Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento attività produttive | ||
Titolo: | Legge di stabilità 2016 - Legge di bilancio 2016 - Profili di competenza della X Commissione Attività produttive - A.C. 3444 e A.C. 3445 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 360 Progressivo: 2 | ||
Data: | 23/11/2015 | ||
Organi della Camera: | X-Attività produttive, commercio e turismo |
LEGGE DI STABILITA’
2016
Profili
di interesse dalla X Commissione Attività produttive
A.C. 3444
Novembre 2015
Servizio
Studi
Tel. 06
6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 240/1
Servizio del
Bilancio
Tel. 06
6706-5790 - SbilancioCu@senato.it - @SR_Bilancio
Servizio
Studi
Dipartimento Attività produttive
Tel. 06 6760-3403 - st_attprod@camera.it
- @CD_attProd
Progetti di legge n. 360/2/0/X
Il presente
dossier è articolato in due sezioni:
§
schede di lettura delle disposizioni del
Disegno di legge di stabilità per il 2016, di competenza di ciascuna
Commissione, estratto dal dossier generale, curato dal Servizio Studi della
Camera dei deputati e dai Servizi Studi e Bilancio del Senato della Repubblica;
§
analisi delle missioni del Bilancio di
previsione dello Stato per il 2016-2018 di competenza di ciascuna Commissione,
redatta dal Servizio Studi della Camera dei deputati.
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della
Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di
documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei
parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale
utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti
originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
I N D I C E
Disegno di legge di stabilità 2016 (A.C. 3444)
Misure per la crescita e politiche fiscali
§ Misure per la crescita
e politiche fiscali
Schede di lettura disegno di legge
di stabilità 2016
§ Articolo 1, commi 4-6 (Eliminazione aumenti accise e IVA)
§ Articolo 1, commi 8-24
e 28-30 (Tassazione immobiliare)
§ Articolo 1, comma 31 (Ricomposizione fondiaria)
§ Articolo 1, commi 33-37
(Riduzione IRES)
§ Articolo 1, commi 46-52
(Ammortamenti)
§ Articolo 1, commi 53-55
(Regime fiscale di professionisti e
imprese di piccole dimensioni)
§ Articolo 1, commi 56-62
(Regime agevolato per cessioni e
assegnazioni di beni ai soci)
§ Articolo 1, commi 64 e
65 (Deduzioni IRAP per i soggetti di
minori dimensioni)
§ Articolo 1, commi 66 e
67 (Emissione di note di credito IVA)
§ Articolo 1, commi
99-102 (Fondo per le aziende sequestrate
e confiscate)
§ Articolo 1, commi
103-106 (Aziende vittime di mancati
pagamenti)
§ Articolo 1, comma 143 (Misure per la ricerca scientifica e
tecnologica)
§ Articolo 1, comma 196 (Promozione del made in Italy e attrazione
degli investimenti in Italia)
§ Articolo 1, commi
198-206 (Società benefit)
§ Articolo 1, commi 342 e
343 (Zone franche urbane)
§ Articolo 1, comma 490 (Accesso al fondo di garanzia per le PMI per
le imprese fornitrici)
§ Articolo 1, comma 491 (Programmi di amministrazione straordinaria)
§ Articolo 1, commi
511-514 (Circolazione del contante)
§ Articolo 1, commi
524-535 (Disposizioni in materia di
giochi)
§ Articolo 1, commi
536-542 (Disposizioni di semplificazione
per la dichiarazione precompilata)
§ Articolo 1, commi
543-544 (Clausola di salvaguardia relativa
alla voluntary disclosure)
§ Articolo 1, commi 552 e
554 (Tabella E)
Interventi sul costo del lavoro
§ Articolo 1, commi 83-86
(Proroga dell'esonero contributivo per le
assunzioni a tempo indeterminato)
§ Articolo 1, comma 107 (Aliquota contributiva lavoratori autonomi)
Comparto difesa e incentivi imprese
settore aeronautico
§ Articolo 1, commi 552 e
554 (Tabella E)
Settore imprenditoriale culturale
§ Articolo 1, comma 368 (IVA super-ridotta pubblicazioni)
Settore imprenditoriale marittimo
§ Articolo 1, comma 194 (Marina Resort)
§ Articolo 1, comma 366 (Soppressione di contributi a imprese
armatoriali)
§ Articolo 1, commi
453-464 (Norme per l’accelerazione degli interventi cofinanziati)
§ Articolo 1, comma 465 (Completamento interventi cofinanziati
2007-2013)
§ Articolo 1, commi
475-482 (Investimenti europei e Istituto
nazionale di promozione)
§ Articolo 1, comma 127 (Compensi dei dipendenti nominati nei CDA
società partecipate)
§ Articolo 1, comma 130 (Riduzione delle spese degli uffici di
diretta collaborazione dei Ministri)
§ Articolo 1, comma 333 (Riduzioni delle dotazioni di bilancio dei
Ministeri)
§ Articolo 1, comma 382 (Trasformazione della Cassa conguaglio)
§ Articolo 1, commi
483-488 (Fondo di garanzie infrastrutture
TERNA)
§ Articolo 1, comma 489 (Disposizioni per il finanziamento
investimenti ambientali e tecnologici)
Disegno di legge di bilancio 2016
(A.C. 3445)
§ 1. La disciplina
contabile del disegno di legge di bilancio
§ 2. Il disegno di legge
di bilancio per il 2016 – Profili di competenza della X Commissione
SETTORE |
DDL STABILITÀ 2016 – A.C. 3444 |
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Misure per la crescita e politiche
fiscali |
Art. 1, co. 4-6 |
Disattivazione
clausole di salvaguardia: eliminazione aumenti accise e IVA |
Art. 1, co. 8-30 |
Modifiche
all’assetto della tassazione immobiliare |
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Art. 1, co. 31 |
Ricomposizione
fondiaria – esenzioni fiscali |
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Art. 1, co. 33-37 |
Riduzione
IRES |
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Art. 1, co. 41-43 |
Proroga bonus ristrutturazioni |
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Art. 1, co. 46-52 |
Bonus ammortamenti |
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Art. 1, co. 53-55 |
Regime
fiscale di professionisti ed imprese di piccole dimensioni (cd. dei minimi) |
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Art. 1, co. 56-61 |
Cessioni
di beni ai soci e IRAP |
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Art. 1, co. 62 |
Imposta
sostitutiva beni strumentali |
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Art. 1, co. 64-65 |
Deduzioni
IRAP per i soggetti di minori dimensioni |
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Art. 1, co. 66-67 |
Emissione
di note di credito IVA |
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Art. 1, co. 87-95 |
Regime
fiscale dei premi di produttività |
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Art. 1, co. 99-102 |
Fondo
accesso al credito per aziende oggetto di misure patrimoniali |
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Art 1, co. 103-106 |
Fondo per
il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti |
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Art. 1, co. 143 |
Interventi
di sostegno alle imprese ed ad altri soggetti per ricerca scientifica e
tecnologica |
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Art. 1, co.196 |
Rifinanziamento
Piano Made in Italy per attività
ICE |
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Art. 1, co.198-206 |
Società Benefit |
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Art. 1, co. 342-343 |
Zone
franche urbane |
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Art. 1, co. 490 |
Modifiche
accesso Fondo garanzia PMI da parte di imprese fornitrici di aziende che
gestiscono almeno uno stabilimento di interesse nazionale |
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Art. 1, co. 491 |
Durata
programmi di amministrazione straordinaria |
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Art. 1, co. 500-510 |
Proroga
della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché
rivalutazione dei beni di impresa |
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Art. 1, co. 511-514 |
Soglia
contante |
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Art. 1, co. 524-535 |
Giochi |
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Art. 1, co. 536-542 |
Semplificazione
dichiarazioni fiscali |
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Art. 1, co. 543-544 |
Clausola
di salvaguardia voluntary disclosure |
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Tabella D |
Adeguamento
contributi alla CDP per finanziamento interessi a carico del Fondo rotativo
per le imprese (Per la
Tabella D si rimanda al dossier generale – n. 360/2) |
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Tabella E |
2FU - D.L.
66/2014, art. 22-bis, comma 1 - Risorse per le zone franche urbane |
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Interventi sul costo del lavoro |
Art. 1. co. 83-86 |
Proroga
dell'esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato nel settore
privato |
Art. 1, co. 107 |
Riduzione
aliquota contributiva lavoratori autonomi |
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Comparto difesa e incentivi imprese settore
aeronautico |
Tab. E |
L.
808/1985, art. 3, comma 1, punto a - Interventi per la competitività delle
industrie nel settore aeronautico |
Tab. E |
D.L. 321/1996, art. 5, comma 2, punto b) - Sviluppo
tecnologico nel settore aeronautico |
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Tab. E |
D.L. 321/1996, art. 5, comma 2, punto c) - sviluppo
tecnologico nel settore aeronautico |
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Tab. E |
L. 266/2005, art. 1, comma 95, punto 3 - Contributo
programma unità navali FREMM) |
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Tab. E |
L. 244/2007, art. 2, comma 180 - Interventi settore
aeronautico |
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Ricerca e sviluppo settore aerospazio |
Tab. D |
Riduzione contributo statale Programma nazionale di
ricerche aerospaziali (PRORA) (Per la Tabella D si rimanda al dossier generale – n. 360/2) |
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Settore imprenditoriale culturale |
Art. 1, co. 368 |
IVA 4%
pubblicazioni |
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Settore
imprenditoriale marittimo |
Art. 1, co. 194 |
Marina Resort |
Art. 1, co. 366 |
Soppressione
di contributi per investimenti delle
imprese marittime |
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Politiche di coesione |
Art. 1, co. 453-465 |
Fondi
strutturali |
Art. 1, co. 474 |
Equiparazione
dei liberi professionisti alle PMI per l’accesso ai Fondi strutturali (PON e
POR) |
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Art. 1, co. 475-482 |
Investimenti
europei e Istituto nazionale di promozione (Cassa depositi e prestiti) |
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Tabella E |
L. 296/2006, art. 1, comma 863, punto 1 - Fondo per
lo sviluppo e la coesione |
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Tabella E |
L.147/2013, art. 1, comma 6 - Fondo per lo sviluppo
e la coesione; Programmazione 2014/2020 |
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Ministeri e società pubbliche |
Art. 1 co 127 |
Compensi
dei dipendenti nominati nei CDA società partecipate |
Art. 1 co 130 |
Riduzione
spesa per uffici diretta collaborazione Ministri |
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Art. 1, co. 133 |
Riduzioni
alle spese dei Ministeri |
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Art. 1, co. 383-387 |
Limiti ai
compensi degli amministratori delle società a controllo pubblico |
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Trasferimenti ad enti vigilati dal MISE |
Tabella C |
Risorse
destinate all’ENEA (Per la
Tabella C si rimanda al dossier generale – n. 360/2) |
Tabella C |
Risorse
destinate ad enti vigilati MISE (Per la Tabella C si rimanda al dossier generale – n. 360/2) |
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Ambiente ed energia |
Art. 1, co. 230-236 |
Misure per
far fronte alle esigenze di ricostruzione pubblica e privata connesse agli
stati di emergenza (con provvista CDP) |
Art. 1, co. 382 |
Trasformazione
della Cassa conguaglio settore elettrico |
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Art. 1, co. 489 |
Garanzia
statale finanziamenti ILVA per investimenti ambientali |
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Art. 1, co. 483-488 |
Fondo di
garanzia infrastrutture presso Terna |
Sotto il profilo degli interventi a sostegno delle imprese, sono introdotte ulteriori misure volte a rilanciare la promozione del Made in Italy, a sostenere il settore degli investimenti ambientali e tecnologici, nonché ad agevolare forme di credito per le aziende oggetto di misure patrimoniali. Più in particolare si prevedono risorse aggiuntive, pari a 50 milioni di euro per il 2016, per il Piano straordinario per la promozione del Made in Italy (art. 1, comma 196) e si istituisce un Fondo, con dotazione pari a 10 milioni di euro per il triennio 2016-2018, per garantire l'accesso e la continuità del credito a favore delle aziende oggetto di misure patrimoniali nell'ambito di procedimenti penali o di prevenzione (art. 1, comma 99-102). Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto un Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, con una dotazione di 10 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018, avente come finalità il sostegno alle piccole e medie imprese che entrano in crisi a causa della mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici (art. 1, comma 103-106).
Si introduce inoltre, per il sostegno alle imprese fornitrici di società che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, un apposito criterio nell'accesso al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (art. 1, comma 490). Un’ulteriore misura per le imprese consiste nella modifica della disciplina dei programmi di amministrazione straordinaria (art. 1, comma 491).
In particolare è consentito che il programma di amministrazione straordinaria, sia esso di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, possa avere una durata fino a 4 anni, in luogo degli attuali uno o due anni.
Tale disposizione è applicabile alle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale.
Nel corso dell’esame in Senato è stata altresì estesa la tipologia dei soggetti ammissibili agli incentivi nei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, finanziati nell’ambito del FIRST (Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica) prevedendo, tra l’altro, anche società composte da professori e ricercatori ed altri enti pubblici che operano in alcuni settori della ricerca ed inserendo, tra le attività ammesse all’intervento di sostegno, anche quella industriale, di sviluppo precompetitivo e di diffusione di tecnologie (art. 1, comma 143).
Sempre nel corso dell’esame in Senato, è stata inserita (art. 1, commi 198-206) la disciplina generale della cosiddetta “società benefit”. Tali società si caratterizzano in quanto, nell’esercizio dell’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune, indicate specificatamente nell’oggetto sociale, e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse. Sono altresì precisate le modalità di funzionamento, gli obblighi, le responsabilità e i controlli relativi all’attività di tali società.
Infine è prevista una rimodulazione delle risorse a favore delle Zone franche urbane, restringendo l’ambito territoriale e definanziando il fondo istituito al fine di consentire la fruizione di alcune agevolazioni fiscali (articolo 1, commi 342 e 343 e Tabella E).
A fronte di un definanziamento pari a 20 milioni di euro per gli anni 2017-2018 per le spese di partecipazione italiana ai programmi dell'Agenzia spaziale europea e per i programmi spaziali nazionali di rilevanza strategica, si prevede un significativo rifinanziamento degli interventi per lo sviluppo e la competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico pari a 25 milioni di euro per il 2018 e a 700 milioni di euro per il periodo 2019-2032. Tale finanziamento è destinato all’elaborazione di programmi, studi e ricerche, progettazioni e investimenti per l’industrializzazione ad eccezione delle attività di produzione in serie e commercializzazione (Tab. E).
Sul piano fiscale, l'intervento di maggior rilievo è costituito dall'eliminazione degli aumenti di imposta e riduzione delle agevolazioni fiscali, vale a dire le c.d. clausole di salvaguardia, che dovevano scattare dal 2016 (con un impatto di circa 16,8 miliardi per tale anno) (commi 4-6).
Di rilievo, quanto alla riduzione del carico fiscale che ne consegue (circa 4,5 miliardi annui), è poi l'intervento sulla fiscalità immobiliare, con l'esenzione IMU sui terreni agricoli e sui c.d. macchinari imbullonati, nonché l'esenzione TASI per la prima casa (commi 8-30).
Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte le seguenti, ulteriori disposizioni:
§ si dispone l’esenzione IMU per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli), e a parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale (comma 8, lettera a));
§ si estende il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome, con efficacia dal 2014 (comma 10);
§ si esentano da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al requisito della residenza anagrafica (comma 13);
§ è introdotta una riduzione del 25 per cento dell’IMU e della TASI dovute sulle unità immobiliari locate a canone concordato (commi 28 e 29);
§ si consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, purché lo alieni entro un anno dalla data dell'atto (comma 30);
§ si estendono le agevolazioni fiscali previste per gli Istituti autonomi case popolari, comunque denominati (e loro consorzi), anche agli enti aventi le stesse finalità sociali degli IACP, purché costituiti e operanti al 31 dicembre 2013 e siano stati istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing (commi 44 e 45).
Limitatamente all’anno
2016, si blocca la possibilità di deliberare
aumenti dei tributi e delle addizionali
regionali e comunali (comma 23).
E’ istituita una nuova aliquota ridotta dell’IVA, al 5 per cento, cui sono assoggettate le prestazioni socio-sanitarie ed educative rese da cooperative sociali e loro consorzi (commi 545-547, inseriti dal Senato).
Tra le altre norme rilevanti si ricordano:
§ la riduzione dell'aliquota Ires, prevedendo una progressiva diminuzione dell’aliquota dal 27,5 al 24 per cento, a regime dal 2017. Si prevede inoltre una riduzione dell’aliquota della ritenuta (operata a titolo di imposta) sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società. L’efficacia delle misure viene subordinata al riconoscimento, in sede europea, dei margini di flessibilità di bilancio correlati all’emergenza immigrazione (commi 33-37);
§ il bonus del 140% sugli ammortamenti fiscali connessi agli investimenti in macchinari ed attrezzature effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016 (commi 46-52);
§ il
miglioramento del regime forfetario per i lavoratori autonomi, mediante un aumento
delle soglie dei ricavi per
accedere al regime e l’estensione a
cinque anni dell’aliquota forfetaria
al 5 per cento (anziché al 15),
nonché la modifica del calcolo per la contribuzione dovuta a fini previdenziali
(commi
53-55);
§ il regime agevolato per cessioni e assegnazioni di beni ai soci e l'aumento degli importi deducibili dall'IRAP in favore di alcuni soggetti di minori dimensioni (commi 56-61); si dispone l’applicazione opzionale per gli imprenditori individuali di un’imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015 (comma 62, introdotto dal Senato);
§ la proroga al 31 dicembre 2016 delle detrazioni Irpef per interventi di riqualificazione energetica (estese anche agli IACP) e per le ristrutturazioni degli edifici. Le giovani coppie, anche di fatto, che hanno acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale possono usufruire di una detrazione fiscale del 50 per cento per le spese sostenute per l’acquisto di mobili nel 2016 fino a 8.000 euro (commi 41-43);
§ l’introduzione di una imposta sostitutiva pari al 10 per cento sui premi di produttività (commi 87-95) e l’innalzamento della no tax area dei pensionati da 7.500 a 8.000 euro (commi 160 e 161);
§ le disposizioni in materia di rientro dei lavoratori dall’estero, che in sostanza prorogano al 2017 la detassazione IRPEF del reddito da lavoro del 70 o dell’80 per cento in favore dei soggetti rientrati in Italia (comma 142, inserito dal Senato);
§ la proroga dei termini per la rivalutazione di quote e terreni da parte delle persone fisiche, con raddoppio dell'aliquota della relativa imposta sostitutiva; per i soggetti IRES si riapre la possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni (commi 500-510);
§ l’elevazione da mille a tremila euro del limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore e l’eliminazione dell'obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità. Per effetto delle modifiche al Senato, per il servizio di rimessa (money transfer) la predetta soglia è fissata in mille euro (commi 511-514);
§ la semplificazione e razionalizzane degli adempimenti relativi alla presentazione delle dichiarazioni fiscali, con particolare riferimento alla dichiarazione precompilata (commi 536-542).
I commi da 511 a 514 innalzano da mille a tremila euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore; sono inoltre eliminati l'obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, nonché l’obbligo per i soggetti della filiera dei trasporti ad effettuare i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall’ammontare.
Ulteriori agevolazioni fiscali riguardano il settore della cultura (art-bonus) e dello spettacolo (tax credit cinema) (commi 172-173 e 178-180). Si istituisce un Fondo sperimentale per il contrasto della povertà educativa alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie, cui viene riconosciuto un credito d'imposta, pari al 75 per cento di quanto versato (commi 213-216). Un ulteriore credito di imposta è previsto in relazione alla concessione di finanziamenti agevolati ai soggetti privati e alle attività economiche e produttive danneggiati da eventi calamitosi (230-236). Si estende l'aliquota IVA al 4 per cento, già prevista per gli e-book, a giornali, notiziari e periodici online (comma 368).
Per quanto attiene alle misure fiscali volte al conseguimento di maggiori entrate ed alla riduzione di spese, si ricorda che le maggiori entrate, che derivano da due misure, ovvero l'aumento del prelievo fiscale sui giochi (commi 524-535) e la norma sui redditi e patrimoni detenuti all'estero (voluntary disclosure) (commi 543-544), ammontano a circa 3,1 miliardi nel 2016.
Si segnala, infine, che è anticipata al 2016 l’entrata in vigore della riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario, disposta in attuazione della legge di delega fiscale. Restano comunque ferme le sanzioni dovute in base alle norme relative alla procedura di collaborazione volontaria vigenti alla data di presentazione della relativa istanza (comma 68).
Articolo 1, commi 4-6
(Eliminazione aumenti accise e IVA)
I commi da 4 a 6 – non modificati dal Senato - disattivano la clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014 e rinviano al 2017 gli aumenti predisposti dall’ulteriore clausola introdotta dalla legge di stabilità 2015.
Tale misura si pone in linea con quanto già preannunciato nel DEF 2015 e confermato in sede di Nota di aggiornamento, laddove si prevede la copertura della riduzione del gettito tramite tagli di spesa.
La Nota precisa, peraltro, che il percorso dei tagli sarà più graduale, al fine di mitigare gli impatti depressivi sul PIL.
Si ricorda che il comma 430 della legge di stabilità 2014 aveva disposto variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cd. tax expenditures) – da definire con successivo DPCM – tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017. Tali misure potevano non essere adottate in caso di interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica di pari importo.
Già la legge di stabilità 2015 (comma 208) aveva posticipato al 15 gennaio 2016 la data di emanazione del DPCM riducendo la previsione di maggiori entrate a 3,272 miliardi per il 2016 e 6,272 miliardi di euro a decorrere dal 2017.
Contestualmente, i commi 718 e 719 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali (con effetti di maggior gettito stimati nella relazione tecnica in circa 12,8 miliardi nel 2016 e 19,2 miliardi nel 2017) e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018. Anche tali aumenti possono essere sostituiti da provvedimenti che assicurino gli stessi effetti positivi attraverso maggiori entrate o risparmi di spesa mediante interventi di revisione della spesa pubblica.
Effetti finanziari a legislazione
vigente
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2016 |
2017 |
dal 2018 |
Variazioni
aliquote e riduzioni agevolazioni e detrazioni fiscali (c. 430) |
3.272 |
6.272 |
6.272 |
Aumento accisa
carburanti (c.632) |
728 |
728 |
728 |
Incremento
aliquote IVA (c. 718) |
12.814 |
19.221 |
21.965 |
- Incremento accise (c.718) |
|
|
700 |
TOTALE CLAUSOLE |
16.814 |
26.221 |
28.965 |
Effetti finanziari della nuova clausola
|
2016 |
2017 |
dal 2018 |
Variazioni
aliquote e riduzioni agevolazioni e detrazioni fiscali (c. 430) |
- |
- |
- |
Aumento accisa
carburanti (c.632) |
- |
- |
- |
Incremento
aliquote IVA (c. 718) |
- |
15.133 |
19.571 |
- Incremento accise (c.718) |
|
|
350 |
TOTALE CLAUSOLE |
- |
15.133 |
19.921 |
Il comma 4 provvede quindi all’abrogazione del predetto comma 430, eliminando i prospettati aumenti di 3,272 e 6,272 miliardi di euro (prima clausola di salvaguardia).
Il comma 5 interviene sulla seconda clausola di salvaguardia, sostanzialmente rinviando al 2017 gli aumenti già previsti per il 2016.
Viene a tal fine modificato il citato comma 718 della legge di stabilità 2015 in più punti:
§ con una prima modifica alla lettera a), l’aumento dell'aliquota IVA del 10 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016 è posticipato al 1 gennaio 2017; conseguentemente, a tale data l’aliquota sarà incrementata di tre punti percentuali, vale a dire dal 10 al 13 per cento;
§ con una modifica alla lettera b), l’aumento dell'aliquota IVA del 22 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016 è posticipato al 1° gennaio 2017 (cioè dal 22 al 24%), mentre l’aumento di un ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017 slitta al 1° gennaio 2018 (cioè dal 24 al 25%); è poi soppresso l’ulteriore aumento di 0,5 punti percentuali dal 1° gennaio 2018;
§ sono quindi ridotte della metà - da 700 a 350 milioni di euro - le maggiori entrate previste a decorrere dal 2018 mediante aumento dell’aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, (lettera c)).
Il comma 6 disattiva l’ulteriore aumento di accisa previsto dal comma 632 della medesima legge di stabilità 2015, già posticipato al 2016 dal decreto-legge n. 153 del 2015, in corso di conversione (AS 2070).
Tale comma, come modificato dal decreto-legge n. 153 del 2015, disciplina la clausola di salvaguardia in caso di mancato rilascio delle autorizzazioni degli organismi europei alle misure di deroga in relazione all'estensione del reverse charge alla grande distribuzione ed all'introduzione dello split payment, stabilendo che alla copertura degli effetti finanziari negativi si provveda, per l'anno 2015, con le maggiori entrate derivanti dalla c.d. voluntary disclosure, in luogo dell'impiego delle entrate derivanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti che slitta conseguentemente all'anno 2016.
Poiché l’autorizzazione è stata concessa - in via temporanea dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017 – solo per lo split payment, l'importo da coprire è stato ridefinito in 728 mln di euro (in luogo dei previgenti 1.716 mln) e la nuova decorrenza dell'incremento, eventuale, delle accise sui carburanti posticipata a partire dall'anno 2016 (in luogo del 2015).
La norma in commento provvede quindi ad eliminare in via definitiva il predetto aumento.
Si ricorda, infine, che in attuazione dell’articolo 4 della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) il Decreto Legislativo n. 160 del 2015, riguardante la stima dell'evasione fiscale e il riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale modifica la legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196) al fine di introdurre strumenti di monitoraggio delle spese fiscali (c.d. tax expenditures) e prevedere il coordinamento dei medesimi strumenti con le procedure di bilancio.
In primo luogo, la norma pone in capo al Governo la predisposizione di un programma annuale di riordino delle spese fiscali da attuare con la manovra di finanza pubblica, da presentare insieme alla Nota di aggiornamento del DEF. Le spese fiscali entrate in vigore da almeno cinque anni sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma.
Inoltre, allo stato di previsione dell'entrata è allegato un rapporto annuale sulle spese fiscali, (consuntivo), che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso.
Tale rapporto sostituisce gli attuali allegati A e B alla nota integrativa della Tabella 1 (Stato di previsione delle entrate del disegno di legge di bilancio).
Si stabilisce, poi, che il Governo presenti annualmente, contestualmente alla Nota di aggiornamento al Def, un rapporto al Parlamento contenente i risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, ivi distinguendosi tra imposte accertate e riscosse, nonché tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento. Il documento contiene inoltre l'illustrazione dei risultati del recupero di somme dichiarate e non versate, e degli effetti della correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni.
Si rileva che l’ammontare complessivo degli effetti dei 296 regimi agevolativi (cd. tax expenditures) indicato nell’allegato A alla nota integrativa della Tabella 1 del disegno di legge di bilancio 2016 (Stato di previsione delle entrate) è pari a:
175.102,7 milioni per il 2016 (+15.199,10 rispetto al ddl di bilancio 2015);
175.689,6 milioni per il 2017 (+14.616,40 rispetto al ddl di bilancio 2015);
176.257,8 milioni per il 2018.
L’allegato B indica un ammontare degli effetti delle 11 agevolazioni introdotte da ottobre 2014 a settembre 2015 pari a:
634,2 milioni per il 2016;
1.288,4 milioni per il 2017;
1.240 milioni per il 2018.
Tali importi sono comunque contabilizzati anche nell’allegato A.
Rispetto a quanto riportato nell’allegato A inserito nella nota integrativa dello stato di previsione delle entrate per l’anno finanziario 2015, il numero delle disposizioni recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio, nel complesso, è aumentato attestandosi a 296 misure. Tale variazione è dovuta all’introduzione nell’esercizio di nuove disposizioni (allegato B).
Le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all'evasione fiscale e dalla progressiva limitazione dell'erosione fiscale sono attribuite al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Si segnala, infine, che l’articolo 33, comma 7 del disegno di legge in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia) riduce l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la riduzione della pressione fiscale dei seguenti importi:
§ 666, 6 milioni di euro per il 2016;
§ 413,4 milioni di euro per il 2017;
§ 410,9 milioni di euro per il 2018;
§ 387,9 milioni di euro a decorrere dal 2019.
Articolo 1, commi 8-24 e 28-30
(Tassazione immobiliare)
I commi 8-24 e 28-30 apportano sostanziali modifiche all’assetto della tassazione immobiliare e, per effetto delle modifiche apportate al Senato, anche al regime fiscale delle imposte sui trasferimenti immobiliari.
Con un primo gruppo di norme (commi 9-11) si provvede al complessivo riassetto delle agevolazioni per i terreni agricoli, a tal fine esentando da IMU:
§ i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege;
§ i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;
§ i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;
§ i terreni agricoli con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.
Si elimina la TASI sull’abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio, commi 12 e 14), anche nell’ipotesi in cui è il detentore a destinare l’immobile ad abitazione principale. Si dispone un’aliquota ridotta per gli immobili-merce. Si estende l’esenzione per la prima casa all’imposta sugli immobili all’estero – IVIE. Le modifiche apportate al Senato hanno precisato che il rinvio alle definizioni di imposta municipale propria è effettuato con riferimento alle norme del decreto-legge n. 201 del 2011 che definiscono l’abitazione principale a fini IMU.
I commi 15 e 16 recano le misure compensative del minor gettito IMU e TASI conseguente dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione per le abitazioni principali e sui terreni agricoli, prevedendo per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna un incremento del Fondo di solidarietà comunale (comma 15) e per i comuni delle regioni a statuto speciale cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale (Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) un minor accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (comma 16).
Viene, inoltre, attribuito ai comuni un contributo di 390 milioni di euro per
il 2016, in conseguenza delle
norme di fiscalità immobiliare relative ai limiti massimi posti delle aliquote
d’imposta (comma 17).
I commi 18-21 escludono i macchinari funzionali al processo produttivo (ivi compresi i cd. imbullonati) della rendita catastale e, quindi, dalle imposte immobiliari.
È abrogata l’Imposta Municipale Secondaria - IMUS (comma 22).
Limitatamente all’anno 2016, si blocca la possibilità di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali regionali e comunali (comma 23), mentre per gli immobili non esentati i comuni possono maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille (comma 24). Per effetto delle modifiche apportate al Senato, sono fatte salve le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, per le quali siano state espletate le procedure relative alle pubblicazioni previste dalla legislazione vigente.
Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte le seguenti, ulteriori disposizioni:
§ si dispone l’esenzione IMU per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli), sostituendo con l’esenzione ex lege la vigente facoltà dei comuni con riferimento a tali immobili, al contempo rendendone più stringenti le condizioni; sono esentati da IMU anche gli immobili concessi in comodato a parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale (comma 8, lettera a));
§ si estende il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome, con efficacia dal 2014. Anche tali imposte immobiliari sostituiscono, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati, siti nello stesso comune dell’abitazione principale (comma 10);
§ si esentano da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al requisito della residenza anagrafica (comma 13);
§ è introdotta una riduzione del 25 per cento dell’IMU e della TASI dovute sulle unità immobiliari locate a canone concordato (commi 28 e 29);
§ si consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, purché lo alieni entro un anno dalla data dell'atto (comma 30).
Il primo gruppo di norme in esame interviene sulla disciplina dell’IMU sui terreni agricoli, contenuta nell’articolo 13 del decreto-legge. n. 201 del 2011 e nel decreto legislativo n. 23 del 2011, al fine di ampliare il perimetro delle esenzioni.
Per effetto delle norme in esame sono esentati da IMU (comma 11):
§ i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege;
§ i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;
§ i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;
§ i terreni agricoli con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.
Più in dettaglio, il comma 11 ridisegna il perimetro dell’esenzione IMU - prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 - per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l’esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993.
Detta circolare reca l’individuazione dei comuni cd. montani o collinari, in cui opera l’esenzione IMU (originariamente, a fini ICI) in favore dei terreni agricoli.
Dal 2016 essi sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare. La richiamata circolare chiarisce che, ove accanto all'indicazione del comune non sia riportata alcuna annotazione, l'esenzione opera sull'intero territorio comunale. Ove sia riportata l'annotazione “parzialmente delimitato”, con la sigla "PD', l'esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.
Oltre a tali esenzioni, valevoli per i terreni agricoli ricadenti in specifiche aree, il comma 11 esenta da IMU gli altri terreni agricoli in virtù di ulteriori caratteristiche:
a) se posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;
b) ubicati nei comuni delle isole minori (di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448) indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;
c) a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.
Attualmente, ai sensi del decreto-legge n. 4 del 2015, l'esenzione si applica:
a) ai terreni agricoli nonché a quelli incolti ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani Istat;
b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati ubicati nei comuni delle isole minori (articolo 25, comma 7, allegato A, della legge n. 448 del 2001);
c) ai terreni agricoli nonché a quelli incolti posseduti e condotti – anche in comodato ed in affitto - dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco Istat.
A decorrere dall'anno 2015, per i terreni ubicati nei comuni della cd. collina svantaggiata, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, spetta una detrazione di 200 euro. Inoltre, sono esenti i terreni a immutabile destinazione agro silvo pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che non ricadono in zone montane o di collina, come definite dalla disciplina secondaria (D.M. 28 novembre 2014).
I terreni agricoli sono inoltre esenti dalla TASI (decreto-legge n. 16 del 2014).
Si fa notare che la norma in oggetto determina la conseguente imponibilità ai fini IRPEF dei redditi dominicali relativi ai terreni agricoli precedentemente soggetti all’IMU.
Infatti, in base agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l’IMU sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali in relazione al reddito fondiario dei fabbricati non locati e dei terreni non affittati, per la componente dominicale (cosiddetto effetto di sostituzione IMU/IRPEF; si vedano la circolare 11/E del 21 maggio 2014, la circolare n. 3/DF del 2012 e la circolare n. 5/E del 2013).
Si segnala al riguardo che il comma 517 del provvedimento in commento - modificando l’articolo 1, comma 512, della legge n. 228/2012 - fissa nel 30 per cento, in luogo dell'attuale 7 per cento, la rivalutazione dei redditi dominicale e agrario a decorrere dal periodo di imposta 2016. Da tale rivalutazione sono esclusi i terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola.
In conseguenza delle modifiche al panorama delle esenzioni IMU, la lettera b) del comma 8 in commento abroga la misura ridotta del moltiplicatore (75) – necessario per determinare la base imponibile IMU – applicabile ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (secondo periodo dell’articolo 13, comma 5 del decreto-legge n. 201 del 2011). La lettera c) elimina la franchigia per l’applicazione dell’IMU ai terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (abrogando il comma 8-bis dell’articolo 13).
Si ricorda che le norme vigenti, a fini IMU, qualificano come non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola; il valore dell'immobile è calcolato applicando al reddito dominicale, rivalutato (del 25 per cento), un moltiplicatore pari a 75 dal 1° gennaio 2014 (articolo 1, comma 707 della legge di stabilità 2014). L'aliquota IMU per i terreni agricoli è quella ordinaria dello 0,76 per cento. I comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali.
È prevista una franchigia per i terreni agricoli di valore pari o inferiore a 6000 euro, in presenza delle condizioni di legge (possesso e conduzione da parte di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali); oltre il predetto importo l'applicazione dell'IMU avviene per scaglioni.
Dal 2016 è abrogata inoltre:
§ la normativa specifica disposta dal decreto-legge n. 4 del 2015 (articolo 1, commi da 1 a 6) in tema di esenzioni IMU per i terreni agricoli ubicati in aree montane, nonché la disciplina delle variazioni compensative di risorse per i comuni (commi 7-9), conseguenti dall'attuazione del suddetto sistema di esenzioni IMU introdotto dal decreto-legge medesimo;
§ la disposizione di cui all’articolo 1, comma 9-bis del richiamato decreto-legge, che attribuiva risorse ai comuni, a decorrere dall'anno 2015, per assicurare a tali enti il ristoro del minor gettito dell'IMU derivante dall’applicazione della detrazione per i cd. terreni di collina svantaggiata, di cui all’articolo 1 comma 1-bis del menzionato decreto-legge.
La lettera a), inserita al Senato, esenta da IMU gli immobili concessi in comodato d’uso a:
§ parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli) a specifiche condizioni, sostituendo così con l’esenzione ex lege l’analoga, vigente facoltà concessa ai comuni;
§ parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale.
A tal fine è modificato il comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, che tra l’altro disciplina le esenzioni IMU per gli immobili assimilati all’abitazione principale.
In primo luogo, viene espunta dal comma 2 la vigente norma, che concede ai comuni la facoltà di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che l'agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500, oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui.
Contestualmente, si introduce (nuova lettera d-bis) del comma 2 dell’articolo 13) una esenzione ex lege per le unità immobiliari – purché non classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia quelle “di lusso” – date in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado, alle seguenti e concomitanti condizioni:
§ che il comodatario la destini ad abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia;
§ che il contratto sia registrato;
§ che il comodante abbia adibito, nel 2015, lo stesso immobile come abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia.
Per l'applicazione dell'esenzione, il soggetto passivo deve attestare il possesso dei requisiti nella dichiarazione IMU (di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23).
Sebbene le norme in esame sostituiscano una facoltà dei comuni con l’esenzione IMU ex lege per gli immobili concessi in comodato a figli o genitori, le condizioni poste dalle nuove norme appaiono più stringenti di quanto previsto a legislazione vigente e, dunque, sembrano ridurre la platea dei potenziali destinatari dell’agevolazione.
Tra le condizioni poste vi è la necessità che il comodante abbia adibito l’immobile ad abitazione principale nel 2015 escludendo, dunque, tale agevolazione ove l’assegnazione in comodato ai soggetti aventi gli altri requisiti di legge sia avvenuta in periodi precedenti e permanga al momento di entrata in vigore della norma in esame.
La stessa lettera d-bis) esenta da IMU l’immobile concesso in comodato d’uso a parenti entro il secondo grado, in linea retta o collaterale, purché disabili.
Il comma 13, inserito al Senato, esenta da IMU le unità
immobiliari appartenenti alle cooperative
edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci
assegnatari, anche in deroga al
richiesto requisito della residenza anagrafica.
Più in dettaglio,
viene aggiunto un periodo al già menzionato articolo 13, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 201 del 2011,
che esenta da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a
proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei
soci assegnatari. Per effetto delle modifiche in esame, l’esenzione è estesa alla suddetta tipologia di cooperativa
edilizia, anche se i soci non vi hanno trasferito la residenza
anagrafica.
La lettera d) del comma 8 apporta modifiche all’articolo 13, comma 13-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, norma che - tra l’altro - fissa i termini per l’invio al MEF da parte dei comuni delle delibere su aliquote e detrazioni IMU, nonché dei regolamenti locali dell’imposta stessa. In particolare, con le norme in esame detta scadenza è anticipata dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno e viene precisato che tale termine è perentorio.
Si rammenta che l’invio tempestivo delle informazioni influisce sul versamento della seconda rata IMU da parte dei soggetti passivi d’imposta: il mancato invio comporta l’applicazione delle norme dell’anno precedente.
Il versamento della seconda rata è infatti effettuato sulla base degli atti pubblicati nel sito del MEF alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tale scopo le norme fissano al 21 ottobre il termine per l’invio di regolamenti e delibere, che le modifiche in esame anticipano al 14 ottobre.
Il comma 9 elimina la riserva di disciplina disposta a favore delle province autonome di Trento e di Bolzano,
abrogando a tal fine l’ultimo periodo del comma 8 dell’articolo 9 del D.Lgs. n.
23 del 2011 (cd. federalismo fiscale
municipale, nel quale è stata originariamente disciplinata l’IMU e che reca
tuttora parte della normativa vigente).
Si ricorda che il comma 1-bis dell'articolo 80 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (DPR 31 agosto 1972, n. 670) dispone che, nel caso di tributi locali istituiti con legge dello Stato, la legge provinciale può consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale e può prevedere, anche in deroga alla disciplina statale, modalità di riscossione.
Il comma 10, introdotto al Senato, prevede che il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF esplichi i propri effetti anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome nell’ambito della relativa autonomia, con efficacia dal 2014.
Di conseguenza, con le modifiche in esame anche le imposte immobiliari delle province autonome sostituiscono, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati (nonché l’ICI, di fatto non più applicabile), fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati siti nello stesso comune dell’abitazione principale.
Più in dettaglio, le norme in commento estendono all’IMI e all’IMIS (istituite rispettivamente dalla provincia di Bolzano e dalla provincia di Trento) gli effetti dell’articolo 8, comma 1 del decreto legislativo n. 23 del 2011 in tema di federalismo municipale, in forza del quale l'IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, nonché l'imposta comunale sugli immobili. Viene fatto salvo quanto disposto all’articolo 9, comma 9, terzo periodo, che assoggetta a IRPEF per il 50 per cento il reddito degli immobili ad uso abitativo, non locati, situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all'imposta municipale propria.
La norma si applica retroattivamente, cioè a decorrere dal periodo d’imposta 2014.
Per quanto riguarda IMI e IMIS si ricorda brevemente quanto segue:
- la Provincia autonoma di Bolzano ha istituito e disciplinato l'imposta municipale immobiliare (IMI) con la legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3, nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972). L'imposta, nel territorio della Provincia, sostituisce integralmente le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali, anche relative alla copertura dei servizi indivisibili; Per effetto del comma 508 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), è stata estesa anche all’IMI la norma che ne consente la deducibilità dalle imposte sui redditi con riferimento agli immobili produttivi dal reddito d’impresa. Il decreto-legge n. 4 del 2015 ha disposto che tale parziale deducibilità sia applicabile già a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014;
- la Provincia autonoma di Trento ha istituito l’IMIS, Imposta Municipale Immobiliare Semplice, con gli articoli 1-14 della legge finanziaria provinciale per il 2015 (legge n. 14 del 2014), nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello Statuto (D.P.R. n. 670/1972). Il richiamato decreto-legge n. 4 del 2015 ha esteso anche all’IMIS la richiamata norma sulla parziale deducibilità dell’imposta dal reddito di impresa, con riferimento agli immobili produttivi
I commi 28 e 29, inseriti al Senato, prevedono una riduzione del 25 per cento di IMU e TASI per le unità immobiliari locate a canone concordato.
Più in dettaglio il comma 28, inserendo il comma 6-bis all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, chiarisce che per gli immobili locati a canone concordato (di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431), l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 pe cento.
Si ricorda che il
richiamato comma 6 fissa l’aliquota di base IMU (0,76 per cento) che è
manovrabile dai Comuni con delibera (“forchetta” dello 0,3 per cento).
Il comma 29 prevede un’analoga misura di imposta ridotta con riferimento, però, alla TASI (per dettagli su tale imposta si veda il paragrafo successivo) e dunque modificando la disciplina istitutiva del tributo (legge di stabilità 2015, legge n. 147 del 2013). In particolare si aggiunge alla fine del comma 678 un nuovo periodo, ai sensi del quale – analogamente a quanto visto sopra – per gli immobili locati a canone concordato l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune è ridotta al 75 per cento.
In proposito si segnala che il comma 678 si occupa del regime TASI per
i fabbricati rurali strumentali; la
disciplina dell’aliquota TASI è contenuta nel comma 676 della legge di
stabilità 2014, cui sarebbe più opportuno riferire la norma in esame.
Il comma 12 reca modifiche alla TASI, istituita dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013).
In particolare le lettere a) e b) intendono eliminare l’applicazione della TASI all’abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio, su cui la tassazione permane) sia nel caso in cui l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale dal possessore, sia nell’ipotesi in cui è il detentore a destinare l’immobile detenuto ad abitazione principale.
Si rammenta brevemente che la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, commi 639 e seguenti) ha istituito l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi, l'imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali; l'altro collegato alla fruizione di servizi comunali ed a sua volta articolato nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore.
Per quanto riguarda la TASI, soggetto passivo è il possessore o il detentore dell'immobile; la base imponibile è il valore dell'immobile rilevante a fini IMU. La TASI ha un'aliquota base dell'1 per mille, che può essere manovrata dai Comuni.
Ove l'unità immobiliare
sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto
reale sull'unità immobiliare, quest'ultimo e l'occupante sono titolari di
un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante versa la TASI nella misura,
stabilita dal comune con regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare
complessivo della TASI, mentre la restante parte è corrisposta dal titolare del
diritto reale sull'unità immobiliare.
Per effetto del
decreto-legge n. 16 del2014, i comuni possono elevare l'aliquota massima TASI
di un ulteriore 0,8 per mille rispetto al limite di legge (2,5, fissato dalla
legge di stabilità 2014). Di conseguenza, l’aliquota massima per la TASI
sull'abitazione principale nel 2014 e 2015 è stata fissata in misura pari al
3,3 per mille (articolo 1, comma 679 della legge n. 190 del 2014, legge di
stabilità 2015).
Più in dettaglio, la lettera a), modificando il comma 639 della legge n. 147 del 2013, esenta da TASI le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare.
Restano assoggettate a TASI (che si aggiunge all’IMU) le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore e dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia gli immobili di lusso, le ville ed i castelli.
La lettera b) modifica di conseguenza il presupposto dell’imposta, chiarendo che esso è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree fabbricabili, (comma 669) ad eccezione dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definiti ai sensi dell'imposta municipale propria e fatta eccezione per gli immobili di lusso sopra menzionati.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stato precisato che il rinvio alle definizioni di imposta municipale propria è effettuato con riferimento a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, che– come si è visto in precedenza – è modificato dal provvedimento in commento.
In sintesi il richiamato comma 2, oltre a recare una stringente definizione di abitazione principale del contribuente e ad individuare i conduttori dei terreni agricoli qualificati ad usufruire delle agevolazioni di legge, prevede specifiche assimilazioni all’abitazione principale: alcune possono essere deliberate dai comuni (come quella per l’immobile di anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari) ed altre sono previste ex lege. Tra l’altro, dal 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. Inoltre, il comma 2 dispone esplicitamente che l'imposta municipale propria non si applica ad alcune specifiche ipotesi (immobili dei soci di cooperative, agli alloggi sociali, alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; immobili del personale di Forze armate, Forze di polizia, Vigili del fuoco e carriera prefettizia).
La lettera d) (aggiungendo due periodi alla fine del comma 681), dispone che, nel caso in cui il detentore dell’immobile lo adibisca ad abitazione principale, escluse le categorie catastali A/1, A/8 e A/9, il versamento della TASI è effettuato in una percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo all’anno 2015. Ove il comune non abbia inviato tempestivamente la delibera, ovvero nel caso di mancata determinazione della predetta percentuale, la quota a carico del possessore è pari al 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo.
La lettera c) del comma 12 reca agevolazioni TASI per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita; aggiungendo un periodo al comma 678 si chiarisce che detti immobili (cd. beni-merce), fintantoché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, pagano la TASI con aliquota ridotta allo 0,1 per cento; i comuni possono modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all’azzeramento.
Si rammenta che tale agevolazione si aggiunge all’esenzione completa da IMU disposta dal D.L. 102/2013, alle medesime condizioni (permanenza della destinazione alla vendita e mancata locazione; articolo 13, comma 9-bis del D.L. n. 201 del 2011).
La lettera e) del comma 12, analogamente a quanto previsto per l’IMU (comma 8, lettera e)), con una modifica al comma 688 anticipa dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno il termine per l’invio tempestivo, da parte di ciascun comune, delle delibere relative alla TASI (regolamento, aliquote e detrazioni) mediante l’inserimento, per via telematica, nel Portale del federalismo fiscale ai fini della pubblicazione sul sito del MEF.
Ai sensi del comma 688, analogamente a quanto previsto per l’IMU dal decreto-legge n. 201 del 2011, il versamento della prima rata della TASI è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente, mentre il versamento della rata a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno è eseguito, a conguaglio, sulla base degli atti pubblicati nell’apposito sito informatico (di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360) alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto ad effettuare l'invio tempestivo delle delibere entro il 21 ottobre dello stesso anno (termine anticipato al 14 ottobre dalle norme in esame), mediante inserimento del testo degli stessi nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.
Il comma 24 mantiene ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi del presente articolo (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l’anno 2015, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge (comma 677 della legge di Stabilità 2014).
Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso il vincolo in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non sia superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile. Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille.
Nel 2014 e nel 2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.
Con le norme in commento, tale possibilità di maggiorazione è confermata anche per l’anno 2016.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato si precisa che, con riferimento al 2015, sono valide le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, ove siano state correttamente e compiutamente espletate le procedure di pubblicazione previste dalla legge.
Tale disposizione è in esplicita deroga alle disposizioni generali (all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) sulle delibere di tariffe e aliquote relative ai tributi di competenza degli enti locali, che deve avvenire entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione.
La legge prevede infatti che se le deliberazioni sono approvate successivamente all'inizio dell'esercizio - purché entro il termine innanzi indicato - hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.
Il comma 14 apporta modifiche alla disciplina dell’IVIE, ossia dell’imposta sugli immobili all’estero, istituita e disciplinata dall’articolo 19 del richiamato decreto-legge n. 201 del 2011, disponendo anche in tal caso l’esenzione della prima casa dei contribuenti.
In breve, l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha istituito l'imposta sul valore degli immobili situati all'estero a decorrere dal 2011. Essa è dovuta dal proprietario dell'immobile ovvero dal titolare di altro diritto reale sullo stesso; l'aliquota è fissata (analogamente all'aliquota di base IMU) nella misura dello 0,76 per cento del valore dell'immobile, ma l'imposta non è dovuta se l'importo non supera 200 euro. La base imponibile è costituita dal costo risultante dall'atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile. Per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore è quello utilizzato nel Paese estero per l'assolvimento di imposte sul patrimonio o sui trasferimenti o, in mancanza, quello come precedentemente individuato.
E' disposta una riduzione dell'imposta (dallo 0,76 per cento allo 0,4 per cento del valore degli immobili) per l'immobile adibito, all'estero, ad abitazione principale del contribuente, nonché per le relative pertinenze. E' prevista, inoltre, una detrazione forfetaria di 200 euro da scomputare dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e le relative pertinenze, che va rapportata al periodo dell'anno durante il quale si verifica il vincolo di destinazione e alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Gli immobili adibiti ad abitazione principale all'estero con le relative pertinenze e anche gli immobili situati all'estero non locati a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, in deroga all'articolo 70, comma 2, del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito complessivo.
Con il comma 14
si interviene, in particolare, sulle menzionate riduzioni IVIE per l’immobile
adibito all’estero ad abitazione principale del contribuente e le relative
pertinenze. Mediante sostituzione del comma 15-bis dell’articolo 19 del menzionato decreto-legge n. 201 del 2011, la disciplina viene allineata
a quella dell’IMU, dunque con esenzione
da IVIE per la “prima casa” e gli immobili assimilati, fatta eccezione per
l’imposta sui cd. immobili di lusso, con detrazione di 200 euro e applicazione
di un’aliquota ridotta allo 0,4 per cento.
L’IVIE non si applica
al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a
seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o
cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Ove l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
I commi 15 e 16 recano le misure compensative del minor gettito IMU e TASI conseguente
dall'attuazione del nuovo sistema di
esenzione introdotto dai commi da 8 a 14, 28 e 29, prevedendo per i comuni
delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna un
incremento del Fondo di solidarietà comunale (comma 15) e per i comuni delle
regioni a statuto speciale cui la legge attribuisce competenza in materia di
finanza locale (Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) un minor accantonamento
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (comma 16).
Il comma 15 – modificando il comma 380-ter e 380-quater dell’articolo 1 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013) ed inserendo in essa i nuovi commi da 380-sexies a 380-octies – interviene sul Fondo di solidarietà comunale, che rappresenta il fondo per il finanziamento dei comuni con finalità di perequazione, alimentato con quota parte dell’IMU di spettanza dei comuni stessi.
In particolare, le disposizioni di cui alle lettere da a) a c) del comma 15 mirano, innanzitutto, ad incrementare la dotazione annuale del Fondo medesimo a partire dall’anno 2016, al fine di tenere conto dell’esenzione prevista dall’articolo in esame per l’IMU e la TASI per gli immobili adibiti ad abitazione principale (e, con riferimento alla sola IMU, per i terreni agricoli), rideterminando la quota parte dell’imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. A tal fine viene novellato in più punti il comma 380-ter dell’art. 1 della legge n. 228/2012, che reca la disciplina del Fondo di solidarietà comunale a decorrere dall’anno 2014[1].
Più in dettaglio:
§ la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale, quantificata dal vigente comma 380-ter in 6.547,1 milioni di euro per gli anni 2015 e successivi, viene incrementata di 3.746,75 milioni di euro a decorrere dal 2016, quale ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna dalle esenzioni disposte dai commi 3 e 4 dell’articolo in esame;
§ al tempo stesso, viene ridotta la quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che alimenta la dotazione del Fondo medesimo, e che viene a tal fine versata dai comuni all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi, dagli attuali 4.717,9 milioni a 2.768,8 milioni di euro per ciascuno degli anni a decorrere dal 2016. Riducendosi la quota di IMU di spettanza comunale che alimenta il Fondo, si riduce di conseguenza - specifica la norma - anche la dotazione “di base” del Fondo di solidarietà comunale di 1.949,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 (lettera a)).
