Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera |
Titolo: | Misure legislative e piani nazionali nel settore dell'energia adottati nei principali paesi europei |
Serie: | Appunti Numero: 106 |
Data: | 07/03/2017 |
Camera dei deputati
XVII Legislatura
BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA
A P P U N T I |
Appunto 7/2017 7 marzo 2017
Misure
legislative e piani nazionali nel settore
dell’energia adottati nei
principali paesi europei
Francia
Con la legge relativa alla transizione energetica
per la crescita verde (Loi n. 2015-992 du 17 août 2015 relative à la
transition énergétique pour la croissance verte - LTE) il
legislatore francese ha fissato i grandi obiettivi del nuovo modello energetico nazionale, finalizzato a favorire
l'indipendenza energetica e la competitività economica nazionale, a preservare
la salute e l'ambiente, nonché a contrastare il cambiamento climatico.
I grandi assi
attorno ai quali ruota la legge sono i seguenti:
·
la definizione di obiettivi comuni;
·
la ristrutturazione edilizia;
·
lo sviluppo del trasporto non inquinante;
·
la lotta agli sprechi e la promozione dell'economia
circolare;
·
il sostegno alle energie rinnovabili;
·
la promozione della sicurezza nucleare e
dell'informazione ai cittadini;
·
la semplificazione delle procedure per favorire
l'efficacia e la competitività;
·
la necessità di conferire ai cittadini, alle
imprese, ai territori e allo Stato, il potere di agire insieme.
Obiettivi
comuni della politica energetica nazionale sono: la riduzione del 40% delle emissioni di gas a effetto serra entro il
2030; la riduzione del 50% del consumo
finale di energia entro il 2050, con l’obiettivo intermedio del 20% nel
2030; la riduzione del 30% del consumo
energetico primario da combustibili fossili entro il 2030; l’innalzamento della quota di energie
rinnovabili del consumo finale lordo di energia al 23% entro il 2020 e al
32% entro il 2030. A tale data, le energie rinnovabili dovranno
rappresentare il 40% della produzione di elettricità, il 38% del consumo finale
di calore, il 15% del consumo finale di carburante e il 10% del consumo di gas.
Tra gli
ulteriori obiettivi, si segnalano: la riduzione
al 50% della quota di nucleare nella produzione di elettricità entro il
2025; il contributo al raggiungimento degli obiettivi di riduzione
dell'inquinamento atmosferico previsti dal Piano nazionale per la riduzione
degli inquinanti atmosferici; il raggiungimento dell'indipendenza energetica
nei dipartimenti d'oltremare entro il 2030; la disponibilità entro il 2050 di
un patrimonio immobiliare rinnovato in funzione dell'applicazione delle norme
sugli edifici a basso consumo o assimilati, grazie ad una politica di rinnovo
termico degli alloggi, in particolare di quelli delle famiglie a basso reddito.
Al riguardo,
l'articolo 3 sancisce quale obiettivo prioritario la riqualificazione energetica di 500.000 unità abitative l’anno a
partire dal 2017, di cui almeno la metà occupata da famiglie a basso reddito.
L'articolo 4 stabilisce in capo al Governo l'obbligo quinquennale di
relazionare al Parlamento in merito alla strategia nazionale finalizzata a
mobilitare gli investimenti per la riqualificazione energetica del patrimonio
edilizio nazionale. In tema di lotta
agli sprechi, l'art. 69 stabilisce che il Governo sottoponga ogni 5 anni al
Parlamento una strategia nazionale per la transizione
verso l'economia circolare, comprensiva di un piano di programmazione delle
risorse necessarie ai principali settori economici al fine di un più efficiente
utilizzo.
È
prevista inoltre la possibilità di finanziare dei progetti di sviluppo di fonti
energetiche rinnovabili da parte dei cittadini e delle collettività locali, la
generalizzazione della concessione unica per l’eolico, la metanizzazione e
l’idroelettricità, il sostegno allo sviluppo di 1.500 metanizzatori in tre anni
per produrre energia (biogas) a partire da scarti agricoli, una tariffa
d’acquisto obbligatoria che finanzia l’energia rinnovabile autoprodotta e
consumata dagli imprenditori e dai singoli.
La
legge prevede inoltre che i consumi d’elettricità e di energia saranno
monitorati più attentamente grazie all’installazione di computer intelligenti di elettricità (Linky) e di gas (Gazpar). È
previsto inoltre un contributo per aiutare le famiglie in difficoltà nel pagare
le loro bollette: 4 milioni i beneficiari, contro gli 1,3 milioni precedenti
alla legge. La performance energetica viene inoltre presa in considerazione per
quel che riguarda gli alloggi. Il 30% dei finanziamenti derivanti dai
certificati d’economia energetica saranno inoltre destinati alla lotta contro
la precarietà energetica.
Per
quel che riguarda i prodotti a consumo di energia, viene inoltre introdotta in
via sperimentale una targhetta indicante la durata del prodotto, mentre vengono
vietati i sacchetti di plastica
gettabili e viene resa obbligatoria la donazione
dei beni alimentari invenduti alle associazioni umanitarie. Viene previsto
un credito d’imposta per installare
a domicilio punti di ricarica per
veicoli elettrici.
Per
quanto attiene al settore dei trasporti, l’articolo 37 prevede che lo Stato e
gli enti pubblici debbano far sì che vi sia una percentuale minima pari al 50%
dei veicoli a basse immissioni
inquinanti, quali appunto i veicoli elettrici, mentre le collettività
locali devono assicurare che, a partire dal 2020, tra il 20 e il 50% dei mezzi
utilizzati per il trasporto pubblico siano a bassa percentuale inquinante (il
100% a partire dal 2025).
La programmazione pluriennale nel settore
energetico (PPE), in attuazione della legge sulla transazione energetica, è
stata approvata con il Décret
n. 2016-1442 du 27 octobre 2016.
Essa
costituisce il cardine della transizione energetica in quanto:
La legge del
17 agosto 2015 fissa, infatti, come in precedenza accennato, una serie di
obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, di
riduzione del consumo di energia e di sviluppo delle energie rinnovabili.
Per
raggiungere tali obiettivi si rende necessaria una pianificazione molto dettagliata
della politica energetica, che definisca priorità chiare per gli anni a venire
attraverso un’integrazione dell’insieme delle fonti energetiche e dei soggetti
delle politica energetica, e che ponga le basi per un nuovo sistema energetico
globale entro il 2030.
In sintonia
con la strategia nazionale per il carbone adottata a partire dal novembre del
2015, la programmazione pluriennale nel settore energetico indica gli
orientamenti e le azioni concrete da attuare entro il 2018 e il 2023 per
diminuire progressivamente l’uso del carbone e diversificare le fonti di
approvvigionamento energetico al fine di favorire la “crescita verde”.
Essa prevede
in particolare:
·
una forte
riduzione del consumo d’energia (-12% entro il 2023), in particolare di
quella fossile (-22% entro il 2023) a beneficio del potere di acquisto delle
famiglie, della competitività delle imprese e dell’indipendenza energetica
della Francia;
·
un aumento di
oltre il 70% della disponibilità di fonti energetiche rinnovabili elettriche
e del 50% della produzione del calore rinnovabile;
·
uno sviluppo
della mobilità pubblica attraverso mezzi collettivi e condivisi di
trasporto ed una riduzione dei carburanti tramite una maggiore diffusione dei
motori elettrici[1] e del
gas naturale per gli autoveicoli;
·
una riduzione
della produzione di energia nucleare come conseguenza dell’evoluzione del
consumo di energia elettrica e dell’incremento dell’uso delle energie
rinnovabili;
·
un futuro sistema
energetico più flessibile e resistente alle possibili crisi di qualsiasi natura,
grazie all’adozione di linee di condotta che permettano di sviluppare la
costituzione di riserve e promuovere l’autoproduzione anche attraverso i
generatori di calore.
