ALLEGATO
RELAZIONE TERRITORIALE SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI NELLA REGIONE LAZIO
(Relatori: Senatore Candido De Angelis - On. Antonio Rugghia)
INDICE
I - L'attività conoscitiva della Commissione.
II - La normativa regionale, il suo stato di attuazione, l'azione della pubblica amministrazione.
1 - Ampliamento delle volumetrie delle discariche attualmente in esercizio
2 - Potenziamento della raccolta differenziata
3 - L'azione della pubblica amministrazione
4 - La produzione dei rifiuti solidi urbani
5 - La gestione dei rifiuti solidi urbani - La raccolta differenziata
6 - La produzione di cdr
7 - Il sistema impiantistico
8 - Le discariche
9 - I termovalorizzatori/gassificatori
10 - Gli impianti asserviti al trattamento del rifiuti solidi urbani indifferenziato
11 - La gestione dei rifiuti speciali
12 - La bonifica dei siti contaminati
III - Situazione attuale del ciclo dei rifiuti nella regione Lazio.
1 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Roma
2 - Il comune di Roma
3 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Latina
4 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Rieti
5 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Viterbo
6 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Frosinone
7 - Il nuovo piano regionale dei rifiuti
IV - Gli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti.
1 - Le indagini del NOE sul Lazio
2 - Gli illeciti nella provincia di Roma
3 - Gli illeciti nella provincia di Latina
4 - Gli illeciti nella provincia di Rieti
5 - Gli illeciti nella provincia di Viterbo
6 - Gli illeciti nella provincia di Frosinone
V - Il caso del termovalorizzatore di Colleferro.
VI - L'inquinamento della Valle del Sacco.
VII - Conclusioni.
Pag. 50I - L'attività conoscitiva della Commissione.
Quale primo atto dell'indagine conoscitiva sul Lazio, la Commissione ha proceduto all'audizione dell'allora presidente della regione, Piero Marrazzo.
Il 13 maggio 2009 è stato sentito il generale Edoardo Centore, comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente e il 14 maggio sono stati auditi il commissario straordinario dell'agenzia regionale per la prevenzione ambientale del Lazio, Corrado Carruba, e il commissario straordinario del consorzio Gaia, Andrea Lolli.
Il 19 e il 25 maggio 2009, in relazione alle indagini relative all'impianto di termovalorizzazione di Colleferro, è stato audito il sostituto procuratore presso il tribunale di Velletri, Giancarlo Cirielli; il 26 maggio 2009 e il 28 luglio 2010 è stato sentito il comandante del NOE dei Carabinieri di Roma, capitano Rajola Pescarini e il 24 giugno 2009 è stato audito il sostituto procuratore presso il tribunale di Velletri, Giuseppe Travaglini.
Il 29 luglio 2009 sono stati auditi il presidente dell'AMA Spa di Roma, Marco Daniele Clarke, e l'amministratore delegato, Franco Panzironi.
Il 20 maggio 2009 una delegazione della Commissione ha effettuato una missione conoscitiva nella provincia di Roma e in tale occasione è stato effettuato un sopralluogo presso l'impianto di termovalorizzazione di Colleferro, gestito da società del gruppo Gaia.
La missione è poi proseguita, presso il comune di Colleferro, con le audizioni di Mario Cacciotti, sindaco del comune di Colleferro; Mario Del Prete, consigliere delegato all'ambiente; Alessandro Priori, responsabile dell'ufficio ambiente del comune di Colleferro; Francesco Blasetti, direttore del servizio igiene degli alimenti e della nutrizione del dipartimento di prevenzione della ASL Roma G; Piero Basso e dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste.
La delegazione della Commissione, poi, lo stesso giorno, ha visitato l'impianto di trattamento rsu e produzione cdr di Albano, dove è in corso la realizzazione di un gassificatore.
La missione si è poi conclusa con una visita al comune di Albano e con un incontro con il sindaco dell'epoca, Marco Mattei.
Il 6 ottobre 2009 sono stati auditi l'ingegner Giovanni Gatto, amministratore delegato della società Sick Spa, e i signori Gianni Perrotta e Piero Corticelli, rappresentanti della stessa società, filiale di un gruppo tedesco, la Sick AG, avente sede in Waldkirch, Baden-Württemberg (Germania), costruttrice di un sistema per il monitoraggio dei gas di scarico degli impianti, denominato mcs, che
permette di analizzare gas e materiale di scarico degli inceneritori e delle centrali e che è stato installato nell'impianto inceneritore di Colleferro.
Sulle indagini in corso presso la procura della Repubblica di Roma, il 7 ottobre 2009 è stato audito il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo.
Il 25 maggio 2010 sono stati auditi i prefetti e i questori di Roma,Viterbo, Rieti, Latina e Frosinone e, inoltre, il comandante della regione Lazio della Guardia di finanza, il comandante regionale del Lazio del Corpo forestale dello Stato e il direttore marittimo del Lazio e della capitaneria di porto di Roma Fiumicino.
Il 15 giugno 2010 sono stati auditi in seduta plenaria i procuratori della Repubblica di Cassino, Civitavecchia, Frosinone e Velletri e, inoltre, i presidenti e gli assessori all'ambiente delle province di Frosinone, Viterbo, Latina e Rieti, i sindaci di Viterbo, San Vittore, Rieti, Frosinone e il sub commissario prefettizio del comune di Latina.
Nella stessa seduta sono inoltre stati auditi il presidente del Co.La.Ri., che gestisce la discarica di Malagrotta, Manlio Cerroni, e il presidente della OPUS automazioni, Stefano Battistini.
Il 23 giugno 2010 la Commissione ha compiuto un sopralluogo presso la discarica di Malagrotta, sentendo in loco il titolare, Manlio Cerroni, i responsabili e i tecnici della discarica e degli impianti di termovalorizzazione.
Il 23 giugno 2010 e il 19 gennaio 2011 è stato audito l'assessore alle attività produttive e politiche dei rifiuti della regione Lazio, Pietro Di Paolantonio.
Nello stesso giorno la Commissione ha effettuato un sopralluogo presso la discarica di Malagrotta e ha sentito in loco i responsabili degli impianti.
Il 30 giugno 2010 sono stati auditi il sostituto procuratore di Rieti, Cristina Cambi, il procuratore della Repubblica di Viterbo e il procuratore aggiunto di Latina.
Il 13 luglio 2010 è stata audita Renata Polverini, neoeletta presidente della regione Lazio e, il 23 settembre e il 24 novembre 2010, è stato audito il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Il 17 novembre 2010 è stato audito nuovamente il Giuseppe Milano, sostituto procuratore presso il tribunale di Latina e il 21 dicembre è stato audito, su sua richiesta, il legale rappresentante della Ego Eco Srl, Vittorio Ciummo.
II - La normativa regionale, il suo stato di attuazione, l'azione della pubblica amministrazione.
Il piano regionale è stato approvato dal consiglio regionale del Lazio con deliberazione n. 112 del 10 luglio 2002. L'aggiornamento e l'adeguamento di tale piano è stato affidato in data 24 dicembre 2008, con gara d'appalto pubblica secondo la normativa europea, ad un'associazione temporanea di'imprese (ATI) di cui fanno parte TiForma, Toscana Riciclo, Ambiente, Erica, Enpowering. Entro la fine di luglio 2008 la proposta del piano sarebbe dovuta essere sottoposta all'adozione della giunta regionale previa espletazione della procedura
Pag. 52di valutazione ambientale strategica (vas) e da questa infine al consiglio regionale entro settembre 2009.
Il Lazio è stato in situazione emergenziale dichiarata con decreto del presidente del consiglio dei ministri del 19 febbraio 1999 e successive modifiche e integrazioni. Da tale emergenza si è usciti il 30 giugno del 2008 quando il presidente della regione, nella figura di commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della regione Lazio, ha svolto una relazione sullo «stato di attuazione delle azioni volte al superamento della fase emergenziale dichiarata con decreto del presidente del consiglio dei ministri del 19 febbraio 1999 - Analisi del periodo transitorio 2008-2011» al fine di scongiurare definitivamente il ritorno allo stato di emergenza precedentemente dichiarato.
Tra gli interventi che il commissario ha ritenuto prevalenti vi sono:
la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione (tmv) nel territorio del comune di Albano Laziale per la quale nel mese di aprile 2009 si sono concluse le attività istruttorie per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (aia), prevista per il mese di giugno 2009;
la realizzazione di quattro impianti di trattamento meccanico-biologico (tmb).
Il sito di Bracciano è già stato autorizzato alla realizzazione e messa in esercizio da parte della regione.
Per il sito di Latina, l'istruttoria per l'autorizzazione alla realizzazione e l'esercizio è in fase avanzata.
Per i due rimanenti due impianti è stata avviata la procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, sito di Guidonia, mentre è in fase di elaborazione e presentazione il progetto da parte della società che gestisce la discarica nel sito di Colleferro.
II.1 - Ampliamento delle volumetrie delle discariche attualmente in esercizio.
L'istruttoria di legge per l'ampliamento di sette discariche su un totale di nove è già conclusa. Per le discariche di Civitavecchia e Roccasecca è in corso la procedura per l'ampliamento e comunque al momento le stesse possono garantire uno smaltimento per due anni.
II.2 - Potenziamento della raccolta differenziata.
I fondi per il potenziamento sono ricavati dal bilancio regionale (106 milioni di euro in tre anni) cui si sommeranno i fondi FAS e POR da attivarsi entro l'estate 2009. In aggiunta, si sta procedendo al potenziamento dell'impiantistica per la valorizzazione della frazione organica (compostaggio). La previsione riguarda il raggiungimento del valore percentuale del 50 per cento entro il 2011.
Pag. 53II.3 - L'azione della pubblica amministrazione.
Per ciò che riguarda l'attività della pubblica amministrazione la regione, in ossequio agli articoli 200 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006, che prevedono la costituzione degli ambiti territoriali ottimali (ATO), ha già attivato le procedure per la costituzione e la proposta di legge è ancora al vaglio dell'assemblea regionale.
Per l'organizzazione degli ambiti territoriali è stata ipotizzata la stessa configurazione esistente nella regione per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti.
II.4 - La produzione dei rifiuti solidi urbani.
La produzione attuale provinciale e regionale dei rsu (ultimi dati ufficiali 2008 da fonte Ispra) è stata:
Provincia | Produzione (tonnellate/anno) | % |
FR | 222.987 | 6,59 |
LT | 317,750 | 9,38 |
RI | 79,661 | 2,35 |
RM | 2.601.875 | 76,85 |
VT | 163.563 | 4,83 |
Totale regione | 3.385.837 | 100 |
II.5 - La gestione dei rifiuti solidi urbani.
La raccolta differenziata (dati ufficiali 2008 da fonte Ispra) è stata:
Provincia | Produzione (ton/anno) | Raccolta differenziata (ton) | Raccolta differenziata (%) |
FR | 222.987 | 14.173 | 6,4 |
LT | 317,750 | 55.946 | 16,8 |
RI | 79,661 | 4.602 | 6,0 |
RM | 2.601.875 | 392.292 | 15,9 |
VT | 163.563 | 21.517 | 13,5 |
Totale Regione | 3.385.837 | 488.531 | 15,0 |
Il dato regionale è ottimistico (15 per cento) in quanto, valori non ufficiali forniti a luglio 2010 da Legambiente, Eurispes e altri soggetti
Pag. 54addetti ai lavori, davano addirittura un valore del 12,7 per cento. Comunque, anche se il dato fosse il 15 per cento, esso è di gran lunga lontano dall'obiettivo di legge che, al 31 dicembre 2009 avrebbe dovuto essere del 50 per cento e che al 31 dicembre 2011 dovrà raggiungere il valore del 60 per cento. Si fa inoltre osservare che il trend della raccolta differenziata, dal 2006 al 2008 è stato:
2006 11 %
2007 12 %
2008 15 %
quindi con una crescita bassa.
II.6 - La produzione di combustibile derivato da rifiuto (cdr).
La produzione di combustibile derivato da rifiuto (cdr) è esclusivamente prevista per l'alimentazione degli impianti di termovalorizzazione presenti sul territorio regionale.
Il cdr viene prodotto sottoponendo ad idoneo trattamento il rifiuto tal quale, al netto della raccolta differenziata, in impianti tmb (separazione meccanico-biologica). Alla fine del trattamento si ottengono, al netto dei sovvalli (residui di lavorazione), due frazioni: una secca ed un'altra umida che, ulteriormente trattate, permettono di ottenere una frazione secca combustibile (cdr) ed una organica stabilizzata (fos) utilizzabile per ricopertura di discariche. Nel programmare la produzione di cdr, si dovrà tener conto, secondo i principi della gestione integrata dei rifiuti, delle potenzialità massime di alimentazione dei termovalorizzatori e del fatto che, all'aumentare della percentuale di raccolta differenziata, diminuirà necessariamente la quantità di rifiuto tal quale da sottoporre a trattamento tmb per produrre cdr, ossia combustibile da bruciare, e frazione organica stabilizzata (fos).
Gli impianti tmb e di produzione di cdr, attualmente operanti sul territorio regionale, suddivisi per ATO, sono riportati nel seguente prospetto che è aggiornato al 2010:
Sub-ATO Frosinone
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio (t/a) -anno 2010 | Capacità aggiuntiva autorizzata | NOTA |
Trattamento tmb | S.P.Ortella | Colfelice | 327.000 | - | Produzione cdr circa 23.000 ton al 2010 probabilmente bruciato a San Vittore |
Sub-ATO Latina
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio ,t/a anno 2010 | Capacità aggiuntiva autorizzata ,t/a, anno 2010 | NOTA |
Trattamento tmb e produzione cdr | Sacida | Aprilia | 116.000 | Non sono disponibili dati produzione cdr al 2010 utilizzato nel Lazio | |
Trattamento tmb | Borgo Montello | Latina | Nessun dato di produzione cdr nel 2010 | 180.000 |
Sub-ATO Roma
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio, anno 2010 t/a | Capacità aggiuntiva autorizzata anno 2010, t/a | NOTA |
Trattamento tmb | Rocca Cencia | Roma | 234.000 | Nessuna produzione cdr nel 2010 | |
Trattamento tmb | Malagrotta 1 | Roma | 187.000 | 65.000 tonnellate cdr nel 2010 bruciate nel gassificatore Malagrotta 1 | |
Trattamento tmb | Malagrotta 2 | Roma | 280.000 | Linea non in funzione | |
Trattamento tmb | Cecchina | Albano Laziale | 183.000 | ||
Trattamento tmb | Salaria | Roma | 234.000 | Nessuna produzione cdr nel 2010 | |
Trattamento tmb | Colle Fagiolara | Colleferro | - | 125.000 | Nessuna produzione cdr 2010 |
Trattamento tmb | Cupinoro | Bracciano | 135.000 | - | |
Trattamento tmb | Inviolata | Guidonia Montecelio | 190.000 | - | |
Produzione cdr | Castellaccio | Paliano | 120.000 | Nessuna produzione cdr 2010 |
Sub-ATO Viterbo
Tipologia Impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio nel 2010, t/a | Capacità aggiuntiva autorizzata | NOTA |
Trattamento tmb | Casale Bussi | Viterbo | 215.000 | Probabile produzione cdr; quantità imprecisata |
Sub-ATO Rieti
Al momento non ha impiantistica installata e si avvale degli impianti di Viterbo.
Pag. 56Dalla tabella sopra riportata appare assai evidente che la produzione di cdr dai vari impianti è indirizzata in minima parte alla termovalorizzazione e va in prevalenza in discarica. Le motivazioni possono essere legate alla qualità del prodotto non accettato dagli impianti di termovalorizzazione o a canali preferenziali di fornitura di cdr da altre regioni per questioni di puro marketing. Nel caso degli impianti di Malagrotta, la potenzialità di produzione non ancora a regime è probabilmente legata al fatto che la gassificazione del cdr è ancora dirottata su una linea dell'impianto di gassificazione che attualmente opera con funzionamento ridotto. La destinazione del cdr prodotto da SAF di Colfelice, in provincia di Frosinone, è stata probabilmente l'impianto di termovalorizzazione di San Vittore.
II.7 - Il sistema impiantistico.
Il sistema impiantistico regionale connesso alla gestione del ciclo dei rifiuti urbani consta, per ciò che riguarda i rifiuti urbani tal quali, di impianti di separazione secco/umido, i cosiddetti tmb per come sopra visto, di impianti di discarica, di compostaggio, di termovalorizzazione/gassificazione. Relativamente alla raccolta differenziata il sistema di gestione della stessa è costituito dalla cosiddetta «filiera», serie di impianti che vanno dal trattamento delle frazioni cosi come raccolte al trattamento propedeutico alle operazioni di riciclaggio.
II.8 - Le discariche.
Secondo i criteri della gestione integrata dei rifiuti, le discariche dovrebbero avere nel corso dei prossimi anni una attività residuale fino ad ospitare solo rifiuti inerti o resi inerti. In tal senso il decreto legislativo n. 36 del 13 gennaio 2003, di recepimento della direttiva comunitaria 1999/31/CE, dal 30 giugno 2009 è attuato in tutte le sue disposizioni, tra le quali quella che vieta il conferimento in discarica dei rifiuti solidi urbani tal quale ma solo delle frazioni dello stesso derivanti da trattamenti meccanico-biologici (tmb) di separazione secco-umido. Ciò al fine di ridurre i volumi abbancati in discarica, di minimizzare le emissioni e i cattivi odori in atmosfera, di minimizzare la produzione di percolato e quindi ridurre i rischi per la salute pubblica e per l'ambiente.
Sono tre i fattori importanti per ridurre e minimizzare il ricorso alla discarica: la riduzione a monte della produzione dei rifiuti, il recupero delle frazioni materiali dal rifiuto indifferenziato attraverso la raccolta differenziata, la termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani tal quale. Sia la raccolta differenziata, sia i trattamenti meccanico-biologici, sia la termovalorizzazione produrranno dei residui (sovvalli nel caso di raccolta differenziata e tmb), ceneri nel caso del tmv che comunque dovranno andare in discarica. Ma i volumi in gioco in tal caso saranno assai ridotti e assicureranno una maggiore durata dei siti di discarica rispetto allo scenario attuale.
La realtà regionale nel Lazio, dato il basso livello medio regionale di raccolta differenziata (dato 2008 = 15.0 per cento per eccesso) non
è incoraggiante dal punto di vista della gestione integrata se non per ciò che riguarda l'impiantistica della termovalorizzazione che è probabilmente sovradimensionata e lo sarà di sicuro se la raccolta differenziata decollerà fino a raggiungere gli obbiettivi fissati dalla normativa. È pur vero che gli impianti tmv, necessari ad assicurare la chiusura del ciclo dei rifiuti in ambito regionale, possono bruciare cdr proveniente da altre regioni o sorgenti e in tal senso la norma lo consente.
Le discariche autorizzate che assicurano lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani della regione sono riportate nel prospetto seguente suddivise per ATO in quattro province regionali su cinque: Roma, Latina, Viterbo, Frosinone. La capacità residua del sistema regionale delle discariche è in via di esaurimento e per tale motivo il piano regionale ne prevede l'ampliamento delle volumetrie come precedentemente detto. È però evidente che la logica dell'ampliamento deve essere abbandonata dando un forte impulso alla raccolta differenziata, altrimenti la gestione integrata sarà sempre di più spostata nel tempo:
Sub-ATO Frosinone
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio (t/a) - anno 2010 | Capacità aggiuntiva autorizzata | Volumetria residua in mc anno 2010 | Ampliamento in corso di autorizzazione (mc) |
Discarica rifiuti non pericolosi | Cerreto | Roccasecca | - | 435.000 |
Sub-ATO Latina
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio, t/a, anno 2010 | Capacità aggiuntiva autorizzata, t/a, anno 2010 | Volumetria residua(mc) anno 2010 | Ampliamento in corso di autorizzazione (mc) |
Discarica rifiuti non pericolosi | Borgo Montello | Latina | 240.000 | 350.000 | ||
Discarica rifiuti non pericolosi | Borgo Montello | Latina | 33.103 | 260.000 |
Sub-ATO Roma
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio, anno 2010 t/a | Capacità aggiuntiva autorizzata anno 2010, t/a | Volumetria residua(mc) anno 2010 | Ampliamento in corso di autorizzazione (mc) |
Discarica rifiuti non pericolosi | Colle Fagiolara | Colleferro | 1.480.000 | |||
Discarica rifiuti non pericolosi | Cupinoro | Bracciano | 180.000 | |||
Discarica rifiuti non pericolosi | Cecchina | Albano Laziale | 35.000 | 500.000 | ||
Discarica rifiuti non pericolosi | Inviolata | Guidonia Montecelio | 400.000 | |||
Discarica rifiuti non pericolosi | Malagrotta | Roma | 1.750.000 | |||
Discarica rifiuti non pericolosi | Fosso Crepacuore | Civitavecchia | 7.500 | 288.000 |
Sub-ATO Viterbo
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio, nel 2010, t/a | Capacità aggiuntiva autorizzata | Volumetria residua in mc anno 2010 | Ampliamenti in corso di autorizzazione in (mc) |
Discarica per rifiuti non pericolosi | Le Fornaci | Viterbo | 700.000 |
Sub-ATO Rieti
Non ha impianti di discarica.
Alcuni dettagli sulle discariche si rendono necessari per comprendere quale sia stata finora la filosofia dello smaltimento nella regione.
Provincia di Roma
Discarica di Malagrotta.
La discarica di Malagrotta è la più grande d'Europa. Si estende su un territorio di 240 ettari e riceve giornalmente dal bacino della capitale un quantitativo compreso tra 4550-5000 tonnellate di rifiuto urbano tal quale. Il costo di conferimento è di 72 euro/tonnellata a carico del comune di Roma il che significa un totale di 44 milioni di euro/anno. Un'ordinanza della regione Lazio del 25 luglio 2008 ha
Pag. 59prorogato la chiusura, prevista al 31 dicembre 2008, fino al mese di maggio 2009 e poi l'abbancamento si è protratto fino al 2010. Recentemente, dopo l'ordinanza del governatore regionale, Renata Polverini, che prolungava per altri sei mesi l'autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti, la regione Lazio ha comunicato che la discarica rimarrà attiva almeno fino al 2013. La necessità di reperire un nuovo sito alternativo e logisticamente vicino al bacino di utenza, anche per ridurre l'impatto ambientale e i costi di trasporto, ha costituito un motivo credibile perché si sia chiesta da parte delle istituzioni locali un'ulteriore proroga fino al reperimento del nuovo sito.
L'autorizzazione in possesso del gestore è relativa allo smaltimento di rifiuti urbani ed assimilabili agli urbani. Dal 2007 non vengono più conferiti in discarica i fanghi dei depuratori civili gestiti da ACEA Spa. Il monitoraggio delle componenti ambientali, prevalentemente acqua di falda e aria, è assicurato costantemente dall'ARPA Lazio con specifici programmi. L'ARPA, in considerazione di superamenti dei valori di ferro e manganese nella falda, ha suggerito l'avviamento di una procedura di messa in «sicurezza operativa» del sito.
La discarica è provvista di impianti di captazione del percolato e del biogas nonché di un sistema di rilevamento perimetrale per il controllo della qualità dell'aria. Il sito della discarica insiste su di un'area (classificata a rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999, Severo II) in cui sono presenti altri insediamenti industriali, quali depositi di carburante, la raffineria di Roma, l'impianto di trattamento termico dei rifiuti ospedalieri dell'AMA, numerose cave. Per tale particolare situazione è stato più volte sottoposto a valutazione di impatto ambientale.
In una porzione già esaurita della discarica (prevalentemente la falda sud) e sottoposta a copertura («capping»), esattamente su un'area di 21.300 metri quadri e che normalmente viene monitorata per 25-30 anni per il post-mortem ma che può considerarsi improduttiva e senza alcun beneficio per la comunità, è stato installato un impianto fotovoltaico (con tecnologia Uni-Solar) per la potenza complessiva di 1 MWp in grado di produrre 1.350 MWh all'anno. È un sistema interessante, questo, di riqualificazione ambientale di un sito e di produzione energetica da fonti alternative. La procedura adottata dal gestore di trattamento del percolato con fanghi e latte di calce, ai fini della sua solidificazione con successivo smaltimento all'interno della discarica stessa, è stato oggetto di indagine giudiziaria che ha ravvisato uno smaltimento improprio di rifiuti pericolosi.
Per gli altri siti regionali di discarica, come detto precedentemente, il piano regionale rimodulato dal commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della regione Lazio ha previsto consistenti ampliamenti (tuttora in itinere) della volumetria delle discariche esistenti per far fronte allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani regionali, come la tabella di cui sopra dimostra.
Gli impianti di compostaggio
I dati disponibili per gli impianti di compostaggio di rifiuti da matrici selezionate per l'anno 2007 sono:
N.impianti | Potenzialità autorizzata t/a | Rifiuto trattato t/a | Fraz.organica selezionata t/a | Verde t/a | Fanghi t/a | Altro t/a |
17 | 334.326 | 126.182 | 24.899 | 51.643 | 45.116 | 4.523 |
Nel dettaglio gli impianti di compostaggio di rifiuti selezionati per l'anno 2007 e per localizzazione sono sotto riportati. I dati sono espressi in tonnellate.