In sostanza, la dotazione del Fondo di solidarietà comunale, a decorrere dal 2016, verrebbe a determinarsi, annualmente, nell’importo di 8.266,1 milioni di euro, assicurata, per un importo pari a 2.768,8 milioni, attraverso una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni che viene a tal fine versata all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi.
Nel ddl di bilancio per il 2016 (A.S. 2112), il Fondo, iscritto sul cap. 1365/Interno, presentava una dotazione di 4.259,3 milioni di euro per il 2016 e di 4.319,3 milioni per gli anni 2017 e 2018[2].
A seguito delle modifiche introdotte dai commi in esame, nel disegno di legge di bilancio per il 2016-2018, come integrato dalla Ia Nota di variazioni (A.C. 3445), la dotazione del Fondo è stata aumentata a 6.446,9 milioni per il 2016, e a circa 6.117 milioni per il 2017 e 2018.
Sono inoltre stabiliti nuovi termini per l’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di riparto del Fondo rispetto a quelli attualmente indicati (il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento), ora fissati al 30 aprile 2016 per l'anno 2016 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni 2017 e successivi (lettera b)).
È infine, sostituita la lettera d) del comma 380-ter disponendo che con il D.P.C.M. di riparto del Fondo può essere variata (e non soltanto incrementata, come previsto dal testo vigente) la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso e, corrispondentemente, rideterminata la dotazione del Fondo medesimo. Anche le modalità di versamento al bilancio dello Stato sono stabilite con il medesimo D.P.C.M. (lettera c)).
Si ricorda, che il testo vigente della citata lettera d) del comma 380-ter prevede soltanto la possibilità di incrementare, con lo stesso D.P.C.M. di riparto del Fondo, la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso. In tale ipotesi, va rideterminato l'importo da versare all'entrata del bilancio dello Stato, con modalità da determinare con il medesimo D.P.C.M. La eventuale differenza positiva tra tale nuovo importo e lo stanziamento iniziale è versata al bilancio statale, per essere riassegnata al fondo medesimo.
Le lettere d) ed e) riguardano i criteri di riparto del Fondo di solidarietà comunale.
In
particolare, la lettera d) interviene sulle modalità di ripartizione della quota del Fondo da distribuire ai comuni delle
regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo.
In particolare – con modifiche al comma 380-quater dell’art. 1 della legge n. 288/2012 – si provvede:
§ ad aumentare progressivamente negli anni la percentuale del Fondo di solidarietà comunale che viene annualmente accantonata per essere redistribuita tra i comuni sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard. Tale quota, attualmente stabilita nel 20 per cento, viene portata al 30 per cento per l'anno 2016, al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018;
§ a precisare che per l’anno 2016 saranno utilizzati, ai fini del riparto, i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale entro il 31 marzo 2016;
§ ad estendere all’anno 2016 la disposizione che determina l’ammontare complessivo di riferimento della capacità fiscale dei comuni delle regioni a statuto ordinario, fissandola in misura pari all'ammontare complessivo delle risorse nette spettanti ai predetti comuni a titolo di imposta municipale propria (IMU) e di tributo per i servizi indivisibili, ad aliquota standard (TASI all'1 per mille), nonché a titolo di Fondo di solidarietà comunale netto per l'anno 2016. Tale importo corrisponde al 45,8 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale.
La lettera
e) - con l'introduzione dei nuovi
commi da 380-sexies a 380-octies all’articolo 1 della legge n.
288/2012 -disciplina i criteri di
riparto della quota incrementale del
Fondo di solidarietà comunale, pari a 3.746,75 milioni a decorrere dal
2016, assegnata a ristoro del
mancato gettito delle esenzioni IMU/TASI.
In particolare, si prevede:
§ che il suddetto incremento, sia ripartito, in sede di riparto del Fondo complessivo, con il medesimo D.P.C.M. previsto dal comma 380-ter, lettera b), in base al gettito effettivo derivante dagli immobili esentati relativo all’anno 2015 (nuovo comma 380-sexies);
§ che a decorrere dal 2016, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, che l’ammontare del fondo, non distribuita secondo il criterio perequativo e al netto del ristoro del mancato gettito di cui al comma 380-sexies, sia determinata in misura tale da garantire proporzionalmente la dotazione netta del fondo di solidarietà comunale 2015. Relativamente ai comuni di Sicilia e Sardegna per i quali non si applica il criterio della perequazione basato sulla differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard, tale disposizione di garanzia riguarda l'intero ammontare del Fondo (nuovo comma 380-septies);
§ che ai fini della disposizione di cui sopra, per dotazione netta si intende la differenza tra le assegnazioni di risorse, al netto degli importi erogati ai sensi del comma 380-sexies per ciascun comune, e la quota di alimentazione del Fondo a carico di ciascun comune (nuovo comma 380-septies).
Le disposizioni di cui al comma 16 disciplinano la compensazione del minor gettito IMU e
TASI per i comuni delle regioni a
statuto speciale Friuli-Venezia Giulia
e Valle d'Aosta, a cui la legge
attribuisce competenza in materia di finanza locale, attraverso un minor accantonamento di 85,478 milioni a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali,
ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011.
La Relazione tecnica precisa che della
suddetta compensazione 7,428 milioni sono relativi alle disposizioni di cui al
comma 11 (nuovo perimetro delle esenzioni IMU per terreni agricoli).
Nella tabella che segue sono riassunte le compensazioni finalizzate al ristoro ai comuni del minor gettito derivante dalle disposizioni di esenzione recate dai commi da 11 a 13 e 28-29 in esame. Rispetto a quanto previsto nel disegno di legge iniziale, le compensazioni complessive risultano aumentate di 81,4 milioni di euro, in relazione alle modifiche introdotte con riferimento alle esenzioni IMU/TASI sugli immobili per affitti a canone concordato e alloggi per studenti universitari:
Compensazioni |
Comuni RSO e Sicilia e Sardegna |
Comuni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta |
Totale |
Esenzione IMU terreni agricoli
(co.11) |
152,40 |
7,428 |
159,83 |
Esenzione TASI prime case (co.
12, l. a)) |
3.500,09 |
74,910 |
3.575,00 |
Esenzione TASI inquilini prime
case (co. 4, l. d)) |
15,60 |
0,400 |
16,00 |
Esenzione IMU/TASI alloggi
studenti universitari e affitti canone concordato (co. 13 e 28-29) |
78,660 |
2,74 |
81,40 |
Totale compensazioni (co. 15 e 16) |
3.746,75 |
85,478 |
3.832,23 |
Il comma 17 attribuisce ai comuni, per l'anno 2016, un contributo di complessivi 390 milioni di euro, che appare conseguente alle norme di fiscalità immobiliare relative ai limiti massimi posti delle aliquote d’imposta.
Si rammenta in proposito che il comma 24 mantiene ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi delle norme in esame (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l’anno 2015, nel rispetto delle condizioni di legge.
Più in dettaglio, la norma in commento stabilisce che la quota di spettanza di ciascun comune è stabilita con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 28 febbraio 2016, in misura proporzionale alle somme attribuite ai sensi del D.M. Economia 6 novembre 2014, adottato ai sensi dell’articolo 1, comma 731, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), con il quale è stato effettuato il riparto tra i comuni - sulla base dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI - dell’analogo contributo concesso per l’anno 2014 e di quota parte di quello concesso per il 2015.
Si ricorda, infatti, che analoghi contributi sono stati concessi ai comuni a partire dal 2014, ai sensi dell’articolo 1, comma 731, della legge di stabilità 2014, come modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera d) del D.L. n. 16 del 2014[3].
In particolare, per l’anno 2014, il contributo, pari a 625 milioni di euro, è stato ripartito con il decreto del 6 novembre 2014 (pubblicato nella G. U. n. 271 del 21 novembre 2014) tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI. Per l’anno 2015, il contributo è stato concesso nell’importo di 530 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 8, comma 10, del D.L. n. 78/2015, e ripartito, con D.M. 22 ottobre 2015.
Le disposizioni in commento sembrano dunque finalizzate a fornire adeguato sostegno finanziario ai comuni anche per l’anno 2016, in ragione degli oneri da essi sostenuti con riferimento alla fiscalità immobiliare.
Le somme assegnate ai sensi del comma 17 in esame non sono considerate tra le entrate finali rilevanti ai fini del vincolo del pareggio di bilancio degli enti locali, come disciplinato dai commi 407-429 del provvedimento in esame.
Il comma autorizza, ai fini del contributo in questione, l'utilizzo delle somme iscritte in conto residui nel bilancio per l’anno 2015, nel limite di 390 milioni di euro, del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili[4]. Tali somme sono fine versate all'entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2016.
Il comma 17 entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge in esame.
Si sottolinea che l’utilizzo di tali somme per finanziare il contributo in favore dei comuni comporta oneri in termini di minori interessi attivi per lo Stato determinati dal venir meno della restituzione, da parte degli enti beneficiari, della quota interessi delle anticipazioni di liquidità del Fondo di cui all’articolo 10 del D.L. n. 35/2013, le cui risorse sono ora destinate a trasferimenti a fondo perduto, che la Relazione tecnica quantifica in circa 2,7 milioni per il 2017, 2,6 milioni per l'anno 2018 e in 2,6 milioni a decorrere dall'anno 2019.
L’utilizzo delle somme in questione per
l’assegnazione del contributo ai comuni comporta ovviamente che le stesse costituiscano
importi iscritti a residuo a fronte dei quali non corrispondono impegni già assunti negli esercizi precedenti.
I commi da 18 a 21 introducono agevolazioni in materia di accatastamento e, dunque, di tassazione degli immobili a uso produttivo e a destinazione speciale; si assegna un contributo ai comuni per compensare la perdita di gettito derivante dall’applicazione delle nuove regole di accatastamento di detti immobili.
In sostanza i macchinari, i congegni, le attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, sono esclusi dalla stima diretta ai fini dell’attribuzione della rendita catastale. A tale metodo rimangono soggetti il suolo, le costruzioni e i soli impianti che, ordinariamente, accrescono la qualità e l’utilità dell’unità immobiliare, indipendentemente dal processo produttivo nella stessa svolto. Di conseguenza, le predette tipologie di beni escluse dalla stima diretta sono altresì escluse dai relativi effetti fiscali, in particolare per quanto riguarda l’assoggettamento alle imposte immobiliari.
In particolare (comma 18) le norme chiariscono che, dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, sia effettuata tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento.
Vengono esplicitamente esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (ivi compresi i cd. “imbullonati”).
L’articolo 10 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 dispone che la rendita catastale degli immobili produttivi sia attribuita per stima diretta, per ogni singola unità. La valutazione tecnica è operata dai professionisti incaricati, al momento della presentazione dei documenti di aggiornamento catastale (procedura “Docfa”) ed è verificata dai tecnici dell’Agenzia delle entrate al momento dell’accertamento sugli aggiornamenti e sulle rendite proposte dalla parte, nei termini previsti dalla normativa.
La legge di stabilità 2015 (commi 244 e 245 della più volte menzionata legge n. 190 del 2014) ha introdotto una norma interpretativa (dunque con applicazione retroattiva) del menzionato articolo 10, prevedendo che esso debba trovare applicazione secondo le istruzioni di cui alla circolare dell'Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012.
Detta Circolare ha chiarito che al fine di valutare quale impianto sia incluso o meno nella stima catastale, deve farsi riferimento non solo al criterio dell’essenzialità dello stesso per la destinazione economica dell’unità immobiliare, ma anche alla circostanza che lo stesso sia fisso, ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle componenti strutturali dell’unità immobiliare. Tale qualifica si rifletteva particolarmente sul profilo fiscale, assoggettando a TASI e IMU gli impianti così qualificati.
Il comma 19 chiarisce la tempistica del riaccatastamento dei beni classificati nelle categorie catastali interessate dalla modifica: dal 1° gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili delle categorie D ed E, possono presentare atti di aggiornamento ai sensi della disciplina generale (decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701), per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto delle modifiche sopra illustrate.
Ai sensi del comma 20, limitatamente all’anno di imposizione 2016 per gli atti presentati entro il 15 giugno 2016 le rendite catastali rideterminate hanno effetto dal 1° gennaio 2016, con effetto retroattivo.
La previsione è in esplicita deroga all’articolo 13, comma 4 del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale stabilisce che, ai fini della tassazione immobiliare la base imponibile è calcolata applicando specifici valori (moltiplicatori) alla rendita catastale vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione.
Con detta deroga le nuove rendite si applicano, ai fini della determinazione della base imponibile IMU e TASI, dal 1° gennaio 2016 e non dal 1° gennaio 2017.
Il comma 21 attribuisce ai comuni un contributo annuo di 155 milioni di euro, a titolo di compensazione del minor gettito ad essi derivante dalle norme sull’accatastamento degli immobili produttivi e a destinazione speciale, di cui ai commi 9-11 sopra illustrati.
Per l’anno 2016, si prevede che entro il 30 settembre l’Agenzia delle entrate comunica al Ministero dell’economia e delle finanze, con riferimento agli atti di aggiornamento catastale per gli immobili produttivi, i dati relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte e a quelle già iscritte in catasto al 1° gennaio 2016. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno emana, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, entro il 31 ottobre 2016, il decreto per ripartire detto contributo.
Dall’anno 2017, il contributo annuo di 155 milioni di euro è ripartito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, da emanarsi, entro il 30 giugno 2017, sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2017, dall’Agenzia delle entrate al Ministero dell’economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2016 ai sensi del comma 10 e a quelle già iscritte in catasto al 1° gennaio 2016.
Dal momento che il gettito IMU derivante dagli immobili a uso produttivo (categoria D, con alcune eccezioni), calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, è riservato allo Stato ai sensi dell’articolo 1, comma 380, lettera f) della legge di stabilità 2013, legge n. 228 del 2012, si presume che tale compensazione sia riferita al mancato gettito derivante dagli immobili a destinazione speciale (categoria E).
Il comma 22 abroga la cd. Imposta Municipale Secondaria - IMUS, di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
Il richiamato articolo
11 del D.Lgs. n. 23 del 2011 prevede l'introduzione dell'Imposta municipale
secondaria con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire: la tassa
per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone di occupazione
di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti
sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione
dei mezzi pubblicitari. Con la risoluzione n. 1/Df
del 12 gennaio 2015 il Dipartimento delle finanze del MEF ha chiarito che i
comuni possono istituire l'IMU secondaria solo a seguito dell'emanazione del
regolamento governativo previsto dall'articolo 11, comma 2, del D.Lgs. n. 23
del 2011. Tuttavia i tributi e i canoni locali, destinati ad essere sostituiti
dall'IMU secondaria, restano dovuti e continuano pertanto ad applicarsi. La
legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 714 della legge n. 147 del 2014)
aveva posticipato dal 2014 al 2015 il termine per l'introduzione di detta forma
di prelievo; successivamente, il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10,
comma 11-bis) ha prorogato al 2016
l'operatività della disciplina dell'imposta municipale secondaria.
Il comma 23, limitatamente all’anno 2016, blocca il potere delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali ad essi attribuiti con legge dello Stato, al fine di contenere il livello complessivo di pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica. In particolare, non possono essere deliberati aumenti rispetto ai livelli di aliquote deliberate, entro la data del 30 luglio 2015, per l’esercizio 2015.
Si rammenta che l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 16 del 2012 aveva ripristinato il potere di regioni ed enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, a decorrere dall'anno di imposta 2012; tale potere era stato sospeso dall'articolo 1, comma 123, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011) "fino all'attuazione del federalismo fiscale".
Le norme in esame consentono però di fare salve dal blocco alcune specifiche ipotesi.
In primo luogo sono fatte salve dal blocco, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e all’articolo 2, commi 79, 80, 83 e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
Le norme citate si riferiscono alle regioni in situazione di disavanzo sanitario, nelle quali viene applicata la maggiorazioni dell’aliquota dell’IRAP, nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale all’IRPEF, nella misura di 0,30 punti percentuali, quando gli organi preposti al monitoraggio dell’attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari verificano che la regione in disavanzo non ha raggiunto gli obiettivi previsti.
Più in particolare, l’art. 2, comma 86, della legge finanziaria per il 2010 (legge 191/2009) prevede che l’accertamento, in sede di verifica annuale da parte del Tavolo per la verifica degli adempimenti e del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, del mancato raggiungimento da parte della Regione degli obiettivi del piano di rientro, comporta l’incremento nelle misure fisse dello 0,15% dell’aliquota IRAP e dello 0,30% dell’addizionale all’IRPEF. La maggiorazione viene applicata, con le procedure previste dall’articolo 1, comma 174, della legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004). In merito all’applicazione dell’incremento all’addizionale regionale all’IRPEF su tutti gli scaglioni di reddito, si rinvia ai chiarimenti forniti dal MEF con la Risoluzione n. 5/DF del 15 giugno 2015.
Con il comunicato n. 235 del 16 ottobre 2014, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha confermato, per l’anno d’imposta 2014, l’applicazione delle maggiorazioni delle aliquote di IRAP e di addizionale regionale IRPEF nel solo Molise. Per l’anno d’imposta 2013, la maggiorazione era stata applicata anche alla Calabria.
È inoltre fatta salva la possibilità di effettuare manovre fiscali incrementative ai fini dell’accesso alle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35.
In mancanza di ulteriori precisazioni sul punto, è da presumersi che le manovre fiscali suddette siano da riferire a quanto prevedono, rispettivamente per le regioni e per gli enti del servizio sanitario nazionale, l’articolo 2 comma 3 e l’articolo 3 comma 5 del menzionato D.L. n. 35/2013, nei quali si dispone, con formulazione pressoché identica, che alla erogazione delle somme, nei limiti delle anticipazioni di liquidità assegnate, si provvede, tra l’altro, anche a seguito della predisposizione, da parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità (misure che per gli enti del SSN – viene precisato- dovrebbero essere prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente).
Viene esclusa dal blocco delle aliquote la tassa sui rifiuti (TARI) che, si ricorda, è stata istituita dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 639, della legge n. 147 del 2013) per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Infine il divieto non si applica agli enti locali in predissesto e dissesto[5], come deliberati ai sensi, rispettivamente, dell’art. 243-bis e degli artt. 246 e seguenti del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
Come chiarito dalla Relazione illustrativa, non rientrano nell’ambito del divieto le tariffe di natura patrimoniale (tariffa puntuale, sostitutiva della TARI, di cui al comma 667 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013; canone alternativo alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche – TOSAP, ossia il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche COSAP). Per quanto riguarda il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), seppure alternativo all'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni (ICP DPA), si chiarisce che esso ha natura tributaria e quindi rientra nel blocco delle maggiorazioni.
Il comma 30, inserito al Senato, consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, a condizione che lo alieni entro un anno dalla data dell'atto.
A tal fine viene aggiunto un comma 4-bis all'articolo 1, nota II-bis), della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986), che reca le condizioni per l’applicazione della misura agevolata dell’imposta di registro per chi acquista l’abitazione principale.
In estrema sintesi, le imposte da versare per i trasferimenti immobiliari variano secondo una molteplicità di fattori (acquisto da privato o da impresa), acquisto di abitazione principale. Se il venditore è un privato, la vendita è assoggettata all’imposta di registro del 9% e alle imposte ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna. Se il venditore è un'impresa, le imposte variano a seconda che la cessione sia o meno esente da Iva Se chi acquista ha i requisiti per usufruire delle agevolazioni “ prima casa, nel caso di acquisto da privato (o da impresa con vendita esente da Iva) l’imposta di registro è pari al 2 per cento, mentre le imposte ipocatastali sono dovute in misura fissa (50 euro ciascuna)
I requisiti per usufruire della misura di aliquota agevolata sono contenuti nell’articolo 1 della predetta Tariffa e specificati nella nota II-bis.
In particolare, per usufruire delle agevolazioni sono previsti requisiti relativi alle caratteristiche dell’immobile (che non deve essere “di lusso”), all’ubicazione (deve trovarsi nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca , entro 18 mesi dall’acquisto, la propria residenza, salvo casi specifici; comma 1, lettera a) della Nota II-bis) e all’acquirente: nell’atto di acquisto il compratore deve dichiarare di non essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altra casa nel territorio del Comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato (comma 1, lettera b) della Nota II-bis); di non essere titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa (comma 1, lettera c) della Nota II-bis).
Il nuovo comma 4-bis prevede che l’aliquota agevolata del 2 per cento (in luogo del 9 per cento previsto in via ordinaria) si applichi anche agli atti di acquisto per i quali l'acquirente sia titolare di un altro immobile in Italia (ovvero, anche se non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 della Nota II-bis, in presenza però degli altri requisiti di legge, di cui alle illustrate lettere a) e b) dello stesso comma, senza tener conto dell'immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c)), purché venda detto immobile entro un anno dalla data dell'atto.
Ove non adempia, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte.
Articolo 1, comma 31
(Ricomposizione fondiaria)
Il comma 31, introdotto al Senato, esenta dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo e dalle imposte ipocatastali tutti gli atti e i provvedimenti emanati in esecuzione di pani di ricomposizione e di riordino fondiario promossi dagli enti territoriali (regioni, province, comuni e comunità montane).
In materia di ricomposizione fondiaria, la normativa prevalente finalizzata alla conservazione dell’integrità fondiaria e alla preservazione delle dimensioni minime fondiaria è contenuta nel decreto legislativo n.228/2001 il quale, all’art. 5-bis, ha dettato disposizioni in materia di "conservazione dell'integrità aziendale". Viene, al riguardo previsto che, ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti connessi allo sviluppo rurale europeo.
Al trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento si applicano le esenzioni fiscali riguardanti l'imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere.
L'articolo 10 del D.Lgs. n. 23
del 2011 (c.d. federalismo municipale) ha modificato,
a decorrere dal 1° gennaio 2014, le imposte di registro, ipotecaria e
catastale, relativamente ai trasferimenti immobiliari, introducendo un'aliquota unica, pari al 9 per cento, per tutti i trasferimenti
immobiliari, ad eccezione della casa adibita ad abitazione principale non di lusso, cui si applica l'aliquota del 2 per cento.
La norma ha quindi soppresso tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, ivi inclusa quella in commento, anche se previste in leggi speciali.
La modifica in esame è volta quindi a ripristinare le esenzioni citate.
Occorrerebbe valutare l’opportunità di introdurre la modifica in esame
all’interno della Tariffa allegata al Testo unico delle disposizioni
concernenti l'imposta di registro (D.P.R. 26-4-1986 n. 131), contenente la
relativa disciplina e le connesse agevolazioni ed esenzioni.
La
disciplina sostanziale del compendio unico
I terreni e le relative
pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono
considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della
costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto
di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il predetto vincolo di
indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti,
negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri
immobiliari dai direttori degli uffici competenti. Sono nulli gli atti
tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento
del compendio unico. Possono essere costituiti in compendio unico terreni
agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio
dell'impresa agricolo, Qualora nei dieci anni, i beni disponibili nell'asse
ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto
disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede
all'assegnazione del compendio all'erede che la richieda, con addebito
dell'eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un
credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta a tassa fissa sui terreni
caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con
un tasso d'interesse inferiore di un punto a quello legale.. In caso di
controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai
diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le
parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello
di . Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono
revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese
l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i
terreni oggetto della successione.
Si ricorda, inoltre, che l’art.
2 del D.L. n. 194/2009, all’art. 4-bis,
ha previsto, al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, che gli atti di trasferimento a
titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a
strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti
ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione
previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate
attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA),
sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed
all'imposta catastale nella misura dell'1
per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla
metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano
trascorsi cinque anni dalla stipula
degli atti, alienano volontariamente i
terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente.
L’art. 11, commi 2 e 3, del
D.L.gs 228/2001, fatti salvi dalla disciplina prima richiamata, prevede che
l’estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i
suddetti benefici non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni
dall'acquisto (co.2). Non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente
che, durante il periodo vincolativo, ferma restando la destinazione agricola,
alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di
parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, purché
esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del
codice civile. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i
casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie,
nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura
o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore.
Articolo 1, commi 33-37
(Riduzione IRES)
I commi da 33 a 37 - non modificati dal Senato - recano disposizioni volte a ridurre l’Imposta sul reddito delle società – IRES, prevedendo una progressiva diminuzione dell’aliquota dal 27,5 al 24 per cento; tale ultima misura del 24 per cento si applica, a regime, dal 2017. Si prevede inoltre una riduzione dell’aliquota della ritenuta (operata a titolo di imposta) sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società. L’efficacia delle misure viene subordinata al riconoscimento, in sede europea, dei margini di flessibilità di bilancio correlati all’emergenza immigrazione.
In particolare, il comma 33 dispone un progressivo abbassamento della misura dell’aliquota dell’Imposta sui redditi delle società – IRES (misura fissata dall’articolo 77, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, DPR n. 917 del 1986, che viene all’uopo modificato).
L’aliquota si abbassa dal 27,5 al 24,5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2016, con effetto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015; si prevede un ulteriore abbassamento al 24 per cento a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, cioè dal 2017.
Il comma 34 abbassa l’aliquota della ritenuta (operata a titolo di imposta) sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, che consentono un adeguato scambio di informazioni ed ivi residenti, in relazione a partecipazioni, strumenti finanziari e contratti di associazione in partecipazione, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.
In particolare l’aliquota della ritenuta è abbassata dall’1,375 per cento all’1,225 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2016, con effetto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015; all’1,20 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2017, a regime, con effetto per i periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2016.
Il comma 35 subordina l’efficacia dell’abbassamento delle aliquote IRES e ritenuta sugli utili, previsto per l’anno 2016, al riconoscimento in sede europea dei margini di flessibilità correlati all’emergenza derivante dai flussi di immigrazione e della conseguente coerenza con la disciplina europea di un obiettivo di indebitamento programmatico fissato in misura superiore al 2,2 per cento e, comunque, nella misura necessaria alla loro copertura.
Si dispone inoltre che, in caso di mancato riconoscimento, in sede europea, dei suddetti margini di flessibilità per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 continuano ad applicarsi le aliquote vigenti alla medesima data (27,5 per cento e 1,375 per cento, rispettivamente).
Ai sensi del successivo comma 36, in caso di mancato riconoscimento, in sede europea, dei predetti margini di flessibilità, per l’anno 2017, le risorse non più necessarie per la copertura degli oneri derivanti dalle riduzioni IRES e sulle ritenute (di cui ai già menzionati commi 33 e 34) confluiscono nel Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, istituito dall’articolo 1, comma 200 della legge di stabilità 2015.
Ai maggiori oneri, valutati in 171,7 milioni di euro per l’anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun ministero, ai sensi delle norme sulla contabilità generale, per quanto riguarda le spese rimodulabili (articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196).
Al riguardo, la relazione tecnica precisa che il mancato riconoscimento della flessibilità in sede europea comporta che non venga applicata la minore aliquota e, di conseguenza, per il 2016 e il 2017 vi siano minori oneri in termini di IRES (rispettivamente pari a 2,6 miliardi e 871 milioni di euro). I risparmi previsti per il 2017 confluirebbero nel richiamato Fondo per esigenze indifferibili.
Dal mancato riconoscimento dei margini di flessibilità deriverebbero, tuttavia, maggiori oneri IRPEF e addizionali per il 2018, derivanti dal minor gettito in termini di dividendi e plusvalenze richiamati sopra, che viene stimato in 171,1 milioni e coperto mediante le predette riduzioni lineari.
Il comma 37, in conseguenza del taglio disposto dai precedenti commi 33 e 34, affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la proporzionale riduzione delle percentuali di esenzione degli utili da partecipazione distribuiti ai soci (ai sensi dell’articolo 47, comma 1, TUIR), delle plusvalenze (articolo 58, comma 2, TUIR) dei dividendi (articolo 59 TUIR), delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (articolo 68, comma 3, TUIR), nonché della quota non imponibile degli utili percepiti dagli enti non commerciali, di cui all’articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo del 12 dicembre 2003, n. 344.
Si ricorda in estrema sintesi che, ex articolo 47 TUIR, gli utili percepiti dai soci persone fisiche non imprenditori concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 49,72% del loro ammontare (DM 4 aprile 2008). Analoga misura vale per i dividendi ex articolo 59.
Similmente, le plusvalenze realizzate (articolo 58, comma 2 TUIR) a decorrere dal 1° gennaio 2009 non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto esenti, limitatamente al 50,28 per cento del loro ammontare, analogamente alle plusvalenze ex articolo 68, comma 3 TUIR.
Per quanto riguarda la quota non imponibile degli utili degli enti non commerciali essa è stata abbassata dal 95 al 22,26 per cento dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 655 della legge n. 190 del 2014).
La rideterminazione della quota esente delle plusvalenze non trova applicazione nei confronti delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti del territorio dello Stato. Al medesimo decreto del MEF è affidato il compito di dettare la normativa transitoria e le relative decorrenze.
Articolo 1, commi 41-43
(Detrazioni fiscali per interventi di
ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e acquisto di mobili)
I commi da 41 a 43, modificati nel corso dell’esame parlamentare, prevedono la proroga al 31 dicembre 2016 delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica, mantenendo anche per il 2016 le attuali misure:
§ 65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica, inclusi quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali;
§ 50 per cento per le ristrutturazioni e per il connesso acquisto di mobili.
Le giovani coppie, anche di fatto, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni, che hanno acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale possono usufruire di una detrazione fiscale del 50 per cento per le spese sostenute per l’acquisto di mobili nel 2016 fino a 16.000 euro.
Viene chiarito che le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica sono usufruibili anche dagli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
Detrazioni
fiscali per interventi di efficienza energetica
Più in dettaglio, il comma 41, lettera a), modifica
l’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, dedicato alla proroga
delle detrazioni fiscali per gli interventi
di efficienza energetica, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque
ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.
Conseguentemente, le disposizioni concernenti la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (previste dall'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010) si applicano nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63 del 2013) fino al 31 dicembre 2016.
Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento, attualmente prevista sino al 31 dicembre 2015.
L’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta in percentuale delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:
§ la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;
§ il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;
§ l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;
§ la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (inclusi quelli dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili): detrazione massima 30.000 euro;
§ l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari, di cui all’allegato M del D.Lgs. n. 311 del 2006: detrazione massima 60.000 euro.
La detrazione si applica, nella misura del 65 per cento, anche alle spese documentate e rimaste a carico del contribuente per interventi relativi alle parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.
In sintesi la normativa al riguardo prevede che:
§
la detrazione
dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires)
è pari al 65 per cento delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia
a seconda della tipologia dell'intervento eseguito;
§
l'agevolazione
non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da
disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione per il
recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dall'Unione
europea; dal 1° gennaio 2009 la detrazione non è cumulabile con eventuali
incentivi riconosciuti dall'Unione europea, dalle regioni o dagli enti locali;
§
non è
necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di
inizio dei lavori all'Agenzia delle entrate;
§
i
contribuenti non titolari di reddito d'impresa devono effettuare il pagamento
delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari
di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo e possono provare
la spesa con altra idonea documentazione);
§
è previsto
l'esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la
sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per
l'installazione di pannelli solari;
§
al
momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende
avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l'obbligo
di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito
dovuta dall'impresa che effettua i lavori; la legge di stabilità per il 2015 ha
elevato la misura della ritenuta dal 4 all'8 per cento;
§
per gli interventi
eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate
annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque
rate);
§ i soggetti che intendono avvalersi della detrazione sono tenuti ad acquisire l'asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell'intervento ai pertinenti requisiti richiesti dal D.M. 19 febbraio 2007 (GU 26 febbraio 2007, n. 47) ed a trasmettere, entro novanta giorni dalla fine dei lavori, all'ENEA copia dell'attestato di certificazione energetica, ovvero di qualificazione energetica, nonché la scheda informativa relativa agli interventi realizzati (di cui all'allegato E del citato D.M.).
La norma che ha introdotto l'agevolazione è contenuta nei commi da 344 a 349 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006); successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata con riguardo, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni.
L'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011) ha stabilito una proroga per usufruire delle detrazioni per le spese sostenute e documentate sino al 31 dicembre 2011 o, per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare, fino al periodo d'imposta in corso alla predetta data.
L'articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011 ha prorogato fino al 31 dicembre 2012 la detrazione Irpef del 55 per cento delle spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. La stessa norma ha esteso la detrazione del 55 per cento anche alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro. A decorrere dal 1° gennaio 2013 era previsto che per tutti gli interventi sopra descritti si applicasse la detrazione del 36 per cento come modificata dal nuovo articolo 16-bis del TUIR. Successivamente il D.L. n. 83 del 2012 ha prorogato l'applicazione della detrazione del 55 per cento sino al 30 giugno 2013.
Il D.L. n. 63 del 2013 (articolo 14) ha prorogato le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica fino al 31 dicembre 2013 elevando la misura al 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del provvedimento). Inoltre, con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, la norma prevede l'applicazione della detrazione d'imposta del 65 per cento per le spese sostenute dall'entrata in vigore del decreto (6 giugno 2013) sino al 30 giugno 2014. Il D.L. 63/2013 ha, inoltre, previsto che l'ENEA effettui il monitoraggio e la valutazione del risparmio energetico conseguito a seguito della realizzazione degli interventi di riqualificazione energetica di edifici e degli interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali (articolo 14, comma 3-bis). L'attività di monitoraggio si basa sull'elaborazione delle informazioni contenute nelle richieste di detrazione per via telematica, sulla trasmissione di una relazione sui risultati degli interventi e sul costante aggiornamento del sistema di reportistica multi-anno delle dichiarazioni ai fini delle detrazioni medesime. E' istituita, poi, presso il Gestore dei servizi energetici S.p.A. (GSE) una banca dati nazionale (art. 15-bis) in cui far confluire i flussi di dati relativi ai soggetti beneficiari di incentivi o sostegni finanziari per attività connesse ai settori dell'efficienza energetica e della produzione di energia da fonti rinnovabili.
La lettera b) del comma 139 dell'articolo unico della legge di stabilità per il 2014 ha previsto la proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, nella misura del 65 per cento, per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2014. La norma prevedeva la riduzione della detrazione al 50 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 (abrogata dalla legge di stabilità per il 2015).
La legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, lettera a)) ha prorogato la detrazione fiscale per gli interventi di efficienza energetica nella misura del 65 per cento per le spese fino al 31 dicembre 2015, introducendo due nuovi tipi di spesa agevolabili: quella per l'acquisto e la posa in opera delle schermature solari, di cui all'allegato M del D.Lgs. n. 311 del 2006, sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro; il nuovo comma 2-bis dell'articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013 ha chiarito inoltre che la detrazione del 65 per cento si applica altresì alle spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.
Si segnala infine la guida dell'Agenzia delle entrate sugli interventi di riqualificazione energetica (aggiornata a gennaio 2015).
Detrazioni
fiscali per interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica e idrica
Il comma 41, lettera b), modifica l'articolo 15 del D.L. n. 63 del 2013, prorogando di un anno, al 31 dicembre 2016, il termine entro il quale dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica.
Il citato articolo 15 prevede che nelle more della riforma di carattere strutturale, per tali interventi si applicano le disposizioni che prevedono le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili.
Si ricorda che l’articolo 15 prevede che nella definizione delle misure e degli incentivi suddetti è compresa l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo nei comuni dove è stato rilevato il superamento del limite massimo di tolleranza stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità o da norme vigenti, ovvero dove i sindaci o altre autorità locali sono stati costretti ad adottare misure di precauzione o di divieto dell'uso dell'acqua per i diversi impieghi. Nella definizione delle misure di carattere strutturale si deve, inoltre, tener conto dell'opportunità di agevolare ulteriori interventi, quali ad esempio le schermature solari, la micro-cogenerazione e la micro-trigenerazione per il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché interventi per promuovere l'incremento dell'efficienza idrica e per la sostituzione delle coperture di amianto negli edifici.
Detrazioni
fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia
Il comma 41, lettera c), modifica l'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013, con il quale è stata disposta la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.
Pertanto per le spese
documentate, relative agli interventi di
recupero del patrimonio edilizio (indicati nel comma 1 dell’articolo 16-bis del TUIR), spetta una detrazione
dall'imposta lorda - fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000
euro per unità immobiliare - pari al 50
per cento, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2016. Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno
la misura della detrazione al 50 per cento, attualmente prevista sino al 31
dicembre 2015.
La proroga sino al 31 dicembre 2016 comprende anche la detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche (articolo 16, comma 1-bis, il quale richiama l’articolo 16-bis, comma 1, lettera i) del TUIR, elevando il limite di spesa a 96.000 euro per unità immobiliare e la misura della detrazione al 65 per cento).
Si ricorda che le misure antisismiche in parola devono riguardare edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) individuate dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003. Per ottenere il beneficio fiscale le procedure autorizzatorie degli interventi devono essere state attivate dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 63 del 2013 (ossia dopo il 4 agosto 2013).
Gli interventi antisismici previsti dall’articolo 16-bis del TUIR riguardano, in particolare, l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica (in particolare sulle parti strutturali) la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari.
La detrazione fiscale per il recupero del patrimonio edilizio è concessa (comma 1 dell’articolo 16-bis del D.P.R. n. 917 del 1986) per i seguenti interventi:
§ manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;
§ manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;
§ ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza, anche se non rientranti nelle tipologie di intervento di cui ai primi due punti;
§ realizzazione di autorimesse o di posti auto pertinenziali, anche di proprietà comune;
§ eliminazione di barriere architettoniche;
§ adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio di atti illeciti da parte di terzi;
§ realizzazione di interventi di cablatura degli edifici e di contenimento di inquinamento acustico;
§ conseguimento di risparmi energetici;
§ adozione di misure antisismiche;
§ bonifica dall'amianto ed esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.
Il comma 2 dell’articolo 16-bis del TUIR ricomprende tra le spese sostenute quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.
Il comma 3 riconduce a regime la detrazione d'imposta del 36 per cento sugli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che provvedono, entro 18 mesi dalla data del termine dei lavori, alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile (la legge di stabilità per il 2015 ha esteso da sei a diciotto mesi il periodo di tempo entro il quale le imprese di costruzione o ristrutturazione devono provvedere all’alienazione o assegnazione dell'immobile per fruire della detrazione). Anche per questi interventi la misura della detrazione è del 50 per cento per le spese per l’acquisto dell’immobile sostenute nel periodo compreso tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2016 (termine così modificato dalla norma in esame) e spetta entro l’importo massimo di 96.000 euro (invece che 48.000 euro).
Tra le altre disposizioni introdotte in materia si segnalano:
§ l'abolizione dell'obbligo di invio della comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara (articolo 7, co.2, del D.L. n. 70 del 2011);
§ l'elevazione all'8 per cento della percentuale della ritenuta d'acconto sui bonifici che banche e Poste hanno l'obbligo di operare (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 657);
§ l'obbligo, chiarito con la risoluzione n. 55/E del 7 giugno 2012 dell'Agenzia delle entrate, di utilizzare un bonifico "parlante" dal quale risulti: 1) la causale del versamento; 2) il codice fiscale del beneficiario della detrazione; 3) il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;
§ l'eliminazione dell'obbligo di indicare il costo della manodopera, in maniera distinta, nella fattura emessa dall'impresa che esegue i lavori (articolo 7, comma 2, lett. r), del D.L. n. 70 del 2011); tale soppressione ha effetto anche per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
§ la facoltà riconosciuta al venditore, nel caso in cui l'unità immobiliare sulla quale sono stati eseguiti i lavori sia ceduta prima che sia trascorso l'intero periodo di godimento della detrazione, di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all'acquirente (persona fisica) dell'immobile (commi 12-bis e 12-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011);
§ l'obbligo per tutti i contribuenti di ripartire l'importo detraibile in 10 quote annuali.
La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) l’articolo 16-bis. Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l'articolo 11, comma 1, del D.L. n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare. Con l'articolo 16, comma 1, del D.L. n. 63 del 2013 sono stati prorogati al 31 dicembre 2013 l'innalzamento della detrazione al 50 per cento e l'ammontare complessivo di spesa di 96.000 euro. Nel corso della conversione del D.L. n. 63 del 2013, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità:
§ una detrazione del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), nonché delle apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali;
§ una detrazione del 65 per cento delle spese per misure antisismiche su costruzioni che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive.
Da ultimo la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47) ha disposto la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili, nonché della detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche.
Si segnala che con lo stesso provvedimento è stata elevata dal 4 all'8 per cento la misura della ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare delle detrazioni fiscali connesse agli interventi di ristrutturazione e di risparmio energetico degli edifici (legge di stabilità 2015, comma 657).
Si segnalano le guide dell'Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie (aggiornata ad aprile 2015) e sul bonus mobili (aggiornata ad aprile 2015).
Detrazioni
fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici
La modifica introdotta dal comma 41, lettera c) all'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013 riguarda anche la detrazione fiscale per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici, la quale viene ugualmente prorogata fino al 31 dicembre 2016.
Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 16 riconosce ai contribuenti che usufruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione:
§ mobili;
§ grandi elettrodomestici di classe non
inferiore alla A+;
§ forni di classe non inferiore ad A.
Le spese per l’acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. In altri termini, le spese per l’acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro. Si ricorda che la disposizione della legge di stabilità 2014 che prevedeva che tali spese non potessero essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione è stata abrogata dall’articolo 7 del D.L. n. 47 del 2014.
Si evidenzia inoltre che con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate, tra l'altro, ha fornito informazioni su modalità di pagamento, diritto alla detrazione, tipologia di mobili interessati e elettrodomestici.
Il comma 42 prevede un’ulteriore ipotesi di detrazione fiscale per l’acquisto esclusivamente di mobili da adibire ad arredo dell’abitazione principale acquistata da giovani coppie, anche di fatto. Anche in questo caso la misura della detrazione è del 50 per cento, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, per le spese sostenute nel 2016, ma il limite di spesa è aumentato a 16.000 euro (limite così modificato nel corso dell’esame al Senato; il ddl originario prevedeva il limite di 8.000 euro).
In questo caso, pertanto, la condizione per usufruire della detrazione non è quella di una ristrutturazione edilizia in corso (come nel caso del bonus mobili appena descritto), ma l’aver acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale da parte di “giovani coppie”.
L’ultimo periodo del comma 2 precisa che tale detrazione non è cumulabile con il bonus mobili.
Destinatari di tale agevolazione sono le “giovani coppie” costituenti un nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno 3 anni. Si ricorda che la convivenza more uxorio può essere dimostrata mediante il certificato di stato di famiglia che attesta la comune residenza (anche mediante autocertificazione, ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. n. 445 del 2000). Almeno uno dei componenti del nucleo familiare non deve aver superato i 35 anni.
Occorrerebbe precisare in quale momento uno dei due componenti non deve aver superato i 35 anni: presumibilmente alla data di acquisto dei mobili. Non è definito dalla norma, inoltre, quando deve essere stato perfezionato l’acquisto della casa da parte della giovane coppia.
Si segnala che un’altra definizione di «giovane coppia» è contenuta nel decreto interministeriale 31 luglio 2014, attuativo del comma 48, lettera c), della legge n. 147 del 2013, il quale ha istituito il Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari. Il decreto definisce «giovane coppia» il nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno due anni, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i trentacinque anni alla data di presentazione della domanda di finanziamento.
Estensione
degli interventi di riqualificazione energetica agli IACP
Il comma 43 estende la possibilità di usufruire delle detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica anche agli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
Si ricorda che le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica possono essere utilizzate anche con riferimento all’IRES. Prima della modifica in commento, tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che i titolari di reddito d’impresa possono fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali da essi utilizzati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale. Non sono strumentali gli immobili che, pur potendo essere considerati tali rispetto alle finalità che il soggetto di imposta persegue attraverso l’esercizio dell’impresa, costituiscono, nel contempo, l’oggetto della predetta attività imprenditoriale, come nell’ipotesi degli immobili locati a terzi (risoluzione n. 340/E del 1° agosto 2008).
Si segnala che il decreto-legge n. 47 del 2014 (c.d. "decreto casa") ha previsto un programma di recupero degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (articolo 4). In attuazione di tale norma è stato emanato il decreto ministeriale 16 marzo 2015 il quale ha definito i criteri per la formulazione di un programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di proprietà dei comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, costituiti anche in forma societaria, e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità degli IACP. Tale programma deve prevedere il ripristino di alloggi di risulta e la manutenzione straordinaria degli alloggi anche ai fini dell'adeguamento energetico, impiantistico statico e del miglioramento sismico degli immobili
Si segnala inoltre che l'articolo 6 del decreto-legge n. 47 del 2014 ha disposto che i redditi derivanti dalla locazione di alloggi sociali, di nuova costruzione o per i quali sono stati realizzati interventi di manutenzione straordinaria o di recupero, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi né alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento (per dieci anni dall'ultimazione dei lavori). Sono state inoltre previste delle detrazioni fiscali per i conduttori di alloggi sociali adibiti ad abitazione principale (articolo 7).
Si segnala lo studio realizzato dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l'istituto di ricerca CRESME su "Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell'impatto delle misure di incentivazione". Gli incentivi fiscali in esame hanno interessato dal 1998 al 2015 oltre 12,5 milioni di interventi. Nello stesso periodo le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a 207 miliardi di euro (una media di 11 miliardi di euro all'anno a valori correnti), di cui 178 miliardi hanno riguardato il recupero edilizio e poco meno di 30 miliardi la riqualificazione energetica. Il dato a consuntivo per il 2014 indica un volume di investimenti pari a 28,5 miliardi di euro, di cui 24,5 miliardi di euro sono relativi al recupero e 3,9 alla riqualificazione energetica. Gli investimenti veicolati dalle misure di incentivazione fiscale hanno avuto un impatto importante sull'occupazione che, nel periodo 2008-2015, ha riguardato oltre 2 milioni di occupati, con una media di 111.000 occupati diretti all'anno. Nel 2014 le stime, complessive anche dell'indotto, riguardano 424.800 occupati.
Articolo 1,
commi 46-52
(Ammortamenti)
I commi 46-52 prevedono, ai fini delle imposte sui redditi, a vantaggio dei soggetti titolari di reddito d'impresa e degli esercenti arti e professioni, un ammortamento del 140 per cento in relazione ai beni materiali strumentali nuovi acquistati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016; vengono inoltre maggiorati del 40 per cento i limiti per la deduzione delle quote di ammortamento con riferimento ai mezzi di trasporto a motore che non vengono utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa. Dette agevolazioni non possono essere utilizzate ai fini degli acconti dovuti per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2015 e al 31 dicembre 2016.
Il comma 46 stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi, per i soggetti titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni che effettuano investimenti in beni materiali strumentali nuovi dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento, il costo di acquisizione è maggiorato del 40 per cento.
Il comma 47 dispone la maggiorazione del
40 per cento dei limiti rilevanti per la deduzione delle quote di ammortamento
dei mezzi di trasporto a motore che non vengono utilizzati esclusivamente come
beni strumentali nell'attività propria dell'impresa, limiti individuati a
legislazione vigente dall'articolo 164, comma 1, lettera b) del testo unico
delle imposte sui redditi - TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).
Si
tratta dell'individuazione dei limiti di deduzione delle spese e degli altri
componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati
nell'esercizio di imprese, arti e professioni. La lettera b) stabilisce la misura del 20 per cento relativamente a: autovetture,
autocaravan, ciclomotori e motocicli che non siano utilizzati esclusivamente
come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa. Tale percentuale è
elevata all'80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti
attività di agenzia o di rappresentanza di commercio. Nel caso di esercizio di
arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella
misura del 20 per cento, limitatamente ad un solo veicolo; se l'attività è
svolta da società semplici la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo
per ogni socio. Non si tiene conto: della parte del costo di acquisizione che
eccede lire 35 milioni (euro 18.076) per le autovetture e gli autocaravan, lire
8 milioni (euro 4.132) per i motocicli, lire 4 milioni (euro 2.066) per i
ciclomotori; dell'ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al
costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati, se i beni medesimi sono
utilizzati in locazione finanziaria; dell'ammontare dei costi di locazione e di
noleggio che eccede lire 7 milioni (euro 3.615) per le autovetture e gli
autocaravan, lire 1,5 milioni (euro 775) per i motocicli, lire ottocentomila
(413 euro) per i ciclomotori. I limiti predetti, che con riferimento al valore
dei contratti di locazione anche finanziaria o di noleggio vanno ragguagliati
ad anno, possono essere variati, tenendo anche conto delle variazioni
dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati
verificatesi nell'anno precedente, con decreto del Ministro delle finanze, di
concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Il
predetto limite di 35 milioni (euro 18.076) di lire per le autovetture è
elevato a 50 milioni (euro 25.823) di lire per gli autoveicoli utilizzati da
agenti o rappresentanti di commercio.
In base al comma 48, la disposizione contenuta nel comma 46 non si applica agli acquisti di beni materiali strumentali per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5%, agli acquisti di fabbricati e di costruzioni, nonché agli acquisti dei beni di cui allo specifico allegato 3 contenuto nel disegno di legge in esame.
Tale allegato si riferisce in particolare a condutture, condotte, materiale rotabile e aerei. Con modifica approvata dal Senato, nel citato allegato 3, con riferimento al "Materiale rotabile, ferroviario e tranviario (motrici escluse)" viene specificato che fanno eccezione i macchinari e le attrezzature, anche circolanti su rotaia, necessari all'esecuzione di lavori di manutenzione e costruzione di linee ferroviarie e tranviarie.
A norma del comma 49, le disposizioni dei commi 46 e 47 non producono effetti sulla determinazione degli acconti dovuti per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2015 ed al 31 dicembre 2016.
Il comma 50 riduce i tempi di ammortamento di cui al comma 10 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008, relativo ai beni immateriali nell'ambito delle operazioni di aggregazione aziendale, portando l'aliquota dall'attuale valore massimo del 10 per cento ad un massimo del 20 per cento.
Detto
articolo 15 riguarda il riallineamento e la rivalutazione volontari di valori
contabili; nel comma 10 viene incrementata da un decimo ad un quinto, ai fini dell'ammortamento dei beni immateriali, la quota deducibile del
maggior valore dell'avviamento e dei marchi d'impresa, in relazione alla
riallineamento volontario dei valori contabili.
Il comma 51 stabilisce che la disposizione di cui al comma 50 si applica alle operazioni di aggregazione aziendale poste in essere a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.
La relazione illustrativa
esplicita che la disciplina alla quale fanno riferimento i commi 50 e 51,
prevedendo la neutralità di tali operazioni, determina naturalmente un
disallineamento tra valori civili e fiscali, salvo opzione, per l'applicazione
dell'imposta sostitutiva (del 12, del 14 e del 16 per cento) di cui
all'articolo 176, comma 2-ter, del TUIR per il riallineamento degli elementi
dell'attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali ovvero per
l'applicazione dell'imposta sostitutiva nella misura massima del 16 per cento
ai sensi dell'articolo 15, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.
185, per il riallineamento dell'avviamento, dei marchi e delle altre
immobilizzazioni immateriali. Il riconoscimento ai fini fiscali dei maggiori
valori assoggettati ad imposta sostitutiva opera a decorrere dall'inizio del
periodo di imposta nel quale è versata l'imposta sostitutiva, mentre la
deduzione dei relativi ammortamenti è ammessa a partire dal periodo di imposta
successivo.
Il Senato ha inserito un nuovo comma (52), in base al quale le disposizioni in esame non producono effetti sui valori stabiliti per l'elaborazione e il calcolo degli studi di settore.
Articolo 1, commi 53-55
(Regime fiscale di professionisti e
imprese di piccole dimensioni)
I commi da 53 a 55 modificano il regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva con l'aliquota del 15 per cento introdotto dalla legge di stabilità 2015 per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale.
In linea generale è
allargato il perimetro di applicabilità: sono aumentate le soglie dei ricavi per accedere al regime ed è estesa a cinque anni la disciplina di vantaggio con aliquota
forfetaria al 5 per cento (anziché
al 15). Si modifica, poi, il calcolo per la contribuzione dovuta a fini
previdenziali: in luogo dell'esclusione dell’applicazione
della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile
nuovamente accedere), si prevede l'applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali.
Il
regime forfetario agevolato
Si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 54-89) ha istituito il nuovo regime forfetario di determinazione del reddito per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale, con un'unica imposta sostitutiva dell'Irpef, delle addizionali regionali e comunali e dell'Irap con l'aliquota del 15 per cento. Per accedere al regime agevolato, che costituisce il regime “naturale” per chi possiede i requisiti, sono previste delle soglie di ricavi ovvero di compensi diverse a seconda del tipo di attività esercitata.
