Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) - Schema di D.Lgs. n. 53 (Artt. 1 e 3 della L. 6 agosto 2013, n. 96)
Riferimenti:
SCH.DEC 53/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 76
Data: 29/01/2014
Descrittori:
AMBIENTE   INQUINAMENTO
L 2013 0096   RIFIUTI INDUSTRIALI
SCARICHI E DISCARICHE     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Emissioni industriali
(prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento)

Schema di D.Lgs. n. 53

(Artt. 1 e 3 della legge 6 agosto 2013, n. 96)

 

 

 

n. 76

 

 

 

29 gennaio 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Ambiente

( 066760-4548 / 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: Am0053.doc


INDICE

PREMESSA  1

La direttiva 2010/75/UE   1

La delega recata dalla legge di delegazione europea 2013  3

La struttura dello schema di decreto  3

Procedure di contenzioso (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea) 4

Disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA) e norme correlate in materia di valutazioni ambientali 5

AIA – Stato di attuazione e competenze  5

Definizioni (art. 1) 6

AIA – Oggetto della disciplina e competenze (artt. 2 e 3) 8

Disposizioni in materia di VIA e verifica di assoggettabilità (artt. 4, 5 e 6) 9

AIA – Modifiche alla disciplina del Titolo III-bis della Parte II del Codice (art. 7) 10

§      Condizioni dell’AIA ancorate alle Conclusioni sulle BAT (BATC) e limiti di emissione  10

§      Requisiti generali sostitutivi di quelli fissati per ogni singola autorizzazione  12

§      Contenuto della domanda di AIA  13

§      Partecipazione del pubblico  13

§      Norme per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della disciplina di AIA  13

§      Contenuto dell’AIA  14

§      Contenuto dell’AIA – Disposizioni in materia di controlli 15

§      Contenuto dell’AIA – Condizioni diverse da quelle di normale esercizio  16

§      Modifiche all’impianto disposte dall’AIA  16

§      Contenuto dell’AIA – Disposizioni speciali per gli allevamenti intensivi di pollame o di suini 16

§      Chiusura del sito dell'installazione  17

§      Contenuto dell’AIA – Misure supplementari a tutela dell’ambiente  18

§      Rinnovo dell’AIA  18

§      Riesame dell’AIA  19

§      Interventi sull’installazione non configurabili come modifiche impiantistiche  20

§      Violazioni 20

§      Ispezioni 21

§      Incidenti o imprevisti 21

§      Comunicazioni e scambio di informazioni 22

§      Sanzioni (art. 7, comma 13, e art. 11) 23

AIA – impianti con impatti transfrontalieri (art. 8) 24

AIA – Tariffe per la copertura degli oneri istruttori (art. 9) 25

AIA – Esercizio dell’installazione esistente nelle more del rilascio dell’AIA (art. 10) 25

Modifiche alle norme in materia di rifiuti (artt. 12, 13 e 14) 25

Impianti di incenerimento e coincenerimento (artt. 15-17) 27

Finalità e oggetto  27

Definizioni 27

Applicazioni ed esclusioni 29

Autorizzazioni e relative condizioni per gli impianti 29

Consegna e ricezione dei rifiuti 30

Condizioni di esercizio e modifiche dell'attività degli impianti 30

Emissioni in atmosfera  31

Scarico di acque reflue  32

Incidenti o inconvenienti 32

Disposizioni transitorie e finali 33

Sanzioni e introiti delle sanzioni (artt. 16 e 17) 33

Norme in materia di emissioni in atmosfera  35

Campo di applicazione e definizioni (artt. 18 e 19) 35

Limiti di emissione e convogliamento delle emissioni (artt. 20 e 21) 35

Disposizioni sui grandi impianti di combustione (artt. 22 e 23) 36

-       Limiti di emissione  37

-       Adeguamento delle autorizzazioni vigenti 37

-       Deroghe concedibili dall’autorizzazione  38

-       Impianti esclusi 38

-       Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni 39

Emissioni di composti organici volatili - COV (art. 24) 39

Disciplina delle installazioni che producono biossido di titanio (art. 25) 40

Modifiche agli allegati al Codice ambientale di cui al D.Lgs. 152/2006 (artt. 26, 27 e 28) 41

Disposizioni transitorie, finali ed abrogative  43

Norme transitorie (art. 29) 43

Norme relative al Registro europeo delle emissioni inquinanti (art. 30) 43

Altre disposizioni (artt. 31-33) 45

Abrogazioni (artt. 34) 46

 


SIWEB

PREMESSA

La direttiva 2010/75/UE

Lo schema di decreto in titolo è volto a recepire la direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (IED)[1] con la quale sono state riviste e rifuse in un unico testo giuridico sette direttive riguardanti le emissioni industriali:

§         la direttiva 2008/01/CE in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC), alla quale sono state apportate modifiche concernenti, tra l’altro, l’ambito di applicazione, i documenti di riferimento, i requisiti di controllo;

§         la direttiva 2001/80/CE sulla limitazione delle emissioni in atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;

§         la direttiva 2000/76/CE sull'incenerimento dei rifiuti e la direttiva 1999/13/CE sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili (COV);

§         le direttive 78/176/CEE. 82/883/CEE e 92/112/CEE, relative all'industria del biossido di titanio.

 

Il campo di applicazione della direttiva 2010/75/CE (ai sensi dell’art. 2) riguarda le attività industriali ad elevato potenziale inquinante, elencate nei Capi da II a VI della direttiva (attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti, allevamento di animali, ecc.). Nel novero delle esclusioni dal campo di applicazione rientrano le attività di ricerca e sviluppo nonché le sperimentazioni di nuovi prodotti e processi.

 

La direttiva prevede (all’art. 11) il rispetto dei seguenti obblighi fondamentali per le installazioni industriali che svolgono attività enumerate nell’allegato I:

§         adottare tutte le misure di prevenzione dell’inquinamento;

§         applicare le migliori tecniche disponibili (BAT);

§         non causare alcun fenomeno di inquinamento significativo;

§         recuperare, riciclare o smaltire i rifiuti nella maniera meno inquinante possibile;

§         massimizzare l’efficienza energetica;

§         prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

§         ripristinare i siti al momento della cessazione definitiva delle attività.

 

La direttiva prevede inoltre (all’art. 4) l’obbligo di autorizzazione di ogni installazione[2] e di ogni impianto di combustione, di incenerimento dei rifiuti o di coincenerimento dei rifiuti. Tale autorizzazione deve prevedere le misure necessarie per garantire il rispetto dei citati obblighi fondamentali da parte dell’esercente e le norme di qualità ambientale. Tali misure includono almeno (ai sensi dell’art. 14):

§         valori limite di emissione per le sostanze inquinanti;

§         disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterrane;

§         disposizioni per il controllo e la gestione dei rifiuti;

§         requisiti di controllo delle emissioni che specificano la metodologia di misurazione, la frequenza, la procedura di valutazione;

§         l’obbligo di comunicare all’autorità competente periodicamente ed almeno una volta l’anno i risultati del controllo;

§         disposizioni per la manutenzione e la verifica del suolo e delle acque sotterranee;

§         misure relative a talune circostanze (perdite, disfunzioni, arresti temporanei e arresto definitivo, ecc.);

§         disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere;

§         condizioni per valutare la conformità con i valori limite di emissione.

 

La direttiva contiene inoltre, nei Capi III, IV, V e VI (artt. 28-70) disposizioni particolari per alcune tipologie di impianti (grandi impianti di combustione, aventi potenza non inferiore a 50 MW; impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti; taluni impianti e talune attività che utilizzano solventi organici; installazioni che producono biossido di titanio). I valori limite di emissione per i grandi impianti di combustione di cui all'allegato V della direttiva sono generalmente più severi rispetto a quelli della direttiva 2001/80/CE. Una certa flessibilità (piano nazionale transitorio, deroga limitata nel tempo) è introdotta per gli impianti esistenti.

La direttiva prevede (art. 23) che gli Stati membri organizzino un sistema di ispezioni ambientali delle installazioni interessate. Tutte le installazioni devono essere considerate in un piano di ispezione ambientale che va periodicamente riveduto e aggiornato. Sulla base dei piani d’ispezione, l’autorità competente dovrà redigere periodicamente i programmi delle ispezioni ordinarie comprendenti la frequenza delle visite in loco per i vari tipi di installazioni. Il periodo tra due visite in loco è basato su una valutazione sistematica dei rischi ambientali delle installazioni interessate e non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati e tre anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati.

La delega recata dalla legge di delegazione europea 2013

L’art. 3 della L. 96/2013 (legge di delegazione europea 2013) prevede i seguenti principi e criteri direttivi specifici per il recepimento della direttiva 2010/75/UE, che si aggiungono a quelli generali dettati dall’art. 1 della stessa legge:

a) riordino delle competenze in materia di rilascio delle autorizzazioni e dei controlli. Viene precisato però che restano fermi il disposto dell'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'UE e le competenze statali semplificate per gli impianti con potenza superiore a 300 MW, di cui al D.L. 7/2002;

b) previsione, per determinate categorie di installazioni e previa consultazione delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale degli operatori delle installazioni interessate, di requisiti autorizzativi sotto forma di disposizioni generali vincolanti;

c) semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, ivi compresa la fase istruttoria, anche in relazione con altri procedimenti volti al rilascio di provvedimenti aventi valore di autorizzazione integrata ambientale;

d) utilizzo dei proventi delle sanzioni amministrative per finalità connesse al potenziamento delle ispezioni ambientali straordinarie previste dalla direttiva 2010/75/UE e di quelle finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi autorizzatori per gli impianti già esistenti e privi di autorizzazione, in deroga a quanto indicato dalla direttiva 2008/1/CE;

e) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio, al fine di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni delle autorizzazioni.

La struttura dello schema di decreto

Lo schema in esame, utilizzando la tecnica della novella legislativa, persegue l’adeguamento alle disposizioni della direttiva 2010/75/UE mediante la modifica delle norme di recepimento delle direttive 2008/01/CE (IPPC), 2001/80/CE (grandi impianti di combustione) e 1999/13/CE (COV) già presenti nel D.Lgs. 152/2006 (recante norme in materia ambientale, cd. Codice ambientale), rispettivamente alla Parte Seconda, Titoli I e III-bis e alla Parte Quinta, Titolo I.

Inoltre, sono state integrate nel Codice, al Titolo III-bis della Parte Quarta e agli allegati 1, 2 e 3 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, nonché alla Parte Quinta-bis, sempre tenuto conto delle modifiche introdotte dalla direttiva 2010/75/UE, rispettivamente le disposizioni di recepimento delle direttive sull’incenerimento dei rifiuti e sull’industria del biossido di titanio contenute nei decreti legislativi 11 maggio 2005, n.133 (di attuazione della direttiva 200/76/CE, in materia di incenerimento di rifiuti), e 27 gennaio 1992, n. 100 (di attuazione delle direttive 78/176/CEE, 82/883/CEE, 83/29/CEE, 89/428/CEE in materia di inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di titanio).

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 26 settembre 2013, la Commissione europea ha emesso un parere motivato ex articolo 258 TFUE nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2013/146, avviata il 20 marzo 2013 per il mancato recepimento della direttiva 2010/75/UE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento da fonti industriali, che rifonde in un unico testo numerose norme in materia, tra le quali la direttiva 2008/1/CE (c.d. direttiva IPPC - Integrated Pollution Prevention and Control - in materia di emissioni industriali).

In relazione a quest’ultima si ricorda che, il 31 marzo 2011 la Corte di giustizia dell’UE ha emesso una sentenza[3] che riconosce l’Italia responsabile di non aver adottato, entro i termini previsti dalla direttiva, le misure necessarie affinché le autorità competenti controllassero, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma della direttiva IPPC - ovvero mediante il riesame aggiornato delle prescrizioni - che gli impianti esistenti funzionassero secondo i requisiti imposti dalla normativa UE.

La Corte ha rilevato il mancato rispetto del termine del 30 ottobre 2007, entro il quale gli Stati membri avrebbero dovuto assicurare che gli impianti industriali potenzialmente molto inquinanti fossero soggetti al controllo e all’autorizzazione al funzionamento in conformità ai requisiti stabiliti dalla direttiva stessa. In base alle informazioni comunicate dall’Italia, inoltre, la Corte ha rilevato che nell’aprile 2009 molti degli impianti esistenti erano in funzione senza essere dotati dell’autorizzazione prevista dalla direttiva, dal momento che soltanto una parte delle autorizzazioni preesistenti era stata riesaminata e aggiornata, e che per 608 impianti preesistenti le autorità non avevano ritenuto necessario riesaminarne le autorizzazioni.

Si ricorda infine che per il recepimento da parte degli Stati membri della direttiva 2010/75/UE di cui al presente articolo il termine, ora superato, era fissato al 7 gennaio 2013.

E' previsto che le relative disposizioni si applichino a decorrere dalla medesima data. Gli Stati membri dovranno, inoltre, comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adotteranno.

