Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Le politiche attive per il lavoro nei principali paesi europei
Serie: Appunti    Numero: 84
Data: 13/10/2014

Camera dei deputati

XVII Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 42/2014                                                                         13 ottobre 2014

Le politiche attive per il lavoro nei principali paesi europei

Francia

In Francia alcuni strumenti per favorire la cosiddetta flexicurity sono stati introdotti fin dal 2008. Con la Loi n. 2008-596 du 25 juin 2008 portant modernisation du marché du travail - considerata una sorta di avvio della via francese alla flexisécurité- sono stati infatti introdotti alcuni meccanismi per garantire la conservazione di determinati diritti dei lavoratori, consentendo al contempo alle imprese di attivare alcune forme di flessibilità per adattarsi alle nuove esigenze del mercato. La legge n. 2008-596, che reca in particolare modifiche al Codice del lavoro, pur affermando che il contratto a tempo indeterminato rimane la “forma normale e generale” della relazione di lavoro (Code du travail, art. L1221-2), ha ad esempio introdotto il nuovo dispositivo della “rottura convenzionale” tra le forme di cessazione di tale tipo di contratto (Code du travail, art. L1237-11 e ss.). La “rottura convenzionale” consiste in una conclusione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, previo accordo tra le parti che ha luogo dopo uno o più incontri tra le stesse e che risulta da una “convenzione” da loro firmata. Nella “convenzione di rottura” sono in particolare definite le condizioni di interruzione del rapporto di lavoro e l’importo dell’indennità specifica dovuta al lavoratore al momento della cessazione del rapporto, che non può essere inferiore all’indennità di licenziamento definita all’art. L1234-9 del Codice del lavoro. Il provvedimento del 2008 ha inoltre introdotto una nuova forma di contratto a tempo determinato: il “contratto a tempo determinato a oggetto definito”. Si tratta di una sorta di “contratto a progetto”, che può avere una durata minima di 18 mesi e una durata massima di 36 mesi. Il contratto può essere proposto da datori di lavoro a ingegneri o quadri (cadres), sulla base di un accordo di settore o un accordo di impresa. La risoluzione del contratto avviene di norma una volta realizzatosi l’oggetto per il quale è stato posto in essere. Le parti possono tuttavia interrompere il contratto per un “motivo reale e serio”. Il contratto non può essere rinnovato. Qualora, al termine del contratto, il datore di lavoro non propone al lavoratore un nuovo contratto a tempo indeterminato, questi ha diritto ad un’indennità di un importo uguale al 10% della sua retribuzione totale lorda (art. 6 della legge n.2008-596).

Nel 2012 è stata poi promossa in Francia l’approvazione della Loi n. 2012-1189 du 26 octobre 2012 portant création des emplois d'avenir. Il provvedimento, che ha recato in particolare modifiche al Codice del lavoro (Code du travail, art. L5134-110 e ss.), introduce la nuova tipologia dei contratti per gli “emplois d’avenir”, di cui possono beneficiare i giovani disoccupati che hanno un’età compresa tra i 16 e i 25 anni e le persone portatrici di handicap con meno di 30 anni di età. Tali soggetti devono possedere inoltre uno dei seguenti requisiti: il mancato possesso di un diploma del sistema di formazione primaria; oppure, il possesso di un diploma, o di “un titolo a finalità professionale” e la certificazione della ricerca di un’occupazione da almeno 6 mesi, nel corso dell’ultimo anno; oppure, la residenza in un’area urbana o rurale considerata particolarmente svantaggiata e la certificazione della ricerca di un’occupazione da almeno un anno, nel corso degli ultimi 18 mesi. Il provvedimento dispone inoltre che al contratto per gli “emplois d’avenir” si possono applicare le disposizioni di altre due tipologie di contratti: quella del “contratto di accompagnamento al lavoro” (Code du travail, art. L5134- 20 e ss.) – successivamente modificato dalla legge n. 2014-288 del 5 marzo 2014- o quella del “contratto iniziativa-impiego” (Code du travail, art. L5134-65 e ss.). Per favorire i nuovi contratti, la legge stabilisce che lo Stato conceda un finanziamento (aide relative à l’emploi d’avenir) ai datori di lavoro.

Nel 2013 il legislatore francese ha poi introdotto nuove forme di flexsecurity. Innanzitutto, per favorire l’occupazione giovanile e al contempo garantire ai lavoratori più anziani la conservazione del posto di lavoro, il legislatore ha adottato la Loi n. 2013-185 du 1er mars 2013 portant création du contrat de génération. Il provvedimento, promosso dal Governo sulla base degli esiti della “Grande conferenza sociale”[1] del luglio 2012, voluta dal Presidente Hollande e dell’“Accordo nazionale interprofessionale” del 19 ottobre 2012 (firmato da tutte le grandi organizzazioni sindacali e datoriali), ha istituito il cosiddetto “contratto di generazione”, recando modifiche al Codice del lavoro (cfr. Code du travail, da art. L5121-6 a art. L5121-21). Il 15 marzo 2013 è stato poi adottato il Decreto n. 2013-222 per l’applicazione del provvedimento. Il “contrat de génération” riguarda nello specifico i giovani con meno di 26 anni e i lavoratori “anziani” (seniors) con più di 57 anni. Per i giovani e gli anziani portatori di handicap sono previste età minime e massime diverse per accedere al contratto. L’attuazione del dispositivo dipende inoltre dalle dimensioni delle imprese:

·         per le aziende di piccole dimensioni (fino a 50 dipendenti) è disposto un “aiuto statale” per l’assunzione a tempo indeterminato di un giovane under 26 con “contrat de génération”. L’aiuto statale sarà del valore di 4.000 euro all’anno, per un massimo tre anni (in totale 12.000 euro). Per ottenere tale beneficio l’azienda deve impegnarsi a non licenziare lavoratori seniors over 57 in tale periodo e non deve neanche aver effettuato licenziamenti economici nei sei mesi precedenti;

·         per le aziende di medie dimensioni (con più di 50 e meno di 300 dipendenti) è necessario che sia stipulato un accordo a livello aziendale sui “contratti di generazione”, in assenza del quale lo Stato non erogherà l’ aiuto statale di 4.000 euro all’anno;

·         per le imprese di grandi dimensioni (con più di 300 dipendenti) è posto l’obbligo, entro il 30 settembre 2013, di un accordo collettivo a livello aziendale o di gruppo o un “piano d’azione” in materia, in assenza dei quali possono essere erogate sanzioni. Il provvedimento non dispone inoltre lo stanziamento di un “aiuto statale” per la stipulazione di questi nuovi contratti nelle grandi aziende.

