Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Unioni civili e matrimoni tra persone dello stesso sesso nei paesi europei, con particolare riferimento alla normativa di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna
Serie: Appunti    Numero: 96
Data: 05/02/2016

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 6/2016                                                                           5 febbraio 2016

Unioni civili e matrimoni tra persone dello stesso sesso nei paesi europei, con particolare riferimento alla normativa

di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna

A.    Principali paesi europei

1.        Francia

Il “patto civile di solidarietà”

In Francia, con la Loi n. 99-944, del 15 novembre 1999, è stato introdotto il “patto civile di solidarietà” (pacte civil de solidarité - PACS), definito come un contratto concluso tra due persone maggiorenni dello stesso sesso o di sesso diverso al fine di organizzare la loro vita in comune.

La legge deriva da una proposta di legge presentata all’Assemblea nazionale il 13 ottobre 1998, dal deputato J. M Ayrault (iscritto al gruppo parlamentare: Socialiste, républicain et citoyen) ed altri. La proposta di legge è stata approvata in via definitiva dall’Assemblea nazionale il 13 ottobre 1999. Il provvedimento è stato approvato con una maggioranza di 315 voti contro 249. I votanti presenti sono stati 568 (cfr. Assemblée nationale, resoconto della prima seduta del 13 ottobre 1999). All’epoca erano in carica il Presidente della Repubblica Jacques Chirac (leader del partito di centro-destra: Rassemblement pour la République) e il Primo ministro Lionel Jospin (partito socialista) - situazione di cohabitation-.

L’art. 1 della legge ha introdotto nel libro I del codice civile un nuovo titolo XIII (artt. da 515-1 a 515-8), intitolato “Du pacte civil de solidarité et du concubinage”. Successivamente sono state apportate alcune modifiche agli articoli del codice sopra richiamati. In particolare, con la legge n. 2006-728, del 23 giugno 2006, di riforma delle successioni e delle liberalità, sono state introdotte modifiche alla predetta normativa civilistica sui PACS che hanno inciso sul diritto patrimoniale e successorio degli stessi.

Il PACS è qualificato come contratto bilaterale, a titolo oneroso, a prestazioni corrispettive e ad esecuzione continuata[1]. Non possono concludere un PACS fra loro, a pena di nullità, ascendenti e discendenti in linea retta, parenti in linea retta e collaterale fino al terzo grado, persone di cui una è già coniugata, persone di cui una è già legata da un altro PACS.

Per essere valido, esso deve formare oggetto di una dichiarazione congiunta, presentata e registrata alla cancelleria del Tribunal d’instance (tribunale civile) nella giurisdizione di residenza. Pena l’irricevibilità della dichiarazione, i conviventi iscrivono altresì nel registro una convenzione stipulata fra loro con atto pubblico o con scrittura privata. La convenzione iniziale può essere modificata con un’altra convenzione, secondo le stesse modalità. L’iscrizione nel registro conferisce data certa al patto e lo rende opponibile ai terzi.

I conviventi legati da un PACS si impegnano a condurre una vita in comune, come anche a fornirsi un aiuto materiale e un’assistenza reciproca[2], le cui concrete modalità sono rimesse all’accordo delle parti. Nell’eventuale silenzio della convenzione, è compito del giudice, in caso di disaccordo, determinare le modalità di attuazione secondo le capacità di ciascuno dei conviventi.

La coppia è solidalmente responsabile nei confronti dei terzi relativamente alle obbligazioni assunte da ciascuno dei due conviventi per i bisogni della vita quotidiana. Tuttavia questa solidarietà non sussiste per le spese manifestamente eccessive, provvedendosi così alla tutela del partner non contraente, alla stessa stregua di quanto avviene per i coniugi nel matrimonio. Inoltre ciascun convivente è responsabile da solo delle obbligazioni personali assunte prima o durante il patto.

Per quanto concerne il regime patrimoniale, ciascuno dei due conviventi, salvo diversi accordi nella convenzione, conserva l’amministrazione, il godimento e la disponibilità dei suoi beni personali. I beni sui quali nessuno dei due conviventi può dimostrare la proprietà esclusiva sono ritenuti di loro proprietà indivisa, nella misura della metà per ciascuno. Tuttavia, i conviventi possono, nella convenzione, scegliere di sottoporre al regime dell’indivisibilità i beni che acquisiscono, insieme o separatamente, dopo la registrazione della convenzione medesima. Infine, per l’amministrazione dei beni indivisi, essi possono stipulare un’ulteriore convenzione, al fine di concordare fra loro l’esercizio dei rispettivi diritti.

La legge dispone altresì che alcuni beni restino in ogni caso di proprietà esclusiva di ciascuno dei due conviventi, tra cui: le somme percepite da ciascun convivente, a qualunque titolo, dopo la conclusione del patto e non impiegate nell’acquisto di un bene; i beni creati e i loro accessori; i beni aventi carattere personale.

Il PACS termina per volontà congiunta o unilaterale dei contraenti, nonché per matrimonio o decesso di uno di essi. In caso di scioglimento consensuale la dichiarazione congiunta deve essere presentata al cancelliere del tribunale in cui è stato registrato il PACS. Nel caso invece di recesso unilaterale di uno dei due conviventi, questi deve notificare la sua decisione all’altro nonché produrre copia di tale notifica alla cancelleria dello stesso tribunale. Il cancelliere registra lo scioglimento e provvede alla necessaria pubblicità. Lo scioglimento ha effetto, nei rapporti fra i conviventi, dalla data di registrazione in cancelleria. È invece opponibile ai terzi dal giorno in cui sono state compiuti gli adempimenti in materia di pubblicità.