Sono previsti inoltre dei vantaggi sul versante degli adempimenti, che sono fortemente semplificati (es. esonero dalle comunicazioni per lo spesometro, black list e dichiarazioni d’intento), nonché per il regime contributivo: chi esercita attività d’impresa può, infatti, scegliere di non essere assoggettato alla contribuzione previdenziale minima, calcolando i contributi sulla base del reddito dichiarato. Si evidenzia che la disciplina contributiva è stata modificata dall’articolo in esame (si veda oltre il comma 1, lett. d)).
Il regime fiscale agevolato ha sostituito i regimi "di favore" previgenti, ovvero il regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (con aliquota al 10 per cento), il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (i previgenti "minimi" con aliquota al 5 per cento), il regime contabile agevolato (per gli "ex minimi").
Tra gli elementi distintivi del regime forfetario rispetto ai previgenti minimi si segnala che possono accedervi anche coloro che sostengono spese per il personale, per un massimo di 5 mila euro, e coloro che effettuano cessioni all'esportazione; tra i requisiti per l'accesso il limite degli investimenti in beni strumentali non è più calcolato sugli acquisti effettuati nel triennio precedente ma sul valore degli stessi alla fine dell'esercizio precedente (stock) che non deve superare i 20 mila euro.
Dagli ultimi dati dell’Osservatorio delle partite IVA del MEF si evince che nello scorso mese di luglio 1.249 soggetti hanno aderito al nuovo regime forfetario, mentre 4.016 soggetti hanno aderito al regime fiscale di vantaggio. Complessivamente, tali adesioni rappresentano il 32,4 per cento del totale delle nuove aperture.
Si ricorda, infine, che la delega fiscale (legge n. 23 del 2014, articolo 11, comma 1, lett. b)) prevedeva una riforma complessiva del regime dei minimi, con l’istituzione di regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni, nonché, per i contribuenti di dimensioni minime, di regimi che prevedano il pagamento forfetario di un'unica imposta in sostituzione di quelle dovute; la delega contemplava eventuali agevolazioni in favore dei soggetti che sostengono costi od oneri per il ricorso a mezzi di pagamento tracciabili. Sul punto sono intervenuti successivamente, come detto, la legge di stabilità 2015 e il D.L. n. 192 del 2014. In ogni caso, per tali aspetti la delega, che scadeva il 27 giugno 2015, non ha trovato attuazione.
Il comma 53 modifica alcuni aspetti della disciplina introdotta dalla legge n. 190 del 2014 (articolo 1, commi 54-89) che ha istituito il regime forfettario.
In particolare, la lettera a) del comma 1 abroga la lettera d) del comma 54 la quale prevede, quale condizione per accedere al regime forfetario, che in caso di redditi di natura mista i redditi conseguiti nell’attività di impresa, arti e professioni siano stati nell’anno precedente prevalenti rispetto a quelli percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati; la verifica della suddetta prevalenza non è, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro è cessato o la somma dei redditi d'impresa, dell'arte o professione e di lavoro dipendente o assimilato non eccede l'importo di 20.000 euro.
La lettera b) del comma 1, inserendo la lettera d-bis) al comma 57, introduce un’ulteriore ipotesi in cui non è possibile avvalersi del regime forfettario. Si tratta dei soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Dalle due modifiche in esame si evince che possono accedere al regime forfettario i lavoratori dipendenti e i pensionati con una attività in proprio, nel rispetto dei valori soglia dei ricavi e dei compensi stabiliti per ciascun settore, a condizione che il loro reddito da lavoro dipendente o assimilato ovvero da pensione non abbia superato nell’anno precedente i 30.000 euro.
Il comma 53, lett. c) estende temporalmente la disciplina di vantaggio prevista per le nuove attività: per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi (in luogo degli attuali due) l’aliquota forfetaria è stabilita nella misura del 5 per cento (il comma 65 dell’articolo unico della legge n. 190 del 2014 qui modificato prevede invece la riduzione di un terzo del reddito imponibile). Tale estensione temporale, con la riduzione dell’aliquota al 5 per cento, si applica anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015 (comma 55).
Ai sensi del comma citato, per poter beneficiare del regime di vantaggio è necessario che:
§
il
contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti, un’attività
artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o
familiare;
§
l'attività
da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra
attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo,
escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo
di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
§ qualora venga proseguita un'attività
d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi
ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento
del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 1.
La lettera
d) interviene sul regime agevolato ai fini contributivi
(delineato dalla legge di stabilità per il 2015) per i contribuenti obbligati
al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali
artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa.
In sostanza la norma (riscrivendo totalmente
l’articolo 1, comma 77, della L. 190/2014, vedi box), prevede, per i contribuenti forfetari, in luogo
dell'esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima
(alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), l'applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione
ordinaria INPS dovuta ai fini
previdenziali (rispetto quindi a quanto dovuto senza agevolazioni dai
contribuenti che utilizzano il normale regime IVA), fermo restando il
meccanismo di accredito contributivo secondo le regole della Gestione Separata
INPS (di cui all’articolo 2, comma 29, della L. 335/1995).
Al riguardo, la relazione tecnica stima le maggiori entrate contributive derivanti dalla disposizione in esame in 329,8 milioni di euro per il 2016, 273,7 milioni di euro per il 2017, 274,8 milioni di euro per il 2018, 302,7 milioni di euro per il 2019, 309,6 milioni di euro per il 2020, 279,5 milioni di euro per il 2021, 246,1 milioni di euro per il 2002, 235,7 milioni di euro per 2023 e 198,8 milioni di euro a decorrere dal 2024.
Si ricorda che l’articolo 1, commi da 76 a 84, della L. 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto uno specifico regime agevolato ai fini contributivi di cui possono usufruire i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa (comma 76). In particolare, i contribuenti esercenti attività d’impresa che rientrino nel regime fiscale forfetario introdotto possono fruire anche di un regime agevolato ai fini contributivi nel quale è esclusa l’applicazione della contribuzione previdenziale minima, e adottando una modalità di calcolo dei contributi basati su una percentuale del reddito dichiarato. Si prevede, infatti, l’applicazione, per l’accredito della contribuzione, della procedura disposta dall’articolo 2, comma 29, della L. 335/1995, di fatto parificando la disciplina per il calcolo e versamento dei contributi per i richiamati soggetti a quella prevista per gli iscritti alla Gestione separata I.N.P.S. (per i quali l’importo contributivo va rapportato in dichiarazione dei redditi sulla base dell’imponibile dichiarato nell’esercizio) (comma 77).
Il comma 54 dell’articolo in esame, sostituendo l’allegato n. 4 annesso alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (riprodotto di seguito), ha elevato il valore delle soglie di ricavi o di compensi, diverse a seconda del tipo di attività esercitata, per accedere al regime forfetario:
GRUPPO DI
SETTORE |
CODICI
ATTIVITA' ATECO 2007 |
VALORE
SOGLIA |
COEFFICIENTE
DI REDDITIVITA’ |
|
DEI
RICAVI/COMPENSI |
||||
Vigente |
STABILITÀ’ |
|||
Industrie alimentari e delle bevande |
(10 - 11) |
35.000 |
45.000 |
40% |
Commercio all'ingrosso e al
dettaglio |
45 - (da 46.2
a 46.9) - (da 47.1 a 47.7) - 47.9 |
40.000 |
50.000 |
40% |
Commercio ambulante di prodotti
alimentari e bevande |
47.81 |
30.000 |
40.000 |
40% |
Commercio ambulante di altri
prodotti |
47.82 - 47.89 |
20.000 |
30.000 |
54% |
Costruzioni e attività immobiliari |
(41 - 42 - 43)
- (68) |
15.000 |
25.000 |
86% |
Intermediari del commercio |
46.1 |
15.000 |
25.000 |
62% |
Attività dei Servizi di alloggio e
di ristorazione |
(55 - 56) |
40.000 |
50.000 |
40% |
Attività Professionali,
Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed
Assicurativi |
(64 - 65 - 66)
- (69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75) - (85) - (86 - 87 - 88) |
15.000 |
30.000 |
78% |
Altre attività economiche |
(01 - 02 - 03)
- (05- 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21
- 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33) - (35) - (36 -
37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63) -
(77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82) -(84) - (90 - 91 - 92 - 93) - (94 - 95 - 96) -
(97 - 98) - (99) |
20.000 |
30.000 |
67% |
Si ricorda che le spese sostenute nell'esercizio dell'attività non sono analiticamente deducibili, ad eccezione dei contributi previdenziali, ma sono previsti dei forfait da applicare ai ricavi (coefficienti di redditività) che variano a seconda dei diversi tipi di attività. Tali coefficienti non sono stati modificati dall’articolo in esame.
Il comma 55 dell’articolo in esame prevede che l’estensione a cinque anni complessivi della disciplina di vantaggio per le nuove attività, con la riduzione dell’aliquota al 5 per cento, si applichi, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015, avvalendosi delle disposizioni di cui al comma 65 vigente anteriormente alle modifiche in esame.
Si ricorda, infine,
che la legge n. 190 del 2014 (articolo 1, comma 88) consente ai contribuenti che, al 31 dicembre 2014, si avvalgono del
regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del
decreto-legge n. 98 del 2011 (“minimi al 5 per cento”), di continuare ad
avvalersene fino alla scadenza naturale. Il regime fiscale di vantaggio
dei “minimi”, conseguentemente, si applica limitatamente ai contribuenti che
già se ne avvalevano alla data del 31 dicembre 2014, fino alla sua scadenza
naturale, ovvero un quinquennio o il compimento del trentacinquesimo anno di
età.
Successivamente, il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10, comma 12-undecies) ha previsto che i soggetti che iniziano una nuova attività in possesso dei requisiti possono avvalersi per l'anno 2015 del regime agevolato per i contribuenti "minimi" (articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011), in deroga a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2015.
Si tratta del regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, che prevede un unico limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 5 per cento (articolo 27 del D.L. n. 98 del 2011, che ha modificato il previgente regime dei minimi che prevedeva un limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 20 per cento: articolo 1, commi da 96 a 115 e comma 117 della legge n. 244 del 2007).
Si ritiene opportuno chiarire il regime applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2016 ai contribuenti che hanno avviato la propria attività nel 2015 aderendo al regime dei “minimi”, utilizzando la facoltà prevista dal citato articolo 10, comma 12-undecies, del decreto-legge n. 192 del 2014.
Articolo 1, commi 56-62
(Regime agevolato per cessioni e
assegnazioni di beni ai soci)
I commi da 56 a 61 introducono
agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni
o assegnazioni, da parte delle società - ivi incluse le cd. società non operative - di beni immobili e di beni mobili registrati ai
soci: a queste operazioni si applica un’imposta
sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP ed è ridotta l’imposta di registro. Analoghe agevolazioni sono previste
per le relative trasformazioni societarie.
Il comma
62, introdotto al Senato, dispone l’applicazione
opzionale per gli imprenditori
individuali di un’imposta
sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili
strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Il pagamento
dell’imposta consente di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con
effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.
L'assegnazione dei beni costituisce, insieme all'attribuzione di denaro, lo strumento col quale la società effettua la distribuzione di utili o la restituzione di capitale. Con le norme in esame viene riproposta la misura in passato già prevista dall’articolo 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, come successivamente integrato dall'articolo 13 della legge 18 febbraio 1999, n. 28. Sulle questioni applicative era intervenuta la Circolare n. 112/E del 21 maggio 1999 del Ministero delle finanze, cui si farà riferimento in seguito.
Le società non operative (disciplinate dalla legge 724 del 1994 e dal decreto legge 138 del 2011) o “società di comodo” sono quelle non preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare. L’ordinamento tributario prevede una disciplina di contrasto di tali società, con fini antielusivi: tra l’altro, ad esse si applica una maggiorazione di 10,5 punti percentuali dell’aliquota IRES. Tale maggiorazione si applica anche alle società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per cinque periodi d'imposta consecutivi (cd. società in perdita sistematica, su cui da ultimo è intervenuto il D.Lgs. n. 175 del 2014). La riforma delle società di comodo, prevista dalla legge delega sulla riforma fiscale, non è stata attuata.
Il comma 56 individua i destinatari di tale agevolazione, ovvero le società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni che abbiano assegnato o ceduto ai soci beni immobili o beni mobili registrati, non strumentali all’attività di impresa.
L’agevolazione riguarda anche le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30 settembre 2016 si trasformano in società semplici.
L’agevolazione si applica a condizione che:
§ le cessioni o assegnazioni siano avvenute entro il 30 settembre 2016;
§ tutti i soci cessionari o assegnatari risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero siano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2015.
Il comma 57 individua in primo luogo la base imponibile cui applicare l’imposta sostitutiva, costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione, e il loro costo fiscalmente riconosciuto.
L’imposta sostitutiva (che si applica in luogo delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP) ha un’aliquota dell’8 per cento. Essa è elevata al 10,5 per cento per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione, cessione o trasformazione.
L’aliquota è del 13 per cento sulle riserve in sospensione d’imposta, annullate per effetto dell'assegnazione dei beni ai soci, e quelle delle società che si trasformano.
Le riserve e i fondi in sospensione d’imposta sono poste patrimoniali costituite in occasione di particolari situazioni, in genere previste da norme speciali (ad esempio nel caso di rivalutazioni di beni d’impresa), che ne rinviano l’imposizione ad un momento successivo, generalmente coincidente con la distribuzione di detti fondi e riserve o con il verificarsi di uno dei presupposti che comportano il venir meno del regime di sospensione.
Il comma 58 chiarisce i criteri di determinazione del valore normale, necessario per la determinazione della base imponibile.
Per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dalle norme in tema di imposta di registro.
Si tratta in particolare dei moltiplicatori contemplati dall’articolo 52, quarto comma, primo periodo del testo unico sull’imposta di registro, D.P.R. n. 131 del 1986, ossia 75 per i terreni e 100 per i fabbricati.
Nel caso di cessione, il corrispettivo della stessa, ove inferiore al valore normale del bene - determinato ai sensi delle regole generali del TUIR o, in alternativa, con l’applicazione dei moltiplicatori - è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori (valore normale o valore catastale).
Nel silenzio delle norme in esame, il valore normale per i beni mobili iscritti in pubblici registri sembra doversi individuare in base alle ordinarie disposizioni dell’articolo 9 TUIR (cfr. anche la citata circolare n. 112/E del 1999).
Il valore normale è il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.
Per quanto riguarda il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate, il comma 59 prescrive che esso sia aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.
Nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni sul trattamento fiscale degli utili di cui all’articolo 47 del TUIR (quota esente; parte imponibile di utili di fonte estera, ivi compresi gli utili black list).
Si chiarisce inoltre che il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.
Per quanto concerne il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato, la citata circolare n. 112/E del 1999 rimandava, relativamente ai beni plusvalenti, ai criteri previsti dall'art. 76, comma 1, lettera b), del Tuir (ora articolo 110), norma secondo cui si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali; la circolare chiariva che tale costo andava computato al netto degli ammortamenti fiscalmente dedotti.
Per quanto invece riguarda i cd. “beni merce” (beni che in caso di cessione danno luogo a ricavi), ove non siano valutati dalla società in base al metodo del "costo specifico", il costo fiscalmente riconosciuto era determinato con criteri corrispondenti a quelli stabiliti per la determinazione del costo del venduto, facendo quindi riferimento ad una situazione di magazzino, relativa ai beni assegnati, redatta alla data di assegnazione.
Ai sensi del comma 60, per le assegnazioni e cessioni di beni agevolate, se soggette all’imposta di registro in misura proporzionale, le aliquote di tale imposta sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa (200 euro).
Per quanto riguarda il versamento dell’imposta sostitutiva, essa avviene (comma 61) in due rate: la prima, che comporta il versamento del 60 per cento dell’imposta sostitutiva, entro il 30 novembre 2016 e la seconda entro il 16 giugno 2017, secondo le norme generali sui versamenti (di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).
Per quanto riguarda la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
Il comma
62, introdotto al Senato dispone
l’applicazione opzionale per gli imprenditori
individuali di un’imposta
sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili
strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Il pagamento
dell’imposta consente di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con
effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.
Più in dettaglio, l'imprenditore individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possiede beni immobili strumentali può, entro il 31 maggio 2016, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016. L’esclusione consente il pagamento di una imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell'8 per cento, applicata sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei già illustrati commi da 56 a 61.
Articolo 1, commi 64 e 65
(Deduzioni IRAP per i soggetti di minori
dimensioni)
I commi
64 e 65 – non modificati al Senato
- elevano gli importi deducibili
dall’IRAP in favore di alcuni soggetti di minori dimensioni, rafforzando le deduzioni in favore delle società
in nome collettivo e in accomandita semplice (ed equiparate) e delle persone
fisiche esercenti attività commerciali, nonché delle persone fisiche e delle
società semplici esercenti arti e professioni.
A tal fine il comma 64 interviene sull’articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis) del D.Lgs. n. 446/1997.
Si rammenta che il predetto comma 4-bis illustra gli importi deducibili complessivamente dall’IRAP in favore dei soggetti di minori dimensioni, ovvero quelli con base imponibile non superiore a 180.999,91 euro, diversi dalle Pubbliche amministrazioni.
Gli importi deducibili attualmente ammontano:
§ a 8.000 euro se la base imponibile non supera 180.759,91 euro;
§ a 6.000 euro se la base imponibile supera 180.759,91 ma non 180.839,91 euro;
§ a 4.000 euro se la base imponibile supera 180.839,91 ma non 180.919,91 euro;
§ a 2.000 euro se la base imponibile supera 180.919,91 ma non 180.999,91 euro.
La lettera d-bis) prevede che le deduzioni così illustrate siano elevate nei confronti dei soggetti sopra elencati, rispettivamente di 2.500 euro, di 1.875 euro, di 1.250 euro e di 625 euro, rispetto all’ammontare della deduzione sopra illustrata, commisurata alla base imponibile.
Le norme in commento elevano la misura di tale aumento.
Dunque, in relazione alla misura della base imponibile sopra illustrata, la deduzione è aumentata di 5.000 euro (in luogo di 2.500), di 3.750 euro (in luogo di 1.875), di 2.500 euro (in luogo di 2.150) e di 1.250 euro (in luogo di 625).
L’elevazione della deduzione si applica a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 (comma 65).
Articolo 1, commi 66 e 67
(Emissione di note di credito IVA)
I commi 66 e 67, modificati dal Senato, intervengono sulla disciplina delle variazioni dell’imponibile IVA o dell’imposta stessa. In sostanza, si anticipa al momento di apertura di una procedura concorsuale la possibilità di emettere una nota di credito e dunque portare in detrazione l’IVA corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali.
Con le modifiche apportate dal Senato è stato specificato che alcune delle disposizioni introdotte si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016 (in particolare, l’anticipo della detrazione alla data della procedura concorsuale e quelle relative alla disapplicazione dell’obbligo di registrare la variazione per la controparte contrattuale, nel caso di procedure concorsuali), in luogo di disporne la decorrenza con riferimento alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2017, come previsto dal testo originario del disegno di legge.
Il comma 66 sostituisce integralmente l’articolo 26 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, che disciplina le variazioni dell’imponibile IVA o dell’imposta stessa.
In estrema sintesi, l’articolo 26 consente tra l’altro al fornitore di emettere una nota di credito al fine di rettificare in diminuzione l’imposta addebitata in relazione ad un’operazione (imponibile) che sia venuta meno, in tutto o in parte, al ricorrere di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili del contratto; mancato pagamento a causa di procedure concorsuali o esecutive, purché siano “rimaste infruttuose”, nonché di abbuoni e sconti.
A seguito della novità introdotta dall’articolo 31, comma 1, del D.Lgs. n. 175/2014 in tema di semplificazioni fiscali, anche gli accordi di ristrutturazione del debito e i piani attestati di risanamento sono inclusi tra le ipotesi che legittimano il fornitore ad attivare la procedura di variazione in diminuzione.
Le norme in esame mantengono fermo quanto disposto in relazione alle rettifiche in aumento (comma 1 dell’articolo 26).
Resta fermo anche quanto disposto dal comma 3 in ordine alla scadenza del termine per portare in detrazione l’ammontare delle variazioni (entro un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile, ove gli eventi indicati nella nota di credito si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti). L’attuale comma 4, concernente la correzione di errori materiali o di calcolo nelle registrazioni e nelle liquidazioni periodiche, viene rifuso nel nuovo comma 7.
Il novellato comma 2 riprende parzialmente quanto disposto dall’attuale articolo 26, comma 2. Resta quindi fermo che, se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile successivamente alla registrazione, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma di legge.
Il nuovo comma 4 anticipa il momento in cui è consentita l’emissione di note di accredito IVA già all’apertura di una procedura concorsuale, ovvero al decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti (di cui all'articolo 182-bis della l. fall.) ovvero alla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano di risanamento e di riequilibrio (attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), l. fall.).
Non si deve dunque attendere l’infruttuosità della procedura concorsuale.
Il riferimento all’infruttuosità delle procedure viene invece mantenuto per l’ipotesi di mancato pagamento per procedure esecutive individuali.
Le norme proposte dunque disciplinano separatamente le ipotesi di mancato pagamento per procedure esecutive individuali infruttuose e per procedure concorsuali: in quest’ultimo caso, anticipando la possibilità di recuperare finanziariamente l’IVA addebitata e non incassata, senza dover attendere la conclusione delle procedure. In tal modo il regime delle note di accredito IVA viene allineato a quanto disciplinato dal TUIR (articolo 100, comma 5) in materia di deducibilità delle perdite sui crediti.
Il contenuto dell’attuale comma 5 viene rifuso nel nuovo comma 8, con le opportune modifiche di coordinamento legate alle norme introdotte. Si tratta della disciplina delle modalità di effettuazione delle variazioni, che possono essere fatte anche tramite annotazioni in rettifica sui registri IVA.
Il nuovo comma 5 riproduce sostanzialmente l’ultimo periodo del vigente comma 2 dell’articolo 26; se il cedente o prestatore si avvalgono della facoltà di detrarre l’imposta corrispondente alle variazioni in diminuzione, il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione, deve in tal caso registrare la variazione nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.
Rispetto alla normativa vigente, tuttavia, si precisa che l’obbligo del cessionario o del committente a registrare la variazione non si applica nel caso di procedure concorsuali, accordi di ristrutturazione o piani di risanamento.
La norma dà attuazione all’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE in materia di IVA, secondo cui la rettifica della detrazione operata dal cessionario o committente non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate.
Il nuovo comma 6 prevede che, ove successivamente agli eventi che possono comportare la variazione in diminuzione ai sensi del nuovo comma 4 (procedure concorsuali, accordo di ristrutturazione, piano di risanamento o procedure esecutive individuali infruttuose) il corrispettivo sia totalmente o parzialmente pagato, si applica la disciplina delle variazioni in aumento (comma 1).
In tal caso, il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento si trasferisce sul cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di variazione (ai sensi del comma 5).
Il nuovo comma 9 disciplina l’ipotesi di risoluzione contrattuale nei contratti cd. esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento. In tal caso, la facoltà di detrarre l’IVA corrispondente alla variazione in diminuzione non si applica alle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni.
Il nuovo comma 10 consente di detrarre l’IVA corrispondente alla variazione, ricorrendo i presupposti di cui al già illustrato comma 2, anche dai cessionari e committenti debitori dell’imposta ai sensi di specifiche disposizioni di deroga alle regole generali in materia di versamento (articolo 17, articolo 74 del DPR IVA – ivi comprese le ipotesi di reverse charge - e articolo 44 del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 in tema di IVA su prodotti soggetti ad accisa). In tal caso, l’obbligo di variazione correlato si trasferisce ai cessionari o ai committenti.
I commi 11 e 12 recano, rispettivamente, norme volte a individuare le ipotesi di assoggettamento a procedura concorsuale o a procedura esecutiva individuale ai fini della variazione in diminuzione.
In particolare (comma 11) il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso (dunque ex lege, a prescindere dall’esito successivo) infruttuosa (comma 12) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare; nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità; nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
Il comma 67 del provvedimento in esame disciplina la decorrenza delle nuove norme in materia di variazioni in diminuzione e detrazioni.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato, le disposizioni di cui al novellato articolo 26, comma 4, lettera a) (che, si ricorda, anticipano la detrazione conseguente a variazione alla data della procedura concorsuale o degli accordi di ristrutturazione o dei piani di risanamento) e quelle del comma 5, secondo periodo (relativo alla disapplicazione dell’obbligo di registrare la variazione per la controparte contrattuale, nel caso di procedure concorsuali) si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016, in luogo di disporne la decorrenza con riferimento alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2017, come previsto dal testo originario del disegno di legge.
Si precisa che le altre modifiche apportate dal presente articolo al predetto articolo 26, in quanto volte a chiarire l’applicazione delle disposizioni contenute in tale ultimo articolo, sono di carattere interpretativo e dunque si applicano anche alle operazioni effettuate anteriormente alla data di cui al periodo precedente.
Articolo 1,
commi 87-95
(Regime fiscale di somme, valori e
servizi
in favore dei lavoratori dipendenti)
I commi da 87 a 93 introducono, in via permanente, una disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. Il comma 94 modifica le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi. Il comma 95 azzera le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello e ridefinisce l'ammontare delle risorse finanziarie destinate alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.
Il nuovo regime tributario di cui ai commi da 87 a 93 concerne: sotto il profilo oggettivo, le somme ed i valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (comma 91); sotto il profilo soggettivo, i titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro (comma 90).
Il regime tributario specifico consiste - salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore (comma 87) - in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10%, entro il limite di importo complessivo del relativo imponibile pari a 2.000 euro lordi, ovvero a 2.500 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro (commi 87 e 93).
Si demanda (comma 92) ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la definizione: dei criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione; delle modalità attuative del nuovo regime tributario, anche con riferimento alla suddetta partecipazione paritetica all’organizzazione del lavoro; delle modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali summenzionati.
Ulteriori norme di carattere finale sono poste nei commi 88, 89 e 90.
La lettera a) del comma 94 modifica le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF ai sensi dell'art. 51, comma 2 e comma 3, ultimo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, mentre la successiva lettera b) specifica, in generale, che (ai fini dell'esenzione in oggetto) l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.
In particolare, mentre la novella di cui alla lettera a), numero 1), opera una modifica esclusivamente formale[6] - nella quale il Senato ha apportato un'ulteriore modifica, anch'essa formale -, quella di cui al successivo numero 2) estende l'esenzione IRPEF per le somme, i servizi e le prestazioni (erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti) per: la fruizione, da parte dei familiari[7], dei servizi di educazione e istruzione - compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi - anche se non inerenti alla frequenza degli asili nido (alla quale fa riferimento il testo vigente); per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali (a quest'ultimo riguardo, il testo vigente fa invece riferimento alle colonie climatiche). La novella di cui al numero 3) introduce l'esenzione per le somme e le prestazioni (erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti) per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti[8].
Sotto il profilo redazionale, sembra necessario che nei commi 91 e 92 il riferimento ai commi da 87 a 95 venga circoscritto ai soli commi da 87 a 93, anche al fine di
chiarire che le esclusioni dall'IRPEF - oggetto delle novelle di cui al comma 94 - continuano ad essere
riconosciute a prescindere dalla circostanza che le somme, i valori ed i
servizi siano contemplati o meno dai contratti collettivi aziendali o
territoriali.
Il comma 95 azzera le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello e ridefinisce l'ammontare delle risorse finanziarie destinate, in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, ai sensi dell'art. 25 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata. Nella disciplina vigente, queste ultime risorse sono stabilite mediante l'impiego, per ciascun anno del triennio, di una quota pari al 10% della dotazione del Fondo suddetto (il quale viene ora azzerato). Il comma 95 in esame prevede che le risorse per la promozione della conciliazione siano pari a 38,3 milioni di euro per il 2016, 36,2 milioni per il 2017 e 35,6 milioni per il 2018.
Si ricorda che la promozione dei contratti aziendali è stata perseguita attraverso specifici sgravi fiscali e contributivi. In particolare, uno specifico filone normativo ha riguardato la tassazione agevolata dei contratti di produttività, introdotta dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del D.L. 93/2008. Il beneficio fiscale (limitato al settore privato) consiste nell'applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10%.
La tabella sottostante indica, anno per anno, misura e limiti della tassazione agevolata dei premi di produttività a partire dalla sua introduzione.
La detassazione dei premi di
produttività
2008 – II semestre |
Reddito di
lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro nell’anno precedente, sulle
somme non superiori a 3.000 euro. |
2009 |
Reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro nell’anno precedente,
sulle somme non superiori a 6.000 euro. |
2010 |
Reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro nell’anno precedente,
sulle somme non superiori a 6.000 euro. |
2011 |
Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente,
sulle somme non superiori a 6.000 euro. |
2012 |
Reddito di lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro nell’anno precedente,
sulle somme non superiori a 2.500 euro. |
2013 |
Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente,
sulle somme non superiori a 2.500 euro. |
2014 |
Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente,
sulle somme non superiori a 3.000 euro. |
Dal 2016 |
Reddito di lavoro dipendente non superiore a 50.000 euro nell’anno precedente,
sulle somme non superiori a 2.000 euro
(2.500 se l’accordo prevede
commissioni paritetiche). |
Articolo 1,
commi 99-102
(Fondo per le aziende sequestrate e
confiscate)
Ai
commi da 99 a 102 si disciplina un fondo per garantire l'accesso e la
continuità del credito a favore delle aziende
oggetto di misure patrimoniali nell'ambito di procedimenti penali o di
prevenzione.
Ai
sensi del comma 99 è istituito il
Fondo per il credito alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità
organizzata, con una dotazione di 10
milioni di euro annui per il triennio 2016-2018.
Presupposto oggettivo, per l'operatività del
Fondo, è che il bene sia un'azienda oggetto di:
- misura cautelare reale del sequestro[9] ovvero
della misura di sicurezza patrimoniale della confisca[10], nei
procedimenti penali per i delitti di cui agli articoli 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale[11];
- misure di prevenzione patrimoniali[12] nei
confronti dei soggetti destinatari del codice antimafia (decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159) in quanto persone sottoposte a procedimento penale per
uno dei delitti di cui all’articolo 416-bis
c.p. ovvero di cui al citato articolo 51, comma 3-bis c.p.p.).
La genericità della previsione "sequestro e
confisca" consente di adattarla ai molteplici istituti sopra citati, per
la cui gestione va peraltro ricordato che è stato presentato il disegno di
legge del Governo Atto Senato n. 1687 (Misure
volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni
illeciti), in corso di esame. Peraltro, alla Camera è in corso di esame
l’Atto Camera n. 1138 e abb. (Misure per
favorire l’emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende
sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata), inserito nel
calendario dei lavori dell’assemblea per il mese di novembre.
La finalità del Fondo è la continuità del
credito bancario e l'accesso al medesimo, il sostegno agli investimenti e agli
oneri necessari per gli interventi di ristrutturazione aziendale, la tutela dei
livelli occupazionali, la promozione di misure di emersione del lavoro
irregolare, la tutela della salute e della sicurezza del lavoro, il sostegno
alle cooperative di cui al predetto codice (comunità, anche giovanili,
organizzazioni di volontariato di cui alla legge n. 266 del
1991, cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del
1991, comunità terapeutiche e centri di recupero
e cura di tossicodipendenti, associazioni di protezione ambientale
riconosciute, ovvero di dipendenti dell'impresa confiscata).
Per il comma 100 un'apposita sezione del Fondo
di garanzia per le piccole e medie imprese riceverà 3 milioni di euro annui,
destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in
favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla
criminalità organizzata, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali
delle predette imprese. Nella misura di 7 milioni di euro annui, un'apposita
sezione del Fondo per la crescita sostenibile sarà alimentata per l'erogazione
di finanziamenti agevolati in favore delle medesime imprese.
Il comma 101 prevede che un decreto interministeriale determini i
limiti, i criteri e le modalità per la concessione delle garanzie e dei
finanziamenti, avendo particolare riguardo per le imprese che presentano gravi
difficoltà di accesso al credito. Il decreto dovrà operare nel rispetto delle
vigenti disposizioni in materia di aiuti di Stato.
Ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) sono aiuti di stato gli aiuti concessi dallo Stato, ovvero mediante risorse statali che conferiscono un vantaggio selettivo, che abbiano un'incidenza
sugli scambi intra-UE e possano causare una distorsione della concorrenza. La Commissione sostiene la
necessità di rendere coerenti, con i princìpi desumibili dai Trattati, gli
orientamenti in materia di aiuti di Stato: ciò al fine di razionalizzare gli
strumenti a disposizione ed incoraggiare gli Stati membri a destinare le esigue
risorse pubbliche verso priorità comuni. È soprattutto con riferimento a
quest’ultimo aspetto che la Commissione evidenzia i numerosi vantaggi della
politica di concorrenza, soprattutto sotto il profilo del rapporto
costi-benefici, in quanto la sua applicazione non comporta nessuna spesa a
livello pubblico o privato. Inoltre, un adeguato controllo sugli aiuti di
Stato, oltre a migliorare la qualità delle finanze pubbliche, potrebbe
contribuire al perseguimento dell’obiettivo di orientare meglio la spesa
pubblica, che in buona parte assume la forma di aiuti di Stato, per renderla
più efficiente ed efficace e al servizio di politiche che promuovano la
crescita e la realizzazione di obiettivi europei comuni. Per perseguire tale
obiettivo la Commissione europea ha proceduto alla revisione di alcuni atti
normativi sugli aiuti di Stato esentati dall’obbligo di notifica in quanto non
incidono sugli scambi tra gli Stati membri e/o non falsano o minacciano di
falsare la concorrenza[13].
Nella citata Comunicazione, presentata il 5 maggio
2012, si precisa che l’aumento della portata delle misure di aiuto esentate da
detto obbligo aumenta la responsabilità degli Stati membri nel garantire la
corretta applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato. Di
conseguenza, gli Stati membri dovranno verificare ex ante il rispetto delle norme sugli aiuti di Stato delle misure “de minimis” e
dei casi che beneficiano di un’esenzione per categoria, invece la Commissione
continuerà ad esercitare un controllo ex
post su queste misure. A tal fine la Commissione si aspetta una migliore
cooperazione da parte degli Stati membri nel trasmettere le informazioni in
modo migliore e tempestivo, nonché sistemi di controllo nazionali efficaci che
garantiscano che gli aiuti di Stato esentati dai controlli ex ante siano conformi al diritto dell’Unione europea. Nella
Comunicazione si precisa che sarà possibile una riduzione degli oneri
amministrativi grazie ad obblighi di notifica minori, solo in presenza di un
maggiore impegno e del rispetto delle norme da parte delle autorità nazionali.
Di conseguenza, anche i controlli ex post
da parte della Commissione dovranno aumentare considerato che gli attuali
risultati del controllo da parte degli Stati membri dell’applicazione di misure
che beneficiano di un esenzione per categoria rivelano una frequente violazione
delle norme sugli aiuti di Stato.
Il
decreto disciplinerà anche le modalità per la restituzione, con applicazione di
interessi a tassi di mercato, della quota residua del finanziamento erogato,
per il caso di revoca del provvedimento di sequestro. Per il caso di garanzia
escussa, invece, la revoca del sequestro è assoggettata da una condizione
speciale, che inibisce la stessa restituzione dell'azienda fino a quando non si
realizza: per il comma 102 l'avente
diritto è prioritariamente tenuto a rimborsare gli importi liquidati dalla
sezione del Fondo a seguito dell'eventuale escussione della garanzia, in
qualunque stato e grado del procedimento intervenga la revoca.
Articolo 1,
commi 103-106
(Aziende vittime di mancati pagamenti)
Con i commi 103-106, introdotti al Senato, si istituisce presso il Ministero dello Sviluppo economico il Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, avente come finalità il sostegno alle piccole e medie imprese che entrano in crisi a causa della mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici, imputate di taluni delitti.
Il comma 103 istituisce presso il MiSE un
Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, di seguito
nominato ''Fondo'', conferendovi 10 milioni di euro annui per il triennio
2016-2018, attinti dal Fondo per interventi strutturali di politica economica.
Il comma 104 correda la finalità di
sostegno alle piccole e medie imprese - che entrano in crisi a causa della
mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici - con il
requisito che esse risultino parti offese in un procedimento penale in corso, a
carico delle aziende debitrici: esse devono risultare imputate dei delitti di
cui agli articoli 629 (estorsione), 640 (truffa), 641 (insolvenza fraudolenta)
del codice penale e di cui all'articolo 2621 del codice civile (false
comunicazioni sociali). Poiché soltanto
gli articoli 640 c.p. e 2621 c.c. danno luogo a responsabilità amministrativa
da reato dell'ente (ai sensi
del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), è presumibile che l'imputazione debba riferirsi al
legale rappresentante dell'impresa titolare dell'azienda.
Il comma 105 attribuisce ad un decreto del
MiSE, di concerto con il MEF, la determinazione dei
criteri e le modalità per il sostegno, che avrà la forma di finanziamenti
agevolati, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di aiuti di
Stato.
Il comma 106 prevede che l'assoluzione dalle predette imputazioni comporta l'obbligo, per i beneficiari, del rimborso delle somme erogate.
Articolo 1,
comma 143
(Misure per la ricerca scientifica e
tecnologica)
Il comma 143, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene al fine di modificare alcune disposizioni in materia di misure di sostegno per la ricerca scientifica e tecnologica. Nello specifico si allarga la tipologia dei soggetti ammissibili agli incentivi prevedendo, tra l’altro, anche società composte da professori e ricercatori ed altri enti pubblici che operano in alcuni settori della ricerca e si inserisce, tra le attività ammesse all’intervento di sostegno, anche quella industriale, di sviluppo precompetitivo e di diffusione di tecnologie.
Il comma 143 interviene sull’articolo 60 del decreto-legge n. 83 del 2012 sostituendo il comma 3 e aggiungendo, al comma 4, la lettera f-bis).
Con il decreto-legge n. 83 del 2012, appena citato, si prevedono in favore dei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione alcuni interventi di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale nonché per la ricerca industriale, estesi a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale, e delle connesse attività di formazione per la valorizzazione del capitale umano.
La disposizione di cui si tratta allarga la platea dei soggetti che possono essere ammessi agli interventi di sostegno ed estende l’ambito degli interventi, individuando alcune ulteriori attività.
Più in particolare:
§ la lettera a) del comma 143 sostituisce il comma 3 dell’articolo 60, D.L. 83/2012 confermando tra i soggetti ammissibili agli interventi di sostegno: le imprese, le università, gli enti e gli organismi di ricerca, o “qualsiasi altro soggetto giuridico in possesso dei requisiti minimi previsti dai bandi” e inserendo anche altre figure giuridiche, tra cui:
- le costituende società composte da professori, ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente dagli enti di ricerca;
- ENEA;
- ASI;
dottorandi di ricerca e titolari di assegni di ricerca di cui all'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, anche congiuntamente ad uno o più degli altri soggetti indicati dal comma citato. Si tratta, ai sensi della citata disposizione, di dottori di ricerca o laureati in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo di università, osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, di enti pubblici e istituzioni di ricerca, di ENEA, di ASI e del corpo forestale dello Stato.
Si
osserva che il comma 6 dell’articolo 51 della legge 27 dicembre 1997, n.49 è stato abrogato dalla lettera d) del comma 11 dell'art. 29 della L. 30 dicembre 2010,
n. 240.
I soggetti appena elencati, al fine di beneficiare del sostegno, devono essere residenti ovvero devono avere stabile organizzazione nel territorio nazionale.
Quanto alla natura del sostegno economico il comma 4, articolo 60, del D.L. 83/2012 prevede come misure di sostegno i contributi a fondo perduto, il credito agevolato, il credito di imposta ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, la prestazione di garanzie, le agevolazioni fiscali cui all'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, i voucher individuali di innovazione che le imprese possono utilizzare per progetti di innovazione sviluppati in collaborazione con gli organismi di ricerca presenti nel territorio nazionale.
§ la lettera b) del comma 143 inserisce la lettera f-bis), al comma 4, articolo 60, del decreto-legge n. 83/2012 ammettendo ai benefici appena ricordati anche le attività di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, diffusione di tecnologie, fino all'avvio e comunque finalizzate a nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico, per l'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca da parte di soggetti assimilati in fase d'avvio, su progetto o programma, anche autonomamente presentato, da coloro che si impegnano a costituire o a concorrere alla nuova società.
La definizione di “soggetto assimilato in fase d'avvio” è indicata dal combinato disposto dell’articolo 1, comma 3, lettera e) e dell’articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 297 del 1999.
Si intendono per “soggetti assimilati in fase d'avvio”, ai sensi delle citate disposizioni, società di recente costituzione ovvero da costituire, finalizzate all'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, per attività di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, diffusione di tecnologie, fino all'avvio e comunque finalizzate a nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico, per l'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca “da parte di soggetti assimilati in fase d'avvio, su progetto o programma presentato anche da coloro che si impegnano a costituire o a concorrere alla nuova società con la partecipazione azionaria o il concorso, o comunque con il relativo impegno di una serie di soggetti giuridici tra i quali professori e ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente da enti di ricerca, ENEA e ASI, imprese artigiane, società consortili, con determinate caratteristiche, società di assicurazione, banche, intermediari finanziari, fondi mobiliari chiusi, intermediari finanziari e altri;
Si
osserva che il decreto legislativo n. 297 del 1999 è stato abrogato ai sensi
della lettera b) del comma 1 dell’art. 63, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.
Il comma 4 dell’articolo 60 prevede, tra gli interventi per i quali è ammesso il contributo le seguenti tipologie:
a) interventi di ricerca fondamentale, diretti a sostenere l'avanzamento della conoscenza;
b) interventi di ricerca industriale, estesi a eventuali attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, orientati a favorire la specializzazione del sistema industriale nazionale;
c) appalti pre-commerciali di ricerca e sviluppo sperimentale, anche attraverso interventi cofinanziati con pubbliche amministrazioni, in risposta a esigenze di particolare rilevanza sociale (social big challenges);
d) azioni di innovazione sociale (social innovation);
e) interventi integrati di ricerca e sviluppo sperimentale, infrastrutturazione, formazione di capitale umano di alto livello qualitativo, di trasferimento tecnologico e spin off di nuova imprenditorialità innovativa, finalizzati in particolare allo sviluppo di grandi aggregazioni (cluster) tecnologiche pubblico-private di scala nazionale;
f) interventi nazionali di ricerca fondamentale o di ricerca industriale inseriti in accordi e programmi comunitari e internazionali.
Si ricorda che l’articolo 61, del decreto-legge 83/2012 prevede che le
tipologie di intervento di cui all'articolo 60, comma 4 (contributi a fondo
perduto, credito agevolato, credito di imposta, prestazione di garanzie,
agevolazioni fiscali e i voucher) sono sostenute con le risorse a valere sul
Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST),
istituito dall'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Fondo per gli investimenti
nella Ricerca scientifica e tecnologica (FIRST)
Il Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) è stato. istituito dall'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Esso opera attraverso l'esistente contabilità speciale esclusivamente per l'erogazione di finanziamenti agevolati che prevedano rientri e per gli interventi, anche di natura non rotativa, cofinanziati dall'Unione Europea o dalle regioni, ferma restando la gestione ordinaria in bilancio per gli altri interventi
Si ricorda che con D.M. 115/2013 sono state disciplinate le modalità di utilizzo e gestione e altre disposizioni procedurali per la concessione delle agevolazioni a valere sulle relative risorse finanziarie. Nell'ambito delle disponibilità annuali del FIRST, il Ministero riserva una quota non inferiore al 10 per cento a progetti nei quali risultino coinvolti esclusivamente ricercatori di età non superiore ai 40 anni compiuti, sia appartenenti, con la qualifica di docente o ricercatore, ai ruoli delle università, statali e non statali, legalmente riconosciute e istituite nel territorio dello Stato, o degli enti di ricerca vigilati dal Ministero, sia non appartenenti ai ruoli sopra indicati ma in possesso del titolo di dottore di ricerca.
Le disponibilità del FIRST sono alimentate in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge di stabilità, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, dalle risorse assegnate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), nell'ambito del riparto dell'apposito Fondo.
Con il D.M.6/2015 è avvenuta la ripartizione delle disponibilità per l'anno 2014 del Fondo pari a 62.577.689 (capitolo 7245)
Articolo 1, comma 196
(Promozione del made in Italy e attrazione
degli investimenti in Italia)
Il comma 196, non modificato dal Senato, prevede uno stanziamento di 50 milioni di euro per l’anno 2016 per il potenziamento delle azioni
dell’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle
imprese italiane relative al Piano
straordinario per la promozione del made in Italy.
Le risorse per la realizzazione del Piano straordinario per il rilancio del made in Italy e l'attrazione degli investimenti- introdotto dall'articolo 30 del D.L. 133/2014 "Sblocca Italia"- sono state stanziate nella legge finanziaria per il 2015 (comma 202-203, articolo 1, L.190/2014). Più in particolare per la realizzazione del Piano sono assegnati all'ICE 130 milioni di euro per l'anno 2015, 50 milioni di euro per l'anno 2016 e 40 milioni di euro per l'anno 2017. La disposizione in esame aggiunge, per l’anno 2016, altri 50 milioni di euro.
Si ricorda che il Piano è stato adottato con il D.M. 13 marzo 2015, mentre la dotazione finanziaria di ciascuna azione prevista è stata ripartita dal decreto ministeriale 7 aprile 2015.
Più in particolare gli obiettivi del Piano sono:
§ incrementare il volume dell'export, espandendo la presenza internazionale;
§ aumentare il numero complessivo delle imprese esportatrici, trasformando le aziende potenzialmente esportatrici in esportatrici abituali;
§ cogliere le opportunità legate alla crescita della domanda globale e all'incremento della classe media nei mercati emergenti;
§ accrescere la capacità di intercettare investimenti esteri.
Inoltre il piano è articolato in complessive 10 misure, di cui 5 da attuarsi in Italia (Potenziamento grandi eventi in Italia, Voucher Temporary Export Manager, Formazione Export Manager, Roadshow per le PMI, Piattaforma E-Commerce per le PMI) e 5 all’estero (Piano GDO, Piano speciale Mercati d’Attacco – es. USA -, Piano “Road to Expo”, Piano comunicazione contro Italian Sounding, Roadshow attrazione investimenti).
L'attuazione del Piano è rimessa all'ICE-Agenzia, con cui il MISE stipula una convenzione in cui sono definiti gli obiettivi da raggiungere. Con la delibera n. 230 del 27 gennaio 2015, e l’Agenzia ha approvato alcuni progetti per l’attuazione parziale del Piano.
Si ricorda che L'ICE-Agenzia ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero - con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti - e opera al fine di sviluppare l'internazionalizzazione e l'attrazione investimenti delle imprese italiane nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali.
Per favorire la sinergia tra i diversi attori è prevista l'istituzione di un Comitato presso il Ministero dello sviluppo economico che è composto da rappresentanti dei diversi ministeri interessati e da un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni e può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d'investimento.
Una relazione sull'attuazione del Piano deve essere presentata annualmente al Parlamento dal Ministro dello sviluppo economico d'intesa con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. La relazione non è stata ancora presentata.
Articolo 1,
commi 198-206
(Società benefit)
I commi
da 198 a 206, introdotti al Senato, consentono la diffusione nel nostro
ordinamento di società che nell'esercizio della loro attività economica abbiano
anche l'obiettivo di migliorare l'ambiente naturale e sociale nel quale
operano, utilizzando pratiche, processi di produzione e beni in grado di
produrre esternalità positive; le società benefit
si prefiggono di destinare una parte delle proprie risorse gestionali ed
economiche al perseguimento della crescita del benessere di persone e comunità,
alla conservazione e al recupero di beni del patrimonio artistico e
archeologico presenti nel luogo ove operano o sul territorio nazionale, alla
diffusione e al sostegno delle attività culturali e sociali, nonché di enti ed
associazioni con finalità rivolte alla collettività e al benessere sociale.
Con il comma
198 si promuove la costituzione e si favorisce la diffusione di società che
- nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli
utili - perseguono una o più finalità di beneficio comune nei confronti di
persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali,
enti e associazioni ed ogni altro portatore di interesse. Il comma 199 prevede che tali finalità,
indicate nell'ambito delle attività dell'oggetto sociale, siano perseguite
dalla società attraverso una gestione responsabile, sostenibile, trasparente e
mirata a bilanciare, da un lato, gli interessi dei soci e, dall'altro,
l'effettivo perseguimento di effetti positivi, o la riduzione di effetti
negativi, su uno o più dei suddetti ambiti.
Il comma
200 contiene alcune definizioni, tra cui quella di beneficio comune. Il comma 201 stabilisce che la società benefit
indichi nell'oggetto sociale le finalità di beneficio comune che intende
perseguire. Le società diverse dalle società benefit, qualora intendano
perseguire anche finalità di beneficio comune, sono tenute a modificare l'atto
costitutivo o lo statuto, nel rispetto delle disposizioni che regolano le
modificazioni del contratto sociale o dello statuto proprie di ciascun tipo e a
registrare tali modifiche nel registro delle imprese. Per la società benefit
che abbia indicato nell'atto costitutivo o nello statuto le finalità di
beneficio comune che intende perseguire è riconosciuta la facoltà di
introdurre, accanto alla denominazione sociale, le parole: «società benefit»
o l'abbreviazione: «SB», e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi,
nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi.
Il comma
202 prevede i doveri e le responsabilità poste in capo agli amministratori
delle società benefit: tale società deve essere amministrata in modo da
bilanciare l'interesse dei soci, l'interesse di coloro sui quali l'attività
sociale possa avere un effetto e il perseguimento delle finalità di beneficio
comune e a tale scopo deve individuare il soggetto o i soggetti responsabili a
cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento del beneficio comune.
Il comma
203 regola i doveri degli amministratori, con un rinvio alla normativa codicistica, mentre il comma
204 reca disposizioni per garantire la trasparenza dell'operato della
società benefit, che è tenuta a redigere annualmente una relazione
concernente il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio
societario e che include: la descrizione degli obiettivi specifici, delle
modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il perseguimento delle
finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno
impedito o rallentato; la valutazione dell'impatto generato utilizzando uno standard
di valutazione esterno e che comprende specifiche aree di valutazione; una
specifica sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la società
intende perseguire nell'esercizio successivo. La relazione annuale - ai sensi
del comma 205 è pubblicata nel sito internet
della società, consentendo che, a tutela dei
soggetti beneficiari, taluni dati finanziari della relazione possano essere
omessi.
Il comma
206 affida all'Autorità garante della concorrenza e del mercato il compito
di vigilare sull'operato delle società benefit e in particolare nei
confronti di quelle che, senza giustificato motivo e in modo reiterato, non
perseguano le finalità di beneficio comune. Nei confronti di tali società
possono esser applicate le disposizioni vigenti in materia di pubblicità
ingannevole e le disposizioni del codice del consumo, tra le quali quelle in
materia di pratiche commerciali sleali.
Articolo 1,
commi 342 e 343
(Zone franche urbane)
I commi 342 e 343 delimitano l’ambito territoriale del finanziamento delle agevolazioni alle zone franche urbane a quelle individuate dalla delibera CIPE n. 14/2009, dando mandato al MiSE di adottare nuovi bandi con le risorse residue (comma 10).
Il comma 342 - fatte salve le previsioni speciali riguardanti Emilia e
Sardegna - ha circoscritto la
destinazione geografica delle risorse disponibili per le zone franche urbane.
Gli articoli 12 e 13-bis del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (legge 125/2015), avevano rispettivamente istituito:
§ una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall’alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena e in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, prevedendo che le microimprese con sede all’interno della Zona Franca potessero beneficiare di agevolazioni fiscali nei due periodi di imposta (quello in corso e quello successivo), finanziate con 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016;
§ una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall’alluvione del 18-19 novembre 2013 dei comuni della regione Sardegna, autorizzando la spesa di 5 milioni di euro nell’anno 2016.
Si ricorda che le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree in cui si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. L’istituzione delle ZFU risale alla legge finanziaria 2007 (L. 296/2006, art. 1 comma 340 e successivi), che le ha finanziate con un Fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.
In particolare le lettere da a) a d) del comma 341 stabilivano che le piccole e microimprese che avessero iniziato una nuova attività economica nelle zone franche urbane, avrebbero potuto fruire:
a) dell’esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta. Per i periodi di imposta successivi, l’esenzione è limitata, per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l’ottavo e nono al 20 per cento. L’esenzione spetta fino a concorrenza dell’importo di euro 100.000 del reddito derivante dall’attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2009 e per ciascun periodo d’imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all’interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;
b) dell’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;
c) dell’esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (ora imposta municipale) a decorrere dall’anno 2008 e fino all’anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;
d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana.