 

 


Disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA) e norme correlate in materia di valutazioni ambientali

AIA – Stato di attuazione e competenze

La disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento è stata introdotta per la prima volta in Europa con la direttiva 96/61/CE (c.d. direttiva IPPC, Integrated Pollution Prevention and Control) poi modificata e, quindi, codificata con la Direttiva 2008/1/CE e, da ultimo, trasfusa nella direttiva 2010/75/UE. La direttiva IPPC si fonda sul principio dell’approccio integrato alla riduzione dell’inquinamento e sull’utilizzo delle Migliori Tecniche Disponibili (MTD o BAT, Best Available Techniques) per garantire la protezione dell’ambiente.

Le disposizioni della direttiva 96/61/CE, già recepite nell’ordinamento dal D.Lgs. 372/1999 e dal D.Lgs. 59/2005, sono state successivamente integrate nel titolo III-bis della parte II del Codice ambientale (D.Lgs. 152/2006) dal D.Lgs. 128/2010.

La direttiva 96/61/CE prevedeva che i nuovi impianti fossero sottoposti a verifica di compatibilità con le prescrizioni da ottobre 1999 e che per gli impianti preesistenti la compatibilità fosse verificata entro il mese di ottobre 2007.

In considerazione dei ritardi determinatisi nell’attuazione della citata disciplina, per accelerare il processo di attuazione è stato emanato il D.L. 30 ottobre 2007, n. 180 (convertito dalla L. 243/2007) che ha, tra l’altro, differito al 31 marzo 2008 il termine per dotare tutti gli impianti esistenti di AIA.

Il perdurare delle criticità nel processo di attuazione descritto ha portato all’avvio di una procedura di infrazione conclusasi con la condanna della Corte di Giustizia dell’UE (sentenza 31 marzo 2011, causa C 50/10).

Il monitoraggio sull’applicazione della direttiva IPPC realizzato dalla Commissione UE[4] nel 2009 registrava per l’Italia 5.525 impianti soggetti ad AIA, con 3.989 autorizzazioni rilasciate al mese di aprile 2008 e 1588 procedure di autorizzazione in corso. I dati raccolti con il successivo questionario, nel 2012, indicano 6.035 installazioni, delle quali 5.882 con autorizzazione in linea con la direttiva (pari al 97% del totale).

L’autorità competente per i procedimenti connessi all’AIA a livello nazionale è il Ministero dell’Ambiente, mentre in sede regionale le competenze sono disciplinate secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome. In molte regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino, Liguria, Emilia, Toscana, Lazio e Sardegna) le competenze inerenti al rilascio dell’AIA sono affidate alle Province.

Successivamente all’autorizzazione, l’ISPRA per gli impianti di competenza statale e le agenzie regionali o provinciali per l’ambiente (ARPA/APPA), negli altri casi, debbono accertare il rispetto dei requisiti previsti dall’AIA.

Gli oneri per lo svolgimento dell’istruttoria e dei controlli sono posti a carico delle aziende. Le tariffe attualmente applicate sono quelle definite dal D.M. 24 aprile 2008. Le somme complessivamente versate dai gestori negli anni 2010, 2011 e 2012, a titolo di oneri per l’effettuazione delle istruttorie e dei controlli sui circa 180 impianti di competenza statale sono pari a circa 1,6 milioni di euro[5].

Definizioni (art. 1)

L'articolo 1 dello schema di decreto riordina e coordina le definizioni di cui all'art. 5 della Parte seconda del D.Lgs. 152/2006 (recante norme in materia ambientale, cd. Codice dell’ambiente, d’ora in avanti Codice per una più agevole lettura), che disciplina le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione di impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione integrata ambientale (AIA).

La lettera a) modifica la definizione di impianto di cui all'art. 5, comma 1, lettera i-quater, del D.Lgs. 152/2006, per renderla coerente con la definizione di cui all'art. 3, paragrafo 3, della direttiva. La relazione illustrativa sottolinea che “come riconosciuto nella direttiva comunitaria, è opportuno distinguere sotto il profilo terminologico gli impianti soggetti al titolo III-bis da quelli soggetti al titolo V, utilizzando per i primi la definizione di installazione”.

 

Benché la definizione appaia grosso modo in linea con quella recata dalla direttiva si segnala che con essa viene introdotto un nuovo ulteriore termine, quello di installazione, che si va ad aggiungere a quello di impianto e di stabilimento che continuano ad esistere nel Codice. Inoltre l’art. 3 della direttiva nel definire l’installazione fa anche riferimento all’allegato VII che elenca le attività che utilizzano solventi organici, mentre tale richiamo non è considerato dallo schema in esame: nell’art. 268 del Codice permane la definizione di stabilimento (utilizzata nella parte V del medesimo Codice), che non trova invece riscontro nella direttiva.

 

La medesima lettera a) modifica anche la definizione di impianto esistente al fine di considerare come esistenti le installazioni autorizzate al 6 gennaio 2013 - o comunque per le quali, a tale data, è stato emesso il provvedimento positivo di compatibilità ambientale o sono state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all’esercizio - a condizione che entrino in funzione entro il 6 gennaio 2014.

Tali date corrispondono a quelle alle quali l’art. 82, paragrafi 1 e 2, della direttiva considera come esistenti le installazioni.

Si segnala che lo spartiacque previsto attualmente dal codice è il 10 novembre 1999, data di entrata in vigore del D.Lgs. 372/1999 con cui sono state introdotte nell’ordinamento nazionale le prime (seppur incomplete) disposizioni di recepimento della prima direttiva IPPC 96/61/CE.

 

 

La lettera b) si propone di recepire l'art. 3, paragrafo 9, della direttiva. La definizione novellata di modifica sostanziale (contenuta alla lettera l-bis) dell’art. 5 del Codice) si differenzia da quella vigente solo per l’introduzione del riferimento all’installazione.

Rispetto alla direttiva si fa notare che la parte della definizione relativa all’AIA, che ritiene come “sostanziale” una modifica dell’installazione che ecceda i valori di soglia, corrisponde al dettato dell’art. 20, paragrafo 3, della direttiva.

 

La lettera c) inserisce nel testo del Codice le nuove definizioni di «documento di riferimento sulle BAT» (BREF) e le altre definizioni relative alle migliori tecniche disponibili (livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili e tecnica emergente), che nel testo della direttiva compaiono all’art. 3, punti 11-14.

 

Ulteriori nuove definizioni sono introdotte dalla lettera e), che recepisce il disposto dell’art. 3, punti 18, 19, 20, 21, 22, 23 e 24.

Con riferimento alla definizione di "sostanze pericolose" (punto 18 dell’art. 3 della direttiva), la relazione illustrativa sottolinea che la definizione adottata dalla direttiva non è tecnicamente corretta (né corrisponde al testo inglese della direttiva), poiché a rigore il regolamento (CE) n. 1272 del 2008 non definisce tale lemma, ma piuttosto disciplina come associare un livello di pericolo alle diverse sostanze.

 

Si ricorda che il citato Regolamento (c.d. Regolamento CLP[6]) disciplina la classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio delle sostanze e delle miscele e modifica il regolamento (CE) n. 1907/2006 (c.d. Regolamento REACH[7]). In particolare i punti 7 e 8 del Regolamento (CE) n. 1272/2008, cui rinvia la direttiva, recano le definizioni di “sostanza” (intesa come “elemento chimico e i suoi composti, allo stato naturale od ottenuti per mezzo di un procedimento di fabbricazione, compresi gli additivi necessari a mantenerne la stabilità e le impurezze derivanti dal procedimento utilizzato, ma esclusi i solventi che possono essere separati senza compromettere la stabilità della sostanza o modificarne la composizione”) e di “miscela” (intesa come “una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze”).

 

Per quanto sopra, la definizione recata dallo schema, oltre a disporre che sono pericolose le sostanze o miscele come definite nel regolamento CLP (e precisamente nei punti 7 e 8 dell’articolo 2 della direttiva, sulla scorta di quanto previsto nella direttiva medesima), specifica che sono pericolose le sostanze e miscele ai sensi dell'art. 3 del medesimo regolamento.

L’art. 3 citato dispone che una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri relativi ai pericoli fisici, per la salute o per l'ambiente definiti nelle parti da 2 a 5 dell'allegato I è considerata pericolosa ed è classificata nelle rispettive classi di pericolo contemplate in detto allegato. Qualora nell'allegato I le classi di pericolo siano differenziate in base alla via di esposizione o alla natura degli effetti, la sostanza o miscela è classificata secondo tale differenziazione.

 

Con riferimento alle definizioni di “sostanze pericolose” e di “suolo”, si specifica che le definizioni da adottare ai fini della parte terza restano quelle contemplate in tale parte.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 54, comma 1, lettera a), del Codice, per suolo si intende il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali.

Il successivo art. 74, comma 2, lettera ee), definisce come sostanze pericolose le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe.

AIA – Oggetto della disciplina e competenze (artt. 2 e 3)

L'articolo 2 apporta alcune novelle ai commi 13-16 dell’art. 6 del Codice, in parte consequenziali alle nuove definizioni e in parte finalizzate a correggere errori del testo. Quest’ultimo è il caso della riformulazione del comma 14 che nel testo vigente prevede l’applicazione delle procedure previste dall’art. 208 (relativo all’autorizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti) per tutti gli impianti (d’ora in poi installazioni) assoggettati ad AIA e, quindi, finora disapplicato nella pratica. La nuova formulazione dispone correttamente che per gli impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti ricompresi in un'installazione assoggettata ad AIA, il rilascio dell’AIA sostituisce l’autorizzazione prevista nell’ambito della disciplina sui rifiuti dall’art. 208 del Codice.

Sul rapporto tra autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti e AIA si veda anche il disposto dell’art. 13 dello schema in esame.

 

La lettera c) dell’art. 2 novella il comma 16 al fine di recepire le disposizioni recate dall'art. 11, lettere d) ed e), della direttiva, in linea con la gerarchia delle operazioni di gestione dei rifiuti prevista dalla direttiva 2008/98/CE.

Si ricorda che l’art. 179 del Codice, che recepisce in maniera puntuale l’art. 4 della direttiva rifiuti 2008/98/CE, dispone che la gestione dei rifiuti deve avvenire nel rispetto della seguente gerarchia: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento.

 

L’articolo 3, lettera a), chiarisce le competenze statali in merito al rilascio dell'AIA, che viene attribuito all’esclusiva competenza del Ministero dell’ambiente, eliminando il coinvolgimento degli altri Ministeri

Disposizioni in materia di VIA e verifica di assoggettabilità
(artt. 4, 5 e 6)

L'articolo 4 reca una correzione di carattere formale, rettificando un riferimento incompleto previsto all'art. 8 del Codice.

 

L'articolo 5, lettera b), riformula il comma 1-ter dell’art. 10 del Codice, al fine di chiarire che le condizioni di esercizio definite nel provvedimento di VIA sono a tutti gli effetti prescrizioni di AIA e, conseguentemente, devono essere rinnovate, riesaminate, controllate e sanzionate in conformità alla disciplina applicabile alle AIA.

 

L'articolo 6 modifica l’articolo 20 del Codice in base al quale la verifica di assoggettabilità alla VIA (c.d. screening) delle modifiche o estensioni dei progetti già sottoposti a VIA deve essere effettuata qualora si temano effetti negativi e significativi sull'ambiente. La norma viene integrata con l’introduzione dell’avverbio “potenzialmente”.

Si fa notare che la medesima disposizione, che viene novellata dall'articolo in esame, è contenuta nell’art. 6, comma 7, lettera b), del Codice.

 

Si valuti quindi, a fini di coordinamento del testo, l’opportunità di riformulare anche la disposizione testé citata.

Si osserva altresì che le disposizioni in materia di “screening di VIA” sono novellate dall’art. 15 del disegno di europea bis (A.C. 1864), in corso di esame parlamentare e che le disposizioni dell’articolo 6 non sono finalizzate a recepire corrispondenti disposizioni della direttiva 2010/75/UE.

 

Si segnala in questa sede la modifica dall’art. 7, comma 5, lettera b), dello schema in esame, che sopprime il comma 2 dell’art. 29-sexies del Codice, ai sensi del quale, in caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla normativa in materia di VIA, si applicano le disposizioni di cui all'art. 10 del Codice medesimo.

La relazione illustrativa motiva tale abrogazione alla luce del fatto che la citata disposizione è “apparentemente ridondante (poiché ripropone quanto già stabilito all'articolo 10) e non pertinente all'oggetto dell'articolo. Peraltro, ove lasciata nell'articolo 29-sexies, potrebbe introdurre dubbi interpretativi in merito ai contenuti essenziali di un provvedimento di VIA avente valore di autorizzazione integrata ambientale (AIA). In particolare, potrebbe essere intesa come una deroga per i provvedimenti di VIA a rispettare i requisiti essenziali previsti per un'AIA, lettura in evidente contrasto con la direttiva comunitaria”.

AIA – Modifiche alla disciplina del Titolo III-bis della Parte II del Codice (art. 7)

L'articolo 7 reca una lunga serie di novelle alle disposizioni del Titolo III-bis, che disciplina l’AIA.

