XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 22 novembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    le aflatossine sono micotossine da funghi principalmente appartenenti al genere aspergillus ed in particolare A. flavus e A. parasiticus;
    queste tossine costituiscono un pericolo reale, essendo l'aflatossina B1 un epatocancerogeno;
    in condizioni ambientali favorevoli le spore degli Aspergillus germinano e successivamente colonizzano svariate tipologie di alimenti specialmente mais ma anche granaglie, arachidi ed altri semi oleosi;
    il regolamento (CE) n. 466 del 2001 dell'8 marzo 2001 stabilisce, relativamente alle aflatossine, che «non si può fissare una dose giornaliera tollerabile e, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecniche, nonché dei progressi compiuti nelle pratiche di produzione e stoccaggio, non è possibile impedire lo sviluppo delle suddette muffe ed eliminare quindi completamente la presenza di aflatossine nelle derrate alimentari. Peraltro i limiti per le aflatossine vanno fissati al livello più basso possibile»;
    in altri termini nemmeno l'Unione europea è in grado di fissare in termini assoluti il livello oltre il quale la presenza di aflatossine diviene pericolosa per la salute e preferisce attenersi al principio di precauzione;
    lo sviluppo degli aspergilli tossigeni avviene sulle derrate immagazzinate e mal conservate (mais, arachidi, frutta secca, spezie e altro), visto che questi funghi sono in grado di sopportare la scarsità d'acqua; tuttavia, condizioni climatiche di gran caldo, umidità relativa elevata e stress idrico ne favoriscono lo sviluppo anche in pieno campo;
    è stato dimostrato che le infezioni da aspergillus spp nel mais ed il relativo accumulo di aflatossine nelle cariossidi, sono legate a prolungate situazioni di stress della pianta causate da carenza idrica ma, specialmente, di umidità relativa e di temperature elevate;
    nel 2012 nel nostro Paese si sono verificate condizioni di aridità, eccessi termici e umidità relativa elevata dell'aria per almeno 80/90 giorni su un ciclo colturale del mais che mediamente può essere di 120/140 giorni;
    come conseguenza di tali condizioni atmosferiche, favorevoli allo sviluppo delle infezioni da Aspergillus spp, era attesa, come peraltro confermano i dati relativi alla raccolta in corso, la presenza di aflatossine nella granella di mais;
    va tenuto conto, in ogni caso, che, al momento, si stanno valutando operazioni di pulizia e selezione fisica sul «semilavorato essiccato grezzo», per recuperare quote importanti del prodotto rivolto all'utilizzo feed e food anche se i risultati statistici di contenimento della contaminazione non sono ancora noti;
    è necessario predisporre una serie di interventi operativi a tutela della salute umana ma anche misure economiche a favore delle imprese agricole e stoccatrici coinvolte;
    una prima misura precauzionale potrebbe consistere nel riservare fin da subito all'alimentazione umana e ai mangimi per vacche da latte le scorte del mais dello scorso anno non contaminate da aflatossine;
    va, tuttavia, programmato un insieme organico di misure di prevenzione, per evitare di rincorrere le emergenze, adottando adeguate misure di monitoraggio, informazione ed eventuale formazione degli operatori di filiera;
    una possibile via d'uscita, per affrontare eventi non ordinari come le condizioni climatiche dell'annata 2012, può essere individuata ispirandosi anche alla legislazione igienico-sanitaria statunitense;
    negli Stati Uniti, la food and drug administration (FDA, USA) ha indicato dei livelli massimi consigliati («raccomandazioni») di micotossine negli alimenti, con particolare riguardo al mais e agli altri cereali, distinti per le diverse specie e categorie animali, con ampi limiti di sicurezza in rapporto a quelli in grado di determinare nel bestiame eventuali problemi tossicologici. A questi affianca anche un'analisi di rischio che stima, su base probabilistica, la possibilità che il pericolo si trasformi in danno per il consumatore;
    l'Unione europea opera, invece, sulla base del concetto di precauzione, che risulta essere molto più rigido, e considera meno di quanto si fa negli Stati Uniti le conseguenze economiche per gli operatori delle diverse filiere;
    nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea andranno cercate misure per affrontare le possibili situazioni legate ad eventi naturali eccezionali che comportino conseguenze economiche negative per produttori e stoccatori, incolpevolmente danneggiati;
    a prescindere da ogni modifica normativa, in previsione del ripetersi di eventi climatici avversi appare, inoltre, necessario mettere a punto protocolli di produzione e lavorazione che consentano di contenere il rischio aflatossine nel mais, considerando fattori critici quali ad esempio: valutazione dell'eventuale suscettibilità varietale; verifica delle pratiche agronomiche e delle possibilità di contrasto delle infezioni da aspergillus, effettuazione di controlli pre-raccolta e pre-essicazione per selezionare eventualmente il prodotto in lotti a contaminazione diversificata, progettazione e collaudo di linee di lavorazione con selezionatori optomeccanici di grani alterati, e altro,

impegna il Governo:

   attraverso un'azione urgente e raccordandosi con le autorità europee competenti nel settore, ad assumere, in considerazione della straordinarietà di una situazione in cui la presenza di aflatossine potrebbe pregiudicare oltre il 50 per cento dei raccolti con ingentissimi danni non solo sul prodotto cerealicolo nazionale, ma anche sull'intera filiera agroalimentare un'iniziativa normativa che, in deroga alle presenti disposizioni, stabilisca, in presenza di adeguate misure di tracciabilità e di possibilità di controllo, l'innalzamento dei limiti per le aflatossine nel mais destinato all'alimentazione animale, purché esso sia utilizzato nelle produzioni in cui questo non comporti rischi per la salute umana;
   a vagliare la possibilità di prevedere un criterio di protezione assoluta, sottoposto al principio di precauzione, per la filiera umana e lattiero-casearia, riservando a questa l'impiego del mais meno contaminato e utilizzando la granella a più elevato contenuto di aflatossine per alimentare solo le specie animali che non trasferiscono metaboliti delle aflatossine ai prodotti dalle stesse derivati;
   a prevedere misure di compensazione per i maggiori oneri sostenuti dai produttori e dagli operatori di filiera in quest'annata per garantire controlli adeguati e per limitare i danni provocati dalla contaminazione del mais da aflatossine;
   a ricercare, nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea, misure per affrontare le possibili situazioni economiche a rischio di produttori e stoccatori incolpevolmente danneggiati, anche al fine di evitare tentativi di elusione dei controlli con conseguente rischio di contaminazione della filiera.
(1-01197) «Bellotti, Dima, Contento, Sbai, Di Centa, Paniz, Cassinelli, Mancuso, Pianetta, Torrisi, Toccafondi, Porcu, Valducci, Landolfi, Bergamini, Tommaso Foti, De Angelis, Alberto Giorgetti, Gottardo, Nastri, Rosso, Di Caterina, Beccalossi, Milanese, Garagnani, Pelino, Minasso, Sammarco, Dell'Elce, Formichella, Nola, Cannella, Cazzola, Stradella, D'Anna, De Camillis, Di Virgilio, Lunardi, Castellani, Ciccioli, Barani, De Luca, Murgia, Mannucci, Minardo, Ghiglia, Saglia, Giammanco».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e II,
   premesso che:
    i detenuti in custodia cautelare e quelli condannati in via definitiva per reati sentenziati come «non ostativi», sono cittadini aventi pieno diritto al voto; tutti costoro, in base agli articoli 8 e 9 della legge 23 aprile 1976, n. 136, possono votare nelle carceri con la costituzione di un seggio elettorale speciale;
    la predetta normativa è applicabile anche alle elezioni regionali, provinciali e comunali per effetto delle disposizioni contenute nell'articolo 1, lettera d), del decreto-legge n. 161 del 1976, convertito dalla legge n. 240 del 1976;
    consentire ai detenuti in custodia cautelare e a quelli condannati in via definitiva per reati «non ostativi», il pieno esercizio del diritto di voto, significa dare concreta, piena ed effettiva attuazione a quel principio sancito e riconosciuto dall'articolo 27 della Costituzione in base al quale la pena deve sempre tendere alla rieducazione; al contrario, rendere impraticabile per il singolo detenuto la partecipazione libera al voto nel corso delle prossime elezioni nazionali, regionali e amministrative vuol dire avallare un ignobile meccanismo di cancellazione sociale dell'individuo recluso nonché una inaccettabile operazione di privazione dei suoi diritti;
    vista la complessa procedura prevista dalla normativa di riferimento, il diritto di voto da parte dei detenuti rischia di rimanere tale solo sulla carta se non tempestivamente preceduto da una campagna informativa dentro le carceri per far sì che gli stessi detenuti siano messi al corrente di quali sono gli adempimenti necessari che loro per primi sono chiamati ad assolvere nel caso avessero intenzione di votare esercitando un loro diritto fondamentale;
    ed invero, sulla base di quanto disposto dalla citata legge n. 136 del 1976, questa speciale procedura elettorale si avvia al momento della pubblicazione di una circolare sull'esercizio del diritto di voto dei detenuti elettori, che il dipartimento o amministrazione penitenziaria invia ai vari provveditorati regionali, i quali poi provvedono ad affiggerla nelle bacheche dei vari istituti di pena sparsi sul territorio nazionale; dopodiché il singolo detenuto, preso atto dei contenuti della comunicazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, deve far pervenire alla direzione del carcere di appartenenza una dichiarazione della propria volontà di esprimere il voto nel luogo in cui si trova;
    la predetta dichiarazione, con in calce l'attestazione del direttore dell'istituto che comprova lo stato di detenzione del dichiarante, deve essere successivamente inoltrata tempestivamente al sindaco del comune nelle cui liste elettorali il detenuto risulta essere iscritto al fine di consentire alle amministrazioni l'iscrizione del richiedente nell'apposito elenco e l'invio della relativa tessera elettorale. La richiesta deve pervenire al sindaco non oltre il terzo giorno antecedente la votazione;
    come è facilmente intuibile, le procedure sopra richiamate, le sole che consentano ai detenuti di essere informati riguardo alla loro particolare condizione di votanti e agli adempimenti necessari per poter esercitare questo diritto, devono essere avviate tempestivamente e con sufficiente anticipo rispetto alle prossime scadenze elettorali;
    risulta infatti che, allorquando, come nel caso delle elezioni politiche del 2006 e del 2008, si è provveduto a disporre, avviare e organizzare questo complesso meccanismo burocratico-amministrativo con colpevole ritardo, il tasso di votanti negli istituti di pena è stato particolarmente basso, atteso che, su una popolazione stimabile in più di 30 mila detenuti aventi diritto di voto, meno del 10 per cento circa ha avuto modo di esercitare tale imprescindibile diritto-dovere;
    l'enorme astensionismo delle persone detenute non è quindi solo dovuto a disinteresse; spesso è anche conseguenza di ritardi nell'informazione e nelle procedure che intercorrono dalla «domandina» del singolo detenuto al rilascio della tessera elettorale da parte dei comuni, fino all'allestimento dei seggi «volanti» negli istituti di pena;
    è pertanto necessario, se solo si vuole rendere effettivo e non ostacolare il diritto di voto tra i detenuti, che gli organi competenti: a) affiggano fin da subito nelle bacheche delle carceri le istruzioni di ciò che tutte le persone recluse sono chiamate a fare per essere ammesse al voto in carcere; b) avviino con largo margine di tempo le operazioni di registrazione nelle liste elettorali e le consegne delle tessere dei detenuti elettori;
    considerato che oltre 20.000 detenuti su 66.000 sono stati assegnati in istituti di pena situati in altre regioni rispetto a quella di loro rispettiva residenza dove risultano iscritti nelle liste elettorali, è logico dedurre che molti cittadini-elettori del Lazio, della Lombardia o del Molise interessati dal voto delle prossime elezioni regionali del 10 e 11 febbraio 2013, trovandosi reclusi al di fuori della propria regione di residenza, non riceveranno mai al momento del voto la scheda elettorale relativa alle liste e ai candidati, venendo così privati di un diritto-dovere fondamentale,

impegnano il Governo:

   in vista delle prossime ed imminenti tornate elettorali:
    a) a sollecitare, per il tramite del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, i direttori degli istituti penitenziari affinché attraverso i mezzi più adeguati – dall'affissione sulle bacheche delle carceri alla consegna a mano ad ogni detenuto delle istruzioni per esercitare il diritto di voto – le persone recluse siano effettivamente, tempestivamente ed immediatamente informate sugli adempimenti da compiere per essere ammessi al voto in carcere;
    b) ad avviare con largo margine di tempo – ovviamente sempre per il tramite dell'amministrazione penitenziaria – le operazioni di registrazione nelle liste elettorali dei detenuti elettori e le consegne delle tessere a questi ultimi;
    c) ad emanare una circolare affinché si assicuri in modo tempestivo l'esercizio del diritto di voto delle persone recluse che non hanno perso il godimento dei diritti civili e politici, in particolare di quei detenuti interessati dalle prossime elezioni regionali del 10 e 11 febbraio 2013 che sono stati assegnati in istituti penitenziari ubicati in altre regioni rispetto a quella di loro rispettiva residenza;  
    d) ad individuare e, quindi, a promuovere una modifica dei punti più critici della normativa italiana in materia di esercizio del diritto di voto delle persone detenute così come evidenziati in premessa, in modo da rendere più agevole e meno complicato, e quindi effettivo, l'esercizio del diritto all'elettorato attivo da parte delle medesime.
(7-01040) «Bernardini, Maurizio Turco, Giachetti, Della Vedova, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Zani, Crolla, Pezzotta, Lenzi, Garofani, Margiotta, Cuperlo, Mura, Sarubbi, Bossa, Capano, Realacci, Pittelli, Giacomelli, Razzi, Codurelli, Giammanco, Pizzetti, Mantini, Pes, Papa, Baretta, Gianni, Granata, Lehner, Berretta, Renato Farina, D'Anna, Cilluffo, Vico, Barbieri».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'attuale ambito del settore edile, gli interventi che costituiscono trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, sono subordinati al rilascio del permesso di costruire al proprietario o a chi ha titolo per richiederlo (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001). Il rilascio del suddetto permesso comporta la corresponsione di un contributo, come previsto dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, «commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, il quale, come previsto dal secondo comma del medesimo articolo, può essere scomputato totalmente o parzialmente consentendo al titolare del permesso a costruire «di obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione (...) con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del Comune». Le norme urbanistiche, pertanto, prevedono, quale presupposto indispensabile per l'esercizio dell'attività edilizia, un'obbligazione di natura pecuniaria, al cui adempimento è subordinato il rilascio della concessione, con possibilità per il soggetto debitore di eseguire, alternativamente al pagamento in denaro, un facere, ossia la realizzazione delle opere vere e proprie, da cedersi successivamente al comune gratuitamente;
    da un punto di vista del trattamento fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto va evidenziato come le modalità di soddisfacimento al comune degli oneri di urbanizzazione non sia trattata in modo univoco. È infatti evidente che il pagamento in denaro non sconta imposizione, così come le fattispecie definite all'articolo 51 della legge n. 342 del 2000 che espressamente dispone: «non è da intendere rilevante ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, neppure agli effetti delle limitazioni al diritto alla detrazione, la cessione nei confronti di comuni di aree o di opere di urbanizzazione, a scomputo di contributi di urbanizzazione o in esecuzione di convenzioni di lottizzazione». La norma, pertanto, sancisce l'irrilevanza ai fini iva della cessione di aree ed opere di urbanizzazione ai comuni, a scomputo della quota dovuta per oneri di urbanizzazione, alla stregua del trattamento fiscale applicabile al versamento in denaro del predetto contributo effettuato alternativamente dalla stessa impresa. Inoltre, la norma citata trova applicazione esclusivamente per le cessioni di opere di urbanizzazione tassativamente elencate nell'articolo 4 della legge n. 847 del 1964, integrato dall'articolo 44 della legge n. 865 del 1971 (cosiddetto opere di urbanizzazione «primaria» e «secondaria»);
    laddove invece il trasferimento abbia ad oggetto beni diversi da quelli ora citati, la predetta norma non trova applicazione e quindi la cessione effettuata nei confronti dei comuni deve essere assoggettata ad IVA essendo imponibile. A tale riguardo non è infrequente assistere ad amministrazioni locali che chiedono alle imprese costruttrici di ricevere in contropartita alloggi residenziali che poi le stesse destinano a finalità di pubblico interesse (ad esempio, nell'ipotesi in cui i predetti alloggi vengano destinati a locazione convenzionata per fasce sociali bisognose). In tali casi si verifica quindi un maggiore onere per l'impresa costruttrice (nell'ipotesi in cui a stessa rinunci alla rivalsa di cui all'articolo 18, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) ovvero per il comune;
    sarebbe opportuno introdurre un'apposita disposizione con la quale si preveda l'estensione dell'agevolazione ut supra anche alla cessione gratuita di opere non qualificate come di urbanizzazione «primaria» o «secondaria», laddove lo sviluppo urbanistico riguardi piani di edilizia economica popolare o convenzionata. In tale modo non si verificherebbe una illegittima disparità di trattamento tra situazioni nelle quali la pubblica amministrazione chiede al privato di costruire e cedere opere di urbanizzazione piuttosto che allegra mettere a disposizione dei propri cittadini,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative atte a risolvere la problematica della sperequazione che si genera in merito al trattamento fiscale agevolativo sopra indicato (esclusione dal campo di applicazione dell'iva), che trova applicazione soltanto laddove vengano trasferite ai comuni opere di urbanizzazione «primaria» e «secondaria», facendo sì che l'agevolazione prevista all'articolo 51 della legge n. 342 del 2000 venga estesa anche alle cessioni gratuite di alloggi nell'ambito di realizzazione di piani di edilizia popolare e convenzionata.
(7-01038) «Fogliardi».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    nell'attuale contesto economico di mercato del settore immobiliare si configura spesso l'opportunità per le imprese di costruzioni di poter vendere a privati, ed in particolare famiglie, appartamenti costruiti o ristrutturati. I privati temono tuttavia di affrontare l'operazione di acquisto dell'immobile, che spesso rappresenta la «scelta di una vita», spesso legata a necessità impellenti (cambio città per motivi di lavoro, ampliamento del nucleo familiare), a causa delle difficoltà legate all'ottenimento del credito e della necessità di smobilizzare il patrimonio a sostegno del fabbisogno finanziario che spesso è unicamente rappresentato dalla precedente abitazione di proprietà;
    si evidenzia che spesso le imprese di costruzioni sarebbero in grado di sostenere finanziariamente i richiedenti quantomeno cercando di risolvere il secondo problema rappresentato dalla necessità di smobilizzare l'abitazione di proprietà. Le imprese infatti, a parziale soddisfacimento del prezzo di vendita del nuovo appartamento, potrebbero ritirare in permuta il vecchio, incassando solamente la differenza, provvedendo esse stesse a smobilizzare sul mercato con i tempi che una normale transazione, allo stato attuale, richiede. Tuttavia il trattamento fiscale della permuta è particolarmente gravoso per l'impresa, in quanto il passaggio di proprietà dell'immobile del privato è tassato, ai fini delle imposte indirette (registro, ipotecaria e catastale), ad aliquota piena;
    sarebbe quindi sufficiente introdurre un'apposita disposizione di legge con la quale si preveda che nei trasferimenti ut supra le imposte indirette scontino delle aliquote agevolate, a fronte dell'impegno delle imprese di costruzioni di rivendere gli immobili ritirati entro un certo arco temporale. In tale modo non si avrebbe un danno per l'erario (infatti le imposte si applicherebbero ad aliquota piena nella seconda transazione dall'impresa al nuovo acquirente), e si consentirebbe di fare ripartire il settore, sia a vantaggio del soddisfacimento dei bisogni dei privati, di incentivazione del mercato del lavoro e del conseguente gettito erariale; i possibili fenomeni elusivi si potrebbero facilmente evitare prevedendo la decadenza dell'agevolazione nell'ipotesi in cui l'impresa non trasferisca l'immobile entro un arco temporale predefinito;
    ad un attento esame del sistema legislativo in materia fiscale, si scorge che esiste una norma che già disciplina fattispecie similari. Si tratta dell'articolo 1, parte I, della tariffa del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 (Testo unico dell'imposta di registro) che recita: «Se trasferimento avente ad oggetto fabbricati o porzioni di fabbricato è esente dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 10, primo comma numero 8-bis), del decreto del Presidente delle Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ed è effettuato nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la rivendita di beni immobili, a condizione che nell'atto l'acquirente dichiari che intende trasferirli in tre anni» l'aliquota è pari all'1 per cento. Si applicano inoltre a tali trasferimenti l'imposta ipotecaria nella misura fissa di cui alla nota dell'articolo 1 della tariffa allegata al decreto legislativo n. 347 del 1990 e l'imposta catastale nella misura fissa di cui alla nota dell'articolo 1 della tariffa allegata al decreto legislativo n. 347 del 1990 e l'imposta catastale nella misura fissa di cui al comma 2 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 347 del 1990. Inoltre la nota II-ter dell'articolo 1 della tariffa, parte I, allegata al citato decreto n. 131 del 1986, stabilisce che «Ove non si realizzi la condizione, alla quale è subordinata l'applicazione dell'aliquota dell'1 per cento, del ritrasferimento entro il triennio, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria e si rende applicabile una soprattassa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui al comma 4 dell'articolo 55 del presente testo unico. Dalla scadenza del triennio decorre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria»;
    la norma di cui al punto precedente non trova applicazione nell'ipotesi in cui il trasferimento sia effettuato da un soggetto privato ovvero sia effettuato a favore di imprese che non hanno come oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la rivendita di beni immobili (si veda la risposta del Governo del 17 giugno 2009 all'interrogazione in Commissione finanze 5-01457 presentata dagli onorevoli Antonio Pepe e Contento in data 26 maggio 2009, nonché l'ordinanza della Cassazione Civile; sezione tributaria, 23 giugno 2011, n. 13845, presidente Fernando Lupi, estensori Vincenzo Didomenico),

