Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: La disciplina del bail-in nei principali paesi europei
Serie: Appunti    Numero: 103
Data: 30/12/2016

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 38/2016                                                                    30 dicembre 2016

La disciplina del bail-in nei principali paesi europei

Francia

La Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento, cosiddetta direttiva sul “bail in”, è stata attuata in Francia attraverso l’Ordonnance n. 2015-1024 du 20 août 2015 portant diverses dispositions d'adaptation de la législation au droit de l'Union européenne en matière financière.

Il provvedimento, tra i vari profili considerati, impone alle banche di definire, in caso di crisi, le proprie “volontà”, inclusi un piano preventivo con gli interventi da adottare, nel caso di un sostanziale deterioramento del capitale sociale, e un piano di risoluzione al fine di facilitare l’intervento dei liquidatori, in caso di crisi.

È assegnato, inoltre, un compito molto rilevante all’ACPR (l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution), la quale può imporre una riorganizzazione della banca, se necessario anche attraverso la separazione di alcuni rami dell’attività. L’ordinanza si pone sulla scia della Legge per la separazione e la regolamentazione delle attività bancarie del 26 luglio 2013 (Loi n. 2013-672 de séparation et de régulation des activités bancaires du 26 juillet 2013).

La legge in questione ha in particolare aumentato i poteri dell’autorità di controllo che ha assunto anche i poteri relativi alle risoluzioni delle crisi: conseguentemente si è trasformata da ACP a ACPR.

La ACPR, posta sotto la vigilanza della Banca centrale europea, è composta da: un collegio dei supervisori (Collège de Supervision), che ha il compito di esaminare questioni generali; un collegio di risoluzione (Collège de Résolution), istituito dalla legge del 2013, che ha, invece, il compito di sovraintendere alla preparazione e alla implementazione delle misure (comprese quelle di ultima istanza), volte a prevenire e risolvere le crisi bancarie; un segretariato generale, che coordina i dipartimenti operativi e il comitato disciplinare.

L’Ordinanza 2015-1024 è un atto composto da 7 articoli, quasi tutti di modifica del Codice monetario e finanziario (Code monétaire et financier), tranne l’art. 4 che emenda disposizioni del codice di commercio (Code de commerce).

L’art. 1, modificando in particolare gli artt. L 312-4 e ss. del Codice monetario e finanziario, precisa le funzioni dei Fondo di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi (Fonds de garantie des dépôts et de résolution), che si esplicano, in ultima istanza, nell’intervento a garanzia dei depositi nel caso di liquidazione giudiziaria derivante dall’adozione di misure di risoluzione della crisi bancaria. A tal fine, vengono precisate le condizioni per la sussistenza del privilegio e del diritto di surroga del fondo a garanzia dei depositi. La medesima norma interviene poi sulle disponibilità del Fondo, alimentato dalle banche e dagli istituti di credito aderenti al meccanismo di risoluzione delle crisi, stabilendo in particolare che il Fondo disponga in pronta liquidità di un ammontare pari a una cifra oscillante tra lo 0,5% e lo 0,8% dei depositi coperti attraverso la garanzia del Fondo. Gli aderenti al meccanismo sono peraltro chiamati a rimpinguare tale cifra nel caso in cui il fondo di garanzia concorra direttamente all’adozione di misure di risoluzione della crisi bancaria. Una parte dei contributi annuali degli istituti di credito al fondo, nel limite del 30%, può essere peraltro “destinato” attraverso un impegno di spesa, se accompagnato da idonee garanzie. Circa la governance del Fondo di garanzia, l’art. 1 incide infine sulla composizione del consiglio di sorveglianza dello stesso e anche sui suoi poteri. Viene previsto, in particolare, che le deliberazioni in materia di contributi al Fondo siano adottate in conformità al parere dell’ACPR e che il fondo possa concludere accordi con i corrispondenti meccanismi di garanzia degli altri paesi europei al fine di facilitare il perseguimento dei propri fini.

L’art. 2 definisce le regole applicabili agli istituti di credito e alle imprese di investimento nel caso in cui l’ACPR metta in atto un intervento “precoce”. La Direttiva europea prevede, al riguardo, un rafforzamento dei poteri del collegio di supervisione dell’Autorità di controllo nei casi in cui la situazione finanziaria di un istituto cominci a degradarsi. Conseguentemente, viene previsto che l’ACPR possa esigere che un istituto di credito adotti un certo numero di misure, tra le quali: a) la messa in atto di un piano preventivo di risanamento; b) la predisposizione di un programma d’azione per condurre a termine la ristrutturazione del debito coi propri creditori; c) la modifica della propria strategia commerciale. L’Autorità può inoltre licenziare i dirigenti e nominare un amministratore temporaneo nell’ambito delle condizioni stabilite dal libro VI del Codice monetario e finanziario. Essa può infine richiedere una convocazione dell’assemblea generale degli azionisti su un ordine del giorno determinato.

