Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||
Titolo: | Conflitti di interessi - A.C. 275, A.C. 1059, A.C. 1832, A.C. 1969 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 147 | ||||
Data: | 29/04/2014 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
A.C. 275, A.C. 1059, A.C. 1832, A.C. 1969 |
Schede di
lettura |
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n. 147 |
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29 Aprile 2014 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni ( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it |
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File:
ac0274.doc |
INDICE
§ Princìpi generali e destinatari della
disciplina
§ Incompatibilità o conflitto di interessi
derivanti da situazioni patrimoniali
§ Disposizioni particolari per il settore
delle comunicazioni
§ Sanzioni
Il quadro normativo: la
legge n. 215 del 2004
§ Definizione di conflitto di interessi
§ Competenze delle Autorità di garanzia
L’attività parlamentare
nelle passate legislature
Le proposte di legge all’esame della I Commissione (A.C. 275, A.C. 1059, A.C. 1832 e A.C. 1969) intervengono a ridisciplinare la risoluzione dei conflitti di interesse dei titolari di cariche di governo sostituendo la vigente normativa recata dalla legge 215/2004, che viene contestualmente abrogata dalle proposte di legge, ad eccezione dell’A.C. 1832 che, pur non abrogando esplicitamente la legge, di fatto la sostituisce con una nuova disciplina.
I destinatari delle disposizioni in materia di prevenzione dei conflitti di interesse recate dalle pdl sono i membri del governo nazionale, i titolari di cariche di governo regionali e locali nonché (per la sola pdl A.C. 1832) i membri Parlamento e (per la pdl A.C. 1059 e in parte per la pdl A.C. 1969) il presidente ed i membri delle autorità indipendenti. Due delle proposte di legge (A.C. 275 e A.C. 1059) recano, in particolare, una specifica disposizione di delega per estendere anche agli organi di governo delle autonomie territoriali le disposizioni introdotte a livello statale.
Pur nelle diverse definizioni, il concetto di conflitto di interessi proposto dai progetti di legge in esame, di tipo per così dire preventivo, si differenzia da quello vigente, che dispone un intervento prevalentemente successivo.
Al contempo, rispetto alla disciplina vigente, le proposte di legge confermano la previsione di dichiarazione dei casi dei conflitti di interesse, prevedendo tuttavia un elenco tassativo di situazioni e di dati patrimoniali da dichiarare, nel rispetto di un timing più serrato rispetto a quello attuale. Inoltre, rispetto al quadro normativo vigente, viene esteso il novero dei soggetti obbligati.
I progetti di legge intervengono quindi con diverse soluzioni legislative, ma un tratto in comune delle proposte è costituito dall’individuazione di un sistema di incompatibilità più stringente rispetto alla normativa vigente. Tutte le proposte recano una specifica disciplina in caso di situazioni patrimoniali di particolare rilievo dell’interessato. Le proposte di legge A.C. 275 e A.C. 1059 fanno discendere dalla situazione patrimoniale dell’interessato una specifica forma di incompatibilità, mentre le proposte A.C. 1832 e A.C. 1969 affrontano la questione in termini di conflitto di interessi.
Le proposte di legge prevedono anche un apparato sanzionatorio sotto forma di ammenda pecuniaria direttamente applicabile dall’Autorità antitrust o da una autorità ad hoc.
Da segnalare l’introduzione nel nostro ordinamento, da parte di alcune proposte (A.C. 275 e A.C. 1832) di un istituto tipicamente anglosassone quale il c.d. blind trust (o fondo cieco) quale mezzo di risoluzione di conflitti di interessi.
La proposta di legge A.C. 1059 prevede invece l’obbligo del
conferimento del patrimonio ad un'unica società fiduciaria autorizzata ad
operare mediante mandato fiduciario senza rappresentanza, mentre la
proposta di legge A.C. 1969 reca l’affidamento ad una gestione fiduciaria.
Le proposte di legge in esame introducono alcuni princìpi generali di correttezza dell’azione pubblica riferibili ai titolari di cariche pubbliche (A.C. 275) o ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche (A.C. 1832).
Si tratta di una innovazione rispetto alla legge 215/2004 che prevede l’applicazione di tali principi esclusivamente ai titolari di cariche di governo (nazionali) nell’esercizio delle loro funzioni.
L’impostazione vigente è mantenuta dalle pdl A.C. 1059 e A.C. 1969 che però prevedono l’applicazione dei principi non solo ai membri del governo nazionale, ma anche ai titolari di cariche di governo regionali e locali e alle autorità indipendenti.
Al contempo, si deve rilevare che le due proposte per prime citate (A.C. 275 e A.C. 1832), pur estendendo l’applicazione dei principi generali a tutti i titolari di cariche pubbliche, recano poi disposizioni in materia di prevenzione dei conflitti di interesse riferibili esclusivamente ad alcune categorie di questi, ossia ai membri del Governo nazionale, agli esecutivi regionali e locali e (A.C. 1832) anche ai membri Parlamento.
I principi cui fanno riferimento le proposte di legge riprendono, in alcuni casi integrandoli, quelli indicati all’articolo 1, comma 1, della legge 215/2004.
La pdl A.C. 275 (articolo 1) fa riferimento all’obbligo per i destinatari delle disposizioni di legge di operare nell’esclusiva cura degli interessi pubblici e a quello, conseguente, di astenersi da qualunque decisione che possa produrre un vantaggio rilevante nel loro patrimonio o in quello dei congiunti o di altri soggetti ad essi legati da rapporti di interesse. In particolare, viene ampliato, rispetto alla legge 215, il novero di tali soggetti, comprendendovi oltre il coniuge non legalmente separato e i parenti o affini entro il secondo grado, anche le persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico, e più in generale da qualunque altro soggetto legato a loro da rapporti di interesse.
Analoghi principi sono introdotti dalla pdl A.C. 1969 (articolo 1, comma 1) che prevede, oltre all’obbligo di operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici, di evitare che i loro interessi privati, personali e familiari possano influenzare le loro decisioni e attività.
La pdl A.C. 1059 (articolo 1) include tra i principi generali, oltre all’obbligo della cura esclusiva degli interessi pubblici e di evitare l’insorgere dei conflitti di interesse, anche l’obbligo di adottare le misure previste per prevenire situazioni di incompatibilità.
La pdl A.C. 1832 (articolo 1, comma 1), a differenza delle due altre proposte, non riproduce i principi della legge 215, ma riprende testualmente il dettato costituzionale che impone ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche il dovere di adempierle con disciplina ed onore (art. 54, secondo comma Cost.), integrandolo con l’astensione dai conflitti di interesse.
Tutte le proposte di legge individuano i principali destinatari della disciplina di prevenzione del conflitto nei titolari di cariche di governo: Presidente del Consiglio, vicepresidenti del Consiglio, ministri, vice ministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del Governo.
Le pdl A.C. 275, A.C. 1059 e A.C. 1969 vi comprendono le situazioni soggettive non solo dei titolari di cariche di governo statali, ma anche dei titolari di cariche di governo regionali e locali, ossia:
§ il presidente di un regione;
§ il componente di una giunta regionale;
§ il presidente o il componente di una giunta provinciale (si ricorda in proposito che la legge 56 del 2014 ha riformato l’ordinamento delle province, eliminando le giunte dagli organi provinciali. La riforma ha un’applicazione graduale in ragione della diversa scadenza dei mandati in corso);
§ il sindaco o il componente della giunta di un comune.
Per quanto riguarda questi ultimi, la pdl A.C. 275 prevede l’applicazione delle disposizioni esclusivamente ai comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e la pdl A.C. 1969 ai comuni con più di 50.000 abitanti.
Le
disposizioni in materia di conflitto di interessi dei presidenti e degli
assessori regionali devono essere valutate alla luce dell’art. 122 Cost., che
rimette alla legge regionale la disciplina dei casi di ineleggibilità e di
incompatibilità dei presidenti e dei componenti della giunta regionale (oltre
che dei consiglieri regionali) nei limiti dei principi fondamentali stabiliti
con legge della Repubblica.
Si
ricorda peraltro, sotto un diverso profilo, che la Corte costituzionale non ha
censurato le disposizioni statali in materia di incandidabilità
alla carica di Presidente della regione, in quanto la relativa disciplina è
volta a ad “assicurare la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica,
la tutela della libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento
e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche allo scopo di fronteggiare una
situazione di grave emergenza nazionale coinvolgente gli interessi dell'intera
collettività” (sentenza n. 352 del 2008).
L’articolo 14 della pdl n. 1059 prevede peraltro che le regioni e le province autonome disciplinano le incompatibilità e le situazioni di conflitto di interessi dei presidenti e degli assessori regionali, uniformandosi ai principi generali desumibili dalle legge ed ai principi fondamentali già vigenti in materia di incompatibilità (ex lege n. 165/2004).
Si
ricorda inoltre che la legge n. 56 del 2014 ha istituito le città
metropolitane, introducendo la figura del sindaco della città metropolitana
(che peraltro coincide con il sindaco del comune capoluogo, fino all’eventuale
introduzione del sistema di elezione diretta).
La pdl A.C. 1059 estende l’ambito soggettivo di applicazione anche al presidente e ai membri delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.
Sono generalmente classificate tra le autorità indipendenti:
- la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob, 1974);
- l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm, 1990);
- la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali (1990);
- la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP, 1993);
- l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (1994), poi trasformata in Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp);
- l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (Aeeg, 1995);
- il Garante per la protezione dei dati personali (1996);
- l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom, 1997);
- la Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (ANAC, ex Civit, 2009);
- la nuova Autorità dei trasporti (2013).
Anche la Banca d’Italia, che presenta un ordinamento speciale ed è parte del Sistema europeo di banche centrali (SEBC), per alcune caratteristiche è considerata un’autorità amministrativa indipendente.
Tuttavia, la disciplina di prevenzione e di risoluzione di conflitti di interesse si applica esclusivamente ai titolari di cariche di governo nazionali, mentre per le cariche di governo negli organi degli territoriali di cui sopra le due proposte (A.C. 275 e A.C. 1059) dispongono una delega il Governo a disciplinare in modo analogo la materia. La pdl A.C. 1059 include nella delega anche la disciplina del conflitto di interessi dei membri delle autorità indipendenti. Entrambe le proposte introducono disposizioni di principio in materia di conflitto di interessi cui deve conformarsi la legislazione regionale.
Diversamente, l’A.C. 1832, all’articolo 2, oltre ai predetti soggetti responsabili di cariche governative, insieme ai commissari straordinari, inserisce tra i titolari di cariche di rilevanti ai fini della proposta di legge anche i parlamentari.
Le proposte di legge introducono, seppur con definizioni in parte differenti, un nuovo concetto di conflitto di interessi, individuato dalla presenza (in capo al titolare o a un congiunto) di un interesse tale da condizionare e influenzare la sua attività pubblica.
Per le pdl A.C. 275 (articolo 2) e A.C. 1059 (articolo 1) sussiste conflitto di interessi qualora il soggetto è titolare di un interesse privato (ed economico come chiarito dalle pdl A.C. 275 e A.C. 1832), tale da condizionare (pdl A.C. 275 e pdl A.C. 1832) l’esercizio delle sue funzioni pubbliche o, come specificato dalla pdl A.C. 275, da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.
Il conflitto di interessi, per la pdl A.C. 1059, si realizza se il titolare di una carica di governo è titolare di un interesse privato idoneo a interferire con l’imparzialità necessaria per l’adempimento dei compiti istituzionali.
La proposta di legge A.C. 1969 fa discendere da particolari condizioni patrimoniali una situazione di conflitto di interessi (art. 3).
Pur nelle diverse definizioni, il concetto di conflitto di interessi proposto dai progetti di legge in esame, di tipo per così dire preventivo, si differenzia nettamente da quello vigente, che prevede un intervento prevalentemente successivo. Infatti, ai sensi della legge 215 sussiste conflitto di interessi nel caso di partecipazione all’adozione di un atto, od anche di omissione di atto dovuto, che arrechi un beneficio al titolare (o ad un congiunto), ovvero che sia compiuto in una delle situazioni di incompatibilità previste dalla legge.
Il sistema individuato dalle proposte di legge in esame è finalizzato ad impedire l’adozione (od omissione) di atti in presenza di situazioni di conflitto di interessi, che devono essere risolte prima della assunzione della carica pubblica.
Un rilevante elemento di novità dell’A.C. 275 (capo III, artt. 3-6) è costituito dall’istituzione di una apposita autorità indipendente, denominata Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione. La previsione che l’autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione, le modalità di nomina dei suoi membri e i poteri e funzioni ad essa assegnati consentono di configurare tale organismo come una autorità amministrativa indipendente.
Alla nuova autorità sono attribuiti i compiti e i poteri previsti dalla proposta di legge al fine di prevenire, ed eventualmente sanzionare, i conflitti di interessi e che nella legge 215 sono in capo all’Autorità anti-trust e alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, fatte salve alcune specifiche competenze rimaste a quest’ultima. Si intendono così separare anche sul piano istituzionale i compiti di verifica del buon funzionamento del mercato da quelli di prevenzione di forme di scorretto esercizio degli incarichi di governo.
L’articolo 4, comma 2, prevede che la nuova Autorità sia destinata ad assorbire anche le competenze dell’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione (ora attribuite all’ANAC).
Si ricorda che l’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione è stato istituito, quale organo alla diretta dipendenza funzionale del Presidente del Consiglio, dall’art. 1 della L. 6 gennaio 2003, n. 3.
L’assetto normativo della materia è mutato con la legge n. 190 del 6 novembre 2012 recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione che ha individuato quale Autorità nazionale anticorruzione la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), organismo istituito dall'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, con la funzione di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione delle amministrazioni; di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale.
Nel 2013 la CIVIT ha assunto la denominazione di Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (ANAC), ad opera del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, che ne ha modificato anche la composizione e le modalità di nomina.
La nuova Autorità è un organo collegiale composto da cinque membri, due dei quali eletti dal Senato, due dalla Camera e uno, il Presidente, nominato d’intesa tra il Presidente della Camera e il Presidente del Senato (art. 3, comma 2).
Si ricorda in proposito che l’articolo 23, comma 1, del D.L. 201/2011 convertito dalla L. 214/2011 ha ridotto il numero dei componenti di tutte le autorità indipendenti, ad eccezione della Banca d'Italia e dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali (composta di quattro membri).
Nel dettaglio, è stato ridotto a cinque il numero dei componenti delle Autorità con collegi di nove membri (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCom e Commissione di garanzia sull'esercizio del diritto di sciopero), e a tre quello delle autorità composte da sette (Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) o cinque membri (Autorità per l'energia elettrica e il gas, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Commissione nazionale per la società e la borsa, Commissione di vigilanza sui fondi pensione). Anche la neo istituita Autorità di regolazione nel settore dei trasporti è formata da tre componenti, mentre la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, in seguito all’assunzione delle funzioni di Autorità nazionale anticorruzione, ha visto aumentare i propri membri da tre a cinque.
Per quanto riguarda le modalità di nomina, l’elezione da parte del Parlamento è prevista per i membri dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e per l’Autorità garante per la protezione dei dati personali; il presidente della prima autorità è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri d'intesa con il Ministro delle comunicazioni, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, il presidente della seconda è eletto dai membri dell’Autorità stessa nel loro ambito.
L’elezione dei membri da parte della Camere ha luogo a scrutinio segreto, con voto limitato a uno e sono eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti (art. 3, comma 3).
Per quanto riguarda i requisiti, si prevede (art. 3, comma 4) che possono far parte dell’Autorità coloro che rientrano nelle seguenti categorie:
§ professori universitari ordinari in materie giuridiche ed economiche;
§ magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie e amministrative;
§ avvocati dopo venti anni di esercizio della professione.
Il mandato di ciascun membro è di 7 anni, non rinnovabile, e prorogato solamente per il tempo necessario fino all’elezione del nuovo membro (art. 3, comma 11).
La proposta di legge prevede anche alcune cause di ineleggibilità a membro dell’Autorità o di inconferibilità della carica di presidente dell’Autorità (art. 3, comma 5). In particolare, non possono essere eletti o nominati:
§ coloro che ricoprano o abbiano ricoperto nei due anni precedenti una carica di governo nazionale o territoriale;
§ coloro che siano stati condannati per delitto non colposo con sentenza definitiva passata in giudicato;
§ coloro che siano coniugi, parenti o affini fino al secondo grado di uno dei titolari di una delle cariche di governo (ma solamente a livello nazionale);
§ coloro che abbiano ricoperto il ruolo di trustee, o di consulenti di uno dei titolari delle cariche di governo o del coniuge anche separato, di parenti o affini entro il secondo grado, delle persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico;
§ coloro che abbiano ricoperto ruoli negli enti controllati da uno dei titolari di cariche di governo o da coniuge anche separato, da parenti o affini entro il secondo grado, dalle persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.
