Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Le competenze istituzionali nei principali paesi europei e negli USA nei casi di dichiarazione di guerra e di autorizzazione alle missioni internazionali
Serie: Appunti    Numero: 86
Data: 26/02/2015

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 4/2015                                                                         26 febbraio 2015

Le competenze istituzionali nei principali paesi europei e negli USA nei casi di dichiarazione di guerra e di autorizzazione alle missioni internazionali

Francia

In Francia, il Presidente della Repubblica ha un ruolo determinante nel definire la politica di difesa nazionale. Ai sensi dell’art. 5 della Costituzione (Constitution du 4 octobre 1958) il Capo dello Stato è infatti il “garante dell’indipendenza nazionale” e “dell’integrità del territorio” ed inoltre, ai sensi dell’art. 15 Cost., “è il capo delle Forze armate” e “presiede i consigli e i comitati superiori della Difesa nazionale”.

Presiedendo in particolare il “Conseil de défense et de sécurité nationale”, il Presidente della Repubblica partecipa alla definizione degli indirizzi in materia di programmazione militare, di dissuasione nucleare, di condotta delle operazioni delle Forze armate francesi all’estero (les opérations extérieures –OPEX-), di lotta al terrorismo. Inoltre, l’art. 16 Cost. stabilisce che, qualora ricorrano minacce gravi per la sicurezza, l’integrità e la stabilità della Repubblica, il Capo dello Stato possa assumere poteri eccezionali, previa consultazione del Primo ministro, dei Presidenti delle Camere e del Consiglio costituzionale. L’art. 52 Cost. dispone poi che il Presidente abbia il potere di negoziare e ratificare i trattati internazionali (per la ratifica dei trattati di pace, ai sensi dell’art. 53 Cost., è necessaria una legge di autorizzazione). In tale ambito, il Presidente agisce di concerto con il Primo ministro, in quanto gli atti di ratifica dei trattati, così come altri atti presidenziali, necessitano della controfirma del Capo del Governo o di altri ministri competenti (art. 19 Cost.).

La concertazione tra Capo dello Stato e Capo del Governo in materia di gestione della politica estera e di difesa è inoltre stabilita da altri articoli della Costituzione. Ai sensi dell’art. 20 Cost. il Governo dispone infatti, in particolare, dell’amministrazione delle Forze armate e, ai sensi dell’art. 21 Cost., il Primo ministro è “responsabile della difesa nazionale”.

 

Con riferimento specifico alla dichiarazione di guerra, il Presidente della Repubblica ed il Governo non possono autorizzare tale atto senza il previo consenso del Parlamento. L’art. 35 della Costituzione, ampiamente modificato dalla Loi constitutionnelle n. 2008-724 del 23 luglio 2008, disciplina infatti il potere delle assemblee parlamentari in materia di “dichiarazione di guerra” e di controllo sulle operazioni militari all’estero.

Innanzitutto, il primo comma dell’art. 35 Cost. stabilisce che “la dichiarazione di guerra è autorizzata dal Parlamento”. Tuttavia, dall’inizio della V Repubblica (1958) ad oggi, tale disposizione non è mai stata applicata. L’articolo dispone poi che il Governo informi le due assemblee parlamentari (Assemblea nazionale e Senato) riguardo alla sua decisione di impiego delle Forze armate all’estero entro tre giorni dall’inizio dell’intervento militare. Tale informativa, in cui il Governo è tenuto ad indicare gli obiettivi che intende perseguire con la missione militare, può dar luogo ad un dibattito senza voto (art. 35 Cost., comma 2). Qualora la durata delle operazioni militari oggetto dell’informativa superi i quattro mesi, il Governo è tenuto a chiedere l’autorizzazione al Parlamento per il prolungamento dell’impiego delle Forze armate all’estero. Il Governo ha anche la facoltà di richiedere che l’Assemblea nazionale decida in ultima istanza riguardo a tale autorizzazione (art. 35 Cost., comma 3). Se il Parlamento non è convocato al momento della scadenza dei quattro mesi sopra indicati, si pronuncerà all’apertura della sessione successiva.

