Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera |
Titolo: | Industria 4.0: programmi e iniziative in 14 paesi europei ed extraeuropei |
Serie: | Appunti Numero: 100 |
Data: | 09/05/2016 |
Camera dei deputati
XVII Legislatura
BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA
A P P U N T I |
Appunto 22/2016 9 maggio 2016
Industria
4.0: programmi e iniziative
in 14 paesi europei ed extraeuropei
Australia
Le nuove prospettive
dell’industria manifatturiera in Australia sono state analizzate in un rapporto
di Tim Mazzarol (docente presso l’Università dell’Australia occidentale), dal
titolo The
Next Wave of Manufacturing,
pubblicato nel 2013[1].
Nei precedenti 40 anni la
globalizzazione ha avuto un impatto notevole sulla produzione. In particolare
Mazzarol insiste sul ruolo della globalizzazione
sull’industria automobilistica australiana, che ad un certo punto, venendo meno
il sostegno governativo, ha mostrato una crescente difficoltà nel competere sui
mercati internazionali.
La globalizzazione ha
comportato, tuttavia, un importante cambiamento nel modello di business globale alla base della
produzione, vale a dire il passaggio dal controllo sulle scorte di conoscenza e
di beni, alla capacità di attingere a flussi globali di conoscenza e di
capitale intellettuale.
L’autore sottolinea la
necessità di improntare l’industria del paese verso le tecnologie produttive additive (additive
manufacturing technologies). In particolare l’uso di nuovi strumenti di
produzione, come ad esempio le stampanti 3D, può potenzialmente cambiare la
natura del funzionamento della produzione.
L’Australia ha comunque
necessità di conservare una forte industria manifatturiera. Per conseguire
questo scopo occorre, tra l’altro:
·
indirizzarsi
verso prodotti e servizi ad alto valore aggiunto per clientele specializzate
nei mercati globali;
·
sviluppare
le capacità che consentano alle aziende locali di attingere a mercati globali,
partecipando alle catene di distribuzione nei punti in cui possono assicurarsi
posizioni difendibili;
·
valorizzare
le competenze di gestione per ottenere una produttività ottimale ed efficiente
dal capitale umano, intellettuale e fisico;
·
garantire
che le imprese australiane siano in grado, a tutti i livelli, di assicurarsi
l’accesso a catene di fornitura locali, nazionali e internazionali e di
stringere rapporti di cooperazione forte e sostenibile;
·
coinvolgere
le economie emergenti, in particolare Cina e India, attraverso la
partecipazione a catene di approvvigionamento globali;
·
riconoscere
che l’innovazione può funzionare anche per le industrie non fortemente
tecnologizzate (low to mid-tech
industries).
Alcuni indici
resi noti dall’Australian Industry Group (AIG), con riferimento al periodo
marzo-aprile 2016, indicano una diminuzione
della produttività del paese. L’indice delle piccole e medie imprese
australiane (Australian PMI), che
prende in considerazione circa 300 imprese industriali, se non raggiunge la soglia di 50 sta a segnalare una
diminuzione della fiducia nell’economia e una possibile riduzione delle
attività. L’ultimo indice di 53,4, pur
superiore alla soglia predetta, è tuttavia inferiore
di 4,9 punti in meno rispetto alla precedente rilevazione.
Tra i motivi di tale
tendenza possono essere indicati la debolezza del dollaro, la diminuzione della
domanda interna e, in generale, la difficoltà dell’industria nazionale a
confrontarsi con la globalizzazione economica.
Secondo alcuni
osservatori, se l’Australia vuole proteggere le sue PMI, appare necessario
sfruttare proprio le opportunità fornite dalla cosiddetta “Industria 4.0”, al
fine di poter trarre vantaggio dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione.
Ad esempio per Jeff
Connolly, amministratore delegato della Siemens Pacific, i produttori
australiani devono mobilitarsi per aumentare il volume d’affari mediante la
creazione di nuovi modelli di business, nonché mediante
lavoratori, macchine, clienti e catene di approvvigionamento che siano tutti
iper-connessi, creando così nuove opportunità. Se il paese si muove verso
l’Industria 4.0, un nuovo mondo può aprirsi per la produzione australiana[2].
Nel novembre 2014 è stato
istituito un gruppo di lavoro consultivo Australia-Germania (Australia-Germany
Advisory Group), co-presieduto dal Ministro delle finanze australiano e
da un Sottosegretario del Governo federale tedesco, composto da numerose
personalità del mondo economico, accademico e artistico. Nel novembre 2015 è
stato reso noto un report del gruppo contenente 59 proposizioni articolate su cinque
temi:
·
commercio
e investimenti;
·
dialogo
strategico;
·
scienza
e istruzione;
·
diversità
e integrazione;
·
cultura
e sport.
Relativamente alla
possibilità di ampliare la collaborazione sulla trasformazione digitale, tra cui il cosiddetto “Internet del tutto”
(Internet of Everything) e
l’istruzione in materia di STEM (Science,
Technology, Engineering, and Mathematics) e ICT, i due Paesi rafforzeranno
l’impegno sul governo digitale mediante il Digital Transformation Office (DTO)[3]
australiano e il corrispondente organo tedesco.
La SAP (Systems, Applications, and Products in data
processing) e la Siemens collaboreranno con il governo e con l’industria di
entrambi i paesi per promuovere una maggiore leadership di pensiero sulla trasformazione digitale, tra cui
l’avvio di un approccio collaborativo per lo sviluppo degli standard globali di
Industria 4.0.
Belgio
L’automazione dei processi
produttivi rappresenta, in Belgio, un tema di crescente attualità, sebbene non
esistano ad oggi – diversamente da altri paesi - concreti piani governativi
finalizzati a favorire l’innovazione nella produzione. La generale attenzione
verso i nuovi processi produttivi è, tuttavia, testimoniata da diverse
iniziative intraprese in Belgio nel corso degli ultimi anni. Si tratta di
iniziative eterogenee, che vanno dall’elaborazione di un sito web (Productivity.be) interamente dedicato a fornire
informazioni a imprenditori e piccole e medie imprese - in ordine ai prodotti,
ai servizi e alle tecnologie in grado di assicurare futuro all’industria belga
- al concreto interesse nei confronti del progetto tedesco “Industrie 4.0”,
presentato in via ufficiale alle imprese e industrie belghe nel maggio 2015
nell'ambito del Salon Indumation.be. Quest’ultimo è il più importante salone nazionale consacrato all’automatizzazione delle imprese, dei
processi e delle infrastrutture[4],
i cui partner organizzativi sono Agoria
(Federazione delle imprese dell'industria tecnologica, FEB), Fimop (Associazione dei produttori e
importatori di materiale olio-idraulico, pneumatico e di automatismi per l’industria)[5]
e Belgitrans, associazione professionale di società
commerciali attive nel settore della trasmissione meccanica,
dell’elettromeccanica e dell’elettronica[6].
Se a livello governativo
non sembrano attivi programmi pubblici di sviluppo collocabili nel novero dell’industria
4.0, a livello regionale diverse
imprese si stanno impegnando in specifici progetti operativi, specie in
Vallonia e nelle Fiandre.
Con l’obiettivo di creare sinergie e forme di collaborazione nell’ambito
del settore tecnologico in Vallonia,
nel 2013 è stato avviato il piano d’azione Made Different, su iniziativa della
citata Federazione Agoria, di Sirris
(organizzazione senza scopo di lucro impegnata nell’assistenza alle
imprese per l’elaborazione di strategie tecnologiche) e del Pôle MecaTech, polo di
competitività vallone in ingegneria meccanica. In
collaborazione con una ventina di imprese di primo piano operanti in otto
settori diversi, i soggetti menzionati hanno assunto l’iniziativa di realizzare
uno studio approfondito delle strategie necessarie ad affrontare le sfide del futuro,
in particolare nell’industria manifatturiera. Con il piano che ne è risultato,
Agoria, Sirris et Mecatech hanno individuato le sette
trasformazioni giudicate imprescindibili per le imprese che intendono
divenire Usine du futur (FoF, Factory of the Future), favorendo la
proiezione dell’industria manifatturiera tecnologica vallona nel contesto
industriale del XXI secolo.
Le sette trasformazioni citate sono le seguenti: World Class Manufacturing Technologies; End-to-end Engineering; Digital Factory; Human Centered Production; Production
Network; Eco Production; Smart Production Systems. L'approccio è
il seguente: sensibilizzare, informare e accompagnare concretamente le imprese
interessate alla trasformazione. A tal fine, sono stati definiti percorsi ad hoc per ciascuna delle sette
menzionate trasformazioni.
Il piano d’azione si pone i seguenti obiettivi per i prossimi due
anni:
·
realizzare la completa trasformazione
di 20 imprese delle industrie tecnologiche valloni (progetto FoF 20);
·
mettere a punto strumenti dedicati all’attuazione
delle trasformazioni, rendendoli successivamente disponibili a ulteriori 50
imprese (FoF 50);
·
mettere 500 imprese nelle condizioni di
attuare concretamente la trasformazione in “Factory
of the Future” (FoF 500).
Si precisa che Agoria è impegnata sin dal 2010 nell’elaborazione
di una visione dell’impresa
del futuro in chiave tecnologica. Trattandosi di innovazione, gli sforzi
compiuti negli ultimi anni si sono concentrati soprattutto nel settore della
ricerca e dello sviluppo dei prodotti. Particolare attenzione è stata prestata
anche alla competitività, in termini sia di costi (salariali, energetici, delle
materie prime), sia di formazione e innovazione.
Appare sensibilmente più
articolato il panorama dei progetti innovativi operativi nelle Fiandre, dove Flanders
Make[7] si presenta quale vero e
proprio centro di ricerca strategico per l’industria manifatturiera regionale,
con sedi a Lovanio e Lommel (terza
città commerciale del Limburgo) e collaborazioni attive con i laboratori di ricerca
delle università fiamminghe di Lovanio, Anversa, Gand, Hasselt e Bruxelles. I laboratori associati dei citati
atenei sono i seguenti:
1. Università Cattolica di Lovanio:
a.
CIB (Centre for Industrial Management /
Traffic and Infrastructure);
b.
ELECTA (Electrical energy & computer
architectures);
c.
PMA (Production
engineering, Machine design and Automation);
2. Università di Anversa:
a.
AnSyMo (Antwerp Systems & Software Modelling);
b.
CoSys-Lab
(Constrained Systems-Lab);
3. Università di Gand:
a.
EEDT (Energy Efficient Drive Trains);
b.
ISYE (Industrial and Systems Engineering);
4. Università di Hasselt:
a.
IMO-IMOMEC (Institute for Materials Research,
Institute for Materials Research in MicroElectronics);
5. Libera Università di Bruxelles:
a. B-PHOT (Brussels Photonic Team);
b. MOBI (Mobility, Logistics and Automotive
Technology Research Centre);
c. R&MM (Robotics and MultiBody Mechanics
Research Group).
Flanders
Make sostiene le piccole e medie imprese e le grandi
aziende manifatturiere con ricerche strutturate nel campo della meccatronica,
dei metodi per sviluppare i prodotti e delle tecnologie per la produzione. La
ricerca si concentra in 4 specifici ambiti tecnologici (power electronics & energy storage; mechatronics & design methods; production processes; people-driven
system development) ritenuti fondamentali per innovare i processi
produttivi in 3 campi applicativi: veicoli, macchine e fabbriche. Speciale
attenzione viene rivolta alla cooperazione internazionale nel campo dell’innovazione, nonché alla partecipazione a progetti
di ricerca europei. Il gruppo stima che entro il 2018 impiegherà full time oltre 300 ricercatori nell’ambito
di una comunità di ricerca industriale coordinata e impegnata su un’agenda
condivisa. L'obiettivo di Flanders
Make è quello di supportare l’industria manifatturiera
fiamminga in modo da rafforzarne la competitività internazionale e mantenere l’attrattività
delle aziende delle Fiandre nei confronti del business straniero.
Canada
In Canada, “Industrial Internet of Things” (IIoT), la
versione nazionale di “Industria 4.0”, è ancora in una fase iniziale. Il
settore più avanzato è quello della telemedicina,
mentre i settori petrolifero e del gas possiedono un grande potenziale.
Circa il 30% delle imprese canadesi prevede di adottare soluzioni “Internet of Things” (IoT) nel prossimo
futuro.
Secondo uno studio
del giugno 2014, condotto su 209 imprese canadesi da TELUS e da IDC (Internet
of Things Study 2014 – The Connected Canadian Business), solo il 6% di
esse ha implementato soluzioni concernenti “Internet
of Things” (IoT), mentre il 30% prevede di adottare una soluzione di questo
tipo nei prossimi 24 mesi. Lo studio prevede una crescita della spesa in
soluzioni IoT: si dovrebbe passare da 5,6 miliardi di dollari canadesi nel 2013
a 21 miliardi di dollari canadesi entro il 2018. Il centro innovativo Cisco, con sede a
Toronto, il primo del suo genere in America del Nord, riunisce diversi gruppi
d’interesse per promuovere l’innovazione nella tecnologia e la digitalizzazione
del business. Questa è un’ulteriore
prova delle opportunità create dal processo di trasformazione.
In Canada, il
settore della telemedicina è molto avanzato: grazie alle tecnologie, aree
lontane sono in collegamento con ospedali o esperti medici. Per quanto riguarda,
invece, l’automazione industriale,
il Canada è quarto dopo Germania, Giappone e Stati Uniti. Uno studio del 2015 condotto
da Accenture (The
Growth Game-Changer: How the Industrial Internet of Things can drive progress
and prosperity) attribuisce
al Canada 50,9 punti su 100 in merito al potenziale per la diffusione economica
di Industrial Internet of Things in
un dato mercato. Gli USA si posizionano in testa (64 punti), mentre il secondo
posto è occupato dalla Svizzera (63,9).
