Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà - Atto del Governo n. 430 - art. 31, co. 1, lett. a), 2 e 5, L. 15 marzo 2017, n. 33 Schede di lettura
Riferimenti:
SCH.DEC 430/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 430
Data: 19/07/2017
Organi della Camera: XII-Affari sociali

Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà

 

 

 

 

Atto del Governo n. 430
art. 31, co. 1, lett. a), 2 e 5, L. 15 marzo 2017, n. 33

 

 

 

 

Schede di lettura

 


 

 

 

 

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Dossier n. 522

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Atti del Governo n. 430

 

 

 

 

 

 

 

La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati

 

 

 

 

AS0321

 

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I N D I C E

PREMESSA.. 3

Legge delega 33/2017 (collegata alla stabilità 2016) 3

A.G. 430 - Schema di decreto ReI 7

Schede di lettura

Capo I Definizioni 15

Articolo 1 – Definizioni 15

Capo II Misura Nazionale Unica di contrasto alla poverta’ 16

Articolo 2 - Reddito di inclusione – ReI 16

Articolo 3 – Beneficiari 21

Articolo 4 - Beneficio economico. 27

Articolo 5 – Punti per l’accesso al ReI e valutazione multidimensionale. 33

Articolo 6 – Progetto personalizzato. 39

Articolo 7 – Interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà. 44

Articolo 8 - Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale  53

Articolo 9 - Richiesta, riconoscimento ed erogazione del ReI 57

Articolo 10 - ISEE precompilato e aggiornamento della situazione economica. 63

Articolo 11 - Compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa. 67

Articolo 12 - Sanzioni, sospensione e decadenza. 68

Articolo 13 - Funzioni dei comuni e degli ambiti territoriali per l’attuazione del ReI 72

Articolo 14 - Funzioni delle regioni e delle province autonome per l’attuazione del ReI 74

Articolo 15 - Funzioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’attuazione del ReI 77

Articolo 16 - Comitato per la lotta alla povertà e Osservatorio sulle povertà. 81

Capo III Riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto alla povertà. 84

Articolo 17 - SIA.. 84

Articolo 18 – ASDI 86

Articolo 19 - Carta acquisti 89

Articolo 20 - Disposizioni finanziarie. 90

Capo IV  Rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali 93

Articolo 21 - Rete della protezione e dell’inclusione sociale. 93

Articolo 22 - Riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 98

Articolo 23 - Coordinamento dei servizi territoriali e gestione associata dei servizi sociali 101

Articolo 24 - Nuovo sistema informativo dei servizi sociali 104

Capo V Disposizioni transitorie e finali 111

Articolo 25 - Disposizioni transitorie e finali 111

Articolo 26 – Abrogazioni 113

Articolo 27 - Entrata in vigore. 114

APPENDICE

La povertà in Italia. 117

Povertà assoluta. 117

Le soglie di povertà assoluta. 121

Povertà relativa. 122

Deprivazione materiale. 124

Contrasto alla povertà: dalla Carta acquisti al Reddito di Inclusione (ReI) 126

Carta acquisti ordinaria. 126

Carta acquisti sperimentale - Sostegno Inclusione Attiva (SIA) 127

Sperimentazione del SIA nei grandi comuni – decreto gennaio 2013. 127

Lotta alla povertà nella stabilità 2016. 129

Estensione del Sia su tutto il territorio nazionale – decreto maggio 2016. 129

Allargamento del SIA – decreto marzo 2017 – SIA attualmente erogato. 131

Misure a sostegno della famiglia. 134

Bonus Bebé. 134

Premio alla nascita. 135

Voucher baby sitting/contributo rette asili pubblici e accreditati 135

Contributi asilo nido e supporto domiciliare. 136

Fondo di sostegno alla natalità. 137

 

 

 

 


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PREMESSA

Legge delega 33/2017 (collegata alla stabilità 2016)

Il 28 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega recante norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali collegato alla legge di stabilità 2016 (A.C. 3594). Il 1° marzo 2016 ne è iniziato l’esame presso la Commissione XII della Camera, che,  dopo aver effettuato un ciclo di audizioni (qui le memorie depositate nelle audizioni nell'ambito dell'esame dell’ A.C. 3594), è passata all’esame del testo, che, modificato in più parti, rispetto a quello  trasmesso dal Governo, è stato approvato definitivamente dall’Assemblea della Camera nella seduta del 14 luglio 2016 (qui l’iter dell’A.C. 3594).

In seguito, il provvedimento è passato al Senato (A.S. 2494) che ne ha concluso l'esame nella seduta del 9 marzo 2017, approvandolo nel testo trasmesso dalla Camera.

Tra i documenti acquisiti nel corso delle audizioni che si sono svolte al Senato presso la 11ª Commissione permanente (Lavoro, previdenza sociale), si segnala la memoria depositata dal Presidente dell’Istat.

 

La legge 33/2017 "Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali" è stata pubblicata sulla GU Serie Generale n.70 del 24 marzo 2017.

 

La legge 33/2017 ha delegato il Governo ad adottare, entro sei mesi dal 25 marzo 2017, uno o più decreti legislativi recanti:

a) l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà (intesa come impossibilità di disporre dell'insieme dei beni e servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso) e dell'esclusione sociale, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente in tutto il territorio nazionale. La misura di contrasto alla povertà, denominata Reddito di inclusione (ReI), unica a livello nazionale, si articola in un beneficio economico e in una componente di servizi alla persona, assicurata dalla rete dei servizi sociali mediante un progetto personalizzato aderente ai bisogni del nucleo familiare beneficiario della misura. La misura nazionale, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale - SIA -, è condizionata alla prova dei mezzi, sulla base  dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo conto dell'effettivo reddito disponibile e di indicatori della capacità di spesa. I beneficiari della misura sono individuati, prevedendo un requisito di durata minima della residenza sul territorio nazionale nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione europea, prioritariamente, tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone con più di 55 anni di età in stato di disoccupazione. L'estensione della misura nazionale di contrasto alla povertà avverrà, sulla base delle risorse che affluiscono al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

b) il riordino delle prestazioni di natura assistenziale sottoposte alla prova dei mezzi finalizzate al contrasto della povertà, fatta eccezione per le prestazioni rivolte alla fascia di popolazione anziana non più in età di attivazione lavorativa, per le prestazioni a sostegno della genitorialità e per quelle legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario;

c) il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, al fine di garantire, su tutto il territorio nazionale, i livelli essenziali delle prestazioni, nell'ambito dei princìpi di cui alla legge n. 328/2000.

Inoltre, per favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni, è stato previsto un organismo di coordinamento degli interventi e dei servizi sociali, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Al medesimo Ministero vengono anche attribuite delle competenze in materia di verifica e controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni sul territorio nazionale; per questo il Ministero del lavoro, anche avvalendosi del citato organismo, è incaricato di effettuare un monitoraggio sull'attuazione della misura nazionale di contrasto alla povertà, pubblicandone gli esiti sul proprio sito internet.

Per quanto riguarda la copertura finanziaria, si prevede che all'attuazione della delega per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà e dell'esclusione sociale, si provveda nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall'articolo 1, comma 386, della stabilità 2016 e rifinanziato dall'articolo 1, comma 389, della medesima legge. Si ricorda inoltre che la stabilità 2016, al comma 388, per gli anni successivi al 2016 assegna al Fondo risorse pari complessivamente a 1,03 miliardi di euro per il 2017 e a 1,054 miliardi di euro a decorrere dal 2018; risorse che costituiscono i limiti di spesa ai fini dell'attuazione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

Relativamente all'esercizio della delega, si è previsto che gli schemi dei decreti legislativi delegati, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, siano trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, affinché siano espressi, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti legislativi sono emanati anche in mancanza dei pareri. Nel corso dell'esame in sede referente, è stata introdotta una ulteriore fase di verifica parlamentare, infatti, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. I pareri definitivi delle Commissioni sono espressi entro venti giorni dalla nuova trasmissione: decorso tale termine i decreti possono essere comunque emanati.

L’articolo 1, comma 7, della legge delega 33/2017, lascia aperta la possibilità per il Governo, di adottare (nel rispetto dei criteri e principi di delega), entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, disposizioni integrative e correttive del decreto medesimo.  

Nel corso dell'esame al Senato sono stati accolti alcuni ordini del giorno, della maggioranza e delle opposizioni, che impegnano il Governo, in sede di attuazione del disegno di legge delega:


A.G. 430 - Schema di decreto ReI

Il Consiglio dei Ministri n. 33 del 9 giugno 2017, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo di attuazione della legge 15 marzo 2017, n. 33 sul contrasto della povertà, il riordino delle prestazioni di natura assistenziale e il rafforzamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali (qui il comunicato stampa del CdM).

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha illustrato il provvedimento con un documento di sintesi, descrivendo anche il percorso che ha consentito di arrivare all’individuazione della misura unica di contrasto alla povertà.

 

L'adozione dello schema è stata preceduta dal confronto istituzionale con le Regioni e con i rappresentanti dell'ANCI[1] e dal confronto con Alleanza contro la povertà, un soggetto che, dal 2013, riunisce realtà associative, rappresentanze dei comuni e delle regioni, enti di rappresentanza del terzo settore, e sindacati, con la finalità di contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese. Il 14 aprile 2017 è stato sottoscritto il Memorandum d’intesa tra il Governo e l’Alleanza contro la povertà in merito all’attuazione della legge 15 marzo 2017, n. 33, che ha definito i seguenti impegni circa il profilo degli interventi da realizzare in attuazione della legge delega per il contrasto alla povertà:

- criteri di accesso dei beneficiari (superamento dell'utilizzo esclusivo dell'ISEE del richiedente e affiancamento di una soglia di accesso legata al reddito disponibile ISR);

- criteri per stabilire l'importo del beneficio (differenziato in base al reddito disponibile e commisurato al numero di componenti il nucleo famigliare);

- i meccanismi per evitare la "trappola" della povertà (il beneficio è definito in modo da evitare disincentivi al lavoro. L’obiettivo è costruire una misura effettivamente inclusiva e non uno strumento che spinga le persone a rimanere inattive);

- il finanziamento dei servizi per l'inclusione (previsione di affiancare al contributo economico un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa realizzato attraverso il finanziamento strutturale dei servizi di inclusione sociale connessi al REI);

- l'affiancamento ai territori e il supporto tecnico (attraverso una struttura nazionale permanente);

- il monitoraggio (raccolta dati e definizione degli indicatori per la verifica dell'efficacia);

- la forma di gestione del Reddito di inclusione (promozione della gestione associata dei servizi sociali da parte dei Comuni).

 

Il provvedimento si compone di cinque capi e ventisette articoli.

 

Lo schema di decreto (A.G. 430), assegnato il 12 luglio 2017 alle Commissioni XI Lavoro e XII Affari Sociali, istituisce a decorrere dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione (ReI), quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale (il ReI potrà essere richiesto dal 1° dicembre 2017).

Il ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni

Lo schema in esame stabilisce che oltre il ReI, costituiscono livelli essenziali delle prestazioni, seppure nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente: 

- servizi per l’informazione e l’accesso al ReI;

- la valutazione multidimensionale;

- il progetto personalizzato e i sostegni in questo previsti;

- l’offerta integrata di interventi e servizi secondo le modalità definite dalle regioni e province autonome.

 

Fermo restando il possesso dei requisiti economici, il ReI è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa. Viceversa, non è compatibile con la contemporanea fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo familiare, della NASpI o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria.

Il ReI sarà concesso ai cittadini comunitari, ovvero a familiare di cittadino italiano o comunitario non avente la cittadinanza di uno Stato membro che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino straniero in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Il richiedente deve essere residente in Italia per via continuativa da almeno due anni.

Il ReI è concesso per un periodo non superiore a 18 mesi e sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poterlo richiedere nuovamente.

Il ReI, misura condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, è articolato in due componenti:

1.     un beneficio economico erogato su dodici mensilità, con un importo che andrà da circa 190 euro mensili per una persona sola fino a quasi 490 euro per un nucleo con 5 o più componenti;

2.     una componente di servizi alla persona identificata, in esito ad una valutazione del bisogno del nucleo familiare che terrà conto, tra l’altro, della situazione lavorativa e del profilo di occupabilità, dell’educazione, istruzione e formazione, della condizione abitativa e delle reti familiari, di prossimità e sociali della persona e servirà a dar vita a un "progetto personalizzato" volto al superamento della condizione di povertà. Tale progetto indicherà gli obiettivi generali e i risultati specifici da raggiungere nel percorso diretto all’inserimento o reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale, nonché i sostegni, in termini di specifici interventi e servizi, di cui il nucleo necessita, e, infine, gli impegni a svolgere specifiche attività, a cui il beneficio economico è condizionato, da parte dei componenti il nucleo familiare. Conseguentemente, lo schema disciplina le sanzioni per i beneficiari inadempienti del ReI, distinte in: decurtazione o decadenza del beneficio a seguito di comportamenti inconciliabili con gli impegni sottoscritti nel progetto personalizzato;  sanzioni o decadenza del beneficio a seguito di dichiarazione mendace in sede ISEE.

Per quanto riguarda i requisiti di accesso, con riferimento alla condizione economica, il nucleo familiare del richiedente dovrà essere in possesso congiuntamente di:

·       Un valore dell’ISEE, in corso di validità, non superiore ad euro 6.000;

·       Un valore dell’ISRE non superiore ad euro 3.000.

L’ISRE è ottenuto dividendo l’ISR, ovvero l’indicatore della situazione reddituale, per il parametro della scala di equivalenza corrispondente alla specifica situazione familiare. La legge 33/2017 ha specificato che, nella definizione del beneficio, si tiene conto della condizione economica del nucleo familiare e della sua relazione con una soglia di riferimento per l'individuazione della condizione di povertà, intesa come impossibilità di disporre dell'insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso, e dell'esclusione sociale. Tale soglia è stata fissata, per un singolo, a 3.000 euro, riparametrandola sulla base della numerosità familiare per mezzo della scala di equivalenza dell’ISEE. In sede di prima applicazione, la soglia è considerata al 75%. Il beneficio non può eccedere, in sede di prima applicazione, il limite dell’ammontare su base annua dell’assegno sociale, il cui valore annuo, aggiornato al 2017, è pari a 5.824 euro (485 euro mensili per 12 mensilità).

·       Un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad euro 20.000;

·       Un valore del patrimonio mobiliare, non superiore ad una soglia di euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo componente, fino ad un massimo di euro 10.000;

Con riferimento al godimento di beni durevoli e ad altri indicatori del tenore di vita, il nucleo familiare dovrà trovarsi congiuntamente nelle seguenti condizioni:

·       Nessun componente intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli, ovvero motoveicoli immatricolati per la prima volta nei ventiquattro mesi antecedenti la richiesta, fatti salvi gli autoveicoli ed i motoveicoli per i quali è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità;

·       Nessun componente intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto.

Oltre ai requisiti sopra elencati, sono richiesti una serie di requisiti transitori riferiti alla composizione del nucleo familiare, da tenere in considerazione in sede di prima applicazione:

-          Presenza di un componente di età minore di anni 18;

-          Presenza di una persona con disabilità e di almeno un suo genitore;

-          In assenza di figli minori, presenza di una donna in stato di gravidanza accertata. La certificazione medica attestante lo stato di gravidanza e la data presunta del parto deve essere rilasciata da una struttura pubblica e allegata alla richiesta del beneficio, che può essere presentata non prima di quattro mesi dalla data presunta del parto;

-          Presenza di almeno un lavoratore di età pari o superiore a 55 anni, che si trovi in stato di disoccupazione per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, ed abbia cessato, da almeno tre mesi, di beneficiare dell’intera prestazione per la disoccupazione.

La transitorietà di tale requisiti risponde al criterio di delega che prevede un graduale incremento del beneficio e una graduale estensione dei beneficiari da attuarsi mediante il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale e grazie alle risorse attese dal riordino delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto della povertà e da eventuali ulteriori risorse da definire mediante specifici provvedimenti legislativi. Più precisamente, nell’ambito delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto alla povertà, la disposizione in esame blocca, a fa data dal 1° gennaio 2018, l’erogazione del SIA e dell’ASDI (con norme transitorie per i soggetti che risultano ammessi alle misure prima della loro soppressione). Per quanto riguarda i beneficiari della Carta acquisti, coloro che hanno i requisiti per l’accesso al ReI (minori 0-3 anni), vedranno assorbito il beneficio economico della Carta acquisti nel ReI (i due benefici non sono cumulabili).

 

Al ReI si accederà attraverso una DSU (dichiarazione) a fini ISEE "precompilata”, che caratterizzerà l’accesso a tutte le prestazioni sociali agevolate migliorando la fedeltà delle dichiarazioni da un lato e semplificando gli adempimenti per i cittadini dall’altro.

Per quanto riguarda l’attuazione del ReI, i comuni, in forma singola o associata rappresentano, congiuntamente con l’INPS, i soggetti attuatori. I comuni cooperano a livello di ambito territoriale al fine di rafforzare l’efficacia e l’efficienza della gestione e di agevolare la programmazione e la gestione integrata degli interventi e dei servizi sociali con quelli degli altri enti od organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute .

Le regioni e le province autonome dovranno adottare, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, un Piano regionale per la lotta alla povertà, quale atto di programmazione dei servizi necessari all’attuazione del ReI, nel rispetto delle modalità di confronto con le autonomie locali e favorendo la consultazione delle parti sociali e degli enti del Terzo settore. Inoltre, le regioni e le province autonome, con riferimento ai propri residenti, potranno richiedere, a valere su risorse regionali, che il ReI sia concesso ad un maggior numero di beneficiari o incrementato nell’ammontare del beneficio economico.

Per quanto riguarda le risorse, lo schema di decreto ridetermina la dotazione del Fondo Povertà in 1.759 milioni di euro nel 2018, ed in 1.845 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, di cui una quota (pari, in sede di prima applicazione, a 262 milioni nel 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019) è destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali Ai fini dell’erogazione del beneficio economico del ReI, i limiti di spesa sono determinati in 1.482 milioni di euro nel 2018, e in 1.568 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.

Lo schema di decreto istituisce la Rete della protezione e dell’inclusione sociale, quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali con il compito di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni sociali anche attraverso l’elaborazione di specifici Piani programmatici per l’utilizzo delle risorse dei Fondi sociali (Fondo nazionale politiche sociali, Fondo non autosufficienza e Fondo povertà). I Piani, triennali con eventuali aggiornamenti annuali, dovranno individuare lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l’obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantirsi su tutto il territorio nazionale. All’interno della Rete sono istituiti il Comitato per la lotta alla povertà, come organismo di confronto permanente tra i diversi livelli di governo, e l’Osservatorio sulle povertà, con il compito di predisporre un Rapporto biennale sulla povertà, in cui saranno formulate analisi e proposte in materia di contrasto alla povertà, e saranno utilizzati i risultati del monitoraggio al ReI per evidenziare eventuali problematiche riscontrate, anche a livello territoriale.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è responsabile dell’attuazione, del monitoraggio e della valutazione del ReI.

Per far fronte ai nuovi compiti collegati alla erogazione del ReI, lo schema istituisce la Banca Dati ReI, una articolazione del Nuovo sistema informativo dei servizi sociali (NSISS) che andrà ad integrare e sostituire il Sistema informativo dei servizi sociali e il Casellario dell’assistenza. 

 


 

Schede di lettura

 


Capo I
Definizioni

Articolo 1 – Definizioni

L’articolo 1 reca le definizioni valevoli ai fini dell'applicazione del provvedimento, e i relativi riferimenti normativi.

 

 

 

 

 

 


 

Capo II
Misura Nazionale Unica di contrasto alla poverta’

Articolo 2 - Reddito di inclusione – ReI

L’articolo 2 istituisce, dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione (ReI) quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale (ai sensi dell’articolo 25, il ReI può essere richiesto dal 1° dicembre 2017).

L’articolo fornisce una visione di insieme della misura.

 

Il ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, nel limite delle risorse disponibili del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale istituito dalla stabilità 2016 (art. 1, co. 386, della legge 208/2015).

 

In Italia, i servizi sociali sono realizzati attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali e rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona. A differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (LEA)[2] indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, in campo sociale non sono state ancora fissati organicamente i livelli essenziali delle prestazioni. La legge quadro sull'assistenza (legge 328/2000) ha stabilito che i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP) corrispondono all'insieme degli interventi garantiti, sotto forma di beni o servizi, secondo le caratteristiche fissate dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, e attuati nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Più precisamente, l'art. 22 individua l'area del bisogno (per quanto qui interessa l’art. 22, comma 2, lettera a) individua quale livello essenziale delle prestazioni le “misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora”) senza però disciplinarne puntualmente le prestazioni.

In assenza di una normativa statale di puntuale determinazione dei Lep, le scelte delle regioni, chiamate a disciplinare con leggi regionali la materia riferibile alle aree del bisogno e ai servizi sociali a queste riferite, si sono fortemente differenziate. Conseguentemente, in ambito sociale, vista l'assenza dei LEP, le prestazioni diffuse sul territorio nazionale sono state mappate dal Nomenclatore Interregionale degli Interventi e Servizi Sociali, approvato nel 2009 e aggiornato sul piano delle terminologie e dei contenuti fino al 2014. Il Nomenclatore, elaborato dalla Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle PA con il supporto del C.I.S.I.S. (Centro Interregionale per i sistemi informatici, geografici e statistici), e dell'ISTAT per gli aspetti relativi alla spesa sociale, ha provveduto ad un raggruppamento delle prestazioni sociali definendo i macrolivelli delle prestazioni, al cui interno sono stati individuati "Obiettivi di servizio" recepiti anche dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (d’ora in poi MLPS) nei riparti del Fondo nazionale politiche sociali per il triennio 2013-2015.

 

Lo schema in esame stabilisce che oltre il ReI, costituiscono livelli essenziali delle prestazioni, seppure nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente: 

- servizi per l’informazione e l’accesso al ReI;

- la valutazione multidimensionale;

- il progetto personalizzato e i sostegni in questo previsti;

- l’offerta integrata di interventi e servizi secondo le modalità coordinate definite dalle regioni e province autonome.

Si ricorda inoltre che il D.p.c.m. 159/2013[3], all’art. 2, ha stabilito che la determinazione e l'applicazione dell'ISEE ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei comuni.

 

Il ReI si configura come una misura a vocazione universale, condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione ad un progetto personalizzato di attivazione ed inclusione sociale e lavorativa finalizzata all’affrancamento dalla condizione di povertà.

 

Nel testo dell’articolo in esame, al comma 2, il ReI è definito come una misura a carattere universale, anche se, come sottolineato nelle raccomandazioni allegate all’Intesa in Conferenza unificata del 6 luglio 2017, il ReI in fase di prima attuazione è concesso a fronte di specifici requisiti di accesso, di natura reddituale e patrimoniale, e a fronte di particolari caratteristiche del nucleo familiare. La progressiva estensione della platea dei beneficiari e il graduale incremento dell’entità del beneficio economico, nei limiti delle risorse eventualmente disponibili a valere sul Fondo povertà, sono disciplinate attraverso il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

 

La misura è riconosciuta ai nuclei familiari in condizione di povertà, ovvero ai nuclei familiari che risultano, al momento della presentazione della richiesta e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, in possesso dei requisiti specificati dall’articolo 3 dello schema in esame.

 

Il ReI è articolato in due componenti:

a)     Un beneficio economico proporzionale alla differenza tra il reddito familiare e una soglia reddituale d’accesso che, per un solo componente il nucleo familiare è pari, su base annua, al valore di 3 mila euro. Tale soglia reddituale è riparametrata sulla base della numerosità familiare per mezzo della scala di equivalenza dell’ISEE. In sede di prima applicazione, la soglia è considerata al 75%. In ogni caso, il beneficio per ogni nucleo familiare non potrà essere superiore all’assegno sociale (valore annuo, 5.824 euro; ovvero circa 485 euro al mese). Se i componenti del nucleo familiare ricevono già altri trattamenti assistenziali, il valore mensile del REI è ridotto del valore mensile dei medesimi trattamenti, esclusi quelli non sottoposti alla prova dei mezzi (fra i quali l’indennità di accompagnamento). Il beneficio economico è concesso per un periodo massimo di 18 mesi e non può essere rinnovato prima di 6 mesi. In caso di rinnovo, la durata è fissata in 12 mesi. Il beneficio economico è definito dall’articolo 4 dello schema;

b)    Una componente di servizi alla persona identificato nel progetto personalizzato (di cui all’articolo 6), proposto in esito ad una valutazione multidimensionale del bisogno del nucleo familiare (come definita dall’articolo 5).

 

Ai sensi del comma 4, i servizi previsti nel progetto personalizzato, afferenti alla rete degli interventi e dei servizi sociali previsti dalla legge quadro 328/2000, sono rafforzati grazie ad una quota delle risorse del Fondo povertà pari, in sede di prima applicazione a 262 milioni di euro nel 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019. Dal 2018, una quota del Fondo povertà pari a 20 milioni è riservata. agli interventi e servizi in favore delle persone in condizione di povertà estrema e senza dimora.

 

La progressiva estensione della platea dei beneficiari e il graduale incremento dell’entità del beneficio economico, nei limiti delle risorse eventualmente disponibili a valere sul Fondo povertà, sono disciplinate attraverso il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Infatti, il Piano potrà modificare con cadenza triennale, ed eventuali aggiornamenti annuali, i requisiti per l’accesso al ReI, il massimale del beneficio economico erogabile, l’elenco degli interventi e dei servizi sociali territoriali di contrasto alla povertà, la possibilità di rinnovo del beneficio nonché i termini temporali per la definizione della valutazione multidimensionale (v. articolo 8).

 

Il ReI, è richiesto presso specifici punti per l’accesso individuati dagli ambiti territoriali, è riconosciuto dall’INPS previa verifica del possesso dei requisiti ed è erogato, per la componente economica, per il tramite della Carta acquisti, ridenominata, per le finalità del decreto in esame, “Carta ReI” (articolo 9, comma 7).

 

Al fine di semplificare gli adempimenti e migliorare la fedeltà nelle dichiarazioni, la situazione economica è dichiarata mediante DSU precompilata sulla base delle informazioni già disponibili presso l’INPS e l’anagrafe tributaria, con la possibilità di aggiornare i redditi e i patrimoni presenti in DSU (v. articolo 10).

 

Il ReI è compatibile con lo svolgimento di attività lavorative da parte di uno o più componenti il nucleo familiare (come specificato dall’articolo 11 dello schema).

Il progetto personalizzato connesso al ReI prevede impegni a cui i beneficiari sono tenuti ad attenersi, pena l’applicazione delle sanzioni (specificate all’articolo 12) in caso di:

·       dichiarazioni mendaci in materia di ISEE o sue componenti, volte ad accedere illegittimamente alla prestazione o ad incrementare il beneficio economico;

·       mancata adesione al progetto personalizzato.

 

Per quanto riguarda l’attuazione del ReI, i comuni in forma singola o associata  rappresentano, congiuntamente con l’INPS, i soggetti attuatori. I comuni cooperano a livello di ambito territoriale al fine di rafforzare l’efficacia e l’efficienza della gestione e di agevolare la programmazione e la gestione integrata degli interventi e dei servizi sociali con quelli degli altri enti od organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute (v. articolo 13).

Le regioni e le province autonome dovranno adottare, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, un Piano regionale per la lotta alla povertà, quale atto di programmazione dei servizi necessari all’attuazione del ReI, nel rispetto delle modalità di confronto con le autonomie locali e favorendo la consultazione delle parti sociali e degli enti del Terzo settore territorialmente rappresentativi in materia di contrasto alla povertà. Inoltre, le regioni e le province autonome, con riferimento ai propri residenti, potranno richiedere, a valere su risorse regionali, che il ReI sia concesso ad un maggior numero di beneficiari o incrementato nell’ammontare del beneficio economico (v. articolo 14).

 

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (d’ora in poi MLPS) è responsabile dell’attuazione, del monitoraggio e della valutazione del ReI (v. articolo 15).

Al fine di agevolare l’attuazione del ReI, lo schema in esame istituisce:

·       la Rete della protezione e dell’inclusione sociale quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali di cui alla legge 328/2000 (v. articolo 21);

·       il Comitato per la lotta alla povertà, come organismo di confronto permanente tra i diversi livelli di governo. Il Comitato costituisce una specifica articolazione tecnica della Rete della protezione e dell’inclusione sociale (v. articolo 16);

·        l’Osservatorio sulle povertà per promuovere forme partecipate di programmazione e monitoraggio del ReI, nonché degli altri interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. L’Osservatorio costituisce un gruppo di lavoro permanente della Rete della protezione e dell’inclusione sociale (v. articolo 16).


 

 

Articolo 3 – Beneficiari

Requisiti per l’accesso al ReI

L’articolo 3 definisce i requisiti di eleggibilità per l’accesso al ReI.

La legge 33/2017 stabilisce i criteri di delega relativi alla definizione dei beneficiari rispettivamente:

·     all’art. 1, comma 2, lettera a), prevedendo che il ReI sia una misura unica a livello nazionale, abbia carattere universale e sia condizionata alla prova dei mezzi, sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);

·     all’art. 1, comma 2, lettera c), prevedendo un requisito di durata minima del periodo di residenza nel territorio nazionale;

·     all’art. 1, comma 2, lettera d), prevedendo, mediante il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, un graduale incremento del beneficio e una graduale estensione dei beneficiari da individuare prioritariamente tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione, ai sensi dell'articolo 19 del D.Lgs, 150/2015.

Il comma 2 della legge 133/2017 precisa ulteriormente i principi e i criteri direttivi relativi ai requisiti di accesso al ReI:

- previsione che la misura sia unica a livello nazionale, abbia carattere universale e sia condizionata alla prova dei mezzi, sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo conto dell'effettivo reddito disponibile e di indicatori della capacità di spesa, nonché all'adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale;

- definizione dei beneficiari della misura, prevedendo un requisito di durata minima del periodo di residenza nel territorio nazionale nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione europea; nella definizione del beneficio si tiene conto della condizione economica del nucleo familiare e della sua relazione con una soglia di riferimento per l'individuazione della condizione di povertà;

- previsione, mediante il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale di un graduale incremento del beneficio e di una graduale estensione dei beneficiari da individuare prioritariamente tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 specifica che:

 

1). con riferimento ai requisiti di cittadinanza e soggiorno, il componente del nucleo familiare richiedente deve essere in possesso congiuntamente dei seguenti requisiti:

·       cittadino comunitario, ovvero familiare di cittadino italiano o comunitario non avente la cittadinanza di uno Stato membro che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino straniero in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

La RT al provvedimento sottolinea che “a questi si aggiungono i titolari di protezione internazionale, che in base alla normativa vigente, sono equiparati ai cittadini italiani nell'accesso alle prestazioni assistenziali”.

Verificare l’utilità di una riformulazione più puntuale, considerando che il Testo unico sull’immigrazione (D. Lgs. 286/1998) all’art. 40, comma 1-bis, stabilisce che “L'accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell'Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente testo unico e delle leggi e regolamenti vigenti in materia” e l’art. 27, comma 1, del D. Lgs. 251/2007 prevede che “I titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria”[4].

