Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Audizione della Commissaria per il commercio Cecilia Malmström Roma, 26 novembre 2015
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE    Numero: 27
Data: 26/11/2015

 

        

 

 

Documentazione per le Commissioni

audizioni e incontri in ambito ue

 

 

Audizione della Commissaria per il commercio Cecilia Malmström

 

Roma, 26 novembre 2015

 

 

 

 

 

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Camera dei deputati

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INDICE

Schede di lettura  5

Premessa  7

La nuova strategia commerciale dell’UE  11

L’UE e gli accordi di libero scambio   17

Accordi di libero scambio in vigore  20

Accordi di libero scambio conclusi ma non in vigore  21

Accordi di libero scambio in corso di negoziazione  22

Negoziati futuri 23

Il partenariato trans-atlantico per gli scambi e gli investimenti (TTIP) 25

L'undicesimo round negoziale sul TTIP  25

Accesso al mercato  25

Cooperazione in campo normativo  28

Norme  29

Il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato: la proposta della Commissione europea  32

La trasparenza dei negoziati 35

La risoluzione del Parlamento europeo sul TTIP  36

La posizione dell'Italia  38

Il TTIP e il comparto agricolo   40

Il TTIP e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione ed il commercio digitale  42

Il TTIP e i Diritti di proprietà intellettuale  44

Il TTIP e Le piccole e medie imprese  45

 


 


Schede di lettura



 

Premessa

Dal 19 al 23 ottobre scorsi ha avuto luogo a Miami l'undicesimo round negoziale sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti, l'accordo commerciale tra Unione europea e Stati Uniti che prevede la creazione di una zona di libero scambio tra le due parti, l'abbattimento dei dazi doganali, la rimozione del maggior numero di ostacoli, tariffari e non tariffari agli scambi e agli investimenti, generando nuove opportunità economiche in termini di creazione di posti di lavoro e di crescita mediante un maggiore accesso al mercato e una migliore compatibilità normativa.  Si ricorda che l'accordo sarà articolato in tre pilastri: accesso al mercato, cooperazione in campo normativo e norme e comprenderà 24 capitoli. 

I negoziati con gli Stati Uniti sono condotti dalla Commissione europea sulla base del mandato conferitole dal Consiglio dell'Unione nel giugno 2013.

Nel corso del round di ottobre sono stati discussi molti capitoli relativi ai tre pilastri, e sono stati compiuti molti progressi anche se su alcuni temi permangono ancora alcuni nodi.

In particolare, in materia di accesso al mercato, l'Unione europea ha sollevato perplessità circa alcuni aspetti della normativa statunitense che ostacolano l'accesso dei prodotti agricoli sul mercato USA (divieto di consegna diretta di vino dell'UE ai consumatori finali nel mercato Usa, ispezioni Usa sulle olive da tavola e della tassa sui prodotti del latte). Per quanto riguarda gli appalti pubblici, nonostante il confronto, le parti non hanno ancora proceduto allo scambio di offerte, che probabilmente avverrà nel prossimo round negoziale. Si ricorda che l'accesso alle imprese europee al mercato di appalti statunitense, sia a livello federale che subfederale, è di fondamentale importanza per l'Unione europea. Attualmente, infatti,  negli Stati Uniti vi sono forti restrizioni per le aziende dell'UE, alle quali in taluni casi non è neanche concesso di partecipare alle gare di appalto. Non ha avuto luogo la discussione sulla protezione degli investimenti e la risoluzione delle controversie tra investitori e stato. Era prevista la presentazione da parte della Commissione europea di una proposta ufficiale, che invece è stata finalizzata e trasmessa gli Stati Uniti lo scorso 12 novembre. Tra gli elementi principali della proposta vi è la sostituzione dell'attuale meccanismo ISDS con un sistema giudiziario costituito da un Tribunale permanente (di prima istanza) e da una Corte d'Appello - operanti in base a regole chiare, trasparenti - e composto da giudici selezionati (dalla due Parti) in base a precisi requisiti. Sulla base di tale proposta riprenderanno ora i negoziati con gli Stati Uniti, sospesi dal marzo 2014.

In materia di cooperazione in campo normativo, l'Unione europea ha ribadito che questa potrà esserci solo se il livello di protezione dei cittadini resterà invariato o migliorerà; se non sarà modificato il modo in cui l'Unione europea legifera su politiche pubbliche quali la sicurezza alimentare e la protezione dei dati; se non sarà alterata la regolazione normativa dell'Unione europea o l'indipendenza degli organismi di regolazione. Occorrerà pertanto vigilare affinché tali principi siano rispettati nell'Accordo.

Circa il pilastro sulle norme, resta invece ancora da decidere se vi sarà un capitolo specifico su energia e materie prime,  sul quale gli Stati Uniti non hanno ancora preso una decisione, ritenendo in generale che le questioni energetiche siano coperte in modo orizzontale in altri capitoli. L'Unione europea è invece favorevole ad un capitolo specifico. Per quanto riguarda poi le Indicazioni geografiche (IG) l'Unione europea ha sottolineato che la loro protezione costituisce una delle priorità chiave all'interno del TTIP. Il  confronto ha riguardato la lista di indicazioni geografiche europee da sottoporre a tutela e le alternative al sistema di marchi statunitense. Si ricorda che in questo settore si registra una significativa differenza tra il sistema europeo - in cui una serie di beni, la cui produzione è legata ad una specifica località, sono tutelati proprio in relazione al luogo in cui vengono prodotti - e quello statunitense - in cui i nomi possono essere registrati come "marchi" ed immessi sul mercato indipendentemente da ogni altra considerazione. Su questo punto il round di ottobre si è concluso senza un accordo. Sembra permanere, infatti, la chiusura degli Stati Uniti in tema di etichettature e protezione dei prodotti Doc e Igp, mentre a loro volta chiedono accesso al mercato europeo per gli OGM, che, pur non essendo oggetto di trattativa, rappresentano gran parte delle coltivazioni Usa.

Le suddette difficoltà negoziali rendono poco probabile, dal punto di vista della tempistica, la conclusione dei negoziati entro il 2015, come più volte auspicato invece dall'Unione europea al fine di evitare un possibile rallentamento nel ritmo dei negoziati dovuto alla campagna presidenziale negli Stati Uniti[1]. Inoltre, il dodicesimo round - che doveva tenersi in Europa il prossimo mese di dicembre - sembrerebbe rimandato a febbraio 2016, rendendo sempre più probabile l'ipotesi di uno slittamento della conclusione dell'accordo verso il 2017.

Resta poi da risolvere la questione legata alla trasparenza dei negoziati. In tal senso sono state intraprese alcune iniziative, quali la declassificazione delle direttive di negoziato relative al TTIP che, in omaggio al principio generale della segretezza del mandato negoziale, erano contenute in un documento classificato. La Commissione europea ha pubblicato molti testi relativi al TTIP (proposte e alcuni position papers) ed ha assunto l'impegno di rendere nota una sintesi di ogni successivo round negoziale. Inoltre, presso il Parlamento europeo è stata istituita una "sala di lettura" per consentire l'accesso ai deputati europei ai documenti negoziali.

Si ricorda poi l'accordo raggiunto con gli Stati Uniti, in base al quale sono state aperte ai funzionari delle amministrazioni pubbliche delle "sale di lettura" - presso le Ambasciate USA delle capitali europee - ove sia possibile la consultazione, nel rispetto di severe misure di sicurezza, dei testi negoziali consolidati. Tuttavia, tale iniziativa, non prevedendo l'accesso alle sale per i parlamentari, lascerebbe irrisolta la questione dell'accesso dei parlamenti nazionali ai testi negoziali del TTIP[2]. In alternativa, la  Commissione europea avrebbe proposto agli Stati Uniti un sistema di consultazione on-line, con le dovute misure di sicurezza,  sul quale sarebbe in corso una riflessione.

Sulla questione della trasparenza si ricorda la risoluzione Rosato ed altri (n. 6-00155), approvata dalla Camera dei deputati il 10 settembre 2015, in esito dell’esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione per il 2015 e della Relazione programmatica del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2015, si impegna il Governo "con particolare riguardo al TTIP, a tenere costantemente aggiornato il Parlamento sull'andamento dei negoziati e a individuare soluzioni adeguate a garantire ai membri del parlamento l'accesso ai documenti negoziali consolidati".


 

 

La nuova strategia commerciale dell’UE

Il 14 ottobre 2015, con la comunicazione “Commercio per tutti - Verso una politica commerciale e di investimento più responsabile” (COM (2015) 497), la Commissione ha avanzato proposte per una nuova strategia dell’UE in materia di scambi e di investimenti.

Come dichiarato dalla Commissaria europea per il commercio, Cecilia Malmström, intervenendo alla riunione della commissione Commercio Internazionale del Parlamento europeo, la strategia si concentrerà su tre settori:

·         l'impegno di politica commerciale per la promozione dei valori europei nel mondo,

Nell’aggiornare la politica commerciale dell’UE, la Commissione ha tenuto conto di alcuni aspetti di contesto.

In primo luogo, il commercio può essere uno strumento fondamentale per stimolare la crescita e l’occupazione - che rappresentano la priorità politica della Commissione Juncker - tanto più in considerazione dei significativi risultati commerciali dell’UE, confermati anche durante la crisi.

L’UE è la più grande economia del mondo, il maggiore esportatore e importatore, il principale investitore e destinatario di investimenti esteri e il più grande donatore di aiuti. Con solo il 7% della popolazione mondiale, l’UE rappresenta quasi un quarto della ricchezza mondiale in termini di prodotto interno lordo (PIL).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come rilevato nella comunicazione, il commercio sarà una fonte di crescita ancora più importante in futuro: ci si attende infatti che circa il 90% della crescita economica globale nei prossimi 10-15 anni sia generata fuori dall'Europa.

Sul fronte dell’occupazione, le vendite al resto del mondo sono diventate una fonte di occupazione sempre più importante per i lavoratori europei. Le esportazioni fuori dall'Unione europea attualmente danno lavoro a più di 30 milioni di europei (due terzi in più rispetto a 15 anni fa), il che significa che in Europa quasi un posto di lavoro su sette dipende dalle esportazioni. Si tratta di posti di lavoro altamente qualificati, meglio retribuiti rispetto alla media, e diffusi in tutti gli Stati membri dell'UE. Oltre 600.000 piccole e medie imprese (PMI), che danno lavoro a più di sei milioni di persone, realizzano esportazioni dirette di merci fuori dall'UE che rappresentano un terzo del totale delle esportazioni dell'UE.