Secondo quanto
riportato da uno studio TELUS/IDC, per le imprese canadesi la produttività e
l’affidabilità sono i due principali benefici delle soluzioni IoT. Attualmente,
le soluzioni IoT sono utilizzate prevalentemente nelle aree di monitoraggio
della sicurezza e delle risorse in varie aziende. Il Digital Oil Field, un modello cloud
computing che permette il monitoraggio e la tracciabilità delle risorse e promuove
lo sviluppo della tecnologia basata su sabbie bituminose, costituisce un altro
fattore che favorisce le soluzioni IIoT insieme ai settori petroliferi e del
gas che vogliono implementare tecnologie per tagliare i costi e migliorare la
produttività.
Le PMI esportatrici
forniscono la loro esperienza in sistemi IIoT e in soluzioni di analisi di dati
per la produzione, l’energia e servizi pubblici. L’automazione delle imprese è
ancora lontana dall’essere pienamente sviluppata, ma si tratta di un ambito in
cui il Canada è destinato a crescere.
Un’iniziativa meritevole
di segnalazione riguarda il Conostoga College Insitute of Technology and
Advanced Learning (Università pubblica con sede a Kitchener, in
Ontario) che, nel marzo 2015, ha aperto il nuovo Centre for Smart Manifacturing (CSM); il centro servirà come punto
focale attorno al quale aggregare industria, facoltà universitarie, studenti,
istituzioni accademiche, Governo e partner
della comunità per trasformare idee in prodotti e servizi collocabili sul
mercato. Il CSM si focalizzerà su due obiettivi industriali:
· produzione
manifatturiera molto performante per migliorare, attraverso sistemi meccanici,
elettrici e software, la precisione e
la qualità dei prodotti e delle procedure, per integrare nuovi materiali nei
prodotti e nei processi ed implementare nuovi sensori tecnologici per la
produzione;
· sistemi intelligenti
di produzione attraverso l’ICT per aumentare ed estendere, attraverso sistemi
meccanici, elettrici e software, le
possibilità di controllo di automazione, la simulazione e la visualizzazione
del prodotto e del processo, nonché il potenziamento della tecnologia.
Cina
Seguendo l’esempio della strategia
tedesca “Industrie 4.0”[8],
nel marzo 2015 il governo cinese ha lanciato il suo piano decennale per la
quarta rivoluzione industriale, denominato Made in China 2025 (MiC2025). La vicinanza al modello
tedesco è stata successivamente confermata, nel luglio 2015 a Pechino, dalla
sottoscrizione di una lettera di intenti da parte dei governi tedesco e cinese
per promuovere sforzi comuni in tema di modernizzazione e digitalizzazione dei
processi di produzione industriale, creando in tal modo stretti legami tra
l'iniziativa tedesca e il piano cinese[9].
Il piano MiC2025 nasce da
un progetto promosso dal Ministero dell’Industria e dell'information technology (Miit) cinese e dalla Chinese Academy of Engineering: lo scopo dichiarato del piano è
quello di raggiungere un alto livello di informatizzazione del settore
manifatturiero che dovrebbe collocare la Cina, entro il 2049 (centenario della
nascita della Repubblica Popolare), tra le maggiori potenze nel campo
dell'innovazione tecnologica. Con riferimento a tale orizzonte temporale,
MiC2025 costituisce un primo piano decennale di modernizzazione industriale che
dovrebbe essere seguito da almeno altre due programmazioni di pari durata,
necessarie per perfezionare il completamento della quarta rivoluzione
industriale a ridosso della deadline
del centenario. Il piano introduce, quindi, anche una nuova modalità rispetto
alla tradizionale programmazione economica quinquennale, tipica della
Repubblica Popolare Cinese.
Il piano “Made in China
2025” è stato lanciato per promuovere l'innovazione e la transizione
industriale smart, privilegiare la
qualità della produzione sulla quantità, incentivare l’industria green e favorire l’integrazione tra
industrializzazione e information
technology, incoraggiando al contempo i giovani talenti. Tale esigenza è
tanto più sentita quando si consideri che la Cina soffre ancora di uno storico
ritardo nei confronti delle potenze europee, che ha spesso relegato la
produzione industriale cinese in settori a basso contenuto tecnologico. Secondo quanto dichiarato dal Ministro dell'industria
cinese a commento del lancio nel 2015 di MiC2025, la principale differenza tra
il piano tedesco e quello cinese consiste nel fatto che l'industria cinese è
complessivamente ferma allo stadio "industria 2.0" con obiettivi di
medio termine di entrata in quello 3.0, mentre l'industria tedesca è già
pienamente nella fase 3.0 con l'obiettivo a medio termine di entrare nella fase
4.0.[10]. Lo sviluppo
dell'innovazione industriale dovrebbe pertanto collocare la Cina tra le
principali potenze manifatturiere mondiali. A tal fine sono individuate tre
fasce entro le quali si collocano le principali potenze tecnologicamente
avanzate: la prima fascia è occupata dai soli Stati Uniti; nella seconda fascia
sono collocate la Germania e il Giappone; nella terza Cina, Regno Unito,
Francia e Corea del Sud. Secondo la tempistica sottesa al lancio di MiC2025, la
Cina dovrebbe avanzare nella seconda fascia entro il 2025, divenire la nazione
leader in tale fascia entro il 2035, per assurgere infine a leader mondiale
entro il 2045[11].
All'interno di tale spinta innovativa, il piano identifica anche obiettivi
specifici, prevedendo, ad esempio, la produzione in Cina del 40% dei componenti
e dei materiali di base dell'industria manifatturiera globale entro il 2020
(con particolare riferimento a taluni settori di rilevanza strategica come la
robotica, l’industria automobilistica innovativa o la produzione energetica);
la stessa percentuale dovrebbe poi salire al 70% entro il 2025[12].
Inoltre, il piano prevede che il finanziamento in ricerca e sviluppo delle
maggiori industrie manifatturiere cinesi aumenti dallo 0.95% all'1.68% sulle
vendite nel corso del decennio di riferimento di MiC2025. L'informatizzazione
dei processi produttivi dovrebbe aumentare del 30%, mentre il consumo di
energia del settore dovrebbe diminuire del 34% attraverso l'attuazione di
politiche che favoriscano il risparmio e l'efficienza energetica[13].
Il piano individua dieci settori chiave meritevoli di
particolare attenzione in tema di innovazione:
1.
nuove
tecnologie informatiche;
2.
robotica;
3.
industria
aerospaziale e aeronautica;
4.
industria
navale di alto livello tecnologico;
5.
trasporto
ferroviario;
6.
automobili
che utilizzano nuove fonti di energia e a risparmio energetico;
7.
industria
elettrica;
8.
macchinari
agricoli;
9.
nuovi
materiali (ad es. i polimeri);
10. bio-medicina e attrezzature mediche ad
alto contenuto tecnologico.
Secondo quanto annunciato dal governo cinese, il piano sarà
"orientato al mercato, anche sotto la guida del governo"[14]. I principali progetti,
sebbene orientati al mercato, saranno quindi realizzati per lo più da società
di proprietà (o partecipazione) statale. Tra questi progetti vi sono l'apertura
di nuovi centri per l'innovazione tecnologica (che potranno beneficiare di
finanziamenti diretti dallo Stato e di benefici fiscali), lo sviluppo della
produzione manifatturiera informata ai principi della smart innovation e alla compatibilità ambientale, progetti di
ricerca e sviluppo in territorio cinese, incentivazione di nuovi brevetti ad
alto contenuto tecnologico. Con riferimento al tema dei brevetti, dati recenti
hanno evidenziato come in Cina siano stati depositati, tra l'inizio del 2013 e
la metà del 2015, circa 2.500 brevetti su tecnologie innovative riconducibili a
industria 4.0, mentre nello stesso periodo il numero di brevetti simili è stato
di 1.065 negli Stati Uniti e 441 in Germania[15].
Per quanto riguarda il finanziamento delle iniziative, secondo
le prime stime di Citigroup (la più grande azienda di servizi finanziari del
mondo)[16], sarebbe stato previsto uno stanziamento di circa 8.000 miliardi
di yuan (circa 1.090 miliardi di euro). Tali
finanziamenti si affiancano agli sforzi compiuti negli ultimi anni dalla Cina
nel settore ricerca e sviluppo: secondo dati forniti dall'OCSE (febbraio 2016), per la prima volta nel
2014 la Cina ha superato l'Unione europea nella spesa per ricerca e sviluppo:
il 2,05% del PIL cinese è stato infatti dedicato a tale finalità, mentre la
media dei 28 paesi membri è rimasta ferma a 1,94%. La media dei paesi OCSE si
attesta al 2,37% del PIL.
Il programma di
rinnovamento del settore manifatturiero delineato dal MiC2025 deve essere letto
insieme all'altro grande piano di modernizzazione, Internet plus (IP), che riguarda più strettamente il versante delle
infrastrutture informatiche, lanciato dal governo cinese nel luglio 2015. Tale piano identifica quattro
obiettivi primari[17]:
a) migliorare l'infrastruttura internet
del paese sotto il profilo della sicurezza e dell'efficienza[18];
b) favorire l'accesso a internet e
alle tecnologie ad esso correlate; c) rendere i servizi più efficienti e
convenienti; d) incrementare la qualità e l'efficienza dello sviluppo
economico, ed in particolare abbandonare un modello di settore manifatturiero
basato sulla manodopera non specializzata per puntare su altri segmenti, più
qualificati, della produzione industriale. Con riferimento alle nuove tecnologie
internet, la Cina si rivela essere all'avanguardia per lo sviluppo dei big data e del cloud computing (si veda al riguardo la pubblicazione Chinese
Industry 4.0 Patents, vol 01,
in particolare le slide 30-31). Il
piano Internet plus, inoltre,
sottolinea l'importanza di tali azioni per sanare gli storici squilibri
territoriali del paese, in particolare tra le zone rurali e quelle urbane.
Corea del
Sud
Sebbene il livello di
sviluppo tecnologico vari a seconda dei settori e delle imprese, la maggior
parte delle PMI in Corea non hanno ancora raggiunto una fase avanzata e
richiedono pertanto un ulteriore sviluppo per la creazione di più elevati sistemi
tecnologici, in particolare per quanto concerne l’Internet delle cose e i big data[19].
Il settore manifatturiero ha sempre occupato una posizione importante
nell’economia nazionale della Corea del Sud, che nel giugno 2014 ha lanciato la
propria versione del progetto “Industria 4.0”: la “Strategia di innovazione
manifatturiera 3.0” (Manufacturing Innovation 3.0 Strategy),
seguita nel marzo 2015 dal relativo Piano di implementazione (Manufacturing innovation 3.0 strategy
implementation plan).
Negli ultimi anni,
infatti, molte imprese manifatturiere
hanno avuto problemi in termini di produttività e di efficienza. Secondo un
documento della società di informazione finanziaria Markit, l’indice dell’industria manifatturiera coreana relativa
alle PMI posizionerebbe il paese al ventiquattresimo posto tra i ventotto
monitorati.
Anche per far fronte a
queste difficoltà il piano strategico del Governo punta sulla creazione di
nuove produzioni, sulla valorizzazione dei principali segmenti e sull’avanzamento
delle infrastrutture industriali per l’innovazione. Al tempo stesso, prevede di
favorire la crescita di quei segmenti che combinano la produzione con la tecnologia
dell’informazione, tra i quali l’inserimento delle ICT nei settori della
gestione dell’energia e della sicurezza industriale.
Il primo obiettivo è quello
di promuovere l’integrazione tra
l’industria manifatturiera e le ICT, allo scopo di rilanciare la
competitività. Per l’implementazione della strategia 3.0, la Corea del Sud ha
sviluppato una serie di misure specifiche a breve ed a lungo termine, per
realizzare, tra gli altri, veicoli aerei senza equipaggio, veicoli
intelligenti, robot, dispositivi indossabili intelligenti.
Il Governo della Corea del
Sud ha pianificato la costruzione di
10.000 impianti di produzione intelligente entro il 2020, prevedendo, mediante
l’attuazione della strategia, di far raggiungere nel 2024 alle esportazioni
manifatturiere coreane il valore di 1 trilione di dollari ed occupare così la
quarta posizione a livello mondiale, dietro Cina, Stati Uniti e Germania.
La strategia coreana
prende a modello l’esperienza tedesca,
adattandola alle caratteristiche dell’economia nazionale, anche per la
diversità delle industrie e dei tipi di impresa. In particolare, rispetto ad
altri paesi, la Corea sconta una bassa competitività delle piccole e medie
imprese e un’insufficiente crescita del settore ricerca e sviluppo, per cui il
programma coreano punta soprattutto sulle grandi
imprese, che possano estendere poi le loro strategie di promozione a
beneficio di tutto il paese.
