Schema di decreto legislativo recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni della direttiva 94/11/CE sull'etichettatura nelle calzature e del regolamento (UE) n. 1007/2011 sulle denominazioni delle fibre tessili e sull'etichettatura dei prodotti tessili 8 settembre 2017 |
Indice |
Premessa|La normativa europea|Contenuto dello schema di decreto legislativo| |
PremessaLo schema di decreto legislativo A.G. 433 definisce la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui alla direttiva 94/11/UE, concernente l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore, e al regolamento (UE) n. 1007/2011, relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili. Lo schema di decreto legislativo è adottato in attuazione dell'art. 3 della legge n. 114 del 2015 (legge di delegazione europea per il 2014), il quale dispone che il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, ai sensi dell'articolo 33 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, entro due anni dalla data di entrata in vigore della medesima legge di delegazione europea 2014, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data dell'entrata in vigore della predetta legge, per le quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative. I termini di scadenza della delega conferita dalla citata legge di delegazione europea 2014 (L. n. 114/2015), fissati al 15 agosto 2017, sono prorogati fino al 15 novembre 2017, ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della citata L. n. 234/2012, che prevede che, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti, questi ultimi sono prorogati di tre mesi. Lo schema di decreto mira quindi a definire un quadro sanzionatorio omogeneo per i due settori, chiarendo gli adempimenti in capo alle imprese alla luce delle norme contenute nel regolamento (UE) n. 1007/2011, per il settore tessile, e completando il processo normativo avviato con il recepimento nel nostro ordinamento, mediante il decreto ministeriale 11 aprile 1996, della direttiva 94/11/UE, per il settore calzaturiero. |
La normativa europeaLa Direttiva 94/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 marzo 1994Direttiva 94/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 marzo 1994, sul riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore, è stata adottata in considerazione del rischio che la disparità tra normative statali - che già prevedevano l'etichettatura delle calzature finalizzata a tutelare e informare il pubblico, nonché ad assicurare i legittimi interessi dell'industria - potesse creare ostacoli agli scambi intracomunitari e pregiudicare il funzionamento del mercato interno. La direttiva, intervenendo al fine di armonizzare le legislazioni nazionali, individua gli elementi caratterizzanti di un sistema comune di etichettatura per le calzature, anche alla luce della risoluzione del Consiglio, del 9 novembre 1989, sulle future priorità per il rilancio della politica di protezione dei consumatori, che invitava a migliorare l'informazione sui prodotti destinati ai consumatori, anche nell'interesse reciproco dei consumatori e dell'industria della calzatura, con l'introduzione di un sistema che riducesse i rischi di frode. La direttiva medesima richiama, in proposito, la risoluzione del Consiglio del 5 aprile 1993, sulle future misure in materia di etichettatura dei prodotti nell'interesse dei consumatori, che considera l'etichettatura un mezzo importante per garantire una migliore informazione e una maggiore trasparenza per i consumatori, nonché per garantire il funzionamento armonioso del mercato interno. A tale riguardo, l'armonizzazione delle legislazioni nazionali è considerata il mezzo idoneo per sopprimere tali ostacoli al libero scambio. Con particolare riferimento all'articolato, la direttiva si compone di 7 articoli e 2 Allegati. L'oggetto e l'ambito di applicazione sono individuati dall'art. 1. Si prevede inoltre che gli Stati membri:
L'art. 4 descrive le caratteristiche dell'etichetta e individua le informazioni sulla composizione delle calzature che la stessa deve contenere, ossia quelle concernenti il materiale che costituisce almeno l'80 per cento della tomaia, del rivestimento della tomaia e suola interna della calzatura e almeno l'80 per cento del volume della suola esterna. Si prevede altresì che l'etichettatura consista nel munire almeno uno degli articoli di ciascun paio di calzature delle indicazioni prescritte e che il venditore al dettaglio si assicuri della presenza sulle calzature in vendita dell'idonea etichetta prescritta. L'art. 5 consente agli Stati membri di apporre sull'etichetta eventuali informazioni supplementari. La direttiva prevede altresì l'obbligo per gli Stati membri di:
In applicazione di tale disposizione è stato quindi emanato il D.M. 11 aprile 1996 dell'allora Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (come modificato dal successivo D.M. 20 gennaio 2001), di recepimento della direttiva 94/11/UE, che ne ha riprodotto il contenuto in materia di informazioni contenute nell'etichetta.