Localizzaz. | Potenz. tot. autorizzata | Rifiuto trattato | Fraz.org Selez. CER 2001 08 | Verde Cer 200201 | fanghi | altro | scarti | Totale output | tecnologia |
Roma | 28.000 | 6.013 | 6.013 | 5.950 | Cr | ||||
Roma | 10.000 | - | Csa | ||||||
Roma | 30.000 | 14.797 | 14.784 | 13 | 7.000 | Cr | |||
Fiumicino | 30.000 | 16.753 | 11.655 | 4.847 | 251 | 3.416 | 5.760 | Br | |
Decima Malafede | 30.000 | - | |||||||
Velletri | Nd | - | |||||||
Fonte Nuova | 825 | 402 | 356 | 45 | 200 | Cr | |||
Castrocielo | 9.000 | 3.040 | 3.040 | 1.013 | Cr | ||||
Aprilia | 25.000 | 15.855 | 8.170 | 7.646 | 39 | 777 | 11.324 | Cr | |
Sabaudia | 30.000 | 7.233 | 450 | 6.166 | 617 | 3.000 | Cr | ||
Pontinia | 45.000 | 27.215 | 13.244 | 2.924 | 8.688 | 2.359 | Nd | Csa-cr | |
Aprilia | 25.000 | 9.701 | 3.694 | 5.039 | 968 | 6.686 | Csa-cr | ||
Civita castellana | 1.500 | - | - | Cr | |||||
Tuscania | 60.000 | 19.887 | 7.127 | 12.719 | 42 | 47 | 5.047 | Csa-cr | |
Nepi | 6.000 | 3.213 | 1.395 | 1.818 | Nd | Cr | |||
Soriano del Cimino | 3.000 | 1.145 | 956 | 189 | 1.000 | Cr | |||
Tarquinia | 1.000 | 927 | 927 | 400 | cr | ||||
334.325 | 126.182 | 24.899 | 51.643 | 45.116 | 4.523 | 4.241 | 47.381 |
Legenda:
cr= cumuli rivoltati periodicamente,
br= bireattori (cilindri rotanti, silos, biocelle, biotunnel, biocontainer, reattore a ciclo continuo, trincee dinamiche aerate),
csa= cumuli statici aerati
II.9 - I termovalorizzatori/gassificatori.
Sub-ATO Frosinone
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio (t/a) -anno 2010 | Capacità aggiuntiva autorizzata | NOTA |
Termovalorizzazione cdr | Valle Porchio | San Vittore del Lazio | 98.750 | 205.000 | Funziona ancora su una linea |
Sub-ATO Roma
Tipologia impianto | Località | Comune di localizzazione | Capacità in esercizio, anno 2010 t/a | Capacità aggiuntiva autorizzata anno 2010, t/a | NOTA |
Termovalorizzatore di cdr | Colle Sughero | Colleferro | 220.000 | Gestione sotto controllo NOE e capacità ridotta | |
Gassificazione | Malagrotta | Roma | 91.000 | 91.500 | Attualmente una sola linea a capacità ridotta |
Gassificazione | Cecchina | Albano laziale | Non ancora costruito | 160.000 | Il TAR ha annullato la delibera della precedente giunta regionale Marrazzo sul gassificatore. Ora si attende il parere del Consiglio di Stato |
La capacità installata totale (compreso Albano), a pieno regime con tutte le linee in funzione, è di circa 700 mila tonnellate/anno di cdr. Ma come si nota dai dati sopra riportati, l'attuale sistema della termovalorizzazione opera ben al di sotto delle potenzialità. Alcuni dettagli sui termovalorizzatori sono qui di seguito riportati:
1) Termovalorizzatore di Colleferro
È costituito da due linee di termovalorizzazione ognuna da 110 mila ton/anno e rappresenta il polo energetico della Valle del Sacco in Colleferro. Acquisita la valutazione di impatto ambientale (via) nel novembre del 2008, l'impianto ha ottenuto l'autorizzazione integrata ambientale nel mese di maggio 2009. Precedentemente al 2008, l'impianto operava in virtù della comunicazione prevista dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997 per la termovalorizzazione del cdr avente codice CER 191210 e in conformità del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e delle norme transitorie previste da leggi successive al decreto legislativo n. 133 del 2005). L'impianto è provvisto di un sistema automatico per il controllo delle emissioni in atmosfera.
Le due linee tmv sono identiche e capaci di trasformare complessivamente 220.000 tonnellate di cdr all'anno in 25 MWe di potenza all'ora. Non essendo disponibile sufficiente quantità di cdr proveniente dalla regione, gli impianti vengono alimentati con cdr proveniente da altre regioni, in particolare dalla Toscana e dal Piemonte. Il polo energetico è entrato in esercizio nel dicembre 2002 e ha raggiunto la massima potenza a fine giugno 2003.
Le caratteristiche tecnologiche di ciascun combustore:
- utilizzo di combustibili aventi un PCI variabile da 10mila a 20 mila MJ/Kg.;
- ogni linea di combustione e trasformazione ha: la potenzialità combustore ~ 52 MW; una portata del combustibile
~10÷12 ton/h; comporta la produzione totale energia elettrica (max): ~ 12,5 MW; l'energia elettrica alla vendita è : ~ 10 MW.
Il consorzio Gaia Spa è un'azienda pubblica nata nel 1997 e si occupa della gestione dei rifiuti solidi urbani e degli interventi ambientali per i quarantotto comuni del Lazio consorziati nelle province di Roma e Frosinone.
Alcuni dati significativi che riguardano la gestione degli impianti:
- le società Mobilservice Srl e E.p.sistemi Spa, società controllate del gruppo Gaia, sono proprietarie degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro (Rm) in località Colle Sughero;
- la società Gaiagest Srl, di proprietà di Gaia, gestisce gli impianti attraverso Mobilservice Srl ed EP Sistemi Srl;
- nel mese di giugno 2003 l'impianto di E.P. sistemi Srl è stato collegato per la prima volta in parallelo alla rete ENEL per la cessione di energia;
- il 29 luglio 2003 viene costituita Gaiagest Srl, controllata del consorzio Gaia, per la gestione degli impianti;
- il 23 aprile 2004, viene presentato alle autorità e alla stampa il sistema di monitoraggio e trasmissione dei dati ambientali (relativi alle emissioni in atmosfera) del termovalorizzatore di Colle Sughero.
I ricavi derivanti dalla produzione di energia elettrica, che viene ceduta all'ENEL, sostengono il bilancio del consorzio Gaia Spa e indirettamente i servizi forniti alle collettività locali.
La società Gaia, le cui vicissitudini giudiziarie sono ben note, sembra abbia messo in vendita alcune quote azionarie del termovalorizzatore di Colleferro e si pongono quindi problemi di riassetto organizzativo.
2) Termovalorizzatore di San Vittore
Il termovalorizzatore di San Vittore ha una potenzialità di 90 mila tonnellate/anno. Attualmente lavora su una linea ma ne è prevista un'altra in fase di avanzata realizzazione. È di proprietà della società Eall Srl del gruppo Acea. Attualmente ha una potenza di 10 MW e produce circa 75 mila MWH di energia elettrica. È in atto il potenziamento dell'impianto che comporterà alla fine una potenza complessiva di 21 MW. Il cdr prodotto dalla SAF di Colfelice viene bruciato in tale impianto il resto proviene prevalentemente da fuori regione.
Produttore cdr | Provincia | Quantità conferita in Kg anno 2004 | Quantità conferita in Kg 2005 |
Reclas Spa | Frosinone | 15.887.280 | |
Enercombustibili Srl | Frosinone | 52.705.080 | 83.907.320 |
SAF ex Reclas | Frosinone | 1.592.040 | 5.123.780 |
TEV Spa (*) | Lucca | ||
Vesta Spa | Venezia | 67.700 | |
Quadrifoglio Spa | Firenze | 1.550.300 | |
Siem Spa | Mantova | 1.233.880 | |
Consmari Spa | Macerata | 1.621.460 | |
Contarina Spa | Treviso | 2.056.000 | |
Fertilvita Spa (*) | Lodi | ||
Bellisolina Spa (*) | Lodi | ||
ACM Spa (*) | Venezia | ||
ASM Spa | Prato | 53.760 | |
Daneco Spa | Udine | 3.425.360 | |
Castiglione Rifiuti Srl | Mantova | 385.700 |
(*) Hanno conferito negli anni 2002-2003.
Pag. 63Si tratta di un termovalorizzatore a letto fluido che dovrà essere rivampato entro due anni per allestire una seconda linea sempre a letto fluido.
L'impianto di San Vittore, infine, spesso brucia cdr di origine extraregionale non essendoci sufficiente combustibile di origine regionale.
3) Termovalorizzatore/gassificatore di Malagrotta
In un documento della società Co.La.Ri. del 25 ottobre del 2003 avente per titolo «Progetto di intervento per la produzione di energia elettrica dal cdr prodotto negli impianti di Malagrotta 1 e 2 mediante centrale di massificazione» sono contenute tutte le informazioni sul «polo energetico» di Malagrotta.
Le fasi principali del processo produttivo sono:
1) il cdr alimentato all'impianto viene sottoposto a pirolisi e massificazione utilizzando ossigeno e metano per l'apporto di calore;
2) il gas derivante dalla massificazione viene sottoposto ad un particolare trattamento per l'eliminazione di polveri e composti acidi;
3) il gas purificato viene combusto e avviato ad una turbina per la generazione di energia elettrica;
4) il calore dei fumi di combustione viene recuperato ed inviato ad una turbina per generare vapore (e quindi ulteriore energia elettrica);
5) fase di espulsione dei fumi al camino.
Il sistema è dotato di due impianti accessori:
1) impianto di frazionamento dell'aria per la generazione di ossigeno necessario alla gassificazione;
2) impianto di trattamento delle acque di lavaggio del gas derivato dalla gassificazione.
Le linee produttive sono tre, di cui due per trattare 182.500 tonnellate/anno di cdr e l'altra di riserva.
Secondo il progetto Co.La.Ri., il nuovo impianto si inserisce in un progetto di ampliamento dell'attuale impianto di produzione di biogas dalla discarica di Malagrotta.
La potenza elettrica installata è pari a 23,8 MW. Considerando che 22,5 MW verranno dal biogas della discarica ed un'altra piccola quota parte dalla quota di energia elettrica prodotta dalla turbina a vapore, si ha un recupero energetico totale pari al 21 per cento riferito al cdr in ingresso. Rispetto a quanto dichiarata da Co.La.Ri. di 1000 KWH di energia elettrica per tonnellata di cdr appare quindi sovrastimato.
Dall'impianto si hanno i seguenti sottoprodotti:
- granulato minerale e granulato metallico (14600 tonnellate/anno);
- fango concentrato di idrossidi metallici e carbonio (6400 tonnellate/anno) proveniente dal trattamento delle acque di processo;
- zolfo (1800 tonnellate/anno) anch'esso derivante dal trattamento delle acque di processo;
- sale industriale (2700 tonnellate/anno);
- fumi al camino (2.700 mila tonnellate/anno).
I particolari sulle emissioni sono reperibili nei verbali ARPA Lazio. Al momento il gassificatore di Malagrotta funziona ancora con una sola linea e per giunta non a piena capacità.
4) Termovalorizzatore/gassificatore di Albano
La società COEMA realizzerà il gassificatore di Albano. Il commissario delegato ha approvato il progetto presentato dalla COEMA alla fine del 2007.
Le caratteristiche tecniche, per quello che risulta allo stato attuale, sono simili al gassificatore installato nell'area della discarica di Malagrotta.
Per ciò che riguarda l'autorizzazione occorre tenere presente che l'iter prevede il rilascio della valutazione di impatto ambientale (via) e dell'autorizzazione integrata ambientale (aia). La via, a seguito di un attento esame delle procedure espletate precedentemente dall'azienda e dall'amministrazione, è stata rilasciata nel mese di marzo del 2009.
Le procedure previste per il rilascio dell'aia sono state concluse nel mese di aprile 2009 secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 59 del 2005.
In proposito, la ASL RM H in conferenza di servizi si è espressa con tre distinti «pareri»:
1) il primo evidenziava una serie di criticità ambientali già prese in considerazione all'interno del parere di compatibilità ambientale della competente area regionale;
2) il secondo rilevava, in relazione alle criticità, che le distanze dell'impianto dalle abitazioni non erano ritenute conformi agli atti di pianificazione e quindi ciò significava di non potere esprimere parere positivo sull'intervento;
3) il terzo, acquisita dalla regione la corretta interpretazione sulle distanze nonché chiarimenti in merito alle criticità sottoposte, risultava «non favorevole» in relazione ai risultati di uno studio epidemiologico effettuato da ASL RM E e centro regionale per l'epidemiologia.
A seguito di tali pareri la regione ha chiesto ad ARPA Lazio e al centro regionale sull'epidemiologia di effettuare le verifiche ambientali sul sito di localizzazione ed una verifica epidemiologica dello stato di salute dei cittadini di Albano avendo riguardo anche della possibile influenza dell'impianto sulla popolazione.
A valle delle verifiche, essendo stati forniti da ARPA e centro regionale per l'epidemiologia elementi di «tranquillità», si è proceduto alla chiusura della conferenza dei servizi con esito favorevole per il rilascio dell'aia. Tuttavia, nonostante la conferenza dei servizi abbia concesso parere favorevole alla concessione dell'aia, aprendo quindi le porte per la realizzazione dell'impianto, si deve annoverare il parere negativo espresso dalla ASL RM H superato poi dal parere del dipartimento di epidemiologia dell'ARPA Lazio. Ciò ha comportato nella popolazione locale un senso di frustrazione, di reazione e di tensioni che ancora persiste nella direzione della non accettazione dell'impianto. Il TAR, con sentenza emessa nel mese di dicembre 2010, ha annullato la delibera della precedente giunta regionale «Marrazzo» sul gassificatore. Ora, dopo il ricorso, si attende il parere del Consiglio di Stato
Come si evince da quanto sopra riportato, l'impiantistica attuale ha una capacità produttiva alquanto ridotta rispetto alla capacità installata con il risultato che l'80 per cento circa dei rifiuti tal quali, senza trattamento o con trattamenti di scarsa efficienza, finisce in discarica. Il cdr prodotto a valle degli impianti tmb con processi di raffinazione oltre a risultare prevalentemente di scarsa qualità, non è sufficiente ad alimentare i tmv esistenti che operano a bassa capacità e spesso con cdr di origine extraregionale. Si aggiunga inoltre che la carenza degli impianti tmb e la scarsa efficienza di quelli operativi è aggravata anche dalla bassa presenza sul territorio regionale di impianti di compostaggio di qualità. L'unico esistente a Maccarese (per la produzione di compost di qualità) ha una scarsa
potenzialità (31 mila tonnellate circa) ed è del tutto insufficiente per il trattamento dei quantitativi di umido di qualità che deriverebbero dal prevedibile potenziamento della raccolta differenziata.
La gestione dei rifiuti nella regione Lazio per ciò che si è visto finora, contrariamente agli orientamenti, alle scelte, alle strategie dettate dalle direttive comunitarie e dalla norma nazionale, è andata nel verso opposto a quello della «gestione integrata» dei rifiuti che vede ancora la discarica giocare un ruolo prevalente e non residuale. Finora, sulla scia del «piano Marrazzo», si è fatto ricorso alla discarica con richieste di ampliamento, rimodulazioni, piuttosto che potenziare la raccolta differenziata e il trattamento secco/umido del rifiuto tal quale.
Secondo il presente scenario, la termovalorizzazione, piuttosto che garantire la piena autonomia dei consorzi di comuni nella gestione dei rifiuti secondo il criterio degli ATO, può caratterizzarsi come un vero e proprio business che attrae rifiuti (cdr) dall'esterno piuttosto che trattare i rifiuti del proprio ambito che, gioco forza, data la sopracitata scarsezza e inefficienza degli impianti tmb, vanno a finire in discarica. L'impiantistica esistente, in ultima analisi, è pressoché obsoleta con qualche punto di eccellenza (Malagrotta). Il nuovo piano da poco ufficializzato dalla regione Lazio dovrebbe fornire quindi le risposte ai quesiti più volte posti nelle varie sedi istituzionali e dai cittadini come pure dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nel corso delle audizioni.
II.10 - Gli impianti asserviti al trattamento del rifiuti solidi urbani indifferenziato.
I gestori degli impianti
Società | Gruppo di appartenenza | Tipologia del sito gestito | NOTE |
AMA S.p.a | Società ad intero capitale pubblico | Rocca Cencia Via Salaria 1 linea tmv Colleferro | Detiene il 33% di Coema che realizzerà il gassificatore Albano |
ACEA S.p.a. | Società a capitale prevalentemente pubblico | tmv San Vittore | Detiene il 33% di quote di Coema che realizzerà il gassificatore di Albano |
Gruppo Gaia S.p.a. | Società ad intero capitale pubblico | Altre linee tmv Colleferro Discarica rifiuti solidi urbani Colleferro (località Collefagiolara) | Amministrazione controllata |
S.A.F. S.p.a. | Società ad intero capitale pubblico | Impianto tmb di Col felice (FR) | |
Ecoambiente Srl | Società a capitale misto | Discarica Borgo Montello Latina a servizio dei Comuni di Latina, Anzio, Nettuno. | 51% Latina Ambiente a prevalente capitale pubblico gruppo Colucci gruppo Cerroni |
Bracciano Ambiente Srl | Società ad intero capitale pubblico | Discarica di Bracciano | Ha ottenuto autorizzazione per realizzare nello stesso sito di discarica un impianto tmb |
Indeco Srl | Fa capo al Gruppo Green Holding S.p.a. di Giuseppe Grossi | Discarica Borgo Montello Latina a servizio dei rimanenti comuni della provincia di Latina | |
MAD Srl | Fa capo al gruppo Lozza di Walter Lozza | Discarica Rocca seca (FR) | |
Ecoitalia 87 | Fa capo al gruppo Cerroni | Discarica di Guidonia Montecelio (RM) | |
Pontina Ambiente | Fa capo al gruppo Cerroni | Impianto tmb e annessa discarica di Albano Laziale | |
Co.La.Ri.- E.Giovi Srl | Società facenti parte del gruppo Cerroni | Impianti tmb Malagrotta Discarica Malagrotta Gassificatore Malagrotta (RM) | |
Ecologia Viterbo Srl | Fa capo ai gruppi Colucci e Cerroni | tmb e annessa discarica siti in Viterbo | |
Coema | Società partecipata da ACEA, AMA, gruppo Cerroni | Previsto impianto massificazione di Albano Laziale |
II.11 - La gestione dei rifiuti speciali.
Gli strumenti programmatori regionali, in materia di rifiuti speciali (pericolosi e non pericolosi) sono:
- Delibera del consiglio regionale n. 112 del 10 luglio 2002 successivamente revisionato con il decreto del commissario delegato n. 95 del 18 ottobre 2007;
- programma di decontaminazione e smaltimento degli apparecchi soggetti ad inventario contenenti PCB e dei PCB in essi contenuti, curato da ARPA Lazio ed approvato con decreto del commissario delegato n. 45 del 9 aprile 2004.
I dati disponibili sulla «gestione» dei rifiuti speciali appaiono datati e poco rendono la situazione reale regionale in quanto si basano sulle elaborazioni dei MUD effettuate da ANPA (ora ISPRA) del 1999, ossia sui rifiuti prodotti nel 1998 (vedi Rapporto rifiuti 2001 ANPA-Osservatorio Nazionale rifiuti, ONR).
Il nuovo piano, partendo da tali dati, sviluppa un'analisi previsionale al 2006 basata su numero di addetti, quantità e tipologia di rifiuto per codice di attività economica Istat. I dati al 2006 e al 2007 vengono quindi ottenuti moltiplicando coefficienti standard per numero di addetti e per attività e per provincia.
Dichiarazioni MUD
MUD 2005 | MUD 2006 | MUD 2007 |
37.611 | 36.022 | 32.233 |
Quadro riepilogativo della gestione dei rifiuti speciali (Anno 2006, dato espresso in tonnellate)
Da R1 a R 11 | Da D1 a D12 e D14 | Totale | R12 e R13 | D13 e D15 | Totale | Totale gestione |
1.640.502 | 1.818.373 | 3.458.875 | 754.374 | 157.392 | 911.766 | 4.370.641 |
Recupero di rifiuti speciali non pericolosi (anno 2006, dato espresso in tonnellate)
R1 | R2 | R3 | R4 | R5 | R6 | R7 | R8 | R9 | R10 | R11 | R13 |
115.492 | 10 | 235.412 | 322.914 | 889.034 | - | - | 1.785 | 31 | 718.964 | 6.510 | 2.330.748 |
Smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi (Anno 2006, dato espresso in tonnellate)
D1 | D2 | D4 | D8 | D9 | D10 | D14 | D15 |
1.357.082 | - | - | 86.671 | 232.779 | 329 | 55.024 | 138.499 |
Recupero di rifiuti speciali pericolosi (Anno 2006, dato espresso in tonnellate)
R1 | R2 | R3 | R4 | R5 | R6 | R7 | R8 | R9 | R10 | R11 | R13 |
- | 19.919 | - | 2.019 | 1.659 | 577 | - | 284 | - | - | - | 36.900 |
Smaltimento di rifiuti speciali pericolosi (Anno 2006, dato espresso in tonnellate)
D1 | D2 | D4 | D8 | D9 | D10 | D14 | D15 |
22.682 | - | - | 59 | 37.835 | 19.830 | 6.082 | 18.893 |
Coincenerimento di rifiuti speciali (Anno 2006, dato espresso in tonnellate)
Rifiuti pericolosi | Rifiuti non pericolosi | Totale rifiuti speciali | cdr | Rifiuti urbani | Totale rifiuti |
- | 115.493 | 115.493 | - | - | 115.493 |
Quadro impiantistico relativo agli impianti di coincenerimento (Anno 2006, dato espresso in tonnellate)
Provincia | Comune | A.P. | T.P:R | R.E Potenza Installata 2006 | RSNP | RSP | RS Quantità totale Trattata (ton) | cdr 191210 | RU 150120 | Totali Trattati | Certif. incentivi |
FR | Anagni | Fabbricaz Rigeneraz pneumatici | Rif.produz plastiche E gomme Sintetiche, PFU | nd | 14.257 | - | 14.257 | - | - | 14.257 | |
FR | Broccostella | Fabbricaz Mobili Affini | Rifiuti Lavoraz Legno Carta e affini | nd | 334 | - | 334 | - | - | 334 | |
FR | Roccasecca | Raccolta Recupero Smaltim Rifiuti urbani e speciali | Biogas da discarica | 5.020.000 kWh(*) nd | 3.124 | - | 3.124 | - | - | 3.124 | |
FR | Torrice | Indus. Carta Legno affini | Rifiuti Lavoraz Legno, carta e affini | nd | 38 | - | 38 | - | - | 38 | |
LT | Latina | Produz Distrib energia | Biogas Da discarica | 9.760.00 kWh(*) 2.130 kWe | 6.073 | - | 6.073 | - | - | 6.073 | IAFR CV |
LT | Latina | Raccolta Recupero Smaltim Rifiuti Urbani e speciali | Biogas Da discarica | 7.084.000 kWh(*) nd | 4.408 | - | 4.408 | - | - | 4.408 | |
RM | Albano Laziale | Produz E Distribuz energia | Biogas Da discarica | Nd(8.395.000 kWh(*) KWe dal 2008 | 5.224 | - | 5.224 | - | - | 5.224 | IAFR CV |
RM | Bracciano | Raccolta Recupero Smaltim Rifiuti Urbani speciali | Biogas da discarica | Nd(825kWe 1.600 kWe dal 2008 | - | - | - | - | - | - | |
RM | Colleferro | Produz Distrib energia | Biogas Da discarica | 4.821.000 kWh(*) 1.000 kWe | 3.000 | - | 3.000 | - | - | 3.000 | IAFR CV |
RM | Guidonia Montecelio | Produz Distribuz energia | Biogas Da discarica | 18.121.000 kWh(*) 3.507kWe | 11.275 | - | 11.275 | - | - | 11.275 | IAFR CV |
RM | Roma | Raccolta Recupero Smaltim Rifiuti Urbani speciali | Biogas Da discarica | 112.500.000 kWh(*) 15.000 kWe | 61.364 | - | 61.364 | - | - | 61.364 | |
VT | Fabbrica Di Roma | Fabbricaz Articoli In materia plastica | Rifiuti Lavoraz Legno Carta affini | nd | 29 | - | 29 | - | - | 29 | |
VT | Montalto Di Castro | Fabbricaz Mobili Affini | Rifiuti Lavoraz Legno Carta affini | nd | 5 | - | 5 | - | - | 5 | |
VT | Montefiascone | Fabbricaz Mobili E affini | Rifiuti Lavoraz Legno Carta affini | nd | 86 | - | 86 | - | - | 86 | |
VT | Soriano nel Cimino | Agricolt Attività connesse | Rifiuti Lavoraz Legno Carta affini | nd | 154 | - | 154 | - | - | 154 | |
VT | Viterbo | Produz Distribuz energia | Biogas Da discarica | 3.070.000 kWh(*) 601 kWe | 1.910 | - | 1.910 | - | - | 1.910 | IAFR CV |
VT | Viterbo | Produz Distribuz energia | Biogas Da discarica | 6.769.000 kWh(*) 1.639 kWe | 4.212 | - | 4.212 | - | - | 4.212 | IAFR CV |
Legenda:
AP = attività produttiva T.P.R = tipologia rifiuto trattato R.E. = recupero energetico RSNP = rifiuto speciale non pericoloso RSP = rifiuto speciale pericoloso RS = rifiuto speciale | cdr combustibile derivato da rifiuto RU = rifiuto urbano Certificati/incentivi IAFR = impianto alimentato a Fonti rinnovabili CV = certificato verde (*) = valore stimato nd = non determinabile |
Ciò che appare assai evidente nel sistema di gestione dei rifiuti speciali, dove per gestione si deve intendere i flussi in entrata e in uscita dalla regione e non soltanto gestione dei rifiuti prodotti, è la scarsa presenza di impianti di trattamento e smaltimento. Il sistema in tal modo presta il fianco a movimenti di rifiuti sul territorio di cui poco si conosce. Le cave abbandonate e gli interramenti clandestini hanno spesso caratterizzato traffici illeciti di rifiuti speciali anche extraregionali.