Sotto il profilo letterale, si osserva che la lettera a) in oggetto fa riferimento, per l'ipotesi del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, esclusivamente ai cittadini di Stati non membri dell'Unione europea e non anche agli apolidi.

·       residente in Italia per via continuativa da almeno due anni al momento della presentazione della domanda.

 

2). con riferimento alla condizione economica, il nucleo familiare del richiedente deve essere in possesso congiuntamente di:

·       un valore dell’ISEE, in corso di validità, non superiore ad euro 6.000;

La soglia si colloca al di sopra di quella utilizzata per l’accesso al SIA (pari a 3.000 euro) ed in posizione intermedia rispetto a quelle usate nelle altre due misure vigenti contro la povertà (Carta acquisti ordinaria-Social card  ed Asdi).

 

·       un valore dell’ISRE non superiore ad euro 3.000.

L’ISRE è ottenuto dividendo l’ISR, ovvero l’indicatore della situazione reddituale, per il parametro della scala di equivalenza corrispondente alla specifica situazione familiare.

 

·       Un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad euro 20.000;

 

·       un valore del patrimonio mobiliare, non superiore ad una soglia di euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo componente, fino ad un massimo di euro 10.000;

 

·       un valore ISEE non superiore ad euro 6.000 e un valore ISRE non superiore ad euro 3.000 riferiti ad una situazione economica aggiornata nei casi e secondo le modalità previste dall’articolo 10 dello schema (ISEE precompilato e aggiornamento della situazione economica) e dall’articolo 11 (Compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa);

 

3). Con riferimento al godimento di beni durevoli e ad altri indicatori del tenore di vita, il nucleo familiare deve trovarsi congiuntamente nelle seguenti condizioni:

·       nessun componente intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli, ovvero motoveicoli immatricolati per la prima volta nei ventiquattro mesi antecedenti la richiesta, fatti salvi gli autoveicoli ed i motoveicoli per i quali è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità;

 

·       nessun componente intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 171/2005.

L’art. 3, co. 1, del D.Lgs. 171/2005 specifica la denominazione delle unità da diporto: a) unità da diporto: ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto; b) nave da diporto: ogni unità con scafo di lunghezza superiore a ventiquattro metri, misurata secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666 per la misurazione dei natanti e delle imbarcazioni da diporto; c) imbarcazione da diporto: ogni unità con scafo di lunghezza superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri, misurata secondo le norme armonizzate di cui alla lettera b); d) natante da diporto: ogni unità da diporto a remi, o con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri, misurata secondo le norme armonizzate di cui alla lettera b).

 

Oltre ai requisiti sopra elencati, il comma 2 enumera una serie di requisiti transitori riferiti alla composizione del nucleo familiare, da tenere in considerazione in sede di prima applicazione. La transitorietà di tale requisiti risponde al criterio di delega contenuto nell’articolo 1, comma 2, lettera d), della legge 33/2017 che prevede un graduale incremento del beneficio e una graduale estensione dei beneficiari da attuarsi mediante il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale e grazie alle risorse attese dal riordino delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto della povertà e da eventuali ulteriori risorse da definire mediante specifici provvedimenti legislativi. Più in particolare, in sede di prima applicazione, per accedere al ReI, il nucleo familiare, con riferimento alla sua composizione come risultante nella DSU, deve trovarsi, al momento della richiesta, in una delle seguenti condizioni: 

·       Presenza di un componente di età minore di anni 18;

 

·       Presenza di una persona con disabilità e di almeno un suo genitore;

 

·       In assenza di figli minori, presenza di una donna in stato di gravidanza accertata. La certificazione medica attestante lo stato di gravidanza e la data presunta del parto deve essere rilasciata da una struttura pubblica e allegata alla richiesta del beneficio, che può essere presentata non prima di quattro mesi dalla data presunta del parto;

Per quanto riguarda le donne in stato di gravidanza accertata, la Relazione Tecnica al provvedimento (d’ora in poi RT) sottolinea che la possibilità di accedere al beneficio conosciuto come “Premio alla nascita”[5] costituisce un incentivo a posporre la richiesta del ReI a gravidanza conclusa.

 

-          Presenza di almeno un lavoratore di età pari o superiore a 55 anni, che si trovi in stato di disoccupazione per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’art. 7 della legge 604/1966, ed abbia cessato, da almeno tre mesi, di beneficiare dell’intera prestazione per la disoccupazione, ovvero, nel caso non abbia diritto di conseguire alcuna prestazione per la disoccupazione per mancanza dei necessari requisiti, si trovi in stato di disoccupazione da ameno tre mesi.

Il comma 3 specifica che si considerano in stato di disoccupazione anche i lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. 197/1986.

Infine, il comma 4 chiarisce che il ReI non è in ogni caso compatibile con la contemporanea fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo familiare, della NASpI o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria.

 

Istituita dagli articoli da 1 a 14 del D.Lgs. 22/2015, la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è uno strumento di sostegno al reddito che assicura un trattamento a favore di lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, e sostituisce le prestazioni di ASpI e mini-ASpI, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° maggio 2015.

Alla NASpI si applicano le disposizioni in materia di ASpI in quanto compatibili.

Sono destinatari della NASpI i lavoratori dipendenti con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato.

Per poter usufruire dell’istituto i soggetti richiamati devono aver perso involontariamente la propria occupazione e presentare congiuntamente i seguenti requisiti: stato di disoccupazione; almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione; 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.

Lo stato di disoccupazione deve essere involontario. Sono esclusi, pertanto, i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale

La NASpI è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi 4 anni divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33. i fini del calcolo sono considerate tutte le settimane, indipendentemente dal fatto che esse siano interamente o parzialmente retribuite

Per quanto attiene all’importo, se la retribuzione è pari/inferiore nel 2017 all'importo di 1.195 euro (rivalutato annualmente) la NASpI sarà pari al 75% della retribuzione mensile, mentre se è superiore al predetto importo l'indennità sarà pari al 75% del predetto importo incrementato di una somma pari al 25% della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo. L'importo massimo della NASpI, non può in ogni caso superare, per il 2017, 1.300 euro. Inoltre, l’importo si riduce del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.

La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni.

Riguardo alla compatibilità della NASpI con il rapporto di lavoro subordinato, in base all'importo del reddito annuale scatta la decadenza o la conservazione della prestazione (il riferimento è al reddito minimo escluso da imposizione fiscale).

 

L’articolo 19, comma 1, del D.Lgs 150/2015, fornisce una nuova definizione di stato di disoccupazione. In particolare, una persona si trova in stato di disoccupazione se è priva di lavoro ed è immediatamente disponibile a cercare e a svolgere un lavoro, secondo modalità definite con i servizi per l’impiego.

Per acquisire formalmente lo stato di disoccupazione, una persona deve presentare al proprio Centro per l'impiego di riferimento un’apposita dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID), che serve, oltre che per attestare lo stato di disoccupazione, anche per usufruire dei servizi che i Centri per l’impiego mettono a disposizione per aiutare le persone a trovare una nuova occupazione.

Lo stato di disoccupazione inizia dal giorno in cui viene rilasciata la DID e dura fino al giorno della sua chiusura – corrispondente al momento in cui si perdono le condizioni previste per la disoccupazione – detratti eventuali periodi di sospensione (in particolare lo stato di disoccupazione è sospeso in caso di rapporto di lavoro subordinato di durata fino a 6 mesi).

     Allo scopo di accelerare la presa in carico, i lavoratori dipendenti possono effettuare la DID dal momento della ricezione della comunicazione di licenziamento, anche in pendenza del periodo di preavviso. Sulla base delle informazioni fornite in sede di registrazione, gli utenti dei servizi per l'impiego vengono assegnati ad una classe di profilazione, allo scopo di valutarne il livello di occupabilità, secondo una specifica procedura automatizzata . La classe di profilazione è aggiornata automaticamente ogni 90 giorni, tenendo conto della durata della disoccupazione e delle altre informazioni raccolte mediante le attività di servizio.

Infine, per evitare l'ingiustificata registrazione come disoccupato da parte di soggetti non disponibili allo svolgimento dell'attività lavorativa, dal 24 settembre 2015 le norme nazionali o regionali ed i regolamenti comunali che condizionano prestazioni di carattere sociale allo stato di disoccupazione si intendono riferite alla condizione di non occupazione.

 

Per le stime relative alle platee di beneficiari si rinvia alla RT.


 

 

Articolo 4 - Beneficio economico

La legge 33/2017 (art. 1, co. 2, lett. c), ha specificato che, nella definizione del beneficio, si tiene conto della condizione economica del nucleo familiare e della sua relazione con una soglia di riferimento per l'individuazione della condizione di povertà, intesa come impossibilità di disporre dell'insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso, e dell'esclusione sociale.

 

L’articolo in esame fissa tale soglia, per un singolo, a 3.000 euro, riparametrandola sulla base della numerosità familiare per mezzo della scala di equivalenza dell’ISEE. In sede di prima applicazione, la soglia è considerata al 75%.

 

In tal senso, come sottolineato dalla RT, il Rei si caratterizza come “misura di ultima istanza” volta a coprire la distanza da una certa soglia di risorse e a cui si accede quando non si ha diritto ad altre specifiche prestazioni che permettano il superamento di tale soglia. 

 

Il beneficio non può eccedere, in sede di prima applicazione, il limite dell’ammontare su base annua dell’assegno sociale, il cui valore annuo, aggiornato al 2017, è pari a 5.824 euro (485 euro mensili per 12 mensilità). Pertanto il beneficio massimo è destinato a coloro che non ricevono altri trattamenti - al netto dì quelli non sottoposti alla prova dei mezzi, tra i quali il più rilevante è l’indennità di accompagnamento - e hanno risorse reddituali, al netto di franchigie e detrazioni ai fini ISEE, pari a 0.

 

Sul punto, la RT al provvedimento chiarisce che l'ISEE assume una nozione di reddito disponibile, grazie alla quale la sua componente reddituale (l’ISR) può essere nulla anche in presenza di un certo ammontare di redditi. Ad esempio, le famiglie che vivono in affitto, possono detrarre dall’ISR il canone di locazione fino a 7.000 euro, incrementati di 500 euro per ogni figlio successivo al secondo. Allo stesso modo, in presenza di redditi da lavoro dipendente, questi sono considerati non per l'intero ma all'80% del loro valore - con un abbattimento massimo fino a 3.000 euro. Conseguentemente, un nucleo di 4 componenti, con casa di abitazione in affitto e canone pari a 500 euro mensili e·un solo componente occupato alle dipendenze, con un reddito di 7.500 euro l'anno, avrebbe ISR = 0 e percepirebbe comunque il beneficio massimo.

 

 

 

Soglie di accesso

Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Il ReI in sintesi, giugno 2017

 

Beneficio massimo mensile del ReI per numero di componenti il nucleo familiare

Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Il ReI in sintesi, giugno 2017

 

Più precisamente, il beneficio economico del ReI deve essere pari, su base annua, al valore di 3.000 euro moltiplicato per la scala di equivalenza corrispondente alla specifica composizione del nucleo familiare, al netto delle maggiorazioni di cui all’allegato 1 del D.P.C.M. 159/2013, nonché per un parametro, in sede di prima applicazione, pari al 75 per cento. Il valore mensile del ReI è pari ad un dodicesimo su base annua.

 

La scala di equivalenza indica un parametro crescente al crescere del numero dei componenti il nucleo familiare, che tiene conto delle economie di scala derivanti dalla convivenza. Il parametro è maggiorato in presenza di alcune caratteristiche del nucleo, che assumono rilievo in tale contesto: presenza nel nucleo familiare di più di due figli a carico; genitori lavoratori e figli minorenni, in particolare se con meno di tre anni; nuclei monogenitoriali. Più precisamente,

·        Maggiorazione di 0,35 per ogni ulteriore componente;

·        Maggiorazione dello 0,5 per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente;

·        Maggiorazione di 0,2 in caso di presenza nel nucleo di tre figli minorenni, 0,35 in caso di quattro figli minorenni, 0,5 in caso di almeno cinque figli minorenni;

·        Maggiorazione di 0,2 per nuclei familiari con figli minori, elevata a 0,3 in presenza di almeno un figlio di età inferiore a tre anni compiuti, in cui entrambi i genitori o l’unico presente abbiano svolto attività di lavoro o di impresa per almeno sei mesi nell’anno di riferimento dei redditi dichiarati. La maggiorazione si applica anche in caso di nuclei familiari composti esclusivamente da genitore solo non lavoratore e da figli minorenni. Ai soli fini della maggiorazione, fa parte del nucleo familiare anche il genitore non convivente, non coniugato con l'altro genitore, che abbia riconosciuto i figli, a meno che non ricorrano casi specifici.

(Per maggiori informazioni sull’ISEE si rinvia alle Guide INPS e in particolare a “Sintesi della Riforma ISEE aggiornata con le modifiche apportate dall’articolo 2-sexies”).

Fruizione di trattamenti assistenziali e ReI

La legge delega 33/2017 ha previsto tra i criteri di delega, all’art. 1, comma 1, lettera b), il riordino delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto della povertà, fatta eccezione per le prestazioni rivolte alla fascia di popolazione anziana non più in età di attivazione lavorativa, per le prestazioni a sostegno della genitorialità e per quelle legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario.

 

Le principali prestazioni di natura assistenziale, ovvero di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi sono: pensione di inabilità, assegno mensile di assistenza (invalidi parziali), indennità mensile di frequenza (a favore degli invalidi minorenni), pensione per i ciechi assoluti, pensione per i ciechi parziali, assegno sociale, pensione di reversibilità, integrazione al minimo, maggiorazione sociale del minimo, assegno per il nucleo con tre o più figli minori. Tali prestazioni non utilizzano le stesse modalità e indicatori di verifica della condizione economica: in alcuni casi la prova dei mezzi viene effettuata prendendo a riferimento il singolo individuo, in altri tenendo presente eventuali coniugi e in altri ancora l’intero nucleo familiare; inoltre gli indicatori utilizzati differiscono in riferimento alla valorizzazione o meno del patrimonio.

Si rileva che l’AIR (pag. 3) specifica che “Le principali prestazioni di contrasto alla povertà di natura assistenziale, aventi carattere generale, in presenza dei requisiti prescritti, sono; il Sostegno per l'inclusione attiva (SIA), l'Assegno di disoccupazione (ASDI), la Carta acquisti. Esistono, tuttavia, ulteriori prestazioni di natura assistenziale, di carattere specifico di contrasto alla povertà, destinate a particolari categorie della popolazione ovverosia quelle rivolte alla fascia di popolazione anziana (ad esempio: l'assegno sociale), le prestazioni a sostegno della genitorialità (ad esempio bonus bebè, rafforzato per le famiglie a basso reddito) e quelle legate alla condizione di disabilità e di invalidità”.

 

Il comma 2 stabilisce che, in caso di fruizione di altri trattamenti assistenziali da parte dei componenti il nucleo familiare (incluse alcune prestazioni di natura non strutturale e cioè, nello specifico, ai sensi dell’art. 25, comma 4, dello schema in esame, la maggiorazione del bonus bebè per le famiglie in condizione economiche di maggior bisogno con ISEE non superiore a 7.000 euro di ISEE), il valore mensile del ReI è ridotto del valore mensile dei medesimi trattamenti, esclusi quelli non sottoposti alla prova dei mezzi (la RT cita esclusivamente l’indennità di accompagnamento, ma a questa si ritiene che debbano aggiungersi: l’indennità di accompagnamento a favore dei ciechi civili assoluti, l’indennità speciale per i ciechi parziali e l’indennità di comunicazione).

 

Relativamente al bonus bebé, si ricorda che la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), ai commi da 125 a 129, ha previsto, per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione. L'assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo - è corrisposto fino al compimento del terzo anno d'età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione. Per poter ottenere il beneficio economico si richiede tuttavia la condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente sia in condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui. L'importo dell'assegno di 960 euro annui è raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui. L'assegno è corrisposto dall'INPS, su domanda del genitore, con cadenza mensile, per un importo pari a 80 euro se la misura annua dell'assegno è pari a 960 euro ovvero per un importo pari a 160 euro se la misura annua dell'assegno è pari a 1.920 euro. L'assegno è corrisposto ai cittadini italiani, UE, e stranieri in possesso di permesso di soggiorno. Il finanziamento della misura è stato previsto fino al 2020: 202 milioni di euro per il 2015, 607 milioni per il 2016, 1.012 milioni per ciascun anno del biennio 2017-2018, 607 milioni per il 2019 e 202 milioni di euro il 2020. Nel biennio 2015-2016 sono state registrate in media poco più di 21mila domande al mese, con una tendenza crescente nel 2016 rispetto al 2015, per la metà relative a famiglie con ISEE inferiore a 7.000 euro (così la RT).

 

Nel caso di erogazione di trattamenti assistenziali con periodicità diversa da quella mensile, l’ammontare dei trattamenti considerato è calcolato posteriormente all’erogazione in proporzione al numero di mesi a cui si riferisce. In caso di erogazioni in una unica soluzione, incluse le mensilità aggiuntive erogate ai titolari di trattamenti con periodicità mensile, tali trattamenti sono considerati in ciascuno dei dodici mesi successivi all’erogazione per un dodicesimo del loro valore.

 

Ai sensi del comma 3, nel valore mensile dei trattamenti assistenziali, non rilevano:

a) le erogazioni riferite al pagamento di arretrati;

 

b) le indennità per i tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione, di cui all’ Accordo tra Governo e Regioni sul documento recante: “Linee guida per i tirocini di orientamento, formazione e inserimento/reinserimento finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione” del 22 gennaio 2015;

L’Accordo del gennaio 2015 istituisce, oltre alle tipologie espressamente previste dalle Linee Guida in materia di tirocini del 24 gennaio 2013 (Accordo sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni), i tirocini di orientamento, formazione e inserimento/reinserimento finalizzati all'inclusione sociale, all'autonomia delle persone e alla riabilitazione in favore di persone prese in carico dal servizio sociale professionale e/o dai servizi sanitari competenti. La durata dei suddetti tirocini non può essere superiore ai 24 mesi. Le Regioni e le Province autonome possono prevede eventuali circostanziali deroghe in materia di durata e ripetibilità al solo fine di garantire l'inclusione, l'autonomia e la riabilitazione e solo a seguito di un'attestazione della sua necessità da parte del servizio pubblico che ha in carico la persona. Alla convenzione deve essere allegato un "progetto personalizzato" per ciascun tirocinante in cui deve essere anche motivata la ragione dell'attivazione del tirocinio in relazione alla esigenze del tirocinante. L'indennità prevista costituisce un sostegno di natura economica finalizzata all'inclusione sociale, all'autonomia delle persone e alla riabilitazione indicata nel progetto personalizzato.

 

c) le specifiche misure di sostegno economico, aggiuntive al beneficio economico del ReI, individuate nell’ambito del progetto personalizzato sottoscritto dal nucleo familiare a valere su risorse del comune o dell’ambito territoriale;

d) le riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi, nonché eventuali esenzioni e agevolazioni per il pagamento di tributi;

e) le erogazioni a fronte di rendicontazione di spese sostenute ovvero le erogazioni in forma di buoni servizio o altri titoli che svolgono la funzione di sostituzione di servizi.

 

Ai sensi del comma 4, in caso di percezione di redditi da parte dei componenti il nucleo familiare, il beneficio economico, eventualmente ridotto in caso di fruizione di altri trattamenti assistenziali, è ridotto dell’ISR[6] del nucleo familiare, al netto dei trattamenti assistenziali eventualmente inclusi nel medesimo indicatore. I redditi eventualmente non già compresi nell’ISR sono dichiarati all’atto della richiesta del beneficio e valutati secondo le modalità previste per coloro che abbiano variato la propria situazione lavorativa prima della fruizione del ReI ( caso previsto dall’articolo 11, comma 3, dello schema in esame).

Durata e rinnovo del ReI

Il beneficio economico del ReI è riconosciuto per un periodo continuativo non superiore a diciotto mesi e, superato tale limite, non può essere rinnovato se non sono trascorsi almeno sei mesi da quando ne è cessato il godimento.

In caso di rinnovo, la durata è fissata, in sede di prima applicazione, per un periodo non superiore a dodici mesi.

Il Piano nazionale per la lotta alla povertà, anche in esito a valutazioni sull’efficacia del ReI in relazione alla durata del beneficio, può prevedere la possibilità di rinnovare ulteriormente il beneficio per durate e con sospensioni definite dal Piano medesimo, ferma restando la durata massima di diciotto mesi per ciascun rinnovo e la previsione di un periodo di sospensione antecedente al rinnovo.

 

La legge delega, all’art. 1, co. 2, lett. h), ha previsto che il ReI possa essere rinnovato, subordinatamente alla verifica del persistere dei requisiti, ai fini del completamento o della ridefinizione del percorso previsto dal progetto personalizzato. Si rileva che lo schema del decreto in esame non lega il rinnovo del ReI ad alcuna condizione.

 

In caso di variazione del nucleo familiare in corso di fruizione del beneficio, fermo restando il mantenimento dei requisiti e la presentazione di una DSU aggiornata entro due mesi dalla variazione, i limiti temporali (durata ReI diciotto mesi, richiesta rinnovo non prima di sei mesi da quando ne è cessato il godimento; periodo di rinnovo del ReI non superiore a dodici mesi) si applicano al nucleo modificato ovvero a ciascun nucleo formatosi a seguito della variazione.

Nell’ipotesi di interruzione nella fruizione del beneficio, diversa dall’applicazione delle sanzioni (di cui all’articolo 12), il beneficio può essere richiesto nuovamente per una durata complessiva non superiore al periodo residuo non goduto.


 

Articolo 5 – Punti per l’accesso al ReI e valutazione multidimensionale

La legge 33/2017 all’articolo 1, comma 1, lettera c) prevede “il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni, nell'ambito dei princìpi di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328”.

 

In premessa, si evidenziano sinteticamente la tempistica e le tappe procedurali necessarie affinché le regioni/province autonome e gli ambiti territoriali/comuni rendano attuabili i servizi sociali e le prestazioni loro richieste per l’avvio e l’erogazione del ReI:

1. entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto, le regioni e le province autonome comunicano al MLPS gli ambiti territoriali e i comuni che li compongono (art. 14);

2. entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto, gli ambiti territoriali/comuni indentifcano i punti per l’accesso al ReI e danno comunicazione della loro localizzazione alla regione di competenza e al MLPS;

3. entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del decreto, le regioni e le province autonome adottano un Piano regionale per la lotta alla povertà quale atto di programmazione(art. 14). All’interno del Piano sono individuati i Punti per l’accesso al ReI.

Punti per l’accesso al ReI

Il comma 1 impegna le regioni e le province autonome ad individuare i punti per l’accesso al ReI, mediante il Piano regionale per la lotta alla povertà (da adottarsi, ai sensi del successivo articolo 14, co. 1, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame). I Punti per l’accesso al ReI, presenti in ogni ambito territoriale, forniscono ai nuclei familiari interessati informazione, orientamento e consulenza sulla rete integrata degli interventi e dei servizi sociali, e qualora ricorrano le condizioni, assistenza nella presentazione della richiesta del ReI.

I punti per l’accesso sono concretamente identificati dai comuni che si coordinano a livello di ambito territoriale. Ciascun ambito territoriale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame, da comunicazione della loro localizzazione alla regione di competenza e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ne dà diffusione sul proprio sito istituzionale.

 

Come chiarito dalla RT i punti di accesso coincidono con strutture già esistenti, nella maggior parte dei casi corrispondenti ai servizi di segretariato sociale.

 

Valutazione multidimensionale (commi 2-4)

Anche in questo caso, si evidenziano la tempistica e le tappe procedurali relative alla valutazione multidimensionale e alla conseguente presa in carico dei servizi sociali e territoriali.

In premessa occorre ricordare che la valutazione multidimensionale si articola in una analisi preliminare, rivolta a tutti i nuclei beneficiari del ReI, e in un quadro di analisi approfondito, eseguito da una équipe multidisciplinare in presenza di bisogni complessi. In particolare, entro un mese dalla richiesta del ReI, e in caso di esito positivo delle verifiche sul possesso dei requisiti per l’accesso, è programmata l’analisi preliminare effettuata, di norma, presso i punti di accesso da operatori sociali. L’analisi preliminare identifica due possibili percorsi di presa in carico:

1.progetto personalizzato in versione semplificata, cui provvede il servizio sociale, quando, in assenza di bisogni complessi, non emerga la necessità di un quadro di analisi approfondito. Invece, quando la situazione di povertà appare prioritariamente connessa alla sola situazione lavorativa,  il progetto personalizzato è sostituito dal patto di servizio, ovvero dal programma di ricerca intensiva di occupazione. Il responsabile dell’analisi preliminare verifica l’esistenza del patto o del programma di ricerca intensiva di occupazione e, in mancanza, contatta i centri per l’impiego, affinché gli interessati siano convocati e il patto di servizio venga redatto entro il termine di venti giorni lavorativi dalla data in cui è stata effettuata l’analisi preliminare;

2.quadro approfondito di analisi in presenza di bisogni complessi, costituzione di un équipe multidisciplinare formata da operatori dei servizi sociali e territoriali, sottoscrizione di un progetto personalizzato entro venti giorni lavorativi dalla data in cui è stata effettuata l’analisi preliminare.

 

Come specificato al comma 2, i nuclei familiari accedono alla componente di servizi alla persona previa una valutazione multidimensionale finalizzata ad identificare i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti, tenuto conto delle risorse e dei fattori di vulnerabilità del nucleo, nonché dei fattori ambientali e di sostegno presenti. In particolare, sono oggetto di analisi:

a) condizioni e funzionamenti personali e sociali;

b) situazione economica;

c) situazione lavorativa e profilo di occupabilità;

d) educazione, istruzione e formazione;

e) condizione abitativa;

f)  reti familiari, di prossimità e sociali.

 

Lo schema in esame pone in capo agli Ambiti territoriali la predisposizione del progetto personalizzato per il superamento della condizione di povertà, il reinserimento lavorativo e l'inclusione sociale. In tal senso, si ricordano le Linee guida per la predisposizione e attuazione dei progetti di presa in carico del Sostegno per l’inclusione attiva – SIA (anche dette Linee guida per l’inclusione attiva), approvate in Conferenza unificata nel febbraio 2016, che regolamentano un nuovo schema di intervento, basato sul rafforzamento del sistema dei servizi sociali sul territorio, nell'ottica della rete integrata dei servizi. Come affermato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali: “Il modello descritto nel documento va considerato come il punto di arrivo di un percorso complesso, che inizialmente dovrà tener conto degli attuali assetti organizzativi dei servizi. Delinea quindi il percorso finalizzato a costruire l'infrastruttura che dovrà gestire la messa a regime del SIA e degli altri interventi di contrasto alla povertà che andranno a comporre il Piano nazionale”. Nelle Linee si sottolinea che “per l’attuazione del SIA è dunque necessario rafforzare i servizi di Segretariato sociale (o, ove diversamente identificati, i punti di accesso al sistema degli interventi e dei servizi sociali), garantendo la disponibilità di risorse umane dedicate per le specifiche funzioni, opportunamente formate ed abilitate all’accoglimento della domanda di accesso, ai servizi in generale e al SIA in particolare”.

 

Il comma 3 dell’articolo specifica che la valutazione multidimensionale è organizzata in un’analisi preliminare, rivolta a tutti i nuclei beneficiari del ReI, e in un quadro di analisi approfondito, effettuato laddove necessario in base alla condizione del nucleo.

Ai sensi del comma 4, in caso di esito positivo delle verifiche sul possesso dei requisiti (ai sensi dell’articolo 9, commi 3 e 4), l’analisi preliminare deve essere programmata presso i punti per l’accesso o presso altra struttura all’uopo identificata entro il termine di un mese dalla richiesta del ReI, al fine di orientare, mediante colloquio con il nucleo familiare, le successive scelte relative alla definizione del progetto personalizzato. L’analisi preliminare è effettuata da operatori sociali opportunamente identificati dai servizi competenti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Al fine di assicurare omogeneità nei criteri di valutazione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta del Comitato per la lotta alla povertà, sono approvate linee guida per la definizione degli strumenti operativi per la valutazione multidimensionale (comma 9).

Si valuti l’opportunità di coinvolgere gli enti territoriali e locali nella definizione delle Linee. Si rileva inoltre che non sono dati termini temporali per l’emanazione delle stesse.

Situazione di povertà prioritariamente connessa alla sola dimensione lavorativa (commi 5-6)

Il comma 5 specifica che, laddove, in esito all’analisi preliminare, la situazione di povertà emerga come prioritariamente connessa alla sola dimensione della situazione lavorativa, il progetto personalizzato (di cui all’articolo 6) è sostituito dal patto di servizio, di cui all’articolo 20 del D. Lgs. 150/2015, ovvero dal programma di ricerca intensiva di occupazione, di cui all’articolo 23 del medesimo decreto legislativo, redatti per ciascun membro del nucleo familiare abile al lavoro non occupato. A tal fine, la domanda del ReI equivale a dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego. Possono essere esentati dalla redazione del patto di servizio, previa valutazione del responsabile dell’analisi preliminare, i componenti il nucleo familiare con responsabilità di cura e i frequentanti un regolare corso di studi o di formazione.

Nei casi sopra illustrati, in cui la situazione di povertà emerga come prioritariamente connessa alla sola dimensione della situazione lavorativa, il responsabile dell’analisi preliminare verifica l’esistenza del patto o del programma di ricerca intensiva di occupazione e, in mancanza, contatta nel più breve tempo consentito i centri per l’impiego, affinché gli interessati siano convocati e il patto di servizio venga redatto entro il termine di venti giorni lavorativi dalla data in cui è stata effettuata l’analisi preliminare. Entro il medesimo termine, il patto è comunicato ai competenti servizi dell’ambito territoriale per le successive comunicazioni all’INPS ai fini della erogazione del ReI relativo alla componente dei servizi alla persona (v. articolo 6, comma 1).

 

Si ricorda che l’articolo 20, comma 3, del D.Lgs. 150/2015 ha stabilito l’obbligo, per i lavoratori disoccupati, di contattare (entro 30 giorni dalla dichiarazione di disoccupazione) i centri per l'impiego per la profilazione e la stipula di un patto di servizio personalizzato allo scopo di confermare lo stato di disoccupazione. Nel richiamato patto deve essere riportata: l'individuazione di un responsabile delle attività; la definizione del profilo personale di occupabilità secondo le modalità tecniche predisposte dall'ANPAL[7]; la definizione degli atti di ricerca attiva che devono essere compiuti e la tempistica degli stessi; la frequenza ordinaria di contatti con il responsabile delle attività; le modalità con cui la ricerca attiva di lavoro è dimostrata al responsabile delle attività.

     Nel patto deve essere inoltre riportata la disponibilità del richiedente a specifiche attività (partecipazione a iniziative e laboratori per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva di lavoro quali, in via esemplificativa, la stesura del curriculum vitae e la preparazione per sostenere colloqui di lavoro o altra iniziativa di orientamento; partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione; accettazione di congrue offerte di lavoro, come definite ai sensi dell'articolo 25 dello stesso D.Lgs. 150/2015.

Per quanto riguarda la ricerca intensiva di occupazione si rinvia infra cfr. art. 6, comma 4 e comma 5, lettera b).