La legge finanziaria 2008 (L. 244/2008, commi 561, 562 e 563) ha confermato tale stanziamento e ha definito in maggior dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali che, oggi, trovano la loro definizione particolareggiata all’interno del Decreto interministeriale 10 aprile 2013 in attuazione di quanto previsto dall’art. 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179. La circolare 30 settembre 2013, n. 32024 fornisce chiarimenti in merito alla tipologia, alle condizioni, ai limiti, alla durata e alle modalità di fruizione delle agevolazioni fiscali e contributive previste dal decreto 10 aprile 2013.
Le risorse in questione sono quelle di cui all’autorizzazione di
spesa ex articolo 22-bis del decreto-legge 24 aprile 2014, n.
66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
Il D.L. n. 66/2014 (articolo 22-bis) aveva autorizzato la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia (articolo 37, comma 1, del D.L. n. 179/2012), delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell'ambito dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del comune di Lampedusa (istituita dall'articolo 23, comma 45, del D.L. n. 98/2011). Tuttavia la tabella E allegata alla legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) dispose un definanziamento delle risorse destinate agli interventi nelle zone franche urbane (ZFU) previste dall'articolo 22-bis del D.L. n. 66/2014, il che comportò la riduzione da 75 a 40 milioni delle risorse disponibili per il 2015; un ulteriore definanziamento di 20 milioni - per il 2016 - è previsto alla tabella E del presente disegno di legge.
Tali risorse saranno ora destinate al finanziamento delle
agevolazioni nelle sole zone franche urbane individuate dalla delibera CIPE n.
14 dell’8 maggio 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell’obiettivo
“Convergenza”.
La
delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 (Selezione e
perimetrazione delle Zone Franche Urbane e ripartizione delle risorse) procedette alla selezione
delle Zone Franche Urbane ammesse al beneficio. Il suo articolo 1 prevedeva che
il numero delle ZFU ammesse al beneficio finanziario di cui alla legge 27
dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) fosse ampliato da 18 a 22. Ai fini
dell'ammissione al suddetto beneficio furono pertanto individuate e selezionate
le 22 ZFU ricadenti nei seguenti Comuni: Catania, Torre Annunziata, Napoli,
Taranto, Cagliari, Gela, Mondragone, Andria, Crotone, Erice, Iglesias, Quartu
Sant'Elena, Rossano, Lecce, Lamezia Terme, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara,
Ventimiglia, Massa/Carrara, Matera.
Successivamente, a seguito del sisma in Abruzzo dell’aprile 2009, in attuazione dell’articolo 10 del D.L. n. 39/2009, con la delibera n. 39 del 13 maggio 2010 il CIPE approvò l’individuazione e la perimetrazione della ZFU del comune de L’Aquila. Sulla materia è intervenuto l’articolo 70 del D.L. n. 1 del 2012, che ha destinato le risorse per le ZFU Abruzzo anche al finanziamento degli aiuti de minimis, a favore delle piccole e micro imprese localizzate nelle aree colpite dal sisma dell’Abruzzo.
Il comma 343 dispone in ordine alle zone franche urbane già finanziate ai sensi del citato articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, (legge n. 221 del 2012), ivi inclusa la zona franca del comune di Lampedusa (istituita dall’articolo 23, comma 45, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98), stabilendo che il Ministero dello sviluppo economico adotta nuovi bandi finanziati con le risorse rivenienti da rinunce e da revoche relative alle agevolazioni già concesse nelle predette zone franche, nonché da eventuali ulteriori risorse apportate dalle regioni. I nuovi bandi presumibilmente seguiranno l’apposita procedura normativa secondaria ed amministrativa, che nel settembre 2008 aveva portato il Dipartimento per le politiche di sviluppo (DPS) del MiSE ad avanzare la prima proposta di individuazione delle ZFU.
Le ZFU delle 4 regioni
dell’Obiettivo Convergenza interessano determinate sezioni censuarie dei
seguenti comuni: Campania: Aversa, Benevento, Casoria, Mondragone, Napoli,
Portici (centro storico), Portici (zona costiera), San Giuseppe Vesuviano e
Torre Annunziata; Calabria: Corigliano Calabro, Cosenza, Crotone, Lamezia
Terme, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia; Puglia: Andria, Barletta,
Foggia, Lecce, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, Santeramo
in Colle e Taranto; Sicilia: Aci Catena, Acireale, Bagheria, Barcellona Pozzo
di Gotto, Castelvetrano, Catania, Enna, Erice, Gela, Giarre, Lampedusa e
Linosa, Messina, Palermo (Brancaccio), Palermo (porto), Sciacca, Termini Imerese
(inclusa area industriale), Trapani e Vittoria.
Articolo 1,
comma 490
(Accesso al fondo di garanzia per le PMI
per le imprese fornitrici)
Il comma 490 interviene sulla disciplina delle garanzie che possono essere concesse - a valere sulle risorse del Fondo di garanzia per le PMI - a favore delle imprese fornitrici/creditrici delle società di gestione di almeno di uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale soggette ad amministrazione straordinaria (tra cui ILVA s.p.a).
In particolare, il comma 490 inserisce nella attuale normativa (contenuta nel comma 2-bis dell’articolo 2-bis del D.L. n. 1/2015) la previsione secondo la quale – con D.M. del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e finanze - possono essere definiti, ai fini dell’accesso al fondo di garanzia, per le imprese sopra indicate, appositi criteri di valutazione economico-finanziaria, che tengano conto delle caratteristiche e dei particolari fabbisogni delle predette imprese.
Gli specifici criteri di valutazione - che escludono il rilascio della garanzia per le imprese che non presentino adeguate capacità di rimborso del finanziamento bancario da garantire nonché per le imprese in difficoltà ai sensi di quanto previsto dalla vigente disciplina dell’UE - , sono applicati per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di pubblicazione del citato D.M., fermo restando il limite di euro 35 milioni di riserva concessa a valere sul Fondo a favore delle predette imprese.
Contestualmente, il comma 490 in esame sopprime la previsione (attualmente contenuta nell’ultimo periodo del comma 2-bis dell’articolo 2-bis del D.L. n. 1/2015), secondo la quale il Consiglio di gestione del Fondo di garanzia PMI deve pronunciarsi entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta e decorso inutilmente il predetto termine, la richiesta si intende accolta.
L’articolo 2-bis del D.L. n. 1/2015 (Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto) ha disposto una riserva delle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese – fino ad un importo massimo di 35 milioni di euro - al sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese fornitrici di beni o servizi connessi al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell'attività di società che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale soggette ad amministrazione straordinaria (tra cui ILVA s.p.a), ovvero creditrici, per le medesime causali, nei confronti delle predette società (comma 1).
Ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo, le relative richieste devono essere corredate dall'attestazione, rilasciata dal Commissario straordinario (di cui al D.L. n. 61/2013), ovvero, se nominato, dal commissario della procedura di amministrazione straordinaria di cui all'articolo 2, comma 2-ter, del D.L. n. 347, circa la sussistenza, alla data della richiesta stessa, delle condizioni soggettive suddette (comma 2).
Il comma 2-bis, come inserito dall’articolo 8-ter, comma 1 del D.L. 3/2015 riconosce priorità di istruttoria e delibera alle richieste di accesso al Fondo centrale di garanzia avanzate dalle predette imprese fornitrici/creditrici. Per semplificare ulteriormente l’accesso al Fondo per le predette imprese, il comma prevede che il Consiglio di gestione del Fondo debba pronunciarsi entro 30 giorni dalle richiesta e che decorso tale termine la richiesta si intende accolta.
Il Fondo di garanzia per le P.M.I è stato istituito dall’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662/1996 presso il Mediocredito Centrale Spa, allo scopo di assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese[14]. Rivolgendosi al Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo.
L’articolo 15, comma 3, della legge n. 266/1997 ha previsto – contestualmente ad una razionalizzazione dei fondi pubblici di garanzia al tempo esistenti le cui risorse sono confluite in quelle originarie del Fondo di garanzia PMI –le modalità operative di quest’ultimo Fondo, disponendo che la relativa garanzia possa essere concessa:
§ alle banche,
§ agli intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del TUB
§ alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo iscritte all'apposito albo,
§ a fronte di finanziamenti a PMI, compresa la locazione finanziaria, e di partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale delle piccole e medie imprese.
La garanzia del fondo è estesa a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del TUB.
Con l’introduzione della riforma dello strumento (cfr. infra) e la possibilità di intervento del Fondo anche per operazioni sul capitale di rischio, la presentazione della domanda di garanzia può essere fatta anche da una Società di Gestione del Risparmio (SGR) o da una Società di gestione Armonizzata (SGA)[15].
L'articolo 39 del D.L. n. 201/2011 ha operato una sostanziale riforma dello strumento, disponendo che con D.M. non regolamentare venisse fissata:
§
la
misura della copertura degli interventi di garanzia e controgaranzia, nonché la
misura della copertura massima delle perdite in relazione alle tipologie di
operazioni finanziarie, categorie di imprese beneficiarie finali, settori
economici di appartenenza e aree geografiche (comma 1).
§
per ogni
operazione finanziaria ammessa all'intervento del Fondo, la misura
dell'accantonamento minimo, a titolo di coefficiente di rischio (comma 2).
Inoltre, l’articolo 39, al comma 3, ha elevato l'importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo a 2,5 milioni di euro per le tipologie di operazioni finanziarie, le categorie di imprese beneficiarie finali, le aree geografiche e i settori economici di appartenenza individuati con D.M. non regolamentare, disponendo che una quota non inferiore all'50 per cento delle disponibilità finanziarie del Fondo sia riservata ad interventi non superiori a cinquecentomila euro d'importo massimo garantito per singola impresa.
In attuazione delle previsioni suddette, è stato adottato il D.M. 26 giugno 2012[16], successivamente modificato dal D.M. 27 dicembre 2013[17].
Lo stesso articolo 39, al comma 4 come modificato da ultimo dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 7 e 8 legge n. 190/2014), ha disposto che la garanzia del Fondo può essere concessa, a titolo oneroso, su portafogli di finanziamenti erogati da banche e intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 106 del TUB alle imprese – non più solo PMI – ma anche con un numero di dipendenti non superiore a 499. L’efficacia della modifica operata dalla legge di stabilità 2015- che consente la garanzia del Fondo non solo alle PMI ma anche ad imprese con numero di dipendenti fino a 499 è sospesa - fino al 31 dicembre 2015 dal D.L. n. 192/2014 (articolo 3-bis).
Il D.M. 24 aprile 2013 ha fissato le modalità di concessione della garanzia del Fondo su portafogli di finanziamenti erogati a piccole e medie imprese
Inoltre, è stata consentita la possibilità con D.M. non regolamentare di modificare la misura delle commissioni per l'accesso alla garanzia dovute dai soggetti richiedenti, a pena di decadenza, in relazione alle diverse tipologie di intervento del Fondo (comma 5).
Inoltre, il comma 7-bis, riserva una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia ad interventi di garanzia in favore del microcredito di cui all’articolo 111 del TUB, da destinare alla micro imprenditorialità.
Il D.M. 18 marzo 2015 ha definito la quota delle risorse del Fondo da destinare al microcredito, le tipologie di operazioni ammissibili, le modalità di concessione, i criteri di selezione nonché l’ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo per la copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia.
Le risorse del Fondo di garanzia per le PMI, esposte in tabella E della legge di stabilità, sono iscritte a Bilancio sul capitolo 7342/pg.20 per essere successivamente riassegnate al conto corrente di Tesoreria n. 223034 intestato al gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).
Articolo 1, comma 491
(Programmi di amministrazione
straordinaria)
Il comma 491 non modificato dal Senato, prevede che per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, il programma di amministrazione straordinaria, sia esso di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, possa avere una durata fino a 4 anni (in luogo degli attuali uno o due anni), decisa da un’autorizzazione del Ministro dello sviluppo economico. La norma, nella sostanza, consente un’estensione per tali imprese della durata dei programmi di amministrazione straordinaria.
Il comma 491, in particolare, interviene sulla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, contenuta nel D.Lgs. n. 270/1999 (c.d. Prodi-bis).
La norma – attraverso l’introduzione di un nuovo comma 2 bis all’articolo 27 del citato D.Lgs. - prevede che, per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale (tra cui ILVA S.p.A.) oggetto di ammissione in via immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di cui all’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 347/2003, la durata dei programmi di amministrazione straordinaria può essere autorizzata dal Ministro dello Sviluppo economico fino ad un massimo di 4 anni.
Il comma richiama i programmi di amministrazione straordinaria di cui al comma 2 dell’articolo 27 del D.Lgs. n. 270, e dunque sia i programmi di cessione dei complessi aziendali, sia i programmi di ristrutturazione economico finanziaria.
Si osserva che, per come formulata, la disposizione pare applicabile anche ai programmi di amministrazione straordinaria già autorizzati e attualmente in corso, con l’attribuzione di poteri decisori in ordine al loro prolungamento temporale al solo Ministero dello Sviluppo economico, senza il coinvolgimento del tribunale nel procedimento.
Si ricorda, infatti, che la procedura di amministrazione straordinaria disciplinata nel D.Lgs. n. 270/1999 prevede all’articolo 27 che le imprese dichiarate insolventi (a norma dell’art. 3 del D.Lgs.) siano ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria se presentano concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali (comma 1).
Il comma 2 dell’articolo 27 dispone che il recupero dell’equilibrio economico deve potersi realizzare, in via alternativa:
a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi aziendali");
b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione");
b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno (“programma di cessione dei complessi di beni e contratti”).
L’art. 66 del medesimo decreto legislativo consente al commissario straordinario, autorizzato dal Ministero, di chiedere al tribunale una proroga di 3 mesi del programma di cessione dei complessi aziendali, se alla scadenza dei suddetti termini la cessione non è ancora avvenuta, ma risultano comunque in corso iniziative di imminente definizione. E’ il tribunale, con proprio decreto, che autorizza tale proroga.
Le disposizioni del D.L. n. 347/2003 (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale delle grandi imprese in stato di insolvenza) si applicano, ai sensi dell’articolo 1 del medesimo D.L., alle imprese soggette alle disposizioni sul fallimento in stato di insolvenza che intendono avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria di cui alla citata lettera b) del comma 2 dell’articolo 27 del D.Lgs. n. 270/1999, ovvero del programma di cessione dei complessi aziendali, di cui al medesimo articolo 27, comma 2, lettera a), purché abbiano, singolarmente o, come gruppo di imprese, da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti:
a) lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno;
b) debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.
In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 347, l’impresa in possesso dei predetti requisiti può richiedere al Ministro delle attività produttive, con istanza motivata e corredata di adeguata documentazione - presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale del luogo in cui ha la sede principale - l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999, tramite la procedura di ristrutturazione economico finanziaria ovvero tramite la cessione dei complessi aziendali.
L’articolo 2, comma 2, dispone che il Ministro dello sviluppo economico provvede con proprio decreto, valutati i requisiti di cui all'articolo 1, all'ammissione immediata dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e alla nomina del commissario straordinario, in conformità a quanto previsto nel D.Lgs. n. 270 (articolo 38). Per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi dell'articolo 1 del D.L. n. 207/2012 (tra cui ILVA S.p.A.), l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, la nomina del commissario straordinario e la determinazione del relativo compenso, incluse le altre condizioni dell'incarico anche in deroga alla vigente normativa in materia, sono disposte con D.P.C.M. o con D.M. del Ministro dello sviluppo economico, sempre con le modalità, in quanto compatibili, del D.Lgs. n. 270 (articolo 38) e in conformità ai criteri fissati dal decreto.
A tale ultimo riguardo, si ricorda che con Decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 gennaio 2015, la società ILVA S.p.A. è stata ammessa in via immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di cui all’articolo 2 del D.L. n. 347, anche ritenuta la necessità di “assicurare la prosecuzione dell’attività in vista della cessione dei complessi aziendali”.
Si ricorda, inoltre, che sulla procedura della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza è recentemente intervenuto l’articolo 2 del D.L. n. 154/2015 – attualmente in corso d’esame parlamentare per la sua conversione -consentendo una proroga del termine di esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali (nuovo comma 4-bis all’articolo 57 del D.Lgs. n. 270/1999). La proroga – che può cumularsi alla proroga trimestrale eventualmente accordata dall’autorità giudiziaria secondo la disciplina già vigente ai sensi dell’articolo 66 del medesimo D.Lgs. – opera per un periodo non superiore a dodici mesi e per una sola volta, qualora venga accertato, sulla base di una specifica relazione predisposta dal commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, che l’attuazione del programma richiede la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa e che ciò non reca pregiudizio ai creditori.
Il provvedimento ministeriale di proroga è comunicato al Tribunale competente perché questo eserciti le proprie attribuzioni ai sensi del D.Lgs. n. 270[18].
In fine, si ricorda che la Commissione Attività produttive della Camera ha recentemente avviato l’esame di una proposta di legge volta ad una complessiva riforma dell’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (A.C. 865, Abrignani). La proposta di legge è stata poi riassegnata alle Commissioni riunite Giustizia e Attività produttive.
Articolo 1,
commi 500-510
(Proroga della rideterminazione del
valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché rivalutazione dei beni di
impresa)
I commi da 500 a 510 – non modificati al Senato - prorogano i termini per la rivalutazione di quote e terreni da parte delle persone fisiche, incrementando all'8 per cento l'aliquota della relativa imposta sostitutiva. Si prevede poi, a favore delle società di capitali e degli enti residenti sottoposti a IRES, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2014, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili; per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è fissata un'imposta sostitutiva del dieci per cento.
Il comma 500 riapre i termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, introdotta dalla legge finanziaria 2002 e successivamente prorogata nel tempo.
In particolare, la
norma consente di rivalutare anche i terreni e le partecipazioni posseduti al 1° gennaio 2016; il termine di
versamento dell’imposta sostitutiva è fissato conseguentemente al 30 giugno 2016 (nel caso di opzione
per la rata unica; altrimenti, come già previsto in passato, in tre rate
annuali di pari importo; la perizia di stima dovrà essere redatta ed
asseverata, al massimo, entro il 30
giugno 2016.
Più in dettaglio, la disposizione in esame novella l’articolo 2, comma 2, del DL n. 282 del 2002, volto ad introdurre la prima riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 riferiti, rispettivamente, al possesso di partecipazioni e di terreni. I richiamati articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 hanno introdotto la facoltà di rivalutare i terreni (sia agricoli sia edificabili) e le partecipazioni in società non quotate possedute da persone fisiche e società semplici, agli effetti della determinazione delle plusvalenze, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva da applicare sul maggior valore attribuito ai cespiti.
Il comma 501, modificato dal Senato, fissa le aliquote di cui agli articoli 5, comma 2, e 7, comma 2, della legge n. 448 del 2001 in misura pari all'8 per cento.
A legislazione vigente il citato articolo 5, comma 2, prevede un'aliquota del 4 per cento per le partecipazioni qualificate e del 2 per cento per quelle non qualificate; l'articolo 7, comma 2 indica per l'imposta sostitutiva del 4 per cento per la rivalutazione di terreni.
I commi da 502 a 504 prevedono, a favore delle società di capitali e degli enti residenti sottoposti a IRES, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2014, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili. Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del dieci per cento.
Più in dettaglio, il comma 502 prevede che i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR (società di capitali residenti, enti e trust residenti che esercitano attività commerciali) che non adottano i princìpi contabili internazionali nella redazione del bilancio possono rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2014.
La rivalutazione opera in deroga all'articolo 2426 del codice civile (che individua i criteri di valutazione di tali beni a fini civilistici) e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia.
La rivalutazione va eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e per il quale il termine di approvazione scada successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Essa deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e va annotata nell'inventario e nella nota integrativa (comma 503).
Il comma 504 prevede il pagamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali nella misura del dieci per cento al fine dell'affrancamento, in tutto o in parte, del saldo attivo della rivalutazione.
Il comma 505 stabilisce che la rivalutazione avvenga mediante versamento di un'imposta sostitutiva del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili, calcolato sul maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione; tali imposte sono sostitutive delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali. La valenza fiscale della procedura di rivalutazione opera a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.
Nel caso in cui i beni rivalutati, prima dell'inizio del quarto esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata effettuata, siano ceduti a titolo oneroso, assegnati ai soci, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore, ai fini della determinazione di plusvalenze (o minusvalenze) si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione (comma 506).
Le modalità di versamento delle imposte sostitutive sono fissate dal comma 507, che prevede in particolare il versamento in un'unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. È prevista la possibilità di compensare detti importi ai sensi della vigente normativa.
Il comma 508 rimanda, in quanto compatibili, alle precedenti disposizioni in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342/2000, n. 342, dei decreti del Ministro delle finanze n. 162/2001, n. 162, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86/2001, nonché dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004.
Si ricorda che gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno concesso alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni risultanti in bilancio attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.
In particolare, ai sensi dell’articolo 10, potevano essere oggetto di rivalutazione i beni mobili e immobili e le partecipazioni in società controllate o collegate che risultassero iscritte tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “beni-merce”).
Con riferimento al profilo soggettivo, le disposizioni richiamate interessavano le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15).
La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.
L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.
Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era comunque riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata.
Ai sensi dell'articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in un'apposita riserva in sospensione d’imposta, la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La finalità della norma consiste nell'escludere la possibilità che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, vengano utilizzate senza essere adeguatamente tassate: il medesimo articolo 13 dispone infatti che nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società sia quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si può far luogo a distribuzione di utili se prima non viene reintegrata la riserva medesima.
L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento).
In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta.
L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15.
A ciò si è provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.
I commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311/2014 (legge finanziaria 2005) disciplinano il versamento di una imposta sostitutiva sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta e sui saldi attivi di rivalutazione.
Il comma 475 in particolare prevede che le riserve e i fondi, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della società e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta. Ai sensi del comma 477 l'imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto; per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi (comma 478).
Il Senato ha inserito il comma 509, in base al quale, limitatamente ai beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in materia di riconoscimento fiscale di tali valori, si considerano riconosciuti con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° dicembre 2017.
Il comma 510 stabilisce infine che le previsioni dell’articolo 14, comma 1, della legge n. 342/2000, sul riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio, si applicano anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali anche con riferimento alle partecipazioni, in società ed enti, costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR.
Il comma 3-bis citato prevede che, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali, si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione.
Per tali soggetti, per l’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva, è vincolata una riserva in sospensione di imposta ai fini fiscali che può essere affrancata secondo le modalità precedentemente descritte.
Articolo 1,
commi 511-514
(Circolazione del contante)
I commi da 511 a 514 innalzano da mille a tremila euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore; per il servizio di rimessa la soglia è invece fissata in mille euro; sono inoltre eliminati l'obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, nonché l’obbligo per i soggetti della filiera dei trasporti ad effettuare i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall’ammontare.
Il comma 511, modificando l’articolo
49, comma 1, del decreto
legislativo n. 231 del 2007, innalza da mille a tremila euro il limite
oltre il quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di
deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in
valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi; con modifica
apportata dal Senato, per il servizio di rimessa di denaro (o money transfer) di cui all'articolo 1, comma
1, lettera b), n. 6 del decreto
legislativo n. 11 del 2010, cd. “money transfer” la
soglia del contante è fissata in mille euro.
Il decreto legislativo che viene modificato dal comma in esame reca le norme di attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione. L'articolo 49 contiene, nello specifico, le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore. Si ricorda che la materia è stata modificata più volte nel corso degli ultimi anni: da ultimo, il decreto-legge n. 201/2011 aveva ridotto la soglia da 2.500 a 1.000 euro, per i pagamenti in contanti e l'utilizzo di assegni bancari/postali trasferibili, nonché dei libretti al portatore.
Si ricorda che la direttiva 2005/60/CE vuole prevenire il ricorso al sistema finanziario per riciclare i proventi illeciti e per finanziare il terrorismo. Si applica agli enti finanziari e creditizi ma anche a talune persone fisiche e giuridiche che operano nel settore finanziario, compresi i fornitori di beni per pagamenti in contanti superiori a 15.000 euro. Questi sono tenuti ad applicare misure di adeguata verifica della clientela, tenendo conto del rischio di riciclaggio di proventi illeciti e di finanziamento del terrorismo. Sono previste unità di informazione finanziaria (UIF) a livello nazionale, che hanno il compito di esaminare le segnalazioni di operazioni sospette.
Con riferimento alla soglia di mille euro fissata per il money transfer; la relazione illustrativa afferma che il monitoraggio sul sistema finanziario ha evidenziato rispetto a tale canale un elevato rischio di utilizzazione a fini di riciclaggio.
Il comma 512, modificando l’articolo
49, comma 1-bis, del medesimo d.lgs. n. 231 del 2007, innalza da 2.500 a
3.000 euro il limite per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in
valuta svolta dai soggetti abilitati all'esercizio professionale nei confronti
del pubblico dell'attività di cambiavalute.
L'attività di cambiavalute è regolata dall'art. 17-bis del d.lgs. n. 141/2010, n. 141 (Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi) e riservata ai soggetti iscritti in un apposito registro.
La relazione illustrativa afferma che detto innalzamento è stato effettuato per esigenze di coerenza sistematica rispetto alla norma generale di cui al comma l dell'articolo 49 del d.lgs. n. 231/2007, n. 231, modificato dal comma 1 dell'articolo in esame, precedentemente descritto.
Il comma 513 abroga il comma 1.1.
dell’articolo 12 del decreto-legge
n. 201 del 2011, in base al quale i pagamenti riguardanti canoni di
locazione di unità abitative, fatta eccezione per quelli di alloggi di
edilizia residenziale pubblica, sono corrisposti obbligatoriamente, quale ne
sia l'importo, in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne
assicurino la tracciabilità anche ai fini della asseverazione dei patti
contrattuali per l'ottenimento delle agevolazioni e detrazioni fiscali da parte
del locatore e del conduttore.
Il comma 514 dell'articolo in esame abroga il comma 4 dell'articolo 32-bis del decreto-legge n. 133 del 2014. Quest'ultimo dispone che tutti i soggetti della filiera dei trasporti effettuino i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall’ammontare; prevede inoltre l’applicazione degli obblighi di comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze delle violazioni alle limitazioni all’uso del contante previste dal decreto legislativo n. 231 del 2007, in funzione antiriciclaggio.
Articolo 1,
commi 524-535
(Disposizioni in materia di giochi)
I commi 524-535 contengono disposizioni di varia natura: in particolare, stabilisce l'aumento del prelievo erariale unico (PREU) relativo a newslot (dal 13 al 15 per cento) e video lottery terminal - VLT (dal 5 al 5,5 per cento) nonché la riapertura dei termini ai fini della regolarizzazione fiscale per emersione dei centri di raccolta on line di scommesse non autorizzati. Si individua una procedura per accertare la stabile organizzazione in caso di raccolta delle scommesse per mezzo dei centri di trasmissione dati (c.d. CTD), da assoggettare ad una ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 25 per cento. Sono previsti bandi di gara per nuove concessioni riguardanti le scommesse sportive e non sportive, il Bingo ed i giochi a distanza.
Il comma 524 incrementa, a decorrere dal 1 gennaio 2016, il PREU (prelievo erariale unico) dall'attuale 13 per cento al 15 per cento con riferimento
all'ammontare delle somme giocate attraverso le c.d. "new slot" o AWP di
cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del regio decreto n. 773/1931
(T.U.L.P.S).
In base all'articolo 5, comma 2, del D.Direttoriale AAMS del 12/10/2011, la misura del PREU relativa agli apparecchi in oggetto è fissata nella misura del 13 per cento delle somme giocate, a decorrere dal 1° gennaio 2015.
L'art. 110, comma 6, lettera a) del T.U.L.P.S., unitamente al decreto 4 dicembre 2003, così come modificato dal decreto interdirettoriale 19 settembre 2006, definisce la categoria degli apparecchi con vincita in denaro, meglio noti come new slot, specificandone le caratteristiche. In particolare: ciascun apparecchio di gioco, che può essere installato sia in pubblici esercizi, quali rivendite di tabacchi, sia in sale destinate prevalentemente ad attività di gioco, deve essere collegato alla rete telematica dell’Agenzia; la distribuzione di vincite in denaro, ciascuna di valore non superiore a cento euro, avviene subito dopo la conclusione della partita esclusivamente in monete; le vincite, computate dall’apparecchio, in modo non predeterminabile, su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, non devono risultare inferiori al 75% delle somme giocate; l'uso di tali apparecchi è vietato ai minori di 18 anni; gli apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali.
Il comma 525, con decorrenza dal 1 gennaio
2016, incrementa il PREU
dall'attuale 5 per cento al 5,5 per cento
con riferimento all'ammontare delle somme giocate attraverso le c.d. Video Lotteries
Terminal" o VLT, di cui
all'articolo 110, comma 6, lettera b), del regio decreto n. 773/1931
(T.U.L.P.S).
In base all'articolo 1, comma 479, della legge n. 228/2012, il PREU relativo agli apparecchi in oggetto è fissato in misura pari al 5 per cento dell'ammontare delle somme giocate.
Si tratta di apparecchi facenti parte di una rete telematica, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa; essi possono essere installati solo in sale destinate all'attività di gioco, con accesso precluso ai minori.
La Relazione tecnica stima che dall’aumento del PREU per entrambi gli apparecchi di gioco dovrebbe derivare l’aumento di gettito di 600 milioni di euro annui. La RT precisa, inoltre, che il maggior onere fiscale inciderebbe sulla filiera (concessionari, gestori ed esercenti) e non sarebbe traslabile sui giocatori, in quanto la percentuale di pay out (somme da restituire in vincite) è fissata dalla legge.
Il comma 526, novellando i commi 643 e 644 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014, proroga fino al 31 gennaio 2016 la c.d. regolarizzazione fiscale per emersione dei centri di raccolta on line delle scommesse non autorizzati, il cui procedimento è definito dell’articolo 1, commi 643, 644 e 645 della medesima legge n. 190/2014; contestualmente, vengono prorogate le date entro le quali devono essere espletate le varie operazioni procedurali finalizzate alla regolarizzazione stessa.
La sanatoria riguarda i c.d. CTD (Centri di Trasmissione Dati). L’adesione alla procedura di emersione consentirebbe (qualora il bando di gara dovesse prevedere una clausola in tal senso) a coloro che, per mezzo della procedura di regolarizzazione fiscale, entrano a far parte del circuito legale, la possibilità di partecipare alla prossima gara per l’attribuzione delle concessioni per la raccolta delle scommesse sportive, ippiche e non sportive, da espletarsi entro la prima metà dell’anno 2016, in vista della scadenza delle concessioni attualmente vigenti.
Ai sensi dell’alinea del comma 643 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014, sono destinatari della possibile regolarizzazione in parola quei soggetti che, in assenza di concessione governativa e fino al momento in cui la conseguono, offrono comunque scommesse con vincite in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
La legislazione vigente, in considerazione del fatto che il contratto di gioco perfezionato in Italia è regolato dalla legislazione nazionale, prevede la possibilità per i titolari dell’esercizio e del punto di raccolta non collegati di regolarizzare la propria posizione, presentando, entro la data del 31 gennaio 2015 - che diventa il 31 gennaio 2016 sulla base della disposizione in esame - una dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale per emersione con la domanda di rilascio di titolo abilitativo all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché di collegamento al totalizzatore nazionale, anche mediante uno dei concessionari di Stato per la raccolta di scommesse, ed effettuando un versamento di euro 10.000.
Si evidenzia che la Relazione tecnica in relazione alla
descritta proroga non ascrive alcun
effetto finanziario, ritenendo che la procedura presenti le stesse
caratteristiche che hanno condotto ad un risultato inferiore alle attese per
quanto riguarda la regolarizzazione prevista dalla legge di stabilità dello
scorso anno: rispetto alla stima di 3.500 aderenti (attivi da almeno 4 anni),
hanno effettivamente aderito 2.200 soggetti operanti da uno o due anni. La
mancata partecipazione alla regolarizzazione di circa 2/3 della platea deriva
principalmente da due ragioni: il costo elevato dell'obbligo di corrispondere
l'intero tributo dovuto "per i periodi d'imposta anteriori a quello del
2015 e per i quali non sia ancora scaduto il termine di decadenza per
l'accertamento"; la prospettiva di regolarizzarsi mediante gara, tenuto
conto del fatto che tutte le concessioni in materia di scommesse verranno a
scadenza il 30 giugno 2016. Oggi, il costo per aderire alla sanatoria sarebbe
il medesimo, mentre il tempo di attesa della gara è ancora più breve: i
potenziali interessati alla regolarizzazione avrebbero a disposizione, di li a
pochi mesi, la partecipazione alla gara.
Il comma 527 individua una procedura per accertare la stabile organizzazione del soggetto estero che svolge attività di raccolta delle scommesse per mezzo dei centri di trasmissione dati (c.d. CTD), il quale viene assoggettato ad una ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 25 per cento (ai sensi del comma529).
In particolare, qualora un soggetto residente svolga, per conto di soggetti esteri non residenti o comunque sulla base di contratti di ricevitoria o intermediazione con i soggetti terzi, le attività tipiche del gestore, anche sotto forma di centro trasmissione dati (quali, ad esempio, raccolta scommesse, raccolta delle somme puntate, pagamento dei premi), e metta a disposizione dei fruitori finali del servizio strumenti per effettuare la giocata, quali le apparecchiature telematiche e i locali presso cui scommettere, e allorché i flussi finanziari, relativi alle suddette attività ed intercorsi tra il gestore e il soggetto non residente, superino, nell’arco di sei mesi, cinquecentomila euro, l’Agenzia delle Entrate, rilevati i suddetti presupposti dall’informativa dell’intermediario finanziario e degli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nell’articolo 11, commi 1 e 2, del d.lgs n. 231/2007, da effettuarsi secondo i criteri stabiliti dal Ministero dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni dalla medesima informativa convoca in contraddittorio il gestore e il soggetto estero, i quali possono fornire prova contraria circa la presenza in Italia di una stabile organizzazione, ai sensi dell’articolo 162, del TUIR.
Si ricorda che il d.lgs. n. 231/2007 contiene disposizioni per l'attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione. I commi 1 e 2 dell'articolo 11 di detto decreto legislativo elencano gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria: banche; Poste Italiane S.p.A.; istituti di moneta elettronica; istituti di pagamento; società di intermediazione mobiliare (SIM); società di gestione del risparmio (SGR); società di investimento a capitale variabile (SICAV); imprese di assicurazione; agenti di cambio; società che svolgono il servizio di riscossione dei tributi; intermediari finanziari iscritti nell'apposito albo; società fiduciarie; succursali insediate in Italia dei soggetti indicati alle lettere precedenti aventi sede legale in uno Stato estero; Cassa depositi e prestiti S.p.A; soggetti abilitati al microcredito; confidi; soggetti che esercitano professionalmente l'attività di cambiavalute, consistente nella negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta.
La relazione illustrativa spiega che il richiamo alla stabile organizzazione, espressione con la quale si designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato, è volto a facilitare nel concreto l'intercettazione degli introiti dei centri trasmissione dati.
In base al comma 528, nel caso in cui, all’esito del contraddittorio, da concludersi entro 90 giorni, sia accertata in Italia la stabile organizzazione del soggetto estero, l’Agenzia delle Entrate emette motivato accertamento, liquidando la maggiore imposta e le sanzioni dovute.
Il comma 529 stabilisce che a seguito di segnalazione dell’Agenzia delle Entrate nei confronti dei contribuenti dei quali sia stata accertata la stabile organizzazione, gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nel citato articolo 11, commi 1 e 2, del D.Lgs n. 231/2007, ai fini della disciplina dell’antiriciclaggio, sono tenuti ad applicare una ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 25 per cento sugli importi delle transazioni verso il beneficiario non residente, con versamento del prelievo entro il sedicesimo giorno del mese successivo a quello di effettuazione del pagamento.
Il contribuente, a norma del comma 530, può comunque presentare, entro 60 giorni dall’inizio di ciascun periodo di imposta, specifica istanza di interpello disapplicativo, ai sensi dell’articolo 11, comma 2, della legge n. 212/2000, qualora intenda dimostrare il venir meno dei presupposti di cui ai commi precedenti.
Si rammenta che ci si riferisce alla possibilità del contribuente di interpellare l'amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa (si ricorda che tale nuova forma di interpello disapplicativo è stata prevista dall’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156).
Il comma 531 definisce i requisiti, i limiti e le modalità per la partecipazione al bando di gara "Scommesse": per garantire la tutela degli interessi pubblici nelle attività di raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel rispetto dei principi e delle regole europee e nazionali, attribuisce con gara da indire dal 1° maggio 2016, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, tutte le concessioni per la raccolta delle predette scommesse.
Si evidenzia che, come affermato nella relazione governativa, tutte le concessioni per le scommesse verranno a scadenza il 30 giugno 2016.
Dovranno essere rispettati i seguenti criteri:
a) durata della concessione di nove anni, non rinnovabile, per la raccolta, esclusivamente in rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, ivi inclusi le scommesse su eventi simulati ed i concorsi pronostici su base sportiva ed ippica; il numero massimo è di 10.000 diritti presso punti di vendita aventi come attività prevalente la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e di 5.000 diritti con riferimento ai punti di vendita nei quali la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici è accessoria; un sottoinsieme fino a un massimo di 1.000 diritti può riguardare gli esercizi in cui si effettua quale attività principale la somministrazione di alimenti e bevande;
b) base d’asta non inferiore a 32.000 euro per ogni punto di vendita avente come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e a 18.000 euro per ogni punto di vendita avente come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici;
c) in caso di aggiudicazione, versamento della somma offerta entro la data di sottoscrizione della concessione;
d) possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato.
La Relazione tecnica stima un gettito di 410 milioni di euro per il solo anno 2016.
Il comma 532 interviene sull’articolo 12, comma 2, della legge n. 383/2001, sostituendone il quarto periodo, al fine di disporre che le modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Il citato quarto periodo del comma 2 vigente prevede che dette modalità tecniche (dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi) sono stabilite con decreto dirigenziale. La relazione illustrativa precisa sul punto che la modifica deriva dalla considerazione della natura strategica delle decisioni ricadenti sulle modalità tecniche relative a giochi, scommesse e concorsi a premi, nonché delle ricadute sul mercato e sul contrasto all'offerta illegale di giochi.
Il comma 533 riguarda il gioco del Bingo: attraverso la novella dell'articolo 1, commi 636 e 637, della legge n. 147/2013, sono messe a gara 210 concessioni, con una soglia minima di 350.000 euro in luogo del vigente importo di 200.000 euro, per una durata della concessione che non è più di sei anni, bensì di nove anni, non rinnovabile; le rate da versare per la proroga onerosa delle concessioni sono innalzate da 2.800 a 5.000 euro per ogni mese o frazione di mese superiore a 15 giorni e da 1.400 a 2.500 euro per ogni frazione di mese inferiore a 15 giorni. Inoltre, attraverso l'inserimento della lettera d-bis, riguardante i criteri direttivi da seguire per le concessioni, la partecipazione alla selezione viene estesa in modo esplicito ai soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato.
L'espunzione della possibilità di rinnovare la concessione appare coerente con il principio di fonte comunitaria secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite - ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza - secondo procedure di selezione concorrenziale.
La relazione illustrativa evidenzia che attualmente sono attive sul territorio nazionale 210 sale Bingo, per la maggior parte delle quali la concessione è scaduta nel biennio 2013-2015, mentre per le rimanenti le concessioni scadrà nel corso del 2016.
La Relazione tecnica stima un gettito di 73,5 milioni di euro per il solo anno 2016.
Il comma 534 disciplina la gara per il gioco a distanza: ai fini di un riallineamento temporale al 31 dicembre 2022 è previsto un bando di gara, entro il 31 luglio 2016, per selezionare, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, 120 concessioni, previo versamento di un corrispettivo una tantum, per la durata della concessione, pari a 200.000 euro.
La Relazione tecnica stima un gettito di 24 milioni di euro per il solo anno 2016.
Il comma 535 sopprime il numero 26 della lettera b) del comma 78 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220.
Si tratta di uno degli obblighi ai quali sono tenuti i concessionari dell'esercizio e della raccolta attraverso rete fisica e riguarda la cessione non onerosa della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all’Agenzia delle dogane e dei monopoli all'atto della scadenza del termine di durata della concessione. Tale previsione - come ricorda la relazione illustrativa - era stata a suo tempo introdotta per evitare il rischio che alla cessazione della raccolta di gioco per conto dello Stato e nel rispetto del quadro regolatorio nazionale potesse far seguito, da parte dell’impresa cessata ma dotata ancora dell'adeguata strumentazione materiale, un'offerta di gioco non regolare. La Corte di Giustizia dovrebbe pronunciarsi sul punto nei primi mesi del 2016, dal momento che la Corte di Cassazione ha sollevato in merito un dubbio di compatibilità con il diritto europeo. Oltre a ciò, sono emerse difficoltà oggettive ai fini della concreta attivazione del vincolo, soprattutto nei confronti di eventuali operatori stranieri.
Articolo 1,
commi 536-542
(Disposizioni di semplificazione per la
dichiarazione precompilata)
I commi dal 536 al 542 recano norme in materia di adempimenti relativi alla presentazione delle dichiarazioni fiscali con particolare riferimento alla dichiarazione precompilata.
Il comma
536 apporta modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 Semplificazione fiscale e dichiarazione dei
redditi precompilata.
In particolare, la lettera a) modifica le disposizioni dell'articolo 3, comma 3,
rendendo permanente l’obbligo per le
aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e tutti i soggetti
espressamente menzionati nella disposizione di inviare al Sistema tessera
sanitaria, ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi, i dati relativi alle prestazioni sanitarie
erogate. Tale obbligo viene esteso,
a partire dal 1° gennaio 2016, anche
alle strutture autorizzate per
l'erogazione dei servizi sanitari, sebbene non accreditate.
La
lettera b) prevede l'introduzione, all'articolo 3 del decreto legislativo
175/2014, di un comma 3-bis il quale consente a tutti i cittadini - anche quelli che
non sono destinatari della dichiarazione
dei redditi precompilata - di consultare
i dati relativi alle proprie spese sanitarie acquisiti dal Sistema Tessera
Sanitaria. In tal modo i cittadini autenticati potrebbero accedere a dati che
li riguardano, con vantaggi in termini di informazione e di valorizzazione dei
dati acquisiti, che spesso sono risultato di adempimenti onerosi.
La
lettera c) integra l'articolo 3,
comma 4 del decreto legislativo 175/2014 - il quale disponeva che i termini e le modalità per la trasmissione
telematica dei dati per ottenere le deduzioni o detrazioni fossero
stabiliti con decreto del ministro
dell'economia e delle finanze (decreto
che non risulta ancora emanato) - con una disposizione in merito ai casi di omessa, tardiva o errata trasmissione
dei dati relativi alle spese sanitarie. Ai fini dell'applicazione delle
sanzioni questi casi sono trattati analogamente a quelli indicati nell'articolo
78, comma 26, della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
Quest'ultimo dispone che in
caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati relativi agli elenchi
che gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i
fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale devono comunicare in via
telematica all'Anagrafe tributaria relativamente ai soggetti ai quali sono
state rimborsate spese sanitarie per effetto dei contributi versati, ai fini
dei controlli sugli oneri detraibili, si applica la sanzione di cento euro per ogni
comunicazione in deroga a quanto previsto dall'articolo 12 del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Nei casi di
errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione
dei dati corretti è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza
del 28 febbraio di ciascun anno, ovvero, in caso di segnalazione da parte
dell'Agenzia delle entrate, entro i cinque giorni successivi alla segnalazione
stessa.
La lettera
d) apporta una modifica formale all'articolo 3, comma 5, conseguente
all'introduzione del comma 3 bis.
In base alla lettera e), l'articolo 5 risulta integrato del comma 3-bis. L'articolo 5 indica i casi in cui non si
effettua il controllo sui dati della dichiarazione precompilata e stabilisce,
altresì, i casi nei quali tale controllo deve essere eseguito. Il comma 3-bis introdotto stabilisce che l'Agenzia delle Entrate può eseguire
controlli preventivi, entro quattro mesi dal termine stabilito per la
trasmissione della dichiarazione o dalla data di trasmissione qualora tale data
fosse posteriore a detto termine, nell'ipotesi in cui la dichiarazione dei
redditi viene presentata direttamente o tramite il sostituto d'imposta che
presta l'assistenza fiscale e risulta
differente rispetto a quella precompilata con riferimento alla
determinazione del reddito o dell'imposta o
incoerente rispetto ai criteri stabiliti con provvedimento del direttore
dell'Agenzia delle Entrate, o risulti un
rimborso superiore all'importo di euro 4.000. L'agenzia delle Entrate ha
l'onere di erogare l'importo risultante a titolo di rimborso dopo l'esecuzione
dei prescritti controlli, entro e non oltre il termine di sei mesi successivi
al termine stabilito per la trasmissione della dichiarazione o entro sei mesi
dalla data della trasmissione e se essa è posteriore rispetto al termine
prescritto.
In particolare, l'articolo 5 del decreto legislativo
21 novembre 2014, n. 175, stabilisce che nel caso di presentazione della
dichiarazione precompilata, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta
che presta l'assistenza fiscale, senza modifiche, l'Agenzia delle Entrate non
procede al controllo formale sui dati relativi agli oneri indicati nella
dichiarazione precompilata, mentre, su tali dati, resta fermo il controllo
della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle
detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.
Il controllo deve essere, invece, effettuato, nel caso
di presentazione, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta
l'assistenza fiscale, della dichiarazione precompilata con modifiche che
incidono sulla determinazione del reddito o dell'imposta o nel caso di
presentazione della dichiarazione precompilata, anche con modifiche, effettuata
mediante CAAF o professionista. In tal caso il controllo formale è effettuato
nei confronti del CAAF o del professionista, anche con riferimento ai dati
relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione
precompilata. Resta fermo il controllo nei confronti del contribuente della
sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle
deduzioni e alle agevolazioni.
Si segnala che le
norme in esame introducono un regime più sfavorevole e rischiano di creare
disparità di trattamento per i contribuenti che presentano la dichiarazione
precompilata rispetto ai contribuenti che non si avvalgono della precompilata;
questi ultimi, ai sensi della legge di stabilità 2014, incorrono nei controlli
preventivi ove i rimborsi superino i 4000 euro e vi siano detrazioni per
carichi di famiglia; i primi, invece, incorrerebbero nello slittamento del
rimborso al mero superamento della soglia dei 4000 euro.
La lettera f), inserisce al comma 4
dell'articolo 1 del decreto legislativo 175/2014 il rimando al comma 3-bis - introdotto dalla lettera e) della disposizione in esame. Il comma
4 dell'art. 1 riguarda la possibilità di presentare la dichiarazione dei
redditi autonomamente compilata con le modalità ordinarie da parte dei
contribuenti. A tali casi si applicano anche le disposizioni contenute
nell’illustrato comma 3-bis in
materia di controlli (oltre che quelle del comma 3 e dell'articolo 6 del
medesimo decreto).
La lettera
g) abroga la lettera b) del comma 1 dell'articolo 5, che
escludeva il controllo preventivo nell'ipotesi di dichiarazione precompilata
presentata direttamente o tramite il sostituto d'imposta nei casi di rimborso
complessivamente superiore a 4.000 euro per detrazioni per carichi di
famiglia. Tale abrogazione produce
effetto a partire dalle dichiarazione
presentate nel 2016 relativamente ai redditi del 2015.
La lettera
h) apporta una modifica alle previsioni dell'articolo 35, comma 3, in
merito ai requisiti dimensionali ai
fini dello svolgimento dell'attività di assistenza fiscale da parte dei CAAF. A
seguito di tale modifica possono essere considerati "centri
autorizzati" quelli per i quali la
media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse nel primo triennio sia
almeno pari all'un per cento della
media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono
attività fiscale. E' ammesso uno scostamento massimo del 10 per cento da tale
valore. In base all'articolo 35 comma 3 vigente, tale valore deve essere pari
all'un per cento del rapporto tra le dichiarazioni trasmesse dal Centro in
ciascuno dei tre anni e la media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse
dai soggetti che svolgono attività di assistenza fiscale nel triennio precedente,
incluso quello considerato, con uno scostamento del 10 per cento.
Il comma
537 apporta modifiche all'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413
relativamente agli obblighi di
comunicazione da parte di enti e
casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale dei dati
relativi alle somme che non concorrono alla formazione del reddito, nonché dei
dati relativi alle spese sanitarie
rimborsate e delle spese sanitarie che comunque non sono rimaste a carico
del contribuente.
In particolare, la lettera a) sostituisce il
comma 25-bis dell'articolo predetto
fissando al 28 febbraio di ciascun
anno il termine entro il quale tutti
gli enti, le casse, le società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine
assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale devono trasmettere all'Agenzia delle Entrate i
dati relativi alle spese sanitarie
rimborsate ai soggetti del rapporto, a seguito del versamento dei
contributi secondo le previsioni dell'articolo 51, comma 2 e dell'articolo 10,
comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi, nonché tutti i dati
relativi alle spese sanitarie rimborsate e che comunque non risultano essere
rimaste a carico dei contribuenti. Tale comunicazione è effettuata ai fini
dell'elaborazione delle dichiarazioni dei redditi da parte dell'Agenzia delle
Entrate ed i relativi controlli su oneri deducibili e detraibili.
Gli enti suddetti sono tenuti a comunicare
anche i dati relativi alle spese sanitarie che non sono rimaste a carico dei
contribuenti in base a specifiche disposizioni del TUIR.
La
lettera b) abroga il comma 25-ter
dell'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 che prevedeva che
contenuto, termini e modalità delle trasmissioni dei dati per l'effettuazione
dei controlli sugli oneri detraibili sarebbero stati definiti con provvedimento
del direttore dell'Agenzia delle entrate.
La lettera
c) prevede la soppressione del primo periodo del comma 26 dell'articolo
78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, che disciplinava la predisposizione
degli elenchi mediante l'utilizzo di supporti magnetici con modalità e termini
stabiliti con decreto del Ministro delle finanze.
Inoltre nel testo dell'articolo, ogni
qualvolta si fa riferimento al comma 25, è stabilito che tale riferimento sia
esteso anche alle disposizioni del comma 25- bis.
Il comma
538 dell'articolo in esame apporta modifiche al decreto del Ministro delle
Finanze 31 maggio 1999, n. 164.
La
lettera a) introduce
all'articolo 17, Assistenza fiscale prestata
dal sostituto d'imposta, comma 1, la lettera
c-bis) che prescrive un ulteriore
onere per i sostituti di imposta consistente nella comunicazione all'Agenzia
delle entrate, mediante strumenti telematici ed entro il termine del 7 luglio
di ciascun anno, dei risultati finali
delle dichiarazioni. Qualora compatibili con tale previsione, si applicano
le disposizioni dell'articolo 16, comma
4-bis, in base al quale entro il 7
luglio di ciascun anno i CAAF sono tenuti a comunicare all'Agenzia delle
entrate i risultati finali delle dichiarazioni.
La
lettera b) apporta modifiche all'articolo 7 Procedimento per l'autorizzazione allo
svolgimento dell'attività di assistenza fiscale e requisiti delle società
richiedenti e dei Centri autorizzati, comma 2-ter per adeguarne le disposizioni alla
nuova normativa sui requisiti dimensionali dei centri autorizzati di assistenza
fiscale introdotta dal comma 1, lettera h)
dell'articolo in esame (vd. sopra).
Il comma
539 dell'articolo in esame apporta modifiche all'articolo 4 del decreto del
Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 e stabilisce che i sostituti di imposta che effettuano le
ritenute sui redditi sono tenuti a trasmettere in via telematica le
dichiarazioni relative all'anno solare precedente entro il 31 luglio di ciascun anno.
In base alla lettera a) il comma 3-bis risulta sostituito da un nuovo testo
ed opera nei confronti di tutti i sostituti di imposta che effettuano le
ritenute sui redditi in base al decreto del Presidente della Repubblica 600 del
1973. In
base al nuovo comma 3-bis, i
sostituti d'imposta che operano le predette ritenute sono tenuti a presentare
per via telematica entro il 31 luglio di ciascun anno all'Agenzia delle entrate
una dichiarazione unica dei dati fiscali e contributivi relativi all'anno
solare precedente.
