XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 22 gennaio 2013

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Adnkronos del 10 gennaio 2011, una coppia di fidanzati ventenni, lavoratori stagionali a Madonna di Campiglio, sarebbe stata arrestata dai carabinieri con l'accusa di avere avviato una piccola coltivazione di marijuana nella loro abitazione. Nel caso di specie i carabinieri avrebbero perquisito l'abitazione di proprietà del ragazzo, situata nel centro di Campiglio, trovando due piante di marijuana di 40 centimetri sistemate in una serra ricavata in un armadio;
   nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali sarebbe inconcepibile una destinazione al mercato del ricavato;
   anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
   il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare, ad avviso degli interroganti, davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
   in data 24 luglio 2009 la prima firmataria del presente atto ha depositato il progetto di legge n. 2641 rubricato «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione della coltivazione domestica di piante dalle quali possono essere estratte sostanze stupefacenti o psicotrope»;
   la citata proposta di legge intende modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere, come opportunamente evidenziato nel provvedimento adottato dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano, dottor Guido Salvini, la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
   l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
   è opinione della prima firmataria del presente atto che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente, anche in quantitativi di significativa consistenza;
   appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il testo unico sugli stupefacenti così come interpretato da un certo orientamento giurisprudenziale, nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo –:
   di quali informazioni dispongano circa la notizia diramata dall'agenzia di stampa Adnkronos e riportata in premessa;
   se il Governo non ritenga di dover fornire dettagliati elementi in ordine agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e, in particolare, con riferimento a: a) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; b) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; c) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; d) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
   se, anche alla luce di operazioni di polizia quali quelle riportate in premessa, il Governo non reputi di dover intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana, sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica», venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-19358)


   BARBATO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 14 ed il 15 gennaio 2013 c’è stato il blocco del traffico commerciale tra Ischia e la terraferma;
   era stato preannunciato dai forti contrasti e dalle diverse assemblee di categoria delle scorse settimane;
   la protesta di tir e operatori del settore ortofrutticolo ed ittico è stata messa in atto per protestare contro il taglio, deciso dalla compagnia privata Medmar, delle corse notturne da e per l'isola;
   è stato garantito il via libera solo a medicinali, carburanti e camion di rifiuti;
   Ischia resta senza rifornimenti alimentari –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure intendano adottare anche alla luce del possibile protrarsi dello stato di agitazione e delle conseguenze per gli ischitani. (4-19391)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il sito d'informazione giornalistica corriere.it nazionale in data 15 gennaio 2013 ha informato della nascita della European CyberCrime Center (o EC3) che l'11 gennaio ha inaugurato ufficialmente la propria sede;
   l'organismo era tra le priorità annunciate dal commissario per l'Agenda digitale Neelie Kroes;
   si occuperà dei reati via web;
   costituita a l'Aia sotto la direzione dell'ex capo della polizia danese, Troels Orting;
   sarà una delle forze speciali di sicurezza;
   il nuovo centro europeo contro il cyber crimine ha mosso i primi passi già con l'inizio dell'anno nuovo e venerdì 11 gennaio 2013 ha inaugurato ufficialmente la sede;
   sarà uno dei punti nevralgici dove si combatterà la guerra digitale;
   avrà come obiettivo contrastare malware e difendere gli utenti da operazioni sofisticate e massive o laddove si mira a mandare in tilt siti web di istituzioni e banche o a rubare dati sensibili o scambiarsi comunicazioni criminali. La sensibilità della Commissione europea in materia di cybersicurezza era peraltro stata rimarcata in più di un'occasione, ultima delle quali l'introduzione della sicurezza informatica tra le nuove priorità enunciate da Neelie Kroes;
   l'EC3 è costituito da 43 esperti di sicurezza che si occuperanno di presidiare la rete per difendere gli interessi degli utenti (privati o pubbliche istituzioni) e per sgominare associazioni criminali che si avvalgono di metodi di anonimizzazione e cifratura per comunicare liberamente online senza essere intercettati. A coordinare il lavoro della polizia informatica è Troels Orting, già a capo della polizia danese e con una lunga esperienza nell'unità anticrimine tecnologico. La sede è la stessa dell'Europol, a l'Aia, e anche il budget a cui attingerà i fondi per il 2013 è il medesimo della polizia europea: 7 milioni dei circa 80 a disposizione dell'Europol. In tempi di crisi economica non sarebbe stato semplice reperire nuovi fondi, ma l'impegno della Commissione ha permesso che l'EC3 venisse realizzato col budget di Europol, e l'obiettivo per il futuro è aumentare i soldi a disposizione;
   l'EC3 collaborerà con le unità anticrimine informatico dei Paesi membri dell'Unione europea, con alcune istituzioni comunitarie come l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e delle informazioni (Enisa), L'European College Police ed Eurojust, l'Fbi, i servizi segreti statunitensi, alcune grandi aziende specializzate in sicurezza come Microsoft, Google, Symantec e McAfee e i principali sistemi di pagamento online come VISA, MasterCard e Paypal –:
   se i Ministri interrogati per quanto di competenza assumeranno iniziative in Italia tese alla divulgazione/pubblicizzazione del lavoro svolto dall'EC3, favorendone la conoscenza. (4-19395)


   COMMERCIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le violente grandinate che a ridosso della metà di gennaio si sono abbattute sulle colture protette e sugli agrumeti della Sicilia sud-orientale rischiano di portare al collasso numerose aziende agricole già pesantemente colpite dalla crisi, dal crollo dei prezzi e dei consumi dei prodotti del comparto e dagli ostacoli per l'accesso al credito;
   a due giorni dagli eventi la situazione nelle campagne è diventata esplosiva ed i danni, soprattutto quelli dei settori agrumicolo e delle colture protette, sono ingenti ma non ancora quantificabili;
   il maltempo sta contribuendo a mettere in ginocchio il comparto agricolo, l'unico comparto economico costretto ad osteggiare le avversità atmosferiche che in qualunque momento ed in maniera inaspettata possono danneggiare un'intera annata produttiva;
   le associazioni di categoria siciliane, dopo avere allertato gli ispettorati competenti, hanno invitato gli agricoltori interessati ad effettuare tempestivamente le segnalazioni affinché si possa procedere alla delimitazione delle aree danneggiate ed attivare l’iter per il riconoscimento dei danni –:
   se non ritengano di dover adottare interventi economici per risollevare le sorti di un settore economico, quello agricolo, già fortemente penalizzato dalla crisi economica ed attivare immediatamente le procedure per il riconoscimento dello stato di calamità naturale al fine di consentire agli agricoltori siciliani danneggiati dalle violente grandinate che si sono abbattute nei giorni scorsi sull'isola di accedere ai contributi del fondo di solidarietà nazionale-calamità naturali. (4-19398)


   GIOVANELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel Bilancio di previsione per l'anno 2013, al netto dei risparmi di gestione imposti per legge e da riservare al Ministero dell'economia e delle finanze, per il Programma di «Protezione civile» risultano stanziati complessivamente 2.461.518.701 euro di cui:
   1.196.318.917 euro per mutui contratti dalle Regioni a seguito delle calamità naturali;
   1.169.772.735 euro per fondi finalizzati cioè destinati dalle norme di attuazione di specifici interventi (tra i quali sono ricompresi 550.000.000 di euro per il fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del maggio 2012, i 42.830.589 euro per la gestione della flotta aerea antincendio, i 47.000.000 di euro stanziati dalla legge di stabilità 2013 per i vari eventi calamitosi verificatori dal 2009 al 2012 e i 250.000.000 per gli eventi alluvionali del novembre 2012); 42.358.000 euro per le spese obbligatorie di funzionamento del dipartimento della protezione civile;
   53.069.049 euro che rappresentano il Fondo per la protezione civile, cioè le somme che il Dipartimento può destinare alle attività di previsione e prevenzione delle emergenze e al resto delle attività istituzionali;
   a fronte di tale stanziamento, il dipartimento ha più volte rappresentato al Ministro dell'economia e delle finanze che i fabbisogni finanziari relativi alle attività di competenza per il 2013 superano di circa 25.000.000 di euro le disponibilità correnti (solo gli oneri stipendiali per il personale in servizio sono stimati in 66.000.000 rispetto ai 40.000.000 assegnati), non considerando gli avanzi di esercizio che verranno definitivamente accertati solo in sede di approvazione del bilancio consuntivo, non prima del maggio 2013;
   ciò ha già determinato un taglio consistente alle spese per convenzioni con università, istituti, centri di ricerca scientifica, enti e amministrazioni nonché dei finanziamenti alle organizzazioni di volontariato pari a circa il 42 per cento passando dai 28.000.000 del 2012 ai 16.000.000 della previsione 2013;
   desta allarme il fatto che nel 2013 la flotta aerea per il concorso statale alla lotta agli incendi boschivi sarà composta da soli 14 Canadair, a fronte dei 33 mezzi aerei schierati sul territorio nella stagione estiva del 2012, in conseguenza del mancato reperimento di circa 48.000.000 di euro necessari a garantire l'operatività di 19 velivoli, ovvero degli 8 Fire Boss, dei 4 S-4, dei 2 AB 212 della marina militare, del CH 47 e dell'AB 205 dell'esercito italiano, dei 3 AB412 della capitaneria di porto e dei vigili del fuoco;
   per i costi sostenuti per far fronte alla grande nevicata del febbraio 2012 a fronte dei 2.7 miliardi stimati dalle Regioni la legge di stabilità mette a disposizione solo 47.000.000 per altro da suddividere tenendo conto di tutte le calamità verificatesi dal 2009 al 2012 e di 250.000.000 da destinarsi però ai costi indotti dall'evento alluvionale del 2012;
   da notizie di stampa risulta che l'assoluta mancanza di risorse avrebbe portato a bloccare nei giorni scorsi la dichiarazione dello stato di emergenza a seguito degli eventi alluvionali in Umbria del novembre 2012 che avrebbe richiesto l'esborso di 7 milioni di euro e che analoga situazione rischia di verificarsi per quanto analogamente avvenuto sempre in novembre 2012 in Emilia Romagna, Marche e Liguria e Venete –:
   se condivida l'allarme per l'oggettivo altissimo rischio per l'incolumità dei cittadini e per il patrimonio boschivo nazionale rappresentato dal dover affrontare il pericolo incendi della prossima stagione estiva con una dotazione di mezzi aerei così esigua;
   se coerentemente con la meritoria e orgogliosa affermazione da Lei fatta rispetto alla insussistenza di «polvere sotto il tappeto» a seguito della sua azione di Governo, ritenga che sia suo dovere assumere provvedimenti urgenti prima della scadenza del suo mandato per fronteggiare lo stato di cose descritto che, per la delicatezza delle questioni interessate, suscita massimo allarme e risulterebbe essere un lascito irresponsabile nelle mani del futuro Governo e del futuro Presidente del Consiglio dei ministri. (4-19407)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Istat ha comunicato che nel settembre 2012 rispetto a gennaio 2007, il prezzo al consumo del pane fresco aumenta del 22,1 per cento e quello della pasta di semola di grano duro del 36,6 per cento;
   per la filiera del pane, i prezzi alla produzione agricola del frumento tenero raggiungono l'aumento più alto a febbraio 2011 (+67,3 per cento rispetto a gennaio 2007). Analogo andamento mostrano gli indici dei valori medi unitari alle importazioni del frumento tenero, con un picco registrato ad aprile 2008 (+62,7 per cento rispetto a gennaio 2007);
   a luglio 2012 i prezzi alla produzione della farina sono superiori del 40,1 per cento rispetto a quelli di gennaio 2007. I prezzi alla produzione del pane fresco risultano in leggera e costante crescita dall'inizio del 2008. Rispetto a gennaio 2007, a luglio 2012 i prezzi aumentano del 14,4 per cento. L'andamento dei prezzi al consumo del pane fresco mostra un leggero ma costante aumento e non sembra aver risentito delle forti oscillazioni delle materie prime;
   la notizia è stata diffusa dall'Agenzia Italpress il 17 gennaio alle 2013 –:
   se i Ministri interrogati siano informati su questi dati e di quali notizie dispongano in relazione all'indagine menzionata nonché quali misure si intendano assumere per il contenimento dell'inflazione. (4-19410)


   BARBATO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in provincia di Avellino sono stati rinvenuti, per un totale di 18 mila litri, impianti di distribuzione di gasolio per autoveicoli totalmente abusivi, con due serbatoi ciascuno con novemila litri di capienza;
   gli uomini della Guardia di finanza del Nucleo mobile di Avellino, alla guida del tenente Raffaele Del Vecchio, li hanno scoperti a Montemarano e Cesinali nell'ambito di una operazione tesa a contrastare le frodi nel settore della commercializzazione dei carburanti per autotrazione. Sequestrate anche 5 tonnellate di gasolio;
   la notizia è del sito del mattino.it edizione Avellino del 21 gennaio 2013;
   la crisi economica, l'aumento delle accise, starebbe favorendo secondo organi di informazione il mercato clandestino dei carburanti –:
   anche alla luce dei fatti esposti in premessa quali misure intendano assumere i Ministri interrogati per sventare abusi e danni economici nel settore.
(4-19418)


   BARBATO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Montegrotto provincia di Padova l'ente ha chiesto la restituzione dell'immobile che ospita la caserma;
   rischiano lo sfratto i militari della stazione dei carabinieri di via Neroniane;
   l'Ater, la proprietaria dell'immobile, ha infatti chiesto la restituzione dell'edificio dove oggi si trova la caserma;
   «Tutta colpa del Ministero degli interni, spiegano a Montegrotto», si legge nell'articolo pubblicato da il corriere.it ed. Padova del 16 gennaio 2013;
   la caserma, costruita 5 anni fa, è stata infatti finanziata grazie a un mutuo acceso dall'ente per l'edilizia residenziale. In cambio il comune si è impegnato a versare un affitto di 75 mila euro l'anno in attesa che i soldi promessi fossero erogati dal Viminale. Soldi che, vista la situazione in cui è precipitata l'economia italiana negli ultimi anni, ora mancano. Risultato ? L'Ater non è più in grado di restituire il finanziamento chiesto alle banche e ora chiede la restituzione dell'immobile –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa quali misure intendano assumere i Ministri interrogati per assicurare il regolare funzionamento della caserma saldando eventualmente il mancante economico.
(4-19419)


   BARBATO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   gli F35 sono non sicuri per i piloti italiani;
   lo rivela un rapporto della Difesa Usa che spiega come nel tentativo di alleggerire i cacciabombardieri di nuova generazione si è resa troppo sottile la corazza del serbatoio del carburante, con maggiore pericolo di esplosione non solo per il fuoco nemico;
   gli F35 sono a rischio fulmine;
   la notizia è stata data dal sito di repubblica.it del 21 gennaio 2013;
   secondo il Sunday Telegraph, che ne ha rivelato l'esistenza, l'avveniristico e costosissimo cacciabombardiere Usa di ultima generazione, l'F-35 Jsf Lockheed Martin, potrebbe esplodere se venisse colpito non solo da fuoco nemico, ma anche da un fulmine. La causa di questa vulnerabilità sarebbe legata al serbatoio del carburante. I tecnici della Difesa, scrive il Telegraph, avrebbero scoperto che nella continua ricerca di soluzioni per alleggerire il jet i progettisti e le aziende costruttrici hanno ridotto anche lo spessore dell'involucro del serbatoio, rendendolo così più vulnerabile, rispetto ai jet di vecchia generazione, sia al fuoco nemico che ai fulmini;
   il giornale cita il rapporto dell’Operational Test and Evaluation Office del Pentagono, affermando che esso vieta ai 63 F-35 finora realizzati (il progetto complessivo è di 2.443 esemplari per un costo di 396 miliardi di dollari, con la partecipazione dell'Italia) di volare a meno di 45 km da un temporale. Almeno finché non sarà ripristinata la «corazza» del serbatoio;
   l'Italia ha già finanziato l'acquisto di 90 caccia F-35 (inizialmente erano 131) per l'aviazione e per la Marina: due terzi sono modelli «tradizionali» Lightning 2; un terzo invece F-35B a decollo corto ed atterraggio verticale, quelli sui quali finora si sono registrati i problemi maggiori durante i test. I primi tre esemplari, secondo il programma, saranno consegnati quest'anno. Allo Stato dovrebbero costare inizialmente circa 80 milioni di dollari l'uno per una spesa finale di oltre 12 miliardi di euro;
   l'Italia ha partecipato all'intera avventura del progetto «Joint Strike fighter»;
   se il Ministro sia a conoscenza del rapporto americano sulla mancata sicurezza degli F35 e quali misure urgenti si intendano assumere a garanzia dell'incolumità dei piloti italiani. (4-19425)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 gennaio 2013 è stato pubblicato il servizio sul corriere.it dal titolo: «Eni, la difficile partita del gas Rischio arbitrato con la Norvegia» a firma di Stefano Agnoli;
   rivedere le condizioni economiche delle forniture di gas da Gazprom, che anche nel 2013 saranno per l'Eni fonte di perdita. Paradossalmente, però, il problema principale per il Cane a sei zampe non pare oggi essere il «fronte russo», quello da cui arrivano (con l'Algeria) i maggiori quantitativi di gas (una ventina di miliardi di metri cubi, su un totale stimabile tra i 70 e i 75 miliardi acquistati all'estero);
   la rinegoziazione dei contratti di lungo periodo è stata avviata con tutte le compagnie dei Paesi fornitori, ma la maggiore difficoltà che l'Eni affronta riguarda la trattativa con la Norvegia, e in secondo luogo quella con l'Olanda. La Statoil (nei giorni scorsi oggetto dell'attacco qaedista a In Amenas) avrebbe mostrato scarsa elasticità e non sarebbe disposta a concedere una revisione del prezzo relativo ai circa 12 miliardi di metri cubi di gas ceduti dal Paese scandinavo;
   Scaroni non esclude che nel caso non si trovi un accordo soddisfacente l'Eni decida di fare ricorso a un arbitrato internazionale. Un'opzione che per il momento sarebbe quella più probabile nel caso della trattativa con i norvegesi. Ma risulta essere complicato anche il negoziato in corso con Gas Terra (50 per cento Stato olandese, 25 per cento ognuno per Exxon e Shell), alla quale di recente il gruppo Eni ha dovuto riconoscere 690 milioni di euro proprio in seguito a un arbitrato (perso) sui prezzi. Dall'Olanda il Cane a sei zampe acquista 10-11 miliardi di metri cubi di gas l'anno;
   nel 2011 la perdita operativa della divisione Gas and Power è stata di circa 600 milioni di euro mentre nel 2012, secondo gli analisti, il rosso dovrebbe essere stato di circa 500 milioni (l'equilibrio sarebbe però raggiunto con il profitto della rinegoziazione con l'Algeria chiusa più di un anno fa) e la previsione 2013 è di una nuova perdita di 400 milioni. Nell'ultimo bilancio disponibile (quello 2011) l'Eni scriveva che dal crollo del mercato gas a partire dal 2009, il gruppo aveva accumulato costi differiti per 2,22 miliardi, pagando anticipi per 1,76 miliardi;
   un solo dollaro di variazione nel prezzo del petrolio, calcola Andrea Scauri di Mediobanca, vale per l'Eni 260 milioni di euro di margine netto, più o meno metà delle perdite di un anno di gas. Se nel 2013, poi, arrivasse la vendita del 30 per cento del maxigiacimento mozambicano di Mamba (ora l'Eni ha il 70 per cento e vuole scendere), l'incasso potrebbe valere 6,7 miliardi di dollari. Gli arbitrati sul gas con norvegesi e olandesi, insomma, farebbero poca paura –:
   di quali notizie disponga in merito il Governo e quali misure intenda assumere alla luce anche di queste novità esposte in premessa. (4-19426)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la scuola della ceramica di Capodimonte rischia di finire «accorpata», gli studenti hanno protestato con un video, pubblicato sul sito de ilmattino.it in data 22 gennaio 2013;
   il rischio di accorpamento è praticamente divenuto realtà;
   l'istituto Caselli, che si trova nel cuore del bosco di Capodimonte, quello dove si insegna l'arte per creare la ceramica napoletana famosa in tutto il mondo, verrà unito a un'altra struttura e rischia di perdere la sua unicità. Le proteste si sono levate alte fin dall'inizio del mese: il mondo della cultura e dell'arte si è schierato al fianco di docenti e studenti, ma per ora i risultati sono stati pochi. Tutte le componenti della scuola, docenti, studenti e personale non docente, hanno anche scritto un documento ufficiale per chiedere di cancellare la decisione –:
   di quali notizie i Ministri interrogati dispongono in materia e quali misure intendano assumere a tutela degli studenti ed a salvaguardia di una tradizione che attira capitali a Napoli. (4-19440)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 22 gennaio 2013 presso l'aeroporto di Fiumicino hanno manifestato contro le nuove regole al vaglio della Commissione Trasporti dell'Unione europea: sit in ai terminal per informare i passeggeri sui rischi della riforma;
   la notizia è del corriere.it edizione Roma del 22 gennaio 2013;
   ventidue ore ai comandi di un aereo contro le attuali dieci. È una delle nuove regole al vaglio della Commissione trasporti europea, contro cui il 22 gennaio 2012 hanno protestato piloti e personale di volo nei principali scali continentali. Sindacati e associazioni di categoria hanno manifestato anche presso i terminal 1 e 3 dell'aeroporto internazionale di Fiumicino, sensibilizzando i passeggeri – tra i quali anche Pierluigi Bersani ed Elsa Fornero – sui rischi dei regolamenti imposti dall'Europa. Una giornata di mobilitazione per la sicurezza aerea, che si inserisce nella più ampia campagna già portata avanti sul sito dal titolo inequivocabile: www.dead-tired.eu;
   insieme agli altri 38mila piloti europei, riuniti nell'Eca, European Cockpit Association, i comandanti delle principali compagnie aeree italiane, compresa l'Alitalia, hanno lanciato una petizione su internet che ha già raggiunto 100mila firme. «Lo scopo è quello di portarla ai ministri dei trasporti europei e bloccare il via libera della Commissione alle nuove regole che dovrebbe scattare a primavera», ha dichiarato il comandante Alessandro Cenci, delegato Cisl. No ai voli notturni lunghi, no alle 22 ore di servizio no stop, no ai 23 giorni di riserva, spiegano i volantini diffusi durante il sit-in al T1 di Fiumicino, promosso dalle sigle sindacali Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo in merito alla protesta inscenata dai lavoratori dello scalo romano.
(4-19441)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il giornalista Marco Lillo sul Fatto Quotidiano del 22 gennaio 2013 scrive che: «Il Monte dei Paschi di Siena nel 2009 durante la gestione di Giuseppe Mussari ha truccato i conti con un'operazione di ristrutturazione del debito per centinaia di milioni di euro di cui oggi i contribuenti italiani pagano il conto»;
   la notizia rientra nell'operazione Alexandria, dal nome di un contratto derivato siglato dal Monte con la banca giapponese Nomura e su cui sono in corso accertamenti da parte dell'attuale consiglio di amministrazione di Mps;
   il contratto, ricostruisce Marco Lillo, impone subito una correzione nel bilancio di 220 milioni di euro ma i consulenti di Pwc e Eidos stanno cercando di quantificare il buco reale nei conti del Monte che, secondo una fonte anonima citata dal nostro giornale, potrebbe salire a 740 milioni di euro. L'operazione Alexandria, al vaglio anche della Procura di Siena, sarebbe servita a Mps per «abbellire il bilancio 2009» scaricando su Nomura le perdite di un derivato basato su rischiosi mutui ipotecari che poi i giapponesi avrebbero riversato sul Monte attraverso un contratto «segreto» a lungo termine non trasmesso dall'allora vertice di Mps, guidato da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, ai revisori dei conti Kpmg e a Bankitalia;
   il consiglio di amministrazione presieduto da Profumo, che sta cercando di far luce sui derivati «segreti» sottoscritti sotto la gestione Mussari, ha già ricevuto una relazione di otto pagine dal titolo «Alexandrià che verrà discussa il prossimo 24 gennaio, alla vigilia dell'assemblea di Mps, e in cui si parla anche di un altro derivato in perdita per il Monte, l'operazione “Santorini”. La relazione, firmata dall'ad Fabrizio Viola, sottolinea che “a fronte dei possibili impatti patrimoniali” derivanti da queste, “operazioni strutturate” il consiglio di amministrazione ha aumentato da 3,4 a 3,9 miliardi di euro le richieste di Monti Bond al Tesoro. Sulla questione è intervenuto il Monte dei Paschi di Siena, che ha confermato come l'incremento di 500 milioni di euro di Monti Bond assicurerà la copertura “degli impatti patrimoniali” derivanti dai derivati, compresa l'operazione Alexandria, la cui analisi verrà sottoposta al consiglio di amministrazione entro metà febbraio» –:
   di quali notizie il Governo disponga in materia e quali misure si intendano assumere a tutela dei clienti bancari.
(4-19442)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   un lancio di agenzia Ansa del 14 gennaio 2013 rende noto che un uomo, per 15 anni, ha riscosso la pensione di invalidità della moglie morta;
   è stato posto agli arresti domiciliari dai carabinieri della stazione di Posillipo (Napoli);
   gli investigatori hanno calcolato che complessivamente ha riscosso 143.000 euro –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo, in relazione alla vicenda segnalata in premessa, per evitare il ripetersi di casi analoghi. (4-19443)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a Vietri sul Mare in Costiera amalfitana si è registrato l'ennesimo crollo roccioso di cui ha dato notizia il positanonews.it diretto da Michele Cinque;
   nell'articolo del 18 gennaio 2013 intitolato «Vietri sul mare ancora una frana e smottamenti ovunque» si legge: «Un'altra frana si è verificata nella tarda giornata di ieri nella frazione Marina. Un muro di contenimento dell'alveo del fiume Bonea ha ceduto sotto una grande quantità di terra che si è riversata nel fiume. Nessun danno a persone o cose, ma cresce la paura anche per il perdurare del maltempo. Un territorio che si sbriciola e che desta notevole preoccupazione. Piccoli smottamenti ci sono stati anche a Molina, Raito e nelle zone alte di Vietri dovuti alla notevole quantità di acqua venuta giù in queste ultime ore»;
   in Costiera Amalfitana transitano ogni anno milioni di turisti –:
   se si intenda promuovere un monitoraggio sulla sicurezza dei complessi rocciosi che si estendono lungo l'intero arco della costa, onde tutelare l'ambiente e l'incolumità dei passanti, residenti e turisti. (4-19444)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   aumentano in Italia i furti di rame oggetto di vendite clandestine sul mercato;
   in particolare, si registrano i continui furti alla rete ferroviaria italiana costringendo i convogli a deviare il proprio percorso, compresi i treni Frecciarossa dell'alta velocità;
   un lancio dell'agenzia Ansa del 20 gennaio 2013 segnala che vi sono stati disagi sulla linea ferroviaria alta velocità tra Napoli e Salerno a causa di un furto di cavi di rame per l'alimentazione elettrica che si è verificato nella tarda serata del 19 gennaio 2013. I convogli – compresi gli Intercity – fanno sapere dalle Ferrovie dello Stato sono instradati sulla linea costiera con un ritardo in media di 10/15 minuti. I tecnici delle Ferrovie stanno già lavorando per il ripristino della rete che potrebbe avvenire nelle prossime ore –:
   quali misure si intendano assumere, alla luce anche del recente furto verificatosi sulla linea Napoli-Salerno, con gravi conseguenze alla percorribilità della tratta e disagi per i viaggiatori giunti con notevole ritardo. (4-19446)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   riferiscono diversi organi di stampa anche on line nei giorni 19 e 20 gennaio 2013, che Giovanna Maria Iurato, ex prefetto dell'aquila, da intercettazioni telefoniche avrebbe detto che le lacrime versate davanti alla casa dello studente dove morirono 8 giovani nel terremoto del 6 aprile 2009 sarebbero state finite;
   si legge che i pm di Napoli hanno chiesto la sua interdizione dai pubblici uffici solo qualche giorno fa, ma oggi iniziano a filtrare le prime indiscrezioni su quel provvedimento;
   Abruzzo 24 ore «Giovanna Maria Iurato ha finto di piangere di fronte alla Casa dello Studente distrutta a poco più di un anno dal terremoto il giorno del suo insediamento al posto di Franco Gabrielli, divenuto poi capo della Protezione Civile Nazionale. Era il 26 maggio del 2010 e come primo atto formale la Iurato deponeva una corona di fiori proprio alla memoria degli otto studenti morti sotto le macerie della Casa dello Studente aquilana. Oggi le intercettazioni fanno luce su quel fatto e fanno riferimento a una telefonata fra la stessa Iurato e il prefetto Francesco Gratteri, intercettata il 28 maggio 2010. «Commentando la sua prima giornata ufficiale – scrivono i pm – nella città martoriata dal terremoto (definita sarcasticamente da lurato “una citta” inesistente, che non c'e»), scoppiava a ridere, ricordando come si era (falsamente) commossa davanti alle macerie e ai bambini rimasti orfani. Una risata non giustificabile dalle circostanze e dagli eventi tragici di quelle ore, che avrebbero imposto al rappresentante del Governo di assumere comportamenti ben diversi e non certo (a proposito di cinismo) legati alla predisposizioni di condotte e strumenti atti a prevenire e/o scongiurare indagini in corso»;
   la vicenda è riportata nella richiesta di misure cautelari firmata dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e dai pm della Dda Vincenzo D'Onofrio, Raffaello Falcone e Pierpaolo Filippelli –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative volte alla sospensione/destituzione da ogni incarico ricoperto dal prefetto Iurato nel rispetto della sensibilità dei familiari che ancora piangono i propri figli persi nel sisma abruzzese. (4-19447)


   BARBATO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Tares, nuova tassa, che nel 2013 sostituirà la Tarsu o la Tia, inciderà parecchio e si prospetta, per la Cgia di Mestre, una «stangata» per i capannoni (+1.133 euro), e aumenti decisamente pesanti anche per i negozi (+98 euro) e per le abitazioni (+73 euro);
   nell'articolo «Tares, nuova tassa sui rifiuti. Allarme Cgia: «Salasso per imprese e famiglie» pubblicato il 12 gennaio 2013 alle ore 16,53 dal sito blitzquotidiano.it si legge che: «L'area geografica della penisola ad essere maggiormente penalizzata sarà quella del Centro. La Tares, denuncia la Cgia di Mestre, peserà soprattutto per gli imprenditori. Secondo l'associazione degli artigiani veneziana, gli aumenti medi stimati per il 2013, rispetto al 2012, saranno molto pesanti: su un capannone di 1.200 mq l'aggravio sarà di 1.133 euro (+22,7%); su un negozio di 70 mq costerà 98 euro in più (+19,7%); su una abitazione civile di 114 mq l'applicazione comporterà un aumento di spesa di 73 euro (+29,1%)»;
   per la Cgia le ragioni degli aumenti sono da individuare nel fatto che la Tares dovrà assicurare un gettito in grado di coprire interamente il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, vincolo non previsto con l'applicazione della Tarsu. In secondo luogo, si prevede una maggiorazione su tutti gli immobili pari a 0,3 euro al metro quadrato con la quale si andranno a finanziare i servizi indivisibili dei comuni (illuminazione pubblica, pulizia e manutenzione delle strade);
   i fatti esposti, ad avviso dell'interrogante, sono tali da richiedere immediati correttivi alla neonata Tares –:
   quali iniziative a fronte dei fatti esposti in premessa il Governo intenda adottare nell'immediato. (4-19448)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Richard Ginori è nata nel lontano 1735, un marchio di eccellenza, storica manifattura di porcellane di Sesto Fiorentino. La più famosa fabbrica di porcellane del mondo;
   il 7 gennaio 2013 il tribunale di Firenze ha dichiarato il fallimento della Richard Ginori Spa;
   un colpo incredibile per il marchio e per i 314 lavoratori in cassa integrazione;
   l'azienda è ora nelle mani del curatore fallimentare che ha avviato l'esercizio provvisorio. La speranza è riuscire a dare una nuova vita alla Richard-Ginori;
   il marchese Carlo Ginori fondò la Manifattura di Doccia nel 1735 e poi l'industriale milanese Augusto Richard nel 1896 la fuse col proprio gruppo, avvalendosi di maestranze e operai-artigiani capaci;
   l'azienda è passata di mano dalla Finanziaria sviluppo di Michele Sindona nel 1970 alla Sai di Salvatore Ligresti nel 1977, dall'acquisizione nel 1998 da parte della Pagnossin spa di Rinaldini fino al passaggio alla Starfin spa nel 2007 (senza dimenticare i vari tentativi di speculazione sulla possibilità di edificare per un valore di almeno 30 milioni di euro, a scopo residenziale, nell'attuale area occupata dalla manifattura e sempre bloccati dal comune di Sesto Fiorentino);
   «il declino è iniziato – dicono gli opera di Sesto Fiorentino – quando i faccendieri e gli speculatori della finanza si sono sostituiti agli imprenditori capaci». Finché la Richard-Ginori ha avuto strategia e visione è cresciuta; quando è finita nelle mani di finanziarie e di controllate che hanno pensato solo a sfruttare il marchio senza investire e rinnovarsi nella produzione e innovazione, si è avviata verso la fine. Si è cercata la grande distribuzione dimenticando l'eccellenza;
   la notizia con videoservizio è stata pubblicata il 21 gennaio 2013 alle ore 11,49 dal corriere.it a firma di Jacopo Gori;
   oggi lo stabilimento è obsoleto, nel maggio 2012 – con debiti oltre i 40 milioni di euro – la fabbrica di Sesto Fiorentino è stata posta in liquidazione volontaria ed è stato nominato un collegio di liquidatori;
   i giudici del tribunale di Firenze, chiamati a pronunciarsi sull'ammissibilità o meno dell'azienda al concordato preventivo, hanno dichiarato il fallimento della società –:
   di quali notizie disponga il Governo e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere a tutela dei posti di lavoro dell'azienda esposta in premessa.
(4-19450)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Altroconsumo – riferisce in data 15 gennaio 2013 – il quotidiano repubblica.it si è rivolta all'Autorità garante delle comunicazioni, dopo circa 20 mila segnalazioni di utenti del 2012 per costi ingiustificati di disdetta e di passaggio ad altro operatore;
   nel servizio di Alessandra Longo si legge che «gli utenti fanno disdetta e poi si ritrovano in fattura costi che non capiscono e che non si aspettavano, da 35 a 107 euro, riporta Altroconsumo. Il decreto Bersani vieta le penali di disdetta, cioè consente agli operatori di far pagare solo costi che siano equivalenti a quelli da loro stesso subìti per questa procedura. Quanto pagano insomma per gestire la pratica e a Telecom per la disdetta della linea. Costi molto variabili, per altro, a seconda dell'operatore, dell'offerta attiva e del tipo di disdetta. L'utente paga molto di più se chiede una disdetta semplice della linea; di meno se fa un cambio operatore. La regola principe, da ricordare, quando si vuole lasciare il proprio operatore è quella di mandare richiesta di una nuova linea a un concorrente, che quindi si occuperà di svolgere le pratiche di disdetta. Per di più, in questo modo, riduciamo a un minimo anche i costi e tempi di attivazione. Mandiamo la disdetta al nostro operatore solo se vogliamo togliere la linea fissa del tutto, a casa, e non averla più»;
   già due anni fa le associazioni dei consumatori avevano accusato gli operatori di far pagare costi di disdetta superiori al dovuto e Agcom ha premuto per una riduzione. Ma, a quanto pare, secondo Altroconsumo non è stato sufficiente;
   questi costi non sono trasparenti nell'offerta commerciale: l'utente non viene messo in condizione di sapere, prima di sottoscriverla, quanto pagherà al momento della disdetta. Non a caso sono in tanti a sorprendersi di trovare questi costi in fattura;
   gli utenti pagano costi ingiustificati al momento della disdetta della linea fissa, fino a 107 euro;
   nel mirino: Fastweb, Infostrada (Wind), Telecom Italia e Vodafone (quest'ultimo è chiamato in causa sia per le offerte Teletu sia per quelle Vodafone; sono due marchi della stessa azienda);
   l'accusa deriva da 20 mila segnalazioni di utenti ricevute da Agcom nel 2012;
   sono decine di migliaia gli utenti che protestano contro costi che ritengono ingiusti, come risulta anche dalle numerose mail ricevute da Kataweb –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure si intendano promuovere a tutela dei consumatori per favorire maggiore trasparenza e difenderli da ingiusti costi. (4-19452)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il MET, organo web delle pubbliche amministrazioni della Toscana centrale ha pubblicato in data 20 gennaio 2013 un lancio dell'agenzia Ansa secondo cui: «Napoli, Roma e Milano resteranno indietro di trent'anni, come già sono, rispetto a Barcellona, Parigi e Francoforte se non si avvia il progetto delle città metropolitane». Se ne dice convinto il ministro della pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi intervenuto a Napoli il 19 gennaio 2013 al primo dei tre appuntamenti del «Sabato delle Idee», iniziativa promossa tra gli altri da Fondazione Sdn e università Suor Orsola Benincasa. Dopo il congelamento della riforma, che prevedeva un taglio sostanzioso delle province, per il futuro il ministro suggerisce di affrontare in maniera organica tutto il problema del governo del territorio «procedendo più o meno contestualmente – ha sottolineato – sia a livello regionale con una riforma parziale del titolo V, sia molto a livello comunale perché i comuni devono diventare in forma aggregata centro di erogazione di servizi e poi su un forte ridimensionamento delle province che comunque devono restare». Tornando sulle difficoltà incontrate per il varo della riforma il ministro ha detto: «I problemi li abbiamo incontrati nella fase finale, quando si è trattato di attuare l'impianto della legge spending review che era stato condiviso dal Parlamento. I problemi sono sorti nella fase attuativa quando si è capito che si faceva sul serio che si dimezzavano sostanzialmente le province e si dava avvio concreto alle città metropolitane di cui si parla da trent'anni e sulle quali siamo in ritardo. C’è stata, a mio avviso, – ha osservato – una falsa interpretazione delle realtà territoriali viste quasi come centri di potere e non come centro di erogazione di servizi e funzioni in modo moderno ai cittadini». Quanto al suo futuro Patroni Griffi ha escluso la possibilità di una candidatura: «Rientro al Consiglio di Stato», ha garantito. Il mancato taglio delle Province ? Per il ministro della Pubblica Amministrazione Filippo Patroni Griffi si tratta di «un'occasione mancata, dove si poteva fare di meglio, ma che non va lasciata cadere». Patroni Griffi è tornato sul mancato varo della riforma che prevedeva il taglio di 25 province, congelata con le dimissioni del governo Monti, intervenendo a Napoli al primo appuntamento della quinta edizione del «Sabato delle Idee» dedicato al tema delle città metropolitane e al riordino delle autonomie locali. Il ministro, che ha ribadito la sua contrarietà all'abolizione delle province, ha disegnato uno scenario possibile per il futuro che preveda l'aggregazione dei comuni e per le province un ruolo di ente amministrativo di secondo livello con funzioni delegate dalle Regioni. «In gioco – ha sottolineato – c’è la capacità del Paese di riformarsi al di là degli ostacoli rappresentati dalle istanze conservatrici e dalle sirene del radicalismo» –:
   se non si intenda chiarire sulle appropriate sedi costituzionali per quali motivi non sono state portate a compimento le normative citate in premessa. (4-19459)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo Monti avrebbe speso circa 2,3 milioni di euro in consulenze;
   lo ha scritto ilfattoquotidiano.it in data 19 gennaio 2013;
   si tratta di consulenze perlopiù esterne stando al servizio: 111 incarichi, più di quanto fece il Governo Berlusconi (108), per una spesa annua di poco inferiore. Tra gli apparati più «generosi» la protezione civile e il dipartimento del turismo;
   i dati sono stati presi da un articolo di Stefano Sansonetti pubblicato su Milano Finanza;
   si apprende che «gli apparati che maggiormente hanno fatto ricorso alle consulenze sono il dipartimento della Protezione civile (19 collaborazioni per un valore di 441mila euro) e quello degli Affari regionali e del Turismo (13 incarichi per 504mila euro). Seguono il dipartimento delle Pari opportunità (9 consulenze per 304mila euro), la Struttura di missione per le procedure di infrazione (6 incarichi da 216mila euro totali) e l'Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione (16 incarichi per 215mila euro). La collaborazione più costosa (retaggio, peraltro, del precedente esecutivo) è quella di Francesca Maffini, coordinatore dell'ufficio stampa di Franco Gabrielli, capo dipartimento della Protezione civile, poco meno di 85mila euro all'anno. Ancora più cara, in proporzione al tempo (sei mesi, dal primo luglio al 31 dicembre 2013), la consulenza di Ivo Virgili al dipartimento degli Affari regionali: l'attuazione di una parte del “progetto turismo” gli ha garantito 60.750 euro»; inoltre vi è pure «una curiosa consulenza offerta da Pietro Vulpani al dipartimento delle Pari opportunità per 60mila euro: il suo incarico era di «Project leader» incaricato di coordinare i gruppi di lavoro e supervisionare le indagini previste per l'azione di sistema» (http://www.ilfattoquotidiano.it) –:
   se le informazioni esposte in premessa corrispondano al vero; (4-19466)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   2012 ancora sostanzialmente in linea con le previsioni, e alcune pesanti incognite per l'anno appena iniziato, per il quale è fissato l'obiettivo del pareggio di bilancio strutturale. Lo spettro che si aggira è quello di una manovra correttiva che il nuovo Governo dovrebbe attuare a primavera per racimolare i miliardi mancanti;
   la notizia o indiscrezione è pubblicata dal quotidiano ilmattino.it del 18 gennaio 2013 che scrive anche: «L'ultimo dato certo è quello diffuso a inizio anno dal ministero dell'Economia, relativo al fabbisogno del settore statale: 48,5 miliardi contro la previsione di 45,4 indicata a settembre nell'aggiornamento del Documento di economia e finanza. Uno scostamento che secondo il Tesoro dipende dall'anticipo a dicembre del versamento delle quote dei mutui dovuti da alcune amministrazioni alla Cassa Depositi; insomma da un fatto contabile privo di conseguenze»;
   nell'articolo a firma di Luca Cifoni si riflette infine che: Il fabbisogno, per di più limitato al solo settore statale, non è comunque il saldo rilevante ai fini europei, che si chiama invece indebitamento netto: questo valore sempre nel Def è previsto per fine 2012 al 2,6 per cento del Pil (41,2 miliardi). Il risultato sarà diffuso ufficialmente dall'Istat il prossimo primo marzo. Per l'anno in corso invece l'indebitamento dovrebbe scendere all'1,8 per cento del Pil, percentuale che però in termini strutturali, ossia al netto degli effetti (negativi) del ciclo economico e delle misure una tantum corrisponderebbe ad uno zero tondo, ossia all'agognato pareggio di bilancio;
   nei prossimi mesi si potrebbero concretizzare alcuni rischi. Il più insidioso riguarda la crescita economica: se la fase recessiva dovesse prolungarsi o addirittura diventare più acuta, allora le pur prudenti stime sulle entrate si rivelerebbero non più realistiche. I segnali giunti finora non sono del tutto scoraggianti: il buon gettito dell'Imu (circa 23,5 miliardi) ha in parte compensato le voci più sensibili alla crisi produttiva. E sotto la lente del fisco la stessa dinamica dei consumi al dettaglio è apparsa meno fiacca di quanto si potesse temere. Ma è chiaro che ulteriori mesi di recessione piena avrebbero un effetto devastante –:
   di quali informazioni disponga il Governo e quali iniziative intenda assumere anche alla luce dell'articolo in premessa, in particolare se si intendano verificare i conti pubblici e se confermi la possibilità di una manovra a primavera. (4-19467)


   PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano il Foglio del 4 gennaio 2013 è apparso il seguente articolo a firma Camillo Langone, su una sconcertante decisione della pubblica amministrazione;
   «sono dei ladri. Dei ladri di parole e quindi, essendo le parole cose, sono ladri e basta. Nella clinica universitaria di Padova hanno rubato la parola “padre”. Al suo posto, nei braccialetti consegnati ai genitori in visita nel reparto di ostetricia, hanno messo un surrogato: la parola “partner”; «...abbiamo preso questa decisione per non offendere la sensibilità di nessuno” dice il direttore della clinica che invece ha offeso la sensibilità di tutti gli uomini»;
   prosegue l'articolo «Io sono un uomo e se faccio un figlio esigo di essere chiamato padre. Non voglio essere definito, io che sono italiano, con una parola inglese; e nemmeno con la sua traduzione: non sono socio di nessuna donna, “socio” è parola del mondo dell'economia e io distinguo l'amore, che è dono, dall'economia, che è scambio di un bene o servizio in cambio di moneta»;
   conclude infine: «Io... non compro i figli nelle banche del seme e non noleggio corpi di donne povere come fanno gli omosessuali bramosi di riprodursi contronatura. Io non sono né partner né socio, e loro sono dei ladri. Hanno rubato ai padri e hanno rubato ai bambini. Che Dio non li perdoni...»;
   si osserva peraltro che utilizzando la parola: «partner» al posto di «padre» è come dire a tutte le donne ricoverate nel reparto: «sappiamo bene che il padre del bambino potrebbe non essere l'uomo che viene a trovare la madre»: una affermazione, questa sì, offensiva –:
   se, alla luce delle norme vigenti e della vicenda riportata sia possibile per le pubbliche amministrazioni alterare l'uso delle parole e quel che è peggio fare quello che all'interrogante appare un grossolano sfoggio di ignoranza sul significato delle stesse, in nome del «politicamente corretto»;
   se non ritenga opportuno diramare direttive per l'uso appropriato della lingua italiana da parte della pubblica amministrazione, dando attuazione al «codice di stile» redatto da Cassese nel 1993.
(4-19468)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   un lancio agenzia de Il Velino del 22 gennaio 2013 riporta le dichiarazioni del presidente Buzzetti dell'Ance che ha dichiarato: «Servono misure urgenti da mettere subito in campo» riferendosi al boom di fallimenti;
   «l'emorragia di posti di lavoro non si arresta ed è ormai arrivata a colpire anche le strutture imprenditoriali più solide – recita il lancio –. L'assenza dei pagamenti da parte della Pa, la restrizione del credito oltre alla cronica, ormai, mancanza di lavoro – denuncia l'Ance – stanno riducendo allo stremo un settore che prima della crisi pesava l'11 per cento del Pil con circa 3 milioni di addetti considerando l'indotto, «La crisi del settore delle costruzioni ha raggiunto livelli tali che rischia di trascinare l'economia italiana nel baratro: l'agenda politica e il prossimo governo devono tenerne conto», afferma il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti, che si rivolge ai candidati premier perché affrontino l'emergenza economica legata al settore. Ad allarmare sono i nuovi dati sui fallimenti di impresa che nei primi nove mesi del 2012 hanno raggiunto la cifra record di 9.500, destinata ancora a crescere. Si tratta di un incremento del 25,5 per cento rispetto al 2009. Record negativo anche per la disoccupazione. I senza lavoro nelle costruzioni sono ormai 360mila, circa 550mila se si considera l'indotto. Una situazione che rischia di peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi se non si metteranno subito in campo interventi utili ad arrestare il declino. Interventi e proposte che l'Ance illustrerà nelle prossime settimane ai candidati premier delle principali forze politiche in campo che hanno accettato di partecipare a un incontro con i vertici dell'Associazione nazionale costruttori edili. In quell'occasione consegnerà ai leader politici un documento con le principali misure da prendere subito per risollevare l'economia: investimenti mirati, riduzione del costo del lavoro, pagamento delle imprese, riattivazione del circuito del credito, nuovo patto di stabilita, revisione della tassazione degli immobili, apertura del mercato e più semplificazioni. Ma non manca anche un riferimento alle strategie per il futuro delle quali il «Piano città», con un programma di investimenti per la rigenerazione urbana e la messa in sicurezza degli edifici, è il punto centrale –:
   quali misure si intendano assumere rispetto ai fatti esposti in premessa ad avviso dell'interroganti gravi da richiedere interventi urgenti per arginare l'ondata di fallimenti registrata dall'Ance. (4-19478)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   sul corriere.it in data 20 gennaio 2013 è stato pubblicato l'articolo: «Fondi scarsi e pochi ricercatori Il record italiano che umilia gli scienziati» a firma di Gian Antonio Stella;
   nel servizio si legge di una denuncia sui meccanismi di assegnazione dei soldi: folle un tetto ai progetti che ogni ateneo può proporre; l'appello: portare i finanziamenti all'1,9 del Pil. Usa al 2,8, area Ocse al 2,38;
   una petizione firmata da 2.067 docenti e ricercatori, affiancati da un secondo documento firmato dai presidenti dei maggiori istituti scientifici che sferza tutti i politici: si impegnino a dare alla ricerca almeno l'1,91 per cento del Pil. Cioè quanto la media europea tra la Finlandia e Cipro;
   oggi l'America mette nella ricerca il 2,8 per cento del suo Pil, contro l'1,26 dell'Italia. E in Germania la Merkel ha lanciato la «Exzellenzinitiative» incrementando i fondi per la ricerca, in cinque anni, di 10 miliardi di euro. Spiega una tabella elaborata su dati Ocse da Federico Neresini, curatore dell'Annuario scienza e società, che i Paesi che più investono in questo settore coincidono con quelli che meglio reggono all'urto dei colossi della manodopera a basso costo come Cina o India: se noi abbiamo 4 ricercatori ogni 1.000 occupati (la metà dell'Europa allargata: 7) la Norvegia ne ha 10,1, la Svezia 10,9, la Danimarca 12,6, la Finlandia e l'Islanda 17... Lo stesso studioso dimostra che se dal 1981 al 1990, nella vituperata Prima Repubblica, siamo passati dallo 0,85 per cento all'1,25 del Pil, da vent'anni non ci schiodiamo da quella miserabile percentuale;
   l'Italia riesce a recuperare solo 60 centesimi a causa dei micidiali marchingegni burocratici: ogni progetto richiede una relazione in inglese di un centinaio di pagine con il prospetto delle spese, delle persone impegnate, dei carichi fiscali, delle combinazioni tra queste e quella legge nazionale e poi la privacy, l'impatto ambientale;
   è in questo contesto che quei duemila docenti hanno scritto al Governo contestando i criteri con cui saranno distribuiti i (pochi) soldi a disposizione della ricerca universitaria con il bando 2012 dei «Prin», Progetti di rilevante interesse nazionale. Cioè «una delle poche fonti di finanziamento accessibili agli studiosi per sviluppare liberamente le proprie ricerche e pubblicarne i risultati». Secondo loro questi criteri sono infatti di «inaudita gravità» per vari motivi. Primo fra tutti: la legge prevede che la selezione nazionale dei progetti meritevoli di essere finanziati sia preceduta da una «preselezione» fatta al proprio interno da un comitato nominato in ogni università dal rettore. Procedura che, tradotta dal linguaggio «buro-accademico», consentirebbe a certi rettori di dare spazio ai loro famigli sbarrando la porta a eventuali geni ribelli. Per non dire di un altro criterio: i progetti scelti per essere girati alla valutazione finale di Roma devono tener conto non solo degli aspetti scientifici ma anche degli «“aspetti di natura strategica”, vale a dire politica o d'immagine, come le “possibili ricadute in termini di visibilità, attrattività, competitività internazionale” dell'ateneo o le eventuali “interazioni con soggetti imprenditoriali”» –:
   quali misure intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, a fronte dei fatti esposti in premessa per arginare il fenomeno dilagante dei giovani scienziati che vanno all'estero, inclusi anche ricercatori ed eccellenze, potenziando i fondi destinati alla ricerca ed agli studi.
(4-19489)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   una ricerca dell'università Bocconi di Milano è stata resa nota nell'articolo «Banche, nuove trappole nei conti correnti. Commissioni e spese di chiusura, più cari del 30 per cento in 2 anni ora si paga anche per la rata del mutuo» del corriere.it del 21 gennaio 2013;
   nel servizio si legge che: «un giorno arrivò anche la commissione per pagare il mutuo. È una spesa dovuta alla banca per versare la rata mensile del finanziamento immobiliare, che prima sostanzialmente non c'era e ora viene richiesta quasi ovunque. È in media di un euro e mezzo, ma può toccare i 2,75 euro. È una delle novità di fine 2012, che i risparmiatori possono trovare sull'estratto conto di riepilogo di dicembre, in arrivo in questi giorni. Le altre cattive notizie sono, rispetto all'anno precedente, il peso della neonata commissione d'istruttoria veloce sugli sconfini, che può toccare i 50 euro al mese (se andate in rosso oltre i 500 euro per più di una settimana); e, più in generale, l'aumento di quasi tutte le spese bancarie nell'anno della grande crisi, dal canone della carta di credito al pagamento delle bollette» inoltre «in due anni le commissioni bancarie si sono impennate, arrivando a incidere sull'estratto conto di dicembre – nella stima di un deposito – tipo per un conto corrente ordinario, vedi grafico e scheda – per 217,20 euro nel mese (considerate le spese di chiusura annue), contro i 159,29 euro di fine 2010: +36 per cento. Un'enormità, sei volte l'inflazione (quella cumulata nel biennio è stata del 5,7 per cento, dice l'Istat). Dà il senso di come le banche, nel loro forse peggior periodo della storia, abbiano posto parziale rimedio alla stretta di liquidità, dei vincoli patrimoniali, del rischio default del debito pubblico incassando dalle famiglie sui conti correnti, dove peraltro in questi due anni la forbice dei tassi si è spalancata. Era dello 0,10 per cento (già quasi nullo, quindi) il rendimento medio di un conto corrente ordinario nel 2011, è crollato allo 0,02 per cento. Come dire che, per guadagnare un euro al netto delle tasse, bisogna lasciarne depositati sul conto 6 mila. Al contrario, il tasso passivo è schizzato dal 12,5 per cento al 18 per cento»;
   i calcoli sono dell'università Bocconi, che per CorrierEconomia ha stimato il peso mensile delle commissioni sul conto corrente (e da questa settimana l'appuntamento diventerà semestrale, con un Osservatorio Banche) di fine anno. Dei 217,20 euro di spesa raggiunti nel mese di dicembre, 128,25 euro, più della metà, sono per commissioni addebitate per le operazioni effettuate nel mese, il resto – 89 euro – per le operazioni di chiusura, che incidono a fine anno. Non si può, dunque, moltiplicare i 217 euro di spese di dicembre per 12 mesi, ma un'idea della spesa annua ce la si può fare, e la morale è che il conto ordinario in una banca tradizionale va evitato, ora più che mai. Meglio i conti on line, o a pacchetto, o se vi accontentate i low-cost (vedi altro articolo). «Il conto corrente sta cambiando pelle – dice Stefano Caselli che ha curato la ricerca, prorettore all'Internazionalizzazione e docente di economia degli intermediari finanziari in Bocconi –. Non è più un supporto agli altri strumenti finanziari, ma un prodotto a sé. Se viene sempre più colpito dalle commissioni rischia di pregiudicare la relazione con il cliente: se sono tartassato, un conto corrente non lo voglio più. Mi serve un mutuo? Faccio un conto a zero spese ed è finita lì. Sui costi di chiusura, poi, pesa molto ora la commissione d'istruttoria veloce, perché le banche vogliono scoraggiare gli sconfinamenti»;
   di quali informazioni dispongono i Ministri interrogati e quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare. (4-19492)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sono stati tagliati 50 miliardi a imprese e famiglie, ma aumentano i finanziamenti alla pubblica amministrazione;
   lo rivelano diversi quotidiani del 14 gennaio 2013;
   è la cifra che emerge da un report relativo al raffronto tra novembre 2011 e lo stesso mese del 2012 firmato dal Centro Studi Unimpresa. Gli impieghi per aziende e famiglie calano del 3 per cento, mentre quelli alle amministrazioni pubbliche sono saliti di oltre 3 miliardi (0,16 per cento);
   il Centro studi Unimpresa punta il dito contro il sistema del credito italiano rilevando che nel raffronto dei primi 11 mesi del 2012 contro la stessa situazione di due anni fa sono quasi 50 i miliardi di euro in meno di prestiti a imprese e famiglie. Su oltre 200 miliardi presi dalla Bce a tassi particolarmente bassi, una buona parte è stata investita in titoli di Stato italiani: lo stock di Bot e Btp è infatti aumentato di circa 140 miliardi;
   «Mentre riducevano i crediti alla cosiddetta economia reale, gli istituti hanno continuato a sostenere la pubblica amministrazione (cioè Stato, Regioni, Province e Comuni): in una situazione generale di rubinetti chiusi “allo sportello”, solo i prestiti alla Pa sono aumentati», rileva Unimpresa. I finanziamenti alla pubblica amministrazione, sottolinea infatti il Centro Studi, sono aumentati di 3,1 miliardi, passando da quota 1.982,5 a 1.985,6 (+0,16 per cento); quelli alle imprese sono crollati di 40,8 miliardi (-4,47 per cento); mentre quelli alle famiglie sono diminuiti di 7,3 miliardi, scendendo da 618,5 a 611,1. In particolare, sul versante famiglie, va registrata una stretta su tutti i tipi di finanziamento: credito al consumo (-3,8 miliardi, -6,06 per cento), mutui (-1,1 miliardi, -0,33 per cento), altri prestiti (-2,2 miliardi, -1,21 per cento). Complessivamente, i prestiti alle imprese e alle famiglie sono scesi in picchiata di 48,2 miliardi, passando da 1.533,3 a 1.485,1 miliardi (-3,15 per cento);
   in questo stesso periodo, sostiene Unimpresa, le banche italiane hanno potuto approfittare delle operazioni di finanziamento a lungo termine azionate dalla Bce (Ltro, long term refinancing operation) grazie alle quali hanno «acquistato» liquidità in più per 201,7 miliardi al tasso fisso dell'1 per cento assicurato dall'Eurotower. Questo tipo di liquidità è passata dai 69,9 miliardi di novembre 2011 ai 271,6 di novembre 2012, facendo segnare un incremento del 288,69 per cento. Denaro che gli istituti del Paese hanno investito quasi interamente in Bot, Btp e altri titoli pubblici italiani: gli asset di obbligazioni pubbliche del Ministero dell'economia e delle finanze in mano alle banche italiane sono passati da 204,5 a 344,3 miliardi (+68,36 per cento) con un'impennata di 139,8 miliardi (http://www.repubblica.it) –:
   di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati circa lo studio condotto e quali misure intendano assumere per quanto di competenza. (4-19497)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   giunge all'interrogante notizia che l'arcivescovo di Yangon, monsignor Charles Maung Bo, descrive ad «Aiuto alla Chiesa che Soffre» il momento attuale della Birmania, a pochi giorni dal sessantacinquesimo anniversario dell'indipendenza celebrato il quattro gennaio 2013 con queste parole: «La principale sfida consisterà nell'educare il nostro popolo e rafforzarne la fede. Dopo quarant'anni di oppressione, dobbiamo apprendere il vero significato di libertà». L'arcivescovo riferisce di passi in avanti nei rapporti con le altre religioni. «In passato la collaborazione tra le diversi fedi era vista con sospetto e ostacolata dal regime militare. Ora che siamo più liberi, auspichiamo un maggiormente proficuo dialogo interreligioso»;
   l'85 per cento dei 55 milioni di birmani professa il buddismo. I cristiani sono circa il 7 per cento della popolazione – i cattolici circa l'1,3 per cento, ovvero 750 mila – e i musulmani il 3,8 per cento. Tuttavia in alcune regioni si registrano elevate percentuali di fedeli cristiani: negli stati di Chin (72,7 per cento), Kayah (39,7 per cento) e Kachin (36,4 per cento); mentre in quello di Rakhine il 28,4 per cento della popolazione è di religione islamica;
   il processo di piccole riforme volto a riabilitare la Birmania agli occhi della comunità internazionale non ha però avuto effetti sulla posizione del regime nei confronti dell'etnia Kachin, in maggioranza cristiana, tuttora vittima di violente persecuzioni, e della minoranza musulmana dei Rohingya; per sviluppo economico e libertà politica, il Myanmar è tra gli ultimi Paesi del mondo –:
   se i fatti riportati risultino al Governo, e se non intenda attivarsi attraverso i canali diplomatici al fine di tutelare la libertà religiosa. (4-19369)


   RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il recente libro Le voci del silenzio, storie di italiani detenuti all'estero (Eclettica Edizioni) di Fabio Polese e Federica Cenci, getta luce sulla situazione dei circa tremila italiani detenuti all'estero, di cui duemila non sono stati ancora condannati;
   gli autori del libro hanno realizzato interviste da cui risultano evidenti casi di trattamento inumano come ad esempio Carlo Parlanti e Fernando Nardini, o Enrico «Chico» Forti, Derek Rocco Barnabei, Mariano Pasqualin, Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni, e si domandano perché non si riesca a far loro scontare la pena in Italia;
   nei primi giorni di gennaio è stato ufficializzato il forte impegno della Farnesina con particolare riferimento al caso di Chico Forti;
   inoltre il 14 gennaio il Ministro ha incontrato alla Farnesina i genitori di Tomaso Bruno assicurando il suo impegno personale sulla vicenda;
   secondo la convenzione di Strasburgo, nei casi che riguardano le persone già condannate, gli uffici consolari, dovrebbero far ottenere al detenuto il trasferimento in Italia per far scontare la pena in uno dei nostri penitenziari; per gli Stati che non hanno ratificato la convenzione di Strasburgo, il trasferimento dovrebbe essere condizionato dalla stipula di un accordo bilaterale –:
   quali iniziative siano in atto o intenda immediatamente attivare in relazione ai casi descritti in premessa;
   quanti e in quali Paesi ci siano detenuti italiani;
   se il Governo non intenda attivarsi per l'applicazione della convenzione di Strasburgo con gli Stati che l'hanno già ratificata o per stipulare gli accordi bilaterali necessari con gli altri Stati per il trasferimento in Italia dei detenuti.
(4-19370)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in via Antignano a Napoli il primo gennaio 2013 ha perso la vita Giuseppe Lombardi, che aveva 81 anni;
   il corpo dell'uomo è stato scaraventato nel cortile dell'abitazione;
   l'intero edificio, abitato da venticinque famiglie, è stato evacuato, per i comprensibili rischi;
   i vigili del fuoco hanno confermato la tesi che a causare l'esplosione sia stato lo scoppio di una bombola di gas ritrovata a fianco al corpo privo di vita dell'uomo;
   escluso qualunque collegamento con l'uso di fuochi illegali;
   la notizia è stata riportata da diversi organi di stampa campani –:
   quali iniziative si intendano assumere da parte dei Ministri interrogati al fine di fissare disposizioni definite e certe circa la tutela della salute umana per quanto attiene il caricamento, trasporto e possesso delle bombole gpl ad uso domestico.
(4-19363)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 gennaio c’è stata una scossa sismica di magnitudo 4,3 sulla scala Richter in provincia di Catania;
   la gente è scesa in strada;
   nella notte c'erano state altre due scosse alle isole Eolie;
   la scossa ha colpito le province di Catania e Messina alle 8.50;
   l'epicentro tra Cesarò (Messina), Maniace e Randazzo (in provincia di Catania);
   l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha spiegato che l'area dei Monti Nebrodi è «una zona sismica, nella quale terremoti di magnitudo compresa fra 4 e 4,5 non sono certamente una sorpresa», e che l'evento sismico è stato preceduto da uno sciame rilevato a livello strumentale, di magnitudo intorno a 1, e seguito da alcune repliche di magnitudo inferiore a 3;
   la scossa principale, avvenuta a dieci km di profondità, è stata infatti seguita da alcune repliche, le più intense alle 8.58 (magnitudo 2.4), alle 9.11 (2,5) e alle 11.12 (ancora 2,5). Alle 5.36 un altro evento sismico, di 2,4, aveva riguardato la costa messinese, tra Patti e Milazzo;
   dalle verifiche effettuate dalla Protezione civile non risultano danni a persone o cose –:
   di quali notizie si disponga circa il territorio della regione siciliana e quali iniziative si intendano assumere a prevenzione di altri eventi e se si intenda richiedere il quadro complessivo della situazione all'Istituto nazionale di geofisica.
(4-19364)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   per Campi Flegrei si intende (fonte Centro meteo italiano) una delle più pericolose aree vulcaniche d'Europa e forse del mondo. I Campi Flegrei si estendono a nord-ovest di Napoli. Si tratta di un'area vulcanica costituita da grandi caldere sotterranee. A Pozzuoli tra il 1970 e il 1972 il bradisismo aveva provocato un sollevamento del suolo di circa oltre un metro e mezzo;
   l'allerta sui Campi Flegrei è passata dal livello «base» a quello di «attenzione», come risulta dal corriere.it ed. Napoli in data 11 gennaio 2013;
   negli ultimi mesi, ha informato il capo del dipartimento Franco Gabrielli, si è registrata nella zona un'accelerazione dei movimenti attorno ai 3 centimetri al mese: un dato che, seppur di gran lunga inferiore a quello registrato durante il bradisismo degli anni ottanta (14 centimetri al mese) è stato definito «significativo» e ha spinto gli esperti ad innalzare il livello d'allerta aumentando la frequenza del monitoraggio;
   nuovi studi hanno consentito di stabilire che, in caso di eruzione vulcanica, le ricaduta di cenere interesserebbe anche parte della città di Napoli. Di qui la necessità di aggiornare i piani d'intervento e d'emergenza, che gli enti locali, secondo le indicazioni del dipartimento, dovranno presentare entro giugno. In caso di evacuazione dell'area, sarebbero ad oggi circa 400mila le persone interessate;
   la regione Campania dovrà fornire, entro il 31 marzo, elementi utili ad una delimitazione ancora più definita della «zona rossa» e del numero di residenti che andrebbero effettivamente allontanati in caso di eruzione del Vesuvio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa quali misure di sua competenza intenda assumere acquisendo mediante l'INGV gli esiti di un monitoraggio da promuovere nell'immediato. (4-19394)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Ezio Amato, uno dei maggiori esperti europei del settore, ex capo delle emergenze in mare dell'Ispra e tra i maggiori esperti europei in tema di inquinamento marino, oggi alle Nazioni Unite a Ginevra, in una intervista al quotidiano La Città, edizione Salerno – pubblicata il 13 gennaio 2013 – ha dichiarato riguardo al recupero e dismissione della nave Concordia che: «Quando la nave si ritroverà in assetto potrebbe essere già tardi per occuparsi di eventuali fuoriuscite di acque contaminate. Le operazioni di svuotamento, se possibile, andrebbero fatte mentre lo scafo è ancora coricato per evitare pericolosi rimescolamenti»;
   inoltre a detta di Amato: «L'acqua sporca ora confinata all'interno del relitto è più densa di quella sovrastante. Perciò andrebbe svuotata prima di muovere lo scafo, per minimizzare i rischi. Non dimentichiamo che l'elenco dei veleni ancora a bordo è lungo. Si va dalle acque nere al diesel dei generatori passando per le enormi quantità di cibo stivate: cibo sufficiente a sfamare quattromila persone per una settimana, tanto durava la crociera, e ora putrefatto» –:
   se il Ministro sia a conoscenza del parere dell'esperto citato in premessa e quali misure di competenza si intendano assumere a tutela della flora e della fauna dell'Isola del Giglio. (4-19399)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 gennaio 2013 si è verificata una frana a Salerno fra Torre Orsaia e Santa Marina, ed è stato chiuso un tratto della «Tirrena Inferiore»;
   la causa, un costone roccioso;
   per la frana verificatasi a seguito delle forti piogge è stata chiusa provvisoriamente al traffico la strada statale 18 «Tirrena Inferiore», al chilometro 203,100 nel tratto compreso tra Torre Orsaia e Santa Marina;
   i veicoli diretti nel Golfo di Policastro sono stati deviati sulla statale 517 «Bussentina» fino all'intersezione con la statale 517 variante, raggiungendo lo svincolo di Policastro e rientrando sulla statale 18 «Tirrena Inferiore». Percorso inverso è stato stabilito per i veicoli diretti negli altri comuni del salernitano;
   l'Anas ha raccomandato agli automobilisti prudenza nella guida;
   i fatti esposti sono ad avviso dell'interrogante preoccupanti è richiedono una immediata verifica dei costoni rocciosi presenti nell'intero comprensorio salernitano inclusi gli affacci sulla Salerno-Reggio Calabria ed altre arterie stradali o bretelle di circolazione –:
   se il Governo intenda procedere nel senso indicato in premessa alla luce dei fatti ivi descritti. (4-19404)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Bagnoli (Napoli) è in corso il progetto deep drilling;
   «Campi Flegrei Deep Drilling Project» è un progetto internazionale di ricerca;
   l'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha detto che: «ha come obiettivo la mitigazione del rischio vulcanico nell'area flegrea attraverso un sostanziale miglioramento della conoscenza della struttura vulcanica e dei meccanismi di attività, con particolare riguardo ai fenomeni bradisismici, attraverso l'installazione in pozzo di sistemi di monitoraggio innovativi»;
   è finanziato dall'ICDP (International Continental Drilling Program), prestigioso consesso scientifico mondiale nel campo delle perforazioni profonde;
   l'approvazione del progetto ha previsto quattro gradi di valutazione scientifica e tecnica, da parte di diverse commissioni di scienziati del più alto livello internazionale;
   il pozzo di prova scavato come prima parte del progetto deep drilling verrà usato in futuro per posizionarvi strumentazione necessaria a monitorare il sottosuolo e i rischi legati ai Campi Flegrei. Lo ha detto il direttore dell'Osservatorio vesuviano Marcello Martini, commentando i risultati della prima trivellazione che si è conclusa;
   la notizia è stata data da un lancio dell'agenzia Ansa del 21 gennaio 2013 ore 14,35 –:
   di quali informazioni si disponga a fronte di questa prima parte del progetto ed a quali si sia già addivenuti per passare alla seconda fase. (4-19422)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il corriere.it in data 6 gennaio 2013 con aggiornamento/integrazione in data 21 gennaio 2013 ha reso nota una video inchiesta choc sui rifiuti in Campania;
   uno degli operai che ha costruito la scuola materna ad Acerra (Napoli) rivela: «Di sera lasciavamo le fondazioni ancora da riempire e la mattina dopo le trovavamo colme di cemento, un cemento di colore strano, giallastro, che puzzava in modo nauseante»;
   l'intero plesso sarebbe stato costruito con rifiuti tossici;
   alcuni bambini stanno accusando tra l'altro allergie, asma e altri sintomi legati alla presenza di inquinanti – dice Alessandro Cannavacciuolo, Guardia ambientale in prima linea contro le ecomafie che ha denunciato il fatto agli inquirenti –. Da mesi aspettiamo un intervento della magistratura che pare non arrivare mai;
   così come tutto fermo è a Palma Campania (Napoli) dove un'intera arteria autostradale sarebbe stata costruita intombando rifiuti tossici;
   su wikipedia già si conoscono colpevoli e opere (alla voce «riciclaggio di rifiuti tossici» si legge testualmente: «Antonio Iovino, imprenditore di 48 anni, di San Gennaro Vesuviano, legato al clan camorristico Fabbrocino, specializzatosi in riciclaggio di rifiuti tossici, è stato condannato in primo e secondo grado perché ha costruito la bretella di collegamento tra il Vallo di Lauro e l'uscita di Palma Campania dell'autostrada A30, con materiale misto a rifiuti pericolosi»), nella realtà, da più di due anni si aspetta che qualcuno vada a vedere cosa effettivamente c’è sotto il manto stradale sul quale, al momento del sopralluogo, campeggiavano grossi pezzi di amianto;
   il pentito di camorra Carmine Alfieri durante gli interrogatori ha spiegato con una certa minuziosità il tipo di sversamento che veniva tombato nelle campagne di quella che una volta era la Campania felix;
   nello stesso posto è stato costruito un grande centro commerciale (firmato dall'archistar Renzo Piano, ndr). A nessuno pare essere importato che durante gli scavi siano stati rinvenuti bidoni di liquami industriali provenienti dalla Germania, il business criminale del clan Alfieri. Ma ora tutto è stato coperto dal cemento mentre i tumori qui hanno falcidiato intere famiglie –:
   se i Ministri siano a conoscenza dell'informazione diffusa dal video servizio di inchiesta giornalistica e se non si intenda procedere a verifiche dei luoghi menzionati e procedere con le normative vigenti in materia ambientale indi per una bonifica urgente. (4-19424)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Napoli, lo zoo, è interessato da un anno da una grave crisi economica ed oggi è in amministrazione controllata;
   tra due giorni non ci sarà più cibo per gli animali;
   a lanciare l'allarme sono i dipendenti della struttura riuniti in assemblea;
   occorrono: fieno, frutta e tutte le altre derrate alimentari sono quasi finite e le tigri, gli uccelli e l'elefante, insieme a tutti gli altri animali, rischiano di rimanere senza cibo;
   la notizia è stata data da un lancio dell'agenzia Ansa del 21 gennaio 2013 –:
   quali misure di competenza intenda assumere il Governo a difesa degli animali ospiti dello zoo di Napoli. (4-19430)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sull'arenile di Policastro Bussentino (Salerno) è stato rinvenuto un delfino morto;
   potrebbe aver perso l'orientamento a causa di una ferita sul ventre;
   lo spiaggiamento sarebbe avvenuto nei giorni scorsi. A notare il mammifero nei pressi del lido Smeraldo, è stato un cittadino di Santa Marina, volontario della protezione civile, che ha subito segnalato il caso al presidente dell'associazione protezione civile ed ambiente di San Giovanni a Piro, Enzo Crisciullo;
   giunto sul posto, il presidente ha informato le autorità competenti per la rimozione della carcassa;
   non sono chiare le ragioni che hanno spinto il delfino ad avvicinarsi così pericolosamente alla costa;
   la notizia è stata data il 7 gennaio 2013 dal sito d'informazione del quotidiano La Città di Salerno –:
   se il Ministro sia a conoscenza di episodi simili lungo le coste italiane e quali misure si intendano assumere a tutela dei mammiferi marini promuovendo un monitoraggio per comprendere le cause alla base degli inspiegabili spiaggiamenti.
(4-19464)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il parco nazionale del Vesuvio dovrebbe essere una riserva incontaminata;
   invece si scorgono in diversi punti sacchi con gli avanzi tessili sono sotterrati nella campagne vicine o accatastati in improvvisate discariche, come quella maxi all'uscita del campo sportivo. La notte c’è qualcuno che le brucia. La diossina che si sprigiona copre i campi di noccioleti, asparagi, verza, cavolfiori... per chilometri. Sotto alcune piantagioni troviamo addirittura amianto fatto a pezzi e centinaia di sacchetti di nilon. Contengono campioni di vestiti, bottoni, chiusure, zip. Anche questi smaltiti nei terreni del Sangiuseppese;
   il corriere.it del 15 gennaio 2013 riferisce che c’è pure «un invaso di liquami fognari e di notte le industrie vengono a sversare coloranti, diserbanti e olii esausti. Sono acque a ridosso dei campi, ormai infiltrate nei terreni. Alcuni contadini le utilizzano per l'irrigazione. Poco più avanti ci sono altri bustoni, di colore nero. Oltre a pezzi di abbigliamento, contengono solventi, colle, vernici, lubrificanti, lacche. Non sarebbe difficile risalire a chi li ha buttati lì. È talmente alto il senso di impunità che le aziende nemmeno si preoccupano di nasconderne la provenienza. In alcune cartelline, con tanto di intestazione, troviamo addirittura le bolle di pagamento con tanto di committenti, indirizzi e cifre. Ce ne sono moltissime che forniscono tessuti da Milano, Bologna, Venezia. Al ritorno del nostro giro troveremo tutto questo in fiamme. L'aria è irrespirabile, occorre coprire le vie respiratorie. Eppure, il ministero della salute, pur riconoscendo un’exploit di tumori in Campania, non è certo che la colpa sia dei rifiuti tossici, quelle che abitano vicino al “Cantariello” dove una montagna di rifiuti tossici, poi coperta con uno strato di terreno, fuma ininterrottamente da quasi due anni a causa delle reazioni chimiche. D'estate sono costretti ad emigrare. Oppure quelli nei pressi delle discariche a Lusciano. Qui l'ultimo caso parla di una bambina di dieci mesi con un tumore al fegato e metastasi in tutto il corpo»;
   i fatti esposti, ad avviso dell'interrogante sono gravi da richiedere un intervento urgente sull'area indicata in premessa –:
   quali iniziative intenda assumere in relazione a tali fatti. (4-19470)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia di stampa Adnkronos in data 22 gennaio 2013 ha battuto notizia secondo la quale esiste «Traffico di cani provenienti da Ungheria e Slovacchia e venduti nei negozi di Torino. A scoprire il traffico di cuccioli sono stati i Baschi Verdi del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino che durante l'operazione denominata «Snoopy» hanno sequestrato 24 cuccioli che avevano un'età compresa, tra i 60 e i 75 giorni, di molto inferiore a quella dichiarata. Il controllo della documentazione esibita ed una visita agli animali hanno consentito di rilevare la falsità dei dati anagrafici dei cuccioli riportati sui passaporti di accompagnamento. Tra le razze di cuccioli sequestrati Bichon Frisè, Bulldog, Carlini, Cavalier King, Chihuahua, Maltesi, West Highland ed altre razze. Denunciati due commercianti per traffico illecito di animali da compagnia» –:
   di quali notizie disponga in merito il Ministro e quali misure intenda assumere circa le notizie di traffici di animali dall'estero con destinazione Italia in particolare alla luce del lancio battuto dall'agenzia di cui in premessa. (4-19475)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sul Vesuvio di Napoli vi sono diversi depositi di rifiuti;
   ne dà notizia il quotidiano Cronache di Napoli del 12 gennaio 2013 riferendo: «discariche sul Vesuvio, torna l'allarme per i cumuli di spazzatura intercettati nelle aree verdi più alte. In particolare a notare dei nuovi allarmanti casi di concentrazione di sacchetti sono state le guardie ambientali, che avrebbero poi riferito alle forze dell'ordine quanto accertato in cima al vulcano» –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro in merito alla valorizzazione del parco del Vesuvio, in particolare quali misure urgenti intenda adottare nell'immediato a prevenzione del decoro e della pulizia alle pendici del Vesuvio. (4-19476)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Raffaele Cantone, magistrato, ex p.m. alla Direzione distrettuale antimafia, dal 2007 è giudice presso l'Ufficio del massimario della Corte di Cassazione;
   sul suo blog personale ha pubblicato in data 18 gennaio 2013 delle considerazioni sul termovalorizzatore di Acerra provincia di Napoli;
   prendendo spunto da un fondo apparso su II Mattino di giovedì 17 gennaio 2012, a firma di Vittorio del Tufo;
   Cantone mette in guardia contro i possibili rischi del riesplodere dell'emergenza rifiuti nel napoletano: «il problema, però, – scrive Cantone – e lo dice con chiarezza Del Tufo, ma in più occasioni ho provato a dirlo anche io sempre su II Mattino – è che la situazione dell'impiantistica nel napoletano non ha fatto un passo avanti nell'ultimo periodo, di neanche un centimetro. Nessuna nuova discarica, nessun nuovo impianto di trattamento dell'organico, nessun significativo aumento della differenziata; i numeri mirabolanti promessi da più parti si sono rivelati l'ennesimo bluff. E c’è di più; la lettera inviata all'UE per evitare le sanzioni prevedeva una road map che da subito mi ero permesso di ritenere un sogno irrealizzabile; firmata da tutte le autorità locali e dal Ministro dell'ambiente si è rivelata l'ennesima promessa da marinai che fra l'altro ci scredita ancor di più sul piano internazionale. (...) L'entrata in vigore della Tares che metterà insieme più tariffe locali e si trasformerà in un altro salasso per i contribuenti onesti che la pagheranno anche per i tantissimi che continuano a non versare alcun tributo locale –:
   quali iniziative di competenza intende assumere il ministro in merito alla situazione di rifiuti e termovalorizzatore alla luce anche delle considerazioni, che l'interrogante condivide, espresse dal magistrato Cantone. (4-19483)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — per sapere – premesso che:
   il 19 gennaio 2013 è stata promossa a Salerno una manifestazione del Coordinamento animalisti salernitano che è sceso in piazza, in nome della tutela dei diritti degli animali. Il gruppo di attivisti si è riunito, a partire dalle 17, in piazza Vittorio Veneto;
   «Animali al contrattacco» è il nome della manifestazione con circa trenta persone di età variabile dai 12 ai 60 anni, tutti uniti dall'intento di dire no alle pellicce e non solo;
   «La morte non è moda»: questo uno degli slogan riportati su striscioni e manifesti, con chiaro riferimento alle torture inflitte agli animali scuoiati vivi per garantire la produzione di pellame. In cima al corteo, che ha sfilato lungo il corso Vittorio Emanuele per poi approdare in piazza Flavio Gioia, passando per Largo Portauova, una bara appositamente costruita dal gruppo, a simboleggiare la pena imposta alle bestie impiegate per fabbricare i capi incriminati;
   la notizia è stata divulgata il 20 gennaio 2013 dal sito d'informazione locale de La Città di Salerno –:
   quali misure intenda assumere il Ministro a difesa degli animali ed in particolare quali restringimenti nell'utilizzo del loro pellame o pelliccia intenda adottare alla luce anche della recente manifestazione menzionata in premessa. (4-19484)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   un lancio dell'agenzia AGI del 18 gennaio 2013 comunica che: «alcuni dei pesticidi usati ampiamente in Gran Bretagna sono seriamente nocivi per le api e non dovrebbero essere usati sulle colture “in fiore”. A dirlo, un nuovo report della European Food Safety Authority che avvisa che i neonicotinoidi non dovrebbero essere usati sulle coltivazioni che attraggono le api perché potrebbero metterle in pericolo di vita, attraverso il polline. I neonicotinoidi sono pesticidi che vengono applicati direttamente ai semi in modo che le colture crescano resistenti agli insetti infestanti. Ma queste sostanze risultano fatali per le api, perché colpiscono il sistema nervoso di queste creature. Molto comune è l'uso di questi pesticidi sulla colza, di cui le api normalmente si nutrono, così come sulla barbabietola da zucchero e sulle piante ornamentali. Il nuovo report potrebbe portare all'introduzione di norme più stringenti, all'interno della Ue, sugli insetticidi. Le api, inoltre, sono esposte alla contaminazione dalle polveri prodotte dai trattamenti a cui sono sottoposte alcune colture, come la barbabietola da zucchero» –:
   di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati circa lo studio inglese condotto sulle sostanze nocive alla sopravvivenza delle api e se gli stessi alla luce dei fatti in premessa intendano vietare l'uso e la circolazione di tali sostanze laddove presenti anche in Italia. (4-19490)


   BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   acque contaminate dal carbone sversate nel Fiume Grande. È questo il sospetto che ha fatto scattare lo stop dell'Arpa allo svuotamento del nastro trasportatore su cui viaggia il combustibile che alimenta la centrale Enel di Cerano, rimasto allagato dopo le abbondanti piogge dei giorni scorsi;
   se le indagini dovessero confermare lo sversamento illecito delle acque contaminate nel Fiume, e persino nei terreni circostanti la centrale, il rischio è che la Procura disponga il sequestro del nastro che determinerebbe la paralisi delle attività della centrale Federico II;
   le piogge dei giorni scorsi hanno allagato gli impianti. Accertamenti sulle operazioni di ripristino della funzionalità da parte dell'azienda, che avrebbero provocato uno sversamento di acqua mista ai residui di carbone nel Fiume Grande e forse anche nei terreni circostanti;
   la notizia in un articolo a firma di Sonia Gioia è stata data da repubblica.it edizione Bari del 19 gennaio 2013;
   le indagini di Arpa e procura sono scaturite dall'esposto di un agricoltore, proprietario di uno dei terreni circostanti la centrale, il cui nome compare nell'elenco delle parti civili che si sono costituisce nel processo appena iniziato contro il colosso energetico. L'accusa a carico dei dirigenti Enel è di avere contaminato campi e colture con la dispersione delle polveri di carbone, levatesi dal nastro trasportatore scoperto – lo stesso che è rimasto allagato nei giorni scorsi. Enel ne ha disposto dunque lo svuotamento, affidando i lavori a una ditta dell'indotto. Lavori che, secondo l'agricoltore che ha firmato l'esposto, potrebbero non essere stati eseguiti a regola d'arte. Lo smaltimento di rifiuti pericolosi, necessita infatti di autorizzazioni speciali, la Procura sta accertando se sono state innanzitutto richieste –:
   i fatti esposti in premessa sono tanto gravi da sollevare un allarme sicurezza ambientale in Italia, dove ogni giorno si registrano indagini e verifiche solo su esposto dei cittadini, anche alla luce dell'ultimo caso di inquinamento ambientale esposto in premessa;
   se intenda procedere ad una verifica/monitoraggio nazionale di tutti i nastri trasportatori che presenti in Italia che portano combustibile alle centrali, nonché quali misure intende assumere in autonomia. (4-19493)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   a Napoli vi sarebbero circa duecento chiese, chiuse e abbandonate, saccheggiate e, di facile accesso;
   candelabri, affreschi, statue, madonne e bambinelli e perfino vasche di marmo, tutto depredato;
   alcune chiese nel tempo sono diventate finanche negozi, officine o abitazioni, altre addirittura discariche;
   la giornalista Amalia De Simone, nota firma del Corriere del Mezzogiorno, ha pubblicato un servizio choc in data 3 gennaio 2013 dal titolo: «Lo scempio delle chiese di Napoli: duecento chiuse e abbandonate»;
   nel servizio, un ex ricettatore di opere d'arte, rivela particolari sconcertanti: «Sono tutte vuote, non c’è rimasto niente. Qua a Napoli nelle chiese hanno fatto stragi perché sono abbandonate ed è stato facile prendersi tutto. Ce ne stanno tantissime chiuse»;
   monumenti al degrado e allo spreco visto che per anni, per il recupero di alcuni di loro, sono stati stanziati anche milioni di euro, «soldi spesso risultati mai spesi o castelli di ferro, impalcature ormai definitive il cui affitto non è certo gratuito. Senza contare restauri in corso da oltre 30 anni che non hanno mai consentito l'apertura al pubblico delle chiese, come nel caso di Sant'Agostino alla Zecca o della chiesa di Sant'Amelio a Caponapoli, ristrutturata per decine di anni, inaugurata l'anno scorso ma perennemente chiusa. Accade a Napoli, nel centro storico, area patrimonio dell'Unesco, cioè patrimonio dell'Umanità. Attraversando i decumani ogni cento metri ci si imbatte in una chiesa e nella metà dei casi di tratta di strutture antiche, ricche e inaccessibili. «Ne trovi anche una difronte all'altra, come nel caso Di San Giovanni Battista delle Monache e di Santa Maria delle Grazie», spiega Antonio Pariante presidente del comitato civico di Santa Maria di Portosalvo e appassionato conoscitore del centro antico napoletano (fonte Amalia De Simone);
   portoni barricati, altri sfondati e accostati, chiusi con lucchetti, con cancellate divelte come nel caso della piccola chiesa Santa Maria dei poveri di Gesù Cristo, dove ha svolto la sua opera il Pergolesi o la chiesa dei Crociferi nel quartiere Sanità. Lucchetti ovunque. Lucchetti che cambiano spesso, cosa che significa che qualcuno quei portoni li apre, forse per prendere e forse anche per nascondere. E così a volte alcune chiese diventano caveau di stupefacenti, di armi o semplicemente deposito di oggetti falsi o rubati. Senza contare chiese disastrate come Sant'Antonio alla Vicaria, riempita di rifiuti, accessibile da cunicoli scavati da chissà chi. Chiese maestose abbandonate come S. Maria Vertecoeli;
   da una serratura – scrive Amalia De Simone – abbiamo ripreso l'altare in marmo spoglio e semidistrutto, visitato solo dagli uccelli che entrano dal tetto che appare semisfondato; in alto una povera cornice domina la navata dalla quale manca il relativo affresco e che ora mostra solo uno scheletro di assi di legno fradice;
   l'esperto ex ricettatore – intervistato – spiega che fino a qualche anno fa si facevano milioni con il traffico di queste opere. «Erano prevalentemente furti su commissione: ci dicevano vai in questa chiesa e prendimi quel candelabro o quella statuetta». E aggiunge: «A volte fornivano anche le foto. Tutta questa roba viene portata a Roma o a Parma (dove ci sono importanti mercati antiquari ndr) nascosti in camion che trasportano altra merce. Comunque spesso sono i preti che si vendono le opere. Le vendono e poi vanno a denunciarne il furto. È capitato per esempio con un dipinto importante in una chiesa di Salvator Rosa, circa una decina di anni fa. Il ricettatore al momento dell'arresto parlò del prete ma non so se gli abbiano mai creduto. A Napoli ci sono anche dei bravi falsari che copiano le opere e poi al momento del furto le sostituiscono»;
   il caso della chiesa della Scorziata è emblematico e dà una possibile chiave di lettura della situazione relativa alle attività di restauro e tutela dei beni. La Scorziata è una struttura, una volta bellissima e poi diventata un pugno nello stomaco per i napoletani e i turisti che nelle feste hanno visitato San Gregorio Armeno: un edificio cadente diventato quasi una discarica con in cima una croce trafitta da un'antenna. L'anno scorso fu incendiata, ma in realtà le fiamme hanno distrutto ben poco perché poco restava da distruggere. Su questa chiesa c’è la conferma di sprechi vergognosi e maldestra amministrazione;
   spesso capita che sono stanziati fondi che gli enti che dovrebbero gestirli non spendono; sulla chiesa della Scorziata il soprintendente Fabrizio Vona rivela: «Ero da poco arrivato a Napoli e cercai carte e documenti relativi a questa antica chiesa. Purtroppo costatai che per il recupero della struttura erano stati stanziati parecchi soldi e per ben tre volte: un primo finanziamento risale agli anni ottanta, dopo il terremoto, non speso, un secondo finanziamento non speso negli anni novanta, un terzo finanziamento non speso nel 2003-2004. Credo che queste siano circostanze molto gravi»;
   la preziosa chiesa di Santa Maria in Piazza viene sorretta, attraverso un ponte, da un'altra chiesa;
   per salvare alcune chiese non ancora disastrate basterebbe riaprirle e affidarle ad associazioni perché le valorizzino ma l'operazione avviata dalla Curia di Napoli da qualche anno, con il comodato d'uso di alcune strutture, finora di fatto, non è mai decollata;
   lo scrittore e commediografo Mario Gelardi spiega che quando la Curia comunicò l'iniziativa, molte associazioni culturali provarono ad informarsi per aderire. «Purtroppo non fu possibile partecipare perché si trattava di progetti impossibili per chi effettivamente aveva bisogno di quegli spazi per fare cultura: in cambio chi otteneva il comodato d'uso, avrebbe dovuto spendere milioni di euro per la ristrutturazione. Queste opere avrebbero potuto sostenerle solo grosse imprese, fondazioni o banche... non certo delle associazioni»;
   nel tempo molte chiese sono state vendute, trasformate, utilizzate o addirittura occupate. Molte sono diventate negozi o officine, altre delle abitazioni;
   sulla facciata della chiesa di Sant'Arcangelo a Baiano sono spuntati perfino dei balconi;
   in una chiesa del quartiere Sanità, di proprietà di una arciconfraternita, ci abitano delle famiglie, come si vede dal citofono o dai vestiti messi ad asciugare;
   in luogo di un parcheggio a ridosso di piazza Garibaldi una volta c'era un deposito e prima ancora una chiesa di eccezionale interesse storico, quella di San Gennaro e Clemente alla Duchesca, crollata nel silenzio generale nel 1992. Per fortuna la città, grazie agli sforzi della soprintendenza, ha ripreso possesso di una struttura meravigliosa, il complesso monumentale dei Gerolomini, dalla cui biblioteca in pochi mesi sono stati trafugati migliaia di volumi antichi e rari;
   le chiese devono essere aperte perché quando i monumenti restano chiusi e dimenticati allora il degrado si accentua e avanza;
   i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale hanno gli occhi ben aperti ma riescono ad indagare solo in caso di denunce o rifacendosi ad un database di opere che risultano rubate, poche settimane fa hanno recuperato ben 95 opere trafugate prevalentemente in chiese tra cui un dipinto di Mattia Preti sottratto da una parrocchia di Torre Annunziata;
   i fatti esposti, ad avviso dell'interrogante, sono gravi e tali da richiedere l'intervento immediato del Ministro affinché invii osservatori presso la soprintendenza napoletana per acquisire informazioni circa costi e mantenimento –:
   quali urgenti iniziative si intendano adottare in relazione alla situazione descritta in premessa, anche in considerazione del fatto che la città metropolitana di Napoli è di interesse Unesco e delle inquietanti notizie apparse in questi giorni. (4-19409)


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   l'Archivio storico di Napoli è stato occupato l'11 gennaio 2013 per protestare contro la dismissione in atto;
   l'iniziativa organizzata è dell'associazione «Magnammece ’O Pesone» che intende lanciare la sua sfida al comune «sul tema e sul senso dei beni comuni. Case, convitti, scuole e palazzi monumentali: tutto ai privati in pochi anni i nome dell’austerity e dei tagli»;
   all'esterno della struttura è stato esposto uno striscione «No alla svendita del patrimonio pubblico, per il diritto alla casa e agli spazi sociali», si tratta di precari che chiedono la tutela dell'ex convento, monumento Unesco;
   «Un palazzo immenso – si sottolinea in un articolo sul quotidiano ilmattino.it dell'11 gennaio 2013 – di cui al momento viene utilizzato solo il quarto piano per i servizi sociali della municipalità. In un altro piano langue nell'abbandono un patrimonio documentale come l'anagrafe storica di Napoli. Altri due piani enormi sono totalmente vuoti e inutilizzati» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'episodio accaduto e quali misure si intendano assumere a tutela di tale archivio, memoria della città di Napoli. (4-19412)


   ROSATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici svolge, tra le altre, importanti competenze in materia di autorizzazione dell'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere sui beni culturali, di espressione di pareri nelle conferenze di servizi, di controllo e amministrazione dei beni in consegna;
   la soprintendenza istruisce le pratiche per l'espressione dei pareri obbligatori o per il rilascio delle autorizzazioni, necessari ai soggetti privati e alle pubbliche amministrazioni per poter intervenire su alcune strutture e alcuni beni paesaggistici;
   secondo alcuni dati, riportati anche dalla stampa locale, circa i due terzi del territorio del Friuli Venezia Giulia sono sottoposti a vincolo paesaggistico, e a quello monumentale sottostanno tutti gli edifici pubblici con più di 50 anni, numerosi specie nella provincia di Trieste;
   secondo quanto riferito dai quotidiani locali, da quando si è insediata la nuova soprintendente – che ha imposto a giudizio dell'interrogante un eccessivo rigorismo nella valutazione delle istanze – il 70 per cento delle autorizzazioni chieste alla soprintendenza per il Friuli Venezia Giulia è stato rigettato. Tra le opere che non hanno ricevuto il nulla osta per i lavori, compare anche il progetto di riuso dell'edificio abbandonato dell'ex meccanografico, che l'Amministrazione comunale di Trieste intendeva portare a termine in linea con la nuova pianificazione urbanistica vigente;
   secondo alcune segnalazioni, inoltre, le poche autorizzazioni rilasciate contengono un elevato numero di prescrizioni che, di fatto, rendono irrealizzabile l'opera;
   questo eccesso di diniego nelle autorizzazioni sta, tra l'altro, danneggiando molti cittadini che, adottando una condotta volta al risparmio energetico e alla tanto citata green economy, sarebbero intenzionati ad installare sulla loro abitazione, i pannelli fotovoltaici. La provincia di Trieste, nel 2010, aveva indetto un bando per incentivare l'installazione di pannelli fotovoltaici, ma ad oggi risulta che sia tutto ancora fermo in attesa di una autorizzazione positiva che stenta a giungere;
   posto che bisogna garantire la salvaguardia e la tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale, si rammenta che questo nuovo rigorismo della soprintendenza è stato di fatto sanzionato dal tribunale amministrativo regionale in molti dei ricorsi che sono stati avanzati avverso i numerosi rigetti;
   i ricorsi persi dalla soprintendenza riguardano molte aree della regione e pesano sulle casse dell'ente, oltre che per le spese di giudizio, anche per le spese legali della controparte delle quali è condannata a farsi carico;
   la stampa locale il 17 gennaio 2013 ha riportato la notizia che l'Associazione dei costruttori regionale (Ance) avrebbe presentato un esposto alla procura della Corte dei conti con il quale si chiede l'avvio delle indagini preliminari per l'eventuale contestazione del danno erariale derivante dai provvedimenti di diniego sui progetti edilizia, poi annullati in sede giudiziaria amministrativa –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione di stallo che si è venuta a creare nel Friuli Venezia Giulia grazie al nuovo rigorismo imposto dalla soprintendenza;
   se il Ministro ritenga di dover intervenire, anche attraverso l'emanazione di circolari ministeriali, al fine di definire con chiarezza e univocità le linee guida che le soprintendenze devono seguire nello svolgimento delle loro competenze, e i limiti della loro discrezionalità così da conciliare la necessaria tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale con le altre esigenze urbanistiche, ed evitare una disomogenea applicazione delle norme sul territorio nazionale;
   se il Ministro ritenga di dover intervenire per verificare se l'eccessivo rigorismo della soprintendenza del Friuli Venezia Giulia possa integrare gli estremi per la contestazione del danno erariale.
(4-19417)


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la Reggia di Carditello in particolare la Reale tenuta di Carditello era una vasta porzione, in parte acquitrinosa, della pianura delimitata a settentrione dal fiume Volturno, ad oriente dal monte Tifata e dai suoi colli, a meridione dall'antico fiume Clanio, oggi Regi Lagni, e ad occidente dal mar Tirreno. Essa ospitava una dinamica azienda agricola, ben progettata nelle infrastrutture edili e ben organizzata negli allevamenti di pregiate razze equine, nella produzione e commercializzazione dei prodotti agricoli e caseari. La Reggia di Carditello, situata a circa 4 km ad ovest dell'abitato di San Tammaro, a metà strada tra Napoli e Caserta, in via Foresta a Carditello, è un complesso architettonico sobrio ed elegante di stile neoclassico, destinato da Carlo di Borbone (1716-1788) a luogo per la caccia e l'allevamento di cavalli e poi trasformato per volontà di Ferdinando IV di Borbone (1751-1825) in una fattoria modello per la coltivazione del grano e l'allevamento di razze pregiate di cavalli e bovini. Era immerso in una vasta tenuta ricca di boschi, pascoli e terreni seminatori, e si estendeva su di una superficie di 6.305 moggia capuane, corrispondenti a circa 2.100 ettari. Era animato da un discreto numero di persone dedite alla conduzione dell'azienda. Carditello era uno dei siti reali che si fregiava del titolo di «Reale Delizia» perché, nonostante la sua funzione di azienda, offriva una piacevole permanenza al re e alla sua corte per le particolari battute di caccia che i numerosi boschi ricchi di selvaggina permettevano;
   il fabbricato è stato costruito dall'architetto Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli. L'area antistante, formata da una pista in terra battuta che richiama la forma dei circhi romani, abbellita con fontane, obelischi e un tempietto circolare dalle forme classicheggianti, era destinata a pista per cavalli;
    la sesta asta per il Real sito di Carditello è andata deserta. Finito in vendita in passato persino attraverso una società immobiliare online, la delizia borbonica caduta in disgrazia non trova acquirenti. Ancora un nulla di fatto si registra dalla procedura in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere che partiva da una base di 10 milioni di euro per il sito di San Tammaro;
   sul tavolo del giudice Valerio Colandrea però, non sono pervenute offerte. Le udienze deserte ormai si sommano, mentre un gruppo di architetti organizza una sottoscrizione sperando di dare un futuro alla piccola reggia;
   la prossima asta è prevista per il 31 gennaio alle 12 e in cui si procederà con incanto, ovvero la base di 10 milioni dovrà essere superata con un'offerta superiore almeno del 15 per cento;
   la notizia è del 17 gennaio 2013 sul corriere.it ed.Caserta;
   quali iniziative intenda adottare il ministro anche alla luce della prossima asta per la Reggia di Carditello. (4-19420)


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   a Roma il Colosseo noto anche come «Anfiteatro Flavio», costruito per ordine dell'imperatore Vespasiano in onore della grandiosità del suo impero, fu inaugurato dal figlio, Tito, nell'80 d.C. con festeggiamenti durati 100 giorni;
   in questi giorni si legge dal sito de ilmattino.it stanno cadendo dei frammenti dalle volte;
   il frammento più grosso è largo un ventina di centimetri e si è fermato sulla linea di confine della cosiddetta zona rossa, sotto una delle transenne che dallo scorso novembre «proteggono» il Colosseo, recintato in parte a seguito della caduta di altri frammenti che avevano sfiorato i turisti;
   gli addetti alla sicurezza e i vigili in servizio attorno al monumento hanno chiesto ausilio alla centrale;
   sono riscontrabili traffico, vibrazioni, inquinamento e scarsa manutenzione;
   esattamente un anno fa, il 14 gennaio, c'era stato un altro crollo. Un frammento finito sul selciato davanti all'Arco di Costantino –:
   se il Ministro sia informato delle condizioni in cui versa il Colosseo e quali misure urgenti intenda assumere a tutela del monumento e dell'incolumità di turisti e lavoratori. (4-19421)


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   a Pompei nell'anno 2012 sono calati gli ingressi al sito archeologico degli scavi più noti al mondo;
   la notizia è stata data dal quotidiano metropolisweb.it in data 17 gennaio 2013;
   nel 2012 sono diminuiti i turisti nei cinque siti del sistema archeologico vesuviano che, complessivamente, perdono 48.264 ingressi, pari ad un calo dell'1,75 per cento. Ma non per tutti è andata poi tanto male: se Pompei (0,7 per cento) e Oplonti (-3,6 per cento) perdono terreno, Stabia, Boscoreale ed Ercolano possono ritenersi soddisfatte, perché chiudono l'anno con il segno positivo: rispettivamente, +3,85 per cento +3,3 per cento e +0,7 per cento;
   Pompei nel 2012 ha perso 16mila turisti, pari ad un calo dello 0,7 per cento. Gli ingressi dell'ultimo anno sono stati 2.336.188 contro i 2.352.189 del 2011 (anche se rispetto a due anni fa la situazione è migliorata dell'1 per cento). Quello che si nota subito è che certamente il calo di visitatori a Pompei non ha assunto proporzioni preoccupanti e si spiega soprattutto con motivi legati alla non favorevole congiuntura economica. Tuttavia va a sommarsi a tutte le problematiche – già brevemente esposte – che sempre più spesso finiscono per vanificare gli sforzi di promozione e valorizzazione del sito archeologico pompeiano. Crolli di domus antiche (almeno 4 quelli che hanno avuto eco sulla stampa nell'ultimo anno), inchieste giudiziarie su appalti e restauri, spazi (come il Teatro Grande o l'Anfiteatro) che ormai non vengono più utilizzati da anni per la promozione di eventi, le indagini sulla vicenda-amianto e, per finire, le lungaggini burocratiche nel decollo vero e proprio del «Grande Progetto Pompei»: tutte concause che probabilmente, ognuna per la sua parte, hanno contribuito a indebolire l'immagine di Pompei tra le principali mete turistiche –:
   quali misure intenda promuovere il Ministro in merito ai fatti esposti in premessa se intenda intervenire con misure urgenti per rilanciare l'area archeologica pompeiana o sbloccare i fondi/progetti assegnatile. (4-19429)


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la basilica di San Francesco di Paola caratterizza piazza del Plebiscito, fu costruita, tra il 1816 e il 1836, alle spalle del preesistente colonnato; e, come il colonnato si ispira alla Basilica di San Pietro di Roma, così la basilica richiama le forme del Pantheon, con pianta circolare e cupola emisferica;
   fu costruita su progetto dell'architetto luganese Pietro Bianchi e dedicata al santo calabrese, che a Napoli aveva vissuto, amato dal popolo e dai sovrani d'Aragona, in segno di risarcimento per un torto subito: in precedenza infatti, in corrispondenza dell'attuale centro della piazza, esisteva un convento dedicato a San Francesco di Paola, che fu fatto distruggere da Gioacchino Murat durante il cosiddetto decennio francese. Murat volle ampliare la piazza e trasformarla nel foro della città, e contestualmente ordinò la costruzione del colonnato semiellittico, in stile neoclassico. Nel 1815, con la restaurazione borbonica, Ferdinando IV, pur conservando il colonnato, fece costruire la basilica per onorare e risarcire il santo, ma anche per consacrare il ritorno della propria casata sul trono del Regno delle Due Sicilie;
   in data 19 gennaio 2012 alcune squadre di operai si sono messe al lavoro per imbracare il colonnato ed evitare che i calcinacci potessero colpire un passante;
   si legge nell'articolo: «infiltrazioni ed incuria sono stati i mali che lo hanno ridotto all'attuale stato e, vista l'apposizione di reti, non pare che ci sia alcuna intenzione di provvedere a lavori di ripristino»;
   la notizia è stata data dal Giornale di Napoli del 20 gennaio 2013 a pagina 5 –:
   di quali notizie disponga in merito il Ministro e quali misure intenda assumere. (4-19474)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 gennaio 2013 il sito d'informazione corriere.it ed. Napoli a firma di Paolo Cuozzo riferisce che a Bagnoli (Napoli) starebbe per nascere il «Turtle point», ovvero una struttura di ricovero per tartarughe marine;
   manca la bretella di collegamento tra l'asse viario, che dal pontile nord porta alla Porta del Parco e l'ingresso del Turtle Point;
   la struttura doveva essere inaugurata nel mese di settembre 2012, e lo spazio espositivo sul tema del mare ha sede in uno dei 16 siti di archeologia industriale presenti nell'area di Bagnoli. Si tratta di un edificio a tre bicchieri e di uno a sei, recuperati allo scopo di dar vita ad un centro per il ricovero, la degenza e la riabilitazione delle tartarughe marine, affidata per convenzione alla stazione zoologica Anton Dohrn, e ad un'area espositiva sui temi del mare. Il Turtle Point sorge nell'ex impianto trattamento acqua (Tna): la struttura sarà gestita in collaborazione con la stazione zoologica «Anton Dohrn», che attualmente ha una sede provvisoria sempre nell'area di proprietà della Bagnolifutura dove circa 30 mila visitatori – prevalentemente, ragazzi delle scuole – si recano a guardare le tartarughe marine. «Sono la prima, con la mia struttura, a subire le conseguenze di questi ritardi», racconta la responsabile scientifica della stazione zoologica, Flegra Bencivenga. «Fu mia – sottolineava sul Corriere del Mezzogiorno – l'idea di costruire in quel luogo un centro per l'ospedalizzazione delle tartarughe marine e un acquario con sei vasche». I lavori sono oramai completati da più di un anno. «Noi, nel 2004, siamo ospitati gratuitamente in un prefabbricato a pochi metri dal Turtle Point, intanto il proprietario ha deciso di vendere il suolo sul quale insiste la nostra struttura»;
   avere il «Turtle Point» per la stazione zoologica Dohrn è di fatto una necessità, ma senza gli allacci dell'energia elettrica, dell'acqua e le autorizzazioni, non può essere operativa;
   serve infine la strada per arrivare al tartarugario;
   il cantiere fu inaugurato nell'aprile 2007, l'obiettivo era: dar vita a un centro di riabilitazione delle tartarughe marine con funzioni scientifico-didattico e di sede espositiva. I lavori si sono conclusi il 5 marzo 2011, dieci mesi fa, e la struttura è stata solo recentemente collaudata. Struttura che non è costata poco. Al netto dell'iva, ha avuto un costo di 12,1 milioni di euro, di cui 8,7 milioni finanziati dalla regione Campania con fondi Por 2000/2006 e 2007/2013, interamente erogati alla Bagnolifutura. I lavori hanno riguardato un restauro all'interno dell'edificio, dove sono stati realizzati spazi per la ricerca e l'ospedalizzazione della tartarughe, al piano terra, e un percorso di visita che comprende anche una vasca tunnel al primo piano. Nelle vasche dell'acquario sono previste numerose specie, oltre alle tartarughe Caretta Caretta, mentre nei laboratori, posti a piano terra, si lavorerà per la loro cura. Sono a disposizione degli utenti servizi diversi, quali una sala conferenze, un bookshop ed un bar;
   la Bagnolifutura avrebbe pure avviato una ricerca di mercato per individuare soggetti cui affidare la gestione di quest'acquario tematico, degli spazi annessi e delle aree esterne. Qualche mese fa ha fatto un sopralluogo nell'area anche un rappresentante della «Costa» che ha in gestione il famoso acquario di Genova, ma finora non c’è nulla di definito per la destinazione di una struttura che, a occhio e croce, necessita di circa un milione di euro l'anno per la gestione. In realtà – riferisce sempre il corrieredelmezzogiorno.it – si cerca un operatore economico che abbia specifiche competenze tecniche ed organizzative adeguate all'insieme di servizi di intrattenimento e commerciali da gestire: le aree da affidare in gestione sono circa 14 mila metri quadri costituite da spazi esterni, dall'intera struttura denominata edificio a 3 bicchieri e dagli spazi dell'edificio a 6 bicchieri, esclusa, però, la parte di ospedalizzazione e di cura che è affidata per convenzione alla stazione zoologica Anton Dohrn;
   stando all'articolo, infine, il Ministro Barca giudicherebbe l'opera «improduttiva» al pari delle scuderia di Villa Fiorita e del Regio tratture della provincia di Benevento in quanto «sprechi di fondi europei» (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it);
   la struttura non potrà essere aperta al pubblico finché non sarà finita la strada di accesso, che è un'altra delle opere pubbliche in corso nell'area di Bagnoli, sospesa per il congelamento dei fondi regionali –:
   di quali notizie dispongano i Ministri interrogati e quali iniziative di competenza si intendano assumere a fronte dei fondi già impiegati nell'opera che, rischiano così di essere vanificati, completando a questo punto l'opera e impiegando le strette risorse necessarie e non superflue eventualmente sotto la guida di un osservatore nominato dai dicasteri menzionati. (4-19377)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della Difesa, con decreto interdirigenziale n. 306 dell'11 ottobre 2011 ha indetto per l'anno 2012 «un concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 3.756 volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP 4) nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1)», il quale riservava 2.900 posti per l'Esercito, ripartiti in 1.450 posti per la prima immissione e 1.450 posti per la seconda immissione. Con successivo decreto interdirigenziale n. 380 del 6 dicembre 2011, si è elevato il numero di volontari da reclutare a 4.230 di cui 3.374 per l'Esercito;
   dopo la pubblicazione della graduatoria di merito relativa ai candidati idonei per la prima immissione, con decreto interdirigenziale n. 168 del 6 agosto 2012, il Ministero della Difesa giunse ad una riduzione del contingente da reclutare, riducendo a 2.075 i posti nell'Esercito;
   risulta all'interrogante che i vincitori del concorso non sono, però, stati chiamati in servizio in ferma quadriennale, nemmeno gli idonei posizionati in graduatoria nei primi 2.075 posti;
   nonostante non sia stata ancora esaurita la graduatoria di cui al concorso indetto per il 2012; con decreto interdirigenziale del 3 gennaio 2013, il Ministero della Difesa ha indetto, per l'anno 2013, «un concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 2.409 VFP 4 nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1)» di cui 1.972 posti sono stati riservati all'Esercito –:
   per quali ragioni il Ministero non abbia proceduto all'immissione in servizio dei vincitori del concorso indetto per il 2012, e se questa presa in servizio avverrà nel corso del 2013;
   per quali ragioni il Ministero, nonostante non avesse esaurito la graduatoria del concorso indetto per il 2012, abbia deciso di indire un nuovo concorso per l'anno 2013;
   come, il Ministero, intenda tutelare, alla luce dei fatti sopra esposti, i vincitori del concorso indetto per il 2012. (4-19457)


   MENIA e PAGLIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   dal 20 ottobre del 1975 a Gorizia è presente un'importante unità dell'Esercito. Il 1° ottobre del 1986 venne sciolta e, nella stessa sede, si trasferì la Brigata di Cavalleria Pozzuolo del Friuli. Lo scopo di tale presenza militare si giustificava con la necessità di fornire al confine orientale una efficace presenza di Forze armate per garantire protezione;
   tali insediamenti militari, da un lato, hanno portato benessere e garantito sicurezza alla comunità, dall'altro hanno rappresentato un onere notevole per via delle insopprimibili necessità legate alle attività operative e addestrative delle unità militari;
   dal punto di vista demografico, la provincia di Gorizia vive attualmente una sensibile crisi. Gli abitanti risultano circa 140.000, di cui oltre 10.000 di origine straniera. Gorizia si colloca dunque al 95° posto sia nell'ambito demografico sia nelle graduatorie specifiche sulla natalità;
   una ricerca pubblicata dalla rivista «Italia Oggi» sulla qualità della vita dimostra che, nell'ambito degli affari e del lavoro, la provincia ha perso molte posizioni. A pesare è soprattutto il basso tasso di occupazione. Queste valutazioni sono confermate anche dall'esame del «Sole 24 ore» che, nel 2010, collocava Gorizia al 7° posto, mentre oggi la città si colloca in 44esima posizione;
   seppur condivisibili le ragioni concernenti la riduzione delle spese militari, lo scioglimento della Brigata Pozzuolo di cui si è data notizia sulla stampa il 17 gennaio 2013 rappresenterebbe una perdita gravissima per la provincia di Gorizia e per i territori limitrofi, essendo, quella legata all'esistenza del comando militare, una delle poche risorse attive che sostiene la già modesta produttività dell'area –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;
   se non ritenga legittimo tutelare un territorio, già per anni sottoposto a una imprescindibile presenza militare, che oggi grazie a quella stessa presenza militare riesce ad arginare i gravissimi danni della crisi economica;
   se non sia opportuno valutare attentamente la riduzione di spesa derivante dallo scioglimento della Brigata Pozzuolo, risultando essa di circa il 20 per cento del budget destinato dall'Esercito per il funzionamento della direzione della stessa Brigata, in quanto l'80 per cento delle risorse sono destinate al personale, il quale sarebbe trasferito, causando peraltro un esborso per le indennità relative pari a una cifra forse anche superiore al risparmio stimato. (4-19460)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'analisi del Rapporto dell'Unione Europea (Ue) 2012 su Occupazione e sviluppi sociali, sostiene che la vecchia ICI italiana non aveva impatto sulle disuguaglianze e aumentava leggermente la povertà mentre l'Imu (imposta municipale unica) dev'essere più equa e avere un effetto redistributivo, e va modificata in senso progressivo;
   lo comunica repubblica.it nella rubrica «Economia e Finanza con Bloomberg» in data 8 gennaio 2013 nell'articolo: «Imu, Ue: “Renderla progressiva perché sia equa, da tasse proprietà aumento povertà in Italia”»;
   gli economisti di Bruxelles indicano che alcuni aspetti della recente riforma del 2012 «potrebbero essere ulteriormente migliorati per rafforzare la sua progressività»;
   nel rapporto, con riferimento al caso italiano, la Commissione europea indica alcuni aspetti che potrebbero essere migliorati della tassazione sulla proprietà: l'aggiornamento dei valori catastali, le deduzioni non legate alla capacità dei contribuenti a fronteggiare la tassa sul reddito, la definizione della residenza primaria e secondaria. La diminuzione della disuguaglianza di reddito attesa da un cambiamento dai valori catastali ai valori di mercato delle case è spiegata da un progressivo aumento dei valori degli affitti –:
   quali misure si intendano assumere a fronte dei fatti esposti in premessa anche promuovendo l'immediata abrogazione dell'Imu. (4-19378)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un lancio dell'agenzia Ansa del 20 gennaio 2013 ore 17,11 ha informato che è stata smantellata a Roma un zecca clandestina, con un'operazione congiunta di carabinieri e Guardia di finanza;
   una zecca clandestina specializzata nella produzione di monete false da 1 e 2 euro;
   tre falsari arrestati in flagranza di reato, mentre erano intenti a produrre le monete contraffatte: due di loro vantano un'esperienza da orefici e incisori, messa a frutto per la creazione delle matrici impiegate per la coniazione;
   le monete da 2 euro erano coniate con la faccia nazionale italiana nella versione commemorativa «Olimpiadi Invernali di Torino», meno diffusa e conosciuta, così come le monete da 1 euro riportavano la faccia nazionale francese, meno frequente nel nostro Paese;
   posti sotto sequestro anche la pressa idraulica, i conii per le incisioni ed altro materiale impiegato per la falsificazione, per un valore totale di circa 120.000 euro (http://www.ansa.it) –:
   di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati circa la creazione e diffusione di banconote e monete false attualmente in circolazione, verosimilmente in aumento per la crisi economica, e quali iniziative si intendano assumere per la prevenzione dei falsi sul mercato. (4-19386)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il redditometro, nuovo strumento anti-evasione istituito con decreto ministeriale è oggetto in questi giorni di numerose polemiche (riportate dalla stampa dal 10 gennaio 2013);
   il nuovo redditometro serve al fisco per identificare eventuali redditi non dichiarati. Il ragionamento che lo guida è: se un contribuente spende una data cifra dovrà avere un reddito adeguato. Saranno proprio le grosse incongruenze a finire nel mirino del fisco. Lo strumento riguarda qualsiasi contribuente singolo, calato però all'interno di un determinato contato familiare (11 tipologie) e inquadrato in una determinata area geografica (Nord-ovest, Nord-est, Centro, Sud e Isole) (http://www.corriere.it);
   in data 18 gennaio 2013 il corriere.it informa: «Il Fisco cercherà di capire se quello che spendiamo è coerente con il reddito che dichiariamo. Ecco perché ha scelto cento voci da mettere sotto controllo: si tratta di spese, risparmi e investimenti. A ciascuna di queste voci il Fisco attribuirà un valore: in alcuni casi lo assumerà dalle banche dati che compongono l'Anagrafe tributaria (dati certi), per alcune altre, per le quali non ha dati incontrovertibili, assumerà il valore medio delle tabelle dell'Istat, scegliendo quello relativo alla nostra tipologia familiare e territoriale»;
   al momento i contribuenti italiani fanno fatica a comprendere l'esatto funzionamento del cosiddetto redditometro –:
   quali misure anche sotto forma di campagna di informazione «efficace» intenda promuovere il Ministro interrogato al fine di far conoscere le modalità del neo strumento anti-evasione. (4-19387)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 gennaio 2013 il sito d'informazione ilmattino.it ha dato notizia che, a Caserta, alcuni bufalotti maschi, detti «annutoli», non utili alla produzione del latte, sono stati lasciati morire di inedia;
   inoltre, nel corso di un'operazione condotta dagli uomini della Guardia costiera di Napoli nell'ambito di un'inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere si è arrivati al sequestro di due aziende zootecniche eseguito ai confini tra Ischitella e Villa Literno;
   sono state denunciate due persone di San Marcellino;
   si parla nell'inchiesta di grave danno per la salute e l'habitat circostante a causa dell'elevato tasso di nocività e tossicità riscontrato sul posto;
   tra i reati contestati anche quello di maltrattamento di animali;
   l'operazione, caratterizzata da un monitoraggio eseguito anche con l'ausilio di un telerilevamento aereo, si inserisce in una più «ampia attività investigativa già avviata da tempo e mirata a contrastare l'attività della criminalità organizzata sul territorio campano, nell'interesse della collettività della salute e dell'ambiente» si legge al link http://www.ilmattino;
   non si esclude che ci siano stati focolai di brucellosi. I liquami confluivano nei canali che sversano nel lago Patria e quindi a mare –:
   se i Ministri siano a conoscenza dell'informazione diffusa in rete e quali iniziative di competenza si intendano assumere urgentemente per verificare anche a largo raggio altri allevamenti campani o nel circondario discariche e luoghi interessati da roghi di rifiuti. (4-19388)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 16 gennaio 2013 il quotidiano repubblica.it ed.Napoli informa che è stata scoperta una maxifrode da parte di una società specializzata nel riciclo di materiali da recupero;
   si tratta un'evasione da 34 milioni di euro;
   l'Agenzia delle entrate della Campania ha scoperto una raffica di fatture per operazioni inesistenti con l'obiettivo di sottrarsi agli obblighi fiscali relativi all'Iva e alle imposte dirette vantando falsi crediti nei confronti dell'erario;
   un sistema di scatole cinesi e società fittizie;
   dell'articolo, a firma di Cristina Zagaria, si apprende che: grazie a questo meccanismo la società operante nel settore del riciclo di materiali di recupero ha evaso 34 milioni su un imponibile di oltre 167 milioni tra Iva e imposte dirette. Le indagini dell'ufficio antifrode hanno permesso di ricostruire un complesso disegno fraudolento messo in atto dal 2004 fino al 2011;
   l'organizzazione utilizzava alcune strutture societarie, a essa collegate o riconducibili, e caratterizzate da una serie di irregolarità fiscali, per simulare l'attività esercitata. Le società interposte operavano da mero schermo tra le attività fraudolente e la vita operativa del vero soggetto economico, formalmente in regola dal punto di vista fiscale. I rapporti tra i vari soggetti aziendali servivano, quindi, unicamente per pianificare fittizie posizioni creditorie in capo alla società oggetto del controllo. Quest'ultima, infatti, attraverso fittizie transazioni commerciali faceva ricadere l'obbligo tributario, rimasto insoluto, sulle società interposte, usufruendo di un notevole credito Iva scaturente da fatture inesistenti;
   la società controllata, dunque, risulta essere la beneficiaria della frode e, a differenza di altri analoghi casi nei quali i soggetti aziendali sono mere scatole vuote, è intestataria di beni fiscalmente recuperabili –:
   di quali notizie disponga sul caso esposto in premessa e quali misure si intendano assumere. (4-19401)


   DE POLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legislazione speciale per Venezia è nata negli anni settanta con lo scopo di tutelare una città che racchiudeva valori storici, economici, culturali, artistici e ambientali;
   si apprende da fonti di stampa dal gennaio 2013 che 49 milioni di euro stanziati nel 2011 con la legge speciale sono scomparsi e altri 11 milioni di residui del 2008 sembrerebbero transitati in un fondo gestito dal Ministero per la coesione territoriale;
   stante tale situazione il comune di Venezia non potrà rispettare il patto di stabilità e incorrerà inevitabilmente in sanzioni –:
   in che modo il Ministro interrogato intenda far luce su questa vicenda cercando di individuare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità.
(4-19408)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 gennaio 2013 l'Ansa ha riferito che a Torre del Greco (Napoli), una donna è stata colta da malore, perdendo i sensi mentre era al mercato;
   è stata chiamata un'ambulanza del 118 che è rimasta bloccata a causa degli stand presenti;
   la signora, circa 60 anni è giunta priva di vita ospedale;
   l'episodio ha scatenato l'ira dei figli che, scossi dall'accaduto, hanno sfogato la propria rabbia inveendo rabbiosamente contro alcuni vigili urbani attirati sul posto dal trambusto –:
   se i Ministri per quanto di loro competenza intendono assumere iniziative in materia affinché situazioni analoghe non abbiano a ripetersi. (4-19436)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 gennaio 2013 l'agenzia Reuters decretava: «Bce, l'incertezza politica in Italia ha spostato gli investitori sui titoli core», cioè quelli dei Paesi con tripla A;
   la notizia ripresa e commentata sul sito del sole 24 Ore è allarmante –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'informazione diffusa in rete e quali iniziative intenda assumere. (4-19449)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istat ha divulgato un dato impressionante in data 22 gennaio 2013 come rilanciato da diversi organi web. Nel 2011 le famiglie in condizioni di povertà relativa sono l'11,1 per cento: si tratta di 8,2 milioni di individui poveri, il 13,6 per cento della popolazione residente. Nel rapporto si dice anche che la povertà assoluta coinvolge il 5,2 per cento delle famiglie, per un totale di 3,4 milioni di individui;
   nel 2011 il tasso d'inattività tra i 15 e 64 anni è al 37,8 per cento valore tra i più elevati d'Europa, con l'Italia battuta solo da Malta. Particolarmente elevata è l'inattività femminile (48,5 per cento). Sono considerati inattivi coloro che né sono occupati né sono in cerca di un lavoro. La disoccupazione di lunga durata invece, che perdura cioè da oltre 12 mesi, ha riguardato, nel 2011, il 51,3 per cento dei disoccupati nazionali, il livello più alto raggiunto nell'ultimo decennio. Nel 2011 il tasso di disoccupazione giovanile italiano (15-24 anni) è al 29,1 per cento, in aumento per il quarto anno consecutivo e superiore a quello medio dell'Unione europea (21,4 per cento) –:
   di quali notizie dispongano i Ministri interrogati e quali misure intendano assumere per arginare l'aumento della povertà in Italia dopo la politica del rigore. (4-19479)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 7 gennaio 2013, Mohamed Abdi, un detenuto somalo di 38 anni, è morto suicida nel penitenziario di Borgo San Nicola, a Lecce. L'uomo era detenuto da circa un anno per reati contro il patrimonio;
   il fatto è avvenuto nel giorno dei festeggiamenti per l'Epifania nell'infermeria del carcere. L'uomo si è suicidato per impiccagione in una delle celle, come rende noto l'Osapp, uno dei sindacati dei «baschi azzurri»; organizzazione che, in una nota, a firma del vicesegretario nazionale, Domenico Mastrulli, spiega: «Anche se immediati, i soccorsi dei pochi agenti lasciati nella programmazione dei servizio nella serata festiva di ieri, non sono serviti. Condividiamo la recente presa di posizione esternata dall'arcivescovo di Lecce, monsignor Domenico D'Ambrosio, che nell'omelia di Natale ha parlato del sovraffollamento delle carceri pugliesi, esternando concreta preoccupazione per le pessime condizioni degli istituti di pena e della vita interna. Una preoccupazione ampiamente condivisa dal sindacato e dai poliziotti aderenti all'Osapp, che rilancia la carenza di uomini e donne nell'organico nei reparti detentivi delle carceri e dei nuclei traduzioni e piantonamenti che operano sotto scorta nell'accompagnamento dei detenuti nelle aule di giustizia, per il trasferimento di sede e per urgenti ricoveri esterni» –:
   quali iniziative siano state adottate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per assicurare l'incolumità di Mohamed Abdi;
   in particolare se e come il 6 gennaio 2013 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se con riferimento al suicidio dell'uomo non siano ravvisabili profili di responsabilità in capo al personale penitenziario;
   quanti agenti di polizia penitenziaria fossero in servizio il giorno 6 gennaio 2013;
   con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
   se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
   se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
   quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Lecce;
   quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Lecce, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare la legalità all'interno della struttura penitenziaria in questione. (4-19365)


   BARBATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso gli uffici del giudice di pace di Napoli in via Foria si è consumato nella notte del 9 gennaio 2013 un grave furto;
   ignoti si sono introdotti nell'ex caserma Garibaldi ed hanno portato via alcuni computer dagli uffici;
   le indagini sono condotte dai carabinieri della compagnia Stella che dovrà fare luce sulle modalità con cui i ladri si sono introdotti nella struttura;
   la notizia è stata data dal sito d'informazione ilmattino.it;
   l'ufficio del giudice di pace resta chiuso al pubblico con evidenti disagi per avvocati e cittadini;
   il furto ha provocato la conseguente chiusura degli uffici al pubblico;
   «Le udienze odierne sono rinviate a data da destinarsi», si legge su un cartello affisso dal coordinatore dell'ufficio –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative per potenziare i mezzi di sicurezza in ausilio presso l'ufficio del giudice di pace e il tribunale di Napoli per garantire il pieno svolgimento delle attività giudiziarie anche alla luce dei fatti esposti in premessa se non ritenga di acquisire entro il più breve tempo possibile anche le informazioni necessarie per definire il quadro complessivo della situazione.
(4-19374)


   GALLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia ha recentemente trasmesso al Consiglio superiore della magistratura, per il previsto parere, il piano di riorganizzazione degli uffici giudiziari;
   la nuova pianta organica degli uffici giudiziari per Bologna prevede un incremento di sei giudici in tribunale, dove si arriverebbe a un totale di 78 toghe, e il calo di un pubblico ministero in procura, che scenderebbe dagli attuali 26 a 25;
   la diminuzione di un pubblico ministero crea sconcerto soprattutto in considerazione del fatto che la procura negli ultimi anni è impegnata in una forte azione di contrasto alla malavita organizzata, la cui penetrazione nel territorio bolognese è in forte espansione, per cui la decisione di privare la procura di un magistrato potrebbe apparire come un segnale di cedimento e di debolezza delle istituzioni nella lotta alla criminalità di stampo mafioso nell'area felsinea;
   se l'obiettivo del piano del ministero è «incidere sulle storture del sistema riequilibrando la presenza di giudici e pubblici ministeri sul territorio anche a seguito del riassetto dei circondari di riferimento», tale riassetto in provincia di Bologna ha però già provocato la soppressione delle sezioni distaccate del tribunale di Imola e Porretta e la pianta organica della procura è già sottodimensionata rispetto a realtà analoghe per cui la perdita anche di un solo pm avrebbe sicure ricadute negative;
   il taglio dell'organico della procura previsto non è spiegabile e non si comprende invece perché una città come Firenze potrà contare su 29 pubblici ministeri, ben quattro in più rispetto a Bologna –:
   se sia al corrente dell'attuale piano di riorganizzazione della procura di Bologna e se non ritenga di correggere questa discrasia che rischia di compromettere il prezioso lavoro del procuratore capo, Roberto Alfonso, e dei suoi aggiunti nella lotta alla criminalità organizzata nella provincia di Bologna svolto in questi ultimi anni. (4-19383)


   BARBATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   gli uffici giudiziari di Napoli – riferiscono gli organi di informazione in data 15 gennaio 2013 – sono oggetto di indagini;
   ventisei le ordinanze cautelari – tre in carcere, 22 ai domiciliari e una misura interdittiva – sono state eseguite contro un giro di illegalità in cui si occultavano o manipolavano fascicoli processuali in cambio di tangenti;
   coinvolti quattro avvocati, alcuni cancellieri e un ispettore di polizia, 45 le persone indagate nell'inchiesta della procura di Napoli;
   perquisizioni della Guardia di finanza sono state condotte negli studi degli avvocati coinvolti e in alcuni uffici giudiziari, agli atti ci sono intercettazioni e anche riprese video – delle telecamere installate negli uffici della corte d'appello – che documenterebbero accordi e scambi di denaro tra cancellieri e avvocati coinvolti nell'organizzazione;
   dagli incartamenti emergono anche le cifre del business: 10 mila euro per far completamente sparire un fascicolo –:
   se il Ministro intenda inviare propri ispettori presso gli uffici giudiziari (limitatamente agli stessi intesi come cancelleria ed amministrazione) al fine di acquisire gli elementi necessari per delineare il quadro complessivo e garantire così ai magistrati di svolgere serenamente la propria missione. (4-19392)


   GAROFALO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito di una crisi persistente del settore della giustizia, la politica di revisione della geografia giudiziaria, contenuta all'interno dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», e 7 settembre 2012, n. 156 recante «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», risulta in evidente controtendenza, rispetto ad una prevalente esigenza di migliorarne il sistema e dalla necessità di una riorganizzazione più organica e razionale, nonché di potenziare le risorse umane e materiali in determinati distretti giudiziari afflitti da croniche difficoltà di funzionamento e di squilibri nella distribuzione dei flussi di lavoro;
   con particolare riferimento al distretto di Messina, la giunta dell'Associazione nazionale magistrati e il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Messina, rispettivamente in data 3 e 7 gennaio 2013, hanno evidenziato la grave situazione che coinvolge numerose circoscrizioni giudiziarie, sia sotto il profilo dell'insufficienza della pianta organica, che della soppressione di alcuni uffici giudiziari, oltre che di uno squilibrio penalizzante nell'ambito dei carichi di lavoro fra le sezioni distaccate;
   l'interrogante segnala a tal proposito come avesse già manifestato, con l'interrogazione n. 4-17928 presentata lo scorso 3 ottobre 2012, le condizioni allarmanti e di difficoltà in cui si trova la città di Messina e la provincia, con riferimento alla scarsa qualità del servizio giustizia e dall'assenza di un'adeguata e armonica sinergia fra gli operatori del settore, a causa della carenza degli organici, i cui riflessi negativi incidono pesantemente sulle condizioni dei cittadini e sullo sviluppo economico e sociale del territorio, ampliati inoltre dalla crisi economica e recessiva in corso;
   il quadro generale negativo e penalizzante esposto in precedenza dai suddetti organismi giuridici, coinvolge nel complesso sia il settore civile che penale, in un territorio caratterizzato peraltro da un alto tasso di criminalità organizzata:
   la sezione distrettuale dell'Anm di Messina ha rilevato infatti, che presso il tribunale pendono attualmente oltre 22 mila cause civili ed ogni anno sono iscritte oltre 9 mila; il carico medio del ruolo civile ordinario di ciascuno dei magistrati del medesimo organo giudiziario (che conta su un organico mai interamente coperto negli ultimi otto anni di 42 magistrati, di cui solo 14 addetti alla materia civile) è calcolato pari a 1.500 cause, ovvero superiore al numero dei procedimenti civili complessivamente registrati dinanzi a molti dei tribunali da sopprimere, a cui vanno aggiunti quelli di volontaria giurisdizione, la materia tutelare, le procedure esecutive mobiliari ed immobiliari, i decreti ingiuntivi, le convalide di sfratto, le separazioni ed i divorzi non contenziosi;
   presso il foro di Patti invece si registrano oltre 15 mila cause di lavoro e previdenza, 311 fallimenti, 754 esecuzioni immobiliari e circa 7 mila contenziosi civili, cui si aggiungono 3 mila cause civili presso la sezione distaccata di Sant'Agata Militello (sezione che probabilmente non ha in Italia termini di paragone in considerazione dei carichi di lavoro attualmente insostenibili);
   il medesimo organismo giuridico ha rilevato inoltre, la necessità di considerare che al tribunale di Patti, confluiranno i procedimenti di competenza di Mistretta e che il tribunale di Barcellona P.G. su cui si segnalano di circa 8 mila procedimenti civili, 10 mila cause di lavoro e previdenza, 355 procedure fallimentari ed oltre 2 mila procedimenti esecutivi mobiliari ed immobiliari, rischia di non essere in grado di garantire uno svolgimento adeguato della propria attività giudiziaria, a causa dell'esorbitante mole di lavoro, il cui personale esiguo non è in grado di gestire;
   nell'ambito dell'aspetto penale invece, la sezione distrettuale dell'Anm di Messina, ha evidenziato che l'intensa diffusione della criminalità organizzata, in particolare quella che opera proprio tra Barcellona P.G. e le aree limitrofe, rende straordinariamente difficile l'organizzazione di un sistema della giustizia efficiente e funzionale per il settore giudicante, a causa di un elevato numero di maxiprocessi e di richieste di misure di prevenzione personale e patrimoniale, che negli ultimi anni hanno registrato un aumento del 400 per cento, come peraltro confermato anche dalla Gazzetta del Sud lo scorso 8 gennaio;
   l'articolo del medesimo quotidiano, ha confermato infatti quanto esposto dalla sezione distrettuale dell'Anm di Messina, richiamando l'attenzione inoltre sulla carenza di magistrati che operano all'interno degli uffici giudiziari messinesi, in particolare in quelli dei giudici per le indagini preliminari e Gup e ribadendo una situazione grave che coinvolge il sistema giudiziario di Messina e della provincia, come testimoniato dall'elevato numero dei procedimenti penali che attualmente sono in corso: circa 5 mila per il tribunale di Messina, mentre per il Foro di Barcellona Pozzo di Gotto e di Patti, al momento si registrano rispettivamente 2 mila e 2 mila e 500 procedimenti; i suesposti profili di criticità sono stati inoltre rilevati lo scorso 10 gennaio 2013, anche dalla camera civile di Messina, che ha deplorato la grave crisi in cui si dibatte il servizio della giustizia in generale e quella civile in particolare, nell'ambito del distretto interessato, proponendo la costituzione di un tavolo permanente composto da rappresentanti dell'avvocatura, da magistrati e da funzionari giudiziari, al fine della predisposizione di un documento conclusivo all'interno del quale, siano contenute le proposte prioritarie e più importanti da sottoporre al prefetto di Messina, ai soggetti istituzionali locali ed ai rappresentanti politici territoriali;
   l'interrogante rileva inoltre, come il funzionamento della giustizia del distretto della giustizia messinese, rischia di peggiorare ulteriormente, in conseguenza della revisione della geografia giudiziaria, prevista dai suddetti decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012, con i quali si provvede alla soppressione di numerosi tribunali e procure, nonché delle sedi distaccate e di una riduzione degli uffici del giudice di pace;
   l'articolo 1, comma 1 alla tabella a) del predetto decreto legislativo n. 155 del 2012, stabilisce infatti, a partire dal 13 settembre 2012, la soppressione del tribunale di Mistretta e delle sezioni distaccate di Lipari, Taormina, Sant'Agata di Militello e Milazzo, le cui nuove piante organiche saranno definite attraverso un decreto ministeriale, da adottarsi entro il 31 dicembre 2012, sentito il Consiglio superiore della magistratura;
   l'interrogante rileva che, proprio il medesimo Organo costituzionale, lo scorso 13 giugno 2012, ha segnalato la grave insufficienza dell'organico del tribunale di Messina, evidenziando le evidenti difficoltà che i magistrati quotidianamente riscontrano, nell'esercizio del diritto e del funzionamento del sistema della giustizia, la cui tutela giurisdizionale, costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti ed interessi legittimi, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
   a tal proposito un articolo pubblicato dallo stesso quotidiano la Gazzetta del Sud lo scorso 13 gennaio 2013, ha riportato l'esistenza di un documento inviato dal Ministro interrogato al Csm, all'interno del quale nell'ambito della riorganizzazione dei tribunali e delle procure della Sicilia, il foro di Messina subirà una riduzione di quattro posti, mentre quello di Patti sarà ridimensionato attraverso una diminuzione di due magistrati in tribunale, ed uno in procura;
   l'interrogante evidenzia che, nel caso fossero confermate le suddette riduzioni suindicate, tali decisioni oltre ad essere in contrasto con i rilievi evidenziati dal Csm, rischiano di determinare nell'ambito della geografia giudiziaria dei medesimi territori, ulteriori e gravi disagi di coordinamento e di funzionalità del sistema giudiziario, con prevedibili conseguenze negative nell'ambito sociale ed economico per le comunità locali interessate;
   all'interno del suesposto scenario di evidente criticità, l'interrogante rileva altresì, ulteriori aspetti che appaiono in manifesta antitesi rispetto al suddetto documento di riorganizzazione dei tribunali e delle procure e sono rappresentati dalle condizioni poste dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati il 1o agosto 2012, nell'ambito dell'esame dello schema del decreto legislativo n. 155 del 2012, precedentemente riportato al fine dell'espressione del parere;
   la medesima Commissione parlamentare fra le diverse osservazioni, ha stabilito infatti che alcuni tribunali non sono suscettibili di essere soppressi: a) in quanto situati in aree caratterizzate da fenomeni di criminalità organizzata; b) in presenza di strutture dedicate agli uffici giudiziari, di recente costruzione e realizzazione, che hanno comportato notevoli investimenti di risorse pubbliche; c) in quanto necessari per decongestionare le aree metropolitane; d) in ragione della grande estensione territoriale del circondario. La Commissione ha altresì rilevato l'incongruità di alcuni accorpamenti che possono avere incidenza negativa, comportando forti disagi organizzativi e funzionali sia per gli utenti che per il servizio giustizia. La medesima Commissione ha ritenuto inoltre opportuno: il mantenimento per un periodo transitorio non superiore a cinque anni, di quelle sezioni distaccate attualmente esistenti che, per carico di lavoro riferito alle sopravvenienze, bacino di utenza, estensione territoriale (in alcuni casi più ampio della sede accorpante), caratteristiche specifiche della collocazione geografica (quale ad esempio l'insularità e le peculiarità delle zone montane o di confine) risultano oggettivamente necessarie per ovviare a disagi organizzativi per la popolazione e funzionali per il servizio giustizia;
   in considerazione di quanto esposto, l'interrogante rileva come le osservazioni fatte dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati, si attagliano direttamente e integralmente al distretto giudiziario di Messina, sia con riferimento all'elevata densità di criminalità organizzata, che alla posizione geografica insulare del territorio, risultando, come peraltro sopra, in palese contrasto con quanto sembrerebbero invece configurarsi le direttive contenute all'interno del Piano di riordino degli organici giudiziari, predisposto dal Ministro interrogato;
   a giudizio dell'interrogante in definitiva, nella complessità delle diverse e articolate difficoltà precedentemente esposte che riguardano il funzionamento della giustizia nel messinese, occorrono misure rapide e incisive nettamente in controtendenza rispetto all'attuale situazione di scarsa efficienza del distretto giudiziario interessato;
   appare indifferibile conseguentemente prevedere interventi in grado di rivedere l'intera pianta organica degli uffici giudiziari della città di Messina e della provincia, attraverso un potenziamento e una migliore ridistribuzione delle risorse umane e materiali in grado di fronteggiare l'evidente crisi sistemica in cui si trova l'intero apparato giudiziario, come segnalato in precedenza dagli organismi giuridici di Messina, nonché dalle associazioni imprenditoriali di Messina –:
   se sia a conoscenza della situazione di estrema gravità che investe l'intero distretto giudiziario della città di Messina e della provincia, ormai da diversi anni e quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere al fine di predisporre interventi rapidi, volti a potenziare l'intera pianta organica degli uffici giudiziari di Messina e delle città della provincia in particolare Barcellona P.G. e Patti, maggiormente interessate da un processo di decadimento del sistema organizzativo e funzionale del sistema giudiziario in evidente difficoltà, ridistribuendo inoltre le risorse umane, provenienti dalle sedi giudiziarie soppresse, in maniera più efficiente, sia nel settore civile che soprattutto in quello penale;
   se intenda confermare quanto pubblicato lo scorso 13 gennaio 2013, dal quotidiano siciliano esposto in premessa, con riferimento alla riduzione della dotazione degli organici giudiziari previsti all'interno piano di riorganizzazione dei tribunali e delle procure, nell'ambito del distretto di Messina;
   in caso affermativo, se non ritenga opportuno valutare l'opportunità di rivedere il suddetto ridimensionamento, in considerazione dei profili di criticità e delle disfunzioni esposte in premessa, preservando il numero complessivo della pianta organica degli uffici giudiziari di Messina e di Patti e provvedere alla copertura dei posti vacanti;
   se le condizioni stabilite dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati, nell'ambito dell'organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero come previsto dallo schema di decreto legislativo poi approvato come decreto legislativo n. 155 del 2012, con riferimento ai territori ad alto tasso di criminalità organizzata e alle caratteristiche geografiche insulari, le cui caratteristiche coinvolgono proprio la provincia di Messina, siano in contrasto con le intenzioni di ridimensionamento previsto all'interno del medesimo Piano di redistribuzione di magistrati;
   se non convenga altresì che, nell'ambito della revisione delle circoscrizioni giudiziarie, che stabilisce la soppressione di alcuni tribunali con carichi di lavoro minimi sul territorio nazionale, occorra prevedere un adeguato ampliamento di quelle piante organiche degli uffici che necessitano di essere potenziati, a causa dei carichi di lavoro intensi, come quelli del distretto di corte di appello di Messina, il cui consolidamento sarebbe tra l'altro possibile, senza alcun onere per lo Stato;
   se non ritenga infine opportuno, stante il livello di criticità esposto in premessa, valutare l'opportunità di destinare maggiori risorse finanziarie al funzionamento dell'intero distretto giudiziario messinese, in considerazione che un più efficiente funzionamento del sistema, può costituire i presupposti per determinare conseguentemente maggiori entrate per l'amministrazione dello Stato. (4-19456)


   BARBATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sul sito repubblica.it edizione Palermo del 22 gennaio 2013 è stata pubblicata la notizia secondo la quale dai tribunali siciliani andranno via 85 giudici, venticinque solo a Palermo;
   il piano di tagli agli organici giudiziari predisposto dal Ministro Severino e ora al vaglio del Csm ha scatenata una levata di scudi;
   «Si rischia la paralisi della giustizia», dicono magistrati e avvocati ieri riuniti insieme a palazzo di giustizia di Caltanissetta, dove prima dell'estate andranno via 16 giudici che non verranno sostituiti prima di un anno;
   le 33 pagine del piano del Ministro della giustizia, elaborato sulla base di uno studio del magistrato agrigentino Luigi Birritteri, capo dipartimento della giustizia, sono ancora coperte dal segreto ma in ogni distretto giudiziario conosce ufficiosamente la sua sorte. Il taglio più pesante riguarda Palermo che si ritroverà con ben 25 magistrati in meno, 12 in procura e 13 alla giudicante. Un taglio che il Ministero ha decretato dopo un monitoraggio dei procedimenti pendenti e definiti tra penale e civile in rapporto anche con quanto fatto in altri distretti giudiziari con un organico più ridotto;
   e così, ad esempio, se Palermo con i suoi 125 giudici ha fatto fronte nell'ultimo anno a 59.911 processi, Catania con 110 giudici ha fatto meglio definendo 62.062 processi. Da qui la diversità del taglio: tredici giudici in meno a Palermo, solo tre in meno a Catania. Allo stesso modo, raffrontando le inchieste aperte, il ministero ha deciso di riequilibrare il numero dei magistrati delle Procure: Palermo, che l'anno scorso ha «prodotto» 21.636 procedimenti con un organico di 72 magistrati se ne vedrà decurtare 12, Catania che con soli 46 magistrati ha fatto fronte a 20.459 procedimenti si è vista addirittura concedere un aumento di due unità in organico –:
   se le notizie corrispondano al vero quali misure intenda urgentemente adottare il Ministro per scongiurare la paralisi giudiziaria in Sicilia. (4-19482)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRONER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 4 gennaio 2013, intorno alle 21,45, una motoslitta con due persone a bordo e con un rimorchio con altri sei passeggeri che scendeva dal Cermis, in Val di Fiemme è uscita fuori pista, ha sfondato le reti di protezione, e si è ribaltata cadendo in un dirupo;
   le persone a bordo, di nazionalità russa, sono finite oltre il limite della pista: sei sono morti sul colpo, gli altri due sono stati ricoverati in gravi condizioni negli ospedali di Trento e Cavalese;
   ai soccorsi, subito intervenuti malgrado le difficoltà per le condizioni del terreno e per il buio, hanno partecipato il 118 di Cavalese, la Croce bianca di Tesero, la Croce Rossa di Moena, il Soccorso Alpino di Fiemme e i vigili del fuoco dei paesi della valle;
   dopo la tragedia il sindaco di Cavalese ha dichiarato che l'ente gestore delle piste aveva intimato alla comitiva di non muoversi, ma i turisti avevano ignorato il divieto;
   la disciplina per la circolazione delle motoslitte, definite veicoli atipici, privi delle caratteristiche tecniche per la circolazione su strada, è esercitata principalmente dalle regioni e dalle province autonome, cui spetta la competenza sulla viabilità regionale e sulla viabilità minore, nonché il compito di fornire gli indirizzi per la regolamentazione comunale; ai comuni compete la regolamentazione di dettaglio dell'utilizzo di questi mezzi motorizzati nel proprio territorio;
   non c’è a livello statale alcuna regolamentazione per la circolazione e relative sanzioni dei mezzi motorizzati che in tutte le stagioni scorazzano sulle montagne, nonostante che la legge delega per la revisione del codice della strada (n. 85 del 22 marzo 2001) avesse richiamato espressamente la necessità di regolamentare l'utilizzo delle motoslitte, prevedendo l'obbligo del contrassegno identificativo, dell'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, nonché del possesso per il guidatore del certificato di idoneità alla conduzione;
   il 19 maggio 2010, rispondendo ad una interrogazione a prima firma dell'interrogante, il Sottosegretario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ricordava che lo stesso Ministero, in ottemperanza alla delega del 2001, aveva predisposto un corposo articolato di modifica del codice della strada; tuttavia, il decreto legislativo 15 gennaio 2009, n. 19 «Disposizioni integrative e correttive del Nuovo codice della strada» era stato licenziato privo delle modifiche in materia, poiché la circolazione su strada delle motoslitte è da considerarsi inammissibile e pertanto la sua regolamentazione esula dalla competenza istituzionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tuttavia in considerazione della rilevanza della questione per l'incolumità e la sicurezza delle persone in ambienti montani, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intendeva garantire la piena collaborazione al fine di individuare, anche in ambito legislativo a livello statale gli strumenti idonei a regolare la materia –:
   se il Governo, dal 2010 ad oggi, abbia elaborato un nuovo progetto di disciplina della materia e quali urgenti iniziative normative intenda adottare per dar seguito agli impegni assunti, e per scongiurare il ripetersi di tragedie come quella del 4 gennaio. (4-19366)


   BARBATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 6 gennaio 2013 è sparito un aereo Islander nelle acque di Los Roques in Venezuela, a bordo vi erano quattro italiani tra questi Vittorio Missoni, figlio del noto stilista Ottavio;
   le ricerche vanno avanti senza sosta;
   tra le ipotesi formulate che il velivolo disponesse di eccessivo carburante, che sia stato colpito da un fulmine o avaria ai motori ma anche dirottamento;
   il Tgr Lombardia, in data 8 gennaio 2013, ha mandato in onda un video girato dalla coppia di amici di Missoni che mostra il velivolo al momento del decollo: l'elica sinistra sembra avere qualche problema;
   a far perdere le tracce dell'aereo pare sia stato un evento improvviso e catastrofico, che non ha dato tempo al pilota di segnalare l'emergenza, ha sottolineato a Caracas l'ambasciatore Paolo Serpi;
   c’è un buco di tempo di due minuti tra quando il pilota ha chiuso il contatto con l'isola e il momento in cui doveva prenderlo con Caracas, ha ricordato il diplomatico, sottolineando «il massiccio dispiegamento delle forze» in una zona molto vasta;
   si tratta di acque profonde fino a 4.000 metri. I mezzi venezuelani – ha aggiunto – puntano «in un'area dove potrebbe esserci stato l'impatto, con una profondità tra i 48 e i 54 metri». Ricerche complesse anche perché in altre zone la profondità arriva invece fino a 4.000 metri, ha aggiunto Serpi dopo il sopralluogo fatto di persona a Gran Roque, da dove venerdì era decollato il velivolo senza mai arrivare a Caracas. I lavori andranno avanti ancora «per otto giorni» e, se necessario, anche al di là di tale periodo di tempo, ha precisato, sottolineando che anche la costa venezuelana viene controllata, «nel caso in cui arrivino dei rottami». Serpi ha così tracciato un bilancio della situazione al termine di un'altra giornata di attesa (fonte: http://www.ilmattino.it);
   si fa sempre più insistente l'ipotesi di un incidente;
   sul fronte delle indagini, i riflettori sono puntati su alcuni aspetti considerati determinanti. Per esempio, l'analisi dei pochi minuti di volo e della comunicazione avuta dal pilota – il 72enne German Marchal – nel momento in cui, a 10 miglia di distanza, si stava allontanando dalla Gran Roque verso la terraferma. A immaginare quel che può essere successo è Enrique Cuervo, un esperto dell'aeronautica di Caracas, che punta il dito soprattutto sulle comunicazioni dell'aereo. Il velivolo, afferma, potrebbe aver avuto un guasto e forse Marchal non è riuscito a segnalarlo perché le comunicazioni non hanno funzionato, forse perché l'aereo non aveva raggiunto la quota sufficiente. «Capita», afferma l'esperto, il quale si fa una domanda che si pongono in tanti a Caracas: «L'aereo era provvisto di un Gps? E in tal caso, era stato attivato?»;
   potrebbe essere proprio il gps a rivelare il destino del velivolo. Lo ha ipotizzato in una intervista a Radio Rai il generale di brigata Lorllys Ramos, capo della direzione generale prevenzione e investigazioni sugli incidenti aerei (Dgpiaa) del Venezuela, che sta coordinando le indagini;
   un lancio dell'agenzia Ansa in data 8 gennaio 2013 alle ore 16.27 mediante il proprio inviato Stefano De Paolis riporta la testimonianza di Giampiero Barone, 49 anni, figlio di italiani, pilota di una delle piccole compagnie che vanno e vengono tra Caracas e Los Roques, precisando di non credere nella «tesi del fulmine» quale causa della scomparsa dell'Islander. «Ho pilotato l'aereo disperso due settimane fa, era in condizioni perfette» ha detto Barone che ha aggiunto: «Il velivolo era in condizioni perfette, come un orologio. Non credo al fulmine, sarebbe troppo strano. Un fulmine ti brucia la radio, non ti spegne i due motori», sottolinea Barone, precisando inoltre che «velivoli come quello scomparso volano anche con un solo motore in funzionamento». Barone ricorda inoltre di «conoscere bene German Marchan», il pilota dell'aereo scomparso. «Era bravo, aveva gestito delle situazioni di emergenza anche quando era pilota dei Dc3. È di grande esperienza», ricorda, definendo inoltre «strano il fatto che finora non si sia trovato neanche un pezzo dell'aereo, un rottame». Barone – pilota della compagnia Chapi Air travel (definita nell'insegna «la pequena gran linea aerea») – segnala inoltre un altro particolare rilevante: «l'aereo non era neanche molto carico. È a otto posti, e c'erano quattro passeggeri, oltre ai due piloti»;
   cinque anni fa, in quella zona, sempre a Los Roques, scomparvero otto italiani. Anche quel giorno era un venerdì 4 gennaio;
   in data 8 gennaio 2013 ilgiornale.it a firma di Fabio Biloslavo, nell'articolo: «Los Roques, l'aereo scomparso era di una compagnia fantasma» si scrive che: «Della compagnia Transaero 5074, proprietaria dell'aereo sparito con i quattro italiani a bordo, si sa ben poco. Sulla scomparsa di velivolo, 2 piloti e 4 passeggeri non ha emesso alcun comunicato. Non solo: all'inizio era stata eretta una cortina fumogena se non un vero e proprio depistaggio sulla società responsabile. I media venezuelani parlavano dell'Albatross, che vola a Los Roques, ma con altri tipi di aerei. Alla fine è saltato fuori che la compagnia è la neonata Transaero 5074, ma il proprietario di cui si conosceva solo il nome di battesimo, Asdrubal, sembra un fantasma. Il Giornale è riuscito a scoprire, con difficoltà, che si chiama Asdrubal Remigio Bermudez Gonzalez, ma trovarlo è come cercare un ago nel pagliaio. In rete compare una sua ditta di trasporti nello stato venezuelano di Miranda durata solo un anno. Bermudez viene citato come testimone in una causa per diffamazione, ma su di lui si sa poco nulla. Una fonte a Los Roques parla «di un tipo abbiente che vive a Caracas». Su internet della compagnia aerea non c’è traccia. A Los Roques giurano che è sorta pochi mesi fa, ma prima volava con gli stessi velivoli dipinti di bianco e senza marchio «grazie a funzionari locali che chiudevano un occhio» –:
   di quali notizie si disponga in merito ai fatti esposti in premessa, se si intendano assumere iniziative volte a tutelare tutti gli italiani che si rivolgono a compagnie estere, a che punto siano le ricerche del volo menzionato in premessa e cosa si intenda fare per incentivarle. (4-19376)


   CAVALLARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie diffuse da molte autorevoli testate giornalistiche, anche nazionali, il 17 gennaio 2013, a causa di un guasto tecnico, il volo Alitalia Ancona-Roma del mattino, operato da Cartapair, è dovuto rientrare nell'aeroporto di Falconara poco dopo il decollo;
   a bordo del veicolo panico e polemiche si sono diffuse tra i passeggeri, non solo per la mancanza di assistenza e di informazioni su quanto accaduto, ma anche perché si tratta dell'ennesimo incidente che vede coinvolta la compagnia romena, a cui Alitalia ha subappaltato alcune tratte nazionali;
   già a maggio 2012, all'aeroporto di Firenze ci fu un allarme-incendio a bordo e quattro passeggeri contusi; a dicembre una perdita di carburante su un volo Pisa-Roma con rientro forzato; il 4 gennaio 2013 una depressurizzazione nella cabina e panico a bordo sulla rotta Ancona verso la Capitale e a seguire qualche giorno dopo il volo AZ1666, in partenza intorno alle 7 da Pisa e diretto a Roma-Fiumicino, era appena decollato quando, per un guasto a bordo, il velivolo fu riportato a terra;
   si chiama wet lease l'operazione commerciale di Alitalia, in forza della quale su alcune tratte, non riuscendo a riempire i propri vettori, la stessa subappalta alcune rotte alla compagnia romena dotata di aerei più piccoli: in pratica il volo risulta targato Alitalia, ma l'aereo su cui materialmente il passeggero sale a bordo appartiene alla compagnia romena e romeno parlano equipaggio e piloti;
   nonostante i vertici di Alitalia abbiano fornito rassicurazioni sull'affidabilità di Cartapair, spiegando che quest'ultima rispetta tutte le regole Enac e che la stessa è dotata delle certificazioni di sicurezza della Iata (Iosa), tali incresciosi episodi dimostrano la scarsa affidabilità della medesima in termini di sicurezza;
   pur comprendendo le ragioni di opportunità economica che hanno spinto Alitalia a stipulare un contratto di wet lease con la ditta romena Carpatair, a parere dell'interrogante, appare paradossale che ciò accade mentre molti dipendenti ex Alitalia, tra i quali comandanti, hostess, stewart, dopo 4 anni di cassa integrazione, sono stati posti in mobilità per dichiarata crisi aziendale;
   piloti e sindacati di categoria denunciano da tempo tale situazione, evidenziando tra l'altro come la mobilità impedisca al personale coinvolto anche di trovare una collocazione all'estero in quanto, proprio perché in mobilità non possono lavorare all'estero –:
   se, alla luce dei fatti evidenziati e pur essendo secondo l'interrogante quella attuata da Alitalia un'operazione lecita e legale, i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire sia a tutela degli utenti che si spostano sulle tratte subappaltate da Alitalia a Cartapair e sia dei lavoratori Alitalia in mobilità, considerando che appare all'interrogante quantomeno assurdo che la compagnia di bandiera italiana ceda ad una compagnia romena voli con gli stessi velivoli e le stesse destinazioni per la quale era stata dichiarata crisi aziendale, ponendo tutto a carico dei contribuenti italiani. (4-19382)


   BARBATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un volo diretto a Roma Fiumicino, partito alle ore 7 del 17 gennaio 2013 dall'aeroporto di Ancona Falconara, è rientrato alle 7.45 nello scalo di partenza per un guasto tecnico;
   si tratta di un volo Alitalia, operato dalla compagnia Carpatair;
   ne ha dato notizia l'agenzia Adnkronos alle ore 12.09 riferendo che: «Una persona ha accusato un malore e, all'arrivo nell'aeroporto di Ancona, è stata soccorsa. Successivamente i passeggeri sono stati imbarcati su un altro volo, partito per la capitale alle ore 11.15» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'episodio accaduto anche relativamente all'affidamento alla compagnia romena Carpatair di cui l'interrogante ha avuto già modo di occuparsi con l'interrogazione ancora priva di risposta del 21 dicembre 2012 e quali misure si intendano assumere in relazione a tale vicenda. (4-19427)


   BARBATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Trenord è una società a responsabilità limitata costituita da Trenitalia e da FNM SpA per operare nel settore del trasporto ferroviario passeggeri della regione Lombardia;
   il capitale sociale è suddiviso in quote paritarie tra le due società;
   tanti i disagi provocati dal programma ferroviario a discapito di centinaia di viaggiatori pendolari, dal 9 al 17 dicembre 2012 tra ritardi e soppressioni;
   mandato in tilt il cervellone che gestisce gli stipendi di tutta Trenord, oltre quattromila dipendenti di cui 2.800 tra macchinisti e capistazione. Il guaio è sempre legato al nuovissimo software, lo spagnolo Goal, il sistema che avrebbe dovuto dare una svolta alla definizione dei turni del personale ma che, malgestito al suo debutto, è durato lo spazio di una settimana. Tanto è bastato a far saltare tutti gli abbinamenti tra dipendenti e ore lavorate, straordinari, riposi, festivi. Tutto azzerato;
   il problema pesa sul pagamento del mese di dicembre, che arriva in busta paga a gennaio. Ma potrebbe ripercuotersi anche sui prossimi. In particolare, è la parte variabile di ogni stipendio a essere incalcolabile in automatico: il lavoro di notte, nei festivi, e poi le malattie: tutti dati persi;
   la notizia è del sito repubblica.it del 21 gennaio 2013 edizione Milano;
   in un primo momento l'azienda ha provato a farsi comunicare dai dipendenti il proprio pacchetto di ore effettuate, ma non è andata bene. Allora si è deciso così: ognuno verrà pagato sulla base delle ore lavorate nello stesso mese dell'anno precedente, ipotizzando una certa continuità di abitudini;
   coinvolti oltre 4 mila dipendenti che per colpa degli inconvenienti informatici si sono visti cancellare tutti i dati sugli straordinari. Ora saranno ricalcolati in base a quelli registrati nell'anno precedente;
   l'intoppo degli stipendi pazzi potrebbe avere ricadute non da poco, per l'azienda, in caso di calcoli sbagliati;
   i fatti esposti sono tali da richiedere un intervento urgente del Ministro mediante Trenitalia –:
   se non intenda promuovere il ritiro di tale software o diversamente quali misure intende assumere, nell'ambito delle sue competenze, a tutela del lavoro svolto dal personale ferroviario e negli interessi dei viaggiatori. (4-19495)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — per sapere – premesso che:
   il 14 luglio 2011 il quotidiano online www.reggionline.com «http://www.reggionline.com/» al link http://www.reggionline.com/it/2011/07/14/sequestrato-un-litro-di-droga-dello-stupro-un-arresto- 5425 riportava un articolo dall'allarmante titolo «Sequestrato un litro di “droga dello stupro”: un arresto». Il pezzo riportava la notizia di un sequestro da parte della guardia di finanza di «un litro di gammabutirolattone» e dell'arresto di un cittadino reggiano di 30 anni che si era fatto spedire il prodotto dall'Olanda;
   il pacco contenente la droga – si legge nell'articolo – era stato intercettato all'aeroporto di Milano, ma la consegna è stata effettuata da un finanziere che ha bussato alla porta dell'acquirente – che risiede in centro a Reggio e non ha precedenti – indossando una «pettorina» di un noto corriere espresso. Una volta entrato, l'agente si è qualificato e ha proceduto a un'ispezione che ha consentito di rinvenire anche 15 grammi di metanfetamina suddivisa in 70 dosi. In casa dell'arrestato, al momento della «consegna» c'era anche un 41 enne sassolese amico del padrone di casa, che è stato denunciato a piede libero perché aveva fornito i propri dati per il pagamento della spedizione. Lo stupefacente, infatti, era stato ordinato tramite internet;
   il 10 agosto 2011 il quotidiano online www.055news.it «http://www.055news.it/» al link http://www.055news.it/notizia.asp?idn=53633 riportava una notizia simile alla precedente per fatti verificatisi a Pisa; «I militari del Gruppo Operativo Antidroga del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Firenze – si legge nell'articolo – hanno sequestrato, a Pisa, mezzo litro di Gamma-butirrolattone, meglio conosciuta come ecstasy liquida o «droga dello stupro». Il destinatario del pacco era un 42enne, disoccupato, residente a Cascina (PI). L'uomo aveva acquistato la sostanza stupefacente in Olanda tramite un sito internet. (...) Quando il 42enne si è presentato per ritirare il pacco, è stato arrestato in flagranza di reato, per possesso di sostanze stupefacenti. La droga sequestrata, acquistata ad un prezzo di 200 euro, avrebbe potuto portare alla composizione di oltre 1.000 dosi, con un valore commerciale di circa 12.000 euro. La perquisizione dell'appartamento ha portato al sequestro anche di 2.5 grammi di hashish. Il 42enne è stato condotto nel carcere di Pisa;
   notizie riguardanti casi simili sono del resto all'ordine del giorno: il quotidiano on line «La Repubblica Firenze – il 15 luglio 2011, per esempio, riportava la seguente notizia «Droga dello stupro, due flaconi sequestrati. Arrestato un pratese mentre ritirava il pacco contenente il GBL, una sostanza chiamata anche ecstasy liquida. Comprato tramite internet lo stupefacente poteva essere distribuito in oltre 3000 dosi. Due flaconi contenenti gamma-butirrolattone (Gbl), sostanza stupefacente chiamata anche «ecstasy liquida» o «droga dello stupro», sono stati sequestrati dal goa della guardia di finanza di Firenze che ha anche arrestato un pratese di 37 anni. L'uomo, che gestisce un laboratorio di informatica, è stato bloccato mentre stava ritirando il pacco contenente il Gbl in una ditta di spedizioni a Calenzano (Firenze). Processato per direttissima, spiega la Guardia di Finanza, è stato condannato a due anni, 10 mesi e 2 giorni. L'arresto dell'acquirente, spiegano sempre le fiamme gialle, è stato possibile grazie a un'indagine della guardia di finanza di Milano che ha individuato un traffico di Gbl dall'Olanda all'Italia, segnalando l'arrivo di una partita anche in Toscana. La droga sarebbe stata comprata, tramite internet, dal trentasettenne pratese. La sostanza sequestrata, acquistata ad un prezzo di 200 euro, poteva portare, secondo la Guardia di Finanza, alla composizione di oltre 3.000 dosi, con un valore commerciale di circa 35.000 euro;
   la prima firmataria del seguente atto di sindacato ispettivo ha ricevuto la testimonianza di P.B. che nella sua lettera scrive, tra l'altro:
    «sono un libero professionista, realizzato nel mio lavoro e negli affetti che divido con un imprenditore; sono benestante, ho sempre creduto nel rispetto per gli altri, nel dovere verso il mio lavoro, e nell'essere di aiuto per chi ne avesse bisogno (mi sono molto speso in operazioni di beneficenza non solo prestando il mio contributo lavorativo gratuito ma anche sostenendo economicamente la ricerca scientifica e chi ne aveva bisogno). Ho inoltre progetti molto interessanti in corso d'opera per la mia vita futura in un paese straniero. Ovviamente sono incensurato e ho una fedina penale immacolata; in data 18 luglio 2011 mi sono trovato ad ordinare sul sito www.gblstarcleaner.com una confezione da 1 litro di GBL (Gammabutirolattone, prodotto dalla multinazionale chimica tedesca BASF). Segnalo che il sito era liberamente accessibile dai provider italiani e che l'unico Paese per il quale veniva segnalato il divieto di vendita risultava essere il Regno Unito. Segnalo altresì che per completare l'ordine ho inserito sul form del sito i miei dati anagrafici e gli estremi della carta di credito. Precedentemente era già stato effettuato un acquisto con analoga procedura lo scorso anno (confezione da 500 ml). In data odierna (8 agosto 2011) il sito risulta tuttora operativo e senza alcuna segnalazione o divieto relativo allo Stato italiano. Nel pomeriggio di giovedì 21 luglio 2011 ricevo una chiamata sul mio cellulare (numero che ho inserito negli estremi dell'ordine) da parte dell'UPS nella quale mi si chiede una data disponibile per il ritiro del prodotto. L'incaricato, specificando che si trovava esattamente davanti al mio domicilio, richiedeva la mia presenza. Trovandomi vicino a casa ho concordato un appuntamento nel giro di pochi minuti. Giunto a casa, mi sono ritrovato 12 agenti della Finanza e tempo 12 ore rinchiuso nel carcere di Vigevano incriminato quale spacciatore. Dopo 4 giorni passati nel carcere di massima sicurezza mi sono state inflitte le seguenti misure di restrizione (in attesa di giudizio): doppia firma quotidiana (h 9.00 e h 19.00) C/O Carabinieri e ritiro dei documenti per l'espatrio;
   nella lettera P.B. precisa: “ 1) Utilizzo, come disinibitore sessuale con il mio partner, da alcuni anni lo stesso prodotto. L'acquisto lo attuo in media una volta l'anno dato che una confezione dura svariati mesi. 2) Tale consumo è sempre stato esclusivamente ad uso personale. 3) Non sospettavo minimamente che tale prodotto fosse catalogato in Italia come sostanza stupefacente (lo produce la BASF!) anche perché ho sempre pensato che le sostanze stupefacenti (eroina, cocaina, cannabis, etc. etc.) non si acquistano su internet fornendo le proprie generalità e pagando con carta di credito. Ho scoperto invece solo ora che le tabelle delle sostanze catalogate quali stupefacenti in Italia vantano 16 pagine!!! di prodotti dai nomi incomprensibili ai più (ovviamente è omesso l'alcool anche se l'Organizzazione mondiale della sanità lo considera stupefacente). 4) Il prezzo del prodotto è tale da non avermi mai fatto sospettare che fosse uno stupefacente venduto da spacciatori (1 litro costa 90 euro!). Inoltre non mi è mai successo che qualcuno mi abbia proposto di acquistare tale prodotto in discoteca o nei locali pubblici. 5) Le confezioni in vendita sul sito hanno una capacità di 500 ml, 1 litro, 2 litri, 5 litri, 10 litri. Non è pertanto possibile acquistarne un quantitativo inferiore. 6) Se il prodotto in Italia viene considerato uno stupefacente perché i potenti mezzi della finanza non bannano il sito oppure non gestiscono una segnalazione al fine di scoraggiarne l'acquisto e di informare delle conseguenze l'ignaro acquirente (Come viene fatto per il Regno Unito)? (A questa domanda fatta dal mio compagno e dall'avvocato penalista al comandante della Guardia di Finanza non è stata data alcuna risposta!) 7) Sono un libero professionista che gestisce la contabilità di varie aziende e non è assolutamente mio interesse guadagnare qualche centinaia di euro vendendo GammaButiroLattone!!! 8) 12 persone della guardia di Finanza sono state nel mio appartamento di 60 metri quadri (1 persona ogni 5 metri quadri) e nessuno ha trovato bilancini, bottigliette o alambicchi vari che potessero far presupporre una mia attività illecita di spaccio. 9) 12 persone pagate da tutti i contribuenti italiani oltre alle spese di custodia e quelle relative al tribunale! Non era forse preferibile pagare un esperto informatico per bannare siti illegali?”;
   la lettera di P.B. prosegue con alcune considerazioni che la prima firmataria ritiene utile riportare:
    “Io – scrive P.B. – vivo una certa situazione di stabilità. Con il mio compagno possiamo permetterci di mancare dal lavoro per quattro giorni e possiamo altresì permetterci di sostenere spese legali per svariate migliaia di euro. Se tutto questo fosse successo ad un ragazzo ventenne, privo di risorse economiche per pagarsi il miglior avvocato penalista, in un contesto sociale meno fortunato del nostro, magari più fragile caratterialmente... cosa sarebbe avvenuto di lui ? Avrebbe di sicuro perso il lavoro; avrebbe avuto rovinati i suoi rapporti sociali e/o famigliari; avrebbe passato un paio di mesi in prigione (come minimo). Tutto questo perché aveva, in buona fede, fatto un acquisto on-line senza che nessuno lo avesse informato che tale acquisto, in Italia, risultava essere illegale”;
   l'interrogante ha potuto effettivamente verificare che il 17 agosto 2011 – giorno della stesura della presente interrogazione – il sito citato dal signor P.B. (www.gblstarcleaner.com «http://www.gblstarcleaner.com/») è perfettamente in funzione; liberamente accessibile dall'Italia, senza alcuna avvertenza per gli acquirenti;
   in altri siti, come ad esempio http://cleanmagic.eu/ è espressamente segnalato che, per i residenti nel Regno Unito, il prodotto in questione non è disponibile perché vietato dalle disposizioni di quel Paese; nulla, invece, è possibile leggere su «divieti» derivanti dalla legislazione italiana le sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella 1 allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sono le seguenti: 2C-B; 2C-I; 2C-T-2; 2C-T-7; 4-metilaminorex; 4-MTA; Acetil-alfa-metilfentanil; Acetildietilammide dell'acido (+)-lisergico; Acetildiidrocodeina; Acetorfina; Acido gamma-idrossibutirrico (GHB); Alcaloidi totali dell'oppio; Alfacetilmetadolo; Alfameprodina; Alfametadolo; Alfametilfentanil; Alfametiltiofentanil; Alfaprodina; Allilprodina; Amfetamina; Amide dell'acido lisergico; Aminorex; Anileridina; Argyreia nervosa semi; Benzetidina; Benzilmorfina; Benzilpiperazina (BZP); Benzitramide; Betacetilmetadolo; Beta-idrossifentanil; Beta-idrossimetil-3-fentanil; Betameprodina; Betametadolo; Betaprodina; Buprenorfina; Butirrato di diossafetile; Catha edulis pianta; Catina; Catinone; Chetobemidone; Clonitazene; Coca foglie; Cocaina; Codossima; Delta-8-tetraidrocannabinolo (THC); Delta-9-tetraidrocannabinolo (THC); Desomorfina; Destroamfetamina; Destromoramide; Destromoramide intermedio; DET (N,N-dietiltriptamina); Diampromide; Dietiltiambutene; Dietilamide dell'acido(+)-1- metil-lisergico; Difenossilato; Difenossina; Diidroetorfina; Diidromorfina; Dimefeptanolo; Dimenossadolo; Dimetiltiambutene; Dipipanone; DMA (2,5-dimetossiamfetamina); DMHP(1-idrossi-3(1,2-dimetileptil)-7,8,9,10-tetraidro-6,6,9-trimetil-6H-dibenzo[b,d]pirano); DMT (N,N-dimetiltriptamina); DOB (4-bromo-2,5-dimetossiamfetamina); DOET(4-etil-2,5-dimetossiamfetamina); DOM (4-metil-255-dimetossiamfetamina); Drotebanolo; Ecgonina; Eroina; Etclorvinolo; Etifossina; Etilmetiltiambutene; Etilmorfina; Etonizatene; Etorfina; Etosseridina; Etriptamina; Fenadoxone; Fenampromide; Fenazocina; Fenetillina; Fenmetrazina; Fenomorfano; Fenoperidina; Flunitrazepam; Folcodina; Funghi del genere strofaria, conocybe e psilocybe; Furetidina; Gamma-butirrolattone (GBL); Idromorfinolo; Idrossipetidina; Ipomea violacea semi; Isometadone; JWH-018; JWH-073; Ketamina; Levoamfetamina; Levofenoacilmorfano; Levometamfetamina, Levometorfano, Levomoramide; Levorfanolo; Lophophora Williamsii pianta (Peyote); LSD (Dietilamide dell'acido lisergico); MBDB (N-metil-(3,4-metilendiossifenil)-2-butanamina; MDA (3,4-metilendiossiamfetamina); MDEA (3,4-metilendiossietilamfetamina); MDMA (3,4-metilendiossimetamfetamina); Mefedrone; Meclofenossato; Mescalina; Mesocarb; Metadone; Metadone intermedio; Metamfetamina; Metazocina; Metilcatinone; Metildesorfina; Metildiidrorfina; Metilfenidato; Metopone; Mirofina; MMDA (5-metossi-3,4-metilendiossiamfetamina); Monoetilamide dell'acido (+)-1-metil-lisergico; Monoetilamide dell'acido (+)-lisergico Morferidina; Morfina; Morfina metil bromuro ed altri derivati morfinici ad «azoto pentavalente» tra i quali i derivati N-ossimorfinici (quale la N-ossicodeina); Morfolide dell'acido (+) lisergico; MPPP; Nandrolone; N-etilamfetamina; Nicocodina; Nicodicodina; Nicomorfina; N-idrossi-MDA; Noracimetadolo; Norcodeina; Norlevorfanolo; Normetadone; Normorfina; Norpipanone; Oppio; Oripavina; Paglia di papavero; Paraesil; Para-fluorofentanil; PCE (eticiclidina); PCP (fenciclidina); Pemolina; PEPAP; Petidina; Petidina intermedio A; Petidina intermedio B; Petidina intermedio C; PHP (roliciclidina); Piminodina; Piritramide; Pirrolidide dell'acido (+) lisergico; PMA (para-metossiamfetamina); PMMA (para-metossiametamfetamina); Preparati attivi della Cannabis (hashish, marijuana, olio, resina, foglie e infiorescenze); Proeptazina; Prolintano; Properidina; Propiram; Psilocibina; Psilocina; Rivea corymbosa semi; Racemetorfano; Racemoramide; Racemorfano; Salvia divinorum pianta; Salvinorina A; TCP (tenociclidina); Tebacone; Tebaina; Tilidina; TMA (3,4,5-trimetossiamfetamina); TMA-2; Trimeperidina –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   per quale motivo i siti che vendono il GBL – ben conosciuti, come dimostrato in premessa, dalla Guardia di finanza – siano liberamente accessibili dall'Italia;
   come mai – a differenza di quanto ha stabilito il Regno Unito – nei siti citati (e in tanti altri che vendono liberamente il GBL) i competenti ministri interrogati non abbiano ritenuto quantomeno fino al 17 agosto 2011, di dover segnalare ad eventuali ignari acquirenti italiani che il prodotto in questione fa parte di quelli vietati in Italia e rientranti nella tabella I della legge cosiddetta «Fini-Giovanardi» (n. 49/2006);
   se e quali iniziative di competenza intendano assumere i ministri interrogati per informare i cittadini residenti sul territorio italiano che l'acquisto on line delle sostanze citate in premessa comporta per l'acquirente un illecito penale.
(4-19357)


   DI BIAGIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la deputata calabrese Angela Napoli, membro della commissione giustizia e della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare presso la Camera dei deputati, e la sua attività rappresentano l'espressione per eccellenza dell'impegno parlamentare contro la malavita e la collusione tra politica, istituzioni e mafia;
   la stessa ha fatto del suo impegno, maturato in anni di lavoro e di iniziative, una bandiera di legalità e di strenua lotta alla criminalità organizzata segnatamente di stampo mafioso, in virtù della quale è stata bersaglio di svariate minacce di morte da parte dei esponenti della ’ndrangheta: siffatte minacce ripetute nel tempo hanno sollevato l'esigenza di un adeguato livello di protezione in virtù del carattere sensibile delle attività svolte e della conseguente esposizione a notevoli rischi;
   in virtù dei suddetti aspetti, il Ministero interrogato ha autorizzato già da qualche anno il servizio di scorta di sicurezza alla parlamentare;
   nei primi giorni dell'anno alcuni quotidiani hanno pubblicato le dichiarazioni di un boss, intercettato dal Ros dei carabinieri nell'ambito dell'inchiesta «Purgatorio» portata avanti dalla DDA di Catanzaro sulle connivenze malavitose esistenti nel sistema istituzionale vibonese, apertamente sprezzanti nei confronti del comportamento della deputata Napoli;
   nello specifico il boss intercettato oltre a mostrare fastidio per quanto realizzato sotto il profilo parlamentare dalla deputata calabrese, in particolare attraverso interpellanze ed atti di sindacato ispettivo che avrebbero di fatto compromesso alcune iniziative malavitose e pregiudicato i piani dello stesso, avrebbe inoltre chiaramente ammesso che «sì, si sta lavorando per togliere di mezzo questa scema qua» evidenziando in maniera palese le volontà criminali della cosca nei confronti della parlamentare;
   la suddetta dichiarazione rende ancora più complesso lo scenario di criticità e di preoccupazione intorno alla deputata, tale da rendere urgente una ipotesi di revisione dei livelli di sicurezza della stessa, che potrebbero essere riadeguati proprio alla luce degli aspetti che la citata inchiesta sta mettendo in luce;
   appare preoccupante il rischio che, l'eventuale non riconferma parlamentare di Angela Napoli, possa compromettere la sussistenza stessa del servizio di scorta di sicurezza riconosciuto dal Ministero interrogato, venendo meno il presupposto normativo dell'attività pubblica sensibile legittimante la citata autorizzazione –:
   se alla luce di quanto esposto in premessa e dei rinnovati rischi per l'incolumità della parlamentare citata, si intenda avviare ogni utile iniziativa volta al rafforzamento oltre che al mantenimento dell'autorizzazione al servizio di scorta di sicurezza della stessa anche nel caso in cui non dovesse essere riconfermato il mandato parlamentare in occasione delle prossime consultazioni elettorali. (4-19367)


   RENATO FARINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   giunge notizia all'interrogante della morte di una ragazza dell'Eritrea, richiedente asilo, incinta di 4 mesi, che si trovava in un centro di accoglienza a Mineo, Catania. Dopo due giorni in cui è stata spostata da un ospedale all'altro per fare la Tac, cosa che nonostante il rischio per il bambino lei aveva acconsentito a fare, l'ospedale di Catania, l'ha dimessa e rimandata nel centro di accoglienza, dove dopo 15 minuti è morta –:
   se quanto riferito corrisponda al vero;
   se il Governo intenda far luce sulla vicenda e assicurare giustizia per la ragazza;
   come intenda il Governo provvedere più efficacemente, viste anche le denunce della stampa internazionale, a condizioni di vita consone agli standard di civiltà costitutivi della Repubblica italiana.
(4-19368)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le procedure di presentazione dei simboli elettorali appaiono all'interrogante arcaiche e inadeguate, tese a favorire i furbi e non invece chi intende concorrere democraticamente allo svolgimento delle procedure elettive previste dalla Costituzione;
   la presentazione di numerosi simboli «patacca» tesi a confondere gli elettori non può essere taciuta e derubricata con argomentazioni burocratiche;
   in passato numerosi movimenti – tra i quali la Lega Nord – sono stati profondamente danneggiati dalla presenza di liste «civetta» create al solo scopo di confondere l'elettorato;
   nella vicenda attuale la situazione del Movimento 5 Stelle pare inaccettabile, sia per l'evidente tentativo di truffa a suo danno che emerge da un semplice confronto visivo del simbolo, sia per le dimensioni del corpo elettorale del movimento danneggiato;
   in democrazia deve essere applicato il principio espresso da Voltaire per il quale «Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere» –:
   se e quali azioni urgenti il Governo intenda attuare ai fini di consentire un ordinato e corretto svolgimento delle operazioni elettorali. (4-19379)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano metropolisweb.it in data 20 gennaio 2013 ha informato nell'articolo «Incubo racket a Torre Annunziata, proiettili contro il Centro Medico Oplonti» che ci sono stati «Undici fori nella saracinesca di ingresso del Centro Medico Oplonti»;
   nell'articolo si legge ancora: «l'incubo racket torna a terrorizzare la città, il rilancio del business delle estorsioni rappresenta la pista più concreta sulla quale si muovono le indagini dei carabinieri anche se il titolare del centro ha continuato a confermare di non aver mai ricevuto né minacce né richieste estorsive. Gli investigatori non hanno ancora abbandonato tutte le altre possibili ipotesi, ma sono orientati a considerare che dietro il raid di via Roma, avvenuto la notte tra venerdì e sabato, ci sia una strategia criminale ben precisa. Le cosche avrebbero deciso di alzare il tiro e rilanciare gli affari illeciti passando per un rafforzamento economico delle proprie casse. Dissestate dopo la stagione dei maxiblitz e delle condanne»;
   è il secondo caso in pochi giorni;
   il Centro medico Oplonti rappresenta una struttura all'avanguardia nel settore della diagnostica, della medicina nucleare e della citogenetica, un punto di riferimento per migliaia di pazienti dell'area Vesuviana. È anche per questo che il raid di fuoco assume una gravità ancora più preoccupante. Come del resto era accaduto quando nel mirino era finita la ditta «Onda Azzurra», tra le imprese ittiche più importanti del territorio;
   il rischio concreto è che la camorra sia tornata all'attacco, nel tentativo di rimettere in piedi eserciti e poteri messi in ginocchio negli i ultimi mesi –:
   di quali informazioni disponga il Ministro e quali misure si intendano assumere. (4-19384)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in penisola sorrentina (Napoli) si regista una escalation di furti e atti violenti testimoniati da quotidiani locali e siti web come www.positanonews.it che informa ad esempio come in data 21 gennaio 2013 a «Massa Lubrense rubate barche a Marina della Lobra. Escalation di furti in Penisola sorrentina, dopo la rapina a Sorrento è allarme. Si aspetta un intervento dal prefetto di Napoli Campania»;
   il medesimo sito di informazione locale aveva informato il 20 gennaio 2013: «Accoltellato un 18 enne all'uscita di una discoteca, caccia al branco. Sono di Castellammare di Stabia o del Vesuviano ? Non importa a Sorrento accoltellano un'altra persona nonostante le continue denunce sulla mancanza di sicurezza, dopo una rissa che portò all'accusa di tentato omicidio, dopo furti e rapine. Questi dati fanno pensare a una Sorrento violenta che di notte è paragonabile al Bronx. Se non si usano termini forti non si farà ancora nulla, come ha denunciato il consigliere comunale Rosario Fiorentino. Ennesima rissa, ennesimo accoltellamento ! Siamo finiti nel Bronx e non ce ne siamo resi conto ?» ed ancora «Questa notte un ragazzino è stato aggredito con un cacciavite uscendo da un locale e la colpa non è dei titolari, dei pr o dei buttafuori, (è già tanto che qualcuno ci offre un qualche divertimento), la colpa è degli stupidi ragazzi che trovano la violenza divertente» –:
   di quali informazioni disponga il Ministro e quali iniziative intenda assumere rispetto ai fatti esposti in premessa con particolare riferimento ai recenti fatti accaduti nella penisola sorrentina di cui le cronache danno notizia. (4-19385)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ospedale «Maresca» di Torre del Greco è interessato da alcuni mesi dai tagli regionali, con reparti chiusi e declassamento d'ufficio;
   episodi di cronaca locale riferiscono di una emergenza sicurezza che si unisce agli altri problemi esistenti;
   in data 13 gennaio 2013 il quotidiano d'informazione Metropolis web a firma di Ciro Formisano riferisce che, quattro giorni prima, aveva sfogato la propria rabbia distruggendo «gli arredi del pronto soccorso, mobili e scaffali. Il tutto per non avere ottenuto il timbro per il ricovero in una struttura privata specializzata in psichiatria»;
   il giornalista Formisano spiega che: «col declassamento della struttura – previsto nel piano di rientro della spesa sanitaria in Campania – la questione sicurezza è precipitata nell'oblio, in scia al destino dell'ospedale. Si è incominciato con l'eliminazione del drappello di polizia, per finire con lo snellimento – in numeri e turni – dei vigilantes impegnati all'ingresso di ospedale e pronto soccorso. Delle 9 guardie giurate che sino a qualche anno fa monitoravano l'afflusso di pazienti, medici e visitatori, oggi ne restano soltanto 3, di cui 2 – per contratto – impegnate nel controllo dell'area da cui si ha accesso alle due ali dell'ospedale: la vecchia – dove c’è il reparto occupato dagli attivisti del comitato “Pro Maresca” – e la nuova, quella nella quale sono state dirottate buona parte delle attività mediche. Una scelta obbligata per i dirigenti che amministrano l'ospedale “declassato”, vista la penuria di fondi e i tagli netti operati al budget del nosocomio corallino. Come se non bastasse, poi, a essere oggetto della spending review sanitaria, oltre al numero dei vigilantes, sono anche i turni. Da qualche anno, infatti, l'area che consente l'accesso alle due ali dell'ospedale si svuota e dopo le 8 di sera resta incredibilmente incustodita, a scapito della sicurezza di malati, dottori e visitatori. Questioni già sollevate in questi anni dagli stessi attivisti del comitato che combatte per difendere l'ospedale, ma anche da responsabili, infermieri e dottori. Una vicenda su cui pesa un corposo e vasto archivio di episodi consegnati alla cronaca. Si va dalle rapine ai danni dei pazienti, passando per minacce, atti di vandalismo e aggressioni ai danni di medici e infermieri. A rischio, insieme all'incolumità di degenti e rappresentanti dello staff medico»;
   a rischio nel nosocomio torrese anche le costose attrezzature custodite all'interno delle due strutture di cui si compone l'ospedale;
   all'interrogante risulterebbe inoltre che a causa dei tagli, sia al vaglio dei dirigenti dell'Asl un'ulteriore ipotesi di dimezzamento del servizio, che vedrebbe il declassamento delle guardie giurate in semplici «portieri», attraverso l'eliminazione della vigilanza armata –:
   se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se alla luce di quanto esposto si intenda intervenire con misure urgenti a garanzia della incolumità e sicurezza di pazienti e medici. (4-19393)


   CONTENTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nonostante le ripetute rassicurazioni e le risposte del tutto evasive fornite anche all'interrogante in Aula, risulta che il Consiglio di Stato abbia recentemente confermato la sentenza del tribunale amministrativo del Lazio in merito all'appalto tra il 9 gennaio 2013, Ministero dell'interno e la Società Telecom;
   trattasi dell'ormai famosa convenzione in affidamento diretto da 520 milioni di euro per l'erogazione di servizi telematici, cassata dal Tar e contestata dalla stessa Unione europea (gli organi comunitari non hanno lesinato richiami di una certa durezza, ritenendo inaccettabile l'attribuzione di attività pubbliche in assenza di formali gare di appalto);
   il caso potrebbe aprire questioni di evidente gravità anche sul piano risarcitorio, visto che il relativo iter è partito anni fa e che si sono attesi gli ultimi giorni di tempo utile per ricorrere ad una forma di gestione privata del tutto discutibile –:
   come intenda affrontare la situazione qui denunciata onde evitare che ripercussioni negative – come i possibili risarcimenti del danno – ricadano sull'erario;
   quali iniziative intenda adottare per accertare eventuali responsabilità in capo a chi ha affidato alla società l'incarico in assenza di una procedura di evidenza pubblica. (4-19396)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Agrorinasce cura 58 progetti di recupero di beni confiscati alla camorra;
   attualmente sfiorerebbe la bancarotta come risulta da notizie di stampa del 15 gennaio 2013, (www.corriere.it) a firma di Antonio Castaldo;
   tale struttura rischia la chiusura a causa dei crediti non riscossi dai comuni dell'aversano;
   a Caserta i beni confiscati alle organizzazioni criminali sono 8. Si tratta di cinque fabbricati, un terreno agricolo e due abitazioni;
   l'azione di confisca dei beni delle organizzazioni criminali dal 1996 avviene grazie alla legge Pio La Torre;
   il sito dell'Agenzia dei beni confiscati e sequestrati conta ad oggi 12.670 beni passati dalle mafie al patrimonio dello Stato. La Campania ne ha 1.877, ed è la seconda regione dopo la Sicilia, inarrivabile a quota 5.420. Come risulta anche dalle citate notizie di stampa, «con i principali boss in carcere, gli imperi economici criminali si sono ridotti a poche sparute proprietà o ad aziende ormai ripulite dalla terza generazione. I figli dei figli, ormai integrati nel tessuto economico, investono all'estero. E in qualche caso puntano a tornare in possesso dei «beni di famiglia», sottratti dallo Stato perché ritenuti proventi di attività criminali. L'unico modo per fermare l'avanzata delle nuove generazioni è dimostrare che dal letame della camorra è possibile far nascere i fiori di una stagione di legalità. Cioè riportare sul mercato, a beneficio della società, aziende e immobili realizzati con il denaro mafioso» –:
   di quali informazioni disponga il ministro in relazione ai fatti esposti in premessa in particolare sul futuro di Agrorinasce e quali misure intenda assumere a tutela della sua funzione. (4-19400)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il COISP (Sindacato indipendente di polizia) con una nota mediante il segretario provinciale di Napoli Giulio Catuogno ha fatto sapere che: «occorre non solo un forte aumento di personale sul territorio, ma anche un ingente incremento di mezzi che porti questi operatori a svolgere la propria attività professionale in piena sicurezza»;
   le dichiarazioni sono state pubblicate dal quotidiano Cronache di Napoli in data 14 gennaio 2013 –:
   se il Ministro, alla luce dei recenti episodi di cronaca nera consumatisi a Napoli, sia a conoscenza dell'appello rivolto dal segretario del Coisp e quali misure intenda assumere se non rinfoltire le fila della polizia. (4-19405)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 gennaio 2013 il sito d'informazione ilmattino.it ha dato notizia di una baby gang di 13enni che a Napoli ha trascinato un agente aggrappato a una minicar;
   quando i minorenni sono stati individuati dalla polizia su una minicar hanno dato vita ad una fuga da brivido. Il 13enne alla fine è scappato sul motorino di un coetaneo, il 15enne alla guida della minicar non si ferma mentre un poliziotto lo tiene dal finestrino e cerca di far sbattere l'agente contro le auto in sosta;
   le indagini avevano preso le mosse da una serie di rapine a passanti e negozi al Centro direzionale, in piazza Nazionale, al corso Garibaldi e nelle strade adiacenti, corroborate da alcuni esposti anonimi che indicavano quali autori delle rapine una banda di giovanissimi senza scrupoli;
   un altro agente ha cercato di bloccare gli altri due occupanti della minicar, tenendo fermo attraverso il finestrino quello seduto al lato passeggero, ma l'altro, 15enne, si è messo alla guida del veicolo ed è ripartito a forte velocità, trascinando il poliziotto lungo tutta via Bellini. Anzi, durante la corsa, ha sterzato più volte a destra, facendo urtare il poliziotto contro le auto in corsa urlando: «Accirimmola ’sta guardia !» (uccidiamola questa guardia);
   la minicar è stata poi costretta a fermarsi per il traffico al corso Garibaldi: uno dei ragazzi è stato bloccato, l'altro è fuggito ancora. All'interno del veicolo, rubato il 12 gennaio, i poliziotti hanno rinvenuto un coltello a serramanico. Il 15enne e il 16enne sono stati arrestati per tentato omicidio; mentre il 13enne è stato riaffidato ai genitori in quanto non imputabile –:
   se siano a conoscenza di tali vicende e quali misure si intenda assumere a tutela dei cittadini e di giovani in particolare, per la prevenzione sul territorio anche mediante l'ausilio delle scuole ed organismi presenti. (4-19406)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il diritto al voto è un diritto che la pubblica amministrazione deve garantire a tutti i cittadini, anche a quelli che per motivi diversi attualmente operano all'estero: lo sottolinea la Focsiv, Federazione nazionale di organismi cristiani di volontario, che in vista delle prossime scadenze elettorali per le elezioni denuncia una «palese e oggettiva discriminazione» sulle condizioni di esercizio del diritto al voto per i cittadini italiani all'estero;
   «una discriminazione inaccettabile» sottolinea il presidente della Focsiv, Gianfranco Cattai, che chiede che «in questo momento di crisi e di revisione della spesa pubblica» si dia la possibilità a queste persone di esercitare il proprio diritto-dovere al voto presso le rappresentanze diplomatiche italiane all'estero. Attualmente, oltre agli italiani iscritti all'Anagrafe italiani residenti all'estero, che possono esercitare il loro diritto al voto presso le rappresentanze diplomatiche italiane all'estero, solo alcune categorie specifiche possono usufruire di condizioni agevolate per votare: appartenenti alle Forze armate e di polizia; dipendenti di amministrazioni dello Stato, regioni o province autonome qualora la durata della loro permanenza all'estero sia superiore a tre mesi; professori e ricercatori universitari all'estero per una durata complessiva di almeno sei mesi. Nessuna possibilità, invece, per i giovani in servizio civile all'estero, per i giovani in servizio volontario europeo, per i volontari e i cooperanti internazionali, per i sacerdoti, le suore e i religiosi e laici italiani non iscritti all'Aire di esercitare il diritto-dovere del voto all'estero»;
   sono oltre 10.000 le persone interessate, se lo Stato si dovesse far carico delle spese di rientro in patria di tutte queste persone, la spesa sarebbe di 15-20 milioni di euro. Da anni abbiamo sottolineato il problema ed è inaccettabile che tutte le volte la risposta delle Istituzioni preposte è rinviare la soluzione del problema alla prossima tornata elettorale;
   la notizia è stata battuta dall'agenzia ANSA in data 22 gennaio 2013 –:
   quali misure intendano assumere i ministri interrogati per consentire anche a coloro che svolgono volontariato all'estero di esercitare il diritto di voto. (4-19414)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Palermo, presso la scuola «Nicolò Garzilli», nel quartiere Libertà, ignoti sono entrati e hanno rovistato negli armadietti delle insegnanti. Hanno rubato un computer, materiale didattico e apparecchi audio. I ladri hanno anche portato via i soldi che nell'istituto erano stati raccolti per Telethon, la fondazione sulla ricerca delle malattie genetiche. Lo hanno scoperto gli operatori scolastici che hanno presentato denuncia al commissariato di polizia Libertà. Oltre alla Garzilli vandali in azione all'istituto tecnico industriale «Ettore Majorana» di via Astorino. Qui sono stati svuotati gli estintori nei locali dell'istituto;
   la notizia è stata data dal corriere.it del 22 gennaio 2013 –:
   quali misure intendano assumere i Ministri interrogati per mettere in sicurezza le scuole palermitane anche alla luce dell'ultimo episodio accaduto alla scuola «Nicolò Garzilli». (4-19415)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano metropolisweb.it ha informato in data 19 gennaio 2013 sullo stato lavoro della caserma di Ercolano (Napoli);
   nel servizio a firma di Ciro Formisano si legge: «La maledizione della caserma, per Ercolano, non è più solo una questione di atti, ricorsi, sentenze o varianti. Da oggi, o meglio dal 4 gennaio 2013 – data di approvazione della delibera di giunta relativa al “diverso utilizzo della somma residua” del vecchio mutuo acceso dal comune per trasformare le stanze dell'ex clinica Cataldo in uffici comunali – quella del presidio di legalità di Ercolano si è trasformata in una vicenda puramente economica, il cui peso rischia di ricadere sulle tasche dei cittadini. La storia inizia l'8 aprile del 2011, quando viene affidato l'appalto per i lavori di edificazione della caserma alla ditta “Consorzio Cooperative Costruzioni” di Bologna, con un ribasso del 38,8 per cento, pari a poco più di 1,5 milioni di euro, rispetto ai 3 milioni e spiccioli dell'importo a base d'asta. Causa una serie di interventi aggiuntivi, la variante progettuale elaborata dall'impresa aggiudicataria su sollecitazioni di carabinieri e Comune, però, porta alla lievitazione dei costi rispetto alla cifra così come determinata dal completamento della procedura di gara. Costi che, attraverso la delibera approvata in giunta lo scorso 4 gennaio, sono stati fissati in oltre 1,2 milioni di euro. Con lo stesso atto, poi, è stata stabilita dalla squadra di governo cittadino, l'articolazione dell'intervento in due lotti all'interno dei quali sono stati ridistribuiti i costi generati dalla variante progettuale. Tradotto, causa una serie di variazioni in corsa sul progetto volute dall'Arma, la caserma costerà oltre 1 milione di euro in più rispetto all'offerta presentata, per il progetto iniziale, dall'impresa aggiudicatrice»;
   cifra soggetta a variazioni a ribasso, visto che il secondo lotto dei lavori – la cui previsione lorda di spesa è quantificata in 700.000 euro – dovrà essere affidato attraverso una gara d'appalto. Il primo lotto, invece, è già stato affidato – come legge consente – all'impresa che aveva vinto la gara, ma con una maggiorazione, rispetto agli 1,5 milioni dell'offerta del 19,14 per cento: in numeri 280mila euro in più rispetto al contenuto della busta aperta l'8 aprile 2011;
   dall'atto, inoltre, emerge che «pur rimanendo immutato il costo complessivo dell'opera – per un importo pari a poco più di 3 milioni di euro – variano, fondamentalmente le linee di finanziamento per la realizzazione del progetto». Ovvero, se prima era possibile finanziare tutto con Fondi Europei Sviluppo Regionale, adesso una quota parte di circa 1,2 milioni di euro è a totale carico delle casse comunali, mediante il diverso utilizzo di un mutuo precedentemente contratto e riferito alla ristrutturazione dell'ex clinica Cataldo per la destinazione ad uffici comunali. Soldi che saranno chiamati a pagare i cittadini, i veri contraenti del mutuo fantasma – l'opera per la quale era stato acceso non è mai iniziata-utilizzato come garanzia per la caserma. Una spesa supplementare che il Comune spera di «recuperare» attraverso la «possibile rimodulazione, previa intesa con la commissione tecnica regionale, del programma Più Europa» –:
   di quali notizie si disponga circa i fatti esposti e quali iniziative di competenza si intendano assumere. (4-19438)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ad Altavilla (Avellino), cinque auto sono andate in fiamme in un autolavaggio. Si teme il dolo;
   la notizia è del mattino.it edizione Avellino del 19 gennaio 2013;
   l'incendio è partito da una Fiat 600 poi si sono propagate ad altre quattro autovetture parcheggiate accanto;
   probabilmente l'incendio è doloso –:
   di quali notizie dispone il ministro interrogato circa fenomeni malavitosi nell'avellinese anche alla luce dei fatti esposti in premessa e quali misure intenda eventualmente adottare. (4-19439)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Portici (Napoli) il nascente oratorio «Chiara Luce Badano» di via San Cristoforo a meno di 10 giorni dall'inaugurazione ufficiale, finisce nuovamente nel mirino dei vandali, che lo hanno preso di mira per ben tre volte;
   i vandali scavalcano il muro di recinzione, entrano all'interno dello spazio nel quale sono situati i container e piegano le porte d'accesso delle mini-abitazioni. Uno spartito messo in scena anche la scorsa notte, con la terzo incursione dopo quelle dell'8 e del 26 dicembre 2012;
   raid simbolici più che sostanziali – i container, infatti, sono ancora vuoti – dai quali emerge la reale possibilità che dietro i colpi possa celarsi la matrice «intimidatoria». Ipotesi al vaglio degli inquirenti, che trova forza nelle porte chiuse dei container: l'anello che unisce i tre raid. Un messaggio forse rivolto ai residenti, oppure proprio a don Giuseppe De Vincentiis, il parroco della chiesa Immacolata Concezione che dopo aver lottato per la rinascita di quello spazio abbandonato, ieri si è ritrovato davanti le immagini dell'ennesimo raid. «Siamo ovviamente scossi – ripete don Giuseppe – si tratta del terzo colpo in un mese. Non so se c’è qualcuno che quest'oratorio non lo vuole, ma i segnali sono inquietanti e purtroppo ci spingono a pensare a questo». Parole ripetute, per l'ennesima volta, anche agli agenti del commissariato di Portici ora impegnati a fare luce sul caso;
   la notizia è riferita dal sito metropolisweb del 22 gennaio 2013 a firma di Ciro Formisano;
   i fatti esposti in premessa sono tanto gravi da sollevare un allarme sicurezza per la città di Portici interessata anche da diversi altri episodi come testimoniano le cronache locali –:
   quali misure intenda adottare il Ministro anche alla luce di questi colpi al nascente oratorio attiguo alla chiesa dell'Immacolata Concezione. (4-19445)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sito di informazione Metropolis in data 18 gennaio 2013 ha pubblicato l'articolo: «Sorrento attira i soldi della camorra Allarme choc del procuratore Antimafia»;
   nell'articolo si apprende che: «Non esistono più zone che possano dirsi incontaminate. Una volta, forse, Sorrento era al di fuori della portata del reinvestimento camorristico. Ora è diverso. L'allarme non è lanciato dal politico di turno. Né da gente comune. Ma arriva da chi, in prima linea, giorno dopo giorno, da anni combatte contro la criminalità. Federico Cafiero de Raho parla chiaro: «Il rischio c’è sussurra al municipio di Sorrento»; (http://www.metropolisweb.it) –:
   di quali notizie disponga il Ministro in merito ai fatti esposti nella premessa.
(4-19451)


   AMICI e COSCIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 226 del 22 dicembre 2012 stabilisce che il 24 e 25 febbraio 2013 gli studenti che sono in Erasmus non potranno esercitare il loro diritto di voto;
   l'articolo 2 del decreto-legge n. 223 del 2012, che regola il voto per «i cittadini italiani temporaneamente all'estero», riconosce il diritto di votare per corrispondenza alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all'estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali. Inoltre, la possibilità di partecipare alle elezioni è consentita anche ai «dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all'estero per motivi di servizio». E infine ad alcuni professori e ricercatori universitari che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all'estero;
   per tutti gli altri il decreto stabilisce che i cittadini italiani che si trovino temporaneamente all'estero e non appartengano alle tre categorie sopraindicate potranno votare esclusivamente recandosi in Italia presso le sezioni istituite nel proprio comune di iscrizione nelle liste elettorali;
   l'esclusione da queste tre categorie protette impedirà agli studenti di votare poiché l'unica soluzione che gli avrebbe consentito di esercitare il loro diritto sarebbe stata quella di iscriversi all'Anagrafe italiana residenti all'estero, opzione praticabile – tuttavia – solo per chi è residente all'estero da più di 12 mesi e gli scambi di studio europei non raggiungono quella durata;
   secondo il Rapporto annuale Erasmus, gli studenti che scelgono di partecipare a questo programma scolastico sono in crescita. Negli anni c’è stata una progressiva e costante adesione. Nel 2010/2011 oltre 20 mila giovani hanno scelto programma;
   questa scelta appare dunque penalizzante e discriminatoria nei confronti dei nostri giovani concittadini che allo stato attuale delle cose risultano essere ostacolati nell'esercizio di un loro diritto costituzionale;
   in tal senso, molti di loro stanno dichiarando il loro disappunto soprattutto sul web, dove hanno creato un gruppo su Facebook per denunciare questo atto;
   inoltre, è stata lanciata una petizione online che chiede al Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi, di prendere in considerazione la possibilità per gli studenti Erasmus di partecipare al voto;
   un esperimento simile era stato lanciato dal sito IoVotoFuoriSede, che da due anni si batte per introdurre anche in Italia il voto per delega, il voto per corrispondenza o il voto in un diverso seggio –:
   se non intenda consentire agli studenti Erasmus di esercitare il loro legittimo diritto di voto attraverso un voto per corrispondenza come avviene nel resto d'Europa; (4-19458)


   ZAMPA e LENZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge istitutiva dei Centri di identificazione ed espulsione, varata durante l'ultimo Governo Berlusconi, allunga a 18 mesi i tempi di permanenza. Già nel corso della sua visita in Italia, il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Muiznieks, ha denunciato queste strutture come «violazione dei diritti umani»;
   in questi giorni le interroganti insieme alla senatrice Ghedini, all'assessore al walfare del comune di Bologna, Amelia Frascaroli, e alla garante dei detenuti, Elisabetta Lagana, si sono recate in visita presso il Centro di identificazione ed espulsione di Bologna, che presenta una situazione drammatica. A parere delle interroganti né la dignità umana né i diritti delle persone sono rispettate all'interno di queste strutture;
   il centro di identificazione ed espulsione di via Mattei a Bologna versa in uno stato di totale degrado nonché di abbandono considerato il peggioramento significativo delle condizioni strutturali, igienico-sanitarie e di gestione complessiva della struttura. I trattenuti vivono in condizioni non accettabili: mancano anche le cose più semplici, la sporcizia resta per terra, ci sono malati che sembrano sedati e fissano il muro nelle celle; ci sono sieropositivi che rischiano la propria salute e mettono a rischio quella degli altri; c’è una donna con l'hiv, madre di tre bambini, che non può restare li dentro malata com’è;
   anche l'Unione europea proprio in questi giorni ha criticato fortemente il nostro paese sulle condizioni dei nostri Centri di identificazione ed espulsione e delle nostre prigioni;
   la prefettura di Bologna, dietro sollecitazione del Garante dei detenuti e delle interroganti ha effettuato immediati interventi, fermo restando che alcune delle carenze rilevate sono di tipo strutturale –:
   quali iniziative intenda intraprendere a tutela delle persone trattenute nel Centro di identificazione ed espulsione di Bologna;
   se non reputi necessario creare all'interno della struttura un osservatorio permanente per vigilare in modo attento e costante circa le condizioni igienico-sanitarie e di gestione. (4-19461)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dagli Stati Uniti starebbero per arrivare in Italia i painkiller, ovvero ammazzadolori, farmaci potenti prescritti ai malati oncologici, a chi patisce dolori cronici o postoperatori severi;
   negli States aumentano infatti decessi e dipendenze provocati da due principi attivi: l'ossicodone che Oltreoceano miete più vittime di eroina e cocaina insieme, contenuto nei farmaci OxyContin, Percodan (da noi venduto come Depalgos) e Percocet, e l'idrocodone, presente nel Vicodin (non si vende in Italia ma si compra in rete). Altrettanto pericoloso il fentanile, somministrato con cerotti transdermici;
   dati allarmanti, in più cattiva coscienza: a consentire quella che è definita una pestilenza è stato il connubio di compiacenza e interessi. Dai medici che percepiscono percentuali dalle case farmaceutiche per le ricette, alla prescrizione di analgesici da cavallo pure per il mal di denti; dal business della sofferenza (Purdue Pharma ha riformulato l'OxyContin, dopo una penale di 646 milioni di dollari pagata nel 2007 per aver minimizzato, con marketing e congressi, i rischi di assuefazione) ai pellegrinaggi in Florida (i cosiddetti «OxyContin Express»), Stato costellato di «cliniche del dolore». I numeri parlano: nell'ultimo decennio 15mila americani ogni anno sono morti di overdose (le pasticche sono frantumate e inalate o iniettate, la polverizzazione è più difficile col neo OxyContin). In 17 Stati i painkiller sono oggi la causa numero uno dei decessi violenti. Il consumo di ossicodone è cresciuto del 152 per cento in 6 anni, e i pusher lo vendono a 50 dollari la pastiglia. Tra 2004 e 2009 i suicidi con antidolorifici sono raddoppiati tra i maschi di 35-49 anni e triplicati tra gli ultracinquantenni;
   queste notizie sono state pubblicate nell'inserto di Repubblica del 19 gennaio 2013 nel servizio 2 Antidolorifici da sballo a firma di Elisabetta Muritti;
   questa tossicodipendenza ha mutato indirizzo e identikit della vittima tipica, non più il ghetto metropolitano ma i quartieri residenziali, non più il giovane nero ma il bianco di mezz'età. Molti farmacisti, presi di mira da rapine a mano armata, si attrezzano e appendono i cartelli «Non vendiamo painkiller». E si attrezza la Food and drug administration, che frena produzione e distribuzione dei farmaci non autorizzati a base di ossicodone;
   i fatti esposti ad avviso dell'interrogante sono gravi e tali da richiedere un intervento urgente in materia a prevenzione dell'arrivo dei painkiller –:
   quali iniziative i Ministri intendano adottare circa la gravità delle notizie esposte in premessa provenienti dagli Stati Uniti. (4-19463)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a Scafati (Salerno) servono lavori urgenti per la scuola di via Genova «Ferdinando II di Borbone»;
   la notizia è stata data dal quotidiano Metropolis del 20 gennaio 2013 a pag.24;
   a rischio anche i solai dell'istituto di Scafati elementare e materno –:
   di quali notizie disponga il Governo in merito e quali iniziative di competenza intenda assumere circa la scuola segnalata in premessa per assicurare l'incolumità pubblica e per consentire il sereno proseguimento delle lezioni scolastiche.
(4-19465)


   NACCARATO e MIOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la strada di collegamento tra i comuni di Padova e Abano Terme (Padova) – attualmente in fase di realizzazione – è un'infrastruttura di fondamentale importanza per il sistema viario del capoluogo veneto e della zona euganea;
   a quanto si apprende dagli organi di informazione la prefettura di Roma ha trasmesso il 31 dicembre 2012 alla stazione appaltante dell'opera – «Veneto Strade Spa»: società partecipata dalla regione Veneto (30 per cento delle quote), dalle province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza (50 per cento), e dal gruppo di concessionarie autostradali (20 per cento) «Società delle Autostrade Serenissima Spa», «Autostrade per l'Italia Spa», «Autovie Venete Spa» e «A4 Holding Spa») – «un'informativa antimafia interdittiva inerente la Società Sigma Sas di Piromallo Stefania, ditta alla quale la Castaldo Spa aveva subappaltato parte dei lavori della bretella». Successivamente “Sigma Sas” ha “presentato un ricorso al Tar del Veneto” contro la revoca del subappalto da parte di “Veneto Strade”»;
   «Sigma Sas di Piromallo Stefania» è una società costituita il 2 marzo 1992 con sede legale in via Catalani n. 31 a Roma e capitale sociale di 51.645 euro così suddiviso: Giuseppe Sodano (25.822 euro, di cui il 10 per cento con pegno di proprietà a favore di Raffaele Iossa), Carolina Trocchia (25.306 euro) e Stefania Piromallo (516,46 euro);
   sempre dagli organi di stampa («La Repubblica», edizione dell'11 maggio 2010) si apprende dell'esecuzione da parte della Guardia di finanza di quattro ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari per «bancarotta fraudolenta» nei confronti di «Giuseppe Sodano e Francesco Beneduce, amministratore di fatto e legale rappresentante dell'Isola Costruzioni generali Srl [con sede in via del Ristoro n. 15 a San Giuseppe Vesuviano (Napoli) NdT.], Carlo Solari, amministratore della Socome Società costruzioni meridionali Srl, e Domenico Maurielli, amministratore unico della Costruzioni generali Socome Italia Spa. L'indagine ha preso avvio dalla sentenza di fallimento emessa nell'aprile del 2008 (...) tutti i beni della Socome, con passivo per 14 milioni di euro, erano stati trasferiti alla società L'Isola»;
   Giuseppe Sodano, socio della «Sigma sas», e destinatario dei provvedimenti di cui sopra, risulta socio al 98 per cento della srl «L'isola costruzioni generali», con sede a San Giuseppe Vesuviano (Napoli), società sottoposta a sequestro preventivo da parte del tribunale di Napoli e da anni soggetta ad amministrazione giudiziaria;
   al di là dell'aspetto amministrativo della vicenda riguardante la realizzazione della strada tra Padova ed Abano, attualmente al vaglio del Tar del Veneto, il provvedimento interdittivo antimafia della prefettura di Roma nei confronti di una società a cui è stata affidata – in subbapalto – l'esecuzione di parte dei lavori di un'opera pubblica conferma – oltre ai limiti dell'attuale legislazione sugli appalti – i ripetuti allarmi lanciati dall'interrogante circa la presenza in Veneto di amministratori, imprenditori o società coinvolti in reati economici e finanziari, talvolta in relazione con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso;
   l'interrogante sottolinea, in particolare, il grave rischio – confermato dalle Relazioni semestrali del Ministero dell'interno al Parlamento sulle attività della Direzione Investigativa Antimafia – che con la crisi economica le organizzazioni criminali mafiose riescano a inserirsi facilmente nel tessuto economico del territorio, partecipando, più o meno indirettamente, agli appalti di opere pubbliche, oppure collocando referenti di fiducia nei Consigli di amministrazione di aziende in fase pre o postfallimentare –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche al fine di prevenire e contrastare la presenza di soggetti e di imprese destinatari di provvedimenti interdittivi antimafia o comunque coinvolti in attività criminali di tipo economico e finanziario. (4-19469)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel giardino della scuola elementare «Giacomo Leopardi» in via Cavour a Torre Annunziata, nel napoletano è stato scoperto un borsone contenente armi;
   è stato il dirigente scolastico ad avvertire i carabinieri della locale compagnia che sono subito intervenuti: la «Giacomo Leopardi» si trova in una zona controllata dal clan Gallo-Cavalieri;
   nel borsone: tre pistole, tutte munite di munizioni, materiale per la manutenzione delle armi, due coltelli, quattro passamontagna e guanti in lattice. I carabinieri del nucleo informativo stanno svolgendo indagini per cercare di identificare le persone che avevano in dotazione le armi;
   i fatti esposti in premessa sono ad avviso dell'interrogante gravi da richiedere un intervento del ministro –:
   quali iniziative intenda assumere in proposito. (4-19473)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia Ansa del 22 gennaio 2013 ha informato che in fuori pista a Porta Vescovo, Arabba, nel comune di Livinallongo del Col di Lana una valanga ha ucciso uno snowboarder nel bellunese, un turista straniero che scendeva davanti a un gruppo –:
   quali specifiche misure si intendano assumere rispetto ai fatti esposti in premessa al fine di arginare fenomeni sempre più frequenti sul versante montano italiano. (4-19481)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la valutazione della qualità dell'insegnamento accademico, anche ai fini della perequazione delle risorse pubbliche, è uno dei pilastri portanti della riforma dell'ordinamento universitario (legge 30 dicembre 2010, n. 240);
    il decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19, ha demandato all'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) di proporre al Ministro gli indicatori validi per l'accreditamento iniziale e periodico delle sedi e degli insegnamenti, elementi da fare propri con decreto ministeriale in vista dell'applicazione a decorrere dall'anno accademico successivo;
   in esecuzione di ciò l'ANVUR ha prodotto fin dal luglio 2012, dopo approfondita consultazione con le componenti accademiche, un ampio documento illustrativo del proposto sistema di autovalutazione, valutazione e accreditamento (AVA), che è stato illustrato in varie sedi territoriali nei mesi di ottobre e novembre 2012;
   la perdurante mancanza del decreto ministeriale di attivazione ha costretto l'ANVUR a comunicare in data 11 gennaio 2013 lo slittamento per ora sine die del sistema AVA, che nelle intenzioni avrebbe dovuto venire applicato almeno in via sperimentale già nell'anno accademico 2012/13, ormai giunto a metà percorso –:
   quando e con quale decorrenza verrà emanato il decreto di adozione del sistema di autovalutazione, valutazione e accreditamento (AVA) delle sedi e dei corsi universitari messo a punto dall'ANVUR.
   (4-19380)


   BARBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Napoli, il liceo scientifico statale «Copernico» nel rione Traiano ha subito cinque furti solo nell'ultimo mese;
   nell'ultimo «raid» sono stati portati via 18 proiettori e 50 computer, sono rimasti solo 5, che il preside ha consegnato in custodia ai carabinieri;
   docenti e studenti chiedono di essere trasferiti altrove, in una vera scuola;
   la notizia è stata diffusa l'11 gennaio 2013 dal corrieredelmezzogiorno.it;
   insegnanti ed alunni hanno manifestato il proprio disagio organizzando una manifestazione di protesta davanti alla sede della Provincia chiedendo il trasferimento delle attività in un altro istituto visto che a causa dei «raid» e dello stato della struttura ormai obsoleta i genitori hanno smesso di iscrivere i loro figli al Copernico che in pochi anni è passato da 850 a soli 350 alunni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli episodi accaduti al liceo Copernico e quali iniziative si intendano assumere a tutela dell'istruzione degli studenti. (4-19403)


   BARBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alla mezzanotte del 20 gennaio 2013 sono cominciate le iscrizioni on line in vista del prossimo anno scolastico;
   le iscrizioni sono andate avanti fino a poco dopo le 13, quando l'eccessivo numero di accessi ha intasato gli indirizzi aperti per la registrazione e la successiva scelta dell'istituto. Oltre un milione e 600 mila le famiglie interessate;
   il sito del Ministero è andato in tilt;
   poco dopo la mezzanotte, il contatore delle iscrizioni via web aveva già conteggiato 1.500 iscritti che attorno alle 10 sono diventati 5 mila;  
   ne ha dato pronta notizia repubblica.it nell'articolo «Scuola, partono le iscrizioni online e il sito del Ministero va subito in tilt» pubblicato in data 21 gennaio 2013;
   alle ore 13.05 risultavano già 13.002 le iscrizioni scolastiche inserite nel sistema informatico del Miur, secondo quanto riferito dal capo dipartimento del Miur Giovanni Biondi. Il funzionario del Ministero ha tenuto a precisare che famiglie e studenti non devono avere alcuna fretta: «Non c’è alcuna ragione, perché non si acquista alcuna priorità»; «Questa corsa è difficile da comprendere». «C’è tempo, si può fare l'iscrizione 24 ore su 24». Ma non è che chi arriva ultimo male alloggia ? «Assolutamente no», ha risposto, spiegando che i criteri nel recepimento della domanda sono altri, legati ad esempio all'area geografica in cui la famiglia risiede o se altri fratelli frequentano la scuola;
   inaccessibile, probabilmente per l'elevato numero di accessi, anche il sito www.iscrizioni.istruzione.it, dove occorre registrarsi prima di effettuare l'iscrizione vera e propria. Del resto, gli interessati all'iscrizione al primo anno delle scuole primarie e secondarie – medie e superiori – sono oltre un milione e 600 mila famiglie e il sistema non è in grado di accogliere un numero troppo elevato di accessi –:
   quali misure si intendano assumere in merito ai fatti esposti in premessa per potenziare il sistema informatico del Ministero e, per quali motivi, pur prevedendo un numero consistente di accessi sia mancata la dovuta lungimiranza;
   se non ritenga di valutare la possibilità di sostituire i preposti al funzionamento dello stesso. (4-19416)


   BARBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   gli studenti italiani all'estero per il programma Erasmus non potranno votare nei luoghi dove stanno completando la propria formazione universitaria;
   è notizia del quotidiano repubblica.it del 17 gennaio 2013;
   si calcola che sarebbero circa 20mila gli studenti impossibilitati a votare all'estero in occasione delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio;
   «non posso permettermi il volo per due giorni» è il tenore delle centinaia di commenti sui social network in queste ore;
   gli studenti che temporaneamente risiedono all'estero non sono infatti compresi nella lista di quelli che si trovano per motivi di servizio o missioni internazionali e che quindi possono beneficiare del voto per corrispondenza. Secondo le leggi in vigore queste categorie sono «gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all'estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; i dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all'estero per motivi di servizio e i professori e ricercatori universitari»;
   ci sarebbe anche una petizione online verso il Ministro degli esteri –:
   se il Governo sia a conoscenza dell'anomalia esposta in premessa e quali interventi immediati intenda assumere in considerazione dell'avvicinarsi delle elezioni politiche 2013. (4-19434)


   CAPARINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 96 del 17 dicembre 2012 disciplina le iscrizioni alle prime classi delle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2013/2014 e stabilisce che il termine di scadenza per le iscrizioni sia fissato al 28 febbraio 2013 le cui domande possono essere presentate dal giorno 21 gennaio 2013;
   la circolare sopracitata dice «L'iscrizione costituisce per le famiglie un importante momento di decisione relativo alla formazione dei propri figli e rappresenta una rilevante occasione di confronto ed interlocuzione con le istituzioni scolastiche, finalizzata ad agevolare e favorire una scelta pienamente rispondente alle esigenze degli studenti in una prospettiva orientativa»;
   il Liceo «CAMILLO GOLGI» di Breno (Bs) ha svolto alcune giornate cosiddette open day anche a gennaio 2013 dedicate agli studenti del 3o anno della scuola secondaria di primo grado e ai loro genitori per illustrare l'offerta formativa dell'istituto che va dall'artistico, al classico allo scientifico;
   nel corso dei colloqui conoscitivi è emerso il problema del numero minimo di iscritti alle prime classi, in particolare per quanto riguarda il classico. Le persone presenti ed interessate raggiungevano all'incirca le 12 unità e questo numero presumibilmente rimarrà tale;
   una docente addetta ai colloqui rendeva noto ai partecipanti che lo scorso anno, per la prima volta dal 1978, la prima ginnasio non si era costituita per l'esiguo numero degli iscritti. Questo ha causato che i pochi ragazzi che volevano impegnarsi in un percorso tanto impegnativo come il classico siano stati costretti o a rinunciare e optare per un percorso alternativo o addirittura «emigrare» in altre province. In tutta la Valcamonica (ossia in 100 chilometri), non esiste altro liceo classico;
   il Liceo Golgi si è sempre caratterizzato per la qualità dell'offerta formativa e per la promozione di iniziative culturali rivolte all'utenza scolastica e al territorio. Si è distinto a livello provinciale, regionale e nazionale per l'adesione a progetti di innovazione, per il solerte avvio di processi di qualità, per le iniziative di sperimentazione e di didattica in rete, per l'attenzione alla crescita individuale e comunitaria dei suoi iscritti;
   le scuole situate nelle aree più distanti dai grandi centri in particolare quelle nei comuni di montagna rivestono un valore sociale e culturale nel territorio locale che non può essere trascurato. La presenza di un'istituzione scolastica autonoma in queste aree è condizione essenziale per mantenere una comunità attiva e vitale, evitando così lo spopolamento e il conseguente degrado sociale, ambientale ed economico;
   in tempi moderni non desta stupore leggere delle molteplici difficoltà incontrate dalle scuole italiane di qualsiasi genere, ordine e grado. Problematiche comuni al mondo della scuola che però colpiscono particolarmente i plessi ubicati nei territori montani dove sussistono forti complessità legate al numero di ragazzi iscritti, ciò accade perché i potenziali alunni sono spesso insufficienti al rendere plausibile il funzionamento di una struttura scolastica;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998, all'articolo 2, fissa i parametri per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche prevedendo, quale regola generale per il conferimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche, che il numero degli alunni (consolidato e prevedibilmente stabile per almeno un quinquennio) sia compreso tra 500 e 900 alunni. L'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica consente una deroga per le scuole in situazioni disagiate, tra cui quelle ricadenti in comuni montani, autorizzando, in via eccezionale, che il predetto numero minimo possa essere ridotto fino a 300 alunni, a condizione che si tratti di istituti comprensivi del 1o ciclo (dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado) ovvero di 2o ciclo (secondaria di secondo grado);
   con più specifico riferimento alla costituzione delle classi il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 prevede, all'articolo 8, che nelle scuole in situazioni disagiate, tra cui quelle ricadenti in comuni montani, possono essere costituite classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi, con numero inferiore a quello previsto dal medesimo decreto del Presidente della Repubblica citato, che, nel caso degli istituti secondari di secondo grado, è pari a 27 alunni (articolo 16) –:
   se e quali azioni urgenti intenda attuare ai fini di assicurare la funzionalità delle scuole di montagna, in particolare del liceo Golgi di Breno permettendo all'istituto di poter formare la prima classe, nonostante l'esiguo numero di iscritti, al fine di garantire agli studenti della Valcamonica il diritto allo studio e l'obbligo di istruzione, così come sancito dagli articoli 33 e 34 della Costituzione, garantendo così la qualità del sistema scolastico e salvaguardando il loro valore sociale e culturale. (4-19455)


   BARBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   cresce in Italia la web-dipendenza negli studenti tra gli 11 e 16 anni. Secondo le ultime rilevazioni, 240 mila ragazzini e adolescenti italiani passano mediamente più di tre ore al giorno dinanzi al Pc, e ormai sono sempre più diffusi disturbi gravi come la sindrome di Hikikomori (una sorta di isolamento sociale), prima presente solo in Giappone. A segnalare il fenomeno è la Fnomceo (Federazione italiana degli ordini dei medici) secondo cui l'isolamento da playstation è sottovalutato:
   la notizia è dell'agenzia Ansa ed. Milano del 22 gennaio 2013 –:
   di quali notizie dispone in merito il Ministro e quali misure intende assumere circa l'indagine rappresentata in premessa mediante i provveditorati scolastici regionali. (4-19477)


   MARIO PEPE (MISTO-R-A), GRASSANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   prosegue in questi giorni la protesta degli studenti dell'Accademia nazionale di danza (AND), che manifestano oggi, 22 gennaio 2013, dinanzi a Montecitorio proseguendo uno stato di agitazione iniziato il 3 dicembre 2012, a seguito di un comunicato della direzione nel quale si annuncia che la didattica è sospesa a causa del malfunzionamento dei riscaldamenti;
   il 4 dicembre gli studenti si riuniscono in assemblea straordinaria; l'attenzione si concentra sul regolamento didattico dell'Accademia nazionale di danza deliberato nel 2008 dal Collegio dei docenti dell'Accademia nazionale di danza, e dal consiglio accademico dell'Accademia nazionale di danza, e inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'approvazione ufficiale;
   decidono di inviare al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una raccomandata con una lettera che gli studenti indirizzano al Ministero, con allegato il regolamento didattico, chiedendo che lo stesso venga visionato il prima possibile; il direttore generale dell'AFAM, dottor Bruno Civello fissa un incontro per il 10 dicembre 2012 e in tale ambito afferma che la bozza del regolamento inviatagli nel 2008 non risulta pervenuta agli atti e, in secondo luogo, definisce la stessa «carta straccia» e che deve essere revisionata alla luce dei nuovi ordinamenti didattici entrati in vigore nel giugno 2010;
   la risposta ufficiale direttore generale dell'AFAM viene considerata dagli studenti «priva di chiare direttive su come operare modifiche al Regolamento»; decidono di procedere con la richiesta della nomina delle necessarie commissioni che lavorino per il regolamento, richiesta accolta, non senza qualche ostacolo, dal consiglio accademico del 12 dicembre 2012;
   il 14 dicembre 2012 il corpo studentesco ascolta dal proprio direttore quali siano stati i suoi movimenti e le decisioni prese in merito all'approvazione del regolamento da parte del Ministero. A giudizio degli studenti le risposte del direttore sono imprecise, in particolare per quel che riguarda «vicende che non vogliono essere portate alla luce»; secondo gli studenti appare chiaro che questi non si è tenacemente interessato a sollecitare il Ministero all'approvazione del regolamento;
   nella stessa riunione il direttore solleva una preoccupazione per la perdita delle lezioni di tecnica, che i docenti non sono tenuti a recuperare; di conseguenza gli studenti rischiano di perdere l'anno accademico; gli studenti informano il direttore della presenza di irregolarità effettuate all'interno dell'Istituto; lo stesso chiede un elenco delle stesse;
   stanchi di non ricevere risposte concrete da parte di qualsiasi autorità a cui è stata sottoposta la vicenda, il 18 dicembre gli studenti decidono di farsi sentire all'esterno delle mura della sede dell'Accademia nazionale di danza manifestando presso la sede del Ministero e presso la sede AFAM;
   il 27 dicembre 2012 vengono nominate dal direttore cinque commissioni (composte ognuna da tre docenti e uno studente) che procederanno, la prima, alla revisione del regolamento didattico generale e, le altre quattro, alla scrittura dei regolamenti tuttora mancanti delle quattro scuole dell'istituto (classica, contemporanea, didattica e coreografica);
   il 7 gennaio 2013, primo giorno previsto per la ripresa della didattica, è stata indetta una nuova assemblea straordinaria con i 2/3 degli studenti presenti in aula; l'8 e il 9 gennaio gli studenti hanno ripreso sommariamente le lezioni, in regime di cogestione con i docenti non impegnati nella revisione dei regolamenti; si prevede di approvare il regolamento da inviare al Ministero entro gennaio 2013;
   contestualmente alla battaglia per l'adozione del regolamento didattico gli studenti hanno presentato un documento di certificazione delle problematiche individuali, strutturali, di formazione e di igiene;
   gli studenti segnalano:
    a) irregolare ammissione di alcuni allievi direttamente al 2o o al 3o anno del triennio, senza che questi abbiano sostenuto gli esami degli anni precedenti o fossero già in possesso dei crediti necessari; al contrario, irregolare declassamento di studenti a seguito di regolare percorso e addirittura a seguito di pubblicazione ufficiali dei risultati;
    b) ammissione individuali tenute in date diverse da quelle ufficiali e con un solo membro della commissione o alla sola presenza del direttore dell'Accademia nazionale di danza; esami sostenuti con un solo docente in commissione o con membri non pertinenti alla materia presa in esame;
    c) da alcuni anni viene considerata come attività artistica la partecipazione ad alcune sfilate di moda organizzate con la partecipazione e la collaborazione di un docente dell'Accademia nazionale di danza;
    d) mancata registrazione sugli statini dei crediti acquisiti tramite seminari sostenuti;
    e) mancato riconoscimento di attività artistica effettuata e regolarmente certificata e difformità di riconoscimento a fronte di identiche situazioni;
    f) in occasione di lavori, retribuiti e non, esterni all'istituto, i vertici dell'Accademia nazionale di danza non ritengono opportuno annunciare audizioni aperte a tutti gli studenti, ma si limitano a chiedere ad alcuni docenti l'idoneità di studenti arbitrariamente proposti dal direttore;
   quanto all'igiene dell'istituto, ricordando che l'Accademia nazionale di danza è già stata chiusa in anni recenti per questo motivo, e alla questione degli infortuni, gli studenti segnalano:
    a) tredici infortuni di rilievo;
    b) assenza di un kit di primo intervento e di un'infermeria attrezzata in caso di traumi accidentali, frequenti durante la pratica della danza;
    c) pavimentazione vecchia, danneggiata e non idonea di tutte le sale danza; pavimenti in legno marcio e maleodorante. Presentano un numero elevatissimo di schegge che creano fastidi e ferite agli studenti durante le lezioni di danza (soprattutto per quelle tecniche che lavorano al pavimento). Sbarre vecchie e danneggiate;
    d) presenza di insetti in aula Calizza, che rendono impossibile lo svolgimento delle lezioni;
    e) pareti con umidità e da verniciare; mancanza di impianto di riciclo dell'aria in tutte le sale; impianto idraulico e di riscaldamento termico fortemente compromessi;
   complessivamente dai documenti presentati dagli studenti e dai loro comunicati stampa emerge un forte malcontento e un significativo disagio per il frequente verificarsi di contraddizioni, incoerenze, discrepanze, mancanza di trasparenza nella quotidianità accademica –:
   quali iniziative urgenti si intendano adottare per ripristinare l'ordinata attività didattica ed amministrativa all'interno dell'Accademia nazionale di danza;
   se non ritenga opportuno, previa verifica straordinaria della gestione e della situazione economica-finanziaria dell'Accademia nazionale di danza, assumere iniziative per stanziare risorse destinate a ripristinare l'agibilità e l'igiene all'interno della prestigiosa istituzione. (4-19486)


   BARBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Torre Annunziata (Napoli) sono apparsi manifesti del seguente tenore: «È morto il primo circolo “G. Leopardi”, profondamente costernati ne danno il triste annuncio il dirigente scolastico, il personale docente, il personale Ata, il quartiere “Carminiello”, gli alunni che nel corso di ottant'anni di storia della città vi hanno tratto luce di conoscenza, di progresso e di civiltà»;
   tale notizia è stata appresa dal quotidiano Metropolis del 20 gennaio 2013 –:
   di quali elementi disponga in merito il Ministro interrogato e quali misure intenda assumere circa la scuola segnalata in premessa affinché si possa intervenire per consentire il proseguimento delle lezioni scolastiche. (4-19496)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 gennaio 2013 il corrieredelmezzogiorno.it ed. Napoli ha informato nell'articolo «Le “femmine” scaricate nel water Gadget sessisti, protestano le femministe» a firma di Antonio Cangiano che a Napoli, nelle rivendite di souvenir, è in vendita, in questi giorni, un singolare adesivo;
   un segnale triangolare raffigurante un'icona femminile gettata nel water e sotto la scritta: «Femmine»;
   nell'articolo si legge che lo stesso è stato «realizzato da una nota azienda che produce biglietti augurali della provincia di Napoli»;
   l'adesivo riproduce una figura stilizzata di donna, come quelle che si trovano sulle toilette per signora, riversa a testa in giù verso un wc. Su un lato del triangolo-gadget l'avvertenza «Vietato l'ingresso alle coppie»;
   i fatti esposti ad avviso dell'interrogante sono tali da richiedere il ritiro immediato dell'adesivo che offende la sensibilità femminile –:
   quali iniziative si intendano assumere da parte dei Ministri interrogati. (4-19361)


   BARBATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lastampa.it, in data 2 gennaio 2013, ha pubblicato l'articolo «L'Inps cambia i criteri per la pensione di invalidità», a firma di Marina Palumbo, che l'Inps, Istituto nazionale previdenza sociale, ha introdotto delle novità per gli invalidi totali: dal 2013 se la somma dei redditi dei coniugi supera i 16.127 euro lordi si perde il diritto alla pensione;
   la decisione sta rimbalzando in rete con un comprensibile malessere da parte dei cittadini;
   a sollevare indignazione tra le associazioni per i diritti dei disabili è in particolare la circolare Inps n. 149 emanata il 28 dicembre 2012, a metà tra Natale e Capodanno;
   il limite di reddito per ottenere la pensione di invalidità di 275,87 euro al mese diventa familiare;
   se tra moglie e marito, si mettono insieme 16.127 euro l'anno lordi, pensione d'invalidità compresa, a quest'ultima si può lanciare già fin d'ora l'addio;
   se uno dei due è steso in un letto attaccato a un respiratore e l'altro guadagna intorno ai mille euro al mese, che togliendo le tasse diventano circa settecento, con questa cifra possono e devono cavarsela a vivere tutto il mese in due: affitto, bollette eccetera compresi;
   Pietro Barbieri, presidente della federazione italiana per il superamento dell'handicap (Fish), ha commentato: «È un atto gravissimo, l'Inps si sostituisce al Parlamento, assume decisioni politiche, incidendo sulla vita delle persone»;
   secondo la Federazione, questa decisione amministrativa dell'Inps non si basa su alcun dettato normativo, ma su una sentenza della Corte di cassazione, nemmeno pronunciata a sezioni unite, del 2011 (sezione lavoro 25 febbraio 2011, n. 4677) per di più di segno contrario ad altri pronunciamenti della stessa corte;
   «Questa è una decisione politica che colpisce i più poveri espropriandoli di una pensione dall'importo risibile. E una decisione che provoca inaccettabili ripercussioni oltre a insostenibili disparità di trattamento» ha detto ancora la Fish;
   le nuove disposizioni valgono soltanto per gli invalidi totali, mentre non tocca minimamente gli invalidi parziali, creando una disparità del tutto incomprensibile;
   in considerazione del fatto che la circolare con i nuovi criteri è stata fatta passare in un periodo in cui si è solitamente impegnati nelle festività natalizie –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per il ritiro di tale circolare lasciando i criteri già precedentemente stabiliti onde evitare discriminazioni nel percepire le pensioni di invalidità;
   se il Ministro intenda infine fare chiarezza rispetto ai meccanismi di assunzione di tale provvedimento e chi dal Ministero abbia eventualmente avallato questa iniqua decisione. (4-19362)


   CODURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa di questi giorni si apprende che l'INPS ha inviato ad oltre 3000 pensionati della provincia di Lecco, che percepiscono una prestazione sociale da parte dell'Istituto, una richiesta di verifica della loro situazione patrimoniale per attestare la congruità di tali somme erogate;
   a causa di problemi evidentemente di natura amministrativo-gestionale, questa procedura che di norma avviene una volta all'anno, è stata reiterata a pioggia anche nei confronti di chi ha già compilato il modello cosiddetto «Red»;
   a mandare in agitazione i pensionati sono stati i toni della lettera ricevuta, che in maniera minacciosa intimava la restituzione delle somme, in caso di incongruenze;
   i Caf della provincia sono stati presi d'assalto da numerosi pensionati in carrozzella o in precarie condizioni di salute con la paura di perdere quello che per molti rappresenta l'unica fonte di reddito;
   l'interrogante nel corso della legislatura appena terminata, aveva denunciato attraverso atti di sindacato ispettivo, ai quali non è stata data adeguata risposta, diversi comportamenti similari da parte dell'INPS, che chiedevano al Governo di attuare azione di controllo nei confronti dell'INPS, così come previsto dalla normativa;
   come intenda intervenire visto che il comportamento vessatorio dell'Inps già denunciato dall'interrogante, continua ad essere recidivo. (4-19381)


   GIOVANELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sul sistema intranet INPS media@news il 16 gennaio fra diversi articoli appare in bella evidenza l'articolo dal titolo: «28 ottobre 1922 la marcia su Roma» fonte: Reporter.it (web);
   aprendo il link appare un lungo articolo fonte: easynewsweb.com (web) datato 16 gennaio 2013 h 19.00.16 che risulta firmato da Gianfredo Ruggiero, presidente del circolo culturale Excalibur-Varese (Italia);
   detto articolo tratta della ricostruzione storico politica della marcia su Roma;
   detta ricostruzione pseudo storica definisce l'omicidio dell'onorevole Matteotti del 1924 «opera di un terzetto squinternato» e definisce il regime fascista di Mussolini dopo la svolta autoritaria del 1924 «(...) un regime comunque blando (...) basato sul consenso popolare in virtù degli enormi successi ottenuti in campo economico, sociale e internazionale»;
   le vergognose leggi razziali del 1938 vengono segnalate come un episodio tale da aver «(...)in parte vanificato e offuscato quanto di buono realizzato in quegli anni» –:
   se condivida la particolare gravità che nell'ambito di uno strumento ufficiale di lavoro e comunicazione di un istituto quale l'Inps, sottoposto alla sua funzione di governo e al controllo del parlamento, che raggiunge via mail 21663 iscritti, venga ospitato e diffuso un articolo di chiara ispirazione neofascista;
   se ritenga di chiedere urgentemente conto al Presidente dell'Inps dell'accaduto e sulle misure che il presidente intenderà prendere, una volta accertate le responsabilità, verso i protagonisti di questo vergognoso insulto alla storia, alle vittime di quella sanguinaria dittatura e alla costituzione democratica e antifascista;
   se ritenga infine di acquisire tutte le rassicurazioni utili ad avere certezza che fatti analoghi non possono più verificarsi. (4-19397)


   BARBATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia Agenparl il 17 gennaio 2013 ha battuto la notizia secondo la quale «Dopo l'allarme lanciato nei giorni scorsi dalla Cgil sui contributi previdenziali “scomparsi” per molti lavoratori precari iscritti alla gestione separata dell'Inps, l'istituto di previdenza risponde al sindacato con una lettera firmata dal presidente Antonio Mastrapasqua». Così la Cgil in una nota;
   il «numero uno» dell'Inps ha risposto alla richiesta di incontro avanzata il 14 gennaio 2012 dal segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, in merito al corretto accredito da parte dell'istituto dei contributi degli iscritti alla gestione separata;
   Mastrapasqua fa sapere di avere richiesto alla tecnostruttura dell'istituto l'urgente predisposizione di una dettagliata informativa onde poter riscontrare la cortese richiesta di incontro entro il corrente mese di gennaio –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti che ad avviso dell'interrogante sarebbero gravissimi laddove i contributi dei precari risultassero «scomparsi» e quali misure intenda adottare per sollecitare una risposta esaustiva da parte dell'Inps dando seguito alla richiesta avanzata dal segretario confederale della CGIL.
(4-19402)


   BARBATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Napoli, zona chiesa san Domenico Maggiore, da giorni, vi è un disabile, privo dell'uso degli arti inferiori, che giace abbandonato in strada;
   un mese fa gli è stata sottratta la sedia a rotelle, gettandolo in un profondo stato depressivo;
   il furto, forse «Una bravata, una perfidia, un accanimento»;
   ne dà notizia il sito del quotidiano ilmattino.it in data 13 gennaio 2013;
   stando alla giornalista Chiara Graziani l'uomo avrebbe anche una gamba in cancrena;
   colpito nella sua autonomia con il furto della carrozzina si è lasciato andare, abbandonandosi alla morte, subendo fame e freddo –:
   quali iniziative, per quanto di competenza intendano assumere in relazione al caso esposto in premessa. (4-19498)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELONI, MARSILIO e RAMPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la crisi economica internazionale ha colpito indistintamente tutti i settori produttivi, facendo registrare ovunque perdite ingenti;
   il comparto agricolo non si è sottratto alle sorti determinate dalla congiuntura economica e, nelle realtà a prevalente vocazione rurale, le ricadute sul tessuto sociale sono state spesso di enorme impatto;
   l'economia di diverse regioni, in specie nel sud Italia, si basa in larga parte sul settore agricolo, e la crisi di quest'ultimo sta influenzando, a cascata, i settori edile, artigianale, commerciale;
   tra le regioni maggiormente colpite da tale situazione c’è certamente la Sicilia, che fa del settore agricolo e del proprio indotto la leva attraverso cui muovere tutti gli ingranaggi produttivi della regione;
   tale situazione si sta rapidamente diffondendo, raggiungendo anche zone con economie particolarmente floride negli anni scorsi, e ne è testimonianza la situazione del comune di Vittoria (RG), particolarmente colpito dalla crisi e da calamità naturali che ne stanno mettendo in ginocchio le risorse produttive;
   da notizie in possesso della scrivente, risulta che da diversi giorni siano in scena numerose forme di protesta nei confronti dell'amministrazione regionale e nei confronti del Governo nazionale, tra le quali anche uno sciopero della fame che sta coinvolgendo diversi cittadini di Vittoria risulta da notizie di stampa che negli ultimi giorni di dicembre 2012 si sono svolti incontri volti a far fronte alla problematica;
   tra le cause che hanno scatenato la crisi, oltre alla congiuntura economica internazionale, si deve però annoverare anche il rinnovo del cosiddetto «corridoio verde», una sorta di accordo bilaterale che il governo italiano ha stipulato con diversi paesi della costa nordafricana, ultimo dei quali il Marocco;
   proprio l'esistenza di tali accordi permette l'apertura delle frontiere europee ai prodotti dell'agricoltura e delle pesca provenienti dal Nord Africa, che annoverano costi decisamente inferiori, a fronte di esportazione dall'Europa di tecnologie industriali e in cambio di ulteriori commesse di opere pubbliche;
   a tale significativo danno economico si aggiunge anche il fatto che i prodotti importati provengono da zone dove il rispetto dei regolamenti europei in materia è pura fantasia, dando così il via a un commercio di prodotti agricoli scarsamente controllati (ad esempio per quanto riguarda i cosiddetti «fitofarmaci») che finiscono inevitabilmente sulle nostre tavole;
   si genera in questo modo un duplice ingente danno, sia economico che alla salute dei cittadini –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa, in particolare quella relativa alle proteste in atto presso il comune di Vittoria, e quali iniziative intenda adottare per scongiurare la prosecuzione delle stesse;
   quali urgenti misure ritenga di dover adottare affinché il comparto agricolo nazionale, con il proprio carico di piccole e medie imprese che generano migliaia di posti di lavoro, possa essere accompagnato in questo momento di estrema difficoltà. (4-19359)


   BARBATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ad Agnano (Napoli) l'ippodromo locale è interessato da manifestazioni di protesta a seguito della decisione di chiudere la struttura;
   in data 9 gennaio 2013 vi sono state le rimostranze degli esponenti di Agnano Italia animalista, che in movimento con i Verdi ecologisti hanno organizzato un sit in di protesta davanti ai cancelli della struttura, incatenandosi e chiedendo a gran voce di salvare i 600 cavalli che sono nelle scuderie alle spalle della pista;
   se molti animali da competizione saranno spostati o venduti, altri, tenuti ad Agnano dai proprietari per ragioni affettive, rischiano di finire nei macelli;
   la notizia è del sito d'informazione repubblica.it edizione Napoli in data 9 gennaio 2013 nel servizio: «Ippodromo in crisi, protesta in catene “Salvate i seicento cavalli di Agnano”»;
   l'impianto è chiuso dal mese di settembre;
   lo scorso mese i 130 dipendenti che attendono le spettanze arretrate dallo scorso giugno bloccarono con sette cavalli il traffico del centro;
   l'Assi ha bloccato le corse, la società che gestiva l'ippodromo non ha più un euro in cassa ed è stata sfrattata dal comune –:
   anche alla luce dei fatti esposti in premessa, se non ritenga di acquisire entro il più breve tempo possibile le informazioni necessarie per definire il quadro complessivo della situazione e se le notizie relative agli animali corrispondono al vero e quali iniziative intenda assumere a salvaguardia degli stessi. (4-19373)


   BARBATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   questo inverno si è caratterizzato per le temperature particolarmente miti, alcune giornate con caldo primaverile e poche eccezioni di freddo di stagione;
   l'Agenzia Asca ha battuto in data 19 gennaio 2013 alle ore 11.51 le dichiarazioni della Coldiretti: «Gelano verdure e ortaggi invernali coltivati all'aperto che sono particolarmente vulnerabili all'abbassamento delle temperature sotto lo zero. «L'improvviso abbassamento della temperatura conferma un andamento climatico anomalo con eventi estremi che nel 2012, a causa del gelo invernale, della siccità estiva e dei nubifragi autunnali, ha provocato danni stimati per l'agroalimentare Made in Italy pari a 3 miliardi di euro. A preoccupare gli agricoltori sono gli effetti sulle piante da frutto le cui gemme sono state risvegliate dall'insolito caldo primaverile fuori stagione a cavallo della fine del 2012. Ma anche l'aumento dei costi necessari per garantire il riscaldamento delle serre dove sono coltivati ortaggi e fiori. La caduta della neve ostacola anche la viabilità soprattutto nelle zone interne e di campagna e per questo migliaia di trattori degli agricoltori della Coldiretti sono stati mobilitati come spalaneve per pulire le strade e come spandiconcime per la distribuzione del sale contro il pericolo del gelo» –:
   di quali informazioni disponga il Ministero in merito ai danni provocati dal clima su frutta e verdura e quali misure si intendano assumere a tutela dell'agricoltura italiana già segnata dalla crisi economica e dalla burocrazia delle recenti disposizioni introdotte dal Governo Monti. (4-19431)


   BARBATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 gennaio 2013 è stato pubblicato un articolo sul corriere.it l'articolo: «Se cotte nell'olio extravergine non fanno male» riferendosi alle cosiddette «patatine fritte» largamente consumate da bambini ed adulti;
   il consorzio Uniprol cita lo studio della facoltà di agraria «Ricche di antiossidanti, rimedio all'invecchiamento»;
   è stato dimostrato che da ogni 100 grammi di patatine fritte per 7-8 minuti alla temperatura di 180-200 gradi con olio extra vergine, è stato possibile estrarre e dosare tra i 3 e gli 8 milligrammi di sostanze fenoliche antiossidanti. «L'olio extra vergine di qualità – afferma il presidente di Unaprol, Massimo Gargano – resiste alle elevate temperature meglio di altri oli alimentari per il basso contenuto di componenti polinsaturi e per la presenza di antiossidanti, anche dopo diverse ore di frittura continua»;
   questo sarebbe possibile, secondo Unaprol, perché durante la frittura l'olio extra vergine rilascia parte degli antiossidanti più idrosolubili (idrossitirosolo), arricchendo i cibi fritti di questi benefici componenti naturali. «Peccato – conclude Gargano – che di patate fritte con l'olio extra vergine di oliva, ve ne siano ancora così poche in commercio», visto l'alto costo dell'olio pregiato –:
   se i Ministri siano a conoscenza dell'informazione diffusa e se non si intendano assumere iniziative per rendere obbligatoria la frittura delle patatine esclusivamente in olio di oliva. (4-19432)


   BARBATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
    in Sardegna sono morti quasi 10 mila capi di bestiame per la cosiddetta «lingua blu»;
   circa 600 aziende sono al tracollo, con danni che superano i due milioni di euro;
   la Sardegna rischia di vivere il dramma di un decennio fa, dove in poco tempo la malattia, allora sconosciuta, causò decine di migliaia di capi morti ed abbattuti per il diffondersi del virus. Quest'anno le calde temperature hanno favorito il sierotipo 1 del virus;
   le aree più colpite sono l'Ogliastra ed il Sulcis;
   la drammatica situazione è stata denunciata di recente dal Presidente della Coldiretti Sardegna, che ha prefigurato una recrudescenza della malattia nel 2013, in considerazione di vari elementi, anche climatici, verificatisi negli ultimi mesi. In tale occasione è stata richiesta l'attivazione di urgenti iniziative di prevenzione, da parte di tutti gli organi competenti, per consentire il superamento di una situazione estremamente critica, che potrebbe ulteriormente peggiorare –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative urgenti intendano assumere. (4-19499)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come risulta ampiamente da quotidiani, agenzie di stampa, siti di informazione internet, da gennaio 2013 migliaia di comuni del viterbese resteranno senza acqua perché la Unione europea ha stabilito che non vi debbano essere più deroghe – dopo averne concesso tre consecutive – al divieto di erogazione di acqua potabile, per via degli elevati valori di arsenico;
   il 31 dicembre 2012 sono scadute tutte le possibilità di ulteriori proroghe per le deroghe ai parametri delle acque potabili stabiliti dalla legge e l'unica regione che non riuscirà a ripristinare i valori, in particolare per l'arsenico (e in misura minore per i floruri) entro la scadenza risulta essere il Lazio;
   si tratta di una «emergenza» che si è assurdamente trascinata da ben dodici anni senza che i responsabili della regione Lazio che si sono via via succeduti abbiano mai trovato una soddisfacente soluzione al problema;
   per lo stop decretato da Bruxelles con l'arrivo del 2013 ai comuni coinvolti verranno applicate pesanti ordinanze che limiteranno l'uso dell'acqua potabile, come il divieto a berla, utilizzarla per lavarsi i denti o per l'industria alimentare;
   della lista fanno parte soprattutto municipi del viterbese e delle altre zone di origine vulcanica della regione (Castelli Romani e una parte della provincia di Latina);
   in particolare, i comuni interessati risultano essere quelli di: Acquapendente, Arlena di Castro, Bagnoregio, Barbarano Romano, Bassano in Teverina, Bassano Romano, Blera, Bolsena, Bomarzo, Calcata, Canepina, Canino, Capodimonte, Capranica, Caprarola, Carbognano, Castel S.Elia, Castiglione in Teverina, Celleno, Cellere, Civita Castellana, Civitella D'Agliano, Corchiano, Fabrica di Roma, Faleria, Farnese, Gallese, Gradoli, Graffignano, Grotte di Castro, Ischia di Castro, Latera, Lubriano, Marta, Montalto di Castro, Monte Romano, Montefiascone, Monterosi, Nepi, Onano, Oriolo Romano, Orte, Piansano, Proceno, Ronciglione, San Lorenzo Nuovo, Soriano del Cimino, Sutri, Tarquinia, Tessennano, Tuscania, Valentano, Vallerano, Vasanello, Vejano, Vetralla, Vignanello, Villa San Giovanni Tuscia, Viterbo, Vitorchiano;
   le deroghe, inizialmente previste solo come misura transitoria, sono diventate purtroppo un espediente per non fare i necessari interventi di potabilizzazione; e come già detto, dopo oltre dieci anni dall'entrata in vigore della legge e a due dalla bocciatura dell'Unione europea, in diverse regioni il problema è stato risolto, l'unica inadempiente è il Lazio –:
   se le popolazioni interessate siano state informate della situazione;
   se non si ritenga, ove già non sia stato approntato di assumere iniziative in materia e di competenza per varare un piano immediato per garantire almeno l'accesso ai 5/6 litri di acqua al giorno per abitante che l'Istituto superiore di sanità fissa come limite adeguato di approvvigionamento;
   quali iniziative si intendano promuovere, per quanto di competenza, per l'adeguamento della rete idrica ai parametri di arsenico legali. (4-19360)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 gennaio 2013 il noto sito d'informazione corriere.it edizione Napoli riferisce che presso l'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia (Napoli) sarebbe morta una donna a causa del virus hlnl del 2010, denominata influenza A di tipo suina;
   la donna, leggendo l'articolo, aveva 59 anni, si trovava ricoverata presso l'unità di rianimazione;
   era in coma dopo una grave crisi respiratoria;
   secondo i medici, non ci sono pericoli di focolai come nel 2010 quando la regione fu tra le più colpite d'Italia per l'influenza A;
   il ricovero della donna risale al 4 gennaio scorso;
   si apprende che la direzione sanitaria del San Leonardo ha attivato le procedure di denuncia obbligatoria presso le istituzioni preposte per risalire all'eventuale origine del focolaio –:
   di quali notizie disponga il Governo mediante il proprio rappresentante nella persona del Commissario ad acta attualmente in carica in Campania circa il caso esposto in premessa e quale sarebbe la situazione attuale in Campania rispetto alla presenza dell'influenza suina nonché i vaccini disponibili sul territorio e loro efficacia. (4-19371)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli ospedali romani è emergenza, risultano ferme 23 ambulanze del 118;
   sono bloccate nei pronto soccorso a causa della mancanza di posti letto nei reparti. Alcuni mezzi sono fermi già da martedì sera: dopo aver trasportato i pazienti non sono riusciti a tornare in strada perché il personale dei Pronto soccorso ha trattenuto le barelle;
   vi sono malati costretti a restare sulle barelle delle autolettighe;
   il direttore del servizio Ares ha chiesto alle istituzioni di intervenire;
   Gianni Nigro di Fp Cgil Roma e Lazio ha detto, come risulta da fonti di stampa del 13 gennaio 2013: «Non è un problema di carenza di posti letto nei reparti, ma di una cattiva organizzazione nei pronto soccorso romani e nei Dea di secondo livello degli ospedali le ambulanze sono ferme perché non vengono liberate le barelle. Servirebbero solo più letti di breve osservazione, (facili da istituire perché non gravano sul numero dei posti letto previsti per legge) dove i pazienti possano essere assistiti con dignità, senza occupare le barelle» –:
   anche alla luce dei fatti esposti in premessa, nonché in considerazione degli oneri conseguenti al piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Lazio, se non ritenga il Ministro di acquisire entro il più breve tempo possibile le informazioni necessarie per definire il quadro complessivo della situazione e le iniziative da assumere. (4-19372)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una donna, affetta da un morbo degenerativo aveva ordinato ad una casa farmaceutica in Canada alcune confezioni di un particolare farmaco non disponibile in Italia;
   tale farmaco migliora di molto la vita della donna perseguitata da una malattia spietata nel suo rapido sviluppo;
   il medicinale si troverebbe attualmente fermo alla dogana di Linate;
   la notizia è stata data il 10 gennaio 2013 dal corriere.it edizione Milano che ha scritto riguardo al farmaco bloccato: «prigioniero del menefreghismo, della burocrazia e delle prese in giro, nel ritardo infinito succede anche di dover compilare un modulo. Nel modulo, obbligatorio per aver diritto al ritiro del farmaco peraltro già pagato, il destinatario, cioè la persona malata, deve assicurare che nel pacchetto dei medicinali non vi siano pellicce di cane e di gatto, derivati vari della foca e per l'appunto strumenti di tortura se non di morte»;
   da 62 giorni il farmaco è dunque in Italia ma non nella disponibilità della malata;
   andrebbe assunto tre volte al giorno;
   la prima confezione arrivò a Milano l'8 novembre 2012, a cui sono seguite altre due spedizioni, anch'esse ferme;
   la donna non può ritirare alla dogana il farmaco che va spedito invece dalle poste italiane non appena autorizzate alla spedizione dalla dogana medesima;
   in rete vi sono diversi forum dove è possibile leggere di situazioni simili accadute ad altri italiani;
   nel servizio si evidenzia pure la mancanza di un numero telefonico da contattare in caso di bisogno –:
   come intenda intervenire sulle problematiche esposte in particolare al fine di snellire le procedure di indagine sui farmaci provenienti dall'estero per renderli di immediata consegna ai malati italiani;
   anche alla luce del caso rappresentato in premessa, se non si intendano assumere misure urgenti per la difesa del diritto alla salute sancito dalla Costituzione italiana. (4-19375)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una denuncia pubblica per malasanità sull'ospedale di Boscoreale è stata sollevata dal consigliere Francesco Anzalone (ed operatore sanitario) nel corso di un recente consiglio comunale;
   la notizia è stata divulgata dal quotidiano Metropolis in data 13 gennaio 2013;
   la denuncia prende spunto da un uomo di 47 anni trasportato al pronto soccorso del nosocomio per un malore, dimesso, dopo qualche ora ma che dopo tre giorni si è trovato intubato nella sala rianimazione dell'ospedale di Nola per un'ischemia celebrale;
   nell'articolo a firma di Giovanna Salvati il coordinatore del pronto soccorso dell'ospedale di Boscoreale ha replicato sostenendo che l'uomo «è arrivato nella struttura nella notte tra il 2 e il 3 gennaio, presentava sintomi di dissenteria e mal di pancia e il medico di turno gli ha somministrato la cura per quel tipo di malore. Quello che è accaduto dopo quattro giorni non è assolutamente riconducibile al tipo di malore avuto qualche giorno prima dall'uomo» –:
   di quali notizie disponga sul caso e quali misure intenda assumere il Ministro per tramite anche del commissario ad acta alla sanità in Campania. (4-19390)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   per il 12 febbraio 2013 è previsto il primo sciopero di ginecologi e ostetriche;
   l'astensione dal lavoro riguarda, oltre ai punti nascita del Servizio sanitario nazionale, anche i consultori familiari e gli ambulatori ostetrici extraospedalieri;
   niente cesarei né induzione di parti programmati, per un totale di circa 1.100 interventi che dovranno essere rinviati o anticipati; poco meno di 600 sono cesarei;
   si tratta di una «scelta estrema» di 15mila tra ginecologi e ostetriche;
   il motivo, «i tagli alla sanità che hanno messo in ginocchio l'assistenza e il contenzioso medico legale arrivato ormai a livelli insostenibili»;
   sotto accusa i tagli alla Sanità e il contenzioso medico-legale arrivato «ormai a livelli insostenibili»;
   niente parti programmati (fatte salve le emergenze), esami, visite ed ecografie, negli ospedali pubblici e privati;
   alla base della protesta due motivazioni. In primo luogo i tagli della spending review e delle altre manovre finanziarie degli ultimi anni che stanno mettendo in ginocchio l'assistenza sanitaria anche in settori chiave come quello del «percorso nascita, impedendone anche la messa in sicurezza». Seconda motivazione, spiegano i rappresentanti delle due categorie, la crescita ormai incontrollata del contenzioso medico-legale, che sta portando alla sempre maggiore diffusione del fenomeno della «medicina difensiva». Ginecologi e ostetriche si dicono pronti anche allo «sciopero del voto» se le forze politiche resteranno sorde alle loro richieste. Sarebbero 15mila voti in meno: gli scioperanti sono decisi, se non ci saranno segnali, a riconsegnare ai Comuni i certificati elettorali. Tre le richieste prioritarie a tutti i partiti impegnati nella competizione elettorale: la certezza del finanziamento per la sanità; l'impegno ad applicare immediatamente la riforma dei punti nascita, approvata due anni fa; la garanzia di misure incisive sulla responsabilità professionale in sanità;
   il presidente della Federazione sindacale medici dirigenti (Fesmed) Carmine Gigli ha dichiarato che «il decreto Balduzzi, recentemente convertito in legge e che contempla alcune norme specifiche sulla responsabilità professionale, non ha offerto soluzioni». Neanche il problema dei costi proibitivi delle polizze assicurative, conclude, «viene risolto dal decreto Balduzzi, mancando l'atteso obbligo delle Asl ad assicurarsi e a mettere in sicurezza i punti nascita, e lasciando così il medico e gli altri professionisti sanitari da soli a contrastare spese legali ed eventuali risarcimenti milionari in sede civile». I premi assicurativi costano in media 15/20mila euro annui: numeri che hanno portato il 10 per cento delle Asl alla disdetta delle polizze nel 2011. Le stesse compagnie assicuratrici considerano svantaggioso assicurare i medici per i rischi di risarcimento in sede civile: a fronte di un monte premi assicurativo nella sanità di circa 500 milioni annui, dichiarano di pagare risarcimenti per il 160 per cento dei premi incassati. Nel 2011 il 5 per cento delle polizze è stato disdettato dalle compagnie. «Il 13 agosto – conclude Surico – diventerà obbligatoria l'assicurazione del singolo professionista. Ma i costi sono proibitivi e le compagnie si tirano indietro, vista l'entità del contenzioso. I medici sono lasciati soli. E una situazione gravissima»;
   i dati sono stati diffusi dal corriere.it in data 16 gennaio 2013;
   la proclamazione di sciopero non è ancora arrivata sul tavolo dell'Autorità di garanzia scioperi perché medici e ostetriche proseguono lo stato di agitazione in attesa di essere ricevuti dal governo;
   l'agitazione è indetta da: Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi), Società italiana di ginecologia (Sigo), Associazione ginecologi universitari (Agui), Federazione sindacale medici dirigenti (Fesmed), Associazione ginecologi territoriali (Agite), Società italiana di ecografia ostetrica e ginecologica e metodologie biofisiche (Sieog) e Associazione italiana di ostetricia (Aio) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle agitazioni in atto anche alla luce del proclamato sciopero delle categorie di ginecologi ed ostetrici e quali misure intenda assumere a garanzia del servizio svolto nelle sale parto che non è privo di rischi sanitari sebbene si dice siano garantite le urgenze e se non ritenga il Ministro di ricevere al più presto una delegazione in rappresentanza delle categorie sindacali. (4-19411)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro della salute ha aggiornato i livelli essenziali di assistenza, come previsto, entro il 31 dicembre 2012 ed ha provveduto a formulare la proposta prevista dall'articolo 1 del decreto-legge n. 158 del 2012;
   nel provvedimento dei nuovi livelli essenziali di assistenza vengono introdotte «misure per favorire l'appropriatezza dell'assistenza specialistica ambulatoriale;
   in particolare le regioni dovranno attivare programmi di verifica sistematica dell'appropriatezza prescrittiva ed erogativa dell'assistenza specialistica ambulatoriale, attraverso il controllo delle prestazioni prescritte ed erogate a pazienti con specifiche condizioni cliniche;
   per favorire lo svolgimento dei controlli, si prevede l'obbligo del medico prescrittore di indicare nella ricetta il quesito o il sospetto diagnostico che motiva la prescrizione, pena la inutilizzabilità della ricetta stessa. Inoltre, si forniscono in un allegato, le «indicazioni prioritarie» per la prescrizione di prestazioni di diagnostica strumentale frequentemente prescritte per indicazioni inappropriate;
   il problema dell'infertilità di coppia interessa in Italia un numero sempre maggiore di coppie;
   in Italia la fecondazione assistita è regolamentata dalla legge n. 40 del 2004;
   le regioni e le aziende sanitarie, sempre nel rispetto della legge n. 40 del 2004, sono obbligate ad assicurare l'accesso alle cure e l'erogazione di prestazioni concernenti la fecondazione assistita inserite nei livelli essenziali di assistenza (LEA);
   l'articolo 18 della legge n. 40 del 2004 assicura un fondo alle regioni per l'implementazione e l'erogazione di tali prestazioni e per il finanziamento di azioni di sensibilizzazione e prevenzione; l'articolo 11, comma 3, della legge n. 40 del 2004 prevede che: «L'Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti»;
   presso l'Istituto superiore di sanità operano vari registri epidemiologici, tra cui il registro nazionale della procreazione medicalmente assistita (PMA);
   il registro Nazionale della PMA – istituito in attuazione dell'articolo 11 legge n. 40 del 2004 – dedica sul sito ufficiale http://www.iss.it/rpma/asso/index.php ?lang=l&tipo=15&anno=2012 una sezione alle associazioni e si legge che: «Le associazioni di pazienti infertili sono organizzazioni senza scopo di lucro formate da persone infertili che hanno deciso di unirsi per darsi aiuto e sostegno reciproco, per scambiarsi informazioni ed esperienze, per tutelare i loro diritti nella società e presso le istituzioni pubbliche. Le associazioni fanno da punto di incontro per i pazienti perché possano trovare la solidarietà e il supporto pratico e morale di altre persone nella loro stessa condizione. Nelle associazioni e nei loro siti Web i pazienti possono ricevere e offrire conoscenze, notizie e servizi che li aiutino a conoscere meglio la loro condizione e ad affrontarla anche grazie alla Procreazione Medicalmente Assistita.» ed è previsto un elenco di associazioni –:
   se nei nuovi livelli essenziali di assistenza siano assicurati l'accesso alle cure e l'erogazione di prestazioni concernenti la fecondazione assistita così come l'offerta di conoscenze, notizie e servizi da parte di tutte le associazioni operanti sul territorio nazionale;
   se l'elenco indicato sul sito del registro nazionale della procreazione medicalmente assistita siano dunque tutte quelle presenti sul territorio nazionale e de non ritenga di indicare l'elenco completo delle associazioni operanti sul territorio nazionale. (4-19413)


   BARBATO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   una chiazza di idrocarburi stimata in circa mille litri è stata avvistata dall'equipaggio della nave di stoccaggio Alba Marina, al campo petrolifero Rospo Mare, al largo delle coste tra Abruzzo e Molise. Lo riferisce la Edison che opera alle piattaforme petrolifere. La stessa società riferisce che è scattata la procedura di emergenza e che la produzione è stata subito fermata. Non si hanno notizie della natura della chiazza né della provenienza;
   la notizia è stata lanciata il 22 gennaio 2013 dall'agenzia Ansa –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure si intendano assumere per risalire a chi ha inquinato il tratto di costa. (4-19423)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'Ospedale Loreto Mare di Napoli si registrano le proteste dei pazienti;
   alle lamentele dei pazienti si sono aggiunte quelle di alcuni infermieri, infuriati per le condizioni igieniche nelle quali verserebbe il pronto soccorso durante alcune guardie notturne. Stando ad una lettera indirizzata al direttore generale e al direttore sanitario dell'ospedale, nel pronto soccorso si registrerebbe «l'assoluta mancanza della ditta di pulizie in due turni notturni. Al pronto soccorso – si legge – affluiscono tutti i giorni centinaia di pazienti, e spesso ci si trova a fare discussione con gli stessi e con gli accompagnatori per i locali sporchi di sangue, vomito eccetera. Questa segnalazione – scrivono gli infermieri – più volte è stata inviata con riscontri negativi». Ed è proprio per evitare questi disagi che il personale chiede una soluzione immediata del problema;
   ne ha dato notizia il 22 gennaio 2013 il sito d'informazione corrieredelmezzogiorno.corriere.it –:
   se il ministro sia a conoscenza delle condizioni dell'ospedale Loreto Mare e se intenda inviare un'immediata ispezione dei NAS. (4-19428)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   presso gli ospedali di Napoli si registrano diversi disagi;
   la notizia è data da diversi organi di informazione locali in particolare dal mattino.it dell'11 gennaio 2013;
   posti letto occupati, niente barelle libere, ambulanze ferme anche per ore davanti agli ospedali in attesa di poter ripartire;
   l'iperaffluenza ai pronto soccorso rischia di mandare in tilt il trasporto degli ammalati ed è allarme perché «notevoli ritardi negli interventi di emergenza mettono a repentaglio l'incolumità dei pazienti». Dopo Roma, il direttore della centrale operativa partenopea del 118 invia una lettera (indirizzata ai direttori sanitari) per lanciare l'Sos. In città e in provincia tutti i posti letto sono occupati nei reparti di rianimazione, medicina, ortopedia e, nel capoluogo campano, anche nelle divisioni di pediatria, secondo il monitoraggio effettuato ieri pomeriggio;
   il 10 gennaio 2013 un'ambulanza è rimasta per circa tre ore al Loreto Mare, un'altra al San Paolo. Tre giorni fa, ben 7 ambulanze bloccate contemporaneamente: 4 al Cardarelli, una al San Giovanni Bosco, altre 2 al Loreto Mare (dati diffusi dal 118). Questo a causa della mancanza di lettighe negli ospedali, ma anche di presidi sanitari, come la tavola spinale utilizzata per trasportare i pazienti politraumatizzati;
   si legge nell'articolo del mattino: «da potenziare Cardarelli e Santobono, e i presidi cittadini Loreto Mare, San Paolo San Giovanni Bosco e Vecchio Pellegrini, prevedendo di giorno e di notte tutte le principali specialità cliniche legate all'emergenza. Ma, contemporaneamente, vanno riconvertiti gli altri ospedali creando posti letto dedicati all'assistenza di lungodegenza, alla riabilitazione e alla altre specialità come oculistica, otorino, chirurgia oncologica, in modo da ridurre le prestazioni improprie nei pronto soccorso e negli ospedali. E poi vanno sbloccati i concorsi per arginare le carenze in organico» –:
   di quali notizie disponga in merito il Ministro e quali iniziative di competenza intenda assumere per il tramite del commissario ad acta alla sanità in Campania. (4-19433)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia negli ultimi anni si assiste al ricorso sempre più abusato del parto cesareo a discapito di quello naturale;
   in data 18 gennaio 2013 il sito di informazione repubblica.it nell'articolo: «L'alibi (finto) dietro l'eccesso di cesarei “Il bambino si era messo di traverso” all'interno del quale il ministero della salute dichiara che vi è “un altissimo numero di parti chirurgici (che) viene giustificato a posteriori con cartelle cliniche ‘bugiarde’ su un problema inesistente al momento del ricovero. Così in alcuni ospedali i casi di ‘posizione anomala del feto’ passano dal 7 per cento della media al 50 per cento. Parti cesarei inutili, giustificati attraverso schede di dimissione non veritiere, che citano una ‘posizione anomala del feto’ non menzionata nella cartella clinica e quindi probabilmente inesistente. Segnalare quel problema sembra più che altro un modo per spiegare a posteriori una pratica chirurgica intrapresa senza motivazioni sanitarie”»;
   inoltre «Il Ministero della salute e Agenas, l'agenzia sanitaria delle Regioni, hanno fatto uno studio sul ricorso eccessivo al parto cesareo, soprattutto nelle regioni del Sud, scoprendo che spesso in ospedale si modifica la documentazione sanitaria»;
   in dodici regioni lo studio ha rilevato un numero enorme di cartelle cliniche «vuote», nelle quali manca del tutto la documentazione che giustifichi il ricorso al parto cesareo per posizione anomala del feto, intervento la cui esecuzione è però confermata nella scheda di dimissione ospedaliera (Sdo) della paziente. La più alta percentuale di cartelle cliniche non valutabili per assenza di documentazione si registra in Sicilia (72 per cento), Lombardia (31 per cento), Lazio (24 per cento) e Calabria (23 per cento);
   in Italia circa il 35 per cento dei parti sono cesarei. Troppi e sopra la media di molti Paesi europei, che si attestano sul 20-25 per cento. Inoltre c’è una differenza enorme tra le regioni del Nord e quelle del Sud, con la Campania che si attesta sul 60 per cento e Friuli e Toscana che stanno intorno al 20 per cento;
   un ricovero ospedaliero con degenza superiore a un giorno costa al sistema sanitario 1.300 euro se si tratta di parto naturale, 2.450 se si tratta di cesareo. In molti casi, la differenza è una spesa inutile;
   sul piano penale, infine, i Nas ipotizzano che dietro il fenomeno siano configurabili dei reati specifici: «Dalle lesioni personali gravi alla truffa – ha spiegato Cosimo Piccinno, comandante generale dei Nas dei carabinieri –: questi i reati ipotizzabili per la non corrispondenza dei dati relativi alla diagnosi per parto cesareo rilevata tra cartelle cliniche e schede di dimissioni ospedaliere in varie strutture italiane». «Le cartelle cliniche – ha aggiunto Piccinno – saranno trasmesse alle procure competenti perché si potrebbero ipotizzare reati che vanno dalle lesioni personali gravi, alla truffa a carico del SSN, al falso in atto pubblico» –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere a fronte dei fatti esposti affinché il nascituro sia tutelato ma senza per questo nascondersi dietro falsi rischi per lucrare sul Sistema sanitario nazionale.
(4-19435)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'ospedale San Giovanni Addolorata di Roma presso il reparto di ginecologia e ostetricia il corriere.it del 19 gennaio 2013 informa che: «Prima di Marcus c’è stata Giulia Maria. Un'altra morte al reparto di ginecologia e ostetricia del San Giovanni Addolorata. Stavolta una bimba venuta alla luce con un cesareo tardivo, entrata in coma e morta quasi cinque mesi dopo, il 25 dicembre 2010. In mezzo, un intervento effettuato quando erano passati quarantasei minuti dall'allarme ipossia lanciato dal monitor»;
   circa due anni dopo, il 27 giugno 2012, si è verificato il caso di Marcus. Sul bimbo della domestica filippina morto per una flebo sbagliata – latte in polvere anziché la soluzione fisiologica – l'inchiesta è vicina alla chiusura. Ma qui il caso è più complesso. Alla colpa medica si è aggiunto il tentativo di insabbiamento (http://roma.corriere.it);
   da poco è arrivato anche il risultato della perizia eseguita sul corpo del bambino: secondo il medico legale le condizioni del bimbo andavano stabilizzandosi e la respirazione era migliorata nel corso dei giorni, fino al pomeriggio dello scambio dei sondini. Nelle arterie, interamente ripulite nel corso della terapia intensiva non è stata trovata traccia del latte in polvere. La conclusione delle indagini è a un passo;
   i fatti esposti sono ad avviso dell'interrogante gravi e tali da richiedere misure urgenti –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-19437)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   quest'anno si prevedono per l'influenza tre virus in circolazione;
   gli infettivologi prevedono che, alla fine della stagione, sia ammaleranno tra i 5 e i 6 milioni di italiani;
   si parla di un allarme di «media gravità», nonostante l'ombra del virus, probabilmente, mutato che ha messo in ginocchio gli Stati Uniti, l'A/H3N2;
   la notizia è del quotidiano ilmattino.it in data 15 gennaio 2013 che riporta le dichiarazioni di Aurelio Sessa, medico sentinella per l'influenza della Società italiana di medicina generale: «Anche da noi è in giro questo virus ma non abbiamo nessun segnale che possa preoccupare. Le analisi compiute attraverso i prelievi con il tampone faringeo ci rivelano che solo il 17 per cento dei pazienti sono stati colpiti da questo ceppo. La prevalenza è a letto per un altro virus, già previsto e nel vaccino stagionale, il B. È sicuramente da rilevare la rapidità con la quale stanno crescendo i casi in Italia. Nel caso in cui i medici sentinella e le statistiche dell'Istituto superiore di sanità rilevassero cambiamenti importanti nella diffusione dell'epidemia scatterebbe lo stato di allerta. Che, al momento, non c’è. Anche perché gli stessi laboratori americani non hanno certezze sull’identikit di questo virus probabilmente mutato in modo aggressivo»;
   tra i più piccoli, uno su tre svilupperà un'otite acuta e due su cento dovranno essere ricoverati. E ancora: il dieci per cento delle assenze da ora alla metà di marzo si dovranno proprio all'epidemia stagionale. Da noi la durata media di assenza dal lavoro è di 4,8 giorni. Un po’ meno, dunque, di quanto dura un'influenza che supera i cinque giorni;
   gli italiani potranno essere colpiti da altri innumerevoli virus parainfluenzali o simil-influenzali che provocano problemi respiratori sovrapponibili a quelli dell'influenza. Anche se meno gravi. Febbre superiore ai 38,5 gradi a insorgenza repentina, sintomi respiratori (tosse, naso chiuso, mal di gola), dolori muscolari, mal di testa, stanchezza: se questi tre elementi non si presentano contemporaneamente, dicono gli infettivologi, si tratta di un sindrome respiratoria acuta causata da tutti i virus respiratori e da batteri che nulla hanno a che vedere con l'influenza stagionale. (http://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/influenza–virus–malati–febbre–sintomi/notizie/244368.shtml) –:
   di quali notizie si disponga sull'influenza oramai alle porte anche alla luce dei fatti esposti in premessa e quali misure si intendano assumere a difesa e salvaguardia di adulti e bambini. (4-19453)


   BARBATO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   indagini della procura di Firenze sul passante della Tav che dovrebbe essere costruito in città hanno portato alla formulazione di ipotesi di reato per truffa, corruzione e l'associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata in danno di enti pubblici. Fra gli altri reati anche la frode in pubbliche forniture, la corruzione e il traffico di rifiuti;
   in data 20 gennaio 2013 alcuni organi di informazione hanno divulgato la nota di Rete Salute Ambiente nella quale si dice che: «la ditta indagata per lo smaltimento illecito in terreni e corsi d'acqua dei fanghi provenienti dallo scavo per la galleria della Tav di Firenze è la stessa che gestisce lo smaltimento delle ceneri dell'inceneritore di Acerra. Si tratta, nello specifico, secondo la magistratura che sta indagando sul sistema degli appalti connesso alla realizzazione della TAV a Firenze, di una ditta casertana legata al clan dei casalesi, già implicata in precedenti inchieste giudiziarie sul trasporto e lo smaltimento illecito di rifiuti industriali. Ancora una volta emerge un complesso sistema di complicità tra politica, grande industria ed organizzazioni criminali che rafforza le preoccupazioni e la rabbia dei comitati campani che in questi anni si sono battuti contro la criminale gestione dei rifiuti urbani, industriali e tossici. Ci chiediamo quale fiducia si possa più avere verso un sistema di gestione dei rifiuti con aziende del genere. Un sistema colluso con l'apparato politico e di controllo che tra l'altro si ostina, anche quando gli studi sono evidenti a nascondere il nesso tra la scellerata gestione dei rifiuti e l'accertato aumento di tumori in consistenti aree della Campania, oppure a rinviare ancora l'entrata in vigore del Sistri, relativo alla tracciabilità dei rifiuti, mentre ancora si insiste ad avvelenare il territorio con discariche ed inceneritori, e si fa l'impossibile per non far decollare la raccolta porta a porta ed il recupero dei materiali» –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza intendano avviare gli accertamenti necessari per procedere alla rescissione del contratto presso termovalorizzatore di Acerra con la ditta menzionata o a rivedere lo stesso alla luce anche delle notizie diffuse sulla stampa.
(4-19462)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   un lancio dell'agenzia Agi del 22 gennaio 2013 ha comunicato che da Washington arrivano i primi risultati di un'indagine scientifica secondo la quale dopo il periodo di analisi considerato, 63 soggetti (il 24,5 per cento) aveva sviluppato Amd neovascolare incidente;
   l'incidenza cumulativa dell'Amd neovascolare fra i soggetti che non usavano regolarmente l'aspirina era dello 0,8 dopo 5 anni, dell'1,6 per cento dopo 10 e del 3,7 per cento dopo 15 anni. Fra i consumatori regolari di aspirina, l'incidenza cumulativa era dell'1,9 per cento dopo 5 anni, del 7 dopo 10 e del 9,3 per cento dopo 15 anni. L'uso regolare di aspirina era significativamente associato a un incremento di incidenza dell'Amd neovascolare», scrivono gli scienziati –:
   di quali notizie disponga in merito il Ministro e quali misure intenda assumere circa l'indagine rappresentata in premessa acquisendo gli esiti completi di detta ricerca. (4-19471)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il corriere.it ed. Roma nel servizio datato 22 gennaio 2013: «Acqua sulle pareti e muri scrostati nelle gallerie del Policlinico appena riaperte-Viaggio nelle gallerie ipogee dell'Umberto riaperte pochi giorni fa dopo un anno di restauro: infiltrazioni e muri che scoppiano» riferisce che «Infiltrazioni d'acqua e muri scrostati nelle gallerie sotterranee del Policlinico Umberto I riaperte da pochi giorni dopo il sequestro di un anno fa e i lunghi lavori di bonifica effettuati nel corso degli ultimi mesi per la messa in sicurezza. Ad accorgersene è stato il dottor Antonio Sili Scavalli mentre si recava nell'ambulatorio in cui presta la sua attività. Sili Scavalli, rappresentante sindacale della Fials, ha dedicato attenzione a più riprese nell'arco dell'ultimo decennio al problema delle gallerie ipogee segnalandone le anomalie e le pericolosità alla magistratura» –:
   di quali notizie dispone il ministro sul Policlinico «Umberto I» di Roma e quali misure intenda assumere anche inviando il nucleo speciale Nas per verificare condizioni e struttura. (4-19472)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   preoccupa il fenomeno della mancanza di alcuni farmaci antitumorali, a fronte della necessità di garantire ai pazienti la terapia migliore possibile, come segnalato recentemente dal Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo). «Bisogna muoversi in direzione di un'oncologia appropriata, integrata e sostenibile. Questa la strada che deve percorrere la nostra disciplina per garantire ai pazienti cure personalizzate e adeguate», dichiara in una nota il presidente Roberto Labianca;
   la notizia è dell'agenzia Ansa del 21 gennaio 2013 –:
   di quali notizie disponga in merito il Ministro e quali misure intende assumere circa le notizie esposte in premessa.
(4-19480)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'Ospedale Cardarelli di Napoli sono caduti calcinacci dal soffitto presso il reparto di urologia;
   ne ha dato notizia il 22 gennaio 2013 il sito d'informazione del mattino.it alle ore 8.08;
   a firma di Marisa La Penna si legge che: «un paziente è stato colpito, sia pure lievemente, a un braccio. Per fortuna nulla di grave: è stato portato al pronto soccorso dove i sanitari gli hanno medicato qualche graffio. Nel frattempo i diciotto degenti sono stati trasferiti in un altro reparto in attesa degli interventi di manutenzione. È accaduto ieri mattina, poco dopo le 9. Nel reparto di oculistica, al piano superiore a quello dove c’è la degenza di urologia, vale a dire al quarto piano del padiglione E, alcuni operai stavano lavorando per rimuovere i danni provocati da una perdita d'acqua nelle tubazioni di un bagno. Sta di fatto che, presumibilmente, sono stati proprio quegli interventi di manutenzione a determinare la caduta di calcinacci dalla controsoffittatura del piano sottostante»;
   il reparto di urologia è uno di quelli recentemente ristrutturati –:
   se il ministro intenda effettuare un'ispezione dei Nas presso il citato nosocomio. (4-19485)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   un lancio dell'agenzia di stampa Agi del 22 gennaio 2013 informa che da Washington arriva notizia che vi è «Una soluzione per uccidere un linfoma senza usare farmaci potrebbe essere quella di privarlo del suo cibo preferito: il colesterolo Hdl. La ricerca della Northwestern University è stata pubblicata sulla rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences». Gli scienziati hanno infatti scoperto che un nuovo tipo di nanoparticella può agire come un doppio agente segreto» –:
   di quali notizie disponga il Ministro circa la scoperta esposta in premessa e quali misure intenda assumere perché anche la medicina italiana possa beneficiarne. (4-19487)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 21 gennaio 2013 a Rouen in Francia si è sprigionata una nube anomala da un'azienda specializzata in additivi per lubrificanti: annullata partita da calcio;
   una fuga di un gas nauseabondo proveniente da una fabbrica chimica nel nord-ovest della Francia, ha creato fastidi e preoccupazione tra la popolazione, dalla Normandia all'Inghilterra, passando per Parigi, nonostante le rassicurazioni delle autorità francesi fin dall'alba di martedì. Gli effluvi sono cominciati lunedì mattina sul sito della Lubrizol, azienda specializzata negli additivi per lubrificanti, a Rouen, 110 chilometri a ovest di Parigi, dopo una reazione imprevista in una cisterna di «metantiolo», (anche detto «metilmercaptano»), un gas incolore caratterizzato dall'odore fetido;
   è allarme in Francia e in Inghilterra;
   le autorità francesi hanno avvertito la popolazione fin dalle prime ore di martedì, sottolineando che il gas «non rappresenta rischi per la salute» e invitando i residenti dei dipartimenti coinvolti a non telefonare ai servizi di emergenza per non intasare le linee. La prefettura della Senna-Marittima, ha tuttavia avviato un piano d'intervento speciale, compreso l'annullamento di una partita di calcio della Coppa di Francia, (Rouen-Olympique Marsiglia) in programma in serata. «Non vorremmo ritrovarci con 10mila spettatori a due chilometri dalla fabbrica senza essere in grado di confinarli o farli sgomberare se necessario», ha spiegato una responsabile;
   intanto la «puzza» ha attraversato la Manica. La polizia del Sussex, Inghilterra del sud, ha detto di avere ricevuto le chiamate dei residenti che si lamentavano di un «odore di gas» (25 chiamate alle 9.15 locali). La polizia del Kent, sud-est dell'Inghilterra, ha a sua volta ricevuto numerose telefonate. In Normandia come nella regione parigina, le linee dei servizi di emergenza stamattina erano bollenti, con numerose persone che accusavano «nausee» e «mal di testa». L'azienda Lubrizol, filiale francese del gruppo americano Lubrizol Corporation (sede Ohio) di cui è proprietario Berkshire Hathaway (holding di Warren Buffet), ha detto di avere «buone speranze» che l'incidente si risolva in giornata;
   la notizia è del corriere.it del 22 gennaio 2013;
   i fatti esposti, ad avviso dell'interrogante sono gravi da richiedere un intervento urgente da parte del Governo –:
   quale sia l'entità della fuga dall'azienda francese e se vi siano rischi di passaggio anche sull'Italia della medesima e se sussistano eventuali rischi. (4-19494)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a decorrere dal 1o gennaio 2013, Poste italiane spa ha disposto un aumento tariffario per i servizi di spedizione postale e finanziari (Bancoposta);
   la manovra tariffaria di Poste italiane che ha introdotto questi aumenti, quantificati nell'ordine del 30 per cento circa per la posta prioritaria e del 10 per cento circa per la posta raccomandata e per gli atti giudiziari, è stata approvata dall'Agcom nella seduta del 20 dicembre ed ha avuto, quindi, una limitata pubblicità ai cittadini prima dell'entrata in vigore;
   molti cittadini ed associazioni, a cavallo dell'entrata in vigore delle nuove tariffe, ha affrancato la propria posta con francobolli del valore nominale di 0,60 euro per la posta prioritaria, salvo, poi, scoprire che tale affrancatura non era sufficiente per beneficiare del servizio postale alla luce delle nuove tariffe approvate;
   all'interrogante risulta che molti cittadini ed alcune associazioni si sono recati presso gli uffici di Poste italiane per poter acquistare francobolli del valore nominale da 0,10 euro così da regolarizzare la posta in uscita, ma alla loro richiesta si sono visti rispondere che gli uffici postali ne erano sprovvisti;
   secondo ulteriori segnalazioni, nei primi giorni del nuovo anno, anche alcune richieste avanzate per la fornitura di francobolli da 0,70 euro sono rimaste inevase;
   si rammenta, poi, che persistono spesso, nelle campagne e nei centri abitati più isolati, casi di consegna della posta a cadenza settimanale o bisettimanale compromettendo l'arrivo tempestivo alle famiglie di bollette per i pagamenti e giornali o riviste. A tal proposito si segnala che la stampa locale in diverse aree d'Italia, anche di recente, ha segnalato ritardi nella consegna dei bollettini per il pagamenti delle utenze, talvolta oltre la scadenza indicata sugli stessi –:
   se al Ministro interrogato risulti vi siano difficoltà nella distribuzione sul territorio nazionale dei nuovi francobolli del valore nominale di 0,70 euro e se risulti che Poste italiane spa abbia provveduto a predisporre francobolli dal valore nominale di 0,10 euro necessari per consentire ai cittadini che hanno precedentemente acquistato francobolli dal valore nominale di 0,60 euro, di poter integrare la tariffa;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per risolvere il problema dei ritardi nella consegna della corrispondenza nelle campagne e nei centri abitati più isolati, così da evitare che il ritardo possa gravare – nel caso dei pagamenti – anche economicamente su famiglie, imprese ed associazioni. (4-19389)


   CONTENTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 prevede non solo l'abolizione del canone Rai per i soggetti ultrasettantacinquenni bensì anche il rimborso di quanto già versato da costoro in passato;
   a fronte di un ulteriore aumento del canone, la cui scadenza com’è noto è il 31 gennaio, non consta all'interrogante che siano state attivate idonee procedure di pubblicità dell'esenzione di cui sopra;
   la stessa accessibilità al servizio di cui sopra pare del tutto incongrua se si pensa che viene richiesto un modulo scaricato on line o recandosi presso le singole Agenzie delle entrate presenti sul territorio nazionale –:
   di quali dati disponga il Governo circa il numero di rimborsi sinora corrisposti agli aventi diritto e quali iniziative urgenti intenda assumere per il sollecito rimborso degli importi spettanti. (4-19454)


   BARBATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'anno 2012 è stato negativo per 1.600 distributori di carburante in Campania;
   ne dà notizia il quotidiano Il Mattino nell'articolo: «Napoli, benzina: crollano le vendite a rischio ottomila posti di lavoro» a firma di Livio Coppola del 14 gennaio 2013;
   la rete ordinaria ha infatti registrato negli ultimi dodici mesi un calo record delle vendite di benzina e gasolio, tanto che ciascun impianto ha erogato, in media, 107 mila litri in meno rispetto al 2011. Un crollo verticale, vicino al 10 per cento, dovuto alla crisi e alla conseguente contrazione dei consumi. Ad oggi, tra Napoli e le altre province, sono circa 8 mila gli addetti che rischiano il posto di lavoro per la possibile chiusura degli impianti maggiormente colpiti dalla recessione;
   i conti dell'anno appena terminato sono stati riassunti in un amaro bollettino realizzato da Figisc e Anisa. I numeri del commercio in Campania sono da assoluto deficit e confermano l'allarme già lanciato la scorsa estate dagli addetti ai lavori, che più volte sono stati costretti all'agitazione e allo sciopero per chiedere alle compagnie petrolifere di abbassare il costo delle materie prime. Cosa praticamente mai avvenuta, tanto che il prezzo medio della benzina nel 2012 si è attestato su 1,787 euro al litro, mentre il gasolio si è fermato a 1,705 euro al litro;
   il tutto per un rincaro superiore al 10 per cento rispetto all'anno prima, un aumento che di certo non ha spinto gli automobilisti a fare troppe volte il pieno. E gli effetti della crisi si sono fatti sentire chiaramente sugli impianti: nei 1.600 della regione sono stati erogati 670 milioni di litri di benzina, ben 71 milioni in meno dell'anno precedente. Di gasolio invece sono stati venduti 1 miliardo e 29 milioni di litri, 113 milioni in meno rispetto al 2011;
   il risultato è che in media ciascun distributore ha erogato e venduto 107 mila litri in meno, con un calo del commercio pari al 9,7 per cento. Un trend a dir poco negativo, che ha già mietuto, purtroppo, le prime vittime dal punto di vista occupazionale. «La situazione che ereditiamo dall'anno appena trascorso è molto seria – spiega Claudio Burani, di Figisc-Confcommercio. Attualmente la nostra rete sta producendo i primi nuovi disoccupati, perché diversi impianti hanno dovuto ridimensionarsi o arrivare ad annunciare la chiusura. Il calo dei consumi è evidente e i prezzi sono quelli che sono –:
   di quali elementi disponga il Governo e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare. (4-19488)


   BARBATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Riolo Terme (Ravenna) Hera ha recentemente installato un sistema di sensori intelligenti che individuerà le perdite idriche degli acquedotti;
   un nuovo dispositivo che verrà utilizzato per contrastare le perdite in rete, tramite un sistema di trasmissione remota di dati ed allarmi;
   si tratta di sensori che intercettano in modo continuo eventuali perdite attraverso la rilevazione di anomalie nella propagazione delle onde sonore veicolate dalla rete idrica, garantendo così tempestive riparazioni. È la prima volta che in Italia viene installato e sperimentato questo strumento;
   i sensori (idrofoni) sono integrati all'interno degli idranti interrati in strada. Il dispositivo è una sorta di stetoscopio che ascolta le vibrazioni provocate dalla fuoriuscita d'acqua;
   la notizia è stata data da un lancio agenzia Ansa del 18 gennaio 2013 alle ore 17.03 –:
   se il governo sia a conoscenza dell'informazione diffusa e quali iniziative di competenza intenda assumere a difesa del patrimonio idrico italiano monitorando tale iniziativa e promuovendone l'estensione su tutto il territorio nazionale, in primis la Campania dove si registrano periodiche perdite. (4-19491)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta del presentatore:
   interrogazione a risposta in Commissione Bernardini e altri n. 5-07626 dell'8 agosto 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-19357;
   interrogazione a risposta in Commissione Bernardini e altri n. 5-08266 del 24 ottobre 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-19358.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Barbato n. 4-18674 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 722 del 22 novembre 2012.
  Alla pagina 36619, seconda colonna, alla riga ottava deve leggersi: «possibili problemi per chi indossa i prodotti» e non «possibili problemi per chi indora i prodotti», come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta Zamparutti e altri n. 4-19306 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 738 del 21 dicembre 2012. Alla pagina 37747, seconda colonna, dalla riga quarantunesima alla riga quarantatreesima, deve leggersi: «esistono poi altre repliche indipendenti da parte del Martin Fleischmann Memorial Project (MFMP) e da parte di gruppi istituzionali» e non «esistono poi altre repliche indipendneti da parte del M. Schlimann memorial project e da parte di gruppi istituzionali», come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   AGOSTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi a seguito di un accertamento effettuato da funzionari della asur area vasta n. 5 di Ascoli Piceno presso l'ufficio postale sito nel comune di Spinetoli (Ascoli Piceno), il direttore delle poste di Ascoli Piceno ha disposto la chiusura in via temporanea dell'ufficio postale di Spinetoli;
   da tale verbale risulterebbero delle lievi irregolarità di carattere igienico sanitarie;
   dalla lettera del direttore delle poste con cui si dispone la chiusura in via temporanea, non risultano né le disposizioni per effettuare i lavori di manutenzione che ripristinerebbero il corretto funzionamento dell'ufficio né la data di riapertura dell'ufficio stesso, che sempre secondo tale disposizione dovrebbe chiudere il giorno 21 aprile 2012;
   sia il comune di Spinetoli, che il proprietario dell'immobile su cui insiste l'ufficio postale hanno dichiarato la propria disponibilità ad effettuare a spese proprie i lavori occorrenti per il ripristino del corretto funzionamento;
   il comune di Spinetoli conta circa 7500 abitanti, e che ha avuto un incremento demografico molto consistente negli ultimi dieci anni (raddoppiando il numero di abitanti), ed è uno dei pochi comuni della provincia di che continuano ad aumentare il numero di abitanti;
   nel comune di Spinetoli insistono le sedi dei servizi sociali dei comuni associati della vallata del Tronto, e la sede universitaria distaccata di scienze politiche dell'università di Macerata, e quindi una chiusura dell'ufficio postale arrecherebbe grave danno non solo della popolazione anziana ma anche ai servizi sopra citati;
   molti cittadini hanno scelto di aprire conti correnti postali perché le sedi di istituti bancari sono lontani dal capoluogo del comune;
   martedì 10 aprile 2012 si e tenuta un'assemblea popolare che ha protestato in maniera decisa contro l'eventuale chiusura dell'ufficio postale, chiedendo al sindaco di mettere in atto tutte le iniziative possibili affinché venga scongiurata tale chiusura, e se ciò non avvenisse i cittadini si assumerebbero la responsabilità di iniziative eclatanti di protesta che creerebbero senz'altro preoccupazione per l'ordine pubblico –:
   se il ministero possa intervenire presso la direzione generale delle poste italiane per capire quali siano le esatte ragioni della decisione assunta;
   se l'amministrazione postale autorizzi rapidamente i lavori per il ripristino dei locali adibiti ad ufficio postale, o in via subordinata autorizzi il comune, o il proprietario dell'immobile ad effettuarli a proprie spese;
   se oltre alla data di chiusura temporanea prevista per il 21 aprile 2012 possa essere indicata in maniera perentoria la data di riapertura dell'ufficio. (4-15672)

  Risposta. — In merito a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame la società Poste italiane ha comunicato quanto segue.
  Nel comune di Spinetoli sono presenti due uffici postali:
   l'ufficio «Spinetoli», dotato di due sportelli, aperto al pubblico, dal lunedì al venerdì, con orario 8,15-13,45 e, il sabato, con orario 8,15-12,45;
   l'ufficio «Pagliare», dotato di quattro sportelli, un'area prodotti finanziari ed un ATM, che osserva i seguenti orari di apertura: dal lunedì al venerdì, dalle ore 8,25 alle ore 13,35 ed il sabato dalle ore 8,25 alle ore 12,35.