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative volte a prevedere l'estensione dell'applicazione del trattamento fiscale agevolativo sopra indicato anche all'ipotesi in cui il trasferimento degli immobili avvenga da privati ovvero sia effettuato ad imprese che hanno per oggetto dell'attività esercitata la costruzione, la ristrutturazione, la rivendita e la gestione di immobili di proprietà al fine di favorire la risoluzione del problema sociale legato all'acquisto della casa di abitazione, la ripresa del settore delle costruzioni e il conseguente beneficio di gettito per l'erario.
(7-01039) «Fogliardi».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    la legge 20 febbraio 2006, n. 77, reca misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto tutela dell'UNESCO;
    i siti che hanno ricevuto l'importantissimo riconoscimento di «patrimonio dell'umanità» da parte dell'UNESCO sono attualmente 911. Di questi, oltre quarantacinque siti sono presenti in Italia;
   si tratta di un patrimonio di eccellenza unico per il suo valore, tale da sollecitare le amministrazioni locali interessate a rafforzare e accrescere l'impegno ad identificare e valorizzare altri siti e monumenti, il cui riconoscimento quale «patrimonio dell'umanità» contribuisce alla promozione storico – culturale del territorio, rappresentando un'utile «risorsa» a beneficio del turismo culturale e dell'economia dei territori interessati;
   in quest'ottica si inserisce l'impegno di coordinamento per il restauro e la valorizzazione del complesso monumentale di Galliano, comprendente la basilica di San Vincenzo e il battistero di San Giovanni Battista situati in cima ad un colle presente nell'area urbana di Cantù, che l'amministrazione comunale di Cantù ha stabilito con importanti soggetti privati, quali la Cassa rurale ed artigiana di Cantù, che oltre ai lavori di restauro, ha anche curato e sostenuto numerose pubblicazioni, acquisendo anche l'archivio dell'architetto Ambrogio Annoni (che negli anni Trenta aveva seguito il restauro della basilica);
   il 2 luglio 2007 è stata celebrata la ricorrenza dei mille anni dalla fondazione della basilica di San Vincenzo in Galliano, caratterizzata da una serie di eventi artistico-culturali per richiamare l'attenzione della cittadinanza verso l'arte romanica e le tradizioni locali del periodo;
   la basilica di S. Vincenzo in Galliano è difatti uno dei più noti monumenti dell'arte romanica lombarda anche se appartiene al periodo altomedioevale;
   il monumento, la cui nascita è certificata dalla scritta impressa sulla lapide della parete della navata laterale della Basilica: «il 2 luglio 1007 ... fu celebrata la consacrazione di questa chiesa ...», è stato consegnato alla storia dal futuro vescovo di Milano, Ariberto da Intimiano, allora suddiacono e «custode» del sacro edificio, di cui probabilmente ne era il proprietario per tradizione familiare, come dimostrano le epigrafi graffite sotto gli affreschi dell'abside che ricordano la morte del padre, del fratello e del nipote;
   si deve ad Ariberto da Intimiano l'architettura della Basilica, riedificata nel X secolo con raffinatissime pietre e decorazioni pittoriche, il cui simbolismo è la manifestazione del programma spirituale e temporale del futuro vescovo della cattedra di Ambrogio e arbitro dei fatti politici e religiosi del suo tempo;
   Ariberto da Intimiano battezza così, in Brianza, sulla collina di un sobborgo di Cantù, una nuova architettura religiosa: un presbiterio maestoso, senza eguali nelle chiese dell'epoca; una cripta che sarà presa a modello nei decenni successivi;
   la decorazione della basilica, affidata ad un artista grandissimo, visionario, dagli accenti quasi bizantini, il «Cristo in gloria», al centro dell'abside, in piedi, con le braccia spalancate, come a dominare il mondo intero, circondato da angeli, santi e profeti, è unico nella pittura europea dell'anno Mille giunta fino a noi;
   nella basilica risalta il catino absidale con le scene del martirio di San Vincenzo ed elementi simbolici ed ornamentali di altissimo livello; le pareti delle navate, purtroppo oggi poco leggibili, raccontano storie di sante (Giuditta e Margherita) e di eroi della fede cristiana (Sansone e Cristoforo);
   il battistero rappresenta un'architettura unica nel panorama europeo: ampio, volutamente sovradimensionato, a pianta quadrilobata, con forme esterne complesse e l'interno su due piani;
   il pavimento a piastrelle geometriche di marmo bianco e nero, riutilizzato nel presbiterio sopraelevato della basilica e nel battistero, ancora esistente sotto il pavimento in cotto, testimoniano che tra il V e il VI secolo esisteva, un edificio sacro dedicato a san Vincenzo di Saragozza con annesso forse un battistero;
   nonostante la portata storica ed artistica, la basilica di S. Vincenzo in Galliano di Cantù ha subito nel tempo offese ed ingiurie incredibili: divenuta chiesa pievana e sede del Capitolo dei Canonici, per alcuni secoli la basilica gode particolare affetto tra i Canturini che donano terreni ed altre proprietà, per poi diventare, verso la metà del Settecento un magazzino agricolo e, perdendo, a causa di un incendio, la navatella di destra;
   la basilica, giudicata di «niun riguardo» dai consulenti del Governo della Repubblica Cisalpina, nel 1801 viene venduta a privati e trasformata addirittura in casa colonica, perdendo, a causa di un incendio, la navatella di destra;
   nel 1908 il comune di Cantù riscatta l'antico edificio e il 30 giugno 1934 il cardinal Schuster riconsacra la basilica di San Vincenzo;
   i primi restauri, condotti dall'architetto Ambrogio Annoni nel 1933-1934, permisero di riaprire la chiesa al culto. Nuovi restauri agli affreschi della navata, eseguiti a più riprese negli anni 1955, 1956,1967, 1981, hanno portato al distacco di alcuni dipinti che, trasferiti su pannelli di masonite, sono stati collocati sulle pareti originali;
   il complesso monumentale di Galliano rappresenta un esempio eminente di una struttura architettonica che testimonia un periodo significativo della storia umana, oltre che del genio creativo;
   il complesso monumentale di Galliano presenta condizioni di integrità, autenticità e conservazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere il riconoscimento del complesso monumentale di Galliano quale «patrimonio dell'umanità» da parte dell'UNESCO.
(7-01036) «Rivolta, Nicola Molteni, Goisis, Grimoldi, Cavallotto».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    le filarmoniche e le associazioni bandistiche hanno rappresentato e rappresentano un elemento fondamentale per la diffusione, la pratica, l'implementazione, l'elaborazione della cultura musicale nel nostro Paese;
    anche se in passato la presenza capillare nel territorio raggiungeva anche piccolissime comunità, la presenza delle bande musicali è ancor oggi molto significativa. Punto di riferimento e di aggregazione per numerose persone, luogo d'incontro per generazioni e ceti sociali diversi, la banda ha costituito e costituisce un centro capace di soddisfare bisogni ed esigenze musicali molteplici e di dare ai giovani risposte concrete alla loro voglia di stare insieme facendo musica;
    elemento fondamentale da sottolineare è il sistema valoriale che all'interno di questa esperienza matura e si diffonde. Solidarietà, sussidiarietà, attenzione agli altri, senso di appartenenza, identità sono solo alcuni degli aspetti che si praticano e si formano nel corso dell'esperienza musicale bandistica;
    molte filarmoniche e bande istituiscono presso le loro sedi corsi per lo studio di strumento per giovani ai quali è possibile accedere con costi irrisori;
    molte scuole hanno ritenuta valida, indispensabile, preziosa la collaborazione delle filarmoniche locali e delle associazioni bandistiche, con le esperienze scolastiche raccogliendo anche l'invito del Ministero dell'istruzione, dell'università e delle ricerca a dare nuovo significativo impulso al ruolo educativo della musica attraverso un insegnamento pratico e concreto;
    è da considerare di estremo interesse l'esperienza bandistica per i suoi risvolti educativi e per la caratteristica degli strumenti utilizzati che non richiedono spazi o ambienti particolari, amplificazioni o collegamenti elettrici consentendo di suonare in qualsiasi luogo; le scuole hanno organizzato il loro intervento didattico di educazione musicale trasformando le singole classi in vere e proprie bande;
    l'esperienza americana prima, tedesca e francese poi, quindi anche quella italiana ha reso disponibili materiali, metodi che consentono all'insegnante di gestire un gruppo che contemporaneamente utilizza strumenti diversi suonando insieme sin dalla prima lezione;
    questi due elementi obbligano ad una riflessione in quanto dalla collaborazione tra scuole e associazioni bandistiche/filarmoniche potrebbe originarsi un percorso di crescita che risponde alle esigenze di entrambe istituzione. Infatti, gli interventi realizzati dalle scuole hanno inevitabili vantaggi anche per le filarmoniche, in quanto offrono al territorio giovani in grado di prender parte da subito all'esperienza della banda;
    la scuola potrebbe trovare soggetti qualificati che interagendo con l'insegnate di educazione musicale consentano di raggiungere in tempi più brevi i risultati attesi; la banda offre nuove risorse umane sulle quali contare per garantirsi il futuro;
    inoltre, occorre sottolineare come l'offerta di luoghi d'incontro sani, stimolanti, costruttivi così come rappresentati dall'associazionismo bandistico abbia risvolti socialmente positivi, culturalmente importanti e dal punto di vista formativo significativi;
    annualmente alle associazioni filarmoniche e bandistiche vengono erogate risorse in modo indiscriminato e di limitatissima consistenza, che invece canalizzate su particolari progetti potrebbero risultare più proficue e produttive,

impegna il Governo

ad istituire un tavolo di lavoro tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e delle ricerca ed il Ministero per i beni e le attività culturali al fine di individuare modalità per potenziare la progettualità delle scuole attraverso la collaborazione delle associazioni bandistiche e delle filarmoniche locali del territorio, sottoscrivendo un accordo interministeriale che individui modalità di potenziamento delle risorse da destinare all'esercizio della musica nelle scuole e sostenendo i progetti intrapresi d'intesa con i soggetti sopra menzionati.
(7-01037) «De Pasquale».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    è stato inviato all'attenzione della Commissione europea uno schema di decreto interministeriale che propone l'introduzione di alcune modifiche al decreto legislativo n. 31 del 2001 relativamente ai requisiti di potabilità, in particolare l'introduzione del parametro «Microcistina-LR» e relativo valore di parametro (notification number 2012/0534/I - C50A, title «Schema di decreto interministeriale per l'introduzione, nell'allegato I, parte B, del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, del parametro «microcistina-LR» e relativo valore di parametro);
   lo schema di decreto in questione, costituito da due articoli, stabilisce che nella tabella presente nell'allegato I, parametri e valori di parametro, parte B, parametri chimici, del decreto legislativo n. 31 del 2001 con cui l'Italia ha recepito nel proprio ordinamento la direttiva 98/83/CE, è aggiunta una riga concernente la voce microcistina-LR e, nella tabella note, è aggiunta la nota 12 che fornisce istruzioni relative alla determinazione del contenuto di tale tossina;
   lo schema di decreto sembra essere stato indirizzato per verifica alla sola Commissione imprese e industrie dell'Unione europea (nel cui sito internet compare con la relativa scheda), mentre riguarda una classe di sostanze tossiche di diretto impatto e interesse primario sanitario e non industriale, in quanto è riferito alla totalità della popolazione nazionale utente di un servizio;
   dal testo dello schema di decreto, presente nel sito della Commissione imprese e industrie dell'Unione europea, si evince come l'atto sia presentato in modo che all'interrogante appare a dir poco elusivo; vi si legge che «esso non è una misura sanitaria o fitosanitaria», mentre è di assoluta evidenza che, se approvato, esso avrebbe una rilevanza sanitaria assai negativa; analoga sottolineatura merita l'esplicita ammissione che «l'analisi di impatto non è disponibile al momento della notifica»;
   l'approvazione del decreto renderebbe de facto lecita l'erogazione di acque destinate a consumo umano anche in presenza di contaminazione da cianobatteri e loro micro cistine, violando l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana che «tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»; esso si pone peraltro in aperto contrasto con la necessità di combattere ogni forma di inquinamento e degrado delle acque, anche in considerazione degli obiettivi europei in tema di qualità delle acque previsti per l'anno 2015;
   le indicazioni delle maggiori agenzie internazionali, europee ed italiane, di protezione dell'ambiente e della salute evidenziano il pericolo per la salute umana determinato dalla presenza di cianobatteri nelle acque (si vedano le «linee guida per la gestione del rischio cianobatteri in acque destinate a consumo umano», emanate con rapporto ISTISAN 11/35 pt 2), e ciò anche in considerazione:
    a) della complessità biologica e, in parte ancora sconosciuta, potenzialità tossica dei cianobatteri;
    b) della loro mutevole ed imprevedibile risposta a diverse condizioni climatiche ed ambientali;
    c) delle azioni tossiche, epigenetiche, genotossiche ed oncogene di tanti e vari tipi di microcistine da essi prodotte;
    d) delle attività tossiche e/o cancerogene di svariati elementi contaminanti ed inquinanti le acque, tra cui le microcistine, che possono esplicarsi con molteplici e ancora sconosciuti meccanismi di interazione ed amplificazione indicati come «effetto cocktail», diversi da quello della sola e semplice sommatoria delle loro singole azioni;
   sono da tempo documentate le croniche difficoltà del nostro Paese ad assicurare una potabilizzazione efficace, sicura e costante delle acque che presentano queste criticità e la mancanza di un reale e diffuso sistema di sorveglianza, allarme e gestione di questi fenomeni: valga ad esempio il caso del lago di Vico, affetto da tempo da un gravissimo processo di eutrofizzazione e da sempre più frequenti e massicce fioriture del cianobatterio Plankthotrix rubescens, detto anche alga rossa, capace di produrre una microcistina cancerogena, non termolabile e tossica per gli esseri umani, per la flora e la fauna lacustre, classificata dalla Iarc (Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) come cancerogeno di classe 2 b,