Sono definite anche una serie stringente di incompatibilità (art. 3, comma 7): i membri dell’autorità, nel corso del mandato, non possono:
§ ricoprire qualunque altra carica o ufficio pubblico;
§ assumere qualunque impiego pubblico o privato;
§ esercitare attività professionale e di consulenza, nonché funzioni arbitrali, anche se non retribuite;
§ esercitare attività imprenditoriali;
§ assumere cariche direttive in imprese o società pubbliche o private, in fondazioni o in enti di diritto pubblico, anche economici (presidente, amministratore ecc.);
§ ricoprire cariche all'interno di organismi di partiti o movimenti politici o di associazioni sindacali o di categoria;
§ accettare la candidatura in elezioni o sostenere pubblicamente candidati in elezioni.
Qualora l’interessato assuma una di queste cariche è prevista espressamente la decadenza dalla carica di membro dell’autorità. Sembrerebbe, pertanto, esclusa la possibilità di opzione.
Al fine del mantenimento del posto di lavoro nel corso dell’espletamento del mandato, i dipendenti pubblici e privati membri dell’autorità sono collocati in aspettativa, o in una analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza, senza che ciò possa arrecare pregiudizio alla posizione professionale e alla carriera. I membri dell'Autorità possono, inoltre, percepire compensi o indennità esclusivamente per attività prestate (e i cui compensi sono stati determinati) prima della loro elezione o nomina (art. 3, comma 8).
Sono previste anche una serie di incompatibilità ex post (art. 3, comma 12): nei due anni successivi alla cessazione della carica i membri dell’Autorità non possono ricoprire le seguenti cariche:
§ parlamentare italiano o europeo;
§ titolare di una carica di Governo;
§ giudice costituzionale;
§ componente del Consiglio superiore della magistratura, salvo che ne faccia parte di diritto;
§ componente di altra Autorità indipendente;
§ Governatore o direttore generale della Banca d'Italia;
§ capo di dipartimento di Ministero, segretario generale di Ministero, direttore generale di Ministero o Agenzia del Governo;
§ componente del consiglio di amministrazione di aziende pubbliche o a partecipazione prevalentemente pubblica;
§ presidente di regione o provincia autonoma, nonché componente dei relativi consigli o giunte;
§ presidente di provincia o sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
Si
ricorda inoltre che la legge n. 56 del 2014 ha istituito le città
metropolitane, introducendo la figura del sindaco della città metropolitana
(che peraltro coincide con il sindaco del comune capoluogo, fino all’eventuale
introduzione del sistema di elezione diretta).
La proposta di legge 275 prevede anche delle ipotesi di conflitto di interessi dei membri dell’Autorità (art. 3, comma 9) che devono astenersi dal partecipare alle decisioni collegiali qualora riguardino uno dei membri del Governo nazionale a cui sono legati da rapporti di parentela o di lavoro ed in particolare quando:
§ siano in rapporti di coniugio, parentela o affinità fino al quarto grado, o siano suoi conviventi;
§ abbiano, o siano coniuge, parente o affine di secondo grado o convivente di chi ha, una lite pendente con il medesimo;
§ abbiano, o siano coniuge, parente o affine di secondo grado o convivente di chi ha, un rapporto di debito o credito con il medesimo;
§ abbiano avuto nei due anni precedenti rapporti di lavoro, anche come liberi professionisti, con il medesimo o con società o imprese in cui lo stesso detenga partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287).
Nel caso si verifichi una situazione di possibile conflitto di interessi, l’astensione deve essere decisa dall’Autorità che si riunisce, in assenza del membro coinvolto, previa richiesta di un membro dell’Autorità o dell’interessato della decisione (art. 3, comma 10).
L’Autorità ha autonomia regolamentare ed adotta il proprio regolamento di organizzazione entro 30 giorni dalla prima riunione dell’Autorità a maggioranza dei componenti. Viene stabilito il numero legale per le votazioni fissato in almeno 4 componenti e il quorum per l’approvazione delle deliberazioni, determinato a maggioranza dei presenti (in caso di parità, prevale il voto del presidente). E’ esclusa espressamente la pubblicità delle opinioni in dissenso (art. 13, comma 13).
Il trattamento economico dei membri dell’Autorità è equiparato al trattamento complessivo lordo dei magistrati con funzione di presidente di sezione della corte di Cassazione (art. 3, comma 14).
Si ricorda, in proposito, che l’art. 23-ter del D.L. 201/2011 ha demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio la definizione del trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il c.d. personale non contrattualizzato. In attuazione di tale disposizione, il D.P.C.M. 23 marzo 2012 definisce, in relazione alle diverse funzioni svolte, il trattamento economico erogabile, utilizzando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione. Il Ministro della giustizia comunica annualmente al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e al Ministro dell'economia e delle finanze l’aggiornamento relativi all'ammontare del predetto trattamento. Per l'anno 2014, questo trattamento è pari a € 311.658,53, come indicato dalla nota del Ministero della giustizia n. 6651 del 23 gennaio 2014.
Il decreto-legge n. 66 del 2014 introduce, tra l’altro, un nuovo tetto ai compensi dei dirigenti della pubblica amministrazione, che non potranno superare l’importo annuo massimo di 240 mila euro lordi.
Infine, il comma 15 dell’art. 3, indica gli oneri derivanti dalla corresponsione delle indennità del collegio dell’Autorità, quantificati in 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2015, senza provvedere ad individuare la relativa copertura. Si veda però l’articolo 7 che autorizza le ulteriori spese per il funzionamento dell’Autorità.
Ai sensi dell’articolo 4, l’Autorità svolge le funzioni di prevenzione e di sanzione dei conflitti di interesse con le modalità indicate negli articoli successivi (comma 1).
Inoltre, come si è anticipato sopra, essa svolge anche le funzioni attribuite all’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione (comma 2).
L’Autorità nel’esercizio delle proprie funzioni si avvale dei seguenti poteri (commi 4-6):
§ può chiedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a qualunque organo della pubblica amministrazione, ad ogni ente pubblico e ad ogni società pubblica o privata, le notizie e i dati che ritiene necessari;
§ si avvale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un apposito nucleo del Corpo della guardia di finanza e della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici, per l'espletamento delle indagini, delle verifiche e degli accertamenti;
§ può consultare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le altre autorità di settore.
Il
riferimento, per quanto riguarda i soggetti privati, solo alle società,
sembrerebbe precludere la possibilità di avanzare la richiesta a privati che
non abbiano forma societaria.
Con regolamento di attuazione saranno definite le procedure relative alle attività svolte dall'Autorità, in modo da garantire la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione a tutti gli interessati. Il regolamento è emanato con la forma e le procedure di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta) entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente provvedimento, su proposta del Presidente del Consiglio, formulata sulla base di uno schema predisposto dall'Autorità, e sentite le competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione dello schema (comma 7).
In ogni caso, ogni provvedimenti assunto dall’Autorità deve essere motivato (comma 3).
La proposta di legge mantiene l’obbligo di referto al Parlamento, previsto dalla normativa vigente: ogni sei mesi l’Autorità relaziona sullo stato delle attività di controllo e vigilanza (comma 8).
L’articolo 5 interviene in ordine al personale dell’Autorità istituendo un apposito ruolo del personale dipendente, alla stregua delle altre autorità indipendenti (si veda ad esempio l’Autorità antitrust ed in particolare l’art. 11 della legge 287/1990).
Il ruolo è istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con un numero di posti previsti dalla pianta organica non superiore a 50 unità. L'assunzione del personale avviene per pubblico concorso. Lo stesso decreto stabilisce, nel rispetto del limite di spesa indicato al comma 4 (pari 1.700.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015) il trattamento giuridico ed economico del personale e l'ordinamento delle carriere, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali e organizzative dell'Autorità. Sempre nei predetti limiti di spesa, l'Autorità, in deroga al principio del concorso pubblico, può assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, disciplinato dalle norme di diritto privato, in numero non superiore a 20 unità.
Inoltre, l'Autorità può avvalersi, se necessario, della consulenza di esperti, nel limite massimo di spesa di 300.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.
Al funzionamento dei servizi e degli uffici dell'Autorità sovrintende un segretario generale, che ne risponde al presidente, dal quale è nominato sentiti tutti i membri dell'Autorità stessa.
Le spese di funzionamento dei servizi e degli uffici dell'Autorità sono poste a carico di un fondo specifico stanziato nel bilancio dello Stato e iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei conti. Per l'alimentazione di tale fondo è autorizzata la spesa di 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.
L’articolo 6 dispone in ordine ai ricorsi contro gli atti dell’Autorità che sono impugnabili entro 20 giorni esclusivamente davanti alla Corte di appello di Roma che si riunisce in una specifica formazione collegiale composta dal Presidente della Corte di appello e da due giudici estratti a sorte ogni 4 anni tra i presidenti delle sezioni civili e decide in camera di consiglio entro 20 giorni dal deposito dell’atto di impugnazione.
Il giudice competente a decidere in secondo grado è la Corte di cassazione, cui si può ricorrere entro 20 giorni dalla data di notifica della decisione della Corte di appello. Anche in questo caso si prevede un collegio ad hoc formato dal Presidente della Corte e da due giudici estratti a sorte ogni 4 anni tra i presidenti delle sezioni civili.
Qualora il Governo sollevi giudizio di attribuzione, la Corte costituzionale decide entro 20 giorni.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, si ricorda che i tempi del giudizio sul conflitto di attribuzione sono definiti per tutti i procedimenti dagli artt. 25 e 26 della legge 87/1953.
Per
quanto riguarda l'attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario (corte
d'appello), peraltro delineando una composizione originale del collegio (e
parallelamente una composizione originale del collegio di Cassazione), va
tenuto presente che l'art. 133 del Codice del processo amministrativo (decreto
legislativo n. 104 del 2010) ha individuato, tra le materie attribuite alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, le controversie aventi ad
oggetto tutti i provvedimenti adottati dalla Banca d’Italia e dalle Autorità
amministrative indipendenti (lett. l); l'art. 119 del Codice prevede per tali
controversie l'applicazione del c.d. rito abbreviato, che si caratterizza per
un generale dimezzamento dei termini processuali.
Come la pdl A.C. 275, anche la pdl A.C. 1969 istituisce un nuovo organo, denominato Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi, con il compito di applicare le disposizioni della legge al quale sono trasferite le funzioni del’Autorità antitrust. A differenza della pdl 275, non si tratta di una nuova autorità amministrativa indipendente, bensì di un organismo collegiale, di nomina presidenziale, operante in piena autonomia, che si avvale delle strutture e degli uffici della medesima Autorità antitrust.
In particolare, la Commissione è composta da 5 componenti nominati dal Presidente della Repubblica, per 7 anni non rinnovabili, che li sceglie, con il parere dei Presidenti di Camera e Senato, tra persone di notoria e indiscussa indipendenza. Essi esercitano le loro funzioni a titolo gratuito. Come si è accennato la Commissione si avvale delle strutture e degli uffici dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (articolo 5).
La Commissione esercita le seguenti funzioni (articolo 6):
§ vigilare sull'applicazione delle legge e sul rispetto degli adempimenti e dei divieti da essa previsti;
§ applicare le sanzioni previste;
§ approvare disposizioni, istruzioni o direttive per l'applicazione delle norme della legge;
§ adottare, anche su richiesta degli interessati, pareri sull'interpretazione e applicazione delle norme stesse.
La Commissione è tenuta a pubblicare annualmente un rapporto sull'attuazione delle disposizioni della legge e sulla propria attività.
Per l’esercizio di tali funzioni la Commissione può chiedere a qualsiasi organo della pubblica amministrazione e a ogni altro soggetto pubblico o società privata, dati e notizie concernenti questioni legate a conflitti di interesse. Inoltre, per l'espletamento dei controlli la Commissione può avvalersi della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici (articolo 12, commi 1 e 2).
Come per la pdl A.C. 275, sono previste misure di tutela degli interessati quali l’obbligo di motivazione degli atti e l’introduzione di disposizioni (da individuarsi concretamente con un successivo regolamento di attuazione) per garantire la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e di applicazione di eventuali sanzioni (articolo 12, commi 3 e 4).
Infine, la pdl A.C. 1969 (articolo 12, comma 5) disciplina la competenza e il procedimento dei ricorsi avverso agli atti della Commissione in maniera analoga (ma con alcune differenze) a quella prevista dall’articolo 6 della pdl A.C. 275 (cui si rinvia anche per l’osservazione ivi riportata), prevedendo:
§ impugnabilità (senza limiti di tempo) davanti alla Corte di appello di Roma che si riunisce in una specifica formazione collegiale composta da tre giudici estratti a sorte ogni anno;
§ decisione di primo grado in camera di consiglio entro 60 giorni dall’impugnazione;
§ ricorso in secondo grado presso la Corte di cassazione, riunita in un collegio formato dal Presidente della Corte e da un numero non precisato di giudici estratti a sorte ogni anno tra i magistrati di cassazione;
§ decisione definitiva entro un mese dall’impugnazione.
A differenza delle proposte A.C. 275 e A.C. 1969, che istituiscono una nuova autorità, le proposte di legge A.C. 1059 e A.C. 1832 mantengono in capo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato i compiti in materia di conflitto di interessi, come previsto dalla normativa vigente, adeguandone funzioni e compiti alle nuove disposizioni introdotte dalle medesime proposte di legge.
La proposta di legge A.C. 1059, peraltro, introduce una divisione di competenze tra l’Autorità antitrust e la CIVIT - Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (ora Autorità nazionale anticorruzione, vedi sopra), affidando alla prima le competenze nei confronti dei titolari di cariche di governo nazionali e regionali e alla seconda quelle nei confronti delle cariche di governo locale e dei membri delle autorità indipendenti. Per quest’ultime due categorie, le modalità di esercizio delle competenze sono demandate ai decreti delegati di cui all’articolo 13, mentre per le cariche di governo nazionali valgono le disposizioni contenute negli articoli 8 e 9 della medesima proposta A.C. 1059. Per le cariche di governo regionali si veda l’articolo 14.
Per la proposta A.C. 1059 le funzioni dell’Autorità sono di vigilare sull’attuazione delle disposizioni in materia di conflitto di interessi, sul rispetto degli adempimenti e dei divieti e sull’applicazione delle sanzioni (articolo 8). Per la pdl 1832 l’Autorità ha compiti di prevenzione e controllo delle situazioni di conflitto (articolo 3).
Per quanto riguarda i poteri dell’Autorità, entrambe le proposte prevedono che essa possa fare richiesta di informazioni a qualunque organo della pubblica amministrazione e società pubblica e privata, provvedendo a indagini, ispezioni e verifiche, anche avvalendosi del Corpo della guardia di finanza (la sola pdl 1832 prevede l’istituzione di un apposito nucleo della Guardia di finanza).
Come
già rilevato per la pdl A.C. 275, il riferimento, per
quanto riguarda i soggetti privati, solo alle società, sembrerebbe precludere
la possibilità di avanzare la richiesta a privati che non abbiano forma
societaria.
La pdl A.C. 1832 affida all’Autorità potere di indirizzo (attraverso la deliberazione di disposizioni, istruzioni o direttive sull’applicazione della legge) e potere consultivo sull’interpretazione della legge medesima. A sua volta, può consultare, per l’esercizio delle sue funzioni, le autorità di settore.
Entrambe le proposte mantengono in capo all’Autorità il compito di riferire semestralmente al Parlamento sull’attività svolta.
La pdl A.C. 1059, oltre all’obbligo di referto al Parlamento, prevede che l’Autorità renda pubblici sul proprio sito internet tutti gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati.
Inoltre, sempre la pdl A.C. 1059 stabilisce alcune misure di tutela nei confronti dei titolari di governo, quali:
§ l’adozione di uno specifico regolamento da parte dell’Autorità per garantire agli interessati la piena conoscenza degli atti adottati dall’Autorità nei loro confronti;
§ l’obbligo di motivazione degli atti dell’Autorità;
§ la possibilità di impugnare gli atti di accertamento e i provvedimenti dell’Autorità davanti al giudice amministrativo (come del resto già previsto in via generale dall'art. 133 del Codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010) che individua, tra le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti adottati dalla Banca d’Italia e dalle c.d. Autorità amministrative indipendenti (lett. l); gli atti dell’Antitrust e dell’AGCOM sono impugnabili davanti al TAR del Lazio (art. 135 del Codice).
