Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Legge di stabilità e legge di bilancio 2016 - A.C. 3444 e A.C. 3445 Profili di competenza della VIII Commissione
Riferimenti:
AC N. 3445/XVII   AC N. 3444/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 360    Progressivo: 2
Data: 24/11/2015
Descrittori:
AMBIENTE   BILANCIO DELLO STATO
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

Casella di testo: LEGGE DI STABILITÀ E
LEGGE DI BILANCIO 2016
Casella di testo: Novembre 2015

 

 

 

 

Casella di testo: A.C. 3444 e A.C. 3445Casella di testo: Profili di competenza della VIII Commissione Ambiente


 

Servizio Studi

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Dossier n. 240/1

 

Servizio del Bilancio

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Servizio Studi

Dipartimento Ambiente

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Progetti di legge n. 360/2/0/VIII

 

 

Il presente dossier è articolato in due sezioni:

§  schede di lettura delle disposizioni del Disegno di legge di stabilità per il 2016, di competenza di ciascuna Commissione, estratto dal dossier generale, curato dal Servizio Studi della Camera dei deputati e dai Servizi Studi e Bilancio del Senato della Repubblica;

§  analisi delle missioni del Bilancio di previsione dello Stato per il 2016-2018 di competenza di ciascuna Commissione, redatta dal Servizio Studi della Camera dei deputati.

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 


I N D I C E

Disegni di legge di stabilità e di bilancio 2016

§  La disciplina contabile del disegno di legge di bilancio. 3

Infrastrutture e trasporti

Lo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’anno finanziario 2016 (Tabella 10) 7

§  Premessa. 7

§  Il bilancio di competenza. 8

§  Analisi per programmi 8

§  Stanziamenti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) 15

DDL di stabilità 2016. 17

Edilizia e politiche abitative. 19

§  Articolo 1, commi 8-24 e 28-30 (Tassazione immobiliare) 19

§  Articolo 1, comma 32 (Locazioni e rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo. Patti contrari alla legge) 45

§  Articolo 1, commi 41-43 (Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e acquisto di mobili) 49

§  Articolo 1, commi 44 e 45 (Disposizioni in materia di edilizia popolare) 60

Infrastrutture e contratti pubblici 62

§  Articolo 1, comma 259 (Attività dell’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006) 62

§  Articolo 1, commi 262-267 e commi 269-278 (Rafforzamento dell’acquisizione centralizzata) 63

§  Articolo 1, comma 338 (Cessazione di indennizzi di usura delle strade per le Regioni a statuto speciale) 74

§  Articolo 1, commi 371 e 372 (Progettazione di ciclovie turistiche, ciclostazioni ed interventi per la ciclabilità cittadina) 75

Le tabelle del ddl di stabilità 2016. 79

§  Tabella A.. 79

§  Tabella B.. 79

§  Tabella C.. 79

§  Tabella D.. 79

§  Tabella E. 80

Ambiente, tutela del territorio e del mare

Lo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per l’anno finanziario 2016 (Tabella 9) 89

§  Premessa. 89

§  Il bilancio di competenza. 89

§  Analisi per missioni e programmi 90

§  Stanziamenti nello stato di previsione degli altri Ministeri 95

§  L’ecobilancio del disegno di legge di Bilancio 2016-2018. 96

DDL di stabilità 2016. 99

§  Articolo 1, comma 129 (Finanziamento parchi nazionali) 101

§  Articolo 1, comma 193 (Interventi in siti di importanza comunitaria) 102

§  Articolo 1, comma 250 (Parco nazionale dello Stelvio) 106

§  Articolo 1, comma 253 (Fondo per interventi nei territori della terra dei fuochi) 109

§  Articolo 1, comma 489 (Disposizioni per il finanziamento investimenti ambientali e tecnologici) 113

Le tabelle del ddl di stabilità 2016. 117

§  Tabella A.. 117

§  Tabella B.. 117

§  Tabella C.. 117

§  Tabella D.. 118

§  Tabella E. 118

Protezione civile

Stanziamenti relativi alla Protezione civile e alle calamità naturali che insistono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2) 123

DDL di stabilità 2016. 127

§  Articolo 1, comma 182 (Ricostruzione o riparazione delle chiese e degli edifici religiosi) 129

§  Articolo 1, commi 230-236 (Misure per far fronte alle esigenze della ricostruzione connesse agli stati di emergenza) 131

§  Articolo 1, commi 237-242 (Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2009 in Abruzzo) 136

§  Articolo 1, commi 243-245 (Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) 140

Le tabelle del ddl di stabilità 2016. 145

§  Tabella C.. 145

§  Tabella E. 145

 

 


SIWEB

Disegni di legge di stabilità e di bilancio 2016


 

La disciplina contabile del disegno di legge di bilancio

Il disegno di legge del bilancio annuale di previsione dello Stato è disciplinato dall’articolo 21 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009).

Ai sensi dell’articolo 21, le previsioni di entrata e di spesa contenute nel bilancio sono formate sulla base della legislazione vigente, tenuto conto dei parametri economici utilizzati nel Documento di economia e finanza (DEF); le previsioni sono esposte in termini di competenza e di cassa.

La tradizionale concezione della legge di bilancio come legge meramente formale, che fotografa i fattori legislativi di spesa senza poterli modificare (compito spettante alla legge di stabilità, che poi si ripercuote sul bilancio attraverso la nota di variazioni) è stata, in parte, superata dalla legge di contabilità, che ha introdotto la c.d. flessibilità del bilancio, in base alla quale, con la legge di bilancio, è possibile effettuare rimodulazioni delle dotazioni finanziarie, relative anche ai fattori legislativi, purché compensative all’interno di un programma o tra programmi di una medesima missione di spesa (art. 23 della legge n. 196/2009) ovvero tra missioni diverse secondo quanto disposto da più recenti disposizioni che hanno innovato in materia di flessibilità di bilancio (art. 2, co. 1, D.L. n. 78/2010).

Nel disegno di legge di bilancio per il 2016 è presente, in allegato a ciascuno stato di previsione della spesa, il “Prospetto delle autorizzazioni di spesa per programmi”, che espone le autorizzazioni di spesa di ciascun Ministero che sono state rimodulate dal disegno di legge di bilancio.

 

Il disegno di legge di bilancio si presenta strutturato in Missioni e Programmi. Con tale nuova classificazione – introdotta a partire dal 2008 - è stata operata una strutturazione in senso funzionale delle voci di bilancio, volta a mettere in evidenza la relazione tra risorse disponibili e finalità delle politiche pubbliche, anche al fine di rendere più agevole l’attività di misurazione e verifica dei risultati raggiunti con la spesa pubblica. Le unità di voto parlamentare sono individuate:

a) per le entrate, con riferimento alla tipologia;

b) per le spese, con riferimento ai programmi, intesi quali aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi definiti nell'ambito delle missioni, che rappresentano le funzioni principali della spesa.

Ogni unità di voto deve indicare: l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente; l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare (competenza) nonché l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare (cassa), nell'anno cui il bilancio si riferisce; le previsioni delle entrate e delle spese relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale.

La dotazione finanziaria dei programmi di spesa è presentata, inoltre, distinta in spese “rimodulabili” (vale a dire, spese autorizzate da espressa disposizione legislativa ovvero spese di adeguamento al fabbisogno) e “non rimodulabili” (spese per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo sulle variabili che concorrono alla loro formazione. Esse corrispondono, in sostanza, alle spese obbligatorie).

 

Nel disegno di legge di bilancio le informazioni relative alle singole unità di voto sono riportate nella Nota integrativa a ciascuno stato di previsione, che contiene le schede illustrative dei programmi di spesa del Ministero e delle leggi che lo finanziano, nonché il piano degli obiettivi correlati a ciascun programma ed i relativi indicatori di risultato, con espressa indicazione delle risorse destinate alla realizzazione degli obiettivi e degli indicatori di realizzazione ad essi riferiti.

 


Infrastrutture e trasporti


Lo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’anno finanziario 2016 (Tabella 10)

Premessa

La struttura organizzativa dell’amministrazione

Con il D.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 72 - in attuazione dell’art. 2 del D.L. 95/2012 (spending review) e dell’art. 2, comma 7, del D.L. 101/2013- è stato emanato il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero.

Con la riorganizzazione, che ha mantenuto l’articolazione in due dipartimenti, si è provveduto alla riduzione delle direzioni generali centrali (da 18 a 16) e di quelle decentrate e periferiche (da 14 a 11).

I citati dipartimenti, in cui sono incardinati gli uffici dirigenziali di livello generale, hanno assunto le nuove denominazioni di Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici e Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale.

Le funzioni ed i compiti degli uffici dirigenziali di livello non generale sono stati invece definiti con D.M. 4 agosto 2014, n. 346.

Nell’assetto organizzativo del Ministero è inoltre incardinato il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che esercita le funzioni di competenza secondo le modalità previste dal D.P.R. 27 aprile 2006, n. 204.

Operano altresì presso il MIT altri organi, tra i quali si ricordano la Struttura tecnica di missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l’Alta sorveglianza (istituita con D.M. 7 agosto 2015, n. 286 – ai sensi dell’art. 163, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 – in sostituzione della preesistente Struttura tecnica di missione) e il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, istituito dall’art. 1 della L. 144/1999.

Si ricorda altresì che con D.M. 1° ottobre 2012, n. 341 è stata istituita, nell’ambito del Dipartimento per le infrastrutture, la “Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali" (SVCA), ai sensi di quanto previsto dall’art. 11, comma 5, del D.L. 216/2011, in luogo del soppresso Ispettorato di vigilanza delle concessionarie autostradali (IVCA) operante presso l’ANAS. Le competenze, in seguito alla riorganizzazione operata dal D.P.C.M. 72/2014, sono incardinate nella nuova Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali.

Il bilancio di competenza

L’analisi dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) per il 2016 viene svolta con riferimento alle principali missioni di competenza dell’VIII Commissione (Ambiente), vale a dire la missione 14 (Infrastrutture pubbliche e logistica) e la missione 19 (Casa e assetto urbanistico).

Lo stanziamento di competenza relativo alle citate missioni recava, nel ddl iniziale, previsioni di spesa per complessivi 3.590,0 milioni di euro, con un decremento, rispetto alle previsioni assestate 2015, di 809,3 milioni di euro, pari al 18,4%. In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, lo stanziamento complessivo è leggermente aumentato (l’aumento è di 27,4 milioni, inferiore all’1%), attestandosi a 3.617,4 milioni di euro.

Tale stanziamento è attribuibile in gran parte (92,4%) alla missione 14.

Lo stanziamento complessivo delle missioni 14 e 19 congiuntamente considerate rappresenta il 30% dello stanziamento totale del Ministero.

La maggior parte dello stanziamento di competenza per il 2016 è rappresentato da spese in conto capitale, le quali costituiscono oltre il 90% del totale dello stanziamento complessivo delle missioni 14 e 19.

La consistenza complessiva dei residui passivi presunti al 1° gennaio 2016 è valutata in 4.577 milioni di euro. Rispetto al dato assestato 2015, si registra una lieve diminuzione dei residui, pari a 87,1 milioni di euro, corrispondente all’1,9%. La quasi totalità dei residui (95,5%) è concentrata nella missione 14.

 

Data una massa spendibile[1] di 8.194,4 milioni di euro ed autorizzazioni di cassa pari a 3.993,4 milioni di euro, il coefficiente di realizzazione[2] risulta essere pari al 48,7% (nel bilancio assestato era pari al 51%) e rappresenta la capacità di spesa relativa alle due missioni congiuntamente considerate.

Analisi per programmi

Di seguito viene fornita un’analisi di dettaglio dei programmi contenuti nelle missioni di competenza pressoché esclusiva della VIII Commissione (Ambiente) all’interno dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Missione 14 (Infrastrutture pubbliche e logistica)

Lo stanziamento relativo alla missione 14 per l’anno 2016, inizialmente pari a 3.378,7 milioni di euro, in seguito all’approvazione della nota di variazioni si attesta a 3.341 milioni di euro (-37,7 milioni, pari all’1,1%).

Poiché le variazioni apportate dalla nota di variazioni al programma in esame risultano di entità molto modesta, nel seguito si indicano direttamente gli importi come risultanti dalla nota di variazioni, senza l’indicazione delle variazioni apportate dalla nota medesima.

Nell'ambito di tale missione, oltre il 70% delle risorse è concentrato nel programma 14.10 (opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità) con 2.497,7 milioni di euro.

 

Programma 14.5 (Sistemi idrici, idraulici ed elettrici)

Le risorse iscritte in tale programma sono pari a 61,6 milioni di euro, il 54% circa dei quali è rappresentato da spese correnti.

Oltre il 70% dello stanziamento complessivo è costituito da spese non rimodulabili.

Analizzando i singoli capitoli, si segnala, per la rilevanza dello stanziamento, il capitolo 7156 recante contributi a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese con 15,5 milioni di euro (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E).

Programma 14.9 (Sicurezza, vigilanza e regolamentazione oo.pp.)

Le risorse iscritte in tale programma ammontano a 4,7 milioni di euro, quasi interamente destinati al funzionamento del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Si tratta quindi, per la maggior parte (81%), di spese per il personale e, pertanto, di spese non rimodulabili.

Programma 14.10 (Opere strategiche, edilizia statale e calamità)

Le risorse iscritte in tale programma ammontano a 2.497,7 milioni di euro, con una riduzione di 416,7 milioni di euro rispetto al dato assestato 2015 (pari al 14,3%).

Una parte cospicua della riduzione è attribuibile alle variazioni negative delle dotazioni dei capitoli 7060 (fondo opere strategiche), 7471 (infrastrutture carcerarie) e 7695 (Expo 2015) nei quali si registra complessivamente una riduzione di 332,5 milioni di euro (v. infra).

La quasi totalità (oltre il 96%) dello stanziamento complessivo del programma è costituito da spese in conto capitale. Buona parte di tali spese (oltre il 70%) è costituita da spese non rimodulabili, la maggior parte delle quali è allocata nel capitolo 7060 (v. infra).

Analizzando i singoli capitoli, si segnala che la gran parte dello stanziamento di competenza del programma riguarda le spese in conto capitale imputabili al capitolo 7060 Fondo da ripartire per la progettazione e la realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale nonché per opere di captazione ed adduzione di risorse idriche” (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E). La dotazione di competenza del capitolo, pari a 1.588,4 milioni di euro, sconta una riduzione di 94,2 milioni di euro rispetto all’assestato 2015 (pari al 5,6%).

Le restanti risorse iscritte nel programma sono concentrate principalmente sui seguenti capitoli:

·       capitolo 7187 con risorse pari a 75,3 milioni di euro (in aumento di 20,2 milioni di euro, pari al 37%, rispetto al dato assestato) destinate all’aggiornamento degli studi sulla laguna di Venezia, con particolare riguardo ad uno studio di fattibilità delle opere necessarie ad evitare il trasporto nella laguna di petroli e derivati e a studi ed opere volti al riequilibrio idrogeologico della laguna stessa (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E);

·       capitolo 7188 con risorse pari a 49,5 milioni di euro (in diminuzione di 5,2 milioni di euro, pari al 9,5%, rispetto al dato assestato) per annualità per gli interventi di competenza degli enti locali, in particolare per interventi nei comuni di Venezia, Chioggia e Cavallino Treporti (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E);

·       capitolo 7200, che accoglie le risorse destinate alla realizzazione del sistema Mo.SE. (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E). Lo stanziamento di tale capitolo, interamente rimodulabile (R), è pari a 466,8 milioni di euro, in aumento di 82,5 milioni di euro (21,5%) rispetto al dato assestato 2015;

·       capitoli 7340-7341 relativi alle spese per immobili demaniali o privati in uso agli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio, Parlamento, Corte costituzionale) e ad altri organismi internazionali nonché alle spese per la costruzione, sistemazione, manutenzione e completamento di edifici pubblici statali o altri immobili destinati a sede di pubblici uffici, in cui sono iscritti complessivamente 43,5 milioni di euro interamente rimodulabili (R). Rispetto al dato assestato 2015 si registra una riduzione di 8,1 milioni di euro (-15,6%);

·       capitolo 7543, relativo alle somme destinate al c.d. programma "6.000 campanili", con uno stanziamento - rimodulabile (R) – di 78 milioni di euro (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E), in diminuzione rispetto al dato assestato (-19 milioni di euro, pari al 20%).

 

Si segnalano altresì i seguenti capitoli che non rilevano tanto per l’entità dello stanziamento, quanto piuttosto per il fatto che sono stati citati in precedenza per spiegare la riduzione rispetto al dato assestato:

·       capitolo 7695 relativo alle spese per lo svolgimento dell’Expo Milano 2015, con uno stanziamento - rimodulabile (R) - pari a 14,8 milioni di euro (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E). Rispetto al dato assestato si registra una consistente riduzione (-117,9 milioni di euro, pari all’89%) dovuta al venir meno dell’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 14, comma 1, del D.L. 112/2008.

L’art. 14, comma 1, del D.L. 112/2008 ha infatti autorizzato, per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento “EXPO Milano 2015”, un finanziamento complessivo di 1.486 milioni di euro, ma limitatamente al periodo 2009-2015. Lo stanziamento per il 2015 era pari a 120 milioni di euro.

·       capitolo 7471, relativo alle somme destinate alle infrastrutture carcerarie, con uno stanziamento - rimodulabile (R) – di 20,6 milioni di euro (si segnala che tale capitolo è esposto in Tabella E), in consistente diminuzione rispetto al dato assestato (-120,4 milioni di euro, pari all’85%).

Tale capitolo è stato istituito dalla precedente legge di bilancio, in applicazione dell'art. 3, comma 12, del D.L. 133/2014, che ha disposto l’assegnazione a uno o più capitoli di bilancio dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero della giustizia, secondo le ordinarie competenze, delle risorse disponibili sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie di cui al D.P.R. 3 dicembre 2012.

Programma 14.11 (Sistemi stradali, autostradali e intermodali)

Le risorse del programma 14.11 ammontavano, nel ddl iniziale, a 812,5 milioni di euro (-221,7 milioni rispetto al dato assestato, pari al 21,4%). In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, che comporta una riduzione di 35,5 milioni di euro (pari al 4,4%), la dotazione del programma si assesta a 777 milioni di euro.

La quasi totalità (oltre il 95%) dello stanziamento complessivo del programma è costituito da spese in conto capitale. La maggior parte di tali spese (oltre l’80%) è costituita da spese rimodulabili.

Le variazioni apportate dalla nota di variazioni al programma in esame sono principalmente concentrate nei due capitoli 7536 e 7538. Nel seguito si dà quindi conto unicamente di tali variazioni, prescindendo da quelle di modestissima entità risultanti dalla nota di variazioni.

 

Analizzando i singoli capitoli, si segnala innanzitutto la rilevante diminuzione rispetto al dato assestato, per un importo di 168 milioni di euro, della dotazione del capitolo 7536 (esposto in tabella E), che accoglie le risorse  - interamente rimodulabili (R) – del c.d. Fondo sblocca cantieri istituito dall’art. 18, comma 1, del D.L. 69/2013. In seguito a tale diminuzione (che nel ddl iniziale era pari a 163 milioni, a cui si è aggiunta una ulteriore riduzione di 5 milioni in seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato) la dotazione del capitolo scende a 28,8 milioni di euro.

L’art. 3, comma 1, del D.L. 133/2014 (c.d. sblocca Italia), per consentire la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, ha rifinanziato il “Fondo sblocca cantieri” (istituito dall’art. 18 del D.L. 69/2013), incrementandolo di complessivi 3.890 milioni di euro, di cui 159 milioni per l'anno 2016. Il successivo comma 2 ha elencato una serie di opere a cui, con apposito decreto interministeriale, devono essere destinate le risorse del Fondo.

 

Le restanti risorse iscritte nel programma sono concentrate principalmente sui seguenti capitoli, alcuni dei quali riguardano opere finanziate con il cd. “Fondo sblocca cantieri”:

§  capitolo 7147 (esposto in tabella E) relativo alla superstrada a pedaggio Pedemontana veneta, con una dotazione di risorse rimodulabili (R) pari a 231,5 milioni di euro;

§  capitolo 7538 “Somme da assegnare all'Anas spa per il programma ponti e gallerie stradali (esposto in Tabella E), con una dotazione, interamente rimodulabile (R), di 65 milioni di euro. Tale dotazione era inizialmente pari a 95 milioni di euro (quindi scontava già una consistente riduzione di 121,2 milioni rispetto al dato assestato) ma è stata così rideterminata in virtù della rimodulazione operata dalla tabella E, come risultante dall’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato;

§  capitoli 7484-7485, relativi all’ammortamento dei mutui per la variante di valico ed il potenziamento dell'autostrada Bologna-Firenze (esposti in Tabella E), con una dotazione complessiva, invariata rispetto al dato assestato, di 62 milioni di euro;

§  capitolo 7500, relativo al Fondo per la realizzazione di interventi in favore del sistema autostradale, con una dotazione di 43,9 milioni di euro, inferiore di 10,3 milioni rispetto al dato assestato;

§  capitolo 7514 (esposto in Tabella E), che accoglie le risorse del c.d. Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi di competenza dei comuni di Venezia e Chioggia, con una dotazione rimodulabile (R) di 67,1 milioni di euro (che registra un incremento di 55,1 milioni rispetto al dato assestato);

§  capitolo 7537 (esposto in tabella E) relativo alla tangenziale esterna est di Milano, con una dotazione rimodulabile (R) di 60,3 milioni di euro, inferiore di 47,2 milioni rispetto al dato assestato;

§  capitolo 7541 relativo all’Asse di collegamento tra la S.S. 640 e l'autostrada A19 Agrigento-Caltanissetta (esposto in tabella E), con una dotazione rimodulabile (R) di 76,6 milioni di euro (il capitolo aveva una dotazione nulla nell’assestato 2015).

 

Si segnalano infine il capitolo 7533, relativo alla realizzazione della terza corsia della tratta autostradale A4 Quarto d’Altino- Villesse-Gorizia che, pur non avendo una dotazione di rilievo, fa segnare una consistente diminuzione. La dotazione di tale capitolo infatti si azzera (scontando una riduzione di 93,5 milioni di euro) essendo terminata l’autorizzazione di spesa disposta dal comma 96 dell'articolo unico della L. 147/2013).

Missione 19 (Casa e assetto urbanistico)

Lo stanziamento relativo alla missione 19 per l’anno 2016, pari nel ddl iniziale a 211,3 milioni di euro (importo pressoché dimezzato rispetto al dato assestato), in seguito all’approvazione da parte del Senato della nota di variazioni si attesta a 276,4 milioni di euro (l’incremento risultante dalla nota, pari a 65,1 milioni, corrisponde a circa il 31% rispetto al dato iniziale).

Nell'ambito di tale missione, lo stanziamento complessivo è attribuito all’unico programma 19.2 (Politiche abitative, urbane e territoriali).

Programma 19.2 (Politiche abitative, urbane e territoriali)

La maggior parte (57%) del citato stanziamento complessivo del programma è costituito da spese in conto capitale.

In verità nel ddl iniziale la maggior parte dello stanziamento era costituito da spese correnti (per il 65%), ma poiché gli incrementi apportati dalla nota di variazioni hanno operato soprattutto sulle spese in conto capitale, ne è risultata una inversione della composizione delle spese.

Le spese rimodulabili costituiscono oltre il 70% del totale dello stanziamento del programma.

Le variazioni apportate dalla nota di variazioni al programma in esame sono principalmente concentrate nei due capitoli 1695 e 7442. Nel seguito si dà quindi conto unicamente di tali variazioni, prescindendo da quelle di modestissima entità risultanti dalla nota di variazioni.

Di seguito si elencano i capitoli principali in termini di stanziamenti di competenza:

§  capitolo 1701, che ha una dotazione (pressoché invariata rispetto all’assestato) di 56,1 milioni di euro, destinati a contributi in conto interessi a favore di istituti, cooperative e comuni.

§  capitolo 1690 che accoglie le risorse rimodulabili (R) del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione. Lo stanziamento, pari a 100 milioni per il 2015, si azzera nel 2016, dato che il rifinanziamento del fondo operato dall’art. 1, comma 1, del D.L. 47/2014 era limitato al biennio 2014-2015[3];

§  capitolo 1693, che accoglie le risorse rimodulabili (R) del Fondo inquilini morosi incolpevoli istituito dall’art. 6, comma 5, del 102/2013. Lo stanziamento passa da 32,7 milioni (assestato 2015) a 59,7 milioni di euro, in virtù del rifinanziamento operato dall’art. 1, comma 2, del D.L. 47/2014[4];

§  capitolo 1695, che accoglie le risorse rimodulabili (R), inizialmente pari a 18,9 milioni di euro (quindi invariate rispetto all’assestato) del fondo (istituito dall’art. 3, comma 1, lett. b), del D.L. 47/2014) destinato alla concessione di contributi per l'acquisto degli alloggi di proprietà degli istituti autonomi per le case popolari (IACP) da parte dei conduttori e dei soci assegnatari di alloggi di cooperative edilizie a proprietà indivisa. La dotazione di tale capitolo risulta azzerata in virtù del definanziamento operato dalla tabella D, come risulta dall’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato;

§  capitolo 7437 relativo a programmi di edilizia sperimentale agevolata in locazione a canone concertato, con una dotazione di 33,8 milioni di euro, invariata rispetto all’assestato;

§  capitolo 7442 (esposto in tabella E), relativo al Programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica istituito dall’art. 4 del D.L. 47/2014 e rifinanziato dal comma 235 della L. 190/2014. La dotazione di tale capitolo, inizialmente pari a 36,3 milioni di euro (quindi invariata rispetto al dato assestato) risulta, dopo l’esame al Senato, incrementata di 84 milioni in virtù della rimodulazione operata dalla tabella E. La dotazione attuale del capitolo, conseguente all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, è quindi pari a 120,3 milioni di euro.

 

Si segnala che permangono in bilancio, seppur con una dotazione complessiva inferiore a 4 milioni di euro, anche i capitoli 7365 e 7440 relativi, rispettivamente, al c.d. piano città e al c.d. piano casa. Tali capitoli fanno segnare, rispetto al dato assestato, una riduzione complessiva di 68,9 milioni.

Stanziamenti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF)

Come anticipato, all’interno della missione 14 (Infrastrutture pubbliche e logistica) e della missione 19 (Casa e assetto urbanistico) vi sono programmi collocati nello stato di previsione del MEF (Tabella n. 2).

Lo stanziamento di competenza relativo al programma 14.8, pari a 1.411,4 milioni di euro, è quasi interamente collocato nel capitolo 7464 (esposto in Tabella E), relativo ad interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica. La dotazione di tale capitolo, inizialmente pari a 1.410 milioni di euro (quindi in aumento di 885 milioni rispetto al dato assestato) risulta ridotta a 810 milioni di euro in virtù della rimodulazione operata dalla tabella E, risultante dalla nota di variazioni approvata nel corso dell’esame al Senato.

Le risorse assegnate al programma 19.1, costituite interamente da spese in conto capitale rimodulabili, erano pari, nel ddl iniziale, a 1.460,3 milioni di euro. Tale importo, in seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, è diminuito di 70 milioni di euro (per la riduzione operata dalla tabella E sul capitolo 7077, v. infra), attestandosi a 1.390,3 milioni di euro.

La gran parte dello stanziamento è destinata ai territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 2009 e collocata nei seguenti capitoli:

§  capitolo 7817 (esposto in Tabella E), destinato alla concessione di contributi anche sotto forma di crediti d'imposta alle popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile 2009, con una dotazione rimodulabile (R) di 175,3 milioni di euro, diminuita di 52,4 milioni rispetto all’assestato 2015 (-23%);

§  capitolo 8005 (esposto in Tabella E), denominato “Somma da destinare agli uffici speciali per la città dell'Aquila e per i comuni del cratere, al comune dell'Aquila e ad altri soggetti per la ricostruzione ed il rilancio socio-economico dei territori interessati dal sisma dell'aprile 2009”, con una dotazione rimodulabile (R) di 1.097,2 milioni di euro (in aumento di 119 milioni rispetto al dato assestato).

 

Si segnala altresì il capitolo 7077 (esposto in Tabella E), che accoglie le risorse rimodulabili (R) del “Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari”. La dotazione di tale capitolo, inizialmente pari a 187,8 milioni di euro (quindi leggermente inferiore, di 4,8 milioni, rispetto al dato assestato) risulta ridotta a 117,8 milioni di euro, in virtù della rimodulazione operata dalla tabella E, come risulta dalla nota di variazioni approvata nel corso dell’esame al Senato.

Tale fondo è stato istituito e finanziato con 200 milioni di euro[5] (per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016), dall’art. 1, comma 48, lett. c), della L. 147/2013.

 

Si segnala, inoltre, che all’interno della missione 13 (Diritto alla mobilità)[6], nell’ambito del programma 13.8 (Sostegno allo sviluppo del trasporto) figurano alcuni capitoli relativi all’ANAS S.p.A.:

§  capitoli 1872 e 7374 riguardanti le somme da erogare all’ANAS per il pagamento delle rate di ammortamento, e dei relativi interessi, delle operazioni finanziarie attivate per la realizzazione di opere stradali da parte della stessa Anas. In tali capitoli sono allocati complessivamente 47,8 milioni di euro (-7,7 milioni rispetto all’assestato 2015);

§  capitolo 7365 “Somma da corrispondere all’ANAS in conseguenza della presa in carico dei tratti stradali dismessi dalle regioni a seguito delle modifiche intervenute nella classificazione della rete stradale di interesse nazionale e di quella di interesse regionale”, con risorse rimodulabili (R) pari a 6,3 milioni di euro, pressoché invariate rispetto all’assestato;

§  capitolo 7372 “Contributi in conto impianti da corrispondere all’ANAS per la realizzazione di un programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture(capitolo esposto in Tabella E). Le risorse di tale capitolo, rimodulabili (R), inizialmente pari a 387,1 milioni di euro (quindi con una diminuzione di 144,1 milioni, pari al 27%, rispetto al dato assestato 2015), sono state incrementate dalla tabella E di 1.200 milioni. In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, l’importo di tale capitolo si assesta quindi a 1.587,1 milioni di euro.

 

Stanziamenti relativi all'Anas (destinati alla realizzazione di singole opere, nonché al programma ponti e gallerie) sono contenuti anche nel programma 14.11 Sistemi stradali, autostradali ed intermodali del MIT, di cui si è già dato conto in precedenza.

 


DDL di stabilità 2016

 

 


Edilizia e politiche abitative

Articolo 1, commi 8-24 e 28-30
(
Tassazione immobiliare)

 

 

I commi 8-24 e 28-30 apportano sostanziali modifiche all’assetto della tassazione immobiliare e, per effetto delle modifiche apportate al Senato, anche al regime fiscale delle imposte sui trasferimenti immobiliari.

Con un primo gruppo di norme (commi 9-11) si provvede al complessivo riassetto delle agevolazioni per i terreni agricoli, a tal fine esentando da IMU:

§  i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege;

§  i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

§  i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

§  i terreni agricoli con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

Si elimina la TASI sull’abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio, commi 12 e 14), anche nell’ipotesi in cui è il detentore a destinare l’immobile ad abitazione principale. Si dispone un’aliquota ridotta per gli immobili-merce. Si estende l’esenzione per la prima casa all’imposta sugli immobili all’estero – IVIE. Le modifiche apportate al Senato hanno precisato che il rinvio alle definizioni di imposta municipale propria è effettuato con riferimento alle norme del decreto-legge n. 201 del 2011 che definiscono l’abitazione principale a fini IMU.