L’art. 3 interviene più direttamente sulle disposizioni sulla risoluzione delle crisi, previste dalla già citata Legge del 26 luglio 2013, oltre che sul Codice monetario e finanziario. In particolare, il comma 1 adegua, come già anticipato, le funzioni dell’ACPR, al fine di prevedere, tra l’altro, la sua collaborazione con il Consiglio di risoluzione europeo unico (Conseil de résolution unique); i commi da 2 a 6 incidono sulle regole di funzionamento dell’ACPR; i commi 7, 8, 9 riguardano gli interventi in materia di risoluzione precoce delle crisi e specificano le funzioni dell’amministratore temporaneo; i commi da 10 a 12 regolamentano i poteri della commissione disciplinare dell’ACPR; i commi da 13 a 17 disciplinano i rapporti con le altre autorità di controllo europee; i commi da 18 a 30 introducono una particolare forma di liquidazione di diritto europeo per gli istituti bancari e creano due differenti garanzie a favore dei depositi, una delle quali a favore di depositi di persone fisiche e di piccole e medie imprese che superino il limite d’indennizzo previsto dal fondo; infine, i commi da 31 a 33 e da 35 a 38 prevedono modifiche o abrogazioni di norme precedenti.

Un discorso a parte merita il comma 34 dell’art. 3, che riguarda più specificamente la prevenzione e la gestione delle crisi bancarie. Tra le disposizioni ivi previste, si segnalano in particolare: a) quella che prevede la possibilità per il collegio di supervisione dell’Autorità (ACPR) di obbligare alla redazione di un piano di risanamento preventivo una società finanziaria, o una società a questa collegata, qualora sussista un rischio specifico di stabilità finanziaria; b) la norma che assegna all’ACPR il potere di imporre alle imprese bancarie di tenere un registro dei contratti finanziari delle quali sono parti. Per quel che riguarda i piani preventivi di risanamento, l’ACPR può differenziare le misure: esistono obblighi meno stringenti, ad esempio, per le imprese facenti parti di un gruppo in quanto in questo caso è l’impresa capogruppo che assume le obbligazioni principali in nome delle altre.

Il contenuto del piano, dopo l’approvazione degli organi sociali dell’impresa che vi si assoggetta, è in ogni caso sottoposto per l’approvazione finale al collegio di supervisione dell’ACPR. Nel caso in cui quest’ultima giudichi insufficienti le misure previste, può essere richiesto all’impresa di adottarne delle altre, all’esito di una procedura in contradditorio.

Accanto ai piani preventivi di risanamento, sono contemplati dalla normativa in disamina anche dei piani preventivi di risoluzione, alla cui predisposizione è tenuto il collegio per la risoluzione dell’ACPR. Tali piani devono elencare le misure che l’ACPR è legittimata ad adottare per far fronte alle défaillance che le imprese bancarie evidenziano nell’affrontare la continuità delle operazioni cosiddette “critiche”, cioè le attività minime fondamentali di esercizio. Così come per i piani preventivi di risanamento, anche i piani preventivi di risoluzione devono essere improntati al principio della proporzionalità e della differenziazione delle singole misure che possono essere adottate. Anch’essi sono suscettibili di passare attraverso una fase di contradditorio con l’impresa, all’esito della quale possono essere adottate misure correttive, che spaziano dalla riorganizzazione del gruppo all’obbligo di porre fine ad alcune attività giudicate rischiose. Nel caso poi di gruppi la cui attività venga esercitata in più Stati dell’Unione europea, le decisioni vengono prese nell’ambito di una riunione tra le varie autorità di risoluzione dei singoli paesi. In caso di disaccordo tra le varie autorità, l’Autorità bancaria europea deve essere investita della questione con funzioni di mediazione obbligatoria e di fissazione delle decisioni comuni che devono essere assunte nel caso di specie. Possono essere adottate decisioni transitorie da parte delle singole autorità con riguardo alle filiali che operano nel proprio territorio.