La trasmissione della dichiarazione può
essere effettuata direttamente dal sostituto d'imposta o tramite gli incaricati
indicati dall'articolo 3, commi 2-bis
e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
La lettera
b) sostituisce il comma 6-quinquies del art. 4 del DPR
322/1998. Il testo novellato, oltre a
stabilire che le certificazioni uniche rilasciate dai soggetti titolati ad
eseguire le ritenute alla fonte indicati nel titolo III del decreto del Presidente
della repubblica 29 settembre 1973, n. 600, devono essere trasmesse in via
telematica all'agenzia delle Entrate entro il 7 marzo dell'anno successivo a
quello cui esse si riferiscono, precisa che la predetta trasmissione possa
avvenire sia direttamente che mediante l'utilizzo di incaricati appositamente
titolati. Inoltre stabilisce che, entro la stessa data, debbano essere
trasmessi gli ulteriori dati fiscali e contributivi e quelli necessari affinché
possano essere eseguite le attività di controllo poste in essere
dall'Amministrazione finanziaria e dagli enti previdenziali e assicurativi. E'
necessario, altresì, procedere alla trasmissione di dati relativi alle
operazioni di conguaglio effettuate in occasione dell'assistenza fiscale
prevista dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di
dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di
modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni che devono essere
stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. Alla
trasmissione telematica sono attribuiti i medesimi effetti della esposizione
degli stessi nella dichiarazione unica.
Il comma
540 dell'articolo in esame apporta modifiche all'articolo 21 del decreto -
legge 31 maggio 2010, n. 78, Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica,
relativamente alla semplificazione di alcuni adempimenti dei contribuenti.
In particolare, con l'introduzione del comma
1-quater nell'articolo 21 citato si
esonera dall'obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto (spesometro) i contribuenti che hanno trasmesso i dati
tramite il Sistema Tessera Sanitaria. Si tratta di una semplificazione degli
adempimenti a carico dei contribuenti le cui modalità devono essere
disciplinate con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle
Entrate.
Il comma
541 dell'articolo in esame apporta modifiche al Testo Unico delle Imposte
sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre
1986) per quanto riguarda le detrazioni per oneri relativi alle spese funerarie
ed alle spese per la frequenza di corsi di istruzione universitaria.
In particolare, la lettera
a), sostituisce il comma 1, lettera d)
dell'articolo 15 (Detrazione per oneri) il
quale stabilisce il limite assoluto di spesa e la percentuale di oneri che si
possono detrarre dalla imposta lorda in conseguenza di spese funebri.
La nuova disposizione stabilisce che
l'importo detraibile delle spese funebri
sostenute in dipendenza della morte di persone non possa essere superiore a euro 1.550 per ciascuna di esse.
La lettera
b), sostituisce il comma 1, lettera e)
dell'articolo 15 del TUIR, sempre in materia di detrazioni per oneri per quanto riguarda l'importo da detrarre a
titolo di spese per la frequenza di
corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali.
In particolare, per queste ultime la misura delle spese non può essere superiore
a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con apposito
decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Tale
provvedimento deve essere emanato entro il 31 dicembre e deve tenere presente
gli importi medi delle tasse e dei contributi che sono tenute a versare le
università statali.
Il testo vigente stabilisce che è possibile
effettuare la detrazione dall'imposta lorda di un importo pari al 19 per cento
delle spese sostenute per frequenza di corsi di istruzione universitaria, in
misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi delle
università statali.
In base al comma 542 risultano abrogati i commi 586 e 587 dell'articolo 1,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), i quali
stabiliscono che, con riferimento al periodo di imposta 2015, quindi per le
dichiarazioni presentate a partire dall'anno 2016, l'Agenzia delle Entrate non
ha più l'onere dell’esecuzione di controlli preventivi, anche documentali,
sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso
complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze
d'imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.
Articolo 1,
commi 543-544
(Clausola di salvaguardia relativa alla voluntary disclosure)
Il comma 543 quantifica in 2.000 milioni di euro le maggiori entrate per l’anno 2016 derivanti dalla proroga di termini prevista dall’articolo 2 del decreto-legge n. 153/2015, n. 153 in tema di voluntary disclosure. Il comma 544 contiene una clausola di salvaguardia attraverso l'aumento delle accise, nell'eventualità che detto importo non venisse realizzato integralmente.
Il comma 543 quantifica nell’importo di 2.000 milioni di euro le maggiori entrate per l’anno 2016 derivanti dalla proroga di termini prevista dall’articolo 2 del decreto-legge n. 153/2015, n. 153.
L'articolo 2 del DL n. 153/2015, modificando alcune disposizioni della procedura di collaborazione volontaria introdotta dalla legge n. 186/2014, fa sì che la medesima procedura possa essere attivata fino al 30 novembre 2015 e che l'istanza possa essere integrata con documenti ed informazioni entro il 30 dicembre 2015.
La citata legge 186/2014 ha introdotto nell'ordinamento la disciplina della collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) in materia fiscale.
Le norme sostanzialmente riprendono il contenuto dell’articolo 1 del decreto-legge n. 4/2014, soppresso durante l’esame del provvedimento in sede parlamentare. Con riferimento al soppresso articolo 1, la legge di conversione del D.L. 4/2014 (legge n. 50 del 2014) ha esplicitamente fatto salva la validità degli atti e dei provvedimenti adottati nonché gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base delle disposizioni soppresse. A tal fine (articolo 1, comma 1) sono stati inseriti nel decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, in materia di monitoraggio fiscale, gli articoli da 5-quater a 5-septies, per contrastare fenomeni di evasione ed elusione fiscale consistenti nell'allocazione fittizia della residenza fiscale all'estero e nell'illecito trasferimento o detenzione all'estero di attività che producono reddito. I soggetti che detengono attività e beni all'estero ed hanno omesso di dichiararli possono sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando l'intera misura delle imposte dovute. Per effetto della collaborazione volontaria viene altresì garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali e il pagamento in misura ridotta delle sanzioni tributarie.
Il comma 544 dispone che, qualora dal monitoraggio delle entrate di cui al comma 1 emerga un andamento che non consenta la realizzazione integrale del citato importo di 2.000 milioni di euro, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 31 marzo 2016, stabilisce l'aumento, a decorrere dal 1° maggio 2016, delle accise di cui alla Direttiva del Consiglio 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento del predetto ammontare in termini di maggiori entrate.
Tale direttiva stabilisce il regime generale relativo alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo dei seguenti prodotti («prodotti sottoposti ad accisa»): a) prodotti energetici ed elettricità di cui alla direttiva 2003/96/CE; b) alcole e bevande alcoliche di cui alle direttive 92/83/CEE e 92/84/CEE; c) tabacchi lavorati di cui alle direttive 95/59/CE, 92/79/CEE.
Si ricorda che la materia delle accise sui carburanti è stata interessata recentemente da diversi interventi normativi; in particolare, dal 1° gennaio 2015 l’aliquota di accisa sulla benzina è pari a 728,40 euro per mille litri e quella sul gasolio usato come carburante a 617,40 euro per mille litri. La legge di stabilità per l'anno 2014 (articolo 1, comma 626 della legge n. 147/2013) ha stabilito un ulteriore aumento delle accise sui carburanti (benzina, benzina con piombo e gasolio usato come carburante) per il periodo dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, da disporsi con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane da adottare entro il 31 dicembre 2016, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni di euro per l'anno 2017 e a 199 milioni di euro per l'anno 2018. L'articolo 19, comma 3, del D.L. n. 91/2014 ha poi disposto un ulteriore aumento, decorrente dal 1° gennaio 2019, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante. L'incremento sarà disposto da un provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 novembre 2018 con efficacia dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia, tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021.
La legge di stabilità per l'anno 2015, all'articolo 1, comma 718, prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, con provvedimento del direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, l'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, sarà aumentata in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per l'anno 2018 e ciascuno degli anni successivi.
Incrementi delle accise sono stati prefigurati nell'ambito di clausole di salvaguardia. L'articolo 10, comma 9 del DL 192/2014 (c.d. mille proroghe), ha previsto che, qualora dal monitoraggio delle entrate attese dalla c.d. voluntary disclosure, fosse emerso un andamento tale da non consentire la copertura di quota parte degli oneri derivanti dall'articolo 15 del DL n. 102 del 2013 (c.d. decreto- legge IMU) il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 30 settembre 2015, avrebbe stabilito l'aumento della misura degli acconti ai fini dell'IRES e dell'IRAP, dovuti per il periodo d'imposta 2015, e l'aumento, a decorrere dal 1° gennaio 2016, delle accise di cui alla Direttiva del Consiglio 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento dei predetti obiettivi anche ai fini della eventuale compensazione delle minori entrate che si dovessero generare per effetto dell'aumento degli acconti.
Infine, l'articolo 1 del DL n. 153/2015 ha modificato gli strumenti della copertura finanziaria disposta nell'ambito del meccanismo della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 632, terzo periodo, della legge di stabilità per il 2015, disponendo a tal fine e per il solo anno 2015, l'utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle procedure di voluntary disclosure per la regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero, in luogo dell'impiego delle entrate derivanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti che slitta conseguentemente all'anno 2016.
Articolo 1,
commi 552 e 554
(Tabella
E)
D.L.
n. 66 del 2014, articolo 22-bis, co.
1 – Risorse per le zone franche urbane
MISSIONE: COMPETITIVITÀ
E SVILUPPO DELLE IMPRESE Programma: Incentivazione del sistema produttivo
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (cap. 7350) |
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
55 |
|
|
|
definanziamento Tab. E |
-20,0 |
|
|
|
Importi
esposti in Tabella E |
35 |
|
|
|
La tabella E dispone un definanziamento per il 2016, che porta a 35 milioni il fondo a disposizione per consentire, in determinate aree del Paese, alle piccole e microimprese - che avessero iniziato una nuova attività economica, per i primi cinque periodi di imposta - di fruire dell’esenzione dalle imposte sui redditi, dell’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), dell’esenzione dall'imposta municipale sugli immobili, nonché dell'esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.
L’articolo 22-bis autorizzava, a
legislazione vigente, la spesa di 55 milioni per il 2016 per gli interventi in
favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia,
(individuate dall’articolo 37, co. 1, del D.L. n. 179 del 2012) delle ulteriori zone
franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni
non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell’ambito dei comuni di Cagliari,
Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia,
Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del Comune di Lampedusa
(istituita dall'articolo 23, co. 45, del D.L. n. 98 del 2011).
Per l'articolo 33, commi 9-10 del disegno di legge di stabilità, le predette ZFU sono destinatarie della spesa, mentre solo risorse residuali e nuovi bandi potranno interessare le 4 regioni dell’Obiettivo Convergenza (compresa Lampedusa) già locupletate; si tratta di determinate sezioni censuarie dei seguenti comuni: Campania: Aversa, Benevento, Casoria, Mondragone, Napoli, Portici (centro storico), Portici (zona costiera), San Giuseppe Vesuviano e Torre Annunziata; Calabria: Corigliano Calabro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia; Puglia: Andria, Barletta, Foggia, Lecce, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, Santeramo in Colle e Taranto; Sicilia: Aci Catena, Acireale, Bagheria, Barcellona Pozzo di Gotto, Castelvetrano, Catania, Enna, Erice, Gela, Giarre, Lampedusa e Linosa, Messina, Palermo (Brancaccio), Palermo (porto), Sciacca, Termini Imerese (inclusa area industriale), Trapani e Vittoria.
Articolo 1,
commi 83-86
(Proroga dell'esonero contributivo per le
assunzioni
a tempo indeterminato)
I commi 83-86 prevedono, per il settore privato, uno sgravio
contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato
relativi ad assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2016 e stipulati entro il 31 dicembre 2016. Per il settore agricolo, il beneficio si
applica secondo la disciplina specifica di cui ai commi 84 e 85.
Lo sgravio
contributivo consiste nell’esonero dal versamento del 40% dei complessivi
contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei
premi e contributi dovuti all’INAIL per l’assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel limite di 3.250 euro su
base annua e per un periodo massimo di 24 mesi.
Si ricorda che per le assunzioni a tempo indeterminato intercorrenti nel
2015, i datori di lavoro hanno diritto (ai sensi dell'art. 1, comma 118, della
L. 23 dicembre 2014, n. 190) ad uno sgravio contributivo nel limite di 8.060
euro su base annua e per un periodo massimo di 36 mesi (anche in tal caso, il
beneficio si applica con misure, condizioni e modalità di finanziamento
specifiche nel settore agricolo, ai sensi dei commi 119 e 120 del citato art. 1
della L. n. 190).
Il beneficio
per le assunzioni effettuate nel 2016 (così come già previsto per quelle
decorrenti nel 2015) non è riconosciuto:
§ per i
contratti di apprendistato e per quelli di lavoro domestico;
§ per le
assunzioni relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati
occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro;
§ con
riferimento ai lavoratori per i quali il presente beneficio (ovvero quello
suddetto per le assunzioni intercorrenti nel 2015) sia già stato usufruito in
relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato. Sembra opportuno chiarire se tale esclusione operi anche qualora lo
sgravio riconosciuto per la precedente assunzione concernesse il settore
agricolo;
§ per i lavoratori
con i quali i datori di lavoro (considerando anche le società controllate o
collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche
per interposta persona, allo stesso soggetto) abbiano comunque già in essere un
contratto a tempo indeterminato nei tre mesi precedenti la data di entrata in
vigore della presente disposizione.
Resta fermo (così come già stabilito per le assunzioni decorrenti nel 2015) che: il beneficio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previsti dalla normativa vigente; si applicano gli ordinari criteri di calcolo ai fini della misura del trattamento pensionistico.
Il beneficio (in conformità alla disciplina dello sgravio per le assunzioni intercorrenti nel 2015 e ad esclusione, come accennato, del settore agricolo) non è subordinato ad un meccanismo di ordine cronologico di presentazione delle domande e di connessa verifica di sussistenza di risorse residue.
L'INPS provvede al monitoraggio del numero di contratti beneficiari dell'incentivo di cui al comma 83 e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.
Il comma 84 dispone che lo sgravio di cui
al comma 83 si applichi in favore
dei datori di lavoro del settore agricolo nel rispetto dei limiti finanziari
ivi indicati, i quali sono distinti per le assunzioni come impiegati e
dirigenti e, rispettivamente, come operai agricoli. Per questi ultimi, si
esclude il beneficio (in conformità alla disciplina dello sgravio per le
assunzioni di operai agricoli decorrenti nel 2015) qualora nel corso del 2015 i
soggetti risultassero occupati a tempo indeterminato o risultassero iscritti
negli elenchi nominativi dell’anno 2015 per un numero di giornate di lavoro
pari o superiore a 250 (in qualità di lavoratori a tempo determinato presso
qualsiasi datore di lavoro agricolo). Riguardo alla prima fattispecie di
esclusione, si rileva che la circolare
n. 17 del 29 gennaio 2015
dell'INPS fa riferimento ai rapporti a tempo indeterminato ricorrenti nell'anno
precedente presso i soli datori di lavoro agricolo. Sembra opportuno che tale specificazione sia posta direttamente dalla
norma legislativa.
Lo sgravio nel settore agricolo è riconosciuto, secondo le modalità, il monitoraggio e le relazioni di cui al comma 85, fino al raggiungimento dei limiti finanziari summenzionati ed in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande.
Ai sensi del comma 86, il datore di lavoro che subentri nella fornitura di servizi in appalto e che assuma, ancorché in attuazione di un obbligo stabilito da disposizioni di legge o della contrattazione collettiva, un lavoratore per il quale il datore di lavoro cessante fruisca dello sgravio contributivo di cui ai commi 83 e 84 preserva il diritto alla fruizione dello sgravio medesimo, nei limiti della durata e della misura che residui (considerando, a tal fine, anche il rapporto di lavoro con il datore cessante). La norma di cui al comma 86 costituisce, quindi, anche una deroga ai princìpi summenzionati di esclusione del beneficio. Sembrerebbe opportuno specificare: se si intenda far riferimento anche ai casi in cui il subentro riguardi un contratto rientrante nella nozione civilistica di somministrazione[19], anziché di appalto; se la norma di cui al comma 86 (dal momento che esso si limita a richiamare i precedenti commi 83 e 84) riguardi anche i casi in cui lo sgravio contributivo sia stato riconosciuto (al primo datore di lavoro) in relazione ad un'assunzione decorrente nel 2015.
Articolo 1, comma 107
(Aliquota contributiva lavoratori
autonomi)
Il
comma 107, non modificato dal Senato,
conferma al 27%, anche per il 2016, l’aliquota contributiva dovuta
dai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata I.N.P.S., non iscritti
ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati.
Più specificamente, il comma in esame riduce di un punto percentuale (al 27% in luogo del 28% previsto dalla
normativa vigente), per l’anno 2016,
l’aliquota contributiva dovuta dai
lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'Imposta sul
Valore Aggiunto) iscritti alla gestione
separata INPS.
Attualmente, infatti, ai sensi dell’articolo
10-bis del D.L. 192/2014, l’aliquota
contributiva (prevista dall'articolo 1, comma 79, della L. 247/2007) per i
lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'I.V.A.)
iscritti alla gestione separata I.N.P.S. (di cui all'articolo 2, comma 26,
della L. 335/1995), non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria,
né pensionati, è pari al 27% per il
biennio 2014-2015, al 28% per il 2016 e al 29% per il 2017.
Precedentemente, l’articolo 1, comma 744, della L. 147/2013 (legge di stabilità
per il 2014) aveva fissato tale aliquota al 27% per il 2014.
Si ricorda che l'articolo 1, comma 79, della L. 247/2007 ha disposto l’adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, disponendo, in particolare:
§ l’incremento al 24% per il 2008, al 25% per il 2009, al 26% per gli anni 2010-2011, al 27% per gli anni 2012-2013, al 28% per l'anno 2014, al 30% per l'anno 2015, al 31% per l'anno 2016, al 32% per l'anno 2017 e al 33% a decorrere dall'anno 2018 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;
§ a decorrere dal 1° gennaio 2008, l’incremento al 17% per gli anni 2008-2011, al 18% per l'anno 2012, al 20% per l'anno 2013, al 21% per l'anno 2014, al 22% per l'anno 2015 e al 24% a decorrere dall'anno 2016 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie).
Articolo 1, commi 552 e 554
(Tabella
E)
L.
n. 808 del 1985, articolo 3, co. 1, lettera a) – Interventi per la
competitività delle industrie nel settore aeronautico
MISSIONE: COMPETITIVITÀ E
SVILUPPO DELLE IMPRESE |
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
490.000 |
Rifinanziamento
Tab. E |
|
|
25.000 |
700.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
50.000 |
50.000 |
75.000 |
1.190.000 |
La tabella E dispone un rifinanziamento degli interventi per lo sviluppo e l’accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico di cui all’articolo 3, lettera a), della legge n.808/1985.
Il rifinanziamento è un contributo pluriennale (15 anni) pari a 25 milioni nel 2018 e a 700 milioni complessivi nel periodo 2019-2032.
La legge
n. 808/1985 costituisce il principale strumento di politica
industriale di sostegno al settore della ricerca e sviluppo nel settore
aerospaziale e dell'elettronica connessa. In particolare, l'articolo 3 della
legge 808 disciplina i finanziamenti e i contributi per la partecipazione di
imprese nazionali a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione
di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici, disponendo che
possano essere concessi:
§ ai sensi della lettera a) finanziamenti
per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni,
sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per
industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei
relativi costi. I finanziamenti sono rimborsabili mediante quote sul
ricavato della vendita dei prodotti oggetto del programma in collaborazione
determinate in relazione ai previsti risultati commerciali ed economici (art.
4, co. nono, lettera c));
§ ai sensi delle lettere b) e c) contributi in
conto interessi sui finanziamenti a sostegno della produzione di serie e
commercializzazione.
L'intervento di cui alla legge n. 808/1985 è
stato sempre concesso nella forma di finanziamenti agevolati (a tasso zero)
che vengono restituiti attraverso un piano di rimborso dalle imprese
beneficiarie, ai sensi dell'articolo 3, co. primo, lettera a) e
articolo 4, co. settimo della stessa legge. L'accesso ai finanziamenti avviene
attraverso appositi bandi, l'ammissione del programma di ricerca e
sviluppo dell'impresa ai benefici previsti dall'articolo 3 è deliberata dal
MISE previo parere del Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica (D.M.
173/2010 Regolamento concernente la disciplina degli interventi relativi ai
progetti di ricerca e sviluppo e il D.M. n. 174/2010).
L'articolo 3, primo co., lettera a) della
L.
n. 808/85 è stato rifinanziato con la legge di stabilità
2013 (legge
n. 228/2012, Tabella E) per 10 milioni di euro per il 2013 e per
50 milioni di euro per il 2014 e per il 2015 e per ulteriori 640 milioni di
euro distribuiti tra le annualità 2016-2028 (si tratta dunque di contributi
pluriennali dal 2013 al 2028 per un totale di 750 milioni).
Le risorse sono iscritte a bilancio a legislazione vigente,
come espone la Tabella sopra indicata, sul capitolo 7421/pg.21 dello stato di
previsione del MISE.
Secondo quanto risulta dalla Relazione sullo stato
dell'industria aeronautica trasmessa alle Camere il 29 aprile 2015 (Doc.
CCXXVI, n. 1), alla fine del 2013, con una direttiva del Ministro
dello sviluppo economico e successivamente con un "bando" rivolto
alle imprese del settore, è stato attivato l'utilizzo dei 750 milioni di
euro stanziati dalla legge di stabilità 2013.
Il co. 38, primo periodo, della legge di
stabilità 2014 (legge
n. 147/2013) ha poi autorizzato due contributi ventennali:
uno di importo di 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 e l'altro di 10
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, per il finanziamento dei
programmi di ricerca e sviluppo nel settore aeronautico di cui all'articolo
3 della Legge n. 808/1985. L'importo di 800 milioni di euro complessivi
ripartito in un periodo di 20 anni, è stato poi ripartito in un periodo di
15 anni, a parità di stanziamento, a seguito della rimodulazione disposta
dalla legge di bilancio 2015, ai sensi dell'articolo
23, co. 3, della legge n. 196/2009.
Ai sensi dell'intervento di rimodulazione, il primo
contributo pluriennale, anch’esso esposto in Tabella E del disegno di stabilità
legge in esame, è così distribuito: 30 milioni di euro nel 2014, 40 milioni in
ciascuno degli anni 2015, nel 2016 e nel 2017, fino al 2026 (450 milioni nel
periodo 2018- 2029), mentre il secondo contributo pluriennale, pure esposto in
Tabella E, è così distribuito: 13 milioni per ciascuno degli anni 2015, 2016 e
2017, fino al 2029 (161 milioni nel periodo 2018-2029). Queste risorse sono
allocate a bilancio a legislazione vigente nello stato di previsione del MISE,
sul capitolo 7421/pg.22 e pg.23.
E’ all’esame delle Camere, per il parere delle
Commissioni parlamentari competenti, ai sensi dell’articolo 1, co. 39, lo
schema di relazione (Atto Governo 211) circa l’utilizzo dei Fondi di cui
all’articolo 1, co. 38 della legge di stabilità 2015.
Infine, si ricorda che ai sensi dell'articolo 1, co. 30 della legge di stabilità 2014 le somme derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti concessi alle imprese ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 808/1985, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto MEF, agli appositi capitoli dello stato di previsione del MISE per le medesime finalità di cui alla citata legge n. 808.
Decreto-legge
n. 321 del 1996, articolo 5, co. 2 Punti b e c- Sviluppo tecnologico
dell'industria aeronautica
Punto b)
MISSIONE: COMPETITIVITÀ E
SVILUPPO DELLE IMPRESE Promozione e attuazione
di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di
responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo MINISTERO DELLO SVILUPPO
ECONOMICO (cap. 7420/P) |
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
80.000 |
60.000 |
140.000 |
240.000 |
Rimodulazioni
Tab. E |
|
-25.000 |
-45.000 |
70.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
80.000 |
35.000 |
95.000 |
310.000 |
Punto c)
MISSIONE: COMPETITIVITÀ E
SVILUPPO DELLE IMPRESE Promozione e attuazione
di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di
responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo MINISTERO DELLO SVILUPPO
ECONOMICO (cap. 7420/P) |
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
70.000 |
155.000 |
135.000 |
200.000 |
Rimodulazioni
Tab. E |
-46.000 |
-20.000 |
|
66.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
24.000 |
135.000 |
135.000 |
266. 000 |
La tabella E dispone la rimodulazione di due distinte autorizzazioni di spesa relative a contributi pluriennali previsti dall’articolo 5 del decreto legge n. 321 del 1996 finalizzati ad assicurare la partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici in collaborazione internazionale e la realizzazione di taluni programmi della Difesa da definire attraverso apposite convenzioni interministeriali.
Non risulta modificata dal ddl in esame una terza autorizzazione di spesa contemplata anch’essa dall’articolo 5 della legge n. 321 del 2015.
Con riferimento alla richiamata
legge pluriennale oggetto di rifinanziamento si osserva che la Tabella E fa
riferimento al co. 2, punti A e B dell’articolo 5 anziché al co. 1
dell’articolo 5. Si segnala, inoltre, che la disposizione in esame non prevede
una elencazione per punti delle tre diverse autorizzazioni di spesa.
In particolare, con riferimento alle
autorizzazioni previste al punto b):
1.
si
conferma l’autorizzazione di spesa di 80 milioni per l’anno 2016;
2.
si
riducono rispettivamente di 25 e 45 milioni le autorizzazioni di spesa relative
agli anni 2017 e 2018;
3.
si
incrementa di 70 milioni di euro l’autorizzazione di spesa relativa all’anno
2019.
L’importo complessivo per il periodo considerato 2016-2019 e ss ammonta a 520 milioni.
Con riferimento alle autorizzazioni previste
al punto c):
1.
si
riducono rispettivamente di 46 e 20 milioni le autorizzazioni di spesa relative
agli anni 2016 e 2017;
2.
si
conferma l’autorizzazione di spesa di 135 milioni per l’anno 2018;
3.
si
incrementa di 66 milioni l’autorizzazione di spesa relativa all’anno 2019.
L'articolo 5 del citato decreto-legge n. 321 del 1996
contiene disposizioni in merito al finanziamento dello sviluppo tecnologico nel
settore aeronautico. In particolare l'articolo 5 richiama (tramite il rinvio
all'articolo 3 della citata L. n. 808 del 1985) le finalità di promuovere lo
sviluppo tecnologico dell'industria aeronautica, di consolidare ed aumentare i
livelli di occupazione e di perseguire il saldo positivo della bilancia dei
pagamenti del settore, nonché di consentire una prima attuazione dei più
urgenti interventi relativi ai programmi per la Difesa da definire mediante
apposite convenzioni fra il Ministero della difesa ed i Ministeri
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del tesoro. A tal fine
autorizza appositi limiti di impegno di spesa.
L'articolo 3 della legge 24 dicembre 1985 n. 808, richiamato dalla disposizione sopra citata dispone altresì che alle imprese nazionali partecipanti a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici possono essere concessi finanziamenti per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi, inclusi i maggiori costi di produzione sostenuti in relazione all'apprendimento precedente al raggiungimento delle condizioni produttive di regime.
L. n. 266 del 2005 (finanziaria 2006),
articolo 1, co. 95 – Programma di sviluppo unità navali classe FREMM
Missione: Competitività e sviluppo delle imprese innovazione, di
responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo MINISTERO DELLO SVILUPPO
ECONOMICO (cap. 7420/P) |
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
526.000 |
470.000 |
98.000 |
331.000 |
Rifinanziamento
Tab. E |
100.000 |
120.000 |
150.000 |
500.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
626.000 |
590.000 |
248.000 |
831.000 |
La
Tabella E dispone il rifinanziamento
delle autorizzazioni pluriennali di spesa relative al programma
di sviluppo delle unità navali della classe FREMM di cui all’articolo
1, co. 95 della legge n. 266 del 2005, con un incremento complessivo delle dotazioni finanziarie pari a 870 milioni (+100
milioni nel 2016 +120 milioni nel 2017 +150 milioni nel 2018 +500 milioni per
il periodo 2019/2025 ).
Il Programma FREMM (Fregate Europee Multi Missione) è
il più vasto progetto di cooperazione navale in ambito europeo, avviato nel
2002 da Italia e Francia.
Il programma prevede la realizzazione di 21 fregate di
nuova generazione (10 per l’Italia e 11 per la Francia) in due versioni, basate
su una piattaforma comune, ma dotate di configurazioni specifiche in base alle
funzioni cui sono destinate:
Le nuove unità saranno caratterizzate da un elevato
grado di interoperablità ed integrabilità e
svolgeranno compiti di proiezione, difesa e protezione tridimensionale delle
forze.
Il programma prevedeva inizialmente la costruzione di
17 unità per la marina francese e 10 per la marina italiana. Delle 10 fregate
italiane (destinate alla sostituzione delle quattro fregate della classe Lupo e
delle otto fregate della classe Maestrale) 4 saranno specializzate nella lotta
subacquea e 6 General Purpose predisposte per
l’installazione ulteriore di missili di crociera. Tutte le fregate disporranno
di una piattaforma comune, con un dislocamento dell’ordine di 5.500 tonnellate,
avranno una lunghezza di 128 metri, un impianto di propulsione misto, dotato di
una turbina a gas, ed una velocità non inferiore ai 27 nodi.
Il programma è realizzato da Francia e Italia
attraverso il consorzio temporaneo d'imprese Horizon
Sas, costituito al 50% dalla italiana Orizzonte Sistemi Navali e dalla francese
Armaris. La Orizzonte sistemi navali (OSN) è la
società di ingegneria navale, costituita da Fincantieri (51%) e da Finmeccanica
(49%), per la progettazione e la realizzazione di unità navali militari. La Armaris è costituita dalle società Thales
e DCN (Direction des constructions navales).
Sul programma si sono espresse favorevolmente, ai
sensi della legge n. 436/1988, le Commissioni Difesa del Senato e della Camera,
rispettivamente, nelle sedute del 3 e del 10 aprile 2002.
La spesa complessiva prevista per l’Italia è pari a
5.680 milioni di euro nell’arco dell’intero svolgimento del programma, a
decorrere dall’esercizio finanziario 2002 e fino al 2019. Il programma è
finanziato con stanziamenti tratti dal bilancio ordinario della Difesa, nonché
con specifici finanziamenti contenuti nell'ambito delle risorse recate
dall'articolo 1, co. 95, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006) e
dall’articolo 2, co. 181 della legge 244/2007 (legge finanziaria 2008).
Le somme destinate al programma FREMM sono allocate nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, capitolo 7485.
Legge 244/2007, articolo 2, co. 180 -
Programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico
Missione: competitività e sviluppo delle imprese innovazione, di
responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo MINISTERO DELLO SVILUPPO
ECONOMICO (cap. 7420/P) |
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
757.000 |
717.000 |
500.000 |
1.572.000 |
Rifinanziamento
Tab. E |
280.000 |
280.000 |
280.000 |
800.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
1.037.000 |
997.000 |
780.000 |
2.372.000 |
La tabella E dispone il rifinanziamento delle
autorizzazioni pluriennali di spesa per taluni programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico di cui al co.
180 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 disponendo
un incremento complessivo delle
dotazioni finanziarie pari a 1,640 milioni (+280 milioni nel 2016 +280
milioni nel 2017 +280 milioni nel 2018 +800 milioni per il periodo 2019/2021 ).
La legge 7 agosto 1997, n. 266, recante
"Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, co. 3, ha autorizzato
un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al
fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi
aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa
aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA ((European Fighter Aircraft, poi European Fighter).
Ha pertanto autorizzato il Ministero dell’economia e delle finanze ad
effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In
particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia
internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte
del Ministro dell’economia e delle finanze, in conformità alla indicazione del
Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della difesa,
deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una
adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale
della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato
successivamente rifinanziato da diversi provvedimenti.
Nello specifico il programma EFA/Eurofighter
rappresenta il più vasto programma industriale nel settore europeo della
difesa.
Il programma è frutto della
cooperazione tra Italia, Germania, Regno Unito e Spagna, avviata in base al Memorandum of Understanding
generale sottoscritto nel 1986.
Il programma è gestito dal
consorzio Eurofighter GmbH,
società con sede a Monaco partecipata da Finmeccanica-Alenia Aermacchi, BAE Systems e Airbus D&S Germania e Airbus
D&S Spagna.
I quattro Paesi partecipanti hanno ad oggi ordinato un
totale di 472 aerei. A questi si aggiungono 15 esemplari ordinati dall’Austria,
72 per l’Arabia Saudita e 12 per l’Oman. Il Kuwait ha recentemente annunciato
l’acquisizione di 28 velivoli.
Lo sviluppo, la produzione e i sistemi del velivolo
sono affidati ai seguenti consorzi guidati da Finmeccanica, attraverso Alenia Aermacchi, Selex Es e Avio:
§ Eurofighter GmbH costituito da Finmeccanica-Alenia Aermacchi
(19%), BAE Systems (33%), Airbus D&S Spagna (13%) e Airbus D&S Germania
(33%), responsabile del progetto, dello sviluppo e dell’assemblaggio finale del
velivolo, della gestione del programma e del coordinamento delle attività dei
sub-contraenti.
§ Eurojet Turbo GmbH: costituito da Avio Aero (Italia, 21%), ITP (Spagna,
13%), MTU (Germania, 33%) e Rolls Royce
(Regno Unito, 33%), responsabile del progetto e del coordinamento delle
attività per la produzione del motore EJ200 impiegato sul velivolo.
§ EuroRADAR, per la
progettazione e la realizzazione del Captor-M, il
sistema radar meccanico attualmente in servizio, e del Captor-E,
il nuovo radar a scansione elettronica. Il consorzio è guidato da Selex ES e comprende anche Indra
(Spagna) e Airbus D&S (Germania);
§ EuroDASS, per la
progettazione e la realizzazione del Defensive Aids
Sub-System, per la protezione del velivolo da minacce missilistiche a guida
radar, laser o termica, guidato da Selex ES e
partecipato anche da Elettronica (Italia), Indra
(Spagna) e Airbus D&S (Germania);
§ EuroFIRST, per il sistema
passivo all’infrarosso PIRATE, guidato anch’esso da Selex
ES.
Articolo 1, comma 368
(IVA super-ridotta pubblicazioni)
Il comma 368 estende l’aliquota IVA super–ridotta al 4 per cento, già prevista per gli e-book, ai giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, e periodici online.
Più in particolare, la norma modifica l’art. 1, comma 667, della legge di stabilità 2015, il quale ha assoggettato anche gli e-book ad aliquota agevolata del 4 per cento mediante interpretazione autentica alla Tabella A, parte II, numero 18), allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
In particolare, il comma 667 citato ha previsto che sono da considerare libri tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica.
Il comma in esame estende tale interpretazione, prevedendo che sono da considerare ”giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici” tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN o ISSN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica.
In sostanza, si assoggetta ad un regime IVA agevolato la circolazione dei giornali e periodici online, oltre che dei cd. e-book, la cui tassazione passa dal 22 per cento (aliquota ordinaria) al 4 per cento (aliquota super-ridotta).
Al riguardo si osserva che occorrerebbe valutare la compatibilità con il diritto dell'Unione europea della norma in commento alla luce della normativa e della giurisprudenza di seguito illustrate.
Si segnala, inoltre, che il comma 545, inserito nel corso dell’esame al Senato, istituisce una nuova aliquota ridotta dell’IVA pari 5 per cento, compatibile con il diritto dell’Unione europea
L’IVA è un’imposta completamente armonizzata a livello di Unione europea, disciplinata dalla direttiva 2006/112/CE (direttiva IVA), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. In materia di aliquote, l’articolo 97 della direttiva stabilisce che l’aliquota normale d’imposta fissata da ciascun Paese membro non può essere, fino al 31 dicembre 2015, inferiore al 15 per cento. Tale aliquota viene fissata da ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi (articolo 96).
Gli articoli 98 e 99 consentono agli Stati membri la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Tale facoltà è ammessa esclusivamente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi delle categorie individuate nell’allegato III della direttiva. Le aliquote ridotte non si applicano ai servizi forniti per via elettronica. In ogni caso, la misura dell’aliquota ridotta non può essere inferiore al 5 per cento. Unica eccezione al limite minimo dell'aliquota al 5 per cento è prevista dall'art. 110 della direttiva, in base al quale gli Stati membri che al 1° gennaio 1991 applicavano aliquote ridotte inferiori al minimo prescritto sono autorizzati a mantenerle se le stesse sono conformi alla legislazione comunitaria e sono state adottate per ragioni di interesse sociale ben definite e a favore dei consumatori finali.
In Italia, le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto. Nel dettaglio, accanto all’aliquota normale (pari al 22 per cento) si prevede un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in diminuzione per tutti i beni interessati) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633. In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento. La parte II della Tabella A reca invece l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 4 per cento.
La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha elaborato un orientamento estremamente restrittivo circa la possibilità per gli Stati di estendere l'ambito di applicazione delle aliquote super-ridotte a fattispecie non contemplate al 1° gennaio 1991 (caso C-462/05, Commissione c. Portogallo; caso C-240/05, Eurodental; caso C-169/00, Commissione c. Finlandia). La Corte ha inoltre affermato che uno Stato che abbia deciso di escludere determinate operazioni dall'aliquota Iva super-ridotta, riconducendole alle aliquote ordinarie o ridotte, non può più applicare a queste operazioni l'aliquota super-ridotta, pena la violazione del diritto comunitario (caso C-119/11, Commissione c. Francia; caso C-462/05, Commissione c. Portogallo; caso C-414/97, Commissione c. Spagna; caso C-74/91, Commissione c. Germania).
Gli Stati membri possono, a determinate condizioni, essere autorizzati ad introdurre misure di deroga per semplificare la riscossione dell'IVA o evitare frodi o evasioni fiscali ovvero, previa consultazione del comitato IVA, ad applicare un'aliquota ridotta alle forniture di gas naturale, energia elettrica o teleriscaldamento (articolo 102). Nel secondo considerando della direttiva 2009/47/CE – che ha ampliato l’ambito delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate ad aliquota ridotta - si chiarisce che l’applicazione di aliquote ridotte ai servizi prestati localmente non pone problemi per il buon funzionamento del mercato interno e può, in presenza di determinate condizioni, produrre effetti positivi in termini di creazione di occupazione e di lotta all’economia sommersa.
Con riferimento al tema specifico dell’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri elettronici, merita segnalare che nelle sentenze del 5 marzo 2015 relative alle cause C-479/13 e C-502/13, la Corte di giustizia ha sancito che Lussemburgo e Francia, avendo applicato dal 1° gennaio 2012 un’aliquota IVA rispettivamente del 3% e del 5,5% alla fornitura di libri digitali o elettronici, sono venuti meno agli obblighi previsti dagli articoli da 96 a 99, 110 e 114 della citata direttiva 2006/112/CE, letti in combinato disposto con gli allegati II e III della direttiva stessa e con il regolamento (UE) n. 282/2011 (Si veda anche, a tale proposito, la nota breve del Servizio studi del Senato n. 58 del marzo 2015).
I libri elettronici o digitali oggetto della sentenza comprendono i libri ottenuti a titolo oneroso, mediante scaricamento o trasmissione continua (streaming) a partire da un sito web, nonché i libri elettronici che possono essere consultati su computer, smartphone, e-book reader o qualsiasi altro sistema di lettura.
Anche in questo caso, la Corte ha ribadito che un’aliquota IVA ridotta può essere applicata unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi di cui all’allegato III della direttiva IVA. Detto allegato menziona, in particolare, la «fornitura di libri su qualsiasi tipo di supporto fisico». La Corte ne trae la conclusione che l’aliquota IVA ridotta è applicabile all’operazione consistente nel fornire un libro che si trovi su un supporto fisico. Se è vero che il libro elettronico necessita, per poter essere letto, di un supporto fisico (quale un computer), un simile supporto non è tuttavia fornito con il libro elettronico, cosicché l’allegato III non include nel suo ambito di applicazione la fornitura di tali libri. Inoltre, la Corte constata che la direttiva IVA esclude ogni possibilità di applicare un’aliquota IVA ridotta ai «servizi forniti per via elettronica». Secondo la Corte, la fornitura di libri elettronici costituisce un servizio di questo tipo. La Corte respinge l’argomento secondo cui la fornitura di libri elettronici costituirebbe una cessione di beni (e non un servizio). Infatti, solo il supporto fisico che consente la lettura dei libri elettronici può essere qualificato come «bene materiale», ma un siffatto supporto non è presente nella fornitura dei libri elettronici.
A seguito della sentenza in questione, i Ministri della cultura di Francia, Germania, Italia e Polonia hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta nella quale chiedono che la Commissione europea modifichi la direttiva IVA 2006/112/CE introducendo la possibilità di applicare un'aliquota ridotta sui libri elettronici. Al momento, la Commissione non ha ancora presentato alcuna proposta al riguardo.
Articolo 1,
comma 194
(Marina Resort)
Il comma 194 rende permanente l’equiparazione, alle strutture ricettive all’aria aperta, delle strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort). L’equiparazione comporta l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta.
Il comma 194 novella l’articolo 32, comma 1, del decreto-legge 133/2014 che equipara, per un periodo di tempo limitato, alle strutture ricettive all’aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort). All’attuazione di quanto disposto dal citato articolo 32, ha provveduto il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 3 ottobre 2014. La novella rende permanente l’equiparazione.
Si ricorda che una definizione delle strutture dedicate alla nautica da diporto è contenuta nel D.P.R. 509/1997[20] (art. 2). In particolare il «porto turistico», è definito come il complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire unicamente o precipuamente la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l'apprestamento di servizi complementari; l'«approdo turistico» è la porzione dei porti polifunzionali destinata a servire la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l'apprestamento di servizi complementari; i «punti d'ormeggio», sono le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati all'ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto.
La definizione dei requisiti delle strutture ricettive turistiche, afferendo alla materia “turismo” rientra tra le competenze che la Costituzione attribuisce in via esclusiva alle Regioni. Con la sentenza n. 80/2012 la Corte ha dichiarato l’illegittimità di numerose disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo), in quanto volte all’accentramento di funzioni rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni. Tra le altre sono state dichiarate illegittime le disposizioni concernenti gli standard minimi di qualità dei servizi forniti dalle imprese che operano nel settore del turismo nautico, come definite dal DPR 2 dicembre 1997, n. 509, quali fondamentalmente i punti d'ormeggio, gli approdi, turistici e i posti turistici. Peraltro la giurisprudenza della Corte costituzionale nonostante la materia del turismo appartenga «alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sent. n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006), non esclude la possibilità «per la legge di attribuire funzioni legislative al livello statale e di regolarne l’esercizio», vista l’importanza del settore turistico per l’economia nazionale. Come ha rilevato la Corte «la chiamata in sussidiarietà a livello centrale è legittima soltanto se l’intervento statale sia giustificato nel senso che, a causa della frammentazione dell’offerta turistica italiana, sia doverosa un’attività promozionale unitaria; d’altra parte, l’intervento deve essere anche proporzionato nel senso che lo Stato può attrarre su di sé non la generale attività di coordinamento complessivo delle politiche di indirizzo di tutto il settore turistico, bensì soltanto ciò che è necessario per soddisfare l’esigenza di fornire al resto del mondo un’immagine unitaria. Infine, lo Stato deve prevedere il coinvolgimento delle Regioni, non fosse altro perché la materia turismo, appartenendo oramai a tali enti territoriali, deve essere trattata dallo Stato stesso con atteggiamento lealmente collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, punti 8-9 diritto; sent. n. 76 del 2009, punti 2-3)».
Si segnala che già alcune regioni hanno disposto nel senso dell’equiparazione dei “marina resort” alle strutture ricettive all’aperto. In tal senso la legge regionale del Friuli Venezia Giulia 16 gennaio, n. 2, recante Disciplina organica del turismo, come modificata dall’articolo 9 della legge regionale n. 2/2010, ha già ricompreso i “marina resort”, tra le strutture ricettive all’aria aperta, unitamente ai campeggi, ai villaggi turistici ed ai dry marina.. Inoltre analogo intervento normativo è contenuto nella legge regionale dell’Emilia Romagna n. 7 del 2014 che stabilisce “Sono marina resort le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, che posseggano i requisiti individuati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione che ne definisce altresì modalità di apertura e di esercizio, nonché la relativa classificazione”.
La principale conseguenza
dell’equiparazione alle strutture ricettive turistiche all’aperto dei “marina resort” consiste nell’applicazione alle prestazioni rese ai
clienti ivi alloggiati, dell’IVA agevolata al 10 per cento (concessa ai clienti
alle strutture ricettive turistiche), invece dell’IVA al 22 per cento
applicabile alla portualità turistica e ai servizi associati.
Il punto 120) della Tabella A, parte III allegata al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, riconosce l’applicazione dell’aliquota del 10% alle prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217, ossia alberghi, motel, villaggi-albergo, residenze turistiche alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro turistici, affittacamere, case e appartamenti per vacanze, case per ferie, ostelli per la gioventù, rifugi alpini, bed and breakfast. Nonostante la legge 17 maggio 1983, n. 217, recante “Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica”, sia stata abrogata dalla L. 29 marzo 2001, n. 135, successivamente l'art. 1, del D.P.C.M. 13 settembre 2002, recante “Recepimento dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui princìpi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico”, ha disposto che tutti i riferimenti alla suddetta legge, contenuti in atti normativi vigenti alla data di entrata in vigore del citato D.P.C.M. 13 settembre 2002, ove applicabili, si intendono riferiti allo stesso decreto e alle normative regionali di settore.
Si ricorda che la Mozione 1-00397 (Prodani) approvata nella seduta del 15 aprile 2014 della Camera, ha impegnato il Governo ad assumere in via prioritaria una serie di iniziative, anche normative, per favorire la ripresa e il pieno sviluppo del comparto turistico nazionale, tra le quali, in particolare, “misure urgenti per il rilancio della nautica da diporto nazionale e della relativa filiera, in modo da garantire la promozione unitaria del settore nautico-turistico in ambito nazionale ed internazionale, introducendo una classificazione delle strutture che tenga conto della diffusione di best practice ed estendendo l'iva agevolata delle strutture ricettive ai marina resort”.
Articolo 1,
comma 366
(Soppressione di contributi a imprese
armatoriali)
Il comma 366 sopprime il contributo ventennale di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014 per gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta.
Il contributo è previsto dal secondo periodo del comma 38 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (147/2013) il quale a sua volta richiama la tipologia degli interventi previsti dall’articolo 3 della legge 88/2001 (vale a dire gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta).
La Commissione europea ha qualificato il contributo in questione come aiuto di Stato illegittimo ai sensi del regime degli aiuti di Stato alla costruzione navale n. 2011/C364/06.
Una disposizione identica era presente nel disegno di legge di stabilità 2015 (articolo 30, comma 1, dell’Atto Camera 2679-bis) soppresso nel corso dell’iter di approvazione.
Articolo 1, commi 453-464
(Norme per l’accelerazione degli interventi cofinanziati)
I commi da 453 a 464 introducono disposizioni volte ad agevolare la gestione finanziaria degli interventi finanziati dalle risorse europee, in particolare attraverso l’istituzione, (commi 453-461) da parte di Regioni e province autonome, di appositi organismi strumentali regionali cui assegnare in via esclusiva la gestione degli interventi europei, finanziati con risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale, di cui ciascuna regione è titolare in quanto soggetto attuatore di Programmi operativi attuativi dei Fondi strutturali).
Sempre nell’ottica di facilitare l'attuazione degli interventi cofinanziati dalla UE, i commi 462-464 recano poi disposizioni finalizzate ad ampliare la platea delle amministrazioni titolari di interventi cofinanziati che possono beneficiare di determinate procedure contabili agevolative dell’iter dei pagamenti.
Per quanto concerne il primo aspetto, il comma 453 prevede che dal 1° gennaio 2016 le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano possano istituire un proprio organismo strumentale dotato di autonomia gestionale e contabile, denominato “Organismo strumentale per gli interventi europei”, avente ad oggetto esclusivo la gestione degli interventi finanziari relativi alla realizzazione dei programmi cofinanziati dall’Unione europea.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera b) del D.Lgs. n. 118 del 2011 (in materia di armonizzazione dei sistemi contabili degli enti territoriali), per organismi strumentali delle regioni e degli enti locali si intendono le loro articolazioni organizzative, anche a livello territoriale, dotate di autonomia gestionale e contabile, prive di personalità giuridica.
Va considerato come l’istituzione degli Organismi in questione si inserisca in un succedersi di recenti interventi normativi che, in vista dell’approssimarsi del termine del ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2007 -2013, ed alla luce dell’insoddisfacente situazione di impiego delle risorse disponibili, sono stati finalizzati all’accelerazione della spendibilità dei finanziamenti, al fine di evitare la perdita delle risorse non spese sulla base c.d. "regola dell'n+2": questa com’è noto prevede il definanziamento delle risorse comunitarie non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento, definanziamento che comporta, inoltre, la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale. Il legislatore è ripetutamente intervenuto, a tal fine, sia con riguardo alle regole e procedure attinenti ai fondi europei sia a quelle concernenti le risorse nazionali, da ultimo nella legge di stabilità 2015 (L.190/2014), che quanto ai fondi europei ha ridefinito alcune regole di attivazione dei relativi programmi e rafforzato il monitoraggio sulla tempestività dei pagamenti (art.1, commi 668-677) e, quanto alle risorse nazionali, ha introdotto ulteriori disposizioni volte a rafforzare la governance e le procedure di spesa del Fondo di sviluppo e coesione (FSC). Come precisato nella relazione illustrativa, il nuovo intervento operato con l’articolo in esame è volto anche esso all’accelerazione degli interventi cofinanziati, ma, nel contempo, è altresì operato in coerenza con la “clausola investimenti”[21], atteso che, a tal fine, il comma 13 (vedi scheda successiva) reca numerose disposizioni riferite al completamento dei progetti inseriti nella programmazione 2007-2013.
Deve osservarsi come la numerosità delle disposizioni introdotte, che in questa sede non si riepilogano ma che può ritenersi decorrano sostanzialmente dal decreto legislativo n 85 del 2011, istitutivo del Fondo di sviluppo e coesione (FSC), hanno dato luogo ad un complesso quadro normativo e di competenze dei vari organi, che per taluni aspetti non ha poi determinato un soddisfacente miglioramento dei tempi di utilizzo delle risorse. Gli organismi e le relative procedure contabili introdotti dai commi in esame si aggiungono ora a tale quadro, innovandolo in misura significativa.
All’istituzione dell’organismo strumentale per gli interventi europei il comma 453 dispone che si provveda con legge regionale e provinciale, la quale dovrà altresì disciplinare i rapporti tra la Regione e le Province Autonome e l’organismo strumentale e a disporre il trasferimento all’organismo di tutti i crediti regionali riguardanti le risorse europee e di cofinanziamento nazionale e di tutti i debiti regionali agli aventi diritto riguardanti gli interventi europei, risultanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate. L’eventuale differenza positiva tra i debiti e i crediti trasferiti costituisce debito della regione o provincia autonoma nei confronti dell’organismo regionale (comma 454).
Per lo svolgimento della propria attività gli organismi strumentali si avvalgono dei beni e del personale delle relative regioni o delle province autonome (comma 455).
Il comma 459 disciplina le modalità attraverso le quali le Regione e le Province Autonome, in attuazione della legge regionale e provinciale di cui sopra, registrano nelle proprie scritture patrimoniali e finanziarie il trasferimento dei debiti e dei crediti all’organismo strumentale.
In particolare, il trasferimento dei crediti e dei debiti esigibili al 31 dicembre 2015 è registrato nel bilancio di previsione 2016-2018 iscrivendo le entrate e le spese per trasferimenti da e verso l’organismo strumentale, per lo stesso importo, pari al maggior valore tra i residui attivi e passivi trasferiti, ed effettuando le necessarie regolarizzazioni contabili con i residui attivi e passivi. L’eventuale differenza tra i residui passivi e attivi concorre alla determinazione del debito o del credito della regione o della provincia autonoma nei confronti dell’organismo strumentale esigibile nell’esercizio 2016. Al fine di garantire il rispetto del principio della competenza finanziaria - di cui all’allegato n. 1 al D.Lgs. n. 118/2011 - il trasferimento dei crediti e dei debiti regionali esigibili nell’esercizio 2016 e successivi è registrato cancellando dalle scritture contabili riguardanti ciascun esercizio i relativi accertamenti e impegni e registrando l’impegno per trasferimenti all’organismo strumentale, di importo pari alla differenza tra gli impegni e gli accertamenti cancellati nell’esercizio.
I crediti e i debiti cancellati dalla regione o dalla provincia autonoma sono registrati dall’organismo strumentale, in particolare, accertando le entrate derivanti dai trasferimenti dalla Regione e dalla Provincia Autonoma a seguito dei correlati impegni della Regione e della Provincia Autonoma.
I commi da 456 a 458 recano le disposizioni contabili per la gestione delle risorse da parte degli Organismi strumentali.
In particolare, il comma 456 prevede l’apertura di appositi conti correnti di tesoreria unica, intestati agli Organismi strumentali - rispondenti alle regole del c.d. “sistema misto” di tesoreria unica, di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n. 279/1999 - e l’istituzione di corrispondenti conti correnti presso i tesorieri delle Regioni e delle Province autonome.
