Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Disposizioni per lo sviluppo di nuove forme contrattuali nella filiera agroindustriale dell'allevamento e per il riequilibrio dei rapporti tra soccidario e soccidante A.C. 1768
Riferimenti:
AC N. 1768/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 246
Data: 26/11/2014
Descrittori:
CONTRATTI   ZOOTECNIA E ALLEVAMENTO
Organi della Camera: XIII-Agricoltura


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Disposizioni per lo sviluppo di nuove forme contrattuali nella filiera agroindustriale dell'allevamento e per il riequilibrio dei rapporti tra soccidario e soccidante

26 novembre 2014
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Formulazione del testo|


Contenuto

La proposta di legge in esame, composta di 7 articoli, contiene, al Capo I, articoli 1 e 2, disposizioni per lo sviluppo di nuove forme contrattuali nella filiera agroindustriale dell'allevamento e, al Capo II, articoli da 3 a 6, misure per il riequilibrio dei rapporti tra le parti del contratto di soccida semplice. L'articolo 7 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento.

La soccida nel codice civileLa soccida è un contratto di natura associativa, previsto dal codice civile, assieme alla colonia parziaria e alla mezzadria, nell'ambito della disciplina sull'impresa agricola (articoli 2170-2186 cc). Il contratto tipo, ordinariamente di durata triennale, è diretto a costituire un'associazione tra colui (soccidante, concedente) che dispone del bestiame (bovini, suini, pollame, ecc.) e chi lo alleva (soccidario, allevatore) al fine di ripartire il guadagno della soccida cioè l'accrescimento del bestiame - sia nel numero dei capi che nel maggior valore dei singoli animali determinato dal raggiungimento dell'età o delle cure dell'uomo - e gli altri prodotti ed utili che ne derivano. Il codice civile, contempla tre tipologie contrattuali:
  • la soccida semplice, in cui il bestiame è conferito dal soccidante (artt. 2171-2181 cc);
  • la soccida parziaria, in cui il bestiame è conferito da entrambe le parti nella proporzione stabilita (artt. 2182-2185 cc);
  • la soccida con conferimento di pascolo, in cui il bestiame è conferito dal soccidario, mentre il soccidante conferisce il terreno per il pascolo (art. 2186 cc).
La direzione dell'impresa spetta al soccidante che impartisce le direttive per lo svolgimento dei compiti del soccidario cioè la custodia e l'allevamento del bestiame, la lavorazione dei prodotti da essi derivati ed il trasporto fino al deposito. All'inizio del contratto viene fatta una stima che indica il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l'età del bestiame. Tale stima serve per determinare la quota di prelevamento del bestiame stesso a cui ha diritto il soccidario-allevatore al termine del contratto. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili così come le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite o secondo gli usi. È, comunque, nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella che gli spetta come guadagno. La legge n. 203 del 1982 ha previsto (art. 25) la conversione in affitto dei contratti agrari - tra cui i contratti di soccida con conferimento di pascolo e di soccida parziaria (ove vi sia conferimento di pascolo e quando l'apporto del bestiame da parte del soccidante sia inferiore al 20%) – non toccando tuttavia la disciplina del contratto di soccida semplice.

Nuova forma di contratto agrarioL'articolo 1, rubricato "sviluppo di nuove forme contrattuali nella filiera agroindustriale dell'allevamento degli animali" prevede una nuova forma di contratto agrario che integra lefattispecie codicistiche della soccida, alla quale l'articolo 2 connette specifici benefici di ordine fiscale.

