Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari sociali | ||
Titolo: | Revisione della disciplina in materia di impresa sociale - Atto del Governo n. 418 | ||
Riferimenti: |
| ||
Serie: | Atti del Governo Numero: 418 | ||
Data: | 29/05/2017 | ||
Organi della Camera: | XII-Affari sociali |
Atto del Governo n. 418 Schema di decreto legislativo recante revisione della
disciplina in materia di impresa sociale Schede di lettura maggio 2017
SENATO
DELLA REPUBBLICA
Servizio
Studi
Ufficio ricerche su
questioni istituzionali, giustizia e cultura
Tel.
06 6706-2451 - studi1@senato.it
-
Dossier n. 500
CAMERA
DEI DEPUTATI
Servizio
Studi
Dipartimento Affari sociali
Tel. 06 6760-3266- st_affarisociali@camera.it -
Atti del Governo n. 418
Schema di decreto legislativo recante revisione della disciplina in
materia di impresa sociale
Atto del Governo n. 418
Schede di lettura
maggio 2017
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del
Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze
di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei
parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale
utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti
originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
Articolo
1 (Nozione e qualifica di impresa
sociale)
Articolo
2 (Attività d'impresa di interesse
generale)
Articolo
3 (Assenza di scopo di lucro)
Articolo
4 (Struttura proprietaria e disciplina
dei gruppi)
Articolo
6 del decreto legislativo n. 155 del 2006 (Responsabilità
patrimoniale)
Articolo
8 (Ammissione ed esclusione)
Articolo
9 (Scritture contabili)
Articolo
10 (Organi di controllo interno)
Articolo
12 (Trasformazione, fusione, scissione,
cessione d'azienda e devoluzione del patrimonio)
Articolo
13 (Lavoro nell'impresa sociale)
Articolo
14 (Procedure concorsuali)
Articolo
15 (Funzioni di monitoraggio, ricerca e
controllo)
Articolo
16 (Fondo per la promozione e lo sviluppo
delle imprese sociali)
Articolo
17 (Norme di coordinamento e transitorie)
Articolo
18 (Misure fiscali e di sostegno
economico)
Articolo
20 (Copertura finanziaria)
Articolo
21 (Entrata in vigore)
L'A.G. n. 418 a
raffronto con il decreto legislativo n. 155 del 2006
Giunge al vaglio consultivo del Parlamento l'atto del
Governo n. 418: Schema di decreto
legislativo, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale.
La disposizione di delega è contenuta nella legge n.
106 del 2016 (in particolare: il suo articolo 1, comma 2, lettera c)). Quella legge ha delegato il Governo
alla riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e del servizio civile
universale.
L'impresa
sociale è stata introdotta nell'ordinamento italiano dalla legge n. 118 del
2005, indi disciplinata dal decreto legislativo n. 155 del 2006.
L'A.G. n. 418
in esame opera una riscrittura di quel decreto legislativo n. 155 del 2006
(disponendone al contempo l'abrogazione).
L'impresa sociale è qualificazione che può essere
assunta da soggetti aventi qualsiasi forma giuridica, ad alcune fondamentali
condizioni secondo la disciplina vigente:
-
l'operatività in
settori considerati di utilità sociale;
-
il divieto di
distribuzione degli utili ai soci.
Su ambedue i profili incide lo schema in esame, il
quale sia prevede la possibilità per l'impresa sociale di distribuire dividendi
ai soci (beninteso entro certi limiti) sia estende il novero di attività che
configurino una utilità sociale.
Insieme esso prevede alcuni incentivi fiscali (per
capitale investito in imprese sociali sorte da non oltre tre anni, o per utili
ed avanzi di gestione mantenuti nella riserva indivisibile o nel capitale
dell'impresa).
Lungo questa triplice falsariga muove il disegno
riformatore dello schema di decreto legislativo - che poi si estende ad altri
profili, come i controlli interni o il coinvolgimento di lavoratori, utenti,
altri interessati.
Le principali modifiche recate dallo schema sono da
leggere 'a fronte' della disciplina posta dallo schema recante il codice del
Terzo settore (A.G. n. 417) riguardo alle forme di redditività non profit.
Lo schema contenuto nell'A.G. n. 418 pare perseguire,
a circa un decennio dall'introduzione e prima disciplina dell'impresa sociale,
di questa un maggiore radicamento e diffusione[1] entro le
articolazioni del non profit.
Nel quadro normativo vigente, l'impresa sociale è uno
degli attori del Terzo settore, non l'esclusivo.
Il mondo del non profit si articola in molteplici enti, differenziati nella loro
struttura, per tipologia, per status giuridico.
Vi sono, oltre alle imprese sociali: le organizzazioni non lucrative di utilità
sociale (ONLUS), la cui regolamentazione e regime fiscale sono dettati dal decreto legislativo n. 460 del 1997 ("Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali
e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale"); le associazioni del volontariato,
disciplinate dalla legge n. 266 del 1991 ("Legge quadro sul volontariato"); le cooperative sociali, di cui alla legge n. 381
del 1991 ("Disciplina delle cooperative
sociali"); le associazioni di
promozione sociale, di cui alla legge
n. 383 del 2000 ("Disciplina delle associazioni
di promozione sociale").
Vi sono inoltre le fondazioni
ex-bancarie, disciplinate dal decreto
legislativo n. 153 del 1999 ("Disciplina
civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20
novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle
operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo 1 della legge
23 dicembre 1998, n. 461").
Princìpi e criteri direttivi della delega legislativa
al riordino e alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale
sono scanditi dall'articolo 6 della citata legge n. 106 del 2016.
Sono:
a) qualificazione dell'impresa sociale quale
organizzazione privata che svolge attività d'impresa per le finalità civiche,
solidaristiche e di utilità sociale, destina i propri utili prioritariamente al
conseguimento dell'oggetto sociale nei limiti di cui alla lettera d), adotta modalità di gestione
responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei
dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività e
quindi rientra nel complesso degli enti del Terzo settore;
b) individuazione dei settori in cui può essere svolta
l'attività d'impresa di cui alla lettera a),
nell'ambito delle attività di interesse generale, il cui svolgimento, in
coerenza con le previsioni statutarie e attraverso modalità che prevedano le
più ampie condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari, costituisca
requisito per l'accesso alle agevolazioni previste dalla normativa e che sono
soggette alle verifiche previste;
c) acquisizione di diritto della qualifica di impresa
sociale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi;
d) previsione di forme di remunerazione del capitale
sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento
dell'oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti
massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente, e previsione del
divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale
possibilità è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualifica di impresa
sociale;
e) previsione per l'organizzazione che eserciti
l'impresa sociale, dell'obbligo di redigere il bilancio ai sensi degli articoli
2423 e seguenti del codice civile, in quanto compatibili;
f) previsione di specifici obblighi di trasparenza e di
limiti in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei
titolari degli organismi dirigenti;
g) ridefinizione delle categorie di lavoratori
svantaggiati, tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale, anche con
riferimento ai princìpi di pari opportunità e non discriminazione di cui alla
vigente normativa nazionale e dell'Unione europea, prevedendo una graduazione
dei benefìci finalizzata a favorire le categorie maggiormente svantaggiate;
h) possibilità, nel rispetto delle disposizioni del decreto
legislativo n. 39 del 2013 ("Disposizioni
in materia di inconferibilità e incompatibilità di
incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in
controllo pubblico"), per
le imprese private e per le amministrazioni pubbliche di assumere cariche
sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali, salvo il divieto
di assumerne la direzione, la presidenza e il controllo;
i) coordinamento della disciplina dell'impresa sociale
con il regime delle attività d'impresa svolte dalle organizzazioni non
lucrative di utilità sociale;
l) previsione della nomina, in base a princìpi di
terzietà, fin dall'atto costitutivo, di uno o più sindaci allo scopo di
monitorare e vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto da parte
dell'impresa sociale, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione,
anche con riferimento alle disposizioni del decreto
legislativo n. 231 del 2001 ("Disciplina
della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e
delle associazioni anche prive di personalità giuridica") e
sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile.
Articolo
1
(Nozione e qualifica di impresa sociale)
Questo articolo reca (al comma 1) la definizione
normativa di "impresa sociale".
È qualificazione acquisibile da ogni organizzazione
privata, purché si abbiano:
ü
esercizio in via
stabile e principale di un'attività d'impresa di interesse generale;
ü
assenza di scopo
di lucro;
ü
finalità civiche,
solidaristiche e di utilità sociale;
ü
modalità di
gestione responsabili e trasparenti;
ü
misure per
favorire il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli altri soggetti
interessati alle attività;
ü
conformità alla
disciplina dal presente decreto legislativo.
Molti di questi elementi definitori sono già presenti
nel decreto legislativo n. 155 del 2006 (tuttavia dislocati in più
disposizioni, entro i suoi articoli 1, 2 e 3).
Alcuni nuovi si aggiungono, circa la trasparenza delle
modalità di gestione nonché il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e
altri interessati (conformemente a principio di delega).
L'assenza di lucro è esplicitata quale elemento
definitorio (laddove nel decreto legislativo n. 155 costituisce la rubrica
dell'articolo 3, recante la disciplina della destinazione degli utili e degli
avanzi di gestione).
È ribadito il principio (già sancito dall'articolo 1
del decreto legislativo n. 155, benché con formulazione lessicale non
coincidente) che ogni soggetto economico, quale che sia la sua giuridica
configurazione, ed anche se impresa o società o altra organizzazione costituita
nelle forme del titolo V del codice civile, possa essere una impresa sociale.
Il comma 2 ribadisce
il divieto di acquisire la
configurazione di impresa sociale, per una duplice tipologia di soggetti:
ü
amministrazioni
pubbliche;
ü organizzazioni i cui atti costitutivi limitino ai
propri soci (o associati) l'erogazione di beni e servizi.
Per amministrazioni pubbliche si intendono quelle
oggetto dell'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Dunque il divieto vale per tutte le amministrazioni dello Stato, incluse le
aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, per le Regioni
e gli enti locali e loro consorzi e associazioni, per tutti gli enti pubblici
non economici, nazionali regionali locali.
Per gli enti
ecclesiastici e gli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato
abbia stipulato patti, accordi o intese, sono ribadite (dal comma 3) le previsioni già recate dal
decreto legislativo n. 155 del 2006.
Si aggiunge la prescrizione che un ente siffatto,
qualora intenda operare quale impresa sociale, debba costituire un patrimonio
destinato appositamente alle attività di impresa aventi interesse generale
(così come determinate dal medesimo schema: v. infra l'articolo 2).
Per le cooperative
sociali, si dispone l'acquisizione di diritto della qualifica di impresa
sociale (comma 4).
La previsione risponde a principio di delega (cfr.
articolo 6, comma 1, lettera c) della
legge n. 106).
La generale disciplina delle cooperative sociali
permane resa dalla legge n. 381 del 1991 (la quale prevede che le cooperative
sociali operino nella gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, o in
attività diverse, agricole industriali commerciali di servizi, se finalizzate
all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate).
Su tale normativa si 'innesta' quella recata dagli
articoli 15 (monitoraggio, ricerca e controllo), 16 (Fondo per la promozione e
sviluppo delle imprese sociali), 17 (in particolare il comma 1, recante norma
transitoria) e 18 (misure fiscali di sostegno economico) dello schema.
Rimangono immutati i requisiti mutualistici vigenti -
ossia il divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione
dell'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato; il
divieto di distribuzione delle riserve tra i soci durante la vita sociale; la
devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio
sociale (dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente
maturati) a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.
In sintesi, le cooperative sociali, ipso iure trasformate in imprese sociali
secondo lo schema, divengono soggette solo ad alcune delle previsioni da esso
recate (in particolare accedendo agli incentivi fiscali previsti), per il resto
rimanendo inalterata la vigente disciplina sostanziale loro specifica.
Ciò vale anche per i consorzi di cooperative sociali
(costituibili se la base sociale risulti formata da almeno il settanta per
cento da cooperative sociali, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 381 del
1991; cfr. inoltre l'articolo 27 del decreto legislativo del Capo provvisorio
dello Stato n. 1577 del 1947, come ratificato dalla legge n. 302 del 1951).
Il comma 5 reca una clausola di rinvio alle norme, per quanto
compatibili, del Codice del Terzo settore (oggetto di altro schema di decreto
legislativo, l'A.G. n. 417).
In mancanza di norme di quest'ultimo, il rinvio è -
"per gli aspetti non disciplinati" - alle norme del codice civile ed
alle correlative disposizioni di attuazione in ordine alla forma giuridica in
cui l'impresa sociale sia costituita.
Il comma 6 pone
una clausola di compatibilità, per
cui le disposizioni dello schema sono da intendersi applicabili solo se non
contrastanti con il decreto legislativo n. 175 del 2016.
Si tratta del Testo unico in materia di società a
partecipazione pubblica.
Invero la
condizione (ai fini dell'applicazione delle disposizioni dello schema) della compatibilità
con la disciplina della partecipazione pubblica parrebbe suscettibile di più
puntuale specificazione quanto ad articoli e disposizioni del Testo unico richiamato, giacché
alcune disposizioni di esso si direbbero di per sé non agevolmente compatibili
con le vicende proprie del Terzo settore, tale perché 'altro' dallo Stato e dal
mercato (pur nella possibile integrazione di servizi resi, quale definita ad
esempio dalla legge n. 328 del 2000 per i servizi sociali, ed ancorché la legge
delega n. 106 preveda che le amministrazioni pubbliche possano assumere cariche
sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali, salvo peraltro il
divieto di assumerne la direzione, la presidenza e il controllo).
Il comma 7
pone una clausola di non applicazione delle
disposizioni dello schema.
Dal suo ambito applicativo sono escluse le fondazioni
bancarie (le quali sono disciplinate dal decreto legislativo n. 153 del 1999).
La previsione risponde a disposizione della legge di
delegazione legislativa (cfr. articolo 1, comma 1, ultimo periodo della legge
n. 106 del 2016).
Articolo
2
(Attività d'impresa di interesse generale)
Questo articolo individua le attività di impresa cui
il legislatore annette una rilevanza di interesse
generale.
Pertanto determina le attività che una impresa sociale
può svolgere.
Laddove l'omologo articolo del decreto legislativo n.
155 del 2006 fa perno su una nozione di produzione o scambio di beni e servizi
"di utilità sociale", la nuova definizione - resa dal comma 1 - si incentra su un'attività di
impresa "di interesse generale".
Alcune attività possono dirsi ricalcare quelle
enumerate dal decreto legislativo n. 155; altre sono diversamente modulate, sì
da poter risultare più estese; altre ancora sono di nuova introduzione,
Nell'insieme, si allargano i settori di attività dell'impresa
sociale.