Le conseguenze patrimoniali dello scioglimento sono regolate dalle parti ma, in mancanza di accordo, compete al giudice intervenire, stabilendo, eventualmente, una riparazione per il danno subito. Salvo diverso accordo, i crediti reciproci fra i conviventi sono stimati in base all’art. 1469 del codice civile. Tali crediti possono essere compensati con i vantaggi che il loro titolare ha potuto trarre dalla vita comune, in particolare non contribuendo in proporzione alle sue facoltà ai debiti contratti per i bisogni della vita quotidiana.

Inoltre, se al momento della morte di un convivente quello rimasto in vita e ammesso alla successione occupa effettivamente, a titolo di abitazione principale, un alloggio appartenente ai conviventi o totalmente dipendente dalla successione, egli ha diritto, per un anno, al godimento gratuito dell’alloggio medesimo e dei mobili in esso contenuti.

Le persone che hanno contratto un PACS sono considerate come dei terzi in relazione alla successione dell’una e dell’altra. Di conseguenza, in assenza di testamento, esse non hanno diritto alla successione. Invece i conviventi in regime di PACS possono ricevere donazioni o legati per testamento. Se non esiste alcun erede riservatario, è possibile legare per testamento l’insieme dei propri beni al convivente superstite. In caso contrario, il legato non può superare la “quota disponibile”, ossia la parte di cui può disporre liberamente il testatore.

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso

Nel 2013, con la Loi n. 2013-404 du 17 mai 2013 ouvrant le mariage aux couples de personnes de même sexe, è stato introdotto in Francia il matrimonio tra persone dello stesso sesso, nonché la possibilità per tali coppie di accedere alle adozioni dopo il matrimonio. Il provvedimento, che trae origine da un disegno di legge del Governo e reca principalmente modifiche al Codice civile (CC), è stato approvato in via definitiva dall’Assemblea nazionale il 23 aprile 2013, con 331 voti a favore e 225 contrari.

In particolare, il nuovo art. 143 CC dispone che "il matrimonio è contratto da persone di sesso differente o dello stesso sesso". Il provvedimento reca inoltre disposizioni specifiche in caso di matrimonio tra un cittadino francese ed una persona di nazionalità diversa. Il nuovo art. 171-9 CC stabilisce infatti che "qualora i futuri coniugi dello stesso sesso, di cui uno almeno ha la nazionalità francese, hanno il loro domicilio o la loro residenza in un paese che non autorizza il matrimonio tra persone dello stesso sesso" e nel quale le autorità diplomatiche e consolari francesi non possono procedere alla sua celebrazione, possono sposarsi nel comune di nascita o di ultima di residenza di uno dei due o nel quale uno dei loro genitori ha il domicilio o la residenza. Inoltre, la legge introduce all'art. 202-1, primo comma, CC "la regola del conflitto di legge" in materia di matrimonio, stabilita dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, in base alla quale le condizioni di fondo per poter contrarre un matrimonio sono regolate, per ciascuno degli sposi, dalla "loi personnelle" (legislazione nazionale sui diritti della persona). Tuttavia è posta anche una deroga a tale principio, prevedendo, all'art. 202-1, secondo comma, CC, che due persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio qualora ciò sia consentito, per almeno una di esse, o dalla propria "legge personale", o dalla legge dello Stato nel cui territorio ha posto il suo domicilio o la sua residenza. In tal modo due persone dello stesso sesso possono sposarsi senza dover osservare una "loi personnelle" eventualmente proibitiva del matrimonio tra omosessuali, a condizione però che uno degli sposi sia francese o abbia posto il suo domicilio o la sua residenza in Francia. Tale regola non vale tuttavia per alcuni cittadini stranieri. Come è precisato nella Circulaire du 29 mai 2013 de présentation de la loi ouvrant le mariage aux couples de personnes de même sexe, tale disposizione non può essere applicata per i cittadini residenti all'estero, originari di paesi con cui la Francia è legata da convenzioni internazionali per le quali in materia di matrimonio deve essere applicata solo la loi personnelle. I paesi sono: Polonia, Marocco, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Serbia, Kosovo, Slovenia, Cambogia, Laos, Tunisia, Algeria.

Il provvedimento introduce inoltre la possibilità per i coniugi omosessuali di accedere all'istituto dell'adozione. Il nuovo art. 6-1 CC dispone in particolare che "il matrimonio e la filiazione adottiva comportano gli stessi effetti, diritti e obblighi riconosciuti dalle leggi, […], sia che i coniugi o i genitori siano di sesso differente sia dello stesso sesso". La legge reca anche disposizioni specifiche riguardanti il “cognome di famiglia”, che può essere scelto dai due coniugi omosessuali (art. 225-1 CC) o che può essere dato ad un eventuale figlio adottivo (art. 357 CC).