In virtù del carattere regolamentare dell'atto, esso ha previsto unicamente, come evidenziato anche dall'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) allegata allo schema di decreto legislativo, l'apposizione di un
termine perentorio per la
regolarizzazione delle calzature prive di etichettatura o con etichettatura non conforme alle prescrizioni del decreto medesimo. In caso di decorso del termine senza che il responsabile abbia provveduto, l'autorità di vigilanza provvede a disporre il
ritiro della merce dal mercato (art. 6, commi 1 e 2 del D.M.). Come altresì evidenziato nell'AIR, tuttavia, "tale sistema dissuasivo, senza l'ausilio delle sanzioni, non sempre produce i suoi effetti, in quanto al mancato ritiro della merce dal mercato, che deve essere necessariamente a carico dei soggetti responsabili della violazione, non segue una sanzione pecuniaria".
L'Allegato I definisce poi le parti di calzature da identificare e descrive i simboli e le informazioni scritte corrispondenti, mentre l'allegato II reca un'elencazione, non esaustiva, dei prodotti contemplati dalla direttiva. Motivazioni dell'intervento del legislatore europeo.Il recepimento della direttiva 94/11/CE risponde all'obiettivo di armonizzare le diverse disposizioni già emanate dagli Stati membri dell'Unione riguardo all'etichettatura delle calzature, perseguendo le seguenti finalità:
Il quadro sanzionatorio esistente e le criticità constatate L'A.I.R evidenzia la necessità dell'adozione di misure adeguate nel quadro della legislazione nazionale, che non sono mai state adottate per la natura non regolamentare del provvedimento di recepimento della Direttiva, il citato D.M. 11 aprile 1996, il quale, avendo natura amministrativa, ha previsto unicamente l'apposizione di un termine perentorio per la regolarizzazione delle calzature prive di etichettatura o con etichettatura non conforme alle prescrizioni del decreto medesimo. In caso di decorso del termine senza che il responsabile abbia provveduto, l'autorità di vigilanza provvede a disporre il ritiro della merce dal mercato. Si evidenzia pertanto l'inefficacia di tale sistema dissuasivo, ove sprovvisto di sanzioni, in quanto non è prevista alcuna sanzione pecuniaria per il mancato ritiro della merce dal mercato, che deve essere necessariamente a carico dei soggetti responsabili della violazione. Il Regolamento (UE) n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2011Regolamento (UE) n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2011, sulle denominazioni delle fibre tessili e sull'etichettatura e sul contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili e che abroga la direttiva 73/44/UEE del Consiglio e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 96/73/CE e 2008/121/UE, ha operato il riordino della normativa comunitaria previgente in un unico strumento giuridico, al fine di semplificare gli adeguamenti della materia trattata ad alto contenuto tecnico. L'adozione del regolamento (UE) n. 1007/2011 ha quindi realizzato, come evidenziato anche nella relazione illustrativa, un'ipotesi di semplificazione legislativa, che ha consentito agli Stati membri l'adozione più rapida di nuove denominazioni di fibre tessili da utilizzare contemporaneamente in tutta l'Unione europea, evitando agli stessi di recepire le modifiche tecniche nella legislazione nazionale, con conseguente riduzione dell'onere amministrativo.