Al fine di
tenere conto delle incertezze riguardanti oggigiorno il settore dell’energia, e
tuttavia sempre nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi ambiziosi
fissati per legge per il 2030, la programmazione sarà rivista nel 2018 e da
quel momento in poi ogni 5 anni. Dopo la prima revisione sarà effettuato un monitoraggio
puntuale degli obiettivi che la pianificazione si propone di raggiungere.
La
programmazione pluriennale nel settore energetico è il frutto di una
concertazione da parte di tutti i soggetti interessati, a partire dall’adozione
della legge. Una prima tappa di tale concertazione ha condotto alla definizione
degli obiettivi di sviluppo delle energie rinnovabili, esposti nell’Arrêté
du 24 avril 2016 relatif aux objectifs de développement des énergies
renouvelables.
Quest’ultimo
provvedimento attualizza la parte concernente le energie rinnovabili da
produrre contenuta negli ultimi programmi di investimento per la produzione di
calore e di elettricità entro il 2023. Esso prevede di aumentare di più del 50%
la produzione di energia derivante da fonti rinnovabili entro il 2023 in
relazione a quanto prodotto nel 2014. In questo quadro la geotermia dovrà
essere aumentata di 4 volte entro il 2023 (di 2 volte entro il 2018) e le pompe
di calore (aerotermiche e geotermiche) dovranno aumentare di più del 75% la
loro produzione nel 2023 (del 38% entro il 2018). È previsto inoltre che dovrà
essere aumentata di 3 volte la quantità di calore e di freddo rinnovabili
prodotta e il recupero dell’energia naturale attraverso gli appositi impianti.
Infine, la capacità installata di energie rinnovabili elettriche in relazione
al 2015 dovrà essere aumentata di più del 50%, portandola tra i 71 e i 78 GW
contro i 43 GW attuali.
Un
primo progetto di programmazione pluriennale era stato sottoposto al Comitato
di esperti per la transizione energetica, al Consiglio nazionale per la
transizione ecologica, al Consiglio superiore per l’energia e all’autorità
ambientale. I pareri di tali organismi hanno permesso di pervenire al piano
nella sua versione definitiva.
Per ulteriori approfondimenti è possibile consultare la brochure sulla
legge dell’agosto 2015, pubblicata un anno dopo la sua approvazione (La loi de transition énergétique pour la croissance
verte en actions. Territoires – Citoyens – Entreprises, luglio 2016),
e, in materia di efficienza energetica,
sia il piano d’azione
nazionale del 2014, sia il rapporto
annuale 2016 previsto dall’articolo 24 della direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012.
Germania
La trasformazione del
sistema energetico tedesco o “transizione
energetica”[2]
(Energiewende) è stata avviata nel
2000 con la Legge sulle energie
rinnovabili (Gesetz für den Vorrang
Erneuerbarer Energien (Erneuerbare-Energien-Gesetz – EEG) del 29 marzo
2000, più volte modificata ed ampliata (EEG 2004, EEG 2009, EEG 2012, EEG 2014,
EEG 2016)[3].
Grazie a questa legge e alle sue successive modifiche, il Governo tedesco si è
posto diversi obiettivi di breve e medio-lungo termine tesi al raggiungimento
di un insieme di ambiziosi traguardi entro il 2050. I quattro obiettivi
principali sono:
·
riduzione
del 20% dei consumi di energia primaria rispetto ai livelli del 2008;
·
riduzione
del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) rispetto ai livelli del
1990;
·
quota
del 18% delle rinnovabili sui consumi finali lordi di energia;
·
quota
del 35% delle rinnovabili sui consumi finali lordi di elettricità.
Dopo l’incidente di
Fukushima furono attuate le condizioni generali per la cessazione dell’uso di energia
nucleare per la produzione di energia elettrica in Germania ("Atomausstieg") attraverso la Tredicesima legge di modifica della Legge sull’energia
nucleare (Dreizehntes
Gesetz zur Änderung des Atomgesetzes), del 31 luglio 2011, entrata in vigore nel successivo mese
di agosto. Il Governo federale tedesco decise dunque l'uscita dal nucleare e la
progressiva sostituzione dell'energia prodotta da combustibili fossili con quella
“pulita” derivata da fonti rinnovabili (solare, vento, geotermico, biodiesel)
entro il 2020. Con l’entrata in vigore della legge otto centrali nucleari hanno
perso l’autorizzazione all’esercizio dell’attività: per i tre impianti più
recenti, il termine massimo di cessazione è fissato al 2022, mentre per gli altri
impianti esistenti, le arelative autorizzazioni scadono, al più tardi, nel
2017, 2019 e 2021.
Nel 2014 viene finalmente
approvata la Legge sul potenziamento delle
energie rinnovabili (Gesetz für den Ausbau
erneuerbarer Energien (Erneuerbare-Energien-Gesetz - EEG 2017[4]), del 21 luglio 2014, che sostituisce la
già citata legge del 2000 e rappresenta un importante passo in avanti verso una
nuova fase di transizione energetica.
Al fine di tutelare
l’ambiente e di mitigare gli effetti derivanti dall’uso di fonti non
rinnovabili sul clima, la legge mira ad aumentare,
in modo costante ed efficiente, la
percentuale del contributo fornito dalle fonti energetiche rinnovabili
nell’ambito del consumo energetico, in particolare per quel che riguarda la
produzione di energia elettrica. La legge prevede, quale punto cardine della
transizione energetica, che la quota di energie rinnovabili nella fornitura di
energia elettrica passi da circa il 33% al 40% fino ad arrivare al 45% nel 2025
e tra il 55 e il 60% nell’anno 2035. Nel 2050 la quota di energie rinnovabili
deve salire fino all’80% (§ 1, comma 2, EEG 2017).
Per raggiungere tali
obiettivi la legge prevede l’attuazione delle seguenti misure:
·
migliore
integrazione della rete di distribuzione (§ 2,
comma 1);
·
assunzione
di maggiori oneri e responsabilità da parte dei produttori di energia da fonti
rinnovabili, adeguando, in tal senso, la propria posizione a quella finora
prevista per i produttori di energia da fonti convenzionali;
·
integrazione
nel mercato dell’energia prodotta attraverso fonti rinnovabili;
·
immissione
diretta nel mercato dell’energia prodotta attraverso fonti rinnovabili da parte
dei produttori della stessa (§ 2, comma
2, e § 19, comma 1);
·
erogazione
di contributi pubblici di tipo economico al fine di favorire le tecnologie meno
costose (§ 2, comma 3), cioè l’energia prodotta attraverso il vento ed
il sole (motivazione della legge), ed assegnati inoltre in base al principio
del “chi inquina paga” e delle più recenti scoperte scientifiche relative
all’energia (§ 2, comma 4), nonché al principio della partecipazione diretta
alla produzione globale di energia derivante da fonti rinnovabili.