 

2.       Germania

La “convivenza registrata” tra persone dello stesso sesso

In Germania l’istituto giuridico della “convivenza registrata” (eingetragene Lebenspartnerschaft) è stato introdotto dalla Legge per la cessazione della discriminazione nei confronti delle comunità di uguale sesso (Gesetz zur Beendigung der Diskriminierung gleichgeschlechtlicher Gemeinschaften: Lebenspartnerschaften) del 16 febbraio 2001, entrata in vigore il 1° agosto successivo[3]. Dopo le elezioni politiche del settembre 1998, nel patto di coalizione concluso tra socialdemocratici (SPD) e Verdi (Bündnis 90/Die Grünen) per la formazione del nuovo Governo guidato dal cancelliere Schröder (SPD) era stato concordato un intervento legislativo contro la discriminazione nei confronti delle comunità omosessuali con l’introduzione della convivenza registrata. Il relativo progetto di legge (stampato BT n. 14/3751) è stato poi presentato dai gruppi parlamentari della maggioranza di governo al Bundestag il 4 luglio 2000. Nel corso dell’esame istruttorio in Commissione giustizia, il progetto originario è stato scisso in due distinti disegni di legge: il primo (stampato BT n. 14/4545, Allegato 1), con il titolo originario, regolamentava il nuovo istituto della Lebenspartnerschaft con una serie di norme di diritto materiale; il secondo (stampato BT n. 14/4545, Allegato 2), soggetto al consenso obbligatorio di entrambe le Camere, conteneva disposizioni integrative e procedurali. Entrambi i disegni di legge sono stati approvati dalla maggioranza del Bundestag nella seduta plenaria del 10 novembre 2000. L’esito della votazione per alzata di mano del primo disegno di legge è stato il seguente: voto favorevole del gruppo socialdemocratico e del gruppo dei Verdi (partiti della coalizione di governo rosso-verde), voto contrario dei cristiano-democratici (CDU/CSU), dei liberali (FDP) e di alcuni deputati di sinistra (PDS), astensione della maggioranza del gruppo della sinistra (PDS) e di un deputato liberale (FDP). Pressoché analogo il risultato della votazione relativa al secondo disegno di legge: approvazione da parte dei gruppi della maggioranza (SPD e Verdi), voto contrario dei cristiano-democratici (CDU/CSU), dei liberali (FDP) e di tre deputati di sinistra (PDS), astenuti la restante parte del gruppo PDS e un deputato liberale. Come prevedibile, il 1° dicembre 2000 il Bundesrat ha alla fine approvato in via definitiva soltanto il primo dei due disegni di legge, negando il necessario consenso al secondo.

Bisognerà attendere la nuova legislatura (XV), iniziata nell’ottobre 2002, perché venga approvata la Legge di revisione della normativa sulla convivenza registrata (Gesetz zur Überarbeitung des Lebenspartnerschaftsrechts) del 15 dicembre 2004, che ha disciplinato i settori non contemplati nel testo varato nel 2001: il diritto patrimoniale, successorio e previdenziale, nonché l’adozione e lo scioglimento, allineando in massima parte questi aspetti alla normativa sul matrimonio. Per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale federale del 17 luglio 2002[4], che aveva imposto al legislatore l’obbligo di rimuovere le disparità artificiose tra l’istituto del matrimonio e quello della convivenza registrata, i gruppi parlamentari della coalizione di governo (nuovamente guidato dal cancelliere Schröder), SPD e Verdi, hanno presentato al Bundestag un progetto di legge di revisione della materia (stampato BT n. 15/3445) il 29 giugno 2004. Il testo, con le modifiche introdotte dalla Commissione giustizia nel corso dell’esame istruttorio, è stato poi approvato dal Bundestag nella seduta plenaria del 29 ottobre 2004, con il voto favorevole dei gruppi della coalizione di governo (SPD e Verdi), del gruppo liberale (FDP) e il voto contrario dei cristiano-democratici (CDU/CSU). Il 26 novembre 2004, anche il Bundesrat ha espresso il suo consenso non sollevando alcuna obiezione.

La legge tedesca sulla “convivenza registrata” si applica esclusivamente alle coppie omosessuali. In merito alla forma e ai requisiti della convivenza registrata l’art. 1, comma 1, della legge fa infatti riferimento, in primo luogo, a “due persone dello stesso sesso” (zwei Personen gleichen Geschlechts) che, affinché possano dar vita a tale istituto, devono da un lato non essere vincolate da un matrimonio o da un’altra convivenza registrata, dall’altro dichiarare reciprocamente e personalmente dinanzi all’autorità competente di voler condurre una convivenza a vita. I conviventi possono scegliere un cognome comune (c.d. nome della convivenza, Lebenspartnerschaftsname), che corrisponde a quello dell’uno o dell’altro. La dichiarazione relativa alla determinazione del nome deve aver luogo in occasione della costituzione della convivenza o, successivamente, tramite autentica per atto pubblico. Questo nome comune può essere conservato dopo lo scioglimento della convivenza registrata.

Il procedimento di registrazione della convivenza è disciplinato in modo autonomo dalla legge di ogni Land, per cui convivono autorità (comune, notaio ecc.) e procedimenti (registro, atto ecc.) diversi fra loro.

Sono applicabili alla convivenza registrata le disposizioni relative alla promessa di matrimonio di cui ai §§ 1297-1302 del codice civile: diritto al risarcimento in caso di ritiro dalla promessa, restituzione dei doni, breve durata del termine di prescrizione.