  Il 20 aprile 2012 l'operatività dell'ufficio Spinetoli è stata sospesa a seguito di un sopralluogo da parte dell'azienda sanitaria unica regionale delle Marche (ASUR) che ha prescritto l'adeguamento delle postazioni di lavoro dei due operatori di sportello alle disposizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
  Poste Italiane ha fatto presente che al fine di ottemperare alle prescrizioni dell'ASUR è stato necessario procedere alla chiusura del citato ufficio postale, con conseguente trasferimento delle attività presso l'ufficio «Pagliare», i cui flussi di traffico sono stati, contestualmente, sottoposti a costante monitoraggio, al fine di valutare tempestivamente, in caso di necessità, un eventuale potenziamento dell'offerta di servizi alla clientela.
  Da quanto comunicato dalla società risulta che in data 16 luglio 2012, al termine dell'esecuzione dei lavori richiesti, l'ufficio «Spinetoli» è stato riaperto.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   ALESSANDRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 2 del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni, è stabilito che le strade sono classificate, riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:
    A - Autostrade;
    B - Strade extraurbane principali;
    C - Strade extraurbane secondarie;
    D - Strade urbane di scorrimento;
    E - Strade urbane di quartiere;
    F - Strade locali;
    F-bis. Itinerari ciclopedonali;
   la tangenziale del comune di Reggio Emilia, in variante alla strada statale n. 9 - via Emilia, risulterebbe essere una strada extraurbana secondaria, ossia di tipologia «C» e la cui competenza è del concessionario ANAS;
   il soggetto competente all'installazione della segnaletica verticale e alla manutenzione di quella orizzontale, sulla tangenziale nord di Reggio Emilia è ANAS dal chilometro 170+070 al chilometro 179+100;
   l'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legge 26 giugno 2002, n. 121 convertito con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2002, n. 168, dispone che: «1. Sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all'articolo 2, comma 2, lettere A e B, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell'interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142, 148 e 176 dello stesso decreto legislativo, e successive modificazioni. I predetti dispositivi o mezzi tecnici di controllo possono essere altresì utilizzati o installati sulle strade di cui all'articolo 2, comma 2, lettere C e D, del citato decreto legislativo, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del prefetto ai sensi del comma 2.
  2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il prefetto, sentiti gli organi di polizia stradale competenti per territorio e su conforme parere degli enti proprietari, individua le strade, diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, di cui al comma 1, ovvero singoli tratti di esse, tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all'incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati. La medesima procedura si applica anche per le successive integrazioni o modifiche dell'elenco delle strade di cui al precedente periodo»;
   riguardo agli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1, del nuovo codice della strada, risulta che l'espletamento dei servizi di polizia stradale previsti dal codice spetta:
    a) in via principale alla specialità di polizia stradale della polizia di Stato;
    b) alla polizia di Stato;
    c) all'Arma dei carabinieri;
    d) al Corpo della guardia di finanza;
    d-bis) ai Corpi e ai servizi di polizia provinciale, nell'ambito del territorio di competenza;
    e) ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell'ambito del territorio di competenza;
    f) ai funzionari del Ministero dell'interno addetti al servizio di polizia stradale;
    f-bis) al Corpo di polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato, in relazione ai compiti di istituto;
   va segnalato che l'articolo 37 del codice, ai commi 2 e 3, ha indicato tutte le possibili ipotesi di apposizione di segnaletica da parte degli enti proprietari, così da impedire in generale ogni possibile situazione di incompetenza o sovrapposizione di competenza tra i vari enti proprietari e l'articolo 38 del codice, al comma 10, precisa che il campo di applicazione obbligatorio della segnaletica è costituito dalle strade ad uso pubblico, ivi comprese quelle di proprietà privata aperte all'uso pubblico;
   in particolare, l'articolo 37 comma 1, stabilisce che l'apposizione e la manutenzione della segnaletica, ad eccezione dei casi previsti nel regolamento per singoli segnali, fanno carico:
    a) agli enti proprietari delle strade, fuori dei centri abitati;
    b) ai comuni, nei centri abitati, compresi i segnali di inizio e fine del centro abitato, anche se collocati su strade non comunali;
    c) al comune, sulle strade private aperte all'uso pubblico e sulle strade locali;
   nel mese di luglio 2007 il comune di Reggio Emilia, in conformità al decreto legge n. 117 del 2007, ha installato due cartelli verticali relativi al controllo elettronico della velocità su detta tangenziale, un primo nella carreggiata sud (direzione Modena) al chilometro 172+600 ed un secondo nella carreggiata nord (direzione Parma) al chilometro 170+750;
   in tale tratto di strada il limite di velocità è di 90 chilometri orari ed inoltre detti segnali fissi sono di piccole dimensioni con scritte nere su fondo bianco;
   il posizionamento dei controlli della velocità, da parte della locale polizia municipale, avviene con strumenti mobili ed in un'area esterna alla strada in questione;
   in data 25 ottobre 2011, su precisa richiesta di un consigliere comunale, il dirigente del servizio politiche per la mobilità del comune di Reggio Emilia avrebbe comunicato che per l'installazione dei cartelli stradali in novella «non è stata formulata alcuna domanda di autorizzazione ad ANAS» –:
   se in considerazione delle norme citate in premessa, l'installazione dei predetti cartelli verticali relativi al controllo elettronico della velocità sulla tangenziale del comune di Reggio Emilia rispetti il riparto di competenze previsto dalla legge, essendo l'ANAS il soggetto competente all'installazione della segnaletica verticale e alla manutenzione di quella orizzontale sulla tangenziale nord di Reggio Emilia, in particolare lungo il tratto dal chilometro 170+070 al chilometro 179+100 sopra citato;
   quali siano i singoli tratti dalla tangenziale nord di Reggio Emilia in variante alla strada statale n. 9, individuati con apposito decreto del prefetto, su cui si possono utilizzare o installare i dispositivi o i mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui deve essere data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142, 148 e 176 del codice della strada;
   se, ove la segnaletica stradale in questione risultasse installata in maniera difforme alle preordinanti norme che ne prevedono la disciplina, non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza per far provvedere alla loro rimozione. (4-19259)

  Risposta. — L'accertamento delle violazioni in materia di circolazione è ricompreso tra i servizi di polizia stradale, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 285 del 1992 (nuovo codice della strada).
  Il medesimo articolo 11, comma 3, inoltre, attribuisce al Ministero dell'interno il potere di coordinamento dei servizi di polizia stradale, da chiunque espletati.
  Il successivo articolo 12, comma 1, lettera
e), attribuisce l'espletamento dei servizi di polizia stradale ai corpi e ai servizi di polizia municipale nell'ambito del territorio di competenza; la polizia municipale può espletare detti servizi su strade di ogni tipo, purché ricadenti nell'ambito del territorio comunale di competenza; i controlli devono essere effettuati con dispositivi presidiati e ben visibili ai sensi dell'articolo 142, comma 6-bis, del nuovo codice della strada.
  Con riferimento a quanto segnalato dall'interrogante, si fa presente che con decreto del 15 agosto 2007 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'interno sono state fissate le modalità di segnalazione delle postazioni di controllo della velocità, ulteriormente precisate nell'allegato alla circolare n. 300/A/10307/09/144/5/20/3, emanata dal Ministero dell'interno il 14 agosto 2009.
  L'installazione della relativa segnaletica di indicazione, qualora attuata su strade appartenenti ad altri enti proprietari, configura uso della sede stradale ed è soggetta ad autorizzazione, ai sensi dell'articolo 26, commi 1 e 2, del codice della strada, fatto salvo il caso della segnaletica temporanea di cui all'articolo 1, comma 1, lettera
a), del citato decreto interministeriale 15 agosto 2007, connesso all'impiego temporaneo di dispositivi rimovibili.
  In merito, dunque, agli specifici quesiti posti dall'onorevole interrogante, si fa presente che, trattandosi di strada extraurbana, la colorazione dei segnali di indicazione deve essere conforme a quanto prescritto dall'articolo 78, comma 2, lettera
b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 e le dimensioni dei caratteri sono fissate dalle tabelle II.16 e II.17.
  Al riguardo, si evidenzia che ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 121 del 2002 e relativa legge di conversione, spetta al Prefetto l'individuazione, con apposito decreto, dei tratti stradali da sottoporre al controllo a distanza della velocità.
  In particolare, con decreto prefettizio n. 7658/2011 del 27 luglio 2011 sono state individuate le strade nelle quali, stanti i rischi che un eventuale fermo di veicoli comporterebbe per la sicurezza della circolazione, l'incolumità pubblica e la fluidità del traffico, non sussiste l'obbligo della contestazione immediata ex articolo 200 del codice della strada ed è quindi autorizzato il controllo elettronico della velocità mediante i cosiddetti autovelox.
  Nel novero delle predette strade è stato individuato, con il citato decreto, anche il tratto della tangenziale di Reggio Emilia, cui si riferisce l'interrogante, ricadente tra il km 170 ed il km 180, dove è pertanto consentito svolgere accertamenti per il rispetto dei limiti di velocità.
  In forza di tale provvedimento (condiviso dall'autorità di pubblica sicurezza e dall'Anas) la polizia municipale di Reggio Emilia è stata, quindi, autorizzata, a pieno titolo, a sanzionare i comportamenti scorretti degli utenti stradali nel tratto in questione.
  Sul citato tratto di strada, come su tutti quelli lungo i quali vengono effettuati i controlli automatici della velocità, sono presenti cartelli fissi di preavviso e sono altresì montati, di volta in volta, segnalatori mobili, ad opera delle pattuglie stradali che effettuano i relativi accertamenti.
  In particolare, al km 170+176 sulla banchina della carreggiata nord ed al km 172+600 sulla banchina della carreggiata sud del tratto stradale in parola sono presenti due cartelli – di dimensioni 60 x 90 cm., con caratteri neri su sfondo bianco – che presegnalano la postazione di rilevamento della velocità con autovelox mobile; sono, altresì, montati, di volta in volta, segnalatori mobili dalle pattuglie stradali, durante lo svolgimento degli accertamenti.
  Con riferimento alla questione del riparto di competenze tra Anas e comune di Reggio Emilia circa l'installazione della predetta segnaletica, sulla base delle notizie assunte dalla prefettura di Reggio Emilia, si fa presente che l'Anas, ente proprietario della strada, ha confermato a detta prefettura, con nota in data 2 agosto 2012, la piena legittimità dell'operato del comune di Reggio Emilia, tanto alla luce del succitato decreto prefettizio, quanto in virtù dell'avvenuta regolarizzazione del difetto di autorizzazione a mezzo di istanza in sanatoria regolarmente presentata ad Anas dal comune medesimo.
  Nella stessa nota, peraltro, Anas ribadisce che, sia l'iniziale mancanza di autorizzazione per la posa dei cartelli da parte dell'ente gestore della strada, sia la non corrispondenza tra le caratteristiche dei segnali concretamente installati e quelle indicate nel citato regolamento di esecuzione n. 495 del 1992 – cui fa riferimento l'interrogante – sono da considerarsi quale «mera irregolarità che non esime l'utente della strada dall'obbligo di rispettare le relative prescrizioni e quindi non determina l'illegittimità del verbale di contestazione dell'infrazione» (così cassazione civile, 20.5.2010, n. 12431; 29.3.2006, n. 7125; 31.7.2007, n. 16884 e 18.12.2008, n. 29728).
  Tuttavia, Anas ha comunicato che in data 27 luglio 2012 il competente compartimento dell'Emilia Romagna ha richiesto al comune di Reggio Emilia di regolarizzare la segnaletica stradale, al fine di renderla conforme alla vigente disciplina. Detto comune, interessato al riguardo, ha comunicato che la segnaletica verticale oggetto dell'interrogazione è in fase di rimozione.
  Infine, non va comunque dimenticato che il ricorso all'utilizzo degli apparecchi autovelox, compresi i connessi aspetti sanzionatori, è comunque e sempre finalizzato alla tutela della sicurezza della circolazione veicolare e alla salvaguardia delle vite umane.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Toscana, con delibera di giunta regionale n. 1163 del 19 dicembre 2011, che ha per oggetto «Individuazione degli standard di riferimento per i DRG ad alto rischio di inappropriatezza del Patto per la Salute 2010-2012 e della DRG 252/2006», ha voluto evidenziare la presenza, all'interno di alcuni dei DRG ad alto rischio di inappropriatezza di interventi che possono essere erogati, di norma, in regime ambulatoriale con sufficiente garanzia di sicurezza per il paziente e per gli operatori, rispondendo così a criteri di appropriatezza, economicità ed efficienza nell'utilizzo delle risorse;
   non tutti i DRG risulterebbero rispondenti ad un regime ambulatoriale, anche se la delibera è stata oggetto di verifica da parte di un gruppo di lavoro tecnico che ha verificato i nuovi parametri;
   in particolare, si vuole evidenziare l'intervento di tonsillectomia, che con i nuovi DRG 59 e 60 della Toscana risultano incongrui, visto anche il fatto che si tratta di piccoli pazienti e il tutto non può essere derubricato come un intervento banale;
   per questo tipo di interventi nell'immediato post operatorio sono previsti le complicanze più temibili e significative come le emorragie primarie;
   il nuovo nomenclatore non garantisce, in Toscana, la sicurezza necessaria post-operatoria né per il paziente, né per gli operatori, in quanto sono eseguite in regime ambulatoriale;
   il processo di cura deve essere adeguato alle esigenze del paziente e non è accettabile che si riduca e non garantisca la sicurezza in nome del risparmio;
   la progressiva crescita tecnologica e l'incremento dei costi sanitari (la cui quota maggiore è ascrivibile all'assistenza ospedaliera) ha determinato scelte di politica sanitaria che definiscono a priori le giornate di degenza per le singole patologie, i cosiddetti DRG (raggruppamenti per diagnosi);
   la definizione della durata del ricovero deve dipendere dalla patologia e non dalla regione, tuttavia, se ciò fosse anche coerente con i tempi della terapia per alcuni pazienti, soprattutto per i più giovani, non si possono correre rischi con delle dimissioni affrettate che potrebbero portare anche a conseguenze letali;
   il presidente della Società italiana di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico-facciale, durante il forum dell'agenzia di stampa Dire, ha dedicato molta attenzione a quella che da sempre viene considerata un'operazione facile, ma che di recente si è risolta in tragedia, con la morte di giovani pazienti: l'asportazione delle tonsille;
   i numeri parlano di un decesso ogni 90 mila interventi e dell'insorgenza di una complicanza seria nel paziente in un caso ogni 60 mila, numeri che sulla carta non destano allarme; ma quando il decesso o la complicanza colpiscono un bambino che entra in ospedale per un semplice fastidio alle tonsille ecco che i numeri assumono tutt'altro significato;
   per questo i chirurghi otorinolaringoiatri hanno accolto con favore le nuove linee guida dell'Istituto superiore di sanità, puntando ad un setting assistenziale più adeguato per tale intervento, cioè l’One day surgery (il ricovero per una notte dopo l'esecuzione di un intervento) ma con setting di ricovero ordinario (quindi almeno 2 notti) per i casi di maggior rischio; l'obiettivo, infatti per i medici di otorinolaringoiatria deve essere zero decessi;
   la revisione dei DRG in Toscana non ha tenuto conto di queste raccomandazione che arrivano dalla comunità medica e dall'autorevole Istituto superiore di sanità e il Servizio sanitario regionale ha pensato solo ai cambiamenti organizzativi nelle strutture sanitarie riducendo la sicurezza per i piccoli pazienti e preoccupandosi solo del budget;
   a parere dell'interrogante sono mancati dei fondamentali elementi alla regione Toscana che ha deliberato questi nuovi DRG e in particolare il coordinamento tra chi elabora il «Nomenclatore» e i medici, cioè coloro che praticamente operano l'intervento e si preoccupano della parte pre e post-operatoria;
   ridurre o non effettuare il ricovero per l'intervento di tonsillectomia e o adenoidectomia nei più piccoli è grave perché l'anestesia generale da sola dovrebbe far sconsigliare il regime ambulatoriale, visto le ricadute negative che potrebbe avere sui giovani pazienti –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare perché non si metta a repentaglio la vita e l'incolumità psicofisica dei piccoli pazienti nel caso di interventi come quelli di cui in premessa e se non si intenda valutare, sulla base di quanto sostenuto a ragione dall'Istituto superiore della sanità e al fine di tutelare effettivamente la salute e le giuste esigenze dei pazienti anche giovani, l'opportunità di inserire delle chiare indicazioni nei livelli essenziali di assistenza – LEA. (4-15466)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi acquisiti presso la prefettura – ufficio territoriale del governo di Firenze.
  La delibera di giunta regionale n. 1163 del 19 dicembre 2011, recependo le indicazioni del patto per la salute del 3 dicembre 2009, ha aggiornato le determinazioni di cui alle precedenti deliberazioni (n. 859 del 2002 e n. 252 del 2006) ed integrato l'elenco dei «
diagnosis related groups» (DRG) chirurgici e medici ad alto rischio di non appropriatezza, se erogati in regime di degenza ordinaria, con i nuovi diagnosis related groups individuati dal patto per la salute, determinandone inoltre gli standard di riferimento per la verifica delle attività di ricovero.
  Sono stati poi determinati gli
standard regionali relativi ai diagnosis related groups chirurgici, calcolati per l'attività di ricovero di tipo programmato, consistenti nella soglia minima di ammissibilità attesa per i ricoveri in regime diurno rispetto ai ricoveri ordinari; ciò significa che per ogni intervento ci si attende che la percentuale di ricovero in regime diurno, rispetto a quello ordinario, non sia inferiore allo standard individuato.
  Solo per due casi –
diagnosis related groups 60 e DRG 503 – è stata indicata, in seguito a specifici approfondimenti sulle tipologie di interventi concorrenti alla loro definizione, la soglia minima di ammissibilità relativa al codice di intervento (ICD 9 CM) anziché all'intero DRG.
  Per quanto concerne in particolare l'intervento di tonsillectomia, la regione Toscana ha osservato di aver provveduto ad analizzare il Drg 60 «tonsilectomia e/o adenoidectomia età <18 anni» e a prevedere indicazioni diverse per i due interventi ad esso afferenti: ricovero in regime diurno per l'adenoidectomia, con
standard dell'80 per cento; per la tonsillectomia è invece considerato appropriato il ricovero ordinario.
  Per quanto attiene al «DRG 59 – tonsillectomia e/o adenoidectomia età >17 anni», la delibera non ha determinato soglie di ammissibilità per il ricovero in regime diurno, in considerazione della non significativa numerosità della casistica rilevata.
  Le determinazioni della delibera di giunta regionale n. 1163/2011, pertanto, hanno conservato per l'intervento di tonsillectomia l'indicazione del ricovero ordinario, concordando con le indicazioni della società italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale.
  Nel caso in cui siano individuati interventi, riconducibili a Drg ad alto rischio di inappropriatezza in regime di ricovero, che possano essere erogati di norma in regime ambulatoriale, la regione Toscana intende procedere, con delibera di giunta regionale, alla definizione degli
standard di erogazione e delle tariffe e al successivo inserimento nel nomenclatore tariffario delle prestazioni specialistiche ambulatoriali.
  In merito alle eventuali iniziative da adottare, si segnala che l'Istituto superiore di sanità ha precisato che le linee guida elaborate nell'ambito del Sistema nazionale linee guida (SNLG) raccomandano che gli interventi di tonsillectomia siano effettuati con le modalità di «
one day surgery» seguiti da osservazione notturna, mentre per gli interventi di adenoidectomia raccomandano il regime di «day surgery» senza il successivo pernottamento.
  Pertanto, la revisione dei Drg operata dalla regione Toscana non ha posto vincoli in contrasto con le raccomandazioni contenute nelle citate linee guida.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   BARBARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si sono svolte nella giornata del 14 novembre a Roma, come in molte altre città italiane, manifestazioni di protesta contro le misure di austerità decise dai Governi nazionali per fronteggiare la crisi economica in atto;
   anche gli studenti hanno aderito alla protesta per rivendicare il loro diritto all'istruzione, ad avere una formazione libera e una crescita professionale e per chiedere la cancellazione di alcune misure ritenute penalizzanti la scuola pubblica proposte recentemente dal Governo;
   come riportato dai mezzi di informazione e come visibile in molti video circolanti in rete e pubblicati sulle maggiori testate on line italiane, la polizia ha caricato giovani studenti del Blocco studentesco che manifestavano a volto scoperto e senza armi;
   la nostra Costituzione riconosce e garantisce a ciascun cittadino la libertà di manifestare le proprie opinioni e idee e di riunirsi pacificamente –:
   se il Governo intenda verificare l'idoneità dei comportamenti messi in atto dalle forze dell'ordine e, nel caso venissero accertate condotte non conformi, se intenda prendere urgenti provvedimenti sanzionatori. (4-18658)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto, l'interrogante chiede al Governo di verificare l'idoneità dei comportamenti messi in atto dalle forze dell'ordine in occasione delle manifestazioni di protesta del 14 novembre scorso.
  È da premettere che la gestione dell'ordine pubblico in occasione di manifestazioni di piazza è materia delicata e complessa perché incide su vari aspetti, tutti meritevoli della più ampia considerazione e attenzione.
  Viene in rilievo, intanto, la necessità che, come in ogni democrazia matura e avanzata, le persone possano liberamente manifestare il proprio pensiero, «pacificamente e senza armi» secondo l'esplicito dettato della nostra Costituzione.
  Emerge allo stesso tempo l'assoluta esigenza che gli operatori di polizia impegnati nei servizi di ordine pubblico possano svolgere il loro gravoso lavoro con la necessaria serenità, fattore condizionante di ogni attività umana rischiosa ed impegnativa.
  Per dare un'idea di quanto sia impegnativa la gestione dell'ordine pubblico, basterebbe scorrere le cifre relative soltanto al 2012.
  Nei circa 11 mesi del 2012 sono state più di 9.000, per l'esattezza 9.318, le manifestazioni che hanno richiesto la presenza delle forze di polizia per la tutela dell'ordine pubblico.
  Altrettanto imponente è stato lo sforzo organizzativo che ha visto il dispiegamento, accanto alle forze territoriali, di circa 800 mila unità di rinforzo dei reparti specializzati delle forze dell'ordine.
  Per 381 manifestazioni si sono registrate criticità più o meno acute. Questo dato rappresenta soltanto il 4 per cento del totale, tale modesta entità – non per sottovalutare il fenomeno, che peraltro segnala un aumento rispetto allo scorso anno – è indicativa, non solo dell'impegno delle forze di polizia, ma la loro efficienza e professionalità.
  È possibile, e non si può escludere aprioristicamente, che in situazioni concitate e segnate da una forte emotività, in grado anche di coinvolgere l'operatore più esperto, possano essere commessi errori ed abusi.
  Non si tratta di giustificare né gli uni né gli altri, ma piuttosto di capirne le cause e di intervenire con misure di sistema non influenzate dall'attualità dei fatti.
  Quanto a possibili errori tecnici, vorrei ricordare, con riguardo alle manifestazioni avvenute a Roma il 14 novembre, che sul lancio di lacrimogeni registratosi in Via Arenula nelle adiacenze del Ministero della giustizia gli accertamenti compiuti dal Ris hanno consentito di appurare, con un ridotto margine di approssimazione, che le scie luminose visibili nelle immagini sono verosimilmente conseguenti alla fase di «ricaduta» di lacrimogeni sparati da terra, pressappoco all'altezza di ponte Garibaldi, da operatori delle forze di polizia, e infrantisi sulla facciata dello stesso Ministero.
  Aggiungo, inoltre, che sono in corso ulteriori accertamenti volti comunque a verificare fino in fondo a correttezza sul piano tecnico dell'operato degli agenti e la sua compatibilità con le regole precauzionali che devono necessariamente accompagnare l'uso di tali dispositivi.
  Riguardo a possibili abusi, è evidente che l'apprezzamento per l'operato delle forze di polizia e la riconoscenza per la loro dedizione al servizio non potrà mai essere il lasciapassare per l'uso ingiustificato, e perciò eccessivo, di una reazione violenta.
  Va da sé, quindi, che se eventuali abusi verranno accertati – saranno di conseguenza – perseguiti in un contesto di regole, senza sommarie e preconfezionate condanne.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   BARBATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 17 agosto 2012 fonti stampa locali in Sicilia e nazionali comunicavano che, a seguito di analisi di laboratorio di alcuni campioni di latte prelevati in allevamenti nella zona agricola di Palermo, gli stessi riportassero tracce consistenti di diossina, ciò a seguito del rogo alla discarica di Bellolampo;
   in Campania, da mesi, giornalmente, si consumano (i più dolosamente) roghi ad eco balle, discariche e cumuli di rifiuti in diversi punti e taluni che bruciano per giorni –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione alla situazione ambientale nel comprensorio che da Casoria, Acerra fino a Terzigno, Nola e sant'Antonio Abate, ed in particolare presso allevamenti e terreni agricoli anche al fine di ricavare informazioni cliniche inconfutabili sulla presenza di sostanze inquinanti in generi alimentari primari come il latte, verdure, carni ed acqua delle falde acquifere locali laddove gli stessi possano essere stati viziati nella loro genuinità dalle sostanze cancerogene e tossiche solitamente sprigionate dalla combustione di materiali plastico-ferrosi;
   se non ritengano di affidare un'analisi all'Istituto superiore di sanità nonché effettuare stringenti controlli nell'area attraverso il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-17500)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, per gli aspetti di competenza, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  A seguito dell'incendio del sito di ecoballe di Acerra sviluppatosi nella notte del 18 agosto 2012, il Ministero della salute ha partecipato all'incontro del successivo 24 agosto 2012, tenutosi presso la regione Campania, con i dipartimenti di prevenzione delle Aa.ss.ll. coinvolte (Napoli e Caserta), l'Istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno e l'Agenzia regionale protezione ambiente Campania.
  L'incontro ha avuto la finalità di valutare, sulla base delle attività di controllo già attuate dalla regione per monitorare la presenza di diossine nelle aree a rischio, le eventuali modifiche da apportare alle strategie pianificate per escludere dal consumo alimenti e mangimi contaminati.
  Già nel giugno 2012, infatti, la regione aveva fornito alle autorità competenti linee guida procedurali da applicare nei casi di intensificazione delle segnalazioni di roghi ed incendi di materiali plastici e di rifiuti, al fine di automatizzare e rendere più tempestivi gli interventi di prevenzione. Tali linee guida prevedono la creazione di un'area circolare di 3 chilometri di raggio attorno al sito in cui è stato segnalato l'incendio, con l'indicazione di tutti gli operatori (allevamenti, produttori di alimenti per animali, eccetera) presenti nel suo interno, in cui procedere alle necessarie verifiche ed, eventualmente, a prelievi ufficiali.
  Nel caso specifico, si è provveduto a controllare gli allevamenti e a prelevare un campione di latte bufalino dall'unico allevamento ritenuto a rischio dal servizio veterinario dell'Azienda sanitaria locale competente.
  È importante sottolineare che il territorio ricadente nelle province di Napoli e Caserta è, da tempo, sottoposto a costante monitoraggio. Soltanto negli ultimi due anni, infatti, sono stati prelevati n. 268 campioni tra foraggi e prodotti di origine animale, con il riscontro di n. 3 risultati non conformi.
  Nella zona di Acerra, inoltre, è in vigore da diversi anni un'ordinanza del sindaco che vieta il pascolo agli animali. Tuttavia, non risultando alcun divieto di coltivazione di vegetali destinati al consumo umano, il Ministero della salute ha richiesto alla regione la programmazione di controlli specifici ai fini della tutela della salute pubblica.
  In generale, comunque, dal 2001, da quando cioè furono riscontrate le prime non conformità per diossine, in campioni di latte ovi-caprino prelevati in attuazione del Piano nazionale per la ricerca di residui (Pnr), nella regione Campania coesistono diversi piani di campionamento, nazionali e regionali, che prevedono, in via esclusiva o nell'ambito di controlli più ampi, l'analisi per la ricerca di contaminanti ambientali, quali diossine e policlorobifenili (Pcb) diossina-simili.
  Il Ministero della salute è costantemente in contatto con la regione Campania per essere aggiornato circa le attività svolte e l'evoluzione della problematica.
  Dall'aprile del 2002, oltre ai regolari controlli programmati annualmente dal Ministero, per la ricerca di residui di contaminanti ambientali in animali vivi ed alimenti (Pnr) e in mangimi [Piano nazionale alimentazione animale (Pnaa)], la regione ha attuato:
   piani di intervento per emergenza diossine (2002-2004), che hanno portato al prelievo di 595 campioni di latte di diverse specie (bovino, ovicaprino e bufalino) e 434 campioni di mangimi zootecnici. L'area di campionamento, inizialmente limitata alle province di Napoli e Caserta, è stata progressivamente estesa ad altre zone del territorio regionale;
   piano legge regionale n. 3 del 2005 (2007-2008), per la tutela del patrimonio zootecnico della bufala mediterranea italiana, che ha portato al controllo, in aree geografiche maggiormente esposte al rischio diossine, di 130 stabilimenti di trasformazione lattiero-caseari;
   piano di sorveglianza sulla contaminazione da diossine in Campania (anno 2008-2010) che, nella sua durata triennale, ha visto il prelievo di 378 campioni (255 di latte e 118 di mangimi) negli allevamenti a vocazione lattifera;
   piano Unione europea (2008), su richiesta del Ministero della salute e della Commissione europea, che ha consentito di controllare, in un arco di tempo limitato (15 giorni) tutti i caseifici riconosciuti della regione Campania che trasformavano latte bufalino, permettendo così, anche nella sua prosecuzione, la verifica del 71,9 per cento della realtà zootecnica bufalina;
   piano regionale integrato (anno 2011-2014), motivato dall'analisi del rischio scaturita dalle attività degli anni precedenti (2008-2010) che, oltre ad aver individuato la zona del basso casertano ed, in particolare, l'area compresa tra la sponda sinistra del Volturno e la sponda destra dei Regi Lagni, quale area maggiormente contaminata, hanno mostrato che la fonte di origine è rappresentata da un incenerimento selvaggio ed incontrollato di rifiuti plastici abbandonati. Il piano prevede il prelievo di 200 campioni/anno (100 di latte di massa e 100 di alimenti zootecnici) presso 50 aziende. Pertanto, ogni azienda sarà campionata per due volte a distanza di sei mesi, al fine di valutare presso la stessa azienda l'andamento dei livelli di contaminanti nel corso dell'anno. Inoltre, nelle zone in cui il rischio è assente o minore saranno fatti convergere i campionamenti per diossine stabiliti dal Pnr;
    piano Sin (siti di interesse nazionale – 2011), avente come finalità il monitoraggio dei contaminanti ambientali in alimenti di origine animale prodotti nei Sin o in prossimità degli stessi. In attuazione di tale piano, è stata avviata un'attività di monitoraggio, mediante l'utilizzo di bioindicatori, quali animali della specie ovi-caprina (latte), vongole o in alternativa galline ovaiole (uova)/mitili, al fine di raccogliere tutti i dati necessari per una corretta definizione dei livelli di rischio per i principali contaminanti negli alimenti di origine animale. Per la regione Campania, sono stati già valutati il Sin «Bacino idrografico Fiume Sarno» e il Sin «Litorale Domizio Flegreo e Agro aversano». Il primo ha visto coinvolte le province di Avellino e Salerno (134 prelievi di latte ovi-caprino in 34 allevamenti con esiti conformi) mentre il secondo, il cui inizio di attività è recente, vede coinvolte le province di Caserta e Napoli;
   progetto Sebiorec (2004), promosso dalla regione Campania e realizzato dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con l'Istituto di fisiologia clinica del consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr), l'osservatorio epidemiologico, il registro tumori presso l'Asl Napoli 4 e cinque tra le aziende sanitarie locali della regione Campania. Tale studio ha previsto il prelievo di campioni di sangue e di latte materno, in 13 comuni delle province di Napoli e Caserta, per analizzare il contenuto di contaminanti organici persistenti (diossine, Pcb diossina-simili e metalli pesanti);
   progetto Sentieri (studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), finanziato dal Ministero della salute nel 2006 e coordinato dall'istituto superiore di sanità, avente come finalità la valutazione della mortalità delle popolazioni residenti nei Sin per il periodo 1995-2002, per contribuire ad individuare le priorità negli interventi di risanamento ambientale finalizzati alla prevenzione delle patologie causate da fonti di esposizione ambientale nei Sin. Le conclusioni di questo studio, nel quale rientra anche il Sin «Litorale Domizio Flegreo e Agro aversano», sono state presentate nel corso del Convegno «L'impatto sulla salute dei sui contaminati: il Progetto Sentieri», tenutosi in data 18 settembre 2012 presso questo ministero.
  Da quanto sopra si evince che il Ministero della salute e l'istituto superiore di sanità sono ampiamente coinvolti nelle tematiche afferenti la sicurezza alimentare nel rapporto con l'ambiente.

Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   a Pompei (Napoli) c’è l'Orto dei Fuggiaschi, segnalato da guide e libri di storia per il piccolo portico dove nel 1961 furono trovate tredici persone che morirono soffocate tra le ceneri e i lapilli dell'eruzione del 79 d.c.;
   da dicembre del 2011 è inaccessibile ed i visitatori devono accontentarsi di vedere i calchi in gesso o le fotografie;
   ufficialmente è chiuso per i lavori;
   su un cartello si legge «chiusura del cantiere il 5 dicembre 2011», necessari quarantacinque giorni per la riapertura, una scritta rossa aggiuntiva informa che ci sono stati novanta giorni di proroga, ad aprile 2012 sarebbe dovuto riaprire;
   dal cartello non è dato sapere quali tipi di lavori siano stati effettuati;
   la soprintendenza archeologica di Pompei, alla richiesta di spiegazioni, risponde che «le date del cartello non sono state aggiornate e che è normale che durante le ristrutturazioni i tempi di chiusura si allunghino perché spesso possono essere aggiunti altri ritocchi da fare al momento», (Corriere del Mezzogiorno, 15 ottobre 2012) –:
   di quali notizie disponga il Ministro, quando potrà riaprire l'orto dei fuggiaschi in tutto il suo splendore e completamente nonché quali lavori siano stati effettuati e da chi siano stati curati. (4-18197)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto parlamentare di cui all'oggetto, con il quale l'interrogante chiede di quali notizie disponga questo Ministero in ordine alla chiusura del sito conosciuto come l'orto dei fuggiaschi, nel comune di Pompei, per comunicare quanto segue.
  L'orto dei fuggiaschi è l'area di un antico vigneto degli scavi di Pompei in cui, nel 1961, vennero ritrovate 13 vittime dell'eruzione, di cui furono eseguiti i calchi in gesso secondo le tecniche messe a punto già nell'ottocento dall'archeologo Giuseppe Fiorelli. I 13 calchi furono sistemati, all'epoca dello scavo, in un angolo del grande recinto che delimitava il vigneto, in modo da conservare in sito questa importante testimonianza archeologica. Tuttavia, nonostante essa fosse una delle maggiori attrattive, all'epoca venne predisposta soltanto una rudimentale copertura e una semplice recinzione metallica dell'area, poco consone a proteggere i calchi in gesso, estremamente delicati per loro stessa natura.
  In epoca più recente è stata predisposta una nuova teca protettiva che, con i nuovi lavori di restauro ora conclusi, è stata ulteriormente modificata e migliorata.
  In particolare, i lavori da poco terminati hanno interessato la copertura della teca, la creazione di un sistema di schermaggio della luce, al fine di proteggere i calchi e migliorare la loro visione da parte del pubblico, la sostituzione dei vetri con un nuovo sistema di ancoraggio dei medesimi, la predisposizione di una chiusura più adeguata della teca e la più corretta sistemazione del piano su cui sono poggiati i calchi. Quest'ultimo è stato, infatti, realizzato con uno strato di lapillo ed uno strato superiore di cenere e, pertanto, risulta ora più corrispondente, dal punto di vista scientifico, alla stratigrafia archeologica del sito.
  Per eseguire i suddetti lavori è stato necessario, al fine di garantire la massima sicurezza dei reperti, spostare i calchi in luogo idoneo. Le maggiori difficoltà sono derivate dalla circostanza che i reperti erano stati poggiati su barelle di legno divenute nel tempo fatiscenti, ora sostituite con più idonei sostegni mascherati nell'esposizione dagli strati del piano di posa. Inoltre, è stato necessario procedere ad alcuni interventi di restauro sui medesimi calchi, tuttavia limitati al minimo indispensabile, al fine di garantire la conservazione di queste importanti ed irripetibili testimonianze, senza alterarne la forma.
  Tutti questi elementi hanno determinato il prolungamento delle operazioni di restauro che si sono recentemente concluse e che hanno consentito, il 7 novembre ultimo scorso, la riapertura dell'area al pubblico. I lavori sono stati eseguiti con i fondi della soprintendenza, progettati e diretti dal personale dell'ufficio tecnico di questa amministrazione.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   BARBATO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Filomena Rorro, giornalista della trasmissione Rai «I fatti vostri» e consulente della famiglia di Angela Celentano, la bambina rapita misteriosamente sul Monte Faito 16 anni fa, è stata trattenuta per undici ore nel comando della polizia messicana di Cancun;
   il luogo dove si presume possa oggi vivere Angela Celentano oramai adulta;
   il legale della famiglia Luigi Ferrandino ha commentato: «Segno che siamo vicini alla verità»;
   Rorro era a Cancun proprio per condurre un'inchiesta, nel duplice ruolo di giornalista e consulente, sulle segnalazioni arrivate dalla città messicana da una ragazza che dice di essere Angela Celentano;
   «Stava intervistando persone e facendo sopralluoghi in alcune località da noi individuate — racconta il legale — quando è stata circondata da circa sette macchine della polizia locale. Agenti con i mitra in mostra hanno condotto Filomena e il suo operatore nella sede del comando della polizia. Volevano sapere cosa stavano facendo a Cancun e perché. Poi, grazie all'intervento della Farnesina la situazione si è sbloccata»;
   la notizia è stata diffusa dalla testata metropolisweb.it in data 19 dicembre 2012;
   «La sensazione — è il commento di Luigi Ferrandino — è che evidentemente siamo andati vicino alla risoluzione della questione e, quindi, è stata una strategia per allontanare persone che potevano individuare dati ed elementi importanti»;
   nei giorni scorsi, Metropolis Quotidiano, aveva lanciato la pista spagnola, poi ripresa da altri quotidiani –:
   se il Ministro sia informato dei fatti esposti in premessa e di quali notizie disponga o intenda acquisire, in particolare se intenda richiedere spiegazioni all'ambasciata italiana in Messico proteggendo i giornalisti che come Rorro cercano la verità su questo rapimento che tanta indignazione provocò nel napoletano. (4-19330)

  Risposta. — Nella mattinata del 17 dicembre 2012 un ufficiale dei carabinieri, recatosi in Messico su mandato della procura della Repubblica di Torre Annunziata per effettuare una serie di indagini relative al caso di Angela Celentano, ha segnalato all'ambasciata italiana in Messico il fermo di un gruppo di dipendenti della RAI (tra cui la reporter Filomena Rorro) a Cancun.
  I funzionari della rappresentanza non appena hanno appreso la notizia si sono immediatamente messi in contatto con la signora Rorro per comprendere meglio quale fosse la situazione e per assicurarle ogni necessaria assistenza. L'ambasciata ha mantenuto, inoltre, contatti costanti con i responsabili RAI in Italia, fornendo loro continui aggiornamenti, e ha dato incarico al console onorario a Playa del Carmen di attivarsi presso le autorità locali.
  Nel primo pomeriggio della stessa giornata è stato possibile appurare che il gruppo di connazionali era stato prelevato dalla polizia municipale di Cancun in seguito ad alcune denunce presentate da cittadini messicani, residenti nei quartieri in cui si trovavano i giornalisti per effettuare riprese ed interviste, infastiditi dalla loro presenza. Compreso il malinteso, l'ambasciata, direttamente e tramite il console onorario, si è rivolta immediatamente alla procura di Cancun, dove nel frattempo i connazionali erano stati trasferiti, affinché il giudice incaricato del caso potesse accogliere le dichiarazioni dei tre italiani ed avere un quadro più completo sulla cui base decidere.
  Chiarita la posizione dei connazionali grazie all'intervento della nostra rappresentanza, le autorità locali, in particolare l'ufficio migrazione, hanno verificato il loro
status e al termine del controllo, alle 23 circa, li hanno liberati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   BARETTA e RUBINATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con deliberazione n. 61 del 19 maggio 2010 la giunta comunale di Vedelago ha approvato la proposta di accordo di programma per la riqualificazione territoriale dell'area pedemontana tra Castelfranco e Montebelluna dando mandato al sindaco di avviare la procedura ai sensi dell'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001;
   gli obiettivi dell'accordo consistono nel completamento della viabilità extraurbana sulla direttrice Feltre/Padova, secondo le previsioni provinciali; l'individuazione e realizzazione di una viabilità ordinaria per il traffico pesante generato dalle attività di cava previste dal PRAC, con la realizzazione di un tracciato stradale locale extraurbano che colleghi la strada provinciale 19 e la strada provinciale 102 a est di Barcon e di un nuovo casello di accesso alla futura superstrada a pedaggio «Pedemontana Veneta»;
   il 24 maggio 2010 il comune di Vedelago ha inviato alla regione Veneto tale proposta di accordo e il 26 gennaio 2011 presso la direzione urbanistica e paesaggio della regione del Veneto, si è tenuta una riunione preliminare per lo screening del progetto al fine di verificare l'attinenza a questioni territoriali e pianificatorie di competenza della direzione urbanistica stessa, secondo i contenuti della DGR n. 2943 del 14 dicembre 2010;
   al finanziamento delle opere compartecipano anche soggetti privati individuati nella ditta Colomberotto spa e nella ditta Rotocart spa, poiché si prevede la realizzazione nella frazione di Barcon del comune di Vedelago, nei pressi dell'attraversamento del territorio da parte della superstrada pedemontana Veneta, di un nuovo polo industriale;
   l'insediamento proposto insiste su un'area attualmente a destinazione agricola, nel complesso l'intervento si estende su una superficie territoriale di oltre 88 ettari e prevede una suddivisione dell'area in 3 ambiti: sopra la superstrada pedemontana Veneta, a nord, si situerebbe la zona commerciale, sotto, a sud, vi sarebbero (i) due ambiti produttivi;
   per quanto riguarda la parte produttiva, il progetto prevede la realizzazione di una cartiera ed un macello mentre la parte commerciale dovrebbe essere destinata ad un «farmer market a km 0», un centro commerciale a scala regionale con tutti i prodotti di eccellenza alimentari e non solo che contraddistinguono la produzione agricola veneta;
   nello specifico, l'impianto agro-industriale, la cui superficie d'ambito totale è di circa 38 ettari, costituito da un impianto di macellazione (attività inquinante di 1o categoria) e di lavorazione/confezionamento della carne della capacità di circa 200.000 capi l'anno e che integra le attività di allevamento già presenti nella zona; un impianto di miscelazione di prodotti caseari per l'alimentazione dei vitelli a carne bianca; un digestore che utilizzerà gli scarti della macellazione per la produzione di energia elettrica;
   a fianco di tale impianto, nella porzione est dell'area, si prevede la costruzione di un impianto di produzione di carta, in prevalenza per uso domestico, che dovendosi sviluppare in altezza, verrebbe in parte collocato sotto il piano di campagna, «sbancando» l'area interessata fino alla quota di -12 metri, per uno scavo globale previsto di circa 2 milioni di metri cubi di ghiaia; la superficie totale d'ambito prevista è di circa 37 ettari;
   unitamente all'insediamento industriale è prevista la realizzazione di altre opere viarie, in particolare, un nuovo casello collocato tra il casello di Altivole e quello di Volpago, distanti rispettivamente 4,5 chilometri e 6,5 chilometri, e dunque entrambi molto vicini e una nuova infrastruttura viaria, a corredo dell'impianto industriale descritto, denominata «Variante alla strada provinciale 19», lunga circa 5 chilometri, che si svilupperà a est del centro urbano di Barcon (anziché a ovest come precedentemente previsto dal PTCP di Treviso e del PAT di Vedelago);
   per il perfezionamento dell'accordo, presentato in regione, provincia, e comune, gli enti che hanno titolo ad approvare la procedura, manca l'elemento fondamentale, ossia la dichiarazione di interesse regionale espressa dalla giunta regionale, senza la quale non può avere inizio la procedura prevista dall'articolo 32 della legge della regione Veneto n. 35 del 2001;
   va segnalato che, il proponente, a titolo di perequazione a fronte del cambio di destinazione d'uso dei citati 88 ettari, si impegnerebbe a riconoscere agli enti locali la somma di 15 milioni di euro quale contributo per la realizzazione delle opere viarie succitate, condizione in assenza della quale il proponente stesso non procederebbe con gli interventi previsti;
   la giunta comunale di Vedelago del sindaco Paolo Quaggiotto, con deliberazione del 4 gennaio del 2012 ha fornito una linea di indirizzo che indica lo stralcio di ogni previsione di area a destinazione commerciale;
   a Barcon, la frazione di 1.500 abitanti contigua al prospettato intervento, si è costituito un comitato civico che sta sensibilizzando i cittadini sul tema ed in seguito ha preso decisamente posizione contro il possibile accordo, con numerose iniziative volte ad interessare una popolazione più vasta;
   in accordo col comitato si sono espresse associazioni quali WWF, Italia Nostra, FAI, oltre a tutte le associazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL), tutte le associazioni economiche di categoria, il mondo del commercio e la fondazione Villa Emo, proprietaria dell'omonima villa (Patrimonio UNESCO), posta in prossimità dell'area oggetto di intervento;
   da uno studio commissionato dalla fondazione Villa Emo è emerso, inoltre, che i parametri perequativi previsti dall'accordo sono comparativamente bassi, che è troppo elevata la richiesta di superficie coperta rispetto ai volumi di attività previsti così come il consumo di suolo rispetto alla previsione di addetti e che è del tutto assente ogni tipo di valutazione dei saldi occupazionali al netto degli effetti sul mercato locale e di rilocalizzazione/razionalizzazione di strutture preesistenti;
   nel territorio provinciale sono presenti numerose aree industriali, alcune delle quali dismesse, che potrebbero essere utilizzate per la localizzazione degli impianti previsti dall'accordo –:
   se il Governo intenda verificare, per quanto di competenza, se sussistano profili problematici in merito:
    a) alla tutela delle sorgenti del Sile, che potrebbero essere compromesse dal cospicuo emungimento di cui necessiterebbe l'attività della cartiera;
    b) all'interferenza con la presenza di elementi architettonici, quali centuriazione romana, strada Postumia, e soprattutto le ville venete, la cui tutela non può prescindere dalla preservazione del territorio che ne costituiva l'elemento inscindibile, in un'ottica di futuro sviluppo di pianificazione strategica turistico-culturale-eno-gastronomica. (4-16502)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, con il quale l'interrogante chiede di verificare se il progetto di realizzazione di un macello e di una cartiera, contenuto nella proposta di accordo di programma per la riqualificazione territoriale dell'area pedemontana tra Castelfranco e Montebelluna approvata dalla giunta comunale di Vedelago, presenti profili problematici relativamente alla tutela delle sorgenti del Sile e alla possibile interferenza con la presenza in loco di elementi archeologici quali la strada Postumia, si precisa quanto segue.
  Tanto la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, quanto quella per i beni archeologici del Veneto riferiscono di non essere state, ad oggi, interessate dal progetto di area agro-industriale da realizzarsi nel comune di Vedelago, in località Barcon.
  La direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto rileva che, da un'analisi della carta dei vincoli del piano di assetto territoriale (PAT) del comune di Vedelago, non risultano, nella località oggetto di intervento, aree tutelate ai sensi dell'articolo 134 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
  Per la località in oggetto è, invece, pervenuta, in data 21 luglio 2011, alla soprintendenza per i beni archeologici del Veneto, una richiesta di verifica di sussistenza di procedimenti di tutela a norma del decreto ministeriale 10 settembre 2010, recante «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», da parte della ditta Marcopolo Engineering spa, riferita a un impianto di valorizzazione energetica e agroeconomica di biomasse di origine agricola e zootecnica.
  La sopracitata soprintendenza, con nota del 27 luglio 2011, comunicava che nell'area oggetto di intervento non sussistevano procedimenti di tutela
in itinere, né procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici.
  Tuttavia, si rendeva noto che l'area era a rischio archeologico, per la prossimità con siti che avevano restituito testimonianze antiche. Una ricerca storico-archivistica e bibliografica sull'area in argomento, redatta dalla dottoressa Annalisa Ascione, acquisita agli atti in data 23 luglio 2012, ha evidenziato, difatti, che la zona di Fanzolo era inserita nell'agro centuriato di Acelum ed era prossima alla Via Postumia.
  In merito alla richiesta di verificare l'eventuale interferenza del progetto
de quo con l'agro centuriato romano e la via Postumia, si comunica che, pur in assenza di precisa localizzazione di tali opere, stante il rischio archeologico dell'area di Barcon, la soprintendenza menzionata ritiene, comunque, opportuna l'assistenza archeologica durante le operazioni di scavo, ferma restando l'applicazione degli articoli 95 e 96 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ove ne ricorrano i presupposti.
Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   BELLANOVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha concesso, ai sensi della legge n. 221 del 1992, un contributo di 13.218.197,38 euro per la realizzazione di un sistema ecocompatibile ad alimentazione elettrica (filovia) nel comune di Lecce;
   l'opera in questione dell'importo complessivo di 22.029.985,00 euro è stata cofinanziata dalla regione Puglia per 3.060.900,00 euro e dal comune di Lecce per euro 5.750.887,12 euro;
   in data 16 dicembre 2005 si è proceduto alla formale consegna dei lavori all'impresa (ATI Sirti, IMET S.p.a, Van Hool N.V. e Vossloh Kiepe GmbH), nell'intesa che dal giorno stesso sarebbe decorso il termine utile di 540 giorni naturali consecutivi per dare i lavori completamente ultimati, fissando per il giorno 9 giugno 2007 la data di fine lavori;
   in seguito a ripetute proroghe, ben 630 giorni, i tempi dei lavori si sono notevolmente allungati sicché l'ultimazione degli stessi è poi avvenuta il 12 marzo 2009;
   a distanza di altri 14 mesi il servizio di filovia non è stato ancora attivato né tanto meno è stata indicata una data certa del suo avvio;
   la legge n. 211 del 1992 prevede all'articolo 6, la costituzione di una commissione di vigilanza sull'attuazione degli interventi finanziati dalla stessa legge e sull'esecuzione dei relativi lavori;
   se il Ministro interrogato non intenda verificare se la sopra citata commissione abbia esercitato l'alta sorveglianza sull'esecuzione dei lavori per la realizzazione del sistema filoviario della città di Lecce, quali siano gli intendimenti in ordine ai ritardi e quali iniziative intenda adottare per evitare che l'infrastruttura realizzata, che, ad avviso dell'interrogante, ha deturpato l'aspetto estetico e visivo della città, non resti una colossale incompiuta e un monumento allo spreco del denaro pubblico. (4-07452)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il sistema di trasporto ecocompatibile ad alimentazione elettrica al servizio del centro storico di Lecce è impostato sulla realizzazione di tre linee filoviarie con tratti in marcia autonoma. I lavori sono terminati nel marzo del 2009 e da allora, come evidenziato dagli interroganti, si sono accumulati notevoli ritardi, ingenerati da problematiche di diversa natura, sull'apertura al pubblico esercizio.
  In merito, si informa, che il competente ufficio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ricevute le designazioni dei vari enti interessati, in data 8 settembre 2011 ha provveduto ad istituire la commissione di agibilità per l'apertura al pubblico esercizio del «Sistema di trasporto ecocompatibile ad alimentazione elettrica della Città di Lecce», allo scopo di coordinare le verifiche e prove funzionali, ex articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, volte ad accertare la sussistenza delle condizioni di sicurezza.
  Detta commissione si è insediata in data 2 dicembre 2011 ed ha terminato le sue attività il 2 gennaio 2012.
  In data 3 gennaio 2012, l'ufficio speciale trasporti a impianti fissi di Bari ha concesso il nulla osta tecnico all'apertura al pubblico esercizio di tale sistema limitatamente alla linea 3 (stazione centrale – Porta Napoli); il sistema è entrato in servizio nei giorni successivi.
  Inoltre, con il medesimo provvedimento, l'Ustif ha richiesto al comune di Lecce, tra l'altro, di elaborare un documento di programmazione certa sull'apertura dell'impianto nel suo complesso comprensivo delle linee 1 e 2, essendo ormai ampiamente superato il termine ultimo (31 luglio 2011) fissato dalla commissione di alta vigilanza (Cav) per l'apertura all'esercizio.
  In data 2 febbraio 2012, il competente ufficio del ministero, nel condividere i contenuti delle richieste espresse dall'Ustif di Bari, ha ribadito l'urgenza di acquisire informazioni certe per il prosieguo delle attività connesse all'apertura delle linee 1 e 2.
  Si informa, altresì, che sulla Gazzetta ufficiale n. 59 del 1o marzo 2012 è stata pubblicata la delibera n. 90/2011 con la quale il Cipe ha raccomandato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di «adottare ogni iniziativa per la messa in esercizio del sistema filoviario di Lecce; di informare, essendo ormai decorso il termine indicato dalla C.A.V., nella seduta del 9 marzo 2011, per l'apertura al pubblico del servizio di trasporto, la Procura della Corte dei Conti anche ai fini dell'accertamento di eventuali responsabilità erariali; di valutare la sussistenza dei presupposti per un'eventuale revoca parziale del contributo assentito».
  Di seguito, non essendo pervenute risposte esaustive dal comune di Lecce in merito alla tempistica di attivazione delle linee 1 e 2, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto, in conformità a quanto previsto dalla suddetta delibera Cipe, ad informare la procura della corte dei Conti sull'andamento delle attività ed ha altresì sottoposto, in data 30 maggio 2012, alle valutazioni della Cav le problematiche inerenti l'attivazione dell'impianto nella sua complessità.
  In particolare, la Cav ha ritenuto di sottoporre all'attenzione del Cipe la proposta di revoca della quota parte di contributo afferente le opere e le forniture non ancora immesse in esercizio.
  Il ministero ha costantemente informato il comune di Lecce del processo in corso sollecitandolo ripetutamente a porre in atto tutte le attività necessarie all'apertura all'esercizio delle due linee non ancora attive.
  Nel settembre 2012, successivamente alla trasmissione da parte del comune di Lecce di proposte atte alla risoluzione delle problematiche ostative all'attuazione delle opere, è stata valutata da parte dei competenti uffici del ministero l'ipotesi di stralciare temporaneamente dalle determinazioni del Cipe la proposta di revoca del finanziamento per la filovia di Lecce.
  Tale proposta è stata formalizzata in data 14 settembre 2012.
  Successivamente, la commissione di agibilità ha ripreso le proprie attività, propedeutiche al rilascio da parte dell'Ustif del nulla osta all'apertura all'esercizio della linea 1 della filovia.
  In data 29 ottobre 2012, l'Ustif di Bari ha autorizzato l'espletamento del pre-esercizio sulla linea 1 per un periodo non inferiore a trenta giorni.
  Sulla base delle informazioni assunte presso detto Ustif, si comunica che la fase di pre-esercizio risulta ultimata senza particolari criticità. Inoltre, è stato completato il programma formativo di n. 14 agenti della Sgm (Società gestione multipla Spa) per il conseguimento dell'idoneità alla condotta dei filoveicoli, al fine di garantire un numero di autisti congruo per le due linee.
  Considerato quanto esposto, l'immissione in servizio della linea 1 avverrà presumibilmente entro fine anno.
  Per quanto attiene, infine, alla linea 2 (l'ultima delle tre previste da aprire al pubblico servizio) si prevede, in un tempo di circa 90 giorni, di esperire i necessari controlli, attivare il programma di formazione per gli ulteriori autisti filoviari ed espletare almeno trenta giorni di pre-esercizio.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   BENAMATI e MOTTA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il Teatro Regio di Parma è uno dei più famosi teatri di tradizione italiani;
   il Teatro Regio svolge un ruolo primario nella vita culturale, sociale ed anche economica della città di Parma;
   la fondazione Teatro Regio riceve finanziamenti dagli enti locali e dal Ministero per la sua attività;
   il sindaco, oggi dimissionario, dottor Pietro Vignali è presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Teatro Regio;
   nel personale che opera nel teatro si annovera da lungo tempo un numero rilevante di precari, circa 16;
   la volontà di stabilizzazione questi precari e l'avvio delle relative procedure sono stati resi noti da maggio 2011;
   il comune di Parma sta vivendo una fase di crisi con le dimissioni del sindaco ed il probabile commissariamento;
   da notizie di stampa molto recenti sembra che il percorso di stabilizzazione di questi precari si sia interrotto con conseguenti proteste del personale precario e dei sindacati;
   le problematiche rappresentate in premessa, secondo fonti di stampa, discenderebbero anche da una insufficiente attribuzione dei fondi alla Fondazione Teatro Regio di Parma –:
   se quanto sopra esposto corrisponda al vero e, in caso positivo, quali iniziative di competenza il Ministro intenda promuovere al fine di garantire la tutela dei lavoratori di cui in premessa, anche mediante un'integrazione delle risorse assegnate.   (4-13570)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, concernente i fondi statali concessi a favore della fondazione teatro Regio di Parma nonché la situazione del personale precario della stessa fondazione, si osserva quanto segue.
  Questo Ministero, in particolare attraverso la direzione generale per lo spettacolo dal vivo, non ha competenze in materia di vigilanza sulla gestione della fondazione in questione, atteso che la stessa risulta essere un teatro di tradizione e non una fondazione lirico-sinfonica.
  I finanziamenti statali, gravanti sul fondo unico dello spettacolo, sono contributi finalizzati al sostegno dell'attività che i singoli organismi intendono svolgere annualmente e non ai costi fissi di gestione, che costituiscono solo una base di riferimento per la commisurazione del contributo statale.
  La direzione generale per lo spettacolo dal vivo di questo Ministero sovvenziona correntemente la Fondazione in oggetto, per l'attività che la stessa realizza nel settore dei Teatri di Tradizione, che annovera attualmente un numero di ventotto Teatri.
  Per l'anno corrente è stato assegnato alla fondazione teatro Regio di Parma un contributo pari a euro 1.350.000,00.
  Rispetto alla situazione dei lavoratori precari della fondazione in questione, i limitati poteri di questo Ministero, in assenza di una funzione di vigilanza, circoscritti pertanto alla mera verifica della destinazione dei fondi statali attribuiti alla effettiva realizzazione delle attività culturali programmate, non consentono di poter in alcun modo incidere sulle scelte operative e sulle politiche di gestione del personale, riservate all'autonomia della fondazione medesima.
Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   BINETTI e NUNZIO FRANCESCO TESTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è di dominio pubblico il disagio creato dall'assurdo aumento del prezzo di un farmaco salvavita, il cui costo è passato da 2 euro a ben 24 euro. A detto aumento ha fatto seguito la denuncia da parte di un paziente in una lettera inviata al Corriere della Sera, e che ha trovato sollecita risposta in un comunicato di Guido Rasi, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa);
   il medicinale in questione, è a base di benzilpenicillina da somministrarsi per iniezione, che fino a poco tempo fa era molto economico e veniva rimborsato dal Servizio sanitario nazionale, ma da maggio 2011, è disponibile solo in modalità siringa pre-riempita, e il suo prezzo è diventato 24 euro, totalmente a carico del paziente;
   la casa farmaceutica Biopharma ha fissato un prezzo che appare proibitivo per il Servizio sanitario nazionale, per cui, pur non essendoci un farmaco alternativo, il malato deve provvedere in proprio;
   uno dei casi segnalati e pervenuti riguarda, nello specifico un bambino di 4 anni che ha contratto, per recidiva da scarlattina, la malattia reumatica diagnosticata dal reparto di reumatologia dell'ospedale Bambin Gesù di Roma che ha anche prescritto, come profilassi preventiva e secondo lo standard accettato ed accertato, una dose di Diaminocillina 1.200.000 ogni 21 giorni;
   diverse farmacie interpellate hanno confermato che sono reperibili esclusivamente le confezioni per uso ospedaliero non vendibili al pubblico, per il quale sono invece previste delle confezioni con farmaco in modalità siringa pre-riempita, con i problemi già evidenziati –:
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere per risolvere definitivamente la questione di questo farmaco salvavita il cui costo aggrava ulteriormente le difficoltà delle famiglie italiane già colpite dalla crisi economica. (4-16796)

  Risposta. — Per quanto riguarda la problematica segnalata nell'interrogazione parlamentare in esame, l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha precisato che, tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, si era effettivamente determinata, su tutto il territorio nazionale, una situazione di difficoltà nel reperimento della Benzilpenicillina benzatinica, farmaco raccomandato dalle linee guida nazionali ed internazionali come trattamento per la gestione di alcune patologie quali la sifilide, le infezioni delle prime vie respiratorie sostenute da streptococchi del gruppo A, la profilassi della febbre reumatica e delle sue recidive.
  Dal 2008, anno in cui è cessata la produzione della diaminocillina, in Italia gli unici medicinali contenenti benzilpenicillina benzatinica sono commercializzati dalla ditta Biopharma. Inizialmente la benzilpenicillina benzatinica è stata commercializzata nella formulazione classica di polvere e solvente per sospensione iniettabile ad uso intramuscolare. Il flaconcino singolo era stato classificato, ai fini della rimborsabilità, in classe A/RR (ricetta ripetibile), mentre la confezione da 50 flaconcini era stata classificata in classe H/OSP.
  All'inizio del 2010, la ditta Biopharma ha dichiarato l'impossibilità di continuare la produzione delle confezioni in polvere e solvente per sospensione iniettabile ad uso intramuscolare, poiché l'azienda farmaceutica Sandoz GmbH – Austria, unico fornitore di benzilpenicillina benzatinica polvere sterile in miscela con « tween » e lecitina, ne ha dismesso la produzione.
  Al fine di ovviare ad una possibile carenza di mercato, la ditta Biopharma ha presentato all'Aifa una domanda di «line extension» per nuova forma farmaceutica, la «sospensione pronta all'uso» in siringhe preriempite che, in virtù della riconosciuta urgenza del trattamento, è stata autorizzata dall'Aifa con iter velocizzato e con un cosiddetto «commitment post-approval» (per l'assenza di uno studio di bioequivalenza in vivo).
  L'autorizzazione all'immissione in commercio per le nuove confezioni in siringa preriempita è stata rilasciata con determinazione del 23 maggio 2011, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 22 giugno 2011.
  In sede di negoziazione del prezzo per il farmaco in forma di sospensione pronta all'uso in siringhe preriempite, la ditta Biopharma ha proposto un prezzo al pubblico di euro 24, motivandolo con l'elevato investimento necessario alla nuova modalità produttiva, ma probabilmente anche in ragione della consapevolezza dell'esclusività della produzione. In assenza di una proposta di prezzo congrua, non essendo stato raggiunto un accordo in merito alla rimborsabilità, la formulazione di benzilpenicillina benzatinica in siringa preriempita è stata collocata in classe di rimborsabilità C/RR, in applicazione della normativa vigente.
  Considerando l'aumento del prezzo sul mercato a totale carico del cittadino, in data 20 febbraio 2012, l'Aifa ha riconvocato l'azienda produttrice per una nuova contrattazione del prezzo della formulazione in siringhe preriempite dinanzi al Comitato Prezzi e Rimborso.
  In tale occasione, si è giunti all'accordo negoziale, e, conseguentemente, il farmaco è stato riclassificato in classe A/RR/PHT (prontuario della distribuzione diretta continuità assistenziale ospedale-territorio), con un prezzo «ex-factory» pari ad euro 9,60, con mandato alla commissione tecnico-scientifica (CTS) per la definizione di una specifica nota prescrittiva per il rimborso a carico del servizio sanitario nazionale (S.S.N.) nelle indicazioni appropriate.
  L'Aifa ha poi provveduto a predisporre una nuova nota prescrittiva (nota Aifa 92), in cui si specifica che il costo è rimborsabile a carico del S.S.N. per il trattamento della sifilide, oltre che per la profilassi della malattia reumatica e delle sue recidive. Attualmente, dunque, a tale nuova formulazione del farmaco in sospensione iniettabile con siringa preriempita è riconosciuta, previa emanazione del provvedimento finale di autorizzazione all'immissione in commercio, la rimborsabilità a totale carico del S.S.N., nel rispetto della relativa nota Aifa 92.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la città di Padova è stata colpita negli ultimi giorni da una vera e propria escalation di fatti criminosi, che hanno provocato morti e feriti ed hanno messo a più riprese a repentaglio la pubblica incolumità dei cittadini, nonostante l'encomiabile lavoro eseguito dalle forze dell'ordine;
   l'ultimo episodio di violenza, accaduto la scorsa notte nella zona industriale dello città, ho visto coinvolti in una maxi rissa cinquanta nigeriani che, in preda ai fumi dell'alcol, si sono fronteggiati con violenza e brutalità. Il bilancio della serata conta due militari feriti, un giovane arrestato per rissa e violenza, il titolare di un pubblico esercizio denunciato per gli stessi reati, e l'intervento di quattro pattuglie dei carabinieri, quattro volanti della Questura ed un equipaggio della polizia locale;
   si tratta dell'ennesimo episodio di violenza verificatosi nella città del Santo, od uno manciata di giorni dall'aggressione ad un giovane tunisino sfociata in omicidio nel quartiere Arcella ad opere di due bande rivali, e dalla rissa tra cittadini dello Sri Lanka in via Volturno, dove sono rimaste ferite oltre due persone. Appena una decina di giorni fa un altro brutale omicidio stradale, con un pensionato padovano ucciso da un pirata della strada che stavo fuggendo a bordo di un'auto rubata, ho visto protagonista un cittadino straniero di nazionalità rumena;
   nonostante i ripetuti appelli all'Amministrazione comunale formulati più volte dai cittadini padovani, esasperati dal ripetersi di episodi di violenza che minano nel profondo il senso di sicurezza per sé stessi e per le proprie famiglie, si continua a registrare un impressionante immobilismo da parte del sindaco Zanonato alla guida della città;
   la maggior parte dei reati contro la persona (aggressioni, ferimenti, omicidi e altro) vengono commessi da cittadini clandestini o stranieri, che trovano facile riparo presso amici o connazionali che vivono a Padova, anche grazie allo scarsità di controlli ed allo politica, secondo l'interrogante, buonista e lassista che tutto concede e tutto perdona, in nome di una presunta – e mai realizzata – integrazione tra i popoli;
   in certi quartieri di Padova, come ad esempio in zona Arcella, la presenza di stranieri regolari e non si attesta intorno al 25 per cento –:
   se non ritenga opportuno provvedere al potenziamento e rafforzamento delle forze dell'ordine presenti a Padova per presidiare con maggiore efficacia le zone maggiormente a rischio, allo scopo di garantire una maggiore sicurezza ai cittadini padovani che vivono quotidianamente in uno stato di tensione e di paura divenuto ormai intollerabile;
   se non intenda porre maggiore attenzione e controllo al dilagante fenomeno dell'immigrazione clandestina peggiorata secondo l'interrogante con l'avvento di questo Governo. (4-15666)

  Risposta. — Nella notte del 2 aprile 2012, personale del Comando provinciale dei carabinieri di Padova è intervenuto in piazza Azzurri d'Italia rinvenendo il corpo esanime del cittadino tunisino Labidi Saber, ferito a morte da alcuni colpi di arma da fuoco, e constatando altresì il ferimento del connazionale Ouerghmi Abdelkader.
  Dalle indagini esperite è apparso chiaro che il movente del delitto era riferibile ad un alterco, favorito dall'eccessivo uso di alcol, verificatosi nella medesima piazza, tra i citati cittadini tunisini e altri individui di nazionalità est europea.
  L'autore del delitto è stato individuato ed arrestato, mentre, per i medesimi fatti, sono attivamente ricercati in ambito Schengen due cittadini moldavi.
  Per quanto riguarda l'episodio della rissa avvenuta nei pressi del locale denominato «Black & White», il tempestivo intervento delle pattuglie presenti sul territorio ha consentito di normalizzare subito la situazione e di trarre in arresto un cittadino nigeriano.
  Anche il cittadino romeno che il 28 marzo 2012 ha investito un anziano con un'autovettura rubata, provocandone la morte e dandosi poi alla fuga, è stato identificato e arrestato unitamente ad un connazionale, ritenuto responsabile di favoreggiamento aggravato.
  Per quanto concerne il disagio sociale lamentato dai residenti dell'Arcella, quartiere ad alta densità di cittadini extracomunitari, si rappresenta che nell'ambito dell'attività di prevenzione e repressione dei reati della cosiddetta «microcriminalità diffusa» e dello spaccio di droga al dettaglio, vengono periodicamente effettuate azioni di controllo delle forze di polizia, anche a seguito delle decisioni maturate in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Tali operazioni hanno determinato ripetuti arresti e l'individuazione di soggetti non in regola con le norme sull'immigrazione.
  In ragione dell'allarme suscitato dagli episodi di criminalità nella cittadinanza, sono stati attuati interventi mirati delle forze di polizia nelle aree cittadine considerate maggiormente «a rischio», che hanno consentito di arginare in maniera consistente i fenomeni di criminalità diffusa, facendo registrare una diminuzione dei reati.
  Il dato è confermato dagli indici di delittuosità registrati nella provincia di Padova che, sulla base di dati aggiornati al 31 agosto, indicano nell'anno in corso una diminuzione pari al 4,5 per cento nel totale dei delitti commessi rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
  In particolare flessione, rispetto allo scorso anno risultano proprio gli omicidi (2 rispetto ai 6) e i tentati omicidi (3 casi rispetto agli 8), le rapine in banca (-42,3 per cento), i furti con strappo (-32,4 per cento), i furti in abitazione (-13,6 per cento) e i furti di autovetture (-12,6 per cento).
  Ciò nondimeno l'azione di contrasto ha fatto segnare un incremento del 3,5 per cento dei delitti per i quali è stato scoperto il responsabile e del 4,3 per cento delle persone denunciate o arrestate.
  Il dispositivo impiegato nel territorio è costituito da 2.285 unità operative delle tre forze di polizia (1.044 della polizia di Stato, 894 dell'Arma dei carabinieri e 347 della Guardia di finanza) a fronte di una previsione organica di 2.402 unità, con una carenza che, pertanto, risulta più contenuta rispetto alle altre realtà del territorio nazionale.
  Si assicura che la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nella città di Padova continuerà ad essere seguita con la dovuta e scrupolosa attenzione, da parte delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, che adottano specifiche misure di controllo del territorio, periodicamente adeguate in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa locale (Mattino di Padova del 1o agosto 2012) riportano la notizia secondo la quale un nigeriano di 39 anni residente a Montebelluna avrebbe adescato con una scusa una connazionale di 15 anni che si trovava nei pressi della stazione di Padova per poi portare la stessa presso il suo appartamento con l'intenzione di abusare sessualmente della giovane;
   l'uomo, successivamente arrestato dalle forze di polizia, è residente a Montebelluna, e, così come riportato dagli organi di stampa locali, avrebbe precedenti denunce a suo carico e sarebbe al momento nullafacente;
   l'episodio dimostra ancora una volta come la stazione di Padova sia ancora un luogo estremamente pericoloso, dove la presenza di extra comunitari di varia etnia continua a rappresentare un problema per la pubblica sicurezza determinando altresì estrema preoccupazione per i residenti delle aree limitrofe –:
   se, considerati i fatti sopra descritti, non ritenga di assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze allo scopo di porre fine all'attuale allarmante situazione. (4-17265)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in oggetto, il comando provinciale dei carabinieri ha riferito che il 31 luglio scorso è stato tratto in arresto Augustine Dako – cittadino nigeriano residente a Padova, ma di fatto domiciliato in Montebelluna – responsabile di violenza sessuale con lesioni e false attestazioni a pubblico ufficiale sull'identità personale. Il fatto di reato è maturato ed è stato consumato in provincia di Treviso.
  Riguardo la sicurezza dell'area della stazione ferroviaria di Padova, alla quale fa riferimento l'interrogante, si segnala che, a seguito delle decisioni maturate in sede di riunione del comitato dell'ordine e sicurezza pubblica, nell'ambito dell'attività di prevenzione e repressione dei reati commessi dalla cosiddetta «criminalità diffusa» tra cui in particolare lo spaccio di droga al dettaglio – vengono periodicamente effettuati interventi mirati dalle forze di polizia con ripetuti arresti dei soggetti che violano le norme sull'immigrazione e la conseguente adozione della misura dell'accompagnamento coattivo ai Cie, ovvero dei provvedimenti amministrativi previsti.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa locale (Gazzettino di Padova e Mattino di Padova) riportano la notizia secondo la quale nei giorni scorsi, nel popolare quartiere di Padova, un giovane cameriere sarebbe stato aggredito alle prime luci dell'alba da alcuni malintenzionati di origine nord-africana ai quali aveva precedentemente fornito informazioni stradali;
   il giovane cameriere, che si stava dirigendo al lavoro, ha subito il furto del proprio borsello, contenente documenti personali e denaro, evidenziando anche delle escoriazioni varie sul corpo a causa dell'aggressione subita;
   l'aggressione ai danni del giovane rappresenta solo l'ultimo di una lunga serie di episodi di violenza e che vedono coinvolti per lo più stranieri, quasi sempre di origine nord-africana, che in diversi luoghi della città, dall'Arcella alla stazione, danno spesso vita ad episodi di aggressività, sia sulle persone che sulle cose;
   la crescente spirale di violenza che in questi mesi si sta registrando a Padova sta creando estrema preoccupazione tra gli abitanti della città portando, suo malgrado, la città veneta e la preoccupazione evidenziata dai sui cittadini alla ribalta nazionale –:
   se, considerati i fatti sopra descritti e la grave situazione venutasi a determinare, non ritenga opportuno adottare idonee iniziative nell'ambito delle proprie competenze per aumentare il livello di controlli nei luoghi più sensibili della città. (4-17457)

  Risposta. — Il 2 settembre 2012, nel quartiere Arcella di Padova, un cameriere è stato avvicinato e derubato del proprio borsello da due individui di circa venticinque anni.
  L'uomo ha riferito ai carabinieri di essere stato affiancato da uno
scooter con a bordo due cittadini nordafricani e di essere stato rapinato dal passeggero seduto dietro il motociclo, che aveva attirato la sua attenzione con la scusa di ricevere informazioni stradali.
  Dopo aver raccolto la testimonianza della vittima, i carabinieri hanno dato immediato avvio alle ricerche dei due individui.
  Il quartiere di Arcella, uno dei più popolosi della città caratterizzato da una numerosa presenza multietnica, è un'area in cui vengono svolti quotidianamente servizi di controllo da parte degli equipaggi dell'ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico e della squadra mobile della questura di Padova, oltre a frequenti servizi congiunti con le altre forze di polizia.
  La situazione del quartiere di Arcella, come di altre zone della città, più esposte a rischi di degrado, è oggetto di attento e ripetuto esame da parte del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, in seno al quale sono concordate le strategie di contrasto e di prevenzione alla criminalità diffusa.
  La predetta zona, inoltre, è compresa in una delle cinque zone di Padova in cui si riparte il piano coordinato di controllo del territorio, che prevede la presenza per l'intero arco delle 24 ore, alternativamente, delle pattuglie della polizia di Stato o dei carabinieri e del «poliziotto o del carabiniere di quartiere», impegnati nell'ordinario servizio di controllo.
  Sempre nella medesima zona sono effettuati servizi straordinari di pattugliamento, da parte delle forze di polizia e delle forze armate, in attuazione dell'operazione «strade sicure».
  Nei soli mesi estivi sono state controllate complessivamente 25.372 persone, di cui: 249 tratte in arresto e 750 denunciate in stato di libertà. Inoltre sono stati 49 gli stranieri extracomunitari colpiti da espulsione, mentre sono stati sequestrati oltre 32 chilogrammi di sostanze stupefacenti.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   BITONCI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la grave crisi economica e finanziaria che ha colpito i diversi settori economici non ha risparmiato nemmeno il Veneto, dove la situazione occupazionale è particolarmente difficile nell'area compresa tra i comuni di Abano e Montegrotto Terme, territorio rinomato a livello mondiale per le cure termali e che ha nel settore del turismo il punto di forza dell'economia locale;
   il settore termale è un comparto economico che nell'area tra Abano e Montegrotto ha sempre registrato valori molto significativi e con una offerta ricettiva di quasi 20 mila posti letto;
   la gravità della crisi ha portato la proprietà delle numerose strutture ad effettuare dei tagli di risorse, tra i quali quelli sul personale; numerose attività sono ricorse, infatti, ad una flessibilità maggiore;
   uno dei casi più drammatici è senza dubbio quello dell'hotel Bertha di Montegrotto Terme, dove da mesi 37 dipendenti vivono in una situazione paradossale e legata al fatto che la struttura alberghiera è stata dichiarata chiusa per fallimento;
   dall'aprile del 2012 i dipendenti si ritrovano infatti senza stipendio, ed esaurito il periodo di sospensione, non possono accedere ad alcun ammortizzatore sociale in quanto la attuale società di gestione dell'albergo – Stemas s.r.l. – ha ottenuto il fallimento così da dichiararsi estranea alla vicenda;
   nel corso dei mesi precedenti, i lavoratori coinvolti hanno già effettuato numerose manifestazioni di protesta, ed organi di stampa locale di Padova di questi ultimi giorni riportano la notizia secondo la quale alcuni dei dipendenti presidiano di notte la struttura alberghiera, in attesa di avere rassicurazioni da parte dell'attuale società circa il credito avanzato;
   contemporaneamente alla situazione del Bertha Hotel, i medesimi organi di stampa riportano altresì la notizia secondo la quale è convocato presso la provincia di Padova per la prossima settimana un incontro tra le parti sindacali, l'amministrazione provinciale e le proprietà di cinque grandi strutture alberghiere della medesima area termale, per decidere il futuro dei dipendenti impiegati in queste cinque strutture –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare il Governo per sostenere il settore termale dell'area tra Abano e Montegrotto Terme, specificando altresì quali azioni si intendono attuare al fine di salvaguardare i livelli occupazionali dei dipendenti interessati dalla situazione. (4-18089)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il settore termale sta risentendo come e più degli altri settori turistici degli effetti dell'attuale crisi economica. I bilanci delle aziende hanno risentito sia del calo delle presenze che della riduzione della permanenza media. Inoltre il settore ha sofferto della riduzione dei rimborsi sulle prestazioni da parte del servizio sanitario nazionale (-2,7 per cento nel 2011 — fonte Ont). L'Istat stima tuttavia che la flessione del numero dei dipendenti (-1,8 per cento nel 2011) sia in linea con quella di attività consimili.
  È proprio per far fronte a tutte le difficoltà espresse e creare solide condizioni di ripresa che il Governo ha messo a punto un piano strategico per il turismo – che verrà presentato a breve – e che è il frutto di lungo lavoro di analisi e di confronto con tutti gli attori coinvolti.
  Benché sia ormai patrimonio comune il concetto che il turismo è l'industria più importante per l'economia del nostro Paese, sia in termini di apporto finanziario che per numero di occupati, il settore non è mai stato inserito al centro delle strategie di sviluppo e di crescita del nostro Paese.
  L'elaborazione di un piano strategico tende — per la prima volta — non solo a sistematizzare una serie di azioni che intervengono su più fronti per rafforzare il sistema turistico italiano, ma è soprattutto importante in sé proprio perché condiviso con gran parte dei Ministri competenti per le materie che, direttamente o indirettamente, influenzano l'andamento e le possibilità di sviluppo del settore.
  Il piano, condiviso con le associazioni di categoria e con le regioni, è basato su di una analisi molto approfondita della situazione attuale e sulle previsioni per i futuri scenari del mercato internazionale, condividendo una serie di azioni prioritarie per lo sviluppo del sistema turistico del Paese.
  In particolare, il piano strategico approfondisce i punti di forza e le criticità dell'offerta turistica italiana andando ad individuare gli aspetti sui quali è possibile intervenire immediatamente e quelle per le quali va iniziata una azione strategica di sistema che consenta al nostro Paese di rimanere competitivo sulla scena internazionale.
Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sportPiero Gnudi.


   BOBBA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono state stabilite, tra l'altro, le funzioni fondamentali dei comuni che di seguito sinteticamente vengono elencate:
    a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria, contabile e controllo;
    b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, compresi i trasporti pubblici;
    c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;
    d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale e la partecipazione alla pianificazione sovracomunale;
    e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e coordinamento primi soccorsi;
    f) organizzazione e gestione dei servizi di raccolta rifiuti urbani e riscossione tributi;
    g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali;
    h) edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;
    i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;
    l) tenuta dei registri di stato civile e della popolazione, servizi anagrafici, elettorali e statistici;
   nella stessa legge vengono stabilite nuove regole per l'erogazione dei servizi sopra elencati che, per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, obbligano all'esercizio associato di 9 su 10 delle funzioni precedentemente elencate; in particolare la funzione di cui alla lettera l) («tenuta dei registri di stato civile e della popolazione, servizi anagrafici, elettorali e statistici») è esclusa dall'obbligo di associazione. L'esercizio associato dovrà essere effettuato con altri comuni fino a superare 10.000 abitanti, limite ridotto dalla legge regionale del Piemonte a 5.000;
   le prossime scadenze imposte dalla citata legge per attivare la gestione associata sono le seguenti: almeno 3 funzioni entro il 31 dicembre 2012; altre 6 entro il 31 dicembre 2013;
   dal prossimo anno i comuni con più di 1.000 abitanti entreranno nel «patto di stabilità» che genererà ulteriori vincoli alle spese e agli investimenti;
   a parere dell'interrogante le descrizioni delle funzioni appaiono lontane dalle realtà dei comuni con meno di 5.000 abitanti, generano confusione nell'applicazione della legge, considerando anche il breve periodo per l'attuazione, e rischiano uno stallo nel funzionamento e nell'erogazione dei servizi –:
   se non si ritenga doveroso e urgente fornire chiarimenti sulle specifiche delle funzioni indicate, in termine di sottofunzioni interne, nonché sulla coerenza con le realtà organizzative dei comuni, considerando anche eventuali supporti all'attivazione delle funzioni da parte delle istituzioni nazionali, regionali o provinciali.
(4-18926)

  Risposta. — Alle funzioni fondamentali dei comuni previste dall'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), sono state apportate modifiche dall'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135).
  Il citato articolo 19, in coerenza con il rispetto degli obblighi di razionalizzazione e contenimento della spesa, è intervenuto sulla normativa in materia di gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali fondamentali, introducendo ulteriori limiti demografici e nuovi termini per l'avvio dell'esercizio associato.
  La realizzazione di tali percorsi aggregativi, che implicano ampi processi di riorganizzazione degli enti, sono da considerarsi anche un'opportunità per valorizzare le specificità locali nonché peculiari esigenze funzionali, in chiave di promozione e sviluppo del territorio.
  In tale contesto il Ministero dell'interno ha già intrapreso un aperto confronto con il mondo delle autonomie, anche in ragione delle funzioni di coordinamento e raccordo esercitate nel pieno rispetto del principio di leale collaborazione in materia di enti locali.
  Si assicura, pertanto, che le strutture centrali e periferiche del Ministero dell'interno continueranno a fornire ogni utile supporto alle realtà locali al fine di superare le criticità che verranno evidenziate nella concreta attuazione della normativa.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   BOSSA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il traffico marittimo è sempre più caotico; nei porti del mondo circolano migliaia di navi, sempre più colossali: petroliere lunghe anche 400 metri, mercantili con 15mila container transatlantici con cinquemila passeggeri, come la recente tragedia della Costa Concordia ha ricordato;
   un traffico di queste proporzioni necessita di sistemi di controllo capillari, ad avanzata tecnologia; a questo proposito, qualche anno fa, è stato creato il Vtmis, una sigla che sta per Vassel traffic management information system;
   si tratta, per l'appunto, di un sofisticato sistema di controllo della navigazione che in Italia doveva essere in funzione dal 2009, mentre ad oggi non è completamente attivo;
   a sviluppare il Vtmis è stata la Selex-Finmeccanica, che aveva come ambizione quella di superare il sistema attuale di controllo della navigazione, denominato Pac, che risale agli anni Novanta, che ha un raggio d'azione decisamente inferiore a quello del Vtmis, e non è integrato a livello nazionale dal momento che ogni radar agisce per conto proprio;
   il nuovo sistema della Selex applicherebbe alla navigazione marittima tecnologie all'avanguardia simili a quelle usate per il trasporto aereo; con il sistema Vtmis le centrali di terra, distribuite su tutto il territorio nazionale, avrebbero avuto in tempo reale il controllo di ogni singola nave. Finora il controllo avviene in forma passiva (cioè basandosi sulle richieste degli equipaggi in mare), mentre con il Vtmis gli operatori potrebbero intervenire nella navigazione;
   il sistema Vtmis prevedeva due fasi. La prima (siglata nel 1999, con un contratto tra la Selex e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per circa 120 milioni di euro), riguardava zone delicate come lo Stretto di Messina, e le Bocche di Bonifacio. Poi le coste siciliane, pugliesi, e anche il porto di Genova. In queste zone il sistema è già attivo;
   il 7 dicembre 2005 è stata siglata la seconda fase del contratto, per circa 200 milioni di euro, relativa a tutto il resto del territorio nazionale; l'accordo prevedeva che il progetto esecutivo fosse pronto entro sei mesi dalla firma e che i siti fossero completati entro l'inizio del 2009; ad oggi nessuno di questi siti è stato consegnato;
   c’è ragione di credere che se fosse stato attivo il sistema Vtmis nella zona del disastro della Costa Crociere, quella tragedia non sarebbe avvenuta dal momento che si sarebbe appurata, per tempo, la direzione anomala della rotta e si sarebbe potuto intervenire da terra per impedire il cambio di rotta e la direzione azzardata –:
   quali siano le ragioni di un ritardo di queste proporzioni rispetto ai tempi stabiliti nel contratto che fissava al 2009 la data per l'attivazione del nuovo sistema di controllo del traffico marittimo; se e come il Governo intenda intervenire per fare luce sulla vicenda e per rendere disponibile, nel più breve tempo possibile, questo importante meccanismo di controllo.
(4-14765)

  Risposta. — Come rappresentato anche dall'interrogante il sistema Vessel traffic management information system (Vtmis) è un sistema integrato di monitoraggio, controllo e gestione del traffico marittimo e delle emergenze in mare in dotazione al corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera.
  Il sistema Vtmis nazionale integra i dati elaborati dai sistemi Vessel traffic service installati lungo le coste italiane (interconnessi attraverso la rete geografica dell'amministrazione), con quelli provenienti da altri sistemi in uso al corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera in forza delle vigenti disposizioni nazionali ed internazionali di settore (Ais, Lrit, Scp eccetera), pervenendo alla compilazione dell'immagine del traffico navale complessiva lungo le coste italiane.
  In ambito europeo è stato introdotto il concetto di Vtmis attraverso la direttiva europea 2002/59/CE (recepita con decreto legislativo n. 196 del 2005), relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio e del traffico navale e di informazione, aggiornata con la direttiva 2009/17/CE in data 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio.
  Tale sistema di monitoraggio altamente integrato, dovrà via via costituire la piattaforma nazionale di riferimento per lo scambio dei dati e dei servizi relativi alla sicurezza della navigazione, alla salvaguardia della vita umana in mare, alla tutela dell'ambiente marino e costiero, al controllo sulle attività della pesca marittima, all'efficienza del trasporto marittimo, con le altre amministrazioni ed enti pubblici e/o privati interessati, nonché con gli altri Stati comunitari ed extracomunitari.
  Peraltro, non è possibile assimilare il monitoraggio del «traffico marittimo» al «controllo del traffico aereo», in quanto a differenza di quest'ultimo, nelle attività di controllo del traffico marittimo non si possono imporre alla nave rotte c/o velocità specifiche, rimanendo queste nell'esclusiva responsabilità del comandante, mentre nella navigazione aerea esistono in via ordinaria precise direttrici di volo da seguire in termini di rotta e di quota gestite dal controllore del traffico aereo.
  Il controllo del traffico marittimo può avvenire, sulla base del diritto e delle pratiche internazionali consolidate, solo ed esclusivamente all'interno di aree cosiddette Vessel traffic service (Vts) precisamente delimitate e formalmente dichiarate con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto col Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, precedentemente individuate dall'amministrazione marittima a seguito di approfondite valutazioni sulla rischiosità del traffico per fattori geografici (ristrettezza o pericolosità delle acque navigabili), orografici (presenza di rischi legati alla conformazione dei fondali), meteorologici (frequenza di fenomeni meteorici quali nebbia e temporali, burrasche, eccetera) o legati all'accumulazione di linee di traffico intersecantisi.
  In maggior dettaglio, il servizio di assistenza al traffico marittimo (Vts), è un complesso di servizi («informazioni», «assistenza alla navigazione», «organizzazione del traffico»), internazionalmente codificati e regolati, istituiti in aree formalmente dichiarate, ed erogati dalle competenti Autorità, per mettere in condizione i comandanti delle navi di adottare decisioni più consapevoli riguardo alla sicura condotta della navigazione ed alla prevenzione degli incidenti, consentendo alle autorità stesse una più efficace risposta alle diverse situazioni di emergenza, contribuendo così alla salvaguardia della vita umana ed alla tutela dell'ambiente marino e delle coste, conseguendo anche una migliore efficienza del trasporto marittimo.
  All'interno delle predette aree Vts possono essere adottati appositi «sistemi di rotte navali» con cui possono essere organizzate una o più corsie di traffico.
  Tali provvedimenti, ove adottati, obbligano le navi che transitano all'interno dell'area regolamentata (area Vts) a conformarsi a determinate procedure, a cominciare dall'obbligo di effettuare il primo contatto con il centro Vts al momento dell'ingresso nell'area stessa.
  Il controllo del traffico nelle aree Vts, presuppone l'indispensabile impiego di sensori radar, che consentono di rilevare la presenza di unità in navigazione a prescindere della loro attiva cooperazione, nonché di apparati di comunicazione radiotelefonica in banda Vhf marittima, ed eventuali altri sistemi, come radiogoniometri e telecamere a circuito chiuso.
  Il personale impiegato nei sistemi Vts è appositamente qualificato e certificato secondo standard internazionali presso il centro di formazione Vtmis del comando generale del corpo delle capitanerie di porto di Messina.
  Il programma Vts nazionale è stato strutturato in 2 distinte fasi contrattuali:
   la prima, virtualmente conclusa, è stata regolamentata con atto stipulato il 29 luglio 1999 a cui sono seguiti alcuni atti aggiuntivi – l'ultimo dei quali stipulato in data 8 ottobre 2010, per un importo totale di oltre 77 milioni di euro;
   la seconda, tuttora in fase di svolgimento, è stata regolamentata con atto stipulato il 7 dicembre 2005 e successivi atti aggiuntivi per un importo totale stanziato di circa 214 milioni di euro comprendenti per una consistente quota-parte, anche i servizi di gestione e manutenzione.

  L'importo complessivo delle 2 fasi contrattuali ammonta a circa 291 milioni di euro. Quando sarà realizzato nella sua interezza, il sistema si articolerà in:
   39 centri Vts locali (Vtsl) con associati 89 siti radar (suddivisi in Lrs cioè local radar site e Rrs cioè remote radar site);
   15 centri Vts locali di Area (Vtsa);
   3 postazioni mobili carrate (Pmc);
   5 stazioni Gps differenziale (Dgps);
   1 «Centro di formazione specialistica Vtmis ed attività operative del comando generale del corpo delle capitanerie di porto – guardia costiera» che è stato già inaugurato il 3 novembre 2011 ed è dotato di tutte le tecnologie e apparecchiature per assolvere all'attività addestrativa, alla qualificazione del personale del corpo preposto, tra l'altro, alla gestione dei Centri Vts;
   1 Vessel traffic Services (Vts) centrale.

  La realizzazione del progetto Vts nazionale si inserisce, peraltro, tra le «grandi opere» del programma operativo nazionale trasporti 2000-2006 cofinanziato dall'Unione europea relativamente alle aree delle regioni dell'obiettivo 1 (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia) per un importo di circa 58 milioni di euro.
  Si evidenzia, inoltre, che in ambito internazionale, i sistemi Vts istituiti ed operanti sono, rispetto alle scelte dell'amministrazione italiana, proporzionalmente molto meno numerosi. A titolo puramente esemplificativo, in base alle pubblicazioni di riferimento, gli Stati Uniti d'America ne hanno solo 6 attivi, mentre in Europa paesi come la Francia e il Regno Unito ne hanno rispettivamente 3 e 2.
  Per quanto attiene al quesito relativo al rispetto dei tempi previsti dal contratto, si fa presente quanto segue.
  La tempistica di realizzazione contrattuale si sviluppa attraverso un complesso di avvenimenti concatenati e conseguenti, per cui alcune attività dell'amministrazione come l'acquisizione dei siti su cui installare i sensori, sono prodromiche rispetto ad altre e quindi, i termini a carico dell'interlocutore contrattuale decorrono dal momento in cui questi è messo in condizioni di operare.
  In particolare il contratto, prevede l'avvio della «fase di realizzazione» a compimento della «fase di progettazione», la quale ultima si è chiusa il 19 novembre 2007, data in cui è stato approvato il «Progetto Generale di Sistema» (P.g.s).
  Dal 19 novembre 2007 sono iniziati quindi a decorrere i 42 mesi contrattualmente previsti per la «fase di realizzazione del sistema», al cui interno è individuabile, in particolare, la «fase di esecuzione dell'attività di realizzazione dei siti e dei sistemi previsti dal P.g.s».
  Tuttavia, quest'ultima non risulta ancora terminata a causa di taluni ritardi nonché interruzioni di attività, riconducibili alla ritardata tempistica con cui altre amministrazioni, centrali e/o locali, hanno gestito il rilascio delle autorizzazioni di competenza, anche sull'onda delle proteste di movimenti di varia ispirazione (ambientalisti o di tutela territoriale: comitati No-Radar molto attivi in Sardegna e Sicilia), che hanno comportato, in taluni casi, anche il diniego di tali autorizzazioni.
  Invece, i ritardi imputabili all'interlocutore contrattuale sono stati attentamente rilevati dal comando generale del corpo delle capitanerie di porto e hanno dato luogo all'applicazione di penali per un importo complessivo di euro 1.024.841,80: ritardi che, tuttavia, non hanno finora configurato inadempienze tali da giustificare l'attivazione di una procedura rescissoria del contratto.
  Infine, occorre evidenziare che per attivare un centro VTS è necessario dotarsi di sistemi che integrano sensori radar, telecamere, ripetitori, antenne radio che devono essere installati in siti idonei per la miglior copertura dell'area marittima interessata e che sono necessari all'acquisizione di quei dati che consentono di compilare poi l'immagine del traffico marittimo nell'area Vts di competenza.
  Ciò comporta, da parte dell'amministrazione, l'obbligo di richiedere la necessaria ospitalità agli enti pubblici e privati proprietari dei sedimi interessati dalle istallazioni, con procedimenti istruttori spesso lunghi, complessi, e, comunque, non dipendenti dalla volontà dell'amministrazione stessa e del contraente.
  Oltre a ciò, è da rilevare che anche i tempi per ottenere le autorizzazioni alle istallazioni previste dalle normative vigenti sono pesantemente influenzati da aspetti di varia natura, quali: le valutazioni d'incidenza sugli habitat naturali, i pareri ai sensi del codice dei beni culturali e paesaggistici, i pareri dei competenti enti locali, i pareri sul rispetto dei limiti delle emissioni elettromagnetiche, eccetera, a cui si aggiunge talvolta anche l'ostilità delle comunità locali e/o di comitati tipo i «No Radar».
  Sotto tale ultimo profilo, al fine di minimizzare l'impatto sul territorio e sul paesaggio, si è cercato di valorizzare manufatti o infrastrutture già presenti, idonei per ubicazione ai fini delle esigenze di copertura succitate (stazioni segnali/meteorologiche dell'amministrazione difesa marina e difesa aeronautica e similari).
  Una volta ottenuta l'ospitalità e le autorizzazioni di legge, va poi considerato come risulti talvolta complesso realizzare un'infrastruttura in luoghi poco accessibili e non urbanizzati, linee elettriche e di cablaggi vari, come ad esempio un sito con radar remoto sulla sommità di un'altura e/o su un'isola.
  Nel caso specifico, i sensori radar che dovrebbero assicurare la copertura sensoriale dell'area dell'isola del Giglio non sono ancora stati realizzati, in quanto le ospitalità per i siti radar di monte Capanne sull'isola d'Elba e del monte Argentario, richieste fin dal 2008-2009, non sono ancora state concesse da parte delle amministrazioni locali, i relativi iter sono tuttora in corso.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   BUCCHINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in base al comma 7 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, per coloro il cui primo accredito contributivo è avvenuto a decorrere dal 1° gennaio 1996, in presenza dei requisiti anagrafici e contributivi prescritti, la pensione di vecchiaia spetta, dal 1° gennaio 2012, a condizione che l'importo della pensione risulti essere non inferiore, per l'anno 2012, a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (cosiddetto importo soglia);
   in base al successivo comma 11 dell'articolo 24 del decreto-legge succitato, per coloro il cui primo accredito contributivo è avvenuto a decorrere dal 1o gennaio 1996, in presenza dei requisiti anagrafici e contributivi prescritti, la pensione anticipata spetta, dal 1° gennaio 2012, a condizione che l'ammontare mensile della prima rata di pensione risulti essere non inferiore ad un importo soglia mensile, pari per l'anno 2012 a 2,8 volte l'importo mensile dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (cosiddetto importo soglia);
   è ovvio che tale elevato importo soglia vanificherebbe, in un prossimo futuro e quando il sistema contributivo entrerà a regime, gli effetti e i benefici di tutte le convenzioni bilaterali e multilaterali di sicurezza sociale stipulate dall'Italia perché sarebbero pochissimi i cittadini migranti in grado di soddisfare l'importo minimo richiesto ai fini del diritto a prestazione in quanto, prevedibilmente, gli anni di contribuzione fatti valere in Italia non consentirebbero il raggiungimento di tale importo (che è pari per il 2012 a 650 euro per la pensione di vecchiaia e a 1.200 euro per la pensione anticipata);
   nella circolare n. 95 del 12 luglio 2012 l'Istituto previdenziale italiano (INPS) sembra voler porre rimedio a questa situazione e rende noto che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato che ai fini della determinazione del cosiddetto importo soglia – introdotto nel calcolo delle pensioni nel sistema contributivo e al di sotto del quale non si acquisisce il diritto a pensione –, occorre considerare anche il pro rata estero in quanto il concetto di «importo soglia», introdotto dal legislatore quale garanzia di prestazione adeguata per coloro che rientrano totalmente nel sistema contributivo, deve essere considerato anche alla luce del principio di assimilazione di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 883 del 2004;
   pertanto, informa l'Inps nella recente circolare succitata, al fine di non penalizzare i lavoratori che fanno uso del loro diritto alla libera circolazione, si dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l'importo del pro rata estero deve essere considerato anche nel calcolo dell'importo soglia, in tutti i casi in cui tale requisito sia richiesto per la concessione di una pensione in regime comunitario;
   tale soluzione è stata prospettata nella circolare dell'Inps succitata solo per le pensioni in regime comunitario, mentre nulla si chiarisce per le pensioni in convenzione bilaterale alle quali è interessato un numero ragguardevole di futuri pensionati anche alla luce dei nuovi fenomeni migratori dall'Italia;
   nella circolare succitata si parla inoltre di pro rata estero da prendere in considerazione per raggiungere l'importo soglia e non, come dovrebbe invece essere per ragioni di prassi e di logica, della cosiddetta pensione teorica in modo da salvaguardare anche i diritti di coloro i quali ancora non sono diventati titolari di pensione estera nel momento in cui maturano il diritto a pensione italiana con il meccanismo della totalizzazione e nel sistema contributivo –:
   quali misure intenda adottare il Ministero interrogato per chiarire che il principio dell'assimilazione dei territori al fine di soddisfare l'importo soglia si applica anche alle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale e che tale importo può essere raggiunto, sia in regime comunitario che in quello bilaterale, prendendo in considerazione la pensione teorica e non l'effettivo pro rata estero evitando così disparità di trattamento tra i nuovi pensionati italiani in convenzione titolari gli uni di un pro rata estero e non titolari gli altri di tale pro rata. (4-17655)

  Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame concerne l'inclusione nel calcolo dell'importo soglia previsto dall'articolo 24, comma 7, del decreto-legge n. 201 del 2011 del pro-rata estero, con particolare riferimento alle pensioni liquidate in regime convenzionale bilaterale.
  In linea generale, si osserva che il cosiddetto importo soglia, introdotto dal citato articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, per coloro il cui primo accredito contributivo sia successivo al 1o gennaio 1996, quale ulteriore requisito per il diritto alla pensione sia di vecchiaia che anticipata, si configura, in presenza dei requisiti anagrafici e contributivi prescritti, come garanzia di una prestazione adeguata nel caso di pensioni liquidate interamente con il sistema contributivo.
  In proposito, l'Inps, con le circolari n. 95 del 12 luglio 2012 e n. 126 del 25 ottobre 2012 ha chiarito che, nella determinazione dell'importo minimo del trattamento pensionistico (cosiddetto importo soglia), inteso come requisito per il riconoscimento del diritto di accesso a prestazioni previdenziali, debba essere computato anche il pro-rata estero in tutti i casi in cui tale requisito sia richiesto per la concessione di una prestazione pensionistica liquidata tanto in regime comunitario quanto in regime bilaterale.
  Pertanto, al fine di non penalizzare i lavoratori con mobilità sia comunitaria che internazionale, dal 1o gennaio 2012, l'importo del pro-rata estero verrà sommato all'importo della pensione in liquidazione al fine di verificare che il trattamento pensionistico complessivamente spettante al pensionato non sia inferiore all'importo soglia e ciò sia nell'ambito dei trattamenti pensionistici in regime comunitario che di quelli in regime di convenzione bilaterale.
  Per quanto riguarda i primi (trattamenti pensionistici in regime comunitario), l'importo del pro-rata viene calcolato nell'ambito dell'importo soglia in virtù dell'articolo 5 del regolamento CE n. 883/2004 che stabilisce il principio di assimilazione di redditi, prestazioni, fatti o avvenimenti accaduti negli altri Stati membri, mentre, con riferimento ai secondi (trattamenti pensionistici in regime bilaterale), anche in assenza di una previsione espressa contenuta negli accordi bilaterali di sicurezza sociale, l'Istituto ha ritenuto sussistente la ricorrenza di un analogo principio, al fine di non penalizzare i lavoratori che fanno uso del diritto alla mobilità.
  Con riguardo, infine, alla verifica della sussistenza del requisito dell'importo soglia con riferimento alla cosiddetta «pensione virtuale», si chiarisce che l'importo soglia costituisce il limite minimo dell'importo della pensione di cui il pensionato fruisce effettivamente, mentre l'importo teorico (o pensione virtuale) è soltanto una base teorica utilizzata per il calcolo del pro rata.
  In altre parole, la pensione virtuale è pari alla prestazione cui l'interessato avrebbe diritto se tutti i periodi di assicurazione fossero maturati ai sensi della legislazione applicata dall'Istituzione che calcola la pensione.
  La prestazione effettiva, invece, viene calcolata da ciascuna Istituzione in base alla normativa nazionale. Sicché il trattamento previdenziale complessivamente percepito dal beneficiario, risultante dalla somma dei singoli pro-rata, non corrisponde a nessuna delle pensioni virtuali calcolate ai sensi delle singole legislazioni nazionali.
  In conclusione, come auspicato dall'interrogante, il pro-rata estero, sia comunitario che bilaterale, a partire dal 1o gennaio 2012, viene incluso nel calcolo dell'importo soglia previsto dall'articolo 24, comma 7, del decreto-legge n. 201 del 2011, mentre, con riguardo alla pensione virtuale, si chiarisce che la stessa costituisce solo la base di calcolo per la determinazione del pro-rata di pensione e, pertanto, non può essere utilizzata per scopi diversi da quelli previsti.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiElsa Fornero.


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 1998, n. 448 e successive modificazioni e il Decreto Ministeriale 5 novembre 2004, n. 292 prevedono misure di sostegno per il settore televisivo locale, consistenti in contributi che vengono annualmente erogati dal Ministero dello sviluppo economico sulla base di graduatorie regionali redatte (con riferimento ai dipendenti occupati e ai fatturati conseguiti dalle imprese televisive locali interessate) dai Corecom – Comitati Regionali per le Comunicazioni, a seguito di bando di gara che lo stesso Ministero deve emanare entro il 31 gennaio di ogni anno;
   tali misure di sostegno che hanno contribuito, negli anni, alla crescita e allo sviluppo delle imprese televisive locali nell'ottica di sostenere l'informazione locale di qualità, sono importantissime nell'attuale momento in cui le imprese televisive hanno dovuto affrontare rilevanti investimenti per la transizione al digitale e in considerazione della situazione di crisi del mercato pubblicitario;
   i procedimenti per l'erogazione di detti contributi statali stanno, tuttavia, subendo gravissimi inaccettabili ritardi, con evidenti ripercussioni anche per l'occupazione lavorativa nel comparto (sono molte le imprese che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga e/o che hanno avviato procedimenti di licenziamento collettivo);
   in particolare:
    a) Nonostante che tutti i Corecom abbiano redatto le rispettive graduatorie regionali fin dallo scorso mese di settembre, non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto di ripartizione tra i vari bacini di utenza dello stanziamento dei contributi relativi all'anno 2011 le cui domande sono state presentate entro il 13 ottobre 2011 e quindi da oltre un anno (occorre, peraltro, considerare che in caso di ritardo di uno o più Corecom, è possibile definire un riparto in acconto); in conseguenza di ciò non sono stati ancora emessi i mandati di pagamento a favore delle imprese televisive locali aventi titolo.
    b) Non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto di ripartizione tra i vari bacini del saldo dei contributi relativi all'anno 2010 (con riferimento al quale è stato, ad oggi, stanziato e corrisposto solo un acconto), che in mancanza di immediato intervento rischiano la perenzione;
   c) Non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando relativo alle misure di sostegno per l'anno 2012 (nonostante che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del decreto ministeriale 5 novembre 2004 n. 292, tale bando dovesse essere emanato entro il 31 gennaio 2012) –:

   quali sono le ragioni di tali ritardi, le modalità con le quali il Ministro intenda porre rimedio ai ritardi stessi, nonché i tempi nei quali i suddetti provvedimenti verranno pubblicati in Gazzetta Ufficiale e i tempi nei quali verranno erogati i contributi 2010 e 2011 alle imprese televisive locali aventi titolo. (4-18580)

  Risposta. — In riscontro alle richieste degli interroganti, si rappresenta preliminarmente che il Ministero è pienamente consapevole dell'importanza che le misure di sostegno in favore dell'emittenza locale rivestono per incentivare la crescita editoriale ed occupazionale delle imprese operanti nel settore.
  È, perciò, particolarmente attento a garantire la fisiologia delle relative procedure di erogazione, compatibilmente con la complessità delle medesime, attualmente disciplinate del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, del quale peraltro il Ministero sta promuovendo la modifica in chiave di razionalizzazione e semplificazione.
  In merito ai ritardi nella tempistica di emanazione dei provvedimenti ai quali si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si precisa che si tratta di evenienza di carattere del tutto eccezionale.
  In particolare, l’iter di perfezionamento del provvedimento di riparto dei contributi inerenti all'esercizio 2011, quantificati in ragione di uno stanziamento complessivo pari a euro 95.929.331, ha scontato negativamente la necessità di reiterazione del procedimento di predisposizione delle graduatorie da parte dei Corecom di diverse regioni, in adeguamento ad una pronuncia del Consiglio di Stato (sezione VI – n. 12683 del 2011) che ne aveva affermato l'illegittimità.
  Soltanto una volta acquisita e divenuta definitiva, a norma dell'articolo 5 del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, l'ultima di tali graduatorie, è stato quindi possibile per il competente Ufficio ministeriale sbloccare l'emanazione del provvedimento, avvenuta in data 29 novembre 2012, e darvi attuazione.
  Al riguardo, si informa che la procedura è stata definitivamente portata a compimento agli inizi del corrente mese di dicembre, con l'emissione dei mandati di pagamento.
  Quanto al saldo dei contributi relativi all'anno 2010, si fa presente che i denunciati ritardi sono stati determinati dalle modalità di quantificazione del relativo importo (pari a euro 13.335.408), trattandosi di fondi che, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 2 comma 237 della legge n. 191 del 2009, derivano dalle economie accertate ex legge n. 488 del 1999 e da ripartire nel triennio 2012/2014. Anche tale provvedimento di riparto, comunque, risulta ormai emanato (decreto ministeriale 31 ottobre 2012, registrato alla Corte dei conti il 15 novembre 2012, reg. 12, fgl. 245) e pienamente eseguito con l'emissione dei mandati.
  Per ciò che attiene, infine, alle misure di sostegno per il 2012 (circa 78 milioni di euro il relativo ammontare), si rappresenta che la procedura è stata bandita con decreto ministeriale del 15 ottobre 2012, attualmente in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Ente nazionale per l'aviazione civile, unica autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile in Italia, si occupa dei molteplici aspetti della regolazione dell'aviazione civile, del controllo e vigilanza sull'applicazione delle norme adottate, della disciplina degli aspetti amministrativo-economici del sistema del trasporto aereo;
   tra questi uno dei più importanti compiti dell'Enac è senza dubbio quello relativo al controllo della sicurezza, nelle accezioni di safety e di security, nel rispetto ed in applicazione della normativa internazionale. Per safety s'intende la sicurezza dal punto di vista della progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio degli aeromobili, nonché la valutazione dell'idoneità degli operatori aerei e del personale di volo. Con il termine security, invece, ci si riferisce alla sicurezza a terra, a bordo degli aeromobili, all'interno e all'esterno degli aeroporti per la prevenzione degli atti illeciti;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) si identifica con l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano. Come tale è un'autorità pubblica, caratterizzata da ampia autonomia, posta in posizione di terzietà rispetto al sistema aviazione civile, a garanzia dell'obiettività del proprio operato, così come richiesto dalla citata direttiva comunitaria 94/56/CE, oggi sostituita dal regolamento (UE) n. 996/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010;
   per garantire la suddetta posizione di terzietà, l'ANSV è stata posta sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta quindi dell'unica istituzione aeronautica che non è sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   in virtù delle disposizioni di legge – decreto legislativo n. 66 del 1999, come modificato dal regolamento (UE) n. 996/2010 – all'ANSV sono demandati i seguenti compiti: svolgere, a fini di prevenzione, le inchieste di sicurezza (precedentemente denominate «inchieste tecniche») relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad aeromobili dell'aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza; lo scopo delle inchieste in questione è di identificare le cause degli eventi, al fine di evitarne il ripetersi; svolgere attività di studio e di indagine per assicurare il miglioramento della sicurezza del volo;
   da notizie di stampa pubblicate dai principali quotidiani nazionali nonché dall'agenzia di stampa Avionews, specializzata in materia aeronautica, si è appreso che il 30 luglio 2012 un piccolo aereo da turismo Cessna ha sbagliato rotta e per motivi di sicurezza due aerei che effettuavano voli di linea in fase di atterraggio all'aeroporto di Fiumicino, sono stati costretti a riprendere quota;
   il Cessna che appartiene alla scuola di volo Aviomar, era decollato dall'aeroporto dell'Urbe ed era diretto a Todi in Umbria e per motivi non ancora conosciuti aveva completamente deviato dalla rotta che avrebbe dovuto percorrere, andando ad interferire con lo spazio aereo contiguo all'aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci;
   il piccolo aereo, identificato dal sistema di controllo radar di Fiumicino e Ciampino, veniva fatto allontanare e rimesso in rotta;
   il velivolo interferendo con le operazioni di aerei di linea, nella porzione di spazio aereo prospiciente l'aeroporto L. da Vinci congestionata dai numerosi movimenti aerei in partenza ed arrivo, creava condizioni di pericolo sia sotto il profilo della sicurezza operativa che potenzialmente sotto il profilo di possibili interferenze illecite nei confronti del traffico aereo, comunque causando ciò che in termini aeronautici viene definito «Air prox»;
   la stessa agenzia di stampa Avionews nel riportare la notizia, data la gravità del fatto, si chiedeva, visto che la scuola di volo Aviomar risultava coinvolta già in un incidente aereo in cui erano deceduti sia l'istruttore di volo che l'allieva, se non fosse opportuno svolgere degli approfonditi accertamenti su detta scuola di volo, sia da parte dell'ENAC che dell'ANSV, per accertarne la capacità di fornire un corretto addestramento al volo «a vista» agli allievi, e sulle reali responsabilità, onde evitare che in futuro, gravissimi episodi come quello avvenuto nel cielo dell'aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci si possano ripetere –:
   quali iniziative siano state prese dall'Ente nazionale per l'aviazione civile Enac e dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ANSV, ognuno per quanto attiene ai propri compiti istituzionali, e se non si ritenga opportuno che vengano svolte approfondite verifiche da parte degli enti competenti per accertare se la scuola di volo Aviomar abbia la reale capacità organizzativa per impartire correttamente agli allievi piloti l'addestramento al volo. (4-17537)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 19 settembre 2012, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La società «Aviomar», è titolare del certificato di approvazione (Flight training organization – FTO) numero 1/FTO/033, rilasciato dall'ente nazionale per aviazione civile (ENAL) ai sensi della normativa internazionale, comunitaria e nazionale di settore (documenti ICAO, JAR FCL, circolare Enac Lic-02B, regolamenti Enac).
  La suddetta normativa disciplina i contenuti e la cadenza temporale dell'attività di sorveglianza, posta in capo all'Enac, finalizzata al controllo della rispondenza continua ai requisiti tecnici, amministrativi ed operativi, posti a base del rilascio del certificato di approvazione.
  Nel rispetto della normativa suddetta, la scuola di volo «Aviomar» è oggetto di periodica ispezione da parte dei funzionari dell'Enac preposti alla sorveglianza.
  Al riguardo, si rappresenta che nel maggio 2011 la scuola di volo «Aviomar», a seguito dell'esito positivo degli accertamenti condotti da Enac, ha ottenuto il rinnovo biennale del certificato di approvazione (FTO).
  Anche successivamente, l'organizzazione è stata sottoposta alle previste ispezioni periodiche previste dalla normativa vigente, l'ultima delle quali è stata effettuata nel mese di luglio 2012.
  L'evento citato nell'atto ispettivo, occorso il 30 luglio 2012, è relativo allo sconfinamento fuori della rotta prefissata dell'aeromobile Cessna 152 Marche 1-AMCZ che andava ad interferire con le traiettorie di altri aeromobili, all'interno dello spazio aereo dell'aeroporto di Roma Fiumicino.
  L'Enac ha segnalato che eventi del genere sono classificati, nella letteratura internazionale, come «Airspace infringements» e che ai comandi dell'aeromobile si trovava un allievo pilota cosiddetto «solista» (cioè senza istruttore a bordo). Tali voli sono necessari al completamento dell’iter addestrativo pratico, per il conseguimento della licenza di pilota privato, come stabilito dalla normativa vigente.
  A seguito dell'evento, l'Enac ha acquisito tutta la documentazione immediatamente disponibile, la dichiarazione dell'allievo pilota ai comandi e la relazione redatta dal consiglio didattico della «Aviomar».
  In quest'ultima, secondo quanto riferisce l'ENAC sono state indicate le azioni correttive interne intraprese dalla scuola: rimandare l'allievo ad ulteriore addestramento teorico-pratico, con particolare riferimento alla navigazione a vista, e sottoporlo a successiva valutazione da parte di un «senior instructor» prima di autorizzarlo ad effettuare ulteriori missioni addestrative; ribadire, con l'occasione, agli istruttori le procedure e lo standard di pre-addestramento, valutazione e briefing, prima di autorizzare allievi solisti; rimarcare, durante gli addestramenti «dual» (con l'istruttore a bordo) l'importanza di informare gli operatori del controllo del traffico aereo in merito ad eventuali incertezze del pilota sulla posizione dell'aeromobile.
  Tali azioni correttive sono state ritenute accettabili dall'Enac che, tuttavia, ha riscontrato la tardività della segnalazione trasmessa dalla «Aviomar» in data 14 agosto 2012 e non entro le 72 ore successive dall'evento, come stabilito dalla normativa e recepito nei manuali della scuola.
  Quale azione correttiva inerente il ritardo della notifica, l'Enac ha ritenuto opportuno indirizzare la scuola all'utilizzo del sistema automatico di segnalazione degli inconvenienti (eE-MOR), sebbene, stante la tipologia di aeromobili impiegati dalla «Aviomar» per l'attività istruzionale (velivoli a pistoni), l'impiego del sistema di segnalazione eE-MOR non sia obbligatorio; la Circolare Enac Gen-01b prevede, infatti, l'obbligatorietà dell'uso di eE-MOR solo per aeromobili a turbina.
  Inoltre, stante l'evidente coinvolgimento dell'Ente nazionale di assistenza al Volo (Enav) nella problematica degli «Airspace infringements», è stato convocato un incontro tra rappresentanti dell'Enac, dell'Enav e della «Aviomar», che si è svolto in data 7 settembre 2012 presso la sede dell'Enav di Ciampino.
  All'esito dell'incontro l'Enac, quale autorità dell'aviazione civile, si è impegnata a stimolare il personale di volo all'uso delle «best practices» in materia di «Airspace Infringements», sia intervenendo in fase addestrativa, sia promuovendo successivi incontri aperti a tutti gli operatori del settore, come l'aero club d'Italia.
  Infine, l'Enac, alla luce delle evidenze acquisite, ha rappresentato che non è possibile stabilire alcuna connessione – logica o cronologica – tra l'evento del 31 luglio 2012 e l'incidente occorso ad un altro aeromobile della «Aviomar» nel gennaio 2008.
  Sul punto, si fa presente che, a tutt'oggi, l'agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv), titolare dell'inchiesta tecnica, non ha concluso l'investigazione di propria competenza, finalizzata all'individuazione delle cause dell'incidente.
  Allo stesso modo, il relativo processo penale, finalizzato all'accertamento di colpe e responsabilità, non si è ancora concluso.
  A tutt'oggi oggi, pertanto, non risultano stabilite né le cause dell'incidente del gennaio 2006, né le eventuali responsabilità.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   CAUSI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 settembre 2011 il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, è stato nominato «Commissario per la chiusura della discarica di Malagrotta» con il compito di individuare un nuovo sito di discarica a servizio del comune di Roma;
   da notizie di stampa si apprende che sarebbe stata scelta come area per la creazione di una «discarica temporanea» (prevedibilmente della durata di 3 anni) quella di Corcolle-San Vittorino. Tale località è individuata con il nome di sito S1 nello studio «Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi nella Provincia di Roma» redatto dai tecnici della regione Lazio;
   in data 18 ottobre 2011, in seguito ad un sopralluogo nell'area di Corcolle-San Vittorino il sottosegretario ai beni culturali, Francesco Maria Giro, ha dichiarato che sul sito «esiste un vincolo archeologico-paesaggistico, detto di lettera M, per la presenza diffusa sul territorio di testimonianze antiche» e che «falde, fossi e corsi d'acqua» sarebbero stati valutati dal Ministero dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare in relazione alle possibili ricadute idrogeologiche della costruzione di una discarica;
   dello stesso avviso Massimiliano Lorenzotti, presidente dell'VIII Municipio che ha sostenuto che le falde acquifere farebbero «presagire il rischio di una discarica che galleggia, una cosa» a suo dire «improponibile»;
   poiché soggetta al vincolo dell'articolo 7 della legge regionale del 1988 e classificata come area di interesse archeologico, il sito sarebbe sottoposto ad una serie di vincoli che escluderebbero qualsiasi realizzazione al suo interno e, a maggior ragione, la possibilità di realizzare una discarica –:
   se il Ministro sia a conoscenza della sussistenza dei vincoli esposti in premessa e quali iniziative intenda eventualmente assumere per garantire il rispetto di normative che escludono la possibilità di qualsiasi realizzazione nell'area in esame. (4-13655)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, con cui l'interrogante chiede notizie in merito alla sussistenza di vincoli nell'area di Corcolle-San Vittorino, che sarebbe stata scelta come area per la creazione di una discarica temporanea, si rappresenta quanto segue.
  Nella zona indicata sono presenti alcuni vincoli, di seguito elencati.
  La zona è situata immediatamente a ridosso dei limiti della «buffer zone» a protezione del sito Unesco di Villa Adriana, ricadente nel comune di Tivoli, a sua volta ricca di testimonianze archeologiche e che, per tale motivo, è stata sottoposta a vincolo archeologico-paesaggistico con decreto ministeriale del 6 agosto 2001 (via Pomata-Colle Cesarano), ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera m), del citato codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42 del 2004) e il cui perimetro è interamente ricompreso all'interno del Piano territoriale-paesistico regionale del Lazio attualmente in adozione nelle aree di interesse archeologico di cui alla legge regionale 24/98, articolo 13.
  Peraltro la località Corcolle è situata anche immediatamente a ridosso di una necropoli medio-repubblicana posta nel comune di Gallicano, soggetta a vincolo archeologico con decreto ministeriale del 13 febbraio 1998, nota come «necropoli di Corcolle», oggetto di campagne di scavo e monitoraggio costante da parte della competente Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio.
  Inoltre, nella zona di San Vittorino, che costituisce l'estremo limite orientale del comune di Roma, sussistono due vincoli archeologici emanati ai sensi del già citato decreto legislativo n. 42 del 2004:
   il primo, disposto con decreto ministeriale del 14 maggio 1987, riguarda una villa romana denominata «Grotta di Paris», localizzata al chilometro 1 della via San Vittorino;
   il secondo, disposto con decreto ministeriale del 22 dicembre 1987, in località Ponte Lupo, relativo all'acquedotto dell'Acqua Marcia sito al chilometro 30 della via di Poli.

  Tutta la zona di San Vittorino risulta, infine, estremamente ricca di preziose presenze storiche ed archeologiche.
  Come è noto, in data 25 maggio 2012 il Consiglio dei Ministri, nell'accettare le dimissioni del commissario all'emergenza rifiuti di Roma, prefetto Giuseppe Pecoraro, che aveva proposto e sostenuto la realizzazione di una discarica temporanea a Corcolle-San Vittorino, ha archiviato tale ipotesi.
Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie provenienti da organi di stampa locali e nazionali, emergono incresciosi episodi di violenza e criminalità verificatisi nelle scorse settimane nella città di Salerno ed in alcuni comuni della provincia;
   i suddetti episodi, tutti riconducibili alla casistica del furto in appartamento, si sarebbero verificati in particolare nella frazione Penta del comune di Fisciano, a nord di Salerno e nella frazione Ponte Barizzo del comune di Capaccio, a sud del capoluogo e sarebbero opera di bande di malviventi di nazionalità albanese, slava e rumena;
   i criminali, utilizzando la medesima tecnica esecutiva, si sarebbero introdotti furtivamente all'interno delle private abitazioni durante le ore notturne e, sorprendendo le ignare vittime nel sonno, avrebbero asportato i beni di valore presenti;
   nei casi più gravi, tali furti sarebbero sfociati in vere e proprie rapine, allorquando i malviventi, al fine di assicurarsi l'illecito bottino, avrebbero esercitato violenza e minaccia a danno dei malcapitati proprietari, talvolta addirittura immobilizzando e sequestrando temporaneamente le vittime all'interno dell'appartamento;
   per tale motivo, il sindaco di Fisciano ha invocato un maggiore livello di sicurezza per i suoi concittadini, anche attraverso un incremento del sistema di videosorveglianza, già presente per la sola area industriale della città;
   particolare apprensione, inoltre, avrebbe suscitato il fermo nei giorni scorsi, da parte delle forze di polizia, di dodici cittadini slavi ed albanesi all'interno di tre appartamenti del centro storico di Salerno, trovati in possesso di una cartina della città, di diversi numeri di telefono di abitazioni e presumibilmente collegati a personaggi locali aventi il ruolo di «basisti»;
   è evidente che l'intensificarsi di questi fenomeni genera insicurezza ed allarme tra i cittadini, sia nella città capoluogo che in alcuni comuni strategici della provincia come Fisciano, sede universitaria del Campus di Salerno e luogo di dimora di migliaia di studenti fuorisede e Capaccio, il cui territorio comunale ospita il sito archeologico di Paestum, tra i più importanti in Italia;
   l'aumento della criminalità nel territorio salernitano rende necessario, pertanto, tenere alto il livello d'allerta e presidiare costantemente tutte le aree maggiormente a rischio e quelle che, per varie ragioni, rappresentano zone sensibili e di primaria importanza per l'economia, la cultura ed il turismo della provincia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per contrastare tali fenomeni. (4-16213)

  Risposta. — La situazione dell'ordine pubblico nella provincia di Salerno ha fatto registrare, in questi ultimi mesi, un incremento dei reati predatori che, per le modalità operative adottate dai malviventi, hanno procurato notevole allarme sociale.
  La problematica è stata più volte esaminata anche in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e, al fine di incrementare nei cittadini la percezione della sicurezza, è stata disposta l'intensificazione dei servizi di prevenzione e controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, in particolare nelle ore notturne e in prossimità dei luoghi ritenuti nevralgici per monitorare l'afflusso sul territorio provinciale di cittadini provenienti soprattutto dal napoletano.
  Si rappresenta, inoltre, che dallo scorso mese di luglio è stata avviata, anche in questa provincia, l’«operazione strade sicure» che prevede l'impiego, nelle ore serali e notturne, di un contingente delle forze armate costituito da venti unità, consentendo, in tal modo, non solo una intensificazione dei servizi di pattugliamento e di perlustrazione delle zone maggiormente interessate dagli episodi criminali oggetto dell'interrogazione, ma anche attività di vigilanza nella città di Salerno, anch'essa interessata da fatti criminosi analoghi.
  Si fa presente che il 19 luglio scorso, la squadra mobile di Salerno ha concluso un'operazione contro un sodalizio criminale di matrice georgiana ed ucraina attivo nei furti in abitazione.
  L'operazione si inquadra nell'attività di intensificazione dei servizi di prevenzione e contrasto di tale fenomeno che, nel corso del primo semestre dell'anno, ha visto una relativa recrudescenza, passando dai 63 episodi criminosi del 2011 agli 84 episodi del 2012.
  L'azione delle Forze dell'ordine ha consentito il deferimento di due pregiudicati sorpresi con arnesi per lo scasso, l'arresto di altri quattro giovani partenopei sorpresi in flagranza di furto in un bar del centro cittadino e la denuncia di due persone di nazionalità romena, trovate in possesso di arnesi atti allo scasso e di chiavi alterate.
  Ciò premesso, va anche evidenziato che gli indici complessivi di delittuosità, sia nella provincia di Salerno, sia nei comuni di Fisciano e di Capaccio, fanno registrare significativi decrementi rispetto allo scorso anno. Nei primi 5 mesi del 2012, rispetto all'analogo periodo del 2011, il totale dei delitti ha fatto segnare una flessione pari al 4 per cento in ambito provinciale, pari al 6,9 per cento nel comune di Fisciano ed al 29,2 per cento in quello di Capaccio. I furti in abitazione, in particolare, non hanno fatto registrare incrementi nei due comuni menzionati dall'interrogante, rimanendo stabili a Fisciano – con 9 nove casi segnalati – e in diminuzione a Capaccio, con 227 casi a fronte dei 289 del precedente periodo di confronto.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie provenienti da organi di stampa locali, emerge un increscioso episodio di criminalità verificatosi ai danni di un ufficio bancario sito all'interno della cittadella giudiziaria di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno;
   in particolare, una banda di malviventi nel corso della notte tra venerdì 6 e sabato 7 luglio scorso, approfittando del buio e dell'assenza di allarmi e controlli, si introduceva all'interno dei locali della banca asportando furtivamente dalla cassaforte, con l'ausilio di una fiamma ossidrica, un bottino di circa 35 mila euro;
   i criminali, ancora ignoti alle forze dell'ordine, sarebbero presumibilmente gli stessi autori del furto, avvenuto con modalità del tutto analoghe alcuni mesi fa ai danni dello stesso ufficio bancario ubicato all'interno del palazzo di giustizia di via Falcone;
   la particolare dislocazione della filiale bancaria, all'interno di un tribunale pone l'evidente esigenza di garantire maggiore sicurezza all'interno ed all'esterno di un'area «sensibile» e di fondamentale importanza come quella che ospita la cittadella giudiziaria di Nocera Inferiore;
   nel suddetto complesso, infatti, sono attualmente ubicati sia gli uffici delle sezioni civili e penali del tribunale che quelli del Giudice di Pace, il cui distretto è al servizio di tutto l'Agro Sarnese Nocerino e tra i più vasti della provincia di Salerno –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti intenda assumere al fine di garantire maggiore sicurezza all'interno ed all'esterno della cittadella giudiziaria di Nocera Inferiore. (4-17004)

  Risposta. — Il furto cui fa riferimento l'interrogante si è verificato l'8 luglio scorso ai danni di una banca presente all'interno della cittadella giudiziaria di Nocera Inferiore, già interessata da un analogo episodio nell'ottobre del 2011.
  L'agenzia è ospitata, con ingresso indipendente, nello stabile occupato dagli uffici del giudice di pace e, fino al 3 agosto scorso, non era dotata di sistemi di sicurezza. Successivamente è stato installato un dispositivo di allarme e telecontrollo.
  La sicurezza della cittadella giudiziaria che ospita anche gli Uffici della Procura della Repubblica e del tribunale di Nocera Inferiore è assicurata da un muro di cinta che delimita l'intero perimetro dell'area non dotato di sistemi di allarme.
  La vigilanza viene assicurata dalle forze di polizia che dispongono anche di un presidio. Durante le ore notturne è presente un custode che fruisce di un alloggio nella struttura.
  Le forze dell'ordine dedicano la massima attenzione alle attività di vigilanza del territorio, intensificando, in ragione della sensibilità dell'obiettivo, i servizi coordinati di controllo del territorio lungo il perimetro esterno dell'area.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da alcuni cittadini salernitani, emerge che nelle scorse settimane taluni personaggi dediti all'attività di parcheggiatori abusivi a Salerno, nella località della fascia litoranea denominata «Torre Picentina», avrebbero illecitamente asportato le recinzioni di terreni privati per consentire il posteggio delle autovetture;
   in particolare, l'indebita operazione sarebbe stata effettuata ai danni della ditta Sole srl, proprietaria di un terreno delle dimensioni di circa 3.800 metri quadrati, sito nella suddetta località e destinato alla realizzazione di uno stabilimento balneare;
   come denunciato dal signor Antonio Beneventano, in qualità di amministratore unico della predetta società, il gruppo di parcheggiatori abusivi avrebbe non soltanto asportato le recinzioni, ma anche minacciato i proprietari di sospendere i lavori di costruzione dello stabilimento;
   in tal modo, il gruppo di ignoti avrebbe esercitato una pressione psicologica tipica dell'atteggiamento camorristico, spadroneggiando lungo la fascia costiera interessata, incurante delle proprietà private, e realizzando diverse ipotesi di reato, dall'invasione di terreni al danneggiamento aggravato, dalla violenza privata all'estorsione;
   il fenomeno dei parcheggiatori abusivi presenti lungo la fascia costiera di Salerno è molto diffuso e tende ad intensificarsi nel corso della stagione estiva, allorquando l'assenza di area di sosta autorizzate consente il proliferare di giovani che organizzano veri e propri parcheggi illegali a ridosso delle spiagge libere;
   tale realtà, oltre a causare talvolta una vera e propria «espropriazione» di terreni privati adibiti ad altre finalità, favorisce l'illegalità e danneggia l'immagine della città di Salerno, soprattutto per i tanti turisti che nel periodo estivo affollano le spiagge della fascia costiera a sud del capoluogo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti intenda assumere al fine di garantire maggiore sicurezza lungo la strada litoranea a sud di Salerno. (4-17255)

  Risposta. — La prefettura di Salerno ha più volte affrontato la problematica relativa al fenomeno dei parcheggiatori abusivi presenti lungo la fascia costiera di Salerno anche in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, nel quadro del più ampio contrasto ai fenomeni di illegalità diffusa riscontrati su quel territorio.
  I numerosi servizi di controllo effettuati dalle forze di polizia lungo la strada provinciale «litoranea» in sinergia con le polizie locali, hanno consentito di raggiungere buoni risultati, ampiamente riportati sulla stampa locale, contribuendo ad accrescere la percezione di sicurezza dei residenti.
  In particolare, per quanto riguarda l'episodio richiamato dall'interrogante circa la condotta illecita perpetrata ai danni della società «Sole s.r.l.», si comunica che, a seguito di denuncia da parte dell'Amministratore unico della predetta società, sono state effettuate indagini da parte dell'Arma dei carabinieri di Salerno.
  Tale attività ha consentito di accertare che la superficie di proprietà della «Sole s.r.l.», sul litorale sud di Salerno, contesa da alcuni parcheggiatori abusivi provenienti anche da comuni limitrofi, veniva spesso utilizzata quale area di parcheggio abusivo, malgrado fosse recintata dalla società proprietaria del fondo.
  Le ulteriori indagini hanno permesso di identificare il responsabile di tale condotta e deferirlo in «stato di libertà» per estorsione, minaccia e violenza nei confronti di due operai della società «Sole s.r.l.».
  Nell'ambito del procedimento penale instaurato nei suoi confronti, l'autorità giudiziaria ha emesso un decreto di sequestro preventivo d'urgenza del terreno, eseguito dai militari della citata stazione di Salerno-Mercatello lo scorso 10 agosto 2012.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   CONCIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nell'elenco ufficiale delle patologie e dei traumatismi, figuranti nella versione Icd 9 Cm da ultimo modificata con decreto ministeriale 18 dicembre 2008, a firma Ministro pro tempore Fazio, entrato in vigore il 1° gennaio 2009, a pagina 514, capitolo 302, paragrafo 0, è inserito il «lesbismo ego distonico», che viene dunque classificato a tutti gli effetti come malattia per gli enti pubblici e per l'Inps, che sulla base di quegli elenchi certifica disabilità e invalidità, per comuni e regioni, ospedali e istituti di previdenza;
   per lo Stato italiano, dunque, ad oggi, il lesbismo è ufficialmente annoverato come «patologia»;
   lo si è appreso dal settimanale l'Espresso, che ha svolto un'inchiesta sull'omofobia in Italia;
   tale presunta patologia è ormai scomparsa da anni dall'elenco in vigore nella comunità internazionale: l'Organizzazione mondiale della sanità ha infatti cancellato l'omosessualità dall'elenco ufficiale delle malattie già nel 1993;
   l'elenco nella versione Icd 9, attualmente in vigore, è la traduzione di un documento dell'Agenzia federale americana, che è, in effetti, già decaduto e sostituito da anni a livello internazionale dal modello successivo, «Icd 10», dove il riferimento al lesbismo non c’è più;
   il Ministero della salute ha diffuso una nota nella quale «si precisa che la versione italiana dell'ICD-9-CM recepisce la classificazione internazionale attualmente in uso negli Stati Uniti. Il Dipartimento della Salute del Governo americano ha predisposto l'adozione della nuova classificazione, denominata ICD-10-CM, che entrerà in vigore il 1° ottobre 2013. L’iter italiano di aggiornamento, quindi, sta avvenendo secondo la tempistica ordinaria e senza alcun ritardo burocratico»;
   in realtà si tratta di un ritardo inaccettabile che non fa altro che accomunare il nostro Paese a quei paesi in cui l'omosessualità è considerata un reato perseguibile con la pena di morte –:
   se il Ministro non ritenga che il mancato adeguamento al modello Icd 10, che da anni ha sostituito a livello internazionale il precedente Icd 9 in cui si classificava il lesbismo come disturbo ego-distonico e che si scopre essere ancora in vigore nel nostro Paese, sia un fatto estremamente grave, e se non ritenga, dunque, di dover superare con urgenza qualunque difficoltà procedurale con un provvedimento che adegui immediatamente la nostra normativa alla nuova classificazione dell'Organizzazione mondiale della sanità, cancellando così definitivamente la dicitura «lesbismo ego distonico» dall'elenco delle patologie figuranti nella versione Icd 9. (4-15766)

  Risposta. — In riferimento alla questione sollevata con l'interrogazione parlamentare in esame, si ritiene opportuno presentare alcune considerazioni preliminari e metodologiche.
  Il codice 302.0 dell’«International classification of diseases 9 clinical modification (ICD-9-CM)», ovvero lo strumento internazionale utilizzato per la definizione delle diagnosi e dei traumatismi nei ricoveri (usato in Italia per le schede di dimissione ospedaliera) riporta la definizione di «orientamento sessuale ego distonico», che, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, si ha quando l'identità di genere o la preferenza sessuale (eterosessuale, omosessuale, bisessuale o prepuberale) non è in dubbio, ma l'individuo desidererebbe che fosse diversa a causa di disordini psicologici e del comportamento associati.
  Sulla base di questi assunti, va rilevato che non vi è alcun fondamento nel ritenere che esista una classificazione come patologia di un qualsivoglia orientamento sessuale.
  Il «lesbismo ego distonico» e la «omosessualità ego distonica» (quest'ultima definizione è presente non nell'elenco sistematico delle malattie ma nell'indice alfabetico) sono citati unicamente con lo scopo di indicare che essi vanno ricondotti nella categoria generale dell'orientamento sessuale ego distonico e, quindi, identificati con il codice 302.0.
  Per quanto concerne gli aspetti riguardanti il regime di ricovero ospedaliero in relazione alla tematica in questione, si segnala che, attualmente, nelle schede di dimissione ospedaliera, relativamente alle patologie che caratterizzano il ricovero, alle procedure diagnostico-terapeutiche applicate durante lo stesso e alla remunerazione delle prestazioni ospedaliere erogate, vengono utilizzate la versione italiana 2007 della ICD-9-CM e la versione 24 del sistema di classificazione delle prestazioni ospedaliere «
Diagnosis related groups» (DRG), secondo quanto stabilito nel decreto ministeriale del 18 dicembre 2008.
  Come previsto nel decreto, presso il Ministero della salute è attivo un progetto per l'aggiornamento delle classificazioni, comprese le modifiche delle classificazioni internazionali che sono necessarie per adeguare le stesse alla realtà di ogni Paese; attualmente, ciò avviene in seguito alla disponibilità di una nuova classificazione e non semplicemente nella revisione della versione in uso.
  L’
iter del passaggio da un sistema di classificazione ad un altro comporta una serie di azioni e una tempistica tecnica (e non «burocratica») molto diversa rispetto a quelle necessarie per l'aggiornamento da una versione all'altra dello stesso sistema di classificazione.
  La diversità riguarda l'importante impatto sui sistemi informativi per l'adeguamento strutturale e organizzativo, ma anche l'impatto sui sistemi che usano direttamente il contenuto informativo delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) a scopo programmatico e valutativo come, per esempio, il sistema di garanzie per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria e la griglia dei livelli essenziali di assistenza-LEA, in termini di confronti temporali e geografici degli indicatori.
  È evidente che la complessità dell’
iter (sempre tecnica e non «burocratica») è necessaria per garantire un prodotto di alta qualità informativa omogenea in tutto il territorio nazionale e, pertanto, coinvolge diversi «attori» e prevede decisioni sequenziali e la conseguente approvazione di nuove normative da parte di diversi tavoli, enti, strutture, eccetera.
  La procedura descritta non riguarda la modifica di un singolo codice alla volta, ma tale procedura prevede di rilevare tutti gli aspetti e risolvere tutte le criticità emerse dall'uso consuetudinario della precedente classificazione in tutte le strutture di ricovero italiane.
  Il processo di aggiornamento dei sistemi di classificazione in Italia, come negli altri Paesi, è un percorso globale e continuo che si svolge per tappe successive e nel corso del quale ogni tappa è contraddistinta da un provvedimento o un decreto che permetta di mantenere e migliorare l'omogeneità territoriale del nostro Paese, al fine di assicurare l'equità dell'assistenza sanitaria e della promozione della salute.
  In conclusione, per fornire, a tal proposito un'idea e un termine di confronto con un importante Paese del mondo, si ritiene opportuno far presente che la versione italiana della ICD-9-CM recepisce la classificazione internazionale attualmente in uso negli Stati Uniti d'America.
  Il dipartimento della salute del Governo americano ha predisposto l'adozione della nuova classificazione, denominata ICD-10-CM, che entrerà in vigore il 1o ottobre 2013. L’
iter italiano di aggiornamento, quindi, sta avvenendo secondo la tempistica ordinaria.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   CONTENTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Resia ha recentemente manifestato l'intenzione di non rinnovare la convenzione per la gestione del centro culturale al gruppo «Val Resia» e di individuare, quindi, un nuovo soggetto allo scopo;
   sulla base di notizie di stampa, il console generale della Repubblica di Slovenia, dottor Dimitriy Rupel, ha inviato una missiva al sindaco di Resia nel contesto della quale, dopo aver individuato nell'associazione «identità e tutela Val Resia» la probabile candidata alla gestione del centro, «distinta per le sue contrapposte posizioni alle attività culturali slovene», ha aggiunto: «il partito dell'Unione slovena-Slovenska Skupnost ed entrambe le unioni-confederazioni degli sloveni in Italia hanno espresso il loro dissenso a questo tipo di provvedimento che peraltro la giunta comunale non ha ancora avvallato, avvisando che la Val Resia è caratterizzata dalla presenza autoctona della popolazione slovena»;
   sempre nella missiva ricordata, il console generale, dopo aver ricordato che la struttura del centro culturale fu costruita in seguito al terremoto del 1976 con gli aiuti dell'allora Repubblica federativa socialista jugoslava, «con lo scopo di adibirla alle attività culturali dei resiani», chiedeva al sindaco di Resia «di informare il Consolato sloveno sull'evolversi della attivazione riguardante il centro culturale» e, auspicato il mantenimento dei buoni rapporti tra le rispettive popolazioni minoritarie e maggioritarie del F.V.G. e tra i due paesi, si diceva convinto che avrebbe concorso costruttivamente a questi rapporti chiedendo altresì di illuminare sulla vicenda e di modificare eventualmente gli attuali indirizzi dell'amministrazione;
   con lettera del mese di novembre 2012, il sindaco di Resia replicava ampiamente al console generate sottolineando la singolarità dell'interferenza su decisioni d competenza del comune ed evidenziando come il comune non fosse tenuto ad informare alcuno sull'affidamento in gestione di un proprio stabile;
   la vicenda, secondo l'interrogante, merita l'attenzione del competente Ministero, sia per il mantenimento degli auspicabili buoni rapporti tra le comunità minoritarie e la maggioranza dei cittadini ivi residenti, sia in relazione all'iniziativa del console generale che, sindacando apertamente un indirizzo espresso legittimamente dal comune di Resia circa l'affidamento della gestione del centro culturale, sembra aver travalicato i propri compiti e le proprie prerogative –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda eventualmente assumere in merito. (4-18671)

  Risposta. — La questione della minoranza slovena nella regione Friuli Venezia Giulia è costantemente ed attentamente seguita dalle autorità di Lubiana; in Italia la competenza sulla materia è del Ministero dell'interno, che ha di recente istituito un apposito tavolo interistituzionale di dialogo con le associazioni rappresentative di tale minoranza.
  La questione evocata nell'interrogazione parlamentare afferisce infatti ai rapporti tra la minoranza slovena e la comunità della Val di Resia (circa 1200 persone) che, pur essendone parte, se ne distinguerebbe per motivi storico-linguistici. Anche la vicenda relativa alla gestione del centro culturale di Resia è seguita dal Ministero dell'interno.
  Per ciò che concerne lo specifico punto sollevato nell'interrogazione parlamentare, non essendo noto l'effettivo contenuto dello scambio epistolare intercorso tra il sindaco di Resia ed il console Rupel, non si ravvisano al momento i presupposti per eventuali azioni nei riguardi del console generale sloveno a Trieste. Egli, infatti, nella sua qualità di console straniero, in base alla convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, può comunicare direttamente con le Autorità locali della circoscrizione di sua competenza nell'esercizio delle funzioni consolari alle quali è preposto.
  È opportuno ricordare che l'attenzione delle autorità di Lubiana alle questioni relative alla minoranza slovena nella regione Friuli Venezia Giulia è testimoniata anche dalla nomina dello stesso Dimitriy Rupel a console Generale a Trieste. Rupel, che ha ricevuto l’
exequatur lo scorso 11 giugno, vanta un curriculum di alto livello, essendo stato uno dei fondatori dell'Unione democratica slovena (SDZ), primo Ministro degli affari esteri della Slovenia indipendente, dal 1990 fino al 1993, carica che ha poi ricoperto per altre due volte dal 2000 al 2004 e quindi nuovamente a fine 2004, prima di essere nominato nel 2005 presidente dell'Osce; egli è stato anche ambasciatore a Washington e sindaco di Lubiana, carica che ha ricoperto dal 1995 al 1997.
  Il Ministero degli affari esteri solleciterà in ogni caso il competente Ministero dell'interno a raccogliere ulteriori informazioni su caso sollevato nell'interrogazione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   DAL LAGO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   troppo spesso i treni fermi in stazione sono presi d'assalto da più o meno piccoli delinquenti che borseggiano i passeggeri o che addirittura sottraggono i bagagli posizionati già all'interno del convoglio, rendendo pericoloso allontanarsi anche per pochi minuti dal proprio posto;
   con altrettanta frequenza capita di imbattersi, a bordo dei treni in movimento, in questuanti, presumibilmente senza regolare titolo di viaggio, che chiedono l'elemosina;
   spesso questi gravi e spiacevoli episodi si verificano a causa dell'assenza di controlli in stazione e a bordo dei treni da parte del personale della compagnia ferroviaria e di agenti di polizia;
   la polizia ferroviaria è una specialità della Polizia di Stato, preposta alla prevenzione ed alla repressione dei reati, nonché alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica in ambito ferroviario. In particolare, si legge sul sito del Ministero dell'interno, è presente sui treni in corsa, assicura la vigilanza nelle stazioni ed il pattugliamento delle linee ferroviarie, persegue i reati che pregiudicano l'esercizio ferroviario, la sicurezza e la regolarità dei trasporti –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, al fine di migliorare le condizioni di viaggio e di sicurezza dei cittadini che scelgono di viaggiare in treno, intensificare i controlli da parte della polizia ferroviaria per i treni fermi in stazione, anche attraverso azioni coordinate con il personale delle compagnie ferroviarie, assicurandosi che salgano a bordo dei treni (sia in movimento, sia in sosta) esclusivamente i passeggeri muniti di regolare titolo di viaggio. (4-16536)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si rappresenta che la polizia ferroviaria – quale specialità della polizia di Stato preposta alla prevenzione ed alla repressione dei reati, nonché alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica in ambito ferroviario – assicura quotidianamente la presenza di proprie pattuglie a bordo di circa 400 convogli e presso 215 stazioni, impiegando circa 1500 operatori in mirati servizi di scorta ai treni viaggiatori (mediamente 185 ogni giorno) e di vigilanza all'interno degli impianti ferroviari (mediamente 580 al giorno).
  L'impegno profuso dal personale della specialità nell'attività di prevenzione ha portato nel corso degli anni ad evidenti risultati positivi in termini di contrasto alla delittuosità in ambito ferroviario.
  Prendendo in considerazione l'ultimo quinquennio, ad esempio, si rileva un progressivo decremento del fenomeno dei furti ai danni di viaggiatori, sia in stazione che a bordo treno: dal 2007 al 2011 risulta, infatti, un calo dei furti a bordo treno pari al 50 per cento; analogamente, si registra una riduzione del 63 per cento dei furti commessi in stazione. In particolare, l'incidenza dei furti a bordo dei treni circolanti in media sul territorio nazionale è dello 0,001 per cento in pratica, si verifica un furto ogni 1000 convogli.
  Tale dato va comunque letto in relazione alla risposta fornita dalla specialità in termini di attività di repressione: nei primi sei mesi dell'anno in corso, infatti, a fronte di complessivi 2658 furti (in stazione e a bordo treno), risultano 94 arrestati in flagranza di reato e 103 indagati, con un totale di 581 furti scoperti (22 per cento circa del totale).
  Quanto alla presenza a bordo dei treni di questuanti, ovvero di persone prive di regolare titolo di viaggio, la polizia ferroviaria fornisce la propria collaborazione al personale delle compagnie ferroviarie, impegnato sia nelle operazioni ordinarie di verifica dei biglietti che nel corso di mirati servizi antievasione programmati settimanalmente su tutto il territorio nazionale dalle ferrovie dello Stato italiane.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   DI BIAGIO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dal primo settembre 2010 nella città di Saarbrucken, Repubblica federale di Germania, è attivo uno sportello consolare alle dipendenze del consolato generale in Francoforte sul Meno;
   il bacino di utenza a cui fa riferimento il citato sportello consolare consta di 30.000 unità, tutti cittadini afferenti alla comunità italiana dell'area, che risulta essere una delle più vaste in Europa, con tutte le conseguenze in termini di mole di lavoro ed erogazione dei servizi;
   fino al 31 luglio 2012 risultavano operative presso il suddetto sportello consolare quattro risorse, configurate come impiegati con contratto disciplinato dalla legge italiana, successivamente a seguito del pensionamento di una delle risorse, il contingente operativo è stato ridotto a 3 unità;
   dal mese di agosto 2012, secondo le informazioni a disposizione dell'interrogante, risulta essere assente ininterrottamente per congedo straordinario una delle tre figure impiegatizie dello sportello consolare, creando un forte aggravio di lavoro sui restanti due impiegati che devono far fronte alla mole di attività già accresciuta a seguito del pensionamento di una delle risorse, con conseguenze prevedibili sulle dinamiche di funzionamento della struttura;
   il ridimensionamento di organico presso il suddetto sportello rischia di inficiare il buon lavoro strutturato in questi anni dall'amministrazione, che ha contributo di certo a definire lodevoli relazioni con le istituzioni locali ed una determinante efficienza nelle dinamiche di integrazione della comunità italiana nell'area –:
   quali iniziative o provvedimenti si intendano predisporre al fine di ripristinare l'organico originariamente operativo presso lo sportello consolare in Saarbrucken, in modo da consentirne un corretto ed efficace funzionamento a tutela delle esigenze e delle istanze delle collettività italiane del Saarland e delle zone limitrofe del Palatinato. (4-18847)

  Risposta. — Il processo di razionalizzazione della rete consolare, avviato già da alcuni anni, si pone quale obiettivo quello di ridurre gradualmente le nostre sedi consolari cercando di mantenere, al contempo, adeguati livelli di assistenza ai connazionali.
  La soppressione del consolato a Saarbruecken ed il progressivo trasferimento di competenze al consolato generale a Francoforte si inseriscono in questo progetto che non deve intendersi come ispirato esclusivamente a pur importanti esigenze di risparmio bensì alla necessità di rendere più adeguata ai tempi la nostra rete consolare, che resta una delle più estese al mondo.
  Le legittime aspettative degli utenti dei servizi consolari e le esigenze personali dei dipendenti del consolato hanno indotto l'Amministrazione degli esteri a mantenere temporaneamente sul posto, in luogo del consolato soppresso, uno sportello consolare, il cui organico si compone di tre impiegati a contratto.
  Nell'attesa che venga meno il blocco delle assunzioni che ha interessato il personale a contratto nel corso dei 2012, un largo numero di sedi si trova attualmente a fronteggiare una situazione di grave sofferenza imputabile alla carenza di organico.
  Alla luce di quanto sopra esposto, la Farnesina compirà le opportune valutazioni al fine di assicurare la regolare attività dello sportello consolare nelle more di un definitivo trasferimento delle sue competenze alla sede di Francoforte.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   DI GIUSEPPE e ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   come comunicato in una nota ufficiale della FLC CGIL Molise del 6 settembre 2012, l'organizzazione sindacale denuncia numerose segnalazioni pervenute dalle istituzioni scolastiche della regione Molise e dal personale docente interessato, circa supposte anomalie riguardanti l'organico di sostegno assegnato dagli uffici scolastici provinciali;
   la nota individua due criticità, nella prima si legge che «a differenza degli anni scolastici precedenti, gli uffici scolastici provinciali non hanno comunicato alle scuole le ore da attribuire al singolo alunno, ma le cattedre complessive assegnate all'Istituto»; nella seconda si evidenzia come «le ore di sostegno assegnate alle singole scuole non corrispondono a quanto richiesto a suo tempo con modelli H1 e H2»;
   stante così le cose i dirigenti scolastici si trovano costretti a dover ripartire le ore attribuite ai diversamente abili, molto spesso inferiori rispetto a quanto richiesto, senza che siano stati resi noti i criteri, riguardanti le decurtazioni, utilizzati dal gruppo di lavoro provinciale, competente per l'attribuzione delle ore al singolo alunno;
   è opportuno rilevare come la normativa in vigore, pur prevedendo espressamente l'assegnazione dell'organico di sostegno complessivamente alla scuola e non agli alunni (decreto-legge n. 98 del 6 luglio 2011 e circolare ministeriale n. 61 del 18 luglio 2012), fa permanere la competenza circa l'attribuzione delle ore in capo all'ufficio scolastico provinciale, che, a tal fine, si avvale dell'apposito GLH;
   senza i criteri operativi, le scuole avranno difficoltà ad assegnare le ore agli alunni e tale modalità operativa rischia di far aumentare esponenzialmente il contenzioso in materia, scaricando le responsabilità sulle singole istituzioni scolastiche, con conseguente inutile aggravio per la spesa pubblica –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche esposte, comuni a tutti gli uffici scolastici provinciali d'Italia, e in particolare a quelli molisani;
   se non si ritenga utile sollecitare gli uffici scolastici provinciali a comunicare espressamente alle singole istituzioni scolastiche i criteri utilizzati per attribuire i posti ad ogni singola scuola. (4-17661)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante, con particolare riferimento alla situazione delle scuole del Molise, chiede chiarimenti riguardo ai criteri utilizzati dagli uffici scolastici provinciali nell'attribuzione dei posti di sostegno ad ogni singola scuola.
  Si informa al riguardo che, in merito al caso specifico segnalato dall'interrogante, è stato interessato il direttore del competente ufficio scolastico regionale per il Molise, il quale ha comunicato che gli uffici provinciali di Campobasso e Isernia hanno operato in stretta aderenza alle previsioni legislative e ministeriali che non prevedono più l'assegnazione delle ore di sostegno al singolo alunno disabile ma alla scuola.
  Tali previsioni si rinvengono essenzialmente nell'articolo 19, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, e nella circolare ministeriale n. 61 del 18 luglio 2012 sull'adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto. Come anche rilevato dall'interrogante, tali disposizioni stabiliscono il principio che il docente di sostegno è una risorsa assicurata alla scuola, perché su tutta la scuola, nella molteplicità delle sue componenti, ricade il dovere di apprestare per l'alunno disabile gli strumenti che ne favoriscano l'integrazione, l'educazione e l'apprendimento.
  Proprio in quanto risorsa assegnata alla scuola e non al singolo allievo disabile, il docente di sostegno fa parte a pieno titolo del consiglio di classe, ne assume la contitolarità e partecipa alla programmazione educativa e didattica, alla elaborazione e alla verifica delle attività di competenza del consiglio stesso con riferimento a tutti gli alunni della classe e non al solo portatore di
handicap, come previsto dal testo unico sull'istruzione approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994.
  L'assegnazione delle ore di sostegno agli alunni disabili non può prescindere dalla considerazione di alcuni elementi che solo le singole scuole possono rilevare, quali, ad esempio, il numero degli alunni per classe, la competenza in materia di sostegno dei docenti di classe, e così di seguito. Tali elementi certamente incidono sulla quantificazione delle ore di sostegno da attribuire al singolo alunno disabile, nell'ambito delle ore complessivamente assegnate alla scuola.
  Invero, proprio in questa ottica lo stesso articolo 9, comma 11, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 prevede che, nell'ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, venga data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili.
  Ogni valutazione al riguardo non può che avvenire in sede di singola scuola e non già da parte dell'ufficio scolastico territoriale.
  Anzi, quest'ultimo, con il supporto tecnico del gruppo di lavoro sull’
handicap, altro non può fare che valutare la gravità della disabilità nei parametri lieve/media/grave di tutti gli alunni disabili della singola scuola, assegnando in correlazione le ore di sostegno complessivamente necessarie alla scuola stessa.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaFrancesco Profumo.