Il 13 ottobre 2016 è stata, infine, varata la Legge
che introduce le procedure di gara per la produzione di energia da fonti
rinnovabili e che modifica il diritto in materia di energie rinnovabili (Gesetz zur Einführung von Ausschreibungen
für Strom aus erneuerbaren Energien und zu weiteren Änderungen des Rechts der
erneuerbaren Energien), in vigore dal 1°
gennaio 2017 e contenente l’introduzione di due nuove leggi e le modifiche a
ben 22 atti normativi (sia leggi che regolamenti attuativi). Le energie
rinnovabili assumono dunque un ruolo centrale nella produzione di energia
elettrica, ciò che comporta una trasformazione del sistema globale
dell’approvvigionamento energetico: da una parte i mercati dell’energia devono
adeguarsi a questa quota crescente di energie rinnovabili, dall’altra le
energie rinnovabili devono essere sempre più integrate nel sistema dei mercati
elettrici e nel sistema di approvvigionamento energetico.
A tale scopo l’art. 1 di questa legge, che apporta
modifiche alla legge del 2014, mira ad un sostanziale cambiamento del sistema
di approvvigionamento energetico, passando da un modello di alimentazione ad
una procedura di gara, già testata peraltro come progetto pilota nell’ambito
delle centrali fotovoltaiche.
In virtù degli interventi di modifica della prima legge
sulle energie rinnovabili del 2000, susseguitisi nel corso degli anni, le
rinnovabili sono state introdotte gradualmente nel mercato della diretta
commercializzazione. In particolare, con la Legge del 2016 è stato deciso di
adattare il sistema di approvvigionamento energetico ai bandi: in altri
termini, i contributi alle imprese produttrici di energie rinnovabili devono
essere assegnati sulla base di un bando. Ciò rende possibili sia un maggiore
controllo dello sviluppo e un più efficace raccordo con la pianificazione della
rete di distribuzione, sia un miglioramento della sicurezza nella
pianificazione per gli altri attori del mercato dell’energia, incontrando
inoltre la richiesta della Commissione europea di un maggiore avvicinamento della
produzione di energie rinnovabili alle logiche di mercato.
Al fine di aumentare l'efficienza nel campo
dell’energia elettrica e della produzione di calore, il Governo federale
tedesco ha sostenuto nel 2015 l'espansione della produzione combinata di calore
ed elettricità, in particolare attraverso l’approvazione della Legge per la
manutenzione, l'ammodernamento e l'espansione della produzione combinata di
calore ed energia (Legge di Cogenerazione – CHP) (Gesetz für
die Erhaltung, die Modernisierung und den Ausbau der Kraft-Wärme-Kopplung
(Kraft-Wärme-Kopplungsgesetz - KWKG), del
21 dicembre 2015, in vigore dal 1° gennaio 2016. In tal modo, si è perseguito
l'obiettivo di aumentare la quota di cogenerazione nella produzione di energia
elettrica. Con la nuova legge, la produzione combinata di calore ed elettricità
è incentivata attraverso l’ammodernamento e la costruzione di impianti
altamente efficienti. Inoltre, è promossa la costruzione e l'espansione delle
reti di riscaldamento e dei sistemi di storage.
Una menzione
particolare meritano gli incentivi all’elettromobilità
inizialmente previsti dal Piano integrato
energia e clima (Energie-
und Klimaprogramm -
IEKP) approvato dal Governo federale il 23 agosto 2007. Il pacchetto di misure
comprendeva 29 punti, tra cui appunto l’elettromobilità. Successivamente, il 19
agosto 2009 il Governo federale ha approvato il Piano nazionale per lo sviluppo della mobilità elettrica (Nationalen Entwicklungsplan
Elektromobilität)[5] con gli
obiettivi di promuovere la ricerca, lo sviluppo e l’immissione sul mercato dei
veicoli elettrici a batteria, e di coniugare la tutela ambientale con la
politica industriale, rendendo in tal modo la Germania il mercato leader nella elettromobilità e portando
sulle strade entro il 2020 un milione di veicoli elettrici.
Con il Piano
nazionale per lo sviluppo della mobilità elettrica, il Governo federale ha
posto le basi per l’attuazione della politica “Via dal petrolio” ("Weg
vom Öl"), assicurando al tempo stesso un importante contributo alla
tutela ambientale.
Secondo il Piano
nazionale, lo sviluppo del mercato dell’elettromobilità prevede tre fasi:
·
fase
di preparazione del mercato fino al 2011;
·
fase
di lancio (fino al 2016);
Per l’attuazione del
Piano nazionale per lo sviluppo della mobilità elettrica, il Governo federale
ha istituito nel 2010 la Piattaforma
nazionale elettromobilità ((Nationale Plattform Elektromobilität - NPE), composta da
rappresentanti della politica, dell’industria, della scienza, dei comuni e dei
consumatori. Ogni anno dal 2010 la piattaforma ha presentato alla cancelleria
tedesca una relazione sui progressi del piano nazionale. Obiettivo del Governo
federale è di raggiungere, come detto, un milione di veicoli elettrici nel 2020
e sei milioni di veicoli elettrici nel 2030.
Le misure e i piani
adottati dal Governo federale nel Pacchetto congiunturale II del 2009 (Konjunkturpaket II) hanno svolto il
ruolo di catalizzatori. Ad esempio, il Ministero federale dei trasporti ha
posto come fulcro della sua politica il progetto “Elettromobilità in regioni modello” (Elektromobilität in Modellregionen) - 8 progetti
pilota in altrettante regioni finanziati con 180 milioni di euro – al quale hanno
lavorato esponenti del mondo scientifico, industriale e del governo locale (comuni)
al fine di realizzare le infrastrutture e sviluppare l’elettromobilità nel
settore del trasporto pubblico locale.
Regno
Unito
Nel Regno Unito, il tema
della politica energetica appare risentire di innovazioni recenti che, non
ancora del tutto sedimentate, derivano sia dal mutamento degli indirizzi
politici interni, sia dalla scelta – di portata epocale - di porre in
discussione l’appartenenza all’Unione europea e prefigurare con essa un diverso
ordine di relazioni.
Tali innovazioni hanno
avviato la revisione, almeno in parte, dei criteri ispiratori dei piani
nazionali precedentemente adottati in materia di efficienza energetica, dei
quali alcuni aspetti qualificanti possono ritenersi già ora superati: tra
questi, ad esempio, il Green Deal,
ossia il programma di incentivi pubblici per la riqualificazione energetica
degli edifici introdotto nel 2012, il cui schema ha concluso la sua operatività
nel 2015 e non è stato a tutt’oggi proseguito.
La valutazione delle
possibili discontinuità dell’azione pubblica in questo ambito può apprezzarsi
alla luce di alcune impostazioni precedenti, che possono qui essere
sommariamente richiamate.
Nella fase precedente ai
mutamenti politici sfociati, come già detto, nell’insediamento del secondo
Governo Cameron nel 2015 e nelle sue opzioni in materia europea, l’impostazione
di politica energetica adottata dal
Regno Unito ha trovato espressione nel Piano
nazionale per l’efficienza energetica, pubblicato nel 2014 in conformità
alla direttiva europea 2012/27/UE (UK
National Energy Efficiency Action Plan). Con esso si sono poste le basi di un piano d’azione finalizzato ala tutela dell’ambiente e della
valorizzazione delle fonti di energia rinnovabile, nella duplice
prospettiva, ambientale e sociale, di agevolare il ricorso alle risorse
energetiche alternative e, nel contempo, di ridurre le difficoltà delle persone
meno abbienti di poter fruire di un adeguato livello di riscaldamento all’interno
delle proprie abitazioni (fuel poverty).
