XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 26 novembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il giorno 25 novembre ricorre la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, designata nel 1999 da una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in ricordo del brutale assassinio delle tre sorelle Mirabal considerate esempio di donne rivoluzionarie per l'impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leonidas Trujillo il dittatore che tenne la Repubblica domenicana nell'arretratezza e nel caos per oltre 30 anni, dal 1930 al 1961;
    la violenza sulle donne è una delle forme di violenza più diffuse al mondo. È una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione;
    sia in tempo di pace che in tempo di guerra, le donne subiscono atrocità semplicemente per il fatto di essere donne. A milioni vengono picchiate, aggredite, stuprate, mutilate, assassinate, in qualche modo private del diritto all'esistenza stessa;
    secondo il diritto internazionale dei diritti umani, tutti i Governi hanno la responsabilità di prevenire, indagare e punire gli atti di violenza sulle donne in qualsiasi luogo si verifichino: tra le mura domestiche, sul posto di lavoro, nella comunità o nella società, durante i conflitti armati;
    è fondamentale che i Governi si impegnino per rendere più forti le donne, garantendo loro indipendenza economica e protezione dei diritti fondamentali;
    l'Italia ha ratificato la convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, aderendo anche al relativo protocollo opzionale, nonché la convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;
    l'Italia ha anche firmato la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta convenzione di Istanbul, aperta alla firma l'11 maggio del 2011 e al momento ratificata solo da parte della Turchia (perché entri in vigore occorrerà attendere altre nove ratifiche);
    la Convenzione di Istanbul, primo strumento giuridicamente vincolante per gli Stati in materia di violenza sulle donne e di violenza domestica, costituisce oggi il trattato internazionale di più ampia portata per affrontare il fenomeno. Tra i suoi principali obiettivi esso ha la prevenzione della violenza contro le donne, la protezione delle vittime e la perseguibilità penale degli aggressori;
    è auspicabile una rapida approvazione di una legge di ratifica entro la fine della legislatura;
    nel nostro Paese purtroppo la violenza contro le donne continua a rappresentare un fenomeno grave e purtroppo in continua crescita;
    secondo gli ultimi dati «ufficiali» disponibili, anche se di certo non sufficientemente recenti (elaborati dall'Istat nel 2007 e riferiti al 2006), sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita (una donna su tre tra i 16 ed i 70 anni); circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner; il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking), dai partner al momento della separazione;
    inoltre, si aggiunge che moltissimi episodi di violenza (circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner) non vengono comunque denunciati;
    da un'indagine della Casa delle donne di Bologna, risultano 120 omicidi solo nel 2011: i media, invece, proprio in queste ultime settimane hanno riportato dati, citando fonti ONU, che riferiscono di 101 donne uccise nel 2009, di 127 nel 2010, e di 97 solo nei primi mesi del 2011;
    va, inoltre, considerato che non trattandosi di dati ufficiali c’è un rilevante «sommerso», che riguarda, ad esempio, i delitti di donne vittime della tratta o legate al mondo della prostituzione;
    si tratta di un «sommerso» destinato a crescere se si considera la presenza in Italia di donne senza permesso di soggiorno, la cui eventuale scomparsa non viene denunciata, a meno che non venga ritrovato il corpo della vittima;
    è evidente che sono necessarie iniziative di solidarietà e di sensibilizzazione al problema non solo nazionali ma soprattutto europee,

impegna il Governo:

ad attivarsi, nelle opportune sedi europee, al fine di istituire l'anno europeo per l'eliminazione della violenza contro le donne.
(1-01198) «De Camillis, Bergamini, Saltamartini, Lorenzin, Beccalossi, Faenzi, Armosino, Stasi, Sisto, Divella, Di Caterina».

Risoluzioni in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, disciplina le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari, dettando, in particolare, norme in tema di contenuto e forma dei relativi contratti, pratiche commerciali sleali, termini di pagamento;
    il decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 19 ottobre 2012, che detta le modalità applicative del citato articolo 62, fa rinvio per la definizione di prodotti alimentari all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178 del 2002;
    in base a tale norma, si intende per «alimento» (o «prodotto alimentare», o «derrata alimentare») qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. In tale nozione sono invece esplicitamente esclusi: i mangimi; gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano; i vegetali prima della raccolta; i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE; i cosmetici; il tabacco e i prodotti del tabacco; le sostanze stupefacenti o psicotrope; residui e contaminanti;
    dal combinato disposto delle norme indicate, e in assenza di specifiche esclusioni, consegue che la disciplina di cui all'articolo 62 risulta applicabile anche a taluni prodotti particolari, che rientrano nella nozione di alimento dal punto di vista giuridico, anche se che certamente non sono riconducibili alla tipologia di relazioni commerciali per le quali il legislatore ha dettato l'articolo 62; si pensi, a tale riguardo, al caso degli integratori alimentari, ai prodotti per l'infanzia o a quelli destinati ad un'alimentazione particolare, normalmente venduti nelle farmacie o nelle parafarmacie;
    l'applicabilità della normativa in questione ai prodotti citati è stata confermata dal Governo, in risposta ad una specifica interrogazione, svolta in Commissione Agricoltura nella seduta del 22 novembre 2012;
    la cessione di queste categorie di prodotti avviene tuttavia nel quadro di relazioni commerciali ben diverse da quelle tipiche della filiera agroalimentare, cui è destinato l'articolo 62;
    come ben evidente nel corso dei lavori parlamentari relativi all'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012 e come emerge anche dal decreto ministeriale di attuazione, tale disciplina fa riferimento particolare alle relazioni economiche tra gli operatori della filiera agroalimentare connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale, proprio al fine di assicurare una maggiore trasparenza e il riequilibrio delle predette posizioni di forza nonché di contrastare le pratiche commerciali sleali a danno del contraente debole;
    in particolare, nel parere approvato dalla Commissione agricoltura della Camera, si sottolinea che «la regolamentazione dei rapporti nella filiera agroalimentare costituisce un intervento da tempo sollecitato, dal mondo agricolo e da autorità italiane ed europee, per favorire la libera concorrenza e il corretto funzionamento del mercato, a vantaggio anche del consumatore. Si tratta infatti di porre rimedio alla strutturale posizione di debolezza contrattuale del produttore agricolo, in un mercato caratterizzato dalla deperibilità dei prodotti, da un'offerta agricola frammentata e da una domanda sempre più polarizzata in centrali di acquisto di scala nazionale ed internazionale»;
    in queste settimane, numerose organizzazioni di categoria e semplici cittadini stanno segnalando le incongruenze e le difficoltà cui darebbe luogo un'applicazione generalizzata della normativa in questione, anche in relazione a prodotti e rapporti commerciali solo formalmente assimilabili a quelli tipici del settore agroalimentari,

impegna il Governo

a promuovere tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, per escludere dall'ambito di applicazione della normativa di cui all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, gli integratori alimentari e i prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare.
(7-01042) «Paolo Russo».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico rappresenta una delle principali emergenze del Paese ed è legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli, all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme ed all'aumento, per frequenza ed intensità, degli eventi calamitosi;
    tali eventi calamitosi hanno una pesante ricaduta sull'economia agricola nazionale e le imprese agricole si trovano a fronteggiare una notevole contrazione del reddito disponibile causato dalla perdita dei raccolti e degli animali, e dai danni ai terreni e ai beni necessari all'attività che, in assenza di adeguati sostegni per la ripresa, rischiano di essere abbandonate per mancanza di risorse;
    l'ultimo episodio meteorologico particolarmente, ed eccezionalmente per alcune aree, intenso si è verificato la scorsa settimana con forti ed estesi temporali sulla Liguria, Toscana, Umbria, Triveneto e Alto Lazio: gli effetti sul territorio sono stati devastanti con conseguenze sui cittadini e sulle attività produttive, soprattutto nella regione Toscana dove, in alcune località, sono stati registrati nei giorni 11 e 12 novembre 2012 cumulati di pioggia nelle 24 ore superiori a 300 millimetri. L'eccezionalità dell'evento appare lampante se rapportata al valore medio delle piogge cumulate annuali sul territorio provinciale negli anni 1997-2011 pari a 824,8 millimetri che dimostra come in 24 ore sia caduto oltre un terzo della pioggia media annuale;
    numerosissime sono state le criticità idrogeologiche ed idrauliche segnalate, in particolar modo connesse all'entrata in crisi del reticolo idraulico, erosioni di sponda con compromissione della stabilità degli attraversamenti, oltre ai fenomeni più significativi sul reticolo idrografico principale con tracimazione delle opere idrauliche e di bonifica e con, in alcuni casi, conseguente collasso di sponde e rilevati arginali;
    risulta particolarmente grave la situazione del comparto agricolo (seminativi, ortofrutta, vitivinicolo, florovivaismo), zootecnico e dell'acquacoltura, ma anche nel settore dell'agroindustria e dell'industria alimentare, poiché l'intensità delle precipitazioni e le acque di inondazione sono state causa di ingenti danni alle strutture agricole, ma anche al patrimonio di scorta soprattutto foraggi, farine, gasolio agricolo e macchine e attrezzature;
    la situazione presenta danni alla viabilità rurale, alla rete idraulica scolante aziendale ed interaziendale; in prossimità di corsi d'acqua con maggior portata si sono verificati trasporti solidi che hanno interessato superfici, in molti casi di dimensioni consistenti, di terreno agrario; gravi danni hanno subito anche i fabbricati rurali strumentali per le attività che caratterizzano le aree colpite, quali opere di recinzione, serre, magazzini e rimesse attrezzi, stalle per allevamenti bovini e ovini, fabbricati ad uso civile abitazione e agriturismi; sono pesanti anche i danni subiti da produzioni vitivinicole di pregio. Per quel che riguarda la sola provincia di Grosseto le aree più colpite interessano circa 30.000,00 ettari di superfici a seminativo, di cui circa 1/3 già seminati, mentre la restante parte è di difficile messa a coltura a causa della difficoltà del recupero della rete idraulica scolante in concomitanza dell'attuale annata agraria;
    in alcuni casi molte imprese agricole e le relative attività risultano pressoché distrutte per cui, stante la difficoltà del momento, viene addirittura messa in dubbio la ripresa delle attività. In molti casi pertanto, al danno si aggiunge la perdita di posti di lavoro, poiché gli interventi di ripristino si presentano importanti e privi di un adeguato sostegno finanziario;
    è quindi urgente intervenire con un provvedimento straordinario che assegni risorse adeguate, pari ad almeno 150 milioni di euro, per consentire un immediato sostegno alle imprese agricole danneggiate dagli eventi alluvionali ad integrazione degli interventi previsti a legislazione vigente a valere sul fondo di solidarietà nazionale;
    è stato calcolato che, con quest'ultimo nubifragio autunnale, i danni diretti e indiretti provocati all'agricoltura dagli eventi estremi nel 2012 superano i 3 miliardi di euro, con neve e ghiaccio che hanno bloccato l'Italia durante l'inverno e poi da caldo e siccità estivi che hanno bruciato i raccolti;
    le alluvioni degli ultimi giorni concludono, quindi, un anno devastante dal punto di vista climatico per l'agricoltura, che ha provocato un contenimento delle produzioni nazionali che riescono a coprire appena il 75 per cento dei consumi alimentari nazionali,

impegna il Governo:

   ad intervenire con urgenza con un'iniziativa normativa straordinaria che, mediante l'assegnazione delle necessarie risorse, disponga:
    a) la concessione di adeguati e sufficienti contributi per le imprese agricole, agroalimentari, zootecniche e della pesca aventi sede o unità locali ubicate nei territori interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012 e che abbiano subito gravi danni alla produzione, alle scorte e ai beni mobili ed immobili strumentali all'attività di loro proprietà;
    b) la concessione di adeguati e sufficienti contributi per il ripristino delle condizioni di coltivazione e quindi per la riparazione degli argini, delle sistemazioni, dei terrazzamenti e ciglionamenti, la ripulitura dei terreni e tutte le operazioni necessarie per il ripristino e la salvaguardia delle coltivazioni;
    c) il risarcimento dei danni economici subiti da prodotti in corso di maturazione ovvero di stoccaggio ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari, in strutture ubicate nei territori interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012;
    d) la sospensione di termini amministrativi e dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali per le imprese agricole aventi le strutture ubicate nei territori interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012 e che abbiano subito gravi danni alla produzione, alle scorte e ai beni mobili ed immobili strumentali all'attività di loro proprietà;
   ad aprire un negoziato con l'Unione europea per verificare la possibilità di una rimodulazione dei finanziamenti assegnati al fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e ad alcune organizzazioni comuni di mercato (OCM), come l'OCM vino e l'OCM ortofrutta, al fine di destinare le risorse rimodulate agli interventi necessari per la ripresa economica delle attività agricole danneggiate dagli eventi alluvionali del novembre 2012.
(7-01043) «Cenni, Sani, Trappolino, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Servodio, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD)».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la coltivazione del bergamotto è, nel mondo, da oltre un decennio strettamente limitata alla fascia jonica dell'area Grecanica della provincia di Reggio Calabria. La sua lavorazione e commercializzazione, è legata quasi esclusivamente all'olio essenziale, universalmente noto come «oro verde», la cui essenza è stata considerata sinora indispensabile nell'industria profumiera non solo per fissare il bouquet aromatico dei profumi, ma anche per armonizzare le altre essenze contenute in essi esaltandone le note di freschezza e fragranza. L'essenza è anche utilizzata nell'industria farmaceutica (per il suo potere antisettico e antibatterico, in odontoiatria, ginecologia, e altro) e nell'industria alimentare e dolciaria come aromatizzante di liquori, dolci e bevande;
   a testimonianza delle qualità contenute in questo frutto, la Commissione europea, con il regolamento della Comunità europea n. 509 del 2001 del 15 marzo 2001 e la pubblicazione italiana del relativo disciplinare (provvedimento del 8 maggio 2001 nella Gazzetta ufficiale del 25 maggio 2001), ha riconosciuto al «Bergamotto di Reggio Calabria» la denominazione di origine protetta (DOP) olio essenziale;
   è di questi giorni però il grido d'allarme lanciato dal presidente del Consorzio del bergamotto Ezio Pizzi, dal presidente dell'Accademia del bergamotto Vittorio Caminiti e dai rappresentati calabresi di Coldiretti, Cia e Confagricoltura, secondo cui la stessa Unione europea, in contraddizione con le decisioni assunte negli anni precedenti che hanno contribuito alla valorizzazione del bergamotto, abbia recentemente proposto di limitare fortemente l'utilizzo di ingredienti essenziali, quali proprio l'olio di bergamotto, nella distillazione della maggior parte dei profumi e questo in relazione ad una stima secondo cui una fascia compresa tra l'1 ed il 3 per cento della popolazione europea è potenzialmente allergica ad alcuni ingredienti presenti nei profumi, per cui si propone di restringerne la concentrazione degli oli essenziali dal 12 per cento allo 0,01 per cento, a vantaggio di essenze sintetiche;
   è evidente che qualora tale proposta venisse approvata verrebbe messo a rischio una filiera biologica d'importanza mondiale, che sino ad oggi ha costituito una vera e propria perla della green economy italiana e che impiega oltre settemila addetti nelle circa 650 aziende agricole impiantate nella zona, con risvolti drammatici per l'intera economia calabrese in un comprensorio che, giova ricordarlo, annovera il triste primato del più alto tasso di disoccupazione d'Italia;
   occorre assumere provvedimenti urgenti per impedire la scomparsa di un prodotto unico al mondo, con conseguenti contraccolpi negativi per l'intera economia calabrese ed in particolare di quella reggina –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda adottare per tutelare e salvare una coltura unica al mondo;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per aumentare la redditività delle aziende agricole operanti nel settore e per favorire la commercializzazione integrale del bergamotto;
   se il Governo non ritenga opportuno, necessario e urgente intervenire presso l'Unione europea affinché la proposta di limitare fortemente l'utilizzo di ingredienti essenziali, quali proprio l'olio di bergamotto, nella distillazione della maggior parte dei profumi, venga ritirata, così continuando a favorire l'utilizzo di ingredienti naturali e di qualità, come il bergamotto. (5-08508)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MONTAGNOLI e REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel 2015 si svolgerà a Milano l'Esposizione internazionale denominata «Expo 2015»;
   il Governo – anche per il tramite della società di gestione e del commissario straordinario – ha tra i vari obiettivi quello di coinvolgere e valorizzare il territorio che ospita la manifestazione;
   la provincia di Verona è collegata sia via ferro sia via gomma al sito della Fiera di Milano dove si svolgeranno i principali eventi della manifestazione;
   la provincia di Verona vede la presenza di luoghi di interesse architettonico e artistico, naturalistico e storico, culturale ed ambientale di straordinaria importanza e notorietà;
   in provincia di Verona sono localizzate notevolissimi luoghi di attrazione turistica internazionale, tra i quali a solo titolo esemplificativo si citano la città di Verona e la sponda del lago di Garda –:
   se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di coinvolgere e valorizzare il territorio ed i comuni della provincia di Verona nell'organizzazione dell'Expo 2015, favorendo le potenziali ricadute sociali, culturali, turistiche ed economiche. (4-18685)


   MADIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanolgia, istituito con decreto-legge 29 settembre 1999, n. 381, è un ente pubblico di ricerca vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e come recita l'articolo 2 dello Statuto (Gazzetta Ufficiale 19 aprile 2011) «...promuove e svolge attività di ricerca sui processi naturali del sistema Terra, attraverso: il rilevamento sistematico, mediante reti e osservatori multiparametrici, di fenomeni geofisici che hanno luogo nella terra solida e in quella fluida; la conduzione di specifici laboratori; le analisi delle osservazioni finalizzate al monitoraggio e alla modellazione dei processi naturali; (...) svolge, in particolare, attività finalizzate alla messa a punto di metodi per la valutazione della pericolosità sismica, vulcanica e da maremoto e all'elaborazione di scenari a lungo, medio e breve termine, con applicazioni sia all'area italiana che ad altre zone attive del pianeta di particolare rilevanza scientifica, svolge, per conto dello Stato, secondo la normativa vigente, funzioni di monitoraggio di fenomeni geofisici e geochimici con particolare riguardo alla sorveglianza dell'attività sismica, vulcanica e dei maremoti nel territorio nazionale e nell'area mediterranea; coordina l'attività delle reti sismiche regionali e locali; partecipa alle reti di studio e sorveglianza europee e globali»; inoltre (...) «L'INGV è componente del Servizio Nazionale di Protezione Civile di cui all'articolo 6 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (...) è Centro di Competenza del Dipartimento della Protezione Civile ai sensi della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 (...);
   la dotazione organica teorica dell'intero ente è costituita da 582 unità (ulteriormente ridotta dalla spending review), di cui solo 557 sono in servizio di ruolo su tutto il territorio nazionale. A questo personale di ruolo in servizio devono considerarsi aggiuntivi circa 300 dipendenti con contratto a tempo determinato;
   l'INGV inoltre provvede alla organizzazione, gestione e la progressiva estensione della rete sismica nazionale, della rete integrata nazionale GPS (RING) e delle reti di monitoraggio operanti sui vulcani attivi italiani (Vesuvio, Campi Flegrei, Ischia, Isole Eolie, Etna, Canale Sicilia (Pantelleria). Sono ininterrottamente attive tre sale operative di monitoraggio sismico e vulcanico, con turni h24 e reperibilità di personale specializzato nelle sezioni di Roma (Centro Nazionale terremoti), Napoli (Osservatorio vesuviano) e Catania (Osservatorio etneo) alle quali vanno aggiunte le sedi con infrastrutture operanti, dedicate a centri di elaborazione e trasmissione dati nonché elaborazione, nelle sedi di Palermo, Gibilmanna (Palermo), Lipari, Grottaminarda (Avellino), L'Aquila, Ancona. Tale sistema di sale operative permanenti ed infrastrutture connesse vede coinvolto ogni giorno, solo per le turnazioni e la reperibilità, circa 50 unità di personale, sia di ruolo che a contratto a tempo determinato. Il personale con contratto a tempo determinato (precario) dell'INGV svolge sia attività di ricerca su tutte le attività ordinarie e straordinarie dell'Ente, arrivando a rappresentarne in media il 40 per cento. Alcuni settori di ricerca e monitoraggio riescono ad operare grazie all'apporto non rinunciabile in termini di quantità e qualità, del personale precario, fino a un massimo del 90 per cento di personale impiegato nelle attività delle reti mobili di pronto intervento sismico e vulcanico. Risulta evidente quindi che tale personale è parte integrante ed essenziale anche del sistema di monitoraggio e di emergenza dell'INGV. Per fare fronte all'imminente scadenza di molti contratti al 31 dicembre 2012 e considerato che «pressanti esigenze operative richiedono il mantenimento in servizio di questo personale, perfettamente inserito in tutte le attività istituzionali dopo essere stato adeguatamente formato a svolgerle, prima di tutto quelle connesse al servizio sorveglianza sismica e vulcanica», il 18 luglio 2012 l'amministrazione dell'INGV e le organizzazioni sindacali (FLC-CGIL, UIL-RUA, FIRCISL, ANPRI, USI-RDB) hanno sottoscritto un accordo decentrato di ente per la proroga di 245 contratti a tempo determinato: 189 «stabilizzandi», i cui oneri risultano già a carico del bilancio ordinario dell'ente e 56 «non stabilizzandi» i cui contratti risultano a carico di progetti di ricerca che si prolungheranno oltre il 31 dicembre 2012;
   l'accordo prevede una proroga di 4 anni (fino al 31 dicembre 2016 per i contratti in scadenza al 31 dicembre 2012, senza soluzione di continuità e con il riconoscimento dell'anzianità (a norma di legge e della Carta europea dei ricercatori);
   tutte le determinazioni di cui all'accordo sono in ogni caso vincolate alla verifica annuale delle risorse a disposizione nel budget dell'INGV;
   le organizzazioni sindacali evidenziano come l'accordo sia stato formulato in riferimento a quanto disposto dall'articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368 del 2001 e che pertanto risulta essere in linea con le leggi vigenti in tema di gestione dei contratti a tempo determinato. Tale assunto emerge anche dal parere richiesto dall'amministrazione al dipartimento della funzione pubblica e pervenuto in data 28 settembre secondo il quale «... pur non negando esplicitamente la validità dell'accordo decentrato di ente stipulato in data 18 luglio 2012, segnala che occorrerà attendere, a seguito dell'adozione da parte del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'Atto di indirizzo quadro, nel rispetto della procedura vigente, l'eventuale successiva sottoscrizione del contratto collettivo nazionale»;
   l'amministrazione dell'INGV, con delibera del consiglio di amministrazione, ha deciso di attenersi alle indicazioni del dipartimento della funzione pubblica e di non dare seguito all'accordo decentrato sindacale firmato in data 18 luglio 2012, con la conseguenza che contratti a partire dal 1° gennaio 2013 non saranno rinnovati;
   il 31 dicembre 2012 arriveranno a scadenza i contratti a tempo determinato di oltre 200 unità di personale dell'INGV, alcune delle quali in servizio da oltre 10-15 anni, tutte inserite stabilmente nelle attività ordinarie di ricerca e di sorveglianza sismica e vulcanica;
   questa decisione, oltre a minare il futuro del personale precario INGV (ricercatori, tecnologi, tecnici e amministrativi) produrrà nell'ente l'impossibilità di fruire con continuità del servizio prestato dal personale precario, mettendo in gravissima difficoltà il servizio di sorveglianza sismica e vulcanica del territorio nazionale e lo svolgimento di progetti di ricerca che finanziano l'Istituto per oltre 20 milioni di euro ogni anno –:
   se il Governo sia informato della situazione di INGV, quali ostacoli vi siano all'adozione dell'accordo del 18 luglio 2012 sui contratti a termine, vista anche la copertura finanziaria assicurata sia dal budget sia dai progetti esterni, e se l'eventuale licenziamento dei dipendenti con questo tipo di contratti pregiudicherà le importanti funzioni dell'ente per la sicurezza e la salute dei cittadini. (4-18688)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 novembre 2012 il sito corrieredelmezzogiorno.it ha pubblicato la notizia di un conducente di un istituto di Secondigliano (Na) che, prima ha fatto uso di cocaina e cannabinoidi, poi si è messo alla guida di un bus con 50 liceali (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it);
   la scoperta è avvenuta grazie all'intervento della polizia municipale di Napoli che ha ritirato la patente di guida e il certificato di qualificazione del conducente;
   recenti dati dicono che «entro il 2015 l'Italia assisterà a una crescita, seppur moderata, del numero di consumatori di eroina, soprattutto nella fascia più giovane della popolazione. Mentre è destinato a calare l'uso di cocaina» (fonte: bollettino previsionale sull'evoluzione dei fenomeni di abuso Prevo.Lab dell'Osservatorio regionale dipendenze (Ored) della Lombardia);
   la previsione matematica, effettuata con dati Ipsad sulla popolazione generale, indica che il numero dei consumatori di eroina, nel 2015, sarà di circa 300.000 individui, pari allo 0,75 per cento della popolazione italiana fra i 15 e i 64 anni. «L'eroina – ha spiega all'Adnkronos Salute il responsabile scientifico Prevo.Lab-Attività previsionali Ored Riccardo Gatti, psichiatra e direttore del Dipartimento dipendenze della Asl di Milano – risulta in crescita fra gli studenti e, almeno fino a oggi, questa sostanza non era mai arrivata nelle scuole. Invece le nostre previsioni dicono che vi farà il suo ingresso nelle sue due varietà, “bianca” e “brown”, la prima più pura e di solito sniffata o fumata, la seconda anche iniettata in vena»;
   sempre più cronache nazionali e locali informano di incidenti bus causati da conducenti che utilizzano sostanze stupefacenti mettendosi poi alla guida dei veicoli con liceali, bambini o gitanti;
   l'uso di sostanze cannabinoidi o oppiacei o altre sostanze, anche cosiddette droghe leggere o pesanti, alterano di fatto le capacità psicofisiche durante la guida, mettendo, così, a rischio l'incolumità dei viaggiatori –:
   quali iniziative si intendano assumere, per quanto di propria competenza, al fine di contrastare il fenomeno estesosi consistentemente negli ultimi anni/mesi in Italia; se si intendano assumere iniziative normative per sottoporre a periodici esami obbligatori i conducenti di bus e per inasprire le pene in materia. (4-18707)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   «Campi Flegrei Deep Drilling Project» è un progetto internazionale di ricerca;
   l'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha detto che: «ha come obiettivo la mitigazione del rischio vulcanico nell'area flegrea attraverso un sostanziale miglioramento della conoscenza della struttura vulcanica e dei meccanismi di attività, con particolare riguardo ai fenomeni bradisismici, attraverso l'installazione in pozzo di sistemi di monitoraggio innovativi»;
   è finanziato dall'ICDP (International Continental Drilling Program), prestigioso consesso scientifico mondiale nel campo delle perforazioni profonde;
   l'approvazione del progetto ha previsto quattro gradi di valutazione scientifica e tecnica, da parte di diverse commissioni di scienziati del più alto livello internazionale;
   il progetto prevede la realizzazione di un carotaggio, ossia un pozzo con estrazione di campioni di roccia, fino a 500 metri di profondità; tale profondità è simile o poco superiore agli usuali carotaggi utilizzati per la calibrazione delle mappe geologiche, anche nella stessa area;
   nei giorni scorsi si sono sollevati i pareri contrari di alcuni esperti del settore, studiosi e scienziati, nonché le preoccupazioni di comitati cittadini che ricollegano al progetto eventuali rischi legati alle cosiddette «trivellazioni», che potrebbero fratturare le rocce;
   tra le possibili conseguenze indicate da alcuni studiosi e dalla cittadinanza c’è anche la seguente: «Non ha senso mettere in relazione il Piano di Emergenza per i rischi vulcanici con un carotaggio di 500 metri. Il Piano di Emergenza dell'area si riferisce alle azioni tese a gestire un'emergenza vulcanica, non le attività di perforazione di un pozzo. Per la perforazione di un pozzo si parla di “Piano di Sicurezza”; questo è previsto dalla legge ed è stato ovviamente predisposto dal Progetto in questione. Affermazioni generiche che “ogni attività” umana implica un rischio, anche minimo sono riferibili al “rischio di cantiere”, ossia quello a cui sono esposti gli operatori che effettuano la perforazione. Questo è il rischio considerato nel “Piano di Sicurezza” ed è, nel nostro caso, gestito in modo da essere prossimo a zero. Le attività del CFDDP rientrano pienamente nei compiti dell'INGV, che è anche Organo della Protezione Civile Nazionale per i rischi sismico e vulcanico. Chi ritenesse che tali attività siano dannose per la popolazione ha l'onere di dimostrarlo», conclude il comunicato (Il Mattino – 11 luglio 2012) –:
   di quali elementi di valutazione disponga il Governo su questo progetto «Deep Drilling Project» posto che vi è il timore diffuso per l'assenza di un piano di emergenza, essendo i comuni flegrei «seduti» su quello che a livello internazionale è considerato un «supervulcano», sul quale saranno compiute una serie di trivellazioni che interessano un comprensorio di circa 200 mila abitanti. (4-18708)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Claudio D'Alessio, nato il 24 maggio 1961, appartenente al Partito Democratico, è stato eletto sindaco di Pompei (Napoli) il 7 giugno 2009 e nominato il 3 luglio 2009, di professione avvocato;
   nel 1999 partecipa alle elezioni cittadine nelle fila del PPI, viene eletto con la giunta Zito, classificandosi come il secondo consigliere più votato;
   rassegna le proprie dimissioni poco prima che la stessa giunta fosse sciolta per presunte infiltrazioni camorristiche;
   nel 2004, nelle fila de «La Margherita», riceve il 49,9 per cento dei voti e va al ballottaggio con l'altro candidato del centro sinistra Salvatore Alfano che in prima battuta riceve il 34,1 per cento delle preferenze;
   al ballottaggio l'avvocato Claudio D'Alessio riceve il 61,9 per cento dei voti contro il 38,1 per cento di Alfano, diventando sindaco di Pompei;
   nel 2009 nelle fila del PD è rieletto sindaco con il 61 per cento dei voti;
   in data 30 luglio 2009 si apprende che: «Tra gli invitati al banchetto di nozze di una nipote dell'ex boss della camorra Carmine Alfieri (pentito da diversi anni) oltre a numerosi affiliati a clan e a diversi pregiudicati c'era anche il sindaco di Pompei (Napoli) Claudio D'Alessio, del Pd. La scoperta è stata fatta dai carabinieri della compagnia di Torre Annunziata che ieri sera, in collaborazione con i militari del comando provinciale di Avellino, hanno interrotto il banchetto di nozze in corso in un locale di Lauro, in provincia di Avellino. I carabinieri hanno identificato tutti i circa 200 invitati tra i quali 32 pregiudicati e diversi affiliati ai clan camorristici Tamarisco e Gallo-Cavalieri di Torre Annunziata. Un 43enne affiliato al gruppo Tamarisco è stato denunciato in stato di libertà per violazione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Torre Annunziata. Tra gli invitati vi era anche il sindaco di Pompei, eletto al suo secondo mandato nel giugno scorso». (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it);
   nel 2010, passa alle fila dell'Udc;
   in data 23 febbraio 2012 Stabia Channel informa delle proteste dei commercianti pompeiani: «Serrata con corteo di protesta questa mattina per centinaia di esercizi commerciali di Pompei. “Siamo stufi, la dignità del comparto commerciale è offesa quotidianamente da scelte strategiche spesso errate, come ZTL invernali, gli interventi in piazza Schettini e piazza Immacolata, i ticket parcheggio non frazionati e la ‘sponsorizzazione’ di nuovi centri commerciali incastrati nel cuore della città, che colpiscono la già delicata situazione economica” aveva detto alla vigilia Alessandro Di Paolo, presidente dell'Ascom di Pompei. Giunti a Palazzo de Fusco, il Sindaco Claudio D'Alessio ha incontrato una folta rappresentanza dei commercianti pompeiani per affrontare i temi cardini per il rilancio della categoria.(...). Dalla riunione sono emersi i gravi ritardi causati da parte di chi, per funzione, avrebbe dovuto occuparsene».;
   in data 14 aprile 2011 corrispondenze locali riferiscono: «Reati di abuso d'ufficio, falso in atto pubblico e abuso edilizio, sono questi i reati per cui sono stati rinviati a giudizio il sindaco di Pompei Claudio D'Alessio e altre nove persone indagate a vario titolo. L'udienza è stata fissata dinanzi alla seconda sezione penale del tribunale di Torre Annunziata. Alla sbarra, oltre a D'Alessio, anche gli assessori Carmine Lo Sapio, Santo Alfano, Gerardo Conforti, Alberto Robetti e Giovanni Fusco; gli altri individui coinvolti sono Antonio Ebreo, Raffaele Matrone, Andrea Nunziata e Gerardo Gallotta. Diversi i ruoli degli indagati nel corso di una vicenda che vede il sindaco di Pompei ricoprire il ruolo più importante. L'accusa è quella di aver agevolato la delocalizzazione e l'ampliamento volumetrico del bar di Piazza Schettini di proprietà di Matrone, cognato dell'assessore al personale e alla polizia municipale Lo Sapio, che invece doveva essere abbattuto in quanto ritenuto già due volte in parte abusivo. Secondo la procura oplontina, sin dalla prima direttiva del 23 maggio 2007, il sindaco D'Alessio aveva ostacolato l'evoluzione del progetto Por di riqualificazione di piazza Schettini. Con quella prima direttiva, D'Alessio intimò al progettista Claudio Nardi e al responsabile del procedimento Michele Fiorenza di eliminare dal progetto di riqualificazione del centro storico, già approvato dalla Regione, la demolizione del bar nella Fonte Salutare; per esso, infatti, decise contrariamente di operare la riqualificazione dopo averlo delocalizzato, nonostante pendessero sullo stesso due ordinanze di demolizione datate 1992 e 2000. La delocalizzazione e l'ampliamento del bar di Matrone venne poi sancita con delibera di giunta del 15 ottobre 2008: i lavori furono inseriti sul conto del Por approvato dalla Regione per un costo di 12.909,68 euro. Complici, secondo la procura dell'abuso, furono anche gli altri assessori componenti la giunta, Alfano, Fusco, Conforti e Robetti, i quali votarono l'approvazione delle due delibere che favorirono il parente dell'assessore Lo Sapio in barba anche ai vincoli ambientali previsti per il centro storico mariano. Proprio il cognato dell'assessore fu un altro dei protagonisti della vicenda. Secondo la procura oplontina vi fu anche un accordo tra lui e il geometra Gallotta allora in servizio presso l'ufficio Utc del comune di Pompei. Un'attestazione falsa del funzionario comunale permise al padrone del chiosco di dimostrare di aver ripristinato lo stato dei luoghi dove era edificata l'attività commerciale». (http://www.stabiachannel.it);
   in data 25 gennaio 2012 si informa che: «Nell'aula consiliare del Comune di Pompei (Napoli) si è svolta la presentazione del link “Offerte di lavoro”, da oggi attivo sul portale dell'ente all'indirizzo www.comune.pompei.na.it. I giovani interessati a presentare le loro referenze ai titolari dei punti vendita del centro commerciale “La Cartiera” potranno farlo attraverso il web. Trasparenza e monitoraggio, insomma, per le assunzioni al centro commerciale “La Cartiera”: il curriculum vitae on-line sul portale del comune. Sono i punti chiave del protocollo d'intesa che il comune di Pompei ha siglato con la “Fergos”, proprietaria dell'area dove, dalla prossima primavera, nascerà dalle ceneri dell'ex cartiera la “cittadella commerciale”. “L'intento – spiega il sindaco Claudio D'Alessio – è di dare ordine alle legittime aspettative lavorative dei giovani. Per tenere lontano il malaffare, nel senso di coloro che millantano false promesse lavorative, e per evitare che certa politica possa ingenerare false aspettative, facendo del clientelismo”». (http://www.metropolisweb.it);
   in data 19 giugno 2012 Il Gazzettino Vesuviano affronta il problema del bando per l'assegnazione dei loculi cimiteriali: «Oggetto del contendere l'ormai celeberrimo bando per l'assegnazione di 620 loculi, di diverso costo a seconda dell'ubicazione: 4.900 euro per la seconda fila, 4.800 per la terza, 4.500 per la quarta e “solo” 3.844 per la prima. Per la validità della domanda era richiesta una copia del bonifico di 2.000 euro d'anticipo sull'importo totale. Per vederci chiaro il Forum delle Associazioni, coordinato da Ferdinando Uliano e giunto a quota dodici aderenti, ha chiesto formalmente al comune l'accesso agli atti in data 11 maggio. Ad oggi, secondo lo stesso Uliano, non è pervenuta nessuna risposta né al Forum né ai cittadini. Sei i quesiti individuati dalle associazioni: innanzitutto è dubbio il silenzio serbato dall'amministrazione con il mancato rilascio della documentazione. In secondo luogo mancano informazioni ai potenziali concessionari riguardo all'ubicazione, i materiali impiegati, la struttura architettonica dei loculi e la stima dei costi degli interventi previsti. Ancora oscuro, per il Forum, è il passaggio dal progetto originario nel 2010 che prevedeva un finanziamento con contributo regionale, al piano attuale autofinanziato dagli assegnatari dei loculi. Ulteriori perplessità, per le associazioni, concernono i costi dell'opera, doppi rispetto a quelli di città limitrofe, e l'anticipo di ben il 50 per cento dell'importo totale. Anticipo che deve essere versato all'atto della domanda, quando l'assegnazione è ancora incerta, né verrà restituito, quale diritto per un'eventuale concessione futura. Per fugare questi dubbi e tutelare i cittadini di fronte all'assenza di notizie dall'amministrazione il Forum delle Associazioni ha organizzato degli incontri pubblici in cui darà le risposte tanto attese (...) la questione cimitero tiene ancora banco, mentre le associazioni svolgono un ruolo di supplenza per informare la società civile laddove le istituzioni latitano.»;
   in data 14 ottobre 2012 diverse testante locali e siti on line riferiscono che il sindaco D'Alessio ha parcheggiato la propria auto all'interno di uno spazio riservato alla sosta per diversamente abili, «In sosta sui posti auto riservati ai disabili. Nell'occhio del ciclone stavolta c’è il sindaco di Pompei Claudio D'Alessio. A riportare la foto testimonianza il sito del quotidiano locale Metropolis. Nell'immagine si vede l'auto bianca negli stalli riservati del parcheggio del Santuario. La città mariana è in rivolta contro il primo cittadino poiché non solo la sua condotta crea disagio a chi dovrebbe giustamente occupare il posto auto riservato, ma anche perché i suddetti posti auto sono una vera e propria rarità in città (fonte free press Leggo);
   in data 18 ottobre 2012 si apprende che Pompei non dispone ancora di un piano urbanistico comunale «Siamo a metà strada rispetto alla definizione del Piano Urbanistico di Pompei, chiamato a delineare le aree di parcheggio, gli spazi pubblici e le aree urbane a traffico limitato. La giunta comunale ha approvato la relazione di medio periodo del Piano Urbanistico Comunale. Sarà trasmesso alla Regione Campania al fine di ottenere i finanziamenti necessari per completare l'iter teso a disegnare una nuova Pompei nei limiti naturali e di legge derivanti in primis dalla vicinanza al Vesuvio. Pompei è uno dei 18 comuni della zona rossa. Sul suo territorio è tassativamente vietata la costruzione di nuovi insediamenti abitativi ma possono continuare a nascervi insediamenti produttivi». (http://www.torresette.it);
   in data 23 ottobre 2012 il quotidiano Metropolis nell'articolo «Concorsi, si allarga la parentopoli» riguardante la società di gestione, riscossione volontaria e coattiva dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) e della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani dice che «Assunzioni alla Pubbli Servizi: si allarga l'inchiesta sulla parentopoli. La notizia relativa alla pubblicazione della graduatoria degli ammessi all'orale per l'assunzione di quattro impiegati con la società di servizi, ha suscitato enorme scalpore a Pompei, soprattutto perché in molti non ne erano nemmeno a conoscenza del bando. Come mai? Forse perché l'amministrazione guidata dal sindaco Claudio D'Alessio ha pensato di indire il concorso soltanto a Ferragosto, quando cioè la città si svuota ed in molti non hanno avuto la possibilità di presentare la domanda? O forse, perché il bando è stato, volutamente, tenuto nascosto, considerato che non è stato affatto pubblicizzato? (...). Basta spulciare un po’ la graduatoria per capire che tra gli idonei (i primi dodici della lista sono stati ammessi all'orale) figurano Maria Antonietta Avino, nipote dell'assessore Pasquale Avino, che si attesta nella posizione numero dieci); Giovanna Tucci, figlia di Giuseppe Tucci, ex sindaco di Pompei, eletto all'epoca nelle fila della Dc. Lei ottiene la nona posizione con 26/30. Stesso punteggio anche per Elena Conforti, figlia del consigliere Alfonso Conforti, che però ottiene la posizione numero 8, avendo risposto a più domande. Tra i partecipanti al concorso anche Flavio Schmid, figlio di un'impiegata della segreteria dello stesso sindaco D'Alessio, man mano che scorre la graduatoria si arriva a Barbara Cecconi, posizione numero 22, che è la moglie di Mario Brizio, ufficiale dei vigili urbani. Soltanto trentesima della lista Patrizia Marra, sorella del consigliere eletto nella civica che fa riferimento all'assessore Avino. Tra i partecipanti anche Anna Fiorenza, 49a in graduatoria, figlia del dirigente dell'ufficio tecnico, mentre al numero 68 c’è Marianna Cacace figlia di Raffaele Cacace ex assessore ed ex esponente dello staff del sindaco. Una situazione che ha finito per creare rabbia tra i cittadini che non sono riusciti a partecipare al concorso in quanto non avevano avuto conoscenza. (...) E intanto già si annunciano una serie di denunce alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata. Più di qualche sospetto sulle assunzioni, infatti, si era avuto fin dal primo momento»;
   in data 26 ottobre 2012 Metropolisweb in un articolo a firma di Roberto Mazza parla di: «Parentopoli al municipio» ovvero «rimossi i manifestini fatti affiggere in mattinata dai movimenti giovanili. Gli attacchi, su tutti i muri della città, non sono certo piaciuti al primo cittadino Claudio D'Alessio e alla sua amministrazione. Tanto è vero che ha dato subito mandato di toglierli o di coprirli. Un'azione velocissima, giustificata dalla volontà dell'esecutivo di voler pulire i muri. (..) Sulla questione, interviene Vincenzo Garofalo, coordinatore dei movimenti politici giovanili e promotore dei manifesti: “Le domande, i chiarimenti e le critiche che io, insieme agli amici dei tre movimenti politici, quali Pompei Cambia, Pompei Futura e Più Pompei, anche in qualità di giovani cittadini, rivolgiamo a quest'amministrazione, come sempre, ricevono risposte che si concretizzano in atti di violenza. In questo caso, tutti i nostri manifestini affissi sono stati strappati di buon'ora, affinché nessuno li leggesse, dalla autorità costituita”. Per questo sindaco e questa amministrazione, aggiunge Garofalo, “la città non deve sapere e così, ancora una volta, mortificano i pompeiani trattandoli quali sudditi e non come cittadini titolari di diritti e di partecipazione alla cosa pubblica”»;
   in data 1o agosto 2012 Napoli Today fa sapere che «a Pompei nasce il primo museo temporaneo d'impresa d'Italia finanziato con fondi regionali e comunali per un totale di 2 milioni 400 mila euro»;
   il 31 agosto 2012 Il Gazzettino Vesuviano informa che: «È scontro aperto oramai tra l'amministrazione comunale pompeiana e il parking Plinio. Il motivo delle diatriba sarebbe il debito che l'amministrazione avrebbe accumulato negli anni nei confronti della ditta. Il costo della spesa da saldare da parte del comune ammonterebbe a circa un milione di euro. Dal 1991, infatti, il parking Plinio detiene un contratto di prestazione con il Comune di Pompei finalizzato al ritiro dalle strade delle macchine in divieto di sosta e alla custodia giudiziaria. Il problema è che spesso, molte delle macchine raccolte e fermate nel rimessaggio, risultano prive di targa, abbandonate e dunque destinate ad essere rottamate, facendo lievitare i costi di spesa da sostenere. D'altra parte se così non fosse si andrebbe a creare un sovraffollamento nel parcheggio che non avrebbe ragion d'essere. Già nei mesi scorsi, c'erano stati numerose forme di protesta proprio sotto Palazzo De Fusco, da parte dei titolari del parcheggio che rivendicavano il saldo del debito. Per contro, però, l'amministrazione comunale ha sempre sostenuto di essere in regola con i pagamenti alla ditta e di non dovere nulla dunque. Tale concetto è stato ribadito a gran voce anche dal sindaco, Claudio D'Alessio. Ora però nella querelle tra l'ente comunale e la ditta parking Plinio sembra essere intervenuta la Procura della Repubblica di Torre Annunziata che ha aperto un'inchiesta per appurare la verità dei fatti. Attendiamo dunque i prossimi sviluppi e vi terremo aggiornati.»;
   i fatti esposti sono ad avviso dell'interrogante talmente gravi da richiedere misure urgenti su quest'amministrazione comunale per verificare i criteri ad oggi adottati per il governo cittadino, in diverse occasioni biasimato anche dall'ex arcivescovo locale mons. Carlo Liberati nelle omelie domenicali –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda valutare la sussistenza di presupposti per l'esercizio dei poteri di controllo sugli organi di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-18714)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 29 aprile 2002 Giuseppe Bono è stato nominato al posto di Pier Francesco Guarguaglini, nuovo amministratore delegato della Fincantieri; nell'occasione, Guarguaglini andò a ricoprire le cariche di presidente e amministratore delegato ai Finmeccanica. Bono lasciò invece gli incarichi di amministratore delegato e direttore generale di Finmeccanica;
   nel 1993 Bono entra in Finmeccanica spa in qualità di CFO (chief financial officer);
   nel 1997 viene nominato direttore generale e nel 2000 amministratore delegato e direttore generale, contribuendo alla riorganizzazione dell'intero gruppo;
   da febbraio 2012 è presidente di Confindustria Gorizia;
   nel 2007 Meccanonavale è tra le società appaltatrici di Fincantieri;
   nella notte tra il 9 e il 10 maggio 2002 Vincenzo Castellano, 31 anni, di Napoli è vittima di un grave incidente sul lavoro;
   l'8 luglio 2008 un sito racconta: la sera prima con i colleghi Ditran Cano e Biagio Basile entra nel grande stabilimento di Fincantieri a Marghera, «ci sono solo loro, perché la notte Fincantieri ufficialmente non lavora, ma per fare in fretta vengono mandati a saldare fuori orario i profili in ferro nel corridoio di una nave in costruzione. Lavorano per una piccola ditta di Ottaviano, in provincia di Napoli. E un subappalto commissionato dalla Meccanonavale srl, una delle società che con regolarità si aggiudicano i contratti di Fincantieri. Nessuno ha mai capito come funzioni. Perché nel maggio 2002 Meccanonavale è presente in Fincantieri con appena quattro operai e due responsabili. Come può una società con solo quattro operai e due responsabili in cantiere garantire la costruzione di sezioni di nave ? Infatti non può ed è per questo che i tre dipendenti della ditta di Ottaviano sono lì. L'unico avviso che ricevono riguarda la pulizia dalle scorie di saldatura. Nessuno invece indica i pericoli del posto» (fonte datata 8 luglio 2008: http://www.sdamy.com/morire-di-lavoro-2536.html);
   Vincenzo Castellano perde l'equilibrio sulla scala; è normale per lui appoggiarsi al telo che ricopre la parete, che cede e si apre sulla condotta di ventilazione che nascondeva;
   Castellano viene prelevato da quella buca tre ore dopo, non sapevano dove fosse perché nessuno aveva lo schema della nave, giace sul pavimento della sala macchine con le ossa frantumate dopo un volo di 30 metri, rompendosi la spina dorsale, riportando un'ischemia celebrale, perforazioni polmonari, la rottura del bacino, della milza e tante altre conseguenze;
   rimane paralizzato dal torace in giù. Quasi ogni notte chiede alla madre di aiutarlo a morire;
   per Fincantieri resta uno sconosciuto, il direttore di Marghera, Carlo De Marco, e i suoi dirigenti non si presentano nemmeno al processo, i legali ritardano il più possibile il risarcimento;
   nel novembre 2008 l'industria rischia la figuraccia davanti agli armatori della Carnival il giorno della consegna della Queen Victoria che ha come madrina Camilla Parker Bowles. L'avvocato di Castellano chiede il pignoramento della gigantesca nave da crociera. Fincantieri deposita a garanzia un assegno da 2 milioni e mezzo di euro, che poi sono fondi dello Stato. Perché Fincantieri appartiene allo Stato. E la sua filiera di produzione è un modello non solo nel Nord-est, ma in tutta Italia (http://www.sdamy.com/morire-di-lavoro-2536.html);
   il giudice del tribunale di Venezia, Carla Ilaria Bitozzi, spiega nelle motivazioni della sentenza sul caso Castellano che è ampiamente provato che nel cantiere navale di Marghera la maggioranza delle lavorazioni sono svolte da operai di imprese terze mediante appalti reali o mere prestazioni di manodopera; i dipendenti delle imprese terze costituiscono quasi il 75-80 per cento della forza lavoro presente in Fincantieri;
   il direttore di Marghera, Carlo De Marco, gli altri responsabili di Fincantieri, di Meccanonavale e della srl di Ottaviano vengono condannati in primo grado a due mesi di reclusione, assorbiti dall'indulto e al risarcimento dei danni, 2 milioni di euro circa;
   nel luglio del 2007 c’è stata una sentenza di condanna nei confronti dei dirigenti di Fincantieri per lesioni colpose gravissime nei confronti di Vincenzo Castellano. La sentenza, oltre a condannare i dirigenti Fincantieri, liquidò anche il danno alle parti civili, cioè alla famiglia;
   nel gennaio 2008 a Vincenzo Castellano arrivano i soldi che gli serviranno per curarsi quasi sei anni dopo l'incidente. Nel frattempo De Marco è stato promosso a dirigere il cantiere più grande, a Monfalcone;
   dopo sei anni vissuti su una sedia a rotelle è morto il 22 agosto 2008, un anno dopo la sentenza di condanna dei vertici della Fincantieri;
   è stato accertato dalla corte d'appello il «nesso casuale» ovvero, Castellano è morto per le conseguenze riportate nell'impatto dell'incidente del 2002;
   quando il tribunale monocratico di Mestre emise la sentenza nel 2007, Vincenzo Castellano era ancora vivo;
   alla morte di Vincenzo Castellano la corte d'appello annulla la sentenza di primo grado per lesioni colpose gravissime, perché l'imputazione passa, da lesioni colpose gravissime ad omicidio colposo, quindi la Corte annulla la sentenza di primo grado per lesioni e rinvia tutto al pubblico ministero per formulare una nuova accusa ben più grave «omicidio colposo». Così facendo la sentenza di primo grado viene annullata ed i familiari non hanno avuto più titolo sui soldi incassati nel 2007;
   con l'annullamento Fincantieri cita in tribunale i familiari di Castellano perché rivuole indietro i soldi disposti dal giudice nella prima sentenza, in quanto essi non avrebbero più alcun titolo per trattenere i soldi, citando l'intera famiglia di Vincenzo davanti al tribunale civile per recuperare le somme versate nel 2007;
   attualmente risulterebbe all'interrogante che sia in via di conclusione il giudizio davanti al tribunale monocratico di Mestre che vede imputati i dirigenti di Fincantieri per omicidio colposo, ancora 3 udienze e poi ci sarà il verdetto;
   impossibile poi, conoscere il numero dei feriti, se dipendono da ditte esterne;
   solo i casi più gravi vengono scoperti, come quello di Diego Pietrobon, 36 anni, dieci in Fincantieri, sposato, una bimba e una casa pignorata dopo l'infortunio: è invalido dal 2003, quando è stato investito dal crollo di una sezione di nave, intanto – dicono i giornali – la ditta Omega che l'aveva ingaggiato a paga globale è scomparsa;
   Massimo Volpe, 32 anni, elettricista di una ditta di subappalto, viene colpito da una scarica a 690 volt. L'impianto della nave su cui lavorava era sotto tensione mentre non doveva esserlo. È il risultato del frazionamento degli appalti. Nessun operaio sa cosa stiano facendo i colleghi accanto;
   la volta dopo un blocco da 380 tonnellate cade per lo strappo dei ganci di sollevamento: erano stati saldati male alla struttura;
   gigantesche ruote di gru da 300 chili che cadono dal cielo. Manutenzioni e imbragature fatte da personale non specializzata, carrelli che si ribaltano. Bilancieri dei carri ponte nelle officine usati per sollevare pesi eccessivi per le loro dimensioni;
   il 16 aprile 2007 il ferimento di un operaio croato, Milenko Libic, 40 anni, della ditta Sonda, un subappalto: gli era stato ordinato di sollevare una lamiera con due pinze inadatte;
   secondo Eurispes, sono morti più operai, muratori e agricoltori in Italia (5.252 dal 2003 al 2006) che militari della coalizione nella guerra in Iraq (3.520). In fondo la salute di un lavoratore a paga globale, in base alle tabelle applicate dai tribunali del Nord-est, costa poco: 44 euro al giorno per un'invalidità totale. Molto meno di un buon paio di scarponi da cantiere;
   la drammaticità è chiusa tutta nell'ultima parola del secco comunicato di poche righe inviato dall'azienda ai sindacati: «Fine». La nota spedita dalla Pilkington, storica azienda chimica del vetro di Porto Marghera, annuncia infatti la chiusura definitiva dello stabilimento veneziano a gennaio del 2013 con ricadute occupazionali tremende in un'area industriale già martoriata dallo smantellamento progressivo delle grandi aziende. Con la chiusura della Pilkington, in quello che era il più grande polo chimico d'Europa rimane poco o niente: l'Eni, con i suoi progetti e poi il nulla. Solvay, Arkema, 3VCPM e Italsigma hanno infatti meno di 80 dipendenti e nessuna altra azienda della chimica arriva ormai ai 173 operai della Pilkington, quelli che oggi rischiano il posto di lavoro. (http://corrieredelveneto.corriere.it);
   in data 8 marzo 2011 La Nuova Venezia pubblica: «MARGHERA. È morto questa notte, all'ospedale di Mestre, Giuseppe Fazio, 34 anni, l'operaio travolto ieri nel cantiere navale Fincantieri di Porto Marghera. La morte di Fazio, siciliano, dipendente di una ditta in appalto, è stata comunicata dai sindacati, che hanno immediatamente proclamato uno sciopero per la sicurezza sul lavoro. L'incidente era avvenuto ieri mattina verso le 11.30. Un camion in manovra ha investito l'operaio. Il camionista mentre manovrava il pesante automezzo non si è accorto che l'operaio stava lavorando nei pressi. Si è reso conto di averlo investito solo quando ha sentito sobbalzare le ruote, e altri operai hanno iniziato a gridare. I primi a soccorrere l'infortunato sono stati i colleghi di lavoro. Poco dopo sono arrivati i vigili del fuoco e i sanitari del Suem. Trasportato di urgenza all'ospedale di Mestre, è stato sottoposto a una serie di interventi chirurgici ma i danni subiti lo hanno portato alla morte. “La tragica morte di Giuseppe Fazio mette in evidenza le precarie condizioni di sicurezza del cantiere navale e del suo modello organizzativo fondato su una catena di appalti e sub appalti, su un livello di decentramento produttivo che non ha eguali nel sistema industriale” affermano i rappresentanti di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil. “Sulla sicurezza nei cantieri navali siamo ad una vera e propria emergenza più volte denunciata dai lavoratori e dal sindacato. Si ripetono con una frequenza impressionante infortuni mortali e incidenti gravi in tutti i cantieri. Di fronte a una tale emergenza occorre aprire con l'azienda una vertenza sulla sicurezza, per evitare che la crisi e la riorganizzazione in atto siano fatte pagare ai lavoratori, abbassando ancora di più la sicurezza e peggiorando le condizioni di tutti”. In segno di lutto e di protesta per il decesso dell'operaio i sindacati e la Rsu hanno sospeso il lavoro per uno sciopero di otto ore per l'intera giornata e per tutti i turni di lavoro. (http://nuovavenezia.gelocal.it)»;
   in data 24 gennaio 2012 Giuseppe Bono riporta il sito Lettera43 «non ha negato che c’è stata una riduzione delle commissioni ma ha affermato che: “Abbiamo adeguato la capacità produttiva. L'azienda è sana, chiuderemo l'anno con un leggero utile e abbiamo un surplus di cassa”, concludendo: “La situazione del mercato è positiva in prospettiva, potrebbe essere tra due anni o quattro ma il turismo tira e ha possibilità di espandersi”» (http://www.lettera43.it);
   in data 4 aprile 2012 il sito d'informazione Geololocal Il Piccolo informa che: «Quattro dirigenti della Fincantieri sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo. Si tratta di Carlo De Marco, di Trieste, all'epoca direttore dello stabilimento di Monfalcone, di Giorgio Gomiero, residente a San Stino di Livenza, vicedirettore e direttore tecnico gestionale dello stabilimento, Emanuele Truant, di Codroipo, responsabile del sistema di prevenzione e il capo officina Paolo Ponzar, di Monfalcone. Tutti sono difesi dall'avvocato Pagano. Citata a giudizio anche la Fincantieri Spa. I quattro imputati sono ritenuti responsabili della morte di Michele Sorgo, operaio della Fincantieri, vittima quattro anni fa di un incidente sul lavoro. L'uomo, che aveva 43 anni e risiedeva a Ronchi dei Legionari, fu schiacciato da una porta stagna mentre lavorava sulla nave Ruby Princess, la grande nave passeggeri realizzata nel bacino di Panzano. I familiari della vittima si sono costituiti parte civile: la moglie, la figlia e la mamma di Sorgo con l'assistenza dell'avvocato Alberto Tofful e il padre con l'avvocato Massimo Vittor del foro di Udine. Il giudice delle udienze preliminari Massimiliano Rainieri ha fissato il processo per il 20 novembre prossimo dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Gorizia.
   l'infortunio mortale avvenne il 15 ottobre 2008 nella sala macchine della Ruby Princess, pochi giorni prima della presentazione ufficiale della nave. Una cerimonia che venne sospesa per decisione della società armatrice Princess Cruises. In quei giorni, che precedevano la consegna della nave, si stavano effettuando varie simulazioni per tastare i vari casi di emergenza. I test venivano seguiti anche da una delegazione della Guardia costiera americana che doveva certificare l'abilitazione della nave a navigare nelle acque statunitensi»;
   Sorgo, che aveva alle spalle 17 anni di lavoro con la Fincantieri ma che ai cantieri di Panzano aveva iniziato a lavorare a 18 anni, assieme ad altri due colleghi del reparto tubisti, stava effettuando la cosiddetta prova black out. Si trattava di un test per collaudare la tenuta delle porte stagne della sala macchine. Sorgo avrebbe azionato il maniglione di apertura, entrando nel vano volgendo le spalle alla porta, che ha un peso di centinaia di chilogrammi. La porta, mossa autonomamente da un meccanismo apposito, si è richiusa schiacciando l'operaio. Al momento nessuno si era accorto di nulla, ma dalla plancia di comando si era attivato il dispositivo elettronico che segnala eventuali anomalie azionando allarmi acustici e visivi. A quel punto ci si era accorti della disgrazia. Quando sul posto è giunto il personale del 118 per Sorgo non c'era più nulla da fare, la morte era stata istantanea per i violenti traumi di schiacciamento. La Ruby Princess venne posta sotto sequestro dalla Procura della Repubblica per permettere di effettuare i rilievi necessari alle indagini. Nei giorni successivi venne ripetuto il test black out, che non avrebbe messo in evidenza malfunzionamenti degli impianti e dei sistemi di allarme di bordo. La nave venne dissequestrata e lasciò una settimana dopo Monfalcone per raggiungere gli Stati Uniti e iniziare i suoi viaggi da crociera. Fu una partenza mesta senza i tre usuali colpi di sirena, come è consuetudine quando le navi da crociera costruite dal cantiere navale escono dal bacino di Panzano e imboccano il canale del porto verso il golfo di Trieste. (http://ilpiccolo.gelocal.it);
   in data 20 giugno 2012 il portale internet Palermo Report informa che: «Dopo il rinvio dello scorso 6 giugno, oggi si terrà il processo a carico dei tre ex dirigenti della Fincantieri di Palermo (rinviati a giudizio dal gup Maria Pino), Luciano Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonino Cipponeri, accusati di omicidio colposo e lesioni gravissime. Secondo l'accusa, i dirigenti dello stabilimento navalmeccanico siciliano non avrebbero adottato le misure di sicurezza previste dalla legge rendendosi responsabili della morte e dei danni patiti dagli operai che, per essere stati esposti all'amianto, hanno contratto forme tumorali gravissime e, in diversi casi, addirittura letali. I tre imputati sono già stati condannati in primo grado in un altro processo, per 29 dei 37 omicidi colposi contestati. Gli ex dirigenti sono stati condannati a sette anni e sei mesi, sei anni e tre anni a questi però vanno tolti i tre anni dell'indulto. La sanzione pecuniaria invece non subirà alcuno sconto. Il giudice ha liquidato una provvisionale immediatamente esecutiva di oltre 5 milioni di euro (da ripartire tra gli enti costituiti a giudizio quali l'Inail e la Fiom, Legambiente, Associazione Esposti Amianto, Medicina Democratica, Camera del Lavoro e familiari delle vittime cui andranno, sempre a titolo di provvisionale, complessivamente un milione e 455mila). Ma il filone Fincantieri, va a legarsi a quello della Tirrenia. Un collegamento che, benché (ancora) dalla magistratura non sia stato fatto, sono stati i familiari di vittime dell'amianto a fare. Raccontando le loro storie, lontane eppure molto, troppo simili e in cui le parole ricorrenti sono lavoro, amianto, tumore, navi, Tirrenia, morte. Giovanni Aiello, palermitano, figlio di Pietro Aiello un marittimo della Tirrenia, morto di mesotelioma (un tumore maligno della pleura, causato dall'amianto) assistito dagli avvocati Pietro Gambino ed Ezio Bonanni, ha presentato denuncia per omicidio colposo presso la procura di Palermo, trasferita successivamente a Napoli, contro gli amministratori e i responsabili della sicurezza di Tirrenia di Navigazione. Secondo le perizie redatte dai consulenti del Gip nel processo Fincantieri, risalenti all'anno 2003, è accertata la presenza di amianto in almeno tre navi di Tirrenia costruite nei cantieri di Palermo, ancora oggi in esercizio: “Nomentana”, “Flaminia”, “Aurelia”. E proprio su queste tre navi ha prestato servizio per anni un ex marittimo della Tirrenia Giovan Giuseppe Cuccaro, affetto da mesotelioma pleurico (come Pietro Aiello), che ha denunciato la presenza di amianto friabile e compatto nelle strutture delle navi della compagnia di navigazione che stazionano e hanno stazionato nel porto. Da questa denuncia, due settimane fa è stata aperta un'indagine dal procuratore della Repubblica del Tribunale di Crotone, Raffaele Mazzotta, affidata al pm Gabriella De Lucia. Al momento da parte degli inquirenti c’è il massimo riserbo e non è stato svelato se il procedimento sia a carico di ignoti o meno. Al vaglio della Procura crotonese, c’è materiale fotografico attestante il pericolo di dispersione delle fibre, trattandosi di navi e pertanto strutture soggette a vibrazioni continue. Ma l'intreccio continua, e si sposta fino a Gaeta, dove nel 2007 è morto Pietro Spinosa, che aveva lavorato anche sulla Domiziana. Denunce analoghe sono al vaglio delle procure di Padova e Torino»;
   in data 10 luglio 2012 il Corriere.it informa che: «Il tesoriere del Carroccio (Belsito, accusato di truffa ai danni dello Stato, finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio) è consigliere di amministrazione della Fincantieri, in quota Lega. Lo è stato una prima volta nel 2003. Ma ora è tornato con una prospettiva folgorante: quella di essere nominato vicepresidente. E ancora non sa che alla morte di Maurizio Balocchi, che lo ha preceduto nell'incarico di partito, ne erediterà anche la poltrona governativa: sottosegretario alla Semplificazione. Caso unico, nella storia repubblicana, di un membro del governo che è anche contemporaneamente amministratore di un'azienda pubblica. Lo è per sette mesi, prima di dimettersi nel luglio 2011. Poi perderà anche la poltrona da sottosegretario con la caduta del governo Berlusconi, e in seguito allo scandalo della gestione dei rimborsi elettorali della Lega verrà espulso dal partito insieme a Rosi Mauro. Ma torniamo indietro di un paio d'anni. Belsito sponsorizza quindi Barcella, all'epoca capo di gabinetto di Bossi, per un posto da dirigente della Fincantieri. E la cosa, conclude Gatti, va in porto. Lo proverebbe un altro breve colloquio telefonico che Il Lecito manderà in onda. Parlando con Belsito, l'amministratore delegato della Fincantieri Giuseppe Bono gli preannuncia una telefonata proprio a Rosi Mauro, capo del sindacato padano, vicepresidente del Senato e allora potentissima esponente del cerchio magico bossiano, per informare anche lei “che ho fatto la lettera di assunzione per Barcella e per quell'altro... come si chiama?”, “Dalmir Ovieni”, lo aiuta Belsito». (http://www.corriere.it/politica/12_luglio_10/belsito-posto-fin-cantieri-rizzo_b005420e-ca51-11e1-bea1-faca1801aa9d.shtml);
   in data 15 ottobre 2012 il Gazzettino informa: «Un operaio di 40 anni, Massimiliano Capulli, anconetano, è stato trovato morto questa mattina in uno dei bagni della Fincantieri di Ancona Si tratta di un elettricista che i compagni del primo turno, non vedendolo tornare sul posto di lavoro, hanno iniziato a cercare nel grande stabilimento del porto. La scoperta nel bagno, l'operaio era già senza vita. La presenza nel locale dei servizi igienici di una siringa lascia pensare all'overdose, ma non è escluso che la stessa siringa fosse lì precedentemente e che la morte sia attribuibile a un malore». (http://gazzettino.it) –:
   di quali notizie si disponga sul caso Fincantieri, se non si ritenga di assumere iniziative per rinnovare l'intera dirigenza e il presidente rimuovendo Giuseppe Bono, nonché di relazionare circa le morti bianche che hanno interessato il gruppo sia in Italia che all'estero e quali iniziative atte a tutelare la vita e la salute siano state intraprese alla luce delle morti verificatesi negli anni;
   se sia vero che, con l'amministrazione Bono, sono già 8 gli operai che, a vario titolo e in varie circostanze ed in vari cantieri, hanno perso la vita sul lavoro (Calogero Capodici, Vincenzo Viola, Luko Jerco, Vincenzo Castellano, Mauro Sorgo, Franco Devoto, Giuseppe Fazio, Ismail Mia); posto che la Costituzione italiana dispone all'articolo 1 che la Repubblica è fondata sul «lavoro» e all'articolo 3 che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» e considerate le garanzie previste dallo statuto dei lavoratori (legge 300 del 1970) che ha stabilito il rispetto e la sicurezza del lavoratore sul luogo di lavoro, quali iniziative di competenza si intendano assumere a difesa della vita umana di chi presta servizio nei contesti menzionati. (4-18718)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ENAV è la società a cui lo Stato italiano demanda la gestione e il controllo del traffico aereo civile in Italia. Interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e vigilata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ENAV s.p.a. deriva dalla trasformazione avvenuta nel 2000 dell'Ente nazionale assistenza al volo in società per azioni, dopo la precedente trasformazione del 1996 in ente pubblico economico. La configurazione organizzativa vede la sede legale a Roma e presidi operativi su tutto il territorio nazionale;
   nel 2006, Enav ha acquisito il 100 per cento di Vitrociset Sistemi S.r.l., oggi Techno Sky S.r.l., internalizzando così la conduzione e la manutenzione dei sistemi di assistenza al volo e dei relativi software;
   in data 23 novembre 2012 Corriere.it informa che nell'ambito di un filone di indagini riguardanti appalti Enav: «Il gup del tribunale di Roma ha disposto il rinvio a giudizio per Marina Grossi, l'ex amministratore delegato di Selex e moglie dell'ex presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini. Le contestazioni per la manager riguardano un presunto giro di false fatture. Il procedimento nel suo complesso riguarda gli appalti Enav. Alla sbarra anche l'ex direttore commerciale di Selex, Manlio Fiore» (http://www.corriere.it);
   il 9 aprile 2013 comincerà il processo, nel quale la Selex è stata ammessa come parte civile;
   l'azienda è rappresentata dall'avvocato Carlo Marchiolo;
   secondo il capo d'imputazione, Di Lernia, d'accordo con Cola, che a sua volta avrebbe agito d'intesa con Grossi e Fiore, avrebbe emesso fatture per circa due milioni e 400 mila euro, tra il febbraio 2009 ed il maggio 2010, per operazioni fittizie. E la condotta risulta aggravata – secondo i magistrati della pubblica accusa – dal fatto che è stata commessa al fine di creare fondi neri destinati anche a pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio per il compimento di atti contrari ai loro doveri di ufficio;
   Di Lernia e Cola sono stati chiamati a rispondere del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti perché, in concorso tra loro, anche «al fine di consentire alla Print l'evasione delle imposte dirette e indirette», si sono avvalsi di «fatture relative ad operazioni inesistenti emesse nel 2009 dalle società cipriote Antinaxt Trading Limited con sede in Nicosia, Cipro, per un ammontare pari a euro 3.393.560 euro e dalla società Esmako Limited per un ammontare pari a 1.385.822,80» –:
   se il Governo intenda costituirsi parte civile nel procedimento chiedendo agli interessati la restituzione dei fondi laddove condannati definitivamente e quali iniziative intenda assumere affinché sia disposto un controllo interno sulle procedure di assegnazioni di consulenze ed appalti nonché per sospendere drasticamente ad interim le eventuali buonuscite relative all'intero gruppo Finmeccanica, considerati gli ingenti sacrifici a cui sono chiamati gli italiani. (4-18721)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Giappone, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare al fine di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18687)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   MONTAGNOLI e REGUZZONI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009 la provincia di Verona è stata visitata da 13.092.390 turisti, mentre nel 2010 il trend è stato al rialzo con 13.576.875 turisti complessivi. Le zone maggiormente conosciute sono quelle attinenti al lago di Garda (dove si concentra la maggior presenza turistica, anche grazie ai parchi tematici). Da Peschiera a Malcesine sono noti nel mondo i paesi e le borgate che fanno del Garda uno dei luoghi di maggior attrazione per italiani e stranieri (in particolare tedeschi e olandesi), sia per la cornice che per l'enogastronomia. Sono molto note anche le colline della Valpolicella (famose per i vini pregiati come Amarone della Valpolicella, Recioto e Valpolicella), il Monte Baldo (San Zeno di Montagna) e tutte quelle zone di passaggio turistico che hanno rilevanza. Tra queste ultime vanno citate Borghetto sul Mincio ed i suoi caratteristici mulini, Villafranca di Verona (famosa per le sfogliatine e per la sala del Trattato). Non meno attraente per i turisti sono le zone della Lessinia (Bosco Chiesanuova, Erbezzo, San Giorgio, e altri), che negli ultimi anni sono state riscoperte anche grazie ai loro prodotti tipici. La zona di Bolca è famosa in tutto il mondo per i suoi ritrovamenti archeologici e per i suoi fossili. Famosa nel mondo per la sua fiera del riso è ormai anche isola della Scala, che a cavallo tra settembre e ottobre vede l'Ente Fiera insieme ai vari produttori di riso Vialone Nano organizzare questo evento –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere ai fini di valorizzare e rilanciare la vocazione turistica del territorio della provincia di Verona, supportando i lodevoli sforzi della regione Veneto e degli enti locali. (4-18686)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è in corso presso il tribunale di Cremona il processo a carico di cinque responsabili della società Tamoil Raffinazione con sede a Cremona imputati, fra l'altro, di gravi reati ambientali;
   nella richiesta di rinvio a giudizio si legge «Con reiterate condotte di sversamento al suolo di sostanze inquinanti che penetravano nel terreno e nella falda acquifera (dovute a forme abituali di gestione illecita di rifiuti, ad incidenti, a perdite dai serbatoi e/o dalla rete di raccolta delle acque) a fronte delle quali non adottavano idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza che avrebbero dovuto impedire la migrazione delle sostanze inquinanti, attraverso la falda, oltre i confini della raffineria, si rappresentavano e, comunque, accettavano il rischio di avvelenare le acque di falda superficiale, intermedia e profonda aumentandone il grado di contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti, anche nelle aree circostanti al di fuori del perimetro della raffineria»;
   in apertura dell'udienza tenutasi il 19 novembre 2012 il giudice Guido Salvini ha reso noto di aver ricevuto in data 31 ottobre la richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'acquisizione dei verbali delle udienze preliminari al fine di costituirsi parte civile in processo. Tale richiesta è risultata tardiva in quanto il 27 ottobre il giudice Salvini ha ammesso gli imputati al rito abbreviato –:
   quali siano le ragioni del ritardo.
(4-18712)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in comune di Varese esistono numerosi edifici storici, ville e palazzi che recano una testimonianza artistica, culturale e architettonica di pregio, molte volte unica al mondo e di straordinaria originalità, tra i quali:
    palazzo Estense. Destinazione d'uso attuale: municipio. È una Villa fatta erigere da Francesco III d'Este, duca di Modena, nella seconda metà del secolo XVIII, su edifici preesistenti di proprietà del commerciante Orrigoni. Fra i progettisti figura Giuseppe Antonio Bianchi. Realizzata in tempi brevi come reggia estiva di un sovrano dal regno limitato ed effimero, presenta nelle sue parti esterne un carattere di monumentalità adatta alla funzione di edificio di rappresentanza, nel quale realizzare riunioni di folla, entrate solenni di visitatori principeschi, secondo un criterio di facile suggestione. Il palazzo può essere pertanto letto come l'elemento scenografico terminale del giardino, con il suo corpo centrale racchiuso tra le ampie ed articolate ali, nel quale il porticato sottostante ha funzione di filtro tra lo spazio della strada e quello del cortile. Altrettanto ben realizzata è la successione di immagini che riceve il visitatore al suo ingresso, che, attraverso il portale che immette nel porticato centrale, guidato dalle linee di fuga dei corpi di fabbrica laterali, culmina nella visione del monumentale giardino disposto ad anfiteatro. Questo, la cui realizzazione comportò la trasformazione di un intero colle, si articola attraverso una serie di rampe e terrazzamenti per concludersi con un belvedere panoramico. L'intenzione di enfatizzare e privilegiare la fruizione degli spazi esterni risulta chiara dalla lettura degli ambienti interni e più intimi della casa, che partecipano solo per via indiretta alla composizione generale del palazzo. La vita interna della villa ha infatti un'altra serie di svolgimenti, che si dipartono da un'asse ortogonale a quello del giardino, percorso rappresentato al piano terreno da un lungo corridoio che disimpegna le scale ed i cortili minori, sui quali si affacciano ambienti di rappresentanza e servizi. Il «Salone Estense» rappresenta l'ambiente più caratterizzato per la fantasiosa struttura e per gli affreschi, brillante creazione del Settecento lombardo. Al primo piano, nel corpo centrale, posto tra gli appartamenti del duca e quello della nipote Beatrice, si trova il pregevole salone da ballo con balconata sui lati finestrati, che occupa due piani in altezza;
    villa Bellotti Baroggi. Edificio signorile della prima meta dell'ottocento, ha subito col tempo suddivisioni e modifiche, pur mantenendo ancora un impianto unitario. Il parco, di notevoli dimensioni, riveste un grande valore ambientale, anche per la vicinanza con i giardini estensi e per la sua posizione nel centro della città. Disegnato all'inglese, è costituito da una vasta area a prato e da alberature di pregio, alcune delle quali secolari;
    villa Mirabello. La proprietà è del comune di Varese. Destinazione d'uso attuale: musei civici. Testimonianze risalenti al 1725 rilevano l'esistenza di un edificio in tale località. La forma attuale della villa e del parco circostante è quella progettata dall'architetto Clericetti, nel 1840 circa, in stile inglese, dove gli ambienti a piano terreno sono a diretto contatto con il giardino esterno. Le serre, addossate ad una delle ali principali della casa, non costituiscono elemento di servizio, ma ideale continuazione del giardino e della villa. Il parco costituisce un'unità paesistica con quello del palazzo estense;
    villa Dandole Oppliger. La costruzione della villa, in stile neoclassico con forme semplici e modeste, è databile intorno al 1810. Sorta sul luogo già di proprietà delle monache di San Martino, il progetto con tutta probabilità fu realizzato dall'architetto L. Pollak. I rapporti ambientali sono stati in parte modificati dalla riduzione del parco, che arrivava un tempo fino all'attuale viale Dandolo, ma rimangono pressoché immutati verso via Walder, su cui prospetta con un'austera facciata a bugnato e lesene. Da tale lato avveniva l'ingresso alla villa, in corrispondenza del quale venne creato uno slargo ad esedra per permettere la sosta e il giro delle carrozze nonché una migliore veduta dell'edificio;
    villa Zoppelli Sala. Edificio antecedente il 1875, è stato sopraelevato di un piano tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. L'architettura della villa segue la rigida tipologia ottocentesca, con fregi di un certo valore sulla facciata. All'interno stucchi ed affreschi arricchiscono il complesso, dotato anche di piccolo giardino;
    albergo XX secolo, Grand Hotel Palace. Grandioso edificio costruito nel 1912 su progetto di Giuseppe Sommaruga, esempio emblematico della fervida stagione dell'architettura liberty a Varese. Belli i ferri battuti e l'apparato decorativo con colonne binate. All'interno notevoli lo scalone e gli stucchi che decorano le sale da pranzo;
    in località Biumo Inferiore, villa Mozzoni. Edificio ampiamente rimaneggiato, di cui restano evidenti alcune soluzioni architettoniche originarie quali lo schema planimetrico e parte del porticato all'interno del cortile;
    in località Biumo Inferiore, villa Orrigoni Litta. La proprietà è della parrocchia di Biumo Inferiore. Destinazione d'uso attuale: oratorio. Durante il Settecento questo palazzo, prima della villa Menafoglio e di palazzo Estense, costituì la prima dimora signorile di rappresentanza nella città di Varese. Poche testimonianze rimangono dell'originaria struttura, se non l'impianto architettonico che conserva attualmente, cioè con corpo di fabbrica ad U rivolto ed aperto verso la chiesa di San Pietro e diaframmato rispetto alla strada dal porticato con telamoni. L'intervento di Simone Cantoni, all'inizio dell'Ottocento, si limitò alla struttura delle facciate sul cortile, risolte secondo la moda neoclassica. Deleteria fu invece la massiccia trasformazione degli ambienti interni, della cui ricchezza non rimane più traccia, come pure del grande parco a monte;
    in località Biumo Inferiore, Villa Kevenhueller Ponti. Destinazione d'uso attuale: residenza. Struttura di impronta neoclassica, fu edificata, secondo i cronisti, nel 1881 sul luogo del convento di Santa Teresa, di cui forse conserva l'andamento planimetrico irregolare. La casa domina la città da un poggio con giardino verso nord, sul colle di Biumo, dal quale però l'edificio era separato da una strada. Su di essa venne eretta una facciata di tipo rappresentativo, piuttosto austera, con bugnato a piano terreno e semplice portale. La strada stessa, di fronte all'ingresso, ebbe uno slargo ad esedra, in asse. Dallo stretto portale un breve andito immette nel porticato centrale a tre campate, che disimpegna gli ambienti del palazzo, internamente rimaneggiati. Questa, che rappresenta la parte centrale della composizione, è leggibile nel prospetto dal balcone in ferro battuto, corrispondente al salone da ballo, e dal timpano triangolare, elemento comune alla facciate neoclassiche di Varese;
    in località Biumo Inferiore, Villa Torelli Mylius. Un primo edificio di ridotte dimensioni esisteva già nella seconda metà del XVIII secolo. Detto edificio venne successivamente ampliato e trasformato nel 1808. La vera e propria villa è dovuta alla ricostruzione del 1902 realizzata dall'architetto Achille Majnoni d'Intignano. Si tratta di una villa eclettica costituita da due grossi corpi di fabbrica, disposti secondo un solo asse, uniti alla veranda e al salone con archi a tre campate. L'interesse paesistico supera largamente quello architettonico, poiché la casa si dispone su di un grande terrazzo, sostenuto da grotte e finte rocce, di fronte ad uno dei più vasti parchi realizzati in Varese, ricco di grandi alberi ed essenze pregiate;
    in località Biumo Superiore, villa Biumi Redaelli. Destinazione d'uso attuale: casa di riposo «Maria Immacolata», suore cappuccine. Edificio già presente nelle tavole del catasto teresiano, è costituito da due blocchi a U uniti fra loro e costruiti in epoche diverse. In esso emergono i resti di torre romanica, a testimonianza dell'antica dimora fortificata. Verso settentrione, con vista sul Sacro Monte, si sviluppa il parco, aggiunto in epoca più tarda;
    in località Biumo Superiore, villa Mozzoni. L'edificio si presenta raccolto attorno al cortile porticato, il cui lato meridionale è aperto e da su un cortile d'ingresso delimitato ai lati da due ali minori, forse dovute ad aggiunte posteriori, che si richiudono leggermente verso il cancello d'ingresso. Alla funzione scenica di questa disposizione concorrono altri elementi, quali la differenza di quota tra i piani dei cortili, raccordati da un piccolo scalone e inframmezzati da colonne binate e balaustre, e la fuga dei colonnati sui lati del cortile, il cui fondale è costituito da una ripetizione del partito di facciata. Tutti gli spazi della casa gravitano sul cortile porticato, nel quale confluisce anche lo scalone d'onore il giardino presenta il solito parterre a contatto con la casa, in origine all'italiana, mentre il resto del declivio, confinante con il bosco di castani, è stato realizzato all'inglese e conserva tale carattere;
    in località Biumo Superiore, villa Menafoglio Litta Panza Proprietà: FAI. La villa, costruita attorno alla meta del XVIII secolo, sorse su edifici preesistenti di origine rurale. Residenza settecentesca, si presenta con struttura ad U aperta verso il giardino, il cui cortile è concepito come fondale scenografico al parco. Ad accentuare la funzione scenica concorre il piccolo porticato a tre fornici che collega le estremità delle ali ed è percorribile nella parte superiore. Esso, chiuso da cancelli e coronato da raffinate balconate in ferro, ha la funzione di delimitare il cortile, sul quale si imposta l'asse principale del giardino, sottolineata dal centrale, dalla fontana e dalle aiuole posti sulla spianata di sud-ovest, tenuta ancora all'italiana. Nei primi dell'Ottocento, la villa venne ampliata con l'aggiunta del grande salone neoclassico verso Est, lato verso cui si affacciano anche i preesistenti locali di rappresentanza della villa;
    in località Biumo Superiore, villa Orrigoni Tenca Guicciardi, detta «Torre piatta». L'attuale edificio conserva la struttura semplice dell'originario edificio, sorto all'inizio del Settecento. Poche aggiunte posteriori testimoniano le richieste del mutare del gusto e dei costumi, quali il piccolo portico d'ingresso sul lato meridionale ed alcuni cambiamenti nelle sale, di non grandi dimensioni. Il parco si sviluppa declinando verso ovest e riveste un notevole interesse paesaggistico;
    in località Biumo Superiore, villa Ramponi Ponti. Un massiccio intervento fra Settecento ed Ottocento, ridusse a forme neoclassiche le più antiche case esistenti: si arrivo così ad identificare un lungo corpo di fabbrica con una fronte verso il parco, orientata ad est. Una lunga rampa, formata da un rilievo del terreno, consente l'accesso al primo piano dell'edificio. Tale rampa caratterizza la conformazione del parco, che scende lentamente verso valle, confondendosi da una parte con il parco Mozzoni, dall'altra con le aree un tempo del parco Orrigoni ed infine a sud con il parco Ponti. La villa è stata profondamente restaurata nel suo interno allo scopo di creare un centro per accoglienza e congressi di grande capacita ricettiva;
    in località Biumo Superiore, Villa San Francesco. La villa sorge sul luogo dove anticamente esistevano il convento e la chiesa di S. Francesco, soppressi da Giuseppe II nel 1786. Nel 1810 la proprietà fu acquistata dal conte Giorgio Clerici che inizio la sistemazione della villa, conclusa nel 1816. È difficile ricercare, sulla base dell'attuale sistemazione, le tracce dell'antico edificio. La villa, realizzata in forme neoclassiche, presenta un'anomala distribuzione dei corpi di fabbrica: ciò lascia supporre che i costruttori si siano ispirati, se non addirittura abbiano fatto ricorso, a fondazioni e mura del convento, escludendo del tutto la chiesa, di cui non si conserva traccia. Esternamente la facciata neoclassica presenta un corpo centrale suddiviso in tre campate, scandite da lesene e sormontate da un timpano fiancheggiato da due corpi minori. Alle spalle si svolge il cortile interno, porticato su tre lati e disimpegnato da due ingressi, che definiscono un asse tangente al corpo di fabbrica che comprende la facciata. Il giardino all'inglese rappresentò la prima realizzazione del genere in Varese: alla sua costruzione pare abbia contribuito il Villoresi, attivo nel parco reale di Monza. Esso rappresenta un'ottima cornice alla struttura neoclassica della villa, con la quale si raccorda attraverso scalinate, balaustre e statue di tipo ancora settecentesco;
    in località Biumo Superiore, Villa Aletti. Di grande importanza per l'aspetto ambientale, la villa presenta una pianta quadrata e ambienti che si svolgono attorno al grande atrio ed allo scalone centrale. Realizzata in forme eclettiche, con un'architettura molto semplice, l'edificio è inserito in un parco che completa, assieme a quello attiguo della villa Carmine Pirinoli, la grande fascia verde che abbraccia il colle di Biumo Superiore, con vista sui colli di Sant'Ambrogio e Velate, sui pendii del Sacro Monte e del Campo dei Fiori;
    in località Biumo Superiore, Villa Pirinoli. Villa edificata nelle seconda metà dell'Ottocento, in sostituzione di un altro edificio di origine rurale, ha subito alcune trasformazioni all'inizio del Novecento. La pianta rettangolare e le forme rigide della facciata riprendono i canoni costruttivi ottocenteschi, in assenza però di particolari elementi architettonici. Interessante il parco annesso, sia per la sua estensione, che per la qualità ambientale del luogo;
    in località Biumo Superiore, villa Ponti. Destinazione d'uso attuale: camera di commercio. La realizzazione dell'opera avvenne con il sacrificio «di una precedente villa attribuita al Pollak, di cui non rimangono precise testimonianze. Promotore di tale intervento fu Andrea Ponti, industriale cotoniero, che affido la progettazione nel 1858 all'architetto milanese Luigi Balzaretto. I lavori procedettero a rilento a causa degli avvenimenti politici legati all'unità d'Italia: il corpo centrale della villa venne terminato nel 1870, mentre le due ali in ferro destinate a serra non furono attuate se non nelle fondazioni; la villa si presenta oggi come un rigido parallelepipedo, con facciate di vaga reminiscenza veneta, proporzionate con l'intento di stupire l'osservatore. Lo stesso metodo di esaltazione monumentale per mezzo di elementi architettonici tradizionali, ingranditi ed esaltati nelle proporzioni, è applicato negli spazi interni, costituiti da una serie di ambienti bloccati attorno al grandioso atrio ottagonale, che li disimpegna attraverso scale e gallerie. Esso occupa l'altezza di due piani e termina con una cupola forata da una lanterna che, arrivando fino alla copertura, costituisce l'unica fonte, di luce per l'ambiente. Le sale, complementari allo spazio centrale, presentano raffinate decorazioni a stucco, soffitti con lunette, pregevoli elementi fissi di arredamento, quali porte, zoccoli intagliati, lampade e mobili. Molto noti gli affreschi di Giuseppe Bertini nel salone, la tela del Focosi e le statue in bronzo del Tabacchi. Il grande parco all'inglese, progettato dallo stesso Balzaretto con grande prato in leggero declivio contornato da conifere, si configura con la funzione di esaltare l'aspetto monumentale della villa. Interessante, fra gli edifici rustici posti presso l'ingresso principale, la scuderia con pilastri e volte;
    in località Bizzozero, Villa Trecati. Destinazione d'uso attuale: sede dell'oratorio parrocchiale di Bizzozero. L'edificio, che era nel Settecento un'elegante dimora signorile, ha in parte perso i segni caratteristici del passato a causa di interventi e ristrutturazioni avvenute nel tempo. Nel cortile interno, oggi trasformato in piccolo campo sportivo, sono visibili lungo il muro di cinta, alcuni emicicli appartenuti al giardino all'italiana, scomparso ormai da tempo. All'interno sopravvivono ancora grandi spazi abitativi, con soffitti a cassettoni, fregi e dipinti alle pareti;
    in località Bizzozero, villa Novella. La villa, costruita attorno agli anni venti, è inserita in un contesto rurale preesistente, nel quale tuttora si svolge attività agricola;
    in località Bosto, villa De Cristoforis S. Pedrino. Villa costruita intorno alla seconda metà del XVIII secolo utilizzando una preesistente cascina che includeva la chiesetta di origine romanica di S. Pedrino, come da notizie tratte dai resoconti delle visite pastorali di S. Carlo Borromeo. La casa è molto semplicemente costituita da un corpo di fabbrica ad L, di cui il lato a nord guarda verso Varese, quello sud verso il lago in posizione panoramica privilegiata. Un accenno di porticato esiste nel corpo sud, in corrispondenza del salone da ballo; questo è realizzato su due piani, con ballatoio perimetrale, ferri battuti e stucchi, ad imitazione di quello di palazzo Estense. All'ingresso, sul lato meridionale, fa capo il lunghissimo viale che da Varese conduce alla villa, oggi in parte reso strada pubblica. Il giardino è attualmente molto vasto e ordinato all'inglese, della sua antica struttura si conserva solo il viale d'ingresso e probabilmente il parterre panoramico ad ovest, appena fuori dagli ambienti di soggiorno;
    in località Bosto, villa Esengrini Montalbano. Edificio progettato verso la meta dell'Ottocento in stile neoclassico dall'architetto Alemagna, ha subito successivamente l'aggiunta di un piano. Situato sulla sommità del colle di Bosto, è circondato da un parco, un tempo di più vaste dimensioni, e gode di vedute panoramiche sul Lago di Varese e catena del Rosa;
    in località Bosto, cascina Gaggiano. Edificio antecedente il 1875, di origine rurale e di notevoli dimensioni, è stato trasformato successivamente in residenza signorile con parco. Questo, un tempo di maggiore estensione, ha oggi dimensioni ridotte;
    in località Campo dei Fiori, complesso turistico Grand Hotel, ristorante, stazione della funicolare, attualmente in stato d'abbandono. Nel periodo di massimo splendore turistico dell'area varesina, nell'ambito delle ambiziose realizzazioni che avrebbero dovuto rilanciare in campo internazionale le località di soggiorno della zona, Giuseppe Sommaruga, fra il 1907 e il 1912, realizzò in stile liberty un grande complesso ricettivo, costituito da Grand Hotel, ristorante e stazione della funicolare. L'impianto planimetrico dell'albergo consiste di un corpo centrale proteso verso valle e due ali asimmetriche a livelli sfalsati. Esso si qualifica per l'invenzione dei due possenti arconi che reggono la hall, dove compaiono i più peculiari soggetti decorativi di Sommaruga. Poco oltre sorge il corpo del ristorante, raffinato esercizio distributivo di volumi e aperture, giocate sulla dimensione panoramica. La stazione della funicolare, posta poco lontano dal Grand Hotel, era collegata con il capolinea della tranvia Varese-Prima Cappella-Vellone; 
    in località Cartabbia, Villa S. Cristoforo Beltrami. Edificio realizzato prima del 1875, è composto da un corpo ad L e da altri edifici con destinazione non residenziale. Di notevole interesse ed estensione è il parco circostante, che si sviluppa in leggere declivio verso sud-ovest;
    in località Casbeno, villa Recalcati, sede della provincia di Varese. Già citata nel 1682, la casa ha un impianto settecentesco a cui sono state apportate una serie di trasformazioni di carattere funzionale. Nell'Ottocento, come risulta dalle cartografie storiche, si susseguirono continui rifacimenti ed aggiunte, dovute soprattutto ai cambiamenti di proprietà. Struttura ad U rivolta ad abbracciare uno spazio pubblico, presenta un cortile d'onore il cui asse ottico si prolunga nello stradone antistante. Dallo spazio pubblico si passa, attraverso un primo cancello, in un giardino, la cui parete di fondo è costituita dal colonnato di chiusura del cortile. Filtrando attraverso questo elemento il cortile stesso si articola in due sezioni successive, dapprima fra due ali parallele, quindi divergenti, sino ad innestarsi sulla parete di fondo che, nella parte centrale, ripropone il porticato, ora mascherato da una veranda ottocentesca. Nel 1874 l'edificio venne trasformato in albergo, con il nome di Grand Hotel Excelsior, e svolse la sua attività fino al 1931, quando divenne sede dell'amministrazione provinciale. Fu proprio l'istituzione del grande albergo che rese necessari ampliamenti, ammodernamenti e trasformazioni, corrispondenti al gusto dell'epoca. La volumetria fu alterata con il sopralzo di parte dei corpo di fabbrica del cortile d'onore, con un ampliamento verso nord-ovest, che costrinse ad una completa ristrutturazione della facciata verso il giardino, e con altri interventi sulle ali minori. Molte trasformazioni sono inoltre state attuate nei locali interni, di cui l'unico ambiente intatto rimane la sala centrale della più antica struttura, in forme neoclassiche, con le salette che la fiancheggiano. Il parco annesso, un tempo più vasto ed oggi riaperto al pubblico dopo decenni di incuria, è di grande valore ambientale, anche per la presenza di piante secolari;
    in località Careno, villa Molinari Craven Seyssel D'Aix. La villa presenta il volume estremamente compatto di un rigoroso parallelepipedo, nel quale solo gli elementi di copertura introducono un moderato disordine. Posta sulla parte più alta del terreno occupato, in un punto panoramico, non presenta un legame costruito con il giardino. Il contatto della villa con la parte monumentale del parco, avviene infatti su di un lato minore della casa. L'interno è caratterizzato dal salone d'onore a doppia altezza, analogo a quello di palazzo Estense, attorno al quale si organizzano le sale a piano terreno, decorate con stucchi e fornite di mobili di ottima fattura. Una balconata, che si svolge sui quattro lati del salone, disimpegna i locali al piano superiore;
    in località Casbeno, villa Barbò Strada Leonino, «La Quiete». Destinazione d'uso attuale: casa di cura. Costruita verso la meta dell'Ottocento in forme eclettiche, la villa venne ampliata nel primi anni del Novecento con il concorso dell'architetto varesino Torelli. L'interesse maggiore che conserva la villa, molto trasformata nelle strutture architettoniche, è nella situazione ambientale, che le permette di occupare l'intera cima di un colle, quasi per intero sistemato a parco e confinante con altri parchi grandiosi, quali il parco Craven e quello dell'Hotel Excelsior, in posizione panoramica che consente vedute sia sul lago di Varese che verso la città e i colli circostanti;
    in località Giubiano, villa Albuzzi Tamagno la proprietà è dell'ospedale di Varese. Villa costruita nella prima metà del diciottesimo secolo, presenta oggi una veste architettonica che nulla richiama il tardo Barocco lombardo. La prima grossa trasformazione avvenne tra il 1837 e il 1841. Da questo intervento la villa ricevette la definitiva struttura ad U e la qualificazione stilistica in forme tardo neoclassiche, con una loggia centrale con colonnato su doppio ordine reggente una balaustra piatta. Teatro di scontri fra le truppe francesi e garibaldine nel 1859 e sede del quartiere generale del generale Urban, venne completamente ristrutturata negli ambienti interni verso la fine del secolo dai Tamagno. Tali interventi vennero integrati con il rifacimento pressoché totale della facciata posteriore, l'ampliamento del vano destinato allo scalone e la costruzione di un'ala destinata a teatro privato, in forme eclettiche di ispirazione vagamente rinascimentale. Di tutti gli ambienti trasformati, lo scalone romantico è senza dubbio il più affascinante per i suoi effetti prospettici arditissimi. Al riordinamento dei Tamagno si deve anche la costruzione di una nuova cappella, in sostituzione di un oratorio più antico, e l'ordinamento del vasto parco all'inglese, con una lunga prospettiva che collega la villa alla strada per Varese;
    in località Giubiano, villa Augusta. Edificio costruito alla fine dell'Ottocento in forme semplici, fu in seguito donato all'ospedale di circolo di Varese. Il piccolo parco è aperto al pubblico;
    in località Masnago, villa Frigerio Bethlem Tosi, «Al Nonaro». Antico edificio residenziale con funzione agricola, venne trasformato in villa agli inizi del Settecento, quindi ampiamente rimaneggiato. Oggi si presenta con una disposizione ad U dei corpi di fabbrica, dei quali l'ala Sud-Ovest rappresenta il tentativo, operato recentemente dagli architetti Alemagna e Bagatti Valsecchi, di realizzare un prospetto monumentale verso il rinnovato giardino all'inglese. La parte restante dell'edificio, quella più antica con disposizione ad L, è costituita da un corpo a due piani, con porticato sul lato est. La saldatura delle due ali avviene per mezzo di un piccolo scalone, con parapetto in forme settecentesche, che disimpegna tanto i loggiati dell'ala est, quanto una lunga galleria nel corpo centrale, che collega gli ambienti sia al piano terreno che al primo. Il parco, originaria tenuta agricola, si stende a valle e a monte con vedute panoramiche di grande interesse;
    in località Masnago, Villa Baragiola. La villa fu costruita in forme eclettiche nelle prima metà dell'Ottocento. Essa era costituita da un edificio a pianta pressoché quadrata, con belle sale disposte attorno al vano centrale della scala. Il salone d'onore prospettava sul giardino attraverso una triplice apertura. La parte più interessante della villa era rappresentata però dal parco all'inglese, dotato di lago artificiale, berceaux, spianate e lunga scalinata prospettica su modello di Villa Cicogna a Bisuschio. Nel vasto parco il Baragiola inaugurò nel 1895, uno dei primi ippodromi italiani. Attorno al 1930 la villa venne trasformata secondo schemi compositivi eclettici. La destinazione a Seminario del 1941 ha modificato ulteriormente la struttura del complesso, con sopralzi, aggiunte e nuovi corpi di fabbrica che hanno modificato profondamente l'immagine dell'intero complesso;
    in località Masnago, villa Bernocchi. La villa è stata edificata nei primi decenni del secolo su un sedime precedente e progettata dall'architetto Fraguglia in stile eclettico. Nell'edificio, di notevoli dimensioni, spiccano gli elementi architettonici presenti nella facciata e i particolari decorativi che rendono degno di nota complesso;
    in località Masnago, villa Cinquepalmi. Edificio di ispirazione neoclassica, caratterizzato da un lungo porticato con terrazza, gode di vedute panoramiche verso il lago di Varese;
    in località Masnago, villa XX secolo Giulini «Orchidea». Villa di impianto compositivo semplice, si sviluppa in altezza con volumi articolati a più piani e coperture a due falde molto spioventi. Evidenti alcune reminiscenze dell'architettura nordeuropea. Di notevole interesse è il parco, disposto su un declivio, con vedute verso il lago e la catena del Monte Rosa;
    in località Masnago, villa Ravelli. La villa, databile attorno ai primi anni del secolo, ha le caratteristiche forme compositive della dimora ottocentesca per villeggiatura. Di semplice impianto, utilizza nelle facciate diversificati materiali per evidenziare i vari corpi di fabbrica con le rispettive funzioni interne. La struttura è inserita in un parco di notevoli dimensioni e di grande valore ambientale;
    in località Miogni Inferiori, villa Carmen Sylva. La villa rappresenta un curioso omaggio alla regina di Romania, realizzata nel 1900 dall'ingegnere romeno Oscar Maucsk, che si ispirò alla forme del castello di Peles Sinaia in Valacchia. Edificio dotato di due torri con copertura piramidale a pinnacoli in lamiera di piombo, dalle quali si può godere un bel panorama. L'assetto distributivo è molto vicino a quello dell'eclettismo lombardo dell'epoca;
    in località Sant'Ambrogio, villa Battistoni Calcaterra. La villa, in stile eclettico, è stata costruita sul sedime di vecchi fabbricati di origine rurale. Essa è a pianta rettangolare con elegante disegno delle facciate, arricchite da fregi pittorici nella fascia del sottogronda. Il parco circostante è ricco di piante di specie diverse;
    in località S. Ambrogio, villa Bassanini. È il tipico esempio di dimora realizzata per la residenza estiva. Semplice nelle forme architettoniche, si distingue per il grande terrazzo-ingresso posto sulla facciata sud. All'interno sono presenti affreschi e decorazioni floreali alle pareti e sul soffitto;
    in località S. Ambrogio, villa Parravicini. Edificio con evidenti richiami allo Stile eclettico, è localizzato lungo la vecchia strada che porta alle pendici del Sacro Monte. L'architettura della villa, con porticato-loggiato angolare d'ingresso, è arricchita dagli elementi che decorano la facciata: colonne binate, ferri battuti e modanature. Di grande interesse il contesto paesaggistico circostante;
    in località S. Ambrogio, villa Margherita. Edificio compatto nell'impianto volumetrico, da cui emerge la tradizionale torretta belvedere, molto elevata rispetto alla struttura stessa. La facciata è caratterizzata dall'accostamento di differenti materiali, quali il bugnato per il basamento e l'intonaco alternato al laterizio per gli alzati. Di un certo interesse il disegno delle cornici che racchiudono le finestre. Il parco è di notevoli dimensioni;
    in località S. Ambrogio, villa Bollani. La villa e uno degli esempi più significativi del liberty varesino. Sorge su un terreno in pendio e presenta una struttura articolata nell'impianto volumetrico, caratterizzato dalla tradizionale torretta belvedere. Di notevole interesse l'elegante apparato decorativo delle facciate;
    in località S. Ambrogio, villa Podreider. L'edificio ricalca l'impianto compositivo delle ville liberty varesine, con torretta belvedere posta in primo piano. Ancora legato alla tipologia del villino eclettico ottocentesco, mostra riferimenti liberty in alcune soluzioni architettoniche delle aperture e soprattutto nell'apparato decorativo della facciata a motivi floreali e nei ferri battuti. La fascia marcapiano e quella decorata del sottogronda arricchiscono il complesso;
    in località S. Ambrogio villa XX secolo. Sacchi Testa Rusconi. Edificio progettato intorno agli anni venti in forme eclettiche, riconducibili a disegni rinascimentali, sorge lungo le pendici del Sacro Monte. Circondato da un notevole parco di impostazione romantica, riveste grande interesse ambientale;
    in località S. Ambrogio, Villa e parco Toeplitz. Destinazione d'uso attuale: parco pubblico. Edificio costruito nei primi decenni del secolo come residenza estiva, venne realizzato in stile eclettico, caratterizzato dalla ricercata cura del disegno di alcuni elementi di facciata e dalla presenza della torre osservatorio. Di grande interesse il parco, importante sia per estensione che per la sua ricercata impostazione, frutto del progetto dello studio parigino Collin-Adam, datato 1927. Attualmente esso è destinato a parco pubblico;
    in località S. Maria del Monte, Villa Pogliaghi. La struttura è un esempio esasperato di edificio realizzato in forme eclettiche, composto fra il 1890 e il 1910. Si tratta dell'unica opera architettonica realizzata dallo scultore e decoratore Ludovico Pogliaghi che la concepì come propria residenza estiva. La villa, costruita su un giardino roccioso all'inglese, ingloba svariati reperti archeologici e un frammento del portico dello smembrato Lazzaretto di Milano, pezzo d'obbligo in queste architetture ispirate all'attività dei fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi;
    in località S. Maria del Monte, Villa Agosteo. Edificata nel 1911 in stile liberty, si distingue per la copertura a falde spioventi sostenute da travi in legno. Le aperture ellittiche della facciata principale, dal disegno particolarmente ricercato e con vistosa decorazione in ceramica, la rendono particolarmente interessante dal punto di vista architettonico;
    in località S. Maria del Monte, Villa Mercurio. La villa ricalca in tutte le sue forme i criteri costruttivi tipici delle residenze liberty costruite alle pendici del Sacro Monte. La pianta asimmetrica si sviluppa in altezza su vari livelli ed è caratterizzata dalla copertura in parte molto spiovente. L'utilizzo differenziato dei materiali di facciata e la grande attenzione per le rifiniture rendono l'edificio interessante;
    in località S. Maria del Monte. Villa de Grandi «Il Rifugio». Edificio databile fra il 1912 e il 1913, è accostabile stilisticamente alle ville Edera e Mercurio, tutte di ispirazione sommarughiana. L'impianto asimmetrico dei volumi termina con la coperture spiovente disposta su diversi livelli, elemento che caratterizza tutto il complesso. Le facciate sono un alternarsi di pietra, laterizio ed intonaco, con alcuni elementi decorativi floreali che rendono l'edificio particolarmente interessante. Di notevole pregio i ferri battuti del cancello d'ingresso;
    in località S. Maria del Monte, villa Savina Armiraglio. Edificio realizzato in diverse riprese, a partire dal 1913, ha subito notevoli rimaneggiamenti rispetto al progetto originale. Interessanti facciate costituite da aperture con forme differenziate e caratterizzate dall'alternarsi di diversi materiali. Sorto a ridosso del nucleo storico di S. Maria del Monte, la villa riveste grande valore ambientale;
    in località Valle Olona, villa Fachini. Edificio trasformato nell'Ottocento in villa signorile, con chiusura del cortile interno mediante un porticato terrazzato e aperto verso nord, mantiene interessanti soluzioni architettoniche. Di grande valore la sistemazione ambientale del parco, che domina la valle dell'Olona, disegnato in parte all'italiana e in parte all'inglese;
    in località Velate, villa Bianchi Piatti Clerici. L'edificio ebbe origine come casa-forte, ampliata e trasformata in residenza signorile nei secoli XVI-XVII, quindi in villa con giardino all'inglese. Le diverse fasi di intervento sono chiaramente leggibili nella struttura del complesso, la cui parte centrale è costituita dal cortile attorniato da corpi di fabbrica disposti ad U con porticato, frutto della trasformazione seicentesca. All'estremità dell'ala di ponente rimangono la torre e parte dell'edificio medievale, mentre l'ala di levante comunica con il cortile minore e con i rustici. Il piccolo giardino, in continuità con il cortile, conserva un coperchio di sarcofago medievale;
    in località Velate, villa Giulini. Edificio trasformato e ristrutturato nel tempo, è costituito da un'ala nobile rivolta a nord e, verso ovest, da una porzione di edificio con destinazione non residenziale. Il parco circostante, di dimensioni contenute, offre vedute panoramiche verso il Sacro Monte e il Campo dei Fiori;
    in località Velate, villa Longoni Bortoluzzi. Edificio presente nelle tavole del catasto teresiano, ha subito ampliamenti e rimaneggiamenti successivi. Costituita originariamente da un solo corpo principale nobile, la villa è stata successivamente integrata con l'aggiunta dell'ala est. Il lato sud della struttura principale della villa risultava in origine totalmente porticato e a diretto contatto con il giardino. La successiva chiusura parziale di tale portico ha permesso la fruibilità di nuovi locali abitativi;
    in località Velate, villa Stringher. La villa nasce da un piccolo nucleo rurale settecentesco. Inizialmente di piccole dimensioni, con l'aggiunta della parte verso ovest, avvenuta nei primi anni del Novecento, il complesso ha assunto l'attuale configurazione. Di notevole interesse e valore ambientale il parco circostante, collegato a quello di villa Zambeletti;
    in località Velate, villa Bellini. L'edificio è costituito da un corpo principale cui sono aggregati elementi rurali. La villa, grazie alla particolare posizione dominante gode di un notevole punto panoramico;
    in località Velate, villa Cava. La villa, edificata nei primi anni del secolo, è strutturata in modo semplice e si distingue per il ricco apparato decorativo della facciata. Elemento dominante è il mattone a vista; sono presenti anche interessanti graffiti che decorano il piccolo corpo sporgente posto a sud, strutturato con verande a loggia;
    in località Velate, villa XX secolo Bernasconi Dubini. Tipico edificio destinato alla villeggiatura, sorge in posizione dominante alle pendici del Sacro Monte;
    in località Velate, villa Edera. Edificio progettato e realizzato forse dall'architetto Sommaruga nel 1912, fa parte del vasto complesso delle ville del Campo dei Fiori. Interessante l'apparato architettonico, con il gioco dei volumi e la copertura articolata a diversi livelli di imposta. L'utilizzo differenziato dei materiali che compongono la facciata, come la pietra, il laterizio e l'intonaco, caratterizzano questa struttura;
    in località Velate, villa e parco Zambeletti. Situato in posizione dominante all'interno di un parco di notevoli dimensioni e di grande valore ambientale, l'edificio, progettato dall'architetto Caravati, è stato ultimato nel 1905. Presenta forme eclettiche con utilizzo del cotto a vista, secondo lo stile cosiddetto «lombardo». Il parco è di ispirazione romantica e comprende anche parti costruite secondo una rigorosa scenografia. Sono inoltre presenti essenze arboree di pregio, fra le quali numerose sequoie. Nell'area della villa si trovano resti di torri e fortificazioni romane;
   molti di detti edifici sono perfettamente conservati, altri sono stati recuperati a destinazioni diverse dalle originarie, mentre altri sopravvivono solo in parte o in stato fatiscente oppure – per fortuna in casi rari – solo attraverso un patrimonio documentale –:
   se e come il Governo intenda favorire la conservazione e/o il recupero degli edifici e dei documenti sopra elencati, favorendone la fruizione al pubblico ovvero la prosecuzione di attività produttive o manifatturiere;
   se ed in che modo il Governo intenda, per quanto di competenza, valorizzare detto poderoso patrimonio culturale, artistico e architettonico ai fini culturali e turistici, favorendone quando possibile la fruizione al pubblico, anche ai fini turistici. (4-18693)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE POLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della salute il 20 dicembre 2010 ha inoltrato la richiesta di intesa alla Conferenza Stato-regioni sullo schema di riparto delle risorse accantonate con la delibera CIPE n. 97 del 18 dicembre 2008 «per interventi individuati dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali», dell'importo di euro 20.000.000,00 per gli istituti zooprofilattici sperimentali. L'intesa è stata acquisita nella seduta del 20 aprile 2011;
   in esito alla predetta intesa è stato perfezionato il decreto del Ministro della salute del 19 maggio 2011 che assegna agli istituti zooprofilattici sperimentali la citata somma (Gazzetta Ufficiale 16 settembre 2011, n. 216);
   il dipartimento della ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze ha stabilito che il totale delle risorse disponibili da utilizzare per il finanziamento dei programmi di cui all'articolo 20 legge numero 67 del 1988 era di circa 42,540 milioni di euro –:
   in quali tempi il Ministro interrogato intenda formulare l'espressione del concerto di competenza a valere sulle disponibilità per l'anno 2011, pari a 42,54 milioni di euro per poter ripartire le risorse in favore degli istituti zooprofilattici sperimentali. (4-18690)