Per quanto riguarda le sanzioni amministrative comminate dall’Autorità (vedi artt. 8 e 9), la pdl 1059 prevede l’applicazione delle norme generali in materia di sanzioni amministrative recate dalla legge 689/1981.
In ragione dei nuovi compiti attribuiti dalla legge, la pdl A.C. 1059 autorizza sia l’Autorità antitrust, sia la CIVIT ad incrementare, fino a 10 unità di personale ciascuna, la dotazione organica.
Tutte le proposte di legge pongono in capo ai titolari delle cariche di governo e ai loro congiunti obblighi di dichiarazione funzionali a far emergere le situazioni di conflitto di interessi (art. 8, A.C. 275; art. 6, A.C. 1059; art. 4, A.C. 1832; art. 4, A.C. 1969).
Rispetto alla disciplina vigente, le proposte di legge confermano la previsione di dichiarazione dei casi dei conflitti di interesse, stabilita attualmente dall’art. 5 della legge 215, che diventa però più dettagliata prevedendo un elenco tassativo di situazioni e di dati patrimoniali da dichiarare, nel rispetto di un timing più serrato rispetto a quello attuale.
Inoltre, rispetto al quadro normativo vigente, viene esteso il novero dei soggetti obbligati, che comprende in tutte le proposte, oltre al titolare della carica, il coniuge, i parenti e gli affini entro il secondo grado: le proposte A.C. 1832 e A.C. 1969, per quanto riguarda il coniuge, limitano l’obbligatorietà delle dichiarazioni a quello non legalmente separato. Infine, tutte le proposte, con eccezione dell’A.C. 1969 includono tra i soggetti obbligati le persone stabilmente conviventi (categoria che, insieme con gli affini, la normativa vigente non ricomprende). A tale riguardo, le proposte A.C. 275 e A.C. 1059 specificano che deve trattarsi di conviventi non a scopo di lavoro domestico. Solo la proposta A.C. 1969 contempla l’ipotesi che tali soggetti non acconsentano a rendere le dichiarazioni, prevedendo in tal caso l’obbligo per il titolare della carica di dichiarare alla Commissione, in forma riservata, tutti gli elementi utili a sua conoscenza.
In relazione al contenuto degli obblighi di dichiarazione, tutte le proposte prevedono che, entro venti (A.C. 275, A.C. 1832 e A.C. 1969) o dieci giorni (A.C. 1059) dall’assunzione della carica, vengano dichiarati all’Autorità competente i seguenti incarichi e le seguenti attività:
§ le cariche ricoperte in imprese o società pubbliche o private, in fondazioni o enti di diritto pubblico, anche economici. Sul punto, la proposta A.C. 1832 limita l’obbligo di dichiarazione solo ove si tratti di cariche di vertice (presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o funzioni analoghe). La proposta A.C. 275 estende l’obbligo anche alle cariche cessate nei dodici mesi precedenti l’assunzione della carica, mentre la proposta A.C. 1059 lo estende agli incarichi e alle funzioni svolti in enti privati, senza fini di lucro, vigilati e controllati dal Governo;
In base alle proposte A.C. 275 e A.C. 1059, le dichiarazioni riguardano anche gli incarichi e le attività svolte all’estero. Mentre, la proposta A.C. 1832 obbliga a dichiarare tutte le attività indicate anche se cessate nei ventiquattro mesi precedenti l’assunzione della carica.
Si distingue la proposta A.C. 1969 che, in via analoga alla normativa oggi vigente, prevede l’obbligo di dichiarare le cariche o attività ricomprese nelle incompatibilità derivanti da impieghi o attività professionali (elencate all’articolo 2 della medesima proposta).
In secondo luogo, le proposte A.C. 275, A.C. 1059 e A.C. 1832 richiedono i medesimi dati patrimoniali, ossia l’obbligo di dichiarare entro 20 giorni dall’assunzione della carica:
Anche per questa categoria di dati, le proposte A.C. 275 e A.C. 1059 specificano che le dichiarazioni riguardano anche gli incarichi e le attività svolte all’estero.
Solo la proposta A.C. 1832 prevede, altresì, che debba essere allegata una dichiarazione con indicazione dei finanziamenti, erogazioni, contributi, donazioni e altri vantaggi, in qualsiasi forma percepiti nei due anni precedenti, nonché le obbligazioni assunte per l’eventuale campagna elettorale con indicazione dei soggetti che hanno erogato per anno un importo superiore a 500 euro. Alla dichiarazione debbono essere allegate le copie della dichiarazione di cui al terzo comma dell'art. 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, relative agli eventuali contributi ricevuti.
In merito, si ricorda che l’art. 4, co. 3, L. 659/1981
dispone che per tutti i contributi ai partiti che - nell’arco di un anno -
superino la somma di 5.000 euro, il donatore e il beneficiario hanno l’obbligo
di effettuare entro tre mesi (o entro il mese di marzo dell’anno successivo)
una dichiarazione congiunta al Presidente della Camera. Tale disposizione non
si applica per tutti i finanziamenti direttamente concessi da istituti di
credito o da aziende bancarie, alle condizioni fissate dagli accordi
interbancari; nell’ipotesi di contributi o finanziamenti di provenienza estera,
l’obbligo della dichiarazione è posto a carico del solo soggetto che li
percepisce.
Per quanto concerne i dati patrimoniali, la proposta A.C. 1969 prevede la dichiarazione di tutti i dati relativi ai beni e alle attività patrimoniali, senza descrivere le informazioni richieste. La dichiarazione deve essere corredata dell’ultima dichiarazione dei redditi e dell’elenco dei beni mobili o immobili che il titolare della carica dichiara essere destinato al godimento personale proprio e dei propri familiari.
La tabella che segue compara sul punto le proposte in esame.
A.C.
275 |
A.C.
1059 |
A.C.
1832 |
A.C.
1969 |
Soggetti obbligati |
|||
titolare della
carica, coniuge, parenti o affini entro il II grado e persone stabilmente
conviventi non a scopo domestico |
titolare della
carica, coniuge, parenti o affini entro il II grado e persone stabilmente
conviventi non a scopo domestico |
titolare della
carica, coniuge non separato o persona stabilmente convivente, parenti o
affini entro il II grado |
titolare della
carica, coniuge non separato, parenti o affini entro il II grado |
Termine |
|||
entro 20 gg. |
entro 10 gg. |
entro 20 gg. |
entro 20 gg. |
Obblighi di dichiarazione |
|||
§
cariche e uffici pubblici; §
impieghi pubblici o privati; §
iscrizione in albi professionali; §
cariche ricoperte in imprese o società, in fondazioni o enti di
diritto pubblico, anche economici, ivi comprese quelle cessate nei 12 mesi
precedenti; |
§
ufficio o carica pubblica anche di natura elettiva; §
impiego/ lavoro pubblico o privato; §
carica, ufficio o funzione comunque denominata in enti pubblici,
imprese e società, organismo di diritto pubblico, consorzi, aziende speciali,
nonché istituzioni ex art. 114 Tuel; §
carica, ufficio o funzione in enti senza fini di lucro vigilati e
controllati dal Governo; §
attività professionale o di lavoro autonomo di qualsiasi natura,
anche gratuita, a favore di soggetti pubblici o privati. |
§
cariche e uffici pubblici; §
impieghi pubblici o privati; §
iscrizione in albi professionali; §
cariche o funzioni di vertice in imprese o società, in fondazioni o
enti di diritto pubblico, anche economici; §
partecipazione ad associazioni di qualsiasi natura. Devono essere dichiarati sia gli incarichi ricoperti
o cessati entro i 24 mesi precedenti l’assunzione della carica. |
§
cariche e attività comprese nell’elenco delle incompatibilità di cui
all’art. 2 |
Termine |
|||
entro 20 gg. |
entro 20 gg. |
entro 20 gg. |
entro 20 gg. |
Obblighi
di dichiarazione |
|||
§
diritti reali su beni immobili o mobili iscritti in pubblici
registri; §
titolarità di imprese individuali; §
quote di partecipazione in società; §
partecipazioni in associazioni o società di professionisti; §
strumenti finanziari individuati dall’art. 1, co. 2, del TUF; §
trust di cui sia disponente, beneficiario, trustee
o guardiano; §
ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi al fine di
assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dell’incarico
pubblico, un impiego o attività di qualunque natura; §
elenco beni mobili iscritti o immobili di valore superiore a 50.000
euro, ad uso personale §
copia ultima dichiarazione dei redditi e copia annuale (entro 20 gg.
dalla scadenza fiscale). Le dichiarazioni si rivolgono anche agli incarichi e
alle attività svolte all’estero. |
§
diritti reali su beni immobili o mobili iscritti in pubblici
registri; §
titolarità di imprese individuali §
quote di partecipazione in società; §
partecipazioni in associazioni o società di professionisti; §
strumenti finanziari individuati dall’art. 1, co. 2, del TUF; §
trust di cui sia disponente, beneficiario, trustee
o guardiano; §
ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi al fine di
assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dell’incarico
pubblico, un impiego o attività di qualunque natura; §
beni mobili o immobili destinati all’esclusivo godimento personale; §
copia annuale dichiarazione dei redditi (entro 10gg. dalla scadenza
fiscale). Le dichiarazioni si rivolgono anche agli incarichi e
alle attività svolte all’estero. |
§
diritti reali su beni immobili o mobili iscritti in pubblici
registri; §
titolarità di imprese individuali; §
quote di partecipazione in società; §
partecipazioni in associazioni o società di professionisti; §
strumenti finanziari individuati dall’art. 1, co. 2, del TUF; §
trust di cui sia disponente, beneficiario, trustee
o guardiano; §
ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi al fine di
assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dell’incarico
pubblico, un impiego o attività di qualunque natura; §
redditi IRPEF percepiti negli ultimi due anni e copia annuale (entro
20 gg. dalla scadenza fiscale); §
finanziamenti, erogazioni, contributi, donazioni, ecc, percepiti,
nei due anni precedenti, nonché le obbligazioni assunte e finanziamenti
campagna elettorale. |
§
Tutti i dati relativi ai beni e alle attività patrimoniali di cui
siano titolari o siano stati titolari nei sei mesi precedenti, anche per
interposta persona §
elenco beni mobili o immobili destinati al godimento personale; §
copia ultima dichiarazione dei redditi |
Ogni variazione negli elementi dichiarati deve essere resa nota, con dichiarazione integrativa, entro venti giorni dalla sua realizzazione, così come, entro venti (A.C. 275, A.C. 1832 e A.C. 1969) o trenta (A.C. 1059) giorni dalla cessazione dalla carica, i soggetti interessati dovranno dichiarare le variazioni nelle loro posizioni intervenute dall’ultima dichiarazione integrativa presentata e la cessazione della carica (in entrambi i casi, le proposte A.C. 275 e A.C. 1059 stabiliscono l’eccezione per conferimenti a trust). La proposta A.C. 1832 richiede un ulteriore aggiornamento qualora siano intervenute variazioni nei ventiquattro mesi successivi alla cessazione dalla carica (così come copia delle dichiarazioni dei redditi consegnate nei due anni successivi).
Tutte le proposte recano altresì disposizioni in materia di poteri ispettivi dell’Autorità di controllo, disponendo la possibilità, anche avvalendosi dell’apposito nucleo della Guardia di finanza o delle Forze di polizia:
§ di compiere accertamenti sulla veridicità e sulla completezza delle dichiarazioni;
§ di acquisire d’ufficio tutti gli elementi giudicati utili alla conoscenza degli interessi economici e patrimoniali dei soggetti interessati dagli obblighi di dichiarazione sopra richiamati (la proposta A.C. 1832 limita tale possibilità solo all’ipotesi in cui le dichiarazioni non sia fornite o risultino mendaci).
La proposta A.C. 1969 subordina l’acquisizione d’ufficio delle informazioni, alla previa informazione da parte dell’autorità di controllo al titolare della carica della mancanza, incompletezza o non veridicità delle informazioni, affinché entro venti giorni si proceda all’integrazione delle stesse.
Le proposte A.C. 1059, A.C. 1832 e A.C. 1969 prevedono il potere sanzionatorio in capo all’Autorità in caso di mancata trasmissione ovvero nell’ipotesi in cui sia accertata l’incompletezza o la non veridicità delle dichiarazioni trasmesse. In ogni caso è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria:
§ da un minimo di 10.000 euro a un massimo di 250.000 euro, salvo che il fatto non costituisca reato (A.C. 1059);
§ di importo compreso tra la metà e il doppio del reddito complessivo del trasgressore, quale risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi (A.C. 1832 e A.C. 1969). La pdl A.C. 1969 prevede contestualmente che l’autorità di controllo informi, per le cariche statali, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i Presidenti delle Camere; per le cariche regionali, vengono informati, il presidente della regione e il consiglio regionale interessato.
Infine, le proposte disciplinano i criteri di pubblicità delle dichiarazioni rese, con soluzioni parzialmente differenti.
La proposta A.C. 275 attribuisce a tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per la Camera dei deputati il diritto di conoscere il contenuto della dichiarazione, dietro presentazione di richiesta scritta. A tal fine, l’Autorità dovrà stabilire entro centoventi giorni dalla sua prima riunione le “regole per facilitare l’accesso degli aventi di diritto”. La stessa Autorità, tuttavia, potrà decidere di non rendere pubblici i documenti che riguardino posizioni beneficiarie spettanti a soggetti diversi dal titolare della carica di governo che risultino negli eventuali trust dei quali il titolare di incarichi di governo faccia parte.
Le proposte A.C. 1059 e A.C. 1832 prevedono, invece, la piena pubblicità delle informazioni, da garantire, rispettivamente, mediante pubblicazione sul sito internet dell’Autorità, oppure avvalendosi di sistemi elettronici aperti secondo criteri di accessibilità stabiliti in apposito regolamento.
Tutte le proposte di legge recano una disciplina in materia di obblighi di astensione.
Le proposte A.C. 275, A.C. 1059 e A.C. 1969 prevedono sia un generale obbligo di astensione che grava sull’interessato, sia un potere di controllo da parte dell’autorità di vigilanza (rispettivamente, Autorità per la prevenzione dei conflitti d’interesse, Autorità garante della concorrenza e del mercato o Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interesse), mentre la proposta A.C. 1832 prevede solo un potere di accertamento in capo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
L’A.C. 275 all’art. 9 conferisce, al comma 1, all’Autorità per la prevenzione dei conflitti d’interesse il potere di individuare e comunicare ai titolari di cariche di governo, dopo l’esame delle dichiarazioni dell’interessato, i casi specifici di obbligo di astensione, fermi restando (comma 3) i principi generali di astensione previsti dall’articolo 1, commi 2 e 3. In particolare, l’Autorità indica che il titolare di cariche di governo deve astenersi dal partecipare a decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni quando questi:
§ pur destinati alla generalità o ad intere categorie di soggetti, siano tali da produrre nel suo patrimonio o nel patrimonio dei suoi familiari o congiunti un “vantaggio economicamente rilevante e differenziato, ancorché non esclusivo”, rispetto a quello della generalità dei destinatari (comma 1);
§ siano destinati a ristrette categorie di soggetti nelle quali egli stesso rientri e tali da produrre nel suo patrimonio o in quello dei suoi familiari o congiunti un vantaggio economicamente rilevante (comma 2).
Viene comunque fatta salva la facoltà per l’Autorità di imporre le misure di separazione degli interessi previste dall’articolo 12.
I commi 4 e 5 dell’articolo 9 disciplinano invece il caso in cui il titolare di cariche di governo manifesti il dubbio della sussistenza di un conflitto di interessi nell’adozione di una decisione o nella partecipazione a una deliberazione. In tal caso, si prevede che il titolare di cariche di governo sia tenuto a investire immediatamente della questione l’Autorità (comma 4), la quale deve pronunciarsi entro cinque giorni (in pendenza della pronuncia l’interessato è comunque tenuto ad astenersi, comma 5).
Il comma 6 dell’articolo 9 prevede che le deliberazioni dell’Autorità di controllo sugli obblighi di astensione siano comunicate al Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri perché ne informi il Consiglio dei ministri.
Il comma 7 prevede che l’obbligo non operi in caso di adozione di atti dovuti.
Al riguardo appare opportuno precisare meglio la fattispecie di “atti
dovuti” interessata dalla disposizione.
La proposta di legge A.C. 1059 (art. 7) dispone che i titolari delle cariche di governo nazionali, regionali e locali e i componenti delle autorità amministrative indipendenti che versino in una situazione di conflitto di interessi hanno l'obbligo di astenersi dal partecipare a qualsiasi decisione che riguardi l'interesse in conflitto, incluse le attività preparatorie e consequenziali e ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo (espressione quest’ultima meritevole di una maggior precisazione) (comma 1).