La nozione di “energia verde” (definita come
l’elettricità o il calore generati, nel limite di 5 megawatt, da fonti
rinnovabili o comunque idonee a produrre bassi livelli di emissione
nell’atmosfera) era peraltro già stata introdotta con il Green
Energy (Definition and Promotion) Act 2009, approvato sotto l’Esecutivo laburista,
che aggiornava in tal modo il quadro normativo concernente le energie
alternative, devolvendo alla normativa secondaria le modifiche della
legislazione urbanistica necessarie a consentire l’installazione di impianti di
microgenerazione sia nelle aree
residenziali che sui fondi a destinazione agricola.
Va infatti evidenziato
come le misure del primo governo Cameron, nelle linee fondamentali, si siano
mantenute coerenti non solo con la succitata legge del 2009, ma anche con altre
precedenti iniziative adottate dal Governo laburista, che nel 2010 aveva collegato i profili dell’energia e della tutela del patrimonio ambientale nella disciplina dettata con l’Energy
Act 2010. Tale legge
dava attuazione agli indirizzi adottati dal Governo in ordine alla programmata
riduzione delle emissioni di CO2 nella misura del 18% entro il 2020, e introduceva
un quadro di incentivi finanziari per lo sviluppo commerciale delle attività di
raccolta e stoccaggio geologico di CO2 (carbon
capture), prevedendo forme di sostegno per i casi di disagio sociale
determinati da penuria energetica (anche mediante l’introduzione di sussidi e
tariffe agevolate per il riscaldamento domestico). Infine, la legge del 2010
perseguiva il rafforzamento dei poteri pubblici di regolazione energetica,
affinché il corretto funzionamento del relativo mercato potesse giovare ai
consumatori e assicurare la disponibilità di risorse di energia sicure e
conformi al principio di sostenibilità ambientale.
Gli obiettivi di riduzione delle emissioni (in
conformità agli impegni assunti dal Regno Unito in sede internazionale) avevano
trovato fonte, a loro volta, nelle previsioni del Climate
Change Act 2008, che
fissava al 2050 il raggiungimento di una complessiva riduzione delle emissioni
nella misura dell’80% dei livelli registrati nel 1990, prevedendo altresì
limiti intermedi riferiti a periodi di durata quinquennale (cosiddetti carbon budgets, per ora programmati fino
al 2032)[6].
L’obiettivo della
transizione del Regno Unito ad un sistema energetico sicuro, economico e a basso impatto ambientale è stato quindi
perseguito, circa un anno e mezzo dopo l’insediamento della coalizione di
governo liberal-conservatrice, con l’Energy
Act 2011, le cui
previsioni hanno introdotto una serie di misure il cui denominatore comune è la
promozione dell’efficienza energetica,
nel contesto dei vincoli posti dai criteri di sostenibilità ambientale. Ciò,
con riferimento a tre principali ambiti di intervento: l’incentivazione degli
interventi diretti all’efficienza energetica; la promozione della sicurezza e
dell’affidabilità delle fonti di energia; la promozione degli investimenti
privati riferiti alle fonti energetiche a basso impatto emissivo di CO2.
Nel 2013, infine, il
legislatore (in attuazione del programma di governo della coalizione
liberal-conservatrice) ha ulteriormente precisato (con l’Energy
Act 2013) gli
obiettivi di graduale riduzione delle emissioni (decarbonisation) e la relativa periodizzazione, e ha introdotto
misure di riforma del mercato dell’energia
elettrica. Tra queste, viene in rilievo la previsione di strumenti contrattuali idonei ad
incentivare gli investimenti privati nel settore della produzione dell’energia
elettrica con abbattimento dei livelli di emissioni (low carbon electricity generation), in virtù di meccanismi di
compensazione della loro limitata remuneratività iniziale: il riferimento è, in
particolare, al cosiddetto contract for
difference (CFD), formula che intende assicurare all’investitore uno
stabile e prevedibile ritorno economico mediante la stipula di accordi a lungo
termine. Il legislatore del 2013 si è altresì preoccupato di mitigare i rischi
per la continuità e la sicurezza degli
approvvigionamenti energetici, e ha tal fine istituito il Capacity Market (CM)[7]:
esso si sostanzia nell’offerta competitiva di energia da parte dei produttori,
acquisita dall’operatore della rete elettrica nazionale sulla base di stime
periodiche dei fabbisogni energetici futuri. D’altra parte, la legge del 2013 è
intervenuta su una pluralità di aspetti del sistema energetico nazionale: ha
incentivato, ad esempio, la creazione di impianti per la produzione di energie
rinnovabili attraverso appositi meccanismi finanziari (Renewable Obligations); ha fissato i limiti massimi annuali di
emissione per la produzione di energia da fonti fossili (Emission Performance Standards); ha modificato l’assetto degli
organi di controllo e di regolamentazione nel settore dell’energia nucleare e petrolifera.
Negli ultimi anni, l’asse
della politica energetica nazionale si è più marcatamente intersecato con
quello della politica industriale,
in una visione integrata dei rispettivi ambiti e con una particolare enfasi
posta su modelli operativi tendenti ad affidare ai mercati la produzione
energetica, in graduale superamento dell’esperienza maturata relativamente
all’erogazione di sussidi e di altre forme di aiuti pubblici finalizzati alla
creazione di tali mercati e al contenimento dei loro costi. Le linee
programmatiche in materia di energia si rinvengono infatti incorporate, da
ultimo, nel piano strategico nazionale
per lo sviluppo industriale, oggetto del “Libro verde” pubblicato dal
Governo del Regno Unito nel gennaio 2017 (Building
our Industrial Strategy),
e oggetto di una consultazione pubblica tuttora in corso di svolgimento (si
concluderà nell’aprile 2017). Peraltro, dell’immediata collocazione degli
indirizzi pubblici in materia di energia nel più ampio contesto della politica
industriale nazionale è indice la stessa revisione delle competenze ministeriali,
che ha comportato l’attribuzione, nel luglio 2016 per iniziativa del Governo
conservatore da poco insediatosi, al nuovo Department
for Business, Energy & Industrial Strategy (BEIS) dei compiti assegnati in precedenza al Department of Energy & Climate Change
oggi soppresso.
Alla luce delle previsioni
del suddetto “Libro verde”, gli
indirizzi in materia energetica intendono affrontare il cosiddetto “trilemma”
che tradizionalmente si rileva in questo campo, contemperando il perseguimento
di tre principali obiettivi: a) la sicurezza
e la continuità dell’approvvigionamento energetico del paese; b) la transizione verso una “low carbon economy” e l’innovazione delle correlate
infrastrutture, senza eccessivo aggravio di costi su contribuenti, imprese e
consumatori; c) lo sviluppo
dell’industria nazionale, affinché essa possa riservarsi una quota
sostanziale del mercato energetico nella dimensione globale.