   DI GIUSEPPE e BORGHESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i quotidiani di giovedì 11 ottobre 2012 hanno riportano l'episodio denunciato dalla trasmissione Rai3 «Chi l'ha visto» del 10 ottobre 2012, che ha trasmesso un video amatoriale in cui si vede la reazione di un bambino di dieci anni, che cerca disperatamente di liberarsi dagli agenti di polizia, che cercano di trascinarlo e caricarlo su un auto, priva di contrassegni, con l'intento di portarlo via da una scuola elementare di Cittadella (Padova);
   nel video si nota chiaramente come i tentativi di liberarsi del bambino siano vani e come il minore chieda disperatamente aiuto ad una zia presente all'accaduto;
   i quotidiani La Stampa e Il Messaggero, parlano dell'accaduto e riprendono il filmato trasmesso dalla trasmissione «Chi l'ha visto»;
   l'episodio si è verificato a seguito di un'ordinanza della corte d'appello di Venezia, che stabiliva «l'allontanamento del minore dall'ambiente materno, e il suo affido in via esclusiva al padre», con collocamento in una comunità;
   la mamma di Leonardo, il minore, ha dichiarato: «Sono andata nella casa famiglia con il pediatra e ho chiesto che il bambino venisse visitato, ma non mi è stato permesso»; ha anche dichiarato che al minore era stata diagnosticata la Pas (sindrome da alienazione parentale);
   sarebbe opportuno comprendere le ragioni del diniego opposto dalla casa famiglia e quindi dagli assistenti sociali circa la visita pediatrica;
   gli assistenti sociali avevano provato altre quattro volte, dal 25 agosto in poi, a eseguire il provvedimento che toglieva il ragazzo alla madre, per affidarlo al padre. La prima volta il bambino si era rifugiato nella sua cameretta, rimanendo aggrappato alla rete del letto per ore ed altre ancora aveva opposto una resistenza tale da far sospendere l'esecuzione. Appare chiarissimo alla scrivente, visto il delicato equilibrio del minore, che il comportamento tenuto dagli agenti di polizia, già deprecabile in casi di relativa normalità, sia assolutamente da condannare in una vicenda così complessa;
   la professoressa Marina Zanon, preside della scuola, ha dichiarato: «Anch'io sono rimasta sconvolta e turbata da quanto ho visto ieri. Ho visto le immagini di Chi l'ha visto, fornite alla trasmissione dalla zia del piccolo, e mi hanno fatto piangere, perché penso alla situazione drammatica in cui si trova ora il piccolo»;
   molti genitori degli alunni della scuola elementare di Cittadella (Padova), in questi giorni stanno protestando contro l'accaduto;
   in una nota del Presidente del Senato Schifani si legge che le immagini proiettate: «hanno creato indignazione e sgomento in tutti noi italiani. I bambini hanno diritto ad essere ascoltati e rispettati, e ogni provvedimento che li riguardi deve essere posto in essere con la prudenza e l'accortezza imposti dalla loro particolare situazione minorile. Comportamenti come quello al quale abbiamo tutti assistito, meritano immediati chiarimenti ed eventuali provvedimenti». Dichiarazione perfettamente condivisibile;
   sono necessarie urgenti iniziative per limitare prima, ed eventualmente risarcire poi, il trauma psicologico-emotivo cagionato al minore;
   il questore di Padova, Vincenzo Montemagno, con inaudita mancanza di delicatezza, ha dichiarato: «È stata una spettacolarizzazione messa in atto dai familiari materni in una vicenda complessa», commentando l'intervento dei suoi uomini nella scuola di Cittadella. Un commento, a parere della scrivente, inopportuno e deprecabile;
   il lavoro della Commissione parlamentare per l'infanzia ha già evidenziato come spesso i diritti dei minori vengono violati anche in un Paese ricco ed industrializzato come l'Italia, e l'episodio in oggetto ne è la dimostrazione. Appare evidente che la garanzia dei diritti dei minori dovrebbe essere un pilastro fondamentale anche per il nostro Paese;
   anche la recente ratifica della Convenzione di Lanzarote, strumento necessario alla lotta contro gli abusi sui minori, evidenzia come e quanta attenzione si debba porre all'indirizzo dei bambini, non è quindi pensabile né accettabile che si transiga su episodi come quello in oggetto, qualsiasi violenza lascia tracce indelebili nella psiche dei minori –:
   se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intenda prendere in merito all'accaduto;
   se non si ritenga necessario individuare gli agenti che hanno eseguito il prelevamento del minore, anche attraverso l'intervento del capo della polizia Antonio Manganelli. (4-18100)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto, l'interrogante chiede chiarimenti in merito al recente episodio avvenuto nel comune di Cittadella, relativo all'esecuzione di un provvedimento di allontanamento di un minore dall'ambiente familiare materno.
  La vicenda ha suscitato una forte reazione emotiva in tutta l'opinione pubblica e questa amministrazione ha immediatamente fornito elementi di conoscenza al Parlamento – nel corso dell'informativa urgente svolta lo scorso 12 ottobre – sottolineando come l'intervento della Polizia in quell'occasione sia stato determinato dalla necessità di dare assistenza agli operatori dei servizi sociali e consentire l'attuazione del predetto provvedimento dell'autorità giudiziaria (subito dopo il rigetto del ricorso con il quale la madre ne aveva chiesto la sospensiva).
  Su disposizione del giudice, infatti, il padre aveva richiesto per l'esecuzione del provvedimento il supporto dei servizi sociali e della forza pubblica, oltre che di uno psichiatra consulente tecnico della Corte d'appello. Quest'ultimo era stato interessato dai servizi sociali ai fini dell'individuazione dell'istituto scolastico frequentato dal minore, quale luogo più idoneo per l'intervento.
  Sul posto si sono recati, insieme al padre e al citato consulente tecnico d'ufficio, anche quattro operatori dei servizi sociali del comune di Padova, tra cui il responsabile ed uno psicologo, nonché tre dipendenti della questura, di cui due operatrici dell'ufficio minori ed un dipendente del Gabinetto interregionale polizia scientifica, tutti in abiti civili.
  La presenza della polizia scientifica si è resa necessaria per documentare – anche con riprese video – le fasi dell'intervento, in quanto i familiari del bambino già in passato avevano reagito a precedenti esecuzioni, effettuate presso l'abitazione materna. In quelle occasioni il Consulente tecnico d'ufficio e gli assistenti sociali erano stati indotti a non procedere all'attuazione del provvedimento. Si fa comunque presente che all'intervento non hanno assistito i compagni di classe, per effetto della decisione, adottata dal dirigente scolastico, di allontanarli dall'aula, dove rimaneva pertanto il minore in compagnia di un insegnante.
  Solo dopo che era stato verificato, attraverso un colloquio tenuto dal minore con lo psichiatra e lo psicologo, l'impossibilità di ottenere una condotta volontaria da parte del bambino, il padre è entrato nell'edificio scolastico per prelevano fisicamente e condurlo nell'autovettura in dotazione ai servizi sociali (che lo avrebbe accompagnato alla comunità di accoglienza).
  Per effetto della condotta recalcitrante del minore – su richiesta del padre e su sollecitazione del Consulente tecnico d'ufficio – sono intervenuti gli operatori di polizia, al solo fine di salvaguardare l'incolumità del bambino.
  Appena uscito dall'ingresso secondario dell'edificio scolastico, il minore invocava con urla l'intervento dei familiari della madre, allontanati a fatica dai tre operatori di polizia.
  In tale fase concitata, il padre afferrava per le gambe il bambino, aiutato da un assistente di polizia che lo sollevava da terra per evitare che il minore si potesse far male.
  Nonostante la resistenza sempre più accesa dei familiari, gli operatori di polizia riuscivano ad allontanarli dal veicolo, consentendone le partenza.
  Ai parenti che continuavano a protestare vivacemente contro le forze dell'ordine, chiedendo l'esibizione del provvedimento di diniego della sospensiva, un ispettore capo della polizia di Stato ha replicato, con espressioni assolutamente non professionali, che il grado di parentela con il minore non giustificava la richiesta.
  Durante tutto l'intervento, il padre, il Consulente tecnico d'ufficio ed il personale dei servizi sociali, nonostante la difficile situazione venutasi a creare, hanno mostrato la ferma volontà di portare a termine l'esecuzione del provvedimento giudiziario.
  I fatti sono stati tempestivamente riferiti all'autorità giudiziaria con un'informativa corredata da tutti gli atti acquisiti, tra i quali anche il video prodotto dalla polizia scientifica.
  Come è noto, in ordine all'attività svolta dalle forze dell'ordine è stata avviata, su disposizione del capo della polizia, un'apposita inchiesta conoscitiva, condotta dai massimi rappresentanti dell'ufficio centrale ispettivo del dipartimento della pubblica sicurezza, che dovrà valutare le condotte poste in essere alla luce della complessiva documentazione e dei conseguenti elementi di valutazione acquisiti.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   DI PIETRO, PALAGIANO e PIFFARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   tra gli anni cinquanta e sessanta, in Europa, sono nati migliaia di bambini colpiti da gravi patologie su base iatrogena e malformazioni come l'amelia – mancanza degli arti – o vari gradi di focomelia – riduzione delle ossa lunghe degli arti. La causa va ricercata nell'effetto collaterale di uno psicofarmaco, il talidomide, somministrato alle donne nei primi mesi di gravidanza per combattere la nausea o come sedativo-tranquillante alternativo ai barbiturici;
   questo farmaco, con il nome di «Contergan», era stato introdotto nel mercato da un'industria farmaceutica tedesca, la Chemie Griunenthal che ne assicurava l'innocuità;
   il talidomide è stato così commercializzato in diversi altri Paesi d'Europa a partire da metà degli anni cinquanta, estendendo in maniera esponenziale i suoi gravissimi effetti collaterali: 6.000 bambini affetti da amelia o focomelia nella Germania occidentale, 400 in Gran Bretagna, 100 in Svezia e molti altri nel resto d'Europa, per un totale compreso tra 8.000 e 10.000 casi;
   il Ministero della salute nel 1962 ha ordinato il divieto di commercializzare questo prodotto sul mercato italiano e il ritiro di tutti i farmaci contenenti talidomide in circolazione. Questo provvedimento restrittivo è arrivato, però, con un ritardo di circa sei mesi rispetto a quanto predisposto dai competenti Ministeri europei;
   le famiglie colpite dalla sindrome da talidomide sono state risarcite dalla stessa casa farmaceutica tedesca, tranne che in Italia e in Spagna;
   in Italia, l'unico aiuto erogato da parte dello Stato ai soggetti colpiti dagli effetti del talidomide, fino al 2008, è stato l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria secondo quanto disposto dall'articolo 3 del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27;
   solo nel 2008, il comma 363 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), ha stabilito che «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia» è riconosciuto «l'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229»;
   tale indennizzo consiste in un assegno vitalizio mensile da corrispondere per metà al soggetto danneggiato e per l'altro 50 per cento ai congiunti che lo assistono;
   molti sono coloro che, pur avendo accertato il nesso tra assunzione del farmaco e patologia deformante, attendono ancora il giusto risarcimento da parte dello Stato a causa della difficoltosa procedura burocratica per il riconoscimento dell'indennizzo. La circolare ministeriale del 5 novembre 2009, n. 31, prevede, infatti, l'obbligo di presentazione di documenti anche molto datati e difficilmente reperibili, come la cartella clinica della nascita e altre «cartelle cliniche e/o certificazioni di struttura pubblica dalle quali risulti la diagnosi, la terapia e gli interventi eventualmente subiti»;
   ulteriori precisazioni sulle modalità di erogazione dell'indennizzo sono arrivate dall'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, che ha specificato che l'indennizzo previsto dalla legge finanziaria 2008 è riconosciuto solo ai soggetti nati dal 1959 al 1965;
   è evidente, agli occhi degli interroganti, che si tratta di una limitazione troppo restrittiva in quanto esistono soggetti che non sono nati negli anni stabiliti dal menzionato articolo 31, ma che sono comunque affetti da quella che è meglio conosciuta come «sindrome da talidomide»;
   a questi soggetti lo Stato non riconosce il nesso di casualità tra il farmaco assunto dalla madre e il loro fenotipo, discriminando, di fatto, chi è stato danneggiato da un errore altrui, ma ha la «colpa» di essere nato uno o due anni prima o dopo il termine sancito dalla legge;
   molte sono le cause giudiziarie avviate contro il Ministero interrogato da persone affette dalla «sindrome da talidomide» escluse dall'indennizzo, così come diverse sono le ipotesi di illegittimità costituzionale dell'articolo succitato che, di fatto, negherebbe il diritto, a chi non è nato tra il cinquantanove e il sessantacinque, di essere visitato per accertare il nesso causa effetto tra talidomide e patologie diagnosticate;
   diverse, inoltre, sono le proposte di modifica dell'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, in attesa di essere assegnate alle Commissioni parlamentari per l'inizio dell’iter tra le quali una nata su iniziativa dei deputati dell'Italia dei Valori;
   inoltre, allo stato attuale, in Italia non risulta essere stata mai promossa un'indagine scientifica volta a stabilire l'incidenza della sindrome da talidomide e il numero effettivo di medicinali in cui la molecola era contenuta nel periodo in cui la sua commercializzazione nel nostro Paese era consentita;
   oggi, in Italia, si stima che il numero di soggetti viventi affetti dalle gravi malformazioni causate dalla talidomide sia di circa 150 persone –:
   se, in base a quanto esposto in premessa, non intenda assumere un iniziativa normativa urgente per modificare l'articolo 31 delle legge finanziaria 2008, ampliando il range temporale per il riconoscimento del nesso tra sindrome da talidomide e patologie dalle quali i cittadini sono affetti;
   se non intenda assumere iniziative dirette a semplificare le procedure per il riconoscimento dell'indennizzo da parte dei soggetti colpiti da amelia, focomelia, macromelia ed emimelia a causa dell'assunzione, da parte della madre durante la gravidanza, di farmaci contenenti talidomide;
   se non intenda, al più presto, promuovere un'indagine per accertare la reale incidenza di questa patologia nel nostro Paese, nonché il numero e la tipologia di tutti i farmaci contenenti talidomide commercializzati tra gli anni cinquanta e sessanta in Italia, al fine di corrispondere il giusto indennizzo a quanti ne hanno pieno diritto. (4-16060)

  Risposta. — I limiti temporali previsti per accedere all'indennizzo di cui alla legge n. 244 del 2007, riguardante i pazienti affetti da sindrome talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia, nati negli anni dal 1959 al 1965, sono prestabiliti dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti.
  Pertanto, le eventuali modifiche delle disposizioni contenute nella legge n. 14 del 2009, finalizzate ad ampliare l'arco temporale in questione, nonché lo stesso ambito di applicazione della normativa, devono essere previste da atti di natura legislativa.
  L'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), in merito ai farmaci contenenti talidomide commercializzati in Italia tra gli anni cinquanta e sessanta, ha precisato quanto segue:
   nome medicinale: Imidene; ditta produttrice: Smit (Torino); decreto registrazione: 13.779; in commercio negli anni 1959, 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Sedimide; ditta produttrice: Mugolio (Milano); decreto registrazione: 14.370; in commercio negli anni 1959, 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Profarmil; ditta produttrice: Profarmi (Milano); decreto registrazione: 14.654; in commercio negli anni 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Quietoplex; ditta produttrice: Livsa Vailant (Milano); decreto registrazione: 14.854; in commercio negli anni 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Gastrimide; ditta produttrice: Livsa Vailant (Milano); decreto registrazione: 15.061; in commercio negli anni 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Imidene ipnotico; ditta produttrice: Smit (Torino); decreto registrazione: 15.144; in commercio negli anni 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Quietimid; ditta produttrice: Biocorfa (Torino); decreto registrazione: 15.216; in commercio negli anni 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Sedoval; ditta produttrice: Italfarma (Torino); decreto registrazione: 15.501; in commercio negli anni 1960, 1961, 1962;
   nome medicinale: Ulcerfen; ditta produttrice: Biocorfa (Torino); decreto registrazione: 17.210; in commercio negli anni 1961, 1962.

  Da quanto sopra esposto, appare evidente che definire con precisione il periodo di effettiva commercializzazione in Italia dei farmaci a base di talidomide appare oggi di fatto non accertabile, in considerazione che, tra l'altro, le società sopra menzionate sono ormai scomparse o sono state incorporate da aziende più grandi.
  Si ritiene, tuttavia, che ogni eventuale circolazione in Italia di prodotti a base di talidomide, prima del decreto di registrazione, sia stata sicuramente illecita.
  Da ultimo, si richiama l'articolo 28 del regio decreto 3 marzo 1927, n. 427, all'epoca vigente, che dava facoltà al Ministero dell'interno di proibire la vendita al pubblico e disporre il sequestro delle specialità medicinali revocate e che, pertanto, data l'estrema gravità della situazione verificatasi in quegli anni, potrebbe essere stato applicato al caso in esame.

Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   DI PIETRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante in data 10 marzo 2010 ha presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 4-06461, ancora senza risposta, in merito alla paventata chiusura di un'azienda – la Smi (Società Meridionale Inerti) srl di Mafalda (CB) – che ha prodotto per circa trent'anni fabbricati in cemento;
   nel 2009 l'azienda ha chiuso in favore di un progetto di costruzione – sul medesimo sito industriale – di una centrale a biomasse mai realizzata;
   è iniziato, per i lavoratori della Smi srl, lo stato di cassa integrazione ordinaria trasformata in cassa integrazione in deroga prossima alla scadenza;
   a dicembre 2011, la Dafin srl – azienda che ha rilevato il suddetto sito – in un incontro presso la sede di Confindustria di Chieti, ha illustrato ai rappresentanti dei lavoratori dei sindacati il proprio piano di sviluppo industriale consegnando una comunicazione che formalizzava un impegno – nel caso di successo della propria iniziativa – al reimpiego di parte delle unità precedentemente impiegate presso la Smi srl;
   con missive datate 28 marzo e 1° giugno 2012, le organizzazioni sindacali, l'azienda e la Confindustria hanno chiesto congiuntamente un «urgentissimo» incontro con il Presidente della regione Molise Iorio e l'assessore alle attività produttive Scasserra senza ricevere risposta –:
   se non ritenga di intervenire convocando le parti in causa al fine di individuare una soluzione, di evitare lo stallo della situazione posta in essere e di permettere, al contempo, ai dipendenti della ex Smi srl di conservare il posto di lavoro. (4-16839)

  Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame concerne la crisi della società Meridionale inerti, s.r.l., con riferimento alla sede operativa di Mafalda in provincia di Campobasso.
  In proposito, in seguito alle informazioni assunte presso i competenti uffici territoriali dei Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché presso la regione Molise, si rappresenta quanto segue.
  La suddetta società, con sede legale in Vasto (Chieti), occupava presso lo stabilimento di Mafalda, adibito alla produzione di prefabbricati per l'edilizia, n. 82 lavoratori.
  In data 14 maggio 2009, la società, adducendo motivazioni connesse alla crisi del settore delle costruzioni e ai risultati negativi di gestione, avviava una prima procedura di mobilità che tuttavia risulta non aver avuto esito.
  Successivamente, nei giugno del 2009, la Meridionale inerti s.r.l. stipulava un contratto di compravendita con la Dafin s.p.a., ora Dafin s.r.l., con il quale cedeva a quest'ultima l'impianto produttivo di Mafalda, da destinare alla realizzazione di una centrale termoelettrica alimentata a biomasse solide.
  Il 9 ottobre 2009, la Meridionale inerti s.r.l., stante l'irrevocabile decisione di cessare ogni attività produttiva presso lo stabilimento di Mafalda, denunciava l'esubero di n. 82 unità lavorative e per esse avviava una nuova procedura di mobilità collettiva nell'ambito della quale si conveniva, d'accordo con le rappresentanze sindacali, di fare ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) per un periodo di 24 mesi.
  In data 16 dicembre 2009, veniva, quindi, sottoscritto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, verbale di accordo sindacale con il quale si conveniva quanto segue: la società si impegnava a presentare domanda di cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione dell'attività produttiva, con decorrenza dal 21 dicembre 2009, per la durata di 24 mesi, nei confronti di n. 82 unità; la procedura di mobilità, avviata in data 9 ottobre 2009, veniva dichiarata conclusa per un numero massimo di 20 lavoratori che erano, quindi, posti, in mobilità finalizzata alla ricollocazione presso aziende terze.
  Per tali lavoratori si programmava un percorso di ricollocazione articolato su tre linee: collocamento in pensione, inserimento in percorsi formativi di riqualificazione professionale nell'ambito del programma regionale cosiddetto
welfare to work, collocamento in mobilità finalizzato all'assunzione da parte di altre imprese, anche non del settore.
  Le parti si impegnavano, inoltre, a gestire positivamente, nell'arco dei primi 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria, almeno il 30 per cento degli esuberi, quale requisito indispensabile per l'accesso al secondo anno di cassa integrazione guadagni straordinaria.
  Conseguentemente, con decreto direttoriale del 3 maggio 2010, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali procedeva all'approvazione del programma di cassa integrazione guadagni straordinaria, finalizzato alla cessazione di attività e all'autorizzazione della corresponsione del relativo trattamento per il periodo dal 21 dicembre 2009 al 20 dicembre 2010 nei confronti di un massimo di 82 dipendenti. Tale periodo veniva successivamente prorogato per ulteriori 12 mesi, e precisamente dal 21 dicembre 2010 ai 20 dicembre 2011, per un massimo di 70 unità lavorative.
  Nel corso dei due anni del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria, sono cessati i rapporti di lavoro con 17 lavoratori di cui 12 collocati in mobilità, ai sensi della legge n. 223 del 1991, e 5 cessati per raggiungimento dell'età pensionabile.
  Parallelamente, il procedimento amministrativo avviato dalla società acquirente Dafin srl, finalizzato all'acquisizione delle autorizzazioni di legge per l'avvio dell'attività di termovalorizzazione di biomasse, subiva un arresto per effetto del contenzioso amministrativo, attivato da alcune associazioni ambientaliste. Tale contenzioso coinvolge tutt'ora la regione Molise, l'amministrazione comunale di Mafalda e la società Dafin srl, in ordine alla realizzazione del progetto di riconversione degli impianti.
  Ciò ha determinato il mancato avvio dell'attività produttiva da parte della Dafin srl e, conseguentemente, il mancato riassorbimento di parte delle maestranze precedentemente in forza presso la Meridionale inerti s.r.l., che la società Dafin, aveva dichiarato di voler rioccupare presso i propri impianti.
  In data 28 dicembre 2011, terminato il periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria, la società Meridionale inerti s.r.l. ha fatto nuova istanza di cassa integrazione cosiddetta in deroga, che veniva accolta dalla direzione regionale del lavoro di Campobasso, per il periodo dal 21 dicembre 2011 al 20 aprile 2012, per un massimo di 67 unità lavorative.
  A tale concessione facevano seguito ulteriori periodi di proroga fino al 28 ottobre 2012 nei confronti di 66 unità lavorative.
  Nel contempo, nel mese di settembre 2012, la società in questione attivava nuovamente la procedura di mobilità, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, per la totalità dei lavoratori dello stabilimento di Mafalda.
  Preso atto dell'esito negativo dell'esame congiunto compiuto con le organizzazioni sindacali, veniva attivata la successiva fase amministrativa presso la regione Molise che convocava nuovamente le parti sociali per il 25 ottobre 2012.
  In tale ultimo incontro, le parti concordavano una nuova proroga dell'ammortizzatore sociale in deroga per il periodo dal 29 ottobre 2012 al 31 dicembre 2012 in favore di 66 lavoratori, constatando, altresì, che il procedimento amministrativo finalizzato all'insediamento del nuovo sito produttivo alla data del 25 ottobre non era ancora concluso.
  Da ultimo, per quanto riguarda l'eventuale convocazione delle parti in causa al fine di individuare una soluzione per evitare la chiusura dell'azienda, si manifesta la piena disponibilità all'apertura di un tavolo di confronto qualora le parti lo richiedano.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   DI PIETRO, PALOMBA e MESSINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   malgrado la smentita del procuratore generale presso la Corte di cassazione, Gianfranco Ciani, che ha dichiarato di non avere mai chiesto al Capo della direzione nazionale antimafia, Pietro Grasso, l'avocazione dell'indagine sulla cosiddetta «trattativa Stato-mafia» revocandola agli inquirenti palermitani, vi è motivo di credere che le dichiarazioni del pubblico ministero di Caltanissetta, Nicolò Marino, che ha definito inaccettabile il fatto che il procuratore generale della Cassazione abbia chiesto a Grasso di promuovere un coordinamento tra le procure con un indirizzo preciso non siano «prive di qualsiasi fondamento»;
   il 19 aprile scorso il procuratore generale convocò in Cassazione il capo della direzione nazionale antimafia per parlare delle indagini sulla trattativa citata, ma egli ammette soltanto di aver chiesto «notizie sull'attività di coordinamento svolte nella vicenda nel rigoroso rispetto dei poteri di sorveglianza attribuiti dall'articolo 104 del decreto legislativo n. 159 del 2011 sulla Procura nazionale antimafia, istituita nell'ambito della Procura generale della Cassazione»;
   sennonché le dichiarazioni del dottor Grasso smentiscono tale ricostruzione dei fatti: in un'intervista rilasciata al Fatto Quotidiano del 19 giugno 2012, Grasso non solo ammette di esser stato convocato dal procuratore generale Ciani, ma rivela anche di aver ricevuto da lui la richiesta di «una relazione sul coordinamento tra le procure» di Palermo e di Caltanissetta: «ho espresso (al procuratore generale della Cassazione – NdR) la volontà che mi venisse messo per iscritto. Mi è stato fatto presente che era nei suoi poteri chiederlo verbalmente. Il 22 maggio ho risposto per iscritto specificando che nessun potere di coordinamento può consentire al Pna di dare indirizzi investigativi e ancor meno di influire sulle valutazioni degli elementi di accuse acquisite dai singoli uffici giudiziari»;
   una traccia della conversazione del 19 aprile tra Ciani e Grasso è inoltre conservata nel verbale della riunione, dove si legge che Grasso «precisa di non avere registrato violazioni... tali da potere fondare un intervento di avocazione a norma dell'articolo 371-bis Cpp» e promette che rimetterà al procuratore generale «un'informativa scritta»;
   il dottor Marino sottolinea, pur con il massimo rispetto per il procuratore generale della Cassazione, come sia «evidente che era stato chiesto a Grasso perché non avesse dato un indirizzo alle preliminari investigazioni: sia pure soltanto verbalmente, ma gli era stato chiesto»;
   ma in realtà, non sembra sia l'avocazione quello che è stato chiesto a Grasso: lo stesso infatti nell'intervista citata dichiara che «io alle richieste del superiore ufficio (il procuratore generale della Cassazione – NdR) rispondo per iscritto». Dunque «il superiore ufficio» aveva chiesto di dare indirizzi investigativi alle indagini;
   inoltre, nella stessa intervista Grasso aggiunge «Gli ho detto (a Nicola Mancino incontrato alla cerimonia al Quirinale per lo scambio degli auguri natalizi – NdR) che il solo strumento che può ridurre ad unità indagini pendenti in diversi uffici è l'istituto dell'avocazione che, però, è applicabile solo nel caso di ingiustificata e reiterata violazione delle direttive impartite dal Procuratore nazionale antimafia al fine del coordinamento delle indagini. Avocazione che è nei miei poteri, ma nel caso Mancino non vi erano i requisiti per poterla applicare»;
   infine, il contenuto della superiore ricostruzione delle richieste avanzate dal dottor Ciani al PNA Grasso secondo gli interroganti dovrebbe essere valutato anche alla luce delle pregresse conversazioni (oggetto di attività intercettiva) intrattenute dal senatore Mancino con il (dottor Loris D'Ambrosio e con il procuratore generale Esposito, depositate nel procedimento della procura di Palermo sulla cosiddetta «trattativa Stato-mafia», pendente avanti al giudice dell'udienza preliminare (aventi ad oggetto le sollecitazioni del senatore Mancino all'indirizzo del procuratore Generale della suprema corte sull'attività di coordinamento delle investigazioni svolte dalle procure di Caltanissetta, Firenze e Palermo sulle stragi del 1992 – 1993 e sulla cosiddetta «trattativa») –:
   se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare.
(4-17538)

  Risposta. — L'estrema delicatezza dell'argomento trattato e le eventuali ripercussioni, anche di natura istituzionale, che potrebbero discendere da un'analisi non ponderata o non attenta delle informazioni acquisite in merito al tema della cosiddetta trattativa Stato-mafia, impongono una ricostruzione dei fatti che sia totalmente cristallina ed intrinsecamente incontrovertibile.
  Ho ritenuto, quindi, di richiedere al procuratore generale presso la Corte di cassazione ed al procuratore nazionale antimafia di riscontrare, con i necessari elementi informativi, la prospettazione delle notizie esposte in interrogazione, nella ferma convinzione sia necessario il conseguimento della massima chiarezza, in questo caso più che mai doverosa.
  Entrambi i procuratori hanno indicato il tema del coordinamento delle indagini come aspetto saliente dei reciproci incontri ed entrambi hanno chiarito con puntualità e dovizia esaustiva quanto loro richiesto, ciascuno nel rispettivo ambito di competenza. Nel dettaglio, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha riferito che il tema del coordinamento delle indagini relative ai contatti tra soggetti delle istituzioni ed esponenti della criminalità organizzata, nonché alle stragi degli anni 1992-1993, è stato da tempo posto all'attenzione della Procura generale della Corte di Cassazione, in ragione delle competenze in materia attribuite al procuratore nazionale antimafia dall'articolo 371-
bis del codice di procedura penale ed in considerazione del potere-dovere di «sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e sulla relativa direzione nazionale», conferito al procuratore generale presso la Corte di Cassazione dall'articolo 76-ter dell'ordinamento giudiziario, così come dal più recente articolo 104 del codice delle leggi antimafia (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159).
  L'incontro svoltosi il 19 aprile 2012 tra il procuratore generale e il procuratore nazionale antimafia (incontro al quale hanno preso parte anche i sostituti procuratori generali dottor Antonio Mura, segretario generale della procura generale e dottor Carmelo Sgroi, segretario generale aggiunto) è stato, infatti, concordato dai due procuratori dal 16 aprile 2012, pochi giorni dopo la presa di possesso del primo.
  Come evidenziato dal procuratore generale della Corte di Cassazione dottor Ciani, tale incontro si inserisce nel quadro della generale funzione di sorveglianza che il procuratore generale della Corte di Cassazione ha l'obbligo, per legge, di esercitare sul procuratore nazionale e sulla relativa direzione, nell'ambito di una attività di coordinamento investigativo, che a sua volta si ricollega all'ulteriore funzione di «verifica del corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale», assegnata sempre al Procuratore generale a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 e precisata dal Consiglio superiore della magistratura nella risoluzione del 21 luglio 2009.
  Secondo prassi, di quell'incontro il procuratore generale ha fatto redigere un riepilogo scritto, che è stato poi trasmesso al procuratore nazionale antimafia il 24 aprile 2012 ed è stato dallo stesso ricevuto il successivo 26 aprile.
  I temi affrontati sono stati molteplici e tra i più vari ed hanno riguardato: 1) la funzione di coordinamento investigativo da parte del procuratore nazionale antimafia, in ordine alle indagini collegate in tema di stragi di mafia degli anni 1992-1993 e alla cosiddetta trattativa tra soggetti delle Istituzioni ed esponenti della criminalità organizzata; 2) le problematiche intercorse tra la direzione nazionale antimafia e una procura della Repubblica in relazione all'estrazione di dati del registro delle notizie di reato su procedimenti riguardanti la criminalità organizzata; 3) le modalità di redazione dei rapporti per le progressioni in carriera dei magistrati della direzione nazionale antimafia; 4) le modalità di scambio di informazioni in relazione a questioni giuridiche di comune interesse e impegno a una reciproca collaborazione su specifiche tematiche (collaboratori di giustizia, cooperazione internazionale, intercettazioni telefoniche, gestione delle impugnazioni); 5) le doglianze della cittadinanza per l'uso della sede stradale circostante l'ufficio della direzione nazionale antimafia.
  Più nel dettaglio, il procuratore generale ha rimarcato che il suddetto incontro costituisce il più recente sviluppo di un'articolata attività di interlocuzione tra la Procura Generale della Corte di Cassazione, la Procura nazionale antimafia e i Procuratori dei distretti territoriali, di volta in volta interessati.
  Ed infatti, senza risalire troppo nel tempo, in data 27 ottobre 2009 ebbe a svolgersi presso la Procura generale della Corte di Cassazione (allora diretta dal procuratore generale dottor Vitaliano Esposito) un incontro con i procuratori generali delle Corti d'Appello di Palermo e di Caltanissetta, nel quadro dei compiti assegnati al procuratore generale dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006.
  In quella circostanza, particolare attenzione venne rivolta all'incontrollata diffusione di notizie in relazione a procedimenti su «asseriti contatti di organizzazioni criminali con organi delle istituzioni».
  In data 7 giugno 2010, si svolse un incontro tra il procuratore generale aggiunto della Corte di Cassazione dottor Giovanni Palombarini e il dottor Grasso, in riferimento a dichiarazioni rese da quest'ultimo in occasione di una commemorazione pubblica con i parenti delle vittime dell'attentato del maggio 1993, in via dei Georgofili a Firenze. A tale incontro fece seguito una relazione di chiarimento del procuratore Grasso.
  Peraltro, un ulteriore incontro tra il procuratore generale ed il procuratore nazionale antimafia sul tema delle dichiarazioni alla stampa, si era svolto in precedenza in data 20 ottobre 2009: all'esito della riunione il procuratore nazionale dottor Grasso aveva espressamente concordato sulla «necessità di un sempre maggiore sviluppo dei contatti con la procura generale».
  Anche in data 28 febbraio 2011 – come ricorda il procuratore generale dottor Ciani –, il procuratore Grasso ebbe ad inviare al procuratore generale una nota «per le eventuali iniziative di competenza, anche ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006», avente ad oggetto la «corrispondenza tra le Procure della Repubblica di Caltanissetta e di Palermo in relazione al collegamento di indagini nel procedimento della cosiddetta “trattativa”». In allegato venne trasmessa copia della menzionata corrispondenza (peraltro, già oggetto di una interlocuzione del procuratore nazionale con il Presidente della Repubblica ed il Ministro della Giustizia) «al fine di valutare le necessarie ed urgenti iniziative legislative per superare lo “stallo” istituzionale conseguente al mancato invio da parte del procuratore Messineo di copia degli atti richiesti» (dall'autorità giudiziaria di Caltanissetta). All'impulso del procuratore nazionale fece seguito la rimessione della questione – da parte della Procura generale della Corte di Cassazione – al Consiglio Superiore della Magistratura, il cui Comitato di presidenza procedette ad investire nuovamente l'ufficio della Procura generale della Cassazione per i seguiti di competenza.
  Alle suddette segnalazioni istituzionali, prima del procuratore nazionale antimafia e poi del Consiglio Superiore della Magistratura fece quindi seguito, sempre nel quadro dei compiti di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, l'iniziativa della Procura generale della Corte di Cassazione che, in data 28 aprile 2011, richiese ai procuratori generali di Caltanissetta, Firenze e Palermo di fornire informazioni in merito ai contrasti che (anche in base a notizie di stampa) sembravano essere insorti tra le rispettive Procure distrettuali, circa la gestione dei procedimenti riguardanti i pretesi contatti di organizzazioni criminali con organi delle Istituzioni.
  Nel riscontrare la richiesta, gli uffici interessati segnalarono l'emersione di «divergenze di valutazione» su talune fonti di prova e di «criticità nello scambio di atti e di documenti» tra le Procure di Palermo e di Caltanissetta.
  In ragione di tali criticità e, sempre in data 28 aprile 2011, venne convocata dal procuratore Grasso una riunione con i procuratori di Palermo, Firenze e Caltanissetta, al fine di rendere effettivo il coordinamento delle inchieste sulle stragi del 1992-1993 e sulla cosiddetta trattativa. All'esito dell'incontro, il procuratore nazionale antimafia fece redigere un'articolata direttiva, a norma dell'articolo 371-
bis, comma 2, lettera f) del codice di procedura penale, recante quattordici puntuali prescrizioni in tema di scambio di dati di indagine e di tempi e modi del coordinamento tra gli uffici. Di detta riunione e del relativo verbale, recante le direttive impartite dal procuratore nazionale antimafia, venne poi data comunicazione alla Procura Generale della Corte di Cassazione, con nota del 16 maggio 2011, che a sua volta riscontrava la precedente richiesta del 28 aprile 2011 della Procura generale.
  Successivamente, anche il Consiglio Superiore della Magistratura intervenne per ribadire il potere del procuratore nazionale antimafia di acquisire informazioni da qualsiasi ufficio del pubblico ministero, anche con richiesta di copia di atti di indagini ritenute collegate ad altre in corso presso una direzione distrettuale antimafia. La delibera del consiglio fu adottata il 27 luglio 2011, in seguito alla trasmissione da parte della Presidenza della Repubblica della segnalazione del procuratore nazionale antimafia, in ordine allo «stallo» istituzionale relativo al procedimento penale sulla cosiddetta trattativa.
  La stessa Presidenza della Repubblica provvide, quindi, ad inoltrare al procuratore nazionale antimafia la predetta delibera accompagnandola con una propria nota, della quale in data 8 settembre 2011, venne trasmessa copia alla procura generale «per gli aspetti ritenuti di competenza».
  Precisato ciò, il procuratore Ciani non ha mancato di evidenziare che le attribuzioni riconosciute al procuratore generale della Corte di Cassazione dai citati articoli 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006 e 104 del codice delle leggi antimafia vengono richiamate anche nella nota con cui il segretario generale della Presidenza della Repubblica, in data 4 aprile 2012, ha trasmesso la lettera del senatore Nicola Mancino, che si doleva della mancata adozione di forme di coordinamento delle attività svolte da più Uffici giudiziari in materia di cosiddetta trattativa.
  Tale nota si concludeva, infatti, con la richiesta, per incarico del Presidente della Repubblica, di ogni consentita notizia: richiesta cui il procuratore generale dottor Ciani riscontrava con nota in data 11 aprile 2012, richiamando le pregresse iniziative già assunte dalla Procura generale della Corte di Cassazione ed enunciando il proposito dell'ufficio di acquisire notizie aggiornate, in particolare interloquendo col Procuratore nazionale antimafia, per verificare lo stato di attuazione delle intese raggiunte con gli altri uffici interessati.
  Dalle argomentazioni esposte, è dato, quindi, evincere – così come rimarcato anche dal procuratore Ciani – che «è nel quadro di oggettiva criticità nel coordinamento delle indagini sulla cosiddetta trattativa, che si iscrive l'ulteriore riunione con il procuratore antimafia del 19 aprile 2012».
  A corollario di quanto detto va posta in evidenza anche l'ulteriore precisazione del Procuratore generale, che esclude che nel corso della riunione sia lui che i suoi collaboratori abbiano parlato della specifica vicenda processuale del senatore Mancino, ovvero abbiano in alcun modo, direttamente o indirettamente, sollecitato il procuratore Grasso ad avocare le indagini sulla cosiddetta «trattativa» o gli abbiano richiesto di impartire indirizzi investigativi, anche solamente prospettandone l'opportunità. Ciò si evince anche dal tenore della relazione redatta dal procuratore Grasso, su richiesta esplicita del Procuratore generale, all'esito della riunione riguardante il coordinamento delle indagini prima menzionate.
  Nella relazione fatta dal procuratore Grasso vengono, infatti, richiamati i numerosi momenti problematici del contrasto insorto tra le procure siciliane, fin dal 2010 e viene motivata, quale conseguenza, l'iniziativa assunta dal procuratore antimafia nell'aprile del 2011. Nella stessa relazione vengono, inoltre, riepilogate le fasi di elaborazione delle direttive emanate dallo stesso procuratore nazionale in data 28 aprile 2011 e viene, altresì, premessa la differenza tra l'attività di impulso al coordinamento e l'indirizzo delle indagini, o la valutazione del materiale probatorio. Viene, inoltre, rappresentato
ad abundantiam (il procuratore nazionale nella sua relazione usa il termine «superfluo») che, in situazioni di deficit del coordinamento, l'istituto finalizzato a ricondurre a unità l'investigazione è quello della avocazione (articolo 371-bis, comma 1, lettera h) del codice di procedura penale). Si tratta, però, di uno strumento ancorato a presupposti normativi particolarmente stringenti e non praticabile – a giudizio del procuratore Grasso – nei casi di «coordinamento a intermittenza», quale quello verificatosi nelle indagini sulla cosiddetta trattativa. Nel caso di specie poteva essere affermata, invece, l'efficacia del coordinamento svolto dal procuratore nazionale antimafia e poteva del pari essere escluso che vi fossero state violazioni di sorta da parte delle direzioni distrettuali antimafia interessate a quelle indagini.
  La relazione si conclude, poi, con una disamina della legislazione vigente, reputata insufficiente in vista di un'efficace azione di coordinamento e impulso, rispetto a una struttura degli uffici del pubblico ministero, quale disegnata dal decreto legislativo n. 106 del 2006. Di qui alcune proposte del procuratore Grasso, rivolte al futuro, che riprendono l'idea di Giovanni Falcone di attribuire all'ufficio del Procuratore nazionale il potere di individuare i temi dell'investigazione e di orientare i piani di indagine su tutto il territorio nazionale, secondo l'impianto originario della norma dell'articolo 371-
bis del codice di procedura penale, poi modificata in sede di approvazione parlamentare.
  In questa prospettiva, il procuratore Grasso individua, infatti, alcuni settori di possibile intervento operativo (accesso al registro delle intercettazioni, rogatorie internazionali, comunicazioni dei piani di indagine tra le direzioni distrettuali antimafia), allegando un progetto di riforma della direzione nazionale antimafia e pregando il procuratore generale «di prospettare le palesate esigenze a livello istituzionale».
  Altrettanto puntuali e specifiche ai fini della tematica affrontata in interrogazione, appaiono – come anticipato in premessa – le informazioni trasmesse dal procuratore nazionale antimafia il quale, in merito alla riunione convocata dal procuratore generale il 19 aprile 2012, a sua volta riferisce di avere fornito, su richiesta del Procuratore generale, notizie «sull'esercizio delle funzioni di coordinamento delle indagini in tema di stragi del 1992-1993 e della cosiddetta “trattativa” e, in particolare, sul rispetto delle direttive emanate all'esito della riunione di coordinamento svoltosi presso la Direzione nazionale antimafia il 28 aprile 2011, tra le direzioni distrettuali antimafia di Caltanissetta, Firenze e Palermo».
  In quell'occasione venne evidenziata dal procuratore nazionale «la difficoltà di una valutazione omogenea da parte dei singoli uffici degli elementi acquisiti e resi comuni dallo scambio reciproco ed ininterrotto degli atti d'indagine, principalmente a causa della diversità delle finalità dei vari filoni investigativi: quelli di Caltanissetta rivolti ad individuare i responsabili delle stragi di Capaci e di via D'Amelio del 1992; quelli di Firenze i responsabili delle stragi di Firenze, Roma e Milano del 1993 ed infine, quelli di Palermo, tendenti ad approfondire i contatti e le relazioni tra esponenti di Cosa nostra e delle istituzioni, rientranti in quella che ormai viene comunemente definita trattativa».
  Inoltre, venne segnalato il rischio che «la contemporanea pendenza di indagini così complesse, per le parti replicate in sedi dibattimentali come Firenze e Palermo, possa sottrarre taluni temi ai poteri di coordinamento, peraltro, attribuiti al procuratore nazionale antimafia esclusivamente allo scopo di razionalizzare ed evitare pericolose sovrapposizioni di indagini da parte della magistratura inquirente e della delegata polizia giudiziaria».
  In ragione di quanto chiarito sia dal procuratore generale della Cassazione, sia dal procuratore nazionale antimafia si può, quindi, concludere che la riunione del 19 aprile 2012 si inquadra nell'esercizio delle attribuzioni di sorveglianza e di verifica affidate al procuratore generale dalle più volte richiamate disposizioni legislative. In tale contesto le iniziative di volta in volta assunte dal procuratore generale si inquadrano in una corretta linea di condotta. Tale funzione, proprio perché compiuta sotto l'egida della legge e nel suo rigoroso rispetto ed applicazione, non comporta valutazioni di contenuto circa le determinazioni sul merito di procedimenti in corso, ovvero pervenuti alla fase del giudizio, valutazioni queste che, come puntualmente avvenuto anche nel caso in esame, restano interamente riservate agli uffici giudiziari competenti.

Il Ministro della giustiziaPaola Severino Di Benedetto.


   DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 1998, n. 448 ed il decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292 prevedono misure di sostegno per il settore televisivo locale, consistenti in contributi che vengono annualmente erogati dal Ministero dello sviluppo economico sulla base di graduatorie regionali redatte (con riferimento ai dipendenti occupati e ai fatturati conseguiti dalle imprese televisive locali interessate) dai Corecom – Comitati regionali per le comunicazioni, a seguito della pubblicazione di un bando di gara che lo stesso Ministero deve emanare entro il 31 gennaio di ogni anno;
   tali misure di sostegno che hanno contribuito, negli anni, alla crescita e allo sviluppo delle imprese televisive locali nell'ottica di sostenere l'informazione locale di qualità, sono da considerarsi importantissime nell'attuale momento storico in cui le imprese televisive, si trovano ad affrontare rilevanti investimenti per la transizione al digitale ed in considerazione della perdurante situazione di crisi del mercato pubblicitario;
   per quanto risulta all'interrogante, i procedimenti per l'erogazione di detti contributi statali stanno, tuttavia, subendo gravissimi ed inaccettabili ritardi, con evidenti ripercussioni anche per l'occupazione lavorativa nel comparto; sono, infatti, molte le imprese del settore che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga e/o che hanno avviato procedimenti di licenziamento collettivo;
   inoltre, si segnala, in particolare che nonostante che tutti i Corecom abbiano redatto le rispettive graduatorie regionali fin dallo scorso mese di settembre, non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini di utenza dello stanziamento dei contributi relativi all'anno 2011 le cui domande sono state presentate da oltre un anno e, segnatamente, entro la data del 13 ottobre 2011;
   occorre, peraltro, considerare che in caso di ritardo di uno o più Corecom, è possibile definire un riparto in acconto, ma in conseguenza di ciò non sono stati ancora emessi i mandati di pagamento a favore delle imprese televisive locali aventi titolo;
   non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini del saldo dei contributi relativi all'anno 2010 (con riferimento al quale è stato, ad oggi, stanziato e corrisposto solo un acconto): contributi che, in mancanza di immediato intervento, rischiano la perenzione;
   non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando relativo alle misure di sostegno per l'anno 2012, nonostante il fatto che, in forza di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1 del decreto ministeriale 5 novembre 2004 n. 292, detto bando dovesse essere emanato entro il 31 gennaio 2012 –:
   quali siano le ragioni dei ritardi esposti in premessa, nonché le modalità con le quali il Governo intenda porre rimedio a tale situazione;
   quali siano i tempi entro i quali i provvedimenti richiamati dalle premesse precedenti saranno pubblicati in Gazzetta Ufficiale ed i tempi con cui saranno erogati i contributi 2010 e 2011 alle imprese televisive locali aventi titolo. (4-18625)

  Risposta. — In riscontro alle richieste dell'interrogante, si rappresenta preliminarmente che il Ministero è pienamente consapevole dell'importanza che le misure di sostegno in favore dell'emittenza locale rivestono per incentivare la crescita editoriale ed occupazionale delle imprese operanti nel settore.
  È, perciò, particolarmente attento a garantire la fisiologia delle relative procedure di erogazione, compatibilmente con la complessità delle medesime, attualmente disciplinate del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, del quale peraltro il Ministero sta promuovendo la modifica in chiave di razionalizzazione e semplificazione.
  In merito ai ritardi nella tempistica di emanazione dei provvedimenti ai quali si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si precisa che si tratta di evenienza di carattere del tutto eccezionale.
  In particolare, l’
iter di perfezionamento del provvedimento di riparto dei contributi inerenti all'esercizio 2011, quantificati in ragione di uno stanziamento complessivo pari a euro 95.929.331, ha scontato negativamente la necessità di reiterazione del procedimento di predisposizione delle graduatorie da parte dei Corecom di diverse regioni, in adeguamento ad una pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione VI – n. 12683/2011) che ne aveva affermato l'illegittimità.
  Soltanto una volta acquisita e divenuta definitiva, a norma dell'articolo 5 del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, l'ultima di tali graduatorie, è stato quindi possibile per il competente ufficio ministeriale sbloccare l'emanazione del provvedimento, avvenuta in data 29 novembre 2012, e darvi attuazione.
  Al riguardo, si informa che la procedura è stata definitivamente portata a compimento agli inizi del corrente mese di dicembre, con l'emissione dei mandati di pagamento.
  Quanto al saldo dei contributi relativi all'anno 2010, si fa presente che i denunciati ritardi sono stati determinati dalle modalità di quantificazione del relativo importo (pari a euro 13.335.408), trattandosi di fondi che, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 2 comma 237 della legge n. 191 del 2009, derivano dalle economie accertate
ex lege n. 488 del 1999 e da ripartire nel triennio 2012/2014. Anche tale provvedimento di riparto, comunque, risulta ormai emanato (decreto ministeriale 31 ottobre 2012, registrato alla Corte dei conti il 15 novembre 2012, reg. 12, fgl. 245) e pienamente eseguito con l'emissione dei mandati.
  Per ciò che attiene, infine, alle misure di sostegno per il 2012 (circa 78 milioni di euro il relativo ammontare), si rappresenta che la procedura è stata bandita con decreto ministeriale del 15 ottobre 2012, attualmente in corso di pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   DI STANISLAO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha ricevuto una lettera dalla Federazione nazionale dei vigili del fuoco in riferimento ai vigili volontari discontinui;
   nella lettera si precisa che il comma 210 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009 n. 191 che ha destinato le risorse stanziate a copertura del cosiddetto turn over, all'immissione in ruolo dei volontari in ferma breve, in ferma prefissata ed in rafferma delle Forze armate, anche in congedo, ha depauperato il processo di stabilizzazione dalle risorse necessarie per l'immissione in ruolo del personale interno;
   si evince, altresì, che non trova riscontro, a tale proposito, la giustificazione secondo cui al personale volontario del Corpo nazionale sia stata destinata una riserva del 25 per cento dei posti al personale volontario del Corpo nazionale, in primis perché resta comunque penalizzante rispetto al 45 per cento del personale delle Forze armate, in secondo luogo perché, il processo di stabilizzazione ha favorito l'immissione di personale interno, tenendo conto del bagaglio professionale acquisito, riconoscendo in ragione di ciò un punteggio per ogni periodo di richiamo in servizio. Nonostante la grave penalizzazione dal punto di vista delle assunzioni, il personale volontario discontinuo del Corpo nazionale vigili del fuoco, è stato recentemente oggetto di ulteriori tagli che potrebbero comportare una riduzione dei richiami, che per il 2012 sarebbe pari a 26.800, senza una attenta valutazione sia degli effetti che i tagli possono avere sull'efficienza del servizio, che in assenza di una revisione delle modalità di utilizzo del personale;
   in sintesi, in ragione di quanto sopra, l'associazione chiede che venga destinato alla procedura di stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale vigili del fuoco, il 50 per cento del cosiddetto turn over –:
   come il Governo intenda, adoperarsi al fine di stabilizzare la condizione dei vigili volontari discontinui del Corpo nazionale vigili del fuoco e di porre fine al denunciato processo di emarginazione e penalizzazione alla quale l'intera categoria è stata sottoposta. (4-13942)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto viene chiesto quali iniziative intenda assumere il Governo per stabilizzare i vigili del fuoco volontari discontinui.
  Le politiche di gestione del personale dell'Amministrazione dell'interno nello specifico settore, nonostante le limitate risorse, sono state sempre mirate, in via prioritaria, alla riduzione delle carenze di personale presenti nella pianta organica.
  In questo quadro, la possibilità di attingere al «serbatoio» dei volontari dei vigili del fuoco ha sempre costituito e costituisce ancora oggi una risorsa fondamentale per il corpo nazionale.
  Peraltro, è nota l'esigenza di tutelare le professionalità acquisite dal personale volontario, come confermato, tanto dalla previsione della riserva di posti di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 217 del 2005, nella misura di cui all'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 77 del 2002 (in favore del personale volontario del corpo nazionale che sia iscritto negli elenchi del personale volontario da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio, alla data di indizione del bando di concorso pubblico per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco) quanto nell'utilizzo, nel recente passato, delle procedure di stabilizzazione di cui all'articolo 1, commi 519 e 526 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
  Occorre ricordare che tale procedura rappresenta una prassi speciale rispetto a quella concorsuale pubblica, prevista dall'articolo 97 della Costituzione, pertanto, ulteriori assunzioni che avvengano grazie all'avvio di nuove procedure di stabilizzazione, o che contemplino una diversa percentuale da riservare al personale volontario, sono possibili solo se espressamente previste dalla legge.
  Al riguardo si fa presente che, come noto, l'articolo 14, comma 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, ha previsto la limitazione, anche per il corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle facoltà assunzionali limitando al solo 20 per cento la copertura del
turn over negli anni dal 2012 al 2014, al 50 per cento nel 2015 e riconducendola al 100 per cento solo dal 2016.
  Una parziale attenuazione degli effetti del blocco del
turn over potrà intervenire laddove sia definitivamente approvato, in sede legislativa, l'apposito emendamento che prevede un incremento delle percentuali di cui sopra, fino al 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015.
  Nel contempo l'articolo 4-
ter del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 131, ha prorogato al 31 dicembre 2014 i termini di validità della graduatoria della stabilizzazione del personale volontario, ma eventuali ulteriori assunzioni degli idonei saranno subordinate alla disponibilità di risorse finanziarie ed alla possibilità di coprire le carenze dell'organico.
  Si precisa infine, relativamente al taglio delle risorse destinate ai richiami del personale volontario, di cui si fa cenno nell'interrogazione, che l'articolo 4 del decreto-legge n. 79 del 2012, ha consentito di ridurre il predetto taglio per l'anno 2012. Si è pertanto passati da una contrazione di 26.800 richiami in meno a 14.000. Tutto ciò al fine di poter utilizzare proprio uno strumento prezioso che, in situazioni di particolari ed improcrastinabili necessità, consente di potenziare il dispositivo di soccorso.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   DI STANISLAO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una recente indagine condotta da Altroconsumo (associazione italiana per la tutela e difesa dei consumatori in collaborazione con il «Q-tech Research and study Centre» dell'università degli studi di Brescia ha evidenziato le conseguenze degli acquisti nel web di farmaci;
   l'indagine è consistita in 64 prove d'acquisto online di un farmaco a base di fluoxetina, il generico del Prozac, un noto antidepressivo che agisce sul sistema nervoso centrale e la cui somministrazione deve avvenire sotto il controllo di un medico. È illegale venderlo senza ricetta del medico;
   le analisi chimiche effettuate sulle pillole acquistate sul web hanno dato risultati molto preoccupanti, in particolare per la presenza di impurezze, oltre che di solventi e metalli inattesi (seppure in tracce);
   l'indagine ha portato all'acquisto, con carta prepagata, del farmaco in 64 farmacie online facilmente rintracciate sul motore di ricerca google.it. L'acquisto è riuscito in 19 casi. E con successo, ovvero con reperimento del farmaco a un indirizzo di casella postale, solo in 13. Tra questi, si evidenziano anche un caso di doppio rinvio e uno di fermo in dogana;
   oltre ai rischi, acquistare un farmaco online risulta essere spesso una perdita di tempo e denaro. Nel 31 per cento dei casi, infatti, dopo l'acquisto e il pagamento il farmaco non viene recapitato. E non sono previste modalità di rimborso. Il prezzo-affare, fra l'altro, che potrebbe tentare all'acquisto, molto spesso, secondo l'indagine, è un prezzo «civetta» dato che per una pillola che in farmacia costa 30 centesimi si arriva a pagare online anche 1 euro e 70 centesimi con le spese di spedizione;
   i siti che vendono farmaci puntano su confidenzialità, rispetto della privacy, prezzi più bassi, qualità del prodotto, spedizione con tracciabilità, consegna in pochi giorni. Alcuni con spudoratezza rassicurano circa la legalità dell'acquisto di farmaci online e la possibilità di evitare il «filtro» del medico. Sono slogan che non resistono alla prova dei fatti. L'inchiesta dimostra che è un tipo di acquisto che offre zero garanzie. E che i consumatori potrebbero rimetterci soldi e salute. I farmaci venduti online sono risultati quattro volte più cari rispetto alla farmacia e di scarsa qualità;
   la vendita di farmaci online è illegale e che nella maggior parte dei casi si punta sull'inganno del minor costo e sulla qualità dei prodotti;
   con molta probabilità possono incappare in tali acquisti persone in condizioni di difficoltà e di fragilità facilmente influenzabili –:
   se il Governo non ritenga di dover avviare una capillare azione di controllo e monitoraggio dei siti e delle farmacie online che vendono illegalmente farmaci, oltretutto scadenti, e provvedere al loro ritiro al fine di tutelare i consumatori e la loro salute. (4-14065)

  Risposta. — In merito alla problematica delineata nell'interrogazione in esame, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha garantito di dedicare da tempo particolare attenzione alla contraffazione dei medicinali e alle farmacie on-line illegali, che spesso sono responsabili della diffusione di prodotti contraffatti, non fabbricati in conformità alle norme Gmp (Good manufacturing practice) riconosciute a livello mondiale.
  I risultati ottenuti fino ad oggi hanno permesso di tenere sotto controllo il mercato nazionale; inoltre, l'Italia è considerata tra i Paesi guida nella lotta alla contraffazione farmaceutica, come è testimoniato, tra l'altro, dal ruolo ricoperto dall'Aifa nei principali enti internazionali che si occupano del contrasto al fenomeno.
  Nello specifico, sebbene non sia possibile impedire, sistematicamente, il ricorso da parte dei pazienti a canali di approvvigionamento illeciti, sono state predisposte, tuttavia, attività continuative di investigazione, informazione al pubblico e formazione degli operatori, che hanno permesso di ridurre la portata del fenomeno e di procedere, altresì, a sequestri di farmaci illegali e alla chiusura di siti
internet dediti a questo commercio pericoloso.
  L'attenzione dedicata al fenomeno della contraffazione è testimoniata anche dall'istituzione di una «
task-force» nazionale, denominata Impact Italia, della quale fanno parte, oltre all'Aifa, il Ministero della salute, il Comando carabinieri per la tutela della salute (Ccts-Nas), l'istituto superiore di sanità, l'agenzia delle dogane, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'interno attraverso la Polizia criminale ed altri soggetti privati.
  La «
task-force» ha promosso e promuove continuamente una serie di iniziative divulgative di formazione e informazione, finalizzate a contrastare il fenomeno in esame.
  In particolare, per quanto riguarda il legame esistente tra
internet e la contraffazione dei medicinali, è opportuno sottolineare che, attualmente, la legislazione italiana vieta la creazione di farmacie on-line, ma ciò non riesce ad impedire del tutto il ricorso dei pazienti italiani a farmacie on-line, estere.
  Occorre, inoltre, rilevare che in Italia e in molti altri Paesi esiste una lacuna normativa in questo specifico settore. Si ritiene che tale lacuna sia dovuta alla «volatilità» delle farmacie
on-line, all'assenza di confini precisi (un farmaco contraffatto è acquistato attraverso internet da utenti di un determinato Paese, è prodotto in altri Paesi e transita attraverso altri Paesi ancora) e alla conseguente difficoltà nel disciplinare tale situazione, nonché all'esigenza di un approccio multisettoriale e cooperativo a livello internazionale.
  Una soluzione a tale carenza sarà presto offerta, almeno in parte, dal recepimento, da parte degli Stati membri, delle modifiche apportate alla direttiva 2001/83/CE, che prevede una maggior regolamentazione delle farmacie
on-line.
  Un primo studio, finalizzato ad approfondire il fenomeno della vendita di medicinali attraverso
internet, è stato realizzato nel 2007 in collaborazione tra Aifa e World health organization (Who). I risultati emersi dagli acquisti di controllo, effettuati presso siti precedentemente individuati, hanno confermato che, nella grande maggioranza dei casi, i farmaci venduti attraverso il web sono contraffatti. Gli esiti di tale studio hanno, inoltre, consentito di caratterizzare meglio il fenomeno emergente, portando alla luce le diverse tipologie di farmacie presenti su internet.
  Successivamente, sono stati realizzati ulteriori approfondimenti:
   il primo, realizzato dall'Aifa, in collaborazione con un'agenzia di
intelligence informatica (It), finalizzato a caratterizzare ulteriormente il fenomeno delle farmacie on-line. Sulla base dei risultati conseguiti, è stato possibile delineare tre diverse tipologie di farmacie on-line, indicate come:
    legali, autorizzate e controllate;
    illegali, prive di autorizzazione e certificazione;
    false, dedicate alla mera truffa;
   il secondo, realizzato sempre dall'Aifa, in collaborazione con un'altra agenzia di
intelligence informatica (It), mirato ad indagare le tecniche di promozione e diffusione di anabolizzanti e steroidi attraverso la rete dei social network.

  Nel maggio 2011, l'Aifa ha, inoltre, siglato un memorandum d'intesa con il servizio privato statunitense «LegitScript», al fine di definire degli approcci operativi standard. Tale collaborazione ha già dato, nel breve tempo, importanti risultati, come è testimoniato dalla chiusura di una serie di siti illegali localizzati negli Stati Uniti, ma realizzati con pagine in italiano e destinati, chiaramente, a fornire il nostro mercato.
  È utile ricordare che, nonostante l'ampia diffusione del mercato elettronico, la propensione agli acquisti
on-line da parte della popolazione italiana è inferiore rispetto a quella di altri Paesi.
  Nel settembre 2010, l'Aifa, al fine di approfondire tale questione, ha realizzato, in collaborazione con un istituto privato, una ricerca su «L'acquisto
on-line di farmaci in Italia: conoscenza, giudizi e diffusione», per definire un quadro reale del problema.
  Da ultimo, l'Aifa ha precisato che, oltre alle attività sopra menzionate, sono state poste in essere ulteriori iniziative:
   la campagna di informazione, realizzata a livello nazionale dalla «
Task-force» Impact Italia, allo scopo di informare il pubblico sui rischi legati all'acquisto di farmaci attraverso internet;
   la realizzazione di un volume interamente dedicato al fenomeno della contraffazione farmaceutica, disponibile in versione italiana e inglese;
   la gestione di eventi formativi «
ad hoc» per gli operatori di forze di polizia e dogane che quotidianamente si confrontano con casi sospetti di contraffazione e/o importazione illegale.

  Peraltro, in Italia il fenomeno della contraffazione appare pressoché inesistente: la percentuale dei farmaci contraffatti presenti sul nostro mercato è pari allo 0,1 per cento, grazie principalmente al sistema di tracciabilità del farmaco, che consente il monitoraggio, attraverso il bollino a lettura ottica, di ogni singola confezione, nonché in virtù delle riferite attività di prevenzione e contrasto sviluppate da diversi anni.
  Si ritiene utile allegare il comunicato stampa Aifa n. 228 del 26 marzo 2012 (disponibile presso il Servizio Assemblea) da cui emergono dati confortanti in merito al fenomeno dei farmaci contraffatti nel nostro Paese.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   DIMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il tratto calabrese della strada statale 106 «Ionica» è nuovamente balzato agli onori della cronaca della stampa regionale a causa di alcuni incidenti stradali mortali che si sono verificati nelle scorse settimane;
   l'ANAS dovrebbe realizzare un complessivo intervento di ammodernamento e messa in sicurezza dell'intera arteria stradale a causa della sua vetustà e pericolosità al fine di ridurne l'evidente livello di rischiosità;
   nei 415 chilometri del tratto calabrese, l'ANAS avrebbe previsto sia la realizzazione di lavori di adeguamento della strada statale 106 esistente, nei punti di maggiore pericolosità, sia la realizzazione di nuovi tratti In variante a quattro corsie;
   gli interventi previsti per la realizzazione della «nuova ionica» fuori sede dovrebbero essere complessivamente costituiti da 12 megalotti alcuni dei quali già affidati ed altri da affidare a contraente generale;
   sono in corso i lavori di messa in sicurezza degli innesti a raso di maggiore pericolosità presenti lungo l'attuale strada statale 106 nel territorio delle province di Crotone e Cosenza attraverso la realizzazione di rotatorie, rifunzionalizzazioni e nuova illuminazione per un totale di 42 interventi, mentre l'ANAS ha appaltato ma non ancora cantierizzato altri 32 interventi della stessa natura sempre nei territori di competenza delle suddette province per un complessivo completamento delle opere di messa in sicurezza;
   in attesa del reperimento del finanziamento necessario alla realizzazione del megalotto 8 (Mandatoriccio-Sibari), ed alla luce del fatto che nel tratto della strada statale 106 ricadente nel comune di Corigliano (Cosenza) esistono alcuni innesti a raso di evidente pericolosità, l'amministrazione comunale pro tempore ha più volte sollecitato il compartimento ANAS di Catanzaro ad intervenire per ovviare al problema evidenziato;
   a seguito di alcuni sopralluoghi effettuati dai tecnici comunali e da quelli ANAS si è deciso di procedere alla realizzazione di 2 rotatorie in corrispondenza dell'area industriale e del sito dove dovrà sorgere il nuovo ospedale al fine di rendere meno pericolosi gli innesti presenti in queste due aree e più fluida la circolazione;
   dopo le rassicurazioni iniziali e la manifesta volontà dell'azienda di procedere alla messa in sicurezza dei tratti sopra evidenziati, allo stato attuale non si sa a che punto sia l’iter realizzativo, quale sia lo stato della progettazione, e quale sia l'ammontare dei finanziamenti da utilizzare per gli interventi in questione –:
   quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per far sì che l'ANAS possa garantire l'intervento necessario per la messa in sicurezza del tratto in questione e per la realizzazione di queste rotatorie che hanno la funzione di rendere più sicura la circolazione stradale. (4-16822)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Lungo il tracciato della strada statale 106 «Jonica storica», nelle zone del crotonese e del cosentino tra il km. 218+000 (Cutro) ed il km. 330+000 (Rossano), sono stati previsti dall'Anas 41 interventi per la messa in sicurezza.
  La finalità di tali lavori, che comportano un impegno economico pari a 73,6 milioni di euro, è quella di ridurre le velocità medie in corrispondenza delle intersezioni con le altre viabilità e di migliorare le condizioni di servizio della statale.
  L'appalto e l'esecuzione dei suddetti interventi sono stati articolati in 4 stralci, in funzione dei relativi flussi finanziari e per non arrecare particolari disagi all'utenza.
  In relazione ai 2 interventi che interessano il territorio comunale di Corigliano Calabro ovvero il nuovo svincolo in corrispondenza del luogo dove sorgerà l'ospedale della Sibaritide e quello in località Salice (Corigliano), si fa presente quanto segue.
  Il soggetto attuatore, delegato alla realizzazione dei 4 ospedali in Calabria, ha chiesto all'Anas la realizzazione di un nuovo svincolo a livelli sfalsati sulla Strada Statale 106, necessario per accedere alla costruenda struttura sanitaria della Sibaritide. Per tale opera, ad oggi, ancora non è stata individuata la fonte di finanziamento.
  Per il secondo intervento denominato «lavori di messa in sicurezza del tratto compreso tra i km. 18+500 e 19+420 della SS “Jonica” raddoppio in località Salice del comune di Corigliano Calabro», la società Anas ha redatto il progetto preliminare, avviando la concertazione con gli enti interessati e con il consorzio per lo sviluppo industriale (ASI) di Corigliano Calabro (Cosenza).
  La suddetta progettazione prevede la realizzazione di 2 rotatorie e la regolamentazione di alcuni accessi con eliminazione delle svolte a sinistra.
  Per quanto riguarda, inoltre, il progetto della «nuova Jonica», si comunica che alcuni megalotti sono già in fase di realizzazione (Megalotto I - da Sant'Ilario a Marina di Gioiosa. Megalotto 2 - Catanzaro), mentre, per il Megalotto 3 Roseto Capo Spulico-Sibari, l'Anas ha affidato al contraente generale la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva ed i lavori; attualmente il contraente generale sta redigendo il progetto definitivo.
  Per i Megalotti 5 e 9, attualmente privi di copertura finanziaria, sono stati elaborati dall'Anas i progetti preliminari e gli studi d'impatto ambientale e sono state avviate le procedure approvative stabilite dalla legge obiettivo, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006, presso i competenti Ministeri e la regione Calabria per la localizzazione e per la compatibilità ambientale dell'opera.
  Per i restanti Megalotti, l'Anas ha predisposto i progetti preliminari ma, a causa della mancata copertura finanziaria, non ha ancora avviato le procedure di legge obiettivo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   DIMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 1° agosto scorso, l'Anas, su richiesta della Polizia stradale, ha chiuso, in via provvisoria e per il tempo necessario a rimuovere il pericolo, l'autostrada A3 SA/RC, nel tratto compreso tra Scilla e Santa Trada, in provincia di Reggio Calabria, a causa della caduta di un masso di grosse dimensioni all'imbocco di una galleria e su una carreggiata a doppio senso di circolazione;
   l'episodio, che fortunatamente non ha provocato danni a cose ed a persone, desta comunque preoccupazione non solo perché un fatto analogo, anche in questo caso senza incidenti, si è verificato nel 2010, quando nel mese di maggio un altro masso è precipitato da un costone di montagna sempre sul tratto autostradale compreso nel territorio del comune di Scilla, ma anche perché tutto ciò è la dimostrazione più evidente di come probabilmente ancora molto dovrebbe essere fatto sotto il profilo della messa in sicurezza della zona in questione;
   i disagi sopportati dagli automobilisti sono stati molto gravi perché la chiusura di questo tratto autostradale ha determinato il ricorso a percorsi alternativi che di fatto hanno reso più difficile e complicata la circolazione su strade comunali e provinciali non sufficientemente attrezzate a sopportare un numero elevato di automezzi determinato dall'esodo estivo;
   la gestione dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza della Salerno/Reggio Calabria, al di là delle promesse fatte e mai mantenute in ordine al loro completamento in tempi ragionevolmente brevi, è la prova lampante della penalizzazione che la Calabria ed i suoi cittadini stanno subendo da più tempo sia sotto il profilo della lentezza nell'attuazione delle diverse fasi di realizzazione degli interventi sia sotto quello della mancanza di finanziamenti che non permetteranno di rimodernare più di 50 chilometri di tratto autostradale in provincia di Cosenza;
   questa situazione ha provocato numerose critiche nei confronti del management dell'Anas a cui è stata più volte rimproverata mancanza di attenzione nei confronti di questo problema tanto che in Parlamento sono state presentate proposte di legge di istituzione di una commissione di inchiesta che indaghi sull'operato dell'ente pubblico tra cui anche quella presentata dall'interrogante in cui si evidenzia come sia necessario verificare le inadempienze ed i motivi dei ritardi nonché indagare sulle procedure utilizzate per capire se l'Anas abbia ottemperato al compito di monitoraggio e vigilanza sulle opere in realizzazione;
   l'incredibile vicenda del 1° agosto e quella verificatisi due anni fa non può assolutamente essere considerata come poco importante ma al contrario deve far riflettere sulla necessità di operare nella massima sicurezza –:
   quali iniziative il Ministro intenda prendere far sì che possano essere garantire le misure di sicurezza per chi viaggia sull'autostrada Salerno/Reggio Calabria. (4-17494)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, occorre premettere che i due episodi citati dall'interrogante, avvenuti rispettivamente l'11 maggio 2010 e il 10 agosto 2012, non possono essere correlati in quanto dagli accertamenti è emerso che sono stati provocati da cause differenti.
  In particolare, sulla base delle informazioni assunte, si informa che nel maggio 2010 la caduta di un masso di notevoli dimensioni sulla sede autostradale, così come accertato dai sopralluoghi effettuati congiuntamente dall'Anas, dall'autorità di bacino regionale, dai vigili del fuoco, dai carabinieri e dai tecnici del comune di Scilla, è stata provocata da lavori di movimentazione e disgaggio effettuati sulla parte alta del costone da parte di un soggetto privato sprovvisto delle autorizzazioni necessarie.
  Invece, il distacco del masso avvenuto il 1o agosto 2012, in una zona distante dall'imbocco della galleria Paci e al di fuori delle pertinenze della sede autostradale, è riconducibile al contesto geo-morfologico estremamente complesso che caratterizza il territorio calabrese.
  Quest'ultimo episodio si è verificato nella notte del 1o agosto 2012 ed è stato risolto nelle prime ore della mattina grazie all'immediato intervento di pulizia del piano viabile effettuato dalle squadre della società Anas. Successivamente, alle ore 15,30, su specifica richiesta della polizia stradale, l'Anas ha chiuso provvisoriamente l'autostrada per consentire gli interventi di messa in sicurezza del costone sovrastante la sede stradale. Il traffico è stato, quindi, deviato sui percorsi alternativi disponibili, precedentemente individuati e concordati con la polizia stradale e la competente prefettura. L'autostrada è stata riaperta al traffico a partire dalle ore 22,30 dello stesso giorno.
  La società Anas ha fatto presente, altresì, che al fine di garantire la sicurezza di tutti gli automobilisti in transito sulla suddetta autostrada e di prevenire i rischi di distacchi pericolosi per la circolazione, effettua, con i propri tecnici e le squadre di manutenzione, un continuo monitoraggio dei versanti rocciosi adiacenti alla sede autostradale, attraverso controlli sia diretti che strumentali; per quanto riguarda i versanti montani presenti sulla A/3 non di diretta gestione Anas detta attività di controllo avviene congiuntamente agli altri organismi territorialmente competenti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   DUILIO, MELIS, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù. — Per sapere – premesso che:
   non di rado si apprende dalle pagine di cronaca che giovani atleti vengono stroncati improvvisamente da arresti cardiaci durante lo svolgimento di attività sportive;
   la nostra Costituzione tutela il diritto alla salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», nello stesso tempo impone allo Stato di garantire i diritti inviolabili dell'individuo anche nelle formazioni sociali entro cui si svolge la sua personalità;
   l'ambiente sportivo è certamente uno dei luoghi privilegiati entro cui un individuo sviluppa, fin dai primi anni della sua vita, la propria personalità ed in cui possono trovare realizzazione quei valori di solidarietà che hanno ispirato la Carta costituzionale;
   il legislatore italiano ha dato vita, a partire dagli anni Settanta, ad una normativa in materia di tutela della salute degli atleti che viene riconosciuta come un modello da altri ordinamenti ma che non per questo, a distanza di tempo, non necessita di verifiche ed eventuali aggiornamenti;
   ai fini della tutela della salute degli atleti, la normativa attuale distingue tra attività agonistica e attività non agonistica;
   la qualificazione del concetto di «attività agonistica» è demandata dalla normativa vigente alle singole federazioni sportive nazionali o agli enti sportivi riconosciuti, i quali a loro volta definiscono il passaggio all'attività agonistica sulla base di parametri specifici, tra i quali rileva ad esempio quello anagrafico;
   rientrano invece nel concetto di attività non agonistica gli alunni delle scuole nell'ambito delle attività para-scolastiche, coloro che svolgono attività organizzate dal C.O.N.I., da società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., infine coloro che partecipano ai giochi della gioventù;
   agli atleti che intendono svolgere attività sportiva agonistica, il decreto ministeriale 18 febbraio 1982, n. 63, emanato in attuazione della legge 26 ottobre 1971, n. 1009, impone di presentare ogni anno il certificato d'idoneità all'attività sportiva, rilasciato dal medico specialistico sulla base di specifici esami diagnostici;
   le tabelle A e B del suddetto decreto ministeriale differenziano gli esami diagnostici (i quali si suddividono in cardiologici, neurologici, otorinolaringoiatrici, delle urine) in base allo sport dell'aspirante agonista, ferma restando la facoltà per il medico visitatore di richiedere «ulteriori esami specialistici e strumentali su motivato sospetto clinico»;
   agli atleti che intendano svolgere attività sportiva non agonistica, il decreto ministeriale 28 febbraio 1983, n. 72, impone di sottoporsi annualmente ad una visita medica volta a certificare lo stato di buona salute;
   il certificato di buona salute non consegue ad alcuno specifico esame diagnostico, ferma restando la facoltà per il medico curante di richiedere esami ulteriori in caso di motivato sospetto clinico;
   la normativa vigente, pur lodevole nel suo complesso, potrebbe oggi essere aggiornata sulla base dei progressi delle conoscenze medico-scientifiche, attraverso le quali sappiamo ad esempio che i controlli ematici (non inseriti nelle tabelle ministeriali) sono in grado di rilevare problemi di natura cardio-vascolare, oppure che un elettrocardiogramma effettuato nell'età dell'infanzia consente di rilevare numerose anomalie cardiache congenite;
   ai fini della prevenzione delle morti improvvise in ambito sportivo, appare utile incentivare con ogni strumento lo svolgimento di esami cardiaci ed ematici fin dalla più giovane età, considerate viceversa le diverse problematiche connesse ad una loro eventuale imposizione –:
   quali siano i dati concernenti il fenomeno delle morti improvvise in ambito sportivo: numero di soggetti colpiti ogni anno e complessivamente dall'entrata in vigore della normativa, caratteristiche dei soggetti più colpiti (età, sesso e altro), tipologia di sport praticato con particolare riguardo alla distinzione tra attività agonistica e non agonistica;
   se non ritengano utile l'integrazione delle tabelle ministeriali concernenti i controlli sanitari per gli sportivi agonisti, prevedendo ad esempio l'inserimento dei controlli ematici, considerata la loro importante funzione preventiva per la salute dell'atleta;
   se non ritengano utile prevedere un obbligo di revisione periodica delle tabelle ministeriali suddette, proprio al fine di rapportare queste ultime al progresso delle conoscenze nell'ambito della medicina dello sport;
   se non ritengano necessario promuovere una campagna di sensibilizzazione su questo fenomeno, attraverso la quale si invitino le famiglie dei giovani atleti non agonisti ad effettuare, oltre alla visita medica per la certificazione del buono stato di salute, un esame cardiologico a riposo e sotto sforzo ed un esame ematico;
   quali ulteriori iniziative intendano promuovere per la prevenzione delle tragiche morti improvvise dei giovani atleti.
(4-12433)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Con riferimento alla tematica in esame, si ritiene opportuno in via preliminare formulare alcune considerazioni di carattere generale, prima di valutare il merito dei quesiti posti.
  Come è noto, la morte cardiaca improvvisa viene definita come una morte naturale dovuta a cause cardiache, in cui il decesso avviene entro un'ora dall'inizio dei sintomi acuti, con caratteristiche di imprevedibilità in soggetti in apparente buona salute.
  Genericamente si può affermare che questi eventi, spesso legati dalla cronaca alla pratica sportiva, si verificano più frequentemente negli uomini di età inferiore ai 35 anni e nei dilettanti, piuttosto che negli atleti di alto livello agonistico, inoltre il numero dei decessi varia nei diversi Paesi a seconda della tipologia di sport più praticati e la patologia cardiovascolare che ne è causa varia in rapporto all'età dell'atleta.
  Nell'ambito dell'attività di ricerca promossa da questo ministero, attraverso la Commissione per la vigilanza e il controllo sul
doping e per la tutela della salute nelle attività sportive e la Commissione nazionale per la ricerca sanitaria, sono stati finanziati alcuni progetti di ricerca riguardanti la problematica in oggetto, che hanno preso in esame la valutazione dell'atleta non solo sotto il profilo cardiovascolare ma anche sotto il profilo generico-molecolare, dimostrando l'utilità sia dello screening familiare e clinico-strumentale sia dello studio delle mutazioni generiche che possono essere predittive di difetti cardiaci ereditari.
  I fattori di rischio cardiovascolare sono, oltre alle cardiopatie congenite e a quelle legate alla familiarità, lo stress, gli stili di vita sbagliati e l'abuso di alcolici e sostanze stupefacenti.
  Diversi studi hanno dimostrato che almeno il 10 per cento degli eventi cardiologici acuti che portano un giovane al pronto soccorso è dovuto all'abuso di cocaina.
  Ciò premesso, nel merito del primo dei quesiti posti, nel comunicare che il Ministero della salute non è in possesso di specifici dati statistici concernenti il fenomeno delle morti improvvise in ambito sportivo, si forniscono di seguito i dati acquisiti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della gioventù. Tale dipartimento ha segnalato che il fenomeno delle morti improvvise, specie in ambito sportivo e soprattutto tra giovani atleti, è sempre più frequente; oltre 50.000 persone all'anno sono colpite in Italia da morte improvvisa, di questi circa 5.000 muoiono improvvisamente in età giovanile a causa di malattie congenite, patologie che spesso rimangono silenti per anni o non vengono diagnosticate in modo tempestivo.
  Per quanto concerne il secondo e terzo quesito finalizzato a proporre la integrazione e la revisione delle tabelle ministeriali concernenti i controlli sanitari per gli sportivi agonisti, sembra opportuno ricordare che le tabelle in esame sono quelle allegate al decreto ministeriale 18 febbraio 1982 con le quali, a suo tempo furono stabiliti criteri generali in base ai quali effettuare i controlli sanitari minimi per stabilire l'idoneità all'attività sportiva agonistica.
  Pertanto, le tabelle costituiscono, oggi, le linee guida a cui le regioni debbono attenersi al fine di garantire la tutela della salute nelle attività sportive.
  Va a questo punto osservato che, nel rispetto dell'assetto di competenze istituzionali tra Stato e regioni, individuato dal Titolo V della Costituzione, attesa la intervenuta competenza delle regioni, le tabelle non possono essere modificate né per una revisione periodica né per l'inserimento di nuovi controlli, per iniziativa autonoma del Ministero della salute. Ne consegue che ogni modifica dovrà essere sottoposta ad un tavolo tecnico che veda coinvolta la Conferenza Stato/regioni ed il Coni al fine della valutazione condivisa del rapporto costi/benefici derivante dall'introduzione di nuovi controlli.
  Questo ministero tuttavia, attesa la rilevanza della tematica in esame, valuterà l'opportunità di attivare un tavolo di confronto per rivedere gli
standard analitici, comuni e mirati per ogni singola disciplina sportiva, al fine dell'idoneità sportiva agonistica, anche se non ritiene auspicabile che il giudizio di idoneità venga certificato in base a codificati parametri clinici diversi a seconda dell'ambito regionale in cui lo stesso venga rilasciato.
  Alle valutazioni sopra rese e a sostegno del sistema già vigente, va comunque ricordato che, la normativa nazionale già prevede la discrezionalità del medico sportivo che nel rispetto della propria responsabilità professionale, oltre alla imprescindibile visita medica, può disporre di una serie di ulteriori esami strumentali o clinici – non solo per l'idoneità all'agonismo – che possono essere anche più estesi, completi e particolareggiati rispetto a quelli definiti dal vigente decreto. Pertanto il sistema vigente già consente al medico di prescrivere accertamenti integrativi mirati, anche più appropriati, rispetto al generico riferimento dei «controlli ematici» suggeriti nell'atto ispettivo in esame. Inoltre, proprio nella consapevolezza della rilevanza e delicatezza della tematica in esame, il Ministero della salute ha ritenuto necessario inserire nel decreto-legge 5 settembre 2012, n. 158, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» una norma finalizzata a salvaguardare la salute dei cittadini che praticano attività sportive non a livello agonistico o amatoriale.
  In particolare, la norma rinvia ad un decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro per il turismo e lo sport la individuazione di garanzie, mediante l'obbligo di idonea certificazione medica, unitamente a linee guida per la effettuazione di controlli sanitari sui praticanti le attività sportive, con il supporto di defibrillatori automatici e di eventuali altri dispositivi salvavita.
  Sembra inoltre il caso di segnalare, che la normativa sulla tutela della salute nelle attività sportive, che prevede una diversa certificazione per l'attività sportiva agonistica e non agonistica, si inserisce nel quadro più generale di un sistema di tutela e prevenzione garantito dal sistema sanitario nazionale attraverso la rete assistenziale territoriale costituita, in particolare, dai pediatri di libera scelta e dai medici di medicina generale.
  Per quanto attiene al quarto quesito relativo alle iniziative finalizzate alle campagne di comunicazione, si segnala che i programmi di lavoro che il Ministro della gioventù ed il Ministero della salute hanno messo in atto, sono già rivolti a diffondere una «cultura di attenzione» verso i giovani anche finalizzata ai corretti stili di vita, quale forma di prevenzione delle malattie più facilmente diagnosticabili.
  Il programma di lavoro che i ministeri stanno attuando nel quadro della legislazione vigente, è rivolto infatti all'attuazione di misure quanto più idonee ed incisive a favore dei giovani, creando una rete di informazione e formazione, al fine di dotare i giovani di un bagaglio culturale e tecnico ed incentivandone il senso di responsabilità e una maggiore fiducia in sé stessi, favorendone lo sviluppo attitudinale, indirizzandone i comportamenti verso stili di vita sani fin dalla giovane età, per poter giungere ad interventi terapeutici tempestivi al fine di ridurre in mortalità che deriva dalle malattie più diffuse e facilmente diagnosticabili.
  Il Ministero della salute ha promosso una strategia di contrasto alle malattie croniche, la cui insorgenza è correlata ai quattro fattori ritenuti principali elementi di rischio: fumo, alcol, scorretta alimentazione e inattività fisica, sviluppando il programma «Guadagnare Salute – Rendere facili le scelte salutari», che mira a valorizzare gli stili di vita sani e prevenire le malattie croniche.
  Nell'ambito di detto programma, il Ministro della gioventù ha siglato con il Ministro della salute un protocollo d'intesa che, attraverso la promozione di iniziative di informazione e di comunicazione, persegue l'obiettivo di sensibilizzare la popolazione, e in particolare i giovani, sulla rilevanza di uno stile di vita attivo, quale efficace strumento per la prevenzione dei rischi per la salute, rafforzando, tra l'altro, la funzione educativa e sociale dello sport.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto denuncia Legambiente in Italia ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di cemento amianto, ma mancano impianti di smaltimento e discariche;
   si tratta comunque di un censimento ancora parziale: solo 13 regioni infatti hanno approvato un piano per il censimento e la bonifica;
   secondo il responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani, si registra «un pericoloso immobilismo dello Stato e delle Regioni che espone la popolazione a un rischio per la salute molto insidioso perché di amianto ce n’è molto»;
   «laddove si è iniziato a lavorare, si procede a rilento: a 18 anni dalla legge 257/92 che mise al bando l'amianto, il censimento infatti è ancora in corso in gran parte delle regioni e solo cinque (Basilicata, Lombardia, Molise, Puglia e Umbria) hanno dati relativi all'amianto presente negli edifici privati»;
   sommando le informazioni, a Legambiente risulta che ad oggi in Italia ci sono circa 50 mila edifici pubblici e privati in cui è presente amianto, e i quantitativi indicati solo da undici regioni (Lazio, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Basilicata, Piemonte e Liguria) anche se non esaustivi, delineano comunque le dimensioni del problema: 100 milioni circa di metri quadrati di strutture in cemento-amianto, e oltre 600 mila metri cubi di amianto friabile;
   le regioni che hanno una discarica dedicata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia (esaurita però nel marzo 2009), Abruzzo (in istruttoria per la riapertura), Emilia-Romagna e Liguria. La Basilicata ne ha 2, il Piemonte 3, la Toscana e la Sardegna 4, ma tutti i casi le capacità residue sono comunque molto scarse se relazionate ai quantitativi di materiali contenenti amianto ancora presenti sul territorio;
   a causa dell'amianto si continua a morire e secondo il Registro nazionale mesoteliomi istituito presso l'Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9 mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70 per cento delle volte è stata professionale. Tra le regioni più colpite Piemonte (1.963 casi di mesotelioma maligno), la Liguria (1.246), la Lombardia (1.025), l'Emilia-Romagna (1.007) e il Veneto (856) –:
   se non si ritenga necessario, opportuno e urgente mutare l'approccio dimostrato fino ad oggi nella lotta all'amianto, e in particolare se non si ritenga necessario garantire continuità di risorse economiche per le analisi epidemiologiche necessarie a monitorare gli effetti sanitari del problema;
   se, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, non si ritenga necessario acquisire elementi con riguardo ai ritardi sulla mappatura delle strutture interessate per stabilire le priorità di intervento;
   se non si ritenga di dover dare il massimo di appoggio e sostegno possibile alla campagna d'informazione «Liberi dall'amianto», svolta in collaborazione con l'associazione italiana Medici per l'ambiente per illustrare alla popolazione i rischi derivanti dall'esposizione all'amianto e quali regole di comportamento adottare quando si ha a che fare con strutture contaminate. (4-08413)

  Risposta. — La normativa italiana in tema di amianto si colloca tra le più avanzate su scala europea ed internazionale. Infatti, la direttiva 2009/148/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro, entrata in vigore il 5 gennaio 2010, ricalca, in diversi passaggi, la precedente normativa italiana di settore e il testo unico sicurezza. Tuttavia, a distanza di circa oltre anni dall'introduzione della legge n. 257 del 27 marzo 1992 (che stabiliva la «cessazione dell'impiego dell'amianto», ed in particolare il divieto di estrazione importazione-esportazione-commercializzazione-produzione di amianto di prodotti di amianto e di prodotti contenenti amianto) sono ancora presenti sul territorio nazionale non meno di trenta milioni di tonnellate di materiali compatti contenenti amianto oltre a quantitativi non trascurabili di amianto friabile in numerosi siti contaminati, sia di tipo industriale che non, pubblici e privati.
  Pertanto, tenuto conto che con il passare degli anni lo stato di crescente degrado dei materiali comporta un notevole rischio di incremento del rilascio di fibre pericolose nell'ambiente, al fine di evitare esposizioni indebite della popolazione e/o dei lavoratori, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) è intervenuto sollecitando e finanziando attività di messa in sicurezza di emergenza, caratterizzazione e bonifica a partire dai siti con maggiore contaminazione da amianto, i cosiddetti «Siti da bonificare di interesse nazionale».
  In particolare, con la legge n. 426 del 1998 ed il decreto ministeriale n. 468 del 2001 e sue successive integrazioni, sono stati individuati numerosi siti da bonificare in cui l'amianto è presente sia come fonte di contaminazione principale che come fonte secondaria. Detta normativa ha permesso di individuare una prima copertura finanziaria, per oltre settanta milioni di euro, agli interventi pubblici di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione e bonifica necessari per le situazioni di inquinamento ritenute più pericolose ed acute tra cui Broni-Pibronit (MI), Priolo-Eternit Siciliana (SR), Casale Monferrato-Eternit, Balangero-Cava Monte S. Vittore (TO), Napoli Bagnoli-Eternit, Tito-exLiquichimica (PO), Bari-Fibronit, Biancavilla-Cave Monte Calvario (CT), Emarese-Cave di Pietra (AO).
  Nei siti sopra citati, le attività di messa in sicurezza di emergenza, caratterizzazione e bonifica sono attualmente in fase avanzata. Tuttavia, sono presenti sul territorio nazionale molte altre aree contaminate da amianto, sebbene non in maniera così massiccia. Pertanto, attraverso la legge n. 93 del 2001 ed il relativo decreto ministeriale n. 101 del 2003, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha previsto un ulteriore finanziamento (oltre quello del programma nazionale bonifiche) di importo complessivo pari a circa 9 milioni di euro, per la realizzazione di ulteriori interventi di bonifica urgente e di una mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale.
  Di conseguenza, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con la collaborazione scientifica dell'Ispesl (ora Inail), ha finanziato le attività di mappatura dell'amianto sul territorio nazionale avviando, tra l'altro, un continuo dialogo con le regioni che ha consentito di poter acquisire allo stato attuale una situazione aggiornata relativa a 19 regioni, mentre Calabria e Sicilia, come notato dall'interrogante, non hanno ancora consegnato nessun dato.
  Sono stati così censiti, ad oggi, circa 34.000 siti interessati dalla presenza di amianto.
  Va ricordato, inoltre, che Inail sta completando la mappatura sul territorio nazionale delle discariche e dei centri di stoccaggio dedicati all'amianto. Da un primo esame dei dati si conferma l'estrema insufficienza della volumetria utile residua di tali siti rispetto alle esigenze di bonifica.
  Alla luce della diffusione e della pervasività delle situazioni di rischio amianto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha poi realizzato, negli anni 2006 e 2007, la «Scuola di formazione permanente per la lotta all'Amianto», rivolta a tutti responsabili e funzionari pubblici afferenti a regioni, province, città metropolitane, comuni, Arpa, Ausl, ed anche a rappresentanti delle forze dell'ordine, dei sindacati, delle associazioni ex-esposti amianto. In tal modo il Ministero ha inteso da un lato assicurare alla parte pubblica il possesso di competenze scientifiche, tecniche e amministrative adeguate a fronteggiare le situazioni più gravi, prevedendo i potenziali rischi; dall'altro, ha perseguito la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle conseguenze ambientali e sanitarie della presenza di amianto ed il trasferimento delle conoscenze dei temi correlati al suo impiego.
  Si segnala, inoltre, che nell'ambito delle attività sui siti di interesse nazionale da bonificare sono state predisposte da Inail, su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le linee guida generali da adottare per la corretta gestione delle attività di bonifica da amianto nei Sin; con particolare riferimento alla fase esecutiva.
  Con la collaborazione di Inail, è stato anche predisposto un sistema informativo territoriale (SIT), per archiviare i dati di mappatura trasmessi annualmente dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi del decreto ministeriale 101/2003. Detto Sit consente la gestione di tutte le informazioni disponibili sulla presenza di amianto sul territorio nazionale, la loro interrogazione e la restituzione di report di dettaglio, organizzati per regione, categoria e classe di priorità, nonché la loro visualizzazione su base cartografica. Risulta possibile, pertanto, individuare i siti che rappresentano, a livello nazionale, un maggior rischio dal punto di vista sanitario ed ambientale.
  Attualmente il Sit raccoglie i dati di mappatura o censimento dell'amianto, ancorché in alcuni casi parziali, di 19 regioni. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fornito, ai soggetti interessati, indicazioni puntuali affinché le informazioni relative alla presenza di amianto siano strutturate in maniera omogenea per consentire l'implementazione del suddetto database.
  La mappatura è stata applicata a quattro categorie: impianti industriali attivi o dismessi; edifici pubblici e privati; presenza naturale; altra presenza di amianto da attività antropica.
  Resta fermo l'impegno del Governo nel sollecitare continuamente le regioni per completare ed aggiornare, ove necessario, la predetta mappatura, in particolare le regioni totalmente inadempienti, perché forniscano i dati richiesti. Questo Ministero sta procedendo periodicamente a convocare tutte le regioni per ulteriori riunioni di coordinamento.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareCorrado Clini.


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   è trascorso più di un anno dal grave episodio del crollo della cosiddetta «Scuola dei Gladiatori» all'interno degli scavi archeologici di Pompei;
   venerdì 20 ottobre 2011 vi è stato un ulteriore crollo di un tratto delle antiche mura di fortificazione della città all'interno dell'area aperta al pubblico;
   il Governo ha annunciato di mettere a disposizione oltre 100 milioni di euro per la messa in sicurezza del sito di Pompei nonché l'assunzione di alcune decine di unità (inizialmente 40 operai più 30 archeologi, per un totale di 70 unità, successivamente scese a 25, in virtù della misura in deroga – approvata con il decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 75 del 2011 – che consentiva di assumere personale di III area, posizione economica F1, nel limite di spesa di 900.000 euro annui a decorrere dal 2011) di nuovo personale tecnico da destinare a Pompei;
   le risorse sono state più volte appostate e poi rimosse in sede di manovre finanziarie, mentre non si è proceduto, a tutt'oggi, ad alcuna nuova assunzione né risulta che al momento presso il Ministero per i beni e le attività culturali (Mibac) siano in essere procedure di assunzione di nuovo personale tecnico da destinare a Pompei;
   il Governo ha rilanciato la disponibilità delle risorse per la sicurezza del sito sulla base di un finanziamento europeo, vincolato al via libera della Commissione europea;
   il Governo ha inoltre sottolineato un ruolo della società Invitalia nella gestione operativa del finanziamento nonché nell'allestimento dei bandi di gara, laddove nel primo provvedimento una funzione analoga per la stessa Pompei era attribuita alla società Ales (società di proprietà dello stesso Ministero per i beni e le attività culturali);
   il comma 6 dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 34 del 2011 ha previsto la possibilità di derogare alle norme urbanistiche e paesaggistiche per le attività edilizie nelle aree esterne agli scavi di Pompei;
   tra scelte sbagliate, spese inutili, annunci di finanziamenti e di dotazione di risorse umane si sono, ad avviso degli interroganti, persi anni preziosi e sprecate ingenti somme;
   l'insieme della comunità scientifica reputa fondamentale un'azione costante per garantire la manutenzione ordinaria e un'accurata analisi e controllo degli interventi di natura straordinaria –:
   quando saranno effettivamente resi disponibili i fondi per la messa in sicurezza del sito;
   quale sarà il soggetto attuatore degli interventi;
   come si sia giunti alla decisione di affidare la progettazione alla società Invitalia invece che ad Ales, quali competenze specifiche su Pompei vanti la società Invitalia, quali siano i soggetti finanziatori e per quali cifre essi contribuiscano alla stessa Agenzia e quali siano al momento i rapporti in essere tra la Soprintendenza di Napoli e Pompei e la stessa Invitalia;
   quali misure siano state proposte ed attuate per impedire condizionamenti e infiltrazioni della criminalità organizzata;
   quali scelte finanziarie e organizzative si intendano adottare per rendere efficace la manutenzione ordinaria del sito;
   come si intenda assicurare la corretta tutela paesaggistica delle aree esterne agli scavi di Pompei in regime di assenza di norme, atteso che gli industriali campani hanno più volte di recente dichiarato di volersi impegnare per la valorizzazione turistica di dette aree. (4-13842)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, volta a conoscere quali provvedimenti il Ministero per i beni e le attività culturali intenda assumere al fine di mettere in sicurezza l'area archeologica di Pompei, con particolare riferimento all'assunzione di nuovo personale ed allo stanziamento di risorse economiche adeguate, si rappresenta quanto segue.
  Il 1o gennaio 2012 hanno assunto effettivamente servizio, presso la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, 22 nuovi funzionari tra archeologi (13), architetti (8) d amministrativi (1), assunti sulla base dell'apposito decreto-legge n. 34 del 31 marzo 2011, recante, tra l'altro, «disposizioni urgenti in favore della cultura», il cui articolo 2 prevedeva espressamente la possibilità di procedere all'assunzione, in deroga alle disposizioni generali in materia, di personale di III area, posizione economica F1, nel limite di spesa di euro 900.000,00 annui a decorrere dall'anno 2011, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità.
  Nell'ambito dei Poin «attrattori culturali» (programma operativo interregionale), è stato approvato un grande progetto dedicato a Pompei, finanziato dall'Unione europea con un fondo di 105 milioni di euro, che saranno gestiti dalla soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, che opera di concerto con le autorità centrali del Ministero per i beni e le attività culturali ed è supportata dalla società Invitalia nella gestione operativa del finanziamento, nonché nell'allestimento dei bandi di gara.
  Allo scopo preventivo di impedire qualunque condizionamento o infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, il 5 aprile 2012 è stato sottoscritto un protocollo di legalità tra la citata soprintendenza e la prefettura di Napoli, protocollo accessibile sia sul sito
web della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei che su quello della Prefettura di Napoli, ed è stata nominata, da parte del Ministero degli interni, un'apposita struttura di controllo e coordinamento con a capo il prefetto Fernando Guida.
  Già nell'aprile del 2012 sono state avviate le gare per interventi mirati alla salvaguardia ed al restauro di cinque interi edifici, mentre, entro la fine dell'anno, partiranno tutte le gare per la messa in sicurezza delle nove
regiones in cui è divisa Pompei, interessando dapprima le tre regioni corrispondenti al più antico centro della città, nonché all'area da più tempo messa a vista, ossia la sesta, la settima e la ottava, e poi, in successione, tutte le altre. Per quanto attiene alle gare per il restauro completo degli apparati decorativi della casa della Venere in Conchiglia e di quella di Lorcio Tiburtino, dove pure si sono registrati problemi di conservazione, essendo oramai stato definito il relativo schema procedurale, si prevede che esse possano essere bandite a breve, unitamente a quella relativa alla messa in sicurezza dell'assetto idrogeologico delle aree non ancora scavate, che interessa i fronti delle regioni terza e nona e che porterà all'eliminazione completa delle pericolosissime infiltrazioni d'acqua dalle terre non scavate agli edifici romani.
  Con fondi del Ministero per i beni e le attività culturali, inoltre, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei sta già da tempo curando un programma di manutenzione e di primi interventi di messa in sicurezza, diffusi sull'intera superficie della città, in modo che i monitoraggi capillarmente effettuati e le schede conoscitive messe a punto dai nuovi tecnici prima ricordati possano trovare, nei casi urgenti, immediata risposta operativa, al fine di evitare, in futuro, il ripetersi di episodi quali quelli ai quali l'interrogazione parlamentare fa riferimento.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si sono succeduti in poco tempo tre decessi presso l'ospedale San Bassiano a Bassano del Grappa di cui hanno riferito agenzie di stampa, siti di informazione internet e giornali;
   in particolare, i tre decessi in questione sarebbero da attribuire a un'infezione rapida e devastante, che nessun farmaco ha saputo curare, provocata da un batterio-killer, la klebsiella pneumoniae;
   la signora Bruna Visentin, vedova del signor Tiziano Farronato, uno dei tre pazienti deceduti nell'ospedale di Bassano del Grappa dopo aver contratto il batterio klebsiella pneumoniae, ha denunciato:
    «Mio marito è entrato in quell'ospedale sano, con le sue gambe, per un intervento ambulatoriale che è andato alla perfezione. Ma ne è uscito in una bara...»;
    «Mi sembra di vivere in un incubo. Mio marito ha lavorato fino al giorno prima...», ha dichiarato un'altra vedova, la moglie del signor Gianni Rizzon;
   essendo la klebsiella pneumoniae un batterio che colpisce i pazienti più deboli, occorre una estrema attenzione, dal momento che non è la prima volta che si verificano fatti simili con pazienti debilitati;
   occorre appurare se sia stata attivata una procedura di verifica per accertare se vi siano stati errori nel rispetto dei protocolli e se sia vero che tutti e tre i pazienti che hanno perso la vita, hanno contratto il germe nella stessa maniera, e in particolare che la responsabilità è da attribuire ad un barattolo di Betadine usato per tutte e tre le operazioni;
   il professor Giorgio Palù, ordinario di microbiologia dell'università di Padova, esperto di fama internazionale ha dichiarato: «Oggi la mortalità per le malattie infettive è del 25-30 per cento. La klebsiella pneumoniae, un enterobatterio della stessa famiglia dell'Escherichia Coli, può avere effetti molto gravi in pazienti con i sistemi immunitari deficitari. Questo capita perché a volte i germi mutano e diventano resistenti agli antibiotici. Al momento le grandi case farmaceutiche tengono nel cassetto i farmaci che potrebbero essere efficaci, commercialmente non redditizi, e senza nuove classi di antibiotici queste infezioni non possono quindi essere curate. Ci sono casi di klebsiella pneumoniae in tutto il mondo e nemmeno le eccellenze ospedaliere, come Bassano, sono immuni dai contagi: i reparti più colpiti sono le rianimazioni, i centri grandi ustionati, le chirurgie e i centri di trapianti di organi» –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-15295)

  Risposta. — Le infezioni da batteri Gram negativi produttori di carbapenemasi (CPE), soprattutto delle specie Klebsiella pneumoniae e Escherichia coli, rappresentano sicuramente una problematica emergente per la sanità pubblica, in particolare negli ultimi dieci anni.
  Questi batteri producono enzimi che distruggono gli antibiotici, appartenenti alla classe dei «carbapenemici» (
imipenem e meropenem), usati nelle infezioni gravi. In seguito all'acquisizione di tale resistenza questi batteri sono sensibili soltanto a pochi antibiotici, quali le «polimixine», la «fosfomicina» e la «nitro-furantoina».
  Negli ultimi dieci anni, si diceva, si è assistito alla diffusione di tali ceppi batterici negli Stati Uniti d'America, in Israele, Porto Rico, Colombia, Grecia ed, infine, nel subcontinente indiano.
  Uno dei fattori più importanti per la diffusione della CPE è costituito dal trasferimento dei pazienti tra le diverse strutture sanitarie. Nel 2011 è stata documentata la circolazione di resistenti, in pazienti provenienti dall'India e ricoverati in altre strutture europee ed extra-europee; anche in Italia è stato documentato l'isolamento di tali batteri in due pazienti in Emilia-Romagna.
  Recentemente è stato diffuso un documento tecnico da parte del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie di Stoccolma (ECDC) per la sorveglianza di infezioni da CPE in pazienti provenienti dalla Libia, in occasione di un riscontro di tali batteri in pazienti, ricoverati in Francia e a Malta.
  Numerosi studi scientifici hanno evidenziato che i fattori di rischio per le infezioni da CPE sono:
   la gravità delle condizioni cliniche del paziente;
   il trasferimento da altre strutture ospedaliere;
   la permanenza per un determinato periodo di tempo in Unità di Terapia Intensiva;
   un precedente intervento chirurgico;
   i trapianti di midollo o organi solidi;
   la presenza di ferite chirurgiche;
   il cateterismo delle vie biliari;
   la ventilazione assistita.

  I dati forniti al Sistema di sorveglianza europea dell'antibiotico – resistenza (EARSS-net), al quale partecipa per l'Italia l'Istituto superiore di sanità (ISS), hanno evidenziato una frequenza in preoccupante aumento delle infezioni invasive da Gram negativi produttori di carbapenemasi, soprattutto Klebsiella pneumoniae, che dall'1,3 per cento del 2009 è passata al 15 per cento nel 2010.
  Sulla base di quanto esposto, il Ministero della salute ha elaborato una bozza per una circolare per la sorveglianza di batteri CPE, al momento in fase di revisione da parte del coordinamento tecnico interregionale della prevenzione.
  La versione condivisa di tale documento conterrà linee di indirizzo su:
   1) sorveglianza passiva, attraverso la rilevazione di batteriemie da ceppi di CPE e la compilazione di una apposita scheda;
   2) sorveglianza attiva dei contatti dei pazienti infetti o colonizzati, di tutti i pazienti identificati in precedenza come infetti o colonizzati che accedono una seconda volta in ospedale, di tutti i pazienti provenienti da Paesi endemici (Grecia, Cipro, Pakistan, Colombia, India, eccetera), di pazienti che vengono ricoverati o trasferiti in reparti a rischio quali terapia intensiva, oncologia, ematologia, neuroriabilitazione, unità spinale, chirurgia dei trapianti;
   3) misure di controllo attraverso l'adozione di precauzioni da contatto, da parte del personale assistenziale, dell'igiene delle mani, prima e dopo il contatto con pazienti colonizzati o infetti da CPE, l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale mono-uso durante l'assistenza (guanti, sovra-camice), l'isolamento di tali pazienti in stanza singola o in aree dedicate dell'ospedale (isolamento in coorte o «
cohorting»), l'assistenza di tali pazienti da parte di personale sanitario dedicato e l'addestramento di questo all'adozione di misure di sorveglianza e controllo contro le infezioni da CPE.

  Con riferimento agli specifici episodi oggetto dell'interrogazione in esame, la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Vicenza ha trasmesso al Ministero della salute gli elementi raccolti presso l'azienda sanitaria ULSS n. 3 di Bassano del Grappa (Vicenza), che di seguito si riportano.
  1. Corrisponde al vero il fatto che, nell'arco di un breve periodo di tempo (dal 30 gennaio 2012 all'8 febbraio 2012) all'ospedale San Bassiano si siano succeduti tre decessi e che i tre pazienti deceduti siano risultati affetti da un'infezione originata dal batterio
Klebsiella pneumoniae. Essendo in corso un'indagine della competente procura della Repubblica (con relativi accertamenti medico legali) non si può ancora attestare un nesso di causalità tra l'infezione provocata dal germe isolato e i successivi decessi, che appare comunque plausibile.
  Tutti e tre i pazienti erano stati sottoposti a terapia ablativa per gravi neoplasie epatiche, con intervento palliativo. Il batterio
Klebsiella pneumoniae, che comunemente convive in modo opportunistico con l'organismo umano a livello di apparato intestinale, può scatenarsi in modo fatale nell'entrare in contatto con il fisico defedato di persone affette da malattie severe e/o provate da terapie che ne hanno compromesso il sistema immunitario. Il germe in questione è multi resistente; nel caso dei tre pazienti è stata tentata una terapia farmacologica a base di colistina.
  2. La
Klebsiella pneumoniae, a differenza di altri ospedali del Veneto, non era mai stata riscontrata all'interno del San Bassiano. La procedura ablativa eseguita era certificata (ISO 9001:2008) già dal 2010 ed è avvenuta in ambiente esplicitamente dichiarato idoneo. L'improvvisa prima comparsa del germe ha condotto all'immediato inasprimento di tutti i protocolli di sicurezza in uso nell'ospedale e, ad oggi, non si registrano altri casi di infezione che, pertanto, sembra essere stata efficacemente contenuta.
  3. Per l'accertamento di possibili errori nel rispetto dei protocolli, è stata immediatamente avviata un'indagine interna, le cui risultanze sono state rimesse sia alla procura della Repubblica sia alla commissione ispettiva regionale. Appare del tutto plausibile – pur in pendenza degli accertamenti medico-legali già descritti – che l'infezione sia stata contratta all'atto dell'esecuzione della procedura terapeutica ablativa, unico denominatore comune tra i tre pazienti. L'ipotesi di contaminazione del contenitore di disinfettante Betadine è solo una tra le tante formulate nel corso dell'indagine interna ed è stata rimessa alla valutazione della magistratura e degli esperti regionali.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il signor Gaetano Mangiatordi, secondo quanto riferisce la Gazzetta del Mezzogiorno del 5 marzo 2012, ha denunciato quello che non è esagerato definire un vero e proprio calvario patito dal padre Luigi, «malato terminale sballottato per ore, su e giù per l'ospedale. Da un reparto all'altro...In preda ai conati, giallo in volto, i reni in blocco, il polso flebile, la pressione quasi inesistente, non c'era un reparto disposto ad accoglierlo. Se non è malasanità questa...»;
   il racconto del signor Mangiatordi, è sconcertante: «Resisi conto delle condizioni critiche del padre, malato oncologico da quattro anni, si sono recati “di corsa in Oncologia all'ospedale Perrino di Brindisi per chiedere se potevamo portarlo. Ci hanno detto che non esisteva alcuna possibilità di ricoverarlo, non c'erano posti letto disponibili. Ci hanno perciò consigliato di tenerlo a casa. “Fategli una flebo”, sono state le uniche parole. Abbiamo chiamato un'infermiera che ci ha aiutato. Le ore passavano e papà stava sempre peggio. Tremava, il sacchetto attaccato al catetere era vuoto, il suo corpo era gelato. Dopo una nottata infernale, di buon mattino abbiamo chiamato un'ambulanza e lo abbiamo trasportato subito in ospedale”. Sono le 8,30; a questo punto ha inizio una disavventura che, solo a raccontarla vengono i brividi: in Pronto soccorso al signor Luigi viene assegnato un codice giallo. È grave. Non lo visitano, ma le sue condizioni sono più che evidenti. Data la sua storia viene trasferito in Oncologia. “Gli oncologi che lo seguono da quattro anni ci dicono che occorrono le analisi del sangue altrimenti non possono intervenire. Mostriamo quelle eseguite il giorno prima a pagamento, non vanno, si devono ripetere”. Per accelerare i tempi degli esami, il signor Luigi viene rispedito in Pronto soccorso. C’è troppa gente, trascorsi tre quarti d'ora, un ausiliario prende in consegna la barella. Tappa successiva: Nefrologia. Qui gli misurano la pressione e attaccano una flebo. Racconta il figlio Gaetano: “Mi sentivo impotente, non potevo fare nulla. Ero disperato. Pieno di collera, tristezza e sdegno. Profondo sdegno. È stato portato da un punto all'altro dell'ospedale come fosse un pacco, come se su quella barella non ci fosse nessuno. Non vedevano un uomo sofferente. Per i medici la barella era vuota”. Anche in Nefrologia ci sentiamo ripetere: “Non ci sono posti”. Si torna giù. In Pronto soccorso. “Non so nemmeno quanto tempo sia passato, forse quattro ore. Grazie all'intervento di nostri parenti e di un poliziotto lo spostano ancora. Un nuovo girone dell'inferno: Geriatria. Appena varcata la soglia, prima ancora di riuscire a spiegare, ci precedono: “Non c’è posto”. Sono le 15. L'odissea non è finita. Di nuovo interminabili corridoi e ascensore: si va in Medicina generale. Il posto non c’è, ma in compenso si avverte finalmente calore e umanità. “Una dottoressa, di cui non ricordo il nome, viste le condizioni disperate di mio padre, dopo sei ore di sali e scendi da un reparto all'altro decide di prendere un lettino, non so dove e come l'abbia trovato, e insieme ai suoi infermieri, ha allestito una stanza temporanea, per potergli somministrare le prime cure. Una stanza che non c'era ma che un medico dal cuore buono ha messo su solo per lui. Niente leggi, niente burocrazie, finalmente. Mio padre sta morendo, ma sono più sereno perché so che è affidato ad un’equipe che ha grande professionalità e che ringrazio» –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda promuovere, o adottare al riguardo. (4-15302)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi pervenuti dalla prefettura – ufficio territoriale del governo di Brindisi, contenuti in una relazione concernente il caso del paziente citato nell'interrogazione, redatta dal dirigente dell'unità operativa di gestione del rischio clinico dell'Asl di Brindisi, presidio ospedaliero «A. Perrino», di seguito sinteticamente illustrata.
  Il dirigente in parola ha comunicato di essersi recato presso la direzione sanitaria del presidio ospedaliero di Brindisi e di aver conferito con i sanitari che avevano assistito il paziente e di avere acquisito la documentazione relativa, da cui provengono le informazioni riferite.
  Il paziente veniva accompagnato nella mattinata del 23 febbraio 2012 al pronto soccorso dell'ospedale di Brindisi dal servizio 118 in codice rosso; gli veniva effettuato un elettrocardiogramma a causa di una condizione di ipotensione e disidratazione, aggravata dallo stato di recidiva di patologia neoplastica metastatizzata in trattamento chemioterapico palliativo, seguito dall'unità operativa di oncologia del predetto presidio, presso il quale era inoltre programmato un ricovero in regime di
day-hospital per il giorno successivo.
  Dopo aver visitato il paziente, il medico di pronto soccorso gli ha fatto effettuare esami del sangue in urgenza, successivamente una consulenza oncologica, ulteriori esami del sangue e infine una consulenza nefrologica, il tutto nel tempo di circa due ore.
  Gli esami ematici hanno evidenziato una importante condizione di anemia e piastrinopenia, oltre ad uno scompenso metabolico totale.
  All'esito di detti accertamenti, il medico di pronto soccorso giudicava il paziente non assistibile al domicilio e, preso atto della mancanza di posti letto in oncologia e nefrologia, ne disponeva il ricovero in ambiente internistico del medesimo ospedale, con la seguente diagnosi: «cachessia neoplastica, pregresso adenocarcinoma in trattamento chemioterapico».
  In esito all'espletamento delle valutazioni specialistiche, il paziente, alle ore 14.30 è stato ricoverato e visitato presso l'unità operativa di medicina generale, dove ha ricevuto la terapia del caso, compresa quella trasfusionale.
  A partire dal primo pomeriggio del 23 febbraio 2012, ha avuto inizio il ciclo di ulteriori valutazioni effettuate dai vari specialisti, vale a dire il rianimatore, l'internista, il nefrologo in sequenza, ad intervalli di circa 50 minuti l'uno dall'altro, per un totale di 10 visite.
  Trascorsa la mezzanotte, è stata avviata una trasfusione di sangue, seguita da una nuova valutazione dell'internista, da un intervento di emogasanalisi e una nuova visita del nefrologo.
  All'alba del 24 febbraio il paziente veniva trasportato in sala Tac dove ha avuto un arresto respiratorio. Le manovre di rianimazione, purtroppo, non hanno avuto esito e sopraggiungeva il decesso.
  Le cause di morte indicate nella scheda Istat sono: 1. Neoplasia del retto pluritrattata; 2. Metastasi polmonari e pelviche; 3. Disidratazione; 4. Insufficienza multi organo.
  Pertanto, non si ritiene di dover intraprendere iniziative.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   FAVA, RAINIERI, NEGRO, CROSIO, MUNERATO, CONSIGLIO e VANALLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il materiale specifico a rischio (MRS) in grado di trasmettere l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) è costituito dal sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale e dai gangli periferici situati in altri organi o cavità dell'organismo animale);
   il pacchetto intestinale bovino è incluso nella categoria della lista del materiale specifico a rischio; come tale va eliminato dalla catena alimentare. Ciò in base al regolamento comunitario 999/2001;
   l'Italia provvede all'applicazione di tale norma nonostante che dal 2010 non si registri nessun caso di positività in bovini macellati nel nostro Paese; positività, peraltro, sempre rilevate da esami approfonditi di laboratorio, in animali macellati o morti, senza che sia mai stato evidenziato un caso clinicamente manifesto di BSE in bovini nati in Italia;
   la Commissione europea ha chiesto all'EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare) di rivedere scientificamente la valutazione del rischio di questa malattia in tutti i 27 Paesi dell'Unione europea;
   EFSA, non ha ancora escluso del tutto il pericolo di trasmissione di questa malattia attraverso il consumo di materiale specifico a rischio e si riserva di rivalutare la materia;
   risulta che una nuova richiesta sia stata inviata all'autorità europea per la sicurezza alimentare dalla Commissione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione non intenda intervenire presso gli organismi europei affinché venga accelerato la nuova valutazione del rischio;
   se ritenga un livello sufficientemente ampio di sicurezza alimentare l'utilizzo di intestini di bovino importati da Paesi terzi;
   considerata la bassa entità della malattia nei bovini nati ed allevati in Italia e tenuto conto che l'insaccato viene consumato senza l'involucro, se il Ministero consideri la possibilità di agire attraverso una deroga da chiedersi alla Commissione dell'Unione europea, in attesa della revisione del regolamento che classifica il rischio Paese per Paese;
   quale altra azione sia stata messa in atto per tutelare i nostri produttori evitando da un lato di spendere per distruggere materiale e dall'altro di poter utilizzare materiale (intestino) per involucri naturali di insaccati non prodotti nel nostro Paese. (4-16622)

  Risposta. — Le importazioni di intestini trattati di bovino da Paesi terzi sono regolamentate a livello comunitario e, come tali, disciplinate dalla specifica normativa di settore.
  Sulla base dell'attuale normativa di settore, tutte le partite di intestini trattati di bovino in provenienza da Paesi terzi e destinate alla commercializzazione nel territorio dell'Unione europea, devono essere sottoposte ai previsti controlli veterinari, al fine di accertarne la conformità ai requisiti sanitari stabiliti dalla Commissione europea.
  La normativa di riferimento per le importazioni di intestini trattati di bovino è fondata sulla decisione 2003/779/CE e successive modifiche, che stabilisce le norme di polizia sanitaria e di certificazione veterinaria per l'importazione di involucri di origine animale da Paesi terzi, nonché sul regolamento (CE) 999/2001 e successive modifiche, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili
(Transmissible spongiform encephalopaty-Tse).
  Sulla base della citata normativa di riferimento, le partite di intestini trattati di bovino destinate ad essere importate nell'Unione europea devono essere scortate anche da un certificato/attestazione di polizia sanitaria, contenente garanzie integrative per le Tse.
  In particolare, le autorità sanitarie del Paese terzo devono certificare, ai sensi dell'allegato IX, cap. C, sezioni
c e d, della decisione citata, che gli intestini «sono provenienti originariamente da un paese o una regione con un rischio di BSE trascurabile».
  La verifica nei Paesi terzi speditori del rispetto di tale garanzia è di competenza degli organi ispettivi della Commissione europea
(Food and veterinary office).
  Pertanto, attualmente l'utilizzo di intestini provenienti da Paesi terzi a rischio
Bovine spongiform encephalopathy-Bse trascurabile, e consentita per fare insaccati nel rispetto degli adempimenti comunitari.
  Si informa, inoltre, che è in corso la richiesta da parte dell'Italia al
World organization for animal health (Oie) per il passaggio dalla classe a rischio controllato a quella a rischio trascurabile.
  Tuttavia, l'utilizzo del materiale specifico a rischio è una problematica che viene regolata dalla Commissione europea, che dovrà tenere in considerazione una valutazione del rischio dei diversi Stati membri in modo globale; per tale motivo su tale problematica si dovrà pronunciare l’
European food safety authority (Efsa).
  Sulla base di tale valutazione, dovrà esprimersi la Commissione europea.

Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   FAVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Tar Lombardia con sentenza del 13 dicembre 2011, ha riconosciuto come illegittima la reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi ai sensi della direttiva europea 1999/70/CE, per i docenti precari della provincia di Mantova che avevano adito le vie legali ai fini della relativa stabilizzazione;
   la predetta sentenza non ha disposto la stabilizzazione dei predetti precari, con la motivazione che la direttiva europea non è stata ancora ratificata in Italia, bensì il diritto al risarcimento del danno da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, calcolato in due mensilità e mezzo dell'ultima retribuzione globale lorda per il primo contratto di lavoro, oltre ad una mensilità per i contratti su organico di fatto (oppure a mezza mensilità per i contratti su organico di diritto) per i successivi anni di servizio (nei limiti del termine di prescrizione quinquennale);
   l'ufficio scolastico di Mantova, ritenendo che la stipula di un nuovo contratto di supplenza per l'anno scolastico 2012/13 potesse instaurare un nuovo contenzioso, ha escluso in prima istanza i docenti interessati dalle convocazioni, procedendo «d'ufficio» all'annullamento delle procedure per l'individuazione dei precari aventi diritto alle supplenze annuali;
   in seguito alle proteste, l'ufficio scolastico in parola avrebbe proposto ai ricorrenti di conciliare, così come previsto dall'articolo 135 del contratto, rinunciando agli effetti della sentenza per una nuova nomina con contratto a termine;
   i docenti precari di Mantova interessati avrebbero sottoscritto la suddetta conciliazione, rischiando tuttavia il «blocco delle nomine e la partenza a singhiozzo delle lezioni negli istituti scolastici coinvolti», a causa dell'assenza del responsabile dell'ufficio ruolo delle scuole secondarie di primo e secondo grado dell'ambito territoriale scolastico di Mantova, la quale avrebbe chiesto e ottenuto un mese di aspettativa;
   l'assenza della funzionaria potrebbe essere dovuta ai forti contrasti scaturiti nelle fasi concitate delle nomine dei supplenti e per divergenze interpretative sulla vicenda del ricorso dei precari che hanno ottenuto una sentenza favorevole da parte del giudice del lavoro, ignorata rispettivamente dall'ufficio scolastico regionale e provinciale;
   il provvedimento adottato dal dirigente scolastico di Mantova risulta secondo l'interrogante illegittimo, soprattutto alla luce del provvedimento d'urgenza emesso dal giudice del lavoro, che reintegra i docenti nelle rispettive graduatorie;
   l'auspicio è che il Ministro interrogato preveda un'immediata azione normativa per un nuovo piano straordinario di assunzioni nel comparto scuola, nonché l'attivazione delle procedura per la ratifica immediata della direttiva comunitaria 1999/70/CE;
   le conseguenze causate dalla assenza del citato funzionario non possono passare inosservate –:
   se non ritenga opportuno attivarsi presso le gerarchie periferiche competenti per verificare i motivi del contendere che avrebbe addirittura portato l'ufficio scolastico provinciale di Mantova alla paralisi, con grave pregiudizio dei docenti in attesa della nomina annuale e degli studenti, privati dal diritto allo studio. (4-17943)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame l'interrogante richiede interventi atti a verificare il regolare funzionamento dell'ufficio scolastico territoriale di Mantova il quale avrebbe mostrato delle carenze in occasione dell'assunzione dei provvedimenti conseguenti alle sentenze emesse dal tribunale di Mantova nel dicembre 2011 in favore di 150 supplenti che hanno lamentato l'illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato.
  Il direttore scolastico regionale per la Lombardia, interpellato al riguardo, ha comunicato di aver ricevuto assicurazione dal dirigente dell'ufficio di ambito territoriale che tutte le operazioni funzionali al regolare avvio dell'anno scolastico in corso sono avvenute con tempi e modi tali da non arrecare pregiudizio né ai docenti aspiranti alla nomina annuale, né al diritto allo studio degli studenti.
  Il predetto ufficio ha ultimato le operazioni di nomina degli aspiranti collocati nelle graduatorie provinciali del personale docente di scuola dell'infanzia, primaria e sostegno entro il 31 agosto 2012.
  Solo le individuazioni dei docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, fissate per i giorni 5-7 settembre 2012, sono state poi definite nei giorni 11, 12 e 13 settembre 2012.
  È stato anche riferito che l'assenza di un funzionario dell'ufficio durante le operazioni di nomina non ha compromesso il regolare svolgimento delle operazioni relative all'avvio dell'anno scolastico, che è stato possibile portare a compimento grazie alla serietà professionale e alla volontà di collaborazione di tutto il personale in servizio.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaFrancesco Profumo.


   FEDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   gli uffici consolari, per gli italiani residenti all'estero e anche per gli italiani che vi soggiornano temporaneamente, hanno le competenze che altri organi della pubblica amministrazione esercitano sul territorio nazionale;
   tra i servizi erogati dai consolati vi sono anche quelli di anagrafe, di stato civile (nascita, matrimonio, divorzio, morte), di rilascio e rinnovo di passaporto e carta d'identità;
   numerose richieste inoltrate ai consolati da parte di cittadini italiani residenti all'estero, come ad esempio quelle relative allo status civitatis, si concretizzano soltanto a partire dalla trascrizione in Italia di atti relativi al soggetto interessato (nascita, matrimonio, e altro) presso lo stato civile del comune di ultima residenza o di provenienza o, come nel caso di rilascio e rinnovo del passaporto, dal benestare della questura competente per territorio, esperite le necessarie verifiche presso il comune di registrazione;
   il depotenziamento delle strutture consolari causato dal piano di razionalizzazione ha portato alla diminuzione delle risorse e del personale in esse impegnato e conseguentemente a una crisi del sistema dei servizi offerti alle comunità italiane con insufficienze operative e disagi per gli utenti;
   i disagi e i ritardi nel disbrigo di questo genere di pratiche, quotidianamente denunciati dai nostri cittadini all'estero, sono dovuti anche alle disfunzioni che si registrano nell'operato degli uffici anagrafe e stato civile dei comuni italiani che rispondono alle richieste dei consolati con mesi, e anche anni, di ritardo;
   tra le numerose segnalazioni, ultima in ordine di tempo, quelle riferite da alcuni cittadini residenti in Australia sui ritardi del comune di Lipari. Secondo le comunicazioni degli interessati, infatti, i consolati di Sydney e di Melbourne non potrebbero finalizzare le loro pratiche di cittadinanza e di rilascio di passaporto in quanto il comune di Lipari, destinatario di precise richieste di trascrizioni di atti e copie di certificati, non ha provveduto a fornire riscontri;
   funzionari del comune di Lipari, da parte loro, hanno dichiarato che i ritardi sono dovuti ad una carenza di organico e che l'unico ufficiale di stato civile, coadiuvato da un collaboratore a progetto, oltre a dover svolgere l'attività ordinaria, ha in carico oltre 2500 trascrizioni cartacee da evadere;
   questa situazione, comunque, risulta diffusa sull'intero territorio nazionale e più rilevante per i comuni di piccole dimensioni interessati storicamente da fenomeni migratori –:
   se non si ritenga di individuare per quanto di competenza idonee soluzioni per assicurare al comune di Lipari un adeguato livello di efficacia amministrativa, migliorando i tempi di completamento delle pratiche provenienti dall'estero e favorire il pieno rispetto delle leggi sulla trasparenza amministrativa e nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni;
   se non si intendano adottare iniziative atte a garantire che gli uffici preposti al disbrigo di pratiche relative ad anagrafe e stato civile siano dotati di mezzi tecnici e personale adeguati alle necessità sulla base di una verifica anche quantitativa degli atti e delle richieste provenienti dai consolati, anche per non vanificare gli investimenti fatti su queste strutture per migliorarne l'efficienza;
   se non si ritenga urgente, infine, anche tenendo conto dei richiami all'efficienza e innovazione nella pubblica amministrazione pervenire da parte del Ministero dell'interno mediante il Ministero degli affari esteri a tutte le rappresentanze diplomatiche e consolari, un indirizzario aggiornato PEC o almeno di un indirizzo email convenzionale per ognuno degli innumerevoli comuni italiani che, ancora oggi, non usano la posta elettronica certificata. (4-15565)

  Risposta. — La questione sollevata dall'interrogante, concernente le disfunzioni che si registrano nell'operato degli uffici anagrafe e stato civile dei comuni italiani che rispondono, con mesi di ritardo, alle richieste dei consolati, è stata affrontata da questa amministrazione che, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, ha diramato specifiche circolari finalizzate all'innalzamento dei livelli di efficacia dell'attività svolta dai competenti uffici.
  In particolare sono state impartite precise istruzioni sia sotto il profilo dell'utilizzo della posta elettronica certificata tra consolati e comuni per la trasmissione degli atti di stato civile, sia sotto il profilo delle modalità di pubblicizzazione degli indirizzi Pec.
  Per quanto riguarda lo specifico quesito, si osserva che gli accertamenti effettuati dalla prefettura di Messina presso il comune di Lipari hanno fatto emergere una situazione piuttosto complessa all'interno dell'area demografica dove si è registrato un forte arretrato riguardo alle registrazioni AIRE.
  Per migliorare il servizio, nel corso del tempo, sono stati adottati alcuni interventi che nell'immediato si sono rivelati ancora insufficienti a causa dell'elevato numero di pratiche in arretrato.
  Il comune di Lipari ha comunque assicurato interventi ancora più efficaci al fine di risolvere il problema definitivamente, impegnandosi ad incrementare il personale mediante l'assegnazione di impiegati in pianta stabile.
  Si precisa, infine, che tutti i 108 comuni della provincia di Messina sono dotati di strumenti di comunicazione telematica e che ogni qualvolta le rappresentanze diplomatiche e consolari hanno ravvisato difficoltà nella trasmissione degli atti, gli adempimenti necessari sono stati garantiti dalla prefettura nel pieno rispetto della vigente normativa.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   FIANO, ORLANDO e GINEFRA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano la Repubblica ha dato conto nella sua versione on line di un video registrato da un manifestante che riprendeva quello che appariva come un lancio di fumogeni dai piani sopraelevati del Ministero della giustizia durante gli scontri avvenuti in via Arenula lo scorso mercoledì durante la manifestazione contro la crisi e l'austerità indetta dai sindacati europei –:
   se risulti vero tale accadimento, se eventualmente rientri nella norma il lancio di fumogeni da posizioni sopraelevate e se in qualche modo questo potesse essere potenzialmente lesivo per i manifestanti. (4-18603)

  Risposta. — Con l'interrogazione in oggetto, l'interrogante chiede chiarimenti sul lancio di fumogeni, da parte delle forze di polizia, avvenuto a Roma in via Arenula, nel corso della manifestazione di protesta del 14 novembre scorso.
  Gli accertamenti compiuti dal Ris hanno consentito di appurare, con un ridotto margine di approssimazione, che le scie luminose visibili nelle immagini riportate dai mass media sono verosimilmente conseguenti alla fase di «ricaduta» di lacrimogeni sparati da terra da operatori delle forze di polizia, pressappoco all'altezza di Ponte Garibaldi, e infrantisi sulla facciata del Ministero della giustizia.
  Sono in corso ulteriori accertamenti volti comunque a verificare fino in fondo la correttezza sul piano tecnico dell'operato degli agenti e la sua compatibilità con le regole precauzionali che devono necessariamente accompagnare l'uso di tali dispositivi.
  Riguardo a possibili abusi è evidente che l'apprezzamento per l'operato delle forze di polizia e la riconoscenza per la loro dedizione al servizio non potrà mai essere il lasciapassare per l'uso ingiustificato, e perciò eccessivo, di una reazione violenta.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   ANIELLO FORMISANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 e 7 maggio 2012 si sono svolte elezioni amministrative in molti comuni dell'hinterland di Napoli, molte sono state le segnalazioni di brogli elettorali, ma fra tutte si evidenzia quanto sta accadendo nel comune di Torre Annunziata;
   in data 9 maggio 2012 la Repubblica Napoli.it già titolava «Minacce e voto di scambio indagine a Torre Annunziata» riportando il caso in cui in una sezione era stato sorpreso un elettore che aveva scattato una foto alla sua scheda elettorale e altri elettori entrati in cabina con il telefono cellulare;
   in data 10 maggio 2012 Metropolisweb.it riportava come la Digos avesse molto materiale su cui indagare in merito alla tornata elettorale, infatti il bilancio delle prime indagini vedeva due candidati denunciati, altre otto persone indagate compreso un presidente di seggio e il dubbio sul rilascio di 850 duplicati di tessere elettorali su cui gli inquirenti ipotizzano il fenomeno del «doppio voto»;
   il 14 maggio 2012 viene presentato al prefetto di Napoli un esposto riepilogativo sulle irregolarità registrate a Torre Annunziata in occasione delle elezioni amministrative, nel quale si ipotizzano i reati di voto di scambio, indebite candidature con conferma di esclusione dal TAR di Napoli per una di esse, partecipazione di un minorenne alla votazione, elettore con fotografia della scheda;
   nell'esposto vengono ipotizzate altre irregolarità legate alla distribuzione di pacchi alimentari a famiglie non indigenti, sostituzione con nomina dal sindaco di molti presidenti di seggi rinunciatari all'ultimo momento;
   in data 18 maggio 2012, su Metropolisweb.it, viene riportato il caso quanto meno particolare dei pacchi spesa distribuiti prima del voto, denunciato con un esposto dai consiglieri comunali di opposizione che hanno fornito all'autorità giudiziaria un dossier di atti deliberativi con sopra la firma dei promotori dell'iniziativa e di volantini tra cui uno inviato tre giorni prima delle elezioni in una scuola cittadina, in cui veniva detto che il 26 maggio 2012 sarebbero arrivati i pacchi alimentari e che nella lista erano inserite tutte le famiglie dei bambini, comprese quelle dei bambini dell'asilo nido;
   il 22 maggio 2012 Il Mattino titolava «Verbali in bianco, rischio annullamento a Torre Annunziata», l'articolo descrive quanto sta accadendo nel post voto, verbali completamente bianchi, tabelle di scrutinio finiti sotto sequestro, indagini in corso, alle quali sarebbe interessata anche la DIA, che vagliano l'attività messa in atto da personaggi che in combutta tra loro, prima e durante le amministrative, avrebbero messo in campo con diversi mezzi, iniziative finalizzate al condizionamento della libera espressione di voto;
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e della turbativa creata nella pubblica opinione dai fatti descritti e quali iniziative di competenza il Ministro abbia adottato o intenda intraprendere in relazione a quanto descritto in premessa anche con riferimento al profilo della tutela dell'ordine pubblico. (4-16314)

  Risposta. — Le consultazioni elettorali del 6 e 7 maggio 2012 in provincia di Napoli hanno interessato 11 comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, tra i quali Torre Annunziata, e 10 comuni con popolazione inferiore.
  La prefettura di Napoli ha posto in essere una serie di iniziative per garantire la complessiva regolarità delle consultazioni, assicurare la genuina espressione della manifestazione di voto, prevenire il fenomeno del «voto di scambio» ed evitare possibili abusi in tutti comuni interessati.
  In particolare, sono state impartite direttive in ordine alle modalità di rilascio del duplicato della tessera, nonché in relazione all'esercizio del diritto di voto presso seggi diversi da quelli d'iscrizione.
  Al fine di garantire la regolarità del procedimento elettorale in tutte le sue fasi, con apposite circolari è stata richiamata l'attenzione dei presidenti di seggio sul rigoroso rispetto della normativa vigente anche durante le operazioni preliminari relative alla determinazione del numero delle schede elettorali da autenticare, alla ripartizione delle stesse tra gli scrutatori ed alla successiva apposizione del bollo di sezione a tergo di ciascuna scheda.
  I presidenti di seggio sono stati, inoltre, invitati a vigilare affinché in alcun modo venissero portate fuori del seggio schede timbrate e vistate dallo scrutatore ed affinché fosse del tutto inibita all'elettore l'acquisizione e la documentazione a terzi della prova tangibile del voto espresso, attraverso la registrazione filmata o fotografica del proprio voto, introducendo all'interno delle cabine elettorali telefoni cellulari o altre apparecchiature in grado di fotografare o registrare.
  Tali direttive sono state ribadite nel corso di uno specifico incontro – organizzato in prefettura d'intesa con la corte d'appello di Napoli – con i presidenti dei seggi nominati per la prima volta ovvero che erano stati investiti delle predette funzioni solo una volta nel passato. Alla riunione, per il comune di Torre Annunziata, hanno partecipato cinque dei sette neopresidenti invitati.
  Per quanto attiene al rilascio di duplicati delle tessere elettorali da parte del comune di Torre Annunziata ed all'asserita partecipazione di un minorenne alle elezioni, il comune, ha precisato di essersi attenuto strettamente alle disposizioni prefettizie, rilasciando il duplicato solo al titolare e previa presentazione di denuncia di smarrimento all'autorità di polizia.
  Il segretario comunale ha precisato che nessun minore di età alla data delle elezioni risultava iscritto nelle liste elettorali sezionali.
  La prefettura di Napoli ha organizzato specifiche riunioni tecniche di coordinamento delle forze di polizia, in considerazione della particolarità del contesto sociale di riferimento e della correlata esigenza di garantire che le operazioni elettorali si svolgessero in un clima di massima trasparenza, scevro da qualsiasi forma di condizionamento.
  All'esito sono state disposte mirate misure idonee ad assicurare il regolare svolgimento delle consultazioni amministrative in tutti i comuni interessati, nonché avviati gli accertamenti finalizzati alla verifica dell'eventuale sussistenza della cause ostative di cui all'articolo 58 TUEL, nei confronti dei candidati ammessi.
  Dai predetti accertamenti sono emerse cause ostative nei confronti di 12 candidati di cui due alla carica di consigliere nel comune di Torre Annunziata.
  Per quanto riguarda gli articoli di stampa concernenti alcuni verbali oggetto di indagini, si fa presente che agli atti dell'ufficio elettorale risultano posti sotto sequestro da parte della procura di Torre Annunziata i plichi relativi alla sezione n. 46 del comune e verbali e tabelle di scrutinio delle sezioni 2, 16, 32 e 50.
  In ordine, poi, a comportamenti illeciti tenuti da alcuni soggetti tesi all'acquisizione del consenso del voto, il comando provinciale dei carabinieri ha fatto presente che a seguito di una perquisizione personale eseguita a carico di un noto pregiudicato del luogo, è stata rinvenuta un'agenda nella quale erano annotati circa 200 nominativi di elettori con a fianco indicate le rispettive sezioni elettorali di riferimento e cifre di 50 o 100 euro. Le successive indagini hanno consentito di raccogliere ulteriori elementi probatori, confluiti in un procedimento penale presso la locale procura della Repubblica per ipotizzato voto di scambio. Inoltre, risulta che il citato pregiudicato durante le consultazioni elettorali è stato denunciato dalle forze dell'ordine unitamente ad un candidato per aggressione al presidente di un seggio.
  Infine, la vicenda dell'anomalo incremento della distribuzione di pacchi alimentari per le famiglie indigenti, nei giorni precedenti le elezioni, segnalato all'autorità giudiziaria da esponenti di minoranza del consiglio comunale di Torre Annunziata, è tuttora oggetto di indagini da parte delle forze dell'ordine.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   FRONER e MARCHIONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 1998, n. 448 e successive modificazioni e il decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, prevedono misure di sostegno per il settore televisivo locale, consistenti in contributi che vengono annualmente erogati dal Ministero dello sviluppo economico sulla base di graduatorie regionali redatte (con riferimento ai dipendenti occupati e ai fatturati conseguiti dalle imprese televisive locali interessate) dai Corecom – comitati regionali per le comunicazioni, a seguito di bando di gara che lo stesso Ministero deve emanare entro il 31 gennaio di ogni anno;
   tali misure di sostegno che hanno contribuito, negli anni, alla crescita e allo sviluppo delle imprese televisive locali nell'ottica di sostenere l'informazione locale di qualità sono importantissime nell'attuale momento in cui le imprese televisive hanno dovuto affrontare rilevanti investimenti per la transizione al digitale e in considerazione della situazione di crisi del mercato pubblicitario;
   i procedimenti per l'erogazione di detti contributi statali stanno, tuttavia, subendo gravissimi inaccettabili ritardi, con evidenti ripercussioni anche per l'occupazione lavorativa nel comparto (sono molte le imprese che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga e che hanno avviato procedimenti di licenziamento collettivo);
   in particolare:
    a) il Ministro dello sviluppo economico, nonostante che tutti i Corecom abbiano redatto le rispettive graduatorie regioni fin dallo scorso mese di settembre, non ha ancora provveduto alla pubblicazione del Decreto di ripartizione tra i vari bacini di utenza dello stanziamento relativo all'anno 2011 (occorre, peraltro, considerare che in caso di ritardo di uno o più Corecom, il Ministro può definire un riparto in acconto);
    b) il Ministro dello sviluppo economico non ha ancora provveduto alla pubblicazione del Decreto di ripartizione tra i vari bacini del saldo dei contributi relativi all'anno 2010 (con riferimento al quale è stato, ad oggi, stanziato e corrisposto solo un acconto) che in mancanza di immediato intervento rischiano la perenzione;
    c) il Ministro non ha ancora emanato il bando relativo alle misure di sostegno per l'anno 2012 (nonostante che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del decreto ministeriale 5 novembre 2004 n. 292, tale bando dovesse essere emanato entro il 31 gennaio 2012) –:
   quali siano le ragioni dei ritardi suesposti, le iniziative ed i tempi entro i quali il Ministro intenda porre rimedio ai ritardi stessi. (4-18587)

  Risposta. — In riscontro alle richieste dell'interrogante, si rappresenta preliminarmente che il Ministero è pienamente consapevole dell'importanza che le misure di sostegno in favore dell'emittenza locale rivestono per incentivare la crescita editoriale ed occupazionale delle imprese operanti nel settore.
  È, perciò, particolarmente attento a garantire la fisiologia delle relative procedure di erogazione, compatibilmente con la complessità delle medesime, attualmente disciplinate del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, del quale peraltro il Ministero sta promuovendo la modifica in chiave di razionalizzazione e semplificazione.
  In merito ai ritardi nella tempistica di emanazione dei provvedimenti ai quali si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si precisa che si tratta di evenienza di carattere del tutto eccezionale.
  In particolare, l’
iter di perfezionamento del provvedimento di riparto dei contributi inerenti all'esercizio 2011, quantificati in ragione di uno stanziamento complessivo pari a euro 95.929.331, ha scontato negativamente la necessità di reiterazione del procedimento di predisposizione delle graduatorie da parte dei Corecom di diverse regioni, in adeguamento ad una pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione VI – n. 12683/2011) che ne aveva affermato l'illegittimità.
  Soltanto una volta acquisita è divenuta definitiva, a norma dell'articolo 5 del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, l'ultima di tali graduatorie, è stato quindi possibile per il competente ufficio ministeriale sbloccare l'emanazione del provvedimento, avvenuta in data 29 novembre 2012, e darvi attuazione.
  Al riguardo, si informa che la procedura è stata definitivamente portata a compimento agli inizi del corrente mese di dicembre, con l'emissione dei mandati di pagamento.
  Quanto al saldo dei contributi relativi all'anno 2010, si fa presente che i denunciati ritardi sono stati determinati dalle modalità di quantificazione del relativo importo (pari a euro 13.335.408), trattandosi di fondi che, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 2 comma 237 della legge n. 191 del 2009, derivano dalle economie accertate
ex lege n. 488 del 1999 e da ripartire nel triennio 2012/2014. Anche tale provvedimento di riparto, comunque, risulta ormai emanato (decreto ministeriale 31 ottobre 2012, registrato alla Corte dei conti il 15 novembre 2012, registro 12, foglio 245) e pienamente eseguito con l'emissione dei mandati.
  Per ciò che attiene, infine, alle misure di sostegno per il 2012 (circa 78 milioni di euro il relativo ammontare), si rappresenta che la procedura è stata bandita con decreto ministeriale del 15 ottobre 2012, attualmente in corso di pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i fatti che hanno colpito tre donne (una decaduta, le altre due tuttora ricoverate sotto osservazione) dopo aver effettuato un test allergico in un laboratorio medico di Barletta sono molto gravi e impongono una serie riflessione in merito all'esistenza di laboratori che offrono prestazioni mediche senza le necessarie autorizzazioni (e quindi, come dimostrato dai fatti, senza alcuna garanzia di professionalità e sicurezza) e al tema della vendita di farmaci on-line;
   secondo l'AIFA, nel mondo vi sarebbero circa 40mila siti specializzati nella vendita on-line di farmaci, molti dei quali non garantiscono alcuna sicurezza sia per la produzione che per il confezionamento;
   rispondendo all'interrogazione n. 4-09526, presentata dall'interrogante il ministro della salute pro-tempore riportò una serie di misure (tra cui l'istituzione di una task-force in ambito AIFA e la partecipazione italiana ad alcune iniziative comunitarie) volte a regolare il mercato dei farmaci venduti via internet;
   in una nota, l'AIFA afferma che «l'incremento registrato a livello mondiale nella diffusione di farmaci contraffatti o illegali è in larga parte riconducibile al proliferare di negozi virtuali su internet che offrono alla vendita medicinali di dubbia provenienza», aggiungendo inoltre: «Secondo l'ente statunitense LegitScript, il servizio di verifica e controllo delle farmacie on-line, l'unico riconosciuto ufficialmente dalle federazioni dei farmacisti, solo l'1 per cento delle 40mila farmacie censite sarebbe legale, ovvero controllato dalle autorità competenti. Il resto dell'esistente sarebbe invece rappresentato da farmacie false o illegali»;
   pur nella consapevolezza che il mercato dei farmaci venduti on-line è di dimensioni globali e che non è realisticamente possibile bloccare gli accessi ai siti che non offrono garanzie ai consumatori, è necessario un forte impegno da parte delle istituzioni a tal proposito, anche attraverso una stretta nei confronti di quanti, oltretutto mettendo a repentaglio la reputazione della stragrande maggioranza dei medici che compiono il loro dovere con scrupolo e coscienza, svolgono attività medica in modo irregolare o addirittura abusivo –:
   quali urgenti e indifferibili iniziative nell'ottica di garantire la salute dei cittadini e la professionalità dei medici, intenda assumere il Ministro interrogato in merito a quanto esposto in premessa. (4-15547)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi acquisiti presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
  L'Aifa dedica da tempo particolare attenzione al problema della contraffazione farmaceutica anche riferito alle farmacie on-line illegali, che spesso sono responsabili della diffusione di prodotti contraffatti, non fabbricati in conformità alle norme GMP (Good manufacturing practice) riconosciute a livello mondiale.
  I risultati ottenuti fino ad oggi hanno permesso di tenere sotto controllo il mercato nazionale e, inoltre, l'Italia è considerata tra i Paesi guida nella lotta alla contraffazione farmaceutica, come è testimoniato, tra l'altro, dal ruolo di coordinamento o presidenza ricoperto dall'Aifa nei principali gruppi di lavoro internazionali che si occupano del contrasto al fenomeno, come quelli che hanno contribuito allo sviluppo di due recenti strumenti normativi: la direttiva 2011/62/UE, che introduce modifiche in chiave anticontraffattiva al codice farmaceutico europeo e la convenzione medicrime del Consiglio d'Europa che introduce norme di diritto penale applicabili nei casi di falsificazione di prodotti sanitari.
  Nello specifico, sebbene non sia possibile impedire, sistematicamente, il ricorso da parte dei pazienti a canali di approvvigionamento illeciti, sono state predisposte, tuttavia, attività continuative di investigazione, informazione al pubblico e formazione degli operatori che hanno permesso di ridurre la portata del fenomeno e di procedere, altresì, a sequestri di farmaci illegali e alla chiusura di siti internet dediti a questo commercio pericoloso.
  In generale, l'attenzione dedicata al fenomeno della contraffazione è testimoniata dall'istituzione, con determinazione Aifa del 2007, della task-force nazionale IMPACT Italia, della quale fanno parte, oltre all'Aifa e al Ministero della salute, il comando carabinieri per la tutela della salute (NAS), l'istituto superiore di sanità, l'agenzia delle dogane, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'interno attraverso la polizia criminale.
  La struttura della task-force consente inoltre la partecipazione, per progetti mirati, anche di attori privati del settore e di associazioni non direttamente coinvolte.
  Impact Italia ha promosso e promuove tuttora una serie di iniziative divulgative di formazione e informazione, finalizzate a contrastare il fenomeno.
  Con riferimento al legame esistente tra Internet e la contraffazione farmaceutica, è opportuno sottolineare che, attualmente, la legislazione italiana vieta ogni possibile forma di compravendita di farmaci on-line. Si richiama, in tal senso, l'articolo 122 del Testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265) il quale stabilisce che «la vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non è permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilità del titolare della medesima».
  Pertanto, per poter acquistare un farmaco, la vendita deve essere effettuata da parte di un farmacista e l'acquisto deve avvenire presso un esercizio individuato (la farmacia), sotto la responsabilità del suo titolare.
  A completare il quadro, si aggiungono le previsioni contenute nell'articolo 5 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, recante interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci, il quale dispone che gli esercizi commerciali di piccola, media e grande struttura (cosiddetto «parafarmacie») possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e che la vendita deve essere effettuata nell'ambito di un apposito reparto, con l'assistenza di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine.
  La ratio di tali disposizioni si rinviene, sostanzialmente, nella necessità di fornire al cliente-paziente un'assistenza qualificata nell'acquisto del farmaco, come espressamente previsto in diverse disposizioni del decreto legislativo n. 219 del 2006 (articolo 77, comma 1, lettera d), punto 8; articolo 96, comma 2 e articolo 121, comma 2).
  L'esistenza di un quadro normativo comunque consolidato non è di per sé un deterrente sufficiente contro il ricorso dei pazienti italiani a farmacie on-line estere, e le attività di contrasto diretto ai siti illegali incontrano difficoltà anche in considerazione dei problemi connessi alla localizzazione territoriale dei siti web e, conseguentemente, della legislazione applicabile alle transazioni tramite questi operate (spesso il luogo di ubicazione del server non coincide con la sede legale del venditore) e dei vincoli che non consentono di effettuare controlli approfonditi sulle transazioni commerciali. Ciò rende di fatto possibile portare a termine l'acquisto di un farmaco on-line, sia dall'Europa che da paesi terzi — ove la vendita potrebbe a tutti gli effetti essere legale.
  Occorre, inoltre, rilevare che in Italia e in molti altri Paesi esiste una lacuna normativa in questo specifico settore rispetto alla legalizzazione delle farmacie on-line e alle conseguenti azioni per contrastare quelle non autorizzate; tra gli elementi che rendono complesse tali attività, vanno citati la «volatilità» delle farmacie on-line e l'assenza di confini precisi (un farmaco contraffatto è acquistato attraverso Internet da utenti di un determinato paese, è prodotto in altri paesi e transita attraverso altri paesi ancora).
  La difficoltà nel disciplinare tale situazione rimarca l'esigenza di un approccio multisettoriale e cooperativo a livello internazionale.
  Una soluzione a tale carenza sarà presto rappresentata, almeno in parte, dal recepimento, da parte degli Stati membri, delle modifiche apportate alla direttiva 2001/83/CE dalla successiva direttiva 2011/62/Unione europea, che prevede una maggior regolamentazione delle farmacie on-line; l'AIFA ritiene che, in prima applicazione, le misure delineate nella nuova direttiva rappresentino già un apparato sufficiente alla regolazione del settore, che potrà essere reso più stringente una volta effettuata la valutazione dell'efficacia della stessa direttiva, che risulta prevista anche nell'atto normativo in questione.
  Tra le iniziative promosse dall'Aifa, si segnala un primo studio, finalizzato ad approfondire il fenomeno della vendita di medicinali attraverso internet, realizzato nel 2007 in collaborazione tra Aifa e World health organization (Who). I risultati emersi dagli acquisti di controllo, effettuati da siti precedentemente individuati, hanno confermato che, nella grande maggioranza dei casi, i farmaci venduti attraverso il web sono contraffatti. Gli esiti di tale studio hanno, inoltre, consentito di caratterizzare meglio il fenomeno emergente, portando alla luce le diverse tipologie di farmacie presenti su internet.
  Successivamente, sono stati sviluppati due ulteriori approfondimenti:
   il primo, realizzato dall'Aifa, in collaborazione con un'agenzia di intelligence informatica (IT), finalizzato a caratterizzare ulteriormente il fenomeno delle farmacie on-line. Sulla base dei risultati conseguiti, è stato possibile delineare tre diverse tipologie di farmacie on-line, indicate come:
    legali, autorizzate e controllate;
    illegali, prive di autorizzazione e certificazione;
    false, dedicate alla mera truffa;
   il secondo, realizzato sempre dall'Aifa, in collaborazione con un'altra Agenzia di intelligence informatica (IT), mirato ad indagare le tecniche di promozione e diffusione di anabolizzanti e steroidi attraverso la rete dei social network.
  È utile ricordare che, nonostante l'ampia diffusione del mercato elettronico, la propensione agli acquisti on-line da parte della popolazione italiana è inferiore rispetto a quella di altri Paesi.
  Nel settembre 2010, l'Aifa, al fine di approfondire tale questione, ha realizzato in collaborazione con un istituto privato una ricerca su «L'acquisto on-line di farmaci in Italia: conoscenza, giudizi e diffusione», finalizzata a definire un quadro reale del problema.
  Oltre alle attività sopra menzionate, sono state poste in essere dall'Aifa le ulteriori iniziative elencate di seguito:
   la campagna di informazione, realizzata a livello nazionale dalla task-force Impact Italia, allo scopo di informare il pubblico sui rischi legati all'acquisto di farmaci attraverso internet;
   la realizzazione di un volume interamente dedicato al fenomeno della contraffazione farmaceutica, disponibile in versione italiana e inglese;
   la gestione di eventi formativi «ad hoc» per gli operatori di forze di polizia e dogane che quotidianamente si confrontano con casi sospetti di contraffazione e/o importazione illegale.

