XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 6 dicembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 13, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, stabilisce, in materia di IMU, che non si applica la riserva della quota di imposta prevista dal comma 11 del medesimo articolo 13 a favore dello Stato agli immobili di proprietà degli IACP (comunque denominati);
    l'interpretazione dell'esclusione della riserva poteva essere duplice: la prima che intendeva alleggerire il carico fiscale per gli enti che operano nel settore dell'edilizia residenziale pubblica, tagliando l'aliquota della parte destinata allo Stato (0,38 per cento); la seconda che destinava tutto il gettito ai comuni, mantenendo invariata l'aliquota base (0,76 per cento);
    in una nota alla Lega nazionale delle cooperative del giugno 2012 il Ministero dell'economia e delle finanze ha chiarito che, attraverso la rinuncia alla quota statale dell'IMU, il legislatore ha inteso destinare al comune tutto il gettito del tributo e non ridurre l'aliquota base applicabile agli immobili dallo 0,76 per cento allo 0,38 per cento;
    tale interpretazione penalizza in maniera eccessiva gli enti che gestiscono gli immobili di edilizia residenziale pubblica, i quali assolvono ad una funzione primaria: quella di fornire alloggi realizzati con fondi pubblici, locati ad un canone sociale, sicuramente non produttore di reddito; l'applicazione dell'aliquota piena rischia infatti di pregiudicare la capacità degli enti proprietari di operare investimenti sugli alloggi e di procedere con la semplice manutenzione ordinaria;  
    considerando la natura degli enti proprietari e la destinazione delle unità immobiliari, sarebbe auspicabile un'esenzione totale dal pagamento dell'IMU o, in subordine, l'equiparazione di detti immobili alle abitazioni principali,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative per esentare gli immobili di edilizia residenziale pubblica regolarmente assegnati dal pagamento dell'IMU o, in subordine, per equiparare detti immobili alle abitazioni principali.
(7-01055) «Fugatti, Negro, Comaroli, Forcolin, Montagnoli».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    in occasione dell'approssimarsi delle festività natalizie, la dirigente scolastica della scuola materna di Caorso, in provincia di Piacenza, che conta circa centoventi bambini, ha vietato l'allestimento del presepe e la rappresentazione di ogni riferimento religioso univoco, asserendo di averlo fatto per non offendere i bambini di religione diversa da quella cattolica;
    i genitori dei bambini hanno manifestato con fermezza la loro indignazione e contrarietà a tale decisione ed hanno chiesto che, in occasione dell'approssimarsi delle festività natalizie, fosse esposto il presepe e che durante le recite fossero intonati anche canti religiosi natalizi;
    casi simili a quello di Carso sono accaduti anche in altre scuole d'Italia e la decisione di vietare l'allestimento del presepe è frutto di una sbagliata e fuorviante interpretazione del principio di integrazione sociale e rispetto del pluralismo culturale. Per favorire la convivenza con chi proviene da altri Paesi, non serve cancellare i nostri usi e le nostre tradizioni, rischiando di generare incomprensioni e barriere. Integrazione significa conoscenza reciproca e tolleranza per le diversità, senza imporre alcuna rinuncia,

impegna il Governo

ad impedire che ai bambini delle scuole materne e primarie venga negato il diritto di celebrare la festività del Santo Natale attraverso l'allestimento del presepe e l'organizzazione di rappresentazioni e canti natalizi di tipo religioso, garantendo che in ogni istituto scolastico siano valorizzate le nostre tradizioni culturali, scongiurando in questo modo il rischio di negare ai nostri ragazzi, attraverso l'imposizione di astratte e fuorvianti neutralità ideologiche e religiose, l'apprendimento della propria identità e la possibilità di celebrarla nelle forme tipiche della nostra tradizione.
(7-01056) «Frassinetti».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    in materia di fabbisogno finanziario degli enti di ricerca pubblici, si sta prospettando l'ipotesi di mantenere un livello di crescita annuo al 4 per cento per il prossimo triennio con il rifinanziamento del Fondo globale per l'ambiente (GEF);
    in tale ambito le attività e i progetti sviluppati dall'ente associativo Ev-K2-CNR con il CNR, consentono all'Italia di vantare una posizione di eccellenza scientifica e tecnologica nel monitoraggio e valutazione dei cambiamenti climatici e nella gestione ambientale sostenibile. Ci si riferisce in particolare ai progetti: Stations at High Altitude for Research on the Environment – SHARE; Social Economic Environment Development – SEED; Archivi informatici e modellistica climatica e ambientale – NextData; Medical Research on Hypoxia – MeRHY; potenziamento delle attività di ricerca e formazione sull'abbiente marino nel Meridione d'Italia – PARFAMAR;
    tali attività, riconosciute a livello internazionale e in linea con quanto stabilito dalle Nazioni Unite nella «Conference on Sustainable Development – RIO+20» del mese di giugno 2012, si esplicano nell'adesione e nella partecipazione, in taluni casi anche con un ruolo di protagonista, a specifici progetti promossi dalle Nazioni Unite e in particolare della World Meteorological Organization (WMO), dell’United Environment Programme (UNEP), della United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), dell’International Centre for Integrated Development (ICIMOD);
   Ev-K2-CNR partecipa anche a progetti per lo sviluppo scientifico tecnologico e produttivo dell'Unione europea e progetti volti alla valorizzazione e alla costituzione di parchi nazionali e internazionali in regioni particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, dello sviluppo socio-economico e geopolitico; l'attività svolta nel corso di 25 anni di vita dall'ente e l'esperienza tecnico-scientifica acquisita sono un esempio di efficace collaborazione tra pubblico e privato;
   il Parlamento ha già espresso più volte il proprio sostegno alle iniziative realizzate e da realizzare, anche con riferimento alla diffusione nei Paesi emergenti di una immagine positiva dell'Italia,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le necessarie iniziative volte a mantenere e potenziare da parte dei Ministeri e delle istituzioni competenti (ricerca scientifica, affari esteri, ambiente, sviluppo economico, CNR) il supporto scientifico, diplomatico, organizzativo ed economico, alle attività scientifiche in corso e a quelle previste dagli accordi internazionali;
   a sostenere l'iniziativa congiunta di Ev-K2-CNR e del Consiglio nazionale delle ricerche, mettendo a disposizione supporti logistici e strumentali, nonché adeguate risorse umane ed economiche, al fine di consolidare ed orientare questa importante esperienza, anche con riferimento alla partecipazione congiunta a specifici bandi e a gare nazionali e internazionali, promosse nell'ambito di accordi bilaterali tra Stati o organizzazioni multilaterali sulle tematiche ambientali;
   ad individuare le risorse necessarie, sia nell'ambito delle risorse individuate in premessa sia valutando l'ulteriore concorso dei Ministeri degli affari esteri e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(7-01058) «Frassinetti».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    secondo la normativa comunitaria e nazionale la gestione dei rifiuti e del loro utilizzo ricopre un ruolo importante all'interno della salvaguardia ambientale, anche e soprattutto nella riduzione e gestione delle quantità prodotte, privilegiando il riutilizzo ed il riciclo rispetto allo smaltimento in discarica o ai siti di stoccaggio;
    secondo la normativa italiana è fondamentale che le istituzioni preposte adottino tutte quelle iniziative volte a prevenire la produzione di rifiuti privilegiando il riciclo e il riutilizzo dei materiali in ulteriori processi produttivi;
    il solfato di calcio ottenuto da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generato da lavorazioni industriali proveniente dalla produzione di biossido di titanio è classificato come rifiuto speciale non pericoloso secondo quanto disposto dal decreto ministeriale del 5 febbraio 1998, allegato 1, paragrafo 13.6. Le attività di recupero previste dalla citata normativa prevedono per il gesso l'impiego nei cementifici per la produzione di cemento, produzione di prodotti per l'edilizia; formazione di rilevati e riutilizzo per recuperi ambientali. Esso però è riconosciuto, secondo una molteplicità di studi e ricerche, come un materiale da riutilizzare in anche in altre attività:
     a) ripristino ambientale delle cave abbandonate impiegandolo in sostituzione di argille e terreni vegetali;
     b) copertura e sigillatura di discariche di rifiuti solidi-urbani per il quale sono in corso sperimentazioni con importanti istituti di ricerca e con amministrazioni locali;
    considerando l'importante tema per il nostro Paese del riutilizzo dei rifiuti e delle attività di recupero e ripristino ambientale, il solfato di calcio proveniente da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generato da lavorazioni industriali, come quella del biossido di titanio, possiede le caratteristiche di impermeabilità richieste dalla vigente normativa ma il suo impiego in procedura agevolata è limitato dal fatto che, secondo quanto disposto dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e successive modificazioni e integrazioni, il contenuto in cloruri, sul test di cessione in acqua, ha un valore di circa 250 mgpl mentre il limite per questo parametro è di 100 mgpl. Si tratta di un limite ingiustificato considerando che non vi sono conseguenze di rischio ambientale e per la salute, anche in relazione al fatto che i cloruri sono dei costituenti naturali dei suoli e vengono apportati da fertilizzanti (ad esempio, il cloruro di potassio che presenta valori di cloruri migliaia di volte superiore ai gessi);
    l'utilizzo di questo prodotto di lavorazione, dovendo sottostare a pratiche autorizzative ordinarie, è limitato dai tempi lunghi necessari all'espletamento di tali procedimenti. Vengono così ad essere bloccati ingenti investimenti in corso nel nostro Paese, in particolare per quanto riguarda la zona della provincia di Grosseto,

impegna il Governo:

   a considerare l'assimilazione del solfato di calcio ottenuto da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generato da lavorazioni industriali quale «sottoprodotto» in considerazione del fatto che esso, per le sue caratteristiche, potrebbe essere ricompreso nel decreto legislativo n. 152 del 2006 «Testo unico delle norme in materia ambientale», in quanto rispondente alle previsioni dell'articolo 184-ter del citato decreto legislativo nel quale sono indicate le caratteristiche principali per la cessazione della qualifica di rifiuto, rientrando così di fatto nella definizione di ciò che è «sottoprodotto», ex articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;
   a considerare per le attività di recupero e ripristino ambientale, come materiale assimilabile a sottoprodotto il solfato di calcio ottenuto da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generato da lavorazioni industriali che soddisfi le caratteristiche dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e integrazioni, valutando per l'utilizzo di tale materiale, nel caso dei soli analiti non rientranti nei limiti previsti nella Tabella 1, dell'Allegato 5, della Parte IV del Titolo V del decreto legislativo citato, l'assenza di cedibilità dovuta alla loro solubilità;
   ad intervenire nella normativa vigente, per considerare il solfato di calcio ottenuto da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generato da lavorazioni industriali quale materiale utile alla copertura di discariche esaurite di rifiuti non pericolosi e solidi urbani con un atto che permetta di innalzare nel decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 5 febbraio 1998 e successive modificazioni, e in particolare, nella tabella contenuta nell'allegato 3 «Criteri per la determinazione del test di cessione», nella colonna «concentrazioni limite», al parametro «cloruri» da «100» a «300» il valore di riferimento, e di conseguenza, prevedere tra le disposizioni del citato decreto ministeriale 5 febbraio 1998, di cui al sottoparagrafo 13.6.3 «Attività di recupero» dell'allegato 1, sub allegato 1, concernente le norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi, la possibilità di far uso del solfato di calcio per la copertura definitiva di discariche esaurite di rifiuti non pericolosi.
(7-01057) «Tortoli, Mariani, Realacci, Bratti, Bonciani, Braga».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il processo avviato per il riordino delle province, anche solo per il consenso che sta riscuotendo a livello mediatico e nell'immaginario collettivo, non subirà sostanziali battute di arresto;
   l'elencazione delle materie residuali per le quali viene mantenuta una competenza è, forse volutamente, poco chiara ed esaustiva e per alcuni ambiti di attività restano spiragli di incertezza ed indeterminazione, al proposito l'articolo 51 del decreto legislativo n. 112 del 1998 colloca la «protezione civile» nelle materie disciplinate in ambito di «territorio ambiente e infrastrutture» fra le pianificazioni di area vasta;
   il servizio provinciale concorre al raggiungimento delle finalità del servizio nazionale partecipando in modo esclusivo per gli aspetti di programmazione ed indirizzo su scala provinciale, e con funzioni di coordinamento, raccordo e supporto nella gestione operativa;
   tali attività richiedono capacità di sintesi, relazionali e tecnico – gestionali che derivano dalla conoscenza delle competenza degli attori che intervengono a diverso titolo nel sistema nazionale di protezione civile e soprattutto dalla realtà territoriale e socioeconomica di riferimento, il cui personale è chiamato in tempo di normalità ad attività di studio e preparazione, pur in regime costante reperibilità, in tempo di emergenza all'attuazione di attività preordinate e pianificate con una struttura dinamica ma rigidamente gerarchizzata –:
   se intendano assumere iniziative normative:
    a) volte a salvaguardare l'azione di prevenzione svolta, messa in seria difficoltà senza un coordinamento e gestione autonoma posto che i comuni si ritroveranno senza un riferimento politico istituzionale sul territorio, riferimento che ha consentito negli anni di costituire un volano per il reperimento di fondi e risorse facendo sintesi della complessa realtà territoriale;
    b) che mantengano l'assegnazione alle province del coordinamento del volontariato supportando i comuni.
(5-08599)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLOMBO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 11 e 12 novembre 2012 l'intera area, sita nel comune di Capalbio, nella quale avrebbe dovuto essere costruito un impianto per la produzione di energia da biomasse — che senza la tenace e costosa opposizione dei residenti sarebbe stato già in funzione — è stata coperta dall'acqua per ore, acqua che poi, per giorni, è stata riassorbita dal terreno. Le falde acquifere di Capalbio sono rimaste non contaminate solo a causa della motivata resistenza dei cittadini alla costruzione della centrale;
   dopo l'approvazione secondo l'interrogante precipitosa (in poche settimane e in giorni festivi) della conferenza dei servizi convocata dalla provincia di Grosseto, senza il parere delle ASL, dei vigili urbani e senza documentazione della proprietà del terreno, provata da documenti non veritieri, sia il TAR della regione Toscana, sia il Consiglio di Stato hanno dato ragione ai ricorrenti (agricoltori confinanti, sindaco di Capalbio, e l'interrogante medesimo che ha una abitazione nella stessa area), ordinando l'interruzione dei lavori di costruzione dell'impianto;
   contro il parere del sindaco, la presidenza della provincia di Grosseto ha convocato una nuova conferenza dei servizi per approvare un nuovo progetto, che è risultato inesistente. A causa della netta opposizione del sindaco di Capalbio e dei legali dei cittadini confinanti o interessati alla materia, la conferenza è stata e resta, al momento, sospesa;
   la procura della Repubblica di Grosseto ha aperto una indagine tendente ad accertare se e come erano stati ottenuti od omessi gli atti e i pareri su cui stava per fondarsi la decisione finale e definitiva della provincia;
   importanti perizie scientifiche sono state acquisite e depositate presso il comune di Capalbio e la provincia di Grosseto che provano e dimostrano il pericolo di impianti biomassa e biogas in aree abitate e accanto a terreni coltivati e ad aziende agricole impegnate in produzioni note per la qualità e il luogo di provenienza;
   in particolare gli scienziati autori delle documentazioni scientifiche, il professor Helghe Bohnel dell'università di Gottinga, il professor Federico Valerio, dell'Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova e il professor Gianni Tamino dell'università di Padova dimostrano l'alto rischio di contaminazione della falda acquifera dell'intera zona e forse dell'intero territorio agricolo di Capalbio, e la frequente presenza di casi di botulismo anche mortali (otto casi) in aree della Germania in cui esistono impianti di produzione di energia da biomasse e di biogas anche di dimensioni minori di quello da 999 chilowatt previsto per Capalbio;
   gli stessi rilevano inoltre che nessuna precauzione o sigillo delle strutture produttive di biogas può evitare contaminazione diffusa dell'intero territorio in caso di inondazione;
   l'interrogante era già intervenuto sulla vicenda in sede parlamentare;
   occorre valutare in maniera urgente e con estrema attenzione quella che l'interrogante giudica una pericolosa e distruttiva iniziativa che avvantaggia un'impresa privata (la società Sacra con sede a Capalbio) e a spese di un'intera comunità cittadina e del suo territorio;
   si fa peraltro presente che in data 10 agosto 2012 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha condiviso, facendole proprie, le motivazioni della ASL di Vercelli e del comune di Cigliano a proposito della classificazione di «industria insalubre» di prima classe di un impianto da 999 chilowatt per la produzione di biogas deliberando, ai sensi dell'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990, il diniego alla domanda di autorizzazione per effetto dell'eccessiva vicinanza alle abitazioni;
   sarebbe auspicabile che il Presidente del Consiglio dei ministri, qualora, come risulta probabile, la conferenza dei servizi convocata dalla provincia di Grosseto non giungesse ad un esito condiviso, assicurasse un atteggiamento analogo a quello tenuto nel caso di Cigliano data la quasi identità delle situazioni, aggravata dal rischio di inondazioni nell'area, fenomeni purtroppo ormai frequenti in Maremma –:
   se si intendano assumere informazioni su quanto avvenuto nel territorio di Capalbio a seguito degli eventi meteorologici dell'11 e 12 novembre 2012 e, in particolare, se la protezione civile nazionale abbia riscontrato rischi a seguito del procedere del progetto descritto nelle premesse qualora eventi analoghi si verifichino in futuro;
   se la competente autorità di bacino abbia effettuato studi o simulazioni e possa pertanto fornire informazioni sui rischi di possibile contaminazione delle falde acquifere qualora, una volta realizzato il citato impianto a biomasse, si verificassero fenomeni atmosferici quale quello dell'11 e del 12 novembre 2012;
   dati i documenti acquisiti e immediatamente disponibili, e la situazione di pericolo per la salute dei cittadini e per l'integrità del territorio, su cui insiste un sito di rilevanza comunitaria, come riconosciuto dal Consiglio di Stato, dimostrata dalla documentazione esistente, quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere a tutela della pubblica incolumità, anche considerato che eventi quali quelli descritti in premessa, un tempo eccezionali, si verificano ormai con una notevole frequenza.
(4-18953)


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella segnalazione inviata al Parlamento il 4 giugno 2004, censurò l'assetto di IMAIE allora in vigore e auspicò in favore dell'artista che fosse «salvaguardata la sua facoltà di decidere liberamente se ed eventualmente a quale intermediario affidare l'esercizio dei propri diritti, con particolare riferimento all'esercizio del proprio credito al compenso»;
   la Commissione europea, nella nota decisione CISAC del 2008, ha evidenziato come vi fossero chiari indicatori del fatto che la concorrenza tra società di gestione collettiva a livello di fornitura di servizi di gestione dei diritti d'autore ai titolari di diritti avrebbe rappresentato un vantaggio per gli artisti;
   l'11 luglio 2012 la stessa Commissione europea ha approvato la Proposta di Direttiva sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi (COM 2012/372) che all'articolo 5, prevede la libertà di scelta, per ciascun titolare di diritti d'autore o connessi, della collecting society a cui rivolgersi per la tutela delle proprie opere;
   il Governo, redigendo il testo decreto-legge n. 1, del 24 gennaio 2012, convertito nella legge n. 27 del 24 marzo 2012, ha fatto approvare un provvedimento al cui articoli 39, commi 2 e 3, è stato disposto che l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi degli artisti è libera;
   la legge citata ha sancito che, entro tre mesi dalla sua entrata in vigore, la Presidenza del Consiglio dei ministri emanasse – previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato – un proprio decreto con l'indicazione dei requisiti minimi necessari al corretto sviluppo del mercato degli operatori per l'intermediazione dei diritti connessi;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con la propria Segnalazione del 3 ottobre 2012, ha evidenziato la necessaria adozione in tempi brevi del suddetto decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   ad oggi, nonostante siano abbondantemente trascorsi i termini di legge e nonostante molti colleghi parlamentari e diverse associazioni di categoria abbiano più volte richiamato l'attenzione del Governo, l'anzidetto decreto non è stato ancora emanato;
   il Ministero dello sviluppo economico, organo proponente del decreto-legge convertito, è stato volontariamente escluso dal processo di attuazione della liberalizzazione;
   risulta all'interrogante che nella riunione del 28 novembre 2012 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha approvato il parere sull'anzidetto decreto;
   la Presidenza del Consiglio non ha reso pubblico il suddetto parere e non è quindi possibile conoscere quali siano le indicazioni espresse dall'Autorità sul testo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la cui versione non è definitiva –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative gravi e urgenti intendano assumere per dare soluzione al problema;
   in modo più specifico quali siano le ragioni del ritardo dell'emanazione del suddetto decreto-legge e quando il Governo intenda emanare il decreto di attuazione dell'articolo 39 della legge n. 27 del 2012 in oggetto ponendo fine, ad avviso dell'interpellante, alla evidente disparità di trattamento tra gli artisti, interpreti, esecutori ed i produttori, poiché questi ultimi godono, da sempre, della piena libertà di rappresentanza e non soggiacciono ad alcun monopolio pubblico né privato;
   perché il dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri intenda coinvolgere, nell’iter di approvazione del decreto di attuazione dell'atto in oggetto, il Comitato consultivo permanente sul diritto d'autore, procedura non prevista dall'articolo 39 della legge n. 27 del 2012. (4-18957)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BONAVITACOLA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   come è certamente noto a codesto Ministero, si susseguono ormai a cadenza costante gravi episodi di boicottaggio nel porto di Tunisi nei confronti di una nave di bandiera italiana;
   da ultimo, ancora una volta, la Eurocargo Bari, unità tutto merci della Compagnia Grimaldi, non è riuscita nei giorni scorsi ad attraccare al porto di Tunisi La Goulette, a causa di un'azione di ostracismo che ha coinvolto i lavoratori della Compagnie Tunisienne de Navigation (la, compagnia di Stato Cotunav);
   la nave cargo della compagnia di navigazione «Grimaldi» con 20 membri di equipaggio a bordo è stata per molti giorni ferma nella rada del porto La Goulette di Tunisi in attesa del nullaosta per l'attracco da parte delle autorità tunisine;
   la Eurocargo Bari della Grimaldi trasportava trailer, camion e auto, con autisti al seguito, svolgendo servizio sulla tratta Livorno-Genova-Palermo-Tunisi;
   lo stop all'attracco sarebbe giunto dopo una manifestazione di protesta dei marittimi della società tunisina Cotunav (Compagnie Tunisienne de Navigation), inscenata sulle banchine dove ormeggia la nave da carico italiana;
   l'azione di boicottaggio sarebbe dettata solo da motivi concorrenziali, considerato che la Grimaldi è impegnata nell'esercizio di una linea similare a tratta coperta dalla Cotunav;
   è superfluo evidenziare, in proposito, che ben diverso trattamento è riservato alle navi Cotunav nell'accesso ai porti italiani, ove le operazioni d'imbarco/sbarco si svolgono in condizioni di piena agibilità operativa ed altrettanta regolarità amministrativa;
   il ben diverso trattamento riservato alla Grimaldi in territorio tunisino è ancor di più censurabile, ove si consideri che la Grimaldi, da sempre prestigiosa compagnia di lustro dell'armamento italiano, aveva ripristinato nei giorni scorsi, dopo più di un anno, i collegamenti verso il Paese africano, nel convincimento che non si sarebbero riproposti gli incresciosi pregressi episodi di boicottaggio;
   proprio il 6 novembre 2012, l'Office de la Marine marchande et des ports (OMMP) della Tunisia, aveva finalmente autorizzato il gruppo Grimaldi a riavviare il collegamento ro/ro dall'Italia (Genova, Livorno, Palermo) al porto di La Goulette;
   la situazione presenta profili di evidente preoccupazione; da un lato, risultano evidentemente intollerabili azioni che arrecano gravi danni commerciali ad una compagnia di navigazione che svolge correttamente la propria attività, nel pieno rispetto delle norme e trattati internazionali; dall'altro, non sono mancate ripercussioni anche di carattere sociale, laddove numerosi lavoratori portuali italiani, addetti agli scali utilizzati in Italia dalla compagnia tunisina Cotunav, hanno esplicitamente annunciato imminenti azioni dimostrative nei porti interessati, quale risposta ai boicottaggi subiti dalle navi italiane in terra tunisina;
   vi è il concreto rischio che si determini un ciclo di manifestazioni dimostrative, a carattere di reciproca ritorsione, con prevedibili e deleteri riflessi sullo svolgimento ordinato delle operazioni portuali in generale negli scali interessati, con rischi anche per quanto riferito all'ordine pubblico –:
   se il Ministro interrogato ravvisi nei fatti innanzi esposti palesi violazioni degli accordi commerciali stipulati fra l'Italia e la Tunisia, come sanciti nelle convenzioni di cooperazione bilaterale del 23 novembre 1961 e 29 agosto 1967 e successivi aggiornamenti ed integrazioni;
   quali azioni intenda intraprendere il Ministro interrogato, anche attraverso le proprie rappresentanze diplomatiche e consolari a Tunisi, per garantire il regolare svolgimento delle operazioni di approdo, imbarco e sbarco delle navi Grimaldi presso il porto La Goulette di Tunisi;
   se in caso di perdurante criticità di dette operazioni intenda attivare una sessione apposita della Commissione mista di conciliazione prevista negli accordi bilaterali vigenti, per garantire il rispetto dell'impegno ivi sancito a carico di ciascuno dei due Paesi di non adottare misure discriminatorie nei confronti della navigazione marittima dell'altro Paese. (5-08604)

Interrogazione a risposta scritta:


   MIOTTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   con la precedente interrogazione n. 4-16945 è stato chiesto, se fosse a conoscenza dei Ministri interrogati la vicenda del professor Grassivaro, resa nota al grande pubblico da un ampio servizio del Corriere della Sera, ingiustamente escluso dalla nomina di addetto scientifico presso le ambasciate a Caracas e Buenos Aires, nonostante la competente commissione ne avesse apprezzato l’«eccellente preparazione»;
   con la precedente interrogazione è stato chiesto di conoscere se fossero state individuate le responsabilità per un ritardo inaccettabile che ha comportato danni economici, professionali ed «esistenziali» al professor Grassivaro e quale proposta di risarcimento fosse allo studio;
   con risposta all'interrogazione sopraindicata, il Ministro degli affari esteri ricostruisce la vicenda ma sembra attribuire all'inerzia del professor Grassivaro il ritardo nell'esame del ricorso, perché afferma che «...l'interessato non ha provveduto nel termine perentorio dei 120 giorni previsto dalla normativa ad attivarsi per i seguiti del ricorso»;
   dal decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, che regola il procedimento per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica si evince che: «Trascorso il detto termine, il ricorrente richiede, con atto notificato al Ministero competente, se il ricorso sia stato trasmesso al Consiglio di Stato» e, pertanto, la possibilità per l'interessato di attivarsi per il seguito del ricorso, non può essere scambiato per una condizione cui ottemperare, pena la perdita del diritto al risarcimento;
   le responsabilità del grave ritardo nel dare corso al procedimento introdotto con il ricorso straordinario andrebbero accertate e non dovrebbero essere accampate ragioni infondate, anche alla luce del respingimento della analoga eccezione dal Ministero al Consiglio di Stato –:
   se il Ministro interrogato intenda procedere alla individuazione delle responsabilità in capo ai dirigenti inadempienti, atteso che il privato cittadino non ha omesso alcuna formalità procedimentale e, nel merito della vicenda che lo ha riguardato, ha ottenuto formale attestazione per l'ingiustizia subita, salva l'attesa di un equo risarcimento in sede giustiziale. (4-18949)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le nuove e copiose precipitazioni delle ultime ore hanno reso ancora più seria la già critica situazione idrogeologica della regione Toscana. Interessata negli scorsi due mesi da forti piogge che hanno provocato ingenti danni, smottamenti e conseguenti inondazioni in tutta la regione;
   è di stamane la notizia del crollo di un ponte, adagiatosi sul letto del torrente Ozzeri, in località Rigoli, nel comune di San Giuliano in provincia di Pisa, vicino a dove già ieri un pezzo di argine era ceduto. La zona è la stessa in cui, da ieri sera, si cerca un 77enne che era stato visto nei pressi della sponda. Attualmente non è tuttavia confermato che la scomparsa dell'anziano sia collegata al cedimento dell'argine;
   inondazioni, crolli e purtroppo perdite di vite umane dimostrano come, non solo in Toscana, bensì su gran parte d'Italia incomba la minaccia di un irreparabile dissesto idrogeologico, resa ancora più critica dall'accelerarsi sempre più evidente dei mutamenti climatici. È una condizione di estrema gravità che va affrontata come una priorità assoluta, per non dover più pagare costi altissimi in termini di vite umane e territori devastati;
   il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, ha recentemente dichiarato la necessità di non farsi influenzare dalle emozioni del momento ma di non dimenticare che i territori colpiti hanno bisogno dell'aiuto dello Stato per affrontare al meglio il ripetersi di gravi situazioni legate al maltempo;
   è sempre più evidente inoltre che a fronte di una situazione già critica si somma il fatto che oggi siamo chiamati a fare i conti con eventi meteorologici sempre più violenti, aggravati dagli effetti dei mutamenti climatici, che sempre più spesso trasformano un'ondata di maltempo in una tragedia: perdite di vite umane, frane e allagamenti e costi altissimi per tutta la collettività –:
   quali iniziative urgenti voglia mettere in campo il Ministro interrogato per affrontare la minaccia del grave dissesto idrogeologico nazionale e aiutare economicamente le regioni colpite dal maltempo delle ultime settimane;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda poi dare seguito con la massima celerità alla proposta del «Piano nazionale per la messo in sicurezza del territorio» proposto dal suo stesso dicastero attraverso l'allocazione di fondi nazionali e comunitari ad hoc. (4-18941)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANNI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo n. 20 del 1998 e successive modificazioni, all'Istituto italiano del dramma Antico (INDA) si è data la veste di fondazione con le caratteristiche delle società ONLUS;
   all'articolo 3 del sopracitato decreto legislativo n. 20 del 1998, si assegna alla Fondazione il compito «di coordinare a livello nazionale, anche mediante accordi con le regioni e gli enti locali, le attività teatrali presso i teatri greco-romani, promuovendo la rappresentazione del teatro classico greco e latino, nonché altre attività culturali ed artistiche ad esso relative, con particolare riguardo alla definizione di attività teatrali ed in particolare della scuola di teatro di Siracusa, ove conserva sedi operativa ed amministrativa, e nei teatri antichi della Sicilia», nonché «promuovere, anche in coordinamento con le università, lo studio dei testi teatrali della classicità greca e latina»;
   la strategia ritenuta utile a realizzare tale obbiettivo previe la sede legale e di rappresentanza della Fondazione a Roma ed il Governo nazionale di fatto diviene il perno su cui ruota l'attività gestionale, artistica e non, tramite il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze, la conferenza unificato – di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 26 agosto 1997, n. 281;
   in atto cinque componenti su otto che compongono, il consiglio di amministrazione sono nominati dal Ministro per i beni e le attività culturali, a cui compete la nomina del consigliere delegato e del sovrintendente, oltre il compito di emanare il decreto di nomina dell'intero del consiglio di amministrazione;
   il collegio dei revisori dei conti composto da tre membri effettivi e da due membri supplenti viene nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali su designazione del Ministro dell'economia e delle finanze;
   la composizione stessa del consiglio di amministrazione sposta il baricentro della Fondazione a Roma creando una discrasia tra la Fondazione INDA e la città di Siracusa che solo formalmente viene rappresentata in seno al consiglio di amministrazione dal suo sindaco pro-tempore in qualità di presidente del medesimo organo ma privo di sostanziale potere;
   per quanto precede la composizione del consiglio di amministrazione risulta essere la seguente: tre componenti a vario titolo li segnala il Ministro dei beni e delle attività culturali, un componente ciascuno viene segnalato rispettivamente dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1977, dalla regione siciliana, dalla provincia regionale di Siracusa, dal comune di Siracusa nella persona del sindaco pro-tempore;
   al di là dell'elenco delle attività promosse e realizzate dalla Fondazione pubblicizzato dall'attuale management, con assoluta onesta intellettuale si può tranquillamente affermare che la giusta intuizione della new mission assegnata alla Fondazione dal già citato articolo 3 del decreto legislativo n. 20 del 1998 non è stata oggettivamente riassunta e la Fondazione non si è effettivamente emancipata dal suo vivere ai margini degli interessi culturali, vivi e presenti nel mondo, nei confronti del teatro classico greco-latino; nel frattempo sono trascorsi 14 anni ed il mondo è diventato un villaggio che si raggiunge con un clic da una qualsivoglia tastiera di un computer abilitato;
   se giusta e condivisibile appare l'intuizione di «internazionalizzare» la Fondazione, aprendola al mondo, non adeguati all'obbiettivo sono risultati essere l'impostazione scientifica ed il modello tecnico/organizzativo, che fa perno essenzialmente sulla figura del consigliere delegato e del sovrintendente, referenti di quello che all'interrogante appare un pletorico consiglio di amministrazione;
   il risultato di tale impostazione è l'apparente formale rispetto delle norme di legge e dello statuto in materia di gestione complessiva della Fondazione a fronte di una organizzazione piramidale, chiusa ermeticamente in se stessa, incapace di aprirsi, che dà risultati disastrosi dal punto di vista della concreta gestione finanziaria ed insufficienti dal punto di vista artistico;
   il risultato finale è che la Fondazione appare ingessata e priva di vitalità; da essa provengono rumors certamente non positivi circa gestione degli artisti, del personale e degli appalti;
   appare discutibile all'interrogante in particolare modo la figura del sovrintendente uscente signor Fernando balestra, la cui gestione è stata oggetto di critiche di varia natura e che ha già completata due mandati, il secondo dei quali gli è stato conferito a giudizio dell'interrogante in violazione dell'articolo 15, comma 1, dello statuto;
   il comma 2 dell'articolo 2 dell'articolo 2 dello statuto testualmente recita: «La Fondazione non ha scopo di lucro e in ogni sua attività, principale od accessoria, persegue le proprie finalità secondo criteri di imprenditorialità e nel rispetto delle condizioni di equilibrio patrimoniale, economico e finanziario della gestione e dei vincoli di bilancio.» Questo elementare principio di «equilibrio» non sembra essere stato garantito; basta, infatti, mettere a confronto semplicemente alcuni dati rilevati dal conto economico denunciato dalla Fondazione negli anni decorrenti dal 2006 al 2010. La Fondazione denuncia per il 2006 alla voce ricavi vendite e prestazioni euro 2.176.169 e alla voce contributi in conto esercizio 2.178.510 euro; per il 2007 alla voce ricavi vendite e prestazioni euro 2.176.582 e alla voce contributi in conto esercizio 3.153.106 euro; per il 2008 alla voce ricavi vendite e prestazioni euro 2.190.635 alla voce contributi in conto esercizio 3.238.368 euro e alla voce sponsor 282.000 euro; per il 2009 alla voce ricavi vendite e prestazioni euro 2.721.208 alla voce contributi in conto esercizio 3.693.435, alla voce sponsor 24.000 euro; per il 2010 alla voce ricavi vendite e prestazioni euro 3.088.810 contributi in conto esercizio 2.080.000, sponsor 16.500, proventi socio sostenitore 120.000, e alla voce proventi diversi 2.133.667. Le voci contributi in conto esercizio, sponsor, proventi socio sostenitore, proventi diversi rispetto alla voce ricavi vendite e prestazioni denunciano un saldo attivo, in maniera che all'interrogante appare anomala rispetto ad una sana e coerente gestione;
   ad ulteriore conferma di quanto appena sopra affermato si rimanda alla pagina 37, penultimo capoverso, della relazione della Corte dei conti al Parlamento sulla gestione finanziaria degli enti sottoposti a controllo in applicazione della legge 21 marzo 1958, n. 259, Istituto nazionale del dramma antico (INDA) Esercizi 2009 e 2010, ivi testualmente si legge: «Si deve evidenziare che la voce “contributi in conto esercizio” presente nel conto economico 2010, a differenza quanto rappresentato nel documento del 2009, non è comprensiva dell'importo relativo al finanziamento PORFESR, inserito, invece, nella voce “proventi diversi”. Detta circostanza rende scarsamente significativo il raffronto tra le voci nei due esercizi» ed ancora di seguito «Il grafico che segue rende evidente la perdurante dipendenza della Fondazione dai contributi pubblici e privati, i quali rappresentano circa il 59 per cento del valore della produzione, rispetto al ricavato delle vendite e prestazioni che, invece, ne costituisce il 41 per cento, circostanza rappresentativa della modesta capacità di autofinanziamento»;
   di seguito si trascrive la esatta quantità e la provenienza dei contributi:
    1. Ministero per i beni e le attività culturali per il 2010 euro 900.000, per l'anno 2009 euro 1.100.000, per l'anno 2008 euro 1.200.000;
    2. regione siciliana assessorato beni culturali per il 2010 euro 1.000.000, per l'anno 2009 euro 1.000.000, per l'anno 2008 euro 1.000.000;
    3.  regione siciliana assessorato turismo POFESR per il 2010 euro 1.877.000, per l'anno 2009 euro 1.075.000, per l'anno 2008 euro 493.000;
    4. comune di Siracusa, per il 2010 euro 130.000, per l'anno 2009 euro 130.000, per l'anno 2008 euro 130.000;
    5. provincia regionale di Siracusa per il 2010 euro 50.000, per l'anno 2009 euro 50.000, per l'anno 2008 euro 50.000;
    6. comune di Palazzolo Akreide, per l'anno 2009 euro 50.000, per l'anno 2008 euro 50.000;
    7. comune di Melilli per l'anno 2008 euro 100.000;
    8. altri contributi per il 2010 euro 417.790, per l'anno 2009 euro 168.435, per l'anno 2008 euro 215.638;
    9. contributo socio sostenitore per il 2010 euro 120.000, per l'anno 2009 euro 120.000;
   ad ulteriore conferma della cattiva gestione economica-finanziaria della Fondazione dai conti economici dell'INDA si ricavano i seguenti dati:
    a) ricavi gestione caratteristica per l'anno 2010 euro 3.088.810, per l'anno 2009 euro 2.721.208, per l'anno 2008 euro 2.190.635;
    b) costi di produzione complessivi per l'anno 2010 euro 7.265.735, per l'anno 2009 euro 6.392.601, per l'anno 2008 euro 5.821.448;
    c) disavanzo per l'anno 2010 euro 4.176.925, per l'anno 2009 euro 3.671.293, per l'anno 2008 euro 3.603.813;
    d) ripianamento tramite i contributi pubblici e privati per l'anno 2010 euro 4.494.696, per l'anno 2009 euro 3.972.864, per l'anno 2008 euro 3.726.388;
   conseguenzialmente, l'INDA ha dichiarato un utile, secondo l'interrogante solo apparente, per l'anno 2010 di euro 317.865, per l'anno 2009 di euro 301.510, per l'anno 2008 di euro 95.670;
   un altro dato da esaminare, che assume particolare rilevanza al fine di determinare lo stato di salute della Fondazione, è quello relativo al costo del personale da confrontare percentualmente al valore della produzione. Il totale valore della produzione per l'anno 2010 è pari a euro 7.583.600, per l'anno 2009 a euro 6.694.111, per l'anno 2008 a euro 5.917.118; il totale del costo personale produzione per l'anno 2010 è pari a euro 2.367.010, per l'anno 2009 a euro 2.001.854, per l'anno 2008 a euro 1.841.045; la percentuale del costo personale rispetto ai costi di produzione incide rispettivamente per l'anno 2010 per il 31 per cento, per l'anno 2009 per il 29,9 per cento, per l'anno 2008 per il 31,11 per cento;
   appare ovvio che stante questa la realtà, qualsiasi altra impresa sarebbe da considerare a forte rischio, come nei fatti a giudizio dell'interrogante anche la Fondazione deve ritenersi «a rischio»;
   la Fondazione si regge essenzialmente su contributi pubblici, ed in minima parte su contributi privati, il costo del personale supera il 30 per cento del valore della produzione, ciò come è noto secondo l'interrogante evidenzia, insieme ad altri dati che non sono stati evidenziati per comodità di indagine, lo stato pre-comatoso di una qualsivoglia impresa commerciale;
   la Fondazione come ha più volte rilevato la Corte dei conti «non si avvale delle convenzioni stipulate dalla CONSIP spa cui potrebbe aver accesso in ragione della particolare natura giuridica che riveste all'interno dell'ordinamento nazionale»; «la disciplina presa a riferimento dalla Fondazione è quella contenuta nell'articolo 19 del Regolamento di amministrazione e contabilità, deliberato con atto n. 94 del 9 ottobre 2006»;
   ciò alimenta a giudizio dell'interrogante dubbi ed incertezze circa la corretta gestione degli appalti, sia sotto il profilo dell'economicità sia in merito alla procedura dell'aggiudicazione degli appalti medesimi;
   la Fondazione ha diffuso i seguenti dati relativi al totale degli spettatori paganti, nella stagione appena conclusasi, che denunciano, ad avviso dell'interrogante, delle palesi incongruenze:
    spettatori paganti (denunciati) n. 157.000;
    incasso totale euro 3.000.000 circa;
   il costo del singolo biglietto nelle varie fasce di posti risulta essere il seguente:
    posto non numerato euro 32,00;
    posto numerato I fascia euro 60,00 + euro 4,00;
    posto numerato II fascia euro 42,00 + euro 4,00;
   ne deriva che il costo medio per biglietto ammonta a circa euro 35,00;
   diminuendo gli spettatori paganti da 157.000 a 145.000, nell'ipotesi che siano stati distribuiti, nel corso dell'intera stagione, n. 12.000 biglietti omaggio, l'incasso per la gestione 2012 si dovrebbe attestare ad euro 5.075.000 (145.000 x euro 35,00), ben più consistente dei circa euro 3.000.000 denunciati dalla Fondazione come incasso totale per la stagione 2012;
   nonostante tutto quanto denunciato il consiglio di amministrazione in carica, a risicata maggioranza, ha ritenuto di proporre una terna di nomi, includendo non si sa per quali meriti, nuovamente il signor Fernando Balestra –:
   se non ritenga opportuno avviare con la massima urgenza una verifica ministeriale al fine di appurare quanto affermato nelle premesse;
   se non ritenga, nelle more, nell'ambito delle proprie competenze, procedere alla nomina di un nuovo sovrintendente;
   se non ritenga necessario procedere, qualora i fatti e le circostanze risultino vere, al commissariamento della Fondazione INDA. (4-18954)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALOMBA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 2 della legge 14 settembre 2011, n. 148 ha conferito al Governo, tra le altre cose, la seguente delega: «... a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;
    b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane...»;
   con decreto legislativo del 7 settembre 2012, n. 155 è stata stabilita la soppressione di tutte le sezioni distaccate di Tribunale; siffatta disposizione attuativa di carattere generale sembra in contrasto con la legge di delega se riferita anche alle Sezioni esistenti nei capoluoghi di provincia. Infatti, la delega stabilisce il principio della sopravvivenza dei tribunali nei capoluoghi di provincia esistenti alla data del 30 giugno 2011. Cioè, in ogni capoluogo devono restare gli uffici giudiziari esistenti che trattano affari giudiziari riguardanti il livello circondariale. Ciò che vale per i tribunali autonomi deve, a maggior ragione, valere per le sezioni staccate, che comportano minori oneri finanziari;
   è stata soppressa anche la sezione staccata di Sanluri, per la quale valgono altre specificità di merito idonee a escluderla dal novero delle sezioni staccate soppresse al fine del conseguimento di obiettivi di risparmio. Infatti, la sezione distaccata di Sanluri è presidio giudiziario per 45 comuni, ricomprendenti un territorio di circa 3.000,00 chilometri quadrati e un numero di oltre 153.000 abitanti. Tra i suddetti comuni vi sonori titolo di esempio, i centri di Villanovatulo, Orroli, Nurri, Escolca, Nuragus, Nurallao, Arbus e Laconi, che risultano essere non sufficientemente collegati con Cagliari, sia per la viabilità sia per la carenza di trasporti pubblici, elementi questi ultimi che creeranno enormi disagi al cittadino per l'accesso alla giustizia nel capoluogo della regione;
   afferisce allo stesso ufficio giudiziario un numero rilevante di affari giudiziari in quanto nelle sue aule si celebrano annualmente circa 2500 processi civili, 500 penali, 1000 nella volontaria giurisdizione, 744 esecuzioni mobiliari (con circa 520 nuove iscrizioni annuale nel ruolo delle esecuzioni);
   il mantenimento della sezione staccata di Sanluri realizzerebbe il dettato normativo alla luce dei criteri oggettivi e omogenei, dettati dalla lettera b) dell'articolo 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148, in quanto terrebbe conto «dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale»;
   neppure sotto il profilo della riduzione dei costi la soppressione in esame sarebbe giustificata in quanto i locali ove si trovano gli uffici giudiziari della sezione staccata di Sanluri sono di proprietà degli enti locali che provvedono a tutte le esigenze, senza alcuna spesa per lo Stato;
   al contrario, il previsto accorpamento di quegli uffici presso la sede di Cagliari, oltre ai disagi per i cittadini, per gli impiegati e funzionari degli uffici soppressi, nonché per i professionisti, comporterebbe inevitabilmente un aggravio di costi a carico dell'Erario per la necessità di reperire nuovi spazi, a voler tacere dei costi di trasferimento, adeguamento e altro ancora, che farebbero apparire inesistente un risparmio mentre, al contrario, determinerebbero un maggiore costo;
   la soppressione non porterebbe, a parere dell'interrogante, a un miglioramento, né tantomeno all'auspicata razionalizzazione, del servizio-giustizia;
   circa 300 avvocati del foro di Cagliari, molti dei quali residenti nel capoluogo e che quindi devono recarsi a Sanluri per le loro esigenze professionali, si sono costituiti in assemblea permanente autoconvocata e con un documento in data 27 ottobre 2012 hanno chiesto con forza che la sezione staccata del tribunale di Sanluri venga salvaguardata e non soppressa;
   ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della citata legge 14 settembre 2011, n. 148 il Governo «entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 2 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi», in questo caso istituendo/ripristinando la sezione staccata di Sanluri;
   in attesa di una decisione sul reintegro alla luce di una più penetrante istruttoria secondo criteri giuridici e di merito, potrebbe essere opportuna la proroga dell'operatività della sezione staccata di Sanluri –:
   se sia a conoscenza della situazione evidenziata in premessa e se ritenga opportuno valutare la possibilità di disporre una proroga dell'operatività della sezione staccata di Sanluri in attesa di una più puntuale verifica della situazione di fatto e di diritto, o ai sensi della legislazione di delega e delegata in materia o autonomamente in altri interventi normativi.
(5-08600)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOVELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la delibera CIPE n. 80 del 2006, al punto 7.b. dell'allegato 1, ha previsto l'istituzione dell'Osservatorio ambientale per il terzo valico dei Giovi, affidandogli il compito di valutare gli impatti ambientali correlati alla realizzazione dell'opera monitorandone le criticità e fungendo da interfaccia tra i realizzatori dell'opera, i cittadini e gli enti locali;
   il 18 ottobre 2012, si è svolta a Roma la prima riunione del predetto Osservatorio a cui hanno preso parte i rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della regione Liguria e del Piemonte, oltre ai rappresentanti di RFI e al commissario governativo del Terzo Valico Walter Lupi. Già in tale occasione, l'onorevole interrogante, facendosi portavoce delle istanze manifestate dagli enti locali interessati dal futuro passaggio della linea AV/AC, aveva evidenziato alla Camera dei deputati le anomalie legate al funzionamento di tale organismo. Particolari criticità erano state riscontrate nel fatto che l'Osservatorio fosse convocato a Roma in sede ministeriale, anziché sul territorio interessato dai lavori, evenienza questa che rende ancor più difficile lo svolgimento di un confronto costante con gli enti locali e le istanze territoriali. In secondo luogo era stata evidenziata l'inopportunità di aver individuato come presidente dell'osservatorio un funzionario ministeriale proveniente da Napoli. A tal proposito, secondo l'interrogante sarebbe stato meglio individuare una persona di riferimento sul territorio basso-piemontese o comunque in grado di recarsi con maggiore frequenza nei cantieri per valutare l'evoluzione delle attività e le eventuali problematiche ad esse correlate;
   il 28 novembre 2012, l'osservatorio, ambientale per il Terzo Valico si è nuovamente riunito a Roma in sede ministeriale. Alla seduta è stato convocato anche l'assessore ai lavori pubblici, alla viabilità e alle grandi infrastrutture della provincia di Alessandria con il compito di illustrare i contenuti di una delibera approvata dal consiglio provinciale, nella quale sono state raccolte le problematicità di ordine ambientale e trasportistico evidenziate dai vari comuni interessati dal futuro transito della linea del Terzo Valico. Al termine dell'illustrazione della delibera, all'assessore della provincia di Alessandria è stato però impedito di poter assistere alla prosecuzione dei lavori della riunione. Evenienza questa che di fatto ha impedito un confronto con le istanze dei territori e le loro preoccupazioni legate alla realizzazione dell'opera –:
   se sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa;
   se non ritenga opportuno, al fine di garantire un'interazione costante con le istanze territoriali e poter valutare al meglio l'evoluzione delle attività cantieristiche, individuare una sede situata tra Genova ed Alessandria per le prossime riunioni dell'Osservatorio ambientale per il terzo valico dei Giovi, individuando altresì una persona di riferimento sul territorio basso-piemontese o comunque in grado di recarsi con maggiore frequenza nei cantieri per valutare l'evoluzione delle attività e le eventuali problematiche ad esse correlate;
   quali iniziative intenda assumere affinché tale organismo incaricato di supervisionare gli impatti ambientali del Terzo Valico, fornisca al più presto risposte certe in merito all'eventuale presenza di materiali asbestiformi nelle rocce interessate dalle trivellazioni e sui rischi per le falde acquifere. (5-08601)


   LOVELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sabato 24 novembre 2012, lungo la linea ferroviaria Metaponto-Reggio Calabria, tra le stazioni di Rossano e Mirto di Crosia, si è verificato un incidente ferroviario che ha provocato la morte di sei persone. Le sei vittime, tutte di nazionalità rumena, stavano attraversando un passaggio a livello a bordo della loro autovettura al rientro da una giornata di lavoro nei campi. Non accortisi dell'arrivo del treno regionale n. 3753 partito da Sibari e diretto a Reggio Calabria, il veicolo è stato travolto, provocando la morte dei passeggeri;
   secondo le prime ricostruzioni risulterebbe che il gruppo di braccianti fosse solito percorrere il tragitto interessato dalla presenza del passaggio a livello gestito da privati. All'incidente sono infatti sopravvissute due persone che, in possesso delle chiavi, erano scese dal veicolo proprio per aprire il lucchetto utilizzato per la chiusura del passaggio a livello;
   gli articoli 64 e 66 del decreto del Presidente della Repubblica n.753 del 1980 disciplinanti la normativa sui passaggi a livello «privati» indicano che «sono generalmente necessari per dare accesso a fondi interclusi e il relativo uso è regolato mediante una specifica convenzione tra RFI e uno o più privati utilizzatori, cui è affidata la chiave per l'apertura e chiusura — a carattere necessariamente saltuario — del passaggio, in base a specifiche regole di comportamento, che consentono tale uso in sicurezza» –:
   quali siano le valutazioni del Ministero competente in relazione alle circostanze che hanno causato l'incidente in premessa specificato;
   se ritenga che la gestione diretta da parte di privati dei passaggi a livello che danno accesso a fondi interclusi, mediante specifica convenzione con RFI, sia in grado di garantire standard adeguati di tutela della sicurezza di chi vi transita e per la circolazione ferroviaria sulla rete nazionale;
   se sia in corso e quale sia lo stato di attuazione del programma di interventi per l'eliminazione dei passaggi a livello sulla rete nazionale. (5-08602)


   LOVELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si è recentemente svolta presso l'aeroporto di Fiumicino una riunione tra i vertici della compagnia aerea Alitalia - C.A.I., nel corso della quale il Cfo-Chief financial officer, Paolo Amato ha presentato i dati relativi all'andamento economico della compagnia nell'ultimo trimestre 2012 e sulle previsioni per il 2013;
   secondo quanto riportato il 10 novembre 2012 in un articolo apparso sulla versione online de Il Fatto Quotidiano, nel corso della suddetta riunione, Amato avrebbe comunicato ai dirigenti di Alitalia l'intenzione di procedere all'erogazione di premi, sulla base del raggiungimento di obiettivi Mbo, per un totale di 36 milioni di euro;
   la notizia ha suscitato scalpore, in quanto appena qualche mese fa la compagnia aerea aveva comunicato la decisione, poi rinviata a seguito di un accordo sindacale, di procedere all'avvio di un ciclo di cassa integrazione per quasi 700 dipendenti (300 tra il personale navigante, 300 negli uffici e un centinaio di addetti ai carrelli) ed al taglio di circa 500 unità di personale con contratto a tempo determinato a causa delle criticità economiche in corso nell'ex compagnia di bandiera, conseguenti alla crescita del prezzo dei carburanti e della concorrenza delle compagnie low cost;
   secondo gli ultimi dati del bilancio di Alitalia, la compagnia verserebbe in una situazione economico-finanziaria decisamente critica, in particolare la semestrale 2012 risulterebbe essere stata chiusa con una perdita di 201 milioni di euro (più che doppia rispetto a quella del 2013); il risultato operativo della compagnia avrebbe subito una perdita pari a 169 milioni di euro rispetto al 2011 e l'azienda sarebbe indebitata finanziariamente per un totale di 862 milioni di euro. In aggiunta, il prossimo 13 gennaio scadrà la cosiddetta «clausola di lock up», ovvero la proibizione per gli azionisti di vendere le azioni possedute. Situazione questa che potrebbe mettere ulteriormente in difficoltà economica la compagnia aerea, nell'eventualità di massicce vendite dei suoi titoli da parte degli azionisti –:
   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere di fronte al peggioramento delle condizioni economiche della principale compagnia aerea italiana e alle prevedibili ricadute occupazionali, anche in considerazione dell'imminente scadenza del la clausola di lock up. (5-08606)


   LOVELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 24 marzo 2012 è stata promulgata la legge n. 27, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201 «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività» contenente misure finalizzate a garantire una maggiore apertura alla libera concorrenza per molti settori dell'economia italiana ad oggi ancora caratterizzati da situazioni di monopolio e presenza di barriere all'accesso, come quello dei trasporti;
   in particolare, all'articolo 36 del cosiddetto decreto liberalizzazioni, venne prevista l'istituzione dell'Autorità di regolazione dei trasporti a cui è stato affidato il compito di vigilare sulla liberalizzazione del settore italiano dei trasporti (comparto stradale, autostradale, aereo e ferroviario), conciliando le finalità economiche del profitto con i bisogni sociali di qualità e di universalità dei servizi legati alla mobilità dei cittadini;
   tale Autorità avrebbe dovuto diventare pienamente operativa entro maggio 2012 attraverso l'individuazione di un'apposita sede e di un collegio che fosse in grado di garantire le caratteristiche di indipendenza, autonomia e preparazione tecnica necessarie al corretto svolgimento del ruolo di organismo imparziale di regolazione;
   nel giugno del 2012, il Governo ha proposto una terna di candidati, sulla quale le Commissioni parlamentari competenti non si sono pronunciate;
   peraltro, lo stesso rappresentante del Governo, intervenuto nella seduta del 19 settembre 2012 della Commissione Trasporti della Camera, ha rilevato la necessità di riconsiderare la composizione della terna proposta dal Governo e si era impegnato a provvedere entro il 28 settembre 2012;
   nel corso dell'esame della legge di stabilità 2013 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (C. 5534-bis-A)», che è stata approvata nelle scorse settimane attraverso il voto di fiducia, il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno n. 9/5534-bis/A-163 presentato dall'interrogante, con cui l'Esecutivo si è impegnato a sbloccare le procedure per dare piena operatività all'Autorità dei trasporti, ciò potrebbe essere fatto individuando entro breve tempo una terna di candidati idonei, per competenze ed indipendenza, ad essere eletti come componenti della predetta autorità di regolazione –:
   come intenda procedere per dare effettiva operatività all'Autorità di regolazione del settore dei trasporti, attraverso l'individuazione della sede e la designazione della terna dei candidati a far parte del collegio dell'autorità stessa. (5-08607)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Traforo del Monte Bianco è gestito da un Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) partecipato al 50 per cento dalla Società italiana per azioni per il traforo del Monte Bianco (Gruppo autostrade per l'Italia) e al 50 per cento dalla Società ATMB (Autoroutes et Tunnel du Mont Blanc) partecipata al 67 per cento dallo Stato francese;
   la convenzione tra il Governo della Repubblica francese e il Governo della Repubblica italiana sottoscritta a Lucca il 24 novembre 2006 relativa al traforo stradale del Monte Bianco e ratificata in Italia dalla legge n. 166 del 2007 prevede la regola che le gare d'appalto ricorrenti vengano bandite una volta in diritto italiano e una volta in diritto francese;
   il GEIE TMB – Gruppo europeo di interesse economico traforo del Monte Bianco, in data 9 novembre 2012, ha indetto una procedura di gara per l'affidamento del «Servizio di lotta contro gli incendi e di primo soccorso sulle pertinenze del traforo del Monte Bianco»;
   la procedura ad evidenza pubblica è soggetta al diritto francese, ai sensi della disciplina prevista dalla direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e dall'ordinanza n. 2005-649 del 6 giugno 2005;
   precedentemente la stessa gara d'appalto era stata indetta nel 2006 in diritto italiano e nel 2009 in diritto francese;
   secondo quanto riportato nel bando «il valore stimato dell'appalto, al netto dell'IVA, è nell'ordine di 12 milioni di euro per 3 anni»;
   le precedenti procedure di gara, esperite nel 2006 e nel 2009 ed aventi rispettivamente importo a base d'asta di 14.600.000 euro e di 15.000.000 euro, erano state alternativamente assoggettate a diritto italiano (nel 2006) e francese (nel 2009);
   la riduzione dell'importo posto a base dell'odierna procedura è formulata in spregio dei dettami dell'articolo 9 della direttiva comunitaria 2004/18/CE, rubricata «Metodi di calcolo del valore stimato degli appalti pubblici degli accordi quadro e dei sistemi dinamici di acquisizione»;
   nello specifico, il comma 7 dell'articolo citato prevede che «se gli appalti pubblici di forniture o di servizi presentano carattere di regolarità o sono destinati ad essere rinnovati entro un determinato periodo, è assunto come base per il calcolo del valore stimato dell'appalto: il valore reale complessivo dei contratti analoghi successivamente conclusi nel corso dei dodici mesi precedenti o dell'esercizio precedente, rettificato, se possibile, al fine di tener conto dei cambiamenti in termini di quantità o di valore che potrebbero sopravvenire nei dodici mesi successivi al contratto iniziale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza che non è stata rispettata la regola, statuita dalla convenzione di Lucca, in data 24 novembre 2006, tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese e ratificata in Italia dalla legge n. 166 del 2007, in materia di alternanza, nell'indizione della gara d'appalto di che trattasi;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda esposta e per quale motivo, alla luce della vigente normativa in materia di appalti pubblici e di sicurezza nelle gallerie, di cui alla direttiva 2004/54/CE recepita nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 264 del 5 ottobre 2006 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011, sia stato posto a base d'asta un valore addirittura inferiore del 20 per cento rispetto al precedente appalto ed all'attuale importo di affidamento;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza che tale riduzione violi gli accordi raggiunti nel corso del XXX Vertice Bilaterale Francia-Italia, volti a garantire la sicurezza in ambito stradale;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza ed intendano intervenire per scongiurare le nefaste conseguenze che una tale riduzione degli importi messi a disposizione della sicurezza determinerebbe a scapito della collettività tutta.
(4-18942)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VILLECCO CALIPARI, ZACCARIA, MINNITI, MARINI, BRESSA, LARATTA, OLIVERIO, LO MORO e LIVIA TURCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei diversi comuni della piana di Gioia Tauro, in queste settimane, sono impegnati centinaia di lavoratori stranieri nella raccolta stagionale di arance e di clementine, principale fonte di reddito nel settore agricolo della piana;
   le associazioni sindacali operanti sul territorio e diversi amministratori locali, in particolare i Sindaci dei Comuni di San Ferdinando (RC) e di Rosarno (RC) hanno riscontrato una situazione allarmante e potenzialmente esplosiva, relativa alle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori stranieri impegnati nella raccolta degli agrumi;
   il campo di accoglienza di San Ferdinando gestito dal Ministero dell'interno e approntato dalla protezione civile regionale per la preventiva durata di tre mesi è ancora esistente con la presenza di circa 650 lavoratori a fronte di una capacità di circa 260 posti;
   solo nella zona di Rosarno le organizzazioni sindacali stimano l'arrivo di circa 1.000 lavoratori stranieri presso la struttura gestita dal Ministero dell'interno;
   la Regione Calabria dopo un iniziale contributo per le spese di gestione non ha più provveduto ad alcun finanziamento del campo di San Ferdinando, anche il personale incaricato della gestione non riceverebbe lo stipendio dal mese di luglio a causa del mancato pagamento da parte della Regione Calabria;
   la tendopoli e la zona circostante sono diventati un ghetto, con una situazione igienico-sanitaria non degna di un paese civile, gli stessi migranti denunciano una situazione insostenibile a causa della scarsa manutenzione dei servizi igienici presenti che risultano pochi rispetto all'utenza;
   il clima di grave disagio, già denunciato da molti amministratori dei comuni interessati e dalle organizzazioni operanti sulla piana, rischia di degenerare ogni giorno, riportando alla memoria dolorosi episodi di guerriglia urbana di tre anni fa e con gravi ripercussioni sulla tenuta dell'ordine pubblico;
   non è ipotizzabile che su piccoli comuni, come quello di San Ferdinando, ricada la responsabilità gestionale e finanziaria di una struttura così onerosa –:
   se non ritenga urgente convocare nell'immediato un tavolo presso la prefettura di Reggio Calabria con l'obiettivo di analizzare e le principali problematiche del campo di San Ferdinando e dare risposta alla situazione emergenziale;
   se non ritenga urgente potenziare la dotazione tecnico-logistica del campo di San Ferdinando per garantire uno standard minimo di vivibilità ai lavoratori stranieri presenti e prevedere un supporto economico almeno per intervenire sulle prime gravissime problematiche del campo. (5-08605)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a quanto è dato sapere all'interrogante, nella classe di concorso di storia dell'arte della provincia di Torino sono stati assunti a partire dal 1999 sino ad oggi n. 0 riservisti, ovvero nessun riservista a fronte di 49 docenti che attualmente costituiscono l'organico di diritto essendo stati regolarmente assunti a tempo indeterminato;
   all'interrogante risulta altresì che ad agosto 2011 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha disposto 2 assunzioni in ruolo sulla classe di concorso sopracitata per l'anno 2011/2012, ma, nonostante la legge 68 del 1999 imponga di assumere il 50 per cento del riservisti, il provveditorato non ha assunto 2 normodotati ripartendo le assunzioni una sulla graduatoria a concorso e l'altra sulla graduatoria ad esaurimento;
   nessun riservista è quindi stato assunto;
   a seguito del ricorso avverso il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca presso il giudice ordinario, presentato da una docente prima riservista nella graduatoria ad esaurimento, è emerso, sulla base di quanto dichiarato dal teste dell'ufficio scolastico di Torino, che per coprire l'aliquota di legge del 7 per cento sulla sopra citata graduatoria, ai riservisti sarebbero dovuti spettare 4 posti;
   lo stesso teste, avrebbe spiegato al giudice che siccome vi erano due posti disponibili cioè con copertura finanziaria (su tre risultanti vacanti), di questi due posti il primo (con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 73 del 10 agosto 2011) è stato retrodatato all'anno 2009-2010 e assegnato a normodotato iscritto nella graduatoria a concorso, il secondo (con decreto ministeriale 74 10 agosto 2011) è stato attribuito all'anno 2011/2012 e assegnato al normodotato della graduatoria ad esaurimento, nessun ruolo invece è andato ai riservisti perché si è diviso 1 ruolo per anno e 1 non è frazionabile;
   nonostante ciò, il giudice ha emesso sentenza con esito negativo per la ricorrente motivando tale decisione con l'assenza di istruzioni specifiche del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che obbligassero i funzionari a immettere il riservista per coprire al minimo l'aliquota di legge;
   dunque, secondo il giudice, a causa della frammentarietà delle istruzioni ministeriali in merito alle assunzioni dei riservisti, i funzionari del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non sarebbero obbligati a coprire le aliquote previste dalla Legge n. 68 del 1999, e quindi sarebbero autorizzati ogni anno ad escludere dalle assunzioni in ruolo i docenti riservisti a vantaggio di quelli normodotati;
   anche quest'anno infatti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha assegnato due immissioni in ruolo per l'anno 2012/2013 a due docenti normodotati, escludendo ancora una volta i riservisti ed eludendo di fatto l'obbligo di tutelare le categorie protette;
   tale elusione dell'assunzione del riservista su due posti annuali sarebbe giustificata dall'esigenza del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di ripartire i posti assegnandoli entrambi ai normodotati in prima posizione sia nella graduatoria del concorso sia in quella ad esaurimento, lasciando per ultima la graduatoria dei riservisti, che invece dovrebbe essere tutelata e non ignorato dalle assunzioni annuali;
   a parere dell'interrogante quanto sopra illustrato di fatto si pone in contrasto con la legge 68 del 1999 e nega ai riservisti il diritto al lavoro –:
   se il Ministro sia al corrente di quanto illustrato in premessa e se non intenda intervenire per far sì che gli Usr applichino correttamente la legge 68 del 1999. (5-08603)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAZZERA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi 4 anni la conceria Eco Leather di Monopoli (Bari) ha denunciato forti passività in bilancio anche legate ai costi del personale addetto al reparto taglio;
   conseguentemente l'azienda ha deciso di delocalizzare in Romania il succitato reparto della fabbrica, e di mettere in mobilità 96 lavoratori;
   contro la scelta della conceria monopolitana gli operai hanno manifestato e presentato vertenze, mentre il Comitato cittadino «No licenziamenti Eco Leather» ha organizzato una raccolta firme finalizzata ad evitare la delocalizzazione;
   secondo il Comitato, la delocalizzazione «È l'ennesimo attacco alla dignità ed ai diritti dei lavoratori, dopo che il Governo ha cancellato l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, facilitando i licenziamenti. Cento famiglie a Monopoli resteranno senza lavoro e senza stipendio con ricadute economiche e sociali drammatiche». Il Comitato inoltre ha respinto «l'azione calunniatrice del padrone D'Apolito, il quale accusa falsamente i lavoratori di assenteismo e di mancata produzione. L'Azienda Eco Leather continua invece a fare enormi profitti a scapito dei diritti dei lavoratori, mentre le commesse non si sono ridotte, il lavoro c’è ed è aumentata la produzione» 7 (monopolilive.com del 2 settembre 2012). Per queste ragioni il Comitato ha chiesto di conoscere il piano aziendale e la reale situazione dei bilanci;
   il 13 settembre 2012 è stato organizzato un tavolo presso la task force regionale, insieme all'azienda, Confindustria, e alle organizzazioni sindacali per l'analisi della situazione legata alla procedura di mobilità dei 96 lavoratori, ed in occasione di tale incontro è stato affrontato il problema delle «ferie forzate». «Nel valutare il ricorso a strumenti alternativi alle ferie forzate, le parti hanno concordato, in via del tutto eccezionale e non ripetibile e limitatamente al periodo 13 settembre-4 ottobre (compreso), che il personale in servizio presso il reparto taglio che attualmente usufruisce di giornate in acconto ferie (ovvero, ferie non ancora maturate), godrà di permessi retribuiti» (monopolitube.it del 17 settembre 2012);
   il 14 settembre 2012 si è svolto un incontro tra le rappresentanze sindacali unitarie aziendali, le segreterie provinciali dei sindacati e l'azienda. Durante il vertice «si è discusso della cassa integrazione ordinaria che l'azienda intende utilizzare a causa del calo delle commesse provocato dalla crisi mondiale del mobile imbottito e del settore automobilistico» (monopolitube.it del 17 settembre 2012);
   nonostante i vari tentativi di dissuadere l'azienda dalla scelta di licenziare il personale considerato in esubero, l'Eco Leather ha confermato la mobilità per il reparto taglio e l'apertura della cassa integrazione ordinaria soltanto per gli altri reparti (monopolilive.com del 27 settembre 2012);
   tuttavia, dalle buste paga emesse il 7 novembre 2012 e riferite al periodo 10 ottobre 2012, risulterebbe che l'azienda, senza alcun avviso, abbia riconosciuto la cassa integrazione ordinaria ai lavoratori addetti al reparto taglio –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero, ed in particolare, se l'Eco Leather di Monopoli abbia attivato tutte le procedure previste dalla legge per la cassa integrazione ordinaria nei confronti dei lavoratori del reparto taglio. (4-18946)


