Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera |
Titolo: | Le politiche attive per il lavoro nei principali paesi europei |
Serie: | Appunti Numero: 84 |
Data: | 13/10/2014 |
Camera dei deputati
XVII Legislatura
BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA
A P P U N T I |
Appunto 42/2014
13 ottobre 2014
Le politiche attive per
il lavoro nei principali paesi europei
Francia
In
Francia alcuni strumenti per favorire la cosiddetta flexicurity sono stati introdotti fin dal 2008. Con la Loi n. 2008-596 du 25 juin 2008 portant modernisation du
marché du travail
- considerata una sorta di avvio della via francese alla flexisécurité- sono stati infatti introdotti alcuni meccanismi per
garantire la conservazione di determinati diritti dei lavoratori, consentendo
al contempo alle imprese di attivare alcune forme di flessibilità per adattarsi
alle nuove esigenze del mercato. La legge n. 2008-596, che reca in particolare
modifiche al Codice del lavoro, pur affermando che il
contratto a tempo indeterminato rimane la “forma normale e generale” della
relazione di lavoro (Code du travail,
art. L1221-2), ha ad esempio
introdotto il nuovo dispositivo della “rottura
convenzionale” tra le forme di cessazione di tale tipo di contratto (Code du travail, art. L1237-11 e ss.). La “rottura
convenzionale” consiste in una conclusione del rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, previo accordo tra le parti che ha luogo dopo uno o più incontri
tra le stesse e che risulta da una “convenzione” da loro firmata. Nella “convenzione
di rottura” sono in particolare definite le condizioni di interruzione del
rapporto di lavoro e l’importo dell’indennità specifica dovuta al lavoratore al
momento della cessazione del rapporto, che non può essere inferiore
all’indennità di licenziamento definita all’art. L1234-9 del Codice del lavoro.
Il provvedimento del 2008 ha inoltre introdotto una nuova forma di contratto a
tempo determinato: il “contratto a tempo
determinato a oggetto definito”. Si tratta di una sorta di “contratto a
progetto”, che può avere una durata minima di 18 mesi e una durata massima di
36 mesi. Il contratto può essere proposto da datori di lavoro a ingegneri o
quadri (cadres), sulla base di un
accordo di settore o un accordo di impresa. La risoluzione del contratto
avviene di norma una volta realizzatosi l’oggetto per il quale è stato posto in
essere. Le parti possono tuttavia interrompere il contratto per un “motivo
reale e serio”. Il contratto non può essere rinnovato. Qualora, al termine del
contratto, il datore di lavoro non propone al lavoratore un nuovo contratto a
tempo indeterminato, questi ha diritto ad un’indennità di un importo uguale al
10% della sua retribuzione totale lorda (art. 6 della legge
n.2008-596).
Nel
2012 è stata poi promossa in Francia
l’approvazione della Loi n. 2012-1189 du 26 octobre 2012 portant création des
emplois d'avenir. Il provvedimento, che ha
recato in particolare modifiche al Codice del lavoro (Code du travail, art. L5134-110 e ss.), introduce la nuova
tipologia dei contratti per gli “emplois
d’avenir”, di cui possono beneficiare i giovani disoccupati che
hanno un’età compresa tra i 16 e i 25 anni e le persone portatrici di handicap
con meno di 30 anni di età. Tali soggetti devono possedere inoltre uno dei
seguenti requisiti: il mancato possesso di un diploma del sistema di formazione
primaria; oppure, il possesso di un diploma, o di “un titolo a finalità
professionale” e la certificazione della ricerca di un’occupazione da almeno 6
mesi, nel corso dell’ultimo anno; oppure, la residenza in un’area urbana o
rurale considerata particolarmente svantaggiata e la certificazione della
ricerca di un’occupazione da almeno un anno, nel corso degli ultimi 18 mesi. Il
provvedimento dispone inoltre che al contratto per gli “emplois d’avenir” si possono applicare le disposizioni di altre due
tipologie di contratti: quella del “contratto di accompagnamento al lavoro” (Code du travail, art. L5134- 20 e ss.) – successivamente
modificato dalla legge n. 2014-288 del 5 marzo 2014- o quella del
“contratto iniziativa-impiego” (Code du
travail, art. L5134-65 e ss.). Per favorire i nuovi
contratti, la legge stabilisce che lo Stato conceda un finanziamento (aide relative à l’emploi d’avenir) ai
datori di lavoro.
Nel
2013 il legislatore francese ha poi
introdotto nuove forme di flexsecurity. Innanzitutto,
per favorire l’occupazione giovanile e
al contempo garantire ai lavoratori più
anziani la conservazione del posto di lavoro, il legislatore ha adottato la
Loi n. 2013-185 du 1er mars 2013 portant création du
contrat de génération. Il
provvedimento, promosso dal Governo sulla base degli esiti della
“Grande conferenza sociale”[1]
del luglio 2012, voluta dal Presidente Hollande e dell’“Accordo nazionale
interprofessionale” del 19 ottobre 2012 (firmato da tutte le grandi
organizzazioni sindacali e datoriali), ha istituito il cosiddetto “contratto
di generazione”, recando modifiche al Codice del lavoro (cfr. Code du travail, da art. L5121-6 a art. L5121-21). Il 15 marzo 2013 è stato poi adottato il Decreto n. 2013-222 per l’applicazione del
provvedimento. Il “contrat de génération”
riguarda nello specifico i giovani con meno di 26 anni e i lavoratori “anziani”
(seniors) con più di 57 anni. Per i
giovani e gli anziani portatori di handicap sono previste età minime e massime
diverse per accedere al contratto. L’attuazione del dispositivo dipende inoltre
dalle dimensioni delle imprese:
·
per le aziende di piccole dimensioni (fino a
50 dipendenti) è disposto un “aiuto statale” per l’assunzione a tempo
indeterminato di un giovane under 26
con “contrat de génération”. L’aiuto
statale sarà del valore di 4.000 euro all’anno, per un massimo tre anni (in
totale 12.000 euro). Per ottenere tale beneficio l’azienda deve impegnarsi a
non licenziare lavoratori seniors over 57 in tale periodo e non deve
neanche aver effettuato licenziamenti economici nei sei mesi precedenti;
·
per le aziende di medie dimensioni (con più
di 50 e meno di 300 dipendenti) è necessario che sia stipulato un accordo a
livello aziendale sui “contratti di generazione”, in assenza del quale lo Stato
non erogherà l’ aiuto statale di 4.000 euro all’anno;
·
per le imprese di grandi dimensioni (con più
di 300 dipendenti) è posto l’obbligo, entro il 30 settembre 2013, di un accordo
collettivo a livello aziendale o di gruppo o un “piano d’azione” in materia, in
assenza dei quali possono essere erogate sanzioni. Il provvedimento non dispone
inoltre lo stanziamento di un “aiuto statale” per la stipulazione di questi
nuovi contratti nelle grandi aziende.