 

Equipe multidisciplinare (commi 7-8)

Laddove, in esito all’analisi preliminare, emerga la necessità di sviluppare un quadro di analisi approfondito, è costituita una équipe multidisciplinare composta da un operatore sociale identificato dal servizio sociale competente e da altri operatori afferenti alla rete dei servizi territoriali, con particolare riferimento ai servizi per l’impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l’istruzione; identificati dal servizio sociale a seconda dei bisogni più rilevanti del nucleo, emersi a seguito dell’analisi preliminare. Nel caso la persona sia stata già valutata da altri servizi e disponga di un progetto per finalità diverse, la valutazione e la progettazione sono acquisite. Le équipe multidisciplinari operano a livello di ambito territoriale secondo le modalità stabilite dalle regioni e dalle province autonome nel Piano regionale per la lotta alla povertà senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 7).

Si segnala che al comma 7, ultimo periodo, manca, per errore materiale di omissione, un verbo prima del riferimento alle regioni ed alle province autonome

Ai sensi del comma 8, non si dà luogo alla costituzione di équipe multidisciplinari, oltre che nei casi in cui, in esito all’analisi preliminare, la situazione di povertà emerga come prioritariamente connessa alla sola situazione lavorativa, anche laddove, in esito all’analisi preliminare e all’assenza di bisogni complessi, non ne emerga la necessità. In tal caso, al progetto personalizzato, eventualmente in versione semplificata, provvede il servizio sociale.

 

Si rileva che diversamente da quanto stabilito per il ReI, le Linee guida per l’inclusione attiva prevedono al punto 4.2 che ogni progetto personalizzato collegato al SIA venga seguito da un’équipe multidisciplinare (EM): “L’EM opera considerando ciascuna persona e famiglia in maniera globale e unitaria e utilizzando le distinte competenze specialistiche degli operatori componenti in modo integrato. Ciascuna équipe ha il compito di realizzare la micro-progettazione degli interventi rivolti alla famiglia o ai suoi componenti e delle azioni che questi si impegnano a compiere. L’EM è inoltre responsabile della realizzazione operativa del programma per tutta la sua durata”.


 

 

Articolo 6 – Progetto personalizzato

La legge delega 33/2017 prevede, al comma 2, lettera f) che i progetti personalizzati siano predisposti da una équipe multidisciplinare costituita dagli ambiti territoriali, in collaborazione con le amministrazioni competenti sul territorio in materia di servizi per l'impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l'istruzione, secondo princìpi generalizzati di presa in carico dei beneficiari della misura unica di contrasto alla povertà e sulla base di: una valutazione multidimensionale del bisogno; una piena partecipazione dei beneficiari alla predisposizione dei progetti medesimi; un'attenta definizione degli obiettivi e un monitoraggio degli esiti, valutati periodicamente tramite strumenti di misurazione dell'impatto sociale.

 

Termini temporali previsti per la sottoscrizione del progetto (comma 1)

In esito alla valutazione multidimensionale, inclusiva del quadro di analisi approfondito, è definito un progetto personalizzato, che deve essere sottoscritto dai componenti il nucleo familiare entro venti giorni lavorativi dalla data in cui è stata effettuata l’analisi preliminare.

Entro il medesimo termine di venti giorni, gli ambiti territoriali comunicano all’INPS, ai fini dell’erogazione del beneficio economico del ReI, la sottoscrizione del progetto, o eventualmente del patto di servizio o del programma di ricerca intensiva dell’occupazione (forme di cui all’articolo 5, comma 5). In assenza di sottoscrizione del progetto, il ReI non è erogato, fatto salvo quanto previsto in sede di avvio del ReI; per il 2018, è infatti prevista una deroga, in quanto l’INPS potrà disporre il versamento del beneficio economico pur in assenza della comunicazione dell’avvenuta sottoscrizione del progetto personalizzato. Decorsi sei mesi dal mese di prima erogazione, il beneficio è comunque sospeso in assenza della comunicazione dell’avvenuta sottoscrizione (v. articolo 25, comma 2).

Struttura del progetto personalizzato: obiettivi e risultati, sostegni e impegni (commi 2-5 e 10-12)

Il progetto personalizzato e i sostegni in esso previsti costituiscono livelli essenziali delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Il progetto personalizzato individua, sulla base dei bisogni del nucleo familiare come emersi nell’ambito della valutazione multidimensionale:

a)          gli obiettivi generali e i risultati specifici che si intendono raggiungere;

Come specifica il comma 3, gli obiettivi generali e i risultati specifici devono essere definiti all’interno del progetto personalizzato e devono:

a) esprimere in maniera specifica e concreta i cambiamenti che si intendono perseguire come effetto dei sostegni attivati;

b) costituire l’esito di un processo di negoziazione con i beneficiari, di cui si favorisce la piena condivisione evitando espressioni tecniche, generiche e astratte;

c) essere individuati coerentemente con quanto emerso in sede di valutazione, con l’indicazione dei tempi attesi di realizzazione.

 

b)         i sostegni, in termini di specifici interventi e servizi, di cui il nucleo necessita, oltre al beneficio economico connesso al ReI;

Come specifica il comma 4, i sostegni includono gli interventi e i servizi sociali per il contrasto alla povertà (di cui all’articolo 7), nonché gli interventi afferenti alle politiche del lavoro, della formazione, sanitarie e socio-sanitarie, educative, abitative, e delle altre aree di intervento eventualmente coinvolte nella valutazione e progettazione, a cui i beneficiari possono accedere ai sensi della legislazione vigente. I beneficiari del ReI accedono, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, all’assegno di ricollocazione, di cui all’articolo 23 del decreto legislativo n. 150 del 2015. I sostegni sono richiamati nel progetto personalizzato in maniera non generica con riferimento agli specifici interventi, azioni e dispositivi adottati.

 

c) gli impegni a svolgere specifiche attività, a cui il beneficio economico è condizionato, da parte dei componenti il nucleo familiare.

Come specifica il comma 5, gli impegni a svolgere specifiche attività sono dettagliati nel progetto personalizzato con riferimento almeno alle seguenti aree:

a) frequenza di contatti con i competenti servizi responsabili del progetto; di norma la frequenza è mensile, se non diversamente specificato nel progetto personalizzato in ragione delle caratteristiche del nucleo beneficiario o delle modalità organizzative dell’ufficio;

b)     atti di ricerca attiva di lavoro e disponibilità alle attività di cui all’articolo 20, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2015. A tal fine il progetto personalizzato rimanda al patto di servizio stipulato ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 150 del 2015 ovvero al programma di ricerca intensiva di occupazione, di cui all’articolo 23 del decreto legislativo n. 150 del 2015, e, in caso si rendano opportune integrazioni, è redatto in accordo con i competenti centri per l’impiego;

c) frequenza e impegno scolastico;

d) comportamenti di prevenzione e cura volti alla tutela della salute, individuati da professionisti sanitari.

 

Si ricorda che l’articolo 23 del D.Lgs. 150/2015 ha istituito l’assegno individuale di ricollocazione, consistente in una somma riconosciuta ai disoccupati percettori della NASpI, la cui durata di disoccupazione ecceda i 4 mesi (http://www.anpal.gov.it/Cittadini/Servizi/Documents/ infografica_Assegno_ricollocazione_per_stampa.pdf).

L’importo è graduato in funzione del profilo personale di occupabilità, spendibile presso i centri per l'impiego o presso i servizi accreditati, per acquisire un servizio di assistenza nella ricerca di lavoro presso i centri per l'impiego o presso i soggetti privati accreditati.

Si ricorda che lo stesso D.Lgs. 150/2015 ha contestualmente abrogato (articolo 34, comma 1, lettera l)) il contratto di ricollocazione, istituito dall’articolo 17 del D.Lgs. 22/2015.

L’assegno di ricollocazione (che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell'IRPEF e non è assoggettato a contribuzione previdenziale e assistenziale) viene erogato ai soggetti in stato di disoccupazione nei limiti delle disponibilità accordate per tale scopo alla regione o provincia autonoma di residenza, l’ammontare è graduato in funzione del profilo personale di occupabilità, rilasciata dai centri per l’impiego al termine della procedura di profilazione (effettuata, in caso di scadenza dei termini previsti, con attivazione dell’interessato previa richiesta all’ANPAL, secondo specifiche modalità), spendibile presso i centri per l'impiego o presso i soggetti accreditati al fine di ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di un lavoro. Il servizio può essere richiesto dal disoccupato entro due mesi dal riconoscimento dell’assegno e ha una durata di 6 mesi (prorogabili per altri 6 se non è stato consumato l’intero ammontare dell’assegno).

 

La scelta del centro o del soggetto accreditato spetta al disoccupato. L’assegno non è pagato direttamente al lavoratore ma all’Ente demandato al reinserimento lavorativo.

Il servizio di assistenza alla ricollocazione deve prevedere: un tutoraggio nei confronti del soggetto disoccupato, con l’onere per quest’ultimo di svolgere le attività individuate dal tutor e di accettare una proposta di lavoro congrua e l’obbligo per il tutor di comunicare l’eventuale rifiuto ingiustificato al centro per l’impiego competente e all’ANPAL, che provvedono ad attivare gli specifici meccanismi sanzionatori previsti per i soggetti beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in caso di disoccupazione involontaria; il programma di ricerca intensiva della nuova occupazione e la relativa area e la sospensione del servizio in caso di assunzione in prova o a termine, con eventuale ripresa dopo la conclusione del rapporto entro il termine di 6 mesi.

Le modalità operative e l'ammontare dell'assegno di ricollocazione (compreso tra 250 e 5.000 euro), sono definite con delibera consiglio di amministrazione dell'ANPAL.

 

Nel progetto vengono definite le metodologie di monitoraggio, verifica periodica ed eventuale revisione, tenuto conto della soddisfazione e delle preferenze dei componenti il nucleo familiare (comma 10).

Nel caso il componente del nucleo familiare sia già stata valutato dai competenti servizi territoriali e disponga, a seguito di precedente presa in carico, di un progetto per finalità diverse da quelle di contrasto alla povertà, la valutazione e la progettazione sono integrate secondo i principi e con gli interventi e i servizi sopra elencati (comma 11).

Al fine di assicurare omogeneità e appropriatezza nell’individuazione degli obiettivi e dei risultati, dei sostegni (interventi e servizi), nonché degli impegni a svolgere specifiche attività, dovranno essere approvate Linee guida per la definizione dei progetti personalizzati, redatte anche in esito al primo periodo di applicazione del ReI. Le linee guide sono emanate con decreto del MLPS, su proposta del Comitato per la lotta alla povertà, e d’intesa con la Conferenza Unificata (comma 12).

Raccordo con il Terzo settore e distribuzione alimentare (comma 6)

Ai sensi del comma 6, i servizi territoriali operano in stretto raccordo con gli enti del Terzo settore attivi nel contrasto alla povertà (di cui alla legge 106/2016). Sulla base di specifici accordi di reciproco riconoscimento a livello di ambito territoriale o comunale, le équipe multidisciplinari includono nella progettazione personalizzata, ove opportuno, attività svolte dagli enti del Terzo settore o presso i medesimi. Sono in particolare promosse specifiche forme di collaborazione con gli enti attivi nella distribuzione alimentare a valere sulle risorse del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD), anche al fine di facilitare l’accesso al ReI dei beneficiari della distribuzione medesima, ove ricorrano le condizioni.

 

Il Regolamento (UE) n. 223/2014 dell'11 marzo 2014 ha istituito il Fondo di aiuti europei agli indigenti che ha sostituito il Programma europeo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (PEAD), concluso a fine 2013.

Con l'istituzione del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) è stato proseguito il sistema virtuoso di donazioni di prodotti alimentari e di base a chi si trova in condizioni di povertà estrema. Ai sensi del medesimo Regolamento la dotazione contemplata per l'Italia è di 595 milioni (riferita al 2011), pari a circa 670 milioni di euro a prezzi correnti. E' inoltre previsto un cofinanziamento da parte dell'Italia pari a 118,3 milioni di euro.

L'attuazione del Programma Operativo per il periodo 2014-2020 prevede un coordinamento fra il Fondo nazionale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Mipaaf e l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, che opera in qualità di Organismo intermedio, a cui è delegata la gestione degli interventi per la distribuzione degli aiuti alimentari.

Il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti (Fondo nazionale indigenti) è stato istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA dall’art. 58, co. 1, del decreto legge 83/2012.

Durata del progetto personalizzato (commi 7-8)

Il progetto è definito, anche nella sua durata, secondo principi di proporzionalità, appropriatezza e non eccedenza rispetto alle necessità di sostegno del nucleo. La durata del progetto può prescindere dalla durata del beneficio economico (comma 7).

Il progetto personalizzato è definito con la più ampia partecipazione del nucleo familiare, in considerazione dei suoi desideri, aspettative e preferenze, con la previsione del suo coinvolgimento nel successivo monitoraggio e nella valutazione (comma 8).

Figura di riferimento (comma 9)

All’interno del progetto personalizzato viene individuata una figura di riferimento che ne cura la realizzazione, attraverso il coordinamento e l’attività di impulso verso i vari soggetti responsabili della realizzazione dello stesso. La figura di riferimento, che cura anche il monitoraggio del progetto, viene individuata in base al bisogno prevalente risultante dai sostegni definiti nel progetto (interventi e servizi sociali) di cui si ritiene necessiti il nucleo familiare (comma 9).


 

Articolo 7 – Interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà

L’articolo 7, al comma 1, elenca i servizi per l’accesso e la valutazione nonché i sostegni afferenti al sistema integrato di interventi e servizi sociali, da individuare nel progetto personalizzato.

 

La legge 328/2000 all’art. 22, comma 4, declina come servizi da erogare per l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni: servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari; assistenza domiciliare; strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali; centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.

 

Questi i servizi individuati al comma 1 dell’articolo in esame:

 

a)      segretariato sociale, inclusi i punti per l’accesso al ReI (servizi per l’informazione e l’accesso al ReI);

Il segretariato sociale è un servizio di informazione rivolto a tutti i cittadini, fornisce notizie sulle risorse locali e sulle prassi per accedervi, in modo da offrire un aiuto per la corretta utilizzazione dei servizi sociali[8].

 

b)      servizio sociale professionale per la presa in carico, inclusa la componente sociale della valutazione multidimensionale;

Complesso insieme di interventi attivati in favore di persone singole, famiglie, gruppi e comunità, per la prevenzione, il sostegno ed il recupero di situazioni di bisogno e la promozione di nuove risorse sociali. Comprende, tra l'altro, le funzioni di presa in carico, progettazione, valutazione e monitoraggio, funzione sociale per la Valutazione Multidimensionale, inserimenti in strutture residenziali e centri diurni.

 

c)      tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione[9], di cui al già citato accordo del 22 gennaio 2015 in sede di Conferenza Stato-regioni (v. ante, cfr. articolo 4);

 

d)      sostegno socio-educativo domiciliare o territoriale, incluso il supporto nella gestione delle spese e del bilancio familiare;

Rispettivamente: Interventi di sostegno destinati ai soggetti a rischio di emarginazione e alle relative famiglie, erogati a domicilio per il raggiungimento della massima autonomia personale e sociale. Vi sono comprese persone con disagio mentale e Interventi di sostegno destinati ai soggetti a rischio di emarginazione e alle relative famiglie, erogati in strutture o in luoghi di aggregazione spontanea, per il raggiungimento della massima autonomia personale e sociale. Vi sono comprese persone con disagio mentale o senza dimora.

 

e)            assistenza domiciliare socio-assistenziale;

Servizio rivolto a persone con ridotta autonomia, o a rischio di emarginazione, che richiedono interventi di cura e di igiene della persona, di aiuto nella gestione della propria abitazione, di sostegno psicologico, di assistenza sociale e/o educativa a domicilio.

 

f)             sostegno alla genitorialità e servizio di mediazione familiare;

Interventi di sostegno alle funzioni genitoriali (anche attraverso colloqui, incontri, titoli sociali) e Servizio di sostegno alla coppia in fase di separazione o già separata, con figli minori.

 

g)            servizio di mediazione culturale;

Interventi atti a garantire l’accesso paritario in ambito scolastico, sociale e lavorativo delle persone straniere e nomadi.

 

h)            servizio di pronto intervento sociale.

Interventi attivati per offrire sostegno a specifici target, in particolare persone senza dimora e adulti in situazioni di emergenza sociale, anche attraverso unità mobili di strada che offrono servizi di prima assistenza (distribuzione indumenti, pasti caldi, informazioni, accompagnamento a centri di accoglienza, ecc.).

 

Risorse destinate, nel 2018 e a decorrere dal 2019, al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali di contrasto alla povertà (commi 2-4)

Una quota del Fondo Povertà è attribuita agli ambiti territoriali delle regioni per il finanziamento degli interventi citati al comma 1 (vedi ante. Sul punto si rileva che sarebbe opportuno riprendere la dicitura del comma 1 e riferirsi ad interventi e servizi), fermi restando gli interventi afferenti alle politiche del lavoro, della formazione, sanitarie e socio-sanitarie, educative, abitative, nonché delle altre aree eventualmente coinvolte nella valutazione e progettazione previsti a legislazione vigente.

Tale quota è nello specifico finalizzata a garantire l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative a:

·     servizi per l’informazione e l’accesso al ReI (art. 5);

·     valutazione multidimensionale (art. 5);

·     progetto personalizzato (art. 6);

·     sostegni (gli interventi e servizi di contrasto alla povertà di cui all’art. 6).

 

Il comma 3 precisa che la quota del Fondo Povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali è pari, in sede di prima applicazione, a:

·       262 milioni di euro nel 2018;

·        277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.

 

Sarebbe opportuno verificare se, in assenza di una specifica norma di deroga ai divieti e alle limitazioni previsti dalla legislazione vigente per le assunzioni di nuovo personale nelle PA, le risorse  previste possano essere comunque utilizzate per operare un rafforzamento del personale dei servizi sociali tale da consentire lo svolgimento dei compiti a questi assegnati  dallo schema in esame

 

La RT al provvedimento specifica che, secondo i monitoraggi effettuati dal MLPS, la quota del Fondo nazionale per le politiche sociali destinata agli interventi e ai servizi di contrasto alla povertà è stata negli anni pari a circa al 30% delle risorse del Fondo trasferite alle regioni (circa 90 milioni annui).

 

Dal punto di vista formale, si segnala che nel comma 3 si richiama il successivo comma 10, mentre il medesimo articolo 7 consta di soli 9 commi; il riferimento appare inteso al comma 9

 

 

Risorse destinate dal 2018 al rafforzamento dei servizi sociali in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora (comma 9)

 

Nell’ambito delle quote del Fondo Povertà destinate al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali pari, in sede di prima applicazione, a 262 milioni di euro nel 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, è riservato un ammontare pari a 20 milioni di euro annui, dal 2018, per interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora.

 

L'Indagine dell'Istat Le persone senza dimora stima che, nei mesi di novembre e dicembre 2014, gli homeless che hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna, nei 158 comuni italiani in cui è stata condotta l'indagine, sono stati pari a 50 mila 724. Tale ammontare corrisponde al 2,43 per mille della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall'indagine, valore in aumento rispetto a tre anni prima, quando era il 2,31 per mille (47 mila 648 persone). Rispetto al 2011, vengono confermate anche le principali caratteristiche delle persone senza dimora: si tratta per lo più di uomini (85,7%), stranieri (58,2%), con meno di 54 anni (75,8%) – anche se, a seguito della diminuzione degli under34 stranieri, l'età media è leggermente aumentata (da 42,1 a 44,0) – o con basso titolo di studio (solo un terzo raggiunge almeno il diploma di scuola media superiore).

L'11 giugno 2016, il MLPS e la fio.PSD Onlus (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) hanno sottoscritto un Protocollo d'intesa per la promozione di azioni volte a ridurre il numero di persone senza dimora, ad alleviarne la condizione di disagio e a favorire, nei servizi, una presa in carico appropriata. Gli interventi, a valere sui Programmi operativi nazionali e regionali FESR, FSE e FEAD, utilizzeranno come principale riferimento le Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta.

Le risorse stanziate in questa prima fase ammontano complessivamente a 50 milioni di euro (25 milioni a valere sul PON Inclusione e 25 milioni a valere sul PO I FEAD) e saranno ripartite tra gli Enti territoriali (Città metropolitane, grandi Comuni e Ambiti territoriali) che presentano una concentrazione del fenomeno particolarmente rilevante. Le proposte progettuali potranno essere presentate direttamente dai grandi Comuni e dalle Città metropolitane, nonché dalle Regioni, con riferimento agli Ambiti territoriali di propria competenza, ovvero direttamente dagli Ambiti da esse delegati. L'iniziativa si colloca all'interno della campagna #HomelessZero.

Decreto sui criteri di riparto e attribuzione risorse destinate al rafforzamento del sistema integrato sociale (comma 4 e secondo periodo comma 9)

Un decreto lavoro/economia, previa intesa in sede di Conferenza unificata, dovrà definire:

- i criteri di riparto relativi alla quota del Fondo povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali di contrasto alla povertà, con riferimento al complesso degli ambiti di ciascuna regione. Ciascuna regione comunica al MLPS i criteri in base ai quali viene stabilita la successiva attribuzione delle risorse agli ambiti territoriali di rispettiva competenza da parte del Ministero medesimo;

- le modalità di monitoraggio e rendicontazione delle risorse trasferite;

- i criteri di riparto della quota del Fondo Povertà per gli interventi e i servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora, avuto prioritariamente riguardo alla distribuzione territoriale dei senza dimora, in particolare individuando le grandi aree urbane in cui si concentra il maggior numero degli stessi. In sede di riparto, si definiscono altresì le condizioni di povertà estrema, nonché si indentificano le priorità di intervento a valere sulle risorse trasferite, in coerenza con le “Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia”, oggetto di accordo in sede di Conferenza Unificata del 5 novembre 2015, ed eventuali successive iniziative della Rete della protezione e dell’inclusione sociale (v. articolo 21, comma 8).

Risorse destinate al rafforzamento dei servizi sociali nel 2017

In deroga a quanto stabilito circa l’entità delle risorse da utilizzare nel 2018 e dal 2019, il comma 8 dispone, per l’anno 2017, al fine di permettere una adeguata implementazione del ReI e di garantirne l’immediata operatività, l’attribuzione alle regioni, a valere sul Fondo Povertà, di risorse pari a 212 milioni di euro, da ripartire con le medesime modalità adottate per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS).

 

Relativamente alle risorse individuate, la RT al provvedimento chiarisce che l’ammontare delle risorse disponibili per l’erogazione del SIA, a seguito del decreto che ne fissa i nuovi criteri di accesso (decreto 16 marzo 2017 attualmente in vigore per accedere al SIA), è stato posto pari a circa 1 miliardo 710 milioni di euro. Tenuto conto che per gran parte del 2017 continueranno a percepire il SIA coloro che l’hanno richiesto nel 2016 e che le modalità di erogazione del beneficio prevedono che si detragga dal medesimo l’ammontare di eventuali altre prestazioni assistenziali godute dal nucleo familiare beneficiario, la spesa prevista per il SIA è stimata pari a 1.342 milioni di euro per il 2017, con conseguente disponibilità per il finanziamento di 212 milioni di euro per lo stesso anno finalizzata al rafforzamento dei servizi sociali. 

Relativamente alle modalità di riparto, il decreto 10 ottobre 2016 di Riparto per il 2016 delle risorse del FNPS (risorse pari a 311.589.741,00 euro, di cui: 278 milioni alle Regioni;34 milioni agli interventi a carico del MLPS, di cui almeno 3 milioni di euro per azioni volte al consolidamento e all'allargamento, nonché all'assistenza tecnica e scientifica, del programma di prevenzione dell'allontanamento dei minorenni dalla famiglia di origine P.I.P.P.I. (Programma di interventi per la prevenzione dell'istituzionalizzazione). Il decreto specifica che tutte le Regioni integrano le risorse del FNPS a loro attribuite con il Fondo per le non autosufficienze. Le Regioni coinvolte nel Piano azione coesione integrano, altresì, nella programmazione le risorse attribuite agli ambiti territoriali di rispettiva competenza per il finanziamento di Servizi di cura delle persone: cura dell'infanzia e degli anziani non autosufficienti. Il decreto inoltre precisa quanto già stabilito in numerosi documenti della Conferenza delle regioni circa i macro livelli e gli obiettivi di servizio, rispetto ai quali le regioni programmano l'utilizzo delle risorse loro destinate. Più precisamente, l'allegato 1 al decreto indica 5 macro livelli (precedentemente definiti macro obiettivi: Servizi per l'accesso e la presa in carico dalla rete assistenziale; Servizi e misure per favorire la permanenza a domicilio; Servizi per la prima infanzia e servizi territoriali comunitari; Servizi a carattere residenziale per le fragilità; Misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito), declinati in obiettivi di servizio che vengono collegati con i relativi flussi informativi. La programmazione riferita ai macro livelli "Servizi per l'accesso e la presa in carico" e "Misure di inclusione sociale - sostegno al reddito" tiene conto dell'avvio del SIA su tutto il territorio nazionale, ai sensi del decreto interministeriale 26 maggio 2016, nonché delle "Linee guida per la predisposizione e attuazione dei progetti di presa in carico del Sostegno per l'inclusione attiva". Al rafforzamento dei servizi per la presa in carico e per gli interventi di contrasto alla povertà è comunque assicurata priorità di utilizzo delle risorse del FNPS, in maniera complementare alle risorse destinate al rafforzamento dei medesimi servizi ed interventi a valere sul PON inclusione, al fine di assicurare adeguati servizi di presa in carico, valutazione del bisogno e accompagnamento ai beneficiari del SIA. L'art. 3, comma 3, del decreto avvia una rilevazione straordinaria dei servizi e degli interventi che in ciascun ambito territoriale operano nel contrasto alla povertà con la finalità di definire lo sviluppo dei medesimi servizi e interventi in coerenza con il Piano nazionale di lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Tenuto conto della rilevazione straordinaria, l'articolo 7 del decreto istituisce un gruppo di lavoro Ministero/regioni/ANCI per individuare le priorità di finanziamento, l'articolazione delle risorse del Fondo, nonché le linee di intervento e gli indicato rifinalizzati a specificare gli obiettivi di servizio con i relativi flussi informativi della macro aerea "Misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito", individuata come area prioritaria di analisi. Gli obiettivi di servizio così definiti in esito al lavoro del gruppo costituiranno parte integrante del Piano nazionale di lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Successivamente all'adozione del Piano, i criteri di riparto delle risorse del FNPS saranno modificati. Gli eventuali obiettivi di servizio riferibili all'area della disabilità e della non autosufficienza, a valere sulle risorse del FNPS, saranno definiti unitariamente nel Piano per la non autosufficienza, da adottare secondo i criteri definiti nell'ambito del riparto del Fondo per le non autosufficienze.

 

Possibilità di rideterminare la quota del Fondo povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali (comma 3)

In esito al monitoraggio sui fabbisogni e sull’utilizzo delle risorse, la quota del Fondo Povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali può essere rideterminata mediante il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

Specifici rafforzamenti, finanziabili a valere sulla quota del Fondo Povertà attribuita agli ambiti territoriali di ogni regione e nei limiti della medesima, sono definiti nel Piano regionale per la lotta alla povertà, sulla base delle indicazioni programmatiche contenute nel Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà (di cui all’articolo 21, comma 6), che è lo strumento programmatico per l’utilizzo della quota del Fondo povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali.

Il MLPS procede all’erogazione delle risorse spettanti agli ambiti territoriali di ciascuna Regione una volta valutata la coerenza del Piano regionale (la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha chiesto che venga precisato che ad essere valutata deve essere la coerenza “dello schema di atto di programmazione ovvero del Piano regionale”) con le finalità del citato Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà.

Risorse regionali e comunali (commi 5 e 6)

Le regioni possono integrare, a valere su risorse proprie, la quota del Fondo Povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali per il contrasto della povertà. In tal caso, le regioni possono richiedere agli ambiti territoriali di competenza il versamento sul bilancio regionale della quota del Fondo povertà loro spettante per il successivo riparto, integrato con le risorse proprie (comma 5).

I comuni, coordinandosi a livello di ambito territoriale, concorrono con risorse proprie alla realizzazione dei servizi e degli interventi per il contrasto alla povertà, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziare disponibili a legislazione vigente e nell’ambito degli equilibri di finanza pubblica programmati. I servizi sono programmati nei limiti delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo in esame. Le risorse comunali che concorrono alla realizzazione dei servizi e degli interventi per il contrasto alla povertà sono comunicate al MLPS attraverso l’apposita sezione denominata “Banca dati ReI” del Nuovo sistema informativo dei servizi sociali.

Impiego dei fondi strutturali e di investimento europei: risorse afferenti ai Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR) riferite all’obiettivo tematico della lotta alla povertà e della promozione dell’inclusione sociale (comma 7)

Rispondendo al criterio di delega di cui all’art.1, comma 2, lettera e), della legge 33/2016, il comma 7 dispone che, per le finalità di rafforzamento degli interventi e dei servizi per il contrasto alla povertà, in coerenza con quanto stabilito dall’Accordo di Partenariato 20142020 per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei, concorrono altresì le risorse afferenti ai Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR) riferite all’obiettivo tematico della lotta alla povertà e della promozione dell’inclusione sociale, fermo restando che risorse afferenti al Programma operativo nazionale “Inclusione” possono essere utilizzate per finanziare le funzioni del MLPS per l’attuazione del ReI (v. quanto previsto all’articolo 15, comma 6). Le regioni e le province autonome individuano le modalità attraverso le quali i POR rafforzano gli interventi e i servizi di cui al presente decreto, includendo, ove opportuno e compatibile, i beneficiari del ReI tra i destinatari degli interventi, anche con riferimento all’obiettivo tematico della promozione dell’occupazione sostenibile e di qualità.

 

Con l’approvazione dell’Accordo di partenariato è stato definito l’ammontare delle risorse dei fondi strutturali dell’Unione europea destinate all’Italia per il ciclo di programmazione 2014-2020, articolato per tipologia di regione, per obiettivo tematico e per singolo Programma operativo nazionale (PON) e regionale (POR).

Si tratta di 31,1 miliardi considerando solo le risorse destinate all’obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione”, a cui si aggiungono 1,1 miliardi di risorse destinate all’obiettivo “Cooperazione territoriale europea”: in sostanza 32,2 miliardi a valere sulle risorse del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR).

Ad essi vanno poi sommati anche 673 milioni del Fondo indigenti (FEAD) e 567 milioni dell’Iniziativa Occupazione giovanile (YEI).

L’impostazione strategica definita per i Fondi strutturali è articolata su 11 obiettivi tematici, corrispondenti a quelli individuati dall’articolo 9 del Regolamento UE n. 1303/2013[10]: L’obiettivo tematico 9 riguarda la promozione dell’inclusione sociale e la lotta alla povertà. Nel 2010 l'Unione Europea ha varato una strategia per il prossimo decennio finalizzata a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e ha inserito la lotta alla povertà e all'esclusione sociale tra gli obiettivi della politica degli Stati membri. In questo contesto, per il periodo 2014-2020 il Ministero del lavoro è titolare di due programmi operativi che intervengono in sinergia con le politiche nazionali per fronteggiare il fenomeno della povertà e favorire l'inclusione attiva delle persone maggiormente fragili. Si tratta del Programma Operativo Nazionale Inclusione sociale, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo (FSE), e del Programma Operativo FEAD, cofinanziato dal Fondo europeo di aiuti agli indigenti.  Il PON “Inclusione sociale” ha un budget di 1,3 miliardi di euro, di cui circa 827 milioni a valere sul Fondo Sociale Europeo (FSE). La parte restante costituisce il cofinanziamento nazionale.