I commi 15 e 16 recano le misure compensative del minor gettito IMU e TASI conseguente dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione per le abitazioni principali e sui terreni agricoli, prevedendo per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna un incremento del Fondo di solidarietà comunale (comma 15) e per i comuni delle regioni a statuto speciale cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale (Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) un minor accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (comma 16).

Viene, inoltre, attribuito ai comuni un contributo di 390 milioni di euro per il 2016, in conseguenza delle norme di fiscalità immobiliare relative ai limiti massimi posti delle aliquote d’imposta (comma 17).

I commi 18-21 escludono i macchinari funzionali al processo produttivo (ivi compresi i cd. imbullonati) della rendita catastale e, quindi, dalle imposte immobiliari.

È abrogata l’Imposta Municipale Secondaria - IMUS (comma 22).

Limitatamente all’anno 2016, si blocca la possibilità di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali regionali e comunali (comma 23), mentre per gli immobili non esentati i comuni possono maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille (comma 24). Per effetto delle modifiche apportate al Senato, sono fatte salve le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, per le quali siano state espletate le procedure relative alle pubblicazioni previste dalla legislazione vigente.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte le seguenti, ulteriori disposizioni:

§  si dispone l’esenzione IMU per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli), sostituendo con l’esenzione ex lege la vigente facoltà dei comuni con riferimento a tali immobili, al contempo rendendone più stringenti le condizioni; sono esentati da IMU anche gli immobili concessi in comodato a parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale (comma 8, lettera a));

§  si estende il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome, con efficacia dal 2014. Anche tali imposte immobiliari sostituiscono, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati, siti nello stesso comune dell’abitazione principale (comma 10);

§  si esentano da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al requisito della residenza anagrafica (comma 13);

§  è introdotta una riduzione del 25 per cento dell’IMU e della TASI dovute sulle unità immobiliari locate a canone concordato (commi 28 e 29);

§  si consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, purché lo alieni entro un anno dalla data dell'atto (comma 30).

Modifiche alla disciplina IMU per i terreni agricoli (comma 8, lettere c) e d) e comma 11)

Il primo gruppo di norme in esame interviene sulla disciplina dell’IMU sui terreni agricoli, contenuta nell’articolo 13 del decreto-legge. n. 201 del 2011 e nel decreto legislativo n. 23 del 2011, al fine di ampliare il perimetro delle esenzioni.

Per effetto delle norme in esame sono esentati da IMU (comma 11):

§  i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege;

§  i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

§  i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

§  i terreni agricoli con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

 

Più in dettaglio, il comma 11 ridisegna il perimetro dell’esenzione IMU - prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 - per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l’esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993.

Detta circolare reca l’individuazione dei comuni cd. montani o collinari, in cui opera l’esenzione IMU (originariamente, a fini ICI) in favore dei terreni agricoli.

Dal 2016 essi sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare. La richiamata circolare chiarisce che, ove accanto all'indicazione del comune non sia riportata alcuna annotazione, l'esenzione opera sull'intero territorio comunale. Ove sia riportata l'annotazione “parzialmente delimitato”, con la sigla "PD', l'esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.

Oltre a tali esenzioni, valevoli per i terreni agricoli ricadenti in specifiche aree, il comma 11 esenta da IMU gli altri terreni agricoli in virtù di ulteriori caratteristiche:

a)   se posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

b)  ubicati nei comuni delle isole minori (di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448) indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

c)   a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

 

Attualmente, ai sensi del decreto-legge n. 4 del 2015, l'esenzione si applica:

a)  ai terreni agricoli nonché a quelli incolti ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani Istat;

b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati ubicati nei comuni delle isole minori (articolo 25, comma 7, allegato A, della legge n. 448 del 2001);

c)  ai terreni agricoli nonché a quelli incolti posseduti e condotti – anche in comodato ed in affitto - dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco Istat.

A decorrere dall'anno 2015, per i terreni ubicati nei comuni della cd. collina svantaggiata, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, spetta una detrazione di 200 euro. Inoltre, sono esenti i terreni a immutabile destinazione agro silvo pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che non ricadono in zone montane o di collina, come definite dalla disciplina secondaria (D.M. 28 novembre 2014).

I terreni agricoli sono inoltre esenti dalla TASI (decreto-legge n. 16 del 2014).

 

Si fa notare che la norma in oggetto determina la conseguente imponibilità ai fini IRPEF dei redditi dominicali relativi ai terreni agricoli precedentemente soggetti all’IMU.

Infatti, in base agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l’IMU sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali in relazione al reddito fondiario dei fabbricati non locati e dei terreni non affittati, per la componente dominicale (cosiddetto effetto di sostituzione IMU/IRPEF; si vedano la circolare 11/E del 21 maggio 2014, la circolare n. 3/DF del 2012 e la circolare n. 5/E del 2013).

 

Si segnala al riguardo che il comma 517 del provvedimento in commento - modificando l’articolo 1, comma 512, della legge n. 228/2012 - fissa nel 30 per cento, in luogo dell'attuale 7 per cento, la rivalutazione dei redditi dominicale e agrario a decorrere dal periodo di imposta 2016. Da tale rivalutazione sono esclusi i terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola.

 

In conseguenza delle modifiche al panorama delle esenzioni IMU, la lettera b) del comma 8 in commento abroga la misura ridotta del moltiplicatore (75) – necessario per determinare la base imponibile IMU – applicabile ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (secondo periodo dell’articolo 13, comma 5 del decreto-legge n. 201 del 2011). La lettera c) elimina la franchigia per l’applicazione dell’IMU ai terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (abrogando il comma 8-bis dell’articolo 13).

 

Si ricorda che le norme vigenti, a fini IMU, qualificano come non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola; il valore dell'immobile è calcolato applicando al reddito dominicale, rivalutato (del 25 per cento), un moltiplicatore pari a 75 dal 1° gennaio 2014 (articolo 1, comma 707 della legge di stabilità 2014). L'aliquota IMU per i terreni agricoli è quella ordinaria dello 0,76 per cento. I comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali.

È prevista una franchigia per i terreni agricoli di valore pari o inferiore a 6000 euro, in presenza delle condizioni di legge (possesso e conduzione da parte di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali); oltre il predetto importo l'applicazione dell'IMU avviene per scaglioni.

 

Dal 2016 è abrogata inoltre:

§  la normativa specifica disposta dal decreto-legge n. 4 del 2015 (articolo 1, commi da 1 a 6) in tema di esenzioni IMU per i terreni agricoli ubicati in aree montane, nonché la disciplina delle variazioni compensative di risorse per i comuni (commi 7-9), conseguenti dall'attuazione del suddetto sistema di esenzioni IMU introdotto dal decreto-legge medesimo;

§  la disposizione di cui all’articolo 1, comma 9-bis del richiamato decreto-legge, che attribuiva risorse ai comuni, a decorrere dall'anno 2015, per assicurare a tali enti il ristoro del minor gettito dell'IMU derivante dall’applicazione della detrazione per i cd. terreni di collina svantaggiata, di cui all’articolo 1 comma 1-bis del menzionato decreto-legge.

Esenzione IMU immobili dati in comodato a figli o genitori (comma 8, lettera a))

La lettera a), inserita al Senato, esenta da IMU gli immobili concessi in comodato d’uso a:

§  parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli) a specifiche condizioni, sostituendo così con l’esenzione ex lege l’analoga, vigente facoltà concessa ai comuni;

§  parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale.

 

A tal fine è modificato il comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, che tra l’altro disciplina le esenzioni IMU per gli immobili assimilati all’abitazione principale.

In primo luogo, viene espunta dal comma 2 la vigente norma, che concede ai comuni la facoltà di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che l'agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500, oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui.

Contestualmente, si introduce (nuova lettera d-bis) del comma 2 dell’articolo 13) una esenzione ex lege  per le unità immobiliari – purché non classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia quelle “di lusso” – date in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado, alle seguenti e concomitanti condizioni:

§  che il comodatario la destini ad abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia;

§  che il contratto sia registrato;

§  che il comodante abbia adibito, nel 2015, lo stesso immobile come abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia.

Per l'applicazione dell'esenzione, il soggetto passivo deve attestare il possesso dei requisiti nella dichiarazione IMU (di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23).

 

Sebbene le norme in esame sostituiscano una facoltà dei comuni con l’esenzione IMU ex lege per gli immobili concessi in comodato a figli o genitori, le condizioni poste dalle nuove norme appaiono più stringenti di quanto previsto a legislazione vigente e, dunque, sembrano ridurre la platea dei potenziali destinatari dell’agevolazione.

Tra le condizioni poste vi è la necessità che il comodante abbia adibito l’immobile ad abitazione principale nel 2015 escludendo, dunque, tale agevolazione ove l’assegnazione in comodato ai soggetti aventi gli altri requisiti di legge sia avvenuta in periodi precedenti e permanga al momento di entrata in vigore della norma in esame.

 

La stessa lettera d-bis) esenta da IMU l’immobile concesso in comodato d’uso a parenti entro il secondo grado, in linea retta o collaterale, purché disabili.

Esenzione IMU immobili cooperative edilizie per studenti universitari soci (comma 13)

Il comma 13, inserito al Senato, esenta da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.

Più in dettaglio, viene aggiunto un periodo al già menzionato articolo 13, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 201 del 2011, che esenta da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari. Per effetto delle modifiche in esame, l’esenzione è  estesa alla suddetta tipologia di cooperativa edilizia, anche se i soci non vi hanno trasferito la residenza anagrafica.

Modifiche ai termini per l’invio delle delibere comunali IMU (comma 8, lettera d))

La lettera d) del comma 8 apporta modifiche all’articolo 13, comma 13-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, norma che - tra l’altro - fissa i termini per l’invio al MEF da parte dei comuni delle delibere su aliquote e detrazioni IMU, nonché dei regolamenti locali dell’imposta stessa. In particolare, con le norme in esame detta scadenza è anticipata dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno e viene precisato che tale termine è perentorio.

Si rammenta che l’invio tempestivo delle informazioni influisce sul versamento della seconda rata IMU da parte dei soggetti passivi d’imposta: il mancato invio comporta l’applicazione delle norme dell’anno precedente.

Il versamento della seconda rata è infatti effettuato sulla base degli atti pubblicati nel sito del MEF alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tale scopo le norme fissano al 21 ottobre il termine per l’invio di regolamenti e delibere, che le modifiche in esame anticipano al 14 ottobre.

Riserva di disciplina in favore delle province autonome (comma 9)

Il comma 9 elimina la riserva di disciplina disposta a favore delle province autonome di Trento e di Bolzano, abrogando a tal fine l’ultimo periodo del comma 8 dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011 (cd. federalismo fiscale municipale, nel quale è stata originariamente disciplinata l’IMU e che reca tuttora parte della normativa vigente).

Si ricorda che il comma 1-bis dell'articolo 80 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (DPR 31 agosto 1972, n. 670) dispone che, nel caso di tributi locali istituiti con legge dello Stato, la legge provinciale può consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale e può prevedere, anche in deroga alla disciplina statale, modalità di riscossione.

Imposte immobiliari delle province autonome: effetto di sostituzione IRPEF(comma 10)

Il comma 10, introdotto al Senato, prevede che il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF esplichi i propri effetti anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome nell’ambito della relativa autonomia, con efficacia dal 2014.

Di conseguenza, con le modifiche in esame anche le imposte immobiliari delle province autonome sostituiscono, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati (nonché l’ICI, di fatto non più applicabile), fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati siti nello stesso comune dell’abitazione principale.

 

Più in dettaglio, le norme in commento estendono all’IMI e all’IMIS (istituite rispettivamente dalla provincia di Bolzano e dalla provincia di Trento) gli effetti dell’articolo 8, comma 1 del decreto legislativo n. 23 del 2011 in tema di federalismo municipale, in forza del quale l'IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, nonché l'imposta comunale sugli immobili. Viene fatto salvo quanto disposto all’articolo 9, comma 9, terzo periodo, che assoggetta a IRPEF per il 50 per cento il reddito degli immobili ad uso abitativo, non locati, situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all'imposta municipale propria.

La norma si applica retroattivamente, cioè a decorrere dal periodo d’imposta 2014.

 

Per quanto riguarda IMI e IMIS si ricorda brevemente quanto segue:

-        la Provincia autonoma di Bolzano ha istituito e disciplinato l'imposta municipale immobiliare (IMI) con la legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3, nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972). L'imposta, nel territorio della Provincia, sostituisce integralmente le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali, anche relative alla copertura dei servizi indivisibili; Per effetto del comma 508 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), è stata estesa anche all’IMI la norma che ne consente la deducibilità dalle imposte sui redditi con riferimento agli immobili produttivi dal reddito d’impresa. Il decreto-legge n. 4 del 2015 ha disposto che tale parziale deducibilità sia applicabile già a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014;

-        la Provincia autonoma di Trento ha istituito l’IMIS, Imposta Municipale Immobiliare Semplice, con gli articoli 1-14 della legge finanziaria provinciale per il 2015 (legge n. 14 del 2014), nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello Statuto (D.P.R. n. 670/1972). Il richiamato decreto-legge n. 4 del 2015 ha esteso anche all’IMIS la richiamata norma sulla parziale deducibilità dell’imposta dal reddito di impresa, con riferimento agli immobili produttivi

Riduzione di IMU e TASI su immobili locati a canone concordato (commi 28 e 29)

I commi 28 e 29, inseriti al Senato, prevedono una riduzione del 25 per cento di IMU e TASI per le unità immobiliari locate a canone concordato.

Più in dettaglio il comma 28, inserendo il comma 6-bis all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, chiarisce che per gli immobili locati a canone concordato (di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431), l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 pe cento.

Si ricorda che il richiamato comma 6 fissa l’aliquota di base IMU (0,76 per cento) che è manovrabile dai Comuni con delibera (“forchetta” dello 0,3 per cento).

 

Il comma 29 prevede un’analoga misura di imposta ridotta con riferimento, però, alla TASI (per dettagli su tale imposta si veda il paragrafo successivo) e dunque modificando la disciplina istitutiva del tributo (legge di stabilità 2015, legge n. 147 del 2013). In particolare si aggiunge alla fine del comma 678 un nuovo periodo, ai sensi del quale – analogamente a quanto visto sopra – per gli immobili locati a canone concordato l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune è ridotta al 75 per cento.

In proposito si segnala che il comma 678 si occupa del regime TASI per i fabbricati rurali strumentali; la disciplina dell’aliquota TASI è contenuta nel comma 676 della legge di stabilità 2014, cui sarebbe più opportuno riferire la norma in esame.

Modifiche alla TASI: l’abitazione principale (comma 12, lettere a), b) e d))

Il comma 12 reca modifiche alla TASI, istituita dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013).

In particolare le lettere a) e b) intendono eliminare l’applicazione della TASI all’abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio, su cui la tassazione permane) sia nel caso in cui l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale dal possessore, sia nell’ipotesi in cui è il detentore a destinare l’immobile detenuto ad abitazione principale.

 

Si rammenta brevemente che la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, commi 639 e seguenti) ha istituito l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi, l'imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali; l'altro collegato alla fruizione di servizi comunali ed a sua volta articolato nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore.

Per quanto riguarda la TASI, soggetto passivo è il possessore o il detentore dell'immobile; la base imponibile è il valore dell'immobile rilevante a fini IMU. La TASI ha un'aliquota base dell'1 per mille, che può essere manovrata dai Comuni.

Ove l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare, quest'ultimo e l'occupante sono titolari di un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune con regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI, mentre la restante parte è corrisposta dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare.

Per effetto del decreto-legge n. 16 del2014, i comuni possono elevare l'aliquota massima TASI di un ulteriore 0,8 per mille rispetto al limite di legge (2,5, fissato dalla legge di stabilità 2014). Di conseguenza, l’aliquota massima per la TASI sull'abitazione principale nel 2014 e 2015 è stata fissata in misura pari al 3,3 per mille (articolo 1, comma 679 della legge n. 190 del 2014, legge di stabilità 2015).

 

Più in dettaglio, la lettera a), modificando il comma 639 della legge n. 147 del 2013, esenta da TASI le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare.

Restano assoggettate a TASI (che si aggiunge all’IMU) le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore e dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia gli immobili di lusso, le ville ed i castelli.

La lettera b) modifica di conseguenza il presupposto dell’imposta, chiarendo che esso è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree fabbricabili, (comma 669) ad eccezione dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definiti ai sensi dell'imposta municipale propria e fatta eccezione per gli immobili di lusso sopra menzionati.

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stato precisato che il rinvio alle definizioni di imposta municipale propria è effettuato con riferimento a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, che– come si è visto in precedenza – è modificato dal provvedimento in commento.

 

In sintesi il richiamato comma 2, oltre a recare una stringente definizione di abitazione principale del contribuente e ad individuare i conduttori dei terreni agricoli qualificati ad usufruire delle agevolazioni di legge, prevede specifiche assimilazioni all’abitazione principale: alcune possono essere deliberate dai comuni (come quella per l’immobile di anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari) ed altre sono previste ex lege. Tra l’altro, dal 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. Inoltre, il comma 2 dispone esplicitamente che l'imposta municipale propria non si applica ad alcune specifiche ipotesi (immobili dei soci di cooperative, agli alloggi sociali, alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; immobili del personale di Forze armate, Forze di polizia, Vigili del fuoco e carriera prefettizia).

 

La lettera d) (aggiungendo due periodi alla fine del comma 681), dispone che, nel caso in cui il detentore dell’immobile lo adibisca ad abitazione principale, escluse le categorie catastali A/1, A/8 e A/9, il versamento della TASI è effettuato in una percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo all’anno 2015. Ove il comune non abbia inviato tempestivamente la delibera, ovvero nel caso di mancata determinazione della predetta percentuale, la quota a carico del possessore è pari al 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo.

Modifiche alla TASI: gli immobili merce (comma 12, lettera c))

La lettera c) del comma 12 reca agevolazioni TASI per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita; aggiungendo un periodo al comma 678 si chiarisce che detti immobili (cd. beni-merce), fintantoché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, pagano la TASI con aliquota ridotta allo 0,1 per cento; i comuni possono modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all’azzeramento.

Si rammenta che tale agevolazione si aggiunge all’esenzione completa da IMU disposta dal D.L. 102/2013, alle medesime condizioni (permanenza della destinazione alla vendita e mancata locazione; articolo 13, comma 9-bis del D.L. n. 201 del 2011).

Modifiche alla TASI: termini per l’invio delle delibere comunali TASI (comma 12, lettera e))

La lettera e) del comma 12, analogamente a quanto previsto per l’IMU (comma 8, lettera e)), con una modifica al comma 688 anticipa dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno il termine per l’invio tempestivo, da parte di ciascun comune, delle delibere relative alla TASI (regolamento, aliquote e detrazioni) mediante l’inserimento, per via telematica, nel Portale del federalismo fiscale ai fini della pubblicazione sul sito del MEF.

Ai sensi del comma 688, analogamente a quanto previsto per l’IMU dal decreto-legge n. 201 del 2011, il versamento della prima rata della TASI è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente, mentre il versamento della rata a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno è eseguito, a conguaglio, sulla base degli atti pubblicati nell’apposito sito informatico (di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360) alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto ad effettuare l'invio tempestivo delle delibere entro il 21 ottobre dello stesso anno (termine anticipato al 14 ottobre dalle norme in esame), mediante inserimento del testo degli stessi nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

TASI: maggiorazione dell’aliquota da parte dei comuni per il 2016 (comma 24)

Il comma 24 mantiene ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi del presente articolo (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l’anno 2015, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge (comma 677 della legge di Stabilità 2014).

 

Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso il vincolo in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non sia superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile. Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille.

Nel 2014 e nel 2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.

Con le norme in commento, tale possibilità di maggiorazione è confermata anche per l’anno 2016.

Per effetto delle modifiche apportate al Senato si precisa che, con riferimento al 2015, sono valide le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, ove siano state correttamente e compiutamente espletate le procedure di pubblicazione previste dalla legge.

Tale disposizione è in esplicita deroga alle disposizioni generali (all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) sulle delibere di tariffe e aliquote relative ai tributi di competenza degli enti locali, che deve avvenire entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione.

La legge prevede infatti che se le deliberazioni sono approvate successivamente all'inizio dell'esercizio - purché entro il termine innanzi indicato - hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.

Modifiche alle agevolazioni IVIE – imposta sugli immobili all’estero (comma 14)

Il comma 14 apporta modifiche alla disciplina dell’IVIE, ossia dell’imposta sugli immobili all’estero, istituita e disciplinata dall’articolo 19 del richiamato decreto-legge n. 201 del 2011, disponendo anche in tal caso l’esenzione della prima casa dei contribuenti.

 

In breve, l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha istituito l'imposta sul valore degli immobili situati all'estero a decorrere dal 2011. Essa è dovuta dal proprietario dell'immobile ovvero dal titolare di altro diritto reale sullo stesso; l'aliquota è fissata (analogamente all'aliquota di base IMU) nella misura dello 0,76 per cento del valore dell'immobile, ma l'imposta non è dovuta se l'importo non supera 200 euro. La base imponibile è costituita dal costo risultante dall'atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile. Per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore è quello utilizzato nel Paese estero per l'assolvimento di imposte sul patrimonio o sui trasferimenti o, in mancanza, quello come precedentemente individuato.

E' disposta una riduzione dell'imposta (dallo 0,76 per cento allo 0,4 per cento del valore degli immobili) per l'immobile adibito, all'estero, ad abitazione principale del contribuente, nonché per le relative pertinenze. E' prevista, inoltre, una detrazione forfetaria di 200 euro da scomputare dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e le relative pertinenze, che va rapportata al periodo dell'anno durante il quale si verifica il vincolo di destinazione e alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Gli immobili adibiti ad abitazione principale all'estero con le relative pertinenze e anche gli immobili situati all'estero non locati a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, in deroga all'articolo 70, comma 2, del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito complessivo.

 

Con il comma 14 si interviene, in particolare, sulle menzionate riduzioni IVIE per l’immobile adibito all’estero ad abitazione principale del contribuente e le relative pertinenze. Mediante sostituzione del comma 15-bis dell’articolo 19 del menzionato decreto-legge n. 201 del 2011, la disciplina viene allineata a quella dell’IMU, dunque con esenzione da IVIE per la “prima casa” e gli immobili assimilati, fatta eccezione per l’imposta sui cd. immobili di lusso, con detrazione di 200 euro e applicazione di un’aliquota ridotta allo 0,4 per cento.

L’IVIE non si applica al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Ove l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

Compensazioni ai comuni del minor gettito IMU e TASI (commi 15-17)

I commi 15 e 16 recano le misure compensative del minor gettito IMU e TASI conseguente dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione introdotto dai commi da 8 a 14, 28 e 29, prevedendo per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna un incremento del Fondo di solidarietà comunale (comma 15) e per i comuni delle regioni a statuto speciale cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale (Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) un minor accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (comma 16).

 

Il comma 15 – modificando il comma 380-ter e 380-quater dell’articolo 1 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013) ed inserendo in essa i nuovi commi da 380-sexies a 380-octies – interviene sul Fondo di solidarietà comunale, che rappresenta il fondo per il finanziamento dei comuni con finalità di perequazione, alimentato con quota parte dell’IMU di spettanza dei comuni stessi.

In particolare, le disposizioni di cui alle lettere da a) a c) del comma 15 mirano, innanzitutto, ad incrementare la dotazione annuale del Fondo medesimo a partire dall’anno 2016, al fine di tenere conto dell’esenzione prevista dall’articolo in esame per l’IMU e la TASI per gli immobili adibiti ad abitazione principale (e, con riferimento alla sola IMU, per i terreni agricoli), rideterminando la quota parte dell’imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. A tal fine viene novellato in più punti il comma 380-ter dell’art. 1 della legge n. 228/2012, che reca la disciplina del Fondo di solidarietà comunale a decorrere dall’anno 2014[7].

Più in dettaglio:

§  la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale, quantificata dal vigente comma 380-ter in 6.547,1 milioni di euro per gli anni 2015 e successivi, viene incrementata di 3.746,75 milioni di euro a decorrere dal 2016, quale ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna dalle esenzioni disposte dai commi 3 e 4 dell’articolo in esame;

§  al tempo stesso, viene ridotta la quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che alimenta la dotazione del Fondo medesimo, e che viene a tal fine versata dai comuni all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi, dagli attuali 4.717,9 milioni a 2.768,8 milioni di euro per ciascuno degli anni a decorrere dal 2016. Riducendosi la quota di IMU di spettanza comunale che alimenta il Fondo, si riduce di conseguenza - specifica la norma - anche la dotazione “di base” del Fondo di solidarietà comunale di 1.949,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 (lettera a)).

 

In sostanza, la dotazione del Fondo di solidarietà comunale, a decorrere dal 2016, verrebbe a determinarsi, annualmente, nell’importo di 8.266,1 milioni di euro, assicurata, per un importo pari a 2.768,8 milioni, attraverso una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni che viene a tal fine versata all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi.

Nel ddl di bilancio per il 2016 (A.S. 2112), il Fondo, iscritto sul cap. 1365/Interno, presentava una dotazione di 4.259,3 milioni di euro per il 2016 e di 4.319,3 milioni per gli anni 2017 e 2018[8].

A seguito delle modifiche introdotte dai commi in esame, nel disegno di legge di bilancio per il 2016-2018, come integrato dalla Ia Nota di variazioni (A.C. 3445), la dotazione del Fondo è stata aumentata a 6.446,9 milioni per il 2016, e a circa 6.117 milioni per il 2017 e 2018.

 

Sono inoltre stabiliti nuovi termini per l’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di riparto del Fondo rispetto a quelli attualmente indicati (il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento), ora fissati al 30 aprile 2016 per l'anno 2016 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni 2017 e successivi (lettera b)).

È infine, sostituita la lettera d) del comma 380-ter disponendo che con il D.P.C.M. di riparto del Fondo può essere variata (e non soltanto incrementata, come previsto dal testo vigente) la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso e, corrispondentemente, rideterminata la dotazione del Fondo medesimo. Anche le modalità di versamento al bilancio dello Stato sono stabilite con il medesimo D.P.C.M. (lettera c)).

Si ricorda, che il testo vigente della citata lettera d) del comma 380-ter prevede soltanto la possibilità di incrementare, con lo stesso D.P.C.M. di riparto del Fondo, la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso. In tale ipotesi, va rideterminato l'importo da versare all'entrata del bilancio dello Stato, con modalità da determinare con il medesimo D.P.C.M. La eventuale differenza positiva tra tale nuovo importo e lo stanziamento iniziale è versata al bilancio statale, per essere riassegnata al fondo medesimo.

Le lettere d) ed e) riguardano i criteri di riparto del Fondo di solidarietà comunale.

In particolare, la lettera d) interviene sulle modalità di ripartizione della quota del Fondo da distribuire ai comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo.

In particolare – con modifiche al comma 380-quater dell’art. 1 della legge n. 288/2012 – si provvede:

§  ad aumentare progressivamente negli anni la percentuale del Fondo di solidarietà comunale che viene annualmente accantonata per essere redistribuita tra i comuni sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard. Tale quota, attualmente stabilita nel 20 per cento, viene portata al 30 per cento per l'anno 2016, al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018;

§  a precisare che per l’anno 2016 saranno utilizzati, ai fini del riparto, i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale entro il 31 marzo 2016;

§  ad estendere all’anno 2016 la disposizione che determina l’ammontare complessivo di riferimento della capacità fiscale dei comuni delle regioni a statuto ordinario, fissandola in misura pari all'ammontare complessivo delle risorse nette spettanti ai predetti comuni a titolo di imposta municipale propria (IMU) e di tributo per i servizi indivisibili, ad aliquota standard (TASI all'1 per mille), nonché a titolo di Fondo di solidarietà comunale netto per l'anno 2016. Tale importo corrisponde al 45,8 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale.

 

La lettera e) - con l'introduzione dei nuovi commi da 380-sexies a 380-octies all’articolo 1 della legge n. 288/2012 -disciplina i criteri di riparto della quota incrementale del Fondo di solidarietà comunale, pari a 3.746,75 milioni a decorrere dal 2016, assegnata a ristoro del mancato gettito delle esenzioni IMU/TASI.

In particolare, si prevede:

§  che il suddetto incremento, sia ripartito, in sede di riparto del Fondo complessivo, con il medesimo D.P.C.M. previsto dal comma 380-ter, lettera b), in base al gettito effettivo derivante dagli immobili esentati relativo all’anno 2015 (nuovo comma 380-sexies);

§  che a decorrere dal 2016, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, che l’ammontare del fondo, non distribuita secondo il criterio perequativo e al netto del ristoro del mancato gettito di cui al comma 380-sexies, sia determinata in misura tale da garantire proporzionalmente la dotazione netta del fondo di solidarietà comunale 2015. Relativamente ai comuni di Sicilia e Sardegna per i quali non si applica il criterio della perequazione basato sulla differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard, tale disposizione di garanzia riguarda l'intero ammontare del Fondo (nuovo comma 380-septies);

§  che ai fini della disposizione di cui sopra, per dotazione netta si intende la differenza tra le assegnazioni di risorse, al netto degli importi erogati ai sensi del comma 380-sexies per ciascun comune, e la quota di alimentazione del Fondo a carico di ciascun comune (nuovo comma 380-septies).

 

Le disposizioni di cui al comma 16 disciplinano la compensazione del minor gettito IMU e TASI per i comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, a cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale, attraverso un minor accantonamento di 85,478 milioni a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011.

La Relazione tecnica precisa che della suddetta compensazione 7,428 milioni sono relativi alle disposizioni di cui al comma 11 (nuovo perimetro delle esenzioni IMU per terreni agricoli).

 

Nella tabella che segue sono riassunte le compensazioni finalizzate al ristoro ai comuni del minor gettito derivante dalle disposizioni di esenzione recate dai commi da 11 a 13 e 28-29 in esame. Rispetto a quanto previsto nel disegno di legge iniziale, le compensazioni complessive risultano aumentate di 81,4 milioni di euro, in relazione alle modifiche introdotte con riferimento alle esenzioni IMU/TASI sugli immobili per affitti a canone concordato e alloggi per studenti universitari:

 

Compensazioni
per perdita gettito IMU-TASI

Comuni RSO e Sicilia e Sardegna

Comuni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta

Totale

Esenzione IMU terreni agricoli (co.11)

152,40

7,428

159,83

Esenzione TASI prime case (co. 12, l. a))

3.500,09

74,910

3.575,00

Esenzione TASI inquilini prime case (co. 4, l. d))

15,60

0,400

16,00

Esenzione IMU/TASI alloggi studenti universitari e affitti canone concordato (co. 13 e 28-29)

78,660

2,74

81,40

Totale compensazioni (co. 15 e 16)

3.746,75

85,478

3.832,23

 

Il comma 17 attribuisce ai comuni, per l'anno 2016, un contributo di complessivi 390 milioni di euro, che appare conseguente alle norme di fiscalità immobiliare relative ai limiti massimi posti delle aliquote d’imposta.

Si rammenta in proposito che il comma 24 mantiene ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi delle norme in esame (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l’anno 2015, nel rispetto delle condizioni di legge.