II.12 - La bonifica dei siti contaminati.
La materia relativa alla bonifica dei siti contaminati ha subito negli ultimi anni, a livello nazionale, importanti evoluzioni con l'emanazione del decreto legislativo n. 152 del 2006 che ha inglobato e modificato con il Titolo V la precedente normativa e a cui le regioni si stanno gradualmente adeguando. Gli strumenti programmatori di cui la regione Lazio si era dotata fino al 2004 hanno dovuto quindi man mano essere modificati attraverso protocolli e accordi di programma quadro. Val la pena citare:linee guida per la gestione e la utilizzazione delle terre e rocce da scavo di cui al delibera del consiglio regionale 816/2006;
• decreto ministeriale 31 gennaio 2008 - Perimetrazione del sito di interesse nazionale (SIN) del bacino del fiume Sacco;
• linee guida - indirizzi e coordinamento dei procedimenti amministrativi di approvazione ed esecuzione degli interventi disciplinati dal decreto legislativo n. 152 del 2006 Titolo V e dalla legge regionale n. 27 del 1998 e smi di cui alla delibera della giunta regionale n. 451 del 2008.
L'ultimo atto in itinere è il delibera della giunta regionale di approvazione di un piano per la bonifica ed il recupero di quarantadue siti contaminati del Lazio, che comprende anche la Valle del Sacco in questo momento all'attenzione delle istituzioni nazionali e regionali.
Va sottolineato che in regione vi è la necessità di dotarsi di procedure e metodologie omogenee di censimento e catalogazione dei siti contaminati attingendo ai dati del sistema informativo territoriale per poter realizzare una nuova anagrafe regionale dei siti contaminati, adeguandola alle regole nazionali per sopperire alle carenze informative finora emerse che, di fatto, hanno bloccato ogni iniziativa di messa in sicurezza o bonifica delle aree più compromesse.
III - Situazione attuale del ciclo dei rifiuti nella regione Lazio.
Le audizioni hanno consentito alla Commissione di acquisire un quadro abbastanza dettagliato delle maggiori emergenze in atto e dei fenomeni di illegalità e di irregolarità connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio.
La regione Lazio, nel giugno del 2008, dopo dieci anni è uscita dalla fase commissariale della gestione dei rifiuti ed è rientrata nella gestione ordinaria.
Le responsabilità sono quindi tornate nella competenza di ogni singola provincia e comune, mentre la regione, rientrata nella fase ordinaria, è chiamata soltanto a funzioni di programmazione e di controllo.
Secondo l'ex presidente Marrazzo «il ciclo integrato dei rifiuti del Lazio si incardina su alcune linee guida precise: la diminuzione dalla produzione di rifiuti, una forte spinta per portare i livelli di raccolta differenziata alle percentuali previste dalla normativa nazionale ed europea e la messa in opera di sei nuove linee di termovalorizzazione o gassificazione, in aggiunta alle tre già esistenti nel maggio 2005. Questo sistema consentirà al Lazio di essere completamente autosufficiente, senza alcuna prospettiva emergenziale».
Gli interventi che l'allora presidente della regione riteneva necessari per ottimizzare il ciclo dei rifiuti nella regione Lazio sono sinteticamente riepilogabili come segue:
- l'ampliamento (rimodulazione) delle volumetrie delle discariche attualmente in esercizio;
- la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione localizzato nel territorio del comune di Albano Laziale;
- la realizzazione di quattro nuovi impianti di trattamento meccanico biologico;
- un deciso potenziamento della raccolta differenziata.
Le attività istruttorie per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale per il termovalorizzatori di Albano Laziale si sono concluse nel mese di aprile del 2009.
Con riguardo alla realizzazione di quest'ultimo termovalorizzatore, il presidente Marrazzo ha precisato che: «i timori che l'iter di realizzazione dell'impianto potesse essere bloccato sono già tramontati. La Conferenza dei servizi ha infatti concesso il parere favorevole all'autorizzazione integrata ambientale, per cui il processo che porterà alla realizzazione dell'impianto procede secondo i tempi previsti.
Questo è stato possibile grazie al fatto che il parere negativo della ASL RM H è stato superato da quello messo a disposizione dal dipartimento di epidemiologia della ASL RM E e dalla relazione dell'ARPA Lazio. Da Albano, quindi, non emerge nessuno stop per il piano regionale.
Relativamente agli impianti di trattamento meccanico biologico la regione ha già rilasciato l'autorizzazione alla realizzazione e messa in esercizio dell'impianto previsto nel sito di Bracciano.
È in fase avanzata la procedura per il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione e alla messa in esercizio dell'impianto previsto nel sito di Latina.
Per quanto riguarda gli impianti da localizzare nei comuni di Guidonia e Colleferro, per primo è stata avviata la procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Il presidente della regione ha inoltre precisato, con riferimento alla discarica di Malagrotta, che: «mentre il nuovo termovalorizzatore sta per entrare a regime, siamo impegnati a sostenere la chiusura della discarica di Malagrotta in tempi certi. Per questo motivo, stiamo attendendo dal comune di Roma l'indicazione del sito alternativo. È opportuno precisare che le voci che sostengono che Malagrotta sia ormai esaurita sono infondate. Il nostro impegno deriva quindi non tanto dall'esaurimento del sito, quanto dalla volontà di dare respiro a un territorio che tanto ha già pagato ospitando finora la discarica della capitale, la più grande di Europa.
La discarica di Malagrotta è costantemente monitorata dagli organi di controllo. Allo stato attuale risulta autorizzata per lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi. È stata sottoposta più volte a valutazione di impatto ambientale ed è dotata di specifici programmi di monitoraggio e controllo. Ad oggi i risultati ottenuti, tra l'altro forniti anche all'ISPRA che sta svolgendo una verifica sull'area di Malagrotta (che include oltre la discarica, la raffineria di Roma, l'impianto di trattamento dei rifiuti ospedalieri dell'AMA, svariati depositi di carburante e numerose cave), non evidenziano rilevanti criticità. In ogni caso si segnala che è stata avviata, su indicazione di ARPA Lazio relativamente al superamento di alcuni valori (in particolare ferro e manganese) che risulterebbero endemici all'area, una procedura di messa in sicurezza operativa.
Relativamente al conferimento dei rifiuti si informa che la società, a partire dal 2003, riceve unicamente rifiuti urbani e rifiuti assimilabili agli urbani. Dal 2007 non riceve più i fanghi provenienti dai depuratori civili gestiti da ACEA Spa».
Con riferimento agli ambiti territoriali ottimali, nella sua relazione il presidente Marrazzo ha riferito che: «la regione ha già avviato le procedure per la costituzione degli ambiti territoriali ottimali
previsti dagli articoli 200 e seguenti del decreto legislativo n. 15 del 2006. La proposta di legge è attualmente al vaglio dell'assemblea regionale.
L'organizzazione ed il numero degli ambiti è stata delineata mantenendo inalterata la configurazione del sistema di trattamento e smaltimento dei rifiuti attualmente presente nella regione. In ogni caso, fermo restando la ripartizione provinciale relativa alle province di Rieti, Viterbo, Latina e Frosinone, per la provincia di Roma la proposta prevede l'istituzione di cinque autorità d'ambito di cui una coincidente con i confini del comune di Roma».
Con riferimento al gassificatore di Albano, l'allora presidente della regione ha riferito che il progetto è stato approvato dal commissario delegato a fine del 2007. L'autorizzazione risultava condizionata al rilascio della valutazione di impatto ambientale e dell'autorizzazione integrata ambientale.
La prima, previo riesame delle procedure precedentemente espletate, è stata rilasciata a marzo del 2009. La seconda, le cui procedure si sono concluse a fine aprile del 2009, e funzionale alla corretta messa in esercizio dell'impianto, ha seguito le procedure previste dal decreto legislativo n. 59 del 2005.
In merito, la ASL RM H si è espressa in conferenza dei servizi con tre distinti pareri:
- il primo, che evidenziava una serie di criticità ambientali già prese in considerazione all'interno del parere di compatibilità ambientale della competente area regionale;
- il secondo, che, in relazione alle suddette criticità e alle distanze dell'impianto agli abitati ritenute non conformi agli atti di pianificazione, non poteva esprimere un parere positivo all'intervento;
- il terzo, acquisita dalla regione la corretta interpretazione sulle distanze nonché chiarimenti in merito alle criticità sottoposte, non favorevole in relazione alle evidenze dello studio epidemiologico redatto dalla ASL RM E - centro regionale per l'epidemiologia.
Su detti pareri, la regione ha chiesto ad Arpa Lazio e al citato centro regionale sull'epidemiologia di effettuare, da un lato, le verifiche ambientali sul sito ove verrà localizzato l'impianto, dall'altro, una verifica epidemiologica dello stato di salute dei cittadini di Albano anche in relazione alle possibili, future, influenze dell'impianto sulla popolazione.
Entrambe le verifiche - secondo l'ex presidente Marrazzo - hanno fornito elementi di tranquillità tant'è che si è proceduto alla chiusura della conferenza di servizi con esito favorevole al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale prevista dalla legge.
Il nuovo presidente della regione Lazio, Renata Polverini, insediatasi il 12 aprile del 2010, audita dalla Commissione, ha espresso la sua intenzione di proseguire nell'azione indicata dalla precedente amministrazione e richiamata nel decreto n. 24 del 24 giugno 2008, che ha determinato l'uscita dalla fase commissariale, con dei doverosi distinguo anche in considerazione dell'attuale congiuntura economica
che non consente l'aggravamento in capo ai cittadini di costi di gestione dovuti alle inefficienze impiantistiche o di flusso, inefficienze che indirettamente, ma anche direttamente, si ripercuotono in termini di impatto ambientale sul territorio della regione.
Secondo il neo-eletto presidente, i problemi individuati e sui quali la giunta regionale intende lavorare in via prioritaria per il futuro sono i seguenti:
- l'individuazione di un nuovo sito per lo smaltimento dei rifiuti nella città di Roma;
- il potenziamento della raccolta differenziata;
- l'incremento dell'offerta di termovalorizzazione;
- il rafforzamento dell'attività di controllo.
Con riguardo specifico al primo problema, secondo il presidente della regione, la discarica di Malagrotta dovrebbe essere chiusa ed è necessario quindi individuare i siti alternativi alla discarica di Malagrotta per lo smaltimento dei rifiuti a Roma.
Per garantire, senza soluzione di continuità, il corretto smaltimento dei rifiuti nella città di Roma, superando il vecchio concetto di sversatoio, deve essere garantita l'implementazione tecnologica a garanzia del recupero e della salvaguardia ambientali.
L'impiantistica esistente, dovrà essere posta in esercizio o a regime al più presto al fine di ridurre le criticità proprie del rifiuto. L'obiettivo è quello di sottoporre a trattamento spinto, finalizzato al recupero non solo energetico, tutto il rifiuto prima che questo pervenga in discarica, attraverso le migliori tecnologie disponibili.
Il commissario straordinario dell'agenzia regionale per la prevenzione ambientale del Lazio, avvocato Corrado Carrubba, ha illustrato nella sua audizione il sistema dei controlli nel campo della gestione dei rifiuti effettuati nell'ambito della regione, evidenziando che il Lazio, per popolazione residente e per produzione totale di rifiuti, è una tra le più importanti in Italia. Ospita circa il nove per cento della popolazione nazionale e il dieci per cento della produzione totale di rifiuti.
Inoltre la regione Lazio, per posizionamento geografico, è situata al centro delle vie di comunicazione e dei tessuti economici. Pertanto transitano o possono giungere flussi di rifiuti provenienti da altre regioni. Ha ricordato inoltre che l'agenzia »si trova dinanzi ad un quadro di richieste di attenzione, di controlli e di presenza nell'ambito di un territorio complesso, fortemente gravato dal ciclo dei rifiuti e con un numero consistente di impianti, secondo forse soltanto alle regioni più avanzate del nord Italia. Per quanto riguarda specificatamente i controlli ambientali, nel Lazio - ha precisato il commissario - questi vengono esercitati essenzialmente sulla base di un riferimento normativo generale, che stabilisce quali controlli debbano essere effettuati e con quale cadenza. La legge attuale stabilisce un controllo ogni tre anni da parte dell'agenzia, secondo quanto fissato dal decreto legislativo n. 133 del 2005. Questo è il livello minimo di controlli che tutte le agenzie in Italia, in presenza di impianti di determinati tipi, sono chiamate a effettuare. Tuttavia, ha ricordato l'avvocato Carrubba:
«nelle autorizzazioni rilasciate ai singoli impianti» l'autorità competente «, ossia la regione Lazio in caso di autorizzazione integrata ambientale, o il comune in caso di competenze delegate, per esempio in materia di inerti, può anche fissare - come spesso accade - modalità e tempi più rigorosi per i controlli affidati all'agenzia. La cadenza minima è di norma, al momento dell'autorizzazione, superata da prescrizioni più precise. Questo presuppone che l'impianto disponga di un'autorizzazione espressa formalmente rilasciata.
Il caso di Colleferro rientrava purtroppo in una fattispecie diversa, in quanto gli impianti, fino a maggio di quest'anno - come la Commissione ormai avrà appurato - erano governati da un regime autorizzatorio gestionale in procedura semplificata. Non vi era l'autorizzazione di un'autorità pubblica che stabilisse, per esempio, che l'ARPA dovesse effettuare dei controlli ogni due o tre mesi. In assenza di autorizzazione espressa, vigeva pertanto il minimo indispensabile fissato dalla normativa, variabile a seconda di alcune circostanze.
Relativamente alla discarica di Malagrotta governata invece, ormai da qualche anno, con provvedimenti autorizzatori espressi, ai sensi del decreto legislativo n. 36 del 2003 sulle discariche e successivamente con autorizzazione integrata ambientale, nei piani di monitoraggio e controllo, che sono il documento tecnico che accompagna le autorizzazioni, vi è una disciplina molto più rigorosa. Per esempio, in materia di acque di falda si impone all'agenzia, come è giusto che sia, di effettuare dei prelievi con cadenza trimestrale per controllare la qualità delle acque».
III.1 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Roma.
Per quanto concerne la gestione dei rifiuti nella provincia di Roma, è stato audito dalla Commissione l'assessore alle politiche del territorio e tutela ambientale della provincia di Roma, Michele Civita, il quale ha ricordato che il piano regionale del commissario di Governo, recependo le ultime direttive europee in materia prevede la riduzione, il riciclo, il riuso e il raggiungimento del 50 per cento di raccolta differenziata al 2012, la valorizzazione energetica del rifiuto residuo e l'obbligo di trattare i rifiuti prima di smaltirli in discarica, come imposto appunto dalla normativa nazionale e comunitaria.
Sulla base di queste direttive e con in testa le discariche di Cupinoro, a Bracciano, e dell'Inviolata, nel comune di Guidonia Montecelio, sono stati autorizzati gli impianti di trattamento meccanico biologico finalizzati alla produzione di cdr e gli impianti di compostaggio per il trattamento della frazione umida. Inoltre sono stati autorizzati gli impianti di valorizzazione energetica del cdr a Malagrotta e ad Albano, che vanno ad aggiungersi a quelli già esistenti a Colleferro e a San Vittore.
Contestualmente, la regione ha autorizzato l'ampliamento delle sei discariche della provincia di Roma, che, come sapete, vivono tutte problemi molto complessi: Malagrotta, a Roma, e quelle, rispettivamente, di Civitavecchia, Guidonia, Colleferro, Albano e Bracciano.
Inoltre, la provincia ha partecipato, in sede di conferenze interistituzionali presso la regione Lazio, alla modifica della legge regionale che disciplina la gestione dei rifiuti. In particolare, la
modifica pone l'accento sulla necessità, così come prevede anche il codice ambientale, di istituire gli ambiti territoriali ottimali per la gestione unitaria ed efficace dei rifiuti.
La proposta, attualmente all'esame del consiglio regionale, prevede la costituzione per la provincia di Roma di cinque ATO - coincidenti, peraltro, con i comprensori già individuati nella pianificazione provinciale - e individua l'autorità d'ambito nella provincia di Roma. Nell'ultimo ATO, comprendente il comune di Roma e di Fiumicino, la proposta prevede che l'autorità di gestione sia individuata d'intesa tra i comuni suddetti e l'amministrazione provinciale.
Per quanto concerne la competenza della provincia di Roma, dal 1997 questa gestisce, su delega dei comuni, la raccolta stradale differenziata.
La raccolta stradale, attualmente, non riesce a superare nella provincia di Roma il 16-18 per cento. Secondo l'assessore, per poter arrivare agli obiettivi posti dal piano del commissario, dalla legislazione italiana e da quella comunitaria, è stata scelta la strada di aiutare i comuni a transitare dalle tradizionali gestioni di raccolta dei rifiuti alla raccolta differenziata porta a porta. È stato condiviso in proposito con la regione Lazio il piano operativo da essa predisposto.
Nel giro di due anni, dal giugno del 2008 a oggi, si è passati da circa 25 mila abitanti prima serviti dal servizio porta a porta a 250 mila. Inoltre, sono stati approvati, definiti e finanziati progetti con cinquantadue comuni per circa 830 mila abitanti nella provincia di Roma, che ha in totale circa un milione e 400 mila abitanti.
L'obiettivo della provincia è quello di arrivare, entro la fine del 2011, a servire circa un milione di abitanti con la raccolta porta a porta, lì dove c'è un centro abitato più densamente popolato, e 400 mila abitanti, dove la densità di case è minore, con la raccolta stradale fatta in modo diverso che a Roma, dove si raccoglie il «monomateriale».
La provincia di Roma, inoltre - ha riferito l'assessore - è intervenuta, grazie all'uso dei fondi FAS, anche su tutta l'impiantistica: sono state finanziate trentacinque isole ecologiche, strutture logistiche indispensabili per avviare la raccolta differenziata dei nostri materiali, ed è stato elaborato un programma per implementare gli impianti di compostaggio e digestione anaerobica.
Nella provincia di Roma è presente un solo impianto di questo tipo a Maccarese, peraltro anche molto vecchio e in via di esaurimento.
Allo stato attuale, la provincia di Roma si serve di altri impianti della province limitrofe, in particolare, nella provincia di Latina dove esistono due grandi impianti, uno aperto nel giugno 2009 da ACEA-Kyklos, l'altro a Pontinia.
In totale, secondo la stima della provincia, per sostenere tutte queste iniziative occorrono nel triennio circa 50 milioni di euro, dei quali quasi 40 milioni sono già stati spesi.
È stata presentata alla regione un'articolata delibera per l'utilizzo dei fondi FAS, circa 170-180 milioni di euro legati proprio all'ammodernamento dell'impiantistica di base che dovrebbe rendere autosufficienti i futuri ATO.
L'assessore alle politiche del territorio ha ricordato poi l'importante attività della provincia di Roma in materia di autorizzazioni, controlli e sanzioni.
Dal 2003 al 2006 i verbali per sanzioni di attività anche cospicue sono aumentati di circa tre volte, passando da 267 a 803; negli anni 2007-2008 il numero dei verbali è salito a oltre 1000, quasi quintuplicandosi rispetto al primo anno di riferimento; anche le sanzioni economiche sono quintuplicate rispetto al 2008. Va sottolineato che questo periodo è precedente all'entrata in vigore del cosiddetto «codice ambientale». Per quanto riguarda, invece, tutte le verifiche degli impianti termici che , nei comuni al di sotto dei 45 mila abitanti sono di competenza della provincia, ne abbiamo svolte solo nel 2008 ne sono state svolte circa 10 mila per il tramite di una società esterna incaricata a seguito di apposita gara.
III.2 - Il comune di Roma.
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, audito dalla Commissione, ha esposto le linee guida del ruolo del comune nella gestione dei rifiuti e ha evidenziato le problematiche relative alla raccolta differenziata e allo smaltimento nelle discariche.
Con riguardo al primo aspetto, quello della raccolta differenziata, nel corso dell'esercizio 2009 - ha riferito il sindaco - sono state raccolte in modo differenziato circa 370 mila tonnellate di rifiuti, corrispondenti al 20,7 per cento della produzione totale, che posizionano Roma al primo posto tra le grandi città italiane per quantità raccolte. Milano, infatti, raccoglie 237 mila tonnellate l'anno, mentre Torino 111 mila. L'aumento della differenziata dal 2007 a oggi è stato del 4 per cento circa.
L'azienda municipalizzata sta facendo sforzi importanti per conseguire un aumento significativo della percentuale della raccolta differenziata con l'attivazione di una serie di iniziative sul territorio: in primis, l'estensione di modelli integrati di raccolta caratterizzati dalla separazione della frazione organica domestica e dall'aumento delle frequenze di svuotamento dei contenitori di rifiuti da imballaggio, con l'obiettivo di raggiungere 200 mila abitanti aggiuntivi nel corso del 2010.
Per quanto concerne la situazione dello smaltimento dei rifiuti, il sindaco ha ricordato che nel comune di Roma l'unica discarica operante è quella di Malagrotta, di proprietà di un gruppo privato, la società E. Giovi del gruppo Co.La.Ri..
Lo smaltimento dei rifiuti di una città importante come Roma è, quindi, concentrata unicamente all'interno di un rapporto diretto con una impresa privata, in un regime sostanzialmente monopolistico.
Al riguardo il sindaco ha puntualizzato: «Non esistono, rispetto allo smaltimento di Roma, alternative. Non c'erano e tuttora non siamo ancora riusciti a crearne. Soprattutto, non c'è stata una capacità da parte della pubblica amministrazione e delle società controllate di entrare nell'insieme del ciclo dei rifiuti. Il dato paradossale che sconta l'AMA a Roma è che ha una delle tariffe più alte d'Italia perché si è accollata storicamente soltanto l'aspetto più
oneroso del ciclo dei rifiuti, cioè lo spazzamento e la raccolta dei rifiuti, mentre non è mai entrata nell'aspetto più remunerativo, o comunque meno oneroso, che è quello dello smaltimento. Questo è un dato che abbiamo ereditato, che abbiamo contestato e su cui abbiamo cercato e stiamo cercando di operare in un dialogo con la regione Lazio. Con questo dialogo non siamo, però, ancora riusciti a ottenere i permessi per cambiare questa situazione.
Va detto che abbiamo ereditato anche una società, costituita da AMA e ACEA, che doveva e deve essere il partner pubblico sempre del Co.La.Ri. per quanto riguarda il gassificatore di Albano. Il tema, quindi, dell'introduzione del pubblico all'interno del ciclo dello smaltimento dei rifiuti era già stato in qualche modo affrontato, sia pure in maniera molto preliminare, e la precedente amministrazione aveva dato questo tipo di indicazione.
Ora, la prospettiva deve essere quella, inevitabilmente, di fare in modo che l'AMA in particolare, e probabilmente anche l'ACEA come possibile partner nella produzione di energie, possano partecipare alla costruzione di altri impianti di smaltimento e avere come interlocutori, in una partnership pubblico-privato, un ventaglio di imprenditori più ampio di quello attuale che appunto si riduce a uno solo.
Dall'altro lato, ovviamente, la scelta di un partner privato andrà in un'evidenza pubblica e si tratterà, quindi, di una gara di cui non si può predeterminare il risultato. L'auspicio è quello di avere una molteplicità di partner privati, ma questo dipende dall'esito della gara.
Per fare questo, bisogna definire l'area e il tipo di tecnologie utilizzate. Fino ad ora, in particolare (...) la grande difficoltà è stata che quello che sembrava il sito maggiormente preferito dalla regione è poco distante dalla discarica di Malagrotta. Chi vive a Roma sa che tale discarica è un problema storico, perché è la più grande d'Europa e crea disagio all'intero quadrante della città. Collocare una nuova discarica poco distante da Malagrotta potrebbe sollevare una vera e propria rivolta popolare nell'area. Pertanto, occorre trovare un sito diverso».
