CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 luglio 2012
686.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace. Atto n. 455.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

  La Commissione Giustizia,
   esaminato lo schema di decreto legislativo in oggetto, diretto ad attuare la delega di cui alla lettera l), comma 2, dell'articolo 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, volta a prevedere la riduzione degli uffici dei giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale;
   rilevato che:
    la delega in esame si colloca nell'ambito della delega più ampia prevista dall'articolo 1, commi da 2 a 5-bis, della legge 14 settembre 2011, n. 148, avente ad oggetto la riorganizzazione della complessiva distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari;
    la delega relativa alla riduzione degli uffici del giudice di pace deve essere operata, secondo quanto previsto espressamente dalla richiamata lettera l), tenendo in specifico conto, in coerenza con i criteri di cui alla lettera b), dell'analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro;
    il legislatore delegante ha quindi ritenuto di prevedere per la delega relativa agli uffici del giudice di pace il criterio dell'analisi del costi rispetto ai carichi di lavoro nonché di mantenere i medesimi criteri e principi direttivi, di cui alla lettera b), previsti per la delega relativa agli uffici giudiziari, secondo cui l'assetto territoriale deve essere ridefinito secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;
    non appare condivisibile la scelta di attuare separatamente le deleghe in materia di uffici del giudice di pace e di uffici giudiziari, in quanto non sembra tener conto dell'esigenza di riorganizzare la geografia giudiziaria configurando un servizio giustizia omogeneo sul territorio che veda integrarsi la giurisdizione ordinaria con quella dei giudici di pace al fine di garantire la permanenza diffusa nei territori di un presidio di giustizia di prossimità;
    sarebbe stato comunque opportuno precisare nella relazione illustrativa se la scelta di adottare un autonomo decreto per gli uffici del giudice di pace e di accorpare adesso alcuni uffici del giudice di pace negli attuali uffici sedi di circondario possa pregiudicare le scelte successive relative agli uffici di tribunale;
    per quanto la stessa Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR), allegata alla relazione illustrativa dello schema di decreto, richiami espressamente, in merito alla delega relativa agli uffici del giudice di pace, i criteri e principi direttivi di cui alla lettera b), risulta tuttavia evidente dalle scelte effettuate in merito agli uffici da sopprimere che i predetti criteri e principi non sono stati tenuti in debito conto, subordinandoli piuttosto al criterio dell'analisi dei costì Pag. 24rispetto ai carichi di lavoro, ritenuto erroneamente prevalente;
   preso atto che:
    non viene fornito alcun dato circa i criteri utilizzati nel considerare i carichi di lavoro complessivi, oltre alla sopravvenienze intervenute, nel valutare la specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, nonché nell'individuare nella popolazione residente di almeno 100.000 (tetto minimo) il parametro per il mantenimento di un presidio giudiziario. L'applicazione di quest'ultimo parametro comporta, peraltro, conseguenze del tutto irragionevoli con riguardo alla nuova distribuzione degli uffici in oggetto, non essendo previsto un corrispondente tetto massimo di utenti per ciascun ufficio; ciò comporta evidenti disparità di collocazione sul territorio degli uffici, con riguardo ai bacini di utenza finali, del tutto disomogenei tra loro;
    il predetto parametro, in ragione dell'assenza di qualsiasi giustificazione obiettiva, sembra collocarsi al di fuori dei principi e criteri di delega. Non è in alcun modo motivata, infatti, nel provvedimento o nelle sue premesse, la scelta di avvalersi esclusivamente di alcuni principi e criteri direttivi, tralasciandone altri, con la conseguenza che tale modalità di esercizio della delega risulta non conforme a quanto indicato all'articolo 1, comma 2, lettera l), che a sua volta opera il rinvio alla lettera b), prevedendo di «definire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane»;
    non risultano essere stati presi in considerazione tra i criteri individuati dalla legge delega alla richiamata lettera b), il tasso di criminalità organizzata, le esigenze di riorganizzazione delle aree metropolitane, che quindi sarebbero stati considerati rilevanti esclusivamente per la riduzione dei tribunali con le relative procure;
    nell'ambito del procedimento di formazione dello schema di decreto in esame si sarebbero dovute coinvolgere le Regioni, considerata la eventuale competenza delle Regioni in materia di organizzazione della giustizia di pace sul territorio ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
    il principio di cui alla lettera o) secondo il quale gli enti locali interessati possono ottenere il mantenimento degli uffici del giudice di pace facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia deve essere interpretato come una extrema ratio piuttosto che come una clausola di chiusura, ponendosi comunque a carico della finanza pubblica gli oneri di funzionamento di uffici, la cui efficienza va pertanto valutata in sé ed indipendentemente da chi provvede al loro sostegno finanziario;
    sarebbe opportuno che la revisione territoriale degli uffici del giudice di pace sia accompagnata dalla riforma organica della magistratura onoraria, affinché il nuovo assetto territoriale di tali uffici tenga conto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di delega, dell'eventuale nuovo status dei magistrati onorari,
   esprime