Condizioni dell’AIA ancorate alle Conclusioni sulle BAT (BATC) e limiti di emissione

Il comma 1, lettera a) dispone che le condizioni dell’AIA siano definite avendo a riferimento le Conclusioni sulle BAT (BATC).

Si tratta di una disposizione in linea con le disposizioni della direttiva, in particolare con quella recata dall’art. 14, paragrafo 3, ai sensi del quale le conclusioni sulle BAT fungono da riferimento per stabilire le condizioni di autorizzazione.

Dal testo vigente del comma 1 dell’art. 29-bis, novellato dalla lettera a) in esame, viene poi espunto il riferimento alle linee guida nazionali, che la relazione illustrativa giudica ormai obsoleto alla luce della “prevista emanazione di Conclusioni sulle BAT in lingua italiana da parte della Commissione europea”.

In realtà tale motivazione non appare sufficiente. Per tale motivo la norma detta una disposizione transitoria che contiene la disciplina da osservare nelle more dell’emanazione delle BATC e che fa riferimento alle “pertinenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea”.

Si segnala in proposito che sul sito dello European IPPC Bureau è disponibile l’elenco completo di tutti i documenti sulle BAT emanati dalla Commissione UE, che sembra interessare la quasi totalità dei settori rientranti nell’ambito di applicazione dell’AIA.

 

Il rispetto della citata disposizione viene ribadito dal comma 5 dell’art. 29-sexies, che viene integrato dalla lettera e) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame al fine di recepire le disposizioni dettate dall’art. 14, paragrafi 5 e 6 della direttiva, relativamente al rilascio dell’AIA in assenza delle BATC.

In realtà le modifiche rispetto al testo vigente del codice non sono contenute tanto nel nuovo testo del comma 5 dell’art. 29-sexies (che differisce dal testo vigente unicamente per la sostituzione del riferimento alle linee guida nazionali con le BATC), ma nei nuovi commi 5-bis e 5-ter (cui rinvia il nuovo testo del comma 5).

Il comma 5-bis disciplina il caso in cui l'autorità competente stabilisca condizioni di autorizzazione basate su una migliore tecnica disponibile non descritta in nessuna delle pertinenti BATC. La disciplina dettata differisce a seconda che le citate pertinenti BATC contengano o meno BAT-AEL.

Il comma 5-ter disciplina, invece, il caso in cui il processo produttivo svolto all'interno dell’installazione soggetta ad AIA non sia previsto, né da alcuna delle BATC, né dalle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione UE in attuazione delle precedenti direttive 96/61/CE e 2008/01/CE, nonché il caso in cui le citate conclusioni siano disponibili ma non considerino tutti gli effetti potenziali dell'attività o del processo sull'ambiente. In tal caso viene previsto che l'autorità competente, consultato il gestore, stabilisca le condizioni dell'AIA tenendo conto dei criteri di cui all'Allegato Xl.

 

Si ricorda che l’allegato XI stabilisce le “Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, …, tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione”.

 

Prima di procedere merita segnalare che il nuovo ruolo attribuito alle BATC sembra rappresentare la vera novità della direttiva lED; una novità introdotta per porre rimedio alla vaghezza delle disposizioni in merito alle BAT (sottolineata nel documento di valutazione d’impatto che accompagnava la proposta di direttiva IED) e all’ampia flessibilità concessa alle autorità competenti di derogare a tali disposizioni nell’ambito del rilascio delle autorizzazioni.

 

Per quanto riguarda la determinazione dei limiti di emissione, la lettera d) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame introduce tre nuovi commi (4-bis, 4-ter e 4-quater) nell’art. 29-sexies - che recepiscono correttamente le disposizioni previste dall'art. 14, paragrafo 4, e dall'art. 15, paragrafi 1 e 3, della direttiva - finalizzati alla determinazione, nell’AIA, da parte dell’autorità competente, di valori limite di emissione che garantiscano che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL).

Si ricorda che il concetto di BAT-AEL (ovvero BAT Associated Emission Levels) è definito dalla nuova lettera l-ter quater) del comma 1 dell’art. 5, introdotta dall’art. 1 dello schema in esame. In particolare, in tale definizione si fa riferimento a"livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili" o "BAT-AEL" come agli intervalli di livelli di emissione ottenuti in condizioni di esercizio normali utilizzando una migliore tecnica disponibile o una combinazione di migliori tecniche disponibili, come indicato nelle conclusioni sulle BAT, espressi come media in un determinato arco di tempo e nell'ambito di condizioni di riferimento specifiche.

 

Si fa notare che il comma 4-ter prevede che, a parte i casi espressamente contemplati dal comma, l'autorità competente non possa fissare valori limite di emissione più rigorosi.

L’art. 14, paragrafo 4, della direttiva prevede invece che l'autorità competente possa stabilire condizioni di autorizzazione più rigide di quelle ottenibili utilizzando le migliori tecniche disponibili descritte nelle conclusioni sulle BAT e che gli Stati membri possano stabilire norme in forza delle quali l'autorità competente può fissare dette condizioni più rigide.  

 

Ulteriori disposizioni in materia di condizioni “ancorate” alle BAT e limiti di emissione vengono introdotte dai nuovi commi 9-bis e 9-ter dell’art. 29-sexies del Codice (inseriti dalla lettera f) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame). Tali nuove disposizioni, che riproducono i paragrafi 4-5 dell’art. 15 della direttiva, consentono all’autorità competente di:

§         fissare valori limite di emissione meno severi dei BAT-AEL;

§         accordare deroghe, per non più di 9 mesi, al rispetto delle BAT in caso di sperimentazione e di utilizzo di tecniche emergenti, a condizione che dopo il periodo specificato tale tecnica sia sospesa o che le emissioni dell'attività raggiungano almeno i livelli di emissione associati alle BAT.

Requisiti generali sostitutivi di quelli fissati per ogni singola autorizzazione

Il comma 1, lettera a) provvede altresì adeguare e specificare i contenuti e la valenza dei decreti interministeriali di emanazione di requisiti generali che, per talune categorie di installazioni, tengono luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione.

Il testo vigente del comma 2 dell’art. 29-bis del Codice, su cui interviene la disposizione in commento, viene integrato al fine di prevedere che:

§         tali decreti siano emanati previa consultazione delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale degli operatori delle installazioni interessate;

§         sulla base delle migliori tecniche disponibili (BAT).

 

Si fa notare come tale disposizione consenta di recepire il criterio di delega recato dalla lettera b) dell’art. 3 della L. 96/2013.

 

L’ultimo periodo del citato comma 2 dispone che, per le categorie interessate, l'autorità competente provvede al rilascio dell'autorizzazione in base ad una semplice verifica di conformità dell'istanza con i requisiti generali.

 

Il comma 1, lettera b) , che introduce nel testo dell’art. 29-bis del Codice un comma 2-bis, dispone l’aggiornamento dei decreti interministeriali recanti i requisiti generali entro 6 mesi dall'emanazione delle pertinenti conclusioni sulle BAT da parte della Commissione europea, al fine di tener conto dei progressi delle BAT medesime.

Decorso inutilmente tale termine e fino al loro aggiornamento, i requisiti generali già emanati assumono una mera valenza informativa e conseguentemente non trova più applicazione l'ultimo periodo del comma 2.

Contenuto della domanda di AIA

L’unica novità sostanziale apportata dal comma 2 nel riscrivere l’art. 29-ter del Codice risiede nell’inserimento, tra le informazioni che deve contenere la domanda di AIA, di una relazione sullo stato di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee e prescritta dall’art. 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE (nuova lettera m) del comma 1 dell’art. 29-ter).

Si segnala che il paragrafo 2 dell’articolo 22 della direttiva disciplina in maniera più dettagliata il contenuto della relazione rispetto a quanto previsto dalla citata nuova lettera m) del comma 1 dell’articolo 29-ter. Sarebbe, pertanto, opportuno valutare se integrare la disposizione al fine di definire il contenuto della relazione sulla scorta di quanto previsto dalla direttiva.

Partecipazione del pubblico

Il comma 3, lettera a), integra il dettato del comma 2 dell’art. 29-quater al fine di chiarire che la consultazione del pubblico deve essere garantita anche mediante pubblicazione sul sito internet dell' autorità competente almeno per quanto riguarda il contenuto della decisione, compresa una copia dell'autorizzazione e degli eventuali successivi aggiornamenti, e degli elementi di cui alle lettere b), e), f) e g) del comma 13.

Il citato comma 13 viene riscritto dalla lettera c) del comma 3, integrando le disposizioni vigenti con quelle dettate dai paragrafi 2 e 3 dell’art. 24 della direttiva, che vengono recepite integralmente, e che elencano una serie di informazioni che devono essere rese disponibili dall’autorità competente.

Norme per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della disciplina di AIA

Al fine di garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni in materia di AIA da parte delle autorità competenti, il testo vigente dell’art. 29-quinquies del Codice prevede l’emanazione di uno o più D.P.R. su proposta del Ministro dell'ambiente (di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali) e d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Il nuovo testo dell’articolo citato previsto dal comma 4 dell'articolo 7 prevede invece l’elaborazione di indirizzi e di linee guida da parte di un apposito organo di coordinamento che viene istituito presso il Ministero dell'ambiente.

Di tale organo vengono disciplinati la composizione e il funzionamento, che deve avvenire senza l’elargizione di compensi o rimborsi spese o altro tipo di emolumento ai suoi componenti.

In merito alla composizione viene previsto che al Coordinamento partecipino, oltre a rappresentanti del Ministero dell’ambiente, anche rappresentanti:

§         di ogni regione e provincia autonoma;

§         dell'Unione delle province italiane (UPl);

§         dell'lSPRA;

§         delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, su indicazione della regione o provincia autonoma di appartenenza.

 

Nel commentare la nuova procedura prevista dal comma 4 in esame, la relazione illustrativa evidenzia essa viene introdotta alla luce delle “pesanti procedure previste in passato per l'emanazione di indirizzi operativi, rivolti alle autorità competenti, (che) hanno scoraggiato la loro definizione determinando, di fatto, una disuniforme applicazione della disciplina IPPC”.

La procedura in esame è pressoché identica a quella prevista dall’art. 20 del D.Lgs. 155/2010 in materia di qualità dell’aria e che, secondo quanto sottolineato dalla relazione illustrativa, si è mostrata efficace nella attuazione del citato decreto, “limitando la partecipazione al processo ai soli soggetti chiamati ad attuare la direttiva”.

Contenuto dell’AIA

La lettera c) del comma 3 provvede, tra l’altro, a modificare i commi 11 e 12 dell’art. 29-quater del Codice. L’unica modifica sostanziale apportata a tali commi sembra essere l’inserimento, alla fine del comma 12, di una disposizione che prevede che nell’AIA vi sia l’indicazione della data entro la quale le prescrizioni debbono essere attuate.

Si tratta di una disposizione che non sembra trovare corrispondenza nel testo della direttiva. Si segnala che la direttiva, all’art. 4, reca una norma di carattere generale secondo cui gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che nessuna installazione o nessun impianto di combustione, nessun impianto di incenerimento dei rifiuti o nessun impianto di coincenerimento dei rifiuti operi senza autorizzazione. La disposizione in esame consentirebbe invece il rilascio dell’AIA e, nel contempo, l’indicazione delle scadenze da rispettare per l’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA medesima.. Andrebbe, altresì, chiarito se il riferimento alle prescrizioni debba intendersi alle prescrizioni migliorative di cui al comma 9 dell’articolo 29 sexies.

 

Si fa notare che la previsione secondo cui l’AIA deve contenere l’indicazione delle autorizzazioni sostituite non compare più nel comma 12, ma viene comunque ripresa, sebbene con una formulazione diversa, all’interno del nuovo testo del comma 11, ove si prevede che il provvedimento di AIA richiama esplicitamente le eventuali condizioni, già definite nelle autorizzazioni sostituite, la cui necessità permane.

La relazione illustrativa sottolinea che in tal modo viene resa “più chiara la valenza sostitutiva dell'autorizzazione integrata ambientale nei confronti delle autorizzazioni di settore”.

Si ricorda, in proposito, che l’allegato IX alla Parte Seconda contiene l’elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto, da considerare sostituite dall’AIA.

Tale allegato è sostituito dall’art. 26, comma 2, dello schema in esame.

 

Ulteriori disposizioni in merito al contenuto dell’AIA vengono dettate dal comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame che novella l’art. 29-sexies del Codice che disciplina nel dettaglio i contenuti dell’AIA.

Il comma 5, lettera c), non apporta variazioni di rilievo. Viene infatti operata una integrazione al comma 3 dell’art. 29-sexies che recepisce il disposto della lettera e) del paragrafo 1 dell’art. 14 della direttiva che dettaglia ulteriormente le disposizioni già previste dal testo vigente volte a garantire che l’AIA contenga disposizioni finalizzate alla protezione del suolo e delle acque sotterranee.