Sempre
nel 2013 il legislatore francese, ha
inoltre promosso un nuovo provvedimento, la Loi n. 2013-504 du 14 juin 2013 relative à la sécurisation
de l’emploi),
con cui sono stati compiuti ulteriori progressi per raggiungere un equilibrio
tra le esigenze di sicurezza dei
lavoratori e quelle di maggiore
flessibilità delle imprese. L’intervento normativo, promosso dal Governo, è
frutto di un ampio dialogo con le parti sociali, realizzatosi con la “Grande
conferenza sociale" del luglio 2012 cui si è già accennato e con l’“Accordo
nazionale interprofessionale” dell’11 gennaio 2013[2]. Il
provvedimento del 2013 mira in particolare a realizzare i seguenti obiettivi:
creare nuovi diritti individuali per i lavoratori; facilitare l’accesso al
lavoro e contrastarne la precarizzazione; realizzare una maggiore negoziazione
nell’organizzazione del lavoro nelle aziende per favorire il mantenimento
dell’occupazione e inquadrare i licenziamenti in un contesto economico
difficile.
Con
riferimento al primo obiettivo, si segnala che la legge n.2013-504 ha
introdotto in particolare i seguenti nuovi diritti
individuali per i lavoratori:
·
la
generalizzazione della “copertura
sanitaria complementare” entro il 1° gennaio 2016. Entro tale data,
infatti, nelle imprese in cui non è ancora presente tale copertura, dovrà
essere avviata una convenzione con organismi privati assicurativi che possano
garantirla. La legge stabilisce inoltre il diritto per il lavoratore alla
“portabilità della copertura sanitaria complementare”, ossia alla conservazione
della copertura assicurativa sanitaria nei dodici mesi successivi alla
conclusione del rapporto di lavoro. Prima dell’intervento normativo del 2013, la
portabilità era per soli 9 mesi. La “copertura sanitaria complementare”
garantisce il lavoratore nel diritto al rimborso complementare per spese dovute
a malattia, maternità o infortunio (art.1 della legge).
·
il
“conto
personale di formazione” del lavoratore,
dispositivo successivamente modificato dalla Legge n. 2014-288 del 5 marzo 2014 relativa alla formazione professionale, all’impiego e
alla democrazia sociale” (Code du travail,
art. L6111-1).
Il dispositivo prevede che ogni persona disponga, dal momento in cui entra nel
mercato del lavoro, di un “conto personale di formazione”, contabilizzato in
ore ed attivato dall’interessato per un’esperienza di formazione individuale; è
inoltre conservabile e trasferibile in caso di perdita o cambiamento del
lavoro.
Con
riferimento al secondo obiettivo, si segnala che la legge n.2013-504 ha
introdotto in particolare alcuni strumenti per
ridurre il lavoro precario e tutelare i lavoratori a tempo parziale. Sono infatti previste dal testo
legislativo agevolazioni fiscali alle imprese che assumono dipendenti con
contratti a tempo indeterminato - i Contrat
à durée indéterminée (CDI)- o che favoriscano il passaggio da un Contrat à durée déterminée (CDD) ad un
CDI. E’ inoltre previsto dalla legge un obbligo, per i dipendenti impiegati con
contratti part-time, di una durata
minima oraria di lavoro. Tale durata è, in linea generale, di minimo 24 ore
settimanali (Code du travail, art. L3123-14-1). Inoltre, la legge
dispone che ogni ora supplementare di lavoro dia luogo ad una maggiorazione
della retribuzione del 10% (Code du
travail, art. L3123-17).
Con
riferimento al terzo obiettivo, si segnala che la legge n.2013-504 ha
introdotto alcuni strumenti per permettere alle imprese di adottare meccanismi per favorire la mobilità dei
lavoratori o la riduzione dell’orario di lavoro, evitando così il ricorso al
licenziamento, o altri strumenti per inquadrare in maniera nuova il
licenziamento per motivi economici. Tra i diversi strumenti introdotti in
questo campo si segnalano:
·
la
previsione di “accordi per il
mantenimento dell’impiego” (accords
de maintien de l’emploi), che possono essere stipulati dai datori di lavoro
di un’impresa e dai rappresentanti sindacali presenti nella stessa, al fine di
assicurare la conservazione del posto di lavoro dei dipendenti dell’azienda per
due anni al massimo, qualora sia attestata una congiuntura economica
particolarmente negativa (Code du
travail, art. L5125-1 e ss.);
·
l’introduzione
di nuove forme di mobilità professionale o geografica interna ad un’impresa (Code du travail, art.L2242-21 e ss.);
·
l’introduzione
di una nuova forma di mobilità esterna, che
consiste nella “mobilità volontaria in sicurezza”, cui possono accedere tutti i
lavoratori di un’impresa con almeno 300 dipendenti, che abbiano almeno due anni
di anzianità. Tale forma di mobilità consente al dipendente di svolgere
un’esperienza lavorativa in un altro luogo di lavoro per un certo periodo di
tempo (Code du travail, art. L1222-12 e
ss.);
·
un
nuovo inquadramento del “licenziamento
collettivo per motivi economici”, (Code
du travail, art. L 1233-5 e ss.), che prevede ad
esempio variazioni per la definizione dei “Piani di salvaguardia dell’impiego”(Plans de sauvagarde de l’emploi -PSE-);
·
nuove
modalità “convenzionali” per la
risoluzione delle controversie in materia di licenziamento. In caso di
contestazione di un licenziamento da parte di un lavoratore, questi e il datore
di lavoro possono giungere ad un accordo, anche per il tramite di un bureau de conciliation, in cui è previsto
in particolare il pagamento al lavoratore di un indennizzo, di importo variabile,
per porre fine alla controversia (Code du
travail, art. L1235-1 e ss.).