Il commercio si trova inoltre al centro di un cambiamento fondamentale del processo produttivo: i beni e i servizi sono molto spesso prodotti e prestati avvalendosi di catene del valore globali articolate che attraversano molte frontiere e che sono rese possibili da collegamenti digitali e dalla circolazione di esperti, dirigenti o prestatori di servizi. Oggi le filiere globali collegano le economie più strettamente e diversamente dal passato: i flussi commerciali di beni e servizi nel mondo sono pari al 32% del PIL mondiale e l'80% delle importazioni in Europa sono costituite da parti, componenti e materie prime usate per realizzare prodotti che l'UE, a sua volta, esporta in tutto il mondo. Questo significa che il commercio, lungi dall'essere semplicemente un modo per esportare prodotti finiti, si trova oggi al centro della nostra economia. Ciò implica, a sua volta, che la politica commerciale richiede una nuova visione e strumenti più moderni.

Infine, è necessario realizzare un nuovo approccio politico, che tenga conto delle esigenze e preoccupazioni dei cittadini, sia sul versante della qualità e della sicurezza per la salute dei beni e dei prodotti sia sul versante del rispetto dell’ambiente e dei diritti umani e sociali dei lavoratori. Occorre sempre di più garantire ai consumatori le informazioni necessarie per poter assumere decisioni consapevoli.

L’obiettivo della Commissione con la nuova strategia è dunque quello di rendere la politica commerciale più responsabile, basandosi su tre principi fondamentali (efficacia, trasparenza e valori) e diverse iniziative prioritarie.

Una politica più efficace significa secondo la Commissione mantenere gli impegni di creare nuove opportunità economiche e tenere conto delle nuove realtà, quali le filiere globali, l'economia digitale e l'importanza dei servizi:

·         sfruttando le opportunità del commercio elettronico, il cui valore stimato supera attualmente i 12.000 miliardi di euro, e utilizzando gli accodi di libero scambio per stabilire una disciplina del commercio elettronico e dei flussi transfrontalieri di dati;

Una politica commerciale e di investimento più trasparente significa secondo la Commissione dare una risposta alle preoccupazioni manifestate da organizzazioni, società civile e consumatori, in particolare in relazione ai negoziati in corso con gli Stati Uniti sul Partenariato transatlantico su scambi e investimenti (TTIP). Di recente infatti si è intensificato il dibattito sugli eventuali impatti di taluni accordi in termini di minaccia al modello sociale e normativo dell'UE, di abbassamento degli standard di protezione della salute e dell’ambiente, di ripercussioni negative sull’occupazione. Su tale aspetto la Commissione intende intensificare i suoi sforzi per promuovere un dibattito informato negli Stati membri e un dialogo più approfondito con la società civile in generale, anche grazie ad una più stretta collaborazione con il Parlamento europeo. Per venire incontro alla richiesta di maggiore trasparenza, la Commissione:

-    invita il Consiglio a pubblicare tutte le direttive di negoziato per gli accordi di libero scambio immediatamente dopo la loro adozione;

-    durante la fase di negoziato, estendere la prassi, inaugurata in occasione del TTIP, consistente nel pubblicare online i documenti dell'UE relativi a tutti i negoziati in materia di scambi e di investimenti, e chiarire a tutti i nuovi partner commerciali che i negoziati dovranno seguire un'impostazione basata sulla trasparenza;

-    una volta completati i negoziati, pubblicare immediatamente il testo degli accordi così come sono formulati, senza attendere che venga ultimata la relativa revisione giuridica.:

Una politica commerciale e di investimento basata sui valori significa secondo la Commissione salvaguardare il modello sociale e normativo europeo vigente a livello interno e sfruttare gli accordi commerciali e i programmi di preferenze commerciali per promuovere in tutto il mondo valori europei come lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani, il commercio equo ed etico e la lotta alla corruzione.  A tal fine, la Commissione:

·         si impegna a garantire, in linea con l'attuale politica commerciale dell'UE, che nessun accordo commerciale dell'UE avrà come effetto una riduzione dei livelli di protezione sociale, ambientale, dei consumatori e del lavoro attualmente vigenti nell'Unione europea. Gli accordi commerciali non limiteranno nemmeno la facoltà dell'UE e degli Stati membri di adottare in futuro provvedimenti diretti a realizzare legittimi obiettivi di politica pubblica basati sui livelli di protezione che ritengano appropriati. Qualsiasi modifica dei livelli di protezione derivante da un accordo commerciale può avvenire unicamente in direzione di una maggiore tutela;

·         collaborerà con le associazioni dei consumatori, i gruppi di esperti e le pertinenti organizzazioni della società civile per garantire che le politiche commerciali e di investimento rispondano alle richieste dei consumatori;

·         migliorerà l'analisi dell'impatto della politica commerciale sui consumatori, mediante valutazioni di impatto e valutazioni ex post;

·         guiderà a livello internazionale la riforma dei sistemi di protezione degli investimenti;

·         procederà ad una revisione intermedia del sistema delle preferenze generalizzate[3] entro il 2018 per fare il punto sugli insegnamenti tratti in merito al sistema di preferenze relative alle merci e per valutare un sistema di preferenze per i servizi provenienti dai paesi meno sviluppati simile al regime EBA

·         riesaminerà, insieme agli Stati membri, la strategia comune dell'UE in materia di aiuti al commercio del 2007, per rafforzare la capacità dei paesi in via di sviluppo di sfruttare le opportunità offerte dagli accordi commerciali;

·         includerà norme anticorruzione nei futuri accordi commerciali.

La strategia commerciale prevede, su tali basi, un programma aggiornato di negoziati commerciali, che prevede le seguenti priorità:

·         concludere i principali progetti negoziali in corso, quali i negoziati dell'Agenda di Doha per la liberalizzazione commerciale multilaterale, il TTIP, l'accordo di libero scambio UE-Giappone e l'accordo sugli investimenti UE-Cina;

·         preparare il cammino per nuovi negoziati in una zona di vitale importanza come la regione Asia-Pacifico (ad esempio gli accordi di libero scambio con l'Australia, la Nuova Zelanda, le Filippine e l'Indonesia) e prevedendo un consolidamento delle relazioni dell'UE con i partner africani. Ciò prevede nell’immediato la richiesta di un mandato dagli Stati membri dell'UE per condurre negoziati per accordi di libero scambio con l'Australia e la Nuova Zelanda;

·         modernizzare gli accordi di libero scambio in vigore con il Messico e il Cile e l'Unione doganale con la Turchia.

L’UE e gli accordi di libero scambio

L’Unione europea è una delle economie mondiali più aperte all’esterno. Gli scambi con il resto del mondo sono raddoppiati tra il 1999 e il 2010 e oggi quasi tre quarti delle importazioni nell’UE sono esenti dai dazi o sono soggette a dazi ridotti. Nel 2012 l’aliquota media dei dazi era di appena il 2,2% per i prodotti industriali e del 2,6% per le merci in generale. L’UE è il principale partner commerciale di 59 paesi (per la Cina la cifra è 36 e per gli Stati Uniti 24). Il commercio estero di beni e servizi rappresenta il 35 % del PIL dell’UE: il 5% in più rispetto agli USA. Essendo un grande mercato, l’UE importa tanti prodotti agricoli dai paesi in via di sviluppo di quanti ne importino insieme, a parità di popolazione, Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda e Stati Uniti.

La politica commerciale dell’Unione è parte integrante della strategia Europa 2020, il cui obiettivo è promuovere l’occupazione e creare un’economia più moderna, efficiente e sostenibile. Per sviluppare un’economia interna dinamica l’UE deve essere sempre più competitiva all’estero.

La Commissione europea ricorda che due terzi delle importazioni sono materie prime, beni intermedi e componenti di cui hanno bisogno i produttori dell’UE; limitare le importazioni o aumentare i dazi sarebbe controproducente, poiché farebbe salire i costi e ridurrebbe la competitività delle imprese europee sia nell’UE che all’estero. Il libero scambio è considerato dunque uno dei principali strumenti per il rilancio dell’economia europea. In particolare, la politica attiva di libero scambio nei confronti delle economie di mercato emergenti apre nuove prospettive di crescita e opportunità commerciali per l’Unione: in base alle stime del Fondo monetario internazionale, entro il 2015 il 90% della futura crescita economica avrà luogo al di fuori dell’Europa (un terzo nella sola Cina). L’apertura dei mercati crea nuovi e migliori posti di lavoro in Europa e nei paesi partner: nel 2011 il 14% della forza lavoro dell’UE dipendeva direttamente o indirettamente dalle esportazioni verso il resto del mondo; dal 1995 questa percentuale è aumentata di circa il 50%. Secondo la Commissione, l’esperienza nei paesi dell’UE dimostra che un aumento dell’1% nel grado di apertura dell’economia genera, a distanza di un anno, un incremento della produttività del lavoro pari a 0,6 %.

Obiettivi degli accordi di libero scambio:

·     aprire nuovi mercati di beni e servizi,

·     accrescere la protezione e le possibilità di investimento,

·     rendere gli scambi commerciali più economici riducendo i dazi doganali e gli oneri burocratici,

·     accelerare i flussi commerciali semplificando le procedure di sdoganamento e fissando norme tecniche e sanitarie compatibili,

·     creare maggiore certezza attraverso norme chiare in materia di diritti di proprietà intellettuale, concorrenza e appalti pubblici,

·     promuovere lo sviluppo sostenibile promuovendo la cooperazione, la trasparenza e il dialogo sulle questioni sociali e ambientali.

L’UE sta portando avanti un programma senza precedenti di apertura reciproca dei mercati con i suoi maggiori partner commerciali bilaterali. come gli USA, il Canada e il Giappone, sebbene l’attenzione vada anche alle economie emergenti come i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che sono considerati il nuovo motore dell’economia mondiale. Il principale strumento che utilizza a tal fine sono gli accordi di libero scambio: prima del 2006 questi ultimi rappresentavano meno di un quarto degli scambi dell’UE. Se tutti i negoziati attualmente in corso dovessero concludersi positivamente, questa percentuale salirà a due terzi.

 

I moderni accordi commerciali dell’UE comprendono anche questioni non tariffarie, dalla proprietà intellettuale agli appalti pubblici. Contengono diverse disposizioni, come le norme in materia di origine, per stabilire a quali prodotti si possa applicare la riduzione o eliminazione delle tariffe.