 

Più in dettaglio, la norma in commento stabilisce che la quota di spettanza di ciascun comune è stabilita con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 28 febbraio 2016, in misura proporzionale alle somme attribuite ai sensi del D.M. Economia 6 novembre 2014, adottato ai sensi dell’articolo 1, comma 731, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), con il quale è stato effettuato il riparto tra i comuni - sulla base dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI - dell’analogo contributo concesso per l’anno 2014 e di quota parte di quello concesso per il 2015.

 

Si ricorda, infatti, che analoghi contributi sono stati concessi ai comuni a partire dal 2014, ai sensi dell’articolo 1, comma 731, della legge di stabilità 2014, come modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera d) del D.L. n. 16 del 2014[9].

In particolare, per l’anno 2014, il contributo, pari a 625 milioni di euro, è stato ripartito con il decreto del 6 novembre 2014 (pubblicato nella G. U. n. 271 del 21 novembre 2014) tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI. Per l’anno 2015, il contributo è stato concesso nell’importo di 530 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 8, comma 10, del D.L. n. 78/2015, e ripartito, con D.M. 22 ottobre 2015.

 

Le disposizioni in commento sembrano dunque finalizzate a fornire adeguato sostegno finanziario ai comuni anche per l’anno 2016, in ragione degli oneri da essi sostenuti con riferimento alla fiscalità immobiliare.

 

Le somme assegnate ai sensi del comma 17 in esame non sono considerate tra le entrate finali rilevanti ai fini del vincolo del pareggio di bilancio degli enti locali, come disciplinato dai commi 407-429 del provvedimento in esame.

 

Il comma autorizza, ai fini del contributo in questione, l'utilizzo delle somme iscritte in conto residui nel bilancio per l’anno 2015, nel limite di 390 milioni di euro, del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili[10]. Tali somme sono fine versate all'entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2016.

Il comma 17 entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge in esame.

 

Si sottolinea che l’utilizzo di tali somme per finanziare il contributo in favore dei comuni comporta oneri in termini di minori interessi attivi per lo Stato determinati dal venir meno della restituzione, da parte degli enti beneficiari, della quota interessi delle anticipazioni di liquidità del Fondo di cui all’articolo 10 del D.L. n. 35/2013, le cui risorse sono ora destinate a trasferimenti a fondo perduto, che la Relazione tecnica quantifica in circa 2,7 milioni per il 2017, 2,6 milioni per l'anno 2018 e in 2,6 milioni a decorrere dall'anno 2019.

L’utilizzo delle somme in questione per l’assegnazione del contributo ai comuni comporta ovviamente che le stesse costituiscano importi iscritti a residuo a fronte dei quali non corrispondono impegni già assunti negli esercizi precedenti.

Accatastamento immobili a uso produttivo (commi da 18 a 21)

I commi da 18 a 21 introducono agevolazioni in materia di accatastamento e, dunque, di tassazione degli immobili a uso produttivo e a destinazione speciale; si assegna un contributo ai comuni per compensare la perdita di gettito derivante dall’applicazione delle nuove regole di accatastamento di detti immobili.

In sostanza i macchinari, i congegni, le attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, sono esclusi dalla stima diretta ai fini dell’attribuzione della rendita catastale. A tale metodo rimangono soggetti il suolo, le costruzioni e i soli impianti che, ordinariamente, accrescono la qualità e l’utilità dell’unità immobiliare, indipendentemente dal processo produttivo nella stessa svolto. Di conseguenza, le predette tipologie di beni escluse dalla stima diretta sono altresì escluse dai relativi effetti fiscali, in particolare per quanto riguarda l’assoggettamento alle imposte immobiliari.

 

In particolare (comma 18) le norme chiariscono che, dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, sia effettuata tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento.

Vengono esplicitamente esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (ivi compresi i cd. “imbullonati”).

 

L’articolo 10 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 dispone che la rendita catastale degli immobili produttivi sia attribuita per stima diretta, per ogni singola unità. La valutazione tecnica è operata dai professionisti incaricati, al momento della presentazione dei documenti di aggiornamento catastale (procedura “Docfa”) ed è verificata dai tecnici dell’Agenzia delle entrate al momento dell’accertamento sugli aggiornamenti e sulle rendite proposte dalla parte, nei termini previsti dalla normativa.

La legge di stabilità 2015 (commi 244 e 245 della più volte menzionata legge n. 190 del 2014) ha introdotto una norma interpretativa (dunque con applicazione retroattiva) del menzionato articolo 10, prevedendo che esso debba trovare applicazione secondo le istruzioni di cui alla circolare dell'Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012.

Detta Circolare ha chiarito che al fine di valutare quale impianto sia incluso o meno nella stima catastale, deve farsi riferimento non solo al criterio dell’essenzialità dello stesso per la destinazione economica dell’unità immobiliare, ma anche alla circostanza che lo stesso sia fisso, ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle componenti strutturali dell’unità immobiliare. Tale qualifica si rifletteva particolarmente sul profilo fiscale, assoggettando a TASI e IMU gli impianti così qualificati.

 

Il comma 19 chiarisce la tempistica del riaccatastamento dei beni classificati nelle categorie catastali interessate dalla modifica: dal 1° gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili delle categorie D ed E, possono presentare atti di aggiornamento ai sensi della disciplina generale (decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701), per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto delle modifiche sopra illustrate.

 

Ai sensi del comma 20, limitatamente all’anno di imposizione 2016 per gli atti presentati entro il 15 giugno 2016 le rendite catastali rideterminate hanno effetto dal 1° gennaio 2016, con effetto retroattivo.

La previsione è in esplicita deroga all’articolo 13, comma 4 del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale stabilisce che, ai fini della tassazione immobiliare la base imponibile è calcolata applicando specifici valori (moltiplicatori) alla rendita catastale vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione.

Con detta deroga le nuove rendite si applicano, ai fini della determinazione della base imponibile IMU e TASI, dal 1° gennaio 2016 e non dal 1° gennaio 2017.

 

Il comma 21 attribuisce ai comuni un contributo annuo di 155 milioni di euro, a titolo di compensazione del minor gettito ad essi derivante dalle norme sull’accatastamento degli immobili produttivi e a destinazione speciale, di cui ai commi 9-11 sopra illustrati.

Per l’anno 2016, si prevede che entro il 30 settembre l’Agenzia delle entrate comunica al Ministero dell’economia e delle finanze, con riferimento agli atti di aggiornamento catastale per gli immobili produttivi, i dati relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte e a quelle già iscritte in catasto al 1° gennaio 2016. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno emana, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, entro il 31 ottobre 2016, il decreto per ripartire detto contributo.

Dall’anno 2017, il contributo annuo di 155 milioni di euro è ripartito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, da emanarsi, entro il 30 giugno 2017, sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2017, dall’Agenzia delle entrate al Ministero dell’economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2016 ai sensi del comma 10 e a quelle già iscritte in catasto al 1° gennaio 2016.

 

Dal momento che il gettito IMU derivante dagli immobili a uso produttivo (categoria D, con alcune eccezioni), calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, è riservato allo Stato ai sensi dell’articolo 1, comma 380, lettera f) della legge di stabilità 2013, legge n. 228 del 2012, si presume che tale compensazione sia riferita al mancato gettito derivante dagli immobili a destinazione speciale (categoria E).

Abrogazione dell’Imposta Municipale Secondaria (comma 22)

Il comma 22 abroga la cd. Imposta Municipale Secondaria - IMUS, di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

 

Il richiamato articolo 11 del D.Lgs. n. 23 del 2011 prevede l'introduzione dell'Imposta municipale secondaria con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari. Con la risoluzione n. 1/Df del 12 gennaio 2015 il Dipartimento delle finanze del MEF ha chiarito che i comuni possono istituire l'IMU secondaria solo a seguito dell'emanazione del regolamento governativo previsto dall'articolo 11, comma 2, del D.Lgs. n. 23 del 2011. Tuttavia i tributi e i canoni locali, destinati ad essere sostituiti dall'IMU secondaria, restano dovuti e continuano pertanto ad applicarsi. La legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 714 della legge n. 147 del 2014) aveva posticipato dal 2014 al 2015 il termine per l'introduzione di detta forma di prelievo; successivamente, il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10, comma 11-bis) ha prorogato al 2016 l'operatività della disciplina dell'imposta municipale secondaria.

 

Blocco degli aumenti di tributi e addizionali degli enti territoriali (comma 23)

Il comma 23, limitatamente all’anno 2016, blocca il potere delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali ad essi attribuiti con legge dello Stato, al fine di contenere il livello complessivo di pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica. In particolare, non possono essere deliberati aumenti rispetto ai livelli di aliquote deliberate, entro la data del 30 luglio 2015, per l’esercizio 2015.

Si rammenta che l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 16 del 2012 aveva ripristinato il potere di regioni ed enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, a decorrere dall'anno di imposta 2012; tale potere era stato sospeso dall'articolo 1, comma 123, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011) "fino all'attuazione del federalismo fiscale".

Le norme in esame consentono però di fare salve dal blocco alcune specifiche ipotesi.

 

In primo luogo sono fatte salve dal blocco, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e all’articolo 2, commi 79, 80, 83 e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

Le norme citate si riferiscono alle regioni in situazione di disavanzo sanitario, nelle quali viene applicata la maggiorazioni dell’aliquota dell’IRAP, nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale all’IRPEF, nella misura di 0,30 punti percentuali, quando gli organi preposti al monitoraggio dell’attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari verificano che la regione in disavanzo non ha raggiunto gli obiettivi previsti.

Più in particolare, l’art. 2, comma 86, della legge finanziaria per il 2010 (legge 191/2009) prevede che l’accertamento, in sede di verifica annuale da parte del Tavolo per la verifica degli adempimenti e del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, del mancato raggiungimento da parte della Regione degli obiettivi del piano di rientro, comporta l’incremento nelle misure fisse dello 0,15% dell’aliquota IRAP e dello 0,30% dell’addizionale all’IRPEF. La maggiorazione viene applicata, con le procedure previste dall’articolo 1, comma 174, della legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004). In merito all’applicazione dell’incremento all’addizionale regionale all’IRPEF su tutti gli scaglioni di reddito, si rinvia ai chiarimenti forniti dal MEF con la Risoluzione n. 5/DF del 15 giugno 2015.

Con il comunicato n. 235 del 16 ottobre 2014, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha confermato, per l’anno d’imposta 2014, l’applicazione delle maggiorazioni delle aliquote di IRAP e di addizionale regionale IRPEF nel solo Molise. Per l’anno d’imposta 2013, la maggiorazione era stata applicata anche alla Calabria.

 

È inoltre fatta salva la possibilità di effettuare manovre fiscali incrementative ai fini dell’accesso alle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35.

In mancanza di ulteriori precisazioni sul punto, è da presumersi che le manovre fiscali suddette siano da riferire a quanto prevedono, rispettivamente per le regioni e per gli enti del servizio sanitario nazionale, l’articolo 2 comma 3 e l’articolo 3 comma 5 del menzionato D.L. n. 35/2013, nei quali si dispone, con formulazione pressoché identica, che alla erogazione delle somme, nei limiti delle anticipazioni di liquidità assegnate, si provvede, tra l’altro, anche a seguito della predisposizione, da parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità (misure che per gli enti del SSN – viene precisato- dovrebbero essere prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente).

 

Viene esclusa dal blocco delle aliquote la tassa sui rifiuti (TARI) che, si ricorda, è stata istituita dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 639, della legge n. 147 del 2013) per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Infine il divieto non si applica agli enti locali in predissesto e dissesto[11], come deliberati ai sensi, rispettivamente, dell’art. 243-bis e degli artt. 246 e seguenti del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

 

Come chiarito dalla Relazione illustrativa, non rientrano nell’ambito del divieto le tariffe di natura patrimoniale (tariffa puntuale, sostitutiva della TARI, di cui al comma 667 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013; canone alternativo alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche – TOSAP, ossia il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche COSAP). Per quanto riguarda il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), seppure alternativo all'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni (ICP DPA), si chiarisce che esso ha natura tributaria e quindi rientra nel blocco delle maggiorazioni.

 

Estensione agevolazioni imposta di registro per acquisto prima casa (comma 30)

Il comma 30, inserito al Senato, consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, a condizione che lo alieni entro un anno dalla data dell'atto.

 

A tal fine viene aggiunto un comma 4-bis all'articolo 1, nota II-bis), della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986), che reca le condizioni per l’applicazione della misura agevolata dell’imposta di registro per chi acquista l’abitazione principale.

In estrema sintesi, le imposte da versare per i trasferimenti immobiliari variano secondo una molteplicità di fattori (acquisto da privato o da impresa), acquisto di abitazione principale. Se il venditore è un privato, la vendita è assoggettata all’imposta di registro del 9% e alle imposte ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna. Se il venditore è un'impresa, le imposte variano a seconda che la cessione sia o meno esente da Iva Se chi acquista ha i requisiti per usufruire delle agevolazioni “ prima casa, nel caso di acquisto da privato (o da impresa con vendita esente da Iva) l’imposta di registro è pari al 2 per cento, mentre le imposte ipocatastali sono dovute in misura fissa (50 euro ciascuna)

I requisiti per usufruire della misura di aliquota agevolata sono contenuti nell’articolo 1 della predetta Tariffa e specificati nella nota II-bis.

In particolare, per usufruire delle agevolazioni sono previsti requisiti relativi alle caratteristiche dell’immobile (che non deve essere “di lusso”), all’ubicazione (deve trovarsi nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca , entro 18 mesi dall’acquisto, la propria residenza, salvo casi specifici; comma 1, lettera a) della Nota II-bis) e all’acquirente: nell’atto di acquisto il compratore deve dichiarare di non essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altra casa nel territorio del Comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato (comma 1, lettera b) della Nota II-bis); di non essere titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa (comma 1, lettera c) della Nota II-bis). 

 

Il nuovo comma 4-bis prevede che l’aliquota agevolata del 2 per cento (in luogo del 9 per cento previsto in via ordinaria) si applichi anche agli atti di acquisto per i quali l'acquirente sia titolare di un altro immobile in Italia (ovvero, anche se non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 della Nota II-bis, in presenza però degli altri requisiti di legge, di cui alle illustrate lettere a) e b) dello stesso comma, senza tener conto dell'immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c)), purché venda detto immobile entro un anno dalla data dell'atto.

Ove non adempia, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte.

 


 

Articolo 1, comma 32
(Locazioni e rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
Patti contrari alla legge)

 

 

Il comma 32, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina delle locazioni al fine di prevedere l’obbligo, a carico del locatore, di registrazione del contratto entro un termine perentorio di trenta giorni, consentire l’azione dinanzi all’autorità giudiziaria nei casi di mancata registrazione del contratto nel predetto termine, nonché ancorare la determinazione da parte del giudice del canone dovuto a un valore minimo definito ai sensi della normativa vigente.

In particolare, il comma 32 sostituisce l’articolo 13 (Patti contrari alla legge) della legge 431/1998 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), in tema di effetti di clausole contrattuali, ovvero di comportamenti del locatore, che hanno effetti sul contratto di locazione.

Le innovazioni, rispetto al testo vigente (come evidenziato dal seguente testo a fronte), riguardano:

§  l’inserimento dell’obbligo, a carico del locatore, di provvedere alla registrazione del contratto nel termine perentorio di 30 giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi 60 giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'art. 1130, primo comma, numero 6), del codice civile (la modifica integra il comma 1 dell’articolo 13 della legge 431/1998);

In base a tale disposizione del codice civile, l’amministratore cura la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente, fra l’altro, le generalità dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento.

§  la previsione della nullità di qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito per i contratti stipulati in base al comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 431 (ossia i contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per la medesima durata, cd. contratti 4+4). Il riferimento alla pattuizione diretta sostituisce il riferimento a qualsiasi obbligo del conduttore nonché a qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo (la modifica interviene sul secondo periodo del comma 4 dell’articolo 13 della legge 431/1998);

§  l’inserimento della possibilità di un’azione dinanzi all’autorità giudiziaria nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine perentorio succitato. La modifica incide sul terzo periodo del comma 5 dell’articolo 13 della legge 431/1998 laddove il testo vigente fa riferimento ai casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 1.

Si osserva che la disposizione non specifica l’oggetto dell’azione proponibile dinanzi all’autorità giudiziaria in relazione alla mancata registrazione del contratto nei termini prescritti; l’espressione utilizzata (“tale azione”) sembrerebbe, infatti, collegarsi ai vigenti primo e secondo periodo, ove però l’oggetto dell’azione giudiziale (riduzione del canone di locazione) è specificato e si collega alla causa di nullità di cui al comma 4.

 

Un’ulteriore modifica (al quarto periodo del comma 5 dell’articolo 13 della legge 431/1998) riguarda l’eventuale determinazione, da parte del giudice, del canone dovuto. Secondo il testo attualmente vigente, tale determinazione non potrà superare il c.d. canone concordato (definito ai sensi del comma 3 dell'articolo 2) ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3 (che disciplina i contratti di locazione per studenti universitari). Il riferimento al giudice ovvero all’autorità giudiziaria sostituisce il riferimento al pretore presente in più punti nel comma 5 vigente.

Il nuovo testo, se da un lato lascia immutato il riferimento all’articolo 5, dall’altro modifica il riferimento al comma 3 dell’art. 2 (che disciplina i cosiddetti contratti “a canone concordato”) facendo riferimento a “quello del valore minimo definito ai sensi dell'articolo 2”.

 

Si valuti l’opportunità di specificare a quale valore minimo il giudice deve ancorare la determinazione del canone dovuto ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 431/1998 nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione.

 

Si segnala infine che il nuovo comma 6 dell’art.13, previsto dall'articolo in esame, stabilisce che le norme del comma 5 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dall'entrata in vigore della presente legge.

 

 

 

 

 

 

Art. 13 L. 431/98 - Testo vigente

Art. 13 L. 431/98 - Nuovo testo

1. E' nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

1. È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

È fatto carico al locatore provvedere alla registrazione nel termine perentorio di 30 giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi 60 giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, comma 1, numero 6 del codice civile.

2. Nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.

2. Identico.

3. E' nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.

4.  Per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale.

Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti

3. Identico.

4. Per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito dagli accordi conclusi in sede locale per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie.

Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, è nulla, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi pattuizione diretta

 

 

ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.

ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.

5. Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore,

5. Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine-di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi all'autorità giudiziaria,

che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2. Tale azione è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, e

che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2. Tale azione è, altresì, consentita nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 del presente articolo.

nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.

Nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito al sensi dell'articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati. L'autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.

 

6. Le norme del comma 5 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dall'entrata in vigore della presente legge.

6. I riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è obbligo di registrazione del contratto stesso.

7. Identico.

 


 

Articolo 1, commi 41-43
(Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e acquisto di mobili)

 

 

I commi da 41 a 43, modificati nel corso dell’esame parlamentare, prevedono la proroga al 31 dicembre 2016 delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica, mantenendo anche per il 2016 le attuali misure:

§  65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica, inclusi quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali;

§  50 per cento per le ristrutturazioni e per il connesso acquisto di mobili.

Le giovani coppie, anche di fatto, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni, che hanno acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale possono usufruire di una detrazione fiscale del 50 per cento per le spese sostenute per l’acquisto di mobili nel 2016 fino a 16.000 euro.

Viene chiarito che le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica sono usufruibili anche dagli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica

Più in dettaglio, il comma 41, lettera a), modifica l’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, dedicato alla proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.

Conseguentemente, le disposizioni concernenti la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (previste dall'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010) si applicano nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63 del 2013) fino al 31 dicembre 2016.

Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento, attualmente prevista sino al 31 dicembre 2015.

L’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta in percentuale delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§  il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§  l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§  la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (inclusi quelli dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili): detrazione massima 30.000 euro;

§  l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari, di cui all’allegato M del D.Lgs. n. 311 del 2006: detrazione massima 60.000 euro.

 

La detrazione si applica, nella misura del 65 per cento, anche alle spese documentate e rimaste a carico del contribuente per interventi relativi alle parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.

 

In sintesi la normativa al riguardo prevede che:

§  la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 65 per cento delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia a seconda della tipologia dell'intervento eseguito;

§  l'agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dall'Unione europea; dal 1° gennaio 2009 la detrazione non è cumulabile con eventuali incentivi riconosciuti dall'Unione europea, dalle regioni o dagli enti locali;

§  non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all'Agenzia delle entrate;

§  i contribuenti non titolari di reddito d'impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo e possono provare la spesa con altra idonea documentazione);

§  è previsto l'esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l'installazione di pannelli solari;

§  al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l'obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dall'impresa che effettua i lavori; la legge di stabilità per il 2015 ha elevato la misura della ritenuta dal 4 all'8 per cento;

§  per gli interventi eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque rate);

§  i soggetti che intendono avvalersi della detrazione sono tenuti ad acquisire l'asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell'intervento ai pertinenti requisiti richiesti dal D.M. 19 febbraio 2007 (GU 26 febbraio 2007, n. 47) ed a trasmettere, entro novanta giorni dalla fine dei lavori, all'ENEA copia dell'attestato di certificazione energetica, ovvero di qualificazione energetica, nonché la scheda informativa relativa agli interventi realizzati (di cui all'allegato E del citato D.M.).

 

La norma che ha introdotto l'agevolazione è contenuta nei commi da 344 a 349 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006); successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata con riguardo, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni.

L'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011) ha stabilito una proroga per usufruire delle detrazioni per le spese sostenute e documentate sino al 31 dicembre 2011 o, per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare, fino al periodo d'imposta in corso alla predetta data.

L'articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011 ha prorogato fino al 31 dicembre 2012 la detrazione Irpef del 55 per cento delle spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. La stessa norma ha esteso la detrazione del 55 per cento anche alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro. A decorrere dal 1° gennaio 2013 era previsto che per tutti gli interventi sopra descritti si applicasse la detrazione del 36 per cento come modificata dal nuovo articolo 16-bis del TUIR. Successivamente il D.L. n. 83 del 2012 ha prorogato l'applicazione della detrazione del 55 per cento sino al 30 giugno 2013.

Il D.L. n. 63 del 2013 (articolo 14) ha prorogato le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica fino al 31 dicembre 2013 elevando la misura al 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del provvedimento). Inoltre, con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, la norma prevede l'applicazione della detrazione d'imposta del 65 per cento per le spese sostenute dall'entrata in vigore del decreto (6 giugno 2013) sino al 30 giugno 2014. Il D.L. 63/2013 ha, inoltre, previsto che l'ENEA effettui il monitoraggio e la valutazione del risparmio energetico conseguito a seguito della realizzazione degli interventi di riqualificazione energetica di edifici e degli interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali (articolo 14, comma 3-bis). L'attività di monitoraggio si basa sull'elaborazione delle informazioni contenute nelle richieste di detrazione per via telematica, sulla trasmissione di una relazione sui risultati degli interventi e sul costante aggiornamento del sistema di reportistica multi-anno delle dichiarazioni ai fini delle detrazioni medesime. E' istituita, poi, presso il Gestore dei servizi energetici S.p.A. (GSE) una banca dati nazionale (art. 15-bis) in cui far confluire i flussi di dati relativi ai soggetti beneficiari di incentivi o sostegni finanziari per attività connesse ai settori dell'efficienza energetica e della produzione di energia da fonti rinnovabili.

La lettera b) del comma 139 dell'articolo unico della legge di stabilità per il 2014 ha previsto la proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, nella misura del 65 per cento, per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2014. La norma prevedeva la riduzione della detrazione al 50 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 (abrogata dalla legge di stabilità per il 2015).

La legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, lettera a)) ha prorogato la detrazione fiscale per gli interventi di efficienza energetica nella misura del 65 per cento per le spese fino al 31 dicembre 2015, introducendo due nuovi tipi di spesa agevolabili: quella per l'acquisto e la posa in opera delle schermature solari, di cui all'allegato M del D.Lgs. n. 311 del 2006, sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro; il nuovo comma 2-bis dell'articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013 ha chiarito inoltre che la detrazione del 65 per cento si applica altresì alle spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.

Si segnala infine la guida dell'Agenzia delle entrate sugli interventi di riqualificazione energetica (aggiornata a gennaio 2015).

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica e idrica

Il comma 41, lettera b), modifica l'articolo 15 del D.L. n. 63 del 2013, prorogando di un anno, al 31 dicembre 2016, il termine entro il quale dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica.

Il citato articolo 15 prevede che nelle more della riforma di carattere strutturale, per tali interventi si applicano le disposizioni che prevedono le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili.

Si ricorda che l’articolo 15 prevede che nella definizione delle misure e degli incentivi suddetti è compresa l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo nei comuni dove è stato rilevato il superamento del limite massimo di tolleranza stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità o da norme vigenti, ovvero dove i sindaci o altre autorità locali sono stati costretti ad adottare misure di precauzione o di divieto dell'uso dell'acqua per i diversi impieghi. Nella definizione delle misure di carattere strutturale si deve, inoltre, tener conto dell'opportunità di agevolare ulteriori interventi, quali ad esempio le schermature solari, la micro-cogenerazione e la micro-trigenerazione per il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché interventi per promuovere l'incremento dell'efficienza idrica e per la sostituzione delle coperture di amianto negli edifici.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

Il comma 41, lettera c), modifica l'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013, con il quale è stata disposta la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.

Pertanto per le spese documentate, relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (indicati nel comma 1 dell’articolo 16-bis del TUIR), spetta una detrazione dall'imposta lorda - fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare - pari al 50 per cento, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2016. Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento, attualmente prevista sino al 31 dicembre 2015.

La proroga sino al 31 dicembre 2016 comprende anche la detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche (articolo 16, comma 1-bis, il quale richiama l’articolo 16-bis, comma 1, lettera i) del TUIR, elevando il limite di spesa a 96.000 euro per unità immobiliare e la misura della detrazione al 65 per cento).

 

Si ricorda che le misure antisismiche in parola devono riguardare edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) individuate dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003. Per ottenere il beneficio fiscale le procedure autorizzatorie degli interventi devono essere state attivate dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 63 del 2013 (ossia dopo il 4 agosto 2013).

Gli interventi antisismici previsti dall’articolo 16-bis del TUIR riguardano, in particolare, l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica (in particolare sulle parti strutturali) la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari.

 

La detrazione fiscale per il recupero del patrimonio edilizio è concessa (comma 1 dell’articolo 16-bis del D.P.R. n. 917 del 1986) per i seguenti interventi:

§  manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;

§  manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;

§  ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza, anche se non rientranti nelle tipologie di intervento di cui ai primi due punti;

§  realizzazione di autorimesse o di posti auto pertinenziali, anche di proprietà comune;

§  eliminazione di barriere architettoniche;

§  adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio di atti illeciti da parte di terzi;

§  realizzazione di interventi di cablatura degli edifici e di contenimento di inquinamento acustico;

§  conseguimento di risparmi energetici;

§  adozione di misure antisismiche;

§  bonifica dall'amianto ed esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

Il comma 2 dell’articolo 16-bis del TUIR ricomprende tra le spese sostenute quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.

Il comma 3 riconduce a regime la detrazione d'imposta del 36 per cento sugli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che provvedono, entro 18 mesi dalla data del termine dei lavori, alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile (la legge di stabilità per il 2015 ha esteso da sei a diciotto mesi il periodo di tempo entro il quale le imprese di costruzione o ristrutturazione devono provvedere all’alienazione o assegnazione dell'immobile per fruire della detrazione). Anche per questi interventi la misura della detrazione è del 50 per cento per le spese per l’acquisto dell’immobile sostenute nel periodo compreso tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2016 (termine così modificato dalla norma in esame) e spetta entro l’importo massimo di 96.000 euro (invece che 48.000 euro).

Tra le altre disposizioni introdotte in materia si segnalano:

§  l'abolizione dell'obbligo di invio della comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara (articolo 7, co.2, del D.L. n. 70 del 2011);

§  l'elevazione all'8 per cento della percentuale della ritenuta d'acconto sui bonifici che banche e Poste hanno l'obbligo di operare (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 657);

§  l'obbligo, chiarito con la risoluzione n. 55/E del 7 giugno 2012 dell'Agenzia delle entrate, di utilizzare un bonifico "parlante" dal quale risulti: 1) la causale del versamento; 2) il codice fiscale del beneficiario della detrazione; 3) il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;

§  l'eliminazione dell'obbligo di indicare il costo della manodopera, in maniera distinta, nella fattura emessa dall'impresa che esegue i lavori (articolo 7, comma 2, lett. r), del D.L. n. 70 del 2011); tale soppressione ha effetto anche per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;

§  la facoltà riconosciuta al venditore, nel caso in cui l'unità immobiliare sulla quale sono stati eseguiti i lavori sia ceduta prima che sia trascorso l'intero periodo di godimento della detrazione, di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all'acquirente (persona fisica) dell'immobile (commi 12-bis e 12-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011);

§  l'obbligo per tutti i contribuenti di ripartire l'importo detraibile in 10 quote annuali.

 

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) l’articolo 16-bis. Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l'articolo 11, comma 1, del D.L. n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare. Con l'articolo 16, comma 1, del D.L. n. 63 del 2013 sono stati prorogati al 31 dicembre 2013 l'innalzamento della detrazione al 50 per cento e l'ammontare complessivo di spesa di 96.000 euro. Nel corso della conversione del D.L. n. 63 del 2013, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità:

§  una detrazione del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), nonché delle apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali;

§  una detrazione del 65 per cento delle spese per misure antisismiche su costruzioni che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive.

Da ultimo la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47) ha disposto la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili, nonché della detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche.

Si segnala che con lo stesso provvedimento è stata elevata dal 4 all'8 per cento la misura della ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare delle detrazioni fiscali connesse agli interventi di ristrutturazione e di risparmio energetico degli edifici (legge di stabilità 2015, comma 657).

Si segnalano le guide dell'Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie (aggiornata ad aprile 2015) e sul bonus mobili (aggiornata ad aprile 2015).

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

La modifica introdotta dal comma 41, lettera c) all'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013 riguarda anche la detrazione fiscale per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici, la quale viene ugualmente prorogata fino al 31 dicembre 2016.

Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 16 riconosce ai contribuenti che usufruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione:

§  mobili;

§  grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+;

§  forni di classe non inferiore ad A.

Le spese per l’acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. In altri termini, le spese per l’acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro. Si ricorda che la disposizione della legge di stabilità 2014 che prevedeva che tali spese non potessero essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione è stata abrogata dall’articolo 7 del D.L. n. 47 del 2014.

Si evidenzia inoltre che con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate, tra l'altro, ha fornito informazioni su modalità di pagamento, diritto alla detrazione, tipologia di mobili interessati e elettrodomestici.

 

Il comma 42 prevede un’ulteriore ipotesi di detrazione fiscale per l’acquisto esclusivamente di mobili da adibire ad arredo dell’abitazione principale acquistata da giovani coppie, anche di fatto. Anche in questo caso la misura della detrazione è del 50 per cento, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, per le spese sostenute nel 2016, ma il limite di spesa è aumentato a 16.000 euro (limite così modificato nel corso dell’esame al Senato; il ddl originario prevedeva il limite di 8.000 euro).

In questo caso, pertanto, la condizione per usufruire della detrazione non è quella di una ristrutturazione edilizia in corso (come nel caso del bonus mobili appena descritto), ma l’aver acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale da parte di “giovani coppie”.

L’ultimo periodo del comma 2 precisa che tale detrazione non è cumulabile con il bonus mobili.