Il testo legislativo reca inoltre
nuove norme in materia di diritti dei
rappresentanti del personale. In
particolare, nelle aziende più grandi i rappresentanti del personale
partecipano ai Consigli di amministrazione (Code
du commerce, art. L225-27-1).
Inoltre, i rappresentanti del personale di “grandi imprese” devono essere
informati periodicamente degli orientamenti strategici dell’azienda e le loro
conseguenze sull’ attività e l’occupazione (Code
du travail, art. L2242-15,
poi modificato con la legge n. 2014-288 del 5 marzo 2014).
Nel
2014 il legislatore francese ha poi adottato
in materia di lavoro il provvedimento cui si è già accennato: la Loi n.2014-288 du 5
mars 2014 relative à la formation professionnelle, à l'emploi et à la
démocratie sociale, con cui sono introdotte nuove misure per
facilitare l’occupazione giovanile e
migliorare la formazione dei lavoratori. Con tale testo legislativo sono state
in parte modificate le norme riguardanti il “conto personale di formazione” dei
lavoratori. La legge n. 2014-288 ha poi riformato in particolare il regime dell’apprendistato, è di norma
consentito ai giovani di un’età compresa tra i 16 e i 25 anni, cui viene
garantito un salario e un programma di formazione professionale. Il
provvedimento stabilisce innanzitutto che “alcuna contropartita finanziaria può
essere richiesta all’apprendista in occasione della conclusione, della
registrazione o della rottura del contratto di apprendistato, né al datore di
lavoro in occasione della registrazione del contratto di apprendistato” (Code du travail, art. L6221-2; cfr. anche art. L 6233-1-1). La legge dispone
inoltre la possibilità per i giovani con 15 anni di età di effettuare, a
determinate condizioni, una sorta di “pre-apprendistato” (Code du travail, art. L6222-1). Il provvedimento reca
inoltre alcune nuove norme in materia di “contratto di apprendistato” (Code du travail, art. L6222-2 e ss.). La legge n.
2014-288 introduce anche nuovi meccanismi riguardanti la rappresentanza del personale nelle aziende, in parte poi modificati
dall’Ordonnance n. 2014-699
du 26 juin 2014 portant simplification et adaptation du droit du travail. Sono ad esempio
previste nuove regole per l’elezione dei delegati per la rappresentazione del
personale (Code du travail, art. L2314-3; art. L2314-3-1; art. L2324-4). Disposizioni
specifiche sono poi previste in materia di designazione del delegato sindacale
nel “comitato di impresa” nelle aziende (cfr. in particolare Code du travail, art. L2143-3; art. L2324-2). La legge n.2014-288
introduce, infine, nel Codice del lavoro un capitolo specifico riguardante la rappresentanza delle “organizzazioni
professionali dei datori di lavoro” (Code
du travail, art. L2151-1 e ss.).
Merita
inoltre di essere segnalata la Loi n.2014-384 du 29 mars 2014 visant à reconquérir
l'économie réelle (la cosiddetta “Loi Florange”), con la
quale è stato in particolare riformato il dispositivo riguardante l’obbligo, posto in capo ad imprenditore
che gestisce un’ azienda con almeno 1.000 dipendenti, di cercare un acquirente cui
cedere l’impresa (obligation de
recherche d’un repreneur) in caso di progetto di chiusura della stessa che
comporti l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo. Tale obbligo era
stato inizialmente posto dalla legge n. 2013-504 del 14 giugno 2013
(cfr. art.19) ed è stato poi
ampiamente riformato dalla Loi Florange, che
ha recato modifiche al Codice del lavoro (cfr.
Code du travail, da art. L1233-57-9 a art. L1233-57-22).
Nel luglio 2014, è stata
poi approvata la Loi n.2014-856 du 31
juillet 2014 relative à l'économie sociale et solidaire, con cui sono state poste ulteriori modifiche al dispositivo riguardante
l’obbligo di ricerca di un acquirente di un’impresa in caso di progetto di sua
chiusura. Le modifiche hanno riguardato articoli del Codice del lavoro (cfr. in
particolare Code du travail, art. L1233-57-2; art. L1233-57-3; art. L1233-57-10 ; art. L1233-57-21). Il provvedimento reca inoltre
una definizione del concetto di “economia sociale e solidale” e dispone
l’istituzione di organi e meccanismi per favorirne l’attuazione (cfr. ad
esempio il “Conseil supérieur de
l’économie sociale et solidaire”, art.1 e ss.). La legge dispone poi in particolare un obbligo
di informazione, in determinate imprese, con meno di 250 dipendenti, sulla
possibilità di cessione di un’impresa ai suoi dipendenti (cfr. art. 18). Il testo, recando modifiche al Codice del commercio,
pone inoltre un obbligo di informazione dei dipendenti, in determinate imprese,
di un eventuale progetto di cessione del fondo commerciale della società (art. 19 e art. 20). La legge stabilisce quindi alcune modifiche al
regime applicabile alle società cooperative (art. 24 e ss.) e allo strumento di finanziamento denominato
“fonds de dotation” (art. 85 e art. 87).
Germania
Il
generale miglioramento nelle prestazioni del mercato del lavoro, che fanno del
caso tedesco un modello di successo caratterizzato da un tasso di
disoccupazione in diminuzione e da livelli record in termini di creazione di
nuovi posti di lavoro, può essere considerato l’effetto di una lunga sequenza
di adattamenti strutturali e istituzionali.
A
partire dalle riforme avviate dopo il 2000 (le cosiddette leggi Hartz)[3]
il Governo federale ha
sottolineato l’importanza di mantenere
contratti di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto che la
regolamentazione del lavoro in vigore fosse già sufficientemente flessibile. Il
legislatore ha quindi dato la preferenza ad un modello regolativo volto non
semplicemente ad abbassare le tutele in vista di una gestione più flessibile
della forza-lavoro, ma piuttosto ad introdurre forme di flessibilità idonee a stimolare l’efficienza e la produttività
del lavoro.