L'Motivazioni dell'intervento del legislatore europeo.AIR evidenzia che la revisione della legislazione dell'UE relativa alle denominazioni e all'etichettatura dei prodotti tessili, operata dal Regolamento 1007/2011, mira a semplificare e migliorare il quadro normativo esistente per lo sviluppo e la diffusione di nuove fibre, al fine di favorire l'innovazione nel settore tessile e dell'abbigliamento, per consentire agli utenti e ai consumatori di fibre di beneficiare più rapidamente di prodotti innovativi, nonché di implementare l'informazione ai consumatori. L'aIl quadro sanzionatorio vigente e le criticità constatatettuale sistema sanzionatorio per il settore tessile si basa sui criteri generali dettati dalla normativa sanzionatoria nazionale previgente all'entrata in vigore del Regolamento UE 1007/2011, rappresentata dai seguenti provvedimenti normativi: L. n. 883/1973, recante disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili e relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. n. 515/1976) sulla etichettatura dei prodotti tessili; D.Lgs. n. 194/1999, recante attuazione della direttiva 96/74/UE sulle denominazioni del settore tessile, che devono essere adattate al nuovo assetto del regolamento, oltre alla L. n. 689/1981, recante "Modifiche al sistema penale". Come evidenziato anche nell'A.I.R. allegata allo schema di decreto, alla luce della stratificazione della normativa sanzionatoria in materia, non sempre di immediata interpretazione, il MiSE, nel tentativo di garantire un allineamento alla normativa europea, ha emanato, per il settore tessile, la Circolare Prot. n. 234487 del 14 novembre 2012, indirizzata esclusivamente agli organi della vigilanza e non agli operatori del settore e ai consumatori. Il Regolamento ha dunque abrogato implicitamente una serie di disposizioni contenute nelle norme nazionali di recepimento, incidendo in particolare sulle disposizioni nazionali in materia di controlli di vigilanza del mercato e relative sanzioni. |
Contenuto dello schema di decreto legislativoLo schema di decreto legislativo in esame, che si compone di 10 articoli, reca la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui alla direttiva 94/11/UE e al regolamento (UE) n. 1007/2011, sopra descritti. In particolare, Art. 1 Oggetto e ambito di applicazionel'art. 1 individua l'oggetto e l'ambito di applicazione del provvedimento, ossia la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui alla direttiva 94/11/UE e al regolamento (UE) n. 1007/2011 (comma 1), facendo salve le disposizioni in materia di sicurezza generale dei prodotti e pratiche commerciali scorrette di cui al D. Lgs. n. 206/2005, recante il codice del consumo (comma 2).
Al riguardo, si segnala che l'art. 2 del D.Lgs. n. 206/2005 riconosce come fondamentale il diritto dei consumatori e degli utenti alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi (lett. b), nonché il diritto fondamentale all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza (lett. g).
La Parte IV - Titolo I del medesimo D.Lgs. n. 206/2005 reca norme sulla sicurezza e sulla qualità dei prodotti. Gli artt. da 102 a 113 riproducono sostanzialmente il contenuto della Direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti non alimentari, il cui obiettivo è quello di garantire l'immissione sul mercato comunitario esclusivamente di prodotti di consumo sicuri. Tali disposizioni si applicano laddove non esistano nella normativa vigente (nazionale e/o comunitaria) disposizioni specifiche aventi come obiettivo la sicurezza dei prodotti.
La disciplina impone ad ogni prodotto immesso sul mercato e destinato al consumo un requisito generale di sicurezza, al fine di realizzare l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza dei consumatori, ponendo una serie di precetti in materia di sicurezza da applicarsi in maniera trasversale a tutti i prodotti, da coordinare con la normativa speciale che regola in modo specifico determinati prodotti e ambiti commerciali. A tale riguardo, si segnala che il considerando n. 12 della Direttiva 2001/95/CE prevede che quando una normativa comunitaria specifica fissa requisiti di sicurezza che contemplano soltanto certi rischi o categorie di rischi dei prodotti in questione, gli obblighi degli operatori economici nei confronti di tali rischi sono quelli stabiliti dalle disposizioni della normativa specifica, mentre il requisito generale di sicurezza di cui alla presente direttiva si applica agli altri rischi. Ai sensi dell'art. 103 del Codice del consumo, per prodotto sicuro si intende qualsiasi prodotto destinato al consumatore (o anche, se non a lui destinato, ragionevolmente in grado di essere utilizzato da quest'ultimo), anche nel quadro di una prestazione di servizi che, in condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata e, se del caso, la messa in servizio, l'installazione e la manutenzione, non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l'impiego del prodotto e considerati accettabili nell'osservanza di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone. Si considera invece pericoloso qualsiasi prodotto che non corrisponda alla definizione sopra riportata di prodotto sicuro. E' presunto come sicuro il prodotto che, in mancanza di specifiche disposizioni comunitarie, è conforme alla legislazione dello Stato membro in cui il prodotto è commercializzato (con riferimento ai requisiti sanitari e di sicurezza). Un prodotto, tuttavia, è conforme alla legislazione nazionale se, per i rischi e le categorie di rischio disciplinati dalle leggi dello Stato, soddisfa le cd. norme tecniche nazionali che recepiscono le norme europee pubblicate dalla Commissione europea a norma dell'art. 4 della Dir. 2001/95/CE. In mancanza di tali norme nazionali, la sicurezza del prodotto è valutata in base alle norme nazionali non cogenti che recepiscono norme europee, alle norme in vigore nello Stato membro in cui il prodotto è commercializzato, alle raccomandazioni della Commissione europea relative ad orientamenti sulla valutazione della sicurezza dei prodotti, ai codici di buona condotta in materia di sicurezza vigenti nel settore interessato, agli ultimi ritrovati della tecnica, al livello di sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendersi (art. 105 del Codice del consumo).