Sui conti correnti di tesoreria unica vengono versate dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie di cui alla legge n. 183/1987 – che attualmente gestisce, attraverso apposite contabilità speciali, le risorse nazionali e dell’Unione europea relative ai fondi strutturali[22] - le risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale destinate alle Regioni o alle Province Autonome (comma 457). Sui suddetti conti affluiscono anche le risorse relative al cofinanziamento regionale degli stessi interventi, posto che il sistema di tesoreria unica mista – che consentirebbe di detenere tali somme direttamente presso il sistema bancario - è al momento sospeso[23].
I dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, con codifica uniforme, sono trasmessi quotidianamente alla banca dati SIOPE[24] dagli Organismi strumentali, tramite i propri tesorieri, i quali non possono accettare disposizioni di pagamento prive della codificazione uniforme (comma 458).
Il comma 460 estende il controllo della Corte dei conti previsto dall’articolo 1 del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174 sulla gestione finanziaria delle regioni, anche agli organismi strumentali delle Regioni, compresi, dunque, gli istituendi organismi per gli interventi europei.
Si ricorda che il D.L. n. 174/2012, articolo 1, prevede in particolare:
§ un esame da parte della Corte dei conti sui bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi, con i relativi allegati, delle regioni e degli enti che compongono il Servizio sanitario nazionale, anche ai fini della verifica circa l'inclusione delle partecipazioni in società controllate gestrici di servizi pubblici o strumentali;
§ obbligo per il Presidente della regione di trasmettere alla Corte una relazione annuale sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni, da adottarsi sulla base di apposite linee guida deliberate dalla Corte;
§ la predisposizione di una relazione annuale da parte della Corte sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, come avviene per il settore statale; nonché il giudizio di parificazione del rendiconto di tutte le regioni, come già avviene per il rendiconto statale.
Il comma 461 stabilisce la non sottoposizione a procedure di esecuzione forzata delle somme giacenti sulle contabilità di tesoreria degli Organismi strumentali delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano nonché sulle contabilità di tesoreria intestate al Ministero dell’economia e delle finanze, - sulle quali, va rammentato, confluiscono oltre ai finanziamenti nazionali anche le risorse europee - destinate in favore degli interventi cofinanziati dall’Unione europea, degli interventi complementari alla programmazione europea, ivi compresi quelli di cui al Piano di Azione coesione, degli interventi finanziati con il Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Sui fondi depositati sulle contabilità speciali e sui conti di tesoreria degli Organismi strumentali delle regioni e delle province autonome non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento presso le sezioni di tesoreria dello Stato a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio.
L’esecuzione forzata è altresì esclusa per i fondi depositati sulle contabilità speciali a disposizione delle Amministrazioni centrali dello Stato e delle Agenzie dalle stesse vigilate, su cui confluiscono le risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale degli interventi UE, ai sensi dell’articolo 1, comma 671, della legge n. 190/2014, come modificato dal successivo comma 11 dell’articolo in esame.
Si tratta delle contabilità istituite ai sensi dell’articolo 1, comma 671, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), al fine di accelerare e semplificare l’iter dei pagamenti riguardanti gli interventi cofinanziati dall'Unione europea, nonché gli interventi complementari alla programmazione dell'Unione europea , a titolarità delle amministrazioni centrali dello Stato. In tali contabilità, istituite presso ciascuna Amministrazione titolare degli interventi cofinanziati, il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie provvede a versare le somme a proprio carico e ciascuna amministrazione provvede ad effettuare i relativi pagamenti[25].
Il comma 462 novella il sopracitato comma 671 della legge di stabilità 2015 al fine di estendere anche alle Agenzie vigilate dalle amministrazioni centrali dello Stato la possibilità di gestire, tramite apposite contabilità speciali, le risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale relative ad interventi di politica comunitaria, nonché a quelli relativi ai piani di azione e coesione complementari alla programmazione UE, di cui esse stesse siano titolari, secondo le modalità suesposte.
Tra i soggetti interessati dalla novella in esame rientra, in particolare, l’Agenzia per la coesione territoriale – istituita dall’articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 - la quale è titolare di due specifici interventi nell’ambito del Piano di Azione Coesione 2007-2013, per i quali il D.M. Economia n. 16 del 2015 le ha assegnato 42,1 milioni (in particolare, rivenienti dalla riduzione del cofinanziamento del PON FESR “Governance e assistenza tecnica” 2007-2013). Vi rientra altresì l’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro, istituita dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 150 del 2015 a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Il comma 463, sempre nell’ottica di agevolare l'attuazione degli interventi cofinanziati dalla UE, amplia la platea dei programmi che possono beneficare delle anticipazioni a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche europee, estendendola agli interventi a titolarità delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Il comma 243 dell’art. 1 della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013), che viene qui novellato, autorizza il Fondo di rotazione a concedere anticipazioni delle quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato cofinanziati dall’UE - dai fondi strutturali, dai fondi FEASR e FEAMP (Sviluppo rurale e pesca), da altre linee del bilancio comunitario, nonché dei programmi complementari - nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui, a valere sulle proprie disponibilità.
Le quote anticipate dei finanziamenti comunitari vengono poi reintegrate a valere sui successivi accrediti delle risorse comunitarie corrispondenti al programma interessato.
Con riferimento, invece, alle anticipazioni concesse dalle amministrazioni titolari di interventi cofinanziati dall’Unione europea in favore di soggetti privati, a valere sulle quote di cofinanziamento nazionale, il comma 463 stabilisce l’applicazione del disposto dell’articolo 131, paragrafo 4, lettera a), del Regolamento (UE) n. 1303/2013[26], come peraltro già previsto – sottolinea la Relazione tecnica - per le anticipazioni della quota comunitaria, per effetto dello stesso regolamento UE in quanto direttamente applicabile.
In base all’articolo 131, paragrafo 4, del Reg. UE n. 1303/2013, la domanda di pagamento può includere, nel caso degli aiuti di Stato, gli anticipi versati al beneficiario dall'organismo che concede l'aiuto qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative:
a) tali anticipi sono soggetti a una garanzia fornita da una banca o da qualunque altro istituto finanziario stabilito in uno Stato membro o sono coperti da uno strumento fornito a garanzia da un ente pubblico o dallo Stato membro;
b) tali anticipi non sono superiori al 40% dell'importo totale dell'aiuto da concedere a un beneficiario per una determinata operazione;
c) tali anticipi sono coperti dalle spese sostenute dai beneficiari nell'attuazione dell'operazione e giustificati da fatture quietanzate o da documenti contabili di valore probatorio equivalente presentati al più tardi entro tre anni dall'anno in cui è stato versato l'anticipo.
Conseguentemente, il comma dispone l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 56 della legge n. 52/1996 (legge comunitaria 1994) che disciplina attualmente gli anticipi, a favore di soggetti privati, sulla quota nazionale relativa al cofinanziamento dei programmi di politica comunitaria, a valere sulle risorse del fondo di rotazione, stabilendone l’erogazione previo rilascio di garanzia fideiussoria redatta in conformità al decreto del Ministro del tesoro 22 aprile 1997[27].
Il comma 464 disciplina il recupero delle risorse indebitamente utilizzate dai beneficiari, residenti sul territorio nazionale, dei programmi UE dell'Obiettivo "Cooperazione Territoriale Europea"[28] a titolarità di Autorità di gestione estere, rinviando a quanto previsto dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 183/1987, sulla base delle modalità indicate in un apposito Decreto Ministeriale da adottare, previa intesa con la Conferenza Stato Regioni, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della norma in esame.
In base alla disposizione citata, l'amministrazione competente è tenuta a provvedere al recupero ed alla restituzione al fondo di rotazione delle somme erogate e anticipate con la maggiorazione di un importo pari al tasso ufficiale di sconto in vigore nel periodo intercorso tra la data della erogazione e la data del recupero, nonché delle eventuali penalità. Al recupero si applicano le norme vigenti per la riscossione esattoriale delle imposte dirette dello Stato.
Articolo 1, comma 465
(Completamento interventi cofinanziati
2007-2013)
Il comma 465 reca una disposizione volta ad favorire il completamento dei progetti inseriti nella programmazione dei Fondi strutturali europei 2007/2013 non conclusi alla data del 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti), attraverso l’utilizzo delle risorse di cofinanziamento nazionale destinate all’attuazione dei programmi di azione e coesione complementari alla programmazione 2014-2020.
Il completamento dei progetti inseriti nel ciclo di programmazione 2007/2013 che alla suddetta data del 31 dicembre 2015 non risultino conclusi risulta operato dal comma in esame al fine di evitare che, per effetto della normativa comunitaria, gli stessi perdano i finanziamenti comunitari per via del c.d. disimpegno automatico.
Secondo i Regolamenti comunitari[29], in base alla c.d. "regola dell'n+2", per ogni annualità contabile delle risorse impegnate – per ciascun fondo (FSE, FESR) e programma operativo (PO) sul bilancio comunitario - la parte che non risulta effettivamente spesa e certificata alla Commissione entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’impegno di bilancio viene disimpegnata automaticamente.
Il disimpegno delle risorse comunitarie comporta, oltre alla perdita ed alla restituzione alla Commissione dell’intero contributo di cui hanno usufruito gli interventi non conclusi, anche la parallela riduzione di disponibilità delle relative risorse di cofinanziamento nazionale.
Secondo i dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea – IGRUE sullo stato di utilizzo dei fondi strutturali al 31 agosto 2015 (quota comunitaria + cofinanziamento nazionale), le risorse ancora da spendere entro il 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti) ammontano a circa 8,9 miliardi di euro, la maggior parte dei quali nell'area della Convergenza (circa 7,2 miliardi), come riportato nella tavola che segue:
Programmazione 2007/2013 - Obiettivi - Attuazione al 31 agosto 2015
Milioni di euro
Programmi |
Programmato 2007/2013 |
Impegnato |
Pagato |
% imp.
/ |
% pag. / |
Convergenza |
31.493,75 |
40.332,10 |
24.306,64 |
128,06% |
77,18% |
Competitività |
15.178,86 |
16.639,89 |
13.614,82 |
109,63% |
89,70% |
Cooperazione |
693,90 |
772,63 |
554,67 |
111,34% |
79,93% |
Totale obiettivi |
47.366,52 |
57.744,62 |
38.476,13 |
121,91% |
81,23% |
La tavola mette in evidenza come, alla data del 31 agosto 2015, lo stato di attuazione dei Fondi strutturali si attesta, per ciò che attiene agli impegni complessivamente assunti, ad un valore pari a circa il 122% del contributo totale. Il livello dei pagamenti complessivi ha raggiunto i 38,5 miliardi complessivi, corrispondenti all’81,2% delle risorse programmate.
Tali percentuali sono riferite ad un ammontare complessivo di risorse disponibili pari a 47,4 miliardi di euro (31,5 dell’Obiettivo Convergenza, 15,2 dell’Obiettivo Competitività e 0,7 dell’Obiettivo Cooperazione), che considerano - rispetto ai 60 miliardi originari - gli effetti degli aggiornamenti del Piano di Azione Coesione[30].
Al fine di assicurare alle Amministrazioni interessate la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per il completamento dei progetti in questione, il comma in esame prevede l’utilizzo delle risorse destinate dal CIPE all’attuazione dei programmi complementari della programmazione 2014-2020.
Più in particolare, la norma in commento prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la coesione territoriale, entro 60 giorni dalla data di approvazione della legge di stabilità 2016, previa ricognizione delle esigenze di finanziamento presso le Amministrazioni titolari dei progetti stessi, presenti al CIPE una proposta di utilizzo delle risorse che la delibera CIPE 28 gennaio 2015, n. 10[31] destina all’attuazione dei programmi di azione e coesione complementari alla programmazione comunitaria 2014-2020, già previste, dunque, a carico del fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.
Si tratta di quei programmi previsti dall’articolo 1, comma 242, della legge di stabilità 2014, “complementari” appunto rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea 2014-2020, finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito di eventuali riduzioni del tasso di cofinanziamento nazionale inizialmente programmato, ai sensi del Reg. (UE) n. 1303/2013[32], che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea 2014-2020.
Gli interventi complementari sono inseriti nell’ambito di “Programmi di azione e coesione”, i cui contenuti sono definiti in partenariato tra le Amministrazioni nazionali aventi responsabilità di coordinamento dei Fondi SIE e le singole Amministrazioni interessate, sotto il coordinamento dell’Autorità politica delegata per le politiche di coesione territoriale (art., co. 676 e 677[33], legge n. 190/2014). I singoli Programmi di azione e coesione saranno adottati con delibere del CIPE.
Secondo quanto indicato nella delibera CIPE n. 10/2015, le risorse del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore al 50 per cento (per le Regioni) e al 45 per cento (per le Amministrazioni centrali) concorrono al finanziamento dei programmi di azione e coesione destinati ai medesimi territori.
Nel complesso, la delibera
CIPE n. 10/2015 assegna agli interventi complementari circa 7,4 miliardi (dei 24 miliardi
complessivi di cofinanziamento nazionale per la programmazione 2014-2020)[34], importo al momento inferiore
agli importi di pagamenti ancora da effettuare alla data del 31 agosto 2015.
La norma prevede, infine, che le risorse dei programmi complementari utilizzate per i completamenti riguardanti i progetti non conclusi della programmazione 2007-2013 a titolarità di Amministrazioni che non risultano beneficiarie di programmi complementari, siano reintegrate nella loro dotazione, da parte del CIPE, a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione – presumibilmente quelle della programmazione 2014-2020, sebbene non precisato dalla norma - previste per gli anni successivi al 2016.
In merito all’utilizzo delle risorse suddette, la Relazione illustrativa sottolinea come l’utilizzo delle stesse sia necessaria in quanto i progetti cofinanziati dall'Unione europea non conclusi alla chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013 devono obbligatoriamente essere conclusi con risorse nazionali entro il 31 marzo 2017, pena la perdita e restituzione alla Commissione europea dell’intero contributo europeo di cui tali interventi hanno usufruito nel periodo 2007-2013.
La Relazione sottolinea, inoltre, come tale norma rilevi anche ai fini della “clausola investimenti”, in quanto le spese per questi progetti (che necessariamente dovranno sostenersi nel 2016) possono costituire una riserva da utilizzare a dimostrazione del raggiungimento della quota dello 0,3% del PIL di investimenti, in sede di rendicontazione.
Al momento, la Commissione non considera le spese per i completamenti di tali progetti "tecnicamente" dei cofinanziamenti nazionali, tuttavia uno degli obiettivi del negoziato con Bruxelles sulla clausola investimenti è fare accettare ai fini della clausola anche tali spese che di fatto riguardano progetti che hanno tutti i requisiti di quelli già ritenuti ammissibili alla clausola da parte della Commissione.
Secondo la Comunicazione
della Commissione Europea del 13 gennaio
2015, alcune tipologie di investimento cofinanziate dall’Unione Europea
sono considerate equivalenti ad importanti riforme strutturali e possono
giustificare una deviazione temporanea dall’MTO o dal percorso di avvicinamento
ad esso. Affinché la clausola possa essere attivata, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: la crescita del
PIL è negativa o il PIL resta ben al di sotto del suo potenziale; la deviazione
non implica il superamento del valore di riferimento del 3% fissato per il
disavanzo ed è mantenuto un opportuno margine di sicurezza; i livelli degli
investimenti aumentano di conseguenza in modo effettivo; la deviazione è
compensata entro l’orizzonte temporale del programma di stabilità o di
convergenza dello Stato membro. Gli investimenti ammissibili sono le spese
nazionali per progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della politica
strutturale e di coesione, delle reti transeuropee e
del meccanismo per collegare l’Europa, nonché il cofinanziamento da parte degli
Stati membri di progetti di investimento finanziati anche dal Fondo europeo per
gli investimenti strategici.
Nel Documento programmatico di bilancio 2016 inviato alla Commissione il 15 ottobre 2015 il Governo italiano ha dichiarato che intende avvalersi nel 2016 della clausola, richiedendo una deviazione temporanea dal percorso di convergenza verso l’Obiettivo di Medio Periodo di 0,3 punti percentuali del PIL. Essa equivale ad una quota di investimenti UE cofinanziati pari a 5,15 miliardi di euro, che attiva investimenti supplementari stimati in circa 11,3 miliardi.
Com’è noto, in ordine
alla clausola in esame si è espressa
positivamente la Commissione
europea nel documento del 16 novembre 2015 mediante cui ha concluso la propria
valutazione dei documenti programmatici di bilancio (DPB) che gli Stati membri
della zona euro hanno presentato entro il 15 ottobre[35].
La Commissione ha ritenuto in proposito che sulla base delle proprie previsioni risultino rispettate le condizioni per l'attivazione della predetta clausola, che comporta la deviazione dello 0.3 per cento di Pil dal percorso di aggiustamento del nostro Paese verso l’obiettivo di medio termine (il pareggio strutturale di bilancio, previsto nel DPB per il 2018).
Nel contempo tale valutazione si inserisce in un parere non del tutto positivo del contenuto del Documento programmatico di bilancio, del quale la Commissione ha rilevato un potenziale rischio di non conformità con i requisiti del Patto di Stabilità e Crescita per il 2016, con possibilità di deviazione significativa dal percorso di avvicinamento verso l'obiettivo a medio termine (OMT). La Commissione ha considerato pertanto necessario continuare a monitorare il rispetto degli obblighi previsti dal PSC, anche in vista della valutazione del prossimo Programma di stabilità ed, in tale ambito essa, “ valuterà con attenzione” se la deviazione dal percorso di aggiustamento determinato dalla clausola in esame (vale a dire lo 0,3 di deficit richiesto) “sia effettivamente usata per aumentare gli investimenti”.
Articolo 1, comma
474
(Equiparazione dei liberi professionisti
alle imprese ai fini dell’accesso ai Piani PON e POR)
Il comma 474, introdotto nel corso dell’esame al Senato, è finalizzato ad equiparare i liberi professionisti esercenti attività economica alle PMI ai fini dell’accesso ai Fondi strutturali europei (Fondi FSE e FESR) 2014/2020.
In particolare tale comma dispone che i Piani operativi POR e PON dei fondi Fondo sociale europeo (FSE) e Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), rientranti nella Programmazione dei fondi strutturali europei 2014/2020, si intendono estesi anche ai liberi professionisti, in quanto equiparati alle PMI come esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, dalla Raccomandazione della Commissione europea 6 maggio 2003/361/CE e dal Regolamento UE n. 1303/2013, ed espressamente individuati, dalle Linee d'azione per le libere professioni, del Piano d'azione imprenditorialità 2020, come destinatari a tutti gli effetti dei fondi europei stanziati fino al 2020, sia diretti che erogati tramite Stati e regioni.
La Raccomandazione 6 maggio 2003, n. 2003/361/CE della Commissione UE relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese considera (Allegato, Titolo I) all’articolo 1, impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un'attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un'attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un'attività economica.
Ai sensi dell’articolo 2 dell’Allegato sono micro, piccole e medie imprese quelle imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. In particolare, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR. È microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone con un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR[36].
Il Regolamento UE n. 1303/2013[37] che disciplina – per il periodo 2014/2020 - i Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) nell’ambito di un quadro strategico comune, definisce - ai fini delle disposizioni in esso contenute - PMI le microimprese, le piccole imprese o le medie imprese quali definite nella sopra citata Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (articolo 2, n. 28)).
Si osserva che
attualmente i Fondi strutturali in questione sono attualmente diretti a soggetti esercenti attività d’impresa che
rientrano nei campi di intervento
consentiti da medesimi Fondi, campi individuati negli atti esecutivi del Quadro
strategico comune dei Fondi SIE di cui al Regolamento UE n. 1303/2013. Per la
definizione di PMI si prende dunque a riferimento l’articolo 2 dell’Allegato,
Titolo I della Raccomandazione n.
2003/361/CE.
Sulla questione delle
libere professioni si segnala che nell'ambito
del Piano d'azione imprenditorialità 2020[38] COM(2012)
795 final
del 9 gennaio 2013 è stato pertanto istituito un gruppo di lavoro denominato
"Bolstering the Business of Liberal Professions"
(Rafforzamento dell'attività delle libere professioni), il cui scopo è
esaminare le esigenze specifiche dei liberi professionisti, come ad esempio la
semplificazione, l'internazionalizzazione e l'accesso ai finanziamenti. In
occasione della conferenza sulle libere professioni del 9 aprile 2014 il gruppo
di lavoro ha presentato una serie di linee d'azione: 1) istruzione e formazione
all'imprenditorialità; 2) accesso ai mercati; 3) accesso ai finanziamenti; 4)
riduzione degli oneri normativi e 5) rafforzamento della rappresentazione e
della partecipazione a livello europeo.
Nell’accesso ai finanziamenti si cita la necessità di rafforzare
l'accesso agli strumenti di finanziamento per la competitività e le PMI (COSME
) e agli altri programmi. Nella Relazione del gruppo di lavoro si legge che per
“libere professioni si intendono occupazioni che richiedono specifiche
formazioni umanistiche o scientifiche, quali notai, ingegneri, architetti,
medici e commercialisti”.
Con riguardo alla individuazione del “libero professionista” si rammenta
inoltre che il quadro normativo europeo che disciplina le libere professioni è
soggetto a una regolamentazione e una supervisione professionali specifiche da
parte di organismi professionali a livello nazionale e comprende la direttiva
2013/55/UE sulle qualifiche professionali e la direttiva 2006/123/CE sui
servizi.
La Corte di Giustizia (sentenza 11 ottobre 2011 “Adam” Causa c-267/88)
afferma che “ le libere professioni di cui all’allegato F, punto 2, della sesta
direttiva 77/388 sono attività che presentano un pronunciato carattere
intellettuale, richiedono una qualificazione di livello elevato e sono
normalmente soggette ad una normativa professionale precisa e rigorosa.
Nell’esercizio di un’attività del genere, l’elemento personale assume rilevanza
particolare e un siffatto esercizio presuppone, in ogni caso, una notevole
autonomia nel compimento degli atti professionali”.
Sul tema si richiama da ultimo, al riguardo, il Regolamento UE 11 dicembre 2013, n. 1287/2013 che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) (2014 – 2020).
L’articolo 5 stanzia per l'attuazione del programma COSME 2.298 milioni di euro, disponendo che non meno del 60% siano destinati a strumenti finanziari. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dal Parlamento europeo e dal Consiglio nei limiti del quadro finanziario pluriennale.
Anche tale regolamento afferma che il programma COSME dovrebbe riguardare in particolare le PMI, come definite nella Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione sopra citata.
Ai sensi dell’articolo 17, comma 2 del Regolamento, gli strumenti finanziari per le PMI possono, se del caso, essere combinati e integrati con altri strumenti finanziari istituiti dagli Stati membri e dalle loro autorità di gestione finanziati con fondi nazionali o regionali o nel contesto delle attività dei fondi strutturali, conformemente all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento (UE) n. 1303/2013.
Al riguardo, si valuti se, al fine di
prevenire possibili difficoltà applicative derivanti dall’introduzione
nell’ambito del quadro normativo nazionale della categoria prevista dal comma
in esame, non risulti opportuna una più specifica individuazione normativa
circa i liberi professionisti esercenti attività d’impresa.
Articolo 1,
commi 475-482
(Investimenti europei e Istituto
nazionale di promozione)
I commi dal 475 al 482 individuano la Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e come possibile esecutore degli strumenti finanziari destinatari dei fondi strutturali, abilitandola a svolgere le attività previste da tale normativa anche utilizzando le risorse della gestione separata.
Il comma 475 prevede che, onde perseguire l'obiettivo di supportare la costituzione delle Piattaforme di investimento (cfr. infra) previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015, cd. Regolamento Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), le operazioni finanziarie delle piattaforme di investimento ammissibili al FEIS promosse dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (di seguito anche: CDP) possano essere assistite dalla garanzia dello Stato. Tale garanzia statale è qualificata come onerosa, a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile.
Le «banche o istituti
nazionali di promozione» sono le entità giuridiche che espletano attività
finanziarie su base professionale, cui è stato conferito un mandato da uno
Stato membro o da un'entità di uno Stato membro, a livello centrale, regionale
o locale, per svolgere attività di sviluppo o di promozione così come definite
all'articolo 2, n. 3 del Regolamento (UE) 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo
al Fondo europeo per gli investimenti strategici, al polo europeo di consulenza
sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che
modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013.
Secondo la Comunicazione COM (2015) 361, la principale
motivazione economica
dell'istituzione di una banca di promozione risiede nel fatto che i fallimenti
del mercato possono ridurre gli investimenti e, di conseguenza, rallentare la
crescita futura portandola a livelli non efficienti sotto il profilo economico,
e che un istituto con un mandato
pubblico si trova in posizione migliore rispetto agli operatori privati per
rimediare ai fallimenti del mercato. Secondo il documento, l'Italia ha
annunciato di partecipare al progetto FEIS tramite la Cassa Depositi e Prestiti
per un importo di 8 miliardi di euro.
Il documento prefigura la cooperazione tra le banche
nazionali di promozione e la BEI tramite accordi
di coinvestimento (piattaforme di investimento)
che vengono strutturati al fine di aggregare i progetti d'investimento, ridurre
i costi delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il
rischio fra i vari investitori. Le
piattaforme d'investimento possono essere società veicolo, conti gestiti,
accordi di cofinanziamento o di condivisione dei rischi basati su contratti
oppure accordi stabiliti con altri mezzi tramite i quali le entità incanalano
un contributo finanziario al fine di finanziare una serie di progetti di
investimento.
Il comma 476 prevede che un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministri interessati, approvi le piattaforme di investimento ammissibili alla garanzia dello Stato.
Il comma 477 stabilisce che i criteri, le modalità e le condizioni per la concessione della garanzia statale siano definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 478, a copertura delle garanzie statali previste dai commi 475-482 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, istituisce un fondo, la cui dotazione iniziale per l'anno 2016 è fissata in 200 milioni di euro. Viene inoltre autorizzata l'istituzione di un conto corrente di tesoreria dedicato. Il comma prevede altresì che le amministrazioni statali e degli enti territoriali possano versare contributi al fine di incrementare la dotazione del Fondo. Le modalità di versamento sono stabilite con il decreto di cui al comma precedente, ovvero attraverso la procedura prevista dal comma 497 (rimodulazione in via amministrativa delle risorse assegnate a fondi di garanzia, cfr. infra).
In risposta alle osservazioni formulate nel Dossier del Servizio del
Bilancio del Senato (NL 111, pag. 219) il Governo, con nota del 9 novembre
2015, precisa che la dotazione del fondo è stata determinata in
considerazione della fase iniziale di attuazione del Piano Juncker.
[...] Le dotazioni del Fondo di garanzia potranno essere incrementate
successivamente, in funzione della stima degli impegni correlati alle
operazioni finanziarie incluse nelle piattaforme di investimento. [...] Le risorse stanziate sul Fondo saranno
impegnate nei limiti degli accantonamenti prudenziali determinati in relazione
ai profili di rischio assunti per le operazioni garantite dalla Stato, a titolo
oneroso, per le iniziative sopra indicate. Nella
nota viene inoltre precisato che la quantificazione di 200 milioni di euro
è stata definita sulla base di ipotesi di leva finanziaria in linea con quanto
individuato dalla Commissione Europea in relazione allo strumento FEIS, tale da attivare garanzie statali con un
moltiplicatore pari a 4x.
Il comma 479 attribuisce alla CDP la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall’articolo 2, n. 3, del Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), secondo quanto previsto nella Comunicazione COM (2015) 361 del 22 luglio 2015 della Commissione Europea.
Il comma 480 abilita la CDP a svolgere le attività degli istituti nazionali di promozione previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017, nonché i compiti previsti dal Regolamento (CE) n. 1303/2013 e dal Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012.
Il Regolamento (CE) n.
1303/2013 del 17 dicembre 2013 in materia di disposizioni comuni sui fondi
strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) reca disposizioni comuni sul
Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di
coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo
per gli affari marittimi e la pesca, e disposizioni generali sul Fondo europeo
di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul
Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
Il Regolamento (UE, EURATOM)
n. 966/2012 del 25 ottobre 2012, stabilisce le regole finanziarie applicabili
al bilancio generale dell'Unione.
Andrebbe valutata l'opportunità di specificare meglio i richiami al
regolamento sui fondi strutturali (1303/2013 e al regolamento sul bilancio
generale dell'UE (966/2012) )- anche oltre quanto richiamato al successivo
comma 8 - al fine di chiarire quali sono i compiti che CDP è abilitata a
svolgere.
Il comma 481 autorizza la CDP a impiegare le risorse della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n.269, per contribuire a realizzare gli obiettivi del FEIS, tra l’altro mediante il finanziamento di piattaforme d’investimento e di singoli progetti ai sensi del Regolamento (UE) n. 2015/1017, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato.
L’articolo 5, comma 8, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha istituito un sistema separato ai
soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di
trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico. Sono assegnate alla
gestione separata le partecipazioni e le attività a essa strumentali, connesse
e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei
soggetti finanziati da CDP.
La CDP finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. L'utilizzo dei fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati con D.M., tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione. Le operazioni adottate nell'ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo possono essere effettuate anche in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali, nel limite annuo stabilito con apposita convenzione stipulata tra la medesima CDP e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Il comma 482 autorizza Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le società dalla stessa controllate a ricevere affidamenti per compiti di esecuzione degli strumenti finanziari destinatari dei Fondi SIE, di cui al Regolamento n. 966/2012 e al Regolamento n. 1303/2013, in forza di un mandato della Commissione europea ovvero mediante affidamenti da parte delle autorità di gestione.
Articolo 1, commi 552 e 554
(Tabella E)
L.
n. 296 del 2006, articolo 1, co. 863 – Fondo per lo sviluppo e la coesione –
Risorse ciclo 2007-2013
MISSIONE: SVILUPPO E RIEQUILIBRIO TERRITORIALE
|
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
1.600.000 |
- |
- |
- |
Rimodulazione
Tab. E |
-670.000 |
- |
- |
+670.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
930.000 |
- |
- |
670.000 |
La tabella E dispone una rimodulazione di spesa delle risorse relative al ciclo di programmazione 2007-2013 del Fondo per lo sviluppo e la coesione[39] nella misura di 670 milioni che vengono spostati dal 2016 al 2019.
Per il periodo di programmazione 2007-2013, le risorse
del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) – ora Fondo Sviluppo e Coesione
(FSC) - sono state autorizzate dall’articolo 1, co. 863, della legge
finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006), per un importo complessivo pari a
64,379 miliardi di euro.
La legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007),
confermando l’importo complessivo del Fondo, ha rimodulato gli importi annuali,
fissandoli in 1.100 milioni per il 2008, 4.400 milioni per il 2009, 9.166
milioni per il 2010, 9.500 milioni per il 2011, 11.000 milioni per il 2012,
11.000 milioni per il 2013, 9.400 milioni per il 2014 e 8.713 milioni per il
2015. Nel corso degli anni successivi le leggi finanziarie hanno provveduto a
rimodulare tali risorse.
Da ultimo, la tabella E della legge di stabilità 2015 esponeva autorizzazioni di spesa per 5,8
miliardi nel 2015 e per 1,7 miliardi nel 2016.
Rispetto a tale disponibilità di bilancio, nel corso
del 2015, sono stati trasferiti al MIUR - con decreto ministeriale - 100
milioni quale quota residuale dell’assegnazione di 400 milioni disposta dal
CIPE con la delibera n. 21 del 2014 per le misure di riqualificazione e messa
in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali (i primi 300 milioni erano già
stati trasferiti nell’esercizio 2014).
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2016, le risorse residuali del Fondo
per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2007-2013 risultano
pari a 1,6 miliardi per il 2016.
Per effetto della rimodulazione disposta
dalla tabella E in esame, l’autorizzazione di spesa viene ridotta di 670
milioni nel 2016 che vengono spostati al 2019 e anni successivi. Non figurano
dunque iscritte in bilancio autorizzazioni di spesa per le annualità 2017 e
2018.
L.
n. 147 del 2013, articolo 1, co. 6 – Fondo per lo sviluppo e la coesione –
Risorse ciclo 2014-2020.
MISSIONE: SVILUPPO E
RIEQUILIBRIO TERRITORIALE Programma: Sostegno alle
politiche per lo sviluppo e la coesione economica MINISTERO DELL’ECONOMIA E
DELLE FINANZE (cap.8000/P) |
||||
(migliaia di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 e ss |
BLV |
980.200 |
2.476.700 |
2.161.700 |
32.994.000 |
Rimodulazione
Tab. E |
1.289.800 |
923.300 |
1.338.300 |
-3.551.400 |
Importi
esposti in Tabella E |
2.270.000 |
3.400.000 |
3.500.000 |
29.442.600 |
La tabella E dispone una rimodulazione di spesa delle risorse relative al ciclo di programmazione 2014-2020 del Fondo per lo sviluppo e coesione, attraverso una anticipazione delle risorse previste per il 2019, per complessivi 3.551,4 milioni, agli anni 2016-2018.
In particolare, la rimodulazione aumenta di 1.289,8 milioni le risorse per il 2016, di 923,3 milioni quelle per il 2017 e di 1.338,3 milioni gli importi del 2018.
Si segnala, peraltro, che per il 2016, l’incremento delle autorizzazioni di spesa in termini di cassa ammonta a soli 600 milioni.
L’articolo 1, co. 6, della legge di stabilità 2014
(legge n. 147/2013) ha disposto una dotazione aggiuntiva del Fondo per lo
sviluppo e la coesione (FSC) relativamente al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020,
nella misura complessiva di 54.810
milioni. La norma ne dispone l’iscrizione in bilancio limitatamente alla
misura dell’80 per cento (43.848 milioni). Per il triennio 2014-2016, gli
importi iscritti in bilancio sono pari a 50 milioni nel 2014, 500 milioni nel
2015 e a 1 miliardo nel 2016. Per
gli anni successivi, la quota annuale sarà determinata dalla tabella E delle
singole leggi di stabilità a valere sul rimanente importo di 42.298 milioni.
Per quanto concerne la restante quota del 20 per cento (10.962 milioni), la
relazione tecnica al disegno di legge di stabilità 2014 (A.S. 1120) ha
precisato che la relativa iscrizione in bilancio avverrà all’esito di una
apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla
predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella
primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate.
A seguito dell’utilizzo di risorse del Fondo a
copertura di oneri recati da provvedimenti legislativi intervenuti nel corso
del 2014 e alle riduzioni e rimodulazioni disposte dalla tabella E determinate
della legge di stabilità 2015, le autorizzazioni di spesa relative al FSC 2014-2020, esposte nella legge di
stabilità 2015, ammontavano a 406,3 milioni per il 2015, 985,2 per il 2016,
2.481,7 per il 2017 e a 35.155,7 milioni per il 2018 e anni successivi.
Nel corso del 2015, l’autorizzazione di spesa è stata
peraltro ridotta di 2 milioni di
euro per l'anno 2015 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli
anni 2016 e 2017 a copertura degli
oneri recati dall’articolo 14, co. 5, della legge n. 124/2015
(rifinanziamento del fondo per l'organizzazione e il funzionamento di servizi
socio-educativi per la prima infanzia destinati ai minori di età fino a 36
mesi, presso enti e reparti del Ministero della difesa).
La dotazione a
legislazione vigente del FSC 2014-2020 ammonta a 980,2 milioni per il
2016, a 2.481,7 milioni per il 2017, a 2.161,7 milioni per il 2018 e a 32.994
milioni per il 2019 e annualità successive.
Per effetto delle
rimodulazione disposta dalla tabella E in esame le autorizzazioni pluriennali
di spesa ammontano a 2.270 milioni per il 2016, a 3.400 milioni per il 2017, a
3.500 milioni per il 2018 e a 29.442,6 milioni per il 2019 e annualità
successive.
Per quanto concerne la programmazione da parte del CIPE delle risorse per il ciclo di programmazione 2014-2020, si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, commi 703-706, legge n. 190/2014) ha introdotto disposizioni che hanno innovato i principali elementi di governance e di procedura.
Articolo 1, comma 127
(Compensi dei dipendenti nominati nei CDA
società partecipate)
Il comma 127 modifica la destinazione dei compensi dei membri dei consigli di amministrazione che siano dipendenti dell’amministrazione controllante, eliminando la possibilità che gli stessi siano riassegnabili al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio.
A tal fine il comma interviene sul comma 4 dell’articolo 4 del decreto-legge n. 95 del 2012[40] che, nell’ambito di un intervento volto alla riduzione del numero e dei costi dei membri dei consigli di amministrazione delle società controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, (con riferimento a quelle società che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, vale a dire le società c.d. strumentali) ha dettato una specifica disposizione riferita al caso in cui membri del consiglio di amministrazione siano nominati dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione, ovvero della società controllante in caso di partecipazione indiretta o del titolare di poteri di indirizzo e di vigilanza.
In tale circostanza il comma 4 dispone che i dipendenti in questione hanno l'obbligo[41] di riversare i relativi compensi all'amministrazione o alla società di appartenenza e, ove riassegnabili, al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio.
Si rammenta che il Fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio del personale non dirigenziale è costituito, tramite appositi accordi integrativi, al fine di remunerare gli istituti caratteristici della retribuzione accessoria. Nei richiamati accordi sono anche individuate le risorse da attribuire al Fondo, la loro ripartizione tra le varie qualifiche nonché i limiti massimi delle diverse voci retributive[42]. Si fa presente che ulteriori disposizioni sul trattamento accessorio per il personale della P.A. sono contenute nell’articolo 16, comma 11, del provvedimento in esame (alla cui scheda si rimanda).
Il comma 127 in esame sopprime tale eventualità, eliminando quindi la possibilità che i compensi per la partecipazione ai consigli di amministrazione confluiscano nell’ambito delle risorse destinate al personale dell’amministrazione o società di appartenenza da cui dipendono i membri dei consigli interessati, derivandone pertanto che i compensi stessi restino acquisiti esclusivamente all’amministrazione o società medesime.
Articolo 1, comma 130
(Riduzione delle spese degli uffici di
diretta collaborazione dei Ministri)
Il comma 130, non modificato dal Senato, prevede, a decorrere dal 2016, una riduzione della spesa complessiva per il personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri in misura pari al 10 per cento rispetto alla spesa sostenuta nel 2015. Sono esonerate dalla riduzione le amministrazioni che abbiano già disposto riduzioni corrispondenti successivamente al 31 dicembre 2010.
Secondo la lettera della disposizione, la riduzione del 10 per cento opera in attesa del processo di riordino previsto dall’art. 8 della L. 124/2015 (c.d. riforma della pubblica amministrazione), che delega il Governo a ridefinire, entro agosto 2016, la disciplina degli uffici di diretta collaborazione, prevedendo, in particolare, di attribuire al Presidente del Consiglio dei Ministri la determinazione delle risorse finanziarie destinate ai suddetti uffici, in relazione alle attribuzioni e alle dimensioni dei rispettivi Ministeri.
Sul punto, si ricorda che l’art. 14 del D.Lgs. 165/2001 e l’art. 7 del D.Lgs. 300/1999 - nel quadro del più complessivo procedimento di riforma del pubblico impiego e dell’affermazione del principio di separazione tra politica e amministrazione - dispongono che per l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento di delegificazione ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Tra gli obiettivi della delega per il riordino della disciplina degli uffici di diretta collaborazione di cui alla L. 124/2015, il citato art. 8 prevede altresì di garantire un'adeguata qualificazione professionale del personale ivi impiegato con eventuale riduzione del numero e la pubblicazione dei dati sui siti istituzionali delle relative amministrazioni.
In forza della disposizione in esame, le amministrazioni dovranno ridurre le spese per il personale impiegato presso gli uffici di diretta collaborazione (ex art. 14, co. 2, D.Lgs. n. 165/2001), ivi compresi gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, in misura pari al 10 per cento rispetto alle spese del 2015. Si tratta di una riduzione di carattere permanente, con decorrenza a partire dal 2016, che incide sull’ammontare dello stanziamento di risorse per la diretta collaborazione all’interno degli stati di previsione dei singoli Ministeri.
A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dai rispettivi regolamenti: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
In relazione alle spese per il personale degli uffici, si ricorda che l’art. 14 del D.Lgs. 165/2001 prevede che con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia, sia determinato e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.
Si ricorda, inoltre, che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro.
Tuttavia, lo stesso comma in esame limita l’ambito di applicazione della riduzione prevista, stabilendo che per le amministrazioni che dopo il 31 dicembre 2010 hanno disposto riduzioni corrispondenti a quelle prescritte, queste si intendono già adempiute. Conseguentemente, la relazione tecnica afferma che gli effetti finanziari della disposizione sono valutabili solo a consuntivo.
Sul punto, è utile ricordare che la disposizione in esame segue precedenti interventi normativi che avevano già stabilito obiettivi di riduzione della spesa in questo settore, con differenti ambiti di applicazione (v. art. 9, co. 2, D.L. 78/2010; art. 16, co. 6, D.L. 66/2014).
Da un lato, le spese per gli addetti all’area della diretta collaborazione sono state già incise dalle previsioni dell’art. 16, comma 6, del D.L. 66/2014 (conv. L. 89/2014) che ha stabilito la riduzione del 20 per cento degli stanziamenti degli stati di previsione dei Ministeri e del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri relativi alle spese per le indennità spettanti al personale in servizio presso gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri con e senza portafoglio. Tale riduzione ha trovato applicazione per l'anno 2014, con riferimento alla quota corrispondente al periodo maggio-dicembre e non è stata applicata ai responsabili degli uffici.
Dall’altro, l’articolo 9, co. 2, del D.L. 78/2010 (conv. L. 122/2010) ha previsto una riduzione del 10 per cento, calcolato sull’intero importo, delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri. Tale disposizione si è applicata nel periodo che va dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 ed è stata prorogata fino al 31 dicembre 2014 dal D.P.R. 122/2013 (art. 1, co. 1, lett. a)).
In base alla vigente normativa, l’incarico di Capo degli uffici deve essere attribuito ad esperti, anche estranei all'amministrazione, dotati di elevata professionalità (art. 7, co. 2, lett. e), D.Lgs. n. 300/1999). Tra le figure di vertice all’interno dell’area della diretta collaborazione dei Ministeri, di norma sono ricomprese: Capo di Gabinetto, Capo dell’ufficio legislativo, Segretario particolare del Ministro, Capo della segreteria del Ministro, Capo dell'ufficio stampa, Capi delle segreterie dei Vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato.
Articolo 1, comma 333
(Riduzioni delle dotazioni di bilancio dei
Ministeri)
Il comma 333 dispone la riduzione delle dotazioni di bilancio, sia in termini di competenza che di cassa, degli stati di previsione dei singoli Ministeri a decorrere dall’anno 2016, per i seguenti importi: 512,5 milioni nel 2016, 563 milioni nel 2017 e 537,6 milioni nel 2018 e anni successivi, come indicati nell’elenco n. 2 al disegno di legge.
Per ciascun Ministero vengono riportate le riduzioni, suddivise per Missioni e programmi, con l’indicazione della eventuale quota relativa a stanziamenti predeterminati per legge. Per quanto riguarda le riduzioni complessive per tutti i ministeri, risultano predeterminati per legge 11 dei 512,5 milioni del 2016; 30,6 dei 563 milioni del 2017; 47,5 dei 537,6 milioni del 2018.
Elenco n. 2 - Riepilogo delle riduzioni delle
dotazioni finanziarie
delle spese dei Ministeri
(dati
in milioni di euro)
Ministeri |
2016 |
2017 |
2018 |
Economia e finanze |
117 |
134,2 |
147,6 |
Sviluppo economico |
8,4 |
31,5 |
31,9 |
Lavoro e politiche sociali |
4,2 |
1 |
1 |
Giustizia |
23,3 |
26,4 |
26,4 |
Affari esteri |
8,2 |
6,3 |
6,3 |
Istruzione, università e ricerca |
220,4 |
240,4 |
200,4 |
Interno |
27,2 |
43,2 |
60,7 |
Ambiente |
1,6 |
1 |
0,9 |
Infrastrutture e trasporti |
28,9 |
35 |
22,9 |
Difesa |
19 |
17 |
17 |
Politiche agricole |
21,9 |
13,8 |
12,9 |
Beni e attività culturali e turismo |
7,8 |
0 |
0 |
Salute |
24,5 |
13,2 |
9,6 |
TOTALE |
512,5 |
563 |
537,6 |
Va rilevato come alla riduzione delle disponibilità delle Amministrazioni centrali recata dal comma in esame, e riepilogata nell’Elenco 2 sopra riportato, si aggiungono le altre misure correttive derivanti da ulteriori disposizioni dell’articolato, nonché le riduzioni di spesa disposte dalle Tabelle C, D ed E del disegno di legge in esame.
Nella tabella che segue, elaborata sulla base di un prospetto complessivo degli effetti migliorativi in questione contenuto nella relazione tecnica, sono riportati, in termini di saldo netto da finanziare, gli importi complessivi delle misure correttive previste nel disegno di legge in esame per tutti i Ministeri, distinte per modalità di attuazione (articolato, elenco 2, tabella C, tabella D e tabella E).
Saldo netto da finanziare
(milioni di euro) |
2016 |
2017 |
2018 |
Effetti migliorativi Ministeri* |
|||
da
articolato |
-1.254,80 |
-602,6 |
-600,2 |
- di cui minori
spese |
937,80 |
586,6 |
584,2 |
- di cui
maggiori entrate |
317 |
16 |
16 |
da
elenco 2 |
-512,4 |
-563 |
-537,6 |
da
tabella C |
-30,5 |
-36,4 |
-37,5 |
da
tabella D |
-243,2 |
-229,4 |
-277,7 |
da
tabella E |
-1.317,20 |
-1.026,10 |
-236,1 |
TOTALE
effetti migliorativi Ministeri |
-3.358,10 |
-2.457,50 |
-1.689,10 |
Ulteriori riduzioni |
|||
Efficientamento spesa acquisti beni e servizi (art
28) |
-163.3 |
-164.2 |
-164.4 |
Riduzione stanziamenti PCM (comma 334) |
-23 |
-21.8 |
-18 |
FORMEZ (comma 381) |
-0,9 |
-0,9 |
-0,9 |
Riorganizzazione SNA (comma 373) |
-1,5 |
-1,5 |
-1,5 |
Totale ulteriori riduzioni |
-188.7 |
-188,3 |
-184,8 |
Totale
effetti migliorativi |
-3.547 |
-2.646 |
-1.874 |
*la Relazione tecnica precisa che tali misure considerano
gli effetti dei commi 449-451 (ragionevole durata del processo), ma non tengono
conto degli effetti migliorativi delle norme sugli enti di previdenza (comma 345),
e altre Società e istituti (commi 375-380), quelli derivanti dalla limitazione
del turn over (di cui ai commi 125-126) nonché quelli inerenti la riduzione del
Fondo per gli sgravi di contrattazione di secondo livello (commi 87-95).
Rispetto al medesimo prospetto risultante dal testo iniziale del disegno di legge di stabilità, si riscontra una riduzione degli effetti migliorativi di 80 milioni di euro nel 2016, 50 milioni nel 2017 e 50 milioni nel 2018. Le modifiche apportate presso il Senato hanno pertanto ridotto, seppur marginalmente, i risparmi affidati dal testo iniziale alle disposizioni in esame. Tale riduzione è attribuibile esclusivamente a due amministrazioni:
§ il MEF, per 60 milioni nel 2016, 30 milioni nel 2017 e 30 milioni nel 2018;
§ il Ministero del lavoro, per 20 milioni per ciascuno degli anni del triennio.
Articolo 1, commi 383-387
(Limiti ai compensi degli amministratori
delle
società a controllo pubblico)
I commi da 383 a 387 modificano la disciplina dei compensi per gli amministratori, dirigenti e dipendenti delle società controllate dal Ministero dell’economia, estendendola a tutte le società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche, fissando il limite massimo annuo dei compensi nell’importo di 240mila euro e stabilendo alcuni obblighi di pubblicità per gli incarichi ed i compensi relativi agli incarichi di consulenza e di collaborazione presso le società medesime.
Allo scopo di ridefinire e meglio precisare il regime dei compensi per gli amministratori, dirigenti e dipendenti delle società a controllo pubblico, i commi in esame intervengono sulla disciplina dettata dai commi da 1 a 5-ter dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 che, si rammenta, ha regolamentato il regime dei compensi in esame differenziandolo tra quello delle società non quotate, ivi compreso il limite massimo del trattamento economico dei dipendenti di dette società (commi da 1 a 5-ter), e quello delle società che emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotate nei mercati regolamentati (commi da 5-quater a 5-sexies).
In ordine a tali definizioni ci si limita in questa sede a rammentare – considerato che i commi da 5-quater a 5-sexies dell’articolo 23-bis non sono interessati dall’intervento operato dalle norme in esame, che incide solo sulle società non quotate – che le società quotate controllate dalle amministrazioni pubbliche si differenziano tra le società che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, diversi dalle azioni, e società che emettono titoli azionari quotati. Nella prima fattispecie rientrano ad esempio le società Poste italiane S.p.A. (ora come noto in corso di quotazione azionaria), Cassa depositi e Prestiti S.p.A. e Ferrovie dello Stato S.p.A., mentre risultano emettere titoli azionari Enel S.p.A., Eni S.p.A., e Finmeccanica S.p.A..
Quanto invece alle norme sui compensi degli amministratori delle società controllate non quotate, la disciplina vigente è recata dal comma 1 dell’articolo 23-bis suddetto, in cui si dispone che le società non quotate, direttamente controllate[43] dal Ministero dell’economia e delle finanze, saranno classificate per fasce sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 maggio 2012 – provvedimento poi intervenuto con il D.M. 24 dicembre 2013, n.166[44] previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
Per ciascuna fascia, sempre ai sensi del comma 1, sarà determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione delle società direttamente controllate dal MEF dovranno fare riferimento, per la determinazione secondo criteri oggettivi e trasparenti degli emolumenti da corrispondere agli amministratori investiti di particolari cariche, ai sensi dell’articolo 2389, terzo comma, del codice civile[45]; l’individuazione delle fasce e dei relativi compensi potrà essere effettuata anche sulla base di analisi effettuate da primarie istituzioni specializzate.
È inoltre fatto salvo quanto previsto dall’articolo 19, comma 6, del D.L. n. 78/2009[46], il quale reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 2497, primo comma, del codice civile, relativo alla responsabilità degli enti o società che, esercitando attività di direzione e coordinamento di altre società, agiscono in violazione dei principi di corretta gestione societaria. La citata norma di interpretazione autentica stabilisce, in particolare, che per enti si intendono soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria.
Il limite ai compensi opera anche per le società non quotate controllate dalle società direttamente controllate dal MEF, nonché per le società non quotate controllate direttamente o indirettamente da tutte le altre pubbliche amministrazioni[47], ai sensi del comma 5-bis; opera altresì per i dipendenti delle società medesime, secondo quanto dispone il comma 5-ter.
Il comma 383 in esame detta un nuovo comma 1 dell’articolo 23-bis, in cui la vigente regolamentazione della materia risulta in più parti modificata, prevedendosi ora che:
§ con decreto del Ministro dell’economia da emanarsi entro il 30 aprile 2016 previo parere parlamentare e sentita anche la Conferenza unificata per i profili di competenza, per le società direttamente o indirettamente controllate sia dalle amministrazioni dello Stato sia dalle altre amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 del D.Lgs. n.165/2001[48] - ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, vale a dire le società non quotate (cfr. supra) – sono individuate fino a cinque fasce di classificazione sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi;
§ per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite massimo dei compensi per il trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, dirigenti e dipendenti al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di 240mila euro annui[49] al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni, e ferme restando le specifiche disposizioni, anche regolamentari, che prevedono limiti inferiori;
§ rimane fermo nella nuova formulazione del comma 1 quanto previsto dall’articolo 19, comma 6, del D.L. n. 78/2009, di cui sopra si è detto.
A seguito della nuova formulazione del comma 1 dettata dal comma 383, il comma 384 stabilisce, con disposizione transitoria, che fino all’emanazione del nuovo D.M. ora previsto al comma 1 suddetto, continua a produrre i propri effetti il D.M. 24 dicembre 2013, n. 166 che attualmente regola i compensi in questione;
Inoltre, dalla data di adozione del decreto medesimo, che in base a quanto prevede il nuovo comma 1 dell’articolo 23-bis fissa il limite massimo ai compensi (per amministratori e dipendenti) per quanto concerne le società controllate direttamente o indirettamente da tutte le amministrazioni pubbliche (e non più solo quelle direttamente controllate dal Ministero dell’economia, come nel testo vigente), il comma 385 abroga i commi 5-bis e 5-ter dell’articolo 23-bis, che rispettivamente dettano il parametro di riferimento per i compensi in questione al primo presidente della Corte di cassazione per la determinazione dei compensi di tutte le società controllate dalle PA e pongono tale parametro come limite massimo del trattamento economico dei dipendenti delle società controllate dalle PA, atteso che tali elementi sono ora entrambi ricompresi nella nuova formulazione del comma 1 dell’articolo23-bis.