Sempre nel 2013 il legislatore francese, ha inoltre promosso un nuovo provvedimento, la Loi n. 2013-504 du 14 juin 2013 relative à la sécurisation de l’emploi), con cui sono stati compiuti ulteriori progressi per raggiungere un equilibrio tra le esigenze di sicurezza dei lavoratori e quelle di maggiore flessibilità delle imprese. L’intervento normativo, promosso dal Governo, è frutto di un ampio dialogo con le parti sociali, realizzatosi con la “Grande conferenza sociale" del luglio 2012 cui si è già accennato e con l’“Accordo nazionale interprofessionale” dell’11 gennaio 2013[2]. Il provvedimento del 2013 mira in particolare a realizzare i seguenti obiettivi: creare nuovi diritti individuali per i lavoratori; facilitare l’accesso al lavoro e contrastarne la precarizzazione; realizzare una maggiore negoziazione nell’organizzazione del lavoro nelle aziende per favorire il mantenimento dell’occupazione e inquadrare i licenziamenti in un contesto economico difficile.

Con riferimento al primo obiettivo, si segnala che la legge n.2013-504 ha introdotto in particolare i seguenti nuovi diritti individuali per i lavoratori:

·         la generalizzazione della “copertura sanitaria complementare” entro il 1° gennaio 2016. Entro tale data, infatti, nelle imprese in cui non è ancora presente tale copertura, dovrà essere avviata una convenzione con organismi privati assicurativi che possano garantirla. La legge stabilisce inoltre il diritto per il lavoratore alla “portabilità della copertura sanitaria complementare”, ossia alla conservazione della copertura assicurativa sanitaria nei dodici mesi successivi alla conclusione del rapporto di lavoro. Prima dell’intervento normativo del 2013, la portabilità era per soli 9 mesi. La “copertura sanitaria complementare” garantisce il lavoratore nel diritto al rimborso complementare per spese dovute a malattia, maternità o infortunio (art.1 della legge).

·         il “conto personale di formazione” del lavoratore, dispositivo successivamente modificato dalla Legge n. 2014-288 del 5 marzo 2014 relativa alla formazione professionale, all’impiego e alla democrazia sociale” (Code du travail, art. L6111-1). Il dispositivo prevede che ogni persona disponga, dal momento in cui entra nel mercato del lavoro, di un “conto personale di formazione”, contabilizzato in ore ed attivato dall’interessato per un’esperienza di formazione individuale; è inoltre conservabile e trasferibile in caso di perdita o cambiamento del lavoro.

Con riferimento al secondo obiettivo, si segnala che la legge n.2013-504 ha introdotto in particolare alcuni strumenti per ridurre il lavoro precario e tutelare i lavoratori a tempo parziale. Sono infatti previste dal testo legislativo agevolazioni fiscali alle imprese che assumono dipendenti con contratti a tempo indeterminato - i Contrat à durée indéterminée (CDI)- o che favoriscano il passaggio da un Contrat à durée déterminée (CDD) ad un CDI. E’ inoltre previsto dalla legge un obbligo, per i dipendenti impiegati con contratti part-time, di una durata minima oraria di lavoro. Tale durata è, in linea generale, di minimo 24 ore settimanali (Code du travail, art. L3123-14-1). Inoltre, la legge dispone che ogni ora supplementare di lavoro dia luogo ad una maggiorazione della retribuzione del 10% (Code du travail, art. L3123-17).

Con riferimento al terzo obiettivo, si segnala che la legge n.2013-504 ha introdotto alcuni strumenti per permettere alle imprese di adottare meccanismi per favorire la mobilità dei lavoratori o la riduzione dell’orario di lavoro, evitando così il ricorso al licenziamento, o altri strumenti per inquadrare in maniera nuova il licenziamento per motivi economici. Tra i diversi strumenti introdotti in questo campo si segnalano:

·         la previsione di “accordi per il mantenimento dell’impiego” (accords de maintien de l’emploi), che possono essere stipulati dai datori di lavoro di un’impresa e dai rappresentanti sindacali presenti nella stessa, al fine di assicurare la conservazione del posto di lavoro dei dipendenti dell’azienda per due anni al massimo, qualora sia attestata una congiuntura economica particolarmente negativa (Code du travail, art. L5125-1 e ss.);

·         l’introduzione di nuove forme di mobilità professionale o geografica interna ad un’impresa (Code du travail, art.L2242-21 e ss.);

·         l’introduzione di una nuova forma di mobilità esterna, che consiste nella “mobilità volontaria in sicurezza”, cui possono accedere tutti i lavoratori di un’impresa con almeno 300 dipendenti, che abbiano almeno due anni di anzianità. Tale forma di mobilità consente al dipendente di svolgere un’esperienza lavorativa in un altro luogo di lavoro per un certo periodo di tempo (Code du travail, art. L1222-12 e ss.);

·         un nuovo inquadramento del “licenziamento collettivo per motivi economici”, (Code du travail, art. L 1233-5 e ss.), che prevede ad esempio variazioni per la definizione dei “Piani di salvaguardia dell’impiego”(Plans de sauvagarde de l’emploi -PSE-);

·         nuove modalità “convenzionali” per la risoluzione delle controversie in materia di licenziamento. In caso di contestazione di un licenziamento da parte di un lavoratore, questi e il datore di lavoro possono giungere ad un accordo, anche per il tramite di un bureau de conciliation, in cui è previsto in particolare il pagamento al lavoratore di un indennizzo, di importo variabile, per porre fine alla controversia (Code du travail, art. L1235-1 e ss.).

