regola del dazio inferiore deve essere mantenuto, in quanto assicura la proporzionalità delle misure antidumping, nella misura in cui esse sono limitate all'importo strettamente necessario. L'applicazione di dazi più elevati del margine di pregiudizio dovrebbe essere consentita solo a titolo di eccezione, in circostanze ben definite[8].
Con riferimento al testo di compromesso presentato dalla Presidenza slovacca, da un lato, vi sono Stati che si oppongono ad ogni seppur limitata disapplicazione della regola del dazio inferiore, sottolineando la necessità di evitare di creare barriere che possano favorire la crescita dei paesi terzi a discapito degli Stati membri (SE, IE, EE, LV) soprattutto con riferimento ai potenziali investimenti cinesi ovvero l'opportunità di non imporre dazi punitivi molto elevati come avviene negli Stati Uniti (FI, SI, IE).
Alcuni Stati membri si sono dimostrati aperti al compromesso della Presidenza (FR e DE in testa, seguiti da RO, PT, LT), mentre Polonia e Grecia reclamano un perimetro più ampio di disapplicazione della regola del dazio inferiore.
Più critica la posizione italiana, che ritiene la proposta di compromesso un passo indietro rispetto al testo predisposto durante la Presidenza italiana del 2014. Più in dettaglio, le perplessità italiane riguardano: la restrittiva definizione delle "raw material distortions"; la previsione del 20% come limite minimo di componente distorsiva delle materie prime rispetto al costo di produzione del prodotto; l'interim review destinata nei primi due anni ad abbassare il livello dei dazi.
Successivamente, nella Riunione informale dei Ministri del commercio svoltasi a Malta il 3 marzo scorso, la Presidenza maltese ha espresso condivisione per il sistema delineato dalla Commissione europea sostenendo che esso fornirebbe garanzie di certezza giuridica ed efficacia economica in grado di proteggere l'industria europea, compatibilmente con le regole WTO. La commissaria Malmström ha ribadito come la soluzione prospettata sia la più adatta a difendere le imprese europee da pratiche sleali, compatibilmente con le regole internazionali.
La commissaria Malmström, inoltre, circa la questione dell'onere della prova, ha sottolineato che: le nuove norme non comporteranno alcun aggravio per le imprese; la Commissione, attraverso "studi paese/settori", faciliterà l'indagine e la fase di denuncia; tali studi non costituiranno comunque una precondizione necessaria per determinare le distorsioni. La commissaria, infine, ha invitato gli Stati membri a procedere rapidamente nella definizione della posizione del Consiglio, poiché attendere gli esiti della controversia in ambito WTO rischierebbe di rendere vulnerabile l’UE in caso di giudizio finale negativo Inoltre, ad avviso della commissaria, un’approvazione rapida della nuova normativa potrebbe indurre la Cina a desistere dal proseguire la procedura di contenzioso.
In linea generale, il Consiglio, con l’unica eccezione dell'Italia, ha sostenuto l'impostazione neutrale della proposta, basata sul concetto di pratiche distorsive indipendentemente dal Paese che le ponga in essere, mentre alcune differenze sono emerse circa i tempi rapidi di approvazione della proposta, richiesti dalla commissione e dalla Presidenza.
L’Italia, ricordando che obiettivi della modifica del sistema di calcolo antidumping dell'UE sono, da un lato, l'individuazione di un sistema giuridicamente certo e, dall'altro, la garanzia di soluzioni economicamente solide, ha sostenuto che la proposta in esame non riesce a soddisfare nessuno dei due obiettivi, in quanto giuridicamente vaga ed incerta nella sua efficacia. Per questi motivi, l’Italia non ha condiviso la soluzione cd. country neutral, ritenendo che l'unica opzione sia quella basata sulla distinzione tra economie di mercato e non di mercato e su una metodologia non standard nei confronti di queste ultime, con onere della prova inequivocabilmente a carico degli esportatori (si tratta del metodo messo in pratica dagli USA).
[1] Il sistema delle preferenze generalizzate (SPG), applicato dalla CEE dal 1971 sulla base di una raccomandazione dell’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite su commercio e sviluppo), consente di potenziare le esportazioni di prodotti originari dei paesi in via di sviluppo tramite la concessione di speciali preferenze tariffarie. L’SPG applicato dall’UE è il più generoso fra tutti i sistemi adottati dai paesi sviluppati.
[2] Per maggiori dettagli, si rinvia al bollettino n. 68/2016 “Strumenti di difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea”, a cura dell’Ufficio RUE.
[3] Paragrafo a) (ii).
[4] La differenza fra il prezzo che l’esportatore applica a un prodotto nel mercato di provenienza (valore normale) e il prezzo che lo stesso esportatore applica a tale prodotto sul mercato dell’UE (prezzo all’esportazione).
[5] Sezione 15, paragrafo d)
[6] Regolamento (CE) 1225/2009, codificato con il regolamento (UE) 2016/1036)
[7] Regolamento (CE) 597/2009, codificato con il regolamento (UE) 2016/1037)
[8] Il testo proposto prevede che: “L'importo del dazio antidumping non supera il margine di dumping accertato, ma dovrebbe essere inferiore al margine di dumping qualora tale dazio inferiore sia sufficiente a eliminare il pregiudizio causato all'industria dell'Unione. Nel valutare se un dazio inferiore al margine di dumping sia sufficiente a eliminare il pregiudizio, la Commissione tiene conto dell'eventuale esistenza di distorsioni relative alle materie prime per quanto riguarda il prodotto in questione. Per distorsioni relative alle materie prime s'intendono regimi di doppia tariffazione, tasse all'esportazione e restrizioni all'esportazione che conducono a una riduzione notevole del prezzo di dette materie prime nel paese esportatore rispetto ai prezzi nell'Unione europea”.