Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato A.C. 2039-902-948-1176-1909-A - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 902-A/XVII   AC N. 948-A/XVII
AC N. 1909-A/XVII   AC N. 1176-A/XVII
AC N. 2039-A/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 426
Data: 22/04/2016
Descrittori:
DIFESA DEL SUOLO   SISTEMAZIONE DEL TERRITORIO
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
XIII-Agricoltura


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Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato

22 aprile 2016
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Contenuto

Il disegno di legge, che si compone di undici articoli, è stato approvato in esito all'esame in sede referente presso le Commissioni riunite VIII (ambiente) e XIII (Agricoltura), che era stato avviato inizialmente su una serie di proposte di legge di inziativa parlamentare (C. n. 902, n. 948, n. 1176 e n. 1909), alle quali successivamente è stato abbinato il disegno di legge governativo (C. n. 2039). Dopo aver adottato un testo base in data 25 marzo 2014, le Commissioni hanno adottato un nuovo testo base, in data 20 gennaio 2015, sul quale sono stati approvati emendamenti. 

La materia del contenimento del consumo di suolo è oggetto anche di una serie di proposte di legge abbinate all'esame della sola Commissione VIII (Ambiente). Si tratta delle proposte di legge n. 70 e abbinate (nn. 150, 392, 1050, 1128 e 1322).


Finalità e ambito di applicazione (art. 1)

FinalitàL'articolo 1 stabilisce, al comma 1, che la legge - in coerenza con gli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione e con gli articoli 11 e 191 del Trattato sul funzionamento dell'UE - detta princìpi fondamentali per la valorizzazione e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole e alle aree sottoposte a tutela paesaggistica, al fine di perseguire le seguenti finalità:

  • promuovere e tutelare l'attività agricola, il paesaggio e l'ambiente;
  • contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici.

Con riferimento alle norme richiamate si ricorda che l'art. 9 della Costituzione dispone, tra l'altro, che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, mentre l'art. 44 della Costituzione stabilisce che "al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie...". L'art. 117 della Costituzione assegna la materia della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali alla competenza esclusiva dello Stato, mentre colloca tra le materie di legislazione concorrente il governo del territorio.
Riguardo al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), si ricorda che l'art. 11 stabilisce che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile, mentre l'art. 191 indica le seguenti finalità cui deve mirare la politica ambientale dell'UE: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; promozione di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
Riguardo all'interconnessione tra le tematiche del consumo di suolo e dello sviluppo sostenibile, si ricorda che nella Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia (Delibera CIPE 2 agosto 2002, n. 57, pubblicata nella G.U. 30 ottobre 2002, n. 255, S.O.), nel paragrafo 5.1 dedicato all'ambiente urbano, al punto 192 vengono indicati gli obiettivi generali per adattare all'Italia le 4 priorità formalizzate nel 1998 con l'adozione del «Quadro d'azione per uno sviluppo urbano sostenibile nell'UE» (COM 1998/605). Tra tali obiettivi rientra quello di perseguire un assetto territoriale ed urbanistico equilibrato, su base nazionale e tenendo conto delle specificità geografiche, che riduca il consumo di suolo e di aree naturali, promuova la gestione ottimale delle risorse fisiche e la qualità degli insediamenti urbani, che risolva il nodo dei rapporti fra le diverse città e fra aree urbane ed aree rurali e naturali secondo i princìpi del policentrismo, dell'integrazione funzionale, della cooperazione e della sostenibilità ambientale.

Princìpi fondamentali del governo del territorioIl comma 2 sancisce che il riuso e la rigenerazione urbana, oltre alla limitazione del consumo di suolo, costituiscono princìpi fondamentali della materia del governo del territorio.

Divieto di consumo di suolo in presenza di alternativeLo stesso comma dispone che, fatte salve le previsioni di maggiore tutela delle aree inedificate introdotte dalla legislazione regionale, il consumo di suolo è consentito esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.

Valutazione delle alternativeTale divieto comporta l'obbligatoria valutazione delle alternative di localizzazione che non determinino consumo di suolo, che:

  • deve essere effettuata - per le opere pubbliche e di pubblica utilità diverse dalle infrastrutture strategiche soggette alle procedure di VIA e VAS (e alla verifica di assoggettabilità) - nell'ambito delle medesime procedure di valutazione d'impatto ambientale (VIA), di valutazione ambientale strategica (VAS) e di verifica di assoggettabilità (c.d. screening);
    Si ricorda in proposito che nell'ambito della disciplina di VIA (contenuta nel titolo III della parte seconda del D.Lgs. 152/2006), l'art. 22 prevede che lo studio di impatto ambientale contenga, tra l'altro, una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale.
    Con riferimento alle infrastrutture e agli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, si segnala che la relativa disciplina è stata abrogata dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, che introduce una nuova normativa sulle infrastrutture e sugli insediamenti prioritari.
  • deve risultare - per le opere pubbliche non soggette alle procedure di VIA e VAS (e alla verifica di assoggettabilità) - dall'atto di approvazione della progettazione definitiva degli interventi.
    Si segnala che il citato nuovo Codice dei contratti detta una nuova disciplina dei livelli di progettazione degli interventi, in cui è incluso il progetto definitivo, all'articolo 23 del d.lgs. 50/2016.

Al fine della verifica dell'insussistenza di alternative consistenti di riuso/rigenerazione, il comma 3 prevede che le regioni orientino l'iniziativa dei comuni a fornire nel proprio strumento di pianificazione specifiche e puntuali motivazioni relative all'effettiva necessità di consumo di suolo inedificato.

Si fa presente, al riguardo, che nelle definizioni di cui all'art. 2 si fa riferimento a "consumo di suolo " senza la specifica che accompagna il disposto in esame.

 

Adeguamento della pianificazioneIl comma 4 dispone che la pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica si adegua alle norme della presente legge, privilegiando il riuso e la rigenerazione urbana, ai fini del contenimento del consumo del suolo, fatte salve le previsioni di maggiore tutela in essa contenute.

Tutela e promozione dell'attività agricolaIl comma 5 prevede che le politiche di sviluppo territoriale nazionali e regionali:

  • favoriscano la destinazione agricola e l'esercizio di pratiche agricole anche negli spazi liberi delle aree urbanizzate;
    Si ricorda, in proposito, la recente sentenza n. 1871/2015 del Tar Lombardia secondo cui "la destinazione agricola di un fondo non deve necessariamente garantire l'esercizio dell'impresa agricola, potendo invece obbedire a finalità di tutela ambientale e paesistica, oltre che di contenimento del consumo di suolo".
  • e il perseguimento della tutela e della valorizzazione dell'attività agricola attraverso la riduzione del consumo di suolo.


