Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Le iniziative assunte nei principali paesi europei per fronteggiare il fenomeno delle notizie false sul web
Serie: Appunti    Numero: 105
Data: 01/03/2017

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 5/2017                                                                                1° marzo 2017

Le iniziative assunte nei principali paesi europei per fronteggiare il fenomeno delle notizie false sul web

Francia

Diversi media francesi, tra i quali il quotidiano Le Monde, seguendo l’esempio dei media statunitensi, hanno fatto fronte comune con Facebook per debellare il fenomeno delle notizie false sui social network. Lo scorso 6 febbraio, infatti, Facebook ha annunciato di essere in procinto di estendere alla Francia l’applicazione del proprio sistema per la verifica della fondatezza delle notizie, dopo che tale dispositivo era stato già introdotto in via sperimentale negli Stati Uniti e in Germania.

Si prevede che tale sistema sia in prima battuta utilizzato dagli utenti dei social media: ciascun utente potrà infatti segnalare che un’informazione è falsa cliccando direttamente sull’informazione medesima.

Oltre a Le Monde, anche altri organi di informazione quali l’Agence France-Presse, BFM-TV, France Télévisions, France Médias Monde, L’Express, Libération et 20 Minutes potranno accedere all’applicazione di Facebook per avere contezza delle segnalazioni effettuate dagli utenti del social network.

Se almeno due dei citati organi di stampa sono concordi nel ritenere che il contenuto della notizia segnalata sia falso, un’apposita segnalazione apparirà accanto alla notizia al fine di evidenziare la contestazione della notizia. Eguale segnalazione si attiverà anche nel caso di condivisione della notizia.

Facebook inoltre ridurrà la visibilità delle notizie incriminate sulle pagine d’attualità, in quanto si stima che la motivazione finanziaria rappresenti spesso la molla che determina la diffusione delle notizie false. Un’informazione contestata non potrà quindi neanche costituire oggetto di pubblicità, né far scattare il collegamento ai siti d’origine.

I media francesi si erano dimostrati inizialmente restii ad utilizzare tale applicazione in quanto il suo autore, Facebook appunto, è lo stesso soggetto che rende possibile la diffusione di notizie false. Un siffatto orientamento è in seguito mutato, in quanto è stato ritenuto prioritario l’obiettivo di combattere la circolazione di notizie false.

Un altro progetto finalizzato alla lotta contro la diffusione di notizie false è stato presentato in Francia, anch’esso all’inizio del mese di febbraio, dal network First Draft News in collaborazione con Google News Lab. Si tratta, in particolare, del sito “Crosscheck”, che ha iniziato la sua attività il 27 febbraio e permetterà a 16 redazioni in partneship tra loro di collaborare per l’identificazione e la verifica dei contenuti che circolano in linea, indipendentemente dal fatto che si tratti di foto, video, commenti o siti d’attualità.

In particolare, un’equipe di studenti di giornalismo, formati alla scuola di giornalismo e scelti da Google, riassumerà e raccoglierà tutte le notizie sospette (citazioni incomplete, fotomontaggi, “rumours”). Tale flusso di informazioni sarà supervisionato dall’agenzia France-Presse e sarà consultabile sul sito crosscheck.

I media coinvolti dal progetto saranno: France Médias Monde (attraverso les Observateurs de France 24), France Télévisions, Global Voices, l'AFP, Libération, La Provence, Les Echos, La Voix du Nord, Le Monde (Les Décodeurs), Nice-Matin, Ouest-France, Rue89 Bordeaux, Rue89Lyon, Rue89 Strasbourg et StreetPress.

Anche altre redazioni possono partecipare al progetto e il pubblico sarà comunque invitato a partecipare attraverso la segnalazione dei contenuti dubbi.

First Draft News è un network finanziato da Google, al quale partecipano varie ONG e la maggior parte dei media internazionali, che ha già avviato un progetto simile negli Stati Uniti per scovare e sanzionare eventuali manipolazioni dei sondaggi elettorali nel corso delle ultime elezioni presidenziali americane

Facebook è anch’esso partner del progetto e metterà a disposizione la propria applicazione per l’identificazione e la ricerca dei contenuti in connessione con gli altri partner del progetto.

Le due iniziative in questione si inquadrano nell’ambito di un movimento globale. Le Monde ha infatti inaugurato la settimana scorsa “Decodex”, un’applicazione contro le false informazioni fornita di un motore di ricerca che aiuta a verificare l’affidabilità dei siti.

 

Germania

Diversi esponenti politici tedeschi hanno recentemente proposto misure restrittive idonee a combattere l’uso distorto dei social media. In particolare, il Ministro della Giustizia, Heiko Mass (SPD) ha preannunciato nei mesi scorsi una stretta penale per chi diffama o diffonde notizie false su Facebook. Il ministro ha prefigurato uno scenario in base al quale, “nel caso di diffamazione nei riguardi di un personaggio pubblico”, l'autore di notizie false potrebbe rischiare fino a cinque anni di carcere.