 

Il testo legislativo reca inoltre nuove norme in materia di diritti dei rappresentanti del personale. In particolare, nelle aziende più grandi i rappresentanti del personale partecipano ai Consigli di amministrazione (Code du commerce, art. L225-27-1). Inoltre, i rappresentanti del personale di “grandi imprese” devono essere informati periodicamente degli orientamenti strategici dell’azienda e le loro conseguenze sull’ attività e l’occupazione (Code du travail, art. L2242-15, poi modificato con la legge n. 2014-288 del 5 marzo 2014).

Nel 2014 il legislatore francese ha poi adottato in materia di lavoro il provvedimento cui si è già accennato: la Loi n.2014-288 du 5 mars 2014 relative à la formation professionnelle, à l'emploi et à la démocratie sociale, con cui sono introdotte nuove misure per facilitare l’occupazione giovanile e migliorare la formazione dei lavoratori. Con tale testo legislativo sono state in parte modificate le norme riguardanti il “conto personale di formazione” dei lavoratori. La legge n. 2014-288 ha poi riformato in particolare il regime dell’apprendistato, è di norma consentito ai giovani di un’età compresa tra i 16 e i 25 anni, cui viene garantito un salario e un programma di formazione professionale. Il provvedimento stabilisce innanzitutto che “alcuna contropartita finanziaria può essere richiesta all’apprendista in occasione della conclusione, della registrazione o della rottura del contratto di apprendistato, né al datore di lavoro in occasione della registrazione del contratto di apprendistato” (Code du travail, art. L6221-2; cfr. anche art. L 6233-1-1). La legge dispone inoltre la possibilità per i giovani con 15 anni di età di effettuare, a determinate condizioni, una sorta di “pre-apprendistato” (Code du travail, art. L6222-1). Il provvedimento reca inoltre alcune nuove norme in materia di “contratto di apprendistato” (Code du travail, art. L6222-2 e ss.). La legge n. 2014-288 introduce anche nuovi meccanismi riguardanti la rappresentanza del personale nelle aziende, in parte poi modificati dall’Ordonnance n. 2014-699 du 26 juin 2014 portant simplification et adaptation du droit du travail. Sono ad esempio previste nuove regole per l’elezione dei delegati per la rappresentazione del personale (Code du travail, art. L2314-3; art. L2314-3-1; art. L2324-4). Disposizioni specifiche sono poi previste in materia di designazione del delegato sindacale nel “comitato di impresa” nelle aziende (cfr. in particolare Code du travail, art. L2143-3; art. L2324-2). La legge n.2014-288 introduce, infine, nel Codice del lavoro un capitolo specifico riguardante la rappresentanza delle “organizzazioni professionali dei datori di lavoro” (Code du travail, art. L2151-1 e ss.).

Merita inoltre di essere segnalata la Loi n.2014-384 du 29 mars 2014 visant à reconquérir l'économie réelle (la cosiddetta “Loi Florange”), con la quale è stato in particolare riformato il dispositivo riguardante l’obbligo, posto in capo ad imprenditore che gestisce un’ azienda con almeno 1.000 dipendenti, di cercare un acquirente cui cedere l’impresa (obligation de recherche d’un repreneur) in caso di progetto di chiusura della stessa che comporti l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo. Tale obbligo era stato inizialmente posto dalla legge n. 2013-504 del 14 giugno 2013 (cfr. art.19) ed è stato poi ampiamente riformato dalla Loi Florange, che ha recato modifiche al Codice del lavoro (cfr. Code du travail, da art. L1233-57-9 a art. L1233-57-22).

Nel luglio 2014, è stata poi approvata la Loi n.2014-856 du 31 juillet 2014 relative à l'économie sociale et solidaire, con cui sono state poste ulteriori modifiche al dispositivo riguardante l’obbligo di ricerca di un acquirente di un’impresa in caso di progetto di sua chiusura. Le modifiche hanno riguardato articoli del Codice del lavoro (cfr. in particolare Code du travail, art. L1233-57-2; art. L1233-57-3; art. L1233-57-10 ; art. L1233-57-21). Il provvedimento reca inoltre una definizione del concetto di “economia sociale e solidale” e dispone l’istituzione di organi e meccanismi per favorirne l’attuazione (cfr. ad esempio il “Conseil supérieur de l’économie sociale et solidaire”, art.1 e ss.). La legge dispone poi in particolare un obbligo di informazione, in determinate imprese, con meno di 250 dipendenti, sulla possibilità di cessione di un’impresa ai suoi dipendenti (cfr. art. 18). Il testo, recando modifiche al Codice del commercio, pone inoltre un obbligo di informazione dei dipendenti, in determinate imprese, di un eventuale progetto di cessione del fondo commerciale della società (art. 19 e art. 20). La legge stabilisce quindi alcune modifiche al regime applicabile alle società cooperative (art. 24 e ss.) e allo strumento di finanziamento denominato “fonds de dotation” (art. 85 e art. 87).

 

 

Germania

Il generale miglioramento nelle prestazioni del mercato del lavoro, che fanno del caso tedesco un modello di successo caratterizzato da un tasso di disoccupazione in diminuzione e da livelli record in termini di creazione di nuovi posti di lavoro, può essere considerato l’effetto di una lunga sequenza di adattamenti strutturali e istituzionali.

A partire dalle riforme avviate dopo il 2000 (le cosiddette leggi Hartz)[3] il Governo federale ha sottolineato l’importanza di mantenere contratti di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto che la regolamentazione del lavoro in vigore fosse già sufficientemente flessibile. Il legislatore ha quindi dato la preferenza ad un modello regolativo volto non semplicemente ad abbassare le tutele in vista di una gestione più flessibile della forza-lavoro, ma piuttosto ad introdurre forme di flessibilità idonee a stimolare l’efficienza e la produttività del lavoro.