Con riguardo alla situazione praticamente monopolistica nella gestione dello smaltimento dei rifiuti nell'ambito del comune di Roma, il sindaco Alemanno ha comunque rilevato che la presenza della società che gestisce Malagrotta «ha comunque garantito finora la presenza di un'imprenditoria sana, conosciuta e testata. L'uscita di scena di questo imprenditore apre scenari che possono essere pericolosi se non vengono attentamente gestiti con il massimo supporto della realtà pubblica. La nostra intenzione per il nuovo impianto di termovalorizzazione - la discarica potrebbe essere interamente gestita dal pubblico - sarebbe quella di creare una società mista in cui la presenza del pubblico sia di forte garanzia rispetto alla situazione dell'area romana e quindi ci permetta di intervenire in maniera adeguata e di essere pronti anche al momento di un'eventuale vendita o di un ricambio generazionale per quanto riguarda la società Co.La.Ri».
Attorno alla discarica di Malagrotta, come ha evidenziato il sindaco, sono peraltro presenti alcune problematiche, perché recenti rapporti dell'ARPA hanno indicato in un fosso che scorre limitrofo alla discarica stessa residui di sostanze inquinanti, che hanno caratteristiche non totalmente definite.
Allo stato, poiché questo fosso è collocato fra una serie di impianti di vario tipo, non si è potuto appurare quale sia l'origine dell'inquinamento. Tuttavia il comune ha obbligato i gestori della discarica a introdurre strutture che servono ad abbassare il livello della falda acquifera e quindi a contrastare attivamente l'eventuale inquinamento proveniente dalla discarica, affidando all'ARPA il compito di effettuare un monitoraggio, su base trimestrale e di verificare se vi siano altre fonti inquinanti in quell'area.
L'obiettivo prioritario del comune di Roma, allo stato attuale, è pertanto quello di trovare un sito alternativo per la realizzazione di nuove discariche.
Il problema di fondo, che si sta cercando di risolvere con un confronto serrato con l'amministrazione regionale, è se gli ambiti ottimali devono essere chiusi all'interno del comune di Roma o estesi a tutta la provincia. L'orientamento espresso dal sindaco Alemanno è che tali ambiti debbano essere estesi a tutta la provincia di Roma perché se si mantenesse l'ambito limitato al comune si creerebbe il paradosso di dover smaltire l'enorme massa di rifiuti di Roma nell'ambito delle aree più antropizzate della provincia, che sono appunto quelle del comune.
Sotto questo punto di vista ritiene il sindaco che sia necessario che tutta la provincia risulti ambito ottimale e che il sito della discarica venga collocato in un'area non distante dal comune di Roma, ma probabilmente non facente parte del territorio del comune stesso. In proposito il comune ha formulato una proposta di varie localizzazioni per la realizzazione delle nuove discariche, elencate in un documento riservato consegnato alla Commissione.
Riguardo al conferimento del tal quale nelle discariche, il sindaco ha ricordato che nella regione Lazio è in vigore una legge regionale che ne vieta il conferimento in inceneritori o termovalorizzatori. La legge proibisce, quindi, di seguire questa strada nell'adeguamento al piano rifiuti.
La strada della produzione del cdr è, quindi, obbligata all'interno della regione Lazio, ma conseguentemente è necessario che vi siano degli impianti che siano capaci di intervenire adeguatamente rispetto a questa realtà.
Il gassificatore di Malagrotta, di proprietà Co.La.Ri., e il gassificatore di Albano, quando realizzato, di proprietà mista, non saranno sufficienti, a parere del sindaco di Roma, a creare un'alternativa a Malagrotta.
Da questo punto di vista, secondo il sindaco Alemanno, Malagrotta doveva essere chiusa già da alcuni anni. La situazione di emergenza, tamponata negli anni passati, ha determinato la concessione di proroghe di anno in anno. E l'ultima si renderà necessaria perlomeno fino al 2011.
Sempre in ordine alla situazione dello smaltimento dei rifiuti nella città di Roma, Marco Daniele Clarke, presidente dell'AMA di Roma, ha illustrato le linee del nuovo piano industriale della società.
Ha evidenziato che da vari anni a Roma non viene più applicata la Tarsu, bensì la TaRi che, come è noto, riguarda soltanto i residenti
e i possessori di immobili della città. Quindi, tutta la fascia aggiuntiva di persone che svolgono le proprie attività a Roma sfugge all'obbligo di contribuire alle attività sia di spazzamento che di raccolta rifiuti.
Nel nuovo piano industriale, in particolar modo per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti, è stato stabilito di incrementare la raccolta differenziata, di aumentare il numero delle isole ecologiche, attualmente del tutto insufficienti rispetto alle esigenze della città; si è stabilito inoltre di aumentare il numero di quartieri serviti dalla raccolta differenziata porta a porta e di aumentare il numero delle convenzioni con le grandi utenze; si è stabilito infine di aumentare la raccolta dei rifiuti ingombranti, anche promuovendo l'attivazione di isole ecologiche mobili.
Il presidente dell'AMA, in base a un documento del consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica (Comieco), ha fatto rilevare che il trend di incremento per la raccolta differenziata del comune di Roma è superiore a quello delle altre grandi città d'Italia. In particolare, per quanto riguarda la raccolta differenziata della carta, la città di Roma si colloca in un'ottima posizione, superiore alla media nazionale e a quella del centro sud, raggiungendo il doppio della media della regione Lazio.
In particolare, nel corso del 2008, nel comune di Roma la produzione totale dei rifiuti urbani è stata di oltre 1.760 mila tonnellate, pari a circa 650 chilogrammi per abitante. Di queste, circa 1.417 mila tonnellate sono state raccolte in modo indifferenziato, circa 343 mila tonnellate sono state invece raccolte in modo differenziato. Tale dato corrisponde a una percentuale media di raccolta differenziata, sull'anno, pari al 19,51 per cento. Il valore è in sensibile miglioramento nell'anno in corso: la percentuale media al primo trimestre 2009 raggiunge infatti il 21,40 per cento, a testimonianza del notevole trend di incremento.
In termini assoluti, Roma rappresenta, secondo Clarke, la principale realtà italiana, per quantità di raccolta differenziata: 343 mila tonnellate all'anno, rispetto alle 237 mila di Milano e alle 212 mila di Torino.
Rispetto alla produzione complessiva di rifiuti indifferenziati nel 2008, la destinazione dei rifiuti è stata la seguente: l'85,6 per cento è stato smaltito presso la discarica di Malagrotta, mentre la parte rimanente, il 14,4 per cento, è stata avviata al trattamento presso i tre impianti attivi su Roma, cioè quelli di Rocca Cencia, Salario e Malagrotta.
I quantitativi complessivamente smaltiti in discarica, nell'anno 2008, sono stati pari a 1.306.375 tonnellate. Tali quantità includono i rifiuti indifferenziati conferiti direttamente in discarica, il cosiddetto rifiuto tal quale; gli scarti e la frazione organica stabilizzata proveniente dal processo di trattamento; la frazione organica e il verde non avviabile a compostaggio nonché gli scarti di quest'ultimo processo.
Infine, ci sono gli scarti del processo di selezione della frazione multi materiale, che ammonta a 1.091 tonnellate.
Il processo di trattamento dei rifiuti, nell'anno 2008, ha inoltre prodotto 66.617 tonnellate di cdr, pari a circa il 33 per cento dei
rifiuti trattati, che è stato avviato a termovalorizzazione presso due impianti siti in località Colleferro e di proprietà delle società Mobil Service ed EP sistemi.
Nel 2008 sono state raccolte in modo differenziato circa 343 mila tonnellate di rifiuti urbani, articolati tra le diverse frazioni che possiamo citare: beni durevoli, oltre 32 mila tonnellate; rifiuti compostabili, 40.800 tonnellate; multi materiali, 60.900 tonnellate; carta e cartone, che rappresentano il 58 per cento del totale della raccolta differenziata: 199.300 tonnellate. Oltre 199 mila tonnellate di carta e cartone vengono oggi raccolti con il sistema dei cassonetti stradali e con il sistema porta a porta, presso l'utenza domestica di alcuni quartieri, i negozi di tutta la città e gli uffici pubblici e privati del centro storico.
I materiali sono destinati a piattaforme e quartieri di recupero del Comieco o di altri.
La frazione multi materiale (quindi vetro, plastica, alluminio e acciaio), circa 61 mila tonnellate, viene oggi raccolta nella città con il sistema dei cassonetti stradali e con il sistema porta a porta presso l'utenza domestica di alcuni quartieri, gli esercizi di ristorazione e gli stabilimenti balneari.
I materiali vengono selezionati presso due impianti di proprietà AMA (circa il 50 per cento della quantità raccolta) e presso una rete di impianti diversi nonché successivamente ceduti ai consorzi di filiera.
Il rifiuto compostabile, quindi organico e verde, circa 41 mila tonnellate, è raccolto presso i mercati e, con modalità porta a porta, presso ristoranti, mense e le utenze domestiche di alcuni quartieri. I materiali sono avviati a compostaggio presso il già citato impianto di proprietà AMA, a Maccarese (circa il 75 per cento delle quantità raccolte) e presso un impianto privato della società Tecno Garden Service.
I beni durevoli, circa 32 mila tonnellate, vengono raccolti a domicilio, presso le isole ecologiche AMA e in occasione delle cosiddette «domeniche degli ingombranti». I materiali sono avviati al recupero presso impianti specializzati.
Il consiglio di amministrazione dell'AMA, in occasione dell'approvazione del nuovo piano industriale, ha infine affrontato la specificità del problema della parte terminale del ciclo dei rifiuti, vale a dire alla questione della discarica e della necessità di avere più impianti terminali. A Roma, infatti, esiste una sola discarica di proprietà privata, quella di Malagrotta, che, a quanto risulta, è la più grande discarica d'Italia, probabilmente d'Europa e la spesa per l'Ama per il conferimento dei rifiuti in tale discarica ammonta a circa 100 milioni di euro. L'AMA avrebbe quindi intenzione in prospettiva futura di realizzare una discarica di sua proprietà (pubblica), posta al servizio di un impianto terminale. In proposito, su richiesta del sindaco di Roma nel gennaio 2008, l'AMA ha individuato siti sia di proprietà pubblica, sia di proprietà privata, svolgendo indagini tecniche con l'ausilio di professionisti e consegnando al sindaco una rosa di questi siti con valutazioni differenti. In base a questi studi sono state individuate aeree fuori dal comune ma in provincia di Roma.
III.3 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Latina.
La provincia di Latina conta trentatré comuni e ospita una delle discariche più importanti d'Italia, il sito di Borgo Montello, con una superficie di quasi 50 ettari, che riceve i rifiuti anche dai comuni di Anzio e Nettuno, della confinante provincia di Roma.
In provincia di Latina non esistono impianti pubblici per il trattamento/recupero/smaltimento di alcun tipo di rifiuto, fatta eccezione di due impianti di compostaggio. Come evidenziato dal presidente della provincia, ciò discende dalla mancata costituzione degli ambiti territoriali ottimali prescritti dal decreto legislativo n. 22 del 1997 prima e dal decreto legislativo n. 152 del 2006 poi, entrambi emanati in recepimento delle direttive comunitarie.
In relazione a tali normative la provincia si è dotata di un piano per il ciclo integrato dei rifiuti, approvato con delibera del consiglio provinciale n. 71 del 1997, commisurato ad un ATO, corrispondente alla stessa estensione territoriale del proprio confine amministrativo, così come previsto dalla legge regionale n. 27 del 1998 e dal piano regionale per la gestione dei rifiuti approvato con delibera del consiglio regionale del Lazio n. 112 del 2002.
Le suddette normative in sintesi prescrivono che l'ATO, soggetto giuridico, una volta costituito sulla base di uno schema di convenzione che regola i rapporti tra gli Enti, da emanarsi a cura della regione, procede attraverso procedure di evidenza pubblica a selezionare il soggetto che realizza e gestisce gli impianti del ciclo integrato dei rifiuti, così come predefinito dal piano rifiuti.
Il processo di costituzione dell'ATO in provincia è stato arrestato dall'intervenuta dichiarazione, ai sensi della legge n. 225 del 1992, dello stato di emergenza in materia di rifiuti, che ha coinvolto nel 1999 il comune di Roma e la provincia e nel 2001 tutto il resto della regione Lazio. Solo in data 30 giugno 2008 è stato dichiarato concluso il suddetto stato di emergenza e si è tornati ad una gestione ordinaria della materia.
Comunque, ad oggi, nella provincia di Latina ancora non sono stati costituiti gli ATO per mancanza del suddetto schema di convenzione.
Secondo il presidente della provincia, anche dopo la conclusione della fase commissariale, l'emergenza nella provincia di Latina non può ritenersi cessata. Si sarebbe dovuta completare, infatti, con la realizzazione di impianti, mentre di fatto si è conclusa con alcune autorizzazioni che, per quanto riguarda la provincia, hanno portato ad un ampliamento della discarica di Borgo Montello di un milione e 200 mila metri cubi di invaso disponibile per ulteriori rifiuti.
Il presidente della provincia ha evidenziato, quindi, una grave anomalia della fase commissariale: quella di autorizzare l'ampliamento delle discariche e non privilegiare la realizzazione di impianti di termovalorizzazione sul territorio, così come previsto dalle direttive comunitarie: «Segnalo che tutti gli atti assunti dai commissari, compreso l'ultimo, non hanno alcun rispetto delle direttive comunitarie, nel senso che si sarebbero potuti attivare alcuni impianti magari bandendo alcune gare. Essere commissariati non significa non rispettare
le procedure, come è noto; anche un commissario deve comunque tenere gare per realizzare gli impianti di compostaggio o altro.
Vengono, invece, rilasciate alcune autorizzazioni agli stessi soggetti titolari delle discariche, evidentemente violando il principio della concorrenza, il che potrebbe essere solo un fatto di natura tecnico-giuridica, ma anche, limitando la concorrenza, monopolizzando il mercato.
Ci troviamo nella seguente condizione: il costo del rifiuto da conferire in discarica è di 102 euro a tonnellata. Non esistono alternative. L'unica è la raccolta differenziata, che ha il limite, però, tolti molti materiali, della parte umida. Non essendoci impianti di compostaggio, o essendocene soltanto uno, che per la sua percentuale non era e non è in grado di accogliere l'umido prodotto dalla raccolta differenziata, i comuni, nel momento in cui non potevano portare l'umido negli impianti di compostaggio, perché non ve n'erano in provincia, non hanno altra alternativa che prendere il rifiuto e destinarlo alla discarica».
Ha ricordato il presidente della provincia che nel giugno del 2008, cessato il commissariamento, la provincia di Latina aveva bandito una gara europea per la realizzazione degli impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti, gara, però, impugnata dalla regione.
Il presidente ha inoltre sottolineato che il problema vero nella provincia di Latina non è quello dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, al momento abbastanza sotto controllo sotto il profilo delle infiltrazioni della criminalità organizzata, ma è quello dei rifiuti speciali: quelli industriali prodotti dalle aziende nel territorio per i quali non ci sono siti in provincia di Latina e che vengono portati fuori provincia.
«Noi riteniamo che gli interessi della criminalità organizzata siano concentrati più sul trasporto, l'anello debole del ciclo dei rifiuti, perché meno controllabile. Anche la normativa lascia spazi indefiniti, che possono essere soggetti a falsificazioni poco controllabili. Probabilmente tale anello debole è l'elemento sul quale possono concentrarsi gli interessi della criminalità organizzata».
III.4 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Rieti.
Recentemente, come ha riferito il prefetto nella sua audizione, il consiglio provinciale ha approvato il piano provinciale dei rifiuti: il documento è costruito su tre elementi portanti:
- la raccolta differenziata;
- il riferimento ad ambiti sovra comunali;
- il sistema impiantistico.
L'atto programmatico prevede la realizzazione di un impianto di compostaggio nel comune di Cittaducale, di un impianto per la produzione di cdr nel comune di Rieti, un impianto di valorizzazione della differenziata nel comune di Contigliano.
Pag. 84Il piano individua nel 40 per cento il quantitativo di raccolta differenziata da raggiungere nel minor tempo possibile attraverso la definizione del sistema di raccolta porta a porta.
Nella prima fase di attuazione è stato ritenuto utile prendere in esame le sole frazioni merceologiche riferite a vetro, carta e plastica, scelta motivata sia dall'incidenza di tali materiali nella produzione di rifiuti, sia per l'impossibilità di fare riferimento alla frazione umida in quanto ad oggi non è presente sul territorio alcun impianto di compostaggio.
Nel comune di Rieti, come ha riferito il sindaco, il ciclo dei rifiuti è gestito nella sua interezza attraverso una società per azioni che si è realizzata a seguito di una privatizzazione operata dal consiglio comunale.
Il processo di privatizzazione si è concluso nel 2004 a seguito della cessione, attraverso gara di pubblica rilevanza, di una parte del pacchetto azionario.
Al momento, il capitale di ASM Rieti Spa - questo è il nome dell'azienda - si compone per il 62 per cento per la parte del comune di Rieti e per il rimanente 38 per cento di un gruppo privato.
Fino ad ora il comune di Rieti non ha avuto sentore di tentativi di infiltrazione, nella gestione del ciclo dei rifiuti, da parte della criminalità organizzata.
Nel territorio del comune di Rieti risultano presenti materiali inquinanti fra i quali l'amianto in 3 aree ex industriali (ex Montecatini, ex Zuccherificio, ex Bembergcell), nel padiglione che ospitava il reparto di ortopedia dell'ex ospedale di Rieti ed in alcune zone interne alla riserva naturale dei laghi Lungo e Ripasottile.
Allo stato attuale, come risulta dalla relazione trasmessa dal prefetto, si rileva che le operazioni propedeutiche alle bonifiche sono state avviate, sebbene non sia ancora iniziata l'attività di bonifica vera e propria.
Attualmente, sul territorio della provincia di Rieti non ci sono discariche, pertanto i rifiuti solidi urbani prodotti vengono trasportati alla discarica di Viterbo, di proprietà della società Ecologia Viterbo Srl.
Sono attualmente in funzione il centro di trasferenza sito in località Casapenta, comune di Rieti, ed il centro di autoscambio di Contigliano.
III.5 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Viterbo.
La provincia di Viterbo ha un sistema di smaltimento dei rifiuti che avviene attraverso la società Ecologia 2000 nei siti di Casale Bussi e Monterazzano. A Casale Bussi avviene la separazione del tal quale, portato successivamente nell'altro sito, dove avviene lo stiraggio del cdr prodotto.
Nell'impianto tmb di Casale Bussi, autorizzato con aia dalla regione Lazio, avviene la separazione, mentre il successivo smaltimento avviene in un'altra discarica di Viterbo, a circa 15 chilometri di distanza, autorizzata per un impianto con aia dalla regione Lazio.
Attualmente sono autorizzati 850 mila metri cubi in cinque invasi, di cui, in questo momento, è in fase di attivazione il secondo lotto.
Al momento attuale, nelle discariche di Viterbo affluiscono i rifiuti solidi urbani di sessanta comuni della provincia di Viterbo e di diciannove della provincia di Rieti, compresa la stessa città capoluogo.
Per quanto riguarda l'impiantistica presente nella provincia di Viterbo, secondo quanto riferito dall'assessore all'ambiente della provincia, vi sono duecentoquattordici procedure semplificate - da quando sono iniziate a oggi - di cui attualmente solamente ottanta sono ancora operative.
All'interno di queste procedure semplificate ci sono stati tre casi di smaltimenti illeciti dei quali sono già ampiamente conclusi i procedimenti e per i quali è già iniziata la fase di bonifica.
La bonifica riguarda ex cave, dove veniva fatto un recupero non adeguato alle caratteristiche tecniche.
L'assessore all'ambiente ha affermato in proposito che «questo è un problema che la provincia di Viterbo si pone, perché è una provincia con molte cave, soprattutto dismesse e non utilizzate da anni. Questa circostanza favorisce illeciti durante i recuperi ambientali.
La provincia di Viterbo ha attivato un accordo con la prefettura, con le forze di polizia, nonché una convenzione con ARPA specifica per questo tipo di procedure, per controllare con una attenzione maggiore rispetto ai procedimenti normali».
Sulla base dei dati forniti dal sindaco di Viterbo risulta che il comune produce statisticamente intorno a 30 mila tonnellate di rifiuti annui e conta 65 mila abitanti. Nel 1996 la regione Lazio ha ordinato al comune di Viterbo di autorizzare un impianto di trattamento rifiuti che prevedesse la costituzione del combustibile derivato dai rifiuti. L'impianto ha lavorato per arrivare a tale processo e oggi si stanno realizzando i primi combustibili.
Fino a oggi è stata autorizzata una discarica per rifiuti che, dopo un breve trattamento, potesse utilizzarli, non però come combustibile derivante da rifiuto. Dopo un trattamento preliminare, infatti, i rifiuti vengono riversati nella discarica di Monterazzano.
Proprio la scarsa qualità e la bassa percentuale di produzione di cdr di qualità, che possa utilmente essere bruciato nei termovalorizzatori e che invece viene sostanzialmente riversato nella discarica, è, secondo il sindaco di Viterbo, Giulio Marini, la vera carenza del piano regionale del Lazio. «Da una parte, avevamo l'impianto che doveva produrre il combustibile e, dall'altra parte, non avevamo la possibilità di creare il termovalorizzatore. Il rifiuto è andato, dunque, a ingombrare la discarica di Monterazzano. Veniva trattato leggermente e non veniva mai prodotto il combustibile nella qualità ottimale da poter essere utilizzata per il termovalorizzatore, perché quest'ultimo non esisteva.
Abbiamo, quindi, creato discariche su discariche, abbiamo ingrandito la discarica in questi anni, perché è mancata la decisione di realizzare il termovalorizzatore, come la provincia di Viterbo aveva già manifestato in un piano realizzato dalla provincia, che individuava il termovalorizzatore a Viterbo per non far compiere il giro dei rifiuti, che avrebbe alimentato i costi di trasporto e basta. Siamo rimasti, dunque, con un impianto di creazione di cdr a Casale Bussi, a sei chilometri da Viterbo, che ha prodotto finora poco e nulla».
III.6 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Frosinone.
Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Frosinone - espletato fino alla seconda metà degli anni '90 direttamente dai comuni, prevalentemente con gestione diretta ovvero con affidamento a ditte private e con conferimento in discariche comunali - ha riscontrato un primo significativo cambiamento a seguito delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo n. 22 del 1997 (cosiddetto decreto Ronchi) che ha introdotto un nuovo complessivo regime giuridico nella materia, promuovendo anche la possibilità di costituire appositi consorzi per la gestione integrata di tale servizio.
Come ha evidenziato il prefetto, nella sua relazione inviata a questa Commissione, nel territorio del comune di Colfelice (FR), era stato realizzato nella seconda metà degli anni '80, la struttura di un impianto per il riciclaggio di rifiuti solidi urbani, ubicato in zona rurale lungo la S.P.Ortella - località «Camponi» (a breve distanza dai centri urbani di San Giovanni Incarico e Roccasecca).
Per la gestione di tale impianto veniva costituita, con delibera assembleare n. 91 in data 7 dicembre 1990, un'apposita società mista denominata RJEc.LA.S. Spa - recupero ecologico Lazio sud, con sede presso lo stesso stabilimento, la cui proprietà era ripartita tra il consorzio volontario basso Lazio per il riciclaggio dei rifiuti solidi urbani (organismo costituito da buona parte dei comuni della provincia, dalla stessa amministrazione provinciale ai sensi dell'articolo 25 della legge 8 giugno 1990, n.142 e articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), l'impresa A. Cecchini & C. Srl e l'impresa Carnevale.
L'impianto di Colfelice, gestito dalla suddetta R.Ec.LA.S. Spa, dopo una prima fase di prove e verifiche, è entrato in funzione nel marzo 1998 ed effettua, previo conferimento dei rifiuti solidi urbani di settantotto comuni facenti parte di questa provincia, aderenti al suddetto consorzio volontario basso Lazio, un ciclo di preselezione e compostaggio, peraltro con una limitata percentuale di riciclo dei rifiuti trattati.
Il prodotto terminale del ciclo, costituito dalla parte secca dei rifiuti, cosiddetto sovvallo, veniva dapprima depositato presso la discarica ubicata in località «Panaccioni» di Cassino e, una volta esaurita questa, nelle ulteriori, successive discariche ubicate in località «San Paride» di Pontecorvo, «Tacciano» di Pignataro Interamna, sito di «via Le Lame» di Frosinone e in quella sita in località «Ara Procella» di Sora.
In data 1 marzo 2004, a seguito di deliberazione dell'assemblea straordinaria dei soci, il consorzio volontario basso Lazio si è trasformato in società ambiente Frosinone Spa (S.A.F. Spa) - società per azioni a totale capitale pubblico ai sensi dell'articolo 35, comma 8, legge n. 448 del 2001 - assumendo quest'ultima direttamente, in luogo della R.Ec.LA.S. Spa posta in liquidazione, la gestione dell'impianto di Colfelice e del servizio connesso.
L'azionista di maggioranza della S.A.F. ambiente Spa è l'amministrazione provinciale di Frosinone.
I novantuno comuni della provincia di Frosinone conferiscono attualmente, quindi, i rispettivi rifiuti solidi urbani presso tale impianto di preselezione, gestito dalla S.A.F. Spa.