Sempre all’interno del comma 34 appare significativa la norma che prevede la possibilità per le imprese bancarie appartenenti allo stesso gruppo di concludere degli accordi di sostegno finanziario. Tali accordi producono i loro effetti solo nel caso di difficoltà finanziarie del gruppo, o di una delle imprese del gruppo, e sono sottoposti all’approvazione del collegio di supervisione dell’ACPR. Una volta approvati, tali accordi non possono essere rivisti se non con il consenso di tutte le imprese partecipanti al gruppo. Essi contengono le clausole che fissano preventivamente le condizioni per l’intervento di ciascuna delle imprese a favore delle altre.

Viene inoltre prevista nel dettaglio la procedura per la risoluzione delle crisi. Nel caso in cui siano fallite tutte le misure preventive, qualora in altri termini nessuna misura prudenziale sia riuscita ad assicurare la “sopravvivenza” dell’impresa, il collegio di risoluzione è investito di poteri molto penetranti al fine di preservare la stabilità finanziaria dell’impresa e di ridurre gli effetti sull’economia e sul sistema finanziario di tale situazione di crisi. A tal fine, il presidente del collegio di supervisione, il Ministero dell’economia nella figura del Direttore generale del Tesoro e i dirigenti dell’impresa hanno un potere di segnalazione al collegio di risoluzione. Se tale segnalazione viene giudicata meritoria di essere portata avanti, il collegio di risoluzione può decidere, conseguentemente, di adottare una serie di disposizioni, anche congiuntamente tra loro: cessioni di rami d’attività, trasferimento della gestione degli attivi a un'altra entità, misure di salvataggio interno. Il collegio può assumere, in generale, il controllo della struttura dell’impresa in crisi e nominare un amministratore speciale che agisca sotto la sua responsabilità. È previsto, altresì, che nel caso in cui l’ACPR decida misure di risoluzione delle crisi, le prerogative degli organi sociali, in particolare dell’assemblea generale, in materia di apporti, aumenti diminuzione di capitale, fusioni, scissioni restino sospese.

Vari principi devono essere rispettati dal collegio di risoluzione nello svolgimento della propria attività: a) gli azionisti e i creditori non vengono pregiudicati nel loro ordine di soddisfazione sull’attivo rispetto all’ipotesi in cui vi sia una liquidazione per insufficienza dell’attivo e non possono quindi subire perdite superiori a quelle che avrebbero subito in tale ipotesi; b) i dirigenti dell’impresa vengono sostituiti, salvo casi particolari, e restano responsabili secondo le disposizioni di diritto comune delle situazioni di crisi che hanno determinato; c) i creditori di uguale rango vengono trattati allo stesso modo; d) i depositi garantiti dal fondo di sono pienamente tutelati; e) le misure sono disposte con la riserva dell’adozione di un certo numero di misure di salvaguardia.

L’art. 4 prevede una serie di norme in materia di amministrazione giudiziaria, anche temporanea.

Gli artt. 5-7 prevedono l’estensione dell’ordinanza, con gli aggiustamenti del caso, ai territori della Nuova Caledonia, alla Polinesia francese e alle isole di Wallis e Futuna, mentre l’articolo 8 ritarda l’entrata in vigore di alcune misure previste dall’ordinanza al 1° gennaio 2016.

Infine, disposizioni applicative dell’ordinanza 2015-1024 sono contenute nell’Arrêté du 11 septembre 2015 relatif aux plans préventifs de rétablissement e nel Décret n. 2015-1160 du 17 septembre 2015 portant diverses dispositions d'adaptation au droit de l'Union européenne en matière financière.

 

Germania

1.         Quadro normativo

Nel dicembre 2014, il Bundestag ha approvato la Legge di attuazione della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (BRRD-Umsetzungsgesetz -BRRDUG, del 10 dicembre 2014).

La legge, oltre a modificare vari provvedimenti normativi in materia bancaria e finanziaria, introduce, all’art. 1, la Legge di risanamento e liquidazione delle banche e gruppi finanziari – SAG (Gesetz zur Sanierung und Abwicklung von Instituten und Finanzgruppen (Sanierungs- und Abwicklungsgesetz – SAG, del 10 dicembre 2014).

A partire dal 1° gennaio 2016, le nuove norme prevedono, nei casi più gravi di crisi finanziaria di un istituto di credito, che possa essere applicata una procedura – quella del “bail-in” appunto - in base alla quale le perdite della banca vengono trasferite dapprima agli azionisti e successivamente alle altre categorie di creditori della banca, mediante riduzione o conversione in capitale di diritti degli azionisti o dei creditori, con esclusione tuttavia di alcune categorie di depositi e passività.