Di nuova introduzione (rispetto al dettato
del decreto legislativo n. 155 del 2006) sono le attività ascrivibili a:
ü
ricerca scientifica di particolare interesse sociale
(lettera h)) (si ricorda che ai sensi del d.P.R.
n. 135 del 2003, attività di ricerca scientifica di particolare interesse
sociale sono: a) prevenzione, diagnosi e cura di tutte le patologie
dell'essere umano; b) prevenzione e limitazione dei danni derivanti da
abuso di droghe; c) studio delle malattie ad eziologia di carattere
ambientale; d) produzione di nuovi farmaci e vaccini per uso umano e
veterinario; e) metodi e sistemi per aumentare la sicurezza nella
categoria agroalimentare e nell'ambiente a tutela della salute pubblica; f)
riduzione dei consumi energetici; g) smaltimento dei rifiuti; h)
simulazioni, diagnosi e previsione del cambiamento climatico; i)
prevenzione, diagnosi e cura di patologie sociali e forme di emarginazione
sociale; l) miglioramento dei servizi e degli interventi sociali,
sociosanitari e sanitari);
ü
organizzazione e gestione di attività culturali,
turistiche o ricreative di particolare interesse sociale
(lettera i)) (invero non
maggiormente definito parrebbe, per queste attività, il riconoscimento di tale
particolare interesse sociale; sono materie che si direbbero inoltre
intersecare competenze legislative spettanti alle Regioni);
ü
commercio equo e solidale
(lettera o), la quale ne
fornisce una definizione normativa; è materia su cui la Camera dei deputati ha
approvato il 3 marzo 2016 un disegno di legge, A.S. n. 2272, ancora all'esame
del Senato);
ü
servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento
nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone svantaggiate o con
disabilità o beneficiarie di protezione internazionale o senza fissa dimora
indigenti (lettera p));
ü
alloggio sociale
(il quale è definito dall'apposito decreto ministeriale 22 aprile 2008 quale l'unità
immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la
funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di
ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che
non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato) o
altra attività residenziale temporanea, diretta a soddisfare bisogni sociali,
sanitari, culturali, formativi e di accoglienza umanitaria di stranieri (lettera q));
ü microcredito (lettera r)), ossia quel credito (non
superiore a 25.000 euro, ovvero a 10.000 se destinato a persone fisiche in
condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, e comunque non
assistito da garanzie reali) concedibile alle condizioni poste dall'articolo
111 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto
legislativo n. 385 del 1993);
ü
agricoltura sociale
(lettera s)) (la quale è definita dalla specifica legge n. 141 del 2015
come le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135
del codice civile, in forma singola o associata, e dalle cooperative
sociali, dirette a realizzare: a)
inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori
svantaggiati, di persone svantaggiate, di minori in età lavorativa inseriti in
progetti di riabilitazione e sostegno sociale; b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità
locali mediante l'utilizzazione delle risorse materiali e immateriali
dell'agricoltura per promuovere realizzare azioni volte allo sviluppo di
abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di
servizi utili per la vita quotidiana; c)
prestazioni e servizi che affiancano le terapie mediche, psicologiche e
riabilitative per migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali,
emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l'ausilio di
animali allevati e la coltivazione delle piante; d) progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare,
alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza
del territorio attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche
riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno
di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e
psichica);
ü
organizzazione e gestione di attività sportive
dilettantistiche (lettera t)).
Di diversa e più
estesa formulazione (rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del
2006) risultano le attività consistenti in:
ü
servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento
delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione "accorta" e
razionale delle risorse naturali (lettera e)).
La corrispondente previsione del decreto legislativo n. 155 poneva un
riferimento si direbbe più circoscritta, riferita alla tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema. Escludeva inoltre le attività esercitate abitualmente di
raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi (esclusione
invero non ribadita in questa lettera dello schema) ;
ü
interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio
culturale e del paesaggio (lettera f)). La corrispondente previsione
del decreto legislativo n. 155 menzionava la sola valorizzazione del patrimonio
culturale;
ü
servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri
enti del Terzo settore, resi da enti composti in misura non inferiore al
settanta per cento da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore (lettera m)).
La corrispondente previsione del decreto legislativo n. 155 menzionava le sole
imprese sociali.
La formulazione letterale del decreto legislativo n.
155 riceve da parte dello schema alcune modifiche,
che peraltro si direbbero prevalentemente
redazionali, per le seguenti attività:
ü interventi e
servizi sociali (lettera a)),
oggetto della legge n. 328 del 2000, la quale li definisce (mediante rinvio
all'articolo 128 del decreto legislativo n. 112 del 1998) come tutte le
attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a
pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le
situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso
della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e
da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della
giustizia;
ü prestazioni
sanitarie riconducibili ai livelli essenziali di assistenza (lettera b) (si
ricorda che il d.P.C.m. 12
gennaio 2017 ha operato una revisione complessiva dei livelli essenziali di
assistenza sanitaria, cd. LEA, i quali costituiscono le prestazioni che vengono
garantite dal Servizio sanitario nazionale, a titolo gratuito o con
partecipazione alla spesa);
ü
prestazioni socio-sanitarie (lettera c)), oggetto
del d.P.C.m. 14 febbraio 2001.
Immodificate
rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006 risultano le
attività ascrivibili a:
ü
educazione, istruzione e formazione professionale
(lettera d));
ü
formazione universitaria e post-universitaria
(lettera g));
ü
formazione extra-scolastica, finalizzata alla
prevenzione della dispersione scolastica e
al successo scolastico e formativo (lettera
l)).
Il comma 2 prevede
con decreto del Presidente del Consiglio (su proposta del ministro del lavoro
di concerto con il ministro dell'economia) possa essere effettuato un aggiornamento dell'elenco delle
attività d'impresa di interesse generale, sopra ricordato - alla luce beninteso
delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Si prevede l'acquisizione del parere delle competenti
Commissioni parlamentari.
Siffatto
comma pare involgere alcuni profili problematici, in ordine all'assenza nella
legge delega di un principio direttivo inteso a 'flessibilizzare' l'elenco
delle attività di interesse generale; se si vuole per una non maggiore
determinazione della nozione di "aggiornamento"; per il rapporto tra
fonti, posto che una volta condotto l'aggiornamento si avrebbe una convivenza
tra previsioni di rango primario ed altre di rango sub-primario; per essere
tale configurazione fuori di un procedimento di delegificazione quale
disciplinato dalla legge n. 400 del 1988.
Il comma 3 ribadisce
(con alcune varianti redazionali) quanto già affermato dal decreto legislativo
n. 155 del 2006, in ordine alla prevalenza,
nell'attività di impresa, delle attività di interesse generale, richiesta
perché si abbia impresa sociale.
Essa è determinata sulla base di un criterio incidenza
dei ricavi.
I ricavi derivanti dall'attività di interesse generale
devono essere superiori al settanta per
cento dei ricavi complessivi dell'impresa.
Tale percentuale è la medesima già vigente.
Secondo
la disciplina vigente, possono
acquisire il titolo di impresa sociale le imprese che esercitino determinate
attività (sopra ricordate) ovvero
impieghino lavoratori svantaggiati o
disabili, in numero tale da costituire almeno il trenta per cento del
personale.
L'impiego in questa misura di queste
persone di per sé connota, secondo la norma, l'utilità sociale dell'impresa,
quale ne sia l'attività.
La legge delega n. 106 del 2016 non
ha mutato tale impianto. Ha però previsto, quale principio e criterio
direttivo, la ridefinizione delle categorie di
lavoratori svantaggiati, tenuto conto delle "nuove forme di esclusione
sociale" e del principio di pari opportunità.
Ne dà attuazione il comma
4.
Esso enumera le seguenti categorie:
ü lavoratori
molto svantaggiati (lettera
a)). Riferimento normativo è il
regolamento (UE) n. 651 del 17 giugno 2014, che dichiara
alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno. Ai sensi del suo
articolo 2, numero 99, per "lavoratore molto svantaggiato" si
intende il lavoratore privo da almeno 24 mesi di impiego regolarmente
retribuito, o il lavoratore privo da almeno 12 mesi di impiego regolarmente
retribuito, appartenente ad alcune categorie di lavoratori svantaggiati ossia: chi
abbia un'età compresa tra i 15 e i 24 anni; chi non possieda un diploma di
scuola media superiore o professionale, o abbia completato la formazione a
tempo pieno da non più di due anni e non abbia ancora avuto il primo impiego
regolarmente retribuito; lavoratori che abbiano
superato i 50 anni di età; adulti che vivano soli con una o più persone a
carico; lavoratori occupati in
professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che
superi almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna in tutti i settori
economici dello Stato membro interessato, se il lavoratore interessato
appartiene al genere sottorappresentato; membri di una minoranza nazionale
all'interno di uno Stato membro che abbiano necessità di consolidare le proprie
esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o
di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un'occupazione stabile;
ü persone
svantaggiate o con disabilità (lettera b)). Le persone con disabilità sono
oggetto della legge n. 68 del 1999. Le persone svantaggiate sono (ai sensi
dell'articolo 4 della legge n. 382 del 1999) gli invalidi fisici, psichici e
sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i
soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i
minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone
detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati
ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai
sensi dell'articolo 21
della legge n. 354 del
1975. Un rinvio normativo è quelle fonti legislative è
contenuto nel codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del
2016), all'articolo 112, comma 2. A quest'ultimo fa a sua volta rinvio la
lettera in esame dello schema;
ü persone
beneficiarie di protezione internazionale
(ancora lettera b)). La disposizione richiama il decreto legislativo n. 251 del
2007, che reca la disciplina della protezione internazionale - nella sua
'bipartizione' in riconoscimento dello status
di rifugiato e in protezione sussidiaria. Non
è inclusa la protezione temporanea, oggetto di altro decreto legislativo,
il n. 85 del 2003;
ü persone
senza fissa dimora, iscritte nel registro, in condizioni di povertà tale
da non poter reperire e mantenere un'abitazione in autonomia (ancora lettera b)).
Il registro delle persone senza fissa dimora è previsto dall'articolo 2, comma
4 della legge n. 1128 del 1954 ("Ordinamento delle anagrafi della
popolazione residente") e disciplinato dal decreto del ministro
dell'interno del 6 luglio 2010, che prevede che il registro (accessibile
esclusivamente dalla Direzione centrale per i servizi demografici del
Dipartimento per gli affari interni e territoriali del ministero dell'interno,
per la tenuta e conservazione del registro) sia alimentato dai Comuni (i quali,
iscritto il soggetto nell'anagrafe della popolazione residente, evidenziano la posizione
anagrafica di senza fissa dimora nell'Indice nazionale delle anagrafi).
Il comma
5 ribadisce che ai fini della
qualificazione di impresa sociale, il personale molto svantaggiato,
svantaggiato, disabile, sotto protezione internazionale o senza fissa dimora,
dev'essere non inferiore al trenta per
cento quello totale impiegato. È la medesima percentuale finora vigente.
Aggiunge
però la previsione che i lavoratori molto svantaggiati non possano eccedere un
terzo di tale percentuale, all'interno di essa.
Articolo
3
(Assenza di scopo di lucro)
L'assenza
dello scopo di lucro è uno dei tratti connotanti l'impresa sociale nella
disciplina del decreto legislativo n. 155 del 2006.
Su
questo riguardo ha inciso la legge n. 106 del 2016, prevedendo venga meno il divieto di qualsiasi distribuzione anche in
forma indiretta di utili o avanzi di gestione, ancorché entro limiti da
stabilirsi.
Rimane ferma la destinazione degli utili ad
obiettivi sociali; tale destinazione prevalente tuttavia, può non essere esclusiva.
La previsione di forme di remunerazione
del capitale sociale e di ripartizione di utili, da assoggettare a condizioni e
limiti massimi, e differenziabili anche in base alla forma giuridica
dell'impresa, costituisce uno degli elementi innovativi salienti della legge
delega n. 106.
Ne dà attuazione l'articolo 3 dello schema, in particolare al
comma 2, lettera b) ed al comma 3.
Di questo articolo, il comma
1 ribadisce che l'impresa sociale debba destinare gli utili ed avanzi di gestione, allo svolgimento dell'attività
statutaria o ad incremento del patrimonio.
Il comma 2 ribadisce
il divieto di distribuzione (anche
indiretta) degli utili e avanzi di gestione (comunque denominati) nonché di
fondi e riserve, a favore di amministratori, associati, lavoratori ecc.
È introdotta la previsione che tale divieto valga anche nel caso
di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del
rapporto.
Il divieto non vale - è altra previsione di nuova introduzione,
rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006 - per il rimborso
ai soci del capitale effettivamente versato, anche rivalutato o aumentato (v. infra), qualora l'impresa sia costituita
nelle forme di cui al titolo V del codice civile.
La norma esplicita alcune fattispecie di corresponsione, oggetto
di divieto.
Vi rientrano:
ü la corresponsione agli amministratori -
ed ai sindaci o chiunque rivesta cariche sociali, si viene ora ad aggiungere -
di compensi disallineati rispetto a quelli del medesimo settore (salvo
comprovate esigenze di acquisizione di competenze specifiche, in tal caso
comunque con un incremento ammesso non superiore al venti per cento) (lettera a));
ü la corresponsione ai lavoratori di
compensi o retribuzioni disallineati rispetto a quelli della contrattazione
collettiva (lettera b)). Ma per tale riguardo, lo schema viene a innovare,
ammettendo uno scostamento fino al venti
per cento rispetto alla contrattazione, e facendo scattare il divieto solo
ove sia superata quella soglia percentuale. Inoltre introduce una soglia
(invece assente nella formulazione del decreto legislativo n. 155) per
l'incremento ammesso nel caso di comprovate esigenze di acquisire specifiche
professionalità. La nuova previsione è che in ogni caso, non possa aversi uno
scostamento complessivo (e di compenso e di incremento di professionalità)
superiore al quaranta per cento
rispetto alla contrattazione collettiva (di cui al decreto legislativo n. 81
del 2015);
ü la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a
soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in
misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per la
distribuzione di dividendi (lettera c));
ü l'acquisto di beni o servizi per
corrispettivi superiori al valore di mercato "senza valide ragioni" (lettera d)).
Il comma 3 consente -
innovativamente, si è ricordato - all'impresa sociale
la distribuzione di una quota degli utili e degli
avanzi di gestione annuali, in deroga al generale divieto
sancito dal comma 1.
Tale quota deve comunque essere inferiore al cinquanta per cento
degli utili e avanzi complessivi, dedotte eventuali perdite maturate negli
esercizi precedenti.
La distribuzione di tale quota è ammessa per le imprese sociali
costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, solo nelle seguenti
modalità (lettera a)):
ü aumento gratuito del capitale sociale
sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice
nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di
impiegati, calcolate dall’ISTAT per il periodo corrispondente a quello
dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati
prodotti;
ü distribuzione di dividendi ai soci, anche
mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti
finanziari, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni
postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale
effettivamente versato.
Per le imprese
sociali che non siano costituite
nelle forme di cui al libro V del codice civile, sono ammesse solo erogazioni
gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati,
soci dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla
promozione di specifici progetti di utilità sociale (lettera b)).
Lo schema si direbbe non dar seguito ad uno
dei principi e criteri direttivi della delega recata dalla legge n. 106 del
2016, circa una differenziabilità delle soglie di remunerazione, commisurata
alla forma giuridica adottata dall'impresa.