Il punto fondamentale per
il Governo sudcoreano appare quello di guidare le imprese a svolgere un ruolo
chiave nel programma di innovazione 3.0, partendo dal presupposto che, nella
trasformazione e nella riqualificazione del settore manifatturiero, le imprese siano
la “forza principale”, mentre il ruolo dei poteri pubblici si traduce
principalmente nell’impegno di costruire il contesto imprenditoriale e nell’eliminazione
delle restrizioni all’industria manifatturiera. Secondo il programma di azione,
la Corea del Sud mobiliterà attivamente la partecipazione
di capitali privati, i piani per impianti intelligenti, l’integrazione di
nuove industrie, per circa 23 miliardi
di dollari di investimenti, di cui solo il 10% proveniente direttamente dal
Governo. Lo Stato coreano sosterrà le PMI relativamente svantaggiate, predisponendo
un apposito programma attraverso una “trasformazione intelligente”.
Il piano punta a investire
su design, software e servizi,
materiali chiave e sviluppo di componenti, riserve di personale, al fine di
raggiungere innovazioni importanti. Nel 2017 è previsto un significativo
investimento di ricerca per quanto concerne la stampa 3D, i big data, il networking e altre tecnologie di produzione intelligente[20].
Nel programma coreano,
inoltre, un ruolo di rilievo è svolto proprio dalla fabbrica intelligente (smart
factory), da un lato, e dalle tecnologie relative all’Internet delle cose,
dall’altro.
Le smart factories non significano però solo l’automatizzazione del
processo di produzione; si tratta piuttosto impianti dove tutte le componenti
sono organicamente collegate tra loro con un sistema operativo intelligente
basato sull’Internet delle cose. Il concetto si riferisce essenzialmente a un
modello futuro di fabbrica, che si prevede di sviluppare a pieno entro il 2020,
con il 30% di maggiore produttività rispetto ai livelli attuali.
A livello interno sono le
aziende LS Industrial System (LSIS) e
POSCO ad avere i livelli più sofisticati di tecnologie da smart factory ed a potere svolgere un ruolo primario. Lo sviluppo
di una “fabbrica intelligente” sofisticata è possibile mediante l’utilizzo di
un sistema ciberfisico (cyber-physical system, CPS), i cui
precursori si trovano nell’industria aerospaziale, automobilistica, dell’energia,
dei trasporti.
Danimarca
Dal 2014 è operativa in
Danimarca la “piattaforma per la produzione del futuro” MADE, acronimo di Manufacturing
Academy of Denmark (Platform for
future production),
patrocinata dal Danish
Council for Strategic Research
e dalla Danish
Agency for Science, Technology and Innovation, entrambi incardinati presso il Ministry of Higher Education
and Science.
Si tratta di una
collaborazione accademico-industriale per il quadriennio 2014-2018 finalizzata
a creare le condizioni per lo sviluppo di nuovi, efficienti e avanzati sistemi
di produzione, con l’obiettivo di rafforzare l’industria manifatturiera danese
incrementandone la competitività. Coordinatore del progetto è la Confederazione
dell’industria danese (Dansk Industri,
DI), mentre si configurano quali partner
del medesimo progetto l’Università di Aalborg (AAU), l’Università Tecnica della Danimarca (Danmarks Tekniske
Universitet, DTU),
l’Università della Danimarca meridionale (Syddansk Universitet, SDU), la Copenhagen Business School (CBS), la Aarhus Universitet (AU), l’Istituto Tecnologico Danese (Teknologisk Institut), FORCE Technology (società di ingegneria e consulenza tecnologica nel
settore dei servizi energetici e petroliferi, marittimi, produttivi e
infrastrutturali), oltre ad
un certo numero di aziende manifatturiere. Il budget totale del progetto
ammonta a 183,5 milioni di corone
danesi.
Basata
su una stretta integrazione tra ricerca e innovazione, la piattaforma si pone
l’obiettivo di rafforzare la produzione nelle aziende danesi attraverso
l’automazione, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie, di nuovi
processi di produzione, di una nuova organizzazione della produzione e di un
più ampio coinvolgimento dei lavoratori nel ciclo produttivo.
Il progetto si struttura
nel seguente modo: quando un’azienda (o più aziende manifatturiere) solleva una
questione rilevante, un gruppo di consulenza di MADE analizza i profili ad essa
relativi. Il gruppo normalmente è composto da ricercatori, rappresentanti di
istituti di tecnologia e aziende che si occupano dell’integrazione di sistemi,
nonché membri di società di tecnologie. In seguito, il gruppo di esperti lavora
per individuare soluzioni “utilizzabili” per l’azienda manifatturiera., laddove
“utilizzabile” significa che al problema va data una soluzione praticabile e
redditizia.
Con l’ausilio della
piattaforma MADE, l’industria manifatturiera danese mira dunque ad un maggiore
sviluppo e ad una maggiore competitività sul mercato attraverso l’utilizzo di
nuovi strumenti tecnologici, quali la robotica,
il vision system, la stampa 3d, la
formazione del personale aziendale e il rafforzamento delle competenze degli
impiegati.
Francia
Nell’aprile 2015 il Presidente della
Repubblica François Hollande ha lanciato il progetto “Industrie du
Futur” (Industria del futuro), ribadito nel
maggio 2015 da Emmanuel Macron, Ministro dell’economia, dell’industria e del
digitale nel II Governo Valls, con l’obiettivo di spingere le imprese sulla via
della modernizzazione dell’apparato industriale e della trasformazione del
modello economico attraverso il digitale.
Si tratta di accompagnare le imprese nella trasformazione del loro modello
d’affari, delle loro organizzazioni, dei loro modelli di design e di marketing,
in un mondo dove il ricorso al digitale abbatte le barriere tra industria e
servizi.
Il progetto si fonda su cinque pilastri (piliers):
1)
sviluppo dell’offerta tecnologica mediante
l’Industria del futuro
Il progetto “Industria del futuro”
permetterà di sostenere i progetti strutturali delle imprese nei mercati in cui
la Francia potrebbe acquisire, entro un arco temporale compreso tra 3 e 5 anni,
una leadership europea o mondiale, ad esempio nella fabbricazione di stampanti
3D. All’interno del primo pilastro si segnalano: a) il lancio dell’invito a
presentare proposte sulle tecnologie dell’Industria del futuro (settembre
2015); b) l’installazione di una piattaforma tecnologica del progetto, aperta
alle imprese industriali, per testare e convalidare le tecnologie di produzione
robotica e digitale d’eccellenza (gennaio 2016).
2)
accompagnamento delle imprese verso l’Industria del
futuro
È previsto un accompagnamento personalizzato per le piccole e medie imprese (petites et moyennes entreprises, PME) e
per le imprese industriali intermedie (entreprises
de taille intermédiaire, ETI) da parte delle regioni con il sostegno
dell’associazione Alliance
pour l’Industrie du Futur[21].
È inoltre previsto un accompagnamento finanziario costituito da due misure eccezionali di
sostegno alle imprese che investono nella modernizzazione delle loro capacità
di produzione: 2,5 miliardi di euro di vantaggi fiscali per le imprese che
investono nel loro apparato produttivo nel corso dei prossimi dodici mesi; 2,1
miliardi di euro di prestiti di sviluppo supplementare distribuiti da Bpifrance a PME ed ETI nel corso di due anni.
All’interno del secondo pilastro si
segnalano: a) la pubblicazione della brochure sugli strumenti pubblici di
accompagnamento a livello regionale (luglio 2015); b) la pubblicazione di un
sistema di riferimento nazionale del progetto destinato alle PME industriali e
agli investitori internazionali (ultimo trimestre 2015); c) diagnosi
personalizzate in favore di oltre 500 PME ed ETI industriali (fine 2015); d) diagnosi
personalizzate in favore di oltre 2.000 PME ed ETI industriali (fine 2016).
3)
formazione dei dipendenti
L’aumento delle competenze dei dipendenti
delle industrie e la formazione delle prossime generazioni ai nuovi mestieri è
posta come prima condizione del successo dell’Industria del futuro, accanto
alla presenza del digitale e della robotizzazione nelle fabbriche, indispensabili
per la competitività delle fabbriche in diversi settori e per la creazione di
posti di lavoro nel paese.
All’interno del terzo pilastro si segnala
l’istituzione di una cattedra universitaria sul progetto Industria del futuro
(fine 2015).
4)
rafforzamento della cooperazione europea e
internazionale
Il progetto Industria del futuro ha come
vocazione la costruzione di partnership
strategiche a livello europeo e internazionale, in particolare con la Germania.
Il perimetro e la governance del
progetto sono stati concepiti per interfacciarsi in maniera naturale con la
piattaforma tedesca “Industrie 4.0”.
Tale cooperazione si incarna in progetti comuni, progetti pilota o di sviluppo
tecnologico, da presentare nel quadro del piano di investimento europeo.
All’interno del quarto pilastro si
segnalano: a) il lancio della partnership con la Germania (autunno 2015); b) la
pubblicazione della strategia francese di standardizzazione del progetto
Industria del futuro (febbraio 2016).
5)
promozione dell’Industria del futuro
Allo scopo di mobilitare tutti gli attori
dell’industria e diffondere la conoscenza dei vari know-how francesi, sono previste diverse azioni di promozione: a) lancio
di almeno 15 progetti-vetrina dell’Industria del futuro, di visibilità
nazionale o europea, entro la fine del 2016; b) creazione, con il sostegno di Business France, di un logo comune
dell’Industria del futuro per unire tutte le imprese industriali dietro tale progetto;
c) organizzazione di un grande evento di visibilità internazionale
sull’Industria del futuro a Parigi, sostenuta dall’associazione Alliance pour l’Industrie du Futur,
sull’esempio della Fiera di Hannover.
All’interno del quinto pilastro si
segnalano: a) il lancio di un gruppo di progetti-pilota degli industriali che
hanno sviluppato un progetto innovatore concernente l’Industria del futuro, per
condividere le buone pratiche e sviluppare una comunicazione unificata (luglio
2015); b) il lancio ufficiale dell’identità comune dell’Industria del futuro
francese (dicembre 2015); c) l’organizzazione di una grande evento europeo
dell’Industria del futuro a Parigi (estate 2016).
Ulteriori informazioni sono riportate nel dossier per la stampa “Réunir la Nouvelle France Industrielle” (maggio 2015).
Nel febbraio 2016 il Governo francese ha
stabilito, per il primo semestre dell’anno, quattro priorità tecnologiche nel
quadro del progetto:
· la fabbricazione additiva;
· la cybersicurezza;
· la digitalizzazione della catena del valore;
· l’efficienza energetica.
Infine è stata resa nota la firma di un
accordo franco-tedesco tra l’Institut
Mines Télécom e la Technische Universität
di Monaco in vista della creazione di un’Accademia franco-tedesca per
l’Industria del futuro, al fine di valorizzare nei due paesi lo sviluppo
dell’utilizzo del digitale avanzato[22].
Germania
La c.d. Quarta
rivoluzione industriale (Industrie 4.0) ha avuto origine nel 2011 in Germania come
uno dei progetti del futuro (Zukunftsprojekte)
formulati nell’ambito della strategia
governativa in materia di alta tecnologia (c.d. Hightech-Strategie). Acatech – l’Accademia tedesca delle scienze
tecniche – ha presentato nel 2013 un’Agenda di ricerca (Forschungsagenda) con una serie di raccomandazioni a fini
attuativi, che è stata poi elaborata su impulso del Ministero federale per la
formazione e la ricerca (Bundesministerium
für Bildung und Forschung - BMBF).
Per dare seguito alle proposte degli esperti, il Ministero ha finora
autorizzato la sovvenzione di progetti di ricerca con oltre 120 milioni di euro[23].
Parallelamente, anche il
Ministero federale per l’economia e l’energia (Bundesministerium für Wirtschaft und Energie- BMWi), con due
programmi di sostegno (Autonomik für Industrie 4.0 e Smart Service Welt), ha stanziato circa 100 milioni di euro[24]
per portare avanti la ricerca e lo sviluppo di importanti innovazioni
nell’ambito di Industrie 4.0.
Industrie 4.o rappresenta per la Germania un passo significativo nella direzione di
una produttività più efficiente e più attenta alle risorse. Circa 15 milioni di
posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente dall’attività
produttiva contribuendo in modo decisivo alla competitività internazionale
dell’industria tedesca. I vantaggi della trasformazione digitale sono evidenti:
una maggiore connessione di prodotti e macchinari aumenta l’efficienza, riduce
i costi e contemporaneamente fa risparmiare risorse. Attraverso un monitoraggio
intelligente e processi trasparenti le aziende possono avere una visione costante
e reagire flessibilmente e rapidamente ai mutamenti del mercato. Prodotti e
macchinari intelligenti raccolgono molteplici dati, grazie ai quali possono
svilupparsi nuove offerte e ottimizzare i procedimenti produttivi.
Nell’aprile 2013 le Associazioni industriali BITKOM, VDMA e ZVEI, che
insieme rappresentano più di 6.000 aziende associate, hanno concluso un accordo
di cooperazione per lo sviluppo e la prosecuzione di Industrie 4.0, nella forma di una collaborazione tematica
attuata nell’ambito di un’apposita piattaforma. Il lancio di tale progetto,
ovvero la Piattaforma Industrie 4.0 (Plattform Industrie 4.0), è stato annunciato ufficialmente alla Fiera di Hannover 2013.
La Piattaforma Industrie 4.0 mira ad assicurare e
potenziare, a livello internazionale, la posizione
di punta della Germania nell’industria manifatturiera, accelerando il
cambiamento strutturale digitale e creando le necessarie condizioni di
uniformità e affidabilità. Più è connessa l’economia, più diventano necessari
la cooperazione, la partecipazione e il coordinamento di tutti gli attori
interessati. Fondamentale in tale contesto è il dialogo con il mondo delle imprese, i sindacati, l’università e la
politica.