   DE POLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il programma di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie (articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67) prevede una serie di accordi con uno stanziamento a livello regionale «spalmato» in diversi anni per la realizzazione di interventi finalizzati al completamento e alla razionalizzazione della rete ospedaliera, con la garanzia di posti per la rianimazione e la terapia intensiva, al completamento e al potenziamento della rete dei servizi territoriali, alla riqualificazione delle dotazioni tecnologiche e allo sviluppo degli spazi per la libera professione intramoenia. Diverse regioni, come ad esempio il Veneto, hanno utilizzato le risorse così come stabilito in accordo con il Ministero della salute dal 2000 al 2012 per i vari interventi, in particolare si dispone ancora di euro 205.189.801,72 quali risorse regolarmente assegnate dalla delibera del CIPE 97/2008 (ai sensi della legge finanziaria 2008);
   per lo stanziamento delle risorse previste dal programma di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie è previsto il concerto del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze –:
   in quali tempi saranno rese effettive le disponibilità di bilancio per la sottoscrizione degli accordi di programma inseriti nel programma di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie. (4-18691)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sull'agenzia di stampa ANSA il 23 novembre 2012, la Uil-PA provinciale dell'Aquila – al termine di una visita al carcere di Avezzano da parte del segretario provinciale Uil, Mauro Nardella, e del componente gruppo aziendale Uil (Gau), Mario Contestabile – ha lanciato l'allarme per l'ipotesi di chiusura della struttura penitenziaria abruzzese;
   secondo Mauro Nardella, «la visita ispettiva ha permesso di avere dei riscontri seppur non ufficiali sulla questione che rischierebbe – qualora dovesse essere suffragata da ratifica da parte del Ministero della Giustizia – di mettere i sigilli a uno dei migliori istituti d'Italia. Anche la condizione dei detenuti ristretti all'interno del carcere di Avezzano risulta molto migliore rispetto a quella dei loro compagni ubicati in altri istituti. L'area educativa risponde molto bene alle esigenze istituzionali e quella sanitaria presenta criticità pressoché nulle. Chiudere un carcere così ben messo sarebbe un autentico suicidio per un'amministrazione costretta a fare i conti con altre realtà che di cotanta efficienza ne hanno ben poca»;
   già due altri istituti, quello di Marsala e quello di Laureana di Borrello, sono stati recentemente chiusi nonostante presentassero minori criticità trattamentali rispetto a tutti gli altri –:
   di quali informazioni disponga in merito alla possibile chiusura del carcere di Avezzano;
   se vi siano motivi – e quali siano – che rendono necessaria la chiusura della struttura penitenziaria in questione;
   se non ritenga di dover predisporre con urgenza un progetto in grado di garantire l'esistenza del carcere di Avezzano, il quale rientra a buon diritto tra i migliori carceri d'Italia. (4-18700)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'ANSA il 23 novembre 2012, un detenuto si è dato fuoco ieri sera nel carcere fiorentino di Sollicciano. L'uomo, 30 anni, è stato soccorso dal suo compagno di cella ed ora è ricoverato in gravi condizioni al Centro ustionati di Pisa;
   secondo una prima ricostruzione il trentenne avrebbe riportato ustioni al volto e in altre parti del corpo, probabilmente utilizzando una bombola di gas che alimenta un fornellino da cucina. Il detenuto avrebbe anche inalato il gas e ciò gli avrebbe provocato un leggero inizio di intossicazione. Non sono ancora i chiari i motivi che hanno spinto il giovane a compiere il gesto di autolesionismo;
   sulla vicenda il garante dei diritti dei detenuti del comune di Firenze, Franco Corleone, ha dichiarato: «Non ci sono parole adeguate per questa ennesima tragedia. Il silenzio del Governo, del Presidente del Consiglio e dei ministri coinvolti, è davvero imbarazzante. Circolava l'ipotesi che si trattasse di un incidente, ma sicuramente non lo è stato poiché se prendo un fornello e questo prende fuoco cerco di liberarmene, non lo tengo in mano. Tra le ipotesi, quella che alla base del tentato suicidio ci siano un'incomprensione o una lite con la moglie: alcuni detenuti hanno raccontato che nel pomeriggio l'uomo, fiorentino, condannato per reati comuni, si era mostrato molto turbato, poiché la donna ieri non si era presentata al colloquio in carcere. Sono convinto che la catena del digiuno ad oltranza per un decreto-legge contro il sovraffollamento deve continuare, soprattutto perché le richieste sono ragionevoli e condivise dal Consiglio Superiore della Magistratura. La ministra Paola Severino continua a baloccarsi con proposte irrilevanti e si assume così la responsabilità dell'Apocalisse» –:
   quale sia la ricostruzione ufficiale dell'evento segnalato in premessa;
   se e come il 22 novembre 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se, con riferimento al tentato suicidio dell'uomo, non siano ravvisabili profili di responsabilità sul piano amministrativo-disciplinare in capo al personale penitenziario;
   se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
   se non si ritenga preoccupante il numero crescente di suicidi, tentativi di suicidio, atti gravi di autolesionismo, nelle strutture detentive italiane e nello specifico caso della casa circondariale di Sollicciano;
   cosa si intenda fare per decongestionare il sovraffollamento nel carcere di Sollicciano e per incrementare l'organico del corpo degli agenti di polizia penitenziaria e delle altre figure professionali, in particolare educatori e psicologi, indispensabili per migliorare le condizioni psicologiche di detenzione. (4-18701)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ADNKRONOS il 23 novembre 2012, un detenuto di origini campane di 51 anni, collaboratore di giustizia, è morto all'ospedale di Monza, dopo aver tentato il suicidio nel carcere del capoluogo brianzolo;
   la drammatica notizia è stata diffusa da Donato Capece, segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria Sappe, il quale ha dichiarato: «Il 20 novembre il detenuto aveva tentato di porre fine alla propria vita cercando d'impiccarsi e solo grazie al tempestivo intervento del personale di Polizia Penitenziaria in servizio si è riusciti congiuntamente al personale medico e paramedico a trasportare urgentemente il detenuto presso la struttura ospedaliera più vicina. Purtroppo la vicenda ha portato ad aggiornare l'elenco delle persone morte per suicidio, anche se il decesso non sé avvenuto all'interno del penitenziario. Il personale di Polizia Penitenziaria è intervenuto nell'immediatezza e con la professionalità che lo distingue, nonostante tutte le problematiche che affliggono il corpo. Nella situazione in cui versa attualmente il pianeta carcere, gli eventi critici potranno solo aumentare in modo esponenziale e l'operato del personale di Polizia Penitenziaria risulterà vano, se non si troverà una celere soluzione a tutte quelle criticità legate alla maggior parte degli istituti penitenziari italiani» –:
   se non ritenga opportuno disporre un'ispezione presso il carcere di Monza per fare luce sull'esatta dinamica dell'episodio e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione;
   se il Ministro, per la riduzione del numero di suicidi tra i detenuti, oltre ai naturali rapporti di valorizzazione e di rispetto della persona, non ritenga opportuno incrementare la pratica dell'identificazione del «profilo» della persona ad alto rischio di suicidio;
   se non ritenga importante l'aggiornamento del personale, onde facilitare la valutazione dei segnali precoci di rischio di suicidio. (4-18702)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riferito il 23 novembre 2012 dall'avvocato Vinicio Vannucci, presidente delle camere penali di Livorno, al quotidiano Il Tirreno, «il carcere delle Sughere di Livorno ospita in questo momento circa 140 detenuti; nonostante il numero delle persone recluse sia inferiore alla capienza regolamentare la situazione è ugualmente drammatica visto che solo un'ala del penitenziario è occupata, mentre le altre due sono state sgomberate per inagibilità»;
   in realtà, nel penitenziario livornese è stata costruita da tempo un'ala nuova e moderna, dove non manca l'acqua calda e i servizi igienici sono separati dalle altre aree. Il problema è che questo nuovo padiglione è pronto, ma resta chiuso –:
   quali siano le cause esatte che impediscono l'apertura del nuovo padiglione del carcere delle Sughere di Livorno e se non siano ravvisabili eventuali responsabilità politico-amministrative in merito a questo ritardo;
   quali sia ad oggi la tempistica per l'apertura del nuovo padiglione. (4-18703)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato in un articolo scritto il 22 novembre 2012 da Giacomo Londra per il quotidiano Il Piacenza, gli agenti di polizia penitenziaria assegnati presso il carcere piacentino sono stati costretti a pagare di tasca propria anche il carburante necessario per il trasferimento dei detenuti;
   l'episodio è avvenuto il 12 novembre 2012 allorquando un mezzo della polizia penitenziaria doveva trasferire un detenuto a Bologna. Nel viaggio di ritorno, a Reggio Emilia, si è accesa la spia rossa della riserva. Gli agenti sono usciti dall'autostrada per trovare un distributore convenzionato per i rifornimenti che accettasse la tessera della compagnia petrolifera in dotazione alla penitenziaria, grazie a un accordo tra il Ministero della giustizia e la compagnia. Dopo un po’ di giri gli agenti hanno trovato una stazione di servizio convenzionata, ma ciò nonostante gli stessi sono stati costretti a pagare di tasca propria il piano di carburante in quanto il gestore dell'impianto sostiene che a lui non conviene rispettare la convenzione atteso che il Ministero rimborsa il pagamento solo dopo molti anni –:
   quali iniziative intenda promuovere al fine di verificare i disservizi sopra descritti e quali provvedimenti intenda assumere al fine di garantire l'efficienza del servizio relativo al rifornimento del carburante dei mezzi assegnati agli agenti di polizia penitenziaria. (4-18704)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 23 novembre 2012 una signora di Orgosolo si è rivolta all'associazione «Socialismo Diritti Riforme», presieduta da Maria Grazia Caligaris, per manifestare l'esigenza che suo figlio, P.U., detenuto all'interno del carcere di Viterbo, torni in Sardegna per scontare la pena inflittagli;
   nell'appello – pubblicato il 23 novembre 2012 su Ristretti Orizzonti – la donna scrive quanto segue: «Aiutatemi a salvare la vita di mio figlio. Ha perso 12 chili in poco più di un mese. Un dimagrimento che lo ha ridotto in condizioni penose. Ha appena 28 anni e per la distanza non lo vediamo da circa un anno. Siamo disperati. Le condizioni economiche della famiglia e lo stato di salute del padre non ci permettono di poter effettuare i colloqui regolarmente. Le condizioni di salute di mio figlio hanno destato preoccupazione tra i medici dell'infermeria dell'Istituto Penitenziario di Viterbo inducendoli a prescrivergli dei farmaci e a fissare una nuova visita il prossimo 30 novembre. Nostro figlio è stato condannato per gli errori commessi a una pena detentiva che sta scontando ma non possiamo accettare di avvertire nella sua voce e attraverso le sue parole una così grande disperazione. Abbiamo molta paura per la sua incolumità. Le parole che pronuncia al telefono ci fanno ritenere che non sia più in grado di reggere la distanza dalla sua famiglia»;
   P.U. è detenuto da quasi 5 anni. Dopo lo sfollamento della casa circondariale di Ferrara, in seguito al sisma, è stato trasferito a Viterbo. In attesa di giudizio definitivo, viene tradotto in Sardegna in occasione delle udienze ma non gli mai stato consentito di poter restare nell'isola. L'ultima volta non ha neppure potuto effettuare i colloqui con i familiari;
   la prossima udienza del processo che lo riguarda è fissata per il 7 dicembre 2012;
   la vicenda segnalata evidenzia ancora una volta la necessità che l'amministrazione penitenziaria rispetti il principio di territorialità della pena soprattutto quando si tratta di persone giovani;
   ed invero la lontananza dalla famiglia accentua il disagio del detenuto rendendolo talvolta insostenibile e generando quelle condizioni psicologiche che spesso diventano l'anticamera di stress incontrollabili –:
   se non ritenga che la rieducazione dei detenuti, e di questo ragazzo in particolare, possa dare un migliore risultato se associata all'ambiente in cui sono nati e cresciuti e dove dovranno tornare a vivere una volta scontata la pena;
   quali iniziative intenda assumere affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;
   se, in occasione dell'udienza del 7 dicembre 2012, non ritenga opportuno, per quanto di competenza, prendere perlomeno in considerazione l'ipotesi di un periodo di permanenza di P.U. nel carcere di Nuoro almeno per consentirgli di effettuare i colloqui con i parenti. (4-18705)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. —Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalla stampa il 24 novembre 2012, il Ministero della giustizia avrebbe diramato una circolare con la quale invita i tribunali a «valutare fin da ora l'opportunità» di limitare l'utilizzo del servizio di registrazione e trascrizione (stenotipia) «ai soli procedimenti nei quali non sia praticabile la redazione di un verbale in forma integrale manuale»;
   nella citata circolare viene ribadito che il Ministero, se non arriveranno i fondi, «dovrà rescindere i contratti» stipulati con le ditte che svolgono il servizio di registrazione e trascrizione (stenotipia) «e, pertanto, a decorrere dal primo dicembre 2012, lo stesso potrebbe essere interrotto»;
   di solito il servizio di stenotipia viene svolto dai dipendenti di una ditta esterna, che prima registrano le udienze – in audio o in video – e poi le «sbobinano», trasformandone il contenuto in file. I fondi per pagare questo servizio, però, stanno per finire e quindi, in attesa di nuovi stanziamenti, questa circolare ministeriale invita i cancellieri a supplire con la redazione di un verbale manuale;
   al momento la verbalizzazione manuale non è «consigliata» quando si tratti di «udienze penali nei processi con rito direttissimo, con imputati in stato di fermo o detenzione, ovvero nei procedimenti in cui si decide in merito a provvedimenti restrittivi della libertà personale»;
   lo scopo della citata circolare dovrebbe essere quello di evitare scoperture temporanee del servizio di stenotipia in vista del rinnovo della convenzione, per il quale manca solo il formale via libera della DigitPa (l'Ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione);
   il presidente della corte d'appello di Firenze, dottor Fabio Massimo Drago, sostiene che la verbalizzazione a mano provocherà un inevitabile rallentamento dei lavori con il conseguente raddoppio o triplicazione dei tempi dei processi penali;
   nella circolare in questione è scritto inoltre che a maggio scorso la direzione generale del Ministero della giustizia ha chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze «l'integrazione ai fondi inizialmente stanziati sui vari capitoli di spesa che sono risultati insufficienti alle effettive esigenze». Tale richiesta, si legge ancora, «è stata avanzata anche in relazione al capitolo di spesa per i costi relativi al servizio di documentazione degli atti processuali penali», e poiché il Ministero dell'economia e delle finanze «non ha ritenuto di dover effettuare l'integrazione richiesta», al Ministero della giustizia «si è presa in considerazione la possibilità di sopperire alla mancanza di risorse con gli stanziamenti provenienti dal Fondo Unico Giustizia della cui ripartizione, tuttavia, a oggi non è ancora pervenuta notizia certa» –:
   se e quali urgenti iniziative o provvedimenti intendano adottare per porre rimedio a tale preoccupante situazione e se, per fare ciò, non intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, ogni opportuna iniziativa per predisporre una congrua integrazione dei fondi necessari alla salvaguardia del servizio di registrazione e trascrizione degli atti processuali.
(4-18715)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 novembre 2012 è stata presentata un'interrogazione inerente ai rapporti tra il pubblico ministero di Varese dottor Agostino Abate e il gruppo imprenditoriale Polita;
   nella predetta interrogazione si dava atto che il pubblico ministero dottor Abate è stato esclusivo promotore di tutte le istanze di fallimento delle società del gruppo;
   la prima delle società fallite, La Quiete s.r.l., storica clinica privata della città di Varese, aveva ed ha tuttora un'esposizione di 1.200.000 euro per imposte non pagate dalla precedente gestione della clinica di proprietà di tali fratelli Riva, poi acquistata dal gruppo Polita;
   la medesima gestione Riva aveva anche un debito chirografario di 500.000 euro nei confronti di una banca garantito con un'ipoteca su un immobile dei fratelli Riva all'isola d'Elba;
   i predetti crediti dello Stato hanno come noto in forza di legge un diritto di prelazione rispetto ai crediti chirografari;
   con l'intervento del pubblico ministero dottor Abate e del curatore fallimentare della società La Quiete s.r.l., dottor Bianchi, è stato consentito alla signora Riva Sofia di pagare alla Banca Popolare di Industria e Commercio la somma di 500.000 euro con denaro assegnato dal giudice delegato dottor Cosentino al fallimento, liberando con ciò il proprio immobile dall'ipoteca, prima ancora che si assicurasse il pagamento dei crediti privilegiati dello Stato tuttora inevasi e determinati proprio dalla gestione Riva;
   oltre alla singolare posizione del pubblico ministero Abate, già oggetto della precedente interrogazione n. 4-18642, il quale sulla stessa vicenda risulta contestualmente «indagatore» e a sua volta oggetto di indagine in un procedimento penale attualmente al vaglio del GIP di Brescia – nella predetta gestione dei fallimenti delle società del gruppo Polita, si appalesa anche un grave pregiudizio delle ragioni dello Stato sotto il profilo dei mancato incasso di crediti erariali –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente del mancato incasso da parte dell'erario dei 500.000 euro pagati direttamente a Riva Sofia e non al fallimento, e se ritengano opportuno promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza. (4-18719)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   alcuni detenuti – attualmente in regime di semilibertà presso il reparto semiliberi della casa circondariale di Rebibbia Reclusione – tra i quali Paolo Persichetti hanno ricevuto una contestazione disciplinare dalla direttrice del reparto semiliberi dell'istituto di pena romano;
   i motivi sui quali si basano le contestazioni disciplinari in questione sono stati illustrati dallo stesso detenuto in un articolo pubblicato su Gli Altri Online del 7 novembre 2012;
   la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno sottoporre all'attenzione del Ministro interrogato il contenuto integrale del predetto articolo: «Sabato 3 novembre, oggi non si esce alle 7.00, C’è una lista di 15 persone convocate dalla direttrice di reparto. Poco dopo le 8.00 cominciano le udienze. Si sentono delle grida femminili uscire dall'ufficio. Uno alla volta escono i detenuti, i volti sono scuri, alcuni allucinati. “Ma chi è questa? Ma chi ce l'ha mannata?” Poco dopo le 10.00 tocca a me. Entro e vengo invitato a sedere. Esito prima di farlo. La direttrice è furibonda, si vede da lontano. Tuttavia all'inizio prova ad usare un tono tranquillo. “Risulta un ritardo nei pagamenti dei suoi stipendi, l'ultima mensilità è di agosto”. Me l'aspettavo una domanda del genere perché aveva fatto la stessa osservazione ad altri. Vuoi vedere che non sa nemmeno che i miei pagamenti sono trimestrali? Mi ero detto. Glielo spiego e tutto si risolverà facilmente. Povero illuso! “Dottoressa, il calendario delle mie retribuzioni è in perfetta regola. Come prevede il contratto, i compensi corrisposti dal mio datore di lavoro hanno cadenza trimestrale. A settembre è stato pagato il trimestre estivo. Il prossimo saldo è previsto a dicembre”. Che errore madornale! Senza saperlo ho pronunciato la parola indicibile: “contratto”. Cosa sarà mai un contratto? Questo oscuro oggetto dalla natura ormai sempre più evanescente. La responsabile di reparto assume subito un'aria infastidita. “Ma non è regolare, non è indicato nel programma di trattamento”. “Non so che dirle dottoressa, ma il contenuto del programma viene redatto dalla Direzione in coordinamento con il magistrato di sorveglianza. La cadenza dei pagamenti non è mai stata specificata in nessuno dei miei programmi di trattamento, si tratta di un'informazione che è contenuta nel contratto a cui il programma rinvia”. A questo punto la direttrice obietta seccata di non aver trovato traccia del mio contratto da nessuna parte, lasciando intendere che è colpa mia perché non lo avrei mai depositato. Abbastanza sconcertato da questa replica, ma tuttavia sempre con un tono garbato, le faccio presente che nel mese di maggio ho presentato un nuovo contratto di lavoro, stipulato con una nuova testata dopo la definitiva chiusura della precedente, accompagnandolo con una richiesta di variazione del programma, il tutto in doppia copia come da prassi, con relativo modello 393 (la domandina) allegato e che tutto ciò ha dato luogo alle verifiche del caso, per giunta con un grosso ritardo e l'intervento risolutore dell'avvocato. La notifica del nuovo programma richiesto a fine maggio è pervenuta solo ad inizio luglio. Verifiche – aggiungo – che hanno coinvolto l'assistente sociale dell'Uepe, venuta sul nuovo posto di lavoro, e la successiva valutazione della Direzione e del magistrato di sorveglianza. Davanti alla mia replica, la direttrice si mostra sorpresa. La sua reazione mi fa capire che non è al corrente del cambiamento di datore di lavoro, dell'esistenza del nuovo programma e persino del contenuto dei miei precedenti contratti, nonostante diriga il reparto ormai da più di due anni, tant’è che mi chiede: “Perché ha un contratto a tempo determinato?”. “Ho sempre e solo avuto contratti del genere, scritture private rinnovate annualmente e che ho sempre consegnato in copia a questa Direzione. I pagamenti previsti erano sempre trimestrali. Salvo ritardi”. “Allora si sarebbero dovuti rinnovare anche i programmi di trattamento ad ogni scadenza di contratto!”. Posto che probabilmente ciò accade solo se vi è un cambiamento di datore di lavoro o di mansioni, o di altre variazioni qualsiasi; ma se il rinnovo consiste in un prolungamento del precedente rapporto lavorativo, senza cambiamenti, vi è da supporre che il programma resti invariato. In ogni caso una tale questione non riguarda il detenuto ma le scelte della Direzione, che se non lo ha fatto avrà avuto le sue buone ragioni. Infatti rispondo: “Sarà pure così dottoressa, ma cosa c'entriamo noi detenuti? A me competeva soltanto depositare i rinnovi contrattuali e l'ho fatto”. “Mi dimostri che lo ha fatto allora!”. “Come sarebbe a dire, ”mi dimostri che lo ha fatto”? Vuole forse insinuare che mi è stata concessa la semilibertà senza contratto di lavoro, che da oltre 4 anni sono in situazione irregolare, a questo punto con l'avallo di ben due magistrati di sorveglianza che si sono succeduti nel frattempo e della Direzione che l'ha preceduta?”. “No, è lei che insinua che l'Amministrazione ha perso i suoi contratti.”. La direttrice prende in mano un vecchio programma di trattamento, forse il penultimo, e inizia a leggere il dispositivo iniziale: ‘Per svolgere attività lavorativa... offerta le cui modalità sono riportate nel corpo dell'ordinanza di concessione della misura’. Ah, ah, vede, qui si parla di una ‘offerta’. I detenuti ottengono la semilibertà sulla base di una offerta di lavoro che è altra cosa da un contratto vero e proprio, che poi non portano mai”. “Continua ad insinuare che non ho un contratto, dottoressa? Ma lo sa che concessa la misura della semilibertà, nel maggio 2008, arrivato in questo carcere sono rimasto chiuso una settimana in attesa che fosse materialmente consegnato alla Direzione il contratto (che per quel che mi riguarda era già in corso dal gennaio 2008, quando ero ancora chiuso al Nuovo complesso)? Se i miei contratti non li trovate è un problema vostro, mica mio!”. L'atmosfera è ormai irrimediabilmente compromessa. La direttrice urla, sovrappone nevroticamente le domande, non ascolta le risposte, sbraita frasi scomposte. Testimone della scena è un Ispettore che nel frattempo ha aperto un cassetto e da un fascicolo tira fuori il nuovo programma. Mostra di essere perfettamente al corrente di tutto, perché ricorda il passaggio dalla vecchia redazione, che ha chiuso, alla nuova. È imbarazzato per la situazione, con gli occhi mi suggerisce, quasi mi prega, di non reagire. Sussurra di non rispondere. Ma la direttrice insiste, usa un'aria di sfida. Non è la prima volta. Quando è in difficoltà provoca. “Che fa si scalda? Come mai è così nervoso? C’è qualcosa che non va? Non è in grado di dimostrare che ha i contratti? Ce li porti, se li ha!”. “A casa ho la collezione, dottoressa. Sono sommerso da carte burocratiche, copie di fax, mobilità, licenze. Posso dimostrare quello che voglio, ma siete voi che dovete ritrovare quelle carte, altrimenti devo cominciare a preoccuparmi se qui dentro spariscono documenti ufficiali.”. “Sta forse accusando l'Amministrazione?”. “Veramente, dottoressa, è lei che accusa me di essere un truffatore, e questa è una cosa irricevibile. Lei non può farlo”. E sì, ho commesso l'irreparabile senza nemmeno accorgermene. Quello che ai suoi occhi appare il crimine peggiore, la lesa maestà. Una volta l'ha pure scritto: “La sua forma mentis lo conduce ad avere talora, un atteggiamento ”paritario” (anche se tale aggettivo rischia di acquisire una valenza negativa) nei confronti di un'Amministrazione verso la quale, comunque, egli deve rispondere del proprio comportamento e non trattare da pari: il tutto, ovviamente, nel rispetto del diritti della persona. Talora però nel soggetto pare vi sia una difficoltà a rendersi conto che, a differenza di quanto accade in un rapporto tra persone fisiche, rapportarsi con l'Amministrazione richiede una diversa ”dialettica”, fatta – anche obtorto collo – di una puntuale esecuzione delle direttive o anche, delle sole indicazioni fornite dalla stessa e dai suoi operatori”. Insomma dovevo (...) abbassare lo sguardo, mettere giù le orecchie, (...) come fanno gli altri, riconoscere di essere in torto, ammettere di avere truffato l'Amministrazione, due magistrati di sorveglianza, l'assistente sociale dell'Uepe, la Direzione del carcere, l'area trattamentale, la custodia, la polizia. Tutti presi per i fondelli. Tutti a credere da più di quattro anni che avevo un contratto di lavoro. E pure l'ufficio delle imposte. Fregati tutti. E a quel punto con la coda fra le gambe invocare perdono, intrecciare le dita come Fantozzi davanti al direttore megagalattico seduto su una poltrona di pelle umana nel suo ufficio all'ultimo piano. Ammetto la mia ingenuità. Ci sono cascato! Ho continuato a pensare che non si potesse negare l'evidenza che esiste un principio di realtà. Ma l'evidenza non conta di fronte all'autorità che si ritiene infallibile. Così la direttrice è sbottata. “Come si permette, non può rivolgersi a me in questo modo. Vada fuori di qui!”»;
   occorre precisare che la contestazione disciplinare riguardante il mancato rispetto alla direttrice sarebbe stata elevata anche nei confronti, per quanto si è a conoscenza, di almeno altri due detenuti convocati quel giorno dalla direttrice insieme al Persichetti;
   nei prossimi giorni il collegio dovrà pronunciarsi sul rapporto disciplinare redatto dalla direttrice del carcere di Rebibbia nei confronti di Paolo Persichetti –:
   di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
   se non intenda aprire un'inchiesta amministrativa sull'operato della direttrice del carcere di Rebibbia Reclusione – reparto semiliberi – in merito alla vicenda riportata in premessa, ciò anche al fine dell'adozione di eventuali provvedimenti disciplinari nei suoi confronti. (4-18722)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 29 ottobre 2012 è stato firmato a Nizza, tra l'amministrazione provinciale di Cuneo e i rappresentanti istituzionali francesi, il protocollo d'intesa per il potenziamento e la valorizzazione della linea ferroviaria Nizza-Cuneo-Torino;
   l'accordo sottolinea l'interesse del nostro Paese e della Francia in favore di un collegamento ferroviario fondamentale per lo sviluppo economico e turistico;
   nella medesima circostanza, è stato chiesto di valorizzare questa linea ferroviaria che consentirebbe un collegamento diretto fra Torino, Cuneo e Nizza attraverso l'interoperabilità dei convogli, gli accordi tra le rispettive agenzie nazionali in merito alla regolamentazione della sicurezza della circolazione e il rinnovo dell'infrastruttura;
   in sede di accordo è stata, altresì, espressa la necessità di una nuova convenzione, che superi quella obsoleta del 1970, per garantire una equa ripartizione degli oneri finanziari per il rinnovo, la manutenzione e la gestione della linea ferroviaria;
   da dicembre 2009, infatti, non ci sono treni francesi e italiani che effettuano il collegamento diretto tra Nizza e Cuneo a causa dell'incompatibilità della segnaletica tra i due Paesi;
   a fronte di quanto premesso e data la valenza strategica di tale collegamento sia per le relazioni transfrontaliere sia per lo sviluppo economico e turistico dei territori interessati, risulta opportuno avviare ogni percorribile iniziativa al fine di dar seguito all'accordo firmato a Nizza e garantire un collegamento transfrontaliere diretto in tempi ragionevoli –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per stipulare una nuova convenzione tra il nostro Paese e la Francia, essendo quella del 1970 obsoleta, al fine di garantire un'equa ripartizione degli oneri finanziari per la manutenzione e la gestione della linea ferroviaria;
   quale sostegno, per quanto di competenza, il Governo intenda offrire al fine di dar seguito all'accordo firmato a Nizza. (5-08510)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del regolamento (CE) n. 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Turkmenistan, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare al fine di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18682)


   ZAZZERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Puglia sono in fase di progettazione numerose arterie stradali e l'ammodernamento di strade già esistenti;
   secondo quanto riportato dal Forum ambiente e salute Lecce, le superstrade Maglie-Otranto, Maglie-Tricase/Leuca, Lecce Melendugno, Taranto-Avetrana, provocheranno l'espianto di oltre 20.000 alberi di ulivo, di cui alcuni secolari, protetti con normativa regionale dall'espianto, anche se finalizzato al successivo reimpianto;
   oltre alla perdita degli alberi simbolo della Puglia, il territorio sarà costretto a subire anche danni all'architettura rurale, al suolo, al paesaggio e alle aree archeologiche;
   in tal senso, desta particolare preoccupazione il progetto di ammodernamento e di messa in sicurezza dell'arteria Maglie-Otranto, perché si sarebbe tradotto in un «faraonico progetto di quattro corsie (con complanari a due corsie, e sei cavalcavia)» su un tratto stradale peraltro già moderno e scorrevole;
   il progetto che ha avuto il via libera dal CIPE nel 2001, ha ricevuto l'autorizzazione paesaggistica della regione Puglia nell'agosto 2012;
   tuttavia tale l'autorizzazione, avvenuta in deroga piano paesaggistico, sarebbe in contrasto con il piano territoriale di coordinamento della provincia di Lecce (PTCP-2008) che prevede la Maglie-Otranto quale strada parco, senza vincoli sopraelevati;
   l'obiettivo generale del piano territoriale di coordinamento della provincia è quello di migliorare la qualità e le prestazioni fisiche, sociali e culturali del territorio;
   in particolare il piano territoriale di coordinamento della provincia prevede che «Il Salento, deve poter essere attraversato da percorsi che dal parco abbiano i caratteri e che consentano di cogliere la ricchezza delle situazioni storiche, culturali, architettoniche, urbane e paesistiche che fanno di questo territorio un unico grande parco. Per raggiungere questo obiettivo il Piano seleziona alcuni percorsi che integrandosi al percorso della ferrovia, agli strati e alle stanze del parco non hanno lo scopo di collegare due punti nel modo più rapido, ma di narrare il territorio salentino nelle sue diverse parti. [...] Lungo le strade parco deve essere predisposto un accurato progetto di paesaggio. [...] gli itinerari narrativi utilizzano nella maggior parte dei casi strade esistenti che necessitano di adeguamenti coincidenti più che con allargamenti delle carreggiate, con una loro migliore e nuova attrezzatura laterale (aree di sosta panoramica e parcheggio, ingressi a percorsi altra natura, rapporto con le piste ciclabili, eccetera.)» –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
   se i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, intendano chiarire se siano state rispettate tutte le norme vigenti e, in caso negativo, se e quali iniziative, per quanto di competenza, ritengano opportuno intraprendere.
(4-18698)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il progetto noto come «Terzo ponte» prevede la realizzazione di un raccordo autostradale di 12 chilometri, per collegare la Lombardia (Porto canale Cremona) con l'Emilia Romagna (nuovo casello A21 Castelvetro piacentino) nel cui ambito verrà costruito un nuovo ponte di 200 metri con i piloni nelle acque del Po, l'attraversamento di zona golenale e di 9 chilometri del territorio rurale di Castelvetro;
   si tratta di un progetto che nasce negli anni ’90 per collegare il traffico pesante del Porto di Cremona sulla A21, alleggerendo così il centro del paese ma che poi è stato rivisto nel 2008 e nel 2005 per giungere ad una terza versione con il progetto definitivo del 2010, che dovrebbe essere realizzato da Centropadane spa, di cui sono azionisti gli enti pubblici territoriali (concessione ANAS tratta BS-PC, scaduta il 30 settembre 2011);
   il progetto ha ottenuto (30 agosto 2011) il via libera dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con l'accordo di tutti gli enti, che lo riconoscono come opera di pubblica utilità, dando facoltà a Centropadane di procedere con le fasi di esproprio; l'avvio dei cantieri era previsto nel 2012;
   nell'ultima versione del progetto (2010) non è contenuto alcuno studio aggiornato sul traffico, che rimane quello del 2005, le cui stime (al 2020 e poi al 2033) sono state smentite dalla congiuntura degli ultimi due anni e dei prossimi a venire. I dati ufficiali di traffico, invece, disponibili dal 2008 e mai utilizzati nel progetto, presentano flussi di veicoli inferiori al 60-70 per cento delle stime di progetto;
   neppure rispetto ai costi risulta esservi nell'ultima versione del progetto (2010) alcun aggiornamento, restando quelli del 2005 (euro 216 milioni), nonostante siano intervenute rilevanti varianti, che rimandano al piano finanziario del 2000 (ovvero prima dei tre progetti presentati);
   detti costi, che ricadrebbero su di Centropadane, a quanto consta agli interroganti, sono, tra l'altro, ritenuti un investimento rischioso (IRR negativi), dal consulente esterno di Centropadane (TRT, 2005);
   la realizzazione dell'opera comporterebbe inoltre:
    a) la devastazione di tre aree protette dall'Unione europea (SIC e ZPS), tra cui l'Isola del deserto, una delle più antiche del Po, dove nidificano uccelli in via di estinzione;
    b) la sottrazione di 300 ettari di aree golenali e zone agricole di pregio e frammentati 1000 ettari di habitat di riproduzione avifauna;
    c) l'attraversamento (parte cremonese) di una zona di industrie a rischio di incidente rilevante (che stoccano migliaia di tonnellate di GPL, gas e olii);
    d) la nascita intorno all'infrastruttura di aree speculative, e la sparizione di aziende e fattorie didattiche e frutteti per via della chiusura ad anello di Cremona;
    e) Castelvetro, già attraversato a metà dalla A21, verrà completamente cinturato dal rilevato autostradale fino a 12 metri;
   il documento strategico «verso Expo 2015» (24 maggio 2010), degli industriali di Cremona, che sarebbero, i principali beneficiari, non cita nemmeno il terzo ponte tra le infrastrutture «necessarie»;
   gli ambientalisti hanno duramente criticato l'opera (Legambiente, WWF, Lipu, Italia nostra, Comitati Ambientalisti Lombardi), in particolare gli Amici della grande nonna quercia, un bellissimo esemplare di farnia plurisecolare divenuto simbolo della pianura padana e della sua tutela, mentre il mondo tecnico e scientifico ha pubblicato un dossier con i contributi di 20 docenti universitari, alcuni di chiara fama che boccia senza appello il progetto, sui piani urbanistico, viabilistico, ambientale, sociale, economico, e vengono proposte alternative molto meno costose e meno impattanti;
   nonostante l'importanza dell'opera, tra il 2006 e il 2010 nessun ente ha mai promosso un incontro pubblico. A seguito della pubblicazione dell'ultimo progetto (31 marzo 2010), il sindaco di Castelvetro ha rifiutato di convocare un consiglio comunale aperto, indirizzando i cittadini a un incontro promosso dal comune di Cremona, a pochi giorni dalla scadenza delle osservazioni (30 maggio 2010) –:
   se corrisponda al vero quanto riferito in premessa;
   a quale stadio sia attualmente l'avvio dei cantieri;
   se non ritenga il Governo, in un contesto di austerità economico-finanziaria, di riconsiderare il proprio favore al progetto in modo da riesaminarlo alla luce di più aggiornati studi sui reali flussi di traffico e degli effettivi costi dell'opera;
   quali iniziative di competenza si intendano promuovere rispetto alle criticità ambientali dell'opera spiegate in premessa e per il rispetto delle direttive sulle aree protette;
   quali iniziative il Governo intenda promuovere per sanare il problema del mancato coinvolgimento della cittadinanza alle decisioni concernenti la realizzazione dell'opera. (4-18709)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con nota 0002220 del 17 marzo 2010 il Ministero dell'interno ha autorizzato la convenzione tra l'INPS e l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi;
   in data 22 giugno 2010 è stato sottoscritto il nuovo testo della convenzione tra l'INPS e l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi (ENS) per la riscossione dei contributi associativi sulle pensioni previsti dall'articolo 1-undecies della legge 21 ottobre 1978, n. 641;
   secondo la circolare INPS n. 95 del 20 luglio 2010 l'autorizzazione ad effettuare le trattenute avviene mediante delega, secondo il testo predisposto dall'INPS, sentita l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, debitamente sottoscritta dal titolare della prestazione e controfirmata dal responsabile locale dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, che vi apporrà anche il timbro dell'Associazione, che si impegna agli adempimenti richiesti dal decreto legislativo n. 196 del 2003;
   come da circolare di cui sopra, la quota associativa, comunicata dall'Ens, è di euro 100,00 annui;
   l'articolo 11 della convenzione prevede la costituzione da parte dell'INPS di una apposita banca dati delle quote associative nella quale saranno caricati i dati delle deleghe, nuove deleghe, revoche, eliminate e altro;
   l'articolo 12 della convenzione predetta ha validità fino al 31 dicembre 2012 –:
   quale sia, nel rispetto delle norme in materia di tutela dei dati personali, il numero delle deleghe debitamente sottoscritte dai titolari delle prestazioni, relative alla convenzione in corso con scadenza 31 dicembre 2012;
   se ritenga il Ministro dell'interno di non procedere ad un rinnovo della convenzione stessa, vista la grave situazione congiunturale di una posizione debitoria di euro 12.403.891,94, che «costituisce un ostacolo nella gestione ordinaria della Sede Centrale Ens e dunque dell'Ente nella sua interezza» come hanno scritto il presidente nazionale e il segretario nazionale dell'Ente;
   se al contrario, si è già proceduto al rinnovo, se non ritenga il Governo di valutare se sussistano i presupposti per bloccare l'intera somma derivante dalla riscossione dei contributi associativi previsti dall'articolo 1-undecies della legge 21 ottobre 1978, n. 641, per tamponare la situazione debitoria. (5-08507)