 

Il Fondo di Aiuti Europei Agli Indigenti (FEAD) ha un budget di 3,8 miliardi di euro ai prezzi correnti per il periodo 2014-2020, mira a fornire ai poveri un aiuto più ampio del semplice, anche se fondamentale, aiuto alimentare già precedentemente fornito dall’UE attraverso il PEAD (Programma per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti), la cui attività è terminata il 31 Dicembre 2013 . 

Il Programma Operativo Italiano del FEAD è stato adottato dalla Commissione Europa l’11 dicembre 2014 (Decisione C(2014)9679) (Per il programma operativo italiano legato al FEAD si rinvia a quanto illustrato all’art. 6, comma 6).

Il FEAD si affianca, risultando ad essi complementare, ad un serie di altri strumenti italiani ed europei che cercano di far fronte al fenomeno della povertà estrema, e in particolare, come sopra ricordato, al Programma Operativo Nazionale - PON per la scuola riguardo all’attivazione delle mense scolastiche e ai PON Inclusione e Città Metropolitane per gli interventi a favore delle persone senza dimora.

Per quanto concerne il perseguimento dell’Obiettivo tematico 9 nel quadro programmatico regionale, la tabella seguente fornisce la dimensione finanziaria del finanziamento all’interno dei POR FSE del ciclo di programmazione 2014-2020.

 

Per approfondimenti sul tema, in particolare sul dettaglio dei vari piani operativi delle singole regioni italiane in relazione all’Obiettivo tematico 9, si rinvia alla pubblicazione dell’IFEL “Inclusione e lotta alla povertà nel settennio 2014-2020”.


 

 

Articolo 8 - Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale

Nei limiti delle ulteriori risorse eventualmente disponibili a valere sul Fondo Povertà, il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale (di seguito Piano), è stato individuato come lo strumento amministrativo per estendere progressivamente la platea dei beneficiari e incrementare gradualmente l’entità della componente economica del ReI. A tal fine, con cadenza triennale ed eventuali aggiornamenti annuali, il Piano può modificare:

a)      le soglie degli indicatori della condizione economica, incrementando i valori dell’ISEE, dell’ISRE, del patrimonio mobiliare ed immobiliare nonché i valori ISEE e ISRE riferiti ad una situazione economica aggiornata (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b);

 

b)      gli indicatori del tenore di vita con riferimento al godimento dei beni durevoli quali autoveicoli, motoveicoli, navi e imbarcazioni da diporto (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c);

 

c)       l’estensione della platea dei beneficiari oltre i nuclei familiari in possesso dei requisiti richiesti in sede di prima applicazione (presenza di uno dei requisiti di cui all’articolo 3, comma 2: minore, disabile, donna in stato di gravidanza, lavoratore di età pari o superiore ai 55 anni in stato di disoccupazione), eventualmente mediante l’utilizzo di una scala di valutazione del bisogno, di cui al successivo comma 2;

 

d)      il valore della soglia di riferimento per l'individuazione della condizione di povertà, pari ad euro 3.000 (di cui all’articolo 4, comma 1), da incrementare in coerenza con le modifiche delle soglie di cui alla lettera a) relative a ISEE/ISRE e patrimoni mobiliari ed immobiliari, nonché il parametro per cui tale valore è moltiplicato, pari, in sede di prima applicazione, al settantacinque per cento, fino all’unità;

 

e)       la previsione di incremento delle soglie di accesso e del beneficio secondo la misura percentuale prevista per la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti;

La perequazione automatica delle pensioni è un meccanismo attraverso il quale l'importo della pensione viene rivalutato (adeguandolo all'aumento del costo della vita, come determinato dall'ISTAT) al fine di proteggere il potere d'acquisto. Negli ultimi anni si sono succeduti una serie di interventi legislativi volti a limitare la rivalutazione, per esigenze di contenimento della spesa pubblica.

Nel nostro ordinamento il meccanismo di rivalutazione delle pensioni è definito dall'articolo 34, comma 1, della L. 448/1998, il quale ha disposto (a decorrere dal 1° gennaio 1999) che esso si applichi, per ogni singolo beneficiario, in funzione dell'importo complessivo dei trattamenti pensionistici corrisposti a carico delle diverse gestioni previdenziali. L'aumento della rivalutazione automatica dovuto viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo.

Successivamente, il legislatore è intervenuto con una serie di provvedimenti volti a limitare la rivalutazione.

Recentemente, un nuovo intervenuto in materia si è avuto con l'articolo 1, comma 483, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), che ha disposto per il triennio 2014-2016 (periodo successivamente esteso anche al 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 286, della L. 208/2015) la rivalutazione dei trattamenti pensionistici nei seguenti termini percentuali:

·     100% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS;

·     95% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 3 volte e pari o inferiore a 4 volte il predetto trattamento;

·     75% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo;

·     50% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo;

·     40% nel 2014 e 45% per ciascuno degli anni 2015 e 2016, per i trattamenti pensionistici superiori a 6 volte il trattamento minimo INPS.

In materia è quindi intervenuta la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 70/2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 24, comma 25, del D.L. 201/2011, nella parte in cui ha disposto la rivalutazione automatica, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente per i trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS.

A seguito di tale sentenza è stato emanato il D.L. 65/2015, il quale ha introdotto una nuova disciplina della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici relativamente al biennio 2012-2013, al fine di garantire una rivalutazione parziale e retroattiva ("nel rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica, assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in funzione della salvaguardia della solidarietà intergenerazionale") dei trattamenti ricompresi tra tre e sei volte il minimo INPS, confermando sostanzialmente il blocco biennale sui trattamenti superiori a 6 volte il minimo INPS.

Più precisamente, ai sensi del D.L. 65/2015, la perequazione automatica è stata riconosciuta:

·     per il biennio 2012-2013 nella misura del:

-        40% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da tre a quattro volte il trattamento minimo INPS;

-        20% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da quattro a cinque volte il trattamento minimo INPS;

-        10% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da cinque a sei volte il trattamento minimo INPS.

·     per il biennio 2014-2015, nella misura del 20% di quanto stabilito per il 2012 e 2013 per le pensioni di importo complessivo da tre a sei volte il trattamento minimo INPS;

·     a decorrere dal 2016, nella misura del 50% di quanto stabilito per il 2012 e 2013 per le pensioni di importo complessivo da tre a sei volte il trattamento minimo INPS.

Lo stesso D.L. 65/2015 ha inoltre specificato che la rivalutazione riconosciuta per il biennio 2014-2015 in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale debba intendersi riferita agli importi pensionistici come rivalutati ai sensi della normativa vigente (ossia, per il triennio 2014-2016 - successivamente esteso anche al 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 286, della L. 208/2015 -, dell'articolo 1, comma 483, della L. 147/2013) per il medesimo biennio, e che nella valutazione dell'importo complessivo di tutti i trattamenti pensionistici in godimento per ogni singolo beneficiario (ossia sulla base di calcolo della rivalutazione) si debba sempre tenere conto degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi.

 

f)        il massimale della componente economica del ReI (di cui all’articolo 4, comma 1), in coerenza con le modifiche apportate alla soglia di riferimento per l’individuazione della condizione di povertà di cui alla lettera d), assicurando comunque che il beneficio non sia superiore a due volte l’ammontare, su base annua, dell’assegno sociale per i nuclei familiari con cinque o più componenti;

 

g)      l’elenco degli interventi e dei servizi sociali territoriali di contrasto alla povertà, di cui all’articolo 7, comma 1, e la quota, comunque non inferiore al quindici per cento, delle risorse disponibili a valere sul Fondo Povertà, di cui all’articolo 7, comma 2, vincolata al finanziamento dei medesimi interventi e dei servizi sociali; deroghe al limite inferiore della quota di cui al primo periodo della presente lettera sono ammesse solo con riferimento agli incrementi della dotazione del Fondo Povertà non destinati all’ampliamento del numero dei beneficiari;

 

h)      la possibilità e le modalità di rinnovo del beneficio, di cui all’articolo 4, comma 5;

 

i)        i termini temporali per la definizione della valutazione multidimensionale di cui all’articolo 5, della progettazione personalizzata di cui all’articolo 6, per lo scambio dei dati, la verifica dei requisiti e il riconoscimento del beneficio di cui all’articolo 9.

 

Nel caso in cui le eventuali risorse aggiuntive non siano sufficienti alla copertura di tutti i nuclei familiari nelle condizioni richieste per l’accesso al ReI dall’articolo 3, comma 1[11], il Piano può introdurre, ai fini della progressiva estensione dei beneficiari del ReI, una scala di valutazione del bisogno per individuare le caratteristiche dei nuclei che estendono la platea dei beneficiari nei limiti delle risorse disponibili. La scala di valutazione è costruita avuto riguardo alla condizione economica, ai carichi familiari e di cura e alla situazione occupazionale (comma 2).

Il Piano può procedere all’aggiornamento degli indicatori e degli altri elementi elencati precedentemente, anche in presenza di risorse disponibili a valere sul Fondo Povertà, laddove, in esito al monitoraggio della spesa, emerga una certificata e strutturale capienza del Fondo, sulla base della dotazione a legislazione vigente, in relazione all’estensione della platea o all’incremento del beneficio che si produce a seguito dell’aggiornamento (comma 3).

Il Piano è adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del MLPS, di concerto con il MEF, d’intesa con la Conferenza unificata (comma 4).


 

 

Articolo 9 - Richiesta, riconoscimento ed erogazione del ReI

L’articolo individua le modalità di richiesta, concessione ed erogazione del ReI. Si rileva che le attività sono analoghe a quelle già previste per il SIA e svolte dagli ambiti territoriali, dai comuni, dall’INPS e dalle altre amministrazioni interessate utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziare disponibili a legislazione vigente e nell’ambito degli equilibri di finanza pubblica programmati.

 

Queste in sintesi le attività procedurali previste:

1. entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto, possono essere effettuate le prime richieste di accesso al ReI;

2. entro dieci giorni lavorativi dalla richiesta del ReI, gli ambiti territoriali comunicano all’INPS le informazioni contenute nel modulo di domanda ReI;

4. entro cinque giorni lavorativi dalla comunicazione da parte degli ambiti territoriali delle informazioni contenute nel modulo di domanda ReI, l’INPS verifica il possesso dei requisiti di accesso sulla base dei propri archivi e di quelli delle altre amministrazioni pubbliche coinvolte;

3. entro quindici giorni lavorativi dalla richiesta del ReI, gli ambiti territoriali comunicano all’INPS l’esito delle verifiche dei requisiti di cittadinanza e soggiorno necessari per accedere al ReI;

5. in caso di esito positivo delle verifiche e successivamente all’avvenuta sottoscrizione del progetto personalizzato (fatto salvo quanto disposto in sede di prima applicazione per il 2018), l’INPS dispone il versamento del beneficio sulla “Carta ReI”.

 

Il ReI può essere richiesto presso i Punti per l’accesso o presso altra struttura identificata dai comuni (quali soggetti attuatori del ReI ai sensi dell’articolo 13, comma 1) tramite l’apposito modulo di domanda che dovrà essere predisposto dall’INPS, sentito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Con riferimento alle informazioni già dichiarate dal nucleo familiare a fini ISEE, il modulo rimanda alla corrispondente DSU, a cui la domanda è successivamente associata dall’INPS (comma 1).

Entro dieci giorni lavorativi dalla data della richiesta del ReI e nel rispetto dell’ordine cronologico di presentazione, gli ambiti territoriali, eventualmente per il tramite dei comuni che lo compongono, comunicano all’INPS le informazioni contenute nel modulo di domanda del ReI, inclusive del codice fiscale del richiedente, in assenza del quale le richieste non sono esaminate. Le predette informazioni sono trasmesse dagli ambiti territoriali all’INPS anche attraverso il sistema di gestione delle agevolazioni sulle tariffe energetiche (SGATE), secondo adeguate modalità telematiche, predisposte dall’Istituto non oltre i trenta giorni precedenti la data del 1° dicembre 2017 (comma 2).

 

Il Sistema di Gestione delle Agevolazioni sulle Tariffe Energetiche (SGAte) consente ai Comuni italiani di adempiere agli obblighi legislativi in tema di compensazione della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica e di gas naturale dai clienti domestici disagiati. SGAte gestisce l'intero iter necessario ad attivare il regime di compensazione a favore dei cittadini in possesso dei requisiti di ammissibilità.

 

Contestualmente alle attività relative alla trasmissione all’INPS di tutte le informazioni contenute nel modulo di domanda del ReI, gli ambiti territoriali e i comuni procedono alla verifica dei requisiti di residenza e di soggiorno necessari per poter accedere al ReI (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a). L’esito delle verifiche è comunicato all’INPS nelle modalità sopra illustrate (anche attraverso lo SGATE), e, comunque, non oltre i quindici giorni lavorativi dalla richiesta del ReI.

L’INPS verifica, entro cinque giorni lavorativi dalla comunicazione delle informazioni contenute nel modulo di domanda del ReI, inclusive del codice fiscale del richiedente, il possesso dei requisiti per l’accesso al ReI sulla base delle informazioni disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni collegate. A tal fine l’INPS acquisisce, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dall’Anagrafe tributaria, dal Pubblico Registro Automobilistico e dalle altre amministrazioni pubbliche detentrici dei dati, le informazioni rilevanti ai fini della concessione del ReI. Il possesso dei requisiti è verificato dall’INPS preliminarmente ad ogni successivo accredito, ove non diversamente specificato (comma 4).

In caso di esito positivo delle verifiche di competenza dei comuni e degli ambiti territoriali, nonché delle verifiche effettuate dall’INPS, il ReI è riconosciuto dall’INPS condizionatamente alla sottoscrizione del progetto personalizzato, eventualmente nelle forme del patto di servizio o del programma di ricerca intensiva. La concessione condizionata del beneficio è comunicata dall’INPS agli ambiti territoriali entro cinque giorni lavorativi dalla comunicazione ricevuta da questi ultimi delle informazioni contenute nel modulo di domanda del ReI (comma 5).

Il versamento del beneficio è disposto dall’INPS successivamente alla comunicazione dell’avvenuta sottoscrizione del progetto personalizzato (fatto salvo quanto previsto in sede di prima applicazione per il 2018, nel corso del quale la componente economica del ReI potrà essere versata pur in assenza della comunicazione dell’avvenuta sottoscrizione del progetto), e decorre dal mese successivo alla richiesta del beneficio. Le erogazioni sono disposte mensilmente.

Carta ReI

Il beneficio economico è erogato per il tramite della Carta acquisti, ridenominata per le finalità del presente decreto “Carta ReI”. Oltre che per l’acquisto dei generi previsti per la Carta acquisti, la Carta ReI garantisce la possibilità di prelievi di contante entro un limite mensile non superiore alla metà del beneficio massimo attribuibile. In esito al monitoraggio e alla valutazione del ReI, il limite mensile di prelievo può essere rideterminato dal Piano nazionale per la lotta alla povertà (comma 7).

Alla Carta ReI possono essere associate specifiche agevolazioni e servizi definiti mediante convenzioni con il MLPS, sentito il MEF (comma 8).

Al fine di permettere l’erogazione del beneficio economico per il tramite della Carta acquisti, le disponibilità del Fondo Povertà (1.482 milioni di euro nel 2018 e 1.568 milioni di euro annui a decorrere dal 2019), affluiscono in un apposito conto corrente infruttifero presso la Tesoreria centrale dello Stato, per essere eventualmente trasferite su un conto acceso presso il soggetto incaricato del servizio integrato di gestione delle Carte acquisti (v. articolo 81, comma 35, lettera b), del decreto legge 112/2008). Da tale conto infruttifero sono prelevate le risorse necessarie per l’erogazione del beneficio economico.

 

Si ricorda che il soggetto incaricato del servizio di gestione delle Carte Acquisti è Poste Italiane S.p.A. I costi attuativi della Carta Acquisiti hanno un limite massimo, stabilito dal decreto del 16 settembre 2008, pari all'1,5% delle risorse versate al Fondo Carta Acquisiti. Il servizio di gestione delle Carte Acquisti, svolto da Poste Italiane in base ad una convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze aggiudicata a seguito di selezione pubblica, prevede un corrispettivo a carico del Fondo Carta Acquisti pari a circa lo 0,1% - 0,2% dell'attuale ammontare del beneficio massimo erogato per ogni Carta acquisti sperimentale (SIA), pari a 480 euro. Il costo della Carta è calcolato in proporzione ai giorni effettivi in cui la Carta è attiva nell'anno. Tale costo include la produzione della Carta, la distribuzione al cittadino tramite la rete di uffici postali, nonché l'eventuale sostituzione, l'effettuazione delle ricariche periodiche sulla base delle indicazioni dell'INPS, la stampa dei moduli, l'invio di comunicazioni ai richiedenti e ai titolari della Carta, l'archiviazione delle richieste, la trasmissione telematica all'INPS dei dati in esse contenuti, un servizio di call center gratuito per informazioni sul programma. La convenzione prevede inoltre un corrispettivo "a consumo" nei casi di produzione e recapito di materiale informativo sul programma, effettuato su richiesta dell'Amministrazione.

Accesso all’assegno nuclei familiari con figli minori

I beneficiari del ReI accedono all’assegno per i nuclei familiari con tre o più figli di età inferiore ai 18 anni, qualora ricorrano le condizioni previste dalla rispettiva disciplina, a prescindere dalla presentazione di apposita domanda (comma 10).

 

L’assegno per il nucleo familiare è stato introdotto (con decorrenza 1° gennaio 1988) dall’articolo 2 del D.L. 69/1988, (in sostituzione di precedenti strumenti quali gli assegni familiari , le quote di aggiunta di famiglia, ecc.). Si tratta di una prestazione di carattere previdenziale , erogata con cadenza mensile su richiesta del lavoratore o del pensionato (unitamente alla retribuzione o alla pensione). L’assegno ha la funzione di integrare la retribuzione dei lavoratori che si trovano in determinate situazioni familiari e di reddito.

Il nucleo familiare è composto dai coniugi e dai figli (ed equiparati) di età inferiore a 18 anni .Sono pertanto esclusi dal nucleo familiare (circolare INPS 12 gennaio 1990, n. 12) ai fini della spettanza dell’assegno: il coniuge legalmente ed effettivamente separato; il coniuge che abbandona la famiglia ; i figli, le sorelle, i fratelli ed i nipoti coniugati del richiedente; il coniuge ed i figli del cittadino straniero non residente in Italia (tranne in caso di convenzione tra gli Stati).

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare, il rispetto di determinati limiti di reddito, la non fruizione di altri trattamenti di famiglia . L’ammontare dell’assegno è quindi commisurato al numero dei componenti del nucleo familiare e al reddito del nucleo familiare (secondo la Tabella allegata alla L. 69/1988).

I livelli di reddito sono rivalutati annualmente, con effetto dal 1° luglio di ogni anno, in misura pari alla variazione della percentuale dell’indice ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT, intervenuta tra un anno e l’altro (per il periodo 1° luglio 2017-30 giugno 2018 i livelli reddito sono determinati nella circolare INPS 87/2017).

Il reddito complessivo deve essere composto per un importo minimo pari al 70% da redditi di lavoro dipendente (o ad esso assimilabili) e compreso tra quelli indicati nelle apposite tabelle aggiornate ogni anno con circolare INPS. Nel caso in cui il reddito complessivo familiare sia composto da redditi diversi (ad esempio di impresa, di capitale), l’assegno spetta soltanto se la somma dei redditi di lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente (o assimilato), superi il 70% del reddito complessivo familiare.

Tariffe agevolate

Il comma 11 dispone l’attivazione, in favore dei beneficiari del ReI, delle seguenti misure:

- le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate;

Si ricorda in proposito che l’art. 1, co. 375, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (L. finanziaria per il 2016), ha previsto l’applicazione ai clienti economicamente svantaggiati delle tariffe elettriche agevolate (c.d. “bonus elettrico”, consistente in uno sconto sulla bolletta, al fine di assicurare un risparmio sulla spesa per l’energia alle famiglie in condizione di disagio economico e fisico e alle famiglie numerose), demandando a un decreto ministeriale, al fine di completare il processo di revisione delle tariffe elettriche, la definizione dei criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate ai soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare la revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate[12].

-        le agevolazioni relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale.

L’art. 3, co. 9, del D.L. n. 185/2008 (L. n. 2/2009, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale) ha esteso alle famiglie economicamente svantaggiate, a decorrere dal 1° gennaio 2009, le agevolazioni relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale (c.d. bonus gas), riconoscendo altresì la tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica, di cui al citato D.M. 28 dicembre 2007, anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute[13].

Si ricorda inoltre che l’art. 1, co. da 75 a 77, del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza - approvato in seconda lettura dall'Assemblea della Camera nella seduta del 29 giugno e trasmesso al Senato (A.S. 2085-B) - ha demandato a un decreto del MiSE, sentita l’AEEGSI, la disciplina relativa all’erogazione del bonus elettrico e del bonus gas, ai fini di un migliore coordinamento delle politiche di sostegno ai clienti economicamente svantaggiati e ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l’utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita. Tale decreto disciplina le modalità di erogazione dei benefici economici individuali, anche alternative rispetto alla compensazione della spesa, con eventuale individuazione di una corresponsione congiunta delle misure di sostegno alla spesa per le forniture di energia elettrica e di gas naturale. Con il medesimo decreto si provvede a rimodulare l’entità dei benefici, tenendo conto dell’ISEE. Le disposizioni relative ai bonus elettrico e del gas sono vigenti fino alla data di entrata in vigore del decreto del MiSE.

 

L’attivazione di tali agevolazioni è effettuata secondo le modalità previste per i beneficiari della Carta acquisti (di cui al co. 7), ai quali è estesa l’agevolazione per la fornitura di gas naturale, analogamente alle categorie già individuate come beneficiarie della Carta.

Si prevede, infine, che con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze, possano essere definite modalità semplificate di estensione di tale beneficio.

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 10 - ISEE precompilato e aggiornamento della situazione economica

 

DSU precompilata a fini ISEE

L’articolo 10 prevede che, a decorrere dal 2018, la dichiarazione sostitutiva unica a fini ISEE (DSU) sia precompilata a cura dell’INPS, con la collaborazione dell’Agenzia delle entrate. Per la precompilazione della DSU sono utilizzate le informazioni disponibili nell’Anagrafe tributaria, nel Catasto e negli archivi dell’INPS, nonché quelle comunicate all’Anagrafe tributaria dagli intermediari finanziari su saldi e giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti del nucleo familiare (comma 1).

Il citato articolo 11, comma 2, del decreto legge 201/2011 ha imposto agli operatori finanziari, dal 1° gennaio 2012, di comunicare periodicamente all'Anagrafe tributaria anche tutte le movimentazioni relative ai rapporti finanziari intrattenuti con i contribuenti; il decreto legge 95/2012 ha previsto inoltre che tali informazioni siano utilizzabili anche per semplificare gli adempimenti dei cittadini sulla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica valida ai fini ISEE, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima.

In relazione alla compilazione della dichiarazione sostituiva unica (DSU), la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conto correnti bancari.

Il citato articolo 7, comma 6, del D.P.R. 605/1973 dispone che le banche, Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.

Come ricordato dalla relazione tecnica, si evidenzia che attualmente lo scambio dei dati tra l’INPS e l’agenzia delle entrate è già attivo a fini ISEE. Con la riforma adottata con il D.P.C.M. 159/2013, la dichiarazione infatti è post-compilata, nel senso che le informazioni reddituali disponibili negli archivi dell'INPS e dell'Agenzia delle entrate non sono richieste a1 cittadino in sede di dichiarazione ma direttamente utilizzate nel calcolo dell’ISEE.

 

Il comma 2 prevede che la DSU precompilata può essere accettata o modificata. Non possono essere modificati i dati relativi ai trattamenti erogati dall’INPS e quelli già dichiarati ai fini fiscali. Nel caso in cui non sia stata ancora presentata la dichiarazione dei redditi, le relative componenti rilevanti ai fini ISEE possono essere modificate, fatta salva la verifica di coerenza rispetto alla successiva dichiarazione dei redditi e le eventuali sanzioni in caso di dichiarazione mendace.

La dichiarazione sostitutiva unica (DSU) precompilata dall’INPS è resa disponibile ai cittadini mediante i servizi telematici dello stesso Istituto oppure dell’Agenzia delle entrate. La dichiarazione precompilata può essere richiesta anche mediante delega ai centri di assistenza fiscale. Le modalità tecniche per l’accesso alla dichiarazione precompilata saranno definite con un provvedimento congiunto del Direttore dell’INPS e del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentita l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

 

Il comma 3 demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di fissare la data a partire dalla quale sarà possibile accedere alla modalità precompilata di presentazione della DSU, anche ai soli fini del rilascio dell’ISEE, in via sperimentale per un periodo di almeno sei mesi. Con lo stesso decreto sono stabilite le componenti della DSU che restano, per il momento, interamente autodichiarate e non precompilate, in attesa di futuri sviluppi tecnologici che consentano l’implementazione dei dati disponibili.

Nel testo del comma 3, penultimo periodo, si rileva un errore formale, in quanto, a proposito dell’ISEE corrente, si rinvia al comma 6 in luogo del comma 5.

 

Il comma 4 stabilisce che dal 1° settembre 2018 la modalità precompilata costituisce l’unica modalità di presentazione della dichiarazione sostitutiva unica (DSU). A decorrere dalla stessa data, la DSU ha validità fino al 31 agosto successivo.

 

Le disposizioni recate dai commi 4 e 5 relative, rispettivamente alla modalità precompilata della DSU e all’ISEE corrente, recano norme transitorie, la cui efficacia cesserà a far data dal giorno successivo all’entrata in vigore delle corrispondenti modifiche al D.p.c.m 159/2013.

 

In ciascun anno, all’avvio del periodo di validità fissato al 1° settembre, i redditi e i patrimoni presenti nella DSU sono aggiornati prendendo a riferimento l'anno precedente.

ISEE corrente (norma transitoria)

Il comma 5, stabilisce che, a decorrere dalla data che verrà indicata nel predetto decreto lavoro/finanze, di cui al comma 3, l’ISEE corrente e la sua componente reddituale ISRE potranno essere calcolati qualora si sia verificata una variazione della situazione lavorativa, ovvero una variazione dell’indicatore della situazione reddituale corrente superiore al venticinque per cento.

Si ricorda che, a legislazione vigente, l’articolo 9 del D.p.cm. 159/2013, per la richiesta di ISEE corrente prevede la compresenza delle condizioni di: 1) mutata situazione lavorativa per almeno uno dei componenti il nucleo familiare, nei 18 mesi precedenti la richiesta della prestazione; 2) variazione dell’indicatore della situazione reddituale corrente superiore al 25%.

La variazione della situazione lavorativa deve essere posteriore al 1° gennaio dell’anno cui si riferisce il reddito considerato nell’ISEE calcolato in via ordinaria di cui si chiede la sostituzione con l’ISEE corrente. Resta ferma, anteriormente alla data indicata nel predetto decreto lavoro/economia, la possibilità di richiedere l’ISEE corrente alle condizioni previste dalla disciplina vigente.

 

L’ISEE corrente è un aggiornamento dell’ISEE già rilasciato che viene calcolato in seguito alla compresenza di significative variazioni reddituali conseguenti a variazioni della situazione lavorativa di almeno un componente del nucleo. Ha validità di due mesi dalla presentazione della DSU.

Più nello specifico, l’articolo 9 del D.P.C.M. 159/2013 prevede la possibilità, qualora sia già stata presentata una DSU e vi sia già un ISEE in corso di validità, di richiedere un ISEE riferito ad un periodo di tempo più ravvicinato alla richiesta di prestazione (ISEE corrente) qualora vi sia una rilevante variazione nell'indicatore e al contempo si sia verificata, per almeno uno dei componenti il nucleo familiare, nei 18 mesi precedenti la richiesta della prestazione, una delle variazioni della situazione lavorativa (ad esempio, risoluzione o sospensione del rapporto di lavoro), enumerate dall’articolo 9, comma 1, lettere a), b) e c)[14]. Non vi è nessun aggiornamento delle componenti patrimoniali e familiari. A legislazione vigente, pertanto, lISEE corrente è rilasciato solo nel caso in cui alla variazione lavorativa di uno o più componenti del nucleo sia associata una variazione della situazione reddituale complessiva del nucleo familiare superiore al 25% rispetto a quella dell’ISEE calcolato in via ordinaria.

È possibile richiedere l’ISEE corrente per ognuno degli ISEE previsti dalla Riforma (ISEE Ordinario, ISEE nucleo ristretto, ISEE socio-sanitario residenze, ecc.).

Obblighi informativi relativi all’instaurazione del rapporto di lavoro

Per agevolare la precompilazione della DSU ai fini dell’ISEE corrente, la verifica da parte dell’INPS delle comunicazioni di variazione della situazione lavorativa (di cui al successivo articolo 11, comma 2, vedi infra) e la verifica dello stato di disoccupazione, il comma 7 prevede che le comunicazioni obbligatorie in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro, debbano contenere l’informazione relativa alla retribuzione o compenso.

 

Gli obblighi informativi relativi all’instaurazione del rapporto di lavoro e alle successive variazioni sono contenuti in varie disposizioni.

In particolare, l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996, ha stabilito l’obbligo, per i datori di lavoro privati (ivi compresi quelli agricoli, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni), in caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, nonché di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo, di comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (quindi la Direzione provinciale del lavoro) entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione. La richiamata comunicazione deve indicare i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale nonché il trattamento economico e normativo applicato.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 6-ter, del D.Lgs. 181/2000, le comunicazioni devono essere trasmesse in via telematica. Le modalità di trasmissione sono contenute del decreto interministeriale 30 ottobre 2007.

Articolo 11 - Compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa

Fermi restando i requisiti di accesso al ReI, con riferimento alla condizione economica (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), il ReI è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa da parte di uno o più componenti il nucleo familiare.

In caso di variazione della situazione lavorativa nel corso dell’erogazione del ReI, i componenti del nucleo familiare per i quali la situazione è variata, sono tenuti, entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, a pena di decadenza dal beneficio, a comunicare all’INPS il reddito annuo previsto.

Ai sensi del comma 2, tale comunicazione deve essere effettuata dagli ambiti territoriali, eventualmente per il tramite dei Comuni, anche attraverso il sistema SGATE (modalità prevista dall’articolo 9, comma 2, del provvedimento in esame).

 

La comunicazione della variazione della situazione lavorativa nel corso dell’erogazione del ReI, può essere effettuata anche con le modalità di cui all’articolo 10, comma 1, primo periodo, del D. Lgs. 22/2015.

 

L’articolo 10, comma 1, primo periodo, del D.Lgs. 22/2015 ha disposto l’obbligo, per il lavoratore che durante il periodo di percepimento della NASpI intraprenda un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale (dalla quale ricavi un reddito corrispondente a un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell'articolo 13 del TUIR), di informare l'INPS entro un mese dall'inizio dell'attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne.