Diversamente dai modelli
di flexicurity adottati in altri
paesi, la Germania ha scelto di puntare non sulla flessibilità “ai margini e/o
in uscita”, nell’ottica dell’adeguamento numerico della forza-lavoro al
fluttuare delle esigenze produttive, ma sulla flessibilità nell’ambito del
rapporto di lavoro standard, al fine di assecondare l’adattamento quantitativo
e/o qualitativo della forza-lavoro, mantenendo nello stesso tempo saldo il
legame tra lavoratori e imprese, e valorizzando il capitale umano. Nel modello
di flexicurity tedesco non è quindi
il continuo turnover dei lavoratori, ma le modifiche di contenuto delle
relazioni contrattuali in essere che permettono alle imprese di adattarsi alle
mutevoli richieste del mercato.
Alcuni tipi di contratto
di lavoro flessibile, introdotti a partire dagli Anni Ottanta, quali il
contratto a termine, il contratto di lavoro part-time, il contratto
somministrato, forme di minilavoro (mini
job) ad orari ed entrate ridotti non sono stati utilizzati dalle imprese
tedesche come canale generalizzato di reclutamento per i nuovi assunti, ma solo
per acquisire forza-lavoro non specializzata e periferica. Viceversa, il contratto di lavoro subordinato tipico,
governato da una rigida disciplina “in uscita”, ma reso adattabile al suo
interno, ha continuato a rimanere al centro del sistema come forma privilegiata di accesso dei lavoratori
da destinare alle attività più precipue dell’impresa.
Quanto alla rigida
disciplina “in uscita”, il sistema prevede una ridotta libertà per il datore di
lavoro di recedere dal rapporto, che può essere risolto solo per incapacità
personale, cattiva condotta o problemi di salute del lavoratore, ovvero per
ragioni di natura economica. Significative sono altresì le sanzioni previste
dalla legge (Kündigungsschutzgesetz) per
il recesso ingiustificato: il lavoratore ha diritto ad una indennità compresa
tra 12 e 18 salari mensili, a seconda dell’età (over 55) e dell’anzianità di
servizio (oltre 20 anni). Tali sanzioni si applicano alle imprese con più di 10
dipendenti ed a favore dei prestatori che abbiano un’anzianità di almeno sei
mesi. A tutte le persone in cerca di occupazione è assicurata non solo una
consistente forma di sostegno al reddito, ma soprattutto vengono garantiti
tramite l’Agenzia federale del lavoro (Bundesagentur
für Arbeit) i servizi di collocamento al lavoro, di formazione
professionale e di orientamento per lo sviluppo di percorsi di
riqualificazione.
Se, come detto,
significativi sono i limiti all’utilizzo di contratti a tempo determinato, cui
si può fare ricorso solo per ragioni oggettive (lavoro stagionale, sostituzione
del lavoratore) o - senza alcuna causale - per un periodo massimo di 24 mesi,
particolarmente rilevanti sono, per contro, gli strumenti di flessibilità
interna per la gestione del rapporto di lavoro, soprattutto con riferimento
all’orario di lavoro. Degni di nota
in questo contesto sono sia strumenti di lunga tradizione previsti dalla legge,
come il “lavoro a tempo ridotto” (Kurzarbeit)[4],
simile ai nostri contratti di solidarietà, sia altri strumenti più recenti
introdotti dalla contrattazione aziendale[5].
Per quanto concerne gli
strumenti di flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro, sia la
normativa federale (Gesetz über
Teilzeitarbeit und befristete Arbeitsverhältnisse), sia i contratti
collettivi prevedono regole molto elastiche in materia di orari di lavoro e
fissano unicamente dei limiti massimi settimanali o annuali di durata della
prestazione lavorativa, consentendo poi attraverso accordi collettivi o
individuali di determinare la distribuzione giornaliera dell’orario all’interno
dei limiti massimi. In tal modo è assicurata la flessibilità necessaria alle
aziende, che possono affrontare fasi di contrazione o di aumento della
produzione non agendo sul numero degli addetti (cioè licenziandoli, ovvero
assumendoli a tempo determinato), ma incrementandone o riducendone la
prestazione.
Tra i modelli cui si può
far ricorso vanno ricordati: l’orario
scorrevole (Gleitende Arbeitszeit -
GLAZ), che consente al lavoratore di scegliere liberamente l’orario di
entrata e di uscita nel rispetto di una fascia di presenza obbligatoria; l’orario di lavoro di gruppo (Arbeitszeit Team), che si realizza
quando l’azienda affida un determinato compito o obiettivo a un gruppo di
lavoratori, che vengono lasciati liberi di determinare la distribuzione oraria
della prestazione; il conto corrente ore,
o “banca ore” (Arbeitszeitkonto), che
permette all’impresa, ferma restando la retribuzione mensile, di utilizzare il
lavoratore in modo variabile (a seconda delle esigenze produttive) nell’ambito
di archi temporali predefiniti, e al lavoratore di godere di periodi di non
lavoro da utilizzare per esigenze personali[6].
Va infine segnalata la legge sul lavoro part-time per gli anziani
(Altersteilzeitgesetz), attraverso
cui viene assicurato un sostegno di natura economica alle aziende che
concordano con i lavoratori over 55 una transizione graduale verso il sistema
pensionistico: si riduce l’attività lavorativa dell’over 55 in misura pari al
50%, e la parte rimanente delle prestazioni originariamente svolte dal suddetto
lavoratore è affidata ad un soggetto appositamente assunto anche come
apprendista o scelto tra i disoccupati. Qualora poi il datore di lavoro,
nonostante la riduzione dell’orario, assicuri all’over 55 il 70% della sua retribuzione
precedente, sarà esentato dal versamento del corrispondente aumento
contributivo per sei anni.
Regno Unito
La legislazione
lavoristica adottata nel Regno Unito negli ultimi anni ha perseguito
l’introduzione di criteri di maggiore flessibilità nella disciplina del
rapporto di lavoro, bilanciata da misure di sicurezza sociale. Ciò, nel
presupposto che una maggiore facilità nella formazione del rapporto di lavoro e
nella sua risoluzione determini effetti di dinamismo sul relativo mercato e una
complessiva crescita dell’occupazione.