Articolo
4
(Struttura proprietaria e disciplina dei gruppi)
Questo articolo - oltre a rinviare a disposizioni del
codice civile per la disciplina dell'attività di direzione dell'impresa -
sancisce il divieto di direzione o
controllo di imprese sociali da parte di soggetti aventi scopo di lucro e
di amministrazioni pubbliche.
Dispone inoltre l'annullabilità
(ed impugnabilità nei successivi centottanta giorni) delle decisioni assunte in
violazione del divieto.
Lo schema riproduce, con alcune limitate varianti
redazionali, il contenuto del corrispondente articolo del decreto legislativo
n. 155 del 2006.
Modificazione sostanziale peraltro è apportata
assimilando all'attività di direzione, quella di coordinamento.
Ed il divieto di detenzione del controllo vale - si
viene ora a prevedere espressamente - per qualsiasi forma esso possa assumere,
anche "analoga, congiunta o indiretta".
Questo
articolo disciplina l'atto costitutivo
(che deve essere pubblico) dell'impresa sociale nonché gli obblighi di deposito presso l'ufficio del registro delle imprese
(nella circoscrizione in cui è stabilita la sede legale).
Lo schema riproduce, con alcune limitate
varianti meramente redazionali, il contenuto del corrispondente articolo del
decreto legislativo n. 155 del 2006.
Articolo
6 del decreto legislativo n. 155 del 2006
(Responsabilità patrimoniale)
Lo
schema non riproduce - e dunque sopprime - l'articolo 6 del decreto legislativo
n. 155 del 2006.
Questo
articolo recava una disciplina di favore per le imprese sociali, in materia di responsabilità patrimoniale.
Esso prevede infatti che nelle
organizzazioni che esercitano un'impresa sociale - il cui patrimonio sia
superiore a 20.000 euro - delle obbligazioni assunte risponda soltanto
l'organizzazione con il suo patrimonio (dal momento della iscrizione nella
apposita sezione del registro delle imprese).
Soltanto
quando risulta che, in conseguenza di perdite, il patrimonio sia diminuito di
oltre un terzo rispetto all’importo citato, delle obbligazioni assunte
rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e
per conto dell’impresa.
Parrebbe suscettibile di approfondimento
se tale intervento normativo (soppressivo) in materia di responsabilità
patrimoniale rientri nell'ambito della delega quale conferita dalla legge n.
106 del 2016 - salvo ravvisarne il fondamento nel criterio ivi posto, circa
il coordinamento della disciplina
dell'impresa sociale con il regime delle attività d'impresa svolte dalle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale (per
le quali la normativa non prevede la limitazione della responsabilità
patrimoniale sopra ricordata).
Dispone
l’obbligatorietà dell’uso della
qualifica di impresa sociale nella denominazione o ragione sociale - nonché
negli atti e nella corrispondenza dell’impresa sociale, si viene ora a
prevedere.
Così
come sancisce il divieto dell’uso di
tale qualifica da parte dei soggetti non legittimati. Il divieto vale anche per
locuzioni equivalenti o ingannevoli.
Il comma 1
dispone che la nomina della maggioranza
dei componenti dell’organo di amministrazione sia in ogni caso riservata
all’assemblea degli associati o dei soci dell’impresa sociale, qualora l’atto
costitutivo o lo statuto riservino a soggetti esterni all’impresa sociale la
nomina di componenti degli organi sociali.
Il comma 2
ammette che le cariche sociali -
purché diverse dalla presidenza - possano essere assunte anche da soggetti
nominati da enti con scopo di lucro o pubbliche amministrazioni.
Questo, a condizione che non sia violato il divieto di
esercitare il controllo sull’impresa sociale, loro imposto dall'articolo 4,
comma 3 dello schema.
Il comma 2 dunque modifica l'analoga previsione del
decreto legislativo n. 155 del 2006, recante il divieto tout court di assunzione di qualsivoglia carica sociale, da parte
di soggetti nominati da enti con scopo di lucro o pubbliche amministrazioni.
Rimane fermo - ai sensi del comma 3 - che per ricoprire le cariche sociali, l'atto costitutivo
debba prevedere specifici requisiti di onorabilità,
professionalità ed indipendenza, a garanzia della socialità
dell’impresa.
Rimane applicabile - si viene a prevedere - la disciplina
resa dal decreto legislativo n. 39 del 2013, in materia di inconferibilità e incompatibilità di
incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in
controllo pubblico.
Articolo 8
(Ammissione ed esclusione)
Questo articolo prevede che così l'ammissione come l'esclusione
di soci o associati nell’impresa sociale non possano ledere il principio di non discriminazione.
Prescrive che le modalità di ammissione ed esclusione
debbano essere regolate nell'atto costitutivo o nello statuto dell'impresa
sociale.
Diversamente dal dettato del decreto legislativo n.
155 del 2006, si prevede comunque sia da tener conto delle "peculiarità
della compagine sociale e della struttura associativa o societaria".
Nella relazione illustrativa si legge di una possibile
portata derogatoria di tale previsione rispetto al principio di non
discriminazione, ad esempio nel caso degli enti confessionali.
Ancora l'atto costitutivo o lo statuto devono
assicurare che l’interessato possa adire l'assemblea degli associati o soci - o
altro organo da essa eletto, si viene ora a prevedere - avverso l'ammissione o
esclusione.
Articolo 9
(Scritture contabili)
Pone a carico dell’impresa sociale l’obbligo di tenuta
delle scritture contabili,
individuate, con rinvio alle norme codicistiche, nel
libro giornale e nel libro degli inventari.
L’obbligo di redazione e pubblicizzazione (mediante
deposito presso un registro delle imprese) di un documento che rappresenti
adeguatamente la situazione patrimoniale ed economica dell'impresa - già
previsto dal decreto legislativo n. 155 del 2006 - è ora previsto con riguardo
al bilancio d’esercizio.
Il bilancio di esercizio deve essere redatto, a
seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile.
Già vigente è l'obbligo per l’impresa sociale di
redigere e depositare (presso il registro delle imprese) il bilancio sociale.
Ora si aggiunge l'obbligo di pubblicazione sul proprio sito internet.
Il bilancio sociale è redatto secondo linee guida da
adottarsi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore.
L’obbligo di redazione del bilancio sociale rileva
anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale generato dalle attività
svolte dall’impresa sociale.
La valutazione dell’impatto sociale è definita
dall’articolo 7, comma 3 della legge n. 106 del 2016, come valutazione
qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti
delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all'obiettivo
individuato.
Articolo
10
(Organi di controllo interno)
L'articolo pone alcune più restrittive previsioni, in
materia di controlli.
Il comma 1
dispone infatti l’obbligatorietà per tutte le imprese sociali, della nomina (da
prevedersi nell'atto costitutivo) di uno o più sindaci, in possesso dei requisiti e privi di cause ineleggibilità
e di decadenza, secondo la normativa codicistica.
Il decreto legislativo n. 155 del 2006 invece
prevedeva che tale obbligo di nomina di sindaci scattasse solo ove l'impresa
sociale avesse superato due dei limiti-soglia ridotti della metà, previsti
dall'articolo 2435-bis del codice
civile (relativi a: totale dell'attivo dello stato patrimoniale; ricavi delle
vendite e delle prestazioni; dipendenti occupati in media durante l'esercizio).
I poteri e doveri propri dell’organo di controllo
interno sono stabiliti dal codice civile, e richiamati dal comma 2 circa la corretta amministrazione, l'adeguatezza
dell'assetto organizzativo e contabile, ed anche - si viene ora a prevedere -
il "concreto funzionamento".
I sindaci dell’impresa sociale sono chiamati - dal comma 3 - ad esercitare altresì compiti
di monitoraggio sull’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa,
nonché ad attestare la conformità del bilancio sociale alle linee guida
ministeriali.
I sindaci sono titolari di poteri ispettivi,
esercitabili in qualsiasi momento (secondo il comma 4, immutato rispetto al testo del decreto legislativo n.
155).
Il superamento dei limiti-soglia stabiliti
dall'articolo 2435-bis del codice
civile rileva tuttora - ai sensi del comma
5 - ai fini dell’ulteriore obbligo di sottoposizione dell’impresa sociale
alla revisione legale dei conti da
parte dei revisori legali.
È obbligo che vale nel caso in cui l'impresa sociale
superi per due esercizi consecutivi, due di quei limiti-soglia.
I
limiti-soglia ridotti della metà sono pertanto: 2.200.000 per il totale
dell'attivo dello stato patrimoniale; 4.400.000 per i ricavi delle vendite e
delle prestazioni; 25 unità per il numero di dipendenti occupati in media durante
l'esercizio.
Nel caso di violazione di due di tali limiti, il
controllo contabile è esercitato o da un revisore contabile o da sindaci
iscritti nell'albo dei revisori contabili o - si viene a prevedere ora,
rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 - da una società di
revisione legale.
Per il controllo sia interno sia contabile esterno è
in ogni caso fatta salva la disciplina più restrittiva (si pensi alle società
per azioni) prevista per ciascun tipo giuridico adottato dall’organizzazione che
esercita l’impresa sociale.
Articolo
11
(Coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati
alle attività)
L'articolo
prevede disposizioni dirette a favorire il coinvolgimento
dei lavoratori, degli utenti e degli stakeholders di riferimento.
Tali
disposizioni non si applicano alle cooperative a mutualità prevalente e agli
enti ecclesiastici.
Quel
coinvolgimento si attua attraverso strumenti di consultazione o partecipazione,
onde esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, con
specifico (ma non esclusivo) riguardo alle condizioni di lavoro ed alla qualità
dei beni e servizi prodotti o scambiati.
Viene
rimesso a specifiche linee guida, da adottarsi da parte del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, l’individuazione dei criteri di dettaglio
relativi alle modalità di coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti delle
attività sociali.
La
norma stabilisce però direttamente l’obbligo negli statuti delle imprese
sociali di disciplinare casi e modi della partecipazione dei lavoratori e degli
utenti all’organo assembleare.
Ed
in riferimento alle imprese sociali di maggiori dimensioni (ossia che superino
due dei limiti-soglia stabiliti dall'articolo 2435-bis del codice civile, ridotti della metà) la norma prescrive che i
lavoratori ed eventualmente gli utenti possano nominare almeno un componente
sia dell'organo di amministrazione sia dell'organo di controllo.
I
limiti-soglia ridotti della metà sono: 2.200.000 per il totale dell'attivo
dello stato patrimoniale; 4.400.000 per i ricavi delle vendite e delle
prestazioni; 25 unità per il numero di dipendenti occupati in media durante
l'esercizio.
Articolo
12
(Trasformazione, fusione, scissione, cessione d'azienda e devoluzione del patrimonio)
Dispone (al comma
1) che le vicende dell'impresa
sociale - trasformazione, fusione, scissione, cessione d'azienda, devoluzione -
si svolgano preservando l’assenza dello scopo di lucro, i vincoli di
destinazione del patrimonio ed il perseguimento delle finalità civiche,
solidaristiche e di utilità sociale.
È previsione più ampia rispetto a quella del decreto
legislativo n. 155 del 2006, incentrato sul preservamento dell'assenza di
lucro.
In caso di
cessione d'azienda (o di un ramo di essa, si viene ad aggiungere), essa
deve avvenire sì che il cessionario persegua le finalità di interesse generale.
Viene aggiunta la nuova previsione che la cessione
abbia luogo previa una relazione giurata
di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede l'impresa
sociale, attestante il valore effettivo dell'impresa.
Per gli enti
ecclesiastici - ancora prevede il comma 1 - le disposizioni sopra ricordate
si applicano per le sole attività indicate nel regolamento, di cui all'articolo
1, comma 3.
È prevista - dal comma
2 - l’adozione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (sentito
il Consiglio nazionale del Terzo settore) di specifiche linee guida, cui debbano
conformarsi gli atti di trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda o
di un suo ramo, devoluzione del patrimonio.
Di tali atti, l'organo di amministrazione dell'impresa
sociale notifica al Ministero l'intenzione, allegando la documentazione
necessaria (comma 3).
Di tali atti, l'efficacia resta comunque subordinata
al rilascio dell’autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, ai sensi del comma 4.
Esso prevede un meccanismo di silenzio assenso (ossia accoglimento
se decorrano inutilmente 90 giorni dalla notificazione dell’istanza da parte
dell’organo di amministrazione dell’impresa sociale), già presente nel decreto
legislativo n. 155 del 2006.
Nonché prevede la tutela davanti al giudice
amministrativo, avverso i provvedimenti ministeriali di diniego
dell’autorizzazione.
Il comma 5 dispone
che in caso di scioglimento volontario
dell’ente o di perdita volontaria della qualifica di impresa sociale, sia
ammissibile (conformemente alle indicazioni statutarie) la devoluzione del patrimonio residuo solo in favore di un altro
ente del Terzo settore, ovvero in favore dei fondi disciplinati dal successivo
articolo 16, salvo quanto previsto dalla normativa specifica applicabile alle
società cooperative.
Sono ammesse (previamente alla devoluzione del
patrimonio residuo):
ü
la deduzione del
capitale effettivamente versato dai soci (eventualmente rivalutato o aumentato);
ü
la deduzione dei
dividenti deliberati e non distribuiti (v. articolo 3, comma 3).
Questo,
qualora l'impresa sociale sia costituita nelle forme di cui al libro V del
codice civile.
Le disposizioni del comma 5 non si applicano agli enti
ecclesiastici.
Articolo
13
(Lavoro nell'impresa sociale)
Questo articolo ribadisce il principio (già presente
nel decreto legislativo n. 155 del 2006) della non inferiorità del trattamento economico e normativo dei
lavoratori dell'impresa sociale rispetto a quanto previsto dai contratti
collettivi.
Aggiunge un limite all’eventuale divario salariale tra i lavoratori dipendenti dell’impresa sociale.
Tale divario non può essere superiore al rapporto
(calcolato sulla retribuzione annuale lorda) di uno ad otto.
È ribadita l'ammissione della prestazione di attività
di volontariato all’interno dell’impresa sociale.
Viene modificato il limite-soglia di volontari impiegabili, rispetto al numero di
lavoratori dipendenti.
Infatti si prevede che il numero di volontari non
possa essere superiore al numero di lavoratori dipendenti dell'impresa sociale.
Nel decreto legislativo n. 155 del 2006, tale limite
era dato dal cinquanta per cento (dei lavoratori impiegati a qualsiasi titolo
nell'impresa sociale).
Si introduce l'obbligo di tenere un apposito registro
dei volontari impiegati.
Viene scandito che l'impresa sociale debba assicurare
i volontari contro gli infortuni e le malattie connessi con lo svolgimento
delle attività, così come per la responsabilità civile verso terzi.
Questo principio era presente nel decreto legislativo
n. 155 del 2006 con diversa modalità redazionale, ossia mediante rinvio all'articolo
4 della legge-quadro sul volontariato (legge n. 266 del 1991).
Così come esso faceva rinvio (non espressamente
ribadito nello schema) agli articoli 2 e 17 della legge n. 266, relativi
rispettivamente all'attività di volontariato (e la sua assenza di fini lucro,
con divieto di retribuzione), alla flessibilità nell'orario di lavoro.