 

Le comunicazioni sono effettuate all’atto della richiesta del beneficio anche in caso vi siano componenti del nucleo familiare in possesso di redditi da lavoro non rilevati per l’intera annualità dell’ISEE in corso di validità utilizzato per l’accesso al beneficio (comma 3).

In particolare, per coloro che variano la propria situazione lavorativa durante la fruizione del ReI (o l’abbiano variata prima, non rilevando i calcoli ISEE su base annua) è previsto che l’ISEE sia ricalcolato ai soli fini della permanenza del requisito per il ReI (o del suo possesso in caso vi si debba accedere) sulla base della dichiarazione del reddito annuo previsto, effettuata dal lavoratore (comma 4).

In caso di permanenza dei requisiti di accesso, il valore del beneficio economico connesso al ReI è corrispondentemente rideterminato tenuto conto dell’ISR aggiornato.


 

Articolo 12 - Sanzioni, sospensione e decadenza

L’articolo disciplina le sanzioni per i beneficiari del ReI, distinte in :

- decurtazione o decadenza del beneficio a seguito di comportamenti inconciliabili con gli impegni sottoscritti nel progetto personalizzato;

- sanzioni o decadenza del beneficio a seguito di dichiarazione mendace in sede ISEE.

 

Il comma 1 chiarisce in prima istanza che i componenti il nucleo familiare beneficiario del ReI sono tenuti ad attenersi ai comportamenti previsti nel progetto personalizzato.

Oltre che per i contatti con i servizi competenti previsti nel progetto personalizzato, la cui frequenza è di norma mensile, i componenti in età attiva del nucleo beneficiario possono essere convocati nei giorni feriali con un preavviso compreso tra le 24 e le 72 ore, secondo le modalità concordate nel medesimo progetto personalizzato (comma 2).

La RT al provvedimento precisa che le attività sanzionatorie di cui all’articolo in esame, sono già previste a legislazione vigente: in particolare per le sanzioni a seguito di violazione degli impegni sottoscritti nel progetto sono analoghe a quelle previste dall’art. 21, comma 8, del D.Lgs. 150/2015 o di quelle previste in attuazione del SIA e irrogate nelle medesime modalità; con riferimento alle dichiarazioni mendaci si rinvia a quanto già previsto a legislazione vigente per la fruizione illegittima di prestazioni sociali agevolate ai sensi dell’art. 38, comma 3, del decreto legge 78/2010.

Mancata presentazione ai contatti con i servizi sociali previsti dal progetto personalizzato

Il comma 3 specifica che in caso di mancata presentazione, in assenza di giustificato motivo da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni, riferite alla componente economica del beneficio:

a) la decurtazione di un quarto di una mensilità del beneficio economico del ReI, in caso di prima mancata presentazione;

b) la decurtazione di una mensilità alla seconda mancata presentazione;

c) la decadenza dalla prestazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.

 

Mancata presentazione/partecipazione alle iniziative di orientamento

Il comma 5 specifica che la mancata partecipazione (in assenza di un giustificato motivo) ad iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, o di altre iniziative di politica attiva o di attivazione, ovvero la mancata accettazione di un’offerta di lavoro congrua (sempre in assenza di un giustificato motivo), da parte di un solo componente del nucleo familiare, comporta la decadenza del beneficio, e (per gli interessati) dello stato di disoccupazione.  

Si ricorda che l’articolo 20, comma 3, del D.Lgs. 150/2015 ha stabilito l’obbligo, per i lavoratori disoccupati, di contattare i centri per l'impiego per la profilazione e la stipula di un patto di servizio personalizzato allo scopo di confermare lo stato di disoccupazione. Nel richiamato patto deve essere riportata la disponibilità del richiedente, alla partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione (comma 3, lettera b)), nonché all’accettazione di congrue offerte di lavoro, come definite ai sensi del successivo articolo 25.

Ai sensi di tale articolo l’offerta di lavoro congrua deve avere i seguenti requisiti: coerenza con le esperienze e le competenze maturate; distanza dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico (non più di 50 km dalla residenza del lavoratore e raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici); durata della disoccupazione; retribuzione superiore di almeno il 20% rispetto alla indennità percepita nell'ultimo mese precedente, da computare senza considerare l'eventuale integrazione a carico dei fondi di solidarietà di cui al D.Lgs. 148/2015[15].

Mancato rispetto degli impegni

In caso di mancato rispetto degli impegni relativi alla frequenza e agli obblighi scolastici, nonché dei comportamenti di prevenzione e cura volti alla tutela della salute (specifiche attività di cui all’articolo 6, comma 5, lettere c) e d), ovvero di altri impegni specificati nel progetto personalizzato, in assenza di giustificato motivo, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, la figura di riferimento responsabile del progetto richiama formalmente il nucleo familiare al rispetto degli impegni medesimi. Nel caso in cui il richiamo non produca l’adesione agli impegni previsti, la figura di riferimento effettua un nuovo richiamo in cui si esplicitano puntualmente gli impegni e i tempi da rispettare, a pena di sospensione dal beneficio. In caso sia adottato il provvedimento di sospensione, sono specificati impegni e tempi per il ripristino del beneficio per la durata residua prevista al momento della sospensione. In caso di reiterati comportamenti inconciliabili con gli impegni richiamati, successivi al provvedimento di sospensione, è disposta la decadenza dal beneficio.

Dichiarazione mendace

Nel caso in cui il nucleo abbia percepito il beneficio economico del ReI in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU, fermo restando il recupero di quanto versato in eccesso, non si applica la sanzione di cui all’articolo 38, comma 3, del decreto legge 78/2010.

L’art. 38 del decreto legge 78/2010 introduce e disciplina, in materia ISE/ISEE, uno scambio di informazioni tra INPS, Agenzia delle entrate ed Enti erogatori, volto, da un lato, ad evidenziare i soggetti beneficiari delle prestazioni sociali agevolate e, dall’altro, a comminare una sanzione (da 500 a 5000 euro) per coloro i quali, a causa del maggior reddito accertato in via definitiva o della discordanza tra il reddito indicato nella DSU e quello dichiarato ai fini fiscali, non avrebbero potuto fruire o avrebbero fruito in misura inferiore delle prestazioni sociali agevolate. Resta intesa la restituzione del vantaggio conseguito per effetto dell'indebito accesso alla prestazione sociale agevolata

 

Si applicano invece le seguenti sanzioni:

a) la decurtazione di una mensilità, in caso la dichiarazione mendace abbia prodotto un incremento del beneficio su base mensile inferiore a 100 euro;

b) la decurtazione di due mensilità, in caso la dichiarazione mendace abbia prodotto un incremento del beneficio su base mensile da 100 euro a meno di 200 euro;

c) la decadenza dal beneficio, in caso la dichiarazione mendace abbia prodotto un incremento del beneficio su base mensile pari o superiore a 200 euro.

Nel caso in cui il beneficio del ReI sia stato fruito illegittimamente per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU, in assenza della quale il nucleo non sarebbe risultato beneficiario, ferma restando la restituzione dell’indebito e la decadenza dal beneficio, la sanzione di cui all’articolo 38, comma 3, del decreto legge 78/2010, si applica nei seguenti ammontari:

a) nella misura minima, in caso la dichiarazione mendace abbia prodotto un beneficio su base mensile inferiore a 100 euro;

b) nella misura di 1.000 euro, in caso la dichiarazione mendace abbia prodotto un beneficio su base mensile da 100 euro a meno di 200 euro;

c) nella misura di 2.000 euro, in caso la dichiarazione mendace abbia prodotto un beneficio su base mensile da 200 euro a meno di 300 euro;

d) nella misura di 3.000 euro, in caso la dichiarazione mendace abbia prodotto un incremento del beneficio su base mensile pari a 300 euro o superiore;

e) la sanzione è comunque applicata nella misura massima nel caso in cui i valori dell’ISEE, o delle sue componenti reddituali o patrimoniali accertate, siano pari o superiori a due volte le soglie indicate all’articolo 3, comma 1, lettera b) pari a 6.000 euro per l’ISEE e a 3.000 euro per l’ISRE.

Variazione composizione familiare

In caso di variazioni nella composizione del nucleo familiare, rispetto a quanto dichiarato a fini ISEE, i nuclei familiari sono tenuti a presentare, entro due mesi dalla variazione una DSU aggiornata, a pena delle sanzioni relative alle dichiarazioni mendaci.

Compiti dell’INPS

L’irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo, nonché il recupero dell’indebito, avviene ad opera di INPS. Gli indebiti recuperati e le sanzioni irrogate, al netto delle spese di recupero, sono riversate dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo Povertà. L’INPS dispone, ove prevista, la decadenza dal beneficio e la disattivazione della Carta ReI.

I servizi competenti comunicano all’INPS i fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni sopra illustrate (con modalità stabilite dal medesimo Istituto) entro e non oltre cinque giorni lavorativi dal verificarsi dell’evento da sanzionare e, comunque, in tempo utile ad evitare il versamento della mensilità successiva. L’INPS rende noto agli ambiti territoriali gli eventuali conseguenti provvedimenti di decadenza dal beneficio.

Responsabilità disciplinare e contabile dei funzionari che omettono comunicazioni

La mancata comunicazione dei fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di decurtazione o decadenza della prestazione determina responsabilità disciplinare e contabile del funzionario responsabile, ai sensi dell’articolo 1 della legge 20/1994[16].

Decadenza del beneficio e nuova richiesta

In caso di decadenza dal beneficio ai sensi del presente articolo, il ReI può essere richiesto solo decorso un anno dalla data del provvedimento di decadenza.


 

 

Articolo 13 - Funzioni dei comuni e degli ambiti territoriali per l’attuazione del ReI

I comuni, in forma singola o associata, rappresentano congiuntamente con l’INPS i soggetti attuatori del ReI. I comuni cooperano con riferimento all’attuazione del ReI a livello di ambito territoriale, come identificato dalla regione e dalla provincia autonoma (ai sensi dell’articolo 14, comma 2), al fine di rafforzare l’efficacia e l’efficienza della gestione e di agevolare la programmazione e la gestione integrata degli interventi e dei servizi sociali con quelli degli altri enti od organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute.

 

Rispetto alla identificazione degli ambiti territoriali, sembrerebbe più opportuno rinviare all’articolo 23, comma 2.

 

I comuni coordinandosi a livello di ambito territoriale, svolgono inoltre le seguenti funzioni:

a) favoriscono con la propria attività istituzionale la conoscenza del ReI tra i potenziali beneficiari, anche mediante campagne informative nell’ambito dell’attività di comunicazione istituzionale;

b) assicurano il coinvolgimento degli enti del Terzo settore (di cui alla legge 106/2016), delle parti sociali, delle forze produttive del territorio e della comunità territoriale, nelle attività di promozione degli interventi di lotta alla povertà;

c) effettuano le verifiche di competenza sul possesso dei requisiti di residenza e soggiorno per la concessione del ReI, nonché ogni altro controllo di competenza, con riguardo all’effettiva composizione del nucleo familiare rispetto a quanto dichiarato in sede ISEE;

d) adottano atti di programmazione, ordinariamente nella forma di una sezione specificamente dedicata alla povertà nel piano di zona. In sede di prima applicazione, specificamente in attuazione del Piano regionale per la lotta alla povertà, tali atti di programmazione sono adottati entro sessanta giorni dall’adozione del Piano regionale medesimo, in cui a livello di ambito territoriale si definiscono gli specifici rafforzamenti su base triennale del sistema di interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà, finanziabili a valere sulla quota del Fondo Povertà destinata a tal fine (262 milioni di euro nel 2018; 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019), integrando la programmazione con le risorse disponibili a legislazione vigente e le risorse afferenti ai Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR) riferite all’obiettivo tematico della lotta alla povertà e della promozione dell’inclusione;

e) favoriscono la più ampia partecipazione dei nuclei familiari beneficiari del ReI nell’adozione degli interventi che li riguardano, tenendo in considerazione i desideri, le  preferenze e le aspettative del nucleo stesso, con la previsione del suo coinvolgimento nel successivo monitoraggio e nella valutazione;

f) operano in stretto raccordo con gli enti del Terzo settore (secondo le modalità di cui all’articolo 6, comma 6), nell’attuazione degli interventi, favorendo la co-progettazione, avendo cura di evitare conflitti di interesse e assicurando il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza;

g) facilitano e semplificano l’accesso dei beneficiari del ReI alle altre prestazioni sociali di cui il comune ha la titolarità, ove ricorrano le condizioni stabilite dalla relativa disciplina.


 

 

Articolo 14 - Funzioni delle regioni e delle province autonome per l’attuazione del ReI

Piano regionale per la lotta alla povertà

Fatte salve le competenze regionali in materia di normazione e programmazione delle politiche sociali, le regioni e le provincie autonome adottano, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, un Piano regionale per la lotta alla povertà, quale atto di programmazione dei servizi necessari per l’attuazione del ReI.

Il Piano viene adottato nel rispetto delle modalità di confronto con le autonomie locali e favorendo la consultazione delle parti sociali e degli enti del Terzo settore territorialmente rappresentativi in materia di contrasto alla povertà. Il Piano regionale è comunicato al MLPS entro trenta giorni dalla sua adozione.

Nel Piano, le regioni definiscono gli specifici rafforzamenti su base triennale del sistema degli interventi e dei servizi sociali per il contrasto alla povertà, finanziati a valere sulla quota del Fondo povertà a questo dedicata, tenuto conto delle indicazioni contenute nel Piano degli interventi e i servizi sociali di contrato alla povertà (di cui all’art. 21, comma 6).

Potrebbe essere opportuno chiarire se il Piano debba essere adottato con cadenza triennale, come sembrerebbe dalla formulazione del comma 3.

 

Nel Piano regionale, gli enti territoriali:

- definiscono gli specifici rafforzamenti, su base triennale, del sistema degli interventi e dei servizi per il contrasto alla povertà finanziabili a valere sulla quota del Fondo povertà a tal fine dedicata, tenuto conto delle indicazioni  contenute nel Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà (di cui all’art. 21, comma 6, lettera b);

- individuano le modalità di collaborazione e di cooperazione, tra i servizi sociali e gli altri enti od organismi competenti, necessarie all’attuazione del ReI e mirate all’inserimento lavorativo, all’istruzione e alla formazione, alle politiche abitative e alla salute, disciplinando in particolare le modalità operative per la costituzione delle équipe multidisciplinari, e per il lavoro in rete finalizzato alla realizzazione dei progetti personalizzati.

In caso di ambiti territoriali sociali, sanitari e del lavoro (di cui all’articolo 23, comma 2) non coincidenti, nelle more della loro adozione, le regioni e le province autonome individuano specifiche modalità per favorire la progettazione integrata in favore dei nuclei residenti in comuni appartenenti ad ambiti territoriali non coincidenti (comma 4).

Comunicazione al MLPS degli Ambiti territoriali

Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame,  le regioni e le province autonome comunicano al MLPS gli ambiti territoriali e i comuni che li compongono. Tale comunicazione è finalizzata alla gestione associata del ReI e al riparto della quota del Fondo Povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali per il contrasto alla povertà. Ogni successiva variazione nella composizione degli ambiti è comunicata entro i trenta giorni successivi alla determinazione della variazione (comma 2).

Nel corpo del comma si segnala un errore materiale: “presente legge” in luogo di  “presente decreto”.

Poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti

Nei casi in cui, in esito al monitoraggio operato dal MLPS (di cui all’articolo 15, comma 2), gli ambiti territoriali, ovvero uno o più comuni tra quelli che li compongono, siano gravemente inadempienti nell’attuazione del ReI, e non risulti possibile avviare interventi di tutoraggio da parte della regione o provincia autonoma, né da parte del MLPS (ai sensi dell’articolo 15, comma 2, lettera d), le regioni e le provincie autonome esercitano i poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti[17]. Le modalità di esercizio dei poteri sostitutivi sono indicate nel Piano regionale (comma 5).

Estensione del ReI a valere su risorse regionali (commi 6, 7, 8 e 9)

Le regioni e le province autonome, con riferimento ai propri residenti, possono richiedere, a valere su risorse regionali, che il ReI sia concesso ad un maggior numero di beneficiari o incrementato nell’ammontare del beneficio economico[18]. A tal fine la regione o la provincia autonoma integra il Fondo Povertà con le risorse necessarie all’intervento richiesto. Tali risorse affluiscono in un apposito conto corrente infruttifero presso la Tesoreria centrale dello Stato (comma 6).

Le modalità di utilizzo in favore dei residenti nel territorio di competenza, a cui vincolare le risorse versate ad integrazione del Fondo Povertà, sono stabilite con protocollo d’intesa tra il Presidente della Regione o della Provincia autonoma e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il MEF. I rapporti finanziari sono regolati con apposito atto tra l’amministrazione regionale e il MLPS (comma 7).

Previa intesa e regolazione dei rapporti finanziari, le province autonome di Trento e Bolzano, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, possono, in favore dei residenti nei propri territori, permettere l’accesso coordinato al ReI e alle misure locali di contrasto alla povertà disciplinate con normativa provinciale, anche mediante un unico modello di domanda e l’anticipazione dell’erogazione del ReI unitariamente alla prestazione provinciale, della quale non si tiene conto in sede di accesso alla misura nazionale. Restano fermi i requisiti stabiliti dal presente decreto e i flussi informativi con l’INPS al fine della verifica degli stessi e del rimborso delle anticipazioni della Provincia autonoma (comma 8).

Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono, nell’ambito delle competenze loro attribuite, ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni contenute nel presente decreto, secondo quanto stabilito dai rispettivi statuti (comma 9).


 

Articolo 15 - Funzioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’attuazione del ReI

Verifica e controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni

Al MLPS sono attribuite le competenze in materia di verifica e controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale, definiti con riferimento al ReI agli articoli da 3 a 6 del presente decreto.

 

In prima istanza occorre ricordare che lo stesso ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni (articolo 2).

L’articolo 5 definisce livelli essenziali delle prestazioni, seppur nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente:

-        i servizi per l’informazione e l’accesso al ReI ;

-        la valutazione multidimensionale.

L’ articolo 6 indica quali livelli essenziali delle prestazioni da garantire, sempre nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente:

-        il progetto personalizzato;

-        i sostegni in esso previsti;

L’articolo 23 indica  l’offerta integrata di interventi e servizi secondo le modalità coordinate definite dalle regioni e province autonome quale livello essenziale delle prestazioni.

 

Informazione, promozione, consulenza e supporto tecnico per l’attuazione del ReI

 

Il MLPS favorisce l’attuazione del ReI attivando, nell’ambito della Direzione generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale, un Servizio di informazione, promozione, consulenza e supporto tecnico per l’attuazione del ReI. Il servizio svolge, in particolare, le seguenti funzioni:

 

a) è responsabile del monitoraggio dell’attuazione del ReI e predispone, sentito il Comitato per la lotta alla povertà (di cui all’articolo 16, comma 1), il Rapporto annuale di monitoraggio sull’attuazione del ReI, nonché sulle altre prestazioni finalizzate al contrasto alla povertà. Il Rapporto, pubblicato sul sito internet istituzionale del MLPS, deve essere predisposto sulla base delle informazioni disponibili in una apposita sezione, denominata “Banca dati ReI”, del Nuovo sistema informativo dei servizi sociali e sulla base delle altre informazioni disponibili in materia. A tal fine, il Servizio definisce entro la data di avvio del ReI, sentito il Comitato per la lotta alla povertà, gli indicatori per il monitoraggio dell’attuazione del ReI con riferimento al rispetto dei livelli essenziali ( di cui agli articoli da 3 a 6);

 

b) favorisce la diffusione delle conoscenze e la qualità degli interventi, anche mediante atti di coordinamento operativo, sentito il Comitato per la lotta alla povertà;

 

c) predispone protocolli formativi e operativi, previo parere del Comitato per la lotta alla povertà, e successiva intesa in sede di Conferenza Unificata;

 

d) identifica gli ambiti territoriali che presentino particolari criticità nell’attuazione del ReI, sulla base delle evidenze emerse in sede di monitoraggio e analisi dei dati, segnala i medesimi alle regioni interessate e, su richiesta dell’ambito e d’intesa con la regione, fermi restando i poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti esercitati dalle regioni ai sensi della legge 328/2000, sostiene interventi di tutoraggio;

 

e) fornisce segreteria tecnica al Comitato per la lotta alla povertà e all’Osservatorio sulle povertà, di cui all’articolo 16.

Banca Dati ReI

La “Banca dati ReI” viene costituita, con le modalità specificate dall’articolo 24, per facilitare l’esercizio delle competenza sopra elencate (fra le quali l’identificazione degli ambiti territoriali che presentino particolari criticità, la predisposizione del Rapporto annuale di monitoraggio e il monitoraggio sull’utilizzo della quota di risorse del Fondo povertà destinate al rafforzamento dei servizi e degli interventi sociali), come sezione del Nuovo sistema informativo dei servizi sociali. La Banca dati ReI sarà alimentata dagli ambiti territoriali, eventualmente per il tramite dei comuni che lo compongono, con informazioni, per ciascun nucleo familiare, relative alla valutazione multidimensionale, ai progetti personalizzati e agli esiti dei progetti medesimi, nonché, con informazioni relative agli ambiti territoriali, all’organizzazione e alle caratteristiche dei servizi prestati, comprensive delle professionalità impiegate.

Valutazione del ReI

Il MLPS è responsabile della valutazione del ReI. La valutazione è operata, anche avvalendosi dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), secondo un apposito progetto di ricerca redatto in conformità all’articolo 3 del Codice di deontologia e buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi statistici e scientifici, allegato A4 al D. Lgs. 196/2003 recante Codice in materia di protezione dei dati personali.

 

L’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) è un ente pubblico di ricerca, che svolge analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, delle politiche dell’istruzione e della formazione, delle politiche sociali e di tutte quelle politiche pubbliche che hanno effetti sul mercato del lavoro. Ruolo e funzioni sono stabilite dal D.L.gs.150/2015[19].

INAPP è nato il 1° dicembre 2016 dalla trasformazione dell’ISFOL, attivo dal 1973, in seguito al disposto del D. Lgs. 185/2016[20]. Come ente pubblico di ricerca, vigilato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad INAPP si applicano le disposizioni del D. Lgs 218/2016[21]. Attualmente, INAPP conta circa 450 dipendenti, tra personale di ricerca e personale tecnico-amministrativo.

L’INAPP fa parte del Sistema statistico nazionale (SISTAN) e collabora con le istituzioni europee. Svolge il ruolo di assistenza metodologica e scientifica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo ed è Agenzia nazionale del programma comunitario Erasmus+ per l’ambito istruzione e formazione professionale. È l’Ente nazionale all’interno del consorzio europeo ERIC-ESS, che conduce l’indagine European Social Survey.

 

Ai fini della valutazione, si prevede di individuare un campione di ambiti territoriali, corrispondente a non più del dieci per cento dei nuclei beneficiari, in cui effettuare la somministrazione di questionari di valutazione casuale, e in cui predisporre gruppi di controllo, individuati mediante procedura di selezione casuale, unicamente per i quali, in deroga a quanto previsto ordinariamente, l’erogazione del beneficio può non essere condizionata alla sottoscrizione del progetto personalizzato. Tale procedura è stabilita con provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Comitato per la lotta alla povertà previo parere del Garante per la protezione dei dati personali. I dati raccolti con i questionari sono acquisiti dalla Banca dati ReI e messi a disposizione del MLPS al solo fine di elaborazione statistica per lo svolgimento delle attività di valutazione previste dal progetto di ricerca. I dati anonimi possono essere altresì messi a disposizione di università e enti di ricerca su richiesta motivata, per finalità di ricerca e valutazione (comma 5).

Risorse finanziarie

Ai compiti di cui al presente articolo, il MLPS provvede nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali già previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con esclusione di quanto previsto all’articolo 20, comma 5, e con il concorso delle risorse afferenti al Programma operativo nazionale “Inclusione” riferito all’obiettivo tematico della lotta alla povertà e della promozione dell’inclusione sociale in coerenza con quanto stabilito dall’Accordo di Partenariato 20142020 per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei.

 

Il comma 5 dell’articolo 20 specifica che le risorse non destinate al beneficio economico del ReI, ovvero al rafforzamento degli interventi e dei servizi territoriali per il contrasto alla povertà, possono essere destinate al finanziamento di programmi straordinari volti a rafforzare e a favorire soluzioni innovative nei servizi di presa in carico, in particolare, mediante specifico supporto tecnico e di formazione sulla base dei protocolli formativi e operativi (di cui all’articolo 15, comma 2, lettera c), nonché per gli interventi di tutoraggio (di cui all’articolo 15, comma 2, lettera d). Tali risorse residue possono altresì essere utilizzate per agevolare l’implementazione della Banca dati Rei, per la valutazione degli interventi (ai sensi dell’articolo 15, comma 5), nonché per le iniziative di comunicazione e informazione sul ReI. L’entità di tali risorse, nonché gli specifici utilizzi per ciascun anno, saranno individuate con decreto lavoro/economia.


 

Articolo 16 - Comitato per la lotta alla povertà e Osservatorio sulle povertà

Comitato per la lotta alla povertà

Il Comitato per la lotta alla povertà (di seguito Comitato), quale organismo di confronto permanente tra i diversi livelli di governo, ha il compito di agevolare l’attuazione del ReI. Il Comitato costituisce una specifica articolazione tecnica della Rete della protezione e dell’inclusione sociale (di cui all’articolo 21).

 

Composizione

Il Comitato è presieduto dal MLPS – Direzione generale per la lotta alla povertà e alla programmazione sociale (di cui all’articolo 22), ed è composto da un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni in seno alla Rete della protezione e dell’inclusione sociale (un rappresentante del MEF; un rappresentante del Dipartimento per le politiche della famiglia; un componente per ciascuna delle Giunte regionali e delle province autonome; venti rappresentanti per i comuni designati dall’ANCI. Inoltre, un rappresentante dell’INPS in qualità di invitato permanente. Possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici). La composizione del Comitato è definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa designazione dei rappresentanti da parte delle amministrazioni competenti (comma 2).

Si osserva che, a differenza di quanto avviene per l’Osservatorio, non è specificata la durata del Comitato.

 

Funzioni

Il Comitato svolge le seguenti funzioni:

a) rappresenta il principale organismo di condivisione di esperienze, metodi e strumenti di lavoro, adottati a livello locale nel contrasto alla povertà;

b) propone, per la successiva adozione, le linee guida per la definizione degli strumenti operativi per la valutazione multidimensionale (di cui all’articolo 5, comma 9), e le linee guida per la definizione dei progetti personalizzati (di cui all’articolo 6, comma 12);

c) esprime il proprio parere su atti di coordinamento operativo per l’attuazione del ReI, inclusi protocolli formativi e operativi (di cui all’articolo 15, comma 1, lettera c);

d) collabora al monitoraggio dell’attuazione del ReI e delle altre prestazioni finalizzate al contrasto della povertà ed esprime il proprio parere sul Rapporto annuale di monitoraggio sull’attuazione del ReI (di cui all’articolo 15, comma 4).

Osservatorio sulle povertà

Al fine di promuovere forme partecipate di programmazione e monitoraggio del ReI, nonché degli altri interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, è istituito un Osservatorio sulle povertà (di seguito “Osservatorio”) presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che costituisce un gruppo di lavoro permanente della Rete della protezione e dell’inclusione sociale (di cui all’articolo 21).

 

Composizione

L’Osservatorio è costituito da rappresentanti delle amministrazioni componenti la Rete della protezione e dell’inclusione sociale (vedi ante), dell’INPS, dell’ISTAT, delle parti sociali e degli enti del Terzo settore rappresentativi in materia di contrasto alla povertà, per un numero massimo di venti componenti, inclusi tre esperti eventualmente individuati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Per quanto riguarda gli enti del Terzo settore, si osserva che non sono indicate le caratteristiche che rendono un ente “rappresentativo in materia di contrasto alla povertà”.

 

La composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio sono definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. L’Osservatorio dura in carica tre anni ed è rinnovabile.

 

Funzioni

L’Osservatorio ha i seguenti compiti:

a) predispone un Rapporto biennale sulla povertà, in cui sono formulate analisi e proposte in materia di contrasto alla povertà, anche con riferimento alla povertà educativa, alla povertà alimentare e alla povertà estrema;

b) promuove l’attuazione del ReI, evidenziando eventuali problematiche riscontrate, anche a livello territoriale;

c) esprime il proprio parere sul Rapporto annuale di monitoraggio sull’attuazione del ReI, di cui all’articolo 15, comma 4.

 

Dalla istituzione e dal funzionamento del Comitato e dell’Osservatorio di cui al presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ai componenti del Comitato e dell’Osservatorio non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o altro emolumento comunque denominato.

 

Si ricorda che la legge 328/2000, all’articolo 27, ha previsto l’istituzione della Commissione di Indagine sull'Esclusione Sociale (CIES) con il compito di effettuare, anche in collegamento con analoghe iniziative nell'ambito dell'Ue, ricerche, rilevazioni e indagini sulla povertà e sull'emarginazione in Italia, di promuoverne la conoscenza nelle istituzioni e nell'opinione pubblica, di esprimere valutazioni sull'effetto dei fenomeni di esclusione sociale e di formulare proposte per rimuoverne cause e conseguenze.

La Commissione è stata operativa fino al luglio 2012. Successivamente, per effetto dell'applicazione dell’articolo 12, comma 20, del decreto legge 95/2012[22], le attività svolte dalla Commissione sono state trasferite alla Direzione per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Nel corso del suo mandato, la CIES, per svolgere il proprio mandato, si è avvalsa della collaborazione di esperti e ha affidato, mediante convenzioni, la realizzazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche o private, a gruppi o a singoli ricercatori (qui le pubblicazioni). Per l’adempimento dei propri compiti la Commissione ha potuto anche avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali.

Si ricorda infine che la Commissione ha predisposto per il Governo dei rapporti annuali nei quali illustrava le indagini svolte, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate (qui i Rapporti).


 

 

Capo III Riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto alla povertà

Articolo 17 - SIA

L’AIR al provvedimento (pag. 8) sottolinea che il SIA è stato concepito come una misura di carattere temporaneo e sperimentale, con funzione di "ponte" verso il REI. Relativamente alla componente economica, le due misure presentano differenze sostanziali: a differenza del SIA, per il quale il beneficio dipende solo dal numero dei componenti il nucleo familiare, il beneficio economico del ReI è tanto maggiore quanto minori sono le risorse del nucleo familiare. In ogni caso, il beneficio medio e quello massimo per ogni dimensione del nucleo familiare sono maggiori di quelli previsti per il SIA ed il numero di beneficiari potenziali – stimato per il Rei, pari a 494 mila -, si valuta essere di oltre il 15% maggiore del SIA.

 

Fonte: Relazione tecnica ed illustrativa ReI. Le stime riportate si riferiscono ai potenziali beneficiari

 

Sempre la RT al provvedimento ricorda che la presentazione delle domande di accesso al SIA è stata avviata il 2 settembre 2016, mentre l’allargamento dell’accesso, grazie alla fissazione di criteri più ampi, è entrato in vigore il 29 aprile 2017. Alla fine di maggio 2017, i beneficiari effettivi del SIA risultavano essere circa 85 mila, corrispondenti a meno del 60% di quelli inizialmente previsti. Sempre la RT stima che l’area della sovrapposizione tra le platee del SIA e del ReI sia valutabile nella percentuale del 94%.