La legge stabilisce, così come per i coniugi, che entrambi i conviventi provvedano in modo adeguato al sostentamento della loro unione con il proprio lavoro e con il proprio patrimonio. Di conseguenza essa prevede anche la responsabilità solidale per i debiti contratti da uno dei due soggetti nell’interesse della convivenza. Il regime previsto per legge, se non diversamente concordato, è quello ordinario per le coppie sposate, cioè la comunione degli acquisti di cui al § 1363 del codice civile (Zugewinngemeinschaft). I conviventi possono tuttavia stipulare un contratto di convivenza (Lebenspartnerschaftsvertrag) e optare in esso per la separazione dei beni e per altri accordi speciali di natura patrimoniale. Per determinate categorie di beni, come l’abitazione o i mobili in essa contenuti, è sempre necessario il consenso del convivente non stipulante nel caso in cui l’altro intenda disporne.

In materia di diritto delle successioni, le norme approvate con la legge di revisione del 2004 erano finalizzate all’equiparazione della posizione ereditaria del convivente superstite con quella del coniuge. Analogamente, per quanto concerne il diritto previdenziale, sono state modificate alcune norme del libro sesto del codice di legislazione sociale (Sozialgesetzbuch) per attribuire al convivente superstite il diritto alla pensione di reversibilità alla stessa stregua di un coniuge.

La convivenza registrata conferisce gli stessi diritti del matrimonio in materia di cittadinanza (ad esempio la procedura agevolata per ottenere la naturalizzazione) e di ricongiungimento familiare.

Per quanto riguarda i figli, la legge prevede l’esercizio congiunto, fra il genitore e il suo partner, di alcuni diritti della potestà (kleines Sorgerecht: “piccola potestà”). Infatti, quando un genitore, che per legge esercita da solo la potestà parentale su un figlio, registra una convivenza, il suo partner ha diritto, d’accordo con l’altro, alla co-decisione (Mitenscheidung) nelle questioni di vita quotidiana del bambino. Tuttavia il giudice competente per le cause inerenti la famiglia (Familienrichter) può decidere di limitare tale diritto quando ciò sia necessario per assicurare il benessere del minore.

Il genitore cui spetta la potestà parentale su un figlio e il suo convivente possono attribuire al figlio che sia stato accolto nel loro nucleo familiare il cognome comune scelto per la convivenza, effettuando un’apposita dichiarazione dinanzi all’autorità competente.

In materia di adozione, la disciplina tedesca sulla convivenza registrata non risulta completamente allineata a quella vigente per il matrimonio. Quando un convivente adotta da solo un bambino, è necessario il consenso dell’altro. Inoltre, un convivente può adottare da solo il figlio minore dell’altro (Stiefkindadoption). Non è quindi consentita, come nel matrimonio, un’adozione congiunta.

La legge allinea la disciplina dello scioglimento (Aufhebung) della convivenza registrata alla normativa, personale e patrimoniale, vigente in materia di separazione e divorzio. La convivenza viene sciolta su istanza di uno o di entrambi i conviventi con sentenza del giudice. È sufficiente – come per i coniugi – che abbiano vissuto separati per un certo periodo di tempo. La sentenza di scioglimento interviene dopo che siano trascorsi un anno o tre anni di separazione a seconda che la richiesta provenga da entrambi i conviventi (o se presentata da uno solo sia stata approvata dall’altro) oppure da uno solo di essi in via unilaterale.

Nel caso di procedimento contenzioso non si fa luogo allo scioglimento, ancorché vi sia stata separazione per tre anni, se esso appare come un “onere così duro” (so schwere Härte), a motivo di circostanze eccezionali, da rendere necessaria la prosecuzione della convivenza, considerate anche le ragioni dell’istante.

Il diritto al mantenimento sorge solo in capo al convivente che dimostri di non essere in grado di prendersi cura di sé per effetto dell’impossibilità di assumere un lavoro retribuito, in particolare a causa dell’età o di uno stato di malattia o di disabilità. L’importo del mantenimento è espressamente riferito dalla legge al tenore di vita goduto in costanza del rapporto di convivenza. In sede di scioglimento può essere altresì stabilita l’assegnazione della casa familiare. Infine, con lo scioglimento ha luogo tra i conviventi un conguaglio tra le aspettative pensionistiche di ciascuno (Versorgungsausgleich), così come previsto dal § 1587 ss. del codice civile in caso di divorzio. I conviventi possono tuttavia concordare espressamente di escludere tale fattispecie in un apposito contratto di convivenza. L’esclusione non ha effetto se entro un anno dalla conclusione del contratto viene presentata istanza di scioglimento della convivenza stessa.

La legge di revisione del 2004 ha poi modificato il § 1306 del codice civile stabilendo che non si può contrarre matrimonio se uno dei due sposi è già convivente con una terza persona[5].

 

3.       Regno Unito

Gli accordi di “civil partnership”

Nel Regno Unito, con l’approvazione del Civil Partnership Act 2004, promulgato il 18 novembre 2004, il legislatore ha riconosciuto e disciplinato gli “accordi di convivenza” tra persone dello stesso sesso (civil o registered partnership). Il disegno di legge relativo alla Civil Partnership, promosso dal governo laburista di Tony Blair, è stato approvato in via definitiva dalla Camera dei Comuni il 9 novembre 2004, con 389 voti a favore e 47 contrari.

La scelta di adottare la legge sulla Civil Partnership è stata dettata dalla volontà di introdurre una disciplina specifica per le unioni civili tra persone dello stesso sesso, prevedendosi per tale istituto un regime distinto da quello applicabile alla convivenza tra persone eterosessuali. La convivenza tra persone di sesso diverso è, infatti, regolata dal diritto comune per gli aspetti patrimoniali ed assimilata dalla recente legislazione al matrimonio per quanto concerne la materia del mantenimento e dell’educazione dei figli.