Si ricorda inoltre che l'art. 20 del Codice del consumo vieta le pratiche commerciali scorrette - ossia quelle contrarie alla diligenza professionale, false o idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori (co. 2) -, tra le quali rientrano altresì le pratiche commerciali ingannevoli (artt. 21-23) e le pratiche commerciali aggressive (artt. 24-26). La pratica commerciale è definita ingannevole se "contiene informazioni non rispondenti al vero o comunque, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea a indurre in errore il consumatore medio" e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. È invece da considerare aggressiva la pratica commerciale che, "nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo indice o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso" (art. 24).
Art. 2 DefinizioniL'art. 2 rinvia alle definizioni contenute nei seguenti atti normativi:
La disciplina sanzionatoriaIl quadro della disciplina sanzionatoria per le violazioni previste dalla direttiva 94/11/CE e dal Reg. (UE) 1007/2011 è dettato, rispettivamente, dagli articoli 3 e 4 del provvedimento in esame. Fatta salva la clausola di riserva penale, tutte le violazioni comportano sanzioni pecuniarie amministrative.
Come infatti rilevato nella relazione illustrativa, trattandosi di violazioni connesse ad obblighi informativi, sono state previste solo sanzioni di natura amministrativa, essendo le corrispondenti fattispecie penali già disciplinate dagli articoli 515 e 517 del codice penale. Non essendo state disposte ulteriori violazioni di natura penale, non è stata prevista un'ammenda alternativa al caso dell'arresto, né sono state previste in luogo dell'arresto e dell'ammenda, le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. Non sono state previste, inoltre, le sanzioni amministrative accessorie costituite dalla sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, della privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione. Lo schema di decreto legislativo in esame, quindi, procede al riordino dell'apparato sanzionatorio nel settore tessile, prevedendo altresì disposizioni recanti sanzioni amministrative nel settore delle calzature, attualmente disciplinato dal D.M. 11 aprile 1996 e ss.mm., recante l'attuazione della direttiva 94/11/UE sul riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore, che, per sua natura, non ha potuto prevedere le sanzioni per la violazione delle fattispecie ivi contenute, ma unicamente l'emanazione di provvedimenti di conformazione dell'etichetta. Pertanto, il quadro sanzionatorio previsto dallo schema di decreto tiene necessariamente conto della originaria diversa impostazione delle rispettive normative settoriali, confermando, nel caso di prodotto posto in vendita privo di etichettatura, per il settore delle calzature, l'emanazione del provvedimento di preventiva conformazione dell'etichetta prevista dal decreto ministeriale 11 aprile 1996 e lasciando invece, per il settore tessile, la previsione di una sanzione diretta della medesima violazione, fatto salvo in entrambe le fattispecie il possibile ricorso all'istituto del sequestro di cui all'articolo 13 della legge n. 689 del 1981. Art. 3. Violazione delle disposizioni dell'art. 4 della direttiva 94/11/CE
L'art. 3 riguarda le sanzioni per le violazioni delle disposizioni dell'art. 4 della direttiva 94/11/CE, concernente l'etichettatura dei materiali usati per i componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore.