PARERE CONTRARIO.

Pag. 25

ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-06733 Bernardini: Sull'evasione di una detenuta dall'Istituto a custodia attenuata per le detenute madri nel carcere di San Vittore, Milano.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In seguito all'evasione di una detenuta dall'ICAM di Milano San Vittore, comunico – così come riferito dal competente Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria – che sono state assunte diverse iniziative, volte ad innalzare i livelli di sicurezza di una struttura, che rimane pur sempre a custodia attenuata.
  Invero, a seguito di intese tra la Direzione dell'ICAM di Milano e la Provincia e, dopo la presentazione da parte di quest'ultima di una proposta tecnica per l'installazione di un sistema di allarme per l'istituto a custodia attenuata in questione, sono stati installati, per ogni finestra, dei sensori con diverse tipologie di rilevazione.
  La funzione dell'allarme è finalizzata ad impedire la forzatura delle sbarre delle finestre, sia dall'esterno che dall'interno.
  Più nel dettaglio, il sistema di allarme attualmente installato genera una protezione del cosiddetto tipo «ad effetto tenda», permettendo di rilevare efficacemente ogni tentativo di transito, attraverso la segnalazione immediata di ogni eventuale possibile effrazione.
  L'impianto consente una protezione attiva ventiquattro ore su ventiquattro ed il sistema è gestito all'interno del posto di guardia dal personale di Polizia Penitenziaria.
  Preciso che tale intervento è stato a totale carico della Provincia di Milano, in quanto rientrante nell'ambito del nuovo progetto di ristrutturazione degli impianti anti-intrusione e videosorveglianza del patrimonio immobiliare della stessa Provincia.