 

Più in particolare, l’articolo 17 sospende l’erogazione del SIA dal 1° gennaio 2018, prevedendo alcune eccezioni per i benefici riconosciuti precedentemente il suddetto termine temporale. Ne consegue che il SIA, erogato su base bimestrale, non potrà più essere richiesto a decorrere dal 1° novembre 2017.

Più precisamente, coloro ai quali il SIA è stato riconosciuto in data anteriore al 1° gennaio 2018, possono:

·       continuare a percepire il SIA, erogato per la durata e secondo le modalità stabilite dal decreto ministeriale decreto ministeriale 16 marzo 2017 Allargamento del Sostegno per l'inclusione attiva (SIA), per il 2017;

·       richiedere, se in possesso dei requisiti necessari, la trasformazione del SIA in ReI. La durata del beneficio economico del ReI (periodo continuativo non superiore a 18 mesi ex art. 4, co. 5) è corrispondentemente ridotta del numero di mesi per i quali si è goduto del SIA, fatto salvo, ove necessario, l’adeguamento del progetto personalizzato, la cui durata , ai sensi dell’art. 6, co. 7, può prescindere dalla durata del beneficio economico. Per il 2018, l’eventuale integrazione del beneficio economico risultate dal passaggio dal SIA al ReI, è posta a carico del Fondo povertà;

·       scegliere di non richiedere la trasformazione del SIA in ReI e successivamente, se in possesso dei requisiti richiesti,  richiedere il ReI senza soluzione di continuità nell’erogazione e comunque non prima della data del 1° dicembre 2017. Anche in questo caso, l’intero periodo di fruizione del SIA è dedotto dalla durata del ReI.


 

Articolo 18 – ASDI

L’articolo 18 prevede (comma 1) il blocco dell’erogazione dell’ASDI per tutti i soggetti dal 1° gennaio 2018, tranne per coloro che abbiano maturato alla medesima data i requisiti richiesti (e cioè che entro la fine del 2017 abbiano terminato la NASpI per la sua intera durata massima e versino ancora in uno stato di disoccupazione).

 

Contestualmente, viene prevista, dal 2019, la confluenza integrale delle risorse stanziate per l’ASDI nel Fondo Povertà (comma 2), e viene stanziata una somma (pari a 15 milioni di euro) a valere sul Fondo Povertà per consentire l’erogazione del beneficio nel 2018 (comma 3). Il richiamato stanziamento è disaccantonato per la quota non utilizzata a seguito della dichiarazione, da parte dell’INPS, dell’esaurimento delle erogazioni. Ogni altro accantonamento disposto sul Fondo Povertà a legislazione vigente dal 2018 è rimosso.

 

Contestualmente alle disposizioni contenute nell’articolo in esame, l’articolo 26 del provvedimento in esame abroga (sempre dal 1° gennaio 2018) l’articolo 16 del D.Lgs. 22/2015 e l’articolo 21, commi 3 e 8, del D.Lgs. 150/2015[23], che contengono la disciplina dell’ASDI.

 

L'ASDI (assegno di disoccupazione) è stato introdotto in via sperimentale dall'articolo 16, comma 1, D.Lgs. n. 22/2015, a decorrere dal 1° maggio 2015 e successivamente dal 2016 in poi[24], ed è uno strumento destinato ai soggetti che abbiano fruito della NASpI per l’intera sua durata i quali, privi di occupazione, si trovino in una condizione economica di bisogno (lavoratori appartenenti a gruppi familiari in cui sono presenti minori o con un’età prossima al raggiungimento dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico).

L’assegno è in ogni caso erogato entro il limite delle risorse assegnate al fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, pari a 118 milioni di euro per il 2017, 15,3 milioni di euro per il 2018 e 48 milioni di euro a decorrere dal 2019. Le domande sono presentate all’INPS, che riconosce il beneficio in base all’ordine cronologico di presentazione delle medesime e, nel caso di insufficienza delle risorse, non prende in considerazione ulteriori domande.

L’assegno è erogato mensilmente per una durata massima di 6 mesi e il suo importo è pari al 75% dell’ultima indennità NASpI percepita e, comunque, non superiore all’assegno sociale, incrementato per gli eventuali carichi familiari

Se il lavoratore ha già fruito dell'ASDI[25] nei 12 mesi precedenti il termine di fruizione della NASpI, l'ASDI è erogato per una durata massima pari alla differenza tra 6 mesi e la durata dell'ASDI fruito in tale periodo di tempo e, comunque, per un numero massimo di mesi pari alla differenza tra 24 e i mesi di ASDI fruiti nel quinquiennio precedente il termine di fruizione della NASpI.

Al fine di incentivare la ricerca attiva di lavoro da parte del beneficiario si prevede che i redditi derivanti da nuova occupazione possano essere parzialmente cumulati con l’assegno, la cui erogazione è comunque condizionata all’adesione del beneficiario ad un progetto personalizzato di inserimento nel mercato del lavoro redatto dai competenti servizi per l’impiego.

Le modalità di attuazione dell’ASDI sono contenute nel D.M. 29 ottobre 2015.

Sono beneficiari dell'ASDI i lavoratori che:

-        abbiano fruito, entro il 31 dicembre 2016, della NASpI per la sua durata massima;

-        siano ancora in stato di disoccupazione[26] al termine della NASpI;

-        siano, al termine del periodo di fruizione della NASpI, componenti di un nucleo familiare in cui sia presente almeno un minore di anni 18 o abbiano un'età pari a 55 anni o superiore e non abbiano maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;

-        siano in possesso di una attestazione dell'ISEE, in corso di validità, dalla quale risulti un valore dell'indicatore non superiore a 5.000 euro. Ai fini del mantenimento dell'ASDI, la dichiarazione sostitutiva unica a fini ISEE è aggiornata in gennaio, entro il termine del mese e, in mancanza di aggiornamento della dichiarazione, il beneficio è sospeso;

-        non abbiano usufruito dell'ASDI per un periodo pari o superiore a 6 mesi nei 12 mesi precedenti il termine della fruizione della NASpI e, comunque, per un periodo pari o superiore a 24 mesi nel quinquennio precedente;

-        abbiano sottoscritto un "progetto personalizzato" con il servizio per l'impiego finalizzato alla ricerca attiva di lavoro

Per poter beneficiare dell'ASDI il richiedente deve sottoscrivere un progetto personalizzato di presa in carico (redatto dal servizio per l'impiego competente), che deve possedere specifici elementi (quali la situazione economica di bisogno del nucleo familiare, valutata con riferimento all'lSEE;     i criteri di priorità nell'accesso al beneficio in caso di risorse insufficienti ad erogare l'ASDI ai lavoratori più bisognosi;      gli incrementi dell'ASDI per carichi familiari del lavoratore;   i limiti e i criteri di cumulabilità dei redditi da lavoro conseguiti durante il periodo di fruizione dell'ASDI;      le caratteristiche del progetto personalizzalo e gli obblighi e sanzioni connessi alla sua realizzazione). 

Infine, il beneficiario decade dalla fruizione dell'ASDI nei medesimi casi che portano alla decadenza della NASpI, nel caso in cui non effettui le comunicazioni previste in caso di attività di lavoro e nei casi individuati nell’articolo 21, comma 8, del D.Lgs. 150/2015 (quali ad esempio, le decurtazioni sulle mensilità per mancata presentazione; decurtazione o decadenza del beneficio e dello stato di disoccupazione in caso di mancata partecipazione alle iniziative per il rafforzamento di competenze, nonché la decadenza del beneficio e dello stato di disoccupazione in caso di mancata accettazione di un’offerta di lavoro).

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, alla data del 31 marzo 2017 hanno usufruito dell’ASDI circa 8.400 disoccupati, di cui oltre 6.600 con riferimento a coloro che hanno terminato la NASpI nel 2016 e oltre 900 a coloro che hanno terminato nel 2017. L’importo medio è stato (considerati gli incrementi per carichi familiari) di circa 511 euro. Su base annua, prosegue la relazione, con riferimento ai soggetti che hanno terminato la NASpI nel 2016, l’importo complessivo erogato è stato di 14.504.072,49 euro, mentre per quelli che l’hanno terminata nel 2017 (primo trimestre) l’importo è stato pari a 2.377.907,04 euro. A tali numeri vanno aggiunte circa 1.400 domande sospese perché non è stato ancora formalizzato il patto di servizio a cui la prestazione è connessa.

 

 

 


 

Articolo 19 - Carta acquisti

Dal 1° gennaio 2018, i nuclei familiari con componenti minorenni (da 0 a 3 anni) beneficiari della Carta acquisti, che abbiano anche i requisiti  richiesti per l’accesso al ReI, ricevono il beneficio economico a questo collegato sulla medesima carta. I due benefici non sono cumulabili, pertanto, il beneficio economico della carta acquisti già riconosciuto è assorbito integralmente dal beneficio economico connesso al ReI.

Per effetto di tali previsioni, il Fondo povertà è integrato di 55 milioni di euro nel 2018 e di 93 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, mentre è ridotta dello stesso importo l’autorizzazione di spesa  fissata dalla stabilità 2015[27] (pari a 250 milioni annui) a valere sul Fondo Carta acquisti.

 

La legge delega 33/2017 prevede (comma 3 lettera a), con riferimento alla carta acquisti, che il completo assorbimento della stessa avvenga nel momento in cui il ReI copre le fasce di popolazione interessate.

 

Al comma 3, l’articolo stabilisce che l’integrazione del Fondo povertà derivante dai risparmi a valere sulla Carta acquisti può essere rideterminata in relazione all’effettivo numero di beneficiari della Carta acquisti, e nel caso di una strutturale e certificata possibilità di far fronte ai relativi oneri con un ammontare inferiore di risorse rispetto a quanto sopra stabilito (55 milioni nel 2018 e 93 milioni annui a decorrere dal 2019). con decreto lavoro/MEF. Il Fondo povertà e i conseguenti limiti di spesa sono rideterminati con decreto lavoro/MEF.

 

L’AIR segnala che, nel primo bimestre 2017 i beneficiari della Carta acquisti minori di tre anni sono stati 294.804, per un importo di spesa pari a euro 34.694.320, con una tendenza all'aumento rispetto ai bimestri precedenti. “Immaginando prudenzialmente un'ulteriore crescita del l0%, si può considerare un dato strutturale di 320 mila bambini”.


 

Articolo 20 - Disposizioni finanziarie

Risorse del Fondo Povertà

Le disponibilità del Fondo Povertà sono le seguenti:

-        le risorse di cui all'articolo 1, comma 386, della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), pari ad 1 miliardo di euro a decorrere dal 2017;

-        le risorse di cui all'articolo 1, comma 389, della legge di stabilità 2016, pari ad 54 milioni di euro a decorrere dal 2018;

-        le risorse di cui all'articolo 1, comma 238, della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016), pari ad 150 milioni di euro a decorrere dal 2017;

-        le risorse di cui alla sezione II della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016), pari a 500 milioni di euro a decorrere dal 2018;

-        Complessivamente pertanto la dotazione del Fondo è pari a 1.704 milioni di euro a decorrere dal 2018

 

La RT, nella Tabella 7 mostra sinteticamente gli accantonamenti disposti dal decreto 16 marzo 2017 Allargamento del Sostegno per l'inclusione attiva (SIA), per il 2017 (vedi infra) per la prosecuzione della sperimentazione dell’ASDI rispettivamente per 65 milioni nel 2018 e per 32 milioni a decorrere dal 2019. Inoltre, il Fondo Povertà, oltre all’erogazione del beneficio economico, finanzia anche le  somme destinate al rafforzamento dei servizi territoriali (vedi art. 7, commi 2 e 3, dello schema) determinate in 262 milioni per il 2018 e 277 milioni a decorrere dal 2019. Nel Fondo infine confluiscono i risparmi per la finanza pubblica conseguenti al riordino delle prestazioni assistenziali di cui agli articoli 18 (ASDI) e 19 (Carta acquisti), mentre gli effetti dell’articolo 17 relativi al SIA, essendo già risorse facenti parte del Fondo povertà, sono già scontati nelle stime in termini di minori erogazioni del ReI. Le cifre finali della Tabella 7 indicano i limiti di spesa per l’erogazione del beneficio economico del ReI

 

Limiti di spesa annuali

Per gli effetti degli articoli 18 (ASDI) e 19 (Carta acquisti), la dotazione del Fondo Povertà è rideterminata in 1.759 milioni di euro nel 2018, di cui 15 milioni di euro accantonati per gli aventi diritto all’ASDI (ai sensi dell’articolo 18, comma 3), ed in 1.845 milioni di euro annui a decorrere dal 2019. Ai fini dell’erogazione del beneficio economico del ReI, i limiti di spesa sono determinati in 1.482 milioni di euro nel 2018, fatto salvo l’eventuale disaccantonamento delle somme per gli aventi diritto all’ASDI (di cui all’articolo 18, comma 3), e in 1.568 milioni di euro annui a decorrere dal 2019 (comma 1).

Ai fini del rispetto di tali limiti di spesa annuali, l’INPS accantona, alla concessione di ogni beneficio economico del ReI, un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell’anno, per ciascuna annualità in cui il beneficio è erogato. In caso di esaurimento delle risorse disponibili ai fini dell’erogazione del beneficio economico del ReI per l’esercizio di riferimento e non accantonate, con decreto lavoro/economia, da adottarsi entro trenta giorni dall’esaurimento di dette risorse, è ristabilita la compatibilità finanziaria mediante rimodulazione dell’ammontare del beneficio. Nelle more dell’adozione del decreto di cui al periodo precedente, l’acquisizione di nuove domande e le erogazioni sono sospese. La rimodulazione dell’ammontare del beneficio opera esclusivamente nei confronti delle erogazioni del beneficio successive all’esaurimento delle risorse non accantonate (comma 2).

Entro il 10 di ciascun mese, l’INPS provvede al monitoraggio delle erogazioni del beneficio economico del ReI, inviando al MLPSe al Ministero dell’economia e delle finanze, secondo le indicazioni fornite dai medesimi Ministeri, la rendicontazione con riferimento alla mensilità precedente delle domande accolte, dei relativi oneri, nonché delle risorse accantonate. L’INPS provvede a comunicare nel più breve tempo possibile al MLPS e al MEF l’approssimarsi dell’esaurimento delle risorse non accantonate (comma 3)

Le risorse afferenti al Fondo Povertà eventualmente non impegnate nell’esercizio di competenza, possono esserlo in quello successivo, con priorità rispetto a quelle impegnabili nel medesimo esercizio successivo, assicurando comunque il rispetto dei limiti di spesa previsti per l’erogazione della componente economica del ReI.

Nel rispetto dei limiti di spesa per l’erogazione del beneficio economico del ReI, le risorse non destinate a tal fine, ovvero al rafforzamento degli interventi e dei servizi territoriali per il contrasto alla povertà, possono essere destinate al finanziamento di programmi straordinari volti a rafforzare e a favorire soluzioni innovative nei servizi di presa in carico, in particolare, mediante specifico supporto tecnico e di formazione sulla base dei protocolli formativi e operativi (di cui all’articolo 15, comma 2, lettera c), nonché per gli interventi di tutoraggio (di cui all’articolo 15, comma 2, lettera d). Le risorse possono altresì essere utilizzate per agevolare l’implementazione della Banca dati Rei,  per la valutazione degli interventi da parte del MLPS(ai sensi dell’articolo 15, comma 5), nonché per le iniziative di comunicazione e informazione sul ReI. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le risorse di cui all’articolo in esame gli specifici utilizzi in ciascun anno (comma 5).


 

 

Capo IV
Rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali

Articolo 21 - Rete della protezione e dell’inclusione sociale

 

La legge 33/2017 prevede al comma 4, lettere a) e b), l’istituzione, presso il MLPS, di un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e composto da rappresentanti delle regioni, delle province autonome, delle autonomie locali e dell'INPS, con il compito di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni e di definire linee guida per gli interventi. Inoltre, la legge delega impegna tale organismo a consultare periodicamente le parti sociali e gli organismi rappresentativi degli enti del Terzo settore per valutare l'attuazione delle disposizioni collegate al ReI e per costituire gruppi di lavoro, con la partecipazione dei predetti soggetti, finalizzati alla predisposizione di analisi e di proposte in materia di contrasto della povertà. Dall'istituzione dell'organismo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

L’articolo 21 istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Rete della protezione e dell’inclusione sociale, quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e de servizi sociali.

 

La finalità, come disposto dal comma 1, è quella di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni e di definire le linee guida per gli interventi indicati.

 

Il comma 2 stabilisce che il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali presiede la Rete: di essa fanno parte, oltre ad un rappresentante Ministero dell’economia e delle finanze, anche un rappresentante del Dipartimento per le politiche della famiglia (in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri) e, inoltre:

-   1 componente per ciascuna delle Giunte regionali e delle province autonome, che viene designato dal Presidente (lett. a));

-   20 componenti designati dall'ANCI, in rappresentanza dei comuni e degli ambiti territoriali. Fra questi, 5 sono individuati in rappresentanza dei comuni capoluogo delle città metropolitane e 5 dei comuni il cui territorio sia coincidente con quello del relativo ambito territoriale (lett. b)).

La norma sembra in tal modo garantire una effettiva rappresentanza anche ai comuni che ricadono nell’ambito delle città metropolitane. Si ricorda la Legge n. 56/2014 (art. 1, co. 5), richiamata dalla disposizione in esame, stabilisce quali città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.

 

Ai sensi del comma 3, alle riunioni della Rete è chiamato a partecipare, in qualità di invitato permanente, un rappresentante dell’INPS; inoltre, possono essere invitati altri membri del Governo, oltre che i rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.

 

I compiti della Rete sono indicati al comma 4: essa è chiamata a consultare periodicamente e, comunque, almeno una volta l’anno, le parti sociali e gli organismi rappresentativi del Terzo settore. La consultazione è prevista anche in occasione dei Piani e delle linee di indirizzo più avanti definiti (v. rispettivamente, comma 6 e 8).

Per essa si prevede, peraltro, la possibilità di costituire gruppi di lavoro con la partecipazione dei soggetti definiti al comma in esame, finalizzati alla formulazione di analisi e proposte per la definizione dei predetti Piani e delle linee di indirizzo.

Il comma 10 detta alcune norme procedurali circa le convocazioni delle riunioni della Rete (ad opera del MLPS) e le modalità di funzionamento (che sono stabilite da un regolamento interno, approvato a maggioranza); circa le funzioni della sua segreteria tecnica ed il coordinamento dei gruppi di lavoro (assicurate dalla Direzione generale per la lotta alla povertà e alla programmazione sociale, v. successivo art. 22); e circa gli oneri per la costituzione della Rete medesima e della sua articolazione in tavoli regionali e territoriali, per i quali è prevista una clausola di salvaguardia (e pertanto dalle stesse non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica).

Peraltro, per la partecipazione ai lavori della Rete, anche a livello regionale e territoriale, non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o altro emolumento comunque denominato.

Viene qui richiamato il principio di gratuità degli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni a titolari di cariche elettive, in applicazione dell’art. 5, co. 5, del DL. 78-72010 (L. 122/2010)[28].

Articolazione della Rete

L’articolazione della Rete è stabilita in tavoli regionali e per ambiti territoriali (comma 5). Le modalità di costituzione e funzionamento dei tavoli sono definiti da ciascuna regione e provincia autonoma, che formulerà anche le modalità di partecipazione e consultazione dei soggetti previsti al comma precedente, in modo tale da evitare possibili conflitti di interesse e ispirandosi ai principi di partecipazione e condivisione delle scelte programmatiche e di indirizzo, oltre che del monitoraggio e valutazione territoriale in materia di politiche sociali. Viene fissato l’obbligo di comunicazione al MLPS di tutti gli atti che disciplinano la costituzione ed il funzionamento della Rete a livello territoriale.

Piano sociale nazionale, Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà e Piano per la non autosufficienza

Viene inoltre sancita la responsabilità della Rete nella elaborazione, in particolare, dei seguenti Piani (comma 6):

-          Piano sociale nazionale: strumento programmatico per l’utilizzo delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali - FNPS (con 300 milioni di euro a regime);

§  Qui un approfondimento normativo sul Fondo, previsto dall’articolo 20 della predetta legge n. 328/2000. Il Fondo, iscritto al cap. 3671 dello stato di previsione del MLPS, cifra gli stanziamenti di competenza a legislazione vigente (L. 232/2016 – legge di bilancio 2017) in 311,6 milioni nel 2017, 307,9 milioni nel 2018 e 312,9 milioni di euro nel 2019.

-          Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà: strumento programmatico per l’utilizzo di quota-parte delle risorse del Fondo Povertà finalizzate al finanziamento degli interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà (v. ante);

§  Per la quota di tale Fondo destinata ai servizi territoriali, la Relazione tecnica stima un ammontare di 277 milioni di euro strutturali (cifra annua stabilita a decorrere dal 2019). Si ricorda che, complessivamente, il Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale, iscritto al cap. 3550 del stato di previsione del MLPS, reca uno stanziamento iniziale per il 2017 di 1.180 milioni euro, di cui attualmente residuano 1.139 milioni di euro.

-          Piano per la non autosufficienza: volto a utilizzare programmaticamente le risorse del Fondo per le non autosufficienze (450 milioni di euro a regime).

§  Qui l’approfondimento del Fondo per le non autosufficienze, istituito all’art. 1, comma 1264, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007). Il Fondo, iscritto al cap. 3538 dello stato di previsione del MLPS, riporta stanziamenti di competenza a legislazione vigente pari a 450 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019.

 

I predetti Piani sono stabiliti per un triennio con eventuali aggiornamenti annuali (comma 7). Essi individuano lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l’obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale.

 

Con riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale, i Piani devono individuare:

-          le priorità di finanziamento;

-          l’articolazione delle risorse dei fondi tra le diverse linee di intervento;

-          i flussi informativi e gli indicatori finalizzati a specificare le politiche finanziate e a determinare eventuali target (obiettivi) quantitativi di riferimento.

Su proposta della Rete, peraltro, i Piani devono essere adottati nelle medesime modalità con le quali i fondi cui si riferiscono sono ripartiti alle regioni.

Si ricorda che risorse del FNPS e del Fondo non autosufficienze sono ripartite annualmente fra le Regioni, le Province Autonome, i Comuni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze,  previa intesa con la Conferenza unificata.

Linee di indirizzo

In base al comma 8, La Rete è chiamata inoltre ad elaborare apposite linee di indirizzo negli specifici campi d’intervento delle politiche che si riferiscono al sistema degli interventi e dei servizi sociali. Esse si affiancano ai Piani già descritti al comma 6, e costituiscono strumenti operativi per orientare le pratiche dei servizi territoriali, a partire dalla condivisione delle esperienze, e dei metodi e degli strumenti di lavoro, allo scopo di assicurare una maggiore omogeneità nell’erogazione delle prestazioni.

Le linee di indirizzo sono adottate, su proposta della Rete, con decreto MLPS, sentite le altre amministrazioni per quanto di competenza[29].

Proposte e pareri

Fatte salve le competenze già definite a legislazione vigente[30] per la Conferenza unificata, per le materie di interesse comune tra i vari ambiti territoriali e locali, il comma 9 prevede che la Rete potrà formulare proposte e pareri in merito ad atti che producono effetti sul sistema degli interventi e dei servizi sociali. In particolare, la Rete è chiamata ad esprimere il proprio parere sul Piano nazionale per la lotta alla povertà, definito al precedente articolo 8, ancora prima dell’iscrizione all’ordine del giorno in Conferenza unificata per la prevista intesa.

 

 

 

 

 


 

Articolo 22 - Riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

La legge 33/2017 ha previsto, all’articolo 1, comma 4, la razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del MLPS allo scopo di aumentare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Per lo svolgimento dei nuovi compiti attribuiti al MLPS, il comma 1 istituisce la Direzione generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale, nelle more della riorganizzazione del Ministero medesimo tuttora in corso.

 

La disposizione fa pertanto riferimento alla riorganizzazione del Ministero in corso di attuazione, sulla base delle norme di cui all’art. 4, co. 1, del D.Lgs. n. 300 del 1999. Il Ministero, infatti è stato recentemente riorganizzato con il D.P.R. 57/2017. La riorganizzazione - e quindi la rideterminazione delle dotazioni organiche del personale (dirigenziale e non) - si è resa peraltro necessaria a seguito dell’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro e dell’ANPAL – Agenzia nazionale per le politiche attive del Lavoro (operanti dal 1° gennaio 2017), rispettivamente con i D.Lgs. (attuativi del cd. Jobs act) n. 149/2015, articolo 10 e 150/2015, articolo 4, commi 10 e 11.

Al tal fine, con il D.P.R. 57/2017 è stata adeguata l’organizzazione del Ministero (precedentemente contenuta nel DPCM n. 121 del 2014, che viene contestualmente abrogato), ridefinendo nel contempo l'assetto delle strutture di livello dirigenziale generale (Segretariato generale e Direzioni generali), nell'ambito delle quali vengono altresì individuati i corrispondenti uffici dirigenziali non generali (Divisioni) e le relative funzioni e attribuzioni.

In primo luogo, la riorganizzazione ha portato alla soppressione di 2 Direzioni Generali (D.G. per le politiche attive, i servizi per il lavoro e la formazione, D.G. per l’attività ispettiva) a seguito, come detto, dell’istituzione dell’ANPAL e dell’Ispettorato. In relazione a ciò, le direzioni generali quindi passano da 10 a 8 e (per quanto attiene alle posizioni dirigenziali) i posti funzione di livello dirigenziale non generale passano da 60 a 50.

La riorganizzazione inoltre ha attribuito nuove funzioni e compiti al Segretariato Generale, nonché alle direzioni generali rimaste.

Per quanto attiene alle dotazioni organiche (dirigenziali e non dirigenziale), si segnala che la nuova tabella prevede 12 dirigenti di I fascia (oltre tale contingente si devono considerare ulteriori 9 unità rappresentanti il Ministero nel collegio dei sindaci degli enti pubblici previdenziali, di cui all’articolo 3, comma 7, del D.Lgs. 479/1994), 50 dirigenti di II fascia, 652 personale di Area III, 433 di Area II e 22 di Area I, per un totale complessivo di 1.169 unità di personale.

Infine, la ripartizione nei profili professionali del personale appartenente alle Aree Prima, Seconda e Terza sono demandate ad un apposito D.P.C.M. (v. anche la disposizione del successivo comma 4), mentre ad un apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali è demandata la ripartizione del personale nell’ambito delle strutture dell’amministrazione.

 

A tale nuova Direzione vengono trasferite le funzioni della Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali e i posti di funzione di un dirigente di livello generale, nonché cinque uffici dirigenziali di livello non generale.

 

Alla medesima Direzione, inoltre, è trasferito un ufficio dirigenziale di livello non generale dagli uffici di diretta collaborazione del Ministro, con la finalità di costituire un servizio di informazione, promozione, consulenza e supporto tecnico per l’attuazione del ReI - come definito ai sensi dell’art. 15, co. 2 -, fermi i limiti della dotazione organica vigente e nei limiti delle risorse relative al personale in servizio presso il medesimo Ministero (comma 1, secondo periodo). Il successivo comma 4 stabilisce un termine ordinatorio in merito all’efficacia di questa disposizione (v. oltre).

In sostanza, si tratta di un rafforzamento delle competenze che attualmente investono la Direzione generale competente per le politiche per la lotta alla povertà (in particolare per l’attuazione del SIA e la gestione del Piano operativo nazionale - PON “Inclusione”) e per la gestione dei fondi nazionali sociali maggiori (quindi, oltre ai già citati FNPS e Fondo per le non autosufficienze, i fondi per le persone disabili gravi prive del sostegno familiare, da una parte, e per l’inserimento lavorativo dei disabili, dall’altra).

All’atto della costituzione della predetta Direzione, inoltre, viene contestualmente soppressa la Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali e vengono contestualmente trasferite le relative risorse umane, finanziarie e strumentali ad essa facenti capo.

 

Per l’individuazione delle funzioni degli uffici dirigenziali di livello non generale viene dato un termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Segretario generale, sentita la Direzione generale interessata e previa informativa alle organizzazioni sindacali, mediante decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali a carattere non regolamentare (comma 2).

 

In proposito la norma specifica la tipologia di regolamento che è, per l’appunto, quella contenuta all’articolo 17, co. 4-bis, lett. e), legge 400/1988, che prevede appositi decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali, e dell’art. 4, commi 4 e 4-bis, del D.Lgs. n. 300/1999[31].

 

Il Ministero è chiamato inoltre ad assicurare, attraverso l’ANPAL – Agenzia nazionale per le politiche attive del Lavoro, sulla base di appositi atti d’indirizzo e nell’ambito dei programmi cofinanziati dal Fondo sociale europeo, oltre che con riferimento ai programmi cofinanziati con fondi nazionali negli ambiti di intervento del medesimo FSE, la programmazione integrata e il coordinamento tra le politiche per la lotta alla povertà e la promozione dell’inclusione sociale, le politiche di promozione dell’occupazione sostenibile e di qualità e le politiche relative agli altri obiettivi tematici (comma 3).

In merito alla formulazione del testo, attesa la vastità dei settori delle politiche sociali, sarebbe opportuno individuare con maggiore precisione a quali altri obiettivi tematici si intende fare riferimento.

Il comma 4, stabilisce, infine, che la disposizione di cui al comma 1, secondo periodo – che trasferisce alla Direzione di nuova istituzione un ufficio dirigenziale di livello non generale dagli uffici di diretta collaborazione del Ministro ai fini della costituzione del servizio di informazione e consulenza per l’attuazione del ReI - al R , cessa la sua efficacia a far data dall’entrata in vigore del DPCM che recherà il regolamento di organizzazione del MLPS di recepimento delle modifiche indicate, per il quale è fissato un termine di 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

 

 

 

 


 

Articolo 23 - Coordinamento dei servizi territoriali e gestione associata dei servizi sociali

 

L’articolo 23 prevede alcune disposizioni volte ad assicurare il coordinamento dei servizi territoriali e la gestione associata dei servizi sociali e (al comma 4) stabilisce che l’offerta integrata di interventi e servizi, secondo le modalità coordinate che sono definite dalle regioni e dalle province autonome ai sensi delle disposizioni in esame, costituisce livello essenziale delle prestazioni[32].

Accordi territoriali

Attuando il criterio di delega  di cui all’articolo 1, comma 4, lettera h), della legge 33/2017, il comma 1 impegna le regioni e le province autonome a promuovere, con propri atti di indirizzo, accordi territoriali tra i servizi sociali e gli altri enti od organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute.

Gli enti territoriali sopra citati, pertanto, sono chiamati ad adottare, nel caso in cui non siano già previsti, ambiti territoriali di programmazione omogenei per comparto sociale, sanitario e delle politiche per il lavoro, prevedendo che gli stessi ambiti siano coincidenti, per le attività di programmazione ed erogazione integrata degli interventi, con le specifiche delimitazioni territoriali già presenti per i distretti sanitari e per i centri per l’impiego (comma 2).