Definizioni (art. 2)

L'articolo 2 fornisce le Definizionidefinizioni necessarie ai fini dell'applicazione della legge concernenti: il consumo di suolo, la superficie agricola, naturale e seminaturale, l'impermeabilizzazione, l'area urbanizzata, la rigenerazione urbana, la mitigazione e la compensazione ambientale. Le predette definizioni intervengono sugli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica disciplinata dettagliatamente dalle varie leggi regionali in cui sono, altresì contenuti i riferimenti a talune definizioni (si veda, ad esempio, l'articolo 4 della legge regionale della Toscana 65/2014, che individua il perimetro del territorio urbanizzato, e le definizioni di "superficie agricola" e di "superficie urbanizzata e urbanizzabile" di cui all'articolo 2 della legge regionale della Lombardia n. 31 del 2014).

Alla lett. a) viene chiarito cosa debba intendersi per "consumo di suolo": si tratta delll'incremento annuale netto della superficie agricola, naturale e seminaturale soggetta ad interventi di impermeabilizzazione.

Alla lett. b) viene fornita la definizione di "superficie agricola, naturale e seminaturale".

Sono ricompresi in tale definizione:

• i terreni qualificati come agricoli dagli strumenti urbanistici;

Si ricorda in proposito che, in base al D.M. 1444/1968, tra le zone territoriali omogenee del territorio comunale figura la zona E), che include le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C). La zona C) include le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B), che a sua volta riguarda le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq. Nella zona A) rientrano le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.

• le altre superfici non impermeabilizzate alla data di entrata in vigore della legge,

escluse le superfici e aree destinate a:

  • servizi di pubblica utilità di livello generale e locale previsti dagli strumenti urbanistici vigenti;
  • infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, per i quali è comunque obbligatorio che i progetti prevedano interventi di compensazione ambientale di entità equivalente;

Con riferimento alle infrastrutture e agli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, si segnala che la relativa disciplina è stata abrogata dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, che introduce una nuova normativa sulle infrastrutture e sugli insediamenti prioritari.

  • i lotti e gli spazi inedificati interclusi già dotati di opere di urbanizzazione primaria e destinati prevalentemente a interventi di riuso e di rigenerazione.

Nella definizione di "superficie agricola, naturale e seminaturale" si fa riferimento alle superfici non impermeabilizzate, in considerazione degli Orientamenti espressi dalla Commissione europea in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l'impermeabilizzazione del suolo. Tali superfici potrebbero risultare comprese nelle aree edificabili.

Alla lett. c) viene fornita la nozione di "impermeabilizzazione".

Si tratta del cambiamento della natura o della copertura del suolo attraverso:

- interventi di copertura artificiale, scavo e rimozione non legati all'attività agricola;

- altri interventi, sempre non connessi all'attività agricola, capaci di eliminare la permeabilità del suolo, anche in conseguenza della compattazione dovuta alla presenza di infrastrutture, manufatti e depositi permanenti di materiale.

La lettera d) delinea cosa debba intendersi per "area urbanizzata".

Si tratta della parte del territorio costituita da:

  • centri storici;
  • aree edificate con continuità dei lotti a destinazione residenziale, industriale e artigianale, commerciale, direzionale, di servizio, turistico-ricettiva;
  • aree dotate di attrezzature, servizi, impianti tecnologici;
  • parchi urbani;
  • lotti e spazi inedificati interclusi dotati di opere di urbanizzazione primaria.

Si ricordano le zone territoriali omogenee in cui è suddiviso, dall'art. 2 del D.M. 1444/1968, il territorio comunale:
A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale. 

Le lettere e) ed f)  definiscono cosa debba intendersi per "rigenerazione urbana" e"mitigazione"

Infine la lett. g) definisce come "compensazione ambientale", l'adozione, contestualmente all'intervento di consumo di suolo, di misure dirette a recuperare, ripristinare o migliorare le funzioni del suolo già impermeabilizzato attraverso la sua deimpermeabilizzazione e a ripristinare le condizioni naturali del suolo.

Si ricorda che con l'espressione "compensazione ambientale" si intendono quegli interventi genericamente mirati a riequilibrare l'impatto ambientale dovuto alla presenza di un impianto industriale o di una infrastruttura. Il termine, di carattere generico, viene infatti usato con diversi significati a seconda dell'oggetto cui si riferisce: ad esempio ai fini della compensazione ambientale e quindi del miglioramento della qualità ambientale della rete stradale possono intendersi interventi quali: realizzazione di fasce o corridoi verdi, sistemi di recinzione-filtro, essenze e tipi di alberatura, muri di sostegno ecologici, barriere antirumore, ecc.

La prescrizione dell'individuazione di misure di compensazione ambientale nel quadro normativo dei lavori pubblici è stata introdotta nel D.Lgs. n. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici) in riferimento al progetto preliminare e definitivo, al quadro economico e al piano di manutenzione dell'opera che devono includere anche le misure e gli interventi di mitigazione e compensazione ambientale e degli eventuali interventi di ripristino, riqualificazione e miglioramento ambientale e paesaggistico, con la stima dei relativi costi (All. XXI). Tale decreto legislativo è stato abrogato dal citato decreto legislativo n. 50/2016, che reca il nuovo Codice dei contratti pubblici, che inoltre reca una serie di norme transitorie volte a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina.

Il D.lgs. n. 152/2006 (cd. Codice ambientale) reca, inoltre, misure di compensazione ambientale all'interno della procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), prevedendo, all'art. 22, che lo studio di impatto ambientale (SIA) debba contenere anche una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti. Tali misure vengono poi specificate nell'Allegato VII prevedendo che il progetto debba indicare anche le misure di mitigazione e compensazione necessarie. Inoltre anche nell'allegato 3 alla parte VI relativa alle norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente viene prevista, nell'ambito delle misure più appropriate cui attenersi per garantire la riparazione del danno ambientale (in particolare agli habitat naturali protetti), una riparazione proprio al fine di compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo e non costituisce una compensazione finanziaria al pubblico.