Alla guida della
Piattaforma sono posti i due Ministeri competenti in materia (il Ministero
federale dell’economia e dell’energia e il Ministero dell’istruzione e della
ricerca) e altri rappresentanti di spicco provenienti dal mondo
imprenditoriale, scientifico e sindacale. La Direzione della Piattaforma è l’organo decisionale superiore, che
definisce gli obiettivi generali, determina la linea strategica, l’occupazione
del personale, la dotazione finanziaria e rappresenta pubblicamente la
Piattaforma.
Nella struttura della
Piattaforma si distinguono:
·
un
Comitato strategico (Strategiekreis) che, con i
rappresentanti del Comitato dirigente, della Cancelleria federale e del
Ministero federale dell’interno, i rappresentanti dei Länder, delle associazioni di settore, dei sindacati e del mondo
scientifico, funge da organo consultivo della Direzione in tutte le questioni
strategiche;
·
un
Comitato dirigente (Lenkungskreis) costituito da
rappresentanti delle imprese e dei sindacati, che coordina e indirizza le
attività dei cinque Gruppi di lavoro
attivi su temi specifici: 1. Architetture di riferimento, standard e
normalizzazione; 2. Ricerca e innovazione; 3. Sicurezza e sistemi di
connessione; 4. Condizioni giuridiche di riferimento; 5. Lavoro, formazione e
perfezionamento.
Sia i Gruppi di lavoro,
in particolare il Gruppo di lavoro sulla ricerca e l’innovazione, sia i due
Comitati sono coadiuvati dal Consiglio
scientifico (wissenschaftlicher
Beirat), di cui fanno parte i rappresentanti delle principali
organizzazioni scientifiche. Tra i suoi compiti vi è quello di valutare
l’Agenda di ricerca (Forschungsagenda)
e i progetti di ricerca in corso.
Per conto del Ministero federale dell’economia e
dell’energia all’Ufficio di sede della
Piattaforma (Geschäftsstelle) è
affidata la gestione operativa del progetto. L’Ufficio organizza e coordina le
attività della Piattaforma, coadiuvando i singoli Comitati; funge da
interlocutore centrale delle imprese, della politica e dei mezzi di
comunicazione fornendo informazioni sui progressi compiuti nell’ambito della
strategia di cooperazione che è alla base della Piattaforma Industrie 4.0.
Infine, sul versante
parlamentare, si segnala una mozione
presentata al Bundestag dai
gruppi parlamentari della coalizione di governo CDU/CSU (cristiano-democratici)
e SPD (socialdemocratici) il 10 novembre 2015 (stampato BT n. 18/6643), intitolata “Industrie 4.0 und Smart Services - Wirtschafts-, arbeits-, bildungs-
und forschungspolitische Maßnahmen für die Digitalisierung und intelligente
Vernetzung von Produktions- und Wertschöpfungsketten” (Industrie 4.0 e Servizi Smart – Misure economiche, attinenti al
mondo del lavoro e della formazione, nonché alla politica di ricerca per la
digitalizzazione e la messa in rete intelligente di catene della produzione e
della creazione di valori). La mozione parlamentare è stata oggetto di un ampio
dibattito in Assemblea nella seduta del 13 novembre 2015, al termine del quale è stata approvata con il voto contrario
dell’opposizione (gruppo dei Verdi e gruppo della Sinistra). Nella mozione i
deputati hanno esortato il Governo federale a proseguire nell’attuazione
dell’Agenda digitale e della Strategia Hightech[25],
affinché possano essere rafforzate la capacità di innovazione e la
competitività della Germania. Per quanto riguarda la problematica relativa alla
ricerca nell’ambito di Industrie 4.0, il Governo è stato
sollecitato a potenziare tale settore ai fini dello sviluppo di sistemi e di
procedimenti produttivi intelligenti e della messa in rete intelligente di
impianti di produzione, tenendo in debita considerazione la sicurezza
informatica e la protezione dei dati, senza trascurare i servizi e la
modernizzazione e umanizzazione del mondo del lavoro[26].
Giappone
La
digitalizzazione della tecnica di produzione è diventata parte integrante della
politica del Governo nipponico per il rilancio dell’economia. Nella discussione
su questo tema risulta particolarmente evidente, per l’industria giapponese,
una sorta di ammirazione per il ruolo esemplare e pionieristico svolto dalla
Germania. È infatti dall’inizio del 2014 che il Giappone osserva e analizza con
grande interesse l’impegno e gli sforzi messi in atto dal mondo imprenditoriale
tedesco nell’ambito di Industrie 4.0.
Nel giugno 2015 un consorzio di 30 aziende giapponesi ha dato vita all’Industrial
Value Chain Initiative (IVI), finalizzata alla creazione di standard
tecnologici per internazionalizzare il modello industriale del made in Japan. Nel forum sono presenti le grandi imprese del settore elettrico,
dell’informatica e automobilistico, come Mitsubishi Electric, Fujitsu, Nissan
Motor e Panasonic. Del consorzio fa parte anche l’azienda tedesca Beckhoff.
Organizzatore dell’IVI è il Prof. Yasuyuki Nishioka, esperto di informatica e
di ingegneristica all’Università Hosei di Tokio. Le imprese del consorzio hanno
deciso di sviluppare un protocollo comune di comunicazione per la connessione
in rete di fabbriche e impianti e per la standardizzazione delle tecniche di
sicurezza.
L’idea
alla base dell’Industrial Value Chain
Initiative è la costruzione di un’architettura di sistema basata sulla connessione reciproca e su aree di collaborazione tra imprese. Il punto di
partenza non è quello dell’area in cui un’impresa gode di una posizione
competitiva di vantaggio – che deve essere mantenuta –, ma l’esplorazione di
scenari in cui le aziende possano naturalmente collaborare e, passo dopo passo,
acquisire una maggiore comprensione di modelli generali di connessione (c.d.
modelli di riferimento). L’obiettivo non è quello di giungere necessariamente a
un unico modello generale, bensì a un modello
adattabile (loose standard) in
grado di affrontare le nuove sfide del settore manifatturiero con un approccio
pragmatico.
La
struttura organizzativa dell’IVI
prevede, oltre a un’Assemblea Generale e a un Comitato esecutivo, altri quattro comitati operativi: 1) il Business Integration Committee, che
lavora allo sviluppo di scenari d’affari elaborati dal corrispondente gruppo di
lavoro; 2) lo Standard Model Committee
attivo nello sviluppo del c.d. loose
standard e di vari modelli di riferimento elaborati da altri gruppi di
lavoro; 3) l’Infrastructure Support
Committee, che organizza i requisiti necessari per la comunicazione dei
dati in conformità all’Internet of Things
e fornisce un ambiente infrastrutturale aperto per la verifica teorica
delle attività fra le imprese aderenti; 4) il Publicity Committee, infine, impegnato nello sviluppo di politiche
e di progetti concreti necessari per la comunicazione esterna delle attività
dell’IVI, nonché nello sviluppo dei contenuti e del quadro di riferimento per
la condivisione di informazioni con gruppi esterni. Tutti gli organismi
dell’IVI dialogano non solo con le grandi industrie manifatturiere e le piccole
e medie imprese, ma anche con le istituzioni, le università e gli istituti di
ricerca.
La
grande forza del Giappone risiede però nel settore
della robotica, che gioca ugualmente un ruolo centrale nell’Industrie 4.0. Il Governo giapponese ha
introdotto una strategia quinquennale
per sviluppare e promuovere la tecnologia robotica. Come parte integrante di
tale strategia sono già stati istituiti un organo
consultivo (Robot Revolution
Realization Council)[27]
e una iniziativa industriale secondo il modello avviato dalla Germania. Sulla
base dei risultati emersi dalle discussioni del Council, nel febbraio 2015, il Governo ha predisposto un piano d’azione per settori (Japan’s Robot Strategy - Vision, Strategy, Action Plan).
Obiettivo
di questa nuova strategia è introdurre robot più flessibili e creativi, adatti
a lavorare nei settori della produzione industriale, dell’agricoltura, della
logistica, delle costruzioni e dell’assistenza infermieristica. Il Giappone
aspira, infatti, a ricoprire un ruolo guida nel campo della robotica e,
nell’ambito della c.d. Robot Revolution Initiative (RRI),
il Governo nipponico punta a raddoppiare il mercato entro il 2020 sia
stanziando, a partire dal 2016, fondi sostanziosi per lo sviluppo della
robotica, sia cercando di rimuovere le barriere allo sviluppo di nuove
tecnologie in questo campo. È stato anche progettato un impianto di prova a
Fukushima (Fukushima Hamadori Robot
Demonstration Area), dove poter testare la nuova generazione di robot. I
robot frutto della nuova strategia forniranno un ulteriore valore aggiunto al
settore manifatturiero e a quello dei servizi, divenendo un elemento chiave che
trasformerà in modo drastico il modus
vivendi della società, dall’intrattenimento alla comunicazione quotidiana.
Alla fine sarà fondamentale la realizzazione di una società senza barriere per
i robot, in cui gli individui e i robot, capaci di soddisfare un’ampia gamma di
bisogni, coesisteranno e coopereranno nella vita di tutti i giorni. Oltre ad
una serie di interventi legislativi e regolamentari prospettati nel piano di
azione per poter definire e adattare il robot di nuova generazione, il Governo
ha preannunciato anche lo svolgimento dei Giochi olimpici dei robot nel 2020,
con l’obiettivo di mostrare a tutto il mondo le potenzialità del settore. Nella
realizzazione della nuova strategia robotica dovranno inoltre coordinarsi
diverse agenzie governative, come il Consiglio sulla competitività industriale,
il Consiglio per la scienza, la tecnologia e l’innovazione e il Consiglio sulla
riforma regolatoria.
Il
grande interesse del Giappone per Industrie
4.0 ha destato tuttavia anche il timore che possa sorgere nel paese un
nuovo fronte competitivo, in cui l’economia rischi di restare indietro se
incapace di mantenere il passo con la futura trasformazione industriale. Per
tale motivo il Governo ha istituito una Brainstorming-Initiative relativa a Industrie 4.0, nell’ambito della quale
la Commissione per l’economia e la politica industriale del Ministero
dell’economia, del commercio e dell’industria (METI) porta avanti la
discussione su una nuova strategia incentrata sulla “fabbrica intelligente” e
sulle tecnologie all’avanguardia come l’Internet
of Things, l’intelligenza artificiale e i c.d. sistemi cyberfisici, ovvero
macchine comunicanti tra loro attraverso una rete.
Infine,
sempre nell’ambito di Industrie 4.0,
il 28 aprile 2016 è stata siglata
un’intesa con la Germania nel corso di un incontro a Tokio tra il
Segretario di Stato tedesco del Ministero federale dell’economia e dell’energia
(Matthias Machnig) e il Viceministro giapponese per l’economia, il commercio e
l’industria (Takayuki Ueda), incentrato sul tema della digitalizzazione e sulla necessaria cooperazione internazionale per
rafforzare e rendere maggiormente competitivo il settore industriale. Nella
dichiarazione comune sottoscritta dai rappresentanti dei governi, i due paesi
si impegnano a collaborare strettamente per sostenere le loro imprese anche a
livello internazionale e, in particolare, per realizzare la standardizzazione dei processi produttivi.
Un contributo fondamentale sarà dato dalle rispettive iniziative, la
piattaforma tedesca “Plattform Industrie
4.0” e la giapponese “Robot
Revolution Initiative”. Le innovazioni tecniche realizzate nei settori dei Big Data, dell’intelligenza artificiale
e dell’Internet of Things (IoT),
secondo le dichiarazioni del Viceministro Ueda, non comportano soltanto una
migliore produttività, ma giocano un ruolo fondamentale nei confronti dei
futuri mutamenti strutturali della società. La conclusione dell’intesa è stata
preceduta da una serie di consultazioni politico-economiche svoltesi nel
febbraio 2015, in cui sono state esplorate dai ministeri competenti di entrambi
i paesi forme di cooperazione nel settore dell’Internet of Things. L’impegno e la volontà di proseguire nella
collaborazione comune sono stati poi manifestati anche dal Premier giapponese e
dalla Cancelliera Merkel, durante la visita compiuta da quest’ultima in
Giappone nel successivo mese di marzo.
India
Il progetto governativo Make in India è stato lanciato dal primo ministro Narendra
Modi il 25 settembre 2014 nel
corso di un evento al Vigyan Bhavan, il centro convegni governativo con sede a New Delhi, con l’obiettivo di trasformare radicalmente l’economia
indiana. Attraverso l’attuazione di tale programma, il Governo indiano mira a
veicolare il concetto - a livello globale - di come sia agevole investire in
India e di quanto siano concrete le opportunità di business esistenti nel paese. Il progetto comprende iniziative
volte ad agevolare gli investimenti stranieri, a promuovere l’innovazione, a
rafforzare la tutela della proprietà intellettuale e a migliorare la performance e l’expertise nella produzione. Il macro obiettivo è rappresentato
dalla massima competitività sul mercato asiatico, specie nei confronti della
Cina, soprattutto per quanto concerne la produzione manifatturiera. Il piano si
articola in 5 principali direttrici:
1.
condurre
lo sviluppo verso un modello orientato non più ai servizi, ma alla produzione
ad alta intensità;
2.
trasformare
l’economia indiana in un centro industriale a livello mondiale;
3.
potenziare
la crescita del manifatturiero di almeno il 10%;
4.
creare
10 milioni di posti di lavoro;
5.
incrementare
il numero di stabilimenti industriali stranieri e gli investimenti nelle
infrastrutture.