Alcune disposizioni contenute nella Direttiva europea del maggio 2014 erano state introdotte nell’ordinamento tedesco già nel 2013 attraverso la Legge per la protezione contro i rischi e la pianificazione del risanamento e della liquidazione degli istituti di credito e dei gruppi finanziari (Gesetz zur Abschirmung von Risiken und zur Planung der Sanierung und Abwicklung von Kreditinstituten und Finanzgruppen) (più comunemente conosciuta come Trennbankengesetz), del 7 agosto 2013, che aveva l’obiettivo di stabilizzare il sistema bancario europeo.

La Germania, dunque, ha svolto un ruolo decisivo nell’ambito della definizione della normativa internazionale relativa al recupero e alla risoluzione degli istituti di credito. L’Autorità federale di vigilanza finanziaria (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht- BaFin) ha fornito un contributo determinante attraverso la partecipazione dei propri esperti al procedimento legislativo di emanazione delle norme sul risanamento e la risoluzione degli istituti bancari.

La rapida attuazione della normativa europea nell’ordinamento tedesco sottolinea questo ruolo guida. In particolare, la norma sull’introduzione della partecipazione del creditore nelle procedure di risoluzione o liquidazione (Gläubigerbeteiligung), in vigore già dal 1° gennaio 2015, assegna alla Germania il ruolo di precorritrice, dal momento che il termine imposto dalla direttiva per l’adeguamento dei singoli Stati membri alla normativa europea è quello del 1° gennaio 2016.

I contenuti essenziali della Legge di risanamento e liquidazione delle banche e gruppi finanziari (da ora denominata SAG) sono i seguenti:

- creazione di piani di risanamento;

- intervento preventivo e sostegno finanziario tra imprese del medesimo gruppo bancario;

- risoluzione della crisi, con riferimento tanto alle condizioni, modalità e misure (tra cui la partecipazione del creditore alle procedure di risoluzione), quanto alla collaborazione transfrontaliera delle autorità nazionali di vigilanza e di risoluzione.

2.        Creazione di piani di risanamento

Il SAG prevede una serie di strumenti atti a prevenire la liquidazione dell’istituto, tra i quali quello fondamentale è rappresentato da un concreto piano di risanamento che offra all’istituto possibilità di intervento sufficienti a superare la crisi con le proprie forze. Già sulla base delle disposizioni contenute nel Trennbankengesetz, l'Autorità federale di vigilanza finanziaria poteva richiedere agli istituti di credito a rischio di elaborare un piano di risanamento. La nuova normativa ha ora esteso tale obbligo a tutti gli istituti di credito e alle imprese di investimento e compito del BaFin è quello di verificare i piani di risanamento degli istituti e sollecitarne l’attuazione.

Gli istituti devono sempre predisporre un piano di risanamento quando è richiesto dall’Autorità di vigilanza. Dal momento della richiesta del BaFin, gli istituti dispongono di un termine di sei mesi che, su richiesta dell’istituto, può essere prolungato di altri sei. Inoltre, all’istituto viene comunicata la possibilità di accedere o meno alle misure semplificate. Infatti, in accordo con la Banca centrale federale, il BaFin può prevedere misure semplificate per determinati istituti di credito. L’Autorità stabilisce il termine per la predisposizione dei piani e il contenuto, insieme all’aggiornamento periodico. In tale ottica, il BaFin prende in considerazione gli effetti che la minaccia di crisi di un istituto può determinare, tenendo in particolare considerazione: le dimensioni dell’istituto; la complessità; i profili di rischio; il collegamento con altri istituti. Inoltre, viene tenuto nel debito conto se l’istituto faccia parte di un sistema di sicurezza dei gruppi bancari o se debba essere attivata una procedura ordinaria di insolvenza, senza che ciò abbia effetti negativi sul sistema finanziario.

Spetta all’Autorità bancaria europea (ABE) stabilire quali istituti possano accedere alle modalità semplificate di liquidazione. Gli istituti che appartengono al sistema di sicurezza dei gruppi bancari e che non sono stati classificati come potenzialmente pericolosi per il sistema finanziario, possono essere esonerati dall’obbligo di elaborare piani di risanamento, poiché è lo stesso sistema di sicurezza a predisporre il piano.