Poco prima di Natale 2016, il capogruppo della SPD al Bundestag Thomas Oppermann, compagno di partito del Ministro della Giustizia, in un'intervista rilasciata a Der Spiegel ha chiesto a Facebook di aprire una sede in Germania dove poter avanzare reclami 24 ore su 24 e 365 giorni su 365. Il deputato ha suggerito uno schema in base al quale "se Facebook non dovesse reagire alla segnalazione di una notizia falsa cancellandola entro 24 ore, rischierebbe 500mila euro di multa". A tale fine, Oppermann ha annunciato di voler collaborare con il capogruppo della Cdu al Bundestag, Volker Kauder, per presentare una proposta di legge atta a prevenire la diffusione delle cosiddette “fake news” su Facebook o su altre piattaforme similari.

Contemporaneamente a queste dichiarazioni, Facebook ha annunciato l'introduzione di misure e sistemi, sperando di coinvolgere presto altri media, atti a contrastare la diffusione di “fake news” in Germania, nonché l’attribuzione al Centro di ricerche sull'informazione “Correctiv” la responsabilità di controllare la veridicità delle notizie diffuse su Facebook. I vertici di Facebook hanno dichiarato, inoltre, che alcuni aggiornamenti serviranno a facilitare la segnalazione di notizie false. In passato, questo social network aveva detto di voler aumentare gli sforzi per bloccare i diffusori delle cosiddette “bufale”, agendo in collaborazione con “fact checker” esteri e media come la Associated Press. In tal senso Correctiv.org , finanziato con le offerte dei cittadini e le donazioni delle istituzioni, costituisce il primo centro di ricerche di pubblica utilità nello spazio di lingua tedesca, con l’obiettivo di fornire ad ogni cittadino l’accesso alle informazioni.

In Germania la diffusione di notizie false è punibile ai sensi del § 187 del Codice penale tedesco che disciplina la menzogna diffamatoria (Verleumdung): “Chiunque, riferendosi ad un’altra persona, afferma o divulga in mala fede un fatto non vero, idoneo a denigrarla o a svalutarla di fronte all’opinione pubblica o a mettere in pericolo la sua reputazione, è punito con la pena detentiva fino a due anni o con la pena pecuniaria; se l’azione è commessa pubblicamente, in una riunione o tramite la diffusione di scritti, l’agente è punito con la pena detentiva fino a cinque anni o con la pena pecuniaria”.

Punibile è, altresì, il reato di diffamazione ai sensi del § 186 del Codice penale (Üble Nachrede) in base al quale “chiunque, riferendosi ad un’altra persona, afferma o divulga un fatto idoneo a denigrarla o a svalutarla di fronte all’opinione pubblica, se il fatto non è provabile e vero, è punito con la pena detentiva fino ad un anno o con la pena pecuniaria; se l’azione è commessa pubblicamente o mediante la diffusione di scritti, l’autore è punito con la pena detentiva fino a due anni o con la pena pecuniaria”.

Per contrastare il fenomeno dei bot[1], soprattutto in vista della prossima campagna elettorale tedesca, alcuni giuristi ritengono siano applicabili i §§ 202a, 202b e 202c del Codice penale tedesco, recanti norme relative allo spionaggio e all’intercettazione dei dati e al tentativo di spionaggio ed intercettazione. Una manipolazione dei dati elettorali può essere punita anche se non si concretizza un danno materiale. La stessa pubblicità ingannevole in rete può avere conseguenze dal punto di vista penale. La responsabilità, tuttavia, può essere attribuita solo qualora dietro il Bot si celi una persona che materialmente compie il reato informatico.

Recentemente, dando seguito alle affermazioni di cui si è dato conto in precedenza, il Ministro della Giustizia, Heiko Maas, ha firmato un progetto di legge che prevede limiti di tempo entro i quali è obbligatorio rimuovere i contenuti illegali pubblicati sulle piattaforme sociali: da uno (ma tale termine può essere prolungato qualora vi sia un accordo tra la piattaforma sociale e le autorità che operano nell’ambito del diritto penale) a sette giorni, in base alla gravità della fattispecie, con una gerarchia che vede in testa il rispetto delle leggi tedesche.