Interrogazione a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA il 20 novembre 2012 e poi ripreso successivamente da tutti i principali quotidiani abruzzesi, il capoclan dei Rom di Giulianova, il 56enne Achille Di Rocco, ha presentato una denuncia presso la procura della Repubblica di Teramo nei confronti del sindaco del comune di Giulianova, Francesco Mastromauro;
   nella denuncia presentata da Achille Rocco, personaggio storico e molto conosciuto nella comunità giuliese, il sindaco di Giulianova viene accusato di aver tenuto comportamenti discriminatori dal punto di vista razziale nei confronti di persone di etnia Rom;
   lo stesso signor Di Rocco, definendosi vittima di una sorta di «apartheid», sottolinea di essere stato fatto oggetto di «un'azione politica condotta dall'amministrazione del Comune di Giulianova che sembra decisa a voler risolvere il problema dell'integrazione tra la “popolazione” e i “rom stanziali” tramite lo “spostamento” di quest'ultimi dalle case popolari»;
   la vicenda che ha originato la denuncia nasce dallo sfratto che la famiglia rom (tra i cui componenti ci sono anche una invalida ultraottantenne e un ragazzo di 10 anni) ha subito dal sindaco Francesco Mastromauro sulla base di una condanna subita anni fa dalla moglie del signor Di Rocco, condanna peraltro successivamente annullata in un processo di revisione della causa;
   sullo sfratto esiste un contenzioso civile tra il comune di Giulianova e la famiglia del signor Di Rocco, ma per quest'ultimo la discriminazione razziale sarebbe dovuta al fatto che «un normale procedimento amministrativo volto a verificare la sussistenza dei presupposti per un'eventuale decisione di revoca dell'assegnazione di un alloggio popolare, è stato presentato come un'iniziativa politica dal sindaco Mastromauro, per di più “spettacolarizzata” tramite un inusuale e martellante ricorso alla stampa» –:
   se il Ministro sia a conoscenza della grave vicenda;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere in relazione a tale vicenda che evidenzia, ad avviso degli interroganti, l'adozione da parte dell'amministrazione comunale della città di Giulianova di atti e comportamenti che sembrano finalizzati ad assecondare, anziché a contrastare, un sentimento di odio razziale nei confronti dei cittadini italiani di etnia rom già assegnatari di case popolari. (4-18720)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere, – premesso che:
   il LES (lupus eritematoso sistemico) è una malattia autoimmune cronica – invalidante e non contagiosa – dovuta a una risposta eccessiva e distorta del sistema immunitario. Questa è rilevata dalla presenza nel siero di proteine particolari, gli anticorpi, che reagiscono con strutture (antigeni) presenti sulle cellule o nei tessuti del soggetto. Gli anticorpi più frequenti e più caratteristici sono diretti contro il DNA, un componente del nucleo cellulare dove risiede l'informazione genetica dell'individuo. Questa disfunzione del sistema immunitario, pertanto, invece di proteggere come dovrebbe dall'azione dei virus e dei batteri, attacca gli organi e i tessuti. Può coinvolgere la cute, le articolazioni, i muscoli, il sistema nervoso, il sangue e può colpire vari organi interni come i reni, il cuore, il cervello, i polmoni provocando infiammazioni e, a volte, danni anche molto seri e irreversibili. Ha sintomi molto variabili tra i quali la febbre, i dolori articolari e muscolari, gli eritemi e può provocare aborti. La causa del LES è tuttora sconosciuta e non esiste una cura definitiva. Gli schemi terapeutici adottati possono essere differenti a seconda della gravità della malattia e a seconda che la malattia sia in fase acuta o «in remissione»: corticosteroidi, antinfiammatori, immunosoppressori, da soli o in combinazione, con lo scopo di tenere sotto controllo l'eccessiva attività del sistema immunitario. Uno degli obiettivi principali della ricerca sul LES è quello di individuare terapie più efficaci e di arrivare a una diagnosi più tempestiva, per prevenire le complicazioni peggiori e la compromissione degli organi interni. Diffuso in tutte le aree geografiche, il LES colpisce prevalentemente le donne in età fertile (il 90 per cento dei malati sono donne), ma non risparmia neppure i bambini (LES pediatrico) e gli anziani. È una malattia poco frequente: per ogni milione di persone vi sono 20-80 nuovi casi/anno. In Italia vivono circa 50.000 persone affette da LES –:
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
    c) sostenere i malati anche attraverso centri di ascolto e assistenza ovvero alle associazioni di malati;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno del settore pubblico al riguardo;
   se esista un coordinamento per la ricerca e/o la cura di detta patologia a livello europeo ed in cosa si concretizzi;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nei Paesi dell'Unione europea, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno dell'Unione europea al riguardo. (4-18683)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome di Williams (SW) è una condizione genetica descritta per la prima volta nel 1961 in Nuova Zelanda. Le persone con SW presentano una delezione del cromosoma 7, con la quale vengono persi una trentina di geni. Le persone Williams presentano particolari caratteristiche del volto, con fronte ampia, iride a stella e labbra grosse e una sorta di «asimmetria» nel funzionamento delle loro capacità cognitive, con una compromissione delle capacità visive e spaziali e un relativo risparmio delle abilità linguistiche. Sono inoltre molto comuni i difetti cardiovascolari, soprattutto la stenosi sopravalvolare dell'aorta e la stenosi dell'arteria polmonare. I bambini presentano un ritardo nella coordinazione motoria, una notevole fluidità linguistica e una particolare predisposizione per la musica e per l'apprendimento delle lingue straniere. La diagnosi clinica viene confermata con tecniche di citogenetica molecolare (ibridazione in situ fluorescente, FISH), che evidenzia la delezione della regione critica. Quasi tutti i casi originano da nuova mutazione, per cui il rischio di ricorrenza, nei figli successivi della coppia che ha avuto un figlio con SW, è trascurabile –:
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-18684)