Il comma 386 dispone alcuni obblighi di informazione a carico delle società controllate direttamente dalle amministrazioni pubbliche, nonché di quelle in regime di amministrazione straordinaria – con esclusione anche in questo caso, analogamente a quanto previsto al comma 47, delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate - disponendo che le stesse pubblichino, entro 30 giorni dal conferimento di incarichi di collaborazione o di consulenza o professionali, inclusi quelli arbitrali, e per i due anni successivi alla loro cessazione: - gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, la ragione e la durata dello stesso nonché l’oggetto; - il curriculum vitae; - i compensi relativi a tali rapporti.
Relativamente ad incarichi per i quali è previsto un compenso, la pubblicazione di tali informazioni è condizione di efficacia per il pagamento. In caso di omessa o parziale pubblicazione, il responsabile della pubblicazione e chi ha effettuato il pagamento sono soggetti ad una sanzione pari alla somma corrisposta (comma 387).
Articolo 1, commi 230-236
(Misure per far fronte alle esigenze
della ricostruzione
connesse agli stati di emergenza)
I commi da 230 a 236 contengono disposizioni finalizzate a disciplinare la concessione di contributi con le modalità del finanziamento agevolato – nel limite massimo di 1.500 milioni di euro - ai soggetti privati e alle attività economiche e produttive danneggiati da eventi calamitosi per i quali il Consiglio dei Ministri ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza (commi 230 e 231). Nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che il finanziamento deve essere erogato al netto di eventuali indennizzi per polizze assicurative stipulate per le medesime finalità.
Al soggetto beneficiario del finanziamento agevolato è attribuito un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, pari all'importo ottenuto sommando al capitale gli interessi dovuti e le spese. Le modalità di fruizione sono stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 (commi 232-236).
In particolare, il comma 230 disciplina la concessione di contributi a favore di soggetti privati e attività economiche e produttive, con le modalità del finanziamento agevolato, in relazione alle ricognizioni dei fabbisogni completate dai Commissari delegati e trasmesse al Dipartimento della Protezione Civile per la successiva istruttoria. In tal modo, secondo quanto prevede esplicitamente la norma, si intende dare avvio alle misure volte a fronteggiare i danni conseguenti al verificarsi di eventi calamitosi.
La lettera d) del comma 2 dell’art. 5 della L. 225/1992 stabilisce che con le ordinanze di protezione civile, emanate in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza conseguente al verificarsi di eventi calamitosi, si dispone in ordine alla “ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza”.
Lo stesso comma precisa che le finalità da perseguire e i criteri a cui attenersi nella concessione dei citati contributi dovranno essere stabiliti con apposite deliberazioni del Consiglio dei Ministri.
Le stesse deliberazioni provvederanno ad indicare le Amministrazioni pubbliche che provvederanno alla concessione dei contributi in questione.
Con riferimento a tali deliberazioni, il comma in esame dispone che esse dovranno essere assunte ai sensi della lettera e) del citato articolo 5, comma 2.
Tale lettera stabilisce che con le ordinanze si dispone, nel limite delle risorse disponibili, in ordine all'avvio dell'attuazione delle prime misure per far fronte alle esigenze urgenti (per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio), entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili e secondo le direttive dettate con delibera del Consiglio dei ministri, sentita la Regione interessata.
Il comma 231, sempre al fine di far fronte ai danni occorsi al patrimonio privato e alle attività economiche e produttive danneggiati da calamità, prevede disposizioni volte alla concessione di finanziamenti agevolati assistiti da garanzia dello Stato ai soggetti danneggiati dagli eventi calamitosi:
§ nel limite massimo pari a 1.500 milioni di euro;
§ e comunque nei limiti delle disponibilità di cui al comma 235.
La disposizione in esame si applica ai medesimi territori individuati dalle deliberazioni del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi del comma 230.
In tali territori e per le finalità suindicate, viene consentito ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito operanti nei medesimi territori, di contrarre finanziamenti, secondo contratti tipo definiti con apposita convenzione con l'Associazione bancaria italiana (ABI), assistiti dalla garanzia dello Stato. Si prevede l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 7, lettera a), secondo periodo, del decreto-legge n. 269 del 2003.
La richiamata lettera a) del comma 7 dispone, al primo periodo, che la CDP S.p.A. finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.
Il successivo secondo periodo stabilisce che l'utilizzo dei citati fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti di cui al primo periodo, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati dal Ministro dell'economia e delle finanze (con apposito decreto), tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione.
La garanzia dello Stato è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
Ciò nel rispetto dell’art. 31 della L. 196/2009, secondo cui in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze sono elencate le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti.
L’attuazione delle disposizioni dettate dal comma in esame viene demandata ad appositi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, che dovranno:
§ concedere la garanzia dello Stato e definire i criteri e le modalità di operatività della stessa;
§ definire le modalità di monitoraggio ai fini del rispetto dell'importo massimo dei finanziamenti.
Al soggetto beneficiario del finanziamento agevolato è attribuito un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, pari all'importo ottenuto sommando al capitale gli interessi dovuti e le spese necessarie alla gestione dei finanziamenti. Le modalità di fruizione del credito di imposta sono stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. II credito di imposta è revocato, in tutto o in parte, nell'ipotesi di risoluzione totale o parziale del contratto. I finanziamenti agevolati hanno una durata massima venticinquennale. I relativi contratti devono prevedere specifiche clausole risolutive espresse, per i casi di mancato o ridotto impiego del finanziamento ovvero di utilizzo per finalità diverse (commi 232-236).
Si evidenzia che tale meccanismo di finanziamento agevolato, assistito dalla garanzia dello Stato e associato ad un credito d’imposta, ricalca quello previsto dall’articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012 (e successive modifiche e integrazioni) a favore della popolazione colpita dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
Al riguardo si ricorda che l'articolo 11, comma 11-quater, del decreto-legge n. 76 del 2013, analogamente a quanto prevede la norma in esame, ha precisato che sono assistiti da garanzia statale non solo i finanziamenti contratti dalle banche per acquisire le risorse, ma anche i finanziamenti da esse concessi ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici per la ricostruzione. La norma ha chiarito, inoltre, che il limite massimo della garanzia statale (in quel caso di 6 miliardi) è riferito ai finanziamenti concessi ai soggetti danneggiati, e non a quelli contratti dalle banche.
Si demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di definire le modalità di fruizione del credito di imposta, nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. Il credito di imposta è revocato, in tutto o in parte, nell'ipotesi di risoluzione totale o parziale del contratto di finanziamento agevolato.
Il comma 233 dispone che il soggetto che eroga il finanziamento debba comunicare all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche, gli elenchi dei soggetti beneficiari, l'ammontare del finanziamento concesso a ciascun beneficiario, il numero e l'importo delle singole rate.
Nel corso dell’esame al Senato, il comma in esame è stato integrato al fine di specificare che l'ammontare del finanziamento è da erogare al netto di eventuali indennizzi per polizze assicurative stipulate per le medesime finalità, da dichiarare al momento della richiesta del finanziamento agevolato.
Il comma 234 disciplina le modalità di erogazione dei finanziamenti agevolati, che hanno una durata massima venticinquennale. In particolare, essi sono erogati e posti in ammortamento sulla base degli stati di avanzamento lavori relativi all'esecuzione dei lavori, alle prestazioni di servizi e alle acquisizioni di beni necessari all'esecuzione degli interventi ammessi a contributo dalle amministrazioni pubbliche finanziatrici.
Si prevede, inoltre, che i contratti di finanziamento prevedano specifiche clausole risolutive espresse, anche parziali, per i casi di mancato o ridotto impiego del finanziamento, ovvero di utilizzo anche parziale del finanziamento per finalità diverse da quelle indicate nell’articolo in esame. Nei casi di risoluzione del contratto di finanziamento, il soggetto finanziatore chiede al beneficiario la restituzione del capitale, degli interessi e di ogni altro onere dovuto. In mancanza di tempestivo pagamento spontaneo, lo stesso soggetto finanziatore comunica alle amministrazioni pubbliche che hanno stanziato i contributi, per la successiva iscrizione a ruolo, i dati identificativi del debitore e l'ammontare dovuto, fermo restando il recupero da parte del soggetto finanziatore delle somme erogate e dei relativi interessi nonché delle spese strettamente necessarie alla gestione dei finanziamenti, non rimborsati spontaneamente dal beneficiario, mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (il quale prevede la facoltà del contribuente di compensare debiti e crediti d'imposta). Le somme riscosse a mezzo ruolo sono versate in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione civile.
Il comma 235 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 31 marzo di ciascun anno, verifichi l'andamento della concessione di finanziamenti agevolati e del relativo tiraggio, al fine di valutare l'importo dei finanziamenti che possono essere annualmente concessi nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, fermo restando il limite massimo di 1.500 milioni di euro.
Nel corso dell’esame al Senato, il comma in esame è stato integrato al fine di stabilire che il predetto Ministero provveda alla comunicazione, al Dipartimento della Protezione Civile, entro il termine del 31 marzo, dell'esito della verifica in questione.
Il comma 236 prevede che le modalità attuative del presente articolo siano definite con ordinanze di protezione civile adottate:
§ d'intesa con le regioni rispettivamente interessate;
§ e di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
La definizione delle modalità attuative attraverso le ordinanze, secondo il medesimo comma, è volta ad assicurare:
§ uniformità di trattamento;
§ un efficace monitoraggio sull'utilizzo delle risorse;
§ il rispetto del limite massimo di 1.500 milioni di euro previsto dal comma 231.
Articolo 1,
comma 382
(Trasformazione della Cassa conguaglio)
Al
comma 382 si trasforma in ente pubblico economico la Cassa conguaglio per il settore elettrico,
con una dotazione iniziale di cento
milioni di euro.
Il comma trasforma la Cassa conguaglio per
il settore elettrico in ente pubblico economico, denominato "Cassa per i
servizi energetici e ambientali" (CSEA). I principali effetti della
trasformazione saranno l’attribuzione al nuovo soggetto giuridico di un
patrimonio proprio e il riconoscimento dei ricavi derivanti dai servizi resi
alle imprese. Il patrimonio iniziale dell'ente sarà pari a 100 milioni di euro e
sarà costituito da una somma prelevata dai conti gestiti dalla Cassa conguaglio
per il settore elettrico e versata all'entrata del bilancio dello Stato per
essere riassegnata ad apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del
Ministero dell'Economia e delle Finanze per le finalità di migliorare i saldi
di finanza pubblica e di razionalizzare e potenziare le attività di servizio
svolte a favore delle imprese nei settori dell'energia elettrica, del gas e del
sistema idrico e, in particolare, allo scopo di valorizzare i ricavi delle
prevalenti attività economiche di accertamento, riscossione, versamento,
supporto finanziario, informatica e amministrativo.
Tale è
infatti lo scopo per cui l'operazione è condotta, anche mediante il
conferimento al nuovo ente di autonomia
organizzativa, tecnica e gestionale, con dipendenti legati da rapporto di
lavoro di diritto privato e dalla contrattazione collettiva di settore.
La vigilanza del MEF e dell'Autorità di
settore (quella per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico)
riguarderà l'attività e gli organi del nuovo ente, i quali (presidente,
comitato di gestione e collegio dei revisori) continueranno ad essere nominati
in base a quanto già previsto per gli omologhi organi della Cassa previgente.
Il nuovo statuto, poi, stabilirà la dotazione organica dell'ente in misura non
superiore a 60 unità: con la medesima procedura di emanazione, imperniata sui
soggetti vigilanti, saranno apportate le modifiche necessarie al regolamento di
organizzazione e funzionamento. Altre norme transitorie attinenti alle risorse
umane e strumentali prevedono:
§ l'avvio
di procedure di selezione pubblica, per titoli ed esami,
finalizzate alla copertura del fabbisogno di organico (titolo preferenziale, ma
non essenziale, sarà il servizio prestato presso la Cassa previgente per un
periodo di almeno dodici mesi);
§ l'esenzione
tributaria per tutti gli atti connessi alle operazioni
di trasformazione in ente pubblico economico, esclusi anche da ogni diritto ed
effettuati in regime di neutralità fiscale.
La
clausola di invarianza finanziaria, che esclude oneri a carico della finanza pubblica,
non impedisce di prevedere che, a decorrere dal 2016, gli eventuali utili
derivanti dalla gestione economica dell'ente siano versati all'entrata del bilancio
dello Stato. In effetti, il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 (recante
attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica
le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e
2006/32/CE) all'articolo 5, comma 12 finanziava interventi di riqualificazione
energetica sugli edifici di proprietà della pubblica amministrazione centrale con
5 milioni di euro per il 2014 e 25 milioni di euro sul 2015, a valere sul Fondo
esistente presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico (CCSE), nel quale
per la relazione tecnica risultavano accantonati 62,8 milioni di euro (al 21
marzo 2014).
Articolo 1, commi 483-488
(Fondo di garanzie infrastrutture TERNA)
I commi da 483 a 488 introdotti nel corso dell’esame al Senato, intervengono sulla materia già disciplinata dall'art. 32 della legge n. 99/09, che recava disposizioni volte a favorire la realizzazione di infrastrutture di interconnessione con l’estero, in particolare con i Paesi confinanti con il nord dell’Italia, per giungere a un vero mercato unico dell’energia elettrica.
In particolare, con il citato art. 32, si dava mandato alla società Terna S.p.A. di provvedere, a fronte di specifico finanziamento da parte di soggetti investitori terzi, a programmare, costruire ed esercire a seguito di specifici mandati dei medesimi soggetti uno o più potenziamenti delle infrastrutture di interconnessione con l'estero nella forma di «interconnector» ai sensi del Regolamento (CE) n. 1228/2003, nonché le necessarie opere di decongestionamento interno della rete di trasmissione nazionale, in modo che venisse posto in essere un incremento globale fino a 2000 MW della complessiva capacità di trasporto disponibile con i Paesi esteri.
Terna S.p.A. è il principale proprietario della Rete di Trasmissione Nazionale di energia elettrica ad alta tensione. E’ responsabile della trasmissione e del dispacciamento dell'energia sull'intero territorio nazionale, nonché dell'attività di programmazione e sviluppo della Rete.
Ai sensi del Regolamento (CE) n. 1228/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica, è definito «interconnector» una linea di trasmissione che attraversa o si estende oltre una frontiera tra Stati membri e che collega i sistemi nazionali di trasmissione degli Stati membri.
Il
comma 483 prevede l'istituzione, presso Terna S.p.A., di un fondo di garanzia,
nel quale confluiscono le somme che sono tenuti a versare, fino all'entrata in
servizio di ciascun interconnector,
i soggetti aggiudicatari ovvero cessionari della potenza assegnata, che abbiano
assunto con Terna l'impegno di finanziamento delle opere di cui all'art. 32
della legge n. 99/2009 (Impulso
alla realizzazione del mercato unico dell'energia elettrica attraverso lo
sviluppo di interconnector con
il coinvolgimento di clienti finali energivori). Dette somme sono
fissate in misura pari a 1 euro/MWh per anno, in aggiunta ai corrispettivi,
determinati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che gli stessi
soggetti aggiudicatari ovvero cessionari riconoscono a Terna per l'esecuzione
dei contratti di approvvigionamento. Il fondo interviene esclusivamente a
garanzia degli impegni assunti per il finanziamento di ciascun interconnector e
le somme in esso versate non possono essere distratte dalla destinazione
prevista. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono disciplinati
criteri e modalità di gestione del fondo.
Il
comma 484 interviene sul periodo di tempo fissato dal citato art. 32, comma 6,
il quale demandava all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di
disciplinare le misure volte a consentire - a partire dalla conclusione del
contratto di mandato per la programmazione e la progettazione e fino alla messa
in servizio dell'interconnector e
comunque per un periodo non superiore a sei anni - l'esecuzione degli eventuali
contratti di approvvigionamento all'estero di energia elettrica per la
fornitura ai punti di prelievo dei clienti finali selezionati, nei limiti della
capacità di trasporto oggetto della richiesta di esenzione. Il periodo di tempo
per l'esecuzione di detti contratti viene esteso al 31 dicembre 2021, a favore
dei soggetti aggiudicatari ovvero cessionari di cui al comma 483, al fine di
consentire il completamento della realizzazione delle infrastrutture di
interconnessione con l'estero di cui allo stesso art. 32.
Il comma 485 prevede che i
soggetti aggiudicatari ovvero cessionari di cui al comma
483 debbano sottoscrivere il contratto di mandato per la costruzione ed
esercizio dell'interconnector,
a pena di decadenza, entro 90 giorni dal rilascio dell'esenzione dall'accesso a
terzi sulla capacità di trasporto che tali infrastrutture rendono disponibile,
secondo le modalità di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 21
ottobre 2005 ("Modalità e criteri per il rilascio dell'esenzione dalla
disciplina del diritto di accesso dei terzi alle nuove linee elettriche di
interconnessione con i sistemi elettrici di altri Stati"), in conformità a
quanto previsto dal citato art. 32, comma 3.
Il comma 486 modifica il
comma 3 dell'art. 32, prevedendo che la richiamata esenzione, al cui rilascio è
subordinato il perfezionamento del contratto di mandato per la costruzione e l'esercizio
dell'interconnector,
possa avere durata anche inferiore a venti anni (le parole "per una durata
pari a venti anni" sono sostituite dalle parole "per una durata fino
a venti anni").
Il comma 487 modifica il
termine stabilito dal comma 4 dell'art. 32 per l'entrata in servizio dell'interconnector
che abbia ottenuto la predetta esenzione, disponendo che esso sia pari a 48
mesi - in luogo dei precedenti 36 - dalla data di pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale del decreto di rilascio dell'esenzione stessa.
Il comma 488 opera un rinvio,
per quanto non previsto dai commi da 483 a 487, all'applicazione del citato
art. 32.
Articolo 1,
comma 489
(Disposizioni per il finanziamento
investimenti ambientali
e tecnologici)
Il
comma 489 introduce la garanzia
statale ai finanziamenti che il commissario dell'azienda siderurgica ILVA è
autorizzato a contrarre, nel limite di 800 milioni di euro (che viene innalzato
rispetto alla normativa vigente per il 2015).
Il comma 489 autorizza a contrarre
finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 800 milioni di euro,
assistiti dalla garanzia dello Stato. Destinatario dell'autorizzazione è
l'organo commissariale[50] di
ILVA S.p.A., mentre la finalità esclusiva dev'essere l'attuazione e la
realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e
sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria[51]; nei
limiti delle disponibilità residue, i finanziamenti potranno essere funzionali a
interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di
ripristino e di bonifica ambientale, nel rispetto della normativa dell'Unione europea
in materia. Il finanziamento costituisce anticipazione finanziaria sui fondi
raccolti a seguito della emissione del prestito obbligazionario[52] di cui
all'art. 3 del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1 (convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20).
In
quell'ultimo intervento era stata già consentita all'organo commissariale di
ILVA S.p.A, la contrazione di finanziamenti fino a
400 milioni di euro, anche allora assistiti dalla garanzia (a prima richiesta,
esplicita, incondizionata e irrevocabile) dello Stato[53]: ora
come allora, il finanziamento è rimborsato dall'organo commissariale in prededuzione rispetto agli altri debiti, ai sensi
dell'articolo 111 della legge fallimentare. Nello stato di previsione del
Ministero dell'economia e delle finanze era istituito, con una apposita
contabilità speciale, un fondo a copertura delle garanzie dello Stato così
concesse: oggi la garanzia dello Stato attinge alla dotazione del medesimo
Fondo, all'uopo incrementata di 400 milioni di euro mediante utilizzo delle
disponibilità in conto residui del fondo garanzie dello Stato[54].
Nella
relazione al disegno di legge di stabilità si ricorda come l’intervento
normativo sia funzionale ad assicurare la “tempestiva disponibilità” delle
somme necessarie agli interventi di messa in sicurezza e bonifica per i quali
la Commissione europea, nel parere motivato del 16 ottobre 2014 concernente la
procedura di infrazione n. 2013/2177, ha ritenuto che l’Italia sia direttamente
obbligata e responsabile anche prima della definizione giudiziaria delle
responsabilità di ILVA. Qualora l’Italia non ottemperasse a quanto indicato nel
citato parere sarebbe soggetta a sanzioni pecuniarie[55]. Si
ricorda che la normativa generale in materia prevede che qualora l’operatore
(nel caso di specie ILVA) al quale siano state richieste le misure di
riparazione non vi si conformi tempestivamente, ovvero non sia individuabile
oppure non sia tenuto a sostenerne i costi l’autorità competente (nel caso di
specie lo Stato italiano) ha facoltà di
adottare essa stessa le misure necessarie, qualora non le rimangano altri
mezzi. Da ultimo la Commissione, nel rilevare i ritardi nell’esecuzione dei
lavori necessari per adempiere alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata
ambientale (AIA) ha richiesto all’Italia di conoscere gli interventi posti in
essere perché sia assicurato il pieno rispetto delle prescrizioni AIA
2011-2012, come successivamente integrate, entro il mese di agosto del 2016.
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con
l’Unione Europea)
La Commissione europea ha emesso il 16 ottobre 2014 un parere motivato nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013, contestando in relazione allo stabilimento ILVA di Taranto la violazione della direttiva 2008/1/CE (cd. Direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento fino al 7 gennaio 2014, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, a decorrere da tale data.
Nel parere motivato, la Commissione, pur riconoscendo i progressi conseguiti dalla data di costituzione in mora, contesta la violazione delle direttive sopra richiamate con riferimento a tre diversi ambiti.
Anzitutto, essa ritiene il gestore dello stabilimento ILVA di Taranto inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste nell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata a ottobre 2012.
Le
inadempienze ancora riscontrate
riguardano:
§ la mancata copertura dei
siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti;
§ la mancata adozione di
provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti
di trattamento dei gas;
§ la mancata adozione di misure
per il controllo dell’emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo
in uscita dalle torri di spegnimento;
§ mancata adozione di
provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.
Inoltre, la Commissione rileva che:
§ il rinvio dei termini di adempimento delle prescrizione di un’AIA è contrario alla logica dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali, che dispone che gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché le condizioni di autorizzazione siano rispettate;
§ non risulta l’adozione del piano industriale, propedeutico, a norma del DL n. 61/2013, all’attuazione del piano ambientale.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la Commissione europea conclude che, non avendo garantito il rispetto di tutte le prescrizioni dell’AIA, la Repubblica italiana ha violato l’articolo 14, lettera a), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali a decorrere da tale data.
Un secondo ambito di violazioni contestate dalla Commissione europea riguarda le disposizioni delle direttive IPPC e sulle emissioni industriali[56] con riferimento alla mancata adozione di misure che garantiscano che le istallazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi.
La
Commissione cita a sostegno di tale affermazione i seguenti fatti:
§ l’inclusione della zona
industriale di Taranto tra i Siti di
Interesse Nazionale (SIN) altamente inquinati e da bonificare;
§ la caratterizzazione cui è stato sottoposto il sito di pertinenza
dell’ILVA, da cui è risultato che il
suolo, le acque superficiali e le acque sotterranee del sito sono fortemente inquinate;
§ il grave inquinamento anche
dei comuni limitrofi di Taranto (in
particolare, il comune di Statte), attribuibile all’attività dello stabilimento
ILVA.
Dai dati ufficiali delle competenti autorità italiane, risulta che,
sebbene nel 2013 la qualità dell’aria a Taranto sia migliorata rispetto al
2012, lo stabilimento ILVA continua a
causare un inquinamento significativo non solo dell’aria ma anche del suolo e
delle acque.
Il terzo ambito di contestazioni si riferisce al mancato aggiornamento dell’AIA nel 2013, alla mancanza di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque
sotterranee, per la verifica
periodica del loro stato e per la
prevenzione delle emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee nonché alla
mancanza di misure relative all’arresto
definitivo dell’impianto.
Pur prendendo in considerazione le ulteriori misure recate dal D.P.C.M. del 14 marzo 2014, ad avviso della Commissione, l’AIA dello stabilimento ILVA di Taranto continua ad essere inadeguata, non contenendo tutte le misure prescritte dalle direttive europee (articolo 9 della direttiva IPPC e articolo 14 della direttiva sulle emissioni industriali).
Il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno 2016 e il bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (A.C. 3445) è predisposto sulla base del criterio della legislazione vigente, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009) e delle indicazioni fornite con la circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 19 del 7 maggio 2015, ed è impostato secondo la struttura contabile per missioni e programmi.
Ai sensi dell’articolo 21, le previsioni di entrata e di spesa contenute nel bilancio sono formate sulla base della legislazione vigente, tenuto conto dei parametri economici utilizzati nel Documento di economia e finanza (DEF); le previsioni sono esposte in termini di competenza e di cassa.
La tradizionale concezione della legge di bilancio come legge meramente formale, che fotografa i fattori legislativi di spesa senza poterli modificare (compito spettante alla legge di stabilità, che poi si ripercuote sul bilancio attraverso la nota di variazioni) è stata, in parte, superata dalla legge di contabilità, che ha introdotto la c.d. flessibilità del bilancio, in base alla quale, con la legge di bilancio, è possibile effettuare rimodulazioni delle dotazioni finanziarie, relative anche ai fattori legislativi, purché compensative all’interno di un programma o tra programmi di una medesima missione di spesa (art. 23 della legge n. 196/2009) ovvero tra missioni diverse secondo quanto disposto da più recenti disposizioni che hanno innovato in materia di flessibilità di bilancio (art. 2, co. 1, D.L. n. 78/2010).
L’impostazione del bilancio come legge sostanziale trova peraltro fondamento nell’articolo 81 Cost. come riformato dalla Legge Cost. 1/2012 e, in attuazione di esso, dall’articolo 15 della legge n. 243/2012. Le disposizioni di cui all’articolo 15 citato, che introduce una nuova struttura ti tale documento, entreranno in vigore il prossimo esercizio finanziario, dal 1° gennaio 2016.
Nel disegno di legge di bilancio per il 2016 è presente, in allegato a ciascuno stato di previsione della spesa, un “Prospetto delle autorizzazioni di spesa per programmi”, che espone le autorizzazioni di spesa di ciascun Ministero che sono state rimodulate dal disegno di legge di bilancio. Si genala che lo stato di previsione della spesa del MISE è privo di tale Allegato.
Il disegno di legge di bilancio attuale si presenta strutturato in Missioni e Programmi. Con tale nuova classificazione – introdotta a partire dal 2008 - è stata operata una strutturazione in senso funzionale delle voci di bilancio, volta a mettere in evidenza la relazione tra risorse disponibili e finalità delle politiche pubbliche, anche al fine di rendere più agevole l’attività di misurazione e verifica dei risultati raggiunti con la spesa pubblica. Le unità di voto parlamentare sono individuate:
a) per le entrate, con riferimento alla tipologia;
b) per le spese, con riferimento ai programmi, intesi quali aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi definiti nell'ambito delle missioni, che rappresentano le funzioni principali della spesa.
Ogni unità di voto deve indicare: l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente; l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare (competenza) nonché l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare (cassa), nell'anno cui il bilancio si riferisce; le previsioni delle entrate e delle spese relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale.
La dotazione finanziaria dei programmi di spesa è distinta in spese “rimodulabili” (vale a dire, spese autorizzate da espressa disposizione legislativa ovvero spese di adeguamento al fabbisogno) e “non rimodulabili” (spese per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo sulle variabili che concorrono alla loro formazione. Esse corrispondono, in sostanza, alle spese obbligatorie).
Costituiscono oggetto di approvazione parlamentare le previsioni di entrata e di spesa, di competenza e di cassa, relative all'anno cui il bilancio si riferisce, nonché quelle relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale.
Soltanto le previsioni del primo anno costituiscono, tuttavia, limite alle autorizzazioni di impegno e pagamento.
Nel disegno di legge di bilancio le informazioni relative alle singole unità di voto sono riportate nella Nota integrativa a ciascuno stato di previsione, che contiene le schede illustrative dei programmi di spesa del Ministero e delle leggi che lo finanziano, nonché il piano degli obiettivi correlati a ciascun programma ed i relativi indicatori di risultato, con espressa indicazione delle risorse destinate alla realizzazione degli obiettivi e degli indicatori di realizzazione ad essi riferiti.
Il DDL di bilancio 2016-2018 conferma la struttura prevista già per l'esercizio 2015, con le 34 missioni, che rappresentano le funzioni principali della spesa pubblica e ne delineano gli obiettivi strategici, e con i programmi di spesa, che costituiscono le unità di voto parlamentare, i quali risultano complessivamente 181 con lievi modifiche nella denominazione e nella composizione rispetto alla legge di bilancio 2015, modifiche che peraltro non hanno riguardato i programmi iscritti nello stato di previsione del MISE.
Per ciò che concerne la formazione delle dotazioni di bilancio, la Relazione illustrativa evidenzia che l'evoluzione degli aggregati, per il triennio di previsione, sconta gli interventi di contenimento della spesa operati negli esercizi precedenti e gli effetti dei provvedimenti, in particolare, di quelli di urgenza disposti dal Governo nel corso del 2015 (quali, il D.L. 65/2015, il D.L. n. 78/2015 "misure a sostegno degli enti territoriali" e il D.L. n. 83/2015 "ottimizzazione dell'azione giudiziaria" e legge n. 107/2015 "interventi a favore dell'istruzione scolastica").
Si ricorda che le previsioni di spesa 2016-2018 risentono inoltre delle varie disposizioni legislative che hanno operato riduzioni alle spese rimodulabili del bilancio statale, ovvero di specifiche missioni e categorie economiche di spesa del bilancio statale, per gli anni 2016 e successivi.
Si rinvia più diffusamente, per quanto concerne la disciplina contabile del disegno di legge di bilancio, l'analisi delle riduzioni lineari, al Dossier "Legge di bilancio 2016" n. 366/1
Nel presente capitolo si dà conto delle parti del disegno di legge di Bilancio 2016 (A.C. 3445) di interesse della X Commissione Attività Produttive. Si tratta in via prevalente dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (Tabella 3), ma occorre considerare anche altri tre Ministeri nei cui stati di previsione sono ricompresi programmi di interesse della X Commissione: il Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Tabella 7) e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Tabella 13).
Il ruolo e le funzioni del Ministero dello sviluppo economico hanno subito, negli ultimi anni, varie modifiche. La relativa struttura è stata conseguentemente oggetto, come già ricorda la Corte dei Conti (Giudizio di parificazione sul Rendiconto 2014, di giugno 2015), di una serie di riorganizzazioni, la più rilevante delle quali attiene allo scorporo del Dipartimento delle politiche di coesione a seguito della creazione dell'apposita Agenzia per la gestione dei fondi per lo sviluppo e la coesione (Agenzia per la coesione territoriale) sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (D.L. n. 101/2013, articolo 10, commi 5 e 8 e relativo successivo D.P.C.M. attuativo del 15 dicembre 2014). Con D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 158 è stata quindi ridefinita l'organizzazione del Ministero, prevedendo 15 Uffici di livello dirigenziale generale che costituiscono autonomi centri di responsabilità, coordinati dal neo istituito Segretario generale, in luogo della precedente struttura organizzata per dipartimenti: i dipartimenti erano 4, di cui uno, come già detto, trasformato in Agenzia per la coesione territoriale. A seguito di tale riorganizzazione si è dunque proceduto a riallocare le risorse del Ministero, allocandole in 17 centri di responsabilità amministrativa (CRA)[57] (rappresentati dai 15 uffici di livello dirigenziale generale, dal segretariato generale e dal gabinetto ed uffici di diretta collaborazione del Ministro), coinvolti nella definizione degli obiettivi del Ministero.
Lo scorporo delle competenze dell'ex Dipartimento delle politiche di coesione e la creazione dell'Agenzia ha avuto un sensibile effetto sullo stato di previsione della spesa del MISE, che, dall'esercizio 2015, non reca più al suo interno le risorse relative alla Missione 28 "Sviluppo e riequilibrio della finanza territoriale", missione che gestisce i fondi per lo sviluppo e la coesione attraverso il capitolo Fondo sviluppo e coesione (ex FAS, ora sul capitolo 8000/MEF) e che si qualificava per essere la missione più consistente all'interno dello stato di previsione del Ministero. Per i motivi suesposti, l'andamento della spesa del MISE nel 2016 è confrontabile con il 2015 e solo limitatamente confrontabile con l'anno 2014 (cfr. infra, Le previsioni di spesa del MISE).
Infine, per quel che attiene gli organismi vigilati dal Ministero si ricorda che trattasi di 16 soggetti giuridici tra enti di diritto pubblico e privato, agenzie, società partecipate (alcune delle quali in house), cui bisogna aggiungere le partecipate di secondo livello.
I trasferimenti legislativamente previsti a favore degli enti ed organismi vigilati hanno evidenza contabile nello stato di previsione del Ministero (cfr. infra, Analisi della spesa per Missioni e programmi del MISE).
Lo stato di previsione
del Ministero dello sviluppo economico (A.C.
3445 - Tab.3) si articola in 8
missioni e 18 programmi, ai
quali sono complessivamente riconducibili circa
120 obiettivi da
conseguire (in luogo dei 129 obiettivi risultanti a Rendiconto 2014). Di essi,
solo 19 obiettivi sono esplicitamente
indicati come strategici.
Il c.d. Piano degli obiettivi del Ministero è riportato nella Sezione I della Nota Integrativa al Disegno di Legge di Bilancio , in una apposita Tabella (vedi pagg. 12-18) dell’A.S. 2112 – Tab. 3), in cui sono indicati, per il triennio 2016-2018, le risorse attribuite - in termini sia di stanziamenti in c/competenza, sia di costi totali (budget) - ai predetti obiettivi iscritti in ciascuna missione e in ciascun programma, facenti capo ai diversi Centri di responsabilità amministrativa.
Sono inoltre riportate le singole schede obiettivo che rendono conto della natura dell’obiettivo stesso – se strategico o meno - e dei corrispondenti indicatori di risultato.
Si rammenta che tali indicatori – previsti dagli articolo 21, 35 e 39 della legge di contabilità n. 196 del 2009 - costituiscono lo strumento di misurazione del grado di raggiungimento degli obiettivi del Piano, necessari sia per la trasparenza che per la valutazione delle politiche di bilancio di ciascuna amministrazione.
Per essi si rinvia a quanto più dettagliatamente illustrato nel dossier n. 366/1 relativo al DDL di bilancio (A.C. 3445).
Nella parte preliminare della Nota Integrativa al Disegno di Legge di Bilancio relativa allo stato di previsione del MISE, ad illustrazione del Piano degli obiettivi, si afferma che le attività prioritarie di politica industriale riguarderanno la promozione della competitività, attraverso la definizione di policy nell'ambito di macro aree ritenute strategiche: Bioeconomie e Economia circolare, Farmaceutica, Industrie culturali e creative, Space economy, industrie energivore e al tema delle linee di sviluppo secondo quanto indicato dal sistema Industry 4.0. Proseguirà il monitoraggio e la promozione dell'ecosistema delle start up e delle PMI innovative, la gestione delle crisi industriali per il rilancio dei territori in difficoltà e la salvaguardia dei livelli occupazionali, la vigilanza sul sistema cooperativo per la verifica di condizioni anticoncorrenziali ed alla prevenzione del rischio di insolvenza.
La Nota ricorda l'avvio della semplificazione amministrativa per le imprese, sulla base della delega di cui all'art. 10 della legge n.124/2015, di riforma della P.A, il riassetto e la razionalizzazione organizzativa delle Camere di Commercio.
Per quanto riguarda gli incentivi alle imprese, la Nota afferma che il Ministero ha, nel contesto di generale di contrazione delle disponibilità finanziarie, operato una maggiore focalizzazione degli interventi per contrastare i fattori di debolezza. I tre obiettivi ritenuti prioritari per il prossimo triennio vengono pertanto individuati nel sostegno agli investimenti fissi e la facilitazione dell'accesso al credito (Nuova Sabatini e Fondo di Garanzia), il sostegno alla ricerca, sviluppo e innovazione (Fondo crescita sostenibile) ed il riequilibrio economico territoriale (Contratti di Sviluppo e Zone Franche Urbane). Delle risorse finanziarie iscritte a BLV 2016-2018 relative agli interventi in questione si darà conto nel successivo paragrafo relativo alle Missioni e programmi dello Stato di previsione del MISE. infine, la Nota afferma richiama l'impegno a crescere in maniera sostenibile dal punto di vista economico e ambientale, per raggiungere gli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale e lo sviluppo del settore comunicazioni elettroniche e di quello della radiodiffusione con il potenziamento infrastrutturale della Larga Banda e la promozione dell'innovazione tecnologica nel settore con le reti ad alta velocità e di nuova generazione (Banda Ultralarga).
Nella Tabella che segue si dà indicazione degli obiettivi strategici perseguiti dal MISE come indicati nelle schede obiettivo relative ai programmi di spesa, contenute nella Nota integrativa.
MINISTERO
DELLO SVILUPPO ECONOMICO |
|||
MISSIONI/PROGRAMMI/OBIETTIVI |
|||
Missione |
Programma |
Centro di
responsabilità |
Obiettivo
strategico |
1.
Competitività e sviluppo delle imprese |
1.1 Promozione
e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di
responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo |
Direzione
generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie
imprese |
274 -
Iniziative per il sostegno delle PMI e per la promozione e lo sviluppo del
movimento cooperativo |
328 -
Definizione di un Programma nazionale di politica industriale |
|||
1.2 Vigilanza
sugli enti, sul sistema cooperativo e sulle gestioni commissariali |
Direzione
generale per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni
commissariali |
379 -
Rafforzamento delle politiche a favore del movimento cooperativo attraverso
la regulatory review e la qualificazione
dell'attività di revisione e di vigilanza, con particolare riferimento, alle
cooperative spurie |
|
1.3
Incentivazione del sistema produttivo |
Direzione
generale per gli incentivi alle imprese |
396 - Sostegno
agli investimenti orientati in ricerca, innovazione e digitalizzazione |
|
397 -
Attivazione di misure nell'ambito del programma operativo nazionale
"imprese e competitivita'" fesr 2014-2020 |
|||
398 - Potenziamento e rafforzamento degli strumenti
di garanzia pubblica e sostegno alle imprese per l accesso al credito |
|||
1.7 Lotta alla
contraffazione e tutela della proprietà industriale |
Direzione
generale per la lotta alla contraffazione - ufficio italiano brevetti e
marchi |
416 -
Diffusione della cultura della proprieta'
industriale ed interventi per il contrasto alla contraffazione |
|
1.8
Coordinamento azione amministrativa, attuazione di indirizzi e programmi per
favorire competitività e sviluppo delle imprese, dei servizi di comunicazione
e del settore energetico |
Segretariato
generale |
|
|
|
|||
3. Regolazione dei mercati |
3.1 Vigilanza
sui mercati e sui prodotti, promozione della concorrenza e tutela dei
consumatori |
Direzione
generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la
normativa tecnica |
344 - Promozione della concorrenza anche attraverso
interventi di semplificazione, di regolazione dei mercati, di tutela dei consumatori e di riordino del sistema
delle camere di commercio |
|
|||
4.
Commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo |
4.1 Politica
commerciale in ambito internazionale |
Direzione
generale per la politica commerciale internazionale |
263 - Sostenere la competitivita'
del sistema produttivo italiano, anche valorizzando le opportunita'
di rilancio presenti negli accordi bilaterali conclusi dall'ue in ambito internazionale |
4.2 Sostegno
all'internazionalizza-zione delle imprese e promozione del made in Italy |
Direzione
generale per le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli
scambi |
270 - Sviluppare l'internazionalizzazione delle
imprese italiane aggiornando le strategie di supporto e sostenendo progetti innovativi per la promozione del made in italy nei mercati internazionali |
|
|
|||
5.Energia
e diversificazione delle fonti energetiche |
5.6 Sicurezza approvvigionamento,
infrastrutture mercati gas e petrolio e relazioni internazionali nel settore
energetico |
Direzione
generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e per le infrastrutture
energetiche |
407 - Assicurare sicurezza approvvigionamenti gas, mediante
diversificazione fonti e rotte, sviluppare mercato gas e prodotti
petroliferi, anche attraverso relazioni comunitarie e internazionali |
5.7
Regolamentazione del settore elettrico, nucleare, delle energie rinnovabili e
dell'efficienza energetica, ricerca per lo sviluppo sostenibile |
Direzione
generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica,
il nucleare |
400 - Sviluppo
mercato interno e sicurezza sistema elettrico. diminuire prezzi energia e
dare sostenibilita' alla crescita,
raggiungere gli obiettivi della strategia nazionale al 2020 in materia di
energia e ambiente |
|
5.8 Sviluppo,
innovazione, regolamentazione e gestione delle risorse minerarie ed
energetiche |
Direzione
generale per le risorse minerarie ed energetiche |
413 - Migliorare la sicurezza delle attivita' estrattive per lavoratori ed ambiente e
contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici per le
risorse del sottosuolo e le materie prime strategiche |
|
|
|||
6.
Comunicazioni |
6.1
Pianificazione, regolamentazione, vigilanza e controllo delle comunicazioni
elettroniche e radiodiffusione, riduzione inquinamento elettromagnetico |
Direzione
generale per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico |
392 -
Valutazione dell'impatto delle risultanze della WRC-15 sull'ordinamento
nazionale ed avvio delle procedure per il recepimento del nuovo regolamento
delle radiocomunicazioni nella legislazione nazionale (PNRF). |
6.7 Servizi di
Comunicazione Elettronica, di Radiodiffusione e Postali |
Direzione
generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e
postali |
30 - Sviluppo
della Larga Banda |
|
294 -
Promozione e valorizzazione del digitale |
|||
6.8 Attività
territoriali in materia di comunicazioni e di vigilanza sui mercati e sui
prodotti |
Direzione
generale per le attività territoriali |
395 - Riqualificazione delle attività degli
Ispettorati Territoriali nell'ottica della gestione dei grandi eventi, anche
ai fini del potenziamento degli sportelli unici per l'utenza. |
|
|
|||
7. Ricerca e
innovazione |
7.3 Ricerca,
innovazione, tecnologie e servizi per lo sviluppo delle comunicazioni e della
societa' dell'informazione |
Istituto
superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione |
411 - Supporto
allo sviluppo delle reti di comunicazione elettronica di nuova generazione;
potenziamento della sicurezza informatica ai fini della prevenzione e
protezione dei sistemi e delle reti ICT a beneficio di imprese e
cittadini-CERT Nazionale. |
|
|||
9. Servizi
istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche |
9.1 Indirizzo
politico |
Gabinetto e
uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro |
|
9.2 Servizi e
affari generali per le amministrazioni di competenza |
Direzione
generale per le risorse, l'organizzazione e il bilancio |
414 - Sviluppo
e ottimizzazione delle risorse e razionalizzazione della spesa |
|
|
|||
10. Fondi da
ripartire |
10.1 Fondi da
assegnare |
Direzione
generale per le risorse, l'organizzazione e il bilancio |
|
Il Piano degli obiettivi per Missione e programma costituisce la base per l'adozione da parte dello stesso Ministero del cd. Piano della Performance ai sensi dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 150/2009.
Ai sensi dell'articolo 10
del D.Lgs. 150/2009, l'organo di indirizzo politico-amministrativo definisce
annualmente un documento programmatico triennale, denominato Piano della performance
da adottare in coerenza con i contenuti e il ciclo della programmazione
finanziaria e di bilancio, che individua, con riferimento agli obiettivi finali
ed intermedi ed alle risorse, gli indicatori per la misurazione e la
valutazione della performance dell'amministrazione. L'ultimo Piano della performance è stato adottato a luglio scorso e riguarda il periodo 2015-2017,
approvato con D.M. Mise del 14 maggio
2015 (registrato alla Corte dei Conti il 23 luglio 2015). Gli obiettivi del
Piano sono stati definiti in coerenza alla Nota integrativa allo stato di
previsione della spesa del MISE relativa alla legge di bilancio 2015. Le
priorità sono declinate in Obiettivi strategici e successivamente in obiettivi
operativi.
Nel Piano 2015-2017, il
Ministero rileva che l'attuazione del ciclo
di gestione della performance ha incontrato talune fisiologiche difficoltà,
collegate alla dimensione e alla complessità del Ministero e alla revisione del
suo assetto organizzativo (con relativa ricollocazione delle risorse
finanziarie dello stesso, si pensi, da ultimo, la fuoriuscita del Dipartimento
delle politiche di coesione). Ciò ha determinato la necessità di un adeguamento
continuo ai nuovi scenari di scelte e strategie, impedendo una programmazione
di ampio respiro. Ulteriori difficoltà,
infine, afferma il MISE, discendono dal
Sistema di misurazione e valutazione della performance, non più adatto alla nuova organizzazione e
farraginoso in diversi passaggi. Il Ministero comunque ritiene che già
dalla prossima annualità si possano ottenere significativi progressi nel
successivo triennio 2016-2018.
Infine, si ricorda che, nella Sezione II della Nota integrativa sono riportate le schede illustrative dei programmi - che, come detto, rappresentano le unità di voto parlamentare - in cui si dà conto delle attività sottostanti i programmi stessi e degli stanziamenti ad essi afferenti, ripartiti tra le diverse categorie economiche di spesa, con specifica indicazione delle spese rimodulabili o non rimodulabili del programma medesimo.
Il disegno di legge di bilancio per il 2016 (A.S. 2112), cioè il bilancio a legislazione vigente (BLV), presentato dal Governo prevedeva, per lo stato di previsione della spesa del MISE (Tabella 3 del Disegno di legge di bilancio) per l'anno 2016, una dotazione complessiva di competenza di 4.403,4 milioni di euro. In tale importo, vengono incluse le somme relative al rimborso delle passività finanziarie, pari nel 2016 a 259,6 milioni di euro.
Al netto del rimborso delle passività finanziarie, le spese finali del MISE erano pari nel 2016 a 4.143,8 milioni di euro, in riduzione del 7,6 percento rispetto alle previsioni assestate 2015.
stanziamenti di competenza - dati
in milioni di euro
Consuntivo 2014 |
Bilancio
2015 |
Assestato
2015 |
BLV
2016-2018 Ante I Nota di variazione |
|||
2016 |
2017 |
2018 |
||||
Spese finali
MiSE |
10.864,0 |
4.280,0 |
4.484,0 |
4.143,8 |
3.529,5 |
3.040,4 |
Spese MISE
in % spese finali STATO |
1,8 |
0,7 |
0,7 |
0,7 |
0,6 |
0,5 |
L'incidenza della spesa finale del
MISE rispetto al totale delle spese
finali dello Stato si mantiene, dunque, a BLV 2016 intorno allo 0,7
percento, allo stesso livello che nel 2015. Per gli anni successivi al 2016,
la spesa finale del Ministero conferma un profilo tendenziale inferiore.
Per quanto attiene agli stanziamenti
finali di cassa, il bilancio a
legislazione vigente per il 2016 reca previsioni di pagamento pari a
4.259,0 milioni di euro per il 2016.
Per gli anni successivi al 2016, esse
sono pari a 3529,5 milioni per il 2017 e a 3.040 milioni per il 2018.
stanziamenti di cassa - dati in
milioni di euro
Bilancio
2015 |
Assestato
2015 |
BLV Bilancio
2016-2018 Ante I Nota di variazione |
|||
2016 |
2017 |
2018 |
|||
Spese finali
MiSE |
4.290,4 |
5.601,8 |
4.259,0 |
3.529,5 |
3.040,4 |
Con l’approvazione da parte del Senato
del ddl di stabilità 2016 (A.C. 3444), il Governo ha presentato la Ia Nota di variazioni al bilancio (A.C.
3445-bis), con la quale vengono
scontati nel disegno di legge di bilancio gli effetti contabili determinati dal
disegno di legge di stabilità, come approvato in prima lettura al Senato.
Si consideri, al riguardo,
che il disegno di legge di stabilità
2016 reca un serie di norme che incidono sugli stanziamenti a legislazione
vigente del Ministero. In particolare, dispone, all'1, comma 333 a decorrere
dall'anno 2016, una riduzione degli stanziamenti di competenza e di cassa
dei Ministeri, nella misura indicata per ciascun Ministero, dall'elenco 2 del
disegno di legge medesimo. Tali importi in riduzione sono pari a del Ministero,
pari a 8,4 milioni di euro per il 2016, a 31,5 milioni per il 2017 e a 31,9
milioni per il 2018 (nessuna riduzione attiene al fattore legislativo), nonché,
come più analiticamente si dirà in seguito il
disegno di legge di stabilità interviene in più punti sulle dotazioni iscritte nei programmi di spesa del Ministero, ed
in particolare sulle spese per investimenti a favore delle imprese (in
particolare, le imprese del settore aereonautico con un sostanziale
rifinanziamento) e sui trasferimenti correnti agli enti vigilati dal MISE.
Nella Tabella seguente, si dà
indicazione degli effetti della I Nota di variazioni relativamente al solo
primo anno del triennio, cioè il 2016, in quanto, come si è accennato, per
quanto il bilancio sia pluriennale (triennale) soltanto le previsioni del primo anno del triennio costituiscono limite
alle autorizzazioni di impegno e
pagamento.
stanziamenti di competenza - dati in milioni di euro
|
Consuntivo 2014 |
Bilancio
2015 |
Assestato
2015 |
2016 |
||
DLB |
Ia Nota |
(B-A)/A |
||||
Spese finali
MiSE |
10.864,0 |
4.280,0 |
4.484,0 |
4.143,8 |
4.518,5 |
0,8 |
Spese MISE
in % spese finali STATO |
1,8 |
0,7 |
0,7 |
0,7 |
0,8 |
- |
Inclusi gli effetti della I Nota di variazioni, le spese complessive in conto
competenza ammontano per il 2016 a 4.778,1 milioni di euro per il 2016. Al
netto del rimborso delle passività finanziarie (che rimangono invariate
rispetto a quanto indicato nel disegno di legge di bilancio originario A.S.
2112), le spese finali del MISE
ammontano a 4.518,5 milioni di euro
per il 2016, e assorbono lo 0,8 percento delle spese finali
iscritte a bilancio dello Stato.
Nel 2016, le spese finali del MISE
risultano in aumento del 5,6 percento rispetto a quelle a legge di bilancio
2015 e in aumento dello 0,8 percento
rispetto alle previsioni assestate 2015.
Per gli anni successivi, si conferma
un profilo discendente delle spese finali, che si attestano, per il 2017, a
3.870,9 milioni di euro e per il 2018 a 3.429,1 milioni di euro.
Con l’approvazione da parte del Senato
del ddl di stabilità 2016 (A.C. 3444) e la Ia Nota di variazioni al bilancio (A.C.
3445-bis), le previsioni di cassa
sono così risultanti:
stanziamenti di cassa - dati in milioni di euro
Bilancio
2015 |
Assestato
2015 |
2016 |
|||
DLB |
Ia Nota |
(B-A)/A |
|||
Spese finali
MiSE |
4.290,4 |
5.601,8 |
4.259,0 |
4.633,7 |
-17,3 |
Dunque, per il 2016 le previsioni di
pagamento sono pari a 4.633,7 milioni
di euro per il 2016.
Per gli anni successivi, le proiezioni
indicano un profilo discendente, con previsioni di pagamento pari a 3.870,9
milioni nel 2017 e a 3.429,1 milioni nel 2018.
Il Ministero dello sviluppo economico (MISE) per l'anno 2016, recava, nel disegno di legge originario (A.S. 2112), dunque a legislazione vigente, spese finali per 4.143,8 milioni di euro per il 2016, con una netta prevalenza delle spese in conto capitale, l’87% delle spese finali del Ministero.
Alle spese correnti erano destinati 537,4 milioni di euro nel 2016. La rilevanza percentuale di queste ultime nelle previsioni per il 2016 risultava pari al 13% delle spese finali del Ministero.
Si osserva che la gran parte delle spese correnti del Ministero viene assorbita dai trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche, mentre il 26,3 percento delle stesse spese correnti riguarda il personale.
stanziamenti di competenza - dati
in milioni di euro
Bilancio
2015 |
Assestato
2015 |
BLV
2016-2018 (Ante I Nota di variazione) |
|||
2016 |
2017 |
2018 |
|||
Spese
correnti |
644,1 |
705,9 |
537,4 |
522,6 |
509,1 |
di cui: |
|||||
Personale |
163,6 |
166 |
141,4 |
139,2 |
138,1 |
Spese in
conto capitale |
3.636 |
3.778 |
3.606 |
3.006 |
2.531 |
di cui: |
|||||
Investimenti |
3.616,0 |
3.776,0 |
3.580,0 |
2.931,6 |
2.421,3 |
Spese finali
MISE |
4.280,4 |
4.483,6 |
4.143,8 |
3.529,5 |
3.040,4 |
Rimborso
passività finanziarie |
253,2 |
253,2 |
259,6 |
269,8 |
280,5 |
Spese
complessive MISE |
4.533,6 |
4.736,8 |
4.403,4 |
3.799,3 |
3.320,9 |
La Tabella che segue dà indicazione per
il 2016 degli effetti contabili
determinati sul bilancio a legislazione vigente del MISE dal disegno di legge di stabilità 2016 come approvato in prima lettura al
Senato, con la Ia Nota di variazioni al bilancio (A.C.