Pag. 26

ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-06735 Bernardini: Sui tentativi di suicidio di due detenuti nel carcere Marassi di Genova.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, gli interroganti chiedono notizie riguardanti due tentativi di suicidio avvenuti nella casa Circondariale Marassi di Genova. Viene segnalato, in proposito, lo stato di tensione detentiva della predetta Casa Circondariale e il ripetersi di episodi analoghi a quelli oggetto della interrogazione, risultando ai parlamentari interroganti, 43 episodi di tentato suicidio avvenuti nel corso di questo anno. Si chiede quindi, di conoscere quali misure precauzionali e di vigilanza sono state adottate, quali provvedimenti saranno emanati per ridurre il numero dei detenuti presenti nella citata Casa Circondariale e, più in generale, quali iniziative si intenda promuovere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ed implementare adeguate misure di supporto psicologico nei confronti dei detenuti, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo in carcere.
  Prima di entrare nel merito delle due vicende specifiche, va precisato che, dall'inizio dell'anno ad oggi i casi di tentato suicidio presso la Casa Circondariale di Marassi, diversamente da quanto indicato nella interrogazione, sono cinque.
  Riguardo al primo dei due casi segnalati nella interrogazione, si rappresenta che il «detenuto trentasettenne di origine marocchina», che verosimilmente va identificato in Hassan Sami nato in Marocco il 12 ottobre 1976, venne sorpreso all'interno della sua cella, mentre metteva in atto un tentativo d'impiccagione a mezzo di una striscia di tessuto.
  Il predetto era stato assegnato alla sesta sezione, ove sono ristretti i detenuti che hanno dato segno di disagio psicologico e, per tale motivo, sono sottoposti alla c.d. «grande sorveglianza»; nei loro confronti vengono attuati, inoltre, interventi di tipo sanitario da parte dello specialista in psichiatria.
  In riferimento al caso specifico, il detenuto è stato immediatamente sottoposto all'attenzione dello psichiatra ed in seguito è stato trasferito nella Casa Circondariale di Torino per l'espletamento dell'osservazione psichiatrica ai sensi dell'articolo 112 decreto del Presidente della Repubblica 230 del 2000.
  Il «detenuto algerino di 42 anni», indicato nella interrogazione in argomento, verosimilmente va identificato in Lagmi Driss nato in Algeria il 7 novembre 1970. Il predetto, è stato oggetto di ripetute segnalazioni e di sanzioni disciplinari per comportamenti in contrasto con la disciplina penitenziaria.
  Dagli accertamenti svolti si rileva che il gesto del Lagmi, non era espressione di una volontà auto-soppressiva, ma si trattava di un gesto dimostrativo; invero, il detenuto, appena sentiti i passi dell'operatore di Polizia penitenziaria, lo richiamava annunciandogli che si stava impiccando e «si lasciava cadere, ma nel frattempo era ben visibile il suo sorreggersi al termosifone».
  Circa le questioni più generali, segnalate dagli interroganti, si precisa che dalle esperienze maturate e dalla analisi dei casi specifici, sono emerse delle criticità che hanno indotto ad una rimodulazione delle Pag. 27metodologie in uso negli istituti della regione Liguria per contrastare il fenomeno dei suicidi e dei gesti autolesivi. Nell'anno corrente è stato attivato, in tale ottica, un apposito gruppo di lavoro interdisciplinare presso il provveditorato che, traendo spunto dalla recente circolare dipartimentale «modalità di esecuzione della pena. Un nuovo modello di trattamento che comprenda sicurezza, accoglienza e rieducazione» intende individuare una metodologia d'intervento il più efficace possibile, nei confronti dei detenuti più fragili e maggiormente esposti al rischio di comportamenti autolesivi e di suicidio.
  Il nuovo modello operativo, anche alla luce delle previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, prevede la presa in carico integrata e multidisciplinare attraverso l'attivazione di un coordinamento funzionale delle diverse figure professionali, nonché la adozione di misure trattamentali compatibili con lo stato di disagio del detenuto.
  Va segnalato inoltre che è stato di recente attivato, presso l'istituto penitenziario di Genova Marassi, un progetto sperimentale denominato «sostegno integrato». Detta iniziativa, realizzata dalla Direzione dell'istituto in collaborazione con l'ASL 3 genovese e con il coordinamento del Provveditorato regionale, ha visto la creazione di un reparto dedicato presso il Centro di Cura Regionale (ex CDT) per un appropriato trattamento individualizzato socio-sanitario e custodiale con modalità organizzative e sinergiche condivise tra le varie professionalità coinvolte.
  Inoltre, in attuazione dell'Accordo della Conferenza Unificata Stato Regioni del 19 gennaio 2012, è stato costituito un gruppo tecnico scientifico in materia di prevenzione del rischio autolesivo e anticonservativo in ambito penitenziario. Il gruppo di lavoro ha già definito alcuni strumenti di rilevazione del fenomeno, utili per l'elaborazione dello specifico programma operativo, individuando nell'istituto della Spezia la sede di sperimentazione.
  Pare pertanto che riguardo al triste fenomeno dei suicidi e dei gesti di autolesionismo, vi sia un accurato, costante e efficace impegno dell'Amministrazione penitenziaria.
  Con riferimento infine alla opportunità di promuovere iniziative normative preordinate a rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica nonché ad implementare adeguate misure di supporto psicologico nei confronti dei detenuti, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo in carcere, si evidenzia che trattasi di questioni poste all'attenzione del Ministro, in più interrogazioni, alcune delle quali riferibili agli odierni interroganti, ed alle quali si è già dato riscontro.
  In ogni caso si riferisce che, allo stato, non risultano allo studio iniziative normative in materia; tuttavia, è stato presentato alla Camera, in data 18 maggio 2011, un disegno di legge (A.C. n. 4363), relativo alla «Modifica dell'articolo 80 della legge 26 luglio 1975, n. 354, concernente il personale degli istituti di prevenzione e di pena destinato alle attività di osservazione e trattamento dei detenuti».
  Con tale proposta di legge, si intende tra l'altro potenziare, all'interno degli istituti di prevenzione e di pena, la attività di osservazione ed assistenza. È prevista, infatti, l'istituzione del ruolo organico degli esperti dell'osservazione e del trattamento (tra cui, gli psicologi) deputati a monitorare le situazioni di disagio personale che si manifestano in carcere. Tali esperti dell'osservazione e del trattamento verrebbero ad aggiungersi, secondo tale iniziativa normativa, ad altri servizi sempre a carico dell'amministrazione penitenziaria, quali i «servizi nuovi giunti», istituiti nelle strutture carcerarie maggiori per identificare il rischio di auto o di etero aggressività e i servizi per le tossicodipendenze.
  Nell'accingermi a concludere, desidero comunque rassicurare gli interroganti che è sempre ferma l'attenzione del Ministro della giustizia alle problematiche oggetto della presente interrogazione ed è massimo l'impegno per fronteggiarne le situazioni di criticità.