Contenuto dell’AIA – Disposizioni in materia di controlli

La lettera e) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame introduce nuove disposizioni relative ai requisiti di controllo delle emissioni previsti nell’AIA, mediante una riscrittura del comma 6 dell’art. 29-sexies, che viene integrato dalle disposizioni recate dai nuovi commi 6-bis e 6-ter.

Le novità nel testo del comma 6 derivano dal recepimento dell’art. 14, paragrafo 1, lettera d), punti i) e ii), della direttiva. In particolare si segnala l’introduzione di scadenze temporali in merito all'obbligo (già previsto nel testo vigente) di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificare la conformità dei dati del controllo alle condizioni previste nell’AIA. Viene infatti specificato che tale obbligo venga assolto periodicamente, ed almeno una volta all'anno.

Le disposizioni innovative introdotte dai nuovi commi 6-bis e 6-ter, che consentono di recepire l’art. 16 e l’art. 23, paragrafo 1, della direttiva, dispongono:

§         che l’AIA programmi specifici controlli almeno una volta ogni 5 anni per le acque sotterranee e almeno una volta ogni 10 anni per il suolo, a meno che sulla base di una valutazione sistematica del rischio di contaminazione non siano state fissate diverse modalità o più ampie frequenze per tali controlli;

§         che venga prevista un'attività ispettiva presso le installazioni, con oneri a carico del gestore, svolta dall'autorità di controllo e finalizzata all'esame di tutta la gamma degli effetti ambientali indotti dalle installazioni medesime.

 

Si fa presente che il comma 3, lettera b), attribuisce all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) funzioni di proposta in merito alle modalità di monitoraggio e di controllo nell’ambito della conferenza dei servizi.

Contenuto dell’AIA – Condizioni diverse da quelle di normale esercizio

Il comma 7 dell’art. 29-sexies del Codice viene novellato dalla lettera e) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame, che introduce altresì un nuovo comma 7-bis.

Le principali novità rispetto al testo vigente risiedono nella possibilità, per l’autorità competente di:

§         prescrivere, nell’AIA, la messa in sicurezza e la bonifica di parti dell'installazione per le quali non è previsto il funzionamento o l'utilizzo durante la durata dell'AIA medesima;

§         indicare preventivamente nell'AIA il numero massimo, la massima durata e la massima intensità (comunque non eccedente il 20%) di superamenti dei valori limite di emissione, dovuti ad una medesima causa, che possono essere considerati, nel corso di validità dell'AIA, come situazioni diverse dal normale esercizio ma non rientranti tra le situazioni di incidente o imprevisti disciplinate dall'articolo 29­undecies.

 

Si fa notare che le citate disposizioni non sembrano trovare una esatta corrispondenza nelle norme della direttiva.

 

Modifiche all’impianto disposte dall’AIA

Il comma 9 dell’art. 29-sexies viene novellato (dalla lettera f) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame) al fine di chiarire la casistica delle modifiche all'impianto disposte dall'autorizzazione e conseguentemente non soggette ad ulteriore istruttoria.

 

Si tratta di una disposizione che non sembra trovare corrispondenza nel testo della direttiva.

 

Contenuto dell’AIA – Disposizioni speciali per gli allevamenti intensivi di pollame o di suini

Il comma 9-quater dell’art. 29-sexies (introdotto dalla lettera f) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame come fedele riproduzione dell’art. 14, paragrafo 7, della direttiva) prevede che, per gli allevamenti intensivi di pollame o di suini, le disposizioni relative al contenuto prescrittivo dell’AIA dettate dall’art. 29-sexies si applicano fatta salva la normativa in materia di benessere degli animali.

Le installazioni cui fa riferimento la norma sono quelle indicate nel punto 6.6 dell’allegato VIII, che riguarda gli allevamenti intensivi di pollame o di suini:

a) con più di 40.000 posti pollame;

b) con più di 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o

c) con più di 750 posti scrofe.

 

Il nuovo comma 6 dell’art. 29-octies (introdotto dalla lettera b) del comma 7 dell’art. 7 dello schema in esame), prevede il raddoppio dei termini per il rinnovo dell’AIA degli allevamenti intensivi di pollame o di suini (installazioni indicate al citato punto 6.6), anche nei casi in cui l’impianto sia registrato ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001 (EMAS) o certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001.

Si ricorda che il testo vigente dei commi 2 e 3 prevede che il rinnovo dell’AIA non venga effettuato ogni 5 anni (come prescrive il comma 1 per la generalità degli impianti) ma ogni 6 anni caso di certificazione ISO o 8 anni nel caso di registrazione EMAS.

Il testo vigente del comma 6 già prevede già un termine raddoppiato di 10 anni (in luogo del termine di 5 anni di cui al comma 1) per gli allevamenti in questione.

La norma in esame prevede che il raddoppio dei termini si applichi anche ai termini contemplati dai commi 2 e 3, portando così le scadenze per il rinnovo a 12 e 16 anni nei casi, rispettivamente, di registrazione EMAS o certificazione ISO 14001.

 

Si osserva che, in considerazione dei termini previsti nel testo vigente di otto anni per la registrazione EMAS e sei anni per la certificazione ISO, andrebbe valutata l’opportunità di modificare la norma in commento che provvede a raddoppiare i predetti termini, ma facendo riferimento rispettivamente a dodici e a sedici e non a sedici e a dodici come sarebbe più corretto.

Chiusura del sito dell'installazione

I commi 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies dell’art. 29-sexies del Codice, introdotti dalla lettera f) del comma 5 dell’art. 7 dello schema in esame, contengono disposizioni finalizzate a prevenire o eliminare eventuali contaminazioni del suolo e delle acque sotterranee nel sito dell'installazione, in linea con le norme dell’art. 22 della direttiva.

In particolare viene disposto che le condizioni dell’AIA, quando l'attività comporta l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose, siano finalizzate a garantire che il gestore, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito dell'installazione, elabori e trasmetta all'autorità competente la relazione di riferimento, prima della messa in servizio della nuova installazione o prima dell'aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata per l'installazione esistente (comma 9-quinquies).

Si osserva in proposito che il testo fa rinvio all’art. 5, comma 1, lettera z), che

dovrebbe forse contenere una definizione normativa di tale relazione, ma la citata lettera z) non esiste né nel testo vigente né nel nuovo testo previsto dallo schema in esame.

 

Il comma 9-sexies consente l’emanazione di uno o più decreti del Ministro dell'ambiente per stabilire le modalità per la redazione della citata relazione di riferimento.

Si fa notare che l’art. 22 della direttiva detta invece norme di dettaglio che disciplinano il contenuto della citata relazione e che non vengono recepite dallo schema in esame.

 

Il comma 9-septies prevede, a garanzia degli obblighi di ripristino del sito nei casi di contaminazione del suolo o delle acque sotterranee, che nell’AIA sia previste adeguate garanzie finanziarie, da prestare entro 12 mesi dal rilascio in favore della regione o della provincia autonoma territorialmente competente.

Per la fissazione dei criteri da seguire per la determinazione dell'importo di tali garanzie finanziane viene consentita l’emanazione di uno o più decreti del Ministro dell'ambiente.

Si osserva che la fissazione dei citati criteri appare necessaria in considerazione del fatto che la prestazione delle garanzie non è eventuale. Appare altresì opportuna l’indicazione di un termine temporale per l’emanazione del decreto ministeriale.

Contenuto dell’AIA – Misure supplementari a tutela dell’ambiente

Il comma 6 dell’art. 7 dello schema in esame, nel riproporre le disposizioni dell'articolo 18 della direttiva, provvede a meglio specificare le procedure attuative, ed i relativi ruoli, già impliciti nella vigente versione dell'articolo 29-septies.

Il nuovo testo dell’articolo 29-septies sembra consentire un più puntuale recepimento della direttiva nel momento in cui prevede che l’inserimento nell’AIA di misure supplementari a tutela dell’ambiente non sia a discrezione dell’autorità competente, come dispone il testo vigente, ma obbligatorio, come prescrive l’art. 18 della direttiva.

Rinnovo dell’AIA

Il comma 7, lettera a), dell’art. 7 dello schema chiarisce le conseguenze della mancata presentazione dell’istanza di rinnovo periodico entro i termini previsti (nuovo comma 1-bis dell’art. 29-octies) e del mancato pagamento della relativa tariffa istruttoria.

In tali casi viene chiarito che la precedente AIA cessa di avere efficacia alla data prevista per l'emanazione del provvedimento di rinnovo periodico.

 

Il nuovo comma 6-bis dell’art. 29-octies (introdotto dalla lettera b) del comma 7 dell’art. 7) concede all’autorità competente la facoltà di fissare motivatamente nell'AIA un termine per la presentazione della domanda di rinnovo più breve di quello previsto.

 

Si osserva che andrebbe valutata l’opportunità di integrare la norma in esame al fine di delimitare i casi in cui tale facoltà è esercitabile e fissare comunque un limite temporale massimo non derogabile.

Riesame dell’AIA

La lettera b) del comma 7 dell’art. 7 riscrive il comma 4 dell’art. 29-octies introducendo due nuovi casi in cui è obbligatorio procedere al riesame:

§         pubblicazione di nuove BATC relative all'attività dell'installazione più rilevante dal punto di vista ambientale;

Si tratta di una disposizione in linea con quanto richiesto nel 21° considerando della direttiva, ove si legge che “è opportuno riesaminare regolarmente e, se necessario, aggiornare le condizioni di autorizzazione, in particolare quando vengono adottate conclusioni sulle BAT nuove o aggiornate”.

§         superamento dei BAT-AEL in assenza di violazioni delle prescrizioni autorizzative, valutato in sede di verifica (almeno annuale) delle installazioni per le quali l’autorità competente ha fissato, ai sensi dell'art. 29-sexies, comma 4-bis, lettera b), limiti di emissione diversi dai BAT-AEL.

 

Il nuovo testo del comma 5 disciplina le informazioni che il gestore deve comunicare all’autorità competente ai fini del riesame (in linea con il disposto dell’art. 21, paragrafo 2, della direttiva), nonché il pagamento delle tariffe istruttorie dovute, prevedendo opportune sanzioni in caso di inadempimento.

 

Il nuovo comma 5-bis introduce una procedura, che ricalca quella contemplata dall’art. 21, par. 3, della direttiva, che prevede la verifica, da parte dell’autorità competente, – entro 4 anni dalla pubblicazione di BATC riferite all'attività principale di un'installazione - delle condizioni di autorizzazione per l'installazione interessata.

A tal fine il successivo comma 5-ter prevede l’obbligo, in capo ai gestori, di comunicare all’autorità competente le necessarie informazioni per il riesame e di versare le relative tariffe istruttorie entro 6 mesi dalla pubblicazione sulla G.U. dell’UE di una nuova BATC ovvero nei tempi definiti dall'autorità competente in un calendario da emanare entro tre mesi dalla citata pubblicazione. Sono previste sanzioni in caso di inadempimento, analoghe a quelle contemplate dal comma 5.

 

Il comma 5-quater precisa che il riesame dell’AIA tiene conto di tutte le BATC applicabili all'installazione adottate da quando l'AIA è stata concessa o da ultimo riesaminata.

Interventi sull’installazione non configurabili come modifiche impiantistiche

Il nuovo comma 3 dell’art. 29-nonies del Codice, introdotto dal comma 8 dell’art. 7 dello schema in esame, introduce - nel caso di interventi all’installazione che non si configurino come modifiche agli impianti - l’obbligo per il gestore di informare l'autorità competente e l’autorità di controllo in merito ad ogni nuova istanza presentata per l'installazione ai sensi della normativa sui rischi di incidente rilevante (recata dal D.Lgs. 334/1999), ai sensi della normativa in materia di VIA o urbanistica.

Violazioni

La principale innovazione che si riscontra nel nuovo testo del comma 2 dell’art. 29-decies del Codice, riscritto dal comma 9, lettera a), dell’art. 7, risiede non tanto nell’aggravio di comunicazioni a carico del gestore (tenuto ad inoltrare i dati dei controlli anche all’autorità di controllo, oltre che all’autorità competente) o nella pubblicazione sul web dei dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’AIA, quanto piuttosto nel recepimento dell’obbligo per il gestore (previsto dall’art. 8, paragrafo 2, della direttiva) di informare immediatamente le autorità in caso di violazione delle condizioni dell’AIA, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare nel più breve tempo possibile la conformità. La norma prevede, inoltre, che il gestore provvede, altresì, ad informare immediatamente i medesimi soggetti citati nella norma in caso di violazioni delle condizioni dell’autorizzazione.

 

Il nuovo testo del comma 9 dell’art. 29-decies del Codice, riscritto dal comma 9, lettera c), dell’art. 7, introduce invece nuove ipotesi sanzionatorie per il mancato rispetto dell’AIA.

Nel caso di diffida per inosservanza delle prescrizioni dell’AIA, viene introdotto l’obbligo di applicare tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità (trattasi di disposizione in linea con l’art. 8, par. 2, lettera c), della direttiva).

Viene altresì previsto che la sospensione dell'attività per un tempo determinato venga comminata non solo in caso di situazioni (la norma dimentica di specificare che trattasi di situazioni di pericolo per l’ambiente), ma anche qualora le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno.