La proposta attribuisce inoltre all'Autorità garante della concorrenza e del mercato un generico potere di verifica e controllo sull'azione del titolare delle cariche di governo, al fine di accertare il rispetto dell'obbligo di astensione (comma 3).
L'Autorità, nel caso in cui accerti la sussistenza delle situazioni di conflitto di interessi, invita l'interessato ad astenersi dai relativi atti e a rimuovere, entro dieci giorni, la situazione di conflitto. Agli atti compiuti è comminata la nullità, che si estende anche alle deliberazioni degli organi collegiali, nonché alle attività preparatorie e consequenziali e ad ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo (comma 2).
La proposta di legge A.C. 1832 (art. 6) dispone che, entro 30 giorni dal ricevimento delle dichiarazioni dell’interessato, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato accerta se i titolari delle cariche di governo si trovino in una situazione di conflitto d'interessi. In caso positivo, l'Autorità determina, con proprio provvedimento, le specifiche ipotesi in cui il titolare delle cariche è tenuto ad astenersi dall'adottare o dal concorrere ad adottare atti o provvedimenti o dal partecipare a deliberazioni collegiali.
La proposta di legge A.C. 1969 (art. 3, commi 8 e 9) prevede per i titolari di cariche di Governo un obbligo di astensione dalla partecipazione a qualunque decisione che possa specificamente incidere sulla situazione patrimoniale propria o del coniuge non legalmente separato o dei parenti o affini fino al secondo grado, recando a essi, anche indirettamente, un beneficio economico.
In caso di violazione del divieto, e salvo che il fatto costituisca reato, la Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interesse applica una sanzione amministrativa pecuniaria (da un minimo di 50.000 euro a un massimo di un milione di euro).
Tutte le proposte di legge recano disposizioni in materia di incompatibilità, con un diverso ambito soggettivo di riferimento.
La proposta A.C. 275 prevede le incompatibilità esclusivamente con riferimento ai titolari di cariche di governo statali (art. 10 e 11) ed introduce un principio fondamentale in materia di incompatibilità dei Presidenti di regione e degli assessori regionali.
La proposta A.C. 1832 disciplina incompatibilità riferite sia ai titolari di cariche di governo nazionali che ai parlamentari ed incompatibilità specifiche per i soli titolari di cariche di governo nazionali (art. 5).
La proposta A.C. 1969 riguarda incompatibilità relative ai titolari di cariche di governo statali, regionali e locali. Essa prevede inoltre due ipotesi di inconferibilità dell’incarico di componente di un’autorità indipendente.
La proposta A.C. 1059 ha un ambito soggettivo di applicazione più ampio, in quanto concerne i titolari di cariche di governo statali, regionali e locali e i componenti delle Autorità amministrative indipendenti (artt. 4 e 5).
L’applicabilità della disciplina delle incompatibilità ai titolari di
cariche di governo regionali deve essere valutata alla luce dell’art. 122 Cost.,
che rimette alla legge regionale la disciplina dei casi di ineleggibilità e di
incompatibilità dei Presidenti e dei componenti della giunta regionale (oltre
che dei consiglieri regionali) nei limiti dei principi fondamentali stabiliti
con legge della Repubblica.
L’art. 14 della medesima proposta A.C. 1059 prevede peraltro che le
regioni e le province autonome disciplinano le incompatibilità e i conflitti di
interesse dei presidenti e degli assessori regionali uniformandosi ai principi
generali desumibili dalla legge.
In particolare, la proposta di legge A.C. 275, all’art. 10 prevede l’incompatibilità tra la titolarità di cariche di governo statali e:
§ qualunque carica o ufficio pubblico non ricoperto in ragione della funzione svolta, fatta eccezione per il mandato parlamentare;
§ qualunque impiego pubblico o privato (in base al comma 6 i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa, senza pregiudizio della posizione di carriera);
§ attività professionali o di lavoro autonomo, comprese consulenze e arbitrati, anche non retribuite, con eccezione delle attività estranee all’incarico di governo;
§ attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, fatta eccezione, ai sensi del comma 4, per l’attività di piccolo imprenditore;
§ cariche di qualunque tipo presso imprese o società pubbliche o private, in fondazioni o in enti di diritto pubblico, anche economici.
L’incompatibilità vale per la durata dell’incarico e, limitatamente agli incarichi in enti e in società con fine di lucro in settori connessi con l’incarico di governo, per i dodici mesi successivi (comma 5).
L’incompatibilità sussiste anche in caso di attività e incarichi all’estero (comma 2).
In base al comma 3, non vi è incompatibilità se l’imprenditore individuale istituisce un trust ovvero conferisce sino alla cessazione dell’incarico di governo procura generale a gestire in piena autonomia a un institore.
In base al comma 7, dopo l’assunzione dell’incarico, i titolari di cariche di governo possono percepire compensi o indennità solo per attività prestate in precedenza e solo quando gli stessi risultino già predeterminati.
L’art. 22 della proposta di legge A.C. 275 introduce infine un nuovo principio fondamentale che le leggi regionali sono tenute ad applicare nella disciplina delle incompatibilità. In base al nuovo principio, deve essere riconosciuta una causa di incompatibilità in caso di possibile conflitto tra gli interessi pubblici da perseguire nell'esercizio delle funzioni di Presidente o di assessore regionale e gli interessi economici di cui i medesimi siano nella posizione di titolare, rappresentante, amministratore, curatore, gestore, procuratore o in altra posizione analoga o rispetto ai quali svolgano un'attività di consulenza.
La proposta di legge A.C. 1059 (art. 4, comma 1) dispone l’incompatibilità tra le cariche di governo statali, regionali e locali e quelle di presidente e di componente delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione con:
- qualsiasi ufficio o carica pubblica anche di natura elettiva; unica eccezione prevista è la compatibilità tra le cariche di governo statali e la carica di deputato o senatore;
- qualsiasi carica o ufficio o funzione in enti di diritto pubblico, anche economici, imprese e società pubbliche o private, organismi di diritto pubblico, consorzi, aziende speciali degli enti locali o in enti senza fini di lucro sottoposti a vigilanza e a controllo da parte dello Stato, regioni o enti locali;
- qualunque attività professionale o di lavoro autonomo, anche se gratuita, in forma associata o societaria, di consulenza o arbitrale, a favore di soggetti pubblici o privati;
- qualsiasi tipo di impiego o lavoro pubblico o privato (in base al comma 7 i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa non retribuita, senza pregiudizio della posizione di carriera).
Sussiste incompatibilità anche per le attività svolte per il tramite di interposta persona o attraverso società fiduciarie e per le attività svolte all'estero (art. 4, comma 2).
I titolari delle cariche di governo statali, regionali e locali e i componenti delle Autorità amministrative indipendenti iscritti in albi o elenchi professionali sono sospesi di diritto dai tali albi o elenchi per tutta la durata della carica; essi possono percepire unicamente i proventi derivanti da prestazioni professionali svolte in precedenza (art. 4, comma 4).
Il divieto di assumere cariche in enti e di svolgere attività professionale o di lavoro autonomo è valido per tre anni dalla cessazione della carica di governo, con eccezione di attività, cariche o funzioni svolte nel settore esclusivamente privato in ambiti non connessi con la carica rivestita (comma 5). Per i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato l’incompatibilità per i successivi tre anni deve intendersi riferita all'attività professionale svolta da parte della medesima Autorità ai sensi della legge per la tutela della concorrenza e del mercato e del codice del consumo (comma 6).
Viene specificato che restano ferme per le cause di incompatibilità previste da altre disposizioni di legge (comma 4).
Per quanto riguarda le conseguenze dell’incompatibilità, la proposta di legge non prevede l’esercizio dell’opzione, ma l’obbligo del titolare di una carica di governo o del componente di autorità amministrativa indipendente di rinunciare agli incarichi e alle funzioni incompatibili con la carica, entro dieci giorni dall'assunzione della medesima. Viene inoltre precisato che da tali incarichi e funzioni non può derivare, per tutta la durata della carica, alcuna forma di retribuzione o di vantaggio per il titolare (art. 4, comma 10).
La proposta A.C. 1059 prevede altresì il divieto per il titolare di cariche di governo, il coniuge, i parenti o affini entro il secondo grado e le persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico di rendersi aggiudicatari di procedure ad evidenza pubblica per la conclusione di contratti pubblici di rilevanza europea di lavori, servizi o forniture in ambiti rientranti nel settore di competenza della carica rivestita o in ambiti connessi. I contratti conclusi in violazione del divieto sono nulli, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
La proposta di legge A.C. 1832 prevede due diverse incompatibilità.
Una prima forma di incompatibilità è riferita sia ai titolari di cariche di governo che ai parlamentari e riguarda:
§ qualunque carica o ufficio pubblico non ricoperto in ragione della funzione svolta; il mandato parlamentare è comunque cumulabile con le cariche di governo e con la carica di sindaco o assessore o consigliere di un comune con popolazione non superiore a 5.000 abitanti;
§ qualunque impiego pubblico o privato (in base al comma 2 i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa, senza pregiudizio della posizione di carriera);
§ cariche di qualunque tipo presso imprese o società pubbliche o private, in fondazioni o in enti di diritto pubblico, anche economici.
La seconda forma di incompatibilità interessa i soli titolari di cariche di governo e riguarda:
§ attività professionali o di lavoro autonomo (comprese consulenze e arbitrati), anche non retribuite;
§ attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, fatta eccezione per l’attività di piccolo imprenditore. L’imprenditore individuale istituisce un trust (v. infra) o provvede alla nomina di un institore (comma 5).
La proposta di legge n. 1832 (art. 5, comma 6) prevede inoltre per i soli titolari di cariche di Governo nei 24 mesi successivi alla cessazione dalla carica il divieto di:
a) ricoprire le
cariche di qualunque tipo presso imprese o società pubbliche o
private, in fondazioni o in enti di diritto pubblico, anche economici;
b) assumere impieghi o svolgere lavori pubblici o privati, differenti da quelli per i quali erano stati collocati in aspettativa, all'atto di assunzione della carica;
c) svolgere attività professionali o di lavoro autonomo (comprese consulenze e arbitrati), anche non retribuite, anche in forma associata o societaria in settori nei quali hanno esercitato le loro funzioni pubbliche;
d) svolgere attività imprenditoriali, anche per interposta persona o a mezzo di società fiduciarie, salvo che si tratti di piccoli imprenditori, nei settori nei quali hanno esercitato le loro funzioni pubbliche.
La proposta di legge A.C. 1969 (art. 2, commi 1 e 2) prevede l’incompatibilità tra la titolarità di cariche di governo statali, regionali e locali e:
§ qualunque carica o ufficio pubblico non ricoperto in ragione della funzione svolta, fatta eccezione per il mandato parlamentare; i relativi rapporti si risolvono di diritto al momento del giuramento;
§ qualunque impiego pubblico o privato; i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa, senza pregiudizio della posizione di carriera, con applicazione delle disciplina sull’aspettativa per mandato parlamentare.
Ai titolari di cariche di governo (art. 2, comma 3) è inoltre fatto divieto di:
§ svolgere attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie;
§ ricoprire cariche, di qualunque tipo, o svolgere consulenze o incarichi arbitrali, in enti di diritto pubblico, anche economici, o presso imprese o società pubbliche o private, o comunque in enti privati aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività patrimoniali.
Essi cessano dai predetti incarichi e funzioni al momento del giuramento; gli atti adottati ed i voti espressi successivamente sono nulli.
Il divieto vige anche nei due anni successivi alla cessazione dell’incarico.
I titolari delle cariche di governo statali, regionali e locali non possono svolgere attività professionali, nemmeno in forma associata, in Italia o all’estero e sono sospesi di diritto dai relativi albi professionali per tutta la durata della carica; essi possono percepire unicamente i proventi derivanti da prestazioni professionali svolte in precedenza (art. 2, comma 5).
La proposta di legge A.C. 1969 prevede infine una disposizione (art. 15) in materia di conflitto di interessi per i componenti delle autorità indipendenti, prevedendo alcuni casi di inconferibilità dell’incarico.
In particolare, non possono essere nominati Presidenti o componenti delle autorità indipendenti.
§ i titolari di cariche elettive prima che siano trascorsi due anni dalla fine del mandato (la disposizione non specifica a quali cariche elettive ci si riferisca);
§ i Presidenti e i componenti di un'altra autorità indipendente prima che siano trascorsi tre anni dalla fine del mandato.
Tutte le proposte recano una specifica disciplina in caso di situazioni patrimoniali di particolare rilievo dell’interessato.
Le proposte di legge A.C. 275 e A.C. 1059 fanno discendere dalla situazione patrimoniale dell’interessato una specifica forma di incompatibilità, mentre le proposte A.C. 1832 e A.C. 1969 trattano la questione in termini di conflitto di interessi.
La proposta di legge A.C. 275 stabilisce (art. 11, comma 1) un regime peculiare di incompatibilità vigente quando il patrimonio del titolare di cariche di governo abbia determinate caratteristiche:
§ assuma un valore superiore a 15 milioni di euro in beni (ad esclusione dei titoli di Stato) che possano configurare situazioni di conflitto di interesse come disciplinate dall’articolo 2; il limite di 15 milioni di euro è incrementato ogni anno in misura equivalente all’aumento dell’indice del deflatore dei prezzi (comma 2);
§ consista nella proprietà o il controllo di un’impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, fatta eccezione per i piccoli imprenditori.
Anche la proposta A.C. 1059 prevede una particolare forma di incompatibilità derivante dalla situazione patrimoniale.
L’art. 5, comma 1, dispone infatti che le cariche di governo statali, regionali e locali, e quelle di componenti delle Autorità amministrative indipendenti sono incompatibili con:
a) la proprietà, il possesso o la disponibilità, anche all'estero, di un patrimonio immobiliare o mobiliare di valore superiore a 10 milioni di euro, ad eccezione dei contratti concernenti titoli di Stato; sono esclusi i beni destinati all'esclusivo godimento personale del titolare della carica o dei suoi familiari indicati nella dichiarazione resa all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (comma 6);
b) la proprietà, il possesso o la disponibilità di partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale di un'impresa che svolge la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali, di un'impresa titolare di diritti esclusivi o che operi in regime di monopolio, di imprese che operino nei settori della radiotelevisione e dell'editoria o della diffusione tramite internet, nonché di altre imprese di interesse nazionale.
L’incompatibilità opera anche nel caso in cui le predette situazioni patrimoniali siano riferibili, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, al coniuge o ai parenti o affini entro il secondo grado o a persone stabilmente conviventi, con l’eccezione del lavoro domestico, con il titolare delle cariche.
Ai fini della determinazione del patrimonio, non sono computate le diminuzioni patrimoniali conseguenti ad atti di disposizione, anche indiretti, compiuti, a titolo oneroso o gratuito, nei 18 mesi precedenti l’assunzione della carica da parte del titolare della carica medesima nei confronti del coniuge o dei parenti o affini entro il secondo grado o di persone stabilmente conviventi, con l’eccezione del lavoro domestico (comma 2).
I titolari della carica di governo possono optare tra il mantenimento della carica di governo con il ricorso all’istituto del mandato fiduciario ed il mantenimento della posizione incompatibile (comma 4).
La pdl A.C. 1832 disciplina invece una particolare forma di conflitto interessi di natura patrimoniale (art. 7).
Se l’Autorità antitrust dopo aver provveduto all’accertamento della sussistenza di una forma di conflitto di interessi rispetto alla quale, in relazione alla natura o alla consistenza del patrimonio, ritiene insufficiente l’obbligo di astensione (ai sensi dell’art. 6) provvede, sentito l’interessato, alla costituzione di un trust cieco (vedi art. 8).
E’ in ogni caso presunta, la sussistenza di conflitto di interessi nel caso di proprietà, possesso o comunque disponibilità, anche attraverso interposta persona o società fiduciarie, di rilevanti partecipazioni in imprese (a meno che l’Autorità ne rilevi, con provvedimento motivato, la posizione marginale) operanti nei seguenti settori:
§ difesa;
§ energia;
§ credito e risparmio;
§ opere pubbliche di preminente interesse nazionale;
§ servizi pubblici erogati in regime concessione o di autorizzazione;
§ pubblicità.
Si considerano rilevanti:
§ le partecipazioni di controllo o che partecipino al controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
Sono considerate società controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c.:
- le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
- le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
- le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai sensi dell’art. 7 della L. 287/1990 si ha controllo, oltre che nei casi di cui sopra, in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un'influenza determinante sulle attività di un'impresa.