Il progetto di legge per il miglioramento dell’attuazione del diritto sulle piattaforme sociali (Entwurf eines Gesetzes zur Verbesserung der Rechtsdurchsetzung in sozialen Netzwerken), reso noto dal Governo federale il 14 marzo 2017, propone multe fino a 50 milioni di euro per le piattaforme che non si siano attivate a sufficienza nell’eliminare notizie false e contenuti inappropriati (come quelli d’incitamento all’odio). Le segnalazioni per crimini, minacce, pubbliche accuse, diffamazioni, devono poter anche contare su un referente territoriale, che si possa raggiungere con relativa facilità in caso di urgenza. E’ prevista a tale scopo l’introduzione della figura del responsabile per i reclami che dovrà essere individuata dalle piattaforme stesse e anch’essa passibile di multe (5 milioni) se ne viene accertata la negligenza.

Come segnalato, la Germania è stata il primo paese ad avvalersi di un’organizzazione esterna (Correctiv) per la lotta contro le bufale su Facebook, e peraltro, sempre in Germania, i vertici di Facebook, Twitter e Google si erano già impegnati in un accordo contro l’incitamento all’odio in base al quale sussiste l’obbligo di rimuovere il contenuto in questione nell’arco di 24 ore.

 

Regno Unito

Il tema controverso della “post-verità”[2] è venuto all’attenzione del parlamento del Regno Unito, che per iniziativa del Culture, Media and Sports Committee della House of Commons ha avviato un’indagine in materia (Fake news inquiry). Essa riguarderà, in particolare: l’individuazione della nozione di fake news e della linea di confine tra l’espressione di opinioni di parte, ma legittime, e la diffusione di dati falsi a fini propagandistici; l’impatto delle cosiddette fake news sulla comprensione dell’attualità da parte del pubblico, nonché sui tradizionali valori di obiettività e di equilibrio dell’informazione giornalistica; le reazioni del pubblico a tale fenomeno, differenziate per età, sesso ed estrazione sociale; il ruolo della pubblicità commerciale nella sua diffusione, anche in relazione al collocamento delle inserzioni pubblicitarie sui siti internet il cui maggior richiamo si basi sul “sensazionalismo” di notizie false; la responsabilità dei social networks e dei motori di ricerca; l’educazione del pubblico all’uso delle diverse fonti di informazione; la possibile utilità di meccanismi automatici in grado di individuare e rimuovere, attraverso algoritmi, le informazioni di questo genere; il confronto tra le esperienze degli Stati membri relativamente al grado di accettazione di tale categorie di informazioni da parte del pubblico. Infine, la commissione parlamentare è chiamata a considerare queste problematiche nel contesto più generale dell’impatto che la diffusione di informazioni così manipolate possono avere sui processi democratici.

Allo stato, la commissione – com’è usuale per le inquiries parlamentari - ha invitato tutti i soggetti interessati a produrre, entro il termine del 3 marzo 2017, la produzione di pareri e documenti da prendere in esame nel corso dell’indagine.

Le complesse questioni determinate sul piano sociale, politico e deontologico dalle frequenti pratiche di manipolazione dei dati, di presentazione artificiosa dei fatti, di diffusione attraverso i canali informativi di “notizie” di apparente veridicità e oggettività (ma che invece è ormai d’uso connotare come post-truth, fake news, echo-chambers, “alternative” facts), hanno recentemente costituito anche materia di dibattiti e iniziative promossi in sede scientifica.

L’Oxford Internet Institute, in particolare, oltre ad aver promosso progetti di ricerca sulla “politica digitale” e sulla “computational propaganda”, ha svolto un’opera di sensibilizzazione, provvedendo a riprodurre sul suo sito web alcuni articoli dedicati a diversi nodi problematici dell’informazione trasmessa attraverso i canali digitali. Essi riguardano, rispettivamente: i “filtri” che selezionano con criteri di acritica omogeneità le notizie circolanti sui social networks[3]; la necessità di presidiare l’“infosfera” dall’inquinamento della “post-verità”[4]; le implicazioni per la vita democratica delle “fake news” e gli obblighi da porre sulle piattaforme digitali in relazione al trattamento dei dati sugli utenti[5]; la trasparenza degli algoritmi utilizzati per la “personalizzazione” delle informazioni e dei loro meccanismi di funzionamento[6]; i procedimenti, umani o tecnologici, di verifica dei fatti riferiti attraverso i canali suddetti[7].

Il tema della veridicità e dell’accuratezza delle notizie è emerso anche in relazione alla diffusione di dati statistici, oggetto di un recente seminario promosso dalla Royal Statistical Society e svoltosi il 7 febbraio 2017 (“Post-truth: what is it and can we do about it?”).