   ZAZZERA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta dalla stampa, l'ufficio di collocamento per disabili della provincia di Bari avrebbe più volte diffidato l'asl di Bari per la mancata assunzione di personale ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili»;
   l'ente rientrerebbe nell'elenco dei recidivi: «Una storia che viene da lontano, che ha visto l'asl collezionare solleciti e diffide. La prima missiva da via Postiglione è partita il primo settembre 2011: assunte 61 persone, bisognava dar seguito agli impegni presi con altri 92 inserimenti lavorativi. Nessuna risposta, neppure dopo una seconda diffida, risalente allo scorso febbraio [...]» (La Repubblica di Bari del 13 novembre 2012);
   l'asl di Bari ha giustificato l'inadempienza con i vincoli legati al piano di rientro; tuttavia la motivazione non convincerebbe la provincia. Secondo il direttore dell'area personale dell'asl, Francesco Lippolisi, tali vincoli sarebbero di carattere finanziario, non autorizzativo. «Assunto che gli obblighi della legge 68 non sono intaccati dal piano, la strategia dell'asl è rivedere le dotazioni organiche, e solo dopo la riorganizzazione procedere a nuove assunzioni» (La Repubblica di Bari del 13 novembre 2012);
   il direttore Lippolisi avrebbe poi dichiarato di non poter prendere persone di cui non c’è bisogno, «fermo restando che i diritti non si toccano» (La Repubblica di Bari del 13 novembre 2012);
   la provincia è dunque ancora in attesa di una convenzione che stabilisca le modalità e i tempi della copertura di tutti i 92 posti, e nel frattempo, a queste persone viene negato il diritto al lavoro –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa, e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire il rispetto della normativa sul diritto al lavoro per i disabili da parte delle pubbliche amministrazioni. (4-18952)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   si fa riferimento all'ordine del giorno dell'interpellante sul provvedimento n. 5440 accolto dal Governo che impegna l'esecutivo ad individuare idonei strumenti, anche di carattere finanziario, al fine di garantire, nel rispetto dell'autonomia regionale, ai medici di poter svolgere l'attività libero-professionale intramuraria in locali adeguati e con l'adeguata strumentazione ed a valutare l'opportunità di predisporre iniziative finalizzate ad evitare che la selezione del personale medico – e di quello a livello dirigenziale, in particolare – non sia compromessa dalle interferenze della politica e veda prevalere il requisito della professionalità;
   il provvedimento n. 5440 ha come obiettivo la riorganizzazione e il miglioramento dell'efficienza del Servizio sanitario nazionale per un più elevato livello di tutela della salute del cittadino, con particolare riferimento alla valorizzazione della professione medica; questa infatti è la ratio delle norme che regolamentano in maniera definitiva l'attività libero-professionale intramoenia dei medici, mettendo fine – dopo quindici anni – al regime «provvisorio» dell'utilizzazione da parte del medico del proprio studio professionale per l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria attraverso la fissazione di una precisa tempistica anche per quanto riguarda il reperimento dei locali, così come delle disposizioni sulla dirigenza sanitaria e sulla governance clinica, le quali, come si evince anche dalle dichiarazioni dello stesso Presidente del Consiglio Monti, mirano a fare della trasparenza e del merito gli unici criteri da valutare nella nomina dei vertici delle aziende sanitarie locali e dei direttori di struttura complessa (ex primari) –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di dare attuazione all'ordine del giorno.
(2-01776) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta scritta:


   EVANGELISTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 1 del 2012, il cosiddetto decreto liberalizzazioni, l'attuale Governo ha introdotto disposizioni in materia di farmacie, prevedendo tra l'altro le modalità per il conferimento, tramite concorso, delle sedi farmaceutiche;
   le regioni stanno definendo in queste settimane il bando di concorso individuando le sedi su base comunale. Il concorso è unico per singola regione;
   il Governo ha inoltre deciso che i concorsi si svolgano valutando, in via straordinaria, solo i titoli dei singoli partecipanti;
   per accedere al concorso è obbligatorio essere iscritti all'ordine dei farmacisti;
   si rammenta che l'iscrizione all'ordine dei farmacisti implica obbligatoriamente anche l'iscrizione all'ente di previdenza dei farmacisti (ENPAF). Tale iscrizione costa oltre 4.000 euro l'anno, ridotti a 2.000 euro se un farmacista non svolge la professione;
   ne discende che solo per poter partecipare al suddetto concorso partecipando quindi alle selezioni, è necessario spendere oltre 4.000 euro –:
   se non si ritenga urgente intervenire con un'iniziativa normativa al fine di consentire la partecipazione al concorso anche a chi non è iscritto all'ordine dei farmacisti, fermo restando l'obbligo dell'iscrizione entro trenta giorni, qualora il soggetto risultasse assegnatario della sede farmaceutica. (4-18943)


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 15, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, riporta, tra le molte misure previste nell'ambito della spending review in campo sanitario, quella relativa alla diminuzione dei posti-letto su tutto il territorio nazionale;
   tale misure prevede 3,7 posti letti, al massimo, ogni mille abitanti, come peraltro confermato anche dal Ministero della salute nel suo comunicato stampa n. 234 dell'8 novembre 2012 (disponibile sul sito internet del Ministero) che annuncia l'invio alla Conferenza Stato-regioni della bozza di regolamento per la relativa attuazione;
   a fronte di questa previsione vi sono territori nei quali tale nuovo livello in termini di posti-letto appare, pur essendo basso e volto ad ottenere risparmi, davvero di difficile raggiungimento, come dimostra il caso della provincia di Barletta-Andria-Trani (BAT), dove ogni mille abitanti vi sono in media 1,86 posti letto;
   si tratta, come evidenziato anche dal presidente della provincia, del livello più basso della Puglia, senza considerare inoltre l'obsolescenza e l'inadeguatezza (destinate a peggiorare vista l'assenza di finanziamenti del CIPE per la costruzione del nuovo auspicato ospedale di Andria) delle strutture ospedaliere e sanitarie presenti nella BAT –:
   quali iniziative, nel rispetto delle competenze degli enti locali in materia di gestione della sanità ma al tempo stesso nell'ottica di garantire una omogenea applicazione della norma sulla spending review varata dal Governo e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale, reputi opportuno attuare in merito a quanto esposto in premessa. (4-18945)


   SCILIPOTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto dermopatico dell'Immacolata di Roma (Idi) è uno dei più importanti centri dermatologici d'Italia e fa capo alla Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione;
   l'Idi conta circa 1.500 dipendenti e centinaia di pazienti curati ogni giorno, ma, da oltre cinque mesi, i primi non ricevono lo stipendio con regolarità e la dirigenza ha difficoltà a riparare i macchinari e ad offrire ai pazienti prestazioni sanitarie efficienti;
   l'Idi è un centro convenzionato con il Servizio sanitario nazionale e per questo, nel 2010 ha ricevuto dalle regioni rimborsi pari a 77 milioni di euro. Allo stesso tempo questo importante istituto per la cura delle malattie della pelle è un ente di ricerca e, ogni anno, riceve dal Ministero della Salute circa due milioni e mezzo di euro;
   l'Idi accede, inoltre, al cinque per mille che annualmente oscilla tra i 150 e i 200 mila euro e, nel 2011, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha assegnato all'Istituto dermopatico romano 9 milioni di euro;
   tra prestazioni private e convenzionate l'ospedale incassa ogni giorno tra i 50 e i 70 mila euro, che si aggiungono a tutto quanto sopra esposto;
   tali numeri non farebbero, quindi, pensare a una difficoltà economica tale da giustificare i ritardi nei pagamenti degli stipendi e l'inefficienza delle prestazioni sanitarie, infatti dall'inchiesta mandata in onda dalla trasmissione giornalistica «Report» il 22 aprile 2012, emerge una situazione oscura nella gestione di tutto il denaro che gravita intorno all'Istituto;
   sembrerebbe che gli ingenti fondi economici in entrata non siano utilizzati per migliorare e valorizzare l'ospedale, ma per altre finalità. Secondo quanto riferito nelle diverse interviste trasmesse da Report, la TAC, ad esempio, non funziona da diversi mesi, le risposte dei prelievi ematici non arrivano con la doverosa solerzia, manca il personale per eseguire le ecografie, mancano garze e cerotti, materiale sanitario più elementare;
   sempre dall'inchiesta di Report è emerso, poi, che la Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione, negli ultimi anni, ha cercato di investire in numerose e variegate attività che, a lungo andare, hanno messo in crisi le sue casse e di conseguenza le strutture sanitarie che gestisce. La dettagliata inchiesta fa anche riferimento ad una fuoriuscita di denaro contante (e giornaliero) dall'Idi, necessaria – a quanto si apprende da uno dei principali esponenti della Congregazione – per le spese quotidiane dei frati della stessa;
   la Congregazione, in quanto ente no profit, non è obbligata a depositare i propri bilanci alla camera di commercio, anche se dalla stessa sono nate negli anni miriadi di società, in Italia e all'estero. Società tipo holding, società a responsabilità limitata, società per azioni, ordinarie società commerciali, che lasciano il dubbio che non si abbia a che fare esattamente con un ente che svolge la propria attività non a scopo di lucro;
   ad oggi, i debiti della Congregazione, tra banche e fornitori, si aggirano intorno ai 210 milioni di euro;
   questi debiti derivano da una serie di particolari investimenti. Nella succitata inchiesta di Report si fa riferimento, in particolare a 300 milioni di euro spesi nel 2004, per l'acquisizione di una struttura di produzione di farmaci antitumorali (Nerviano Medical Sciences – oggi acquisita dalla regione Lombardia); al progetto di un inceneritore per lo smaltimento di rifiuti ospedalieri a Brindisi («bocciato» dalla regione Puglia); all'acquisto, dalla De Agostini, della Elea spa, una società che si occupa di formazione, attorno alla quale gravitano i più noti nomi del mondo politico italiano;
   inoltre, la Congregazione ha commissionato la progettazione di un centro benessere a Villa Paola (Capranica - Viterbo), che prevedeva la trasformazione di parte della casa di cura in una spa, comprendente vasca salina, vasca oleosa, vasca aromatica cromoterapica, ed ancora un'immensa sauna, 4 piscine, 3 idromassaggi, e un centro per i massaggi ai piedi. Una struttura da 13 milioni di euro, bloccata attualmente dalla sopraintendenza, ma che costerà comunque 1 milione e 200 mila euro per la progettazione;
   questi e altri ingenti investimenti, che poco hanno a che fare con la sanità, rischiano di portare al fallimento non solo l'Idi, ma anche il San Carlo di Nancy, altro importante nosocomio romano, che fa capo alla Congregazione e per il quale solo poche settimane fa, è stato lanciato un allarme da diversi consiglieri della regione Lazio; sale operatorie bloccate per mancanza di farmaci e reparto di terapia intensiva nuovo, pronto dal 2007 e con macchinari mai utilizzati, chiuso a chiave;
   questa situazione appare, agli occhi dell'interrogante, gravissima, poiché lede in maniera evidente il diritto a ricevere assistenza sanitaria adeguata dei cittadini italiani –:
   se non intenda, per quanto nelle proprie competenze e sulla base della grave vicenda esposta in premessa, avviare un'azione concreta, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, al fine di verificare la disastrosa situazione dell'Istituto dermopatico italiano, nonché del San Carlo di Nancy, considerati i contributi da parte di diversi Ministeri, affinché le peculiarità sanitarie dei due nosocomi non vadano perse a causa di una gestione che appare sconsiderata del denaro disponibile;
   come s'intenda operare affinché i dipendenti possano tornare a percepire i propri stipendi uscendo da una situazione che sta assumendo, ogni giorno di più, gravi connotati sociali;
   se s'intenda intervenire, per quanto di competenza, affinché siano resi pubblici i bilanci della Congregazione dei Figli dell'Immacolata, al fine di accertare eventuali responsabilità della stessa nella situazione critica delle due aziende ospedaliere succitate;
   quali iniziative urgenti s'intendano avviare per tutelare la salute dei numerosi cittadini che ogni giorno si recano in questi importanti e specializzati ospedali della capitale e che non riescono, per la situazione sopra descritta, a ricevere un'assistenza sanitaria adeguata. (4-18947)


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16, comma 8, del decreto-legge n. 98 del 2011 sancisce la nullità delle norme, dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale, della regione Puglia per stabilizzare 530 dirigenti medici precari attraverso la legge regionale n. 40 del 2007;
   tra le conseguenza di tale situazione vi sono quelle relative, per esempio, a molti medici che dopo il settembre 2003 avevano svolto concorsi pubblici risultando idonei non vincitori e che poi erano stati messi sotto contratto come dirigenti, a tempo determinato e con successivi rinnovi, dalle varie ASL pugliesi;
   questi medici (valga come esempio significativo quello di un gruppo di psicologi assunti con tali modalità dalla ASL BA/2 di cui l'interrogante è a diretta conoscenza) si trovano oggi nella situazione paradossale di risultare in graduatorie valide nell'ambito di concorsi pubblici e, al tempo stesso, di non poter esercitare il loro lavoro;
   ferme restando le competenze degli enti locali e delle ASL pugliesi, il necessario riferimento normativo cui fa riferimento il presente atto di sindacato ispettivo attiene a una norma di carattere nazionale (articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 216 del 2011, cosiddetto «mille proroghe») che, se non rinnovata, farà decadere il 31 dicembre 2012 la validità di quei concorsi pubblici;
   si tratta di una tematica molto delicata che riguarda sia la possibilità di garantire servizi sanitari di livello utili a contribuire al raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza prescritti dalla Costituzione, sia la possibilità di garantire un'occupazione stabile a personale medico che ne ha i titoli in virtù della partecipazione a regolari concorsi pubblici –:
   quali iniziative di competenza, in merito a quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere;
   se il Governo stia valutando la necessità di introdurre un'ulteriore proroga del termine del 31 dicembre 2012 ricordato in premessa. (4-18948)


   BARBATO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Daniela Vitolo, di Angri (Sa), ha 29 anni, del suo caso si sono interessati diversi organi di informazione locali e nazionali, stampa e tv;
   da sette anni è interessata da sensibilità chimica multipla, una malattia rara, «caratterizzata dalla impossibilità a tollerare un dato ambiente chimico o una classe di sostanze chimiche»;
   Daniela ha iniziato ad accusare i primi sintomi a ventiquattro anni dopo aver conseguito la laurea all'Accademia delle belle arti di Napoli;
   coltivava il sogno di diventare pittrice per questo aveva iniziato a lavorare in un laboratorio artistico, ma, un giorno viene trovata svenuta tra pennelli e tele;
   dopo analisi invasive, diagnosi su diagnosi, pareri medici disparati, si era cominciato a pensare che si trattasse di un malessere di origine esclusivamente psicologico;
   due anni fa è stata identificata la sintomatologia multipla di Daniela: sensibilità chimica multipla;
   originata da un'incapacità a tollerare qualche agente chimico o più agenti presenti nel laboratorio artistico;
   Daniela è vissuta in un agriturismo ad alta quota, isolata dal mondo, nutrendosi con pochissimi alimenti: riso, miglio ed olio;
   pesa 30 chili;
   con l'arrivo del freddo deve lasciare quel luogo (è allergica anche ai riscaldamenti);
   la famiglia di Daniela per i numerosi disagi da contatto che la patologia comporta si è impegnata economicamente a fare fronte alle esorbitanti spese mediche e strutturali che la situazione richiedeva;
   chi è affetto da questa rarissima forma allergica non può recarsi in ospedale o in ambulatori medici comuni, né per visite né per interventi, senza mettere a repentaglio perciò la propria vita, a causa della presenza di disinfettanti, detergenti, profumi oppure odori vari, solventi ed altre soluzioni tese alla pulizia e sterilizzazione degli ambienti perfino salire con un normale ascensore è minaccioso al quadro clinico della paziente;
   le crisi allergiche comportano svenimenti, collassi, crisi respiratorie, dolori articolari, sintomi generalizzati in tutto il corpo;
   la ragazza è ricoverata a Campi Salentina (Lecce) presso «IMID Unit» (presidio ospedaliero San Pio di Pietralcina di Campi Salentina), sotto la direzione del dottor Mauro Minelli, dove si trova al momento l'unico ospedale italiano predisposto all'accoglienza di persone interessate da sensibilità chimica multipla;
   la struttura ha una disponibilità di soli due posti letto in una stanza –:
   quali iniziative di competenza il Ministro della salute intenda assumere sul caso esposto in premessa affinché alla ragazza sia garantita la necessaria assistenza e quanto la medicina e la scienza riescono fino a questo momento a prevedere per migliorare la vita di questa giovane ragazza salernitana assumendo ogni iniziativa di competenza per prevedere aiuti economici in termini di spese mediche e messa in sicurezza della struttura che la ospiti (casa o presidio);
   se si intenda individuare come obiettivo nazionale la predisposizione in Italia per ogni regione di almeno un ospedale con stanze realizzate appositamente per questi malati;
   se il Ministro intenda dare supporto all'attività di ricerca sulla sensibilità chimica multipla (MCS);
   se il Ministro della salute intende costituire un gruppo scientifico di studio ad hoc accreditato, con la partecipazione di competenze specialistiche multiple che possano verificare dei percorsi diagnostici e terapeutici validati scientificamente secondo i canoni scientifici ufficialmente riconosciuti;
   se il Governo intenda consultare le autorità estere preposte affinché mediante un ponte di comunicazioni si acquisiscano entro il più breve tempo possibile le informazioni di cui si dispone in altre nazioni o Stati circa la malattia rara descritta ed a che punto sia la ricerca e quali terapie all'avanguardia siano previste altrove o se siano state individuate metodologie di contenimento del disagio da essa sollevato e se intenda mediante monitoraggio internazionale accertare il numero di pazienti nel mondo affetti da tale patologia;
   se i Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali rimuovendo ostacoli e cavilli burocratici possano intervenire sul caso per il riconoscimento di questa rara patologia come malattia invalidante al fine di riconoscere alla ragazza un sussidio di mantenimento, considerata la difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. (4-18955)


   PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'accordo Stato regioni del 1o agosto 2007 sono stati vincolati 10 milioni di euro da ripartirsi tra le regioni per consentire la dotazione di sistemi di comunicazione non previsti dal nomenclatore tariffario – rimasto aggiornato al 1999 – da destinarsi a pazienti con grave deficit motorio e fonatorio e per progetti finalizzati alla «Facilitazione della comunicazione nei pazienti con gravi patologie neuromotorie». Lo stesso è stato successivamente replicato con l'accordo del 26 febbraio 2009, stanziando nuovamente 10 milioni di euro;
   l'accordo sottoscritto nel 2009 ha riproposto il vincolo di destinazione di 10 milioni di euro per le medesime finalità, con la clausola che «al fine dell'erogazione dello quota residua del 30 per cento, le regioni dovranno presentare progetti comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell'anno precedente»;
   le regioni ammesse ai finanziamenti sono state Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise (solo per il primo finanziamento), Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia (solo per il secondo);
   con lettera del Ministero della salute (protocollo 0039677-P del 13 novembre 2009), avente per oggetto «Fondi vincolati all'acquisto di comunicatori vocali per pazienti con gravi patologie neuromotorie», il capo dipartimento della qualità, Filippo Palumbo, ha richiesto alle regioni la relazione sugli interventi effettuati e sui risultati raggiunti con l'utilizzo dei fondi appositamente vincolati all'acquisto di comunicatori vocali;
   la nota scritta dal Ministero della salute richiedeva alle regioni una relazione esplicativa sul tema al fine di erogare la quota mancante del finanziamento, anche in virtù delle richieste sulla reale utilizzazione del fondo formulate in diversi atti di sindacato ispettivo in tal senso. A questo proposito si segnala l'atto n. 4-09533 a prima firma dell'interrogante;
   alcuni recenti casi di cronaca, nelle diverse regioni italiane, sottolineano l'urgenza di conoscere quale sia lo stato del processo di erogazione dei fondi cui la lettera ministeriale succitata fa riferimento;
   secondo quanto segnalato all'interrogante dall'associazione Viva la Vita onlus, nella regione Campania, alcuni familiari di malati di Sla hanno denunciato, attraverso la stampa, che la ragione avrebbe investito quasi un milione di euro con i seguenti risultati: procedure di erogazione differenti da ASL ad ASL; assenza di prove preliminari sul malato per testare il miglior ausilio adatto alla persona, con conseguenze imprevedibili che hanno portato alla consegna di ausili per la comunicazione – il cui costo si aggira fino a 20 mila euro – inadatti al paziente, e quindi inutilizzabili; ritardi nelle consegne anche di tre anni, senza alcuna verifica delle condizioni cliniche del malato e quindi del reale utilizzo della macchina che, purtroppo, in alcuni casi, viene consegnata dopo il decesso; assenza di procedure per il ritiro e il riciclo degli strumenti, nonché della copertura assicurativa per guasti o inefficienze. Proprio a proposito dell'assistenza agli affetti da Sla in Campania si segnala l'atto n. 4-12976, presentato nell'agosto 2011 dall'interrogante ed attualmente senza risposta;
   nella regione Molise invece, sempre secondo quanto segnalato da Viva la Vita onlus, come in altre regioni, i fondi sono stati stanziati solo per l'acquisto di sistemi di comunicazione a puntamento oculare, escludendo pertanto una vasta gamma di altri ausili per la comunicazione alternativa più adatti per coloro che hanno ancora dei movimenti residui del corpo;
   nella regione Lazio, la procedura regionale individua l'azienda complesso ospedaliero San Filippo Neri quale centro erogatore per le attività di progetto relative all'acquisto, assegnazione, manutenzione, aggiornamento e riciclo degli ausili per pazienti con gravi patologie neuromotorie degenerative; prevede inoltre che la valutazione venga effettuata da una équipe multidisciplinare che, a seconda della gravità del caso, operi presso la struttura individuata o al domicilio della persona. «Di contro, come afferma una nota di Viva la Vita onlus, detta valutazione è affidata a un solo centro con rapporto esclusivo – il Centro per l'Autonomia – escludendo tutte le altre strutture di valutazione con esperienza e qualifica superiori quali, a titolo di esempio, l'Istituto Leonardo Vaccari ed il Centro Santa Lucia. Così facendo, lo Regione Lazio pare aver creato il monopolio della valutazione indicando un solo Centro, per di più privato, quale esclusivo interlocutore e referente per quel servizio che, richiesto da molti malati, richiede un carattere di particolare professionalità»;
   i tre esempi regionali riportati sottolineano l'urgenza di rendere noto lo stato dell'arte sugli interventi effettuati e sui risultati raggiunti dalle regioni del Paese con l'utilizzo dei fondi per i comunicatori ed esprimono, inoltre, la necessità di identificare una procedura di erogazione univoca che eviti gravi discriminazioni sui pazienti;
   importante, in questo contesto, appare la conoscenza esatta della popolazione italiana affetta da sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Un dato, questo, che sarebbe fondamentale per medici e ricercatori che, con informazioni il più possibile dettagliate, avrebbero senz'altro una maggiore probabilità di elaborare uno studio clinico che possa portare a risultati attendibili;
   a questo proposito, la risposta del Ministero della salute, per voce del sottosegretario Elio Cardinale, all'atto di sindacato ispettivo n. 5-08482, ha individuato in 4121 il numero degli italiani affetti da Sla. Questa risposta, così puntuale e dettagliata, ha però scatenato la reazione di diverse associazioni di malati di Sla e familiari, che sostengono l'inattendibilità del dato poiché, in Italia, non è mai stato istituito in maniera efficace un registro nazionale dei malati di Sla –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei casi esposti in premessa, così come di tutte le altre criticità presenti nelle regioni italiane in merito all'erogazione degli ausili destinati ai disabili gravi, in particolare agli affetti da sclerosi laterale amiotrofica, e se sia in grado di indicare lo stato dell'indagine promossa dalla lettera del 13 novembre 2009 e, quindi, se ed in che modo siano stati utilizzati i sopracitati fondi stanziai nel 2007 e nel 2009 vincolati all'acquisto di comunicatori vocali da parte delle regioni;
   se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere iniziative per avviare una concreta attività di censimento e monitoraggio, istituendo un registro nazionale degli affetti da sclerosi laterale amiotrofica, al fine di conoscere l'esatto numero di pazienti affetti da Sla, anche con la collaborazione fattiva delle molte associazioni presenti sul territorio, e verificare le reali condizioni di assistenza, anche domiciliare, presenti nelle diverse realtà territoriali, stabilendo anche dei servizi di assistenza obbligatoria;
   se, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda procedere all'immediato aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e di conseguenza del nomenclatore tariffario, al fine di garantire un'adeguata assistenza agli affetti da sclerosi laterale amiotrofica, alleviando le loro sofferenze e assicurandogli le adeguate tecnologie per comunicare e relazionarsi con l'esterno, per garantire ai malati e alle loro famiglie una qualità della vita più dignitosa. (4-18956)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto Donegani di Novara costituisce un polo di ricerca nel contesto del mondo scientifico internazionale e vanta competenze di eccellenza nello sviluppo di tecnologie innovative in diversi campi della chimica;
   attivo da oltre settanta anni, l'Istituto Donegani è considerato uno dei maggiori istituti a livello mondiale per storia e competenza nel campo della chimica, vantando la registrazione di numerosi e importantissimi brevetti ed ottenendo prestigiosi premi e riconoscimenti a conferma delle caratteristiche di eccellenza che lo contraddistinguono;
   a far data dall'anno 2007 l'Istituto è divenuto il Centro di ricerca del gruppo ENI per lo sviluppo tecnologico nel settore delle fonti energetiche non convenzionali, con particolare riferimento allo sfruttamento delle biomasse e dell'energia solare;
   ENI (da quanto l'interrogante apprende da fonti sindacali e dagli organi di stampa) ha recentemente annunciato il trasferimento del gruppo di ricerca sull'ambiente da Novara a San Donato Milanese ed un ulteriore scorporo di ricercatori che verranno trasferiti alla Versalis — ex Polimeri Europa (Enichem) — unitamente agli «impianti pilota» e ad una serie di laboratori;
   tale operazione desta forti preoccupazioni sia per quanto riguarda il futuro dei lavoratori coinvolti, sia per quanto concerne la sorte dell'Istituto Donegani di Novara il cui smantellamento costituirebbe una perdita gravissima per il territorio e per il Paese;
   è necessario incentivare l'attività di ricerca per rilanciare la competitività del sistema Paese, in particolare in questo grave momento di crisi economico-finanziaria –:
   se e come il Governo intenda intervenire a salvaguardia dei lavoratori e del patrimonio rappresentato dall'attività di ricerca svolta nel Centro. (4-18944)


   FAVA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi del settore della raffinazione è stata certificata nei mesi scorsi dai sindacati, che avevano stimato come «reale e quasi imminente» il rischio di lasciare a casa tra gli 7 e i 10mila addetti di un settore che impiega, a livello nazionale, tra le 18 e le 20mila persone (40mila con l'indotto);
   in Italia il comparto ha una capacità produttiva installata di oltre 100 milioni di tonnellate l'anno, quando ormai c’è mercato solo per 78-80 milioni l'anno;
   compagnie petrolifere hanno già imposto stop definitivi (è il caso di Cremona, trasformata dalla libica Tamoil in un deposito) o temporanei (come Eni per Marghera, destinata ad essere trasformata nella prima raffineria «verde», o come ancora Eni per Gela, in Sicilia, i cui impianti sono stati in parte fermati);
   la causa della crisi non dipende solo dai consumi in picchiata. C’è anche la concorrenza dei Paesi asiatici (il 30 per cento della produzione mondiale), che operano in condizioni di maggiore efficienza grazie a costi (soprattutto ambientali e del lavoro) molto inferiori a quelli che devono sostenere le aziende in Europa. Non a caso negli ultimi anni i profitti delle aziende che operano nel downstream (raffinazione e distribuzione) si sono ridotti del 60-90 per cento;
   rumors e le voci di mercato circolate nei giorni scorsi darebbero gli ungheresi di Mol, il colosso del settore che nel luglio di cinque anni fa ha rilevato la Ies, in procinto di lasciare Mantova;
   la crisi ha coinvolto anche la raffineria di Ies di Mantova: nei giorni scorsi un articolo pubblicato dal settimanale economico Il Mondo, parla di «un dossier da 500 milioni di euro» contro un prezzo pagato da Mol, nel luglio del 2007, di 800;
   la raffineria Ies, situata a Mantova, ha una capacità di lavorazione di 2 milioni e 600 mila tonnellate anno di petrolio greggio, produce tutta la gamma di prodotti per autotrazione ed è specializzata nella produzione di bitume. I prodotti ottenuti dal processo di raffinazione sono destinati prevalentemente al mercato italiano;
   sono altrettanto note le difficoltà che la proprietà ungherese potrebbe trovare nella fase di ricerca di un compratore disposto ad accollarsi la questione ambientale che grava sull'impianto: il verdetto della Provincia che, con la firma dell'ordinanza anti-veleni, ha addossato alla società anche la responsabilità dell'inquinamento dell'area Belleli;
   il costo della messa in sicurezza e della bonifica dal surnatante, la sostanza inquinante che galleggia sopra una larga porzione di falda e che rischia di finire nei laghi e nel Mincio è stimato in decine e decine di milioni di euro –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda predisporre tutte le iniziative di competenza necessarie per approfondire l'analisi della situazione al fine di prevenire eventi che avrebbero ripercussioni gravissime in termini occupazionali ed ambientali, posto che il pesante passivo di 61 milioni di euro finiti nel 2011 a bilancio della Ies, uniti ai 430 milioni dell'aumento di capitale del luglio 2012 non consentono di prevedere un futuro roseo per un'azienda senza margini di redditività. (4-18950)


   D'AMICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi che ha colpito lo stabilimento produttivo Nokia-Siemens/Jabil, situato all'interno dell'area di proprietà della Nokia-Siemens Network spa, nel comune di Cassina de’ Pecchi, continua a perdurare;
   in data 12 novembre 2012, si è tenuto presso la sala consiliare del comune di Cassina de’ Pecchi il quarto tavolo tecnico relativo alla crisi del sito produttivo Nokia-Siemens, il quale ha registrato l'assenza dei rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico;
   la delicata vicenda, che coinvolge circa 325 lavoratori, è stata già oggetto di un'interrogazione a risposta immediata, presentata dal Gruppo della Lega Nord il 3 maggio 2012, con la quale si chiedeva al Governo di promuovere la convocazione di tavoli tecnici, sia al livello nazionale che regionale e locale, per fronteggiare la crisi del settore delle telecomunicazioni e risolvere anche le problematiche relative al sito Nokia-Siemens/Jabil;
   in data 23 luglio 2012, in occasione del terzo tavolo tecnico convocato per la medesima questione, il Ministero ha assunto pubblicamente l'impegno di conferire mandato alla società Invitalia di elaborare un piano per il rilancio industriale e produttivo del sito;
   ad oggi, a quanto consta all'interrogante, nulla è stato concretamente compiuto;
   l'inerzia del Governo rischia di disperdere l'alto livello tecnologico ed industriale della ricerca-sviluppo e della produzione raggiunto all'interno del sito produttivo di Cassina de’ Pecchi, mettendo in seria difficoltà i lavoratori –:
   se il Ministro, alla luce del perdurare della crisi che ha colpito il sito produttivo Nokia-Siemens, intenda dare seguito agli impegni assunti in data 23 luglio 2012, in occasione della convocazione del terzo tavolo tecnico, conferendo quanto prima il mandato alla società Invitalia di elaborare un piano di rilancio industriale del sito, anche a tutela dell'occupazione. (4-18951)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Bellanova e altri n. 7-01048, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Braga e Mariani.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17161, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17163, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17198, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17402, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17403, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17404, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17405, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17407, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17410, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17411, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17507, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17511, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17512, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-17565, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18318, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-18329, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e Montagnoli n. 4-18331, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Marigliano (Napoli) è ubicato il santuario di Santa Maria di Pontecitra importante luogo di culto mariano in Campania, meta di assidui pellegrinaggi dal Medioevo fino all'età moderna, decorato con pitture a fresco dalla bottega napoletana di Giotto, documentato a Napoli tra il 1329 e il 1333;
   nel santuario è custodito un grande murale raffigurante «la Madonna regina con Bambino in Maestà» risalente addirittura alla fine del XIII secolo e oggetto di grande venerazione da parte della popolazione locale; questo esempio importantissimo di arte pittorica del Duecento, a causa delle continue inadempienze dell'Ente proprietario, che non ha mai provveduto ad effettuare sulle pareti interventi di manutenzione, impermeabilizzazione, isolamento e risanamento, è sottoposto ad un'azione costante e incisiva delle infiltrazioni d'acqua e della capillare umidità di risalita, per cui versa da anni in condizioni gravissime di conservazione;
   lo stesso santuario risulta da tempo abbandonato ad un inesorabile deterioramento giacendo oggi in precarie condizioni per i danni provocati dall'incuria, dalle distruzioni, dalle numerose e ingiustificate manomissioni che non accennano a diminuire;
   dalla stampa si apprende che l'ufficio beni culturali della diocesi di Nola, anziché farsi carico del restauro, della deumidificazione e del risanamento delle pareti del monumento, ha presentato con gli uffici della soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e etnoantropologico di Napoli e provincia, sulla base di argomentazioni deboli e originali, un progetto per il distacco e il trasferimento del prezioso affresco del Duecento, trattando un'antica superficie decorata alla stregua di quadro;
   sull'affresco, peraltro, non sono stati effettuati né studi diagnostici con l'analisi dei materiali né indagini sulle caratteristiche e lo sviluppo delle alterazioni tali da giustificare lo sciagurato intervento, inoltre, lo stesso progetto, privo di rilievi grafici, schede tecniche dei materiali e mappature stratigrafiche di identificazione delle fasi presenti e del loro stato conservativo, dovrebbe essere affidato a ditte non qualificate nel restauro;
   ignorando le più elementari conoscenze delle teorie del restauro, viene adottata una scelta irreversibile, deontologicamente scorretta, fortemente distruttiva per lo spazio e la superficie architettonica: scelta che in ogni caso non offre neppure garanzie sull'integrità e la conservazione della pittura medievale che si troverebbe comunque in un contesto malsano e umido –:
   quali iniziative questo Ministero intende assumere per scongiurare il progetto di distacco dell'affresco che mira esclusivamente a impoverire ulteriormente il patrimonio artistico e architettonico della città di Marigliano;
   quali provvedimenti urgenti intenda intraprendere il Ministro per salvare e restaurare le preziose pitture medievali della chiesa;
   se non intenda adottare quali misure efficaci per assicurare finalmente a questo monumento la meritata attenzione, predisponendo un adeguato piano artistico-architettonico, volto al ripristino, al restauro e al consolidamento del santuario di Pontecitra, al fine di evitare che un tale patrimonio storico artistico e culturale subisca dei danni irreparabili. (4-16787)

  Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede quali iniziative si vogliano assumere per impedire il distacco di un importante affresco del Santuario di Santa Maria di Pontecitra, nel comune di Marigliano (Napoli), per comunicare quanto segue.
  La competente soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per Napoli e provincia ha comunicato che la chiesa
de qua è di proprietà della «Congregazione Suore Domenicane S. Maria dell'Arco» che, attraverso la madre generale, suor Maria Concetta Barone, ha delegato la cura del sito in oggetto all'ufficio dei beni culturali della diocesi di Nola.
  La soprintendenza suddetta ha svolto nel tempo vari sopralluoghi tecnici, atti alla verifica dello stato di conservazione dell'affresco in questione, raffigurante Madonna con Bambino e databile alla fine del secolo XIII.
  Constatato il grave e precario stato conservativo dell'opera, la medesima soprintendenza ha indetto una riunione congiunta con la partecipazione del proprio
staff tecnico, dell'ufficio beni culturali della curia di Nola e della madre generale suor Maria Concetta Barone.
  In tale consesso si è stabilito d'intervenire prontamente per la tutela del manufatto, dato l'alto rischio di compromissione dello stesso; la curia ha proposto il distacco, restauro e posizionamento su pannello a nido d'ape dell'affresco e sua ricollocazione in chiesa, da effettuarsi con somma urgenza, tenendo conto dei lunghi tempi burocratici e lavorativi che si sarebbero resi necessari per un intervento di ripristino e risanamento delle condizioni del supporto murario originale (in pratica, l'intera parete dove è ubicata l'opera).
  Si precisa che l'intervento di somma urgenza dell'affresco è finanziato con fondi della diocesi di Nola, che ha conferito l'incarico ad una ditta di restauro di propria fiducia ed inserita, anche, nell'elenco delle ditte di riferimento della stessa soprintendenza.
  Si precisa, infine, che la soprintendenza svolge attività di alta sorveglianza, come suo compito istituzionale, in ordine al predetto intervento conservativo.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   a Cuma (Bacoli, Napoli) vi è un «Faro» romano risalente al I secolo avanti Cristo;
   il faro di Cuma è una preziosa testimonianza dei porti dell'antica Kyme. Dionisio di Alicarnasso, ricordando il ritorno di Aristodemo dopo la vittoria di Aricia sugli Etruschi del 505 a.C., afferma che «entrò con le navi nei porti di Cuma» e ciò potrebbe far supporre che Cuma disponesse di più di un porto. Parzialmente nascosto da un fitto bosco, al confine con l'area dunare, la specola, databile all'ultimo quarto del I secolo avanti Cristo, è alta circa otto metri;
   l'associazione «Freebacoli» mediante il suo rappresentante Gerardo Josi Della Ragione ha denunciato che l'antico sito è oggi invaso da condom, erbacce, rovi, rifiuti vari come testimoniato nel servizio «L'antico Faro di Cuma ? Invaso dai preservativi» a firma di Antonio Cangiano – Corriere del Mezzogiorno, 7 settembre 2012 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non si intendano acquisire informazioni sulle inadempienze della soprintendenza ai beni culturali di Napoli che ha il dovere di vigilare sulla storia indelebile di questa provincia;
   quali siano i motivi per i quali il citato monumento non è oggetto di attenzioni in termini di salvaguardia;
   se si intenda inserirlo all'interno di un percorso di valorizzazione atto al rilancio turistico storico-artistico e quali iniziative si intendano assumere in proposito. (4-17840)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante lamenta lo stato di degrado del faro romano di Cuma, chiedendo quali iniziative si intenda adottare per una sua maggiore cura e valorizzazione, si rappresenta quanto segue.
  I resti del cosiddetto Faro di Cuma corrispondono all'affioramento tufaceo, alto 8.50 metri circa, ricadente nel comune di Pozzuoli, al F.94, particella 16, circondato e parzialmente nascosto da vegetazione di macchia mediterranea dell'area dunale costiera.
  Fino agli anni ’90 del XX secolo, si è ritenuto che il porto greco dell'antica città fosse nell'insenatura a sud del Monte di Cuma, in considerazione della presenza di notevoli concentrazioni di ceramica greca, rinvenuta nelle vicinanze, e sull'affermazione di Dionigi di Alicarnasso che, ricordando il ritorno di Aristodemo, tiranno della città, dopo la vittoria di Aricia sugli Etruschi nel 505 avanti Cristo affermò che «entrò con le navi nei porti di Cuma», lasciando, quindi, supporre che la colonia disponesse di più di un porto. Ipotesi più moderne, non adeguatamente documentate, individuarono nella medesima insenatura il nuovo porto di Cuma, che Agrippa avrebbe ivi realizzato, contemporaneamente al
Portus Julius (38-37 avanti Cristo), sui laghi Averno e Lucrino.
  Il rinvenimento nel 1991 dei resti del cosiddetto Tempio di Iside, tempietto romano con statuette egiziane, molto verosimilmente parte di una villa marittima, proprio al centro dell'ipotizzato canale di accesso al porto, hanno, però, negato l'ipotesi dell'esistenza di quest'ultimo sul luogo.
  Ulteriori studi ed approfondimenti sembrano, al momento, indicare che il porto della città fosse nel bonificato lago di Licola, in antico una laguna, mentre l'affermazione di Dionigi di Alicarnasso sui porti di Cuma sembrerebbe riferita agli altri porti naturali dalla colonia adoperati lungo la costa del
Sinus Cumanus.
  Per quanto attiene al cosiddetto Faro di Cuma, esso consiste, attualmente, sulla base delle strutture visibili, di due ambienti rettangolari d'età romana in opera reticolata, sul cui lato est dell'affioramento tufaceo sono presenti resti di un lungo muro in reticolato e di due speroni perpendicolari in opera vittata, che rendono databile la struttura all'ultimo quarto del I secolo avanti Cristo. Non è, tuttavia, al momento accertato se il manufatto corrisponda effettivamente ai resti di un faro, pur tenendo conto dell'altezza e della posizione sulla costa.
  Infatti, la relativa vicinanza ai resti del cosiddetto Tempio di Iside, che era parte di un'ampia villa marittima, suggerirebbe di identificarlo con resti di parte di una struttura residenziale sul mare, come pure di una piccola specola, indicativa della vicinanza della costa, mentre il faro di Cuma avrebbe potuto essere altrove, in posizione più elevata sul mare e/o sulla duna antistante il porto lagunare sul lago di Licola. Al riguardo, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei intende promuovere approfondite ricerche archeologiche, autorizzando, eventualmente, lo studio a cura di istituti culturali e delle università interessate.
  Pur non volendo trascurare l'eccezionale valore storico-archeologico dei resti in questione, si rappresenta che, sia per il loro carattere non prioritario rispetto alle esigenze di altri monumenti, sia per la delicata posizione nel contesto naturalistico ambientale di appartenenza, anch'esso da preservare, risulta particolarmente difficile il controllo dei luoghi da parte della competente soprintendenza territoriale, anche tenuto conto della vastità del territorio e della scarsità delle risorse umane disponibili.
  Al riguardo, appare utile ricordare che il cosiddetto Faro di Cuma, che ricade in area «M 1-2 Parco Archeologico Naturale: Cuma, bosco di Licola» del piano regolatore del comune di Pozzuoli, in area di «Protezione Integrale» del piano territoriale paesistico dei Campi Flegrei e in zona A di «Riserva Integrale» del parco regionale dei Campi Flegrei, ricade altresì in area archeologicamente vincolata con decreto ministeriale 24 settembre 1947, ai sensi della legge n. 1089 del 1o giugno 1939 (ora decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio) ed è parte della «Foresta Regionale Area Flegrea – Monte di Cuma», di proprietà della regione Campania, nel cui contesto di vegetazione spontanea è praticamente immerso.
  Allo scopo di creare una maggiore sinergia tra la direzione del parco archeologico di Cuma, la direzione della «foresta regionale area flegrea Monte di Cuma» e questo Ministero, sulla base dei rispettivi programmi ed interventi ed in relazione ai fatti riportati nell'interrogazione di cui trattasi e nell'articolo di stampa del
Corriere del Mezzogiorno del 6 settembre 2012, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei si rivolgerà all'amministrazione regionale della Campania, affinché garantisca un maggiore controllo sulla pulizia del monumento. Al riguardo, si precisa, inoltre, che la manutenzione e la periodica sorveglianza dei resti del non lontano «Tempio di Iside», ricadente nella stessa foresta, viene attualmente svolta con l'ausilio di volontari appartenenti al gruppo archeologico dei Campi Flegrei onlus, che si prevede di autorizzare anche per i vicini resti del cosiddetto Faro di Cuma.
  Si segnala, infine, che gli uffici territoriali della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei e della direzione della foresta regionale sono quotidianamente a disposizione dei cittadini per eventuali segnalazioni e richieste di intervento.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 25 febbraio 2012 ai sensi dell'articolo 2199 del decreto-legge 15 marzo 2010, n. 66 fu bandito per esami e titoli il concorso per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale;
   tale bando disponeva che «valutate le attuali disponibilità finanziarie che autorizzano i reclutamenti per l'anno 2012 di allievi carabinieri effettivi e di volontari in ferma prefissata quadriennale delle Forze armate»;
   delle 20.500 domande circa pervenute erano stati selezionati 3000 concorrenti;
   le procedure di concorso sono terminate il 19 settembre 2012;
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» (c.d. «spending review») dispone misure contenitive relative a bandi e concorsi;
   l'approvazione della revisione di spesa pubblica comportando il blocco del turn over al 20 per cento, ha troncato tutti i sacrifici, i sogni e le aspirazioni dei giovani concorrenti che aspiravano alla divisa dell'Arma;
   l'interrogante ha appreso da alcuni concorrenti che le spese sostenute dai medesimi in termini di libri di studio, documentazione, viaggi, trasporto, albergo (tre prove), vitto, analisi clinico-mediche, hanno raggiunto finanche i 1300 euro di spesa;
   ad agosto 2012 l'Istat ha riferito tra l'altro che il tasso di disoccupazione in Italia è pari al 10,7 per cento;
   dal 21 settembre 2012 i vincitori del concorso, senza attendere alcuna comunicazione, si sarebbero dovuti presentare presso i reparti di istruzione;
   il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, concernente il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246 e legge 13 dicembre 2010, n. 220 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)» disciplinano la materia;
   un Paese non può crescere senza una forza qualificata che lo difenda, senza giovani carichi di entusiasmo. Non si può risparmiare sull'arruolamento delle unità di difesa e di controllo, va garantita la sicurezza per i cittadini;
   la durata della graduatoria è di 18 mesi;
   gli idonei vincitori hanno sudato e meritato di entrare in graduatoria. I candidati classificatisi nella graduatoria redatta ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera a), del bando di concorso: dal n. 1 n. 211 sono risultati vincitori del concorso e sono stati immessi direttamente nell'Arma dei carabinieri, dal n. 212 al n. 370 sono stati dichiarati vincitori del concorso e saranno immessi nell'Arma dei carabinieri dopo avere ultimato la ferma nelle Forze Armate in qualità di volontario in ferma prefissata quadriennale (VFP4), dal n. 371 al n. 1934 sono stati dichiarati idonei non prescelti e costituiscono riserva per sostituire, entro i termini stabiliti dal bando di concorso i vincitori che rinunciano alla frequenza del corso o che si trovano nelle condizioni che ne determinano l'esclusione –:
   quali iniziative intende assumere il Ministro rispetto ai fatti esposti, se non intenda chiarire la situazione concorsuale esposta in premessa, e assumere iniziative per superare i problemi creatisi con il turn over innalzandolo al 100 per cento delle assunzioni al fine di non deludere i legittimi interessi dei giovani risultati idonei e vincitori al concorso. (4-18082)

  Risposta. — La questione affrontata con l'atto in discussione rientra, a pieno titolo, nel quadro più ampio della cosiddetta «spending review» che, nell'ottica di perseguire con equilibrio e rigore gli obiettivi di razionalizzazione della spesa, ha imposto a tutte le amministrazioni una disponibilità ai sacrifici e un impegno per la realizzazione del programma di rimodulazione della spesa stessa.
  Al momento l'iniziativa per rivedere le attuali percentuali del «
turn over» stabilite dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nell'ottica di un loro progressivo innalzamento, non ha trovato la necessaria copertura finanziaria.
  Solo nell'ipotesi di innalzamento delle quote di
turn over i vincitori del concorso richiamato nell'interrogazione potrebbero, gradualmente, accedere alle carriere e si verrebbe incontro alle aspettative dei volontari in ferma prefissata delle Forze armate vincitori di concorso.
  Per quanto riguarda l'Arma dei carabinieri le attuali percentuali di blocco del
turn over determinano, da un lato, una contrazione effettiva stimata in circa 6.500 unità nel periodo 2012-2016 e, dall'altro, l'impossibilità per circa 2.500 volontari in ferma prefissata quadriennale, già vincitori di concorso, di essere immessi nelle carriere iniziali delle forze di polizia.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre 1942, il mercantile armato Laconia, adoperato per il trasporto di prigionieri di guerra, salpato dalle coste africane, si dirigeva verso Liverpool con a bordo, oltre all'equipaggio e ad alcuni passeggeri civili, 1.800 prigionieri di guerra italiani; la stessa sera il Laconia incrociava la rotta del sommergibile tedesco U-156, il quale, ubbidendo a disposizioni ricevute in precedenza, la silurava per affondarla;
   mentre l'affondamento era in atto, il comandante dell'unità tedesca, Hartenstein, ordinava di provvedere a recuperare gli ufficiali come prigionieri e, contestualmente, accortosi della presenza di diversi italiani ne disponeva il recupero;
   nei giorni successivi, lo stesso comandante si adoperava nel trasmettere la propria posizione ai britannici, agli italiani e ai francesi di modo da poter soccorrere i pochi naufraghi superstiti;
   la pellicola televisiva «L'affondamento del Laconia», trasmessa dall'emittente Canale 5 il 2 ottobre 2011 ha ricostruito tale vicenda storica, riservando una particolare attenzione al fatto che ad oltre 1.200 italiani sui complessivi 1.800, prigionieri in due grandi gabbie nelle stive del mercantile, non fu concesso, dal personale della Marina inglese, di mettersi in salvo neanche quando fu certo che il Laconia sarebbe affondato; inoltre nella stessa docu-fiction sono addebitati agli inglesi una serie di fatti che, se dimostrati, sarebbero da considerare, a tutti gli effetti, dei veri e propri crimini di guerra –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, qualora corrispondano al vero, quali iniziative intendano intraprendere per fare luce sull'affondamento del Laconia, con particolare riferimento ai possibili crimini di guerra perpetrati ai danni di prigionieri italiani dai militari inglesi. (4-13721)

  Risposta. — In relazione alla ricostruzione storica del naufragio della nave «Laconia» operata dal programma televisivo trasmesso il 2 ottobre 2011 dall'emittente televisiva canale 5, non posso che fare riferimento ai documenti ufficiali che sono nella disponibilità del competente ufficio storico dello Stato Maggiore della difesa.
  Mi riferisco, per esattezza, alle due relazioni, redatte, a suo tempo, rispettivamente dalla commissione interrogatrice dei militari nazionali reduci della prigionia di guerra e dal capo archivio storico e dell'ufficio storico della Marina Militare.
  Tali documenti, così come sono stati all'epoca riportati i fatti, e come, pertanto, risulta
per tabulas, descrivono un quadro drammatico del modo in cui si sviluppò l'evento, facendo emergere, in effetti, profili di gravi criticità nell'ambito del trattamento riservato ai prigionieri di guerra italiani da parte dell'equipaggio.
  Tale ricostruzione del tragico evento, che risale al 1942, tuttavia, non può che essere contestualizzata nell'ambito degli eventi bellici che, nella fattispecie, videro le Forze dell'Italia e della Germania contrapporsi a quelle di molti altri paesi, fra i quali la Gran Bretagna.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si evince da articoli di stampa, il Comando generale dell'Arma dei carabinieri starebbe per chiudere alcune scuole di formazione per esigenze di razionalizzazione economica, tra queste sarebbe in particolar modo a rischio chiusura quella di Benevento, storico presidio dell'Arma dei carabinieri nel capoluogo sannita;
   tale struttura è operante infatti fin dal 1982 come Scuola allievi carabinieri, che ha formato centinaia di militari attualmente ancora in servizio, mentre attualmente vi si svolge il corso per vicebrigadieri;
   la stessa ha sede all'interno della caserma «Pepicelli» di Benevento ed è utilizzata da circa 235 unità tra allievi, marescialli, brigadieri ed appuntati dell'Arma;
   suddetta scuola rischierebbe, secondo quanto riportato dalla stampa, di essere trasferita entro la fine del 2012 presso la sede di Campobasso, con l'inevitabile chiusura dei locali siti all'interno della Caserma «Pepicelli» di Benevento dopo trent'anni di ininterrotta ed efficiente attività;
   tali notizie, trapelate nei giorni scorsi, hanno destato preoccupazione e malcontento nella popolazione interessata, che ritiene la chiusura della scuola beneventana un ulteriore depauperamento di un territorio, come quello sannita, già condizionato da difficili condizioni economiche;
   i tagli al comparto difesa e sicurezza e le esigenze di razionalizzare la spesa riservata al comparto non possono penalizzare ulteriormente la complessa realtà del Mezzogiorno –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero;
   quali siano i parametri che l'Arma dei carabinieri intende applicare per la scelta delle scuole di formazione da mantenere in attività sul territorio nazionale e perché si è scelta la chiusura della sede di Benevento;
   quali criteri il Governo intenda adottare, nel quadro della razionalizzazione della spesa pubblica, al fine di mantenere un elevato livello delle strutture adibite alla formazione delle forze dell'ordine. (4-17687)

  Risposta. — In premessa alla questione sollevata con l'interrogazione in esame, appare opportuno soffermarsi brevemente sull'importante e indiscusso ruolo che l'Arma dei carabinieri svolge nell'ambito dell'ampia missione affidata alle Forze armate per la sicurezza e la difesa del Paese, nonché per la salvaguardia delle libere istituzioni.
  L'Arma non solo concorre alla difesa integrata del territorio nazionale, ma partecipa anche alle operazioni per il mantenimento ed il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale, contribuisce alle attività volte alla ricostruzione ed al ripristino dei corpi di polizia locali nei teatri operativi, garantisce i servizi di sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero ed esercita le funzioni di polizia militare, in via esclusiva per tutte le forze armate.
  È proprio in relazione a tali compiti che l'Arma ha sviluppato un graduale processo di rinnovamento delle strutture e delle procedure, perseguendo un programma di razionalizzazione dei settori logistico-gestionali, finalizzato, precipuamente, al recupero di risorse a favore degli impieghi operativi.
  Peraltro, la drastica riduzione del
turn over nell'arruolamento di personale dell'Arma ha ridotto le esigenze di formazione di base, con conseguente necessità di alleggerire la dotazione di reparti addestrativi.
  Lo studio di razionalizzazione di tale comparto ha tenuto conto della capacità alloggiativa di ciascun istituto, dei costi di funzionamento e della possibilità di riallocarvi, all'interno, i reparti operativi territoriali, accasermati in stabili locati a titolo oneroso.
  Per quanto concerne, in particolare, la chiusura della scuola allievi carabinieri di Benevento, si evidenzia che il complesso è gravato da rilevanti costi di esercizio, oltre a richiedere continue opere di conservazione.
  Al momento, necessita d'immediati e radicali interventi per adeguamenti impiantistici, strutturali e tecnologici, la cui esecuzione non appare conveniente, atteso pure che i comandi operativi territoriali di Benevento sono già ubicati in strutture demaniali.
  Il personale della scuola verrà, comunque, ricollocato in altri reparti, nelle rispettive aree e in quelle limitrofe.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   DAL LAGO, DOZZO, MONTAGNOLI, NEGRO, BRAGANTINI, BITONCI, LANZARIN, MUNERATO, FORCOLIN, CALLEGARI, DUSSIN, FABI e MARTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a gennaio 2012 la società Trenitalia spa ha comunicato l'intenzione di concentrare l'attività di distribuzione delle Frecce argento a Roma chiudendo la sede di Venezia, al fine di ottimizzare i recuperi economici;
   la gestione veneziana interessa 31 macchinisti e 40 capitreno, in quanto metà della flotta Trenitalia opera su questa tratta (Nord est capitale) che è, indubbiamente, il principale bacino di traffico e di valore economico della società. Il mantenimento si pone quindi come una necessità corredata dai risultati e dal mantenimento dell'attuale condizione qualitativa offerta alla clientela;
   la gestione unica accentrata a Roma comporterebbe problemi in merito alle comunicazioni, alla tempestività di risposta ai problemi, alla gestione delle situazioni emergenziali e alla conoscenza del territorio, oltre a compromettere la competizione con la società Nuovi trasporti viaggiatori NTV spa, che ha preventivato una base operativa a Venezia per il lancio di «Italo»;
   alla luce di quanto espresso, l'attività di distribuzione a Roma non sembrerebbe conseguire risultati né sul piano della economicità né sul piano dell'efficacia, anzi peggiorerebbe notevolmente proprio l'efficacia –:
   se, a garanzia della massima capacità funzionale del servizio ferroviario nazionale, non ritenga opportuno intervenire presso la società Trenitalia spa al fine di mantenere una presenza operativa qualificata a Venezia;
   se non ritenga necessario promuovere un tavolo di concertazione fra la società Trenitalia spa e le organizzazioni sindacali, per definire le sedi e le attività Frecce argento. (4-16817)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Occorre premettere che la problematica evidenziata dall'interrogante attiene a questioni di politica gestionale ed occupazionale pertanto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per quanto di competenza, non ha possibilità di incidere sulle relative autonome scelte aziendali di Trenitalia.
  Tuttavia, considerata la delicatezza della vicenda posta all'attenzione, sono state acquisite presso la società ferrovie dello Stato le necessarie informazioni.
  Al riguardo la predetta società ha fatto presente che, nell'attuale ripartizione commerciale dei prodotti di media/lunga percorrenza di Trenitalia, il servizio di trasporto svolto con i treni «Frecciargento» – che vengono impiegati su percorsi di tipo misto (linee alta velocità e linee tradizionali) – serve, oltre al Veneto e al Lazio, altre destinazioni in varie regioni: Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Lombardia (Brescia), Emilia Romagna, Toscana, Campania, Puglia e Calabria.
  Per ogni prodotto della divisione passeggeri nazionale/internazionale («Frecciarossa», «Frecciargento», «Frecciabianca» e «Servizi di Base») è stato adottato uno specifico assetto organizzativo, con impianti di produzione/equipaggi e di manutenzione a ciascuno dedicati; tale organizzazione, nonché la distribuzione dei relativi impianti sul territorio nazionale, sono funzionali all'ottimale utilizzo delle risorse disponibili (umane e di materiale rotabile).
  All'atto della sua istituzione, nel dicembre 2009, la struttura organizzativa del prodotto «Frecciargento» prevedeva l'impianto «equipaggi» principale (personale di macchina e di scorta) con sede a Roma, una serie di nuclei «equipaggi» dislocati sul territorio in maniera coerente con le relazioni di prodotto e funzionali al miglior utilizzo delle risorse e un Presidio a Venezia, comunque gerarchicamente subordinato alla sede romana.
  All'impianto principale di Roma, organizzato su un turno di 24 ore, era affidata la gestione del personale di bordo e di macchina con residenza amministrativa a Bologna, Napoli, Roma, Reggio Calabria/Paola e Bari/Lecce (per un totale di circa 300 agenti); all'impianto di Venezia, organizzato su un turno di 16 ore, competeva la gestione del personale con sede amministrativa nella stessa Venezia. Nelle ore notturne, l'impianto di Roma gestiva già, invece, tutti gli agenti dell'intero prodotto «Frecciargento».
  In tale quadro, nell'ambito di un programma di ottimizzazione ed efficientamento dei processi distributivi del personale di bordo e di macchina addetto al prodotto «Frecciargento», è stato successivamente definito un nuovo assetto organizzativo, operativo dalla metà di marzo 2012, che ha comportato la concentrazione delle attività gestionali in un'unica sede individuata presso l'impianto principale di Roma.
  Ferrovie dello Stato ha però evidenziato che per il personale in servizio presso il presidio di Venezia, è stato previsto il riassorbimento, nell'ambito della medesima sede di lavoro, in altre strutture della stessa divisione passeggeri nazionale/internazionale di Trenitalia.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   DE GIROLAMO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da quanto riportato negli ultimi giorni dagli organi di stampa, locali e nazionali, si apprende che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri sarebbe intenzionato a chiudere entro la fine del 2012 la sede della scuola allievi carabinieri di Benevento e a trasferirla presso la sede di Campobasso;
   tale decisione, a quanto si apprende, parrebbe condizionata principalmente dalla necessità di provvedere al contenimento dei costi;
   è fondamentale ricordare al riguardo che la sopra citata struttura rappresenta oramai un presidio storico della provincia beneventana, poiché dal lontano 1982 ha contribuito alla formazione professionale di numerosi militari dell'Arma dei carabinieri. Si tratta dunque di una presenza storica di enorme importanza e prestigio per l'intera provincia;
   la scuola allievi carabinieri attualmente è ancora utilizzata per lo svolgimento dei corsi di vice brigadiere, nonché da circa 250 unità suddivise tra allievi e sottufficiali dell'Arma dei carabinieri;
   con la chiusura della suddetta Scuola allievi si impoverirebbe ancora di più il territorio sannita e la Campania, poiché la struttura è l'unica del genere presente in regione, di una importante realtà –:
   quali siano i parametri che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri intende adottare per scegliere le scuole di formazione che continueranno ad essere operative;
   quali siano state le motivazioni che hanno portato all'individuazione della sede di Benevento come struttura da chiudere e dislocare;
   quali criteri il Governo intenda adottare per salvaguardare, nell'ottica della ottimizzazione della spesa pubblica, le strutture atte alla formazione professionale delle forze dell'ordine. (4-17753)

  Risposta. — In premessa alla questione sollevata con l'interrogazione in titolo, appare opportuno soffermarsi brevemente sull'importante e indiscusso ruolo che l'Arma dei carabinieri svolge nell'ambito dell'ampia missione affidata alle Forze armate per la sicurezza e la difesa del Paese, nonché per la salvaguardia delle libere istituzioni.
  L'Arma non solo concorre alla difesa integrata del territorio nazionale, ma partecipa anche alle operazioni per il mantenimento ed il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale, contribuisce alle attività volte alla ricostruzione ed al ripristino dei corpi di polizia locali nei teatri operativi, garantisce i servizi di sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero ed esercita le funzioni di polizia militare, in via esclusiva per tutte le forze armate.
  È proprio in relazione a tali compiti che l'Arma ha sviluppato un graduale processo di rinnovamento delle strutture e delle procedure, perseguendo un programma di razionalizzazione dei settori logistico-gestionali, finalizzato, precipuamente, al recupero di risorse a favore degli impieghi operativi.
  Peraltro, la drastica riduzione del
turn over nell'arruolamento di personale dell'Arma ha ridotto le esigenze di formazione di base, con conseguente necessità di alleggerire la dotazione di reparti addestrativi.
  Lo studio di razionalizzazione di tale comparto ha tenuto conto della capacità alloggiativa di ciascun istituto, dei costi di funzionamento e della possibilità di riallocarvi, all'interno, i reparti operativi territoriali, accasermati in stabili locati a titolo oneroso.
  Per quanto concerne, in particolare, la chiusura della scuola allievi carabinieri di Benevento, si evidenzia che il complesso è gravato da rilevanti costi di esercizio, oltre a richiedere continue opere di conservazione.
  Al momento, necessita d'immediati e radicali interventi per adeguamenti impiantistici, strutturali e tecnologici, la cui esecuzione non appare conveniente, atteso pure che i comandi operativi territoriali di Benevento sono già ubicati in strutture demaniali.
  Il personale della scuola verrà, comunque, ricollocato in altri reparti, nelle rispettive aree e in quelle limitrofe.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   DI PIETRO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato diversi atti di sindacato ispettivo denunciando i «tagli» operati ai danni delle forze dell'ordine e del comparto sicurezza pubblica dalla cosiddetta «spending review»;
   i «tagli» si abbatteranno come una scure sulle assunzioni derivanti dai concorsi, e ne è un chiaro esempio il concorso pubblico per titoli ed esami – indetto con decreto n. 133 del Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare – per l'ammissione al 2° corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri;
   a seguito dell'approvazione della legge 7 agosto 2012 n. 135 di conversione del decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetto spending review), il numero dei posti messi a concorso da 490 è sceso a 150 secondo quanto previsto all'articolo 1, comma 4, del sopracitato decreto ministeriale che prevede che «resta impregiudicata per l'Amministrazione della difesa la facoltà di revocare o annullare il presente bando di concorso, di sospendere o rinviare le prove concorsuali, di modificare il numero dei posti, di sospendere l'ammissione dei vincitori alla frequenza del corso in ragione di esigenze attualmente non valutabili né prevedibili ovvero in applicazione di leggi di bilancio dello Stato o finanziarie o di disposizioni di contenimento della spesa pubblica»;
   da un'analisi condotta dallo Stato maggiore dell'Arma dei carabinieri si evidenzia che il blocco del turnover dell'80 per cento riguarderà gli anni dal 2012 al 2014, mentre nel 2015 il blocco del turnover passerà dall'80 per cento al 50 per cento;
   ad avviso dell'interrogante quanto esposto vanifica le legittime aspettative dei candidati vincitori e idonei – oltre a determinare profili critici di legittimità costituzionale – e comporterà un aggravio del carico di lavoro per tutti gli addetti che dovranno continuare a garantire gli standard lavorativi –:
   se non si intenda assumere iniziative per esonerare totalmente i comparti dell'ordine pubblico e della sicurezza per gli anni dal 2012 al 2015 dall'applicazione del blocco del turnover abbassarlo quantomeno al 50 per cento;
   se non si ritenga opportuno evitare che vengano banditi nuovi concorsi – con i costi che gli stessi comportano – assicurando così che venga conseguito lo scorrimento della graduatoria in esame degli idonei non prescelti che hanno sostenuto sacrifici e spese economiche, lasciando, in alcuni casi, anche il posto di lavoro. (4-18282)

  Risposta. — La questione affrontata con l'atto in discussione rientra, a pieno titolo, nel quadro più ampio della cosiddetta spending review che, nell'ottica di perseguire con equilibrio e rigore gli obiettivi di razionalizzazione della spesa, ha imposto a tutte le Amministrazioni una disponibilità ai sacrifici e un impegno per la realizzazione del programma di rimodulazione della spesa stessa.
  Al momento, l'iniziativa, per rivedere le attuali percentuali del
turn over stabilite dall'articolo 14 comma 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nell'ottica di un loro progressivo innalzamento, non ha trovato la necessaria copertura finanziaria.
  Solo nell'ipotesi di innalzamento delle quote di
turn over i vincitori del concorso richiamato nell'interrogazione potrebbero, gradualmente, accedere alle carriere, e si verrebbe incontro alle aspettative dei volontari in ferma prefissata delle Forze armate vincitori di concorso.
  Per quanto riguarda l'Arma dei carabinieri le attuali percentuali di blocco del
turn over determinano, da un lato, una contrazione effettiva stimata in circa 6.500 unità nel periodo 2012-2016 e, dall'altro, l'impossibilità per circa 2.500 volontari in ferma prefissata quadriennale, già vincitori di concorso, di essere immessi nelle carriere iniziali delle Forze di polizia.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   EVANGELISTI, DI STANISLAO e LEOLUCA ORLANDO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   all'interno della Rivista Italiana Difesa, diretta da Andrea Nativi, uno dei più autorevoli e informati analisti militari, autore tra l'altro del dossier sulle forze armate della fondazione Icsa, è apparsa la notizia secondo la quale tra i 1.200 e i 1.500 sarebbero i talebani uccisi dai militari italiani (e si tratterebbe solo di una stima per difetto, perché potrebbero essere molti di più);
   il calcolo delle vittime riguarda tutti i sette anni della presenza tricolore in Afghanistan, cominciata nel 2003 con l'invio di un piccolo contingente a Khost, nella zona sul confine pakistano, e potenziata dal 2005 con lo schieramento di una forza sempre più grande nella regione sud-occidentale e a Kabul. Mentre fino al 2007 le truppe impegnate in combattimento erano pochissime – circa 150 uomini più un nucleo di commandos della Task Force 45 – dal 2008 c’è stata un’escalation: attualmente ci sono tre «raggruppamenti da battaglia» che impegnano quasi 1500 alpini e bersaglieri in azioni di fuoco contro i talebani;
   sempre secondo notizie riportate dalla citata rivista, gli scontri avvengono quasi tutti i giorni, con utilizzo di mortai pesanti da 120 millimetri per proteggere le basi avanzate, soprattutto nella zona caldissima di Bala Murghab e in quella di Shindad. Frequenti sono anche gli interventi degli elicotteri Mangusta armati con cannoncini da 20 millimetri a tiro rapido e missili aria-terra;
   gran parte di quei caduti nelle file degli insorti sarebbero però stati inflitti dalla Folgore durante la lunga campagna estiva dello scorso anno. Dalla fine di maggio 2009 i paracadutisti hanno reso molto più incisiva la presenza occidentale nei punti chiavi della regione affidata agli italiani. I combattimenti sono stati intensi in tutta la fascia sul confine della regione di Kandahar, la roccaforte dei talebani, per intercettare i guerriglieri islamici che tentavano di fuggire all'accerchiamento anglo-americano. Diverse operazioni sono state lanciate poi dalla Folgore per riprendere il controllo della zona sulla frontiera turkmena da cui transitano i carichi di oppio e i rifornimenti di armi gestiti dai fondamentalisti;
   inoltre, dal maggio 2009 è venuta meno ogni differenza tra forze italiane e statunitensi: il comando di tutta la Nato è passato a un generale americano e i reparti dei due Paesi hanno cominciato a combattere fianco a fianco, spesso chiedendo l'intervento dei bombardieri dell’Us Air Force per spianare i nuclei di resistenza. Una stagione di scontri sempre più intensi, segnata dal grande attentato di Kabul in cui hanno perso la vita sei parà e da una serie di attacchi con l'uso di kamikaze contro le nostre pattuglie;
   nessun osservatore, nemmeno la propaganda talebana, ha mai accusato gli italiani di sparatorie dirette o «collaterali» contro civili quindi è da supporre che le 1200-1500 vittime provocate dai nostri soldati sarebbero quindi tutti miliziani. Spesso i corpi dei caduti vengono perquisiti e fotografati per ottenere informazioni utili sulla loro nazionalità e cercare di capire quanti guerriglieri stranieri siano ancora al fianco dei talebani di nazionalità afghana o pakistana –:
   quali siano le notizie in possesso del Governo circa il numero degli insurgents uccisi dai soldati italiani nel corso della missione di pace in Afghanistan e se non ritenga di darne comunicazione al Parlamento. (4-08017)

  Risposta. — In primo luogo, mi preme ribadire, ancora una volta, che in Afghanistan l'Italia non è in guerra.
  I nostri militari non sono impegnati in operazioni di guerra, ma il loro impiego, nell'ambito dell’
International security assistance force (ISAF) in Afghanistan, si è sempre svolto e continua a svolgersi coerentemente con gli indirizzi che l'Esecutivo, in linea di continuità con i precedenti Governi, ha sottoposto in più occasioni al Parlamento, e che sono conformi alle risoluzioni del consiglio di sicurezza dell'ONU e alle decisioni del Consiglio Atlantico che hanno autorizzato la missione internazionale.
  Il nostro è un impegno che – come sottolineato dal Presidente Napolitano – si basa sull'articolo 11 della Costituzione che prevede sì il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma stabilisce l'impegno di partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali che perseguono gli obiettivi della pace e della giustizia fra le nazioni.
  È per questo motivo che l'Italia contribuisce in modo significativo, insieme ai Paesi alleati e amici, alla realizzazione del processo di transizione in Afghanistan che dovrà completarsi entro il 2014, con le forze afgane, opportunamente addestrate, in grado di esercitare il controllo in tutte le operazioni di sicurezza e le forze della coalizione in un ruolo di sostegno in seconda linea.
  Ciò premesso, circa il presunto coinvolgimento dei militari italiani in merito agli eventuali danni collaterali ai civili afghani, mi preme sottolineare che l'uso della forza da parte del contingente italiano avviene sempre in conformità alle regole d'ingaggio
(Rules of engagement - RoE) che sono improntate e commisurate ai principi di «necessità» e «proporzionalità», nel rispetto dell'ordinamento giuridico nazionale, del diritto internazionale e del diritto dei conflitti armati.
  A margine della questione, tuttavia, mi pare, altresì opportuno rammentare che tra i principali tratti distintivi del contributo dell'Italia alla missione ISAF, non vi sono soltanto la formazione e l'addestramento delle forze di sicurezza afghane, ma anche la cooperazione civile e la difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   EVANGELISTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 12 agosto 1944 si consumò a Stazzema l'efferato eccidio nazista nel quale rimasero uccise 560 persone, tutte civili;
   è di questi giorni la notizia che per la procura di Stoccarda tale eccidio non è documentato da prove sufficienti a determinare responsabilità per i 17 accusati che ancora sono in vita in quanto la semplice appartenenza a un'unità delle Waffen-SS non appare sufficiente a determinare la colpa di un singolo;
   Gerhard Sommer, uno degli accusati e ora novantunenne, fu condannato nel 2005 all'ergastolo insieme a altri otto imputati con sentenza emessa dal tribunale militare di La Spezia ma le autorità tedesche hanno sempre negato l'estradizione;
   si tratta di una decisione scandalosa che offende la memoria delle 560 vittime e addolora chiunque ancora creda giusto e doveroso cercare verità e giustizia per gli anni bui della seconda guerra mondiale;
   la ricerca della verità e l'attribuzione delle responsabilità rappresentano, infatti, ancora oggi un dovere nei confronti delle vittime e dei superstiti e un atto doveroso per non macchiare assolutamente la memoria di una delle stragi più atroci ed efferate di quegli ultimi anni di guerra –:
   se non ritenga il Governo di attivarsi formalmente presso le autorità tedesche per rappresentare il forte interesse dell'Italia a che venga portato avanti il procedimento a carico dei responsabili di questa efferata strage di civili. (4-17919)