Si rileva in particolare che dal 2008, anno di entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 35 Cost., ad oggi, l’Assemblea nazionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla “dichiarazione del Governo” in merito all’autorizzazione al prolungamento dell’intervento delle Forze armate all’estero, in sei diverse occasioni. In particolare, nella legislatura in corso (la XIVª, giugno 2012-…) si sono svolti presso l’Assemblea nazionale tre dibattiti, seguiti dalle rispettive votazioni sul tema:

·     il 22 aprile 2013 ha avuto luogo il dibattito, seguito dal voto, sul prolungamento dell’intervento delle Forze armate in Mali (cfr. il resoconto della seduta del 22 aprile 2013);

·     il 25 febbraio 2014 ha avuto luogo il dibattito, seguito dal voto, sul prolungamento dell’intervento delle Forze armate nella Repubblica Centrafricana (cfr. il resoconto della “seconda seduta” del 25 febbraio 2014);

·     il 13 gennaio 2015 ha avuto luogo il dibattito, seguito dal voto, sul prolungamento dell’intervento delle Forze armate in Iraq (cfr. il resoconto della “prima seduta” del 13 gennaio 2015).

Nel corso della legislatura precedente (la XIIIª, giugno 2007-giugno 2012) si sono parimenti svolti presso l’Assemblea nazionale tre dibattiti, seguiti dalle rispettive votazioni, sul tema:

·     il 22 settembre 2008 ha avuto luogo il dibattito, seguito dal voto, sul prolungamento dell’intervento delle Forze armate in Afghanistan (cfr. il resoconto della “prima seduta” del 22 settembre 2008);

·     il 28 gennaio 2009 ha avuto luogo il dibattito, seguito dal voto, sul prolungamento dell’intervento delle Forze armate in cinque differenti operazioni militari (nella Repubblica della Costa d’Avorio; in Kosovo; in Libano; nella partecipazione alla Forza operativa europea EUFOR in Ciad e Repubblica Centrafricana; nelle operazioni in Africa centrale denominate Éparvier e Boali (cfr. il resoconto della “prima seduta del 28 gennaio 2009);

·     il 12 luglio 2011 ha avuto luogo il dibattito, seguito dal voto, sul prolungamento dell’intervento delle Forze armate in Libia (cfr. il resoconto della “seconda seduta” del 12 luglio 2011).

Le “dichiarazioni del Governo” per richiedere l’autorizzazione al prolungamento dell’impiego delle Forze armate nei paesi sopra indicati sono state presentate e discusse presso il Senato nei medesimi giorni in cui sono state presentate presso l’Assemblea nazionale (cfr. l’elenco delle sedute e i relativi resoconti dei dibattiti e delle votazioni al Senato riguardanti tale tema).

 

 

Germania

1.   Il quadro normativo

L’art. 26, co. 1, della Legge fondamentale tedesca (LF) sancisce il divieto di guerra di aggressione: “Le azioni atte a turbare la convivenza pacifica dei popoli o intraprese a tal fine, e in particolare quelle volte a preparare una guerra di aggressione, sono incostituzionali. Esse devono essere perseguite penalmente”.

Oltre che dalla LF, il divieto di guerra di aggressione è previsto dalle seguenti disposizioni:

·     art. 2 del Trattato sullo stato finale della Germania (Treaty on the Final Settlement with Respect to Germany), del 12 settembre 1990, negoziato fra la Repubblica Federale di Germania (RFT) e la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), e le Quattro Potenze che occuparono la Germania alla fine della seconda guerra mondiale in Europa: Francia, Regno Unito, Stati Uniti d'America e Unione Sovietica), che riprende testualmente il dettato costituzionale;

·     art. 80 del Codice penale tedesco, emanato in applicazione della norma costituzionale, in base al quale “chiunque compie atti preparatori di una guerra d’aggressione (art. 26, comma 1, della Legge fondamentale) in cui dovrebbe essere coinvolta la Repubblica Federale di Germania, e con ciò provochi per essa il pericolo di una guerra, è punito con l’ergastolo o con la pena detentiva non inferiore a dici anni”.