In particolare, al fabbricante o all'importatore (v. definizioni art. 2) per le violazioni dell'art. 4 della direttiva si applicano le seguenti sanzioni:
Al distributore (v. definizioni art. 2) si applica invece la sanzione:
L'art. 3 delinea poi il procedimento conseguente all'accertamento della violazione in materia di etichettatura, finalizzato alla conformazione dell'etichetta stessa (comma 7) ove questa sia mancante o non conforme alle prescrizioni della direttiva 94/11/CE. Spetta alla competente Autorità di vigilanza – il Ministero dello sviluppo economico che delega, a tal fine, la competente Camera di commercio – dopo aver contestato la violazione, assegnare un termine di 60 gg. al responsabile (il fabbricante, il suo rappresentante o il responsabile della prima immissione in commercio del prodotto sul mercato italiano) per regolarizzare l'etichetta o, in alternativa, ritirare le calzature dal mercato. Il comma 7 fa riferimento alla procedura di accertamento e contestazione prevista dalla legge quadro sulle sanzioni amministrative (legge 689/1981, artt.13 e 14) Tali disposizioni prevedono sostanzialmente la possibilità per gli organi accertatori di assumere informazioni e procedere a ispezioni, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica nonché di procedere al sequestro cautelare delle cose che possono essere oggetto di confisca amministrativa. Ove possibile, la violazione, deve essere contestata immediatamente; se ciò non è possibile, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti in Italia entro 90 gg. (a quelli residenti all'estero entro il termine di un anno dall'accertamento). Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti e, in ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione. Per i residenti all'estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto per il giudizio di opposizione (30 gg. dalla notificazione del provvedimento, ovvero 60 se il ricorrente risiede all'estero). L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto. Alla mancata ottemperanza alla regolarizzazione dell'etichettatura (o al ritiro del prodotto dal mercato) entro i 60 gg. consegue l'irrogazione al responsabile di una sanzione da 3.000 a 20.000 euro (comma 8) L'ultimo comma dell'art. 3 (comma 8), infine, esclude dall'applicazione della descritta disciplina sanzionatoria specifiche categorie di calzature (tra cui le calzature avente carattere di giocattolo, quelle d'occasione, usate, antinfortunistiche).
LArt. 4 Violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1107/2011'art. 4 dello schema di decreto riguarda le sanzioni amministrative pecuniarie previste per le violazioni di specifiche violazioni (artt. 5, 12, 14, 15 e 16) del Reg. (UE) 1007/2011 inerente le denominazione delle fibre tessili nonché l'etichettatura e contrassegno della composizione dei prodotti tessili. Un primo spettro di sanzioni si applicano al fabbricante o all'importatore dei prodotto tessili. In particolare è prevista una sanzione:
Nei confronti del distributore sono invece stabilite le seguenti sanzioni:
L'art. 4 - in analogia a quanto stabilito dall'art. 3, comma 7 - detta poi la procedura di accertamento e contestazione della violazione e di conformazione dell'etichetta alle prescrizioni del Reg. 1007/2011 (comma 10). Si tratta del procedimento di cui è titolare l'autorità di vigilanza – accertamento, contestazione, assegnazione del termine di adeguamento - finalizzato alla regolarizzazione dell'etichettatura o al ritiro dei prodotti dal mercato. Anche in tal caso è richiamata l'applicazione degli artt. 13 e 14 della legge 689/1981 (v. ante) ed è prevista (comma 11) l'irrogazione della sanzione da 3.000 a 20.000 euro per la mancata ottemperanza nel termine assegnato da parte dei soggetti obbligati.
Come per le violazioni della direttiva di cui all'art. 3, è esclusa l'applicazione della indicata disciplina sanzionatoria di cui all'art. 4 per specifiche categorie di prodotti tessili (quelli dati in lavorazione a lavoranti a domicilio o a imprese indipendenti che lavorano a partire da materiali forniti loro senza dar luogo a cessione a titolo oneroso; quelli confezionati su misura da sarti operanti in qualità di lavoratori autonomi).