Il Civil Partnership Act 2004 è articolato in 8 parti ed è corredato di numerosi allegati. Il provvedimento delinea i requisiti e la procedura per ottenere la registrazione della civil partnership, enuncia i diritti e i doveri che ne derivano e detta previsioni applicabili in caso di scioglimento dell’unione e sulle relative conseguenze di ordine patrimoniale.

In particolare, il testo legislativo reca, nel primo capitolo della prima parte, la definizione di civil partnership, formata da due persone del medesimo sesso, la cui costituzione ha luogo mediante registrazione.

Adempiuti i particolari oneri di pubblicità prescritti dal testo legislativo, la registrazione delle due persone come civil partners (consentita con riferimento alle persone maggiori di 16 anni e, ove richiesta da minori di 18 anni, previo il consenso di chi eserciti la patria potestà) ha luogo dinanzi ad un pubblico ufficiale (con funzioni di civil partnership registrar) e alla presenza di due testimoni. È espressamente previsto che durante la procedura non possano svolgersi cerimonie religiose, e che tali formalità, il cui svolgimento è previsto in diverse forme a seconda di determinate circostanze, non possano aver luogo in edifici di culto.

Le vicende inerenti allo scioglimento o alla nullità della partnership sono disciplinate nel secondo capitolo della seconda parte del testo normativo. A questo riguardo sono tipizzati, in primo luogo, gli atti giudiziali (orders) mediante i quali possono essere dichiarati lo scioglimento, in presenza di determinate condizioni[6], o la nullità dell’unione, oppure la separazione dei partner o la morte presunta di uno di essi. Analogamente alle cause matrimoniali, nei procedimenti relativi alla dissolution di un’unione registrata può intervenire, ad istanza del giudice presso cui si svolge il procedimento, il Queen’s Proctor (procuratore della regina), il cui compito, svolto sulla base di istruzioni dell’Attorney General, è quello di eccepire la mancanza delle condizioni per l’emissione di decreti di scioglimento o di nullità.

Specifiche previsioni sono dedicate alle cause di nullità dell’unione (relative all’insussistenza dei requisiti personali) e alle cause per le quali può esserne richiesto in giudizio l’annullamento, individuate: nell’invalidità del consenso; nello stato di gravidanza, al momento della registrazione, di uno dei partner all’insaputa dell’altro; al cambiamento di sesso di uno dei partner.

La registrazione della civil partnership comporta per le persone che la formano un assetto patrimoniale che, pur senza costituire espressamente forme di comunione dei beni, garantisce tuttavia i diritti di ciascuna su di essi. È infatti stabilito, dalle disposizioni raccolte nel terzo capitolo della seconda parte della legge (Property and financial arrangements), che le migliorie apportate da un partner ai beni di proprietà dell’altro debbano considerarsi, agli effetti della separazione o dello scioglimento dell’unione, alla stregua di una quota dei beni acquisita dal primo (o dell’accrescimento della quota eventualmente già detenuta). Nel quarto capitolo è del pari riconosciuto a ciascuno dei partner l’interesse ad agire dinanzi alle corti di contea o alla High Court per le controversie patrimoniali relative alla partnership, prevedendosi, a questo riguardo, che l’accordo sottostante non costituisce un contratto e non può quindi dare luogo ad azioni giudiziali per inadempimento o dirette all’esecuzione del contratto.

Nel capitolo quinto della seconda parte si dispongono le modifiche al Children Act 1989 e all’Adoption and Children Act 2002 rese necessarie dall’introduzione della civil partnership. Si prevede, tra l’altro, che il partner possa acquisire la potestà (parental responsibility) sui figli dell’altro partner pur senza esserne il genitore naturale, allo stesso modo della persona sposata con il genitore. Per quanto riguarda l’adozione, si sottolinea la disposizione (art. 79) diretta a modificare in più punti l’Adoption and Children Act 2002. Per effetto di tali modifiche la legge prevede ora che due civil partners possano congiuntamente adottare minori e che ciascuno di essi possa adottare i figli dell’altro. La definizione di “coppia” include, a seguito delle modifiche anzidette, le persone legate da un rapporto di civil partnership (art. 144.4); l’adozione è pertanto consentita alla coppia (indipendentemente dal vincolo matrimoniale o dal rapporto di civil parnership: art. 50) purché formata da persone maggiori di 21 anni. Sono, inoltre, individuate le circostanze in base alle quali è consentito al civil partner di avviare il procedimento di adozione per proprio conto e non in quanto membro di una partnership (art. 51, 3A).

Per quanto concerne la successione ereditaria si segnala l’art. 57, il quale dispone che, in caso e in costanza di separazione dei partner, e di successiva morte di uno di essi, non opera la successione legittima nei confronti dell’altro. La diversa ipotesi della successione nei rapporti di locazione è disciplinata nel terzo capitolo della terza parte della legge, dove si sancisce la continuità di tali rapporti in favore del partner superstite.

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso

Nel 2013 è stato approvato il Marriage (Same Sex Couples) Act 2013, con cui è stata introdotta nell’ordinamento la possibilità del matrimonio tra omosessuali. Il disegno di legge in materia, promosso dal governo conservatore di David Cameron, è stato approvato in via definitiva dalla Camera dei Comuni nella seduta del 16 luglio 2013, con 395 voti a favore, 170 contrari e 5 astenuti.