L’unica eccezione a tali disposizioni è prevista qualora, a seguito di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU e ai sensi degli artt. 42 e 53 della Carta delle Nazioni Unite, venga deciso l'uso della forza militare con la partecipazione tedesca.

Accanto al divieto di guerra di aggressione, la Legge fondamentale prevede una compiuta disciplina della difesa nazionale e dell’organizzazione delle Forze armate. Un intero titolo[1], costituito da 11 disposizioni (artt. 115a-115l), è infatti dedicato allo “stato di difesa” (Verteidigungsfall) dichiarato dal Bundestag, con l’approvazione del Bundesrat, in caso di aggressione (o minaccia di aggressione imminente) del territorio federale con la forza delle armi. La dichiarazione avviene su istanza del Governo federale e richiede una maggioranza pari ai due terzi dei voti espressi e pari almeno alla maggioranza dei componenti del Bundestag. Qualora la situazione richieda un'azione immediata e vi siano ostacoli insormontabili che impediscono al Bundestag di riunirsi tempestivamente (o se quest’ultimo non è in grado di deliberare), la dichiarazione viene effettuata dalla Commissione comune[2] con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, pari almeno alla maggioranza dei suoi membri.

Con la proclamazione dello stato di difesa, inoltre, “i poteri di direzione e di comando delle Forze armate sono trasferiti al Cancelliere federale” (art. 115b LF) e, per l’intera durata di tale stato, è escluso lo scioglimento del Bundestag (art. 115h, co. 3).

2.  L’autorizzazione parlamentare alle missioni internazionali

La partecipazione della Bundeswehr alle missioni internazionali per il mantenimento della pace è stata per lungo tempo al centro di un acceso dibattito politico e istituzionale, in particolare con riguardo alla Somalia nel 1992 e alla ex-Iugoslavia nel 1993. La questione dell’invio di truppe tedesche all’estero è stata anche oggetto di ricorso costituzionale da parte dei Gruppi parlamentari SPD (socialdemocratico) e FDP (liberale). I ricorsi sono stati respinti dal Tribunale costituzionale federale con la sentenza del 12 luglio 1994 (BVerfGE 90, 286), che ha sancito l’obbligo per il Governo federale di richiedere preventivamente l’approvazione del Bundestag per l’invio di contingenti militari all’estero. Nella motivazione della sentenza il Tribunale costituzionale ha fatto riferimento all’art. 24, comma 2 della Legge fondamentale che legittima l’adesione della Germania ad un sistema di mutua sicurezza collettiva per la tutela della pace. L’appartenenza ad organizzazioni internazionali che perseguono tali scopi, come in primo luogo le Nazioni Unite e l’Alleanza atlantica, comporta per tutti i paesi membri, quindi anche per la Germania, una serie di obblighi tra cui rientra l’attuazione delle risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Prima dell’approvazione della Legge sulla partecipazione del Parlamento alle decisioni relative all’impiego di Forze armate all’estero (Gesetz über die parlamentarische Beteiligung bei der Entscheidung über den Einsatz bewaffneter Streitkräfte im Ausland (Parlamentsbeteiligungsgesetz), del 18 marzo 2005, il procedimento di approvazione si basava esclusivamente sulla giurisprudenza costituzionale e sulla conseguente prassi parlamentare orientata sulle procedure previste in generale per la trattazione di progetti di legge o di mozioni. Nella decisione del Tribunale costituzionale era stata tuttavia sollecitata l’emanazione di una specifica legge che disciplinasse più nel dettaglio, in modo chiaro e trasparente, la formale partecipazione dell’organo legislativo al procedimento decisionale relativo all’invio di truppe all’estero.