In una recente audizione dinanzi al Select Committee on Economic Affairs della Camera dei Lord (10
gennaio 2017), il ministro responsabile del BEIS, Greg Clark, ha tuttavia
sostenuto che ai tre tradizionali “pilastri” della politica energetica se ne debba
aggiungere un quarto (la cui specifica individuazione è indice del diverso
approccio del suo dicastero) basato sulla “crescente considerazione delle
implicazioni industriali della politica energetica, forse in un modo che
precedentemente non si è fatto, con riguardo sia ai costi dell’energia per
l’industria, sia alle opportunità industriali che nascono dalle decisioni che
prendiamo sulla politica energetica. Ciò forse non è stato esplicitamente
considerato come invece richiederebbe”. In occasione di un’indagine
parlamentare, il BEIS ha sintetizzato (nell’ottobre 2016) i programmi
ministeriali in materia economico-energetica, dichiarando quale obiettivo
generale del Governo la produzione di energia affidabile, economicamente
accessibile e pulita (“reliable,
affordable, clean”)[8].
I punti salienti della
politica energetica, come annunciati nel “Libro verde”, riguardano la minimizzazione dei costi dell’energia
elettrica (ancora elevati rispetto alla media europea), ricondotti
principalmente al funzionamento della rete di trasmissione nazionale; è inoltre
annunciata la redazione di un programma
governativo di sostenibilità ambientale di durata venticinquennale (Government’s 25 Years Environment Plan),
in cui dovrebbero trovare spazio misure per l’incremento della produttività in
campo energetico, la razionalizzazione dei costi, l’eliminazione di sprechi e
di pratiche inefficienti. Rilievo è attribuito anche all’ammodernamento delle dotazioni infrastrutturali, a partire
dai “contatori intelligenti” (smart
meters), oggetto di specifiche iniziative nell’ambito di programmi dedicati
(smart metering implementation programme)
assunte dall’autorità settoriale di regolazione (Ofgem), nel presupposto della loro idoneità a commisurare le
somministrazioni energetiche agli effettivi fabbisogni delle abitazioni e degli
stabilimenti produttivi, con prevedibili benefici sul piano dei consumi
energetici complessivi; a tale riguardo sono state accolte le indicazioni
espresse dall’organismo indipendente preposto alle opere infrastrutturali di
interesse nazionale (National
Infrastructure Commission) in merito alla flessibilità del sistema energetico, carattere da cui dipendono
quelli di sostenibilità e di economicità (cost
effective) del sistema medesimo.
La strategia integrata
perseguita dal Governo britannico, che mette le politiche energetiche in
stretta relazione con quelle per lo sviluppo industriale nazionale, trova
espressione negli ulteriori punti programmatici richiamati nel “Libro verde”,
prevedibilmente destinati a tradursi in un disegno
di legge di prossima presentazione. Essi riguardano, tra l’altro: a) l’energia nucleare, settore in cui il
Regno Unito è impegnato per lo sviluppo della fusione nucleare (tecnologia che
caratterizza il maggiore impianto al momento esistente al mondo, il Joint European Torus a Culham) e per la
realizzazione di un impianto ad alta capacità nell’ambito dei programmi di
collaborazione internazionale; b) l’energia
eolica prodotta su piattaforme marine, di cui è esempio l’impianto Siemens
inaugurato a Hull nel dicembre 2016, con la creazione – si riporta nel
documento – di un migliaio di posti di lavoro e il coinvolgimento di piccole
imprese nella filiera produttiva; c) la diffusione della mobilità elettrica e del ricorso a veicoli a minimo impatto
ambientale, obiettivo anch’esso individuato nell’ottica della promozione delle
attività industriali e dell’occupazione.
Sul versante parlamentare, ha intanto trovato espressione
l’orientamento verso una considerazione prioritaria della sicurezza dell’approvvigionamento energetico nazionale rispetto
agli obiettivi, pur vincolanti, di riduzione delle emissioni, il cui
perseguimento si ritiene debba richiedere livelli di efficienza economica
maggiori di quelli finora sperimentati. In questa prospettiva, la competitività
e l’efficienza del mercato dell’energia elettrica rappresentano, secondo questa
opinione, le coordinate principali degli interventi di riforma: “Low
carbon but chronically unreliable electricity is not acceptable. Similarly very
cheap prices at the expense of frequent shortages would be unacceptable”. [9]
Aggiornate misure per l’efficienza
energetica, inoltre, sono state annunciate dal Governo con riferimento all’imminente
pubblicazione del piano di riduzione delle emissioni per il 2017, sulle cui opzioni
di fondo gli uffici parlamentari hanno recentemente pubblicato una nota tecnica
di documentazione[10].
Agli indirizzi di politica
energetica sono correlate, d’altra parte, anche iniziative adottate nel campo
della ricerca e della formazione, le quali si sono tradotte
(oltre che, più generalmente, in misure promozionali dirette ad una maggiore
diffusione della cultura scientifica nell’istruzione universitaria e
specializzata) nell’avvio, sin dal 2001, del programma Supergen coordinato dal Research Councils UK, volto a sostenere sette consorzi di ricerca
creati tra università ed imprese con il fine di sviluppare soluzioni per il
complessivo miglioramento, sotto il profilo della sostenibilità e della
resilienza, del sistema energetico nazionale.
Sul piano delle misure di
ordine finanziario, è inoltre da segnalare la costituzione di un fondo pubblico per l’innovazione,
annunciata in occasione dell’assestamento di bilancio dello scorso autunno (Autumn
Statement 2016). Il
fondo – si tratta del National
Productivity Investment Fund – prevede lo stanziamento aggiuntivo annuale
di 23 miliardi di sterline in cinque anni, destinato a sostenere il già
esistente programma di collaborazione tra l’industria nazionale e la ricerca
nel campo delle scienze applicate (Industrial
Strategy Challenge Fund – ISCF).
Peraltro, il quadro
generale della politica energetica nazionale è suscettibile di ulteriori
sviluppi – al momento non facilmente prevedibili - alla luce dell’esito del
referendum del 2016 sull’appartenenza
all’Unione europea del Regno Unito e dei conseguenti negoziati che il
Governo britannico si accinge ad instaurare con le istituzioni euro-unitarie.
Lo scenario della Brexit ha determinato l’avvio di una serie di analisi circa le
sue possibili implicazioni sotto il profilo dell’approvvigionamento energetico
del Paese, degli assetti del mercato energetico e del rispetto degli impegni
assunti in materia di cambiamento climatico.
In sede parlamentare, tali
aspetti sono stati presi in puntuale considerazione dalla commissione
competente dalla Camera dei Comuni (Energy
and Climate Change Committee), che nella sua terza relazione della sessione
parlamentare 2016-2017 (The
energy revolution and future challenges for UK energy and climate change policy, 15 ottobre 2016) ha dedicato un
capitolo alle conseguenze della Brexit
sugli indirizzi di politica energetica nazionale, in cui è riconosciuto il
ruolo storicamente assolto dalla legislazione dell’Unione europea nello
stimolare un più ampio ricorso alle energie rinnovabili e il perseguimento
degli obiettivi di “decarbonisation”,
e si è al riguardo individuato il rischio di ritardi in conseguenza del venir
meno di vincoli “esterni”.
Benché il distacco
dall’Unione europea non possa, ad avviso della commissione, influire in modo
determinante sugli indirizzi generali in questo ambito (derivanti
principalmente da fonti di diritto interno, e soprattutto dal già richiamato Climate Change Act 2008), la commissione
parlamentare ha tuttavia ritenuto che, a fronte delle incertezze determinate
dalla Brexit, sia necessaria
un’aggiornata definizione di una strategia energetica nazionale a lungo termine
e delle politiche in materia di cambiamento climatico[11].