Di norma, l’avvio dei negoziati commerciali è preceduto da mesi di preparazione: consultazioni pubbliche, valutazione dei potenziali effetti dell’accordo sulle imprese e i consumatori europei, colloqui informali e formali tra la Commissione e il paese o la regione interessati per fissare i temi dell’accordo. Al temine di questi preparativi generali, la Commissione chiede l’autorizzazione al Consiglio dei ministri (ad avviare i negoziati. Il Consiglio concorda gli obiettivi che la Commissione deve cercare di raggiungere ed approva il mandato negoziale. Nel corso del processo negoziale, che generalmente dura diversi anni, la Commissione riferisce regolarmente al Consiglio e al Parlamento europeo sui progressi compiuti.

Una volta raggiunto un accordo, il Consiglio ne autorizza formalmente la firma. Il Parlamento europeo, grazie ai nuovi poteri conferitigli dal trattato di Lisbona, può accettare o respingere il testo, ma non può modificarlo. Nei casi in cui l’accordo coinvolga anche le competenze nazionali, anche i singoli paesi dell’UE devono ratificare l’accordo in conformità con le rispettive procedure nazionali e gli impegni assunti a livello internazionale.

Accordi di libero scambio in vigore

·     Perú e Colombia: l’accordo commerciale è stato firmato nel giugno 2012. Viene applicato in via provvisoria dal Perù e dalla Colombia rispettivamente a partire da marzo 2013 e da agosto 2013. Alla fine del primo anno di applicazione provvisoria, gli scambi commerciali tra l’UE e il Perù ammontavano a 8,7 miliardi di euro e quelli tra l’UE e la Colombia a 13,5 miliardi di euro. Nel luglio 2014 l’UE e l’Ecuador hanno concluso i negoziati per l’adesione dell’Ecuador all’accordo.

·     Corea del Sud: l’accordo di libero scambio UE-Corea del Sud è entrato in vigore nel luglio 2011. Si tratta del primo di una nuova generazione di accordi di libero scambio lanciata dall’UE nel 2007. L’obiettivo è rimuovere ulteriormente gli ostacoli agli scambi e facilitare la collaborazione tra le imprese europee e quelle coreane. Nel corso del terzo anno di attuazione dell’accordo, le esportazioni di merci dell’UE verso la Corea sono aumentate del 35%, raggiungendo quota 41,5 miliardi di euro, a fronte di 30,6 miliardi di euro l’anno prima dell’entrata in vigore dell’accordo. Durante lo stesso periodo, le esportazioni dei prodotti che sono stati interamente o parzialmente liberalizzati dall’accordo sono aumentate più delle esportazioni complessive, con un incremento del 46% per i primi e del 37% per i secondi.

·     Cile: l’accordo di libero scambio è entrato in vigore nel 2003. Da allora, gli scambi bilaterali sono più che raddoppiati, fino a raggiungere 18 miliardi di euro nel 2013. L’UE è la seconda maggiore fonte di importazioni del Cile e il suo terzo principale mercato di esportazione.

·     Messico: dall’entrata in vigore dell’accordo nell’ottobre 2000, il volume degli scambi bilaterali è raddoppiato, passando da 21,7 miliardi a 45 miliardi di euro nel 2013. L’UE e il Messico stanno valutando la possibilità di aggiornare l’accordo per adeguarlo all’ultima generazione di accordi commerciali e riflettere gli sviluppi dell’economia messicana.

·     Sud Africa: l’accordo su commercio, sviluppo e cooperazione in vigore dal 2000 ha dato vita a una zona di libero scambio che copre il 90% degli scambi bilaterali tra l’UE e il suo principale partner in Africa.

·     Mediterraneo meridionale: gli accordi di associazione con Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Autorità palestinese e Tunisia conclusi tra il 1995 e il 2002 hanno dato vita ad accordi di libero scambio limitati ai beni.

·     America centrale (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama): l’accordo di associazione UE-America centrale è stato firmato nel giugno 2012. La parte «commercio» dell’accordo viene applicata in via provvisoria con Honduras, Nicaragua e Panama dall’agosto 2013, con Costa Rica ed El Salvador da ottobre 2013 e con il Guatemala da dicembre dello stesso anno. Nel 2013 gli scambi commerciali tra le due regioni ammontavano a 12 miliardi di euro

Accordi di libero scambio conclusi ma non in vigore

·     Paesi del vicinato orientale: accordi di associazione (comprensivi di accordi di libero scambio globali e approfonditi) sono stati firmati con Moldova, Georgia e Ucraina durante l’estate del 2014. Gli accordi con Moldova e Georgia vengono applicati in via provvisoria dal settembre 2014. L’accordo con l’Ucraina viene applicato in via provvisoria dal novembre 2014, fatta eccezione per l’accordo di libero scambio globale e approfondito, che sarà applicato in via provvisoria dal 1° gennaio 2016;

·     Singapore: l’accordo di libero scambio UE-Singapore è stato in gran parte siglato nel settembre del 2013 e i negoziati sulla protezione degli investimenti sono stati conclusi nell’ottobre del 2014. Il paese è il primo membro dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) ad aver raggiunto un accordo con l’UE.

·     Canada: i negoziati per un accordo economico e commerciale globale UE-Canada (CETA) sono stati conclusi nel settembre 2014. L’accordo abolisce il 99% dei dazi doganali e molti altri ostacoli per gli operatori commerciali. Una volta attuato, potrebbe far crescere il PIL dell’UE di circa 12 miliardi di euro. Il testo integrale dell’accordo è disponibile online. L’accordo deve ora essere ratificato da entrambe le parti prima di poter entrare in vigore.

Accordi di libero scambio in corso di negoziazione

·     India: i colloqui iniziati nel 2007 sono il primo tentativo dell’UE di coinvolgere un grande paese emergente in un esercizio di apertura reciproca degli scambi.

·     ASEAN (Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico): sono in corso negoziati bilaterali con i singoli membri dell’Associazione, tra cui Malesia (da maggio 2010), Vietnam (da giugno 2012) e Thailandia (da marzo 2013). L’UE considera gli accordi di libero scambio (ALS) con i singoli paesi dell’ASEAN come un primo passo verso un accordo interregionale, che resta l’obiettivo a lungo termine.

·     Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela): dopo la sospensione del 2004, i negoziati sono stati ripresi ufficialmente nel 2010. A giugno 2015 le parti hanno concordato di scambiarsi le reciproche offerte di accesso al mercato entro la fine dell’anno. Nel 2013 il Mercosur era la sesta principale destinazione delle esportazioni dell’UE, le cui esportazioni di prodotti hanno raggiunto quota 57 miliardi di euro. Nel 2012 le esportazioni di servizi dell’UE hanno superato 21 miliardi di euro. Se i negoziati andranno a buon fine, l’accordo UE-Mercosur darà vita alla più grande area di libero scambio tra due regioni del mondo (Europa e Sudamerica), creando notevoli vantaggi per entrambe.

·     Consiglio di cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein e Oman): i negoziati su un accordo di libero scambio sono stati sospesi nel 2008, ma continuano i contatti informali.

·     Giappone: il 25 marzo del 2013 l’UE e il Giappone hanno ufficialmente avviato i negoziati per un accordo di libero scambio. I negoziati in corso riguardano, tra l’altro, la progressiva liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, gli investimenti, gli appalti pubblici e l’eliminazione delle barriere non tariffarie.

·     Marocco: i negoziati per una zona di libero scambio globale e approfondito (DCFTA) con l’UE sono iniziati a marzo 2013.

·     Stati Uniti: le relazioni economiche dell’UE con gli Stati Uniti non hanno eguali in termini di volume e intensità e ancora presentano enormi potenzialità. Nel luglio 2013 sono stati avviati i negoziati per un partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP). Secondo uno studio indipendente, una volta attuato, un TTIP ambizioso porterebbe all’UE vantaggi economici pari a 119 miliardi di euro l’anno..

Negoziati futuri

·     Mediterraneo meridionale (Egitto, Giordania e Tunisia): nel dicembre 2011 i governi dell’UE hanno approvato mandati negoziali per approfondire ed ampliare gli attuali accordi di libero scambio.

In aggiunta ai “classici” accordi di libero scambio, misure di libero scambio costituiscono  una componente essenziale delle unioni doganali con Andorra, San Marino e Turchia. In Europa vigono inoltre accordi di libero scambio con: isole Færøer, Islanda, Norvegia e Svizzera. Nel quadro degli accordi di stabilizzazione e di associazione, si applica un regime commerciale autonomo tra l’UE e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, l’Albania, il Montenegro, la Bosnia-Erzegovina, la Serbia e il Kosovo. Misure di libero scambio sono inoltre contenute negli Accordi di partenariato economico (APE) con i paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) che l’UE ha negoziato a livello regionale per ad aiutare tali paesi ad integrarsi nell’economia mondiale, raggiungere una crescita sostenibile e ridurre la povertà. Sono attualmente in vigore 4 APE, in particolare con i paesi dei Caraibi (14 paesi), con l’Africa orientale (Madagascar, Maurizio, Seychelles e Zimbabwe), con l’Africa centrale (Camerun) e il Pacifico (Papua Nuova Guinea e Figi). Nel 2014 si sono conclusi i negoziati su altri due APE, uno con l’Africa occidentale (16 paesi) e uno con la Comunità di sviluppo dell’Africa australe (SADC) (6 paesi).


 


 

Il partenariato trans-atlantico per gli scambi e gli investimenti (TTIP)

L'undicesimo round negoziale sul TTIP

L'undicesimo round negoziale ha avuto luogo a New York dal 19 al 23 ottobre 2015[4]. Si è trattato di un round molto intenso durante il quale, come si legge nel comunicato stampa rilasciato dal Capo negoziatore UE Ignazio Garcia Bercero, le parti hanno compiuto ulteriori progressi verso il raggiungimento di un accordo bilanciato, di alto livello e completo, che vada a vantaggio dei consumatori e delle piccole e medie imprese e che offra nuove opportunità lavorative per entrambe le sponde dell'Atlantico.

I colloqui hanno riflettuto la forte volontà politica delle parti di raggiungere un buon accordo, come confermato già precedentemente dall'incontro tenutosi a New York il 22 settembre scorso tra la Commissaria europea per il Commercio, Cecilia Malmström, e il Rappresentante statunitense per il Commercio, Michael Froman. In quell'occasione entrambi hanno convenuto sulla necessità di accelerare le trattative e di progredire in tutte le aree oggetto di negoziato[5].

I negoziati di ottobre hanno riguardato molti capitoli dei tre pilastri dell'accordo (accesso al mercato, cooperazione in campo normativo e norme), ad eccezione di quello relativo alla protezione degli investimenti e al meccanismo ISDS, sul quale la Commissione europea ha finalizzato e trasmesso agli Stati Uniti la propria proposta solo lo scorso 12 novembre.

Durante il round di ottobre la Commissione ha presentato invece la proposta sullo sviluppo sostenibile, annunciata nel precedente round negoziale tenutosi a Bruxelles dal 13 al 17 luglio scorsi.