Destinatari di tale agevolazione sono le “giovani coppie” costituenti un nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno 3 anni. Si ricorda che la convivenza more uxorio può essere dimostrata mediante il certificato di stato di famiglia che attesta la comune residenza (anche mediante autocertificazione, ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. n. 445 del 2000). Almeno uno dei componenti del nucleo familiare non deve aver superato i 35 anni.

Occorrerebbe precisare in quale momento uno dei due componenti non deve aver superato i 35 anni: presumibilmente alla data di acquisto dei mobili. Non è definito dalla norma, inoltre, quando deve essere stato perfezionato l’acquisto della casa da parte della giovane coppia.

 

Si segnala che un’altra definizione di «giovane coppia» è contenuta nel decreto interministeriale 31 luglio 2014, attuativo del comma 48, lettera c), della legge n. 147 del 2013, il quale ha istituito il Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari. Il decreto definisce «giovane coppia» il nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno due anni, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i trentacinque anni alla data di presentazione della domanda di finanziamento.

 

 

Estensione degli interventi di riqualificazione energetica agli IACP

Il comma 43 estende la possibilità di usufruire delle detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica anche agli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Si ricorda che le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica possono essere utilizzate anche con riferimento all’IRES. Prima della modifica in commento, tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che i titolari di reddito d’impresa possono fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali da essi utilizzati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale. Non sono strumentali gli immobili che, pur potendo essere considerati tali rispetto alle finalità che il soggetto di imposta persegue attraverso l’esercizio dell’impresa, costituiscono, nel contempo, l’oggetto della predetta attività imprenditoriale, come nell’ipotesi degli immobili locati a terzi (risoluzione n. 340/E del 1° agosto 2008).

Si segnala che il decreto-legge n. 47 del 2014 (c.d. "decreto casa") ha previsto un programma di recupero degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (articolo 4). In attuazione di tale norma è stato emanato il decreto ministeriale 16 marzo 2015 il quale ha definito i criteri per la formulazione di un programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di proprietà dei comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, costituiti anche in forma societaria, e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità degli IACP. Tale programma deve prevedere il ripristino di alloggi di risulta e la manutenzione straordinaria degli alloggi anche ai fini dell'adeguamento energetico, impiantistico statico e del miglioramento sismico degli immobili

Si segnala inoltre che l'articolo 6 del decreto-legge n. 47 del 2014 ha disposto che i redditi derivanti dalla locazione di alloggi sociali, di nuova costruzione o per i quali sono stati realizzati interventi di manutenzione straordinaria o di recupero, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi né alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento (per dieci anni dall'ultimazione dei lavori). Sono state inoltre previste delle detrazioni fiscali per i conduttori di alloggi sociali adibiti ad abitazione principale (articolo 7).

 

Si segnala lo studio realizzato dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l'istituto di ricerca CRESME su "Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell'impatto delle misure di incentivazione". Gli incentivi fiscali in esame hanno interessato dal 1998 al 2015 oltre 12,5 milioni di interventi. Nello stesso periodo le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a 207 miliardi di euro (una media di 11 miliardi di euro all'anno a valori correnti), di cui 178 miliardi hanno riguardato il recupero edilizio e poco meno di 30 miliardi la riqualificazione energetica. Il dato a consuntivo per il 2014 indica un volume di investimenti pari a 28,5 miliardi di euro, di cui 24,5 miliardi di euro sono relativi al recupero e 3,9 alla riqualificazione energetica. Gli investimenti veicolati dalle misure di incentivazione fiscale hanno avuto un impatto importante sull'occupazione che, nel periodo 2008-2015, ha riguardato oltre 2 milioni di occupati, con una media di 111.000 occupati diretti all'anno. Nel 2014 le stime, complessive anche dell'indotto, riguardano 424.800 occupati.

 


 

Articolo 1, commi 44 e 45
(Disposizioni in materia di edilizia popolare)

 

 

I commi 44 e 45, inseriti al Senato, estendono l’applicazione di agevolazioni fiscali previste per gli Istituti autonomi case popolari, comunque denominati (e loro consorzi), anche agli enti aventi le stesse finalità sociali degli IACP, purché siano stati costituiti e siano operanti al 31 dicembre 2013 e siano stati istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing.

 

Le agevolazioni fiscali di cui si tratta sono:

§  la riduzione dell’IRES alla metà, come previsto dall’articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973 (comma 44).

Tale agevolazione è riconosciuta dall’articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973, oltre che per gli IACP, comunque denominati, e loro consorzi, anche per: enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali; enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione.

§  l’esclusione dalla base imponibile a fini IRES dei finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi a tali società in house aventi le finalità sociali degli IACP (operanti al 31 dicembre 2013) (comma 45).

L’articolo 88, comma 3, lettera b), del D.P.R. n. 916 del 1986 (TUIR) include nella base imponibile dell’IRES i proventi conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, considerandoli sopravvenienze attive. La stessa norma prevede che non si considerano contributi o liberalità i finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi agli IACP, comunque denominati, nonché quelli erogati alle cooperative edilizie a proprietà indivisa e di abitazione per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili destinati all’assegnazione in godimento o locazione.

 

Per beneficiare delle descritte agevolazioni fiscali gli enti devono:

§  avere le stesse finalità degli IACP;

§  essere stati costituiti ed essere operanti al 31 dicembre 2013;

§  essere istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing.

 

In base alla legislazione comunitaria i predetti requisiti sono soddisfatti quando l’ente pubblico esercita sulla società, soggetto giuridicamente distinto da esso, un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e qualora la società realizza la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico.

 


 

Infrastrutture e contratti pubblici

Articolo 1, comma 259
(Attività dell’Agenzia per lo svolgimento
dei Giochi olimpici Torino 2006)

 

 

Il comma 259, introdotto durante l'esame in Senato, proroga al 31 dicembre 2016 il termine per lo svolgimento delle attività del Commissario liquidatore dell’Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici Torino 2006 previsto dall’articolo 10, comma 1, D.L. 192/2014.

 

Il comma 1 dell’articolo 10 citato aveva già prorogato ulteriormente (dal 31 dicembre 2014) al 31 dicembre 2015 il termine ultimo per lo svolgimento delle attività del  Commissario liquidatore dell’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006.

A tal fine, aveva novellato l’art. 2, co. 5-octies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011) che aveva a sua volta prorogato l'attività del Commissario liquidatore dell’Agenzia fino alla completa definizione delle attività residue affidate allo stesso, e comunque non oltre il 31 dicembre 2014.

 L’art. 3, co. 25, della L. 244/2007  (finanziaria 2008) ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, le residue attività dell’Agenzia per i Giochi olimpici Torino 2006 dovevano essere svolte, entro il termine di tre anni – dunque, entro il 1° gennaio 2011 – da un Commissario liquidatore, nominato con DPCM, sentito il MEF.

In attuazione di tale disposizione, con DPCM del 1° febbraio 2008 , è stato nominato Commissario liquidatore dell’Agenzia l’Ing. Domenico Arcidiacono. Con il medesimo decreto sono stati precisati i compiti del Commissario, nonché le dotazioni di mezzi e di personale necessari al suo funzionamento, nei limiti delle risorse residue a disposizione dell’Agenzia.

L’incarico del Commissario liquidatore è stato poi prorogato con DPCM del 21 aprile 2011 , a seguito della proroga disposta dall’art. 2, co. 5-octies , del D.L. 225/2010.


 

Articolo 1, commi 262-267 e commi 269-278
(Rafforzamento dell’acquisizione centralizzata)

 

 

I commi 262-267 e commi 269-278 dell’articolo 1, non modificati dal Senato, contengono numerose disposizioni che intervengono sulla normativa riguardante la centralizzazione degli acquisti pubblici. Tali interventi sono principalmente finalizzati a rafforzare il ricorso alle convenzioni attraverso differenti modalità, come la limitazione delle deroghe all’obbligo di approvvigionarsi tramite le convenzioni, che vengono disapplicate per il triennio 2017-2019, e alle quali viene comunque imposto un limite minimo di prezzo (comma 262).

Viene anche esteso l’ambito dei soggetti obbligati a forme di acquisto centralizzato, con riguardo agli enti di previdenza e alle agenzie fiscali (comma 263), a tutte le stazioni appaltanti (commi 264-266) ed agli enti locali (comma 267). L’utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione di Consip viene esteso anche ai lavori manutentivi (comma 272).

La norma punta altresì ad incrementare l’utilizzo dei parametri prezzo-qualità delle convenzioni per gli acquisti pubblici (commi 266, 275, 276). Il mancato ricorso agli strumenti Consip è infine disincentivato introducendo l’obbligo di motivazione nel caso di acquisti autonomi (comma 278).

Altre modifiche sono motivate da un’esigenza di semplificazione, mirando a garantire celerità e tempestività per i piccoli acquisti (commi 269, 270 e 271), oppure di trasparenza (comma 273).

 

La centralizzazione degli acquisti di beni e servizi

 

La centralizzazione degli acquisti di beni e servizi si realizza, in Italia, sotto quattro diverse forme:

§  le convenzioni Consip (o di altre centrali di committenza), con cui la Consip svolge una gara volta ad individuare un operatore economico, che si obbliga a stipulare contratti con tutte le PA che glielo richiederanno, per determinati beni e servizi. Questa modalità separa la procedura di gara dall’affidamento degli appalti. L’operatore economico che vince la gara non si aggiudica gli appalti, che verranno invece stipulati con le singole amministrazioni. Le convenzioni Consip sono state introdotte nel nostro ordinamento con l’articolo 26 della legge 488/1999, che prevede la facoltà per le PA di scegliere se ricorrere alle convenzioni, oppure svolgere gare autonome utilizzando i parametri prezzo-qualità delle stesse come limiti massimi;

§  il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA), per gli acquisti “sotto soglia”, regolato dall’articolo 328 del DPR 207/2010. Il MEPA si fonda su un bando centralizzato pubblicato da Consip per categorie e specifici beni e servizi. Gli operatori economici possono pubblicare i relativi prezzi indicativi, sui quali le PA possono procedere ad acquisti diretti o a richieste di rilanci competitivi. La normativa impone, per gli acquisti “sotto soglia”, il ricorso al MEPA ogni volta che sia pubblicato il bando di abilitazione per l’acquisto da effettuare;

§  i sistemi telematici di acquisto delle regioni, che sono semplicemente uno strumento che consente di svolgere le tradizionali procedure di scelta del contraente secondo modalità telematiche e non cartacee. Essi conseguono importanti risultati in termini di trasparenza ed efficienza;

§  la stazione unica appaltante (SUA), la Centrale unica di Committenza (CUC) e i soggetti aggregatori. In questo modello organizzativo di centralizzazione le singole stazioni appaltanti affidano ad un soggetto centralizzato il compito di svolgere la gara fino alla fase dell’aggiudicazione definitiva. Si tratta di un modello utile per gare di particolare complessità.

 

Le Amministrazioni statali sono obbligate ad approvvigionarsi facendo ricorso alle convenzioni della Consip, per qualunque categoria merceologica, ove tali convenzioni siano disponibili. (articolo 1, comma 449, della legge n. 296/2006).

Limitatamente a particolari categorie merceologiche (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile), tale obbligo è esteso a tutte le Amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della PA (come individuate dall’elenco ISTAT, come da ultimo aggiornato sulla GU 30 settembre 2015, n. 227) .

In tal caso, esse sono tenute ad approvvigionarsi attraverso gli strumenti indicati dalla normativa, vale a dire “le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip e dalle centrali di committenza regionali di riferimento ….ovvero ad esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente, utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati” (articolo 1, comma 7, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95).

Per acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, aventi ad oggetto una qualunque categoria merceologica, le Amministrazioni dello Stato, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi facendo ricorso al Mercato elettronico della pubblica amministrazione (articolo 1, comma 450, della legge n. 296/2006);

In subordine, qualora non sia disponibile alcuno degli strumenti di cui sopra, le Amministrazioni dello Stato hanno la facoltà di avvalersi degli Accordi quadro conclusi dalla Consip (articolo 2, comma 225, legge n. 191/2009), o di Sistemi dinamici di acquisizione, oppure di provvedere all’approvvigionamento espletando autonome procedure di evidenza pubblica. Gli accordi quadro e i sistemi dinamici di acquisizione sono rispettivamente disciplinati dagli articoli 59 e 60 del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006.

 

In particolare, il comma 262 modifica l’articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 95/2012, nella parte in cui prevede la deroga all’obbligo per tutte le Pubbliche Amministrazioni e per le società inserite nel conto economico consolidato della PA (come da elenco ISTAT) di approvvigionarsi attraverso convenzioni per un elenco definito di categorie merceologiche (energia elettrica, gas, carburanti, combustibili per il riscaldamento, telefonia). La normativa vigente prevede la possibilità di effettuare acquisti autonomi (tramite altre centrali di committenza o procedure ad evidenza pubblica) a prezzi inferiori di quelli delle convenzioni, purché i contratti siano sottoposti a condizione risolutiva in tal senso. Il comma 1 in esame limita tale possibilità di approvvigionarsi al di fuori delle convenzioni, in quanto richiede che il prezzo sia inferiore almeno del 10 per cento rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro Consip.

Viene mantenuto l’obbligo della condizione risolutiva per i contratti, con possibilità per il contraente di adeguamento ai migliori corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico. Tale vantaggio economico, però, deve essere in percentuale superiore al 10 per cento rispetto ai contratti già stipulati.

La norma, inoltre, richiede la trasmissione all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di tutti i contratti stipulati avvalendosi della possibilità di effettuare acquisti in autonomia.

Si ricorda che il decreto-legge n. 90/2014 ha soppresso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) e trasferito le competenze in materia di vigilanza dei contratti pubblici all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

 

Un’ulteriore novità consiste nell’individuazione di un periodo sperimentale di tre anni (dal 1 gennaio 2017 al 31 dicembre 2019) in cui non si applica la deroga che prevede la possibilità di effettuare acquisti autonomi. In tal modo, si cerca di rafforzare il sistema di obbligo di acquisizione centralizzata.

Per un periodo circoscritto, dunque, vengono disapplicate le previsioni che consentono la cosiddetta “outside option”, cioè la possibilità per le amministrazioni di svincolarsi dalle convenzioni qualora riescano ad ottenere condizioni economiche migliori. Ciò in base alla considerazione, precisata nella relazione illustrativa, che se questa opzione, da un lato, consente ad un insieme di amministrazioni di ottenere prezzi più bassi rispetto alle stesse convenzioni, dall’altro può ridurre il grado di competizione in gara e quindi creare uno svantaggio per tutte le amministrazioni aderenti alle convenzioni.

 

 

Il comma 263 estende agli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e alle agenzie fiscali (agenzia delle entrate, agenzia delle dogane e dei monopoli, agenzia del demanio) gli obblighi di acquisto centralizzato tramite le convenzioni Consip e, per gli acquisti sotto soglia, tramite il Mercato elettronico della PA. Tali obblighi sono previsti dai commi 449 e 450 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006).

Gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e le agenzie fiscali vengono quindi inclusi (lettera a)) tra le amministrazioni per le quali vige l’obbligo di approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro ai sensi del predetto comma 449 (tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie).

Per gli acquisti al di sotto della soglia di rilevanza europea (cd. “sotto soglia”), gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e le agenzie fiscali hanno l’obbligo (lettera b)), già vigente ai sensi del predetto comma 450 per le PA statali centrali e periferiche, di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA).

 

Si ricorda che, secondo il regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. 207/2010, articolo 328, comma 1), il mercato elettronico della pubblica amministrazione è realizzato dal Ministero dell'economia e delle finanze sulle proprie infrastrutture tecnologiche avvalendosi di Consip S.p.A.. Si tratta dunque di un mercato digitale, in cui le Amministrazioni abilitate possono acquistare, per valori inferiori alla soglia comunitaria (134 mila euro per le PA centrali e 207 mila euro per le altre), i beni e servizi offerti da fornitori abilitati a presentare i propri cataloghi sul sistema. Consip definisce con appositi bandi le tipologie di beni e servizi e le condizioni generali di fornitura, gestisce l’abilitazione dei fornitori e la pubblicazione e l’aggiornamento dei cataloghi.

 

In relazione alla soglia di rilevanza europea, si ricorda che i valori di 134 mila euro per le PA centrali e 207 mila euro per le altre derivano dall’applicazione dell’articolo 28 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) e del regolamento comunitario n. 1336/2013.

 

Si segnala, inoltre, che il successivo comma 270 interviene nuovamente sul comma 450, eliminandone la decorrenza dal luglio 2007 e ponendo un limite minimo di 1.000 euro per l’importo dei beni e servizi da acquistare per i quali vige l’obbligo del ricorso al MEPA. Per importi inferiori ai 1.000 euro, quindi, le amministrazioni potranno svincolarsi dall’obbligo del ricorso al MEPA ed effettuare acquisti autonomi.

 

I commi da 264 a 266 puntano ad ampliare la facoltà di aderire alle convenzioni Consip o agli accordi-quadro, nonché l’obbligo di utilizzare i parametri prezzo-qualità.

 

In particolare, il comma 264 modifica la norma della legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 573, legge n. 244/2007) estendendo a tutte le stazioni appaltanti (così come definite dall’art. 3, comma 33, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006) la facoltà, attualmente prevista per le sole amministrazioni aggiudicatrici, di ricorrere per l’acquisto di beni e servizi alle convenzioni stipulate da Consip Spa, nel rispetto dei princìpi di tutela della concorrenza.

 

Analogamente, il comma 265 interviene sul comma 225 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010, che riguarda gli accordi-quadro conclusi da Consip, a cui tutte le amministrazioni pubbliche e le amministrazioni aggiudicatrici possono fare ricorso per l’acquisto di beni e servizi.

Anche qui l’ambito soggettivo viene identificato nella definizione di «stazione appaltante» data dal Codice dei contratti pubblici.

Il comma in esame provvede altresì ad integrare il citato comma 225 al fine di ribadire che resta comunque fermo quanto previsto dalla normativa in tema di obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti messi a disposizione da Consip.

 

Si ricorda, in proposito, che il comma 25 dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici definisce «amministrazioni aggiudicatrici» le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

Ai sensi del successivo comma 33, invece, l'espressione «stazione appaltante» comprende, oltre alle amministrazioni aggiudicatrici, anche gli altri soggetti indicati dall’art. 32.

Il comma 1 di tale articolo elenca una serie di contratti che, se di importo pari o superiore alle soglie comunitarie e se stipulati dai soggetti indicati, sono assoggettati alle norme del D.Lgs. 163/2006 (non a tutte, in verità, ma a quelle indicate nel comma medesimo). Tra i contratti contemplati dal comma in questione, oltre a quelli affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici, rientrano:

§  appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici;

§  lavori, servizi, forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

Il richiamo dell’art. 113 sembra far riferimento alle disposizioni del comma 4, in base alle quali, qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:

a)   di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;

b)   di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica.

Il riferimento all’art. 113-bis sembra invece riferirsi al comma 1, secondo cui i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti mediante affidamento diretto a istituzioni; aziende speciali, anche consortili; società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

Gli artt. 115 e 116 riguardano invece la trasformazione delle aziende speciali in società per azioni e le società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali.

 

Il comma 266 impone l’utilizzo dei parametri di prezzo-qualità delle convenzioni Consip a tutte le società controllate dallo Stato e dagli enti locali che siano organismi di diritto pubblico, con l’eccezione di quelle che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati.

 

Nel fare riferimento agli organismi di diritto pubblico la norma in esame richiama la definizione recata dal comma 26 dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici, secondo cui è «organismo di diritto pubblico» qualsiasi organismo, anche in forma societaria:

§  istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

§  dotato di personalità giuridica;

§  la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

 

Il comma 267 apporta alcune modifiche all’articolo 9, comma 3 del decreto-legge n. 66/2014, relativo all’individuazione delle categorie di beni e servizi e delle soglie oltre le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, le regioni e gli enti regionali nonché gli enti del SSN ricorrono obbligatoriamente alla Consip o agli altri soggetti aggregatori.

 

In particolare le lettere b) e d) sostituiscono il riferimento della soppressa Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) .

Decisamente di maggiore rilievo è la modifica apportata dalla lettera c), che inserisce gli enti locali (i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni) tra i soggetti che, oltre determinate soglie e per definite categorie di beni e servizi, si rivolgono obbligatoriamente a soggetti aggregatori. In tal modo, secondo la relazione illustrativa, vengono allineati gli enti locali rispetto agli obblighi previsti per le altre amministrazioni dal D.L. 66/2014.

Conseguentemente, la lettera a) prevede che, sul decreto relativo all’individuazione delle categorie di beni e servizi e delle soglie oltre le quali scatta l’obbligo di rivolgersi alla Consip o agli altri soggetti aggregatori, sia acquisita l’intesa non più con la Conferenza Stato-Regioni (come prevede il testo attualmente vigente), bensì con la Conferenza unificata, ove, lo si ricorda, trovano rappresentanza anche gli enti locali.

 

Nell’ambito della disciplina volta a rafforzare l’acquisizione centralizzata, i commi da 269 a 271 sembrano più specificamente mirati a soddisfare un’esigenza di semplificazione e tempestività delle procedure di acquisto.

In particolare il comma 269 punta a velocizzare gli acquisti al di sotto di una certa soglia anche per i piccoli comuni. A tal fine, modifica l’articolo 23-ter, comma 3, del decreto-legge n. 90/2014, che autorizza i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti a procedere autonomamente per gli acquisti di valore inferiore a 40.000 euro. La norma in esame estende tale franchigia a tutti i comuni, e dunque anche a quelli con meno di 10.000 abitanti, ferme restando le norme che lasciano la facoltà di aderire alle convenzioni (articolo 26, comma 3, legge 488/1999), che richiedono di utilizzare il MEPA per acquisti “sotto soglia” (articolo 1, comma 450, legge 296/2006) superiori a 1.000 euro (in relazione alle modifiche apportate dal comma 8 dell’articolo in esame), e che obbligano al ricorso a soggetti aggregatori oltre certe soglie e per determinate categorie di beni (articolo 9, comma 3, D.L. 66/2014).

Si ricorda che il disegno di legge, che delega il Governo all’attuazione delle direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni e al riordino della relativa normativa, in corso di esame parlamentare (A.S. 1678-B) reca, tra i principi e i criteri direttivi, la lettera dd), che fa salvo, tra l’altro, l'obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore secondo la normativa vigente.

Anche il comma 270 punta a rendere più rapide le procedure per gli acquisti di importo inferiore, ponendo un limite minimo di 1.000 euro per l’importo dei beni e servizi da acquistare per i quali vige l’obbligo del ricorso al MEPA, come già anticipato nel commento al comma 2 del presente articolo. Per importi inferiori ai 1.000 euro, quindi, le amministrazioni potranno svincolarsi dall’obbligo del ricorso al MEPA ed effettuare acquisti autonomi.

La medesima esigenza di speditezza in relazione agli acquisti di piccolo importo si rinviene nella ratio del comma 271, che riguarda gli acquisti degli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

La normativa vigente (articolo 15, comma 13, lettera d) del D.L. n. 95/2012) dispone che essi utilizzino, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento. Il comma 271 in esame limita tale obbligo agli acquisti di importo pari o superiore a 1.000 euro, introducendo di fatto una franchigia per gli acquisti di basso importo.

 

 

Il comma 272 è volto a consentire l’utilizzo degli strumenti di acquisto e negoziazione centralizzati anche con riferimento alle attività di manutenzione.

La norma integra l’articolo 4, comma 3-ter, del D.L. n. 95/2012, il quale pone in capo alla Consip le attività di realizzazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti, di centrale di committenza e di e-procurement. Il comma 272 estende l’oggetto degli strumenti di acquisto e negoziazione messi a disposizione da Consip anche alle attività di manutenzione. Si fanno salve le norme relative al ruolo dell'Agenzia del demanio negli interventi di manutenzione sugli immobili di proprietà dello Stato o in uso per finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato recate dall’articolo 12, commi 2-10, del D.L. 98/2011.

 

Il comma 273 riguarda gli acquisti di beni e servizi di importo stimato superiore a un milione di euro, per i quali si ravvede una particolare esigenza di trasparenza. Per tali acquisti viene imposta alle amministrazioni pubbliche l’approvazione, entro il mese di ottobre di ciascun anno, di un programma biennale e con aggiornamenti annuali.

La relazione illustrativa stima (su dati ANAC) che tale soglia limiti l’obbligo di programmazione a circa il 10 per cento delle procedure, ma l’80 per cento della spesa per beni e servizi.

In relazione al contenuto, la norma richiede che:

§  il programma biennale indichi le prestazioni oggetto dell’acquisto, la quantità, il numero di riferimento della nomenclatura, le tempistiche;

§  l’aggiornamento annuale indichi le risorse finanziarie relative a ciascun fabbisogno quantitativo degli acquisti per l’anno di riferimento.

Entrambi i documenti devono essere comunicati alle strutture e agli uffici preposti al controllo di gestione, e pubblicati sul profilo del committente dell’amministrazione e sul sito informatico presso l’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione. Devono essere trasmessi anche al Tavolo Tecnico dei Soggetti aggregatori, che utilizza tali informazioni per i propri compiti istituzionali.

Si ricorda che il Tavolo Tecnico dei Soggetti aggregatori (previsto dall’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 66/2014) è stato istituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2014.

Il Tavolo tecnico, nell'ambito delle attività di razionalizzazione della spesa per beni e servizi delle pubbliche amministrazioni, svolge, fra l’altro, attività di raccolta dei dati relativi alla previsione dei fabbisogni di acquisto di beni e di servizi delle amministrazioni; pianificazione e armonizzazione dei piani delle iniziative di acquisto dei soggetti aggregatori; monitoraggio delle attività e dei risultati dell'aggregazione e centralizzazione degli acquisti; supporto tecnico ai programmi di razionalizzazione della spesa per beni e servizi dei soggetti aggregatori.

La violazione di tali obblighi:

§  è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti, nonché ai fini dell’attribuzione del trattamento accessorio collegato alla performance;

§  comporta l’esclusione dai finanziamenti da parte di pubbliche amministrazioni per le acquisizioni non comprese nel programma e nei suoi aggiornamenti.

Sono comunque fatte salve le acquisizioni imposte da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le acquisizioni dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari.

Infine, viene abrogato l’articolo 271 del regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), che prevede la facoltà per ciascuna amministrazione aggiudicatrice di approvare un programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi relativo all'esercizio successivo.

 

Il comma 274 interviene in relazione al versamento ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato previsto per i risparmi conseguiti a seguito dell’applicazione delle norme che prevedono riduzioni di spesa per le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della PA, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

Con riferimento agli enti del conto economico che assumono veste societaria, il comma in esame precisa che il versamento in questione è da intendersi come da effettuarsi in sede di distribuzione del dividendo, qualora nel corso dell’esercizio di riferimento la società abbia conseguito un utile e nei limiti dell’utile distribuibile ai sensi di legge.

A tal fine, in sede di approvazione del bilancio di esercizio, i soggetti che esercitano i poteri dell’azionista deliberano, in presenza di utili di esercizio, la distribuzione di un dividendo almeno corrispondente al risparmio di spesa evidenziato nella relazione sulla gestione, ovvero per un importo inferiore qualora l’utile distribuibile non risulti capiente.

La relazione illustrativa evidenzia che in tal modo viene limitato il versamento dei risparmi nei casi in cui non ci sia l’utile, o lo stesso non sia capiente, evitando così alle società esposizioni finanziarie aventi natura onerosa.

 

Il comma 275 rinvia ad un decreto del MEF, sentita l’Autorità nazionale anticorruzione, la definizione delle caratteristiche essenziali delle prestazioni principali che saranno oggetto delle convenzioni stipulate da Consip. Il decreto dovrà tenere conto degli aspetti maggiormente incidenti sul prezzo della prestazione e degli aspetti qualificanti ai fini del soddisfacimento della domanda pubblica.

Dopo l’attivazione di tali convenzioni, dovranno essere pubblicati sul sito del MEF e sul portale degli acquisti in rete i valori delle caratteristiche essenziali e i relativi prezzi, che costituiscono i parametri di prezzo-qualità di cui all’articolo 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

La relazione illustrativa spiega che tale previsione dovrebbe limitare il fenomeno per cui le amministrazioni spesso rilevano diversità tra i beni e servizi in convenzione e quelli di interesse, e quindi rafforzare l’obbligo di adesione ovvero del rispetto dei parametri prezzo-qualità.

 

Il comma 276 riguarda i casi in cui non sia disponibile la convenzione stipulata da Consip né i prezzi di riferimento forniti dall’Autorità nazionale anticorruzione. In tali casi l’ANAC, sentito il MEF, individua, con proprio provvedimento, le modalità per adeguare i prezzi della precedente edizione della convenzione stipulata da Consip. I prezzi così determinati costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione per il periodo temporale indicato dalla stessa ANAC.

 

Secondo la normativa vigente, nei casi in cui non sia presente una convenzione stipulata da Consip, i prezzi di riferimento pubblicati dall’(ex) AVCP (oggi ANAC) sono utilizzati per la programmazione dell'attività contrattuale della pubblica amministrazione e costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione. Si ricorda infatti che, ai sensi dell’articolo 9, comma 7, del D.L. 66/2014, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (e dunque ora l’ANAC, come sostituito dal successivo comma 15) fornisce, tenendo anche conto della dinamica dei prezzi dei diversi beni e servizi, alle amministrazioni pubbliche un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, nonché pubblica sul proprio sito web i prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi. Tali prezzi di riferimento sono utilizzati per la programmazione dell'attività contrattuale della pubblica amministrazione e costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate all'offerta più vantaggiosa, in tutti i casi in cui non è presente una convenzione stipulata dalla Consip. I contratti stipulati in violazione di tale prezzo massimo sono nulli.

 

Il comma 277 provvede a sostituire nel citato articolo 9, comma 7, del decreto-legge n. 66/2014 l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con l’ANAC, per le ragioni esposte al comma 262.

 

Il comma 278, infine, richiede alle amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni Consip di ottenere un’autorizzazione specificamente motivata da parte dell’organo di vertice amministrativo e trasmessa alla Corte dei Conti nel caso esse debbano procedere ad acquisti autonomi in quanto il bene o il servizio oggetto di convenzione non è idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali.


 

Articolo 1, comma 338
(Cessazione di indennizzi di usura delle strade
per le Regioni a statuto speciale)

 

 

Il comma 338 dispone, a decorrere dall'anno 2016, la cessazione dei trasferimenti erariali, in favore delle regioni a statuto speciale, concernenti gli indennizzi di usura delle strade, derivanti dall'uso dei mezzi d'opera.

 

La Relazione tecnica afferma che la norma comporta un miglioramento dei saldi di finanza pubblica dal 2016 pari a 1.448.212 euro annui.

 

Gli indennizzi sono previsti dall’articolo 34, comma 4, del Nuovo Codice della strada (decreto legislativo 285/1992) e dall’articolo 72, comma 3, del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (D.P.R. 495/1992).

Il menzionato articolo 34, comma 1, prevede che i mezzi d'opera devono essere muniti, ai fini della circolazione, di apposito contrassegno comprovante l'avvenuto pagamento di un indennizzo di usura, per un importo pari alla tassa di possesso, di corrispondere contestualmente alla stessa e per la stessa durata e demanda (comma 4) al citato regolamento di determinare le modalità di assegnazione delle predette risorse agli enti proprietari delle strade a esclusiva copertura delle spese per le opere connesse al rinforzo, all'adeguamento e all'usura delle infrastrutture. Per le regioni a statuto ordinario l’indennizzo è stato già soppresso dall’articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 56/2000.