L’iniziativa punta ad
attrarre gli investitori stranieri sul mercato indiano, realizzando un regime
fiscale trasparente e stabile, oltre che semplificando le procedure
amministrative per il rilascio delle licenze industriali. Si prevede, al
riguardo, lo snellimento del relativo iter
burocratico e l’introduzione di una serie di autocertificazioni in grado di velocizzare
sensibilmente i tempi di avvio della nuova impresa. Il fine ultimo consiste
nell'apertura di nuovi poli industriali e nello stabilimento delle relative
manifatture sul territorio indiano.
Modificando il rapporto tra
investitori stranieri e governo, che dovrà essere percepito quale business partner, l'esecutivo indiano
punta alla predisposizione di specifici dipartimenti con il compito di
assistere gli imprenditori stranieri in ogni momento della loro esperienza
imprenditoriale in India, con l'intento di garantire, altresì, il massimo grado
di trasparenza.
L’esortazione del premier Modi agli investitori a fare
impresa in India era giunto sin dal 15 agosto 2014, con il discorso pronunciato
in occasione delle celebrazioni per il Giorno dell'Indipendenza,
all'indomani del quale si registrò l'impegno a investire e produrre in India da
parte di leader di aziende nazionali e
straniere di respiro internazionale, da Mukesh Ambani di Reliance Industries Ltd. a Phil
Shaw, CEO di Lockheed Martin India. Il 29
dicembre 2014 fece seguito un workshop organizzato dal Department of Industrial Policy & Promotion (DIPP,
incardinato nel Ministero indiano del Commercio e dell'Industria), al quale
presero parte membri del Governo e leader
industriali, con il fine di redigere uno specifico Action plan da sottoporre ai potenziali investitori. In quella sede
vennero individuati gli obiettivi principali, consistenti nella creazione di
nuova occupazione e nella valorizzazione di abilità e competenze in 25 specifici settori
dell'economia (automobilistico e relativa
componentistica, aviazione, biotecnologie, prodotti chimici, costruzioni,
difesa, macchine elettriche, sistemi elettronici, produzione alimentare, information technology, cuoio, media e intrattenimento,
estrazione mineraria, petrolio e gas naturale, farmaceutico, navale,
ferroviario, energie rinnovabili, stradale, spaziale, tessile, termico,
turismo, benessere), nel cui ambito si punta al raggiungimento dei più elevati
standard di qualità, minimizzando l’impatto ambientale (secondo le intenzioni
di Modi, si deve puntare alla realizzazione di prodotti “zero defect and zero effect”
sull’ambiente). Per lanciare l’iniziativa Make
in India è stata progettata una campagna specifica affidata all’agenzia
pubblicitaria americana Wieden + Kennedy, alla quale si deve il layout del relativo sito web e le brochure sui 25 settori
menzionati.
Al momento non sembrano disponibili
dati ufficiali in ordine ai risultati ottenuti dal mondo produttivo indiano a
partire dal lancio della campagna Make
in India. Tuttavia, secondo uno studio del Financial Times,
dall’avvio del programma nel 2014 l’India risulta - nel 2015 - la prima
destinazione mondiale degli investimenti esteri diretti[28], in testa a Stati Uniti e
Cina. In base a tali dati, nel primo semestre 2015 l’India ha ricevuto 31 miliardi di dollari americani in capitali esteri, contro i 28
miliardi della Cina e i 27 degli Stati Uniti.
Nell’intero 2015 l’India si posiziona al primo posto come paese per
investimenti esteri diretti con 63 miliardi di dollari americani,
precedendo Stati Uniti (59,6
miliardi di dollari) e Cina (56,6 miliardi di dollari). Inoltre, sempre nel 2015, vi è stato un incremento dell’8%
nel numero di progetti avviati e grandi gruppi come Foxconn e SunEdison hanno deciso di effettuare investimenti in India in
progetti per un valore - rispettivamente - di 5 e 4 miliardi di dollari
americani. Sempre secondo lo studio menzionato, l’India ha sostituito la Cina
quale principale paese destinatario di investimenti stranieri; all’interno del
paese, il primato spetta allo Stato nord-occidentale del Gujarat (sul Mar
Arabico, confinante con il Pakistan), che ha attirato 12,4 miliardi di dollari
americani, seguito dallo Stato centro-occidentale del Maharashtra (terzo per
estensione dell’Unione Indiana e secondo per popolazione, con capitale Mumbai),
che ha attirato 8,3 miliardi di dollari nel 2015. Si segnala che il governo di
tale Stato ha avviato l’analoga iniziativa Make in Maharashtra nell’alveo
dell’iniziativa del Governo centrale, mentre il governo del Gujarat organizza
sin dal 2003 il biennale Global
Investors' Summit nell’ambito del Vibrant Gujarat.
Tali risultati sono stati resi
possibili dalla politica governativa di sostanziale allentamento delle
restrizioni sugli IDE (Investimenti Diretti Esteri), avviata nell’agosto 2014
con l’ampliamento dal 26% al 49% degli IDE nel settore della difesa e
l’apertura al 100% degli IDE nel campo delle infrastrutture ferroviarie (in
precedenza del tutto interdetti). Da quella data, l’India ha
proseguito la sua politica
di apertura economica e di liberalizzazione, specie nel settore delle
costruzioni, e di recente il governo indiano ha deciso un ulteriore
allentamento delle restrizioni sugli IDE in 15 settori economici. Le principali modifiche hanno riguardato,
in estrema sintesi:
-
il commercio al dettaglio (monomarca),
dove l’obbligo di approvvigionamento domestico (domestic sourcing) del 30% entra in vigore solo con l’apertura del
primo punto vendita e non più con l’approvazione dell’IDE. Per le aziende
attive nel segmento high-tech, in
generale i valori minimi relativi all’approvvigionamento domestico sono stati
abbassati; in futuro ai rivenditori sarà consentito anche l’e-commerce;
-
le telecomunicazioni: la quota di partecipazione
massima per l’investimento estero nell’ambito di tv e radio è passata dal 26%
al 49%;
-
la difesa: la quota di partecipazione
massima consentita tramite procedure di approvazione automatica (automatic route) è passata dal 26% al
49%; le partecipazioni superiori alla quota massima continuano a dipendere
dall’autorizzazione del governo centrale;
-
con
la medesima procedura di approvazione automatica, sono ora possibili investimenti al 100% di capitale estero in
società a responsabilità limitata (Limited
Liability Partnership, LLP), per lo meno nei settori in cui, sebbene la
percentuale di partecipazione straniera consentita fosse già del 100%, era
ancora necessaria l’autorizzazione governativa;
-
le costruzioni: sono state abolite le
condizioni di superficie coperta di 20.000 mq nei progetti di costruzione con
finanziamenti esteri e la capitalizzazione minima di 5 milioni di dollari da
effettuarsi entro 6 mesi dalla ricezione dell’approvazione dell’IDE;
-
le infrastrutture: dopo un periodo
iniziale di 3 anni il capitale straniero può essere ritirato da un progetto di
investimento, anche se non completato. Tale periodo iniziale non si applica
agli investimenti in alberghi, ospedali, zone economiche speciali, istituti
scolastici, né agli investimenti effettuati da cittadini indiani residenti
all’estero;
-
il finanziamento estero al 100% è stato
consentito in diversi settori (ad es. quello aeronautico) e sono ora possibili
partecipazioni al 100% con procedura di approvazione automatica in alcuni
ambiti (piantagioni, in particolare di caffè, gomma, cardamomo, palme da olio e
uliveti).
Con
specifico riferimento agli IDE, si sottolinea che il Governo indiano ha
istituito la Foreign
Investment Implementation Authority (FIIA), un’Autorità ad hoc incaricata di garantire la rapida attuazione degli
investimenti stranieri in progetti esecutivi e di fornire assistenza agli
investitori esteri in tutte le fasi della loro esperienza imprenditoriale
indiana, assistendoli nell’ottenimento delle necessarie autorizzazioni,
risolvendo problemi operativi e fornendo soluzioni attraverso il coordinamento
con le Agenzie governative coinvolte.
Si
ricorda, inoltre, che l’India è stata Main
Country Partner dell’edizione 2015 della Fiera di Hannover. Com’è noto, la Hannover Messe rappresenta il più
importante evento espositivo mondiale dedicato alla tecnologia industriale; un
evento che nel 2015 ha chiamato a raccolta 100 mila visitatori provenienti da
tutto il mondo e ha coinvolto alcuni degli operatori di riferimento nei settori
dell’Industrial Automation, Motion, Drive, Energy, Digital Factory, Industrial
Supply, Research, Technology. In quella sede, il premier Modi ha sottolineato
che con il progetto Make in India era
stato riavviato “il motore della crescita” indiano e che con esso si puntava ad
un rapido sviluppo del paese, da raggiungere anche e soprattutto con il
sostegno delle potenze mondiali. Oltre alla collaborazione con la Germania,
Modi ha ribadito l’importanza dei contatti già avviati con potenze mondiali
come Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia e Francia, affinché si ponessero le
basi per collaborazioni
stabili e durature, in grado di garantire sviluppo e benessere.
Più di
recente, per dare nuovo slancio all'iniziativa Make in India, il governo ha organizzato il
megaevento Make
in India Week,
svoltosi nella capitale commerciale del paese, Mumbai, dal 13 al 18 febbraio
2016. L’evento ha
rappresentato un’ulteriore vetrina delle potenzialità
dell’intero sistema produttivo indiano in chiave tecnologica e smart, con 65.500
partecipanti, 102 paesi rappresentati, 150 eventi, 215 espositori, 1.245
speakers nazionali e internazionali, oltre 11.000 aziende presenti, oltre 4.000
delegati stranieri, oltre 2.000 imprese straniere, oltre 9.000 imprese indiane
e promesse di
investimento per 222 miliardi di dollari, di cui - secondo il
Segretario del Department of Industrial
Policy & Promotion Amitabh Kant – l’80-85% si tradurranno in business attraverso memorandum di intesa
da elaborare in un periodo compreso tra i 18 mesi e i 3 anni successivi[29].
Oltre a Make in India, il Governo Modi ha avviato i seguenti ulteriori programmi
economici volti ad attirare investitori esteri:
-
Digital
India, un programma
per l’espansione dell’infrastruttura digitale su scala nazionale;
-
Smart
Cities Mission, un programma di rinnovamento urbano e di
ampliamento infrastrutturale di determinate città (approvvigionamento idrico ed
energetico, gestione dei rifiuti, trasporti pubblici);
-
Skill
India, un’iniziativa
governativa lanciata il 18 luglio 2015 con l’obiettivo di formare i giovani a
nuove specifiche professionalità entro il 2022. L'iniziativa include la National Skill Development Mission, la National Policy for Skill Development and
Entrepreneurship 2015, il Pradhan
Mantri Kaushal Vikas Yojana (PMKVY) Scheme e lo Skill Loan Scheme (programmi di formazione e perfezionamento
professionale rivolti ai giovani e alla promozione dell’imprenditorialità);
-
“Housing
for All by 2022” Mission,
un progetto varato il 17 giugno 2015 per la creazione di 20 milioni di alloggi
destinati a persone economicamente deboli nelle regioni urbane;
- Start
Up India Action Plan
(noto anche come Start
Up India, Stand up India),
un programma di promozione e sostegno delle start-up, ufficializzato il 16
gennaio 2016.
Paesi
Bassi
Sul finire del 2013 il TNO (Netherlands
Organisation for Applied Scientific Research, organizzazione no profit per la ricerca sulle scienze
applicate), il Ministro degli affari economici olandese, il VNO-NCW (Confederation of Netherlands Industry and
Employers), le Camere di Commercio e il FME-CWM hanno iniziato a collaborare
ad un nuovo piano riguardante l’innovazione digitale nell’industria olandese (Smart Industry). Il risultato di questa
collaborazione è stato un report (Digital revolution in industry) pubblicato nel marzo 2014 e presentato alla Hannover Messe nell’aprile dello stesso anno. Il report definisce e spiega la Smart Industry nel contesto economico
olandese e sottolinea la necessità di far incontrare l’industria olandese con
il mondo digitale, nel quale le tecnologie dell'informazione e della
comunicazione (Information and Communications Technology - ITC) possano permeare
ogni fase del ciclo produttivo. In seguito a ciò, il ministro degli affari
economici ha incaricato un gruppo di esperti e ricercatori di elaborare un
concreto piano d’azione che si ponesse i seguenti obiettivi:
-
incrementare la produttività industriale;
-
creare nuovi posti di lavoro;
-
creare un clima favorevole all’arrivo di investitori
stranieri;
-
rendere l’industria olandese più competitiva sul
mercato globale nel presente e nel futuro.
Il 14 dicembre 2014 il team olandese di Smart Industry (composto da rappresentanti del mondo
dell’industria, del mondo accademico e del Governo) ha presentato al ministro
dell’economia la Action Agenda
Smart Industry[30]. Il nucleo del progetto sono i laboratori di campo (Field Labs) che possono essere visti come reti di cooperazione regionale
(ecosistemi) di aziende, scuole universitarie, istituti di ricerca e politica.