La lettera c) in esame esplicita altresì la sanzione applicabile in caso di esercizio in assenza di autorizzazione, che consiste nella chiusura dell’installazione.

Ispezioni

Almeno dopo ogni visita in loco, l'autorità di controllo redige una relazione, che contiene i pertinenti riscontri e le conclusioni riguardanti eventuali azioni da intraprendere, che deve essere:

§         notificata al gestore interessato e all'autorità competente entro 2 mesi dalla visita;

§         resa disponibile al pubblico entro 4 mesi dalla visita stessa.

 

Tale disposizione, introdotta dalla lettera b) del comma 9 dell’art. 7 integra il disposto del comma 5 dell’art. 29-decies del Codice, recependo la norma dettata dall’art. 23, paragrafo 6, della direttiva.

L’art. 11-bis introduce l’obbligo di redazione e periodico aggiornamento di un piano d'ispezione ambientale a livello regionale, i cui contenuti vengono disciplinati nel dettaglio. Il successivo comma 11-ter disciplina invece la determinazione del periodo intercorrente tra due visite in loco, stabilendo altresì i seguenti limiti massimi:

§         1 anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati;

§         3 anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati;

§         sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione.

 

I nuovi commi 11-bis e 11-ter dell’art. 29-decies del Codice, introdotti dalla lettera d) del comma 9 dell’art. 7, recepiscono le disposizioni dei paragrafi 2-5 dell’art. 23 della direttiva.

Incidenti o imprevisti

In caso di incidenti o eventi imprevisti (la direttiva usa l’espressione “incidenti o inconvenienti”) che incidano in modo significativo sull'ambiente, sono previsti i seguenti obblighi per il gestore:

§         informare immediatamente l'autorità competente e l'autorità di controllo;

§         adottare immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o eventi imprevisti, informandone l'autorità competente.

Viene altresì consentito all’autorità competente di imporre al gestore l’adozione di misure complementari appropriate.

 

Questo è in estrema sintesi il contenuto del nuovo testo dell’art. 29-undecies, introdotto dal comma 10 dell’art. 7 dello schema in esame, che consente di recepire le norme dell'art. 7 della direttiva.

La relazione illustrativa sottolinea che le vigenti norme dell’art. 29-undecies, che disciplinano l’inventario delle principali emissioni e loro fonti, “sono state superate dall'emanazione del regolamento (CE) n. 166 del 2006 relativo all'istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE (PRTR) e dal decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 2011, n. 157”.

Si rinvia in proposito al commento dell’art. 30.

 

Si fa notare che il comma 2 del nuovo articolo 29-undecies dispone che la mancata adozione delle citate misure complementari appropriate è sanzionata ai sensi dell’art. 318-quater, che però non esiste nel testo del Codice e non viene introdotto dallo schema in esame.

Comunicazioni e scambio di informazioni

Il comma 11 dell’art. 7 novella l’art. 29-duodecies, che disciplina la comunicazione al Ministero dell'ambiente, da parte delle autorità competenti, dei dati concernenti le domande ricevute, al fine precipuo di semplificare gli obblighi previsti (prevedendo che i dati da inviare siano solo quelli “di sintesi”) e di garantirne il rispetto attraverso modalità telematiche.

 

Il comma in esame integra inoltre il testo del citato articolo 29-duodecies, con l’inserimento di un comma 1-bis che però fa riferimento ad un inesistente comma 10 dell’art. 29-sexies.

Appare quindi opportuno riformulare la norma in esame al fine di indicare il corretto riferimento normativo.

 

Anche il comma 12, che novella i primi due commi dell’art. 29-terdecies, dispone che la prevista relazione sull’attuazione delle norme della direttiva in materia di AIA, che il Ministero dell'ambiente deve inviare alla Commissione UE, sia redatta in formato elettronico (nuovo testo del comma 2), in linea con il disposto dell’art. 72 della direttiva.

L’art. 72 della direttiva impone agli Stati membri di rendere disponibili alla Commissione UE le informazioni sull’attuazione della direttiva medesima in formato elettronico.

 

Da segnalare altresì che la novella in esame provvede a dettagliare il contenuto informativo delle comunicazioni che le autorità competenti devono inviare al Ministero dell'ambiente in merito all’attuazione delle norme in materia di AIA e a rinviare a successivi decreti del Ministro dell'ambiente la disciplina delle relative modalità di comunicazione. Viene altresì previsto che nelle more della definizione di tali decreti le informazioni siano trasmesse annualmente, entro il 30 aprile, e utilizzando il formulario adottato con D.M. Ambiente 15 marzo 2012 (nuovo testo del comma 1).

Si ricorda in proposito che la vigente disciplina prevede una cadenza temporale triennale anziché annuale, come previsto sia dall’art. 29-terdecies del Codice che dall’art. 1 del D.M. 15 marzo 2012 citato.

Sanzioni (art. 7, comma 13, e art. 11)

Il comma 13 riscrive l’art. 29-quattuordecies al fine di rendere le sanzioni previste per gli impianti soggetti ad AIA più proporzionali e più coordinate con le sanzioni previste da discipline specifiche.

In particolare vengono previste sanzioni più severe, in linea con quelle contemplate dalle discipline specifiche, in caso di esercizio non autorizzato. che comporti lo scarico di sostanze pericolose o l’effettuazione di operazioni di gestione di rifiuti pericolosi (comma 1).

Si fa notare che la pena prevista in tali casi dal nuovo comma 1 dell’art. 29-quattuordecies (arresto da sei mesi a due anni e ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro) è la stessa che l’art. 256 prevede per la gestione di rifiuti pericolosi non autorizzata.

Per quanto riguarda gli scarichi idrici, l’art. 137 del Codice prevede che chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro e che quando le condotte descritte riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza (vale a dire le medesime sostanze indicate dal nuovo comma 1 dell’art. 29-quattuordecies), la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni.

 

I nuovi commi 2, 3 e 4 dell’art. 29-quattuordecies sono volti a graduare le sanzioni per il mancato rispetto delle prescrizioni dell’AIA.

Rispetto al testo vigente viene ridotta la sanzione genericamente prevista (il comma 2 prevede in proposito una depenalizzazione, sostituendo l’ammenda di 5.000-26.000 euro, con una sanzione amministrativa pecuniaria di 1.500-15.000 euro), mentre viene aumentata la sanzione nei casi di maggior pericolo (la sanzione massima viene prevista dal comma 4 per una serie di casi tra i quali ricadono quelli previsti dal comma 1, vale a dire gestione di rifiuti pericolosi o scarichi di sostanze pericolose, e in misura analoga a quella prevista dal medesimo comma 1).

 

Il nuovo comma 5 introduce una disposizione che assimila, dal punto di vista sanzionatorio, l'esercizio di modifiche sostanziali non autorizzate a un esercizio in assenza di autorizzazione.

Si tratta di una norma che esplicita quanto desumibile dal disposto del comma 2 dell’art. 29-nonies del Codice (non modificato dallo schema in esame), ai sensi del quale, nel caso in cui le modifiche progettate risultino sostanziali, il gestore invia all'autorità competente una nuova domanda di autorizzazione.

 

Il nuovo comma 6 disciplina le sanzioni per l'esercizio di modifiche non sostanziali non comunicate, che vengono assimilate alla generica sanzione per violazione di prescrizioni recata dal comma 2.

 

I commi 7, 8 e 10 prevedono sanzioni amministrative pecuniarie in relazione a violazioni di obblighi di comunicazione.

Il comma 9 invece introduce la pena della reclusione fino a 2 anni per chi nell'effettuare le comunicazioni di cui al comma 8 fornisce dati falsificati o alterati.

 

Il comma 13 interviene sulla disciplina di destinazione dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale, innovando e dettagliando il testo vigente che invece si limita a destinare i proventi delle sanzioni amministrative (senza limitarsi a quelle di competenza statale) all'entrata dei bilanci delle autorità competenti.

Il comma 13 prevede che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale siano versati all'entrata del bilancio dello Stato e destina una parte di tali proventi ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell’ambiente per il potenziamento delle ispezioni ambientali straordinarie e delle ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione.

Si fa notare come tale disposizione consenta di recepire il criterio di delega recato dalla lettera d) dell’art. 3 della L. 96/2013.

 

Si segnala che l’articolo 11 dello schema in esame modifica gli articoli 133, 137, 256, 279 e 296 (che disciplinano le sanzioni in materia di scarichi idrici, gestione dei rifiuti ed emissioni nell’atmosfera) al fine di escludere esplicitamente l'applicabilità delle sanzioni citate previste dalle discipline specifiche in relazione alle fattispecie contemplate dall’art. 29-quattuordecies (assenza di AIA, violazione di obblighi autorizzativi e di comunicazione connessi ad esercizio autorizzato per impianti soggetti ad AIA).

La relazione illustrativa sottolinea che le novelle recate dall’art. 11 sono giustificate dai dubbi interpretativi sorti nell’applicazione della normativa fino ad oggi vigente.

AIA – impianti con impatti transfrontalieri (art. 8)

L’art. 8 novella l’art. 30 del Codice al fine di eliminare l’obbligo di coinvolgere le regioni confinanti nei procedimenti di AIA regionale relativi ad impianti che risultino localizzati anche sul territorio di tali regioni confinanti.

Si fa notare che per i citati impianti, rimane comunque l’obbligo (previsto dal comma 2, che non viene novellato, del medesimo articolo 30) di acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonché degli enti locali territoriali interessati dagli impatti dell’impianto.

AIA – Tariffe per la copertura degli oneri istruttori (art. 9)

L’art. 9 novella in più parti il comma 3-bis dell’art. 33 del Codice. In particolare si segnala la modifica al penultimo periodo del comma, che prevede che il versamento all’entrata del bilancio dello Stato degli importi delle tariffe (che sono a carico del gestore) sia limitato alle sole tariffe riscosse per attività istruttorie e controlli effettuati sulle installazioni soggette ad AIA statale (elencate all’allegato XII alla parte II del Codice).

Viene altresì specificato che gli importi versati all’entrata del bilancio statale saranno riassegnati integralmente allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente.

AIA – Esercizio dell’installazione esistente nelle more del rilascio dell’AIA (art. 10)

L’art. 10 riscrive la disciplina transitoria che consente la prosecuzione dell’esercizio delle installazioni esistenti nelle more del rilascio dell’AIA, integrando e coordinando in un unico testo le disposizioni contenute nel testo vigente dei commi 2-quater e 2-quinquies dell’art. 35 del Codice e dei commi 1 e 1-bis dell’art. 2 del D.L. 180/2007.

Al riguardo, andrebbe valutato se il differimento del termine (al gennaio 2013, cfr. art. 1 dello schema in esame) per considerare come esistenti le installazioni possa avere ripercussioni su tale disposizione transitoria e se il combinato disposto dell’articolo 1 e dell’art. 10 possa consentire una ulteriore proroga all’esercizio di impianti non dotati di AIA. Ciò sembra però escluso dalla norma transitoria contemplata dall’art. 29, comma 1, dello schema in esame.

Modifiche alle norme in materia di rifiuti (artt. 12, 13 e 14)

L’articolo 12 chiarisce che le competenze autorizzative delle regioni in materia di rifiuti (approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti ed autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti) lasciano impregiudicate le competenze in materia di AIA attribuite allo Stato dall’art. 7, comma 4-bis, del Codice, per gli impianti di competenza statale indicati nell’allegato XII alla parte II del medesimo Codice.

L'articolo 13 reca disposizioni di riordino dell'articolo 208 del Codice, che disciplina l’autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, chiarendone i rapporti con l’AIA. In particolare viene ribadito quanto già statuito in modo sostanzialmente analogo dal nuovo comma 14 dell’art. 6 del Codice (novellato dall’art. 2 dello schema in esame), e cioè che per gli impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti ricompresi in un'installazione assoggettata ad AIA il rilascio dell’AIA sostituisce l’autorizzazione prevista nell’ambito della disciplina sui rifiuti dall’art. 208 del Codice.

L'articolo 14 corregge un evidente refuso contenuto nell'articolo 209 del Codice.


Impianti di incenerimento e coincenerimento (artt. 15-17)

L'articolo 15 dello schema di decreto in esame introduce il Titolo III-bis che regolamenta gli impianti di incenerimento e coincenerimento nella Parte Quarta, riguardante la disciplina in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, del D.Lgs. 152/2006 (Codice Ambiente, di seguito Codice).

Nel nuovo Titolo III-bis viene introdotto quanto previsto dal D.Lgs 133/2005 (di seguito decreto), con cui è stata attuata la direttiva 2000/176/CE sull’ incenerimento dei rifiuti, adeguando la legislazione nazionale in base alle modifiche recate dal recepimento della direttiva 2010/75.

Nell’esame dei 21 articoli - dall’articolo 237-bis all’articolo 237-viginties-duo - introdotti con il nuovo Titolo III-bis nel Codice, viene evidenziato in particolare quanto modificato nella vigente legislazione nazionale.