In linea generale, i livelli di garanzia riconosciuti al
lavoratore variano in funzione dello status particolare dell’interessato e del
tipo di rapporto di cui egli è parte. La conclusione di un contratto di lavoro,
anche a tempo determinato e di breve durata, comporta la qualifica di
lavoratore in senso proprio (worker),
che presta la sua opera sulla base di un contratto e percepisce un salario. In
tal caso trovano applicazione: la remunerazione non inferiore al salario minimo
nazionale (National Minimum Wage);
l’orario massimo di quarantotto ore settimanali; il godimento di ferie
retribuite; la tutela da atti discriminatori o licenziamenti illegittimi (unfair dismissal); il pagamento delle
assenze per malattia e per congedo di maternità o di paternità; il sussidio in
caso di licenziamento per ristrutturazione aziendale (Statutory Redundancy Pay).
In parte diverse sono le
tutele vigenti per il lavoratore dipendente (employee), il cui rapporto di lavoro è disciplinato, oltre che
dalle norme generali applicabili ai workers,
dalle regole ulteriori tipicamente pattuite in sede di contrattazione
collettiva. Sono altresì differenziate le posizioni del lavoratore autonomo (self-employed and contractor), non
titolare dei diritti sopra richiamati ma tutelato dalla legislazione in materia
di parità di trattamento, e del lavoratore con partecipazione azionaria nell’impresa
(employee shareholder, se detentore
di un valore azionario di almeno 2.000 sterline), la cui tutela comprende le
particolari previsioni concernenti l’ipotesi di cessione e nuova acquisizione
dell’impresa (transfer
of undertakings regulations).
Il licenziamento del lavoratore è ammesso dalla legge ove sussistano
giustificati motivi e a condizione che il datore di lavoro abbia agito
ragionevolmente e senza disparità di trattamento. E’ prevista l’impugnazione
del relativo atto dinanzi ad una giurisdizione specializzata (Employment Tribunal), con l’assistenza
in giudizio dell’organismo pubblico di mediazione (Advisory, Conciliation and Arbitration Service - ACAS)
o, in determinati casi, previo l’esperimento di un tentativo di conciliazione
secondo le procedure da questo stabilite.
I meccanismi di sicurezza sociale si fondano, essenzialmente, sull’erogazione
temporanea di sussidi ai lavoratori disoccupati, sulla predisposizione di
misure rivolte in vario modo ad agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro e su
agevolazioni dirette a bilanciare i carichi familiari con l’attività
lavorativa. L’accesso ai relativi benefici è, in ogni caso, condizionato
all’attiva ricerca di un posto di lavoro da parte dell’avente diritto.
I sussidi pubblici, il cui novero è mutato nel corso degli anni sotto
il profilo della platea dei possibili beneficiari e dei requisiti di accesso,
si sono consolidati attorno ad un modello che ne prevedeva l’erogazione (e
tipologicamente li articolava) in presenza di una delle seguenti condizioni: la
disoccupazione (presupposto per beneficiare della Jobseeker’s Allowance); la necessità di un supporto al reddito (previsto
per i lavoratori fino a 59 anni di età); la disabilità; la difficoltà nel fare
fronte ai carichi di famiglia.
Dal 2013, con l’entrata in
vigore del Welfare
Reform Act 2012 e
della normativa di attuazione, il sistema dei sussidi e
delle agevolazioni è stato semplificato e articolato unitariamente attraverso
l’introduzione dello Universal
Credit. Ad esso hanno
titolo i lavoratori a basso reddito oppure disoccupati secondo criteri preordinati
ad incentivarne l’attivo impegno nella ricerca di un’occupazione, anche
attraverso la previsione di un limite
massimo all’importo complessivo dei sussidi che a diverso titolo possono
essere corrisposti al singolo beneficiario (con effetti sull’eventuale cumulo
dell’Universal Credit con altri
sussidi: per la casa, per la maternità, gli assegni familiari, i trattamenti
previdenziali di reversibilità, ecc.: sicché l’importo massimo non può
superare, ad esempio, le 2.167 sterline mensili nel caso in cui siano
beneficiari i coniugi o il singolo genitore con figli minori).
L’erogazione di questo
sussidio – come anche quella della Jobseeker’s
Allowance - è, in ogni caso, condizionata all’assunzione, da parte del
beneficiario, dell’impegno (denominato Claimant
Committment) a partecipare attivamente alle attività (colloqui di lavoro,
corsi di formazione) predisposte nel quadro dei programmi pubblici finalizzati
all’inserimento nel mercato del lavoro.
Anche l’erogazione di sussidi per le disabilità ha subito
modifiche quanto alle condizioni di accesso. Il relativo beneficio, prima
finalizzato alla copertura dei costi di vita delle persone disabili (Disability Living Allowance - DLA, è
stato sostituito nel 2013 dal Personal
Indipendence Payment (PIP), corrisposto non – come in precedenza – a fronte
della accertata condizione di inabilità del beneficiario, bensì in base alla
valutazione degli effettivi impedimenti che da tale condizione derivano,
limitando la capacità lavorativa. Finalità del sussidio così riformulato è
quello di agevolare, per quanto possibile e a determinate condizioni
(disciplinate dalle norme di dettaglio e riferite alla sostenibilità della
prestazione lavorativa), l’occupazione delle persone con invalidità.