Il team ha proposto il seguente approccio:
1.
capitalizzare
le conoscenze esistenti attraverso due obiettivi: fornire a un ampio gruppo
di imprese gli strumenti adatti a lavorare con maggiore efficacia; coinvolgere
in questa rivoluzione digitale molte imprese che non sono ancora del tutto
consapevoli dei cambiamenti che si stanno verificando;
2.
realizzare
microlaboratori di ricerca. L’ambizione principale è la creazione di
ecosistemi che ruotino attorno al nucleo centrale della Smart Industry, vale a dire: automazione dei cicli produttivi, zero
difetti di fabbricazione, produzione flessibile, collaborazione della catena
industriale, fidelizzazione del cliente, creazione del valore aggiunto sulla
base di big data e su una serie di
tecnologie quali la stampa 3D e la robotica. Partendo dalla constatazione che
molte conoscenze ed esperienze, pur già presenti, risultano frammentarie, il Team ha scelto i cosiddetti Field Labs, ambienti funzionali nei
quali le imprese e le istituzioni scientifiche possono sviluppare, testare e
implementare soluzioni della Smart
Industry. Questi laboratori soddisfano l'esigenza di uno spazio fisico e
digitale per la sperimentazione e per i servizi connessi. Inoltre, rafforzano i
collegamenti con la ricerca, l'educazione e la politica sul tema specifico
della Smart Industry. I Field Labs garantiscono infine un
approccio interdisciplinare, come ad esempio la produzione in combinazione con
ITC;
3.
rafforzare
le fondamenta dell’industria olandese con nuovi investimenti nella conoscenza sui Big Data, la robotica, la sensoristica,
l'interazione uomo-macchina, il miglioramento delle competenze e dell'impegno
dei dipendenti e dei manager, nonché
dei parametri ITC.
Queste idee di base sono state tradotte in 11 punti nel piano d’azione,
un elemento costitutivo del quale è dunque rappresentato dall’innovazione
tecnologica sul luogo di lavoro. Tutte le statistiche dimostrano, infatti, che
l'ICT è il driver più importante per
la crescita della produttività.
L’Agenda contiene un programma concreto per gli anni 2015-2019 nel corso
dei quali sarà perseguito l’obiettivo della collaborazione con altri paesi. In
particolare il Team Smart Industry
investirà in cooperazione strutturale con la Germania, lavorerà in accordo con
altri programmi europei, come Horizon 2020, e con l’istituto europeo per
l’innovazione e la tecnologia (European
institute of Innovation & technology – EIT). L’agenda mira a
rafforzare l’industria olandese attraverso i benefici derivanti
dall'innovazione digitale nei processi industriali al fine di diventare
maggiormente competitiva sul mercato globale.
Nei prossimi dieci anni, il Governo olandese prevede di investire
ulteriori 50 milioni di euro per la ricerca e l’innovazione. Con questi fondi,
il totale degli investimenti pubblici nel settore della ricerca e
dell'innovazione raggiungerà 150 milioni, destinati principalmente a migliorare
la collaborazione e l'interazione dei ricercatori con il mondo dell'industria.
Nel 2015 una prima tranche di
80 milioni è stata utilizzata per la creazione dei summenzionati Field Labs per la digitalizzazione delle
industrie, all’interno dei quali i ricercatori olandesi studieranno, insieme
alle imprese, come potranno esser creati, grazie all’ICT, nuovi prodotti e
servizi che possano migliorare la posizione competitiva dei Paesi Bassi.
Regno
Unito
Le linee di politica industriale del Governo
britannico sono orientate a promuovere l’innovazione dei processi produttivi
dell’industria manifatturiera e l’incremento della sua competitività sui mercati
internazionali.
Uno specifico piano di azione[31] è
stato pubblicato nel febbraio 2015, nel quadro della Industrial Strategy nazionale e in coerenza con il modello di partenariato tra il settore
pubblico e le imprese che di essa costituisce il criterio ispiratore, allo
scopo di identificare i settori rilevanti per la strategia industriale e le
iniziative necessarie a favorirne lo sviluppo. Particolare evidenza è stata
attribuita nel piano di azione, tra l’altro, a profili che si presentano
integrati in una visione organica dell’intervento pubblico e della sua sinergia
con gli operatori privati:
a)
la creazione e il funzionamento del centro
costituito per la promozione dello sviluppo tecnologico e produttivo, al fine
prioritario di agevolare la diffusione commerciale di nuove tecnologie
attraverso tutti i settori manufatturieri (si tratta dell’iniziativa nota come High Value manufacturing Catapult);
b)
la riforma del tirocinio professionale;
c)
lo stanziamento pubblico di fondi destinati al
sostegno dello sviluppo delle filiere produttive innovative, per un importo
complessivo di 345 milioni di sterline (attraverso l’iniziativa denominata Advanced Manufacturing Supply Chain
Initiative);
d)
la previsione, per ogni contraente pubblico,
dell’obbligo di provvedere ai pagamenti verso i fornitori entro il termine di
trenta giorni[32];
e)
la creazione di una banca interamente pubblica, ma
affidata a una gestione indipendente, la British Business Bank, dedicata al
finanziamento delle piccole e medie imprese;
f)
l’assistenza e la consulenza alle imprese,
attraverso il British Growth Service
(che ha però cessato l’operatività dal marzo 2016 ed è stato sostituito nel suo
ruolo dalla rete nazionale dei Growth Hubs operanti in ambito locale sulla base di partnerships pubblico-private).
In particolare, la sopra richiamata iniziativa High Value manufacturing Catapult è lo
strumento predisposto da Innovate UK (agenzia del Department for
Business, Innovation and Skills) per il coordinamento dei sette “centri per
la tecnologia e l’innovazione” operanti a livello nazionale con la
collaborazione di imprese, università, enti di ricerca, allo scopo di
realizzare sinergie nella prospettiva della crescita industriale e dell’affermazione
commerciale nei mercati globali di rilievo strategico. Il polo (denominato
icasticamente “Catapult”), che
include i centri suddetti, è stato istituito nel 2010 (con investimenti
pubblici per circa 2oo milioni di sterline nel successivo quinquennio, a
cui si sono aggiunti da ultimo i 61 milioni di sterline stanziati dal Governo
nel dicembre 2014), ed è, a sua volta, inserito in una più ampia rete di poli
specializzati (in ambiti che vanno dalle biotecnologie alle energie
rinnovabili, dalla microelettronica alle telecomunicazioni), creati in
conformità al peculiare modello di concertazione tra il settore pubblico e quello
privato, adottato dalla coalizione governativa liberal-conservatrice all’inizio
della precedente legislatura[33].
Obiettivi di fondo della politica industriale in
questo ambito sono la promozione dell’innovazione, sia dei prodotti che dei
processi produttivi (business innovation),
nonché della ricerca finalizzata ad applicazioni industriali (research and development) e delle forme
di progettazione concertata (agevolate anche attraverso la leva fiscale e
finanziamenti ad hoc).
Tali finalità sono perseguite, nel presupposto della
loro importanza cruciale per la crescita dell’industria manifatturiera
avanzata, attraverso una serie di interventi enumerati nel piano di azione: tra
i principali, esso individua: la prevenzione delle “carenze informative” (information failures) che pregiudicano
l’evoluzione di determinati mercati in conseguenza della mancata circolazione
di informazioni tra clienti e fornitori; la complessiva “resilienza” della
catena produttiva, in modo che una reciproca dipendenza tra clienti e fornitori
o un’insufficiente diversificazione nei rapporti commerciali non abbiano
impatto negativo nei cicli economici avversi.
In relazione all’accesso alle risorse finanziarie,
il piano di azione, inoltre, conferma il ruolo centrale della British Business Bank, prevedendo che
per il suo tramite possano essere erogati alle piccole e medie imprese,
nell’arco del prossimo quinquennio, dieci miliardi di sterline. Uno strumento
ulteriore è costituito dal Supply Chain
Finance, formula di finanziamento basata sull’anticipazione bancaria dei
crediti delle imprese finanziate; peraltro, i pagamenti tra le imprese sono
stati recentemente disciplinati (tra le altre materie) dal legislatore in
prospettiva di farne l’oggetto di “buone pratiche” idonee a consentire la
certezza e la celerità delle transazioni e dei relativi adempimenti[34].
Viene in rilievo, infine, la formazione tecnico-professionale,
considerata di importanza pari a quella scientifica di matrice tradizionalmente
universitaria e accademica; a questo proposito è posta enfasi sulla creazione
di strutture educative idonee a sviluppare le competenze richieste dall’innovazione
tecnologica e dai settori produttivi che ne sono più incisi, quali il National College for Advanced Manifacturing,
promosso dallo stesso HVM Catapult.
Stati
Uniti d’America
Negli Stati Uniti, il legislatore federale ha
recentemente introdotto una serie di misure normative finalizzate nel complesso
a promuovere l’innovazione dell’industria manifatturiera nazionale. Tali
previsioni, incluse nella legge federale di bilancio approvata nel 2014 con
riferimento al successivo anno finanziario, ne costituiscono un’autonoma
sezione individuata come testo normativo omogeneo dal titolo Rivitalize American Manufactoring and
Innovation Act 2014 (noto anche con l’acronimo RAMIA)[35].
Le disposizioni, precedute da un breve preambolo in
cui è richiamata la rilevanza del settore economico che ne è oggetto nel quadro
della produzione industriale complessiva e sotto il profilo del suo apporto al
prodotto interno lordo del Paese, istituiscono, in primo luogo, una “rete
nazionale per l’innovazione” che fa perno sul National Institute for Standards and Technology[36]
(NIST, ente federale di ricerca nel settore delle tecnologie avanzate), la cui
disciplina istitutiva è modificata a tale scopo.
In particolare, si prevede che il Ministro per il
Commercio definisca per l’Istituto (operante secondo i suoi indirizzi) uno
specifico programma, denominato National
Network for Manifacturing Innovation
Program (NNMI).
È utile segnalare che la legge del 2014, e il
programma NNMI da questa introdotto, hanno il loro antecedente nell’iniziativa
promossa nel 2011 dal Presidente Obama, diretta a introdurre uno schema di
intervento pubblico-privato per l’innovazione industriale (Advanced Manufactoring Partnership)
secondo le raccomandazioni formulate, in un rapporto pubblicato lo stesso anno[37], da
un organismo consultivo della presidenza (President’s
Council of Advisor on Science and Technology - PCAST). A questo rapporto
sono seguiti, nel 2013, un progetto preliminare[38] che
ha precisato i termini dell’iniziativa del 2011 dotandola di una “cabina di
regia” (Steering Committee) per
agevolarne l’attuazione, e, nel 2014, un ulteriore rapporto[39] che
ha individuato con maggior dettaglio i “pilastri” dell’iniziativa suddetta, con
particolare riferimento allo stimolo dell’innovazione, alla valorizzazione
delle risorse e delle capacità, alla creazione di premesse giuridico-economiche
complessivamente favorevoli allo sviluppo delle attività industriali.
Le finalità generali del programma NNMI, come
delineate nella legge istitutiva, sono nell’ordine:
a) la maggiore competitività dell’industria
manifatturiera statunitense e l’incremento di beni prodotti in misura
prevalente nel Paese;
b) lo stimolo affinché gli Stati Uniti mantengano un
ruolo di primo piano nel settore della ricerca, delle tecnologie avanzate e
dell’innovazione;
c) la trasformazione delle tecnologie innovative in
applicazioni industriali economicamente sostenibili, efficienti e ad alto
rendimento;
d) la facilitazione dell’accesso delle imprese ad
infrastrutture tecnologiche avanzate, specie informatiche, e alle filiere in
cui esse sono articolate;
e) il rapido sviluppo di una forza-lavoro altamente
specializzata;
f) lo scambio e la diffusione, su base paritaria, di
documentazione e di “buone pratiche” concernenti le sfide che le imprese si
trovano ad affrontare;
g) la facilitazione dell’accesso, da parte delle
imprese, a fonti di finanziamento che ne consentano modalità di sviluppo
stabili e sostenibili, senza il bisogno di finanziamenti federali a lungo
termine;
h) la creazione di posti di lavoro e il loro
mantenimento.
Questi obiettivi sono perseguiti attraverso la
creazione della predetta rete nazionale dei “centri per l’innovazione
industriale”. La nozione legislativa di center
for manufacturing innovation è riferita all’ente, istituito da una persona
fisica o giuridica, il cui oggetto statutario comprenda l’attività rivolta alla
diffusione e al consolidamento delle produzioni industriali innovative, e
l’assistenza alle imprese del settore – anche attraverso iniziative di
formazione- la cui operatività possa determinare il mantenimento o
l’ampliamento dei posti di lavoro negli Stati Uniti. Rientrano nella relativa
categoria, e fanno pertanto parte della rete, i “centri” il cui principale
campo di attività riguardi i procedimenti produttivi, i nuovi materiali, le
tecnologie, l’integrazione delle filiere produttive, e ogni altro aspetto
dell’innovazione industriale più avanzata (con riferimento particolare a
settori espressamente richiamati nella legge, come quelli delle nanotecnologie,
dei prodotti ceramici avanzati, dell’ottica e delle fotonica, dei
bio-materiali, della microelettronica, delle tecnologie ibride e flessibili).