Accesso al mercato

I negoziatori hanno discusso in particolare di tariffe e appalti pubblici, capitoli essenziali che non erano stati affrontati nel precedente round svoltosi a Bruxelles.

Per quanto concerne le tariffe, hanno proceduto ad un secondo scambio di offerte, raggiungendo un'uguaglianza di base in termini di coperture tariffarie. In particolare, per quanto riguarda i beni agricoli le offerte contengono un elenco di prodotti sui quali saranno eliminati i dazi di importazione. L'Unione europea ha sottolineato la necessità di compiere analoghi progressi anche per le indicazioni geografiche, il vino, e i prodotti sanitari e fitosanitari. L'Unione europea ha presentato la sua proposta testuale relativa agli aspetti generali del capitolo sull'agricoltura, complementare alla proposta sul vino e gli alcolici presentata nel corso del precedente round di luglio. La proposta stabilisce un possibile ambito di collaborazione nel settore agricolo, fissa regole relative alle misure in materia di concorrenza (tra cui i crediti all'esportazione e gli aiuti umanitari) e istituisce un organo che supervisiona l'attuazione delle disposizioni del capitolo. L'Unione europea ha espresso perplessità circa la recente decisione degli Stati Uniti di aumentare i dazi sulle esportazioni di burro e crema di latte europei verso gli Usa. Inoltre, ha richiamato la necessità di risolvere alcune questioni specifiche, non attinenti le tariffe, che causano problemi per prodotti agricoli europei nel mercato statunitense: si tratta, tra l'altro, del divieto di consegnare direttamente il vino dell'UE ai consumatori finali nel mercato Usa, del regime delle ispezioni Usa sulle olive da tavola e della tassa sui prodotti del latte (dairy import assessment)[6].

Per quanto concerne gli appalti pubblici le parti si sono confrontate a lungo in vista dello scambio reciproco di offerte previsto per il prossimo mese di febbraio. Obiettivo dell'Unione europea resta sempre quello di assicurare maggiori opportunità imprenditoriali, garantendo l'accesso per le imprese europee agli appalti pubblici statunitensi a tutti i livelli. Le discussioni hanno riguardato sia le questioni attinenti l'accesso al mercato che altre possibili disposizioni. Gli aspetti riguardanti l'accesso al mercato si sono basati in larga parte su quesiti dell'UE riguardo ai seguenti aspetti: le restrizioni USA che limitano l'accesso al mercato ai fornitori europei e ai loro beni e servizi; l'estensione dell'accesso al mercato sia a livello statale che federale; un più facile accesso ai mercati degli appalti per le PMI. In materia di trasparenza, l'UE ha sottolineato la necessità che alle PMI sia garantito un miglior accesso alle informazioni sulle offerte di appalti pubblici negli Stati Uniti. Per quanto concerne le procedure di appalto, la proposta testuale al momento in discussione contiene proposte avanzate da entrambe le parti e discusse nei precedenti round. L'UE ha sottolineato l'importanza di assicurare che considerazioni di carattere ambientale e sociale siano adeguatamente integrate nelle procedure. Punto di partenza di questo testo è l'Accordo sugli Appalti pubblici dell'Organizzazione mondiale del commercio (d'ora in avanti OMC), di cui entrambe le parti sono firmatarie.

Nell'area dei servizi i negoziatori hanno condotto le discussioni sulla base delle offerte rivedute che erano state presentate nel mese di luglio. In tale circostanza le parti avevano infatti proceduto allo scambio di offerte riviste in materia di servizi[7] e l'Ue aveva presentato una proposta testuale sullo scambio dei servizi, gli investimenti e il commercio elettronico[8]. Entrambe le offerte riflettono la posizione espressa dalla Dichiarazione congiunta firmata lo scorso 20 marzo dalla Commissaria europea Malmström e dall'ambasciatore americano Froman, circa l'esclusione dei servizi pubblici nell'ambito del TTIP. I colloqui di ottobre sono stati finalizzati in particolare alla comprensione dei rispettivi testi al fine di pervenire a testi consolidati.

Come già affermato, non sono stati discussi i capitoli riguardanti la protezione degli investimenti e la risoluzione delle controversie. Sono stati discussi invece quelli relativi alle telecomunicazioni e al commercio elettronico. Per quanto concerne le telecomunicazioni le discussioni hanno riguardato gli aspetti relativi all'ambito di applicazione, ovvero quali operatori possono essere considerati fornitori di servizi di telecomunicazione, e all'accesso alle strutture essenziali, ovvero a che punto e a quali condizioni i nuovi partecipanti al mercato possono usufruire delle infrastrutture presenti per offrire i loro servizi. Si è discusso inoltre di interconnessioni, di procedure per il rilascio di licenze e di risarcimenti. Per quanto concerne il commercio elettronico, si ricorda che l'Unione europea persegue l'obiettivo di creare un set di norme in grado di facilitare il commercio elettronico in tutti i settori dell'economia. Le parti hanno avviato il lavoro su un testo consolidato che fonda le rispettive proposte. In particolare, per quanto riguarda la proposta dell'UE  si è discusso di spam, di procedure di autorizzazione per i servizi online, di dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche e di stipula di contratti per via elettronica. Per quanto concerne la proposta statunitense sono stati discussi i seguenti temi: non discriminazione nei confronti dei prodotti digitali, neutralità della rete e protezione dei consumatori.

Si è proceduto poi allo scambio di proposte  sulle norme di origine specifiche per i prodotti industriali, che rappresenta un elemento chiave per determinare quali settori beneficeranno dell'accordo. Le parti si sono accordate su un testo che fonde le loro proposte iniziali sulle regole orizzontali e sui principi in materia di origini. Non sono state discusse invece le procedure. Le parti hanno proceduto allo scambio di proposte riguardanti i criteri specifici per i prodotti industriali da considerarsi come avente origine nei rispettivi territori. Le proposte non riguardano i prodotti tessili e di abbigliamento.

Cooperazione in campo normativo

I colloqui su questo pilastro sono stati molto intensi; tuttavia, come precisato da Ignazio Garcia Bercero, per l'Unione europea la cooperazione normativa sarà possibile solo se: il livello di protezione dei cittadini resterà invariato o migliorerà; non sarà modificato il modo in cui l'Unione europea legifera su politiche pubbliche quali la sicurezza alimentare e la protezione dei dati; non sarà alterata la regolazione normativa dell'Unione europea o l'indipendenza degli organismi di regolazione.

Circa la coerenza della regolamentazione, i colloqui sono stati ritenuti molto costruttivi e hanno riguardato le modalità per raggiungere una maggiore compatibilità nei nove settori specifici[9], tra cui quello tessile, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dei veicoli e dell'ingegneria. Nei prossimi mesi dovrebbero essere definiti con maggiore chiarezza gli obiettivi comuni e le modalità per raggiungerli.

Per quanto riguarda gli ostacoli tecnici al commercio, le discussioni hanno riguardato gli standard atti a garantire una maggiore partecipazione nei rispettivi sistemi e una maggiore trasparenza. Sono state discusse inoltre una serie di possibili disposizioni relative alla cooperazione e agli aspetti istituzionali legati alle funzioni di una Commissione sugli ostacoli  tecnici al commercio per il TTIP e al meccanismo di risoluzione delle questioni riguardanti il commercio bilaterale.

Le parti hanno poi continuato la discussione sul capitolo contenente le norme sanitarie e fitosanitarie (SPS) proseguendo il lavoro avviato nel round di luglio sugli articoli riguardanti l'ambito di applicazione, i diritti e gli obblighi, le autorità competenti e l'istituzione di una Commissione per le norme sanitarie e fitosanitarie. È stata inoltre avviata la discussione su un capitolo riguardante la scienza e i rischi, sulla base degli impegni esistenti a livello di OMC. Le parti si sono quindi accordate per continuare i colloqui durante una serie di incontri da tenersi prima del prossimo round. In particolare, i lavori verteranno su quelle parti del capitolo che non sono state ancora redatte. Si tratta di possibili allegati in materia di revisioni, certificazioni, equivalenza delle misure, controlli alle importazioni e regionalizzazione[10].

Norme

Anche su questo pilastro i colloqui sono stati intensi. L'Unione europea, come già accennato, ha presentato la propria proposta in materia di sviluppo sostenibile, attesa dal precedente round di luglio: con essa si intendono inserire nel TTIP disposizioni ambiziose, in materia di sviluppo sostenibile, lavoro e ambiente[11].

Con la suddetta proposta l'Unione europea persegue i seguenti obiettivi: il rispetto di principi-chiave internazionali, in materia di norme sui diritti dei lavoratori e sulla governance ambientale; il diritto di entrambe le parti a stabilire norme "ambiziose" in materia di lavoro e  ambiente; la determinazione di standard elevati in materia di condizioni di sicurezza e di salute sul lavoro, in ottemperanza agli impegni assunti in ambito dell'Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO)[12]; la conservazione e la gestione sostenibile di alcune "risorse naturali - chiave", quali la fauna selvatica, la silvicoltura e le specie ittiche; lo sviluppo di una condotta responsabile, da parte delle imprese europee e statunitensi. 

La proposta contiene disposizioni dettagliate sull'ambiente, sul lavoro e alcune disposizioni trasversali.

Le disposizioni sull'ambiente prevedono: il rafforzamento della cooperazione UE-USA contro il disboscamento illegale, la pesca illegale o il commercio illegale di specie in estinzione; la definizione di politiche di prevenzione volte a contenere gli effetti negativi sulla salute umana e sull'ambiente causati dal commercio di sostanze chimiche o rifiuti; la promozione di scambi e investimenti in tecnologie verdi; l'attuazione di misure  efficaci a favore della conservazione della biodiversità e degli ecosistemi.

Le disposizioni sul lavoro prevedono: il sostegno agli obiettivi fissati dall'Agenda per il lavoro dignitoso dell'ILO, tra cui la promozione dell'occupazione, la protezione, il dialogo sociale, la non discriminazione e la parità di genere; l'affermazione di altre norme fondamentali dell'ILO quali la libertà di associazione, il diritto alla contrattazione collettiva, la lotta al lavoro forzato e al lavoro minorile; l'impegno a promuovere a livello mondiale l'obiettivo di eliminare immediatamente le forme di lavoro forzato e minorile; la tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro.

Le disposizioni trasversali mirano a: garantire il mantenimento di standard elevati in materia di lavoro e protezione dell'ambiente; attuare le migliori pratiche in materia di trasparenza e partecipazione del pubblico; motivare le imprese ad un comportamento responsabile, che riconosca il ruolo dei governi e dei consumatori.