  Nel maggio 2011, l'Aifa ha, inoltre, siglato un memorandum d'intesa con il servizio privato statunitense di verifica e controllo delle farmacie on-line «LegitScript», l'unico riconosciuto ufficialmente dalle federazioni dei farmacisti, al fine di definire degli approcci operativi standard. Tale collaborazione ha già dato, nel breve tempo, importanti risultati, come testimoniato dalla chiusura di una serie di siti illegali localizzati negli Stati Uniti, ma realizzati con pagine in italiano e destinati, chiaramente, a fornire il nostro mercato.
  Inoltre, in data 26 marzo 2012, è stato pubblicato sul sito dell'Aifa il comunicato stampa n. 228, da cui emergono dati decisamente confortanti.
  Infatti, in Italia il fenomeno della contraffazione appare pressoché inesistente: la percentuale dei farmaci contraffatti presenti nel nostro mercato è pari allo 0,1 per cento, grazie principalmente al sistema di tracciabilità del farmaco, che consente il monitoraggio, attraverso il bollino a lettura ottica, di ogni singola confezione nonché alle attività di prevenzione e contrasto portate avanti, ormai da diversi anni, dalla task-force Impact Italia.
  Per quanto riguarda l'esercizio di attività sanitarie da parte di ambulatori privi della necessaria autorizzazione, come nel caso avvenuto a Barletta, l'Aifa osserva che l'autorizzazione, a norma dell'articolo 43 della legge n. 833 del 1978, nonché del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni e del decreto del Presidente della Repubblica del 14 gennaio 1997, garantisce che le attività sanitarie si svolgano in condizione di piena sicurezza per chiunque utilizzi strutture sanitarie, da quelle più semplici, come taluni ambulatori medici, a quelle più complesse, come gli ospedali. Tutte le strutture sanitarie, comprese alcune categorie di studi professionali, devono essere soggette al regime di autorizzazione all'esercizio dell'attività.
  Relativamente ad alcune tipologie di strutture, in particolare per quelle che espletano attività di natura ospedaliera, la normativa richiede anche una autorizzazione alla realizzazione della struttura, rilasciata dalla regione.
  I Nuclei antisofisticazione e sanità (N.A.S.) dei Carabinieri effettuano costantemente accurati controlli volti alla sicurezza dei cittadini e al rispetto delle normative che governano il sistema sanitario nazionale.
  Ai sensi dell'articolo 1, lettera a), punto n. 2, del decreto legislativo n. 219 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, ogni sostanza somministrata all'uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica in vivo (che quindi viene introdotta nell'organismo) deve considerarsi prodotto medicinale e, in quanto tale, può essere preparata, al di fuori delle sperimentazioni cliniche, come medicinale industriale o come preparazione galenica magistrale o officinale.
  Il sorbitolo da utilizzare per il breath test deve pertanto essere considerato come medicinale in quanto tale rientra in una delle tipologie sopra descritte.
  Tutte le tipologie di prodotto medicinale sono sottoposte a specifici vincoli normativi, che ne prevedono la preparazione in una struttura autorizzata utilizzando ingredienti di purezza farmaceutica, secondo composizioni autorizzate dall'Aifa o conformi alla farmacopea.
  La preparazione di un prodotto medicinale in una struttura non autorizzata è, quindi, da considerarsi come illegale ai sensi della normativa relativa ai medicinali industriali (decreto legislativo n. 219 del 2006), sperimentali (decreto legislativo n. 211 del 2003) e di quella relativa ai medicinali non industriali (regio decreto n. 1265 del 1934).
  L'utilizzo di ingredienti di grado non farmaceutico (sorbitolo per alimenti) per la produzione di un medicinale (sorbitolo per breath test) e il mancato confezionamento secondo le normative vigenti rappresentano, nello specifico caso, una ulteriore aggravante.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   FUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'arrivo della stagione più calda sta nuovamente facendo ritorno il fenomeno degli incendi estivi;
   dai primi segnali che vi sono stati, una zona tra le più a rischio è certamente quella, già sempre colpita duramente in passato, circostante il Castel del Monte, nei pressi di Andria;
   l'interrogante già segnalò questa tematica, anche evidenziando il valore che quell'area ha sotto molti profili (dalla persistenza di estese attività agricole al grande afflusso di visitatori e turisti attratti dal grande manufatto di epoca federiciana), con le interrogazioni n. 4-00522 e n. 4-04346 –:
   quali iniziative – in termini di prevenzione e vigilanza – il Ministro interrogato intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-17028)

  Risposta. — La lotta attiva contro gli incendi boschivi impegna intensamente, specie durante il periodo estivo, le strutture operative del corpo nazionale dei vigili del fuoco, coadiuvate dal corpo forestale dello Stato.
  In base alla legge n. 353 del 2000, le specifiche competenze sono attribuite alle regioni, le quali stipulano apposite convenzioni per la realizzazione delle cosiddette campagne antincendio boschivi.
  Tali convenzioni costituiscono non soltanto un'opportunità di incremento delle risorse e di un loro efficiente impiego, ma anche strumento idoneo a migliorare i protocolli operativi di collaborazione e coordinamento interistituzionale.
  Per quanto attiene l'organizzazione territoriale del dispositivo di soccorso tecnico urgente del corpo nazionale dei vigili del fuoco, si rappresenta che la zona di Castel del Monte è ricompresa nell'ambito di competenza del comando provinciale di Bari.
  Dal suddetto comando dipendono varie sedi operative distaccate, tre delle quali sono situate entro un raggio di 35 chilometri dalla zona in esame: il distaccamento di Molfetta con un organico complessivo di 28 unità operative, il distaccamento di Barletta con un organico complessivo di 52 unità e, infine, il distaccamento misto di Corato con un organico di 16 unità operative.
  Relativamente a quest'ultimo distaccamento si sottolinea che una recente assegnazione di personale ha reso possibile garantire, dal 4 luglio scorso, la presenza presso la sede distaccata di Corato di una squadra di vigili del fuoco operativa sette giorni su sette e «H 24».
  Si precisa, inoltre, che questa Amministrazione, in analogia a quanto avvenuto nei precedenti anni, ha provveduto anche per l'anno in corso, tramite le proprie strutture territoriali, a stipulare apposite convenzioni con regioni ed enti locali al fine di potenziare il dispositivo di soccorso «AIB» (Campagne antincendi boschivi).
  Al riguardo, il comando provinciale dei vigili del fuoco di Bari nell'ambito della convenzione stipulata con la regione Puglia per la campagna antincendi boschivi dell'anno ha avuto la disponibilità, per il territorio di propria competenza, di due squadre integrative e aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente in servizio.
  Concorrono al controllo quotidiano due pattuglie del corpo forestale dello Stato e una pattuglia in servizio ordinario appartenente alla locale stazione forestale di Andria.
  È presente, inoltre, una squadra antincendio dell'Arif – regione Puglia, con funzioni di avvistamento e spegnimento incendi.
  Durante la stagione estiva è stato anche intensificato il servizio di presidio e controllo mediante pattuglie straordinarie.
  L'insieme dei dispositivi consente di rispondere alle eventuali esigenze di soccorso tecnico urgente, rispettando gli standard di servizio.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   FUGATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo le stime fornite dalle associazioni di settore, in Italia, le persone affette da sindrome di Sjögren sarebbero 16.211;
   come altre malattie autoimmuni, la sindrome può danneggiare organi vitali e presentare una sintomatologia tipica caratterizzata da livelli di intensità variabile: alcuni pazienti possono avere dei sintomi molto lievi di xerostomia e xeroftalmia, mentre altri possono alternare periodi di ottima salute seguiti da periodi di acuzie (tumefazioni parotidea, artralgie, febbre);
   in base ai dati epidemiologici sulla sindrome di Sjögren in Italia, il mancato inserimento di questa patologia nel registro nazionale delle malattie rare, appare ingiustificata anche nei confronti di altre malattie rare presenti nel registro e determina un'ulteriore iniquità nei confronti di coloro che stanno usufruendo arbitrariamente di certificazione di malattia rara dal 2001 con le diagnosi alternative di sindrome di Sjögren-Larsson e di connettivite indifferenziata;
   l'Istituto superiore di sanità (ISS) ha inviato al Ministero una relazione tecnica sulla sindrome di Sjögren. Dall'accurata revisione condotta dal Ministero della letteratura esistente a livello nazionale ed internazionale le stime di prevalenza variano da un minimo di 9 casi per 10.000 abitanti nel Nord Ovest della Grecia nel 2006, ad un massimo di 200 casi per 10.000 abitanti nella popolazione di Nagasaki, sopravvissuta alle radiazioni della bomba atomica;
   seppure i dati citati riportano valori di prevalenza al di sopra della soglia che permette di determinare la rarità della patologia, occorre rilevare che ad oggi non esiste uno studio sulla prevalenza della sindrome di Sjögren in Italia –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per avviare le indagini epidemiologiche necessarie per il riconoscimento ufficiale della sindrome di Sjögren come malattia rara al fine di garantire ai soggetti affetti da questa grave sindrome una più estesa tutela che consentirebbe loro di ovviare ad alcune delle difficoltà che quotidianamente condizionano la loro esistenza. (4-13925)

  Risposta. — Secondo la definizione adottata in Europa e in Italia, una malattia è definita rara quando la sua prevalenza non è superiore a 5 su 10.000 persone nella popolazione comunitaria.
  Si distinguono due forme della sindrome di Sjögren: la forma primaria, che può insorgere come forma isolata (sindrome di Sjögren primaria-SSP), e la forma secondaria, in cui la malattia si presenta associata ad altre patologie autoimmuni.
  Le stime di prevalenza della SSP, considerata come entità clinica autonoma, risultano ben al di sopra della soglia che permette di determinare la rarità di una patologia, come documentato nella relazione del 2009 dell'istituto superiore di sanità (I.S.S.) richiamata nell'interrogazione in esame.
  L'Istituto superiore di sanità ha effettuato un'ulteriore revisione della letteratura scientifica per esaminare altre pubblicazioni rilevanti, contenenti dati epidemiologici, pubblicate nel periodo dal 2009 ad oggi.
  In esito a tale più recente disamina, l'Istituto superiore di sanità sottolinea che, ad oggi, non è ancora nota la prevalenza esatta della SSP.
  Ulteriori studi epidemiologici sono necessari per accertare se la variabilità delle stime di prevalenza sia dovuta a fattori biologici e genetici della malattia, ovvero all'introduzione di criteri di classificazione più specifici, nonché ad altri fattori metodologici.
  Le stime di prevalenza dell'Istituto superiore di sanità, derivanti da un'accurata consultazione della letteratura scientifica internazionale sull'argomento, avvalorano quanto già comunemente noto alla comunità medico scientifica riguardo al fatto che la sindrome di Sjögren non è, neppure nella sua forma primaria, una malattia rara.
  Per questa ragione, la SSP non è inserita tra le malattie rare che danno diritto all'esenzione (allegato 1 del decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124»), ma è tra le malattie croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione per le prestazioni sanitarie correlate, individuate dal decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329 e successive modifiche.
  Tale scelta è confortata anche dal parere che il Consiglio superiore di sanità ha espresso nella seduta del 6 ottobre 2009.
  Si precisa che quanto riportato nell'interrogazione in merito all'attribuzione a coloro che sono affetti da sindrome di Sjögren dei codici relativi alla sindrome di Sjögren-Larsson e alla connettivite indifferenziata, si configura come un'errata e arbitraria certificazione, per cui questo Ministero non può che richiamare le regioni e le ASL a svolgere maggiori e più accurati controlli.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   GALLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della trasmissione «Chi l'ha visto?» di mercoledì 10 ottobre 2012 alle ore 21,15 in onda sulla rete nazionale Rai 3, venivano trasmesse le immagini video concitatissime, ed alquanto sconcertanti, in cui alcuni agenti in borghese – che si presumono della Polizia di Stato – prelevavano un bambino di dieci anni da una scuola di Padova, e lo trascinandolo per le estremità, tra le urla disperate del piccolo, strattonandolo in maniera indecorosa, e si evidenzia inoltre come il bambino venisse caricato a forza su un auto, immobilizzato nei movimenti, che urlava «non respiro»;
   il video, della durata di circa un minuto e mezzo, mostra una donna che corre verso un gruppo di persone e comincia ad urlare, poi il ragazzino sollevato a forza e portato verso un'auto dove poi è stato caricato. Per tutto il tragitto, il piccolo tenta di divincolarsi dalla stretta di un uomo che lo tiene per le spalle e di un altro che gli stringe le caviglie. Infine si sente una voce di donna, presumibilmente l'autrice del video che il bimbo chiama «zia», che rivolge domande ad un'altra donna, che le risponde di essere un ispettore e apostrofandola con le parole «lei non è nessuno»;
   l'opera degli agenti, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla sezione minori della Corte d'appello di Venezia, è stato reso difficile dall'opposizione di alcuni famigliari della madre del ragazzino che hanno cercato di impedire al padre, che era presente, di portare il figlio alla comunità indicata dall'autorità giudiziaria;
   l'intervento degli agenti è stato eseguito presso la scuola – come è stato precisato in serata – in quanto i tentativi fatti in passato presso la casa materna e dei nonni non avevano avuto l'esito sperato perché il bambino si nascondeva alla vista degli assistenti sociali e del personale sanitario di volta in volta intervenuto;
   la polizia in considerazione del fatto che la corte d'appello ha recentemente rigettato un ricorso finalizzato alla sospensione del provvedimento di affidamento al padre presentato dalla madre, anche su indicazione di un consulente della stessa Corte d'appello, aveva quindi individuato il plesso scolastico quale un luogo idoneo all'esecuzione del provvedimento. D'altra parte, come si apprende chiaramente da sito nel quale viene pubblicata l'immagine di parte del provvedimento, si legge al punto 9) «in mancanza di spontaneo accordo e/o esecuzione degli adempimenti suindicati, le decisioni del caso e l'attuazione delle disposizioni cogenti saranno adottate dal padre affidatario, che potrà avvalersi – se strettamente necessario – dell'ausilio dei servizi sociali e della forza pubblica, da esplicarsi nelle forme più discrete e adeguate al caso;
   si può presumere che tale applicazione violenta di un atto che il tribunale ha legittimamente adottato a tutela del minore – l'affidamento in via esclusiva al padre, con inserimento in una comunità – e che ha indubbiamente tenuto in nessun conto la tutela del minore stesso date le modalità di esecuzione, derivi non solo uno stato di trauma nel minore interessato, ma anche in tutti gli altri bambini che hanno assistito a tale scena, ingenerando una sfiducia e una diffidenza in uno Stato che esercita con violenza le proprie prerogative, seppur legittime, come nei confronti delle forze dell'ordine che tale Stato rappresentano;
   si può anche ragionevolmente presumere che sarà difficile recuperare fiducia nello Stato e nelle sue emanazioni per questi bambini, costretti loro malgrado ad essere oggetto e ad assistere a tale trattamento violento e disumano –:
   se si intenda provvedere all'accertamento di quanto avvenuto e delle responsabilità di tale atto, eseguito in contrasto con quanto indicato nel provvedimento come indicato in premessa;
   come sia possibile che l'intervento dei servizi sociali nei confronti di un bambino di dieci anni possa essere stato eseguito l'utilizzo di metodi tanto violenti e traumatizzanti;
   come sia stato possibile che tale azione sia stata effettuata utilizzando personale non specializzato nel trattamento di minori;
   come sia possibile che agenti della forza pubblica agiscano nei termini registrati nel filmato, quale tipo di qualifica e formazione abbiano questi agenti, e se il Ministro interrogato intenda attuare una subitanea verifica in merito alle attitudini a svolgere la propria funzione delle persone coinvolte in questa storia di arroganza e disumanità. (4-18075)

  Risposta. — Nell'interrogazione indicata in esame, l'interrogante chiede notizie in merito al recente episodio avvenuto nel comune di Cittadella in occasione dell'esecuzione di un provvedimento di allontanamento di un minore dall'ambiente familiare materno, nonché quali iniziative si intendano adottare al riguardo.
  È opportuno evidenziare, innanzitutto, che l'intervento della polizia è stato determinato dalla necessità di dare assistenza agli operatori dei servizi sociali per consentire l'attuazione del predetto provvedimento dell'autorità giudiziaria, subito dopo il rigetto del ricorso con il quale la madre ne aveva chiesto la sospensiva.
  Per l'esecuzione del provvedimento il padre ha richiesto, così come disposto dal giudice, il supporto dei servizi sociali e della forza pubblica, oltre che di uno psichiatra, consulente tecnico della corte d'appello. Quest'ultimo è stato interessato dai servizi sociali ai fini dell'individuazione dell'istituto scolastico frequentato dal minore, quale luogo più idoneo per l'intervento.
  Sul posto si recavano, insieme al padre e al già citato consulente tecnico d'ufficio, anche quattro operatori dei servizi sociali del comune di Padova, tra cui il responsabile ed uno psicologo, nonché tre dipendenti della questura, di cui due operatrici dell'ufficio minori ed un dipendente del gabinetto interregionale polizia scientifica, tutti in abiti civili. La presenza della polizia scientifica si è resa necessaria per documentare – anche con riprese video – le fasi dell'intervento.
  I familiari del bambino, infatti, già in passato avevano reagito a precedenti esecuzioni, effettuate presso l'abitazione materna. In quelle occasioni il C.T.U. e gli assistenti sociali, erano stati indotti a non procedere all'attuazione del provvedimento.
  All'intervento non hanno assistito i compagni di classe, per effetto della decisione, adottata dal dirigente scolastico, di allontanarli dall'aula, dove rimaneva pertanto il minore in compagnia di un insegnante.
  Solo dopo che era stato verificato, attraverso un colloquio tenuto dal minore con lo psichiatra e lo psicologo, l'impossibilità di ottenere una condotta volontaria da parte del bambino, il padre entrava nell'edificio scolastico per prelevarlo fisicamente e condurlo nell'autovettura in dotazione ai servizi sociali che lo avrebbe accompagnato alla comunità di accoglienza.
  Per effetto della condotta recalcitrante del minore – su richiesta del padre e su sollecitazione del C.T.U. – veniva attivata l'azione di supporto degli operatori di polizia, al solo fine di salvaguardare l'incolumità del bambino.
  Appena uscito dall'ingresso secondario dell'edificio scolastico, il minore invocava con urla l'intervento dei familiari della madre, allontanati a fatica dai tre operatori di polizia.
  In tale fase concitata, il padre, che si era difeso dall'aggressione, afferrava per le gambe il bambino, aiutato da un assistente di polizia che lo sollevava da terra per evitare che il minore si potesse far male.
  Nonostante la resistenza sempre più accesa dei familiari, gli operatori di polizia riuscivano ad allontanarli dal veicolo, consentendone le partenza.
  Ai parenti che continuavano a protestare vivacemente contro le forze dell'ordine, chiedendo l'esibizione del provvedimento di diniego della sospensiva, un ispettore capo della polizia di Stato ha replicato, con espressioni assolutamente non professionali, che il grado di parentela con il minore non giustificava la richiesta.
  Durante tutto l'intervento, il padre, il C.T.U. ed il personale dei servizi sociali, nonostante la difficile situazione venutasi a creare, hanno mostrato la ferma volontà di portare a termine l'esecuzione del provvedimento giudiziario.
  I fatti sono stati tempestivamente riferiti alla autorità giudiziaria, con un'informativa corredata da tutti gli atti acquisiti, tra cui anche il video prodotto dalla polizia scientifica.
  Come è noto, in ordine all'attività svolta dalle forze dell'Ordine è stata avviata, su disposizione del capo della polizia, un'apposita inchiesta conoscitiva, condotta dai massimi rappresentanti dell'ufficio centrale ispettivo del dipartimento della pubblica sicurezza, che dovrà valutare le condotte poste in essere, alla luce della complessiva documentazione e dei conseguenti elementi di valutazione acquisiti.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 1° settembre 2010 è stato chiuso il consolato di prima classe di Saarbrücken, nonostante le prese di posizione contrarie del Comites, della locale rete associativa, delle organizzazioni sindacali italiane di categoria e delle manifestazioni di solidarietà di importanti esponenti politici locali;
   lo sportello consolare considerato un rimedio necessario e accolto come il male minore, è stato dotato di quattro impiegati a contratto, ai quali è stato affidato il compito di provvedere alle esigenze dei 30.000 italiani residenti nel Saarland e nel Palatinato;
   in questi due anni, tale personale si è fatto carico di tutte le questioni essenziali dei nostri concittadini: dai passaporti alle carte d'identità, dallo stato civile all'assistenza sociale;
   il consolato di Francoforte ha assegnato agli impiegati il compito di garantire il servizio telefonico per tutti i 130.000 italiani residenti nell'intera circoscrizione;
   dall'inizio di agosto 2012, a seguito di un pensionamento, l'attività dello sportello consolare è rimasta affidata a soli tre impiegati a contratto, che di fatto diventano due nelle prestazioni di sportello –:
   se il Ministro non intenda assumere iniziative al più presto per l'invio di un impiegato di ruolo per prevenire le inevitabili disfunzioni. (4-17555)

  Risposta. — Il processo di razionalizzazione della rete consolare, avviato già da alcuni anni, si pone quale obiettivo quello di ridurre gradualmente le nostre sedi consolari cercando di mantenere, al contempo, adeguati livelli di assistenza ai connazionali.
  La soppressione del consolato a Saarbruecken ed il progressivo trasferimento di competenze al consolato generale a Francoforte si inseriscono in questo progetto che non deve intendersi come ispirato esclusivamente a pur importanti esigenze di risparmio bensì alla necessità di rendere più adeguata ai tempi la nostra rete consolare, che resta una delle più estese al mondo.
  Le legittime aspettative degli utenti dei servizi consolari e le esigenze personali dei dipendenti del consolato hanno indotto l'amministrazione degli affari esteri a mantenere temporaneamente sul posto, in luogo del consolato soppresso, uno sportello consolare, il cui organico si compone di tre impiegati a contratto.
  Nell'attesa che venga meno il blocco delle assunzioni che ha interessato il personale a contratto nel corso del 2012, un largo numero di sedi si trova attualmente a fronteggiare una situazione di grave sofferenza imputabile alla carenza di organico.
  Alla luce di quanto sopra esposto, la Farnesina compirà le opportune valutazioni al fine di assicurare la regolare attività dello sportello consolare nelle more di un definitivo trasferimento delle sue competenze alla sede di Francoforte.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   GAROFALO e GERMANÀ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dagli organi d'informazione locale, la compagnia delle isole, ex Siremar, che opera nell'ambito dei collegamenti marittimi tra la Sicilia e le isole minori, ha comunicato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con nota del 4 ottobre 2012, la rideterminazione delle tariffe massime all'utenza nelle tratte con le isole minori siciliane, come previsto dall'articolo 6 della convenzione stipulata da entrambi le parti lo scorso 30 luglio;
   l'intenzione della suesposta società di navigazione, in caso si manifestasse, determinerà ulteriori aumenti che secondo i programmi, dovrebbero entrare in vigore dal prossimo bimestre ovvero: novembre-dicembre;
   i collegamenti con le Eolie in particolare, secondo quanto evidenziato dai quotidiani d'informazione siciliani, si configurerebbero nei seguenti rialzi delle tariffe: per i biglietti degli aliscafi, i residenti subiranno un aumento di circa 40 centesimi (attualmente la tratta marittima Lipari-Milazzo è di 5,05 euro) e per i non residenti, circa 1 euro e 20 centesimi (per il collegamento Milazzo-Lipari il costo della tariffa attualmente è di 14 euro e 70 centesimi); per quanto riguarda i trasporti in nave, sia per i passeggeri che per i veicoli, gli aumenti previsti raggiungeranno un massimo tra l'8 e il 9 per cento;
   quanto suesposto ha provocato, comprensibili ed inevitabili disapprovazioni da parte delle comunità locali interessate, ed in particolare dei sindaci delle località marittime interessate dai collegamenti, che si oppongono nettamente, ai continui e costanti aumenti delle tariffe nel settore dei trasporti;
   gli amministratori locali, ed in particolare il sindaco di Favignana, hanno ricordato che la regione Sicilia che partecipa al capitale sociale della Compagnia delle Isole, dovrebbe sostenere e tutelare maggiormente i diritti degli utenti isolani, fruitori del servizio pubblico di collegamento marittimo» ed intervenire di conseguenza con maggiore rigore a difesa di quanti vivono nelle isole minori della Sicilia;
   l'interrogante evidenzia, che la rideterminazione delle tariffe massime, da parte della suesposta compagnia di navigazione, come riportato dalle cronache giornalistiche locali, sarebbero causate dai persistenti aumenti delle accise sul gasolio, che negli ultimi anni ha raggiunto livelli esorbitanti;
   a tal proposito l'interrogante rileva altresì, che mentre il medesimo articolo 6 della suesposta convenzione tra la Compagnia delle Isole e il ministero interrogato, evidenzia che la rideterminazione delle tariffe è agganciata alle rilevazioni delle quotazioni quotidiane dei combustibili registrati sulla piazza di Genova-Lavera, il comma 3 dello stesso articolo prevede tuttavia l'eventuale richiesta di sospensione dell'aumento, che potrà essere esercitata dallo stesso ministero interrogato;
   gli aumenti del gasolio, non hanno tuttavia interessato, un'altra compagnia di navigazione quale la: Ustica lines, finanziata anch'essa dalla regione siciliana, per svolgere i collegamenti ro-ro con le isole minori, destando, a giudizio dell'interrogante, perplessità sulle differenze delle politiche dei prezzi adottate dalla predetta compagnia marittima, rispetto a quella precedentemente riportata;
   a giudizio dell'interrogante, occorre intervenire per tutelare e salvaguardare maggiormente il diritto alla mobilità per chi vive sulle isole, in particolare i pendolari che quotidianamente utilizzano il mezzo di trasporto via mare, per raggiungere le destinazioni di lavoro;
   l'intenzione da parte della Compagnia delle Isole, di rideterminare le tariffe marittime verso l'alto, costituisce secondo l'interrogante, un dato ulteriormente negativo ed ingiustificato, nei riguardi dei viaggiatori, le cui prevedibili conseguenze in questa specifica fase di grave recessione economica, rischiano inevitabilmente di provocare un maggiore impoverimento delle famiglie isolane e soprattutto di comprimere ulteriormente le possibilità di ripresa e sviluppo del sistema economico e produttivo della Sicilia e delle isole minori, in particolare del settore turistico-balneare –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritenga opportuno intervenire, in considerazione di quanto stabilito dall'articolo comma 3, della convenzione sottoscritta il 30 luglio 2012 con la compagnia delle isole, nei riguardi della medesima società marittima, attraverso la sospensione dell'aumento delle tariffe, che come esposto in premessa, si appresta ad essere introdotto a partire dal prossimo mese di novembre;
   quali iniziative intenda intraprendere, al fine di evitare che la rideterminazione delle tariffe massime all'utenza nei collegamenti con le isole minori da parte della compagnia delle isole, possa arrecare ulteriori disagi nei riguardi dei viaggiatori siciliani, già vessati da una serie di disservizi e carenze che quotidianamente si manifestano nel settore dei trasporti non solo marittimi. (4-18201)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il comma 3 dell'articolo 6 della convenzione in vigore fra la compagnia delle isole Spa ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, stipulata il 20 luglio 2012, stabilisce che: «perentoriamente entro i 15 giorni successivi alla comunicazione... i Ministeri vigilanti, di concerto con la Regione possono richiedere alla società la sospensione dell'applicazione dell'aggiornamento delle tariffe di cui ai commi precedenti, individuando contestualmente misure compensative, in termini di revisione degli assetti nautici, di differente articolazione tariffaria o di rideterminazione in aumento o in diminuzione degli oneri di servizio pubblico, che fanno salvo l'equilibrio economico-finanziario determinato secondo i criteri della direttiva CIPE. Resta inteso che non potranno comunque essere assentiti aumenti degli oneri del servizio pubblico in misura superiore alle risorse stanziate in bilancio.»
  Ciò posto, l'eventuale mancato innalzamento delle tariffe che, si ricorda, possono essere aumentate in funzione dell'applicazione dei coefficienti stabiliti dal comma 2, dell'articolo 6 della succitata convenzione (in particolare quelli previsti per la fissazione dei prezzi dei combustibili), è subordinato all'individuazione di interventi compensativi.
  Questa Amministrazione ha sottoposto alla ragione Siciliana la questione della richiesta di aumenti tariffari avanzata dalla compagnia delle isole anche in considerazione della espressa contrarietà palesata dal sindaco del comune di Favignana con telegramma dell'11 ottobre 2012. La regione Siciliana con nota del 18 ottobre 2012 ha formulato parere contrario a tali aumenti senza però formulare alcuna ipotesi di misure compensative idonee alla sospensione dell'applicazione degli aumenti in parola.
  Pertanto, ai sensi di quanto stabilito al comma 4 dell'articolo 6 della citata convenzione, l'assenza di dette misure compensative ha determinato l'automatico adeguamento della variazione tariffaria, decorsi quindici giorni dalla richiesta della suddetta compagnia.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   GIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da tempo, ormai, è stato predisposto dall'Anas il progetto per la realizzazione di una rotatoria per la messa in sicurezza dell'incrocio tra la strada statale 194 (Catania-Ragusa) e la strada provinciale contrada Seggio a Lentini in provincia di Siracusa;
   con la realizzazione di questa opera si metterà in sicurezza un tratto a scorrimento veloce, teatro di ripetuti incidenti e, nello stesso tempo, si consentirà l'ingresso della bretella di Carrubazza, dove si trova anche la caserma dei vigili del fuoco e della zona nord est di Lentini all'altezza del mercato ortofrutticolo;
   sia il consorzio Asi, che ha ceduto a titolo gratuito le aree per la realizzazione dell'opera, sia il Cosel (Consorzio per lo sviluppo economico di Lentini), sia le autorità locali hanno sollecitato più volte la realizzazione di questa opera destinata a favorire, tra l'altro, anche una maggiore fruibilità agli operatori economici e, di conseguenza, lo sviluppo economico della zona;
   alla luce di tutto ciò appare incomprensibile che non si sia dato inizio, da parte dell'Anas, ai lavori della rotatoria –:
   se non si ritenga necessario intervenire, per quanto di competenza, presso l'Anas affinché definisca le procedure necessarie e avvii l'opera in questione che risulta indispensabile al territorio di Lentini sia in termini di sviluppo economico che di messa in sicurezza di una strada, dove, purtroppo, più volte si sono verificati gravi incidenti. (4-12156)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che è stata completata la progettazione della rotatoria al km. 14+850 della strada statale 194 «Ragusana».
  Si rappresenta, inoltre, che nel mese di marzo 2012, la società Anas ha richiesto agli enti locali interessati: regione Sicilia, provincia di Siracusa, comune di Lentini e consorzio area di sviluppo industriale di Siracusa, l'eventuale disponibilità economica al cofinanziamento dell'opera in quanto la stessa non risulta inserita nella programmazione della società Anas.
  In relazione a tale richiesta la sola provincia di Siracusa ha manifestato il proprio interesse all'iniziativa impegnandosi a finanziare l'opera con una somma pari a circa 400 mila euro, su un importo complessivo stimato in circa 1,4 milioni di euro.
  Si rappresenta, infine, che società Anas ha comunicato che sta valutando il possibile inserimento dell'intervento nel prossimo piano di appaltabilità.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   GIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo 2005 l'Anas ha avviato i lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa con la realizzazione di 25 chilometri di nuova autostrada con un investimento pari a 723 milioni di euro;
   detti lavori, riguardanti il tratto compreso tra la località di Passo Martino e il chilometro 130+400 della strada statale 114 «Orientale Sicula», eseguiti con affidamento a contraente generale, sono terminati nel dicembre 2009;
   l'impresa esecutrice individuata è Pizzarotti & C. SpA;
   il contraente generale Pizzarotti & C. SpA ha affidato l'esecuzione dei citati lavori a ATI Sics-Cfc;
   all'interrogante risulta che Pizzarotti SpA avrebbe compiuto una serie di inadempienze contrattuali nei confronti di ATI e non avrebbe corrisposto i pagamenti in base agli avanzamenti dei lavori;
   il decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, recante «Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale» prevede all'articolo 9, comma 9, che «Il soggetto aggiudicatore verifica periodicamente il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari»; avendo facoltà, ove risulti l'inadempienza del contraente generale, di applicare una detrazione sui successivi pagamenti e procedere al pagamento diretto all'affidatario nonché di applicare le eventuali sanzioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra riportato e in caso affermativo:
    a) se risultino le verifiche effettuate da parte di Anas sul contraente generale o, in assenza, per quali motivi dette verifiche non sono state poste in essere;
    b) se risultino i pagamenti effettuati dal contraente generale in favore dell'affidatario e se gli stessi siano rispondenti ai pagamenti effettuati da Anas;
    c) se e in quali modi intenda intervenire al fine di facilitare la ricomposizione della controversia in atto tra contraente generale e affidatario dei lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa. (4-12354)


   GIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo 2005 l'Anas ha avviato i lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa con la realizzazione di 25 chilometri di nuova autostrada con un investimento pari a 723 milioni di euro;
   detti lavori, riguardanti il tratto compreso tra la località di Passo Martino e il chilometro 130+400 della strada statale 114 «Orientale Sicula», eseguiti con affidamento a contraente generale, sono terminati nel dicembre 2009;
   l'impresa esecutrice individuata è Pizzarotti & C. spa;
   la Pizzarotti & C. si è aggiudicata la gara per il general contractor del valore netto di 473,6 milioni di euro;
   il contraente generale Pizzarotti & C. spa ha affidato l'esecuzione dei citati lavori a ATI Sics-Cfc;
   all'interrogante risulta che Pizzarotti spa avrebbe compiuto una serie di inadempienze contrattuali nei confronti di ATI e non avrebbe corrisposto i pagamenti in base agli avanzamenti dei lavori;
   la legislazione vigente, decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, prevede che il soggetto aggiudicatore, in questo caso l'Anas, verifichi periodicamente il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari; avendo la facoltà, ove risulti l'inadempienza del contraente generale, di applicare una detrazione sui successivi pagamenti e di procedere al pagamento diretto all'affidatario nonché di applicare le eventuali sanzioni;
   le inadempienze contrattuali della Pizzarotti spa nei confronti dell'associazione temporanea di impresa Sics-Cfc che ha effettuato i lavori, oltre a far venire meno la corresponsione di numerosi mesi di stipendi a 2000 lavoratori, mette a rischio anche gli stessi livelli occupazionali;
   è necessario e improrogabile effettuare tutte le verifiche relative alle inadempienze contrattuali della Pizzarotti & C. spa ovvero, se siano state effettuate e siano state confermate le inadempienze, procedere immediatamente con la detrazione e la sospensione dei successivi pagamenti, nel caso in riferimento ad altri lavori affidati alla citata impresa, e la corresponsione diretta all'associazione temporanea di impresa che ha effettuato i lavori;
   l'intervento immediato nei confronti dell'impresa Pizzarotti si rende necessario per evitare una gravissima crisi occupazionale dalle conseguenze pesantissime sulle imprese Sics e Cfc e di conseguenza sui lavoratori –:
   se siano effettuate le verifiche da parte di Anas sulle inadempienze contrattuali dell'impresa Pizzarotti e, in assenza di queste, quali siano i motivi per i quali dette verifiche non sono state poste in essere e di chi siano le responsabilità;
   qualora risultino confermate le inadempienze contrattuali, che stanno avendo pesantissime ricadute sui 2000 lavoratori e le imprese affidatarie, se non si ritenga improrogabile procedere immediatamente con la detrazione e la sospensione dei successivi pagamenti, nel caso in riferimento ad altri lavori affidati alla citata impresa, e con la corresponsione diretta all'associazione temporanea di impresa affidataria dei lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa, al fine di consentire a 2000 lavoratori la corresponsione degli arretrati e salvaguardare i loro posti di lavoro. (4-12552)

  Risposta. — In riferimento alle interrogazioni in esame, relative ai lavori di costruzione del collegamento stradale Catania-Siracusa, si fa presente quanto segue.
  Nell'ottobre 2005 l'impresa Pizzarotti & C. S.p.A., quale contraente generale per la realizzazione dei lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa, compreso tra la località Passo Martino lungo l'asse dei servizi della città di Catania ed il km. 130+400 della Strada statale 114 «Orientale Sicula», stipulò un contratto di affidamento lavori con l'A.T.I. (Associazione temporanea d'imprese) tra SICS S.r.l. e consorzio stabile CFC S.r.l.
  I lavori sono stati completati e collaudati con esito positivo in data 7 aprile 2011.
  Nell'ambito di tale rapporto è, tuttavia, sorta una contestazione tra le imprese. L'Associazione temporanea d'imprese SICS S.r.l. ha, infatti, lamentato il mancato pagamento, da parte del contraente generale, dei lavori eseguiti in qualità di affidataria, richiedendo ad Anas di accertare l'inadempimento dell'impresa Pizzarotti e, conseguentemente, di procedere all'immediato pagamento in favore dell'Associazione temporanea d'impresa delle somme dovute ai sensi e per gli effetti dell'articolo 176, comma 9, del decreto legislativo 163 del 2006.
  Dette contestazioni hanno portato all'instaurazione di un contenzioso complesso, davanti alla competente autorità giudiziaria, tra l'impresa Pizzarotti e l'Associazione temporanea d'impresa SICS.
  Tale contenzioso, a tutt'oggi, non risulta ancora definito.
  In attesa della definizione del contenzioso instauratosi tra il contraente generale e l'ATI SICCS – CFC, la società Anas, nella sua qualità di soggetto esercente l'alta sorveglianza sull'esecuzione del contratto, in via cautelativa, ai sensi dell'articolo 9 comma 9, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 ed in applicazione dell'articolo 22 del capitolato speciale d'affidamento, ha provveduto a trattenere all'impresa Pizzarotti la somma oggetto della controversia ammontante ad euro 1.757.000.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   GIBIINO, GIOACCHINO ALFANO, ARMOSINO, BELLOTTI, BERNARDO, CASERO, CASSINELLI, CERONI, CESARO, CICCIOLI, COSENZA, DE CORATO, DEL TENNO, DISTASO, VINCENZO ANTONIO FONTANA, FORMICHELLA, FUCCI, GARAGNANI, GAROFALO, GERMANÀ, GIRO, LA LOGGIA, LANDOLFI, LISI, MINARDO, MISURACA, NASTRI, NIZZI, NOLA, PAGANO, PALMIERI, PALUMBO, PAPA e PIANETTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   L'Ecobonus, istituito dalla legge n. 265 del 2002, è l'incentivo nazionale diretto a tutti gli autotrasportatori che ha come obiettivo quello di sostenere le imprese a fare il miglior uso possibile delle rotte marittime;
   nello specifico il bonus prevede il rimborso fino ad un massimo del 30 per cento, del prezzo pagato dalle imprese di autotrasporto che scelgono la via marittima ritenuta fondamentale in termini di decongestionamento del traffico viario e maggiormente opportuna sotto il profilo dell'impatto ambientale;
   un ulteriore obiettivo della legge n. 265 è quello di incoraggiare forme di associazione tra imprese di piccole dimensioni che utilizzano in modo efficiente le alternative marittime al trasporto su gomma e a beneficiarne sono tutte le imprese di autotrasporto, compresi i consorzi temporanei o permanenti esistenti, così come le semplici associazioni di operatori del trasporto che imbarcano autocarri e autoarticolati conformemente alle norme comunitarie (accompagnati o meno dagli autisti) su navi merci (Ro-Ro e Ro-Pax);
   il sistema italiano dell'Ecobonus dal 2007 al 2009 ha erogato circa 170 milioni di euro e dal rapporto stilato dalla Rete autostrade mediterranee emerge che nello stesso periodo sono state trasportate 44 milioni di tonnellate di merci;
   si è calcolato peraltro che, sulla rete stradale nazionale, sono transitati 500 mila Tir in meno, con un risparmio di 411 milioni di euro in termini sociali (calo del tasso di incidentalità) ed ambientali (minore consumo energetico, decongestione del traffico stradale e riduzione delle emissioni inquinanti);
   anche la Commissione europea nell'autorizzazione all'ecobonus relativamente al triennio 2007-2009 ha definito la misura una best practice in grado rispettare gli obiettivi fissati nel libro bianco del 2001 sulla politica europea dei trasporti dal quale emerge la necessità di adottare misure che armonizzano tecnica ed interoperabilità fra i diversi sistemi soprattutto se riferiti al traffico dei container;
   l'interscambio marittimo nel 2011 ha generato oltre 242 miliardi di euro, il 15,3 per cento del totale del prodotto interno lordo italiano. Anche nel 2009, anno nefasto per i mercati di tutto il mondo, si sono stimati traffici per 171 miliardi di euro, l'11,3 per cento del prodotto interno lordo e nel 2010 la percentuale d'incidenza sulla ricchezza nazionale è cresciuta di nuovo attestandosi al 13,9 per cento. In buona sostanza, nel periodo 2008-2011, nonostante il nero 2009, i traffici marittimi nazionali sono aumentati complessivamente di oltre 10 miliardi di euro;
   i dati Coeweb 2012 confermano gli effetti positivi dell'Ecobonus: dal 2007 al 2011 il trasporto viario è diminuito del 17,5 per cento mentre quello marittimo è aumentato del 4,3 per cento. In particolare il peso del trasporto stradale sul totale dei traffici ha subito una contrazione dell'8,9 per cento passando dal 30,9 per cento al 31,2 per cento;
   tuttavia, in agosto la Commissione europea ha comunicato al Governo italiano di considerare aiuto di Stato il contributo per il trasporto combinato strada-mare relativo ai due esercizi passati e ha dato tempo all'Italia fino al 27 agosto per replicare a questi sospetti con risposte motivate;
   a quanto consta agli interpellanti secondo le prime indicazioni di Bruxelles, che sembra aver rigettato in toto giustificazioni delle autorità italiane, gli eco bonus sarebbero da considerarsi a tutti gli effetti aiuti di Stato e in quanto tali in contrasto con la normativa comunitaria;
   il 5 ottobre 2012, sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, la Commissione ha ribadito l'illiceità del contributo finanziario concesso agli autotrasportatori per imbarcare i propri veicoli sulle navi o meglio lo ha ritenuto lecito solo per il triennio 2007-2009;
   la Commissione ha inoltre affermato che dopo il 2009 il flusso di trasferimento dalla strada al mare doveva camminare da solo, anzi bisognava garantire un quantitativo di tratte analogo a quello del triennio in cui l'ecobonus era stato erogato. Andare oltre il triennio senza aver rispettato anche l'aspetto quantitativo costituirebbe un aiuto di Stato e, pertanto, l'erogazione degli eco bonus relativi agli anni 2010 e 2011 viene messa in discussione;
   le mancate erogazioni arrecano ingenti danni economici a tutte quelle imprese che, credendo nella validità del progetto, avevano optato per la modalità di trasporto marittimo e a farne letteralmente le «spese» sono le aziende meno strutturate, per le quali il rimborso dell'Ecobonus rappresenta almeno il 30 per cento dei propri bilanci;
   la decisione della Commissione europea di non erogare le somme stanziate per le annualità pregresse sta mettendo in ginocchio soprattutto le 700 imprese siciliane, che certe delle sovvenzioni hanno continuato ad investire in Autostrade del mare. Si tratta di imprese che hanno creduto nel progetto eco bonus e lo hanno condiviso nella consapevolezza, inoltre, che il sistema viario della propria regione, versa in condizioni pessime e che il trasporto marittimo rappresenta di conseguenza un «passaggio obbligato» per lo sviluppo economico del territorio –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare affinché l'unione europea consenta l'erogazione degli incentivi 2010-2011, tenuto conto, per di più, che i mezzi pesanti che abitualmente utilizzano le «Autostrade del mare» sono 1.500.000 e che esiste la concreta possibilità di incrementare del 50 per cento il trasporto marittimo a tutto vantaggio dell'economia e senza costi aggiuntivi;
   se il Governo, nell'ipotesi di un inasprimento delle posizioni dell'Unione europea, intenda ricorrere ad altre forme di incentivi a favore delle imprese di autotrasporto anche per il triennio 2012-2014, affinché il trasporto marittimo faccia da traino per l'economia italiana in quanto volano di internazionalizzazione, investimenti infrastrutturali, di occupazione e crescita del prodotto interno lordo.
(4-19161)

  Risposta. — Come si è avuto modo di sottolineare nel corso di una recente seduta di question time in aula Camera, il Governo pone la massima attenzione all'esigenza di potenziare le modalità di trasporto alternative a quella stradale anche attraverso la previsione di specifici incentivi.
  Come è noto, gli incentivi agli autotrasportatori per l'utilizzo delle vie del mare – «ecobonus» configurano un aiuto di Stato, inizialmente autorizzato per un triennio dalla Commissione europea.
  Scaduto il triennio riferito ai viaggi su rotta marittima alternativa alla strada, 2007- 2009, e definite le risorse per il 2010, l'Italia ha richiesto alla Commissione europea la proroga dell'aiuto per gli anni 2010 e 2011, motivata dalla necessità di consentire il consolidamento della nuova modalità di trasporto intermodale, nella situazione di crisi economica in atto, che ha avuto gravi ripercussioni sulla produzione e quindi sul trasporto, con particolare riferimento alle modalità meno flessibili.
  Nonostante in una fase iniziale gli uffici della commissione avessero dimostrato apertura nei confronti della proroga, si sono susseguite richieste di chiarimenti e informazioni supplementari. Da ultimo, la DG concorrenza della commissione europea ha fatto sapere che, nonostante i pareri favorevoli dei diversi uffici, il servizio giuridico della Commissione considererebbe non ammissibile la proroga in quanto inizialmente autorizzata per un solo triennio.
  La Commissione europea, pur non emanando direttamente una decisione sfavorevole, il 25 luglio 2012 ha aperto una procedura di indagine formale. La decisione comunitaria è stata quindi pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea n. C 301 del 5 ottobre 2012 con invito a presentare osservazioni a norma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  L'amministrazione ha già fornito, in data 8 agosto 2012, le proprie controdeduzioni ed ha anche avanzato la richiesta di limitare l'autorizzazione al solo anno 2010, nell'ambito dell'importo complessivo già autorizzato dalla commissione.
  Allo stato attuale gli uffici tecnici della commissione sembrerebbero orientati ad autorizzare almeno l'erogazione dell’ecobonus a valere sui viaggi su rotta marittima effettuati dagli autotrasportatori nell'anno 2010, mentre permangono ancora alcune perplessità a livello generale della DG concorrenza.
  In ordine alle risorse da dedicare per il futuro al settore giova ricordare che l'articolo 23 del decreto legge n. 95 del 2012, e relativa legge di conversione, ha stanziato a favore del comparto risorse pari a 400 milioni di euro per l'anno 2013.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   GIRLANDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 marzo 2012 ha avuto luogo il decesso di Teresa Sunna, ventottenne di Barletta, dopo aver ingerito una sostanza acquistata sul noto portale di vendite on line Ebay come sorbitolo ed altre due donne sono state ricoverate in gravi condizioni dopo aver ingerito la stessa sostanza;
   dopo questi gravi fatti Ebay ha bloccato la vendita di questa sostanza sull'intera rete mondiale e sono stati attivati, in Italia, controlli da parte dei Nas nonché inviti ai cittadini alla restituzione e alla non assunzione della sostanza eventualmente acquistata via web;
   l'Agenzia del farmaco ha diffuso dati allarmanti, secondo i quali il proliferare di farmacie online sta accrescendo il numero di casi di rischio per la salute dei cittadini a seguito dei farmaci acquistati, sui quali non sono state fatte tutte le dovute analisi e controlli, poiché delle oltre 40mila farmacie online solo l'1 per cento risulta rispondente alle normative vigenti, mentre il 96,8 per cento del totale sarebbe completamente illegale;
   la rete web è un luogo privilegiato per l'acquisto di sostanze illegali o non acquistabili presso le normali farmacie, anche a fronte dei costi ridotti e della pubblicità di certe sostanze in relazione alle quali il consumatore non è neanche adeguatamente informato dei rischi; si tratta ad esempio, delle sostanze connesse alla perdita di peso o all'implementazione delle facoltà e capacità fisiche e mentali;
   negli ultimi anni sono stati diversi i casi drammatici di seri danni alla salute, oltre che di decessi, per cittadini che hanno assunto sostanze non vendibili in Italia senza un adeguato ed accurato controllo medico, andando ad alimentare un mercato illegale in crescita, facendo affidamento sulle assicurazioni fornite dai venditori stessi o dai riferimenti a norme sanitarie di altri Paesi, che consentono la vendita e l'assunzione, secondo apposite modalità, di farmaci o sostanze bandite in Italia;
   portali telematici con un'ampia offerta di prodotti e farmaci, come nel caso di Ebay, che pure risulta essere uno dei portali maggiormente seguiti e monitorati dalla società stessa, necessitano un aumento della vigilanza sui prodotti in vendita, supportata da un'adeguata campagna di informazione per gli utenti, soprattutto i più giovani –:
   se il fatto di Barletta rappresenti un caso isolato e di quali ulteriori elementi disponga al riguardo;
   con quali modalità il Ministro ritenga opportuno agire per diffondere una più approfondita cultura dell'informazione circa i rischi dell'acquisto di farmaci e sostanze di natura sanitaria tramite il web, valutando l'opportunità di ricorrere anche ad apposite campagne nelle scuole;
   quali siano le sostanze più a rischio per la salute dei consumatori presenti ed acquistabili sul web, ma non vendibili presso le farmacie del nostro Paese;
   se, a fronte di questi drammatici episodi si intendano assumere iniziative per potenziare le sinergie tra le autorità sanitarie italiane ed il Ministero ed i maggiori portali telematici della rete;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per verificare la legalità dell'amplissima percentuale di farmacie online;
   se il Ministro intenda promuovere un confronto anche in sede europea per uniformare le modalità di vendita ed assunzione di farmaci e particolari sostanze per le quali ancora oggi vi sono discrepanze tra le legislazioni e normative dei diversi Paesi dell'Unione europea. (4-15528)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, anche sulla base degli elementi acquisiti presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
  In merito all'episodio di Barletta, si segnala che il 30 marzo 2012 il Ministero della salute, sulla scia dell'iniziativa della «Food standards agency» (Fsa), l'agenzia per la sicurezza alimentare inglese, ha lanciato un'allerta sul sorbitolo ad uso alimentare venduto dalla ditta «Mistral», che ha sede ad Antrim, nell'Irlanda del Nord, e vende tali prodotti, sia tramite il suo sito web, che attraverso altri siti di e-commerce, come «eBay».
  Il Ministero della salute ha invitato cittadini e imprese che avessero acquistato tali prodotti a rischio a non consumarli.
  La «Mistral» ha, in ogni caso, cessato la distribuzione dei suoi prodotti venduti via internet. Nel Regno unito non sono state riportate segnalazioni di incidenti simili a quello avvenuto a Barletta, legati al consumo dei prodotti venduti dalla ditta in questione.
  Tra le iniziative promosse dall'Aifa, si segnala un primo studio, finalizzato ad approfondire il fenomeno della vendita di medicinali attraverso Internet, realizzato nel 2007 in collaborazione tra Aifa e organizzazione mondiale della salute (World health organization-WHO). I risultati emersi dagli acquisti di controllo, effettuati da siti precedentemente individuati, hanno confermato che, nella grande maggioranza dei casi, i farmaci venduti attraverso il web sono contraffatti. Gli esiti di tale studio hanno, inoltre, consentito di caratterizzare meglio il fenomeno emergente, portando alla luce le diverse tipologie di farmacie presenti su Internet.
  Successivamente, sono stati sviluppati due ulteriori approfondimenti:
   il primo, realizzato dall'Aifa, in collaborazione con un'Agenzia di intelligence informatica (IT), finalizzato a caratterizzare ulteriormente il fenomeno delle farmacie on-line. Sulla base dei risultati conseguiti, è stato possibile delineare tre diverse tipologie di farmacie on-line, indicate come:
   legali, autorizzate e controllate;
   illegali, prive di autorizzazione e certificazione;
   false, dedicate alla mera truffa;

  il secondo, realizzato sempre dall'Aifa, in collaborazione con un'altra Agenzia di intelligence informatica (IT), mirato ad indagare le tecniche di promozione e diffusione di anabolizzanti e steroidi attraverso la rete dei social network.
  È utile ricordare che, nonostante l'ampia diffusione del mercato elettronico, la propensione agli acquisti on-line da parte della popolazione italiana è inferiore rispetto a quella di altri paesi.
  Nel settembre 2010, l'Aifa, al fine di approfondire tale questione, ha realizzato in collaborazione con un istituto privato, una ricerca su «L'acquisto on-line di farmaci in Italia: conoscenza, giudizi e diffusione», finalizzata a definire un quadro reale del problema.
  Oltre alle attività sopra menzionate, sono state poste in essere dall'Aifa le ulteriori iniziative elencate di seguito:
   la campagna di informazione, realizzata a livello nazionale da Impact Italia, allo scopo di informare il pubblico sui rischi legati all'acquisto di farmaci attraverso internet;
   la realizzazione di un volume interamente dedicato al fenomeno della contraffazione farmaceutica, disponibile in versione italiana e inglese;
   la gestione di eventi formativi «ad hoc» per gli operatori di forze di polizia e dogane che quotidianamente si confrontano con casi sospetti di contraffazione e/o importazione illegale.

  Nel maggio 2011, l'agenzia ha, inoltre, siglato un memorandum d'intesa con il servizio privato statunitense di verifica e controllo delle farmacie on-line «LegitScript», l'unico riconosciuto ufficialmente dalle federazioni dei farmacisti, al fine di definire degli approcci operativi standard. Tale collaborazione ha già dato, nel breve tempo, importanti risultati, come testimoniato dalla chiusura di una serie di siti illegali localizzati negli Stati Uniti, ma realizzati con pagine in italiano e destinati, chiaramente, a fornire il nostro mercato.
  Inoltre, in data 26 marzo 2012, è stato pubblicato nel sito dell'Aifa il comunicato stampa n. 228, da cui emergono dati decisamente confortanti.
  Infatti, in Italia il fenomeno della contraffazione appare pressoché inesistente: la percentuale dei farmaci contraffatti presenti nel nostro mercato è pari allo 0,1 per cento grazie principalmente al sistema di tracciabilità del farmaco, che consente il monitoraggio, attraverso il bollino a lettura ottica, di ogni singola confezione nonché alle attività di prevenzione e contrasto portate avanti, ormai da diversi anni, dalla task-force Impact Italia.
  Per quanto riguarda le sostanze più a rischio per la salute dei consumatori presenti ed acquistabili sul web, ma non vendibili presso le farmacie nel nostro Paese, l'Aifa ha precisato che il web rappresenta una finestra di accesso al mercato globale e rende quindi disponibili prodotti pericolosi, anche di ambito non farmaceutico.
  Pertanto, un elenco esaustivo non è facilmente declinabile, considerando anche il fatto che molto spesso sono la dose o le modalità di assunzione a rendere rischioso, o addirittura letale, un prodotto. Il composto risultato tossico nel tragico caso di Barletta è infatti comunemente utilizzato come conservante alimentare.
  L'aifa, altresì, dedica da tempo particolare attenzione al problema della contraffazione farmaceutica, anche riferito alle farmacie on-line illegali, che spesso sono responsabili della diffusione di prodotti contraffatti, non fabbricati in conformità alle norme GNIP (Good manufacturing practice) riconosciute a livello mondiale.
  I risultati ottenuti fino ad oggi hanno permesso di tenere sotto controllo il mercato nazionale e, inoltre, l'Italia è considerata tra i paesi guida nella lotta alla contraffazione farmaceutica, come è testimoniato, tra l'altro, dal ruolo di coordinamento o presidenza ricoperto dall'Aifa nei principali gruppi di lavoro internazionali che si occupano del contrasto al fenomeno, come quelli che hanno contribuito allo sviluppo di due recenti strumenti normativi: la direttiva 2011/62 dell'Unione europea, che introduce modifiche in chiave anticontraffattiva al codice farmaceutico europeo, e la convenzione mediCrime del Consiglio d'Europa che introduce norme di diritto penale applicabili nei casi di falsificazione di prodotti sanitari.
  Nello specifico, sebbene non sia possibile impedire, sistematicamente, il ricorso da parte dei pazienti a canali di approvvigionamento illeciti, sono state predisposte, tuttavia, attività continuative di investigazione, informazione al pubblico e formazione degli operatori, che hanno permesso di ridurre la portata del fenomeno e di procedere, altresì, a sequestri di farmaci illegali e alla chiusura di siti internet dediti a questo commercio pericoloso.
  In generale, l'attenzione dedicata al fenomeno della contraffazione è testimoniata dall'istituzione, con determinazione Aifa del 2007, della già richiamata task-force nazionale Impact Italia, della quale fanno parte, oltre all'Aifa, anche il Ministero della salute, il comando carabinieri per la tutela della salute – NAS, l'Istituto superiore di sanità (ISS), l'agenzia delle dogane, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'interno attraverso la Polizia Criminale.
  La struttura della task-force consente inoltre la partecipazione, per progetti mirati, anche di attori privati del settore e di associazioni non direttamente coinvolte.
  Impact Italia ha promosso e promuove tuttora una serie di iniziative divulgative di formazione e informazione, finalizzate a contrastare il fenomeno. Con riferimento al legame esistente tra internet e la contraffazione farmaceutica, è opportuno sottolineare che, attualmente, la legislazione italiana vieta ogni possibile forma di compravendita di farmaci on-line. Si richiama, in tal senso, l'articolo 122 del testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265) il quale stabilisce che «la vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non è permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilità del titolare della medesima».
  Pertanto, per poter acquistare un farmaco, la vendita deve essere effettuata da parte di un farmacista e l'acquisto deve avvenire presso un esercizio individuato (la farmacia), sotto la responsabilità del suo titolare.
  A completare il quadro, si aggiungono le previsioni contenute nell'articolo 5 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, recante interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci, il quale dispone che gli esercizi commerciali di piccola, media e grande struttura (cosiddetta «parafarmacie») possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e che la vendita deve essere effettuata nell'ambito di un apposito reparto, con l'assistenza di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine.
  La ratio di tali disposizioni si rinviene, sostanzialmente, nella necessità di fornire al cliente-paziente un'assistenza qualificata nell'acquisto del farmaco, come espressamente previsto in diverse disposizioni del decreto legislativo n. 219 del 2006, (articolo 77 comma 1, lettera d), punto 8; articolo 96, comma 2 e articolo 121, comma 2).
  L'esistenza di un quadro normativo comunque consolidato non è di per sé un deterrente sufficiente contro il ricorso dei pazienti italiani a farmacie on-line estere, e le attività di contrasto diretto ai siti illegali incontrano difficoltà anche in considerazione dei problemi connessi alla localizzazione territoriale dei siti web e, conseguentemente, della legislazione applicabile alle transazioni tramite questi operate (spesso il luogo di ubicazione del server non coincide con la sede legale del venditore) e dei vincoli che non consentono di effettuare controlli approfonditi sulle transazioni commerciali. Ciò rende di fatto possibile portare a termine l'acquisto di un farmaco on-line, sia dall'Europa che da paesi terzi – ove la vendita potrebbe a tutti gli effetti essere legale.
  Occorre, inoltre, rilevare che in Italia e in molti altri Paesi esiste una lacuna normativa in questo specifico settore rispetto alla legalizzazione delle farmacie on-line e alle conseguenti azioni per contrastare quelle non autorizzate; tra gli elementi che rendono complesse tali attività, vanno citati la «volatilità» delle farmacie on-line e l'assenza di confini precisi (un farmaco contraffatto è acquistato attraverso internet da utenti di un determinato Paese, è prodotto in altri Paesi e transita attraverso altri Paesi ancora).
  La difficoltà nel disciplinare tale situazione rimarca l'esigenza di un approccio multisettoriale e cooperativo a livello internazionale.
  Una soluzione a tale carenza sarà presto rappresentata, almeno in parte, dal recepimento, da parte degli Stati membri, delle modifiche apportate alla direttiva 2001/83 dell'Unione europea, dalla successiva direttiva 2011/62 dell'Unione europea che prevede una maggior regolamentazione delle farmacie on-line; l'Aifa ritiene che, in prima applicazione, le misure delineate nella nuova direttiva rappresentino già un apparato sufficiente alla regolazione del settore, che potrà essere reso più stringente una volta effettuata la valutazione dell'efficacia della stessa direttiva, che risulta prevista anche nell'atto normativo in questione.
  Pertanto, si assicura che si stanno compiendo tutti gli sforzi necessari affinché episodi come quello oggetto della presente interrogazione siano gestiti con la massima efficacia, riducendo al minimo ogni possibile rischio per la salute pubblica.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   GIRLANDA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 2 luglio 2012 lo Stato del Messico ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale per i prossimi sei mesi per il sottotipo H7N3 del virus dell'influenza aviaria, a seguito della morte di circa 200 mila polli nello stato di Jalisco e dell'abbattimento in via precauzionale di altri 600 mila capi;
   anche in Paesi come la Cina i casi di infezione da virus H5N1 non sono spariti negli ultimi mesi, tanto che l'ultimo decesso è avvenuto alla fine di dicembre 2011 a causa di polli infetti provenienti da Hong Kong, di cui la Cina stessa ha successivamente bloccato l'importazione –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, o abbiano già adottato, sia in ambito commerciale che sanitario, al fine di evitare l'importazione di polli dai Paesi a rischio contagio e, nel caso specifico, dal Messico;
   quali siano i principali Paesi da cui l'Italia importa animali in cui si sono verificati casi di infezione da virus H5N1 e suoi sottotipi. (4-16877)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Le importazioni nell'Unione europea di animali e prodotti di origine animale possono avvenire esclusivamente dai Paesi terzi che forniscono alla Commissione europea le necessarie garanzie sanitarie sia in materia di sanità animale che di sanità pubblica.
  A tale scopo è stata stabilita una normativa comunitaria estremamente dettagliata da parte della Commissione europea nel settore veterinario.
  La responsabilità di tale settore è affidata alla direzione generale per la salute e i consumatori (Dg Sanco) della Commissione europea, la quale è tenuta a garantire che la legislazione adottata a livello nazionale sia pienamente conforme agli obblighi internazionali e, in particolare, alle misure sanitarie delineate dall'Organizzazione internazionale del commercio (World trade organization).
  La necessità di stabilire requisiti d'importazione comuni a tutti i Paesi membri e di rendere obbligatori i controlli all'atto dell'introduzione dai Paesi terzi di ogni partita presentata all'ingresso del territorio dell'Unione europea (controlli effettuati dai posti d'ispezione frontalieri comunitari, di cui fanno parte anche gli uffici veterinari periferici del Ministero della salute, posti di ispezione frontalieri – Pif), è finalizzata a garantire, all'interno dell'Unione europea, sia la salute dei consumatori che la salvaguardia del patrimonio zootecnico, che potrebbero essere messe in pericolo dall'importazione di animali o alimenti di origine animale provenienti da Paesi terzi con status zoo-sanitario inferiore a quello comunitario.
  Per quanto riguarda i requisiti specifici per le diverse tipologie di animali e prodotti di origine animale in importazione dai Paesi terzi, questi prevedono alcuni passaggi comuni e obbligatori, quali:
   la stesura di liste di Paesi terzi autorizzati ad esportare animali o prodotti di origine animale, stabilite sulla base di requisiti di sanità animale c/o sanità pubblica;
   un elenco di stabilimenti/allevamenti che forniscono le necessarie garanzie sanitarie richieste per l'esportazione nell'Unione europea di prodotti o animali;
   un modello armonizzato di certificato sanitario, attraverso il quale le autorità competenti del Paese terzo esportatore garantiscono la conformità della partita ai requisiti fissati dalla Unione europea.

  È dalla verifica incrociata della sussistenza di tutti gli elementi sopra indicati e dall'assenza di specifiche misure restrittive comunitarie di salvaguardia conseguenti a situazioni di rischio sanitario, che scaturisce l'autorizzazione all'importazione di una determinata partita di animali o prodotti presso il Pif di ingresso nel territorio dell'Unione europea.
  Per quanto riguarda, nello specifico, le importazioni di pollame da Paesi terzi, le garanzie sanitarie sopra richiamate sono stabilite dal regolamento (CE) n. 798 del 2008 e successive modifiche, che istituisce un elenco di Paesi terzi, loro territori, zone o compartimenti, da cui sono consentite le importazioni nella Comunità europea di pollame e prodotti a base di pollame, e che definisce le condizioni di certificazione veterinaria.
  Tale regolamento indica, tra le altre cose, i criteri per la classificazione dei Paesi terzi in riferimento all'influenza aviaria e alla «malattia di Newcastle», ai fini delle importazioni di pollame vivo, e tiene conto delle conoscenze e degli sviluppi scientifici più recenti sull'epidemiologia dell'influenza aviaria nella Comunità stessa e nel mondo, estendendo l'ambito delle misure di lotta da applicarsi nel caso di focolai della malattia, oltre che ai casi di influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai), anche ai focolai di influenza aviaria a bassa patogenieità (Lpai), in modo da introdurre una sorveglianza attiva obbligatoria dell'influenza aviaria.
  Quanto alle importazioni di partite di pollame provenienti dai Paesi terzi, si fa presente che tali animali, sulla base di quanto prescritto dal citato vigente regolamento, ma anche dalla precedente normativa comunitaria di settore, non possono essere importati, in Italia e nell'Unione europea, né dal Messico né dalla Cina, in quanto questi Paesi non hanno fornito le necessarie garanzie sanitarie richieste dalla Commissione europea. Inoltre, la maggior parte delle introduzioni nel territorio nazionale di animali vivi avviene quasi esclusivamente da Paesi comunitari, mentre per quanto riguarda le importazioni di pollame da Paesi terzi, queste avvengono solo dagli Stati Uniti e dal Canada, Paesi che realizzano, entrambi, un programma di sorveglianza dell'influenza aviaria in conformità al regolamento (CE) n. 798 del 2008.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il programma di gestione dei dati personali dei soggetti iscritti all'ASL 8 di Arezzo consente di fatto la visione di tutti i dati dei degenti e dei non degenti tramite, da un lato, la cartella di degenza (che, con l'inserimento di un numero di matricola e di una password da parte di medici e personale infermieristico, permette di visionare i dati di tutti i ricoverati nel territorio dell'ASL medesima) dall'altro, la cartella relativa agli esami di laboratorio (che, con l'inserimento da parte di medici e personale infermieristico del reparto di riferimento e di una password, permette di accedere a tutte le informazioni cliniche degli iscritti alla suddetta ASL (ricoveri, trattamenti, esami effettuati, e altro);
   tali procedure, in assenza di adeguati controlli (o comunque a ben vede non funzionanti) sull'effettuazione degli accessi tramite questo tipo di sistema informatizzato, possono dare adito ad abusi, tanto da indurre alcuni cittadini, al fine di tutelare la propria privacy, soprattutto in casi clinici delicati o complessi, ad andare ad effettuare esami presso altre ASL in territorio toscano;
   se il fine del programma di gestione dei dati degli iscritti alla ASL 8 di Arezzo è quello di permettere a chiunque di poter informare in qualsiasi momento il personale medico e infermieristico sul proprio background sanitario, non va però sottovalutato il fatto che esso può generare un abuso di accessi alla banca dati, non per finalità strettamente sanitarie, come denunciato da alcuni cittadini, quanto per una mera curiosità da parte degli operatori sanitari –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere, anche promuovendo apposite intese in sede di Conferenza Stato-regioni e nel rispetto delle competenze dell'Autorità garante, per assicurare che la digitalizzazione dei dati sanitari sia realizzata senza le distorsioni che procedure come quella di cui in premessa possono causare e nel rispetto della privacy degli utenti. (4-15199)

  Risposta. — Nel quadro del processo di ammodernamento della sanità sono in atto numerose iniziative volte a migliorare l'efficienza del servizio sanitario e a semplificare l'esercizio del diritto alla salute a vantaggio dei cittadini in ogni momento del percorso sanitario e socio-sanitario, attraverso azioni quali l'alleggerimento dell'onere documentale, la personalizzazione delle cure, la riduzione dell'errore umano e lo sviluppo di una sanità centrata sul paziente.
  In particolare, la presenza di carenze nella trasmissione e nella fruizione dei dati clinici con i mezzi tradizionali ha portato a sviluppare strumenti tecnologici innovativi che, mediante l'utilizzo di tecnologie informatiche, possano assicurare una disponibilità di informazioni idonea a garantire una migliore continuità assistenziale.
  Al fine di disporre, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN), di un elemento chiave necessario a gestire e supportare i processi operativi, a migliorare la qualità dei servizi e a contenere i costi, il Ministero della salute ha istituito, nel secondo semestre del 2008, un tavolo interistituzionale per il fascicolo sanitario elettronico (FSE) a cui partecipano, oltre ad esperti interni ed esterni del Ministero, referenti regionali, rappresentanti di DigitPA, del dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei ministri ed un rappresentante dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, in qualità di osservatore.
  Tale tavolo costituisce la sede istituzionale di raccordo tra le iniziative di livello nazionale e quelle già intraprese a livello regionale su tale tematica, valorizza i risultati raggiunti a tutti i livelli del SSN, garantendone la coerenza, e permette di supportare la realizzazione di una cornice normativa unitaria, necessaria alla definizione di un modello di riferimento nazionale.
  Sono state sottoposte alla valutazione preliminare del tavolo, da parte dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, le «Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (FSE) e di dossier sanitario» pubblicate il 16 luglio 2009.
  Il tavolo ha definito le linee guida nazionali per la realizzazione di un sistema di FSE, che individuano le caratteristiche del fascicolo e del patient summary e che sono state oggetto di intesa da parte della Conferenza Stato-regioni in data 10 febbraio 2011 e quindi pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 2011. Il recepimento delle predette linee guida sarà valutato in sede di adempimenti relativi ai Livelli essenziali di assistenza (Lea).
  Poiché le operazioni sui dati personali e sanitari del cittadino necessarie per l'alimentazione e l'utilizzo del FSE rientrano tra i trattamenti di dati sensibili effettuati mediante strumenti elettronici, le predette linee guida precisano che le modalità e le soluzioni necessarie per assicurare confidenzialità, integrità e disponibilità dei dati dovranno in ogni caso essere adottate in coerenza con le misure di sicurezza espressamente previste nel decreto legislativo n. 196 del 2003 e del relativo allegato B.
  Inoltre, si rammenta che, ai sensi degli articoli 20 e 22 del decreto legislativo n. 196 del 2003, le aziende sanitarie locali hanno adottato un regolamento per il trattamento dei dati personali che disciplina le finalità legittime di trattamento di dati sensibili, escludendo qualunque trattamento per finalità strettamente sanitarie.
  Si soggiunge che il tavolo per il Fse ha elaborato una proposta normativa per la disciplina del Fse a livello nazionale, che è stata inserita nel disegno di legge governativo su proposta del Ministro della salute recante «Delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, nonché disposizioni in materia sanitaria», approvato dalla Camera dei deputati in prima lettura il 28 settembre 2011 e, attualmente, all'esame del Senato della Repubblica (A.S. 2935).
  Riguardo agli aspetti di rilievo regionale, la direzione generale dell'azienda Usl n. 8 di Arezzo, per il tramite della locale prefettura-ufficio territoriale del Governo, ha comunicato quanto segue.
  Nel sistema sanitario della regione Toscana è da anni in atto una governance finalizzata ad implementare la «cultura della privacy», quale elemento di reale innovazione in sanità e di crescente qualificazione dello stesso SSR nel rapporto con gli utenti.
  Già nel piano sanitario regionale 2005-2007, la «tutela della riservatezza» è stata incardinata tra le opzioni strategiche di intervento a livello regionale.
  In attuazione del decreto legislativo n. 196 del 2003 e degli indirizzi regionali, l'azienda Usl n. 8 ha posto in essere tutte le iniziative idonee a garantire uno stabile e strutturato sistema aziendale di protezione dei dati personali trattati.
  Nel 2000 è stato adottato il regolamento aziendale privacy, con disposizioni organizzative idonee ad assicurare l'uniforme, corretta e sistematica applicazione della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.
  L'azienda Usl n. 8 svolge una costante azione di informazione e di sensibilizzazione nei confronti di tutto il proprio personale, mediante circolari aziendali e specifiche indicazioni operative pubblicate anche nell'intranet aziendale.
  Tra le altre, l'azienda ha adottato la circolare «Prescrizioni operative concernenti l'uso dei dati sanitari del paziente».
  Tale circolare precisa che «la visualizzazione dei dati sanitari clinici pregressi del paziente è consentita unicamente a fini di cura del paziente stesso ed esclusivamente al personale medico alle seguenti condizioni:
   1) al personale medico dei reparti solo in riferimento ai pazienti in costanza di ricovero;
   2) al personale medico del pronto soccorso solo in riferimento ai pazienti in accettazione;
   3) al personale medico impegnato in attività ambulatoriale, inclusa quella in regime di libera professione intramoenia, solo in riferimento agli utenti in costanza di visita».

  La stessa circolare ribadisce che «gli operatori hanno l'obbligo di utilizzare le informazioni sanitarie dei pazienti esclusivamente per fini di cura o comunque per altre finalità inerenti l'attività istituzionale svolta all'interno della struttura di appartenenza, fermo restando che ogni diverso utilizzo determina a titolo individuale responsabilità penale, civile e disciplinare».
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   IANNACCONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il sangue del cordone ombelicale è ricco di cellule staminali emopoietiche, le quali sono in grado di prevenire e combattere malattie del sangue molto gravi, quali leucemia, anemia, talassemia e altre rare patologie. Le cellule staminali possono essere crioconservate e tipizzate per essere poi rese disponibili anche dopo diversi anni dalla loro estrazione a soggetti compatibili;
   grazie a ulteriori studi scientifici, effettuatisi presso l'università di Padova da parte del dottor Stefano Piccolo e presso l'IFOM di Milano da parte del gruppo guidato dal dottor Salvatore Pece, è stato messo in luce il fatto che le cellule staminali sono in grado anche di prevedere l'evoluzione di alcune gravi patologie oncologiche;
   altri studi in fase di sperimentazione lasciano ben sparare circa l'utilizzo delle staminali per cure di patologie ad alto impatto sociale, quali talune patologie neurodegenerative, la riparazione dell'infarto del miocardio, la distrofia, e altro;
   ad oggi sono possibili la conservazione di sangue da cordone ombelicale per uso allogenico a fini solidaristici, la conservazione per uso dedicato al neonato con patologia in atto al momento della nascita o evidenziata in epoca prenatale, o per uso dedicato a consanguineo, la conservazione per uso dedicato nel caso di famiglie a rischio di avere figli affetti da malattie geneticamente determinate per le quali risulti appropriato l'utilizzo di tali cellule;
   il prelievo delle cellule staminali dal cordone ombelicale è una pratica semplice e non crea nessun tipo di nocumento né per la madre né per il nascituro: durante il parto è necessario un semplice kit in cui inserire il cordone, che sarà poi inviato ai centri specializzati, i quali prelevano e isolano le cellule staminali e le crioconservano, con la possibilità di espanderle e moltiplicarle in vitro. L'alternativa è far finire il tutto nei rifiuti biologici della sala parto;
   in Italia solo circa 15 strutture pubbliche sono deputate alla raccolta di tale prezioso materiale biologico e talora limitatamente ad alcuni giorni della settimana. La famiglia che volesse conservare per uso autologo il cordone ombelicale del proprio figlio può farlo soltanto mediante autorizzazione al Centro nazionale trapianti per inviarlo all'estero, esportando a proprie spese il campione di sangue prelevato dal cordone ombelicale ad uso autologo per la conservazione presso specifiche bio-banche (nell'Unione europea 16 sono i Paesi laddove, accanto ai centri pubblici di raccolta e conservazione, è possibile rivolgersi a privati, autorizzati ed accreditati) –:
   se non intenda, per quanto di sua competenza, promuovere un incremento dei centri di raccolta per la donazione di cordone, operanti tutti i giorni della settimana, festivi compresi;
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per rendere obbligatoria tale donazione. (4-15470)

  Risposta. — La disciplina normativa riguardante le cellule staminali emopoietiche derivate da sangue del cordone ombelicale è stata recentemente definita da una serie di provvedimenti, nei quali viene ribadito il principio della donazione del sangue cordonale, la sua conservazione nel territorio nazionale presso banche pubbliche per fini solidaristici e la possibilità di esportare il campione di sangue cordonale per la conservazione presso banche private operanti all'estero, qualora i soggetti interessati desiderino conservarlo per un uso personale (uso autologo).
  Con il decreto ministeriale 18 novembre 2009, recante «Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato», sono stabilite le tipologie di conservazione consentite sul territorio nazionale, in strutture pubbliche a ciò dedicate e con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale.
  In particolare, è consentita la conservazione di cellule staminali da cordone ombelicale:
   per uso allogenico, cioè in favore di persone diverse da quelle da cui le cellule sono prelevate, a fini solidaristici;
   per uso dedicato al neonato con patologia in atto al momento della nascita o evidenziata in epoca prenatale, o per uso dedicato a consanguineo con patologia in atto al momento della raccolta o pregressa, per la quale risulti appropriato l'utilizzo di cellule staminali da sangue cordonale, previa presentazione di motivata documentazione clinico-sanitaria;
   per uso dedicato nel caso di famiglie a rischio di avere figli affetti da malattie geneticamente determinate, per le quali risulti appropriato l'utilizzo di tali cellule, previa presentazione di motivata documentazione clinico-sanitaria rilasciata da un medico specialista nel relativo ambito clinico.

  In questi ultimi due casi si tratta di «donazione dedicata» e le cellule staminali, conservate gratuitamente nelle banche italiane, sono ad esclusiva disposizione del soggetto al quale sono state dedicate in ragione della sua patologia.
  L'elenco dettagliato di tali patologie, per le quali è consolidato l'uso delle cellule staminali emopoietiche per scopo trapiantologico è allegato al decreto ministeriale 18 novembre 2009; sono ricomprese, tra le altre, malattie quali leucemie, linfomi, talassemie e alcune gravi carenze del sistema immunitario. Per ora non sono ricomprese in tale elenco le «patologie neurodegenerative, la riparazione dell'infarto del miocardio, la distrofia», il cui trattamento con cellule staminali è ancora in fase sperimentale.
  Per la conservazione ad uso autologo-personale delle cellule staminali da sangue cordonale, invece, l'accordo Stato-regioni del 29 aprile 2010 ha definito le modalità di rilascio, da parte delle regioni (in particolare le direzioni sanitarie delle strutture ove avviene il parto) delle autorizzazioni all'esportazione di tali campioni di sangue presso banche operanti all'estero, per la loro conservazione. Tali modalità prevedono anche l'effettuazione di un counseling da parte delle direzioni sanitarie (e non del centro nazionale trapianti, previsto dalle precedenti ordinanze ministeriali, come segnalato impropriamente nella interrogazione parlamentare), con la consegna anche di materiale esplicativo per la corretta informazione dei genitori sulla conservazione di cellule staminali da sangue cordonale.
  Per quanto riguarda la conservazione nel territorio nazionale, attualmente le banche sono 19 e fanno parte della rete nazionale delle banche per la conservazione di sangue da cordone ombelicale, istituita con il decreto ministeriale 18 novembre 2009 («Istituzione di una rete nazionale di banche per la conservazione di sangue da cordone ombelicale»), in attuazione dell'articolo 10, comma 3, della legge n. 219 del 2005.
  Nel provvedimento è specificato che le regioni e le province autonome, anche associandosi tra loro, nell'ottica di una razionalizzazione gestionale, determinano la consistenza numerica delle banche di sangue cordonale e pianificano l'organizzazione regionale, ed eventualmente interregionale, integrata dei servizi afferenti (punti nascita autorizzati afferenti, rapporti con eventuali terzi, eccetera).
  Con l'accordo Stato-regioni del 29 ottobre 2009, sui «Requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici minimi per l'esercizio delle attività sanitarie delle banche di sangue da cordone ombelicale», sono stati definiti i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi delle banche di sangue cordonale, afferenti alla Rete nazionale delle banche, e con il successivo accordo Stato-regioni del 20 aprile 2011, recante: «Linee guida per l'accreditamento delle banche di sangue da cordone ombelicale», sono stati forniti gli ulteriori elementi di qualificazione, per gli aspetti organizzativi, tecnici ed operativi, delle attività proprie delle banche, dalla raccolta al rilascio (in ambito nazionale e internazionale) delle unità cordonali per finalità terapeutiche.
  In particolare, in merito alle iniziative per «promuovere un incremento dei centri di raccolta per la donazione di cordone», sono da richiamare i contenuti essenziali del citato accordo Stato-regioni del 20 aprile 2011 che, ferme restando le competenze delle regioni nella disciplina delle autorizzazioni e dell'accreditamento, e nella programmazione ed organizzazione delle attività sanitarie, definisce, ulteriormente, rispetto ai requisiti minimi (accordo Stato-regioni del 29 ottobre 2009), la modalità di gestione dei rapporti tra i punti nascita e la banca di riferimento.
  Tali ulteriori requisiti tengono conto, nell'ottica della razionalizzazione dell'impiego delle risorse del S.s.n., della conformità agli standard internazionali, al fine di garantire elevati livelli di qualità e sicurezza.
  In particolare, ad esempio, viene specificato che:
   l'attività di raccolta dei punti nascita collegati alla banca deve essere garantita possibilmente senza interruzioni orarie e giornaliere e senza alcuna interferenza con l'assistenza al parto (punto 1.3);
   la banca deve attivare e mantenere una rete integrata con i punti nascita territorialmente afferenti, che abbiano un numero di parti adeguato (di norma >500/anno) e mantenere nel tempo le competenze del personale addetto alla raccolta, a garanzia della qualità e della sicurezza del prodotto raccolto. La banca deve, inoltre, mettere in atto le misure necessarie a garantire la raccolta dedicata (punto 2.5);
   il punto nascita deve avere una sola banca di riferimento nell'ambito di quelle che compongono la rete nazionale di banche per la conservazione di sangue di cordone ombelicale (punto 2.6);
   nell'ambito della definizione dei rapporti tra la banca e i punti nascita regionali ad essa afferenti, devono essere previsti accordi scritti che forniscano l'evidenza, sia degli impegni reciprocamente assunti dalle direzioni delle aziende sanitarie/enti coinvolte e sia dei termini di recessione degli accordi stessi (punto 2.7).

  Per quanto riguarda le iniziative da assumere per rendere «obbligatoria tale donazione», si fa presente che il principio fondante del nostro sistema è ben espresso dall'articolo 7, comma 1, della legge n. 219 del 2005, secondo cui: «Lo Stato riconosce la funzione civica e sociale ed i valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita del sangue e dei suoi componenti».
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   JANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'aprile 2010 il Garante italiano e altre autorità di protezione dei dati personali, in rappresentanza di oltre 375 milioni di persone, hanno chiesto a Google Inc. e ad altre multinazionali un rigoroso rispetto delle leggi sulla privacy in vigore nei Paesi in cui immettono nuovi prodotti on line. Nella lettera firmata dai presidenti delle Autorità di protezione dati personali di Italia, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Spagna e Gran Bretagna, si esprimeva profonda preoccupazione per il modo in cui Google affrontava le questioni legate alla privacy, in particolare per quanto riguardava il recente lancio del social network, Google Buzz. «Troppo spesso – si afferma nella lettera – il diritto alla privacy dei cittadini finisce nel dimenticatoio quando Google lancia nuove applicazioni tecnologiche. Siamo rimasti profondamente turbati dalla recente introduzione dell'applicazione di social networking Google Buzz, che ha purtroppo evidenziato una grave mancanza di riguardo per regole e norme fondamentali in materia di privacy. Inoltre, questa non è la prima volta che Google non tiene in adeguata considerazione la tutela della privacy quando lancia nuovi servizi»;
   le dieci Autorità di protezione dei dati personali sottolineano, inoltre, che i problemi di privacy legati al lancio di Google Buzz avrebbero dovuto essere «immediatamente evidenti» alla stessa azienda. Infatti attraverso Google Buzz, Google Mail (Gmail), nato come un servizio di posta elettronica one-to-one tra privati, è stato improvvisamente «trasformato» in social network. Questo è avvenuto, perché, in modo del tutto autonomo, Google ha assegnato ad ogni utente di Google Buzz una rete di «amici» ricavati dalle persone con cui l'utente risultava comunicare più spesso attraverso Gmail. Ciò senza informare adeguatamente gli interessati di quanto si stava facendo e senza specificare le caratteristiche dei nuovo servizio, impedendo in questo modo agli utenti di esprimere un consenso preventivo e informato. «Con questo comportamento – spiega una nota – è stato violato un principio fondamentale e riconosciuto a livello mondiale in materia di privacy: ossia, che spetta alle persone controllore l'uso dei propri dati personali». Le Autorità riconoscevano che Google non era l'unica società ad avere introdotto servizi on line senza prevedere tutele adeguate per gli utenti;
   oltre a Google, anche Facebook, social network che vede iscritti 6 milioni di italiani, è stato messo sotto accusa a causa della disabilitazione di molti profili non motivata, che fa rimanere gli utenti senza alcuna tutela. Su Facebook un account significa una mole di dati personali che, disattivati, senza alcuna motivazione, scompaiono nel nulla. Account oscurati, provvedimenti non comunicati agli utenti e decisioni arbitrarie hanno spinto molte persone a denunciare il social network, che peraltro non ha un customer care per i clienti italiani, costretti a utilizzare il servizio statunitense. Facebook è divenuta un'applicazione web con cui ci si deve confrontare quotidianamente. Ormai chi non ha un profilo facebook è un po’ come se non avesse una casella di posta elettronica, ma, come spesso accade, il mezzo non risulta mai essere perfetto. Così, può accadere, all'improvviso di non riuscire più ad accedere al proprio account, perché disabilitato dagli amministratori del sistema. Diverse sono le testimonianze degli utenti che sono state vittime di questa «sciagura sociale sul web»;
   Giovanni Cappellotto, in un esauriente post della fine del 2008, fa una fotografia della situazione basandosi sui dati della licenza di utilizzo di Facebook e scrive, tra l'altro: «Quando ci iscriviamo per la prima volta a Facebook, ma vale per ogni servizio che adottiamo in rete, sottoscriviamo un accordo con gli utenti che non leggiamo mai. In questo sono presenti le condizioni di utilizzo, le clausole di esclusiva, la proprietà intellettuale, cosa si può e cosa non si deve fare. Spesso pensiamo che solo perché è gratuito tutto sia permesso e che le regole in fondo non valgano. Ogni giorno Facebook sospende moltissimi account per violazione delle politiche e degli accordi e contemporaneamente riceve migliaia di lettere di protesta. In linea di massima alla prima protesta si è riabilitati in modo automatico, ma diventa sempre più difficile in una seconda o terza occasione. Tuttavia, grave è scoprire che Facebook sembra imporre limiti di censura intellettuale, arrivando a cancellare post, link, note e status sulla base di giudizi di valore e contenuto. Uno dei tanti episodi ha a che fare con le dichiarazioni del Papa su aids e preservativi. È accaduto che la Rana (pseudonimo di una piccola redazione on-line che gestisce Rassegna Stanca commenti quotidiani alle notizie apparse sui giornali) parli nel suo spazio delle dichiarazioni di Ratzinger. Commenti, dibattito, confronto pacato. «Fila tutto liscio finché sulla home page di Rassegna Stanca non viene caricato» il titolo provocatorio «Un editoriale ultrasottile», il corsivo apparso in prima pagina sul quotidiano Avvenire di ieri che spiegava e giustificava le parole di Benedetto XVI», raccontano i curatori. «L'articolo del giornale di ispirazione cattolica è stato ripreso parola per parola, cambiando soltanto il titolo, e ha messo in moto uno scambio di idee appassionato, ma comunque pacato e non offensivo, coinvolgendo tantissimi utenti di Facebook». Senza alcuna motivazione, né preavviso il social network cancella gli editoriali e i commenti perché «potrebbero disturbare gli altri utenti»;
   molti utenti sono stati disabilitati senza alcun motivo, hanno scritto decine di email con l'indirizzo di posta collegato al proprio account a disabled facebook, abuse facebook, warning facebook, info at facebook, tutte in inglese, mettendo secondo prassi, nome e cognome, indirizzo e-mail alcune parole di scuse avendo in qualche modo suscitato le ire dell'operatore di turno allertato dal programma che facebook utilizza per monitorare tutto il social network. E chiedendo se quantomeno era possibile sapere il motivo della disabilitazione, ma a tale procedura non è seguita alcuna risposta. Delle volte il blocco dell’account è stato causato dall'aver contattato troppi conoscenti, dall'aver fatto ricerche o dall'aver scritto post nelle bacheche dei contatti troppo velocemente. Di solito, i gestori del network pensano che chi scrive troppo velocemente, in realtà inserisca dei messaggi spam nella email degli altri contatti. Personaggi pubblici sono incorsi in questi assurdi errori. Nino Randisi, il giornalista antimafia, era stato sospeso per le sue denunce antimafia, ma venne poi riammesso dopo qualche settimana. A proposito del caso Randisi, il giornalista Vittorio Zambardino scrisse sul quotidiano Repubblica: «Randisi è uno dei tanti cui accade questa disavventura facebookistica. A un certo punto qualcuno ti «denuncia», le tue cose scompaiono, i dati e i contenuti che hai immesso, compresa la posta personale, svaniscono nel nulla. In molti casi – ci risulta – l’account viene riabilitato dopo le proteste, è successo perfino per qualche deputato. Ma intanto sapere «dove» e con chi protestare è molto complesso. Randisi sembra pensare che qualcuno, dall'Italia, possa aver chiesto l'intervento contro la sua pagina. Ma il punto certo è che Facebook, piattaforma dove oramai più di 6 milioni di italiani esprimono i loro pensieri e le loro proteste, pubblicano le loro immagini e si mandano la loro corrispondenza, non ha nel nostro Paese – che si sappia – nemmeno uno «sportello» cui indirizzare i propri reclami. Quella che ha colpito Randisi potrebbero essere censura o disguido. Si vedrà. Ma se almeno il danneggiato potesse parlarne a qualcuno, forse anche i sospetti diminuirebbero». Dopo la riattivazione, fonti interne al sito, ma che hanno preferito restare anonime, hanno affermato che il tutto sarebbe nato da un errore di valutazione del software che Facebook usa per valutare eventuali violazioni del codice di condotta;
   il software di controllo dovrebbe servire ad evitare che il network venga usato a fini commerciali o propagandistici. Ma in realtà vengono tenuti sotto controllo il volume delle comunicazioni di un account, il numero di video o di testi pubblicati, la direzione delle attività, ad esempio se un numero anomalo di messaggi viene indirizzato a una sola persona. Se una di queste situazioni si verifica, il software opera una sorta di sospensione cautelativa dell’account, non lo cancella. Un sistema, in teoria, molto sicuro, ma che incappa spesso in sviste. Uno di questi casi è quello del parlamentare Matteo Salvini, sospeso e riammesso circa un mese dopo. L'onorevole Salvini ha inviato una mail al centro assistenza di Facebook, il cui link si trova nell’home page del sito, ed ha dovuto attendere tre settimane prima che il profilo venisse riattivato. Anche in quel caso si erano rincorse voci di censura, e alla fine, in mancanza di comunicazioni chiare da parte degli amministratori, l'intera vicenda è rimasta coperta da mistero;
   questo problema scaturisce dalla necessità di tutelare la privacy degli utenti di Facebook, principio che però non viene rispettato dai gestori che possono utilizzare e controllare i dati personali di ciascun utente. Nei mesi scorsi, in risposta alla raffica di critiche e dopo un lungo dibattito interno, Facebook ha annunciato una serie di cambiamenti alle impostazioni sulla privacy. La modifiche sono state immediatamente valutate dalla Electronic Frontier Foundation (EFF) che le considera un buon passo avanti, ma non ancora sufficienti a dare agli utenti del sito un controllo ottimale sui loro dati. «Abbiamo ancora alcuni dubbi sulla quantità di informazioni che Facebook scambia con le applicazioni di terze parti e i siti web», ha spiegato EFF, che consiglia, in ogni caso, di non scegliere le impostazioni raccomandate dal sito. «Speriamo quindi che questo sia solo un primo passo, e non l'ultimo, verso una dimensione più rispettosa della privacy. Facebook, si legge ancora sul sito EFF, deve rispettare i propri principi e i diritti degli utenti, dando loro il pieno controllo sulle informazioni che vogliono condividere». In sostanza, Facebook ha apportato tre grandi modifiche: la prima consente agli utenti di fissare un «livello di privacy by default» che sarà applicato in tutte le impostazioni individuali sulla base di vecchie opzioni o di un mix di livelli. Capovolgendo uno dei cambiamenti più controversi apportati ad aprile, Facebook rimetterà in funzione controlli per le informazioni sulle «connessioni» che indicano i gusti, gli interessi, l'istruzione, il lavoro, la città natale, piuttosto che richiedere che tutte le connessioni siano rese pubbliche. Tuttavia, il nome, la foto del profilo, il genere e il network restano «informazioni pubbliche» e la lista amici è sempre disponibile alle applicazioni. Un passo indietro è stato compiuto anche su un altro punto controverso introdotto a dicembre: Facebook ripristinerà la possibilità per gli utenti di decidere di non condividere alcuna informazione con le applicazioni e i siti sulla piattaforma Facebook, semplificando anche l’opt-out della condivisione delle informazioni con i siti del programma instant personalization. Il primo cambiamento, dice EFF, che da agli utenti il modo di sistemare molte impostazioni con un click, è un giusto equilibrio tra semplicità e controllo. Le modifiche, inoltre, non saranno cambiate in caso di nuovi aggiustamenti da parte della società e sono retroattive. E questo è un miglioramento significativo. «Facebook è un sito che molti hanno scelto quale alternativa più «privata» di My Space e Twitter e per restare in linea con le aspettative degli utenti, nessuna informazione dovrebbe essere resa pubblica di default, in conclusione, ha spiegato EFF, «apprezziamo che Facebook abbia trovato il tempo di ascoltare e rispondere alle critiche pubbliche sulle ultime modifiche e, sebbene i recenti cambiamenti non dissolvano tutte le nostre preoccupazioni, si tratta comunque di un primo passo verso quella che noi speriamo sia una nuova direzione. Siamo ansiosi, conclude l'associazione, di continuare il dialogo con Facebook sull'ulteriore miglioramento della privacy» –:
   quali siano le norme che regolano attualmente i social network e che tipo di controlli vengano effettuati per evitare abusi e censure al fine di garantire i diritti degli utenti registrati. (4-08954)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, concernente la tutela dei social network e in conformità a quanto comunicato dal garante per la protezione dei dati personali e dal Ministero dell'interno, si fa presente quanto segue.
  Va anzitutto evidenziato, sotto il profilo metodologico, che per «servizio di
social network» si intende quel particolare servizio della società dell'informazione costituito da una piattaforma di comunicazione on-line che consente a un soggetto di creare reti di utenti i quali condividano i suoi stessi interessi o di entrare a farne parte (in tal senso, il parere 5/2009 sui «social network on-line», adottato il 12 giugno 2009 dal «Gruppo di lavoro articolo 29 per la protezione dei dati»).
  Come è stato chiarito con il suddetto parere, la circostanza che molti dei gestori di tali piattaforme operino all'estero – e in particolare al di fuori dell'Unione europea – non osta all'applicazione della disciplina europea in materia di protezione dei dati personali, nella misura in cui il servizio di
social network richieda l'utilizzo di «strumenti» situati fisicamente sul territorio dell'Unione.
  Laddove, quindi, sussista tale criterio di collegamento rilevante ai fini dell'applicazione della disciplina europea il servizio di
social network è soggetto alle disposizioni dettate dalla direttiva 95/46/Ce e, qualora esso fornisca anche servizi di comunicazione elettronica, anche a quelle previste dalla direttiva relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (Direttiva 2002/58/Ce e successive modificazioni).
  Ne consegue, quindi, che laddove il gestore del
social network operi in Italia o comunque si avvalga di strumenti situati nel territorio nazionale, possa applicarsi la disciplina sancita dal codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni; infra: codice) e, qualora siano forniti anche servizi di comunicazione elettronica, trovino applicazione le disposizioni di attuazione della, citata direttiva 2002/58, contenute, in particolare, nel Titolo X della Parte II del medesimo codice.
  L'applicabilità della suddetta disciplina dell'Unione europea e nazionale comporta pertanto che:
   
a) i fornitori di servizi di social network possono essere considerati «titolari» del trattamento dei dati personali di utenti e soggetti terzi i cui dati vengano utilizzati nell'ambito dei detti servizi e, quindi, gravati da vari obblighi (quali, ad esempio, quelli ex articoli 13 e 23 del codice);
   
b) i fornitori di applicazioni possono essere considerati «responsabili» del trattamento;
   
c) gli utenti assumono la qualità di «interessati» per quanto riguarda il trattamento dei loro dati nell'ambito dei servizi di social network e di contitolari del trattamento, assieme ai fornitori di servizi di social network, da loro effettuato rispetto ai dati personali di soggetti terzi (ad esempio, inserendo sul proprio profilo dati di telefonia mobile o le foto di amici e/o conoscenti) qualora siano oggetto di diffusione;
   
d) tuttavia, nella maggior parte dei casi il trattamento di dati personali ad opera degli utenti rientra nell'ambito di applicazione dell'esenzione domestica, prevista dalla direttiva (cosiddetta «household exemption») e dall'articolo 5, comma 3, del codice. In relazione al trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali, tale norma limita l'applicabilità delle norme del codice stesso alle sole ipotesi in cui i dati siano destinati alla comunicazione sistematica o alla diffusione (resta ferma, però, l'applicabilità delle norme relative alla responsabilità e alla sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31 del codice). Nell'ambito dei social network, quindi, le attività degli utenti escluse dall'esenzione (e perciò soggette alle regole poste a protezione dei dati personali) riguardano, ad esempio, i casi in cui il numero di contatti sia particolarmente elevato, o in cui l'utente decida, consapevolmente, di non limitare l'accesso ai soli «amici» scelti.

  Per quanto concerne i diritti degli utenti, dall'applicabilità della disciplina europea (e della corrispondente normativa nazionale di trasposizione) deriva, inoltre, che essi, assumendo la qualità di «interessati», siano titolari dei (e possano esercitare i) diritti e le prerogative riconosciuti all'interessato dalla suddetta disciplina.
  Al fine di elevare lo
standard di garanzia del diritto alla protezione dei dati personali degli utenti dei social network e di impedire ogni forma di abuso, nell'ambito del citato parere 5/2009, il gruppo di lavoro articolo 29 ha esortato i fornitori di servizi di social network a:
   
a) comunicare la propria identità agli utenti e fornire loro informazioni chiare e complete sulle finalità per (e sulle diverse modalità con) le quali intendono effettuare il trattamento;
   
b) proporre impostazioni per default orientate alla protezione dei dati personali;
   
c) informare adeguatamente gli utenti in ordine ai rischi per la protezione dei dati personali dall'inserimento dei dati in rete;
   
d) raccomandare agli utenti di non esporre in rete immagini o informazioni relative a terzi in assenza del loro consenso;
   
e) esporre sulla homepage almeno un link diretto a una sorta di «sportello reclami» destinato agli iscritti e ai non iscritti al fine di consentire loro di segnalare eventuali violazioni del proprio diritto alla protezione dei dati personali;
   
f) fissare i limiti massimi per la conservazione dei dati degli utenti «inattivi», cancellando gli account che siano disattivati;
   
g) adottare misure specifiche al fine di tutelare adeguatamente i minori da eventuali rischi di violazione dei loro diritti.

  La sempre più intensa partecipazione di utenti della rete a luoghi virtuali di comunicazione, quali social network, blog e forum, ha del resto posto all'attenzione del garante – come del resto delle corrispondenti autorità degli altri Paesi – ulteriori e del tutto peculiari questioni relative alla protezione dei dati personali in rete.
  Le principali problematiche sollevate in relazione ai
social network riguardano, in particolare, la determinabilità del novero dei soggetti legittimati all'accesso di ciascun profilo; il carattere realmente informato e consapevole del consenso al trattamento dei dati personali prestato dall'interessato; il confine tra legittima associazione di dati e attività di profilazione non consentita; il rischio che chiunque, celandosi dietro l'altrui nome, crei un profilo riferibile ad altro soggetto; l'utilizzo – mediante il cosiddetto «tag» – di immagini senza la previa acquisizione del consenso dell'interessato; l'effettiva impossibilità di sottrarre all'indicizzazione immagini e, in generale, dati personali dell'utente che abbia richiesto la disattivazione.
  Ovviamente, le possibilità di intervento del garante in materia sono in certa misura circoscritte in ragione dei limiti territoriali che l'applicazione della normativa italiana incontra rispetto a trattamenti effettuati in luoghi non soggetti alla sovranità dello Stato italiano. Ciononostante, a seguito di numerose segnalazioni con le quali si è lamentato il trattamento illecito di dati personali su
facebook, l'Autorità ha contattato il titolare del trattamento in un'ottica di collaborazione, in riferimento a specifici casi, taluni dei quali si descriveranno di seguito.
  1) In particolare, l'autorità ha richiesto informazioni relative all'avvenuta disattivazione di tre profili, lamentata dagli interessati. Nel primo caso
facebook ha risposto elencando le ipotesi in cui provvede a disattivare i profili e ha sostenuto di non potere riattivare, nel caso di specie, l'account del segnalante, non riuscendo a individuarlo (nota 11 ottobre 2010). Nel secondo caso il titolare ha osservato come il segnalante avesse violato le condizioni contrattuali sottoscritte con facebook (nota 15 ottobre 2010). Nell'ultimo caso, invece, il profilo facebook è stato riattivato (nota 30 novembre 2010).
  2) Inoltre, il garante ha esaminato diverse segnalazioni con le quali alcuni utenti italiani non iscritti a
facebook hanno lamentato la ricezione di e-mail indesiderate da parte di questo social network (nota 11 ottobre 2010).
  In particolare, dagli accertamenti effettuati è risultato che
facebook mette a disposizione degli utenti iscritti la possibilità di usare uno strumento, denominato «friend finder», attraverso il quale – in modo automatico – questi possono inserire tutti i contatti presenti nella propria casella di posta elettronica o nelle rubriche appartenenti ad altri servizi di messaggistica istantanea. A seguito di questo inserimento, facebook provvede ad inviare a questi indirizzi e-mail messaggi di invito per l'iscrizione al social network, elaborando, automaticamente, un unico elenco, contenente tutti i nominativi degli utenti già iscritti al social network e che hanno inserito un medesimo indirizzo di posta elettronica. Pertanto, i contatti suggeriti agli utenti non iscritti, mediante l’e-mail inviata a costoro da facebook, corrispondono a tali persone, già iscritte al social network, che hanno inserito l'indirizzo di posta elettronica dell'utente non iscritto nei database di facebook.
  Periodicamente, il
social network invia una nuova e-mail per ricordare di iscriversi, aggiornando anche l'elenco dei «potenziali amici» individuati da facebook. Il garante ha ritenuto che tale fattispecie integri gli estremi non soltanto di un'attività di spam da parte del social network, ma anche di una forma di profilazione dell'utente non iscritto, cui sono infatti associati periodicamente una serie di «potenziali amici» tra gli utenti della piattaforma.
  A seguito di queste segnalazioni, inoltre, il garante ha interpellato tutte le autorità europee di protezione dei dati personali, allo scopo di conoscere se avessero ricevuto analoghe segnalazioni. È emerso che il profilo in questione è stato affrontato soltanto dall'autorità tedesca.
  3) Il garante ha, poi, rigettato un ricorso nel quale una persona iscritta a
facebook lamentava di essere stata «taggata» da un'altra, in particolare mediante una foto utilizzata per una campagna di sensibilizzazione sul tema dell'Aids e dell'omosessualità, così svelando l'orientamento sessuale di tutti i soggetti «taggati», compreso il proprio. Il garante ha osservato che, poiché la pagina web in cui risultava la segnalante non era stata oggetto di diffusione o di comunicazione sistematica, tale utilizzo della foto doveva considerarsi effettuato per fini esclusivamente personali (articolo 5, comma 3, del codice) e non era pertanto soggetto all'applicazione delle norme del codice (Provv. 18 febbraio 2010 – doc. web n. 1712776).
  4) L'ufficio è intervenuto anche riguardo alla segnalazione di un lavoratore licenziato dalla propria società a causa dell'utilizzo che il medesimo aveva fatto di
facebook.
  In particolare, il lavoratore aveva lamentato l'utilizzo da parte della società di alcune fotografie (scattate sul luogo di lavoro e sul cui sfondo erano visibili disegni – a detta dell'azienda – coperti da segreto industriale), tratte dal proprio profilo
facebook.
  Il segnalante aveva affermato la illiceità del trattamento dei dati in questione, sulla base del carattere «chiuso» del suo profilo, riservato a una cerchia ristretta di utenti, tra i quali non rientrava il datore di lavoro, e dell'assenza del consenso dell'interessato
ex articolo 23 del codice.
  Dall'istruttoria, è emersa invece la possibilità per il datore di lavoro di utilizzare lecitamente le foto in questione, in quanto la consultazione era consentita non solo ai contatti scelti dal dipendente (i cosiddetti «amici») ma a una comunità più vasta, i cosiddetto «amici degli amici» cioè ai contatti scelti dagli amici dell'interessato, quindi a un numero di utenti sostanzialmente indeterminabile (nota 26 agosto 2010).
  Si fa presente, inoltre che il Ministero dell'interno, tramite il servizio di polizia postale e delle comunicazioni, assicura il costante monitoraggio della rete
internet, segnalando all'autorità giudiziaria le fattispecie penalmente rilevanti riscontrate nelle comunicazioni online e negli spazi web, anche ai fini del loro oscuramento. Spetta infatti a quest'ultima avviare apposita rogatoria internazionale, nel caso in cui i siti siano allocati all'estero e non sia stata raggiunta una fattiva collaborazione con i proprietari degli spazi web che ospitano i contenuti illeciti.
  A tale ultimo riguardo, si evidenzia che la polizia postale e delle comunicazioni ha avviato proficui contatti con i rappresentanti di
facebook – il cui portale è attestato su server con sede in California – alla luce dei quali si è resa operativa la possibilità di ottenere i dati relativi agli utenti o ai gruppi, senza la necessità di ricorrere alla rogatoria internazionale. Pertanto, qualora vi siano ipotesi che coinvolgano cittadini italiani, per ottenere i dati è sufficiente inoltrare un provvedimento di acquisizione emesso dall'autorità giudiziaria italiana, secondo procedure concordate.
  Oltre a ciò gli
internet service providers stanno definendo un codice di autodisciplina per il contrasto all'uso illecito dei servizi internet che prevede lo svolgimento, da parte dei medesimi providers, di attività aggiuntive rispetto a quelle già previste dalla vigente normativa.
  L'iscrizione al
social network facebook, avviene su base volontaria ed ha come presupposto la riconoscibilità degli utenti, sia in base al nome, sia in base ad alcune informazioni fornite dall'utente stesso.
  Per la tutela della
privacy, il citato social network mette a disposizione dei propri iscritti particolari impostazioni che da un lato consentono l'accesso a dati ritenuti sensibili, esclusivamente ad utenti autorizzati e dall'altro impediscono la propria individuazione su profili di terzi, precludendo, ad esempio, il tag delle fotografie con il proprio nome.
  È, inoltre, prevista un'apposita sezione, denominata assistenza/sicurezza, dove vengono forniti agli utenti strumenti conoscitivi ed offerti chiarimenti e/o suggerimenti per tutelare la propria
privacy e segnalare eventuali abusi; all'interno di tale servizio i genitori hanno la possibilità di esercitare al meglio il controllo parentale.
  
Facebook rimuove i contenuti offensivi o diffamatori e i profili abusivi anche su mera richiesta degli utenti che ne abbiano effettuato il disconoscimento con apposita segnalazione, comprovando di essere stati direttamente lesi dai relativi contenuti.
  In relazione al problema del monitoraggio degli iscritti e dei contenuti, si evidenzia che
facebook ricorre al programma di Truste, un'organizzazione indipendente senza scopo di lucro che s'impegna ad analizzare le normative sulla privacy per verificarne la conformità con i requisiti del suo programma.
Il Ministro per i rapporti con il ParlamentoDino Piero Giarda.


   JANNONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   durante il secondo anniversario dell'inizio dei lavori della Brebemi, il presidente della stessa Franco Bettoni, ha affermato: «Non sono più tollerabili ritardi per un Paese che deve costruire infrastrutture per il suo sviluppo». La vicenda Brebemi, che può essere classificata come «storia di ordinaria burocrazia», rischia di ripetersi con il cantiere della Tem, la nuova tangenziale est esterna di Milano, dove si deve innestare proprio Brebemi. Qui manca ancora il via libera ai lavori da parte del Cipe. Tuttavia, nonostante il giudizio negativo di Franco Bettoni, Raffaele Cattaneo, assessore regionale alle infrastrutture, afferma che: «Non c’è solo la politica della casta e dei costi: c’è anche la politica che sa portare risultati. L'Eco di Bergamo parla di Brebemi come di un esempio tutto italiano di come i costi raddoppino durante l’iter di un'opera. Deve essere la linea del nuovo direttore». Perché, sempre secondo Cattaneo, il problema degli extracosti è causato solo da opere, legittimamente richieste dai sindaci. Poi a latere specifica che: «La prima versione del progetto messo in gara era un po’ acerba»;
   meno duro l'intervento del presidente della regione Roberto Formigoni: «La Brebemi è un messaggio positivo per l'Italia intera: è la prima opera del nostro Paese realizzata senza un solo centesimo di finanziamento pubblico ed è l'ennesima dimostrazione della forza del sistema regionale lombardo». Ma una critica viene volta all'Europa «che ce ne ha fatto perdere due di anni, sollevando questioni che non c'erano e stimolata da gruppi italiani». La Brebemi è un'opera che muove migliaia di posti di lavoro e produce vantaggi per l'economia. Per la precisione un prodotto interno lordo aggiuntivo di 10 miliardi di euro in 20 anni, più 68 mila posti di lavoro, rivela Mario Ciaccia, amministratore delegato di Biis (gruppo Intesa Sanpaolo), partner fondamentale dell'operazione Brebemi: «Bisogna attivare quella crescita che da sola può riportare il paese alla fiducia. Dobbiamo dimostrare al mondo che investire in Italia è conveniente e possibile, ed ognuno deve fare la sua parte. Quando i progetti ci sono e sono credibili, le risorse non mancano. Facciamo sistema e dimostriamo che siamo ancora in grado di essere portatori di fiducia»;
   secondo Francesco Bettoni «la potremmo pure finire, questa autostrada, per il 31 dicembre 2012...». Potrebbe trattarsi di un anticipo sul traguardo della primavera 2013. I tecnici sono cauti. Cita infine il pericolo di «andare a finire nel mezzo dei verdi pascoli di Melzo», come accadde per la tangenziale esterna milanese, sbocco di Brebemi ma fermo da anni. Il clima però resta da fine anno con pagella buona: «Ce la stiamo facendo – dice Bettoni – nonostante tutto». Per iniziare il discorso del secondo anniversario di inizio dei lavori, Bettoni sottolinea che «l'accordo per il finanziamento totale dell'opera è stato raggiunto, con la concessione di linee di credito complessivamente per 1,911 miliardi». Ad agire sono state le banche. E poi: «La clausola nella manovra che diminuiva la defiscalizzazione è stata ritirata». «Brebemi – ha detto l'assessore regionale alle infrastrutture Raffaele Cattaneo – non peserà un euro sui contribuenti. Verrà ripagata dai pedaggi». A margine chiarisce Bettoni: «Il pedaggio sarà pari alla media delle tariffe autostradali lombarde». Milano-Brescia, sei euro circa. L'opera sembra che stia andando bene. Le riprese dall'alto mostrano un tracciato che si vede in buona parte. Il viadotto sull'Oglio, poi, si innalza fra Calcio e Urago tanto da permettere di installarvi sotto il maxi evento. Al luglio 2011 l'avanzamento delle opere su realizzazione diretta (ergo, non affidate a terzi) è del 20 per cento circa sul totale, per 182 milioni di euro pianificati. Il cantiere di Urago è al 15,2 per cento, Fara al 25,2 per cento, Cassano al 17,55 per cento;
   da più parti, Cattaneo in primis, è stato sottolineato che «quest'opera avanza con l'accordo di 43 Comuni, abbiamo cercato e trovato accordi e condivisione». E un paragone eloquente: «Non siamo la Tav», quella della Val di Susa. «C’è collaborazione, è vero. I principali nodi sono stati risolti e non ci sono particolari contestazioni, resta solo qualche situazione in esame», chiosa il sindaco di Calcio Pietro Quartini. La «situazione» è quella riguardante via Filatoio, dove vi sono tre famiglie, 10 persone, tre villette proprio in faccia al cantiere. «Era stata fatta una proposta economica molto inferiore alla perizia», spiega Francesca Ranghetti, una dei proprietari. «Ma è chiaro – aggiunge – che bisogna trovare una soluzione. Qui vanno e vengono i tir, è difficile vivere, solo che per trovare una nuova casa dobbiamo avere delle garanzia, anche nella tempistica». L'accordo manca, non sono i soli; sono oltre 700 i soggetti coinvolti da espropri nella sola bergamasca. Molti seguiti dalla Coldiretti: «L'80 per cento dei casi si è chiuso bonariamente – dice il presidente, Giancarlo Colombi –. È vero, il dialogo c’è. Bisogna fare in modo che chi vede coinvolte attività o proprietà abbia un giusto corrispettivo». Si stima siano almeno una quarantina le situazioni di peso ancora da risolvere sul tracciato: case (come a Calcio) o aziende (20 quelle seguite da Coldiretti) –:
   quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di giungere ad uno sblocco definitivo dei lavori riguardanti la Brebemi.   (4-13014)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In merito alla problematica segnalata dall'interrogante relativa alle procedure espropriative, si evidenzia che esse sono condotte dal concessionario società di progetto Brebemi Spa, in qualità di autorità espropriante.
  In data 6 ottobre 2009, tra regione Lombardia, concessioni autostradali lombarde Spa (Cal), società di progetto Brebemi Spa (in qualità appunto di autorità espropriante) confagricoltura Lombardia, coldiretti Lombardia, confederazione italiana agricoltori (Cia) Lombardia e unione regionale proprietà fondiaria, è stato sottoscritto un protocollo di intesa avente ad oggetto «le modalità e i criteri di esproprio connessi al Collegamento autostradale di connessione tra le Città di Milano e Brescia».
  Detto protocollo, uniformato a criteri di equità e trasparenza in un'ottica di semplificazione dei procedimenti e di certezza dei tempi di liquidazione delle indennità, persegue, tra l'altro, la finalità di definire un rapporto di collaborazione tra il soggetto espropriante ed i soggetti espropriati.
  In attuazione di dette finalità è stato costituito un tavolo tecnico, composto da tutti i soggetti sottoscrittori del citato protocollo d'intesa, il quale, a partire dal mese di settembre 2010, si riunisce con cadenza mensile. Il tavolo monitora lo stato di avanzamento delle procedure espropriative, le relative tempistiche attuative e il riconoscimento delle indennità, nonché le connesse problematiche che eventualmente si presentano.
  Per quanto concerne invece il profilo economico e finanziario dell'intervento, si comunica che la società concedente Cal ha confermato che, il concessionario società di progetto Brebemi Spa sta procedendo alla definizione del
closing del finanziamento project relativo all'opera, il cui termsheet è stato siglato nel luglio del 2011.
  La concedente ha precisato, inoltre, che l'atto aggiuntivo n. 2 alla convenzione unica Cal – Brebemi, sottoscritto il 22 ottobre 2010, approvato con decreto n. 81 del 6 marzo 2012 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, prevede l'erogazione di un finanziamento diretto al concessionario da parte di Cassa depositi e prestiti spa, nella misura del 50 per cento delle linee di credito a lungo termine.
  Infine per quanto riguarda l'avanzamento dell'opera, attualmente garantito da appositi finanziamenti ponte e da risorse proprie del concessionario, si conferma che il termine programmato per il completamento dei lavori dell'autostrada è il 31 dicembre 2013.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   JANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono sempre più le persone che da adulte sviluppano sintomi depressivi e, per circa la metà di queste, pare vi sia un collegamento con l'età dell'adolescenza. Gli psicologi delle università di Bangor e Oxford infatti sostengono, in un articolo apparso sul Journal of affective disorders, che per queste persone vi deve essere stato un primo episodio di depressione proprio durante l'età adolescenziale — in genere tra i 13 e i 15 anni d'età. La depressione clinica, pertanto potrebbe essere rimasta per così dire dormiente per alcuni anni per poi ripresentarsi magari in particolari momenti della propria vita. Ecco quanto hanno voluto accertare i professori Mark Williams dell'università di Oxford e Ian Russell e Rebecca Crane della Bangor University, coinvolgendo 275 persone con depressione clinica e ciclica, ossia che si è ripetuta nel tempo;
   «la depressione si riteneva fosse un problema che emergeva anzitutto nelle persone di mezza età — spiega Williams —. Negli ultimi decenni, tuttavia, i ricercatori cominciarono a scoprire che i pazienti stavano diventando depressi in età sempre più giovane, una tendenza che ha contribuito alla depressione diventando uno dei problemi sanitari più urgenti in tutto il mondo». Partendo da questi presupposti, i ricercatori hanno voluto esaminare il legame tra il primo episodio di depressione, l'età in cui questo si è verificato e i problemi mentali in età adulta, Questi fattori sono stati tutti presi in considerazione quando si è trattato di studiare i partecipanti allo studio;
   l'analisi dei dati raccolti ha permesso ai ricercatori di scoprire che nel 48 per cento dei pazienti un primo episodio della malattia si era manifestato in età adolescenziale. «Questi risultati sono importanti perché la depressione è un problema che tende a ritornare — spiega nel comunicato BU il professor Williams —. Se sei stato depresso una volta, poi si ha il 50 percento di possibilità di esserlo di nuovo. Se si è avuta la depressione due o più volte, questo rischio sale al 70-80 percento». Nonostante ciò, i ricercatori infondono un po’ di ottimismo per le persone con questo tipo di problema ricordando che vi sono metodi per impedire che queste ricadute avvengano ancora. Due di queste sono la terapia cognitiva e la Mindfulness-based cognitive therapy (MBCT), studiate proprio per evitare e prevenire le recidive;
   «il corso di Mindfulness-Based Cognitive Therapy offre alle persone vulnerabili alla depressione ricorrente l'opportunità di impegnarsi in un processo a pioggia che crea l'abilità nel riconoscere e rispondere sapientemente ai primi segni di depressione — spiega la dottoressa Rebecca Crane —. Con più ripetuti episodi di depressione vengono stabiliti inutili schemi abituali di pensiero e sentimento. La Mindfulness-Based Cognitive Therapy insegna ai partecipanti a riconoscere e rispondere a questi modelli in modo nuovo». Un concetto questo che va a supportare altri studi che hanno suggerito come la meditazione e la MBCT possano essere d'aiuto proprio nel trattamento della depressione –:
   quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di monitorare i risultati ottenuti dalla terapia MBCT in Italia, provvedendo, in seguito, a darle eventualmente effettivo riconoscimento legale.
(4-15227)

  Risposta. — La Mindfulness-based cognitive therapy è un metodo alternativo agli interventi psicologici classici per la prevenzione delle ricadute nella depressione maggiore e per la gestione di altri problemi psichiatrici. Consiste generalmente nella partecipazione a un corso di varie settimane durante le quali vengono imparate tecniche di meditazione combinate con tecniche cognitivo-comportamentali.
  L'Istituto superiore di sanità ha segnalato che è stato dimostrato come la
Mindfulness-based cognitive therapy sia un metodo utile per migliorare la salute mentale. Tuttavia, in base alla letteratura scientifica, ulteriori studi sembrano necessari per comprendere pienamente le possibilità e i limiti di questo approccio terapeutico. Ad esempio, alcune ricerche suggeriscono come i risultati della Mindfulness-based cognitive therapy non si possano generalizzare, poiché questa tecnica risulta efficace principalmente negli individui in grado di interessarsi e partecipare ad un corso sulla tecnica stessa. Inoltre, la Mindfulness-based cognitive therapy è efficace in pazienti depressi che abbiano già esperito diverse ricadute, ma sembra possa aumentare il rischio di recidiva nei pazienti che in precedenza siano andati incontro a solo due episodi depressivi. Tali dati suggeriscono cautela nell'uso di questo approccio terapeutico in pazienti che abbiano sofferto di un solo episodio depressivo, anche se in età adolescenziale.
  Nonostante ciò, la
Mindfulness-based cognitive therapy si presenta come una forma di terapia innovativa di particolare interesse.
  Pertanto, il Ministero della salute si riserva di monitorare eventuali evoluzioni delle conoscenze di base e cliniche relative alla
Mindfulness-based cognitive therapy, ottenute tramite la revisione sistematica della letteratura scientifica disponibile e l'esame delle scoperte scientifiche più recenti, al fine di valutare l'opportunità, da un lato, di dare un riconoscimento all'uso di tali tecniche psicologiche e, dall'altro, di sviluppare la ricerca mirata alla comprensione delle basi biologiche dell'azione di questo approccio.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   JANNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da un progetto di un team di ricerca guidato da Febo Cincotti, ricercatore della fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, finanziato da fondazione AriSla per la ricerca sulla Sla, con il contributo di Aisla, associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, è nato il prototipo di interfaccia cervello-computer che permette di comunicare attraverso gli impulsi del cervello ai pazienti «locked in», cioè in uno stato avanzato della disabilità in cui non si è in grado di muovere neppure gli occhi. Il prototipo, tutto italiano, si chiama Brindisys e, rispetto ad altri modelli precedenti, complessi da utilizzare, ingombranti e che richiedono costante supporto tecnico, è un dispositivo completamente non invasivo, di facile utilizzo, che permette anche ai pazienti in uno stato avanzato della malattia di mantenere una possibilità di comunicazione. Dotato di un elaboratore miniaturizzato simile a quelli usati all'interno dei riproduttori dvd, Brindisys riconosce l'intenzione dell'utente dall'esame del suo segnale elettroencefalografico, senza l'utilizzo di un computer potente;
   Brindisys è composto da una cuffia, che viene indossata dal paziente, dotata di elettrodi che servono a rilevare i comandi solamente immaginati attraverso i potenziali elettrici prodotti dal cervello. Questi segnali vengono «letti» da un dispositivo poco più grande del palmo di una mano che li traduce in comandi e li trasmette a un semplice tablet da cui parte l'esecuzione dell'azione. Si va dalla riproduzione vocale di una frase pre-impostata, alla formulazione lettera per lettera di frasi nuove fino a comandare azioni vere e proprie quali accendere la televisione, cambiare canali, aprire la porta, spegnere la luce. La «traduzione del pensiero» avviene in circa 10 secondi;
   primo step per arrivare al prototipo è stata l'indagine su un campione di pazienti, familiari ed esperti, che ha permesso di individuare le principali esigenze comunicative dei malati. Dopo la fase di studio e gli esperimenti per realizzare il prototipo, a distanza di poco più di un anno ha preso il via la fase clinica con un gruppo pazienti che lo sta sperimentando. In questa prima fase clinica, i pazienti, reclutati su base volontaria, ma ciascuno a un diverso livello di avanzamento della malattia, vengono condotti nella casa domotica della fondazione IRCCS Santa Lucia di Roma: un appartamento appositamente progettato per le persone con disabilità dove tutto è automatizzato e con Brindisys è possibile, per esempio, regolare lo schienale della poltrona o l'inclinazione del letto, aprire la porta. In una fase successiva il prototipo sarà affidato ai pazienti che potranno facilmente utilizzarlo a casa propria. Dalle loro risposte partirà poi una nuova versione del dispositivo –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare al fine di sovvenzionare la fase sperimentale relativa alla progettazione, all'utilizzo e alla diffusione di Brindisys. (4-15229)

  Risposta. — In merito alle iniziative che il Ministero della salute ha intenzione di adottare al fine di sovvenzionare la fase sperimentale relativa alla progettazione, all'utilizzo ed alla diffusione del sistema «Brindisys», costituito da un prototipo di interfaccia cervello-computer che, attraverso gli impulsi del cervello, permette di comunicare ai pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (Sla), si fa presente quanto segue.
  Il Ministero della salute segue, ormai da anni, una politica meritocratica circa la presentazione ed il finanziamento dei progetti di ricerca. Il finanziamento della ricerca finalizzata (si veda, in proposito, il sito
web istituzionale del ministero: www.salute.gov.it/bandi/documenti/bando–finalizzata–2010.pdf), infatti, non comporta l'individuazione preliminare, da parte del ministero, di progetti di ricerca specifici, che verranno in seguito sviluppati dagli enti finanziati. Al contrario, i destinatari istituzionali (istituti di ricovero e cura a carattere scientifico-Irccs, regioni, istituti zooprofilattici sperimentali-Izs, istituto superiore di sanità-Iss, eccetera) o singoli ricercatori che a tali entità si affiliano, presentano progetti di loro interesse, che poi saranno finanziati sull'esclusiva base di criteri meritocratici.
  Tali progetti, infatti, sono sottoposti al vaglio di giudici anonimi (e stranieri) nel numero di tre per ogni progetto; solo quelli migliori potranno accedere al finanziamento.
  Il Ministero della salute, in altre parole, ha deciso di lasciare alla comunità scientifica la libertà sia di stabilire le priorità quanto alla scelta dei progetti sia nella valutazione della bontà degli stessi. Il Ministero ritiene, infatti, che il mondo della ricerca sia il miglior giudice delle tematiche scientifiche da sviluppare e del modo in cui procedere alla realizzazione.
  In quanto alla questione relativa alla fondazione «Santa Lucia» nel passaggio del prototipo alla fase di sperimentazione clinica, nei confronti di pazienti ospedalizzati e con differenti livelli di disabilità, appare pertanto chiaro, alla luce di quanto finora esposto, che i fondi necessari ad implementare ulteriormente questo prototipo possono essere assegnati in piena autonomia dalla stessa fondazione, attraverso sia la realizzazione di uno o più progetti di ricerca corrente e sia la presentazione di progetti di ricerca finalizzata: infatti, la fondazione si trova, in quanto destinatario istituzionale, certamente in una posizione privilegiata.
  Pertanto, se all'interno dell'Irccs fondazione «Santa Lucia», o al di fuori di esso, sono presenti ricercatori interessati ad approfondire le ricerche in merito alla progettazione, alla diffusione e all'utilizzazione di questo prototipo, essi sono invitati a presentare un idoneo progetto finalizzato al momento dell'apertura del bando della ricerca finalizzata.
  Se, al termine della procedura, un qualsivoglia progetto presentato sarà giudicato in possesso della necessaria valenza scientifica e portatore di ricadute non trascurabili sul Servizio sanitario nazionale e, inoltre, otterrà un adeguato punteggio nell'ambito del sistema di valutazione previsto nel bando, esso potrà essere finanziato.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   JANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   per molti anni l'Umbria si è presentata come il «cuore verde dell'Italia» e il turismo l'ha premiata. Ora la regione rilancia si sta specializzando anche nella realizzazione di percorsi per ritrovare l'equilibrio interiore, per raggiungere uno stato di benessere psicologico, una «mente verde». La proposta è stata battezzata «parco terapia» e partirà da un esperimento pilota sul Monte Subasio dove ci sono luoghi, ad esempio l'eremo di San Francesco, in cui la spiritualità è di casa. «L'idea – spiega Paolo Papa, responsabile delle aree protette umbre – è utilizzare una serie di casali appena ristrutturati per fornire servizi alle istituzioni e alle comunità che lavorano con chi ha un disagio nel corpo o nell'animo. Lunghe passeggiate per ritrovare il contatto con la natura, piccoli orti per coltivare un rapporto stabile con le stagioni e con la manualità, giardini dei semplici per riallenare i sensi partendo dall'olfatto, ippoterapia: sono le opzioni che verranno offerte a bambini autistici e a malati di Alzheimer, a schizofrenici e a depressi»;
   tale obiettivo non sembra troppo ambizioso, «a patto di mirare bene l'azione terapeutica: non basta mettere il malato davanti a un cavallo e dirgli di farsi un giro di pista», spiega Roberto Marchesini, docente di Scienza del comportamento animale e presidente della Scuola d'interazione uomo-animali. «Bisogna creare progetti su misura per aumentare il benessere dei singoli pazienti. Ad esempio un ossessivo, afflitto dalla coazione a ripetere pensieri e schemi di azione, può trovare sollievo se viene proiettato in una dimensione estetico sensoriale. E un bambino autistico, che al contrario di quanto spesso si crede non è affatto distaccato dal mondo ma estremamente sensibile, può rilassarsi e allargare il suo orizzonte se incoraggiato dal contatto con le piante e i sentieri natura». Anche Roberto Benotti, l'esperto chiamato a organizzare la «parco terapia», conferma la possibilità di ottenere buoni risultati con i malati di Alzheimer: in un progetto pilota a Varese, grazie ad attività di giardinaggio si sono avuti miglioramenti dell'umore e della memoria. E la psichiatra Stefania Cerino aggiunge che tre anni di esperimenti condotti dal Dipartimento riabilitazione equestre della Federazione italiana sport equestri sono stati pubblicati pochi mesi fa sugli Annali dell'Istituto superiore di sanità: i 30 pazienti con problemi di schizofrenia che hanno praticato l'ippoterapia hanno potuto fare a meno dei ricoveri nelle case di cura a cui si erano sottoposti nel periodo precedente;
   casi di successo che non sono limitati all'Italia. Nalini Nadkami, docente di Environmental Studies all’Evergreen State College di Washington, ha dedicato una parte del suo ultimo libro (Tra la terra e il cielo) alle performance terapeutiche che si possono raggiungere attraverso il contatto con la natura. Nella relazione che terrà a Giugno a Firenze, dove riceverà il premio il Monito del Giardino promosso dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e dedicato quest'anno al «potere degli alberi», Nadkami ricorderà uno studio pubblicato su Science da Roger Ulrich, docente di psicologia comportamentale presso la Texas A&M University, sugli effetti terapeutici prodotti dalla vista del verde. Nella ricerca si esamina la velocità di recupero post operatorio di un gruppo di pazienti dalle cui finestre si vedevano alberi: è risultata nettamente superiore a quella di un gruppo di malati dalle cui stanze si scorgeva solo un ambiente metropolitano –:
   se il Ministro intenda accertarsi dei risultati ottenuti dalla «parco-terapia» in Umbria e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di promuovere la «parco-terapia», sull'esempio dell'Umbria, su tutto il territorio nazionale. (4-15703)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, preliminarmente sulla base degli elementi di competenza della regione Umbria, acquisiti tramite la prefettura – ufficio territoriale del governo di Perugia.
  Con deliberazione della giunta regionale n. 705 del 18 giugno 2012 è stato approvato il cosiddetto «parco terapeutico», che propone un utilizzo innovativo dei parchi dell'Umbria, destinati a svolgere un uso terapeutico per il trattamento di varie patologie e disagi psichici.
  Tale progetto, unico nel suo genere a livello europeo, si ispira alla «
horticultural therapy» di concezione anglosassone e va inteso come un ritrovato contatto con il mondo naturale attraverso la fruizione di spazi verdi progettati come parchi.
  L'ortoterapia viene utilizzata soprattutto per trattare particolari disagi, quali le disabilità fisiche e psichiche, lo stress, la depressione, l'ansia, eccetera.
  Analoghe esperienze risultano, a livello internazionale, nell'ospedale universitario di New York, nel «Missouri botanical garden» (Stati Uniti), nel centro di riabilitazione «Revalidatien centrum» di Amsterdam e in alcune case di cura olandesi, mentre in Italia operano il centro diurno «Costa Bassa» di Monza, il giardino sensoriale «Villa Ferriero» a Busca e la scuola agraria «Parco di Monza», in particolare per la cura della sindrome di down e dei malati di alzheimer.
  Con tale iniziativa come specificato nella delibera si intendono realizzare percorsi «terapeutici» per malati e percorsi «benessere» per gli accompagnatori, e quindi per persone sane, introducendo così anche una valorizzazione turistica del parco.
  Una possibile implementazione del progetto porterebbe anche ad ampliare le opportunità occupazionali, creando figure socio-assistenziali specializzate e costituirebbe un innovativo modello di riferimento terapeutico e riabilitativo su scala nazionale ed internazionale.
  In termini più generali, la questione è stata approfondita dall'Istituto superiore di sanità (ISS), che ha ricordato come la «parco-terapia» si inserisce nell'ambito di attività ricreative o terapeutiche svolte in ambito rurale, più correttamente definite come «terapie verdi».
  L'utilizzo di sistemi legati al contatto con contesti naturali al fine di promuovere la salute ed il benessere umano non rappresenta un elemento di novità; nell'ultimo secolo, a causa delle notevoli trasformazioni delle pratiche mediche e dello sviluppo delle nuove tecnologie in ambito sanitario, tali metodi sono stati rivalutati. L'uomo è da sempre coinvolto in un comune processo evolutivo con le varie componenti naturali.
  La letteratura scientifica indica come l'attività fisica rappresenti un fattore di protezione della salute umana. Negli ultimi venti anni le ricerche si sono maggiormente concentrate sui benefici di tale attività sulla salute mentale, valutandone anche la relazione con l'attività fisica. Esistono oggi numerose evidenze di una relazione positiva tra attività fisica svolta all'aperto, a contatto con la natura, e la salute mentale individuale.
  In particolare, il contatto con la natura favorirebbe il benessere psichico, riducendo i livelli di stress, fornendo un ambiente «ristorativo» e allo stesso tempo «proteggendo» l'organismo da eventuali stress successivi.
  Studi recenti hanno valutato gli effetti combinati dell'attività fisica e del contatto con la natura sul benessere psicofisico individuale, evidenziando come il cosiddetto
green exercise (l'effetto sinergico di impegnarsi in un'attività fisica e nel contempo di essere a contatto diretto con la natura) procuri un significativo aumento della stima di sé, un miglioramento dell'umore e una significativa riduzione della pressione arteriosa. In questo ambito, l'ecoterapia costituisce una pratica relativamente recente, che mira alla ricostruzione di un rapporto profondo tra uomo e natura, come mezzo di cura del disagio e per la promozione del benessere. È ampiamente diffusa nel mondo anglosassone, dove è supportata da nuove evidenze scientifiche.
  Al fine di verificare lo stato dell'arte dei metodi legati al contatto con la natura in Italia, nel 2009, grazie alla sollecitazione dell'istituto nazionale di economia agraria (INEA), è nato un Tavolo interistituzionale per gli interventi terapeutici e riabilitativi in agricoltura (TITRA), cui partecipa anche l'ISS.
  Nel complesso, il tavolo ha evidenziato la necessità di avviare progetti scientifici in grado di saggiare l'efficacia delle diverse forme di terapie svolte in ambito rurale e che hanno come oggetto la salute umana, al fine di standardizzare le metodologie di ricerca e omogeneizzare i protocolli sperimentali e la raccolta dati.
  A tale scopo, l'ISS, anche in collaborazione con l'Inea e con la Federazione italiana sport equestri (FISE), ha avviato delle sperimentazioni che, utilizzando i metodi propri della ricerca scientifica, possano verificare l'efficacia di interventi terapeutici e riabilitativi svolti in ambito rurale, nella convinzione che tali terapie rappresentano un elemento strategico nell'accompagnamento dell'evoluzione di una pratica che, oltre a valorizzare e mobilizzare risorse ancora inespresse del mondo rurale, potrebbe assicurare sia un ispessimento delle reti di protezione sociale, sia una diversificazione degli strumenti di intervento a supporto della popolazione, sia una più stretta integrazione tra attività di cura e/o di prevenzione e azioni di inclusione sociale e lavorativa, anche in conformità con il piano sanitario nazionale.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   JANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si accorciano di un passo le distanze tra gli studi effettuati in laboratorio e il loro impatto sulla diagnosi e la cura del tumore al polmone. Una ricerca dell'Ieos-Cnr di Napoli, pubblicata su The Journal of Clinical Investigation, conferma il ruolo del gene cbx7 in numerosi casi di tumori maligni studiati sia nelle cavie da laboratorio che nei pazienti, e identifica la ciclina E come possibile bersaglio terapeutico. Una serie di evidenze scientifiche già suggeriva che il gene cbx7 fosse un oncosoppressore, la cui assenza o mutazione è cioè associata a numerosi casi di tumori maligni. La conferma definitiva è arrivata ora dal lavoro (finanziato dall'Associazione italiana per le ricerche sul cancro) del gruppo guidato da Alfredo Fusco, direttore dell'Istituto di endocrinologia e oncologia sperimentale del Consiglio nazionale delle ricerche (Ieos-Cnr) di Napoli. «Facendo esperimenti su cavie animali abbiamo dimostrato che l'assenza di cbx7 determina lo sviluppo di adenomi e carcinomi polmonari – spiega Fusco –. Il meccanismo alla base di queste neoplasie coinvolge la ciclina E, una proteina la cui espressione è regolata negativamente da cbx7. L'aspetto importante della nostra ricerca è aver dimostrato che meccanismi molto simili a quelli identificati nel topo sono alla base anche dello sviluppo dei carcinomi polmonari umani. Infatti anche in queste neoplasie si rilevano un'aumentata espressione della ciclina E e l'assenza dell'espressione di cbx7»;
   i risultati si inseriscono nell'ambito di un percorso sperimentale conciato all'Ieos-Cnr già negli anni Ottanta e sono un esempio di quegli «atlanti genetici» dei tumori, le mappe cioè del dna di singole neoplasie con le diverse mutazioni, che possono aiutare gli specialisti a identificare le cure più appropriate caso per caso. E soprattutto ad adattarle alle modificazioni cui va incontro il tumore nel tempo. «Il nostro gruppo lavora da tempo sulle proteine denominate Hmga (high mobility group A) che abbiamo isolato in collaborazione con l'università degli Studi di Trieste – sostiene Fusco che è anche docente all'università di Napoli Federico II –. Queste proteine si trovano nel nucleo delle cellule, regolano l'espressione di numerosi geni e rivestono un ruolo determinante nello sviluppo dei tumori: la loro espressione è particolarmente elevata nei tumori più aggressivi, con cattiva prognosi e ridotta sopravvivenza dei pazienti, mentre l'abolizione della loro espressione porta al blocco della trasformazione tumorale». Recentemente il gruppo aveva dimostrato che queste proteine Hmga interagiscono con cbx7 che, sorprendentemente, si comporta in maniera opposta: la sua espressione è ridotta nei tumori tiroidei, del colon e pancreas, e la sua assenza si verifica nelle neoplasie più invasive e a ridotta sopravvivenza. «Con quest'ultimo studio – conclude il ricercatore – abbiamo avuto le conferme che ci servivano per proseguire su questa strada e ora sappiamo che cbx7 è un eccellente marcatore per la diagnosi e la prognosi dei carcinomi del polmone e di altri organi, mentre la ciclina E viene identificata come possibile bersaglio terapeutico nelle neoplasie polmonari» –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di supportare la ricerca relativa al gene cbx7;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di realizzare, su tutto il territorio nazionale, degli «atlanti genetici» relativi alle incidenze di malattie tumorali sulla popolazione italiana.
(4-15751)