I “centri” sono riconosciuti come tali dall’autorità
ministeriale in quanto siano in grado di promuovere la competitività nei
suddetti settori industriali, di indirizzarvi i flussi del finanziamento
privato, di facilitare le applicazioni commerciali dell’innovazione tecnologica
o dei procedimenti produttivi, di assicurare l’attiva e integrata
partecipazione, anche in forma consortile, di imprese, università, degli enti
di ricerca, istituzioni culturali, amministrazioni pubbliche, laboratori
scientifici, organizzazioni senza scopo di lucro[40]. Per
la loro costituzione e gestione, la legge prevede misure di assistenza
finanziaria secondo criteri selettivi e di valutazione comparativa (anche
attraverso modalità di peer review)
affidati al Department of Commerce;
la relativa procedura è svolta in base a particolari forme di obiettività,
pubblicità e trasparenza, e con l’espressa esclusione di interferenze di tipo
politico-amministrativo. Il supporto finanziario pubblico è tuttavia erogabile
qualora il richiedente possa comprovare la disponibilità di ulteriori risorse
di fonte non federale, il cui importo, significativamente superiore a quello
dei fondi pubblici (e comunque non inferiore alla metà dei finanziamenti totali
ottenuti dal “centro”), costituisce uno degli elementi della valutazione,
assieme all’impegno diretto ad assicurare carattere di continuità al relativo
finanziamento. L’erogazione del finanziamento federale comporta, inoltre, che
il beneficiario non possa fare nuova richiesta di fondi prima di sette anni.
Ulteriori requisiti sottoposti a considerazione ai
fini del finanziamento federale sono:
·
la capacità (potential)
del soggetto richiedente di promuovere lo sviluppo tecnologico delle imprese,
con prevedibili ricadute positive sotto il profilo dell’occupazione,
dell’impatto economico e per lo sviluppo territoriale, nonché vantaggi per gli
altri partecipanti all’iniziativa e per la competitività stessa dell’economia
nazionale;
·
il piano degli investimenti e la sua idoneità a
valorizzare i finanziamenti disponibili;
·
i vantaggi previsti per le piccole e medie imprese
manifatturiere, in relazione alla loro capacità di commercializzare nuovi
procedimenti produttivi e tecnologici;
·
la soddisfazione dei bisogni formativi del personale
dei settori industriali interessati.
Non limitandosi a delineare le procedure di generale
applicazione per l’accesso ai finanziamenti federali, la legge dispone alcuni
stanziamenti ad esclusivo beneficio del NIST in considerazione del ruolo che
tale organismo già svolge attualmente: per esso è previsto un finanziamento,
erogato dal Department of Commerce,
di ammontare fino a 5 milioni di dollari per ciascun anno di esercizio
finanziario dal 2015 al 2024; un ulteriore fondo di 250.000 dollari è messo a
disposizione dell’Istituto dal Ministro dell’Energia per ricerche e iniziative
svolte in tale specifico ambito.
Il Department
of Commerce è altresì abilitato a costituire, assieme al NIST, un Ufficio
nazionale per la realizzazione del programma NNMI (si tratta del National Office of the Network for
Manifacturing Program), i cui compiti si correlano principalmente
all’operatività del programma medesimo e alla predisposizione di un piano
strategico nazionale (presentato per la prima volta nel febbraio 2016[41]),
oltre che al coordinamento generale dei dipartimenti e delle agenzie federali
implicati nei processi di innovazione industriale e tecnologica. Dell’operato
di questo Ufficio, così come dei risultati ottenuti nel quadro del NNMI e
dell’attuazione della legge in esame, il Department
of Commerce è tenuto a riferire con una relazione annuale da sottoporre
alle commissioni competenti dei due rami del Congresso; ad essa dovrà farsi
necessariamente riferimento per trarre utili indicazioni circa l’efficacia del
programma da poco avviato.
La legge del 2014, in sintesi, delinea il quadro
istituzionale delle politiche pubbliche di incentivazione dei processi avanzati
di innovazione industriale, e a tale scopo prevede forme di finanziamento
federale, individuando i settori industriali rilevanti, i soggetti beneficiari,
i relativi requisiti di accesso e gli obblighi di rendiconto. L’operatività del
programma, tuttavia, è rimessa in misura sostanziale all’apporto di capitali
privati[42].
Svezia
Sotto la guida dell’Agenzia
governativa per l'innovazione (Vinnova[43]) e dell’Associazione svedese dell’industria meccanica ed elettrica (Teknikföretagen[44]), nell’aprile 2013 la Svezia si è dotata di una “Agenda Strategica per l’Innovazione nella
Produzione”, sottotitolo del Rapporto Made in
Sweden 2030. Tale Rapporto propone una nuova visione per la produzione svedese a lungo termine,
raccomandando di compiere tutti gli sforzi ritenuti necessari per accrescere l’innovazione,
lo sviluppo e la produzione di beni e servizi nel paese. Esso si inserisce nell’ambito di Produktion 2030, il Programma strategico per la ricerca e l’innovazione nella
produzione in Svezia.
Made in Sweden 2030,
sviluppato in collaborazione con le università del Paese, analizza e promuove
specifiche aree di quella che intende porsi quale nuova rivoluzione industriale
svedese. Tra le università aderenti al progetto, si segnalano, in particolare,
la Jönköping
University, la Linköpings
Universitet, l’ateneo tecnologico Chalmers Tekniska Högskola e l’Istituto Reale di Tecnologia (Kungliga Tekniska
Högskolan, KTH).
Il Rapporto consta di 28 pagine, articolate in 7
sezioni e un’appendice. Dopo una prima sezione introduttiva (Strengthening innovation for production in
Sweden, p. 3), le due successive forniscono una “visione” della Produzione
in Svezia per il 2030 (pp. 4-5) e definiscono le “mega” tendenze e le sfide
sociali incidenti sulla produzione in Svezia (pp. 6-8). La quarta sezione - Production in Sweden: strengths and
challenges (pp. 9-13) - costituisce il fulcro del Rapporto, in quanto
specifica le 6 aree di produzione in cui le
aziende svedesi, unitamente alle università e agli istituti di ricerca operanti
nel paese, sono ben posizionate a livello internazionale e devono concentrare i
propri sforzi di innovazione tecnologica per affrontare al meglio le sfide del
futuro produttivo. Nella quinta sezione viene presentato il caso della Xelmo
(p. 14), piccola
compagnia svedese ad alta specializzazione tecnologica, e in quella seguente vengono proposte le “Azioni per l'innovazione e lo
sviluppo nella produzione” (pp. 15-19). Il Rapporto si chiude con la sezione
concernente le risorse nazionali per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione
(pp. 20-21), cui segue un’appendice conclusiva tripartita (pp. 22-23 - Appendix 1: Core group for the preparation
of the agenda; Appendix 2: Selected
references; Appendix 3: A selection
of Research Centres within production).
In questa sede si ritiene opportuno soffermarsi
sulla sezione di maggior rilievo, quella relativa alle 6 menzionate aree
produttive considerate cruciali per affrontare la sfida dell’industria del
futuro. Esse sono le seguenti:
1.
Environmentally
sustainable production
2.
Flexible
manufacturing processes
3.
Virtual
production development and simulation
4.
Human-centred
production system
5.
Product-
and production-based services
6.
Integrated product and production development
Quanto alla produzione
ecosostenibile (punto 1), la sfida globale è rappresentata dalla riduzione del consumo di risorse e dell’impatto ambientale dei sistemi produttivi e
dei prodotti. La Svezia, precisa il Rapporto, ha acquisito una posizione di
primo piano, a livello internazionale, nello sviluppo di forme di produzione
ecosostenibile. Sfide fondamentali sono rappresentate dall’impiego efficiente
dei materiali, dall’ottimizzazione energetica e dall’attuazione di metodologie
avanzate per la ri-produzione, il riuso e il riciclaggio, unitamente allo
sviluppo di metodi di ingegneria virtuale per la produzione avanzata e all’analisi
dei sistemi di produzione. Occorre puntare al rafforzamento della competitività svedese in settori fondamentali
come la robotica, l’energia e l’elettronica; la produzione dovrà ridurre al minimo l’uso delle
materie prime (specie quelle rare e provenienti da regioni politicamente
instabili), di energia e acqua. I prodotti dovranno essere progettati in modo
da poter essere facilmente smontati, riciclati e reimmessi nel ciclo
produttivo. La transizione passerà attraverso la produzione modulare, l’utilizzo
di nuovi strumenti e sistemi, di nuovi modelli di business basati sul ciclo di vita e sull’ulteriore sviluppo dei
processi produttivi già in atto. Verrà, ad esempio, intensificato l’uso delle nuove tecnologie quale fattore
integrativo dei processi produttivi e tecnologici tradizionali, come l’utilizzo
delle stampanti 3D.
Rispetto ai processi
produttivi flessibili (punto 2), la sfida globale è rappresentata dallo
sviluppo dei processi di produzione dei cd. “prodotti del futuro”. Le aziende
svedesi di successo si concentrano sulla produzione di prodotti complessi e
personalizzati. Le imprese tradizionalmente organizzate e attrezzate per la
produzione massiva di prodotti standardizzati si sono evolute verso sistemi di
produzione altamente specializzati e fortemente orientati al mercato e al
cliente. Per fare un solo esempio, nel campo dell’industria di autoveicoli, su 80.000
camion costruiti da un’azienda produttrice svedese, in media meno di 2 veicoli
sono identici. La flessibilità dovrà riguardare tutte le fasi della produzione:
i modi di lavorazione, l'assemblaggio, la verniciatura, ecc., e nel medesimo
sistema produttivo saranno realizzati diversi prodotti. Il successo, osserva il
Rapporto, si potrà ottenere solo indirizzandosi verso un'infinita varietà di
prodotti altamente personalizzati, immettendo al contempo sul mercato nuovi
prodotti in rapida successione. I materiali avanzati ad elevata prestazione
rendono disponibile un crescente numero di prodotti innovativi, ma la
produzione è ancora limitata dalla capacità del processo produttivo. Nuove
scelte strategiche - precisa il Rapporto - saranno necessarie per soddisfare i
requisiti di flessibilità, nei materiali e nelle dimensioni dei lotti di
produzione. Le nuove tecnologie, quali strumenti a sostegno dei processi
produttivi, consentiranno nuove funzionalità; la “velocità” e la “flessibilità”
saranno essenziali per affrontare i cambiamenti, lo sviluppo del mercato, le
crisi energetiche e ambientali e la riduzione nella disponibilità di materie
prime.
Riguardo allo sviluppo
della produzione virtuale e alla simulazione
(punto 3), le sfide globali consistono nella conversione di informazioni e dati
in conoscenza e nel garantire un adeguato supporto decisionale allo sviluppo di
sistemi di produzione virtuale. L'uso della modellazione digitale e della
simulazione nello sviluppo di prodotti complessi e nei sistemi di produzione è
ben radicato nell'industria, specie nel settore automobilistico. La Svezia è
capofila nella ricerca e nello sviluppo di imprese virtuali per
l'ottimizzazione e la pianificazione della produzione. Lo sviluppo del
prodotto, le prove sui materiali e la pianificazione della produzione sono
esempi in cui i test sui prodotti e i modelli fisici sono sempre più sostituiti
da simulazioni in sistemi virtuali.
Le sfide principali legate ai sistemi di produzione incentrati sull'uomo
(punto 4) concernono la situazione demografica e le forme evolutive dei sistemi
di interazione avanzata uomo-automazione, finalizzati a prestazioni di alto
livello. I futuri sistemi produttivi sono altamente complessi, rileva il
Rapporto, e richiedono speciali abilità da parte del personale coinvolto. Sarà
necessaria la diretta “collaborazione” con i robot, l’adattamento ai processi
di automazione, a tecniche, strumenti e sistemi informatici estremamente
complessi. Ciò implica l’esigenza di nuovi profili professionali nel settore
delle comunicazioni avanzate, della gestione dei sistemi, dell’allocazione
delle risorse, della sicurezza, in un approccio organizzativo orientato all’innovazione
e alla soluzione efficace dei problemi.
Quanto ai servizi basati sul prodotto e sulla produzione (punto 5), le sfide riguardano l’implementazione del valore aggiunto per
il cliente, determinato tanto dalla qualità dei prodotti, quanto dai servizi e
software integrati. L'industria manifatturiera svedese, sottolinea il Rapporto,
è da tempo impegnata nello sforzo di sviluppare prodotti e servizi integrati
per attrarre e fidelizzare il cliente; analoghi sforzi riguardano lo sviluppo
di servizi integrati per i sistemi di produzione. Diverse aziende svedesi hanno
già intrapreso questa sfida, come ABB, Atlas
Copco, Alfa
Laval, Ericsson, Volvo Corporation, Volvo Auto, Assa
Abloy. Il passaggio da prodotti tradizionali a prodotti
basati sui servizi integrati, fornisce sfide per l’industria manifatturiera in
termini di nuovi metodi, processi e strumenti di sviluppo, con opportunità per
approcci multidisciplinari e collaborazione tra produzione e centri di ricerca
orientati ai servizi.
Rispetto al prodotto integrato e allo sviluppo
della produzione (punto 6), il Rapporto raccomanda il rafforzamento dei processi
di sviluppo del prodotto e lo sviluppo dei processi e degli strumenti per la
realizzazione di prodotti innovativi. Nell’era della competizione globale, le
aziende che intendono rimanere competitive dovranno puntare all’innovazione
orientata al mercato, considerando la crucialità del fattore “tempo”. Viene, in
particolare, precisato che la capacità di elaborare processi di sviluppo di
prodotti pienamente integrati risulta fondamentale per la competitività a lungo
termine e richiede lo sviluppo parallelo del prodotto, dei processi di
produzione, dei sistemi di marketing e post-vendita, nonché di sistemi per il
riciclo e il riuso del prodotto non più utilizzabile. Tutti i processi dovranno
coinvolgere il ciclo di vita produttivo. La chiave del successo - rileva il
Rapporto - risiede nell’utilizzo di piattaforme integrate e flessibili per lo
sviluppo efficiente, la personalizzazione e la configurazione di sistemi,
processi e prodotti sostenibili. Il divario di competenze tra gli attori
globali si assottiglia costantemente, di conseguenza l’organizzazione e la
gestione dello sviluppo produttivo divengono fattori decisivi del successo.