3.        Intervento preventivo e sostegno finanziario tra imprese dello stesso gruppo

Il SAG assegna al BaFin vasti poteri nell’ambito degli interventi preventivi che vanno ad integrarsi con i poteri di cui dispone il BaFin sulla base della Legge sul settore bancario (Kreditwesengesetz - KWG). Il BaFin può obbligare, ad esempio, un istituto di credito ad estrapolare dal piano di risanamento le opzioni strategiche o persino modificare la strategia di business. Qualora per un istituto di credito dovesse profilarsi una situazione di rischio, l’Autorità di vigilanza può sollecitare affinché vengano assunte misure correttive. Infine, se vi è la necessita di una ristrutturazione, il BaFin può guidare la procedura in modo incisivo.

I gruppi bancari transfrontalieri possono stabilire accordi che prevedano la possibilità per i singoli istituti di un gruppo di sostenersi reciprocamente, qualora si profilino condizioni di intervento preventivo. Tali accordi hanno lo scopo di semplificare la risoluzione della crisi con le proprie risorse. Il BaFin deve autorizzare preventivamente tali accordi.

4.        Risoluzione della crisi

La misura della liquidazione viene assunta qualora emerga una minaccia per la tenuta dell’istituto, sulla base del § 62, comma 1, del SAG, quando ad esempio l’istituto violi in modo grave le misure preventive al punto da rischiare di incorrere nella revoca dell’autorizzazione per l’esercizio o quando emerga un’esposizione debitoria esistente o presumibile o una difficoltà nei pagamenti.

Infine, la concessione di un sostegno finanziario straordinario con mezzi pubblici può essere valutato come minaccia per la sussistenza dell’istituto, a meno che i mezzi non siano stanziati preventivamente al fine di evitare un rilevante turbamento all’economia e per garantire la stabilità finanziaria. Tali mezzi possono essere previsti in forma di garanzie di liquidità o di preventiva ricapitalizzazione.

Le misure di liquidazione costituiscono una grande ingerenza nelle posizioni giuridiche di proprietari, creditori e terzi. Per tale motivo, una misura di liquidazione può essere adottata solo sulla base delle norme contenute nel SAG, quando sia proporzionata e necessaria ad evitare una manaccia all’intero sistema e sia assunta nel pubblico interesse. Potenzialmente pericolosi per il sistema sono solo gli istituti e i gruppi finanziari di rilievo. Per gli altri si applica la normale procedura di insolvenza.

Un’ulteriore condizione per la liquidazione consiste nel fatto che il pericolo per la sopravvivenza dell’istituto di credito non possa essere fronteggiato altrimenti. In tal modo, il legislatore evidenzia la responsabilità gravante in capo al proprietario, all’amministratore e ai creditori dell’istituto di agire al fine di prevenire fin dall’inizio la situazione di rischio.

Se si presentano le condizioni di liquidazione, sono previste quattro misure di cui tre di nuova introduzione (la cessione dell’azienda, l’affidamento ad una società di gestione patrimoniale e la partecipazione dei creditori) ed una già in vigore dal 2011 con la Legge di ristrutturazione (Restrukturierungsgesetz), ossia l’affidamento ad una “società ponte”. Oltre a questo, il SAG prevede altre misure non specificate per legge che possono essere adottate in caso di crisi. Le autorità di liquidazione dispongono, altresì, di poteri supplementari per rendere utilizzabili gli strumenti di liquidazione citati.

Di particolare significato sarà in futuro lo strumento della partecipazione dei creditori. In caso di crisi, gli azionisti e i creditori possono essere obbligati a partecipare alle perdite e alla ricapitalizzazione dell’istituto. L’obiettivo è il superamento della crisi bancaria senza ricorrere al finanziamento attraverso le entrate fiscali. Lo strumento della partecipazione dei creditori assegna alle autorità di liquidazione il potere di sottoscrivere, totalmente o in parte, i “debiti” (Verbindlichkeiten) dell’istituto e di convertire tali obblighi in azioni o in altri strumenti del capitale sociale. Sono esclusi alcuni debiti, in particolare i conti correnti bancari fino a 100 mila euro. Per garantire che, in caso di crisi, siano a disposizione sufficienti liquidità, al fine di utilizzare lo strumento della partecipazione dei creditori, il SAG prevede che gli istituti debbano detenere una quota minima di obbligazioni “adeguate”. Tala quota è diversa a seconda dell’istituto bancario.

Nel caso dei gruppi finanziari che operano a livello internazionale, le competenti autorità di vigilanza nazionali e le autorità di liquidazione devono collaborare strettamente nella pianificazione e nell’attuazione del piano di risoluzione della crisi dell’istituto.