Il comma 2 interviene sulla definizione di "suolo" di cui all'articolo 5, comma 1, lettera v-quater), del D.Lgs. 152 del 2006 (cd. Codice dell'ambiente), al fine di precisare che costituisce una risorsa ambientale non rinnovabile.

Lalettera v-quater) del comma 1 dell'art. 5 del D.Lgs. 152/2006 - collocato all'interno della Parte seconda del Codice, che disciplina le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione dell'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) - reca la definizione di "suolo", inteso come: lo strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Nella medesima lettera v-quater) si prevede inoltre, ai soli fini dell'applicazione della Parte Terza del D.Lgs. 152/2006, che nell'accezione del suddetto termine "suolo", è compreso, oltre al suolo come precedentemente definito, anche il territorio, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali.

Limite al consumo del suolo (art. 3)

L'articolo 3 disciplina le fasi procedurali per addivenire,  in coerenza con gli obiettivi stabiliti dall'UE circa il traguardo del consumo di suolo pari a zero da raggiungere entro il 2050, alla definizione della riduzione progressiva vincolante, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale e del relativo riparto a livello regionale dei quantitativi medesimi.

Il seguente diagramma di flusso illustra le fasi procedurali previste, i principali attori coinvolti e i provvedimenti da emanare:


Di seguito si procede al commento dei commi dell'articolo in esame secondo l'ordine delle fasi procedurali evidenziato nello schema precedente.

Criteri dettati dalla Conferenza unificataIl comma 2 prevede l'emanazione, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, di una deliberazione della Conferenza unificata, sentiti gli enti di cui al comma 7, con cui si provvede alla definizione dei criteri e delle modalità per la definizione della riduzionein termini quantitativi di consumo del suolo a livello nazionale.

Lo stesso comma stabilisce che nel fissare criteri e modalità citati, la Conferenza tenga conto, in particolare:

  • delle specificità territoriali;
  • delle caratteristiche qualitative dei suoli e delle loro funzioni ecosistemiche;
  • delle produzioni agricole in funzione della sicurezza alimentare;
  • della tipicità agroalimentare;
  • dell'estensione e localizzazione delle aree agricole rispetto alle aree urbane e periurbane;
  • della arboricultura da legno in funzione della sicurezza ambientale e produttiva;
  • dello stato della pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica;
  • dell'esigenza di realizzare infrastrutture e opere pubbliche;
  • dell'estensione del suolo già urbanizzato e della presenza di edifici inutilizzati.

Condivisione dei datiIl comma 3 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di 90 giorni dall'adozione della deliberazione della Conferenza unificata, rendono disponibili i dati acquisiti, secondo le modalità di cui:

  • all'art. 7, comma 5, del D.Lgs. 32/2010 (recante "Attuazione della direttiva 2007/2/UE, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea - INSPIRE");
    Tale comma 5 dispone - al fine di ridurre il proliferare della spesa per sistemi proprietari distribuiti e di rendere immediatamente disponibili i dati atti all'analisi delle politiche ambientali e delle politiche o delle attività che possono avere ripercussioni sull'ambiente - che, a decorrere dall'entrata in vigore del D.Lgs. 32/2010, l'ISPRA, ferma restando la proprietà e la responsabilità del dato da parte delle altre autorità pubbliche, cura la progressiva integrazione dei set di dati territoriali nell'ambito del Sistema informativo nazionale ambientale (S.I.N.A.) per il tramite della rete SINAnet. Tale servizio sarà inoltre reso disponibile, su richiesta, ai terzi i cui set di dati territoriali e servizi ad essi relativi siano conformi alle disposizioni di esecuzione adottate a livello europeo che definiscono, in particolare, gli obblighi in materia di metadati, servizi di rete e interoperabilità.
  • all'art. 23, comma 12-quaterdecies, del D.L. 95/2012.
    Tale comma - per sostenere lo sviluppo delle applicazioni e dei servizi basati su dati geospaziali e per sviluppare le tecnologie dell'osservazione della terra anche a fini di tutela ambientale, di mitigazione dei rischi e per attività di ricerca scientifica - prevede che tutti i dati e le informazioni, acquisiti dal suolo, da aerei e da piattaforme satellitari nell'ambito di attività finanziate con risorse pubbliche, sono resi disponibili per tutti i potenziali utilizzatori nazionali, anche privati, nei limiti imposti da ragioni di tutela della sicurezza nazionale. A tale fine, la catalogazione e la raccolta dei dati geografici, territoriali ed ambientali generati da tutte le attività sostenute da risorse pubbliche è curata dall'ISPRA, che vi provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Lo stesso comma ha demandato ad un apposito D.P.R. la definizione delle modalità per la gestione della piattaforma e per l'accesso, l'interoperatività e la condivisione, anche in tempo reale, dei dati e delle informazioni in essa conservati, e gli obblighi di comunicazione e disponibilità dei dati acquisiti da parte di tutti i soggetti che svolgono tale attività con il sostegno pubblico, anche parziale.

Lo stesso comma precisa che tale adempimento, posto in capo alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, è prescrittoal di fuori dei casi delle infrastrutture  degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale.

Con riferimento alle infrastrutture e agli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, si segnala che la relativa disciplina è stata abrogata dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, che introduce la normativa sulle infrastrutture e sugli insediamenti prioritari.

L'eventuale mancato rispetto, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, del temine previsto, non ostacola l'avanzamento della procedura. Viene infatti stabilito che decorso il succitato termine, il decreto di cui al comma 1 può comunque essere adottato (v. infra). 

D.M. di quantificazione della riduzione di consumo di suolo Il comma 1 prevede l'emanazione di unD.M. politiche agricole alimentari e forestali che, in coerenza con gli obiettivi stabiliti dall'UE circa il traguardo del consumo di suolo pari a zero da raggiungere entro il 2050, provvede alla definizione della riduzione progressiva vincolante, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale.

Relativamente alle modalità da seguire per l'adozione del decreto, il comma in esame prevede che lo stesso sia emanato:

  • di concerto con i Ministri dell'ambiente, dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle infrastrutture e dei trasporti;
  • tenuto conto della deliberazione della Conferenza unificata di cui al comma 2 e dei dati resi disponibili ai sensi del comma 3, di cui si è appena dato conto;
  • previa intesa in sede di Conferenza unificata;
  • sentiti gli enti di cui al comma 7. 