impegna il Governo:

   ad adottare urgentemente tutte le iniziative necessarie affinché il decreto legislativo n. 31 del 2001, che ha recepito la direttiva europea 98/83 per quanto riguarda la potabilità delle acque destinate a consumo umano, non venga modificato con l'introduzione di nuovi valori di parametro per sostanze cancerogene evitabili per le quali, come noto, non esistono soglie di sicurezza e che danneggerebbero la salute umana;
   a revocare lo schema di decreto interministeriale citato, tenendo conto che esso si configura in conflitto con la normativa italiana e in contrasto con l'evidenza scientifica e la deontologia medica, ecologica e bioetica, oltre che con l'ortoprassi amministrativa e gestionale.
(7-01041) «Bucchino, Miotto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'interpellante ritiene davvero grave e preoccupante la mancata risposta del Governo ai numerosi atti di sindacato ispettivo, ultimo il 18 luglio 2012, relativi alla situazione occupazionale interna al porto di Gioia Tauro;
   i mancati adeguati interventi infrastrutturali ed utili alla polifunzionalità del porto, congiunti con l'assenza di un adeguato tavolo di concertazione, hanno registrato su quello scalo marittimo solo finte attenzioni e vane promesse, apparse all'interpellante di comodo solo per MCT – Contship Italia, società terminalista;
   la società terminalista, infatti, nel mentre si è resa destinataria dell'autorizzazione a porre, per ancora due anni, in cassa integrazione guadagni straordinaria numerosi lavoratori, senza mai alcuna garanzia per il futuro occupazionale degli stessi, ha continuato a servirsi di quello che all'interpellante appare l'alibi della crisi internazionale delle movimentazioni per fare scelte diverse e posizionare altrove il traffico;
   sono, purtroppo, in atto un inesorabile calo dei traffici nel porto di Gioia Tauro ed un conseguente aumento del numero di lavoratori cassaintegrati;
   rispetto alle previsioni fatte appena a metà del mese di settembre 2012 l'azienda terminalista MCT nell'ambito del piano di riorganizzazione, ha posto in cassa integrazione i lavoratori in numero maggiore della media annuale prevista; si è già arrivati, infatti, nei primi giorni di novembre a 530 unità, a fronte dei 486 esuberi fissati per il 2012;
   a fronte di questa pesante crisi occupazionale che, peraltro, si registra in un'area ad alto tasso di disoccupazione, congiunta alla presenza pervasiva delle cosche della ’ndrangheta, non sono stati registrati interventi utili a compensare la citata crisi di movimentazione, come, ad esempio, la realizzazione di una zona economica speciale, attrattiva per investitori e capitali stranieri;
   la Calabria continua ad essere penalizzata anche per quanto riguarda l'attenzione che andrebbe riservata allo scalo marittimo di Gioia Tauro, nel mentre si registrano interventi che favoriscono i porti del Nord Italia;
   tra l'altro l'interpellante, considerata la pervasiva presenza delle cosche criminali della ’ndrangheta, ritiene che si dovrebbe attivare un'adeguata verifica su tutte le società di servizi interne al porto di Gioia Tauro –:
   se non ritengano di avviare una reale attività di concertazione utile a considerare la struttura portuale di Gioia Tauro come priorità nazionale e ad offrire così future garanzie occupazionali ai lavoratori che attualmente vengono posti dalla MCT in cassa integrazione straordinaria.
(2-01749) «Angela Napoli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TULLO, ORLANDO e ROSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le vicende giudiziarie che hanno coinvolto dirigenti di primo piano di Finmeccanica aumentano le preoccupazioni per le sorti delle aziende di uno dei principali gruppi manifatturieri italiani; forte è il rischio di compromettere il futuro di una delle realtà che maggiormente investe in ricerca e sviluppo e per queste ragioni ha settori in cui rappresenta eccellenze di livello mondiale;
   da oltre un anno i problemi finanziari e quelli di carattere industriale di Finmeccanica vengono confusi e non risolti: un gruppo a giudizio degli interroganti delegittimato da scelte sbagliate e perdenti dal punto di vista economico ed industriale, nonché da vicende giudiziarie gravissime, sembra avere come unico obiettivo risanare i conti per gli errori commessi, proponendo di vendere aziende sane e ben dirette come Ansaldo Energia;
   in questo quadro va ad aggiungersi, come riportato dalle testate giornalistiche Il Fatto del 5 novembre e il Secolo xix del 6 novembre 2012, la trascrizione dell'intercettazione compiuta dal reparto operativo del NOE dei carabinieri avvenuta nel maggio scorso, tra il presidente di Finmeccanica e l'ex presidente dello IOR, in cui emerge un quadro imbarazzante e allarmante per i rapporti tra il presidente e il direttore generale di Finmeccanica, oltre ad affermazioni sconcertanti nei confronti dell'arcivescovo di Genova, il Cardinale Angelo Bagnasco;
   con diverse iniziative parlamentari è stata dagli interroganti sempre considerata sbagliata l'idea di puntare esclusivamente sui prodotti militari, soprattutto nel momento in cui tutti i Paesi e i Governi puntano a contenere le spese di armamento, rivolgendo l'attenzione a prodotti legati alle energie, ai trasporti, alle infrastrutture e alla logistica;
   è stato più volte sollecitato il Governo in quanto maggiore azionista del gruppo, nonché per il valore industriale che Finmeccanica rappresenta per il Paese, ad intervenire per evitare che siano compiute scelte irreversibili che comportino il depauperamento di competenze di eccellenza con gravi ricadute anche occupazionali;
   ancora nella giornata dell'8 novembre 2012 il direttore generale di Finmeccanica ha dichiarato a Radiocor  la dismissione delle attività del settore civile entro la fine dell'anno, affermando in ultimo che «il Governo Italiano è pienamente al corrente dello stato delle trattative e non oppone resistenza»;
   nella giornata del 30 ottobre 2012 con una lettera firmata da tutti i parlamentari liguri è stato chiesto al Presidente Monti di soddisfare la richiesta da parte delle organizzazioni sindacali territoriali di un incontro per conoscere gli orientamenti del Governo –:
   se trovi conferma quanto dichiarato dal direttore generale di Finmeccanica;
   se non si consideri necessario affrontare la situazione con un nuovo e credibile gruppo dirigente, capace di proporre un piano industriale che definisca una strategia di rilancio di Finmeccanica, a partire dal relativo posizionamento nelle strategie industriali europee ed internazionali;
   perché non si sia svolto l'incontro sollecitato dalle organizzazioni sindacali territoriali. (5-08504)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   le adozioni internazionali in Sri Lanka sono ferme da circa un anno, da quando cioè un increscioso episodio ha visto coinvolte la locale comunità di Missionarie della Carità (Suore di Madre Teresa di Calcutta);
   secondo quanto riportato dagli organi di informazione, su denuncia anonima, il 23 novembre 2011, un gruppo di persone guidato da Anoma Dissanayake, presidente della Ncpa (National Child Protection Authority), ha circondato e fatto irruzione nell'orfanotrofio delle Missionarie della Carità Prem Nivasa di Moratuwa, accusando suor Mary Eliza, di adozioni illegali;
   il 25 novembre è scattato l'arresto per Suor Eliza, rilasciata poi su cauzione il 29 novembre; il 5 dicembre 2011 il magistrato Yvonne Fernando ha scagionato suor Mary Eliza dall'accusa di adozioni illegali; il procuratore Nevil Abeyratne ha dichiarato che la Ncpa ha agito «in modo irresponsabile» e ha offuscato l'immagine limpida delle Suore di Madre Teresa, che da anni servono la società srilankese;
   nonostante le accuse si siano dimostrate palesemente infondate, il Paese, però, continua la sua chiusura alle adozioni internazionali;
   le ultime notizie giunte alle associazioni italiane che si occupano del tema sono che una Commissione di otto membri avrebbe dovuto rivedere le procedure adottive internazionali e che, in seguito a questa operazione, dal maggio 2012, sarebbero riprese anche le partenze; purtroppo, però nulla è ancora successo;
   gli enti italiani impegnati in Sri Lanka sono in attesa di notizie ufficiali da quasi un anno; le richieste di informazioni al Department of Probation and Child Care Services of Sri Lanka (organismo preposto alle adozioni) non hanno risposta;
   la situazione genera grande incertezza e amarezza in molte famiglie italiane, in attesa rispetto a pratiche di adozione in parte accolte e non concluse, depositate, approvate ma di fatto congelate, e sottrae al tempo stesso a tanti orfani dello Sri Lanka la possibilità di collocazione in ambienti familiari –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra riportato, e se intenda assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità, per acquisire informazioni rispetto alla complessa situazione delle adozione di orfani dello Sri Lanka da parte di famiglie italiane.
(4-18651)


   PAOLO RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   numerose famiglie, che si sono rivolte a diversi enti autorizzati alle adozioni internazionali (Ai.Bi, Airone, Cifa, eccetera), segnalano che le procedure per le adozioni che interessano la Repubblica dello Sri Lanka sono ferme dal novembre 2011;
   in particolare, risulterebbero bloccate tutte le procedure, compresi gli abbinamenti già formalizzati, con la conseguenza che alcune coppie in lista d'attesa, con abbinamento formalizzato, si ritrovano ancora oggi, dopo un anno, con i documenti preliminari già firmati e foto relative al bambino già ricevute, ma senza speranza di partire;
   questa situazione si sarebbe determinata a seguito di una vicenda che avrebbe coinvolto una suora cattolica, accusata di adozioni illegali e successivamente del tutto scagionata;
   nonostante le accuse si siano dimostrate palesemente infondate, le procedure adottive risultano ancora sospese; risulterebbe in particolare che sarebbe stata avviata una revisione di tali procedure, con la nomina di apposita commissione, che avrebbe tuttavia concluso i suoi lavori da mesi;
   gli enti italiani autorizzati segnalano inoltre di non aver ricevuto risposte alle richieste di informazioni avanzate alle autorità competenti e alle ambasciate della Repubblica dello Sri Lanka nonché all'ambasciata d'Italia a Colombo;
   le famiglie italiane restano così in un'interminabile attesa, senza alcuna notizia affidabile sui possibili sviluppi della situazione –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito alla situazione illustrata e alla posizione del Paese interessato;
   se non si ritenga di assumere iniziative per favorire la ripresa delle procedure di adozione internazionale con la Repubblica dello Sri Lanka, venendo incontro alle legittime speranze delle tante famiglie interessate. (4-18670)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   cresce l'attenzione in Italia da parte dei consumatori il timore di indossare capi di abbigliamento nocivi per la composizione chimica degli stessi;
   da tempo sono in atto diversi sequestri da parte degli uomini della Guardia di Finanza preposti ai controlli su prodotti importati;
   fra gli stessi anche vestiti per bambini;
   una foto-inchiesta del corriere.it in data 20 novembre 2012 ha informato che, in base al rapporto «Toxic ThreadsThe Fashion Big Stitch-Up», analisi chimiche hanno dimostrato «il collegamento tra impianti tessili, principali responsabili dell'avvelenamento dei corsi d'acqua e la presenza di sostanze chimiche pericolose nei prodotti finali» inoltre «Le sostanze trovate contribuiscono all'inquinamento dei corsi d'acqua in tutto il mondo, sia durante la produzione che nel lavaggio domestico»;
   i capi di abbigliamento analizzati hanno compreso jeans, pantaloni, t-shirt, abiti e biancheria intima per uomini, donne e bambini;
   nel mirino: Zara, di cui 4 capi analizzati sarebbero risultati contaminati da alti livelli di ftalati tossici, e altri due presentano tracce di un'ammina cancerogena derivante dai coloranti azoici;
   analizzati i capi di Benetton, Jack&Jones, Only, Vero Moda, Blažek, C&A, Diesel, Esprit, Gap, Hilfiger, H&M, Zara, Levi, Victoria's Secret, Mango, Marks&Spencer, Metersbonwe, Klein, Armani, Vancl;
   i livelli più alti, superiori a 1 ppm, sono stati trovati nei marchi Zara, Metersbonwe, Levi's, C&A, Mango, Calvin Klein, Jack & Jones e Marks & Spencer, addirittura Zara, il più grande rivenditore al mondo di abbigliamento, dovrebbe adottare (secondo il servizio) un piano per eliminare le sostanze tossiche;
   per ogni marca, uno o più articoli analizzati hanno evidenziato la presenza di Npe (composti nonilfenoloetossilati) che possono rilasciare i corrispondenti nonilfenoli, in grado di alterare il sistema ormonale –:
   di quali notizie si disponga se non si intenda promuovere uno studio sanitario sulla correlazione tra alcune patologie ed i capi solitamente indossati e assumere iniziative per promuovere tra i grandi brand della moda italiana procedure di garanzia a tutela della salute umana come il procedimento Oeko-tex (ma anche altri se ve ne fossero secondo esperti del settore) posto che, ad oggi, all'interrogante non risultano esistenti informazioni sui possibili problemi per chi indora i prodotti potenzialmente a rischio indi non sicuri.
   (4-18674)


   MARCO CARRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   un recente articolo comparso sul sito d'inchieste www.comedonchichotte.org ripropone alcuni nodi della vicenda di Alessio Casimirri, l'ex brigatista condannato in contumacia dalla magistratura italiana nel 1989, componente del gruppo di fuoco del commando che rapì il presidente della Dc;
   scappato in Francia nel 1982, fu arrestato ma poi, grazie ad un passaporto falso intestato a Guido Di Giambattista, riuscì di nuovo a fuggire. L'Italia ha inutilmente chiesto la sua estradizione alle autorità del Nicaragua, il piccolo Paese sudamericano dove vive e lavora dagli inizi degli anni ottanta e del quale è un regolare cittadino. Nel 2004 la corte suprema di giustizia del Nicaragua ha respinto la richiesta;
   secondo l'articolo, che si riferisce a fonti riservate dei servizi segreti, Casimirri, alla fine del 1993, stava per fare importanti rivelazioni sul rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, tanto che nel dicembre del 1993, alcuni agenti del Sisde con i quali aveva avviato un dialogo, sarebbero dovuti tornare in Nicaragua per raccogliere alcune importanti rivelazioni, «molto più importanti della questione di via Montalcini», mandò a dire;
   nell'agosto del 1993 una missione di tre uomini del Sisde riuscì a stabilire dei contatti con lui: i tre agenti partirono alla volta di Managua ed ebbero lunghe conversazioni con Casimirri ma l'operazione resta tutt'oggi avvolta dall'ombra;
   sebbene Casimirri non sapesse cosa fosse accaduto nelle prigioni in cui era stato tenuto il leader Dc – subito dopo l'agguato di via Fani, era stato estromesso dall'operazione, di cui aveva seguito le fasi preparatorie, perché aveva subito una perquisizione – all'epoca del suo incontro con gli uomini del Sisde, uscirono molte indiscrezioni sulla stampa in base alle quali era stato proprio Casimirri ad indicare in quella circostanza il vero nome dell'ingegner Altobelli, noto nella letteratura del caso Moro come il quarto carceriere del leader Dc. Si disse che lo aveva identificato in Germano Maccari, ma su questo esistono consistenti dubbi emersi nella relazione ufficiale scritta dai tre agenti al ritorno dal loro viaggio sulla base delle confidenze di Casimirri. Secondo quel documento l'ingegner Altobelli «dagli accertamenti esperiti – si legge – dovrebbe identificarsi in Giovanni Morbioli, romano....», circostanza che gli fu confermata da Casimirri: era solo un'ipotesi investigativa che però, incomprensibilmente, non ebbe mai seguito;
   oltre al capitolo «Altobelli», l'operazione Nicaragua portò ad individuare in Algeria, e dunque già dall'agosto del 1993, i latitanti Rita Algranati e Maurizio Falessi ma non si hanno notizie di uno sviluppo delle indagini. I due furono arrestati in Egitto solo molto tempo dopo, nel gennaio del 2004, in seguito ad un'operazione condotta dal Sisde guidato da Mario Mori;
   il punto principale riguarda l'evoluzione che la collaborazione avviata sembrava destinata ad avere. Casimirri pare fosse disponibile a raccontare particolari molto importanti, tanto che era stato già fissato un nuovo incontro in Nicaragua per il dicembre successivo: solo che l'appuntamento saltò, perché l'operazione Nicaragua fu bruciata da alcuni scoop giornalistici che indussero Casimirri a rivedere le sue intenzioni; la notizia della missione svolta in Nicaragua era stata diffusa da ambienti dei servizi, gli unici che sapessero il numero degli agenti impiegati nell'operazione (tre), dato ignoto anche ai magistrati che sapevano di quel viaggio –:
   se il Governo confermi le circostanze riferite e quali ulteriori elementi e iniziative risultino riguardo alle vicende sopra descritte e ad eventuali ulteriori sviluppi.
   (4-18678)


   MERONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale Governo risulta composto nella sua quasi totalità da professori universitari, magistrati, alti funzionari dello Stato e dipendenti pubblici;
   in particolare, un elevato numero di Ministri e Sottosegretari proviene dai diversi rami dell'amministrazione dello Stato;
   la qualità dei pubblici dipendenti di molti componenti del Governo, in alcuni casi percettori di pensioni derivanti da alte cariche nell'amministrazione pubblica e degli organi costituzionali profila l'eventualità che, per alcuni di essi, si realizzi il cumulo tra l'indennità di Ministro o Sottosegretario ed altri emolumenti a carico delle finanze pubbliche;
   la Lega Nord ha da sempre sostenuto di evitare il cumulo tra più indennità o retribuzioni provenienti dalla titolarità di più cariche o uffici pubblici;
   l'esigenza di impedire tale cumulo è ancora più pressante nell'attuale congiuntura economica, che vede molti concittadini alle prese con insormontabili difficoltà economiche, dovute alla crisi –:
   se corrisponda al vero che i Ministri o Sottosegretari che siedono nell'attuale compagine governativa e siano pubblici dipendenti, ed in particolare magistrati amministrativi, continuino a percepire emolumenti da pubblico impiego che si assommano alle indennità di Ministri o sottosegretari. (4-18679)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIANETTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in Somalia, la transizione è stata avviata nel 2004 a seguito della Conferenza di pace di Nairobi, e si è conclusa negli scorsi mesi n l'insediamento del nuovo Parlamento, del nuovo speaker, con le nomine del presidente Hassan Sheikh, che ha definito il suo programma di governo nel Six pillar programme, e del Primo Ministro Abdi Farah Shirdon «Saiid», e che, infine, si è compiuta nella formazione di un Governo di discontinuità con i precedenti;
   la compagine governativa è composta di dieci Ministri ed ha ottenuto la fiducia il 13 novembre 2012 con un programma basato su alcune priorità tra le quali sconfiggere l'insicurezza, la pirateria e l'estremismo, basandosi sulla capacità dei locali apparati di sicurezza;
   con la conclusione in Somalia del periodo di transizione, si è aperta una nuova importante fase nel Paese, che segue due decenni di instabilità e tuttavia la situazione è ancora caratterizzata da perduranti criticità sotto il profilo della sicurezza, pur presentando, al contempo, alcune opportunità che sarebbe importante cogliere;
   si sono infittite le relazioni con l'estero: il presidente del governo somalo, Hassan Mohamud Sheikh ha incontrato una delegazione dell'Unione europea, guidata dall'inviato speciale per la Somalia, Michele Cervone d'Urso (Mogadiscio il 3 novembre 2012) come pure una delegazione iraniana, guidata dal ministro degli esteri Ali Akbar Salihi, giunta a Mogadiscio il 14 novembre 2012, con l'intenzione di aprire un'ambasciata nella capitale e aiutare la Somalia a raggiungere lo sviluppo socio economico;
   Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato il 7 novembre 2012 una risoluzione che dispone il rinnovo della missione Amisom in Somalia fino al 7 marzo 2013 autorizzando gli Stati membri dell'Unione africana ad estendere la presenza delle forze Amisom sul territorio al fine di ridurre la minaccia rappresentata dal gruppo di Al Shabaab e da altri gruppi di opposizione armata, e fornire, se necessario, protezione alle autorità somale, sostenere il dialogo e la riconciliazione, e assistere il Paese nell'attuazione del piano nazionale di sicurezza e stabilizzazione;
   l'Italia vanta tradizionali legami storici con la Somalia ed è da sempre impegnata nella promozione di una pacificazione e stabilizzazione del Paese: a testimonianza di tale legame e attenzione, il Ministro interrogato ha effettuato il 23 ottobre 2012 una missione in tale Paese, che prima di un Ministro degli affari esteri italiano dal 1992 e la prima di un Ministro degli esteri europeo dalla fine della transizione;
   quali iniziative di politica estera si intendano adottare nei confronti della Somalia alla luce degli sviluppi che dal 20 agosto 2012 vanno consolidandosi nel Paese. (5-08492)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le vicende del tracollo argentino con il conseguente mancato rimborso dei bond di quel Paese ha visto coinvolti centinaia di migliaia di lavoratori e pensionati italiani;
   la Corte Costituzionale di Germania a Karlsruhe ha disconosciuto, in una sentenza lo stato di emergenza e necessità vantato e rinnovato ogni anno dall'Argentina; e specificatamente lo ha ritenuto non valido per i creditori privati. Alcuni cittadini italiani hanno ottenuto sentenze esecutive in appello presso la Corte di Francoforte (sede della giurisdizione scelta dall'Argentina per le obbligazioni in euro);
   l'ICSID (Centre for settlement of investment disputes) previsto dal trattato bilaterale italo-argentino del 1993 non viene considerato dall'Argentina idoneo alla difesa dei cittadini italiani; ma nonostante sia stato accettato dal tribunale arbitrale stesso viene considerato atto solo a risolvere le liti con le imprese. Le adesioni ai due scambi di titoli imposti nel 2005 e nel 2010, anche se prevedevano un considerevole taglio del capitale e degli interessi, e la scadenza a 37 anni dopo il default, sono state accettate solo per disperazione dai cittadini abbandonati dalle propri istituzioni;
   Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale ha ammonito severamente la presidentessa Kirchner, invitandola a chiarire i conti del suo Paese entro il 10 dicembre, pena l'espulsione dal Fondo monetario internazionale; negli Stati Uniti si va formando al Congresso un sostegno, grazie all'azione dell'AFTA diretta dall'ex sottosegretario Robert Shapiro, per escludere l'Argentina dalle nazioni favorite nelle importazioni; il Presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama durante il suo ultimo viaggio di stato in America Latina ha evitato uno scalo a Buenos Aires;
   da parte delle istituzioni italiane non risulta all'interrogante alcun iniziativa di rilievo che sia in aperto dissenso al Governo argentino –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti;
   se il Ministro non ritenga che vadano avviate azioni concrete per ottenere che la Repubblica Argentina onori le sentenze già pronunciate. (4-18655)


   CONTENTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Resia ha recentemente manifestato l'intenzione di non rinnovare la convenzione per la gestione del centro culturale al gruppo «Val Resia» e di individuare, quindi, un nuovo soggetto allo scopo;
   sulla base di notizie di stampa, il console generale della Repubblica di Slovenia, dottor Dimitriy Rupel, ha inviato una missiva al sindaco di Resia nel contesto della quale, dopo aver individuato nell'associazione «identità e tutela Val Resia» la probabile candidata alla gestione del centro, «distinta per le sue contrapposte posizioni alle attività culturali slovene», ha aggiunto: «il partito dell'Unione slovena-Slovenska Skupnost ed entrambe le unioni-confederazioni degli sloveni in Italia hanno espresso il loro dissenso a questo tipo di provvedimento che peraltro la giunta comunale non ha ancora avvallato, avvisando che la Val Resia è caratterizzata dalla presenza autoctona della popolazione slovena»;
   sempre nella missiva ricordata, il console generale, dopo aver ricordato che la struttura del centro culturale fu costruita in seguito al terremoto del 1976 con gli aiuti dell'allora Repubblica federativa socialista jugoslava, «con lo scopo di adibirla alle attività culturali dei resiani», chiedeva al sindaco di Resia «di informare il Consolato sloveno sull'evolversi della attivazione riguardante il centro culturale» e, auspicato il mantenimento dei buoni rapporti tra le rispettive popolazioni minoritarie e maggioritarie del F.V.G. e tra i due paesi, si diceva convinto che avrebbe concorso costruttivamente a questi rapporti chiedendo altresì di illuminare sulla vicenda e di modificare eventualmente gli attuali indirizzi dell'amministrazione;
   con lettera del mese di novembre 2012, il sindaco di Resia replicava ampiamente al console generate sottolineando la singolarità dell'interferenza su decisioni d competenza del comune ed evidenziando come il comune non fosse tenuto ad informare alcuno sull'affidamento in gestione di un proprio stabile;
   la vicenda, secondo l'interrogante, merita l'attenzione del competente Ministero, sia per il mantenimento degli auspicabili buoni rapporti tra le comunità minoritarie e la maggioranza dei cittadini ivi residenti, sia in relazione all'iniziativa del console generale che, sindacando apertamente un indirizzo espresso legittimamente dal comune di Resia circa l'affidamento della gestione del centro culturale, sembra aver travalicato i propri compiti e le proprie prerogative –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda eventualmente assumere in merito. (4-18671)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCUSO, CROLLA, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 febbraio 2007 Filippo Raciti, ispettore della polizia di Stato, prestava servizio allo stadio, a causa dei disordini causati dai tifosi al termine della partita Catania-Palermo;
   Raciti rimaneva ucciso due ore circa dopo il termine della partita, a seguito di un trauma epatico causato dall'impatto di un corpo contundente;
   i filmati dimostravano poi che il tifoso catanese Antonio Speziale, allora 17enne, aveva colpito l'ispettore Raciti con un lavabo divelto da uno dei bagni dello stadio dove si svolgeva il derby siciliano, causandone la morte;
   Raciti lasciava la moglie e due bambini;
   Raciti è stato insignito della medaglia d'oro al valor civile alla memoria, consegnata alla moglie l'11 maggio 2007, in occasione del 155o anniversario della polizia di Stato, con la motivazione: «Con spiccata professionalità, non comune determinazione operativa e consapevole sprezzo del pericolo si prodigava nel fronteggiare e respingere un gruppo di facinorosi tifosi catanesi, rimanendo mortalmente ferito nel corso dei violentissimi scontri. Luminosa testimonianza di elevato senso civico, encomiabile altruismo ed eccezionale spirito di servizio, spinti sino all'estremo sacrificio»;
   il 9 febbraio 2010 il tribunale dei minori di Palermo irrogava la pena di 14 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale ad Antonino Speziale, minorenne all'epoca dei fatti;
   il 22 marzo 2010 la corte di assise di Catania irrogava la pena di 11 anni a Daniele Natale Micale, ventitreenne, altro tifoso catanese coinvolto nei fatti;
   il 21 dicembre 2011 la corte d'appello per i minorenni di Catania condannava Antonino Speziale a 8 anni di carcere per omicidio preterintenzionale;
   il 14 novembre 2012 Corte di Cassazione ha confermato la condanna a otto anni di reclusione per Antonino Speziale, 22 anni;
   La Corte di Cassazione ha confermato anche la condanna nei confronti di Daniele Micale;
   il 19 novembre 2012, durante la partita Cosenza-Lamezia Terme, il giocatore Pietro Arcidiacono (membro del Cosenza, ma di origini catanesi), dopo aver segnato mostrava una maglia con la scritta «Speziale è innocente»;
   Arcidiacono ha dichiarato di non aver voluto offendere nessuno, che si trattava solo di un gesto di solidarietà nei confronti di Antonino Speziale, suo amico personale;
   Arcidiacono è stato sospeso dalla società Cosenza calcio e colpito dal DASPO –:
   di quali elementi disponga il Governo al riguardo;
   se il Governo intenda promuovere una campagna informativa contro la violenza negli stadi, sensibilizzando anche gli stessi giocatori;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative che stabiliscano determinate e severe pene anche per chi istiga e fomenta comportamenti e atteggiamenti violenti. (4-18677)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   desta preoccupazione la istanza di ricerca di idrocarburi avanzata dall'Eni per Monte Li Foj che interessa il comune di Picerno e limitrofi per un'area di 140 chilometri quadrati;
   già in passato alcune compagnie petrolifere avevano sondato il Monte Li Foj, da ultimo a fine anni 90 da parte di una compagnia inglese senza grossi risultati;
   il comprensorio in questione è dal 2006 un sito di interesse comunitario per le sue peculiarità in termini di flora e fauna;
   è uno dei territori più noti per pascolo di podoliche e di prodotti lattiero caseari di qualità;
   il solo comune di Picerno produce il 60 per cento dei salumi che si producono in Basilicata;
   anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una scelta che assume i caratteri di improvvisazione in quanto del tutto estranea ad un modello di sviluppo;
   le amministrazioni comunali interessate hanno già manifestato il loro parere contrario in termini ufficiali;
   il comprensorio in questione meriterebbe maggiore attenzione per la promozione e la valorizzazione delle sue attività economiche direttamente legate al territorio a partire appunto dalle opportunità dell'agricoltura e del settore alimentare –:
   se e quali iniziative il Governo intenda promuovere per respingere l'istanza di ricerca di idrocarburi per il Monte Li Foj di Picerno. (3-02619)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GHIGLIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea avrebbe inviato una lettera di richiamo all'Italia chiedendo allo Stato membro di conformarsi alla direttiva 94/62/CE in materia di imballaggi e rifiuti di imballaggio, rispetto a quanto stabilito con il decreto legge n. 2 del 2012 convertito nella legge n. 28 del 2012 sul divieto di vendita dei sacchetti di plastica non biodegradabili;
   tale richiamo sarebbe il secondo in ordine di tempo rispetto alla messa in mora del 4 luglio 2011 motivata dalla mancata notifica da parte dello Stato italiano della decisione di vietare la commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabile;
   la Commissione europea avrebbe riscontrato nell'articolo 2 del decreto-legge n. 2 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 28 del 2012 due elementi di criticità, in particolare:
    l'articolo 2 del decreto-legge confermerebbe la violazione dell'obbligo di notifica in quanto sarebbe stato comunicato alla Commissione stessa dopo la sua entrata in vigore;
   la normativa così come prevista violerebbe la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi, la quale, tesa ad armonizzare le misure nazionali in materia di gestione degli imballaggi, sia per prevenire e ridurre l'impatto sull'ambiente che per garantire il funzionamento del mercato interno e prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi, indica come requisiti essenziali degli imballaggi il volume, la riutilizzabilità e la recuperabilità, rispetto alla quale la biodegradabilità è uno degli elementi, e non già la biodegradabilità tout court degli stessi;
   l'articolo 2 del citato decreto-legge n. 2 del 2012 indica il 31 dicembre 2012 il termine per la vigenza della sospensione del divieto di vendita dei sacchetti di plastica non biodegradabile, rimandando ad un ulteriore decreto l'individuazione di ulteriori caratteristiche tecniche per la loro commercializzazione –:
   quali provvedimenti intenda assumere al fine di uniformare la disciplina relativa alla commercializzazione dei sacchetti con la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi;
   se non ritenga opportuno intervenire sul decreto-legge n. 2 del 2012 al fine di modificare la disciplina, conformandola a quanto richiesto dalla Commissione europea. (5-08494)