Seguendo le indicazioni del Tribunale costituzionale e attingendo alle esperienze passate, la legge del 2005 disciplina forma ed entità del coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni di politica estera che hanno per oggetto l’impegno militare nel quadro di missioni internazionali. L’impiego di Forze armate tedesche al di fuori dell’ambito di applicazione della Legge fondamentale, in particolare fuori dai confini nazionali e dalla zona territoriale di competenza del Trattato NATO, è quindi soggetto all’approvazione del Bundestag.

Programmi e misure preparatorie, per i quali non è necessario il consenso del Parlamento, non rientrano nella definizione di “impiego di un contingente armato”. Un’analoga previsione riguarda le missioni di carattere umanitario e di soccorso in cui ai militari è consentito l’uso delle armi esclusivamente a scopo di autodifesa.

Prima dell’inizio delle operazioni, il Governo presenta al Bundestag, in tempo utile, la mozione (Antrag) contenente la richiesta di approvazione per l’impiego di forze militari. La legge specifica ed elenca i contenuti dell’istanza presentata dal Governo, tra cui l’indicazione dei fondamenti giuridici della missione, il numero massimo di unità da inviare, la durata programmata delle operazioni, nonché i costi previsti e il finanziamento. La mozione del Governo non può essere emendata dal Bundestag, che può soltanto approvarla o rifiutarla in blocco.

Per missioni di lieve entità e modesta portata (ad esempio quelle che coinvolgono un numero esiguo di militari e quando non si tratti della partecipazione ad un conflitto) la legge prevede un procedimento semplificato di approvazione (vereinfachtes Zustimmungsverfahren). In tali casi il Governo è tenuto ad esporre i motivi per cui intende richiedere tale procedura. Il Presidente del Bundestag trasmette la mozione del Governo ai Presidenti dei gruppi parlamentari, ai Presidenti delle Commissioni Esteri e Difesa e ai rappresentanti dei gruppi all’interno di queste. Il testo della mozione è poi stampato e distribuito a tutti i deputati. L’approvazione si ritiene concessa se, entro sette giorni dalla distribuzione dello stampato, un gruppo parlamentare o il 5% dei membri del Bundestag non richiedano lo svolgimento di un dibattito in Assemblea.

La procedura semplificata è di regola prevista in caso di missioni di ricognizione in cui l’uso delle armi è esclusivamente consentito per l’autodifesa, oppure quando i soldati devono prestare servizio in corpi militari alleati sulla base di intese di scambio, o infine quando singole unità sono destinate a missioni delle Nazioni Unite, della Nato, dell’Unione europea o di altre organizzazioni di difesa collettiva per l’adempimento di una decisione dell’ONU.

L’impiego di Forze armate in caso di pericolo imminente o di soccorso a persone in grave situazione non ha bisogno della preventiva approvazione parlamentare. Il Bundestag deve però essere informato in modo adeguato prima dell’inizio e durante il corso delle operazioni. Il Governo è tenuto a richiedere un’approvazione a posteriori (nachträgliche Zustimmung) che, se rifiutata, mette fine alla partecipazione alla missione.

La legge pone, inoltre, a carico del Governo l’obbligo di informare regolarmente il Bundestag sul corso della missione e sugli sviluppi della situazione politica locale. Nei casi in cui è prevista la procedura di approvazione semplificata, il Governo informa immediatamente le Commissioni competenti e i rappresentanti dei gruppi parlamentari. Alla fine il Governo redige una relazione in cui illustra e valuta gli aspetti sia militari che politici della missione conclusa.

La procedura semplificata si applica anche alla proroga di missioni, già autorizzate dal Bundestag, qualora non vi siano modifiche di contenuto. Tale disposizione è giustificata dal fatto che, nel caso di proroghe, è necessario assicurare una rapida capacità di azione del Governo in ambito internazionale. Può tuttavia essere richiesto, entro i termini prescritti, lo svolgimento di un dibattito parlamentare al termine del quale il Bundestag decide se concedere o no la sua approvazione. In ogni caso la legge attribuisce al Parlamento anche il diritto di revocare (c.d. Rückholrecht) l’approvazione con la quale è stato autorizzato l’impiego di Forze armate oltre i confini nazionali.