La finalità perseguita attraverso l'introduzione di tale nuova forma di contratto è quella di rendere maggiormente efficiente la produzione e la vendita di prodotti dell'allevamento nel mercato.
L'articolo dispone in particolare che le imprese specializzate nel collocamento sul mercato dei prodotti dell'allevamento di animali (cd. imprese committenti) possano stipulare contratti, aventi forma scritta a pena di nullità, con imprese specializzate nell'allevamento di animali (cd. imprese di allevamento) (comma 1), in cui:
  1. l'impresa committente si obbliga a fornire all'impresa di allevamento il capitale di animali, di mangimi e di medicinali e servizi veterinari per lo svolgimento dell'attività di allevamento;
  2. l'impresa di allevamento - con la propria organizzazione produttiva e tramite il capitale di animali, di mangimi e di medicinali e servizi veterinari fornito dal committente - si obbliga ad allevare gli animali secondo i termini e le modalità stabiliti nel contratto;
  3. al termine del ciclo di allevamento, l'impresa committente preleva i prodotti derivanti dall'allevamento al fine della loro immissione nel mercato, previo pagamento del corrispettivo stabilito tra le parti. Il corrispettivo deve essere determinato in modo tale da garantire comunque all'impresa di allevamento un guadagno non inferiore al 30 per cento delle spese produttivepreventivateper l'attività di allevamento oggetto del contratto (comma 2).
Si consideri che secondo la dottrina, posto che nel contratto di soccida sia il soccidante che il soccidario sono soggetti a rischio di impresa, la definizione di un compenso fisso per l'attività di allevamento farebbe ricadere il rapporto nell'ambito di un contratto d'opera e non di soccida.

Infine, l'articolo 1 dispone che il contratto deve anche prevedere il corrispettivo da versare all'impresa di allevamento in caso di malattia infettiva (epizoozia) degli animali (comma 3).

Si richiama, in proposito, la legge n. 218/1988, la quale contiene misure per la lotta contro l'afta epizootica ed altre malattie epizootiche degli animali.
L'articolo 2 della predetta disciplina dispone che nei casi di afta epizootica, il sindaco, su proposta del servizio veterinario dell'unità sanitaria locale competente, ordina l'abbattimento e la distruzione degli animali infetti e di quelli sospetti di infezione.Quando è necessario, per impedire la diffusione della malattia, il Ministro della Salute, previa individuazione dell'area interessata, dispone, con proprio decreto, anche l'abbattimento degli animali sospetti di contaminazione e degli animali sani recettivi, autorizzando eventualmente l'utilizzazione delle carni e di altri prodotti ed avanzi, secondo le modalità e alle condizioni che saranno stabilite con decreto ministeriale. Nei casi di altre malattie per le quali è previsto l'obbligo della denuncia, il Ministro della Salute, quando sia necessario per impedire la diffusione della malattia, stabilisce che gli animali infetti o sospetti di infezione o di contaminazione siano abbattuti ed eventualmente distrutti alle condizioni e secondo le modalità che saranno stabilite con decreto ministeriale.
Il comma 4 dell'articolo 2 qui citato dispone in particolare che - ad esclusione dei casi di tubercolosi e di brucellosi - per gli animali infetti o sospetti di infezione o di contaminazione o sani recettivi, abbattuti a partire dal 4 giugno 1986, è concessa al proprietario o al soccidario, in ragione degli accordi stipulati con il soccidante, una indennità pari al 100 per cento del valore di mercato, calcolata sulla base del valore medio degli animali della stessa specie e categoria, secondo i criteri determinati dal Ministro della salute di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e agroforestali, sentite le organizzazioni nazionali dei produttori zootecnici e dei veterinari (D.M. 587/1996 e D.M. n. 298/1989).