In base al comma 4, il citato D.M. è:

  • adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge;
  • sottoposto a verifica ogni 5 anni, fermo restando l'obiettivo di riduzione progressiva del consumo di suolo, di cui al medesimo comma 1.

Riparto tra le regioniAi sensi del comma 5, la riduzione quantificata dal citato decreto ministeriale viene ripartita tra le regioni con deliberazione della Conferenza unificata, da adottare entro 180 giorni dall'entrata in vigore del medesimo decreto.

La stessa delibera individua i criteri di attuazione delle misure di mitigazione e di compensazione ambientale definite dall'art. 2, comma 1, lettere f) e g).

 

Attuazione da parte di regioni e comuniIl comma 8 prevede l'emanazione, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, di disposizioni per dare attuazione al riparto dei quantitativi di riduzione deliberati dalla Conferenza unificata e determinare i criteri e le modalità da rispettare nella pianificazione urbanistica di livello comunale.

Tali disposizioni dovranno:

  • rispettare le previsioni dei piani paesaggistici;
  • essere emanate entro 180 giorni dall'adozione della delibera di riparto adottata dalla Conferenza unificata;
  • essere revisionate con cadenza quinquennale.

Poteri sostitutiviPer garantire l'effettiva implementazione della procedura delineata dall'articolo in esame, lo stesso articolo prevede una serie di interventi sostitutivi da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri.

L'ultimo periodo del comma 2 prevede che, qualora la deliberazione prevista dal medesimo comma (finalizzata a dettare criteri e modalità per la quantificazione della riduzione di consumo del suolo a livello nazionale) non sia adottata dalla Conferenza unificata entro il termine previsto,il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assegna alla Conferenza unificata il termine di quindici giorni per adottare la deliberazione stessa; decorso inutilmente tale termine, si provvede con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Analogo intervento sostitutivo è previsto dal comma 6, in base al quale, qualora la Conferenza unificata non provveda entro il termine previsto ad emanare la delibera di riparto tra le regioni, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assegna alla Conferenza unificata il termine di quindici giorni per adottare la deliberazione di cui al medesimo comma 5; decorso inutilmente tale termine, la ripartizione ivi prevista è adottata con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentiti gli enti di cui al comma 7.

Il comma 9 prevede invece poteri sostitutivi, sempre in capo al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano non emanino le disposizioni (previste dal comma 8) per dare attuazione al riparto deliberato dalla Conferenza unificata. Se infatti i citati enti territoriali non provvedono nei termini previsti, le disposizioni attuative sono adottate, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione, con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentitigli enti di cui al comma 7, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Lo stesso comma 9 dispone che, in tal caso, il Consiglio dei ministri delibera, nell'esercizio del proprio potere sostitutivo, previa diffida, con la partecipazione dei presidenti degli enti territoriali interessati. Viene altresì stabilito che le previsioni dettate dal comma 9 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano in quanto compatibili con i rispettivi statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione.

Pubblicazione datiIl comma 10 dispone che il Ministero dell'ambiente provvede alla pubblicazione e all'aggiornamento annuale sul proprio sito istituzionale dei dati sul consumo del suolo e della relativa cartografia

MonitoraggioIl comma 7 disciplina il monitoraggio:

  • sulla riduzione del consumo del suolo;
  • e sull'attuazione della legge.

Tale comma prevede innanzitutto la definizione delle modalità e dei criteri per il monitoraggio in questione, mediante l'emanazione, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, di un regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Lo stesso comma stabilisce che il monitoraggio dovrà essere esercitato avvalendosi dell'ISPRA e del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e per l'analisi dell'economia agraria) e che, a tali fini, i citati enti hanno accesso diretto, secondo le modalità di cui al comma 3, alle banche dati delle amministrazioni pubbliche e ad ogni altra fonte informativa gestita da soggetti pubblici.

Viene altresì previsto che i dati del monitoraggio del consumo di suolo vengono resi pubblici e disponibili da ISPRA, sia in forma aggregata a livello nazionale sia in forma disaggregata per regione, provincia e comune.

Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Priorità del riuso e della rigenerazione urbana (art. 4)

L'articolo 4 detta disposizioni finalizzate alla rigenerazione urbana, prevedendo in particolare, al fine di consentire il rispetto del divieto di consumo di suolo posto dal comma 2 dell'art. 1, una procedura a più fasi per l'individuazione, entro tempi certi, degli ambiti urbanistici da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio, nonché prevedendo la possibilità di interventi sostitutivi per garantire il completamento della procedura medesima. 

Il comma 7 dispone che resta comunque fermo in ogni caso, anche prima della conclusione della citata procedura, l'obbligo (di cui all'articolo 1, comma 2, terzo e quarto periodo) di eseguire la valutazione delle alternative di localizzazione dell'opera che non determinino consumo di suolo.

Oltre a tale procedura, di cui si dà conto nel seguito, l'articolo in esame detta, al comma 2, ulteriori disposizioni volte a consentire il riuso delle aree sottoposte a interventi di risanamento ambientale nel rispetto della vigente normativa in tema di bonifiche. 

Il comma 8 prevede che i comuni provvedano alla segnalazione annuale al prefetto, che raccoglie le segnalazioni in apposito registro, delle proprietà fondiarie in stato di abbandono o suscettibili, a causa dello stato di degrado o incuria nel quale sono lasciate dai proprietari, di arrecare danni al paesaggio o ad attività produttive. 

La procedura per l'individuazione degli ambiti da "rigenerare"

Fase 1 - Disposizioni regionali di incentivazione e censimento degli edifici inutilizzati

Disposizioni regionali di incentivazioneIl comma 1 dell'articolo in esame prevede - al fine summenzionato di consentire il rispetto del divieto di consumo di suolo posto dal comma 2 dell'art. 1 - che le regioni, nell'ambito delle proprie competenze in materia di governo del territorio, dettino, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, disposizioni per incentivare i comuni, singoli e associati, a promuovere strategie di rigenerazione urbana anche mediante l'individuazione negli strumenti di pianificazione degli ambiti urbanistici da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio.

Gli interventi di rigenerazione e rinnovo edilizio dovranno avere le seguenti caratteristiche:

- elevate prestazioni in termini di efficienza energetica ed integrazione di fonti energetiche rinnovabili;

- accessibilità ciclabile e ai servizi di trasporto collettivo;

- miglioramento della gestione delle acque a fini di invarianza idraulica e riduzione dei deflussi.