   DI GIUSEPPE e DI PIETRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il mondo della scuola si prepara a vivere una ulteriore rivoluzione; infatti dal settembre 2013, nasceranno gli istituti comprensivi, istituti scolastici che accorperanno scuole dell'infanzia (asili), primarie (elementari) e secondarie di primo grado (medie), che saranno riunite sotto un'unica dirigenza;
   l'intesa tra Stato e regioni ha stabilito che in Molise dovranno esserci 54 istituzioni scolastiche autonome a fronte delle 82 attuali, numero di scuole scaturito dal divisore di 900 alunni per istituzione scolastica;
   la provincia di Campobasso ha convocato, per il 23 novembre 2012, la conferenza per il dimensionamento scolastico; nel piano vengono proposte dieci mega scuole con oltre 1000 alunni collocate, tra l'altro, nei comuni di Termoli, Boiano e Campobasso;
   come ampiamente denunciato dalla FLC CGIL-Molise nella nota sindacale del 20 novembre 2012, appare inspiegabile il perché non si sia tenuto conto del numero di 900 alunni stabilito nell'intesa tra Stato e regioni, così come è singolare il fatto che nella città di Campobasso ci siano scuole come l'istituto comprensivo Jovine, con 600 alunni ed altre, come l'istituto comprensivo Petrone con 1300 alunni;
   la provincia di Campobasso, quasi a compensare le mega istituzioni da mille alunni, propone, nel piano citato, di creare dieci istituzioni scolastiche aventi meno di 600 alunni; questa scelta sembra non tenere in considerazione la realtà degli Istituti scolastici siti in aree montane e in aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Infatti, così facendo, verrebbero unite scuole di piccoli centri con altre, vicine ai centri maggiori. In questo senso è sintomatica la scomparsa dell'istituto comprensivo di Petrella, di Montefalcone, di Castelmauro, di Portocannone e di Ururi, o l'accorpamento della scuola di Castellino del Biferno alla scuola «Montini» di Campobassso;
   è opportuno precisare che, cessato l'obbligo di istituire istituti comprensivi, il dimensionamento si potrebbe realizzare in maniera orizzontale unendo, da una parte, scuole primarie e, dall'altra, scuole secondarie di primo grado; in quest'ottica gli istituti onnicomprensivi dovrebbero rappresentare delle eccezioni ma nella provincia di Campobasso se ne prevedono addirittura sette;
   secondo quanto si apprende dal piano di riordino, appare paradossale il caso dell'istituto comprensivo Petacciato, comune distante solo pochi chilometri da Termoli, che pur non trovandosi né in zona di montagna né di minoranza linguistica, avrebbe una istituzione autonoma con soli 474 alunni, mentre a Termoli sarebbero previsti istituti comprensivi con oltre 1000 alunni e, cosa ancora più strana, rimarrebbe in piedi il liceo «Perrotta» sempre di istituti comprensivi di Termoli con i suoi 386 alunni;
   sembra completamente sfumato anche il piano di organizzazione territoriale per poli scolastici riguardante l'istruzione liceale, tecnica e professionale, con conseguente grave danno per l'offerta formativa; si tratta certamente di un modo singolare di costituire una rete scolastica omogenea sul territorio –:
   se il Ministro interrogato non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di monitorare il processo di dimensionamento delle scuole, con l'obbiettivo di agevolare le operazioni di riordino e di garantire un'offerta formativa territoriale di qualità;
   se non si ritenga utile promuovere, per quanto di competenza, l'istituzione di un tavolo con gli enti locali e le scuole coinvolte, per approntare una cabina di regia che tenga conto delle reali necessita di scuole e territori e, nell'ottica del dimensionamento, che possa evitare episodi di sovraffollamento delle aule o di sottodimensionamento degli istituti comprensivi. (4-18694)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPOSETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Innova gestisce l'appalto di refezione per gli ospedali del Viterbese dal 1991. Ogni giorno raggiunge le strutture ospedaliere con i suoi 1.000 pasti, assicurando sempre la massima efficienza;
   la riduzione dei costi dei pasti imposta dalla regione Lazio per gli appalti in regime di deroga e la riduzione del numero dei pasti serviti hanno significato per l'azienda il ricorso al contratto di solidarietà per i 26 dipendenti impegnati con contratti di lavoro continuativo da ventuno anni;
   le condizioni di lavoro poste dall'azienda appaiono, secondo i sindacati, vessatorie: infatti gli accordi proposti sull'organizzazione del lavoro rischiano di gravare in maniera significativa sugli stipendi dei lavoratori;
   inoltre, secondo quanto riferito dal personale della società Innova nei prossimi mesi i pasti dovrebbero essere cucinati nel comune di Pomezia e successivamente trasferiti presso le strutture presenti nel territorio Viterbese;
   tale scelta comporterebbe una minore qualità media dei pasti serviti e un serio rischio di riduzione del personale impiegato, rischio che vedrebbe i soli lavoratori costretti a pagare tagli di risorse imposti dalla regione Lazio –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di promuovere un incontro tra le rappresentanze sindacali dei lavoratori e tutte le istituzioni interessate necessario per arginare le scelte dell'azienda rispetto alla situazione descritta a salvaguardia dei livelli occupazionali. (5-08506)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MISEROTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la recente riforma pensionistica, introdotta con il cosiddetto «decreto salva-Italia», non fa riferimento a tutti quei lavoratori, soprattutto donne, che hanno cessato l'attività lavorativa per motivi vari ed hanno però scelto di versare contributi volontari all'INPS allo scopo di ottenere, con un totale di quindici anni, l'anzianità contributiva minima per accedere al relativo trattamento pensionistico;  
   la riforma delle pensioni varata nel 1993 dal Governo Amato concedeva, a chi avesse versato almeno quindici anni di contributi entro il 1992, a seguito della prescritta autorizzazione, di mantenere il requisito dei quindici anni di contribuzione per accedere al trattamento pensionistico minimo;
   ad oggi, attraverso una circolare dell'INPS, su cui sussiste il silenzio del legislatore, si richiedono cinque anni in più o si perde che si è versato a titolo volontario e quindi anche il diritto alla pensione (i cosiddetti contributi silenti);
   la situazione è particolarmente grave soprattutto perché si tratta, nella maggioranza dei casi, di donne e uomini da lungo tempo inoccupati, senza alcuna forma di reddito e davanti a scarse possibilità di reinserirsi nel mercato del lavoro –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare le opportune iniziative normative, sulla scia di quanto fatto dai precedenti Governi relativamente alla questione descritta in premessa riguardante i cosiddetti «contributi silenti», finalizzate a garantire una forma di tutela nei confronti di tutti quei lavoratori che per anni hanno fatto enormi sacrifici per ottenere un assegno di pensione, anche minimo, e che, ad oggi, restano esclusi dalle deroghe previste in materia di accesso al pensionamento della riforma varata dall'Esecutivo. (4-18689)