Qualora, a seguito dell'avvenuto abbattimento dei capi, l'autorità sanitaria competente disponga la distruzione di attrezzature fisse o mobili e/o, in quanto non adeguatamente disinfettabili, di mangimi, di prodotti agricoli e di prodotti zootecnici contaminati, al proprietario o al soccidario, in ragione degli accordi stipulati con il soccidante, è concessa una indennità pari all'80 per cento del valore attribuito in sede di stesura del verbale di distruzione. L'indennità viene maggiorata della percentuale di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto ministeriale ai fini del regime speciale IVA per i produttori agricoli (di cui al primo comma dell'articolo 34 del D.P.R. n. 633/1972), nel caso in cui il proprietario degli animali di cui sia stato disposto l'abbattimento o il soccidario sia un produttore agricolo che non abbia esercitato l'opzione di applicazione dell'IVA nei modi ordinari.
Nel caso di abbattimento di bovini l'indennità è concessa alla condizione che siano stati vaccinati in conformità alle ordinanze del Ministro della salute e nei casi in esse previsti.
Qualora venga consentita l'utilizzazione delle carni degli animali di cui è stato disposto l'abbattimento, dall'indennità prevista viene detratto l'importo ricavato dai proprietari degli animali a seguito dell'utilizzazione delle carni.
L'indennità non viene corrisposta per l'abbattimento degli animali in transito o importati dall'estero, ancorché nazionalizzati, qualora venga accertato che la malattia era preesistente all'importazione.
L'articolo 4 della legge n. 218/1988 dispone che le indennità gravano sulla quota a destinazione vincolata del Fondo sanitario nazionale, per la parte afferente alla profilassi delle malattie infettive e diffusive degli animali.
Per tali indennità il Ministro dell'economia assegna direttamente alle regioni, su proposta del Ministro della salute, le somme destinate al pagamento delle indennità di abbattimento in relazione agli abbattimenti effettuati o preventivati dalle regioni interessate.
Le regioni provvedono poi direttamente, entro sessanta giorni dall'abbattimento, a liquidare agli allevatori le indennità ad essi spettanti. A decorrere dalla scadenza del predetto termine sono dovuti gli interessi legali.
Ai fini dell'applicazione delle norme sull'abbattimento per impedire la diffusione della malattia (articolo 2, comma 2 della legge), la regione stabilisce tempestivamente le modalità ed i tempi dello stesso abbattimento, tenuto conto della consistenza numerica degli allevamenti, del sistema di allevamento e della situazione epizoologica, in conformità alle direttive impartite dal Ministro della salute. Il sindaco adotta l'ordinanza di abbattimento e, nel caso, di distruzione degli animali, ed informa in ogni caso il Ministero della salute e la regione.
Con separato provvedimento, il sindaco stabilisce l'ammontare complessivo delle indennità da corrispondere al proprietario interessato in ragione del numero degli animali abbattuti e della misura dell'indennità calcolata per ciascun animale, detraendo eventualmente il ricavo della vendita delle carni, dei prodotti e degli avanzi. I provvedimenti del sindaco sono definitivi e sono trasmessi alla regione.

Con riferimento al comma 3 dell'articolo 1, sembra opportuno prevedere un coordinamento con la disciplina generale degli indennizzi previsti dalla legge n. 218/1988 per i capi abbattuti (e per la distruzione di attrezzature fisse o mobili) in caso di afta epizootica ed malattie epizootiche degli animali.

Benefici fiscaliL'articolo 2 dispone che, per le imprese di allevamento di bestiame che stipulano i contratti ai sensi dell'articolo 1, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti con tale attività un coefficiente di redditività del 20 per cento.

Per ciò che attiene il regime tributario dei soggetti che esercitano attività agricole, si ricorda che, ai fini IRPEF, gli articoli da 32 a 34 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. n. 917/1986 recano la specifica disciplina del reddito agrario, la quale si applica, ai sensi dell'articolo 32, comma 1:
  • alle attività agrarie dirette alla coltivazione del terreno e alle attività agrarie di allevamento di animali con mangimi ottenibiliper almeno un quarto dal terreno stesso (lettere a) e b));
  • alle attività agrarie connesse, di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, ma limitatamente a quelle dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, tra i quali la produzione di carni e prodotti della loro macellazione e la produzione dei derivati del latte (lettera c) e relativo D.M. attuativo 5 agosto 2010).