  Risposta. — Il Ministero della salute risponde all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti presso l'Istituto superiore di sanità (ISS).
  Il gruppo diretto dal professor Fusco, operante presso i laboratori dell'IEOS-CNR di Napoli, ha ottenuto una serie di interessanti risultati sul ruolo oncosoppressivo del gene Cbx7, recentemente pubblicati nella rivista «Journal of Clinical Investigation».
  Tali risultati si aggiungono ad un insieme di dati pubblicati, in anni recenti, da molti gruppi di ricercatori e relativi al ruolo di diversi geni ad attività oncosoppressiva.
  Nonostante il considerevole interesse e la rilevanza potenziale dei risultati del gruppo del professore Fusco sul ruolo del gene Cbx7 nella regolazione della crescita cellulare, allo stato attuale delle conoscenze l'ISS non ritiene motivata una iniziativa nazionale mirata ad investire, in modo univoco o privilegiato, sugli sviluppi di questa ricerca, in quanto essa è uno dei molti validi filoni di ricerca oncologica tesa a definire le basi molecolari della crescita neoplastica e ad individuare nuove terapie mirate del cancro.
  Si ritiene opportuno, di seguito, fornire alcune informazioni tecniche specifiche sul ruolo del gene Cbx7 e sulla sua possibile rilevanza nel controllo della crescita neoplastica.
  Tale gene codifica per una proteina della famiglia «Polycomb» che svolge una funzione di repressore della trascrizione genica.
  L'espressione della proteina Cbx7 risulta diminuita in tumori umani di diversa origine (ad esempio, carcinomi della tiroide, della mammella, del colon, del pancreas, gastrico). La sua espressione è negativamente correlata con la progressione neoplastica, mentre è direttamente associata al livello di E-caderina, nonché ad un aumento della sopravvivenza.
  Dati contraddittori, apparsi nella letteratura scientifica di recente, hanno descritto Cbx7 come un oncogene la cui sovra espressione è in grado di immortalizzare cellule
in vitro (Scott CL et al., Proc Natl Acad Sci. USA 2007) e indurre lo sviluppo di neoplasie in vivo (Gil J et al, Nat Celi Biol 2004).
  Allo scopo di valutare il reale ruolo funzionale di Cbx7, nel laboratorio del professore Fusco sono stati generati topi KO – sia in etero che in omozigosi – i quali, come previsto ed atteso in base all'ipotesi antitumorale di Cbx7, hanno mostrato una forte propensione a sviluppare tumori benigni e maligni nel fegato e nei polmoni. Inoltre, i fibroblasti embrionali ottenuti da topi Cbx7 – KO hanno mostrato una maggiore velocità proliferativa ed un ritardo nella senescenza rispetto alle controparti «
wild type». La regolazione diretta della ciclina E1 da parte di Cbx7 sembra essere uno dei meccanismi coinvolti nell'induzione dei tumori polmonari (Forzati et al., J Clin Invest 2012).
  L'ISS riporta che recentemente l'espressione e la funzione di Cbx7 sono state analizzate da Gil e coautori anche in cellule staminali embrionali (ESC). Cbx7 si spegne durante il differenziamento parallelamente all'aumento di espressione di Cbx2, Cbx4 e Cbx8, altre proteine del gruppo «Polycomb».
  L'espressione ectopica di Cbx7 blocca il differenziamento e l'inattivazione del cromosoma X e induce auto-rinnovamento, ad indicare un ruolo importante di Cbx7 nella determinazione della pluripotenza.
  Particolare interesse riveste anche la regolazione post-trascrizionale di Cbx7 da parte di alcuni microRNA, quali il miR-125 e i miR-181a&b (O'Loghlen et al., Cell Stem Cell 2012). Anche in questo recente lavoro i dati non sembrano supportare un ruolo soppressivo per Cbx7.
  Grazie al «Progetto Genoma», in un decennio è stata realizzata la mappatura completa del DNA umano, un traguardo di per sé importante, ma soprattutto la base per ottenere molte altre informazioni in un tempo relativamente breve.
  Lo scopo principale delle analisi genomiche è, infatti, l'identificazione delle alterazioni funzionalmente associate all'insorgenza e alla progressione dei tumori, con il traguardo finale di produrre farmaci mirati e specifici per ogni sottotipo di malattia e persino per ogni singolo paziente.
  Infatti, sebbene tutti gli studi e le successive valutazioni siano condotti sulla base delle medie stimate nella popolazione, ogni tumore ha caratteristiche genetiche specifiche e, di conseguenza, si comporta in maniera differente nei confronti delle terapie. La mappatura del DNA ha già permesso di identificare numerose anomalie molecolari con un forte impatto diagnostico, prognostico e terapeutico che, altrimenti, sarebbero probabilmente sfuggite ad una valutazione.
  È già stato identificato il ruolo «pro» o «anti» neoplastico di numerosi fattori di trascrizione e molti altri saranno valutati in futuro.
  Inoltre, sono state evidenziate anomalie molecolari (mutazioni, riarrangiamenti in seguito a traslocazioni cromosomiche, amplificazioni o delezioni geniche) in altre classi di molecole particolarmente rilevanti nel cancro, come BRCA1 e BRCA2 nel tumore del seno e dell'ovaio, RAS per i tumori di pancreas e colon, PML/RAR per la leucemia promielocitica acuta, BCR/ABL per la leucemia mieloide cronica, il recettore per l'EGF per il polmone.
  Una delle scoperte più importanti emerse nell'ultimo decennio e confermate dalla mappatura del DNA è stata l'identificazione di una quota funzionale del genoma molto maggiore rispetto a quanto si riteneva in passato. Un esempio è rappresentato dalla famiglia dei microRNA, piccoli RNA non codificanti che esercitano funzioni regolatorie in tutti i principali processi biologici, incluso lo sviluppo e la progressione del cancro.
  Rispetto a quanto sin qui esposto, l'ISS rileva che sta emergendo in modo sempre più evidente l'importanza di effettuare analisi il più possibile esaustive dell'assetto genetico globale delle cellule tumorali, confrontate con la loro controparte normale. Infatti, i tumori insorgono in seguito ad un processo
multi-step durante il quale si accumulano più eventi molecolari anomali.
  Appare evidente, quindi, che la stessa mutazione genetica può produrre effetti diversi in contesti cellulari diversi. A tale scopo hanno avuto un forte sviluppo le cosiddette «omiche», ossia analisi basate su disponibilità di strumenti e tecnologie «
high throughput» che consentono di valutare l'espressione differenziale del trascrittoma, del proteomae del metaboloma nel loro insieme, non limitandosi allo studio di singoli RNA messaggeri, di singole proteine anomale o di una specifica via metabolica.
  Nel caso specifico di Cbx7, la possibile dualità di questa proteina, che sembra poter funzionare da oncogene o da anti-oncogene, riporta alla rilevanza del ruolo svolto dal microambiente cellulare.
  La ricerca nel campo dell'oncologia molecolare, attualmente, costituisce uno dei campi più critici da affrontare, in quanto rivolta ad identificare validi marcatori diagnostici e prognostici che possano auspicabilmente rappresentare i bersagli per terapie mirate in un futuro non troppo lontano.
  Questo permetterà di utilizzare farmaci mirati, evitando terapie inutilmente pesanti per il paziente ed eccessivamente costose per il sistema sanitario nazionale, nei casi in cui il «
background» genetico non ne indichi l'efficacia.
  In conclusione, l'ISS ritiene che, nell'attuale contesto delle conoscenze, Cbx7 rappresenti solo uno dei moltissimi geni deregolati nel cancro, potenzialmente in grado di svolgere la funzione di marcatori biologici e/o di bersagli per nuovi approcci terapeutici. Ciascuno di questi geni, per quanto di per sé interessante, rappresenta un sottoprogetto all'interno di uno dei diversi, promettenti filoni della ricerca oncologica italiana.
  L'ISS, pur ritenendo la genomica delle cellule neoplastiche e lo sviluppo di possibili «atlanti genetici» dei geni associati a specifiche tipologie di tumore un settore di considerevole interesse e potenziale rilevanza sanitaria per lo sviluppo di sistemi di prevenzione e terapia personalizzate dei tumori, sostiene che la promozione di tali filoni di ricerca vada integrata in una visione di generale promozione di tutta la migliore ricerca oncologica, stimolando inoltre tutte quelle iniziative nazionali ed europee idonee a garantire un virtuoso processo di traslazione delle scoperte dal bancone di laboratorio al letto del malato, in funzione degli interessi del cittadino e del Servizio sanitario nazionale.
  L'ISS, in continuità con le attività già in atto, di supporto al Ministero della salute, per l'individuazione di temi di prioritario interesse nazionale ed europeo sulla ricerca sui tumori (in proposito, degno di rilievo appare il progetto di ERA-NET per la ricerca traslazionale in oncologia, coordinato dal Ministero della salute con il supporto tecnico-scientifico dell'ISS, basato sul coinvolgimento di circa 20 Paesi europei), insieme al Ministero continuerà a valutare eventuali iniziative tese ad incoraggiare e promuovere il meglio della ricerca oncologica nazionale, in modo coerente ed armonico con lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, verso obiettivi tangibili per i pazienti, la collettività ed il Paese.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   JANNONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   tutti e 27 gli Stati della Unione europea rischiano una pesante procedura di infrazione dal Commissario europeo ai trasporti, l'estone Siim Kallas, per aver fatto fallire l'operazione «cielo unico», cioè la semplificazione delle rotte nello spazio aereo europeo, che servirebbe per rendere più dirette e più economiche le tratte degli oltre mille aerei che ogni ora decollano e atterrano in tutto il continente. Come esempio da seguire viene indicata l'efficienza del sistema unificato delle rotte in uso negli Stati Uniti. Un'efficienza doppia rispetto a quella dell'Unione europea. La frammentazione di uno spazio aereo diviso in 650 settori, gestito da 27 sistemi nazionali diversi, con 60 centri di controllo, impongono rotte non lineari e fanno aumentare mediamente di 42 chilometri ogni volo sui cieli europei e determinano costi aggiuntivi da 5 miliardi di euro l'anno;
   il primo pacchetto di direttive per raggiungere l'obiettivo del «cielo unico» era stato adottato nel 2004. Cinque anni dopo, la Commissione ha lanciato il pacchetto «cielo unico II» Ses II) che avrebbe dovuto far entrare in vigore entro dicembre 2012 9 blocchi funzionali di spazio aereo, soluzione che avrebbe consentito – secondo l'esecutivo europeo – di «decuplicare il livello di sicurezza, triplicare la capacità dello spazio aereo, ridurre del 50 per cento i costi di gestione del traffico e ridurre del 10 per cento l'impatto sull'ambiente». Oggi, sempre secondo i dati della Commissione, i costi del controllo del traffico rappresentano il 6-12 per cento del costo del biglietto. Secondo i servizi del commissario Kallas i cieli e gli aeroporti europei «sono a rischio di saturazione». Ogni giorno nei cieli europei ci sono circa 27.000 voli, ogni anno 1,4 miliardi di passeggeri passano per gli oltre 440 aeroporti europei. In condizioni economiche normali è previsto un aumento del traffico del 5 per cento l'anno. Nel 2030 il numero di aerei sull'Europa sarà pari a quella degli abitanti di Pechino. «Se non si prendono provvedimenti – è scritto in una nota – si creerà una situazione di caos: non solo in Europa si dovrà respingere una larga parte della domanda potenziale, ma saremo anche esposti a ritardi e cancellazioni in misura senza precedenti». I costi per la congestione potrebbero aumentare del 50 per cento entro il 2050;
   inoltre, segnala la commissione, le attuali tecnologie di gestione del traffico aereo «sono state progettate negli anni ’50 e risultano ora superate. «Il Cielo Unico europeo – ha dichiarato Kallas in una conferenza di alto livello tenuta a Limassol (Cipro) – è la mia massima priorità. È troppo importante per permettergli di fallire». Per questo ha annunciato l'intenzione di presentare nuove proposte nella primavera 2013, ma anche l'intenzione di adottare «tutte le iniziative necessarie», compreso «l'avvio di procedure d'infrazione per tutti gli stati membri», per forzarli ad applicare le norme. Sempre a Limassol è stata raggiunta un'intesa dai Ministri competenti in materia di trasporto di Italia, Malta, Grecia e la stessa Cipro. L'intesa – si legge in una nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – prevede la nascita del blocco di spazio aereo funzionale Blue Med (FAB, functional block of airspace), ovvero l'integrazione degli spazi aerei di questi Paesi al fine di migliorare la funzionalità del traffico aereo e l'economia dell'area. Il FAB Blue Med non è però limitato a questi 4 Paesi, ma vede associati, per molte funzioni, l'Egitto, la Tunisia e l'Albania, con l'obiettivo di integrarli nella gestione del traffico aereo comunitario. Risparmi significativi per le compagnie aeree e per i passeggeri, riduzioni dei tempi di volo, maggiore sicurezza, minori ritardi e ridotto impatto ambientale: ecco, in sintesi alcuni dei benefici che arriveranno dall'intesa siglata a Cipro –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare a seguito dell'intesa siglata a Cipro, al fine di dare effettivo corso alle indicazioni espresse dalla Commissione europea, in merito alla realizzazione del cosiddetto «cielo unico». (4-18542)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Con la firma dei Ministri dei trasporti di Italia, Malta, Grecia e Cipro, avvenuta a Limassol – Cipro il 12 ottobre 2012, è stato costituito il blocco funzionale di spazio aereo BLUE MED (FAB,
Functional Block of Airspace) del bacino mediterraneo sud-orientale, ovvero l'integrazione degli spazi aerei di questi Paesi, ai fini del miglioramento del traffico aereo e dell'economia dell'area.
  Il FAB BLUE MED coinvolge attualmente come
partner associati anche l'Albania e la Tunisia e, in veste di osservatori, la Giordania e il Libano.
  I FAB sono uno dei principali strumenti mediante i quali l'Unione europea sta costruendo il cielo unico europeo, riducendo, in particolare, la frammentazione dei cieli che affligge l'Europa.
  L'integrazione degli spazi aerei nazionali in un FAB consente di disegnare il sistema di rotte in porzioni di cielo molto più ampie di quelle nazionali, di integrare i servizi della navigazione aerea per ridurre sprechi e duplicazioni e di applicare i concetti e le metodologie relative all'uso flessibile dello spazio aereo e alla cooperazione civile-militare.
  In merito a quest'ultimo aspetto si deve rimarcare che, in una visione allargata dei rapporti di coordinamento e cooperazione tra entità civili e militari, l'accordo indirizza le parti verso una cooperazione specifica e più ampia rispetto all'attuale, al fine di un concreto e più efficiente uso flessibile dello spazio aereo.
  Il progressivo miglioramento del sistema di rotte dovrebbe consentire di ridurre le distanze percorse, facendo risparmiare sul tempo di volo e sul consumo di carburante, con ulteriori vantaggi per il costo dei biglietti e per la riduzione delle emissioni.
  Notevoli benefici sono, pertanto, attesi anche nella riduzione dei ritardi, grazie all'integrazione dei vari centri di controllo del traffico aereo dei paesi partecipanti in un unico centro di controllo virtuale, nel quale sono impegnati controllori del traffico aereo distanti centinaia di miglia tra loro.
  In tale ambito è notevole l'impegno dell'Italia, considerato che, rispetto agli altri Paesi del FAB BLUE MED, l'ENAV s.p.a. è attualmente all'avanguardia come fornitore dei servizi di navigazione aerea e fa registrare ritardi significativamente inferiori sui tempi di volo, rispetto agli altri fornitori coinvolti nel progetto.
  L'accordo ha anche lo scopo di migliorare gli attuali livelli di
safety all'interno dello spazio aereo ed inoltre contiene alcuni indirizzi strategici per la definizione di possibili attività di ricerca, studi, gestione congiunta di programmi, nonché scambio di esperienze, specialisti e tecnologie.
  Nell'accordo è stata, altresì, condivisa la possibilità che, sulla base della cooperazione rafforzata tra gli Stati membri del BLUE MED FAB, i fornitori che saranno designati a livello internazionale, tra cui ENAV s.p.a., possano realizzare a loro volta una cooperazione avanzata all'interno del sistema.
  La firma dell'accordo tra gli Stati sopra citati ha chiuso la fase di definizione del FAB, che ha fatto seguito allo studio di fattibilità.
  In particolare, si rammenta che tale programma è stato suddiviso in 3 fasi: lo studio di fattibilità (2007-2008), la definizione (2009-maggio 2012) e l'attuazione (dal 2012).
  Infine, è prevista una fase di implementazione, che dovrà determinare progressivamente un mutamento storico nell'organizzazione dei servizi di navigazione aerea nel bacino del Mediterraneo, con vantaggi in termini di efficienza, contenimento dei costi, diminuzione dell'impatto ambientale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è necessario ricordare, innanzitutto, che prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004, accanto alla componente permanente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco erano presenti:
    a) i vigili discontinui, ovvero personale richiamato in servizio per periodi circoscritti di venti giorni, al fine di fare fronte, secondo quanto stabilito dall'articolo 70 della legge 13 maggio 1961, n. 469, in occasione di pubbliche calamità, di emergenze o di altre particolari necessità;
    b) i vigili volontari, ovvero personale impiegato presso i distaccamenti volontari, con modalità sostanzialmente differenti;
   l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004 ha modificato la precedente normativa provvedendo ad istituire un unico elenco di personale volontario, immettendo, così, sotto la comune definizione di vigile volontario e quindi facendolo confluire nel citato unico elenco, le due figure in precedenza evidenziate che, nonostante tale provvedimento normativo, continuano a conservare una propria diversità, stante la sostanziale differenza nelle modalità di impiego;
   è da sottolineare che, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004 i vigili volontari e, pertanto anche i vigili discontinui, non sono legati da rapporto di impiego con l'amministrazione; pertanto non risultano firmatari di contratto a tempo determinato e, quindi, oltre a non avere le necessarie tutele contrattuali, non possono essere definiti veri e propri precari;
   nel 2006 si sono avviati processi di stabilizzazione, stante il notevole abuso che nel corso degli anni si era fatto di tale figura. Quindi, i vigili discontinui furono considerati precari fondamentalmente per due ragioni: la prima è che, seppur legati da rapporto di impiego con l'amministrazione e pertanto non firmatari di alcun tipo di contratto a tempo determinato, la loro figura e il loro impiego risultava perfettamente assimilabile a quella del precario (retribuzione analoga al personale a tempo determinato, versamento dei contributi, riconoscimento dell'indennità di disoccupazione); la seconda fu quella di impedire il disperdersi dell'importante bagaglio tecnico-professionale acquisito dai vigili discontinui nel corso degli anni di servizio prestato al fianco della componente permanente del Corpo nazionale, oltre ad una sorta di ricompensa per lo spirito di sacrificio di abnegazione di cui avevano dato dimostrazione;
   la legge 27 dicembre del 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha stabilito le linee guida per la stabilizzazione dei vigili volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco iscritti negli appositi elenchi da almeno tre anni che abbiano effettuato non meno di centoventi giorni di servizio negli ultimi cinque anni che acquisiscono, in questo modo, lo stato di precari, distinguendosi, comunque, dai precari del pubblico impiego, stante la particolarità delle funzioni svolte del Corpo nazionale. È opportuno, quindi, evidenziare come il processo di stabilizzazione dei vigili volontari sia subordinato ad un selettivo processo di accertamento, non solo dei titoli, ma dei requisiti psico-fisici ed attitudinali, con un elevato tasso di esclusi così come previsto dal decreto del Ministro dell'interno n. 3747;
   a seguito della valutazione dei titoli, così come previsto dall'articolo 8 del citato decreto del Ministro dell'interno, l'apposita commissione esaminatrice ha formato la graduatoria finale dei 6080 vigili del fuoco precari che, in numero pari al doppio dei posti che l'amministrazione di volta in volta mette a disposizione per l'immissione in ruolo, accede alle successive fasi di accertamento dei suddetti requisiti psico-fisici ed attitudinali;
   è necessario, altresì, evidenziare, come, riconoscendo il bagaglio professionale acquisito dai vigili del fuoco volontari-discontinui, il citato decreto del Ministro dell'interno preveda un corso di formazione pari a sei mesi, di cui tre presso le strutture didattiche dell'amministrazione e tre mesi presso i comandi provinciali dei vigili del fuoco, al contrario di quanto previsto per le immissioni in ruolo che avvengono dai concorsi pubblici per i quali è previsto un corso di formazione della durata complessiva di dodici mesi. Questo motivo è importante, perché la stabilizzazione dei vigili del fuoco precari, oltre ad essere indispensabile per salvaguardare il bagaglio tecnico-professionale acquisito, si traduce in un inevitabile risparmio di risorse finanziarie per lo Stato, dovendo sostenere il 50 per cento in meno di oneri economici legati all’iter formativo;
   invero, i fondi stanziati per il processo di stabilizzazione dei vigili del fuoco precari del Corpo nazionale avrebbe garantito la possibilità di convocare a prova ginnica e relativa visita medica, tutti i 6080 vigili precari se non fosse stato approvato il decreto n. 133 del 2008 che ha ridotto, per ragioni economiche, lo stanziamento di fondi e le percentuali del turn-over determinando così il rallentamento della procedura concorsuale;
   è da considerare che, allo stato attuale, e secondo i fondi disponibili, sono stati 3240 i precari convocati nell'espletamento dei criteri di selezione e circa 1900 sono stati i vigili assunti e indirizzati ai centri di formazione professionale per l'espletamento del corso. Restano ancora da assumere tutti gli idonei fino alla 3240 posizione e altri 2800 vigili da convocare per lo svolgimento della selezione professionale e medica;
   la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010) ha consentito l'immissione in ruolo di personale corrispondente complessivamente ad una spesa pari quella relativa al personale cessato nel corso dell'anno precedente, lasciando tuttavia la graduatoria di stabilizzazione, senza la necessaria copertura finanziaria;
   la legge n. 191 del 2009 destina le assunzione nelle carriere iniziali dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco negli anni 2010, 2011, 2012 ai volontari in ferma breve, in ferma prefissata e rafferma delle Forze armate secondo la percentuale delle risorse economiche disponibili pari al 45 per cento, non prevedendo, però, alcuna disposizione per il restante 55 per cento delle risorse disponibili, che andrebbe indirizzato alla estinzione della graduatoria di stabilizzazione;
   il dipartimento dei vigili del fuoco ha reso noto che esiste attualmente una carenza di personale pari a 2583 unità;
   è da evidenziare, anche, che la legge 23 dicembre 2009, n. 191, legge finanziaria per il 2010, ha disposto che per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari a quella relativa al personale cessato nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate nel corso dell'anno precedente. A tale fine la legge ha stanziato 344 milioni di euro per l'anno 2011 e 600 milioni di euro a decorrere dal 2012 da destinare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e ai corpi di polizia;
   è da notare che l'articolo 12 della legge n. 122 del 2010, trovando applicazione anche nei confronti del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ha disposto il collocamento in pensione degli aventi diritto con il risultato che nel 2011 nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco non potranno esserci pensionamenti e pertanto non potranno, di conseguenza, essere operate nuove assunzioni volte a colmare la carenza di organico;
   si prospetta, in ragione di quanto detto al punto precedente, l'impossibilità di utilizzare i finanziamenti già stanziati dalla n. 191 del 2009;
   è quindi ipotizzabile, oggi, per poter avere un organico completo, vista la funzione che ricoprono i vigili del fuoco a tutela della collettività ed in virtù della proroga al 31 dicembre 2012 per le graduatorie in corso (quella sulla stabilizzazione e quella relativa al concorso per 814 posti del concorso indetto con decreto del capo dipartimento dei vigili del fuoco n. 5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale IV serie speciale n. 90 del 18 novembre 2008) di poter procedere ad uno scorrimento delle stesse graduatorie attraverso la divisione del turn over al 50 per cento una volta che, sia riportato al 100 per cento, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e non al 20 per cento come recentemente previsto con il decreto-legge sulla revisione della spesa –:
   se non si ritenga necessario intervenire urgentemente, attraverso idonee iniziative normative, per continuare ad ottenere la disponibilità degli stanziamenti previsti per il 2012;
   se, in considerazione della funzione anche sociale che ricoprono i vigili del fuoco nel nostro Paese tenendo in considerazione i numerosissimi casi in cui il loro apporto si rileva determinante per la salvezza di tante vite umane, non si ritenga opportuno avviare per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco la trasformazione in rapporto a tempo indeterminato delle forme di organizzazione precaria di lavoro, tenuto conto del peculiare modello organizzativo e funzionale del richiamo in servizio di personale volontario-discontinuo, attraverso la stabilizzazione del personale, di cui agli articoli 6, 8 e 9 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, che, alla data del 31 dicembre 2011, risulti iscritto negli appositi elenchi di cui al predetto articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio e al concorso concernente la stabilizzazione del precariato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco bandito con decreto ministeriale del Capo dipartimento dei vigili del fuoco, nel soccorso pubblico e della difesa civile – Ministero dell'interno 27 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 72 dell'11 settembre 2007;
   se non sia il caso di assumere iniziative per prevedere, nei futuri concorsi per direttivi, vice ispettori ed ispettori antincendi, l'elevazione di età a 37 anni per il personale discontinuo del Corpo nazionale che intenda parteciparvi, al fine di offrire una possibilità ulteriore di accesso ai ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a chi, da anni, garantisce un supporto alla struttura. (4-17712)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto l'interrogante chiede al Ministero dell'interno interventi, anche di carattere normativo, per migliorare la situazione dell'organico del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Preliminarmente è necessario ribadire che il servizio prestato dal vigile del fuoco volontario, anche se retribuito, non si connota come prestazione di lavoro subordinato.
  Ciò trova fondamento normativo nell'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo il quale il personale volontario non è legato da rapporto di impiego all'amministrazione.
  Anche successivamente a talune pronunce giurisprudenziali, l'articolo 4, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183 – legge di stabilità 2012 –, ha ribadito testualmente che i richiami in servizio del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco non costituiscono rapporti di impiego con l'amministrazione.
  Le disposizioni speciali in materia di stabilizzazione sono state introdotte dalla legge 26 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).
  Come è noto, la Corte costituzionale ha costantemente riconosciuto nel concorso pubblico la forma generale e ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza delle amministrazioni pubbliche.
  Proprio in quanto derogante all'articolo 97 della Costituzione, la legge n. 296 del 2006 ha configurato il procedimento di stabilizzazione come una procedura a carattere eccezionale, limitata nel tempo e concorrente rispetto a quella ordinaria.
  In particolare, all'articolo 1, comma 526 di tale legge, era previsto che le amministrazioni potessero procedere, per gli anni 2008 e 2009, a stabilizzare precari nel limite di una percentuale massima del 40 per cento delle cessazioni avvenute nell'anno precedente; la stessa possibilità fu poi estesa all'anno 2010 dalla legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008).
  Ma già nel 2008, il disegno di legge n. 112 del 2008, convertito con legge n. 133 del 2008, ha apportato la prima sensibile modifica alla volontà di procedere alla stabilizzazione, infatti la quota iniziale di riserva del 40 per cento dei posti fu mantenuta solo per l'anno 2008 e venne abbassata al 10 per cento per le stabilizzazioni da effettuarsi nell'anno 2009, mentre veniva espunta la possibilità di operare stabilizzazioni anche nell'anno 2010.
  Successivamente, con l'articolo 17, comma 10, del disegno di legge n. 78 del 2009, in pratica, è stata decretata la fine della stabilizzazione, disponendo che, nel triennio 2010/2012, nei concorsi pubblici sia riservata una percentuale non superiore al 40 per cento dei posti in favore del personale da stabilizzare.
  Nel contesto dei delineato quadro normativo, il corpo nazionale dei vigili del fuoco, effettuate le stabilizzazioni autorizzate nella misura suddetta, ha percorso la strada del concorso pubblico, quale strumento di selezione obbligato per il reclutamento di personale operativo.
  Quanto ai taglio delle risorse destinate ai richiami del personale volontario, l'articolo 4 del decreto legge n. 79 del 2012 convertito in legge n. 131 del 7 agosto 2012, ha consentito di ridurre il predetto taglio per il 2012. Si è passati da una contrazione di 26.800 richiami di personale volontario a 14.000 richiami.
  Tutto ciò al fine di poter utilizzare uno strumento prezioso che, in situazioni di particolari ed improcrastinabili necessità, consenta di potenziare il dispositivo di soccorso.
  Relativamente alla possibilità di destinare parte del turn over alla stabilizzazione del personale volontario, come noto, l'articolo 14, comma 2 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, aveva previsto la limitazione, anche per il corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle facoltà assunzionali limitando al 20 per cento la copertura del turn over negli anni dal 2012 al 2014, al 50 per cento nel 2015 e riconducendola al 100 per cento solo dal 2016.
  Una parziale attenuazione degli effetti dei blocco del turn over potrà intervenire laddove sia definitivamente approvato, in sede legislativa, l'apposito emendamento che prevede un incremento delle percentuali di cui sopra, fino al 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015.
  Inoltre, l'articolo 4-ter del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 131, ha prorogato al 31 dicembre 2014 i termini di validità della graduatoria della stabilizzazione del personale volontario.
  Infine, in merito alla possibilità di prevedere nei futuri concorsi per direttivi, vice ispettori e ispettori antincendi l'elevazione a 37 anni per il personale volontario del corpo nazionale, si osserva che tale possibilità è prevista solo per il concorso a vigile del fuoco, quale riconoscimento della specifica professionalità acquisita nel servizio prestato da vigile volontario.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   LAFFRANCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 6 della legge 4 luglio 2005, n. 123, il Ministro della salute presenta al Parlamento una relazione annuale di aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di malattia celiaca, con particolare riferimento ai problemi concernenti la diagnosi precoce e il monitoraggio delle competenze;
   la relazione rappresenta un atto particolarmente utile ed importante perché è l'occasione in cui si può veicolare e porre l'attenzione su una patologia particolarmente diffusa nel nostro Paese. Non solo rappresenta anche un utile momento di analisi e riflessione sugli interventi necessari per contrastarla;
   la celiachia o malattia celiaca (MC), come sappiamo, è un'enteropatia autoimmune permanente scatenata dall'ingestione del glutine in soggetti geneticamente predisposti;
   la malattia celiaca è considerata la più frequente intolleranza alimentare a livello mondiale (7, 8) e a quanto pare sta riuscendo ad estendersi si è infatti rilevato che oggi ha una prevalenza simile all'Europa anche in quelle regioni dove fino agli anni ottanta questa condizione era considerata rara, quali Stati Uniti, Medio-Oriente, Africa Settentrionale e Centrale e Sud-America;
   l'unica terapia ad oggi disponibile per il celiaco è una rigida dieta senza glutine da seguire per tutta la vita, la compliance (adesione) alla dieta comporta inevitabili disagi per il celiaco in quanto limita sensibilmente la libertà dell'individuo, è per questo che la celiachia è stata definita malattia sociale sempre nella 123 del 2005. Ricordiamo che anche una piccola contaminazione da glutine riattiva la reazione autoimmunitaria;
   l'estrema variabilità dei sintomi e segni con cui la malattia celiaca si manifesta rende spesso la diagnosi della malattia celiaca difficile e di conseguenza frequenti sono i casi di diagnosi tardive o addirittura sbagliate;
   una diagnosi precoce e una corretta dieta senza glutine consentono al celiaco di riacquistare uno stato di buona salute ed evitare conseguenze anche irreversibili per la propria salute. Un celiaco diagnosticato che segue correttamente la dieta senza glutine si tramuta anche in un notevole risparmio per il servizio sanitario nazionale in quanto sono molte le patologie correlate alla celiachia;
   alla luce di quanto esposto in estrema sintesi, appare comunque chiaro che la diffusione di un'informazione adeguata è lo strumento principale per riuscire a far emergere le diagnosi ancora sconosciute, si stima infatti che circa l'1 per cento della popolazione italiana sia affetta da celiachia (circa 600.000 individui) ma attualmente solo poco più di 120.000 risultano diagnosticati;
   la relazione annuale al Parlamento circa l'aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di malattia celiaca, rappresenta, quindi, un'occasione davvero molto importante per riuscire a sensibilizzare l'opinione pubblica e contribuire ad elevare l'attenzione su questa patologia e sugli strumenti necessari ed adeguati per fronteggiarla;
   quest'anno, purtroppo, la relazione annuale di aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di malattia celiaca non risulta purtroppo ancora presentata –:
   quali siano i motivi di tale ritardo e quali i tempi entro i quali intende assolvere al proprio dovere istituzionale.
(4-18002)

  Risposta. — Come ogni anno, il Ministro della salute ha trasmesso la relazione annuale al Parlamento sulla celiachia ai Presidenti della Camera e del Senato; inoltre, ai fini di una maggiore diffusione delle informazioni, il documento è stato pubblicato «on-line» al seguente indirizzo: http://www.sahite.gov.it/imgs/C–17–pubblicazioni 1841–allegato.pdf.
  Quest'anno la trasmissione è stata effettuata in data 24 ottobre 2012.
  Le modalità e le tempistiche di presentazione della relazione annuale al Parlamento, prevista all'articolo 6 della legge n. 123 del 2005, sono specificate nel provvedimento attuativo del 16 marzo 2006: «Accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, concernente criteri per la ripartizione dei fondi, di cui agli articoli 4 e 5 della legge 4 luglio 2005, n. 123».
  Tale provvedimento prevede che, alla fine di ogni anno, siano presentati i dati sulla celiachia provenienti dal territorio nazionale relativi all'annualità precedente.
  Il reperimento dei dati epidemiologici dalle regioni e dalle province autonome non è impresa semplice; inoltre, il Ministero della salute può procedere con l'elaborazione e l'analisi dei dati solo quando le regioni e le province autonome trasmettono tutti i dati.
  Questo significa che la raccolta dei dati diventa un punto critico che determina la tempistica reale della pubblicazione, fermo restando il rispetto delle tempistiche richieste per legge.
  Al fine di adempiere alle disposizioni previste dalla citata legge, presso il Ministero è stato istituito un gruppo di lavoro di esperti, che ogni anno valuta i dati trasmessi dalle regioni/province autonome, nonché formalizza la ripartizione dei fondi previsti agli articoli 4 e 5 della stessa legge n. 123 del 2005.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   LARATTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro della salute nello scorso dicembre ha proposto una bozza di patto della salute alle Regioni;
   nella giornata di mercoledì 25 gennaio la prima bozza di documento delle regioni ha iniziato a circolare, riportando all'interno del paragrafo sul riordino delle cure primarie un comma preoccupante, frutto di una visione in accettabile;
   si scrive infatti: «L'assistenza della Pediatria di libera scelta non è garantita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Numerose aree del territorio nazionale soffrono di una carenza di pediatri e le regioni sono costrette ad incrementare significativamente il numero dei minori in carico ai PLS. Vanno quindi modificate le norme convenzionali che regolano i parametri relativi agli assistiti in carico, prevedendo di assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai MMG»;
   la proposta di limitare l'assistenza del pediatra di famiglia a primi sei anni di vita e di affidare la cura del bambino dai sette anni in poi al medico di medicina generale, pone problemi giuridici legati all'imposizione per legge dell'assistenza sanitaria ai soggetti in età pediatrica a medici non specialisti in pediatria;
   senza entrare nel merito alla professionalità dei medici di medicina generale, è indubbio che l'assistenza prestata da un medico non specialista non può essere uguale a quella del medico specializzato in quel ramo. Certamente un medico generalista si troverebbe in difficoltà ad affrontare le patologie proprie del bambino, così come un pediatra si trova in difficoltà a curare un anziano con tutte le sue specificità assistenziali;
   la motivazione principale che emerge dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni sarebbe di tipo economico in quanto i pediatri «costerebbero troppo». Non bisogna essere degli esperti in economia sanitaria per capire che questa motivazione è frutto di valutazioni completamente sbagliate e superficiali e che, anzi, la suddetta scelta sarebbe prima di tutto un errore di tipo economico;
   secondo Antonio Gurnari – Vicepresidente Nazionale FIMP (Federazione italiana medici pediatri) il pediatra di famiglia costa alla comunità circa 24 euro in più per ogni assistito rispetto a quanto viene pagato il medico di medicina generale. Tale spesa è ampiamente recuperata evitando la prescrizione inappropriata di due confezioni di antibiotico durante l'anno. Tanto costa l'assistenza del pediatra di famiglia in Italia; senza contare l'inevitabile aumento dei ricoveri dei bambini in ospedale e l'aumento della prescrizione di esami per ogni dubbio diagnostico;
   un'altra motivazione è che la carenza di pediatri, il cui numero si sta progressivamente riducendo dagli attuali 15.000 circa, fino a dimezzarsi nel 2025. Tale approccio a questa problematica appare a dir poco paradossale, ritenendo di dover far pagare lo scotto delle carenza di pediatri ai bambini ed alla loro salute e crescita, non affrontando, invece, seriamente, il problema del bassissimo numero di posti di specializzazione in pediatria in tutte le università italiane. In Calabria, ad esempio si specializzano solo cinque pediatri all'anno;
   il coordinatore della conferenza dei presidenti, Vasco Errani, ha espresso una nota nella quale ha sostanzialmente preso le distanze dal documento «incriminato», affermando che «le ipotesi tecniche già circolate non sono state discusse né vagliate dalla conferenza delle regioni e non rappresentano quindi la base della discussione» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se sia nelle intenzioni dell'Esecutivo di «assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai MMG»;
   se non sia il caso di valutare approfonditamente una eventuale scelta del genere, alla luce della gravi conseguenze che questa arrecherebbe esclusivamente ai bambini e alla loro salute in una delicata fase di crescita;
   se non si intenda affrontare decisamente ed immediatamente il problema della grave carenza di specializzazione in pediatria che caratterizza le università italiane, con punte molto alte in quelle meridionali. (4-14723)

  Risposta. — In riferimento alla questione sollevata nell'interrogazione in esame, a cui si risponde a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della salute fa preliminarmente presente che le notizie, riportate da alcuni organi di informazione, relative all'inserimento, nel nuovo patto per la salute 2013-2015, di una proposta avente ad oggetto il ridimensionamento dell'assistenza pediatrica ai bambini al di sotto dei 6 anni, sono prive di fondamento.
  Infatti, l'ufficio stampa di questo ministero, nel comunicato stampa n. 19 del 30 gennaio 2012, ha provveduto a rendere noto che il Ministro e gli organi tecnici del Ministero della salute non hanno mai preso in considerazione una siffatta ipotesi, trattandosi di una proposta tecnica, e non politica, predisposta dai direttori degli assessorati regionali alla sanità.
  In particolare, nel suddetto comunicato, si legge: «[...] Nel documento ministeriale sulle cure primarie presentato al tavolo tecnico per il rinnovo del patto per la salute l'ipotesi assolutamente non è prevista, né risulta che il documento sia stato trasmesso al ministero e che esista una sua validazione politica da parte delle stesse regioni».
  Per quanto concerne le problematiche evidenziate nell'interrogazione, si rappresenta che la pediatria di famiglia costituisce una risorsa del servizio sanitario nazionale volta a tutelare, non solo la salute del bambino e dell'adolescente, ma anche a garantire un'assistenza sanitaria qualificata a livello territoriale, considerato che i pediatri sono professionisti in possesso della formazione e dell'esperienza professionale idonee ad assicurare una attenzione sia alla diagnosi ed alla cura dei problemi di salute contingenti, che al benessere della maternità, dell'infanzia e dell'adolescenza.
  A tal fine, è stato attivato presso questo dicastero il tavolo tecnico «Cure primarie e integrazione ospedale territorio», costituito da rappresentanti delle organizzazioni sindacali e del Ministero della salute e volto alla progettazione del riordino dell'assistenza primaria affinché, in un'ottica di riforma globale del settore, la pediatria di famiglia, quale componente delle cure primarie, garantisca agli utenti, nell'ambito pediatrico, una continuità dei percorsi di diagnosi e di cura attraverso un'integrazione tra servizi territoriali e tra territorio ed ospedale, con una conseguente redistribuzione delle risorse necessarie al potenziamento delle cure pediatriche territoriali.
  A tal proposito, è opportuno rilevare che la carenza generalizzata dei medici pediatri rappresenta un annoso problema, fortemente aggravato dalla crisi collegata al mancato ricambio generazionale, nonché dal contesto di crescente complessità sociale, dall'aumento delle patologie croniche e delle condizioni di cronicità e disabilità: fattori che rendono notevolmente complesso coprire il fabbisogno del territorio e degli ospedali.
  A tal proposito, dall'anno accademico 2009/2010 all'anno accademico 2011/2012, i contratti assegnati alle scuole di specializzazione in pediatria sono aumentati di circa il 49 per cento. In particolare, si è passati da 212 contratti per il 2009/2010 a 264 per il 2010/2011, fino a giungere a 315 contratti nell'ultimo anno accademico. Tale incremento è stato proposto e fortemente sostenuto dal Ministero della salute proprio in considerazione della nota carenza di medici pediatri ed assume un notevole rilievo, laddove il fabbisogno complessivo espresso dalle regioni per tutte le specializzazioni mediche relative all'anno accademico 2011/2012 è pari a 8.439 e le attuali fonti di finanziamento consentono di formare annualmente un totale di 5.000 nuovi specializzandi.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   LENZI, FONTANELLI, GRASSI, MURER, FARINA COSCIONI, SBROLLINI, BURTONE, D'INCECCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   molti pazienti emofilici, infettati dal virus dell'HIV e da epatite C e B negli anni ’80 e ’90 in seguito a trasfusioni di sangue o ad assunzione di emoderivati infetti, hanno ricevuto nei giorni scorsi dal ministero della salute delle e-mail con posta elettronica certificata nelle quali vengono informati che non riceveranno alcun rimborso per il danno subito;
   si tratta di persone che, in seguito alla legge n. 244 del 2007, avevano accettato di non intentare causa al Ministero (o di sospendere i procedimenti in corso) per accedere ad una transazione;
   questo è avvenuto perché il Ministero della salute ha pubblicato, a distanza di oltre due anni dalla scadenza del termine di presentazione delle domande di adesione a transazione (19 gennaio 2010) sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio 2012 il decreto ministeriale datato 4 maggio 2012 contenente i «moduli transattivi» in applicazione dell'articolo 5 del decreto n. 132 del 2009;
   dalla prescrizione prevista dall'articolo 5, comma 1, del decreto sono esclusi dalla transazione coloro che hanno promosso causa di risarcimento danni nei confronti del Ministero della salute oltre i 5 anni dalla data di presentazione in sede amministrativa dell'istanza di indennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992 (ovvero oltre i dieci anni dal decesso del soggetto danneggiato: nel caso si tratti di eredi di soggetti deceduti) ovvero oltre i 5 anni dalla data antecedente (alla domanda di indennizzo) rispetto alla quale risulti già documentata la piena conoscenza della patologia da parte del danneggiato;
   al riguardo, si osserva che, in maniera non conforme al diritto, non è prevista in decreto la possibilità di tenere conto dell'esistenza di eventuali atti interruttivi della prescrizione (ad esempio, diffide stragiudiziali); si osserva, altresì, come, sul punto, l'analogia e coerenza con la precedente transazione dell'anno 2003 non sia stata affatto rispettata, in quanto, all'epoca, non si tenne conto di alcun termine prescrizionale al fine di addivenire alla stipula delle transazioni;
   inoltre, al comma 2 dell'articolo 5, si prevede che saranno esclusi dalle transazioni i soggetti per i quali risulti un evento trasfusionale anteriore al 24 luglio 1978, data di emanazione della circolare ministeriale n. 68 che aveva reso obbligatoria la ricerca dell'antigene dell'epatite B nel sangue ed emoderivati; siffatta previsione, ancora una volta al di fuori di ogni «analogia e coerenza» con le transazioni del 2003, è a giudizio degli interroganti del tutto illogica ed erronea poiché la giurisprudenza di merito e di legittimità ha in più occasioni chiarito che la responsabilità da contagio post-trasfusionale in capo al Ministero della salute sussiste quantomeno a decorrere dai primi anni ’70 (e non mancano pronunzie di merito che la fanno risalire alla fine degli anni ’60);
   ne consegue ad avviso degli interroganti una illogica ed illegittima differenziazione delle somme tra categorie di soggetti danneggiati; se, infatti, le somme previste dal decreto in favore dei soggetti affetti da emofilia e da talassemia sono del tutto congrue ed in linea con la precedente transazione, non si può dire altrettanto per quanto concerne i soggetti emotrasfusi occasionali (nonché danneggiati da vaccinazioni obbligatorie o affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie) per i quali sono state previste, in particolar modo in relazione alle categorie di ascrivibilità tabellare prossime alla ottava, delle somme che in non pochi casi è possibile definire irrisorie;
   inoltre, si prevede una differenziazione tra soggetti deceduti con nesso causale e senza nesso causale; ed infatti, se da un lato, ai soggetti emofilici e talassemici deceduti verranno corrisposte somme di importo equivalente a prescindere dall'esistenza o meno del nesso causale tra la patologia post-trasfusionale ed il decesso (in analogia e coerenza con le precedenti transazioni), non altrettanto può dirsi per le altre categorie di soggetti danneggiati per i quali il decreto prevede non solo una inaccettabile riduzione delle somme ma altresì una netta differenziazione tra soggetti deceduti con e senza nesso causale;
   inoltre, diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno riconosciuto il Ministero della salute responsabile degli omessi controlli –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere i criteri e le modalità previste all'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto ministeriale 13 luglio 2012, al fine di scongiurare una discriminazione nel riconoscimento dei propri diritti a soggetti danneggiati per una mancanza di controllo da parte dello Stato visto che è facilmente prevedibile una nuova serie di cause e il possibile ricorso alla Corte Costituzionale per palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione. (4-18507)

  Risposta. — L'interrogazione in esame richiede quali siano le iniziative da assumere al fine di rivedere i criteri e le modalità previste dal decreto ministeriale 4 maggio 2012, che definisce i moduli transattivi in applicazione dell'articolo 5 del decreto ministeriale 28 aprile 2009, n. 132, al fine di scongiurare una discriminazione fra soggetti danneggiati.
  In particolare, viene osservato che:
   in seguito alla legge n. 244 del 2007 molti pazienti emofilici, infettati a seguito di trasfusioni di sangue o emoderivati infetti, per accedere ad una transazione hanno accettato di non intentare causa al Ministero della salute o di sospendere i procedimenti in corso;
   non è prevista la possibilità di tener conto dell'esistenza di eventuali atti interruttivi della prescrizione;
   l'analogia e coerenza con la precedente transazione dell'anno 2003 non è rispettata, in quanto allora non si tenne conto di alcun termine prescrizionale, né dell'epoca degli eventi trasfusionali per addivenire alla stipula delle transazioni;
   ne è conseguita un'illegittima differenziazione degli importi riconosciuti a titolo transattivo fra categorie di danneggiati, in particolare per i soggetti emotrasfusi occasionali.

  In ordine al primo punto, il Ministero della salute intende sottolineare che il requisito essenziale per poter accedere all'operazione transattiva, è l'esistenza di giudizi tuttora pendenti, aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto al risarcimento.
  Con riferimento alle altre questioni sollevate, si precisa che il decreto ministeriale 4 maggio 2012 definisce i moduli transattivi da applicare a tutte le categorie di soggetti individuati dalla normativa vigente, in attuazione di quanto disposto dal regolamento di esecuzione delle leggi 29 novembre 2007, n. 222, e 24 dicembre 2007, n. 244, approvato con decreto ministeriale 28 aprile 2009, n. 132.

Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   MANCUSO, BOCCIARDO, BARANI, DE LUCA e GIRLANDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinanza per la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani non è più vigente dal 27 ottobre 2010;
   il TAR del Lazio ha sospeso l'ordinanza per fumus boni juris;
   in XII Commissione (affari sociali e sanità) è appena terminato l'esame emendativo di un testo unificato recante disposizioni volte a modificare la legge n. 281 del 1991 «Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo» e contenente norme anche relative all'aggressione dei cani;
   l’iter di approvazione del progetto di riforma potrebbe chiedere tempi relativamente lunghi;
   fino all'approvazione finale del testo da parte dell'Assemblea si ha un vuoto normativo che porta ad un parallelo vuoto culturale;
   la cronaca recente riporta, purtroppo, numerosi casi di aggressioni dell'uomo da parte di cani randagi, con esiti mortali –:
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza, nelle more della definizione di una normativa organica, per la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani. (4-15277)

  Risposta. — Come indicato nell'interrogazione in esame, il Tar-Lazio ha sospeso l'ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani del 22 marzo 2011, recante differimento del termine di efficacia e modificazioni dell'ordinanza 3 marzo 2009.
  Si evidenzia che il riferimento all'articolo 10 della Convenzione europea sulla protezione degli animali d'affezione, ratificata con legge 4 novembre 2010, n. 201, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), dell'ordinanza ministeriale 9 marzo 2009 e successive modifiche, è stato uno dei principali motivi del ricorso al Tar; tuttavia, la stessa legge è entrata in applicazione il 1o novembre 2011, rendendo esecutivo il divieto di mutilazione degli animali d'affezione per fini non curativi, indipendentemente dall'ordinanza ministeriale oggi sospesa.
  In data 14 settembre 2012 sono pervenute all'attenzione del Ministero della salute le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 7759/2012 e n. 7782/2012, in merito ai ricorsi per l'annullamento dell'ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani del 22 marzo 2011.
  Dalla disamina dei due provvedimenti giurisdizionali, risulta che il Tar del Lazio ha annullato l'impugnata ordinanza ministeriale del 22 marzo 2011, limitatamente alle disposizioni contestate, ovvero quelle contenute all'articolo 1, comma 2, lettera b), della stessa ordinanza, concernenti la sostituzione della lettera d): «gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi in conformità all'articolo 10 della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, ratificata con la legge 4 novembre 2010, n. 201» e la modifica della lettera e) dell'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza ministeriale 3 marzo 2009, relativa al loro divieto di esposizione.
  Pertanto, il Ministero della salute ha tempestivamente provveduto arichiamare l'attenzione sulla vigenza di tutte le restanti disposizioni della citata ordinanza ministeriale agli assessorati delle regioni e province autonome, nonché agli altri enti ed associazioni interessati, ribadendo quanto previsto dalla legge 4 novembre 2010, n. 201, ed entrata in applicazione il giorno 1o novembre 2011.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   MANCUSO e GIRLANDA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il farmaco è un bene primario;
   ricorrere a farmaci contraffatti significa incontrare altissimi danni per la salute e rischi economici per il Sistema sanitario nazionale;
   la rete di distribuzione farmaceutica italiana è considerata unanimemente, nel panorama internazionale, tra le più sicure;
   la protezione garantita dal sistema di tracciatura che permette di seguire i farmaci in tutto il loro percorso, dal produttore alla farmacia, fa sì che i farmaci contraffatti possano raggiungere il consumatore italiano solo quando questi ricorra a canali non autorizzati;
   le farmacie illegali presenti sulla rete rappresentano oggi uno dei principali canali di distribuzione dei farmaci contraffatti;
   secondo il servizio di verifica statunitense Legiscript, il 99 per cento delle farmacie on line non rispetta gli standard di legge;
   dagli studi effettuati indipendentemente da diverse istituzioni – tra le altre, l'European federation of pharmaceutical industries and associations (EFPIA), l'Agenzia italiana del farmaco (ALFA) e la World Health Organization (WHO) – emerge che la percentuale di siti illegali che spediscono farmaci di scarsa qualità, non autorizzati o contraffatti, supera il 50 per cento;
   il ricorso a farmacie on line in Italia è illegale e tuttora abbastanza limitato: la sicurezza della rete legale, la rimborsabilità dei farmaci essenziali e la scarsa propensione all'uso di internet e all’e-commerce hanno sicuramente contribuito, finora, ad arginare il problema;
   la recente dilagante alfabetizzazione informatica ha, però, facilitato l'accesso a siti pericolosi e il conseguente aumento del rischio di acquisti illeciti;
   purtroppo, la recente cronaca riporta il caso della morte di una giovane ragazza di Barletta, per l'assunzione di nitrito di sodio, anziché sorbitolo, durante un test per le intolleranze in una clinica privata –:
   se il Governo intenda promuovere iniziative normative sul punto, onde stringere la vigilanza informatica sui siti internet di vendita di farmaci o di integratori. (4-15509)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in oggetto sulla base degli elementi acquisiti presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
  L'Aifa dedica da tempo particolare attenzione al problema della contraffazione farmaceutica, anche riferito alle farmacie on-line illegali, che spesso sono responsabili della diffusione di prodotti contraffatti, non fabbricati in conformità alle norme GMP (Good manufacturing practice) riconosciute a livello mondiale.
  I risultati ottenuti fino ad oggi hanno permesso di tenere sotto controllo il mercato nazionale e, inoltre, l'Italia è considerata tra i Paesi guida nella lotta alla contraffazione farmaceutica, come è testimoniato, tra l'altro, dal ruolo di coordinamento o presidenza ricoperto dall'Aifa nei principali gruppi di lavoro internazionali che si occupano del contrasto al fenomeno, come quelli che hanno contribuito allo sviluppo di due recenti strumenti normativi: la direttiva 2011/62/UE, che introduce modifiche in chiave anticontraffattiva al codice farmaceutico europeo e la convenzione mediCrime del Consiglio d'Europa che introduce norme di diritto penale applicabili nei casi di falsificazione di prodotti sanitari.
  Nello specifico, sebbene non sia possibile impedire, sistematicamente, il ricorso da parte dei pazienti a canali di approvvigionamento illeciti, sono state predisposte, tuttavia, attività continuative di investigazione, informazione al pubblico e formazione degli operatori che hanno permesso di ridurre la portata del fenomeno e di procedere, altresì, a sequestri di farmaci illegali e alla chiusura di siti internet dediti a questo commercio pericoloso.
  In generale, l'attenzione dedicata al fenomeno della contraffazione è testimoniata dall'istituzione, con determinazione Aifa del 2007, della task-force nazionale Impact Italia, della quale fanno parte, oltre all'Aifa, anche il Ministero della salute, il comando carabinieri per la tutela della salute-NAS, l'istituto superiore di sanità (ISS), l'agenzia delle dogane, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'interno attraverso la polizia criminale.
  La struttura della task-force consente inoltre la partecipazione, per progetti mirati, anche di attori privati del settore e di associazioni non direttamente coinvolte.
  Impact Italia ha promosso, e promuove tuttora, una serie di iniziative divulgative di formazione e informazione, finalizzate a contrastare il fenomeno.
  Con riferimento al legame esistente tra Internet e la contraffazione farmaceutica, è opportuno sottolineare che, attualmente, la legislazione italiana vieta ogni possibile forma di compravendita di farmaci on-line. Si richiama, in tal senso, l'articolo 122 del testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265) il quale stabilisce che «la vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non è permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilità del titolare della medesima».
  Pertanto, per poter acquistare un farmaco, la vendita deve essere effettuata da parte di un farmacista e l'acquisto deve avvenire presso un esercizio individuato (la farmacia), sotto la responsabilità del suo titolare.
  A completare il quadro, si aggiungono le previsioni contenute nell'articolo 5 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, recante interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci, il quale dispone che gli esercizi commerciali di piccola, media e grande struttura (cosiddetto «parafarmacie») possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e che la vendita deve essere effettuata nell'ambito di un apposito reparto, con l'assistenza di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine.
  La ratio di tali disposizioni si rinviene, sostanzialmente, nella necessità di fornire al cliente-paziente un'assistenza qualificata nell'acquisto del farmaco, come espressamente previsto in diverse disposizioni del decreto legislativo n. 219 del 2006 (articolo 77 comma 1, lettera d) punto 8; articolo 96, comma 2 e articolo 121, comma 2).
  L'esistenza di un quadro normativo comunque consolidato non è di per sé un deterrente sufficiente contro il ricorso dei pazienti italiani a farmacie on-line estere, e le attività di contrasto diretto ai siti illegali incontrano difficoltà anche in considerazione dei problemi connessi alla localizzazione territoriale dei siti web e, conseguentemente, della legislazione applicabile alle transazioni tramite questi operate (spesso il luogo di ubicazione del server non coincide con la sede legale del venditore) e dei vincoli che non consentono di effettuare controlli approfonditi sulle transazioni commerciali. Ciò rende di fatto possibile portare a termine l'acquisto di un farmaco on line, sia dall'Europa che da Paesi terzi — ove la vendita potrebbe a tutti gli effetti essere legale.
  Occorre, inoltre, rilevare che in Italia e in molti altri paesi esiste una lacuna normativa in questo specifico settore rispetto alla legalizzazione delle farmacie on line e alle conseguenti azioni per contrastare quelle non autorizzate: tra gli elementi che rendono complesse tali attività, vanno citati la «volatilità» delle farmacie on-line e l'assenza di confini precisi (un farmaco contraffatto è acquistato attraverso internet da utenti di un determinato Paese, è prodotto in altri Paesi e transita attraverso altri Paesi ancora).
  La difficoltà nel disciplinare tale situazione rimarca l'esigenza di un approccio multisettoriale e cooperativo a livello internazionale.
  Una soluzione a tale carenza sarà presto rappresentata, almeno in parte, dal recepimento, da parte degli Stati membri, delle modifiche apportate alla direttiva 2001/83/CE dalla successiva direttiva 2011/62/UE, che prevede una maggior regolamentazione delle farmacie on-line; l'Aifa ritiene che, in prima applicazione, le misure delineate nella nuova direttiva rappresentino già un apparato sufficiente alla regolazione del settore, che potrà essere reso più stringente una volta effettuata la valutazione dell'efficacia della stessa direttiva, che risulta prevista anche nell'atto normativo in questione.
  Tra le iniziative promosse dall'Aifa, si segnala un primo studio, finalizzato ad approfondire il fenomeno della vendita di medicinali attraverso internet, realizzato nel 2007 in collaborazione tra Aifa e World health organization (WHO). I risultati emersi dagli acquisti di controllo, effettuati da siti precedentemente individuati, hanno confermato che, nella grande maggioranza dei casi, i farmaci venduti attraverso il web sono contraffatti. Gli esiti di tale studio hanno, inoltre, consentito di caratterizzare meglio il fenomeno emergente, portando alla luce le diverse tipologie di farmacie presenti su internet.
  Successivamente, sono stati sviluppati due ulteriori approfondimenti:
   il primo, realizzato dall'Aifa; in collaborazione con un'agenzia di intelligence informatica (IT), finalizzato a caratterizzare ulteriormente il fenomeno delle farmacie on-line. Sulla base dei risultati conseguiti, è stato possibile delineare tre diverse tipologie di farmacie on-line, indicate come:
    legali, autorizzate e controllate;
    illegali, prive di autorizzazione e certificazione;
    false, dedicate alla mera truffa;
   il secondo, realizzato sempre dall'Aifa, in collaborazione con un'altra agenzia di intelligence informatica (IT), mirato ad indagare le tecniche di promozione e diffusione di anabolizzanti e steroidi attraverso la rete dei social network.

  È utile ricordare che, nonostante l'ampia diffusione del mercato elettronico, la propensione agli acquisti on-line da parte della popolazione italiana è inferiore rispetto a quella di altri Paesi.
  Nel settembre 2010, l'Aifa, al fine di approfondire tale questione, ha realizzato in collaborazione con un istituto privato una ricerca su «l'acquisto on-line di farmaci in Italia: conoscenza, giudizi e diffusione», finalizzata a definire un quadro reale del problema.
  Oltre alle attività sopra menzionate, sono state poste in essere dall'Aifa le ulteriori iniziative elencate di seguito:
   la campagna di informazione, realizzata a livello nazionale da Impact Italia, allo scopo di informare il pubblico sui rischi legati all'acquisto di farmaci attraverso internet;
   la realizzazione di un volume interamente dedicato al fenomeno della contraffazione farmaceutica, disponibile in versione italiana e inglese;

   la gestione di eventi formativi «ad hoc» per gli operatori di forze di polizia e dogane che quotidianamente si confrontano con casi sospetti di contraffazione e/o importazione illegale.

  Nel maggio 2011, l'Agenzia ha, inoltre, siglato un memorandum d'intesa con il servizio privato statunitense di verifica e controllo delle farmacie on-line «LegitScript», l'unico riconosciuto ufficialmente dalle federazioni dei farmacisti, al fine di definire un insieme uniforme di regole operative. Tale collaborazione ha già dato, nel breve tempo, importanti risultati, come testimoniato dalla chiusura di una serie di siti illegali localizzati negli Stati Uniti, ma realizzati con pagine in italiano e destinati, chiaramente, a fornire il nostro mercato.
  Inoltre, in data 26 marzo 2012, è stato pubblicato nel sito dell'Aifa il comunicato stampa n. 228, da cui emergono dati decisamente confortanti.
  Infatti, il fenomeno della contraffazione appare pressoché inesistente in Italia: la percentuale dei farmaci contraffatti presenti nel nostro mercato è pari allo 0,1 per cento, grazie principalmente al sistema di tracciabilità del farmaco, che consente il monitoraggio, attraverso il bollino a lettura ottica, di ogni singola confezione nonché alle attività di prevenzione e contrasto portate avanti, ormai da diversi anni, dalla task-force Impact Italia.
  Pertanto, si assicura che si stanno compiendo tutti gli sforzi necessari affinché episodi come quello oggetto della presente interrogazione siano gestiti con la massima efficacia, riducendo al minimo ogni possibile rischio per la salute pubblica.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   MANCUSO, GIRLANDA, DE LUCA, GIRO, CICCIOLI, CARFAGNA e BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto tra padrone e cane è rapporto di affetto vero e paragonabile a quello parentale;
   questo è vero soprattutto nel caso di persone, magari anziane, che trovano nel proprio cane la compagnia quotidiana;
   di recente una signora ricoverata per gravi patologie in una clinica di Varese ha fatto richiesta di poter ogni tanto vedere il proprio cane;
   per il regolamento interno della clinica il cane non poteva entrare nella struttura;
   il caso è finito sul tavolo del giudice tutelare di Varese, Giuseppe Buffone;
   nella sentenza si sancisce che «il sentimento per gli animali costituisce un valore e un interesse a copertura costituzionale» e che «in base all'evoluzione della coscienza sociale e dei costumi, il Parlamento ha ritenuto che un tale sentimento costituisca oramai un interesse da trarsi dal tessuto connettivo della Charta Chartarum»;
   la sentenza, infine decreta che «la Legge ha riconosciuto che l'uomo ha l'obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, e in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l'uomo e gli animali da compagnia, ha affermato l'importanza di tali animali a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società» –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per prevedere la possibilità, per i padroni ricoverati in strutture sanitarie, di essere visitati dal proprio animale, nel rispetto delle principali norme di igiene e di rispetto degli altri degenti. (4-15747)

  Risposta. — Il provvedimento del tribunale di Varese, citato nell'interrogazione parlamentare in esame, parte da presupposti ormai consolidati nel diritto comunitario e nazionale, con i quali viene riconosciuta agli animali la natura di essere senziente (articolo 13 del Trattato di Lisbona), mentre da parte dell'uomo sussiste il dovere di rispettare e tutelare tutte le creature viventi. In particolare, le misure di tutela sono sancite per gli animali d'affezione, considerando il legame che si instaura con l'uomo e per il loro valore sociale che contribuisce a migliorare la qualità della vita umana.
  La legislazione nazionale, in particolare la legge n. 281 del 1991, sancisce il principio in base al quale «lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente», principio ribadito e rafforzato in tutta la normativa emanata in materia nel corso degli anni successivi (accordo Stato-regioni del 6 febbraio 2003, legge n. 189 del 2004, legge n. 201 del 2010).
  Tra le citate norme, l'accordo pone l'accento proprio sul ruolo sociale e terapeutico dell'animale da compagnia; all'articolo 9 prevede che le regioni e le province autonome promuovono iniziative finalizzate ad «...agevolare il mantenimento del contatto delle persone, anziani e bambini in particolare, siano esse residenti presso strutture residenziali, quali case di riposo e strutture protette o ricoverate presso istituti di cura, con animale da compagnia di loro proprietà...».
  Il Ministero della salute, in questi ultimi anni, ha avviato iniziative volte a favorire la corretta relazione uomo-animale, intervenendo anche in numerose situazioni analoghe a quella messa in evidenza nell'atto ispettivo in esame.
  Infatti, si è provveduto a sollecitare le autorità territorialmente competenti, gli enti turistici, nonché le società di trasporto, affinché consentissero l'ingresso degli animali d'affezione nei luoghi pubblici, nelle spiagge e sui pubblici mezzi di trasporto, nel rispetto delle esigenze del loro benessere e delle norme igienico sanitarie.
  Inoltre, partendo dal presupposto che è ormai universalmente riconosciuto il ruolo terapeutico ed educativo degli animali, nel giugno 2009 è stato istituito il Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti con gli animali (I.a.a).
  Tra gli obiettivi del centro si evidenziano la validazione di protocolli d'intervento standard, l'individuazione di sinergie operative convalidate da metodi scientifici e l'organizzazione dei percorsi formativi per le figure coinvolte nei progetti.
  Il centro, in collaborazione con il Ministero della salute e avvalendosi di un gruppo di esperti in materia, sta elaborando le linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali, che saranno sottoposte all'attenzione della conferenza Stato-regioni, al fine di fornire modalità operative basate su criteri scientifici e di regolamentare in maniera uniforme questo delicato settore.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   MANCUSO, GIRO e CROLLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'INPS ora accorpa anche ENPALS e INPDAP;
   ciò ha comportato un allineamento, da parte di INPS, delle procedure di controllo tipiche delle pensioni private alle pensioni pubbliche, al loro metodo di calcolo e di erogazione;
   nel 2009 l'INPS adotta il sistema informatico UniEmens, che registra assunzioni, cessazioni e tutti i cambiamenti che possono modificare la situazione contributiva dei lavoratori privati;
   dal 2009 l'INPS pretende dai datori di lavoro che trasmettano in via telematica tutte le informazioni che riguardano la previdenza dei dipendenti;
   la situazione previdenziale dei dipendenti pubblici, invece, viene tenuta per lo più in modo cartaceo, complicandone e burocratizzandone la gestione;
   dai calcoli INPS è emerso, tra il 1996 e il 1998, un «vuoto informativo» sui contributi che la pubblica amministrazione ha versato ai suoi dipendenti, tale da rendere difficile se non impossibile il calcolo esatto dell'assegno per le pensioni miste e anche per quelle interamente contributive;
   questo comporta che buona parte delle pensioni pubbliche sono state finora calcolate per approssimazione e, data la mancanza di lamentele e proteste, è da supporre che siano state calcolate per eccesso;
   dai media è trapelata la notizia che alcune amministrazioni pubbliche non avrebbero pagato quanto dovuto all'INPDAP;
   data la crisi congiunturale di questi ultimi anni, molti sacrifici sono stati imposti ai lavoratori dipendenti privati;
   anche i lavoratori e i pensionati dei professionisti, la cui previdenza è gestita privatamente dalle Casse, sono stati chiamati a restrizioni e vincoli –:
   se il Governo abbia contezza della mala gestione da parte dell'INPDAP della previdenza dei dipendenti pubblici;
   se il Governo intenda fornire elementi sulla veridicità del mancato pagamento, da parte di amministrazioni pubbliche, dei contributi all'INPDAP. (4-17322)

  Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce alle preoccupazioni emerse di recente, anche in ambito parlamentare, sugli effetti dell'accorpamento di Inpdap ed Enpals nell'Inps e, nello specifico, sul deterioramento del bilancio dell'Inps tale da comportare un problema di sostenibilità dell'intero sistema pensionistico. In particolare, l'interrogazione in questione prende le mosse dal paventato mancato versamento di contributi obbligatori per legge da parte di amministrazioni pubbliche in favore del soppresso Inpdap.
  A tal proposito è opportuno evidenziare che dette preoccupazioni si fondano su una rappresentazione contabile già nota e compresa nei saldi di finanza pubblica al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, per effetto dell'incorporazione.
  Si precisa, al riguardo, che non si è verificata alcuna evasione contributiva in ambito pubblico; si può parlare, invece, di un ritardo nella corresponsione dei contributi da parte dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche, che, anziché versarli
a priori, trasferiscono all'ente previdenziale – Inpdap – le risorse mancanti per coprire le erogazioni pensionistiche.
  Si sottolinea, inoltre, che l'operazione di accorpamento ha determinato, nel suo insieme, i seguenti effetti:
   
a) l'Inps, pur mantenendo la stessa denominazione, diviene nella sostanza l'ente previdenziale della generalità dei lavoratori italiani, acquisendo tre milioni di nuovi assicurati;
   
b) dal punto di vista meramente contabile, il nuovo ente risultante dall'accorpamento nell'Inps di Inpdap e Enpals assorbe il disavanzo Inpdap;
   
c) nel nuovo Inps, dopo l'accorpamento, confluiscono tutti i trasferimenti a differente titolo dal bilancio dello Stato all'Inpdap.

  Pertanto, dal punto di vista della finanza pubblica, l'accorpamento non determina alcun effetto negativo, in quanto interviene sulla regolazione dei trasferimenti tra enti della pubblica amministrazione, con effetti di neutralità sulle singole voci (contributi/prestazioni previdenziali) del conto economico consolidato della amministrazioni pubbliche non venendo modificate le norme sostanziali che le regolano.
  In definitiva, l'operazione di accorpamento non comporta alcun effetto sulla sostenibilità del sistema previdenziale, che resta pienamente confermata, soprattutto per effetto delle modifiche ai diversi regimi pensionistici conseguenti alla recente riforma pensionistica.
  L'operazione comporta invece sicuri effetti positivi per la finanza pubblica, realizzando una notevole riduzione, crescente nel tempo, delle spese di funzionamento, attraverso l'eliminazione di duplicazioni e sovrapposizioni negli apparati, nella logistica, nelle dotazioni strumentali, eccetera, in piena rispondenza all'azione del Governo in materia di
spending review. Inoltre, l'aver creato un unico referente per l'intero settore in concomitanza con i percorsi di convergenza dei diversi regimi pensionistici risponde a una logica di miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa, funzionale a garantire più elevati e omogenei livelli di servizio a tutti gli utenti nonché a ridurre le distanze nelle performance degli enti previdenziali.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiElsa Fornero.


   MANCUSO, CROLLA, GIRLANDA, DE LUCA e BARANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il prossimo 4 ottobre 2012 verrà inaugurata ai Musei Capitolini di Roma, la mostra «L'Età dell'equilibrio», curata da Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce;
   si tratta della terza puntata del ciclo «I giorni di Roma», dedicato alla storia di Roma, dall'età repubblicana fino alla tarda antichità;
   si sta concludendo il relativo allestimento nel Palazzo dei Conservatori, appena liberato dalla mostra «Lux in Arcana», sugli archivi vaticani;
   saranno esposte statue in marmo, opere in bronzo e terracotta, arredi domestici in bronzo e argento per descrivere quella che è stata chiamata «l'era del consenso» imperiale, in sostanza il secondo secolo tra i governi di Traiano e Marc'Aurelio;
   una parte consistente delle opere che saranno esposte al Palazzo dei Conservatori proviene dal Palazzo Nuovo, cioè dagli stessi Musei Capitolini, dall'altra parte della piazza;
   si tratta di opere preziose e delicatissime come, ad esempio, i due centauri di Villa Adriana, ritrovati a Tivoli nel 1737;
   nel 2001, dovendo affrontare un restauro di tali opere, che non erano state mosse per quasi tre secoli dai Musei Capitolini, l'allora Direttrice Anna Somella decise che i tecnici di laboratorio di conservazione operassero nello stesso salone, davanti ai visitatori;
   tra Palazzo Nuovo e Palazzo dei Conservatori, sulla Piazza del Campidoglio, vi sono poco più di 50 metri di distanza;
   per tutta la durata della mostra i visitatori dei Capitolini troveranno il Salone, la Sala del Galata, quella del Fauno con molti vuoti di opere; per vederle, dovranno attraversare la piazza e pagare 4 euro in più;
   in questi tempi di crisi per tutti i settori socioeconomici, ma particolarmente pesante per il settore della cultura, sarebbe opportuno eliminare ogni spreco o spesa non congrua;
   non viene minimamente messo in discussione il valore della mostra e la sua valenza culturale –:
   di quali elementi disponga sul trasferimento delle opere di cui in premessa e se la scelta di tale spostamento sia stata valutata adeguatamente sotto il profilo della tutela di tali preziosi beni culturali. (4-17944)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, con il quale l'interrogante chiede se la scelta di spostare una parte consistente di statue e arredi dal Palazzo Nuovo al Palazzo dei Conservatori in Campidoglio per la realizzazione della Mostra «L'età dell'equilibrio» sia stata valutata attentamente sotto il profilo della tutela dei preziosi beni culturali esposti, si comunica quanto segue.
  Le richieste di autorizzazione per mostre organizzate dal comune di Roma sono inoltrate alla direzione generale delle antichità dalla competente soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, che esprime il parere tenendo conto delle esigenze di conservazione dei beni, delle precauzioni adottate per la movimentazione e valuta, altresì, la validità del progetto scientifico.
  Nel caso in esame, trattandosi di opere esposte all'interno dei musei Capitolini, non sono stati ravvisati rischi dal punto di vista della sicurezza, della tutela e della conservazione delle stesse.
  Si fa presente che le movimentazioni di beni culturali, in occasione di eventi espositivi operati dalla struttura civica, sono sempre affidate a ditte altamente specializzate nel settore e sono dirette e sorvegliate dai funzionari della sovraintendenza del comune di Roma, che assicura la conservazione dei propri beni e ne favorisce la valorizzazione anche attraverso una diversa esposizione delle opere di sua pertinenza nell'ambito dei suoi musei.
  Nel caso della mostra in esame, lo spostamento era indispensabile per la comprensione del percorso espositivo, che non può presentarsi frammentario e incoerente al pubblico ma deve essere finalizzato alla spiegazione dei fenomeni artistici oggetto dell'esposizione. L'eventuale mantenimento delle opere nella sede originaria non avrebbe assolutamente consentito una adeguata lettura del contenuto scientifico e storico-artistico della mostra.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   MARCAZZAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 settembre 2012 presso la sede dell'istituto «Bonomi-Mazzolari» di Mantova si sono svolte le convocazioni per le supplenze annuali su posto vacante nelle scuole della provincia di Mantova;
   tra i convocati erano presenti circa 70 precari con abilitazione nelle diverse classi di concorso, inseriti in graduatoria permanente ad esaurimento della provincia di Mantova, con più di 36 mesi di servizio scolastico i quali in data 13 e 14 dicembre 2011 con più sentenze emesse dal tribunale di Mantova, sezione lavoro, poi passate in giudicato, avevano ottenuto il risarcimento del danno da fatto illecito per aver il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stipulato con i ricorrenti più contratti a tempo determinato, violando la normativa comunitaria (direttiva europea 1999/70/CE) e per questo causando agli stessi un danno ingiusto;
   sempre in data 5 settembre 2012, durante le convocazioni, la dirigente dell'ufficio scolastico territoriale di Mantova, dava lettura di una circolare interna, a firma del dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale, che disponeva che non potevano essere stipulati con i ricorrenti nuovi contratti a tempo determinato stante che «il carattere illecito dei contratti, vieta all'amministrazione di avvalersi nuovamente di quel lavoratore per il futuro (...);
   durante la riunione citata d'urgenza comunicava, sempre verbalmente, che avrebbe proceduto alla nomina di coloro i quali allo stato attuale non erano usciti vincitori, con sentenza passata in giudicato, dei ricorsi per la stabilizzazione;
   in definitiva per chi da anni aveva insegnato nella scuola ed aveva avuto riconosciuto un danno ingiusto, a causa della circolare protocollo MIUR AOODRLO R.U. 11983 del 5 settembre 2012 non avrebbe più potuto insegnare;
   in data 7 settembre 2012 venivano pubblicate sul sito AT Mantova le date delle convocazioni. Le operazioni di supplenza del docenti di area scientifica, delle graduatorie ad esaurimento venivano previste per il giorno 11 settembre 2012. L'annuncio prevedeva tuttavia l'esclusione dei beneficiari delle diverse sentenze emesse in data 13-14 dicembre 2011 dal tribunale di Mantova a ciò ostando le specifiche statuizioni delle pronunce, fatta comunque salva la possibilità per i candidati stessi, di addivenire ad una bonaria composizione della questione in sede di conciliazione con l'amministrazione, mediante adesione alla procedura di cui all'articolo 135 del vigente CCNL comparto scuola;
   in data 10 settembre 2012 il tribunale di Mantova in funzione di giudice dei lavoro, su ricorso presentato da alcuni ricorrenti, decretava inaudita altera parte l'illegittimità della esclusione dei ricorrenti dalle graduatorie per le supplenze ordinando al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di reinserire gli stessi nella graduatoria nella posizione precedentemente occupata, con l'adozione dei conseguenti provvedimenti in relazione alle assegnazioni cui avevano diritto;
   nonostante ciò l'Ufficio scolastico provinciale, che mai aveva comunicato per iscritto l'esclusione dalla graduatoria permanente ai docenti interessati, proseguiva nella sottoscrizione di conciliazioni, contattando in alcuni casi anche personalmente e telefonicamente i suddetti precari vincitori delle diverse cause di lavoro, in data successiva alla notifica del decreto d'urgenza, paventando loro una possibile sconfitta in Cassazione, con il seguente pericolo concreto di perdere per sempre il proprio lavoro. Tali concisioni venivano dunque sottoscritte in assenza di rappresentanti sindacali e dei procuratori delle parti, nonostante l'ufficio scolastico provinciale fosse perfettamente a conoscenza del mandato conferito dai ricorrenti ai loro legali, delegati anche a transigere e a conciliare la vertenza;
   in data 25 settembre 2012 si teneva l'udienza innanzi al giudice del lavoro ove l'ufficio scolastico provinciale chiedeva un rinvio di udienza per produrre i contratti di lavoro in realtà mai sottoscritti alla data, dai precari «ribelli»;
   in definitiva l'ufficio scolastico provinciale non aveva ottemperato all'ordine del giudice del lavoro, tant’è che i ricorrenti che non avevano conciliato, stavano svolgendo servizio senza aver stipulato alcun contratto di lavoro ma con una semplice presa di servizio con riserva;
   in data 29 settembre 2012 li giudice del lavoro confermava 11 decreto di urgenza, non solo per chi non aveva conciliato ma anche per alcuni ricorrenti che pur avendo conciliato, non avevano allo stato rinunciato agli atti di causa;
   il caso di Mantova rappresenta un allarmante caso di violazione dei diritti dei lavoratori che per aver avuto riconosciuto dal giudice del lavoro un danno da fatto illecito (violazione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca della normativa comunitaria che prevede la stabilizzazione del posto di lavoro dopo 36 mesi di servizio) hanno dovuto subire non solo l'arbitraria esclusione dalle graduatorie per le supplenze ma addirittura hanno dovuto rinunciare agli effetti giuridici ed economici della sentenza stessa, per poter lavorare, attraverso una scandalosa procedura di conciliazione del tutto abnorme nella forma e nel contenuto –:
   se il Ministro interrogato sia conoscenza dei gravi fatti riportati e, quali iniziative, anche normative, intenda adottare al fine di risolvere la situazione in essere, attualmente fortemente compromessa per quei ricorrenti che hanno conciliato la vertenza, rinunciando ad ogni diritto per un nuovo posto precario;
   quali iniziative intenda adottare per rendere esecutive le sentenze dei vari tribunali d'Italia che non potendo direttamente stabilizzare i precari della scuola, hanno disposto il risarcimento del danno quale strumento atto a scoraggiare il comportamento illecito del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca volto a reiterare negli anni la stipulazione dei contratti a termine, in palese violazione della normativa comunitaria. (4-17976)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, riguardante il contenzioso instaurato da circa 150 supplenti (docenti e ATA) in servizio presso diversi istituti scolastici della provincia di Mantova.
  Al riguardo è stato interpellato l'ufficio scolastico regionale per la Lombardia che ha rappresentato quanto segue.
  Con una serie di ricorsi proposti al tribunale del lavoro il suddetto personale titolare di incarichi a tempo determinato ha impugnato le regole del sistema di reclutamento del personale supplente in vigore nella scuola pubblica chiedendo la stabilizzazione del rapporto di lavoro a tempo determinato e la condanna dell'amministrazione al pagamento delle differenze stipendiali.
  Nel dicembre del 2011 il giudice adito ha emesso 18 sentenze con cui sono state parzialmente accolte le domande dei ricorrenti.
  In particolare, sulla base di quanto disposto dalla clausola 5 dell'accordo quadro recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, è stata confermata l'illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato e l'Amministrazione è stata condannata al risarcimento del danno. È stata viceversa rigettata la domanda di stabilizzazione del rapporto di lavoro.
  L'ufficio scolastico regionale, anche in base al parere reso dall'Avvocatura dello Stato, ha deciso di non impugnare le predette sentenze e ha dato esecuzione al giudicato liquidando le somme spettanti ai 150 ricorrenti a titolo di risarcimento.
  Successivamente il predetto ufficio ha dovuto affrontare il problema dell'illegittimità di eventuali rinnovi contrattuali a favore dei ricorrenti, considerato il principio di diritto fissato dal tribunale di Mantova. La questione è risultata tanto più grave in quanto nell'agosto del 2012, con nuovi ricorsi, i precari accusavano il Miur di aver «continuato reiterare il suo comportamento illegittimo, abusando nell'impiego di personale a tempo determinato anche per le assunzioni dell'anno scolastico 2011/2012, pur essendo stato condannato al risarcimento del danno per illegittima reiterazione dei contratti di lavoro ...».
  In considerazione di quanto sopra l'ufficio ha dato indicazione di escludere i beneficiari delle sentenze del tribunale di Mantova dalla stipula dei contratti a tempo determinato per l'anno scolastico 2012/2013.
  Molti dei destinatari del provvedimento di esclusione si sono recati nei primi giorni di settembre 2012 presso il predetto Ufficio manifestando la propria disponibilità a rinunciare agli effetti della sentenza al fine di poter essere individuati quali destinatari di un contratto di supplenza.
  Verificato che, per accogliere le istanze degli interessati, l'unico strumento che poteva avere rilevanza giuridica era la conciliazione, l'ufficio ha deciso di procedere in tal senso utilizzando le procedure di cui all'articolo 135 del vigente contratto collettivo comparto scuola.
  A mezzo comunicazione del 7 settembre 2012, pubblicata sul sito internet, gli interessati sono stati convocati per i giorni 11, 12, e 13 settembre.
  Le conciliazioni sono avvenute nel periodo compreso tra il 10 il 21 settembre 2012 tra il lavoratore e il dirigente dell'ambito territoriale di Mantova, a ciò delegato dal direttore generale regionale, e hanno interessato 40 dipendenti.
  Nel frattempo, altri soggetti interessati proponevano ricorsi con carattere d'urgenza avverso l'esclusione dalla stipula dei contratti di supplenza e nelle date dell'11, 12 e 17 settembre 2012 venivano notificati all'amministrazione i decreti del tribunale di Mantova emessi
inaudita altera parte riguardanti circa 40 ricorrenti e con i quali il predetto Tribunale dichiarava l'illegittimità dell'esclusione.
  L'amministrazione ha dato puntuale esecuzione all'ordine del giudice.
  Con le successive ordinanze del 28 settembre 2012 il tribunale di Mantova, nel confermare i suddetti provvedimenti, ha fornito la propria interpretazione dell'efficacia del giudicato formatosi nel 2011, dichiarando che le predette sentenze non implicano l'illiceità di ulteriori rinnovi contrattuali negli anni successivi alla formazione del giudicato, e ha ordinato all'amministrazione di stipulare con gli interessati nuovi contratti a termine secondo le norme vigenti.
  L'ufficio ha riferito che tutti i destinatari delle sentenze sono stati regolarmente assunti con contratto a tempo indeterminato o a termine, in adempimento dell'ordine del Giudice.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaFrancesco Profumo.


   MELIS, CALVISI, MARROCU, SCHIRRU, PES, FADDA e ARTURO MARIO LUIGI PARISI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 dicembre 2011 veniva arrestato il signor Salvatore Costanza, imprenditore edile di San Giovanni Gemini, ritenuto facente parte della famiglia mafiosa di Cammarata e responsabile del reato di cui all'articolo 416-bis; detto provvedimento veniva eseguito in ottemperanza del provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso il 10 giugno 2011 dal tribunale di Palermo;
   nel processo, in fase di decisione, il pubblico ministero, Giuseppe Fici, in data 8 maggio 2012, ha chiesto la condanna del signor Salvatore Costanza ad anni quattordici di carcere;
   detto imprenditore signor Costanza ha svolto da più di dieci anni lavori pubblici importanti nel paese di Golfo Aranci, sia tramite appalto e sub-appalto, sia tramite chiamata diretta;
   tali lavori pubblici sono stati assunti sia per conto dell'impresa intitolata allo stesso Costanza Salvatore, sia per l'impresa da lui stesso gestita Speedy Società Cooperativa a R.L. di San Giovanni Gimini (Agrigento);
   per quello che per ora si sa con certezza il signor Costanza è stato inserito negli elenchi comunali degli operatori economici da invitare nel caso di affidamento di lavori in economia di importi inferiore a 150.000,00 euro sino all'ultimo aggiornamento del 24 gennaio 2012, e quindi ben dopo l'arresto e il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso preventivamente nel giugno 2011 e poi esecutivo nel 21 dicembre 2011;
   i lavori a nome del signor Costanza Salvatore per conto del comune di Golfo Aranci, per quello per ora emerso, sono stati i seguenti:
    a) lavori di sistemazione del lungomare, così come BURAS RAS del 14 novembre 2006;
    b) lavori sistemazione strada cala moresca, in Golfo Aranci;
    c) lavori di costruzione della palestra comunale, così come da determina n. 616 del 7 giugno 2010;
    d) lavori in economia di manutenzione straordinaria dello scarico a mare 1° spiaggia, così come determina n. 870 del 3 agosto 2010;
    e) lavori di completamento illuminazione pubblica zona baia caddi
    f) lavori somma urgenza per l'esecuzione di manutenzione straordinaria sul piano viabile strada di via Magellano a Golfo Aranci, così come da determina n. 184 del 17 febbraio 2011;
    g) lavori in economia nelle scuole elementari;
   tale situazione, corredata delle circostanze qui premesse, è stata formalmente denunciata in più sedi, e in particolare con comunicazione pervenuta al Ministero dell'interno in data 30 maggio 2012, dall'avvocato Andrea Viola, consigliere comunale nel comune di Golfo Aranci –:
   se le informazioni concernenti imprese e imprenditori che sono sottoposti a procedimenti penali per associazione mafiosa siano trasmesse a tutte le prefetture italiane anche al fine di fornire agli enti locali e alle amministrazioni territoriali informazioni adeguate su possibili rischi di contiguità tra imprese e mafia. (4-16703)

  Risposta. — In ordine al quesito posto dall'interrogante si rappresenta che l'articolo 91, comma 1, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (cosiddetto «codice antimafia»), stabilisce che le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici devono acquisire la documentazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e i subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubbliche.
  Qualora i tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto, la pubblica amministrazione ha la facoltà di revocare le autorizzazioni e le concessioni e recedere dai contratti.
  Si precisa anche che lo stesso articolo 91 non pone limitazioni alla pubblica amministrazione in ordine alla possibilità di richiedere informazioni nel caso in cui le soglie comunitarie non siano superate.
  Le informazioni e le certificazioni antimafia circa la sussistenza delle cause di sospensione, di divieto o di decadenza, sono rilasciate dal prefetto a seguito di consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, in fase di realizzazione.
  In attesa dell'istituzione della banca dati, il decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive al codice antimafia (attualmente all'esame del Parlamento) prevede che, fino all'attivazione della banca dati, i soggetti interessati acquisiscano d'ufficio, tramite le prefetture, la documentazione antimafia.
  A tal fine le prefetture utilizzano il collegamento informatico alla banca dati interforze, per verificare la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, nonché i collegamenti informatici già previsti nel regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e informazioni antimafia (decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998).
  Per quanto riguarda lo specifico caso segnalato dall'interrogante si fa presente che in relazione alle vicende giudiziarie che hanno interessato il signor Salvatore Costanza, la prefettura di Agrigento ha emesso informative antimafia interdittive nei confronti della ditta individuale intestata al predetto Salvatore Costanza il 6 luglio scorso, nonché della «Speedy società cooperativa» il successivo 14 agosto.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   MELIS, CALVISI, FADDA, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES e SCHIRRU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si succedono da tempo in Sardegna attentati dinamitardi e altre gravi violenze ai danni di amministratori locali, specie delle zone interne dell'isola, nonché minacce e intimidazioni di varia natura;
   in particolare, nelle ultime settimane si sono succeduti: a) un grave atto di danneggiamento contro il sindaco di Sindia Francesco Scanu, con esplosione di un ordigno nell'autorimessa privata del sindaco; b) una lettera anonima con minacce di morte recapitata al sindaco di Nuoro Alessandro Bianchi; c) una lettera minatoria, con analoghe minacce estese alla famiglia e con allegate due pallottole, indirizzata al sindaco di Bonorva Giammario Senes;
   ognuno di questi episodi si inquadra plausibilmente i contesti diversi e trae motivazione da differenti cause, e tuttavia, tutti insieme, questi e numerosi altri simili fatti succedutisi nel 2011 e nel 2010 configurano una vera e propria offensiva, tipica della situazione sarda e in particolare della Sardegna interna, contro chi in zone difficili e isolate amministra onestamente la cosa pubblica;
   raramente le indagini hanno sinora sortito effetti positivi, restando spesso gli autori di questi delitti sconosciuti e quindi impuniti, cosa che naturalmente incoraggia la reiterazione del reato da parte degli stessi soggetti o di altri che ritengano di poter risolvere in tal modo un contenzioso nei confronti delle amministrazioni;
   più specificamente l'ultimo episodio, relativo al sindaco di Bonorva Giammario Senes, solleva alcuni interrogativi che non possono restare senza risposta. Il caso si inquadra nella annosa vicenda della tenuta forestale «Mariani», in agro comunale, una vasta tenuta (800 ettari circa) di proprietà del comune, che l'ente ha destinato da tempo ad uso di forestazione, con impiego di circa 30 lavoratori della zona;
   in tale tenuta si sono immessi abusivamente da qualche tempo quattro pastori, nativi di altra località sarda (di Orotelli), per pascolarvi le vacche, resistendo alle reiterate intimazioni del sindaco di sgombrare i luoghi per consentirne la destinazione sopra menzionata; tali individui si sono resi protagonisti inoltre di atti resistenza violenta nei confronti dei membri della locale compagnia barracellare, giungendo, nella giornata del 21 maggio, ad inseguirne e ferirne uno mentre la compagnia era impegnata a fare eseguire gli ordini del sindaco;
   contro tale stato di cose il sindaco, dopo avere esperito invano le vie bonarie, ha presentato tempestivamente una denuncia circostanziata alla procura della Repubblica, denuncia in merito alla quale (si apprende proprio in queste ore, dopo le minacce) la procura ha ritenuto in data 2 marzo 2012 di fare richiesta di archiviazione; ha emesso poi il 18 maggio 2012 una ordinanza di sgombero immediato (la n. 24), motivata oltre che dal rispetto delle precedenti delibere comunali da gravi motivi d'ordine sanitario (essendo tra l'altro il bestiame immesso abusivamente nel fondo privo degli adeguati controlli sanitari); tale ordinanza è stata come di rito resa nota alle forze dell'ordine, perché la eseguissero, nonché inviata il 21 maggio al procuratore della Repubblica di Sassari e per conoscenza al prefetto di Sassari, al questore di Sassari, al comandante provinciale dei carabinieri e al comandante della compagnia locale;
   oltre a dover sottolineare che la denuncia è stata archiviata, si osserva che nessun'altra reazione si è registrata a queste circostanziate denunzie né alcun effetto esse hanno esercitato sul protrarsi dell'abuso in atto. Il che, se nel caso della archiviazione denota ad avviso dell'interrogante una sottovalutazione della situazione di tensione creatasi nel territorio di Bonorva, nel caso della inadempienza all'ordinanza di sgombero è inspiegabile, dovendosi senz'altro ottemperare da parte della forza pubblica;
   di qui una delegittimazione di fatto dell'autorità del sindaco, quadro nel quale certamente si inserisce il criminoso episodio della lettera contenente le minacce di morte a Giammario Senes e ai suoi familiari, lettera accompagnata dall'invio di due pallottole;
   è opportuno operare urgentemente perché la legge, a Bonorva come altrove in Sardegna, sia tempestivamente rispettata e l'ordinanza del sindaco eseguita, garantendo così agli amministratori la doverosa collaborazione dello Stato in tutte le sue espressioni e rendendo chiaro che essi non agiscono uti singuli, per fini privati di ostilità a questo o quell'interesse, ma come rappresentanti dello Stato stesso e in nome dell'interesse pubblico –:
   se risultino motivi ostativi che, per lo meno dal 21 maggio sino alla data dell'episodio criminoso, non consentano di effettuare lo sgombero, contribuendo a provocare una situazione di illegalità tollerata che ha evidentemente incoraggiato l'autore delle minacce e che, protraendosi ancora, potrebbe ulteriormente motivarlo a metterle in atto;
   se siano state avviate indagini per identificare l'autore o gli autori delle minacce anonime;
   quali provvedimenti, si intendano assumere per contrastare il ripetersi di episodi simili in varie zone della Sardegna, assicurando una maggiore vigilanza e presenza sul territorio delle forze dell'ordine e fiancheggiando con maggiore efficacia le amministrazioni locali, soprattutto nel caso descritto in premessa troppo spesso lasciate sole di fronte a responsabilità sociali che, nell'attuale situazione di crisi economica, vanno facendosi di enorme peso e rilevanza. (4-17252)

  Risposta. — Gli episodi delittuosi in danno di amministratori locali segnalati in diverse province della Sardegna, si configurano, prevalentemente, non come attentati bensì quali atti intimidatori commessi soprattutto nelle aree interne, per lo più in ambiente rurale e in relazione a interessi di natura personale o, comunque, circoscritti all'ambito locale.
  Per fronteggiare tale fenomeno criminale, nel marzo 2011 è stato creato un dispositivo di
intelligence che vede coinvolte le squadre mobili e le Digos dell'Isola, con il diretto intervento di investigatori del servizio centrale operativo della direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato e del servizio centrale antiterrorismo della direzione centrale della polizia di prevenzione.
  Sono state assunte iniziative, d'intesa anche con le competenti autorità giudiziarie, che hanno consentito di raccogliere ed elaborare i dati complessivi su tali episodi delittuosi, al fine di effettuare un attento monitoraggio del fenomeno in questione. È stato messo, così, a fattor comune un consistente patrimonio informativo gestito ed alimentato dagli organismi investigativi territoriali sardi, dove operano specifici «gruppi di lavoro» misti, coordinati dalla squadra mobile e dalla Digos di Cagliari. In tale ambito sono state avviate specifiche attività investigative, anche di natura tecnica, in ordine ad alcuni episodi, sebbene esse si siano sviluppate in contesti ambientali non completamente favorevoli, anche per la scarsa propensione collaborativa da parte delle vittime dei reati.
  L'analisi investigativa e di
intelligence svolta ha evidenziato la riconducibilità degli episodi, in prevalenza, a condotte non rientranti in piani delinquenziali strutturati, né inquadrabili in specifiche strategie di carattere eversivo. Si tratterebbe di azioni poste in essere, per lo più, nell'ambito di dissidi privati o generate da contrasti inerenti la cattiva gestione dell'attività amministrativa dei singoli enti locali.
  Per quanto riguarda in particolare la provincia di Oristano, negli anni 2010 e 2011, sono stati registrati 6 atti intimidatori, nei confronti di amministratori, mentre nel corrente anno, gli episodi registrati sono stati 6.
  In relazione ai fatti più recenti, tre si sono verificati nel mese di maggio nel comune di Sedilo.
  Altri due episodi si sono verificati a giugno e riguardano il sindaco del comune di Morgongiori, nei confronti del quale è stato affisso, in una bacheca pubblica, un volantino con frasi ingiuriose e diffamatorie e, successivamente, è stato incendiato un terreno, di sua proprietà, con un centinaio di piante d'ulivo.
  Nello stesso periodo un altro atto intimidatorio è stato commesso, nei confronti di un consigliere di minoranza del comune di Bauladu con l'uccisione di un cavallo di proprietà dello stesso, al quale era stata anche mozzata la lingua.
  Tuttavia i fatti illeciti non hanno fatto registrare ripercussioni negative sulla generale condizione dell'ordine e della sicurezza pubblica delle comunità nelle quali si sono verificati, né hanno determinato le dimissioni degli amministratori cui erano diretti.
  Si è, infatti, trattato di episodi circoscritti, con la presunta finalità di esercitare forme di condizionamento delle decisioni degli amministratori ovvero di manifestare dissenso rispetto a scelte già operate o a specifici provvedimenti adottati.
  In ogni caso, tutti gli episodi sono stati puntualmente e tempestivamente esaminati nelle riunioni tecniche di coordinamento delle forze di polizia o del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, nel corso delle quali è stata effettuata un'attenta analisi in relazione sia alle vittime che al contesto delle comunità locali interessate, al fine dell'adozione delle conseguenti determinazioni, quali l'intensificazione dei contatti delle forze di polizia con gli amministratori interessati, il rafforzamento dell'attività di prevenzione e controllo del territorio e, in qualche caso, l'attivazione della vigilanza generica radiocollegata, soggetta a verifica trimestrale.
  Il fenomeno degli atti intimidatori ed attentati dinamitardi od incendiari nei confronti di amministratori locali nella provincia di Nuoro, è ancora radicato nel territorio, in quanto legato al proliferare di una mentalità retrograda ed una violenza diffusa, sovente addirittura ritenuta espressione di forme di «autotutela riconosciute dall'ordinamento barbaricino», testimoniata, in particolar modo, proprio dal persistere del fenomeno stesso che non investe solo amministratori e dipendenti pubblici, bensì – a parte le dinamiche del mondo agro pastorale – commercianti, imprenditori o semplici cittadini.
  I due episodi cui fanno cenno gli interroganti e cioè l'atto di danneggiamento subito il 23 luglio scorso dal sindaco di Sindia (attentato dinamitardo nell'autorimessa privata) e la lettera anonima con minacce di morte recapitata nello stesso periodo al sindaco di Nuoro, costituiscono come in effetti precisato correttamente nel documento parlamentare fatti autonomi, da inquadrare in contesti diversi e con differenti cause.
  Entrambe le fattispecie sono state portate all'esame del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, e sono state valutate anche con il contributo degli amministratori locali interessati.
  Nell'occasione, il sindaco di Sindia, nell'esprimere perplessità per l'atto criminoso subito che non troverebbe giustificazione sul piano dell'attività amministrativa, non è stato in grado di fornire alcun elemento sulla matrice – pubblica o privata – dell'azione criminosa.
  Riguardo, invece, alle minacce epistolari subite dal sindaco di Nuoro, queste non costituiscono un caso isolato avendo in precedenza lo stesso sindaco ricevuto altre quattro missive di analogo tenore, tutte caratterizzate dall'avversità per i lavori di realizzazione nella periferia del capoluogo della nuova caserma di Prato Sardo.
  Entrambi gli amministratori, non hanno enfatizzato gli atti criminosi subiti, che certamente nel contesto locale non incidono sul
trend per lo più positivo dell'andamento complessivo del fenomeno criminoso.
  Per quanto concerne, infine, la vicenda del sindaco di Bonorva, si precisa che la lettera minatoria inviata al primo cittadino è da inserire nell'annosa vicenda amministrativa inerente il cosiddetto «Parco Mariani» un compendio, di circa 700 ettari, localizzato lungo la strada provinciale ad est dell'abitato di Bonorva.
  Sin dalla data dell'acquisto, nel 2001, da parte dell'amministrazione comunale, i terreni di tale compendio sono diventati oggetto di polemiche politiche, legate, in particolare, all'importo del prezzo di acquisto e alla asserita mancanza di concreti progetti per la valorizzazione del parco.
  Il 1o dicembre 2008, l'amministrazione comunale, a seguito di apposito bando pubblico, concedeva in affitto, per la durata di un anno, ad alcuni imprenditori agricoli diversi lotti di terreno all'interno del parco, per svolgervi attività di pascolo.
  Nel mese di ottobre 2009 veniva concessa una proroga ai contratti di affitto vigenti, con scadenza al 30 novembre 2010.
  Successivamente, nell'aprile 2010, l'amministrazione comunale approvava una bozza di convenzione con l'ente foreste Sardegna, in base alla quale l'Ente si sarebbe fatto carico della complessiva gestione del Parco, versando una quota delle entrate al comune e consentendo, peraltro, la stabilizzazione di alcuni operai già impiegati nel compendio.
  Alla scadenza della proroga dei contratti di affitto, la maggior parte dei terreni veniva restituita dagli affittuari, i quali provvedevano, entro i termini previsti, a liberare le porzioni del compendio utilizzate per il pascolo. Tuttavia, alcuni affittuari disattendendo il termine contrattuale, non solo lasciavano il proprio bestiame nei terreni precedentemente affittati ma ignoravano anche le reiterate formali comunicazioni dell'amministrazione comunale, nelle quali veniva loro ribadito, in diverse circostanze, il diniego di ulteriori proroghe e contestualmente intimato di liberare i terreni dal bestiame.
  Al fine di far fronte a tale situazione, in data 18 maggio 2012, il sindaco di Bonorva emetteva una specifica ordinanza di sgombero immediato, finalizzata ad imporre il divieto di transito e pascolo di bestiame, anche nell'ottica di poter immettere l'Ente Foreste nel possesso dei terreni.
  Nonostante l'adozione di tale ordinanza, i terreni continuavano ad essere abusivamente utilizzati per il pascolo dai precedenti affittuari inadempienti, i quali, con il loro reiterato comportamento, impedivano al comune di effettuare la concordata cessione all'ente foreste Sardegna.
  Il successivo 26 luglio, personale addetto all'ufficio postale di Bonorva consegnava alla locale compagnia dei carabinieri un plico, dal contenuto sospetto, indirizzato al sindaco di Bonorva, all'interno del quale militari dell'Arma rinvenivano due pallottole calibro 7.65 e una missiva minacciosa nella quale si intimava al sindaco di «liberare le tenute Mariani dalle mucche dei Pittalis entro il 15 agosto».
  In data 22 agosto scorso, il sindaco partecipava ad una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, nella quale la questione veniva ulteriormente approfondita.
  Tenuto conto di tale quadro va innanzitutto posto in rilievo che sono state prontamente poste in essere, da parte dei carabinieri di Bonorva, tutte le opportune attività di prevenzione e si è provveduto all'inserimento dell'abitazione del sindaco, dei familiari e dei luoghi da loro frequentati, nell'elenco degli obiettivi sensibili, assicurandone la vigilanza dinamica. Al contempo, sono state avviate attività tecniche tese ad individuare gli autori del gesto intimidatorio.
  Inoltre è stata effettuata una ricognizione aerea ed un servizio perlustrativo all'interno del parco Mariani e, ravvisata la presenza di bestiame bovino ed equino, è stata inoltrata un'ulteriore denuncia per pascolo abusivo.
  La problematica relativa al parco Mariani deve essere inquadrata all'interno di un contesto ambientale caratterizzato da un aspro contenzioso, di natura essenzialmente civilistica, che vede contrapposti gli interessi dell'amministrazione comunale con quelli di alcuni soggetti, specificamente individuati, i quali, dopo aver usufruito legittimamente dei terreni di cui erano affittuari, si sono ostinati a non volerli rilasciare, persistendo in un comportamento illegittimo. Tali profili, peraltro, sono oggetto di una controversia civile presso il tribunale di Sassari, dalla cui celere definizione le ragioni dell'Amministrazione potranno trovare ampia soddisfazione.
  Risulta in proposito che il predetto tribunale in data 5 novembre ha emesso una sentenza con cui si intima agli affittuari di liberare – con effetto immediato – i terreni da cose, persone ed animali.
  Per quanto attiene, più specificamente, all'aspetto dell'ordine e della sicurezza pubblica, va evidenziato che la situazione è seguita con la necessaria attenzione sebbene, ad oggi, non si ravvisino elementi di specifica preoccupazione, anche in considerazione del fatto che il compendio non è usualmente frequentato dalla popolazione cittadina.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   MENIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio, Mario Monti, il 16 novembre 2012, ha ricevuto in visita a Roma il Presidente della Repubblica della Costa d'Avorio, Alassane Ouattara;
   la Costa d'Avorio, Paese francofono dell'Africa sub sahariana, è uscita quasi indenne nel 2011 da una rivoluzione civile che avrebbe potuto compromettere in modo serio la convivenza tra etnie e classi sociali del Paese;
   si apre per questo Paese una prospettiva importante di sviluppo economico, urbanistico e civile non più strettamente unito al ruolo egemone della Francia, storicamente indiscusso, per favorire un'apertura durevole verso tutti i Paesi dell'Unione europea, e dunque anche l'Italia;
   è opinione comune che questo Paese dopo dieci anni di crisi civile, possa riprendere un ruolo geopolitico strategico per il mantenimento della pace tra identità religiose in tensione crescente in tutta l'area sub sahariana: cattoliche, protestanti e mussulmane;
   la Costa d'Avorio è un punto di riferimento per lo Stato Vaticano che in questo Paese ha il cuore della sua azione pastorale nell'area e di sostegno alla pace. Una via diplomatica importante per il nostro Paese;
   la ricchezza di materie prime – anche recentemente sono stati individuati importanti giacimenti petroliferi – ne fa un Paese con solide base economiche per gli operatori stranieri –:
   quali volontà si siano manifestate nel suddetto incontro del 16 novembre 2012, tra i due presidenti ed in particolare se e come si sia valutato di rafforzare le relazioni tra i due Paesi;
   in caso affermativo, su quali settori dell'economia potrebbe incentrarsi un impegno italiano in Costa d'Avorio ed in particolare se si sia o meno valutato una prospettiva di coinvolgimento dell'ENI;
   se vi sia intenzione o meno di far seguire nuovi incontri intergovernativi e interministeriali tra i due Paesi.
(4-18990)

  Risposta. — In occasione dell'incontro dello scorso 16 novembre con il Presidente della Repubblica della Costa d'Avorio Alassane Ouattara, il Presidente Monti ha sottolineato l'eccellente livello delle relazioni bilaterali tra i due Paesi. Secondo Ouattara, il quadro di sicurezza del Paese, ancora in via di stabilizzazione, va comunque migliorando, così come il processo di riconciliazione nazionale. La stabilità consentirà alla Costa d'Avorio, di riprendere quel ruolo di «locomotiva» economica nella regione.
  Il Presidente ivoriano, nel ricordare il vasto piano di investimento varato del Governo (con risorse al 60 per cento private 40 per cento pubbliche), ha auspicato, nell'ambito del processo di differenziazione dei
partner economici, che le imprese italiane partecipino più attivamente alla ricostruzione del Paese. Il Presidente del Consiglio si è impegnato a fare da tramite con il mondo imprenditoriale per una maggiore presenza in Costa d'Avorio, ricordando anche che l'Italia è concretamente impegnata nel Paese africano partecipando – nella misura del 13 per cento – al Fondo europeo di sviluppo. L'Italia, ha proseguito il Presidente Monti, ha sostenuto l'inclusione della Costa d'Avorio anche nell'iniziativa G8 denominata «New Alliance», per la sicurezza alimentare e la nutrizione. A tale proposito, il Presidente del Consiglio, richiamando l'importanza che la Costa d'Avorio sviluppi i settori energetico ed alimentare, ha ribadito l'invito a partecipare all'Expo Milano 2015.
  Il Presidente Ouattara ha, inoltre, attirato l'attenzione sulle principali crisi regionali, in particolare di Mali e Guinea Bissau e ringraziato l'Italia per il ruolo svolto in tale ambito. Le relazioni bilaterali fra i due Paesi sono state recentemente consolidate anche dall'accordo di cancellazione totale del debito, firmato a Abidjan il 30 ottobre 2012 che consentirà di utilizzare le risorse liberate ed investirle nelle attività produttive necessarie al Paese.
  I settori dell'economia sui quali potrebbe incentrarsi un impegno italiano riguardano l'agro-alimentare, le telecomunicazioni, l'edilizia, le infrastrutture petrolifere, il rilevamento fotografico del territorio nazionale, le costruzioni, gli applicativi telematici, il legno, il cacao e le imbarcazioni militari. Riguardo alla collaborazione con l'ENI, il Presidente Ouattara, dopo l'incontro con il Presidente Monti, ha incontrato l'amministratore delegato, Scaroni, al quale ha potuto confermare l'apertura del Governo ivoriano ad un ingresso dell'ENI nel mercato del Paese. Mentre Scaroni ha chiesto di stabilire una data per l'invio ad Abidjan di un
team per la stesura di un accordo, il Presidente ivoriano ha espresso in particolare che i diritti minerari detenuti dalle società locali Yams Petroleu e Petrocil sono disponibili a società come ENI e si è detto pronto a favorire l'avvio delle trattative tra le imprese. Lo stesso Presidente ha manifestato anche molto interesse alla presenza italiana nel settore dell'innovazione energetica ed ha ricordato la presenza dell'ENI nel Paese a partire dagli anni ’60. La questione è attualmente seguita con la massima diligenza sia dall'ENI che dalla nostra ambasciata.
  La Costa d'Avorio resta un paese al quale il nostro Paese guarda con molto interesse e con il quale non mancheranno ulteriori prospettive di dialogo e di collaborazione economica.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   MESSINA e ROTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, e il decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, prevedono misure di sostegno per il settore televisivo locale, consistenti in contributi che vengono annualmente erogati dal Ministero dello sviluppo economico sulla base di graduatorie regionali redatte (con riferimento ai dipendenti occupati e ai fatturati conseguiti dalle imprese televisive locali interessate) dai Corecom Comitati regionali per le comunicazioni, a seguito di bando di gara che lo stesso Ministero deve emanare entro il 31 gennaio di ogni anno;
   tali misure di sostegno che hanno contribuito, negli anni, alla crescita e allo sviluppo delle imprese televisive locali nell'ottica di sostenere l'informazione locale di qualità, sono importantissime nell'attuale momento in cui le imprese televisive hanno dovuto affrontare rilevanti investimenti per la transizione al digitale e in considerazione della situazione di crisi del mercato pubblicitario;
   i procedimenti per l'erogazione di detti contributi statali stanno, tuttavia, subendo gravissimi inaccettabili ritardi, con evidenti ripercussioni anche per l'occupazione lavorativa nel comparto (sono molte le imprese che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga e/o che hanno avviato procedimenti di licenziamento collettivo);
   in particolare, nonostante il fatto che tutti i Corecom abbiano redatto le rispettive graduatorie regionali fin dallo scorso mese di settembre, non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini di utenza dello stanziamento dei contributi relativi all'anno 2011 le cui domande sono state presentate entro il 13 ottobre 2011 e quindi da oltre un anno (occorre, peraltro, considerare che in caso di ritardo di uno o più Corecom, è possibile definire un riparto in acconto); in conseguenza di ciò non sono stati ancora emessi i mandati di pagamento a favore delle imprese televisive locali aventi titolo;
   non è stato inoltre ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini del saldo dei contributi relativi all'anno 2010 (con riferimento al quale è stato, ad oggi, stanziato e corrisposto solo un acconto), che in mancanza di immediato intervento rischiano la perenzione;
   non è stato infine ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando relativo alle misure di sostegno per l'anno 2012 (nonostante che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, tale bando dovesse essere emanato entro il 31 gennaio 2012) –:
   quali siano le ragioni di tali ritardi, le modalità con le quali il Ministro intenda porre rimedio ai ritardi stessi, nonché i tempi nei quali i suddetti provvedimenti verranno pubblicati in Gazzetta Ufficiale e i tempi nei quali verranno erogati i contributi 2010 e 2011 alle imprese televisive locali aventi titolo. (4-18506)

  Risposta. — In riscontro alle richieste dell'interrogante, si rappresenta preliminarmente che il Ministero è pienamente consapevole dell'importanza che le misure di sostegno in favore dell'emittenza locale rivestono per incentivare la crescita editoriale ed occupazionale delle imprese operanti nel settore.
  È, perciò, particolarmente attento a garantire la fisiologia delle relative procedure di erogazione, compatibilmente con la complessità delle medesime, attualmente disciplinate del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, del quale peraltro il Ministero sta promuovendo la modifica in chiave di razionalizzazione e semplificazione.
  In merito ai ritardi nella tempistica di emanazione dei provvedimenti ai quali si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si precisa che si tratta di evenienza di carattere del tutto eccezionale.
  In particolare, l’
iter di perfezionamento del provvedimento di riparto dei contributi inerenti all'esercizio 2011, quantificati in ragione di uno stanziamento complessivo pari a euro 95.929.331, ha scontato negativamente la necessità di reiterazione del procedimento di predisposizione delle graduatorie da parte dei Corecom di diverse regioni, in adeguamento ad una pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione VI - n. 12683/2011) che ne aveva affermato l'illegittimità.
  Soltanto una volta acquisita e divenuta definitiva, a norma dell'articolo 5 del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, l'ultima di tali graduatorie, è stato quindi possibile per il competente ufficio ministeriale sbloccare l'emanazione del provvedimento, avvenuta in data 29 novembre 2012, e darvi attuazione.
  Al riguardo, si informa che la procedura è stata definitivamente portata a compimento agli inizi del corrente mese di dicembre, con l'emissione dei mandati di pagamento.
  Quanto al saldo dei contributi relativi all'anno 2010, si fa presente che i denunciati ritardi sono stati determinati dalle modalità di quantificazione del relativo importo (pari a euro 13.335.408), trattandosi di fondi che, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 2 comma 237 della legge n. 191 del 2009, derivano dalle economie accertate
ex lege n. 488 del 1999 e da ripartire nel triennio 2012/2014. Anche tale provvedimento di riparto, comunque, risulta ormai emanato (decreto ministeriale 31 ottobre 2012, registrato alla Corte dei conti il 15 novembre 2012, reg. 12, fgl. 245) e pienamente eseguito con l'emissione dei mandati.
  Per ciò che attiene, infine, alle misure di sostegno per il 2012 (circa 78 milioni di euro il relativo ammontare), si rappresenta che la procedura è stata bandita con (decreto ministeriale del 15 ottobre 2012, attualmente in corso di pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   META, GASBARRA e AMICI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a stagione estiva ormai avviata, perdura lo stato di precarietà e dunque d'incertezza per i collegamenti marittimi tra Formia e le isole di Ponza e Ventotene, con gravissime difficoltà per le attività turistiche e per i residenti isolani;
   la società di trasporto marittimo della regione Lazio «LAZIOMAR» annaspa tra inefficienze e oggettiva incapacità di rispettare l'accordo di programma tra Governo e regioni Campania e Lazio siglato il 3 novembre 2009, dove si prevedeva all'articolo 3, comma 2-b, che la società di navigazione avrebbe dovuto «assicurare la continuità del servizio durante i periodi di manutenzione ordinaria o straordinaria delle navi e garantire, comunque, la disponibilità della nave di riserva»;
   il presidente di Laziomar, Antonio Cataduella, ha dichiarato recentemente che «non vi è alcun accordo con la regione Lazio che la obblighi a munirsi di una nave di riserva» e che comunque sarebbe stata «lieta di poterne disporre, ma che questa non gli è stata trasferita dalla Caremar, e la Laziomar non ha i mezzi economici per acquistarla»;
   la società per azioni a totale capitale pubblico inoltre specifica che «il ramo d'azienda trasferito da Caremar a Laziomar non comprende nave di riserva di cui fa menzione l'accordo di programma del 3 novembre 2009, che costituisce per la regione Lazio solo un indirizzo operativo per la redazione e la stipula del contratto di servizio, redazione e stipula che non hanno avuto luogo in attesa della privatizzazione della Laziomar»;
   i mezzi in dotazione della Laziomar sono vetusti e spesso in avaria al punto tale che mentre la nave «Tetide» è ferma nel porto di Formia ormai da tre mesi, l'aliscafo «Alinlam», dopo due mesi di manutenzione nei cantieri navali, è entrato in servizio subendo un nuovo stop a causa di un'avaria in mare aperto con notevoli difficoltà per raggiungere il porto di Formia;
   per sostituire la nave «Tetide», in riparazione e la cui messa in servizio dovrebbe avvenire il 28 giugno, dallo scorso mese di marzo la Laziomar ha noleggiato dalla compagnia SNAV il catamarano «Don Francesco» con costi elevati, mentre in sostituzione dell'aliscafo «Alinlam» è stato noleggiato il mezzo «Alcione». Nel frattempo la nave Tetide dovrebbe rientrare in navigazione il 28 giugno –:
   se il Ministro sia a conoscenza dello stato disastroso dei collegamenti tra il porto di Formia e le isole di Ventotene e Ponza;
   se il Ministro non ritenga di dover intervenire per consentire che i collegamenti marittimi con le isole Pontine siano svolti da parte di Laziomar senza pregiudicare la continuità territoriale e il diritto alla mobilità dei cittadini di Ponza e Ventotene, le attività turistiche a stagione estiva ormai avviata e la sicurezza della navigazione marittima nel rispetto dell'accordo di programma citato in premessa. (4-16757)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il disposto dell'articolo 19-ter, comma 7, del decreto legge n. 135 del 25 settembre 2009, convertito con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, sancisce che a decorrere dal 1o gennaio 2010 le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione relativi ai servizi di cabotaggio marittimo di servizio pubblico che si svolgono all'interno di una regione sono esercitati dalla stessa regione.
  La predetta legge stabilisce anche il passaggio, a titolo gratuito, alle regioni territorialmente competenti, della proprietà dell'intero pacchetto azionario delle società marittime pubbliche esercenti i predetti servizi di collegamento marittimi.
  Si evidenzia, inoltre, che nella legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di stabilità 2013, all'articolo 1, commi 311, 312 e 313, è stata inserita una misura volta a consentire la corresponsione di risorse destinate a garantire la continuità territoriale dei collegamenti marittimi che si svolgono in ambito regionale, nelle more del completamento del processo di privatizzazione di competenza delle regioni Campania, Lazio e Sardegna, delle società armatoriali Caremar s.p.a., Laziomar s.p.a. e Saremar s.p.a., attualmente di proprietà delle rispettive regioni.
  L'intervento, allo scopo di non impattare con il quadro normativo dell'Unione europea, ha carattere transitorio, con l'assegnazione alle citate Regioni delle sole risorse necessarie ad assicurare i servizi resi dalle Società Caremar s.p.a., Laziomar s.p.a. e Saremar s.p.a. fino alla data del 30 giugno 2013.
  La corresponsione delle risorse è peraltro subordinata alla pubblicazione dei bandi di gara previsti dall'articolo 19-
ter, comma 9, del citato decreto-legge n. 135 del 2009) per l'individuazione del soggetto che eserciti il servizio di trasporto marittimo locale, ed alla stipula, nelle more del completamento della richiamata procedura ad evidenza pubblica, di apposite convenzioni tra le regioni Campania, Lazio e Sardegna e le società Caremar Laziomar s.p.a. e Saremar s.p.a., nel rispetto della normativa vigente.
  Ciò al fine di assicurare la continuità del servizio di trasporto pubblico reso dagli
attuali vettori, permettendo, al contempo, il completamento della fase di privatizzazione delle società di navigazione che attualmente assicurano il trasporto marittimo regionale e garantendo alle Regioni Campania, Lazio e Sardegna, in via del tutto transitoria e per un tempo definito, le quote di sovvenzione necessarie ad assicurare la prosecuzione del servizio, in modo da ovviare ai gravi disagi in cui incorrerebbero le comunità dei territori interessati qualora il servizio di collegamento marittimo fosse bruscamente interrotto.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   MORASSUT e META. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   RFI ha avviato studi e progetti per realizzare un nuovo tratto ferroviario tra la stazione di Roma-Casilina e il tratto della linea Roma-Formia che traccia il confine tra il IX ed il X Municipio del comune di Roma;
   tale opera si renderebbe necessaria ai fini di un migliore smistamento del traffico merci e passeggeri che per il tratto suddetto si svolge oggi su unico binario imponendo sempre più complesse azioni di gestione e segnalamento con inevitabili conseguenze sulla sicurezza dei convogli e sui tempi delle percorrenze; il progetto dell'opera ha messo in luce un forte impatto sui preziosi sistemi ambientali e sulle preesistenze archeologiche site nella zone di Tor Fiscale e del Mandrione e ricomprese nel sistema archeologico-naturalistico del Parco dell'Appia e del Parco degli Acquedotti;
   le aree interessate dai nuovi tracciati appartengono in larga parte ad RFI ed alla proprietà comunale per quelle porzioni di parco pubblico già citate di larga fruizione da parte di migliaia di cittadini dei municipi romani interessati, gestite da strutture cooperative sociali o direttamente da associazioni di cittadini che da anni si battono per la loro valorizzazione e che solo da poco tempo dopo anni di mobilitazione hanno ottenuto preziosi risultati recuperando aree agricole, di verde pubblico, casali antichi e percorsi archeologici che rappresentano un patrimonio assoluto di valore inestimabile;
   il progetto suddetto produce un impatto notevole anche sull'abitato avvicinando tracciati ferroviari nazionali al limite dell'abitato lungo tutto il tratto Mandrione-Tor Fiscale ed imponendo in alcuni casi espropri e abbattimenti di unità immobiliari private abitate da svariate famiglie;
   il Ministero per i beni e le attività culturali ha dato via libera alle sopraintendenze di Stato per autorizzare i primi sondaggi archeologici per realizzare i tracciati aggiuntivi e paralleli al tratto suddetto della Roma-Formia;
   le popolazioni locali chiedono una piena conoscenza preliminare e partecipativa alle scelte finali tali da salvaguardare il patrimonio di aree, di beni, di insediamenti civili e di paesaggio di una delle zone archeologiche più importanti dell'intero pianeta;
   l'ente regionale parco dell'Appia Antica ha nettamente e formalmente respinto tale progetto adducendo motivazioni sostenute da autorevoli esperti (professor Tamburrino) incaricati di esaminare cause ed impatto di tale opera che viene considerata di enorme danno ambientale non risanabile neanche con tutte le prescrizioni immaginabili dal momento che la linea di divisione esistente sul territorio già segnata dall'attuale ferrovia verrebbe rafforzata da questa nuova bretella a doppio binario che viaggiando in quota (circa 6 metri) per innestarsi sulla Roma-Formia altezza Tor Fiscale), annienta tutte le aspettative da anni e sino ad oggi auspicate dai cittadini, circa l'interramento dell'esistente tratto ferroviario;
   il Parco degli Acquedotti è il parco archeologico urbano più grande d'Europa con i suoi 240 ettari ricompresi integralmente nel più vasto Parco dell'Appia riconosciuto – quest'ultimo – per larghe porzioni patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO –:
   quali siano i tempi e lo stato di avanzamento delle procedure approvative del progetto di realizzazione della nuova tratta ferroviaria tra la stazione ferroviaria Roma-Casilina e il tracciato della Roma-Formia in premessa identificato;
   se intenda assumere iniziative presso Rete ferroviaria italiana per interrompere il percorso di definizione ed approvazione dei progetti e di avviare una fase di concertazione con il territorio e con i municipi VI, IX e X del comune di Roma per studiare una soluzione non invasiva e rispettosa dei beni comuni e delle popolazioni locali;
   se intenda assumere iniziative presso Rete ferroviaria italiana perché sia riconsiderato il progetto tenendo conto delle indicazioni del nuovo piano regolatore generale vigente di Roma e in modo particolare della necessità – da quest'ultimo evidenziata nei suoi documenti cartografici e allegati di mobilità – di risolvere il problema, cui risponderebbe il progetto RFI, nel quadro complessivo del progetto urbano San Lorenzo-Tuscolano e print di Tor Fiscale preservando le risorse ed i beni comuni sopra menzionati. (4-19260)

  Risposta. — L'intervento relativo al collegamento a doppio binario tra la stazione di Roma Casilina e la linea Roma-Formia rientra nell'ambito del potenziamento degli impianti del nodo di Roma, finalizzato ad eliminare le intersezioni dei flussi di traffico nell'impianto di Roma Casilina tra le due linee Roma-Napoli, via Cassino e via Formia, separando il traffico merci da quello viaggiatori, con conseguente miglioramento, soprattutto delle relazioni con Ciampino.
  L'intervento – che ha uno sviluppo di circa 2.000 metri – prevede il collegamento tra la linea «indipendente merci» e la linea per Formia, mediante un nuovo tracciato che parte in affiancamento ai binari per Cassino e Formia, attraversa i territori dei municipi VI, IX e X e si riconnette tramite un bivio alla linea per Formia.
  Sulla base del progetto definitivo, completato nel 2007, l'intervento è stimato in circa 34,0 milioni di euro di cui 18,2 milioni di euro per opere e 15,8 milioni di euro per espropri.
  Tale progetto, il 12 agosto 2008, è stato trasmesso preliminarmente all'ente parco regionale dell'Appia Antica, che, in data 12 maggio 2009, ha espresso parere negativo.
  Il 21 luglio 2009, Rete Ferroviaria Italiana (RFI) ha richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, informandone la regione Lazio, la provincia ed il comune di Roma, la verifica di assoggettabilità alla procedura VIA; successivamente, in data 19 luglio 2010, la stessa RFI ha trasmesso lo studio di fattibilità sulle possibili soluzioni alternative con tracciato interrato mentre, in data 2 novembre 2010, ha inviato le proprie controdeduzioni avverso il citato parere negativo espresso dell'Ente Parco.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso la commissione tecnica VIA/VAS, ha emesso, il 16 dicembre 2010, il parere favorevole n. 610 con prescrizioni. Tuttavia, con successiva determinazione direttoriale n. 3880 del 18 febbraio 2011, ha concluso la verifica di assoggettabilità, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con l'esclusione dall'assoggettamento alla procedura di VIA del progetto in esame, ferma restando l'ottemperanza delle prescrizioni contenute nel citato parere n. 610.
  Inoltre, giova ricordare, come riferito dall'interrogante, che la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma ha autorizzato, in data 2 aprile 2010, il progetto, presentato l'11 marzo 2010, di indagini archeologiche preventive su sedime di proprietà delle ferrovie.
  Pertanto, agli esiti della suindicata procedura di VIA, sono state concordate con la Soprintendenza speciale per i beni archeologici le indagini archeologiche preventive sulle aree oggetto dell'intervento.
  L'occupazione temporanea delle aree per l'esecuzione delle indagini è avvenuta ai sensi dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, con autorizzazione di accesso emessa con decreto di Rete Ferroviaria Italiana n. 1 del 27 marzo 2012. Le indagini, affidate da Italferr alla Samoa Restauri Srl, hanno avuto inizio il 18 aprile 2012 e, il successivo 23 maggio 2012, al confine tra i municipi X e VI (in prossimità di via dei Lentuli) si sono avute reazioni da parte di cittadini, che hanno tentato di bloccare il cantiere. Il 24 maggio 2012, Italferr ha informato i commissariati di zona ed i municipi competenti. La protesta dei cittadini è proseguita, ostacolando la prosecuzione dei lavori.
  Il 13 giugno 2012, il comitato «3NO», costituitosi a seguito dell'avvio delle relative indagini, ha chiesto a Rete Ferroviaria Italiana la partecipazione all'assemblea pubblica del successivo 15 giugno; nel corso di tale incontro, cui hanno preso parte anche i municipi interessati, Rete Ferroviaria Italiana/Italferr hanno illustrato il progetto ed invitato i cittadini ad effettuare le proprie osservazioni ai municipi competenti.
  Rete ferroviaria italiana ha inoltre riferito che il progetto definitivo potrà essere portato all'esame della Conferenza di Servizi, che si prevede di svolgere entro la primavera 2013, ma solo dopo che saranno state eseguite le indagini archeologiche prescritte dal Ministero dell'ambiente e concordate con la soprintendenza, al fine di verificarne preliminarmente la fattibilità.
  Si evidenzia, in merito, che il 20 giugno 2012, Roma capitale – dipartimento X – ha chiesto a Rete Ferroviaria Italiana di sospendere le attività archeologiche nelle aree verdi occupate temporaneamente, nonché di liberare le stesse aree dai mezzi di cantiere; conseguentemente, le indagini archeologiche preventive, condotte sotto la direzione scientifica della soprintendenza di Roma, sono state interrotte con comunicazione delle ferrovie dello Stato del 16 luglio 2012. Al riguardo, il Ministero per i beni e le attività culturali ha comunicato che nessuna documentazione scientifica in proposito è stata quindi consegnata.
  A tutt'oggi, i lavori inerenti le indagini geognostiche ed archeologiche sono ancora ferme, come richiesto dal comune di Roma.
  Da ultimo, segnalo che il 13 settembre 2012 il gruppo consiliare dei verdi della regione Lazio ha avanzato richiesta di riesame e di annullamento della citata determinazione direttoriale n. 3880 del 18 febbraio 2011, nonché del parere n. 610 del 16 dicembre 2010 della commissione tecnica VIA/VAS.
  Tale richiesta è stata inoltrata alla predetta commissione tecnica per le verifiche di competenza.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   MURGIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 maggio 1999 è stato sottoscritto un accordo di programma tra il Ministero dei lavori pubblici, la regione autonoma Sardegna ed il comune di Nuoro con il quale è stato approvato il programma di riqualificazione urbana denominato (P.R.U.) Monte Jaca, finanziato per l'importo pari a euro 1.652.662,08 a valere sulle risorse della legge n. 341 del 1995;
   con i decreti ministeriali n. 19 del 22 gennaio 2001 e n. 1237 del 25 settembre 2003, il finanziamento impegnato è stato ridotto a lire 2.873.609.366 pari a euro 1.484.095,38 (in base all'articolo 6 – punto 1 – dell'accordo di programma e del quadro economico definitivo presentato dal comune di Nuoro);
   trattandosi, in base alla vigente normativa statale, di fondi il cui utilizzo è consentito solo tramite gestioni separate e vincolanti che sono escluse dalla ordinaria normativa di bilancio dei comuni, di cui al T.U.E.L, il Ministero delle infrastrutture ha provveduto, nel 1999, a disporre l'apertura di una contabilità speciale presso la Banca d'Italia, tesoreria dello Stato, sezione di Nuoro;
   il comune di Nuoro ha ricevuto l'accreditamento sul capitolo 7131, presso la contabilità speciale vincolata n. 2798 della direzione di tesoreria provinciale dello Stato di Nuoro, delle seguenti somme:
    a) a valere sull'esercizio 2001, con decreto ministeriale n. 19 del 22 gennaio 2001 con ordine di accredito n. 6 del 21 marzo 2001 la somma di lire 544.435.000 pari a euro 281.177,21 a titolo 1° acconto;
    b) a valere sull'esercizio finanziario 2005, con decreto ministeriale del 17 giugno 2005 con ordine di accredito n. 4 del 12 luglio 2005 di euro 119.136,21 a titolo di 2° acconto;
   gli stati di avanzamento dei lavori e le fatture relative ai lavori effettuati come quadro progettuale sono pari a euro 1.138.020,12 – importo totale comprensivo di IVA;
   a partire dalla fine del 2001 la contabilità speciale n. 2798 è stata movimentata anche in uscita con i pagamenti relativi al programma di riqualificazione urbana Monte Jaca;
   non si è registrato alcun problema particolare fino alla fine dell'esercizio 2005 quando il comune di Nuoro, per evitare una richiesta di danni da parte dell'impresa esecutrice dei lavori – e per consentire che gli stessi potessero andare avanti senza ulteriori e gravi ritardi –, ha deciso, pur in mancanza di sufficienti fondi accreditati per il Monte Jaca, di procedere comunque ad effettuare i pagamenti dovuti ai creditori;
   tale fatto si è concretato nell'utilizzo, in termini di cassa, delle disponibilità di fondi presenti sulla contabilità Speciale vincolata unica n. 2798 e relativi al finanziamento già erogato per il programma di riqualificazione urbana Badu’ e Carros – Monte Gurtei;
   tale operatività, l'utilizzo in termini di cassa di disponibilità di fondi presenti su unica contabilità speciale, è prevista dalla normativa vigente che però prevede che l'anticipazione sia ripianata nel corso dello stesso esercizio o di quelli immediatamente successivi;
   da parte della sezione di tesoreria provinciale dello Stato non vi è stato alcun rilievo o osservazione su eventuali irregolarità nella gestione dei fondi di cui alla contabilità speciale;
   con nota n. 66435 del 18 dicembre 2009 il comune di Nuoro richiedeva il pagamento della somma di euro 737.706,70 relativo ai lavori e alle spese sostenute per l'intervento in «Monte Jaca»;
   quanto sopra esposto è corrispondente e verificabile dagli atti d'ufficio –:
   se il ministro interrogato non intenda procedere alla sanatoria dell'integrazione, rescrivendo in bilancio; fondi caduti in perenzione – di cui alla contabilità speciale n. 2798 sul capitolo 7131, relativi al finanziamento di cui al programma di riqualificazione urbana Monte Jaca – per euro 737.706,70. (4-16496)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Questo dicastero, la regione autonoma della Sardegna e il comune di Nuoro hanno stipulato, in data 25 maggio 1999, un accordo di programma per l'approvazione del programma di riqualificazione urbana del predetto comune di Nuoro denominato «Monte Jaca». Tale programma è stato finanziato dal decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244 convertito dalla legge 8 agosto 1995, n. 341 per l'importo di euro 1.652.662,08, rideterminato in euro 1.484.095,38 a seguito dell'esperimento delle gare per l'affidamento dei lavori.
  Con i decreti ministeriali n. 19 del 22 gennaio 2001 e n. 1237 del 25 settembre 2003 sono stati disposti gli accreditamenti di due rate di acconto, per complessivi euro 400.313,42, sulla contabilità speciale vincolata n. 2798 presso la sezione di tesoreria provinciale dello Stato di Nuoro.
  Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione, in data 12 ottobre 1999, ha autorizzato il comune di Nuoro ad avvalersi della stessa contabilità speciale vincolata anche per un altro programma di riqualificazione urbana sempre nel comune di Nuoro, denominato «Badu’ e Carros» e finanziato con i fondi di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 17 febbraio 1992, n. 179. Il relativo accordo di programma è stato sottoscritto in data 29 dicembre 1998 e, con decreto ministeriale n. 214 del 16 febbraio 2000, l'allora Ministero dei lavori pubblici ha disposto l'accreditamento in un'unica soluzione di euro 1.370.160,15 sul succitato conto di tesoreria. Tale programma, ad oggi, non risulta essere avviato.
  Si evidenzia che la ragioneria provinciale dello Stato di Nuoro in esito alle verifiche di cassa ed alle scritture contabili dei funzionari delegati, ha segnalato al comune di Nuoro ed a questo dicastero talune irregolarità nella gestione amministrativo-contabile dei programmi sopra citati.
  In seguito, in data 18 dicembre 2009, il comune di Nuoro ha chiesto il pagamento della somma di euro 737.706,70 relativo ai lavori e alle spese sostenute per l'intervento in «Monte Jaca». A riscontro di tale richiesta, nonostante i problemi emersi, questo dicastero ha richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze la reiscrizione in bilancio della predetta somma e, con decreto ministeriale 3355 del 1o aprile 2011, ha proceduto all'impegno di euro 737.706,70.
  Si comunica, infine, che in data 13 giugno 2011 la medesima ragioneria ha comunicato a questo Ministero che il comune di Nuoro ha inviato le rendicontazioni inerenti le gestioni dei suddetti programmi per gli anni 2008, 2009 e 2010, con ciò consentendo di ricostruire lo stato dei fondi spesi e disponibili per ciascun programma.
  Infine, con riferimento allo stato di attuazione dei programmi, sono stati intrapresi costruttivi confronti con l'amministrazione comunale di Nuoro al fine di verificare la compatibilità dei tempi di attuazione degli stessi con la scadenza del 31 dicembre 2014, termine, quest'ultimo, nuovamente fissato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 20 del 16 gennaio 2012 per la durata dei programmi di riqualificazione urbana e per il mantenimento della contabilità speciale presso i conti di tesoreria.
  Quanto sopra vale in particolar modo per il programma denominato «Badu e Carros» per il quale risultano essere trasferiti euro 1.370.160,15 a fronte di un avanzamento pressoché nullo del programma stesso.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   NACCARATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 aprile 2012, in piazza Azzurri d'Italia, nel quartiere Arcella a Padova – in seguito a una rissa tra un gruppo di cittadini di origine magrebina e dell'Europa dell'Est – è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa Saber Labidi, 34 anni, tunisino, residente in Francia; e gravemente ferito Abdlkader Ouerghmi, 36 anni, anch'egli cittadino tunisino, raggiunto da un proiettile alla gamba;
   l'episodio sopra descritto appare particolarmente grave, per le modalità di esecuzione dell'omicidio, attuato con armi da fuoco, e a causa della relativa centralità e densità abitativa del luogo dove si è consumato il delitto. Per questi motivi il fatto di cui sopra sta provocando un significativo clima di preoccupazione in numerosi residenti del quartiere Arcella;
   come già rilevato e segnalato in diverse e precedenti interrogazioni rivolte al Ministro interrogato, la città di Padova da tempo risulta interessata dalla notevole presenza di cittadini di origine straniera, alimentata dal recente massiccio esodo di persone provenienti dagli Stati del Nordafrica, in particolare dalla Tunisia;
   per le indagini in corso risultano di fondamentale importanza le immagini registrate dagli impianti di telesorveglianza installati nel quartiere Arcella dal comune di Padova –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative concrete di competenza il Ministro intenda assumere per garantire un adeguato livello di presenza del personale delle forze dell'ordine a Padova, al fine di prevenire il ripetersi di episodi gravi quali l'omicidio sopra descritto, anche attraverso lo stanziamento di risorse aggiuntive, ulteriori mezzi e dotazioni al personale. (4-15598)