L'approvazione della legge è stata preceduta da una consultazione pubblica promossa dal Governo (risultata la più ampia finora mai esperita in termini di quantità di risposte pervenute e di petitions) e ha avuto larga risonanza presso i mezzi di informazione britannici.

Le sue disposizioni hanno esteso la possibilità di contrarre matrimonio alle persone dello stesso sesso, che fino a quel momento potevano costituire esclusivamente una civil partnership in virtù dell’omonima legge del 2004. L'unione matrimoniale così costituita dispiega pertanto i medesimi effetti attribuiti dalla legge all'unione matrimoniale tra un uomo e una donna, e può essere celebrata in forma civile oppure religiosa nei casi in cui ne sia ammessa la celebrazione da parte delle Chiese esistenti nel Regno Unito. A questo riguardo la legge, facendo salve le vigenti norme ecclesiastiche e canoniche, riserva all'autonomia delle organizzazioni religiose ogni decisione di conformarsi o meno al nuovo regime matrimoniale, e assume legittima la scelta delle organizzazioni religiose di non celebrare il matrimonio same sex secondo i propri riti, di cui dispone l'insindacabilità rispetto all'applicazione delle norme vigenti in materia di eguaglianza e di parità di trattamento.

La legge disciplina ulteriori profili, tra cui la validità del matrimonio precedentemente contratto a fronte dell'intervenuto cambiamento di sesso di uno dei coniugi, e la possibilità di convertire in rapporto matrimoniale l'unione civile già costituita in applicazione del Civil Partnership Act 2004.

 

4.       Spagna

La legislazione autonomica sulle unioni di fatto

In Spagna non esiste una normativa, a livello nazionale, che disciplini lo status giuridico delle “coppie di fatto” al di fuori del matrimonio.

A partire dal 1998, tuttavia, le Comunità autonome hanno iniziato a legiferare in materia di “unioni di fatto”, considerando tale aspetto come rientrante tra le competenze proprie di diritto civile, con particolare riferimento alla registrazione dello stato civile, nonché all’auto-organizzazione della funzione pubblica.

La Catalogna è stata la prima Comunità autonoma ad approvare, nel 1998, una legge sulle “unioni stabili di coppia” (Ley 10/1998, de 15 de julio, de uniones estables de pareja, che dal 1° gennaio 2011 risulta trasfusa, con alcune modifiche, nella Ley 25/2010, de 29 de julio, del libro segundo del Código civil de Cataluña, relativo a la persona y la familia). La legge catalana concerne sia la “unione stabile eterosessuale”, sia la “unione stabile omosessuale”.

Dopo la Catalogna altre Comunità hanno approvato leggi sulle unioni di fatto, con riferimento a coppie formate dallo stesso sesso o sesso diverso, per un totale di 13 Comunità su 17[7]:

-         l’Aragona nel 1999: Ley 6/1999, de 26 de marzo, relativa a Parejas estables no casadas, poi confluita nel Decreto Legislativo 1/2011, de 22 de marzo, del Gobierno de Aragón, por el que se aprueba, con el título de «Código del Derecho Foral de Aragón», el Texto Refundido de las Leyes civiles aragonesas (in particolare artt. 303-311);

-         la Navarra nel 2000: Ley Foral 6/2000, de 3 de julio, para la igualdad jurídica de las parejas estables;

-         la Comunità di Valencia nel 2001: Ley 1/2001, de 6 de abril, por la que se regulan las uniones de hecho, sostituita poi dalla Ley 5/2012, de 15 de octubre, de la Generalitat, de Uniones de Hecho Formalizadas de la Comunitat Valenciana;

-         le Isole Baleari nel 2001: Ley 18/2001, de 19 de diciembre, de parejas estables;

-         la Comunità di Madrid nel 2001: Ley 11/2001, de 19 de diciembre, de Uniones de Hecho de la Comunidad de Madrid;

-         le Asturie nel 2002: Ley del Principado de Asturias 4/2002, de 23 de mayo, de Parejas Estables;

-         l’Andalusia nel 2002: Ley 5/2002, de 16 de diciembre, de Parejas de Hecho;

-         le Canarie nel 2003: Ley 5/2003, de 6 de marzo, para la regulación de las parejas de hecho en la Comunidad Autónoma de Canarias;

-         l’Estremadura nel 2003: Ley 5/2003, de 20 de marzo, de Parejas de Hecho de la Comunidad Autónoma de Extremadura;

-         i Paesi Baschi nel 2003: Ley 2/2003, de 7 de mayo, reguladora de las parejas de hecho;

-         la Cantabria nel 2005: Ley de Cantabria 1/2005, de 16 de mayo, de Parejas de Hecho de la Comunidad Autónoma de Cantabria;

-         la Galizia nel 2006: Ley 2/2006, de 14 de junio, de derecho civil de Galicia;

 

Le restanti quattro Comunità autonome, pur in assenza di una disciplina delle unioni di fatto, hanno tuttavia emanato dei decreti che istituiscono i registri di tali unioni:

-         Comunità di Castiglia-La Mancia: Decreto 139/2012, de 25 de octubre de 2012, de modificación del Decreto 124/2000, de 11 de julio, por el que se regula la creación y el régimen de funcionamiento del Registro de Parejas de Hecho de Castilla-La Mancha;

-         la Regione di Murcia: Decreto Alcaldía de 6 de mayo de 1994 de creación de Registro Municipal de Uniones no Matrimoniales e Reglamento del Registro Municipal de Uniones de Hecho del Ayuntamiento de Murcia, approvato il 25 ottobre 2010;

-         Comunità de La Rioja: Decreto 30/2010, de 14 de mayo, por el que se crea el Registro de Parejas de Hecho de La Rioja;

-         Comunità di Castiglia e Leon: Decreto 117/2002, de 24 de octubre, por el que se crea el Registro de Uniones de Hecho en Castilla y León y se regula su funcionamiento.