In tale ambito, peraltro, l’autorità indipendente di vigilanza sull’informazione statistica (la UK Statistics Authority), la Biblioteca della Camera dei Comuni e lo Economic and Social Research Council hanno instaurato, assieme alla fondazione indipendente Full Fact, un rapporto di collaborazione finalizzato a porre in essere attività promozionali e di verifica della veridicità, oggettività e integrità delle notizie diffuse al pubblico (“fact checking”). Il progetto, denominato Need to know, muove dal presupposto che “la qualità dei dati e delle relative analisi sia essenziale per un’effettiva democrazia parlamentare”[8]; l’informazione statistica, d’altro canto, “offre un solido fondamento per i processi decisionali e i relativi dibattiti”, cosicché si rende necessario identificare gli ambiti in cui è opportuno rafforzare il “potere dei dati” per consentire che il Paese possa compiere le scelte migliori[9].

Tra i casi di studio finora esaminati nello svolgimento di questo progetto, può segnalarsi quello concernente la questione del contributo finanziario del Regno Unito all’Unione europea, emersa – tra le altre - nelle discussioni relative al referendum del 2016 sulla Brexit e alle successive iniziative del Governo; analogo studio di fact checking è stato svolto con riguardo alle notizie inerenti l’ordine di grandezza dell’immigrazione diretta verso il Regno Unito.

Non ancora consolidati appaiono, nel dibattito pubblico e nelle pratiche dell’informazione, l’efficacia e l’impatto di tali operazioni di verifica: mentre non ha avuto seguito la richiesta indirizzata dalla fondazione Full Fact ad un ministro del Governo in carica affinché correggesse, in ottemperanza agli obblighi derivanti dal Ministerial Code (par. 1.2, lett. c), precedenti affermazioni rese al Parlamento ma rivelatesi imprecise o non veritiere al riscontro dei fatti, per altro verso è stato annunciato, nel novembre 2016, il supporto finanziario di Google (nell’ambito della sua Digital Information Initiative) per le ricerche finalizzate alla realizzazione di dispositivi automatici di controllo della veridicità delle informazioni (automated fact checking)[10].

 

Spagna

Il problema delle fake news (“noticias falsas”) è stato al centro di alcune discussioni giornalistiche.

Ad esempio El País, in un articolo del 28 gennaio 2017, dal titolo “España también tiene noticias falsas”, pone il problema della diffusione di tali tipologie di notizie in Spagna.

Gli autori sottolineano come le “notizie false” possano essere di tre tipologie: storie inventate, storie con un nucleo di verità avvolto in menzogne e storie faziose. Essi pongono in risalto gli aspetti economici delle diffusione di tali notizie e dei guadagni conseguibili mediante la pubblicità.

In un precedente articolo apparso sul medesimo quotidiano, “Un golpe a las noticias falsas” (11 gennaio 2017), l’autore analizza il problema delle post-verità (posverdades), con particolare riguardo alla pubblicazione su Facebook, riconoscendo gli sforzi compiuti dal social network in questione per sostenere il giornalismo di qualità e porre dei freni alla diffusione di notizie false e nocive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera

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[1] Programmi automatizzati, utilizzati in modo più o meno spregiudicato nella lotta politica, soprattutto sui social network, per la creazione di falsi profili con l’obiettivo di accrescere la visibilità di un prodotto, una campagna o un personaggio, ovvero di danneggiare un avversario. Tale fenomeno, per le caratteristiche tecniche della piattaforma, ha preso piede soprattutto su Twitter per poi essere esportato anche nella lotta politica.

[2] Come recentemente riportato da organi di stampa, il sintagma “post-truth” è stata designata quale espressione dell’anno (per il 2016) dagli Oxford Dictionaries.

[3] B. Hogan, How Facebook divides us, Times Literary Supplement, 27 ottobre 2016.

[4] L. Floridi, Fake news and a 400-year-old problem: we need to resolve the ‘post-truth’ crisis, The Guardian, 29 novembre 2016.

[5] P. Howard, Facebook and Twitter’s real sin goes beyond spreading fake news, Reuters, 3 gennaio 2017.

[6] B. Mittelstadt, Auditing for Transparency in Content Personalization Systems, International Journal of Communication 10 (2016), 4991–5002.

[7] H. Ford: Verification of crowd-sourced information: is this ‘crowd wisdom’ or machine wisdom? , 19 novembre 2013.

[8] Così si è espresso il Librarian and Director General of Participation, Research and Information della Camera dei Comuni, P. Young, rilevando anche che i servizi di documentazione parlamentare, sotto questo profilo, consentono ai “membri del Parlamento di adottare decisioni ben informate, in modo che quanto più sono affidabili le informazioni ad essi fornite, tanto più sono ben fondate le loro decisioni”.

[9] Affermazione del National Statician, J. Pullinger, nell’illustrare le finalità del progetto Need to know.

[10] Al tema la Fondazione Full Fact ha dedicato un rapporto in cui si esamina in dettaglio il ruolo della tecnologia nei procedimenti di verifica della fondatezza e veridicità delle informazioni circolanti su Internet: The State of Automated Factchecking, agosto 2016.