Art. 5 Autorità di accertamento e irrogazione delle sanzioniL'art. 5 individua, al comma 1, i soggetti competenti ad accertare le violazioni delle disposizioni di cui al decreto:
Si segnala al riguardo che il regolamento(CE) n. 765/2008, relativo all'accreditamento e alla vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti, mira, in particolare, ad assicurare un elevato livello di protezione della salute, della sicurezza, dell'ambiente e dei consumatori. All'art. 27, esso reca norme in materia di controlli sui prodotti che entrano nel mercato comunitario, disponendo che le autorità degli Stati membri responsabili del controllo dei prodotti che entrano nel mercato comunitario: dispongono dei poteri e delle risorse necessari per svolgere adeguatamente i propri compiti; controllano in modo appropriato e su scala adeguata le caratteristiche dei prodotti prima dell'immissione in libera pratica dei prodotti stessi. La norma consente alle autorità incaricate dei controlli alle frontiere esterne di sospendere l'immissione in libera pratica di un prodotto nel mercato comunitario qualora il prodotto presenti caratteristiche che diano motivo di ritenere che esso, se installato, mantenuto e utilizzato correttamente, comporti un rischio grave per la salute, la sicurezza, l'ambiente o un altro interesse pubblico; qualora il prodotto non sia accompagnato dalla documentazione, in forma scritta o elettronica, richiesta dalla pertinente normativa comunitaria di armonizzazione o non rechi i marchi previsti da tale normativa; qualora sul prodotto sia stata apposta una marcatura CE in modo falso o fuorviante. Le autorità incaricate dei controlli alle frontiere esterne informano immediatamente le autorità di vigilanza del mercato circa il provvedimento di sospensione. L'art. 28 disciplina invece l'immissione in libera pratica dei prodotti la cui immissione in libera pratica sia stata sospesa dalle autorità incaricate dei controlli alle frontiere esterne, prevedendola allorquando, entro tre giorni lavorativi dalla sospensione, tali autorità non siano state informate di provvedimenti adottati dalle autorità di vigilanza del mercato e purché siano state soddisfatte tutte le altre condizioni ed espletate le formalità relative all'immissione. L'art. 29 disciplina le misure che le e autorità di vigilanza del mercato possono adottare qualora constatino che un prodotto comporti un rischio grave, compreso, se necessario, il divieto di immissione sul mercato.
Come rilevato dalla relazione illustrativa, le funzioni in questione non sono state attribuite
ex novo alle Camere di commercio, in quanto per effetto del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono state attribuite alle stesse competenze in passato assegnate agli U.P.I.C.A. (Uffici periferici del Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato) e agli Uffici Metrici Provinciali. Infatti, con DPCM 26 maggio 2000 è stato realizzato il trasferimento delle funzioni e del personale degli UU.PP.I.C.A. alle Camere di Commercio che da allora svolgono attività ispettive e sanzionatorie anche nel settore del tessile ed ispettive nel settore calzature, che non disponeva ancora di norme sanzionatorie.
La legge n. 689/1981, recante modifiche al sistema penale, all'art. 13, comma 4, concernente gli atti di accertamento delle sanzioni amministrative, prevede infatti che all'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possano procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica, possono altresì:
- procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria;
- procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora.