Finalità e oggetto

L’articolo 237-bis stabilisce che la protezione dell'ambiente e la tutela della salute umana rappresentano il fine delle misure e delle procedure di prevenzione o riduzione degli effetti negativi delle attività di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti. Rispetto al testo vigente non si fa più riferimento al fatto che il titolo III-bis disciplina i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti esistenti, indicata dall’art. 1, comma 1 del decreto.

Definizioni

L’articolo 237-ter, che contiene le definizioni cui si fa ricorso nel provvedimento, introduce alcune innovazioni riguardanti:

-               l’impianto di incenerimento (lettera b), che include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di incenerimento, se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall'ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma (art. 42, par. 1, della direttiva);

Il trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione, avviene generalmente mediante ossidazione dei rifiuti, cioè combustione in presenza di eccesso di ossigeno con trasformazione del carbonio organico in anidride carbonica, ma sono possibili altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione e il processo al plasma, dove generalmente le sostanze risultanti dal trattamento sono successivamente incenerite. Di estrema importanza nella operazione di incenerimento è il trattamento e la depurazione dei fumi prodotti, per ridurre al minimo l’immissione in atmosfera di inquinanti gassosi[8].

-               l’impianto di coincenerimento (lettera c) può svolgere, oltre alla funzione principale di produzione di enegia o di altri materiali, quella di trattamento termico dei rifiuti ai fini dello smaltimento, mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite (art. 3, punto 41 della direttiva).

 

Si fa presente che nello schema di decreto, riferito al citato articolo 237-ter non risultano riportate le lettere i), j), k) presenti invece nella tabella di concordanza del testo medesimo.

 

-               l’’impianto di incenerimento e coincenerimento esistente (lettera d) è un impianto autorizzato prima del 28 dicembre 2002, purché lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2003; ovvero un impianto per il quale la domanda di autorizzazione sia stata richiesta all’autorità competente entro il 28 dicembre 2002, purché lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2004 (Allegato VI, parte prima, lettere da i) a iii) della direttiva);

-               la modifica sostanziale (lettera f), definizione non presente nel decreto, è una modifica delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento di un’installazione o di un impianto di combustione, di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti che potrebbe avere effetti negativi e significativi per la salute umana e per l’ambiente (art. 3, punto 9 della direttiva);

-               le ore operative (lettera m), definizione non presente nel decreto, è il tempo, espresso in ore, durante cui un impianto di combustione, in tutto o in parte, è in funzione e scarica emissioni nell’atmosfera, esclusi i periodi di avvio o di arresto (art. 3, punto 27 della direttiva);

-               la biomassa (lettera s), definizione non presente nel decreto, per cui si intendono:

1) prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile per recuperare il contenuto energetico;

2) i rifiuti seguenti: a) rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali; b) rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l’energia termica generata è recuperata; c) rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e di produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l’energia termica generata è recuperata; d) rifiuti di sughero; e) rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, ottenuti a seguito di un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione (art. 3, punto 31 della direttiva).

Applicazioni ed esclusioni

L’articolo 237-quater prevede, specificatamente, che l’applicazione delle misure del provvedimento è rivolta agli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti solidi o liquidi, ed esclude tra l’altro dall’applicazione della normativa, gli impianti di gassificazione o di pirolisi (art. 42 della direttiva), nel caso in cui i gas prodotti sono purificati in misura tale da non costituire più rifiuti prima del loro incenerimento e da poter provocare emissioni non superiori a quelle derivanti dalla combustione di gas naturale.

Autorizzazioni e relative condizioni per gli impianti

L’articolo 237-quinquies, che disciplina la domanda di autorizzazione degli impianti, recepisce quanto disposto dall’art. 44 della direttiva, e rimane sostanzialmente identico a quanto già previsto dal decreto, prevedendo in particolare che:

a) l'impianto è progettato, attrezzato e gestito e sottoposto a manutenzione in maniera conforme ai requisiti del presente titolo, tenendo conto delle categorie di rifiuti da incenerire o da coincenerire;

b) il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato, per quanto praticabile, attraverso la produzione di calore, vapore o energia;

c) i residui sono ridotti al minimo in quantità e nocività e riciclati in modo  opportuno;

d) lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà effettuato nel rispetto della Parte IV riguardante la disciplina sui rifiuti del Codice.  

 

L’articolo 237-sexies, che disciplina il contenuto dell'autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento, recepisce quanto dettato in particolare dall’articolo 45 della direttiva.

In particolare, il comma 1 stabilisce le seguenti condizioni per l’autorizzazione:

a) un elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell'impianto, individuati mediante il riferimento ai relativi codici dell'elenco europeo dei rifiuti, nonché la precisazione delle quantità autorizzate per ogni tipologia di rifiuti autorizzata;

b) la capacità nominale e il carico termico nominale dell'impianto;

c) i valori limite per le emissioni nell'atmosfera e nell'acqua per ogni singolo inquinante;

d) le procedure e la frequenza di campionamento e misurazione da utilizzare per rispettare le condizioni fissate per il controllo delle emissioni, nonché la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione;

e) il periodo massimo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti dei dispositivi di depurazione e di misurazione o arresti tecnicamente inevitabili, le emissioni nell'atmosfera e gli scarichi di acque reflue possono superare i valori limite di emissione previsti.

Si segnala che l’articolo 45, lettera d), della direttiva reca, tra le condizioni dell’autorizzazione, le prescrizioni relative al pH, alla temperatura e al flusso degli scarichi di acque reflue, che non sono riportate nel testo dell’articolo 237-sexies del Codice, introdotto dallo schema di decreto. Si segnala, inoltre, che il medesimo articolo 237-sexies non sembra riportare una disposizione corrispondente a quanto previsto dallo stesso articolo 45 della direttiva, al paragrafo 4, che prevede la riesamina periodica e l’aggiornamento, ove necessario, delle condizioni di autorizzazione da parte dell'autorità competente.

Consegna e ricezione dei rifiuti

L’articolo 237-septies disciplina la consegna e ricezione dei rifiuti da parte del gestore dell’impianto, prevista nell’art. 7 del decreto e nell’art. 52 della direttiva.

In particolare, al comma 3 dell’art. 237-septies, viene introdotta una specifica disposizione, non presente nel decreto, riguardante la fase precedente all'accettazione dei rifiuti pericolosi nell'impianto di incenerimento o nell'impianto di coincenerimento. In tal caso, il gestore deve verificare l'osservanza dei requisiti previsti dall'autorizzazione all’esercizio dell’impianto e conseguentemente, raccogliere e controllare le informazioni sui rifiuti, relative ai dati amministrativi del processo produttivo, contenuti nei documenti prescritti nella Parte Quarta del Codice e, se del caso, nel regolamento n. 1013/2000 sulla spedizione di rifiuti e nella legislazione in materia di trasporto di merci pericolose.

Condizioni di esercizio e modifiche dell'attività degli impianti

L’articolo 237-octies disciplina le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento, previste nell’art. 8 del decreto e all’art. 50 della direttiva.

 

Si osserva che il comma 2 dell’art. 237-octies prevede che le scorie e le ceneri pesanti prodotte dal processo di incenerimento non possono presentare un tenore di incombusti totali superiore al 3% in peso, o una perdita per ignizione superiore al 5% in peso sul secco. Ai sensi dell’art.. 50, par.1, della direttiva, invece, gli impianti di incenerimento dei rifiuti sono gestiti in modo da raggiungere un livello di incenerimento tale che il tenore di carbonio organico totale delle scorie e delle ceneri pesanti sia inferiore al 3% o la loro perdita per ignizione sia inferiore al 5% del peso a secco del materiale.

 

L’articolo 237-nonies introduce nella legislazione vigente quanto previsto dagli articoli 51 e 54 della direttiva, sulla modifica delle condizioni di esercizio e sulla modifica sostanziale dell'attività di incenerimento e coincenerimento.

In particolare, nel caso di modifica delle condizioni di esercizio, l'autorità competente ha facoltà, in sede di autorizzazione all’esercizio di stabilire espressamente l'applicazione di prescrizioni diverse da quelle riportate dalla legge, purché nell'impianto di incenerimento e di coincenerimento siano adottate tecniche specifiche e le condizioni d'esercizio autorizzate non diano luogo ad una maggior quantità di residui o a residui, con un più elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili applicando le prescrizioni di cui all'articolo precedente. Le autorità competenti comunicano inoltre al Ministero dell'ambiente tutte le condizioni di esercizio autorizzate ai sensi del presente articolo e i risultati delle verifiche effettuate anche alla luce delle relazioni annuali di cui all'articolo 237-septesdecies. Il Ministero a sua volta provvede a comunicare alla Commissione europea le informazioni ricevute nell'ambito delle relazioni di cui all'articolo 29-terdecies.

Per modifica sostanziale dell’attività di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti si intende il caso in cui nell’impianto avvenga esclusivamente il trattamento di rifiuti non pericolosi.

Emissioni in atmosfera

L’articolo 237-duodecies disciplina le misure sul controllo delle emissioni derivanti dall’esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento, previste all’articolo 9 del decreto e all’articolo 46 della direttiva. In particolare, viene introdotta la specificazione che gli effluenti gassosi degli impianti di incenerimento e coincenerimento devono essere emessi in modo controllato attraverso un camino di altezza adeguata e con velocità e contenuto entalpico tale da favorire una buona dispersione degli effluenti al fine di salvaguardare la salute umana e l'ambiente, con particolare riferimento alla normativa relativa alla qualità dell'aria.

E’ previsto altresì che l'installazione e il funzionamento dei sistemi di misurazione automatici sono sottoposti a controllo e test annuale di verifica come prescritto al punto C dell' Allegato l e al punto C dell'Allegato 2, del presente Titolo, come modificati dall’articolo 27, comma 5 dello schema in esame.

Scarico di acque reflue

L’articolo 237-terdecies reca la disciplina degli scarichi delle acque reflue, prevista nell’articolo 10 del decreto e innovata dall’articolo 46 della direttiva, e in particolare viene introdotto:

-               la previsione di limitare per quanto possibile lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di incenerimento o di coincenerìmento;

-               l’obbligo di disciplinare gli scarichi di acque reflue nell’ambito dell'autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio degli impianti, di cui all’articolo 237-sexies (nella legislazione vigente è prevista un’autorizzazione a parte);

-                l’indicazione puntuale della localizzazione dei punti di campionamento o di misurazione degli scarichi di acque reflue evacuate direttamente da impianti di incenerimento dei rifiuti o dall'impianto di coincenerimento dei rifiuti ovvero da impianti di trattamento esclusivamente utilizzati per questo tipo di acque reflue;

-               l'immissione non autorizzata e accidentale di qualsiasi inquinante nel suolo, nelle acque superficiali e nelle acque sotterranee deve essere evitata e prevista, comprese le aree di stoccaggio dei rifiuti, nella fase di progettazione e gestione dell’impianto;

-               la previsione di una capacità di stoccaggio per le acque piovane contaminate che defluiscano dal sito dell'impianto di incenerimento dei rifiuti o dal sito dell'impianto di coincenerimento o per l'acqua contaminata derivante da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi. La capacità di stoccaggio deve essere sufficiente per garantire che tali acque possano, se necessario, essere analizzate e, se necessario, trattate prima dello scarico.

 

Incidenti o inconvenienti

L’articolo 237-noviesdecies introduce nella legislazione nazionale quanto previsto dall’articolo 7 della direttiva. Fatte salve le disposizioni della Parte sesta del D.lgs. 152/2006, di attuazione della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale e esclusi i casi disciplinati all'articolo 29-undecies (vedi infra), in caso di incidenti o inconvenienti che incidano in modo significativo sull'ambiente, il gestore:

a) deve informare immediatamente le Regioni, le Province e i Comuni territorialmente competenti;

b) deve adottare immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.

Le Regioni e le Province territorialmente competenti diffidano il gestore ad adottare ogni misura complementare appropriata e necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.

Disposizioni transitorie e finali

L’articolo 237-viginties-duo stabilisce l’adeguamento degli impianti esistenti alle disposizioni introdotte dal nuovo Titolo III-bis entro il 10 gennaio 2016.

Nel caso in cui l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto non preveda un rinnovo periodico entro il 10 gennaio 2015, entro tale data i gestori degli impianti di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti esistenti presentano comunque all'autorità competente una richiesta di rinnovo del titolo autorizzatorio per l'esercizio dell'impianto adeguato alla nuova normativa.

Per il recepimento di normative tecniche comunitarie di modifica degli allegati al nuovo Titolo III-bis si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa comunicazione ai Ministri della salute e delle attività produttive.

Ogni qualvolta la nuova normativa comunitaria preveda poteri discrezionali per la sua trasposizione, il decreto è adottato di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentita la Conferenza unificata.

Sanzioni e introiti delle sanzioni (artt. 16 e 17)

L'articolo 16 introduce l’articolo 261-bis  sulle sanzioni, nel Capo I del Titolo VI (Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali) della Parte Quarta del D.Lgs 152/2006, che rimangono identiche a quelle previste nell’articolo 19 del D.Lgs. 133/2005, specificandone i rapporti con la disciplina sanzionatoria prevista all'articolo 29-quattuordecies.