Nell'autunno
2015 Produktion 2030 ha commissionato
un’indagine sulla ricerca nel settore produttivo svedese, al fine di ottenere
un quadro aggiornato sulla ricerca e il suo utilizzo nelle predette 6 aree di
interesse nazionale. L’indagine, condotta dai ricercatori Birgitta Öjmertz (di Swerea IVF[45]) e Kristina
Säfsten (docente alla Jönköping University), ha coinvolto 22 università e 11
enti di ricerca ed è stata effettuata attraverso un sondaggio web in cui i
partecipanti hanno risposto a una serie di domande in merito ai gruppi di
ricerca e di eccellenza operanti all’interno delle strutture di riferimento, a
ricerche di particolare significato condotte in specifici ambiti di interesse,
alle attrezzature disponibili, all’applicazione pratica e all’eventuale ricorso
alla cooperazione internazionale. Tale studio verrà utilizzato come base per i
futuri investimenti nell’ambito del programma Produktion 2030.
SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera
tel. 06/6760. 2278 – 3242 ; mail: LS_segreteria@camera.it
[1] Il lavoro è stato presentato durante una
conferenza del Council for Economic
Development of Australia
(CEDA) di Melbourne, svoltasi nell’agosto 2013.
[2] Si veda anche l’articolo Industry
4.0 offers hope for Australian manufacturing.
[3] Il Digital
Transformation Office (DTO) è stato istituito nel luglio 2015 ed è posto
sotto l’autorità del Primo ministro.
[4] La prossima
edizione della mostra
avrà luogo dall’8 al 10 febbraio 2017.
[5] Fondata nel 1968 da 22 società belghe
specializzate in tecniche di motopropulsione e trasmissione, sistemi e
componenti idraulici e pneumatici, conta attualmente 48 affiliati ed ha come
obiettivo la condivisione, lo sviluppo e l’approfondimento delle conoscenze
tecniche ed economiche del gruppo.
[6] Fondata nel 1979 e nel 1995 divenuta
organizzazione senza scopo di lucro.
[7] Sul sito di Flanders Make sono
disponibili sia l’organigramma
del gruppo, sia schede relative al network
e alle ricerche
condotte.
[8] Si vedano a tale proposito le
dichiarazioni ufficiali del governo cinese, riportate ad esempio nell’articolo Con
Made in China 2025 parte la quarta rivoluzione industriale (3 aprile 2015). Nell’illustrare il
piano, il direttore del Miit, Miao Yu, ha sottolineato che il piano è simile
alla strategia “Industrie 4.0” della Germania che punta alla “quarta
rivoluzione industriale” tramite fabbriche smart
basate su sistemi cyber-fisici, internet delle cose (estensione di internet al
mondo degli oggetti e dei luoghi concreti) e internet dei servizi (la rete che
offre, come servizio, tutto ciò che deve essere realizzato tramite un software).
[9] Gabriel
pens agreement to step up 'Industry 4.0' cooperation with China. Peraltro il documento del 2015 segue la
sottoscrizione di accordi tra Cina e Germania sul tema dell'innovazione
risalenti all'anno precedente.
[10] Per una riflessione sui ritardi nelle
tecnologie e nelle strutture organizzative del comparto manifatturiero cinese,
si veda lo studio del 2015 della società tedesca Staufen AG China-
Industry 4.0 Index 2015.
Tale studio utilizza parametri di comparazione tra società cinesi, tedesche e
svizzere, tutti riconducibili ad elementi costitutivi dell’industria 4.0.
[11] Si veda D. Cao, "Made
in China 2025” Strategy Calls for Greener, More Intelligent Manufacturing (“ARC insight”, 30 aprile 2015).
L'analisi svolta in questo contributo sottolinea come il programma di
innovazione lanciato da MiC2025 si renda necessario per affrontare diverse
criticità del sistema industriale cinese, in particolare: la non sostenibilità
ambientale che ha causato livelli eccessivi di inquinamento nelle regioni a
vocazione industriale; l'aumento del costo del lavoro, che ha conosciuto un
incremento di più del 50% negli ultimi 5 anni nelle grandi città come Pechino e
Shanghai; la dipendenza dalle importazioni per i componenti ad alto contenuto
tecnologico; la dipendenza eccessiva dell'export
dalle variazioni dei tassi di cambio a causa del target di basso livello dei prodotti manifatturieri cinesi.
[12] CSIS, Made in China 2025
(1° giugno 2015).
[13] Si veda: European Parliament, Policy
Department “Economic and scientific policy”, Industry
4.0 (febbraio
2016).
[14] E. Buzzetti, “Made
in China 2025”: Pechino svela piano decennale per innovazione manifatturiero (“Agichina”, 19 maggio 2015).
[15] Fraunhofer-Institut
für Arbeitswirtschaft und Organisation IAO, Top 50 chinesischer
Industrie 4.0-Patente (24 giugno 2015). Lo
stesso studio, di cui è disponibile una sintesi in inglese, ha
evidenziato che, anche dal punto di vista della qualità dei brevetti, la Cina
ha superato USA e Germania.
[16] Si veda quanto riportato dall’articolo 'Made
in China': the smart revolution blueprint set to bring Beijing into the digital
age (1° giugno 2015), sul sito del South China Morning
Post.
[17] Si veda: L. E. Davison,
'Internet Plus' and the Salvation of China’s Rural Economy (17
luglio 2015). La stretta relazione tra Internet+
e MiC2025 è stata ad esempio richiamata, al momento del lancio di Internet+, dai vertici del gruppo cinese
Alibaba, leader nel settore del
commercio elettronico: secondo quanto dichiarato a Xinhua, nel luglio 2015 gli utenti cinesi di e-commerce sarebbero stati circa 330 milioni, costituendo una buona
base per lo sviluppo dell’industria 4.0 cinese (si veda China's 330 mln e-buyers good base for industry 4.0).
[18] Secondo quanto riportato nello studio China
– Industry 4.0 Index 2015 dalla società tedesca Staufen AG, per il 63% delle aziende
cinesi nei settori tecnologicamente più avanzati interpellate nello studio,
l'insufficienza della connessione a banda larga in Cina rappresenta un serio
ostacolo allo sviluppo dell’industria 4.0. La velocità media di connessione in
Cina nel primo trimestre del 2015 era di 3.7 megabits al secondo (Mbit/s), in
Germania di 10.2 Mbit/s, in Svizzera di 14.9 Mbit/s.
[19] Si veda l’articolo di Marie Kim, “Smart
Factory. Innovation in Manufacturing 3.0 Strategy Needs Better Focus with
Clearer Direction”,
Business Korea, 19 novembre 2015.
[20] Si veda l’articolo di Ruixiao Heng, “Korean
version of “Industry 4.0” with and learn a lesson from the place?”, 8 maggio 2015.
[21] L’Alliance
Industrie du Futur è un’associazione istituita in base alla legge del 1901,
che riunisce le competenze e le energie professionali di soggetti scientifici e
accademici, imprese e collettività territoriali, soprattutto le regioni, per
assicurare, in particolare, lo sviluppo del piano Industrie du Futur. Essa organizza e coordina, a livello nazionale,
iniziative, progetti e lavori volti alla modernizzazione e alla trasformazione
industriale.
[22] Si veda anche l’articolo “L’Industrie
du futur se fixe 4 priorités technologiques dont 3 numériques”, Usine digitale, 10 febbraio 2016.
[25] Si veda, a tale proposito, il documento
presentato dal Governo nel settembre 2014, intitolato “Die neue Hightech-Strategie – Innovationen für Deutschland” (La
nuova strategia hightech – innovazioni per la Germania, stampato BT n. 18/2497).
[26] Sul tema oggetto della mozione, la
Commissione del Bundestag per la
formazione, la ricerca e la valutazione delle conseguenze tecniche (Ausschuss
für Bildung, Forschung und Technikfolgenabschätzung) ha poi svolto, il 2 dicembre 2015,
un’audizione pubblica di esperti, le cui posizioni sono disponibili
nella pagina web della Commissione.
[27] Il
Council è stato insediato a Tokio nel settembre 2014. Presieduto da Tamotsu
Nomakuchi, consulente di Mitsubishi Electric Corporation, tale organismo
annovera tra i suoi membri esperti con un’ampia gamma di conoscenze. Nelle
sette riunioni svoltesi fino al gennaio 2015, sono state discusse misure
specifiche, tra cui lo sviluppo tecnologico, le riforme regolatorie e la
standardizzazione globale delle tecnologie robotiche. Gli esiti del lavoro
degli esperti sono contenuti in un Rapporto elaborato dallo stesso Council.
[28] Sul sito del DIPP sono riportati i Top
ten investors dal 2000
al 2011.
[29] Sono disponibili slides di sintesi con i dati dell’evento (Final Outcome MIIW 2016).
[30] Si veda anche la versione integrale
dell’Agenda in lingua inglese nonché quella in lingua olandese.
[31] Department for Business, Industry and
Skills, Strenghtening
UK manufacturing supply chain. An action plan for industry and government (26 February 2015).
[33] È utile segnalare che, oltre ai sette
“centri” facenti parte del cosiddetto “Catapult”
dedicato in modo specifico alla High Value Manufacturing, si annoverano, tra gli altri finora
istituiti, distinti per settore di competenza: Cell and Gene Therapy; Compound
Semiconductor Applications;
Digital; Energy Systems; Future
Cities; Medicines
Discovery; Offshore
Renewable Energy;
Precision
Medicine;
Satellite
Applications; Transport Systems. L’introduzione del modello del “Catapult”, e la sua successiva
diffusione, hanno il loro antecedente nel rapporto commissionato nel 2010 dal
Governo a un esperto indipendente, l’imprenditore Hermann Hauser: The
Current and Future Role of Technology and Innovation Centres in the UK. Allo stesso tema, la commissione
competente della Camera dei Comuni ha dedicato una relazione nel 2011.
[35] Si tratta del Title VII della Division B
del Consolidated
and Further Continuing Appropriations Act, 2015, Public
Law 113-235.
[36] Creato già nel 1901 come organismo
tecnico per la definizione di standard e misure per il settore industriale al fine
di promuoverne la competitività internazionale, e per tale motivo operante
nell’ambito dello U.S. Department of
Commerce, il National Institute for Standards and Technology
ha tuttora competenze di studio e di ricerca nei settori più avanzati dell’innovazione
industriale, con particolare riferimento alle tecnologie di misurazione su ogni
scala applicativa (dai “nanomateriali” alle costruzioni antisismiche).
[37] Report
to the President on the Ensuring American leadership in Advanced Manufactoring, trasmesso nel giugno 2011 dal
presidente del Council of Advisor on
Science and Technology.
[38] National
Network for Manifacturing Innovation: A Preliminary Design, relazione predisposta dal National Science and Technology Council (NSTC) e dal neo-istituito Advanced Manifacturing National Program
Office (AMNPO).
[39] Report
to the President. Accellerating U.S. Advanced Manifacturing, pubblicato dal PCAST nell’ottobre 2014.
[40] Un “centro” individuato
dalla legge tra gli enti già oggi esistenti, e per alcuni aspetti preso a
modello ai fini della sua applicazione, è il National Additive Manufacturing Innovation Institute (NNMI), consorzio formato da enti impegnati nella ricerca
industriale nei settori avanzati.
[41] National
Network for Manifacturing Innovation Strategic Plan, in cui sono individuati quattro
principali obiettivi: «Goal 1: Increase the competitiveness of U.S. manufacturing.
Goal 2: Facilitate the transition of innovative technologies into scalable,
cost-effective, and high-performing domestic manufacturing capabilities. Goal
3: Accelerate the development of an advanced manufacturing workforce. Goal 4:
Support business models that help institutes to become stable and sustainable».
[42] Ulteriori fonti di informazione sul
programma possono trarsi dal portale Internet ad esso dedicato Manifacturing.gov e dalla nota di documentazione
predisposta nel 2015 dal Congressional Research Service, The Network for
Manifacturing Innovation.
[43] Tra i compiti istituzionali di Vinnova, incardinata
all'interno del Ministero dell’industria e dell’innovazione (Näringsdepartementet), si
annoverano: la promozione della crescita sostenibile e delle condizioni per
l’innovazione; il finanziamento della ricerca; il raccordo Svezia-Unione
europea per i progetti concernenti il settore della ricerca e dello sviluppo;
la promozione della collaborazione tra aziende, università, istituti di ricerca
e il settore pubblico. Fondata nel gennaio 2001, ha sede a Stoccolma e conta
uffici a Bruxelles; vi lavorano circa 200 persone ed è diretta da Charlotte
Brogren.
[44] Con 3.800 aziende associate, che
rappresentano almeno un terzo delle esportazioni totali svedesi, l’Associazione
riunisce aziende nazionali globali come Ericsson, Scania, AF, ABB e Volvo.
[45] Swerea è un gruppo di ricerca svedese
per il rinnovamento industriale e lo sviluppo sostenibile, il cui obiettivo è
quello di produrre, sviluppare e diffondere i risultati della ricerca nelle
seguenti aree: sviluppo dei materiali, della produzione e del prodotto. Con una
presenza regionale, nazionale e internazionale, Swerea rappresenta una parte
centrale del sistema di innovazione svedese e l’interazione con il mondo
accademico, l’industria e la società risulta fondamentale per le attività del
gruppo.