  Risposta. — Già all'indomani della decisione della procura di Stoccarda, il Ministero degli affari esteri, attraverso l'ambasciata d'Italia in Berlino, si è attivato per acquisire il testo completo dell'ordinanza e verificare i possibili seguiti.
  Al riguardo, è stato possibile appurare che i nominativi per i quali la procura di Stoccarda aveva aperto l'inchiesta erano fra quelli che, in relazione alla strage di Stazzema, l'interpol di Roma aveva segnalato nel 1996 all’«ufficio centrale per l'accertamento dei crimini nazisti» di Ludwigsburg.
  Anche a seguito di un rapporto presentato nel 2001 dallo storico Carlo Gentile (membro della commissione storica italo-tedesca istituita nel 2008), nel 2002, su denuncia del suddetto ufficio di Ludwigsburg, la procura di Stoccarda aveva avviato la sua inchiesta, durata dieci anni e condotta anche in contatto con la procura Militare di La Spezia, che aveva istruito il processo in Italia.
  Già nel 2003, la procura di Stoccarda aveva accertato l'intervenuta morte, con conseguente estinzione della responsabilità penale, di otto dei diciassette indagati; un nono indagato era deceduto successivamente, per cui gli imputati ancora in vita erano ridotti a otto.
  Avverso l'ordinanza della procura di Stoccarda oggetto dell'interrogazione è ammesso ricorso presso il procuratore capo, nei termini di due settimane dalla notifica. Legittimati all'azione sono i familiari delle vittime. In effetti, stando a quanto appreso, un ricorso avverso il provvedimento di archiviazione è stato presentato da parte dei legali che rappresentano i parenti delle vittime. Si prevede che difficilmente l'esame del ricorso potrà concludersi prima del gennaio 2013.
  Con l'occasione, si tiene peraltro a ricordare l'azione svolta sul piano politico- diplomatico su impulso del Ministro Terzi fin dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della procura di Stoccarda.
  All'indomani della decisione, il 2 ottobre 2012, in un incontro alla Farnesina con il Ministro federale per gli affari europei, Michael Georg Link, il segretario generale del Ministero degli affari esteri ha richiamato la decisione della procura di Stoccarda, rilevando come, pur nel rispetto dell'indipendenza della magistratura tedesca, non sia possibile ignorare che tale decisione costituisce per tutti gli italiani, non solo per i sopravvissuti e i familiari delle vittime, motivo di profondo sconcerto e rinnovata sofferenza.
  In tale contesto, il segretario generale ha altresì rilevato l'evidente contrasto tra gli effetti dirompenti e laceranti della decisione della procura di Stoccarda e l'impegno intrapreso da Italia e Germania con la istituzione, in occasione del vertice bilaterale del 2008, di una commissione di storici italiani e tedeschi, con il mandato di un «approfondimento comune sul passato di guerra italo-tedesco e in particolare sugli internati militari italiani, come contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria».
  Tali argomenti sono stati successivamente ribaditi dallo stesso Ministro Terzi in un contatto telefonico con il Ministro degli affari esteri tedesco Guido Westerwelle.
  Nell'esprimere comprensione per i sentimenti dell'opinione pubblica italiana, tanto il Ministro Westerwelle quanto il Ministro tedesco per gli affari europei Link hanno confermato l'impegno del governo tedesco per la costruzione di una comune cultura della memoria, essendo la memoria e la conoscenza delle tragedie del passato essenziali per la salvaguardia degli ideali di libertà, democrazia e solidarietà che sono alla base della costruzione europea. Seguendo tale linea di pensiero, il Ministro Link ha in particolare sottolineato, in dichiarazioni rilasciate ai mezzi di informazione, l'impegno della Germania a fare «tutto il possibile, affinché i crimini commessi non possano venire dimenticati», assicurando altresì che «il Governo Federale continuerà ad assumersi la responsabilità storica dei crimini commessi per mano dei tedeschi» e che «la legge non può rendere come non accaduto quanto è accaduto».
  In questo spirito, i due Ministeri degli affari esteri stanno lavorando alla organizzazione della presentazione del «rapporto» finale della già citata commissione di storici, prevista a Roma nelle prossime settimane. Italia e Germania stanno proseguendo al contempo il dialogo sui seguiti della sentenza del 3 febbraio 2012 con cui la Corte internazionale di giustizia, pur condannando l'Italia per aver violato l'immunità giurisdizionale della Germania, ha indicato che le richieste di alcune categorie di vittime italiane del nazismo (in particolare ex-internati militari italiani e vittime delle stragi) potrebbero essere «oggetto di ulteriore negoziato» tra gli stessi due Paesi «al fine di risolvere la questione».

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sito on line del Corriere della Sera e il Corriere del Veneto hanno pubblicato un articolo, da Vicenza della giornalista Benedetta Centin;
   nel citato articolo si informa che due vigili del fuoco nel corso di un'operazione di spegnimento di un incendio in un appartamento di Torri di Quartesolo, provocato da un corto circuito, dovendosi assicurare che all'interno non ci fosse nessuno, si sono trovati le mani ustionate, con le dita deformi, coperte di bolle alte un paio di centimetri, nonostante indossassero gli appositi guanti forniti dal Ministero dell'interno, che fanno parte dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale;
   entrambi gli operatori sono stati portati all'ospedale San Bortolo del capoluogo, per essere medicati. I sanitari hanno diagnosticato loro ustioni di secondo grado. Uno dei due vigili del fuoco, così come riportato nel referto medico, se la caverà in una decina di giorni; l'altro, ricoverato nel reparto di chirurgia plastica è in stretta osservazione e non si sa ancora quando verrà dimesso; secondo le prime notizie i due vigili del fuoco sono entrati assieme nell'appartamento in fiamme, avendo accesso dalla finestra del bagno, per controllare se effettivamente, come era stato loro segnalato, c'erano all'interno due donne. La ricerca è stata negativa e nel giro di qualche minuto sono usciti. Una volta bagnati, come da prassi, si sono tolti i guanti di protezione: entrambi avevano le mani compromesse, con ustioni di secondo grado stando al referto dell'ospedale San Bortolo –:
   quale sia l'esatta dinamica dell'accaduto e se quanto riferito dalla giornalista Benedetta Centin corrisponde a verità;
   in caso affermativo quali iniziative e provvedimenti si siano adottati e si intendono predisporre per accertare la dinamica dei fatti, e soprattutto la qualità dei dispositivi di protezione individuale che vengono forniti al personale in servizio e come si sia potuto verificare l'episodio sopra evidenziato, visto che dovrebbe trattarsi di guanti collaudati e certificati;
   se episodi e fatti come quelli accaduti a Torri di Quartesolo si siano verificati negli ultimi dodici mesi anche in altre occasioni;
   se non si ritenga di dover promuovere e sollecitare opportuni provvedimenti per accertare eventuali responsabilità.
(4-17387)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede di conoscere quali verifiche ed iniziative intenda porre in essere il Governo in merito ai casi di ustioni riportate alle mani da personale di alcuni comandi provinciali dei vigili del fuoco.
  Tali episodi hanno interessato in particolare alcuni vigili del fuoco dei comandi provinciali di Vicenza, Viterbo, Modena, Pesaro ed Arezzo.
  Al riguardo, il dipartimento dei vigili del fuoco ha disposto l'immediato avvio di tutti gli accertamenti necessari a verificare le circostanze e la dinamica degli incidenti, nonché le condizioni tecniche dei guanti da intervento, al fine di assicurare la garanzia dell'incolumità degli operatori del soccorso pubblico.
  È stato pertanto disposto l'immediato prelievo, presso i comandi provinciali interessati, di campioni di guanti appartenenti alla medesima partita di quelli utilizzati dai Vigili rimasti infortunati.
  I predetti campioni sono stati consegnati a un laboratorio certificato, segnalato dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), che li ha sottoposti alle prove di resistenza al calore, al fine di verificare il possesso delle condizioni tecniche prescritte dalla normativa di settore.
  Le prove hanno confermato i livelli di protezione indicati dal fabbricante e verificati dalla commissione di collaudo: i dispositivi raggiungono valori di resistenza al calore superiori a quelli richiesti dalla normativa europea.
  Contemporaneamente alle analisi sui guanti, è stata disposta la costituzione di apposita commissione di verifica, composta da dirigenti del dipartimento dei vigili del fuoco, con specifica competenza in materia, con il compito di acquisire ogni utile elemento di conoscenza in ordine agli episodi di infortunio.
  La commissione si è recata presso i comandi provinciali in cui si sono verificati gli incidenti ed ha effettuato specifiche indagini su ogni singolo episodio.
  Al termine delle ispezioni, la commissione ha ritenuto che gli infortuni si sono verificati a causa di condizioni operative più severe rispetto al livello di protezione offerto dal dispositivo di protezione individuale e del superamento dei tempi ammissibili di contatto o di esposizione.
  Alcuni degli episodi analizzati hanno evidenziato come, anche in scenari d'incendio del tutto ordinari, si possa verificare un superamento del limite protettivo offerto dai guanti e, soprattutto, che il superamento di detto limite può essere avvertito dall'operatore solo dopo la compromissione dell'epidermide e del derma.
  La tecnologia nella produzione dei dispositivi di protezione individuale ha dei limiti oggettivi nell'elevare il grado di isolamento termico di un indumento protettivo, che deve salvaguardare le esigenze ergonomiche e di destrezza connesse all'attività del vigile del fuoco. Un livello di isolamento maggiore mediante un ispessimento del tessuto sarebbe, infatti, controproducente per la sicurezza dell'operatore sia a causa della diminuita capacità di articolazione delle mani, sia per la maggiore capacità di accumulo di energia termica dell'indumento.
  La sicurezza e l'incolumità degli operatori dei vigili del fuoco, quotidianamente impegnati in rischiosi interventi di soccorso, costituiscono un obiettivo prioritario ed imprescindibile. Nella circostanza, in particolare, la risposta del dipartimento dei vigili del fuoco è stata tempestiva ed efficace.
  A seguito delle risultanze delle indagini effettuate, l'amministrazione dell'interno porrà in essere ogni ulteriore iniziativa per salvaguardare la salute degli operatori, prevedendo ove necessario sia modifiche delle procedure operative
standard, sia mirati interventi in sede formativa ed informativa.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   ANTONINO FOTI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa si è appreso da diversi organi di stampa che nel quadro degli interventi miranti alla riduzione della spesa pubblica potrebbe essere decisa la soppressione del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo;
   secondo il WTTC (World Travel and Tourism Council) nel 2011 il contributo diretto (quindi escludendo quelli indiretti e indotti) al PIL italiano del settore viaggi e turismo è stato euro 51,4 miliardi (che rappresenta il 3,3 per cento del PIL);
   il dato fornito dal WTTC riflette l'attività economica generata dall'industria turistica: alberghi, agenzie di viaggi, compagnie aeree e altri servizi di trasporto passeggeri (esclusi i servizi strettamente legati ai pendolari), ma comprende anche altre strutture come ristoranti e affini e strutture di svago toccate direttamente dal turismo;
   le stime sono destinate a crescere, entro il 2022, difatti il contributo diretto al PIL del settore viaggi e turismo in Italia è previsto intorno del 3,5 per cento ossia circa 61,2 miliardi di euro;
   basterebbero questi pochi dati per comprendere quanto sia importante e strategicamente rilevante il settore turistico per il nostro Paese;
   proprio il turismo rappresenta un'opportunità fondamentale per creare e promuovere lo sviluppo del sistema Italia;
   in queste ultime settimane da più parti si è evidenziato come in mancanza di strategie e decisioni finalizzate a promuovere lo sviluppo, non solo l'Italia, ma l'intera Europa rischia di impantanarsi in una crisi perenne;
   se la ventilata soppressione del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo risponde a criteri di rigore, si contrappone invece, in maniera evidente alla necessità di investire sullo sviluppo, una contraddizione questa che deve essere risolta e non può continuare ad esserlo sempre e comunque acriticamente a favore del rigore;
   servono politiche di sviluppo e il settore turistico può certamente rappresentare uno dei pilastri del sistema Italia su cui investire, non a caso il precedente Governo, consapevole dell'importanza strategica del settore aveva voluto istituito un apposito ministero a questo dedicato;
   si deve tenere presente che includendo non solo gli impatti generati in modo diretto ma anche quelli diretti e indotti, il contributo totale del turismo al PIL in Italia, nel 2010, è stato di euro 136,1 miliardi (8,6 per cento del PIL) nel corso del 2011 è arrivato a rappresentare l'8,8 per cento del PIL ed entro il 2022 dovrebbe raggiungere i 156 miliardi di euro;
   rinunciare o comunque depotenziare l'attenzione su questo settore significa infliggere un danno a tutta l'economia del Paese, servirebbero al contrario interventi mirati finalizzati a potenziare una politica strategica del turismo in Italia;
   nel solo 2011 il settore del turismo in Italia ha generato 868.500 posti di lavoro inseriti in modo diretto nel settore come in hotel, compagnie aeree, agenzie di viaggi e altri servizi (includendo anche servizi di divertimento e ristorazione direttamente interessati dal turismo) che rappresentano il 3,8 per cento dell'occupazione totale, e anche in questo caso le stime del WTTC indicano un aumento del contributo del turismo nell'occupazione che entro il 2022 in Italia dovrebbe arrivare a creare 996.000 posti di lavoro con un incremento, quindi, dell'1,5 per cento all'anno nei prossimi 10 anni. Non si può rinunciare a governare questa realtà;
   inoltre, il settore dei viaggi e del turismo in Italia ha attirato investimenti di capitali per 12,6 miliardi nel corso del 2011 e si prevede un aumento nei 10 anni successivi del 2 per cento annuo circa, arrivando a circa 14,4 miliardi per il 2022;
   sull'importanza strategica del settore si è espresso poche settimane fa anche il Ministro degli affari regionali, il turismo e lo sport, che osservando i dati della Banca d'Italia sul turismo internazionale dell'Italia, ha avuto modo di affermare come «nonostante il periodo di crisi economica il turismo si confermasse leva importantissima di tenuta e di potenziale rilancio della nostra economia» –:
   se la notizia di sopprimere il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo corrisponda al vero e se, nel caso, non si ritenga necessario non dare corso a questa soluzione, indicando al contrario proprio nel turismo uno dei settori strategici su cui investire per favorire il rilancio del Paese. (4-16057)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
  In più occasioni è stato enfatizzato il ruolo che il turismo può svolgere per lo sviluppo dell'economia italiana e l'incremento dell'occupazione. A titolo di esempio si segnala il resoconto della audizione del Ministro presso la Commissione X della Camera dei deputati del 28 febbraio 2012.
  Inoltre, nel documento di economia e finanza-programma nazionale di riforma, alla pagina 60, si legge che il turismo viene considerato dal Governo come «uno dei pilastri su cui fondare la ripresa economica del Paese»; che «il Governo sta lavorando ad una strategia nazionale che definisca quali azioni intraprendere per far recuperare all'Italia competitività»; che «la nuova strategia Paese dovrà essere sostenuta da una grande collaborazione tra il Governo, le regioni e tutte le istituzioni interessate, e contare su riforme incisive e investimenti adeguati, garantendo così un significativo incremento dell'occupazione e un più forte contributo alla crescita»; che «il Governo è impegnato nell'implementazione di una nuova strategia comunitaria a favore del turismo».
  L'attribuzione delle competenze in materia al dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport, nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, coniuga le finalità di riduzione delle spese e di ottimizzazione delle strutture amministrative, avviate con il processo di
spending review, con le esigenze di incisività degli interventi di Governo in un settore a carattere di elevata trasversalità.
  Il dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport, nella nuova denominazione, annovera infatti una competenza tradizionale in materia di
governance Stato-regioni, che risale fino al 1947, e garantisce la prospettiva del rafforzamento della gestione delle politiche per il turismo, da me fortemente voluta.
  Infatti, anche in relazione alle competenze regionali in materia, le politiche per il turismo richiedono maggior coordinamento e dialogo istituzionale che conducano alla pianificazione strategica degli interventi, con il coinvolgimento dei Ministeri maggiormente interessati e il diretto confronto con le regioni e gli operatori.
  Nel settore turistico, esigenze di intervento unitario connesse alla promozione del sistema turistico nazionale, in particolare nei rapporti con l'estero sono state evidenziate anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 76/2009) in considerazione «dell'esigenza di valorizzare meglio l'attività turistica sul piano economico interno e internazionale» e della «necessità di ricondurre ad unità la grande varietà dell'offerta turistica del nostro Paese e di esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito dell'economia nazionale». La stessa Corte, con la sentenza n. 80/2012 in tema di codice del turismo, ha precisato che rimane di competenza legislativa statale la regolazione delle imprese turistiche e la disciplina di incentivazione di iniziative di promozione turistica finalizzate alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico italiano.
  Sul fronte internazionale, al dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport, già titolare di competenze in materia di attività internazionale delle regioni, sono devoluti i rapporti con organismi internazionali e sovranazionali, quali l'Omt – Agenzia specializzata dell'Onu per il turismo, la Commissione europea e l'OCSE, nonché con Stati esteri per quanto riguarda il settore di competenza.
  Inoltre, il Dipartimento stesso fornisce il supporto al segretariato permanente del Comitato mondiale dell'etica nel turismo dello stesso Omt.
  La esigenza di una forte struttura centrale per il governo di un settore così articolato come il turismo, affermata con l'istituzione nel 2006 del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, rimane pertanto confermata ed enfatizzata con l'affidamento delle competenze in materia di turismo al novellato dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport, la cui responsabilità politica è in capo direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri, il quale può attribuire la relativa delega di funzioni ad un Ministro senza portafoglio.
  Con la descritta devoluzione di competenze, un ulteriore contributo apprezzabile alla «
spending review» consiste nella riduzione di un posto di capo dipartimento, di due posti dirigenziali di prima fascia (da tre ad uno), di 5 posti dirigenziali di seconda fascia (da nove a quattro) e l'assolvimento di tutti i compiti istituzionali affidati con circa 70 unità di personale non dirigenziale addetto.
  Quanto agli stanziamenti per il turismo, si riportano qui di seguito gli stanziamenti iscritti nei bilanci di previsione degli anni dal 2010 al 2012 (anno corrente):
   anno 2010: stanziamento euro 42.035.000,00;
   anno 2011: stanziamento euro 16.441.651,00;
   anno 2012: stanziamento euro 10.020.780,00.

  Inoltre la legge di stabilità 2012 ha previsto per l'anno 2013 uno stanziamento di euro 8.427.000,00.
Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sportPiero Gnudi.


   GIRLANDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i recenti episodi che hanno visto protagoniste due navi della compagnia Costa Crociere hanno palesato alcune problematiche relative alla gestione delle imbarcazioni e alla sicurezza delle stesse per l'equipaggio ed i passeggeri imbarcati;
   nel giro di poche settimane si sono presentati due episodi provocati da cause diverse, che tuttavia hanno provocato gravi danni di immagine al nostro Paese, cui è associato in tutto il mondo il nome della compagnia di navigazione quale emblema del turismo e delle crociere di alta qualità;
   è necessario assicurare la sicurezza per i passeggeri in relazione alle condizioni delle imbarcazioni, alla preparazione del personale e all'adeguatezza delle strumentazioni e dei mezzi necessari alla gestione di situazioni di rischio;
   potrebbe essere necessario prevedere un momento di incontro tra i vertici della compagnia navale e le autorità ministeriali competenti, volto ad appurare la permanenza delle condizioni necessarie di sicurezza e navigazione sulla flotta Costa, nonché approntare una relazione sulle misure messe in atto dalla compagnia per scongiurare il ripetersi di analoghe situazioni –:
   se intenda assumere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad una verifica dei requisiti di sicurezza e di idoneità delle navi della compagnia Costa Crociere, in modo da inibire la navigazione per quelle unità che non dovessero disporre delle caratteristiche previste dalla normativa vigente. (4-15165)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, le competenze sia operative che amministrative del corpo delle capitanerie di porto in materia di sicurezza della navigazione, derivanti tanto da normative nazionali che internazionali si basano su tre principali funzioni: soccorso in mare, sicurezza della navigazione (
safety) e security (adempimento di tutte le prescrizioni atte a garantire in chiave preventiva le condizioni di sicurezza da atti derivanti da terrorismo).
  In relazione a quanto sancito dall'articolo 14 della legge n. 84 del 1994 e dal codice della navigazione, l'espletamento delle funzioni di polizia marittima si concreta nell'attività tecnico-amministrativa volta a garantire l'ordinato svolgimento delle attività nell'ambito portuale, demaniale e nel mare territoriale e comprende tra l'altro: la disciplina della navigazione marittima, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi.
  Le attività discendenti sono finalizzate a garantire la sicurezza della navigazione, intesa in ogni suo aspetto, inerente in particolare l’«oggetto nave», cioè l'adempimento alle prescrizioni che attengono ai requisiti di sicurezza che il vettore navale deve possedere sotto vari profili che vanno dalla struttura della nave, alle dotazioni di sicurezza individuali e collettive, ai segnalamenti e ai sistemi meccanici ed elettronici di bordo, nonché riferita alla verifica sugli
standards di preparazione e addestramento degli equipaggi.
  Con l'effettuazione delle procedure di visita periodiche e il rilascio dei certificati di sicurezza previsti dalla convenzione internazionale S.O.L.A.S. (
safety of life at sea), l'attività degli ispettori P.S.C. (port state control) consente in maniera costante il monitoraggio delle condizioni di sicurezza a bordo delle navi, ove le stesse si trovino nel porto di uno Stato diverso da quello di bandiera. Qualora l'autorità marittima abbia fondato motivo di ritenere che le condizioni della nave e del suo equipaggiamento non soddisfino le prescrizioni di sicurezza, l'ispettore del port state control nazionale è legittimato ad effettuare a bordo (della nave) gli opportuni controlli e a disporre le misure necessarie per il ripristino dei requisiti di sicurezza previsti dalla normativa internazionale, subordinando ad esse l'ulteriore corso del viaggio (fermo della nave).
  Le attività correlate alla
security riguardano, invece, l'insieme di tutte le misure di carattere preventivo e dispositivo che, in ossequio alle innovazioni della normativa internazionale discendenti dagli eventi dell'11 settembre (Isps Code – International Ship and Port Facility Security Code) sono atte a fronteggiare ogni ipotesi in cui l'assenza di adeguate misure di sicurezza e di controllo può far sì che un vettore navale possa essere fatto bersaglio di attacchi internazionali, trasformato in un’«arma» a causa della natura stessa del suo carico o diventare, inconsapevolmente, il veicolo di carichi impropri.
  L'evento occorso alla motonave Costa Concordia ha riportato all'attenzione internazionale la delicata e complessa articolazione del settore marittimo crocieristico in ragione soprattutto della rilevanza che assumano le misure di tutela della vita umana in mare, anche in ragione dell'elevato numero di passeggeri a bordo.
  Il corpo delle capitanerie di porto, in ragione di ciò, ha ritenuto indispensabile dare impulso ad una serie di iniziative nei differenti ambiti operativi delle navi passeggeri al fine di fornire, nell'immediato, una concreta risposta alle sentite esigenze di conferire certezza e migliorare le misure applicative della normativa di settore. Tale programma è stato articolato su tre diverse direzioni.
  In primo luogo è stata organizzata una campagna concentrata di verifica di tutte le unità della flotta (Costa crociere ed Aida Cruise), sui servizi di bordo di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 1991 (regolamento per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare), da parte di
teams specializzati formati da ufficiali del port state control e sottufficiali del corpo. Ad oggi sono state visitate con esito soddisfacente le seguenti navi:
   Costa Classica nel porto di Port Telang (Malesia) in data 15 aprile 2012;
   Costa Voyager nel porto di Marsiglia (Francia) in data 6 aprile 2012;
   Costa Pacifica nel porto di Savona in data 11 maggio 2012;

  Inoltre, a partire dalla seconda metà del mese di giugno 2012 sono state effettuate due ulteriori visite a bordo delle navi Costa Favolosa (17 giugno con partenza da Venezia) e Costa Atlantica (24 giugno con partenza da Savona).
  I risultati finora ottenuti da questa campagna concentrata, che ha comportato sino ad oggi la verifica di circa il 40 per cento della flotta (Costa crociere ed Aida Cruise), hanno potuto dimostrare un adeguato
standard qualitativo di mezzi e personale della società che ha confermato la rinomata tradizione marinaresca della flotta e della cantieristica italiana.
  In secondo luogo, è stata effettuata, da parte di personale specializzato del corpo, una visita addizionale al sistema di gestione della sicurezza navale, previsto dal codice internazionale I.S.M. della Società Costa Crociere nel mese di aprile 2012.
  È stato, infine, predisposto un articolato e propositivo documento tecnico per la partecipazione del Comando generale del corpo delle capitanerie di porto al
Maritime safety commitee (M.S.C.) dell’International maritime organization (I.M.O.) discusso nel mese di maggio 2012 a Londra.
  In tale consesso, ai cui lavori hanno partecipato rappresentanti di trentacinque Paesi, tra cui l'Italia, nonché funzionari della commissione europea e nove organizzazioni di categoria internazionali ed enti tecnici con funzioni consultive (Ics, Iacs, Ifsma, Cesa, Imrf, Clia, Rina, Interferry, Itf) l’
International maritime organization ha avvertito l'urgenza di armonizzare, a livello internazionale, azioni che potessero costituire misure adeguate, a breve termine, per incrementare la sicurezza a bordo delle navi passeggeri.
  Con la circolare MSC 1/circolare 1446 del 1o giugno 2012 l’
International maritime organization ha infatti incoraggiato gli Stati membri e l'industria cantieristica delle unità da passeggeri:
   ad assumere iniziative necessarie ad assicurare che gli attuali
standards e procedure applicate siano pienamente e efficacemente applicati;
   ad eseguire una revisione delle misure operative di sicurezza (
operational safety measures);
   a considerare le raccomandazioni iniziali (elencate nella circolare MSC) di carattere operativo come misure di cui è opportuna l'implementazione con ogni possibile urgenza ed efficacia.

  Infine, si evidenzia che a livello nazionale le predette risultanze e le direttive già intraprese dall’International maritime organization sono state trasfuse nella circolare n. 97 del 1o agosto 2012 del comando generale del corpo delle capitanerie di porto che ha inteso armonizzare l'applicazione dei principi sanciti dall’International maritime organization.
  Concludendo, si sottolinea che l'articolato quadro di interventi descritto testimonia come il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la propria articolazione operativa costituita dal corpo delle capitanerie di porto, sia impegnato ad adottare e valorizzare ogni misura funzionale a consentire un miglioramento costante della sicurezza della navigazione, in linea con le disposizioni di legge nazionali e internazionali nonché in conformità delle risultanze dei lavori in seno all’
International maritime organization.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   GIRLANDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 684 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, lettera b), prevede che al corso biennale per allievi marescialli dell'Arma dei carabinieri possono partecipare i cittadini italiani che non hanno superato il ventiseiesimo anno di età e non hanno già prestato il servizio militare;
   tale ridotto limite di età riduce, di fatto, la possibilità di partecipare al concorso a molti giovani iscritti all'università in procinto di concludere il biennio della laurea magistrale, specialistica o il periodo del dottorato, dando così modo, anche agli studenti che rispettino i tempi previsti dalla durata del corso di studio, di partecipare una sola volta a tale bando, non potendo poi accedervi per sopraggiunti limiti di età;  
   si configura, pertanto, uno scenario di esclusione da tale carriera per molti giovani a soli 26 anni, solo per la scelta di intraprendere un percorso accademico completo dopo le scuole superiori;
   tale dinamica impatta anche sui tanti giovani che hanno dovuto iniziare a lavorare precocemente per aiutare economicamente la propria famiglia, non avendo così modo di prepararsi al meglio alle prove concorsuali, o su chi ha dovuto assistere qualche familiare malato o ha perso il lavoro, spesso precario, e fatica a trovare un'occupazione;    
   i dati attuali sulla disoccupazione giovanile impongono di considerare una rimodulazione dei limiti di età per l'accesso a determinati concorsi inerenti alle forze dell'ordine, alla professione militare o agli impieghi di natura pubblica, determinando meccanismi meritocratici e premianti non più esclusivamente imperniati su criteri di natura anagrafica;
   la mole di domande che giungono in occasione del bando di tali concorsi giustifica una revisione dei limiti di età per la partecipazione, attualmente tra le più basse d'Europa, innalzandola almeno di un anno o parificandola a chi ha già prestato servizio militare –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative normative per un adeguamento o una modifica dell'articolo 684 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, lettera b), nel senso indicato in premessa. (4-16667)

  Risposta. — In primo luogo, si deve rilevare che un intervento di natura legislativa così come invocato nell'atto, avrebbe un'ampia portata, atteso il coinvolgimento non soltanto della difesa ma anche di altri dicasteri.
  Infatti, una simile iniziativa implicherebbe il necessario coordinamento in ambito interministeriale, nell'ottica di armonizzare la previsione in questione con il quadro normativo attualmente vigente in materia per le Forze di polizia (FdP).
  In secondo luogo, occorre sottolineare che un'eventuale innalzamento del limite d'età così come proposto, non è compatibile con i criteri ispiratori del reclutamento che impongono l'esigenza per le Forze armate e le Forze di polizia da un lato di disporre di personale, che in virtù della giovane età, risulti impiegabile dal punto di vista operativo e dall'altro di garantire la corretta ed equilibrata alimentazione dei ruoli, assicurando contestualmente armoniche progressioni di carriera al personale stesso.
  Alla luce del quadro delineato e tenuto conto che il vigente limite d'età è coerente con tali esigenze delle Forze armate/FdP, un'iniziativa nel senso auspicato dall'interrogante non è, allo stato, perseguibile.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MELONI. — Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le grandi difficoltà con cui le nuove generazioni devono confrontarsi per poter sperare in un futuro dignitoso generano spesso dichiarazioni accalorate di sostegno da parte della classe dirigente; tali buone intenzioni vengono però frequentemente disattese dalla prova dei fatti;
   la precaria situazione abitativa costituisce uno degli ostacoli più ardui da superare per il coronamento delle aspettative di molte giovani coppie italiane fino ad impedire o rimandare di parecchi anni la creazione di nuovi nuclei familiari;
   con l'intento di concretizzare il sostegno dello Stato alle nuove generazioni, è stato emanato il decreto 17 dicembre 2010, n. 256, ratificato con il protocollo d'intesa firmato tra il dipartimento della gioventù e l'Associazione bancaria italiana il 18 maggio 2011, e reso operativo a partire dal 1° settembre 2011;
   tale decreto ha istituito un fondo di garanzia dello Stato, dotato di una copertura di 50 milioni di euro, per permettere l'acquisto della prima casa a coppie sposate, aventi meno di 35 anni, con o senza figli, e a nuclei familiari, anche mono genitoriali, con figli minori. L'accordo tra Abi e Dipartimento della gioventù prevede che lo stato garantisca il 50 per cento della quota capitale del mutuo concesso (fino a un massimo di 75 mila euro) e che le banche non possano richiedere garanzie ulteriori oltre l'ipoteca sull'immobile;
   per accedere ai benefici previsti dal decreto è necessario che i richiedenti: siano dotati di un reddito ISEE complessivo non superiore a 35 mila euro; che non più del 50 per cento del reddito complessivo imponibile ai fini IRPEF derivi da contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; che non siano proprietari di altri immobili ad uso abitativo;
   le caratteristiche dell'immobile devono rispondere ai seguenti criteri: deve essere adibito ad abitazione principale; non può rientrare nelle categorie catastali A1 (abitazioni signorili), A8 (ville) e A9 (castelli, palazzi) e la sua superficie non può superare i 90 metri quadrati; non può avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969;
   il mutuo deve avere le seguenti caratteristiche: essere un mutuo ipotecario per l'acquisto dell'abitazione principale; non può ammontare ad un importo superiore a 200.000 euro; il tasso applicato e le condizioni del mutuo sono stabilite dai singoli istituti bancari entro i parametri consentiti dall'accordo tra il dipartimento della gioventù e l'ABI;
   un'inchiesta dell'associazione di consumatori Altroconsumo, riferita anche dal quotidiano Il Corriere della Sera il 5 luglio 2012, ha evidenziato come solo 9 agenzie su 71 delle banche aderenti all'iniziativa, propongano ai clienti dotati dei requisiti le condizioni stabilite dal decreto 17 dicembre 2010, n. 256, e dal protocollo d'intesa sottoscritto tra dipartimento della gioventù e l'ABI;
   l'atteggiamento degli istituti di credito che disattendono la corretta applicazione degli accordi sottoscritti reca un grave danno alle giovani coppie destinatarie del provvedimento dal punto di vista economico, dal punto di vista sociale e, non ultimo, dal punto di vista del diritto in quanto ne viene negato loro uno stabilito con una legge dello Stato italiano;
   l'oggetto di questa interrogazione è una dimostrazione di come spesso le parole non siano seguite dai fatti. I destinatari dell'iniziativa, inoltre, sono anche privati di un diritto sancito nella seconda parte dell'articolo 3 della Costituzione, che recita: «[...] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.». Si ricorda che la Repubblica non è costituita soltanto dalle istituzioni ma dall'intera organizzazione sociale della Nazione –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di verificare l'effettiva applicazione del decreto 17 dicembre 2010, n. 256, e il successivo protocollo d'intesa firmato tra il dipartimento della gioventù e l'Associazione bancaria italiana;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere nei confronti degli istituti di credito che avessero eventualmente disatteso quanto stabilito nel decreto e nel protocollo d'intesa. (4-16953)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede notizie in merito all'effettiva applicazione del regolamento per la disciplina dei criteri di accesso al fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa e le modalità di funzionamento dello stesso (decreto ministeriale 17 dicembre 2010, n. 256), nonché del relativo protocollo d'intesa firmato tra il dipartimento della gioventù e l'associazione bancaria italiana.
  Tale fondo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento della gioventù, al fine di consentire alle giovani coppie coniugate o ai nuclei familiari anche monogenitoriali con figli minori, l'accesso a finanziamenti agevolati per sostenere le spese connesse all'acquisto della prima casa (articolo 13, comma 3-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, successivamente modificato dall'articolo 2, comma 39, della legge n. 131 del 2009).
  Si tratta di un fondo speciale di garanzia per l'accesso al credito agevolato per l'acquisto della prima casa, di ammontare non superiore a 200 mila euro, i cui destinatari sono le giovani coppie e i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, il cui reddito complessivo non superi i 35 mila euro e derivi, per più della metà, da contratti di lavoro atipici. L'obiettivo è quello di offrire garanzie bancarie e permettere l'acquisto dell'abitazione principale alle giovani coppie che, in virtù di un contratto atipico, hanno difficoltà ad ottenere il mutuo.
  La misura in questione rappresenta, come sottolineato dall'interrogante, una concreta iniziativa di sostegno dello Stato alle nuove generazioni per le quali, anche la precaria situazione abitativa, spesso costituisce ostacolo alla creazione di nuovi nuclei familiari nell'attuale momento di pesante crisi economica.
  Le operazioni relative alla gestione amministrativa del fondo sono affidate dal dipartimento della gioventù al «gestore» concessionaria servizi assicurativi pubblici, (ai sensi dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, che prevede tale possibilità per le amministrazioni dello Stato cui sono attribuiti per legge fondi o interventi pubblici).
  La dotazione complessiva del «fondo casa», impegnata dal dipartimento della gioventù con decreto, n. 671 del 2010 del 20 dicembre 2010, è di euro 50.000,00.
  Per quanto concerne le caratteristiche del fondo, è stato scelto il meccanismo del fondo rotativo, che moltiplica la durata temporale dell'intervento poiché le risorse, accantonate per garantire eventuali default dei giovani mutuatari, vengono progressivamente svincolate man mano che questi adempiono alle proprie obbligazioni, così ricostituendo la disponibilità.
  A seguito della rilevazione periodica eseguita dal gestore pubblico (previsto dal regolamento attuativo), nonché dalle copiose interlocuzioni con i cittadini, purtroppo, è emersa una manifesta sottoutilizzazione, rispetto alle risorse disponibili, del fondo, come riportato dall'interrogante e sottolineato anche da alcuni articoli della stampa economica specializzata.
  Risulta, infatti, che il numero dei mutui concessi dagli istituti di credito è alquanto esiguo e, addirittura, che alcuni mutui sono rifiutati persino a seguito della già avvenuta concessione da parte dello Stato della garanzia, accertati i requisiti in capo ai giovani richiedenti. Inoltre, gli ultimi mesi, tendenzialmente, evidenziano un'ulteriore contrazione delle operazioni andate a buon fine.
  Gli uffici segnalano che, dalla rilevazione effettuata a settembre 2012, emerge la seguente situazione:
   a) richieste pervenute: 213;
   b) richieste ammesse alla garanzia del fondo: 111 per un importo complessivo di euro 10.167.028, cui corrisponde un impegno del fondo di complessivi euro 1.016.702;
   c) ammontare finanziamenti garantiti erogati dalle banche: 45 posizioni per complessivi euro 5.237.536 per un impegno di euro 523.753.