Le misure
promozionali e di incentivazione al lavoro si sostanziano principalmente
nei programmi rivolti alle categorie ritenute svantaggiate: giovani, donne,
genitori single, disabili, percettori
di sussidi pubblici, lavoratori ultracinquantenni, persone appartenenti a
minoranze tecniche. Il programma New Deal,
in particolare, è realizzato attraverso l’operatività di centri di orientamento
e collocamento (Job Centre Plus)
posti sotto il coordinamento del Department
of Work and Pensions. Per i giovani è previsto, dopo sei mesi di
disoccupazione, il reclutamento nella prima fase del programma (denominata Gateway, della durata di quattro mesi),
in cui essi vengono assistiti nella ricerca di occupazione e, attraverso la
frequenza di corsi di formazione, nell’acquisizione di competenze di base. A
questa fase segue quella in cui il lavoratore è chiamato ad esercitare la
scelta tra alcune opzioni: un’attività lavorativa con il beneficio di un
sussidio pubblico, da svolgersi per un periodo massimo di sei mesi e con
riduzioni fiscali previste per il datore di lavoro; la frequenza di corsi di
formazione che danno titolo a percepire un sussidio (equivalente a quello di
disoccupazione) e un rimborso spese; lo svolgimento di lavori di utilità
pubblica in organizzazioni di volontariato, per non più di sei mesi e con un
salario di ammontare pari a quella del sussidio di disoccupazione oltre ad un
importo fisso. Al termine di tali esperienze, per il lavoratore ancora
disoccupato e senza più titolo a percepire sussidi si apre una fase ulteriore
(cosiddetta Follow-Through), in cui è
prevista l’assistenza per la ricerca di lavoro a fronte della sua obbligatoria
partecipazione a colloqui a ciò finalizzati
Per le categorie
svantaggiate (riferite alle persone in condizione di disabilità) i programmi
pubblici prevedono agevolazioni finalizzate all’assunzione, al mantenimento del
posto di lavoro oppure alla costituzione di attività autonome o di imprese (Access to Work).
Misure di flessibilità del lavoro, inoltre, sono
previste con riferimento al singolo rapporto e all’organizzazione della
prestazione lavorativa, le cui modalità possono essere articolate in
considerazione di particolari esigenze del lavoratore (che sia stato assunto da
almeno sei mesi) e comportare, ad esempio, la definizione di uno specifico
orario oppure il lavoro a distanza (Flexible working).
Hanno titolo a chiedere l’applicazione di tali misure di flessibilità i
genitori con figli con meno di sei anni (o con meno di diciotto se disabili) e
i lavoratori che si occupano della cura di familiari. La richiesta può essere
non accolta dal datore di lavoro, ma per ragioni motivate; le relative
valutazioni, inoltre, devono essere compiute alle linee-guida predisposte
dall’ACAS.
Spagna
La crisi economica che
attanaglia la Spagna dal 2008 si è concretizzata, nell’ambito del mercato occupazionale,
in una massiccia soppressione di posti di lavoro. Il Governo spagnolo, preso
atto delle carenze del modello lavorativo esistente, ha approvato il Real Decreto-ley 3/2012, de 10 de febrero, de medidas urgentes
para la reforma del mercado laboral[7]. Esso ha inteso proporre un nuovo
modello per il mercato del lavoro e per le relazioni industriali, ispirato al
principio della flexicurity (flexiseguridad in spagnolo), già
sperimentato in alcuni paesi dell’Europa del Nord. Tale modello tende alla
ricerca di un punto di equilibrio tra flessibilità esterna e interna
all’impresa, tra contrattazione a tempo indefinito e a tempo determinato, tra
mobilità interna e meccanismi per la risoluzione del contratto di lavoro, tra
tutele operanti a livello contrattuale e nel mercato del lavoro, e altro
ancora.
Il decreto
legge 3/2012 ha tradotto tale modello in quattro ordini di misure miranti a:
favorire l’occupazione dei lavoratori, riformando gli aspetti relativi
all’intermediazione lavorativa e alla formazione professionale; sostenere la
contrattazione a tempo indeterminato e altre forme di lavoro, con particolare
attenzione all’occupazione giovanile da parte delle piccole e medie imprese;
incentivare la flessibilità interna all’impresa come misura alternativa al licenziamento;
promuovere l’efficienza del mercato del lavoro, adottando misure riguardanti le
modalità di rescissione dei contratti di lavoro, al fine di ridurre il dualismo
tra lavoratori protetti e lavoratori precari.
Il Parlamento
spagnolo ha definitivamente approvato la legge contenente alcune modifiche al
testo originario dell’esecutivo, pur confermando l’impianto fondamentale della
normativa iniziale: è stata così varata la Ley
3/2012, de 6 de julio, de medidas urgentes para la reforma del mercado
laboral,
con le medesime finalità del decreto legge.
In dettaglio,
il capitolo I (“Misure per favorire l’impiego dei lavoratori”) estende le
competenze delle Agenzie di lavoro interinale, autorizzandole ad operare anche
come agenzie private di collocamento;
riconosce il diritto alla formazione professionale come diritto individuale del
lavoratore, creando appositi registri presso i servizi pubblici di
collocamento, nei quali annotare le attività formative svolte dal lavoratore;
modifica il “contratto per la formazione
e l’apprendistato”, rendendolo più accessibile per i giovani disoccupati e
più vantaggioso per le
aziende che lo adottano. In particolare, con riguardo a tale tipologia di
contratto, che già il decreto legge rendeva possibile per i lavoratori fino a
30 anni, con un limite minimo di durata
di 1 anno e massimo di 3 anni, la legge lo estende anche ai lavoratori che
stiano seguendo corsi di formazione professionale nel settore dell’istruzione,
e consente fino a due proroghe non inferiori a 6 mesi ciascuna, purché
all’interno del limite massimo di 3 anni.
Il capitolo II
(“Impulso alla contrattazione a tempo indefinito e altre misure per favorire la
creazione di impiego”) conferma il nuovo tipo di contratto a tempo
indeterminato, denominato “contratto di
lavoro a tempo indefinito di aiuto agli imprenditori” (contrato de trabajo por tiempo
indefinido de apoyo a los emprendedores), destinato alle aziende con meno di 50 lavoratori, con incentivi di
carattere fiscale e contributivo per le aziende, soprattutto in caso di
assunzione di giovani con meno di 30 anni o di disoccupati di lunga durata con
più di 45 anni; consente la realizzazione di ore straordinarie ai lavoratori a
tempo parziale, finora preclusa; regolamenta il telelavoro (trabajo a distancia) come modalità di impiego
specifica, diversa dal “lavoro a domicilio”, in quanto basata sull’uso
intensivo delle nuove tecnologie dell’informazione.