Viene sancito inoltre il criterio che i predetti accordi, sulla base di principi di riconoscimento reciproco, includano a livello di ambito territoriale, ove opportuno, anche le attività svolte dagli enti del Terzo settore impegnati nei settori delle politiche sociali (comma 3).

 

In proposito si segnala che, a seguito della legge di riforma del Terzo settore (L. n. 106/2016) è stato dato il parere delle Commissioni parlamentari competenti su diversi schemi di decreto legislativo in attuazione delle deleghe previste, tra i quali anche lo schema recante il Codice del Terzo settore (v. parere approvato dalla Commissione XII Affari sociali il 22 giugno 2017), in attuazione dell’art. 1, co. 2, lett. b) della predetta legge[33].

 

Individuazione di specifiche forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali (quali il consorzio)

Attuando il criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 4, lettera g) della legge 33/2017, relativo al riordino della disciplina delle forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali, il comma 5 dello schema in esame prevede che le regioni e le province autonome devono procedere, nel caso in cui non sia già previsto nei rispettivi ordinamenti, all’individuazione di specifiche forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali a livello di ambito territoriale, sulla base della legislazione vigente, inclusa la forma del consorzio, ai sensi dell’art. 1, co. 456, della legge 232/2016 (legge di bilancio 2017) (comma 5).

In base a tale norma – si ricorda - possono essere costituiti consorzi tra gli enti locali per la gestione dei servizi sociali[34], assicurando risparmi di spesa. Peraltro, si sottolinea che il Consorzio, disciplinato dall’art. 31 del Testo Unico degli enti locali (TUEL) (D.lgs. 267/2000), rappresenta una delle forme con cui è possibile operare la gestione associata dei servizi e delle funzioni (anche di carattere sociale) fra gli enti locali[35].

Tali forme strumentali sono finalizzate ad assicurare autonomia gestionale, amministrativa e finanziaria, nonché la continuità nella gestione associata da parte dell’ente che ne è il soggetto responsabile. Rimane ferma, anche in questo caso, la clausola di salvaguardia finanziaria e, pertanto, dalla medesime gestione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Meccanismi premiali

Infine, attuando il criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 4, lettera f), il comma 6 impegna le regioni e le province autonome ad individuare ulteriori strumenti con i quali rafforzare la gestione associata nella programmazione e nella gestione degli interventi a livello di ambito territoriale, anche mediante la previsione di meccanismi premiali, in sede di riparto delle risorse, nei confronti degli ambiti territoriali che abbiano adottato o intendano adottare forme di gestione associata dei servizi sociali dirette a rafforzarne l’efficacia e l’efficienza.

Tali risorse sono individuate dalla disposizione in esame, come quelle afferenti ai programmi operativi regionali previsti dall’Accordo di partenariato per l’utilizzo dei fondi strutturali europei del settennio di programmazione 2014-2020, nel caso in cui le stesse siano compatibili e riferite all’obiettivo tematico relativo alla lotta alla povertà e alla promozione dell’inclusione sociale.

La disposizione in esame consente peraltro la previsione di meccanismi premiali analoghi anche da parte dei programmi operativi nazionali a valere sulle risorse da essi previste[36].

 


 

Articolo 24 - Nuovo sistema informativo dei servizi sociali

 

L’articolo 24  detta alcune norme procedurali che istituiscono e disciplinano il nuovo sistema informativo dei servizi sociali (NSISS).

 

Il criterio di delega, di cui all’articolo 1, comma 4, lettera i) prevede il rafforzamento del sistema informativo dei servizi sociali, e, in particolare, del Casellario dell'assistenza, e sua integrazione con i sistemi informativi sanitari e del lavoro nonché con i sistemi informativi di gestione delle prestazioni già nella disponibilità dei comuni; miglioramento della fruibilità delle informazioni del sistema informativo dei servizi sociali da parte degli enti locali, a supporto della gestione, della programmazione e del monitoraggio della spesa sociale locale e per la valutazione dell'efficienza e dell'efficacia degli interventi realizzati nei singoli territori; rafforzamento degli obblighi di trasmissione di dati al Casellario dell'assistenza da parte degli enti, delle amministrazioni e dei soggetti obbligati, ivi comprese le segnalazioni relative a prestazioni indebitamente percepite, e introduzione di sanzioni per i soggetti inadempienti.

 

Il comma 1 istituisce, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, il Nuovo sistema informativo dei servizi sociali (di seguito NSISS) presso il MLPS.

Al NSISS sono attribuiti i seguenti obiettivi:

-          assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali e delle prestazioni erogate dal sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e di tutte le informazioni necessarie alla programmazione,  gestione  monitoraggio e valutazione delle politiche sociali (lett. a));

-          monitorare il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni (lett. b));

-          rafforzare i controlli sulle prestazioni indebitamente percepite (lett. c));

-          disporre di una base unitaria di dati funzionale alla programmazione e alla progettazione integrata degli interventi mediante l’integrazione con i sistemi informativi sanitari, del lavoro e delle altre aree di intervento che risultano rilevanti per le politiche sociali, oltre che con i sistemi informativi di gestione delle prestazioni che già rientrano nelle disponibilità dei comuni (lett. d));

-          elaborare dati a fini statistici, di ricerca e di studio (lett. e)).

 

Il NSISS, inoltre, è chiamato ad integrare e sostituire il sistema informativo dei servizi sociali ed il casellario dell’assistenza, senza oneri per la finanza pubblica. Entrambi, conseguentemente, vengono soppressi dalla disposizione in esame (comma 2).

 

Si ricorda che il Sistema informativo dei servizi sociali è stato previsto dall’articolo 21 della legge n. 328/2000 che prevede l’istituzione, da parte dello Stato, delle regioni e le province autonome e dei comuni, di un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e per poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative e con le politiche del lavoro e dell'occupazione. 

In base alla normativa vigente di cui all’articolo 13 del DL. 78/2010 (L. 122/2010), inoltre, il casellario dell’assistenza costituisce l'anagrafe generale delle posizioni assistenziali e delle relative prestazioni. Tale anagrafe è condivisa tra tutte le amministrazioni centrali dello Stato, gli enti pubblici locali, le organizzazioni no profit e gli organismi gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie[37].

 

Il NSISS è articolato nelle seguenti componenti (comma 3):

-          sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali (lett. a)), il quale, a sua volta, è articolato in:

-          una banca dati delle prestazioni sociali (punto 1);

-          una banca dati delle valutazioni e progettazioni personalizzate (punto 2);

-          un sistema informativo dell’ISEE (punto 3);

Si fa in questo caso particolare riferimento al sistema informativo previsto all’art. 11 del DPCM 159/2013 che detta disposizioni volte al rafforzamento dei controlli e del sistema informativo ISEE gestito dall'INPS. L’Istituto, per l’alimentazione del sistema ai soli fini della trasmissione delle DSU e per l'eventuale assistenza nella compilazione, può stipulare apposite convenzioni con i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati.

-          sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali (lett. b)), a sua volta articolato in:

-          una banca dati dei servizi attivati;

-          una banca dati delle professioni e degli operatori sociali.

 

Ai sensi del comma 4, il sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali è organizzato su base individuale. I corrispondenti dati ed informazioni vengono raccolti, conservati e gestiti dall’INPS e vengono resi disponibili al MLPS, anche attraverso i servizi di cooperazione applicativa, in forma individuale, benché privi di ogni riferimento che ne permetta il collegamento con i soggetti interessati. In ogni caso, le modalità operative del sistema, pur consentendo il collegamento nel tempo delle informazioni riferite ai medesimi individui, devono essere tali da rendere gli stessi comunque non identificabili.

 

I predetti dati vengono trasmessi all’INPS dai comuni e dagli ambiti territoriali, anche per il tramite delle regioni e province autonome, ove previsto dalla normativa regionale, e da ogni altro ente erogatore di prestazioni sociali, incluse tutte le prestazioni erogate mediante ISEE e prestazioni che, per loro natura ed obiettivi, sono assimilabili alle prestazioni sociali. Si prevede che il mancato invio dei dati e delle informazioni costituisce illecito disciplinare e determina, in caso di accertamento di fruizione illegittima delle prestazioni comunicate, una responsabilità di carattere erariale del funzionario responsabile dell’invio (comma 5).

 

Il comma 6 definisce le modalità attuative del sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali: le stesse devono essere disciplinate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003) con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il MEF, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, sentito peraltro il Garante per la protezione dei dati personali.

Non è previsto alcun termine, anche ordinatorio, per l’adozione del predetto decreto.

La norma definisce i dati relativi alle prestazioni sociali di cui al punto 1) del sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali: si tratta dei dati già raccolti in base al Decreto MLPS- MEF n. 206 del 2014 (relativo all’attuazione del Casellario dell’assistenza precedentemente richiamato), articoli 3 (banca dati delle prestazioni sociali agevolate) e 4 (banca dati delle prestazioni sociali). Si precisa inoltre che, nelle more dell’adozione del decreto di cui sopra, resta ferma, con riferimento alle banche dati di cui ai predetti punti 1) e 2), lett. a), la disciplina del DM 206/2014.

Al riguardo, considerato che la disposizione non lo specifica, sarebbe opportuno chiarire se le norme del DM 206/2014 applicabili con riferimento al punto 2), lett. a) - che attiene all’articolazione relativa alla banca dati delle valutazioni e progettazioni personalizzate - siano quelle di cui all’articolo 5 (Banche dati della valutazione multidimensionale per la presa in carico).

Con riferimento al punto 3) (sistema informativo dell’ISEE), il comma 6 ribadisce quanto precedentemente affermato e cioè che la disciplina applicabile è quella di cui all’articolo 11 del DPCM n. 159/2013 (v. ante).

 

Viene inoltre precisato che il sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali di cui al comma 3, lett. b), è organizzato avendo come unità di rilevazione l’ambito territoriale; lo stesso deve assicurare una compiuta conoscenza della tipologia, dell’organizzazione e delle caratteristiche dei servizi attivati, inclusi i servizi per l’accesso e la presa in carico, i servizi per favorire la permanenza a domicilio, i servizi territoriali comunitari e i servizi territoriali residenziali per le fragilità, anche nella forma di accreditamento e autorizzazione. Deve assicurare peraltro una compiuta conoscenza delle caratteristiche quantitative e qualitative del lavoro professionale impiegato (comma 7).

 

I dati e le informazioni sono raccolti, conservati e gestiti dal MLPS e vengono trasmessi dai comuni e dagli ambiti territoriali, anche per il tramite delle regioni e delle province autonome. Le modalità attuative della presente disposizione sono disciplinate, anche in questo caso, con un apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza Unificata (comma 8).

Per dati ed informazioni raccolti devono intendersi quelli di cui al complesso del NSISS. In proposito, si segnala, tuttavia, che nell’Intesa della Conferenza Unificata del 6 luglio 2107 sul presente schema di decreto, la Conferenza delle regioni e province autonome ha richiesto l’inserimento nel presente comma del riferimento ai soli dati ed informazioni di cui al comma 7, che riguarda - come sopra illustrato - il solo sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali.

 

Il comma 9 definisce la Banca dati del ReI (v. ante art. 15, comma 3) coincidente con specifiche sezioni dei sopra esaminati sistemi informativi (sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali, e sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali) che vengono allo scopo appositamente identificate con riferimento ai soggetti beneficiari di tale Reddito.

A riguardo si precisa che le informazioni sono integrate dall’INPS con le altre informazioni relative ai beneficiari del ReI disponibili nel NSISS, oltre che con le informazioni disponibili nei seguenti sistemi informativi già esistenti a legislazione vigente, vale a dire:

-          il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro;

§  Si tratta del sistema di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 150/2015 che raccoglie i dati e le informazioni raccolte nei seguenti:

o sistema informativo dei percettori di ammortizzatori sociali, di cui all'articolo 4, comma 35, della L. n. 92/2012: banca dati telematica contenente i dati individuali dei beneficiari di ammortizzatori sociali, con indicazione dei dati anagrafici, di residenza e domicilio, e dei dati essenziali relativi al tipo di ammortizzatore sociale di cui beneficiano;

o l'archivio informatizzato delle comunicazioni obbligatorie, di cui all'articolo 6 del D. Lgs. n. 297/2002: si tratta di un archivio previsto al fine di agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro;

o i dati relativi alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro, ivi incluse la scheda anagrafica e professionale;

o il sistema informativo della formazione professionale, in cui vengono registrati i percorsi formativi svolti dai soggetti residenti in Italia, finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche, e i cui elementi sono messi a disposizione di regioni e province autonome.

-          la banca dati delle politiche attive e passive di cui all’art. 8 del DL. 76/2013 (L. 99/2013);

§  Questa banca dati raccoglie, in particolare, le informazioni concernenti i soggetti da collocare nel mercato del lavoro, i servizi erogati per una loro migliore collocazione nel mercato stesso e le opportunità di impiego nonché le informazioni relative agli incentivi, ai datori di lavoro pubblici e privati, ai collaboratori e ai lavoratori autonomi, agli studenti e ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia per motivi di lavoro.

-          la banca dati del collocamento mirato, di cui all’art. 9, comma 6-bis, della L. n. 68/1999;

§  Si tratta della banca dati che raccoglie le informazioni concernenti i datori di lavoro pubblici e privati obbligati e i lavoratori interessati.

-          i sistemi informativi del MIUR con riferimento ai dati sulla frequenza e il successo scolastico;

§  Si tratta di sistemi informativi di raccolta statistica dei dati (che vengono comunicati annualmente dagli istituti scolastici) riguardanti la frequenza e l’avanzamento scolastico degli alunni delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e di raccordo con i dati raccolti dalle scuole private, con specifico riferimento a quelle paritarie.

Le informazioni integrate in base al comma 9 in esame devono essere rese disponibili dall’INPS al MLPS nelle modalità previste al precedente comma 4, vale a dire privi di ogni riferimento che ne permetta il collegamento con i soggetti interessati.

E’ previsto anche in questo caso che le modalità attuative della Banca dati ReI vengano disciplinate, nel rispetto del Codice sulla privacy (D.Lgs n. 196/2003), con decreto del MLPS-MEF, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, e una volta sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

Si segnala che non è previsto un termine per l’adozione del predetto decreto.

 

Con riferimento alle persone con disabilità e non autosufficienti (comma 10), le informazioni relative al sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali, anche a carattere sensibile, trasmesse dagli enti pubblici responsabili dell’erogazione e della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari attivati a favore dei predetti soggetti, sono integrate e coordinate dall’INPS con quelle raccolte dal Nuovo sistema informativo sanitario e dalla banca dati del collocamento mirato (v. ante). In ogni caso, dalle disposizioni precedenti, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Le informazioni integrate ai sensi del comma 10 in esame, sono rese disponibili dall’INPS al MLPS e al Ministero della salute nelle modalità previste dal comma 4 (quindi anche in questo caso privi di ogni riferimento che ne permetta il collegamento con i soggetti interessati).

Le modalità per l’attuazione del presente comma verranno disciplinate con decreto del MLPS, di concerto con il MEF, previa intesa in sede di Conferenza Unificata e sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

Anche in questo caso non viene previsto un termine per l’adozione del predetto decreto.

 

Per la programmazione dei servizi e per le altre finalità istituzionali di competenza, oltre che per le elaborazioni a fini statistici, di ricerca e di studio, le regioni e le province autonome possono richiedere al MLPS le informazioni relative ai beneficiari residenti nel territorio regionale[38]. Tali informazioni sono rese disponibili in favore agli ambiti territoriali e ai comuni da parte delle regioni e delle province autonome (comma 11).

Inoltre, al fine di migliorare l’efficienza e l’efficacia delle politiche sociali degli enti locali, considerata la complementarietà tra le prestazioni erogate dall’INPS e quelle erogate a livello locale, il medesimo Istituto rende disponibili ai comuni che ne facciano richiesta, anche attraverso servizi di cooperazione applicativa e con riferimento ai relativi residenti, le informazioni, corredate di codice discale, sulle prestazioni erogate dall’Istituto che sono presenti nel NSISS, oltre a quelle erogate dallo stesso comune (comma 12).

Infine, il comma 13, allo scopo di una migliore programmazione delle politiche sociali e a supporto delle decisioni legislative, prevede che il MLPS, sulla base delle informazioni raccolte nel NSISS, presenti annualmente alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, un Rapporto sulle politiche sociali, con riferimento all’anno precedente.

Si segnala che, in sede di Intesa in Conferenza Unifica, le regioni e le province autonome hanno chiesto di aggiungere al presente articolo la disposizione in base alla quale vengano concordati con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali le procedure e i modelli con cui le stesse sono chiamate ad adempiere agli obblighi informativi, nel rispetto delle competenze ad esse attribuite e comunque nei limiti delle risorse già previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


 

Capo V
Disposizioni transitorie e finali

Articolo 25 - Disposizioni transitorie e finali

 

Il comma 1 stabilisce che il ReI può essere richiesto dal 1° dicembre 2017, con le modalità di cui all’articolo 9 (v. ante).

Inoltre, in base al comma 2, in sede di avvio dell’erogazione del predetto Reddito, per l’anno 2018, derogando a quanto previsto dall’articolo 9, comma 6, che stabilisce il versamento del beneficio disposto dall’INPS successivamente alla comunicazione dell’avvenuta sottoscrizione del progetto personalizzato di cui all’articolo 6, co. 1, l’INPS dispone il versamento del beneficio economico pur in assenza della predetta comunicazione.

Tale beneficio è comunque sospeso in assenza della comunicazione, una volta decorsi 6 mesi dal mese della prima erogazione.

In ogni caso, il Piano per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, sulla base del monitoraggio dei flussi informativi tra INPS e ambiti territoriali, e dei tempi di definizione dei progetti[39], può prevedere la rideterminazione del periodo per cui è prevista la sopra richiamata deroga, oltre che prevedere un periodo più breve, decorso il quale, in assenza di comunicazione, il beneficio viene sospeso in base a quanto sopra previsto.

 

Ai soggetti per cui risulta già esaurita la fruizione del SIA alla data del 1° dicembre 2017, se in possesso dei requisiti per la richiesta del ReI (v. art. 3, co. 1, lett. b)), l’INPS dispone il versamento di un bimestre aggiuntivo al fine di permettere agli stessi soggetti la richiesta del ReI senza soluzione di continuità nelle erogazioni (comma 3). Si prevede comunque che l’intero periodo di fruizione del SIA venga dedotto dalla durata del ReI, in base alla definizione data dall’articolo 4, comma 5 (v. ante).

 

Il comma 4 prevede inoltre che, ai fini della detrazione dei trattamenti assistenziali di cui all’articolo 4, comma 2, nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti beneficiari dell’assegno (cd. bonus bebè) previsto dalla legge di stabilità 2015[40] (v. ante), viene dedotto dal ReI il solo incremento dell’assegno previsto per i nuclei familiari in una condizione economica corrispondente a un valore dell’ISEE entro i 7.000 euro annui.

La ratio della norma potrebbe essere ricondotta al fatto di rendere effettivamente alternative le due misure di sostegno, in quanto l'importo dell'assegno bonus bebè di 960 euro annui viene raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui.

 

I commi 5 e 6 prevedono disposizioni applicative riferite alle sole amministrazioni pubbliche: per le attività previste dal presente decreto, infatti, con esclusione di quanto stabilito dalle norme a carattere oneroso per cui è prevista apposita copertura[41], le stesse devono provvedere nei limiti delle risorse già previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Infine, si autorizza il MEF ad apportare le opportune variazioni di bilancio.

In termini di formulazione del testo, si segnala la necessità della correzione del refuso, sostituendo in luogo di “e 89” le parole “, 8 e 9”. Sul punto appare opportuna una conferma.

 

Si segnala, infine, che nell’Intesa della Conferenza Unificata del 6 luglio 2107 le regioni e le province autonome è stato chiesto di aggiungere al presente articolo la disposizione che fa salve le potestà attribuite alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

 

 


 

Articolo 26 – Abrogazioni

 

Sono previste alcune abrogazioni, a far data dall’entrata in vigore del decreto in esame, per coordinare le nuove disposizioni alle normativa vigente (comma 1); in particolare, sono abrogati:

-        gli articoli 21 (sistema informativo dei servizi sociali) e 23 (reddito minimo di inserimento) della legge n. 328/2000 (lett. a));

-        l’articolo 16, commi da 1 a 4 (disciplina della comunicazioni dei dati che alimentano il Casellario dell’assistenza) del DL. 5/2012 (L. 35/2012) (lett. b));

-        Inoltre, dal 1° gennaio 2018, e fatto salvo quanto disposto dall’articolo 18 che prevede, dal 2018, modifiche alla disciplina dell’assegno di disoccupazione, vengono abrogate le seguenti disposizioni (comma 2):

-        articolo 16 (Assegno di disoccupazione – ASDI) del D.Lgs. n. 22/2015 (lett. a));

-        articolo 21, commi 3 (sottoscrizione, da parte del richiedente l'Assegno di disoccupazione - ASDI di un patto di servizio personalizzato, redatto dal centro per l'impiego, in collaborazione con il richiedente, a seguito di uno o più colloqui individuali) e 8 (sanzioni collegate agli obblighi derivanti dall’ASDI per il richiedente), del D.Lgs. n. 150/2015 (lett. b)) .

 

 


 

Articolo 27 - Entrata in vigore

 

Si dispone infine che il decreto in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

 

 

 


APPENDICE


La povertà in Italia

Nel Report La povertà in Italia del luglio 13 luglio 2017, l’Istat diffonde le stime riferite a due distinte misure della povertà: assoluta e relativa, elaborate con due diverse definizioni e metodologie, sulla base dei dati dell’indagine sulle spese per consumi delle famiglie.

 

Povertà assoluta

Nel 2016 si stima siano 1 milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nelle quali vivono 4 milioni e 742mila individui (nel 2015 1 milione e 582 mila famiglie e 4 milioni e 598 mila individui).

L’incidenza di povertà assoluta per le famiglie è pari al 6,3%, in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Per gli individui, l’incidenza di povertà assoluta si porta al 7,9% con una variazione statisticamente non significativa rispetto al 2015 (quando era 7,6%). ).

L’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per ampiezza demografica del comune di residenza).

 

Se il numero di famiglie in povertà assoluta torna ai livelli del 2013 (quando erano 1 milione 615mila), il numero degli individui registra invece il valore più alto dal 2005; ciò è avvenuto perché la povertà assoluta è andata via via ampliandosi tra le famiglie con quattro componenti e oltre e tra quelle con almeno un figlio minore.

 

 

Come stimato al Prospetto 3, nel 2016 l’incidenza della povertà assoluta sale al 26,8% dal 18,3% del 2015 tra le famiglie con tre o più figli minori, coinvolgendo nell’ultimo anno 137mila 771 famiglie e 814mila 402 individui; aumenta anche fra i minori, da 10,9% a 12,5% (1 milione e 292mila nel 2016).

Si confermano livelli elevati di povertà assoluta per le famiglie con cinque o più componenti (17,2%), soprattutto se coppie con tre o più figli (14,7%), e per le famiglie di altra tipologia, con membri aggregati (10,9%). L’incidenza sale se in famiglia ci sono tre o più figli minori (26,8%) mentre è più contenuta nelle famiglie di e con anziani (è pari a 3,5% tra le famiglie con almeno due anziani).

Nel lungo periodo la crescita della povertà assoluta è più marcata tra le famiglie con 4 componenti (l’incidenza passa da 2,2% del 2005 a 9,1% del 2016) e tra quelle di 5 componenti e oltre (da 6,3% a 17,2%). Alla luce di questi andamenti, il numero medio di componenti delle famiglie in povertà assoluta è ormai prossimo a tre (era poco più di due nel 2005). Nello stesso arco temporale la povertà assoluta è rimasta sostanzialmente stabile tra le famiglie composte da una persona (passando rispettivamente da 5,3% del 2005 a 4,9% nel 2016)

Relativamente all’età anagrafica, l’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento. Questa relazione inversa (registrata per la prima volta nel 2012) si rafforza nel 2016: si passa infatti dal 10,4% tra le famiglie con persona di riferimento di 18-34 anni al 3,9% tra quelle con persona di riferimento ultrasessantaquattrenne.

 

 

Per quanto riguarda le stime per ripartizione geografica, l’incidenza della povertà assoluta aumenta al Centro in termini sia di famiglie (5,9% da 4,2% del 2015) sia di individui (7,3% da 5,6%), a causa soprattutto del peggioramento registrato nei comuni fino a 50mila abitanti al di fuori delle aree metropolitane (6,4% da 3,3% dell’anno precedente).

 

 

Persiste, a partire dal 2012, la relazione inversa tra incidenza di povertà assoluta e età della persona di riferimento (aumenta la prima al diminuire della seconda). Il valore minimo, pari a 3,9%, si registra infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (10,4%).

Più nel dettaglio, tra le persone in povertà assoluta si stima che le donne siano 2 milioni 458mila (incidenza pari a 7,9%), i minori 1 milione 292mila (12,5%), i giovani di 18-34 anni 1 milione e 17mila (10,0%) e gli anziani 510mila (3,8%). La condizione dei minori è in netto peggioramento - basti pensare che nel 2005, anno di inizio della serie storica ISTAT, l’incidenza della povertà assoluta era al 3,9% - come del resto quella dei giovani, per i quali il valore è più che triplicato rispetto al 2005 (10,0% contro 3,1%). L’incidenza della povertà assoluta cresce nel tempo anche fra gli adulti tra i 35 e i 64 anni (da 2,7% del 2005 a 7,3%) mentre è in diminuzione tra gli anziani (4,5% nel 2005)

 


 

Le soglie di povertà assoluta

Le soglie di povertà assoluta rappresentano i valori rispetto ai quali si confronta la spesa per consumi di una famiglia al fine di classificarla assolutamente povera o non povera. Ad esempio, per un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà è pari a 817,56 euro mensili se risiede in un’area metropolitana del Nord, a 733,09 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 554,03 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno.

 

 

 

Povertà relativa

 

Nel 2016, si stima siano 2 milioni 734mila le famiglie in condizione di povertà relativa (con un’incidenza pari a 10,6% tra tutte le famiglie residenti), per un totale di 8 milioni 465mila individui (14,0% dell’intera popolazione). Di questi, 4 milioni 339mila sono donne (14,0%), 2 milioni e 297mila sono minori (22,3%) e 1 milione e 98mila anziani (8,2%) (Prospetti 9 e 10).

L’incidenza della povertà relativa risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2015 in termini di famiglie (da 10,4 a 10,6%) e di persone (da 13,7 a 14,0%); tale stabilità è confermata anche nelle diverse ripartizioni territoriali.

 

La stima dell’incidenza della povertà relativa (percentuale di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà), che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile pro-capite nel Paese, e nel 2016 è risultata di 1.061,50 euro (+1,0% rispetto al valore della soglia nel 2015, quando era pari a 1.050,95 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore sono classificate come povere. Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza, che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti

 

Analogamente a quanto registrato per la povertà assoluta, nel 2016 la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (17,1%) o 5 componenti e più (30,9%)

La povertà relativa colpisce di più le famiglie giovani: raggiunge il 14,6% se la persona di riferimento è un under35 mentre scende al 7,9% nel caso di un ultra sessantaquattrenne

L’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per gli operai e assimilati (18,7%) e per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (31,0%)

 

 

 

Se il livello d’istruzione della persona di riferimento è basso (nessun titolo di studio o licenza elementare) l’incidenza di povertà è elevata, ma in leggero miglioramento rispetto al 2015 (15% da 15,9% del 2015) mentre tra le famiglie con titoli di studio più elevati è inferiore alla media nazionale: 6,3% se la persona di riferimento ha almeno il diploma.

La diffusione della povertà relativa tra le famiglie con persona di riferimento in posizione di operaio e assimilato (18,7%) è decisamente superiore a quella osservata tra le famiglie di lavoratori indipendenti (9,0%), sebbene questi ultimi presentino un valore in crescita rispetto al 7,6% del 2015. I valori più elevati si osservano tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (31,0%).

Rispetto al 2015 l’aumento significativo dell’incidenza riguarda le famiglie del Centro con persona di riferimento con titolo di studio più elevato (diploma e oltre) (6,5% da 4,7% del 2015) e non occupata (7,0% da 5,1% del 2015). Nel Mezzogiorno, invece, si trovano profili di disagio più differenziati: l’incidenza aumenta per le famiglie con tre o più figli minori (quasi una famiglia su tre, pari a 59,9% da 43,7% del 2015) e con persona di riferimento con occupazione indipendente (18,5% da 14,7% del 2015).

Tra le famiglie che vivono nei comuni più piccoli (fino a 50mila abitanti ma non appartenenti alla Periferia delle aree metropolitane) si osserva un valore dell’incidenza di povertà relativa pari a 11,8%, più elevato sia della media nazionale sia di quello dei comuni Centro di area metropolitana (5,7%). Questi ultimi mostrano un miglioramento rispetto al valore del 2015 (8,2%) (Prospetto 14).

Emerge tuttavia una diversa combinazione di fattori sul territorio: nel Nord e al Centro si ripropone quanto osservato per l’Italia nel suo complesso (valori più elevati – rispettivamente 6,7% e 9,4% – nei comuni fino a 50mila abitanti contro 3,9% e 4,8% dei Comuni metropolitani); nel Mezzogiorno, invece, l’incidenza nei comuni della Periferia dell’area metropolitana e comuni oltre 50mila abitanti (22,2%) è superiore a quella dei comuni più piccoli (fino a 50mila abitanti) (20,4%) e oltre il doppio rispetto a quella dei comuni Centro di area metropolitana (10,3%).

L’incidenza di povertà relativa migliora rispetto all’anno precedente per le famiglie residenti nei comuni Centro area metropolitana (da 8,2% nel 2015 a 5,7% nel 2016), in particolate al Nord (3,9% da 7,4%) dove la stessa dinamica si osserva anche per le famiglie di altra tipologia con membri aggregati (15,3% da 22,2% del 2015).

 

 

 

Deprivazione materiale

Infine, nell’Audizione del 19 aprile 2017 presso le V Commissioni congiunte Camera e Senato in occasione dell’esame del Documento di Economia e Finanza 2017, il rappresentante Istat ha sottolineato che, nonostante il miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie, nel 2016 non si è osservata una riduzione dell’indicatore di grave deprivazione materiale, corrispondente alla quota di persone in famiglie che sperimentano 19 sintomi di disagio. Secondo i dati provvisori del 2016, tale quota si attesta all’11,9%, sostanzialmente stabile rispetto al 2015 (si tratta di circa 7,2 milioni di persone in oltre 3,1 milioni di famiglie). Tra il 2015 e il 2016 l’indice peggiora per le persone anziane (65 anni e più) (da 8,4% a 11,1%), pur rimanendo al di sotto del dato riferito all’insieme della popolazione, e per chi vive in famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (da 32,1% a 35,8%). Si confermano gli elevati valori di disagio economico per le famiglie residenti nel Mezzogiorno (la quota delle persone gravemente deprivate è oltre tre volte quella del Nord), per le famiglie monogenitore con figli minori (17,5%) e tra i membri delle famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (35,8%), in altra condizione non professionale (a esclusione dei ritirati dal lavoro) o con occupazione part time (22,8% e 16,9% rispettivamente). Nel 2016 risultano in condizione di grave deprivazione 1 milione 250 mila minori, pari al 12,3% della popolazione con meno di 18 anni. Tale quota risulta in lieve diminuzione rispetto agli anni precedenti.