  Ad avviso degli uffici, tale situazione potrebbe essere superata attraverso un intervento sull'attuale regolamentazione secondaria che non solo, ab initio, si caratterizzava per la propria implicita «sperimentalità» (considerato che non esistevano precedenti analoghi di intervento statale nella materia), ma ormai si scontra con il mutato quadro macroeconomico in tema di credito.
  Il fondo ha la natura giuridica di fondo di garanzia, la cui
ratio è quella di sostenere soggetti che non avrebbero garanzie reali o che non sono ancora percettori di un reddito sufficiente ad ottenere un finanziamento per l'acquisto della prima casa. L'opportunità offerta dallo Stato non dovrebbe, infatti, scontrarsi con gli assetti di mercato. È evidente che utilizzando in via regolamentare misure non in linea con i concorrenti interessi degli operatori economici coinvolti (banche e giovani) si rischia l'inefficacia dell'iniziativa.
  Mi preme sottolineare che, allo scopo di superare le disfunzionalità segnalate, nello scorso mese di settembre ho dato precise direttive. I miei uffici hanno avviato con i corrispondenti uffici dei Ministeri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, l’iter per la modifica del regolamento che attualmente disciplina il «fondo casa». A breve si svolgerà, presso i miei uffici, una riunione tecnica per discutere tali modifiche.
  Si tratta di una serie di modifiche volte, tra l'altro, all'adeguamento dello spread massimo ivi previsto che non risulta più in linea con i correnti prezzi di mercato e all'ampliamento del target di riferimento (non solo a giovani in situazioni di marginalità estrema ma anche in condizioni meno svantaggiate).
  Sono convinto che attraverso tali modifiche, se condivise dai Ministeri concertanti, si potranno superare le problematiche di sottoutilizzazione del fondo che, invece, può costituire un importante strumento di accesso al credito per le giovani coppie nell'attuale fase di crisi economica.
Il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazioneAndrea Riccardi.


   MIOTTO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il 31 marzo 2012 sul Corriere della sera è stata riportata da G. Antonio Stella una vicenda che ha visto protagonista il professor Germano Grassivaro di Padova, che ha insegnato nelle università di Venezia e di Padova, ma che è stato impegnato anche all'estero nel rilancio dell'università di Mogadiscio ed in varie missioni per la cooperazione universitaria con l'Argentina;
   nell'ottobre del 1992 il professor Grassivaro partecipa alla prova di selezione per addetto scientifico all'ambasciata di Buenos Aires ma non viene scelto nonostante il seguente giudizio: «l'apposita commissione ha apprezzato la sua eccellente preparazione, tuttavia i requisiti richiesti hanno indotto la Commissione a designare un altro candidato»;
   il professor Grassivaro ritiene invece di essere vittima di una ingiustizia e che il vincitore non sia in possesso dei requisiti richiesti e perciò presenta un'istanza al Ministro degli affari esteri pro tempore On. Emilio Colombo. L'istanza viene respinta in quanto viene rivendicata una «autonoma discrezionalità di scelta da parte del Ministero»;
   il 4 giugno 1993 il professor Grassivaro è costretto ad introdurre un ricorso straordinario al Capo dello Stato, chiamato ad emettere un decreto di accoglimento o rigetto in base al parere del consiglio di Stato;
   trascorrono anni senza alcuna risposta finché dopo l'ennesimo sollecito avviato da un legale di fiducia del ricorrente, in data 11 novembre 2011 (decreto nr. 0046) il ricorso, viene accolto. Sono trascorsi 19 anni ed il professor Grassivaro oggi ha 75 anni;
   nei giorni scorsi il professor Grassivaro ha presentato una richiesta di risarcimento danni che sono di varia natura: professionali, economici, ma anche «esistenziali», come ha riconosciuto una sentenza della Corte di cassazione, in quanto «il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva e interiore (propria del cosiddetto danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso...» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto descritto e quali iniziative intendano assumere per far sì che l'esaurimento di un procedimento amministrativo avvenga in tempi celeri e comunque entro i termini previsti attualmente dalla legge n. 241 del 1990;
   se, nel caso di cui in premessa, vi siano precise responsabilità in capo a dirigenti che possano essere ritenuti inadempienti;
   se ritengano opportuno avanzare una congrua proposta risarcitoria al professor Grassivaro ingiustamente penalizzato economicamente e moralmente dall'operato della pubblica amministrazione e quindi evitare l'ulteriore (lunga) attesa della definizione del procedimento in sede giurisdizionale, prima che l'interessato consegua la sua giusta soddisfazione. (4-16945)

  Risposta. — L'11 novembre 2011 è stato firmato dal Presidente della Repubblica il decreto di accoglimento del ricorso del 4 giugno 1993, promosso dal professor Germano Grassivaro per la mancata nomina di addetto scientifico presso le ambasciate a Caracas e a Buenos Aires. Su tali sedi erano stati nominati, sulla base della prevista procedura, il professor Giuseppe Guzzetta e il professor Luigi Tomasini.
  Il 7 gennaio 2009 il legale del professor Grassivaro chiedeva al Ministero degli affari esteri di conoscere i seguiti del ricorso presentato dal suo cliente 16 anni prima (1993). Il 19 febbraio 2009 l'allora direzione generale per la cooperazione culturale (dgpcc), rispondendo alla precitata istanza, informava il legale del professor Grassivaro della possibilità di prendere visione degli atti disposti dall'allora direzione generale del personale (dgpe).
  Nel fascicolo agli atti del competente ufficio dell'allora dgpcc risultavano esservi: 1) il ricorso presentato dall'interessato; 2) gli atti inerenti alla selezione degli esperti da destinare quali addetti scientifici effettuata nel 1992; 3) copia di un'interpellanza parlamentare dell'agosto 1996 attivata dallo stesso ricorrente. Nella documentazione non risultava, invece, alcuna istanza con la quale l'interessato avesse provveduto, nel termine perentorio dei 120 giorni previsto dalla normativa, ad attivarsi per i seguiti del ricorso.
  Durante il giudizio e a seguito delle successive richieste istruttorie avanzate dal Consiglio di Stato quella direzione generale provvedeva ad inviare tutta la documentazione in suo possesso relativa al caso.
  L'8 giugno 2011, il Consiglio di Stato emetteva il definitivo parere, con esito sfavorevole all'Amministrazione accogliendo il ricorso e disponendo l'annullamento degli atti impugnati.
  A fronte della natura vincolante del parere del Consiglio di Stato veniva emesso l'11 novembre 2011, il succitato decreto del Presidente della Repubblica che accoglieva il ricorso in questione.
  Il 30 novembre 2011, la direzione generale per la promozione del sistema paese (dgsp) provvedeva a notificare il suddetto decreto del Presidente della Repubblica al professor Grassivaro e ai due contro interessati.
  Il 10 aprile 2012 perveniva alla dgsp il ricorso al Tar del Lazio proposto dal legale del professor Grassivaro con il quale si richiede il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, a carico dell'Amministrazione per la mancata nomina, nel 1993, di quest'ultimo addetto scientifico presso le ambasciate a Caracas e Buenos Aires.
  Occorre al riguardo tenere presente che: considerato che il ricorso del Tar del Lazio è stato notificato anche all'Avvocatura generale dello Stato, spetterà a detto organo procedere a redigere la relativa comparsa di costituzione a difesa e tutela dell'Amministrazione; l'interessato non ha provveduto nel termine perentorio dei 120 giorni previsto dalla normativa ad attivarsi per i seguiti del ricorso. Una richiesta è pervenuta all'Amministrazione soltanto nel 2009, vale a dire 16 anni dopo la presentazione del ricorso stesso; la decisione di corrispondere al professor Grassivaro un risarcimento nelle forme richieste dal ricorso presentato al Tar del Lazio dal suo legale non potrà essere stabilito che in sede giurisdizionale.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   MOTTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Federazione erboristi italiani (FEI), associazione di categoria aderente a Confcommercio imprese per l'Italia, in data 15 maggio 2012 ha diffuso un proprio comunicato stampa nel quale richiamava le numerose segnalazioni e rimostranze giunte da parte degli operatori del settore erboristico a seguito della pubblicazione il 10 maggio 2012, sul sito internet espresso.repubblica.it dell'articolo «Ti droghi ? Dillo al Ministro» a firma di Gianfrancesco Turano;
   l'articolo riferisce della spedizione alle famiglie, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della salute, di un questionario finalizzato «a studiare le abitudini e gli stili di vita della popolazione italiana e di valutare l'eventuale consumo di alcune sostanze potenzialmente nocive»;
   alla pagina 9 del questionario, i riquadri G7, G8 e G9 interrogano gli intervistati sulla conoscenza e l'utilizzo di sostanze psicoattive indicando, al riquadro G9, le erboristerie come luoghi di possibile approvvigionamento delle stesse;
   secondo la FEI questa indicazione espone il settore rappresentato ad essere assimilato, agli occhi dei cittadini, a canali illegali di spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiando in tal modo l'immagine della categoria –:
   quali siano i presupposti che hanno indotto il Ministro interrogato a predisporre il questionario in premessa e se non ritenga di intervenire ufficialmente fornendo precisazioni ai cittadini al fine di tutelare l'onorabilità del settore erboristico. (4-18093)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere quali presupposti abbiano indotto a predisporre il questionario sulle abitudini e gli stili di vita degli italiani che ha determinato la protesta della federazione erboristi italiani in relazione alle domande concernenti l'eventuale acquisto di prodotti potenzialmente dannosi nelle erboristerie.
  Queste domande sono ritenute dannose per il settore già penalizzato dalla diffusa crisi economica.
  Al riguardo, si rappresenta che l'indagine cui fa riferimento l'interrogante si inquadra tra le iniziative di uno studio internazionale, realizzato in venticinque Paesi dell'Unione europea, in aderenza alle linee guida dell'osservatorio europeo.
  Con il questionario, trasmesso per posta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per le politiche antidroga in collaborazione con il Ministero della salute, vengono poste domande in ordine all'utilizzo di sostanze come l'alcol, il tabacco e gli stupefacenti, ai fini di una valutazione epidemiologica, per uno studio approfondito di tutte le forme di dipendenza.
  L'esigenza di inserire nel questionario anche le erboristerie è nata da alcune segnalazioni al sistema nazionale di allerta precoce e risposta rapida per le droghe – national early warning system (N.E.W.S), attivato alla fine del 2008 anche nel nostro Paese dal dipartimento per le politiche antidroga.
  Il «sistema di allerta» ha il duplice obiettivo di individuare precocemente i fenomeni potenzialmente pericolosi per la salute pubblica, correlati alla comparsa di nuove sostanze e di nuove modalità di consumo e di attivare segnalazioni di pre-allerta od allerta, al fine di un immediato coinvolgimento delle strutture deputate alla tutela della salute per l'eventuale attivazione di misure in risposta alle emergenze.
  Il «sistema di allerta» ha realizzato negli ultimi tre anni una serie di attività che hanno contribuito significativamente a ridurre la circolazione di nuove sostanze psicoattive nel nostro Paese ed a contenere tra i consumatori episodi di intossicazione anche letale.
  La proficua collaborazione con l'osservatorio europeo, attraverso il punto focale nazionale del dipartimento politiche antidroga, ha consentito di rendere estremamente rapidi gli scambi informativi tra il livello europeo e quello nazionale.
  Nel corso dell'ultimo biennio sono state segnalate al «sistema di allerta» due erboristerie (una a Verona e una a Torino), che vendevano liberamente integratori alimentari che in realtà contenevano i princìpi attivi sildenafil, tadalafil e vardenafil, sostanze che possono essere vendute solo dietro prescrizione medica. I rischi legati all'assunzione impropria dei suddetti principi attivi sono particolarmente importanti se associati all'uso di altri farmaci, quali i nitrati utilizzati nel trattamento e nella profilassi degli attacchi anginosi.
  Il questionario, inviato alla popolazione nel 2012, fa parte di uno studio sui comportamenti della popolazione generale (dai 18 ai 64 anni) nei confronti delle sostanze psicoattive e rientra tra le attività di monitoraggio del fenomeno del consumo di droga in Italia, come previsto dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
  Lo studio, promosso, con cadenza biennale, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, rientra anche tra le attività previste dal protocollo standard di monitoraggio epidemiologico dell'EMCDDA (European monitoring centre for drugs and drug addiction) nella popolazione generale ed in quella scolastica (dai 15 ai 19 anni). Il protocollo EMCDDA prevede la rilevazione del consumo di sostanze psicotrope (cannabis, oppiacei, cocaina, crack, ecstasy, amfetamine, allucinogeni, solventi, inalanti ed altre) per genere e fasce di età.
  In considerazione dell'obiettivo perseguito, è evidente che le domande in esso contenute sull'uso di sostanze psicoattive, che potrebbero essere scambiate per innocui prodotti di erboristeria, non intendono arrecare alcun pregiudizio alle attività commerciali del nostro Paese né negli altri Paese dell'Unione europea.
Il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazioneAndrea Riccardi.


   MURGIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il cemento sta ingoiando l'Italia;
   questo è l'allarme che Fai e Wwf lanciano contro la continua distruzione del paesaggio, la risorsa più preziosa;
   non è la previsione di qualche «Cassandra» ambientalista, ma il risultato d'una ricerca scientifica promossa dall'Università dell'Aquila, con l'Università Bocconi di Milano, che ha analizzato i piani regolatori di 11 regioni;
   la proiezione elaborata su questi dati costruisce un viaggio dentro la bella Italia che scompare e che Fai e Wwf hanno illustrato lanciando l'allarme;
   milioni sono i casi di abusivismo edilizio che, dal 1948 a oggi, hanno ferito il Paese;
   si tratta di paesaggi, terreni agricoli, spazi di aggregazione sociale che non saranno mai più restituiti all'ambiente e alla collettività con un processo irreversibile e in costante crescita;
   le cifre disegnano un quadro buio;
   l'erosione del suolo, negli ultimi 50 anni, è avanzata a un ritmo incalzante: da un minimo del 100 per cento in Umbria, Liguria, Valle d'Aosta e Friuli, sino a oltre il 400 per cento in Molise, Puglia e Abruzzo e più del 500 per cento in Emilia Romagna;
   un caso esasperato è quello della Sardegna: in poco meno di 60 anni le urbanizzazioni sono cresciute del 154 per cento;
   il Paese – secondo le associazioni ambientaliste – è rimasto in pratica «seduto» sul suo patrimonio culturale e paesaggistico, oscillando tra scarsa attenzione, disimpegno e condoni;
   il paesaggio non è solo «uno stato d'animo», come sosteneva Verlaine, ma una delle risorse migliori;
   accanto a questa deriva d'inerzia, ci sono quella dell'illegalità, rappresentata dall'abusivismo edilizio che, dal 1948 a oggi, ha ferito il Paese con 4,5 milioni di illeciti (una media di 207 al giorno) e il lavoro delle cave che «hanno mutilato il territorio scavando 375 milioni di tonnellate di inerti e altri 320 di argilla, calcare, gessi e pietre ornamentali»;
   il tutto in un'Italia già così fragile sotto il profilo idrogeologico, in cui il 70 per cento dei comuni è interessato da frane –:
   se i Ministri interrogati, alla luce dei fatti sopra riportati, non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per porre limiti precisi a tutte le nuove costruzioni, tutelando le aree di pregio naturalistico e non arrestando la crescita del Paese, ma armonizzandola. (4-16212)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede quale iniziativa di competenza questa Amministrazione intenda assumere per porre limiti precisi a tutte le nuove costruzioni tutelando le aree di pregio naturalistico, si comunica quanto segue.
  Il 14 settembre 2012 il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di disegno di legge quadro «Valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo».
  Il provvedimento in esame, i cui coproponenti sono il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero per i beni e le attività culturali, costituisce una prima risposta, a livello normativo, alle sollecitazioni date dalla 13° Commissione (territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato, presieduta dal senatore D'Alì, a seguito dell'approfondimento delle problematiche connesse al consumo del suolo, mediante l'audizione sul tema di eminenti studiosi ed esperti nonché – lo scorso 13 marzo – del Ministro per i beni e le attività culturali.
  In quella sede, illustrando gli indirizzi di governo in materia di tutela del paesaggio, si ebbe modo di chiarire come la mancata limitazione del consumo del suolo, insieme al fenomeno della dispersione urbana, rappresenti un elemento di rischio consistente per il paesaggio italiano, e come, invece, occorresse agire sul recupero delle periferie degradate e delle vaste aree industriali dismesse, nonché sul miglioramento del patrimonio edilizio degli anni sessanta e settanta del secolo scorso. In tale contesto, la tutela del paesaggio agrario costituisce l'architrave per il proficuo sviluppo del territorio e la tutela degli interessi paesaggistici.
  In questa prospettiva, il disegno di legge in esame stabilisce che debba essere fissato un limite complessivo, di tipo quantitativo, alle possibilità di consumo di suolo agricolo inedificato.
  Questa Amministrazione ha chiesto di integrare tale limite quantitativo con valutazioni di tipo qualitativo, necessarie e indefettibili, ai fini della tutela del paesaggio agrario, le cui caratteristiche di pregio differiscono significativamente in dipendenza del contesto territoriale in cui l'area agricola si colloca: il testo normativo prevede, quindi, il coordinamento delle politiche di contenimento del consumo del suolo con la pianificazione paesaggistica (parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio), alla quale è rinviato il concreto apprezzamento delle esigenze di tutela paesaggistica delle diverse realtà territoriali.
  Quanto a ciò, infatti, il comma 5 dell'articolo 2 fa rinvio alle previsioni contenute nel piano paesaggistico, strumento disciplinato dalle disposizioni della parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio.
  L'articolo 4 del disegno di legge in esame introduce delle misure per incentivare il recupero del patrimonio edilizio rurale, al fine di favorire l'attività di manutenzione, ristrutturazione e restauro degli edifici esistenti, invece che l'attività di edificazione e costruzione di nuove aree urbane.
  Il provvedimento in esame, quindi, si pone come un intervento normativo di fondamentale importanza ai fini della salvaguardia del territorio italiano, da consegnare, possibilmente integro, in eredità alle generazioni future.
  Il recente decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134, inoltre, all'articolo 12, prevede la predisposizione del piano nazionale per le città, dedicato alla riqualificazione di aree urbane, con particolare riferimento a quelle degradate.
Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   la superficie forestale della regione Piemonte, rappresenta un'importante risorsa economica e dell'intero ecosistema, le cui caratteristiche costituiscono, per l'intera macro-area, una ricchezza a livello nazionale;
   l'estensione della predetta superficie, secondo quanto risulta dalla carta forestale del Piemonte è in costante aumento e coinvolge un articolato sistema di imprese forestali piemontesi, con l'obiettivo di promuovere la crescita e qualificare il complesso ecosistema del territorio interessato e garantendo un livello occupazionale per migliaia di operai forestali;
   l'articolo 4, comma 60, della legge 12 novembre 2011 n. 183 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2012), ha previsto la riduzione di spesa per le assunzioni di personale operaio presso il Corpo forestale dello Stato per un importo pari a euro 1.570.659 per il 2012 come stabilito dall'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2010, che ha destinato 3 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012;
   il suddetto taglio dei fondi regionali destinati ai forestali, a giudizio dell'interrogante, penalizza fortemente una regione come il Piemonte che, come peraltro suesposto, ha la gran parte del suo territorio dedito a foresta, con un numero tra l'altro, modesto di operai forestali, pari attualmente a poco più di 500 –:
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere, al fine di prevedere in tempi rapidi, il ripristino dei fondi necessari per i forestali, in particolare quelli della regione Piemonte, indicati in premessa, le cui competenze e professionalità costituiscono degli elementi fondamentali per tutelare l'intero sistema forestale e ambientale della medesima regione;
   se non intendano attivarsi, a livello comunitario, al fine di verificare la disponibilità dei programmi cofinanziati dei fondi strutturali a sostegno degli operai forestali del nostro Paese, le cui radici storiche e professionali risalgono al 1822 e sono caratterizzate da una molteplicità di compiti per la tutela del patrimonio naturale e paesaggistico. (4-14718)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame vorrei anzitutto ricordare che, ormai da anni, la mia Amministrazione non è presente, in Piemonte, con uffici territoriali per la biodiversità; pertanto, in tale regione, non assumiamo personale operaio ai sensi della legge n. 124 del 1985.
  Ciò premesso, riguardo all'opportunità di potenziare la dotazione organica del Corpo forestale dello Stato nella predetta regione evidenzio che, con decreto del Capo del Corpo forestale dello Stato CFS del 23 novembre 2011 (pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana – serie concorsi del 29 novembre 2011), è stato indetto un concorso pubblico per esami per la nomina di 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato, i cui posti sono stati ripartiti tra diverse sedi di servizio secondo un piano di distribuzione territoriale.
  Per la regione Piemonte è stato previsto il maggior numero di posti, corrispondente a ben 71 unità su 400 (pari a circa il 18 per cento).
  Per quanto concerne la richiesta sospendere il concorso pubblico sopramenzionato, a parte l'evidente inopportunità (considerato che sono pervenute oltre 120.000 domande da tutto il territorio nazionale), evidenzio che esso si basa su autorizzazioni ad assunzioni da effettuarsi entro specifici termini determinati per legge (cosiddetto turn-over).
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   PES. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   si è appresa la notizia dagli organi di stampa (Unione Sarda, La Nuova Sardegna 20 giugno 2012, www.alguer.it) dell'autorizzazione da parte del Ministro interrogato al peschereccio toscano «I dieci Angelillo» per praticare la pesca con il cianciolo nei mari di Bosa (Or);
   la pesca con il cianciolo consiste nel circuire i branchi e, con l'impiego di grandi reti, si ha la possibilità di salpare enormi quantità di pescato in tempi brevissimi;
   tale tecnica provoca l'impoverimento del mare;
   su internet sono reperibili diversi video che mostrano l'enorme danno che tale tecnica di pesca provoca all'ecosistema marino;
   l'attività della pesca sta attraversando un periodo particolarmente delicato, e a Bosa il settore sta vivendo una condizione particolarmente critica anche a causa del limitato tratto di mare fruibile e del suo eccessivo sfruttamento;
   i pescatori di Bosa, per cercare di salvaguardare e tutelare l’habitat marino hanno progettato, in collaborazione con l'università di Cagliari, un piano di gestione del territorio;
   per raggiungere tale scopo, i pescatori si sono prefissati alcuni obiettivi, tra i quali ridurre lo sforzo di pesca diminuendo le attrezzature, nonché proponendo di aumentare le distanze dalla costa e i fondali per la pesca a strascico o simili metodi di pesca non selettivi, tra cui appunto la pesca a cianciolo;
   è stata inoltre creata una prima zona per la raccolta e il ripopolamento dell'aragosta a cui si pensa di farne seguire altre per tutelare al meglio la fauna ittica del territorio;
   i pescatori di Bosa in un documento, nel quale mostrano la loro contrarietà per le autorizzazioni concesse, denunciano che anche l'estate scorsa, gli stessi pescherecci che hanno fatto richiesta quest'anno hanno praticato tale attività, arrecando in breve tempo notevoli danni al territorio e rigettando in mare grandi quantità di pescato di scarso valore economico;
   i pescatori di Bosa hanno organizzato una manifestazione popolare contro tale sistema;
   risulta all'interrogante che in data 6 maggio 2012 il sindaco di Bosa ha chiesto un provvedimento sospensivo urgente degli effetti del nulla osta che autorizza il cambio ufficio d'iscrizione da porto Azzurro a Bosa della M/b «I Dieci Angiolillo», nonché l'utilizzo dei palangari in aggiunta alla rete a circuizione;
   risulta, inoltre, che con nota 1° giugno 2012 il direttore generale del Ministero conferma la validità del provvedimento col quale autorizzava il cambio ufficio d'iscrizione della M/b di cui sopra e l'utilizzo dei palangari in aggiunta alla rete a circuizione –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda verità, ovvero se sono state rilasciate autorizzazioni per la pratica della pesca con il cianciolo nel territorio di Bosa;
   se non ritenga che questo disastroso metodo di pesca non sia in evidente contrasto con la necessità di tutelare il territorio, anche in una prospettiva di sviluppo economico e di sfruttamento delle risorse di pesca in maniera sostenibile;
   se non ritenga prioritario salvaguardare l’habitat marino ed evitare quindi che sia consentito esercitare la pesca con il cianciolo. (4-16725)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in oggetto, concernente la pesca con il cianciolo nelle acque di competenza dell'ufficio marittimo di Bosa (OR), premetto che la mia amministrazione ha sempre promosso una gestione delle risorse attraverso il controllo dello sforzo di pesca applicando, talvolta, misure più restrittive di quelle comunitarie. In particolare, nel perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di recupero degli stock ittici abbiamo privilegiato la gestione programmata delle licenze di pesca.
  In tale ottica, l'articolo 1 del decreto ministeriale 31 luglio 1997 stabilisce che, in caso di trasferimento dell'iscrizione di un'imbarcazione da pesca nella circoscrizione di una capitaneria di porto di altra regione, ovvero nell'ipotesi di passaggio ad altro tipo di pesca professionale, il mantenimento degli attrezzi di pesca già autorizzati è subordinato al preventivo rilascio di un nulla osta da parte del Ministero.
  Pertanto, avendo la ditta armatrice indicata nell'interrogazione (proveniente dal compartimento marittimo di Portoferraio) provveduto regolarmente in tal senso, nonché tenendo presente che i sistemi da pesca alla medesima autorizzati (circuizione e palangari) non sono soggetti a limitazioni, è stato concesso il nulla osta per il trasferimento al compartimento di Oristano (in particolare, all'ufficio marittimo di Bosa).
  Peraltro, l'eventuale diniego al trasferimento intercompartimentale risulterebbe illegittimo in carenza di espressa preclusione, non rinvenibile nel codice della navigazione né in altra normativa.
  Infatti, sebbene ritenga opportuno che un'impresa di pesca trasferitasi in altro ufficio marittimo rispetti anche le restrizioni imposte in ambito locale (ad esempio, sotto forma piani di gestione locali), non può non rilevarsi che, nella circoscrizione in parola, non vige alcuna disposizione che limiti le catture nelle acque di competenza.
  Per tale motivo, non è stato possibile dare seguito alla richiesta di sospensione del predetto nulla osta, presentata dell'amministrazione comunale di Bosa in attesa della definizione di un piano di gestione locale.
  In ogni caso, abbiamo invitato l'impresa di cui trattasi a rispettare, in applicazione del principio di leale collaborazione, il codice di comportamento e le regole strutturate dalla marineria locale, nonché le autorità marittime di zona ad accentuare i controlli ed il monitoraggio sul rispetto delle norme nelle zone di mare interessate.
  Per completezza d'informazione segnalo che, fermo restando quanto sopra, il decreto della regione Sardegna del 26 giugno 2012 ha disposto la chiusura della pesca con il sistema circuizione (e, quindi, del cianciolo) nelle acque corrispondenti al circondario marittimo di Bosa.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   PITTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione comunale di Bassiano (Latina) insediatasi all'esito delle elezioni del 9 giugno 2009 si è caratterizzata per un'inopportuna litigiosità tra il sindaco eletto e i componenti della sua maggioranza e per insormontabili difficoltà relazionali tra persone, con innegabili ripercussioni sulla qualità delle decisioni e dello svolgimento dei compiti che nell'attuale sistema delle autonomie sono assegnati al comune;
   allo stato, per le anzidette condizioni, e per come si apprende dagli organi di stampa, appare improbabile l'approvazione del bilancio di previsione dell'ente per l'anno corrente, considerate le posizioni assunte da una parte dei consiglieri eletti nella lista del sindaco Costantino Cacciotti e avendo da ultimo i consiglieri Roberto Campagna e Bruno Palombo manifestato il loro aperto dissidio con le posizioni del sindaco;
   in data 19 maggio 2012, con nota prot. 1843 il Sindaco in carica indirizzava al consigliere comunale Roberto Campagna una missiva con la quale, richiamata la normativa applicabile alla fattispecie e preso atto delle assenze asseritamente ingiustificate a sedute del consiglio comunale, gli dava comunicazione dell'avvio del procedimento di decadenza dalla carica; a seguito di detta comunicazione, e nonostante l'atto non contenesse il regime giuridico applicabile, il Campagna faceva pervenire al sindaco suddetto le giustificazioni delle assenze che si erano verificate e che erano dovute alle sue personali condizioni di salute analiticamente elencandole nella nota assunta al protocollo del comune di Bassiano con il n. 1911 in data 24 maggio 2012;
   è noto che ai sensi dell'articolo 43 comma 4 del decreto legislativo 267 del 18 agosto 2000 «lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative» e che lo statuto comunale di Bassiano, adottato con delibera n. 5 del 31 gennaio 2004, all'articolo 32-bis, comma 8 stabilisce la procedura applicabile, statuendo testualmente: «I consiglieri comunali che non intervengono alle sessioni ordinarie per tre volte consecutive senza giustificato motivo sono dichiarati decaduti con deliberazione del consiglio comunale. A tale riguardo, il sindaco a seguito dell'avvenuto accertamento dell'assenza maturata da parte del consigliere interessato, provvede con comunicazione scritta, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, a comunicargli l'avvio del procedimento amministrativo. Il consigliere ha facoltà di far valere le cause giustificative delle assenze, nonché a fornirà al sindaco eventuali documenti probatori, entro il termine indicato nella comunicazione scritta, che comunque non può essere inferiore a giorni 20, decorrenti dalla data di ricevimento. Scaduto quest'ultimo termine, il consiglio esamina e infine delibera, tenuto adeguatamente conto delle cause giustificative presentate da parte del consigliere interessato;
   con avviso di convocazione del 22 giugno 2012 n. 228, non notificato al consigliere Roberto Campagna il consiglio comunale di Bassiano è stato convocato per il 29 e 30 giugno 2012 con all'ordine del giorno, tra l'altro, e al primo punto: «Presa d'atto della decadenza dalla carica di consigliere comunale del signor Roberto Campagna. Surroga con il signor Sabato Antonio e conseguente convalida»;
   l'avviso di convocazione, come già detto, non è stato notificato al consigliere sopraddetto in quanto di esso nemmeno è stata disposta la notificazione in suo favore siccome, per come risulta allo scrivente, il sindaco e il presidente del consiglio comunale, in ciò addirittura confortati dal parere del segretario comunale, ritengono «cosa fatta» la decadenza del Campagna dalla carica, dimostrando di fatto di reputare non necessario sia che la convocazione del consesso gli sia partecipata e sia che il consiglio comunale deliberi in proposito;
   la violazione della norma statutaria, che conformemente alla previsione legislativa e a incontrastata giurisprudenza dei TAR e del Consiglio di Stato, garantisce il diritto di far valere le giustificazioni addotte, e che evidentemente attribuisce alla competenza del consiglio comunale il potere e la competenza in materia, appare grave, inescusabile e diretta ad impedire il corretto funzionamento dell'organo tentando del tutto illegittimamente di estrometterne un componente nella pienezza della carica;
   è di solare evidenza l'abnormità del comportamento sin qui tenuto dal sindaco e dal presidente del consiglio comunale nonché l'erroneità, se verificata, del parere del segretario comunale e che se, come appare probabile, esso dovesse essere confermato e persistere, tenderebbe illegittimamente ad escludere dal consiglio comunale un componente in spregio consapevole delle norme statutarie applicabili;
   nella stessa seduta del consiglio comunale è previsto che l'assemblea approvi il bilancio di previsione 2012, la cui mancata approvazione comporterebbe le note conseguenze in ordine alla sopravvivenza dell'Amministrazione comunale e che, specularmente, un'approvazione falsata da una tanto evidente violazione risulterebbe illegittima;
   con lettera indirizzata al Prefetto della provincia di Latina e per conoscenza al Ministro interrogato, assunta al protocollo del locale UTG in data 25 giugno 2012, il Campagna rappresentava gli accadimenti sin qui riferiti che lo riguardano sollecitando la necessità di intervenire sugli organi dell'Amministrazione comunale di Bassiano per garantire che non sia perpetrata la macroscopica illegalità dinanzi descritta, a tal fine eventualmente attivando i poteri tutori che l'ordinamento riconosce al Prefetto anche in materia di segnalazione al Ministro dell'Interno per le iniziative sanzionatorie previste –:
   se sia a conoscenza delle vicende come sopra narrate;
   se abbia ricevuto dal prefetto di Latina segnalazione in ordine alle stesse;
   se ritenga di emanare circolare o altro atto regolamentare o quali iniziative intenda assumere per scongiurare che fatti analoghi abbiano a verificarsi in futuro;
   se in particolare abbia l'intenzione di verificare se dal comportamento sin qui tenuto, da quello paventato dall'interrogante e che nelle more potrebbe tenersi da parte degli organi amministrativi del comune di Bassiano, possa desumersi la sussistenza delle condizioni per l'avvio della procedura di cui all'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267;
   se abbia intenzione di promuovere iniziative legislative o regolamentari che garantiscano alle amministrazioni comunali di potersi avvalere per la verifica della rispondenza del loro operato alle norme e ai regolamenti di soggetti adeguatamente qualificati. (4-16745)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare indicata in esame, l'interrogante richiama l'attenzione del Governo sulla situazione verificatasi nel consiglio comunale di Bassiano, ove un consigliere, a causa delle assenze alle sedute del consiglio, è stato dichiarato decaduto.
  Al riguardo, sono state acquisite notizie per il tramite della prefettura di Latina e del dipartimento per gli affari interni e territoriali.
  Il signor Roberto Campagna è stato eletto consigliere comunale di Bassiano a seguito delle elezioni del giugno 2009 e nominato assessore al lavoro, all'occupazione, al personale, all'edilizia popolare e alla cooperazione.
  Da quest'ultima carica si è dimesso il 16 settembre 2011 a seguito dell'avvio di un procedimento penale nei suoi confronti.
  A partire dal 9 luglio 2011, il consigliere non ha più partecipato alle sedute di giunta, né – dal successivo 6 ottobre – a quelle di consiglio.
  Il signor Campagna è risultato assente, senza addurre giustificazioni, a sette sedute consecutive dei consiglio comunale.
  Il sindaco ha pertanto notificato all'interessato l'avvio del procedimento di decadenza dalla carica.
  Il consigliere ha presentato le proprie giustificazioni, adducendo motivi di salute. Al riguardo, lo statuto comunale, prevede che i consiglieri che non intervengono a tre sessioni consecutive senza giustificato motivo sono dichiarati decaduti con atto del civico consesso.
  Il presidente del consiglio comunale ha convocato l'assemblea «per prendere atto della decadenza» il 22 giugno 2012, senza comunicare il relativo avviso al signor Campagna.
  La seduta è stata rinviata al successivo 2 agosto.
  In quell'occasione, il consiglio comunale ha «ritenuto di non accogliere le motivazioni addotte dal consigliere Roberto Campagna in quanto non rilevanti per impedimento dell'attività da consigliere comunale per un periodo così elevato di assenze dall'attività istituzionale» ed ha proceduto alla contestuale surroga con il primo dei non eletti.
  Sulla base degli elementi acquisiti in ordine alla specifica questione, nell'escludere la sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento di rigore di cui all'articolo 141 del decreto legislativo n. 267 del 2000, si osserva che avverso l'atto adottato dal consiglio non possono che essere esperiti i rimedi giurisdizionali previsti dall'ordinamento.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   REALACCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   alcuni recentissimi articoli apparsi sulla stampa nazionale, inchieste condotte dai principali radio e telegiornali hanno dato grande risalto alla questione degli incendi boschivi in Italia;
   una nota ufficiale del nucleo investigativo antincendio boschivo in forza al Corpo forestale dello Stato sottolinea come si assista dal confronto con lo scorso anno ad un drammatica aumento di roghi: circa il 165 per cento in più di incendi rispetto al 2011, perlopiù dolosi. A questo si associa poi un significativo aumento del terreno colpito dalle fiamme; circa il 196 per cento in più, con un prevalente aumento di superficie boschiva pari a oltre il 200 per cento e un il massiccio impiego di aerei antincendio: la cui richiesta da parte delle regioni maggiormente colpite è aumentata esponenzialmente;
   dal primo gennaio allo scorso 15 luglio 2012, anche in concomitanza ad un anno di grave siccità, sono circa 3900 i roghi che hanno interessato i boschi nazionali, appiccati per la stragrande maggioranza da criminali. Gli ettari di superficie devastata dal fuoco sono circa 19.000, suddivisa in 11.000 ettari di superficie boschiva e 8.000 ettari di superficie verde;
   attualmente le maggiori criticità riguardano Sardegna, Campania, Calabria, Puglia, Toscana e Lazio. All'origine degli incendi boschivi sopraddetti le autorità hanno denunciato a piede libero per il reato di incendio boschivo 263 persone e ne ha arrestati 6 in flagranza di reato;
   la legge 352 del 2000 «Legge quadro in materia di incendi boschivi», tuttora in vigore, prevede espressamente che le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni e che si allestisca un efficace sistema di controllo satellitare delle aree boschive a rischio;
   secondo quanto si apprende da agenzie di stampa è rarissimo il censimento ufficiale da parte dei comuni dell'area colpita dal fuoco, limitando de facto la validità della legge 353 e la conseguente tutela del paesaggio;
   il patrimonio boschivo italiano costituisce oltre un terzo del territorio della penisola e rappresenta un'immensa ricchezza in termini di bellezza e biodiversità ed è tutelato anche dall'articolo 9 della Costituzione italiana –:
   quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati per assicurare, di concerto con le regioni, le adeguate risorse a tutela del patrimonio boschivo dagli incendi;
   se il sistema satellitare di controllo dei roghi previsto dalla legge n. 353 del 2000 sia operativo e se non si ritenga opportuno istituire il «Censimento nazionale delle aree incendiate» per dare concreta effettività alla legge n. 353 che, come sopraddetto, prevede per molti anni l'inedificabilità e non permette il cambio d'uso dell'area, a patto che però essa sia censita;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere iniziative normative vista l'emergenza, per inasprire ulteriormente le misure punitive per chi appicca incendi. (4-17224)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la problematica degli incendi boschivi, evidenzio che l'articolo 3, lett. g, della legge n. 353 del 2000 dispone che i sistemi satellitari di monitoraggio e controllo dei roghi siano individuati nell'ambito del piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi.
  Ciò premesso, e considerando che il territorio italiano è densamente popolato e le aree in cui possono svilupparsi incendi non testimoniati sono davvero molto poche, non ritengo prioritario impegnare risorse nello sviluppo di tali sistemi di allertamento.