Per le finalità indicate, il medesimo comma 1 prevede che venga promossa l'applicazione di strumenti di perequazione, compensazione e incentivazione urbanistica, purché non determinino consumo di suolo e siano attuati esclusivamente in ambiti definiti e pianificati di aree urbanizzate.

Si ricorda, in proposito, che lo strumento della perequazione, "sebbene non contemplato a livello di legislazione nazionale, è stato progressivamente introdotto dalle legislazioni regionali cui è affidata la disciplina del territorio e persegue l'obiettivo di eliminare le disuguaglianze create dalla funzione pianificatoria, in particolare dalla zonizzazione e dalla localizzazione diretta degli standard, quanto meno all'interno di ambiti di trasformazione, creando le condizioni necessarie per agevolare l'accordo fra i privati proprietari delle aree incluse in essi e promuovere l'iniziativa privata" (TAR Veneto, Venezia, sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504; 10 gennaio 2011, n. 11). Nelle normative regionali si rinvengono numerose definizioni di perequazione urbanistica; si cita ad esempio quella recata dall'art. 35, comma 1, della L.R. Veneto n. 11 del 2004, secondo cui "la perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali". 
Quanto al concetto di compensazione, esso è strettamente collegato a quello di perequazione. Il meccanismo di compensazione rappresenta, infatti, un metodo alternativo a quello classico dell'esproprio, mediante il quale si assegnano dei diritti edificatori privati a tutte le aree sottoposte a trasformazione, in cambio della cessione gratuita dei terreni per il verde e i servizi.

 

La banca dati del patrimonio edilizio inutilizzatoSempre al fine di orientare l'iniziativa dei comuni alle strategie di rigenerazione urbana, il comma 3 prevede l'emanazione di disposizioniregionali per la redazione di un «censimento comunale degli edifici sfitti, non utilizzati o abbandonati esistenti», in cui specificare caratteristiche e dimensioni di tali immobili, funzionale alla creazione di una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso.

Tale banca dati si configura come lo strumento conoscitivo su cui si dovrà basare l'obbligatoria valutazione delle alternative prevista dall'articolo 1 della presente legge. Il comma 3 stabilisce infatti che, attraverso tale censimento, i comuni possono verificare se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo inedificato possono essere soddisfatte con gli immobili individuati dal censimento stesso. Tali informazioni sono pubblicate in forma aggregata e costantemente aggiornate sui siti web istituzionali dei comuni interessati.

Il comma 3 non indica, a differenza del comma 1, un termine per l'emanazione delle disposizioni regionali per l'attuazione del censimento. 

 

Fase 2 – Intervento sostitutivo del Presidente del Consiglio

Deliberazione recante norme per le regioni inadempientiQualora le regioni non provvedanoentro il termine previsto, il comma 4 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, assegna alle regioni un termine di quindici giorni per adottare le deliberazioni di competenza;  decorso inutilmente tale termine, con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono dettate disposizioni uniformi applicabili in tutte le regioni "inadempienti" fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali.

 

Fase 3 - Individuazione, da parte dei Comuni, degli ambiti da "rigenerare"

Individuazione delle aree da rigenerareIl comma 5 prevede che i Comuni procedano, entro il termine di un anno dall'entrata in vigore delle disposizioni regionali suddette (o, in mancanza, della deliberazione di cui sopra), all'individuazione delle aree di cui al comma 1, nel rispetto dei criteri e delle modalità stabiliti.

Si osserva che il comma 1 non utilizza la parola "aree", ma prevede "l'individuazione negli strumenti di pianificazione degli ambiti urbanistici da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio".

 

Fase 4 - Intervento sostitutivo della Regione

Intervento regionale sostitutivoDecorso il termine di cui al comma 5 senza che l'individuazione sia stata effettuata, il comma 6 dispone che la regione:

  • diffida il comune a provvedere, assegnando un termine non superiore a 90 giorni;
  • decorso infruttuosamente anche tale termine, procede in via sostitutiva entro i successivi 90 giorni.

Sanzioni per i comuni inadempientiLo stesso comma 6 prevede sanzioni per i comuni inadempienti. Viene infatti previsto che decorso il secondo dei termini indicati, nel territorio del comune inadempiente è vietata la realizzazione di interventi edificatori privati (sia residenziali, sia di servizi, sia di attività produttive) comportanti, anche solo parzialmente, consumo di suolo.

In mancanza di diffida da parte della regione, il divieto si applica in ogni caso decorsi 6 mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 5.

Il comma 6 dispone altresì che è fatto comunque salvo quanto previsto dalla disciplina transitoria di cui all'articolo 11, comma 1.


Interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate (art. 5)

L'articolo 5 prevede una delega al Governo per l'adozione, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi volti alla semplificazione delle procedure per gli interventi di Rigenerazione delle aree urbanizzate degradate rigenerazione delle aree urbanizzate degradate da un punto di vista urbanistico, socio-economico, paesaggistico e ambientale, nel rispetto delle norme sulla difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) garantire forme di intervento attraverso progetti organici relativi a edifici e spazi pubblici e privati, basati sul riuso del suolo, la riqualificazione, la demolizione, la ricostruzione e la sostituzione degli edifici esistenti, la creazione di aree verdi, pedonalizzate e piste ciclabili, l'inserimento di funzioni pubbliche e private diversificate volte al miglioramento della qualità della vita dei residenti;

b) prevedere che i suddetti progetti garantiscano elevati standard di qualità, minimo impatto ambientale e risparmio energetico, attraverso l'indicazione di precisi obiettivi prestazionali degli edifici e di qualità architettonica; 

c) garantire il rispetto dei limiti di contenimento di consumo di suolo di cui agli articoli 2 e 3 della legge;

d) individuare misure finalizzate a incentivare, attraverso una fiscalità di vantaggio, gli interventi di rigenerazione con particolare riferimento alle aree a destinazione produttiva dismesse e soggette a bonifica;

e) assicurare il coordinamento con la normativa vigente;

f) escludere dalla applicazione della predetta disciplina: i centri storici, le aree urbane ad essi equiparate, nonché le aree e gli immobili considerati beni culturali e di interesse paesaggistico ai  sensi degli articoli 10 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali), salva espressa autorizzazione della competente sovrintendenza.

 

 Il comma 2 disciplina la procedura per l'adozione dei decreti legislativi, previo parere della Conferenza Unificata e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, che devono esprimersi entro sessanta giorni dalla data di assegnazione (termine prorogabile di tre mesi). Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.