 

Articolo 1, commi 371 e 372
(Progettazione di ciclovie turistiche, ciclostazioni ed interventi per la ciclabilità cittadina)

 

 

Il comma 371 prevede il finanziamento di progetti per la realizzazione di ciclovie turistiche e ciclostazioni nonché per la sicurezza della ciclabilità cittadina. A seguito di un emendamento approvato al Senato è stata introdotta la possibilità di finanziare anche progetti destinati alla valorizzazione e al recupero di percorsi ferroviari dismessi da destinarsi ad itinerari cicloturistici.

I progetti saranno individuati con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per i progetti di ciclovie turistiche è previsto il concerto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il comma 36 individua le relative coperture finanziarie.

 

Il comma 371 contiene un’autorizzazione di spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016, 13 milioni di euro per l’anno 2017 e 15 milioni di euro per l’anno 2018 ai fini della progettazione e della realizzazione di ciclovie turistiche, di ciclostazioni, per la progettazione e la realizzazione di interventi concernenti la sicurezza della ciclabilità cittadina nonché per progetti destinati alla valorizzazione e al recupero di percorsi ferroviari dismessi da destinarsi ad itinerari cicloturistici.

I progetti e gli interventi sono individuati con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e, per quanto concerne quelli relativi alle ciclovie turistiche, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

 

A differenza della pista ciclabile, definita normativamente nel codice della strada, non esiste una definizione normativa nazionale di ciclovia o di ciclostrada. La legge regionale n. 1 del 23 gennaio 2013, della regione Puglia, e la legge regionale n. 3, della regione Abruzzo, definiscono tuttavia le ciclovie come “itinerari idonei al transito delle biciclette, dotati di diversi livelli di protezione determinati da provvedimenti e/o infrastrutture che rendono agevole la percorrenza ciclistica e le assicurano gradi di sicurezza variabili”. Tali leggi definiscono anche le diverse categorie di ciclovie (nell’ambito delle quali rientrano, ad esempio, le piste ciclabili, le corsie ciclabili, le strade ciclabili e altro).

Tuttavia esistono alcuni documenti regionali che forniscono elementi descrittivi del concetto di ciclovia anche di tenore diverso. Secondo la Delib. G.R. Lombardia del 30 dicembre 2008 n. 8/8837, per ciclovia “si intende un percorso promiscuo su sede stradale, prevalentemente o esclusivamente a basso volume di traffico; in questo senso assimilabile alle «vèloroute» francesi”. Secondo la Det. Reg. Sardegna n. 1129 del 4 ottobre 2010 inoltre le ciclovie indicano “itinerari su medio/lungo raggio, destinati al cicloturismo o per i pendolari (ciclovie locali)”. Da un punto di vista della qualificazione, la delibera segnala che una ciclovia “deve avere un carattere ufficiale (gestita da un ente locale) o almeno ufficioso (proposta da un ente riconosciuto) e dovrebbe essere mantenuta (avere una segnaletica, far parte di una rete, avere cartografia e/o pubblicazioni di riferimento). Sempre stando alla delibera citata non sono assimilabili a ciclovie l'elenco dei percorsi proposti da un privato/un sito web o l'insieme delle piste ciclabili urbane”.

 

Andrebbe valutata l’opportunità di introdurre una definizione univoca di ciclovia, anche al fine di chiarire quali tipologie di intervento potranno rientrare nell’ambito della disciplina normativa.

 

Si segnala che in materia di mobilità (ciclistica e car pooling) sono in corso di esame i seguenti provvedimenti legislativi:

§  nel testo unificato C. 423 e abb. recante modifiche al codice della strada, adottato come testo base dalla IX Commissione della Camera, sono contenute norme in tema di mobilità ciclistica;

§  principi di delega in materia ciclistica sono contenuti nel testo unificato dei progetti di legge delega per la riforma del codice della strada (T. U. C. 731 e C. 1588), approvato dalla Camera dei deputati il 9 ottobre 2014 ed ora all'esame del Senato (S. 1683);

§  la proposta di legge C. 2305 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica” è in corso di esame in IX Commissione della Camera.

 

Anche con riferimento alle ciclostazioni non esiste una definizione del concetto nella normativa nazionale. Le uniche definizioni normative si riscontrano nella legge regionale della Toscana n. 27 del 2012 (art. 8) e nella legge regionale delle Marche n. 38 del 2012 che qualificano le ciclostazioni come “ adeguati impianti per il deposito custodito di biciclette, con eventuale annesso servizio di noleggio e manutenzione biciclette”.

Secondo le esperienze nordeuropee le ciclostazioni, dislocate in prossimità di nodi di scambio con altri servizi di trasporto pubblico (stazioni ferroviarie, stazioni di metropolitana, ecc.) o privato (parcheggi di scambio), consentono di norma la sosta in un luogo coperto e, talora, custodito delle biciclette. Possono essere presenti anche servizi accessori.

 

Il comma 372 individua la copertura finanziaria per gli interventi proposti:

 

la lettera a) prevede che per la copertura della spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016, si proceda alla riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 18, comma 1, decreto-legge n. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013.

 

L’articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013 prevede che “Per consentire nell'anno 2013 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un Fondo con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro, di cui 335 milioni di euro per l'anno 2013, 405 milioni di euro per l'anno 2014, 652 milioni di euro per l'anno 2015, 535 milioni di euro per l'anno 2016 e 142 milioni di euro per l'anno 2017. Il Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato successivamente incrementato di complessivi 3.851 milioni di euro, di cui 26 milioni per l'anno 2014, 231 milioni per l'anno 2015, 159 milioni per l'anno 2016, 1.073 milioni per l'anno 2017, 2.066 milioni per l'anno 2018 e 148 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014”. Il comma 1-bis dello stesso articolo ha previsto un ulteriore incremento di 39 milioni di euro avvalendosi delle disponibilità, iscritte in conto residui, derivanti dalle revoche disposte dall'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, (si tratta dei fondi assegnati da due delibere CIPE – n. 33 del 2010 e n. 146 del 2006 relative rispettivamente al potenziamento della linea ferroviaria Rho - Arona. Tratta Rho – Gallarate Primo lotto funzionale Rho - Parabiago e al completamento dello schema idrico Basento-Bradano - attrezzamento settore G) e confluite nel fondo di cui all'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 che prevede che confluiscano in questo fondo le risorse revocate in relazione a determinate opere rientranti nel Programma delle infrastrutture strategiche per le quali siano state rilevate le condizioni previste dal medesimo articolo 32.

 

La lettera b) prevede per la copertura della spesa degli ulteriori 2 anni, l’utilizzo di 10,4 milioni di euro per l’anno 2017 e 10,4 milioni di euro per l’anno 2018 attraverso la riduzione delle risorse destinate all’erogazione del contributo per le spese di trasporto delle piccole e medie imprese siciliane di cui all'articolo 133 della legge 13 dicembre 2000, n. 388.

 

L’articolo 133 della legge n. 388 del 2000 aveva istituito un contributo, mediante credito d’imposta, per le piccole e medie imprese agricole, estrattive e di trasformazione con sede legale in Sicilia a copertura delle spese di trasporto ferroviario, marittimo, aereo e combinato nei limiti previsti dalla normativa europea in tema di aiuti di Stato. Venivano destinati, a partire dal 2002, 50 miliardi di lire (25.822.844,95 €) a tale finalità, prevedendosi un cofinanziamento regionale in misura non minore al 50%. A seguito della legge n. 311 del 2004 (articolo 1, comma 528), alle citate risorse viene attribuita una nuova destinazione. Sono infatti dirette a cofinanziare “interventi regionali di carattere straordinario per la ristrutturazione e la riqualificazione del trasporto merci siciliano”, ai sensi dell’articolo 134 della legge n. 388 del 2000.

 

La lettera c) prevede l’utilizzo di 2,6 milioni di euro per l’anno 2017 e 4,6 milioni di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente utilizzo dei fondi in cui vengono iscritti i residui passivi cancellati dal bilancio e delle risorse iscritte nel bilancio pluriennale 2015-2017 corrispondenti alla cancellazione dei residui perenti, secondo quanto stabilito dalle lettere a) e b) del comma 2  dell’articolo 49 del decreto-legge 24 aprile 2014, n.66.

 

L’articolo 49 del decreto-legge n. 66 del 2014 prevede una procedura speciale di riaccertamento dei residui, nelle more del completamento della riforma della contabilità pubblica. Il riaccertamento riguarda sia i residui passivi sia i residui perenti. Per i residui passivi si prevede che, a seguito dell’accertamento, si provveda, per ciascun Ministero, all’istituzione di appositi fondi per la parte corrente e per la parte capitale ai quali vengono assegnate risorse, fissate in via pluriennale, in misura non superiore al 50% dell’ammontare dei residui eliminati di pertinenza (la parte rimanente viene invece iscritta in un fondo del Ministero dell’economia e delle finanze e ripartita a favore di interventi individuati sulla base di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri). Per i residui perenti, non più esigibili, si prevede che le somme corrispondenti siano iscritte su base pluriennale con la legge di bilancio 2015-2017 nella misura del 50% dell’ammontare.

 


Le tabelle del ddl di stabilità 2016

Tabella A

La Tabella A reca gli importi dei fondi speciali per la copertura di nuovi provvedimenti legislativi, di conto corrente, che si prevede verranno approvati nel corso del futuro esercizio finanziario.

Per il Ministero delle infrastrutture, l’accantonamento previsto, pari a 3 milioni per il 2016 e a 5 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018 è utilizzato, secondo quanto rilevato nella relazione illustrativa, per interventi diversi.

Tabella B

La Tabella B reca gli importi dei fondi speciali per la copertura di nuovi provvedimenti legislativi, di conto capitale, che si prevede verranno approvati nel corso del futuro esercizio finanziario.

Per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si registra uno stanziamento di 40 milioni di euro per il 2017 e di 60 milioni per il 2018, mentre non risultano stanziamenti per il 2016. La relazione illustrativa segnala che l'accantonamento è finalizzato alla realizzazione di interventi diversi.

Si segnala che nella relazione illustrativa viene segnalato, con riferimento alla tabella B del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), che una parte dell’accantonamento è destinato alla realizzazione dei Giochi olimpici invernali di Cortina 2021.

Tabella C

Si ricorda preliminarmente che la Tabella C reca la determinazione delle dotazioni finanziarie da iscrivere in bilancio delle leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità.

In tabella C non risultano stanziamenti relativi alle missioni 14 e 19, di interesse dell’VIII Commissione (Ambiente).

Tabella D

La Tabella D contiene definanziamenti di autorizzazioni di spesa di parte corrente, precedentemente disposte.

L’unico definanziamento di interesse dell’VIII Commissione (Ambiente) si registra nel capitolo 1695 – che accoglie le risorse del fondo, istituito dall’art. 3, comma 1, lett. b), del D.L. 47/2014, destinato alla concessione di contributi per l'acquisto degli alloggi di proprietà degli istituti autonomi per le case popolari (IACP) da parte dei conduttori e dei soci assegnatari di alloggi di cooperative edilizie a proprietà indivisa - per il quale viene operata una riduzione di 18,9 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018.

Tabella E

La Tabella E determina, per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, le quote destinate a gravare per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, esposte per programma e missione.

L'articolo 11, comma 3, lett. e), della legge di contabilità n. 196 del 2009 prevede, nel contenuto proprio della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle leggi di spesa in conto capitale a carattere pluriennale, aggregati per programma e per missione, con specifica ed analitica evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni, per la quota da iscrivere nel bilancio di ciascun anno considerato nel bilancio pluriennale.

Di seguito sono riportati gli stanziamenti più consistenti, con l’eventuale evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni, iscritti nello stato di previsione del MIT e del MEF concentrati nell’ambito dei programmi delle missioni 14 e 19. Qualora non diversamente indicato, il capitolo è da intendersi ricompreso nello stato di previsione del MIT.

Programma 14.5 (Sistemi idrici, idraulici ed elettrici)

·       15,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, per la L. 398/1998 (capitolo 7156) relativi all’Ente autonomo acquedotto pugliese;

·       10 milioni di euro, per ciascuno degli anni del triennio 2016-2017 e 45 milioni per il 2018, previsti dall’art. 3 del D.L. 133/2014 (capitolo 7249) relativi al completamento del sistema idrico Basento-Bradano;

Programma 14.10 (Opere strategiche, edilizia statale e calamità)

·       853 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, nonché 3.857,7 per gli anni 2019 e successivi, per il finanziamento del Programma delle Infrastrutture Strategiche (PIS). Il finanziamento indicato è la somma di una serie di finanziamenti derivanti dalle leggi finanziarie 2006, 2007 e 2008 nonché dal D.L. 185/2008, che confluiscono tutti nel capitolo 7060;

·       7,5 milioni di euro per il 2016, per opere e attività dell’Expo Milano 2015, ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D.L. 112/2008, a cui si sommano 7,3 milioni di euro per il 2016 destinati - dall’art. 13, comma 1, lettera a), del D.L. 145/2013 - al parcheggio remoto di stazionamento di Cascina Merlata (capitolo 7695);

·       466,9 milioni nel 2016, 148,3 milioni nel 2017, 17 milioni nel 2018 e 12,4 milioni per gli anni 2019 e successivi, destinati dall’art. 1, comma 184, della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013) e dal comma 71 della L. 147/2013 alla realizzazione del sistema Mo.SE. (capitolo 7200);

·       78 milioni di euro per il 2016, 140 milioni per il 2017 e 65 milioni per il 2018, complessivamente destinati per il c.d. Programma 6.000 campanili (capitolo 7543);

·       10 milioni per il 2016, 30 milioni per il 2017 e 50 milioni per il 2018 destinati, dall’art. 3, comma 3, del D.L. 133/2014, ai Provveditorati interregionali alle opere pubbliche del MIT per interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di loro competenza e per l'attuazione di interventi urgenti in materia di dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza di beni pubblici, di completamento di opere in corso di esecuzione nonché di miglioramento infrastrutturale.

Si segnala che per il c.d. Fondo revoche (previsto dall’art. 32, comma 6, del D.L. 98/2011 e a cui destina risorse anche l’art. 13, comma 1, del D.L. 145/2013, e collocato nel cap. 7685) gli importi indicati in tabella E sono estremamente contenuti (dell’ordine di un paio di milioni di euro).

Si segnala altresì l’importo di 20,6 milioni allocati nel capitolo 7471, relativo alle somme destinate alle infrastrutture carcerarie.

Programma 14.11 (sistemi stradali, autostradali e intermodali)

·       per il potenziamento del sistema stradale ed autostradale, sono finanziati alcuni interventi per i quali vengono destinate pressoché le stesse risorse rispetto all’esercizio precedente:

-  il raddoppio dell’A6 Torino-Savona e della variante di valico Bologna-Firenze, iscritte rispettivamente nei capitoli 7483 e 7484, ciascuna con 10,3 milioni di euro per il 2016;

-  realizzazione e potenziamento di tratte autostradali (capitolo 7485) previsti dall’art. 19, comma 1, del D.L. 67/1997, in cui sono iscritti 51,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2017;

-  gli interventi di viabilità Italia-Francia (capitolo 7481) previsti dalla L. 311/2004, cui sono destinati 5 milioni di euro per il 2016;

·       67,1 milioni per il 2016 sono destinati al Fondo per le infrastrutture ferroviarie e stradali e relativo ad opere di interesse strategico (istituito dall’art. 32, comma 1 del D.L. 98/2011), relativamente alle risorse destinate ad interventi diversi iscritte nel capitolo 7514;

·       per ulteriori interventi, rientranti nel Programma delle infrastrutture strategiche ed aventi stanziamenti contenuti a valere sul citato Fondo infrastrutture, non vengono previsti rifinanziamenti:

-  la variante di Morbegno (2° stralcio), relativamente all’accessibilità alla Valtellina, per un importo pari a 4,1 milioni per il 2016 (cap. 7519);

-  Megalotto 2 della S.S. n. 106 Jonica, per un importo di 19,8 milioni nel 2016 (cap. 7155);

-  la realizzazione dell’intervento dell’asse stradale Lioni Grottaminarda, tratto svincolo di Frigento-svincolo di San Teodoro, per un importo pari a 9,5 milioni per il 2016 (cap. 7529);

·       per il “Fondo per la continuità dei cantieri ed il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori” (c.d. Fondo “sblocca cantieri”) istituito dall’art. 18, comma 1, del D.L. 69/2013 e rifinanziato dal D.L. 133/2014 (c.d. sblocca Italia), gli importi previsti in tabella sono pari complessivamente a 33,8 milioni per il 2016 e 534,1 milioni per il 2017. Per il 2018 e 2019, in seguito alle riduzioni e rimodulazioni operate si registrano importi rispettivamente pari a 1.455 milioni e 226 milioni (cap. 7536);

·       per gli interventi finanziati con il Fondo “sblocca cantieri” la tabella E riporta i seguenti importi:

-  per la tangenziale esterna est di Milano le risorse per il 2016 sono pari a 60,3 milioni (cap. 7537);

-  per la Pedemontana veneta le risorse per il 2016 sono pari a 219,5 milioni di euro per il 2016 (cap. 7147);

-  per il “Programma ponti e gallerie stradali”, le risorse indicate sono pari a 65 milioni per il 2016, 60 milioni per il 2017, 101 per il 2018 e 160 per il 2019 e successivi, in virtù della rimodulazione operata dalla tabella in esame (cap. 7538);

-  per il Collegamento tra la S.S. 640 e l'autostrada A19 Agrigento-Caltanissetta, vi sono risorse pari a 76,6 milioni di euro per il 2016 (cap. 7541);

-  per la tangenziale di Novara vi sono risorse pari a 32 milioni d euro per il 2017 (cap. 7522);

-  per l’Asse viario Marche-Umbria vi sono risorse pari a 15 milioni d euro per ciascuno degli anni 2016-2017, 30 milioni per il 2018 e 45 milioni per il 2019 e anni successivi (cap. 7521);

·       stanziamenti contenuti vengono indicati per le opere necessarie per l'accessibilità ferroviaria Malpensa - terminal T1-T2 (le risorse per ciascuno degli anni 2016-2017 sono pari a 16 milioni e allocate nel cap. 7545), disposti dall’art. 13, comma 1, del D.L. 145/2013;

·       20 milioni di euro, per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, nonché per gli anni 2019 e successivi, relativi allo stanziamento disposto dal comma 299 della L. 190/2014 (cap. 8431) per opere di interconnessione di tratte autostradali.

 

All’interno della missione 14 si segnala lo stanziamento relativo al programma 14.8, di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze, collocato nel capitolo 7464 e relativo ad interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica, per il quale la tabella E opera una rimodulazione. In seguito a tale rimodulazione lo stanziamento previsto in tabella E è pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2017, 700 milioni per il 2018 e 800 milioni per il 2019.

Programma 19.1 (Edilizia abitativa e politiche territoriali)

·       175,3 milioni per il 2016 e 130,9 milioni per il 2017 e 112,7 per il 2018, sono destinati agli interventi che riguardano le popolazioni colpite dal sisma in Abruzzo, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.L. 39/2009 (capitolo 7817/MEF);

·       1.097,2 milioni di euro per il 2016, e 1.297,2 milioni per il 2017 e 1.497,2 per il 2018, sono relativi allo stanziamento operato dall’art. 7-bis del D.L. 43/2013 per il rifinanziamento della ricostruzione privata nei comuni interessati dal sisma in Abruzzo (capitolo 8005/MEF);

·       117,8 milioni per il 2016 sono relativi al Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari”, istituito dall’art. 1, comma 48, lett. c), della L. 147/2013 (cap. 7077/MEF). Tale importo è la risultante di una rimodulazione che ha spostato oltre il triennio l’importo di 70 milioni di euro;

·       120,3 milioni per il 2016, 116,3 milioni per il 2017 e 70,3 milioni per il 2018 sono destinati al Programma di razionalizzazione e recupero degli immobili e degli alloggi di ERP previsto dall’art. 1, comma 235, della L. 190/2014 (cap. 7442). Tali importi sono la risultante di una rimodulazione che ha anticipato 164 milioni di euro dagli anni successivi al triennio considerato dal ddl in esame.

 

Si segnalano ulteriori stanziamenti di interesse dell’VIII Commissione (Ambiente).

Nell’ambito della missione 13 (Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto) si segnalano stanziamenti riguardati interventi ferroviari e relativi a tratte metropolitane rientranti nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) e finanziati con il c.d. Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali (art. 32 del D.L. 98/2011) nonché dall’art. 3 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia). Gli stanziamenti più rilevanti relativi ad opere ferroviarie riguardano:

§  la linea AV/AC Milano-Verona, tratta Treviglio-Brescia (2° lotto), cui viene destinato un importo di 185,1 milioni di euro nel 2016 (cap. 7515);

§  la linea AV/AC Milano-Genova, Terzo Valico dei Giovi (2° lotto), a cui fanno riferimento due diversi stanziamenti. Gli importi indicati in tabella in relazione all’art. 32 del D.L. 98/2011 sono pari a 138,3 milioni di euro nel 2016 e di 100 milioni di euro per il 2017 e per gli anni successivi (cap. 7518). Sul medesimo capitolo la tabella E prevede una rimodulazione con riferimento allo stanziamento operato dal D.L. 133/2014 e relativo al 2017. Gli importi indicati in tabella in relazione a tale ultima disposizione normativa risultano quindi pari a 130 milioni nel 2017 e 20 milioni per ciascuno degli anni 2018 e 2019;

§  per la linea ferroviaria Torino-Lione lo stanziamento (che insiste sul cap. 7532), in seguito alla rimodulazione operata dalla tabella in esame, è pari a 120,5 milioni di euro per il 2016; 102,5 milioni nel 2017; 293,5 milioni nel 2018 e 1.698,9 per il 2019 e gli anni successivi.

Rilevanti stanziamenti per l’alta velocità si registrano con riferimento al capitolo 7124, relativamente al quale la tabella in esame indica importi complessivamente pari a 500 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018 e 1.400 milioni per gli anni 2019 e successivi. In tabella E risulta altresì un ulteriore stanziamento destinato al capitolo 7124 (pari a 100 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018 e a 300 milioni per gli anni 2019 e successivi) ma non relativo all’alta velocità, bensì alla rete tradizionale.

Di minore entità, e non interessati da variazioni disposte dalla tabella in esame, sono gli stanziamenti previsti per altre opere ferroviarie dal D.L. 133/2014 per l’automazione dei passaggi a livello nel corridoio adriatico Bologna-Lecce (15 milioni annui dal 2016 al 2019, insistenti sul cap. 7549); per l’asse ferroviario Cuneo-Ventimiglia (4 milioni nel 2016 e 25 milioni nel 2017, riferiti al cap. 7550). Relativamente alla tratta Andora-Finale Ligure risultano 15 milioni per ciascuno degli anni 2016-2018 e 180 milioni per il 2019 ed anni successivi, previsti dal comma 240 della L. 190/2014 (cap. 7563).

Con riferimento alle opere relative alle tratte metropolitane si segnalano il metrebus di Brescia – 1° lotto prealpino S.Eufemia (26,5 milioni nel 2016 sul cap. 7422, disposti dall’art. 32 del D.L. 98/2011); la Linea 1 di Napoli – tratta Centro direzionale – Capodichino (40 milioni nel 2016, 33,1 nel 2017 e 10 milioni nel 2018, sul cap. 7421, disposti dall’art. 18, comma 3, del D.L. 69/2013); la linea M4 di Milano (9,7 milioni nel 2016, 17 nel 2017 e 9 milioni nel 2018 nel cap. 7418, disposti dall’art. 13 del D.L. 145/21013). Si segnalano altresì gli stanziamenti disposti dall’art. 3 del D.L. 133/2014 e relativi a: Metro C di Roma – tratta Colosseo – Piazza Venezia (10 milioni nel 2016, 90 nel 2017 e 55 milioni nel 2018 nel cap. 7426); il completamento della Linea 1 di Napoli (10 milioni nel 2016, 20 nel 2017 e 60 milioni nel 2018 nel cap. 7427); Metropolitana di Torino (48 milioni nel 2016, 7 nel 2017 e 40 milioni nel 2018 nel cap. 7424, secondo le rimodulazioni risultanti dall’approvazione della nota di variazioni). Lo stanziamento relativo al comma 228 della L. 190/2014 relativo alle reti metropolitane in costruzione indicato nella tabella in esame (allocato nel cap. 7423) è pari a 20 milioni nel 2016, 84,5 milioni nel 2017, 32,5 milioni nel 2018, 190 milioni nel 2019 e successivi.

Per il capitolo 7372/MEF, in cui sono allocate le somme da corrispondere all'ANAS S.p.A. per la realizzazione di un programma di investimenti per lo sviluppo e l’ammodernamento delle infrastrutture, l’importo complessivo indicato in tabella E (che deriva dai finanziamenti operati dal Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali, nonché dai commi 68-69 della L. 147/2013) è pari a 1.587,1 milioni di euro nel 2016, 1.643 nel 2017; 1.700 nel 2018 e 3.400 milioni per gli anni 2019 e successivi. Tali stanziamenti derivano dal consistente rifinanziamento operato dalla tabella E in esame, pari a 1.200 milioni nel 2016, 1.300 milioni per ciascuno degli anni 2017-2018 e 3.000 milioni per gli anni 2019 e successivi.

 

Si segnalano altresì i finanziamenti per le opere strategiche relative all’Hub portuale di Ravenna (48,9 milioni di euro per il 2016, collocati nel cap. 7268) e della Piattaforma d'altura davanti al porto di Venezia (lo stanziamento, collocato nel capitolo 7270, è così distribuito: 2,9 milioni per il 2016, per effetto di un definanziamento di 7,1 milioni operato dalla tabella in esame; 30 milioni per il 2017 e 55 milioni per il 2018).

 

 


Ambiente, tutela del territorio e del mare


Lo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per l’anno finanziario 2016 (Tabella 9)

Premessa

Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), il cui stato di previsione è articolato per missioni e programmi, si articola in sette direzioni generali coordinate da un Segretario generale, secondo quanto disposto dal decreto di riorganizzazione del Ministero, D.P.C.M. n. 142 del 10 luglio 2014, che ha innovato il precedente assetto definito nel D.P.R. di riorganizzazione del 3 agosto 2009 n.140. Dal 2015 non è più operativo l’Ispettorato Generale, istituito con decreto legge n. 195 del 2009. Tale decisione rientra nel quadro più ampio di riforma della governance del sistema di prevenzione del rischio idrogeologico che ha visto l’istituzione della struttura di missione operante in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Ministero continua ad avvalersi, per i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale, dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Nel corso del 2015 è stata inoltre definita la Convenzione quadro con la Sogesid S.p.A., società in house del Ministero, per lo svolgimento delle attività di supporto tecnico, specialistico ed operativo al Ministero.

Il bilancio di competenza

Lo stanziamento complessivo di competenza iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) per il 2016 ammontava nel ddl iniziale a 707,9 milioni di euro (quindi, rispetto al dato assestato 2015 si registrava un aumento di 31,1 milioni di euro, pari al 4,6%). In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, lo stanziamento del Ministero risulta incrementato

di circa 40 milioni di euro (+5,6%), attestandosi a 747,8 milioni di euro.

Lo stanziamento previsionale per il 2016 è equamente suddiviso tra spese correnti (pari al 52,3%) e spese in conto capitale.

La consistenza dei residui passivi presunti al 1° gennaio 2016 è valutata complessivamente in 230,8 milioni di euro. Rispetto al dato assestato 2015 si registra una consistente riduzione dei residui per 171,8 milioni di euro (pari al 42,7%).

Data una massa spendibile[12] di 978,6 milioni di euro ed autorizzazioni di cassa pari a 747,8 milioni di euro, il coefficiente di realizzazione[13] risulta essere pari al 76,4% (era pari al 66% in sede di assestamento) e rappresenta la capacità di spesa del Ministero.

Analisi per missioni e programmi

Al Ministero dell’ambiente sono assegnate quattro missioni:

§  missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente);

§  missione 17 (Ricerca e innovazione);

§  missione 32 (Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche);

§  missione 33 (Fondi da ripartire).

Di seguito si dà conto nel dettaglio delle sole due missioni che assorbono la quasi totalità (96,5%) dello stanziamento di competenza del Ministero.

L’analisi per missioni evidenzia, infatti, che i principali settori di intervento del Ministero ricadono nella missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente) con 640,4 milioni di euro e nella missione 17 (Ricerca e innovazione), in particolare nel programma 17.3 (Ricerca ambientale) con 81,3 milioni di euro.

Missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente)

Gli stanziamenti attribuiti alla missione 18, pari nel ddl iniziale a 599,5 milioni di euro per il 2016 (quindi in lieve aumento rispetto al dato assestato: 43,6 milioni di euro, pari al 7,8%), sono stati incrementati di 40,9 milioni di euro (pari al 6,8%) in seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, e quindi si attestano a 640,4 milioni di euro.

Programma 18.3 (Valutazioni e autorizzazioni ambientali)

Le risorse di tale programma, in seguito all’approvazione della nota di variazioni (che ha determinato una riduzione di 0,2 milioni di euro), ammontano a 13,9 milioni di euro con una riduzione di 3,4 milioni di euro rispetto al dato assestato 2015 (-19,7%). Lo stanziamento del programma è pressoché interamente imputato alle spese correnti (che costituiscono oltre il 95% del totale). Le spese rimodulabili costituiscono oltre il 75% del totale dello stanziamento del programma.

 

Programma 18.5 (Sviluppo sostenibile, rapporti e attività internazionali)

Le spese attinenti a tale programma, in seguito all’approvazione della nota di variazioni (che ha determinato una riduzione di 3,4 milioni di euro), sono pari a 39,1 milioni di euro, in gran parte dedicati all’attuazione di programmi europei ed internazionali.

Lo stanziamento del programma è rappresentato, per circa il 90%, da spese correnti, in prevalenza costituite da spese rimodulabili.

Le risorse disponibili insistono prevalentemente sui seguenti capitoli:

§  capitolo 2211, relativo alle spese per l’esecuzione di convenzioni internazionali, con 28 milioni di euro. Tale stanziamento in seguito all’approvazione al Senato della nota di variazioni, è sceso a 24,8 milioni di euro, sulla base del definanziamento operato dalla tabella D.

§  capitolo 2213, relativo alle spese per accordi internazionali per la tutela e la protezione ambientale, con 6 milioni di euro.

 

Programma 18.8 (Vigilanza, prevenzione e repressione in ambito ambientale)

La dotazione del programma, pari a 19,9 milioni di euro, è pressoché invariata rispetto al dato assestato 2015. Lo stanziamento è imputato interamente alle spese correnti, prevalentemente non rimodulabili (in quanto spese per il personale).

 

Programma 18.11 (Coordinamento generale, informazione ed educazione)

La dotazione del programma, inizialmente pari a 15,5 milioni di euro (quindi in lieve diminuzione, 4,3%, rispetto al dato assestato 2015) risulta pari a 14,8 milioni di euro in seguito all’approvazione da parte del Senato della nota di variazioni. Oltre l’80% dello stanziamento del programma riguarda spese in conto capitale rimodulabili.

La gran parte delle risorse del programma è concentrata nei due capitoli 7085 e 8532 destinati all’attuazione del federalismo amministrativo per le regioni a statuto speciale per la tutela dell’ambiente e del rischio idrogeologico, con risorse pari a 11,2 milioni di euro.