Le discussioni sulla proposta UE hanno riguardato l'illustrazione del testo, l'individuazione di temi di particolare rilievo per entrambe le parti, i passi futuri: ciò per quanto concerne - ad esempio - lo scambio di ulteriori informazioni sui rispettivi quadri normativi e le migliori pratiche nelle aree previste dalla proposta.

L'Unione europea ha precisato che la proposta - relativa agli aspetti istituzionali e procedurali  e al coinvolgimento della società civile - sarà presentata in un secondo momento, non prima che si sia giunti ad un accordo sulla sostanza.

Sono poi proseguiti i negoziati per i capitoli riguardanti le facilitazioni al commercio, che hanno visto le parti illustrare le rispettive regole e procedure in vista dell'elaborazione di un testo consolidato. Sul capitolo relativo alla concorrenza, le parti hanno compiuto progressi e mirano a ridurre le attuali divergenze nei prossimi mesi. In particolare hanno discusso delle rispettive proposte in materia di imprese statali e sussidi[13]. Per quanto concerne poi i negoziati su l'energia e le materie prime, si ricorda che non è stato ancora deciso se vi sarà un capitolo specifico nell'accordo, poiché gli Stati Uniti non si sono ancora espressi al riguardo, ritenendo che le questioni energetiche siano sufficientemente coperte in altri capitoli. Quanto all'Unione europea, è stata ribadita la propria posizione a favore di un capitolo specifico.  Le parti hanno esaminato la relazione tra le previsioni contenute in un potenziale capitolo su energia e materie prime e quelle orizzontali contenute in altri capitoli, e hanno inoltre discusso di energie rinnovabili e  di efficienza energetica.

I negoziati hanno riguardato anche il capitolo relativo ai diritti di proprietà intellettuale (PI) , incluse le indicazioni geografiche (IG). Come nei precedenti round le discussioni si sono concentrate su: i brevetti, i diritti d'autore, alcuni aspetti legati alla protezione dei dati, i segreti commerciali, i marchi, l'applicazione delle norme, i principi e la cooperazione e gli accordi internazionali sui diritti di proprietà intellettuale. Per quanto concerne le indicazioni geografiche l'Unione europea ha sottolineato che la loro protezione costituisce una delle priorità chiave all'interno del TTIP. L'Unione europea vorrebbe che gli Stati Uniti migliorassero il proprio sistema, in particolar modo tutelando una lista concordata di IG europee, e adottando norme che impediscano ad altri produttori di usarle impropriamente. Su tale punto però non si è ancora raggiunto un accordo.

Le parti hanno proseguito le discussioni sul capitolo relativo alla risoluzione delle controversie tra i Governi, volto ad istituire un meccanismo per il su­peramento delle divergenze in merito al TTIP fra governi nell’UE o negli USA. Sulle rispettive proposte testuali, che si basano entrambe sul sistema di risoluzione delle controversie applicato dall'OMC[14], si registra un alto grado di convergenza.

Non è stato invece discusso il capitolo riguardante la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS), che rappresenta uno dei temi più controversi dell'accordo. La proposta della Commissione europea, attesa per il round di ottobre, è stata presentata successivamente, in data 12 novembre.

Di seguito un'illustrazione della proposta.

Il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato: la proposta della Commissione europea

Si

In particolare i Governi dovranno:

-          offrire una garanzia generale di trattamento giusto ed equo;

-          impegnarsi a compensare le perdite in alcune circostanze, legate a guerra o conflitto armato;

-          garantire forme di compensazione nei casi di espropriazione;

-          garantire il trasferimento (ed eventualmente il rimpatrio) dei fondi relativi ad un investimento;

-          impegnarsi a rispettare i loro obblighi contrattuali scritti (e vincolanti) nei confronti degli  investitori;

-          rispettare le regole della surrogazione.

Per quanto riguarda la risoluzione delle controversie e il tribunale degli investimenti la proposta prevede che il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato (ISDS) sia sostituito da un sistema assimilabile ai tribunali nazionali e internazionali[15]. Tale sistema, che dovrà essere uno strumento responsabile, trasparente e soggetto a principi democratici,  prevede i seguenti organi:

-          Tribunale di prima istanza, composto da 15 giudici così ripartiti: 5 provenienti dall'Unione europea, 5 dagli Stati Uniti e 5 dai Paesi terzi. I giudici restano in carica per un periodo di 6 anni, rinnovabile una sola volta. Il loro numero può essere aumentato secondo multipli di tre. I giudici dovranno rispondere a specifici requisiti (possedere le qualifiche atte a coprire, nel proprio paese, incarichi giudiziari, essere giuristi e avere esperienza in diritto internazionale). Ai giudici, che dovranno essere disponibili con breve preavviso, viene corrisposta una remunerazione mensile, al fine di garantire la loro disponibilità. L'Unione europea propone che questa ammonti a un terzo di quella fissata per i giudici degli organi di appello dell'OMC, che corrisponde a circa 2.000 Euro mensili. La composizione prevede un Presidente e un Vicepresidente, scelti su base rotatoria. Per loro è fissata anche una parcella giornaliera per l'esercizio delle loro funzioni. Le cause saranno esaminate da divisioni composte da tre giudici (1 per l'UE, 1 per gli Usa e 1 per i paesi terzi) scelti dal Presidente del Tribunale in base ad un sistema di rotazione, in modo da garantire che la composizione della divisione sia causale e imprevedibile. La divisione sarà presieduta dal giudice proveniente dal paese terzo. Questa rappresenta un'innovazione fondamentale rispetto all'attuale meccanismo ISDS, in base al quale gli arbitri sono scelti dalle parti in causa.

-          Corte d'appello, composta da 6 giudici cosi ripartiti: 2 provenienti dall'Unione europea, 2 dagli Stati Uniti e 2 dai Paesi terzi, in carica per 6 anni rinnovabili una sola volta. I giudici della Corte d'appello dovranno possedere le stesse qualifiche dei giudici del tribunale di prima istanza. Le cause saranno esaminate da divisioni composte da tre giudici, scelti, anche in questo caso di volta in volta dal Presidente della Corte d'appello su base rotatoria, assicurando che la composizione di ciascuna divisione sia casuale e non prevedibile. La divisione sarà presieduta dal giudice proveniente dal paese terzo. Tutti i giudici dovranno essere disponibili con breve preavviso. Per i giudici della Corte d'Appello sono previste una remunerazione mensile e una parcella giornaliera per ogni giorno di lavoro svolto. L'Unione europea propone che si applichi la stessa parcella dei giudici della Corte d'Appello dell'OMC, circa 7.000 Euro mensili.

Tutti i giudici verranno nominati da una commissione congiunta tra UE e USA, dovranno essere scelti tra persone la cui indipendenza è indiscutibile, non dovranno essere affiliati ai governi e dovranno attenersi ad un codice di condotta. Per evitare conflitti di interesse, non potranno lavorare come avvocati in altri casi di arbitrati, ma potranno mantenere altri lavori. 

La Commissione europea sottolinea che rispetto al meccanismo ISDS la proposta presenta i seguenti vantaggi, sia per gli Stati che per gli investitori[16]:

-          regole chiare applicate da giudici imparziali attraverso processi trasparenti ed equi;

-          un sistema di risoluzione delle controversie più veloce e più efficace sotto il profilo dei costi: tutti i procedimenti, incluso gli appelli, hanno la durata massima di due anni (il tribunale di prima istanza deve pronunciarsi entro 18 mesi e la Corte d'appello entro 6 mesi), mentre attualmente per risolvere le controversie occorrono dai 3 ai 6 anni. Al fine di evitare un abuso del meccanismo di appello, vi si potrà ricorrere solo in base a precise motivazioni (tra cui un errore da parte del Tribunale di prima istanza nell'applicazione della legge o nell'accertamento dei fatti). Gli stipendi dei giudici sono pagati esclusivamente dalle due parti (UE e USA); è previsto un tetto massimo per le parcelle giornaliere che non saranno invece negoziate dalle parti in causa come avviene attualmente;

-          disposizioni specifiche per le PMI[17]: la proposta della Commissione europea rende il nuovo sistema più accessibile alle PMI grazie a:

o   Sistema di Mediazione: come in ogni accordo UE,  è previsto un tentativo di mediazione, che la proposta rende di più facile e veloce accesso per le PMI. E' previsto infatti che la Commissione congiunta UE-USA al momento dell'entrata in vigore dell'Accordo scelga un elenco di 6 individui che svolgeranno il ruolo di mediatori;

o   Scadenze procedurali: come già evidenziato le scadenze renderanno i processi più veloci e ridurranno i costi per le PMI;

o   Ricorso ad un unico giudice: la proposta prevede che, in alcune circostanze, la controversia sia affidata ad un solo giudice (in particolare su richiesta di una PMI e nel caso in cui i danni richiesti siano esigui);

o   Stipendi dei giudici di appello: i giudici della Corte d'appello saranno pagati esclusivamente dall'Unione europea e dagli Stati Uniti, riducendo pertanto i costi per le parti in causa;

o   Adattamento del principio "chi perde paga": la proposta prevede che la parte vincente non debba pagare i costi sostenuti nel procedimento e che questi saranno interamente a carico della parte perdente. Ciò rappresenta un vantaggio per le PMI.

La trasparenza dei negoziati

La trasparenza dei negoziati è uno degli elementi più controversi dell'Accordo. Si ricorda che nell'ottobre 2014 il Consiglio europeo, nel corso del semestre di Presidenza italiana, ha decretato la declassificazione delle direttive di negoziato relative al TTIP le quali, in omaggio al principio generale della segretezza del mandato negoziale, erano contenute in un documento classificato. Proseguendo in questo sforzo di trasparenza, ad inizio 2015 la Commissione europea ha pubblicato ulteriori testi relativi al TTIP (proposte e alcuni position papers) ed ha assunto l'impegno di rendere nota una sintesi di ogni successivo round negoziale. Inoltre, presso il Parlamento europeo è stata istituita una "sala di lettura" per consentire l'accesso ai deputati europei ai documenti negoziali.

Si ricorda poi l'accordo raggiunto con gli Stati Uniti, in base al quale sono state aperte ai funzionari delle amministrazioni pubbliche delle "sale di lettura" - presso le Ambasciate USA delle capitali europee - ove sia possibile la consultazione, nel rispetto di severe misure di sicurezza, dei testi negoziali consolidati. Tuttavia, tale iniziativa, non prevedendo l'accesso alle sale per i parlamentari, lascerebbe irrisolta la questione dell'accesso dei parlamenti nazionali ai testi negoziali del TTIP[18]. In alternativa la  Commissione europea avrebbe proposto agli Stati Uniti un sistema di consultazione on-line, con le dovute misure di sicurezza,  sul quale sarebbe in corso una riflessione.