L'art. 5, al comma 2, pone in capo alle Camere di commercio, industria artigianato e agricoltura territorialmente competenti il potere di irrogare le sanzioni amministrative di cui al decreto. Il comma 3 prevede, per le violazioni delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1007/2011, un rinvio alle procedure previste dagli articoli 16, 18, 19, 20, 21, 22 e 24 della legge 26 novembre1973, n. 883, nonché dal D.P.R. 30 aprile 1976, n. 515 e dall'articolo 13 del D.Lgs. 194/1999, in quanto applicabili. In dettaglio, la legge 26 novembre1973, n. 883, di disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili, prevede:
Il D.P.R. 30 aprile 1976, n. 515 - che reca il Regolamento di esecuzione della L. 26 novembre 1973, n. 883, sulla disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili - all'art. 36 dispone in ordine alla procedura in caso di inosservanza delle disposizioni concernenti l'etichettatura. Il D. Lgs. n. 194/1999 reca attuazione della direttiva 96/74/CE relativa alle denominazioni del settore tessile, fissando i requisiti e le modalità applicabili ai prodotti tessili per essere immessi sul mercato interno prima di qualsiasi trasformazione oppure durante il ciclo industriale e durante le diverse operazioni inerenti alla loro distribuzione. Si segnala, in proposito, che la direttiva 96/74/CE è stata abrogata dall'art. 18 della direttiva 14 gennaio 2009 n. 2008/121/CE, non recepita nell'ordinamento nazionale sulla base del considerando n. 17 delle premesse alla medesima, secondo il quale «I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto la procedura di comitato. A essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri.». In considerazione di ciò le norme contenute nella direttiva 96/74/CE sono state razionalizzate, chiarite e rifuse nella citata direttiva 2008/121/CE relativa alle denominazioni del settore tessile. L'art. 13 del citato D. Lgs. n. 194/1999 dispone che i controlli della conformità dei prodotti tessili alle indicazioni di composizione previste dal medesimo decreto siano effettuati secondo i metodi di analisi previsti dalla normativa vigente.
Art. 6 Vigilanza del mercatoL'art. 6, al comma 1, dispone in ordine
all'esercizio delle funzioni di autorità di vigilanza del mercato di cui alle disposizioni della direttiva 94/11/CE, nonché alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1007/2011. Tali funzioni sono svolte dal Ministero dello sviluppo economico, il quale si avvale delle Camere di commercio, industria artigianato e agricoltura, ed eventualmente della collaborazione dei propri uffici territoriali, nonché della collaborazione del Corpo della Guardia di finanza ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera m), e dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68.
Il decreto legislativo n. 68/2001 pone in capo al Corpo della Guardia di finanza il compito di assolvere le funzioni di polizia economica e finanziaria a tutela del bilancio pubblico, delle regioni, degli enti locali e dell'Unione europea, demandando alla stessa compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di "ogni altro interesse economico-finanziario nazionale o dell'Unione europea" (
art. 2, co. 2, lett. m); il successivo art. 3, in materia di c
ollaborazione con organi ed enti nazionali, prevede che il Corpo della Guardia di finanza, in relazione alle proprie competenze in materia economica e finanziaria, collabori con gli organi costituzionali e che la stessa collaborazione, previe intese con il Comando generale, può essere fornita agli organi istituzionali, alle Autorità indipendenti e agli enti di pubblico interesse che ne facciano richiesta.
Come evidenziato nell'AIR, l'attività di controllo realizzata dalle Camere di Commercio è attualmente svolta sulla base di segnalazioni, pianificazione nazionale o locale e successiva estrazione casuale da elenchi degli operatori da controllare, criteri di valutazione oggettivi stabiliti in sede di programmazione dei controlli che tengono conto di attività pregressa e principi dell'analisi dei rischi. Le indicazioni riportate sull'etichetta devono garantire un'informazione corretta al consumatore e ridurre i rischi di frode sia per il consumatore che per gli operatori economici. In questo quadro, la vigilanza è essenziale per contribuire al corretto funzionamento del mercato. In particolare, l'attività di vigilanza attualmente svolta, per il settore delle calzature, ai sensi della direttiva 94/11/CE, concerne: la presenza e la correttezza formale delle indicazioni destinate al consumatore; la composizione del prodotto, che deve essere conforme a quella dichiarata; la presenza delle misure di sicurezza proporzionate in funzione delle caratteristiche del prodotto adottate dal produttore. Tale attività è svolta mediante controllo visivo o prelievo e analisi di campioni