Articolo
14
(Procedure concorsuali)
Questo articolo assoggetta l’impresa sociale, in caso
di insolvenza, alla liquidazione coatta
amministrativa (comma 1).
Si tratta di procedura concorsuale (già prevista dal
decreto legislativo n. 155 del 2006) che la legge fallimentare destina a
particolari categorie di enti a notevole rilevanza pubblica, in ragione delle
finalità e degli interessi che li caratterizzano e, perciò, soggetti a
controllo e vigilanza dell’autorità pubblica.
Laddove il decreto legislativo n. 155 si arrestava a
tale previsione, lo schema mira ad una ulteriore disciplina del procedimento
della concorsualità, ritenuta di per sé sola non
idonea ad integralmente a tutelare le finalità civiche, solidaristiche e di
utilità sociale retrostanti l'attività dell'impresa sociale.
Lo schema aggiunge così la previsione che la
liquidazione coatta amministrativa sia disposta con un decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, quale autorità vigilante sull’impresa sociale.
Con decreto ministeriale altresì è effettuata la nomina (contestuale o
successiva) del commissario liquidatore
(comma 2).
Ove l’impresa sociale abbia assunto la forma di una
società cooperativa, la competenza all’adozione del provvedimento si radica in
capo ad altra pubblica autorità vigilante, il Ministero dello sviluppo
economico (ai sensi dell’articolo 2545-terdecies
del codice civile e dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002).
Il comma 3
prevede che un decreto interministeriale (del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e finanze) individui criteri e modalità di remunerazione dei commissari liquidatori e dei membri del comitato
di sorveglianza, sulla base dell’economicità, efficacia ed efficienza delle
attività svolte.
È previsione che può dirsi in linea con quella della
legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni),
la quale all'articolo 213, relativo alla chiusura della liquidazione, attribuisce
il compito di liquidare il compenso al commissario liquidatore, all’autorità
che vigila sulla liquidazione coatta amministrativa.
Il comma 4 reca previsione transitoria: fino all’adozione del decreto
ministeriale sopra citato, continuano a trovare applicazione le disposizioni
del decreto ministeriale 3 novembre 2016, che ha dettato i criteri per la
determinazione e liquidazione dei compensi spettanti ai commissari liquidatori
e ai membri dei comitati di sorveglianza.
Il comma
5 dispone - previe le deduzioni previste dall'articolo 12, comma 5 (v. supra) - la devoluzione del patrimonio residuo al
termine della procedura concorsuale, ad altri enti del Terzo settore o ai
fondi di promozione e sviluppo delle imprese sociali (di cui all'articolo 16,
v. infra).
Quest'ultima destinazione (quella relativa
ai fondi) è innovativa rispetto al decreto legislativo n. 155 del 2006.
Il comma
6 infine reca una clausola di esclusione degli enti ecclesiastici
dall'applicazione della disposizione testé rammentata circa la devoluzione del
patrimonio residuo. È clausola già presente (con diversa dislocazione
redazionale) nel decreto legislativo n. 155 del 2006.
Articolo
15
(Funzioni di monitoraggio, ricerca e controllo)
Il comma 1
prevede che il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali promuova attività di raccordo con le pubbliche
amministrazioni, il Consiglio nazionale del terzo settore e le parti sociali,
al fine di sviluppare azioni di sistema e svolgere attività di monitoraggio e
ricerca (nel settore delle imprese sociali).
I commi da 2 a
5 concernono le competenze, i criteri e le modalità per lo svolgimento
delle attività ispettive sulle imprese sociali, ai fini della verifica del
rispetto della disciplina di cui al presente decreto, mentre i commi da 6 a 9 riguardano le procedure
e le sanzioni per le ipotesi di riscontro di violazioni della suddetta
disciplina.
In particolare, ai sensi dei commi 2 e 3, le attività
ispettive in oggetto sono demandate da parte del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali all'Ispettorato nazionale del lavoro[2]
e, in via eventuale, ad enti associativi riconosciuti - cui aderiscano almeno
duemila imprese sociali, iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque
regioni o province autonome - e ad associazioni nazionali di rappresentanza,
assistenza, tutela e revisione del movimento cooperativo (riconosciute ai sensi
dell'art. 3 del D.Lgs. 2 agosto 2002, n. 220).
Il comma 4
demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la
definizione: delle forme, dei contenuti e delle modalità dell’attività
ispettiva in esame (ivi compreso il relativo modello di verbale); del
contributo per la medesima da porre a carico delle imprese sociali; dei
criteri, dei requisiti e delle procedure per il riconoscimento degli enti
associativi suddetti nonché delle forme di vigilanza su di essi da parte del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In ogni caso, le imprese sociali sono sottoposte ad
attività ispettiva almeno una volta all’anno (comma 4 citato).
Ai sensi del comma
5, per le imprese sociali costituite in forma di società cooperativa,
l'attività ispettiva è svolta nel rispetto delle attribuzioni, delle modalità e
dei termini della disciplina sulla vigilanza sugli enti cooperativi (disciplina
di cui al decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220); di conseguenza,
l'attività ispettiva relativa a tali imprese compete, come conferma la
relazione illustrativa, al Ministero dello sviluppo economico. Lo stesso comma 5 demanda ad un decreto del
Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, la definizione delle norme di coordinamento
necessarie, al fine di assicurare l’unicità, la completezza, la periodicità e
l'efficacia dell’attività ispettiva.
In base al comma
6, il soggetto esercente l'attività ispettiva, qualora abbia accertato una
violazione della disciplina di cui al presente decreto, diffida gli organi di
amministrazione dell’impresa sociale all'adozione entro un congruo termine
degli atti dovuti. In caso di mancata ottemperanza alla diffida ovvero in caso
di ostacolo allo svolgimento dell'attività ispettiva, il Ministero vigilante
può nominare un commissario ad acta,
anche nella persona del legale rappresentante dell’impresa sociale, che
affianchi gli organi dell’impresa sociale e provveda allo specifico adempimento
richiesto (comma 7).
Nel caso di irregolarità non sanabili o non sanate, il
Ministero vigilante dispone la perdita della qualifica di impresa sociale (comma 8). Tale provvedimento dispone
altresì che il patrimonio residuo dell’impresa sociale - dedotti (nelle imprese
sociali costituite nelle forme di impresa, di cui al libro V del codice civile)
il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato o
aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti (nei limiti di cui
all’articolo 3, comma 3, lettera a),
del presente schema) - sia devoluto al fondo istituito, ai sensi dell'articolo
16 dello schema, dall’ente o associazione cui l’impresa sociale aderisca o, in
mancanza, al fondo istituito dalla Fondazione Italia Sociale, fatte salve le
diverse norme vigenti in materia di società cooperative[3].
Il provvedimento è trasmesso ai fini della cancellazione dell’impresa sociale
dall’apposita sezione del registro delle imprese.
Il comma 9 specifica che contro i provvedimenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui al comma 8 è possibile il ricorso dinanzi al giudice amministrativo. Sembrerebbe opportuno estendere tale riferimento ai provvedimenti di cui al comma 7 nonché agli omologhi provvedimenti (di cui ai medesimi commi 7 e 8) del Ministero dello sviluppo economico, considerato che, in base al rinvio di cui al comma 5, nel caso di società cooperative i provvedimenti in oggetto, come conferma la relazione illustrativa, sono di competenza di tale Dicastero.
Articolo
16
(Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali)
Introduce previsioni assenti
nell'articolato del decreto legislativo n. 155 del 2006.
Ove se ne voglia rintracciare un
antecedente normativo, esso è da ravvisare
- ma con alcune significative varianti - nella previsione secondo cui le società cooperative e i loro
consorzi devono destinare alla costituzione e all'incremento di ciascun fondo
costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota degli utili annuali pari
al 3 per cento (cfr. l'articolo 11, comma 4, della legge n. 59 del 1992 recante
"Nuove norme in materia di società cooperative").
Questo articolo dello schema dà alle imprese sociali facoltà (non
obbliga) di destinare una quota,
non superiore al 3 per cento, dei loro utili o avanzi di gestione annuali (dedotte
eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti). per fondi con vincolo di destinazione, costituito dalla promozione e sviluppo delle imprese sociali.
I fondi qui considerati possono essere costituiti da:
ü gli enti ed associazioni associativi delle imprese
sociali, cui aderiscano almeno duemila imprese
sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque diverse regioni o
province autonome;
ü le associazioni nazionali di
rappresentanza degli enti cooperativi riconosciuti dal Ministero dello sviluppo
economico;
ü la Fondazione Italia sociale.
I fondi perseguono iniziative "di
varia natura" si legge nel testo, che a titolo esemplificativo sono:
progetti di studio e ricerca in tema di impresa sociale; attività di formazione
dei lavoratori dell'impresa sociale; promozione della costituzione di imprese
sociali o loro enti associativi; specifici programmi di sviluppo.
I versamenti a tali fondi sono deducibili dall'IRES.
Secondo la relazione tecnica che correda
lo schema, non sono ascrivibili alla disposizione in esame
effetti finanziari, per il carattere facoltativo del versamento e perché
quest’ultimo è da considerarsi alla stregua di qualsiasi altro costo deducibile
sostenuto dalle imprese e pertanto, incidendo sulla redditività delle stesse,
determina esclusivamente effetti finanziari indiretti.
La relazione illustrativa ricorda che questi fondi sono alimentati, oltre che dai versamenti volontari, anche dalla devoluzione del patrimonio residuo, conseguente al provvedimento dispositivo della perdita della qualifica di impresa sociale, e dalla devoluzione volontaria del patrimonio, di cui all’articolo 12, comma 5 dello schema.
Articolo
17
(Norme di coordinamento e transitorie)
Il comma 1 pone
una disposizione relativa alle società
cooperative edilizie di abitazione e
loro consorzi, che si costituiscano impresa sociale per le attività di alloggio sociale o altra attività
residenziale temporanea, diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari,
culturali, formativi e di accoglienza umanitaria di stranieri.
Ebbene, in tal caso le società cooperative possono
iscriversi all'Albo nazionale delle società cooperative edilizie di
abitazione e dei loro consorzi, istituito presso la Direzione
generale della cooperazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
(ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 59 del 1992).
E se iscritte, le società cooperative possono
esercitare in ogni caso le attività sopra ricordate.
Il comma 2
pone un termine di 12 mesi entro il quale le imprese sociali che siano già
costituite alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame, si
adeguino alla nuova normativa, anche attraverso le necessarie modifiche
statutarie. Per queste ultime, le modalità e le maggioranze richieste sono
quelle previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.
Il comma 3
concerne l'efficacia dei richiami nello schema al Consiglio nazionale del Terzo
settore.
Articolo
18
(Misure fiscali e di sostegno economico)
L’articolo 18,
secondo quanto previsto dalla delega, introduce salienti misure di sostegno e
fiscali volte alla promozione e allo sviluppo dell’impresa sociale, qualifica
normativa che può essere assunta da diverse tipologie di enti. Di conseguenza,
i relativi redditi sono determinati secondo le norme tributarie ordinariamente
applicabili alle diverse tipologie di enti che possono assumere la qualifica di
impresa sociale.
Il comma 1
esclude gli utili e gli avanzi di
gestione delle imprese sociali dal calcolo del reddito imponibile ai fini
delle imposte dirette qualora vengano destinati ad apposita riserva
indivisibile in sospensione d’imposta in sede di approvazione del bilancio
dell’esercizio in cui sono stati conseguiti, e risultino effettivamente
destinati, entro il secondo periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati
conseguiti, allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del
patrimonio ai sensi dell’articolo 3, comma 1, nonché al versamento del
contributo per l’attività ispettiva di cui all’articolo 15. La destinazione
degli utili e degli avanzi di gestione deve risultare dalle scritture contabili
previste dall’articolo 9. Salvo quanto previsto dal comma 2, concorrono alla
determinazione del reddito imponibile gli utili e gli avanzi di gestione
destinati ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a) e lettera b).
La relazione illustrativa rinviene la ratio di tale disposizione, in attesa
che venga completata la più ampia riforma del Terzo settore, nel quale
rientrano a pieno titolo i soggetti che acquisiscono la qualifica di impresa
sociale, nel fatto che l’impresa sociale è tenuta a destinare i propri utili o
avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento
del patrimonio, con possibilità di distribuirli ai soci nei soli limiti
previsti dal nuovo articolo 3, comma 3 (interesse massimo dei buoni postali
fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo, rispetto al capitale effettivamente
versato). Tale specifica caratteristica giustifica, appunto, da un punto di
vista strutturale, la detassazione degli utili o avanzi di gestione che
incrementino le riserve indivisibili dell’impresa sociale in sospensione
d’imposta in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio in cui sono stati
conseguiti e che vengano effettivamente destinati allo svolgimento
dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio (analogamente a quanto
già previsto per le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991 e per
i consorzi tra piccole e medie imprese di cui alla legge n. 240 del 1981).
Il comma 2
estende la predetta esclusione dalla determinazione del reddito imponibile ai
fini delle imposte dirette agli utili e agli avanzi di gestione destinati, ai
sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a), ad aumento gratuito del capitale
sociale sottoscritto e versato dai soci nei limiti delle variazioni dell’indice
nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di
impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il
periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli
avanzi di gestione sono stati prodotti.
La ratio del
presente comma appare rinvenibile, secondo la relazione illustrativa, in
esigenze di simmetria fiscale rispetto alla precedente disposizione
agevolativa. Per completezza viene ricordato che l’impresa sociale deve
svolgere in via stabile e principale un’attività di impresa di interesse
generale nei settori di cui all’articolo 2 e che si considera principale
l’attività produttiva di almeno il 70 per cento dei ricavi complessivi. Ciò
comporta che l’impresa sociale possa finanziarsi anche mediante lo svolgimento
di attività diverse da quelle di interesse generale, purché i relativi ricavi
non eccedano la soglia del 30% dei ricavi complessivi. A questo riguardo, si
ritiene che anche questi proventi vadano esclusi dalla tassazione ai fini delle
imposte dirette, nella misura in cui l’impresa proceda a reinvestirli nelle
modalità sopra specificate.
Il comma 3
dispone la detrazione dall’imposta
lorda sul reddito delle persone fisiche di un importo pari al 30 per cento della somma investita dal
contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società
cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale
successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e siano
costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’ammontare, in
tutto o in parte, non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento può
essere portato in detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche nei
periodi d’imposta successivi, ma non oltre il terzo. L’investimento massimo
detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro
1.000.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale cessione,
anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta
la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente di restituire
l’importo detratto, unitamente agli interessi legali.
Per quanto riguarda questa tipologia di agevolazione
la relazione illustrativa ricorda che si è tenuto conto delle norme per le start-up innovative (art. 29 del D.L. n.
179 del 2012) e le PMI innovative (art. 4 del D.L. n. 3 del 2015). Viene
inoltre rappresentato che, per espressa previsione dell’articolo 9, comma 1, lett. f) della
legge delega n. 106 del 2016, devono essere introdotte “misure agevolative
volte a favorire gli investimenti di capitale” nelle imprese sociali le quali,
in mancanza di questo incentivo, sarebbero eccessivamente penalizzate rispetto
alle società lucrative, che non soggiacciono ai suddetti limiti di
remunerazione del capitale.