Il regime del reddito agrario prevede, in estrema sintesi, che il reddito sia determinato, in base all'articolo 34 del TUIR, mediante l'applicazione di tariffe d'estimo.
Le società di persone, di capitali e gli Enti commerciali, per le attività agricole esercitate non producono reddito agrario (catastalmente determinato in relazione ai terreni posseduti) ma reddito d'impresa (articolo 56 del TUIR).
Si consideri ai sensi dell'articolo 56 del TUIR, per i soggetti che esercitano attività di allevamento di animalioltre il limite indicato nella lettera b), comma 2, articolo 32, - e dunque, nel caso che i capi allevati siano eccedenti rispetto al numero di capi allevabili con l'utilizzo del quarto dei mangimi ottenibili dal terreno - il reddito, per la parte eccedente il limite di cui alla lettera b), concorre a formare reddito di impresa secondo l'ammontare determinato attribuendo a ciascun capo un reddito pari al valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limite di cui alla lettera b), moltiplicato per un coefficiente che tiene conto delle diverse incidenze dei costi. Le relative spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione.
Il valore medio e il coefficiente sono stabiliti ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali.
Si consideri comunque, che la condizione richiesta dall'articolo 32, comma 2, lettera b) è che il terreno posseduto abbia la capacità potenziale di produrre almeno un quarto del mangime necessario all'allevamento, essendo irrilevante ai fini fiscali sia la quantità totale di mangime prodotto dall'impresa sia quella acquistata.
Il contribuente ha facoltà, in sede di dichiarazione dei redditi, di non avvalersi delle disposizioni sopra indicate.
Nel caso di allevamenti «senza terra» (ovvero se non c'è la conduzione di nessun terreno), l'intera attività rientra dunque nel campo del reddito d'impresa e l'imponibile fiscale va determinato sulla base dei costi e ricavi d'esercizio.
Dunque, sulla base di quanto sopra esposto, può sintetizzarsi che i redditi di allevamentosecondo la disciplina vigente possono essere determinati in tre modi:
  • in base al reddito agrario se l'allevatore possiede terra tale da produrre potenzialmente un quarto dei mangimi necessari all'allevamento (sulla base di apposite tabelle ministeriali);
  • in base al redditosia agrario sia d'impresa forfettizzato ai sensi dell'articolo 56, comma 5 del TUIR nei modi sopra detti, laddove l'allevatore non possiede terreno sufficiente a produrre almeno un quarto dei mangimi per l'allevamento;
  • in base al reddito di impresa secondo le risultanze di bilancio (ricavi - costi).

Si ricorda al riguardo che, ai sensi del comma 1093 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006), le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del D.Lgs. n. 99/2004, possono optare per l'imposizione dei redditi su base catastale (ai sensi dell'articolo 32 del TUIR) in luogo della determinazione del reddito effettivo, qualora abbiano quale oggetto sociale esclusivo le attività di cui all'articolo 2135 cc. e nella ragione sociale l'indicazione società agricola.
 Il Ministero delle finanze con Risoluzione n. 1266 del 26 luglio 1979 ha precisato il trattamento tributario dei redditi derivanti dall'attività di allevamento degli animali mediante soccida semplice. Il Ministero in quella sede ha rilevato che il regime di determinazione automatica del reddito di allevamento può essere applicato sia dal soccidante, il proprietario degli animali, che dal soccidario in via autonoma tra loro.
A tal fine, soccorre la disciplina civilistica che, identificando nel soccidante il titolare dei poteri di direzione tecnica e amministrativa, consente di considerare tale soggetto obbligato, altresì, alla tenuta della contabilità separata relativa ai fatti di gestione dell'attività di soccida.
Dunque, avuto riguardo alla citata autonomia impositiva e alle possibilità spetta all'indicato soggetto sia di tenere il registro di carico e scarico degli animali allevati, sia di tenere la contabilità separate per l'annotazione dei ricavi che, sotto forma di prodotti e accrescimenti, riguardano la soccida in questione.
Il Ministero ha inoltre rilevato che "il soccidarioèpur sempre possessore di reddito agrario per essere egli apportatore di lavoro organizzato indispensabile all'attuazione delle finalità perseguite con la soccida; resta inteso, viceversa, che è irrilevante il possesso di terreni da parte del soccidario, non essendo a suo carico, generalmente, l'apporto del terreno e la fornitura del mangime per l'alimentazione del bestiame".
Dunque, se il soccidario è titolare di reddito agrario in quanto è proprietario o affittuario in proprio del fondo, utilizza il proprio reddito agrario per la determinazione dei capi eccedenti. Se il soccidario è invece sprovvisto di reddito agrario, il soccidante dovrà comunicare al soccidario una quota del reddito agrario ad esso imputabile dei propri terreni, applicandosi la regola della conduzione associata di cui all'art. 33, D.P.R. 917/86.