 

Regno Unito

La crisi finanziaria e le ripercussioni sul settore bancario (oltre che sulla finanza pubblica, a seguito dei rilevanti interventi pubblici di ricapitalizzazione di alcuni istituti bancari) hanno indotto il legislatore britannico ad assumere, nel più ampio contesto delle misure adottate in sede europea e in ambito internazionale, iniziative i cui contenuti rispecchiano talune peculiarità della disciplina di diritto interno in materia di attività bancaria e di servizi finanziari.

Sul piano legislativo è stato dapprima introdotto, con il Banking Act 2009, il quadro regolamentare (noto come Special Resolution Regime, SRR) che fa perno sui poteri in materia di ristrutturazione bancaria (cosiddetti resolution powers) attribuiti alla Bank of England in qualità di resolution authority (con articolate modalità di intervento). L’introduzione dello strumento del bail-in (in origine non contemplato nel novero degli strumenti azionabili nei casi di crisi bancaria) veniva prospettata nel 2011 dalla Independent Commission on Banking (ICB), istituita l’anno precedente con il compito di individuare misure di riforma del comparto bancario nazionale al fine di promuoverne la stabilità finanziaria e la competitività; e ciò veniva raccomandato, nel 2013, dalla commissione parlamentare competente (Parliamentary Commission on Banking Standards), a seguito anche della sua individuazione a livello internazionale, nel 2011, dal Financial Stability Board come misura standard idonea a potenziare gli strumenti di gestione delle crisi di banche di grandi dimensioni e a fronteggiare le conseguenze di tipo sistemico.

L’assetto normativo interno si è dunque definito con l’approvazione del Financial Services (Banking Reform) Act 2013, che (all’art. 17 e nello Schedule 2) ha modificato la legge del 2009, prevedendo espressamente la bail-in stabilization option tra gli strumenti a disposizione della banca centrale, previo order emanato dal Tesoro.

Il quadro normativo ha, più di recente, subito la revisione necessaria a adeguare il diritto interno alle previsioni della direttiva europea 2014/59/UE in materia di risoluzione delle crisi bancarie (nota anche con l’acronimo inglese BRRD), adottata al fine di perseguire in questo ambito l’armonizzazione tra gli Stati membri necessaria a rendere il sistema finanziario europeo meno vulnerabile al contagio sistemico delle crisi bancarie. In virtù di tale aggiornamento normativo, la banca centrale ha ricevuto più ampi poteri di ricorso allo strumento del bail-in per la ristrutturazione e la stabilizzazione delle banche, di società di investimento e di altri enti finanziari, le building societies, che ricoprono tradizionalmente un ruolo di rilievo nel mercato creditizio del Regno Unito e, in virtù del loro assetto cooperativo e mutualistico, rappresentano un elemento di diversificazione nell’offerta dei servizi finanziari.

La trasposizione della BRRD è stata perseguita dal legislatore con una serie di provvedimenti che hanno introdotto modifiche puntuali alla disciplina dello Special Resolution Regime, senza però mettere mano ad un suo organico consolidamento (che, nelle more dei negoziati conseguenti al referendum del giugno 2016, si è finora limitato ad una revisione delle linee-guida concernenti il “regime” predetto, raccolte nello Special Resolution Regime Code of Practice). Si tratta, principalmente, del Bank Recovery and Resolution Order 2014 (S.I. 2014/3329); del Bank Recovery and Resolution (No 2) Order 2014 (S.I. 2014/3348)) e del Bank Recovery and Resolution Order 2016 (S.I. 2016/2). Le previsioni del più recente dei tre testi normativi, in particolare, stabiliscono che la banca centrale possa salvaguardare gli effetti di un limitato novero di strumenti finanziari, ove ciò sia utile per la stabilizzazione della banca interessata dalla procedura, e abilitano le altre autorità regolatrici del mercato finanziario (segnatamente la Prudential Regulation Authority e la Financial Conduct Authority) alla rimozione dei dirigenti della banca e alla loro temporanea sostituzione con soggetti da esse designati (in conformità agli artt. 28 e 29 della BRRD), nonché alla convocazione dell’assemblea dei soci in caso di inottemperanza degli organi sociali.

L’attuazione della direttiva ha tuttavia richiesto l’adozione di ulteriori provvedimenti, dedicati a singoli aspetti e finalizzati alle corrispondenti modifiche della disciplina di settore: a questo riguardo devono menzionarsi, per completezza: The Banks and Building Societies (Depositor Preference and Priorities) Order 2014 (di modifica dell’Insolvency Act 1986); The Banking Act 2009 (Mandatory Compensation Arrangements Following Bail-in) Regulations 2014; The Banking Act 2009 (Restriction of Special Bail-in Provision, etc) Order 2014.