  Riguardo al censimento nazionale delle aree percorse dal fuoco ricordo che, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, della predetta legge n. 353, i comuni provvedono a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal corpo forestale dello Stato (RAPF).
  Detto catasto è aggiornato annualmente dai comuni che possono avvalersi delle perimetrazioni eseguite dopo ogni incendio dal Corpo forestale dello Stato.
  Infatti, dopo aver rilevato il perimetro dell'area interessata, il Corpo forestale dello Stato provvede ad inserire i relativi dati (scheda anagrafica con localizzazione, data dell'incendio, perimetro dell'incendio, classificazione uso del suolo, ecc.) nel sistema informativo della montagna (SIM). Tali informazioni sono a disposizione degli enti che ne fanno richiesta attraverso la consultazione delle aree percorse dal fuoco ivi indicate (www.simontagna.it). Attualmente, circa il 50 per cento dei 3000 comuni interessati da incendi boschivi ha attivato l'accesso alla banca-dati Corpo forestale dello Stato delle aree percorse dal fuoco per gli adempimenti di legge relativi al catasto incendi.
  Come noto, la norma di riferimento non prevede sanzioni per il mancato adempimento da parte dei comuni, né indica l'organo competente al controllo della corretta gestione del sistema catasto. Al riguardo, non posso che auspicarne l'attribuzione al Corpo forestale dello Stato, anche al fine di verificare la corretta apposizione dei vincoli catastali, soprattutto in relazione alle province particolarmente colpite dal fenomeno incendi boschivi.
  Riguardo l'inasprimento delle misure punitive per coloro che appiccano gli incendi, non reputo necessario o conveniente provvedervi in quanto risultano, sulla carta, già di per sé sufficientemente severe. Semmai, potrebbe essere opportuno quantificare il danno erariale (le spese connesse all'attività di spegnimento) e quello ambientale, nonché le spese per le attività di ripristino (con particolare riguardo ai soprassuoli percorsi dal fuoco in aree collinari e montane, al fine di contenere il dissesto idrogeologico che interessa, a distanza di qualche anno, le aree bruciate dal fuoco). Per inciso, informo che il Corpo forestale dello Stato ha competenze e strumenti tali da poter quantificare con il necessario grado di accuratezza i danni di cui sopra.
  Evidenzio, infine, che l'introduzione di una norma che preveda il ritorno nei capitoli di spesa del Corpo forestale dello Stato delle somme connesse al risarcimento dei danni causati dagli incendiari, potrebbe contribuire a sostenere in modo determinante le relative attività investigative.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   Arcumeggia, frazione del comune di Casalzuigno in provincia di Varese, è riconosciuto come uno dei più noti e importanti «borghi dipinti» per il valore degli artisti contemporanei che, nell'arco di quarant'anni, hanno realizzato le proprie opere sui muri esterni degli edifici del borgo;
   sono presenti affreschi di artisti del calibro di Giovanni Brancaccio, Albino Reggiori, Bruno Saetti, Innocente Salvini, Giuseppe Montanari, Luigi Montanarini, Enzo Morelli;
   nel 2007 l'Opificio delle pietre dure di Firenze ha esaminato tutti gli affreschi, indicando le condizioni di ciascuno e gli interventi necessari, ed è stato evidenziato che alcuni sono già irrecuperabili, mentre tra quelli che necessitano di un intervento urgente c’è l'affresco di Innocente Salvini del 1971;
   è necessario un urgente intervento di restauro conservativo per non perdere opere di grande valore artistico, come denunciato recentemente dalla stampa e da alcuni enti e associazioni locali –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare – in termini di risorse economiche, tecniche e umane – ai fini di agevolare il recupero dell'importante patrimonio costituito dal borgo dipinto di Arcumeggia e di valorizzare, allo stesso tempo, le potenzialità turistiche intrinseche alla frazione di Casalzuigno.
(4-12200)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame con cui l'interrogante, riguardo al «borgo dipinto» di Arcumeggia, frazione del comune di Casalzuigno, in provincia di Varese, chiede di sapere quali iniziative questo Ministero intenda attuare al fine di agevolare il recupero di tale importante patrimonio, si rappresenta quanto segue.
  I dipinti murali di Arcumeggia sono costituiti da 200 affreschi, realizzati, per iniziativa dell'ente provinciale del turismo di Varese, tra il 1956 ed il 2001, con diverse tecniche, da artisti di chiara fama, tra i quali, ad esempio, Aligi Sassu, Remo Brindisi, Gianfilippo Usellini.
  I dipinti, realizzati su supporto murario o su pannelli, e che fin dagli anni ’80 avevano presentato problemi di degrado, sono stati oggetto di diversi interventi di restauro, autorizzati dai competenti uffici di questo Ministero, tra il 2004 e il 2007, e di una campagna di monitoraggio delle condizioni di conservazione, effettuata nel 2007 dall'opificio delle pietre dure di Firenze, su richiesta della provincia di Varese.
  Sulla scorta di alcuni finanziamenti pubblici, la provincia di Varese ha predisposto un progetto di restauro conservativo di una parte dei dipinti murali, ritenuta maggiormente a rischio. La presentazione di tale progetto, risalente al marzo 2012, per l'ottenimento delle autorizzazioni sotto il profilo della tutela, ha creato l'occasione per una verifica puntuale del regime giuridico e della proprietà dei dipinti. Dopo una approfondita ricerca archivistica, è emerso che la quasi totalità delle opere su supporto murario è di proprietà privata e ché, pertanto, come tale, non essendo allo stato attuale oggetto di uno specifico dispositivo di tutela, non è soggetta alle disposizioni previste dal vigente codice dei beni culturali e del paesaggio ai fini degli interventi conservativi.
  La natura delle opere e la loro rilevanza a livello culturale ed identitario ha portato, comunque, alla condivisione, tra la provincia di Varese ed gli organi periferici di questo Ministero, delle metodologie e delle finalità dell'intervento che, con alcune indicazioni specifiche e precisazioni, sono risultate ammissibili sotto il profilo generale della tutela.
  Allo stato attuale, dunque, dovrebbe essere appaltato nei prossimi mesi l'intervento relativo al progetto concordato.
  Contestualmente, valutata la situazione nella sua globalità e verificati i presupposti, è apparsa evidente la necessità di sottoporre l'ambito della frazione di Arcumeggia ad uno specifico dispositivo di tutela, che ne garantisca a tutti gli effetti la conservazione e la protezione.
  La direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, unitamente alle soprintendenze competenti, sta approfondendo le caratteristiche del contesto in questione per procedere quanto prima ad avviare il provvedimento di tutela maggiormente indicato alla specificità dei luoghi.
  A tale proposito è in corso di definizione una convenzione con il Politecnico di Milano, dipartimento di progettazione dell'architettura, per l'inserimento della tematica di restauro e conservazione del borgo di Arcumeggia all'interno del laboratorio di restauro del corrente anno accademico, come approfondimento utile alla predisposizione del materiale istruttorio necessario alla predisposizione del citato provvedimento di tutela.
Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   REGUZZONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'eliminazione delle comunità montane potrebbe costituire una misura significativa di razionalizzazione della spesa pubblica, poiché le funzioni delle stesse potrebbero essere utilmente svolte dalle province;
   tra i diversi progetti di legge presentati sull'argomento vi è l'Atto Camera 2892 che prevede – tra l'altro – la soppressione degli articoli 27, 28 e 29 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, oltre alla soppressione delle comunità montane costituite alla data di entrata in vigore della legge;
   il Governo intenda eliminare le province –:
   se il Ministro ritenga attuabile una soppressione delle comunità montane come sopra descritta e, nel caso vi siano criticità, quali siano e che soluzioni possano essere individuate;
   a quale/i ente/i le funzioni delle comunità montane verranno affidate;
   in che cifra assoluta e complessiva il Ministro quantifichi – seppur a livello indicativo – le economie ottenibili dall'abolizione delle comunità montane;
   se e quali altre iniziative il Ministro intenda attuare ai fini di agevolare gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica. (4-17213)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la soppressione delle comunità montane e l'attribuzione delle relative funzioni alle province, si rappresenta quanto segue.
  La disciplina delle comunità montane – pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel decreto legislative n. 267 del 2000 – rientra, sulla base ormai di consolidata giurisprudenza costituzionale, nelle materie di competenza legislativa residuale regionale, con l'importante corollario che la loro istituzione ed organizzazione e, di conseguenza, la loro eventuale soppressione, spetta alle regioni.
  Infatti, in merito all'ordinamento degli enti locali il legislatore statale ha competenza esclusiva circoscritta alle sole materie indicate nel secondo comma, lettera p), dell'articolo 117 della Costituzione, inerenti alla legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane; il riferimento a tali enti deve ritenersi tassativo e non può, pertanto, essere esteso alle comunità montane.
  Conseguentemente, anche laddove lo Stato intervenisse, come proposto dall'onorevole Reguzzoni, abrogando le norme del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali concernenti le comunità montane (articoli 27 e 28), si determinerebbe il solo venir meno della disciplina dettata dallo Stato in materia, ma non anche, la soppressione automatica delle comunità montane, spettante, come già detto, alle regioni.
  Un eventuale intervento statale nella materia relativa alle comunità montane può invece ipotizzarsi in materia di coordinamento della finanza pubblica: in proposito, infatti, non manca adeguata legislazione statale intervenuta proprio per finalità di contenimento della spesa pubblica.
  Già in passato, con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, articolo 2, commi 17 e 18), le regioni sono state invitate a razionalizzare le comunità montane sulla base di determinati criteri e procedure. Sono poi seguite misure di progressiva riduzione dei trasferimenti erariali a favore delle comunità montane: dapprima una loro decurtazione, prevista con decreto-legge n. 112 dei 2008, e, successivamente, la completa cessazione del concorso statale al finanziamento di tali enti, disposta con l'articolo 2 comma 187, dalla legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010).
  Tale ultima disposizione normativa è stata dichiarata parzialmente illegittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 326 del 2010 per violazione dell'articolo 119 della Costituzione, nella parte in cui prevede la cessazione del finanziamento erariale alle comunità montane tramite il fondo nazionale ordinario per gli investimenti: tale finanziamento appare invero necessario al fine di assicurare la copertura finanziaria al settore degli investimenti di medio e lungo periodo effettuati mediante mutui «garantiti» proprio dal finanziamento dello Stato. La Suprema Corte, con la medesima sentenza, ha peraltro affermato che l'intervento legislativo statale ricade nell'ambito del «coordinamento della finanza pubblica» e può, quindi, legittimamente incidere in un ambito materiale rimesso alla potestà legislativa residuale delle regioni, quale la disciplina delle comunità montane, purché l'intervento statale sia ragionevole e proporzionale all'obiettivo prefissato.

  Allo stato attuale permane, dunque, un limitato concorso dello Stato al finanziamento delle comunità montane, nei limiti dettati dalla Corte Costituzionale; la decisione sulla permanenza o meno delle stesse comunità montane nei sistemi di governance locale resta invece demandata alle regioni, nell'esercizio della loro autonomia e nell'ambito delle peculiarità che caratterizzano i diversi contesti territoriali. I processi di riordino avviati dalle regioni si stanno infatti caratterizzando in modo nettamente differenziato: accanto a regioni che hanno optato per la soppressione delle comunità montane, ve ne sono altre orientate a confermarne l'esistenza, riconoscendo alle stesse un ruolo rilevante nel governo dei territori montani.
  Per quanto concerne, infine, le misure poste in essere dal Governo ai fini del perseguimento di obiettivi di contenimento della spesa pubblica, si rinvia alle importanti disposizioni contenute nel decreto-legge n. 95 del 2012 cosiddetto «spending review» – ed in particolare:
   il riordino delle province sulla base di due requisiti demo-territoriali, con l'obiettivo di una riduzione del loro numero attraverso un percorso ampiamente concertato con le autonomie territoriali. Invero, dal processo di riordino delle province e dalla revisione della loro governance si otterranno notevoli risparmi di spesa individuabili nelle economie di scala conseguenti sia agli accorpamenti delle province con riduzione del numero di consigli provinciali, sia all'abolizione delle giunte. La misura dei risparmi, alle stato non quantificabili, dipenderà pertanto dall'esito dello stesso riordino e dal numero delle province rimanenti;
   la conseguente riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio attraverso la razionalizzazione dell'amministrazione periferica dello Stato e, anzitutto, della prefettura-ufficio territoriale del Governo;
   la razionalizzazione amministrativa degli enti strumentali di enti territoriali e la riduzione degli oneri finanziari: sul punto, infatti, le regioni e gli enti locali sono chiamati a sopprimere o ad accorpare i propri enti strumentali che svolgono funzioni spettanti agli enti locali, assicurando una riduzione degli oneri finanziari connessi in misura non inferiore al 20 per cento.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazioneFilippo Patroni Griffi.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con l'Ucraina, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17412)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (cosiddetto decreto «salva Malpensa») questo Ministero, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'ente nazionale aviazione civile (ENAC) ha messo a punto una road map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, ad oggi 64, tra cui l'Ucraina. A tale Paese è stata inviata, nell'aprile 2009, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo, una proposta ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali.
  L'attività negoziale che ne seguì ha portato, nel febbraio 2011, ad una revisione delle intese siglate, da ultimo, nel 2005 ed in particolare:
   incremento delle frequenze settimanali passeggeri e cargo da 25 a 35;
   modifica della tabella delle rotte con aumento dei punti di destinazione per entrambi i paesi da 4 a 5 (per l'Ucraina: Kiev, L'Viv, Odessa, Simferopol ed un ulteriore punto a scelta; per l'Italia: Milano-Malpensa, Bergamo, Treviso, Roma e Napoli);
   la possibilità di operare
code-sharing, oltre che tra le compagnie dei due Paesi, anche con compagnie di paesi terzi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dei sommovimenti politici, dei fatti di sangue e degli scontri avvenuti in Libia, la situazione politica ed istituzionale della Repubblica Libica ha subito negli ultimi mesi profonde modifiche;
   il nostro Paese aveva intrapreso da tempo – in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004 e della legge 28 gennaio 2009 n. 2 che prevedono una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti – la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Libia, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   quale sia la posizione del nuovo Governo libico sulla liberalizzazione degli accordi bilaterali sul trasporto aereo;
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17414)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'ente nazionale aviazione civile (ENAC), mise a punto una road map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, ad oggi 64, tra cui la Libia.
  A tale Paese venne inviata nel novembre 2009, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo, una proposta
ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali.
  Prima dell'apertura della crisi libica, erano operativi 31 voli settimanali tra Libia ed Italia così ripartiti: 14 Tripoli-Roma di Alitalia (2 al giorno), 11 Tripoli-Roma di Libyan ed Afriquiyah, 1 Bengasi-Roma di Libyan e 5 Tripoli-Milano Malpensa di Lybyan ed Afriquiyah.
  Le note vicende che hanno investito la Libia nel 2011 hanno inevitabilmente reso impossibile proseguire il negoziato.
  All'indomani della cancellazione della
no-fly-zone sui cieli libici, tuttavia, nel novembre del 2011, Alitalia ha riattivato, prima tra le compagnie europee e pur con molte difficoltà tecniche ed operative, i collegamenti su Tripoli. Ciò è stato possibile anche grazie alla preziosa collaborazione dell'ambasciata d'Italia a Tripoli che, riaperta da poche settimane, si è immediatamente attivata affinché gli aerei della nostra compagnia potessero tornare quanto prima ad operare su Tripoli in condizioni di sicurezza.
  Con la normalizzazione del Paese, l'intendimento è quello di riavviare con le nuove autorità aeronautiche libiche (la cui struttura è tutt'ora in corso di definizione) il negoziato che è stato interrotto nel 2011.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la situazione politica in Siria appare preoccupante;
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Siria, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   quale sia lo stato della trattativa e quale la posizione del Governo siriano;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione e se e come l'attuale situazione politica interna può incidere sulla posizione del Governo siriano;
   in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere. (4-17419)

  Risposta. — A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture dei trasporti e l'ente nazionale aviazione civile, ha definito una road map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, ad oggi 64, tra cui la Siria.
  Nel luglio 2009 si è quindi provveduto all'invio alle autorità siriane di una richiesta di carattere generale di rinegoziazione dell'accordo aereo, nonché di una proposta
ad hoc volta all'introduzione di norme comunitarie 2004, di un regime di multidesignazione e di un incremento di frequenze e dei punti di destinazione.
  Il negoziato è al momento sospeso a causa delle note vicende che stanno riguardando il Paese.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Egitto ha visto recentemente un rinnovo completo e significativo dei principali organismi politici ed istituzionali;
   il nostro Paese ha intrapreso da tempo – in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004 e della legge 28 gennaio 2009 n. 2 che prevedono una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti – la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con l'Egitto, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   come le novità e le modifiche del quadro politico egiziano incidano o abbiano inciso su dette trattative;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17428)

  Risposta. — Già prima del cosiddetto decreto «salva Malpensa», in considerazione del primario interesse nazionale ad ampliare i collegamenti aerei, con i Paesi con maggiori flussi turistici, venne siglato a Roma, il 15 gennaio 2008, un memorandum d'intesa tra le autorità aeronautiche di Italia ed Egitto, che introduceva nella nuova intesa: le norme comunitarie sul trasporto aereo (Regolamento Unione europea 847/2004), la designazione di un ulteriore vettore cargo egiziano, l'incremento dei punti operativi tra i due Paesi, l'aumento da 2800 a 3800 dei passeggeri settimanali per tratta per ciascuna Parte, il diritto a tre voli cargo settimanali per tutti i punti operativi e collegamenti charter italiani senza limiti per numero di frequenze per tutti gli, aeroporti egiziani di flusso turistico (Hurghada, Sharm El Sheikh, Taba, Luxor, Aswan, Santa Caterina, Marsa Alam ed El Alamein).
  A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 (decreto «salva Malpensa») il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'ente nazionale aviazione civile (ENAC), ha messo a punto una
road map operativa, periodicamente aggiornata, che ha dato il via, alla rinegoziazione degli accordi aerei con numerosi Paesi extra Unione europea strategicamente individuati, ad oggi 64, tra cui l'Egitto.
  A tale Paese è stata inviata, in aggiunta alla richiesta di carattere generale di rinegoziare l'accordo aereo, una proposta
ad hoc sulla base dello specifico interesse per lo sviluppo delle relazioni aeree bilaterali.
  Nelle more della conclusione delle nuove intese, sono state peraltro concesse autorizzazioni provvisorie,
ex legge n. 2 del 2009, extra-accordi che hanno consentito di ampliare i diritti di traffico dei vettori di entrambe le Parti sui rispettivi hubs. L'accordo del 2008 ed i successivi provvedimenti migliorativi dello stesso hanno permesso un sensibile, aumento delle frequenze disponibili per le compagnie operanti, la designazione di vettori multipli ed un potenziamento del traffico aereo sugli scali italiani, in particolare Malpensa, grazie all'incremento delle rotte e dei diritti di traffico fruibili.
  In tale spirito, anche in seguito alla transizione politica che ha interessato l'Egitto, e con l'obiettivo ultimo di incrementare ulteriormente i collegamenti aerei tra i due Paesi, sono in corso di definizione le date per lo svolgimento dei prossimi negoziati a Roma.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Venezuela, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17510)

  Risposta. — Con il Venezuela è in vigore l'accordo bilaterale sui trasporti aerei, firmato a Caracas il 4 luglio 1962, e vigente dal 24 agosto 1965.
  A seguito di una intesa tra Ministero degli affari esteri, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed ente nazionale aviazione civile (ENAC), il Venezuela è stato inserito nella lista dei Paesi extra-Unione europea a cui proporre in via prioritaria la rinegoziazione dei vigenti accordi aerei alla luce di quanto disposto dal «decreto salva Malpensa» n. 2 del 2009.
  È stata dunque formalmente avanzata, per le vie diplomatiche, la richiesta di revisione degli accordi aerei bilaterali attualmente in vigore. Con l'occasione, le autorità venezuelane sono state altresì informate che autorizzazioni provvisorie, in deroga agli attuali accordi, sarebbero state rilasciate alle compagnie interessate che ne avessero fatto richiesta.
  Mentre si è ancora in attesa delle valutazioni venezuelane sulle proposte avanzate, si informa che nessuna richiesta di autorizzazione provvisoria extra-accordo è stata fatta pervenire alle autorità aeronautiche italiane.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Brasile, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;

se e quali iniziative il Governo intenda attuare al fine di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17852)

  Risposta. — In data 25 novembre 2010, con la firma di un nuovo memorandum d'intesa tra le autorità aeronautiche brasiliane (Anac) e quelle italiane (Enac), sono state emendate le Intese aeronautiche in tema di servizi aerei tra i due Paesi, adeguandole alla più recente normativa comunitaria.
  Quanto agli aspetti operativi, la, nuova intesa ha previsto a favore di entrambe le parti, un incremento del tetto delle frequenze miste da 21 a 30 a settimana, con ogni tipo di aeromobile con diritti di terza e quarta libertà, nonché la liberalizzazione di destinazioni e punti intermedi. In particolare, per la parte italiana, il
plafond di frequenze settimanali è ripartito come segue: 21 tra tutti i punti in Italia e tutti i punti nel territorio della controparte; 9 riservate ai collegamenti con il nord-est del Brasile (Salvador, Recife, Natal, Fortaleza e Maceio).
  Inoltre sono stati introdotti per la prima volta 7 servizi «all cargo» per settimana. Ai vettori di entrambe le parti è stato concesso il
code-sharing tra compagnie della stessa parte, della controparte e di paesi terzi. I relativi programmi e orari vengono comunicati alla controparte almeno 30 giorni prima dell'inizio delle operazioni. Si aggiunge, in particolare che, in caso di code-sharing tra compagnie delle due Parti è prevista la possibilità alle stesse di operare tra punti all'interno del territorio dell'altra parte, purché detti servizi costituiscano una continuazione del collegamento internazionale.
  In materia di tariffe, è stato stabilito il principio di libertà di fissazione delle stesse, nel rispetto dei principi di libera e leale concorrenza.
  Relativamente all'assegnazione degli
slot sull'aeroporto di San Paolo, le autorità aeronautiche brasiliane hanno assicurato il rispetto degli standard internazionali e dei principi di non discriminazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   ROSATO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 7 agosto 2012, l'aula del Senato ha approvato definitivamente l'atto S. 3324 sulla ratifica ed esecuzione dell'accordo che è stato firmato a Zagabria il 16 ottobre 2008 in materia di cooperazione culturale e istruzione tra il Governo italiano e quello croato;
   è manifesta l'importanza strategica e politica di questo trattato con la Croazia, Paese con il quale condividiamo un lungo confine marittimo e che a partire dal luglio 2013 entrerà a far parte dell'Unione europea;
   la Croazia gioca un ruolo strategico sullo scacchiere balcanico, e dalla sua piena integrazione in Europa possono discendere benefici per l'intera area;
   l'accordo stipulato tra il nostro Paese e la Repubblica croata favorirà lo scambio di studenti e docenti di ogni ordine e grado tra le due Nazioni e incentiverà lo studio delle due lingue;
   l'accordo, inoltre, prevede una collaborazione in campo sportivo e nelle politiche giovanili; e una collaborazione specifica nel settore culturale e dell'arte che si estrinseca nel contrasto al traffico illecito di beni culturali e diritti d'autore e nella creazione di una rete degli istituti di cultura;
   il testo di ratifica dell'accordo per essere esecutivo occorrerà di alcuni decreti attuativi per lo stanziamento delle risorse ivi previste –:
   quali tempistiche il Governo prevede per l'emanazione dei decreti attuativi della legge di ratifica dell'accordo. (4-17683)

  Risposta. — L'accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Croazia in materia di cooperazione culturale e d'istruzione è stato firmato a Zagabria il 16 ottobre 2008.
  In conformità all'articolo 13, l'accordo entrerà in vigore alla data di ricezione dell'ultima notifica scritta con cui le parti contraenti si saranno comunicate ufficialmente l'avvenuto espletamento delle procedure interne previste per l'entrata in vigore.
  L'ambasciata della Repubblica di Croazia a Roma, con nota verbale n. 72 del 2009 del 10 marzo 2009, ha notificato alle autorità italiane l'avvenuto espletamento delle procedure previste dal proprio ordinamento ai fini dell'entrata in vigore dell'Accordo.
  Quanto alla procedura di ratifica da parte dell'Italia, il provvedimento legislativo che recepisce l'Accordo in parola ha ultimato l’
iter parlamentare il 7 agosto 2012. La legge di autorizzazione alla ratifica n. 164 del 2012 del 31 agosto 2012 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 28 settembre 2012 (supplemento ordinario n. 187). Sarà cura del servizio per gli affari giuridici, del contenzioso diplomatico e dei trattati del Ministero degli affari esteri provvedere ai successivi adempimenti di competenza sul piano internazionale (notifica alle autorità croate del completamento delle procedure interne necessarie per l'entrata in vigore dell'accordo). Ciò consentirà a questo Ministero di procedere alla messa a punto delle operazioni relative alla redazione del primo programma esecutivo dell'accordo stesso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   SBAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Repubblica Araba di Siria non ha al momento motivi di controversia con lo Stato italiano;
   la Repubblica araba di Siria intrattiene da sempre ottimi rapporti con lo Stato italiano;
   la Repubblica Araba di Siria è da mesi in uno stato di «guerra civile» fra Stato ed estremisti di matrice islamica;
   le vittime civili sono migliaia, per responsabilità di entrambe le parti;
   con la Repubblica araba di Siria era in corso un filo di dialogo attraverso l'Onu che ora si spezza progressivamente;
   l'espulsione di un ambasciatore è prevista, secondo il diritto internazionale, in caso di diritti violati a danno della comunità e o dello Stato ospitante oppure di dichiarazione di guerra fra lo Stato ospitante e quello di appartenenza del diplomatico;
   la Farnesina ha provveduto all'espulsione dell'ambasciatore siriano presso lo Stato italiano, Hasan Khaddour;
   di tale provvedimento è testimone solo una nota informativa della Farnesina che ricorda come l'azione sia in un piano coordinato fra Parigi, Berlino e Roma;
   non è stato chiarito in alcuna maniera se esiste una strategia fra Stati e se questa sia o meno stata siglata nel rispetto della normativa internazionale vigente;
   la Camera dei deputati non è stata in alcuna maniera consultata in relazione a questa decisione;
   la Commissione esteri della Camera dei deputati non è stata in alcuna maniera consultata in relazione a questa decisione;
   la Camera dei deputati non è stata in alcun modo informata, nemmeno tramite nota preventiva, della volontà di porre fine all'attività dell'ambasciatore siriano;
   risulta dalla nota della Farnesina che soggetti al provvedimento di espulsione siano anche alcuni funzionari dell'ambasciata il che configurerebbe responsabilità diffuse in un qualsivoglia capo di accusa a carico dei diplomatici suddetti, cosa non chiarita nella nota –:
   se intenda il Governo, rendere note le motivazioni di tale decisione;
   se intenda il Governo, chiarire se esiste una strategia fra Stati e se questa sia o meno stata concordata nel rispetto della normativa internazionale vigente;
   se intenda il Governo chiarire il perché della decisione di espellere l'ambasciatore non trovandosi l'Italia nelle condizioni succitate;
   se intenda il Governo chiarire il perché della decisione di espellere anche funzionari dell'ambasciata e se vi siano motivazioni più profonde del semplice sdegno per i massacri di civili. (4-16351)

  Risposta. — La decisione di dichiarare l'ambasciatore siriano in Italia Hasan Khaddour «persona non grata» è stata presa, in stretto raccordo con gli Stati Uniti e con alcuni dei principali partner europei (Francia e Germania), in reazione all'intollerabile repressione portata avanti dal regime siriano nei confronti della popolazione civile del Paese. Le deplorevoli azioni del governo siriano e la brutalità da esso dimostrata nel reprimere le pacifiche proteste che hanno dato vita alla rivoluzione siriana erano del tutto inaccettabili. Oggi esse si sono trasformate in azioni belliche su larga scala con impiego massiccio di armi pesanti e vettori aerei che colpiscono indiscriminatamente la popolazione civile.
  La decisione intrapresa dal Governo è peraltro pienamente coerente con l'obiettivo, condiviso a livello di Unione Europea, nell'ambito del gruppo di amici del popolo siriano, nonché nel quadro della stessa assemblea generale dell'Onu, di utilizzare tutti i mezzi diplomatici disponibili per imprimere una pressione crescente nei confronti del regime di Assad affinché cessi la terribile repressione in atto e renda possibile l'avvio di un processo politico di transizione in linea con le aspirazioni democratiche del popolo siriano. Essa si inserisce nell'ampia gamma di misure adottate in tal senso, che comprende l'esercizio sanzionatorio perseguito a livello comunitario.
  Oltre alle motivazioni sin qui elencate, l'adozione del provvedimento è stata strettamente legata, come comunicato allo stesso ambasciatore Khaddour, all'eccidio di Hula, in occasione del quale – secondo il rapporto della commissione d'inchiesta internazionale indipendente del consiglio diritti umani – le forze di sicurezza di Damasco e le milizie lealiste si sono macchiate di crimini contro l'umanità, crimini di guerra e di diffuse violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario.
  Con nota verbale n. 140874 del 29 maggio 2012, l'ambasciatore della Repubblica araba siriana presso la Repubblica italiana è stato pertanto dichiarato «persona non grata», insieme ad altri membri del personale dell'ambasciata.
  Egli risulta tuttavia accreditato anche presso le organizzazioni internazionali dell'Onu con sede a Roma e dunque non si è potuto procedere alla sua espulsione.
  In seguito al provvedimento, l'ambasciatore ha cessato di essere riconosciuto come agente diplomatico presso lo Stato italiano, ma continua ad esercitare le sue funzioni a Roma in quanto agente diplomatico presso le suddette organizzazioni internazionali, salvo che lo stesso Stato inviante non lo richiami.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMarta Dassù.