Alle imprese committenti che stipulano contratti dell'articolo 1, è riconosciuto, ai sensi dell'articolo 2, un credito d'imposta del 5 per cento sulle spese documentate relative all'acquisto di animali, di mangimi e di medicinali e servizi veterinari forniti alle imprese di allevamento.

Si osserva, anche in considerazione del fatto che la copertura finanziaria del provvedimento, disposta nell'articolo 7, è operata sul triennio 2014-2016, che l'articolo 2 non indica la decorrenza e durata del beneficio del credito di imposta ivi previsto, non indica altresì le modalità attraverso le quali può essere fruito, le modalità di verifica e monitoraggio delle spese sostenute e della coerenza delle stesse con le previsioni di spesa. 

Infine, ai sensi dell'articolo 2, il corrispettivo spettante all'impresa di allevamento è esente dall'imposta sul valore aggiunto (IVA), che è assolta totalmente dall'impresa committente con la vendita degli animali.

Si osserva al riguardo che la norma in esame, per come formulata, appare introdurre un'esenzione totale dall'IVA a regime. Sarebbe opportuno verificare la compatibilità con la disciplina UE sugli aiuti di Stato. 

Per quanto riguarda l'IVA, l'articolo 34 del decreto D.P.R. n. 633/1972 reca un regime speciale per i produttori agricoli, cioè per i soggetti che esercitano le attività indicate nel già citato articolo 2135 del codice civile, salva opzione del contribuente per l'applicazione del regime ordinario.
In sintesi, ai sensi del comma 1 del predetto articolo 34, per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte della tabella A) allegata al D.P.R. n. 633/1972 effettuate dai produttori agricoli, la detrazione, dall'imposta dovuta dal soggetto passivo sulle operazioni effettuate, dell'imposta assolta o addebitata dal medesimo soggetto passivo sugli acquisti da lui effettuati nell'esercizio di impresa, arte o professione, è calcolata in maniera forfettaria, in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, di percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con vari decreti del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.
In tale contesto segnala inoltre come, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 34, i produttori agricoli che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti di cui al comma 1, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l'obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali.
Relativamente alla attività di soccida, essa in via generale èassoggettata al regime speciale, fatto salvo il caso in cui il soccidantenondisponga di alcun allevamento in proprio e operi esclusivamente mediante contratti associativi. Solo in questo caso il regime speciale agricolo non si rende applicabile (Circolare Ministero finanze 27/4/73, n. 32). 

IlRiequilibrio tra le parti del contratto di soccida Capo II della proposta di legge, articoli da 3 a 6, prevede disposizioni volte ad un riequilibrio dei rapporti tra le parti del contratto di soccida semplice (disciplinato dagli artt. 2170 e ss. del codice civile).

In particolare, l'articolo 3, in particolare, stabilisce che in caso di sentenza di condanna del soccidante-concedente al pagamento di somme di denaro per i crediti di cui all'art. 2178 c.c. – ovvero quelli relativi agli accrescimenti ai prodotti, agli utili e alle spese sostenute - al soccidario-allevatore deve essere riconosciuto, ex art. 429 c.p.c., terzo comma, oltre all'interesse legale, anche il maggior danno eventualmente subito per la diminuzione di valore del suo credito. Il diritto alla rivalutazione monetaria del credito del soccidario viene quindi equiparato a quello previsto per i crediti che il lavoratore vanta nei confronti del datore di lavoro ex art. 429, terzo comma, del codice di rito civile. Con la sentenza, il giudice dovrà quindi condannare il soccidante-concedente anche al pagamento di tale ulteriore somma, con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto (comma 1).

L'articolo 3 stabilisce, inoltre, che le spese di allevamento non possono essere poste a carico del soccidario-allevatore in proporzione superiore alla parte di guadagno ad esso spettante (comma 2). Dalla violazione di tale previsione, l'art. 2178 c.c. fa derivare, nella soccida semplice, la nullità del patto che stabilisca diversamente.