In una visione d’insieme della disciplina, le opzioni che si riconducono all’operatività di misure di bail-in implicano, com’è noto, la responsabilità dei depositanti assieme a quella degli azionisti e obbligazionisti per far fronte a perdite consistenti o al default finanziario di una banca, con conseguente cancellazione o riduzione delle pretese creditorie cui questi abbiano titolo nei suoi confronti. Tali misure di stabilizzazione possono includere l’abrogazione o la modifica di condizioni contrattuali, qualora ciò sia necessario a cancellare, ridurre nell’importo o differire nel tempo l’esigibilità dei debiti della banca verso i depositanti o i risparmiatori. Nel Regno Unito, la portata applicativa di specifiche disposizioni sul bail-in (special bail-in provisions) contempla, ai sensi del Banking Act 2009, art. 48B(8), una serie di eccezioni (excluded liabilities), tra le quali, ad esempio, i depositi muniti di garanzia entro una determinata soglia, i debiti a scadenza entro sette giorni, le poste debitorie verso soggetti finanziari individuati dalla normativa europea e gli accantonamenti per le retribuzioni dei dipendenti.

L’attuazione della direttiva BRRD ha comportato la modifica della legge del 2013, in primo luogo con la riformulazione del suo art. 98 per adeguarlo al criterio di priorità previsto dalla direttiva relativamente alla garanzia dei depositanti, che in caso di insolvenza bancaria pone al primo posto, nell’ordine dei creditori, i titolari di depositi garantiti dal fondo di garanzia (Deposit Guarantee Scheme) fino all’ammontare massimo determinato di 85.000 sterline, e, a seguire, le persone fisiche e giuridiche (piccole e medie imprese) i cui depositi siano tutelati dall’apposito fondo di garanzia (Financial Services Compensation Scheme), per la parte eccedente la soglia predetta (eligible deposits).

In relazione alle building societies, l’estensione a questi enti della possibilità, in linea di principio, di avvalersi del bail-in caso di crisi con modalità analoghe a quelle previste per le imprese bancarie, ha tuttavia richiesto che la Bank of England fosse abilitata (con provvedimento del Ministro del Tesoro) a verificare la sussistenza di determinate condizioni (rilevanti per la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso e per la tutela dei depositanti) e ad adottare misure particolari, inclusa l’eventuale demutualisation dell’ente (come previsto dall’art. 17 della legge del 2013, in relazione alla potestà della banca centrale di convertire la building societes in companies al fine di sottoporle al regime di bail-in, e in conformità con l’art. 37 della direttiva BRRD che in tale ipotesi consente il mutamento della forma giuridica dell’ente cui l’istituto in questione deve applicarsi).

Le condizioni per il ricorso all’opzione del bail-in non differiscono, negli assi fondamentali, da quelle previste dal Banking Act 2009 relativamente all’applicazione delle misure di stabilizzazione proprie dello Special Resolution Regime (la cui operatività è monitorata dal Tesoro, che a ciò dedica un rapporto semestrale). Nella sequenza procedurale delineata dalla legge, la banca centrale in veste di autorità regolatrice valuta, in primo luogo, la situazione della banca interessata per constatarne il fallimento o per formulare la fondata previsione che possa fallire; in secondo luogo, essa assume l’improbabilità, secondo ragionevolezza, che per scongiurare il fallimento possano adottarsi altre iniziative da parte della banca o nei suoi confronti; determina, infine, la sussistenza dell’interesse pubblico all’esercizio dei poteri di bail-in.

 

Spagna

Nel 2012 la Spagna aveva approvato un importante provvedimento legislativo in materia bancaria: la Ley 9/2012, de 14 de noviembre, de reestructuración y resolución de entidades de crédito.

Essa partiva dalla necessità di aiutare il sistema bancario in difficoltà, prevedendo misure e strumenti chiari ed efficaci, contemplando un rafforzamento straordinario dei meccanismi con cui le autorità pubbliche spagnole devono affrontare il rafforzamento e il risanamento del sistema finanziario, dando loro strumenti efficaci per garantire il corretto funzionamento del settore creditizio.