  Risposta. — Nella notte del 2 aprile 2012, personale del comando provinciale dei carabinieri di Padova è intervenuto in piazza Azzurri d'Italia rivenendo il corpo esanime del cittadino tunisino Labidi Saber, ferito a morte da alcuni colpi di arma da fuoco, e constatando altresì il ferimento del connazionale Ouerghmi Abdelkader.
  Dalle indagini esperite è apparso chiaro che il movente del delitto era riferibile ad un alterco, favorito dall'eccessivo uso di alcol, verificatosi nella medesima piazza, tra i citati cittadini tunisini e altri individui di nazionalità est europea.
  L'autore del delitto è stato individuato ed arrestato, mentre, per i medesimi fatti, sono attivamente ricercati in ambito Schengen due cittadini moldavi.
  Per quanto concerne il disagio sociale lamentato dai residenti dell'Arcella, quartiere ad alta densità di cittadini extracomunitari, si rappresenta che nell'ambito dell'attività di prevenzione e repressione dei reati della cosiddetta «microcriminalità diffusa» e dello spaccio di droga al dettaglio, vengono periodicamente effettuate azioni di controllo delle forze di polizia, anche a seguito delle decisioni maturate in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Tali operazioni hanno determinato ripetuti arresti e l'individuazione di soggetti non in regola con le norme sull'immigrazione.
  In ragione dell'allarme suscitato dagli episodi di criminalità nella cittadinanza, sono stati attuati interventi mirati delle forze di polizia nelle aree cittadine considerate maggiormente «a rischio», che hanno consentito di arginare in maniera consistente i fenomeni di criminalità diffusa, facendo registrare una diminuzione dei reati.
  Il dato è confermato dagli indici di delittuosità registrati nella provincia di Padova che, sulla base di dati aggiornati al 31 agosto, indicano nell'anno in corso una diminuzione pari al 4,5 per cento nel totale dei delitti commessi rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
  In particolare flessione, rispetto allo scorso anno risultano proprio gli omicidi (2 rispetto ai 6) e i tentati omicidi (3 casi rispetto agli 8), le rapine in banca (-42,3 per cento), i furti con strappo (-32,4 per cento), i furti in abitazione (-13,6 per cento) e i furti di autovetture (-12,6 per cento).
  Ciò nondimeno l'azione di contrasto ha fatto segnare un incremento del 3,5 per cento dei delitti per i quali è stato scoperto il responsabile e del 4,3 per cento delle persone denunciate o arrestate.
  Il dispositivo impiegato nel territorio è costituito da 2.285 unità operative delle tre forze di polizia (1.044 della polizia di Stato, 894 dell'Arma dei carabinieri e 347 della Guardia di finanza) a fronte di una previsione organica di 2.402 unità, con una carenza che, pertanto, risulta più contenuta rispetto alle altre realtà del territorio nazionale.
  Si assicura che la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nella città di Padova continuerà ad essere seguita con la dovuta e scrupolosa attenzione, da parte delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, che adottano specifiche misure di controllo del territorio, periodicamente adeguate in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   NACCARATO e SBROLLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 maggio 2012 i carabinieri dei comandi di Vicenza e di Padova hanno eseguito le misure di custodia in carcere nei confronti di Lino Cattaldo, 55 anni, residente a Brugine (Padova) già detenuto; Luciano Turato, 54 anni, residente a Campolongo Maggiore (Venezia); Eugenio Pittarello, 50 anni, e Andrea Dolesei, 40 anni, entrambi residenti a Legnaro (Padova), accusati di far parte di un'associazione a delinquere finalizzata al furto aggravato ai danni di supermercati. Tra i destinatari del provvedimento di arresto risulta anche una quinta persona, attualmente latitante; mentre tra i denunciati risulta L.M., 49 anni, moglie di Pittarello, accusata del concorso nel trasporto e detenzione di circa 2 chilogrammi esplosivo;
   secondo gli inquirenti, l'organizzazione criminale sarebbe responsabile di una serie di furti commessi facendo esplodere la «cassa continua» di diversi esercizi commerciali in provincia di Vicenza: il 1° ottobre 2011 al supermercato «Coop» a Bolzano Vicentino; il 5 ottobre 2011 al supermercato «Prix», sempre a Bolzano Vicentino, il 19 ottobre 2011 al supermercato «Prix» a Dueville e il 24 ottobre 2011 al supermercato «Prix» a Torri di Quartesolo;
   nell'ambito dell'indagine gli inquirenti hanno disposto il sequestro di circa 2 chilogrammi di esplosivo;
   gli arrestati risultano tra gli ex membri della cosiddetta «Mala del Brenta», organizzazione criminale di stampo mafioso attiva in Veneto prevalentemente negli anni Ottanta e Novanta, resasi responsabile di omicidi, sequestri di persona, rapine, usura, traffico internazionale di stupefacenti e di armi;
   gli interroganti esprimono particolare preoccupazione a causa delle modalità di attuazione dei reati, commessi attraverso l'utilizzo di sostanze esplosive, e nella scelta degli obiettivi, tali da provocare un significativo allarme sociale nella popolazione locale;
   negli ultimi anni altri ex componenti della «Mala del Brenta» sono risultati coinvolti in reati commessi in Veneto. In particolare, il 28 ottobre 2008 a Padova è stato arrestato Fiorenzo Trincanato, 52 anni, ritenuto uno dei successori del «boss» Felice Maniero, accusato di traffico di sostanze stupefacenti –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali concrete misure di competenza il Ministro intenda assumere per prevenire e contrastare le attività criminali degli ex aderenti alla cosiddetta «Mala del Brenta» perpetrate anche mediante l'utilizzo di sostanze esplosive;
   se dalle informazioni in possesso al Ministro risultino in Veneto rapporti o relazioni tra ex aderenti della «Mala del Brenta» ed esponenti di altre organizzazioni criminali di stampo mafioso.
(4-16346)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante ha espresso viva preoccupazione per le attività criminali svolte in Veneto attraverso l'utilizzo di sostanze esplosive, modalità che hanno destato un significativo allarme sociale.
  Nei primi cinque mesi del corrente anno, il comando provinciale di Vicenza, con la collaborazione, nella fase esecutiva, di quello di Padova, ha condotto un'indagine nei confronti di un sodalizio criminale – operante in tutto il Nord Italia – dedito ai furti in danno delle «casse continue» dei supermercati con l'utilizzo di materiale esplosivo.
  L'attività, che aveva consentito di arrestare in flagranza di reato, il 28 febbraio 2012, uno dei malviventi, si è conclusa, il successivo 28 maggio, con l'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei cinque componenti del gruppo malavitoso – tre dei quali sono risultati ex appartenenti alla cosiddetta «Mala del Brenta» – ritenuti responsabili di associazione per delinquere, furto aggravato e detenzione illegale di materiale esplodente.
  Dalle informazioni acquisite nel corso dell'indagine, non sono emersi collegamenti tra gli arrestati e organizzazioni criminali di stampo mafioso.
  La situazione è seguita con costante attenzione dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza con mirati servizi di prevenzione e di controllo del territorio periodicamente aggiornati nell'ambito delle riunioni di coordinamento delle Forze dell'ordine.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   ANGELA NAPOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che, nel dicembre 2011, ha portato all'operazione «Terminator 4» contro la cosca cosentina Lanzino-Ruà, ha evidenziato la capacità della ’ndrangheta nel controllo del voto e la conseguente determinazione dei risultati elettorali;
   nelle stessa operazione giudiziaria sono risultati coinvolti, quali indagati, l'ex sindaco Umberto Bernaudo e l'ex assessore Pietro Paolo Ruffolo del Comune di Rende (Cosenza);
   Bernaudo e Ruffolo, secondo l'ipotesi dei pubblici ministeri, all'epoca in cui occupavano le posizioni di sindaco e assessore di Rende, avrebbero finanziato la cooperativa «Rende 2000» che sarebbe in mano a Michele Di Puppo, arrestato e ritenuto elemento di spicco della cosca;
   in cambio avrebbero ottenuto il sostegno in occasione delle elezioni provinciali di Cosenza nel 2009, concluse con la vittoria di entrambi; Ruffolo era anche diventato assessore nel nuovo esecutivo, ma si è autosospeso dopo essere stato rinviato a giudizio, nell'ottobre 2010, per usura nell'ambito di un'altra inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nella quale è coinvolto come ex consulente di piccole imprese dell'Agenzia Unicredit di Belvedere Marittimo (Cosenza);
   nei confronti dei due politici sono stati ipotizzati il concorso esterno in associazione mafiosa, il voto di scambio e la corruzione;
   carte che gli inquirenti hanno acquisito presso il comune di Rende ci sarebbero addirittura le prove dell'assunzione del superboss latitante Ettore Lanzino e di Michele Di Puppo nella cooperativa «Rende 2000»;
   Ettore Lanzino, latitante dal settembre del 2008, è ritenuto il «capo dei capi» della ’ndrangheta di Cosenza;
   il 13 aprile 2012 è stato catturato Franco Presta, il boss della Valle dell'Esaro, affiliato alla cosca Lanzino, responsabile di numerosi omicidi; Presta si nascondeva in un alloggio universitario ad Arcavacata in Rende;
   nell'occasione, il procuratore della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, ha dichiarato: «il fatto che Presta sia stato trovato a Rende dimostra che poteva contare sulla protezione di un'organizzazione efficiente»;
   nel rapporto dei ROS dei Carabinieri di Cosenza alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, del giugno 2010, vengono descritti i rapporti tra alcuni politici di Rende e la cosca Lanzino, della quale Di Puppo (ex presidente della cooperativa sociale «Rende 2000»), sarebbe figura di primo piano;
   sempre nel rapporto i carabinieri scrivono: «Michele Di Puppo non si è limitato a organizzare, in favore di Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo la campagna elettorale in Rende ed hinterland ma, mediante l'uso del mezzo telefonico, ha controllato le operazioni di scrutinio dei seggi del comune e delle varie frazioni di altri centri a quest'ultimo vicini, effettuando varie telefonate a persone che avrebbero potuto riferire gli esiti parziali e finali» –:
   se non ritenga necessario ed urgente, alla luce degli incarichi di sindaco e di assessore tenuti all'epoca della tornata elettorale del 2009, rispettivamente da Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo, avviare le procedure per autorizzare l'invio di una commissione d'accesso presso il comune di Rende. (4-16371)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede di sapere se si intende nominare la commissione d'indagine ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali presso il comune di Rende.
  Al riguardo sono stati acquisiti elementi di risposta per il tramite della prefettura di Cosenza e del dipartimento della pubblica sicurezza.
  Nell'ambito di un'operazione di polizia giudiziaria, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, il 5 dicembre 2011 è stata data esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 18 persone, tra le quali alcuni esponenti di rilievo della cosca «Lanzino-Patitucci», ritenuti responsabili di «associazione di tipo mafioso, omicidio, usura, estorsione, detenzione e porto illegale di armi».
  A seguito di risultanze investigative emerse nel contesto di tale operazione, è stata notificata un'informazione di garanzia per «concorso esterno in associazione mafiosa» nei confronti dell’
ex sindaco del comune di Rende, attualmente consigliere provinciale di Cosenza, e di un ex assessore dello stesso ente, nominato assessore provinciale che si è prima «autosospeso» a seguito di ulteriori vicende giudiziarie e, successivamente, il 20 novembre 2012, si è dimesso dalla carica.
  Secondo l'ipotesi investigativa, le persone indagate avrebbero finanziato, con risorse pubbliche comunali, la società cooperativa a responsabilità limitata denominata Rende 2000, riconducibile a soggetti «di primo piano della cosca Lanzino-Presta-Di Puppo, ricevendo quale corrispettivo l'impegno elettorale consistito nel procacciamento di voti con metodo mafioso in occasione delle elezioni provinciali avvenute nel giugno 2009».
  Alla luce delle segnalazioni acquisite, la prefettura di Cosenza ha avviato una mirata azione di monitoraggio sugli organi comunali.
  Sono noti, infatti, gli interessi delle ’ndrine nei confronti delle attività degli enti locali e, in particolare, del settore di appalti di opere, servizi e forniture. In questo modo le organizzazioni criminali tentano di riciclare gli ingenti proventi delle attività illecite.
  Il 14 novembre 2012 è stata eseguita l'ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari emessa dal GIP del tribunale di Catanzaro nei confronti dei due citati amministratori, ai quali è stato contestato il reato di corruzione, senza l'aggravante per i reati connessi ad attività mafiose.
  La situazione locale è stata costantemente seguita dalla prefettura che, alla luce degli elementi acquisiti dall'autorità giudiziaria e dalle forze di polizia, ha chiesto al Ministero dell'interno la delega per l'invio della commissione d'accesso presso il comune. Ottenuta la delega, il prefetto ha nominato la commissione, che si è insediata il 22 novembre 2012.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, rappresenta una struttura dello Stato ad ordinamento civile, che assicura anche servizi di difesa civile, di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi su tutto il territorio nazionale, nonché lo svolgimento di altre attività assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 139 dell'8 marzo 2006;
   da diversi anni il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che svolge tra l'altro anche servizi di protezione civile ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è costretto ad affrontare una situazione di evidente difficoltà, a causa della pianta organica del personale, il cui organigramma è complessivamente formato da circa 32 mila unità, di cui almeno 16 mila hanno un contratto di lavoro precario;
   l'interrogante segnala che circa 4 mila di essi, circa ogni 20 giorni sono richiamati in servizio, in considerazione delle prerogative e dei compiti di pronto soccorso che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è chiamato quotidianamente ad esercitare su tutto il territorio nazionale e ciò comporta da un lato costi elevati per l'amministrazione finanziaria dello Stato e dall'altro non consente di ammortizzare l'investimento in termini di qualità del servizio e di ottimizzazione dei costi;
   tutti i vigili del fuoco il cui contratto risulta precario hanno, inoltre, ricevuto sia in precedenza che tuttora: addestramento, equipaggiamento, dotazioni DPI e nei giorni in cui svolgono la propria attività, viene loro riconosciuto il vitto;
   alcuni di essi, in servizio da più di 20 anni, la cui età è compresa tra i 40 e i 45 anni o addirittura tra i 45 e i 48 anni, confermano a giudizio dell'interrogante un'ammirevole fedeltà e dedizione al Corpo, unitamente ad una preparazione tecnica, sempre costante e crescente al fianco delle compagnie permanenti;
   ulteriori valutazioni positive sono rappresentate, a giudizio dell'interrogante, dagli attestati e dai riconoscimenti di merito da parte delle autorità pubbliche che i vigili del fuoco ricevono per il difficile e pericoloso lavoro che svolgono;
   il progetto ammirevole del «Soccorso Italia in 20 minuti», introdotto efficacemente nel corso della XIV legislatura dal Governo Berlusconi, che prevedeva l'abbattimento della risposta in termini di sicurezza, garantita dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, entro circa 20 minuti (tempo di risposta dalla chiamata di soccorso all'arrivo sul luogo dell'intervento da parte di una squadra dei vigili del fuoco), non è proseguito purtroppo a causa della carenza di fondi, ma conferma, a giudizio dell'interrogante, l'efficienza e l'operatività di tutto il personale dei vigili del fuoco a livello nazionale;
   l'interrogante segnala, inoltre, la volontà esistente all'interno del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno, di sanare le criticità suesposte derivanti dai contratti di lavoro precari esistenti, al fine di restituire sia ai diretti interessati che alle rispettive famiglie, maggiore sicurezza e serenità con riferimento alle particolari e delicate peculiarità derivanti dal lavoro che essi svolgono, unitamente ad un importante risparmio in termini economici, per la pubblica amministrazione statale;
   in considerazione di quanto esposto, a giudizio dell'interrogante, appare necessario adottare ogni iniziativa volta a stabilizzare il personale precario e successivamente avviare le procedure di assunzione attraverso concorsi pubblici –:
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritengano di assumere iniziative urgenti a favore dei vigili del fuoco, i cui contratti di lavoro precedentemente riportati risultino precari, al fine di stabilizzare a pieno titolo e a tempo indeterminato all'interno dell'organigramma del Corpo nazionale, coloro che:
    a) abbiano superato la regolare prova attitudinale ginnico-sportiva e la visita medica per accertare l'idoneità fisica al servizio;
    b) con un contratto di lavoro precario abbiano superato i 45 anni e siano in possesso di specialità ottenute all'interno dei nuclei cinofili, nonché titolari di brevetti da sommozzatore, elicotteristi, possessori della patente di guida VF di III e IV (per tali requisiti il limite d'età è innalzato a 48 anni);
    c) abbiano ottenuto il punteggio di 4 punti per l'anno, prestato come servizio militare nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    d) abbiano ottenuto il punteggio di 2 punti per ogni anno di iscrizione negli elenchi del personale precario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    e) abbiano ottenuto il punteggio di 0,20 punti ogni 20 giorni di servizio prestato;
    f) siano iscritti nelle liste del personale precario del Comando provinciale dei vigili del fuoco da almeno 5 anni e che abbiano prestato 120 giorni di servizio nell'ultimo quinquennio dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2011. (4-17599)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto, l'interrogante chiede quali misure si intendano adottare per poter stabilizzare il personale precario dei vigili del fuoco.
  Si osserva preliminarmente che il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce un'indubbia risorsa per il dispositivo di soccorso pubblico del paese.
  In questo quadro, la possibilità di attingere al «serbatoio» dei volontari dei vigili del fuoco ha sempre costituito e costituisce ancora oggi una risorsa fondamentale per il Corpo nazionale.
  Quanto alle procedure di «stabilizzazione», il Ministero dell'interno condivide, in via generale, l'orientamento di immettere personale qualificato nei ruoli operativi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, proprio per non disperdere le professionalità acquisite in anni di servizio volontario.
  La procedura di stabilizzazione, di cui all'articolo 1 commi 519 e 526 della legge finanziaria anno 2006, che ha configurato il procedimento di stabilizzazione come una procedura a carattere eccezionale, limitata nel tempo e concorrente rispetto a quella ordinaria, è una procedura speciale di accesso rispetto a quella concorsuale pubblica, prevista dall'articolo 97 della Costituzione.
  In particolare, all'articolo 1, comma 526 di tale legge, era previsto che le amministrazioni potessero procedere, per gli anni 2008 e 2009, a stabilizzare il personale precario nel limite di una percentuale massima del 40 per cento delle cessazioni avvenute nell'anno precedente; la stessa possibilità fu poi estesa all'anno 2010 dalla legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008).
  Nel 2008, il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con legge n. 133 del 2008, ha disposto la riduzione della quota di riserva per l'anno 2009 al solo 10 per cento annullando interamente la quota prevista per l'anno 2010.
  Nel contesto dei delineato quadro normativo, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, effettuate le stabilizzazioni autorizzate nella misura suddetta, ha percorso la strada del concorso pubblico, quale strumento di selezione obbligato per il reclutamento di personale operativo, nel quale, comunque, è prevista ai sensi dell'articolo 5, comma 2 dell'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217), una quota di riserva, pari al 25 per cento, per il personale volontario del Corpo nazionale in possesso dei requisiti di legge.
  Proprio recentemente sono state approvate talune disposizioni che consentono di potenziare il dispositivo di soccorso mediante l'utilizzo di personale discontinuo; tali sono l'articolo 4 del decreto-legge n. 79 del 2012 convertito in legge n. 131 del 7 agosto 2012, che ha consentito di ridurre la contrazione dei richiami imposta dalla legge di stabilità 2012; l'articolo 4-ter del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 131, che ha prorogato al 31 dicembre 2014 i termini di validità della graduatoria della stabilizzazione, ma eventuali ulteriori assunzioni degli idonei saranno subordinate alla disponibilità di risorse finanziarie ed alla possibilità di coprire le carenze dell'organico.
  Relativamente ai benefici assunzionali, l'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge 20 giugno 2012 n. 79, ha previsto l'assunzione obbligatoria, per chiamata diretta nominativa, dei coniuge e dei figli superstiti anche del personale volontario, deceduto o divenuto permanentemente inabile a qualsiasi attività lavorativa per effetto di ferite o lesioni riportate nell'espletamento delle attività istituzionali.
  Con la procedura di stabilizzazione avviata nel 2008, la cui graduatoria è stata prorogata al 31 dicembre 2014, su 6.105 idonei risultano essere stati assunti, a tutt'oggi, 2.936 vigili volontari.
  Per quanto riguarda la problematica relativa alla procedura di stabilizzazione del personale volontario che, in precedenza, si è basata sulle linee guida delineate dall'articolo 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), si fa presente che solo uno specifico intervento legislativo renderà possibile avviare una nuova e distinta procedura che contempli requisiti diversi da quelli adottati nel passato, che, come è noto, sono l'iscrizione in appositi elenchi da almeno tre anni e l'aver prestato servizio per non meno di 120 giorni negli ultimi cinque anni, nonché l'idoneità fisica.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   NEGRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è secondo l'interrogante inspiegabile che il Governo in questa fase stia abusando dello strumento della normativa d'urgenza facendo venir meno il presupposto principale dell'eccezionalità del ricorso al decreto-legge quale deroga al principio di rappresentatività, sottraendo, di fatto, al Parlamento l'esercizio della funzione legislativa;
   il Governo prosegue a legiferare sulla spinta di un'urgenza dichiarata in materie che meriterebbero maggiore approfondimento, approfondimento che viene compresso e addirittura negato anche in sede di conversione in legge dei decreti sempre più numerosi;
   l'articolo 5, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante misure urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo interviene sulla disciplina di alcune delle dichiarazioni anagrafiche previste da fonte secondaria costituita dal «Regolamento anagrafico della popolazione residente» contenuto nel decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989, differendo però l'efficacia di quanto previsto decorsi 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso;
   l'intervento normativo riguarda le dichiarazioni anagrafiche concernenti i trasferimenti di residenza da altro comune o dall'estero ovvero i trasferimenti di residenza all'estero, la costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza nonché i cambiamenti di abitazione;
   in base alle novelle normative le suddette dichiarazioni anagrafiche sono rese e sottoscritte di fronte all'ufficiale di anagrafe, ovvero inviate anche per fax e via telematica, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 65 del decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale). Le istanze e le dichiarazioni inviate o compilate sul sito secondo le suddette modalità sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento. Le dichiarazioni anagrafiche di cui al comma 1, producono immediatamente gli effetti giuridici dell'iscrizione, nonché quelli della corrispondente cancellazione;
   le disposizioni illustrate mirano quindi ad un effetto acceleratorio della produzione degli effetti giuridici dell'iscrizione delle dichiarazioni anagrafiche relative ai trasferimenti di residenza da altro comune o dall'estero, ai trasferimenti di residenza all'estero, alla costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ai mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza nonché ai cambiamenti di abitazione;
   pur condividendo quindi la ratio che ha ispirato tali novelle normative è necessario soffermarsi a valutare gli effetti negativi che scaturiranno dall'applicazioni di tali disposizioni e le inevitabili ricadute dirette per gli amministratori locali, responsabili legalmente sulla corretta attuazione delle norme e chiamati ad operare in modo tale da garantire la sicurezza dei cittadini, l'ordine sociale e il rispetto delle norme;
   obbligare i comuni a rilasciare il certificato di residenza entro 48 ore, vuol dire impedire all'ufficiale anagrafico di controllare la veridicità delle residenze se non a certificato rilasciato. Un modo per rendere ancora più difficile il controllo sugli stranieri che potrebbero dichiarare qualsiasi cosa acquisendo gli stessi diritti dei residenti –:
   quali provvedimenti il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare al fine di prevedere delle formule di garanzia atte da un lato a dare certezza alla realizzazione nei fatti della ratio della norma, ossia la semplificazione delle dichiarazioni di anagrafe e, dall'altro lato, a tutelare i sindaci nel proprio compito, quali responsabili dell'ufficio di anagrafe, nel rispetto della sicurezza dei cittadini e dell'ordine sociale. (4-16687)

  Risposta. — L'interrogazione indicata in oggetto pone l'attenzione di questa amministrazione sui possibili effetti negativi prodotti dalla recente modifica dell'ordinamento anagrafico introdotta dall'articolo 5 del decreto-legge n. 5 del 2012, convertito nella legge n. 35 del 2012.
  In particolare, l'interrogante chiede di conoscere le iniziative che si intende adottare al fine di prevedere delle «formule di garanzia» atte, da un lato, a realizzare nei fatti la ratio della norma mediante la semplificazione delle dichiarazioni anagrafiche e, dall'altro, a tutelare i sindaci, quali responsabili dell'ufficio di anagrafe, evitando gli effetti negativi derivanti dal breve tempo a disposizione per controllare la veridicità delle dichiarazioni rese (soprattutto da parte degli stranieri).
  Al riguardo, nel richiamare la circolare del Ministero dell'interno del 27 aprile 2012, n. 9 – che illustra le modalità di applicazione della citata disposizione normativa – si fa presente che le dichiarazioni anagrafiche di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), b) e c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 223/1989, sono rese mediante compilazione di moduli conformi a quelli pubblicati sul sito internet del Ministero dell'interno, nei quali sono indicate le sanzioni previste in caso di false dichiarazioni e che devono essere accompagnate dal documento di riconoscimento dell'interessato.
  Si precisa, inoltre, che la nuova disciplina non ha eliminato l'obbligo di effettuare gli accertamenti anagrafici, i quali devono essere svolti nei quarantacinque giorni successivi alla dichiarazione resa dall'interessato e, in caso di esito negativo, danno luogo al ripristino della posizione anagrafica precedente.
  Per quanto concerne gli stranieri, inoltre, l'articolo 5, comma 3, del citato decreto-legge prevede una clausola di salvaguardia della disciplina recata dagli articoli 5 e 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, per effetto della quale l'iscrizione anagrafica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea è subordinata alla presentazione, unitamente alla dichiarazione, dei documenti attestanti la regolarità del soggiorno.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   NICOLUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi la linea Circumvesuviana è stata funestata da due gravi incidenti in altrettanti passaggi a livello privi di sbarre e invece dotati, in base agli articoli 64 e 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, di segnali luminosi e acustici;
   il primo incidente è avvenuto a Somma Vesuviana, dove un'auto è stata travolta dal convoglio con la morte di una passeggera e con il grave ferimento della seconda donna presente al suo interno. Il secondo incidente, della medesima dinamica, ha visto la morte di un uomo al passaggio a livello di Poggiomarino;
   le prime testimonianze riportate dalla stampa locale affermano che i meccanismi luminosi e acustici, in entrambi i passaggi a livello, erano perfettamente funzionanti. Questo elemento deve, a parere dell'interrogante, far riflettere, fermo restando che i passaggi a livello senza sbarre sono come ricordato previsti da norme in vigore, sulla necessità di garantire piena sicurezza soprattutto in corrispondenza di passaggi a livello rivelatisi, nel concreto, particolarmente pericolosi e a rischio;
   infatti sia nel 1999 che nel 2003 vi erano stati, nei medesimi punti, precedenti incidenti mortali, tanto che testimonianze riportano di proteste e petizioni inviate, ai competenti uffici, da parte di molti cittadini sulla pericolosità dei passaggi a livello senza sbarre in questione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali eventuali iniziative di competenza, con riferimento alle norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, ritenga utile assumere per rendere più efficace la sicurezza dei passaggi a livello senza sbarre. (4-17455)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che gli incidenti occorsi sulla linea a scartamento ridotto circumvesuviana, avvenuti entrambi il 30 agosto 2012, hanno interessato passaggi a livello senza barriere con segnalatori ottico acustici (Soa) denominati rispettivamente: «Persici» e «Izzo»: il primo ubicato tra i comuni di Somma Vesuviana ed Ottaviano al chilometro 19+142 della linea Napoli-Ottaviano-Sarno e il secondo posto tra i comuni di Scafati e Poggiomarino al chilometro 12+635 della linea Napoli-Scafati-Sarno.
  Dagli accertamenti eseguiti nell'immediato, esperiti anche alla presenza delle forze dell'ordine, gli impianti ferroviari risultavano perfettamente funzionanti: in base all'articolo 147 del nuovo codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) si fa divieto di attraversare un passaggio a livello, quando siano in funzione i dispositivi di segnalazione luminosa ed acustica previsti dall'articolo 44 del suddetto codice.
  L'azienda Circumvesuviana ha comunque disposto, ai sensi dell'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, l'avvio di due inchieste, tuttora in corso, alle quali partecipa anche un funzionario di questo dicastero.
  Si fa presente, inoltre, che la tipologia dei passaggi a livello in esame viene richiamata, oltre che negli articoli summenzionati anche negli articoli 64 e 65 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, nonché negli articoli 184 e 188 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada).
  Secondo la normativa vigente, spetta alle aziende esercenti le ferrovie stabilire il tipo di impianto per ogni attraversamento e questo dicastero può disporre, per motivi di sicurezza, l'installazione dei dispositivi di protezione a passaggi a livello senza barriere, di cui gli impianti in argomento sono comunque già dotati.
  Si segnala, infine, che rientra nelle facoltà della competente amministrazione regionale la possibilità di finanziare la sostituzione degli impianti in esame con altra tipologia, sempre conforme alla normativa vigente al riguardo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   OLIVERIO, LARATTA e MATTESINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, e il decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, prevedono misure di sostegno per il settore televisivo locale, consistenti in contributi che vengono annualmente erogati dal Ministero dello sviluppo economico sulla base di graduatorie regionali redatte, con riferimento ai dipendenti occupati e ai fatturati conseguiti dalle imprese televisive locali interessate, dai Corecom – comitati regionali per le comunicazioni, a seguito di bando di gara che lo stesso Ministero deve emanare entro il 31 gennaio di ogni anno;
   tali misure di sostegno che hanno contribuito, negli anni, alla crescita e allo sviluppo delle imprese televisive locali nell'ottica di sostenere l'informazione locale di qualità, sono importantissime nell'attuale momento in cui le imprese televisive hanno dovuto affrontare rilevanti investimenti per la transizione al digitale e in considerazione della situazione di crisi del mercato pubblicitario;
   i procedimenti per l'erogazione di detti contributi statali stanno, tuttavia, subendo gravissimi inaccettabili ritardi, con evidenti ripercussioni anche per l'occupazione lavorativa nel comparto. Sono molte le imprese che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga e/o che hanno avviato procedimenti di licenziamento collettivo;
   in particolare:
    a) nonostante tutti i Corecom abbiano redatto le rispettive graduatorie regionali fin dallo scorso mese di settembre, non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini di utenza dello stanziamento dei contributi relativi all'anno 2011 le cui domande sono state presentate entro il 13 ottobre 2011 e quindi da oltre un anno. Occorre, peraltro, considerare che in caso di ritardo di uno o più Corecom, è possibile definire un riparto in acconto; in conseguenza di ciò, non sono stati ancora emessi i mandati di pagamento a favore delle imprese televisive locali aventi titolo;
    b) non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini del saldo dei contributi relativi all'anno 2010, con riferimento al quale è stato, ad oggi, stanziato e corrisposto solo un acconto, che in mancanza di immediato intervento rischia la perenzione;
    c) non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando relativo alle misure di sostegno per l'anno 2012, nonostante che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, tale bando dovesse essere emanato entro il 31 gennaio 2012 –:
   in quali tempi i suddetti provvedimenti verranno pubblicati in Gazzetta Ufficiale e in quali tempi verranno erogati i contributi 2010 e 2011 alle imprese televisive locali aventi titolo. (4-18593)

  Risposta. — In riscontro alle richieste dell'interrogante, si rappresenta preliminarmente che il Ministero è pienamente consapevole dell'importanza che le misure di sostegno in favore dell'emittenza locale rivestono per incentivare la crescita editoriale ed occupazionale delle imprese operanti nel settore.
  È, perciò, particolarmente attento a garantire la fisiologia delle relative procedure di erogazione, compatibilmente con la complessità delle medesime, attualmente disciplinate del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, del quale peraltro il Ministero sta promuovendo la modifica in chiave di razionalizzazione e semplificazione.
  In merito ai ritardi nella tempistica di emanazione dei provvedimenti ai quali si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si precisa che si tratta di evenienza di carattere del tutto eccezionale.
  In particolare, l’iter di perfezionamento del provvedimento di riparto dei contributi inerenti all'esercizio 2011, quantificati in ragione di uno stanziamento complessivo pari a euro 95.929.331, ha scontato negativamente la necessità di reiterazione del procedimento di predisposizione delle graduatorie da parte dei Corecom di diverse regioni, in adeguamento ad una pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione VI – n. 12683/2011) che ne aveva affermato l'illegittimità.
  Soltanto una volta acquisita e divenuta definitiva, a norma dell'articolo 5 del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 202, l'ultima di tali graduatorie, e stato quindi possibile per il competente Ufficio ministeriale sbloccare l'emanazione del provvedimento, avvenuta in data 29 novembre 2012, e darvi attuazione.
  Al riguardo, si informa che la procedura è stata definitivamente portata a compimento agli inizi del corrente mese di dicembre, con l'emissione dei mandati di pagamento.
  Quanto al saldo dei contributi relativi all'anno 2010, si fa presente che i denunciati ritardi sono stati determinati dalle modalità di quantificazione del relativo importo (pari a euro 13.335.408), trattandosi di fondi che, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 2 comma 237 della legge n. 191 del 2009, derivano dalle economie accertate ex lege n. 488 del 1999 e da ripartire nel triennio 2012/2014. Anche tale provvedimento di riparto, comunque, risulta ormai emanato (decreto ministeriale 31 ottobre 2012, registrato alla Corte dei conti il 15 novembre 2012, reg. 12, fgl 245) e pienamente eseguito con l'emissione dei mandati.
  Per ciò che attiene, infine, alle misure di sostegno per il 2012 (circa 78 milioni di euro il relativo ammontare), si rappresenta che la procedura è stata bandita con decreto ministeriale del 15 ottobre 2012, attualmente in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso del tempo si è andata diffondendo presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli ospedali, le università ed altri luoghi pubblici destinati alla collettività, la consuetudine di prevedere nelle gare di appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici, cospicue somme di denaro a titolo di canone di concessione, sempre accompagnate da prezzi al consumo significativamente bassi. A titolo esemplificativo si possono citare le recenti gare aventi ad oggetto il suddetto servizio, indette dai comuni di Cuneo, Reggio Emilia, Trento, università di Padova, ma anche dell'università La Sapienza di Roma, dove è stato richiesto un canone di concessione pari a più di ottocentomila euro all'anno a fronte dell'installazione di 179 distributori automatici. Giova rilevare la funzione di interesse sociale svolta dal servizio di ristoro a mezzo distributori automatici anche e soprattutto in relazione ai luoghi e alla tipologia dell'utenza. Inoltre, si rileva che il canone di concessione dovrebbe far riferimento alla copertura dei soli costi per i consumi energetici e idrici limitatamente al funzionamento dei distributori automatici e che le somme a titolo di canone, come quella sopra richiamata, esorbitano oltremodo da ogni ragionevole ipotesi di rimborso per costi reali sostenuti dall'ente appaltante. Infine, la citata consuetudine è tale da alterare la libera concorrenza e inficiare una sana e corretta gestione economica dell'impresa aggiudicatrice, con potenziale pregiudizio sulla qualità del servizio e della sicurezza dei prodotti alimentari somministrati;
   su detta questione Confida, Associazione italiana distribuzione automatica, aderente a Confcommercio, Imprese per l'Italia, nonché associazione di categoria che rappresenta la quasi totalità dell'imprese operanti nel settore, ha predisposto un capitolato standard per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici per le pubbliche amministrazioni, finalizzato alla tutela degli aspetti qualitativi e tecnici del servizio –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano opportuno intervenire al fine di garantire che le gare di appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici vengano aggiudicate garantendo la massima tutela degli aspetti qualitativi e tecnici del servizio, al fine di scongiurare il rischio che la gara di appalto si fondi solo su criteri di offerta economica tali da pregiudicare la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari somministrati;
   se i Ministri interrogati non ritengano altresì opportuno che il capitolato summenzionato elaborato da Confida possa essere assunto a riferimento e recepito da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici per la predisposizione delle gare d'appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici.
(4-14622)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2012, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, in tema di affidamento di concessione di servizi pubblici, le stazioni appaltanti sono tenute all'applicazione dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 (codice dei contratti pubblici); inoltre, ai fini dell'affidamento in finanza di progetto di contratti di concessione di servizi, si richiama l'articolo 278 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010.
  La disciplina richiamata stabilisce che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi dell'ordinamento comunitario nonché dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità.
  Ciò premesso, si rileva che, ferme restando la facoltà in capo ai soggetti eventualmente lesi di adire le opportune sedi giudiziarie, le modalità di gestione degli appalti pubblici, sotto il profilo della corretta applicazione della normativa e del rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, attengono esclusivamente alla sfera di scelta delle stazioni appaltanti da effettuarsi in base alle specifiche caratteristiche del contratto da affidare.
  In particolare, per quanto attiene alla tutela della concorrenza riguardo alle modalità di gara (elevato canone di concessione accompagnato da prezzi al consumo bassi), sempre più praticate, come evidenziato nell'interrogazione in esame, dalle pubbliche amministrazioni, dagli enti locali, ospedali, eccetera, si fa presente che l'organo preposto a tale competenza è l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
  Detta autorità, ai sensi dell'articolo 6 del citato codice, è preposta, infatti, a vigilare sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 2 del medesimo codice e, segnatamente, il rispetto dei richiamati principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonché il rispetto delle regole della concorrenza e della pubblicità nelle singole procedure di gara.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   PALADINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 241, ha disposto, all'articolo 6, comma 1, l'abrogazione degli istituti «dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata»;
   il decreto, al medesimo comma, prevede giustamente il mantenimento in deroga di detti istituti per alcune categorie particolarmente esposte a rischio, individuate nella normativa con la dicitura «personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico»;
   la dicitura adottata, di fatto, esclude tutto il personale civile operante nel comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, disconoscendo l'attività svolta dagli stessi nella difficile realtà ambientale con il personale considerato nel decreto e in alcuni casi nelle medesime condizioni;
   l'esclusione in questione espone i dipendenti civili a gravi criticità sul piano della tutela dei diritti –:
   quali iniziative, anche normative, intendano assumere al fine di fornire tutela ai dipendenti esclusi o quale istituto previdenziale o assistenziale possa sostituire l'istituto abolito. (4-14940)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione meglio in oggetto specificata, con cui si chiede quali iniziative si intendano assumere al fine di fornire tutela ai dipendenti civili operanti nel comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, si rappresenta quanto segue.
  Con l'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 («decreto salva Italia»), sono stati abrogati gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata. La norma citata tuttavia mantiene in deroga tali istituti «nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico» e non si applica: ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ai procedimenti per i quali, alla predetta data, non era ancora scaduto il termine di presentazione della domanda e ai procedimenti instaurabili d'ufficio per eventi occorsi prima della predetta data.
  In base alla previgente normativa, introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento con il Testo unico leggi e pensioni dei pubblici dipendenti (regio decreto 21 febbraio 1895, n. 70 recante approvazione del testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari in esecuzione della legge 15 giugno 1893, n. 279), questi ultimi, nel caso di perdita totale di capacità lavorativa per ragioni o fatti connessi allo svolgimento del servizio cui erano addetti, potevano beneficiare di una pensione, quella privilegiata appunto, caratterizzata dall'essere svincolata da requisiti minimi di contribuzione.
  Nel caso invece di mera riduzione di tale capacità lavorativa, il decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686 (norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3) aveva previsto, in presenza di determinati presupposti, la diversa fattispecie dell'equo indennizzo da corrispondersi una tantum.
  L'accertamento della dipendenza da causa di servizio delle lesioni e patologie riportate dal pubblico dipendente spettava alle commissioni mediche ospedaliere ed inoltre la legge (testo unico n. 3 del 1957 e decreto del Presidente della Repubblica n. 686 del 1957) prevedeva il rimborso delle spese di degenza per causa di servizio. Questa forma di tutela previdenziale non escludeva tuttavia l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, in quanto dalla somma liquidata a titolo di equo indennizzo veniva detratto quanto corrisposto dall'Inail.
  Attualmente la suddetta previgente disciplina continua ad applicarsi nei confronti del personale appartenente alle Forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica), all'arma dei Carabinieri, alle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo forestale dello Stato e Polizia penitenziaria) e militare (Guardia di finanza), nonché al comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, mentre per tutto il restante personale dipendente da amministrazioni pubbliche l'unica tutela vigente è, nei casi previsti, l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
  L'articolo 6 del decreto-legge n. 201 del 2011, nel contenere una serie di misure urgenti finalizzate, tra l'altro, ad assicurare al paese stabilità finanziaria e risparmi di spesa, ha inteso mantenere in vigore i sopra citati istituti solo per alcune categorie ritenute maggiormente a rischio. Inoltre, nel sopprimere i suddetti istituti per i dipendenti pubblici non appartenenti ai comparti sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico, e lasciando a loro favore la sola tutela Inail, la medesima norma ha di fatto realizzato una sorta di armonizzazione con il settore privato, al quale, in effetti, da sempre si applica la sola tutela antinfortunistica.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiElsa Fornero.


   PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il tumore del polmone è la prima causa di morte per neoplasia nei Paesi industrializzati. Rappresenta il 20 per cento di tutti i tumori maligni nelle persone di sesso maschile e, negli ultimi tempi, si sta diffondendo anche tra le donne;
   in Italia si stimano più di 250.000 nuovi casi di neoplasie polmonari ogni anno nelle persone di età inferiore ad 84 anni, con un numero di decessi che sfiora le 33.000 unità – di cui circa 27.000 uomini e 6.000 donne – tanto da rappresentare la prima causa di morte oncologica negli uomini e la seconda nelle donne;
   secondo l'ultimo rapporto ISTAT, la mortalità per tumore in Italia diminuisce del 2 per cento circa ogni anno, ma nel caso di questa gravissima neoplasia tale riduzione riguarda solo gli uomini, mentre nelle donne i decessi sono aumentati dell'1,5 per cento;
   i risultati di alcune importanti ricerche scientifiche – nazionali ed internazionali – hanno dimostrato che la tac spirale, a basso dosaggio di radiazioni, può essere un importante strumento di prevenzione per il tumore al polmone, analogamente alla mammografia per il cancro al seno o al pap test per il tumore dell'utero;
   oggi più del 70 per cento dei tumori del polmone viene scoperto quando la malattia è già in fase avanzata, spesso inoperabile e con una percentuale di guarigione non superiore al 15 per cento;
   la tac spirale può individuare lesioni di pochi millimetri, insidiosissime, ma totalmente asintomatiche, che possono essere asportate attraverso un intervento chirurgico;
   due studi in particolare – del National Cancer Institute (USA) il primo e dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) l'altro – hanno confermato un netto miglioramento della sopravvivenza nei fumatori ai quali era stato diagnosticato un tumore al polmone allo stadio iniziale;
   il National Cancer Institute ha avviato uno studio su 53.500 persone di età compresa tra 55 e 74 anni che avevano fumato almeno un pacchetto di sigarette al giorno per 15 anni, suddividendole in due gruppi. Il primo è stato sottoposto ad una semplice radiografia, l'altro alla tac spirale. Nelle persone sottoposte a quest'ultimo esame si è notata una riduzione della mortalità del 20 per cento;
   lo studio denominato «Cosmos», dell'Ieo, ha invece esaminato 6.200 forti fumatori (un pacchetto di sigarette al giorno da 20 anni), sottoponendoli a tre tac all'anno e monitorandoli poi annualmente. A conclusione di questo studio sono stati diagnosticati 297 tumori polmonari, di cui 75 per cento dei casi allo stadio iniziale. L'89 per cento delle neoplasie individuate è risultato rimovibile chirurgicamente in modo radicale e nel 98 per cento è stato possibile asportare soltanto un lobo dell'organo;
   secondo il gruppo di lavoro dell'Istituto europeo di oncologia, se si cominciasse subito ad eseguire la tac spirale a basso dosaggio su tutti i forti fumatori, si potrebbero salvare 6.500 vite all'anno;
   la tac spirale, nel dettaglio, si esegue attraverso una scansione dell'organo della durata di pochi secondi, da parte di un macchinario che analizza dettagliatamente i polmoni, mettendo in luce gli eventuali tumori, anche in fase iniziale. Ripetuto una volta l'anno, questo esame potrebbe permettere di monitorare sistematicamente lo stato di salute dei forti fumatori, dando l'opportunità di individuare subito la formazione del cancro;
   ad oggi una tac spirale, eseguita in forma privata, costa circa 250 euro e, forse, dal punto di vista economico, potrebbe essere più vantaggioso per il Sistema sanitario nazionale organizzare uno screening attraverso questo semplice esame, piuttosto che curare un paziente affetto da cancro al polmone in stadio avanzato –:
   se sia a conoscenza dei dati suesposti e se non intenda procedere alle opportune verifiche, sia di carattere medico-scientifico, sia di carattere economico, per valutare l'opportunità di inserire questo tipo di esame nei protocolli del Servizio sanitario nazionale, in quanto utile ad una diagnosi precoce del cancro al polmone ed alla tutela concreta della salute dei cittadini italiani. (4-12271)

  Risposta. — Negli ultimi anni le apparecchiature per la diagnostica per immagini si sono notevolmente evolute e hanno dato origine a nuove varianti della tomografia computerizzata (TC) come la TC multistrato e la TC spirale; quest'ultima, in particolare, permette l'acquisizione veloce di immagini piuttosto nitide e poco sensibili ai movimenti cardiaci e respiratori.
  La TC multistrato rappresenta una ulteriore evoluzione della TC spirale, nella quale vengono eseguiti strati sub-millimetrici che, rielaborati, forniscono immagini tridimensionali e indicazioni sulla funzionalità della struttura anatomica esaminata.
  Diversi studi clinici in corso in Europa e negli Stati Uniti contengono valutazioni dell'efficacia della TC spirale a basso dosaggio per la diagnosi precoce del cancro polmonare nei forti fumatori. I dati preliminari appaiono tuttavia conflittuali: se da un lato non è stato dimostrato alcun beneficio (Infante, 2009), dall'altro si è rilevata una seppur limitata riduzione della mortalità (National lung screening trial – Nlst).
  Queste evidenze potrebbero essere spiegate con la circostanza che la maggior parte dei tumori polmonari aggressivi non è preceduta da lesioni polmonari identificabili con gli attuali strumenti di diagnostica per immagini, suggerendo, per tali neoplasie, una anomalia nel modello di cancerogenesi multifasica che è alla base di tutti i progetti di anticipazione diagnostica.
  In ogni caso, i primi risultati di uno studio randomizzato, avviato presso l'Istituto tumori di Milano nel 2005 (MILD), hanno confermato come una TC annuale sia in grado di diagnosticare più tumori polmonari rispetto a quella eseguita ogni due anni, ma senza alcun beneficio sulla mortalità, mentre i dati dello studio COSMOS hanno dimostrato che la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con tumore polmonare diagnosticato alla TC è stata del 72 per cento.
  Nel corso di un convegno internazionale, i responsabili degli studi randomizzati attualmente in corso in Europa con uso di TC a bassa dose (EUTC) hanno tentato di raggiungere un consenso sulla possibilità di implementare l'uso di programmi di accertamento ed esprimere un parere sulla continuazione o meno degli studi in corso.
  L'opinione condivisa è stata che le analisi debbano continuare, al fine di valutare l'effetto globale dell'uso della TC a bassa dose come esame di accertamento rispetto all'opzione di non svolgere alcun esame, sia in termini di riduzione di mortalità per tumore polmonare, sia di danno attribuibile ai suoi effetti collaterali, concordando tuttavia sulla necessità di una analisi combinata dei dati.
  Al tempo stesso, i ricercatori e gli altri esperti hanno individuato una serie di criticità che devono essere risolte prima di considerare l'implementazione della TC a bassa dose come valido strumento di accertamento per il tumore polmonare: campione di popolazione da sottoporre ad accertamenti, definizione di rischio individuale di cancro polmonare, ruolo della misurazione dei bio-marcatori precoci, modalità di gestione dei noduli parenchimali sospetti, protocollo ottimale di accertamento, fenomeno delle sovradiagnosi, rapporto costo-efficacia della procedura, eccetera.
  Infatti, tra i maggiori problemi viene segnalata l'elevata sensibilità della TC spirale multistrato, che genera crescenti problemi per un utilizzo nello screening del cancro polmonare per l'alta frequenza di falsi positivi (30-50 per cento) con la possibile sovra diagnosi di lesioni neoplastiche e il conseguente ricorso a trattamenti non necessari.
  Infine, si ritiene utile fare menzione del parere espresso dalla II sezione del Consiglio superiore di sanità in data 12 luglio 2011 che, pur riconoscendo la validità della TC spirale nella diagnosi precoce della malattia, ha ritenuto, tra l'altro, che «l'accesso alla procedura di screening per tumore polmonare con TC spirale, anche se basata su un'iniziale evidenza scientifica, non sembra al momento applicabile su base nazionale, ritenendo necessaria l'acquisizione di ulteriori dati», e che «vengano implementate tutte le misure di prevenzione primaria» e che «tutti gli operatori socio-sanitari informino e supportino le persone per la disassuefazione al fumo, stimolandole a ricorrere ai Servizi sanitari per iniziare terapie adeguate ed efficaci».
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con nota prot. 188767/DB/07/08 del 26 ottobre 2011 a firma del direttore Ferdinando Romano la regione Lazio ha inviato ai direttori generali delle ASL, delle aziende ospedaliere, dei policlinici universitari e degli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico un modello di piano terapeutico sulla base del quale procedere alla prescrizione dei farmaci antipsicotici atipici (ATC N0SAH);
   la sezione Lazio della Società italiana di psichiatria ha espresso pubblicamente la propria preoccupazione e perplessità circa la suddetta nota, denunciando come dalla documentazione inviata dalla regione emergerebbe che i criteri di scelta dell'antipsicotico atipico sarebbero limitati «all'inefficacia o intolleranza di terapie precedenti», e come nel «modello per la definizione del piano terapeutico» indicato mancherebbe del tutto la diagnosi fatta al paziente che dovrebbe rappresentare l'unica informazione valida per definire l'appropriatezza o meno della prescrizione;
   la Corte di Cassazione, con la sentenza 8254/11 della IV sezione penale, ha recentemente ribadito gli obblighi di chi esercita la professione medica, specificando che «il medico, che risponde anche ad un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente»;
   la stessa sentenza stabilisce che «a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell'ammalato», ribadendo inoltre che «il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della nota della regione Lazio relativa alla prescrizione dei farmaci antipsicotici atipici e se non intenda, nell'ambito della proprie competenze e anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dei disavanzi sanitari, assicurare che la logica di un possibile risparmio per la regione non prevalga su pertinenti valutazioni di carattere clinico e scientifico nell'interesse dei pazienti e della tutela della loro salute, che dovrebbe prevalere su qualsiasi altra considerazione.
(4-14421)

  Risposta. — La predisposizione del piano terapeutico, sulla base del quale si procede alla prescrizione dei farmaci antipsicotici atipici, non rientra nelle competenze istituzionali del Ministero della salute, bensì nella competenza delle singole regioni.
  Invero, la riorganizzazione dei medicinali nelle tre fasce di rimborsabilità in base a criteri di efficacia, tollerabilità e costo, avvenuta a partire dal 1994, ha avuto il merito di riproporre con forza una valutazione critica, basata su dati della letteratura scientifica, dei farmaci che vengono prescritti in Italia.
  Tale atteggiamento critico ha coinvolto e continua a coinvolgere anche gli psicofarmaci, oggetto di particolare attenzione non solo per quanto riguarda la rimborsabilità, ma anche per quanto riguarda le indicazioni all'uso terapeutico.
  Nelle note 71 e 71-bis elaborate dalla Commissione unica del farmaco (CUF), le cui funzioni sono ora espletate dalla Commissione consultiva tecnico scientifica istituita presso l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), si limitava la prescrivibilità dei medicinali antipsicotici soltanto all'ambito specialistico, ovvero a cura dei medici appartenenti a centri specializzati ospedalieri e a servizi psichiatrici territoriali con autorizzazione regionale, compilando un apposito modulo, il cosiddetto piano terapeutico, che raccoglie dati sul paziente e riporta l'indicazione terapeutica prevista dalle note. Le note 71 e 71-bis sono state abolite dalla Cuf nel 2000: pertanto, i farmaci antipsicotici atipici o di nuova generazione, quali la clozapina, l'olanzapina, la quetiapina, possono essere ora prescritti senza alcuna limitazione con riguardo alle indicazioni terapeutiche.
  La Cuf ha previsto, tuttavia, che i medicinali a base di tali principi attivi possono essere prescritti a carico del servizio sanitario nazionale da parte del medico di medicina generale solo sulla base di una diagnosi e di un piano terapeutico elaborati da centri specializzati, universitari o delle aziende sanitarie, individuati dalle regioni e dalle province autonome.
  Si è, sotto tale profilo, riconosciuto che le regioni e le province autonome sono le istituzioni più idonee per le procedure di individuazione e accreditamento dei centri e delle strutture specializzate, essenziali per la definizione del piano terapeutico, garantendo in tal modo al paziente appropriatezza e qualità delle prestazioni richieste.
  Si è, inoltre, delegata all'autorità regionale e provinciale l'individuazione dei centri specializzati, siano essi pubblici o privati, e ciò nel rispetto dell'autonomia decisionale periferica e della consapevolezza dell'esistenza di situazioni e realtà sanitarie territoriali tra loro estremamente diversificate.
  Si evidenzia, inoltre, dal punto di vista della spesa farmaceutica, che il piano terapeutico contiene il cognome e nome del paziente, la diagnosi, la posologia, la durata del trattamento, nome, cognome e firma del medico, timbro della struttura autorizzata al rilascio.
  La Commissione consultiva tecnico scientifica dell'AIFA, organo tecnico-scientifico che ha sostituito la Cuf, nella seduta del 27 giugno 2005, ha ritenuto necessaria ed urgente la definizione di un programma di farmacovigilanza attiva, allo scopo di aumentare le conoscenze a disposizione in merito agli antipsicotici atipici.
  Qualora un medico dei centri specialistici identificati dalle regioni ritenga imprescindibile un trattamento con antipsicotici, dovrà compilare la scheda di inizio trattamento e, ai successivi controlli, la scheda di monitoraggio al fini di una valutazione prospettica del profilo di beneficio/rischio di tali farmaci, in pazienti affetti da disturbi psicotici.
  La Commissione consultiva tecnico scientifica, nel corso della seduta del 27 giugno 2005, ha, altresì, disposto l'istituzione presso l'Aifa di un data-base dei soggetti con demenza assuntori di farmaci antipsicotici, sulla base delle schede di monitoraggio compilate dai centri specialistici regionali.
  Qualora insorgano reazioni avverse in relazione all'uso di questi farmaci, queste devono essere segnalate con il modulo e le procedure proprie del Servizio nazionale di farmacovigilanza.
  Le misure adottate consentono il costante monitoraggio dell'utilizzo dei medicinali antipsicotici.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'aspartame è il dolcificante artificiale più diffuso nel mondo, a basso contenuto calorico, e consumato da oltre 200 milioni di persone;
   l'aspartame si trova in più di 6.000 prodotti attualmente in commercio, anche nel nostro Paese, che vanno dalle bevande dolci alle caramelle, dalle gomme da masticare agli yogurt, fino a molti medicinali, in particolare sciroppi e antibiotici per bambini;
   questa sostanza – il cui potere dolcificante è 200 volte maggiore di quello dello zucchero – fu scoperta negli anni (Silurante la sperimentazione di un farmaco e l'autorizzazione alla sua commercializzazione da parte della Foods and Drugs Administration (FDA) arrivò nel 1980;
   la quantità giornaliera massima di assunzione di aspartame, stabilita dalle normative vigenti di Europa e Stati Uniti è, rispettivamente, di 40 e 50 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo, mentre la quantità media di aspartame assunta giornalmente da coloro che ne fanno uso corrente è di circa 2-3 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo, che arriva a 4-5 milligrammi per bambini e donne in età di gravidanza;
   per superare i livelli massimi di assunzione quotidiana previsti attualmente dall'Agenzia per la sicurezza alimentare dell'Unione europea (Efsa), un bambino di 30 chili dovrebbe ingerire: 4 lattine di bibite light a zero calorie, 2 yogurt, 2 merendine e 10 caramelle dolcificate con l'edulcorante. Per un adulto di 60 chilometri la quantità raddoppia. Di fronte a questi dati appare difficile superare le dosi consigliate;
   oggi, però, a quanto si apprende da un'approfondita inchiesta trasmessa dalla trasmissione di Rai 3, Report, il 29 aprile scorso, la stessa Efsa, su ordine della Commissione europea e a seguito della pressione di alcuni parlamentari e media stranieri, ha deciso di riaprire il dossier sull'aspartame, poiché sembrerebbe che dietro il via libera alla diffusione di questo edulcorante si nascondano interessi di tipo commerciale e che in realtà il prodotto non sia così innocuo, se assunto in dosi eccessive. Per tale ragione nel prossimo mese di settembre potrebbero essere emanate nuove direttive da parte dell'Efsa a tutela della salute in relazione all'assunzione del potente edulcorante;
   i possibili rischi derivanti dall'assunzione dell'aspartame, secondo Alberto Mantovani, tossicologo dell'Istituto superiore di sanità, possono essere correlati agli effetti dei metanoloti che si formano quando il dolcificante giunge a livello intestinale. Uno dei tre componenti dell'aspartame è, infatti, il metanolo che nell'organismo si trasforma in formaldeide, una sostanza classificata come altamente cancerogena;
   l'istituto di ricerca oncologica Ramazzini di Bologna, e in particolare il professor Morando Soffritti, da anni studia gli effetti di questo particolare edulcorante sugli animali da laboratorio;
   il primo studio, effettuato nel 2005 sui ratti, aveva mostrato la maggiore incidenza di leucemie o linfomi negli esemplari che avevano assunto il dolcificante. Anche il secondo studio aveva confermato gli esiti del primo, ma entrambi furono considerati inattendibili da Bruxelles;
   nel 2010 i ricercatori di questo Istituto italiano hanno presentato una terza ricerca che dimostra nuovamente come l'aspartame possa essere associato all'insorgere di diverse e gravi patologie tumorali non solo nei ratti, ma anche nei topi;
   i risultati di questi studi sono stati fortemente contestati dai produttori di aspartame, nonché dalle industrie produttrici di cibo, bevande, caramelle o chewingum che lo utilizzano;
   l'Istituto nazionale per la ricerca alimentare e la nutrizione (Inran), attraverso le sue linee guida, sconsiglia i dolcificanti nella dieta dei bambini fino a tre anni, alle donne in gravidanza e in allattamento;
   l'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (IARC) dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha affermato che i risultati dei saggi sperimentali condotti sui roditori non escludono rischi cancerogeni per l'uomo e per questo «appare prudente, da parte delle Istituzioni preposte, un urgente riesame dei livelli di assunzione permissibili dell'aspartame» –:
   se il Ministro interrogato ritenga necessario promuovere altri studi nazionali al fine di possedere informazioni medico scientifiche, chiare ed approfondite, sui possibili effetti dell'aspartame e fare definitivamente chiarezza sulle conseguenze che questo edulcorante ha sulla salute dell'uomo;
   se intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, provvedimenti a tutela della sicurezza e a garanzia di eventuali rischi per la salute, soprattutto per la sempre crescente diffusione che questo prodotto sta avendo nel mercato nazionale. (4-16059)

  Risposta. — L'aspartame, denominato con il numero di identificazione europeo E 951, è un additivo alimentare appartenente alla categoria funzionale degli edulcoranti, il cui impiego è consentito dalla specifica legislazione comunitaria secondo le condizioni ivi fissate.
  Al riguardo, occorre rammentare che in materia di additivi alimentari e quindi di edulcoranti vige il principio della cosiddetta «lista positiva», ovvero si possono impiegare nella preparazione degli alimenti soltanto le sostanze in essa elencati, nei soli alimenti indicati ed alle dosi ivi fissate.
  Prima dell'inclusione nella legislazione comunitaria, l'E 951 è stato valutato dallo Jecfa (comitato misto Fao/Oms per la valutazione degli additivi alimentari), dal Comitato scientifico per l'alimentazione umana (Scf) e dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).
  I suddetti organismi scientifici hanno fissato per l'aspartame una dose giornaliera ammissibile (Dga) pari a 40 mg/kg di peso corporeo al giorno, precisando che il consumatore deve essere informato della presenza della fenilalanina, per quanti sono affetti da fenilchetonuria. Ciò in considerazione del fatto che l'aspartame una volta ingerito si scinde nell'organismo in acido aspartico, fenilalanina e metanolo.
  L'aspartame, più di altri edulcoranti, è stato oggetto di numerosi studi volti a dimostrare la sua potenziale cancerogenicità; l'Efsa ha, pertanto, espresso in materia numerose valutazioni.
  In particolare, nel 2006 il gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari dell'Efsa, ha valutato lo studio di cancerogenicità a lungo termine condotto dalla fondazione europea Ramazzini (Fer) di Bologna, concludendo che non vi era motivo di rivedere la Dga precedentemente stabilita per l'aspartame di 40 mg/kg.
  Nel 2009 l'Efsa ha richiesto i dati relativi allo studio della fondazione Ramazzini, concludendo che non vi era alcuna indicazione di potenziale genotossico o cancerogeno dell'aspartame e nessun motivo per rivedere la Dga precedentemente fissata di 40 mg/kg peso corporeo/giorno.
  Allo stato attuale l'argomento è di nuovo all'attenzione dell'Efsa, che deve effettuare una valutazione sulla sicurezza dell'aspartame che comprende tutte le ricerche condotte fino ad oggi, tra cui lo studio effettuato dalla fondazione Ramazzini di Bologna nel 2010.
  Nel maggio 2011, la Comunità europea ha chiesto all'Efsa di anticipare al 2012 la rivalutazione sulla sicurezza dell'aspartame. La revisione di questo dolcificante fa parte della rivalutazione sistematica di tutti gli additivi autorizzati in Europa prima del 20 gennaio 2009. L'Efsa, dopo avere accettato il mandato, ha lanciato una richiesta pubblica per ottenere dati scientifici in merito ad una revisione della letteratura disponibile. Durante i lavori iniziati nei primi mesi del 2012 sul dolcificante, l'Efsa si è resa conto della incompletezza di alcuni dati (sull'acido acetico 5-benzil-3,6-dioxo-2-piperazina – DKP e altri potenziali prodotti di degradazione dell'aspartame) per produrre un parere e ha perciò lanciato un ulteriore invito pubblico. In accordo con quanto previsto a livello europeo in materia di sicurezza alimentare, verranno fornite le necessarie basi scientifiche per valutare eventuali necessità di modifica della normativa comunitaria che regolamenta l'uso dell'aspartame in campo alimentare.
  Per quanto concerne quanto riportato nelle «Linee Guida per una sana alimentazione italiana» dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran), l'Istituto superiore di sanità fa presente che la raccomandazione «Il loro uso è comunque sconsigliato fino al 3o anno di età e durante la gravidanza e l'allattamento. Particolare attenzione va riservata ai bambini di età superiore ai 3 anni, ai quali l'eventuale somministrazione di prodotti contenenti dolcificanti deve essere fatta con cautela», non riguarda esclusivamente l'aspartame, ma è rivolta generalmente a tutti gli edulcoranti utilizzati in ambito alimentare in sostituzione dello zucchero.
  Da ultimo, sempre con riguardo alle linee guida dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, si precisa che gli edulcoranti non sono consentiti nei prodotti alimentari destinati ai lattanti, bambini e prima infanzia, neanche nel caso di alimenti a fini medici speciali in cui sia necessario mascherare il cattivo sapore del prodotto.
  Pertanto, in considerazione del fatto che sull'aspartame è stato già emanato un pubblico bando internazionale, non si ritiene necessario, allo stato attuale, promuovere altri studi nazionali al riguardo, né adottare alcun ulteriore provvedimento rispetto a quanto finora adottato a livello comunitario.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella direttiva europea 2004/23/CE – recepita dai decreti legislativi n. 191 del 2007 e n. 16 del 2010 e relativa alle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani – la competenza, rispetto alle notifiche di eventi avversi relativamente alla procreazione medicalmente assistita, viene attribuita alle autorità regionali, al Registro procreazione medicalmente assistita dell'Istituto superiore di sanità (ISS-Registro) e al Centro nazionale trapianti (CNT), senza dettagliate e ulteriori specificazioni;
   il recente atto del Governo n. 444, intende modificare tali disposizioni, affidando esclusivamente al CNT la suddetta competenza;
   nel parere del Consiglio superiore di sanità reso al Ministro della salute, in data 21 febbraio 2012, viene chiaramente espresso che la notifica degli eventi avversi debba essere fatta in «modo contestuale all'ISS-Registro e al CNT». Tale parere non è, al momento, mai stato preso in considerazione nella discussione dell'atto del Governo succitato;
   il ruolo assegnato all'ISS-Registro è sancito dalla legge n. 40 del 2004, articolo 11, commi 2, 3, 4, 5 nonché dal decreto ministeriale del 7 ottobre 2005;
   l'obiettivo del provvedimento di modifica dei decreti legislativi suddetti, dovrebbe essere volto alla maggior tutela dalle coppie. Proprio per questo è paradossale, agli occhi dell'interrogante, che l'Istituto superiore di sanità-Registro venga esautorato delle sue funzioni e subordinato al Centro nazionale trapianti nell'attività di notifica di eventi avversi che si verificano all'interno di un delicato percorso, quello delle coppie che decidono di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita – che è seguito dall'inizio alla fine proprio dall'Istituto superiore di sanità e del quale lo stesso raccoglie tutti i dati;
   nel succitato atto del Governo, inoltre, si riconosce solo una parte dell'attività svolta dal Registro procreazione medicalmente assistita prevista dalla legge, cioè quella della raccolta dei dati sui trattamenti, mentre si nega, di fatto, l'attività, che viene svolta in collaborazione costante con i centri, le regioni e con il nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri che ha sempre avuto nel Registro un proprio punto di riferimento, per le comunicazioni e l'acquisizione di informazioni concernenti licenze, autorizzazioni e altro;
   in questo contesto, anche la proposta sulla definizione dei requisiti minimi per autorizzare i centri italiani di PMA, prevista dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 191 del 2007, che è arrivata il 15 marzo 2012 al tavolo della Conferenza Stato regioni, sembra propendere per un rafforzamento delle competenze del CNT rispetto all'ISS, ricalcando in qualche modo, quanto già prospettato dall'osservatorio sull'applicazione del decreto legislativo n. 191 del 2007 creato nel 2009 dall'allora sottosegretario Roccella. L'osservatorio vantava l'ampia partecipazione di rappresentati del centro nazionale trapianti;
   le novità apportate agli enti di controllo sulla pratica della fecondazione assistita, se confermate, risulterebbero, a parere dell'interrogante, particolarmente complesse a causa della sovrapposizione di ruoli con evidente sovraccarico di lavoro ed eccessiva burocratizzazione, poiché i centri di procreazione medicalmente assistita, impropriamente definiti banche di tessuti, dovrebbero relazionarsi con l'autorità regionale, con il centro nazionale trapianti e con l'ISS-registro;
   il 31 marzo 2012, presso il centro procreazione medicalmente assistita dell'ospedale San Filippo Neri di Roma, sono andati perduti, in un solo momento, 54 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale, a causa di un incidente all'impianto di azoto liquido che alimenta il servizio di criobiologia per la crioconservazione di materiale biologico;
   la normativa attualmente in vigore – decreto legislativo n. 16 del 2010 – prevede, in casi come quello suddetto, che il centro procreazione medicalmente assistita comunichi tempestivamente l'evento avverso alla rispettiva autorità regionale e al centro nazionale trapianti o all'istituto superiore di sanità, secondo i rispettivi ambiti di competenza;
   in data 3 aprile 2012, il centro nazionale trapianti ha effettuato le ispezioni presso l'ospedale San Filippo Neri per verificare le cause e le responsabilità del grave incidente –:
   quali sono le ragioni per cui il Governo voglia così fortemente sbilanciare, a parere dell'interrogante in maniera indebita, la competenza, nel campo della procreatica, a favore del CNT prevedendo l'invio diretto della notifica degli eventi avversi a tale organismo, esautorando, di fatto, una delle principali mission dell'ISS-Registro;
   se non sia il caso di prevedere l'invio contestuale delle notifiche degli eventi avversi, per via telematica, ad entrambi gli enti, poiché tale soluzione non comporterebbe alcun lavoro aggiuntivo da parte dei centri;
   chi siano i tecnici del CNT che hanno effettuato in data 3 aprile 2012 l'ispezione all'ospedale San Filippo Neri e se ne siano mai state effettuate in precedenza, da parte dello stesso ente o da altri preposti, come previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 191 del 2007;
   se sia stato comunicato l'evento avverso all'Istituto superiore di sanità-Registro di procreazione medicalmente assistita, essendo ancora in vigore il decreto legislativo n. 16 del 2010;
   se siano state emanate le linee guida nazionali per l'applicazione delle nuove norme introdotte;
   non intenda, infine, prevedere un organismo di controllo unitario per la procreazione medicalmente assistita che vada dai rapporti con l'autorità regionale, a quello coi centri, all'elaborazione dei dati statistici ed epidemiologici, con compiti d'ispezione, al fine di snellire le procedure burocratiche, specie in un momento come questo di carenza di personale medico e amministrativo sia nei centri pubblici che in quelli privati. (4-16066)

  Risposta. — L'atto del Governo n. 444, a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame, concernente lo schema di decreto legislativo (n. 85 del 2012), con il quale sono state proposte alcune modifiche del decreto legislativo n. 16 del 2010, dopo aver seguito tutti i passaggi previsti dall’iter parlamentare, e stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2012.
  Il decreto legislativo 30 maggio 2012, n. 85, non ha portato ad uno sbilanciamento delle competenze nei confronti del Centro nazionale trapianti (Cnt) rispetto al registro dell'istituto superiore di sanità (Iss), in quanto le competenze delle due istituzioni erano già definite da leggi precedenti decreto legislativo n. 191 del 2007, decreto legislativo n. 16 del 2010, legge n. 40 del 2004) e risultano ben distinte; l'una infatti consiste nella raccolta dei dati, di attività e clinici, dei Centri e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma), e nell'elaborazione di informazioni, suggerimenti e proposte delle società scientifiche e degli utenti in merito alla Pma (articolo 11, legge n. 40 del 2004 – registro Iss), l'altra consiste nel supporto alle regioni e al Ministero della salute per l'attuazione di quanto disposto dai decreti legislativi n. 191 del 2007 e n. 16 del 2010 relativamente a qualità, sicurezza e tracciabilità delle cellule riproduttive e dei tessuti (articolo 1, comma 3, decreto legislativo n. 16 del 2010).
  Nel corso dell’iter di approvazione dell'atto del Governo sono stati accolti i suggerimenti pervenuti dalle Commissioni parlamentari per quanto riguarda la segnalazione di eventi e reazioni avverse in connessione all'utilizzo di cellule riproduttive, prevedendone l'invio da parte dei centri alle regioni e al Cnt, che deve a sua volta trasmettere la notifica al registro Iss entro 48 ore dal ricevimento.
  Il doppio invio contestuale al Cnt e al registro, oltre ad essere una procedura fonte di possibili errori, è stata evitata a seguito di richiesta esplicita più volte espressa sia dai centri che dalle regioni, in quanto considerata inutile aggravio di lavoro.
  Con riferimento all'ispezione effettuata il 3 aprile 2012 a seguito dell'evento avverso grave occorso presso il centro del San Filippo Neri di Roma, si precisa che la stessa è stata effettuata da un team di esperti del Cnt su mandato del ministero in accordo con la regione Lazio.
  Le attività ispettive di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 191 del 2007, organizzate dalle regioni in collaborazione con il Cnt, hanno avuto avvio nel febbraio 2011.
  Allo scopo di adempiere alle vigenti disposizioni normative, il centro nazionale trapianti si è fatto promotore di specifici corsi di formazione per certificatori regionali. Il personale, indicato da ogni singola regione e in possesso di requisiti e titoli specifici, è stato formato tenendo conto delle indicazioni derivanti dalle normative di settore nazionali ed europee.
  Il Cnt, inoltre, supporta ogni singola regione nella programmazione delle ispezioni, concordando tempistiche e modalità delle attività. Ogni team è composto da certificatori regionali e da esperti del Cnt. Sono state condotte 19 ispezioni presso i Centri.
  In base alle disposizioni del decreto legislativo n. 19 del 2007 e del decreto legislativo n. 16 del 2010, la segnalazione degli eventi avversi deve essere compiuta in primo luogo al centro nazionale trapianti il quale, di conseguenza, provvede nei confronti delle altre amministrazioni coinvolte tra le quali il registro Iss.
  Per quel che concerne la previsione di un organismo di controllo unitario, si sottolinea che la normativa in esame non solo individua quali autorità competenti il Ministero della salute e le regioni, ma impone alle stesse di avvalersi del supporto del centro nazionale trapianti per l'attuazione di quanto disposto in termini di vigilanza sull'applicazione dei requisiti di qualità e sicurezza.
  Nell'ottica dell'ottimizzazione delle procedure e della limitazione dei costi, è auspicabile che il Cnt e il registro Iss operino in collaborazione e favoriscano lo scambio reciproco di informazioni, pur mantenendo ognuno l'ambito specifico delle proprie competenze.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   PEDOTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dalla bozza di testo elaborata dai tecnici delle regioni per il nuovo patto per la salute 2013-2015 vi è inserita la proposta di limitare l'assistenza pediatrica ai bambini fino ai sei anni;
   ufficiale o meno, la proposta è effettivamente forte. Si legge infatti alla pagina 10 del documento: «L'assistenza della pediatria di libera scelta non è garantita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Numerose aree del territorio nazionale soffrono di una carenza di pediatri e le regioni sono costrette ad incrementare significativamente il numero dei minori in carico ai PLS. Vanno quindi modificate le norme convenzionali che regolano i parametri relativi agli assistiti in carico, prevedendo di assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai Mmg»;
   lo stesso presidente della conferenza dei presidenti regionali, Vasco Errani, ha definito i contenuti di quel documento come «solo ipotesi, non discusse né vagliate dalle Regioni»;
   lo stesso ufficio stampa del Ministero della salute nel comunicato n. 19, del 30 dicembre 2011 in relazione a tale notizia affermava che: «(...) circa il riordino delle cure primarie, il Ministero della salute precisa che si tratta di un documento tecnico dei direttori degli assessorati regionali alla sanità. Nel documento ministeriale sulle cure primarie presentato al tavolo tecnico per il rinnovo del patto per la salute l'ipotesi assolutamente non è prevista, né risulta che il documento sia stato trasmesso al Ministero e che esista una sua validazione politica da parte delle stesse regioni»;
   attualmente l'assistenza fra 0 e 6 anni spetta obbligatoriamente allo specialista dei piccoli, mentre tra i 7 e i 14 ogni famiglia può scegliere se continuare a farsi seguire dal pediatra o passare al medico di base;
   il diritto all'opzione in questa seconda fascia d'età sarebbe cancellato se dovesse rimanere la proposta avanzata dai tecnici delle regioni;
   il pediatra è sicuramente il medico più qualificato per i bambini, pensiamo alle numerose patologie neurologiche, ai disturbi del metabolismo e dell'alimentazione, ai dosaggi delle cure farmacologiche che nei bambini variano proprio in relazione del peso e delle dimensioni del piccolo –:
   se corrisponda al vero la volontà di ridimensionare l'assistenza pediatrica obbligando i bambini, già all'età di 7 anni, a passare al medico di base perché si rileva su tutto il territorio nazionale una carenza di professionisti in pediatria;
   se, qualora fosse vero, che vi sia una carenza di pediatri sul territorio nazionale non sia più opportuno aumentare i posti nelle scuole di specializzazione ponendo quindi una programmazione sicuramente più adeguata alle esigenze del Paese.
(4-14681)

  Risposta. — In riferimento alla questione sollevata nell'interrogazione in esame, il Ministero della salute fa preliminarmente presente che le notizie, riportate da alcuni organi di informazione, relative all'inserimento, nel nuovo patto per la salute 2013-2015, di una proposta avente ad oggetto il ridimensionamento dell'assistenza pediatrica ai bambini al di sotto dei 6 anni, sono prive di fondamento.
  Infatti, l'ufficio stampa di questo Ministero, nel comunicato stampa n. 19 del 30 gennaio 2012, ha provveduto a rendere noto che il Ministro e gli organi tecnici del Ministero della salute non hanno mai preso in considerazione una siffatta ipotesi, trattandosi di una proposta tecnica, e non politica, predisposta dai direttori degli assessorati regionali alla sanità.
  In particolare, nel suddetto comunicato, si legge: «(...) Nel documento ministeriale sulle cure primarie presentato al tavolo tecnico per il rinnovo del patto per la salute l'ipotesi assolutamente non è prevista, né risulta che il documento sia stato trasmesso al ministero e che esista una sua validazione politica da parte delle stesse regioni».
  Per quanto concerne le problematiche evidenziate nell'interrogazione, si rappresenta che la pediatria di famiglia costituisce una risorsa del servizio sanitario nazionale volta a tutelare, non solo la salute del bambino e dell'adolescente, ma anche a garantire un'assistenza sanitaria qualificata a livello territoriale, considerato che i pediatri sono professionisti in possesso della formazione e dell'esperienza professionale idonee ad assicurare una attenzione sia alla diagnosi ed alla cura dei problemi di salute contingenti, che al benessere della maternità, dell'infanzia e dell'adolescenza.
  A tal fine, è stato attivato presso questo dicastero il tavolo tecnico «Cure primarie e integrazione ospedale territorio», costituito da rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali e del Ministero della salute e volto alla progettazione del riordino dell'assistenza primaria affinché, in un'ottica di riforma globale del settore, la pediatria di famiglia, quale componente delle cure primarie, garantisca agli utenti, nell'ambito pediatrico, una continuità dei percorsi di diagnosi e di cura attraverso un'integrazione tra servizi territoriali e tra territorio ed ospedale, con una conseguente redistribuzione delle risorse necessarie al potenziamento delle cure pediatriche territoriali.
  A tal proposito, è opportuno rilevare che la carenza generalizzata dei medici pediatri rappresenta un annoso problema, fortemente aggravato dalla crisi collegata al mancato ricambio generazionale, nonché dal contesto di crescente complessità sociale, dall'aumento delle patologie croniche e delle condizioni di cronicità e disabilità: fattori che rendono notevolmente complesso coprire il fabbisogno del territorio e degli ospedali.
  A tal proposito, dall'anno accademico 2009/2010 all'anno accademico 2011/2012, i contratti assegnati alle scuole di specializzazione in pediatria sono aumentati di circa il 49 per cento. In particolare, si è passati da 212 contratti per il 2009/2010 a 264 per il 2010/2011, fino a giungere a 315 contratti nell'ultimo anno accademico. Tale incremento è stato proposto e fortemente sostenuto dal Ministero della salute proprio in considerazione della nota carenza di medici pediatri ed assume un notevole rilievo, laddove il fabbisogno complessivo espresso dalle regioni per tutte le specializzazioni mediche relative all'anno accademico 2011/2012 è pari a 8.439 e le attuali fonti di finanziamento consentono di formare annualmente un totale di 5.000 nuovi specializzandi.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   PICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Italia e Somalia hanno un forte legame per ragioni storiche e culturali e il nostro Paese ospita una grande comunità somala ormai integrata e con passaporto italiano;
   la Somalia ha, in seguito ad un processo di transizione durato otto anni, un nuovo presidente e un nuovo Governo;
   il Ministro interrogato si è recato in visita a Mogadiscio il 23 ottobre 2012;
   il presidente somalo Hassan Mohamud Sheikh, recentemente nominato, ha in programma una serie di visite ufficiali a capi di Stato e di Governo nei Paesi del Golfo e in Turchia –:
   se il Governo non ritenga doveroso estendere un invito al presidente somalo a visitare Roma al fine di rinnovare il patto di amicizia tra i due Paesi. (4-18797)

  Risposta. — Il Ministro Terzi il 23 ottobre 2012 si è recato a Mogadiscio per testimoniare il forte sostegno dell'Italia al cambiamento in atto nel Paese a positiva conclusione della «transizione» e per rilanciare il nostro rapporto bilaterale con le nuove autorità della Somalia. Un evento di alto valore politico e simbolico, trattandosi della prima missione di un Ministro degli affari esteri italiano nella capitale somala dal 1992 e della prima missione di un Ministro degli esteri europeo dopo la fine della transizione.
  Nei lunghi e proficui colloqui avuti con il Presidente Hassan Sheikh Mohamud a Villa Somalia, il Ministro Terzi, oltre a discutere delle principali tematiche bilaterali e regionali, ha colto l'occasione per estendere un invito al nuovo Capo dello Stato somalo a visitare l'Italia. Il Presidente, nel ringraziarlo vivamente, ha espresso il suo vivo auspicio di poter realizzare l'incontro nel nostro Paese per consultazioni al più alto livello. Tale invito è stato peraltro rinnovato dall'ambasciatore e delegato speciale del Governo italiano per la Somalia durante il suo successivo incontro a Villa Somalia con il Presidente somalo, avvenuto il 22 novembre 2012.
  La tempistica della visita in Italia del Presidente somalo è in corso di definizione, tenendo in considerazione l'evoluzione del quadro politico in atto in entrambi i Paesi.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Confida, Associazione italiana distribuzione automatica, aderente a Confcommercio, Imprese per l'Italia, ha segnalato all'interrogante la seguente situazione:
    nel corso del tempo si è andata diffondendo presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli ospedali, le università ed altri luoghi pubblici destinati alla collettività, la consuetudine di prevedere, nelle gare di appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici, cospicue somme di denaro a titolo di canone di concessione, sempre accompagnate da prezzi al consumo significativamente bassi;
    a titolo esemplificativo si possono citare le recenti gare aventi ad oggetto il suddetto servizio, indette dai comuni di Cuneo, Reggio Emilia, Trento, università di Padova;
    dall'università La Sapienza di Roma sarebbe stato richiesto un canone di concessione pari a più di ottocentomila euro all'anno a fronte dell'installazione di 179 distributori automatici;
    tale servizio svolge una funzione di interesse sociale soprattutto in relazione ai luoghi e alla tipologia dell'utenza; il canone di concessione dovrebbe far riferimento alla copertura dei soli costi per i consumi energetici e idrici limitatamente al funzionamento dei distributori automatici e le somme a titolo di canone, secondo la Confida, esorbitano oltremodo da ogni ragionevole ipotesi di rimborso per costi reali sostenuti dall'ente appaltante;
    la citata consuetudine sarebbe tale da alterare la libera concorrenza e inficiare una sana e corretta gestione economica dell'impresa aggiudicatrice, con potenziale pregiudizio sulla qualità del servizio e della sicurezza dei prodotti alimentari somministrati –:
   se i Ministri interrogati intendano assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, al fine di garantire che le gare di appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici vengano aggiudicate garantendo la massima tutela degli aspetti qualitativi e tecnici del servizio, evitando il rischio che la gara di appalto si fondi solo su criteri di offerta economica tali da pregiudicare la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari somministrati;
   se i Ministri non ritengano di dover far valutare, nell'ambito delle proprie competenze, l'esigenza di promuovere la predisposizione di un capitolato standard per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici per le pubbliche amministrazioni di propria competenza, finalizzato alla tutela degli aspetti qualitativi e tecnici del servizio;
   se non si ritenga opportuno che la predisposizione di detto capitolato possa essere assunto a riferimento e recepito dalle pubbliche amministrazioni ed enti pubblici per la predisposizione delle gare d'appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici, in seguito a un proficuo e positivo confronto con la predetta associazione Confida, l'associazione di categoria che rappresenta la quasi totalità dell'imprese del settore.
(4-14331)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'8 maggio 2012, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, in tema di affidamento di concessione di servizi pubblici, le stazioni appaltanti sono tenute all'applicazione dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 (codice dei contratti pubblici); inoltre, ai fini dell'affidamento in finanza di progetto di contratti di concessione di servizi, si richiama l'articolo 278 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010.
  La disciplina richiamata stabilisce che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi dell'ordinamento comunitario nonché dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità.
  Ciò premesso, si rileva che, ferme restando la facoltà in capo ai soggetti eventualmente lesi di adire le opportune sedi giudiziarie, le modalità di gestione degli appalti pubblici, sotto il profilo della corretta applicazione della normativa e del rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, attengono esclusivamente alla sfera di scelta delle stazioni appaltanti da effettuarsi in base alle specifiche caratteristiche del contratto da affidare.
  In particolare, per quanto attiene alla tutela della concorrenza riguardo alle modalità di gara (elevato canone di concessione accompagnato da prezzi al consumo bassi), sempre più praticate, come evidenziato nell'interrogazione in esame, dalle pubbliche amministrazioni, dagli enti locali, ospedali, eccetera, si fa presente che l'organo preposto a tale competenza è l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
  Detta Autorità, ai sensi dell'articolo 6 del citato codice, è preposta, infatti, a vigilare sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 2 del medesimo codice e, segnatamente, il rispetto dei richiamati principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonché il rispetto delle regole della concorrenza e della pubblicità nelle singole procedure di gara.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   PISICCHIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con una decisione dello Stato maggiore della Marina militare si è deciso di non pagare il compenso forfetario di impiego negli ultimi quattro mesi del 2009;
   si tratta di un provvedimento grave, deciso «inaudita altera parte» dalle autorità militari e dopo che le prestazioni erano state effettuate, motivato dalla carenza di fondi;
   è appena il caso di rilevare che il cosiddetto «compenso forfettario di impiego» interessa una platea di circa 5.000 marinai. L'indennità in questione è corrisposta a titolo di straordinario forfetizzato, pari a 50 euro circa per ogni giorno trascorso in navigazione. La mancata corresponsione dell'indennità rappresenta, dunque, una perdita consistente in busta paga per militari che guadagnano uno stipendio base che varia dai 1.200 euro per i marinai, a poco più di 2.000 euro per gli ufficiali con il grado fino a capitano di fregata (tenente colonnello). E, soprattutto si tratta di una gratifica non trascurabile per chi è impegnato in mare aperto per lunghi periodi;
   per quanto è dato sapere, allo stato dell'arte il compenso che toccherebbe a migliaia di marinai impegnati nelle esercitazioni e nelle delicate missioni fuori area, consisterebbe, nella migliore delle ipotesi, nella trasformazione dello straordinario previsto per la navigazione in ore di recupero da scontare quando la nave sarà tornata in porto, con gravissimo pregiudizio nei confronti dei militari che, è opportuno ricordare, hanno già fornito le prestazioni lavorative;
   Cocer ha preparato una serie di proposte per cercare di superare la situazione, chiedendo, ad esempio, di poter coprire il «buco» con i fondi destinati al personale di terra a cominciare dalle fasce di reddito più alte; né va trascurato di considerare che la notizia dei tagli sta, com’è comprensibile, generando apprensione tra i militari –:
   cosa il Ministro interrogato intenda fare per portare a soluzione il delicatissimo problema che sta generando un allarme, peraltro giustificato, in migliaia di famiglie di militari della Marina. (4-06804)

  Risposta. — Ai sensi delle vigenti disposizioni, il compenso forfettario di impiego (Cfi) è finalizzato a remunerare esclusivamente l'impegno del personale non dirigenziale (da tenente colonnello a militare di truppa) in esercitazioni e operazioni prolungate e continuative.
  L'introduzione di una speciale indennità finalizzata a compensare l'attività di servizio in navigazione – quando le attività si susseguono senza interruzioni, imponendo al personale vincoli e limiti che rendono problematica l'applicazione delle disposizioni sull'orario di servizio e sullo straordinario ad esso connesso – è stato un obiettivo che la Marina ha fortemente perseguito negli anni.
  Nel 2001, la necessità di una speciale indennità è stata concettualmente recepita e, successivamente, consolidata con il provvedimento di concertazione del 2002 (decreto del Presidente della Repubblica 163 del 2002), che ha previsto il compenso forfettario di impiego, ai sensi della legge istitutiva n. 86 del 2001, per remunerare esclusivamente le esercitazioni/operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno 48 ore.
  La norma istitutiva all'articolo 3, comma 4, della legge menzionata prevede che «Il personale può essere impegnato nelle attività di cui al comma 1 fino ad un massimo di centoventi giorni l'anno e per non più di dodici ore giornaliere, salvo il verificarsi di comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo. Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e comunque la fruizione di adeguati turni di riposo».
  Il successivo comma 5 stabilisce, invece, che il compenso forfettario di impiego è da intendersi quale «indennità sostitutiva per il compenso per il lavoro straordinario e del recupero compensativo ...» da attribuire «nell'ambito delle risorse ad essa assegnate ...».
  Annualmente, in base alle esigenze rappresentate, lo Stato Maggiore della difesa provvede a ripartire tra le Forze armate le risorse rese disponibili sul relativo capitolo dalla legge di bilancio.
  Anche se l'attribuzione delle risorse condiziona sia la fase di pianificazione e di programmazione delle attività, sia quella di condotta delle operazioni/esercitazioni, va sottolineato che il compenso forfettario di impiego è solo uno degli strumenti che possono essere utilizzati per compensare l'impegno profuso dal personale per le attività operative e addestrative.
  Infatti, alla compensazione delle eccedenze orarie maturate rispetto al normale orario di lavoro concorre anche l'istituto dello straordinario nelle due forme: quella del recupero e quella remunerativa.
  Tale istituto è l'unico previsto per il personale dirigente, al quale non compete l'attribuzione del Cfi.
  Va osservato che le richiamate potenzialità remunerative si sono attenuate negli anni, in quanto l'ammontare delle risorse finanziarie complessivamente disponibili per l'esigenza è stato oggetto di una costante riduzione, dovuta, per quanto ha tratto con l'istituto dello straordinario, anche all'incremento delle retribuzioni orarie, che ha determinato una contrazione dell'entità complessiva del monte ore al quale attingere.
  Si assicura, ad ogni buon conto, che lo Stato Maggiore della Marina ha provveduto a sanare ogni pendenza riferita al Cfi maturato dal personale per l'attività svolta nel 2009.
  Ciò è stato possibile attraverso una rimodulazione dello stanziamento in ambito interforze, operata a cura dello Stato Maggiore della difesa, che ha permesso il recupero delle residue risorse finanziarie.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   PORFIDIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che il 29 novembre 2012, il tribunale penale di prima istanza di Doha, nel Qatar, ha condannato il poeta Mohamed Ibn Dahami Al Ajami all'ergastolo, ossia al carcere a vita;
   il 16 novembre dello scorso anno il poeta Al Ajami, molto popolare nel Qatar e in tutta l'area del Golfo per i suoi componimenti dialettali dai toni liberali e progressisti, è stato incarcerato a causa di alcuni versi contenuti nella «Poesia dei gelsomini», che inneggiava alla caduta di Ben Ali e dei regimi arabi criticando i Governi della regione del Golfo con, tra gli altri, i versi «Noi tutti siamo tunisini di fronte alla repressione delle élite repressive»;
   il 36enne Mohammed ai Ajami ha esaltato le rivolte arabe senza risparmiare forti critiche anche all'emiro del suo Paese che comunque si è posto in prima fila nel finanziare e appoggiare le primavere arabe prima in Libia e poi in Siria. Già nell'agosto del 2010 si era rivolto con i suoi versi inoltrati via internet contro l'emiro Hamad bin Khalifa al Thani;
   si tratta di improvvisazioni poetiche dialettali e orali, e l'unico canale di veicolazione della voce di Al Ajami è stato Youtube;
   il poema dei gelsomini e rimbalzato da un social network all'altro fino a diventare una specie di grido alla rivolta nello stesso Qatar;
   risulta paradossale che proprio mentre il Qatar, attraverso l'emittente nazionale Al Jazeera, si mostrava a sostegno dei movimenti della Primavera Araba, al suo interno reprimeva con la detenzione la voce di un poeta. Dopo un anno di carcere, è arrivata in questi giorni la sentenza che prevede il carcere a vita per aver «incitato al rovesciamento del sistema costituito» ed «offesa all'emiro»;
   in questo caso Al Jazeera non ha ritenuto necessario scrivere neanche una riga sull'accaduto;
   Amnesty International ha definito «un oltraggioso tradimento della libertà di parola» la condanna emessa dal tribunale di un Paese, quale il Qatar, che vuole mostrarsi a livello internazionale di essere un Paese che promuove la libertà d'espressione;
   attivisti per i diritti umani del Qatar e di altri paesi del Golfo, raggiunti da Amnesty international, hanno dichiarato che la sentenza rappresenta una minaccia generale e che il processo è stato «contro la primavera araba», un ammonimento affinché questa non si propaghi;
   recentemente il Governo italiano ha aperto negoziati economici con l'emirato del Qatar al fine di favorire investimenti nel nostro Paese, ed infatti il 19 novembre scorso – nel corso della visita del Presidente del Consiglio in Qatar – è stato siglato oggi a Doha un accordo tra il Fondo Strategico Italiano Spa (FSI) e la Qatar Holding LLC (QH) per la costituzione di una joint venture denominata «IQ Made in Italy Venture». La joint venture investirà nelle società italiane che operano in alcuni settori del «Made in Italy: alimentare e distribuzione alimentare; moda e lusso; arredamento e design; turismo; stile di vita; tempo libero;
   come riportato sul sito del Governo italiano, l'arrivo di investimenti esteri – ha dichiarato il presidente del Consiglio Monti durante la conferenza stampa al termine del colloquio con il primo ministro del Qatar – è il riconoscimento del risanamento degli conti pubblici e delle riforme. «Gli investimenti esteri daranno un effetto immediato alla crescita, mentre altre riforme daranno benefici più avanti ma già adesso rendono l'Italia più attraente per i capitali stranieri», ha detto il Presidente del Consiglio sottolineando che «oggi c’è una concorrenza molto vivace nel mondo per attrarre investimenti stabili e di lungo termine»;
   dotata di iniziali 300 milioni di euro, la nuova società avrà un capitale complessivo fino a 2 miliardi di euro, che sarà versato pariteticamente da FSI e QH nel corso dei primi 4 anni –:
   se non si ritenga opportuno, in ossequio alla libertà d'espressione – perno di ogni Paese civile – e considerando i rapporti economici sempre più stretti tra l'Italia e l'emirato, utilizzare tuffi i canali diplomatici possibili per fare pressione sul Governo del Qatar affinché il poeta Mohamed Ibn Dahami Al Ajami venga quanto prima messo in libertà e la sua condanna annullata. (4-18887)

  Risposta. — Il Governo è ben al corrente e segue, per il tramite dell'ambasciata a Doha, con la massima attenzione e preoccupazione l'arresto del poeta qatarino Mohamed ibn Dahami al Ajami.
  Mohamed ibn Dahami al Ajami è stato arrestato ed incriminato per «incitamento alla sovversione e alla rivolta contro l'Autorità costituita» e per «aver insultato l'Emiro, l'erede al Trono e la famiglia reale» attraverso alcune poesie pubblicate sulla rete
web.
  Secondo le accuse, tali componimenti violerebbero le disposizioni della Costituzione qatarina del 2005, che all'articolo 8 sancisce l'autorità della famiglia regnante e all'articolo 64 impone l'inviolabilità e l'obbligo di rispetto della famiglia regnante della stirpe degli al Thani. Di conseguenza, gli articoli 134 e 136 del locale Codice penale prevedono pesanti pene detentive, e tra queste anche l'ergastolo, per la violazione di tali disposizioni. La sentenza di primo grado nei confronti del poeta al Ajami, emessa il 29 novembre 2012, si basa sulle norme citate. A seguito dell'istanza di appello, presentata dal legale dell'imputato, il caso verrà riesaminato in giudizio il prossimo 30 dicembre.
  Tali recenti, preoccupanti sviluppi sono seguiti costantemente dal Ministero degli esteri anche tramite l'ambasciata d'Italia che si mantiene in stretto raccordo con altrerappresentanze Ue a Doha, sensibili ed attente al rispetto dei diritti umani e allo sviluppo della società civile e della libertà di espressione. Nel contesto di tale coordinamento europeo si è recentemente concordato di usare, in tale fase in cui le procedure sono ancora in corso, massima cautela e discrezione nei confronti delle autorità qatarine per non danneggiare gli interessi dell'imputato. Si è peraltro convenuto che, qualora la conclusione dell'iter processuale non dovesse produrre un esito rassicurante, si dovrà considerare l'opportunità di sollecitare un atto di clemenza da parte delle competenti Autorità, incoraggiandole a progredire verso il pieno rispetto dei diritti umani e della libertà di opinione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   PORTA, FEDI, GIANNI FARINA, GARAVINI e NARDUCCI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nella circoscrizione consolare di Montevideo risiedono 106.000 connazionali, un livello di presenze che in altri casi è stato considerato adeguato per il riconoscimento della qualifica di consolato generale;
   nell'elenco dei consolati in base alla densità anagrafica, il consolato di Montevideo è al 13° posto, mentre tra i consolati d'area occupa l'ultimo posto per le risorse umane in esso impiegate;
   l'organico del consolato, infatti, può contare solo su 17 dipendenti, oltre al console, di cui solo 14 attualmente in servizio; gli impiegati che fanno servizio per il pubblico sono 10, con un rapporto tra addetti e utenza di 1 a 10.600 e obiettive ripercussioni sulla fluidità ed efficacia del servizio;
   i fattori di rigidità nel futuro sono destinati ad aumentare: i riconoscimenti di cittadinanza sono numerosi e fanno crescere la collettività del 6-7 per cento all'anno; i nuovi cittadini, per altro, tendono ad appesantire i servizi consolari, ad iniziare da quello per il rilascio di passaporti, nel cui ambito i tre impiegati assegnati rilasciano circa 6.000 passaporti ogni anno;
   alle attività anagrafiche si aggiungono quelle di gestione, controllo e coordinamento da parte del Consolato, dal momento che nella circoscrizione operano 4 enti assistenziali, 2 enti gestori per la promozione della lingua e cultura italiane e la scuola italiana di Montevideo;
   un impegno particolare riguarda l'assistenza di 600 connazionali indigenti, nati in Italia e privi di risorse essenziali per la loro sopravvivenza, un problema che meriterebbe soluzioni più organiche rispetto a quelle consentite nell'attuale situazione;
   la condizione del personale in servizio presenta tratti di seria difficoltà, a causa del sovraccarico di lavoro per il personale a contratto, della doppia imposizione fiscale cui i dipendenti sono soggetti, dell'assenza di collegamenti aerei diretti, degli standard qualitativi dell'assistenza sanitaria e del costo della vita non inferiore al livello europeo –:
   se non ritenga di disporre un incremento dell'organico in servizio presso il consolato di Montevideo in considerazione delle dimensione dell'utenza e della complessità dei servizi da erogare, anche per la costante crescita della comunità italiana;
   se non ritenga di disporre l'avvio delle procedure di riconoscimento del consolato di Montevideo come consolato generale per arrivare ad una soluzione che consentirebbe di fronteggiare in modo più adeguato e certo le numerose problematiche evidenziate. (4-19021)

  Risposta. — Il personale delle aree funzionali del Ministero degli affari esteri si è ridotto di 700 unità nel periodo gennaio 2006 - dicembre 2012. L'esigenza di alimentare, con risorse in costante decremento, la funzionalità di una rete diplomatico-consolare composta da 313 uffici operativi all'estero rende estremamente difficile la possibilità di disporre incrementi di organico presso singoli uffici. Pur tuttavia, l'amministrazione ha tenuto conto del volume di lavoro del consolato a Montevideo nel programmare gli avvicendamenti di personale che lo hanno riguardato durante gli ultimi due anni. Tale consolato non ha infatti subito congelamenti di posti, a differenza della maggioranza degli uffici italiani all'estero.
  In particolare, presso tale struttura oltre al console prestano servizio un totale di 7 unità di ruolo, segnatamente: una 3a area (un funzionario consolare) e sei 2a aree (un collaboratore contabile, tre collaboratori amministrativi, due assistenti amministrativi). Deve invece ancora assumere in sede un dipendente della 3a area del profilo coordinatore amministrativo consolare e sociale, al momento in servizio presso l'ambasciata a Lima che sarà destinato a Montevideo entro il primo trimestre del 2013. A seguito dell'assunzione del predetto funzionario, posto che si riuscirà a coprire dopo una vacanza di oltre 18 mesi, l'organico delle aree funzionali del consolato tornerà ad essere completo e sostanzialmente in linea con gli altri consolati operanti nell'area.
  Prestano inoltre servizio attualmente presso il predetto consolato anche 9 unità a contratto, di cui una con mansioni di concetto, 6 con mansioni esecutive e due con mansioni ausiliarie. L'organico del personale a contratto del consolato di Montevideo non si discosta da quello di altri consolati operanti nei Paesi dell'area, dotati in media di 7 unità. La sede ha recentemente presentato domanda di autorizzazione all'assunzione di due unità a contratto, una delle quali in sostituzione di una impiegata in corso di cessazione. L'amministrazione degli esteri valuterà tali richieste con la massima attenzione con l'obiettivo di autorizzarle nel corso del prossimo anno.
  Si segnala infine che non è al momento allo studio l'avvio delle procedure di elevazione del consolato in consolato generale, che comunque di per se non implica un aumento di organico. Ciò anche alla luce delle attuali politiche di contenimento della spesa pubblica che sconsigliano l'elevazione di uffici che, senza apportare ulteriori ottimizzazioni dei servizi consolari, determinerebbero aumenti di costo per l'erario. Esistono infatti numerosi consolati generali sulla rete dotati di un minor numero di personale. L'elevazione del rango del consolato d'Italia a consolato generale non potrebbe avvenire senza ripercussioni erariali, dal momento che il titolare di un consolato generale gode di un trattamento economico superiore. Le attuali politiche di contenimento della spesa pubblica potrebbero pertanto suggerire l'opportunità di non procedere in una tale direzione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2012 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per garantire rotte marittime sicure nelle acque interne del Paese. Questo atto normativo è stato emanato in seguito al tragico incidente di nave Concordia, facente parte della flotta Costa Crociere, incagliatasi, fuori rotta, sugli scogli di Punta la Gabbianata presso l'isola del Giglio lo scorso 13 gennaio 2012. Tale decreto è conosciuto come decreto «anti-inchini e per le rotte sicure»;
   con detta norma si prevede per le grandi navi, senza alcuna deroga, il divieto di navigazione nelle aree protette e a due miglia dai loro confini. Viene poi fissato l'interdizione al passaggio nel Bacino di San Marco a Venezia di navi con stazza superiore alle 40 tonnellate e che nel delicatissimo per il suo ecosistema «Santuario dei Cetacei» i mercantili e le navi cargo adottino procedure speciali volte a garantire la non dispersione dei carichi con l'intento di evitare incidenti simili a quello verificatasi nell'acque dell'isola della Gorgona. Per cui l'interrogante ha presentato al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'atto 4-14436, il cui iter è ancora in corso;
   si apprende da notizie di stampa nazionale e da importanti associazioni ambientaliste e, in primis Legambiente, che nei giorni scorsi si siano succedute una serie di riunioni fra enti locali e rappresentanti di categorie professionali interessate presso il comando del compartimento marittimo della Liguria. Quest'ultimo avrebbe predisposto un'ordinanza per consentire l'ancoraggio delle grandi navi da crociera ad appena 500 metri dal confine delle aree marine protette di competenza;
   la sopraccitata ordinanza perciò vorrebbe consentire l'ancoraggio e i passaggi delle grandi navi da crociera a 500 metri dalla costa nel Golfo del Tigullio –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e se questa corrisponda al vero; se detta ordinanza, ove fosse stata emanata, sia legittima rispetto al decreto «anti-inchini» varato lo scorso 1o marzo;
   quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati affinché venga rispettata tale disposizione e non si mettano più a rischio, con rotte azzardate e carichi merci pericolosi, le aree più belle e delicate delle nostre coste, considerando il fatto che oltre l'ambiente e la salvaguardia dell'ecosistema marino il nuovo quadro normativo interessa tutta la sicurezza della navigazione marittima.
(4-15687)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, con il decreto del 2 marzo 2012 emanato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono state adottate, tra l'altro, talune misure generali di navigazione per la protezione delle aree sensibili e particolarmente vulnerabili, limitando o vietando il traffico delle navi mercantili superiori alle 500 tonnellate di stazza lorda adibite al trasporto merci e passeggeri.
  Successivamente, in data 30 aprile 2012, questo dicastero, acquisito l'assenso del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha emanato una direttiva al fine di rafforzare ulteriormente gli standard di sicurezza della navigazione e di migliorare la tutela dell'ambiente marino; e, nel disporre il coinvolgimento del comando generale del corpo delle capitanerie di porto, ha richiamato l'attenzione sulle necessarie esigenze di sicurezza anche dei trasbordi e dei trasporti da e per quelle navi da crociera che, per consentire l'accesso a terra dei passeggeri, debbano ancorarsi in prossimità dei parchi e delle aree marine protette.
  Inoltre, la suddetta direttiva ha chiarito che le segnalate esigenze di sicurezza possono comportare l'adozione, da parte delle autorità marittime, dei previsti limiti di distanza differenti di cui al comma 1 dell'articolo 1 del citato decreto interministeriale, alla presenza di circostanze ben definite e con il coinvolgimento degli enti gestori.
  Pertanto, alla luce del suddetto decreto e della succitata direttiva, in data 30 aprile 2012 l'ufficio circondariale marittimo di Santa Margherita Ligure, sentiti gli enti interessati, ha emanato l'ordinanza n. 56 del 30 aprile 2012, con cui è stato approvato il «Regolamento per le operazioni di atterraggio, ancoraggio e sosta delle navi da crociera nella zona e nel punto di fonda individuati nella rada del Golfo Marconi per le operazioni di trasbordo dei passeggeri che accedono ai porti di Santa Margherita Ligure, Rapallo e Portofino».
  Tale provvedimento ha, tra l'altro, disposto la traslazione verso il largo ad una distanza immediatamente superiore a 0,7 miglia nautiche (1296,4 metri) dal perimetro esterno dell'Area marina protetta delle zone di fonda.
  Inoltre, ha disciplinato il raggiungimento e l'allontanamento dalle predette zone di fonda in modo tale da garantire, attraverso l'individuazione di rotte dirette e l'osservanza delle particolari cautele previste nella parte dispositiva dell'ordinanza, la sicurezza anche ambientale della navigazione in quella determinata zona di mare, anche in considerazione della morfologia del territorio e della profondità dei fondali.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come risulta da numerosi articoli di stampa del Natale del 2009 forti precipitazioni piovose provocarono l'esondazione del fiume Serchio, anche a causa del cedimento di un argine che allagò ettari di territorio pisano e lucchese, causando gravi danni alle abitazioni, alle strutture produttive e alla rete viaria, interessando particolarmente la strada statale Aurelia nel territorio del comune di Vecchiano (Pisa). Ora a distanza di quasi tre anni rimane ancora molto da fare in particolare sulla rete viaria del territorio sopracitato;
   per riparare ai gravi danni della disastrosa alluvione del 2009, con provvedimento della Protezione Civile; fu deciso di prevenire la risistemazione della statale Aurelia nel tratto di alcuni chilometri dall'uscita delle autostrade Firenze Mare e Genova Livorno in direzione Viareggio e la realizzazione dei nuovi svincoli tra l'uscita autostradale e la via Traversagna a Migliarino. Il progetto, come si evince anche da numerosi articoli (ad esempio su la Nazione cronaca di Pisa dell'11 agosto e su Il Tirreno del 13 agosto 2012), fu approvato da tutti gli enti competenti il 27 gennaio 2011 ed era nato proprio a per far fronte ai danni della rovinosa alluvione e per mettere in sicurezza un tratto che per pericolosità ha pochi eguali in Italia ed Europa;
   proprio nella zona delle uscite autostradali e la via Traversagna – che sono tra le più basse del territorio vecchianese – le acque del Serchio sono rimaste per molto tempo causando danni gravi ai terrapieni dell'Aurelia, rendendola non più idonea a supportare nel tempo il traffico pesante e provocando anche ripercussioni sulla mobilità e sulle attività economiche della zona;
   come lamenta da tempo e ripetutamente l'amministrazione comunale di Vecchiano il ritardo nei lavori di sistemazione dell'Aurelia rappresentano un danno a scapito non solo dell'esigenza di spostamento degli automobilisti ma anche delle attività commerciali presenti. Attività che, secondo articoli di stampa locale, sono ancora in attesa dei risarcimenti dopo la chiusura di quasi un mese del tratto di statale tra l'uscita del casello autostradale di Pisa nord e l'incrocio con Torre del Lago –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e quali strumenti urgenti voglia mettere in campo per risolvere il problema della piena fruibilità di un'arteria vitale per i cittadini e le attività turistiche e produttive della Versilia;
   se il Ministro voglia poi intervenire, per quanto di competenza, anche favorendo una concertazione fra Anas Spa Autostrade per l'Italia e le istituzioni locali coinvolte, a partire dal comune di Vecchiano allo scopo di accelerare la conclusione degli interventi programmati.
(4-17446)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso la società Anas.
  Gli eventi alluvionali del dicembre 2009 e del gennaio 2010 hanno provocato, in provincia di Lucca, l'esondazione del lago di Massaciuccoli determinando sulla strada statale 1 «Aurelia» una riduzione della capacità portante della fondazione stradale con evidenti cedimenti e avvallamenti del piano viabile. L'Anas ha, pertanto, provveduto ad imporre il divieto di transito ai mezzi con pieno carico superiore alle 18 tonnellate, al fine di garantire la percorribilità in sicurezza dell'utenza stradale.
  L'Anas, inoltre, utilizzando i fondi ordinari di manutenzione straordinaria a disposizione, ha bandito la gara per la realizzazione di una nuova intersezione stradale della statale 1 con l'autostrada A/11 «Firenze-Mare» – deviazione del traffico e sistemazione del tratto dell'Aurelia tra il chilometro 343+469 ed il chilometro 345+031.
  La gara è stata aggiudicata in via definitiva il 30 settembre 2011 all'Ati Costrade srl – Engenco srl, per un importo netto di circa 3,35 milioni di euro. I relativi lavori sono stati consegnati il 18 ottobre 2011.
  L'Anas, a causa della complessità geologica dei terreni di fondazione del corpo stradale emersa durante l'esecuzione dei lavori, ha provveduto, nei limiti dei finanziamenti disponibili, a redigere una nuova perizia dei lavori e si è fatta carico dello spostamento provvisorio delle interferenze dei sottoservizi (cavi telefonici).
  Tale intervento ha provocato, pertanto, un differimento dei tempi di ultimazione dei lavori che sono stati riavviati il 5 settembre 2012 e saranno completati entro il corrente anno.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dei beni culturali ha dimostrato nell'ultimo anno una vitalità e una positività d'azione che conforta tutti coloro che, operando nei settori della cultura, faticano a far fronte alla crisi economica;
   il teatro «Giuditta Pasta» di Saronno (Varese) rappresenta una dimostrazione significativa di come si possa fare cultura coinvolgendo privati nell'azionariato, enti locali e sponsor come supporto, inserendo spettacoli di richiamo nel tabellone nel più completo rispetto della tradizione teatrale e comica varesotta e Milanese –:
   se e quali finanziamenti siano stati assegnati e si intendono assegnare ad attività del teatro «Giuditta Pasta», anche al fine di farne conoscere le peculiarità che lo rendono esempio virtuoso. (4-03521)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in oggetto, concernente i finanziamenti statali a favore del teatro «Giuditta Pasta» di Saronno, si fa presente quanto segue.
  Il teatro «Giuditta Pasta» spa, società partecipata dal comune di Saronno, nel triennio 2005-2007, ha beneficiato dei seguenti contributi statali a valere sul fondo unico per lo spettacolo destinato alle attività teatrali, nell'ambito dei teatri municipali:
   anno 2005: euro 20.000,00;
   anno 2006: euro 20.000,00;
   anno 2007: euro 20.000,00.

  Nell'anno 2008, l'istanza di contributo presentata dalla società in questione nell'ambito dell'esercizio teatrale non è stata accolta da questa amministrazione, su conforme parere della commissione consultiva per il teatro.
  Infatti, il progetto artistico presentato per l'anno 2008, da un esame comparativo con gli altri progetti presentati da imprese operanti nel settore dell'esercizio teatrale, non è stato ritenuto dalla commissione sufficientemente corrispondente ai criteri qualitativi di cui al decreto ministeriale 12 novembre 2007, recante «criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività teatrali».
  Per l'anno 2009, il teatro in oggetto non ha presentato istanza di contributo.
  Per l'anno 2010, ha ripresentato istanza di contributo nell'ambito dell'esercizio teatrale, ma tale domanda è stata rigettata dall'amministrazione, in quanto dall'esame comparativo con gli altri progetti del settore, il progetto artistico presentato non è stato ritenuto dalla commissione sopra citata qualitativamente valido.
  È da evidenziare che le valutazioni tecnico-discrezionali espresse dalla commissione, oltre che essere garantite sul piano della qualità del giudizio e della imparzialità dalla posizione di autonomia e dalla alta professionalità dei suoi componenti, obbediscono a parametri di valutazione appositamente predeterminati nel richiamato decreto ministeriale del 2007.
  Per l'anno 2011, la società teatro Giuditta Pasta non ha presentato alcuna istanza di contributo.
  Per l'anno 2012, l'istanza di contributo nell'ambito dell'esercizio teatrale è stata presentata dalla Fondazione Giuditta Pasta, cessionaria della società teatro Giuditta Pasta s.p.a. in liquidazione.
  La commissione consultiva per il teatro, nella riunione del 19 luglio 2012, dopo un'attenta e dettagliata analisi delle nuove istanze pervenute nel settore dell'esercizio teatrale e dei relativi progetti artistici, ha effettuato una selezione per individuare i soggetti meritevoli di finanziamento statale.
  Il progetto presentato dalla fondazione in questione, in base alle risultanze di detta selezione, non è rientrato fra quelli ritenuti dalla commissione di preminente rilevanza artistica per l'anno 2012.
  Il direttore generale per lo spettacolo dal vivo, tenuto altresì conto della quota del fondo unico per lo spettacolo destinata nell'ambito delle attività teatrali alle nuove istanze per l'anno 2012, ha recepito il parere espresso dal competente organo consultivo con decreto del 26 luglio 2012.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la celiachia è un'intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale;
   l'incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I celiaci potenzialmente sarebbero quindi 400.000, ma ne sono stati diagnosticati intorno ai 75.000. Ogni anno vengono effettuate 5.000 nuove diagnosi e ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10 per cento;
   per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dalla dieta alcuni alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l'assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può causare danni;
   la dieta senza glutine, condotta con rigore, è l'unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute;
   un'alimentazione priva di glutine necessita l'acquisto di prodotti che hanno costi notevolmente superiori rispetto ai prodotti «normali»;
   il Ministro della salute ha dichiarato recentemente che il Governo intende recuperare risorse economiche attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate;
   tali nuove risorse economiche potrebbero essere destinate – tra le altre cose – al sostegno di iniziative a favore della salute o tese a favorire stili di alimentazioni più corrette o ad aiutare economicamente i malati che necessitano di cure o alimentazioni particolari, come nel caso della celiachia –:
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) fornire adeguata assistenza alle famiglie a ai giovani e giovanissimi in età scolare e prescolare;
    c) sviluppare la ricerca in questo settore;

   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
   se e quanta parte – qualitativamente e quantitativamente – delle nuove risorse che il Governo intende recuperare attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate verranno destinate allo scopo di sostenere le azioni sanitarie, mediche e di ricerca scientifica a favore delle associazioni o delle ricerche o dei malati di celiachia. (4-17418)

  Risposta. — Il nostro Paese è all'avanguardia per la ricerca di base e clinica sulla malattia celiaca. Per esempio, presso l'istituto superiore di sanità (Iss), è in corso la valutazione, per il momento solo su modelli in vitro di celiachia, della capacità di prevenire la tossicità del glutine da parte di alcuni peptidi che sono naturalmente presenti nel glutine stesso. Si tratta di un approccio terapeutico «naturale» che si basa quindi sull'uso di questi peptidi, che sono già presenti nei cereali, anche se non in quantità sufficiente per contrastare efficacemente le molecole di glutine. Un'altra strategia terapeutica, che è stata testata in vivo su un numero molto limitato di pazienti, consiste nella predigestione del glutine con lattobacilli produttori di endopeptidasi. Questi enzimi sono in grado di tagliare la lunga sequenza del glutine e renderlo non tossico per i soggetti celiaci.
  I risultati sono stati incoraggianti, anche se non si è trattato di un
trial clinico vero e proprio e per il momento lo studio non ha avuto seguito, almeno in Italia. All'estero, più precisamente in Olanda e Stati Uniti, la capacità di questi microorganismi di degradare il glutine è stata l'oggetto di diversi trial clinici, alcuni dei quali conclusi, anche se i risultati non sono stati ancora pubblicati.
  Per il momento, nessuna terapia alternativa alla dieta aglutinata è attuabile in tempi medio-brevi.
  Presso le principali università italiane sono numerosi i gruppi di ricercatori che si dedicano a linee di ricerca sulla malattia celiaca, che pur non direttamente focalizzate verso nuove terapie per la malattia celiaca, stanno acquisendo informazioni utili sugli aspetti patogenetici della celiachia, informazioni che potrebbero in futuro indicare nuove possibilità terapeutiche alternative alla dieta senza glutine. Diversi gruppi di ricercatori dell'università di Napoli hanno descritto le modalità con cui le cellule epiteliali intestinali accumulano i peptidi tossici del glutine al loro interno, per poi attivare il sistema immune e come l'attivazione della componente innata del sistema immunitario mucosale è la prima risposta che si attiva contro il glutine.
  È inoltre in corso uno studio multicentrico coordinato dall'università delle Marche, mirato a valutare l'effetto della prima introduzione del glutine durante il divezzamento nei confronti del rischio di sviluppare la celiachia.
  Per quanto di propria competenza, il Ministero della salute ha rivolto da tempo l'attenzione sugli aspetti sanitari e sociali della celiachia.
  La legge n. 123 del 2005 «Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia» ha l'obiettivo di consentire il normale inserimento nella vita sociale dei soggetti affetti da celiachia.
  La legge citata prevede, in particolare, la conferma del diritto dei soggetti celiaci all'erogazione gratuita di prodotti dietetici senza glutine inseriti nel registro nazionale dei prodotti destinati ad una alimentazione particolare, di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale 8 giugno 2001; inoltre prevede, agli articoli 4 e 5, due capitoli di spesa specifici che garantiscono rispettivamente la somministrazione, su richiesta, di pasti senza glutine nelle mense scolastiche, ospedaliere e nelle mense annesse alle strutture pubbliche e la formazione/aggiornamento professionale per gli operatori del settore turistico e ristorativo che, in modo diretto e indiretto, hanno a che fare con la produzione, la manipolazione e la distribuzione dei pasti.
  Al fine di adempiere alle disposizioni previste dalla citata legge, questo Ministero ha istituito un gruppo di lavoro
ad hoc che ogni anno valuta i dati trasmessi dalle regioni e province autonome. Sulla base di tali dati il gruppo decide e formalizza la ripartizione dei fondi disponibili solo alle regioni adempienti.
  Dal 2006 ad oggi sono state stanziate per le regioni e le province autonome cifre cospicue al riguardo, in particolare euro 15.667.893,00 per le attività correlate alla somministrazione dei pasti ed euro 2.778.963,00 per le attività di formazione e aggiornamento professionale. Le somme effettivamente elargite sono state pari a euro 15.640.242,85 per i pasti ed euro 2.778.464,05 per la formazione, poiché dal 2010, come previsto dalla apposita nota del Ministero dell'economia e delle finanze del 5 febbraio 2010, le somme di pertinenza delle province autonome di Trento e Bolzano non sono più dovute, ma sono determinate e accantonate per il successivo versamento in conto entrate.
  Per l'anno 2012, i capitoli di spesa destinati alla celiachia sono di euro 1.592.240,00 per la garanzia dei pasti senza glutine e di euro 44.085,00 per la formazione degli operatori del settore turistico-ristorativo.
  Ai fini della formazione della classe medica, nel 2007 è stato siglato un accordo Stato-regioni e province autonome, relativo al documento di inquadramento per la diagnosi ed il monitoraggio della celiachia e relative patologie associate. Tale documento definisce un protocollo diagnostico al cui interno si prevede la biopsia duodenale con analisi istologica del frammento.
  Nel 2012, a vent'anni circa dall'ultima revisione, sono state pubblicate sulla rivista scientifica
Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition le nuove linee guida per la diagnosi di malattia celiaca in età pediatrica della European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition (Espghan), la società europea di gastroenterologia pediatrica. Queste linee guida hanno formalizzato la possibilità di porre la diagnosi di celiachia in età pediatrica senza avvalersi dell'accertamento istologico dell'infiammazione della mucosa duodenale, in corso di duodenoscopia.
  Infatti, per diagnosticare la celiachia sarà sufficiente la presenza di tutti i seguenti criteri:
   sintomi e segni clinici suggestivi di malattia;
   alto titolo (dieci volte il limite superiore della norma) degli autoanticorpi serici specifici per la celiachia (anti-transglutaminasi);
   la predisposizione genetica;
   la remissione dei sintomi e/o dei segni clinici e degli autoanticorpi dopo alcuni mesi di dieta senza glutine.

  L'eliminazione dell'esame istologico della mucosa duodenale dal protocollo diagnostico per la diagnosi di celiachia, è reso possibile dalla disponibilità di test diagnostici per la determinazione degli autoanticorpi e degli aplotipi DQ su sangue periferico altamente sensibili e specifici e dalla migliore conoscenza della malattia celiaca da parte degli operatori sanitari.
  La biopsia della mucosa duodenale è un esame invasivo, costoso, soprattutto per i pazienti in età pediatrica, per cui è richiesta la narcosi, e spesso è causa di ulteriore ritardo per la diagnosi a causa dei lunghi tempi di attesa per l'esecuzione della duodenoscopia presso i presidi e i centri accreditati. Pertanto la possibilità di giungere alla diagnosi di celiachia senza l'effettuazione di questo esame riduce il peso economico di molte diagnosi, oltre a ridurre i tempi di diagnosi e quindi di accesso alla terapia dietetica.
  Le linee guida Espghan, comunque, mantengono la necessità della esecuzione della duodenoscopia e della valutazione istologica della mucosa duodenale in tutti i casi sospetti in cui i risultati degli esami su sangue periferico e/o la sintomatologia non sono dirimenti.
  Considerate quindi tali premesse, potrebbe essere necessario rivalutare il citato documento di inquadramento per la diagnosi e il monitoraggio della malattia celiaca e relative patologie associate siglato nel 2007, aggiornandolo e armonizzandolo con le nuove linee guida Espghan e con le altre recenti acquisizioni della letteratura scientifica.
  Al momento attuale, l'unica terapia per i soggetti celiaci è la dieta priva di glutine.
  L'impegno del Ministero della salute, i dati epidemiologici, nonché le novità scientifiche a livello nazionale e mondiale sono sintetizzati nella relazione annuale al Parlamento sulla celiachia. Le realtà territoriali, infatti, fornendo i propri dati, permettono annualmente di disegnare il quadro della malattia celiaca nel nostro Paese. Dalle informazioni ricevute, inoltre, è possibile apprezzare le libere iniziative di ciascuna realtà regionale, che ogni anno si organizza per rendere meno gravosa la vita quotidiana dei celiaci.
  Per fronteggiare i costi per l'implementazione delle attività di prevenzione, dirette o correlate, alla produzione dei pasti senza glutine e alla formazione degli operatori del settore alimentare, il Ministero ogni anno ripartisce alle regioni i fondi previsti dalla legge n. 123 del 2005, in base ai dati pervenuti e secondo i criteri previsti dall'accordo in Conferenza Stato-regioni del 16 marzo 2006.
  Alla luce delle informazioni raccolte, ad oggi i celiaci diagnosticati risultano 135.800, ancora troppo pochi rispetto al numero di celiaci presumibilmente presenti in Italia se si considerano le stime di questa patologia. Tuttavia nel 2011 il numero di celiaci è raddoppiato rispetto ai celiaci diagnosticati prima della legge n. 123 del 2005. L'impegno del servizio sanitario Nazionale nell'opera di sensibilizzazione e di informazione rivolta agli operatori sanitari per riconoscere i sintomi e per porre diagnosi corrette e precoci continua, perché una diagnosi precoce significa meno rischi e complicanze per i pazienti e miglior utilizzazione delle risorse comuni.
  Per una maggiore diffusione delle informazioni, ogni anno il Ministero della salute provvede a pubblicare la suddetta relazione annuale nel proprio portale, consultabile al seguente indirizzo:
   
http://www.salute.gov.it/nutrizione/archivioDocumentiNutrizione.jsp?lingua=italiano&menu=documenti.

  Sono attualmente in corso progetti di ricerca finanziati dal Ministero della salute, che vedono coinvolti due Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs): l'Istituto dermopatico dell'immacolata (Idi) di Roma e l'Istituto Burlo Garofolo di Trieste.
  Quest'ultimo, nell'ambito della ricerca corrente, sta curando un progetto di ricerca dal titolo «Ridefinizione delle linee guida europee per la diagnosi della malattia celiaca. Un approccio basato sulle prove di efficacia», la cui finalità è «realizzare una revisione sistematica della letteratura relativa alla diagnosi della celiachia che aggiorni i risultati delle revisioni sistematiche prodotte in passato e che costituisca uno strumento utilizzabile in sede nazionale per definire un nuovo protocollo diagnostico della malattia celiaca».
  L'istituto citato ha presentato anche un progetto di ricerca finalizzata che sarà finanziato per un importo di euro 150.000, dal titolo «
Anty-idiotypic Network to Anty-transglutaminase Antibodies in the Prevention of Celiac Disease Enteropathy».
  Il progetto dell'Idi dal titolo «Tipizzazione HLA-DQ nella malattia celiaca: valore diagnostico nella risposta autoimmune», invece, «si prefigge di validare l'utilità diagnostica dello
screening genotipico basato sull'espressione di HLA DQ2 e/o DQ8 quale marker di predisposizione per la malattia celiaca, in correlazione alla presenza di autoanticorpi specifici di malattia e/o di manifestazioni cliniche».
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere:
   come procedano i lavori della Pedemontana Lombarda e se il cantiere sia in linea con il cronoprogramma iniziale;
   quando sia previsto il termine dei lavori per il primo lotto funzionale.
(4-17955)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, sono state chieste dettagliate informazioni alla società concessioni autostradali lombarde che ha comunicato quanto segue.
  Sulla base degli atti convenzionali e dell'attuale avanzamento dell'opera le tempistiche attese sono le seguenti:
   la conclusione dei lavori della tratta A dell'asse principale, del 1o lotto della tangenziale di Como e del lotto della tangenziale di Varese è prevista per il mese di dicembre 2013;
   la conclusione dei lavori delle restanti tratte B1, B2, C e D dell'asse principale è prevista per il mese di dicembre 2014.

  Detti termini sono coerenti con il cronoprogramma approvato dal Cipe unitamente al progetto definitivo dell'opera con la delibera n. 97 del 2009 e con il cronoprogramma allegato alla convenzione unica di concessione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Giappone, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare al fine di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18687)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, ha messo a punto una road map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, tra cui il Giappone.
  A tale Paese è stata inviata, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo, una proposta
ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali.
  Nel giugno 2009 sono state siglate nuove intese aeronautiche che hanno innovato il precedente accordo del 2001. In particolare, i vettori italiani hanno ottenuto 4 frequenze aggiuntive sulle tratte Malpensa/Fiumicino-Tokyo per un totale che passa da 10 a 14 frequenze, e 7 frequenze sulla tratta Malpensa/Fiumicino-Osaka.
  Sono stati accresciuti, inoltre, fino ad un numero illimitato di frequenze i servizi di
code-sharing sui segmenti internazionali e sul segmento domestico italiano. Si è infine ottenuto l'inserimento nel nuovo accordo delle norme comunitarie in materia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) n. 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Kenia, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione. (4-18736)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, ha messo a punto una road map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, tra cui il Kenya.
  A tale Paese è stata inviata, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo del 1978 ed il
memorandum of understanding del 2003, una proposta ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali, prospettando a quelle autorità aeronautiche una designazione multipla di vettori passeggeri e cargo, un aumento delle frequenze fino a 28 settimanali passeggeri/misto-cargo e 10 solo-cargo e l'inserimento delle «clausole comunitarie» ex EU regolamento n. 847 del 2004.
  Nelle more della conclusione del suddetto negoziato, la compagnia keniota Kenya Airways è stata autorizzata, nel settembre 2010, ad operare fino a 3 collegamenti settimanali diretti Nairobi-Roma (anche in
code-sharing con Alitalia), attualmente non più esercitati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con Honk Kong, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18737)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, ha messo a punto una road map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, tra cui Hong Kong, Regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare Cinese.
  Alle autorità di Hong Kong è stata inviata, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo del 1996, una proposta
ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali.
  Nel marzo 2011 sono state siglate nuove intese aeronautiche che hanno innovato il precedente accordo del 1996. In particolare, le trattative, avviate nel giugno 2009, hanno portato all'incremento di ulteriori 7 frequenze settimanali (in aggiunta alle 10 già previste), all'ampliamento dei punti di destinazione (ulteriori 2 punti a scelta in Italia oltre a Roma e Milano) e all'adeguamento dell'accordo alla normativa comunitaria.
  Nella seconda metà del 2011 è stato avviato un nuovo negoziato per un ulteriore incremento delle frequenze fruibili.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Messico, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18863)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, ha messo a punto una road-map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi paesi extra Unione europea strategicamente individuati, tra cui il Messico.
  A tale paese è stata inviata, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo, una proposta
ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali.
  Lo scorso 27 settembre sono stati siglati a Roma un
memorandum of understandixig che ha innovato il precedente del 2002 e definiti gli emendamenti all'Accordo bilaterale (air service agreement) del 1965.
  Riguardo alla nuove intese, si evidenzia quanto segue:
   è stata soddisfatta la richiesta di tutti gli operatori italiani di poter operare senza restrizioni oltre che su Città del Messico anche sulle destinazioni turistiche, in particolare su Cancun (la meta più richiesta). Tutti i vettori italiani interessanti potranno ora offrire voli su Cancun originando i propri servizi da tutto il territorio italiano sia direttamente sia con accordi di
code-sharing;
   è stata prevista la possibilità di svolgimento di servizi cargo, non contemplata dalle precedenti intese;
   sono state ampliate le modalità operative possibili, introducendo la previsione di
stop-over, leasing e di «voli circolari»;
   le due parti hanno infine formalizzato – a livello bilaterale – l'allineamento alla normativa comunitaria (recentemente è entrato in vigore anche l'Accordo «orizzontale» tra Unione europea e Messico).

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) n. 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Kuwait, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18874)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, ha messo a punto una road-map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, tra cui il Kuwait.
  A tale Paese è stata inviata, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo, una proposta
ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali.
  Nel novembre 2009 è stato siglato un
memorandum of understanding che ha innovato il precedente del 1993. In particolare, le frequenze settimanali operabili sono state portate a 14 di cui 4 «all-cargo» (4 delle restanti 10 frequenze passeggeri/cargo possono essere operate con diritti di V libertà su tre punti intermedi in Asia); è stata disposta la multidesignazione dei vettori e sono state previste le norme comunitarie in materia. I punti di destinazione sono: Kuwait City per i vettori italiani, Roma, Milano e un terzo punto a scelta per i vettori kuwaitiani (con frequenze, tipologie di voli e V libertà diversamente articolate).
  Inoltre, è stata data facoltà ai vettori di stipulare accordi commerciali di
code-sharing con vettori della stessa parte, dell'altra parte e di Paesi terzi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) n. 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Pakistan, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-19133)

  Risposta. — Il Pakistan, a seguito di una intesa tra il Ministero degli affari esteri, il Ministero dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, è stato inserito nella lista dei Paesi extra-UE a cui proporre in via prioritaria la rinegoziazione degli accordi aerei alla luce di quanto disposto dal «decreto salva Malpensa» (legge n. 2 del 2009).
  È stata dunque formalmente avanzata, per le vie diplomatiche, la richiesta di revisione degli accordi bilaterali attualmente in vigore. Con l'occasione, le autorità del Pakistan sono state altresì informate che autorizzazioni provvisorie, in deroga agli attuali accordi, sarebbero state rilasciate alle compagnie interessate che ne avessero fatto richiesta.
  Si è tuttora in attesa delle valutazioni delle autorità del Pakistan sulle proposte avanzate.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) n. 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Sud Africa, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
   se e quali iniziative il Governo intende attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-19136)

  Risposta. — A seguito di una intesa tra il Ministero degli affari esteri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, il Sud Africa è stato inserito nella lista dei Paesi extra-UE a cui proporre in via prioritaria la rinegoziazione degli accordi aerei alla luce di quanto disposto dal «decreto salva Malpensa» (legge n. 2 del 2009).
  È stata dunque formalmente avanzata, per le vie diplomatiche, la richiesta di revisione degli accordi aerei bilaterali attualmente in vigore. Con l'occasione, le autorità del Paese sono state altresì informate che autorizzazioni provvisorie, in deroga agli attuali accordi, sarebbero state rilasciate alle compagnie interessate che ne avessero fatto richiesta.
  Si è tuttora in attesa delle valutazioni delle autorità del Sud Africa sulle proposte avanzate.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   RIGONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   recentemente, la stampa locale ha riacceso l'attenzione sull'ipotesi di un progetto per una nuova viabilità da realizzarsi mediante il traforo del Monte Tambura e l'apertura di una galleria per permettere il collegamento della Garfagnana, da Vagli in provincia di Lucca a Resceto, frazione montana del comune di Massa;
   in questi giorni la società Anas Spa ha presentato il relativo progetto che prevederebbe la realizzazione di una strada di 21 chilometri e un tunnel di 4.360 metri, per un costo totale stimato in 542 milioni di euro; il Monte Tambura è la seconda montagna per altezza (1891 metri) nel complesso della catena delle Alpi Apuane, al confine tra la provincia di Massa Carrara e la provincia di Lucca, compresa nel territorio del parco regionale delle Alpi Apuane;
   l'opera, della quale si parla da decenni, avrebbe già suscitato forti perplessità e proteste non solo da parte del mondo ambientalista, ma anche di molte persone e associazioni di diversa natura ed estrazione che temono il rilevante impatto ambientale che si verrebbe a creare a carico dell'acquifero carsico con ripercussioni inimmaginabili sulle sorgenti che il Monte Tambura alimenta e che approvvigionano i comuni di costa;
   la realizzazione della galleria in questione avrebbe un pesante impatto sul traffico come si evince dalla relazione del comune di Massa «Considerazioni sulla fattibilità del traforo del Monte Tambura» poiché, sia durante i lavori che ultimata l'opera, lo stesso verrebbe riversato sulle strette strade montane, certamente inadeguate a sopportarlo, interessando non solo Resceto, ma anche l'intera vallata del Frigido con il sostanziale peggioramento delle condizioni di vivibilità già messe a dura prova a causa del passaggio di numerosi mezzi per il trasporto del marmo;
   i bisogni prioritari dell'area montana delle Apuane sono di ben altra natura e qualità, a cominciare dalla necessità di intervenire con forti impegni di spesa, già avviati dalla regione Toscana, per frenare e ridurre il problema del dissesto idrogeologico, messo a nudo anche dai recenti e ultimi eventi piovosi;
   già nel febbraio del 2009, il consiglio comunale di Massa approvò uno specifico ordine del giorno di tenore totalmente contrario all'ipotesi della realizzazione di una galleria stradale sul Monte Tambura –:
   quali siano le valutazioni del Governo in relazione all'ipotizzato progetto di realizzazione di un traforo del Monte Tambura e l'apertura di una galleria per permettere il collegamento della Garfagnana, da Vagli in provincia di Lucca a Resceto, frazione montana del comune di Massa; quali misure intendano adottare al fine di assicurare la tutela del territorio delle Alpi Apuane dai rischi che un'opera di tale natura potrebbe comportare sul piano paesaggistico, sulla salvaguardia delle falde acquifere, sulla sicurezza del territorio nonché sulla prevenzione dei rischi idrogeologici;
   quali iniziative intendano assumere volte ad assicurare, in piena collaborazione con le amministrazioni locali interessate, una puntuale verifica delle reali esigenze infrastrutturali del territorio interessato datate opera, stante le sue caratteristiche economiche, sociali e orografiche. (4-18283)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il 14 aprile 2011 è stata stipulata una convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il comune di Vagli Sotto e l'Anas per un nuovo collegamento stradale nella regione Toscana tra la strada regionale n. 445 «della Garfagnana», Vagli Sotto e Massa Carrara.
  In seguito, la suddetta società ha redatto uno studio di fattibilità relativo alla nuova strada che prevede un tracciato complessivo di 20,8 chilometri che si sviluppa in parte su una nuova sede e in parte sulle strade già esistenti che dovranno, comunque, essere adeguate. Tale infrastruttura, di categoria F1, la cui piattaforma stradale sarà larga complessivamente 9 metri, sarà costituita da una corsia per ogni senso di marcia e da banchine laterali.
  L'intervento, il cui costo complessivo presunto è di circa 624 milioni di euro, prevede anche la realizzazione di una galleria in corrispondenza del monte Tambura, lunga 5,3 chilometri. Lo scopo di tale opera è quello di migliorare il collegamento tra il corridoio tirrenico (strada statale 1 e autostrada A12) e la Garfagnana (valle del fiume Serchio – strada regionale n. 445).
  L'Anas il 7 settembre 2012 ha trasmesso a questo dicastero e al comune di Vagli Sotto lo studio di fattibilità per il collegamento viario in questione.
  Detto studio, nel prevedere la possibilità di realizzare l'intervento mediante
project financing, comprende un'analisi finanziaria che considera sia i ricavi derivanti dalle attività estrattive di nuove cave di marmo sotterranee, ubicate lungo il corridoio della nuova strada, sia la partecipazione finanziaria privata da parte del promotore finanziario.
  Comunque, si segnala che l'infrastruttura in questione, ad oggi, non risulta inserita nei documenti programmatici dell'Anas (primo programma delle infrastrutture strategiche piano degli investimenti quinquennale Anas) conseguentemente non risulta assegnato alcun finanziamento per la sua realizzazione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   ROSATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il progetto cosiddetto della «cittadella della salute» prevede l'accorpamento dei due principali ospedali di Trieste l'Irccs Burlo Garofalo e l'ospedale di Cattinara;
   il piano prevede, anche, la realizzazione presso Cattinara di una nuova struttura di 80 mila metri quadrati per l'Irccs Burlo, la realizzazione di un volume di collegamento tra le torri di degenza con i nuovi parcheggi e la nuova viabilità, la collocazione delle funzioni cliniche assistenziali del Centro di medicina molecolare e innovazione, l'attività didattica universitaria in una struttura di 816 mila metri quadrati e la riqualificazione di due aree verdi;
   la struttura destinata ad ospitare l'Irccs Burlo potrebbe, anche, fungere da reparto degenza provvisorio consentendo finalmente la realizzazione dei lavori di ristrutturazione delle torri dell'ospedale di Cattinara;
   lo studio di fattibilità dell'opera della cosiddetta «Cittadella della salute» è già stato redatto e sottoscritto dal gruppo di progetto il 27 dicembre 2009, mentre l'accordo di programma quale strumento urbanistico per la realizzazione dell'opera è stato stipulato il 27 marzo 2009 tra la regione autonoma, comune di Trieste, provincia di Trieste, ospedali riuniti, IRCCS Burlo e ANAS spa;
   con delibera di giunta regionale n. 1134/2010 la giunta della regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha proposto allo Stato un accordo di programma per la ristrutturazione e l'ampliamento dell'ospedale di Cattinara e la nuova sede dell'IRCCS Burlo tramite la modalità dell'appalto diretto;
   la proposta prevede un impegno economico a carico di regione autonoma per euro 93.336.420,00 e a carico dello Stato per euro 32.533.579,00 ai quali vanno ad aggiungersi quelli già stanziati per la sola ristrutturazione dell'IRCCS Burlo ammontanti a euro 14.100.000,00;
   la cifra stanziata dalla regione autonoma potrebbe ridursi di 37 milioni di euro qualora si preferisse l'istituto del project finance quale strumento per la realizzazione dell'opera anziché l'appalto diretto e consentirebbe di non far rientrare il costo dell'opera nel patto di stabilità;
   ad oggi Stato e regione autonoma non hanno ancora sottoscritto l'accordo nonostante nulla osti allo sblocco dei fondi da parte ministeriale per l'avvio dell'opera;
   la nuova struttura ospedaliera è stata progettata e riprogrammata più volte, ma ora gode della copertura finanziaria della regione autonoma e attende il solo finanziamento di parte statale –:
   posto che l'edilizia ospedaliera è ritenuta infrastruttura la cui cantierizzazione è in grado di muovere l'economia, a quale punto sia la procedura governativa per la sottoscrizione di un accordo di programma con la regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
   quali tempistiche il Ministro preveda per la sottoscrizione dell'accordo di programma e lo stanziamento dei fondi.
(4-15817)

  Risposta. — La proposta di accordo di programma per il settore degli investimenti sanitari (articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67) per la regione Friuli-Venezia Giulia prevede la realizzazione di tre interventi, per un totale a carico dello Stato di euro 154.453.155,51.
  Nell'interrogazione parlamentare in esame si fa riferimento, in particolare, all'intervento di riordino della rete ospedaliera triestina nel comprensorio di Cattinara, attraverso la ristrutturazione e l'ampliamento dell'ospedale di Cattinara e la nuova sede dell'ospedale Burlo Garofolo.
  Il programma di investimenti contempla, tuttavia, anche gli interventi di realizzazione del nuovo ospedale di Pordenone, nonché di riqualificazione del polo ospedaliero udinese e la realizzazione, in quest'ultimo complesso, del nuovo edificio degenze e dei servizi sanitari III lotto.
  Il Ministero della salute ha inoltrato il 14 settembre 2010 al Ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento della ragioneria generale dello Stato, la richiesta di acquisizione del concerto della somma di euro 151.753.155,51, che è tuttora in via di perfezionamento.
  Peraltro, una parte del finanziamento, pari ad euro 2.700.000,00, relativa alle necessità di spesa per i lavori da effettuarsi per l'istituto per l'infanzia Burlo Garofolo, risulta già iscritta in bilancio.
  Della questione dell'avvio della realizzazione degli interventi si è fatta interprete la stessa regione che, con le proprie leggi regionali n. 24 del 2010 e n. 11 del 2011, ha disposto l'autorizzazione all'amministrazione regionale a predisporre un piano economico finanziario per la copertura degli investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie, nel caso che non fosse nuovamente finanziato il piano di investimenti precedentemente illustrato e le risorse già assegnate alla regione non fossero rese disponibili entro l'esercizio finanziario 2011.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   ROSATO e SERENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha sempre corrisposto con impegno straordinario, in termini qualitativi e quantitativi, alle attese dei concittadini in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente cui esso è preposto per legge e cui si trova quotidianamente a intervenire su richiesta di soggetti pubblici e privati;
   il Corpo sta realizzando uno straordinario sforzo per riuscire, con decrescenti risorse finanziarie e con carenze di organico, a sopperire alle crescenti richieste di intervento della popolazione per le piccole e grandi emergenze che colpiscono il nostro Paese;
   a fronte dei rilevanti compiti di sicurezza e di tutela della pubblica incolumità, ripetutamente e unanimemente riconosciuti come insostituibili, i vigili del fuoco non vedono tuttavia riconosciuto adeguatamente il lavoro svolto, infatti, come l'interrogante ha avuto modo di segnalare in precedenti interrogazioni ed interventi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco soffre una sottodotazione stimabile, secondo i dati del Ministero dell'interno forniti nel corso della seduta della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati il 14 aprile 2011, in 3.300 unità. Tale stima, peraltro, non tiene conto dell'incremento di organico previsto dal piano «Soccorso Italia in 20 minuti» di 10.000 unità;
   il Corpo, anche per i compiti di natura ordinaria, si avvale di vigili discontinui che rappresentano un concorso stabile all'organizzazione del soccorso pubblico, e sono considerati una parte del personale qualificata indispensabile per il funzionamento dei comandi provinciali;
   le funzioni svolte nei comandi provinciali dai lavoratori discontinui sono chiaramente di tipo subordinato a ripiano parziale delle gravi carenze di organico del Corpo e del suo sottodimensionamento, con mansioni che variano dal servizio tecnico urgente (pronto intervento) ai servizi amministrativi;
   per tali ragioni con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), si è dato avvio alla stabilizzazione del personale volontario e discontinuo, con evidente consapevolezza del legislatore e del Governo che si tratta di una particolare forma di lavoro precario, all'interno della pubblica amministrazione, in un settore particolarmente delicato e complesso;
   stabilizzazione che attende ancora oggi di essere ultimata e che sta lasciando nell'incertezza migliaia di cittadini idonei che prestano la loro opera al servizio del Corpo come volontari, nonostante questo status non permetta loro di godere dei più basilari diritti spettanti al lavoratore subordinato;
   anche con il supporto dei vigili del fuoco discontinui, i comandi provinciali riescono con difficoltà a rispondere a tutte le richieste di intervento soprattutto nella stagione estiva che si caratterizza per il numero molto elevato di incendi;
   la carenza d'organico costringe alcuni distaccamenti a costituire delle squadre d'intervento in difformità con quanto stabilito dall'articolo 66 del regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che prevede le squadre siano composte di cinque unità, di cui un capo partenza e un autista, e che vi possa essere in sostituzione di un vigile permanente, un volontario;
   la costituzione di squadre a formazione ridotta viene fatta a grave rischio della sicurezza dei vigili stessi e a danno del servizio che non può essere ottimale al pari di quello reso da una squadra al completo;
   nella serata del 20 luglio, il comando provinciale di Terni era impegnato a fronteggiare l'emergenza incendi che si era determinata, per oltre 72 ore, tra Spoleto e Terni e nei pressi di Acquasparta, cosicché a presidiare il comprensorio ternano e la zona dell'Amerino ci sono stati solo tre vigili del fuoco (un capo squadra, un vigile del fuoco permanente, e un vigile del fuoco discontinuo) che hanno operato l'intera notte avvalendosi di un'unità APS;
   il ridotto numero di personale del Corpo non è sufficiente a fronteggiare l'emergenza degli incendi boschivi, tant’è che nel caso della provincia ternana si è ricorso all'aiuto dei volontari della protezione civile di Orvieto per lo spegnimento dell'incendio, i quali hanno prestato la loro opera a titolo personale in quanto il dirigente della regione Umbria competente per la protezione civile avrebbe precisato al responsabile intercomunale di Orvieto che la normativa non consente ai volontari di protezione civile di intervenire direttamente sul fuoco;
   in occasione dell'incendio divampato nella provincia ternana si fa presente, tra l'altro, che un vigile del fuoco è rimasto intossicato dalle fiamme ed è quindi stato soccorso dagli operatori del 118; anche in considerazione di queste evenienze non è accettabile che nei comandi provinciali e nei distaccamenti il Corpo possa fare affidamento su un personale ridotto ai minimi;
   il caso, richiamato a titolo esemplificativo, vuole fare intendere la grave situazione nella quale le ridotte risorse finanziarie e umane stanno costringendo gli operatori del Corpo nazionale dei vigili del fuoco –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione che si è verificata nella provincia di Terni;
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione in cui versano i comandi provinciali e distaccamenti e quali iniziative intende intraprendere per impedire che in futuro a presidio di un territorio vasto, come quello ternano, ci sia una sola squadra, pertanto composta da almeno 5 unità. (4-17330)

  Risposta. — Come è noto, nel quadro normativo vigente, le competenze in materia di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi sono attribuite alle regioni, le quali stipulano apposite convenzioni per la realizzazione delle cosiddette campagne antincendi boschivi.
  Tali convenzioni costituiscono non soltanto un'opportunità di incremento delle risorse e di un loro efficiente impiego, ma anche strumento idoneo a migliorare i protocolli operativi di collaborazione e coordinamento interistituzionale.
  Il Ministero dell'interno, in analogia a quanto avvenuto nei precedenti anni, ha provveduto anche per l'anno in corso, tramite le proprie strutture territoriali, a stipulare apposite convenzioni con regioni ed enti locali al fine di potenziare il dispositivo di soccorso «AIB» (campagne antincendi boschivi).
  L'organizzazione e la pianificazione del dispositivo urgente nella regione Umbria sono affidate – con il coordinamento della direzione regionale vigili del fuoco – ai comandi provinciali di Perugia e Terni, dai quali dipendono 9 distaccamenti (Assisi, Città di Castello, Foligno, Gaifana, Gubbio, Spoleto, Todi, Amelia e Orvieto).
  Tale dispositivo di soccorso è potenziato, nel periodo estivo, mediante l'accordo di collaborazione con la regione Umbria stipulato in data 14 maggio 2010 e con validità triennale, grazie al quale i comandi provinciali dei vigili del fuoco dell'Umbria possono contare su due squadre aggiuntive, una per ciascuna sede provinciale.
  Il comando provinciale di Terni, in particolare, ha dovuto fronteggiare, a partire dal 19 luglio e per tutto il mese di agosto, un elevato numero di incendi di interfaccia e boschivi, che hanno interessato tutto il territorio provinciale ed hanno minacciato abitazioni ed edifici adibiti ad attività produttive e ricettive.
  Per contrastare l'eccezionalità degli eventi è stato necessario dispiegare un massiccio dispositivo di soccorso, con l'ausilio di squadre provenienti da altri comandi provinciali e di mezzi aerei ed in collaborazione con il Corpo forestale dello Stato e le comunità montane.
  Le forze di protezione civile (regionale, provinciale e comunali), unitamente alle forze dell'ordine ed agli operatori del 118, hanno diretto e controllato il traffico e le arterie stradali, assicurando un valido sostegno alle operazioni di protezione e assistenza alla popolazione.
  Con riguardo alla giornata del 20 luglio 2012, cui si riferisce l'interrogante, il personale del Comando provinciale vigili del fuoco di Terni è stato impegnato in numerosi interventi riguardanti incendi boschivi che hanno interessato tutto il territorio della Provincia, di cui due di notevole entità ed estensione presso Acquasparta e lungo il percorso della strada statale n. 3 – via Flaminia.
  Il comando di Terni, durante il turno diurno, dalle 8,00 alle 20,00, ha impegnato, a presidio dell'intero territorio provinciale, numerose squadre operative per un totale di 25 vigili del fuoco in servizio ordinario, 5 vigili del fuoco in servizio di reperibilità e 10 vigili del fuoco in richiamo straordinario. Durante il turno notturno, che va dalle 20,00 alle 8,00, si è reso necessario l'impiego di 24 vigili del fuoco in servizio ordinario, coadiuvati da due squadre operative provenienti dal comando di Perugia ed un'altra squadra operativa proveniente dal comando di L'Aquila.
  Non risulta che nello svolgimento degli interventi, si siano registrati incidenti o infortuni al personale, derivanti da intossicazione da fumo ovvero da esposizione alle fiamme ed alle alte temperature.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   RUBEN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:  
   il presidente del Palermo Calcio Maurizio Zamparini, durante un'intervista rilasciata a SportMediaset sabato 5 novembre 2011, si è lasciato andare ad alcune considerazioni di sapore antisemita;
   egli ha dichiarato, nell'ambito di questa intervista e riferendosi ad una sua diatriba con il procuratore del giocatore argentino Javier Pastore per una presunta estorsione di denaro, che preferirebbe «dare questi 10 milioni invece che a Simonian, in beneficenza (...) vanno ristabilite le regole, perché non è possibile che questi soldi vadano a certa gente che opera in modo scorretto»;
   ha, inoltre, aggiunto che «una cosa simile in un ambito diverso accade in America dove ci sono avvocati per la maggior parte di estrazione ebraica che aspettano i propri futuri clienti fuori dai tribunali e ospedali, promettendo consulenze gratuite che poi si rivelano invece con percentuali di provvigioni altissime, anche del 50 per cento»;
   questo tipo di dichiarazioni, peraltro non pertinenti all'argomento trattato, dimostrano, ancora una volta, come il pregiudizio antisemita sia diffuso in qualsiasi ambito e quanto sia grave passarlo sotto silenzio;
   nelle ultime settimane il Parlamento ha pubblicato l'indagine conoscitiva sull'antisemitismo dalla quale si è potuto evincere che negli ultimi tempi si è registrato in Italia un preoccupante e costante incremento su Internet e sui social network di siti di tipo razzista;
   tale indagine ha evidenziato che il 44 per cento della popolazione italiana mostra qualche pregiudizio o atteggiamento ostile agli ebrei che, nel 12 per cento dei casi, diventa vero e proprio antisemitismo che rimanda a volte al pregiudizio classico, altre al pregiudizio legato all'esistenza dello stato di Israele;
   l'indagine rileva anche l'esistenza di una percentuale molto elevata (talvolta superiore alla metà del campione) che non concorda né dissente con le affermazioni proposte;
   è proprio questa area grigia, di apparente neutralità, talvolta dovuta alla mancanza di conoscenza del tema, che sembra essere soprattutto foriera di complicità silenziosa –:
   se non ritenga opportuna ogni iniziativa di competenza per contrastare ogni forma di antisemitismo, anche alla luce delle sconcertanti dichiarazioni riportate in premessa. (4-13905)

  Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame, e sulla base delle informazioni assunte dal Coni presso la Federazione italiana giuoco calcio, si rappresenta quanto segue.
  Già in precedenti occasioni lo scrivente ha ritenuto di non poter sindacare gli atti ed i provvedimenti adottati dagli organi di giustizia sportiva nell'ambito della propria autonomia statutaria.
  In ogni caso, per quanto concerne l'ordinamento sportivo, si ricorda che, in ossequio ai principi Cio, Fifa e Uefa nello Statuto federale è dettato il principio fondamentale che prevede l'esclusione dal calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza. A ciò si aggiunga che in attuazione di detto principio il codice di giustizia sportiva contempla norme rigorose per contrastare e sanzionare ogni tipo di comportamento discriminatorio.

Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sportPiero Gnudi.


   SBAI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   i due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, sono detenuti in India da dieci mesi;
   il diritto internazionale prevede che gli organi dello Stato siano immuni dalla giurisdizione penale dello Stato straniero quando svolgono attività iure imperii;
   la giurisdizione sui fatti commessi dai propri organi in territorio straniero spetta allo Stato di nazionalità;
   il difetto di giurisdizione è ancor più palese se si fa riferimento al fatto che l'episodio è avvenuto al di fuori delle acque territoriali indiane e quindi in acque internazionali;
   molte azioni di sollecito e di pressione sono state fatte sull'India ma finora senza esito;
   non si conosce al momento la condizione, fisica e psicologica, dei due Marò ingiustamente detenuti;
   lo Stato indiano non appare orientato a riconoscere la giurisdizione italiana sui due fucilieri, ad avviso dell'interrogante violando di fatto il diritto internazionale –:
   come intenda il Governo procedere su questa vicenda;
   se intenda il Governo porre in essere iniziative ulteriori sul piano politico-diplomatico nei confronti dell'India;
   come intenda il Governo agire in sede internazionale per riportare a casa i due Marò, da troppo tempo ingiustamente detenuti;  
   se intenda il Governo fornire elementi relativamente alle condizioni di salute, fisica e psicologica, dei due fucilieri;
   se intenda il Governo sollecitare l'Unione europea affinché si faccia parte attiva presso l'India per il ritorno dei due Marò in Italia. (4-18854)

  Risposta. — L'attenzione del Governo italiano sul caso dei nostri due fucilieri di Marina trattenuti in India, Girone e Latorre, è stata e continua ad essere costante, ed è testimoniata dall'interessamento personale del signor Presidente della Repubblica, dal lavoro condotto – con efficacia e discrezione – dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministero degli affari esteri, dal Ministero della difesa, dal Ministero della giustizia, dal team difensivo composto da funzionari dei predetti Ministeri e dell'Avvocatura dello Stato, da legali italiani ed indiani e da alcuni tra i migliori internazionalisti italiani, oltre ovviamente dall'ambasciata a Nuova Delhi e dal consolato generale di Mumbai, che hanno assicurato e assicurano tuttora una costante presenza ed il necessario supporto, anche psicologico, ai nostri due militari.
  Fin dall'inizio, l'Italia ha contestato con fermezza la legalità dell'arresto dei militari Latorre e Girone, che in buona fede ed ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di cooperazione internazionale per il contrasto alla pirateria, avevano offerto la loro collaborazione, su richiesta dalle autorità di Delhi, per contribuire al riconoscimento di sospetti pirati.
  L'obiettivo prioritario dell'azione di Governo è stato fin dall'inizio quello di ottenere il rilascio dei due militari. A tal fine la nostra strategia si è articolata lungo tre direttrici:
   1. non sottrarsi alle procedure giurisdizionali indiane, pur contestandone la competenza;
   2. stabilire contatti di dialogo costruttivo ma fermo con le autorità indiane al fine di ottenere per i due militari italiani un dignitoso trattamento;
   3. avviare una intensa attività diplomatica per mobilitare a nostro favore l'attenzione della comunità internazionale.