Nel territorio del comune di Roccasecca, in località «Cerreto», - con ordinanza n. 2, in data 28 novembre 2002, del presidente della giunta regionale del Lazio in qualità di commissario delegato per l'emergenza - è stato inoltre individuato un sito per la realizzazione di una discarica da utilizzare per il prodotto finale di scarto. Il relativo progetto,è stato approvato e la discarica è stata affidata la gestione alla società MAD Srl con sede legale in Roma, successivamente attrezzata anche per il trattamento dell'umido.
Nella provincia di Frosinone il ciclo complessivo dei rifiuti in sintesi si svolge secondo le seguenti fasi:
1) raccolta nell'ambito delle rispettive municipalità dei rifiuti urbani con trasferimento direttamente presso l'impianto S.A.F. Spa di Colfelice ovvero presso i tre centri di trasferenza e stoccaggio;
2) trasporto, a mezzo compattatori, di proprietà delle stesse ditte private che gestiscono i siti di trasferenza, presso l'impianto di Colfelice, per essere sottoposto al trattamento di preselezione preparazione;
3) trasporto del prodotto terminale della lavorazione, sotto forma di cdr, presso l'impianto di termovalorizzazione di San Vittore del Lazio gestito dalla E.A.L.L. - Energia ambiente litorale laziale Srl di proprietà dell'ACEA Spa.
L'ACEA Spa gestisce pertanto il trattamento del cdr nel termovalorizzatore di San Vittore del Lazio con produzione di energia elettrica. Il prodotto finale residuo non inviato al termovalorizzatore viene conferito, quale prodotto finale di scarto definito come rifiuto non pericoloso, alla discarica privata gestita dalla MAD Srl, attualmente l'unica in esercizio nella provincia di Frosinone.
In ordine all'attività di termovalorizzazione, il prefetto ha riferito che entro il giugno 2011 si prevede che presso il termovalorizzatore di San Vittore del Lazio (FR) entri in funzione anche la linea in via di costruzione, che potenzierà quella attualmente operante, con ulteriore produzione di energia elettrica utilizzando sempre cdr (combustibile da rifiuto).
Il sindaco di San Vittore, a proposito dell'impianto di termovalorizzazione ha evidenziato quello che appare un problema comune agli altri impianti nel Lazio e in particolar modo a quello di Colleferro: l'insufficienza del cdr di qualità per alimentare anche una sola linea dell'inceneritore.
In proposito, l'assessore all'ambiente della provincia di Frosinone, ha rilevato che il ciclo dei rifiuti si fonda, essenzialmente, sull'impianto di Colfelice... «si tratta di un impianto di preselezione e compostaggio, che dovrebbe produrre dalla frazione organica compost di qualità e dalla frazione secca il cdr da avviare poi alla termovalorizzazione a San Vittore (...). Il problema di fondo è che l'impianto di compostaggio (...) non funziona: il compost non viene prodotto,
viene soltanto stabilizzata la frazione umida per poi essere avviata a discarica e le percentuali di produzione del cdr non sono sicuramente in linea con quelle che dovrebbero essere, soprattutto rispetto alla grande quantità di interventi che sono stati fatti nell'impianto di Colfelice. Quest'ultimo, secondo varie dichiarazioni rese dalla società ambiente di Frosinone dovrebbe produrre, dalla raccolta di queste 200 mila tonnellate annue di rifiuti urbani, un 53 per cento di cdr, quindi 107 mila tonnellate all'anno. Dovrebbe inoltre produrre una percentuale di recupero di materiali ferrosi pari a 3000 tonnellate anno e un recupero di 2000 tonnellate anno di materiali non ferrosi; dovrebbe inoltre avviare come compost e quindi sul mercato come materia prima in grado poi di produrre utili, una parte organica addirittura del 27 per cento. I dati dichiarati dalla SAF sono quindi importanti, però il problema è che in questi anni, in particolare in quest'ultimo anno in cui siamo stati alla guida dell'amministrazione provinciale, abbiamo verificato che questo non è accaduto.».
III.7 - Il nuovo piano regionale dei rifiuti.
Il piano di gestione dei rifiuti della regione Lazio, approvato il 19 novembre del 2010, individua un solo ambito territoriale ottimale per la gestione dei rifiuti solidi urbani che coincide con l'intero territorio regionale. Esso individua altresì cinque sub-ATO come segue:
1. sub-ATO - Frosinone;
2. sub-ATO - Latina;
3. sub-ATO - Rieti;
M4. sub-ATO - Roma;
5. sub-ATO - Viterbo.
All'interno di ogni sub-ATO si deve:
- organizzare il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani e assimilati;
- garantire l'autosufficienza degli impianti di selezione tmb dei rifiuti indifferenziati.
Ogni sub-ATO coincide con i comuni presenti nella relativa provincia, con qualche eccezione.
Il piano è essenzialmente basato sull'assunzione dell'obiettivo della raccolta differenziata che in linea con il limite di legge al dicembre 2011, dovrebbe raggiungere il 60 per cento. Tale assunzione, ovviamente, diventa punto di riferimento per tutte le scelte impiantistiche per i prossimi cinque anni almeno. Il quantitativo di rifiuto indifferenziato (rind) da sottoporre agli impianti tmb (e conseguentemente al tmv e agli impianti di discarica) sarebbe alla fine del 2011 il 40 per cento del rifiuto totale prodotto nella regione.
La legge n. 296 del 2006 ha introdotto, all'articolo 1, comma 1109, percentuali intermedie affinché si possano realizzare risparmi di spesa
e più efficaci utilizzi delle risorse finanziarie destinate alla gestione dei rifiuti solidi urbani. Tale legge ha altresì previsto che la regione, previa diffida, provveda tramite un commissario ad acta a garantire il governo della gestione dei rifiuti a livello di ATO con riferimento a quelli all'interno dei quali non sia assicurata la raccolta differenziata pari almeno al:
- 40 per cento entro 31 dicembre 2007;
- 50 per cento almeno entro il 31 dicembre 2009;
- 60 per cento almeno entro il 31 dicembre 2011.
Per gli anni successivi, secondo il comma 1108 del richiamato decreto legislativo, le percentuali minime da assicurare verranno stabilite con decreto del Ministero dell'ambiente, del territorio e del mare. Alla luce di quanto sopra detto, le percentuali di raccolta differenziata raggiungibili per ciascun sub-ATO negli anni 2011-2017, si attesteranno al 60 per cento.
Il piano regionale e quelli provinciali contengono iniziative a sostegno della riduzione della produzione dei rifiuti urbani (prima fase della gerarchia della gestione integrata). Si stima che tali iniziative possano produrre effetti che porterebbero alla riduzione dell'1-1,5 per cento dei rifiuti solidi urbani ogni anno (attraverso accordi con la grande distribuzione e con le grandi utenze, riducendo gli imballaggi, reimpiegando i materiali).
Fabbisogni e stima delle potenzialità impiantistiche.
Alla luce dell'attuale situazione impiantistica e gestionale nella regione, per come sopra visto, le scelte del piano sono volte agli impianti di trattamento (potenziamento dei tmb, trattamento meccanico-biologico, trattamento di compostaggio), agli impianti di recupero dei materiali (attraverso il trattamento di raffinazione delle frazioni della raccolta differenziata), agli impianti di recupero di energia per combustione o gassificazione del cdr (combustibile da rifiuti, prodotto per raffinazione della frazione secca derivante dal trattamento del rifiuto indifferenziato negli impianti tmb), allo smaltimento in discarica delle frazioni residuali non altrimenti valorizzabili.
In ottemperanza all'articolo 182, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che impone una rete integrata di impianti per la gestione dei rifiuti, nella fattispecie nei cinque sub-ATO della regione, è necessario che l'impiantistica esistente sul territorio, quella autorizzata e in fase di realizzazione e quella futura da programmare, rispettino i principi della migliore tecnologia disponibile che assicuri un alto grado di protezione ambientale (BAT), assicurino un corretto e adeguato smaltimento delle frazioni residuali (privilegiando per esempio siti di smaltimento prossimi ai luoghi di produzione per ridurre gli impatti ambientali) e si ispirino all'analisi del rapporto costi/benefici complessivi su quel territorio.
Il fabbisogno impiantistico è ovviamente basato sulla reale disponibilità di impianti sul territorio verificandone le capacità di
trattamento e le potenzialità, le possibilità di ampliamento, con lo scopo di assicurare la completa autonomia di ogni sub-ATO nella gestione dei rifiuti solidi urbani prodotti in quell'ambito.
La pianificazione degli impianti secondo il nuovo piano.
Di fondamentale importanza, nel nuovo piano è il perseguimento del principio di autosufficienza secondo il quale nell'ambito di ogni sub-ATO si dovrà garantire la piena efficienza degli impianti di trattamento meccanico-biologico, mentre l'ATO regionale dovrà garantire l'autosufficienza in materia di termovalorizzatori, gassificatori e discariche. Relativamente al fabbisogno di impiantistica per il trattamento della frazione organica che deriva dalla raccolta differenziata, questo viene preso in considerazione per ogni sub-ATO ma non ha valenza prescrittiva. Nella valutazione del fabbisogno si tiene in conto il principio di prossimità (articolo 182, comma 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006).
Impianti di trattamento meccanico-biologico (tmb).
Al netto delle quantità di materiali recuperati con la raccolta differenziata secondo le previsioni di piano (raccolta differenziata = 60 per cento a partire dal 2011), il flusso di rifiuto indifferenziato sarà sottoposto a trattamento meccanico-biologico in ogni sub-ATO, come segue:
Sub-ATO | Rind (t/a) 2011 | Rind (t/a) 2014 | Rind (t/a) 2017 | Capacità presente o autorizzata (t/a), 2011 | Capacità presente o autorizzata (t/a), 2014 | Capacità presente o autorizzata (t/a), 2017 |
Frosinone | 97.124 | 90.890 | 94.840 | 327.000 | 327.000 | 327.000 |
Latina | 147.957 | 140.759 | 146.876 | 116.000 | 296.000 | 296.000 |
Rieti | 32.748 | 30.185 | 31.497 | ** | ** | 50.000 |
Roma | 1.047.332 | 1.000.596 | 1.044.081 | 1.118.000 | 1.443.000 | 1.568.000 |
Viterbo | 67.589 | 63.491 | 66.251 | 215.000 | 215.000 | 215.000 |
Totale | 1.392.750 | 1.325.922 | 1.383.545 | 1.776.000 | 2.281.000 | 2.456.000 |
* Flussi eccedenti a trattamento di vibro-vagliatura e deferrizzazione, Flussi destinati a trattamento tmb di altro sub-ATO.
La tabella sopra esposta mostra che, alle condizioni sopra illustrate di previsioni di piano, gli impianti di trattamento tmb operanti nell'ambito di ogni sub-ATO garantiscono il raggiungimento dell'autosufficienza di ogni sub-ATO stesso a partire dal 2015. Si fa notare che negli anni precedenti al 2015 sia Latina che Rieti non sono autosufficienti in quanto il sub.ATO di Latina fino al 2014 e quello di Rieti fino al 2015 hanno l'impianto tmb autorizzato ma non realizzato. A Latina, infatti, il rifiuto indifferenziato fino al 2014 sarà sottoposto soltanto a vibro vagliatura a bocca di discarica mentre il rifiuto indifferenziato del sub-ATO di Rieti fino al 2015 sarà inviato al sub-ATO di Viterbo.
Pag. 91Impianti di termovalorizzazione e Gassificazione.
In riferimento agli impianti di termovalorizzazione (tmv) e di gassificazione (tmg), si ipotizza di conseguire l'autosufficienza a livello di ATO regionale attraverso gli impianti (tmv, tmg) già esistenti e gli impianti già programmati già autorizzati. Al momento gli impianti operativi di termovalorizzazione e di gassificazione sono ubicati nei sub-ATO di Frosinone e di Roma. Nel sub-ATO di Roma, nel comune di Albano Laziale, è stata autorizzata la realizzazione di un gassificatore la cui entrata in funzione è prevista per il 2015 (superato l'ostacolo della sentenza del TAR). Occorre tener presente che tali impianti installati o da installare sono alimentati con combustibile da rifiuto. Assumendo che si applichi il principio di prossimità (la programmazione non può tuttavia essere prescrittiva) e che gli impianti siano a servizio esclusivo (o quanto meno prevalente) del cdr prodotto con rifiuti solidi urbani della regione Lazio, si desume dalla tabella sotto riportata che la regione Lazio non necessita per il futuro di ulteriori impianti tmv e/o tmg per soddisfare il recupero energetico del cdr proveniente da rifiuti solidi urbani.
Quantitativi totali in ingresso per la regione Lazio agli impianti tmv/tmg e loro capacità.
cdr recuperato (t/a) anno 2011 | cdr recuperato (t/a) anno 2014 | cdr recuperato (t/a) anno 2017 | Capacità (t/a) 2011 | Capacità (t/a) 2014 | Capacità (t/a) 2017 |
470.652 | 457.768 | 479.012 | 529.567 | 866.650 | 866.650 |
Impianti di discarica.
Sub-ATO | Rifiuti avviati in discarica (t), 2011 | Rifiuti avviati in discarica (t), 2014 | Rifiuti avviati in discarica (t), 2017 | Volumetria residua (mc) 2011 | Volumetria residua (mc) 2014 | Volumetria residua (mc) 2017 |
Frosinone | 59.604 | 36.356 | 37.936 | 257.832 | 109.020 | |
Latina | 71.278 | 50.122 | 52.300 | 608.618 | 409.113 | 237.200 |
Rieti | 0 | 0 | 9.499 | |||
Roma | 423.940 | 368.653 | 383.973 | 3.101.137 | 1,809.214 | 547.292 |
Viterbo | 30.101 | 28.103 | 19.875 | 514.852 | 420.641 | 324.267 |
Totale | 584.924 | 483.234 | 503.533 | 4.482.439 | 2.747.988 | 1.108.790 |
Dalla tabella di cui sopra si evidenzia che i rifiuti derivanti dal trattamento e recupero dei rifiuti solidi urbani (sovvalli) trovano una completa collocazione nelle discariche di ogni sub-ATO. Si tenga presente che il sub-ATO di Rieti (che non ha alcuna discarica) invierà, a partire dal 2015, gli scarti (sovvalli) derivanti dall'impianto tmb (in funzione nel 2015) alla discarica di Viterbo.
In considerazione del trend di crescita della raccolta differenziata che si è finora avuto, in regione il traguardo del 60 per cento appare irrealizzabili e irraggiungibile nei tempi previsti dal piano (2011). Si è già ventilata l'ipotesi, in caso di non raggiungimento degli obiettivi
della raccolta differenziata, di pensare ad un quinto impianto di gassificazione, assunto che quello di Albano possa superare l'ostacolo della bocciatura del TAR. Peraltro, i tempi per la realizzazione degli impianti nuovi si aggirano intorno ai tre anni per i tmb e intorno ai 5 anni per i tmv/gassificatori.
Il piano prevede anche il potenziamento degli impianti di compostaggio, secondo il seguente trend:
Impianti di compostaggio.
Rifiuti raccolti t/a 2011 | Rifiuti raccolti t/a 2014 | Rifiuti raccolti t/a 2017 | Capa- cità impian- tistica t/a 2011 | Capa- cità impian- tistica t/a 2014 | Capa- cità impian- tistica t/a 2017 | Surplus impian- tistico t/a 2011 | Surplus impian- tistico t/a 2014 | Surplus impian- tistico t/a 2017 | Capa- cità aggiun- tiva ne- cessaria t/a 2011 | Capa- cità aggiuntiva ne- cessaria t/a 2014 | Capa- cità aggiun- tiva ne- cessaria t/a 2017 |
56.992 | 53.363 | 55.682 | 24.000 | 24.000 | 24.000 | 32.99 2 | 29.36 3 | 31.682 | |||
87.280 | 83.047 | 86.656 | 176.000 | 206.000 | 206.000 | 88.72 0 | 122.953 | 119.3 44 | |||
18.978 | 17.514 | 18.275 | - | 20.000 | 20.000 | 2.486 | 1.725 | 18.97 8 | |||
622.74 1 | 595.015 | 620.874 | 138.180 | 345.180 | 401.430 | 484.5 61 | 249.8 35 | 219.444 | |||
39.703 | 37.314 | 38.936 | 74.500 | 74.500 | 74.500 | 34.79 7 | 37.186 | 35.56 4 | |||
825.69 5 totale | 786.254 | 820.424 | 412.680 | 669.680 | 725.930 |
IV - Gli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti.
Il procuratore aggiunto di Roma, coordinatore della direzione distrettuale antimafia, Giancarlo Capaldo, nella sua audizione, ha riferito che la presenza della criminalità organizzata nel Lazio è multiforme ed esiste. Vi è la presenza della 'ndrangheta, della camorra e della mafia siciliana. Si tratta di una presenza accertata ed evidenziata in numerose indagini che hanno portato, anche in quest'ultimo anno, al sequestro preventivo di centinaia e centinaia di milioni di euro in immobili, società auto eccetera. Si tratta in particolare delle indagini denominate «Sabbie mobili», quella relativa all'operazione denominata «Re Mida», e quella operazione «Girotondo». Ebbene, in tutte queste indagini sono evidenziati dei momenti di contatto con la criminalità organizzata, che danno conto dell'esistenza anche nel Lazio del fenomeno delle ecomafie.
Quindi, esiste nel Lazio una criminalità organizzata di stampo mafioso, che è radicata in alcune zone e svolge alcune attività criminali specifiche in questa regione.
«Tuttavia - ha precisato il procuratore aggiunto presso la direzione distrettuale antimafia di Roma - non vi sono attualmente in corso dei procedimenti strutturati come procedimenti concernenti il ciclo dei rifiuti e la criminalità organizzata di stampo mafioso».
Questo dato sembra trovare conferma anche nella relazione fatta alla Commissione dal comandante della regione Lazio della Guardia di finanza, generale Filippo Ridondale: «Non sono emersi collegamenti con aspetti di criminalità organizzata per quanto riguarda lo specifico settore, anche se soprattutto in determinate aree l'attenzione dei reparti del Comando regione Lazio restano molto alti. Mi riferisco in particolare a tutto l'agro pontino e al frusinate. In questi due ultimi anni, tuttavia, non sono emerse significative implicazioni da parte della criminalità organizzata. I rilievi di maggior spicco sono sempre gli stessi, ossia il divieto di abbandono, attività di gestione di rifiuti non autorizzata».
Per quanto concerne il ciclo illecito dei rifiuti, secondo il prefetto di Roma, audito dalla Commissione, questo nella provincia sembra essersi consolidato su un modus operandi articolato e fondato su metodi associativi, che si concretizza in modo particolare nella falsificazione di documenti di trasporto e certificati di analisi, nella simulazione di operazioni di recupero e di smaltimento, con la perpetrazione di truffe e di evasione fiscale.
L'esperienza investigativa - sempre secondo il prefetto - ha attestato che i settori nevralgici dei traffici illeciti consistono nei passaggi intermedi presso impianti di stoccaggio e di recupero, dove si svolgono la falsificazione di documenti di trasporto e la simulazione di operazioni di smaltimento e di recupero, il cosiddetto «giro bolla», e in secondo luogo nel trasporto dei rifiuti, che investe ogni fase del procedimento gestionale.
Questo si verifica dunque nel momento del passaggio dalla raccolta allo smaltimento del rifiuto stesso. Durante le investigazioni è stato rilevato come proprio nelle fasi intermedie ci sia stata questa interferenza delle associazioni illecite.
L'ultima operazione è quella effettuata dai carabinieri nel NOE di Roma e Caserta, unitamente alla Guardia di finanza di Marcianise, grazie alla quale è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare a carico di Salvatore Belforte, capo dell'omonimo sodalizio. Questa operazione si è rivelata molto importante perché ha permesso di verificare questa interferenza nel passaggio dalla raccolta allo smaltimento attraverso società di comodo; questa presenza dell'associazione mafiosa.
In relazione ai reati comuni, connessi al ciclo dei rifiuti, significativi appaiono i dati forniti dal presidente di Legambiente Lazio, sulla scorta del rapporto annuale della stessa Legambiente, redatto sulla base delle informazioni fornite dalle forze dell'ordine.
In base a questi dati, il Lazio risulta al secondo posto nella scala nazionale per numero di reati ambientali.
Più specificatamente, per quanto concerne il ciclo dei rifiuti, nel 2009 sono state accertate nella regione Lazio 288 infrazioni, vi sono state 319 persone denunciate, 23 arresti e 180 sequestri.
La maggior parte delle infrazioni, in realtà, si compiono all'interno del territorio della provincia di Roma, che addirittura si posiziona quarta complessivamente a livello nazionale tra tutte le province per numero di infrazioni.
IV.1 - Le indagini del NOE sul Lazio.
Il comandante del NOE dei Carabinieri di Roma, Pietro Rajola Pescarini, ha illustrato la situazione del Lazio per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in generale.
«Il Lazio è strutturato nel seguente modo: la provincia di Roma opera nella discarica di Guidonia, denominata «dell'Inviolata», della quale è in via di realizzazione un ampliamento dell'invaso; Albano Laziale si rifà alla discarica di Cecchina, dove si dovrebbe realizzare anche un impianto di termovalorizzazione; Bracciano fa riferimento alla discarica di Cupinoro e Civitavecchia conferisce i rifiuti a quella di Fosso Del Prete. Queste discariche sono prossime all'esaurimento delle capacità ricettive, se nel Lazio non aumenterà la raccolta differenziata.
La provincia di Rieti, al momento, non dispone di impianti di smaltimento di rifiuti, bensì solo di due siti di stoccaggio temporaneo, dal quale i rifiuti, su gomma vengono trasferiti alla discarica di Viterbo.
Nel frusinate la gestione rispecchia un ATO, ossia un ambito territoriale ottimale, poiché è presente la discarica di Roccasecca, l'impianto di trattamento di Colfelice e il termovalorizzatore di San Vittore nel Lazio che, tra l'altro, presenta una linea di termovalorizzazione in fase di ampliamento.
Per quanto riguarda invece il caso specifico di Colleferro, esso è composto da due linee che fanno capo giuridicamente a due soggetti distinti, Mobilservice Srl ed EP Sistemi Spa, l'una interamente del consorzio Gaia, l'altra controllata per il 60 per cento da Gaia e per il 40 per cento dal comune di Roma. L'impianto è stato oggetto di particolare attenzione da parte del NOE e da parte della procura della Repubblica di Velletri, con ampio risalto mediatico sia a livello locale che a livello nazionale.
Dall'attività di indagine del NOE, coordinata dalla procura di Velletri, sono scaturite nella province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno 13 ordinanze di custodia cautelare, che hanno interessato il direttore tecnico responsabile della gestione dei rifiuti e degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, il procuratore responsabile della raccolta di multimateriali dell'impianto, i soci e gli amministratori della società. Inoltre, sono stati notificati venticinque avvisi di garanzia per reati importanti, quali l'associazione a delinquere, l'attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, falso ideologico, truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento, violazione dei valori limite di emissione in atmosfera, accesso abusivo a sistemi informatici. Le indagini sono durate un anno, hanno visto svolgersi attività tecniche, intercettazioni ambientali e telefoniche, osservazioni, ispezioni, pedinamenti e hanno permesso di raccogliere chiari elementi di responsabilità a carico dei soggetti che conseguivano ingiusti profitti, rappresentati da maggiori ricavi e da minori spese di gestione dei rifiuti che venivano prodotti e commercializzati come cdr, pur non avendone le caratteristiche.
La provincia di Latina non presenta particolari problematiche».
Questa la sintesi delle attività di indagini del NOE, quali risultano dalla nota informativa del 9 novembre 2009:
«Il territorio della regione Lazio negli ultimi anni è stato oggetto di molteplici attività di indagine condotte dal Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente riguardanti traffici illeciti di rifiuti, essendo stato interessato sia come località di transito dei flussi di traffico provenienti da altre regioni, che come sito di smaltimento finale di tali traffici.
Le principali tipologie di modus operandi rilevate a partire dal 1999 si possono così brevemente riassumere:
- utilizzo di fanghi e polveri di abbattimento fumi di matrice pericolosa abbandonati in capannoni o utilizzati in un impianto di produzione di laterizi sito nella provincia di Frosinone;
- spandimento di fanghi provenienti da impianti di depurazione della Toscana in terreni messi a disposizione da aziende agricole site nella provincia di Latina;
- illecito smaltimento, all'interno di cave site nelle province di Viterbo e Rieti, di rifiuti provenienti da varie regioni del centro-nord Italia, anche sottoposti a sistematica manipolazione o miscelazione ed accompagnati da falsi certificati di analisi;
- un impianto di compostaggio, sito in provincia di Rieti, gestiva illegalmente ingenti quantitativi di rifiuti, declassificandoli »sulla carta« per poi spanderli sui terreni di aziende agricole compiacenti;
- un impianto di compostaggio, sito nella provincia di Roma, veniva utilizzato come sito di transito di rifiuti speciali ed effettuava una declassificazione fittizia degli stessi per il loro successivo smaltimento in cave e terreni in Campania;
- illecito smaltimento di traversine ferroviarie in legno dismesse, le quali, impregnate di creosoto, costituiscono un rifiuto pericoloso; le stesse venivano fraudolentemente riutilizzate per la realizzazione di staccionate in aziende ed agriturismi nella provincia di Viterbo;
- altra attività illecita, perpetrata da due aziende del viterbese, constava nell'illegale miscelazione di rifiuti pericolosi al fine di un successivo smaltimento presso siti non adatti all'uopo».