La Commissaria Malmström ha dedicato molta attenzione al tema della trasparenza e considera essenziale il dialogo con i Parlamenti nazionali nella fase di negoziazione dell'accordo.  Numerosi funzionari della Commissione europea si sono recati nelle capitali per partecipare ad audizioni organizzate da Parlamenti nazionali.

Una serie di consultazioni hanno, inoltre, cercato di coinvolgere l'opinione pubblica nel processo decisionale, come nel caso della già menzionata consultazione sulla protezione degli investitori e sulla composizione delle controversie investitore-Stato (ISDS).

La risoluzione del Parlamento europeo sul TTIP

Lo scorso 8 luglio il Parlamento europeo ha approvato (436 voti favorevoli, 241 contrari e 32 astensioni) una risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione europea sui negoziati per il TTIP.

Nella risoluzione approvata sono formulate le seguenti raccomandazioni alla Commissione europea per il prosieguo dei negoziati:

         si preveda la possibilità per prodotti agricoli e industriali sensibili - sui quali dovranno essere concordati elenchi esaustivi - di periodi di transizione e quote nonché, in alcuni casi, anche la loro esclusione dall’ambito di applicazione dell’accordo;

         siano esclusi dall'ambito di applicazione del TTIP i servizi di interesse generale, nonché i servizi di interesse economico generale (inclusi, a titolo non esaustivo, acqua, sanità, servizi sociali, previdenza sociale e istruzione);

         i negoziati sulle norme di origine siano intesi ad avvicinare le posizioni dell'UE e degli USA e a stabilire norme efficaci in materia di origine, impedendo che le norme di origine siano pregiudicate; sia eliminato il divieto statunitense sull'importazione di carne di manzo europea; siano esclusi dall’accordo - e quindi dai negoziati - i settori in cui l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno norme molto diverse, come ad esempio nel caso dei servizi sanitari pubblici, gli organismi geneticamente modificati (OGM), l'impiego di ormoni nel settore bovino, il regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals) e la sua attuazione e la clonazione degli animali a scopo di allevamento;

         sia garantito il pieno rispetto delle norme dell'UE in materia di diritti fondamentali attraverso l'inserimento di una clausola sui diritti umani, giuridicamente vincolante e sospensiva;

         l'acquis dell'UE in materia di protezione dei dati personali non sia compromesso dalla liberalizzazione dei flussi di dati, in particolare nel settore del commercio elettronico e dei servizi finanziari[19];

         l’accordo includa un capitolo specifico per le PMI che preveda di: eliminare il doppio requisito di certificazione; istituire un sistema d'informazione via web sulle diverse regolamentazioni; introdurre una "corsia preferenziale" alle frontiere o eliminare alcuni picchi tariffari;

         si preveda un capitolo sui diritti di proprietà intellettuale (DPI) che comprenda una tutela sicura di settori DPI definiti in modo chiaro e preciso;

         sia previsto un monitoraggio delle incidenze economiche, occupazionali, sociali e ambientali del TTIP. Si chiede, inoltre, alla Commissione europea di eseguire studi di impatto per ciascuno Stato membro come pure una valutazione della competitività dei settori dell'Unione rispetto ai settori analoghi degli Stati Uniti;

         sia assicurata una migliore trasparenza dei negoziati, rendendo pubblico un numero superiore di testi;

         il sistema ISDS sia sostituito con un nuovo sistema per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stati, che sia soggetto ai principi e al controllo democratici, nell'ambito del quale: i casi siano trattati in modo trasparente da giudici togati, nominati pubblicamente e indipendenti durante udienze pubbliche; si preveda un meccanismo di appello in grado di assicurare la coerenza delle sentenze e il rispetto della giurisdizione dei tribunali dell'Unione e degli Stati membri; gli interessi privati non possano compromettere gli obiettivi di interesse pubblico.

La posizione dell'Italia

Il Governo italiano si è impegnato, durante il proprio semestre di Presidenza del Consiglio dell’UE, a sostenere lo sviluppo delle relazioni UE-USA e il mantenimento di contatti ad alto livello su tutte le principali questioni politiche e regionali, con una particolare attenzione ai progressi significativi che devono essere compiuti nei negoziati TTIP.

Come dichiarato in più occasioni dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, l’accordo ha “l’appoggio totale e incondizionato del governo” italiano, che spera in una sua conclusione entro la fine del 2015.

Rispondendo ad una interrogazione del deputato Gallinella, nel corso della seduta del 30 aprile 2014, il Ministro per lo sviluppo economico, Federica Guidi, ha dichiarato che l’Italia ha effettuato un’attenta valutazione di impatto sulle risultanze economiche per il paese, da cui risulta che saremo tra i paesi con i maggiori effetti positivi dal buon esito del negoziato: ciò avverrebbe per i principali settori di specializzazione del nostro paese nel commercio mondiale, quali, ad esempio, la meccanica, il sistema moda, l’agroalimentare, le bevande e anche per l’industria dei mezzi di trasporto.

Il 17 novembre 2014 la Camera dei deputati ha approvato alcune mozioni concernenti il TTIP. In particolare, si sottolinea la mozione Taranto n. 1-00630, che, tra l’altro, impegna il Governo:

·         ad agire affinché sia concretamente valorizzato l'impegno della Commissione europea a sviluppare, nel corso della trattativa, un dialogo regolare con tutte le pertinenti parti interessate della società civile;

·         ad agire affinché sia concretamente valorizzato l'esame dell'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo mediante una valutazione d'impatto per la sostenibilità (SIA) indipendente, cui partecipi la società civile;

·         a vigilare su un approccio equilibrato ai meccanismi arbitrali (ISDS), che tenga presente le ragioni della tutela della qualità dei servizi pubblici essenziali, dei diritti sociali e del lavoro e delle norme ambientali;

·         a riaffermare la necessità per il settore alimentare del riconoscimento delle indicazioni geografiche (IIGG) e del contrasto dell’italian sounding;

·         a sottolineare l'importanza di un approccio al negoziato particolarmente attento alla valorizzazione delle sue opportunità per le piccole e medie imprese.

In diverse mozioni sono riproposte le richieste al Governo di:

·         tenere costantemente informato il Parlamento sull’andamento dei negoziati e favorire la partecipazione della società civile;

·         tutelare i prodotti italiani agroalimentari di qualità;

·         garantire che siano esclusi dall’oggetto  beni fondamentali quali la gestione del servizio idrico integrato e i servizi pubblici locali;

·         vigilare affinché l’accordo non determini un abbassamento degli standard in materia di sicurezza, ambiente, agroalimentare italiano e tutela dei consumatori finali;

·         prevedere meccanismi di tutela e salvaguardia per il sistema delle piccole e medie imprese.

Si ricorda inoltre che nella risoluzione Rosato ed altri (n. 6-00155), approvata dalla Camera dei deputati il 10 settembre 2015, in esito dell’esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione per il 2015 e della Relazione programmatica del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2015, si impegna il Governo "con particolare riguardo al TTIP, a tenere costantemente aggiornato il Parlamento sull'andamento dei negoziati e a individuare soluzioni adeguate a garantire ai membri del parlamento l'accesso ai documenti negoziali consolidati".

La XIII Commissione Agricoltura della Camera, inoltre, il 4 novembre 2014 ha avviato un’indagine conoscitiva intitolata: “Ricadute sul sistema agroalimentare italiano dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP)”. Nel suo ambito, la XIII Commissione ha svolto audizioni dei rappresentanti delle principali organizzazioni agricole nonché del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, del Vice Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, del relatore permanente della Commissione agricoltura del PE per i negoziati di libero scambio UE-USA, Paolo De Castro.

Per quanto concerne il Senato, si vedano  l'interrogazione a risposta scritta n. 4-02109[20], presentata il 23 aprile 2014 (che riguardava, tra l'altro, la questione del rilancio dell'imprenditoria in Italia e del Made in Italy e il meccanismo ISDS), nonché la mozione 1-00363[21] volta alla tutela del settore agroalimentare italiano e al mantenimento del principio di precauzione e degli standard qualitativi e di sicurezza dei prodotti immessi nei mercati europei.

La 14a Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato della Repubblica ha avviato, lo scorso 3 giugno, la trattazione di un affare assegnato sull'attuazione delle iniziative della Commissione europea connesse agli aspetti istituzionali della strategia commerciale dell'Unione europea (atto n. 440), nell'ambito del quale sono attualmente in corso una serie di audizioni informali.

Il TTIP e il comparto agricolo

I negoziati per il TTIP riguardano anche il settore agricolo. Il commercio bilaterale del settore agricolo tra UE e USA ammonta a circa 30 miliardi di dollari. Gli USA rimangono il maggior mercato dell’UE per l’esportazione dei suoi prodotti agricoli, mentre l’UE è il quinto mercato per le esportazioni statunitensi. Dopo una ripresa nel 2010 ed un moderato incremento nel 2011, le esportazioni agricole UE sono in decisa crescita sul mercato USA (+13% rispetto al 2011) e hanno raggiunto nel 2012 i 15 miliardi di euro, con un surplus dell’UE rispetto agli Stati Uniti pari a 6,8 miliardi di euro.

Gli Stati Uniti sono interessati a vendere una quota maggiore dei loro prodotti agricoli di base, quali il frumento e la soia. Le esportazioni UE verso gli USA interessano in genere prodotti alimentari di maggior valore come alcolici, vino, birra e alimenti trasformati (tra i quali formaggi, prosciutto e cioccolato).

L'Europa ha interesse a potenziare le vendite agli Stati Uniti dei prodotti alimentari di alta qualità. Al momento, alcuni prodotti alimentari europei, come le mele e vari formaggi, sono vietati sul mercato statunitense; altri sono penalizzati da elevati dazi applicati dagli USA (carni 3%, bevande 22-23% e prodotti lattiero-caseari fino al 139%). L'eliminazione di questi e di altri ostacoli contribuirà a rafforzare le esportazioni UE verso gli Stati Uniti.

Il TTIP riguarderà anche le indicazioni di origine, materia sulla quale la Commissione europea sottolinea quanto segue:

§  motivazione per negoziare le regole sulle indicazioni di origine: esse sono un punto chiave in qualsiasi accordo commerciale poiché regolano la produzione nei paesi contraenti; pertanto il TTIP dovrebbe garantire che le regole europee incontrino le necessità dell’industria e del commercio e promuovano gli investimenti negli Stati Uniti; occorrono regole comuni per l’indicazione di origine dei prodotti;

§  Obiettivi dell’UE sono: regole più semplici; incentivi all’innovazione; stabilire norme per la verifica dell’efficacia delle regole; limitazione delle frodi.