Compendi agricoli neorurali(art. 6)

L'articolo 6 disciplina la figura dei compendi agricoli neorurali.

Viene, a tal fine, previsto che le regioni ed i comuni, nell'ambito degli strumenti urbanistici di propria competenza, possono qualificare come tali, a determinate condizioni,  gli insediamenti rurali locali (comma 1).

Il comma 2 definisce il compendio agricolo neorurale come l'insediamento rurale oggetto dell'attività di recupero e di riqualificazione che viene provvisto delle dotazioni urbanistiche ed ecologiche e delle nuove tecnologie di comunicazione e trasmissione dei dati.

Presupposti per l'ammissibilità di tale destinazione urbanistica sono, infatti, ai sensi del comma 1:

  • il recupero edilizio, inclusa la demolizione e la ricostruzione, insieme al recupero ed alla qualificazione del patrimonio agricolo e ambientale;
  • la compatibilità degli interventi edilizi con il paesaggio rurale;
  • la presenza di adeguata accessibilità.

E' richiesto, comunque, il rispetto di quanto previsto da:

  • art. 10, comma 4, lett. l) del codice dei beni culturali e del paesaggio;
  • le norme contenute nei piani paesaggistici sovraordinati.
Il codice dei beni culturali e del paesaggio è contenuto nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; all'art. 10, definisce quali sono i beni culturali.
In particolare, ai sensi del comma 1, sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonche' ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
Ai sensi del comma 3, sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 1, le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 (lett. a).
La lett. l) del comma 4, richiamata dalla disposizione in esame, prevede, quindi, che sono comprese tra le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettera a), le tipologie di architettura rurale aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale.

Il comma 3 specifica che gli interventi edilizi che vengono effettuati sul compendio agricolo devono prediligere il riuso e la riqualificazione, anche con la demolizione e ricostruzione di fabbricati esistenti.

La demolizione non può interessare manufatti di valore storico-culturale.

Gli interventi realizzati non devono comportare maggior consumo di suolo all'interno del compendio;  le regioni ed i comuni definiscono la percentuale di superficie ricostruibile, tenendo in considerazione:

  • le tipologie di manufatti da recuperare;
  • le peculiarità dei contesti ambientali e territoriali;
  • il carico urbanistico generato dale nuove funzioni.

La superficie ricostrubile, certificata dal comune territorialmente competente, non può comunque superare la consistenza complessiva delle superfici edificate esistenti e non può essere ceduta ai terreni agricoli non confinanti, eventualmente parte del compendio agricolo neorurale.

Secondo il comma 4, i nuovi fabbricati sono da realizzarsi in modo da permettere un inserimento paesaggistico adeguato; a tal fine l'ente territoriale competente dovrà stabilire i requisiti tenendo conto della normativa vigente, della pianificazione urbanistica, territoriale, paesaggistica e paesistica vigente. Restano ferme le competenze di tutela attribuite al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Il comma 5 prevede che all'interno del compendio agricolo, ferma restando la prevalente destinazione ad uso agricolo, è possibile prevedere le ulteriori destinazioni d'uso specificamente elencate:

  • attività amministrative;
  • servizi ludico-ricreativi;
  • servizi turistico-ricettivi;
  • servizi dedicati all'istruzione;
  • attività di agricoltura sociale;
  • servizi medici e di cura;
  • servizi sociali;
  • attività di vendita diretta dei prodotti agricoli o ambientali locali.

E' stata soppressa la destinazione relativa all'artigianato artistico.

Sono, comunque, escluse, ai sensi del comma 6, le destinazioni d'uso:

a) residenziale, salvo il caso in cui sia già esistente alla data di entrata in vigore della legge, o sia previsto un alloggio per il custode o di un'unità abitativa nell'ambito del recupero degli edifici;

b) produttiva di tipo industriale o artigianale.

Il comma 7 prevede che il progetto di compendio agricolo neorurale è accompagnato da un progetto unitario convenzionato e dall'obbligo di conservare indivisa la superficie per almeno venti anni.

ll vincolo deve essere registrato nei registri immobiliari e catastali.

Nell'arco temporale di venti anni, la proprietà può essere ceduta solo integralmente.

In caso di successione è considerato un bene indivisibile sino allo scadere del ventesimo anno dalla trascrizione.

Il comma 8, infine, richiede che il progetto di compendio agricolo neorurale preveda interventi di mitigazione e compensazione preventivi.

Si ricorda che l'art. 17, comma 1, lett. n), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164 (c.d. Sblocca Italia)  ha introdotto l'art. 23-ter al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 06/06/2001, n. 380), recante norme sul mutamento d'uso urbanisticamente rilevante. Il nuovo disposto normativo prevede che, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
La destinazione d'uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile (comma 2).

Si ricorda, inoltre, che in materia di compendio unico è intervenuto il decreto legislativo n.228/2001, recante norme per l'orientamento e la modernizzazione del settore agricolo. In particolare, l'art.5-bis, dedicato alla "conservazione dell'integrità aziendale" ha previsto che, ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti connessi allo sviluppo rurale. Al trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento erano applicabili fio all'entrata in vigore del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.23 le esenzioni fiscali riguardanti l'imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il predetto vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai direttori degli uffici competenti. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricolo, Qualora nei dieci anni, i beni disponibili nell'asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all'assegnazione del compendio all'erede che la richieda, con addebito dell'eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta a tassa fissa sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso d'interesse inferiore di un punto a quello legale.. In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di . Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione.

Divieto di mutamento di destinazione (art. 7)

L'articolo 7 prevede che le superfici agricole che hanno ricevuto finanzamenti europei legati alla politica agricola comune (PAC) ed alla politica di sviluppo rurale non possono, per un periodo di cinque anni dall'ultima erogazione:

  • essere destinate ad uso diverso da quello agricolo. ;
  •  essere oggetto di interventi di trasformazione urbanistica (l'articolato aggiunge, senza che, peraltro, sia chiaro il significato, "nonché di trasformazione edilizia non funzionali all'attività agricola" essendo una categoria più specifica comunque compresa nella categoria più ampia richiamata all'inizio), ad eccezione delle opere pubbliche.

Sono esenti da tale limiti le superfici agricole che abbiano presentato un progetto di compendio agricolo neorurale ai sensi dell'articolo 6.