Diversamente dai modelli di flexicurity adottati in altri paesi, la Germania ha scelto di puntare non sulla flessibilità “ai margini e/o in uscita”, nell’ottica dell’adeguamento numerico della forza-lavoro al fluttuare delle esigenze produttive, ma sulla flessibilità nell’ambito del rapporto di lavoro standard, al fine di assecondare l’adattamento quantitativo e/o qualitativo della forza-lavoro, mantenendo nello stesso tempo saldo il legame tra lavoratori e imprese, e valorizzando il capitale umano. Nel modello di flexicurity tedesco non è quindi il continuo turnover dei lavoratori, ma le modifiche di contenuto delle relazioni contrattuali in essere che permettono alle imprese di adattarsi alle mutevoli richieste del mercato.

Alcuni tipi di contratto di lavoro flessibile, introdotti a partire dagli Anni Ottanta, quali il contratto a termine, il contratto di lavoro part-time, il contratto somministrato, forme di minilavoro (mini job) ad orari ed entrate ridotti non sono stati utilizzati dalle imprese tedesche come canale generalizzato di reclutamento per i nuovi assunti, ma solo per acquisire forza-lavoro non specializzata e periferica. Viceversa, il contratto di lavoro subordinato tipico, governato da una rigida disciplina “in uscita”, ma reso adattabile al suo interno, ha continuato a rimanere al centro del sistema come forma privilegiata di accesso dei lavoratori da destinare alle attività più precipue dell’impresa.

Quanto alla rigida disciplina “in uscita”, il sistema prevede una ridotta libertà per il datore di lavoro di recedere dal rapporto, che può essere risolto solo per incapacità personale, cattiva condotta o problemi di salute del lavoratore, ovvero per ragioni di natura economica. Significative sono altresì le sanzioni previste dalla legge (Kündigungsschutzgesetz) per il recesso ingiustificato: il lavoratore ha diritto ad una indennità compresa tra 12 e 18 salari mensili, a seconda dell’età (over 55) e dell’anzianità di servizio (oltre 20 anni). Tali sanzioni si applicano alle imprese con più di 10 dipendenti ed a favore dei prestatori che abbiano un’anzianità di almeno sei mesi. A tutte le persone in cerca di occupazione è assicurata non solo una consistente forma di sostegno al reddito, ma soprattutto vengono garantiti tramite l’Agenzia federale del lavoro (Bundesagentur für Arbeit) i servizi di collocamento al lavoro, di formazione professionale e di orientamento per lo sviluppo di percorsi di riqualificazione.

Se, come detto, significativi sono i limiti all’utilizzo di contratti a tempo determinato, cui si può fare ricorso solo per ragioni oggettive (lavoro stagionale, sostituzione del lavoratore) o - senza alcuna causale - per un periodo massimo di 24 mesi, particolarmente rilevanti sono, per contro, gli strumenti di flessibilità interna per la gestione del rapporto di lavoro, soprattutto con riferimento all’orario di lavoro. Degni di nota in questo contesto sono sia strumenti di lunga tradizione previsti dalla legge, come il “lavoro a tempo ridotto” (Kurzarbeit)[4], simile ai nostri contratti di solidarietà, sia altri strumenti più recenti introdotti dalla contrattazione aziendale[5].

Per quanto concerne gli strumenti di flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro, sia la normativa federale (Gesetz über Teilzeitarbeit und befristete Arbeitsverhältnisse), sia i contratti collettivi prevedono regole molto elastiche in materia di orari di lavoro e fissano unicamente dei limiti massimi settimanali o annuali di durata della prestazione lavorativa, consentendo poi attraverso accordi collettivi o individuali di determinare la distribuzione giornaliera dell’orario all’interno dei limiti massimi. In tal modo è assicurata la flessibilità necessaria alle aziende, che possono affrontare fasi di contrazione o di aumento della produzione non agendo sul numero degli addetti (cioè licenziandoli, ovvero assumendoli a tempo determinato), ma incrementandone o riducendone la prestazione.

Tra i modelli cui si può far ricorso vanno ricordati: l’orario scorrevole (Gleitende Arbeitszeit - GLAZ), che consente al lavoratore di scegliere liberamente l’orario di entrata e di uscita nel rispetto di una fascia di presenza obbligatoria; l’orario di lavoro di gruppo (Arbeitszeit Team), che si realizza quando l’azienda affida un determinato compito o obiettivo a un gruppo di lavoratori, che vengono lasciati liberi di determinare la distribuzione oraria della prestazione; il conto corrente ore, o “banca ore” (Arbeitszeitkonto), che permette all’impresa, ferma restando la retribuzione mensile, di utilizzare il lavoratore in modo variabile (a seconda delle esigenze produttive) nell’ambito di archi temporali predefiniti, e al lavoratore di godere di periodi di non lavoro da utilizzare per esigenze personali[6].

Va infine segnalata la legge sul lavoro part-time per gli anziani (Altersteilzeitgesetz), attraverso cui viene assicurato un sostegno di natura economica alle aziende che concordano con i lavoratori over 55 una transizione graduale verso il sistema pensionistico: si riduce l’attività lavorativa dell’over 55 in misura pari al 50%, e la parte rimanente delle prestazioni originariamente svolte dal suddetto lavoratore è affidata ad un soggetto appositamente assunto anche come apprendista o scelto tra i disoccupati. Qualora poi il datore di lavoro, nonostante la riduzione dell’orario, assicuri all’over 55 il 70% della sua retribuzione precedente, sarà esentato dal versamento del corrispondente aumento contributivo per sei anni.

 

 

Regno Unito

La legislazione lavoristica adottata nel Regno Unito negli ultimi anni ha perseguito l’introduzione di criteri di maggiore flessibilità nella disciplina del rapporto di lavoro, bilanciata da misure di sicurezza sociale. Ciò, nel presupposto che una maggiore facilità nella formazione del rapporto di lavoro e nella sua risoluzione determini effetti di dinamismo sul relativo mercato e una complessiva crescita dell’occupazione.