  Obiettivo immediato – e raggiunto – è stato quello di ottenere condizioni di soggiorno adeguate allo status di membri delle forze armate: con l'ottenimento della libertà su cauzione, i due militari sono stati trasferiti al Trident Hotel di Kochi, struttura dove risiedono tuttora e presso la quale ricevono costante assistenza consolare. Essi sono liberi di muoversi nella città, con l'unico obbligo di recarsi giornalmente presso la locale centrale di polizia per la firma nel registro di presenza.
  L'obiettivo costante del Governo, che non cessa di essere perseguito, resta comunque quello di ottenere il riconoscimento delle norme di diritto internazionale relative alla giurisdizione dello Stato di bandiera e all'immunità funzionale dei due militari in quanto organi dello Stato italiano.
  Sul piano diplomatico il Ministero degli affari esteri, in stretto raccordo con i Ministeri della difesa e della giustizia e sotto la guida della Presidenza del Consiglio, continua senza sosta a svolgere un'azione di sensibilizzazione a tutto campo: bilaterale, europeo e multilaterale.
  Con riguardo ai contatti con la controparte indiana, il Ministro degli affari esteri Terzi ha avuto fin da subito diversi colloqui telefonici con l'omologo di allora Krishna ed in seguito con il nuovo Ministro, ha inoltre compiuto una missione in India pochi giorni dopo l'accaduto, che è stata poi seguita da una missione del Ministro della difesa. Ha quindi disposto tre missioni e la permanenza nel Paese di una organica équipe di diplomatici, legali ed esperti di varie amministrazioni italiane.
  I contatti continuano anche in questa fase di attesa della sentenza della Corte suprema indiana. Ultimamente, pochi giorni fa il Ministro Terzi ha nuovamente sollecitato l'urgenza di una soluzione positiva e improcrastinabile del caso dei due fucilieri di Marina nel corso di un lungo colloquio telefonico con l'omologo indiano Khurshid, evidenziando come il Governo annette importanza prioritaria alla questione nel quadro delle relazioni bilaterali.
  Sul piano internazionale, sarebbe lunga l'elencazione dettagliata degli oltre 100 incontri nei quali è stata sollevata la vicenda in occasione di colloqui bilaterali con i Paesi a noi più vicini o di conferenze internazionali. A settembre, lo stesso Presidente del Consiglio, nel più vasto e autorevole consesso internazionale dell'Assemblea generale delle Nazioni unite, ha sottolineato come il «precedente indiano» possa pericolosamente ripercuotersi sull'efficacia delle operazioni internazionali di contrasto della pirateria e del terrorismo.
  In conseguenza di tale azione di sensibilizzazione, oltre che sulla solidità delle argomentazioni, l'Italia può fare affidamento sull'appoggio convinto di numerosi
partner internazionali – a partire da quelli dell'Unione europea – che in varie occasioni hanno già espresso la loro solidarietà e la loro sorpresa per l'atteggiamento finora tenuto dall'India. Anche figure istituzionali di alto livello quali il Segretario generale dell'ONU e l'Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell'Unione europea Ashton hanno espresso la loro solidarietà. A tale ultimo riguardo, la vicenda dei marò è stata – su nostra richiesta – fatta propria dall'Unione europea e l'Alto rappresentante Ashton ha sollevato il caso con le sue controparti indiane, facendo presente il rischio che la questione – qualora non risolta per tempo – possa compromettere anche i rapporti Unione europea-India, in particolare i negoziati sull'accordo di libero scambio.
  Molti
partner hanno concretamente operato a nostro favore, sia a livello bilaterale, con i rispettivi interlocutori indiani, che in ambito multilaterale, aderendo alle iniziative da noi proposte come forme di pressione nei confronti di New Delhi. Da mesi è stata inoltre avviata un'azione mirata anche nelle sedi multilaterali opportune, per far valere e rispettare le ragioni del diritto internazionale e mettere in evidenza le dannose implicazioni dell'atteggiamento indiano.
  Occorre al riguardo rimarcare il successo ottenuto pochi giorni fa in occasione del dibattito aperto in Consiglio di sicurezza sulla pirateria, grazie ad un'azione coordinata da Roma e realizzata con grande rapidità e incisione dalla nostra rappresentanza presso l'ONU di New York. Lo scorso 21 novembre l'Italia è intervenuta presso la massima istanza decisionale onusiana per descrivere e valorizzare il contributo fornito dal Paese, sotto ogni profilo, alle azioni di contrasto alla pirateria marittima, cogliendo l'occasione per rimarcare l'illegalità della detenzione dei due fucilieri.
  L'azione italiana non si è tuttavia limitata all'intervento a titolo nazionale: in parallelo è stata infatti condotta una pressante azione nei confronti dell'Unione europea e dei
partner europei affinché anche l'intervento europeo recepisse alcuni principi fondamentali per il nostro Paese, in particolare quelli del necessario rispetto del diritto internazionale e della giurisdizione dello Stato di bandiera, con uno specifico riferimento alla vicenda italiana. L'azione, condotta con successo, ha quindi permesso di codificare un linguaggio atto a certificare il senso di collettiva ed esplicita solidarietà dell'Unione europea nei nostri confronti.
  Nell'attesa di conoscere il giudizio definitivo della Corte suprema indiana, che siamo sicuri non tarderà ad essere emanato, il Governo ed il Paese festeggiano il raggiungimento di una altro obiettivo importante, essendo stata accolta dalla Corte del Kerala la richiesta di una licenza speciale per il rientro in Italia dei due marò in occasione delle festività natalizie.
  Si tratta di un risultato per il quale il Ministro Terzi e il Ministro Di Paola si sono adoperati con vigore sotto chiare istruzioni del Presidente del Consiglio Monti, e che dà prova dell'azione ininterrotta che il Governo italiano sta sviluppando sul caso fin dal suo inizio, non solo in India, ma anche in tutti i competenti fori multilaterali.
  È con grande sollievo quindi che il Governo ha accolto questa positiva notizia, che manifesta la sensibilità indiana per le tradizioni ed i valori più sentiti del popolo italiano, legati alle festività del Natale.
  Siamo confortati ed incoraggiati dal fatto che non sono solo i marò e le loro famiglie a darci atto di questo risultato – da ultimo con le loro dichiarazioni a commento della notizia dell'ottenuta licenza – ma la grande maggioranza dell'opinione pubblica italiana che continua a sostenere l'azione del Governo in modo responsabile e costruttivo.
  Restano comunque contestualmente aggiornate specifiche analisi politico-giuridiche per ogni possibile scenario successivo alla sentenza, anche nella malaugurata ipotesi di una pronuncia a noi avversa.
  È fondata d'altro canto l'aspettativa che il sistema giuridico indiano infine riconosca la primazia dei principi dell'ordinamento internazionale, circostanza che porterebbe la sentenza verso una sola direzione: quella a noi favorevole.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   SCHIRRU e MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a tutt'oggi, nonostante i solleciti, non è ancora arrivata risposta all'interrogazione n. 4-13606 del 14 ottobre 2011 con la quale la sottoscritta interrogava il Ministro sui gravi ritardi nella corresponsione delle provvidenze in favore dei soggetti talidomidici e su quali iniziative si intendessero adottare per accelerare i pagamenti e l'accoglimento delle nuove istanze;
   a distanza di mesi restano numerosi i casi di soggetti talidomidici, affetti da gravi malformazioni agli arti (amelia, focomelia) a causa del farmaco omonimo, che versano in serie difficoltà economiche e necessitano pertanto di aver riconosciuto al più presto quanto spettante;
   continuano le segnalazioni da parte di soggetti riconosciuti come superstiti talidomidici ma esclusi – per cavilli burocratici e errate valutazioni da parte del CMO locale (soprattutto La Spezia) – dall'assegno vitalizio e dai benefìci della legge n. 244 del 2007 sebbene in possesso dei requisiti richiesti;
   nonostante i richiami e la richiesta di essere sottoposti a nuova visita – onde sanare gli errori commessi dalle commissioni competenti – tali persone si sono viste di recente recapitare lettera di esclusione definitiva ai benefici citati;
   si riportano per chiarezza e completezza di informazione i casi – a titolo di esempio di numerosi altri – di un gruppo di 5 persone (ad attuale conoscenza dell'interrogante) che pur essendo in grado di dimostrare tutti i requisiti richiesti dalla legge, – sono in possesso di tutta la documentazione sanitaria occorrente e presentano le stesse disabilità/malformazioni di tutte le altre 250/300 persone a cui è stato riconosciuto l'indennizzo – restano ad oggi escluse per errori di valutazione commessi da due CMO militari in particolare. Si trovano dunque escluse da un diritto a causa di meri cavilli burocratici ed errori già riconosciuti e conclamati;
   si tratta delle vicende del signor S.G., il signor C.B., il signor D.R., il signor R.B. e il signor M.P. che hanno ricevuto un esito negativo dalla commissione medica ospedaliera di La Spezia per il fatto di essere affetti da una sindrome monolaterale, quando è ormai riconosciuto dagli studi più moderni che il talidomide colpiva anche solo un arto. Sorprende il fatto che, nonostante tutte le altre CMO italiane abbiano giudicato aventi diritto all'indennizzo i talidomidici monolaterali, quella di La Spezia li abbia rifiutati;
   il signor B. in particolare, si è visto recapitare lettera di esclusione nonostante, sottoposto ad una seconda visita, sia risultato idoneo alla corresponsione del vitalizio;
   altro caso esemplificativo, è quello della signora S.B. cui è stato riconosciuto e certificato dalla CMO di Cagliari il danno da talidomide. La signora è nata in Marocco ma sua madre, come dimostrato da diversi certificati, trascorse la maggior parte della gravidanza nella cittadina sarda, ospite di una cognata. È qui che le venne prescritto (certificato e dimostrato) il farmaco talidomide, colpevole delle gravi malformazioni cui sarà affetta la signora B. Ad oggi, nonostante la certificazione in suo possesso e la pratica già avviata dal Ministero della salute, le viene negato il diritto all'indennità per assenza di un apposito certificato storico di residenza anagrafica, di fatto non producibile, essendo la madre presente sull'isola solo in qualità di turista e ospite presso una parente;
   alla luce della delicatezza della materia, si parla di persone disabili, appare urgente un riscontro positivo che sblocchi finalmente il limbo nel quale tale categoria è inserita da troppo tempo –:
   se il Ministro non ritenga di intervenire urgentemente affinché si provveda alla corresponsione delle provvidenze dovute e si velocizzino (in ottemperanza ai 90 giorni richiesti dalla legge n. 244 del 2007) le procedure di riconoscimento della disabilità, fornendo e rafforzando il supporto necessario affinché le organizzazioni mediche preposte recepiscano correttamente le apposite linee guida – già esistenti – per il riconoscimento dell'invalidità anche per i superstiti da talidomide. (4-17223)

  Risposta. — La tempistica della corresponsione dell'indennizzo per danno da Talidomide, previsto in base alle leggi 24 dicembre 2007, n. 244 e 27 febbraio 2009, n. 14, è stata determinata, inizialmente, dalla necessità di individuare idonee soluzioni al complesso delle difficoltà applicative, sotto il profilo medico legale della normativa di settore, con particolare riferimento al giudizio circa il nesso causale tra l'assunzione del farmaco in gravidanza e l'infermità.
  Al riguardo, è stata inviata al Ministero della difesa la circolare 5 novembre 2009, n. 31, recante le «Linee guida per l'istruttoria delle domande di indennizzo dei soggetti affetti da sindrome da Talidomide», predisposte dal gruppo di lavoro composto da rappresentanti dei competenti uffici del Ministero della salute e da un rappresentante del Ministero della difesa.
  Il medesimo gruppo di lavoro, tenuto anche conto di un parere formulato dall'istituto superiore di sanità, ha anche provveduto all'integrazione delle valutazioni tecniche, rese necessarie dalle difficoltà sopra richiamate, parimenti inviate al Ministero della difesa.
  Per quanto concerne lo stato dei lavori per l'erogazione dell'indennizzo agli aventi diritto, si fornisce il seguente quadro della situazione.
  Una volta superate le difficoltà segnalate, sono state istruite, notificate e liquidate le istanze per le quali le commissioni mediche ospedaliere hanno riconosciuto il nesso di causalità tra la riferita assunzione del farmaco e l'infermità.
  L'attività liquidatoria è espletata nell'arco temporale determinato dalla chiusura e dalla riapertura dell'esercizio finanziario dello Stato, secondo il criterio cronologico derivante dalla data di acquisizione agli atti dei documenti necessari alla liquidazione ed è subordinata alla disponibilità del capitolo di bilancio.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   TOUADI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le elezioni del 2011 per il rinnovo dell'amministrazione comunale di Ariccia (Roma) sono state annullate da una sentenza del TAR del Lazio dell'8 marzo 2012, così vanificando la volontà espressa da circa 11.000 cittadini votanti;
   è stato nominato un commissario prefettizio che rimarrà in carica, laddove la sentenza del TAR del Lazio venisse confermata dal Consiglio di Stato, fino a maggio 2013, con ulteriore mortificazione della volontà espressa dalla maggioranza dei cittadini di Ariccia nel corso delle elezioni del maggio 2011;
   la sentenza del TAR, sulla base di due irregolarità formali, ha azzerato l'amministrazione del comune di Ariccia senza che, in realtà, sia stato accertato alcun broglio elettorale, sia nelle operazioni di voto sia in quelle di scrutinio;
   la prima di queste irregolarità, dall'attenta lettura del verbale di una sezione speciale (cosiddetto «seggio volante») si è rivelata, ad avviso dell'interrogante, del tutto infondata;
   la seconda irregolarità è stata determinata dal mancato ritrovamento dell'atto di delega (ex articolo 20 decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960) del presidente del seggio n. 15;
   tale mancato ritrovamento è attualmente oggetto di un'inchiesta da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Velletri poiché la responsabile dell'ufficio elettorale risulta indagata per violazione dei doveri di ufficio — ex articolo 368 e 61, n. 2, c.p.(atti n. 1058/12 R.G. N.R. e n. 1153/12 R.G. G.I.P. della procura della Repubblica presso il tribunale di Velletri);
   dalla presente fattispecie concreta emerge una problematica rilevante e di carattere generale che, ad avviso dell'interrogante, merita di essere esaminata;
   è infatti evidente che se l'assenza di un documento presso la casa comunale, come nel caso di specie, può essere causa di annullamento delle elezioni, tale espediente potrebbe essere utilizzato in futuro da qualsiasi partito o fazione politica, al solo fine di far annullare le elezioni nelle quali si è visto soccombente;
   ad avviso dell'interrogante, se la sentenza del TAR venisse confermata dal Consiglio di Stato si verrebbe a creare un pericoloso precedente in una materia, quella elettorale, di fondamentale importanza per la vita democratica del Paese –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda intervenire per impedire che irregolarità come quella esposta in premessa possano determinare l'annullamento delle elezioni in spregio della volontà popolare.
(4-16825)

  Risposta. — Con sentenza del T.A.R. Lazio dell'8 marzo 2012, sono state annullate le operazioni elettorali del maggio 2011 per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale di Ariccia.
  Al riguardo il giudice amministrativo ha, tra l'altro, rilevato che l'attività svolta dal presidente del seggio n. 15 – sia nel primo turno, sia nel turno di ballottaggio – «deve essere considerata come attività viziata da nullità, essendo stata posta in essere da un soggetto da ritenersi privo del necessario titolo di legittimazione e quindi in situazione di assoluta carenza di potere; nullità la quale – data l'evidente natura di collegio perfetto che riveste l'Ufficio elettorale – è tale da invalidare tutta l'attività della sezione». Ciò in quanto non è stata rinvenuta, in sede di verifica, alcuna documentazione atta a provare l'esistenza dell'originario provvedimento di nomina dello stesso presidente da parte della corte di appello di Roma o di delega da parte del sindaco di Ariccia.
  Né è stato ritenuto utile dall'organo giudicante il provvedimento di convalida della medesima nomina, adottato successivamente dal sindaco di Ariccia. Infatti, sempre secondo l'orientamento del giudice amministrativo, anche quest'ultimo atto deve ritenersi nullo ai sensi dell'articolo 21-
septies della legge n. 241 del 1990, per mancanza dell'atto da convalidare e, come tale, inidoneo a sanare la rilevata nullità dell'attività svolta dal presidente di seggio.
  Posto che il T.A.R. del Lazio non ha ritenuto semplice irregolarità la mancata acquisizione in atti del documento in esame, non si ritiene possibile – per quanto di competenza del Ministero dell'interno – intervenire in materia tenuto conto, in proposito, che l'articolo 130 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (codice del processo amministrativo) affida esclusivamente agli organi della giustizia amministrativa il contenzioso sulle operazioni elettorali.
  Del resto, la previsione legislativa di eventuali sanatorie alla mancanza di atti afferenti la procedura elettorale si porrebbe inevitabilmente in contrasto con l'interesse superiore al corretto e sereno svolgimento dell'espressione del diritto di voto.
  Nelle more, quindi, di diverse decisioni dell'autorità giudiziaria, permane la gestione commissariale dell'ente.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   LIVIA TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ultimo documento a cura del reparto di epidemiologia di malattie infettive del Cnesps-Iss in collaborazione con il gruppo sanità pubblica del coordinamento interregionale della prevenzione fa il punto sulla vaccinazione anti-Hpv in Italia, riportando i dati di copertura vaccinale aggiornati al 30 giugno 2011;
   nel rapporto sono presentate le coperture relative al target primario del programma di immunizzazione, cioè le ragazze chiamate a vaccinarsi nel corso del 12° anno (coorti di nascita 1997, 1998, 1999), e al target secondario, per le regioni che hanno esteso l'offerta attiva e gratuita a ragazze più grandi;
   la copertura con tre dosi di vaccino della coorte 1997, invitata nel 2008, è pari al 65 per cento. Le coperture delle coorti invitate successivamente (1998 e 1999) sembrano essere in linea con le coperture rilevate per la coorte 1997;
   non si è, però, verificato l'incremento che sarebbe stato auspicabile con il protrarsi delle attività vaccinali e rimane, pertanto, lontano l'obiettivo del 95 per cento fissato dall'intesa Stato-regioni, da raggiungere entro 5 anni dall'avvio della vaccinazione;
   dall'analisi dei dati raccolti emerge, inoltre, un'ampia variabilità tra i dati di copertura vaccinale regionali; la disequità geografica evidenziata dai dati di CV contrasta con la necessità di garantire in modo uniforme a tutta la popolazione italiana un uguale diritto di accesso agli interventi di prevenzione vaccinale che rientrano nei livelli essenziali di assistenza –:
   quali iniziative sia economiche che normative il Ministro, sulla base degli ultimi dati pubblicati dal Cnesps-Iss, intenda assumere per rendere effettiva e capillare tale vaccinazione, in particolare se non ritenga opportuno promuovere nuove campagne d'informazione nazionali affinché si possa raggiungere una maggiore copertura della vaccinazione in questione;
   se non ritenga opportuno predisporre una efficace cabina di regia affinché vi sia un monitoraggio della situazione vaccinale in tutte le regioni, promuovendo anche le opportune iniziative per raggiungere, in tempi brevi, una reale omogeneità dei dati delle persone vaccinate in tutte le regioni.
(4-14609)

  Risposta. — Il Ministero della salute avverte, in modo sempre più forte, la necessità di strategie vaccinali omogenee e comuni per garantire ai cittadini un uniforme diritto alla prevenzione vaccinale, e, conseguentemente, indurre l'effetto di contrasto proprio delle vaccinazioni.
  L'attuale ripartizione di compiti tra lo Stato e le regioni scaturita dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», prevede che lo Stato formuli i principi fondamentali in materia di strategie vaccinali, ma non intervenga sulle modalità di attuazione di principi ed obiettivi, perché ciò rientra nella competenza esclusiva delle regioni; viene salvaguardata, in tal modo, la stretta interdipendenza tra Stato e regioni.
  Questo Ministero, competente in tema di prevenzione delle malattie infettive e di strategie vaccinali, ha, insieme alle regioni, il compito di governare la disponibilità degli strumenti di prevenzione, incluso il vaccino contro il papilloma virus (anti-HPV), fornendo indirizzi coerenti ai servizi e agli operatori, sulla base delle migliori evidenze scientifiche disponibili, al fine di garantire equità di accesso e parità di offerta attiva delle prestazioni sanitarie, inclusa la prevenzione primaria, a tutta la popolazione-target nazionale.
  A tal fine, è stata stipulata un'intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano concernente «Strategia per l'offerta attiva del vaccino contro l'infezione da HPV in Italia» (20 dicembre 2007), che ha previsto l'inserimento della vaccinazione contro il papilloma virus (HPV) nel calendario vaccinale dell'età evolutiva. A partire dal 2008, quindi, questo vaccino viene offerto attivamente e gratuitamente dai servizi vaccinali su tutto il territorio nazionale alle dodicenni (ragazze che abbiano compiuto 11 anni di età dal 1° gennaio al 31 dicembre), a partire dalla coorte delle nate nel 1997.
  La scelta del target delle ragazze che abbiano compiuto 11 anni di età dal 1° gennaio al 31 dicembre 2008 (le appartenenti alla coorte di nascita del 1997, che nel 2008 erano nel 12° anno di vita) è stata unanimemente indicata come prioritaria:
   per indurre la migliore risposta immunitaria al vaccino e precedere l'inizio dell'attività sessuale, garantendo così la massima efficacia della vaccinazione;
   in quanto il programma vaccinale si rivolge a ragazze che frequentano la scuola dell'obbligo, il che può facilitare l'offerta attiva anche a gruppi a rischio di deprivazione sociale;
   per favorire la comunicazione con e attraverso le famiglie;
   per mantenere la vaccinazione nell'ambito del patrimonio professionale e delle prestazioni delle strutture del servizio sanitario nazionale deputate all'erogazione delle vaccinazioni: una rete esistente, consolidata ed esperta di vaccinazioni, che può garantire un'equità di offerta di tale prestazione, in tutto il Paese.
  È stata lasciata piena autonomia alle regioni e pubbliche amministrazioni circa la decisione e la modalità dell'offerta della vaccinazione alle adolescenti appartenenti ad altre coorti di nascita, oltre quella considerata prioritaria, gratuitamente o dietro pagamento del vaccino al costo sostenuto dalla ASL, comunque inferiore a quello imposto alle farmacie.
  Tale strategia è stata affiancata dalla libera vendita, su prescrizione medica, del vaccino e, quindi, dalla possibilità, per ciascuna ragazza o donna (fino all'età per cui il vaccino è autorizzato), di vaccinarsi dietro indicazione e prescrizione del medico.
  L'intesa del 20 dicembre 2007, oltre ad individuare gli obiettivi del programma vaccinale contro l'infezione da HPV, ha definito la strategia, le azioni, le figure coinvolte ed i ruoli.
  Queste indicazioni devono essere adottate da ogni singola regione in base al proprio contesto specifico, per il conseguimento dell'obiettivo comune previsto dall'intesa del 2007, ovvero il raggiungimento di una copertura del 95 per cento con tre dosi di vaccino, entro i cinque anni dall'inizio del programma di vaccinazione, cioè per le ragazze nate nel 2001, che saranno invitate attivamente alla vaccinazione nel 2012 e la cui copertura sarà valutata al 31 dicembre 2013.
  La disponibilità del vaccino anti-HPV costituisce, oltre che un'importante occasione di prevenzione individuale, soprattutto una rilevante opportunità per l'intera comunità.
  D'altro canto, essa impone ponderate riflessioni per l'impegno operativo che comporta e presenta molteplici implicazioni per l'identificazione della migliore strategia, sia alla luce delle nuove evidenze disponibili, sia delle domande ancora senza risposta, ad oltre 3 anni dall'avvio di un programma nazionale di immunizzazione:
   la vaccinazione anti-HPV ha come obiettivo il controllo della malattia e non la sua eliminazione;
   è necessario il raggiungimento di elevate percentuali di copertura per interrompere il meccanismo di trasmissione;
   la vaccinazione anti-HPV è una vaccinazione raccomandata, con tutte le problematiche, in particolare di percezione dell'importanza e di accettazione da parte della popolazione, tipiche delle vaccinazioni raccomandate;
   nell'approccio con le adolescenti, proprio di questo programma vaccinale, sono state incontrate le medesime barriere socioculturali e difficoltà organizzative dei servizi, che tradizionalmente gravano sulle vaccinazioni effettuate in questa fascia d'età (richiami vaccinali e vaccinazioni di «catch up»), responsabili del difficile raggiungimento delle coperture vaccinali auspicabili, ma anche del loro monitoraggio, al fine di valutare l'efficacia degli interventi, in un Paese in cui il sistema informatizzato delle anagrafi vaccinali, a fronte di sforzi ed investimenti consistenti, stenta ad arrivare a regime;
   l'impatto della vaccinazione sulla malattia prevenibile si osserverà dopo molti anni, il che introduce un elemento di atipia nella prevenzione primaria realizzata mediante vaccinazione;
   la durata della protezione immunitaria risulta essere di almeno 7 anni, ma si attendono i risultati di altri studi clinici riguardanti la durata della protezione per tempi più lunghi e, di conseguenza, la eventuale necessità di dosi di richiamo;
   la disponibilità di uno strumento di prevenzione primaria contro una malattia che colpisce doppiamente la donna, in quanto malattia oncologica e poiché interessa l'apparato riproduttivo, rischia, se non preceduta ed accompagnata da una pianificazione meticolosa e da una informazione corretta, di produrre un'inappropriata aspettativa;
   è, inoltre, sempre presente il rischio di false attese su un possibile effetto allargato del vaccino: in particolare, che esso consenta di prevenire tutte le malattie sessualmente trasmesse (con conseguente errata percezione di inutilità di qualsiasi mezzo di protezione) o tutte le forme di tumore dell'utero (con conseguente sbagliata convinzione di non necessità di aderire ai programmi di screening).

  Come già sottolineato, il compito di questo Ministero è anche quello di «governance del sistema», onde evitare che si venga a creare una situazione di difformità nelle modalità di accesso e di pagamento con, addirittura, differenti modalità di offerta tra le ASL di una stessa regione che, oltre a produrre disagio nella popolazione, potrebbero, addirittura, compromettere il buon esito degli interventi preventivi.
  Sulla base di tutte queste considerazioni, il nuovo piano nazionale della prevenzione vaccinale 2012-2014, di cui all'intesa Stato-regioni del 22 febbraio 2012, riconferma le scelte strategiche contenute nell'accordo del 2007, in termini di target ed obiettivo di copertura vaccinale, pur rimodulando quest'ultimo, alla luce delle difficoltà incontrate nel raggiungimento dell'obiettivo posto all'epoca.
  Infatti, la copertura vaccinale per le 3 dosi previste di vaccino anti-HPV, rilevata a giugno 2011, per la coorte di nascita 1997, risulta tutt'altro che soddisfacente con una media nazionale pari a 64,7 per cento ed un intervallo compreso tra i valori 34,3 e 81,8.
  È opportuno sottolineare che l'avvio della campagna vaccinale anti-HPV ha pressappoco coinciso con la pandemia della stagione influenzale 2009-2010, con conseguente spostamento di risorse, sia economiche che di personale, da un'attività in teoria consuetudinaria, ma ancora in fase di avvio, verso una serie molto complessa di operazioni programmate per far fronte ad un'emergenza che, per sua stessa definizione, va ad interferire con il lavoro di routine.
  Non si può, inoltre, ignorare l'impatto negativo sull'accettazione delle vaccinazioni in generale da parte della popolazione, che hanno avuto le polemiche a suo tempo insorte intorno alla vaccinazione pandemica.
  È stato, pertanto, concordato il seguente nuovo obiettivo: «Raggiungimento di coperture vaccinali per 3 dosi di HPV del 70 per cento nelle dodicenni a partire dalla coorte del 2001, dell'80 per cento nelle dodicenni a partire dalla coorte del 2002 e del 95 per cento nelle dodicenni a partire dalla coorte del 2003».
  Si ritiene opportuno segnalare che l'Italia, anche quest'anno, ha aderito alla settimana europea delle vaccinazioni (21-27 aprile 2012), un'iniziativa dell'ufficio regionale europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), consistente nel fatto che per una settimana, nel mese di aprile, nei Paesi europei, con lo slogan comune «Prevenire, Proteggere, Immunizzare», si svolgono manifestazioni per informare e coinvolgere la popolazione ed i professionisti sanitari sul tema delle vaccinazioni e per affrontare le sfide future in tale ambito.
  Tra le iniziative ad essa correlate è stato incluso un «workshop» dedicato alla vaccinazione anti-HPV, quale momento d'incontro, discussione e dibattito, insieme con i rappresentanti delle regioni e delle maggiori società scientifiche e delle federazioni di professionisti coinvolti nelle attività vaccinali, per identificare quali siano state le principali barriere al successo del programma vaccinale di sanità pubblica, per condividere dei modelli vincenti e per definire delle linee di indirizzo atte a rilanciare la vaccinazione HPV.
  Per soddisfare l'esigenza di una campagna di comunicazione specifica destinata ai soggetti target dell'intervento vaccinale ed ai loro genitori/tutori, nonché ai medici e agli operatori sanitari, il Ministero della salute, nel febbraio 2008, ha realizzato una campagna di comunicazione per sensibilizzare la popolazione sull'importanza della vaccinazione contro il papilloma virus (HPV) e per informare sulla campagna di vaccinazione in corso a partire da tale anno.
  I destinatari della campagna erano i genitori, i medici (pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi) e gli operatori sanitari. L'obiettivo era quello di sensibilizzarli sui benefici della vaccinazione contro il virus (HPV), sulla sicurezza e l'efficacia dei vaccini disponibili, sull'utilità di aderire ai programmi periodici di screening.
  Gli strumenti utilizzati nella campagna sono stati:
   uno spot televisivo, diffuso sui maggiori circuiti televisivi a diffusione nazionale e locale, sui grandi schermi dei circuiti cinematografici e nelle stazioni aeroportuali del nostro Paese;
   uno spot radiofonico, trasmesso dalle principali emittenti radiofoniche;
   materiale informativo specifico (poster, opuscoli, eccetera);
   informazioni «on-line»: in particolare sul sito www.ministero.salute.it, è stato pubblicato lo speciale dedicato «Vaccinazione contro il papilloma virus», con tutte le informazioni relative al vaccino, le domande e le risposte.

  Il Centro nazionale per il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute ha, inoltre, finanziato il Progetto valore (VAlutazione LOcale e REgionale delle campagne per la vaccinazione contro l'HPV), coordinato dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (CNESPS) dell'istituto superiore di sanità (ISS), i cui obiettivi sono assolutamente funzionali all'opportunità di implementare la vaccinazione anti-HPV nel territorio nazionale:
   raccogliere le esperienze delle regioni e delle ASL italiane sugli aspetti organizzativi, logistici, comunicativi e sociali delle campagne vaccinali contro l'HPV attraverso un questionario elettronico;
   indagare i motivi di mancata vaccinazione per un campione di ragazze che non ha aderito all'offerta della vaccinazione contro l'HPV;
   sviluppare un documento tecnico per la conduzione di una campagna vaccinale e un pacchetto formativo, che possano essere di supporto alle regioni e alle ASL nelle prossime campagne.

  Il progetto si articola in due indagini parallele: una volta a studiare la pianificazione, organizzazione, implementazione e promozione delle campagne di vaccinazione anti-HPV per le coorti 1997 e 1998 nelle regioni e ASL italiane, utilizzando un questionario elettronico diretto ai referenti regionali e delle ASL; l'altra tesa ad individuare i motivi di mancata vaccinazione attraverso un questionario indirizzato alle famiglie delle ragazze che non hanno aderito al programma vaccinale.
  Riguardo al progetto in questione, si precisa che le regioni e 137 ASL hanno aderito alla prima indagine: la regione Sardegna, pur mostrando interesse per il progetto, non ha aderito per problemi di sostenibilità dell'iniziativa, a fronte delle numerose altre attività già pianificate o in corso e del personale insufficiente.
  I risultati e gli strumenti prodotti verranno presentati in occasione di un evento formativo e divulgativo previsto per il mese di aprile 2013.
  Con riferimento all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, si risponde in base alle informazioni acquisite presso l'istituto superiore di sanità.
  Dall'introduzione della vaccinazione anti-HPV, il CNESPS dell'ISS si occupa del monitoraggio periodico dei dati di copertura per questa vaccinazione, raccogliendo ogni sei mesi le coperture regionali per coorte di nascita e il numero di dosi somministrate e pubblicandole semestralmente sul portale di epidemiologia del CNESPS (http://www.epicentro.iss.it/focus/hpv/hpv.asp).
  I dati di copertura HPV vengono raccolti ogni sei mesi per tutte le coorti di nascita, dalle nate nel 1982 (che nel 2008 rappresentavano le venticinquenni) alla più giovane coorte invitata (dodicenni nell'anno corrente).
  Questo permette di avere un dato di copertura aggiornato per ogni coorte di nascita, che tenga conto dei recuperi delle non rispondenti o di altri interventi attuati a livello locale per promuovere la vaccinazione. Una volta raggiunti gli obiettivi di copertura, questa rilevazione potrà essere resa annuale e inglobata nella raccolta ordinaria dei dati di copertura di tutte le vaccinazioni previste dal calendario vaccinale, coordinata dal Ministero della salute.
  I dati raccolti hanno evidenziato una copertura vaccinale della coorte di nascita 1997 pari al 64.7 per cento per 3 dosi di vaccino HPV e coperture simili o inferiori delle coorti più giovani; da tali dati si evince anche che le coperture raggiunte per le nuove coorti non mostrano alcuna tendenza in aumento.
  L'ISS ritiene che le problematiche relative all'offerta di questa vaccinazione siano varie e legate al prodotto disponibile, all'obiettivo della vaccinazione e al target della stessa.
  Infatti, il vaccino protegge contro una malattia sessualmente trasmessa e l'obiettivo ultimo è la prevenzione del tumore del collo dell'utero; ambedue sono tematiche molto sensibili. Inoltre, il target primario della vaccinazione è costituito dalle ragazze nel dodicesimo anno di vita, ancora lontane dall'avvio dei rapporti sessuali, mentre il cervicocarcinoma colpisce prevalentemente l'adulto, manifestandosi più di venti anni dopo la vaccinazione.
  Il target della comunicazione è rappresentato sia dalle dodicenni stesse sia dai loro genitori. In alcune regioni la vaccinazione è stata estesa ad un target secondario diverso da regione a regione, rappresentato da una o più coorti tra i 15 e i 18 anni.
  La fascia di età adolescenziale è notoriamente un difficile target per interventi di prevenzione primaria (basti pensare che la copertura per la quinta dose di vaccinazione contro difterite e tetano prevista all'età di 11-15 anni dal calendario nazionale, supera di poco il 50 per cento). L'offerta gratuita della vaccinazione a fasce di età più grandi rispetto alle dodicenni soltanto in alcune regioni, oltre a creare disparità nell'offerta, può ingenerare nella popolazione perplessità circa l'importanza della vaccinazione in questa fascia di età. I vaccini per l'HPV conferiscono protezione solo verso alcuni tipi di HPV e hanno un'efficacia maggiore se somministrati a soggetti mai infettati precedentemente. I dati di immunogenicità al momento disponibili, non possono fornire informazioni sulla necessità o meno di dosi di richiamo, inducendo alcuni genitori o professionisti sanitari ad optare per ritardare la somministrazione della vaccinazione.
  La ragazza, anche se vaccinata, dovrà comunque partecipare ai programmi di screening oncologico (Pap-test), che in Italia coinvolgono attivamente le donne tra i 25 e i 64 anni per ridurre l'incidenza dei tumori del collo dell'utero.
  Da ultimo, la promozione di questa vaccinazione non deve creare falsi sensi di sicurezza nei giovani, favorendo rapporti sessuali non protetti.
  Inoltre, dato l'ampio ambito di copertura tra le regioni e, in alcuni casi, anche tra aziende sanitarie locali (ASL) della stessa regione, è ipotizzabile che il tasso di copertura vaccinale possa essere influenzato dalle modalità di organizzazione e promozione della campagna, dalle caratteristiche socio-demografiche delle aree geografiche e dall'accettazione dell'iniziativa in corso da parte dei diversi professionisti coinvolti. Per i motivi finora esposti, nel 2011 è stato avviato il citato progetto VALORE (VAbitazione LOcale e REgionale delle campagne per la vaccinazione contro l'HPV).
  I risultati delle due indagini parallele verranno messi in relazione con le coperture vaccinali, al fine di identificare le azioni e strategie che favoriscano il raggiungimento di migliori coperture vaccinali, e verranno utilizzati per elaborare un documento tecnico e un pacchetto formativo rivolto agli operatori sanitari. Gli strumenti prodotti saranno messi a disposizione di regioni e ASL per agevolare il conseguimento dell'obiettivo di copertura fissato e per ridurre al minimo le disomogeneità territoriali.
  Relativamente allo stato di avanzamento del progetto, si segnala che VALORE ha ottenuto una proroga fino al maggio 2013. La proroga è stata determinata da due principali motivazioni:
   1) inizialmente la prima indagine era stata disegnata per raccogliere informazioni soltanto a livello regionale; ma, poiché le attività condotte sono molto diverse tra le ASL e un unico questionario regionale non sarebbe stato esaustivo, è sorta l'esigenza di estendere l'indagine a tutti i referenti ASL;
   2) la seconda indagine ha raccolto molte più adesioni di quanto previsto.

  Tutti i referenti regionali e 124 delle 137 ASL che hanno aderito alla primaindagine hanno completato il questionario. È in corso l'analisi dei dati.
  Relativamente alla seconda indagine, 54 ASL in 9 regioni hanno aderito. La spedizione delle lettere è stata completata in tutte le ASL il 7 marzo 2012, con circa 14.400 lettere inviate. L'ISS ha avviato il «data entry» e l'analisi dei dati.
  Inoltre, è in corso la raccolta del materiale di comunicazione utilizzato per le campagne di vaccinazione condotte sino ad ora a livello regionale e di ASL; tale materiale verrà valutato da un gruppo di lavoro dell'unità di formazione e comunicazione del CNESPS con specifici strumenti.
  Considerando che sono state riscontrate alcune resistenze da parte di professionisti sanitari alla promozione della vaccinazione contro l'HPV, l'ISS ritiene utile studiare anche il punto di vista degli operatori sanitari: pertanto, il progetto si propone, compatibilmente con le risorse disponibili, di condurre due diverse attività per rilevare percezione, attitudine e pratica degli operatori verso la vaccinazione HPV: 1) l'organizzazione di «focus group» con le figure professionali coinvolte nella campagna vaccinale; 2) un questionario «on-line» rivolto agli operatori sanitari (utilizzando EpiCentro, il portale di epidemiologia del CNESPS).
  Come già ricordato, i risultati e gli strumenti prodotti verranno presentati nell'aprile 2013.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la legge 3 agosto 2009 n. 108 ha stabilito che «Il personale in possesso del diploma di infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana, di cui all'articolo 31 del regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1942, n. 918, equivalente all'attestato di qualifica di operatore socio-sanitario specializzato, esclusivamente nell'ambito dei servizi resi, nell'assolvimento dei compiti propri, per le Forze armate e la Croce Rossa Italiana, è abilitato a prestare servizio di emergenza e assistenza sanitaria con le funzioni e attività proprie della professione infermieristica»;
   il personale in possesso di diploma di infermiera volontaria della Croce rossa svolge un corso della durata di 800 ore, con evidenti dubbi sulla stessa equivalenza con il corso di operatore socio sanitario specializzato che prevede un programma formativo e professionalizzante decisamente più ampio non solo in termini di durata oraria;
   con il provvedimento in questione risulta quindi formalmente autorizzata una deroga ai requisiti minimi per questa tipologia di personale destinato per di più ad operare in contesti di emergenza, ove sono necessaria ampie e maggiori competenze e certamente non minori come in eventi di urgenza/emergenza;
   viene quindi data a personale ausiliario l'abilitazione a svolgere attività sanitarie che possono essere svolte solo da soggetti abilitati e iscritti al relativo albo professionale;
   appare agli interroganti improprio l'inquadramento delle infermiere volontarie nei ruoli direttivi dei corpi ausiliari delle Forze armate, sebbene siano in possesso di un titolo non universitario e possano esercitare una professione ausiliaria, lesivo nei fatti della professionalità e della competenza degli infermieri militari, inquadrati tra il personale non direttivo, sebbene abilitati a esercitare la professione sanitaria di infermieri e in possesso di titolo formativo triennale o quinquennale universitario;
   la disposizione citata appare inoltre, sempre secondo gli interroganti, lesiva in linea generale della dignità, della professionalità e delle prerogative di tutto il personale infermieristico italiano che ha meritato, con la forza delle competenze, il riconoscimento di una crescita di responsabilità e di autonomia statuito dalle norme vigenti, tra cui vale bene citare il decreto ministeriale n. 739 del 1994, la legge n. 42 del 1999 e la legge n 43 del 2006 –:
   se non si ritenga assolutamente indispensabile e urgente adottare iniziative normative volte a rimodulare dette disposizioni, in particolare relativamente alle possibili ripercussioni per la tutela della salute del personale militare che nei fatti vede affidata l'assistenza sanitaria seppur parzialmente, ad operatrici «ausiliarie» non in possesso delle competenze e della formazione prevista per l'esercizio della professione sanitaria di infermiere, andando quindi a mettere in pericolo la salute dei destinatari delle specifiche prestazioni di assistenza e cura;
   e se non si ritenga opportuno assumere iniziative per procedere nell'immediato al riordino e alla costituzione dei corpi sanitari delle professioni infermieristiche e tecniche, come presenti nei Pesi del Patto Atlantico. (4-06606)

  Risposta. — Nell'ambito delle iniziative per procedere al riordino e alla costituzione di corpi delle professioni infermieristiche e tecniche, in analogia a quanto già realizzato nei Paesi facenti parte del Patto Atlantico, si inserisce il decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro della difesa del 9 novembre 2010, recante «Disciplina del corso di studio delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana».
  Tale decreto disciplina dettagliatamente le modalità e la durata del corso di formazione dell'infermiera volontaria della Croce rossa italiana.
  Il corso di infermiera volontaria ha durata biennale, con un totale di 2.000 ore, pari a 67 crediti formativi ed ha lo scopo di preparare operatori sanitari con le conoscenze scientifiche e tecniche necessarie a svolgere le funzioni connesse con l'assistenza infermieristica generale.
  L'assistenza è di natura tecnica relazionale ed educativa; è rivolta all'età evolutiva, adulta, geriatrica; riguarda gli aspetti preventivi, curativi, palliativi e riabilitativi.
  Il percorso formativo comprende sia attività didattica teorico-pratica sia attività di pratica clinica ed al compimento degli studi consente il conseguimento del diploma di infermiera volontaria della Croce rossa italiana.

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il maresciallo di 1° classe Manlio Davide Mario Ferrario è un militare dell'Aeronautica militare che ha operato nella missione joint guardian, in Kosovo a Gjakova dal 5 novembre 1999 al 6 maggio 2000 per 187 giorni continuativi, durante il quale è rimasto vittima di incidente stradale in itinere su mezzo militare le cui conseguenti lesioni all'integrità fisica richieste con istanza dell'ottobre 2001 sono state riconosciute dipendenti da causa di servizio con atto del Comitato verifica cause servizio n. 2515 nell'adunanza n. 519 in data 22 settembre 2008. Il militare è in attesa della determinazione per il riconoscimento di un'altra patologia sofferta, richiesta con istanza del 31 gennaio 2002, il cui procedimento si protrae ben oltre i termini di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001, nonché in spregio alla sentenza n. 995 emessa in data 6 aprile 2010 dal T.A.R della Lombardia di Milano (non appellata) che vede soccombente il Ministero della difesa e dispone per l'adempimento per la cui mancata esecuzione è stato instaurato a cura del medesimo militare, un nuovo contenzioso per giudizio di esecuzione/ottemperanza con gravame n. registro generale n. 1807 del 4 agosto 2010;
   il maresciallo Ferrario ha in corso di riconoscimento la richiesta di dipendenza da causa di servizio di ulteriori diverse patologie croniche sofferte ed una ferita/lesione occorsa in servizio in itinere sul territorio nazionale;
   il militare è stato congedato il 25 aprile 2008 per asserito superamento del periodo massimo di malattia nel quinquennio, includendo nel conteggio il periodo di aspettativa riconosciuto si dipendente da causa di servizio ed il periodo relativo alla ferita e lesione che non può esservi incluso fino a completa guarigione senza mai essere stato sottoposto alle previste visite mediche ed è stato successivamente riassunto in servizio a seguito di ordinanza n. 1335 del 2008 emessa dal tribunale amministrativo regionale della Lombardia di Milano in data 4 settembre 2008 in accoglimento dell'istanza cautelare proposta avverso l'impugnazione del congedo;
   tale ordinanza sospensiva favorevole al militare è tuttora in vigore in quanto eseguita (non impugnata) dal Ministero e mai revocata dal Tribunale che l'ha emessa e che ha ancora in pendenza il gravame proposto rubricato al R.G. n. 1398/08;
   ciò non di meno, non tenendo in dovuta considerazione le due esistenti pronunce Amministrative, una favorevole al militare (ordinanza sospensiva n. 1335) ed una sfavorevole al Ministero (sentenza di condanna n. 995) e ancora non tenendo in considerazione l'avvenuto riconoscimento della causa di servizio richiesta nel 2001 e concessa nel 2008 da parte del Ministero, l'Amministrazione militare ha comunque nuovamente posto in congedo il maresciallo Ferrario con telegramma prot. M-D/GMILII/6/1/2010/0246678 datato 11 maggio 2010 ancora con l'incredibile medesima decorrenza del 25 aprile 2008 senza alcuna motivazione contenuta nel documento, ripristinando gli effetti del primo atto di congedo oggetto della citata ordinanza del tribunale amministrativo regionale;
   il militare di cui si tratta è stato congedato dalla direzione generale del personale militare nel 2008 sulla base di documentazioni redatte dal comando del 6° Stormo di Ghedi che non era il comando di Corpo da cui dipendeva gerarchicamente, mentre nello stesso periodo il legittimo comando di Corpo (centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica di Pratica di Mare) dichiarava il militare essere in regolare aspettativa per malattia con atti dispositivi nn. 125 e 126 del 2008 partecipati al militare;
   sempre detto comando del 6° stormo ha redatto l'atto dispositivo di collocamento in aspettativa n. 156 del 2008 (tra l'altro sbagliando anche il conteggio ivi riportato) riguardante il Ferrario firmandolo e trasmettendolo a diverse articolazioni di forza armata ed estranee alla medesima quando era totalmente incompetente a firmarlo non avendo in forza effettiva il sottufficiale, senza neanche indirizzare e notificare all'interessato l'atto medesimo;
   detto sottufficiale non è mai stato visitato da medici militari per l'indispensabile accertamento e per la dichiarazione della sua idoneità o inidoneità al servizio militare incondizionato, né prima dell'atto di congedo del 2008 (in imminenza del sopraggiungere del massimo periodo di aspettativa fruibile) né all'atto della riammissione in servizio avvenuta nel febbraio 2009 anche se espressamente previsto dal telegramma di reintegro della direzione generale per il personale militare del 18 febbraio 2009 e neppure all'atto del nuovo congedo reiterato con atto dell'11 maggio 2010;
   il maresciallo Ferrario è stato visitato solo per la definizione del provvedimento medico-legale relativa alla patologia meningoencefalite linfomonocitaria in data 29 maggio 2008 (a congedo oramai avvenuto) dalla commissione medica ospedaliera (C.M.O.) del dipartimento militare di medicina legale (decreto ministeriale M.L.) di Milano – peraltro, come se fosse ancora personale in servizio effettivo – senza esperire alcuna istruttoria, solo a seguito di Ordinanza Sospensiva n. 439 emessa il 13 marzo 2008 dal tribunale di Milano visto il gravame proposto registro generale n. 469/08 avverso il diniego espresso all'istanza di riconoscimento di dipendenza da c.s.o. avanzata nel 2005;
   in tale occasione è stato emesso verbale mod. ML-AB n. 385/2008 omissivo di ogni indispensabile determinazione afferente al quadro relativo alla pensione privilegiata (obbligatorio per il personale in quiescenza quale era il Ferrario alla data di visita) e dichiarante il militare «non idoneo temporaneamente al s.m.i. per altra patologia» senza definire, come d'obbligo, su quale patologia si fondava il giudizio e la durata della «temporaneità» del provvedimento, risultando così tale certificazione medica senza una diagnosi, senza una prognosi e senza una data di scadenza; detto verbale 385 è stato impugnato in merito al giudizio di inidoneità con ricorso alla commissione sanitaria di II grado la quale comunque in violazione di legge non ha provveduto alla dovuta convocazione a visita medica; convenuto nel merito in giudizio dinanzi al T.A.R. di Milano con ulteriore ricorso proposto rubricato al registro generale n. 2862/08 il Ministero è stato condannato anche alla rifusione delle spese ed onorari con sentenza n. 1890 emessa in data 12 marzo 2009, nonostante tutto ciò non ha comunque provveduto a convocare a visita presso la Commissione Medica Ospedaliera di II grado il militare per la visita tesa all'accertamento dell'idoneità al s.m.i.;
   il maresciallo Ferrario è stato sottoposto a visita medica di controllo domiciliare mentre era in malattia nel mese di gennaio 2008 (prima di essere collocato in congedo) a seguito della quale è stato dichiarato non in condizioni di riprendere il servizio senza indicare quale patologia era stata riscontrata che giustificasse il provvedimento, nonostante le ripetute richieste del visitando;
   il 15 settembre 2009 l'amministrazione militare ha redatto a carico del sottufficiale il modello sanitario GL (necessario e previsto dalla direttiva della sanità militare prot. N. 5000/07) nuovamente senza indicare una diagnosi, senza la firma del medico militare redigente e soprattutto senza sottoporre il Ferrario a nessuna visita medica diretta, detto modello GL è stato partecipato al dipendente agli inizi del mese di dicembre 2009 (trasmesso dal centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica – C.N.M.C.A. – con lettera del 27 novembre 2009 a seguito di istanza di accesso agli atti prodotta in ottobre) asseritamente necessario per le visite mediche per provvedimento medico-legale programmate il 14 settembre, 26 ottobre e 25 novembre, tutte antecedenti non solo alla partecipazione del modello GL (dicembre 2009) ma anche antecedenti alla data di riferita redazione (15 settembre 2009); prefato Modello GL non risulta essere stato neanche ricevuto ed agli atti della commissione medico ospedaliera del dipartimento militare medicina legale (decreto ministeriale M.L.) di Milano;
   nei confronti del maresciallo Ferrario non viene redatta la documentazione caratteristica dal 31 dicembre 2004 e ciò anche senza fornire nessuna risposta alle richieste di spiegazione inviate non solo dal militare dipendente ma anche a quelle inviate dall'avvocato Zaccaglino nominato dal medesimo militare quale legale di fiducia;
   al maresciallo Ferrario è stata negata la possibilità di fruire delle cure termali per l'anno 2008, alle quali aveva innegabilmente diritto: per tale motivo il Ministero della difesa è stato nuovamente citato dinanzi al tribunale amministrativo regionale di Milano dove è stato condannato con la sentenza n. 3574, emessa in data 23 aprile 2009, non avversata e non eseguita, a cui il sottufficiale ha dovuto far seguire una nuova citazione per l'esecuzione/ottemperanza e per la nomina di Commissario ad acta (in merito è stata emessa sentenza n. 5679 in data 18 dicembre 2009 nella quale viene riconosciuto il diritto ad avere risarcimento danni);
   nei confronti del sottufficiale non venivano redatti gli «specchi mensili riepilogativi dell'attività lavorativa svolta» sin dal luglio 2004 non espletando i conteggi orari dell'attività di servizio, nonostante reiterate richieste rimaste inevase. Anche in questo caso il Ministero della difesa è stato citato in giudizio e successivamente condannato con la sentenza n. 5208 in data 28 ottobre 2008, ancora una volta non eseguita rendendo necessaria un'ennesima azione ad agire dinanzi al medesimo tribunale per giudizio di esecuzione/ottemperanza per la nomina di un commissario ad acta disposta con ordinanza n. 109/09 del 22 gennaio 2009, con cui è stato nominato il prefetto di Milano. La incompleta esecuzione degli adempimenti ordinati ha comportato nel merito l'emissione della sentenza n. 1351/09 in data 20 febbraio 2009 nella quale il tribunale amministrativo regionale dà atto che con esplicita dichiarazione resa al prefetto di Milano l'amministrazione ammette di non poter documentare il servizio svolto dal maresciallo Ferrario, non potendo così effettuare l'attestazione del servizio svolto dal militare; in merito a ciò i parziali conteggi effettuati e consegnati al commissario sono stati, oltre che impugnati al T.A.R. con plurimi gravami, anche contestati all'amministrazione ma non ancora rielaborati. Il militare quindi è stato posto in congedo senza che fosse definito l'orario di servizio svolto dal medesimo alle dipendenze dell'amministrazione datoriale;
   consta agli interroganti che il maresciallo Ferrario ritrovandosi, per effetto di tutte le violazioni sopra indicate, congedato per la seconda volta nel 2010 con effetto dal 2008 non percepisce né l'emolumento stipendiale e neppure il trattamento di quiescenza – privilegiato – di cui ha diritto, e che il medesimo militare, vista la costretta indigenza, è fermamente intenzionato ad attuare ogni forma di protesta, civile e non violenta senza escludere la possibilità di recarsi direttamente all'indirizzo del Ministro interrogato per vedersi sostenere economicamente assieme alla propria prole;
   il Ferrario è rimasto in forza effettiva organica al teleposto meteorologico di Monte Bisbino (Como), sua sede di servizio, dipendente dal Comando di Corpo del centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica di Pratica di Mare, percependo regolare stipendio fino al mese di agosto 2010 come da busta paga, nella relazione che il ministro interrogato ha presentato al Parlamento viene invece chiaramente dichiarato che detto teleposto è stato chiuso nel corso dell'anno 2009 contrastando ciò con il mantenimento della sede di servizio –:
   quali siano i motivi di inosservanza dei giudicati amministrativi emessi dal tribunale amministrativo regionale adito dal militare di cui in premessa, dell'inserimento nel conteggio del periodo di comporto effettuato della malattia, derivante da dipendenza da causa di servizio riconosciuta dipendente dal servizio, dell'inserimento in detto computo di ulteriore periodo derivante da ferita/lesione in infortunio in itinere mai definita dall'amministrazione, e che non può essere inclusa nel conteggio fino a completa guarigione per disposizione di legge;
   quali siano i motivi che hanno permesso all'amministrazione militare di dichiarare come avvenuto il superamento del periodo di massima aspettativa per malattia fruibile dal militare nel quinquennio e quindi disporne il relativo congedo, quando dinanzi al commissario ad acta, prefetto di Milano, e nel giudizio amministrativo dinanzi al tribunale amministrativo regionale di Milano (sentenza n. 1351/09) ha dichiarato di non poter certificare il servizio espletato dal sottufficiale in un periodo di tempo incluso nel medesimo quinquennio di riferimento, di non aver riesaminato la situazione sanitaria ed il conteggio del periodo di comporto dopo l'avvenuto riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia per la quale il militare era in malattia, nella vigenza dell'ordinanza sospensiva accolta n. 1335/08 emessa dal tribunale amministrativo di Milano;
   per quali motivi sia stato redatto il previsto modello GL solamente in data 15 settembre 2009, senza indicazione della diagnosi obbligatoria senza la firma obbligatoria del medico militare e senza esecuzione della visita medica diretta da parte del personale medico militare;
   quali siano i motivi per i quali il militare non viene scrutinato per l'avanzamento al grado superiore per le aliquote di avanzamento formate per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009 nonostante le disposizioni impartite dalla direzione generale per il personale militare (D.G.P.M.) in generale e nello specifico nel 2006 per la ricostruzione di carriera ancora non eseguita nonostante la sentenza del TAR Lazio n. 2378 del 30 marzo 2005;
   se il Ministro interrogato fosse al corrente del caso specifico e delle pronunce, anche recentissime, già emesse per casi analoghi (sentenze del Consiglio di Stato nn. 4055/03 del 13 maggio 2003 e 4854/09 del 31 luglio 2009 e sentenza della Corte dei Conti Lazio n. 76 del 17 febbraio 1999), sussumibili a quello di cui si tratta, che hanno visto soccombente il Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero della difesa proprio nel caso di avvenuto congedo senza la indispensabile determinazione degli organi sanitari militari in merito all'accertata inidoneità al s.m.i. di personale avente c.s.o, riconosciute dipendenti e di verbali medici viziati;
   quali immediate iniziative intenderà adottare per offrire la massima tutela consentita al maresciallo Ferrario e quali iniziative invece intenderà adottare nei confronti di coloro che con comportamenti omissivi e/o commissivi si sono resi eventualmente responsabili della situazione esposta in premessa, nella considerazione che alla data odierna (sempre in violazione della legge) il maresciallo Ferrario ritrovandosi, per effetto di tutte le violazioni sopra indicate, congedato per la seconda volta nel 2010 con effetto dal 2008 non percepisce né l'emolumento stipendiale e neppure il trattamento di quiescenza privilegiato. (4-08800)

  Risposta. — Gli atti amministrativi redatti dal comando 6o stormo, riguardanti il militare citato nell'atto, sono stati legittimamente emanati in quanto, come per tutto il personale in «forza effettiva organica» presso il teleposto di Monte Bisbino, la competenza in termini di «forza amministrata» faceva capo esclusivamente al 6o stormo di Ghedi.
  La «forza matricolare» di detto personale, invece, è sempre stata ordinativamente attribuita al centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica di Pratica di Mare.
  Chiarito quanto sopra, si rappresenta che all'atto della chiusura del teleposto di Monte Bisbino, ultima sede di servizio del sottufficiale, avvenuta il 15 dicembre 2009, il 6o stormo di Ghedi in qualità di ente amministrativo designato, ha provveduto alla corresponsione degli emolumenti stipendiali sino a tutto il mese di agosto 2010, ben oltre la data in cui è stato poi fatto decorrere il collocamento in congedo (25 aprile 2010).
  A questo riguardo, la competente direzione generale per il personale militare, con dispaccio in data 11 maggio 2010, ha disposto nei confronti dell'interessato (decreto dirigenziale n. 1029 del 5 maggio 2010) i provvedimenti di revoca del decreto dirigenziale n. 322 del 2009 nonché il ripristino degli effetti del decreto dirigenziale n. 1538 del 2008, con cui era stata disposta la cessazione dal servizio permanente per infermità ed il contestuale collocamento in congeda, categoria della riserva, a decorrere dal 25 aprile 2008.
  Ciò posto, dal mese di settembre 2010 è stata operata la cancellazione dai ruoli stipendiali a seguito della segnalazione fornita dal 6o stormo di Ghedi che, però, non ha contestualmente comunicato la data di ricollocamento in congedo del militare.
  Nel corso delle consuete attività di controllo e verifica, la circostanza dianzi indicata: è stata rilevata d'ufficio; in ragione di ciò, è stata prontamente contattata la sede provinciale dell'Inpdap di Milano, che ha dato assicurazione del fatto che il trattamento provvisorio di pensione, del sottufficiale in argomento era stato riattivato dal mese di dicembre 2010.
  Come risulta agli atti, la documentazione caratteristica necessaria per le procedure di avanzamento al grado superiore fu regolarmente inoltrata dal competente centro nazionale di meteorologia e climatologia di Pratica di Mare per l'acquisizione della «presa visione» da parte dell'interessato; della notifica degli atti fu incaricata la stazione dei carabinieri di Trezza sull'Adda che constatò, dopo ripetuti tentativi, la irreperibilità del militare presso la residenza anagrafica ed i pregressi domicili dello stesso in località Cornate d'Adda.
  Per quanto attiene alla redazione degli «specchi mensili riepilogativi dell'attività lavorativa svolta», risulta la piena ottemperanza dell'amministrazione a quanto disposto dal commissario «
ad acta »; a fronte della redazione di tali specchi riepilogativi il sottufficiale ha sollevato, di seguito, numerosi ricorsi giurisdizionali impugnando singolarmente, e talora cumulativamente, i documenti in questione.
  I ricorsi, che risultano nel merito tuttora pendenti, sono stati accompagnati, nella quasi totalità, da istanze di sospensione cautelare, tutte sistematicamente respinte dal Tribunale amministrativo regionale con apposite ordinanze.
  Quanto, infine, a tutti gli altri aspetti di natura sanitaria, a quelli di stato giuridico e di avanzamento nonché a quelli relativi alla documentazione caratteristica citati nell'atto, si assicura che il dicastero ha sempre agito in conformità alle leggi e, ove esistenti, alle statuizioni giudiziali in relazione ai numerosi ricorsi proposti dall'interessato.
  Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto, non si ritiene possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sul sito web http://www.go-bari.it, il giorno lunedì 23 gennaio 2012, è stato pubblicato un articolo a firma di Gianvito Rutigliano dal titolo «Croce Rossa in difficoltà: rientrano i 23 rinviati a giudizio» in cui si legge «La sede barese è da tempo sotto organico e i vertici pensano di reintegrare i dipendenti sospesi per un'accusa di truffa ai danni dell'ente con un processo penale aperto»;
   il maresciallo del Corpo militare della Croce rossa Vincenzo Lo Zito è da tempo sospeso dal servizio perché sottoposto a procedimento penale, peraltro conclusosi in primo grado con l'assoluzione –:
   se le notizie riportate nell'articolo in premessa siano vere e quali siano le immediate iniziative che il commissario straordinario della Croce Rossa intenda porre in essere per evitare che si creino eventuali situazioni di disparità di trattamento nei confronti del maresciallo Lo Zito;
   se non ritengano opportuno provvedere in merito alla reintegrazione in servizio del maresciallo Lo Zito. (4-14760)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il commissario straordinario della Croce rossa italiana (CRI), con ordinanza n. 0071/12 del 13 febbraio 2012, ha provveduto a reintegrare in servizio effettivo tutto il personale indicato nell'interrogazione in esame.
  In particolare, mentre per il maresciallo capo Vincenzo Lo Zito la sospensione precauzionale dall'impiego, disposta con la precedente ordinanza commissariale n. 643/2010 è stata «revocata retroattivamente a tutti gli effetti», per gli altri appartenenti al personale militare C.R.I. la sospensione precauzionale disposta con la precedente ordinanza commissariale n. 541/2010 è stata revocata con effetto dal 15 febbraio 2012, «nelle more della definizione dei procedimenti penali in corso e con riserva di ogni determinazione di ordine disciplinare di Corpo/Stato all'esito del processo».
  La stessa ordinanza commissariale n. 0071/12 ha dato mandato al capo del dipartimento risorse umane e organizzazione della C.R.I. di provvedere alla riammissione in servizio, con decorrenza 15 febbraio 2012, degli altri dipendenti sospesi, «nelle more della definizione dei procedimenti penali in corso e con riserva di ogni determinazione di ordine disciplinare all'esito del processo da parte del competente Ufficio Disciplina in seno al Dipartimento R.U.O.».

Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 5 giugno 2012, sul sito web del quotidiano on-line «Civitanews» è stata pubblicata un articolo dal titolo «CARABINIERI, COMELLINI (PDM): 150 DENUNCIANO ALLA COMMISSIONE EUROPEA INADEMPIMENTI DEL DIRITTO COMUNITARIO DA PARTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA» secondo il quale: «Le norme emanate dalla Repubblica Italiana contenute nel Decreto Legislativo 117/1993, adottato sulla base della Legge delega n. 217/1992, nel Decreto Legislativo 298/2000 e nel Decreto Legislativo n. 66/2010, nonché nella circolare n. 545/228-1991 del 16 settembre 1995 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri determinano irragionevolmente una vera e propria discriminazione tra gli ufficiali appartenenti al ruolo normale e gli appartenenti al ruolo speciale dell'Arma dei Carabinieri, fortemente lesiva dei diritti e della dignità di questi ultimi». Lo scrivono 150 ufficiali del Ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri che oggi, nel giorno del 198esimo anniversario della fondazione dell'Arma, hanno deciso di dare voce alla loro protesta partecipandomi il documento che nei giorni scorsi hanno trasmesso alla Segreteria Generale della Commissione Europea in Belgio ed alla Rappresentanza della Commissione Europea a Roma. Anche questa ennesima denuncia è il chiaro segnale che le cose non funzionano come dovrebbero e mentre i vertici festeggiano, ma con «sobrietà», lo stato di disagio e frustrazione degli uomini e donne dell'Arma più amata dagli italiani cresce a dismisura. Occorre una maggiore sensibilità che in questo momento non vedo da parte dei vertici militari e delle istituzioni, troppo presi da festeggiamenti e dalla «carriera»;
   ad avviso degli interroganti il fatto in questione rappresenta un chiaro segnale della delusione delle aspettative degli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma e del rammarico che i medesimi evidentemente nutrono verso la mancata soluzione del problema che li riguarda;
   gli ufficiali del ruolo speciale, al pari dei loro colleghi del ruolo normale, rappresentano una insostituibile risorsa umana e professionale –:
   se non ritenga opportuno che gli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri in possesso del titolo di laurea magistrale o di diplomi di laurea equipollenti possano transitare, a domanda ed in soprannumero riassorbibile, nel ruolo normale, mantenendo il grado, la posizione di stato e l'anzianità di grado;
   se nei confronti dei maggiori, capitani e tenenti dei ruoli normale e speciale dell'Arma dei carabinieri, non ritenga opportuno procedere alla rideterminazione dell'anzianità, ai soli effetti giuridici, fissando il periodo di permanenza nel grado per i tenenti in quattro anni e per i capitani in sei. (4-16462)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   gli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri subiscono ingiustificate ed illogiche disparità di trattamento rispetto agli ufficiali del ruolo normale per quanto attiene alla progressione di carriera, al trattamento economico, all'impiego ed all'attribuzione degli incarichi di comando;
   numerose sono state le iniziative intraprese dagli ufficiali del ruolo speciale per sollecitare provvedimenti da parte dell'Amministrazione della difesa per sanare le suddette disparità di trattamento, tra cui più ricorsi al TAR, petizioni al Parlamento europeo ed a quello italiano ed una denuncia alla Commissione europea;
   nei mesi scorsi, alcuni militari del ruolo speciale hanno richiesto di conferire con il Ministro della difesa ed hanno presentato istanza al Ministero della difesa perché quest'ultimo intervenisse a modificare le permanenze minime nei gradi in cui l'avanzamento avviene ad anzianità, così da sanare le disparità di trattamento tra i tenenti ed i capitani del ruolo speciale ed i pari gradi del ruolo normale;
   in data 2 maggio 2012, con la missiva con protocollo 1/17398/7./.40/12LT, avente ad oggetto «Istanze al Sig. Ministro della difesa inerenti l'equiparazione formale e sostanziale degli Ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei Carabinieri ai parigrado del ruolo normale», il Gabinetto del Ministro della difesa ha comunicato al Comando Generale dell'Arma dei carabinieri ed allo Stato Maggiore della difesa che «con riferimento alle istanze in oggetto, trasmesse con i fogli n. 362/12-12/2005 del 10 marzo 2012, n. 7470/15-3-5 e n. 5972/15-9-7 del 28 marzo 2012, si comunica che il Signor Ministro ha preso atto delle problematiche/aspettative chiaramente ed esaurientemente evidenziate dagli interessati nonché delle argomentazioni fornite da codesto Comando Generale con particolare riferimento all'assenza di profili discriminatori nella legislazione vigente. Al riguardo si conferma l'impossibilità da parte dell'Autorità di Vertice Politico del Dicastero di intervenire, ai sensi dell'articolo 2248 del decreto del Presidente della Repubblica n. 66/2010, risultando tale facoltà riservata per specifiche finalità espressamente e tassativamente indicate dalla legge, tra le quali non è ricompresa l'eventuale equiparazione delle progressioni di carriera tra i differenti ruoli»;
   la legge 4 novembre 2010, n. 183 ha modificato l'articolo 1234, comma 2, lettera c) del Codice dell'ordinamento militare, prevedendo che l'anzianità nel grado di capitano del ruolo speciale degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri richiesta per la promozione ad anzianità al grado di maggiore è pari a dieci anni;
   in data 3 agosto 2011, facendo uso dei poteri conferitigli dall'articolo 2248 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che, sino all'anno 2016, in relazione a eventuali variazioni nella consistenza organica dei ruoli, nonché alle esigenze di mantenimento di adeguati e paritari tassi di avanzamento e di elevazione del livello ordinativo dei comandi, autorizza il Ministro della difesa a modificare annualmente, con apposito decreto, per ogni grado dei ruoli del servizio permanente, il numero complessivo di promozioni a scelta al grado superiore, nonché la previsione relativa agli obblighi di comando, la determinazione delle relative aliquote di valutazione e le permanenze minime nei gradi in cui l'avanzamento avviene ad anzianità, fermi restando i volumi organici complessivi, il Ministro della difesa, con decreto, ha determinato «1. Per gli anni 2010 e 2011, l'anzianità minima nel grado di capitano richiesta per la promozione ad anzianità al grado di maggiore del ruolo speciale degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri è determinata in 9 anni e 5 mesi. 2. Per gli anni 2010 e 2011 l'aliquota di valutazione per la promozione ad anzianità al grado di maggiore del ruolo speciale degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri è formata comprendendo tutti i capitani con anzianità di grado 2001»;
   i capitani ed i tenenti del ruolo speciale della Guardia di finanza permangono in tali gradi lo stesso periodo di tempo dei parigrado del ruolo normale, mentre i ruoli direttivi speciali della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato non sono mai stati alimentati, ed in tal modo solo per gli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri la diversa progressione di carriera rispetto all'identità di compiti e funzioni è percepita e vissuta come una vera e propria forma di discriminazione, la cui gravità evidentemente sfugge alle Autorità competenti;
   appare agli interroganti quantomeno contraddittorio ed illogico l'orientamento del Ministro della difesa riguardo alla possibilità di utilizzo delle prerogative di cui all'articolo 2248 del decreto legislativo n. 66 del 2010 in relazione alla problematica degli ufficiali del ruolo speciale e che suscita perplessità la circostanza che agli ufficiali che hanno prodotto istanza per la modifica dell'anzianità di grado non sia stata notificata copia della documentazione prodotta dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri sulla base della quale il Ministero della difesa ha escluso «profili discriminatori nella legislazione vigente» –:
   se non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative normative per eliminare le disuguaglianze di trattamento subite dagli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri rispetto ai loro colleghi del ruolo normale, malgrado la sostanziale e formale identità di compiti ed attribuzioni, ed in particolare in relazione alla posizione dei maggiori, dei capitani e dei tenenti. (4-17400)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   consta agli interroganti che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri ha reso noto che entro breve la direzione generale per il personale militare emanerà vari bandi di concorso per il transito nel ruolo normale dell'Arma dei carabinieri di ufficiali del ruolo speciale, in applicazione dell'articolo 835 del Codice dell'ordinamento militare che prevede la facoltà per l'Amministrazione della difesa di bandire concorsi per il transito dal ruolo speciale al ruolo normale;
   se tali concorsi venissero banditi nel 2012, le modalità applicative dell'articolo 835 del Codice dell'ordinamento militare prevedono l'ingresso nel ruolo normale di non più di 26 capitani del ruolo speciale, un numero davvero esiguo rispetto alle varie centinaia di ufficiali del ruolo speciale che rivendicano parità di trattamento rispetto ai loro colleghi del ruolo normale;
   quelle che gli interroganti giudicano ingiustificate ed illogiche disparità di trattamento subite dagli ufficiali del ruolo speciale rispetto agli ufficiali del ruolo normale per quanto attiene alla progressione di carriera, al trattamento economico, all'impiego ed all'attribuzione degli incarichi di comando, più volte evidenziate in atti di sindacato ispettivo ed in vari interventi nelle aule parlamentari ed oggetto di più ricorsi al TAR, petizioni al Parlamento europeo ed a quello italiano e di una denuncia alla Commissione europea meriterebbero ben altra considerazione da parte delle autorità proposte e dovrebbero essere oggetto di un'approfondita analisi da parte del Ministro della difesa, quest'ultimo più volte sollecitato ad individuare una soluzione appropriata, mentre soluzioni inadeguate ed assolutamente non ponderate rischierebbero di produrre effetti peggiori e alimentare ulteriori proteste e contenziosi davanti alla giustizia amministrativa;
   risulta secondo gli interroganti davvero incomprensibile l'atteggiamento del Ministro della difesa, che pur potendo intervenire per sanare le disparità di trattamento e la diversa progressione di carriera tra due gruppi di ufficiali che in nulla si differenziano rispetto all'identità di compiti e funzioni, ritiene invece di consentire che si adottino provvedimenti, che pur a suo tempo previsti dalla legge, oggi risultano inopportuni per la loro incapacità di far fronte ad un problema che si pone come una vera e propria questione di diritti –:
   se il Governo non ritenga opportuno valutare l'emanazione di bandi di concorso per l'accesso al ruolo normale dell'Arma del carabinieri che rispecchino maggiormente le aspettative del personale del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri in premessa;
   se intenda assumere iniziative normative, e in tale caso quali, per eliminare le disuguaglianze di trattamento subite dal personale del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri in premessa rispetto ai loro colleghi del ruolo normale malgrado la sostanziale e formale identità di compiti ed attribuzioni, ed in particolare in relazione alla posizione dei maggiori, dei capitani e dei tenenti. (4-17769)

  Risposta. — Si risponde contestualmente alle interrogazioni in esame, in quanto concernenti la medesima tematica.
  Fin dal decreto legislativo n. 117 del 1993 è stata prevista la suddivisione degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri in tre ruoli (all'epoca, normale, speciale e tecnico), confermata dal decreto legislativo n. 298 del 2000 (che tuttavia ha sostituito il ruolo tecnico con il ruolo tecnico-logistico, riformando altresì l'intera materia del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali stessi), ora riassettato agli articoli 663 e seguenti del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  In particolare, i ruoli normale e speciale hanno connotazioni differenti per quanto concerne modalità di reclutamento,
iter formativi e profili professionali, nell'ottica dell'ottimale svolgimento del servizio istituzionale.
  In particolare, il ruolo normale è contraddistinto da una proiezione verso le responsabilità di vertice, attraverso un profilo di carriera caratterizzato da accentuata mobilità e diversificazione delle esperienze, segnatamente nell'assunzione delle responsabilità di comando ai vari livelli.
  Diversamente per il ruolo speciale è previsto un profilo di carriera sostanzialmente più operativo, legato al territorio, con una connotazione di maggiore stanzialità al fine di valorizzare meglio lo spessore professionale derivante dalle progresso esperienze.
  In tale quadro, la Corte costituzionale, adita a seguito di ricorso innanzi a un tribunale regionale, con sentenza n. 531 del 1995, in ordine all'articolo 11 del decreto legislativo n. 117 del 1993, ha sancito la piena legittimità del ruolo speciale, ritenuto correttamente inserito in un'ottica di differenziazione di professionalità e non di discriminazione tra categorie omogenee, argomentando che ciò vale «soprattutto per l'Arma dei carabinieri dove la formazione dei quadri ufficiali e lo sviluppo di carriera è un problema di particolare importanza».
  La stessa Suprema Corte ha, altresì, affermato che «l'esame del testo dell'articolo 2 della legge 28 febbraio 1992, n. 217 fa emergere in modo assai chiaro che il legislatore delegante – disponendo che la disciplina delle dotazioni organiche degli Ufficiali dei carabinieri dovesse avvenire mediante l'istituzione, per gli Ufficiali in servizio permanente dei ruoli normale, speciale e tecnico – non ha affatto inteso innovare i principi che presiedono al reclutamento e all'avanzamento degli Ufficiali... Ne consegue che il legislatore delegante si è limitato a prevedere – in concomitanza con l'aumento considerevole delle dotazioni organiche degli Ufficiali dei carabinieri stabilite con decreto legge 18 gennaio 1992, n. 9 – la necessità di una regolamentazione attraverso la razionalizzazione del vecchio ruolo unico, scindendolo in tre ruoli, avuto riguardo particolare alle specializzazioni ed alle connesse potenzialità dei singoli ruoli».
  In primo luogo, sussistono elementi di differenziazione già per quanto riguarda l’
iter per giungere alla nomina di ufficiale nei rispettivi ruoli normale e speciale.
  Per la nomina a ufficiale del ruolo normale è necessario:
   vincere un concorso pubblico aperto a tutti i cittadini tra i 17/22 anni d'età, nonché ai marescialli ed ai brigadieri dell'Arma aventi non più di 28 anni (una parte dei posti sono riservati ai frequentatori delle scuole militari delle Forze armate);
   superare, presso l'accademia di Modena, un tirocinio pratico al termine del quale devono ottenere un giudizio di idoneità in ordine a: capacità e resistenza fisica, comportamento, rendimento nelle istruzioni pratiche, idoneità ad affrontare le attività scolastiche;
   frequentare e superare due anni di Accademia militare;
   frequentare e superare un corso di tre anni presso la scuola ufficiali carabinieri. All'atto della nomina, gli ufficiali del ruolo normale devono sottoscrivere una ferma di 9 anni e, per mantenere il diritto a rimanere nel ruolo normale, devono conseguire il diploma di laurea entro l'anno di promozione a capitano (obbligo che non sussiste per il ruolo speciale).

  Gli aspiranti alla nomina a ufficiale del ruolo speciale devono, più semplicemente:
   superare un concorso riservato ai soli:
    ufficiali di complemento/ferma prefissata dell'Arma con età non superiore a 32 anni;
    marescialli dei carabinieri che abbiano compiuto il 26o anno di età e non superato il 40o;
   frequentare e superare un corso di un anno presso la scuola ufficiali carabinieri.

  Alla nomina, gli ufficiali del ruolo speciale devono sottoscrivere una ferma di 5 anni.
  Gli ufficiali del ruolo normale, inoltre, devono frequentare il «Corso d'Istituto» previsto dal decreto ministeriale n. 235 del 2005 (ora articolo 755 del decreto legislativo n. 66 del 2010 – Codice dell'ordinamento militare), in cui il profitto viene accertato con «prove scritte ed interrogazioni orali nelle fasi di frequenza nonché mediante un esame finale che consiste in una prova orale su materie che sono state oggetto di studio durante il corso».
  Un'ulteriore differenziazione professionale è rinvenibile anche nell'impiego.
  Basti pensare che gli ufficiali del ruolo normale, per poter essere valutati per la promozione a colonnello, hanno l'obbligo di compiere 4 anni di comando territoriale, diversamente dal ruolo speciale per il quale tale obbligo è limitato a 2 anni, con la possibilità di svolgere – in alternativa – un incarico equipollente.
  Tale opportunità, non concessa al ruolo normale, consente agli ufficiali del ruolo speciale di poter adempiere gli obblighi di comando in altri 16 incarichi, vedendosi assicurata maggiore stanzialità, di cui invece gli ufficiali del ruolo normale non possono fruire nella stessa misura in ragione della loro maggiore mobilità.
  I colonnelli del ruolo normale, inoltre, devono svolgere due anni di comando provinciale o equipollente mentre i parigrado del ruolo speciale non hanno tale obbligo.
  Ne consegue che quando il decreto legislativo n. 298 del 2000 (articolo 33, riassettato dall'articolo 855 del decreto legislativo n. 66 del 2010 – Codice dell'ordinamento militare) ha voluto stabilire che «gli Ufficiali del ruolo normale hanno la precedenza al comando sugli Ufficiali di tutti gli altri ruoli di grado eguale allorquando ricoprono incarichi validi ai fini dell'avanzamento», in realtà ha inteso far carico agli ufficiali del ruolo normale dei più gravosi obblighi di comando per essi stabiliti (quattro anni anziché due, senza possibilità di equipollenze, per l'avanzamento a colonnello; due anni per l'avanzamento a generale).
  Coerentemente, il comando generale dell'Arma, con apposita circolare interna, citata dallo stesso interrogante, ha previsto, quanto all'impiego degli ufficiali del ruolo speciale:
   l'assegnazione di incarichi analoghi a quelli previsti per il ruolo normale per i tenenti e i capitani;
   l'impiego in incarichi operativi, d'ufficio o di insegnamento per gli ufficiali superiori;
   l'impiego in posizioni fiduciarie, di insegnamento, di ufficio e all'interno di ministeri per i colonnelli, in considerazione del ridotto numero di incarichi di comando disponibili e degli obblighi di comando dei colleghi del ruolo normale.

  Tale documento, nell'ancorare la diversità di impiego del ruolo speciale alla differente previsione degli obblighi di comando, convalida anche il principio secondo cui, a differenza degli ufficiali del ruolo normale, «per gli Ufficiali del ruolo speciale è configurabile una politica di impiego che possa consentire agli stessi una maggiore stabilità nelle sedi e negli incarichi», così come effettivamente avviene.
  I due ruoli si differenziano in modo significativo anche per la soglia anagrafica di accesso (in media 22 anni per il ruolo normale e 32/33 per quello speciale), con la conseguente diversa permanenza nei gradi.
  Pertanto, l'attuale strutturazione risponde all'esigenza di normalizzare la dinamica delle carriere della categoria e consente un equilibrato bilanciamento tra gradi dirigenziali e quelli del personale direttivo/esecutivo.
  Ciò posto, non si è in presenza, come ipotizzato dall'interrogante, di una disparità di trattamento, ma piuttosto di legittime differenziazioni di professionalità, nell'ottica di perseguire un adeguato funzionamento istituzionale, tra l'altro, in un contesto disciplinato normativamente in modo chiaro ed esaustivo.
  A riprova di ciò, basti considerare che, all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 298 del 2000, è stata prevista per i gradi da capitano a tenente colonnello del ruolo normale, la possibilità,
una tantum, di essere immessi, a domanda, nel ruolo speciale.
  In virtù di tale possibilità, ben 180 ufficiali hanno deciso il transito, a dimostrazione che la permanenza nel ruolo speciale non viene percepita discriminante o penalizzante, ma verosimilmente considerata come concreta opportunità di realizzare un diverso profilo professionale con limitati obblighi di comando e, soprattutto, una maggiore ed apprezzata stabilità.
  Allo stesso modo, è prevista (articolo 835 del decreto legislativo n. 66 del 2010 – Codice dell'ordinamento militare) la possibilità di transito nel ruolo normale dei capitani del ruolo speciale, ad iniziativa dell'amministrazione Difesa, qualora:
   nel grado di capitano del ruolo normale, si registri un consistente numero di cessazioni dal servizio che non consenta di soddisfare le esigenze istituzionali;
   l'Arma ritenga opportuno attivare la procedura sia per immettere nel ruolo normale altri ufficiali da impiegare secondo il profilo di tale ruolo, sia per garantire un diverso sviluppo di carriera a coloro che nel ruolo speciale si sono distinti per rendimento in servizio.

  Infine, la previsione del grado apicale di generale di divisione per il ruolo tecnico-logistico dell'Arma (la Guardia di finanza per l'omologo ruolo tecnico-logistico amministrativo ha quale grado apicale il generale di brigata), è dovuta al diverso profilo necessario per l'accesso a ciascun ruolo.
  Infatti per la partecipazione al concorso del ruolo tecnico-logistico occorre essere in possesso di laurea magistrale o titolo equipollente a fronte del titolo di studio di scuola media secondaria richiesto per il ruolo speciale.
  Inoltre, in considerazione che il ruolo tecnico-logistico, istituito al fine di consentire «la riorganizzazione del sostegno tecnico, logistico ed amministrativo» dell'Arma (articolo 1 decreto legislativo 297 del 2000), deve poter rispondere alle particolari esigenze di elevata specializzazione necessarie per far fronte agli specifici compiti assegnatigli, la carriera degli Ufficiali di tale ruolo è stata adeguata alle funzioni da assolvere (articolo 1, comma 2, lettera C, n. 2 della legge n. 78 del 2000).
  Alla luce del quadro delineato, si ritiene che l'attuale struttura della categoria degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma nei tre ruoli in questione sia congrua con le precipue esigenze istituzionali, razionale e non sperequativa.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193 prevede che: «A decorrere dal 1° gennaio 2005, agli ispettori capo e qualifiche e gradi corrispondenti delle Forze di polizia e delle Forze armate che maturano dieci anni di anzianità nella qualifica o grado, è attribuito, dal giorno successivo al compimento del suddetto requisito, il trattamento economico previsto per gli ispettori superiori-sostituti ufficiali di pubblica sicurezza e qualifiche e gradi corrispondenti con meno di otto anni di anzianità nella medesima qualifica o grado»;
   l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 394, dispone che: «A decorrere dal 1° dicembre 1995 [...] nella tabella che segue, le anzianità di servizio del personale indicate a fianco dei vari gradi sono riferite agli anni di servizio comunque prestato»;
   il fg. di PERSOMIL – IV reparto 15 divisione-prot. n. M–D GMIL IV 15 4 0574912 del 28 novembre 2008 ha precisato che la clausola di salvaguardia economica «[...] adegua non solo lo stipendio iniziale, ma anche tutti gli altri istituti economici fissi, continuativi ed accessori»;
   il trattamento economico dei militari, per effetto del combinato richiamato, ha quindi una doppia progressione in funzione del grado rivestito o attribuito e dell'anzianità di servizio militare;
   l'istanza datata 5 marzo 2012 del capo di prima classe F. S. – inviata con il fg. della MARISTAER di Grottaglie (TA) prot. n. 6/3418 del 12 marzo 2012 a MARICOMMI di Taranto – intesa ad ottenere la progressione del trattamento economico accessorio nel grado attribuito per aver superato i 25 anni di servizio militare non ha sortito nessuna risposta, nonostante la diffida datata 5 luglio 2012 – inviata con il fg. della MARISTAER di Grottaglie (TA) prot. n. 6/8631 dell'11 luglio 2012 –:
   quali immediate iniziative intenda adottare affinché la MARICOMMI di Taranto attui il combinato normativo in premessa e adotti i conseguenti provvedimenti a favore del militare di cui in premessa. (4-17915)

  Risposta. — Confermo, in premessa, la correttezza del trattamento economico sia fisso che eventuale, che la direzione di commissariato della Marina di Taranto sta corrispondendo a sottufficiale citato nell'atto.
  In particolare, tale trattamento è quello da Maresciallo Capo omogeneizzato a primo Maresciallo.

  Al riguardo, va precisato che per l'attribuzione dello stipendio da primo Maresciallo con 25 anni di servizio militare, sono richiesti due requisiti: la promozione al grado di primo Maresciallo e 25 anni di servizio militare.
  Poiché il militare in argomento non riveste ancora il grado di primo Maresciallo, non è possibile attribuirgli l'emolumento corrispondente al grado di primo Maresciallo con 25 anni di servizio, come dallo stesso richiesto.
  Si rende noto, infine, che alle istanze citate nell'atto è stato fornito riscontro, da parte degli enti competenti.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano L'Unione Sarda del 25 ottobre 2012 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Schiaffeggia il comandante, un maresciallo sotto processo» in cui si narra dell'avvio di un procedimento disciplinare di stato nei confronti del maresciallo dei carabinieri Antonio Cantillo;
   sulle vicende che hanno riguardato il militare sono state presentate numerose interrogazioni che giacciono senza risposte. Nell'articolo citato si evidenzia che il procedimento penale non sia mai nemmeno iniziato per la mancanza di richiesta da parte del Comandante di corpo –:
   quali siano le ragioni dell'avvio del procedimento di stato nei confronti del maresciallo Cantillo e se non ritenga di dover accertare alla luce di fatti narrati nei molteplici atti di sindacato ispettivo se i superiori gerarchici del predetto militare non abbiano, invece, posto in essere una attività vessatoria. (4-18313)

  Risposta. — Il comportamento posto in essere dal militare citato nell'atto è stato attentamente valutato dal giudice penale, il quale ha statuito che lo stesso non fosse penalmente sanzionabile per la mancanza di richiesta del comandante di Corpo, ai sensi dell'articolo 260 del codice penale militare di pace (c.p.m.p.); ma che fosse valutabile sotto il profilo disciplinare.
  In ragione di ciò, il sottufficiale in argomento è stato sottoposto ad un'inchiesta formale, in data 19 ottobre 2012, ordinata dal Vice comandante generale dell'arma dei carabinieri.
  Per quanto riguarda gli altri quesiti, si rende noto che da una disamina della copiosa documentazione in possesso relativa alle vicende penali e disciplinari del militare in questione, non sono emerse evidenze riconducibili ad attività vessatorie poste in essere dai superiori gerarchici dell'interessato.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano il Manifesto del 6 novembre 2012 è pubblicato un articolo dal titolo «Licenziata perché non gradita ai militari» in cui si legge «[...] non era stata l'azienda ad aver allontanato la lavoratrice, ma l'amministrazione militare a segnalare che l'addetta alla mensa era diventata persona “di non pieno gradimento”.[...]»;
   dalla lettura del medesimo articolo è possibile apprendere che la lavoratrice svolgeva la sua mansione presso la mensa dell'ente già da numerosi anni;
   a prescindere dalla disposizione di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 751, recante «Approvazione del capitolato generale d'oneri per gli appalti del servizio di manovalanza presso enti della Difesa», gli interroganti sono fermamente convinti che l'amministrazione militare appaltante, in aderenza ai principi di trasparenza e buon andamento che devono caratterizzare ogni attività della pubblica amministrazione, già ampiamente recepiti con la legge 7 agosto 1990, n. 241, avrebbe dovuto motivare la propria decisione –:
   se non ritenga opportuno chiarire le motivazioni sui cui l'amministrazione militare appaltante ha fondato la decisione di «non pieno gradimento» riferita alla lavoratrice di cui all'articolo in premessa. (4-18405)

  Risposta. — Da una disamina degli atti in possesso risulta, in maniera inequivocabile, che la dipendente sia venuta meno all'obbligo di diligenza che ogni prestatore di lavoro è tenuto ad assicurare anche ai sensi dell'articolo 2104 del codice civile.
  La violazione dell'obbligo di diligenza ha necessariamente comportato la possibilità di avviare i peculiari meccanismi di autotutela, previsti dall'articolo 40 del disciplinare di gara telematica della direzione di commissariato e dei servizi generali, che testualmente recita: «L'Amministrazione, inoltre, si riserva la facoltà di chiedere all'appaltatrice la sostituzione di personale non idoneo o non gradito al servizio, a suo insindacabile giudizio. In tale caso l'appaltatrice provvederà a quanto richiesto, entro 8 (otto) giorni, senza che ciò possa costituire motivo di maggior onere».
  Si osserva, al riguardo, che la violazione dell'obbligo di diligenza comporta non solo l'applicazione di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro, ma anche l'eventuale risarcimento del danno cagionato all'azienda.
  In tale ottica, al fine di prendere nella massima considerazione le esigenze di vita della interessata, è stato stabilito, d'intesa con i responsabili dell'azienda, di reimpiegare operativamente la lavoratrice in luogo viciniore alla località di residenza, anche sulla base di motivate sopravvenute esigenze commerciali della stessa ditta.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   VILLECCO CALIPARI e TEMPESTINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 10 dicembre 2012 si è celebrata la giornata mondiale diritti umani. La data è stata scelta per ricordare la proclamazione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite della dichiarazione universale dei diritti umani avvenuta il 10 dicembre 1948;
   nell'ultimo decennio vi sono stati importanti progressi per la condizione femminile in Afghanistan: l'approvazione di una nuova Costituzione nella quale vengono sanciti pari diritti a uomini e donne, una legge per l'eliminazione della violenza contro le donne (EVAW) l'adozione di un nuovo piano d'azione nazionale per le donne afgane (NAPWA), la costituzioni di un Ministero ad hoc per l'uguaglianza di genere e i diritti delle donne;
   tuttavia, tali importanti progressi non risultano ancora sufficienti, e al momento non costituiscono una adeguata garanzia di sviluppo e sicurezza per le donne afghane. In particolare, le donne continuano a subire grandi e gravi restrizioni e violenze nelle aree rurali del Paese, e soprattutto nelle province meridionali più conservatrici;
   la Commissione indipendente afghana sui diritti umani, esprimendo preoccupazione per la crescente violenza contro le donne, denuncia che nel 2012, in Afghanistan, ci sono stati almeno 70 delitti d'onore registrati. Secondo l'esponente della commissione Suraya Sobahrang, quest'anno si sono registrati quattromila casi di violenze contro le donne, mentre lo scorso anno sono stati tremila i casi registrati di violenza. I dati non riflettono comunque l'ampiezza del fenomeno della violenza contro le donne nel Paese, poiché molto spesso le violenze non vengono denunciate. Sobahrang ha poi spiegato che molti di coloro che commettono atti di violenza contro le donne cercano poi rifugio nelle aree controllate dai Talebani per evitare di essere arrestati;
   l'Italia, con l'adozione del Piano d'azione nazionale per l'attuazione della Risoluzione ONU 1325 su «Donne, pace e sicurezza», nel dicembre del 2010, ha assunto un ulteriore impegno per la promozione e tutela dei diritti delle donne nelle situazioni di conflitto, anche attraverso la loro inclusione nei negoziati di pace; manca tuttavia, ancora oggi, l'inclusione nei Piano nazionale degli indicatori temporali, degli obiettivi quantitativi, degli indicatori di successo e delle informazioni sulle risorse finanziarie;
   il 30 ottobre 2012 viene definitivamente approvato il disegno di legge di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, firmato a Roma il 26 gennaio 2012»;
   nell'articolo 2, paragrafo 7, di tale accordo si afferma che l'Italia continuerà a sostenere lo Stato di diritto, allo scopo di rafforzare le capacità del sistema giudiziario, migliorare l'accesso alla giustizia e promuovere il rispetto dei diritti umani, inclusi quelli delle donne e delle minoranze afgane, principalmente attraverso i Programmi prioritari nazionali (NPPs). Viene inoltre dichiarato che un'attenzione speciale continuerà ad essere riservata alla promozione dei diritti delle donne rafforzando la componente dell'uguaglianza di genere nei programmi italiani anche con l'obiettivo di sostenere le istituzioni e l'effettiva applicazione di leggi fondamentali come la legge sulla eliminazione della violenza contro le donne (EVAW) –:
   quali siano, alla luce della recente approvazione della legge di ratifica ed esecuzione dell'accordo sui partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, fatto a Roma il 26 gennaio 2012, le misure che sono state individuate al fine di contrastare la crescente violenza contro le donne in Afghanistan. (4-18998)

  Risposta. — Nel valutare lo stato della situazione femminile in Afghanistan e nel misurare i progressi realizzati, non si può prescindere dal ricordare, quale premessa generale, che il Paese è reduce da decenni di conflitti, di estrema povertà e di regimi politici antidemocratici, che hanno contribuito ad aggravare le condizioni delle donne, nei cui confronti le diffuse pratiche di restrizione della libertà e di violenza si sono sommate, come noto, al sistematico disconoscimento della parità con gli uomini.
  Il recente rapporto di UNAMA sullo stato di attuazione della legge per l'eliminazione della violenza contro le donne nel periodo ottobre 2011-settembre 2012 conferma le difficili condizioni in cui ancora si trovano le donne. Il titolo del rapporto
(Still a long way to go) chiarisce in modo eloquente come il percorso per il pieno riconoscimento dei diritti delle donne e per il miglioramento della loro condizione nei diversi ambiti della società richieda necessariamente ancora molto tempo e lavoro, in primis da parte delle autorità locali, con il supporto della comunità internazionale. Nel contempo, il rapporto evidenzia gli incoraggianti progressi registratisi nell'ultimo anno nell'attuazione della legge, che segnalano una consolidata e costante tendenza verso il progressivo miglioramento della condizione femminile nel Paese. A tale proposito giova ricordare che l'aumento delle segnalazioni di episodi di violenza ad enti giudiziari e ad istanze della società civile, di cui fa stato il rapporto, non denoterebbe un incremento effettivo dei casi di violenza, quanto invece una maggiore consapevolezza e conoscenza delle tutele fornite dalla legge, cui ha contribuito l'azione di sensibilizzazione promossa dalla società civile, dal Governo e dalla comunità internazionale. Come tale, il più diffuso ricorso alla denuncia degli episodi di violenza può quindi essere interpretato come uno sviluppo incoraggiante. Stante tale premessa, andrebbe letto positivamente il dato secondo cui nella provincia di Herat, dove più si è concentrato l'impegno italiano e dove opera attivamente, presso l'ufficio della procura, un'unità contro la violenza sulle donne, si è registrato un numero di segnalazioni tra i più alti del Paese.
  Per quanto concerne l'impegno specifico del nostro Paese, è utile evidenziare come, su forte impulso del Ministro Terzi, il tema della condizione femminile costituisca una priorità dell'azione diplomatica italiana nei confronti dell'Afghanistan. In occasione della conferenza di Tokyo sullo sviluppo civile ed economico del Paese, tenutasi l'8 luglio 2012, il Governo italiano, forte anche del sostegno della risoluzione n. 8-00187 adottata dalla Commissione affari esteri della Camera, si è adoperato con successo affinché il documento finale contenesse un impegno concreto del Governo di Kabul alla più efficace tutela dei diritti delle donne e alla promozione della loro condizione, misurabile attraverso parametri definiti. In particolare, la dichiarazione di Tokyo richiama la sentita esigenza della partecipazione della società civile e delle donne a sostegno del processo di pace, anche alla luce della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza, e l'impegno afghano a dare attuazione sia alla legge per l'eliminazione della violenza contro le donne che al piano nazionale per le donne, recepiti come specifico indicatore del
Mutual Accountability Framework. Da parte del Governo, si coglie ogni opportuna occasione di incontro internazionale con esponenti politici per ribadire la ferma aspettativa italiana affinché le autorità afghane diano concreto seguito agli impegni assunti a Tokyo, e prima ancora a Bonn, per l'avanzamento della condizione femminile. L'effettivo adempimento di tali impegni, su cui anche il nostro Paese vigilerà costantemente, sarà importante, nel quadro di reciprocità affermato ultimamente a Tokyo, ai fini della sostenibilità del sostegno finanziario di lungo periodo annunciato dalla comunità internazionale.
  Sul piano multilaterale, nel corso del negoziato in Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha portato nel mese di novembre 2012 all'adozione della risoluzione «Sulla situazione in Afghanistan», l'impegno del nostro Paese ha contribuito a rafforzare, rispetto alla proposta originaria, le norme di linguaggio sui diritti delle donne e sul valore della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza.
  Il Governo condivide inoltre con i
partner e con le istituzioni dell'Unione europea il monitoraggio dell'effettiva evoluzione della tutela dei diritti umani, e in particolare delle donne, sul territorio afghano. A tale proposito, si ricorda ultimamente la dichiarazione rilasciata dall'Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea Catherine Ashton il 10 dicembre 2012, con cui è stata espressa la ferma condanna per l'uccisione di Nadia Seddiqi, capo del dipartimento per gli affari femminili della provincia di Laghman, avvenuta pochi mesi dopo l'assassinio della donna che ricopriva in precedenza quel ruolo. Inoltre, l'impegno italiano si manifesta anche nell'attenzione con cui il Governo sta seguendo la vicenda della nomina dei membri al vertice della Commissione indipendente afghana per i diritti umani vacanti da ormai un anno. Il Ministro Terzi auspica che vengano presto nominate personalità qualificate, indipendenti e di chiara reputazione, affinché l'organo possa adempiere adeguatamente il proprio compito, riconosciuto anche dalla dichiarazione di Tokyo, per la tutela dei diritti umani, e in particolare delle donne e dei bambini. A tal fine, nel mese di novembre 2012 il Governo ha appoggiato l'iniziativa della delegazione UE a Kabul di indirizzare una lettera di sensibilizzazione al Presidente Karzai.
  Per quanto riguarda il piano nazionale italiano d'azione triennale «donne pace e sicurezza», adottato nel dicembre 2010, esso è oggetto di monitoraggio costante da parte del Ministero degli affari esteri. Ai fini dell'aggiornamento del piano sono previsti specifici seminari con la partecipazione delle amministrazioni interessate e della società civile per l'elaborazione degli indicatori temporali e degli obiettivi quantitativi di cui all'interrogazione. È inoltre previsto che, ai fini dell'aggiornamento, si faccia anche stato del ruolo degli accordi di difesa. Il piano esistente, ormai in scadenza, dovrà essere aggiornato improrogabilmente entro il 22 dicembre 2013.
  Le difficoltà incontrate nell'applicazione della legge per l'eliminazione della violenza contro le donne
(Elimination of Violence Against Women - EVAW) dipendono anche dal fatto che essa coinvolge le strutture operative di vari Ministeri, a livello sia locale che centrale (giustizia, interni, sanità, Ministeri degli affari religiosi e degli affari femminili).
  Nell'ambito delle strategie di sviluppo afghane (note come:
Afghanistan National Development Strategy e i relativi National Priority Programs scaturiti dalla conferenza di Tokyo) è trattata anche la tematica trasversale del «gender». Sussiste, come detto, il problema della sua reale attuazione. Per contro, l'atteggiamento della comunità internazionale è negli ultimi anni cambiato perché, pur continuando il sostegno alle strutture governative attraverso il contributo alle organizzazioni onusiane che operano nel settore, si assiste ad un sempre più massiccio ricorso alla società civile afghana, che è viva e molto cosciente del proprio ruolo sociale.
  L'attuazione di progetti attinenti l'eguaglianza di genere ed il rafforzamento della posizione della donna nella società restano pertanto difficoltosi, sia a causa del complesso quadro istituzionale, e della debolezza degli attori istituzionali, sia per la necessità di un'azione di coordinamento rafforzata tra i donatori, istituzioni e società civile.
  La cooperazione italiana ha finanziato e finanzia diversi progetti per il miglioramento della condizione femminile in Afghanistan, supportando la realizzazione di varie attività: di alfabetizzazione, formazione professionale, assistenza sanitaria ed assistenza alle donne vittime di violenza. Gli organismi di attuazione coinvolti sono – e sono già stati – le Organizzazioni non governative italiane, le organizzazioni internazionali e, come detto, la stessa società civile afghana.
  L'ufficio di cooperazione di Kabul, inoltre, si è fatto promotore di un'azione di raccordo in ambito UE per analizzare l'approccio della stessa Unione e dei suoi Stati membri che, apparentemente, stanno tutti ricorrendo sempre di più al sostegno alla società civile. Lo scopo di questo esercizio è quello di verificare la possibilità di mettere a punto una strategia comune che, ovviamente, verrebbe presentata alle Istituzioni afghane, anche in considerazione del fatto che la massa finanziaria messa in campo annualmente dall'Unione europea e dai singoli Stati membri sulla tematica di genere è piuttosto rilevante.
  In parallelo, si sta inoltre definendo il finanziamento di iniziative sia strutturali (
Gender Equality Project realizzato da UNDP) sia puntuali facendo ricorso all'Organizzazione non governativa italiana COSPE che ha recentemente presentato il progetto «vite preziose».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   VIOLA, VELO, RUBINATO e MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sin dai primi anni novanta la Comunità europea ha individuato nell'aumento della mobilità in ambito continentale una delle principali strategie per il raggiungimento delle politiche di unificazione sociale ed economica. L'attuazione pratica di tali strategie ha individuato nella realizzazione e potenziamento delle reti di trasporto ferroviario (passeggeri e merci) lo strumento principe di attuazione, fissando sulla carta alcune direttrici denominate «Corridoi»;
   in questo senso l'Italia è fortemente coinvolta nell'infrastrutturazione dei sistemi trasportistici individuati da corridoi verticali e orizzontali che connettono il nostro Paese con l'intera Europa;
   questo processo è stato approvato dagli organismi comunitari e nazionali e rappresenta un fondamentale elemento di sviluppo delle relazioni sociali e economiche dell'Europa allargata;
   a seguito di tali decisioni si sono avviate anche nel nostro Paese le procedure per la realizzazione di tali sistemi identificati prevalentemente (ma non solo) nel sistema AV/AC;
   in molte aree del Paese i lavori sono già stati realizzati e alcune tratte sono già in funzione con soddisfazione dei cittadini e benefìci del sistema produttivo (si pensi all'asse del corridoio 1 tra Milano e Napoli ormai completato e al suo utilizzo da parte dell'utenza);
   non sfugge a nessuno che la realizzazione di queste infrastrutture in alcune parti del Paese ha creato e sta creando forti e accese contrapposizioni con i cittadini e con le amministrazioni locali attraversate, con effetti devastanti sia sull'ordine pubblico che sulla credibilità delle istituzioni;
   all'origine di queste contrapposizioni c’è da un lato la legittima tutela degli interessi sociali, economici ed ambientali delle popolazioni interessate e dall'altro, spesso, la mancanza di chiarezza e di condivisione dei progetti e della loro utilità al sistema Paese;
   nell'ambito del corridoio V è stato definito il progetto prioritario 6, compreso fra Lione e Kiev, appartenente al sistema di rete TEN-T (Trans-European Network – Traspari), in cui ricade la nuova linea AV/AC Venezia-Trieste. L'obiettivo dichiarato della linea in oggetto è quello di dare risposta alla crescente domanda di trasporto merci da e per i paesi dell'est europeo, mediante le seguenti strategie:
    a) trasferire sui nuovi binari parte del traffico merci attualmente circolante sulla linea storica;
    b) assorbire una quota significativa del traffico merci su gomma attualmente circolante sui corridoi autostradali con benefici effetti sulla logistica e sull'ambiente;
   su questo corridoio sono in corso di costruzione i sistemi di infrastrutturazione della linea Ferroviaria alta velocità/alta capacità con tratti già realizzati (Padova-Venezia, Milano-Torino), altri all'inizio dei lavori (Torino-Lione) altri in fase di finanziamento e/o progettazione definitiva);
   la definizione del tracciato spetta alle regioni interessate dall'attraversamento di tale opera;
   fino ad oggi le proposte presentate per la valutazione di impatto ambientale senza un adeguato coinvolgimento in fase preventiva degli enti locali e delle popolazioni interessate hanno provocato opposizioni molto forti per le scelte fatte e per il met recentemente la regione Veneto ha nominato commissario alla TAV l'architetto Bortolo Mainardi con l'obiettivo di rivedere il progetto depositato e di studiare soluzioni alternative;
   il commissario Mainardi ha presentato in un progetto di affiancamento all'attuale linea ferroviaria in data 23 aprile 2012 e, pur in assenza di elementi di approfondimento da fornire ha chiesto un parere di massima alle amministrazioni coinvolte;
   con lettera datata 13 luglio 2012 commissario Mainardi ha scritto ai sindaci dei Comuni interessati che «in questa prima fase semestrale di utile confronto ho registrato la conferma quasi unanime del dissenso dei Vs. Comuni al Tracciato “Litoraneo” del Progetto Preliminare DIC. 2010 mentre, rispetto all'ipotesi alternativa delineata dallo Studio di Fattibilità illustrato/consegnatovi in aprile u.s. che prevede il futuro CORRIDOIO “AV/AC” lungo l'attuale Linea Ferroviaria nella Tratta da Mestre/Carpenedo a Portogruaro, pur con tutte le Vostre comprensibili/legittime richieste di ulteriori chiarimenti/approfondimenti, ho registrato la Vostra essenziale preferenza e condivisione. Solo i Comuni di MEOLO e FOSSALTA DI PIAVE hanno ufficializzato la loro contrarietà al corridoio lungo l'attuale linea ferroviaria....»;
   la soluzione prospettata inoltre avrebbe costi minori e prevederebbe prioritariamente l'ammodernamento e potenziamento della linea esistente garantendo in prospettiva con il quadruplicamento al sistema economico nazionale la realizzazione di una fondamentale opera infrastrutturale per il collegamento rapido con l'Europa dell'Est;
   in data 18 settembre 2012 lo stesso commissario Mainardi ha comunicato ai sindaci interessati di aver recapitato lo scorso mese di agosto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Presidente della regione Veneto un Rapporto sulla situazione dei tracciati a confronto nel territorio del Veneto –:
   quale sia il contenuto di tale rapporto e se intenda metterlo a disposizione delle amministrazioni coinvolte ed avviare un confronto concreto con le popolazioni interessate sulle possibili soluzioni progettuali immediate e future dando così concretezza agli impegni assunti dal Governo in fase di approvazione della risoluzione Viola ed altri n. 8-00173 approvata dalla Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera dei deputati in data 24 aprile 2012. (4-19261)

  Risposta. — L'architetto Mainardi, nominato con decreto del 22 giugno 2011 del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero delle infrastrutture e trasporti commissario straordinario per la nuova linea AV/AC Venezia-Trieste, ha il compito, tra l'altro, di monitorare e vigilare sugli atti e le procedure autorizzative e realizzative nonché coinvolgere enti e soggetti interessati per assicurare il coordinamento degli stessi e il rispetto dei tempi.
  Nel rispetto dei compiti assegnati, il commissario ha esaminato lo stato della procedura autorizzativa e le criticità in atto, tenendo costantemente informati i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Come gli interroganti hanno riferito, detto commissario, in data 8 agosto 2012, ha presentato ai predetti uffici un rapporto nel quale ha evidenziato la necessità di una alternativa al tracciato che RFI ha presentato nel 2010.
  Come comunicato da RFI, interessata al riguardo, le criticità rilevate sul progetto presentato nel 2010 («soluzione litoranea») riguardavano sostanzialmente:
   pareri contrari dei comuni interessati dai tracciati;
   impatti ambientali ed archeologici;
   rilevanti costi di realizzazione.

  In tale rapporto il commissario ha altresì evidenziato che Italferr ha elaborato uno «studio di pre-fattibilità» circa la realizzabilità di un diverso tracciato del collegamento ferroviario, nel quale è ipotizzato un corridoio non «litoraneo», bensì in affiancamento alla linea ferroviaria esistente da Mestre/Carpenedo fino a Portogruaro.
  Detto studio prevede la realizzazione dell'intervento attraverso numerose fasi funzionali finalizzate innanzitutto alla modernizzazione e al potenziamento della linea ferroviaria esistente e successivamente alla realizzazione del quadruplicamento della linea.
  Il commissario ha evidenziato i numerosi vantaggi del progetto del corridoio «quadruplicamento» quali, in particolare, la minore lunghezza del tracciato (57,2 chilometri invece che 61,5 chilometri); il modesto impatto ambientale; la mancata consumazione di territorio agricolo; le ridotte interferenze; la massima flessibilità per la fase di realizzazione, essendo il progetto, come detto, suddiviso in diverse fasi funzionali.
  Tra l'altro, l'architetto Mainardi ha riferito che sul progetto si registra l'adesione di gran parte dei comuni interessati, delle associazioni degli agricoltori e delle associazioni ambientaliste, ed ancora che il consiglio regionale del Veneto ha espresso parere favorevole sul progetto.
  Inoltre, in detto rapporto si prevedono costi più contenuti, per la prima fase e per il completamento della seconda, rispetto al costo previsto per il progetto di corridoio «litoraneo».
  Nel concludere, il commissario ha espresso il parere che il corridoio «quadruplicamento» sia più gradito al territorio, più economico e più razionale.
  Come RFI ha riferito, anche l'assessore ai trasporti della regione Veneto, nel prendere atto che tra i possibili tracciati l'ipotesi in affiancamento all'autostrada A4 risulta di fatto superata e tenuto conto delle difficoltà insorte sul tracciato litoraneo, ha convenuto sull'opportunità di esaminare la suddetta soluzione alternativa verificando, però, oltre alla fattibilità tecnica, anche l'impatto sul territorio, limitando gli impatti ambientali e socio-economici e prevedendo, per il tracciato in affiancamento alla attuale linea ferroviaria, soluzioni in galleria in corrispondenza di tutti i centri abitati attraversati dalla linea.
  Il commissario, tenuto presente quanto sopra, ha chiesto ad RFI/Italferr la disponibilità a sviluppare le attività progettuali relative al tracciato in affiancamento alla linea esistente, di indicarne i tempi e costi stimati e, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti circa l'opportunità di individuare un nuovo corridoio, riavviare il confronto con il territorio, per pubblicizzare e discutere la scelta più opportuna.
  Attualmente, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al fine di proseguire le attività progettuali del tracciato in esame stanno valutando con l'attenzione dovuta la nuova ipotesi prospettata dal commissario Mainardi.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   secondo un articolo di Gian Antonio Stella pubblicato su corriere.it di martedì 6 luglio 2010, il Museo civico di storia naturale di Verona, aperto nel 1861 nella scia di collezioni ancora più antiche, come il museo Calzolari del 1550 o il Moscardo del 1611, è organizzato sul modello viennese in quattro sezioni: geologia e paleontologia, zoologia, botanica e preistoria. Quest'ultima sezione, grazie ai ricchissimi ritrovamenti sui monti Lessini e negli insediamenti di palafitte sul lago di Garda e nella Bassa veronese, risulta una delle più celebri del pianeta;
   tuttavia, le quattro stanze un tempo dedicate alla preistoria sono state ridotte (con l'aggiunta di una aula per la didattica) a una sola di una cinquantina di metri quadrati. Inoltre, il sito internet del museo è stato sostituito da un link nel portale del Comune dove accanto a due foto non solo non si fa cenno ai tesori esposti (l'incisione del leone e dello stambecco trovati al Riparo Tagliente, le ceramiche e i bronzi delle palafitte del Garda o della necropoli di Franzine Nuove) ma neppure all'esistenza stessa della sezione nella sede centrale di palazzo Pompei, ma solo alla direzione e al magazzino (non aperti al pubblico) dell'Arsenale. Infine, lo spazio assai modesto rispetto all'importanza della raccolta (ad esempio, gli studi sul Dna di un neandertaliano trovato a Riparo Mezzena e la scoperta che aveva la pelle chiara, gli occhi azzurri e i capelli rossi sono finiti in copertina su «Science») costringe a tenere nei depositi migliaia di oggetti tra cui tutti quelli trovati negli ultimi 20 anni, compresi pezzi straordinari quali quelli recuperati dallo scavo subacqueo di Lazise;
   alcuni anni fa, il comune di Verona ha deciso di indire un concorso internazionale per sistemare l'Arsenale militare e trasferirvi il Museo di storia naturale. Il progetto messo a punto dal vincitore, l'architetto inglese David Chipperfield, poiché prevedeva una spesa enorme, è stato pagato con la vendita di alcuni palazzi donati nei secoli al municipio: prima il Castel San Pietro, comprato dalla fondazione Cariverona, in seguito il Palazzo Forti, il palazzo Gobetti, il palazzo Pompei e l'ex convento francescano di San Domenico. Il convento «rappresenta una preziosa testimonianza artistica dell'architettura del XVI-XVII secolo». Palazzo Gobetti «è uno dei palazzi più caratteristici della rinascenza veronese, con armoniosa facciata quattrocentesca, balconi traforati e portale dagli stipiti finemente scolpiti». Palazzo Forti, dono «all'amata Verona» di un ricco ebreo morto un anno prima delle leggi razziali, ospita la Galleria d'arte moderna;
   infine, proprio palazzo Pompei e palazzo Gobetti erano sedi del Museo di storia naturale;
   tutti questi palazzi storici sono stati venduti a ribassi d'asta clamorosi (per il «Forti», la Cariverona invece di pagare i 65 milioni pretesi dal comune ne ha pagati 33; Palazzo Gobetti, messo in vendita per 10 milioni, è stato venduto a 6 e mezzo scarsi; il centralissimo palazzetto del Bar Borsa, in vendita per 6 milioni e mezzo, è stato ceduto per 4,8 alla «Valpadana Costruzioni»); eppure, due settimane fa è emerso che di quei soldi, al comune, non è arrivato alcun versamento;
   nel frattempo, tutto il materiale preistorico, che non potendo essere esposto per mancanza di spazio era in deposito parte a Castel San Pietro e parte nel palazzo Gobetti, è stato sgomberato dagli edifici venduti e accatastato in due stanzoni al piano terra e al primo piano dell'Arsenale che, al momento, è costituito da due magazzini semi-diroccati;
   mentre i reperti al piano superiore, per quanto messi a rischio da umidità e sbalzi di temperatura, si sono conservati decentemente, quelli al piano inferiore hanno subito una sorprendente metamorfosi: molti sono diventati blu, subendo un danno così grave che, a detta del conservatore Laura Longo, «in tanti casi non valgono più nulla: massicciata per le strade». Gilberto Artioli, del dipartimento di Geoscienze di Padova, ipotizza che il magazzino al piano terra fosse impregnato di qualche sostanza non ancora ben definita;
   un titolo dell'Arena è dedicato al tema: «Palazzo Gobetti regala rotatorie a San Michele». Vi si legge che grazie alla vendita del palazzo che ospitava parte del museo di storia naturale, il Comune «ha stanziato 900mila euro per la costruzione di due rotatorie a San Michele» e «un milione e 100mila per il campo sportivo Audace» –:
   quali misure intenda adottare il Ministro a tutela dell'immenso patrimonio del Museo civico di storia naturale di Verona;
   se non ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative normative per porre un limite all'utilizzo del patrimonio culturale nazionale da parte degli enti locali. (4-07941)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto indicato, l'interrogante chiede quali misure il Ministro intenda adottare per tutelare l'immenso patrimonio del museo civico di storia naturale di Verona oggi collocato presso i magazzini dell'Arsenale (per la cui realizzazione, secondo sempre quanto riportato dell'interrogante, sono stati venduti numerosi palazzi storici da parte del comune di Verona con notevoli ribassi d'asta), anche in considerazione della circostanza che alcuni reperti del predetto patrimonio, successivamente ad un trasloco, sono stati colpiti da un particolare fenomeno di viraggio cromatico.
  Al riguardo si rappresenta quanto segue.
  In relazione all'intervenuta alienazione, da parte del comune di Verona, dei beni culturali denominati «Palazzo Forti», «Palazzo Pompei», «Palazzo Gobetti» ed «ex Convento di San Domenico», citati dall'interrogante, va ricordato che la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto ha emanato i relativi provvedimenti di autorizzazione ad alienare in cui risultano, nel dettaglio, le prescrizioni e condizioni imposte dal direttore regionale a tutela dei beni medesimi, ai sensi dell'articolo 55, comma 3, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
  In particolare:
   Palazzo Gobetti: l'alienazione è stata autorizzata, con prescrizioni, dalla direzione regionale competente, con nota protocollo 117 del 9 gennaio 2006, su istruttoria della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Verona, Rovigo e Vicenza, inoltrata alla direzione regionale con nota protocollo 16548 del 15 dicembre 2005.
   Palazzo Forti: per quanto riguarda le parti ad uso residenziale e commerciale, l'alienazione è stata autorizzata, con prescrizioni, dalla competente direzione regionale con provvedimento 2 settembre 2009, su istruttoria della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Verona, Rovigo e Vicenza, inoltrata alla direzione regionale con nota protocollo 10350 del 4 luglio 2008; per le restanti parti, è stata autorizzata dalla competente direzione regionale con provvedimenti 25 febbraio 2010 e 30 giugno 2010;
   Palazzo Pompei: l'alienazione è stata autorizzata, con prescrizioni, dalla direzione regionale, con nota protocollo 116 del 9 gennaio 2006, su istruttoria della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Verona, Rovigo e Vicenza, inoltrata alla direzione regionale con nota protocollo 16341 del 12 dicembre 2005;
   Ex Convento di San Domenico: l'alienazione è stata autorizzata, con prescrizioni, dalla direzione regionale competente, con provvedimento del 25 settembre 2008 su istruttoria della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Verona, Rovigo e Vicenza, inoltrata alla direzione regionale con nota protocollo 8252 del 30 maggio 2008.

  Per quanto attiene, poi, al trasloco dei materiali ed al fenomeno del viraggio cromatico successivamente verificatosi, si evidenzia quanto segue.
  In data 11 giugno 2009, su iniziativa della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto, venne concluso un accordo tra la Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto e il comune di Verona, nel quale le parti concordarono, tra l'altro, sulla necessità che il trasloco dei beni venisse effettuato con modalità tali da garantire condizioni di massima tutela e sicurezza, con assistenza di personale adeguato in tutte le sue fasi, nonché sulla necessità che i magazzini venissero dotati di sistemi idonei per quanto riguarda la sicurezza e la custodia. Le parti si diedero, inoltre, reciprocamente atto dell'esigenza che venisse completata, a cura del comune depositario, l'inventariazione dei materiali archeologici statali costituenti le collezioni del museo nel più breve tempo possibile e, comunque, entro dieci anni dalla stipula dell'accordo, impegnandosi, ciascuna per la propria competenza, ad avviare le procedure per il rilascio, anche per lotti, dell'autorizzazione ministeriale al deposito dei beni ai sensi dell'articolo 89, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
  Giova, pertanto, evidenziare, alla luce di quanto sopra esposto, come tutta la procedura posta in essere si sia svolta in conformità alla disciplina normativa applicabile.
  A seguito del verificarsi del fenomeno di alterazione cromatica di parte dei materiali archeologici, furono effettuati approfondimenti: una prima ipotesi ricondusse il fenomeno al possibile inquinamento ambientale e, per tale motivo, il comune di Verona, soprattutto al fine di garantire la sicurezza degli operatori, richiese l'intervento del Servizio Prevenzione Igiene sicurezza ambienti di lavoro della competente ULSS di Verona. Tale ente, con relazione protocollo 23226 del 27 luglio 2010, rilevò valori minimi e ampiamente sotto soglia di sostanze organiche volatili negli ambienti (parti per miliardo a fronte di parti per milione), certificando la piena salubrità degli stessi.
  È di fondamentale importanza evidenziare come il fenomeno del viraggio cromatico di parte delle selci depositate presso i magazzini dell'ex-Arsenale di Verona sia da qualificarsi come assolutamente eccezionale e del tutto imprevedibile.
  I professori Andrea Tapparo e Gilberto Artioli dell'università di Padova, incaricati dalla soprintendenza per i beni archeologici del Veneto delle indagini e analisi finalizzate alla ricostruzione e spiegazione del fenomeno, hanno rilevato che la molecola pigmentante è finora sconosciuta. Successivamente, la relazione conclusiva sulle analisi dei materiali litici, a cura del dipartimento di chimica e chimica industriale dell'università di Pisa, redatta in data 14 luglio 2011, ha evidenziato come, a seguito del trattamento dei materiali con raggi X a scopo di analisi «si è persa la colorazione blu non è stata riacquistata neanche dopo alcune settimane. La colorazione blu non è ricomparsa neanche sottoponendo il campione a irraggiamento UV (lampada Wood)».
  Allo stato, risulta, quindi, comprovata la reversibilità del fenomeno, tanto che la citata soprintendenza ha concordato con il comune di Verona la sottoposizione di un ulteriore campione di selci a specifici trattamenti con utilizzo della medesima strumentazione.
  La suddetta relazione scientifica risulta, poi, rilevante anche al fine di ribadire non soltanto la eccezionalità e imprevedibilità del fenomeno, ma anche l'impossibilità di ricondurlo a cause connesse al contesto strutturale in cui i reperti in parola sono stati collocati.
  Gli studiosi dell'università di Pisa riconoscono l'esistenza della nuova e sconosciuta molecola pigmentante, già individuata dai professori Andrea Tapparo e Gilberto Artidi dell'università di Padova nella già citata relazione a suo tempo presentata alla soprintendenza. Contrariamente a quanto ritenuto da questi ultimi, tuttavia, ritengono che la formazione di questa molecola non sia riconducibile ai tappetini in gomma su cui i reperti litici poggiavano ma alla riemersione di una sostanza in passato applicata sulle selci per motivi di studio.
  Da ultimo, l'università di Padova – dipartimento di geoscienze – ha formulato una proposta di progetto di approfondimento e di ricerca su dei campioni di materiali che sono stati prelevati dai depositi, anche al fine di verificare l'ipotesi di reversibilità del fenomeno come delineata dall'università di Pisa.
  Purtroppo, detta ultima attività si trova attualmente in fase di stallo a causa dell'indisponibilità finanziaria del comune di Verona, che non dispone dei fondi necessari.
  Negli scorsi mesi, si è anche conclusa l'attività di ricognizione sistematica dei materiali interessati dal fenomeno del viraggio cromatico. La percentuale di quelli che risultano compromessi è, complessivamente, pari al 4,74 per cento, ma con differente grado di alterazione, quasi sempre minimo.
  Deve, pertanto, essere ribadita la circostanza che qualsivoglia verifica preliminare dell'idoneità ambientale dei magazzini dell'ex Arsenale, peraltro non prevista da alcun protocollo o prassi operativa, non avrebbe potuto accertare, ex ante, la possibilità del successivo verificarsi di fenomeni tanto anomali.
Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si assiste ormai da anni al proliferare di grandi impianti eolici grazie ad incentivi alla produzione di energia eolica che sono stati tra i più alti d'Europa, al punto che si inizia a parlare di «sindrome da turbina eolica»;
   esiste ormai una letteratura sulla materia in base alla quale vi sarebbero determinati disturbi da rumore come disturbi del sonno, cefalee, calo della concentrazione e generale sensazione di malessere;
   l'Istituto nazionale per la salute statunitense e l'Accademia nazionale di medicina di Francia, hanno fatto presente come sia necessaria una maggiore conoscenza degli effetti del rumore prodotto da tali impianti sulla salute e hanno quindi prudenzialmente raccomandato l'adozione di distanze minime dalle abitazioni per la realizzazione degli impianti;
   in Italia però non esistono studi sugli effetti che tali impianti hanno rispetto alla popolazione che risiede nelle vicinanze nonostante siano necessari proprio in ragione della crescita esponenziale degli stessi a cui si sta assistendo –:
   se non ritenga il Ministro di approfondire, per quanto di competenza, la problematica evidenziata in premessa.
(4-14791)

  Risposta. — In merito alla problematica segnalata nell'interrogazione in esame, che è all'attenzione del Ministero della salute, l'Istituto superiore sanità ha inteso precisare che è noto dalla letteratura scientifica riguardante le esposizioni ad emissioni sonore, che diversi livelli di pressione sonora, per tempi prolungati, possono avere conseguenze sullo stato fisiologico delle persone modificandolo anche in relazione alle caratteristiche della sorgente.
  Si veda, ad esempio, quanto riportato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sul livello di rumorosità associato a determinati disturbi:
   soglia dell'interruzione del sonno, pari a 60-70 decibel (A);
   comparsa di reazioni neurovegetative durante il sonno, 55 decibel (A);
   comparsa di evidenti reazioni neurovegetative durante la veglia, 60 decibel (A);
   sensazioni di malessere (soglia di annoyance), 45-55 decibel (A).

  Per caratterizzare gli aerogeneratori come sorgente di rumore acustico sono disponibili norme armonizzate dalla Comunità europea della serie CEI EN 61400, che definiscono tecniche di misura dell'emissione di rumore acustico (livelli di pressione sonora) in prossimità di sistemi di generazione a turbina eolica. Queste procedure consentono di caratterizzare le emissioni di rumore di un aerogeneratore in relazione ad una gamma di velocità e direzioni del vento, utilizzando la curva di ponderazione A, la quale pesa i valori misurati di emissione sonora secondo le caratteristiche di sensibilità dell'orecchio umano alle differenti frequenze, ai fini del danno uditivo.
  Nel caso di due tipologie di impianto di aerogeneratori presenti in Italia, è stata effettuata una campagna di misure nel 2009 dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), seguendo la normativa sopra indicata; tali rilevazioni dimostrano che, indipendentemente dal tipo di aerogeneratore, esiste una dipendenza lineare tra i livelli sonori misurati e la velocità del vento e, inoltre, che il contributo del vento al rumore complessivo non può essere trascurato, soprattutto nelle condizioni sottovento, che risultano le più critiche. I livelli di emissione sonora sono risultati, a circa 100 metri dall'aerogeneratore e sottovento, dell'ordine dei 50 decibel (A) che l'OMS riconosce in grado di provocare «sensazione di malessere» (annoyance).
  In Italia, ai fini della tutela dell'ambiente relativamente al rumore prodotto dall'esercizio degli aerogeneratori, il riferimento è costituito dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447 «Legge quadro sull'inquinamento acustico», e da alcuni successivi decreti (come il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997 «Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore»), a cui occorre aggiungere le regolamentazioni regionali.
  Tali riferimenti normativi non prevedono le tecnologie in questione così come oggi sviluppate; in particolare l'ISPRA ha evidenziato la non completa attuabilità, per tali tecnologie, delle indicazioni riportate per la misura di impatto ambientale, preferendo l'uso delle indicazioni della norma CEI EN 61400-11 in attesa di future revisioni della normativa vigente.
  Organismi internazionali si stanno interessando di definire le qualità spettrali del rumore emesso da aerogeneratori (ad esempio, il Centro di ricerca della NASA di Langley) e nuovi criteri di zonizzazione (ad esempio, nello stabilire una distanza di rispetto dalle abitazioni pari ad almeno 1500 metri per impianti superiori a 2,5 megawatt come proposto dall'accademia della medicina francese). Alcuni rapporti tecnico-scientifici suggeriscono come misura cautelativa una distanza di rispetto pari ad almeno 10-15 volte l'altezza dell'impianto, che può avere dimensioni che sfiorano i 100 metri di altezza.
  Ulteriori rapporti scientifici internazionali (ad esempio, la conferenza biennale internazionale «Wind Turbine Noise») riportano l’«annoyance» durante il giorno e il disturbo notturno durante la notte, come gli effetti principali del rumore acustico emesso da aerogeneratori; quest'ultimo presenterebbe un particolare spettro in frequenza (anche con bassissime frequenze) e produrrebbe effetti o danni superiori al rumore acustico emesso da altre sorgenti (ad esempio, traffico da veicoli) con simili livelli misurati.
  Le caratteristiche tipiche del rumore generato dagli aerogeneratori, in estrema sintesi, sono: la durata del rumore (24 ore senza interruzioni), la componente spettrale di bassa frequenza che non è contemplata in modo appropriato anche dalle norme che utilizzano la curva di ponderazione A usata per la protezione del solo udito, l'ubicazione di impianti singoli o a schiera in relazione alle caratteristiche delle sorgenti, dell'orografia e del vento, tenuto conto anche dei fenomeni di mascheramento uditivo.
  Pertanto, l'Istituto superiore di sanità ritiene che sia necessario produrre evidenze oggettive degli effetti sulla salute dell'esposizione al rumore di aerogeneratori, determinare criteri appropriati di misura del rumore acustico delle sorgenti in oggetto, nonché determinare criteri di zonizzazione aggiornati, che tengano conto della peculiarità orografica del territorio italiano e delle caratteristiche specifiche delle stesse sorgenti.
Il Ministro della saluteRenato Balduzzi.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende dell'esistenza di un agente dei servizi segreti italiani, unità di collocamento per lo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi, tra lo Stato e le organizzazioni criminali;
   questo agente, secondo il pentito Fonti, gli era stato presentato alla fine degli anni Settanta da un altro membro dell’intelligence italiana, Guido Giannettini, alias agente Zeta, collaboratore dell'agenzia di stampa Oltremare, che celava – secondo l'articolo – un'unità del SIFAR (Servizio Informazioni forze armate) divenuto poi SID (Servizio Informazioni Difesa);
   ad avviso degli interroganti, per individuare l'enigmatico agente occorre tenere in considerazione le carriere all'interno dei servizi segreti dei collaboratori dell'agenzia Oltremare ed, in particolare svolgere accertamenti sui collaboratori dell'agenzia Oltremare e gli 81 giornalisti arruolati dal Servizio Informazioni Difesa tra il 1966 e il 1968 –:
   di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda. (4-16575)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, concernente «l'esistenza di un agente dei servizi segreti tra lo Stato e le organizzazioni criminali», si comunica quanto segue, sulla base dell'istruttoria esperita al riguardo.
  Il Dipartimento per le informazioni e la sicurezza, dopo aver interpellato l'agenzia informazioni sicurezza interna e l'agenzia informazioni sicurezza esterna, ha riferito che l'Aise ha fornito sull'argomento in questione, nel corso degli anni e in linea con la normativa, vigente, informazioni su richiesta dell'autorità giudiziaria; in ambito parlamentare, gli elementi di risposta sono stati forniti ai naturali interlocutori degli organismi, quali il Copasir e la Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Il Ministro per i rapporti con il ParlamentoDino Piero Giarda.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   Nasrin Sotoudeh, è un'avvocatessa iraniana che si è battuta per il rispetto dei diritti umani ed è nota in particolare per aver difeso minori condannati a morte, i diritti delle donne e dei bambini maltrattati e i dissidenti arrestati durante o dopo le proteste del 2010;
   Nasrin Sotoudeh si trova nel carcere di Evin dal settembre 2010 ed il 9 gennaio 2011 è stata condannata a sei anni di prigione con l'imputazione di «atti contro la sicurezza nazionale» e «propaganda contro il regime». Ha più volte subito l'isolamento varie volte, le è stato proibito di vedere la famiglia e negate le visite con i figli perché si è rifiutata di mettersi il hijab che, contrariamente al chador, non è obbligatorio in Iran;
   dal 17 ottobre 2012 ha iniziato uno sciopero della fame per le vessazioni subite dai familiari e le restrizioni al suo diritto di ricevere visite faccia a faccia da parte della figlia di 12 anni cui è stato negato il diritto all'espatrio e del figlio di cinque anni;
   sei giorni dopo è stata ricoverata nella struttura medica interna al carcere di Evin, nella capitale Teheran;
   a Nasrin Sotoudeh è stato conferito, insieme al regista Jafar Panahi lo scorso 26 ottobre di quest'anno il premio Sakharov per i diritti umani e la libertà di pensiero da parte del Parlamento europeo;
   la richiesta da parte di una delegazione del Parlamento europeo che doveva compiere una missione in Iran, di poter visitare Nasrin Sotoudeh e Jafar Panahi (agli arresti domiciliari) per poter loro conferire il Premio, è stata all'origine dell'annullamento da parte del regime di Teheran della missione;
   grazie a pressioni internazionali, sembrerebbe che a Nasrin sia stato concesso di vedere i figli –:
   quali iniziative si intendano adottare per accertarsi delle condizioni di salute di Nasrin Sotoudeh;
   se siano in corso azioni, e con quali risultati, per ottenere un miglioramento delle condizioni di detenzione di Nasrin Sotoudeh, che potrebbero anche consistere nell'eliminazione del divieto all'espatrio per la figlia;
   in generale quali azioni siano in corso per assicurare il rispetto dei diritti umani fondamentali da parte dell'Iran conformemente a quanto prevede il patto internazionale sui diritti civili e politici ratificato da questo Paese. (4-18747)

  Risposta. — La preoccupante situazione dei diritti umani in Iran è oggetto di costante attenzione da parte della comunità internazionale. Tali apprensioni, condivise dall'Italia, ed in particolare dal Ministro Terzi, hanno motivato numerosi appelli rivolti a Teheran affinché si conformi agli standard internazionali in materia di diritti umani ed in particolare alle prescrizioni del patto sui diritti civili e politici, di cui il Paese è parte dal 1975. Lo stesso special rapporteur ONU sulla situazione dei diritti umani in Iran, Ahmed Shaheed, ha sottolineato tale aspetto nel suo ultimo rapporto, reso pubblico lo scorso marzo. A tale riguardo, anche per far fronte al continuo deterioramento della situazione nel Paese, il consiglio diritti umani ha deciso di rinnovare di un anno, con la risoluzione 19/12, il mandato dello special rapporteur.
  Sempre in ambito Nazioni unite, l'Italia ha co-sponsorizzato assieme agli altri partner europei una risoluzione ad hoc sulla situazione dei diritti umani nel Paese presentata dal Canada che, recentemente approvato dalla terza commissione dell'Assemblea generale, sarà prossimamente sottoposto alla plenaria per la sua definitiva adozione.
  In ambito Unione europea, l'Alto rappresentante Catherine Ashton ha manifestato, a più riprese e anche di recente, la preoccupazione per l'evidente deterioramento della situazione dei diritti umani in quel Paese. In particolare, la situazione di Nasrin Sotoudeh è stata oggetto di una dichiarazione ufficiale dell'Alto rappresentante Ashton, nel gennaio del 2011, a seguito della sua condanna ad 11 anni di prigione. L'Italia ha naturalmente, e fortemente sostenuto tali dichiarazioni.
  Il presidente, del Parlamento europeo Schultz ha da parte sua sottolineato come il conferimento del premio Sacharov alla stessa Sotoudeh e a Jafar Panahi costituisca «un messaggio di solidarietà ed un riconoscimento per due personalità che non si sono fatte piegare dalla paura e dalle intimidazioni, ma hanno deciso di anteporre il destino del loro Paese al proprio».
  In ambito bilaterale la nostra ambasciata a Teheran, in coordinamento con le rappresentanze diplomatiche dell'Unione europea di altri Paesi particolarmente sensibili in materia, esercita una costante vigilanza sulle condizioni carcerarie della Sotoudeh, così come di altri difensori dei diritti umani, e non ha mancato di sollevare la questione in ogni occasione utile di incontro con le autorità locali, pur in una situazione di difficile accesso a tale genere di informazioni.
  A seguito del clamore suscitato dall'attribuzione del premio Sacharov, si registra ultimamente una crescente attenzione delle Autorità iraniane al caso. In particolare il Segretario del «Consiglio per i Diritti Umani» della Repubblica islamica Javad Larijani, fratello del Capo del sistema giudiziario Sadeq Larijani e del Presidente del Parlamento Ali Larijani, ha recentemente rilasciato al New York Times dichiarazioni sullo stato di salute dell'interessata e, pur difendendo le decisioni sinora assunte dalla magistratura, ha lasciato trapelare la preoccupazione del regime per eventuali sviluppi negativi del caso.
  Più recentemente, il 4 dicembre 2012, il marito, signor Reza Khandari, ha dichiarato alla stampa che Nasrin Sotudeh avrebbe interrotto lo sciopero della fame dopo 49 giorni di astensione dal cibo, a seguito della revoca da parte delle autorità giudiziarie del divieto di espatrio imposto alla figlia dodicenne della coppia, Mehraveh.
  Su un piano generale, il Governo italiano resta fortemente impegnato nella promozione e tutela dei diritti umani in Iran, non mancando peraltro di condurre, anche attraverso tutti gli strumenti multilaterali a disposizione, un opportuno monitoraggio della situazione sul terreno. In stretto coordinamento con i partner dell'Unione europea, l'Italia ha di recente manifestato preoccupazione per l'evidente peggioramento della situazione dei diritti umani nel Paese. In ambito Nazioni unite, si ricorda la recente adozione, in terza Commissione, di una Risoluzione presentata dal Canada e co-sponsorizzata dall'Italia, la quale esprime preoccupazione per le numerose violazioni di diritti umani, inter alia, quelle contro le minoranze religiose, contro le donne, giornalisti e attivisti dei diritti umani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo il Comitato precari liguri della scuola, il 5 settembre 2012 presso la sede dell'istituto superiore «Bonomi Mazzolari» di Mantova si sono tenute le convocazioni per le assegnazioni delle nomine dei precari per i contratti a tempo determinato;
   in tale occasione, il provveditore di Mantova dottoressa Bianchessi avrebbe reso nota una circolare dell'USR Lombardia con cui il direttore generale, dottor Colosio, comunicava che «non potranno essere stipulati con i ricorrenti nuovi contratti a tempo determinato stante che il carattere illecito dei contratti vieta all'amministrazione di avvalersi nuovamente di quel lavoratore per il futuro»;
   conseguentemente con tale atto, i supplenti annuali che hanno fatto ricorso, sulla base di una direttiva europea contro l'abuso del lavoro precario, che hanno vinto la causa ottenendo il riconoscimento economico del danno subito (sentenza del tribunale lavoro di Mantova n. 258 del 2011), in luogo di essere assunti in ruolo come prevede la direttiva europea, vengono esclusi dalle nomine sui posti di precario (circolare USP di Mantova n. 8499 del 5 settembre 2012);
   secondo il comitato precari si tratterebbe di un atto intimidatorio in quanto rimarranno senza lavoro 150 precari, abilitati ed inseriti a pieno titolo nelle graduatorie ad esaurimento, che hanno prestato servizio nella scuola pubblica per anni svolgendo il proprio lavoro con professionalità e passione;
   il Comitato precari liguri chiede un sostegno giuridico pro bono a tutela degli insegnanti di Mantova coinvolti, i quali nel frattempo, hanno chiesto la sospensione delle nomine in attesa di chiarimenti sulla questione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei gravi fatti riportati e quali iniziative anche normative intenda adottare al fine di risolvere la questione di cui premessa.
(4-17682)


   ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale del lavoro di Mantova con sentenza n. 255 del 13 dicembre 2011 ha riconosciuto come illegittima la reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi ai sensi della direttiva europea 1999/70/CE, a seguito dell'istanza presentata dai docenti precari della provincia di Mantova;
   la sentenza spiega con chiarezza che la reiterazione di tali contratti non era dettata da esigenza eccezionali e temporanee della pubblica amministrazione, ma, come esposto dai ricorrenti, era il modo, vietato, con cui la stessa datrice di lavoro sopperiva alle endemiche carenze di organico;
   tale passaggio della sentenza fa riferimento alla continua assegnazione di posti vacanti, almeno a partire dal 2005, attraverso l'uso di contratti a termine;
   il giudice non ha potuto predisporre la stabilizzazione dei docenti, ed ha quindi sancito la condanna del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al pagamento di un risarcimento del danno, calcolato in due mensilità e mezzo dell'ultima retribuzione globale lorda per il primo contratto di lavoro, oltre ad una mensilità per i contratti su organico di fatto (oppure a mezza mensilità per i contratti su organico di diritto) per i successivi anni di servizio (nei limiti del termine di prescrizione quinquennale);
   nonostante il riconoscimento del danno ingiusto provocato ai docenti, l'ufficio scolastico territoriale di Mantova ha messo a punto un meccanismo palesemente illegittimo finalizzato ad aggirare gli effetti della sentenza;
   in particolare, con circolare interna il dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale ha vietato all'amministrazione di avvalersi nuovamente dei docenti ricorrenti proprio a causa del carattere illecito dei contratti;
   quindi paradossalmente, ai lavoratori ai quali il giudice ha riconosciuto il danno ingiusto, è stata negata la possibilità di insegnare per il futuro;
   come se ciò non bastasse, probabilmente facendo leva sulle necessità lavorative dei docenti, l'ufficio scolastico territoriale ha indotto i ricorrenti a rinunciare agli effetti della sentenza attraverso una risoluzione bonaria della questione;
   risulta addirittura che l'amministrazione abbia contattato direttamente i docenti beneficiari delle cause di lavoro, per portarli a sottoscrivere le conciliazioni, anche in assenza di legali o rappresentanti sindacali, a volte suggerendone addirittura l'opportunità in vista della perdita definitiva del posto di lavoro nell'eventuale caso di soccombenza in Cassazione;
   in sostanza l'amministrazione ha indotto alcuni di questi docenti vincitori del ricorso a rinunciare al giudicato della sentenza, per poter ottenere la nomina annuale nuovamente con contratto a termine;
   l'inqualificabile comportamento dell'amministrazione è aggravato dal fatto che il tribunale di Mantova, immediatamente adito dai ricorrenti, aveva da qualche giorno già decretato, d'urgenza e inaudita altera parte, l'illegittimità dell'esclusione dei ricorrenti dalle graduatorie per le supplenze, obbligando il Ministero ad annullare l'esclusione dei docenti dalle nomine;
   tale esclusione non può essere comunque operata sulla base della sentenza di cui sopra, in quanto nella medesima condizione dei ricorrenti si trovano diverse migliaia di docenti precari in tutta Italia;
   tale conciliazione è evidentemente impropria e priva di fondamento giuridico, specie alla luce del provvedimento d'urgenza emesso dallo stesso giudice del lavoro, in cui si dimostra in maniera dettagliata che la sentenza n. 255 del 13 dicembre 2012 non può comportare l'esclusione dall'incarico ma deve semmai aprire ad un piano di stabilizzazione ai sensi delle direttive comunitarie;
   secondo l'ultimo rapporto OECD (OCSE) appena pubblicato, l'Italia è al penultimo costo dopo il Giappone, 31 su 32 Paesi, per la spesa pubblica destinata all'istruzione, con il 9 per cento del PIL di fronte alla media del 13 per cento;
   il concorso recentemente bandito dal Ministero aggrava la posizione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in merito alla condanna, in quanto, con l'inutile spesa di 120-150 milioni di euro, stabilizzerebbe solo 12.000 unità, le quali potrebbero già essere promosse in ruolo anche solo attraverso le graduatorie, essendo invece 180.000 i precari che svolgono attività didattiche strutturali e indispensabili al funzionamento del sistema –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei gravi fatti descritti in premessa e quali provvedimenti di competenza intenda adottare nei confronti dell'ufficio scolastico territoriale di Mantova;
   alla luce della decretazione d'urgenza del tribunale di Mantova, per quali ragioni il Ministero non abbia provveduto ad annullare l'esclusione dei docenti dalle nomine;
   quali iniziative, anche normative, il Ministro ritenga opportuno adottare al fine di tutelare i diritti già riconosciuti dal giudice del lavoro ai docenti di cui in premessa. (4-18258)

  Risposta. — Si risponde congiuntamente alle interrogazioni in esame, riguardanti il contenzioso instaurato da circa 150 supplenti (docenti e ATA) in servizio presso diversi istituti scolastici della provincia di Mantova.
  Al riguardo è stato interpellato l'ufficio scolastico regionale per la Lombardia che ha rappresentato quanto segue.
  Con una serie di ricorsi proposti al tribunale del lavoro il suddetto personale titolare di incarichi a tempo determinato ha impugnato le regole del sistema di reclutamento del personale supplente in vigore nella scuola pubblica chiedendo la stabilizzazione del rapporto di lavoro a tempo determinato e la condanna dell'amministrazione al pagamento delle differenze stipendiali.
  Nel dicembre del 2011 il giudice adito ha emesso 18 sentenze con cui sono state parzialmente accolte le domande dei ricorrenti.
  In particolare, sulla base di quanto disposto dalla clausola 5 dell'accordo quadro recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, è stata confermata l'illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato e l'amministrazione è stata condannata al risarcimento del danno. È stata viceversa rigettata la domanda di stabilizzazione del rapporto di lavoro.
  L'ufficio scolastico regionale, anche in base al parere reso dall'Avvocatura dello Stato, ha deciso di non impugnare le predette sentenze e ha dato esecuzione al giudicato liquidando le somme spettanti ai 150 ricorrenti a titolo di risarcimento.
  Successivamente il predetto ufficio ha dovuto affrontare il problema dell'illegittimità di eventuali rinnovi contrattuali a favore dei ricorrenti, considerato il principio di diritto fissato dal tribunale di Mantova. La questione è risultata tanto più grave in quanto nell'agosto del 2012, con nuovi ricorsi, i precari accusavano il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di aver «continuato reiterare il suo comportamento illegittimo, abusando nell'impiego di personale a tempo determinato anche per le assunzioni dell'anno scolastico 2011/2012, pur essendo stato condannato al risarcimento del danno per illegittima reiterazione dei contratti di lavoro ...».
  In considerazione di quanto sopra l'ufficio ha dato indicazione di escludere i beneficiari delle sentenze del tribunale di Mantova dalla stipula dei contratti a tempo determinato per l'anno scolastico 2012/2013.
  Molti dei destinatari del provvedimento di esclusione si sono recati nei primi giorni di settembre 2012 presso il predetto ufficio manifestando la propria disponibilità a rinunciare agli effetti della sentenza al fine di poter essere individuati quali destinatari di un contratto di supplenza.
  Verificato che, per accogliere le istanze degli interessati, l'unico strumento che poteva avere rilevanza giuridica era la conciliazione, l'ufficio ha deciso di procedere in tal senso utilizzando le procedure di cui all'articolo 135 del vigente contratto collettivo comparto scuola.
  A mezzo comunicazione del 7 settembre 2012, pubblicata sul sito internet, gli interessati sono stati convocati per i giorni 11, 12 e 13 settembre.
  Le conciliazioni sono avvenute nel periodo compreso tra il 10 il 21 settembre 2012 tra il lavoratore e il dirigente dell'ambito territoriale di Mantova, a ciò delegato dal direttore generale regionale, e hanno interessato 40 dipendenti.
  Nel frattempo, altri soggetti interessati proponevano ricorsi con carattere d'urgenza avverso l'esclusione dalla stipula dei contratti di supplenza e nelle date dell'11, 12 e 17 settembre 2012 venivano notificati all'amministrazione i decreti del tribunale di Mantova emessi
inaudita altera parte riguardanti circa 40 ricorrenti e con i quali il predetto tribunale dichiarava l'illegittimità dell'esclusione.
  L'amministrazione ha dato puntuale esecuzione all'ordine del giudice.
  Con le successive ordinanze del 28 settembre 2012 il tribunale di Mantova, nel confermare i suddetti provvedimenti, ha fornito la propria interpretazione dell'efficacia del giudicato formatosi nel 2011, dichiarando che le predette sentenze non implicano l'illiceità di ulteriori rinnovi contrattuali negli anni successivi alla formazione del giudicato, e ha ordinato all'amministrazione di stipulare con gli interessati nuovi contratti a termine secondo le norme vigenti.
  L'ufficio ha riferito che tutti i destinatari delle sentenze sono stati regolarmente assunti con contratto a tempo indeterminato o a termine, in adempimento dell'ordine del Giudice.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaFrancesco Profumo.