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la presente interrogazione fa seguito ad un altro documento di sindacato ispettivo già presentato qualche giorno fa;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha autorizzato l'attività di indagine geofisica nel mar Ionio richiesta da parte della società Shell Italia spa;
   le due istanze di permesso della multinazionale petrolifera riguardano tre regioni: Puglia, Calabria e Basilicata;
   particolarmente interessati dall'autorizzazione di indagine geofisica sono i comuni dell'alto cosentino e della provincia di Matera (in particolare Scanzano, Policoro, Bernalda e Pisticci);
   il progetto ha come oggetto la verifica geofisica per lo studio delle caratteristiche fisiche delle rocce e dei terreni al fine di acquisire informazioni sulle caratteristiche del sottosuolo marino e avrà durata di 6 settimane;
   quello che preoccupa è che questo possa essere preludio ad una attività estrattiva sulla quale le amministrazioni locali si sono già espresse in maniera contraria e non per un approccio ideologico ma per il contrasto con un modello di sviluppo che vede quel litorale a vocazione turistica e sul quale si sono già dispiegati una serie di investimenti in strutture ricettive;
   la compagnia petrolifera ha comunicato che saranno utilizzati «metodi non invasivi e che le rilevazioni saranno effettuate tramite una nave, la “survey ship” rassicurando di aver anche una intesa con i pescatori»;
   ci sono una serie di questioni molto delicate in merito agli equilibri niologici del litorale in questione nonché si fa presente al Ministro dell'ambiente che il vero dramma del litorale jonico lucano e calabrese è l'erosione della costa che si è già manifestato con la sua forza distruttiva in questo avvio di autunno;
   si avverte quindi una forte preoccupazione in merito a questa attività annunciata da Shell –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per evitare che si possa procedere in queste operazioni di sondaggio nel mar Jonio e preservare il litorale in questione da ogni autorizzazione estrattiva anzi programmando interventi di salvaguardia dal fenomeno erosivo e valorizzandone la vocazione turistica. (5-08496)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in provincia di Varese esistono numerosi edifici industriali che recano una testimonianza storica e architettonica di pregio, tra i quali:
    a Caravate, il mulino dei Frati sul torrente Monvallina;
    a Cuvio, la Fornace;
    a Maccagno, la Trafileria;
    ad Albizzate, la Tessitura Bellora;
    ad Azzio Valcuvia, la fabbrica Mascioni Organi;
    ad Azzio Valcuvia, il Mulino con ruota, su affluente del torrente Boesio;
    a Bardello, la Ghiacciaia, struttura realizzata totalmente in pietra, con muratura a secco leggera contro terra. La copertura è conica, rivestita in lastre di beola lavorata e pinnacolo in pietra a coronamento. Rimangono tracce del vestibolo d'ingresso. Il diametro interno e di circa 3 metri, altezza 5-6 metri;
    a Bedero Valcuvia – località Bedero, la Fornace;
    a Besano, i 3 mulini ad acqua;
    a Brenta, il mulino Micheli sul torrente Boesio-Origini 1700 o anteriori;
    a Cazzago Brabbia, le tre ghiacciaie;
    a Cocquio Trevisago, il mulino Salvini sul torrente Viganella e il mulino Cascina Beltramini;
    a Cunardo, le fornaci;
    a Cunardo, in località Barzago, il mulino Rigamonti sul torrente Margorabbia (in funzione);
    a Curiglia con Monteviasco – località Piero, il mulino sul torrente Giona;
    a Malnate, il filatoio di Seta Maggi (Via Mulino Gere), il mulino La Folla (Via Zara n. 5-7), il ponte di Malnate;
    a Mesenzana, le fornaci;
    a Monvalle, in località Valletta – il mulino;
    a Monvalle, in località Turro – il mulino di Turro sul torrente Monvallina;
    a Rancio Valcuvia, il mulino per segheria di legname sul torrente Rancina;
    a Arano Borghi, la tessitura Borghi;
   molti di detti edifici sono stati recuperati a destinazioni diverse dalle originarie funzioni produttive e manifatturiere, mentre in molti altri tuttora vengono svolte attività artigianali, industriali o comunque produttive, mentre di altri ancora rimangono solo residuati non funzionali o documentazione storica –:
   se e come il Governo intenda favorire, per quanto di competenza, la conservazione e/o il recupero degli edifici e dei documenti sopra elencati, favorendone la fruizione al pubblico ovvero la prosecuzione di attività produttive o manifatturiere;
   se ed in che modo il Governo intenda valorizzare, per quanto di competenza detto poderoso patrimonio culturale, artistico e architettonico ai fini culturali e turistici, favorendone quando possibile il prosieguo di attività economiche. (4-18662)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   in comune di Saronno sono localizzati numerosi edifici religiosi degni di attenzione, tra i quali: la chiesa (ante XII secolo) e convento (XIII secolo) di S. Francesco (antica chiesa di S. Pietro). Accanto all'antica chiesa di S. Pietro, già esistente prima del secolo XII, tra il 1227 e il 1230 i Francescani costruirono un convento. Nel corso del secolo XV, la dedicazione della chiesa cambiò a favore di S. Francesco e l'edificio venne ristrutturato a più riprese: tra il 1460 e il 1493 venne aggiunta la cappella dell'Immacolata Concezione con la sua cupola ottagonale e nel 1498 il campanile. La facciata venne completata tra i secoli XVII e XVIII. L'esterno della chiesa si caratterizza per la linearità delle forme barocche della facciata, coronata da un fastigio settecentesco. Sul lato sinistro dell'edificio si delinea la sagoma ottagonale del tiburio rinascimentale, sul lato destro si nota il monumentale portone del convento, all'interno del quale si apre il chiostro del 1628, oggi dimora privata. L'interno, su tre navate coperte da carpenteria lignea, presenta una serie di cappelle laterali su entrambi i lati. Nella quarta cappella a destra si trova l'affresco della «Gloria del Santo» attribuito al Legnanino;
   il santuario della Madonna dei Miracoli. Il santuario sorse dopo una miracolosa guarigione avvenuta nel 1447. Della fabbrica, che accosta parti bramantesche a parti manieristiche, va evidenziato l'elegante tiburio con loggetta, creazione di Giovanni Antonio Amadeo, innalzato fra il 1498 e il 1510 contemporaneamente all'attigua cappella con pianta a croce greca. Il campanile, prototipo per realizzazioni successive non solo nell'ambito milanese, fu eretto fra il 1511 e il 1516 da Paolo della Porta;
   il prolungamento della struttura, richiesto dall'accresciuto concorso di fedeli, e la trasformazione della classica pianta cruciforme, furono attuate da Vincenzo Seregni, fra il 1556 e il 1566. La nuova facciata (1596-1612) fu opera di Pellegrino Tibaldi. Al monumentale aspetto della fronte danno rilievo il doppio ordine di colonne binate, le poderose nicchie e le statue. All'interno predomina l'apparato pittorico dei migliori maestri del Cinquecento lombardo, in particolare Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari. Del ciclo eseguito dal Luini nel Santuario sopravvivono gli affreschi dell'abside della cappella maggiore, raffiguranti «S. Caterina», «S. Apollonia» e due angeli, gli «Evangelisti» e i quattro «dottori della Chiesa» nelle lunette sotto la volta del presbiterio, i due grandi riquadri nel presbiterio raffiguranti «Presentazione di Gesù al Tempio» e «Adorazione dei Magi». Il ciclo continua nel piccolo transetto e nella cappella del Crocifisso. Nella cappella laterale, sulla volta a botte, figure di Angeli con al centro della volta «figure affacciate a un parapetto». Le tre navate, la centrale con volta a botte e le laterali sovrastate da logge e terminanti con cappelle, sorreggono l'enfasi decorativa di stuccatori e quadraturisti d'ambito locale, fra cui spicca Vincenzo Ciniselli. Nel presbiterio, cupola adorna del «concerto d'angeli», capolavoro della maturità di Gaudenzio Ferrari, e quattro tondi nei pennacchi dello stesso autore. Sulle pareti laterali della tribuna affreschi ancora del Ferrari e di Bernardino Lanino. Nella cappella del Battistero, a sinistra, un altare del Canova, sovrastato da una «Deposizione» in marmo di Pompeo Marchesi;
   la Casa Morandi. La destinazione d'uso attuale e quelle di biblioteca civica. Antica stazione di posta, oggi ristrutturata ed adibita a biblioteca civica, è costituita da un corpo di fabbrica a «L» disposto su due piani fuori terra, al quale è stato accostato un nuovo complesso con funzione di teatro, che ricostruisce unitariamente il quadrilatero originario dell'antica struttura di Casa Morandi. Da segnalare, all'interno dell'ala Ovest, la presenza di una «Ghiacciaia», felicemente integrata e riutilizzata come percorso espositivo. Nella biblioteca si conservano due tele del Legnanino –:
   se e quali iniziative, il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento, migliorarne la fruibilità e aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico. (4-18663)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   in comune Ferno (Varese) si trova la chiesa (X-XI secolo) di S. Maria in Campagna: oratorio risalente probabilmente al secolo X, ma configurato nelle forme attuali nel 1564. Contiene pregevoli affreschi compresi fra il XIV e il XVI secolo;
   il comune di Ferno ospita sul suo territorio una parte significativa del sedime dell'aeroporto intercontinentale di Malpensa –:
   se e quali iniziative per quanto di competenza, il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento, migliorarne la fruibilità e aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico. (4-18664)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   in comune di Brebbia (Varese) sono localizzati:
    la chiesa di SS. Pietro e Paolo che presenta uno dei caratteri tipici dell'architettura romanica locale: il gusto per i contrasti cromatici, visibili sia nella strombatura del bel portale sul lato meridionale e delle tre finestre monofore dell'abside, sia nell'uso alternato di serizzo, granito e pietra d'Angera a conci regolari nella muratura. La facciata, originariamente a capanna, è stata sopralzata (Seicento) nella parte centrale e l'abside è tripartita da due semicolonne. L'interno su tre campate, è a tre navate con ampio transetto leggermente eccedente. I sostegni sono quattro pilastri quadrati e due cruciformi: questi ultimi reggono la volta a crociera della campata centrale del transetto. La copertura era originariamente lignea sulla navata centrale, a crociera sulle laterali e a botte sulle campate laterali del transetto;
    nell'abside vi sono gli affreschi più antichi. Sul muro si susseguono una «Crocifissione» datata 1368, una «Madonna in trono con Bambino e S. Pietro» (fine secolo XIV), sotto la quale si trovano frammenti di un affresco tardo duecentesco raffigurante la Crocifissione. Nel catino absidale «Cristo in Maestà» entro mandorla circondato da un concerto d'angeli (XV secolo) e nella fascia superiore una teoria di apostoli (XIII secolo). Tra gli affreschi della parte inferiore dell'abside si notano S. Antonio, un Santo Vescovo, S. Sebastiano e S. Vittore. Nella navata laterale destra si trova l'affresco della «Madonna con Bambino» (XV secolo) ai cui lati si trovano S. Rocco e S. Sebastiano (fine XV secolo). Nella fascia superiore «S. Pietro con due devoti» (tardo XV secolo). Degni di nota, inoltre, gli undici riquadri nella navata destra, raffiguranti scene della Passione, della fine del XV secolo. Tra la chiesa e il campanile, alcuni gradini permettono di scendere agli scavi, che hanno messo in luce i resti di una chiesa paleocristiana, fatta demolire da Carlo Borromeo verso il 1600, ancorché soppresse la pieve di Brebbia;
   in località Brebbia Superiore il castello del XI-XIII secolo –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare il bene in argomento e migliorarne la fruibilità. (4-18665)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   in comune di Caronno Pertusella è localizzata una significativa chiesa ante XVI secolo (o XV) dedicata a Santa Maria la Nova, La chiesa conserva un interessante ciclo di affreschi di Gian Paolo Lomazzo, dipinti attorno alla metà del Cinquecento. La «Natività» e «l'Adorazione dei Magi» sono collocati sulle pareti laterali del presbiterio e costituiscono le due scene principali del ciclo pittorico lasciato nella piccola chiesa dal Lomazzo, che nelle lunette sovrastanti dipinse una «Fuga in Egitto» e lo «Sposalizio della Vergine», completando la decorazione con gli «Evangelisti», dipinti nei quattro spicchi della volta. La pala d'altare, raffigurante «Presentazione al Tempio della Vergine», è di Bernardino Campi –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare il bene in argomento migliorare la fruibilità. (4-18666)


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   «pitture e affreschi della villa di Poppea Sabina a Oplonti sono in grave pericolo: alcuni sono già stati gravemente attaccati e devastati da umidità e intemperie. Occorre intervenire subito, prima che la stessa sorte tocchi alle opere più pregiate e significative», è l'appello lanciato dal presidente dell'Osservatorio Patrimonio Culturale, Antonio Irlando, che già aveva denunciato a più riprese lo stato gravissimo di altre opere degli scavi di Oplonti, tra cui i mosaici della villa imperiale;
   l'intervista è stata pubblicata da metropolisweb.it in data 19 novembre 2012 a firma di Giovanni Taranto;
   le pitture della villa di Poppea ad Oplontis rappresentano le più significative testimonianze della ricca archeologia vesuviana delle patrizie ville romane del suburbio pompeiano;
   le pitture più colpite sono sulle pareti degli ambienti a ridosso della straordinaria piscina e nell'area che confina con l'attuale via Sepolcri;
   intonaci rigonfi che si staccano dai muri, crollano e si frantumano al suolo;
   tracce diffuse di umidità e di sali minerali biancastri affiorano e coprono intere pareti affrescate;
   umidità ed ed intemperie hanno ormai aggredito molti muri della «villa di Poppea»;
   il celebre «rosso pompeiano», in molti preziosi ambienti della villa romana, sta progressivamente svanendo, perdendo di tono e consistenza;
   diversi quadretti decorativi, una volta dettagliati e ricchi di sfumature cromatiche, sono ormai illeggibili;
   in altre stanze si osservano sfogliature progressive e irreversibili che trasformano pareti preziose in murature grezze;
   prima gli intonaci e poi la «pelle» cromatica delle pitture, in assenza di azioni continue di manutenzione ordinaria, si disgregano e si polverizzano;
   una tipologia di degrado di cui le domus della vicina Pompei sono ormai piene;
   «Un nuovo sconcertante caso di degrado che è sotto la lente di osservazione dell'Unesco che sta valutando le circostanze per cancellare anche gli scavi di Oplonti dalla lista dei siti culturali dichiarati «Patrimonio dell'Umanità» dice Irlando» –:
   di quali notizie dispone il Ministro circa eventuali interventi e quando se operati da parte della soprintendenza di riferimento che è ad avviso dell'interrogante evidente come trascuri il patrimonio archeologico che risulta abbandonato dalle necessarie cure di conservazione, in più parti della villa sono evidenti episodi di degrado che si traducono in inesorabile distruzione degli affreschi, cosa ad avviso dell'interrogante gravissima poiché tale istituzione dovrebbe vigilare sulle preziose opere territoriali ed adoperarsi affinché sia individuata la soluzione migliore atta alla conservazione del bene storico culturale;
   se sia vero inoltre che si è giunti ad uno stadio tale di abbandono del bene per cui le eventuali azioni di restauro si rivelerebbero del tutto inutili oltre che tardive a conservare l'integrità del monumento;
   se intenda disporre di un immediato intervento di restauro e conservazione degli affreschi e della Villa citata oltre a rimuovere il soprintendente. (4-18675)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   attualmente lo stato giuridico del volontario in servizio permanente per quanto riguarda le Forze armate prevede che si raggiunga l'apice della carriera dopo 15 anni di servizio, fermandosi al grado di caporal maggiore capo scelto «e gradi corrispondenti»;
   il raggiungimento del grado apicale provoca la stagnazione della remunerazione oltre che l'appiattimento dei parametri rispetto ad altre categorie; tale situazione provoca delle conseguenze anche a livello pensionistico oltre che a livello professionale. Si consideri che i graduati sono i primi veri professionisti delle Forze armate; essi sono specializzati e addestrati per operare in tutti i teatri operativi;
   l'argomento in questione per i graduati «volontari in servizio permanente» è di primaria importanza e dal 2003 il personale in questione attende un provvedimento che affronti e risolva le criticità –:
   se ed in quali modi il Ministro intenda intervenire in tale situazione, considerata l'evidente penalizzazione nella progressione di carriera del ruolo dei volontari in servizio permanente «graduati»;
   se il Ministro non ritenga necessario assumere iniziative per rivedere i parametri dei graduati «volontari in servizio permanente», che provoca una stagnazione economica che vede classificato al 5o livello i militari compresi dal 1o caporal maggiore al caporal maggiore capo scelto rispetto ai parametri delle altre categorie «sottufficiali e ufficiali» che variano dal grado iniziale al grado apicale;
   se non si ritenga, anche al fine di obbedire alla logica della revisione della spesa, di far transitare il caporal maggiore capo scelto al grado di sergente, con la sola valutazione dei titoli di merito e dell'anzianità di servizio acquisiti, eliminando, quindi, l’iter concorsuale (e tutto quello che ne consegue, ossia trasferimento del personale, accasermamento, retribuzione dei docenti esterni) e riducendo la durata del corso formativo presso le scuole di formazione.
(2-01750) «Cannella, Porcu, Beccalossi, Abelli».