Il capitolo III (“Misure per favorire la flessibilità interna nelle
imprese come alternativa alla soppressione dei posti di lavoro”) semplifica il
sistema di classificazione professionale, eliminando
la rigidità delle divisioni per “categorie” professionali, in favore della
classificazione più generale per “gruppi” professionali, al fine di promuovere
la mobilità funzionale dei lavoratori; semplifica la distinzione tra modifiche
alle condizioni di lavoro di carattere individuale o di carattere collettivo e
facilita la sospensione del contratto di lavoro e la riduzione della giornata
lavorativa, al fine di evitare i licenziamenti, nei casi in cui sussistano
cause economiche, tecniche, organizzative o produttive, determinanti una
diminuzione della domanda; introduce una riforma
del sistema della negoziazione collettiva, dando prevalenza ai contratti
aziendali rispetto a quelli collettivi nazionali, regionali, provinciali o
settoriali, e consentendo il procedimento del “distacco” (descuelgue) dell’impresa
dal contratto collettivo, quando si verifichino cause economiche, tecniche,
organizzative o produttive che lo rendono necessario. Tra le novità introdotte
dalla legge, si segnala la possibilità per l’impresa di distribuire in maniera
“irregolare”, nel corso dell’anno, il 10% della giornata lavorativa del
dipendente, purché l’azienda comunichi al lavoratore il giorno e l’ora della
prestazione “irregolare” con almeno 5 giorni di preavviso.
Il capitolo IV (“Misure per favorire l’efficienza del mercato del
lavoro e ridurre il dualismo lavorativo”) adotta una serie di disposizioni
riguardanti la risoluzione del contratto lavorativo, al fine di limitare il ricorso, da parte
delle imprese, al cosiddetto “licenziamento espresso” (despido exprés) su base individuale, che si è rivelato sia
traumatico per i lavoratori sia diseconomico per le imprese, che sovente
finiscono per sostenere spese superiori, dovute al contenzioso che ne risulta,
rispetto ai risparmi che intendevano ottenere. La strategia adottata è stata
quella di riformare la normativa in
materia di licenziamento collettivo per ragioni economiche, che è lo
strumento più corretto da adottare nella congiuntura economica in corso,
eliminando, da un lato, l’obbligo per le imprese di richiedere l’autorizzazione
amministrativa per poter procedere ai licenziamenti collettivi, ma confermando
dall’altro lato, a garanzia dei lavoratori, l’obbligo di negoziato con i loro
rappresentanti per un periodo di 30 giorni e, soprattutto, specificando che la
nozione di “diminuzione persistente del livello delle entrate o delle vendite”,
attestata dall’impresa, deve intendersi come avvenuta “per tre trimestri
consecutivi”.
Il Real
Decreto-ley 1/2013, de 25 de enero, por el que se
prorroga el programa de recualificación profesional de las personas que agoten
su protección por desempleo y se adoptan otras medidas urgentes para el empleo
y la protección social de las personas desempleadas ha accordato un’ulteriore
proroga al programma di riqualificazione professionale per le persone che non
hanno più diritto all’indennità di disoccupazione e una proroga automatica di
sei mesi quando il tasso ufficiale di disoccupazione sia superiore al 20%. Il decreto
amplia il termine per avere diritto all’indennità di disoccupazione quando
un’impresa abbia sospeso i contratti di lavoro o abbia ridotto il numero dei
giorni o delle ore di lavoro e successivamente i contratti vengano estinti per
licenziamento oggettivo, licenziamento collettivo o nel quadro di una procedura
concorsuale. I lavoratori interessati hanno diritto all’indennità di
disoccupazione di livello contributivo pari allo stesso numero di giorni per i
quali avrebbero percepito la disoccupazione totale o parziale in virtù delle
sospensioni o riduzioni di lavoro, con un limite massimo di 180 giorni, a
condizione che le sospensioni o riduzioni si siano prodotte tra il 1° gennaio
2012 e il 31 dicembre 2013 e che il licenziamento si sia verificato tra il 12
febbraio 2012 e il 31 dicembre 2014.
Il Real
Decreto-ley 4/2013, de 22 de febrero, de
medidas de apoyo al emprendedor y de estímulo del crecimiento y de la creación
de empleo ha
delineato una strategia volta a promuovere
l’imprenditoria e l’occupazione giovanile, a incentivare la contrattazione
e l’iniziativa imprenditoriale e ad adeguare l’istruzione e la formazione
professionale alla realtà del mercato del lavoro, anche tenendo conto delle
raccomandazioni della Commissione europea e di quanto previsto dal Piano
nazionale delle riforme (Programa
Nacional de Reformas) approvato dal Governo.
I giovani
lavoratori autonomi, se minori di 30 anni, hanno diritto a una riduzione fiscale
sulla quota contributiva per i rischi comuni per un periodo massimo di 30 mesi,
secondo il seguente schema: una riduzione dell’80% per i primi 6 mesi, del 50%
per i 6 mesi successivi, del 30% per il periodo successivo.
I beneficiari
dell’indennità di disoccupazione che iniziano un’attività autonoma possono
continuare ad usufruire dell’indennità, per un periodo massimo di 270 giorni, a
condizione di avere meno di 30 anni e di non avere lavoratori a carico. I
beneficiari di indennità di disoccupazione minori di 30 anni possono destinare
il 100% dell’importo per effettuare un contributo al capitale sociale di un
ente commerciale di nuova costituzione o costituito nei dodici mesi precedenti
il conferimento del contributo, a condizione che sviluppino un’attività
professionale o lavorativa; possono altresì destinare il contributo ai costi di
costituzione e avvio di un ente, così come al pagamento di tasse e servizi
specifici di consulenza, formazione e informazione relativi all’attività da
intraprendere.
Tra le altre
misure previste vi sono: incentivi contributivi per le imprese a stipulare
contratti a tempo parziale con giovani di meno di 30 anni con vincolo formativo;
incentivi contributivi per le piccole
imprese e gli autonomi ad assumere a tempo indeterminato giovani con meno di 30
anni; ulteriori facilitazioni all’assunzione di giovani al primo lavoro.
La successiva Ley
11/2013, de 26 de julio, de medidas
de apoyo al emprendedor y de estímulo del crecimiento y de la creación de
empleo ha
quindi sostanzialmente confermato il quadro normativo del Decreto legge 4/2013,
con alcune modifiche. Con riferimento al contratto primo impiego giovane (Primer empleo joven), contratto
temporaneo in favore di minore di 30 anni disoccupati senza esperienza
professionale, la legge stabilisce che, in caso di contratto concluso per una
durata inferiore alla massima prevista (12 mesi), quest’ultimo possa essere
prorogato mediante accordo tra le parti per un’unica volta, senza che la durata
del contratto possa eccedere la durata massima.