Le raccomandazioni espresse dalla commissione parlamentare (dirette, in
particolare, a individuare alcuni aspetti prioritari delle materie oggetto
degli imminenti negoziati tra Regno Unito e Unione europea) sono state in larga
parte recepite dal Governo, come argomentato nel suo documento di replica del 17 gennaio 2017.
Spagna
Il Piano di azione di risparmio ed efficienza energetica spagnolo (Plan
de Acción de Ahorro y Eficiencia Energética 2011-2020) è stato approvato dal Consiglio dei Ministri
il 29 luglio 2011[12].
Le misure incluse nel
Piano di azione comportano un risparmio
di energia finale nell’anno 2020 di 17.842 ktep e di energia primaria di 35.585 ktep, calcolati in riferimento all’anno
2007. Il conseguimento degli obiettivi è possibile con un programma di aiuti
gestiti dal settore pubblico di 4.995 milioni di euro nel periodo 2011-2020
che, insieme alle misure normative, mobilizzano un volume di investimenti di
45.985 milioni di euro. I risparmi accumulati di energia finale e primaria
saranno, rispettivamente, di 120.967 ktep e di 247.791 ktep.
I risparmi previsti sono
relativi a sei settori inclusi nel
piano:
·
Industria;
·
Trasporti;
·
Edilizia
e impianti;
·
Servizi
pubblici;
·
Agricoltura
e pesca;
·
Trasformazione
dell’energia.
Nel quadro del Piano
svolge un ruolo fondamentale la collaborazione dell’Instituto para la Diversificación y
Ahorro de la Energía (IDAE)[13] con le Comunità autonome per
l’esecuzione della maggior parte delle misure di sostegno, formazione e
comunicazione, secondo un modello di cofinanziamento e cogestione tra
l’Amministrazione generale dello Stato e le amministrazioni autonomiche. Sono
previsti meccanismi normativi e regolamentari che rendano possibile il
conseguimento degli obiettivi di risparmio mediante la fissazione di standard
molto esigenti di efficienza energetica.
Le misure del piano fanno
riferimento alla promozione della più elevata tecnologia nel settore Industria, favorendo l’adozione delle migliori tecnologie disponibili,
l’installazione di sistemi di gestione energetica e il sostegno alla
realizzazione di audit energetici.
Nel settore Trasporti si propongono misure di
sostegno del cambio modale in favore
di un maggiore utilizzo della modalità ferroviaria, un uso razionale dei mezzi
di trasporto e il rinnovo delle flotte.
Nel settore Edilizia e impianti si punta sul
miglioramento dell’efficienza energetica
degli edifici, sulle installazioni termiche e di illuminazione del parco
edilizio esistente, sul miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti
di refrigerazione commerciale, nonché sulla costruzione e la riabilitazione di
8,2 milioni di mq all’anno ad alta qualificazione energetica e la costruzione
di edifici con consumo di energia pari quasi a zero. Nel settore è fondamentale
altresì la prosecuzione del Piano di rinnovo degli elettrodomestici (Plan Renove de Electrodomésticos) con
l’obiettivo di sostituire 500.000 pezzi all’anno.
Nel settore Servizi pubblici si propone il
miglioramento dell’efficienza energetica
degli impianti di illuminazione pubblici esterni e degli impianti di
potabilizzazione, trattamento, depurazione delle acque reflue e
desalinizzazione, oltre alla formazione dei gestori energetici municipali e la
realizzazione di studi e analisi.
Nel settore Agricoltura e pesca il Piano include
misure per il miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti di irrigazione, sostegno alla
migrazione verso l’agricoltura di conservazione e al passaggio dai sistemi di
irrigazione per aspersione a sistemi di irrigazione localizzati, oltre a misure
di promozione e formazione sulle tecniche di uso efficiente dell’energia nel
settore agrario e ittico e al rinnovamento dei macchinari.
Infine, nel settore Trasformazione dell’energia l’obiettivo
è l’installazione di 3.751 MW di nuova
potenza di cogenerazione, entro il 2020, e il rinnovamento fino a 3.925 MW
di potenza di cogenerazione con oltre 15 anni di età. Si prevedono sostegni
specifici per la cogenerazione di piccola potenza e le cogenerazioni non
industriali.
Gli obiettivi di risparmio
di energia finale e primaria del Piano sono possibili come risultato di
investimenti equivalenti a 45.985
milioni di euro dal 2011 al 2020, che si traduce in una media annuale di
4.598 milioni.
I risparmi si concretizzano
in benefici economici diretti per la riduzione delle importazioni di petrolio
greggio e per le minori emissioni di gas serra. Altri impatti, diretti o
indiretti, derivanti dalle misure di risparmio ed efficienza energetica sono
legati alla creazione di occupazione e all’incremento del prodotto interno
lordo.
In sintesi il settore
dell’efficienza energetica rappresenta l’1,8% del PIL e l’1,4% dell'occupazione
totale (considerato l’impatto totale, vale a dire gli effetti diretti,
indiretti e indotti). Il peso del settore dell’efficienza energetica crescerà
fino al 2020, in maniera che l’ampiezza del settore aumenterà dallo 0,8% fino
all’1,6% nel 2020 (dall’1,8% del PIL al 3,9% nel 2020, considerando gli effetti
indiretti e indotti). In termini di occupazione diretta, il settore industria
occuperà circa 300.000 persone nel 2020 (più di 750.000 in termini di
occupazione totale).
Nel Piano nazionale d’azione di efficienza energetica (Plan
Nacional de Acción de Eficiencia Energética 2014-2020, 30 aprile 2014) inviato all’Unione
europea, il Governo spagnolo ribadisce gli obiettivi nazionali di efficienza
energetica già fissati nel piano d’azione del 2011 e analizza i risultati
ottenuti fino a quel momento.
Gli obiettivi di
efficienza energetica da conseguire sono i seguenti:
·
il
54,6% (311,6 ktep all’anno) deve essere conseguito mediante la realizzazione di
misure di risparmio ed efficienza nel settore Industria. La misura più
importante è costituita dall’adozione delle migliori tecnologie disponibili;
·
il
25,3% (144,1 ktep all’anno) deve essere ottenuto nel settore Trasporti,
essenzialmente mediante misure di cambio modale, interventi di mobilità
sostenibile e piani di trasporto sui posti di lavoro;
·
il
15,3% (87,1 ktep all’anno) si realizza mediante misure nel settore Edilizia e
Impianti. Il risultato va raggiunto mediante riabilitazione energetica
dell’involucro termico degli edifici esistenti, migliorando l’efficienza
energetica degli impianti di riscaldamento termico, aria condizionata e acqua
calda, illuminazione, ascensori e altri sistemi di trasporto e impianti
elettrici;
·
il
2,2% (12,3 ktep all’anno) è relativo al settore Servizi pubblici, all’interno
del quale giocano un ruolo primario le misure per il rinnovo dell’illuminazione
esterna;
·
l’1,7%
(9,5 ktep all’anno) riguarda il settore Agricoltura e pesca, in cui appare
fondamentale il miglioramento dell’efficienza energetica nelle aziende agricole
e nell’uso delle macchine agricole;
·
infine,
l’1,1% (6 ktep all’anno) concerne il settore Comunicazione.