 

 

Regno Unito

Nel Regno Unito, in assenza di una costituzione scritta, le decisioni concernenti l'impiego delle Forze armate costituiscono una tradizionale prerogativa della Corona, nel quadro dei poteri a questa attribuiti nelle questioni internazionali (inclusa la stipula di trattati). Da questo potere del Sovrano di dichiarare lo stato di guerra discende l’incardinamento della decisione di utilizzare le Forze armate nella sfera delle attribuzioni dell'Esecutivo e del Primo Ministro.

L'evoluzione della prassi costituzionale degli ultimi anni registra, tuttavia, un progressivo rafforzamento del ruolo del Parlamento. Nel 2003, infatti, il Governo Blair consentì che si svolgesse un dibattito e una votazione parlamentare sulla decisione di intervento militare in Iraq; nel 2011 è stato oggetto di dibattito parlamentare l'impegno del Regno Unito nel mantenimento di una no-fly zone in Libia; infine nel 2013, con risoluzione parlamentare, è stata bocciata la proposta del Governo Cameron relativa all'impiego di contingenti militari in Siria.

Sul consolidamento di questa convenzione costituzionale, che riconosce il ruolo del Parlamento nelle decisioni di intervento militare all'estero (salvo i casi di urgente difesa del territorio nazionale), è utile la relazione della Commissione della Camera dei Comuni per la riforma politica e costituzionale, pubblicata nel marzo 2014 (Parliament's role in conflict decisions: a way forward) e alla quale il Governo deve ancora rispondere. La Commissione, tra l'altro, ha individuato nella risoluzione parlamentare lo strumento formale con cui il Parlamento può formulare il proprio assenso all'impiego della forza militare da parte dell'Esecutivo.

D’altra parte, il tema (la definizione del ruolo del Parlamento nelle decisioni che involgono l'esercizio di "war powers") era stato oggetto di una consultazione pubblica promossa dallo stesso Governo nel 2007, a partire da un documento predisposto dal Ministero della Giustizia (The Governance of Britain. War powers and treaties: limiting Executive powers, ottobre 2007) in cui, ricostruito l'assetto vigente dei controlli parlamentari, si prospettavano linee di riforma dirette a formalizzare le competenze parlamentari nel contesto di un generale rafforzamento dei suoi controlli e di un riequilibrio tra i poteri dello stesso Parlamento e dell'Esecutivo.

La costante attualità del tema è peraltro attestata da un recente progetto di legge di iniziativa parlamentare (Armed Forces Deployment (Royal Prerogative) Bill, presentato alla Camera dei Lord l’11 giugno 2014, ma ancora in attesa di essere esaminato), la cui finalità è appunto quella di codificare e procedimentalizzare il ruolo del Parlamento nella decisione concernente l'impiego delle Forze armate, ferma restando la competenza governativa circa l'avvio del relativo processo decisionale.

Sul medesimo profilo si segnala infine una nota informativa della Camera dei Comuni pubblicata lo scorso mese di ottobre (Parliamentary Approval for Deploying the Armed Forces: An Update, 13 ottobre 2014).

 

 

Spagna

L’art. 63, comma 3, della Costituzione spagnola del 1978 sancisce che al “Re spetta, previa autorizzazione delle Cortes Generales, dichiarare la guerra e fare la pace”. Tra le funzioni esercitate dal Sovrano, l’art. 62, lettera h, della Costituzione include il “comando supremo delle Forze armate”.

Si tratta naturalmente di attribuzioni formali, posto che il “Governo dirige la politica interna ed estera, l’amministrazione civile e militare, nonché la difesa dello Stato” (art. 97 Cost.).