§ le partecipazioni superiori al 3 per cento del capitale sociale, nel caso di società quotate in mercati regolamentati
§ le partecipazioni superiori al 9 per cento nelle società non quotate.
E’ prevista la possibilità, da parte del titolare della carica di governo - entro 45 giorni dall’accertamento del conflitto di interessi prorogabili di altri 45 - di alienare in tutto o in parte il patrimonio al fine di sottrarsi (totalmente o parzialmente) al trust cieco.
Il ricavato può essere reinvestito esclusivamente in titoli di Stato, italiani o esteri, o in immobili non destinati in attività di impresa.
In ogni caso, la parte di patrimonio non alienata e il ricavato dell’alienazione non reinvestito alle condizioni di cui sopra devono essere conferiti al trust cieco.
Anche la proposta di legge A.C. 1969 fa discendere da particolari condizioni patrimoniali una situazione di conflitto di interessi (art. 3).
La proposta distingue in proposito due forme di conflitto di interessi:
a) una situazione di conflitto di interessi la cui sussistenza è valutata di volta in volta dall’autorità di vigilanza;
b) una situazione di conflitto di interessi individuata direttamente dalla legge.
Per quanto riguarda l’ipotesi sub a), sono suscettibili di dar luogo a conflitto di interessi la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità, anche all'estero, di patrimoni immobiliari e mobiliari di valore complessivo superiore a 10 milioni di euro da parte del titolare delle cariche di governo o del coniuge non separato o dei parenti e affini entro il secondo grado. Sono comunque esclusi i beni mobili o immobili effettivamente destinati alla fruizione o al godimento personale del titolare della carica di Governo o dei suoi familiari, indicati dall'interessato nella dichiarazione all’autorità di vigilanza ai sensi dell'articolo 4. Per i beni immobili viene inoltre specificato che deve trattarsi di beni immobili strumentali a un'attività di impresa o comunque ad attività aventi scopo di lucro, posseduti anche per interposta persona o per il tramite di società fiduciarie.
La Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi, sentite per quanto di competenza l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali autorità di settore, accerta caso per caso se, dati i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di Governo, la proprietà, il possesso o la disponibilità delle attività patrimoniali siano suscettibili di determinare conflitti di interessi.
Determina invece in ogni caso un conflitto di interessi (ipotesi sub b)), il possesso, anche attraverso interposta persona o società fiduciarie, di partecipazioni rilevanti in imprese (a meno che la Commissione ne rilevi, con provvedimento motivato, la posizione marginale) operanti nei seguenti settori:
§ difesa;
§ energia;
§ credito;
§ opere pubbliche di preminente interesse nazionale;
§ comunicazioni di rilevanza nazionale;
§ servizi pubblici erogati in concessione o di autorizzazione;
§ imprese operanti nel settore pubblicitario.
Si considerano rilevanti:
§ le partecipazioni di controllo o che partecipino al controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge n. 287/1990;
§ le partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale, nel caso di società quotate in mercati regolamentati;
§ le partecipazioni superiori al 10 per cento nelle società non quotate.
Sono altresì rilevanti gli accordi contrattuali o i vincoli statutari che consentano di esercitare il controllo o la direzione e il coordinamento anche di enti non societari.
Ai sensi dell’articolo 10, la disciplina sui conflitti di interesse si applica anche in caso di cessione a terzi dei beni e delle attività patrimoniali intervenuta dopo il conferimento della carica di Governo o nei tre mesi precedenti, quando il destinatario della cessione si trovi, riguardo al titolare della carica di Governo o a un'impresa da questi controllata in una delle seguenti condizioni:
a) coniuge, parente o affine entro il quarto grado;
b) società collegata (ex art. 2359 c.c.);
c) persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della disciplina ovvero società o altro ente comunque costituito o utilizzato allo stesso fine.
L’articolo 10, commi 8-11, della proposta di legge A.C. 275 individua la procedura per l’accertamento dell’incompatibilità e l’opzione dell’interessato. Si prevede in particolare che:
§ l’Autorità dia comunicazione all’interessato, esaminata la sua dichiarazione (ex art. 8, cfr. supra), delle sue situazioni di incompatibilità; dalla comunicazione vige per l’interessato l’obbligo di astensione (comma 8); della comunicazione sono informati i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio e, se riguarda il Presidente del Consiglio o i ministri, anche il Presidente della Repubblica (comma 9);
§ l’interessato deve comunicare entro i trenta giorni successivi l’opzione tra il mantenimento della carica di governo e quello della posizione incompatibile (comma 8); in caso di mancata comunicazione si intende che l’opzione sia stata fatta per il mantenimento della posizione incompatibile con la carica di Governo (comma 10), fatta salva la possibilità di impugnazione della dichiarazione di incompatibilità ai sensi dell’articolo 6; del mancato esercizio sono informate le medesime autorità informate della comunicazione ai sensi del comma 9.
§ del mancato esercizio dell’opzione è pubblicata notizia sulla Gazzetta Ufficiale; dalla pubblicazione gli atti compiuti dal titolare della carica di governo sono nulli e inefficaci.
L’articolo 11, commi 3-8, indicano una procedura parzialmente diversa per l’accertamento dell’incompatibilità derivante da situazioni di carattere patrimoniale.
Le disposizioni riproducono quanto già esposto, prevedendo altresì che:
§ ai fini dell’accertamento della situazione di incompatibilità da parte dell’Autorità di controllo debba essere acquisito anche il parere della CONSOB, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle altre Autorità di settore eventualmente interessate;
§ in caso di scelta di rimozione della causa di incompatibilità, l’interessato concorda con l’Autorità gli adempimenti necessari per conseguire l’obiettivo; l’incompatibilità deve essere comunque rimossa entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” della comunicazione della situazione di incompatibilità.
Gli articoli 9 e 10 della proposta A.C. 1059 prevedono due procedimenti distinti per l’accertamento di cause di incompatibilità c.d. generali (ossia di quelle tra la carica di governo e altre cariche pubbliche o attività professionali e lavorative di cui all’art. 4) e di quelle di carattere patrimoniale (ossia quelle derivanti dal possesso di patrimonio immobiliare o mobiliare superiore a 10 milioni o dalla titolarità di una impresa in settori rilevanti di cui all’art. 5).
In entrambi i casi, l’Autorità procede all’accertamento d’ufficio entro 30 giorni dalla scadenza delle dichiarazioni rese dai titolari di cariche di governo ai sensi dell’art. 6.
In caso di accertata incompatibilità, l’Autorità ne da comunicazione immediatamente all’interessato che entro 10 giorni deve provvedere a eliminare la causa di incompatibilità.
A questo punto il procedimento si differenzia: nel caso di incompatibilità c.d. generale, il membro del Governo ha 10 giorni di tempo per cessare dall’incarico o attività incompatibile. Nel frattempo tutti i suoi atti, anche quelli adottati in via collegiale (ad es. quelli del Consiglio dei ministri) sono nulli.
Per quanto riguarda invece le incompatibilità patrimoniali l’interessato può optare tra il mantenimento della carica di governo (che comporta il conferimento del patrimonio ad una società fiduciaria ai sensi dell’art. 11) o il mantenimento dell’incompatibilità (in questo caso tutti gli atti anche presi in organismi collegiali sono nulli). Nel caso invece di opzione per la carica di governo, l’autorità assegna all’interessato un periodo di tempo per il conferimento del patrimonio.
In questa fase il procedimento torna comune per le due fattispecie; sia in caso di mancato conferimento del patrimonio, sia in caso di mancata cessazione del’attività incompatibile l’Autorità:
§ applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 mila a 1 milione di euro;
§ dispone che la pubblicazione della notizia della sanzione sia pubblicata, a spese dell’interessato, sul almeno tre quotidiani a diffusione nazionale e sia diffusa nelle emittenti radio tv pubbliche;
§ comunica la mancata rimozione delle cause di incompatibilità al Presidente del consiglio, al Ministro dell’interno e ai Presidenti delle Camere (quest’ultimi a loro volta provvedono a darne comunicazione alle rispettive Assemblee e al Presidente della Repubblica).
Il procedimento si conclude con la decadenza di diritto dell’interessato dall’incarico di governo con l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio, o , se la decadenza riguardi quest’ultimo, del Ministro dell’interno.
Ai sensi della proposta di legge A.C. 1832 (art. 5, commi 7 e 8), l’accertamento delle incompatibilità, sulla base delle dichiarazioni dell’interessato rese ai sensi dell’art. 4 (v. supra):
a) per i parlamentari, è affidato alla Camera d'appartenenza in sede di verifica dei poteri ex art. 66 Cost;
b) per i titolari di cariche di Governo è affidato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che procede alla verifica entro trenta giorni dal ricevimento delle dichiarazioni. In caso di incompatibilità l'Autorità invita l'interessato ad esercitare l'opzione entro venti giorni; in caso di inutile decorso del termine, si intende che il titolare della carica di Governo abbia optato per la posizione incompatibile. L'Autorità dà comunicazione al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dell'invito all'opzione e delle decisioni dell’interessato o della mancata opzione, anche per l'eventuale adozione dei provvedimenti conseguenti (la proposta non specifica ulteriormente le conseguenze della mancata opzione).
Il procedimento per la prevenzione dei conflitti di interessi
derivanti da attività patrimoniali è disciplinato dall’articolo 7
della proposta di legge A.C. 1969.
Qualora le attività patrimoniali siano suscettibili di determinare conflitti di interessi, la Commissione, sottopone agli interessati, entro tre mesi dall'assunzione della carica di Governo, una proposta di applicazione di una o più delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi indicate dall'articolo 8 (v. infra). A tal fine la Commissione può acquisire il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della CONSOB e delle competenti autorità di settore,
Si apre a questo punto il contraddittorio con l’interessato, che può sottoporre alla Commissione osservazioni e rilievi o proporre misure alternative, entro i successivi 20 giorni, i soggetti di cui all'articolo 1. In ogni caso, la decisione definitiva è adottata, con provvedimento motivato, entro quattro mesi dalla data dell'assunzione della carica di Governo.
Dalla data della proposta della Commissione, l'esercizio dei diritti di voto connessi alle partecipazioni, azioni o quote che, direttamente o indirettamente, facciano parte delle attività patrimoniali degli interessati è sospeso fino all'applicazione delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi, salvo diversa disposizione della Commissione. Nei successivi sessanta giorni le assemblee delle società, nelle quali i soggetti interessati possiedono partecipazioni rilevanti sono convocate per deliberare sulla conferma o sulla sostituzione degli amministratori; in caso di mancata convocazione, il tribunale, su ricorso della Commissione, ordina con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla.
L’A.C. 275 prevede una specifica procedura, recata agli artt. 12, 13, 14 e 15, nel caso in cui l’Autorità accerti:
§ il possesso, anche per interposta persona, o tramite società fiduciarie, di partecipazioni rilevanti – secondo la definizione del comma 5 dell’articolo 2 - in determinati settori (difesa, energia, credito, opere pubbliche di preminente interesse nazionale, comunicazioni di rilevanza nazionale, servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, settore pubblicitario); ovvero
§ una concentrazione di interessi patrimoniali e finanziari nel medesimo settore, superiore a 10 milioni di euro e tale da configurare il rischio evidente di turbative della concorrenza o di condizionamento dell’attività di governo.
In tali casi l’Autorità, qualora ritenga che possa configurarsi una situazione di conflitto di interessi, acquisisce i pareri della Consob, dell’AGCM e delle competenti Autorità di settore; le stesse si pronunciano anche sulle misure a loro avviso necessarie per prevenire il conflitto di interessi e, nel caso in cui si debba procedere all’istituzione di un trust cieco, si pronunciano sugli interventi che il trustee deve adottare per garantire l’effettiva rispondenza del trust a quanto richiesto dalla legge. Viene precisato che all’alienazione si procede quando si tratta dell’unica misura possibile per evitare nella specifica situazione il conflitto di interessi (art. 12, commi 7 e 8).
L’Autorità valuta
quindi, nei casi previsti, le osservazioni dell’interessato, cui sono comunicati
i pareri delle Autorità, e - se ritiene che si configuri il conflitto di
interessi - delibera di invitare il
titolare della carica di Governo ad
optare tra:
-
l’alienazione
delle partecipazioni nella misura idonea a riportarne la consistenza al di
sotto delle soglie di rilevanza, indicando tale misura; ovvero
- l’istituzione di un “trust cieco”, definito dall’art. 14 come “quella tipologia di trust ove il trustee ha la più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni in trust, mentre i beneficiari ne possono avere solo una conoscenza quantitativa”, e disciplinato in dettaglio dall’art. 15.
Il titolare della carica di governo può anche scegliere di procedere all'alienazione parziale dei propri beni e di istituire un trust su un'altra parte dei propri beni, oppure di procedere all'alienazione dei beni e al conferimento del ricavato in un analogo trust.
E’ stabilito (comma 13) il termine di 15 giorni successivi al ricevimento della deliberazione per comunicare all’Autorità le suddette opzioni. Successivamente:
-
se l’interessato ha optato per l’alienazione totale o parziale, il completamento delle operazioni,
secondo adempimenti necessari concordati con l’Autorità, deve avvenire entro i successivi 120 giorni prorogabili al massimo di ulteriori 90 giorni;
- se l’interessato ha optato per l’istituzione di un “trust cieco”, nei successivi 60 giorni sottopone l’atto costitutivo all’Autorità per l’approvazione (se l'Autorità indica la necessità di procedere alla modificazione di clausole dell'atto istitutivo del trust ai fini del rispetto delle disposizioni della legge, il titolare della carica di governo vi provvede entro i successivi dieci giorni).
Nel caso di mancato esercizio delle suddette opzioni entro il termine prescritto (15 giorni), salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per la disponibilità dei beni il cui possesso è incompatibile con la carica di Governo (comma 19). L’Autorità ne informa i soggetti previsti al comma 20 e viene disposta la pubblicazione della notizia nella Gazzetta Ufficiale: a decorrere da tale data tutti gli atti compiuti dal titolare della carica di governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
L’articolo 13 disciplina gli effetti che decorrono dalla data dell’invito all’opzione, tra cui la sospensione dell'esercizio dei diritti di voto connessi alle partecipazioni, azioni o quote che fanno parte delle attività patrimoniali degli interessati.
L’articolo 15 prevede che ai trust istituiti in attuazione dell’art. 12 si applicano le disposizioni della legge regolatrice straniera scelta dal disponente, d'intesa con l'Autorità, ai sensi della Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, ratificata e resa esecutiva con la legge 16 ottobre 1989, n. 364, fermo restando che la legge regolatrice deve essere compatibile con l'ordinamento italiano e che il trust istituito deve essere riconosciuto dallo Stato italiano. Per ottenere l’approvazione dell’Autorità, inoltre, i trust non devono essere idonei a eludere le disposizioni della legge e devono fornire adeguate garanzie per il perseguimento dei suoi obiettivi e il rispetto delle sue disposizioni (comma 3).
Secondo la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente, con atto inter vivos o mortis causa, qualora taluni beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un terzo beneficiario o per un fine specifico.
Secondo la scienza giuridica il trust non è un autonomo ente giuridico ma un patrimonio separato basato sulla fiducia la cui disciplina non ha valore solo tra le parti, come accade per il negozio fiduciario, ma è opponibile ai terzi, in specie ai creditori personali.
Al contempo, l’art. 26 prevede che per le controversie nelle materie disciplinate dalla legge, la competenza esclusiva è dell'autorità giudiziaria italiana, anche quando il trustee ha sede o residenza al di fuori del territorio della Repubblica italiana, salvo quanto disposto dall’art. 15, comma 10 (che rinvia alla disposizione di cui all'articolo 17, comma 3, della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, ratificata e resa esecutiva con la legge 21 giugno 1971, n. 804).
E’ altresì prevista l’applicazione, in ogni caso, della legislazione fiscale italiana per le materie disciplinate dalla legge.
Vengono quindi stabiliti gli elementi che deve in ogni caso recare l’atto di istituzione del trust (comma 5) i requisiti (comma 6), gli obblighi e le facoltà del trustee (commi 7 e 8).
Il comma 10 prevede che il trustee risponda con tutti i suoi beni presenti e futuri ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile (responsabilità patrimoniale).
Sono attribuite all’Autorità le funzioni di vigilanza (comma 14) sul corretto adempimento del trust e, nel caso di violazione delle prescrizioni della legge, il trustee può essere revocato (comma 12).