e può essere effettuata presso un'impresa produttrice o commerciale o presso luoghi di vendita. In caso di mancanza dell'etichetta di composizione o di scorretta compilazione dell'etichetta: si fotografa il prodotto per dare evidenza della violazione riscontrata; si redige il verbale, nel quale si invita l'operatore a non commercializzare i prodotti prima di aver regolarizzato l'etichetta, dandone atto nel verbale di verifica; si concedono 15 giorni per la regolarizzazione per dame comunicazione alla Camera via PEC. Se l'operatore comunica nei termini previsti l'avvenuta regolarizzazione, la Camera può procedere all'archiviazione della pratica e all'aggiornamento del sistema informativo. Se alla scadenza dei 15 giorni fissati per la regolarizzazione, l'operatore non ha provveduto alla comunicazione dell'avvenuta regolarizzazione, si accerta presso l'operatore e in caso di persistenza della assenza di etichettatura si informa il Ministero per l'adozione dei provvedimenti di ritiro. L'attività di vigilanza attualmente svolta, per il settore tessile, ai sensi del Regolamento n. 1107/2011, concerne invece: la presenza dell'etichetta e della composizione fibrosa; la presenza delle misure di sicurezza proporzionate in funzione delle caratteristiche del prodotto adottate dal produttore. Essa è svolta mediante controllo visivo e documentale o prelievo e analisi di campioni. In caso di accertamento della non conformità del prodotto, la Camera di Commercio invia al MiSE i principali atti dell'accertamento e tutti gli elementi sull'assunzione dei provvedimenti di competenza Camerale e gli elementi utili per il Ministero per i seguiti di competenza. Solo in taluni casi le violazioni al Regolamento 1007/2011 comportano l'assunzione di provvedimenti sanzionatori.
Il comma 2 dispone,
in capo agli organi di controllo
di cui all'articolo 5,
l'obbligo
di fornire al MiSE le notizie di accertamento delle violazioni sopra descritte, ai fini del monitoraggio.
Art. 7. Utilizzo delle somme derivanti dalle sanzioni amministrative L'art. 7 prevede il versamento delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative descritte agli artt. 3 e 4 su apposito capitolo del capo XVIII dello stato di previsione del bilancio dello Stato.
Art. 8 Disposizioni di rinvioL'art. 8 rinvia, per quanto non previsto dal decreto, alle disposizioni di cui alla legge n. 689/1981 e ss.mm.
Art. 9. Clausola di invaianza finanziariaL'art. 9 reca la clausola di invarianza finanziaria, disponendo che le Amministrazioni interessate provvedano agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 10. AbrogazioniL'art. 10 dispone l'abrogazione, dalla data di entrata in vigore del decreto, delle seguenti disposizioni: - art. 15 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 194 (di attuazione della direttiva 96/74/CE relativa alle denominazioni del settore tessile), concernente le sanzioni derivanti dalla violazione dell'obbligo di dotare il prodotto tessile di una etichetta o di un contrassegno, nonché di conservazione dei documenti; - i seguenti articoli della legge 26 novembre 1973, n. 883, recante la disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili: art. 14 (sulla Commissione nominata dall'ex Ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato, che esamina le domande avanzate dal produttore o dall'importatore per l'inclusione negli elenchi dei nomi e dei relativi tassi di ripresa convenzionali delle nuove fibre tessili che, per la loro natura o composizione, non siano identificabili con quelle esistenti); art. 17 (in materia di vigilanza sull'osservanza delle disposizioni contenute nella legge); art. 23 (sui metodi di analisi applicati dai laboratori di analisi); art. 25 (sulle sanzioni derivanti dall'imissione al consumo di prodotti tessili non conformi) e art. 26. - l'art. 6, co. 2, del decreto ministeriale 11 aprile 1996 (di recepimento della direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 marzo 1994 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore), il quale prevede che l'autorità di vigilanza, ove accerti che le calzature sono prive di etichettatura o che l'etichettatura non è conforme alle prescrizioni del decreto, assegni un termine perentorio al fabbricante o al suo rappresentante o al responsabile della prima immissione in commercio delle calzature sul mercato nazionale, o al venditore al dettaglio, per la regolarizzazione della etichettatura.
Come evidenziato dalla relazione illustrativa, l'abrogazione delle attuali disposizioni normative di settore si rende necessaria per sostituire le precedenti sanzioni con le nuove disposizioni sanzionatorie, al fine di conferire maggiore organicità al complesso sistema sanzionatorio e mantenendo le disposizioni attuative riferibili alle procedure di controllo.
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