L’articolo 17 disciplina l’utilizzo degli introiti delle sanzioni amministrative relative agli impianti di incenerimento e coincenerimento (disciplinate dall’art. 261-bis), prevedendo che le somme riscosse siano:

-  versate all'entrata dei bilanci delle autorità competenti;

- destinate a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal Codice, nonché le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione.

Si fa notare come tale disposizione, che consente di recepire il criterio di delega recato dalla lettera d) dell’art. 3 della L. 96/2013, è analoga a quella recata dal nuovo testo del comma 13 dell’art. 29-quattuordecies del Codice (come riformulato dall’art. 7, comma 13, dello schema in esame). A differenza del citato comma 13, che introduce il vincolo di destinazione dei proventi al potenziamento delle ispezioni relativamente alle sole attività di competenza statale, la disposizione in commento riguarda tutte le autorità competenti.


Norme in materia di emissioni in atmosfera

Campo di applicazione e definizioni (artt. 18 e 19)

L’articolo 18 si limita ad un mero aggiornamento delle disposizioni dell'art. 267 che delimita il campo di applicazione del Titolo I (Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività) della Parte Quinta del Codice.

L’articolo 19 novella numerose definizioni utilizzate nella medesima parte V, attraverso corrispondenti modifiche dell’art. 268. In realtà le uniche modifiche rilevanti sono quelle recate dalle lettere g), h) ed i) del comma 1 dell'articolo in esame.

La lettera g) introduce la definizione di “ore operative” (di esercizio) recependo la definizione dettata dall'art. 3, punto 27, della direttiva;

La lettera h) adegua la definizione di grande impianto di combustione alle disposizioni dell'art. 30, paragrafo 2, della direttiva.

Rispetto al testo attualmente vigente del Codice, la differenza risiede nei diversi termini temporali a cui si fa riferimento per l’individuazione degli impianti: mentre il testo vigente distingue gli impianti in “anteriore al 1988”, “anteriore al 2006” o “nuovo”, il nuovo testo distingue gli impianti in “anteriore al 2002” (facendo riferimento agli impianti autorizzati o comunque con iter avviato prima del 27 novembre 2002, termine di recepimento della direttiva 2001/80/CE sui grandi impianti di combustione), “anteriore al 2013” (facendo riferimento al termine di recepimento della nuova direttiva IED, vale a dire il 7 gennaio 2013) o “nuovo”.

 

La lettera i) adegua la definizione di riutilizzo di solventi organici all'art. 57, punto 11), della direttiva.

Rispetto alla definizione attualmente vigente viene eliminata la condizione che prevede che il recupero dei solventi organici prodotti da una certa attività sia destinato all’attività medesima.

 

Limiti di emissione e convogliamento delle emissioni (artt. 20 e 21)

L’articolo 20 reca due novelle agli articoli 269 e 270 del Codice.

Si fa però osservare che la rubrica dell’articolo fa riferimento al solo articolo 269. Appare quindi opportuno aggiungere nella rubrica il riferimento all’art. 270.

Il comma 1 dell’art. 20 elimina il secondo periodo del comma 5 dell’art. 269 che sembrerebbe non essere conforme con i principi sanciti dall’art. 14, comma 2, della direttiva, il quale prevede che i valori limite di emissione “possono essere integrati o sostituiti con altri parametri o misure tecniche equivalenti che garantiscano un livello equivalente di protezione ambientale”.

 

Il comma 2 estende l’applicazione delle norme sul convogliamento delle emissioni di cui all’articolo 270 ai grandi impianti di combustione.

La relazione illustrativa sottolinea che tale estensione consente di rispettare il disposto dell'articolo 29 e dell'articolo 30, paragrafi 1 e 4, della direttiva.

In particolare si ricorda il disposto del citato paragrafo 1, ai sensi del quale “gli scarichi gassosi degli impianti di combustione sono smaltiti in modo controllato attraverso un camino contenente uno o più canne di scarico, la cui altezza è calcolata in modo da salvaguardare la salute umana e l'ambiente”.

La relazione illustrativa sottolinea altresì che non “non si è ritenuto necessario recepite le modifiche introdotte alla materia dal citato articolo 29 (limite di 15 MW degli impianti che concorrono alla somma)”.

Si ricorda in proposito che l’art. 29, paragrafo 3, dispone che ai fini del calcolo della potenza termica nominale totale di una combinazione di impianti di combustione, i singoli impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore a 15 MWth non sono considerati.

Si tratta di una condizione più permissiva, che non viene recepita e quindi permane la norma più restrittiva dettata dal vigente comma 9 dell’art. 273, ai sensi del quale “se più impianti di combustione, anche di potenza termica nominale inferiore a 50 MW, sono localizzati nello stesso stabilimento l'autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione”.

In altre parole la norma nazionale già vigente prevede che nel calcolo della potenza termica nominale complessiva dello stabilimento debbano essere inclusi anche impianti di combustione molto piccoli.

 

L'articolo 21 reca alcune novelle all’art. 271 del Codice. In particolare la lettera b) del comma 1 è volta ad escludere l'estensione per legge agli impianti oggetto di AIA delle disposizioni generali in materia di metodi di controllo delle emissioni in atmosfera, atteso che nell'AIA un approfondito piano di monitoraggio e controllo, tarato sulla specificità dell'impianto e pertanto potenzialmente più efficace di norme generali, è parte integrante del provvedimento.

La lettera c) reca una norma consequenziale alla modifica citata.

 

Disposizioni sui grandi impianti di combustione (artt. 22 e 23)

L'articolo 22 adegua alle pertinenti disposizioni della direttiva il testo dell'art. 273 del Codice relativo ai grandi impianti di combustione (artt. 28, 30, 33, 35 e 36).

La relazione illustrativa sottolinea che non vengono recepite le norme relative al piano nazionale transitorio, visto che la direttiva (art. 32) ne richiedeva la definizione entro il 2012 e, pertanto, le relative disposizioni non sono più attuali.

Con riferimento alla lettera e), si segnala l’eliminazione del riferimento all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera di cui all'art. 269; in proposito, come anche precisa la relazione illustrativa, si fa presente che l’autorizzazione non viene rilasciata in caso di grandi impianti dì combustione, che sono sottoposti ad AIA regionale o, qualora la potenza superi i 300 MW, ad AIA statale.

 

Limiti di emissione

Il nuovo testo dei commi 2 e 3 dell’art. 273 del Codice prevede l’applicazione dei limiti di emissione seguenti:

 

Grandi impianti di combustione

Limiti di emissione

nuovi (comma 2)

limiti di cui aIla Parte II, sezioni 1-6, dell'Allegato Il alla Parte V

anteriori al 2013 (comma 3, primo periodo)

i pertinenti limiti di cui alla Parte II, sez. 1-6, dell'Allegato II alla Parte V si applicano a partire dal 1° gennaio 2016.

anteriori al 1988 che hanno ottenuto l'esenzione prevista all'Allegato Il, Parte I, paragrafo 2, alla Parte V (comma 3, secondo periodo)

Tale paragrafo dispone (nel testo novellato dallo schema in esame), che i gestori degli impianti anteriori al 1988 presentano all'autorità competente, nell'ambito della richiesta di AIA, una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 20.000 ore operative a partire dal 1° gennaio 2008 ed a non farlo funzionare oltre il 31 dicembre 2015

in caso di esercizio dal 1° gennaio 2016, si applicano i limiti di emissione previsti per gli impianti nuovi.

 

Si ricorda che le nuove definizioni di impianto nuovo o anteriore al 2013 sono introdotte dall’art. 19, comma 1, lettera h), dello schema in esame.

 

Adeguamento delle autorizzazioni vigenti

Il nuovo testo del comma 3 dispone altresì che, entro il 1° gennaio 2016, le vigenti autorizzazioni devono essere adeguate alle disposizioni dell’art. 273 nell'ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico ovvero, se nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, a seguito di una richiesta di aggiornamento presentata dal gestore entro il 1° gennaio 2015 ai sensi dell'articolo 29-nonies (che, lo si ricorda, disciplina gli aggiornamenti dell’AIA in seguito a modifica degli impianti).

Lo stesso comma, fatto salvo quanto disposto dalla Parte II del Codice, dispone che le citate autorizzazioni continuano, nelle more del loro adeguamento, a costituire titolo all'esercizio fino al 1° gennaio 2016.

Il comma 3 dispone altresì che le autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo non possono stabilire valori limite meno severi di quelli previsti dalle autorizzazioni soggette al rinnovo, ferma restando l'istruttoria relativa alle domande di modifica degli impianti.

Deroghe concedibili dall’autorizzazione

Ai sensi del comma 4 dell’art. 273 l'autorizzazione può consentire, per gli impianti esistenti, nel periodo compreso tra 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, di non rispettare i limiti di emissione, qualora si verifichino le condizioni indicate dalla norma.

La norma si applica agli impianti di combustione di cui al comma 3 (cioè anteriori al 1988 con esenzione oppure anteriori al 2013) che nel periodo citato siano in esercizio per un numero di ore operative non superiore a 17.500 e ove ricorrano le ulteriori condizioni indicate nel medesimo comma 4.

Il comma 4-bis disciplina il sottocaso relativo ad impianti con potenza termica nominale totale superiore a 500 MW alimentati con combustibili solidi e autorizzati per la prima volta dopo il 1° luglio 1987. In tal caso la deroga consentita dal comma 4 non si applica ai limiti relativi agli ossidi di azoto (NOx), per i quali devono essere in tutti i casi rispettati, nel periodo citato, i valori limite previsti dall'Allegato II, Parte II, alla Parte V del Codice.

Il comma 5 disciplina invece il sottocaso relativo ad impianti anteriori al 2002 con potenza termica nominale totale non superiore a 200 MW, ove ricorrano le condizioni indicate dal medesimo comma 5.

Impianti esclusi

Le novelle recate dalle lettere c) e d) del comma 1 dell’art. 22 in esame aggiungono, alle fattispecie escluse dal campo di applicazione dell’art. 273 del Codice, anche le seguenti:

§         motori a gas usati su piattaforme off-shore e sugli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore (modifica della lettera i) del comma 15 dell’art. 273);

§         impianti che utilizzano come combustibile qualsiasi rifiuto solido o liquido non ricadente nella definizione di biomassa di cui all'Allegato II alla Parte Quinta (nuova lettera m-bis) del comma 15 dell’art. 273).

La definizione ivi richiamata è contenuta nella Parte I del citato allegato, alla lettera c) del paragrafo 1. Ai sensi di tale definizione si considerano biomassa i “prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile:

- rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;

- rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti di sughero;

- rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione.

Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni

L'articolo 23 adegua l'articolo 274 del Codice al dettato dell'articolo 35, paragrafo 2, e dell'articolo 72, paragrafi 3 e 4, della direttiva.

Benché la comparazione delle disposizioni citate non sia immediate, la sostanza delle norme della direttiva sembra essere correttamente recepita.

Fa eccezione la disposizione recata dal nuovo testo del comma 7 dell’art. 274, che fissa al 31 dicembre 2017 il termine iniziale da cui deve partire la comunicazione dei dati relativi agli impianti che usano combustibili solidi indigeni o a cui sono state concesse deroghe. La corrispondente disposizione della direttiva (art. 72, par. 4) prevede invece come decorrenza il 1° gennaio 2016.

 

Emissioni di composti organici volatili - COV (art. 24)

L'articolo 24 adegua alle pertinenti disposizioni della direttiva le norme dell’articolo 275 del Codice.

Tralasciando le modifiche di coordinamento e aggiornamento del testo, le uniche modifiche degne di nota paiono le seguenti:

§         viene introdotta una disposizione che, al fine di recepire l’art. 59, par. 7, della direttiva, impone l’adozione di opportune precauzioni per minimizzare le emissioni di COV durante le operazioni di avviamento e di arresto (nuovo comma 5 dell’art. 275);

§         viene recepita la definizione di “installazione esistente” recata dall’art. 57, par. 1, n. 1), della direttiva, considerando tale l’installazione in esercizio al 1° aprile 2001 o che, a tale data, ha avviato l’iter autorizzativo, a condizione che sia stata messa in funzione entro il 1° aprile 2002 (nuovo comma 8 dell’art. 275);

Si ricorda, in proposito, che la data del 1° aprile 2001 corrisponde al termine di recepimento della direttiva 1999/13/CE sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti.

§         vengono modificati i criteri da seguire in caso di modifica sostanziale, recependo il disposto dell’art. 63, paragrafo 2 (nuovo comma 11 dell’art. 275);

§         viene precisato, in linea con il disposto dell’art. 59 della direttiva, che anche qualora si provi che l’utilizzo della migliore tecnica disponibile non consente di rispettare i valori limite e si chieda una deroga all’autorità competente, questa può essere concessa solo a date condizioni, una delle quali è che le migliori tecniche disponibili deve comunque essere applicate (nuovo comma 12);

§         vengono definite le modalità di adeguamento agli atti comunitari di attuazione dell'art. 72, comma 2, della direttiva, per quanto attiene alla comunicazione dei dati inerenti gli stabilimenti con emissioni di COV, prevedendo l’emanazione di apposito decreto (nuovo comma 19).