Ai sensi dell’articolo 16, le disposizioni relative alla separazione degli interessi non si applicano, previa verifica dell'Autorità, ai beni indicati negli elenchi che, ai sensi del comma 4 dell'art. 8 (beni mobili iscritti in pubblici registri o immobili di valore superiore a 50.000 euro che il titolare della carica dichiara essere destinati alla fruizione propria o del coniuge, dei parenti e degli affini entro il secondo grado, nonché delle persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico), sono allegati alle dichiarazioni che il titolare della carica è tenuto a depositare all’Autorità (comma 2 dell’art. 8).
Anche l’A.C. 1832 prevede che la costituzione di un trust cieco per la prevenzione dei conflitti d'interessi, come individuati dall'Autorità, avvenga in applicazione delle disposizioni della legge regolatrice straniera prescelta dal disponente, d'intesa con l'Autorità, ai sensi della Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, resa esecutiva con legge 16 ottobre 1989, n. 364 (art. 8).
Viene altresì specificato (comma 4) che il trust può dirsi cieco quando è stata compiuta la trasformazione del patrimonio conferito nella misura che l'Autorità ritiene adeguata a prevenire situazioni di conflitto d'interessi. Per la suddetta trasformazione viene previsto il termine di novanta giorni dal conferimento ed è stabilito che il disponente e i beneficiari possano essere informati soltanto del valore complessivo del patrimonio trasformato.
Sono poi stabiliti gli
elementi che deve in ogni caso recare l’atto di istituzione del trust
(comma 6) i requisiti (comma 7), gli obblighi e le facoltà del trustee (commi
8 e 9).
In caso di incompatibilità derivanti da attività patrimoniali, l’A.C. 1059 prevede l’obbligo del conferimento del patrimonio ad un'unica società fiduciaria autorizzata ad operare ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966[1], mediante mandato fiduciario senza rappresentanza, secondo quanto disciplinato dall’art. 11.
La relazione illustrativa individua le ragioni della scelta relativa all'utilizzo dello strumento giuridico del mandato fiduciario rispetto al trust in particolare nei seguenti elementi: a) viene utilizzato uno strumento giuridico disciplinato nel diritto italiano, rispetto ad uno strumento, quale il trust, disciplinato solo da leggi estere; b) la separazione dei beni che si attua con il mandato fiduciario non richiede alcun passaggio della proprietà in capo alla società fiduciaria, a differenza del trust, così eliminando problematiche di carattere tributario; c) l'attività fiduciaria può essere esercitata in Italia esclusivamente da società in possesso di una specifica autorizzazione ministeriale.
Viene stabilito inoltre che il mandato fiduciario deve prevedere l'obbligo di alienazione o di trasformazione dei beni, da attuare a cura della società fiduciaria nei termini e alle condizioni stabiliti dagli esperti di cui il comma 2 prevede la nomina.
Sono previsti requisiti e obblighi relativamente alla società fiduciaria ed all’attività degli esperti (commi 4-8).
Il mandante ha diritto di conoscere, con cadenza periodica, solo l'ammontare quantitativo dei beni conferiti e l'andamento della gestione del patrimonio e i suoi eventuali incrementi o decrementi (comma 9).
Sono quindi attribuiti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato compiti di vigilanza sull'attività della società fiduciaria e la facoltà di impartire le istruzioni che ritenga necessarie alle quali la società fiduciaria ha l'obbligo di attenersi.
È stabilita l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro) nel caso in cui la società fiduciaria o gli esperti vengano meno agli obblighi prescritti, ferma restando la possibilità per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato di imporre al conferente di revocare il mandato conferito alla società fiduciaria o agli esperti. In tale caso il mandante provvede, entro trenta giorni, alla loro sostituzione con le modalità e nel rispetto di quanto stabilito dalla legge.
È infine prevista l’applicazione del principio della trasparenza fiscale (con la previsione per cui tutti gli oneri tributari relativi alle operazioni compiute sono a carico del mandante) per tutte le operazioni poste in essere dalla società fiduciaria.
A sua volta, la
proposta di legge A.C. 1969 prevede
che, nel caso di beni suscettibili
di dare luogo a conflitti di interesse, di cui all’articolo 3, e di quelli
provenienti dalle operazioni di cui
al comma 10 dell’art. 8 (attività patrimoniali che concernono la proprietà di
compendi immobiliari non destinati alla fruizione o al godimento proprio o dei
propri familiari ovvero la proprietà o il controllo di un’azienda o la
proprietà i il possesso di partecipazioni rilevanti) la Commissione nazionale
per la prevenzione dei conflitti di interesse (la cui istituzione è prevista
all’art. 5) possa disporre che gli stessi siano affidati, entro un termine
dalla stessa determinato, ad una
gestione fiduciaria disciplinata dall’art. 8.
A tal fine, si prevede la sottoscrizione di un contratto di gestione – previa approvazione della Commissione di cui all’art. 5 – con un “gestore”, scelto tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare, con determinazione della medesima Commissione. Il contratto prevede che qualsiasi comunicazione relativa alla gestione avvenga esclusivamente in forma scritta tramite la Commissione.
Al patrimonio affidato al gestore si applica l'articolo 22 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di separazione patrimoniale (comma 3). Tale articolo, specifica, tra l’altro, che le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi e che il gestore non può utilizzare, nell'interesse proprio o di terzi, le disponibilità liquide degli investitori, da esso detenute a qualsiasi titolo.
L’art. 8 specifica altresì che i creditori dei soggetti in questione possono far valere i propri diritti su tutto il patrimonio degli stessi, ivi compresi i beni affidati in gestione ed hanno la facoltà di richiedere al gestore, per il tramite della Commissione, di provvedere all'adempimento di tali obbligazioni. Viene inoltre precisato che, in caso di cessazione dalla carica per qualsiasi ragione, il titolare della carica di Governo e i soggetti previsti dalla legge riacquistano di diritto la gestione del patrimonio, salvo diverso accordo tra le parti, ed entro trenta giorni dalla data di cessazione il gestore presenta al titolare della carica di Governo un dettagliato rendiconto contabile della gestione.
Riguardo all’attività del gestore, il comma 5 specifica che egli assicura il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 (prevenire conflitti di interesse rendendo progressivamente non conoscibile la composizione del patrimonio a tal fine rilevante) ed opera per la valorizzazione del patrimonio affidato in gestione disponendo dei beni che lo compongono (fanno eccezione i beni destinati al godimento o alla fruizione del titolare o dei propri familiari). Egli opera con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle sue specifiche competenze (comma 7). Ai sensi del comma 2, il mandato di gestione comprende il potere di alienazione dei beni mobiliari e immobiliari affidati in gestione.
I titolari non possono quindi chiedere o ricevere dal gestore informazioni concernenti l'attività di gestione ma hanno diritto di conoscere, per il tramite della Commissione, con cadenza periodica, il valore complessivo del patrimonio amministrato, nonché di ricevere ogni semestre, su richiesta, una quota del rendimento della gestione, nella misura determinata dal contratto di gestione. Può essere anche chiesta la sostituzione del gestore se ritengano non soddisfacente il risultato complessivo della gestione, quale risultante dai resoconti periodici.
La Commissione istituita dall’art. 5 vigila sull'osservanza, nella gestione del patrimonio, dei princìpi e dei criteri stabiliti dalla legge, nonché sull'effettiva separazione della gestione. La stessa può altresì disporre - qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi - che i soggetti in questione procedano alla vendita, con il successivo affidamento del ricavato a gestione fiduciaria, nel caso in cui le attività patrimoniali concernono la proprietà di compendi immobiliari non destinati alla fruizione o al godimento personale proprio o dei propri familiari, ovvero concernono la proprietà o il controllo di un'azienda o la proprietà o il possesso di partecipazioni rilevanti.
Il comma 10 definisce la relativa procedura: si prevede la fissazione di un termine massimo per la vendita da parte della Commissione, ferma restando la possibilità, per il titolare della carica di Governo, di comunicare che non vi intende procedere. In tal caso, ove il titolare della carica di Governo non opti per le dimissioni dall'incarico, questi o il titolare del patrimonio possono conferire un mandato irrevocabile a vendere le attività interessate a favore della Commissione (che provvede tramite pubblico incanto, offerta pubblica di vendita o altre modalità idonee ad assicurare il buon risultato della vendita) o del gestore, se già nominato.
Se entro il termine l'interessato non ha proceduto alla vendita né ha conferito mandato a vendere alla Commissione o al gestore, si intende che il titolare della carica di Governo abbia optato per le dimissioni dalla carica di Governo e la vendita non ha luogo e la Commissione ne dà comunicazione, per ogni effetto di legge, ai soggetti interessati.
L’articolo 17 dell’A.C. 275 reca disposizioni fiscali. In particolare (comma 1), si intende tassare le plusvalenze derivanti dalla dismissione di strumenti finanziari, effettuate ai sensi delle norme in esame, con aliquota al 26 per cento. La proposta intende inoltre (comma 2) garantire la neutralità fiscale delle operazioni relative alla costituzione dei trust istituiti dalle norme in esame in materia di conflitto di interessi, nonché del trasferimento di beni nei medesimi trust.
Più in dettaglio, il comma 1 prevede che le plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione di strumenti finanziari (come definiti dal TUF, testo unico finanziario e, più precisamente, dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) posseduti dai titolari di incarichi di governo (come individuati dall'articolo 7 della proposta in esame), ove siano eseguite in attuazione delle disposizioni in esame, siano sottoposte alle aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche, e dunque ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento (secondo quanto previsto da ultimo dall’articolo 3 del D.L. n. 66 del 2014).
Si rammenta infatti che l’articolo 2, commi da 6 a 34 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 ha modificato il regime di tassazione dei redditi di capitale e di quelli diversi di natura finanziaria. Nello specifico, per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, realizzate a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’aliquota dell’imposta sostitutiva è passata dal 12,5 al 20 per cento.
L’articolo 3 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, in corso di conversione al Senato, ha elevato ulteriormente tale ultima aliquota al 26 per cento.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del TUF per "strumenti finanziari" si intendono, sostanzialmente:
· valori mobiliari;
· strumenti del mercato monetario;
· quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;
· contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap", accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati;
· strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;
· contratti finanziari differenziali.
Il comma 2, al fine di garantire la neutralità fiscale delle operazioni di trasferimento di beni nei trust, esclude espressamente che il trasferimento di attività economiche nei trust di cui all'articolo 15 delle norme in commento - in ottemperanza alle disposizioni in materia di conflitto di interessi della proposta in esame e secondo le procedure ivi previste - nonché la successiva restituzione all'interessato, costituiscano realizzo di plusvalenze o di minusvalenze, con conseguente disapplicazione della relativa tassazione.
Si dispone inoltre l’esenzione totale da imposte per gli atti e i contratti stipulati ai fini dell'istituzione del trust e della successiva restituzione all'interessato.
Infine, se la legge regolatrice del trust o l'atto di istituzione prevedono che i proventi derivanti dal patrimonio trasferito siano in tutto o in parte imputati al patrimonio stesso, essi sono sottoposti al regime fiscale relativo alla categoria nella quale rientrano; si incarica il trustee dell’applicazione di ritenute e imposte sostitutive dovute.
L’articolo 9 dell’A.C. 1969 reca disposizioni fiscali, di contenuto analogo a quanto previsto dall’articolo 17 del già commentato A.C. 275, con le differenze di seguito esposte.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 9 intende applicare l’aliquota del 26 per cento (relativa alle plusvalenze da partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche) alle operazioni di dismissione di soli valori mobiliari eseguite in ottemperanza alle disposizioni della proposta stessa (il cui articolo 7 regola il procedimento per la prevenzione dei conflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali, mentre il successivo articolo 8 detta misure tipiche in materia, quali l'affidamento del patrimonio a una gestione fiduciaria) mentre l’articolo 17 dell’A.C. 275 fa riferimento a tutti gli strumenti finanziari di cui all’articolo 1, comma 2 del TUF.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 1-bis del citato TUF (di cui al D.lgs. n. 58 del 1998), per “valori mobiliari” si intendono le categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:
a. le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario;
b. obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli;
c. qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari sopra indicati;
d. qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure.
Il comma 2, con norma analoga all’articolo 17, comma 2 dell’A.C. 275, intende garantire la neutralità fiscale delle operazioni di trasferimento di beni nella gestione fiduciaria, a tal fine escludendo espressamente che il trasferimento di attività economiche e la successiva restituzione all'interessato costituiscano realizzo di plusvalenze o di minusvalenze, con conseguente disapplicazione della relativa tassazione. Si dispone inoltre l’esenzione totale da imposte per gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento dei beni alla gestione fiduciaria e della successiva restituzione all'interessato.
Si prevede anche in questo caso che i proventi derivanti dal patrimonio trasferito siano in tutto o in parte imputati al patrimonio stesso e sottoposti al regime fiscale relativo alla categoria nella quale rientrano; si incarica il gestore dell’applicazione di ritenute e imposte sostitutive dovute.
Il Capo VI dell’A.C. 275 (artt. 23-24) e gli articoli 13 e 14 dell’A.C. 1969, con formulazioni quasi identiche, intervengono in materia di “sostegno privilegiato” ai candidati o ai titolari di cariche di governo, da parte di imprese operanti nel settore delle comunicazioni, delle telecomunicazioni e dell’editoria, anche a mezzo Internet; sono definiti al riguardo i poteri di vigilanza e sanzionatori dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia durante le campagne elettorali sia al di fuori di tali periodi.
In particolare, l’art. 23 dell’A.C. 275 e l’art. 13 dell’A.C. 1969 disciplinano il caso in cui candidati a sindaco (per comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti nell’A.C. 275 e per comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti nell’A.C. 1969), a presidente di provincia o di regione, nonché capi delle coalizioni previste dalla legge elettorale della Camera dei deputati siano “a capo” – anche attraverso familiari - di imprese radiotelevisive e di comunicazione o di imprese operanti nell’ambito dell’editoria anche elettronica. In tali ipotesi l’AGCOM dovrà verificare che tali imprese non forniscano ai candidati un sostegno privilegiato (commi 1-4). Se riscontra il sostegno privilegiato l’Autorità diffida le imprese a procedere e le invita ad adottare misure correttive, pena l’irrogazione di specifiche sanzioni pecuniarie e, nei casi più gravi, la sospensione del provvedimento autorizzatorio per 15 giorni (commi 5-7). La vigilanza dell’AGCOM prosegue anche a campagna elettorale conclusa, potendo l’Autorità - se riscontra un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo – inviare apposite comunicazioni ai Presidenti delle Camere (commi 8-11), oltre ad una relazione semestrale sulle ordinarie attività di controllo (comma 12).
L’art. 24 dell’A.C.
275 e l’analogo art. 14 dell’A.C. 1969 disciplinano la vigilanza dell’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni sulle condotte nel periodo successivo alla campagna elettorale, richiedendole di
vigilare affinché i titolari di cariche di governo non ottengano dalle imprese
delle comunicazioni un sostegno privilegiato, obbligando eventualmente le
imprese stesse a ripristinare una posizione di equilibrio fornendo spazi ai
soggetti politici lesi. In queste disposizioni si prescinde dall’esistenza di
un rapporto tra il titolare della carica di governo e le imprese di
comunicazione. Le disposizioni sono quindi volte a prevedere un obbligo di
carattere generale per il settore delle comunicazioni al fine di assicurare il rispetto
costante, e dunque non solo in campagna
elettorale, della par condicio tra le diverse forze
politiche.
Tutte le proposte di legge prevedono sanzioni per la violazione delle regole sul conflitto di interessi.
In particolare, l’A.C. 1832 si limita a disporre (art. 9) che in caso di violazioni della legge l’Antitrust applica una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra il doppio e il triplo del vantaggio ottenuto.
In merito si osserva che non è sempre agevole quantificare il valore
economico di una decisione assunta dal titolare di una carica di Governo in
conflitto di interessi. Si osserva altresì che questa proposta di legge non
sanziona le violazioni agli obblighi di dichiarazione, ovvero degli obblighi di
astensione, rispetto alle quali non sia immediatamente ravvisabile un vantaggio
per l’interessato.
Le altre proposte di legge puniscono con diverse sanzioni amministrative pecuniarie le violazioni dell’obbligo di dichiarazione, le violazioni all’obbligo di astensione e il compimento di atti in conflitto di interessi in violazione delle misure preventive.