Le operazioni condotte dal NOE del Lazio nel periodo 2008/2009 sono le seguenti:
• Operazione «AMIANTO»: condotta dal NOE di Roma e coordinata dalla procura della Repubblica di Velletri, permetteva di scoprire un traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi contenenti amianto in forma friabile, altamente cancerogeno, provenienti principalmente dal sito di bonifica di interesse nazionale di Milazzo (ME) e da altre parti d'Italia
e inviati presso la discarica di Pomezia, idonea a ricevere esclusivamente amianto compatto. La condotta illecita di produttori, intermediari e smaltitori di tali rifiuti veniva agevolata attraverso azioni di corruzione e di concussione poste in essere dai titolari della discarica e da funzionari pubblici. Nel complesso, sono state eseguite nove misure cautelari personali e tre provvedimenti di obbligo di dimora nel comune di residenza, emesse dal gip presso il tribunale di Velletri.
• Operazione «BLACK HOLE»: le indagini, condotte dal NOE di Roma e coordinate dalla procura della Repubblica di Velletri, sono durate circa un anno e si sono sviluppate con servizi di osservazione dei luoghi, ispezioni e controlli agli impianti; supportate anche da consulenze tecniche, hanno riguardato la verifica della qualità e consistenza del combustibile da rifiuti, che è stato immesso nei cicli gestionali.
• Operazione «PIOMBO»: l'indagine, condotta dal NOE di Perugia e coordinata dalla procura della Repubblica di Terni, ha interrotto un traffico illecito di rifiuti speciali costituiti da batterie al piombo esauste, tra Umbria e Lazio, ed ha avuto origine a seguito di una segnalazione pervenuta al NOE di Perugia, riguardante una presunta attività illecita di raccolta di tali rifiuti pericolosi in quella provincia. Dai primi accertamenti emergeva che i soggetti coinvolti provvedevano a ritirare presso numerose autofficine i citati rifiuti speciali, rilasciando ai rispettivi titolari copia di formulari di identificazione di rifiuti (FIR) risultati falsi, in quanto sia la ditta di trasporto che il sito di destinazione, effettivamente esistenti, erano risultati estranei ai fatti per non averli mai ricevuti. L'ulteriore sviluppo investigativo evidenziava come i flussi dei rifiuti pericolosi, dalle autofficine e ricambisti del centro Italia (Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo), fossero veicolati verso centri di rottamazione e raccolta di rifiuti laziali, dichiarandoli quali rottami ferrosi. Complessivamente il gip del tribunale di Terni emetteva sei ordinanze di custodia cautelare.
• Operazione «SIGNORE DEGLI INERTI»: condotta dal reparto operativo del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente e coordinata dalla procura della Repubblica di Viterbo, ha messo alla luce un traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e non, provenienti dai lavori di scavo per la realizzazione del tratto di metropolitana B1 di Roma, nonché da diversi siti di bonifica. Le terre e rocce da scavo prodotte venivano conferite presso una società del viterbese. Si contestava inoltre un traffico illecito di rifiuti speciali non pericolosi che, mediante miscelazione (avvenuta illegalmente), venivano successivamente venduti come prodotti per l'edilizia. L'attività ha portato all'arresto di quattro soggetti ed al sequestro di un'azienda.
• Operazione «GIUDIZIO FINALE»: condotta dai NOE di Roma e Caserta, con la collaborazione della Compagnia Guardia di
finanza di Marcianise e coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, è stata, come si evince dal comunicato stampa emesso dall'autorità giudiziaria titolare, la «...prima indagine in cui si dimostra la gestione diretta da parte della camorra di società operanti nel settore dei rifiuti, per mezzo delle quali si riciclavano capitali del clan proprio nello specifico settore. In tali società venivano convogliati i proventi delle attività illecite del clan, quali il traffico di droga ed i ricavi delle estorsioni e dell'usura, e venivano utilizzati per operare nel delicato settore della gestione dei rifiuti, in precedenza gestito da imprese del nord. Inoltre sono state accertate anche ulteriori compartecipazioni tra i clan camorristici operanti nel casertano con le aziende operanti nel settore dei rifiuti e le loro propaggini in altre regioni, come nel Lazio, ove sono stati operati significativi sequestri di società e di immobili riconducibili al clan ...». Sono state emesse nel complesso cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere ed i reati contestati sono associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico illecito organizzato di rifiuti, truffa aggravata ai danni di ente pubblico, riciclaggio, reimpiego di capitali di provenienza illecita ed estorsione».
IV.2 - Gli illeciti nella provincia di Roma.
Il procuratore della Repubblica di Velletri, Silverio Piro, ha riferito in Commissione dei procedimenti conclusi o in corso connessi alla gestione del ciclo dei rifiuti.
Il più rilevante è quello riguardante l'impianto di termovalorizzazione di Colleferro, di cui si parlerà in apposito capitolo e del disastro della Valle del Sacco, dove effettivamente si sono trovati indici d'inquinamento veramente rilevanti a seguito di misurazioni effettuate dall'ASL locale.
Si sono verificate responsabilità di amministratori e soprattutto di società coinvolte nello smaltimento dei rifiuti.
L'indagine risale al 2005 e riguarda soprattutto il consorzio CRL e la Caffaro Srl di Colleferro. In particolare, il procedimento riguarda gli scarichi di acque reflue senza alcuna autorizzazione, che hanno inquinato diversi acquedotti della Valle del Sacco.
Altri procedimenti di rilevante interesse condotti dalla procura di Velletri nel 2006 e nel 2007 riguardano la contraffazione del codice CER da parte di alcune società nel trasportare rifiuti che in realtà non avrebbero potuto essere trasportati per consentirne, in questo modo, il loro occultamento e successiva distruzione.
Un altro procedimento riguarda una bonifica ambientale da parte del comune di Pomezia, che ha visto diversi indagati e l'emissione di misure cautelari personali a carico degli amministratori per ipotesi di corruzione.
Il procuratore della Repubblica di Tivoli, Luigi De Ficchi, ha evidenziato, in via generale che, in una situazione in cui vige un abusivismo edilizio incontrollato, in un territorio totalmente dissestato per via della mancanza di prevenzione da parte dei comuni, proliferano
le discariche abusive, che riguardano soprattutto il materiale proveniente da lavori edili che nel territorio si spandono in maniera particolare. Sono numerosissimi i sequestri che riguardano il trasporto e la gestione di rifiuti da scavi o da demolizioni e sono consistenti le discariche abusive sul territorio.
Nel comune di Monterotondo, per esempio, è stata trovata una discarica con sessanta mila metri cubi di rifiuti, un campo di calcio regolamentare per otto metri di altezza, di cui bisogna vedere la stratificazione.
Un altro fenomeno sicuramente ragguardevole, riferito dal procuratore di Tivoli è quello dei depuratori gestiti in violazione delle norme in tema di inquinamento idrico e di smaltimento dei fanghi da depurazione.
Tali impianti sono numerosi e il Corpo forestale, in particolare, ha avviato numerose indagini su di essi dalle quali è emerso che, quando si vanno a svolgere i prelievi, quasi il cento per cento accerta un superamento delle tabelle previste per i fanghi e per tali scarichi. Ne deriva, poi, che questi depuratori, dei comuni o di ditte, vengono al cinquanta per cento sequestrati, il che comporta altri problemi, perché comunque deve essere proseguita l'attività di smaltimento e di depurazione. Ci sono poi casi in cui il depuratore, in alcuni comuni, non esiste, ma vi è un impianto fognario che raccoglie le acque e le scarica nell'Aniene o nei suoi affluenti senza alcun procedimento di depurazione.
Abbastanza tranquilla appare invece la situazione del circondario di Civitavecchia, secondo quanto riferito nella sua audizione dal procuratore della repubblica di Civitavecchia, Gianfranco Amendola.
Secondo il procuratore, gli unici procedimenti penali in materia di rifiuti dei quali alcuni ancora in corso, riguardano l'illegale smaltimento di rifiuti industriali per l'ENEL. Si tratta di un fascicolo ancora aperto dove, però, ancora deve essere accertato se la responsabilità di quello smaltimento illegale risale all'ENEL, alle ditte che lavoravano per l'ENEL o a entrambi.
Vi sono poi altri procedimenti per reati contravvenzionali, che riguardano le ecopiazzole, laddove sono state utilizzate come tali delle aree che, invece, erano destinate allo stoccaggio e non solo alla raccolta dei rifiuti, così come dice la legge.
IV.3. - Gli illeciti nella provincia di Latina.
Il prefetto di Latina, in merito ai fenomeni di illiceità connessi al ciclo dei rifiuti nella provincia, ha riferito a questa Commissione che non sembrano al momento evidenziarsi particolari situazioni di criminalità organizzata. Anche il questore di latina, Nicolò D'Angelo, nonostante le infiltrazioni della criminalità organizzata nel territorio, ha escluso l'interessamento e il coinvolgimento di questa nella gestione del ciclo dei rifiuti. «Ci risultano episodi che non riguardano la criminalità organizzata. Il coinvolgimento di mafie tradizionali, vista la vicinanza con la Campania e quindi l'interesse di quell'area criminale con alcuni personaggi che vivono nel nostro territori, a
Pag. 99effettuare speculazioni sul ciclo dei rifiuti, fino ad ora non è emerso. È emerso qualche interramento di rifiuti in piccoli siti fatto da cittadini, da privati, ma questo è un altro discorso. Lo ripeto, nonostante le numerose intercettazioni e le numerose operazioni relativamente alla criminalità organizzata, che sono tuttora in corso a Latina - credo che, oltretutto, siano un fatto ormai riconosciuto - non è emerso nulla».
Il prefetto ha invece evidenziato elementi di rilievo per quanto riguarda la discarica di Borgo Montello, una grande discarica che esiste dagli anni '70 nella provincia di Latina e che serve tutti i comuni della provincia stessa. Dagli anni '70 ad oggi sono stati costruiti degli invasi i quali, anche a seconda dell'epoca della loro costituzione, presentano caratteristiche positive o negative. Su questi invasi sono stati effettuati degli studi - uno ancora in corso è denominato S0, gli altri si sono conclusi (S1, S2, S3) - rivolti sostanzialmente ad accertare la corretta coibentazione, per escludere che ci sia stata una contaminazione delle acque. Almeno uno di questi invasi, infatti, quello denominato S0, il primo ad essere stato costituito, è proprio vicino al fiume Astura.
Su questi stessi invasi sono ancora in corso indagini sia da parte di ARPA Lazio, sia da parte del comune e della provincia.
Il questore di Latina, su richiesta dei membri della Commissione, ha fornito inoltre alcuni chiarimenti circa il presunto interramento nella discarica di Borgo Montello di fusti di sostanze tossiche o radioattive scaricate negli anni '80 dalle navi Karen B e Zenobia.
Il questore ha richiamato in proposito le dichiarazioni di Schiavone, confortate, più recentemente, anche da un pentito di 'ndrangheta, Fonti, riguardanti il territorio pontino, nel periodo della cosiddetta «guerra di camorra», che ha interessato anche l'area di Minturno, Scauri, eccetera, fino ad arrivare alle porte di Latina. In quel periodo era in corso anche una grossa speculazione edilizia da parte della camorra, in particolare della famiglia dei Nuvoletta, il cosiddetto clan di Marano. In questo stesso periodo Schiavone collocò l'episodio della vecchia nave Zenobia, affermando che molti di quei rifiuti tossici erano stati interrati nella discarica di Borgo Montello.
Nell'area interessata fu eseguito uno studio da parte dell'ENEA. Nel 2007, la regione ha ripercorso tutto lo studio e ha chiesto all'assessorato all'ambiente di rivedere la situazione di Borgo Montello perché, grazie a rilievi magnetotermici, c'era il fondato sospetto che esistessero delle masse metalliche in profondità. Ma questo, secondo il dottor D'Angelo, non è stato mai accertato al 100 per cento.
Nel 2007 l'ARPA Lazio è stata chiamata a fare nuovamente gli stessi accertamenti. Nell'area S0, che è la prima in ordine cronologico della discarica, sono stati condotti rilievi magnetotermici per la circolazione delle acque profonde; ed i tecnici sostengono che ci sono indizi, anche se non certi, della presenza di una massa metallica in profondità.
Su questo punto specifico sono stati richiesti chiarimenti anche al presidente della provincia di Latina, Armando Cusani, il quale ha riferito: «A seguito delle dichiarazioni di un pentito di mafia, che sostenne che in tale discarica furono interrati rifiuti speciali, quindi, tossici - la natura del rifiuto non fu specificata, ma fu data
spiegazione che, al tempo, vi furono portati rifiuti particolari; addirittura qualcuno sostenne che si potesse trattare di rifiuti nucleari - furono avviate, evidentemente, alcune attività di polizia giudiziaria, di cui non ho notizia. Le abbiamo apprese anche dalla stampa. Dal punto di vista amministrativo, invece, sono stati svolti controlli che hanno interessato nel 1996 l'ENEA, che condusse un'indagine e rilevò la presenza di masse metalliche all'interno del corpo della discarica.
Tale studio sconsigliò interventi - ne cito un passaggio - «considerata l'impossibilità di definire la natura dei corpi metallici, soprattutto nella discarica, che risultava piuttosto stabile». L'ENEA nel 1996 indicò dunque che vi erano corpi metallici, ma sconsigliava di intervenire.
Poi subentrarono le dichiarazioni del pentito di mafia riferite all'occultamento di fusti contenenti rifiuti tossici. Abbiamo letto dalla stampa che si parlava addirittura di rifiuti nucleari, ma invece, dalle dichiarazioni del pentito, almeno per quelle che sono le notizie in nostro possesso, si parlava di rifiuti tossici. Fu attivata l'ARPA Lazio, che, attraverso l'Istituto di geofisica, svolse accurate indagini accurate magnetotermiche, da cui emersero tre aree interne del bacino caratterizzate da una risposta significativa dal punto di vista magnetico.
In seguito, con il comune di Latina e la regione Lazio, che l'ha finanziata, è stata attivata una progettazione per puntare a eseguire gli scavi e verificare che cosa c'è all'interno dell'S0.
In questo momento - questo è un aggiornamento su questo tema, che potrebbe essere significativo dal punto di vista delle eventuali dichiarazioni rilasciate dal pentito di mafia - il comune sta redigendo il progetto e intanto è in campo una messa in sicurezza della discarica...».
Il procuratore aggiunto della Repubblica di Latina ha riferito che il numero di reati specifici relativi al ciclo dei rifiuti è molto contenuto: centoventitre nel 2008, centocinquanta nel 2009 e cinquantadue nel 2010, alla data dell'audizione.
Uno dei primi procedimenti risale al 2005 e riguarda un reato di interessi privati in atti d'ufficio, collegato anche a una frode nelle forniture. In pratica, si trattava di contratti stipulati tra la società Latina Ambiente ed altre società private, relativamente all'affitto di mezzi per il trasporto di rifiuti.
Il fatto criminoso è stato individuato nella concessione di appalti senza passare per la procedura di evidenza pubblica, senza termine finale e soprattutto per cifre superiori ai valori dei mezzi locati.
Il dato più interessante, evidenziato dal procuratore, è che in questo procedimento, come in altri, le società interessate ai contratti svantaggiosi per il pubblico sono sempre le stesse, così come sono le stesse le persone fisiche che si occupano di questa materia sulla provincia di Latina, sia pure rappresentate attraverso società di tipo diverso.
Per quanto riguarda specificatamente la discarica di Borgo Montello, il sostituto procuratore che si occupa del procedimento ha riferito che «la polizia provinciale, che si è occupata in maniera continua dell'argomento, sulla base dei primi riscontri dell'ARPA Lazio effettuati sulla falda interessata e risalenti al 2005, aveva formulato delle ipotesi. Da quel momento in poi, proprio per la
presenza di una serie di sostanze (ferro, manganese e altre sostanze chimiche), che secondo l'impostazione accusatoria della polizia giudiziaria non erano compatibili con una discarica di rifiuti urbani, è iniziata l'analisi per capire quale fosse la fonte dell'inquinamento della falda. Sulla discarica operano due gruppi societari (...), ossia la Indeco da una parte e la Ecoambiente dall'altra. Ci siamo interessati alla seconda società, la quale, a seguito del fallimento della società Ecomont, ha rilevato dei siti, denominati S1, S2, S3, esauriti a metà degli anni '90. Successivamente, la società Ecoambiente Srl ebbe l'autorizzazione a effettuare i lavori di bonifica di questi tre siti. Tramite tali lavori si doveva creare una specie di polder intorno agli invasi, perché evidentemente non erano protetti. L'operazione è stata finanziata e autorizzata dalla regione Lazio. Nel contempo è stata autorizzata anche l'operazione di abbancamento ulteriore. Vale a dire che, anziché aprire altri invasi, sono stati innalzati i siti esistenti. Nel corso di un controllo, la polizia provinciale avrebbe rinvenuto dei fusti nel sito S3, e non nel famoso sito S0 di cui si parlava in precedenza. (...) Questo è quanto ci è stato riferito dal colonnello della polizia provinciale (...). Egli avrebbe dunque effettuato il rinvenimento all'interno di uno dei siti che erano esauriti e che successivamente sono stati utilizzati per l'ulteriore abbancamento e quindi l'ulteriore conferimento dei rifiuti urbani».
Come è emerso nel corso dell'audizione e come è stato fatto rilevare dal presidente e dai commissari, ha destato più di una perplessità il fatto che questi fusti non siano mai stati esaminati e quindi che non ne sia mai stato accertato il contenuto.
Ha dichiarato in proposito il sostituto procuratore: «Non è stato possibile esaminarli. Ci è stato riferito infatti che, nel tirarli su, non è stato possibile risalire alla loro natura, né alla loro provenienza. Sono stati totalmente distrutti nell'operazione di recupero».
Resta inspiegabile pertanto il fatto che dei fusti contenenti presumibilmente sostanze tossiche e quindi di una certa robustezza e resistenza, possano autodistruggersi nel momento della loro estrazione, senza peraltro determinare almeno una fuoriuscita di materiale sul terreno.
In ogni caso, il procedimento attualmente in corso presso la procura di Latina non riguarda specificatamente il rinvenimento di fusti all'interno della discarica di Borgo Montello, bensì la possibile presenza nel terreno di masse ferrose imponenti. Il sostituto procuratore che si occupa delle indagini ha dichiarato in proposito che «il dato che abbiamo è partito dall'analisi dell'ENEA effettuata nel 1995 e in qualche modo è rimasto tale e quale, nel senso che nessuno da quel momento in poi ha svolto alcun tipo di indagine per verificare se le masse metalliche che venivano menzionate, a una profondità tra i 5 e i 10 metri, fossero riferibili ai fantomatici fusti di cui si parla. Il lavoro del consulente del pubblico ministero, depositato in questi ultimi giorni, si è fermato davanti a un'attività che avrebbe comportato costi notevoli anche per l'ufficio. È stata infatti ipotizzata una spesa di 250 mila euro per realizzare le operazioni di verifica. Allo stato, dunque, rimane il lavoro dell'ENEA come unico elemento oggettivo di fumus, di presenza di qualcosa di anomalo che, almeno per quanto mi riguarda, fino a questo momento nessuno ha mai accostato ai fusti in concreto».
Lo stesso sostituto procuratore di Latina, Giuseppe Miliano, ha riferito inoltre di una complessa indagine riguardante il comune di Minturno, in materia di gestione di rifiuti solidi urbani, che aveva portato nel 2009 all'arresto di numerose persone tra imprenditori, tecnici e amministratori pubblici.
Secondo le indagini della Guardia di finanza il soggetto che gestiva la raccolta aveva avuto dal comune di Minturno un primo appalto alla fine degli anni '90 con una società diversa, nel quale vi erano state forzature a livello amministrativo che ne avevano consentito la partecipazione sebbene fossero scaduti i termini per la gara.
È stato accertato inoltre che la società precedentemente incaricata di gestire questo servizio aveva lasciato il comune in seguito all'incendio dei suoi automezzi e che, sebbene il bando di gara prevedesse già nel capitolato la raccolta differenziata dei rifiuti, nel 2005 il comune stesso, attraverso un funzionario, avesse portato l'ammontare a 2 milioni di euro in più per la voce relativa alla raccolta differenziata che era già prevista.
Ricostruendo le varie fasi dell'appalto, sempre secondo quanto riferito dalla Procura, si accertò che nel 2007 questa società che aveva un nome diverso, era stata dichiarata fallita con provvedimento del tribunale di Roma per omesso pagamento dei contributi ai lavoratori. Nonostante questo fallimento, dal comune viene autorizzata la prosecuzione del servizio con una nuova società, facente capo sempre allo stesso imprenditore, ma gestita dalla giovane figlia di questi.
Nonostante queste anomalie, il comune di Minturno aveva sempre continuato a mantenere i rapporti con questa società. Attraverso gli atti di indagine e una serie di intercettazioni disposte dopo i primi arresti, tra i quali un consigliere regionale del Lazio, ritenuto dalla Procura persona contigua all'imprenditore, veniva ricostruito lo svolgimento fraudolento di questo appalto che passava attraverso l'attestazione di regolarità di un servizio inesistente da parte del dirigente del comune che aveva firmato le liquidazioni.
Il comune aveva omesso di esercitare qualsiasi tipo di controllo sull'effettività della raccolta differenziata e i vari soggetti deputati alla gestione e al controllo del servizio non avevano mai segnalato irregolarità o anomalie. La polizia giudiziaria accertava, altresì, che nel comune di Minturno non esistevano cassonetti e campane per la raccolta differenziata.
L'amministratore unico della società coinvolta nelle indagini della procura della Repubblica di Latina, a seguito di notizie di stampa riguardanti questa vicenda, ha chiesto di essere audito da questa Commissione.
Nel corso della sua audizione, avvenuta il 21 dicembre 2010, ha ripercorso le vicende societarie che hanno portato alla costituzione dell'attuale società, la EGO ECO Srl e ha sostenuto l'assoluta regolarità dell'esecuzione dell'appalto presso il comune di Minturno. Ha riferito in particolare che alla gara di appalto la sua società si era classificata quarta e che il servizio di smaltimento dei rifiuti urbani le era stato assegnato dopo la rinuncia delle tre società che lo precedevano e che avevano rinunciato per la difficoltà di rispettare il capitolato d'appalto, che prevedeva lo svolgimento del servizio secondo modalità di fatto inattuabili.
Nonostante queste difficoltà, tutte le società che si erano succedute nell'esecuzione dell'appalto che a lui facevano riferimento, avevano eseguito regolarmente il servizio di raccolta, anche se con pessimi risultati, perché, non avendo il comune fornito né cassonetti, né attrezzature per la raccolta differenziata, la raccolta che si eseguiva a Minturno era effettivamente molto ridotta.
IV. 4 - Gli illeciti nella provincia di Rieti.
Per quanto concerne la criminalità nel campo del ciclo dei rifiuti, il sostituto procuratore di Rieti, Cristina Cambi, ha descritto una situazione abbastanza tranquillizzante. «Nella provincia di Rieti, e quindi nelle località facenti parte del circondario di competenza del tribunale di Rieti, la situazione generale dei rifiuti, e dunque di tutte le eventuali attività criminose che potrebbero teoricamente essere attuate, è tranquilla. Per fortuna, in queste località non viene commesso un grande numero di reati in questa materia».
Il procedimento che ha avuto maggior rilievo nel circondario è a carico di una serie di imputati per un fatto che ha visto coinvolto il comune di Magliano Sabina e altri comuni della Toscana e della Campania. Presso il comune di Magliano Sabina era stato aperto un centro di compostaggio di rifiuti dove si svolgeva attività di recupero di tutti i rifiuti che vi venivano conferiti. Le indagini condotte dalla polizia giudiziaria hanno accertato che dietro il paravento di questa attività lecita, perché sostanzialmente si faceva compost, cioè fertilizzante utilizzato in agricoltura per concimare terreni sui quali vengono effettuate le piantagioni, venivano conferiti rifiuti che non potevano essere avviati alla procedura di recupero. Venivano trasportati numerosi carichi di rifiuti, che non avrebbero potuto essere avviati all'attività di compostaggio perché contenevano delle sostanze tossiche ed erano quindi assolutamente vietati. Questo era reso possibile attraverso la falsificazione dei formulari di trasporto: con la compiacenza di laboratori che facevano sostanzialmente poche analisi sulle sostanze contenute in questi rifiuti, certificando risultati che, almeno alla luce della sentenza di primo grado, sono stati riconosciuti falsi, i vari mezzi autoarticolati trasportavano questi rifiuti negli impianti di compostaggio. Su questo fatto sono state svolte indagini, richieste misure cautelari e sono stati sottoposti a sequestro non soltanto l'impianto, ma moltissime aziende agricole della Toscana perché erano stati individuati i siti dove questo materiale veniva sversato. Molti agricoltori infatti hanno dato la disponibilità allo sversamento di questo materiale, ben sapendo che non era il compost che si utilizza in agricoltura, accettando anche di riceverlo gratuitamente e quindi realizzando un risparmio. Anche le varie ditte che dovevano smaltire rifiuti traevano comunque un vantaggio, perché utilizzare questa metodologia era molto più economico che non conferire i rifiuti presso una discarica autorizzata. Nel procedimento sono stati contestati i reati di cui agli articoli 53-bis del decreto legislativo n. 22 del 1997, 52, comma 3, una serie di falsi per la documentazione
relativa al trasporto dei rifiuti, e i reati di cui all'articolo 483 del codice penale per una serie di fatti criminosi collegati quali la falsificazione dei documenti di trasporto e dei certificati di analisi.