In linea generale, i livelli di garanzia riconosciuti al lavoratore variano in funzione dello status particolare dell’interessato e del tipo di rapporto di cui egli è parte. La conclusione di un contratto di lavoro, anche a tempo determinato e di breve durata, comporta la qualifica di lavoratore in senso proprio (worker), che presta la sua opera sulla base di un contratto e percepisce un salario. In tal caso trovano applicazione: la remunerazione non inferiore al salario minimo nazionale (National Minimum Wage); l’orario massimo di quarantotto ore settimanali; il godimento di ferie retribuite; la tutela da atti discriminatori o licenziamenti illegittimi (unfair dismissal); il pagamento delle assenze per malattia e per congedo di maternità o di paternità; il sussidio in caso di licenziamento per ristrutturazione aziendale (Statutory Redundancy Pay).

In parte diverse sono le tutele vigenti per il lavoratore dipendente (employee), il cui rapporto di lavoro è disciplinato, oltre che dalle norme generali applicabili ai workers, dalle regole ulteriori tipicamente pattuite in sede di contrattazione collettiva. Sono altresì differenziate le posizioni del lavoratore autonomo (self-employed and contractor), non titolare dei diritti sopra richiamati ma tutelato dalla legislazione in materia di parità di trattamento, e del lavoratore con partecipazione azionaria nell’impresa (employee shareholder, se detentore di un valore azionario di almeno 2.000 sterline), la cui tutela comprende le particolari previsioni concernenti l’ipotesi di cessione e nuova acquisizione dell’impresa (transfer of undertakings regulations).

Il licenziamento del lavoratore è ammesso dalla legge ove sussistano giustificati motivi e a condizione che il datore di lavoro abbia agito ragionevolmente e senza disparità di trattamento. E’ prevista l’impugnazione del relativo atto dinanzi ad una giurisdizione specializzata (Employment Tribunal), con l’assistenza in giudizio dell’organismo pubblico di mediazione (Advisory, Conciliation and Arbitration Service - ACAS) o, in determinati casi, previo l’esperimento di un tentativo di conciliazione secondo le procedure da questo stabilite.

  I meccanismi di sicurezza sociale si fondano, essenzialmente, sull’erogazione temporanea di sussidi ai lavoratori disoccupati, sulla predisposizione di misure rivolte in vario modo ad agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro e su agevolazioni dirette a bilanciare i carichi familiari con l’attività lavorativa. L’accesso ai relativi benefici è, in ogni caso, condizionato all’attiva ricerca di un posto di lavoro da parte dell’avente diritto.

I sussidi pubblici, il cui novero è mutato nel corso degli anni sotto il profilo della platea dei possibili beneficiari e dei requisiti di accesso, si sono consolidati attorno ad un modello che ne prevedeva l’erogazione (e tipologicamente li articolava) in presenza di una delle seguenti condizioni: la disoccupazione (presupposto per beneficiare della Jobseeker’s Allowance); la necessità di un supporto al reddito (previsto per i lavoratori fino a 59 anni di età); la disabilità; la difficoltà nel fare fronte ai carichi di famiglia.

Dal 2013, con l’entrata in vigore del Welfare Reform Act 2012 e della normativa di attuazione, il sistema dei sussidi e delle agevolazioni è stato semplificato e articolato unitariamente attraverso l’introduzione dello Universal Credit. Ad esso hanno titolo i lavoratori a basso reddito oppure disoccupati secondo criteri preordinati ad incentivarne l’attivo impegno nella ricerca di un’occupazione, anche attraverso la previsione di un limite massimo all’importo complessivo dei sussidi che a diverso titolo possono essere corrisposti al singolo beneficiario (con effetti sull’eventuale cumulo dell’Universal Credit con altri sussidi: per la casa, per la maternità, gli assegni familiari, i trattamenti previdenziali di reversibilità, ecc.: sicché l’importo massimo non può superare, ad esempio, le 2.167 sterline mensili nel caso in cui siano beneficiari i coniugi o il singolo genitore con figli minori).

L’erogazione di questo sussidio – come anche quella della Jobseeker’s Allowance - è, in ogni caso, condizionata all’assunzione, da parte del beneficiario, dell’impegno (denominato Claimant Committment) a partecipare attivamente alle attività (colloqui di lavoro, corsi di formazione) predisposte nel quadro dei programmi pubblici finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro.

Anche l’erogazione di sussidi per le disabilità ha subito modifiche quanto alle condizioni di accesso. Il relativo beneficio, prima finalizzato alla copertura dei costi di vita delle persone disabili (Disability Living Allowance - DLA, è stato sostituito nel 2013 dal Personal Indipendence Payment (PIP), corrisposto non – come in precedenza – a fronte della accertata condizione di inabilità del beneficiario, bensì in base alla valutazione degli effettivi impedimenti che da tale condizione derivano, limitando la capacità lavorativa. Finalità del sussidio così riformulato è quello di agevolare, per quanto possibile e a determinate condizioni (disciplinate dalle norme di dettaglio e riferite alla sostenibilità della prestazione lavorativa), l’occupazione delle persone con invalidità.

 Le misure promozionali e di incentivazione al lavoro si sostanziano principalmente nei programmi rivolti alle categorie ritenute svantaggiate: giovani, donne, genitori single, disabili, percettori di sussidi pubblici, lavoratori ultracinquantenni, persone appartenenti a minoranze tecniche. Il programma New Deal, in particolare, è realizzato attraverso l’operatività di centri di orientamento e collocamento (Job Centre Plus) posti sotto il coordinamento del Department of Work and Pensions. Per i giovani è previsto, dopo sei mesi di disoccupazione, il reclutamento nella prima fase del programma (denominata Gateway, della durata di quattro mesi), in cui essi vengono assistiti nella ricerca di occupazione e, attraverso la frequenza di corsi di formazione, nell’acquisizione di competenze di base. A questa fase segue quella in cui il lavoratore è chiamato ad esercitare la scelta tra alcune opzioni: un’attività lavorativa con il beneficio di un sussidio pubblico, da svolgersi per un periodo massimo di sei mesi e con riduzioni fiscali previste per il datore di lavoro; la frequenza di corsi di formazione che danno titolo a percepire un sussidio (equivalente a quello di disoccupazione) e un rimborso spese; lo svolgimento di lavori di utilità pubblica in organizzazioni di volontariato, per non più di sei mesi e con un salario di ammontare pari a quella del sussidio di disoccupazione oltre ad un importo fisso. Al termine di tali esperienze, per il lavoratore ancora disoccupato e senza più titolo a percepire sussidi si apre una fase ulteriore (cosiddetta Follow-Through), in cui è prevista l’assistenza per la ricerca di lavoro a fronte della sua obbligatoria partecipazione a colloqui a ciò finalizzati