 

Programma 18.12 (Gestione delle risorse idriche, tutela del territorio e bonifiche)

La dotazione di competenza di tale programma, inizialmente pari a 316,4 milioni di euro (quindi con un aumento di 38,4 milioni di euro rispetto al dato assestato 2015, pari al 14%), si attesta, in seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, a 366,1 milioni di euro.

Lo stanziamento del programma riguarda prevalentemente per il 78% le spese in conto capitale. Le spese rimodulabili coprono oltre il 75% del totale.

 

Le risorse del programma  sono suddivise tra i seguenti capitoli:

§  capitolo 7081 con 19,7 milioni di euro per l’estinzione dei mutui contratti dagli enti territoriali e locali per la realizzazione degli interventi previsti dal piano straordinario di completamento dei sistemi di collettamento e depurazione, dal programma nazionale di bonifica dei siti inquinati, dagli accordi e dai contratti di programma relativi al ciclo di gestione dei rifiuti, nonché per gli impegni per l’attuazione del protocollo di Kyoto;

§  capitolo 7503 (esposto in Tabella E) con 54,5 milioni di euro, interamente rimodulabili (R), per i piani di disinquinamento per il recupero ambientale. La maggior parte dello stanziamento è allocata nel piano gestionale 10 “Spese per l'attuazione degli interventi di bonifica dei siti di interesse nazionale contaminati dall'amianto”: si tratta dei 45 milioni di euro autorizzati dal comma 50 della L. 190/2014;

§  capitolo 7511 (esposto in Tabella E) con uno stanziamento iniziale di 100 milioni di euro, interamente rimodulabili (R), per interventi di messa in sicurezza del territorio contro il dissesto idrogeologico. Si tratta delle risorse stanziate dal penultimo periodo del comma 111 della L. 147/2013. Tale stanziamento, in seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, risulta pari a 150 milioni di euro, in virtù del rifinanziamento operato dalla tabella E (che ha provveduto a rifinanziare anche gli anni successivi al 2016, per un ulteriore importo di 1,9 miliardi di euro).

§  capitolo 7645 con 20 milioni di euro per il finanziamento degli interventi relativi all’attuazione del servizio idrico integrato, al risparmio idrico e al riuso delle acque reflue;

§  capitolo 8531 con 20,5 milioni di euro, interamente rimodulabili (R), per interventi per la tutela del rischio idrogeologico e relative misure di salvaguardia;

§  capitolo 8551 con 7,9 milioni di euro, interamente rimodulabili (R), per la costruzione, sistemazione, riparazione e manutenzione di opere idrauliche e per interventi di sistemazione del suolo, nonché per l’apprestamento dei materiali e per le necessità più urgenti in caso di pubbliche calamità;

§  capitolo 1822 con 50 milioni di euro, interamente rimodulabili (R), per il fondo per la tutela e la gestione delle risorse idriche, finalizzato a potenziare la capacità di depurazione dei reflui urbani.

 

Si segnala l’azzeramento delle risorse del cap. 7512, relative al Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive, per cessazione dell’onere recato dall’art. 1, comma 113, della L. 147/2013

 

Programma 18.13 (Tutela e conservazione della fauna e della flora, salvaguardia della biodiversità e dell’ecosistema marino)

La dotazione del programma, che nel ddl iniziale ammontava a 156,7 milioni di euro (con un aumento del 3,2% rispetto al dato assestato 2015), si assesta, in seguito all’approvazione da parte del Senato della nota di variazioni, a 153,4 milioni di euro.

Lo stanziamento del programma riguarda quasi interamente (per oltre il 95%) le spese correnti, di cui poco più della metà è costituito da spese non rimodulabili.

 

Gli stanziamenti principali sono iscritti nei seguenti capitoli:

§  capitoli 1551 e 1552, relativi alle spese per enti, istituti, associazioni ed altri organismi, con una dotazione complessiva di 76,8 milioni di euro. Il capitolo 1551, che reca spese rimodulabili (R), è esposto in Tabella C. Si fa notare che la nota di variazioni riporta una variazione, nel capitolo 1551, pari a 2 milioni di euro, che deriva dal finanziamento disposto dal comma 129 del ddl di stabilità;

§  capitoli 1644 e 1646, relativi alla protezione dell’ambiente marino dagli inquinamenti e per la gestione e promozione delle riserve marine, con una dotazione complessiva di circa 60,1 milioni di euro. I capitoli citati contengono spese rimodulabili (R) e sono esposti in Tabella C. L’importo risultante dalla nota di variazioni, complessivamente allocato sui due capitoli, è pari a 55,4 milioni di euro, anche in conseguenza del definanziamento di 3,7 milioni di euro operato dalla tabella D.

 

Programma 18.15 (Prevenzione e gestione dei rifiuti, prevenzione degli inquinamenti)

La dotazione del programma ammontava, nel ddl iniziale, a 25,2 milioni di euro, con un incremento di 6,5 milioni (35%) rispetto al dato assestato 2015. In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato (che ha determinato una riduzione di 0,2 milioni) l’importo si attesta a 25 milioni di euro.

Oltre l’85% dello stanziamento del programma riguarda spese in conto capitale rimodulabili.

La variazione registrata nel programma sembra derivare principalmente dal capitolo 7082 relativo alle Spese per la realizzazione, installazione e attivazione del Sistema per la tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), ove sono allocate risorse rimodulabili per 15 milioni di euro.

All’interno del programma 18.15 si segnala altresì il capitolo 7510 con una assegnazione di risorse rimodulabili pari a 6,5 milioni di euro relativa al fondo per la promozione di interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio e smaltimento.

 

Programma 18.16 (Programmi e interventi per il governo dei cambiamenti climatici, gestione ambientale ed energie rinnovabili)

La dotazione del programma ammontava, nel ddl iniziale, a 9,4 milioni di euro con una diminuzione del 28% rispetto al dato assestato 2015. In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato (che ha determinato una riduzione di 1,1 milioni) l’importo si attesta a 8,3 milioni di euro.

Oltre il 65% dello stanziamento del programma riguarda spese in conto capitale rimodulabili.

All’interno del programma 18.16 si segnala per la rilevanza il capitolo 8407 (R) con una assegnazione pari a 4,6 milioni di euro (che subisce una riduzione di 1 milione di euro risultante dalla nota di variazioni) per il fondo per la promozione e diffusione di interventi di efficientamento e risparmio energetico, per la produzione di energia elettrica e di calore da fonti rinnovabili e in particolare per lo sviluppo del solare termodinamico.

 

Missione 17 (Ricerca e innovazione)

Le risorse che, nell’ambito della missione 17, riguardano il Ministero dell'ambiente sono concentrate nel programma 17.3 (Ricerca in materia ambientale). Lo stanziamento di competenza del programma è pari (in seguito all’approvazione della nota di variazione, che ha determinato una lieve riduzione, pari a 0,2 milioni) a 81,3 milioni di euro, pressoché invariato rispetto alle previsioni assestate 2015.

Lo stanziamento del programma riguarda per oltre il 75% spese correnti, di cui oltre il 95% è costituito da spese non rimodulabili.

All’interno del programma 17.3 si segnalano i capitoli 3621, 3623 e 8831, con complessivi 81,3 milioni di euro destinati all’ISPRA. I capitoli 3621 e 8831, che contengono risorse rimodulabili (R), sono esposti in Tabella C.

Stanziamenti nello stato di previsione degli altri Ministeri

All’interno dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) gli stanziamenti relativi alla missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente) sono pari a 36,9 milioni di euro. Tale importo, iscritto nel programma 18.14 (Sostegno allo sviluppo sostenibile), è pressoché identico a quello previsto dal dato assestato 2015.

 

Lo stanziamento del programma riguarda totalmente spese in conto capitale, di cui il 90% è costituito da spese non rimodulabili.

Tale stanziamento insiste prevalentemente sul capitolo 7328 “Annualità quindicennali per mutui per interventi relativi al patrimonio idrico nazionale da parte dei consorzi ed enti irrigui, ove sono allocati 33,3 milioni di euro.

Si segnala, inoltre, nella missione 3 (Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali), il programma 3.7 Rapporti finanziari con enti territoriali, di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze, che – nel cap. 7499 (capitolo esposto in Tabella E) – reca uno stanziamento di 110 milioni di euro per il 2016 per gli interventi di cui all’articolo 3, comma 9, del decreto legge n. 148 del 1993, concernente un contributo da destinare alla regione Calabria per interventi nei settori della manutenzione idrica e forestale, limitatamente ai lavoratori occupati in tale settore. Tale stanziamento era inizialmente pari a 140 milioni di euro ma è stato così rideterminata in virtù del definanziamento operato dalla tabella E, come risultante dall’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato.

 

Nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF) gli stanziamenti insistono all’interno del programma 18.7 (Tutela e conservazione della fauna e della flora e salvaguardia della biodiversità), con 202 milioni di euro destinati al Corpo forestale dello Stato.

Quasi la totalità dello stanziamento del programma riguarda spese correnti, in gran parte destinate a spese per il personale, quindi non rimodulabili.

L’ecobilancio del disegno di legge di Bilancio 2016-2018

In attuazione dell’art. 36, comma 6, della L. 196/2009 (che ha stabilito che in allegato al Rendiconto generale dello Stato siano illustrate le “risultanze delle spese relative ai Programmi aventi natura o contenuti ambientali” definite come “le risorse impiegate per finalità di protezione dell’ambiente, riguardanti attività di tutela, conservazione, ripristino e utilizzo sostenibile delle risorse e del patrimonio naturale”), una apposita sezione della relazione al disegno di legge di bilancio accoglie le risultanze delle spese ambientali, sulla base dei dati forniti dalle amministrazioni secondo schemi contabili e modalità di rappresentazione stabilite con Determina del Ragioniere generale dello Stato n. 39816 del 2011.

Di seguito si dà conto degli importi indicati nella relazione illustrativa al ddl di bilancio, che quindi non tengono conto della nota di variazioni approvata dal Senato.

Le risorse finanziarie stanziate dallo Stato per la spesa primaria[14] per la protezione dell’ambiente e l’uso e gestione delle risorse naturali a beneficio della collettività[15], secondo il ddl di Bilancio, ammontano a circa 2,7 miliardi di euro nel 2016, pari allo 0,5% della spesa primaria complessiva del bilancio dello Stato. Rispetto agli stanziamenti iniziali destinati alle stesse finalità nel 2015, pari a circa 2,2 miliardi di euro, si registra un incremento del 18% per il 2016.

I settori di intervento in cui si concentra la maggior parte (65,1%) delle risorse iniziali destinate alla spesa primaria ambientale del 2016 sono i seguenti: “protezione e risanamento del suolo, delle acque del sottosuolo e di superficie”, “protezione della biodiversità e del paesaggio” e “gestione dei rifiuti”, che assorbono rispettivamente il 42,8%, il 15,5% e il 6,8%. Inoltre, una quota ulteriore, pari al 16,3% si ripartisce in “uso e gestione delle acque interne” (6,2%), “gestione delle acque reflue” (5,8%) e “altre attività di protezione dell’ambiente” (4,3%).

Una quota rilevante degli stanziamenti iniziali di competenza è costituita da trasferimenti ad altri operatori (amministrazioni pubbliche, imprese, famiglie e istituzioni sociali private): nel complesso tali trasferimenti rappresentano il 58,7% degli stanziamenti iniziali nel 2016, composto per il 49% da trasferimenti in conto capitale e per il 9,7% da trasferimenti di parte corrente.

Osservando la distribuzione delle risorse tra i Ministeri, si nota che la maggior parte delle risorse destinate a finalità ambientali è assegnata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (36,6% nel 2016), al Ministero dell'ambiente (25,9%), e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (19%) che insieme assorbono l’81,5% del totale degli stanziamenti iniziali.

L’analisi per missioni evidenzia invece che la quota maggiore di risorse per finalità ambientali riguarda la Missione “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente” (30,8% nel 2016), nella quale rientra la maggior parte delle attività del Ministero dell’ambiente che ha competenza su tutti i settori ambientali di intervento. Sono incluse in questa Missione anche alcune attività del Corpo forestale dello Stato (allocate in bilancio nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), tra le quali quelle relative alla salvaguardia della biodiversità, sorveglianza e custodia del patrimonio naturale protetto e le risorse del Ministero dell’economia e delle finanze destinate prevalentemente alla concessione di mutui per attività di natura ambientale. Nella Missione “Infrastrutture pubbliche e logistica” (21,7% delle risorse nel 2016), che rappresenta la seconda per importanza, sono comprese le risorse per la realizzazione del sistema Mose, l’aggiornamento degli studi sulla laguna di Venezia e la realizzazione delle opere strategiche di captazione ed adduzione di risorse idriche.

 

 


DDL di stabilità 2016

 


Articolo 1, comma 129
(Finanziamento parchi nazionali)

 

 

Il comma 129, inserito nel corso dell’esame al Senato, autorizza, a decorrere dall’anno 2016, l’ulteriore spesa di 2 milioni di euro annui in favore dei parchi nazionali.

 

La norma fa a tal fine riferimento all’articolo 1, comma 43, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che demanda alla Tabella C della legge di stabilità la quantificazione del capitolo nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente in cui confluiscono gli importi dei contributi statali destinati, tra l’altro, ai parchi nazionali.

 

Il comma 40 dell’art. 1 della L. 549/1995 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) stabilisce, infatti, che gli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, indicati nella tabella A allegata alla medesima legge (tra i quali figurano anche i parchi nazionali), sono iscritti in un unico capitolo nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Lo stesso prevede che il relativo riparto sia annualmente effettuato da ciascun Ministro, con proprio decreto, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Il successivo comma 43 demanda la quantificazione della dotazione dei succitati capitoli alla tabella C della legge finanziaria (oggi legge di stabilità).

Poiché la norma in esame fa riferimento ai parchi nazionali, il capitolo a cui si riferisce è il capitolo 1551, ove sono allocate le risorse destinate al contributo a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, ai sensi della legge n. 549/1995, in cui sono compresi, in prevalenza, i contributi per i parchi nazionali[16]. La dotazione prevista dal disegno di legge di bilancio 2016 a legislazione vigente è pari a 4,1 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018. Tale capitolo, secondo quanto evidenziato anche nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, è esposto in tabella C.

 

Secondo quanto risultante dall’emendamento con cui è stata introdotta la norma presso il Senato la copertura della stessa, pari a due milioni di euro, è assicurata mediante la corrispondente riduzione dell’importo stanziato , al comma 369 del disegno di legge in esame, per incrementare la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 


 

Articolo 1, comma 193
(Interventi in siti di importanza comunitaria)

 

 

Il comma 193, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede che i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel cui territorio ricadono interamente i siti di importanza comunitaria (S.I.C.), effettuino le valutazioni di incidenza di taluni interventi edilizi. La norma in esame prevede altresì che l'autorità competente provveda entro il termine di sessanta giorni al rilascio dell'approvazione definitiva degli interventi previsti.

Si tratta in particolare degli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, anche con incrementi volumetrici o di superfici coperte inferiori al 20 per cento delle volumetrie o delle superfici coperte esistenti, opere di sistemazione esterne, realizzazione di pertinenze e volumi tecnici.

La disposizione interviene sulla normativa vigente, contenuta nel D.P.R. n. 357 del 1997, che disciplina, tra l’altro, la valutazione di incidenza. La norma richiama esplicitamente la finalità del rilancio delle spese per investimento degli enti locali.

 

Ai sensi della lettera m) del comma 1 dell’articolo 2 del regolamento di cui al D.P.R. n. 357 del 1997, recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche (d’ora in avanti regolamento), un sito di importanza comunitaria (S.I.C.) è un sito che è stato inserito nella lista dei siti selezionati dalla Commissione europea e che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all'allegato A o di una specie di cui all'allegato B in uno stato di conservazione soddisfacente e che può, inoltre, contribuire in modo significativo alla coerenza della rete ecologica «Natura 2000».

L’art. 3 del regolamento prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuino i predetti siti. La lista dei SIC è consultabile sul sito del Ministero dell’Ambiente.

La valutazione di incidenza, che è disciplinata dall’art. 5 del regolamento, è un procedimento finalizzato a individuare e verificare gli effetti che la pianificazione territoriale e taluni interventi possono avere sui siti di importanza comunitaria. Per quanto interessa in questa sede, si fa presente che il comma 3 prevede che i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi. Ai sensi del comma 5, ai fini della valutazione di incidenza degli interventi, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, i tempi per l'effettuazione della medesima verifica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali. Il comma 6 del regolamento prevede che, fino alla individuazione dei tempi per l'effettuazione della verifica, le autorità di cui al comma 5 effettuano la verifica stessa, entro sessanta giorni dal ricevimento dello studio e possono inoltre chiedere una sola volta integrazioni dello stesso ovvero possono indicare prescrizioni alle quali il proponente deve attenersi. Nel caso in cui le predette autorità chiedano integrazioni dello studio, il termine per la valutazione di incidenza decorre nuovamente dalla data in cui le integrazioni pervengono alle autorità medesime. I commi 9 e 10 disciplinano rispettivamente l’adozione di interventi di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, che devono essere accompagnati da misure compensative.

Le regioni hanno disciplinato con proprie leggi la valutazione di incidenza.

Relativamente agli interventi richiamati nella norma, si segnala che il regime dei relativi titoli abilitativi è disciplinato dal testo unico in materia edilizia di cui al D.P.R. 380/2001; si ricorda che gli articoli 6, 22 e 10 di tale testo disciplinano gli interventi realizzabili rispettivamente in assenza di alcun titolo abilitativo, con segnalazione certificata di inizio attività o con permesso di costruire.

Per quanto riguarda il rapporto tra la valutazione di incidenza e i titoli abilitativi edilizi, la sentenza della Corte di cassazione, sez. III, 9 marzo 2011, n. 9308, ha precisato che la valutazione di incidenza per gli interventi da eseguirsi nelle zone individuate come SIC, avendo ad oggetto l'analisi dei possibili effetti che gli interventi medesimi possono avere su detti siti con riferimento agli obiettivi di conservazione, deve necessariamente precedere il rilascio del titolo abilitativo edilizio del quale costituisce requisito di efficacia.

 

La norma precisa che restano ferme le seguenti disposizioni del citato regolamento di cui al D.P.R. n. 357 del 1997:

§  articolo 1, comma 4, ai sensi del quale le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'attuazione degli obiettivi del regolamento nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione;

§  articolo 4, che disciplina le misure di conservazione;

L’art. 4 del regolamento prevede, al comma 1, che le regioni e le province autonome assicurano per i citati proposti siti di importanza comunitaria (pSic) opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie e che, come disposto al comma 2, sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete “Natura 2000”, adottino per le zone speciali di conservazione, entro sei mesi dalla loro designazione, le misure di conservazione necessarie che implicano all'occorrenza appropriati piani di gestione specifici od integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all'allegato A e delle specie di cui all'allegato B presenti nei siti.

In conseguenza di quanto sopra disposto, il Ministero dell’Ambiente ha emanato due decreti, ai sensi dell’art. 4 del regolamento: un primo decreto del 3 settembre 2002, che ha previsto le linee guida per la gestione dei siti Natura 2000, e un secondo decreto del 17 ottobre 2007 sui criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS).

§  articolo 5, comma 8, che prevede che l'autorità competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi.

 

Si segnala che le disposizioni di cui al presente comma recano un contenuto analogo a quello dell’articolo 57 del disegno di legge recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali (cd. collegato ambientale, A.C. 2093-B, all’esame della Commissione ambiente della Camera), il cui testo, già approvato dalla Camera, non è stato modificato nel corso dell’esame al Senato.

 

Il disposto dell’articolo 57 del predetto disegno di legge è identico a quello della norma in commento. Le differenze riguardano il richiamo alla finalità di semplificare le procedure relative ai siti di importanza comunitaria, la salvaguardia della facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di riservarsi, con apposita norma, la competenza esclusiva, la previsione in base alla quale le disposizioni dell'articolo 5, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, si applicano esclusivamente ai piani.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 22 ottobre 2015 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura di infrazione 2015/2163) per aver violato gli obblighi previsti dalla direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

In particolare la Commissione contesta all’Italia:

§  di non aver designato le Zone speciali di Conservazione (ZSC), contravvenendo alle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva;

Come previsto dalla direttiva, la Commissione europea, sulla base delle indicazioni fornite da ciascuno Stato membro, ha adottato – tra il 2003 e il 2008 - gli elenchi dei siti di importanza comunitaria. Secondo il citato articolo, gli Stati membri – entro il termine massimo di sei anni dall’adozione del rispettivo elenco - avrebbero dovuto designare come Zone speciali di Conservazione i siti di importanza comunitaria contenuti negli elenchi europei e ricadenti nel proprio territorio.

Alla data di agosto 2015, a termini scaduti, sono state istituite 403 ZSC, di cui 401 contenute nel novero dei 2281 siti italiani di importanza comunitaria.

§  di non aver definito le misure di conservazione previste dall’articolo 6, paragrafo 1 della direttiva.

Per le Zone speciali di conservazione, gli Stati membri sono tenuti, nel medesimo termine di sei anni dall’adozione dell’elenco dei SIC, a definire le necessarie misure di conservazione.

Alla stessa data, risultano adottate misure di conservazione o piani di gestione per 1715 siti su 2281.

Secondo il nostro ordinamento interno, compete alle regioni e alle province autonome la definizione degli obiettivi di conservazione e delle misure di conservazione per le ZSC, mentre la designazione di tali zone deve essere effettuata con decreto del Ministro dell’ambiente d’intesa con la regione interessata.

Come riportato nella relazione che il Ministro dell’ambiente ha trasmesso alle Camere - ai sensi dell’articolo 15, comma 2, delle legge n. 234 del 2012 -, le regioni e il ministero hanno concordato un cronogramma degli impegni assunti dalle regioni, che prevede entro i primi mesi del 2017 l’adozione di tutte le misure richieste.


 

Articolo 1, comma 250
(Parco nazionale dello Stelvio)

 

 

Il comma 250, introdotto al Senato, prevede l’attivazione di procedure concorsuali pubbliche, da parte della Regione Lombardia (o dell’ente dalla stessa individuato), per l’assunzione di personale che già svolgeva (al 31 dicembre 2013) attività presso il Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio.

Più nel dettaglio, si dispone che la regione Lombardia (o l’ente dalla stessa individuato), nel rispetto dei vincoli assunzionali e finanziari vigenti in materia di personale[17], attivi procedure concorsuali pubbliche che riconoscano l’esperienza maturata, per almeno 10 anni, dal personale già dipendente al 31 dicembre 2013 dal Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio (con mansioni impiegatizie, amministrative, tecniche, scientifiche e didattiche di educazione ambientale) conseguenti a procedure diverse da quelle previste per l’accesso al pubblico impiego.

L’attivazione delle procedure concorsuali avviene in attuazione dell’intesa concernente l'attribuzione di funzioni statali e dei relativi oneri finanziari riferiti al Parco nazionale dello Stelvio, prevista ai sensi dell'articolo 1, comma 515, della legge n. 147 del 2013 e dell'articolo 11, comma 8, del decreto-legge n. 91 del 2014, sottoscritta l’11 febbraio 2015 tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, province autonome di Trento e Bolzano e regione Lombardia[18].

Per quanto concerne, specificamente, il trasferimento del personale, l’articolo 5 dell’intesa dispone che, per l’esercizio delle funzioni trasferite, i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo indeterminato appartenenti al ruolo del Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio sono inquadrati nei ruoli, rispettivamente, delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Lombardia (o dell’ente dalla stessa individuato), tenuto conto dell’ambito territoriale in cui viene prestata in modo prevalente l’attività lavorativa e sulla base di un’apposita tabella di corrispondenza. Al personale trasferito si applica il contratto collettivo di lavoro vigente nell’ente di inquadramento. I dipendenti inquadrati mantengono il trattamento economico fondamentale in godimento all’atto dell’inquadramento. Il personale trasferito non concorre a determinare il contingente previsto per le assunzioni a tempo indeterminato in conseguenza delle limitazioni al turn over disposte dall’art. 3, c. 5, del D.L. 90/2014 per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge 17 dicembre 2013, n. 147), all’art. 1, comma 515, prevede in particolare, con riferimento anche al Parco nazionale dello Stelvio, quanto segue:

a)   mediante intese tra Stato e Province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro il 30 giugno 2014 (termine prorogato al 30 giugno 2015 dall’art. 1, comma 213, della legge di stabilità 2015) o con norme di attuazione  degli statuti di autonomia, sono definiti gli ambiti per il trasferimento o la delega delle funzioni statali e dei relativi oneri finanziari;

b)   con i predetti accordi o norme di attuazione, lo Stato, le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige individuano gli standard minimi di servizio e di attività che lo Stato, per ciascuna delle funzioni trasferite o delegate, si impegna a garantire sul territorio provinciale o regionale con riferimento alle funzioni i cui oneri sono sostenuti dalle Province o dalla Regione, nonché i parametri e le modalità per la quantificazione e l'assunzione degli oneri;

c)   sono riservate all'Amministrazione centrale le relazioni con le istituzioni internazionali;

d)   con apposite norme di attuazione si provvede al completamento del trasferimento o della delega delle funzioni statali oggetto dell'intesa.

Inoltre, il D.L. 24 giugno 2014, n. 91, all’art. 11, comma 8, dispone in particolare che:

a)   in armonia con le finalità e i princìpi dell’ordinamento giuridico nazionale in materia di aree protette, nonché con la disciplina europea relativa alla Rete Natura 2000, le funzioni statali concernenti la parte lombarda del Parco nazionale dello Stelvio sono attribuite alla Regione Lombardia che, conseguentemente, partecipa all’intesa relativa al predetto Parco, di cui al citato articolo 1, comma 515, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

b)   per l’attribuzione alle Province autonome di Trento e di Bolzano delle funzioni statali concernenti la parte del Parco nazionale dello Stelvio situata nella Regione TrentinoAlto Adige/Südtirol si provvede con norma di attuazione dello Statuto della Regione medesima ai sensi dell’articolo 107 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670.

 

Con riferimento alle procedure concorsuali delineate dalla disposizione in esame, si ricorda che la normativa vigente prevede alcune limitazioni per quanto concerne la percentuale di posti che possono essere riservati nell’ambito dei concorsi pubblici. In particolare, per quanto riguarda i titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato, l’art. 35 del D.Lgs. 165/2001 dispone che le amministrazioni pubbliche possono avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico  con riserva dei posti, nel limite massimo del 40 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando. Per quanto riguarda, invece, le progressioni fra le aree, l’art. 52, c. 1-bis, del citato D.Lgs. 165/2001 dispone che le stesse avvengano tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso.

 

Inoltre, in relazione al principio costituzionale del pubblico concorso per l’accesso alle pubbliche amministrazioni (art.97 Cost.[19]), si evidenzia che la giurisprudenza costituzionale ritiene che anche le «modalità organizzative e procedurali» del concorso devono «ispirarsi al rispetto rigoroso del principio di imparzialità» (sentenza n. 453 del 1990). Di conseguenza, non qualsiasi procedura selettiva, diretta all’accertamento della professionalità dei candidati, può dirsi di per sé compatibile con il principio del concorso pubblico. Quest’ultimo non è rispettato, in particolare, quando «le selezioni siano caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi» (sentenza n. 194 del 2002). La natura comparativa e aperta della procedura è, pertanto, elemento essenziale del concorso pubblico; procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violano il «carattere pubblico» del concorso (sentenza n. 34 del 2004).

 

Alla luce della sopra richiamata giurisprudenza costituzionale, si evidenzia l’opportunità di valutare i possibili profili di illegittimità costituzionale della disposizione in esame, in quanto sembra configurare la “maturata esperienza” presso il Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio quale requisito di ammissione ai concorsi.

 


 

Articolo 1, comma 253
(Fondo per interventi nei territori della terra dei fuochi)

 

 

Il comma 253 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un fondo finalizzato ad interventi di carattere economico, sociale e ambientale nei territori della terra dei fuochi. Lo stesso comma assegna al fondo una dotazione di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.

L’individuazione degli interventi e delle amministrazioni competenti a cui destinare le risorse viene demandata ad un apposito D.P.C.M. che, sulla base di una modifica inserita nel corso dell’esame al Senato, deve essere emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Nel corso dell’esame al Senato, è stato, altresì, specificato che, nell’ambito della predetta dotazione, un importo massimo di 3 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2006 e 2007, è destinato agli interventi di bonifica del sito inquinato dell’ex area industriale Isochimica.

 

Relativamente al sito inquinato dell’ex area industriale Isochimica, si segnala che, in data 6 agosto 2014, in risposta all’interrogazione n. 4/01198, il Ministro dell’ambiente, dopo aver sottolineato che “la questione sollevata in merito alla messa in sicurezza e bonifica del sito dell’ex Isochimica di Avellino investe una materia devoluta agli enti locali e territoriali (comune e regione)”, ha ricordato che l'opificio «Isochimica» di Pianodardine si occupava di coibentazione dei vagoni e delle carrozze dei treni delle Ferrovie dello Stato; così, “nel periodo di attività 1982-1988 vi sono state «lavorate» migliaia di tonnellate di amianto, in parte smaltito mediante interramento nell'area dello stesso opificio e in parte inglobato nei cubi di cemento-amianto attualmente depositati nel piazzale. La stessa copertura di due grandi capannoni ivi ubicati è costruita in amianto. Nel 1990 circa, la Isochimica fu dichiarata fallita e sottoposto a regime di curatela fallimentare. Anche a seguito di ripetute iniziative (richieste, diffide, ordinanze ecc.) poste in essere successivamente alla sua chiusura volte a richiedere la bonifica dell'area, finalmente nel maggio 2013 la Procura della Repubblica presso il tribunale di Avellino ha adottato un provvedimento di sequestro preventivo, nominando custode giudiziario il sindaco di Avellino, e ciò anche al fine di porre in essere azioni mirate alla messa in sicurezza dell'area. Ferma restando la competenza sulla materia attribuita alla Regione Campania, il Comune di Avellino nel giugno 2013 aveva richiesto alle amministrazioni competenti l'attribuzione di un finanziamento di 10 milioni di euro per poter procedere alla messa in sicurezza e alla bonifica dell'area. Questo Ministero, per quanto di competenza, rendeva noto di non poter fornire alcun contributo economico in quanto sul proprio bilancio non sussistevano – come ancora oggi non sussistono – le necessarie risorse finanziarie”.

Più recentemente, rispondendo all’interrogazione n. 5/06400, nella seduta del 17 settembre 2015 della Commissione VIII (Ambiente), il rappresentante del Governo ha evidenziato, con riferimento a quanto richiesto dagli interroganti in ordine alla sussistenza delle condizioni per l'inserimento dell'area dell'ex Isochimica nell'elenco dei Siti di interesse nazionale, che “questa amministrazione ritiene che le caratteristiche dell'area sono compatibili con i criteri richiesti dalla vigente normativa”. Lo stesso sottosegretario ha ricordato che è attualmente in corso l’iter relativo alla proposta di rifinanziamento del Piano nazionale amianto a valere sulla dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020”.