La Ley Orgánica 6/1980, de 1 de julio, por la que se regulan los criterios básicos de la Defensa Nacional y la organización militar aveva attuato la riserva prevista dall’art. 8, comma 2, della Costituzione, per cui una “legge organica regolerà le basi dell’organizzazione militare, secondo i principi della presente Costituzione”. Essa assegnava ai diversi soggetti istituzionali (Parlamento, Governo, Capo del Governo, ecc.) precisi compiti in materia. Tale legge è rimasta in vigore fino al 2005, allorquando la Ley Orgánica 5/2005, de 17 de noviembre, de la Defensa Nacional ha riformato la normativa sulla difesa nazionale e l’organizzazione militare del 1980, parzialmente modificata nel 1984, con l’obiettivo di adeguare la normativa sulla difesa alle trasformazioni intervenute in ambito sia internazionale sia interno.

In particolare, per quel che riguarda i rapporti internazionali, il Governo spagnolo ha ritenuto che la strategia nazionale debba fondarsi su un sistema multilaterale di azioni ed iniziative, basato sul riconoscimento del ruolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, cui spetta la responsabilità fondamentale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. L’interdipendenza tra gli Stati e la partecipazione della Spagna ad organizzazioni internazionali di difesa, come la NATO, hanno portato le Forze armate a svolgere la loro missione fuori dai confini nazionali. Pertanto il Governo ha ritenuto opportuno includere nella legge organica del 2005 disposizioni che riconoscano espressamente le missioni internazionali, non considerate nella precedente normativa, definendo i requisiti che garantiscono la legalità internazionale delle missioni e stabilendo le forme di controllo.

A tale fine è stato attribuito un ruolo più rilevante al Parlamento, cui devono essere sottoposte le decisioni governative riguardanti le missioni all’estero. Inoltre la legge dispone che le missioni debbano essere richieste espressamente dal Governo del Paese in cui si svolgono e autorizzate dalle Nazioni Unite o approvate dalle organizzazioni internazionali di cui la Spagna fa parte. Le missioni devono assolvere a fini difensivi, umanitari e di stabilizzazione o mantenimento della pace, nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite e dei principi del diritto internazionale. Al Parlamento inoltre è stato attribuito un ruolo maggiormente incisivo nella definizione della politica della difesa e nel controllo dell’azione del Governo in materia. Il Parlamento è chiamato eventualmente ad “accordare l’autorizzazione a cui si riferisce l’articolo 63.3 della Costituzione” (Ley 5/2005, art. 4, comma 1, lettera e).

La responsabilità della gestione delle situazioni di crisi riguardanti la difesa e la direzione dei conflitti armati sono attribuite al Presidente del Governo, assistito dal Consiglio della difesa nazionale (Consejo de Defensa Nacional), organo istituito dalla legge del 2005 con funzioni consultive e di coordinamento. Il Ministro della Difesa è incaricato dell’esecuzione e dello sviluppo della politica di difesa.

Nella Costituzione spagnola sono presenti, infine, ulteriori riferimenti allo stato di guerra. L’art. 15 sancisce, infatti, l’abolizione della pena di morte, “salvo quanto possano disporre le leggi penali militari in tempo di guerra”, mentre l’art. 169 prescrive che non si possa “iniziare la revisione costituzionale in tempo di guerra o quando si presenti una delle situazioni previste nell’art. 116”, vale a dire gli stati d’allarme, di eccezione e d’assedio, che una legge organica è chiamata a disciplinare[3].

 

 

Stati Uniti d’America

1.   Il quadro normativo

La Costituzione degli Stati Uniti ripartisce i poteri di guerra del governo federale tra l’Esecutivo e il Legislativo: il Presidente è il Comandante in Capo delle Forze armate (art. II, sez. 2), mentre il Congresso ha il potere di effettuare una dichiarazione di guerra e di radunare e sostenere le Forze armate (art. I, sez. 8).

Tuttavia la Costituzione non disciplina la ripartizione dei poteri tra il Congresso e il Presidente, né prevede quale forma giuridica debba assumere una dichiarazione di guerra per poter essere considerata tale.