Per quanto concerne la tutela delle indicazioni di origine, che è di particolare interesse per il comparto agricolo italiano, vi è una significativa differenza tra il sistema europeo - in cui alcuni beni sono tutelati proprio in relazione al luogo in cui vengono prodotti - e quello statunitense, in cui invece i nomi possono essere registrati come "marchi" ed immessi sul mercato indipendentemente da ogni altra considerazione.

Al riguardo, la Commissaria europea al commercio, Cecilia Malmstrom, in visita in Italia il 22 giugno scorso, ha ribadito che la Commissione si sta impegnando per rafforzare la parte del negoziato che riguarda le indicazioni geografiche, al fine di proteggere la produzione di qualità, quale quella italiana, considerato che - mentre la vendita del cibo italian style negli Stati Uniti genera un ritorno economico di circa 24 miliardi di euro - soltanto 3,3 miliardi di produzione autentica italiana viene esportata dall’Italia.

Si ricorda al riguardo che il 19 novembre 2014 il ministro delle politiche agricole e forestali Maurizio Martina ha confermato, nel corso di un'audizione presso la 9a Commissione permanente del Senato della Repubblica, che "per l'UE non sarà possibile accettare un arretramento sulla regolamentazione delle indicazioni geografiche (...)".

Sulle denominazioni d'origine non si è tuttavia trovato ancora un accordo con gli Stati Uniti. Nel corso del decimo round negoziale tenutosi a Bruxelles nel mese di luglio, sono proseguiti gli scambi di vedute tra le parti.  Il confronto ha riguardato la lista di indicazioni geografiche europee da sottoporre a tutela e le alternative al sistema di marchi statunitense. Gli USA hanno però mantenuto un atteggiamento vago al riguardo. Anche l'undicesimo round svoltosi a Miami dal 19 al 23 ottobre scorsi, si è concluso senza un accordo. Sembra permanere la chiusura degli Stati Uniti in tema di etichettature e protezione dei prodotti Doc e Igp, mentre a loro volta chiedono accesso al mercato europeo per gli OGM, che, pur non essendo oggetto di trattativa, rappresentano gran parte delle coltivazioni Usa.

Il TTIP e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione ed il commercio digitale

Una grande quantità del commercio UE-USA è rappresentato da beni e dati digitali. Secondo una relazione dell’istituto Brookings, i flussi di dati digitali tra USA e UE sono i più alti al mondo, 50% in più rispetto a quelli tra USA e Asia e quasi il doppio dei flussi tra USA e America latina. Se è vero che non ospita le maggiori aziende mondiali del settore, l’Europa è tuttavia leader in alcuni importanti ambiti, quali robotica ed embedded systems, in cui copre il 31% del mercato globale, ed è il maggior esportatore di servizi digitali.

Nell’ambito del negoziato con gli USA, l’Unione europea si è posta gli obiettivi generali di elevare gli standard e rafforzare la protezione del consumatore. In particolare l’UE punta a:

rafforzare la regolamentazione del settore ed incrementare la cooperazione su e-labelling (attraverso la definizione di standard per fornire ai consumatori informazioni sui prodotti in formato elettronico, rimpiazzando le etichette tradizionali) nonché e-accessibility (per rendere le TIC più accessibili, in particolare per persone anziane e con disabilità);

migliorare l’interoperabilità, consentendo agli utenti di scambiare con  facilità dati tra differenti prodotti;

• definire principi comuni per la certificazione dei prodotti TIC.

Anche in questo settore la Commissione ha sottolineato come siano infondate le preoccupazioni avanzate dall’opinione pubblica, dal momento che l’UE non abbasserà né comprometterà il suo standard di qualità e sicurezza nel corso del negoziato.

La promozione del commercio digitale rappresenta un importante obiettivo per la Commissione, che l’ha inserita tra le azioni prioritarie dell’Agenda digitale europea del 2010 e, più recentemente, della strategia per il mercato unico digitale presentata a maggio 2015. Come rilevato dalla Commissione, l’esistenza di ostacoli alle operazioni online impedisce ai cittadini e alle imprese di profittare di una più vasta gamma di beni e servizi: solo il 15% dei cittadini effettua acquisti online da un altro Stato, mentre soltanto il 7% delle piccole e medie imprese vende all’estero.

Per superare tali difficoltà, nella citata strategia la Commissione ha preannunciato l’intenzione di:

introdurre norme intese ad agevolare il commercio elettronico transfrontaliero. Ciò include norme dell’UE armonizzate in materia di contratti e di tutela dei consumatori per gli acquisti online, sia che si tratti di beni materiali o di contenuti digitali;

• garantire un’attuazione più rapida ed omogenea delle norme di protezione dei consumatori, mediante la revisione del regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori;

• assicurare servizi di consegna dei pacchi più efficienti e a prezzi accessibili. Attualmente, il 62% delle imprese che cercano di vendere online sostiene che il costo eccessivo della consegna dei pacchi costituisce un ostacolo;

• individuare potenziali problemi relativi alla concorrenza che possano incidere sui mercati europei del commercio elettronico. Pertanto, la Commissione europea ha di recente avviato un’inchiesta in materia di antitrust nel settore del commercio elettronico nell’Unione europea (comunicato stampa).

Il TTIP e i Diritti di proprietà intellettuale

Il commercio tra UE e USA di beni e servizi ad alto contenuto di diritti di proprietà intellettuale è già molto intenso e il futuro accordo, secondo la Commissione, potrà sostenerlo e incrementarlo grazie ad un limitato numero di miglioramenti specifici.

Lo studio, intitolato "Intellectual Property Rights intensive industries: contribution to economic performance and employment in Europe" (settembre 2013), ha misurato l'importanza dei diritti di proprietà intellettuale per l'economia europea. I suoi principali risultati indicano che circa il 39% dell'attività economica complessiva dell’Unione europea (pari indicativamente a 4.700 miliardi di euro all’anno) ruota attorno a industrie ampiamente basate sui diritti di proprietà intellettuale: esse generano direttamente circa il 26% di tutti i posti di lavoro nell’UE (56 milioni), a cui si somma un altro 9% derivante dall'indotto.

La Commissione ricorda che l’UE - nel corso degli anni – ha sviluppato un sistema moderno di protezione dei diritti di proprietà intellettuale (IPR), che ha fornito un grande contributo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro, allo stesso tempo assicurando un bilanciamento degli interessi degli utenti. D’altra parte anche gli USA hanno sviluppato un sistema IPR altamente sofisticato.

Su tali basi, nel corso del negoziato l’UE vorrebbe affrontare un numero limitato di temi specifici che, secondo la sua opinione, limitano la crescita potenziale di beni e servizi.

Secondo quanto indicato nel breve documento che sintetizza la posizione dell’UE, una possibile architettura del capitolo dedicato ai diritti di proprietà intellettuale potrebbe prevedere quattro sezioni:

la prima sezione dovrebbe contenere la lista degli accordi internazionali in cui sono impegnate entrambe le parti;

• l’obiettivo della seconda sezione sarebbe quello di individuare - in aree preventivamente identificate di comune accordo - un comune denominatore tra regole UE e regole USA, in modo da incrementare, senza modificare tali regole, la certezza giuridica degli scambi transatlantici. Una lista non esaustiva di tali aree potrebbe includere: misure contro la non corretta registrazione di marchi e brevetti; rafforzamento dei controlli doganali, ivi inclusi beni contraffatti in piccole spedizioni; pratiche su criteri e procedure per la concessione delle patenti, ivi incluse quelle per uso secondario o incrementale dell’innovazione;

• la terza sezione dovrebbe contenere impegni vincolanti su un numero limitato di questioni significative. Oltre alle indicazioni geografiche (vedi infra), si tratterà di diritto d’autore e in particolare di tre questioni chiave: diritti di remunerazione in caso di radiodiffusione e comunicazioni pubbliche per performers e produttori di fonogrammi; pieno diritto di comunicazione in pubblico per autori in bar, ristoranti e negozi; diritto per i creatori di opere d’arte di partecipare alla loro rivendita. Si tratta di questioni sulle quali l’UE già garantisce protezione attraverso il suo acquis e sulle quali è importante ottenere il reciproco riconoscimento negli USA;

• la quarta sezione dovrebbe riguardare la cooperazione nelle aree di comune interesse. Ciò avverrebbe: per proseguire e rafforzare il lavoro già compiuto nel gruppo di lavoro su diritti di proprietà intellettuale; con un portale del gruppo di lavoro; per il coordinamento dell’assistenza tecnica ai paesi terzi; per la cooperazione doganale.

Il TTIP e Le piccole e medie imprese

Uno degli obiettivi del TTIP è quello di garantire che le piccole imprese dell’UE possano:

vendere negli USA o importare da tale paese più facilmente;

trarre il massimo vantaggio dall’accordo per contribuire alla loro crescita.

I 20 milioni di imprese europee di piccole dimensioni (aziende con meno di 250 dipendenti) costituiscono la spina dorsale dell’economia dell’UE:

danno lavoro a più di due terzi dei lavoratori nel settore privato;

creano molti più posti di lavoro di altri settori dell’economia (l’85% del totale tra il 2002 e il 2010);

rappresentano un’importante fonte di innovazione, nuovi prodotti e nuovi servizi.

Secondo le valutazioni della Commissione, il TTIP creerà nuove opportunità sia negli USA sia nell’UE: esse saranno particolarmente importanti per le piccole e medie imprese (PMI), considerato che gli ostacoli al commercio costituiscono impedimenti sproporzionati per le imprese più piccole, che hanno meno risorse e meno personale.

Ad aprile 2015 la Commissione ha presentato una relazione che sintetizza i risultati di un'indagine svolta nel corso del 2014 tra le piccole e medie imprese in merito alle difficoltà incontrate esportando negli Stati Uniti.

Dalla relazione emerge in primo luogo che gli scambi transatlantici sono già fonte di vantaggi per le PMI: nel 2012 sono state 150.000 le PMI che hanno effettuato esportazioni negli Stati Uniti; la loro quota ammonta al 28% delle esportazioni totali dell'UE negli Stati Uniti; in particolare le PMI - operanti nel settore dei prodotti alimentari, delle bevande, dell'agricoltura, dell'abbigliamento, dei prodotti tessili, del cuoio e dei prodotti chimici - hanno registrato una quota di esportazioni superiore alla media dell'UE.