 

L’indicatore di grave deprivazione materiale è dato dalla percentuale di persone che vivono in famiglie che sperimentano almeno quattro tra i seguenti nove sintomi di disagio: non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione; non poter sostenere una spesa imprevista (il cui importo, in un dato anno, è pari a 1/12 del valore della soglia di povertà rilevata nei due anni precedenti); non potersi permettere un pasto proteico (carne, pesce o equivalente vegetariano) almeno una volta ogni due giorni; non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa; non potersi permettere un televisore a colori; non potersi permettere una lavatrice; non potersi permettere un’automobile; non potersi permettere un telefono; essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito.


 

Contrasto alla povertà: dalla Carta acquisti al Reddito di Inclusione (ReI)

 

La discussione istituzionale e pubblica sulla opportunità e le modalità di introduzione di una misura unitaria di carattere nazionale contro la povertà risale agli anni novanta del secolo scorso, quando la legge finanziaria 1998 (legge 449/1997) introdusse la sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento (RMI), una misura di contrasto della povertà e dell'esclusione sociale attraverso il sostegno delle condizioni economiche delle famiglie esposte al rischio di marginalità e l'avvio di programmi di inserimento.

 

La prima sperimentazione del RMI fu introdotta per il biennio 1999 - 2000 e coinvolse 39 Comuni. In seguito, fu prorogata per un ulteriore biennio (2001 - 2002) ed estesa ad altri Comuni, con il termine del 31 dicembre 2004 per l’impiego dei fondi. La sperimentazione si concluse nel giugno 2007 (vedi Ministro della Solidarietà Sociale, Relazione al Parlamento: Attuazione della sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento e risultati conseguiti, giugno 2007).

 

Carta acquisti ordinaria

In tempi a noi più vicini, il decreto-legge 112/2008 ha istituito la Carta acquisti ordinaria: un beneficio economico, pari a 40 euro mensili, caricato bimestralmente su una carta di pagamento elettronico. La Carta acquisti ordinaria, tuttora erogata, è riconosciuta agli anziani di età superiore o uguale ai 65 e ai bambini di età inferiore ai tre anni, se in possesso di particolari requisiti economici che li collocano nella fascia di bisogno assoluto (qui i requisiti).

Inizialmente, potevano usufruire della Carta acquisti ordinaria soltanto i cittadini italiani; la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha esteso la platea dei beneficiari anche ai cittadini di altri Stati dell'Ue e ai cittadini stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, purché in possesso dei requisiti sopra ricordati.

La Carta è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche. I negozi convenzionati, che supportano il programma, accordano ai titolari della Carta uno sconto del 5%.

Gli enti locali possono aderire al programma Carta acquisti estendendone l'uso o aumentando il beneficio a favore dei propri residenti (decreto n. 89030 del 16 settembre 2008).

La gestione della Carta acquisti è centralizzata. L'Inps procede all'accredito delle somme sulla carta elettronica, dopo aver ricevuto le domande e verificato i dati dei richiedenti.

Come indicato dal XVI Rapporto annuale INPS, il numero di beneficiari della Carta Acquisti nel 2016 è stato pari a 560.844 (nel 2015 sono stati 625.936), il 19,50% dei quali risiedeva in Campania, il 19,04% in Sicilia, il 9,91% in Lombardia, l’8,42% in Puglia, l’8,14% nel Lazio e il 5,83% in Calabria.

Carta acquisti sperimentale - Sostegno Inclusione Attiva (SIA)

La discussione istituzionale e pubblica su una misura strutturale di contrasto alla povertà, è stata nuovamente aperta dall’approvazione del decreto-legge 5/2012, che all’articolo 60, ha configurato una fase sperimentale della Carta acquisti, cha ha presupposto un nuovo tipo di carta, denominata, in un primo tempo, Carta per l’inclusione e poi Sostegno Inclusione Attiva (SIA).

 

La relazione finale "Proposte per nuove misure di contrasto alla povertà", del settembre 2013, elaborata dal gruppo di studio istituito, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dall’allora Ministro Enrico Giovannini, descrive il SIA e ne sottolinea l’importanza, segnalando fra l’altro l’assenza nel nostro ordinamento, a differenza della quasi totalità dei paesi europei, di un istituto nazionale di sostegno per tutte le persone in difficoltà economica. La relazione sottolinea anche la poca incisività del sistema assistenziale italiano, con prestazioni indirizzate quasi esclusivamente alla popolazione anziana e alle persone con disabilità.

 

Sperimentazione del SIA nei grandi comuni – decreto gennaio 2013

 

Più precisamente, l'articolo 60 del decreto legge 5/2012 ha configurato una fase sperimentale della Carta acquisti, prevedendone una sperimentazione, di durata non superiore ai dodici mesi, nei comuni con più di 250.000 abitanti (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Torino, Venezia, Verona e Roma) e ha ampliato immediatamente la platea dei beneficiari anche ai cittadini degli altri Stati dell'Ue e ai cittadini esteri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Il SIA è una misura mista basata su un sostegno economico condizionato all'attivazione di percorsi verso l'inclusione e l'autonomia. Le modalità attuative della sperimentazione del SIA nei grandi comuni sono state indicate dal decreto 10 gennaio 2013 che ha fra l'altro stabilito criteri di identificazione dei beneficiari, individuati per il tramite dei Comuni, e l'ammontare della disponibilità sulle singole carte - da un minimo di 231 a un massimo di 404 euro mensili -, calcolato secondo la grandezza del nucleo familiare.

 

Il SIA, come definito dal decreto del gennaio 2013, è una prestazione economica sottoposta alla prova dei mezzi, e dunque uno strumento categoriale, in quanto è rivolto esclusivamente ai nuclei familiari con minori in situazione di difficoltà (ISEE inferiore a 3.000 euro e patrimonio inferiore a 8.000 euro; trattamenti di natura previdenziale e assistenziale non superiori a 600 euro mensili; vincoli riguardanti il possesso di autoveicoli). Inoltre, i componenti del nucleo devono essere disoccupati e almeno uno di essi deve aver svolto attività lavorativa continuativa per un minimo di sei mesi nei tre anni precedenti alla richiesta del SIA. Infine, la presenza di più di due figli minori o di figli minori disabili nel nucleo richiedente costituisce criterio di precedenza nell'accesso al beneficio, così come risultano preferiti per la concessione del beneficio i nuclei monoparentali con minori e quelli con disagio abitativo. Per poter beneficiare del trasferimento monetario, il nucleo familiare deve stipulare e rispettare un patto di inserimento con i servizi sociali degli enti locali di riferimento. I servizi sociali, per parte loro, si impegnano a favorire con servizi di accompagnamento il processo di inclusione e di attivazione sociale di tutti i membri del nucleo, promuovendo, fra l'altro, il collegamento con i centri per l'impiego, per la partecipazione al mercato del lavoro degli adulti, e il collegamento con il sistema scolastico e sanitario per l'assolvimento da parte dei minori dell'obbligo scolastico e il rispetto dei protocolli delle visite sanitarie pediatriche. Le caratteristiche dei nuclei familiari beneficiari del progetto sono state individuate in accordo con le città interessate, mentre l'Inps è l'ente attuatore del progetto per la concessione dei contributi economici e predispone, a tal fine, gli strumenti telematici per lo scambio dei flussi informativi con i comuni coinvolti. I servizi sociali dei comuni coinvolti coordinano l'attività complessiva della rete rappresentata anche dai servizi per l'impiego, i servizi sanitari e la scuola.

 

 

 

Lotta alla povertà nella stabilità 2016

I commi da 386 a 390 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) hanno disegnato una serie di interventi organici, non a carattere temporaneo, contro la povertà e l’esclusione sociale, delegando il Governo ad adottare una serie di provvedimenti (deleghe) volti al riordino della normativa in materia di trattamenti, indennità, integrazioni al reddito e assegni di natura assistenziale e finalizzati all'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà (correlata alla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia di povertà assoluta).

Molto sinteticamente, la legge di stabilità ha previsto.

·       la definizione di Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all’esclusione;

·       l’istituzione del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

·       l’avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA;

·       lo stanziamento di risorse certe per la Lotta alla povertà e loro quantificazione per il 2016 e gli anni successivi. Più in particolare, per il 2016, la stabilità 2016 ha stanziato 380 milioni, ai quali si aggiungono i 220 milioni della messa a regime dell’Asdi, destinata ai disoccupati poveri che perdono diritto all’indennità di disoccupazione. Dal 2017, le risorse stanziate annualmente, pari a un miliardo per anno, devono garantire l'attuazione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale come disegnato dai provvedimenti di riordino e istituzione della misura unica di contrasto alla povertà;

·       riordino della normativa in materia di trattamenti assistenziali di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi, anche rivolti a beneficiari residenti all'estero, nonché in materia di accesso alle prestazioni sociali.

 

Estensione del Sia su tutto il territorio nazionale – decreto maggio 2016

Successivamente, nelle more della definizione del Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all'esclusione previsto dalla stabilità 2016 (vedi infra), il Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA), come previsto dal comma 387 della stessa stabilità 2016, è stato esteso a tutto il territorio nazionale secondo le modalità attuative indicate dal decreto del 26 maggio 2016  Avvio del Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA).

Rispetto a quanto indicato dal decreto del 10 gennaio 2013, attuativo del Sia nelle grandi città, i requisiti del nucleo familiare richiedente sono stati ampliati: sono state infatti considerate, oltre alla presenza di un figlio minorenne, anche la presenza di un figlio disabile, ovvero di una donna in stato di gravidanza accertata, mentre non è stato più considerato requisito di accesso, come in precedenza, la presenza, nel nucleo familiari di disoccupati (fra questi almeno uno di essi doveva aver svolto attività lavorativa continuativa per un minimo di sei mesi nei tre anni precedenti alla richiesta del SIA).

I requisiti relativi alla condizione economica del nucleo familiare sono rimasti quasi identici a quelli previsti dal decreto del 2013 ma si è specificato che contemporaneamente al SIA non si può beneficiare degli ulteriori strumenti di sostegno al reddito per disoccupati. Un ulteriore novità del decreto del maggio 2016 è stata l’introduzione della valutazione multidimensionale del bisogno (il minimo punteggio richiesto per l'accesso era fissato a 45 punti): una scala di valutazione basata sui carichi familiari, sulla situazione economica e quella lavorativa, che favorisce i nuclei con figli minorenni, specie se piccoli (età 0-3); quelli in cui è presente un genitore solo o in cui sono presenti persone con disabilità grave o non autosufficienti (qui l'opuscolo illustrativo del MLPS).

Le risorse per il 2016, pari a 750 milioni di euro, sono state individuate nel Fondo Carta Acquisti.

 

Fonte: XVI Rapporto annuale INPS

 

Allargamento del SIA – decreto marzo 2017 – SIA attualmente erogato

Per il 2017, i criteri di accesso al SIA sono stati ulteriormente ampliati dal decreto 16 marzo 2017 Allargamento del Sostegno per l'inclusione attiva (SIA), per il 2017. Queste le principali novità rispetto al decreto 26 maggio 2016:

 

Infine, nelle more dell'introduzione del Reddito di inclusione (la misura nazionale di contrasto alla povertà), il decreto del marzo 2017 prevede il prolungamento, nel 2017 e nelle successive annualità, della sperimentazione dell'assegno di disoccupazione ASDI.

 

Come per la Carta acquisti ordinaria, il beneficio è concesso bimestralmente e viene erogato attraverso una Carta di pagamento elettronica (Carta SIA). Con la Carta si possono effettuare acquisti in tutti i supermercati, negozi alimentari, farmacie e parafarmacie abilitati al circuito Mastercard. La Carta può essere anche utilizzata presso gli uffici postali per pagare le bollette elettriche e del gas e dà diritto a uno sconto del 5% sugli acquisti effettuati nei negozi e nelle farmacie convenzionate, con l'eccezione degli acquisti di farmaci e del pagamento di ticket. Con la Carta, inoltre, si può accedere direttamente alla tariffa elettrica agevolata, a condizione di aver compilato l'apposita sezione presente nel modulo di domanda. Non è possibile prelevare contanti o ricaricare la Carta. Il suo uso è consentito solo negli ATM Postamat per controllare il saldo e la lista movimenti.

L'INPS, in qualità di soggetto attuatore della misura, è incaricato di: modulistica e flussi informativi; controlli ed erogazione del beneficio economico; monitoraggio, valutazione e trattamento dei dati.

Poste Italiane Spa, in qualità di soggetto gestore del SIA, è incaricato del servizio integrato di gestione delle carte acquisti. Le Carte vengono rilasciate da Poste con la disponibilità finanziaria relativa al primo bimestre, determinata in base alla numerosità del nucleo familiare (per un nucleo familiare con un membro il beneficio è pari a 80 euro al mese, con due membri il beneficio sale a 160 euro al mese, con tre membri a 240 euro al mese, con quattro membri a 320 euro al mese e per i nuclei familiari con 5 o più membri il beneficio è pari a 400 euro al mese).

Per quanto riguarda i progetti personalizzati, l'Accordo "Linee guida per la predisposizione e attuazione dei progetti di presa in carico del Sostegno per l'inclusione attiva" (c.d. Linee Inclusione attiva), regolamenta un nuovo schema di intervento sociale che prevede il rafforzamento del sistema dei servizi sociali sul territorio nell'ottica della rete integrata dei servizi e della cura di tutto il nucleo familiare beneficiario, secondo il cosiddetto "approccio ecologico", basato sulla considerazione delle interazioni tra le persone e il loro ambiente peraltro già sperimentato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con gli Ambiti territoriali nel programma P.I.P.P.I. (Programma di intervento per la prevenzione dell'istituzionalizzazione). Inoltre, le Linee guida costituiscono il principale riferimento anche per il finanziamento, negli Ambiti territoriali, degli interventi di supporto previsti negli assi 1 e 2 del PON "Inclusione" a valere sulle risorse del Fondo Sociale Europeo.

 

Fonte: XVI Rapporto annuale INPS


Misure a sostegno della famiglia

Le leggi di stabilità per il 2015 e per il 2016 hanno introdotto specifiche misure di carattere temporaneo a sostegno del nucleo familiare. La legge di stabilità 2015 ha infatti previsto un beneficio economico per i nuovi nati e per i bimbi adottati nel periodo 1 gennaio 2015 - 31 dicembre 2017 all'interno di nuclei familiari con determinati redditi ISEE (bonus bebé) insieme a misure economiche di sostegno per l'acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari disagiati. Più recentemente, la legge di bilancio 2017 ha previsto un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro, e ha introdotto, a regime, l'erogazione di un buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche.

Bonus Bebé

La legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), ai commi da 125 a 129, ha previsto, per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione. L'assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo - è corrisposto fino al compimento del terzo anno d'età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione. Per poter ottenere il beneficio economico si richiede tuttavia la condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente sia in condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui. L'importo dell'assegno di 960 euro annui è raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui. L'assegno è corrisposto dall'INPS, su domanda del genitore, con cadenza mensile, per un importo pari a 80 euro se la misura annua dell'assegno è pari a 960 euro ovvero per un importo pari a 160 euro se la misura annua dell'assegno è pari a 1.920 euro. L'assegno è corrisposto ai cittadini italiani, UE, e stranieri in possesso di permesso di soggiorno. Il finanziamento della misura è stato previsto fino al 2020: 202 milioni di euro per il 2015, 607 milioni per il 2016, 1.012 milioni per ciascun anno del biennio 2017-2018, 607 milioni per il 2019 e 202 milioni di euro il 2020. Il D.P.C.M. 27 febbraio 2015 ha definito le procedure necessarie per l'erogazione e il monitoraggio del beneficio. Il numero delle domande presentate e accolte ad oggi è pari a 216.344, di cui 108.477 sono relative al limite ISEE fino a 7.000 euro, mentre le restanti 107.867 domande sono relative al limite ISEE compreso tra 7.000 e 25.000 euro. Le domande respinte sono pari a 12.939 ( vedi risposta all'interrogazione 5-07825 Lenzi: Beneficiari delle misure di sostegno alle famiglie con bambini fino a tre anni previsti dalla legge di stabilità per il 2015).

 

Premio alla nascita

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Il beneficio (anche detto Bonus mamma domani) è corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione.

Con la circolare n. 78 del 28 aprile 2017, l'INPS ha comunicato che, a partire dal 4 maggio 2017, è stata messain esercizio la procedura di acquisizione delle domande che dovranno essere trasmesse all'Istituto esclusivamente in via telematica. Il premio è corrisposto direttamente dall'INPS che, su domanda della donna gestante o della madre del minore, provvede al pagamento dell'importo di 800 euro per evento ed in relazione ad ogni figlio nato o adottato/affidato.

(vedi anche la sezione del sito INPS dedicata al Premio alla nascita)

 

Voucher baby sitting/contributo rette asili pubblici e accreditati 

L'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 92/2012 ha introdotto in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, voucher per l'acquisto di servizi di babysitting, ovvero un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, da utilizzare negli undici mesi successivi al congedo obbligatorio, per un massimo di sei mesi.

Il voucher è stato prorogato nel 2016 dalla legge di stabilità (comma 282 della legge 208/2015) che ne ha previsto anche l’estensione alle lavoratrici autonome, e nel 2017 dalla legge di bilancio (comma 356 della legge 232/2016) per ulteriori due anni con una allocazione massima di risorse di 40 milioni di euro per ciascuno dei due anni per le lavoratrici dipendenti e iscritte alla Gestione separata e di 10 milioni per le autonome e imprenditrici.

Come rilevato nel XVI Rapporto INPS (che definisce la misura Bonus Infanzia), l’iter applicativo del beneficio può essere distinto in due fasi. Nel 2013, i due bandi del luglio e novembre, che consentivano la presentazione delle domande esclusivamente per via telematica, ebbero scarsa adesione, tanto che venne utilizzato solo un quarto del budget allocato. Negli anni successivi, il sussidio è stato alzato a 600 euro mensili, e la procedura è cambiata, consentendo la presentazione delle domande nel corso di tutto l’anno. Questi cambiamenti, e la maggiore diffusione di informazione e consapevolezza rispetto all’offerta del beneficio, hanno portato ad una maggiore adesione, con l’esaurimento del budget allocato nel 2015 e nel 2016.

 

Contributi asilo nido e supporto domiciliare

Nell’ambito degli interventi normativi volti a sostenere i redditi delle famiglie, l’articolo 1 comma 355 della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016), ha disposto che ”con riferimento ai nati a decorrere dal 1 gennaio  2016 per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati, nonché per l'introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche, è attribuito, a partire dall'anno 2017, un buono di 1000 euro su base annua e parametrato a undici mensilità”. Il premio, fino a un importo massimo di 1000 euro su base annua e parametrato a 11 mensilità, può essere corrisposto per far fronte a due distinte situazioni:

·        a beneficio di bambini nati o adottati/affidati dal 1° gennaio 2016 per contribuire al pagamento delle rette relative alla loro frequenza in asili nido pubblici e privati autorizzati (cosiddetto bonus asilo nido);

·        in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, impossibilitati a frequentare gli asili nido in quanto affetti da gravi patologie croniche, per i quali le famiglie si avvalgono di servizi assistenziali domiciliari (contributo per introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione).

Il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di 144 milioni di euro per l'anno 2017, 250 milioni di euro per l'anno 2018, 300 milioni di euro per l'anno 2019 e 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.

Il bonus è cumulabile con il Voucher baby sitting/contributo rette asili pubblici e accreditati (vedi supra) ma non è cumulabile con le detrazioni fiscali frequenza asili nido.

(vedi anche sezione INPS dedicata)

 

Fondo di sostegno alla natalità

La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo di sostegno alla natalità", con una dotazione di 14 milioni di euro per il 2017, 24 milioni di euro per il 2018, 23 milioni di euro per il 2019, 13 milioni di euro il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.

Il fondo è diretto a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari.

Un decreto del Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, da emanare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, definirà i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.

 

 

 

 

 



[1]     Sul punto “Intesa, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 15 marzo 2017, n. 33, tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali, sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà”. Repertorio Atti n. 70/CU del 6 luglio 2017.

[2]     Recentemente aggiornati dal D.p.c.m 12 gennaio 2017, Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. 

 

[3]     Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159, Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)”

 

[4]     Sul punto Corte costituzionale, “Prestazioni e cittadinanza: la giurisprudenza costituzionale”, Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale tra Corte costituzionale italiana, Tribunale costituzionale spagnolo e Corte costituzionale portoghese, 2016.

[5]     La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Il beneficio (anche detto Bonus mamma domani) è corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione. Con la circolare n. 78 del 28 aprile 2017, l'INPS ha comunicato che, a partire dal 4 maggio 2017, è stata messa in esercizio la procedura di acquisizione delle domande che dovranno essere trasmesse all'Istituto esclusivamente in via telematica. Il premio è corrisposto direttamente dall'INPS che, su domanda della donna gestante o della madre del minore, provvede al pagamento dell'importo di 800 euro per evento ed in relazione ad ogni figlio nato o adottato/affidato (vedi anche la sezione del sito INPS dedicata al Premio alla nascita).

 

[6]     L’ISR = Indicatore della situazione reddituale: differenza tra la sommatoria dei redditi netti dei componenti il nucleo familiare e le spese/franchigie riferite al nucleo.

[7]     Il D.Lgs. 150/2015 (attuativo del Jobs Act) ha istituito l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), con il principale obiettivo di coordinare le politiche del lavoro a favore di persone in cerca di occupazione e la ricollocazione dei disoccupati percettori della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), della Dis-Coll (per titolari di rapporti di collaborazione) o dell’ASDI (assegno di disoccupazione), attraverso strumenti di supporto per gli operatori pubblici e privati del mercato del lavoro. Inoltre gestisce l’assegno di ricollocazione.

      Per l’attuazione delle politiche attive del lavoro, l’ANPAL realizza il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro (cooperando con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le Regioni e le Province autonome, l’INPS e l’ISFOL).

       l’ANPAL inoltre è istituito l’Albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro (nel quale vengono iscritte le agenzie di somministrazione accreditate a livello nazionale e le altre agenzie che intendono operare nel territorio delle regioni che non abbiano istituito un proprio regime di accreditamento, nonché i soggetti accreditati dalle regioni, al fine di aumentare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro), ed è prevista l’istituzione del Repertorio nazionale degli incentivi all’occupazione (con la funzione di definire i principi generali di fruizione degli stessi e di razionalizzare e rifinanziare  gli incentivi volti alla promozione dei contratti di apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale, di alta formazione e ricerca, nonché l’alternanza scuola-lavoro).

      L'ANPAL ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è sottoposta alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. I suoi organi sono il Presidente; il Consiglio di amministrazione; il Consiglio di vigilanza; il Collegio dei revisori.

[8]     Le definizione degli interventi e dei servizi sociali di seguito fornite sono tratte dal Nomenclatore Interregionale degli Interventi e Servizi Sociali, approvato nel 2009 e aggiornato sul piano delle terminologie e dei contenuti fino al 2014. Il Nomenclatore, elaborato dalla Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle PA con il supporto del C.I.S.I.S. (Centro Interregionale per i sistemi informatici, geografici e statistici), e dell'ISTAT per gli aspetti relativi alla spesa sociale, ha provveduto ad un raggruppamento delle prestazioni sociali definendone i macrolivelli, al cui interno sono poi stati individuati gli "Obiettivi di servizio" recepiti dal MLPS nei riparti del Fondo nazionale politiche sociali per il triennio 2013-2015.

[9]     La Conferenza delle Regioni e della province autonome nel documento di osservazioni sullo schema ha chiesto che la lettera c) venga così riformulata “tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione di cui alle regolamentazioni regionali in attuazione dell’Accordo 22 gennaio 2015”.

[10]   Si ricorda che il Regolamento comunitario n. 1303/2013 individua 11 Obiettivi tematici (OT) che rappresentano le grandi aree di possibile intervento dei fondi europei.

[11]   Requisiti di cittadinanza e soggiorno; condizioni economiche; godimento di beni durevoli ed altri indicatori del tenore di vita,

[12] In attuazione di tale norma è stato emanato il D.M. 28 dicembre 2007, n. 29998, che reca la determinazione dei criteri per la definizione delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per i clienti economicamente svantaggiati e per i clienti in gravi condizione di salute. L’art. 46, co. 1-bis, del D.L. n. 248/2007 ha in seguito stabilito l’applicazione delle disposizioni di cui al citato comma 375 anche al settore del gas naturale.

[13] In attuazione di quanto disposto dalla disposizione è stata adottata la Deliberazione 6 luglio 2009, 6 luglio 2009, n. ARG/gas 88/09, sulle Modalità applicative del regime di compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale sostenuta dai clienti domestici economicamente svantaggiati. Il recente D.M. 29 dicembre 2016 ha introdotto importanti modifiche, in vigore dal 1° gennaio 2017, alla disciplina del bonus elettrico. In particolare, il valore della compensazione di spesa per la fornitura di energia elettrica a favore dei clienti economicamente svantaggiati è rideterminato dall’Autorità in misura tale da conseguire una riduzione di spesa dell'utente medio, al lordo delle imposte, dell’ordine del 30%. Il decreto prevede altresì un incremento da 7.500 euro a 8.107,5 euro del tetto ISEE per avere accesso alle agevolazioni. Rimane invariato il requisito di accesso per le famiglie numerose (ISEE non superiore a 20.000 euro).

 

[14]   a)  Lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta una risoluzione del rapporto di lavoro o una sospensione dell’attività lavorativa o una riduzione della stessa;

b    Lavoratore dipendente a tempo determinato ovvero impiegati con tipologie contrattuali flessibili, che risulti non occupato alla data di presentazione della DSU, essendosi concluso il rapporto di lavoro, e che possa dimostrare di essere stato occupato sotto tali forme contrattuali per almeno 120 giorni nei dodici mesi precedenti la conclusione dell’ultimo rapporto di lavoro;

c)   Lavoratore autonomo non occupato alla data di presentazione della DSU, che abbia cessato la propria attività, dopo averla svolta in via continuativa per almeno dodici mesi.     Si ricorda che l’’elenco variazioni della situazione lavorativa compatibili con la richiesta di calcolo dell’ISEE Corrente è tassativo. Qualora il cittadino abbia subito variazioni della situazione lavorativa diverse da quelle elencate non può richiedere il rilascio dell’Indicatore Corrente.

[15]   Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

[16]   Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[17]   Previsti fra l’altro dalla legge 328/2000, all’articolo 8, comma 3, lettera o), nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto a: programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete; erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche; autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica; definizione del piano di zona.

[18]   La Conferenza della Regioni e delle province autonome ha proposto la seguente riformulazione del primo periodo del comma 6 “Le regioni e le province autonome, con riferimento ai propri residenti, possono richiedere, a valere su risorse regionali, che il Rei sia integrato da misure regionali di contrasto alla povertà dalle caratteristiche di cui all’articolo 2, commi da l a 3, che amplino la platea dei beneficiari o incrementino l’ammontare del beneficio economico”.

[19]   Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

[20]   Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81 e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, a norma dell'articolo 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

[21]   Semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca ai sensi dell'articolo 13 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

 

[22]   Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini.

[23]   Il comma 3 del richiamato articolo 21 ha stabilito che ai fini della concessione dell’ASDI richiedente debba sottoscrivere un patto di servizio personalizzato, mentre il comma 8 individua le sanzioni per le inadempienze commesse dal richiedente.

[24]   La prosecuzione dell’erogazione dell’ASDI è stata stabilita dal D.M. 23 maggio 2016 (per il 2016) e dall’articolo 4 del D.M. 16 marzo 2017 (per il 2107 e le successive annualità).

[25]   Può essere utile ricordare che nella Provincia Autonoma di Trento è stato istituito il Nuovo Reddito di Attivazione (NuovoRA), che integra dal 1° maggio 2015, l’ASDI o, nei casi di non fruizione, della stessa fornisce una prestazione autonoma, di natura assistenziale e quindi esente dall’IRPEF.

[26]   Ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del D.Lgs. 150/2015, sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego.

[27]   Art. 1, comma 156, della legge 190/2014.

[28]   In proposito all’applicazione di tale principio, fra l’altro, v. la deliberazione della Corte dei Conti n. 11 del 4 maggio 2017.

[29] Nell’Intesa della Conferenza Unificata del 6 luglio 2107 sul presente schema di decreto, la Conferenza delle regioni e province autonome ha proposto la modifica della disposizione in esame, chiedendo di inserire la previa intesa in sede di Conferenza unificata.

[30] Art. 8 del D.Lgs. n. 281/1997.

[31]   Si fa pertanto riferimento a decreti di natura non regolamentare per l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e per la distribuzione dei predetti uffici tra le strutture di livello dirigenziale generale, anche in deroga alla eventuale distribuzione degli uffici di livello dirigenziale non generale stabilita nel regolamento di organizzazione del singolo Ministero.

[32] Nell’Intesa della Conferenza Unificata del 6 luglio 2107 sul presente schema di decreto, la Conferenza delle regioni e province autonome ha proposto la modifica della disposizione in esame, chiedendo di inserire la clausola di salvaguardia degli oneri a carico degli enti territoriali, in modo che l’offerta integrata sia effettuata nei limiti delle risorse disponibili.

[33]   Qui il link del Dossier Studi sull’Atto del Governo n. 417 del maggio 2017.

[34]   Tale possibilità è concessa in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 186, lettera e) , della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (finanziaria 2010) che dispongono la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali.

[35]   Le altre forme sono costituite da: convenzioni, unioni di comuni, esercizio associato di funzioni e servizi e accordi di programma, disciplinati, rispettivamente, dagli articoli nn. 30, 32, 33 e 34 del TUEL.

[36]   Qui un approfondimento sui programmi operativi nell’ultima programmazione.

[37]   Tali organismi hanno l’obbligo di fornire i dati e le informazioni contenute nei propri archivi e banche dati, per la realizzazione di una base conoscitiva per la migliore gestione della rete dell'assistenza sociale, dei servizi e delle risorse. In ogni caso, la formazione e l'utilizzo dei dati e delle informazioni del Casellario avviene nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali.

[38] Nell’Intesa della Conferenza Unificata del 6 luglio 2107 sul presente schema di decreto, la Conferenza delle regioni e province autonome ha proposto alcune modifiche dirette ad sopprimere  la possibilità degli enti territoriali di richiedere al MLPS le informazioni relative ai beneficiari residenti nel territorio regionale e a introdurre la disposizione in base alla quale tali informazioni sono rese disponibili direttamente dal Ministero, con riferimento ai residenti nei territori di competenza, con le modalità di cui al comma 4, vale a dire prive di ogni riferimento che ne permetta il collegamento con i soggetti interessati.

[39] Nell’Intesa della Conferenza Unificata del 6 luglio 2107 sul presente schema di decreto, le regioni e le province autonome hanno proposto che tale monitoraggio sia effettuato includendo i centri per l’impiego, anche sulla base dei patti di servizio.

[40]   Art. 1, commi 125-129, v. qui un approfondimento.

[41]   La norma indica gli articoli 7, commi 2, 3 e 89 (rectius: 8 e 9), nonché l’articolo 20, comma 1, secondo periodo,