L'Autorità competente all'erogazione degli aiuti (nel caso della PAC, l'Agea, e, nel caso della politica di sviluppo rurale, le regioni) pubblica sul proprio sito internet l'elenco dei terreni, ripartiti per comune, che hanno ricevuto i finanziamenti; in tal modo il Comune potrà annotare il vincolo in esame nel certificato di destinazione urbanistica.

In tutti gli atti di modifica soggettiva della proprietà, dei diritti reali o personali di godimento o della conduzione della superficie agricola deve essere fatta menzione, a pena di nullità,  del vincolo in esame, salvo nel caso in cui si tratti di trasferimenti derivanti da procedure esecutive e concorsuali .

Il comune, in caso di violazione, applica al trasgressore la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore a 5.000 euro e non superiore a 50.000 euro, unitamente alla sanzione accessoria della demolizione delle opere eventualmente costruite e del ripristino dello stato dei luoghi.

E' prevista, comunque, l'applicazione delle disposizioni di cui al Titolo IV della Parte I del Testo unico di cui al D.P.R. n. 380/2001

Si tratta del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia; al Titolo IV, intitolato alla Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzioni, il Capo I è dedicato, appunto, alla "Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia e responsabilità".

Si ricorda che un vincolo analogo, anche se connesso all'alienazione e non al cambiamento di destinazione d'uso, è rinvenibile nell'ordinamento agrario nella legge n. 604 del 1954, come modifcata dal decreto legislativo n.228 del 2001, sulla piccola proprietà contadina; in tale contesto è stata, infatti, prevista la decadenza dalle agevolazioni fiscali   per l'acquisto di un fondo rustico da parte del coltivatore diretto e dell'imprenditore a titolo principale iscritti all'INPS, qualora l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta alienino il fondo o cessino di coltivarlo direttamente prima di 10 anni, poi ridotti dal D.L.gs 228/2001, a 5 anni  (il nuovo termine è stato dichiarato applicabile dalla data di entrata in vigore del decreto).

Misure di incentivazione (art. 8)

L'art. 8 attribuisce priorità ai comuni, iscritti nel registro di cui all'articolo 9, nella concessione di finanziamenti statali e regionali finalizzati (comma 1):

  • agli interventi di rigenerazione urbana e di bonifica dei siti contaminati a tal fine necessaria, nel rispetto della disciplina di settore;
  • agli interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana e il ripristino delle colture nei terreni agricoli incolti, abbandonati, inutilizzati o in ogni caso non più sfruttati ai fini agricoli.

 Il comma 2 attribuisce lo stesso ordine di priorità di cui al comma 1 anche a soggetti privati, singoli o associati, che intendono realizzare il recupero di edifici e di infrastrutture rurali nei nuclei abitati rurali, mediante gli interventi di cui al comma 1, nonché il recupero del suolo ad uso agricolo mediante la demolizione di capannoni e altri fabbricati rurali strumentali abbandonati.

Il comma 3 consente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, per le finalità di cui all'articolo 1, nei limiti delle proprie competenze, l'adozione di misure di semplificazione e misure di incentivazione, anche di natura fiscale, per il recupero del patrimonio edilizio esistente, al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali e favorire il reinsediamento di attività agricole in aree interessate da estesi fenomeni di abbandono.

Si ricorda che l'articolo 6, comma 2, della legge 10/2013 (norme sugli spazi verdi urbani) prevede, tra l'altro, che, ai fini del risparmio del suolo e della salvaguardia delle aree comunali non urbanizzate, i comuni possono prevedere particolari misure di vantaggio volte a favorire il riuso e la riorganizzazione degli insediamenti residenziali e produttivi esistenti, rispetto alla concessione di aree non urbanizzate ai fini dei suddetti insediamenti.

Registro degli enti locali (art. 9)

L'articolo 9 prevede l'istituzione di un registro presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dove sono iscritti i comuni che:

  • hanno adeguato i propri strumenti urbanistici a quanto stabilito dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano in ordine alla riduzione quantitativa di consumo di suolo e ai criteri e modalità da rispettare nella pianificazione urbanistica comunale;
  • e nei quali non è previsto consumo di suolo agricolo o è prevista una riduzione del consumo di suolo superiore alla quantità definita dalla regione di appartenenza.

Il registro è istituito con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata.


Destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi (art. 10)

L'articolo 10, comma 1, prevede che i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dall'articolo 7 del disegno di legge (e segnatamente dal comma 3 di tale articolo) e dal T.U.in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) siano destinati esclusivamente e senza vincoli temporali:

- alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

- al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici;

- a interventi di riuso e di rigenerazione;

- ad interventi di demolizione di costruzioni abusive;

- all'acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico;

- a interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio;

- a interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura in ambito urbano.

Il comma 2 abroga, pertanto, il comma 8 dell'art. 2 della L. 244/2007, secondo il quale, per gli anni dal 2008 al 2014, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia),  possono essere utilizzati per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

Il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministrazione comunale comporta per il privato la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (art. 16, comma 1, del T.U. in materia edilizia). L'articolo 10 del T.U. in materia edilizia elenca gli interventi soggetti a permesso di costruire: interventi di nuova costruzione; interventi di ristrutturazione urbanistica interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.
Nel corso degli anni sono state adottate alcune norme volte a disciplinare l'utilizzo dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal citato testo unico, al fine di destinarli, tra l'altro, in misura prevalente alle spese correnti. L'articolo 2, comma 8, della legge n. 244 del 2007 ha disciplinato il regime di utilizzo dei proventi dal 2008 fino al 2012. Successivamente il comma 4-ter dell'articolo 10 del D.L. n. 35/2013 ha modificato il citato comma 8 dell'articolo 2 disponendo l'applicazione - anche per gli anni 2013 e 2014 - della disciplina sull'utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ivi prevista.
In tale ambito è intervenuto anche l'articolo 4, comma 3, della legge 14 gennaio 2013, n. 10 (norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani), che aveva introdotto a regime una norma in base alla quale le maggiori entrate derivanti dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia sono destinate alla realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio comunale in misura non inferiore al 50 per cento del totale annuo. Tale comma 3 è stato successivamente abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2015, dall'art. 1, comma 1, lett. aa), del D.Lgs. 10 agosto 2014, n. 126, che ha inserito tale abrogazione nell'art. 77, comma 1, lett. g), del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118.
Il comma 737 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) dispone, per gli anni 2016 e 2017, che i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico, fatta eccezione per le sanzioni di cui all'articolo 31, comma 4-bis, del medesimo testo unico, possono essere utilizzati per una quota pari al 100 per cento per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione delle opere pubbliche.
Andrebbe valutata l'opportunità di coordinare l'articolo 10 del disegno di legge con il comma 737 della legge di stabilità per il 2016.