Sebbene sia
stato ottenuto un recupero di competitività da parte dell’economia spagnola
grazie all’adozione dei provvedimenti appena elencati, si sono tuttavia resi necessari
alcuni aggiustamenti al fine di favorire
una maggiore stabilità nella contrattazione e nell’occupazione dei lavoratori.
Si è giunti così all’adozione del Real
Decreto-ley 16/2013, de 20 de diciembre, de
medidas para favorecer la contratación estable y mejorar la empleabilidad de
los trabajadores, contenente alcune misure dirette a tale scopo: la
semplificazione amministrativa dei contratti di lavoro, mediante la riduzione
del numero dei modelli contrattuali esistenti; il riordino normativo degli
incentivi alla contrattazione legati al versamento dei contributi al sistema
della Sicurezza sociale; l’accentuata
flessibilità nel ricorso al contratto di lavoro a tempo indeterminato di
sostegno agli imprenditori, consentito ora anche a tempo parziale; la
facilitazione nella formalizzazione dei contratti di lavoro di praticantato,
per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; la riduzione del
periodo di prova nei contratti di lavoro a tempo determinato; la possibilità
per il lavoratore di concordare la riduzione della giornata di lavoro per la
cura dei figli minori fino a 12 anni, invece di 8.
Da ultimo il Real
Decreto-ley 3/2014, de 28 de febrero, de
medidas urgentes para el fomento del empleo y la contratación indefinida ha disposto riduzioni in
materia di contributi per rischi comuni, a carico dei datori di lavoro per i
contratti a tempo indeterminato. Possono beneficiarne tutte le imprese, sia per
contratti a tempo pieno, sia part time,
conclusi tra il 25 febbraio 2014 e il 31 dicembre 2014. La quota è di 100 euro
mensili, per i contratti a tempo pieno, di 75 o 50 euro mensili per i contratti
part time, in funzione del tempo di
lavoro effettuato. Tali riduzioni si applicano per tutti per un periodo di 24
mesi, mentre nei successivi 12 mesi le imprese con meno di 10 dipendenti hanno diritto
a una riduzione sulla quota del 50%.
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[1] La “Grande conferenza sociale 2012” in tema di lavoro si è tenuta a Parigi
il 9 e 10 luglio 2012, è stata inaugurata dal Presidente Hollande e ha
coinvolto rappresentanti dello Stato, delle collettività territoriali, oltre a
rappresentanti di sindacati e associazioni di categoria.
[2] L’“Accordo nazionale interprofessionale dell’ 11 gennaio 2013 per un nuovo
modello economico e sociale, al servizio della competitività delle imprese e
della messa in sicurezza dell’occupazione e dei percorsi professionali dei
lavoratori” è stato firmato da tre organizzazioni sindacali (CFDT, CFTC, CGC) e da tre organizzazioni
datoriali (Medef, CGPME, UPA).
[3] Si tratta di quattro leggi distinte,
entrate gradualmente in vigore tra il 2003 e il 2005, il cui contenuto trae
origine dalle proposte della Commissione “Servizi moderni nel mercato del lavoro”
(Moderne Dienstleistungen am Arbeitsmarkt),
insediata dal secondo governo Schroeder nel 2002 e guidata da Peter Hartz,
dirigente delle risorse umane e membro del consiglio di amministrazione della
Volkswagen.
[4] Al datore di lavoro è consentito ridurre
l'orario dei propri dipendenti in presenza di cali temporanei della produzione
e per periodi limitati di tempo, e il reddito del lavoratore è integrato in
parte da benefici pubblici. Il Kurzarbeit
è comunque soggetto ad alcune condizioni d’uso: la riduzione opera per un
periodo limitato di tempo; deve essere autorizzata dal consiglio di fabbrica
che ne sorveglia l'applicazione; il datore di lavoro è spesso chiamato, in
virtù di appositi accordi, a integrare le corresponsioni erogate al lavoratore
ed è tenuto in ogni caso a versare una parte dei contributi previdenziali e
assicurativi; il lavoratore vede in ogni caso decurtato il proprio reddito.
[5] A tale proposito è d’obbligo menzionare
lo storico accordo Volkswagen del 1993 che, per fronteggiare la grave crisi
automobilistica di quegli anni, portò a una riduzione dell’orario di lavoro a
28,8 ore alla settimana, distribuite su quattro giorni, pur mantenendo
sostanzialmente invariata la retribuzione mensile. Da quell'accordo è poi
scaturita una pluralità di modelli di orario finalizzati a consentire una
gestione flessibile della durata della prestazione.
[6] Questo modello, in particolare, ha avuto
un ruolo notevole nella conservazione dei posti di lavoro durante la crisi
iniziata nel 2008, quando le imprese hanno preferito conservare la forza lavoro
in essere, in attesa della ripresa economica, piuttosto che licenziare
lavoratori a cui avrebbero comunque dovuto versare il corrispettivo delle ore
accumulate, oltre che l’indennità di preavviso.
[7] In precedenza erano stati approvati il
decreto legge 10/2010 e la legge 35/2010, contenenti misure urgenti per la riforma
del mercato del lavoro. La crisi economico-finanziaria internazionale ha acuito
le preesistenti anomalie del mercato del lavoro spagnolo: l’eccessivo numero di
lavoratori con contratti a tempo determinato e l’eccessiva rigidità dei
contratti per i lavoratori a tempo indeterminato, che hanno finito per
determinare una forte segmentazione del mercato del lavoro e una pericolosa
dualità tra lavoratori stabili e temporanei. Al fine di correggere tale
modello, era stata approvata una riforma del mercato del lavoro, con l’intento
di perseguire tre obiettivi fondamentali: ridurre la precarietà dell’impiego,
favorendo la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo
indeterminato; accrescere la flessibilità dei contratti a tempo indeterminato, mediante
misure di riduzione e rimodulazione della giornata lavorativa e attraverso
modifiche alla normativa sui licenziamenti collettivi; combattere la
disoccupazione, in particolare giovanile, attraverso misure di incentivazione
per le imprese alla sottoscrizione di contratti di formazione.