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Opawc, l'organizzazione per promuovere le capacità delle donne afghane, ha aperto un centro di formazione rivolto rivolte alle donne di una delle zone più povere di Kabul;
   in un recente articolo pubblicato dal quotidiano Il Manifesto, dal titolo «l'Afghanistan che non tace», Latifa, presidente di Opawc, racconta che molte delle donne che partecipano al corso lo fanno di nascosto senza che i maschi della famiglia lo sappiano;
   ci sono anche le dichiarazioni di Osaman Basir responsabile del settore femminile dell'Hezb-i-Hambastaghi, uno dei pochissimi partiti democratici non legati a nessun signore della guerra. Basir afferma che le donne non vivono una condizione migliore rispetto al periodo dei talebani. Anzi sono aumentati i crimini nei loro confronti, gli abusi ed i soprusi, il tutto messo a tacere dai poteri forti. Addirittura nelle zone più povere le donne sono considerate come vera moneta di scambio tra famiglie per sanare i dissidi;
   l'Opawc ha recentemente evidenziato i problemi che ci sono al «Hamoon Health Centre» nella provincia di Farah. Il Ministero della sanità ha detto loro che un ospedale deve rispettare certi standard ed avere al suo interno un laboratorio per analisi e l'organizzazione ha rassicurato che cercheranno di attuare un piccolo laboratorio non appena arriveranno i fondi necessari. Questa struttura non merita di chiudere perché aiuta dai 30 ai 50 pazienti al giorno; stanno cercando di posizionare pannelli solari per produrre l'energia necessaria poiché a Farah l'energia viene erogata solo 1 o 2 ore al giorno e il generatore si rompe spesso. Altra necessità importante è un medico donna poiché la maggior parte dei pazienti sono donne con problemi ginecologici;
   Latifa spiega, inoltre, che i corsi di alfabetizzazione che si tengono nel quartiere Kalei Jamel nella zona ovest di Kabul ospitano donne che provengono dai campi profughi di Iran e Pakistan e provenienti dai campi profughi interni. Le ragazze e le donne hanno difficoltà a raggiungere i corsi poiché i parenti non vogliono che le donne ricevano istruzione, sono disposti ad accettare corsi di artigianato (taglio e cucito);
   le donne raggiungono i corsi spesso per passaparola e assistiamo a casi drammatici, un esempio è una ragazza con madre vedova e due fratelli drogati. Hanno l'esigenza di creare anche uno spazio per i bambini poiché spesso le donne si devono portare appresso i figli –:
   se come il Governo intenda raccogliere l'appello delle organizzazioni che operano per tutelare i diritti delle donne in Afghanistan e se non ritenga di avviare ogni iniziativa possibile o mettere in campo progetti per aiutare e sostenere l'operato di Opawc e per porre un rimedio alla drammatica condizione delle donne afghane. (4-18656)


   DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 luglio 2007 il Ministero della difesa, bandiva il concorso pubblico per esami, su base circoscrizionale a 111 posti per l'ex profilo professionale n. 0106 «collaboratore amministrativo» settore n. 01000 amministrativo C1 – ora profilo n. SA01 «funzionario amministrativo» del settore amministrativo – giudiziario – storico culturale e linguistico – A3/F1, pubblicando il relativo bando sulla Gazzetta Ufficiale n. 59 del 27 luglio 2007;
   con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 30 novembre 2007, il Ministero della difesa comunicava, come previsto nel bando, le materie delle prove preselettive, consistenti in quiz articolati in diritto amministrativo, diritto civile, diritto comunitario, economia politica, politica economica, informatica;
   con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 15 febbraio 2008, il Ministero della difesa comunicava le date delle prove preselettive, con ripartizione dei concorrenti provenienti da tutte le regioni di Italia divisi per lettera, svolte presso la caserma Gonzaga con sede in Foligno (Perugia) nelle giornate dal 31 marzo al 9 aprile 2009;
   con singole note, il Ministero della difesa comunicava ai concorrenti che avevano superato la prova preselettiva, le date di svolgimento delle due prove scritte, rispettivamente di diritto civile e di diritto amministrativo, svolte nei giorni 25 e 26 giugno 2008 presso la suddetta caserma Gonzaga con sede in Foligno (Perugia);
   con singole note il Ministero della difesa comunicava ai concorrenti che avevano superato le prove scritte, le date di svolgimento della prova orale, vertente oltre che sulle materie delle prove scritte, anche su diritto costituzionale, elementi di diritto penale (reati contro la pubblica amministrazione), conoscenza informatica e lingua straniera, svolte presso la sede del Ministero della difesa di Via XX Settembre a Roma, nel corso del mese di ottobre e novembre 2009;
   con decreto dirigenziale del 31 dicembre 2009 il Ministero della difesa approvava la graduatoria del suddetto concorso pubblico per esami, su base circoscrizionale a 111 posti per l'ex profilo professionale n. 0106 «collaboratore amministrativo» settore n. 01000 amministrativo C1 – ora profilo n. SA01 «funzionario amministrativo» del settore amministrativo – giudiziario – storico culturale e linguistico – A3/F1;
   nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 25 marzo del 2011, il Ministero della difesa dava avviso della pubblicazione della graduatoria del concorso pubblico, per esami, su base circoscrizionale, a 111 posto per il profilo professionale di funzionario amministrativo (ex collaboratore amministrativo) del settore amministrativo/giudiziario/storico-culturale e linguistico, area, fascia retributiva F1 (ex area funzionale C, posizione economica C1);
   negli ultimi anni la direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa, più volte interpellata dagli interessati vincitori del suddetto concorso pubblico, ha sempre detto che le assunzioni dovevano essere subordinate ad apposita autorizzazione all'assunzione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   la direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa, ha formulato la richiesta di autorizzazione per l'anno 2011 relativamente al concorso di interesse, prevedendo un contingente assunzionale di 90 unità, pari circa all'80 per cento della graduatoria circoscrizionale;
   la direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa, ha rappresentato che il termine per il rilascio dell'autorizzazione all'assunzione del concorso in parola, previsto dapprima al 31 luglio 2012, dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito dalla legge n. 14 del 2012, è stato prorogato al 31 dicembre 2012 per effetto dell'articolo 14, comma 4-bis, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;
   la direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa, ha rappresentato, altresì, di non avere alcuna discrezionalità in ordine all'attuazione delle assunzioni dei vincitori di concorso pubblico in assenza della prevista autorizzazione, restando in attesa delle decisioni in merito da parte della competente Presidenza del Consiglio dei ministri, salvo nuove o diverse disposizioni emanate all'esito delle ulteriori riduzioni organi previste dall'articolo 2 del succitato decreto-legge n. 95 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;
   il Ministero della difesa ha formulato la proposta di rideterminazione degli organici in applicazione dell'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 95 del 2012 sulla base degli indirizzi contenuti nella direttiva F.P. n. 10 del 2012;
   come si legge nei notiziari della FLP difesa, «la norma sopra richiamata dispone il taglio del 20 per cento degli uffici dirigenziali (generali e non) e la riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di tale personale con riferimento al personale non dirigente. Rispetto alla dotazione organica attuale discendente dal decreto-legge n. 138 del 2011 (n. 30.283, di cui: n. 63 in area 1a; n, 26.590 in area 2a e n. 3.630 in area 3a), il via libera della Funzione Pubblica attesta la nuova dotazione organica del personale civile non dirigente in complessive n. 27.777 unità, così distribuite: n. 1.824 in area 1a (erano n. 63); n. 23.246 in area 2a (erano n. 26.590); n, 2.681 in area 3a (erano n. 3.630) e n. 26 professori. Per quanto riguarda il personale dirigente, la nuova dotazione organica è pari a n. 117 (erano n. 133 posti DL 138)»;
   come si legge nei notiziari della FLP difesa, in merito alla seconda fase di attuazione spending review, «le presenze effettive di personale stimate da Persociv al 31 ottobre 2012 (si veda la tabella da noi messa a punto e allegata al Notiziario n. 136) sono le seguenti: n. 2.046 in area 1a; n. 24.586 in area 2a e n. 2.506 in area 3a. Rispetto alle nuove dotazioni organiche approvate dalla F.P, emergerebbero dunque eccedenze in area 1a per n. 222 unità e in area 2a per n. 1.340, e invece carenze per n. 175 unità in area 3a;
   in Italia migliaia di cittadini, selezionati a seguito di regolari concorsi pubblici, attraverso procedure costose, tanto per lo Stato quanto per i concorrenti medesimi e protratte per mesi o addirittura anni, attendono di essere ancora assunti e tra questi i vincitori del suddetto concorso pubblico per esami, su base circoscrizionale a 111 posti da funzionario amministrativo del Ministero della difesa;
   ad oggi i 111 vincitori del concorso non sono ancora stati assunti e inseriti nell'organico del Ministero della difesa, dapprima a causa dei vincoli alle assunzioni e al turn over nella pubblica amministrazione posti dalle leggi finanziarie degli ultimi anni, al fine del contenimento della spesa per il personale pubblico, poi in conseguenza dell'intervenuta normativa sulla spending review;
   la mancata assunzione procura un enorme danno sia alle casse erariali, per le spese sostenute invano per le procedure concorsuali senza conseguire alcun utile, sia ai vincitori medesimi, titolari di un diritto legittimo incomprimibile, imprescrittibile ed assoluto, costituzionalmente garantito, nonché vanifica sostanzialmente il reclutamento svolto, disperdendo inutilmente figure professionali valide e capaci;
   è evidente la necessità di evitare un oneroso danno allo Stato, attesa la possibilità – prossima alla certezza – che i vincitori agiranno in giudizio per il risarcimento del danno patito a causa del comportamento contrario ai principi di imparzialità, buon andamento e correttezza e buona fede tenuto dalla amministrazione pubblica;
   il Governo dovrebbe adottare immediatamente la proroga della validità della graduatoria del concorso a 111 posti di funzionario amministrativo – AREA III – del Ministero della difesa;
   altresì, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione – funzione pubblica dovrebbe rendersi parte attiva nella adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di proroga della validità della graduatoria del predetto concorso –:
   quali urgentissime iniziative e in quali tempi il Governo intenda porre in essere al fine di garantire l'assunzione a coloro che sono risultati regolarmente vincitori del concorso bandito dal Ministero della difesa, ponendo fine al grave danno conseguente al mancato inquadramento professionale;
   quali iniziative il Governo intenda prendere a tutela dei vincitori del suddetto pubblico concorso, perché sia garantito il loro diritto all'assunzione, anche prorogando la validità della graduatoria del concorso stesso;
   se non si ritenga opportuno disporre l'assunzione immediata dei vincitori di concorso ancora in attesa, ovviamente entro il 31 dicembre 2012, attesa la carenza di organico pari a n. 175 unità in area 3a per la specifica professionalità nella dotazione del Ministero della difesa. (4-18659)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   domenica 18 novembre 2012 la prima firmataria del presente atto ha visitato il carcere di Vicenza accompagnata da Maria Grazia Lucchiari della direzione di Radicali italiani e da Fiorenzo Donatello, radicale Vicentino;
   la visita ispettiva è stata per certi versi sconvolgente non solo per quel che la delegazione ha potuto vedere direttamente ma, soprattutto, per le informazioni raccolte durante i colloqui con i detenuti;
   nell'istituto di Vicenza sono presenti 358 detenuti di cui 90 italiani e 268 stranieri; la capienza regolamentare indicata sul sito del Ministero della giustizia è, invece, di 146 posti; fra le nazionalità più rappresentate si contano 51 tunisini, 39 marocchini, 33 albanesi, 24 nigeriani e 21 rumeni; i detenuti con sentenza definitiva sono 171; nelle celle visitate convivono sia detenuti in attesa di giudizio sia con condanna definitiva; i tossicodipendenti sono 100;
   la delegazione ha ispezionato approfonditamente la sezione del piano terra dove si trovano alcuni lavoranti e la terza sezione, soffermandosi davanti alle celle e interloquendo con i ristretti sulle loro condizioni di detenzione; quanto alla terza sezione, come dati generali, questo è quanto è emerso: in quasi tutte le celle, delle dimensioni inferiori ai 9 metri quadrati (celle nate per ospitare una persona) convivono tre detenuti e, solo raramente, due; in queste condizioni di segregazione i detenuti vivono per 21 ore al giorno, le altre ore sono «d'aria» in uno squallido passeggio che i detenuti chiamano «il blocco di cemento»; da mesi in quelle tre ore non possono più andare al campo sportivo dove attualmente pascolano alcune capre e dove in futuro verrà costruito un nuovo padiglione da 64 celle detentive; anche la palestra è inagibile, pertanto, le possibilità di movimento fisico sono ridottissime; nella terza sezione manca anche la saletta di socialità; il freddo è intenso e la stessa interrogante con i suoi accompagnatori, per tutta la durata della visita non ha mai potuto togliersi il cappotto: infatti, il riscaldamento, pur con le temperature gelide, è acceso un'ora la mattina e un'ora di pomeriggio; i detenuti più fortunati infilano un maglione sopra all'altro, mentre i più poveri (quasi tutti) patiscono anche il freddo; il cibo è del tutto insufficiente, soprattutto se si considera la giovane età dei reclusi: quella domenica il «carrello» con i viveri è passato solo all'ora di pranzo e, a parte la scarsità delle porzioni, solo in una cella la delegazione ha potuto notare che i due «fortunati» detenuti si erano potuti cucinare un piatto di pasta al pomodoro; per cena sono state consegnate a ciascuno solo due uova sode; la dotazione di prodotti per l'igiene personale e della cella è ridottissima: la saponetta per lavarsi viene consegnata ogni due mesi, così come lo spazzolino, mentre il dentifricio ogni mese; le condizioni igienico sanitarie sono pertanto preoccupanti anche perché nell'istituto vicentino si sono registrati in un passato recente casi di TBC e lo stesso personale ha paura di contrarre malattie infettive; quasi nessuno lavora: lo stesso comandante – che ha raggiunto la delegazione quando la visita si era già protratta per ore – ha confermato che le «turnazioni» – per i poco qualificanti lavori interni al carcere – prevedono attese lunghissime; alcuni detenuti hanno segnalato che gli è impedito di lavorare perché non dispongono, essendo clandestini, del codice fiscale; i canali TV visionabili sono andati via via riducendosi nel tempo e, al momento, è possibile guardare solo Rai1, Rai2 e Canale 5; fra le tante vessazioni riscontrate è vietato ai detenuti acquistare le pile sia per i rasoi elettrici che per far funzionare gli apparecchi CD e radio FM: in molti si sono lamentati di non poter più ascoltare Radio Radicale e, in particolare, la trasmissione del martedì sera «Radio Carcere», condotta da Riccardo Arena; diversi sono i detenuti, soprattutto stranieri, che hanno perso ogni contatto con la famiglia perché è loro impedito di effettuare chiamate sui telefoni cellulari cosa che, invece, è consentita da una circolare del Dap;
   al piano terra, nella sezione dove si trovano i lavoranti, la delegazione ha incontrato, in isolamento, il detenuto albanese L.F. che alcuni giorni fa ha incendiato la sua cella; era visibilmente provato dallo sciopero della fame che sta portando avanti da 12 giorni; la delegazione ha potuto constatare che il detenuto disponeva solo di un materasso gettato sul pavimento; L.F. ha affermato che ha presentato diverse istanze per essere trasferito in Liguria dove almeno si trovano i suoi cugini con i quali poter intrattenere un rapporto umano nei colloqui; ha chiesto di poter parlare con il direttore o con il garante dei detenuti e ha voluto precisare che il giorno dell'incendio «è uscito fuori di testa e voleva morire»;
   venendo ad alcuni casi da segnalare fra i detenuti incontrati nella terza sezione, si rappresenta quanto segue:
    nella cella n. 1 J.E., afferma che in due anni ha lavorato solo un mese per un compenso di 240 euro;
    nella cella n. 2, un detenuto di nazionalità marocchina dice che in due anni non ha mai lavorato perché – gli è stato detto – non ha il codice fiscale;
    nella cella n. 3, c’è un detenuto, visibilmente provato: si tratta di un cittadino moldavo ventiduenne, eroinomane dall'età di 12 anni; un altro detenuto, che si trova nel carcere di Vicenza da quattro mesi, non ha di che vestirsi pur avendo fatto numerose richieste;
    la cella n. 5 ospita tre marocchini, uno dei quali lavora in sezione come «scopino»; gli altri due sono poverissimi e affermano di ricevere 10 euro al mese dal cappellano dell'istituto; sono senza sapone che l'amministrazione del carcere non fornisce da tempo;
   il momento più drammatico della visita è quando il detenuto nigeriano O.P.M. proveniente dal carcere di Padova, laureando in lettere e filosofia (gli mancano due esami), come un fiume in piena denuncia le violenze che vengono commesse da alcuni agenti che pestano i detenuti; afferma di aver più volte chiesto, senza esito, di poter parlare con il direttore e il comandante e di essere stato minacciato; fra le espressioni usate: «qui è un carcere militare», «un feudo medievale», «gli educatori hanno paura e sono inascoltati», «siamo ostaggi», «non c’è civiltà»; soffre molto perché nelle condizioni date (non può usare il computer) gli è impossibile studiare soprattutto per le difficoltà di comunicazione per prenotare gli esami; chiede, visto che gli mancano solo 5 mesi al fine pena, di poter tornare al carcere Due Palazzi di Padova per poter completare gli studi e laurearsi; O.P.M. indica il suo compagno di cella che non parla ma che ha il naso rotto per le botte ricevute dagli agenti e afferma «non mi mandano a Padova per ciò che ho visto»; «qui è orrore, tutti i giorni»;
   i detenuti della terza sezione affermano di non aver mai visto, pur trovandosi diversi di loro ristretti a Vicenza da alcuni anni, né il direttore, né il comandante; anche il magistrato di sorveglianza sembra che non abbia mai varcato il cancello della sezione per visitare le celle e verificare le condizioni di detenzione;
   è dopo l'accorata denuncia di O.P.M. che altri detenuti, nelle celle successive, si fanno coraggio e confermano i pestaggi messi in atto da alcuni agenti: «qui siamo in balia degli umori degli ispettori»; «la saletta socialità c’è solo per pestare noi e per il barbiere»; «tanti agenti sono bravi, ma certi ispettori...»; viene ripetuto da più voci il nome di un ispettore;
   nell'ultima parte della visita, arriva anche il direttore dell'istituto, il dottor Fabrizio Cacciabue che, come detto, molti detenuti affermano di vedere per la prima volta;
   nella cella n. 12 sono ristretti un serbo, un bosniaco che da 20 anni si trova in Italia e un rumeno che nel nostro Paese si trova da 22 anni: il detenuto serbo afferma che da tre anni e tre mesi non ha mai potuto lavorare pur non avendo mai ricevuto alcun rapporto disciplinare e avendo completato la scuola di agraria;
   nella cella n. 13 la delegazione trova due albanesi e un serbo: tutti e tre si trovano nell'istituto da tre anni e nessuno di loro ha mai lavorato perché sono senza codice fiscale;
   nella cella n. 15 ci sono due italiani e un tunisino; uno degli italiani sta lì da due anni e afferma che non gli è mai stata data la possibilità di lavorare; ha una storia di tossicodipendenza alle spalle e vorrebbe andare a San Patrignano;
   nella cella n. 16 evidenziano la mancanza dell'assistente sociale che – affermano – «qui non si vede»; «perché il problema grosso è anche quando usciamo di qui»; uno di loro sottolinea che l'educatrice l'ha vista solo appena entrato, poi prosegue «qui scoppiano le liti, perché ci tengono in cattività, come gli animali; se fai presente che stai male, ti fanno aspettare una settimana prima di essere visitato dal medico»; E.G. ha la protesi dentaria rotta da tre mesi e non riesce a risolvere il problema; così è costretto a ingerire solo liquidi; un tunisino è stato trasferito a Vicenza dal carcere di San Vittore perché lì era sovraffollato;
   nella cella n. 17 ci sono due tunisini e uno di loro afferma di non aver mai incontrato l'avvocato d'ufficio; uno di loro, tossicodipendente, dice che gli hanno sospeso i colloqui con la convivente da quando è diventato definitivo; un ragazzo ha il ventre tutto sfregiato da tagli che si è fatto in momenti di disperazione e dice «qui la vita è cella-aria-dormire/cella-aria-dormire»;
   nella cella n. 18 la delegazione trova tre italiani che si lamentano perché manca la possibilità di socializzare, i pochi corsi che ci sono in un anno durano pochissimo e sono a numero chiuso; l'acqua calda c’è solo un'ora al giorno e ai colloqui i parenti non possono portare molte cose, soprattutto da mangiare, cosa che li aiuterebbe a compensare la scarsità di cibo passato dall'amministrazione;
   nella cella 19 ci sono tre detenuti tunisini che definiscono il carcere di Vicenza il peggiore di tutti; uno di loro con il braccio operato si lamenta perché non può fare alcun tipo di riabilitazione e sta perdendone l'uso; B.W. viene dal carcere di Ferrara sgomberato per il terremoto: dice quando stava lì poteva telefonare alla madre in Tunisia cosa che a Vicenza gli viene impedito; tra le lacrime fa sapere di essere senza vestiti perché quelli che aveva glieli hanno fatti lasciare a Ferrara;
   E.L. mostra il suo addome e afferma che deve essere operato da un'evidente ernia e che il medico gli ha risposto «solo se sei tagliato, devi venire da me»;
   nella cella n. 20 si trovano un italiano, un marocchino e un rumeno; P.B. ha presentato richiesta di trasferimento a Rebibbia il 10 luglio 2012 perché a Roma ha un fratello che potrebbe andare a trovarlo; sua madre è morta quando stava già in carcere; S.L.C. è stato condannato a 3 anni e sei mesi e ha scontato 2 anni e due mesi: dice di aver chiesto 5 mesi fa di essere trasferito in Romania, ma senza ricevere finora alcuna risposta;
   M.E. deve scontare 5 anni e 4 mesi e ha chiesto di essere trasferito in Sardegna a Mamone o Isili nella speranza di poter lavorare;
   nella cella 22 si trova un detenuto S.Z. che sta 24 ore 24 rinchiuso perché ha il divieto d'incontro;
   un detenuto della cella n. 7 è nel carcere di Vicenza da 4 mesi e da quando è entrato non è riuscito a telefonare alla moglie e due figli che si trovano in Bulgaria;
   nella cella 23 dove si trovano tre detenuti rumeni la delegazione assiste ad una scena commovente: c’è un ragazzo con lo sguardo perso nel vuoto con evidenti problemi psichiatrici e, riferiscono gli altri due che si sono presi cura di lui, con frequenti crisi epilettiche: T.T.F. non parla una parola di italiano e nessuno è riuscito a rintracciare la famiglia che dovrebbe trovarsi vicino a Craiova in Romania –:
   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere Vicenza;
   in particolare, quali provvedimenti di competenza ritenga opportuno adottare al fine di riportare il carcere di Vicenza all'interno della legalità istituzionale, con ciò modificando radicalmente le condizioni della vita penitenziaria in esso presenti e garantendo finalmente il rispetto dell'ordinamento penitenziario e del relativo regolamento, nonché dei diritti alla dignità, alla salute, allo studio, alla tutela dei rapporti familiari dei detenuti e di quanto prescritto dall'articolo 27 della Costituzione riguardo alle finalità rieducative della pena;
   se e quando intenda intervenire, per quanto di competenza, per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, per quanto di competenza degli psicologi e degli educatori;
   se e quali iniziative di competenza si intendano assumere, per quanto di competenza, affinché sia assicurata un'adeguata assistenza sanitaria ai detenuti e l'assoluto rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
   cosa intenda fare per incrementare le possibilità di studio e di lavoro per i detenuti;
   se intenda incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla igiene personale delle persone recluse, nonché alla pulizia dell'istituto e, in particolare, delle celle;
   per quali motivi non venga consentito ai detenuti stranieri di mantenere contatti con i propri familiari mediante chiamate fatte sui cellulari e se abbia mai valutato o intenda valutare la possibilità di utilizzare tecnologie tipo Skype per ridurre il costo delle telefonate effettuate dai detenuti ai loro congiunti;
   per quali motivi i canali TV visionabili nel carcere vicentino siano solo Rai1, Rai2 e Canale 5;
   quali iniziative urgenti intenda promuovere, sollecitare o adottare al fine di rimuovere la situazione di gravissimo degrado in cui attualmente versano gli ambienti ubicati all'interno dell'istituto di pena in questione, a partire dalla messa a regime di un adeguato ed efficace impianto di riscaldamento;
   se ritenga di promuovere un'indagine amministrativa interna nella casa circondariale di Vicenza, mediante visita ispettiva in loco, al fine di verificare se in effetti si siano verificati i pestaggi denunciati dai detenuti, in primis da O.P.M., così come riportati in premessa, e anche se comportamenti del genere rappresentino la prassi usata da alcuni elementi della polizia penitenziaria assegnata nel predetto istituto di pena in particolare quali provvedimenti intenda intraprendere per accertare l'esistenza dei fatti illeciti denunciati dai detenuti nel corso dei colloqui avuti con la prima firmataria della presente interpellanza e perseguire gli eventuali responsabili di tali abusi;
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di salvaguardare l'incolumità dei detenuti che hanno denunciato i pestaggi alla prima firmataria del presente atto, con ciò salvaguardandoli da possibili ritorsioni da parte del personale della polizia penitenziaria che presta servizio nel carcere vicentino;
   quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con particolare riferimento al ruolo del direttore e del comandante della polizia penitenziaria della casa circondariale di Vicenza, i quali, secondo quanto riferito dai detenuti alla prima firmataria del presente atto, si sono visti all'interno dei singoli reparti detentivi per la prima volta solo, in occasione della visita ispettiva;
   quante volte nell'arco di un anno il magistrato di sorveglianza si rechi in visita nell'istituto di pena in questione e/o a colloquio con i detenuti ivi ristretti, quante volte abbia visitato le celle di detenzione, e se lo stesso abbia mai prospettato al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria le esigenze in merito alle lacune che caratterizzano i vari servizi del carcere di Vicenza, con particolare riguardo alla attuazione dei trattamento rieducativo;
   in che modo intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa.
(2-01752) «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, Madia, Amici, Gozi, D'Incecco, La Forgia, Burtone, Baretta, Colombo, Sposetti, Berretta, Renato Farina, Vitali, Adornato, Craxi, D'Anna, Cilluffo, Tempestini, Duilio, Boccuzzi, Portas, Benamati, Vico, Maran, Tenaglia, Velo, Sarubbi, Albonetti, Fadda, Marrocu, Gianni, Mario Pepe (Misto-R-A), Pisacane, Grassano, Guzzanti, Raisi, Granata, Perina, Argentin, Santagata, Moffa, Mottola, Taddei, Marini, Dima, Calvisi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VANALLI, FORCOLIN e BITONCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il regime di tesoreria unica, introdotto dalla legge n. 720 del 1984, stabiliva che le entrate degli enti locali dovessero essere versate in due diversi conti presso la Banca d'Italia dei quali uno infruttifero, ove venivano depositate tutte le entrate provenienti direttamente o indirettamente dallo Stato, e uno fruttifero, dove venivano invece versate tutte le altre entrate proprie degli enti;
   la disciplina della tesoreria unica, rivista nel corso degli anni e poi superata dal regime di tesoreria mista, prevedeva altresì come il tesoriere dell'ente, al momento dell'effettuazione di un pagamento, prelevasse in via prioritaria l'importo necessario dal conto fruttifero detenuto presso la Banca d'Italia, così che gli enti non potevano disporre di liquidità su cui potere percepire interessi giacché la propria liquidità era detenuta solo sul conto infruttifero;
   il comma 8 dell'articolo 35 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività» modifica la attuale gestione delle tesorerie degli enti locali prevedendo, in luogo della sospensione dell'efficacia delle vigenti disposizioni, il ripristino, fino al 2014, della tesoreria unica statale e disponendo l'obbligo per gli enti di riversare, per il 50 per cento entro il 29 febbraio 2012 e per il 50 per cento entro il 16 aprile 2012, le proprie disponibilità liquide esigibili e depositate presso le proprie tesorerie alla data di entrata in vigore del decreto, presso la tesoreria statale;
   il ripristino del regime di tesoreria unica supera pertanto il sistema di tesoreria mista, disciplinato dal decreto legislativo n. 279 del 1997 con il quale veniva stabilito che mentre le entrate degli enti locali derivanti da assegnazioni e contributi proveniente da trasferimenti dallo Stato dovessero essere versate nelle contabilità speciali infruttifere dello Stato e gestite dalla Banca d'Italia, le altre entrate potevano rimanere presso i tesorieri dei singoli enti, stabilendo altresì come le disponibilità che non derivavano dallo Stato, ovvero le somme escluse dal versamento nella tesoreria statale e depositate presso il proprio tesoriere, dovessero essere prioritariamente utilizzate per i pagamenti effettuati dagli enti;
   con il ripristino della tesoreria unica, il tesoriere dell'ente locale verrà privato della possibilità di poter gestire pienamente la liquidità dell'ente amministrato e l'unico compito che egli dovrà assolvere sarà quello di determinare i pagamenti, privando così, di fatto, gli enti di quell'autonomia finanziaria che negli anni aveva apportato numerosi benefici e costringendo gli enti stessi a rinunciare a quelle maggiori entrate che comuni erano riusciti, grazie alle vantaggiose procedure di gara instaurate con i diversi istituti di credito per l'affidamento del servizio di tesoreria il quale, ora, dovrà obbligatoriamente essere gestito a livello centrale con un tasso fisso dell'1 per cento previsto per il conto fruttifero aperto presso la Banca d'Italia per ciascun ente;
   la revisione della norma è stata fortemente criticata da numerosi sindaci, dai presidenti di provincia e dai presidenti di regione, due dei quali, ovvero quelli di Veneto e di Piemonte, hanno presentato ricorso contro la norma in discussione e relativamente alla legittimità costituzionale della stessa, nello specifico sull'articolo 35, commi 8, 9 e 10, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;
   sulla base del ritenuto carattere illegittimo della norma, ed altresì in ragione della palese lesione dell'autonomia organizzativa e contabile della amministrazione del comune di Musile di Piave, così come, peraltro, di tutti gli altri enti locali, il comune stesso, in persona del sindaco pro tempore, inviava al proprio tesoriere comunale una diffida a trasferire alla tesoreria statale le risorse comunali disponibili presso il proprio conto corrente del comune;
   allo stesso tempo, il comune di Musile di Piave (Venezia), con delibera comunale n. 274 del 12 marzo 2012, ha incaricato un avvocato per proporre azione giudiziaria nei confronti del provvedimento che ripristina la «Tesoreria unica» e finalizzata ad ottenere l'accertamento della non sussistenza all'obbligo del trasferimento ed accentramento della cosiddetta tesoreria unica, a fronte della manifesta incostituzionalità, e chiedendo altresì, in via cautelare, la sospensione del trasferimento delle disponibilità liquidate presso la tesoreria comunale, e che tale azione è stata adottata anche da tanti altri comuni del Veneto, come Cittadella (Padova);
   la sezione distaccata di San Donà di Piave del tribunale di Venezia, in risposta al ricorso presentato dal comune veneziano, e sulla base del fatto che non ritiene ricorrano i presupposti perché sussista il fumus boni iuris, così come, invece, supposto dal medesimo ricorso, ha rigettato lo stesso, ritenendo di non poter esaminare la costituzionalità della disciplina di riforma in quanto attività preclusa nell'ambito di un procedimento cautelare, ponendo, peraltro, a carico del comune di Musile di Piave le spese di entrambe le parti costituite, ovvero sia per il tesoriere comunale che per lo Stato, aggiungendo a dette spese anche la parti onorarie, IVA e CPA –:
   se non ritenga opportuno assumere alla luce del fatto che molti comuni, come quello di Musile del Piave hanno presentato ricorso contro la normativa in esame, le opportune iniziative per rivedere le disposizioni in materia di tesoreria unica.
(5-08503)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LUCIANO ROSSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 della legge 23 dicembre 1974, n. 694, reca la disciplina del porto delle armi a bordo degli aeromobili;
   la disciplina è stata in seguito innovata dal Regolamento (UE) N. 185/2010 della Commissione del 4 marzo 2010;
   in particolare la procedura adottata prevede che il passeggero in partenza con aeromobile adibito al servizio di pubblico trasporto, il quale porti con sé, sulla persona o nel bagaglio, armi o munizioni, ha l'obbligo di farne denunzia prima dell'accettazione da parte del vettore e di consegnarle all'ufficio di polizia di frontiera aeroportuale, o, in mancanza, all'ufficio di polizia dell'aeroporto, anche se munito di porto d'armi o di licenza di esportazione;
   inoltre, si stabilisce che l'ufficio di polizia di frontiera aeroportuale o l'ufficio di polizia dell'aeroporto provvede a far ispezionare le armi o le munizioni e a consegnarle, d'intesa con il vettore, al comandante o ad altro membro dell'equipaggio da lui incaricato, che ne curano l'imbarco e la custodia nella stiva dell'aeromobile o in apposito contenitore;
   per il servizio di imbarco e custodia le compagnie aeree operanti in Italia sono solite applicare tariffe speciali, ovvero sovrapprezzi sui biglietti, anche esosi;
    il servizio reso dalle compagnie aeree può assimilarsi al trasporto di un bagaglio ordinario, di fatto gratuito, tanto è vero che in altri Paesi europei per tale servizio non è richiesto alcun esborso aggiuntivo;
   poiché non esiste un tariffario comune, gli esborsi richiesti dalle compagnie aeree risultano tra loro sensibilmente diversi e concernono indistintamente tutte le tipologie di armi sopra richiamate, a prescindere dalla finalità del loro utilizzo, senza alcuna agevolazione, neppure, ad esempio, nel caso di trasporto di armi per uso sportivo –:
   quali elementi di informazione possieda in ordine all'applicazione da parte delle compagnie aeree di tariffe e sovrapprezzi per il trasporto di armi e se intenda assumere idonee iniziative, al fine di rendere omogenei tali tariffe e sovrapprezzi e di prevedere specifiche agevolazioni nel caso del trasporto delle armi per uso sportivo. (5-08493)


   RONDINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 12 novembre 2012 Casalmaiocco, nel Lodigiano, è avvenuto un grave incidente in cui ha perso la vita una giovane ragazza, Altea Trini, di soli 17 anni che attraversava la strada in bicicletta insieme al gruppo di scout dell'Agesci di Lodi;
   l'incidente è stato causato da un Suv che procedeva ad alta velocità, guidato da un uomo che, dalle prime risultanze delle analisi svolte in ospedale subito dopo l'incidente, sembrerebbe aver assunto un livello di alcol superiore di circa tre volte al limite consentito dalla legge;
   su Il Giorno di Lodi si legge che il conducente del Suv era ubriaco e che è stato denunciato dai carabinieri per guida in stato di ebbrezza e che l'uomo è tornato nella sua abitazione di Milano come uomo libero;
   in base alla normativa attuale, la persona che, trovandosi alla guida di un autoveicolo in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, provoca un incidente stradale cui consegue la morte risponde a titolo di colpa del proprio gesto;
   la condotta del guidatore ubriaco che provoca la morte di qualcuno viene quindi punita sotto il profilo esclusivamente e puramente colposo, non tenendo in alcun conto una condotta dolosa assolutamente rilevante, che consiste nella consapevole assunzione di sostanze che alterano la capacità di conduzione del veicolo –:
   se i Ministri interrogati non reputino opportuno intervenire con apposite iniziative normative al fine di inasprire le pene previste per la persona che, trovandosi alla guida di un veicolo in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, provoca un incidente stradale cui consegue la morte di una persona. (5-08502)