Il comma 4
esclude il concorso alla formazione del reddito dei soggetti passivi
dell’imposta sul reddito delle società, il 30
per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più società,
incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa
sociale successivamente alla di entrata in vigore del presente decreto e siano
costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’investimento
massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di
euro 1.800.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale
cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine,
comporta la decadenza dal beneficio ed il recupero a tassazione dell’importo
dedotto. Sull’imposta non versata per effetto della deduzione non spettante
sono dovuti gli interessi legali.
Il comma 5
prevede l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4 anche agli atti
di dotazione (si tratta dell'atto con cui il disponente assegna alla fondazione un patrimonio adeguato) e
ai contributi di qualsiasi natura, posti in essere successivamente alla data di
entrata in vigore del presente decreto, in favore di fondazioni che abbiano
acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla medesima data e
siano costituite da non più di trentasei mesi dalla stessa.
Tale disposizione è finalizzata ad evitare disparità
di trattamento tra le imprese sociali costituite in forma societaria e quelle
costituite in forma non societaria, estendendo quindi l’agevolazione anche alle
imprese sociali costituite in forma di fondazione.
Analoga misura non si applica invece - come
sottolineato dalla relazione illustrativa - alle imprese sociali costituite in
forma di associazione, dal momento che queste ultime hanno con maggiore
facilità (stante la base personale che, al pari delle società, le
contraddistingue) la possibilità di acquisire per trasformazione la forma
societaria qualora intendano avvalersi di capitale di rischio, ed usufruire
delle agevolazioni di cui al presente decreto.
Il comma 6
demanda ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello
sviluppo economico, da adottarsi
entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
l'individuazione delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai
commi 3, 4 e 5.
Il comma 7
esclude l'applicazione alle imprese sociali della disciplina prevista per le
società di cui all'articolo 30 della legge n. 724 del 1994 (si tratta delle
disposizioni che individuano una serie di parametri del bilancio societario
sintomatici della non operatività delle società e del conseguente carattere di
società di comodo), all’articolo 2, commi da 36‑decies a 36-duodecies del
decreto-legge n. 138 del 2011 (si tratta delle disposizioni sulle società in
perdita sistematica, individuate in quelle che presentano dichiarazioni in
perdita fiscale per cinque periodi d'imposta consecutivi o anche per quattro
periodi d'imposta, accompagnati, nel quinquennio, da un esercizio in cui il reddito
dichiarato risulti comunque inferiore all'ammontare determinato ai sensi dell'articolo 30, comma
3, della citata legge n. 724 del 1994, ovvero come quota
minima del valore dei beni e/o delle immobilizzazioni), all’articolo 62‑bis
del decreto-legge n. 331 del 1993 (introduzione degli studi di settore),
all’articolo 3, commi da 181 a 189, della legge n. 549 del 1995 (parametri
degli studi di settore) e all’articolo
7‑bis del decreto-legge n. 193
del 2016 (introduzione degli indici
sintetici di affidabilità per la promozione dell'osservanza degli obblighi
fiscali, per la semplificazione degli adempimenti e per la contestuale
soppressione della disciplina degli studi di settore).
La mancata applicazione delle suddette disposizioni,
aventi carattere antielusivo e di valutazione della normale capacità economica
per soggetti che agiscono con finalità lucrativa, scaturisce dalla scarsa
rispondenza alla situazione di soggetti che agiscono con una logica economica,
improntata però a finalità di interesse generale, la salvaguarda delle quali è
già affidata ad altre norme più calibrate alla fattispecie (si pensi, ad
esempio, alle presunzioni di indiretta distribuzione degli utili previste
dall’articolo 3, comma 2).
Il comma 8
apporta le seguenti modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia
di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo n. 58 del
1998:
a) all’articolo 1, intervenendo sul comma 5-novies, estende la definizione di
portale per la raccolta di capitali, ora attribuita alle piattaforme on line che abbiano come finalità
esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle
PMI come definite dalla disciplina dell'Unione europea e degli organismi di
investimento collettivo del risparmio o altre società che investono
prevalentemente in PMI, anche alle ipotesi in cui tale attività sia rivolta
alla facilitazione della raccolta di capitale di rischio per le imprese sociali,
ampliando conseguentemente l'espressione definitoria utilizzata, che diventa
" portale per la raccolta di capitali per le PMI e per le imprese
sociali", in luogo di quella attuale “portale per la raccolta di capitali
per le PMI”.
Inoltre, viene inserito nell'apparato
definitorio recato dall'articolo 1 il comma 5-duodecies, con il quale si stabilisce che per “imprese sociali” si
intendono le imprese sociali ai sensi del decreto legislativo di cui
all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2016, costituite in
forma di società di capitali o di società cooperativa.
b) la rubrica del capo III‑quater, del titolo III, della Parte II,
è sostituita nel modo seguente: “Gestione
di portali per la raccolta di capitali per le PMI e per le imprese sociali”;
c) all’articolo 50‑quinquies, oltre a sostituire la rubrica nei medesimi termini
appena riportati dalla lettera b) (si
ritiene un errore materiale l'indicazione riportata dal testo disponibile
dell'atto in esame), apporta modifiche di mero coordinamento riguardanti la
disciplina del concetto e dell'attività di portale per la raccolta di capitali.
d) all’articolo 100‑ter, comma 1, inserisce le imprese sociali nel novero dei soggetti
per i quali le offerte al pubblico condotte esclusivamente attraverso uno o più
portali per la raccolta di capitali possono essere finalizzate, attraverso la
sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dai suddetti soggetti.
e) all’articolo 100‑ter, comma 2, si apporta una modifica che consente alla Consob di determinare la disciplina applicabile alle
offerte di cui al comma precedente, al fine di assicurare la sottoscrizione da
parte di investitori professionali o particolari categorie di investitori dalla
stessa individuate di una quota degli strumenti finanziari offerti, quando
l'offerta non sia riservata esclusivamente a clienti professionali, e di
tutelare gli investitori diversi dai clienti professionali anche nel caso in
cui la cessione di partecipazioni a terzi successivamente all'offerta da parte
dei soci di controllo riguardi un'impresa sociale.
f) all’articolo 100‑ter, comma 2‑bis,
si prevede che anche per la sottoscrizione o l'acquisto e per la successiva
alienazione di quote rappresentative del capitale di imprese sociali,
analogamente a quanto già disposto per le start-up innovative e di PMI
innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata:
a) la sottoscrizione o l'acquisto possono essere
effettuati per il tramite di intermediari abilitati alla resa di uno o più dei
servizi di investimento previsti dall'articolo 1, comma 5, lettere a), b) ed
e); gli intermediari abilitati effettuano la sottoscrizione o l'acquisto delle
quote in nome proprio e per conto dei sottoscrittori o degli acquirenti che
abbiano aderito all'offerta tramite portale;
b) entro i trenta giorni successivi alla chiusura
dell'offerta, gli intermediari abilitati comunicano al registro delle imprese
la loro titolarità di soci per conto di terzi, sopportando il relativo costo; a
tale fine, le condizioni di adesione pubblicate nel portale devono
espressamente prevedere che l'adesione all'offerta, in caso di buon fine della
stessa e qualora l'investitore decida di avvalersi del regime alternativo di
cui al presente comma, comporti il contestuale e obbligatorio conferimento di
mandato agli intermediari incaricati affinché i medesimi:
1) effettuino l'intestazione delle quote in
nome proprio e per conto dei sottoscrittori o degli acquirenti, tenendo
adeguata evidenza dell'identità degli stessi e delle quote possedute;
2) rilascino, a richiesta del sottoscrittore o
dell'acquirente, un attestato di conferma comprovante la titolarità delle
quote; tale attestato di conferma ha natura di puro titolo di legittimazione
per l'esercizio dei diritti sociali, è nominativamente riferito al sottoscrittore
o all'acquirente, non è trasferibile, neppure in via temporanea né a qualsiasi
titolo, a terzi e non costituisce valido strumento per il trasferimento della
proprietà delle quote;
3) consentano ai sottoscrittori e agli
acquirenti che ne facciano richiesta di alienare le quote secondo quanto
previsto alla lettera c) del presente comma;
4) accordino ai sottoscrittori e agli
acquirenti la facoltà di richiedere, in ogni momento, l'intestazione diretta a
se stessi delle quote di loro pertinenza;
c) la successiva alienazione delle quote da parte
di un sottoscrittore o acquirente, ai sensi della lettera b), numero 3),
avviene mediante semplice annotazione del trasferimento nei registri tenuti
dall'intermediario; la scritturazione e il trasferimento non comportano costi o
oneri né per l'acquirente né per l'alienante; la successiva certificazione
effettuata dall'intermediario, ai fini dell'esercizio dei diritti sociali,
sostituisce ed esaurisce le formalità di cui all'articolo 2470,
secondo comma, del codice civile.
g) all’articolo 100‑ter, comma 2‑quater,
dispone che, ferma restando ogni altra disposizione della parte II, titolo II,
capo II, anche l'esecuzione di sottoscrizioni, acquisti e alienazioni di
strumenti finanziari emessi da imprese sociali (finora tale previsione riguardava soltanto start-up innovative e PMI
innovative) ovvero di quote rappresentative del capitale delle medesime,
effettuati secondo le modalità previste alle lettere b) e c) del
comma 2‑bis del presente articolo, non necessita della
stipulazione di un contratto scritto. Ogni corrispettivo, spesa o onere
gravante sul sottoscrittore, acquirente o alienante deve essere indicato nel
portale dell'offerta, con separata e chiara evidenziazione delle condizioni
praticate da ciascuno degli intermediari coinvolti, nonché in apposita sezione
del sito internet di ciascun intermediario. In difetto, nulla è dovuto agli
intermediari.
Il comma 9
subordina l’efficacia delle disposizioni del presente articolo e dell’articolo
16, comma 2, ai sensi dell’articolo
108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali.
La scelta recata dal presente comma è qualificata come meramente prudenziale dal legislatore delegato, che afferma che le disposizioni fiscali di cui sopra non costituiscono aiuti di stato, poiché motivati da evidenti profili di simmetria fiscale tra divieto di distribuire utili e non imponibilità degli stessi.
Dispone
l'abrogazione del decreto legislativo n. 155 del 2006, la cui disciplina è
rifusa in quella recata dallo schema in esame, con le rivisitazioni di volta in
volta richiamate.
Tutti
i richiami normativi al decreto legislativo del 2006 sono traslati al decreto
legislativo recato dallo schema.
Articolo
20
(Copertura finanziaria)
Reca la quantificazione degli oneri conseguenti alle misure di
incentivazione fiscale previste dall'articolo 18 (ai commi 1, 3, 4 e 7) e la
relativa copertura finanziaria.
Si tratta di: 5,42 milioni per l'anno 2018; 3,1 milioni a
decorrere dall'anno 2019.
La copertura
corrispondente è tratta dall'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1,
comma 187 della legge n. 190 del 2014 (la quale autorizzò per
la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del
servizio civile universale la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2015, di
140 milioni di euro per l'anno 2016 e di 190 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2017).
Per le previsioni dello schema diverse da
quelle sopra richiamate, è invece posta una clausola di invarianza finanziaria.
Articolo
21
(Entrata in vigore)
Dispone
l'entrata in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale.
Decreto
legislativo n. 155 del 2006 |
A.G. n.
418 |
Art. 1 (Nozione) |
Art. 1 (Nozione e qualifica di
impresa sociale) |
1. Possono acquisire la qualifica di
impresa sociale tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui
al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale
un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di
beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse
generale, e che hanno i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4. |
1.
Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni
private, incluse quelle costituite
nelle forme di cui al libro V del codice civile, che, in conformità alle
disposizioni del presente decreto, esercitano in via stabile e principale
un’attività d’impresa di interesse
generale, senza scopo di lucro e per finalità
civiche, solidaristiche e di
utilità sociale, adottando modalità di
gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento
dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro
attività. [L'assenza di uno scopo di lucro è
evidenziata graficamente quale nuovo elemento definitorio, ancorché
l'articolo 3 del decreto legislativo n. 155 rechi disposizioni inerenti a
quel profilo. L'utilità sociale connota i beni e servizi prodotti o
scambiati nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 155. L'interesse generale è riferito, nello schema,
all'attività d'impresa; nel decreto legislativo n. 155, alle finalità]. |
2. Le amministrazioni pubbliche di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, e le organizzazioni i cui atti costitutivi
limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore
dei soli soci, associati o partecipi
non acquisiscono la qualifica di impresa sociale. |
2. Non
possono acquisire la qualifica di impresa sociale le amministrazioni
pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni, e le organizzazioni i cui atti
costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei
servizi in favore dei soli soci o associati. |
3. Agli enti
ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato
ha stipulato patti, accordi o intese si applicano le norme di cui al presente
decreto limitatamente allo svolgimento delle attività elencate all'articolo
2, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di
scrittura privata autenticata, che recepisca le norme del presente decreto.
Per tali attività devono essere tenute separatamente le scritture contabili
previste dall'articolo 10. Il regolamento deve contenere i requisiti che sono
richiesti dal presente decreto per gli atti costitutivi. |
3. Agli
enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose con le quali lo
Stato ha stipulato patti, accordi o intese le norme di cui al presente
decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2, a condizione che per
tali attività adottino un regolamento, in forma di scrittura privata
autenticata, che recepisca le norme del presente decreto e presenti i
requisiti richiesti per gli atti costitutivi delle imprese sociali. Per lo svolgimento di tali attività deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere
tenute separatamente le scritture contabili di cui all’articolo 9. |
|
4. Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla
legge 8 novembre 1991, n. 381, acquisiscono di diritto la qualifica di
imprese sociali. Alle cooperative sociali e ai loro consorzi, di cui alla legge 8
novembre 1991, n. 381, si applicano esclusivamente le disposizioni di cui
agli articoli 14, 15, 16, 17 e 18 del presente decreto, nel rispetto della
normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili. |
|
5. Alle imprese sociali si applicano, in quanto
compatibili con le disposizioni del presente decreto, le norme del codice del
Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge 6 giugno 2016, n. 106, e, in mancanza e per gli
aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le relative
disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui l’impresa
sociale è costituita. |
|
6. Le disposizioni di cui al presente decreto si
applicano in quanto compatibili con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n.
175. |
|
7. Le disposizioni del presente decreto non si applicano
alle fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n.
153. |
Art. 2 (Utilità sociale) |
Art. 2 (Attività
d’impresa di interesse generale) |
1. Si considerano beni e servizi di
utilità sociale quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori: |
1. L’impresa
sociale esercita in via stabile e principale una o più attività d’impresa di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche,
solidaristiche e di utilità sociale.