 

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso

Con la Ley 13/2005, de 1 de julio, por que se modifica el Código Civil en materia de derecho a contraer matrimonio, è stata introdotta in Spagna la possibilità di contrarre matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso. Il provvedimento, che trae origine da un progetto di legge del Governo socialista di Zapatero, è stato approvato dal Congresso dei deputati il 30 giugno 2005.

La legge, come sottolineato nell’esposizione dei motivi che precede l’articolato, trova fondamento nella Carta costituzionale. Se è vero, infatti, che l’art. 32 della Costituzione spagnola del 1978 proclama, al primo comma, che “l'uomo e la donna hanno il diritto di contrarre matrimonio in piena eguaglianza giuridica”, il secondo comma del medesimo articolo fa un ampio rinvio alla normativa di attuazione: “la legge regolerà le modalità del matrimonio, l'età e la capacità per contrarlo, i diritti e i doveri dei coniugi, le cause di separazione e scioglimento e i loro effetti”.

Fino ad allora – si legge ancora nell’esposizione dei motivi - il codice civile, la cui approvazione originaria risale al 1889, aveva considerato unicamente il matrimonio tra persone di sesso diverso; in seguito, tuttavia, l’evoluzione della società e la presenza sempre più diffusa di forme di convivenza diverse, incluse le relazioni affettive tra persone dello stesso sesso, hanno imposto un adeguamento del quadro normativo di riferimento.

Inoltre vi sono altri principi sanciti dalla Carta costituzionale, come la promozione della libertà e dell’eguaglianza effettiva dei cittadini (art. 9.2), il libero sviluppo della personalità (art. 10.1) ed il divieto di discriminazione per motivi di sesso, opinione e qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale (art. 14), che richiedono il pieno riconoscimento del diritto all’espressione del proprio orientamento sessuale, con eliminazione di ogni forma di discriminazione.

Il testo della legge è composto da un unico articolo, suddiviso in diciassette commi, nei quali sono modificati altrettanti articoli del codice civile.

In primo luogo viene modificato l’art. 44 del codice, secondo il quale “l’uomo e la donna hanno diritto a contrarre matrimonio conformemente alle disposizioni di questo codice”, con l’aggiunta di un nuovo capoverso che così recita: “Il matrimonio avrà gli stessi requisiti ed effetti quando entrambi i contraenti siano dello stesso o di differente sesso”.

Di conseguenza, vengono adeguati tutti gli altri riferimenti del codice al “marito” e alla “moglie”, che sono sostituiti con i termini “coniuge” o “consorte”; fanno eccezione gli artt. 116, 117 e 118 del codice, nei quali si parla dei figli naturali della coppia, che perciò possono nascere soltanto da un matrimonio eterosessuale.

Le modifiche terminologiche operate da questo provvedimento consentono pienamente alle coppie omosessuali l’adozione congiunta di minori e la co-adozione, cioè l’adozione da parte di un coniuge del figlio dell’altro coniuge. Anche i restanti profili disciplinati dal codice civile, sia quelli di carattere patrimoniale ed ereditario, sia quelli relativi ai rapporti tra genitori e figli, risultano modificati al fine di equiparare, a tutti gli effetti, il matrimonio tra persone dello stesso sesso a quello eterosessuale.

Inoltre, per evitare qualsiasi contestazione, una disposizione aggiuntiva unica contiene una clausola di applicazione generale a tutto l’ordinamento giuridico, per cui ogni riferimento al matrimonio, contenuto in norme di legge, sarà inteso indipendentemente dal sesso dei coniugi; in tal modo la legge è applicabile indirettamente a molti istituti giuridici che rientrano in diversi settori dell’ordinamento, quali ad esempio il diritto del lavoro, la funzione pubblica, l’assistenza e previdenza sociale, il diritto tributario.

 

 

B.    Altri paesi europei

Le sole unioni civili tra persone dello stesso sesso, oltre che in Germania, sono disciplinate nei seguenti paesi: Austria (dicembre 2009), Cipro (novembre 2015), Croazia (luglio 2014), Estonia (ottobre 2014), Grecia (dicembre 2015), Malta (aprile 2014), Repubblica ceca (marzo 2006), Slovenia (giugno 2005), Svizzera (giugno 2004) e Ungheria (aprile 2009). Tra questi paesi, gli unici a consentire l’adozione nell’ambito delle unioni civili sono Austria e Malta, nella forma dell’adozione congiunta.

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso, oltre che in Francia, Regno Unito e Spagna, è invece riconosciuto in Belgio, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo e Svezia.

L’Olanda è stato il primo Paese al mondo a riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel 2001. Successivamente, il matrimonio omosessuale è stato riconosciuto nel 2003 in Belgio, nel 2008 in Norvegia, nel 2009 in Svezia, nel 2010 in Islanda e Portogallo, nel 2012 in Danimarca, nel 2014 in Finlandia e Lussemburgo, nel 2015 in Irlanda (tramite referendum)[8].