Più nel dettaglio, per i titolari di cariche di governo sono previste le seguenti sanzioni amministrative:
|
A.C. 275 |
A.C. 1059 |
A.C. 1969 |
§ per violazione degli obblighi di
dichiarazione |
|||
Riferimento
normativo |
(art. 18) |
(art. 6, co. 10) |
(art. 4, co. 4) |
Autorità
che sanziona |
Autorità per la prevenzione dei conflitti di interesse |
Antitrust |
Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi |
Sanzione |
Da 20.000 a 35.000 euro |
Da 10.000 a 250.000 euro |
Non inferiore alla metà e non superiore al doppio del reddito complessivo risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi |
Altro |
L’Autorità
informa il Presidente del Consiglio e i Presidenti delle Camere |
|
La
Commissione informa il Presidente della Repubblica, il Presidente del
Consiglio e i Presidenti delle Camere (per le cariche regionali, il
Presidente della Regione e del Consiglio regionale). Informazione anche al
PM. |
§ per violazione degli obblighi di
astensione |
|||
Riferimento
normativo |
(art. 19) |
(art. 7, co. 4) |
(art. 3, co. 9) |
Autorità
che sanziona |
Autorità per la prevenzione dei conflitti di interesse |
Antitrust |
Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi |
Sanzione |
Da 50.000 a 150.000 euro |
Da 50.000 a 500.000 euro |
Da 50.000 a un milione di euro |
Altro |
L’Autorità
informa l’autorità giudiziaria |
Pubblicazione
della decisione a spese dell’interessato |
|
§ per violazione degli obblighi di
astensione, con conseguente indebito vantaggio patrimoniale per il titolare
della carica di Governo (suo familiare o imprese da lui controllate, o che
l’abbiano sostenuto in campagna elettorale) |
|||
Riferimento
normativo |
(art. 20, co. 1 e 4) |
|
|
Autorità
che sanziona |
Autorità per la prevenzione dei conflitti di interesse |
|
|
Sanzione |
Non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito |
|
|
Altro |
Pubblicazione
della decisione, anche in GU |
|
|
§ per violazione degli obblighi di
astensione, o omessa adozione di atto dovuto con conseguente indebito
vantaggio patrimoniale per “altro componente dello stesso organo”, ovvero
altro membro del Governo, della giunta regionale, provinciale o comunale (o
suo familiare o affine o convivente) |
|||
Riferimento
normativo |
(art. 20, co. 2 e 3) |
|
|
Autorità
che sanziona |
Autorità per la prevenzione dei conflitti di interesse |
|
|
Sanzione |
Da 10.000 a 20.000 euro + Sanzione non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito |
|
|
Altro |
Pubblicazione
della decisione, anche in GU |
|
|
§ per la mancata rimozione della
incompatibilità |
|||
Riferimento
normativo |
|
Art. 9, co. 4-5; art. 10, co. 4-5 |
|
Autorità
che sanziona |
|
Antitrust |
|
Sanzione |
|
Da 100.000 a 1 milione di euro |
|
Altro |
|
Pubblicazione
della decisione a spese dell’interessato |
|
In relazione all’art. 20, comma 2, dell’A.C. 275, si sottolinea che la condotta ivi descritta è analoga a quella descritta dall’art. 323 del codice penale, Abuso d’ufficio («il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità»).
Il solo A.C. 1059 prevede sanzioni per i privati, imprese o fiduciari dell’uomo politico:
§ per la violazione del mandato fiduciario da parte della società o degli esperti (art. 11, co. 13), l’Antitrust può irrogare una sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 euro e imporre al conferente la revoca del mandato;
§ per l’indebito vantaggio conseguito dalle imprese controllate dal titolare della carica di Governo (art. 12), l’Antitrust può irrogare una sanzione da 50.000 a 500.000 euro, e comunque non inferiore all’indebito vantaggio conseguito e disporre eventualmente la decadenza concessioni o autorizzazioni.
Le pdl A.C. 275 (art. 21) e A.C. 1059 (art. 13) prevedono una delega al Governo per disciplinare i conflitti di interessi negli organi di governo degli enti locali. La sola proposta AC 1059 prevede anche una delega al Governo per riordinare, coordinare e adattare le disposizioni vigenti in materia di incompatibilità del presidente e dei componenti delle Autorità amministrative indipendenti.
In particolare, l’A.C. 275 dispone che entro due mesi il Governo debba emanare un decreto legislativo attraverso il quale:
§ integra il TU enti locali (d.lgs. 267/2000), con la disciplina del conflitto d’interessi; il comma 3 precisa altresì che i decreti legislativi adattano, anche attraverso opportune esenzioni e integrazioni, alle situazioni locali le misure previste dalla legge alle tipologie e alle dimensioni dei diversi enti locali;
§ detta disposizioni per prevenire e sanzionare il conflitto d’interessi con riguardo ai presidenti delle regioni e ai membri delle giunte regionali;
§ attribuisce anche rispetto a questi livelli territoriali di Governo funzioni di controllo all’Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi (istituita dall’art. 3 della pdl).
I principi e criteri direttivi della delega sono individuati rinviando a specifiche disposizioni della p.d.l.
L’A.C. 1059 prevede due deleghe al Governo:
§ una – da esercitare entro 180 giorni – per integrare il TU enti locali (d.lgs 267/2000), con la disciplina del conflitto d’interessi;
§ una – sempre da esercitare entro 180 giorni – per disciplinare le incompatibilità dei membri delle Autorità amministrative indipendenti.
In entrambi i casi i principi e criteri direttivi devono essere desunti dalla complessiva riforma della disciplina del conflitto d’interessi mentre le funzioni di vigilanza sono attribuite alla CIVIT (ora sostituita dall’ANAC).
Per quanto riguarda le regioni, l’art. 14 demanda direttamente a regioni e province autonome la disciplina delle incompatibilità e delle situazioni di conflitto di interessi dei presidenti e dei membri delle giunte, uniformandosi ai principi della riforma nonché della legge 165/2004[2].
Con riferimento ad entrambe disposizioni di delega relative al testo
unico degli enti locali, appare opportuno indicare espressamente i soggetti cui
applicare la nuova disciplina del conflitto di interessi.
L’art. 25 della proposta di legge A.C. 275 prevede la norma di copertura finanziaria, prevedendo uno stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, a valere sui fondi speciali di diversi Ministeri.
L’art. 15 della proposta di legge A.C. 1059 prevede una copertura di 800.000 euro a decorrere dal 2014, a valere sul fondo speciale del Ministero dell’economia.
L’articolo 27, comma 1, della proposta di legge A.C. 275 e l’art. 10 della proposta n. 1832 recano la disciplina transitoria per coloro che ricoprono le cariche di governo al momento dell’entrata in vigore della legge, disponendo che i termini previsti dalla legge si intendono decorrere dall’entrata in vigore medesima.
L’articolo 27, comma 2, della proposta di legge A.C. 275 dispone la sospensione feriale dei termini previsti dalla legge per il periodo dal 1° al 31 agosto di ciascun anno, ferma restando la normativa vigente sulla sospensione feriale dei termini processuali.
L’art. 27, commi 3 e 4, della proposta di legge A.C. 275 dispone la soppressione dell’Alto commissario per il contrasto alla corruzione ed il trasferimento delle relative risorse all’Autorità per la prevenzione dei conflitti di interesse.
Si segnala, come già rilevato, che il D.L. n. 112 del 2008 (art. 68,
co. 6 e 6-bis), ha soppresso la figura dell'Alto Commissario.
L’articolo 28 della proposta di legge A.C. 275, l’articolo 14 della proposta di legge n. 1059 e l’articolo 16 della proposta di legge A.C. 1969 prevedono l’abrogazione della legge vigente sul conflitto di interessi (L. n. 215/2004).
La proposta di legge A.C.
275 dispone altresì l’abrogazione della legge sulla pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche di
governo ed elettive, limitatamente alla parte relativa ai titolari di cariche
di governo nazionali (L. n. 441/1982).
L’articolo 29 della proposta di legge A.C. 275 e l’articolo 14 della proposta di legge A.C. 1059 dispongono in ordine all’entrata in vigore.
Composta da dieci articoli, la legge 20 luglio 2004 n. 215 affronta il tema dei conflitti di interessi che possono riguardare determinati titolari di incarichi pubblici i quali siano, al contempo, titolari di attività economiche di rilevante portata.
Preliminarmente, la legge individua (articolo 1) i destinatari della disciplina nei “titolari di cariche di Governo”, nel cui ambito sono ricompresi (comma 2):
§ il Presidente del Consiglio dei ministri,
§ i ministri,
§ i vice ministri,
§ i sottosegretari di Stato,
§ i commissari straordinari del Governo.
L’art. 10, co. 3, della L. 400/1988[3] dispone che a non più di dieci sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio.
Ai sensi dell’art. 11 della medesima legge, possono essere nominati commissari straordinari del Governo al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali. La nomina è disposta con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta ufficiale. Sull'attività del commissario straordinario riferisce al Parlamento il Presidente del Consiglio o un ministro delegato.
Inoltre, le disposizioni in materia di conflitto di interessi di cui alla L. 215/2004 si applicano, in quanto compatibili, anche ai componenti della Commissione tecnica consultiva rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell'editoria, di cui all’art. 54 della L. 416/1981, secondo quanto disposto dall’art. 2, comma 8, del decreto-legge n. 63/2012[4].
La legge impone a tali soggetti di dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e di astenersi dal compimento di atti – inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali – “in situazione di conflitto di interessi” (comma 1).
La definizione di conflitto di interessi, ai fini dell’individuazione degli atti dai quali è obbligatorio astenersi, è resa dal successivo art. 3 (v. infra).
Ai sensi del comma 3, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano disposizioni idonee ad assicurare il rispetto del principio di cui al comma 1.
La disciplina delle incompatibilità è recata dall’articolo 2, in cui sono elencate le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo.
L’incompatibilità riguarda:
§ ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione delle cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; del mandato parlamentare; di amministratore locale (si veda oltre quanto disposto dal decreto-legge 138/2011); delle cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della L. 60/1953[5];
§ cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;
§ cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L’imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile[6];
§ l’esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;
§ l’esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato.
Il decreto-legge 138/2011 (art. 13, comma 3)[7] ha ampliato (senza modificare testualmente la legge 215) il novero delle incompatibilità delle cariche di governo comprendendovi qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica (in pratica sindaci e presidenti di provincia) relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti[8].
Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche.
Dagli incarichi e funzioni incompatibili non può derivare, per tutta la durata della carica di Governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio per il titolare. Dopo il termine dell’incarico di Governo, l’incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d’impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa (o analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti).
Esistono, inoltre, nell’ordinamento altre disposizioni recanti cause di incompatibilità per i membri del Governo. Si tratta di disposizioni specifiche, ad esempio quelle che istituiscono autorità amministrative indipendenti, introdotte in prevalenza anteriormente all’approvazione della legge 215 del 2004, e da questa sostanzialmente assorbite.
Si registra peraltro l’introduzione di disposizioni di incompatibilità anche dopo il 2004.
Oltre all’incompatibilità con la carica di sindaco e presidente di provincia, sopra menzionata, si ricordano una serie di incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013 (di attuazione della c.d. legge anticorruzione)[9] tra cui quelle tra membri di governo e:
- titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale (art. 11, comma 1);
- titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 12, comma 2);
- presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale (art. 13, comma 1);
- direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali (art. 14, comma 1).
Ai sensi del decreto legislativo n. 235/2012[10] (anch’esso attuativo della legge anticorruzione) non possono ricoprire incarichi di governo coloro che sono stati condannati, con sentenza passata in giudicato, per le seguenti tre categorie di fattispecie di condanne definitive riferite a delitti, non colposi, consumati o tentati:
- condanna a pena detentiva superiore a 2 anni di reclusione per i delitti previsti dall’art. 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale;
- condanna a pena detentiva superiore a 2 anni di reclusione per i delitti previsti nel Libro II, Titolo II (Delitti contro la pubblica amministrazione), Capo I (Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) del codice penale, composto dagli articoli da 314 a 335-bis;
- condanna a pena detentiva superiore a 2 anni di reclusione per i delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni stabilita in base all’art. 278 c.p.p.
La legge individua quindi le situazioni in cui si determina il conflitto di interessi (articolo 3).
Esso sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all’adozione di un atto – anche formulando la proposta – o omette un atto dovuto:
§ trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi del precedente art. 2, ovvero
§ avendo l’atto o l’omissione un’“incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o delle imprese o società da essi controllate, con danno per l’interesse pubblico.
A fini interpretativi, giova rimarcare che:
§ la situazione di conflitto non concerne (solo) l’adozione di atti, bensì la partecipazione a tale adozione: può dunque trattarsi di deliberazioni collegiali ovvero di atti conseguenti all’adozione di un procedimento al quale il titolare di cariche di governo prende parte, anche attraverso la formulazione della proposta;
§ la situazione di conflitto può derivare anche da un’omissione, quando essa abbia ad oggetto un atto dovuto (non sembra dunque rilevare l’omissione di un atto qualora residui un margine di discrezionalità in ordine alla sua adozione);
§ l’incidenza patrimoniale dell’atto o dell’omissione deve essere non solo specifica ma “preferenziale”.
Tale aggettivo sembra richiedere un diverso (e migliore) effetto patrimoniale nei confronti del titolare (o dei parenti), rispetto alla generalità dei soggetti in atto o potenzialmente destinatari dell’atto o dell’omissione. A tale riguardo, la delibera del 16 novembre 2004 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, applicativa della legge, precisa (art. 5, co. 2) che “nell'accertamento dell'incidenza specifica e preferenziale l'Autorità prende in considerazione qualsiasi vantaggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo, si può determinare nel patrimonio dei soggetti di cui all'art. 3 della legge, anche se l'azione di governo è formalmente destinata alla generalità o ad intere categorie di soggetti”;
§ l’incidenza dell’atto o dell’omissione può riguardare non solo il patrimonio (personale) del titolare, coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ma anche quello delle imprese o società da essi controllate. Il concetto di “controllo” è definito mediante rinvio all’art. 7 della L. 287/1990[11].
Ai sensi dell’art. 7 citato, si ha controllo:
§ nei casi contemplati dall’art. 2359 c.c., il quale considera controllate le società in cui un’altra società:
- dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
- dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria[12];
- esercita un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali;
§ in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle attività di un’impresa, anche attraverso:
- diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio;
- diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono un’influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi.
Il controllo è acquisito dal soggetto che sia titolare o beneficiario dei rapporti giuridici suddetti ovvero che, pur non essendo titolare o beneficiario, abbia il potere di esercitare i diritti che ne derivano.
Al di fuori delle ipotesi di incompatibilità, per le quali l’insorgenza del conflitto è in re ipsa, il conflitto è configurato, come si è detto, in termini di “incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare e degli altri soggetti individuati: assume dunque rilievo la sola natura patrimoniale degli interessi. Ulteriore condizione che deve ricorrere perché si abbia conflitto è la sussistenza di un danno per l’interesse pubblico in conseguenza dell’atto.
La sussistenza di una situazione di conflitto di interessi (potenziale, deve intendersi) fa sorgere nel titolare della carica di governo l’obbligo di astensione di cui all’art. 1.
Viene ribadita la validità delle norme generali poste a tutela della concorrenza[13] (articolo 4), stabilendo, tra l’altro, che la violazione del divieto di atti e comportamenti che costituiscano o mantengano una posizione dominante nel settore delle comunicazioni (ai sensi dell’art. 2 della L. 249/1997[14] e dell’art. 14 della L. 112/2004[15]) è sanzionata anche quando sia compiuta dall’impresa facente capo al titolare di cariche di Governo avvalendosi di atti posti in essere dal titolare medesimo. Resta altresì ferma, in presenza dei rispettivi presupposti, l’applicabilità delle norme civili, penali, amministrative e disciplinari vigenti.
Il riferimento alla L. 112/2004 è stato introdotto nell’articolo in esame dal successivo D.L. 233/2004[16], che ha inteso adeguare e coordinare alcuni passaggi della L. 215/2004 con il dettato della L. 112/2004 (così detta “legge Gasparri”), che regola l’assetto del sistema radiotelevisivo e introduce, in particolare, il concetto di “sistema integrato delle comunicazioni”.
Il decreto-legge, nello specifico, ha novellato la legge in esame in soli due punti (artt. 4 e 7) con il dichiarato intento di introdurre richiami alla “legge Gasparri” o in sostituzione di norme superate, o in aggiunta a norme che restano in vigore, ma che sono divenute insufficienti a regolare le funzioni previste dalla legge sul conflitto di interessi in materia di comunicazione.
Chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l’obbligo di rendere note (articolo 5) all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (così detta “Anti-trust”):
§ l’eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;
§ tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.