Ai fini del presente decreto, si
considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme
particolari che ne disciplinano l’esercizio, le attività d’impresa aventi ad
oggetto: |
a) assistenza sociale, ai sensi della legge 8
novembre 2000, n. 328, recante legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali; |
a) interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1
e 2, della
legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni; |
b) assistenza sanitaria, per l'erogazione delle prestazioni di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2001, recante «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», e
successive modificazioni, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002; |
b) prestazioni sanitarie riconducibili ai Livelli Essenziali di
Assistenza come definiti dalle
disposizioni vigenti in materia; |
c) assistenza socio-sanitaria, ai sensi del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2001, recante «Atto di indirizzo e coordinamento in materia di
prestazioni socio-sanitarie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del
6 giugno 2001; |
c) prestazioni socio-sanitarie
di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio
2001, e successive modificazioni; |
d) educazione, istruzione e formazione, ai sensi della legge 28
marzo 2003, n. 53, recante delega al Governo per la
definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle
prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale; |
d)
educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28
marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni; |
e) tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ai sensi della legge 15
dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il
riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia
ambientale e misure di diretta applicazione, con esclusione delle attività,
esercitate abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani,
speciali e pericolosi; |
e) servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle
condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle
risorse naturali; |
f) valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del Codice dei
beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; |
f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio
culturale e del paesaggio, ai
sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive
modificazioni; |
g) turismo sociale, di cui all'articolo 7, comma 10, della legge 29
marzo 2001, n. 135, recante riforma della legislazione
nazionale del turismo; |
[cfr. infra lettera i)] |
h) formazione universitaria e post-universitaria; |
g) Identica. |
|
h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale; |
i) ricerca ed erogazione di servizi culturali; |
i) organizzazione e gestione di attività culturali, turistiche o ricreative di particolare interesse sociale; |
l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della
dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo; |
l) Identica. |
m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in
misura superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano
un'impresa sociale; |
m) servizi
strumentali alle imprese sociali o ad
altri enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento
da imprese sociali o da altri enti del
Terzo settore; |
m-bis) cooperazione allo sviluppo. |
n) cooperazione
allo sviluppo, ai sensi della legge 11
agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni; |
|
o) commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto
commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata
situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo
di lunga durata finalizzato a consentire, accompagnare e migliorare l’accesso
del produttore al mercato, attraverso il dialogo, la trasparenza, il rispetto
e la solidarietà, e che preveda il pagamento di un prezzo equo e l’obbligo
del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle
normative stabilite dall’Organizzazione internazionale del lavoro, di
remunerare in maniera adeguata i lavoratori, in modo da permettere loro di
condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti
sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro minorile; |
|
p) servizi
finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei
lavoratori e delle persone di cui al comma 4 del presente articolo; |
|
q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle
infrastrutture del 22 aprile 2008, e successive modificazioni, nonché ogni
altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare
bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi, lavorativi e di accoglienza
umanitaria di stranieri; |
|
r) microcredito, ai sensi dell’articolo
111 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive
modificazioni; |
|
s) agricoltura sociale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 18
agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni; |
|
t) organizzazione e gestione di attività sportive
dilettantistiche. |
|
2. Tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità
sociale di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2016, l’elenco delle attività d’impresa di interesse generale
di cui al comma 1 può essere aggiornato con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri da adottarsi su proposta del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti. |
[Il comma 2 è riprodotto
infra, a fronte del comma 4 dell'articolo dello schema] |
|
3. Per attività
principale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, si intende quella per la quale
i relativi ricavi sono superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi
dell'organizzazione che esercita l'impresa
sociale. Con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali sono definiti i criteri quantitativi e
temporali per il computo della percentuale del settanta per cento dei ricavi
complessivi dell'impresa. |
3. Ai fini
di cui al comma 1, si intende svolta in via principale l’attività per la
quale i relativi ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi
complessivi dell’impresa sociale, secondo criteri di computo definiti con
decreto del Ministro dello sviluppo
economico di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali. |
2. Indipendentemente dall'esercizio dell'attività di impresa nei
settori di cui al comma 1, possono acquisire la qualifica di impresa sociale le organizzazioni che esercitano
attività di impresa, al fine dell'inserimento lavorativo di soggetti che
siano: a) lavoratori svantaggiati ai sensi
dell'articolo 2, primo paragrafo, lettera f), punti i), ix) e x), del regolamento
(CE) n. 2204/2002 della Commissione, 5 dicembre 2002,
della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del
trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione; b) lavoratori disabili ai sensi
dell'articolo 2, primo paragrafo, lettera g), del citato regolamento
(CE) n. 2204/2002. |
4. Ai fini
del presente decreto, si considera
comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l’attività d’impresa nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche
e di utilità sociale, sono occupati: a) lavoratori molto
svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, numero 99), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive
modificazioni; b) persone svantaggiate o con disabilità ai sensi dell’articolo 112, comma 2, del
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni, nonché
persone beneficiarie di protezione internazionale ai sensi del decreto
legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni, e persone
senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all’articolo 2, comma 4,
della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, le quali versino in una condizione di
povertà tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia. |
4. I lavoratori di cui al comma 2 devono
essere in misura non inferiore al trenta per cento dei lavoratori impiegati a qualunque titolo nell'impresa;
la relativa situazione deve essere attestata ai sensi della normativa vigente |
5. Ai fini
di cui al comma 4, l’impresa sociale impiega alle sue dipendenze un numero di
persone di cui alle lettere a) e b) non inferiore al
trenta per cento dei lavoratori. Ai
fini del computo di questa percentuale minima, i lavoratori di cui alla
lettera a) non possono contare per
più di un terzo. La situazione dei lavoratori di cui al comma 4 deve
essere attestata ai sensi della normativa vigente. |
5. Per gli enti di
cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si
applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente
articolo. |
6. Per gli
enti di cui all’articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 5 si
applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente
articolo. |
Art. 3 (Assenza
dello scopo di lucro) |
Art. 3 (Assenza
di scopo di lucro) |
1. L'organizzazione
che esercita un'impresa sociale destina gli utili e gli avanzi di
gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del
patrimonio. |
1. Salvo quanto previsto dal comma 3 e
dall’articolo 16, l’impresa sociale destina eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento
dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio. |
2. A tale fine è vietata la distribuzione,
anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati,
nonchè fondi e riserve in favore di amministratori,
soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori. Si considera distribuzione
indiretta di utili: |
2. Ai
fini di cui al comma 1, è vietata
la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque
denominati, nonché di fondi e riserve in favore di amministratori, fondatori, soci, associati, lavoratori o collaboratori, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di
scioglimento individuale del rapporto. Nelle imprese sociali costituite nelle
forme di cui al libro V del codice civile è ammesso il rimborso al socio del
capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato o aumentato nei
limiti di cui al comma 3, lettera a).
Si considerano in ogni caso distribuzione
indiretta di utili: |
a) la corresponsione agli amministratori di compensi superiori a
quelli previsti nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e
condizioni, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire
specifiche competenze ed, in ogni caso, con un incremento massimo del venti
per cento; |
a) la
corresponsione agli amministratori, ai
sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi superiori a
quelli previsti nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e
condizioni, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire
specifiche competenze ed, in ogni caso, con un incremento massimo del venti
per cento; |
b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di
retribuzioni o compensi superiori a quelli previsti dai contratti o accordi collettivi per le medesime
qualifiche, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire
specifiche professionalità; |
b) la
corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o
compensi superiori del venti per cento
rispetto a quelli previsti, per le
medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81,
salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze e, in ogni caso, con un
incremento massimo del quaranta per cento; |
c) la remunerazione degli strumenti finanziari
diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli
intermediari finanziari autorizzati, superiori di cinque punti percentuali al
tasso ufficiale di riferimento. |
c) la
remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a
soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in
misura superiore a due punti rispetto
al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi dal comma 3,
lettera a); |
|
d) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza
valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore di mercato. |
|
3. L’impresa sociale può destinare una quota inferiore al
cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte
eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti: |
|
a) se costituita nelle forme di cui al libro V del codice civile,
ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei
limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al
consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto
nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello
dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati
prodotti, oppure alla distribuzione, anche mediante aumento gratuito del
capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci,
in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali
fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale
effettivamente versato; |
|
b) a erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore
diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci
dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla
promozione di specifici progetti di utilità sociale. |
Art. 4 (Struttura
proprietaria e disciplina dei gruppi) |
Art. 4 (Struttura
proprietaria e disciplina dei gruppi) |
1. All'attività di
direzione e controllo di un'impresa sociale si applicano, in quanto
compatibili, le norme di cui al capo IX del titolo V del libro V e l'articolo
2545-septies del codice civile. Si
considera, in ogni caso, esercitare attività di direzione e controllo il
soggetto che, per previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia
la facoltà di nomina della maggioranza degli organi di amministrazione. |
1.
All’attività di direzione e coordinamento
di un’impresa sociale si applicano, in quanto compatibili, le norme di
cui al capo IX del titolo V del libro V e l’articolo 2545-septies del codice civile. Si
considera, in ogni caso, esercitare attività di direzione e coordinamento il soggetto che, per
previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nominare
la maggioranza dei componenti
dell’organo di amministrazione dell’impresa sociale. |
2. I gruppi di
imprese sociali sono tenuti a depositare l'accordo di partecipazione presso
il registro delle imprese. I gruppi di imprese sociali sono inoltre tenuti a
redigere e depositare i documenti contabili ed il bilancio sociale in forma
consolidata, secondo le linee guida di cui all'articolo 10. |
2. I
gruppi di imprese sociali sono tenuti a depositare l’accordo di
partecipazione presso il registro delle imprese. I gruppi di imprese sociali
sono inoltre tenuti a redigere e depositare i documenti contabili ed il
bilancio sociale in forma consolidata, predisposto in conformità alle linee guida di cui all’articolo 9. |
3. Le imprese private
con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non possono
esercitare attività di direzione e detenere il controllo di un'impresa
sociale. |
3. Gli enti con scopo di lucro e le
amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non possono
esercitare attività di direzione e
coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga,
congiunta o indiretta, il controllo di un’impresa sociale ai sensi dell’articolo 2359 del codice
civile. |
4. Nel caso di decisione assunta con
il voto o l'influenza determinante dei soggetti di cui al comma 3, il
relativo atto è annullabile e può essere impugnato in conformità delle norme
del codice civile entro il termine di 180 giorni. La legittimazione ad impugnare
spetta anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. |
4. Le decisioni assunte in violazione
del divieto di cui al comma 3 sono annullabili e possono essere impugnate in
conformità delle norme del codice civile entro il termine di 180 giorni. La
legittimazione ad impugnare spetta anche al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali. |
Art. 5 (Costituzione) |
Art. 5 (Costituzione) |
1. L'organizzazione che esercita un'impresa sociale deve essere
costituita con atto pubblico. Oltre a quanto specificamente previsto per
ciascun tipo di organizzazione, secondo la normativa applicabile a ciascuna
di esse, gli atti costitutivi devono esplicitare il carattere sociale dell'impresa
in conformità alle norme del presente decreto ed in particolare indicare: |
1. L’impresa
sociale è costituita con atto pubblico. Oltre a quanto specificamente
previsto per ciascun tipo di organizzazione, secondo la normativa applicabile
a ciascuna di esse, gli atti costitutivi devono esplicitare il carattere
sociale dell’impresa in conformità alle norme del presente decreto e in
particolare indicare: |
a) l'oggetto sociale, con particolare riferimento alle disposizioni di
cui all'articolo 2; |
a)
l’oggetto sociale, con particolare riferimento alle disposizioni di cui
all’articolo 2, comma 1, 2 e 3 o le
condizioni di cui all’articolo 2, commi 4 e 5; |
b) l'assenza di scopo di lucro, di cui all'articolo 3. |
b)
l’assenza di scopo di lucro, di cui all’articolo 3. |
2. Gli atti costitutivi, le loro
modificazioni e gli altri fatti relativi all'impresa devono essere depositati
entro trenta giorni a cura del notaio o degli amministratori presso l'ufficio
del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede
legale, per l'iscrizione in apposita sezione. Si applica l'articolo 31, comma 2, della legge 24
novembre 2000, n. 340. |
Identico. |
3. Il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, ai fini di cui all'articolo 16, accede anche in via
telematica agli atti depositati presso l'ufficio del registro delle imprese. |
3. Il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini di cui all’articolo 15, accede anche in via telematica
agli atti depositati presso l’ufficio del registro delle imprese. |
4. Gli enti di cui all'articolo 1,
comma 3, sono tenuti al deposito del solo regolamento e delle sue
modificazioni. |
Identico. |
5. Con decreto del Ministro delle
attività produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono
definiti gli atti che devono essere depositati e le procedure di cui al
presente articolo. |
5. Con
decreto del Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sono definiti gli atti che devono essere depositati e le procedure
di cui al presente articolo. |
Art.6 (Responsabilità patrimoniale) |
|
1. Salvo quanto già disposto in tema di responsabilità limitata per
le diverse forme giuridiche previste dal libro V del codice civile, nelle
organizzazioni che esercitano un'impresa sociale il cui patrimonio è
superiore a ventimila euro, dal momento della iscrizione nella apposita