Per le categorie svantaggiate (riferite alle persone in condizione di disabilità) i programmi pubblici prevedono agevolazioni finalizzate all’assunzione, al mantenimento del posto di lavoro oppure alla costituzione di attività autonome o di imprese (Access to Work).

Misure di flessibilità del lavoro, inoltre, sono previste con riferimento al singolo rapporto e all’organizzazione della prestazione lavorativa, le cui modalità possono essere articolate in considerazione di particolari esigenze del lavoratore (che sia stato assunto da almeno sei mesi) e comportare, ad esempio, la definizione di uno specifico orario oppure il lavoro a distanza (Flexible working). Hanno titolo a chiedere l’applicazione di tali misure di flessibilità i genitori con figli con meno di sei anni (o con meno di diciotto se disabili) e i lavoratori che si occupano della cura di familiari. La richiesta può essere non accolta dal datore di lavoro, ma per ragioni motivate; le relative valutazioni, inoltre, devono essere compiute alle linee-guida predisposte dall’ACAS.

 

 

Spagna

La crisi economica che attanaglia la Spagna dal 2008 si è concretizzata, nell’ambito del mercato occupazionale, in una massiccia soppressione di posti di lavoro. Il Governo spagnolo, preso atto delle carenze del modello lavorativo esistente, ha approvato il Real Decreto-ley 3/2012, de 10 de febrero, de medidas urgentes para la reforma del mercado laboral[7]. Esso ha inteso proporre un nuovo modello per il mercato del lavoro e per le relazioni industriali, ispirato al principio della flexicurity (flexiseguridad in spagnolo), già sperimentato in alcuni paesi dell’Europa del Nord. Tale modello tende alla ricerca di un punto di equilibrio tra flessibilità esterna e interna all’impresa, tra contrattazione a tempo indefinito e a tempo determinato, tra mobilità interna e meccanismi per la risoluzione del contratto di lavoro, tra tutele operanti a livello contrattuale e nel mercato del lavoro, e altro ancora.

Il decreto legge 3/2012 ha tradotto tale modello in quattro ordini di misure miranti a: favorire l’occupazione dei lavoratori, riformando gli aspetti relativi all’intermediazione lavorativa e alla formazione professionale; sostenere la contrattazione a tempo indeterminato e altre forme di lavoro, con particolare attenzione all’occupazione giovanile da parte delle piccole e medie imprese; incentivare la flessibilità interna all’impresa come misura alternativa al licenziamento; promuovere l’efficienza del mercato del lavoro, adottando misure riguardanti le modalità di rescissione dei contratti di lavoro, al fine di ridurre il dualismo tra lavoratori protetti e lavoratori precari.

Il Parlamento spagnolo ha definitivamente approvato la legge contenente alcune modifiche al testo originario dell’esecutivo, pur confermando l’impianto fondamentale della normativa iniziale: è stata così varata la Ley 3/2012, de 6 de julio, de medidas urgentes para la reforma del mercado laboral, con le medesime finalità del decreto legge.

In dettaglio, il capitolo I (“Misure per favorire l’impiego dei lavoratori”) estende le competenze delle Agenzie di lavoro interinale, autorizzandole ad operare anche come agenzie private di collocamento; riconosce il diritto alla formazione professionale come diritto individuale del lavoratore, creando appositi registri presso i servizi pubblici di collocamento, nei quali annotare le attività formative svolte dal lavoratore; modifica il “contratto per la formazione e l’apprendistato”, rendendolo più accessibile per i giovani disoccupati e più vantaggioso per le aziende che lo adottano. In particolare, con riguardo a tale tipologia di contratto, che già il decreto legge rendeva possibile per i lavoratori fino a 30 anni, con un limite minimo di durata di 1 anno e massimo di 3 anni, la legge lo estende anche ai lavoratori che stiano seguendo corsi di formazione professionale nel settore dell’istruzione, e consente fino a due proroghe non inferiori a 6 mesi ciascuna, purché all’interno del limite massimo di 3 anni.

Il capitolo II (“Impulso alla contrattazione a tempo indefinito e altre misure per favorire la creazione di impiego”) conferma il nuovo tipo di contratto a tempo indeterminato, denominato “contratto di lavoro a tempo indefinito di aiuto agli imprenditori” (contrato de trabajo por tiempo indefinido de apoyo a los emprendedores), destinato alle aziende con meno di 50 lavoratori, con incentivi di carattere fiscale e contributivo per le aziende, soprattutto in caso di assunzione di giovani con meno di 30 anni o di disoccupati di lunga durata con più di 45 anni; consente la realizzazione di ore straordinarie ai lavoratori a tempo parziale, finora preclusa; regolamenta il telelavoro (trabajo a distancia) come modalità di impiego specifica, diversa dal “lavoro a domicilio”, in quanto basata sull’uso intensivo delle nuove tecnologie dell’informazione.

