CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 18 dicembre 2008
111.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento CE n. 1107/2006 del Parlamento e del Consiglio europeo, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo
(Atto n. 51).

PARERE APPROVATO

La II Commissione,
rilevato che:
lo schema di decreto legislativo in esame è adottato in attuazione della delega di cui all'articolo 3 della legge 25 febbraio 2008, n. 34 (legge comunitaria per il 2007), al fine di stabilire il regime sanzionatorio per le violazioni delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 1107 del 5 luglio 2006, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo;
ai sensi dei principi e criteri direttivi di delega di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge comunitaria per il 2007, la scelta del legislatore delegato tra la sanzione penale e quella amministrativa è condizionata dalla natura dell'interesse leso o posto in pericolo dalla condotta che viola le disposizioni del decreto legislativo e, quindi, dell'atto comunitario che viene attuato, stabilendo che in caso di interessi costituzionalmente protetti debba essere assicurata una tutela di natura penale;
il Regolamento (CE) n. 1107 prevede una serie di obblighi per gli operatori del settore del trasporto aereo, ossia dei vettori, dei loro agenti, degli operatori turistici e dei gestori aeroportuali al fine di rendere pienamente esecitabile nel trasporto aereo il diritto dei passeggeri con disabilità od a mobilità ridotta di viaggiare alle stesse condizioni delle altre persone e, in particolare, di essere assistiti negli aeroporti e a bordo degli aeromobili, secondo le specifiche esigenze di cui sono portatori e con l'impiego di personale formato e attrezzature adeguate;
gli obblighi di cui al predetto Regolamento sono volti pertanto ad evitare il compimento di atti discriminatori a danno delle persone con disabilità od a mobilità ridotta, in contrasto con i principi di cui all'articolo 3 della Costituzione, che limiterebbero il diritto di circolazione, di cui all'articolo 16 della Costituzione ove si tratti di circolare nel territorio nazionale ovvero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi;
gli articoli 3 e 4, comma 1, dello schema di decreto, in attuazione dell'articolo 3 del regolamento, puniscono con sanzione amministrativa pecuniaria rispettivamente il rifiuto di accettare una prenotazione per un volo per motivi di disabilità o di mobilità ridotta (sanzione da 10.000 a 50.000 euro) e il negato imbarco su un volo (sanzione da 30.000 a 150.000 euro) per motivi di disabilità o di mobilità ridotta, facendo salva l'applicazione di norme penali che puniscano già in via generale tali condotte discriminatorie;
le condotte di cui ai predetti articoli 3 e 4, comma 1, dello schema di decreto hanno una valenza discriminatoria ledendo interessi costituzionalmente rilevanti ai sensi degli articoli 3 e 16 della Costituzione, per cui il legislatore delegato,

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in base ai richiamati principi e criteri direttivi di delega, dovrebbe valutare l'opportunità di introdurre un reato volto a sanzionare specificatamente quelle condotte ovvero ritenere sufficiente la normativa penale antidiscriminatoria vigente, piuttosto che prevedere una nuova fattispecie di illecito amministrativo pur facendo salva l'eventuale applicazione di norme penali;
l'articolo 4, comma 2, punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila a centomila euro la condotta del vettore aereo, di un suo agente o di un operatore turistico che, rifiutato l'imbarco a causa di una delle ragioni di deroga di cui all'articolo 4, lettere a) e b) del Regolamento, non provvede al rimborso del biglietto o all'offerta di un volo alternativo anche all'eventuale accompagnatore, non rispettando le procedure previste dall'articolo 8 del Regolamento (CE) 11 febbraio 2004, n. 261;
la predetta sanzione nel suo massimo appare essere superiore rispetto a quelle previste dall'ordinamento per violazioni omogenee e di pari offensività, per cui potrebbe essere opportuna una sua riduzione, con la consapevolezza che, comunque, la condotta omissiva di cui sopra è punita penalmente qualora sia determinata da una finalità discriminatoria;
le sanzioni amministrative di cui agli articoli 5, 6 e 7, relative rispettivamente alla violazione degli obblighi d'informazione da parte del vettore aereo, agente o operatore turistico, nonché alla violazione degli obblighi di assistenza da parte del gestore aeroportuale e dei vettori aerei dovrebbero essere individuate riducendo il margine tra il minimo ed il massimo, al fine di evitare il rischio che una eccessiva discrezionalità nell'attività di individuazione in concreto della sanzione si traduca in una violazione del principio di legalità, applicabile anche alle sanzioni amministrative ai sensi dell'articolo 23 della Costituzione, secondo cui spetta alla legge individuare, sia pure in astratto, la sanzione applicabile;
il principio di legalità richiede che l'ampiezza del divario tra il minimo ed il massimo della sanzione non ecceda il margine di elasticità necessario a consentire l'individualizzazione della sanzione in concreto, secondo i criteri di cui all'articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto altrimenti la predeterminazione legislativa della misura della pena diverrebbe soltanto apparente ed il potere conferito all'organo competente ad irrogare la sanzione si trasformerebbe da potere discrezionale in potere arbitrario;
come evidenziato dalla XIV Commissione nel parere espresso il 17 dicembre 2008, che, nell'ambito del regime sanzionatorio definito dallo schema di decreto legislativo, non tutti gli obblighi sanciti dal Regolamento (CE) n. 1107/2006 appaiono corredati di una sanzione;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) agli articoli 3 e 4, comma 1, ove non si ritenga sufficiente la normativa penale antidiscriminatoria vigente, le condotte ivi previste siano sanzionate penalmente, secondo i principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, della legge comunitaria 2007;
2) sia ridotto il margine tra il minimo ed il massimo delle sanzioni amministrative previste dagli articoli 5, 6 e 7;