A partire dagli anni 2000
le politiche energetiche spagnole hanno favorito una maggiore diffusione delle energie rinnovabili e un maggiore grado
di autosufficienza energetica. La crisi economica iniziata nel 2008 ha fatto
però sentire i suoi effetti anche nei programmi di sviluppo delle energie
rinnovabili, per cui taluni degli incentivi previsti originariamente in favore
di questo settore sono stati ridotti o sospesi.
Nel 2011 la Ley
2/2011, de 4 de marzo, de Economía Sostenible ha previsto un ampio programma di
riforme volte a una crescita equilibrata e duratura, sostenibile dal punto di
vista economico, ambientale e sociale[14]. Essa
ha introdotto altresì nuovi criteri per il risparmio e l’efficienza energetici.
In particolare il titolo III della legge (Sostenibilidad
medioambiental: artt. 77-111) si è occupato dei diversi settori della sostenibilità ambientale: modello
energetico, riduzione di emissioni, trasporto e mobilità sostenibili. In primo
luogo vengono indicati i grandi principi applicabili, quali la garanzia della
sicurezza del rifornimento, l’efficienza economica e il rispetto dell’ambiente
nonché gli obiettivi nazionali per il 2020 in materia di risparmio ed
efficienza energetica e di utilizzo delle energie rinnovabili. In secondo luogo
si attribuisce al Governo il compito di promuovere il raggiungimento
dell’obiettivo assunto dall’Unione europea sulla riduzione dei gas serra. Infine
si promuove la trasformazione del settore dei trasporti per incrementare la sua
efficienza economica e ambientale, nonché la competitività. Sono previsti
altresì interventi nel settore della mobilità
sostenibile, promuovendo i mezzi di trasporto a minor costo ambientale,
sociale ed energetico.
Nel novembre 2011 il
Consiglio dei Ministri ha approvato la Pianificazione
energetica indicativa 2012-2020 (Planificación
energética indicativa 2012-2020)
e il Piano delle energie rinnovabili
2011-2020 (Plan
de Energías Renovables 2011-2020).
La Pianificazione energetica indicativa è un documento di previsione di lungo
periodo che, delineando lo sviluppo della domanda di energia e le iniziative
necessarie per sostenerne la crescita, costituisce il punto di partenza della
normativa. Il Ministero dell’industria, turismo e commercio[15] ha
previsto che nel periodo considerato vi sia un aumento della quota di energia
prodotta da fonti rinnovabili e una diminuzione di quella relativa alla
produzione energetica derivante da fonti fossili. È prevista una diminuzione
delle emissioni di anidride carbonica CO2, in particolare di quelle
collegate ai processi di generazione elettrica, con una riduzione dell’11,8%
per kW/h prodotto, nonché una diminuzione della produzione di energia nucleare.
Il documento indica una previsione per
l’anno 2020 del 20,8% dell’energia nazionale derivante da fonti rinnovabili.
A tale documento si collega il Piano delle energie rinnovabili, che analizza
l’evoluzione delle varie fonti di energia rinnovabile: biocarburante, biogas,
biomassa, energia eolica, energia geotermica, energia idroelettrica, rifiuti,
fotovoltaico, energia termica e termoelettrica. Le indicazioni, divise per
settore e tipologia di intervento, insistono in particolar modo sugli incentivi all’uso di energie rinnovabili
per la produzione di calore e sull’autoconsumo di energia prodotta da fonti
rinnovabili.
La Ley
24/2013, de 26 de diciembre, del Sector Eléctrico ha costituito una risposta al deficit
strutturale del settore elettrico
determinato dallo squilibrio tra entrate e costi del sistema, con l’obiettivo
di correggere tale situazione, apportando una stabilità di regolamentazione
improntata al principio della sostenibilità economico-finanziaria. Per quanto
concerne le energie rinnovabili, la
legge ha puntato ad integrare le entrate del mercato con una remunerazione specifica che permetta a
tali energie di competere con le altre tecnologie. Per il calcolo di tale
remunerazione si considerano, per un’installazione tipo, le entrate della
vendita dell’energia generata al prezzo del mercato di produzione, i costi di
sfruttamento medi necessari e il valore dell’investimento iniziale
dell’installazione per un’impresa efficiente e ben gestita. In nessun caso si
possono considerare come costi o investimenti quelli determinati da norme o
atti amministrativi applicabili su tutto il territorio spagnolo, in quanto tali
costi devono rispondere solo all’attività di produzione elettrica. Gli
investimenti in tecnologie delle energie rinnovabili devono ispirarsi al
principio del rendimento ragionevole
e i relativi parametri remunerativi devono essere rivisti ogni sei anni in base
a tale principio. Per quanto concerne la distribuzione e l’accesso alla rete,
la legge ha stabilito che l’energia elettrica derivante da installazioni che
utilizzano fonti di energia rinnovabile ha priorità di distribuzione a
condizioni economiche nel mercato, fermi restando i requisiti relativi al
mantenimento della sicurezza del sistema. La generazione di elettricità da
fonti rinnovabili ha priorità di accesso e di connessione alla rete in base a
criteri oggettivi e trasparenti. Per la prima volta è stato disciplinato l’autoconsumo, con la finalità di garantirne
uno sviluppo ordinato, compatibile con la necessità di garantire la
sostenibilità tecnica ed economica del sistema elettrico. Peraltro la legge ha
previsto l’obbligo per le installazioni di autoconsumo di contribuire al
finanziamento dei costi e servizi del sistema nella stessa misura rispetto al
resto dei consumatori. Sono previste eccezioni transitorie per i casi in cui
l’autoconsumo comporta una riduzione dei costi per il sistema. Per i
consumatori che optano per l’autoconsumo la legge prevede l’obbligo di iscrizione
al registro amministrativo di autoconsumo dell’energia elettrica (registro administrativo de autoconsumo de
energía eléctrica), presso il Ministero dell’industria, energia e turismo.
Il Real
Decreto 413/2014, de 6 de junio, por el que se regula la actividad de
producción de energía eléctrica a partir de fuentes de energía renovables,
cogeneración y residuos
è quindi intervenuto a regolare l’attività di produzione di energia elettrica da fonti di energia rinnovabili,
cogenerazione e rifiuti. L’aspetto più importante è la riforma del sistema
degli incentivi in favore delle installazioni di energia rinnovabili,
prevedendo che solo le produzioni che non superano la durata stabilita dalla
legge, cioè 20 anni per l’energia eolica, 30 per la fotovoltaica e 25 per le
altre, possono ricevere gli incentivi. Gli impianti possono comunque percepire,
oltre al compenso per la vendita di energia a prezzi di mercato, la
remunerazione specifica derivante, per una parte, dalle unità di potenza
installate, quale compenso per l’investimento, dall’altra da un compenso
operativo. Essa permette di coprire i maggiori costi di installazione di
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in maniera tale da poter
competere con le altre tecnologie e ottenere un rendimento ragionevole.