Sempre secondo la relazione l’Italia è il paese in cui c’è il maggior numero di PMI che esportano oltreoceano: 30.000 aziende, che rappresentano il 96% dell’export nazionale e che generano un giro di affari di 11,2 miliardi.

Tuttavia, l'indagine mostra che le esportazioni delle PMI sul mercato degli Stati Uniti non sono esenti da difficoltà, molte delle quali potrebbero essere attenuate dall'accordo. Le questioni sollevate comprendono:

l'osservanza delle norme e delle regolamentazioni tecniche per tutte le merci, che rappresenta la questione più frequentemente menzionata;

l'accesso alle informazioni per stabilire quali regolamenti si applicano ai loro prodotti. Quasi un terzo degli intervistati non era in grado di individuare la fonte effettiva delle questioni regolamentari che si trova ad affrontare (vale a dire il governo federale degli Stati Uniti oppure i singoli Stati USA);

l'esclusione dal mercato, giuridicamente prevista in molti settori degli appalti pubblici;

la conformità alle norme doganali, che possono risultare molto costose e rappresentano di fatto ostacoli al commercio;

• le differenze di regolamentazione tra i diversi Stati USA nonché tra USA e UE, il che comporta di dover superare due diversi tipi di test per essere presenti su entrambi i mercati.

Allo stato attuale di avanzamento delle trattative, i potenziali benefici del TTIP per le PMI potrebbero includere:

tariffe, visto che milioni di piccoli produttori in Europa e negli Stati Uniti forniscono circa il 30% delle esportazioni di beni in entrambi i mercati. Di conseguenza le PMI trarrebbero un forte vantaggio dall’eliminazione delle tariffe, in particolare nei settori in cui sono ancora relativamente alte;

aspetti normativi e barriere non tariffarie, visto che le piccole imprese possono essere colpite in modo sproporzionato da barriere non tariffarie, che possono assumere la forma di requisiti applicati ai confini o barriere “behind-the-border”. Il rispetto di tali misure può essere difficile e costoso, per cui un intervento in questo ambito gioverebbe alle PMI attive nel mercato transfrontaliero;

servizi, visto che l’Unione europea e gli Stati Uniti sono i maggiori esportatori di servizi al mondo e molti fornitori (quali specialisti delle tecnologie dell’informazione, commercialisti, ingegneri e consulenti nei servizi ambientali) lavorano nelle piccole imprese. In tal senso, i fornitori di servizi più piccoli potrebbero trarre vantaggio da una maggiore certezza del diritto e da un nuovo accesso al mercato;

agevolazioni doganali e commerciali: un obiettivo chiave dei negoziati TTIP è quello di aumentare gli scambi. Ciò può avvenire riducendo costi inutili e ritardi alle frontiere, nonché migliorando prevedibilità, semplicità e uniformità nelle procedure di frontiera. Tali risultati renderebbero più facile la partecipazione delle PMI al commercio transatlantico e la promozione dell’occupazione attraverso il commercio;

proprietà intellettuale: le PMI sono anche leader in innovazione e creatività, ma spesso non riescono a proteggere i diritti di proprietà intellettuale. Il TTIP punta a riaffermare l’impegno condiviso in tale direzione, anche nei confronti degli altri partner commerciali;

commercio elettronico: Internet consente a milioni di PMI americane ed europee di raggiungere la clientela estera, aumentando le proprie entrate e sostenendo i posti di lavoro nelle comunità locali. Poiché le PMI attive sul mercato online sono, generalmente, molto più propense a esportare in più paesi, una particolare attenzione sarà dedicata alle disposizioni che promuovono il regime “duty-free” per i prodotti digitali e l’accesso dei consumatori ai servizi e alle applicazioni di loro scelta su Internet;

benefici attraverso catene di valore: molte piccole imprese - che non esportano direttamente verso l’UE o gli Stati Uniti - potrebbero comunque beneficiare del TTIP attraverso la vendita di beni e servizi intermedi alle aziende che si occupano di commercio transatlantico.

Sulla base del quadro delineato dalla relazione, secondo la Commissione europea le piccole imprese hanno comunque bisogno di un aiuto supplementare: ciò per ottenere il massimo dalle nuove opportunità, in materia di commercio e investimenti che il TTIP potrebbe creare.

A tal fine, il testo dell’accordo conterrà un capitolo dedicato alle PMI, nel quale la Commissione si prefigge di riassumere possibili azioni quali: creazione di meccanismi bilaterali di agevolazione della partecipazione delle PMI al commercio transatlantico dopo la conclusione del TTIP; istituzione di un “comitato PMI”, quale entità di supporto alla comprensione delle disposizioni e dei benefici dell'accordo; rafforzamento della cooperazione esistente tra il Dipartimento del Commercio Usa e la Commissione europea; programmazione di workshop e altri programmi volti a illustrare alle PMI le potenzialità dell’accordo; predisposizione di un helpdesk statunitense online gratuito dove le piccole imprese possano trovare tutte le informazioni che occorrono per esportare, investire negli Stati Uniti o importare da tale paese.



[1] Si ricorda che negli Stati Uniti lo scorso 24 giugno è stata approvata una legge che conferisce al Presidente Obama un'autorità negoziale speciale (Trade Promotion Authority, TPA) per la conclusione di alcuni trattati commerciali. In base a tale autorità il Presidente potrà sottoporre direttamente al Congresso gli accordi commerciali affinché siano approvati o respinti in tempi brevissimi e senza possibilità di votare emendamenti. Questa corsia preferenziale ("fast track") potrebbe imprimere un'accelerazione nella conclusione di due accordi cruciali per la sua agenda politica, ovvero il TPP e il TTIP. Il TPP, l'accordo di libero scambio con i paesi del Pacifico, è stato firmato il 5 ottobre scorso dopo un'attività negoziale durata cinque anni. L'accordo dovrà ora essere ratificato dai 12 paesi e dovrà ottenere il via libera del Congresso americano.

[2] Si ricorda che se sarà considerato di natura "mista" (ossia di competenza sia dell'Unione europea che degli Stati membri) il TTIP dovrà essere ratificato dai parlamenti nazionali. La Conferenza dei Presidenti dei parlamenti dell'Unione europea - tenutasi a Roma il 20 e 21 aprile 2015 - nelle Conclusioni ha sottolineato come il ruolo dei parlamenti nazionali, nell'ambito dei negoziati sui trattati internazionali, assuma una particolare attualità dato l'interesse dimostrato dalla società civile per i negoziati in corso, soprattutto sul TTIP. Inoltre ha ribadito la necessità che i parlamenti nazionali esercitino una specifica competenza su un numero maggiore di accordi di libero scambio e che abbiano un ampio accesso alle informazioni sui negoziati in corso, al fine di poter meglio esprimere i loro orientamenti.

 

[3] Il sistema delle preferenze generalizzate (SPG), applicato dalla CEE dal 1971 sulla base di una raccomandazione dell’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite su commercio e sviluppo), consente di potenziare le esportazioni di prodotti originari dei paesi in via di sviluppo tramite la concessione di speciali preferenze tariffarie. L’SPG applicato dall’UE è il più generoso fra tutti i sistemi adottati dai paesi sviluppati.

[4] Si veda al riguardo la relazione dettagliata presentata dalla Commissione europea il 6 novembre scorso.

[5] Si veda al riguardo il comunicato stampa (in lingua inglese).

[6] In base ad una norma in vigore dal 2011 sui prodotti lattiero caseari è fissata una tassa a seconda della percentuale di latte o di derivati contenuta.

[7] Si veda al riguardo l'offerta di servizi e investimenti della Commissione europea (in lingua inglese).

[8] Disponibile in lingua inglese.

[9] Veicoli, sostanze chimiche, prodotti farmaceutici, dispositivi medici, prodotti cosmetici, prodotti tessili, tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ingegneria e pesticidi. Su questi settori sembrerebbero esserci i margini per avviare attività concrete di cooperazione tra le autorità di regolamentazione.

[10] Secondo la definizione dell'OMC (articolo 6 dell'Accordo SPS sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie) la regionalizzazione è un principio che prevede che un'area di un paese possa essere riconosciuta come indenne o a bassa diffusione di malattie o parassiti. In questo caso è ammesso il commercio da tale area anche se le condizioni di salute nel resto del paese non sono favorevoli. 

[11]La proposta ricalca la nuova strategia commerciale dell'UE, "Commercio per tutti", volta ad introdurre politiche commerciali più responsabili sia livello dell'UE che a livello mondiale.

[12] Si tratta in particolare dell'Agenda del lavoro dignitoso, che conferisce a tutti gli uomini e le donne accesso ad un lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana.

[13] Si ricorda che l'Unione europea ha presentato la proposta sulle imprese statali in occasione del round negoziale del 14-18 luglio 2014 e la proposta sui sussidi in occasione del round negoziale tenutosi il 10-14 marzo 2014.

[14] Al riguardo si veda la pagina http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=URISERV:r11010&from=IT in riferimento all'Allegato 2.

[15] Tale sistema sostituirà il meccanismo ISDS nel TTIP e in tutti i negoziati UE in corso e futuri in materia di commercio e investimenti.

[16] Si veda al riguardo la scheda informativa della Commissione europea.

[17] Elemento di novità rispetto alla bozza di proposta presentata dalla Commissione europea il 16 settembre scorso.

[18] Si ricorda che se sarà considerato di natura "mista" (ossia di competenza sia dell'Unione europea che degli Stati membri) il TTIP dovrà essere ratificato dai parlamenti nazionali. La Conferenza dei Presidenti dei parlamenti dell'Unione europea - tenutasi a Roma il 20 e 21 aprile 2015 - nelle Conclusioni ha sottolineato come il ruolo dei parlamenti nazionali, nell'ambito dei negoziati sui trattati internazionali, assuma una particolare attualità dato l'interesse dimostrato dalla società civile per i negoziati in corso, soprattutto sul TTIP. Inoltre ha ribadito la necessità che i parlamenti nazionali esercitino una specifica competenza su un numero maggiore di accordi di libero scambio e che abbiano un ampio accesso alle informazioni sui negoziati in corso, al fine di poter meglio esprimere i loro orientamenti.

[19] La risoluzione dichiara che l'approvazione da parte del Parlamento europeo dell'accordo definitivo sul TTIP potrebbe essere a rischio fintantoché gli Stati Uniti non cesseranno del tutto le attività di sorveglianza indiscriminata di massa e non si troverà una soluzione adeguata alla questione del diritto alla riservatezza dei dati dei cittadini dell'Unione, che preveda anche strumenti di ricorso giudiziario e amministrativo.

[20] Senatrice Fattori, Gruppo del Movimento 5stelle

[21] Senatore Berger Johann Karl, Gruppo per le autonomie