e con le seguenti osservazioni:
a) valuti il Governo l'opportunità di ridurre al sanzione massima prevista dall'articolo 4, comma 2, al fine i renderla omogenea con altre sanzioni previste dall'ordinamento per violazioni omogenee e di pari offensivita;
b) valuti il Governo l'opportunità di prevedere - in conformità a quanto disciplinato dalla normativa comunitaria - specifiche sanzioni amministrative per

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tutte le violazioni degli obblighi definiti dal Regolamento ed, in particolare, dall'articolo 5 in relazione alla designazione da parte del gestore aeroportuale di punti di arrivo e di partenza all'interno del perimetro aeroportuale o in una zona sotto il controllo diretto del medesimo sia all'interno che all'esterno dei terminal, presso cui le persone con disabilità o le persone a mobilità ridotta possano agevolmente annunciare il proprio arrivo in aeroporto e chiedere assistenza.

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ALLEGATO 2

5-00638 Mecacci ed altri: Sulla necessità di riformare la materia della responsabilità civile dei magistrati.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'atto dì sindacato ispettivo in discussione gli interroganti segnalano che a seguito della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 12 giugno 2006, C-173-03, costituirebbe violazione del diritto comunitario omettere di procedere ad una revisione della legge 13 aprile 1988 n. 117, cosiddetto Vassalli, sulla responsabilità civile dei magistrati.
Tale sentenza, infatti, avrebbe statuito che «il diritto comunitario osta a una normativa nazionale che escluda la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado, per il motivo che la violazione controversa risulta da un'interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale». In particolare, nell'interrogazione si prospetta che sarebbe inopponibile l'attuale limite del dolo o colpa grave posto all'azione di rivalsa dello Stato nei confronti dei magistrati.
Senza volersi in questo momento soffermare sulle valutazioni di carattere politico relative all'iniziativa legislativa eventualmente da assumere sul punto, sotto il profilo tecnico si rileva che la decisione del giudice comunitario e la disciplina interna richiamata si pongono su piani del tutto differenti.
La questione pregiudiziale posta all'attenzione della Corte aveva ad oggetto la compatibilità della legge 13 aprile 1988 n. 117 con il principio di responsabilità comunitaria dello Stato, nella parte in cui esclude che possa dare luogo a responsabilità l'attività d'interpretazione di norme di diritto o di valutazione del fatto e delle prove, nonché nella parte in cui limita detta responsabilità ai casi di dolo o colpa grave del magistrato (articolo 2).
Mentre sotto il primo profilo il principio di responsabilità entrerebbe in contraddizione con la funzione giurisdizionale, e cioè con il principio di indipendenza del giudice, sotto il secondo profilo il contrasto si porrebbe con il limite introdotto dal legislatore in funzione di bilanciamento fra responsabilità civile e peculiarità della funzione giurisdizionale.
Il Collegio dell'Unione trova la soluzione attraverso il riferimento alla nozione di violazione manifesta del diritto comunitario: le attività proprie della funzione giudiziaria ed i limiti introdotti dal legislatore nazionale alla responsabilità civile dei magistrati - dice la sentenza - non hanno rilievo se conducono ad una violazione manifesta del diritto comunitario.
Il piano della responsabilità civile del magistrato è, quindi, completamente differente da quello della responsabilità dello Stato, tanto che eguale responsabilità lo Stato avrà per l'ipotesi in cui il giudice abbia fatto esatta applicazione delle norme di diritto interno che siano, però, in conflitto manifesto con il diritto dell'Unione.
L'illecito comunitario, cioè, non è un illecito giudiziario - come è stato rilevato negli studi che hanno commentato la decisione della Corte di giustizia - ma un illecito dello Stato. E l'attività d'interpretazione ed applicazione di norme non