Tra le spese a carico del soccidario, in mancanza di espressa pattuizione e di usi, vi sono quelle per la manodopera necessaria all'allevamento, per la lavorazione dei prodotti e per il loro trasporto al deposito.

Il comma 3 detta una disciplina conseguente ad eventuale malattia infettiva (epizoozia) che si diffonda tra il bestiame (fattispecie disciplinata anche dall'art. 1 per i nuovi tipi di contratti ivi previsti). In tali ipotesi, è stabilito che l'indennizzo minimo in favore degli allevatori riconosciuto dalla legge n. 218/1988 (pari al 100% del loro valore di mercato) non possa essere inferiore alle spese sostenute dal soccidario ed al valore del lavoro svolto in relazione agli animali infetti abbattuti.

Con riferimento al comma 3 dell'articolo 3, esso sembra debba essere riformulato - per ragioni sistematiche - nei termini di una modifica esplicita alla disciplina generale degli indennizzi di cui alla legge n. 218/1988 (vedi supra).

Gli articoli 4 e 5 individuano le clausole vessatorie del contratto di soccida semplice, riprendendo l'esperienza maturata in materia di tutela dei consumatori (Codice del consumo, D.Lgs. 206 del 2005) e dei subfornitori in posizione di dipendenza economica (articolo 9, L. 192 del 1998).

Le clausole vessatorie sono quelle che determinano un forte squilibrio tra i diritti delle parti del contratto, Esse trovano disciplina generale nell'art. 1341 c.c. dedicato alle "Condizioni generali di contratto", che al secondo comma dispone che "in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità , facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze , limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi , tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria". Le clausole vessatorie sono nulle e comportano, di regola, la nullità relativa del contratto cui si riferiscono, lasciando valide le altre statuizioni del contratto. La loro nullità può, tuttavia, travolgere l'intero contratto, rendendolo nullo, quando tali clausole siano essenziali cioè quando la loro assenza ne avrebbe impedito la conclusione (art. 1419 c.c.).

Dette clausole sono suddivise dalla proposta di legge in tre categorie, modulate secondo la gravosità dell'onere della prova della vessatorietà, posto a carico del soccidario-allevatore.

Si prevedono all'art. 4:

  • clausole vessatorie, definite come quelle che determinano a carico del soccidario, che si trovi in posizione di dipendenza economica, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (art. 4, comma 1); si tratta di una previsione di chiusura che definisce in via atipica la vessatorietà di tali clausole, che di volta in volta il giudice è chiamato ad accertare;
Nella soccida non è infrequente che l'allevatore versi in una posizione di dipendenza economica nei confronti del soccidante; spesso, infatti, i soccidanti sono detentori di ingenti quote di mercato dei fattori produttivi e dell'attività di allevamento (si pensi alle industrie di mangimi) tale da determinare un indebolimento della componente agricola (il soccidario allevatore).
  • clausole tipizzate che si presumono vessatorie, ma per le quali il soccidante ha la possibilità di provare che non sono state frutto di un abuso di dipendenza economica così evitandone la nullità (art. 4, comma 2); si tratta di clausole:
    • che prevedono il recesso dal contratto del solo soccidante, tranne che per giusta causa (lett. a);
    • che derogano alla competenza territoriale del giudice (lett. b);
    • che escludono o limitano la possibilità del soccidario di partecipare alle operazioni di stima del bestiame (lett. c);
Sostanzialmente, in tali casi, il soccidante è chiamato a dimostrare che la sottoscrizione di una delle clausole di cui alla lett. a), b) e c) sottoscritta dal soccidario non è motivata dalla sua dipendenza economica verso il medesimo soccidante. L'art. 5, comma 1 prevede la nullità delle clausole considerate come vessatorie ai sensi dell'art. 4, ma non la nullità dell'intero contratto. Si determina così la rimozione delle sole clausole vessatorie e la salvezza delle altre disposizioni del medesimo contratto.
  • clausole  sempre vessatorie cioè quelle che derogano alle disposizioni di tutela del soccidario-allevatore introdotte dall'articolo 3 della proposta di legge o quelle che limitano o escludono la possibilità del soccidario di dare mandato a un terzo per la gestione del rapporto contrattuale, compresa la stima del bestiame (articolo 5, comma 2). A differenza di quelle di cui all'art. 4, comma 2, tale ultima tipologia di clausole vessatorie sono in ogni caso nulle e non ammettono prova contraria.
In riferimento a tali clausole non è esplicitata la salvaguardia (prevista per le  clausole vessatorie di cui all'art. 4) secondo cui la nullità di singole clausole non travolge la validità dell'intero contratto. Occorre, sul punto, valutare l'applicabilità della regola generale di cui all'art. 1419 del codice civile, secondo cui la nullità di singole clausole non comporta la nullità dell'intero contratto a meno che quest'ultimo, in assenza di queste, non sarebbe stato concluso.