Pag. 28

ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-06750 Bernardini: Sul decesso di un detenuto presso il carcere di Campobasso.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'On. Bernardini, nel riferire in merito all'avvenuto decesso di Monaco Luigi, non posso che riportarmi a quanto già comunicato riguardo all'interrogazione n. 5-06747, discussa nella seduta dello scorso 11 luglio ed attinente allo stesso soggetto, deceduto nell'ospedale civile di Campobasso «Cardarelli» e non come erroneamente indicato nella presente interrogazione, nell'ospedale Cardarelli di Napoli.
  Ebbene dalle notizie acquisite dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, risulta che in data 2 febbraio 2012 il predetto detenuto veniva visitato in istituto dal medico di guardia a causa di un forte dolore in sede lombare sinistra con nausea. Alle ore 22.10 dello stesso giorno, stante la persistenza del dolore nonostante la somministrazione di apposita terapia, veniva fatta intervenire in istituto la Guardia Medica Esterna, che alla terapia già in atto affiancava ulteriori prescrizioni. Alle ore 23,36, lo stesso dottore visitava nuovamente il detenuto e ne disponeva il ricovero in ospedale a causa del persistere dei dolori.
  Alle ore 0.20 del 3 febbraio 2012 il Monaco, tramite i mezzi dell'Amministrazione Penitenziaria, veniva accompagnato presso l'ospedale civile di Campobasso «Cardarelli» ove giungeva alle ore 0.34. Quivi i sanitari ne disponevano il ricovero presso il reparto carcerario e la presa in carico al reparto «urologia». Alle ore 01.40 del 3 febbraio 2012 il detenuto faceva ingresso presso il reparto carcerario, dove iniziava la degenza con piantonamento da parte del personale di Polizia Penitenziaria della C.C. di Campobasso.
  Per il giorno 6 febbraio 2012 era stato programmato l'intervento chirurgico al quale il Monaco doveva essere sottoposto, in quanto affetto da infezione delle vie urinarie per calcolosi urinaria sinistra.
  Alle ore 12.00 del 6 febbraio 2012, durante il tragitto dal reparto carcerario dell'ospedale civile alla sala operatoria, il Monaco decedeva per arresto cardiocircolatorio.
  Dalla cartella clinica risulta, quindi, che il predetto detenuto è stato ricoverato presso l'ospedale civile il 3 febbraio 2012 alle ore 0.20 ed è rimasto ricoverato fino al 6 febbraio 2012, data del suo decesso, senza mai fare rientro nell'istituto penitenziario.
  Sull'accaduto risulta attualmente pendente un'indagine giudiziaria da parte della Procura della Repubblica di Campobasso, che ha iscritto nei confronti di sei sanitari dell'ospedale Cardarelli di Campobasso il procedimento penale n. 426/2012. Tale procedimento – così come segnalato dalla predetta Autorità giudiziaria – è ancora nella fase delle indagini preliminari.
  Per quanto riguarda, invece, il numero dei detenuti morti in carcere per malattia nell'ultimo quinquennio comunico che nell'anno 2007 sono stati n. 86, nel 2008 n. 102, nel 2009 n. 112, nel 2010 n. 117, nel 2011 n. 102. Nel numero complessivo sono compresi sia i decessi avvenuti a seguito di malattia, sia quelli verificatisi per eventi improvvisi (arresto cardiaco, overdose, ecc): eventi, tutti, ricompresi nel novero delle morti per cause naturali.
  Per completezza di informazione comunico, infine, che dall'inizio dell'anno alla data del 26 giugno 2012 si sono registrati 50 decessi per cause naturali.