Il capitolo III (“Misure per favorire la flessibilità interna nelle imprese come alternativa alla soppressione dei posti di lavoro”) semplifica il sistema di classificazione professionale, eliminando la rigidità delle divisioni per “categorie” professionali, in favore della classificazione più generale per “gruppi” professionali, al fine di promuovere la mobilità funzionale dei lavoratori; semplifica la distinzione tra modifiche alle condizioni di lavoro di carattere individuale o di carattere collettivo e facilita la sospensione del contratto di lavoro e la riduzione della giornata lavorativa, al fine di evitare i licenziamenti, nei casi in cui sussistano cause economiche, tecniche, organizzative o produttive, determinanti una diminuzione della domanda; introduce una riforma del sistema della negoziazione collettiva, dando prevalenza ai contratti aziendali rispetto a quelli collettivi nazionali, regionali, provinciali o settoriali, e consentendo il procedimento del “distacco” (descuelgue) dell’impresa dal contratto collettivo, quando si verifichino cause economiche, tecniche, organizzative o produttive che lo rendono necessario. Tra le novità introdotte dalla legge, si segnala la possibilità per l’impresa di distribuire in maniera “irregolare”, nel corso dell’anno, il 10% della giornata lavorativa del dipendente, purché l’azienda comunichi al lavoratore il giorno e l’ora della prestazione “irregolare” con almeno 5 giorni di preavviso.

Il capitolo IV (“Misure per favorire l’efficienza del mercato del lavoro e ridurre il dualismo lavorativo”) adotta una serie di disposizioni riguardanti la risoluzione del contratto lavorativo, al fine di limitare il ricorso, da parte delle imprese, al cosiddetto “licenziamento espresso” (despido exprés) su base individuale, che si è rivelato sia traumatico per i lavoratori sia diseconomico per le imprese, che sovente finiscono per sostenere spese superiori, dovute al contenzioso che ne risulta, rispetto ai risparmi che intendevano ottenere. La strategia adottata è stata quella di riformare la normativa in materia di licenziamento collettivo per ragioni economiche, che è lo strumento più corretto da adottare nella congiuntura economica in corso, eliminando, da un lato, l’obbligo per le imprese di richiedere l’autorizzazione amministrativa per poter procedere ai licenziamenti collettivi, ma confermando dall’altro lato, a garanzia dei lavoratori, l’obbligo di negoziato con i loro rappresentanti per un periodo di 30 giorni e, soprattutto, specificando che la nozione di “diminuzione persistente del livello delle entrate o delle vendite”, attestata dall’impresa, deve intendersi come avvenuta “per tre trimestri consecutivi”.

Il Real Decreto-ley 1/2013, de 25 de enero, por el que se prorroga el programa de recualificación profesional de las personas que agoten su protección por desempleo y se adoptan otras medidas urgentes para el empleo y la protección social de las personas desempleadas ha accordato un’ulteriore proroga al programma di riqualificazione professionale per le persone che non hanno più diritto all’indennità di disoccupazione e una proroga automatica di sei mesi quando il tasso ufficiale di disoccupazione sia superiore al 20%. Il decreto amplia il termine per avere diritto all’indennità di disoccupazione quando un’impresa abbia sospeso i contratti di lavoro o abbia ridotto il numero dei giorni o delle ore di lavoro e successivamente i contratti vengano estinti per licenziamento oggettivo, licenziamento collettivo o nel quadro di una procedura concorsuale. I lavoratori interessati hanno diritto all’indennità di disoccupazione di livello contributivo pari allo stesso numero di giorni per i quali avrebbero percepito la disoccupazione totale o parziale in virtù delle sospensioni o riduzioni di lavoro, con un limite massimo di 180 giorni, a condizione che le sospensioni o riduzioni si siano prodotte tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2013 e che il licenziamento si sia verificato tra il 12 febbraio 2012 e il 31 dicembre 2014.

Il Real Decreto-ley 4/2013, de 22 de febrero, de medidas de apoyo al emprendedor y de estímulo del crecimiento y de la creación de empleo ha delineato una strategia volta a promuovere l’imprenditoria e l’occupazione giovanile, a incentivare la contrattazione e l’iniziativa imprenditoriale e ad adeguare l’istruzione e la formazione professionale alla realtà del mercato del lavoro, anche tenendo conto delle raccomandazioni della Commissione europea e di quanto previsto dal Piano nazionale delle riforme (Programa Nacional de Reformas) approvato dal Governo.

I giovani lavoratori autonomi, se minori di 30 anni, hanno diritto a una riduzione fiscale sulla quota contributiva per i rischi comuni per un periodo massimo di 30 mesi, secondo il seguente schema: una riduzione dell’80% per i primi 6 mesi, del 50% per i 6 mesi successivi, del 30% per il periodo successivo.

I beneficiari dell’indennità di disoccupazione che iniziano un’attività autonoma possono continuare ad usufruire dell’indennità, per un periodo massimo di 270 giorni, a condizione di avere meno di 30 anni e di non avere lavoratori a carico. I beneficiari di indennità di disoccupazione minori di 30 anni possono destinare il 100% dell’importo per effettuare un contributo al capitale sociale di un ente commerciale di nuova costituzione o costituito nei dodici mesi precedenti il conferimento del contributo, a condizione che sviluppino un’attività professionale o lavorativa; possono altresì destinare il contributo ai costi di costituzione e avvio di un ente, così come al pagamento di tasse e servizi specifici di consulenza, formazione e informazione relativi all’attività da intraprendere.

Tra le altre misure previste vi sono: incentivi contributivi per le imprese a stipulare contratti a tempo parziale con giovani di meno di 30 anni con vincolo formativo; incentivi contributivi per le piccole imprese e gli autonomi ad assumere a tempo indeterminato giovani con meno di 30 anni; ulteriori facilitazioni all’assunzione di giovani al primo lavoro.

La successiva Ley 11/2013, de 26 de julio, de medidas de apoyo al emprendedor y de estímulo del crecimiento y de la creación de empleo ha quindi sostanzialmente confermato il quadro normativo del Decreto legge 4/2013, con alcune modifiche. Con riferimento al contratto primo impiego giovane (Primer empleo joven), contratto temporaneo in favore di minore di 30 anni disoccupati senza esperienza professionale, la legge stabilisce che, in caso di contratto concluso per una durata inferiore alla massima prevista (12 mesi), quest’ultimo possa essere prorogato mediante accordo tra le parti per un’unica volta, senza che la durata del contratto possa eccedere la durata massima.