Per quel che riguarda le adozioni, tutti i paesi che prevedono il matrimonio tra omosessuali consentono anche l’adozione (congiunta o del figlio del partner, a seconda dei paesi), ad eccezione del Portogallo (Lei N.º 9/2010 de 31 de Maio: Permite o casamento civil entre pessoas do mesmo sexo, art. 3).

Va segnalato che in Belgio la legge che ha introdotto il matrimonio tra persone dello stesso sesso (Loi ouvrant le mariage à des personnes de même sexe et modifiant certaines dispositions du Code civil, del 13 febbraio 2003)[9] non permetteva inizialmente alle coppie omosessuali l’adozione congiunta di minori e, nel caso di figli di uno dei due partner, lo sposo – o il convivente – dello stesso sesso non poteva diventarne genitore. In seguito, con la Loi reformant l’adoption del 24 aprile 2003, con la Loi-programme del 27 dicembre 2004 e, soprattutto, con la Loi modifiant certaines dispositions du Code civil en vue de permettre l’adoption par des personnes de même sexe del 18 maggio 2006, la disciplina nazionale dell’adozione è stata profondamente modificata e pertanto, in base alla disposizione attualmente in vigore (art. 343, comma 1, del Codice civile), è ora consentita l’adozione anche da parte degli sposi o dei conviventi. Le citate leggi di modifica hanno, infatti, espunto dalla norma del codice civile ogni riferimento alla differenza di sesso.

La Slovenia aveva approvato nel marzo 2015 una legge che consentiva i matrimoni e le adozioni anche alle coppie omosessuali. Il provvedimento è stato tuttavia abrogato con un referendum svoltosi nel dicembre 2015.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Il Consiglio costituzionale, investito del controllo di conformità costituzionale della legge, nella sua decisione n. 99-419 del 9 novembre 1999, ha precisato come il PACS debba essere considerato un patto estraneo al matrimonio, che non modifica lo stato civile dei contraenti e non sortisce alcuna conseguenza nei confronti dei figli.

[2] La vita in comune, come ha precisato il Consiglio costituzionale, consiste non soltanto nella “comunione di interessi” e nella “esigenza di coabitazione”, ma anche nella “residenza in comune” e nella “vita di coppia”.

 

[3] Secondo una particolare tecnica di redazione normativa a cui talora ricorre il legislatore tedesco, la Legge sulla convivenza registrata (Lebenspartnerschaftsgesetz) costituisce l’art. 1 della più ampia Legge per la cessazione delle discriminazioni nei confronti delle comunità di ugual sesso.

[4] Con la sentenza del 17 luglio 2002 (BVerfG, 1 BvF 1/01), la Corte costituzionale federale ha statuito che la legge sulla convivenza registrata non pregiudica la protezione del matrimonio da parte dello Stato, prevista dall’art. 6 della Legge fondamentale. In particolare, tale protezione non comporta per il legislatore il dovere di garantire all’istituto una posizione di supremazia rispetto ad altri modelli giuridici. Tale sentenza ha di fatto aperto la strada a una graduale equiparazione giuridica dell’unione fra persone dello stesso sesso al matrimonio fra persone di sesso diverso.

 

[5] Nella sentenza del 2002 la Corte costituzionale federale aveva richiamato l’attenzione sul fatto che, mentre ai sensi del § 1, comma 2, n. 1, della Legge sulla convivenza registrata, una convivenza non può essere efficacemente costituita se uno dei due partner è coniugato con un’altra persona, nella normativa sul matrimonio mancava una specifica disposizione che prevedesse il caso contrario.

[6] A norma dell’art. 44, le quattro ipotesi in cui la relazione alla base della civil partnership può essere considerata ormai definitivamente compromessa e se ne può decretare lo scioglimento (dissolution), sono individuate: nel comportamento di uno dei partner tale da far ragionevolmente ritenere che l’altro non possa proseguire la convivenza; che i partner abbiano vissuto separatamente nei due anni precedenti il ricorso, e che vi sia il consenso di entrambi allo scioglimento; che, altrimenti, i medesimi non abbiano convissuto nei precedenti cinque anni; che il ricorrente sia stato abbandonato dall’altro partner per il biennio precedente al ricorso.

[7] Per ulteriori informazioni si consultino le schede informative Las parejas de hecho e Las parejas de hecho en España.

 

[8] Danimarca, Norvegia, Svezia e Islanda avevano già una legislazione in materia di unioni civili per le coppie formate da persone dello stesso sesso risalente agli anni ’80-’90. Tali leggi sono state poi abrogate contestualmente all’approvazione delle nuove leggi sul matrimonio fra persone dello stesso sesso. L’Olanda ha una legislazione in materia di unioni civili (1998), applicabile a persone di sesso diverso o dello stesso sesso, che risulta ancora vigente.

[9] Si tenga presente che in Belgio la Loi instaurant la cohabitation légale del 23 novembre 1998, in vigore dal 1° gennaio 2000, aveva in precedenza istituito la convivenza legale, intendendo con tale espressione la situazione di vita comune di due persone che abbiano reso una dichiarazione nei termini specificati all’art. 1476 del codice civile. L’ampiezza della definizione codicistica ha permesso di ricomprendere in tale istituto qualsiasi tipologia di coppia: eterosessuale, omosessuale, ma anche quella formata da persone legate da rapporti di parentela o di semplice amicizia.