3445-bis).
stanziamenti di competenza - dati
in milioni di euro
Bilancio
2015 |
Assestato 2015 (A) |
2016 |
|||
DLB |
Ia Nota |
(B-A)/A |
|||
Spese
correnti |
644,1 |
705,9 |
537,4 |
585,6 |
-17,0 |
Spese in
conto capitale |
3.636 |
3.778 |
3.606 |
3.933 |
4,1 |
Investimenti |
3.616,0 |
3.776,0 |
3.580,0 |
3.913,4 |
3,6 |
Spese finali
MISE |
4.280,4 |
4.483,6 |
4.143,8 |
4.518,5 |
0,8 |
Rimborso
passività finanziarie |
253,2 |
253,2 |
259,6 |
259,6 |
2,5 |
Spese
complessive MISE |
4.533,6 |
4.736,8 |
4.403,4 |
4.778,1 |
0,9 |
In particolare, per il 2016, le spese correnti assorbono il 13 percento della spesa finale del Ministero, e ammontano a 585,6 milioni di euro, in riduzione rispetto all’assestato 2015 (-17 percento).
Per gli anni successivi, le spese correnti diminuiscono e ammontano a 517,8 milioni per il 2017 e a 499,3 milioni per il 2018.
Mentre, le spese in conto capitale – che costituiscono nel 2016 l’87 percento della spesa finale del MISE –ammontano a 3.933 milioni di euro, aumentano di circa il 4 percento circa rispetto alle previsioni assestate 2015. Per la quasi totalità, le spese in conto capitale sono contributi agli investimenti.
Per gli anni successivi, le spese in conto capitale assumono un profilo discendente, e ammontano a 3.353 milioni di euro nel 2017 e a 2.929,8 milioni nel 2018.
Nel complesso, le spese finali del Ministero, in conto competenza, sono pari nel 2016 a 4.518,5 miliardi di euro nel 2016. Il rimborso delle passività finanziarie, che rimangono invariate, rispetto al disegno di legge originario, ammonta a 259,6 milioni di euro.
Le previsioni di spesa complessive, in conto competenza, sono pertanto pari a 4,778,1 milioni di euro per il 2016.
Per gli anni successivi, le spese finali del MISE diminuiscono considerevolmente e ammontano a 3.871 milioni nel 2017 e a 3.429 milioni nel 2018.
Mentre, le spese complessive del MISE sono pari a 4.140,7 milioni per il 2017 e a 3.709,6 milioni per il 2018.
Come già accennato, la spesa in conto capitale del Ministero è quasi del tutto spesa per contributi agli investimenti ad imprese.
I contributi agli investimenti alle imprese sono allocati – come è possibile desumere dalla tabella seguente - per la gran parte nella missione 1 competitività e sviluppo delle imprese, ed in particolare nel programma 1.1 promozione e attuazione delle politiche di sviluppo e nel programma 1.3 Incentivazione al sistema produttivo.
La gran parte dei contributi agli investimenti alle imprese iscritti nel Programma 1.1 (11.1) nello stato di previsione del MISE è destinato alle imprese del settore aereonautico (cfr. sul punto, infra).
Come già sopra accennato, nel disegno di legge di bilancio 2016-2018, il numero e la denominazione dei programmi di spesa iscritti nello stato di previsione del MISE non varia rispetto allo scorso anno.
Il Disegno di legge di stabilità 2016 (A.C. 3444) come approvato in prima lettura al Senato incide sugli stanziamenti a legislazione vigente del Ministero, ed in particolare sul programma 1.1, che contiene gli stanziamenti relativi all'industria aeronautica, appostando nella sostanza ulteriori risorse.
La Tabella seguente indica le previsioni di bilancio in conto competenza per
il 2016 ciascuna missione e per ciascun programma di spesa del Ministero dello
sviluppo economico, come modificate a
seguito dell’esame al Senato dalla I Nota
di variazione al Disegno di legge di bilancio approvata in quella stessa sede,
poste a raffronto con le previsioni di bilancio ed assestate dell’esercizio
2015.
stanziamenti di competenza - dati
in milioni di euro
MISE |
2015 |
2016 |
|||||
Missione |
Programma |
Centro di
responsabilità |
Legge di
bilancio 2015 |
Assestato
2015 (A) |
DLB |
Ia Nota 2016 |
Var. |
1.
Competitività e sviluppo delle imprese |
1.1 Promozione
e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di
responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo |
Direzione
generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie
imprese |
2.826,3 |
2.828,2 |
2.762,8 |
3.096,7 |
9,49 |
1.2 Vigilanza
sugli enti, sul sistema cooperativo e sulle gestioni commissariali |
Direzione
generale per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni
commissariali |
8,5 |
16,2 |
9,2 |
9,2 |
-43,2 |
|
1.3
Incentivazione del sistema produttivo |
Direzione
generale per gli incentivi alle imprese |
887,8 |
1048,5 |
938,9 |
938,9 |
-10,5 |
|
1.7 Lotta alla
contraffazione e tutela della proprietà industriale |
Direzione
generale per la lotta alla contraffazione - ufficio italiano brevetti e
marchi |
49,9 |
53,8 |
50 |
49,9 |
-7,2 |
|
1.8
Coordinamento azione amministrativa, attuazione di indirizzi e programmi per
favorire competitività e sviluppo delle imprese, dei servizi di comunicazione
e del settore energetico |
Segretariato
generale |
2,2 |
0,6 |
0,6 |
0,6 |
0 |
|
Totale
Missione 1 |
3.774,70 |
3.947,30 |
3.761,50 |
4.095,30 |
3,7 |
||
Totale
missione 1 al netto del rimborso passività finanziarie |
|
|
3.521,50 |
3.694,10 |
3.501,90 |
3.835,7 |
3,8 |
3. Regolazione dei mercati |
3.1 Vigilanza
sui mercati e sui prodotti, promozione della concorrenza e tutela dei
consumatori |
Direzione
generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la
normativa tecnica |
11,7 |
23,3 |
11,8 |
11,8 |
-49,4 |
Totale Missione 3 |
11,7 |
23,3 |
11,8 |
11,8 |
-49,4 |
||
4.
Commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo |
4.1 Politica
commerciale in ambito internazionale |
Direzione
generale per la politica commerciale internazionale |
6,3 |
6,4 |
6,0 |
6,0 |
-6,2 |
4.2 Sostegno
all'internazionalizza-zione delle imprese e promozione del made in Italy |
Direzione
generale per le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli
scambi |
244,4 |
243,9 |
163,6 |
211,2 |
-13,4 |
|
Totale Missione 4 |
250,7 |
250,3 |
169,6 |
217,1 |
-13,2 |
||
5.Energia
e diversificazione delle fonti energetiche |
5.6 Sicurezza
approvvigionamento, infrastrutture mercati gas e petrolio e relazioni
internazionali nel settore energetico |
Direzione
generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e per le infrastrutture
energetiche |
2,8 |
3 |
2,9 |
2,9 |
-3,3 |
5.7
Regolamentazione del settore elettrico, nucleare, delle energie rinnovabili e
dell'efficienza energetica, ricerca per lo sviluppo sostenibile |
Direzione
generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica,
il nucleare |
252,9 |
253,7 |
163,7 |
163,4 |
-35,6 |
|
5.8 Sviluppo,
innovazione, regolamentazione e gestione delle risorse minerarie ed
energetiche |
Direzione
generale per le risorse minerarie ed energetiche |
9,3 |
9,6 |
74,8 |
74,6 |
677,0 |
|
Totale Missione 5 |
265,0 |
266,3 |
241,4 |
240,9 |
-9,5 |
||
6.
Comunicazioni |
6.1
Pianificazione, regolamentazione, vigilanza e controllo delle comunicazioni
elettroniche e radiodiffusione, riduzione inquinamento elettromagnetico |
Direzione
generale per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico |
10,1 |
18 |
10,8 |
11,1 |
-38,3 |
6.7 Servizi di
Comunicazione Elettronica, di Radiodiffusione e Postali |
Direzione
generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e
postali |
63,3 |
93,9 |
58,2 |
60,9 |
-35,1 |
|
6.8 Attività
territoriali in materia di comunicazioni e di vigilanza sui mercati e sui
prodotti |
Direzione
generale per le attività territoriali |
41,9 |
36,6 |
39,6 |
39,6 |
8,2 |
|
Totale Missione 6 |
115,3 |
148,5 |
108,6 |
111,6 |
-24,8 |
||
7. Ricerca e
innovazione |
7.3 Ricerca,
innovazione, tecnologie e servizi per lo sviluppo delle comunicazioni e della
societa' dell'informazione |
Istituto
superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione |
11,6 |
9,4 |
8,5 |
8,4 |
-10,6 |
Totale Missione 7 |
11,6 |
9,4 |
8,5 |
8,4 |
-10,6 |
||
9. Servizi
istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche |
9.1 Indirizzo
politico |
Gabinetto e
uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro |
20 |
18,8 |
18,3 |
18,3 |
-2,7 |
9.2 Servizi e
affari generali per le amministrazioni di competenza |
Direzione
generale per le risorse, l'organizzazione e il bilancio |
48 |
57 |
22,6 |
21,6 |
-62,1 |
|
Totale Missione 9 |
68,0 |
75,8 |
40,9 |
39,9 |
-47,4 |
||
10. Fondi da
ripartire |
10.1 Fondi da
assegnare |
Direzione
generale per le risorse, l'organizzazione e il bilancio |
36,7 |
15,8 |
61,1 |
53,1 |
236,1 |
Totale Missione 10 |
36,7 |
15,8 |
61,1 |
53,1 |
236,1 |
||
Totale spese finali MISE |
4.280,4 |
4.483,5 |
4.143,8 |
4.518,5 |
0,8 |
Dunque, la Missione 1 competitività e sviluppo delle imprese (che assume la numerazione 11 nel quadro generale del bilancio dello Stato essendo anche condivisa con il Ministero dell'economia e finanze) e, in particolare, il programma di spesa 1.1 promozione e attuazione delle politiche di sviluppo e il programma 1.3 sono gli ambiti su cui si concentra la gran parte della spesa del MISE.
Gli stanziamenti in conto competenza iscritti a legislazione vigente per il 2016 (A.S. 2112) sulla missione 1 – erano pari a complessivi 3.761,4 milioni per il 2016, che, al netto delle somme per il rimborso per le passività finanziarie del Ministero iscritte sulla medesima Missione (259,6 milioni) divenivano circa 3.501,9 milioni di euro per il 2016 - risultano circa l'84,5 percento della spesa finale del Ministero.
Per gli interventi agevolativi per il settore aeronautico, il cap. 7421, recava a BLV uno stanziamento non
rimodulabile di 1.231 milioni di euro circa nel 2016, a 1.110,4 milioni nel
2017 e a 893,4 milioni di euro nel 2018.
Sulle dotazioni a
legislazione vigente del capitolo sopra indicato, come si dirà meglio in seguito, incide – con una rifinanziamento - il disegno di legge di stabilità
A.C. 3444.
Per gli interventi per lo sviluppo e l'acquisizione delle unità navali FREMM
e delle altre dotazioni operative il cap.
7485, a BLV recava uno stanziamento non rimodulabile di 526 milioni per il
2016, di 470 milioni per il 2017 e di 98 milioni nel 2018.
Anche su tale stanziamento a
BLV incide, in aumento, il disegno
di legge di stabilità 2016 A.C. 3444.
Al Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese il cap. 7420 esponeva a BLV uno
stanziamento non rimodulabile di 215 milioni per il 2016, di 380 milioni per il
2017 e di 440 milioni per il 2018.
Le dotazioni in questione
sono oggetto di rimodulazione con il DDL di stabilità 2015 (cfr. infra).
Infine, si ricorda che per
il finanziamento di interventi nel
settore marittimo a tutela degli interessi di difesa nazionale il cap.7419 esponeva a BLV uno
stanziamento rimodulabile di 472,4 milioni di euro nel 2016, di 692,2 milioni
nel 2017 e di 749,9 milioni nel 2018.
Ulteriori stanziamenti per investimenti sono contenuti nel Programma 1.3 (11) e sono per la gran parte relativi al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (cap. 7342/pg.20 rimodulabile che espone uno stanziamento a BLV per il solo 2016 di 704 milioni di euro circa), non modificato con l’approvazione della I Nota di variazioni.
Ulteriori finanziamenti sono
iscritti a BLV e destinati a contratti
di sviluppo nel settore industriale (cap. 7343 rimodulabile su cui sono
iscritti a BLV per il solo anno 2016 risorse pari a circa 95 milioni di euro),
per i contributi per l'acquisto a tasso agevolato di nuovi macchinari, impianti
ed attrezzature ad uso produttivo a favore di PMI, la cd. nuova legge Sabatini (art. 2, D.L. n. 69/2013 e ss. mod) (cap. 7489 che a BLV 2016 espone uno stanziamento
rimodulabile di 61,8 milioni di euro per il 2016 e a 76,7 milioni per il 2017 e
per il 2018)[58]. Tali stanziamenti non hanno subito modifiche con la I Nota di
variazioni.
Per le agevolazioni fiscali
a favore delle micro e piccole imprese operanti all'interno delle zone franche urbane definite con
criteri individuati dalla Del. CIPE 5/2008, il cap. 7350 (rimodulabile) per il solo anno 2016 esponeva a BLV stanziamenti di competenza pari a 55
milioni di euro, che con la legge di stabilità
2016 viene ridotto a 35 milioni di
euro.
La missione 1 oltre
agli interventi iscritti sui programmi 1.1 e 1.3, aventi gli importi più
rilevanti sopra descritti, contiene altresì:
§ il programma 1.2 (11.6)
Vigilanza sugli enti, sul sistema cooperativo e sulle gestioni commissariali,
che sono nella quasi totalità, come risulta anche dalla Nota integrativa al
bilancio di previsione del MISE, di conto corrente, in primis redditi da lavoro dipendente e consumi intermedi per le
attività espletate in materia di vigilanza sul sistema cooperativo e gli enti
commissariali. Tra gli investimenti, si segnala il capitolo 2302
relativo agli interventi in favore dell'ente nazionale per il micro credito
(1,8 milioni a legislazione vigente per ciascun anno del triennio 2016-2018).
§ il programma 1.7 (11.10) Lotta alla contraffazione e tutela della proprietà industriale, con
circa 50 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018,
contiene invece al suo interno, in gran prevalenza trasferimenti correnti a
estero (39,6 milioni in ciascun anno del triennio considerato), relativi,
come afferma sempre la Nota integrativa, ai contributi obbligatori annuali che
devono essere corrisposti agli organismi internazionali di cui l'Italia fa
parte (OMPI, UPOV) e alla restituzione all'Organizzazione europea dei
brevetti del 50 percento delle tasse pagate dall'utenza sui brevetti
europei, così come previsto dal Trattato con l'Ufficio europeo dei brevetti. La
gran parte di tali trasferimenti (a BLV 38,9 milioni per ciascun anno
del triennio considerato) sono infatti relativi a tale ultima finalità (cap.
2333 e non sono stati modificati con la I nota di variazioni.
§ il programma 1.8 (11.11) Coordinamento azione amministrativa, attuazione di indirizzi e
programmi per favorire competitività e sviluppo delle imprese, dei servizi di
comunicazione e del settore energetico, con limitate risorse, pari a 0,6
milioni di euro circa per ciascun anno del triennio 2016-2018.Le risorse
sono per la quasi totalità correnti ed in particolare relative ai redditi da
lavoro dipendente (0,5 milioni di euro) per le attività di coordinamento
gestite dal programma in questione. Tale
programma non è stato modificato con la I Nota di variazioni.
La legge di stabilità
2016 incide dunque sugli
stanziamenti a legislazione vigente 2016-2018 della Missione 1, la quale,
con l’approvazione della I Nota di variazioni al bilancio (A.C. 3445-bis), espone, in particolare per
il 2016, spese complessive per 4.095,3 milioni di euro, che, al netto del
rimborso delle passività finanziarie, divengono 3.835,7 milioni di euro,
circa l'84,9 percento della spesa finale del Ministero.
In particolare, il disegno di legge di
stabilità incide sui contributi per investimenti contenuti nel programma 1.1,
in special modo quelli relativi alle imprese del settore aeronautico
e alle unità navali FREMM.
La dotazione di competenza del programma
1.1, pari a legislazione vigente a 2.762,8 milioni di euro per il 2016, con
l’approvazione della I Nota passa a 3.096,7 milioni di euro per lo
stesso anno, aumentando rispetto alle previsioni assestate 2015 di circa il 9,5
percento.
Si ricorda in proposito, che
la Tabella E della legge di stabilità 2016:
§ opera un rifinanziamento
pluriennale degli interventi in conto capitale per la competitività delle industrie
nel settore aereonautico di cui alla legge n. 808/1985, per 25 milioni nel 2018
e per complessivi 700 milioni nel periodo 2019-2032 (cap.7421);
§ vengono rifinanziati i
programmi aereonautici ad alo contenuto tecnologico di cui al comma 180,
articolo 2 della legge n. 244/2007, attraverso un contributo pluriennale pare a
280 milioni per ciascun anno del triennio 2016-2018 e 800 milioni complessivi
distribuiti tra le annualità 2019-2021 (cap.
7421).
Pertanto, a seguito della I Nota
di variazioni, il capitolo 7421
espone uno stanziamento di 1.511,1 milioni per il 2016, di 1.390,4 milioni per
il 2017 e di 1.198,4 milioni per il 2018.
§ Opera una rimodulazione dei
contributi pluriennali previsti dall'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) del
D.L. n. 321/1996 finalizzati ad assicurare la partecipazione di imprese
nazionali a programmi industriali aereonautici in collaborazione con il
Ministero della Difesa da definire attraverso apposite convenzioni
internazionali (cap. 7420).
Pertanto, a seguito della I Nota
di variazioni, il capitolo 7420
espone uno stanziamento di 169 milioni per il 2016, di 335 milioni per il 2017
e di 395 milioni per il 2018.
§ viene rifinanziato il
programma di sviluppo delle unità navali di classe FREMM di cui all'articolo 1,
comma 95 della legge n. 266/2005, con un contributo pluriennale, pari a 100
milioni nel 2016, a 120 milioni nel 2017 a 150 milioni nel 2018 e a complessivi
500 milioni nel periodo 2019-2025(cap.
7485).
Pertanto, a seguito della I Nota
di variazioni, il capitolo 7485
espone uno stanziamento di 626 milioni per il 2016, di 590 milioni per il 2017
e di 248 milioni per il 2018.
La Tabella E della
legge di stabilità 2016 incide inoltre sulle agevolazioni fiscali in favore
delle imprese nelle zone franche urbane, operando una riduzione
dell'autorizzazione di spesa pluriennale di cui all'articolo 22-bis, comma
1 del D.L. 66/2014 (cap.7350
esposto nel programma 1.3) di 20 milioni di euro per il 2016.
Pertanto, come già
accennato, a seguito della I Nota di
variazioni, il capitolo espone
una dotazione di 35 milioni di euro
per il 2016.
Si segnala inoltre che il
Disegno di legge di stabilità 2016, istituisce presso il MISE (articolo 1,
comma 99-102) il Fondo per il credito alle aziende sequestrate con
dotazione di 10 milioni di euro in ciascun anno nel triennio 2016-2018
disponendo che quota parte della relativa dotazione, pari a 3 milioni di euro,
sia destinata alla costituzione di un'apposita sezione del Fondo di garanzia
per le PMI, per le operazioni di garanzia a favore delle imprese sequestrate e
confiscate alla mafia; e che una ulteriore quota, pari a 7 milioni di euro sia
destinata al Fondo per la crescita sostenibile per l'erogazione di
finanziamenti agevolati a favore delle suddette imprese.
Pertanto, con la I Nota di variazioni al Disegno di legge di
legge di bilancio, è stato istituito il cap. 7486, che reca gli stanziamenti del predetto Fondo.
Inoltre, l’articolo 1, commi
103-106 istituisce presso il MISE un Fondo
per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti conferendovi 10
milioni di euro annui per il triennio 2016-2018.
Pertanto, con la I Nota di variazioni al Disegno di legge di
legge di bilancio, è stato istituito il cap. 7487, che reca gli stanziamenti del predetto Fondo.
Nella Missione 4 (16), commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo si segnala:
§ il programma 4.2 Sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e promozione del made in Italy, il quale espone a BLV una dotazione di competenza di 163,6 milioni per il 2016, la quale, con la I Nota di variazioni approvata al Senato, diviene 211,2 milioni per lo stesso anno.
La quasi totalità delle risorse del programma è finalizzata a
trasferimenti correnti a pubbliche amministrazioni (92,2 milioni in ciascun
anno del triennio) e a contributi agli investimenti (60,1 milioni).
Relativamente alla prima categoria, nel programma sono iscritte le spese
relative all'Agenzia ICE (cap.2530 spese da assegnare all'Agenzia per il
funzionamento della stessa, pari come nel precedente esercizio, a 13,8
milioni per ciascun anno del triennio 2016-2018; cap. 2532 spese di natura
obbligatoria principalmente destinate all'ICE per il pagamento degli stipendi
della medesima Agenzia, pari, come nel precedete esercizio, a 60,6 milioni per
ciascun anno del triennio; e cap. 2536, istituito nel 2015, relativo alle spese
da assegnare all'Agenzia per l'attivazione di percorsi formativi e concessione
di borse di studio per l'avvio da parte di giovani extraeuropei di attività
imprenditoriali nei paesi d'origine, pari ad 1 milione di euro per il solo anno
2016).
Con la I Nota di variazioni, i capitoli in questione non subiscono sostanziali variazioni.
Il DDL stabilità 2016 incide invece, determinando un incremento
del cap. 2535 somme da assegnare all'Agenzia ICE per le attività di
internazionalizzazione da essa espletate nell’ambito del Piano Made in italy(
che a BLV espone 17,8 milioni per ciascun anno del triennio 2016-2018).
Relativamente alla realizzazione del Piano made in Italy,
il DDL di stabilità (articolo 1, comma 196) stanzia 50 milioni
per il 2016 per il potenziamento delle azioni dell'Agenzia ICE relative
al medesimo Piano.
Con la prima Nota di
variazioni, le risorse del capitolo 2535 passano dunque da 17,8
milioni per il 2016 a 67,8 milioni per lo stesso anno.
Il DDL stabilità, attraverso la Tabella C, opera poi una
riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al capitolo 2501 relativo
ai trasferimenti ad enti pari a 2 milioni di euro per ciascun anno del
triennio 2016-2018.
Dunque, il cap. 2501, dopo la I Nota di variazioni, espone
uno stanziamento di 4,4 milioni per il 2016, di 4,3 per il 2017 e di 3,3
milioni per il 2018
Relativamente alla seconda categoria, quella degli investimenti, nel
programma 4.2 sono allocate quota parte delle risorse per la realizzazione del Piano
made in Italy (che vede coinvolto anche il Ministero delle politiche
agricole) di cui all'articolo 30 del D.L. n. 133/2014 (capitolo 7481
esposto in Tabella E della legge di stabilità, non modificato nei suoi
stanziamenti, che reca uno stanziamento a BLV di competenza pari a 60,1 milioni nel 2016, a 50,1 milioni nel
2017 e a 11 milioni circa nel
2018.
Infine, nella Missione 5 (10) Energia e diversificazione delle fonti energetiche il principale programma di spesa in essa contenuto è il Programma 5.7 (10.7) Regolamentazione del settore elettrico, nucleare, delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, ricerca per lo sviluppo sostenibile, il quale al suo interno vede iscritti, per circa l'88 percento, contributi agli investimenti interamente allocati sul cap. 7630 contributi all'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), che a BLV espone uno stanziamento di 144,2 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018.Come afferma la relazione generale al DDL di bilancio, il capitolo in questione finanzia spese di natura obbligatoria, ma anche spese di funzionamento dell'ENEA. Tale ultima quota parte dello stanziamento complessivo iscritto sul capitolo viene determinata annualmente dalla tabella C della legge di stabilità.
Come si è anticipato, la gestione della Missione 28 Sviluppo e riequilibrio territoriale, prima iscritta nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, dal 2015 è iscritta nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze. La Missione è costituita da un solo programma Sostegno alle politiche per lo sviluppo e la coesione economica (28.4).
Le risorse del programma sono tutte iscritte sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (cap. 8000), con una dotazione di competenza a legislazione vigente di 2.580,2 milioni di euro per il 2016, di 2.476,7 milioni di euro per il 2017 e di 2.161 milioni di euro per il 2018.
La Tabella E del
disegno di legge di stabilità (su cui il cap. 8000/MEF è sposto) interviene
operando rimodulazioni alle relative autorizzazioni di spesa che hanno
stanziato risorse a favore del Fondo. L'effetto complessivo di tali
rimodulazioni fa si che vengano anticipati nel triennio 2016-2018 importi
invece iscritti a legislazione vigente per gli anni 2019 e successivi (si
tratta di 619,8 milioni di euro per il 2016, di 923 milioni per
il 2017 e di 1.338 milioni per il 2018).
Il capitolo 8000, dopo l’approvazione della I Nota di variazioni, espone dunque uno stanziamento di 3.200 milioni per il 2016, di 3.400 milioni per il 2017 e di 3.500 milioni per il 2018.
Inoltre, la Missione Competitività e sviluppo delle imprese (11) condivisa come già accennato tra MISE e MEF, vede all'interno dello stato di previsione del Ministro dell'economia, due programmi (interamente gestiti dallo stesso MEF). Si tratta del Programma Incentivi alle imprese per interventi di sostegno (11.8) e del Programma Interventi di sostegno per tramite del sistema della fiscalità.
Nel programma Incentivi alle imprese per interventi di sostegno (11.8) si segnala il capitolo 1900 relativo ai Contributi in conto interessi da corrispondere alla Cassa depositi e prestiti per il finanziamento degli interessi a carico del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, istituito in applicazione delle disposizioni della legge n. 311/2004, art. 1, commi 354 ee ss.
Tale
capitolo reca a BLV una previsione di competenza di 125 milioni di euro per l'anno 2016 (in aumento di 25 milioni
rispetto al precedente esercizio) e di 150 milioni per ciascun anno del
triennio 2016-2018. La Tabella D
della legge di stabilità 2015 riduce la consistenza di tale onere di circa 50
milioni per ciascun anno del triennio , adeguandolo alle effettive necessità.
Il capitolo 1900, dopo l’approvazione della I Nota di variazioni, espone dunque uno stanziamento di 70 milioni per il 2016 e di 100 milioni per ciascun anno del biennio 2017 e 2018.
Nell'ambito della Missione Ricerca e innovazione, Programma Ricerca di base e applicata (17.15), il capitolo 7380 è relativo alle somme da assegnare per la valorizzazione dell'Istituto Italiano di Tecnologia, ed è dotato a BLV di 98,6 milioni per ciascun anno del triennio 2016-2018 (previsioni annuali invariate rispetto all'esercizio 2015).
Nella Missione Politiche economico-finanziarie e di bilancio (29), Programma Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d'imposte (29.5) il capitolo 3822 è relativo alle somme occorrenti per la compensazione a favore delle regioni degli oneri derivanti dalla fruizione di tariffe agevolate di energia elettrica e gas per le famiglie svantaggiate (ai sensi del D.L. 185/2008, articolo 3, comma 9).
Dopo l’approvazione della I Nota di variazioni, tale capitolo espone per il 2016 uno stanziamento di 57,5 milioni per il 2016, di 57,3 milioni per il 2017 e di 56,4 milioni per il 2018.
Capitoli di spesa relativi alla ricerca scientifica e tecnologica, di competenza della X Commissione Attività produttive, sono inseriti nel Programma Ricerca scientifica e tecnologica di base e applicata (17.22) della Missione Ricerca e Innovazione (missione 17). Si segnalano in particolare i seguenti stanziamenti:
§ il capitolo 1678, "Contributo dello Stato per la ricerca scientifica", che registra una competenza di 41,8 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018, senza alcuna variazione rispetto all’esercizio finanziario 2015. Una parte di questo stanziamento (iscritta nel piano gestionale 1 del cap.1678) riguarda il contributo dello Stato alle spese di gestione del Programma nazionale di ricerche aerospaziali (PRORA), istituito in applicazione della legge n. 46/1991 e successivamente rifinanziato dall’articolo 2, comma 232 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007). Il disegno di legge di stabilità 2016 incide sullo stanziamento (Tabella D), il quale, a seguito della I Nota di variazioni, il capitolo espone una dotazione di 37,8 milioni per ciascun anno del biennio 2016-2017 e di 37,2 milioni per il 2018.
§ il capitolo 7236, relativo al Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, la cui dotazione di competenza risulta di 1.714,9 miliardi nel 2016 (solo lievemente inferiore rispetto alle previsioni 2015, che anche in assestamento, sono pari a 1721,3 miliardi di euro).Con la I Nota di variazioni, per il 2016, il capitolo presenta uno stanziamento di 1.703,3 milioni di euro, per il 2017 di 1.702 milioni e per il 2018 di 1690 milioni di euro.
§ il capitolo 7238 che attiene alle spese per la partecipazione italiana ai programmi dell'agenzia spaziale europea e per i programmi spaziali nazionali di rilevanza strategica, rifinanziati da ultimo dall’articolo 1 comma 175 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014). Il capitolo espone a BLV 206-2018 uno stanziamento di 90 milioni per il 2016, che si mantiene tale anche con la prima Nota di variazioni. Per gli anni successivi, lo stanziamento diventa pari a 180 milioni per il 2017 e a 180 milioni per il 2018.
Come conseguenza dell'emanazione della legge 24 giugno 2013, n. 71, con la quale, all'articolo 1, comma 2, le competenze in materia di turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono state attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali, la missione 31 "Turismo" e il collegato programma "Sviluppo e competitività del turismo" sono stati trasferiti dal Ministero dell'economia e delle finanze al predetto Ministero che assume la denominazione di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
La missione 31 "Turismo" rappresentata dall’unico programma "Sviluppo e competitività del turismo" (31.1). Si segnala in particolare in proposito che tale programma di spesa, dopo l’approvazione della I Nota di variazioni al Senato, presenta uno stanziamento di circa 40 milioni per il 2016, di 39,9 milioni per il 2017 e di 36,8 milioni per il 2018.
[1] Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-quinquies, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) - come integrati dall’articolo 1, comma 703, della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013) - che ha istituito il Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365), in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta con la legge medesima.
[2] La dotazione nel BLV 2016 è inferiore rispetto a quanto previsto dal comma 380-ter della legge n. 228/2012 (6.547,1 milioni), in quanto sul Fondo di solidarietà comunale è annualmente contabilizzato il contributo alla finanza pubblica richiesto ai comuni dalla legislazione vigente, in particolare, dall’articolo 47, comma 8, del D.L. n. 66/2014 (riduzione del fondo di 563,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018) e dalla legge di stabilità per il 2015 (art. 1, comma 435, legge n. 190/2014), che ha disposto la riduzione di 1.200 milioni a decorrere dall’anno 2015, che vengono pertanto scontati a legislazione vigente. Ulteriori disposizioni vigenti incidono sulla dotazione del Fondo a legislazione vigente, quali in particolare il D.L. n. 4/2015 (riduzione di circa 268 milioni, in conseguenza della revisione della disciplina IMU sui terreni agricoli, peraltro ora abrogato dal provvedimento in esame), l’art. 9-bis del D.L. n. 66/2014 (trasferimento di 60 milioni al Fondo ordinario enti locali - cap. 1316/Interno - in favore delle unioni di comuni), riduzione di oltre 170 milioni di euro, in conseguenza della revisione del gettito IMU 2014 degli immobili categoria D.
[3] Si ricorda che l’originaria formulazione del comma 731 della legge di stabilità 2014 attribuiva ai comuni un contributo di 500 milioni di euro, finalizzandolo alla previsione, da parte dei medesimi enti, di detrazioni dalla TASI a favore dell’abitazione principale (che non erano più previste ex lege ma lasciate all’autonomia dei singoli comuni). Con le modifiche del decreto-legge n. 16 del 2014 – che ha attribuito ai comuni, per l’anno 2014, la possibilità di elevare l'aliquota massima TASI, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille - l’importo del contributo per il 2014 è stato innalzato a 625 milioni ed è stata eliminata la specifica finalizzazione delle risorse al finanziamento di detrazioni. Anche per il 2015, l’articolo 1, comma 679 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha confermato il livello massimo di imposizione della TASI già previsto per l'anno 2014 (2,5 per mille); è stata inoltre confermata, per il medesimo anno 2015, la possibilità di superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, alle richiamate condizioni.
[4] Il
Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti certi, liquidi ed esigibili, si
rammenta, è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. 8 aprile
2013, n. 35, al fine di assicurare alle regioni e agli enti locali la liquidità
necessaria ai suddetti pagamenti di debiti maturati alla data del 31 dicembre
2012, con obbligo di restituzione. Il Fondo è ripartito in tre Sezioni,
destinate, rispettivamente, al pagamento dei debiti degli enti locali, delle
regioni (debiti non sanitari) e degli enti del Servizio Sanitario nazionale.
[5] Si ricorda che l'articolo 243-bis del TUEL consente ai comuni e alle province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario di ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. L’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali, di cui agli artt. 246 e seguenti del TUEL, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).
[6] La modifica è intesa a tener conto dei cambiamenti di numerazione avvenuti all'interno del suddetto testo unico.
[7] Per la nozione di familiari, resta fermo il rinvio all'art. 12 del medesimo testo unico, e successive modificazioni.
[8] Anche in tal caso, le norme in esame fanno rinvio, per la nozione di familiari, al citato art. 12 del testo unico, e successive modificazioni.
[9] Si tratta,
evidentemente, sia del sequestro conservativo che del sequestro preventivo la
cui disciplina è contenuta negli artt. 316 - 325 c.p.p.: il loro fine comune è
quello di garantire l'esecuzione della sentenza definitiva o impedire che l'uso
di una cosa pertinente al reato possa agevolare le conseguenze di esso o la
commissione di altri reati. I presupposti per la loro applicazione sono: il fumus del reato e
il periculum in mora. Il primo, nel processo penale,
è un provvedimento che può essere disposto dal pubblico ministero o dalla parte
civile, se vi è il timore che vengano a mancare le garanzie che l’imputato
possa pagare la pena pecuniaria e le obbligazioni civili derivanti dal reato
commesso. Il secondo viene disposto nelle situazioni in cui il mancato
assoggettamento a vincolo della cosa pertinente al reato possa condurre, in
pendenza del relativo accertamento, non solo al protrarsi del comportamento
illecito od alla reiterazione della condotta criminosa, ma anche alla
realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene
protetto.
[10] La confisca invece è una misura di sicurezza patrimoniale
che tende a prevenire la commissione di nuovi reati mediante l’espropriazione,
a favore dello Stato, di cose che servirono o furono destinate a commettere il
reato e quelle che ne sono il prodotto o il profitto. La confisca è
facoltativa, a meno che non sia (c.p. 240, 416 bis-7, 446, 722, 727,
c.p.p. 445): 1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato; 2) delle
cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle
quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
[11] Articolo 416, sesto comma c.p.(Associazione per delinquere
diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602,
nonché all’articolo 12, comma 3-bis, del T.U. immigrazione); articolo
416, settimo comma c.p. (Associazione per delinquere diretta a commettere
taluno dei delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater,
600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, quando il fatto è commesso in danno di
un minore di anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies,
quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609-undecies);
articolo 416,(Associazione per delinquere realizzata allo scopo di commettere
delitti in materia di contraffazione previsti dagli articoli
473(Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno
o di prodotti industriali) e 474(Introduzione nello Stato e commercio di
prodotti con segni falsi); articolo 416,(Associazione per delinquere realizzata
allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 600 c.p. (Riduzione o
mantenimento in schiavitù o in servitù); 601 c.p. (Tratta di persone) e 602
c.p. (Acquisto o alienazione di schiavi); articolo 416-bis
c.p.(associazione di tipo mafiosa, anche straniere); articolo 630 c.p.
(Sequestro di persona a scopo di estorsione); delitti commessi avvalendosi
delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine
di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (vale
a dire aggravati ai sensi dell’articolo 7 decreto-legge n. 152 del 1991,
convertito dalla legge n. 203 del 1991); articolo 74 decreto del Presidente
della Repubblica n. 309 del 1990 (Associazione finalizzata al traffico illecito
di sostanze stupefacenti o psicotrope); articolo 291 quater decreto del
Presidente della Repubblica n. 43 del 1973 (Associazione per delinquere
finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri); articolo 260 decreto
legislativo n. 152 del 2006 (Traffico illecito di rifiuti).
[12] L'articolo 24 del codice antimafia, nella formulazione vigente, disciplina la cd. confisca di prevenzione, prevedendo che essa possa essere disposta dall'autorità giudiziaria sui beni di cui la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento di prevenzione risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica svolta, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego e di cui lo stesso non possa giustificare la legittima provenienza.
[13] Nel
2013 è stato approvato il nuovo regolamento sugli aiuti d'importanza minore (de minimis): Regolamento
(UE) n. 1407/2013 del 18
dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato
sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis». Le misure che
rispettano i criteri fissati nel Regolamento de minimis non costituiscono "aiuti
di Stato" secondo la disciplina europea e pertanto non necessitano di
preventiva notifica alla Commissione europea per l’approvazione. Ciò semplifica
e chiarisce le regole, in linea con quanto previsto dalla strategia di
modernizzazione degli aiuti di Stato, e riduce significativamente gli oneri
amministrativi a carico delle imprese e degli Stati membri. Il Regolamento n.
1407/2013 mantiene inalterati i precedenti criteri, fissando un massimale
di 200 000 EUR per gli aiuti «de
minimis» che un’impresa unica può ricevere
nell’arco di tre anni. Il nuovo regolamento
generale di esenzione per categoria (RGEC) è stato emanato nel 2014: Regolamento
(UE) n. 651/2014 della Commissione
del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il
mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato. Entrato
in vigore il 1° luglio 2014, abroga
il precedente regolamento (CE) n. 800/2008, e si applica fino al 31 dicembre 2020. Il RGEC
2014-2020 è un insieme di 43 esenzioni a cui è possibile fare ricorso per
concedere aiuti di Stato efficaci nel rispetto delle norme. Gli aiuti concessi
a norma del RGEC possono essere concessi senza autorizzazione preventiva da
parte della Commissione. Per ricorrere al RGEC, l'ente erogatore deve
pubblicare su Internet un regime di
aiuti e compilare un modulo online
che viene inviato alla Commissione.
[14] Ai sensi dell’articolo 2 dell’Allegato I del Reg. (CE) n. 651/2014 la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. All'interno della categoria, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.
Si definisce microimpresa quella che occupa meno di 10 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR.
[15] Dunque, per l’intervento di Garanzia Diretta del Fondo, i soggetti abilitati sono: le Banche, anche in qualità di capofila di pool di banche; gli Intermediari finanziari; le SFIS; le SGR e le Società di gestione armonizzate; i Gestori di cui all’articolo 1, comma 1, lettera q-bis, D.Lgs.n. 58/1998. Si veda, sul punto le Modalità operative del Fondo di garanzia del MISE. Per l’intervento di Controgaranzia del Fondo, i soggetti abilitati sono gli Altri Fondi di garanzia, i Confidi;
[16] Il D.M. 26 giugno 2012 ha modificato i criteri di funzionamento del fondo già fissati con D.M. 31 maggio 1999, n. 248 "Regolamento recante criteri e modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese".
[17] Si veda anche il D.M. 26 aprile 2013: “Criteri e modalità semplificati di accesso all’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a) , della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in favore di start-up innovative e degli incubatori certificati”;
[18] Si ricorda che l’articolo 66 del D.Lgs. dispone – quanto alla proroga trimestrale – che il commissario straordinario può chiedere al tribunale, con l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sentito il comitato di sorveglianza, la proroga del termine di scadenza del programma e il tribunale provvede con decreto motivato.
[19] Riguardo alla nozione di contratto di somministrazione, cfr. l’art. 1559 del codice civile.
[20] D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 “Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.
[21] Clausola che in base a quanto a quanto riportato nel Documento programmatico di bilancio 2016 inviato dal Governo alla Commissione europea il 15 ottobre equivale ad una quota di investimenti UE cofinanziati pari a 5,15 miliardi di euro (0,3 per cento di Pil), che attiva investimenti supplementari stimati in circa 11,3 miliardi.
[22] Si ricorda che il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito con la legge 16 aprile 1987, n. 183, presso il Ministero dell’economia e delle finanze con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, provvede al coordinamento degli interventi previsti dalla normativa comunitaria con quelli degli altri strumenti nazionali di agevolazione e all’utilizzo dei flussi finanziari destinati all'attuazione delle politiche strutturali.
[23] Il comma 395 della legge di stabilità per il 2015 ha esteso fino al 31 dicembre 2017 la sospensione dell’applicazione del regime di tesoreria unica “misto” per regioni ed enti locali e il mantenimento per tali enti, fino a quella data, del regime di tesoreria unica previsto dall’articolo 1 della legge n. 720/1984, che obbliga gli enti a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato. Il sistema di tesoreria “misto” definito con il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279 (articoli 7-9) – che si è applicato agli enti locali a partire dal 2006 fino al 2011 – prevedeva, invece, che tutte le entrate proprie (acquisite dagli enti territoriali in forza di potestà tributaria propria, da compartecipazione al gettito di tributi statali o da indebitamento senza intervento statale) fossero escluse dal versamento nella tesoreria statale, per essere depositate direttamente presso il sistema bancario.
[24] Il SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche, che nasce dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d'Italia e l'ISTAT, in attuazione dall'articolo 28 della legge n. 289/2002, disciplinato dall’articolo 14, commi 6-11, della legge n. 196 del 2009. Le codifiche SIOPE costituiscono una classificazione economica delle entrate e delle spese che dedica particolare attenzione all'individuazione del comparto di appartenenza dei soggetti da cui provengono o a cui sono destinati i flussi finanziari, al fine di consentire il consolidamento dei conti pubblici e rispondere alle esigenze del sistema europeo dei conti (SEC2010) al fine di fornire informazioni all'ISTAT. I codici sono differenziati tra i diversi comparti delle amministrazioni pubbliche (Stato, Regioni, Enti locali ed altri).
[25] Si rammenta che, in precedenza, la Ragioneria generale dello Stato – IGRUE provvedeva ad effettuare i pagamenti direttamente ai singoli beneficiari, potendo ciò determinare, in taluni casi, tempi non rapidi.
[26] Recante disposizioni comuni sui Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) per il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020.
[27] Emanato in attuazione dell'art. 56, comma 2, della L. 6 febbraio 1996, n. 52, recante atto di fidejussione per gli anticipi delle quote di cofinanziamento nazionale degli interventi di politica comunitaria.
[28] Si rammenta che l’Italia partecipa a 19 programmi di cooperazione territoriale: 4 interregionali, quattro transnazionali (Central Europe, Med, Alpine Space, Adriatic-Ionian), 8 transfrontalieri sotto Regolamento CTE 1299/2013 (Italia-Francia marittimo, Alcotra, Italia-Svizzera, Italia-Austria, Italia-Slovenia, Italia-Croazia, Grecia-Italia, Italia-Malta), un transfrontaliero sotto Regolamento IPA 231/2014 (Italia-Albania-Montenegro) e 2 transfrontalieri sotto Regolamento ENI 232/2014 (Italia-Tunisia e Mediterranean Sea Basin). La quasi totalità delle regioni italiane è interessata, in tutto o in parte, dai Programmi transfrontalieri (sono escluse soltanto il Lazio, la Campania, la Basilicata, la Calabria e l’Umbria). L’Italia è lo Stato Membro che ha ottenuto l’allocazione più elevata di risorse finanziarie per la Cooperazione territoriale, pari a 1.136,7 milioni di euro a prezzi correnti, in ragione della elevata quota di popolazione residente nelle aree eleggibili.
[29] Regolamento
(CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006, recante le disposizioni
generali sui Fondi strutturali.
[30] Si ricorda che il Piano di Azione Coesione – attuato nel corso del 2011, in accordo con la Commissione europea, attraverso una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali 2007-2013 e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, con il conseguente trasferimento delle relative risorse nazionali al di fuori dei programmi operativi stessi - ha impegnato risorse di cofinanziamento nazionale per 13,5 miliardi.
[31] Recante “Definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il periodo di programmazione 2014-2020 e relativo monitoraggio. Programmazione degli interventi complementari di cui all'articolo 1, comma 242, della legge n. 147/2013 previsti nell'accordo di partenariato 2014-2020”.
[32] Alla
luce delle precedenti esperienze relative ai ritardi nell’utilizzo delle
risorse comunitarie e al rischio del c.d. disimpegno automatico a cui tali
risorse sono assoggettate - cioè alla perdita di esse qualora non spese entro
il terzo anno di stanziamento (regola del n+3) ai sensi del Regolamento (UE) n. 1303/2013 - l’articolo
1, comma 242, della legge di stabilità 2014 impegna il Fondo di rotazione per
l’attuazione delle politiche comunitarie a concorrere, nei limiti delle proprie
disponibilità, al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione di
interventi “complementari” rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi
strutturali dell'Unione europea 2014-2020, inseriti nell'ambito della
programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato.
[33] Il
comma 677, in particolare, prevede tra le possibili destinazioni delle risorse
derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale relativa a
programmi e interventi cofinanziati dall'UE per il periodo di programmazione
2014-2020, la promozione dell'occupazione delle donne nelle regioni il cui
tasso di occupazione femminile risulta, sulla base della rilevazione sulla
forza di lavoro dell'ISTAT, inferiore al 40 per cento nell'anno 2013.
[34] In
sintesi, la delibera n. 10/2015 indica un cofinanziamento nazionale complessivo
per il ciclo di programmazione 2014-2020 pari 24 miliardi, a valere sulle
risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie
(ulteriori 4,4 miliardi sono posti a valere sui bilanci delle regioni). Le
risorse di cofinanziamento statale destinate ai POR ammontano a circa 10,3
miliardi (a cui si aggiungono i 4,4 miliardi di quota regionale), mentre ai PON
sono stati destinati 5,4 miliardi. Oltre 7,4 miliardi sono riservati agli
interventi complementari.
[35] Si rammenta che i pareri della Commissione, che non hanno carattere vincolante, hanno il fine di valutare la conformità dei DPB nazionali con le disposizioni del Patto di stabilità e di crescita (PSC)
[36] La disciplina degli aiuti di
Stato alle PMI è contenuta nel nuovo Regolamento UE n. 651/2014, il
quale richiama ai fini della definizione di PMI utilizzata la definizione di
cui alla raccomandazione 2003/361/CE.
[37] Regolamento UE 17 dicembre 2013 n. 1303/2013, del Parlamento Europeo e del Consiglio, recante Disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio.
[38] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni
[39] Ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante “Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali”, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) ha assunto la denominazione di “Fondo per lo sviluppo e la coesione". Nel Fondo sono iscritte tutte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Per quanto concerne il riparto delle risorse, l’articolo 61, co. 3, della legge n. 289/2002 attribuisce al CIPE il compito di ripartire, con proprie deliberazioni, la dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate tra gli interventi in esso compresi.
[40] Convertito con la legge 7 agosto 2012, n.135
[41] Fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nell’ambito di determinati limiti di spesa che in questa sede non si dettagliano.
[42] Si ricorda che il comma 2-bis dell’articolo 9 del D.L. 78/2010 ha stabilito, per il quadriennio 2011-2014, che l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni in precedenza richiamate non potesse superare il corrispondente importo dell’anno 2010, ed in ogni caso fosse automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. La stessa norma, inoltre (al secondo periodo, introdotto dall’articolo 1, comma 456, della L. 147/2013), ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio fossero decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto della limitazione disposta per il precedente quadriennio.
[43] Per società direttamente controllate il comma intende quelle ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1) del codice civile e dunque le società in cui si dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria.
[44] Recante “Regolamento relativo ai compensi per gli amministratori con deleghe delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'ex articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”.
[45] Ai sensi di tale norma (primo e secondo comma) i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea e possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dal diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.
In particolare, il terzo comma dell’articolo 2389 c.c. stabilisce che la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.
[46] D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
[47] Il comma 2 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 165/2001 statuisce che per “amministrazioni pubbliche” si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
[48] Cfr.nota precedente.
[49] Limite, si rammenta, disposto dall’articolo 13 del decreto-legge n.66 del 2014, il cui comma 1 prevede che, a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione è fissato in euro 240.000 annui, precisando conseguentemente che a decorrere dalla predetta data i riferimenti al limite retributivo del primo presidente medesimo di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. 201/2011 ovvero contenuti in disposizioni legislative e regolamentari si intendono sostituiti dal predetto importo.
[50] Il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61 contiene disposizioni volte a disciplinare – in via
generale (all’art. 1) e con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di
Taranto (all’art. 2) – il commissariamento straordinario di stabilimenti
industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva
comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa
dell'inottemperanza alle disposizioni dell'AIA (autorizzazione integrata
ambientale). L'articolo 7 del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, poi, modificò in più punti la predetta disciplina. I
commi 1, 4, 5 e 6 dell'articolo 22-quater
del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 consentirono poi all'impresa commissariata di
contrarre finanziamenti funzionali al risanamento ambientale o all'esercizio
dell'impresa, disciplinando anche la tempistica per l'attuazione del c.d. piano
ambientale e per lo spegnimento di alcuni impianti già previsto dal medesimo
piano.
[51] Il piano delle
misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria è stato adottato con
il D.P.C.M. 14 marzo 2014 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8
maggio 2014. Tale piano prevede: le azioni e i tempi necessari per garantire il
rispetto delle prescrizioni di legge e dell'autorizzazione integrata
ambientale; in attuazione dell'art. 7 del D.L. 136/2013, la conclusione di
tutti i procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e
dall'AIA del 26 ottobre 2012, con esclusione di quelli che dovranno essere
avviati a seguito dell'adempimento di prescrizioni e di quelli che comprendono
impianti dello stabilimento non disciplinati dal piano.
[52] Nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, l'organo commissariale di ILVA S.p.A. fu autorizzato a richiedere il trasferimento delle somme sequestrate ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n.1 del 2015: l’autorità giudiziaria procedente poteva disporre l'impiego delle somme sequestrate, in luogo dell'aumento di capitale, per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla società in amministrazione straordinaria. Le somme rivenienti dalla sottoscrizione delle obbligazioni venivano versate in un patrimonio dell'emittente destinato in via esclusiva all'attuazione e alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria e, nei limiti delle disponibilità residue, a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale. Si disponeva che il credito derivante dalla sottoscrizione delle obbligazioni fosse prededucibile ai sensi dell'articolo 111 della legge fallimentare, subordinatamente al rispetto delle procedure codicistiche di autorizzazione ed alla soddisfazione, nell'ordine, dei crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria nonché dei creditori privilegiati. Si disponeva poi che le obbligazioni fossero emesse a un tasso di rendimento parametrato a quello mediamente praticato sui rapporti intestati al Fondo unico giustizia, e che il sequestro penale sulle somme si sarebbe convertito in sequestro delle obbligazioni. Le obbligazioni di nuova emissione sarebbero state nominative ed intestate al Fondo unico giustizia (e, per esso, ad Equitalia Giustizia S.p.A. quale gestore ex lege del predetto Fondo).
[53] Allora il fine era di consentire la realizzazione degli investimenti necessari al risanamento ambientale, nonché di quelli destinati ad interventi a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, formazione e occupazione, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia.
[54] Di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni ed integrazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
[55] V. in materia la disamina contenuta in Senato della Repubblica, Nota su atti dell'UE n. 29 “Gli oneri finanziari del contenzioso con l'Unione europea”.
[56] Articolo 3, paragrafo 1, lettera
b), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e articolo 11, lettera c),
della direttiva sulle emissioni industriali, a decorrere da tale data.
[57] I CRA dello stato di previsione del MEF sono: 1. Gabinetto e uffici di diretta collaborazione del Ministro; 2. Dipartimento dell’Amministrazione generale, del personale e dei servizi; 3. Dipartimento del Tesoro; 4. Dipartimento della RGS; 5. Dipartimento delle Finanze; 6. Corpo della Guardia di Finanza; 7. Avvocatura generale dello Stato.
[58] Per quanto riguarda i finanziamenti per l'acquisto da parte di micro piccole e medie imprese di beni strumentali cd. nuova Sabatini, (cap. 7489, contenuto nel programma 1.3), che la legge di stabilità 2016 non rifinanzia (anche tale capitolo è esposto in Tabella E della legge di stabilità), si ricorda che a BLV 2016-2018 il cap. 7489 presenta uno stanziamento di 61,8 milioni nel 2016 e di 76,7 milioni per il 2017 e per il 2018.