sezione del registro delle imprese, delle obbligazioni assunte risponde
soltanto l'organizzazione con il suo patrimonio. |
Soppresso. |
2. Quando risulta che, in conseguenza di perdite, il patrimonio è
diminuito di oltre un terzo rispetto all'importo di cui al comma 1, delle
obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che
hanno agito in nome e per conto dell'impresa. |
Soppresso. |
3. La disposizione di cui al presente articolo non si applica agli
enti di cui all'articolo 1, comma 3. |
Soppresso. |
Art. 7 (Denominazione) |
Art. 6 (Denominazione) |
1. Nella
denominazione è obbligatorio l'uso della locuzione: «impresa sociale». |
1. La denominazione o ragione sociale, in qualunque modo
formate, devono contenere l’indicazione di “impresa sociale”. Di tale indicazione deve farsi uso negli
atti e nella corrispondenza dell’impresa sociale. |
2. La disposizione di
cui al comma 1 non si applica agli enti di cui all'articolo 1, comma 3. |
2. Identico. |
3. L'uso della
locuzione: «impresa sociale» ovvero di altre parole o locuzioni idonee a
trarre in inganno è vietato a soggetti diversi dalle organizzazioni che
esercitano un'impresa sociale. |
3. L’indicazione di “impresa sociale”,
ovvero di altre parole o locuzioni equivalenti
o ingannevoli, non può essere usata
da soggetti diversi dalle
imprese sociali. |
Art. 8 (Cariche
sociali) |
Art. 7 (Cariche
sociali) |
1. Negli enti
associativi, la nomina della maggioranza dei componenti delle cariche sociali
non può essere riservata a soggetti esterni alla organizzazione che esercita
l'impresa sociale, salvo quanto specificamente previsto per ogni tipo di ente
dalle norme legali e statutarie e compatibilmente con la sua natura. |
1. Qualora l’atto costitutivo o lo statuto riservino a soggetti esterni
all’impresa sociale la nomina di componenti degli organi sociali, la nomina della maggioranza dei componenti dell’organo di
amministrazione deve in ogni caso essere riservata
all’assemblea degli associati o dei soci dell’impresa sociale. |
2. Non possono
rivestire cariche sociali soggetti nominati dagli enti di cui all'articolo 4,
comma 3. |
2. Non
possono assumere la presidenza
dell’impresa sociale rappresentanti degli enti di cui all’articolo 4,
comma 3. |
3. L'atto costitutivo
deve prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed
indipendenza per coloro che assumono cariche sociali. |
3. Fermo restando quanto previsto dal
decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, l’atto costitutivo deve
prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza
per coloro che assumono cariche sociali. |
Art. 9 (Ammissione
ed esclusione) |
Art. 8 (Ammissione
ed esclusione) |
1. Le modalità di
ammissione ed esclusione dei soci, nonché la disciplina del rapporto sociale
sono regolate secondo il principio di non discriminazione, compatibilmente
con la forma giuridica dell'ente. |
1. Le
modalità di ammissione ed esclusione di soci o associati, nonché il rapporto sociale, sono regolati dagli atti costitutivi o dagli
statuti dell’impresa sociale secondo il principio di non discriminazione,
tenendo conto delle peculiarità della
compagine sociale e della struttura associativa o societaria e
compatibilmente con la forma giuridica in
cui l’impresa sociale è costituita. |
2. Gli atti
costitutivi devono prevedere la facoltà dell'istante che dei provvedimenti di
diniego di ammissione o di esclusione possa essere investita l'assemblea dei
soci. |
2. Compatibilmente
con la forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita, gli atti costitutivi o gli statuti disciplinano
la facoltà per
l’istante di investire l’assemblea degli
associati o dei soci, o un altro
organo eletto dalla medesima, in relazione ai provvedimenti di diniego di
ammissione o di esclusione di
soci o associati. |
Art. 10 (Scritture
contabili) |
Art. 9 (Scritture
contabili) |
1. L'organizzazione che esercita
l'impresa sociale deve, in ogni caso, tenere il libro giornale e il libro
degli inventari, in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile, nonché redigere e depositare presso il
registro delle imprese un apposito documento che rappresenti adeguatamente la
situazione patrimoniale ed economica dell'impresa. |
1. L’impresa
sociale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari in
conformità alle disposizioni del codice civile applicabili, e deve redigere e depositare presso il registro
delle imprese il bilancio di esercizio
redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile, in quanto compatibili. |
2. L'organizzazione che esercita
l'impresa sociale deve, inoltre, redigere
e depositare presso il registro delle imprese il bilancio sociale,
secondo linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, sentita l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di
utilità sociale, in modo da rappresentare l'osservanza delle finalità sociali
da parte dell'impresa sociale. |
2. L’impresa
sociale deve inoltre depositare presso
il registro delle imprese, e
pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale redatto secondo linee guida adottate
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del
Terzo settore di cui all’articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 6
giugno 2016, n. 106, e tenendo conto, tra gli altri elementi, della natura
dell’attività esercitata e delle dimensioni dell’impresa sociale, anche ai
fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte. |
3. Per gli enti di
cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui al presente articolo si
applicano limitatamente alle attività indicate nel regolamento. |
3. Identico. |
Art. 11 (Organi
di controllo) |
Art. 10 (Organi
di controllo interno) |
1. Ove non sia
diversamente stabilito dalla legge, gli atti costitutivi devono prevedere, nel caso del superamento di due dei
limiti indicati nel primo comma dell'articolo 2435-bis del codice
civile ridotti della metà, la nomina di uno o più sindaci, che vigilano
sull'osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di
corretta amministrazione, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile. |
1. Fatte salve disposizioni più restrittive
relative alla forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita, l’atto
costitutivo dell’impresa sociale deve prevedere la nomina di uno o più
sindaci aventi i requisiti di cui
all’articolo 2397, comma 2, e 2399 del codice civile. 2. I sindaci
vigilano sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei
principi di corretta amministrazione,
anche con riferimento alle disposizioni del decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231, qualora applicabili, nonché sull’adeguatezza dell’assetto
organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento. |
2. I sindaci
esercitano anche compiti di monitoraggio dell'osservanza delle finalità
sociali da parte dell'impresa, avuto particolare riguardo alle disposizioni
di cui agli articoli 2, 3, 4, 6, 8, 9, 10, 12 e 14. Del monitoraggio deve
essere data risultanza in sede di redazione del bilancio sociale di cui
all'articolo 10, comma 2. |
3. I sindaci
esercitano inoltre compiti di monitoraggio dell’osservanza delle finalità
sociali da parte dell’impresa sociale, avuto particolare riguardo alle
disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 11 e 13, ed attestano che il bilancio sociale sia stato redatto in
conformità alle linee guida di cui all’articolo 9, comma 2. Il bilancio
sociale dà atto degli esiti del monitoraggio svolto dai sindaci. |
3. I sindaci possono
in qualsiasi momento procedere ad atti di ispezione e di controllo; a tale
fine, possono chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento ai
gruppi di imprese sociali, sull'andamento delle operazioni o su determinati
affari. |
Identico. |
4. Nel caso in cui
l'impresa sociale superi per due esercizi consecutivi due dei limiti indicati
nel primo comma dell'articolo 2435-bis del codice civile, il controllo
contabile è esercitato da uno o più revisori contabili iscritti nel registro
istituito presso il Ministero della giustizia o dai sindaci. Nel caso in cui
il controllo contabile sia esercitato dai sindaci, essi devono essere
iscritti all'albo dei revisori contabili iscritti
nel registro istituito presso il Ministero della giustizia. |
5. Fatte salve disposizioni più restrittive relative alla
forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita, nel caso in cui l’impresa
sociale superi per due esercizi consecutivi due dei limiti indicati nel primo
comma dell’articolo 2435-bis del
codice civile, la revisione legale dei
conti è esercitata da un revisore
legale o da una società di revisione
legale iscritti nell’apposito registro, o da sindaci iscritti
nell’apposito registro dei revisori legali. |
Art. 12 (Coinvolgimento
dei lavoratori e dei destinatari delle attività) |
Art. 11 (Coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle attività) |
1. Ferma restando la
normativa in vigore, nei regolamenti aziendali o negli atti costitutivi
devono essere previste forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari
delle attività. |
1. Nei
regolamenti aziendali o negli statuti delle
imprese sociali devono essere
previste adeguate forme di
coinvolgimento dei lavoratori e degli
utenti e di altri soggetti direttamente interessati alle loro attività. |
2. Per coinvolgimento
deve intendersi qualsiasi meccanismo, ivi comprese l'informazione, la consultazione o la partecipazione, mediante il
quale lavoratori e destinatari delle attività possono esercitare un'influenza
sulle decisioni che devono essere adottate nell'ambito dell'impresa, almeno
in relazione alle questioni che incidano direttamente sulle condizioni di
lavoro e sulla qualità dei beni e dei servizi prodotti o scambiati. |
2. Per
coinvolgimento deve intendersi un
meccanismo di consultazione o di partecipazione mediante il quale
lavoratori, utenti e altri soggetti
direttamente interessati alle attività siano posti in grado di esercitare
un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, con particolare riferimento alle questioni che incidano direttamente
sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni o dei servizi. |
|
3. Le modalità di coinvolgimento devono essere
individuate dall’impresa sociale tenendo conto, tra gli altri elementi, dei
contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno
2015, n. 81, della natura dell’attività esercitata, delle categorie di
soggetti da coinvolgere e delle dimensioni dell’impresa sociale, in
conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore. Delle
forme e modalità di coinvolgimento deve farsi menzione nel bilancio sociale
di cui all’articolo 9, comma 2. |
|
4. Gli statuti delle imprese sociali devono in ogni caso
disciplinare: |
|
a) i casi e le modalità della partecipazione dei lavoratori e
degli utenti, anche tramite loro rappresentanti, all’assemblea degli
associati o dei soci; |
|
b) nelle imprese sociali che superino due dei limiti indicati nel
primo comma dell’articolo 2435-bis
del codice civile ridotti della metà, la nomina, da parte dei lavoratori ed
eventualmente degli utenti di almeno un componente
sia dell’organo di amministrazione che dell’organo di controllo. |
|
5. Il presente articolo non si applica alle imprese
sociali costituite nella forma di società cooperativa a mutualità prevalente
e agli enti di cui all’articolo 1, comma 3. |
Art. 13 (Trasformazione,
fusione, scissione e cessione d'azienda e devoluzione del patrimonio) |
Art. 12 (Trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda e
devoluzione del patrimonio) |
1. Per le organizzazioni che esercitano
un'impresa sociale, la trasformazione, la fusione e la scissione devono
essere realizzate in modo da preservare l'assenza di scopo di lucro di cui
all'articolo 3 dei soggetti risultanti dagli atti posti in essere; la
cessione d'azienda deve essere realizzata in modo da preservare il
perseguimento delle finalità di interesse generale di cui all'articolo 2 da
parte del cessionario. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, la
disposizione di cui al presente comma si applica limitatamente alle attività
indicate nel regolamento. |
1. La
trasformazione, la fusione e la scissione delle imprese sociali devono essere
realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio,
e il perseguimento delle attività e delle finalità da parte dei soggetti
risultanti dagli atti posti in essere; la cessione d’azienda o di un ramo d’azienda
relativo allo svolgimento dell’attività d’impresa di interesse generale deve essere realizzata, previa relazione giurata di un esperto
designato dal tribunale nel cui circondario ha sede l’impresa sociale,
attestante il valore effettivo del patrimonio dell’impresa, in modo da
preservare il perseguimento delle attività
e delle finalità da parte del cessionario. Per gli enti di cui
all’articolo 1, comma 3, la disposizione di cui al presente comma si applica
limitatamente alle attività indicate nel regolamento. |
2. Gli atti di cui al
comma 1 devono essere posti in essere in conformità a linee guida adottate
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita
l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale. |
2. Gli
atti di cui al comma 1 devono essere posti in essere in conformità alle disposizioni dell’apposito decreto
adottato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore. |
[Il comma 3 è riprodotto
infra, a fronte del comma 5 dell'articolo dello schema] |
|
4. Gli organi di
amministrazione notificano, con atto scritto di data certa, al Ministero del
lavoro e delle politiche sociali l'intenzione di procedere ad uno degli atti
di cui al comma 1, allegando la documentazione necessaria alla valutazione di
conformità alle linee guida di cui al comma 2, ovvero la denominazione dei
beneficiari della devoluzione del patrimonio. |
3. L’organo di amministrazione dell’impresa
sociale notifica, con atto scritto di data certa, al Ministero del lavoro e
delle politiche sociali l’intenzione di procedere ad uno degli atti di cui al
comma 1, allegando la documentazione necessaria alla valutazione di
conformità alle linee guida di cui al comma 2, ovvero la denominazione dei
beneficiari della devoluzione del patrimonio. |
5. L'efficacia degli
atti è subordinata all'autorizzazione del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, sentita l'Agenzia
per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che si intende
concessa decorsi novanta giorni dalla ricezione della notificazione. |
4.
L’efficacia degli atti di cui al comma
1 è subordinata all’autorizzazione del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, che si intende concessa decorsi novanta giorni dalla
ricezione della notificazione. Avverso
il provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che nega
l’autorizzazione è ammesso ricorso dinanzi al giudice amministrativo. |
3. Salvo quanto
previsto in tema di cooperative, in caso di cessazione dell'impresa, il
patrimonio residuo è devoluto ad organizzazioni non lucrative di utilità
sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici, secondo le
norme statutarie. La disposizione di cui al presente comma non si applica
agli enti di cui all'articolo 1, comma 3. |
5. In caso di scioglimento volontario dell’ente o di
perdita volontaria della qualifica di impresa sociale, il patrimonio residuo, dedotto, nelle imprese sociali costituite
nelle forme di cui al libro V del codice civile, il capitale effettivamente
versato dai soci, eventualmente rivalutato o aumentato, e i dividendi
deliberati e non distribuiti nei limiti di cui all’articolo 3, comma 3,
lettera a), è devoluto, salvo quanto specificamente
previsto in tema di società cooperative,
ad altri enti del Terzo settore o ai fondi di cui all’articolo 16, comma 1, secondo le disposizioni statutarie. La disposizione di cui al presente
comma non si applica agli enti di cui all’articolo 1, comma 3. |
6. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano
quando il beneficiario dell'atto è un'altra organizzazione che esercita
un'impresa sociale. |
Soppresso |
Art. 14 (Lavoro
nell'impresa sociale) |
Art. 13 (Lavoro nell’impresa sociale) |
1. Ai lavoratori
dell'impresa sociale non può essere corrisposto un trattamento economico e
normativo inferiore a quello previsto dai contratti e accordi collettivi
applicabili. |
1. I
lavoratori dell’impresa sociale hanno
diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello
previsto dai contratti collettivi di
cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni
caso, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti dell’impresa
sociale non può essere superiore al rapporto uno ad otto, da calcolarsi sulla
base della retribuzione annua lorda. Le imprese sociali danno conto del
rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale. |
2. Salva la specifica
disciplina per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, è ammessa la
prestazione di attività di volontariato, nei limiti del cinquanta per cento
dei lavoratori a qualunque titolo
impiegati nell'impresa sociale. Si applicano gli articoli 2, 4 e 17 della legge 11 agosto 1991, n. 266. |
2. Salva
la specifica disciplina per gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, nelle imprese sociali è ammessa la
prestazione di attività di volontariato, ma il numero dei volontari impiegati
nell’attività d’impresa, dei quali
l’impresa sociale deve tenere un apposito registro, non può essere superiore
a quello dei lavoratori. L'impresa sociale deve assicurare i volontari
che prestano attività di volontariato nell'impresa medesima contro gli
infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa,
nonché per la responsabilità civile verso i terzi. [L'ultimo periodo trova riscontro, nel
decreto legislativo n. 155, entro il rinvio ivi previsto all'articolo 4 della
legge n. 266 del 1991]. |
3. I lavoratori dell'impresa sociale, a qualunque titolo prestino la
loro opera, hanno i diritti di informazione, consultazione e partecipazione
nei termini e con le modalità specificate nei regolamenti aziendali o
concordati dagli organi di amministrazione dell'impresa sociale con loro
rappresentanti. Degli esiti del coinvolgimento deve essere fatta menzione nel
bilancio sociale di cui all'articolo 10, comma 2. |
Soppresso [si veda peraltro l'articolo 11 dello schema,
avente ad oggetto il coinvolgimento anche dei lavoratori] |
Art. 15 (Procedure
concorsuali) |
Art.