Nel 2015 è intervenuto un
decreto ministeriale: il Real
Decreto 900/2015, de 9 de octubre, por el que se regulan las condiciones
administrativas, técnicas y económicas de las modalidades de suministro de
energía eléctrica con autoconsumo y de producción con autoconsumo, in materia di condizioni
amministrative, tecniche ed economiche delle modalità di fornitura di energia elettrica da autoconsumo e
produzione da autoconsumo. Esso ha classificato le installazioni di autoconsumo
in due modalità: a) quando si tratti di un consumatore in un unico punto di
fornitura o impianto che dispone nella sua rete interna di una o diverse
installazioni generatrici di energia elettrica destinate al consumo proprio e
non iscritti nel registro come impianto di produzione, la cui potenza non è
superiore a 100kW; b) quando si tratti di un consumatore di energia elettrica
in un punto di fornitura o installazione associato a una o più installazioni di
produzione iscritte nel registro amministrativo connesse all’interno della rete
o che condividano infrastrutture di connessione o connesse mediante una linea
diretta, con un soggetto consumatore distinto dal soggetto produttore.
Il decreto ha previsto
delle tariffe di accesso (peajes de acceso) alla rete di trasporto
e distribuzione, che interessano sia la potenza, con un costo fisso, sia la
produzione, a prescindere dal fatto se l’energia sia consumata in loco o
immessa in rete. I proprietari di installazioni al di sotto dei 100 kW di
capacità non possono rivendere il surplus elettrico alla rete, essendo
obbligati a cederlo senza indennizzo. Il decreto prevede delle eccezioni alla
tariffa per gli impianti fotovoltaici realizzati su isole e per i piccoli
impianti con una potenza fino a 10 kW.
In materia di mobilità elettrica si segnala la Strategia integrale per la promozione del
veicolo elettrico 2010-2014 (Estrategia
Integral para el Impulso del vehículo eléctrico 2010-2014) che, al fine di facilitare
l’introduzione dei veicoli elettrici, ha indicato alcune linee di intervento:
·
sostegno
alla domanda e alla promozione dell’utilizzo dei veicolo elettrico;
·
sostegno
all’industrializzazione e alla ricerca, sviluppo e innovazione in materia;
·
sviluppo
delle infrastrutture di ricarica e della gestione energetica.
Tali linee strategiche si
strutturano in una serie di programmi con obiettivi specifici, tra i quali:
programma di sostegno alla domanda, programma di vantaggi urbani, programma di
diffusione degli impianti di ricarica, programma di gestione della domanda
energetica.
Il Real Decreto 287/2015, de
17 de abril, por el que se regula la concesión directa de subvenciones para la
adquisición de vehículos eléctricos en 2015 (Programa MOVELE 2015) ha predisposto la concessione diretta di
sovvenzioni all’acquisizione di veicoli
elettrici nuovi, intendendo come tali quelli la cui energia di propulsione
deriva, in tutto o in parte, dall’elettricità delle loro batterie caricate
attraverso la rete elettrica, facilitando e favorendo lo sviluppo della
mobilità elettrica per il suo contributo al miglioramento dei trasporti,
dell’efficienza energetica e ambientale, oltre a ridurre la dipendenza
energetica dal settore petrolifero. Il finanziamento previsto è pari a 7.000.000 di euro.
Il Real
Decreto 1078/2015, de 27 de noviembre, por el que se regula la concesión
directa de ayudas para la adquisición de vehículos de energías alternativas, y
para la implantación de puntos de recarga de vehículos eléctricos en 2016,
MOVEA ha invece
previsto un procedimento per la concessione diretta di aiuti per il Piano di sostegno alla mobilità con veicoli di energia
alternativa (MOVEA), consistente nell’incentivare l’acquisto di veicoli con
energia alternativa ai combustibili tradizionali e la concessione di aiuti per
l’installazione di punti di ricarica
per veicoli elettrici in zone ad accesso pubblico, incrementando la sostenibilità
del settore dei trasporti, la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica
e altre sostanze nocive, il contrasto del cambiamento climatico e il
miglioramento della qualità dell’aria, nonché la diversificazione delle fonti
energetiche per il trasporto e la riduzione della dipendenza energetica dal
petrolio. Gli aiuti sono destinati all’acquisto diretto o mediante operazione
di finanziamento in leasing o
noleggio di un veicolo nuovo, nonché all’acquisto di veicoli elettrici con
un’anzianità massima di sei mesi. Gli aiuti sono altresì destinati
all’installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici in zone ad accesso
pubblico. Il finanziamento previsto è pari a un importo totale di 16.600.000 euro.
SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera
tel. 06/6760. 2278 – 3242 ; mail: LS_segreteria@camera.it
[1] Articolo “Loi
sur la transition énergétique : ce qui va changer pour la mobilité électrique”, 31 agosto 2015.
[2] Per un approfondimento si veda “Energiewende: politica energetica e politica
industriale” di Daan
Rutten.
[3] Il testo vigente della legge (nuova
versione del 21 luglio 2014 e successive modifiche - EEG 2017) è illustrato più
avanti.
[4] L’indicazione del corrente anno 2017
indica semplicemente la versione consolidata ad oggi del testo normativo
(modifica effettuata dall’art. 1, comma 1, della Legge del 13 ottobre 2016
illustrata più avanti).
[5] Il testo del Piano nazionale per
lo sviluppo della mobilità elettrica
è disponibile anche in versione inglese.
[6] Le finalità di tutela ambientale sono
state perseguite dal legislatore del 2208 anche mediante la pianificazione di
misure per l’efficiente gestione delle conseguenze indotte dai cambiamenti
climatici (National
Adaptation Programme),
procedure di valutazione dei rischi (Climate
Change Risk Assessment), e la costituzione di un organo consultivo
indipendente, il Committee
on Climate Change.
[7] Disciplinato dalle Electricity
Capacity Regulations 2014
e, da ultimo, dalle Capacity
Market Rules 2016,
sulla cui applicazione vigila l’autorità regolatrice di settore (Ofgem).
[8] House of Lords, Select Committee on
Economic Affairs, Inquiry into the
Economics of UK Energy Policy, Written Evidence.
[9] “We believe security of supply must be
the predominant consideration in energy policy, as confirmed to us by the
Secretary of State. Decarbonisation of the electricity supply should be
encouraged but in a more cost-effective way than it has been to date”: così si
è espressa, da ultimo, il Committee on Economic Affairs della House of Lords
nella relazione pubblicata il 24 febbraio 2017: The
Price of Power: Reforming the Electricity Market.
[10] Pubblicata dal dipartimento bicamerale
del Parliamentary Office for Science and
Technology (POST), Future
Energy Efficiency Policy
(February 2017).
[11] Alle implicazioni della Brexit sulle politiche ambientali è
specificamente dedicata una relazione dello European
Union Committee della House of Lords: Brexit:
environment and climate change,
del 17 febbraio 2017.
[12] Si tratta del secondo piano d’azione in
materia; il primo – relativo al periodo 2008-2012 - era stato approvato il 20
luglio 2007.
[13] L’IDAE è un organismo ascritto al
Ministero dell’energia, turismo e agenda digitale, mediante la Segreteria di
Stato dell’energia.
[14] L’art. 2 della legge definisce
l’economia sostenibile come un modello di crescita che concili lo sviluppo
economico, sociale e ambientale in un’economia produttiva e competitiva, che
favorisca occupazione di qualità, pari opportunità e coesione sociale, e che
garantisca il rispetto per l’ambiente e l’uso razionale delle risorse naturali,
in modo da soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere
le possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.
[15] Dal dicembre 2011 Ministero
dell’industria, energia e turismo, quindi dal 2016 Ministero dell’energia,
turismo e agenda digitale.