Sebbene sia stato ottenuto un recupero di competitività da parte dell’economia spagnola grazie all’adozione dei provvedimenti appena elencati, si sono tuttavia resi necessari alcuni aggiustamenti al fine di favorire una maggiore stabilità nella contrattazione e nell’occupazione dei lavoratori. Si è giunti così all’adozione del Real Decreto-ley 16/2013, de 20 de diciembre, de medidas para favorecer la contratación estable y mejorar la empleabilidad de los trabajadores, contenente alcune misure dirette a tale scopo: la semplificazione amministrativa dei contratti di lavoro, mediante la riduzione del numero dei modelli contrattuali esistenti; il riordino normativo degli incentivi alla contrattazione legati al versamento dei contributi al sistema della Sicurezza sociale; l’accentuata flessibilità nel ricorso al contratto di lavoro a tempo indeterminato di sostegno agli imprenditori, consentito ora anche a tempo parziale; la facilitazione nella formalizzazione dei contratti di lavoro di praticantato, per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; la riduzione del periodo di prova nei contratti di lavoro a tempo determinato; la possibilità per il lavoratore di concordare la riduzione della giornata di lavoro per la cura dei figli minori fino a 12 anni, invece di 8.

Da ultimo il Real Decreto-ley 3/2014, de 28 de febrero, de medidas urgentes para el fomento del empleo y la contratación indefinida ha disposto riduzioni in materia di contributi per rischi comuni, a carico dei datori di lavoro per i contratti a tempo indeterminato. Possono beneficiarne tutte le imprese, sia per contratti a tempo pieno, sia part time, conclusi tra il 25 febbraio 2014 e il 31 dicembre 2014. La quota è di 100 euro mensili, per i contratti a tempo pieno, di 75 o 50 euro mensili per i contratti part time, in funzione del tempo di lavoro effettuato. Tali riduzioni si applicano per tutti per un periodo di 24 mesi, mentre nei successivi 12 mesi le imprese con meno di 10 dipendenti hanno diritto a una riduzione sulla quota del 50%.

 

 

 

 

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[1] La “Grande conferenza sociale 2012” in tema di lavoro si è tenuta a Parigi il 9 e 10 luglio 2012, è stata inaugurata dal Presidente Hollande e ha coinvolto rappresentanti dello Stato, delle collettività territoriali, oltre a rappresentanti di sindacati e associazioni di categoria.

[2] L’“Accordo nazionale interprofessionale dell’ 11 gennaio 2013 per un nuovo modello economico e sociale, al servizio della competitività delle imprese e della messa in sicurezza dell’occupazione e dei percorsi professionali dei lavoratori” è stato firmato da tre organizzazioni sindacali (CFDT, CFTC, CGC) e da tre organizzazioni datoriali (Medef, CGPME, UPA).

[3] Si tratta di quattro leggi distinte, entrate gradualmente in vigore tra il 2003 e il 2005, il cui contenuto trae origine dalle proposte della Commissione “Servizi moderni nel mercato del lavoro” (Moderne Dienstleistungen am Arbeitsmarkt), insediata dal secondo governo Schroeder nel 2002 e guidata da Peter Hartz, dirigente delle risorse umane e membro del consiglio di amministrazione della Volkswagen.

[4] Al datore di lavoro è consentito ridurre l'orario dei propri dipendenti in presenza di cali temporanei della produzione e per periodi limitati di tempo, e il reddito del lavoratore è integrato in parte da benefici pubblici. Il Kurzarbeit è comunque soggetto ad alcune condizioni d’uso: la riduzione opera per un periodo limitato di tempo; deve essere autorizzata dal consiglio di fabbrica che ne sorveglia l'applicazione; il datore di lavoro è spesso chiamato, in virtù di appositi accordi, a integrare le corresponsioni erogate al lavoratore ed è tenuto in ogni caso a versare una parte dei contributi previdenziali e assicurativi; il lavoratore vede in ogni caso decurtato il proprio reddito.

[5] A tale proposito è d’obbligo menzionare lo storico accordo Volkswagen del 1993 che, per fronteggiare la grave crisi automobilistica di quegli anni, portò a una riduzione dell’orario di lavoro a 28,8 ore alla settimana, distribuite su quattro giorni, pur mantenendo sostanzialmente invariata la retribuzione mensile. Da quell'accordo è poi scaturita una pluralità di modelli di orario finalizzati a consentire una gestione flessibile della durata della prestazione.

[6] Questo modello, in particolare, ha avuto un ruolo notevole nella conservazione dei posti di lavoro durante la crisi iniziata nel 2008, quando le imprese hanno preferito conservare la forza lavoro in essere, in attesa della ripresa economica, piuttosto che licenziare lavoratori a cui avrebbero comunque dovuto versare il corrispettivo delle ore accumulate, oltre che l’indennità di preavviso.

[7] In precedenza erano stati approvati il decreto legge 10/2010 e la legge 35/2010, contenenti misure urgenti per la riforma del mercato del lavoro. La crisi economico-finanziaria internazionale ha acuito le preesistenti anomalie del mercato del lavoro spagnolo: l’eccessivo numero di lavoratori con contratti a tempo determinato e l’eccessiva rigidità dei contratti per i lavoratori a tempo indeterminato, che hanno finito per determinare una forte segmentazione del mercato del lavoro e una pericolosa dualità tra lavoratori stabili e temporanei. Al fine di correggere tale modello, era stata approvata una riforma del mercato del lavoro, con l’intento di perseguire tre obiettivi fondamentali: ridurre la precarietà dell’impiego, favorendo la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato; accrescere la flessibilità dei contratti a tempo indeterminato, mediante misure di riduzione e rimodulazione della giornata lavorativa e attraverso modifiche alla normativa sui licenziamenti collettivi; combattere la disoccupazione, in particolare giovanile, attraverso misure di incentivazione per le imprese alla sottoscrizione di contratti di formazione.