   SBROLLINI e ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Vicenza, il 12 agosto 2012, due vigili del fuoco, nonostante indossassero i guanti di protezione, sono rimasti ustionati alle mani mentre spegnevano un incendio;
   non si tratta di un caso isolato poiché si sono verificati altri episodi di ustioni alle mani a Viterbo, Modena e Pesaro;
   si tratta di episodi gravi, che fanno nutrire dei seri dubbi sulla qualità dei dispositivi di protezione individuale che vengono forniti al personale in servizio;
   la nota informativa allegata ai guanti in dotazione ai vigili del fuoco, alla voce «istruzioni per la pulizia e l'immagazzinamento» detta prescrizioni paradossali, ovvero ne impone la conservazione «lontano da fonti di calore» e impone un massimo di «cinque cicli di lavaggio a 40 gradi con detergenti neutri», con l'avvertenza che eventuali procedimenti di lavaggio diversi da quelli consigliati potrebbero alterare e compromettere le caratteristiche di sicurezza del dispositivo. Nonostante queste siano prescrizioni che riguardano la conservazione e la pulizia dei guanti e non l'uso operativo, ci si chiede come possano dei guanti resistere alle continue sollecitazioni degli incendi, se il lavaggio degli stessi dev'essere fatto a basse temperature e con detergenti delicati affinché non vengano rovinati;
   gli episodi sopra citati riguardanti la sicurezza del lavoro si collocano all'interno di una materia ampia che denota l'inadeguata attenzione che si dedica alle necessità dei vigili del fuoco e che concerne anche gli effetti dei tagli relativi ai capitoli di spesa che incidendo sul funzionamento del comando, portano al collasso il soccorso –:
   se non ritenga di intervenire, nell'ambito delle sue competenze, per dare risposte tempestive sulle cause che hanno provocato gli episodi di cui sopra, per avviare uno studio trasparente sulla situazione dei sistemi di protezione utilizzati in Italia, senza esimersi dal collocare la questione sicurezza sul lavoro nella discussione dei tagli che stanno indebolendo il soccorso pubblico. (4-17474)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto, l'interrogante chiede di conoscere quali verifiche ed iniziative intenda porre in essere il Governo in merito ai casi di ustioni riportate alle mani da personale di alcuni comandi provinciali dei vigili del fuoco.
  Tali episodi hanno interessato in particolare alcuni vigili del fuoco dei Comandi Provinciali di Vicenza, Viterbo, Modena, Pesaro ed Arezzo.
  Al riguardo, il dipartimento dei vigili del fuoco ha disposto l'immediato avvio di tutti gli accertamenti necessari a verificare le circostanze e la dinamica degli incidenti, nonché le condizioni tecniche dei guanti da intervento, al fine di assicurare la garanzia dell'incolumità degli operatori del soccorso pubblico.
  È stato pertanto disposto l'immediato prelievo, presso i comandi provinciali interessati, di campioni di guanti appartenenti alla medesima partita di quelli utilizzati dai vigili rimasti infortunati.
  I predetti campioni sono stati consegnati a un laboratorio certificato, segnalato dall'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), che li ha sottoposti alle prove di resistenza al calore, al fine di verificare il possesso delle condizioni tecniche prescritte dalla normativa di settore.
  Le prove hanno confermato i livelli di protezione indicati dal fabbricante e verificati dalla commissione di collaudo: i dispositivi raggiungono valori di resistenza al calore superiori a quelli richiesti dalla normativa europea.
  Contemporaneamente alle analisi sui guanti, è stata disposta la costituzione di apposita commissione di verifica, composta da dirigenti del dipartimento dei vigili del fuoco, con specifica competenza in materia, con il compito di acquisire ogni utile elemento di conoscenza in ordine agli episodi di infortunio.
  La commissione si è recata presso i comandi provinciali in cui si sono verificati gli incidenti ed ha effettuato specifiche indagini su ogni singolo episodio.
  Al termine delle ispezioni, la commissione ha ritenuto che gli infortuni si sono verificati a causa di condizioni operative più severe rispetto al livello di protezione offerto dal dispositivo di protezione individuale e del superamento dei tempi ammissibili di contatto o di esposizione.
  Alcuni degli episodi analizzati hanno evidenziato come, anche in scenari d'incendio del tutto ordinari, si possa verificare un superamento del limite protettivo offerto dai guanti e, soprattutto, che il superamento di detto limite può essere avvertito dall'operatore solo dopo la compromissione dell'epidermide e del derma.
  La tecnologia nella produzione dei dispositivi di protezione individuale ha dei limiti oggettivi nell'elevare il grado di isolamento termico di un indumento protettivo, che deve salvaguardare le esigenze ergonomiche e di destrezza connesse all'attività del vigile del fuoco. Un livello di isolamento maggiore mediante un ispessimento del tessuto sarebbe, infatti, controproducente per la sicurezza dell'operatore sia a causa della diminuita capacità di articolazione delle mani, sia per la maggiore capacità di accumulo di energia termica dell'indumento.
  La sicurezza e l'incolumità degli operatori dei vigili del fuoco, quotidianamente impegnati in rischiosi interventi di soccorso, costituiscono un obiettivo prioritario ed imprescindibile. Nella circostanza, in particolare, la risposta del dipartimento dei vigili del fuoco è stata tempestiva ed efficace.
  A seguito delle risultanze delle indagini effettuate, l'amministrazione dell'interno porrà in essere ogni ulteriore iniziativa per salvaguardare la salute degli operatori, prevedendo ove necessario sia modifiche delle procedure operative
standard, sia mirati interventi in sede formativa ed informativa.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   SCILIPOTI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il fatturato del falso nel settore alimentare presso gli Stati esteri produce, attraverso l'uso di immagini, parole simili, luoghi e territori che richiamano quelli italiani, un business di un valore superiore ai 60 miliardi di euro;
   in Italia il falso made in Italy viene immesso sul mercato spacciando, per prodotti della filiera italiana prodotti e materie prime importate sfruttando la mancanza dell'obbligo di indicare, sull'etichetta, l'origine;
   sotto il profilo economico, ma anche sotto quello della sicurezza alimentare, i nostri prodotti vengono pesantemente penalizzati, in quanto si vedono sottrarre continuamente spazio sui mercati da prodotti che imitano i marchi, i nomi e quant'altro si presti a creare convinzione sufficiente a far credere che il prodotto acquistato è di origine italiana e dotato di una qualità unica;
   si ingigantisce la sofferenza di commercializzare prodotti locali unici per tradizioni, metodi e territori di coltivazione, perché i prodotti non italiani, ma spacciati per tali, non aggravati dai costi necessari a renderli appetibili, vengono immessi sui mercati, in particolare quelli esteri, con prezzi notevolmente più economici e a discapito della qualità; la qual cosa crea anche una derivata ulteriore sofferenza nella commercializzazione di prodotti italiani genuini, dovuta alla delusione che si ripercuote, per associazione, anche sull'acquisto mancato di prodotti nostrani da parte di clientela estera;
   ad oggi, per rendere obbligatoria, sull'etichetta, l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza, in assenza di denominazione di origine o di indicazione geografica, come stabilito dalla direttiva 2000/13/CE e dal decreto legislativo n. 109 del 1992, occorre che la mancanza dell'indicazione possa creare una evidente certezza di errore nel consumatore, inducendolo a comprare merci o prodotti con qualità diverse da quelli che voleva acquistare;
   come specificato dal disegno di legge sulla competitività del sistema agro-alimentare, e come già previsto da risoluzione della Commissione europea, è importante rendere obbligatoria l'indicazione dei luoghi in cui sono stati prodotti non solo il prodotto, ma soprattutto la materia prima, al fine di tutelare l'esigenza di chi voglia ricevere dettagli e informazioni maggiori sul luogo di origine di ciò che viene messo in commercio e acquistato al fine di comprare prodotti genuini e di provabile qualità –:
   se il Governo intenda mettere in atto iniziative idonee a tutelare efficacemente i prodotti di origine italiana, rendendo obbligatoria sull'etichetta l'indicazione del luogo di origine o di provenienza, così da assicurare una perfetta informazione agli acquirenti e ai consumatori e rimettere in marcia un settore italiano, l'agro-alimentare, di grandi e conosciute qualità.
(4-09757)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente le iniziative da intraprendere per tutelare i prodotti agroalimentari di origine italiana attraverso l'indicazione obbligatoria, in etichetta, del luogo di origine o di provenienza, vorrei far presente che la mia amministrazione già da tempo è particolarmente impegnata a contrastare la commercializzazione del falso made in Italy che, ripercuotendosi sotto il profilo economico e quello della sicurezza alimentare, penalizza gravemente i nostri prodotti.
  Pertanto, concordando pienamente con quanto auspicato in merito alla necessità dell'indicazione obbligatoria dell'origine in etichetta per le produzioni tipiche e di qualità italiane assicuro che, stante il regolamento comunitario relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, stiamo compiendo le azioni necessarie per rendere operative tali disposizioni.
  Evidenzio, infine, che l'azione amministrativa continua a investire, ove la legislazione comunitaria lo consente, in strumenti in grado di tutelare il
made in Italy agroalimentare a livello internazionale.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   STRIZZOLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la città di Cividale del Friuli è patrimonio dell'umanità come proclamato dall'Unesco il 27 giugno del 2011 segnando per l'Italia il quarantacinquesimo ingresso (record mondiale) nella world heritage list;
   tale risultato è anche dovuto, oltre che all'impegno profuso dalle istituzioni locali, che si sono attivate sin dal 1996 per ottenere tale importante riconoscimento per le opere di pregio del periodo longobardo, anche alla presenza sul territorio di antichi insediamenti di epoca romana che rafforzano il valore storico, archeologico e culturale dell'intero compendio cividalese;
   in particolare, in Cividale del Friuli, si segnala la presenza delle mura patriarcali, risalenti all'epoca tardo-romana e oggetto di vincolo per effetto del decreto ministeriale del 5 maggio 1954, emesso ai sensi della legge n. 1089 del 1939;
   nell'area sottoposta a vincolo, nello specifico al mappale n. 164, foglio n. 16, il comune di Cividale del Friuli, nel corso dell'anno 1962, rilasciò una concessione – senza chiedere preventivamente l'autorizzazione alle Belle arti – per la costruzione di un fabbricato ad uso abitazione che, negli anni seguenti, si è elevato di due piani ed è diventato un «hard discount», oggi risultante chiuso ma che lede fortemente la godibilità e il decoro dell'ex Castello Craigher, nel frattempo divenuto fondazione Niccolò Canussio, adiacente al fabbricato costruito in area vincolata;
   sulla base di sopralluoghi effettuati da esperti incaricati dal Ministero per i beni e le attività culturali nel mese di aprile del 2011, anche in vista del pronunciamento dell'UNESCO sulla tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico presente in Cividale del Friuli, risulterebbe che resti delle antiche mura romaniche potrebbero essere rintracciabili al di sotto del piano di calpestio e ancora inglobati nel fabbricato costruito nell'area vincolata;
   il comune di Cividale del Friuli ha recentemente approvato il PAC (piano attuativo comunale) che prevede interventi di salvaguardia su tutti i circuiti murari della città, ivi compreso quello antistante l'odierno castello Canussio in relazione al quale la omonima fondazione, da tempo, sta sollecitando un adeguato e tempestivo intervento delle autorità competenti per riportare i resti delle fondazioni della cinta muraria al legittimo godimento della comunità cividalese e di tutti i cittadini italiani e stranieri appassionati di storia e di archeologia;
   nel piano attuativo comunale, il comune di Cividale del Friuli ha individuato il fabbricato esistente (conosciuto come «hard discount») sul mappale vincolato quale «edificio di contrasto» e, pertanto, «soggetto alla promozione ed incentivazione della sostituzione dell'edificio mediante demolizione totale o parziale dello stesso con applicazione della perequazione e compensazione urbanistica attraverso stipula di convenzione tra amministrazione e soggetto proponente» e tale previsione urbanistica può consentire, finalmente, un intervento risolutivo per il recupero e la tutela delle cinte murarie tardo romane;
   la direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee, servizio II – tutela del patrimonio architettonico del Ministero per i beni e le attività culturali, risulta abbia indirizzato, in data 30 gennaio 2012, con prot. n. 3040 cl. 34.34.01, una specifica segnalazione alla soprintendenza del Friuli Venezia-Giulia e alle istituzioni locali per sbloccare il problema sopra sinteticamente descritto –:
   quali siano gli esiti di tale comunicazione e quali concrete e tempestive iniziative intenda promuovere il Ministro interrogato per far rispettare il vincolo più sopra indicato e, conseguentemente, salvaguardare e tutelare le cinte murarie tardo romaniche di Cividale del Friuli. (4-17889)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto parlamentare di cui all'oggetto, con il quale l'interrogante chiede quali iniziative si intendano assumere per tutelare e salvaguardare le cinte murarie tardo romaniche di Cividale del Friuli.
  Si rappresenta, al riguardo, quanto segue.
  È in fase di attuazione un progetto congiunto tra la direzione regionale, la soprintendenza per i beni archeologici, quella per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, la competente direzione generale, la direzione generale per la valorizzazione e il comune di Cividale del Friuli, per lo scavo, il restauro e l'eventuale ricostruzione parziale del tratto di mura romano-patriarcali, giacenti sotto l'edificio di contrasto, conosciuto come
hard discount, prospiciente il castello Canussio.
  Questo progetto, la cui formalizzazione mediante la firma di un accordo di valorizzazione di cui all'articolo 112 del decreto legislativo n. 42 del 2004 dovrebbe avvenire a breve, è incardinato su tre punti essenziali:
   l'importanza dell'antica cinta muraria, già oggetto di vincolo ai sensi della legge n. 1089 del 1939 (decreto ministeriale 5 maggio 1954);
   il riconoscimento UNESCO a Cividale del Friuli, primo ducato longobardo in Italia, in data 4 giugno 2012;
   il piano attuativo comunale (PAC), in particolare la parte riguardante la tavola A.8 (Vincoli).

  Sulla base di questi tre punti, è stato prospettato, di comune accordo, di procedere a un'esplorazione archeologica nell'area adiacente al castello Canussio e all'edificio di contrasto, area interessata non solo dal passaggio del circuito murario più esterno, ma anche dalla presenza di sepolture riferibili a un arco cronologico, situabile tra Tardoantico e alto medioevo, segnalate anche nelle tavole del piano regolatore generale del comune. Tali sepolture sono probabilmente ricollegabili all'estesa zona cimiteriale longobarda, denominata «necropoli della Ferrovia», recentissimamente scavata dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, la quale ha restituito preziosi corredi funerari con importanti reperti, tra cui 5 croci auree, esposte al piano terra del museo archeologico nazionale della città.
  L'area specifica da esplorare sarà individuata in dettaglio, mediante preliminari prospezioni geotecniche, realizzate a cura della soprintendenza per i beni archeologici, che condurrà anche le indagini sul terreno, facendosi carico delle spese per lo scavo e per le opere di restauro delle evidenze archeologiche che verranno alla luce, compresi gli oneri per l'equo indennizzo al privato possessore dell'area. L'indicazione dell'onere economico, a carico della soprintendenza, sarà indicata sul piano di spesa annuale 2013 e sul programma triennale. Contestualmente, la stessa soprintendenza procederà alla predisposizione della documentazione necessaria per l'apposizione del «vincolo archeologico» sull'area delle antiche mura.
  L'evidenza dei risultati dello scavo e l'apposizione del vincolo renderanno non procrastinabili le necessarie azioni di tutela delle mura e del castello. Dal canto suo, il Comune inizierà a prendere i necessari contatti con la proprietà, volti a pervenire ad un accordo congruo per la compensazione economica che sarà dovuta a seguito della demolizione dell'edificio di contrasto, ai sensi del piano attuativo comunale.
  La progettazione degli interventi di presentazione e di valorizzazione dell'area verranno definiti in maniera congiunta tra questa amministrazione e il comune, con riferimento al più ampio piano di riqualificazione urbanistica della città che vede già in atto da alcuni anni, da parte del comune, un importante programma di restauro dei circuiti murari, volto al miglioramento della loro visibilità e alla pubblica fruizione.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   TOCCAFONDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è annoso il dibattito sul rafforzamento del sistema aeroportuale toscano attraverso la costruzione di una nuova pista dello scalo fiorentino e la sua integrazione con quello di Pisa;
   le varie ipotesi progettuali per il potenziamento di Peretola, finalizzate alla massima operatività dello scalo compatibile con la sicurezza e la minimizzazione dell'impatto sul territorio, risultano essere da tempo all'esame dei tecnici dell'ENAC;
   si è appreso da notizie di stampa che in questi giorni si sarebbe svolto «in gran segreto» a Roma un incontro tra il presidente della regione ed il presidente ENAC, al cui esito l'ente avrebbe comunicato ufficialmente alla regione Toscana il proprio responso in merito alla tipologia di pista da realizzare;
   si è appreso altresì dalla stampa che l'ENAC propenderebbe per il progetto che vedrebbe la realizzazione di una pista parallela all'autostrada «con aggiustamenti», ossia lievemente spostata rispetto all'angolazione della stessa strada per evitare al massimo eventuali problemi di sorvolo su Prato e zone limitrofe densamente abitate;
   nessuna notizia ufficiale è stata comunicata in proposito dal presidente della giunta al consiglio regionale e alle altre istituzioni interessate e che pertanto le uniche informazioni ad oggi disponibili sono quelle risultanti da indiscrezioni di stampa –:
   se corrisponda al vero la notizia di stampa secondo la quale ci sarebbe stato un incontro a Roma tra il presidente della regione ed il presidente di ENAC sulle questioni esposte in premessa;
   quali temi siano stati concretamente affrontati durante l'incontro e se si sia pervenuti a conclusioni definitive da parte di ENAC in merito alla nuova pista aeroportuale di Firenze e quali sono le conclusioni di Enac rispetto alle ipotesi prospettate. (4-16004)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 16 maggio 2012, si evidenzia che la realizzazione di una nuova pista di volo nello scalo di Firenze è un intervento necessario – come tra l'altro evidenziato anche nella proposta di piano nazionale degli aeroporti attualmente all'esame dei competenti uffici di questo Ministero – in quanto quella attuale non permette di sfruttare adeguatamente la capacità dello scalo, che risulta ridotta a causa delle caratteristiche morfologiche del territorio ed impatta, dal punto di vista ambientale, in modo significativo sul territorio circostante.
  L'Enac, in data 30 marzo 2012, ha trasmesso a questo dicastero la propria relazione conclusiva sulla realizzazione della pista di volo suddetta: in essa vengono comparate due proposte, di cui una avanzata dalla regione Toscana (pista con giacitura obliqua, avente orientamento 09/27) e l'altra, proposta della stesso Enac (pista con orientamento 12/30). Ambedue le soluzioni erano state supportate da studi dell'ente nazionale di assistenza al volo (Enav).
  Le suddette ipotesi sono derivate da un ampio quadro valutativo comprendente 5 diverse soluzioni, che scaturivano da un lavoro di un tavolo tecnico composto da Enac, Enav, regione Toscana e società di gestione aeroporto di Firenze, costituito nel 2008, e da successivi approfondimenti a cura della stessa società di gestione aeroporto di Firenze.
  La scelta dell'Enac, supportata dagli studi Enav, è ricaduta sulla seconda ipotesi (orientamento 12/30), con la pista ubicata sul lato nord dell'autostrada A11 e quasi parallela alla stessa a differenza della soluzione con orientamento 09/27, obliqua rispetto all'autostrada.
  Le motivazioni addotte dall'Enac a favore di tale soluzione sono di carattere sia tecnico (aeronautico e territoriale) che economico.
  Riguardo all'aspetto tecnico, l'Enac ha evidenziato che l'ipotesi con orientamento 12/30 è da preferire sotto tutti i punti di vista e, in particolare, per quanto concerne i seguenti aspetti: ambientali, minore impatto sul territorio, sicurezza della navigazione, rispetto della normativa dell'organizzazione internazionale dell'aviazione civile (come ad esempio per il valore del coefficiente di utilizzazione), superfici di delimitazione degli ostacoli, regolarità operativa (minori tempi di movimentazione a terra e di inserimento in rotta degli aeromobili con relativa diminuzione dell'inquinamento atmosferico e dei consumi), capacità, impossibilità di usare la pista 09/27 in maniera monodirezionale, minore larghezza della pista (2000 metri contro i 2420 metri necessari per l'altra soluzione), non è necessaria la costruzione di una via di rullaggio e non bisogna chiudere lo scalo durante i lavori, congruenza con i piani di rischio.
  Dunque, con la soluzione 09/27 permarrebbero tutte le limitazioni e le criticità proprie della pista attuale.
  Per quanto attiene, poi, all'aspetto economico, si evidenzia che i costi dell'opera di cui alla prima ipotesi sarebbero notevolmente inferiori.
  Nel concludere, si fa presente che l'Enac, sulla base delle considerazioni sin qui evidenziate ritiene che la soluzione suscettibile di approvazione sia costituita da una nuova pista con giacitura 12/30.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
   l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca “disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi” ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno – da parte della Conferenza episcopale italiana – del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 – esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo – e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 – anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille – la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
   dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
   nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali – che esercita altresì i diritti dell'azionista – di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
   relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono:
    la «Parrocchia di Maria S.S. Annunziata-Tuglie (Lecce)» inserita nell’«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» per un importo di 165.000 euro per la realizzazione del progetto «Santuario Madonna del Monte Grappa (restauro)»;
    la «Parrocchia di San Giovanni Elemosiniere (Morciano di Leuca Lecce)» inserita nell’«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 09 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Parrocchia San Giovanni Elemosiniere (restauro)» –:
   se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
   se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
   se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Lecce» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
   se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici. (4-07914)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, relativa ai progetti inseriti nella programmazione della società Arcus, per quanto di competenza di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  L'interrogante ha, in particolare, chiesto:
   1) se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
   2) a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare i progetti, come siano state selezionate e con quali procedure, chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza dei lavori eseguiti;
   3) se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Lecce» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
   4) se prima di finanziare il progetto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.

  In merito al primo quesito, si comunica che il Ministero dell'interno, con le note pos. d/2299 del 24 ottobre 2011, 30 novembre 2011 e 3 aprile 2012, ha comunicato che il fondo edifici di culto (Fec) del Ministero dell'interno non ha presentato alcun progetto di finanziamento relativamente agli edifici indicati nell'interrogazione.
  Inoltre, precisa sempre il Ministero dell'interno con le predette note, che non vi sono edifici di proprietà dello Stato gestiti dal Fec.
  Lo stesso Ministero ricorda, poi, con riferimento al terzo quesito posto dall'interrogante, che, attese le modalità con cui si esplica il controllo del predetto Ministero, il rendiconto viene redatto in termini generali ed in maniera sintetica, senza far riferimento alle somme trasferite a singole entità territoriali ecclesiastiche e, conseguentemente, non si dispone di elementi di riscontro per la quantificazione delle somme relative alle singole diocesi.
  Per quanto concerne, poi, i restanti quesiti, relativi all'operato di Arcus, si osserva quanto segue.
  Arcus spa finanzia i progetti, presentati mediante apposite domande di finanziamento, inclusi nell'apposito decreto interministeriale di approvazione del programma annuale ai sensi del decreto ministeriale n. 182 del 2008. Nel caso di specie, gli interventi oggetto di interrogazione risultano ritualmente inclusi nel programma degli interventi approvati con decreto interministeriale del 16 marzo 2007, a firma dei Ministri
pro tempore Rutelli e Di Pietro, per quanto concerne l'intervento presentato dalla parrocchia di Maria S.S. Annunziata di Tughe (Lecce), e con decreto interministeriale del 9 aprile 2008, a firma dei Ministri pro tempore Rutelli e Di Pietro, per quanto concerne l'intervento presentato dalla parrocchia di San Giovanni Elemosiniere di Morciano di Leuca (Lecce).
  Arcus, a sua volta, svolge un'approfondita preliminare valutazione sui soggetti richiedenti, i quali provvedono alla individuazione, in base alla vigente normativa, degli esecutori materiali degli interventi.
  Ad Arcus, pertanto, non compete la funzione di stazione appaltante e la relativa responsabilità circa le procedure di selezione delle imprese esecutrici e la verifica della congruità dei prezzi grava esclusivamente in capo ai destinatari del finanziamento.
  Infatti, nel caso in cui si tratti di finanziamenti erogati da Arcus spa agli organi periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o di questo dicastero, saranno i provveditorati alle opere pubbliche ovvero le soprintendenze, attraverso i propri tecnici, ad effettuare una valutazione di congruità.
  In merito alla questione sollevata nel quarto quesito, con cui si chiede di sapere se, prima di concedere il finanziamento, venga appurato se il progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici, si evidenzia che Arcus spa, sia in sede preliminare che in sede istruttoria, svolge tale indagine.
  Infatti, Arcus spa provvede a richiedere a tutti i soggetti che presentano domanda di finanziamento al bando annuale, di dichiarare di non aver richiesto finanziamenti ad altri soggetti per la medesima parte di progetto per la quale si domanda il contributo tramite Arcus medesima. Ove risulti, invece, che sono stati richiesti finanziamenti nell'ambito del medesimo progetto, ma per parti diverse dello stesso, non sussistono impedimenti di legge al finanziamento.
  La verifica, che riguarda non solo eventuali finanziamenti pubblici, ma anche quelli privati, ha condotto il consiglio di amministrazione di Arcus, in alcune occasioni, a definanziare il progetto, in quanto lo stesso risultava già finanziato con altre risorse.
  In merito, infine, allo stato dell'arte dei progetti richiamati nell'interrogazione, si forniscono i seguenti dati informativi.
  Il progetto relativo ad un intervento di recupero statico e funzionale del «Santuario Madonna del Monte Grappa», presentato dalla parrocchia di Maria S.S. Annunziata di Tughe (Lecce) e titolare di un finanziamento di euro 165.000,00 previsto dal decreto interministeriale del 16 marzo 2007, ha visto la stipula del contratto di finanziamento in data 14 settembre 2007 e la sua conclusione, con esito positivo, il 30 aprile 2009.
  Il progetto relativo a lavori di consolidamento, restauro ed impiantistica della parrocchia di San Giovanni Elemosiniere di Morciano di Leuca (Lecce), presentato dalla stessa parrocchia e titolare di un finanziamento di euro 400.000,00 previsto dal decreto interministeriale del 9 aprile 2008, ha visto la stipula del contratto di finanziamento in data 23 settembre 2009 e la sua conclusione, con esito positivo, il 4 ottobre 2010.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con il tele M-D ARM002 0007027 del 30 gennaio 2012 il comando squadra aerea dell'Aeronautica militare ha disposto la partecipazione di personale graduato, per il periodo 6 - 24 febbraio 2012, al corso di qualificazione CBRN presso la scuola interforze per la difesa NBC sita in Rieti con trattamento di vitto e alloggio obbligatorio presso la prefata struttura;
   risulta agli interroganti che, sebbene l'attuale quadro di congiuntura economica induca all'utilizzo di infrastrutture militari per il vitto e l'alloggio, le condizioni di decoro e di igiene presso la scuola succitata sono ben lontane dagli standard definiti dallo stesso Stato maggiore dell'aeronautica nella direttiva SMA-ORD-035. Infatti, il personale graduato è stato alloggiato in camere da sei posti letto, senza porte, senza comodino, senza prese elettriche, con l'intonaco che cade, con un interruttore della luce centralizzato con spegnimento alle ore 23,15 per l'intera ala, con le mura delle stanze che non arrivano al soffitto ed i riscaldamenti accesi solo due ore al giorno, cosa che con le attuali condizioni atmosferiche che hanno ricoperto Rieti di neve si traduce in temperature interne agli alloggi davvero al limite della sopportazione umana. Anche i servizi igienici (collettivi) risultano indecorosi con mura scrostate, muffa, prese elettriche non funzionanti e docce con acqua tiepida e senza tende/box che consentano un minimo di tutela dell'intimità personale. Dopo le prime lamentele dei corsisti, il terzo giorno è stato disposto il loro spostamento dal terzo piano (sottotetto) al secondo piano della stessa palazzina in quanto, dai responsabili, ritenuto più caldo ma la situazione non è sostanzialmente cambiata; anzi i servizi igienici e le docce risultano essere in condizioni peggiori. Infine, cosa ancora più grave, nella direttiva denominata «Piano degli studi Anno 2012» dello Stato maggiore della difesa è stato precisato che tali alloggi non sono idonei solamente per ufficiali e sottufficiali che frequentano i medesimi corsi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei contenuti discriminatori della direttiva denominata «Piano degli studi Anno 2012» dello Stato maggiore della difesa e se intenda assumere immediatamente iniziative per porre fine a questa evidente disparità di trattamento nei confronti del personale graduato attualmente aggregato presso Rieti e quello programmato per i corsi futuri, disponendo una diversa sistemazione alloggiativa;
   se il comando squadra aerea, nel disporre l'aggregazione per vitto ed alloggio obbligatorio nei confronti del personale, abbia verificato la rispondenza ai requisiti minimi di vivibilità e decoro previsti dalla direttiva SMA-ORD-035 Ed. 2007;
   se la struttura alloggiativa situata presso la scuola interforze per la difesa NBC sita in Rieti sia provvista di agibilità e sia a norma (impianti elettrici e idrotermici, evacuazione, sicurezza, e altro) e chi e per quali motivi abbia stabilito che gli alloggi siano idonei solo per il personale graduato, come se questo non fosse composto da militari professionisti ed essere umani alla stregua di ufficiali e sottufficiali. (4-14841)

  Risposta. — A premessa della risposta tengo a precisare che le Forze armate sono da sempre sensibili alle problematiche riguardanti la tutela del personale, sollevate con l'atto in argomento.
  Per entrare, invece, nello specifico delle questioni poste, si rappresenta innanzitutto che la richiamata direttiva SMA-ORD-035 (edizioni 2007) è una pubblicazione a carattere organizzativo, interna all'aeronautica militare e, pertanto, non appare suscettibile di applicazione estensiva.
  Chiarito quanto sopra, si precisa che l'invio di personale graduato dell'aeronautica militare presso la scuola interforze NBC di Rieti, è avvenuto in osservanza a quanto statuito dal «piano degli studi 2012», edito dalla medesima Scuola.
  In tale documento è espressamente previsto che l'istituto non dispone di idonei alloggi con specifico riferimento ad ufficiali e sottufficiali frequentatori di corso, mentre non è contemplata alcuna limitazione alloggiativa per altre categorie di personale.
  Non si ravvisa, pertanto, alcun intento discriminatorio nella direttiva in questione.
  Circa, poi, la situazione infrastrutturale degli alloggi situati presso la scuola interforze NBC di Rieti, si partecipa che gli stessi, destinati al personale frequentatore dei corsi, rispondono agli
standards «minimi» previsti in casi del genere (6 posti letto, senza porte, 4 prese elettriche per camera, lampade al neon, bagni ubicati in testata per ogni campata, arredi per allievi ufficiali, marescialli, sergenti maggiori, sergenti).
  Più in generale, si assicura l'interrogante che, pur a fronte di ridotte assegnazioni di risorse, sono stati assicurati interventi atti a garantire la sicurezza e l'agibilità degli immobili in argomento, nonché per adeguare la struttura stessa alla normativa vigente in materia di sicurezza degli impianti elettrici e di riscaldamento.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   consta agli interroganti che nei confronti di numerosi appartenenti all'Esercito siano state disposte delle azioni di recupero di somme relative al compenso forfettario di impiego pagato nel periodo 2007-2010 e che dette azioni di recupero non siano state adeguatamente motivate in relazione alla ritenuta errata corresponsione da parte dell'amministrazione datoriale –:
   quanti siano esattamente i militari nei cui confronti siano state avviate o siano da avviare le predette azioni di recupero, quali siano gli importi medi pro capite e quale sia il totale complessivo delle somme da recuperare;
   quali siano gli istituti previsti per compensare le ore di lavoro straordinario eventualmente svolte da ciascun militare interessato nei periodi di corresponsione dell'emolumento in premessa e se non ritenga che la responsabilità della errata corresponsione delle predette somme sia da imputare all'autorità che ne abbia autorizzato il pagamento ovvero a quella che abbia segnalato i nominativi dei militari per l'inclusione negli elenchi dei percettori del medesimo compenso. (4-17396)

  Risposta. — Le azioni di recupero nei confronti del personale militare, di cui è cenno nell'interrogazione in esame, sono state disposte a seguito di ispezioni amministrativo-contabili dell'ufficio centrale per le ispezioni amministrative, condotte nei confronti di vari enti/distaccamenti/reparti della Forza armata e, in tale ambito, debitamente motivate da parte del personale responsabile degli accertamenti, nelle singole risultanze delle attività ispettive svolte.
  Per quanto concerne, invece, «gli istituti previsti per compensare le ore di lavoro straordinario svolte da ciascun militare interessato nei periodi di corresponsione dell'emolumento in premessa», si fa presente che essi sono costituiti dal compenso per lavoro straordinario e/o dal recupero compensativo.
  Riguardo, poi, agli eventuali profili di responsabilità «della errata corresponsione», si rileva che nel caso in esame si è trattato di corresponsione di emolumenti non dovuti in relazione ai quali l'amministrazione, a seguito di verifiche effettuate da organi interni allo stesso dicastero, ha ritenuto di dover procedere al recupero di quanto indebitamente corrisposto.
  Non ravvisandosi alcun danno, non risulta, conseguentemente, alcuna responsabilità da parte della pubblica amministrazione.
  Riguardo, infine, alle informazioni sul numero dei militari e sulle somme recuperate, per una migliore comprensione degli elementi di dettaglio, si allega una tabella da cui risulta quanto richiesto dall'interrogante (disponibile presso il servizio Assemblea).

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.