 

Il comma in esame autorizza altresì il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Con la locuzione "terra dei fuochi", a cui non corrisponde una definizione nella normativa vigente, si fa generico riferimento al territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta. Il D.L. 136/2013 contiene disposizioni volte a intervenire sul problema dei roghi di rifiuti nei territori in questione, nonché a prevedere, da un lato, il monitoraggio sanitario della popolazione ivi residente e, dall’altro, la mappatura dei terreni agricoli al fine di garantire la sicurezza agroalimentare in Campania (per un approfondimento delle norme introdotte dal decreto-legge n. 136 si veda il tema D.L. 136/2013: emergenze ambientali e industriali). Alcune modifiche a tale disciplina sono state apportate dal comma 12 dell'art. 10 del D.L. 91/2014. Le disposizioni dettate da tale comma sono volte a: ridefinire i termini delle indagini dirette sui terreni destinati all'agricoltura, da modulare a seconda del livello di rischio e prevedendo la possibilità di ulteriori analisi in caso di emersione di elementi nuovi (lett. a e b); attribuire carattere di priorità, nell'assegnazione di contributi e finanziamenti europei, agli investimenti in infrastrutture irrigue e di bonifica, finalizzati a privilegiare l'uso collettivo della risorsa idrica, al fine di limitare il prelievo privato di acque da falde superficiali e profonde nelle province di Napoli e Caserta (lett. c).

Al fine di contrastare il fenomeno dei roghi dei rifiuti nella cd. “terra dei fuochi”, l'art. 3, comma 2 del D.L. n. 136/2013 ha previsto la possibilità per i prefetti delle province della regione Campania di avvalersi di personale militare delle Forze Armate fino ad un massimo di 850 unità e, in tale ambito, il comma 6 dell'articolo 4 del D.L. 192 del 2014 ha prorogato al 31 marzo 2015 il piano di impiego operativo, di cui al comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008, concernente l'utilizzo di un contingente massimo di 3.000 unità. Successivamente, l'art. 5, comma 1, del D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, ha esteso la suddetta proroga al 30 giugno 2015, incrementando inoltre il contingente di ulteriori 1.800 unità, e, specificatamente per le esigenze dei Prefetti delle province della regione Campania, ha consentito di prorogare ulteriormente, fino al 31 dicembre 2015, un contingente non inferiore a 200 unità.

Per un approfondimento dei provvedimenti emanati in attuazione del D.L. 136/2013 si veda la sezione "Gli interventi" della sezione "Terra dei Fuochi, la mappatura delle aree e le azioni del Ministero" del sito del Ministero della salute. Informazioni sullo stato di attuazione delle misure introdotte dal D.L. 136/2013 sono state fornite, tra l’altro, nell’audizione del 18 febbraio 2015 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Relativamente all’attuazione delle disposizioni del D.L. 136/2013 si segnala la recente pubblicazione (avvenuta nella G.U. n. 191 del 19 agosto 2015) del decreto interministeriale 7 luglio 2015 che, in attuazione dell'art. 1, comma 6, del D.L. 10 dicembre 2013, ha provveduto all’individuazione dei terreni che possono essere destinati alle produzioni agroalimentari e di quelli che invece possono essere destinati solo a determinate produzioni agroalimentari, secondo specifiche condizioni, o che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con sentenza del 16 luglio 2015, pronunciata nella causa C 653/13 (in esito alla procedura di infrazione n. 2007/2195), la Corte di Giustizia ha condannato l’Italia - ai sensi dell’articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - per non essersi conformata alla precedente sentenza del 2010, C 297/08. Con tale sentenza la Corte aveva infatti dichiarato che l’Italia ha violato gli obblighi comunitari di corretta gestione dei rifiuti nella regione Campania, in particolare per la mancanza di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione.

Sulla base della sentenza del 2015, l’Italia è tenuta al pagamento di:

§  una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell’attuazione della precedente sentenza del 2010; tale cifra è calcolata moltiplicando un importo giornaliero di 40.000 euro per le tre categoria di impianti (discariche, termovalorizzatori e impianti di trattamento dei rifiuti organici) per cui si è rilevata l’inesatta applicazione della direttiva;

§  una somma forfettaria di 20 milioni di euro.

La Corte ha convalidato gli argomenti proposti dalla Commissione nel ricorso, in particolare per quanto riguarda il problema dello smaltimento dei rifiuti storici (le cosiddette «ecoballe») e il numero insufficiente di impianti aventi la capacità necessaria per il trattamento dei rifiuti urbani nella regione Campania. La Corte sottolinea inoltre che, tenuto conto delle notevoli carenze nella capacità della regione Campania di smaltire i propri rifiuti, è possibile dedurre che una siffatta grave insufficienza a livello regionale può compromettere la rete nazionale di impianti di smaltimento dei rifiuti, la quale cesserà così di presentare il carattere integrato e adeguato richiesto dalla direttiva. Ciò può compromettere seriamente la capacità dell’Italia di perseguire l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale nello smaltimento dei rifiuti.

 


 

Articolo 1, comma 489
(Disposizioni per il finanziamento investimenti ambientali
e tecnologici)

 

 

Il comma 489 introduce la garanzia statale ai finanziamenti che il commissario dell'azienda siderurgica ILVA è autorizzato a contrarre, nel limite di 800 milioni di euro (che viene innalzato rispetto alla normativa vigente per il 2015).

 

Il comma 489 autorizza a contrarre finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 800 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato. Destinatario dell'autorizzazione è l'organo commissariale[20] di ILVA S.p.A., mentre la finalità esclusiva dev'essere l'attuazione e la realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria[21]; nei limiti delle disponibilità residue, i finanziamenti potranno essere funzionali a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia. Il finanziamento costituisce anticipazione finanziaria sui fondi raccolti a seguito della emissione del prestito obbligazionario[22] di cui all'art. 3 del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20).

In quell'ultimo intervento era stata già consentita all'organo commissariale di ILVA S.p.A, la contrazione di finanziamenti fino a 400 milioni di euro, anche allora assistiti dalla garanzia (a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile) dello Stato[23]: ora come allora, il finanziamento è rimborsato dall'organo commissariale in prededuzione rispetto agli altri debiti, ai sensi dell'articolo 111 della legge fallimentare. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze era istituito, con una apposita contabilità speciale, un fondo a copertura delle garanzie dello Stato così concesse: oggi la garanzia dello Stato attinge alla dotazione del medesimo Fondo, all'uopo incrementata di 400 milioni di euro mediante utilizzo delle disponibilità in conto residui del fondo garanzie dello Stato[24].

Nella relazione al disegno di legge di stabilità si ricorda come l’intervento normativo sia funzionale ad assicurare la “tempestiva disponibilità” delle somme necessarie agli interventi di messa in sicurezza e bonifica per i quali la Commissione europea, nel parere motivato del 16 ottobre 2014 concernente la procedura di infrazione n. 2013/2177, ha ritenuto che l’Italia sia direttamente obbligata e responsabile anche prima della definizione giudiziaria delle responsabilità di ILVA. Qualora l’Italia non ottemperasse a quanto indicato nel citato parere sarebbe soggetta a sanzioni pecuniarie[25]. Si ricorda che la normativa generale in materia prevede che qualora l’operatore (nel caso di specie ILVA) al quale siano state richieste le misure di riparazione non vi si conformi tempestivamente, ovvero non sia individuabile oppure non sia tenuto a sostenerne i costi l’autorità competente (nel caso di specie lo Stato italiano)  ha facoltà di adottare essa stessa le misure necessarie, qualora non le rimangano altri mezzi. Da ultimo la Commissione, nel rilevare i ritardi nell’esecuzione dei lavori necessari per adempiere alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) ha richiesto all’Italia di conoscere gli interventi posti in essere perché sia assicurato il pieno rispetto delle prescrizioni AIA 2011-2012, come successivamente integrate, entro il mese di agosto del 2016.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

La Commissione europea ha emesso il 16 ottobre 2014 un parere motivato nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013, contestando in relazione allo stabilimento ILVA di Taranto la violazione della direttiva 2008/1/CE (cd. Direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento fino al 7 gennaio 2014, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, a decorrere da tale data.

Nel parere motivato, la Commissione, pur riconoscendo i progressi conseguiti dalla data di costituzione in mora, contesta la violazione delle direttive sopra richiamate con riferimento a tre diversi ambiti.

Anzitutto, essa ritiene il gestore dello stabilimento ILVA di Taranto inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste nell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata a ottobre 2012.

Le inadempienze ancora riscontrate riguardano:

§  la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti;

§  la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas;

§  la mancata adozione di misure per il controllo dell’emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento;

§  mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.

Inoltre, la Commissione rileva che:

§  il rinvio dei termini di adempimento delle prescrizione di un’AIA è contrario alla logica dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali, che dispone che gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché le condizioni di autorizzazione siano rispettate;

§  non risulta l’adozione del piano industriale, propedeutico, a norma del D.L. n. 61/2013, all’attuazione del piano ambientale.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la Commissione europea conclude che, non avendo garantito il rispetto di tutte le prescrizioni dell’AIA, la Repubblica italiana ha violato l’articolo 14, lettera a), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali a decorrere da tale data.

Un secondo ambito di violazioni contestate dalla Commissione europea riguarda le disposizioni delle direttive IPPC e sulle emissioni industriali[26] con riferimento alla mancata adozione di misure che garantiscano che le istallazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi.

La Commissione cita a sostegno di tale affermazione i seguenti fatti:

§  l’inclusione della zona industriale di Taranto tra i Siti di Interesse Nazionale (SIN) altamente inquinati e da bonificare;

§  la caratterizzazione cui è stato sottoposto il sito di pertinenza dell’ILVA, da cui è risultato che il suolo, le acque superficiali e le acque sotterranee del sito sono fortemente inquinate;

§  il grave inquinamento anche dei comuni limitrofi di Taranto (in particolare, il comune di Statte), attribuibile all’attività dello stabilimento ILVA.

Dai dati ufficiali delle competenti autorità italiane, risulta che, sebbene nel 2013 la qualità dell’aria a Taranto sia migliorata rispetto al 2012, lo stabilimento ILVA continua a causare un inquinamento significativo non solo dell’aria ma anche del suolo e delle acque.

Il terzo ambito di contestazioni si riferisce al mancato aggiornamento dell’AIA nel 2013, alla mancanza di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee, per la verifica periodica del loro stato e per la prevenzione delle emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee nonché alla mancanza di misure relative all’arresto definitivo dell’impianto.

Pur prendendo in considerazione le ulteriori misure recate dal D.P.C.M. del 14 marzo 2014, ad avviso della Commissione, l’AIA dello stabilimento ILVA di Taranto continua ad essere inadeguata, non contenendo tutte le misure prescritte dalle direttive europee (articolo 9 della direttiva IPPC e articolo 14 della direttiva sulle emissioni industriali).


Le tabelle del ddl di stabilità 2016

Tabella A

Per il Ministero dell’ambiente, l’accantonamento previsto pari a 10 milioni per il 2016 e a 18 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018 è destinato alla copertura degli oneri conseguenti all’A.S. 1892 (“Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche”) e al c.d. collegato ambientale (A.C. 2093-B). Alla copertura degli oneri derivanti dal collegato ambientale è destinata anche una quota (non quantificata) dell’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.

Tabella B

Per il Ministero dell’ambiente, si registra uno stanziamento di 67,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018. La relazione illustrativa fa presente che l’accantonamento è finalizzato alla copertura degli oneri relativi all’A.S. 1185 (“Legge quadro in materia di interporti e di piattaforme logistiche territoriali”), nonché all’A.C. 2093-B (c.d. collegato ambientale). Lo stanziamento è altresì destinato ad interventi in favore della difesa del suolo, di bonifica e ripristino dei siti inquinati, nonché per il contributo nazionale al Green Climate Fund[27].

Tabella C

Si ricorda preliminarmente che la Tabella C reca la determinazione delle dotazioni finanziarie da iscrivere in bilancio delle leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità.

Gli stanziamenti complessivi relativi al Ministero dell’ambiente risultano ripartiti tra la missione 17 (Ricerca e innovazione) e la missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente).

Relativamente alla missione 17 lo stanziamento di 22,4 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018 insiste interamente sui capitoli 8831 e 3621 per il finanziamento di interventi ed investimenti dell’ISPRA, ai sensi dell’art. 28, comma 1, del D.L. 112/2008.

Per quanto riguarda, invece, la missione 18, la quasi totalità degli stanziamenti, pari a circa 36 milioni di euro per il 2016 e a 36,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017-2018 è attribuita ai capitoli 1644 e 1646 per la difesa del mare (con 31,8 milioni di euro per il 2016 e 32,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017-2018) e al capitolo 1551 quale contributo a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, ai sensi della legge n. 549/1995, che corrispondono, in prevalenza, ai contributi per i parchi nazionali, con 4,1 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio.

Tabella D

La Tabella D contiene definanziamenti di autorizzazioni di spesa di parte corrente, precedentemente disposte. Un primo definanziamento, di 3,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2017 e di 3,3 milioni per il 2018, opera sullo stanziamento previsto dall’art. 3 della L. 120/2002 (di ratifica del Protocollo di Kyoto), collocato nel capitolo 2211 e destinato agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo.

Viene altresì definanziata l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 19, comma 2, del D.Lgs. 190/2010, destinata a programmi di monitoraggio coordinati per la valutazione continua dello stato ambientale delle acque marine. Le risorse, collocate nel capitolo 1644, vengono ridotte di 3,7 milioni nel 2016 e di 3,3 milioni per ciascuno degli anni 2017-2018.

Tabella E

La Tabella E determina, per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, le quote destinate a gravare per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, esposte per programma e missione.

L'articolo 11, comma 3, lett. e), della legge di contabilità n. 196 del 2009 prevede, nel contenuto proprio della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle leggi di spesa in conto capitale a carattere pluriennale, aggregati per programma e per missione, con specifica ed analitica evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni, per la quota da iscrivere nel bilancio di ciascun anno considerato nel bilancio pluriennale.

Con riferimento alla missione 18 si registra un rilevante rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa destinata, dal comma 111 della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), agli interventi di messa in sicurezza del territorio contro il dissesto idrogeologico. Lo stanziamento previsto dalla legislazione vigente, collocato nel capitolo 7511 e pari a 100 milioni di euro per il 2016, viene incrementato di complessivi 1.950 milioni di euro, così ripartiti tra gli esercizi: 50 milioni per ciascuno degli anni 2016-2017, 150 milioni per il 2018 e 1.700 milioni dal 2019 al 2030.

Non viene invece rifinanziato dalla tabella E l’importo (che quindi rimane pari a 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2017) stanziato per la bonifica dell’amianto dal comma 50 della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) e collocato nel capitolo 7503.

 

Si segnala, infine, che, nell’ambito della missione 3 (Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali), si dispone un definanziamento di 30 milioni di euro, per il 2016, per gli interventi di cui all’art. 3 del D.L. 148/1993, che ha previsto un contributo destinato alla Regione Calabria per interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale, limitatamente ai lavoratori occupati in tale settore (cap. 7499 di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze). La dotazione risultante è quindi pari a 110 milioni di euro per il 2016.

 

 


Protezione civile

 


Stanziamenti relativi alla Protezione civile e alle calamità naturali che insistono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2)

Fanno parte della missione 8 (Soccorso civile) due soli programmi di interesse della Commissione Ambiente - 8.4 (Interventi per pubbliche calamità) e 8.5 (Protezione civile) - collocati nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella n. 2).

Per tali programmi era prevista per l’esercizio 2016, nel ddl iniziale, una dotazione complessiva di 1.552,2 milioni di euro, con una diminuzione di 257,8 milioni di euro rispetto all’assestato 2015 (-25,2%). In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, lo stanziamento complessivo per il 2016 è stato incrementato di 303,4 milioni di euro (+19,5%) e si attesta pertanto a 1.855,6 milioni di euro.

Programma 8.4 (Interventi per pubbliche calamità)

La dotazione del programma, pari a 119,5 milioni di euro, sconta una riduzione di 14,3 milioni rispetto all’assestato 2015 (-10,7%).

Lo stanziamento del programma è costituito interamente da spese in conto capitale non rimodulabili.

Le principali voci di spesa, relative ad investimenti, sono ripartite nei seguenti capitoli:

§  capitolo 7095 per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione conseguenti al sisma della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria 1980-1982, con uno stanziamento di 72,4 milioni di euro (che sconta una riduzione di 3 milioni rispetto al dato assestato, pari al 4%);

§  capitolo 7411 (esposto in Tabella E) “Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori” (nel settore agricolo), con uno stanziamento di 45,1 milioni di euro (-13,3 milioni rispetto all’assestato 2015, pari a circa il 23%).

Programma 8.5 (Protezione civile)

La dotazione complessiva iniziale del programma era pari a 1.432,7 milioni di euro (in diminuzione di 243,5 milioni rispetto al dato assestato 2015, pari al 14,5%), ripartito tra spese correnti e in conto capitale (rispettivamente, per 177,3 milioni quasi interamente non rimodulabili, e 656,1 milioni costituiti per il 67% da spese non rimodulabili) e spese per il rimborso di passività finanziarie per 599,3 milioni non rimodulabili.

In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, lo stanziamento complessivo per il 2016 è stato incrementato di 303,4 milioni di euro (+21,2%) e si attesta pertanto a 1.736,1 milioni di euro. Gran parte (97%) dell’incremento derivante dalla nota di variazioni è ascrivibile a spese in conto capitale.

Lo stanziamento complessivo del programma risulta ripartito, principalmente, tra i seguenti capitoli:

§  capitoli 2179 e 2184 relativi alle spese di funzionamento e obbligatorie del Dipartimento della protezione civile, con una dotazione iniziale complessiva di 52,9 milioni di euro (si noti che il capitolo 2184, che contiene risorse rimodulabili - R - è esposto in Tabella C). L’importo indicato è stato incrementato a 62,9 milioni di euro in virtù del rifinanziamento operato dalla tabella C, come risultante dalla nota di variazioni approvata nel corso dell’esame al Senato;

§  capitolo 2186, per oneri derivanti dalla concessione di contributi per l'ammortamento dei mutui diversi da quelli attivati a seguito di calamità naturali trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze, e capitolo 2187 per il pagamento degli oneri di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari attivati a seguito di calamità naturali,  pari a complessivi  124,4 milioni di euro;

Tali capitoli sono stati istituiti a seguito dell'art. 2, comma 1-bis, del D.L. 74/2014, concernente misure urgenti in favore delle popolazioni dell'Emilia-romagna colpite dal terremoto del 20 e del 29 maggio 2012 e da successivi eventi alluvionali ed eccezionali avversità atmosferiche, nonché per assicurare l'operatività del Fondo per le emergenze nazionali.

§  capitolo 7439 (R) con 18,4 milioni di euro destinati al “Fondo per l’emergenza rifiuti in Campania” dall’art. 7, comma 6, e dall’art. 18 del D.L. 195/2009;

§  capitolo 7441 (che contiene risorse rimodulabili - R - ed è esposto in tabella C) concernente il Fondo per le emergenze nazionali, con 249 milioni di euro. Tale stanziamento, inizialmente pari a 149 euro, è stato così rideterminato dalla tabella C, come risulta dalla nota di variazioni approvata nel corso dell’esame al Senato;

§  capitolo 7446 (R) per le spese relative alle ricorrenti emergenze relative alle varie calamità con una dotazione iniziale pari a 47,8 milioni di euro, dimezzata rispetto al dato assestato (capitolo esposto in Tabella C). Tale dotazione è stata incrementata fino a 51,2 milioni di euro in virtù del rifinanziamento operato dalla tabella C, come risultante dalla nota di variazioni approvata nel corso dell’esame al Senato;

§  capitolo 7452 (R), che accoglie le risorse del Fondo per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012. Tale capitolo, che nel ddl iniziale aveva una dotazione nulla, registra, in seguito all’approvazione della nota di variazioni approvata nel corso dell’esame al Senato, una dotazione di 190 milioni di euro, derivanti dal rifinanziamento operato dal comma 245 del ddl di stabilità;

§  capitolo 7456, che accoglie le “Somme destinate a regioni e province per il pagamento degli oneri di ammortamento dei mutui e prestiti obbligazionari e relativi interessi attivati a seguito di calamità naturali”, pari a 380,8 milioni di euro (-14,5% rispetto al dato assestato);

§  capitolo 7459 Fondo per la prevenzione del rischio sismico” (si tratta del fondo istituito dall’art. 11, comma 1, del D.L. 39/2009 in seguito al sisma in Abruzzo), con 44 milioni di euro, variati in diminuzione per 101,1 milioni di euro rispetto all’assestato 2015 (capitolo esposto in Tabella E);

§  capitolo 9500 con 599,3 milioni di euro per il pagamento degli oneri di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari attivati a seguito di calamità naturali.

Tale capitolo è stato istituito per effetto dell’art. 2, comma 1-bis del D.L. 74/2014, che ha modificato il comma 5-septies dell’articolo 5 della L. 225/1992, riguardante il passaggio di competenze dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Ministero dell’economia e delle finanze per quanto concerne il pagamento degli oneri di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari attivati a seguito di calamità naturali. In particolare, dal 1° gennaio 2015 il Ministero dell’economia e delle finanze è tenuto direttamente al pagamento dei suddetti oneri, nonché al pagamento del residuo debito.

 

Si segnala che nella missione 11, Competitività e sviluppo delle imprese, nel programma 11.9, Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità, (tabella 2 del Ministero dell’economia e delle finanze) è presente il capitolo 7810, istituito ai sensi dell’art. 3-bis, comma 6, del D.L. 95 del 2012, riguardante i crediti d'imposta fruiti dai soggetti danneggiati dagli eventi sismici del maggio 2012 e beneficiari dei finanziamenti ottenuti per gli interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo, a cui, nel ddl iniziale risultavano assegnati 431,2 milioni di euro per il 2016, pari allo stesso importo previsto nel ddl di assestamento 2015 (capitolo esposto in Tabella E). In seguito all’approvazione della nota di variazioni da parte del Senato, la dotazione è stata ridotta di 190 milioni di euro, attestandosi quindi a 241,2 milioni di euro. Tale riduzione, per quanto disposto dal comma 245 del ddl di stabilità, è destinata a coprire il suddetto rifinanziamento del capitolo 7452.


DDL di stabilità 2016

 

 


Articolo 1, comma 182
(Ricostruzione o riparazione delle chiese e degli edifici religiosi)

 

 

Il comma 182, inserito nel corso dell’esame al Senato, interviene sulle norme che disciplinano i lavori di ricostruzione o riparazione delle chiese e degli altri edifici di culto, finanziati con risorse pubbliche, di cui al comma 11-bis dell’articolo 11 del D.L. 78/2015 (L. 125/2015), che reca misure per la ricostruzione dei territori abruzzesi interessati dal sisma del 6 aprile 2009.

Le modifiche sono volte, anzitutto, a consentire che tutti i predetti interventi siano considerati lavori pubblici ai sensi della normativa vigente. Prevedono, inoltre, che le funzioni di stazione appaltante sono assunte, dagli uffici territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli interventi riferiti a edifici di culto che sono qualificati come beni culturali; sono, invece, assunte dagli uffici territoriali del Provveditorato alle opere pubbliche per i lavori di ricostruzione o riparazione degli edifici di culto la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni. 

 

In particolare, in conseguenza della modifica prevista dalla lettera a), vengono considerati lavori pubblici ai sensi e per gli effetti del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006) tutte le attività di ricostruzione o riparazione, finanziate con risorse pubbliche, delle chiese e degli edifici destinati alle attività di cui all'art. 16, lett. a), della L. 222/2005, e non solo di quelli qualificati come beni culturali.

Qui un approfondimento sulla nozione di bene culturale.

Le attività previste nell'articolo 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985 n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) riguardano attività di religione o di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana.

 

La lettera b), in conseguenza della predetta modifica, prevede che, nel caso di lavori di ricostruzione o riparazione delle chiese o dei citati edifici, qualificati come beni culturali ai sensi della parte seconda del Codice dei beni culturali, la scelta dell'impresa affidataria dei lavori sia effettuata dai competenti uffici territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che assumono la veste di "stazione appaltante".

La norma fa riferimento alla definizione di “stazione appaltante” di cui all'articolo 3, comma 33, del Codice dei contratti pubblici.

Da ultimo, la novella di cui alla lettera c) è volta a introdurre un nuovo periodo nel comma 11-bis dell’art. 11, al fine di prevedere, per i lavori di ricostruzione o riparazione delle chiese o degli altri edifici di cui sopra, la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, che la funzione di "stazione appaltante" venga svolta dai competenti uffici territoriali del Provveditorato alle opere pubbliche.

 


 

Articolo 1, commi 230-236
(Misure per far fronte alle esigenze della ricostruzione
connesse agli stati di emergenza)

 

 

I commi da 230 a 236 contengono disposizioni finalizzate a disciplinare la concessione di contributi con le modalità del finanziamento agevolato – nel limite massimo di 1.500 milioni di euro - ai soggetti privati e alle attività economiche e produttive danneggiati da eventi calamitosi per i quali il Consiglio dei Ministri ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza (commi 230 e 231). Nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che il finanziamento deve essere erogato al netto di eventuali indennizzi per polizze assicurative stipulate per le medesime finalità.

Al soggetto beneficiario del finanziamento agevolato è attribuito un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, pari all'importo ottenuto sommando al capitale gli interessi dovuti e le spese. Le modalità di fruizione sono stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 (commi 232-236).

 

In particolare, il comma 230 disciplina la concessione di contributi a favore di soggetti privati e attività economiche e produttive, con le modalità del finanziamento agevolato, in relazione alle ricognizioni dei fabbisogni completate dai Commissari delegati e trasmesse al Dipartimento della Protezione Civile per la successiva istruttoria. In tal modo, secondo quanto prevede esplicitamente la norma, si intende dare avvio alle misure volte a fronteggiare i danni conseguenti al verificarsi di eventi calamitosi.

La lettera d) del comma 2 dell’art. 5 della L. 225/1992 stabilisce che con le ordinanze di protezione civile, emanate in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza conseguente al verificarsi di eventi calamitosi, si dispone in ordine alla “ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza”.

 

Lo stesso comma precisa che le finalità da perseguire e i criteri a cui attenersi nella concessione dei citati contributi dovranno essere stabiliti con apposite deliberazioni del Consiglio dei Ministri.

Le stesse deliberazioni provvederanno ad indicare le Amministrazioni pubbliche che provvederanno alla concessione dei contributi in questione.

Con riferimento a tali deliberazioni, il comma in esame dispone che esse dovranno essere assunte ai sensi della lettera e) del citato articolo 5, comma 2.

Tale lettera stabilisce che con le ordinanze si dispone, nel limite delle risorse disponibili, in ordine all'avvio dell'attuazione delle prime misure per far fronte alle esigenze urgenti (per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio), entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili e secondo le direttive dettate con delibera del Consiglio dei ministri, sentita la Regione interessata.

 

Il comma 231, sempre al fine di far fronte ai danni occorsi al patrimonio privato e alle attività economiche e produttive danneggiati da calamità, prevede disposizioni volte alla concessione di finanziamenti agevolati assistiti da garanzia dello Stato ai soggetti danneggiati dagli eventi calamitosi:

§  nel limite massimo pari a 1.500 milioni di euro;

§  e comunque nei limiti delle disponibilità di cui al comma 235.

 

La disposizione in esame si applica ai medesimi territori individuati dalle deliberazioni del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi del comma 230.

In tali territori e per le finalità suindicate, viene consentito ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito operanti nei medesimi territori, di contrarre finanziamenti, secondo contratti tipo definiti con apposita convenzione con l'Associazione bancaria italiana (ABI), assistiti dalla garanzia dello Stato. Si prevede l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 7, lettera a), secondo periodo, del decreto-legge n. 269 del 2003.

La richiamata lettera a) del comma 7 dispone, al primo periodo, che la CDP S.p.A. finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.

Il successivo secondo periodo stabilisce che l'utilizzo dei citati fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti di cui al primo periodo, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati dal Ministro dell'economia e delle finanze (con apposito decreto), tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione.

La garanzia dello Stato è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

Ciò nel rispetto dell’art. 31 della L. 196/2009, secondo cui in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze sono elencate le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti.

 

L’attuazione delle disposizioni dettate dal comma in esame viene demandata ad appositi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, che dovranno:

§  concedere la garanzia dello Stato e definire i criteri e le modalità di operatività della stessa;

§  definire le modalità di monitoraggio ai fini del rispetto dell'importo massimo dei finanziamenti.

 

Al soggetto beneficiario del finanziamento agevolato è attribuito un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, pari all'importo ottenuto sommando al capitale gli interessi dovuti e le spese necessarie alla gestione dei finanziamenti. Le modalità di fruizione del credito di imposta sono stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. II credito di imposta è revocato, in tutto o in parte, nell'ipotesi di risoluzione totale o parziale del contratto. I finanziamenti agevolati hanno una durata massima venticinquennale. I relativi contratti devono prevedere specifiche clausole risolutive espresse, per i casi di mancato o ridotto impiego del finanziamento ovvero di utilizzo per finalità diverse (commi 232-236).

 

Si evidenzia che tale meccanismo di finanziamento agevolato, assistito dalla garanzia dello Stato e associato ad un credito d’imposta, ricalca quello previsto dall’articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012 (e successive modifiche e integrazioni) a favore della popolazione colpita dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Al riguardo si ricorda che l'articolo 11, comma 11-quater, del decreto-legge n. 76 del 2013, analogamente a quanto prevede la norma in esame, ha precisato che sono assistiti da garanzia statale non solo i finanziamenti contratti dalle banche per acquisire le risorse, ma anche i finanziamenti da esse concessi ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici per la ricostruzione. La norma ha chiarito, inoltre, che il limite massimo della garanzia statale (in quel caso di 6 miliardi) è riferito ai finanziamenti concessi ai soggetti danneggiati, e non a quelli contratti dalle banche.

 

Si demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di definire le modalità di fruizione del credito di imposta, nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. Il credito di imposta è revocato, in tutto o in parte, nell'ipotesi di risoluzione totale o parziale del contratto di finanziamento agevolato.

 

Il comma 233 dispone che il soggetto che eroga il finanziamento debba comunicare all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche, gli elenchi dei soggetti beneficiari, l'ammontare del finanziamento concesso a ciascun beneficiario, il numero e l'importo delle singole rate.

Nel corso dell’esame al Senato, il comma in esame è stato integrato al fine di specificare che l'ammontare del finanziamento è da erogare al netto di eventuali indennizzi per polizze assicurative stipulate per le medesime finalità, da dichiarare al momento della richiesta del finanziamento agevolato.

 

Il comma 234 disciplina le modalità di erogazione dei finanziamenti agevolati, che hanno una durata massima venticinquennale. In particolare, essi sono erogati e posti in ammortamento sulla base degli stati di avanzamento lavori relativi all'esecuzione dei lavori, alle prestazioni di servizi e alle acquisizioni di beni necessari all'esecuzione degli interventi ammessi a contributo dalle amministrazioni pubbliche finanziatrici.

Si prevede, inoltre, che i contratti di finanziamento prevedano specifiche clausole risolutive espresse, anche parziali, per i casi di mancato o ridotto impiego del finanziamento, ovvero di utilizzo anche parziale del finanziamento per finalità diverse da quelle indicate nell’articolo in esame. Nei casi di risoluzione del contratto di finanziamento, il soggetto finanziatore chiede al beneficiario la restituzione del capitale, degli interessi e di ogni altro onere dovuto. In mancanza di tempestivo pagamento spontaneo, lo stesso soggetto finanziatore comunica alle amministrazioni pubbliche che hanno stanziato i contributi, per la successiva iscrizione a ruolo, i dati identificativi del debitore e l'ammontare dovuto, fermo restando il recupero da parte del soggetto finanziatore delle somme erogate e dei relativi interessi nonché delle spese strettamente necessarie alla gestione dei finanziamenti, non rimborsati spontaneamente dal beneficiario, mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (il quale prevede la facoltà del contribuente di compensare debiti e crediti d'imposta). Le somme riscosse a mezzo ruolo sono versate in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione civile.