14 (Procedure concorsuali) |
1. In caso di
insolvenza, le organizzazioni che
esercitano un'impresa sociale sono assoggettate alla liquidazione coatta
amministrativa, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La disposizione di cui al presente comma
non si applica agli enti di cui all'articolo 1, comma 3. [Per l'ultimo periodo, v. infra il comma 6 dell'articolo dello
schema] |
1. In
caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione
coatta amministrativa, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e
successive modificazioni. |
|
2. Il provvedimento che dispone la liquidazione coatta
amministrativa delle imprese sociali, ad esclusione di quelle aventi la forma
di società cooperativa, nonché la contestuale o successiva nomina del
relativo commissario liquidatore di cui all’articolo 198 del regio decreto 16
marzo 1942, n. 287, è adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. |
|
3. Nelle procedure di liquidazione coatta amministrativa
di cui al comma 2, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono
individuati criteri e modalità di remunerazione dei commissari liquidatori e
dei membri del comitato di sorveglianza, sulla base dell’economicità,
efficacia ed efficienza delle attività svolte. |
|
4. Fino all’adozione del decreto di cui al comma 3, la
liquidazione del compenso dei commissari liquidatori e dei componenti dei
comitati di sorveglianza è stabilita sulla base del D.M. 3 novembre 2016,
recante “Criteri per la determinazione e liquidazione dei compensi spettanti
ai commissari liquidatori e ai membri dei comitati di sorveglianza delle
procedure di liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'articolo
2545-terdecies c.c. e di scioglimento per atto dell’ autorità' ai sensi
dell'articolo 2545-septiedecies c.c.”. |
2. Alla devoluzione
del patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale si applica
l'articolo 13, comma 3. |
5. Il
patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale è devoluto ai sensi
dell’articolo 12, comma 5. |
|
6. Le
disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli enti di cui
all’articolo 1, comma 3. [Identico all'ultimo periodo del comma 1 del corrispondente articolo
del decreto legislativo n. 155]. |
Art. 16 (Funzioni
di monitoraggio e ricerca) |
Art. 15 (Funzioni di monitoraggio, ricerca e controllo) |
1. Il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali promuove attività di raccordo degli uffici
competenti, coinvolgendo anche altre amministrazioni dello Stato, l'Agenzia
per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e le parti sociali, le
agenzie tecniche e gli enti di ricerca di cui normalmente si avvale o che
siano soggetti alla sua vigilanza, e le parti sociali, al fine di sviluppare
azioni di sistema e svolgere attività di monitoraggio e ricerca. |
1. Il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuove attività di raccordo con altre amministrazioni pubbliche di
cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
il Consiglio nazionale del Terzo settore e le parti sociali, al fine di
sviluppare azioni di sistema e svolgere attività di monitoraggio e ricerca. |
2. Il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, avvalendosi delle proprie strutture
territoriali, esercita le funzioni ispettive, al fine di verificare il
rispetto delle disposizioni del presente decreto da parte delle imprese
sociali. |
2. Il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali demanda all’Ispettorato nazionale del lavoro di cui all’articolo 1
del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, le funzioni ispettive,
al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente decreto da
parte delle imprese sociali. |
|
3. Ai fini dell’esercizio dell’attività ispettiva nei
confronti delle imprese sociali il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali può avvalersi di enti associativi riconosciuti, cui aderiscano almeno
duemila imprese sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque
diverse regioni o province autonome, e delle associazioni di cui all’articolo
3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220. |
|
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali sono definiti le forme, i contenuti e le modalità dell’attività
ispettiva sulle imprese sociali, nonché il contributo per l’attività
ispettiva da porre a loro carico, e, ai fini del comma 3, sono individuati i
criteri, i requisiti e le procedure per il riconoscimento degli enti
associativi tra imprese sociali, e le forme di vigilanza su tali enti da
parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le imprese sociali
sono sottoposte ad attività ispettiva almeno una volta all’anno sulla base di
un modello di verbale approvato con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. |
5. Il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali svolge i propri compiti e assume le
determinazioni di cui al presente articolo sentita l'Agenzia per le organizzazioni
non lucrative di utilità sociale. |
5. L’attività ispettiva sulle imprese sociali costituite
in forma di società cooperativa è svolta nel rispetto delle attribuzioni,
delle modalità e dei termini di cui al decreto legislativo 2 agosto 2002, n.
220. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono individuate le norme di
coordinamento necessarie al fine di assicurare l’unicità, la completezza,
periodicità ed efficacia dell’attività ispettiva. |
3. In caso di
accertata violazione delle norme di cui al presente decreto o di gravi inadempienze delle norme a
tutela dei lavoratori, gli uffici competenti del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, assunte le opportune informazioni, diffidano gli
organi direttivi dell'impresa sociale a regolarizzare i comportamenti
illegittimi entro un congruo termine, decorso inutilmente il quale, applicano
le sanzioni di cui al comma 4. |
6. In caso
di accertata violazione delle disposizioni di cui al presente decreto, il soggetto esercente l’attività
ispettiva ai sensi dei commi 2 e 3 diffida gli organi di amministrazione dell’impresa
sociale a regolarizzare i comportamenti illegittimi entro un congruo termine. |
|
7. In caso di ostacolo allo svolgimento dell’attività
ispettiva o di mancata ottemperanza alla diffida di cui al comma 6, il
Ministero vigilante può nominare un commissario ad acta, anche nella persona del legale rappresentante
dell’impresa sociale, che affianchi gli organi dell’impresa sociale e
provveda allo specifico adempimento richiesto. |
4. In caso di
accertata violazione delle norme di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4, o di mancata
ottemperanza alla intimazione di cui al comma 3, gli uffici competenti del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali dispongono la perdita della
qualifica di impresa sociale. Il provvedimento è trasmesso ai fini della
cancellazione dell'impresa sociale dall'apposita sezione del registro delle
imprese. Si applica l'articolo 13, comma 3. |
8. Nel caso di irregolarità non sanabili o non sanate il
Ministero vigilante dispone
la perdita della qualifica di impresa sociale. Tale provvedimento dispone altresì che il patrimonio residuo
dell’impresa sociale, dedotto, nelle imprese sociali costituite nelle forme
di cui al libro V del codice civile, il capitale effettivamente versato dai
soci, eventualmente rivalutato o aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti
nei limiti di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a), è devoluto al fondo istituito ai sensi dell’articolo 16
dall’ente o dall’associazione cui l’impresa sociale aderisce o, in mancanza,
dalla Fondazione Italia Sociale, salvo quanto specificamente previsto in tema
di società cooperative. Il provvedimento è trasmesso ai fini della
cancellazione dell’impresa sociale dall’apposita sezione del registro delle
imprese. |
|
9. Avverso i provvedimenti del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali emessi ai sensi del comma 8 è ammesso ricorso
dinanzi al giudice amministrativo. |
|
Art. 16 (Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali) |
|
1. Le
imprese sociali possono destinare una quota non superiore al tre per cento
degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi
precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni di cui
all’articolo 15, comma 3, nonché dalla Fondazione Italia Sociale,
specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo
delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali
il finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa
sociale o di attività di formazione dei lavoratori dell’impresa sociale, la
promozione della costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi,
o il finanziamento di specifici programmi
di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi. Tali versamenti
sono deducibili ai fini dell’imposta sui redditi dell’impresa sociale
erogante. |
Art. 17 (Norme
di coordinamento) |
Art. 17 (Norme di
coordinamento e transitorie) |
1. Le organizzazioni
non lucrative di utilità sociale e gli enti non commerciali di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, che acquisiscono anche la qualifica di
impresa sociale, continuano ad applicare le disposizioni tributarie previste
dal medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997, subordinatamente al rispetto dei requisiti
soggettivi e delle altre condizioni ivi previsti. |
1. Le società
cooperative che assumono la qualifica di impresa sociale per le attività di
cui all’articolo 2, lettera q),
possono iscriversi all’Albo nazionale istituito ai sensi dell’articolo 13
della legge 31 gennaio 1992, n. 59. Le società cooperative edilizie di
abitazione e loro consorzi iscritte all’Albo nazionale di cui al periodo
precedente possono in ogni caso svolgere le attività di cui all’articolo 2,
lettera q), del presente decreto. |
[Per il comma 2, si veda infra,
a fronte del comma 4 del corrispondente articolo dello schema] |
2. Le imprese sociali già costituite al momento
dell’entrata in vigore del presente decreto, si adeguano alle disposizioni
del presente decreto entro dodici mesi dalla data della sua entrata in
vigore. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti
con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea
ordinaria. |
3. Le cooperative
sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, i cui statuti rispettino le disposizioni di
cui agli articoli 10, comma 2, e 12, acquisiscono la qualifica di impresa
sociale. Alle cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, che rispettino le disposizioni di cui al
periodo precedente, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano
nel rispetto della normativa specifica delle cooperative. |
3. Ogni riferimento nel presente decreto al Consiglio
nazionale del Terzo settore diviene efficace ed operativo dal momento
dell’istituzione di tale Consiglio. |
4. Entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai soli fini di cui al
comma 3, le cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, possono modificare i propri statuti con le
modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea
ordinaria. 2. All'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 dopo la parola: «strumentali» sono inserite
le seguenti: «, delle imprese sociali». |
4. Identico. |
Art. 18 (Disposizione
di carattere finanziario) |
Art. 18 (Misure fiscali e di
sostegno economico) |
1. All'attuazione del
presente decreto le amministrazioni competenti provvedono avvalendosi delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. |
1. Gli utili e gli avanzi di gestione delle imprese
sociali non costituiscono reddito imponibile ai fini delle imposte dirette
qualora vengano destinati ad apposita riserva indivisibile in sospensione
d’imposta in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio in cui sono
stati conseguiti, e risultino effettivamente destinati, entro il secondo
periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati conseguiti, allo svolgimento
dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio ai sensi
dell’articolo 3, comma 1, nonché al versamento del contributo per l’attività
ispettiva di cui all’articolo 15. La destinazione degli utili e degli avanzi
di gestione deve risultare dalle scritture contabili previste dall’articolo
9. Salvo quanto previsto dal comma 2, concorrono alla determinazione del
reddito imponibile gli utili e gli avanzi di gestione destinati ai sensi
dell’articolo 3, comma 3, lettera a) e lettera b). |
|
2. Non concorrono alla determinazione del reddito
imponibile ai fini delle imposte dirette gli utili e gli avanzi di gestione
destinati, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a), ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato
dai soci nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei
prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate
dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a
quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono
stati prodotti. |
|
3. Dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche
si detrae un importo pari al 30 per cento della somma investita dal
contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società
cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale
successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e siano
costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’ammontare, in
tutto o in parte, non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento può
essere portato in detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche
nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il terzo. L’investimento
massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di
euro 1.000.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale
cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale
termine, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente
di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali. |
|
4. Non concorre alla formazione del reddito dei soggetti
passivi dell’imposta sul reddito delle società, il 30 per cento della somma
investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società
cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale
successivamente alla di entrata in vigore del presente decreto e siano
costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’investimento
massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo
di euro 1.800.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale
cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale
termine, comporta la decadenza dal beneficio ed il recupero a tassazione
dell’importo dedotto. Sull’imposta non versata per effetto della deduzione
non spettante sono dovuti gli interessi legali. |
|
5. Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicano
anche agli atti di dotazione e ai contributi di qualsiasi natura, posti in
essere successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto,
in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale
successivamente alla medesima data e siano costituite da non più di trentasei
mesi dalla stessa. |
|
6. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il
Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, sono individuate le modalità di attuazione
delle disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5. |
|
7. Alle imprese sociali non si applica la disciplina
prevista per le società di cui all'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994,
n. 724, all’articolo 2, commi da 36-decies a
36-duodecies del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n.
331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, |
|
8. Al testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni: |
|
a) all’articolo 1: |
|
1) al comma 5-novies, le parole: “portale per la raccolta
di capitali per le PMI” sono sostituite dalle seguenti: “portale per la
raccolta di capitali per le PMI e per le imprese sociali”, e prima delle
parole “degli organismi di investimento collettivo del risparmio” sono inserite le seguenti parole: “, delle
imprese sociali”; |
|
2) dopo il comma 5-undecies è inserito il seguente: |
|
“5-duodecies. Per “imprese sociali” si intendono le
imprese sociali ai sensi del decreto legislativo di cui all’articolo 1, comma
2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106, costituite in forma di
società di capitali o di società cooperativa”; |
|
b) la rubrica del capo III-quater, del titolo III, della
Parte II, è sostituita nel modo seguente: “Gestione di portali per la raccolta di capitali per le PMI e per
le imprese sociali”; |
|
c) all’articolo 50-quinquies: |
|
1) la rubrica è sostituita nel modo seguente: “Gestione di portali per la raccolta di PMI
e per le imprese sociali”; |
|
2) al comma 1, prima delle parole “per gli organismi di
investimento collettivo del risparmio” sono inserite le seguenti parole: “,
per le imprese sociali,”; |
|
3) al comma 2, prima delle parole “per gli organismi di
investimento collettivo del risparmio” sono inserite le seguenti parole: “,
per le imprese sociali,”; |
|
d) all’articolo 100-ter, comma 1, prima delle parole
“dagli organismi di investimento collettivo del risparmio”, sono inserite le
seguenti parole: “, dalle imprese sociali,”. |
|
e) all’articolo 100-ter, comma 2, le parole: “o della PMI
innovativa”, sono sostituite dalle seguenti: “, della PMI innovativa o
dell’impresa sociale”; |
|
f) all’articolo 100-ter, comma 2-bis, le parole “e di PMI
innovative” sono sostituite dalle seguenti: “, di PMI innovative e di imprese
sociali”; |
|
g) all’articolo 100-ter, comma 2-quater, le parole “e da
PMI innovative” sono sostituite dalle seguenti: “, da PMI innovative e da
imprese sociali”. |
|
9. L’efficacia delle disposizioni del presente articolo e
dell’articolo 16, è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della
Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali. |
|
Art. 19 (Abrogazioni) |
|
§ 1. Il decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, è
abrogato e tutti i riferimenti a quest’ultimo decreto si intendono riferiti
al presente decreto legislativo. |
|
Art. 20 (Copertura finanziaria) |
|
Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 18,
commi 1, 3, 4 e 7 pari a 5,42 milioni di euro per l’anno 2018 e a 3,1 milioni
di euro annui a decorrere dall’anno 2019 si provvede mediante corrispondente
riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 187,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190. |
|
2. Ai fini dell’attuazione della disposizione di cui al precedente
comma 1, il Ministro dell’economia e delle Finanze è autorizzato ad
apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio. |
|
3. Dall’attuazione delle ulteriori disposizioni del presente decreto
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni
con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente. |
|
Art. 21 (Entrata in vigore) |
|
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica
italiana. |
|
Il presente
decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. |
[1] Secondo dati riportati ne "Il Sole 24 ore" (15 maggio 2017), le imprese sociali sarebbero 1.367, avverso 12.570 cooperative sociali e 82.231 altri enti orientati al mercato.
[2] Si ricorda che tale Ispettorato è stato istituito dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, al fine di integrare i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL e di assorbirne (a regime) le relative attività.
[3] Queste ultime norme prevedono (a parte alcune fattispecie specifiche) l'attribuzione delle risorse in oggetto al fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione oppure, qualora la società in questione non aderisca ad alcuna associazione riconosciuta ovvero aderisca ad un'associazione che non abbia un fondo mutualistico, al bilancio dello Stato (cfr. l'art. 11 della L. 31 gennaio 1992, n. 59, e successive modificazioni).