Nel corso del tempo, numerose volte si è posto il problema dell’estensione del potere del Presidente di impegnare le Forze armate in azioni di guerra senza una specifica dichiarazione di guerra, o una qualche altra forma di approvazione da parte del Congresso. La questione è stata risolta con l’approvazione della War Powers Resolution (Public Law 93-148, del 7 novembre 1973), votata dal Congresso in seguito alla guerra nel Vietnam.

Quanto alla forma giuridica della dichiarazione di guerra, il 13 marzo 2003, con la sentenza No. 03-1266, la Corte di appello del primo distretto ha stabilito che anche un’autorizzazione approvata dal Congresso con lo strumento della risoluzione debba essere considerata a tutti gli effetti una dichiarazione di guerra, pur se non contiene questa esplicita menzione.

2.  La legge del 1973 sui poteri di guerra

La War Powers Resolution (Public Law No.93-148), del 7 novembre 1973, nota anche come War Powers Act, origina da una risoluzione congiunta discussa e approvata da entrambe le Camere del Congresso secondo la procedura legislativa, ed ha gli stessi effetti giuridici di una legge.

La sez. 2 stabilisce esplicitamente che l’atto mira a completare la cornice costituzionale, al fine di assicurare una decisione condivisa sia dal Congresso sia dal Presidente, per impegnare le Forze armate in un’azione di guerra. Il Presidente può esercitare i suoi poteri di Comandante in Capo soltanto in seguito a una dichiarazione di guerra, a una specifica autorizzazione da parte del Congresso, o in caso di emergenza nazionale determinata da un attacco agli Stati Uniti o alle sue Forze armate.

La sez. 3 dispone che il Presidente debba consultare il Congresso prima di impegnare le Forze armate in un conflitto, e riferire ad esso regolarmente fino a che non siano cessate le ostilità.

Qualora le Forze armate siano impegnate in un conflitto senza una dichiarazione di guerra approvata dal Congresso (sez. 4), il Presidente entro 48 ore deve presentare ai Presidenti della Camera dei Rappresentanti e del Senato una relazione scritta, che dia conto delle circostanze che abbiano richiesto l’impiego delle Forze armate, nonché degli obiettivi e della durata previsti del conflitto. Durante tutta la durata delle ostilità, il Presidente deve informare regolarmente il Congresso sul loro andamento, non meno di una volta ogni 6 mesi. Entro 60 giorni dalla presentazione della relazione, il Presidente dovrà dismettere l’uso delle Forze armate (sez.5), qualora il Congresso non abbia approvato una dichiarazione di guerra o una specifica autorizzazione, oppure sia inabilitato a riunirsi come conseguenza di un attacco armato agli Stati Uniti. In ogni momento il Congresso può stabilire, approvando una risoluzione congiunta, che le Forze armate siano ritirate, qualora siano state impegnate senza il voto di una dichiarazione di guerra o di una specifica autorizzazione.

Nel caso degli ultimi due conflitti che hanno impegnato le Forze armate, il Congresso è intervenuto con una specifica autorizzazione:

·     l’Autorizzazione per l’uso delle Forze armate contro i responsabili dei recenti attacchi contro gli Stati Uniti (Legge No. 107-40 del 18 settembre 2001, approvata una settimana dopo l’attacco alle “torri gemelle”;

·     l’Autorizzazione per l’uso delle Forze armate contro l’Iraq (Legge No. 107-243 del 16 ottobre 2002).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Si tratta del titolo Xa. inserito con la legge costituzionale del 24 giugno 1968.

[2] “La Commissione comune è formata per i due terzi da deputati del Bundestag e per un terzo da componenti del Bundesrat […]. Il Governo federale deve informare la Commissione comune dei propri piani in caso di stato di difesa. Restano salvi i poteri del Bundestag e delle sue Commissioni ai sensi dell'art. 43, co. 1” (art. 53a LF).

[3] La legge organica è stata poi approvata nel 1981: Ley Orgánica 4/1981, de 1 de junio, de los estados de alarma, excepción y sitio.