   DE POLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   la situazione di crisi dell'azienda Ovattificio Resinatura Valpadana (Padova) nell'ultimo triennio è peggiorata con un'allarmante velocità;
   dal secondo trimestre circa di quest'anno si è al tracollo. I ritardi nel pagamento degli stipendi, per ora, sono solo di 15/20 giorni, e i sindacati hanno interpellato più volte la famiglia per anticiparli (andando a conguaglio con i soldi della cassa integrazione guadagni straordinaria). La maggior parte degli impianti sono fermi sia nello stabilimento di Grantorto sia in quello di Carmignano di Brenta. Allo stato attuale sembra per mancanza di risorse per poter acquistare le materie prime. I dipendenti sono circa 370, tra operai e impiegati, sono in cassa integrazione guadagni dal 2009 con parziale rotazione dei lavoratori, mentre da febbraio 2012 sono entrati in cassa integrazione guadagni straordinaria a rotazione;
   l'azienda recentemente ha annunciato 120/130 licenziamenti, ma vista la rapida evoluzione della situazione e considerato che ha cominciato a smontare alcuni impianti sembra che a breve il rischio di chiusura non sia scongiurabile –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere per fermare un'emorragia di posti di lavoro che si concretizza nella delocalizzazione di parte della produzione, specialmente in Polonia e in Romania, nonché in altre Nazioni. (4-18692)


   SBROLLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge del 27 marzo 1992, n. 257 «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», è stata approvata per bandire l'uso dell'amianto in Italia e, specificatamente al capo IV «Misure di sostegno per i lavoratori», articolo 13 «Trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato», per intervenire a favore di chi ha un'aspettativa di vita ridotta a causa dell'esposizione al cemento amianto, che nei peggiori dei casi può causare un mesotelioma, aggravando la situazione e riducendo ulteriormente l'aspettativa di vita;
   statisticamente, per il mesotelioma la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi si ferma poco al di sotto del 20 per cento nella fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni e diminuisce progressivamente con l'aumentare dell'età, ed attualmente non esistono cure per estirparlo definitivamente;
   l'intervenuta riforma delle pensioni, contenuta nel decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, cosiddetto «Salva Italia», recita, all'articolo 24, comma 1: «Le disposizioni del presente articolo sono dirette a garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo, in conformità dei seguenti principi e criteri: a) equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli»;
   i lavoratori colpiti da mesotelioma dovrebbero essere considerati «categorie più deboli» a causa delle difficoltà di lavoro e della ridotta aspettativa di vita e quindi aventi diritto di usufruire della suddetta deroga;
   all'attenzione del Ministro fu portato il caso del signor T.P. nato il 28 dicembre 1959, lavoratore in una fabbrica di ascensori, che ha estratto un mesotelioma a prognosi infausta, tramite una lettera dello stesso, spedita in data 23 febbraio 2012 al Ministro e seguita da numerosi solleciti;
   alla data del 31 dicembre 2011 con i benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto previsti dalla legge n. 257 del 1992, il signor P. ha maturato un'anzianità contributiva pari a 38 anni e 1 mese e quindi, con la normativa precedente alla legge n. 201 del 2011, lavorando fino a grugno 2013, avrebbe maturato 40 anni di contributi, ottenendo la possibilità di andare in pensione;
   con la normativa vigente il signor P. matura il diritto alla pensione solo nel 2015, con l'infelice possibilità che la prognosi della malattia peggiori e che deceda prima di tale data;
   il signor P. ha nuovamente sollecitato il Ministro tramite due e-mail e il 27 marzo 2012 ha ricevuto una prima risposta dal Ministero che rassicurava di aver passato la questione alla direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative, competente per la materia;
   dopo ulteriori solleciti, sempre via mail al Ministero, il signor P. ha ricevuto una comunicazione da parte del direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative in cui si dichiara che: «Allo stato, tuttavia, la normativa vigente in materia di accesso alla pensione non consente, con riferimento alla fattispecie da Lei rappresentata, ulteriori benefici rispetto a quelli già individuati per l'esposizione all'amianto»;
   il caso del signor T.P. è soltanto una delle fattispecie, pur non numerose ma gravissime, che si sono generate con l'introduzione del decreto-legge n. 201 del 2011;
   la tutela della salute dei lavoratori è ampiamente garantita dall'articolo 38 della Costituzione –:
   se e quali iniziative intenda assumere allo scopo di definire strumenti adeguati a garantire le tutele previste dalla legge n. 257 del 1992 per i lavoratori colpiti da mesotelioma;
   se il Ministro intenda assumere iniziative normative per chiarire nel testo della legge le categorie «deboli» aventi diritto alla deroga;
   se non ritenga che i grandi invalidi del lavoro ed i malati di mesotelioma possano essere considerati categorie deboli;
   se e quali iniziative intenda assumere per eliminare tutti i casi di ambiguità conseguenti. (4-18697)


   MISEROTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale crisi economica e finanziaria internazionale e mondiale riverbera gli effetti più pesanti sugli anelli più deboli della società (gli anziani, i giovani, le donne e i disabili) che stanno cedendo sotto i colpi di una congiuntura sempre più aggressiva e preoccupante;
   in questo preoccupante contesto il sistema sociale istituzionale non riesce più a rispondere in modo concreto e risolutivo alle nuove e vecchie povertà;
   è solo grazie alla fitta rete del variegato mondo del volontariato – il cosiddetto terzo settore – che si riesce ad assicurare un pasto a tanti cittadini in situazione di bisogno;
   i settori in cui l'associazionismo sociale e il volontariato svolgono la loro attività sono innumerevoli, con particolare attenzione ai processi di impoverimento ed esclusione che riguardano ampi settori della società italiana e generano diverse forme di fragilità e disagio;
   oltre a sforzarsi di conoscere e analizzare meglio questi processi, attraverso diversi percorsi di studio, le organizzazioni di volontariato s'impegnano per contrastarli, attraverso azioni molteplici: sensibilizzano e formano le comunità perché sappiano esprimere una solidarietà motivata e intelligente, denunciano i problemi e sollecitano le istituzioni nazionali e locali perché se ne facciano carico, organizzano reti di ascolto e osservazione dei fenomeni della collettività, sostengono la progettazione sociale delle realtà territoriali, promuovono esperienze di volontariato e di azione solidale;
   l'azione di questi soggetti non si esplica in una direzione univoca: il dono della solidarietà nei confronti di chi versa in momenti di disagio e di fragilità – infatti – aiuta anche coloro che recano questo dono, i quali sono indotti a rivedere il loro stile di vita, spesso basato su falsi valori, e a riscoprire un'esistenza più sobria, più genuina, più libera, più aperta al mondo;
   a fronte della pluralità di soggetti (volontariato, associazionismo sociale, fondazioni, cooperative sociali) di cui si compone il terzo settore, in Italia – a differenza di altre realtà, quale, ad esempio, quella anglosassone – la loro regolazione giuridica non è omogenea;
   negli anni ’90, in particolare, la legislazione sulle organizzazioni non profit ha subito un profondo rinnovamento, con il quale è stato riconosciuto al terzo settore il ruolo di supplenza nei confronti dei meccanismi solidaristici istituzionali, anche attraverso la previsione di strumenti agevolativi di natura fiscale e tributaria;
   il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, recante il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle ONLUS – in particolare – definisce le ONLUS non come un'altra tipologia giuridica di diritto civile di organizzazione non profit, ma come una categoria del diritto tributario in cui rientrano tutte le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative (sociali, dato il fine perseguito), con o senza personalità giuridica, che perseguono esclusivamente finalità di solidarietà sociale e che rispondono a tutta una serie di altre caratteristiche, riportate nello statuto. La qualifica di Onlus permette, dunque, ad una organizzazione non profit di godere di una serie di vantaggi e facilitazioni fiscali;
   tali vantaggi abbastanza modesti, in verità, tra cui la possibilità di essere destinatarie di erogazioni liberali per le quali il donatore gode di detrazioni d'imposta nonché quello di accedere a finanziamenti statali per la realizzazione di specifici progetti previsti dal citato decreto legislativo n. 460 del 1997 e da altre leggi, rischiano di venire pesantemente pregiudicati dalla situazione di crisi economica e finanziaria in atto;
   si tratta di un timore che trova, purtroppo, conforto anche nei provvedimenti che negli ultimi mesi sono stati presi dal Governo, in particolare per quanto riguarda la razionalizzazione della spesa per il welfare –:
   quali tempestive e idonee iniziative intenda assumere al fine non solo di garantire la tenuta dell'attuale regime di agevolazioni previste dalla normativa vigente nei confronti del terzo settore ma anche di assicurare ulteriori risorse per l'espletamento da parte del volontariato della sua opera fondamentale nella prevenzione e nella lotta al disagio sociale nonché nella diffusione di una cultura della solidarietà. (4-18706)


   SBAI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 27 ottobre 2008 la piccola S.F. di 4 anni, a seguito di segnalazione da parte della scuola, viene portata in casa famiglia per sospetti maltrattamenti da parte della madre;
   nell'udienza del 4 dicembre 2008 intervengono i servizi sociali, e la casa famiglia, insieme ai genitori; il tribunale decide che è meglio per il momento che la bambina non incontri i genitori, finché i servizi sociali non lo riterranno opportuno;
   i servizi solo dopo un anno, su insistenza dei genitori, riterranno maturato il tempo di iniziare una terapia; nel frattempo la bambina è già da un anno presso la casa famiglia Valle dei Fiori;
   a dicembre del 2009 inizia la terapia ed a febbraio del 2010 iniziano gli incontri fra la bambina e i genitori alla presenza degli psicologi del centro Andolfi, dottoressa Cimino e dottor Falcucci;
   la terapia dà ottimi risultati nonostante atteggiamenti che all'interrogante appaiono ostruzionistici da parte della casa famiglia;
   la bambina viene spesso rimproverata dalla propria educatrice, perché vuole parlare con il papà sotto il tavolo, piuttosto che chiedergli delle cose all'orecchio;
   nonostante tutto il dottor Falcucci e la dottoressa Cimino fissano la data del 26 febbraio 2011 per fare andare la bambina a casa dei genitori, casa che in questo tempo i genitori hanno cambiato trovandone una più grande;
   il 25 febbraio 2011 la casa famiglia nella persona della dottoressa Barbalucca, direttrice della Valle dei Fiori, manda al Tribunale un fax chiedendo la immediata sospensione;
   degli incontri fra la bambina ed i genitori, sostenendo che nonostante la bambina abbia detto agli psicologi che vuole andare a vedere la casa «di mamma e papà», in vero la bambina improvvisamente ed ingiustificatamente si rifiuta;
   lo stesso giorno il tribunale senza consultare né i dottori, né i servizi sociali, sospende con effetto immediato gli incontri fra la bambina ed i genitori;
   il 1o marzo 2011 il tribunale apre un procedimento per stato di abbandono della bambina con la prospettiva di darla in adozione;
   il 17 maggio 2011 viene fissata l'udienza, ove oltre agli avvocati ed ai genitori sono presenti l'avvocato Sigillò nominata come curatore, la dottoressa Leuce;
   la casa famiglia, il tutore ed il curatore insistono per l'adozione della bambina; gli avvocati chiedono che venga nominato un consulente tecnico d'ufficio che valuti che cosa sia realmente accaduto e che stabilisca cosa è meglio per la bambina;
   il 19 dicembre 2011 la dottoressa Petruccelli deposita 90 pagine di consulenza, dove si dice che la bambina non è stata abbandonata, ma che anzi i genitori hanno fatto dei vistosi miglioramenti, mentre la bambina è condizionata negativamente dalla casa famiglia dalla quale deve uscire al più presto;
   nell'udienza del 12 marzo 2012, il tribunale convocati gli avvocati ed i servizi sociali, comunica che intende mandarla in affido presso una famiglia;
   il 15 marzo 2012 il tribunale, la dottoressa Rivellese, emetterà il provvedimento relativo al trasferimento della bambina presso altra struttura per farle meglio elaborare la situazione e farla riavvicinare al nucleo familiare;
   il 2 aprile 2012, come da evidenze legali, viene ascoltata la bambina, la quale al presidente Rivellese ed alla dottoressa Leo dichiara: «il Marocco puzza, lì dormono per terra... mi picchiavano tutti anche i miei zii... dobbiamo parlare di cose serie io voglio dei nuovi genitori»;
   dopo l'audizione, la nuova tutrice dottoressa Toussan, ritiene che vi sia una forma di alienazione parentale e propone il trasferimento in altra casa famiglia;
   il 31 maggio 2012 il tribunale per i minorenni provvede disponendo l'immediato trasferimento, a seguito di una adeguata terapia;
   il 16 ottobre 2012 all'udienza fissata per consentire agli psicologi di relazionare sulle tempistiche di reinserimento della bambina, il centro che la segue, Centro di aiuto bambini maltrattati e alla famiglia – CABM, riferisce che la bambina non è stata trasferita, poiché ad avviso delle terapeute e con il consenso del tutore e degli altri psicologi che l'hanno avuta in cura, nonché «dei genitori», il 23 luglio 2012, si è ritenuto che sarebbe stato un trauma essere trasferita, che è necessario lavorare sulla bambina, per farla tornare a casa ma non si sa in che tempi;
   esiste poi una lettera scritta dalla bambina e datata 20 marzo 2012 (in possesso dei legali della famiglia), inviata dalla scuola al tribunale il 20 settembre 2012, da cui si comprende che la bambina potrebbe essere manipolata da tutti coloro che a vario titolo la seguono nel quotidiano –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa;
   se intenda il Governo porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere ispettivo, relativamente ai fatti in oggetto, che se confermati, integrerebbero una pesantissima violazione dei diritti di una minore e del suo nucleo familiare straniero;
   se intenda il Governo assumere iniziative per pervenire ad un controllo più assiduo delle case famiglia e dei metodi che all'interno di esse vengono messi in campo, che spesso violano i diritti di chi vi trova rifugio. (4-18717)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le aflatossine sono delle micotossine appartenenti alla famiglia degli ascomiceti presenti in alimenti da coltura e possono essere responsabili di avvelenamenti dal consumo dei prodotti che ne contengono dosi quantitativamente elevate;
   il decreto legislativo 10 maggio 2004, n. 149, e il regolamento 574/2011/UE regolano le produzioni agricole rispetto alla presenza di aflatossine nei raccolti in particolare di granaglie, arachidi e semi oleosi e mais, limitando diversamente i valori di aflatossine a seconda del caso se destinati ad uso alimentare umano o se aventi una destinazione zootecnica. I valori di aflatossine M1, che si ritrovano nel latte, sono correlati alle quantità di aflatossine B1 presenti nei mangimi animali; le previsioni stringenti del regolamento 1881/2006/CE sulle prima impongono valori di aflatossine B1 nei raccolti più bassi per la destinazione animale piuttosto che umana;
   il mais è quantitativamente il primo cereale prodotto in Italia e il 90 per cento del raccolto ha una destinazione zootecnica ed è, infatti, alla base della dieta alimentare adottata in molti modelli intensivi di allevamento;
   molto del mais del nuovo raccolto risulta essere contaminato da aflatossine in quantità inconciliabili con i limiti sia per l'uso di mangime animale sia per l'alimentazione umana e costringerà nel breve periodo l'industria mangimistica e alimentare italiana ad importare non meno del 35-40 per cento del fabbisogno di mais, in controtendenza rispetto alle ultime annualità nelle quali il mercato nazionale si stava indirizzando ad una condizione di autosufficienza;
   la contaminazione sta creando disagi nella gestione del raccolto e si prospettano ingenti danni economici alle aziende agricole che stanno già patendo una produzione in perdita (stimata nel 20 per cento su media nazionale con punte del 50 per cento nel Nordest) a causa della carenza idrica e le temperature straordinariamente elevate che si sono registrate nei mesi di agosto, settembre e ottobre;
   il fenomeno della contaminazione non è stato monitorato e non si hanno dati sicuri, certo è che si moltiplicano le segnalazioni su tutto il territorio nazionale e vi sono le condizioni perché vi sia un intervento del Governo affinché si trovi assieme alle associazioni di categoria una soluzione all'emergenza;
   sarebbe opportuno che il Ministero consentisse le operazioni di decontaminazione su modello di quanto previsto dal decreto della regione Veneto del 16 novembre 2005, n. 49, e si procedesse al controllo ufficiale dei valori di aflatossina B1 sul mais decontaminato e pronto per la commercializzazione;
   si renderebbe utile, inoltre, ragionare su ipotesi di cofinanziamento pubblico per l'acquisto delle attrezzature di prepulitura, spazzolatura e selezione ottica della granella così da riportare gran parte del raccolto contaminato entro i livelli di micotossine stabiliti dalla legge;
   nel caso di raccolto destinato ad uso di mangime alimentare che non riesca a rispettare i limiti stabiliti ma che sia comunque contenuto entro i valori stabiliti per l'alimentazione umana – e ad avviso degli esperti di tossicologia degli alimenti senza alcun rischio per la salute pubblica – si potrebbe in via derogatoria stabilire la possibilità di un suo utilizzo per l'allevamento di animali adulti della specie da carne i quali potrebbero avere la capacità di tollerare la tossina in sovradosaggio –:
   quale sia la situazione sul territorio nazionale dell'emergenza derivante dalla contaminazione dei raccolti di mais da aflatossine e quali siano le proiezioni sulle ricadute economiche;
   se il Governo non ritenga urgente assumere iniziative affinché si possano avviare con tempestività le operazioni di decontaminazione del mais così da recuperare parte del raccolto a fini commerciali;
   se il Governo ritenga possibile assumere iniziative per un co-finanziamento statale per l'acquisto delle apparecchiature necessarie alla prepulitura, spazzolatura e selezione ottica al fine di consentire il recupero della maggior quantità possibile di raccolto;
   se, alla luce delle indicazioni e delle evidenze tossicologiche sulla presenza di micotossine negli alimenti, sia privo di qualsiasi rischio per la salute pubblica consentire, in via derogatoria, la possibilità di destinare mangimi prodotti da mais aventi quantità di aflatossine B1 superiori ai limiti per mangimi animali e inferiori ai limiti per la destinazione umana, ad allevamenti di animali adulti di specie da carne. (4-18681)