L'articolo 6 estende la disciplina a tutela del soccidario-allevatore introdotta dagli articoli 3, 4 e 5 della proposta di legge anche ai contratti di soccida parziaria con conferimento di pascolo superiore al 20% del valore dell'intero bestiame conferito. Sostanzialmente si tratta di casi in cui il bestiame, conferito sia dal soccidante che dal soccidario-allevatore nelle proporzioni convenute dal contratto, viene fatto pascolare su terreni messi a disposizione dal soccidante il cui valore sia superiore al 20% di quello del bestiame. Tale percentuale sembra essere stabilita dall'art. 6 per permettere la conclusione di tali contratti stante le citate previsioni dell'art. 25 della legge 203/1982 che prevede la conversione in affitto della soccida parziaria con conferimento di pascolo, quando tale conferimento da parte del soccidante sia inferiore al 20%.

Dal punto di vista sistematico, andrebbe valutata l'opportunità di introdurre direttamente nel codice civile sia la disciplina della nuova forma contrattuale disciplinata dall'articolo 1 che le modifiche alla disciplina del contratto di soccida semplice e parziaria di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6 della proposta di legge, già regolate dallo stesso codice agli articoli 2171 e ss..

L'articolo 7 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal Copertura finanziariaprovvedimento in esame, i quali vengono nel medesimo articolo valutati in 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016.

 

A tali oneri, si provvede mediate corrispondente riduzione degli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili iscritte a bilancio statale di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b) della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009).

 
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196/2009, ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime. La copertura finanziaria delle leggi che comportino nuovi o maggiori oneri, o minori entrate, è determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalità:
  1. mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei Fondi speciali previsti dall'art. 18 della legge n. 196/2009, restando precluso l'uso di accantonamenti di conto capitale per iniziative di parte corrente, e l'uso per finalità diverse di accantonamenti destinati a regolazioni contabili e debitorie e all'adempimento di obblighi internazionali;
  2. mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa;
  3. mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuovi o maggiori oneri di parte corrente attraverso l'utilizzo dei proventi derivanti da entrate in conto capitale.
Disposizioni legislative sono poi intervenute ai fini della copertura degli oneri dalle stesse recati disponendo una "corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e di cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero, di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196". Tale è il caso, ad esempio, dell'articolo 15, comma 3, lett. c-bis) del D.L. n. 102/2013.

Relazioni allegate o richieste

Il provvedimento è corredato della relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

Il provvedimento in esame interviene su una materia, quale quella dei contratti agrari aventi ad oggetto forme di conduzione associata disciplinati dal codice civile: la soccida è infatti un contratto, che assieme alla colonia parziaria e alla mezzadria è contenuto nella disciplina sull'impresa agricola di cui al Libro V, Titolo II, Capo II, Sezione IV, articoli 2170-2186 cc..


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento interviene sull'ordinamento civile, nonché sul sistema tributario , materie di competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed l).


Formulazione del testo

 Si osserva, dal punto di vista della formulazione del testo, che all'art. 5, comma 1, sarebbe opportuno prevedere la nullità delle clausole "riconosciute" vessatorie ai sensi dell'art. 4 (anzichè "considerate" vessatorie…) stante la necessità in entrambi i casi della dimostrazione in giudizio della loro vessatorietà.