Si osserva che il testo fa riferimento ad un apposito decreto emanato ai sensi dell’art. 281, comma 6, del Codice, che rinvia all’articolo 13 della legge 11/2005 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea). In considerazione del fatto che tale articolo 13, che riguarda gli adeguamenti tecnici, è stato abrogato dalla legge 234/2012 e non è stato riprodotto nel testo di tale legge, andrebbe chiarito quale procedura debba essere seguita per l’adeguamento agli atti europei di attuazione.

 

L’art. 72, par. 1, della direttiva, impone agli Stati membri di provvedere affinché siano messe a disposizione della Commissione UE informazioni sull'attuazione della direttiva. Il successivo paragrafo 2 dispone che il tipo, il formato e la frequenza delle citate informazioni sono stabiliti secondo la procedura di regolamentazione disciplinata dalla medesima direttiva.

Disciplina delle installazioni che producono biossido di titanio (art. 25)

L'articolo 25 introduce l’art. 298-bis nel testo del Codice (nuova Parte Quinta-bis) al fine di recepire gli articoli 67, 68, 69, 70 e 72 della direttiva, che recano la disciplina relativa all'industria del biossido di titanio.


Modifiche agli allegati al Codice ambientale di cui al D.Lgs. 152/2006 (artt. 26, 27 e 28)

Gli articoli 26, 27 e 28 modificano, rispettivamente, gli allegati alle parti II, IV e V del Codice.

 

Con riferimento all’art. 26, la relazione illustrativa sottolinea che il comma 2 adegua l'Allegato IX alla Parte Seconda del Codice anche al fine di chiarire il rapporto tra AIA e autorizzazione agli scarichi rilasciate dal Magistrato alle Acque di Venezia, “considerato che la relativa normativa speciale non è stata mai espressamente adeguata alle norme statali e comunitarie”.

Con riferimento all’allegato VIII che delimita il campo di applicazione della disciplina in materia di AIA elencando gli impianti e le attività soggetti, si fa notare, oltre all’inserimento di numerose precisazioni, l’inserimento di una serie di impianti o attività. In particolare si segnalano:

§         gassificazione o liquefazione di combustibili diversi dal carbone in installazioni con una potenza non inferiore a 20 MW (punto 1.4, lettera b);

§         accumulo temporaneo di rifiuti pericolosi (alle condizioni indicate), con una capacità totale superiore a 50 tonnellate (Mg), eccetto il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono generati i rifiuti (punto 5.5);

§         deposito sotterraneo di rifiuti pericolosi con una capacità totale superiore a 50 tonnellate (punto 5.6);

§         conservazione del legno e dei prodotti in legno con prodotti chimici con una capacità di produzione superiore a 75 m3 al giorno eccetto il trattamento esclusivamente contro l'azzurratura (punto 6.10);

§         attività di trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperte dalle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, ed evacuate da un'installazione in cui è svolta una delle attività di cui al medesimo allegato VIII (punto 6.11).

 

L'art. 27 adegua gli allegati alla Parte IV del Codice (Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati) e, in particolare:

- il comma 1 adegua la pagina di riepilogo degli allegati alla parte quarta

Allegato B, elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;

Allegato C, elenco non esaustivo delle operazioni di recupero;

Allegato D, elenco dei rifiuti;

Allegato E e Allegato F, recanti i criteri da applicarsi sino all'entrata, in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 226, comma 3, sui requisiti essenziali concernenti la composizione e la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità) degli imballaggi;

Allegato I, caratteristiche di pericolo per i rifiuti

Allegato L, esempi di misure di prevenzione dei rifiuti.

- il comma 2 rettifica l'Allegato L, Parte Quarta, punto 7, del D.Lgs 152/2006, sostituendo il riferimento alla direttiva 96/61, con il riferimento al Titolo III-bis alla Parte Seconda, in cui si disciplina l'autorizzazione integrata ambientale;

- il comma 3 introduce dopo il punto 7, il punto 7-bis recante l’introduzione delle misure indicate nei documenti di riferimento sulle BAT (migliori tecniche disponibili) per prevenire la produzione di rifiuti da installazioni soggette al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Sono a tal fine pertinenti le operazioni di riutilizzo, riciclo, ricupero effettuate all'interno delle stesse installazioni in cui si generano i materiali;

- il comma 5 recepisce l'Allegato VI (Disposizioni tecniche relative agli impianti di incenerimento dei rifiuti e agli impianti di coincenerimento dei rifiuti) della direttiva 2010/75, ed introduce gli allegati I, Il e IIl al Titolo III-bis della Parte Quarta, anche alla luce delle disposizioni recate dagli allegati al decreto legislativo 133/2005.

 

Con riferimento all’art. 28, in materia di emissioni in atmosfera, paiono degne di nota le disposizioni recate dal comma 7 dell’art. 28, che riscrive le sezioni 1-5 della parte II dell’allegato II alla parte V, che stabiliscono i limiti di emissione per i grandi impianti di combustione in relazione a ossidi di zolfo (SO2)e di azoto (NOx), carbonio (CO) e polveri.

Si segnala, inoltre, che il comma 18 dell’art. 28 introduce l'Allegato X-bis alla Parte V del Codice al fine di recepire l'Allegato VIII della direttiva, relativo alle attività che producono biossido di titanio.


Disposizioni transitorie, finali ed abrogative

Norme transitorie (art. 29)

L’art. 29 reca una serie di disposizioni transitorie. Vale la pena soffermarsi su quelle recate dai primi tre commi.

Il comma 1 consente, per le installazioni esistenti che svolgono attività già assoggettate ad AIA dal D.Lgs. 59/2005 (decreto di recepimento della direttiva IPPC, poi confluito nel Titolo III-bis della parte II del Codice per opera del D.Lgs. 128/2010), il completamento delle procedure di rilascio, rinnovo, riesame o modifica dell'AIA in corso alla data del 7 gennaio 2013 sulla base della normativa vigente al momento della presentazione dell’istanza.

I commi 2 e 3 invece disciplinano il primo rilascio dell’AIA ad impianti esistenti non già assoggettati ad AIA sulla base delle norme introdotte nel Codice dal D.Lgs. 128/2010. Viene previsto che i gestori presentino l’istanza entro il 7 luglio 2014 e che l’AIA venga rilasciata entro il 7 luglio 2015.

Gli stessi termini vengono previsti per l’istanza di adeguamento ai requisiti del Titolo III-bis della Parte II del Codice Seconda, nel caso - così recita la norma - in cui “l'esercizio debba essere autorizzato con altro provvedimento”.

Al riguardo, si osserva che non è chiaro a quali impianti fa riferimento la norma.

Si fa notare che i termini indicati sono gli stessi indicati dall’art. 82, paragrafo 2, della direttiva.

Norme relative al Registro europeo delle emissioni inquinanti (art. 30)

L’art. 30 introduce alcune norme che integrano, senza novellarle le disposizioni del D.P.R. 157/2011, con il quale è stata data attuazione al regolamento (CE) n. 166/2006 relativo all'istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti.

Il comma 1 riproduce il disposto dell’art. 3, comma 2, del citato D.P.R. con limitate modifiche (si veda il testo a fronte di seguito riportato).

Al riguardo, andrebbero chiarite le ragioni per le quali si provvede a inserire la la specificazione relativa agli impianti di combustione con potenza che raggiunge 51 MW.


 

Art. 3, co. 2, D.P.R. 157/2011

Comma 1 in esame

2.  Le autorità competenti alla valutazione della qualità dei dati forniti dai gestori ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del presente decreto, sono:

 

 

1. Le autorità competenti ad ottemperare agli obblighi di comunicazione e di valutazione della qualità dei dati, di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 2011, n.157, sono:

a)  per i complessi in cui almeno un impianto svolge un'attività di cui all'allegato VIII al decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128,

la o le autorità competenti al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento di autorizzazione;

a) per complessi in cui almeno una installazione svolge un'attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,

la o le autorità competenti al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento di autorizzazione;

b) per i complessi non compresi nella lettera a), la stessa autorità

prevista alla medesima lettera a),

 

 

 

b) per i complessi non compresi nella lettera a), la stessa autorità competente prevista alla medesima lettera a) per un impianto di combustione che nella medesima località raggiungesse la potenza termica di 51 MW,

salvo diversa indicazione della regione o della provincia autonoma in cui il complesso è localizzato che deve essere notificata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

salvo diversa indicazione della regione o della provincia autonoma in cui il complesso è localizzato, che deve essere notificata, per ciascuna annualità di rilevazione, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale entro il 30 marzo.

 

 

Il comma 2 prevede che le comunicazioni annuali previste dal D.M. 22/2013 di cui all'articolo 14 del decreto 14 febbraio 2013, n. 22 (Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari) siano effettuate con le modalità previste dal citato D.P.R.

I commi 3 e 4 introducono sanzioni amministrative pecuniarie per dare effettività agli obblighi di comunicazione previsti dal citato D.P.R.

In proposito, si ricorda che l'art. 2 della L. 96/2013 reca una delega di carattere generale per l’introduzione di sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data dell'entrata in vigore della legge, per le quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.

Altre disposizioni (artt. 31-33)

L‘art. 31 novella l’art. 12, comma 3, del D.Lgs. 387/2003, che disciplina l’autorizzazione regionale unica di produzione di energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili, al fine di chiarire che, nei casi in cui la potenza termica installata dell’impianto è pari o superiore ai 300 MW, l’autorità competente è il Ministero dello sviluppo economico.

Tale disposizione sembra finalizzata a recepire il criterio di delega recato dalla lettera a) dell’art. 3 della L. 96/2013, che prevede che restino ferme le competenze statali semplificate per gli impianti con potenza superiore a 300 MW, di cui al D.L. 7/2002.

Si ricorda che l’art. 1, comma 1, del D.L. 7/2002 ha previsto, fino al 31 dicembre 2003, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici (e gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, ivi compresi gli interventi di sviluppo e adeguamento della rete elettrica di trasmissione nazionale necessari all’immissione in rete dell’energia prodotta) sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire l'impianto in conformità al progetto approvato.

L’art. 1-sexies, comma 8, del D.L. 239/2003, ha successivamente previsto l’applicazione a regime, per la costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, delle norme autorizzative che il D.L. 7/2002 aveva introdotto in via transitoria fino al 31 dicembre 2003.

 

L’art. 32 novella il comma 2 dell’art. 2 del D.L. 96/1995 che attribuisce al Magistrato alle acque la competenza al rilascio delle autorizzazioni agli scarichi (idrici) effettuati all'interno della conterminazione lagunare di Venezia.

La novella, oltre ad aggiornare i riferimenti normativi, provvede soprattutto a chiarire che qualora l’autorizzazione allo scarico sia sostituita dall'AIA, il Magistrato alle acque esprime le proprie determinazioni nell'ambito della prevista conferenza di servizi.

 

L’art. 33 reca, ai commi 1 e 2, le usuali clausole di invarianza finanziaria.

Il comma 3 reca invece una disposizione che fissa un termine (6 mesi dall’entrata in vigore del presente schema) per l’emanazione del decreto attuativo previsto dall'articolo 9, comma 1, lett. a), dello schema in esame.

Si tratta del decreto interministeriale che dovrà disciplinare le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dalla normativa in materia di AIA, nonché i compensi spettanti ai membri della Commissione istruttoria.

Si ricorda altresì che ai sensi della lettera b) del medesimo comma 1 nelle more della citata emanazione resta fermo quanto stabilito dal D.M. 24 aprile 2008, pubblicato nella G.U. del 22 settembre 2008, recante “Modalità, anche contabili, e tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, recante attuazione integrale della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento”.

Abrogazioni (artt. 34)

L’art. 34 provvede ad abrogare una serie di disposizioni del Codice che risultano superate o in contrasto con la direttiva (è il caso ad esempio del comma 2 dell’art. 29-sexies, di cui si è già detto nell’ambito dell’esame dell’art. 7 del presente schema).

Vengono altresì abrogate le seguenti norme estranee al Codice e che lo schema in esame provvede a far confluire nel testo del D.Lgs. 152/2006:

§         il D.L. 180/2007, recante differimento di termini in materia di AIA;

§         il D.Lgs. 100/1992, di recepimento delle direttive in materia di inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di titanio;

§         il D.Lgs. 133/2005, attuativo della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti. Tale decreto viene abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2016.

 



[1]     Acronimo di Industrial Emissions Directive.

[2] L’art. 3 della direttiva definisce “installazione” l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I o nell'allegato VII, parte I (attività che utilizzano solventi organici), e qualsiasi altra attività accessoria presso lo stesso luogo, che sono tecnicamente connesse con le attività elencate nei suddetti allegati e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento.

[3] Causa C 50/10 (Procedura d’infrazione n. 2008/2071)

[6]     Acronimo di “Classification, Labelling and Packaging”.

[7]     Acronimo di "Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals".

[8]     Fonte: Arpa Piemonte.