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è di pochi giorni fa la notizia che in Germania più di 11 mila bambini siano stati intossicati a causa del consumo di un dessert distribuito nelle scuole tedesche e preparato con una stock di fragole provenienti dalla Cina;
   questo episodio è il segno di come i controlli sulla salubrità e sulla rintracciabilità degli alimenti che arrivano sopra le tavole siano importanti e decisivi;
   l'Italia e l'Unione europea sono all'avanguardia su questo fronte e sempre nuovi, maggiori e migliori controlli si vanno introducendo;
   i controlli alimentari sono abbastanza efficaci sui prodotti naturali e lavorati provenienti dal territorio comunitario ma su quello extra-comunitario tanto ancora si deve fare;
   come dimostra il caso tedesco, uno dei Paesi con minori controlli e, quindi, con maggiore pericolosità alimentare è la Cina, seguita a ruota da molti Paesi dell'est-europeo e del nord-Africa;
   da questi Paesi arriva, spesso purtroppo dopo aver superato il vaglio degli organismi di controllo alimentare e sanitario, cibo pericoloso che non rispetta durante la produzione alcuna regola per l'uso degli agro-farmaci e delle concimazioni chimiche i cui residui permangono nei frutti e mettono in pericolo la salute. Questi Paesi copiano e producono prodotti in spregio a qualsiasi norma pur di vendere ad un prezzo bassissimo i loro prodotti;
   i prodotti agro-alimentari importati dagli Stati del Magreb, dalla Cina e dal Sud America non sottostanno agli ottimi controlli effettuati dagli organismi di controllo alimentare e sanitario italiani sotto il profilo dei residui fito-sanitari e della salubrità;
   tutto ciò ha delle conseguenze sia dal punto di vista della salute, sia dal punto di vista economico, perché i prodotti agroalimentari italiani restano fuori purtroppo dal mercato a causa della concorrenza sleale che i Paesi esteri attuano a discapito della sicurezza alimentare;
   tutto questo mette in serio pericolo la salute dei consumatori italiani ed espelle dal mercato le imprese agricole nazionali che non riescono a sostenere ed a combattere questa concorrenza sleale;
   a giudizio dell'interrogante sarebbe opportuno che il Governo e, nello specifico, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali lanci, innanzitutto, una seria campagna di informazione alimentare che metta in guardia sui rischi alimentari che si corrono se si sceglie di consumare prodotti agroalimentari extra-Unione europea;
   inoltre è fondamentale che la Commissione europea stabilisca e definisca per i prodotti agroalimentari extra-Unione europea maggiori e migliori controlli ed approvi norme di controllo più stringenti per i prodotti agroalimentari dei Paesi extra-Unione europea –:
   quali provvedimenti ed iniziative abbia assunto ed intenda assumere in futuro il Ministro interrogato per risolvere le problematiche indicate in premessa.
(4-18696)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment) ha inviato un articolato documento al responsabile per la direttiva 98/34 della Commissione europea, e per conoscenza al commissario europeo all'ambiente, al commissario europeo alla salute, al presidente della Commissione europea; di detto documento sono stati messi a conoscenza anche il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, i presidenti delle Commissioni «Igiene e sanità» e «Territorio, ambiente, beni ambientali» del Senato della Repubblica; i presidenti delle Commissioni «Ambiente, territorio e lavori pubblici» e «Affari sociali» della Camera dei deputati; il presidente della Commissione «Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare» del Parlamento europeo;
   il citato documento contiene «osservazioni in opposizione allo schema di decreto interministeriale che propone l'introduzione di alcune modifiche al decreto legislativo n. 31 del 2001 relativamente ai requisiti di potabilità (notification number 2012/0534/I - C50A, title «schema di decreto interministeriale per l'introduzione, nell'allegato I, parte B, del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, del parametro «Microcistina-LR» e relativo valore di parametro»), affinché esso sia rigettato sia per palese illegittimità in quanto in flagrante conflitto con la vigente normativa europea ed italiana, sia per palese inammissibilità, in quanto in flagrante contrasto con le evidenze scientifiche e le inequivocabili indicazioni dello Iarc, dell'Oms e dell'Usepa, e in altrettanto flagrante violazione del principio di precauzione»;
   l'approvazione del decreto renderebbe de facto lecita l'erogazione di acque destinate a consumo umano anche in presenza di contaminazione da cianobatteri e loro microcistine; è evidente che la legislazione vigente proibisce tale erogazione: ne consegue che lo schema di decreto interministeriale ipso facto si configura contra legem, e va quindi rigettato in quanto lungi dall'emendare il decreto legislativo n. 31 del 2001 inequivocabilmente lo viola nei suoi stessi fondamenti;
   lo schema di decreto de quo, consentendo de facto l'erogazione per consumo umano di acqua contaminata da cianobatteri e relative microcistine appare altresì in contrasto con l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana che «tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», e si configura pertanto non solo di dubbia legittimità, ma altresì non in linea con i princìpi costituzionali in quanto in irrimediabile conflitto con quanto disposto dalla Costituzione italiana;
   sono acclarati senza possibilità di equivoco la gravità del problema dell'eutrofizzazione e il pericolo per la salute umana determinato della presenza di cianobatteri e microcistine in corpi idrici utilizzati per l'erogazione di acque potabili; è inoltre acclarata la grande, e in parte ancora sconosciuta, potenzialità tossica dei cianobatteri; e vi è chiara nozione della potenziale pericolosità della loro mutevole ed imprevedibile risposta a diverse condizioni climatiche ed ambientali, delle azioni tossiche, epigenetiche, genotossiche ed oncogene di tanti e vari tipi di microcistine da essi prodotte, delle documentate e croniche difficoltà in Italia di una potabilizzazione efficace, sicura e costante delle acque che presentano queste criticità, della mancanza di un reale e diffuso sistema di sorveglianza, allarme e gestione di questi fenomeni su tutto il territorio nazionale italiano, ed infine e soprattutto del documentato e concreto rischio per la salute umana e quindi della necessità di tutelare e preservare le caratteristiche di qualità delle acque come disposto dalla direttiva 98/83. Ne consegue che lo schema di decreto interministeriale citato si configura altresì come atto in contrasto con l'evidenza scientifica è la deontologia medica, ecologica e bioetica, oltre che con l'ortoprassi amministrativa e gestionale;
   è sufficiente inoltre considerare quali siano in materia le indicazioni di tutte le agenzie internazionali, europee ed italiane di protezione dell'ambiente, della salute e dei diritti umani, per evincere come lo schema di decreto interministeriale citato nel suo esito effettuale si ponga in contrasto con tutte le indicazioni formulate dalle più autorevoli fonti scientifiche, oltre che legislative ed amministrative. Valga ad esempio il caso del gravissimo degrado e inquinamento del lago di Vico, affetto ormai da lungo tempo da un gravissimo processo di eutrofizzazione e da sempre più frequenti e massicce fioriture del cianobatterio Plankthotrix rubescens, detto anche alga rossa, capace di produrre una microcistina cancerogena, non termolabile e tossica per gli esseri umani, per la flora e la fauna lacustre, classificata dalla Iarc (Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) come cancerogeno di classe 2 b;
   nella relazione tecnica che costituisce parte integrante e sostanziale delle citate osservazioni, si presentano esaurientemente gli inconfutabili dati, le evidenze scientifiche e la vastissima bibliografia a sostegno delle osservazioni medesime; ne discende, ad avviso degli interroganti, che per le ragioni scientifiche esposte lo schema di decreto interministeriale de quo andrebbe ritirato;
   ulteriori osservazioni sono formulabili altresì in ordine al metodo con cui l'atto è stato predisposto ed avviato nel suo iter procedimentale; ed in tale ambito si evidenzia che: a) a giudizio degli interroganti le proposte di emendamento delle leggi nazionali possono riguardare l'adozione di termini più stringenti, in ossequio al principio europeo di prevenzione, non termini più laschi; questo schema di decreto ammette invece ed effettualmente favorisce la presenza di una classe di tossici ora non prevista né tollerata dalla legge europea e italiana; b) il testo della proposta sembra essere stato indirizzato per verifica alla sola Commissione imprese e industrie dell'Unione europea (nel cui sito internet compare con la relativa scheda), mentre riguarda una classe di sostanze tossiche di diretto impatto ed interesse primario sanitario e non industriale, in quanto riguardante la totalità della popolazione nazionale utente di un servizio fondamentale per la qualità della vita, come la fornitura di acqua potabile; c) l’iter seguito si è quindi fin qui caratterizzato per aver effettualmente sostanzialmente eluso fin dall'origine indispensabili ed adeguati criteri, controlli e procedure; d) dal testo stesso della scheda di presentazione presente nel sito della Commissione imprese e industrie dell'Unione europea peraltro si evince come l'atto sia presentato in modo che appare a dir poco carente e pertanto come esso sia viziato per ragioni tanto di merito quanto di metodo, tanto sostanziali quanto formali; e) vi si legge che «esso non è una misura sanitaria o fitosanitaria», mentre è di assoluta evidenza che se approvato esso avrebbe una notevole ed assai negativa rilevanza sanitaria; f) analoga sottolineatura merita l'esplicita ammissione che «L'analisi di impatto non è disponibile al momento della notifica», e basterebbe questo solo dato a motivare il rigetto dello schema di decreto; g) il decreto, nel suo esito che effettualmente consente e favorisce l'erogazione per consumo umano di acqua contaminata, si pone in aperto contrasto con la necessità di contrastare ogni forma di inquinamento e degrado delle acque anche in considerazione degli obiettivi europei in tema di qualità delle acque previsti per l'anno 2015; h) ne discende che non solo per le ragioni giuridiche e scientifiche esposte, ma anche per ragioni di metodo, procedimentali, deontologiche, di congruità e coerenza, lo schema di decreto interministeriale de quo andrebbe ritirato;
   alla luce delle suddette osservazioni si ribadisce che in relazione allo schema di decreto interministeriale citato dovrebbe esservi un ripensamento sia in quanto in flagrante conflitto con la vigente normativa europea ed italiana, sia in quanto in flagrante contrasto con le evidenze scientifiche e in altrettanto flagrante violazione del principio di precauzione;
   l'associazione italiana medici per l'ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment – Italia) si riserva ogni ulteriore azione in tutte le competenti sedi –:
   se quanto sopra esposto ed evidenziato trovi conferma;
   che tipo di risposta si intenda dare alla dottoressa Litta in ordine alle questioni e alle tematiche poste;
   quali iniziative urgenti di competenza si intendano promuovere o adottare a fronte di una situazione che appare agli interroganti oggettivamente inquietante per la tutela della salute della popolazione interessata. (5-08509)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. —Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il CEM, centro di educazione motoria, di Roma è gestito dalla Croce rossa italiana in convenzione con la regione Lazio;
   il centro è un'eccellenza nel campo dell'assistenza alle persone con gravi e gravissimi problemi di disabilità psicomotoria;
   attualmente, la struttura ospita 63 degenti, di cui 47 residenziali e 16 diurni, e svolge servizio ambulatoriale di riabilitazione dell'età evolutiva e ambulatorio età adulta per le malattie neurologiche;
   tra gli ospiti si è stretto un importante legame amicale e di condivisione che assume la massima rilevanza per il loro benessere e per le loro famiglie;
   considerato che:
    il processo di riordino della Croce rossa non fornisce risposte utili a far fronte al disavanzo finanziario del CEM;
    con lettera del 5 novembre 2012, il commissario del comitato provinciale di Roma della Croce rossa ha comunicato al presidente dell'A.GE.CEM (Associazione genitori centro di educazione motoria) che non si riesce ad intraprendere un percorso di condivisione con la regione Lazio e la asl RMD degli oneri finanziari che superi le criticità esistenti;
    dal 6 novembre le famiglie degli assistiti, con il sostegno e la solidarietà delle organizzazioni sindacali, hanno occupato fisicamente il CEM allo scopo di impedirne la chiusura e il conseguente trasferimento coattivo dei degenti gravissimi;
    le attività sanitarie e sociosanitarie, svolte dalla Croce rossa in convenzione, dovrebbero essere svolte dal Servizio sanitario nazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza della grave situazione che si sta maturando ai danni degli ospiti, degli assistiti del CEM e delle loro famiglie;
   se, per la salvaguardia del diritto alla salute e all'assistenza dei disabili, non ritenga di farsi parte attiva di un tavolo di confronto con la Croce rossa italiana e il commissario Enrico Bondi al fine di trovare la soluzione migliore per evitare la chiusura del centro e il trasferimento coattivo dei degenti. (4-18699)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Maurizio Bolognetti, della direzione nazionale di Radicali Italiani ha invitato Arapb, Asp e dipartimento ambiente a verificare il livello di radioattività del sito di bonifica di Tito Scalo dopo che il geologo Vincenzo Briuolo, a seguito di alcuni rilevamenti effettuati in prossimità della famigerata vasca fosfogessi, ha denunciato la presenza di radio 226;
   secondo le rilevazioni effettuate dal geologo i valori rilevati sono due volte superiori ai limiti previsti dalla legge;
   a ciò si aggiunge l'enorme quantità di fosfogessi tuttora stoccati a Tito Scalo, che ricoprono una enorme ed abusiva discarica di fanghi industriali, e che sono a loro volta fortemente nocivi e già da tempo contaminano le falde acquifere e lo stesso torrente Tora;
   i fosfogessi sono residui delle attività di produzione di fertilizzanti e detergenti, classificati come rifiuti pericolosi, trattandosi di fosforiti contenenti anche radionuclidi, quali Th232, Ra226, U238, in percentuali variabili in base al luogo di provenienza della materia prima;
   l'uranio 238 per decadimento dà origine all'uranio 234 e successivamente al radio 226. A sua volta il radio 226 si trasforma in radon 222;
   i fosfogessi possono rappresentare un rischio considerevole per la salute umana, visto che producono massicce quantità di radon, ma la bonifica del sito di Tito Scalo continua ad essere rinviata –:
   se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
   quali verifiche urgenti si intendano mettere in atto rispetto alle rilevazioni effettuate dal geologo Vincenzo Briuolo;
   quali iniziative si intendano adottare a tutela della salute pubblica messa ulteriormente a rischio dai ritardi accumulati nella messa in sicurezza dell'area di Tito Scalo e dalla mancata bonifica della vasca fosfogessi del sito di Tito Scalo. (4-18710)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. —Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la «terra dei fuochi» è una vasta area della provincia di Napoli compresa tra i comuni di Qualiano, Villaricca e Giugliano, caratterizzata dallo sversamento illegale di rifiuti, anche tossici; in molti casi, i cumuli di rifiuti, illegalmente riversati nelle campagne o ai margini delle strade, vengono incendiati dando luogo a roghi i cui fumi diffondono sostanze tossiche, tra cui diossina, nell'atmosfera e nelle terre circostanti;
   l'inquinamento da diossina dei terreni è estremamente rischioso perché introduce sostanze tossiche nella catena alimentare degli animali da allevamento e può raggiungere anche l'uomo;
   il fenomeno è in crescita ed interessa attualmente anche la provincia di Caserta ed altre aree della Campania e del Sud Italia;
   da uno studio elaborato dall'università di Napoli «Federico II», che conferma la relazione tra smaltimento illegale e aumento dei tumori e delle malformazioni congenite, è emerso che il DNA di 50 donne sane che vivono in aree interessate da particolare concentrazione di rifiuti e dalla presenza di sostanze tossiche, rispetto al DNA di 50 donne coetanee provenienti da luoghi in cui non sorgono discariche, è sensibilmente più vecchio;
   le regioni d'Italia, particolarmente quelle interessate da emergenze, quali la Campania, devastata dalla più grave emergenza rifiuti degli ultimi tempi, dovrebbero urgentemente attivare un sistema di sorveglianza sulla salute e sull'ambiente finalizzato ad individuare le relazioni tra l'aumento dei tumori e la presenza di fattori inquinanti;
   l'indisponibilità dei dati reali sull'andamento della malattia non consente di intervenire per valutare l'incidenza dei nuovi casi, la prevalenza del numero di persone coinvolte, la percentuale di sopravvivenza delle stesse e il tasso di mortalità;
   la regione Campania, i cui territori sono devastati dai rifiuti tossici, registra dati nettamente superiori alla media nazionale per quanto riguarda i casi di mortalità;
   risulta agli interroganti che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia incaricato i carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di redigere un rapporto sulla situazione nella «terra dei fuochi» –:
   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se non intendano adottare ogni ulteriore iniziativa di competenza, anche per mezzo dei competenti nuclei dei carabinieri, al fine di tutelare la salute dei cittadini, in particolar modo nella zona cosiddetta terra dei fuochi;
   se sia stata completata la relazione sulla situazione epidemiologica che, in base a quanto riferito dal Ministro della salute, avrebbe dovuto essere disponibile dal mese di settembre 2012;
   in caso affermativo, quali siano i dati contenuti in tale relazione. (4-18711)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 ha provveduto a definire i livelli essenziali di assistenza (LEA) sanitaria, resi cogenti dall'articolo 54 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003);
   nell'ambito della macroarea dell'assistenza distrettuale, è prevista la garanzia dell'erogazione di prestazioni dell'area sanitaria e sociosanitaria a favore di persone con problemi psichiatrici, di disabilità fisica, psichica e sensoriale, pazienti in fase terminale, persone con infezione da HIV, e altri;
   il 1o marzo 2012 è stata presentata alla Camera dei deputati una petizione (n. 1403 del 2012) riguardante il finanziamento dei LEA per le persone non auto sufficienti, promossa da 57 organizzazioni pubbliche e private e sottoscritta da 16.786 cittadini;
   in data 11 luglio 2012, la XII Commissione permanente (Affari sociali) della Camera ha approvato una risoluzione (8-00191) con la quale si impegnava il Governo ad assumere le iniziative necessarie ad assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure sociosanitarie previste dai LEA alle persone con handicap invalidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l'erogazione delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di garantire l'effettiva esigibilità dei livelli essenziali di assistenza, soprattutto nell'area dell'assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale alle persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici. (4-18713)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 15 novembre 2012, in occasione della giornata mondiale del diabete, in tutto il mondo sono stati illuminati i monumenti più importanti;
   negli anni scorsi, a Firenze, sono stati illuminati di blu il ponte Vecchio e la statua del David di piazzale Michelangelo, quest'anno è stato illuminato di blu l'ospedale Meyer di Firenze;
   il diabete mellito di tipo 1, insulino-dipendente, è una patologia cronica dalla quale oggi non si guarisce, ma che si può superare solo con l'accettazione della malattia stessa, nell'ambito pediatrico da parte dei genitori prima e del bambino poi;
   accettazione ed autocontrollo possono prevenire devastanti complicazioni sul piano umano per il paziente e consentire una serena convivenza con il diabete, ma la consapevolezza dell'incidenza e della gravità di tale patologia, soprattutto nei bambini, nel nostro Paese non è ancora sufficientemente diffusa;
   a conferma dell'arretratezza di alcune istituzioni scolastiche, la stampa ha pubblicato di recente notizie su un episodio che dimostra il permanere in alcuni ambiti scolastici della più assoluta mancanza di sensibilità e di atti di vergognosa discriminazione perpetrati ai danni di bambini;
   secondo tali notizie un'insegnante avrebbe allontanato un bambino con diabete dalla sua classe, nel momento dell'autosomministrazione dell'insulina, pronunciando questa frase: «Potresti andare da un'altra parte a farti l'insulina che mi si blocca la digestione?»;
   a giudizio degli interroganti, qualora la notizia risultasse veritiera, si tratterebbe di un comportamento inaccettabile, intollerabile, di una frase ignobile, anche perché pronunciata da una persona dalla quale ci si aspetta che i bambini possano imparare qualcosa di positivo e, soprattutto, perché si pretende che un bambino o una persona debbano nascondersi perché la patologia da cui sono affette disturba;
   in Emilia-Romagna e in Toscana tutti i bambini, tutti gli studenti, a prescindere dalla malattia, possono assumere le proprie medicine senza nascondersi, senza dover chiedere il permesso, ed è necessario che ciò possa avvenire ovunque;
   gravi episodi di discriminazione rendono più difficile la vita dei giovani pazienti e non si può permettere che l'ignoranza o l'indifferenza spengano quelle luci blu che in tutto il mondo e nel nostro Paese sono state accese il 15 novembre;
   purtroppo, non basta più affidarsi alla buona volontà delle istituzioni scolastiche –:
   se corrisponda al vero che esistono ancora scuole nelle quali i bambini o i ragazzi diabetici non possono misurarsi la glicemia né somministrarsi l'insulina in classe;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per tutelare la salute e la dignità della persona con diabete anche attraverso una precisa disciplina relativa ai diritti dei bambini e degli adolescenti affetti da diabete o da altre malattie croniche, nelle scuole italiane.
(4-18716)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   ANNA TERESA FORMISANO, DIONISI e ENZO CARRA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   oltre 180 dipendenti, di cui oltre la metà donne, dello stabilimento Schneider di Rieti starebbero per essere sottoposti a procedura di licenziamento collettivo;
   se confermata, la procedura di licenziamento produrrebbe effetti devastanti per tutto il tessuto produttivo e sociale del nucleo industriale di Rieti, già provato da altre gravi crisi aziendali;
   tale decisione sarebbe stata comunicata improvvisamente il giorno 9 novembre 2012 nell'ambito della riunione dell'osservatorio nazionale presso l'industria Lazio;
   è opportuno rilevare che la Schneider Italia è presente con numerosi siti produttivi in Italia; con circa 3000 addetti e con un fatturato di ben oltre 600 milioni di euro/annui, dei quali circa 1/3 derivanti da contratti quadro con ENEL e altre aziende;
   lo stabilimento di Rieti è per linee produttive e automazione e relativa produttività tra i più avanzati del gruppo a livello mondiale;
   l'eventuale riconversione di detti impianti, nell'ottica dei prodotti del gruppo maggiormente richiesti dal mercato, risulta essere assolutamente agevole e di scarsa entità economica, (circa 500.000 euro);
   lo stabilimento di Rieti, infatti, ha un processo produttivo, tutto con linee automatiche, che consente l'adattamento di qualsiasi tipo di interruttore, in quanto la struttura elettromeccanica e la larghezza è sempre la stessa;
   la decisione dell'azienda, in verità, preluderebbe ad una delocalizzazione di tale produzione in Romania e Francia con la relativa chiusura del sito di Rieti;
   tale iniziativa potrebbe essere solo la prima di altre chiusure del gruppo in Italia –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti suesposti e se non ritenga di intervenire al fine di scongiurare tale epilogo che avrebbe pesanti ricadute economiche ed occupazionali su tutto il territorio reatino. (3-02621)

Interrogazione a risposta scritta:


   MADIA, GATTI e DAMIANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società CEIT impianti SRL da oltre venti anni svolge in appalto la realizzazione della rete infrastrutturale a favore di Telecom Italia;
   la CEIT costituita nel 1989, trae le sue origini da attività avviate negli anni Cinquanta e nasce dal processo di accorpamento di imprese operanti per Telecom Italia. Attualmente ha un organico di circa 606 unità distribuite sul territorio nazionale in vari centri operativi e cantieri'in Italia sia all'estero. È fra le prime aziende a cui Telecom Italia e gli altri gestori nazionali affidano la realizzazione delle loro infrastrutture di comunicazione;
   la Ceit è un'azienda profondamente sana, senza casse integrazioni, con i bilanci in ordine e puntuale con i pagamenti dei fornitori e dei tributi;
   secondo notizie di stampa risulta all'interrogante che la Telecom Italia abbia deciso di non rinnovare il contratto di appalto nel triennio 2012-2015, determinando la messa in cassa integrazione straordinaria per cessata attività della maggioranza del personale dell'azienda;
   le organizzazioni sindacali hanno incontrato presso il Ministero dello sviluppo economico i vertici di Assistal, l'associazione delle imprese di rete e hanno messo in evidenza la necessità, a tutela dei livelli occupazionali, di inserire negli appalti Telecom Italia la cosiddetta «clausola sociale» che obbligherebbe i vincitori dei nuovi appalti a riassumere il personale delle aziende uscenti –:
   se il Governo sia a conoscenza della vicenda e intenda operare affinché, vista la particolare condizione di Telecom Italia come principale azienda italiana di telecomunicazioni e il ruolo dello Stato nella promozione dell'agenda digitale che vedrà necessariamente in prima fila aziende come Telecom Italia, vengano salvaguardati i livelli occupazionali il cui calo colpirebbe ulteriormente il territorio romano e laziale già fortemente segnato dall'attuale momento di recessione.
(4-18695)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione De Pasquale e altri n. 7-01033, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 novembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Siragusa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-18577, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 720 del 20 novembre 2012.

   GARAVINI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del cosiddetto piano di «razionalizzazione» il consiglio di amministrazione del Ministero degli affari esteri ha deliberato un pesante arretramento della presenza istituzionale italiana all'estero disponendo la chiusura di numerose sedi consolari, in particolare in Europa;
   il 1o luglio del 2011, insieme ad altre sedi, è stato chiuso il consolato di Liegi che forniva servizi a una delle comunità italiane più consistenti in Europa, che conta quasi 80.000 connazionali;
   la chiusura del consolato ha prodotto forte scontento non solo tra i connazionali residenti nella circoscrizione consolare, ma anche tra importanti autorità locali, a livello cittadino, nazionale e del parlamento europeo;
   ricordando come gli italiani siano fondamentali per il tessuto economico, sociale ed imprenditoriale dell'area di Liegi, il sindaco Willy Demeyer e l'eurodeputato Marc Tarabella hanno lanciato un appello alle autorità diplomatiche italiane per individuare soluzioni alternative alla chiusura; appello lasciato cadere nel vuoto dall'allora Governo Berlusconi;
   la disponibilità espressa dalle istituzioni belghe è stata successivamente confermata attraverso la messa a disposizione a titolo gratuito di due locali, nei quali opera attualmente il console onorario di recente nomina;
   il console onorario rappresenta un punto di riferimento autorevole per gli interlocutori internazionali e locali, ma non è nelle condizioni di fornire servizi ai connazionali; motivo per il quale questi si vedono costretti a recarsi presso il consolato di Charleroi, che dista più di 100 chilometri –:
   se non intenda disporre l'istituzione di uno sportello consolare gestito da impiegati a contratto trasferiti da altra sede, o quantomeno affiancare al lavoro del console onorario la presenza di un funzionario consolare per alcuni giorni alla settimana, al fine di corrispondere alla domanda di servizi presente tra i numerosi connazionali residenti nella ex-circoscrizione consolare di Liegi. (4-18577)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza Tassone n. 2-01194 del 14 settembre 2011;
   interrogazione a risposta in Commissione Brugger n. 5-07999 del 26 settembre 2012;
   interrogazione a risposta scritta Saglia n. 4-18518 del 13 novembre 2012.