Il termine per la presentazione della dichiarazione, complessivamente pari a 90 giorni, è sdoppiato in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per quella concernente le attività patrimoniali. Si precisa inoltre che tra le attività patrimoniali da dichiarare sono comprese le partecipazioni azionarie. Le successive variazioni dei dati patrimoniali sono anch’esse oggetto di dichiarazione.
Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.
Le dichiarazioni sono rese anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza.
Le due menzionate Autorità di garanzia provvedono agli accertamenti di competenza, con le modalità di cui ai successivi artt. 6 e 7, entro i 30 giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni.
Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato (vedi oltre articolo 8).
Più di recente, sempre in attuazione della legge anticorruzione, il legislatore è intervenuto a riordinare la materia degli obblighi di trasparenza in capo alle pubbliche amministrazioni con il D.Lgs. 33/2013. In particolare, per quanto riguarda i titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale, le amministrazioni devono pubblicare (articolo 14):
a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
b) il curriculum;
c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
f) le dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.
Le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati cui entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina e per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell'incarico dei soggetti, salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell'incarico o del mandato.
L’articolo 6 individua le nuove funzioni assegnate dalla legge all’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di conflitti di interessi.
Nel dettaglio, l’Autorità è competente ad accertare la sussistenza di:
§ situazioni d’incompatibilità, di cui all’art. 2 della legge;
§ situazioni di conflitto d’interesse, ai sensi dell’art. 3.
Nel primo caso, l’Autorità promuove, nei casi d’inosservanza, gli adempimenti volti a superare la situazione di incompatibilità, eseguiti poi dagli organi di volta in volta competenti, e ne dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere.
In particolare, l’Autorità, accertata la situazione di incompatibilità, promuove:
§ la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio ad opera dell’Amministrazione competente o di quella vigilante l’ente o l’impresa;
§ la sospensione del rapporto di impiego o di lavoro pubblico o privato;
§ la sospensione dall’iscrizione in albi e registri professionali, che deve essere richiesta agli ordini professionali per gli atti di loro competenza.
Nella seconda ipotesi, l’Autorità non ha poteri diretti nei confronti del titolare di cariche di Governo, ma comunica ai Presidenti delle Camere gli accertamenti svolti, indicando la situazione di privilegio. L’“Anti-trust” può invece diffidare ed eventualmente infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che pongano in essere comportamenti volti ad avvantaggiarsi degli atti adottati in situazioni di conflitto d’interesse.
La legge attribuisce all’Autorità anti-trust un potere di esame, controllo e verifica degli effetti dell’azione del titolare della carica di governo. Tale attività deve essere focalizzata a rilevare l’eventuale incidenza specifica e preferenziale, con danno per l’interesse pubblico, dell’azione del titolare della carica di governo sul proprio assetto patrimoniale, su quello del coniuge o dei parenti entro il secondo grado nonché su quello delle imprese o società da essi controllate.
È in ogni caso fatto salvo l’obbligo di denunzia all’autorità giudiziaria, quando i fatti abbiano rilievo penale.
Vengono indicate le modalità degli accertamenti dell’Anti-trust, che procede d’ufficio alle verifiche di competenza, valutate preventivamente e specificatamente le condizioni di proponibilità ed ammissibilità della questione.
A tale fine, l’Autorità corrisponde e collabora con gli organi delle Amministrazioni, acquisisce i pareri delle altre Autorità amministrative indipendenti competenti e le informazioni necessarie per l’espletamento dei compiti che il disegno di legge le affida, con i limiti opponibili all’autorità giudiziaria.
Nell’esercizio di tali funzioni, l’Autorità si avvale dei poteri riconosciuti dalla L. 287/1990, in quanto compatibili.
È garantita la partecipazione procedimentale dell’interessato ai sensi della L. 241/1990[17], ma viene fatto salvo quanto previsto dell’art. 14, co. 3, della L. 287/1990, che stabilisce che le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le imprese oggetto di istruttoria da parte dell’Autorità sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
Come si anticipava, a seguito degli accertamenti o dell’irrogazione di sanzioni pecuniarie previsti dall’articolo in esame, l’Anti-trust deve effettuare una comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
Tale comunicazione deve indicare:
§ i contenuti della situazione di privilegio;
§ gli effetti distorsivi realizzatisi sul mercato;
§ le conseguenze della situazione di privilegio;
§ le eventuali sanzioni inflitte alle imprese.
All’Anti-trust viene inoltre attribuito un potere regolatorio
in riferimento alle procedure istruttorie, ai criteri di accertamento per lo
svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal provvedimento in esame, nonché in
relazione alle modifiche organizzative interne. Tale potere è stato esercitato
con l’adozione della Deliberazione del 16 novembre 2004, su Criteri di accertamento e procedure istruttorie
relativi all’applicazione della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante norme in
materia di risoluzione dei conflitti di interessi[18].
Il successivo articolo 7 attribuisce anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni specifici compiti nella materia in esame.
Tali compiti – di vigilanza, di accertamento e sanzionatori – sono indirizzati non al titolare di cariche di governo ed ai suoi comportamenti, bensì ai comportamenti delle imprese che facciano capo al titolare medesimo – ovvero al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, o che siano da essi controllate – qualora tali imprese operino nei settori del sistema integrato delle comunicazioni di cui all’art. 2, co. 1, lett. g) della L. 112/2004[19]: si tratta del “stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni”[20].
Oggetto del controllo sono gli (eventuali) comportamenti che:
§ forniscano un “sostegno privilegiato” al titolare di cariche di governo;
§ vìolino, al contempo, le disposizioni di cui alla L. 223/1990[21], alla L. 249/1997[22], alla L. 28/2000[23], nonché alla citata L. 112/2004.
Tali leggi costituiscono i principali provvedimenti di ordine generale volti a disciplinare l’esercizio dell’attività radiotelevisiva, l’assetto complessivo del settore delle comunicazioni e la comunicazione politica attraverso i mezzi di informazione. Ciascuna di esse reca una pluralità di specifici obblighi e divieti a carico delle imprese operanti nel settore, nonché di sanzioni per la violazione dei medesimi, e pone in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni specifiche competenze afferenti alla regolazione del settore, alla vigilanza, all’accertamento delle infrazioni ed all’irrogazione di sanzioni.
Gran parte delle disposizioni della legge 223/1990 e della legge 112/2004 sono state abrogate e sono confluite nel citato testo unico del 2005.
L’articolo in esame fa rinvio alle leggi sopra richiamate anche per definire i poteri attribuiti all’Autorità, le procedure che essa deve seguire e le sanzioni da questa irrogabili. In aggiunta a ciò, estende all’Autorità quanto già disposto nel precedente art. 6 con riguardo ai poteri ed alle modalità di accertamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Anche l’Autorità per le comunicazioni, come già previsto per l’Anti-trust, qualora accerti che l’impresa abbia adottato comportamenti che forniscono un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo in violazione delle disposizioni di cui alle quattro leggi sopra citate, ha il potere di comminare, previa diffida, le sanzioni specificamente previste per tali infrazioni dalle leggi medesime: le sanzioni pecuniarie, peraltro, sono aumentate sino a un terzo.
L’Autorità informa il Parlamento degli accertamenti effettuati e delle eventuali sanzioni irrogate.
La legge attribuisce
anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un potere regolatorio in ordine alle procedure
istruttorie, ai criteri di accertamento per lo svolgimento dei compiti ad essa
assegnati dal provvedimento in esame, nonché in relazione alle modifiche
organizzative interne. Tale potere è
stato esercitato con l’adozione della Deliberazione del 1 dicembre 2004, Regolamento
per la risoluzione dei conflitti di interessi[24],
successivamente abrogata e sostituita dalla Deliberazione del 13 ottobre 2005, Modifiche
e integrazioni al regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi[25].
Le due Autorità comunicano ogni sei mesi alle Camere, attraverso apposite relazioni, lo stato delle attività di controllo e vigilanza che sono ad esse attribuite (articolo 8).
Le ultime relazioni trasmesse sono le seguenti:
§ Doc. CLIII, n. 2 (trasmessa alla Presidenza il 6 febbraio 2014) aggiornata al mese di dicembre 2013. Presentata dal Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato
§ Doc. CLIII-bis, n. 1 (trasmessa alla Presidenza il 13 dicembre 2011) Anno 2011. Presentata dal Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
Le violazioni agli obblighi di dichiarazione
di cui al precedente articolo 5 (dichiarazioni di denuncia delle situazioni di
incompatibilità e dei dati relativi alle proprie attività patrimoniali), di cui
si siano resi responsabili i titolari delle cariche di Governo sono tutte sanzionate ai sensi dell’art. 328 del
codice penale[26].
Si prevedono le seguenti ipotesi di violazione degli obblighi di dichiarazione:
§ la mancata effettuazione della dichiarazione;
§ l’effettuazione di dichiarazione non veritiera;
§ l’effettuazione di dichiarazione incompleta.
Un’ulteriore condizione per l’applicazione dell’art. 328 c.p. si verifica quando l’interessato non ottemperi ad una specifica richiesta dell’autorità competente in un termine stabilito dalla stessa autorità, e comunque non inferiore a 30 giorni. Le autorità competenti sono l’Autorità per le comunicazioni, nel caso le dichiarazioni relative alle incompatibilità o ai dati patrimoniali riguardino il settore delle comunicazioni, e l’Autorità anti-trust negli altri casi.
Entrambe le Autorità, una volta verificate le irregolarità, ne danno comunicazione documentata sia all’autorità giudiziaria competente, sia ai Presidenti delle Camere.
L’articolo 9 dispone un incremento del ruolo organico di ciascuna Autorità, in conseguenza dei nuovi compiti ad esse attribuiti in materia di conflitti di interessi.
L’articolo 10 reca, infine, alcune disposizioni transitorie.
La questione dei conflitti di interessi ha trovato una definizione legislativa nel nostro ordinamento per la prima volta nella XIV legislatura, con l’approvazione della L. 215/2004[27].
Il tentativo di disciplinare la materia, infatti, era già stato affrontato nelle precedenti due legislature senza alcun esito legislativo, nonostante l’iter parlamentare fosse giunto, in entrambi casi, a un’avanzata fase della deliberazione.
Nel corso della XV e della XVI legislatura è stata risollevata in ambito parlamentare la questione dei conflitti di interessi in occasione dell’esame di alcune proposte di legge (non approvate) di riforma della legge del 2004.
Il 13 settembre 2006 la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera ha avviato l’esame in sede referente di una proposta di legge (A.C. 1318, on. Franceschini ed altri) intesa a sostituire integralmente la disciplina recata dalla L. 215/2004[28].
L’esame impegnava la Commissione per numerose sedute, nel corso delle quali si procedeva, tra l’altro, all’audizione dei presidenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni[29] e della Commissione nazionale per le società e la borsa[30] nonché, nell’ambito di un’apposita indagine conoscitiva, all’audizione di esperti in materia di diritto costituzionale, diritto societario, diritto tributario e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione[31].
Nella seduta dell’11 maggio 2007 la Commissione dava mandato al relatore (il Presidente on. Violante) di riferire favorevolmente all’Assemblea su un testo notevolmente modificato ed ampliato rispetto a quello iniziale (A.C. 1318-A).
Il 15 maggio iniziava la discussione in Assemblea sulla proposta di legge, con la discussione sulle linee generali e (il giorno successivo) l’esame di varie questioni pregiudiziali e di una sospensiva. L’Assemblea passava quindi (nella seduta dell’11 luglio) all’esame degli articoli, che tuttavia non proseguiva in sedute successive prima della fine anticipata della legislatura.
Il testo elaborato dalla commissione reca una serie di incompatibilità generali tra la carica di governo ad altri incarichi o attività e pone l’obbligo di opzione per coloro che incorrono in tali incompatibilità.
Viene poi introdotta una particolare forma di incompatibilità patrimoniale e viene istituita una autorità indipendente con compiti di prevenzione dei conflitti di interesse.
La I Commissione della Camera ha svolto due audizioni (sedute del 29 marzo 2012 e del 4 aprile 2012), rispettivamente, del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Giovanni Pitruzzella, e del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dottor Corrado Calabrò, sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi.
Nella XVI legislatura, inoltre, è stata presentata una proposta di legge che riprende esattamente il testo approvato in sede referente dalla Camera nella precedente legislatura (A.C. 442 Bressa ed altri). La I Commissione della Camera ne avvia l’esame, con la relazione introduttiva del relatore, il 7 agosto 2012, in abbinamento con altre quattro proposte di iniziativa parlamentare (A.C. 1915 Di Pietro, A.C. 2664 Colombo, A.C. 2668 Veltroni e AC. 4874 Cambursano).
[1] L. 23 novembre 1939, n. 1966, Disciplina delle società fiduciarie e di revisione.
[2]
L. 2 luglio 2004, n. 165. Disposizioni di
attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione
[3] L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[4] D.L. 18 maggio 2012, n. 63, Disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale. (conv. L. 16 luglio 2012, n. 103).
[5] L. 13 febbraio 1953, n. 60, Incompatibilità parlamentari. Si tratta delle “cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché [di] quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici”.
[6] Ai sensi dell’art. 2203 c.c., “è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale”. L’institore (art. 2204 c.c.) può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (salve le limitazioni contenute nella procura) e può stare in giudizio in nome del preponente, ma non può alienare o ipotecare i beni immobili senza espressa autorizzazione.
[7] D.L. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148).
[8] La soglia demografica, originariamente fissata a 5.000 abitanti, è stato così elevata dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni di comuni e fusioni di comuni.
Si ricorda altresì che nel testo originario la legge 215 prevedeva anche l’incompatibilità tra le cariche di Governo e quella di amministratore locale. Per effetto della successiva L. 88/2005, di conversione del D.L. 44/2005, tale incompatibilità è venuta meno: l’art. 3-ter del decreto, introdotto in sede di conversione, novella infatti il comma 1, lett. a) dell’art. 2 per aggiungere alle eccezioni ivi elencate quella relativa alla carica di amministratore di enti locali, come definita dall’art. 77, co. 2, del Testo unico sugli enti locali.
Tale disposizione individua come segue gli amministratori degli enti locali:
§ i sindaci, anche metropolitani, e i presidenti delle province;
§ i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province;
§ i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali;
§ i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali;
§ i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane;
§ i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali;
§ i componenti degli organi di decentramento.
[9] D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
[10] D.Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190
[11] L. 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.
[12] Ai fini dell'applicazione di questo e del precedente punto si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
[13] Si tratta, in particolare, delle vigenti disposizioni volte a prevenire e reprimere l’abuso di posizione dominante da parte delle imprese, recate dall’art. 3 della L. 287/1990, istitutiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
[14] L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Il richiamato art. 2, relativo al divieto di posizioni dominanti, è stato dapprima ampiamente modificato dalla L. 112/2004 e poi abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177; le corrispondenti disposizioni sono ora contenute negli artt. 22 e 43 del Testo unico.
[15] L. 3 maggio 2004, n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’ emanazione del testo unico della radiotelevisione. L’art. 14 è relativo all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.
[16] D.L. 6 settembre 2004, n. 233 (conv. con mod. in L. 5 novembre 2004, n. 261), Modificazioni alla legge 20 luglio 2004, n. 215, in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.
[17] L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi.
[18] Pubblicata nella G.U. 1 dicembre 2004, n. 282.
[19] Si ricorda che l’articolo richiamato è stato abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Le disposizioni ivi recate sono ora contenute nell’art. 2, co. 1, lett. s) del citato Testo unico, come modificato prima dal comma 4-bis dell'art. 16 del D.L. 159/2007 e poi dal comma 1 dell'art. 4, D.Lgs. 44/2010.
[20] Il riferimento al settore integrato delle comunicazioni è stato introdotto dal D.L. 233/2004, già richiamato nel testo.
[21] L. 6 agosto 1990, n. 223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato (cd. “legge Mammì”).
[22] L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (cd. “legge Maccanico”).
[23] L. 22 febbraio 2000, n. 28, Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica (cd. “legge sulla par condicio”).
[24] Deliberazione n. 417/04/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2004, n. 300.
[25] Deliberazione n. 392/05/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2005, n. 298 e modificata dalla Deliberazione n. 682/11/CONS del 12 dicembre 2011.
[26] Ai sensi del quale:
“1. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
2. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.
[27] L. 20 luglio 2004, n. 215, Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.
[28] Il testo presentato riproponeva sostanzialmente quello della proposta di legge A.C. 2214 (on. Rutelli ed altri), presentata nel corso della XIV legislatura ed assorbita dall’approvazione della L. 215/2004.
[29] Sedute antimeridiana e pomeridiana del 19 settembre 2006.
[30] Seduta del 2 maggio 2007.
[31] Sedute del 20 e del 30 novembre 2006.