Disposizioni transitorie e finali (art. 11)

L'articolo 11, comma 1, reca una disciplina transitoria da applicare a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge e fino all'adozione dei provvedimenti di attuazione della riduzione del consumo di suolo, che devono essere adottati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 3, comma 8, e comunque non oltre il termine di tre anni.
In base a tale disciplina, non è consentito il consumo di suolo fatta eccezione per:
- i lavori e le opere inseriti negli strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici, di cui all'articolo 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ossia nei programmi triennali dei lavori pubblici;

In considerazione dell'entrata in vigore della nuova disciplina sui contratti pubblici contenuta nel decreto legislativo n. 50/2016, che ha abrogato il decreto legislativo n. 163/2006, la disposizione andrebbe coordinata con l'articolo 21 di tale decreto, che disciplina il programma delle acquisizioni delle stazioni appaltanti in cui è ricompreso il programma triennale dei lavori pubblici. 
- e le opere prioritarie, ai sensi dell'articolo 161, comma 1-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, elencate nel Documento di economia e finanza. Si tratta delle venticinque opere, comprese nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd. "legge obiettivo") elencate nell'Allegato al DEF 2015 trasmesso nel mese di aprile 2015 al Parlamento e aggiornato con il documento presentato nel Consiglio dei ministri del 13 novembre 2015.

Considerato che il decreto legislativo n. 163 del 2006 è stato abrogato dal decreto legislativo n. 50 del 2016, che ha abrogato anche i commi da 1 a 5 della legge n. 443/2001 (cd. "legge obiettivo"), la disposizione andrebbe coordinata con la nuova disciplina delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari contenuta nella parte V del decreto legislativo n. 50 del 2016, e precisamente negli articoli da 200 a 203.

La norma fa comunque salvi:
- i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge relativi ai titoli abilitativi edilizi comunque denominati aventi ad oggetto il consumo di suolo inedificato;
- gli interventi ed i programmi di trasformazione previsti nei piani attuativi, comunque denominati adottati prima della entrata in vigore della legge e le relative opere pubbliche derivanti dalle obbligazioni di convenzione urbanistica ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 1150 del 1942.

Si tratta degli obblighi che derivano dalla sottoscrizione delle convenzioni tra comuni e soggetti privati volte a disciplinare la cessione gratuita delle aree di urbanizzazione, nonché gli adempimenti e gli obblighi connessi con gli oneri di urbanizzazione.

Restano inoltre fermi i termini di validità degli strumenti urbanistici attuativi già fissati dai piani paesaggistici in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge.

La medesima disposizione precisa che, decorso inutilmente il termine di tre anni, nelle regioni e province autonome non è consentito il consumo di suolo in misura superiore al 50 per cento della media di consumo di suolo di ciascuna regione nei cinque anni antecedenti.

Il comma 2, infine, specifica che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad attuare quanto previsto dalla legge, compatibilmente con i propri statuti di  autonomia e con le relative norme di attuazione.


I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

Il Comitato per la legislazione, la I Commissione Affari costituzionali e la Commissione parlamentare per le questioni regionali hanno espresso rilievi sulla procedura che regola l'esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di inerzia degli enti territoriali e in caso di mancata adozione delle deliberazione della Conferenza Unificata, ritenendo che essa fosse configurata in maniera parzialmente difforme rispetto a quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge n.131 del 2003. Le Commissioni riunite VIII e XIII hanno, quindi, recepito tale indicazione approvando, ai commi 2, 6 e 9 dell'articolo 3 e al comma 4 dell'articolo 4, specifici emendamenti volti a configurare una procedura conforme ai dettami della legge n. 131 del 2003.

In recepimento alla condizione espressa dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali è stato soppresso l'inciso del comma 2 dell'articolo 1 che qualificava il riuso e la rigenerazione urbana, unitamente alla limitazione del consumo di suolo, come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Ai commi 1 e 9 dell'art. 3, è stata prevista l'intesa della Conferenza unificata, in luogo del parere, ai fini, rispettivamente, dell'emanazione del decreto interministeriale di definizione della riduzione progressiva vincolante di consumo di suolo a livello nazionale e del  decreto interministeriale di istituzione del registro degli enti locali, in recepimento ai pareri della Commissione Affari costituzionali e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

E' stata, poi, recepita l'osservazione della Commissione Giustizia che ha chiesto di prevedere, all'art. 7, comma 2, che il richiamo al vincolo di destinazione agricola negli atti di trasferimento della proprietà o di diritti reali di godimento sia previsto a pena di nullità dell'atto medesimo.

Sono state, poi, recepite le condizioni espresse dalla Commissione Cultura relative: all'art. 3, co.2, primo periodo, dove si chiedeva che il testo facesse riferimento al "suolo già urbanizzato" rispetto alla dizione di "suolo già edificato"; all'art. 5, co. 1, dove si è voluto specificare che la semplificazione delle procedure relative agli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate, da attuarsi attraverso delega, avvenga nel rispetto delle norme sulla difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico e laddove si è voluto integrare come parametro per il degrado delle aree urbanizzate anche il profilo paesaggistico; all'art. 6, co.3, quinto periodo, dove si è richiesto che venisse chiarito che la superficie ricostruibile all'interno del compendio agricolo non può, comunque, superare la consistenza complessiva delle superfici esistenti, riferite all'edificato.

Infine, in recepimento del parere della Commissione Attività produttive è stata inserita, all'art. 5, recante delega per la semplificazione delle procedure per gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate, una nuova lettera che prevede, tra i principi e criteri direttivi, quello di individuare misure tali da determinare per un congruo periodo una fiscalità di vantaggio, al fine di incentivare gli interventi di rigenerazione con particolare riferimento alle aree a destinazione produttiva dismesse e soggette a bonifica.

La Commissione Bilancio ha espresso talune condizioni ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, riferite all'art.7, co.3, art. 4, co.3, e 5, co.e e 3, ed integralmente recepite dalla Commissioni riunite.