La legge ha disciplinato la “risoluzione” (resolución) degli enti creditizi, distinguendola dalla ristrutturazione, riferendosi ai casi in cui è necessario procedere all’estinzione ordinata dell’ente creditizio, con le migliori garanzie per i depositanti e per la stabilità finanziaria. Essa ha previsto il procedimento di intervento precoce per gli enti che non rispondono, o si ritiene non rispondano, ai requisiti di solvibilità, ossia che non siano in grado di superare tale situazione di difficoltà con i loro mezzi o mediante un sostegno finanziario eccezionale tramite strumenti convertibili in azioni.

La legge ha pertanto regolato i processi di ristrutturazione e di risoluzione ordinata degli enti creditizi, stabilendo il criterio fondamentale per l’applicazione di uno dei due processi. In entrambi i casi, è il Fondo de reestructuración ordenada bancaria (FROB) che si assume la responsabilità di determinare gli strumenti adeguati per procedere in modo ordinato e con il minor costo possibile per il contribuente. Il processo di risoluzione si applica agli enti che non sono economicamente sostenibili, mentre il processo di ristrutturazione si applica a quegli enti che richiedono il sostegno finanziario pubblico per garantirne la sostenibilità, ma che hanno la capacità di rimborsare tale sostegno finanziario nei termini previsti. Il piano di risoluzione o di ristrutturazione deve essere approvato dal Banco di Spagna, così come la regolazione specifica degli strumenti applicati.

Nel 2015 è intervenuta in materia la Ley 11/2015, de 18 de junio, de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión, che ha trasposto nell’ordinamento spagnolo la Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014.

La nuova legge regola i processi di intervento e di risoluzione degli enti di credito e delle imprese di servizio di investimenti con sede in Spagna e stabilisce il regime giuridico del FROB quale autorità di risoluzione esecutiva, nonché il quadro generale di intervento, allo scopo di proteggere la stabilità del sistema finanziario minimizzando l’utilizzo di risorse pubbliche.

La nuova disciplina si applica alle società di investimento che abbiano un capitale sociale minimo di 730.000 euro.

Nessuna banca può richiedere la dichiarazione di fallimento volontario senza averlo prima comunicato al FROB, che decide se aprire un processo di intervento tempestivo o di risoluzione.

Tra gli strumenti della fase preventiva, quando è ancora possibile un intervento tempestivo, vi sono i piani di recupero, che devono essere formulati da tutti gli enti, e i piani di risoluzione, che contengono le misure che il FROB applicherà in caso di liquidazione concorsuale dell’ente, escludendo comunque l’intervento finanziario pubblico.

Tra gli strumenti di risoluzione vi è la ricapitalizzazione interna (recapitalización interna), il cui obiettivo è di ridurre al minimo l’impatto della risoluzione sui contribuenti, assicurando un’adeguata distribuzione dei costi tra azionisti e creditori. La novità dello strumento risiede nel fatto che le perdite possono essere ripartite tra tutti i livelli di creditori, e non solo al livello di creditori subordinati. Si può accedere al Fondo de Resolución Nacional per completare l’assorbimento di perdite da parte dei creditori.

I depositi garantiti con meno di 100.000 euro mantengono la garanzia diretta del Fondo di garanzia depositi (Fondo de Garantía de Depósitos, FGD) e contano su un trattamento preferenziale massimo nella gerarchia dei creditori. Il FGD è finanziato mediante contributi da parte degli enti creditizi e delle imprese dei servizi di investimento. I depositi di persone fisiche e quelli delle piccole e medie imprese hanno una preferenza come creditori seconda solo a quella spettante ai depositi inferiori ai 100.000 euro.

La legge regolamenta poi le forme di accesso dei cittadini ai tribunali quando siano contrari a una decisione del FROB. Sono legittimati a proporre ricorso contenzioso-amministrativo gli azionisti e i soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale dell’ente emittente, i titolari di valori inclusi nelle azioni, i depositanti e creditori dell’ente o il commissario o rappresentante del sindacato o assemblea che raggruppa i titolari dei valori di una determinata emissione interessata dalla decisione del FROB.

La legge disciplina inoltre il regime applicabile ai depositi in caso di fallimento di un ente creditizio. Tale regime riconosce un trattamento preferenziale massimo nella gerarchia dei creditori ai depositi garantiti dal FGD e un privilegio generale a tutti i depositi delle piccole e medie imprese e delle persone fisiche.

Con il Real Decreto 1012/2015, de 6 de noviembre, por el que se desarrolla la Ley 11/2015, de 18 de junio, de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión, y por el que se modifica el Real Decreto 2606/1996, de 20 de diciembre, sobre fondos de garantía de depósitos de entidades de crédito è stato approvato il regolamento attuativo della legge 11/2015.

 

 

 

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