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rappresenta un ostacolo, perché la responsabilità non è di diritto interno, ma di diritto comunitario.
Infatti, nel caso Brasserie du pécheur-Factortame esaminato dalla decisione della Corte di giustizia del 5 marzo 1996, cause riunite C-46 e C-48/93, il principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario è affermato con riferimento ad ogni organo dello Stato membro che abbia dato origine alla trasgressione. Lo Stato, così come accade nell'ordinamento giuridico internazionale, è infatti considerato nella sua unità, senza che rilevi la circostanza che la violazione da cui ha avuto origine il danno sia imputabile al potere legislativo, giudiziario o esecutivo.
Le peculiarità dell'organo, ai fini della responsabilità civile, rilevano solo dal punto di vista dell'illecito di diritto interno, in quanto in questo caso la responsabilità è riconducibile, appunto, allo specifico organo.
Nel caso dell'illecito comunitario tale limite non ha ragion d'essere in quanto, considerato «dall'esterno», lo Stato rileva come unità e, si ripete, quale sia l'organo agente è circostanza irrilevante per il diritto comunitario. Mentre, dunque, dal punto di vista della responsabilità di diritto interno le peculiarità della funzione possono costituire un limite alla responsabilità stessa, dal punto di vista dell'illecito comunitario restano irrilevanti, posto che soggetto agente si intende non l'organo ma lo Stato. L'illecito, si è detto, è dello Stato e non del giudice.
Nel caso di responsabilità dello Stato per violazione comunitaria derivante da provvedimento giurisdizionale non trova applicazione, quindi, la legge n. 117 del 1988, perché la fattispecie non è di illecito giudiziario, ma di illecito dello Stato in senso proprio. Il problema, cioè, non è di difformità della legge italiana (sulla responsabilità civile dei magistrati) rispetto all'ordinamento comunitario, ma di mancanza dei presupposti di applicabilità della normativa in discorso.
Da tali premesse discende, pertanto, che la normativa posta dalla legge n. 117 del 1988, come rilevato anche dalla dottrina, non è in contrasto con la decisione della Corte di giustizia richiamata nell'interrogazione.
Ciò chiarito in ordine alla prima questione sollevata nell'atto di sindacato ispettivo si fa presente, peraltro, con riferimento all'ulteriore quesito formulato dagli Onorevoli interroganti, che la riforma della responsabilità civile dei magistrati costituisce uno degli obiettivi del Ministero della Giustizia e la sua elaborazione sarà avviata all'esito del varo della riforma del codice di procedura civile - già approvata dalla Camera dei Deputati il 1o Ottobre 2008 ed ora all'esame delle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali del Senato.

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ALLEGATO 3

8-00022 Lo Presti: Sulla discplina dell'azione risarcitoria collettiva.

NUOVO TESTO APPROVATO DELLA RISOLUZIONE

La II Commissione,
premesso che:
dal 1o gennaio 2009, saranno efficaci le disposizioni in materia di azioni risarcitorie collettive di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo;
si sottolinea l'esigenza di modificare tale disciplina per evitare delle distorsioni applicative che potrebbero essere pregiudizievoli sia per gli utenti e consumatori che per le imprese nonché per il buon andamento dell'amministrazione della giustizia;
rilevato che nella riunione del 18 dicembre 2009 il Consiglio dei Ministri ha adottato il cosiddetto decreto legge milleproroghe, prevedendo, tra l'altro, il rinvio di sei mesi del termine di acquisizione di efficacia della predetta normativa sull'azione risarcitoria collettiva;
si esprimono forti perplessità sull'intenzione del Governo, confermata dalla sottosegretario per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati nella seduta Commissione giustizia della Camera del 9 dicembre 2008, di presentare al Senato un emendamento al disegno di legge n. 1195, volto a sostituire il predetto articolo 140-bis, nonostante che la Commissione giustizia abbia avviato il 2 ottobre 2008, l'esame delle proposte di legge in materia di azione risarcitoria collettiva;
si auspica che non si ripeta anche in questa legislatura quanto accaduto nella precedente, quando si è proceduto all'approvazione della nuova normativa sull'azione collettiva risarcitoria senza alcuna discussione da parte del Parlamento, in ragione della circostanza che il testo fu inserito dal Senato nel disegno di legge finanziaria, per quanto la Commissione giustizia della Camera avesse già da tempo in esame i progetti di legge in materia;
sarebbe auspicabile, tenendo conto dell'iter già in corso delle proposte di legge all'esame presso la Commissione giustizia della Camera, la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge in materia ovvero di apposite proposte emendative,
sarebbe auspicabile, tenendo conto dell'iter già in corso delle proposte di legge all'esame presso la Commissione Giustizia della Camera, la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge in materia ovvero di apposite proposte emendative;

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative di propria competenza, affinché sia mantenuta la proroga del termine in cui acquisteranno efficacia le disposizioni in materia di azione risarcitoria collettiva.