IV.5 - Gli illeciti nella provincia di Viterbo.
Per quanto concerne la possibile infiltrazione della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti nella provincia, il prefetto e il questore hanno fornito alla Commissione dati abbastanza tranquillizzanti.
Negli ultimi anni sono stati registrati nel territorio solo due fenomeni di smaltimento illecito dei rifiuti.
Il primo risale al 2000, allorché il comune di Graffignano, peraltro confinante con Alviano (in provincia di Terni), venne «attenzionato» dalla squadra mobile della Polizia di Stato di Viterbo, dalla questura e dal comando provinciale della Guardia forestale, in quanto si rilevò che in un'area, che poi venne sequestrata, erano stati sotterrati rifiuti prevalentemente speciali. Si trattava di fanghi industriali e polveri da abbattimento dei fumi provenienti da insediamenti siderurgici.
Il fatto più grave risale, invece, al 2007, presso il comune di Montefiascone e concerneva lo smaltimento di rifiuti speciali trattati come rifiuti urbani domestici.
Nel procedimento vennero contestati all'amministrazione comunale - sindaco, vicesindaco e altri nove indagati - i reati di corruzione, connessi all'affidamento dello smaltimento dei rifiuti a una società chiamata Econet, con una gara di appalto condotta senza il rispetto delle dovute procedure.
Di questo procedimento ha parlato diffusamente durante la sua audizione in Commissione, il procuratore della Repubblica di Viterbo, Alberto Pazienti, e un suo sostituto: «Nel 2007 il comune di Montefiascone tramite una società mista, quindi solo parzialmente controllata, ha affidato alla Econet di fatto la gestione dello smaltimento, della raccolta e dello spazzamento delle strade (...). Si affidò in via transitoria questo servizio integrato, per la durata di sei mesi, poi prorogata, dallo spazzamento delle strade alla raccolta, al conferimento nelle discariche e anche alla riscossione dei tributi. Tutto ciò che riguardava i rifiuti è stato affidato cartolarmente come gestione a una società mista che si chiamava GE.SE.CO., una società partecipata in parte da privati e in parte da enti pubblici territoriali, tra cui il comune di Montefiascone e altri. La premessa è che hanno fatto questo affidamento senza gara, senza procedura ad evidenza pubblica. Questo non sarebbe stato lecito perché la norma prevede la possibilità di evitare questa procedura soltanto qualora la società sia controllata al 100 per cento dalla stazione appaltante. In questo caso non era così perché il controllo era maggioritario come struttura
pubblica, ma minoritario in quanto comune di Montefiascone. Quello che è stato fraudolentemente architettato è la creazione di questa società GE.SE.CO., una società mista, che rappresentava nulla più che uno schermo. In realtà aveva un dipendente e una stanzetta. Non aveva né attrezzature, né dipendenti e via dicendo. La società non ha fatto altro che subappaltare tutto alla Econet che di fatto gestiva tutto e ovviamente riceveva tutti gli utili, perché tranne 5-6 mila euro il resto del profitto è tutto finito nelle casse della Econet».
IV.6 - Gli illeciti nella provincia di Frosinone.
Per quanto concerne l'eventuale presenza nella provincia della criminalità organizzata interessata al ciclo dei rifiuti, il prefetto, sulla base di un quadro ricognitivo ed informativo, integrato ed aggiornato dagli ulteriori elementi forniti dalle forze di polizia territoriali e dal centro operativo di Roma della direzione investigativa antimafia, ha riferito che: «pur sussistendo il rischio reale di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata nel delicato settore economico-industriale del ciclo dei rifiuti, attesa anche la contiguità territoriale con la provincia di Caserta, al momento non sono emerse «specifiche situazioni patologiche» in tal senso. L'impianto di Colfelice viene gestito da una società pubblica, la SAF (società ambiente Frosinone). Si tratta, quindi, di una gestione pubblica che non ci dà preoccupazioni ai fini dell'infiltrazione di malavita organizzata, così come l'impianto di San Vittore che, sostanzialmente, è gestito dall'ACEA, altra società pubblica. Non abbiamo problemi, quindi, e non abbiamo motivo di pensare che ci possano essere infiltrazioni».
Il procedimento penale di maggior rilievo, in corso presso la procura della Repubblica di Frosinone e ancora coperto da segreto istruttorio, riguarda i reati di truffa ai danni dello Stato e falso ideologico in relazione all'utilizzo di fondi della Comunità europea, pervenuti tramite la regione Lazio, destinati all'adeguamento dell'impianto di Colfelice, gestito dalla SAF.
L'indagine si è estesa a tutto il ciclo dei rifiuti, quindi alla discarica di Roccasecca e al termovalorizzatore di San Vittore del Lazio. Le indagini sono ancora in corso ma, allo stato attuale, come ha riferito il questore di Frosinone, non sembrano emergere infiltrazioni o presenza di persone legate alla criminalità organizzata.
V - Il caso del termovalorizzatore di Colleferro.
Al momento attuale, le indagini condotte nel Lazio hanno evidenziato elementi specifici di illeciti penali, soprattutto nella gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Colleferro.
Nella sua audizione, l'avvocato Carrubba, commissario straordinario dell'agenzia regionale per la prevenzione ambientale del Lazio, ha riferito che l'agenzia, per iniziativa propria o per richiesta espressa della provincia e della regione, dal 2003 ha svolto attività di controllo su quell'impianto. Esso è composto da due linee che fanno capo giuridicamente a due soggetti distinti, Mobilservice Srl ed EP Sistemi
Spa, l'una interamente del consorzio Gaia, l'altra controllata per il 60 per cento da Gaia e per il 40 per cento dal comune di Roma.
Nel corso di questi anni, fino al sequestro disposto dalla procura della Repubblica di Velletri, l'agenzia aveva già rilevato alcune anomalie su taluni segmenti di gestione di quegli impianti. Tuttavia, quelle anomalie erano per certi versi fisiologiche rispetto ad impianti industriali complessi per la gestione rifiuti, ovvero si trattava di anomalie legate alla difficoltà interpretativa di specifiche norme tecniche in materia di rifiuti.
Come ha evidenziato il commissario, l'impianto di Colleferro ha avuto delle problematicità legate alla sua nascita. I due impianti di Colleferro infatti erano gestiti in procedura semplificata, non in procedura ordinaria espressa. Si tratta della procedura prevista dagli antichi articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997, il cosiddetto «decreto Ronchi».
L'esercizio del controllo è stato quindi più difficile in quanto, non essendovi un titolo autorizzatorio che esplicita esattamente prescrizioni, limiti ed elementi caratterizzanti, il controllo diventava più complesso dovendosi verificare in astratto la comunicazione abilitante o le normative tecniche generali di settore. Questa procedura, tuttavia, è stata consentita dalla legge fino a poco tempo fa. La modifica del decreto del febbraio del 1998 ha interrotto questo sistema facendo sì che impianti importanti come quello di Colleferro non potessero essere più gestiti per legge in procedura semplificata. Pertanto oggi questi impianti sono in autorizzazione integrata ambientale espressa e formale.
Le indagini svolte dal NOE del Lazio e condotte dalla procura della Repubblica di Velletri sull'impianto di Colleferro hanno evidenziato almeno due profili di illiceità con rilevanza penale.
Il primo elemento è il conferimento presso questo impianto di rifiuti provenienti dalla Campania, accompagnati da certificazioni falsificate sulla loro natura. Il secondo elemento di illiceità è dato dal fatto che gli indagati, intervenendo in maniera fraudolenta, avrebbero modificato - secondo le indagini della procura della Repubblica di Velletri, che poi hanno portato agli arresti domiciliari - il sistema di rilevamento in automatico dei fumi dell'impianto stesso, il quale costituisce essenzialmente il cuore del controllo ambientale su un impianto di questo tipo.
L'inchiesta della procura di Velletri ha anche evidenziato un altro tema: la scarsa qualità del cdr conferito a Colleferro, proveniente dagli impianti di selezione e trattamento di AMA Spa, l'azienda municipalizzata del comune di Roma.
Questo tema non era ignoto all'ARPA che aveva già accertato, prima che si arrivasse ai sequestri di Colleferro, una non perfetta rispondenza del cdr fornito dall'AMA alla qualità prevista dalla legge, nell'ambito delle ispezioni e delle verifiche che l'agenzia aveva svolto nell'autunno dell'anno precedente sulla base delle indicazioni della regione. La regione aveva autorizzato questi impianti e, come prassi, quando un impianto viene autorizzato viene chiesto alle agenzie di verificare in campo la rispondenza tra il titolo autorizzatorio rilasciato e l'esistenza dell'impianto.
L'inchiesta di Velletri sull'impianto di Colleferro è nata nel 2007, a seguito della querela di Paolo Meaglia, direttore tecnico degli impianti di Colleferro, il quale lamentava una diffamazione ai propri danni. Un consigliere comunale di Colleferro, infatti, aveva sostenuto, nel corso di un consiglio comunale, che i termovalorizzatori immettessero emissioni nocive nell'atmosfera.
L'avvio dell'indagine parte da questa querela e, successivamente, dall'audizione di un ingegnere dipendente di una delle società che gestisce i termovalorizzatori, Nicolino Celli. Quest'ultimo si riteneva maltrattato dall'azienda, in quanto era stato spostato dall'incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione ad altro incarico che, evidentemente, gradiva meno. Egli aveva più volte segnalato una serie di disfunzioni all'interno dell'azienda, le quali - a suo dire - non erano affrontate nel modo corretto da parte dei dirigenti e, per questi fatti, sarebbe stato emarginato e trattato male.
L'ingegner Celli è stato ascoltato più d'una volta dal dottor Cirielli, sostituto procuratore di Velletri, e ha fornito elementi abbastanza precisi sul sistema di controllo delle emissioni. In particolare, egli indicava che sui monitor interni di controllo comparivano valori relativi agli inquinanti che, a suo giudizio, non erano veritieri. Inoltre, ci ha riferito che questi valori venivano manipolati e il fatto è stato effettivamente riscontrato nelle indagini successive. L'ingegner Celli ha aggiunto che, in più di un'occasione, aveva visto carichi di materiale conferito ai termovalorizzatori che non poteva essere definito combustibile derivato dai rifiuti, poiché includeva materiali ferrosi e pneumatici interi, cioè materiali che non possono essere contenuti nel cdr, essendo questo un combustibile da rifiuto trattato. Il rifiuto cosiddetto tal quale, quello che viene gettato nei cassonetti, in questo tipo di impianti non può essere bruciato senza essere preventivamente trattato.
Al riguardo, il dottor Cirielli ha evidenziato le modalità di conferimento del cdr: «il produttore di cdr prende i rifiuti solidi urbani dai comuni, oppure è lui stesso una società multiservizi che si occupa sia della raccolta, sia del trattamento del materiale per farlo diventare cdr. In quest'ultimo caso, la stessa società che ha i camion e l'appalto per la raccolta nei vari comuni, raccoglie il materiale, lo accumula, lo tratta, lo trasforma in cdr, lo porta a Colleferro e paga i termovalorizzatori per conferirlo. Questo è il ciclo, nel quale possono essere presenti anche degli intermediari. Noi abbiamo riscontrato che le società indagate avevano gli intermediari. Il conferente paga alla società che gestisce il termovalorizzatore di Colleferro, mi pare, intorno ai sessanta o settanta euro a tonnellata. È chiaro che, se il produttore non compie un'attività di trattamento del rifiuto, non deve neppure disporre di macchinari che estraggono il ferro, normalmente attraverso grossi magneti, più di altri macchinari - non sono un tecnico, quindi mi scuserete - che separano gli altri metalli non magnetici. Dunque, se non c'è questa attività di trasformazione, non c'è un costo...».
Il dottor Cirielli ha riferito, inoltre, che le indagini hanno riguardato specificatamente anche tutto il sistema dei controlli dell'impianto: «i controlli sono avvenuti anche sul sistema informatico denominato Sick, destinato al controllo dei fumi emessi dai camini dei termovalorizzatori. Le società gestrici degli impianti dovevano controllare, monitorare e comunicare i risultati agli agenti di controllo,
quindi alla regione, alla provincia, all'agenzia regionale protezione ambientale (ARPA) e al comune di Colleferro. Questo sistema, a nostro giudizio, ha presentato molte falle perché i suoi dati non erano blindati e potevano essere modificati. Innanzitutto, sotto il profilo informatico, il sistema produceva file di testo che erano modificabili tramite il semplice accesso al sistema. Tutti gli operatori che conoscevano la password potevano entrare nel sistema e potevano modificare i valori delle emissioni. Nei camini sono installati sensori in grado di inviare dati al sistema Sick, che li elabora. Questi dati, ad esempio un valore 10 di emissione dell'ossido di azoto, poteva essere modificato in 15, 3 oppure 100, in modo assai semplice per chi ha conoscenze informatiche. Ciò poteva avvenire «da remoto», vale a dire tramite un operatore esterno che si connetteva in via telematica, attraverso internet, con il sistema. Abbiamo riscontrato che tale procedimento è avvenuto diverse volte, poiché, nel corso delle indagini, sono state attivate intercettazioni telefoniche nei confronti di alcuni dirigenti degli impianti. I carabinieri hanno, talvolta, monitorato in tempo reale l'esistenza di telefonate nelle quali la responsabile tecnica (la signora Brida, un ingegnere che era responsabile della gestione dei rifiuti dei due impianti) richiedeva l'intervento dei tecnici di Opus Automazione Srl - una società di Follonica - che, via internet, accedevano ai dati e li modificavano. Attraverso l'attività di intercettazione siamo riusciti a capire quali erano i contatti tra i soggetti e le possibilità di intervento. Il controllo in questo tipo di impianti, nel momento in cui si eseguiva un accesso, non poteva che essere visivo. Si vedeva quello che c'era, quali erano eventualmente i carichi arrivati nella giornata. Normalmente, i documenti non erano a posto. Nella gran parte dei casi, si riscontravano documenti accompagnatori dei carichi di cdr che non erano regolari, probabilmente anche per ignoranza degli operatori. Perché il cdr abbia tale qualifica, è necessario che il rifiuto sia trattato e campionato per cinque settimane, con campioni per ciascuna settimana. Alla fine di questo processo, la certificazione che deve accompagnare il cdr deve attestare questo campionamento di cinque settimane, con analisi svolte durante questo lasso di tempo. Solo un rifiuto di questo tipo, per legge, può essere considerato cdr. Nel caso indagato, invece, si eseguivano le cosiddette analisi «puntuali». Si eseguiva un singolo campionamento, in un momento specifico, e questo accompagnava il camion carico di cdr dei vari fornitori. Quindi, tutto sommato, anche formalmente, il più delle volte non si era in regola. Tuttavia, il singolo accesso da parte dei carabinieri del NOE avrebbe potuto consentire di scoprire il singolo episodio ma non avremmo avuto la visione di insieme, che invece siamo riusciti a conseguire. Nella nostra ipotesi accusatoria, che riteniamo suffragata da sufficienti elementi (allo stato attuale, gravemente indiziari), il sistema prevedeva il meccanismo che vado a illustrare. Premetto che non abbiamo ancora monitorato tutti i fornitori; solo alcuni, quelli che, nel periodo in cui si sono attivate le indagini, stavano conferendo il cdr. Nel tempo, tuttavia, ce ne sono stati anche altri. Le società di produzione e commercializzazione dei rifiuti, attraverso società intermediarie, fornivano questo materiale su richiesta, spesso pressante, dell'ingegner Stefania Brida. Capivamo dalle intercettazioni che l'ingegner Brida aveva l'ansia di raggiungere
Pag. 109il quantitativo di cdr da bruciare, perché dovevano mantenere i forni accesi. Si capiva che sussisteva una certa carenza di materiali e, quindi, l'ansia di ricercare e accettare, senza troppi scrupoli, qualsiasi carico arrivasse. Questi carichi avevano normalmente la certificazione di analisi «puntuale», che veniva prodotta - a nostro giudizio - in modo illegale presso gli impianti di Colleferro, in quanto quel rifiuto non poteva qualificarsi per legge, per vari motivi, come cdr. Sostanzialmente, le società gestrici dei due impianti emettevano certificati di controanalisi, presso il laboratorio OSI sas di Frosinone, anche in questo caso con falsificazione dei dati, intervenendo sul sistema Sick, laddove si riscontrassero scostamenti in eccesso rispetto alle medie e ai valori consentiti dalla normativa, per quanto riguarda le emissioni. In pratica, si è integrata una condotta sanzionata come traffico di rifiuti, secondo l'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Questa è l'imputazione principale che la procura ha formulato per la gran parte degli indagati. Allo stato, si tratta di una formulazione ancora provvisoria, perché non sono state concluse le indagini. Qualcuno di questi indagati potrebbe vedere alleggerita la propria posizione all'esito dei successivi accertamenti e degli interrogatori di garanzia che sono stati svolti a seguito dell'applicazione di misure cautelari nei confronti di alcuni di questi indagati.
Attualmente, inoltre, si contesta la violazione dei valori limite di emissione in atmosfera (è il capo B che trovate nelle imputazioni, all'interno della documentazione scritta). Tale imputazione si fonda sulla circostanza che abbiamo acquisito dal sistema Sick alcuni hard disk che contengono i dati per un lasso di tempo abbastanza breve; se non ricordo male, da aprile a maggio 2008. Anche in questo caso, hanno avuto luogo telefonate che ci hanno fatto immaginare che si sia pensato di far sparire alcuni hard disk. Stando a quello che abbiamo sequestrato, abbiamo riscontrato - così come hanno confermato anche due consulenti di mia nomina - una serie di superamenti delle emissioni. Ciò vale, tuttavia, solo come dato informatico e quindi - come vi dicevo - dovrò rivedere l'intero impianto accusatorio in relazione a questa imputazione, perché le ultime emergenze ci hanno dimostrato che il sistema Sick era del tutto inattendibile e non funzionava. Per meglio dire, funzionava irregolarmente per una delle due società e per l'altra non funzionava affatto; tant'è che, adesso, sono stati costretti a sostituirlo completamente».
Sulla base di queste risultanze dell'inchiesta penale, la Commissione ha ritenuto di sentire i rappresentanti della società Sick Spa, società commerciale, filiale di un gruppo tedesco, la Sick AG, avente sede in Waldkirch, Baden-Württemberg (Germania), che costruisce sistemi per il monitoraggio delle emissioni in inceneritori e ambienti industriali. L'amministratore delegato ha riferito che gli inceneritori di Colleferro, uno gestito e mantenuto dalla società Mobilservice, l'altro dalla società EP Sistemi, utilizzavano per il monitoraggio dei gas di scarico degli impianti il loro sistema denominato mcs, che permette di analizzare gas e materiale di scarico degli inceneritori e delle centrali. Questi completi sistemi di monitoraggio erano stati installati da alcune società, tra le quali la Lurgi, che è una società tedesca, e la Pianimpianti, società italiana. L'installazione di questi sistemi è stata effettuata nel 2002 nel caso dell'inceneritore gestito da Mobilservice e nel 2003 nel
caso dell'inceneritore gestito da Pianimpianti. Intorno al 2004 i sistemi originali prodotti dalla società tedesca Lurgi e dalla Pianimpianti sono stati in parte modificati con l'aggiunta di un sistema software di acquisizione dati. I dati in uscita dai sistemi Sick venivano quindi registrati e visualizzati dal software della PROGECO di Treviso. Tra il 2004 e il 2007, nell'elaborazione dei dati e nell'assistenza a PROGECO subentrava la società Opus, che installava un suo software. All'inizio del 2009, la Sick veniva interpellata dalla Opus per una possibile offerta di manutenzione sul sistema lì installato, in particolare sull'mcs. Uno dei tecnici della Sick, si era quindi recato presso i due inceneritori di Colleferro per verificare lo stato dei sistemi, rilevando un pesante degrado dei sistemi mcs, che sarebbero stati fuori taratura, quindi non mantenuti in maniera corretta. A marzo 2009, infine, i rapporti con la società Opus si interrompevano definitivamente.
Dalle indagini condotte dalla procura della Repubblica di Velletri risulta che dal sistema Sick, negli impianti di Colleferro, sarebbero stati prelevati alcuni hard disk, che avrebbero dovuto riportare la rilevazione dei dati a verificare l'eventuale superamento dei limiti previsti dalla legge per le emissioni. In particolare secondo quanto affermato dal sostituto procuratore che conduce le indagini, sarebbe risultata l'inattendibilità del sistema Sick perché in un impianto non funzionava, mentre in un altro non era in grado di rilevare il superamento del limite. In proposito, il rappresentante della società Sick ha dichiarato nella sua audizione: «La nostra analisi della strumentazione si è limitata alle apparecchiature di nostra produzione, di nostra normale fornitura, non al sistema di acquisizione dati. Gli hard disk che sono stati prelevati e analizzati fanno parte del personal computer che era l'acquisitore, il calcolatore e il memorizzatore di tutti i dati, e che non abbiamo esaminato perché aveva password, che evidentemente adesso sono state individuate, dal momento che sono state rilevate queste manomissioni. Non ci siamo comunque addentrati in questo tipo di verifica».
Sempre sul punto veniva quindi audito il presidente della società Opus Automazione, Stefano Battistini, il quale precisava che: «nel 2004 le società Ep Sistemi e Mobil Service hanno deciso di non procedere con la Sick con le attività manutentive sui loro impianti e ci hanno conferito direttamente l'incarico. La nostra attività su quegli impianti consisteva essenzialmente nell'intervenire sugli analizzatori per il controllo delle emissioni al camino - di entrambi gli impianti, ovviamente - e nel procedere con delle attività manutentive programmate e concordate con entrambe le aziende due volte l'anno, quindi con cadenza semestrale. Negli intervalli tra i controlli, su queste due attività potevamo intervenire, se chiamati, ma altrimenti molte operazioni venivano svolte dal personale interno di Ep Sistemi e Mobil Service. Il referente di entrambe le società per la Opus era l'ingegner Stefania Brida. Le nostre attività consistevano molto semplicemente in una manutenzione di carattere tecnico, come sostituire alcune parti di ricambio e fare delle calibrazioni su questi analizzatori. Nel corso dell'attività abbiamo proceduto a sostituire il sistema software per l'acquisizione dei dati perché nel frattempo sono intervenute delle modifiche legislative, per cui il vecchio sistema a corredo degli impianti non rispondeva più alle esigenze di acquisizione
dei dati, valutazione e quant'altro. Si è data la necessità di cambiare questo sistema. Ci è stata richiesta un'offerta e noi abbiamo fornito un sistema, per il quale non fornivamo alcun tipo di assistenza, se non, durante i controlli semestrali, alcune attività sull'hardware del PC, ma niente di più in quanto il software, una volta installato, funzionava da solo.
La gestione dal punto di vista informatico di questi impianti, quindi dal punto di vista dell'hardware e del software, era completamente a carico di Mobil Service ed Ep Sistemi tramite Stefania Brida e altre persone».
Secondo il rappresentante dell'Opus nel momento in cui il pacchetto software è stato installato per lo smec (sistema di monitoraggio di emissioni in continuo), sono state consegnate alle società che gestiscono gli impianti anche delle password e la procedura per modificare le password di accesso al sistema, in modo tale che loro ne fossero gli unici titolari. La società pertanto non era in grado di affermare se qualcuno era in grado di entrare all'interno del sistema per modificare i dati relativi alle emissioni, risultati poi dalle indagini sicuramente alterati.
Allo stato appare pertanto difficile accertare le singole responsabilità in ordine all'alterazione dei sistemi di rilevamento ambientale negli impianti di Colleferro e su questo aspetto occorre necessariamente attendere l'esito del procedimento penale in corso. Sulla base di queste risultanze quello che appare comunque evidente è che vi sia stata una carenza nel sistema dei controlli da parte delle autorità a questi preposte del comune, della regione e della provincia. È certo infatti che i dati delle centraline di controllo dei fumi dei camini di scarico venivano alterati facilmente, accedendo ai relativi file anche da «remoto», ma è altrettanto evidente che, sia pure nel regime di procedura semplificata, in mancanza di titolo autorizzatorio, le autorità, e in primis l'ARPA, dovevano effettuare dei controlli sulla qualità del cdr conferito e sulla qualità dei fumi dei camini di scarico degli inceneritori e accorgersi delle irregolarità poi riscontrate dalle indagini.
In proposito l'avvocato Carrubba, commissario straordinario dell'ARPA Lazio, nella sua relazione, ha invece affermato che i controlli presso l'impianto di Colleferro sono stati effettuati con regolarità fin dal febbraio del 2003, quando venne inviata una prima comunicazione alla procura della Repubblica di Velletri. La comunicazione riguardava due specifici temi: una violazione formale al decreto del presidente della Repubblica n. 203 del 1988, in materia di emissioni in atmosfera, e la gestione non autorizzata dei rifiuti prodotti dall'impianto di combustione, ossia lo stoccaggio delle ceneri a valle dello stesso. L'ultima comunicazione risale invece al 18 aprile del 2008 e riguardava la qualità del cdr.