 

Il comma 235 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 31 marzo di ciascun anno, verifichi l'andamento della concessione di finanziamenti agevolati e del relativo tiraggio, al fine di valutare l'importo dei finanziamenti che possono essere annualmente concessi nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, fermo restando il limite massimo di 1.500 milioni di euro.

Nel corso dell’esame al Senato, il comma in esame è stato integrato al fine di stabilire che il predetto Ministero provveda alla comunicazione, al Dipartimento della Protezione Civile, entro il termine del 31 marzo, dell'esito della verifica in questione.

 

Il comma 236 prevede che le modalità attuative del presente articolo siano definite con ordinanze di protezione civile adottate:

§  d'intesa con le regioni rispettivamente interessate;

§  e di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

La definizione delle modalità attuative attraverso le ordinanze, secondo il medesimo comma, è volta ad assicurare:

§  uniformità di trattamento;

§  un efficace monitoraggio sull'utilizzo delle risorse;

§  il rispetto del limite massimo di 1.500 milioni di euro previsto dal comma 231.

 


 

Articolo 1, commi 237-242
(Misure per il completamento della ricostruzione nei territori
colpiti dal sisma del 2009 in Abruzzo)

 

 

I commi da 237 a 242, inseriti nel corso dell’esame al Senato, dettano una serie di disposizioni finalizzate al completamento degli interventi di ricostruzione in corso nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo. Per la finalità indicata, infatti, il comma 237 autorizza i comuni del cratere sismico a prorogare o rinnovare, per gli anni 2016-2017, i contratti stipulati sulla base della normativa emergenziale. Il comma 239 proroga di un ulteriore triennio la possibilità di impiegare 25 unità di personale a tempo determinato in ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione a seguito del sisma in Abruzzo, competenti rispettivamente uno per la città dell'Aquila e uno per gli altri comuni del cratere (di cui all'articolo 67-ter, comma 2, del D.L. 83/2012). Il comma 240 consente di prorogare, sempre per il triennio, i contratti in essere con il personale in servizio presso gli Uffici Speciali per la ricostruzione.

I restanti commi contengono le necessarie norme di copertura degli oneri.

 

In particolare, il comma 237, al fine di completare le attività finalizzate alla ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale dei territori colpiti, autorizza i comuni del cratere sismico a prorogare o rinnovare, per gli anni 2016-2017 e alle medesime condizioni giuridiche ed economiche, i contratti stipulati sulla base della normativa emergenziale.

Tale autorizzazione opera in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche.

Alle proroghe/rinnovi dei suddetti contratti non si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente, anche nel caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

 

Il successivo comma 238 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal comma 237, quantificati sulla base delle esigenze effettive documentate dalle amministrazioni centrali e locali istituzionalmente preposte all'attività della ricostruzione, mediante l'utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della legge n. 190 del 2014, nell'ambito della quota destinata dal CIPE al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata.

 

Il comma 239 proroga di un ulteriore triennio la possibilità di impiegare 25 unità di personale a tempo determinato in ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione, competenti rispettivamente uno per la città dell'Aquila e uno per gli altri comuni del cratere, istituiti dall'art. 67-ter, comma 2, del D.L. 83/2012.

Il successivo comma 240 consente di prorogare, per un ulteriore triennio, i contratti, a tempo determinato, stipulati con il personale in servizio presso gli Uffici Speciali per la ricostruzione.

L’ambito di applicazione della norma in esame riguarda il personale selezionato all’esito della procedura comparativa pubblica, di cui alle intese sulla costituzione dell’Ufficio speciale per la città dell’Aquila, del 7 agosto 2012, e sulla costituzione dell’Ufficio speciale per i comuni del cratere, del 9-10 agosto 2012, stipulate ai sensi dell’articolo 67-ter, comma 3, del D.L. 83/2012.

Il comma in esame stabilisce altresì, analogamente a quanto dispone il comma 237, che la proroga dei contratti, alle medesime condizioni giuridiche ed economiche, può avvenire anche in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche.

Sempre in analogia al comma 237, viene disposto che ai contratti così prorogati non sono applicabili le sanzioni previste dalla normativa vigente, ivi compresa la sanzione della trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

 

L'art. 67-ter, comma 2 – al fine di assicurare prioritariamente il completo rientro a casa degli aventi diritto, il ripristino delle funzioni e dei servizi pubblici, l'attrattività e lo sviluppo economico-sociale dei territori interessati, con particolare riguardo al centro storico monumentale della città dell'Aquila, nonché per contemperare gli interessi delle popolazioni colpite dal sisma con l'interesse al corretto utilizzo delle risorse pubbliche, in considerazione della particolare configurazione del territorio – ha previsto l’istituzione di due Uffici speciali per la ricostruzione, uno competente sulla città dell'Aquila e uno competente sui restanti comuni del cratere. Ai medesimi uffici è stato assegnato il compito:

§  di fornire l'assistenza tecnica alla ricostruzione pubblica e privata e di promuoverne la qualità;

§  di effettuare il monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi e di curare la trasmissione dei relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze;

§  di eseguire il controllo dei processi di ricostruzione e di sviluppo dei territori, con particolare riferimento ai profili della coerenza e della conformità urbanistica ed edilizia delle opere eseguite rispetto al progetto approvato attraverso controlli puntuali in corso d'opera, nonché della congruità tecnica ed economica;

§  di curare l'istruttoria finalizzata all'esame delle richieste di contributo per la ricostruzione degli immobili privati.

 

Il successivo comma 3, oltre a disciplinare le procedure per l’istituzione degli Uffici speciali in questione, prevedendo la conclusione di apposite intese (v. infra), ha stabilito che la dotazione di risorse umane dei medesimi Uffici speciali non possa superare il limite massimo di 50 unità, di cui, per un triennio, nel limite massimo di 25 unità a tempo determinato, per ciascun Ufficio.

Relativamente alle intese richiamate, a cui fa esplicito riferimento il comma in esame, si ricorda che il comma 3 dell’art. 67-ter del D.L. 83/2012 ha previsto, al fine di pervenire alla costituzione degli Uffici speciali in questione, la stipula di apposite intese (con una serie di soggetti, tra cui, in particolare, i Ministri per la coesione territoriale e dell'economia e delle finanze, i presidenti della regione Abruzzo e della Provincia dell’Aquila). Lo stesso comma 3 ha previsto che nell'ambito delle citate intese sono determinati l'organizzazione, la struttura, la durata, i rapporti con i livelli istituzionali centrali, regionali e locali, gli specifici requisiti e le modalità di selezione dei titolari, nonché la dotazione di risorse strumentali e umane degli Uffici speciali, nei limiti massimi summenzionati. In attuazione di tale disposizione sono state siglate:

§  l’intesa sulla costituzione dell’Ufficio speciale per la città dell’Aquila, del 7 agosto 2012;

§  l’intesa sulla costituzione dell’Ufficio speciale per i comuni del cratere, del 9/10 agosto 2012.

 

Il comma 241 dispone che agli oneri derivanti dall'applicazione delle previsioni di cui ai commi 239 e 240, quantificati nel limite di spesa di 2,32 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, si provvede mediante l’utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante il rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa dell’art. 7-bis del D.L. 43/2013, nell’ambito della quota destinata dal CIPE al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata, ai sensi del comma 437 della citata L. 190/2014.

Il citato comma 437, al fine di assicurare la continuità delle attività di ricostruzione e di recupero del tessuto urbano e sociale dei territori abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, dispone che il CIPE, sulla base delle esigenze effettive documentate dalle amministrazioni centrali e locali istituzionalmente preposte alle attività della ricostruzione, ivi compresi gli Uffici speciali per la ricostruzione, può continuare a destinare quota parte delle risorse statali stanziate allo scopo, anche al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata.

La tabella E della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) prevede un rifinanziamento di complessivi 2,2 miliardi per il triennio 2015-2017 in favore dell’autorizzazione di spesa derivante dall’art. 7-bis del D.L. 43/2013 che ha stanziato 197,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2019, per il rifinanziamento della ricostruzione privata nei comuni interessati dal sisma in Abruzzo. Tale autorizzazione è stata rifinanziata anche dalla tabella E della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), che ha disposto un rifinanziamento complessivo di 600 milioni per gli interventi in questione, così articolato: 300 milioni per il 2014 e 300 milioni il 2015.

Le risorse che fanno riferimento all’articolo 7-bis in questione sono allocate nel capitolo 8005 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, denominato “Somma da destinare agli uffici speciali per la città dell'Aquila e per i comuni del cratere, al comune dell'Aquila e ad altri soggetti per la ricostruzione ed il rilancio socio-economico dei territori interessati dal sisma dell'aprile 2009”, che ha una dotazione di 1.097,2 milioni di euro per il 2016, 1.297,2 milioni per il 2017 e 1.497,2 per il 2018 (le stesse cifre sono confermate dalla tabella E del presente disegno di legge).

Con riferimento all’attività del CIPE riguardo alle previsioni del comma 437, si ricorda che lo stesso Comitato ha emanato le delibere 2 agosto 2013, n. 50, 6 febbraio 2014, n. 1, 20 febbraio 2015, n. 22, e 6 agosto 2015, n. 78, con le quali sono state disposte assegnazioni a valere sulle somme stanziate dall'art. 7-bis del D.L. 43/2013 e dalle successive norme di rifinanziamento.

 

Il comma 242 disciplina la copertura degli oneri derivanti dalla prosecuzione dell’attività dei titolari degli Uffici speciali in questione, quantificati nel limite di spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018.

Tale quantificazione deriva dal limite di spesa definito dall’articolo 67-ter, comma 3, del D.L. 83/2012, secondo cui a ciascuno dei titolari degli Uffici speciali con rapporto a tempo pieno ed esclusivo è attribuito un trattamento economico onnicomprensivo non superiore a 200.000 euro annui, al lordo degli oneri a carico dell'amministrazione.

 

Alla copertura degli oneri suddetti si provvede con le medesime modalità previste dal comma precedente, vale a dire mediante l’utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della L. 190/2014 in relazione all’autorizzazione di spesa recata dall’art. 7-bis del D.L. 43/2013.

 


 

Articolo 1, commi 243-245
(Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto)

 

I commi 243 e 244, inseriti nel corso dell’esame al Senato, apportano una serie di modifiche alla disciplina vigente relativa alla ricostruzione nei territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpite dal sisma del 20/29 maggio 2012, dettata dal D.L. 74/2012.

In particolare, il comma 243 è finalizzato a consentire ai Presidenti delle Regioni, in qualità di Commissari delegati, di avvalersi delle strutture regionali competenti per materia e di delegare funzioni alle medesime, nonché a destinare risorse agli interventi di riparazione/ripristino strutturale di cappelle cimiteriali private, nonché a quelli di miglioramento sismico di edifici scolastici o utilizzati per attività educativa della prima infanzia e per l'università che abbiano subito danni lievi.

Il comma 244 detta invece norme per consentire l’uso e il trasferimento gratuito, alle amministrazioni pubbliche, degli edifici temporanei destinati ad attività scolastica e/o uffici pubblici, delle relative aree di sedime e pertinenziali, nonché dei prefabbricati modulari abitativi. Viene inoltre prorogato, al 31 dicembre 2016, il termine per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per l’espletamento di attività conseguenti agli eventi sismici in questione.

Il comma 245, anch’esso inserito al Senato, autorizza la spesa di 190 milioni per l’esercizio 2016 per il completamento delle attività connesse al processo di ricostruzione pubblica (160 milioni in favore dell'Emilia Romagna, 30 milioni in favore della Lombardia).

 

Più in dettaglio, il comma 243 modifica in più punti la disciplina vigente relativa alle procedure per la ricostruzione nei territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, dettata dal D.L. 74/2012.

 

Un primo gruppo di modifiche (contemplato dalle lettere a) e b) del numero 1) del comma in esame) è finalizzato ad ampliare il novero dei soggetti, già previsti dalla normativa vigente (v. infra), a cui possono fare ricorso i presidenti delle Regioni per la realizzazione degli interventi di ricostruzione disciplinati dal citato decreto-legge. Viene infatti stabilito che i citati presidenti possono anche:

§  avvalersi delle strutture regionali competenti per materia;

§  delegare, alle medesime strutture, le funzioni ad essi attribuite dal D.L. 74/2012.

 

Il testo attualmente vigente dei commi 5 e 5-bis dell’art. 1 del D.L. 74/2012, su cui intervengono le modifiche testé commentate, prevede, tra l’altro, che i presidenti delle regioni possono avvalersi per gli interventi dei sindaci dei comuni e dei presidenti delle province interessati dal sisma, adottando idonee modalità di coordinamento e programmazione degli interventi stessi (comma 5), e che i medesimi presidenti, in qualità di Commissari Delegati, possono delegare le funzioni attribuite dal D.L. 74/2012 ai Sindaci dei Comuni ed ai Presidenti delle Province nel cui rispettivo territorio sono da effettuarsi gli interventi oggetto del medesimo decreto-legge (comma 5-bis).

 

Un secondo gruppo di modifiche (contemplato dai numeri 2) e 3) del comma in esame) contiene disposizioni finalizzate a consentire ai Presidenti delle regioni di destinare, nell’ambito dei c.d. piani di ripristino degli immobili pubblici danneggiati (previsti dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 4 del D.L. 74/2012), una quota delle risorse messe a disposizione per la ricostruzione delle aree terremotate anche:

§  per gli interventi di riparazione e ripristino strutturale degli edifici privati inclusi nelle aree cimiteriali ed individuati come cappelle private, al fine di consentire il pieno utilizzo delle strutture cimiteriali (nuovo comma 5-ter dell’art. 4 del D.L. 74/2012);

§  per gli interventi di miglioramento sismico su edifici scolastici o utilizzati per attività educativa della prima infanzia e per l'università che abbiano subito danni lievi. Con riferimento a tali interventi viene specificato che i Presidenti delle regioni possono destinarvi, nei limiti delle risorse messe a disposizione dai commi 1 e 1-bis dell’articolo 5 (vedi infra), una quota parte delle risorse messe a disposizione dal Ministero per l'istruzione, l'università e la ricerca scientifica, nel limite delle risorse assegnate per gli interventi specifici (nuovo comma 1-ter dell’art. 5 del D.L. 74/2012).

L’art. 4, comma 1, lettera a), del D.L. 74/2012, stabilisce, tra l’altro, che i Presidenti delle regioni stabiliscono, con propri provvedimenti, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate a valere sulle disponibilità delle contabilità speciali intestate ai medesimi presidenti, le modalità di predisposizione e di attuazione di “un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici, danneggiati dagli eventi sismici, con priorità per quelli adibiti all'uso scolastico o educativo per la prima infanzia, e delle strutture edilizie universitarie, nonché degli edifici municipali, delle caserme in uso all'amministrazione della difesa e degli immobili demaniali o di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, formalmente dichiarati di interesse storico-artistico ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Sono altresì compresi nel piano le opere di difesa del suolo e le infrastrutture e gli impianti pubblici di bonifica per la difesa idraulica e per l'irrigazione. Qualora la programmazione della rete scolastica preveda la costruzione di edifici in sedi nuove o diverse, le risorse per il ripristino degli edifici scolastici danneggiati sono comunque prioritariamente destinate a tale scopo”. Tutte le informazioni relative all’attuazione data a tale disposizione sono reperibili, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, nel testo dell’ordinanza n. 48 del 4 novembre 2015 del Presidente della Regione in qualità di Commissario delegato, che contiene, in allegato, la relazione del 21 ottobre 2015 (Allegato “A”) relativa alla modifica e alla integrazione del Programma delle Opere Pubbliche e Beni Culturali, nonché gli elaborati relativi al programma delle opere pubbliche (allegato “B”) e al programma dei beni culturali (allegato “C”). Per quanto riguarda la Lombardia si segnala invece l’ordinanza n. 133 dell’11 settembre 2015 del Presidente della Regione, in qualità di Commissario Delegato, recante “Definizione del Piano degli Interventi per il Ripristino degli Immobili Pubblici e degli Edifici ad Uso Pubblico danneggiati dagli eventi sismici del maggio 2012, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b-bis), del decreto legge 6 giugno 2012, n. 74”. Per ciò che attiene alla Regione Veneto si rinvia alla pagina web www.regione.veneto.it/web/guest//provvedimenti-del-commissario-delegato1 che contiene tutti i provvedimenti adottati dal Presidente della Regione in qualità di Commissario Delegato.

Con riferimento ai succitati commi 1 e 1-bis dell’art. 5 del D.L. 74/2012 si ricorda che il comma 1, al fine di consentire la più tempestiva ripresa della regolare attività educativa per la prima infanzia e scolastica nelle aree interessate dal sisma, ha consentito l’utilizzo delle risorse individuate dal D.M. 30 luglio 2010 (attuativo dell'art. 7-bis del D.L. 137/2008) per la messa in sicurezza, l'adeguamento sismico e la ricostruzione degli edifici scolastici o utilizzati per attività educativa per la prima infanzia danneggiati o resi inagibili a seguito del sisma. Per le medesime finalità, il successivo comma 1-bis ha previsto l’emanazione di un apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca volto a ripartire tra le regioni colpite le risorse individuate dal medesimo comma (pari al 60% dello stanziamento di cui all'art. 53, comma 5, lettera a), del D.L. 5/2012 e al 60% delle risorse assegnate al Ministero dell'istruzione per la costruzione di nuovi edifici scolastici, di cui alla tabella 5 della delibera CIPE 6/2012).

 

Il comma 244 detta disposizioni integrative dell’art. 10 del D.L. 83/2012, che ha dettato ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012 (nuovi commi 4-bis, 4-ter e 4-quater dell’art. 10 del D.L. 83/2012).

I commi 4-bis e 4-ter dettano disposizioni relative agli edifici temporanei destinati ad attività scolastica e/o uffici pubblici e alle relative aree di sedime e pertinenziali nonché ai prefabbricati modulari abitativi.

Con riferimento a tali immobili viene previsto che i Commissari delegati:

§  consentono l'utilizzo a titolo gratuito a favore delle amministrazioni pubbliche (comma 4-bis);

§  provvedono al trasferimento a titolo gratuito a favore delle amministrazioni pubbliche di riferimento, mediante adozione di atti ricognitivi esenti da ogni effetto fiscale (comma 4-ter).

 

Il comma 4-quater proroga di un anno, dal 31 dicembre 2015 fino al 31 dicembre 2016, il termine per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per l’espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza a seguito degli eventi sismici in questione, da parte dei Commissari delegati (ossia i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto).

Al relativo onere si provvede nel limite delle risorse disponibili allo scopo finalizzate sulle contabilità dei medesimi Commissari delegati.

Si tratta di una disposizione che riproduce per il 2016 quanto disposto dal 2015 dal comma 544 della L. 190/2014.

Il comma 3 dell’articolo 6-sexies del D.L. n. 43/2013 ha autorizzato i Commissari delegati a riconoscere, con decorrenza dal 1° agosto 2012 e sino al 31 dicembre 2014 (termine prorogato al 31 dicembre 2015 dal citato comma 544), alle unità lavorative - ad esclusione dei dirigenti e titolari di posizione organizzativa, nei limiti di trenta ore mensili, alle dipendenze della regione, degli enti locali e loro forme associative del rispettivo ambito di competenza territoriale - il compenso per prestazioni di lavoro straordinario reso e debitamente documentato per l'espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza nei limiti di 30 ore mensili. Alla copertura dei relativi oneri si provvede nell’ambito e nei limiti delle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012, istituito dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 74/2012.

Si ricorda altresì che il comma 6 dell’art. 2 del D.L. n. 74/2012 stabilisce che ai Commissari delegati sono intestate apposite contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate, con decreto, le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione delle aree colpite, destinate al finanziamento degli interventi previsti. Sulle contabilità speciali confluiscono anche le risorse derivanti dalle erogazioni liberali effettuate alle stesse regioni ai fini della realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici. Sulle contabilità speciali possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012.

 

Il comma 245 - al fine di soddisfare le ulteriori esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20/29 maggio 2012, connesse alla necessità di completare e sostenere ulteriormente la ripresa economica – autorizza, per l’esercizio 2016, le seguenti spese in favore dei Presidenti delle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, in qualità di commissari delegati, per il completamento delle attività connesse al processo di ricostruzione pubblica:

§  160 milioni di euro in favore dell'Emilia Romagna;

§  30 milioni di euro in favore della Lombardia.

 

Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante riduzione di pari importo dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 3-bis, comma 6, del D.L. 95/2012.

L’art. 3-bis (rubricato “Credito di imposta e finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione”) ha autorizzato, al comma 6, ai fini dell'attuazione del medesimo articolo, la spesa massima di 450 milioni di euro annui a decorrere dal 2013.


Le tabelle del ddl di stabilità 2016

Tabella C

Nella tabella C del disegno di legge di stabilità, e precisamente nell’ambito della missione 8 Soccorso civile, programma 8.5 Protezione civile, sono esposti stanziamenti di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF). Si tratta di finanziamenti finalizzati:

§  al reintegro del Fondo di protezione civile (cap. 7446) la cui determinazione annuale, a decorrere dal 1994, viene disposta nella Tabella C, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del decreto legge 142/1991, per il quale è previsto uno stanziamento pari a 51,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018;

§  al Fondo per le emergenze nazionali (cap. 7441) per 249 milioni di euro per il 2016 e per 240 milioni per ciascuno degli anni 2017-2018;

§  per il Servizio nazionale della protezione civile (cap. 2184), ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 90/2005, con 16,4 milioni di euro per l’anno 2016 e 16,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017-2018.

Tabella E

I principali importi che non risultano variati in aumento o diminuzione riguardano gli stanziamenti relativi alle calamità e alla protezione civile (missione 8 Soccorso civile, programmi 8.4 Interventi per pubbliche calamità e 8.5 Protezione civile):

§  D.L. n. 35 del 2005, art. 5, comma 14: ricostruzione riconversione bonifica acciaierie Genova-Cornigliano (capitolo 7449) con 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018;

§  D.L. n. 39 del 2009, art. 11, comma 1: Fondo per la prevenzione del rischio sismico, con 44 milioni di euro  per il 2016 (capitolo 7459);

§  D.Lgs. 102/2004, art. 15, comma 2: Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori (nel settore agricolo), con 20 milioni di euro per il 2016 (capitolo 7411).

 

Si segnala inoltre nella tabella E, all’interno della missione 11, Competitività e sviluppo delle imprese, nel programma 11.9 Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità, le somme riguardanti i crediti d'imposta per gli eventi sismici del maggio 2012, ai sensi dell’art. 3-bis, comma 6, del D.L. 95 del 2012, (capitolo 7810), con  431,2 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018.  La dotazione del capitolo nella tabella non tiene conto del definanziamento operato dal comma 245 del disegno di legge di stabilità inserito al Senato, .definanziamento che invece è riportato nella nota di variazioni (come è stato in precedenza evidenziato).

Per le risorse relative agli interventi per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma Abruzzo 2009, si rimanda alla Tabella E dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, missione “Casa e assetto urbanistico” (19).

 



[1]     Calcolata sommando i residui alla competenza.

[2]     Calcolato dividendo le autorizzazioni di cassa per la massa spendibile.

[3]     www.camera.it/temiap/2014/12/09/link_11338.html

[4]     www.camera.it/temiap/2014/12/09/link_11338.html

[5]     Nonché con le attività e le passività del precedente Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa che il nuovo Fondo di garanzia ha sostituito.

[6]     Di competenza della IX Commissione (Trasporti).

[7]     Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-quinquies, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) - come integrati dall’articolo 1, comma 703, della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013) - che ha istituito il Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365), in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta con la legge medesima.

[8]     La dotazione nel BLV 2016 è inferiore rispetto a quanto previsto dal comma 380-ter della legge n. 228/2012 (6.547,1 milioni), in quanto sul Fondo di solidarietà comunale è annualmente contabilizzato il contributo alla finanza pubblica richiesto ai comuni dalla legislazione vigente, in particolare, dall’articolo 47, comma 8, del D.L. n. 66/2014 (riduzione del fondo di 563,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018) e dalla legge di stabilità per il 2015 (art. 1, comma 435, legge n. 190/2014), che ha disposto la riduzione di 1.200 milioni a decorrere dall’anno 2015, che vengono pertanto scontati a legislazione vigente. Ulteriori disposizioni vigenti incidono sulla dotazione del Fondo a legislazione vigente, quali in particolare il D.L. n. 4/2015 (riduzione di circa 268 milioni, in conseguenza della revisione della disciplina IMU sui terreni agricoli, peraltro ora abrogato dal provvedimento in esame), l’art. 9-bis del D.L. n. 66/2014 (trasferimento di 60 milioni al Fondo ordinario enti locali - cap. 1316/Interno - in favore delle unioni di comuni), riduzione di oltre 170 milioni di euro, in conseguenza della revisione del gettito IMU 2014 degli immobili categoria D.

[9]     Si ricorda che l’originaria formulazione del comma 731 della legge di stabilità 2014 attribuiva ai comuni un contributo di 500 milioni di euro, finalizzandolo alla previsione, da parte dei medesimi enti, di detrazioni dalla TASI a favore dell’abitazione principale (che non erano più previste ex lege ma lasciate all’autonomia dei singoli comuni). Con le modifiche del decreto-legge n. 16 del 2014 – che ha attribuito ai comuni, per l’anno 2014, la possibilità di elevare l'aliquota massima TASI, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille - l’importo del contributo per il 2014 è stato innalzato a 625 milioni ed è stata eliminata la specifica finalizzazione delle risorse al finanziamento di detrazioni. Anche per il 2015, l’articolo 1, comma 679 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha confermato il livello massimo di imposizione della TASI già previsto per l'anno 2014 (2,5 per mille); è stata inoltre confermata, per il medesimo anno 2015, la possibilità di superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, alle richiamate condizioni.

[10]   Il Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti certi, liquidi ed esigibili, si rammenta, è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35, al fine di assicurare alle regioni e agli enti locali la liquidità necessaria ai suddetti pagamenti di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012, con obbligo di restituzione. Il Fondo è ripartito in tre Sezioni, destinate, rispettivamente, al pagamento dei debiti degli enti locali, delle regioni (debiti non sanitari) e degli enti del Servizio Sanitario nazionale.

[11]   Si ricorda che l'articolo 243-bis del TUEL consente ai comuni e alle province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario di ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. L’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali, di cui agli artt. 246 e seguenti del TUEL, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).

[12]   Calcolata sommando i residui alla competenza.

[13]   Calcolato dividendo le autorizzazioni di cassa per la massa spendibile.

[14]   La spesa primaria corrisponde alla spesa complessiva depurata dalla componente degli interessi passivi, dei redditi da capitale e del rimborso delle passività finanziarie.

[15]   Da tale spesa sono pertanto escluse le spese che le amministrazioni sostengono per la produzione di servizi ambientali ad uso interno.

[16]   Lo schema di riparto delle risorse relative all’esercizio 2015 è stato trasmesso per il parere alle competenti commissioni parlamentari nel giugno scorso

(v. www.camera.it/temiap/d/leg17/Am0146).

[17]   Sul punto, si rinvia alla scheda sui commi 125 e 126 in materia di limitazioni al  turn over nella P.A.

[18]   Nell’interrogazione 3/01431 alla Camera dello scorso aprile il Governo ha sottolineato che “con essa si è concordato che le funzioni gestionali e i relativi oneri finanziari sono trasferiti dallo Stato alle due province autonome di Trento e Bolzano e alla regione Lombardia, e che la stessa intesa acquisterà efficacia con l'entrata in vigore delle norme di attuazione previste dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dall'atto legislativo di recepimento per la regione Lombardia”.

[19]   L’articolo 97 Cost. prevede che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

[20]   Il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61 contiene disposizioni volte a disciplinare – in via generale (all’art. 1) e con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto (all’art. 2) – il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale). L'articolo 7 del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, poi, modificò in più punti la predetta disciplina. I commi 1, 4, 5 e 6 dell'articolo 22-quater del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 consentirono poi all'impresa commissariata di contrarre finanziamenti funzionali al risanamento ambientale o all'esercizio dell'impresa, disciplinando anche la tempistica per l'attuazione del c.d. piano ambientale e per lo spegnimento di alcuni impianti già previsto dal medesimo piano.

[21]   Il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria è stato adottato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8 maggio 2014. Tale piano prevede: le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'autorizzazione integrata ambientale; in attuazione dell'art. 7 del D.L. 136/2013, la conclusione di tutti i procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e dall'AIA del 26 ottobre 2012, con esclusione di quelli che dovranno essere avviati a seguito dell'adempimento di prescrizioni e di quelli che comprendono impianti dello stabilimento non disciplinati dal piano.

[22]   Nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, l'organo commissariale di ILVA S.p.A. fu autorizzato a richiedere il trasferimento delle somme sequestrate ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n.1 del 2015: l’autorità giudiziaria procedente poteva disporre l'impiego delle somme sequestrate, in luogo dell'aumento di capitale, per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla società in amministrazione straordinaria. Le somme rivenienti dalla sottoscrizione delle obbligazioni venivano versate in un patrimonio dell'emittente destinato in via esclusiva all'attuazione e alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria e, nei limiti delle disponibilità residue, a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale. Si disponeva che il credito derivante dalla sottoscrizione delle obbligazioni fosse prededucibile ai sensi dell'articolo 111 della legge fallimentare, subordinatamente al rispetto delle procedure codicistiche di autorizzazione ed alla soddisfazione, nell'ordine, dei crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria nonché dei creditori privilegiati. Si disponeva poi che le obbligazioni fossero emesse a un tasso di rendimento parametrato a quello mediamente praticato sui rapporti intestati al Fondo unico giustizia, e che il sequestro penale sulle somme si sarebbe convertito in sequestro delle obbligazioni. Le obbligazioni di nuova emissione sarebbero state nominative ed intestate al Fondo unico giustizia (e, per esso, ad Equitalia Giustizia S.p.A. quale gestore ex lege del predetto Fondo).

[23]   Allora il fine era di consentire la realizzazione degli investimenti necessari al risanamento ambientale, nonché di quelli destinati ad interventi a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, formazione e occupazione, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia.

[24]   Di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni ed integrazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

[25]   V. in materia la disamina contenuta in Senato della Repubblica, Nota su atti dell'UE n. 29 “Gli oneri finanziari del contenzioso con l'Unione europea”.

[26]   Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e articolo 11, lettera c), della direttiva sulle emissioni industriali, a decorrere da tale data.

[27]   Nell’ambito della Convenzione sui cambiamenti climatici, l’Accordo di Copenaghen del 2009 ha sancito un impegno collettivo dei Paesi industrializzati (che ha generato finora finanziamenti per 10 miliardi di dollari), per un finanziamento di 100 miliardi di dollari entro il 2020 per alimentare il nuovo Green Climate Fund (GCF) della Convenzione. Impegno al quale anche l’Italia è chiamata a partecipare con adeguate risorse. In un documento del Ministero dell’ambiente del 16 gennaio 2015 si legge che “in occasione della conferenza dei finanziatori l’Italia ha annunciato un finanziamento pari a 250 milioni di euro per i prossimi 5 anni”. Per approfondimenti sul Fondo in questione si rinvia a http://unfccc.int/cooperation_and_support/financial_mechanism/green_climate_fund/items/5869.php.