Sulla base delle indagini condotte dalla procura di Velletri, un altro fatto risulta di difficile comprensione, se non si ipotizzano illeciti sottostanti. È emersa, infatti, l'esigenza dei gestori dell'impianto di mantenere sempre i forni accesi e di acquisire la maggior quantità possibile di materiali, accettando anche tal quale e cdr di scarsa qualità, in quanto il termovalorizzatore di Colleferro è destinato alla
produzione di energia elettrica, che viene venduta al gestore nazionale per l'energia elettrica, il quale garantisce una maggiorazione sul prezzo di mercato, sulla base di direttive comunitarie.
È indubbio pertanto che esisteva un interesse economico e produttivo all'acquisizione del maggior quantitativo possibile di materiali da bruciare, ma non è facilmente decifrabile il motivo che può aver spinto i responsabili dell'impianto ad accettare cdr di scarsa qualità o vero e proprio tal quale e ad alterare i dati di misurazione dei fumi di scarico dell'inceneritore, atteso che i soci della società »consorzio Gaia Spa« sono tutti pubblici (60 per cento Gaia e 40 per cento AMA, di proprietà al cento per cento del comune di Roma. Si vedano, al riguardo, le dichiarazioni del commissario straordinario Lolli) così come pubblici dovevano essere gli enti che conferivano il prodotto (comuni appartenenti al consorzio).
Ugualmente inspiegabile appare il fatto che, nonostante l'esigenza di acquisire la maggior quantità di cdr per mantenere sempre accesi i forni dei termovalorizzatori e produrre il maggior quantitativo di energia elettrica possibile, più volte sia stato rifiutato o reso difficoltoso il conferimento di materiali da parte di comuni facenti parte del consorzio. In proposito si richiamano le dichiarazioni del sindaco di Albano, Marco Mattei, il quale ha lamentato che le società E.P Sistemi e Mobilservice, le quali gestiscono l'impianto di trattamento rsu e produzione di cdr di Albano, a servizio del bacino territoriale «versante orientale dei colli albani e area litoranea meridionale», hanno trovato notevoli difficoltà nel conferimento presso le società del gruppo Gaia del cdr prodotto dal loro impianto, cosicché migliaia di tonnellate di questo combustibile sono finite nella discarica di servizio, con accelerato consumo delle volumetrie disponibili. Le affermazioni del sindaco trovano ampio riscontro nella documentazione prodotta. Da tale documentazione, e soprattutto dalle note inviate dalla Pontina ambiente Srl, che gestisce l'impianto di trattamento rsu e cdr di Albano, al commissario straordinario per l'emergenza rifiuti, ai sindaci dei comuni interessati e ai responsabili istituzionali della gestione commissariale, risulta la interruzione frequente dei conferimenti del cdr a causa di fermate dell'impianto di Colleferro negli anni dal 2004 al 2009. Nel 2004 presso l'impianto di Colleferro è stato conferito cdr per sole 124 giornate lavorative. Negli anni successivi le interruzioni causate dal fermo dell'impianto sono state ancora superiori, come si rileva dalle numerose diffide inviate dalla società Pontina Ambiente alle società del gruppo Gaia.
Il fatto può avere spiegazione logica soltanto ipotizzando che nell'impianto di Colleferro venissero illecitamente conferiti cdr non trattato e materiali di scarto, quali copertoni e materiali ferrosi, da parte di privati non appartenenti al consorzio, con la complicità di dirigenti e personale di servizio che agiva per conseguire profitti economici personali.
In effetti questa tesi sembra avvalorata dalle dichiarazioni del dottor Cirielli, il quale nella sua audizione ha parlato di «società multi servizi ... produttrici di cdr» che conferivano il combustibile agli impianti di Colleferro e di «intermediari». In particolare ha dichiarato: «premetto che non abbiamo ancora monitorato tutti i fornitori; solo alcuni, quelli che, nel periodo in cui si sono attivate le indagini,
stavano conferendo il cdr. Nel tempo, tuttavia, ce ne sono stati anche altri. Le società di produzione e commercializzazione dei rifiuti, attraverso società intermediarie, fornivano questo materiale su richiesta, spesso pressante, dell'ingegner Stefania Brida. Capivamo dalle intercettazioni che l'ingegner Brida aveva l'ansia di raggiungere il quantitativo di cdr da bruciare, perché dovevano mantenere i forni accesi. Si capiva che sussisteva una certa carenza di materiali e, quindi, l'ansia di ricercare e accettare, senza troppi scrupoli, qualsiasi carico arrivasse.
Questi carichi avevano normalmente la certificazione di analisi «puntuale», che veniva prodotta - a nostro giudizio - in modo illegale presso gli impianti di Colleferro, in quanto quel rifiuto non poteva qualificarsi per legge, per vari motivi, come cdr. Sostanzialmente, le società gestrici dei due impianti emettevano certificati di controanalisi, presso il laboratorio OSI sas di Frosinone, anche in questo caso con falsificazione dei dati, intervenendo sul sistema Sick, laddove si riscontrassero scostamenti in eccesso rispetto alle medie e ai valori consentiti dalla normativa, per quanto riguarda le emissioni».
Nella successiva audizione del 25 maggio 2010, il dottor Cirielli ha precisato che, attraverso i carabinieri del NOE, sono stati identificati alcuni degli intermediari e alcuni dei fornitori che, sulla base di quanto è emerso nel corso delle indagini, avevano effettuato irregolarità e gestito traffici di carichi di cdr non conforme. A questi viene contestato il traffico di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006). Tutte queste ditte o società private conferivano o facevano da intermediarie nel conferimento dei rifiuti presso i due termovalorizzatori. Sostanzialmente, esse conferivano il cdr pagando per il conferimento; erano, quindi, i fornitori che pagavano una certa somma a tonnellata di prodotto che veniva smaltito dagli impianti di Colleferro. Gli impianti bruciavano questo combustibile che spesso non era conforme alle specifiche di legge.
Un'altra indagine della procura della Repubblica di Velletri, condotta dal dottor Giuseppe Travaglini, ha evidenziato una serie di illeciti che coinvolgevano anche la pubblica amministrazione, riguardanti la gestione e il commissariamento della società Gaia Spa. Dalle indagini della Guardia di finanza è emerso che, all'inizio degli anni 2000, l'allora consorzio di comuni Gaia aveva ricevuto in un paio di anni dalla Cassa depositi e prestiti oltre 100 milioni di euro - traducendo nella valuta attuale - di mutui di scopo. Questi ultimi erano stati erogati sulla base di progetti molto sintetici e liquidati dalla Cassa depositi e prestiti, in alcuni casi, in appena quindici giorni, interamente versati e rendicontati con liste di fatture e con una dichiarazione che tutto era stato utilizzato per lo scopo per il quale il mutuo era stato erogato.
I finanzieri, facendo un controllo incrociato delle fatture, si accorgevano che la stessa fattura finiva su più rendiconti. Da lì è iniziato un approfondimento, in modo particolare su alcuni finanziamenti riguardanti la costruzione della seconda discarica a Colleferro.
Questa seconda discarica, finanziata per oltre 30 milioni di euro nel 2004, e che risulta dalle dichiarazioni dell'allora legale rappresentante della società già in opera e completamente edificata nel 2005, risulta a tutt'oggi inesistente e non esiste neppure il progetto esecutivo,
nonostante siano state giustificate spese per circa 30 milioni di euro, tramite esibizione di fatture. In relazione a questi fatti, la procura di Velletri ha iniziato un procedimento penale per truffa ai danni dello Stato, poiché i finanziamenti concessi alla Gaia Spa erano di scopo e non potevano essere distratti nella loro utilizzazione, nonché per peculato, poiché almeno una parte di questi finanziamenti non è stata utilizzata. Le indagini relative a questo procedimento sono ormai concluse e la procura della Repubblica di Velletri sta valutando le modalità di esercizio dell'azione penale nei limiti ordinari.
VI - L'inquinamento della Valle del Sacco.
Il dipartimento prevenzione dell'ASL competente e le associazioni ambientaliste hanno più volte segnalato la pericolosità per la salute pubblica degli impianti industriali siti nella zona di Colleferro e l'inquinamento dell'aria e delle acque di tutta la Valle del Sacco.
Le problematiche di questa aerea sono da collegarsi all'andamento del corso del fiume Sacco che, dopo aver attraversato la storica e importante area industriale di Valmontone-Colleferro (RM) e la piana di Anagni-Frosinone, si immette nel fiume Liri, nei pressi di Ceprano.
In questi ultimi anni, e in particolare dal 2005, le analisi effettuate nelle acque del fiume Sacco hanno evidenziato la presenza di fattori inquinanti di natura chimica, inducendo quindi la regione Lazio all'istituzione di un apposito ufficio commissariale per l'emergenza nel bacino del fiume.
Inoltre l'assessorato all'ambiente della regione Lazio ha approvato un progetto denominato «Salute della popolazione nell'area della Valle del Sacco», gestito e coordinato dal dipartimento di epidemiologia dell'ASL RM E, con la collaborazione dell'ASL RM G e dell'ASL di Frosinone, e dell'ARPA.
L'area è stata per lunghi anni sede di una importante attività industriale per la produzione di sostanze chimiche, esplosivi, carrozze ferroviarie, motori di lancio.
Il complesso industriale ha causato nel tempo inquinamento dell'aria, i lavoratori sono stati esposti a sostanze tossiche in ambiente di lavoro, in particolare prodotti chimici ed amianto, le persone che hanno risieduto lungo il fiume hanno assorbito ed accumulato nel tempo pesticidi organo clorurati soprattutto tramite la via alimentare.
L'area dei tre comuni di Colleferro, Segni e Gavignano presenta nel suo complesso un quadro di mortalità e morbosità peggiore che nel resto del Lazio.
L'estesa indagine di biomonitoraggio, condotta dal dipartimento di epidemiologia della ASL RM E (relazione 26 novembre 2008), ha dimostrato una contaminazione umana di carattere cronico da beta-esaclorocicloesano (P-HCH), sostanza organica persistente derivante dagli scarichi industriali. Sono interessati i residenti in prossimità del fiume che presentano valori significativamente più elevati del resto della popolazione. I livelli di contaminazione sono in rapporto con l'uso pregresso dell'acqua dei pozzi locali e con il consumo di prodotti alimentari locali.
Il quadro di mortalità e di morbosità dei residenti nell'area di Colleferro, se paragonato a quello delle aree dei comuni vicini, mostra valori più elevati per le patologie cardiovascolari e respiratorie in possibile rapporto con la contaminazione cronica ambientale. Viene inoltre rilevato un eccesso di tumori della pleura per la pregressa esposizione ad amianto.
Già in passato, la ASL RM G, in una relazione in data 17 novembre 1994, aveva accertato che le aree dove sorgono gli insediamenti industriali insistono su terreni di origine vulcanica, costituiti per lo più da tufi e pozzolane. Tale conformazione geologica presenta un livello di permeabilità elevato, così da favorire l'emigrazione dei microinquinanti a seguito delle alte velocità di movimento nel sottosuolo.
Nella relazione si evidenziavano tre motivi di preoccupazione ecologici-sanitari:
- l'inquinamento della falda a causa della elevata permeabilità del terreno in sito, matrice tufica, che riceve l'acqua meteorica contaminata dopo l'attraversamento dei rifiuti, raggiungendo i livelli acquiferi superiori con elevato contenuto di inquinamento potenziale di percolato;
- l'inquinamento dell'aria a causa delle emissioni originati dalla presenza di solventi con rischio evidente di incendio boschivo per la vicinanza della vegetazione arborea ed arbustiva nella zona;
- l'inquinamento del suolo e il degrado territoriale a causa della perdita di qualsiasi valore di riuso dell'area di insediamento della discarica e dell'intorno, abbastanza lontani dal nucleo abitato ma non per questo da abbandonare al degrado.
Ancora, in precedenza, con riferimento specifico alla prevista realizzazione degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, il dipartimento di prevenzione della ASL RM G, il 1o marzo 1999, aveva espresso parere contrario sotto il profilo igienico-sanitario: «fermo restando che i valori di emissioni in atmosfera dichiarati dalla società Mobilservice ricadono nei limiti previsti dalla vigente normativa, si sottolinea che il nuovo insediamento andrebbe ad inserirsi in una area ad elevatissimo inquinamento atmosferico determinato dalla presenza, nelle aree limitrofe, di importanti impianti produttivi con emissioni in atmosfera di particolare intensità.
Si ritiene inopportuno la installazione di ulteriori fonti di inquinamento che possano aggravare la già critica situazione dell'area di Colleferro Scalo».
Da ultimo, come hanno riferito gli organi di stampa, è stato registrato un nuovo allarmante episodio di inquinamento di terreni destinati alla pastorizia in una collina sita in località Casaripi a Colleferro. Secondo la denuncia di un allevatore, i terreni sarebbero avvelenati da alcune sostanze inquinanti, di cui non si conosce la provenienza, penetrate nel terreno, con conseguenze devastanti sullo stato di salute del bestiame, che in parte è morto e in parte è stato affetto da gravi malformazioni.
In questo contesto, un ruolo molto importante è stato svolto dalle associazioni ambientaliste che, con i loro esposti e documentate denunce, hanno fatto emergere molte delle questioni di cui poi si è occupata la magistratura, e sono state di stimolo e sollecitazione all'attività dei pubblici poteri.
VII - CONCLUSIONI.
La gestione dei rifiuti nella regione Lazio, contrariamente agli orientamenti, alle scelte, alle strategie dettate dalle direttive comunitarie in materia di rifiuti e dalla norma nazionale, è andata nel verso opposto a quello della «gestione integrata». Nella regione sin dal 1999 è stata decretata l'urgenza e la gestione commissariale. La più che decennale durata dell'emergenza rifiuti ha dimostrato purtroppo sia il fallimento dei poteri d'urgenza, sia la difficoltà di riportare a una gestione ordinaria la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti.
Infatti la formale cessazione dell'emergenza rifiuti nel Lazio sembra rispondere più a motivazioni politiche che al superamento delle criticità nella gestione del ciclo, che sono essenzialmente rappresentate dallo scarso sviluppo della raccolta differenziata, dalla lavorazione di bassa qualità dei rifiuti, dalla commistione tra parte politica e parte gestionale.
È stato privilegiato il ricorso allo smaltimento in discarica (con richieste di ampliamenti, deroghe e nuove installazioni) e non il ricorso al revamping, all'ammodernamento e potenziamento delle strutture di trattamento esistenti, in parte obsolete, per la separazione secco-umido del rifiuto tal quale, alla stabilizzazione della frazione umida con produzione di fos da destinare alla ricopertura delle discariche e/o al ripristino delle cave esaurite, al tmb (trattamento meccanico biologico).
Gli interventi effettuati in questi anni sono stati mirati più al superamento della contingenza, con la realizzazione di discariche, impianti di cdr (combustibile derivato da rifiuto) e di inceneritori, che sulla necessità di una efficace programmazione della raccolta differenziata che si attesta su valori del 12-13 per cento fino al 2010, con il fallimento di tutti gli obiettivi fissati dal decreto legislativo n. 22 del 1997 e dalla stessa programmazione regionale.
Come è evidenziato nella relazione, i vari impianti per la produzione di cdr forniscono per lo più 'ecoballe', che finiscono prevalentemente in discarica in quanto di scarsa qualità e non idonei per la termovalorizzazione.
Nonostante ciò, per la gestione integrata del ciclo, si continua, anche con il piano della nuova giunta regionale, a scommettere troppo sugli impianti di termovalorizzazione che sembrano sovradimensionati e che lo saranno ancora di più col raggiungimento di obiettivi accettabili di raccolta differenziata.
Le scelte relative alla localizzazione degli impianti non possono essere imposti dall'alto, solo sulla base di logiche industriali e senza tenere in considerazione i problemi del territorio e le possibili alternative.
Recentemente il TAR Lazio ha annullato le procedure per la costruzione dell'impianto di gassificazione di Albano. Il TAR esprimendosi su più ricorsi, proposti da otto sindaci e da numerose associazioni di cittadini, è intervenuto nel merito, ritenendo illegittime le procedure per il rilascio della via, insufficienti le misure previste per tutelare la salute pubblica con l'abbattimento delle polveri sottili e per preservare le risorse idriche, in un contesto di particolare problematicità.
Le inadempienze del governo regionale hanno comportato, da parte della Unione europea, l'attivazione di una procedura d'infrazione cui la nuova giunta regionale ha cercato di porre rimedio con l'emanazione del nuovo piano di gestione dei rifiuti avvenuta il 19 novembre del 2010, e con la presentazione ed illustrazione dello stesso, alla Commissione Europea avvenuta nell'ultima settimana di gennaio 2011.
Il nuovo piano regionale persegue essenzialmente l'obiettivo di autosufficienza del sistema attraverso l'organizzazione di un ATO regionale e cinque sub-ATO provinciali, della chiusura del ciclo secondo i criteri della gestione integrata attraverso i quali, a fronte di un forte potenziamento della raccolta differenziata, del trattamento di separazione del rifiuto tal quale, della termovalorizzazione della frazione secca raffinata (cdr), la discarica dovrà avere nel tempo un ruolo decisamente residuale.
Il piano ha posto quindi come obiettivo centrale e prioritario da raggiungere entro il 2011 il 60 per cento di raccolta differenziata sul territorio regionale. Vi è tuttavia da considerare che essendo stato assai basso negli ultimi anni il trend di crescita della rd, il traguardo del 60 per cento appare irrealizzabile e irraggiungibile nei tempi previsti, anche se si farà ricorso ai commissari ad acta nei comuni inadempienti. Infatti la presidente Polverini ha dichiarato di voler chiedere al Ministero dell'ambiente la deroga al raggiungimento di tale obiettivo previsto per legge.
A ciò si aggiunga che la realizzazione della nuova impiantistica prevista o l'attivazione di quella già autorizzata non potrà compiersi prima di tre anni per alcuni impianti (trattamento tmb, compostaggio) o di quattro (realizzazione di una nuova linea di termovalorizzazione o la messa a completo regime di quelle esistenti).
Conseguentemente tutte le iniziative legate al raggiungimento dell'obiettivo appaiono per il momento ipotetiche e anche il ricorso al conferimento in discarica, che rappresenta il fallimento della gestione virtuosa del ciclo, diventa problematico per l'esaurirsi della capacità di Malagrotta e delle altre discariche del Lazio. Da ciò ne consegue come sia necessaria l'individuazione di un'area alternativa, per il comune di Roma, al polo di Malagrotta che con le sue strutture impiantistiche (tmb, tmv) e la discarica rappresenta l'unico sistema imprenditoriale su scala regionale, seppure gestito in condizioni di monopolio di fatto.
Ed è peraltro necessaria una convinta e coerente azione per determinare l'aumento della raccolta differenziata. I positivi risultati raggiunti in molti comuni della provincia di Roma dimostrano che tale risultato si può ottenere con il concorso e il finanziamento di programmi sostenuti dai comuni, dalla provincia e dalla regione.
In materia di gestione dei rifiuti speciali la situazione attuale è stagnante con evidenti carenze impiantistiche. Vi è la necessità di riavviare un piano credibile di bonifica delle aree contaminate pur considerando che le risorse economiche da mettere in campo non sono trascurabili.
Le considerazioni sui problemi strutturali e organizzativi del ciclo dei rifiuti nella regione Lazio, espresse nei capitoli precedenti, appaiono una premessa indispensabile ai fini dell'indagine che rientra nei compiti istituzionali di questa Commissione, in quanto le occasioni di infiltrazione della criminalità si creano e aumentano quando gli impianti e i servizi sono carenti, le istituzioni e gli organi preposti ai controlli non funzionano ovvero quando le strutture e l'organizzazione sul territorio soffrono di difficoltà finanziarie.
Secondo Federlazio, che ha minacciato la serrata delle discariche, le imprese di trattamento e smaltimento dei rifiuti sono creditrici, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, di oltre 250 milioni di euro.
Non a caso, come si è rilevato nelle precedenti sezioni di questa relazione, le maggiori criticità nella regione si sono riscontrate nella gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Colleferro, dove gli illeciti ivi accertati sono stati evidentemente favoriti dalla carenza nel sistema dei controlli da parte del comune, della regione e della provincia, carenza per la verità dovuta anche al fatto che l'impianto per lungo tempo aveva operato con la procedura semplificata prevista dagli antichi articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997, il cosiddetto «decreto Ronchi».
Sempre, poi, con riferimento allo stesso impianto di Colleferro è emblematico che un'altra indagine della procura della Repubblica di Velletri abbia evidenziato una serie di illeciti che coinvolgevano anche la pubblica amministrazione, riguardanti la gestione e le difficoltà finanziarie della società Gaia Spa, oggi commissariata e in attesa di un acquirente, pubblico o privato, che si accolli le pesanti passività accumulate negli anni nei confronti del Ministero del tesoro e della stessa regione Lazio.
Nello specifico, sotto il profilo degli illeciti nel campo della gestione dei rifiuti riferibili alla criminalità organizzata, va rilevato che il Lazio si presenta come una regione particolarmente interessata a questo tipo di illegalità, sia per la presenza di ampie porzioni di territorio morfologicamente adatte alla discarica e all'occultamento illecito dei rifiuti e sia per la vicinanza con quelle aree della provincia di Caserta ad alto rischio ambientale, dove in passato e ancora oggi nell'attualità sono state individuate presenze criminali nel settore.
Relazioni di precedenti Commissioni sul ciclo dei rifiuti avevano indicato località quali Cassino, Latina, Formia, Pomezia ed Ardea come territori nei quali, dalla fine degli anni '70, si erano insediati ed
ingranditi molti gruppi appartenenti alle organizzazioni più pericolose della criminalità organizzata calabrese, siciliana ed, in particolare, campana.
Anche il procuratore aggiunto di Roma, coordinatore della direzione distrettuale antimafia ha riferito che nel Lazio si riscontra la presenza della 'ndrangheta, della camorra e della mafia siciliana, presenza accertata ed evidenziata in numerose indagini e che danno conto dell'esistenza anche nel Lazio del fenomeno delle ecomafie.
Nella sua relazione della cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011, il procuratore generale della corte d'appello ha affermato che nel Lazio tutte le mafie operano in convivenza tra loro e con la tradizionale criminalità organizzata.
Tuttavia, l'ipotesi di filiere criminali operanti nel settore dello smaltimento illecito di rifiuti non hanno avuto particolare riscontro nei procedimenti penali attivati nel distretto giudiziario del Lazio e di cui si è dato ampio conto nella presente relazione. Si riscontrano invece connessioni tra attività imprenditoriali e fenomeni di corruzione della pubblica amministrazione.
Non vi sono attualmente in corso procedimenti strutturati concernenti il ciclo dei rifiuti e riguardanti la criminalità organizzata di stampo mafioso.
Questo dato, che per certi versi può sembrare confortante, ha trovato conferma nelle audizioni dei magistrati delle procure, dei prefetti, dei questori e dei responsabili dei corpi di polizia giudiziaria che, a vario titolo, si sono occupati di inchieste concernenti i traffici illegali di rifiuti, i quali hanno fornito uno spaccato della realtà ambientale abbastanza grave, che coinvolge la criminalità comune ed economica, ma che non vede, almeno allo stato, l'infiltrazione della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti.
Va comunque rilevato che sul territorio della Regione molte discariche sono ormai in via di esaurimento, vi sono impianti obsoleti che richiedono forti investimenti per tornare ad essere produttivi e che in molti comuni, compreso quello di Roma, la situazione si avvicina pericolosamente all'emergenza.
A ciò si aggiunge la grave difficoltà economica di società che gestiscono gli impianti, come la società Gaia, che si sta tentando di vendere al miglior offerente dopo due aste andate deserte.
Nel Lazio troppe aziende e consorzi pubblici sono stati costituiti su iniziativa degli enti locali in assenza di un piano industriale, di un organico riferimento territoriale per la gestione integrata del ciclo dei rifiuti. Tali aziende e consorzi hanno determinato sprechi e inefficienze, duplicato centri di potere, generato assunzioni in contrasto con la normativa vigente e giustificate ogni volta con l'emergenza.
E purtroppo sono molte le società e i consorzi pubblici che operano nel settore a trovarsi in grandi difficoltà economiche. Tutto ciò contribuisce ad aggravare la gestione del ciclo, a distrarre risorse necessarie a favorirne l'efficienza e rischia di preparare il terreno alle infiltrazioni delle consorterie mafiose nel ciclo dei rifiuti, le quali possono movimentare capitali sporchi e denaro riciclato per acquisire aziende in difficoltà e condizionare il libero mercato.
La situazione e la gestione economica delle aziende pubbliche del Lazio operanti nel settore, per la rilevanza che assumono, dovranno essere oggetto di ulteriori approfondimenti da parte della Commissione.
La gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio presenta gravi elementi di criticità che non potranno essere superate senza precise assunzioni di responsabilità nel rispetto delle competenze di ciascuno. Questo è ciò che emerge dai risultati dell'indagine, contenuti nel presente documento, che la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti sottopone all'attenzione dei cittadini laziali, delle istituzioni locali, del Parlamento e Governo.