Interrogazione a risposta scritta:


   LARATTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 luglio 2009 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato un bando di gara per l'affidamento del servizio di monitoraggio e assistenza tecnica ed amministrativa per l'attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale PNSS (n. CIG 034700231) per il quale è risultato aggiudicatario del suddetto servizio il raggruppamento di imprese Ingegneria dei trasporti srl, Deloitte spa, Sintagma srl con offerta economica pari a 2.000.000,00 di euro;
   il servizio prevede il monitoraggio e assistenza tecnica ed amministrativa a supporto dell'attuazione del piano nazionale di sicurezza stradale, comprendendo diverse linee di azione, mirate a rafforzare le abilità delle strutture coinvolte nella attuazione del piano nazionale di sicurezza stradale intervenendo sulle criticità del sistema;
   il bando di gara prevede la esclusione di concorrenti coinvolti in situazioni oggettive lesive della par condicio tra concorrenti, ed è lecito presumere l'estensione di tale divieto anche agli atti conseguenti all'affidamento e svolgimento del servizio;
   in fase istruttoria il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiarito (quesito n. 5) in merito alla possibilità di «impiegare uno o più dipendenti della pubblica amministrazione» che «Per quanto riguarda la possibilità di impiegare nel gruppo di lavoro uno più dipendenti di una Pubblica Amministrazione si chiarisce che ciò è possibile, sempre presentando il curriculum vitae del dipendente», in particolare precisando che «Appare, invece, incompatibile con l'espletamento del servizio di cui alla presente gara che il professionista da impiegare nel gruppo di lavoro sia dipendente di una Pubblica Amministrazione o ente territoriale, funzionalmente legato ad una struttura preposta all'attuazione o beneficiaria di interventi finanziati in attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza stradale, in quanto si configurerebbe un conflitto di interessi con la specifica attività, oggetto del servizio posto a gara»;
   la giunta regionale della Calabria nella seduta del 5 ottobre 2012 con deliberazione n. 436 (sottoscritta dallo stesso ingegner Laganà) ha approvato uno specifico protocollo di intesa con il CTL – centro trasporti e logistica della università degli Studi di Roma «La Sapienza»:
    a) intendendo con tale atto avvalersi di «specifica e particolare capacità professionale e tecnica» di detto CTL;
    b) intendendo pertanto riconoscere la regione Calabria a detto CTL mero rimborso spese non comprensivo di corrispettivi professionali;
    c) intendendo in forza di tale protocollo impegnare il CTL nella realizzazione del «Centro di monitoraggio e governo della sicurezza stradale della regione Calabria» così come finanziato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con decreto 10 giugno 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2004);
   il protocollo approvato dalla giunta regionale della Calabria con il CTL fa riferimento a:
    a) l'articolo 2, comma 2 «modalità di compensazione degli oneri sostenuti»;
    b) l'articolo 2, comma 3 «partecipazione congiunta a bandi di carattere nazionale ed europeo che consentano di attingere a know-how ed eventuali finanziamenti»;
    c) l'articolo 4 che individua come responsabile del CTL il professor Francesco Filippi;
    d) l'articolo 6, comma 1 secondo il quale «i risultati delle ricerche sviluppate dal CTL (...) non potranno essere ceduti, comunicati a terzi, divulgati (...) senza preventivo assenso scritto del CTL»;
    e) l'articolo 6, comma 4 in base al quale «i prodotti realizzati restano di proprietà della Parti in proporzione al cofinanziamento, ad esclusione del software e di altri prodotti per i quali è possibile il riuso, che restano di proprietà di entrambe le parti»;
   per dichiarazione del direttore del CTL risulta che lo stesso CTL:
    a) ha realizzato il centro di monitoraggio della regione Marche, di province (ad esempio L'Aquila, Terni) e di comuni (ad esempio Parma, Perugia, Reggio Calabria);
    b) per la realizzazione di tali centri ha sviluppato un proprio software (SFINGE, ISIDE, PCA, SI per l'analisi delle cause degli incidenti) ricorrendo per gli stessi anche a cofinanziamenti derivanti da progetti europei e internazionali;
   dalla presentazione della società Ingegneria dei trasporti risulta:
    a) la «partecipazione a progetti di ricerca internazionali supportati dalla Commissione europea ed alla collaborazione con centri di eccellenza come il Centro di Ricerca per il Trasporto e la Logistica della Sapienza di Roma»;
    b) lo sviluppo dei software SFINGE, PCA e ISIDE;
    c) la redazione del piano di sicurezza stradale del comune di Reggio Calabria;
   la procedura di indiretto affidamento di consulenza mediante lo «strumento» del protocollo di intesa tra regione Calabria (beneficiario di finanziamenti del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale) e il CTL – Centro trasporti e logistica della università degli studi di Roma «La Sapienza» (realizzatore di centri di monitoraggio), sembrerebbe configurarsi ad avviso dell'interrogante come elusiva di procedura di evidenza pubblica che possa porre a confronto offerte provenienti da enti privati (in ambito nazionale e europeo) e enti pubblici (ad esempio: enti istituzionali calabresi, enti locali calabresi, università della Calabria, università Mediterranea e altri) –:
   quali atti siano stati posti in essere dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al fine di evitare la costituzione di legami funzionali tra il soggetto aggiudicatario del servizio in premessa ed enti pubblici e/o privati beneficiari (diretti: ad esempio regione; o indiretti: ad esempio CTL) di finanziamenti del piano della sicurezza stradale;
   quali siano e come siano impiegati gli strumenti posti a contrasto della creazione di situazioni di conflitto di interessi relativamente alla delicatissima attività di cui alla gara per l'affidamento del servizio di monitoraggio e assistenza tecnica ed amministrativa per l'attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale (n. CIG 034700231);
   quale sia l'elenco nominativo dei professionisti coinvolti nell'attuazione del servizio di monitoraggio e assistenza tecnica ed amministrativa per l'attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale (gara n. CIG 034700231) con particolare riferimento al personale delle tre società aggiudicatarie (Ingegneria dei Trasporti srl, Deloitte spa, Sintagma srl);
   quali siano e come siano impiegati gli strumenti posti a tutela dell'impiego dei finanziamenti erogati dal piano nazionale della sicurezza stradale e della proprietà dei prodotti realizzati, con riferimento ad esempio a: risultati delle ricerche sviluppate (da soggetti pubblici e enti privati); software, tecnologie e metodi per il rilievo, l'archiviazione e l'analisi dei dati di incidentalità, quali funzioni proprie dei centri di monitoraggio della sicurezza stradale a livello regionale, provinciale e comunale. (4-18672)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI PIETRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Bojano (Campobasso) è in anticipazione di cassa da più di un anno e mezzo; risulta siano stati eliminati circa 800.000 euro di residui attivi dal conto consuntivo 2010, quale saldo tra le eliminazioni dei residui attivi e residui passivi;
   risulta all'interrogante che il capogruppo del gruppo consiliare «Insieme per Bojano Democratica» ha più volte, da dicembre 2011 a febbraio 2012, chiesto di poter conoscere l'elenco analitico dei residui eliminati, i motivi specifici dell'eliminazione e la titolarità degli stessi;
   il responsabile del settore II (finanze-bilancio-tributo-personale) della città di Bojano, con nota protocollo 3627 del 7 aprile 2012, ha riferito che:
    «la eliminazione dei residui di dubbia esigibilità dal rendiconto 2010 è stata effettuata in sede di riaccertamento dei residui per motivi prudenziali al fine di non pregiudicare il risultato di amministrazione»;
    «tuttavia, la predetta eliminazione non equivale a cancellazione definitiva ovvero rinuncia al credito ma è stata eseguita solo per finalità amministrativa di semplificazione del conto»;
    «i crediti di cui sopra, come previsto dalla norma, vengono iscritti in un elenco separato e nel rendiconto del patrimonio tra i crediti di dubbia e difficile esazione, come segnalato dal revisore dei conti»;
    «le procedure tendenti al recupero delle somme corrispondenti sono in corso e la cancellazione definitiva dei predetti residui potrà avvenire solo al termine di esse»;
   le richieste inoltrate non sono state in alcun modo soddisfatte, considerato che non si è rilevata traccia dell'iscrizione dei residui eliminati tra i crediti «di dubbia e difficile esazione» nel rendiconto del patrimonio, con la conseguenza che i medesimi crediti sono stati stralciati definitivamente dal conto di bilancio, contrariamente a quanto sostenuto dal responsabile del servizio finanziario e senza che l'organo di revisione contabile abbia eccepito alcunché anche in ordine alla necessità dell'istituzione in bilancio del fondo di svalutazione crediti;
   a tutt'oggi le richieste inoltrate risultano ancora inevase e, in particolare, non si è avuto modo di conoscere i soggetti verso i quali il comune di Bojano vanti i suddetti crediti di presunta dubbia esigibilità, la natura dei crediti (I.C.I, canoni, idrici, tributi, e altro), le motivazioni della presunta dubbia inesigibilità specificata per ogni soggetto debitore e per anno di competenza (sentenze avverse, non solvibilità del debitore e altro), gli interventi operati dal Comune di Bojano finalizzati al recupero di tali somme e atti a impedirne la prescrizione del debito;
   risulta, inoltre, all'interrogante che l'opposizione consiliare ha più volte richiesto, ma senza esito favorevole, di conoscere l'elenco di tutte le partite «vincolate ovvero con destinazione specifica» per comprendere se, prima di ricorrere all'anticipazione di cassa ex articolo 222 del TUEL 267 del 2000, il comune abbia utilizzato le giacenze vincolate e fino a quale limite;
   risulta, infine, all'interrogante che l'opposizione consiliare, nel timore della presenza di un grave squilibrio della gestione economico-finanziaria, abbia inoltrato diversi esposti e segnalazioni all'autorità di controllo (prefettura di Campobasso e dipartimento della ragioneria generale dello Stato) e all'autorità giudiziaria (sezione regionale di controllo e procura regionale della Corte dei conti oltre che alla procura della Repubblica presso il tribunale di Campobasso) –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se e quali iniziative abbiano assunto la ragioneria dello Stato e la prefettura a fronte delle segnalazioni fatte dall'opposizione consiliare del comune di Bojano. (5-08505)

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si sono svolte nella giornata del 14 novembre a Roma, come in molte altre città italiane, manifestazioni di protesta contro le misure di austerità decise dai Governi nazionali per fronteggiare la crisi economica in atto;
   anche gli studenti hanno aderito alla protesta per rivendicare il loro diritto all'istruzione, ad avere una formazione libera e una crescita professionale e per chiedere la cancellazione di alcune misure ritenute penalizzanti la scuola pubblica proposte recentemente dal Governo;
   come riportato dai mezzi di informazione e come visibile in molti video circolanti in rete e pubblicati sulle maggiori testate on line italiane, la polizia ha caricato giovani studenti del Blocco studentesco che manifestavano a volto scoperto e senza armi;
   la nostra Costituzione riconosce e garantisce a ciascun cittadino la libertà di manifestare le proprie opinioni e idee e di riunirsi pacificamente –:
   se il Governo intenda verificare l'idoneità dei comportamenti messi in atto dalle forze dell'ordine e, nel caso venissero accertate condotte non conformi, se intenda prendere urgenti provvedimenti sanzionatori. (4-18658)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) figura fra i più prestigiosi e accreditati istituti di ricerca di cui l'Italia dispone;
    l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia è un ente pubblico di ricerca che svolge anche funzioni di monitoraggio della situazione sismica e delle attività vulcaniche su tutto il territorio nazionale in collaborazione con il dipartimento della protezione civile e con le altre autorità preposte alla gestione delle emergenze;
   le varie attività dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sono svolte da personale di alta specializzazione e di lunga esperienza che, per circa il 40 per cento del totale, si trova in posizioni contrattuali a tempo determinato esposte a periodici rinnovi il che costituisce elemento di forte disagio lavorativo per gli interessati nonché pregiudizio di costante incertezza per lo svolgimento dei programmi dell'ente;
   nel caso dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non è stato possibile attuare le norme della legge n. 296 del 2006 che avrebbero permesso la stabilizzazione di circa 200 unità di personale precario dell'ente il che aveva portato la precedente direzione dell'Istituto a siglare un accordo per la proroga dei contratti in essere fino al 2016;
   la nuova direzione dell'Istituto ha invece disdettato tale accordo col risultato che alla fine del 2012 cesserà definitivamente il rapporto di lavoro di centinaia di ricercatori e tecnici, pari a circa il 30 per cento del personale totale dell'ente;
   se ciò succedesse, oltre alle gravi conseguenze sul piano dell'occupazione, si realizzerebbe una forte contrazione delle attività dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e si correrebbe seriamente il pericolo di disperdere un bacino importante di competenze essenziali per il Paese in quanto molti sarebbero spinti a cercare lavoro all'estero dove le loro competenze sono ben note e molto apprezzate –:
   quale sia la posizione del Ministro sulla situazione dei personale precario dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e quali iniziative intenda assumere per evitare le situazioni negative delineate nelle premesse, per mantenere l'alto standard scientifico che l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia assicura all'Italia e per contribuire a continuare a garantire al Paese funzioni tecnico-scientifiche irrinunciabili per la gestione delle emergenze sismiche e vulcaniche. (5-08495)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   il difetto genetico, nella distrofia muscolare di Duchenne, è dovuto a un gene che è il più grande tra quelli sino ad ora identificati, il gene della distrofina. Il problema quindi, in questa malattia, è la mancanza di una proteina strutturale: la distrofina. La distrofina è la «colla» che permette alla membrana di aderire al materiale cellulare in maniera tale da mantenere la cellula intatta. Senza distrofina, la membrana diventa instabile, si cominciano ad aprire dei varchi e diventa quindi permeabile ad alcune sostanze che di solito non riuscirebbero a entrare. Il risultato è che la cellula «esplode» e muore. Quando succede questo, il contenuto delle cellule morte viene riversato all'esterno e il sistema immunitario viene chiamato in causa per provvedere all'eliminazione di queste sostanze. Così facendo, dato che il sistema immunitario è estremamente efficiente, viene «ripulita» una zona nel muscolo più larga di quanto sarebbe necessario, producendo così un danno anche più grave. A questo punto, c’è un «vuoto» nel muscolo, lasciato dalla morte della cellula e il sistema immunitario interviene di nuovo per far sì che venga costruito del tessuto connettivo (la «cicatrice»). A mano a mano che aumenta questo tipo di tessuto connettivo si pensa che possa addirittura arrivare a danneggiare il muscolo provocando un sorta di «strangolamento» del rimanente tessuto ancora integro. Questo processo si ripete in maniera costante fino a che tutte le cellule muscolari sono morte. Il bambino alla nascita, a livello sintomatico, appare praticamente normale. A mano a mano che cresce e le cellule muscolari si deteriorano, il bambino si mostra chiaramente più debole. I gradini costituiscono una difficoltà crescente, spesso non riesce a correre e quando lo fa ha un'andatura tipica. La maggioranza dei bambini Duchenne, di solito, non riesce ad andare in bicicletta. Con il tempo, a mano a mano che le cellule muscolari muoiono, il bambino sviluppa una posizione «lordotica» per cui tende a bilanciare la debolezza dei muscoli pelvici portando avanti la pancia. Le cadute diventano più frequenti nel periodo che precede la perdita della capacità di camminare. Di solito il bambino perde la capacità di camminare entro i 9-11 anni. Una volta in carrozzella, il bambino utilizza prevalentemente i muscoli delle braccia e quindi il loro indebolimento viene accelerato a causa di un maggiore sfruttamento, intorno ai 20 anni si perde quasi completamente l'uso delle braccia. Quando anche i muscoli del torace si indeboliscono, si crea una pressione che lavora contro i muscoli respiratori, quindi la loro capacità respiratoria si riduce sensibilmente. I ragazzi non sono in grado di esercitare abbastanza pressione per eliminare le secrezioni e questo può causare l'insorgere di infezioni polmonari. Prima che venissero utilizzati sistemi di ventilazione meccanica, solo qualche anno fa, il rischio di morte era elevatissimo tra i 20 e i 30 anni –:
   se quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
    c) sostenere i malati anche attraverso centri di ascolto e assistenza ovvero alle associazioni di malati;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno del settore pubblico al riguardo;
   se esiste un coordinamento per la ricerca e/o la cura di detta patologia a livello europeo in cosa si concretizzi;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nei Paesi dell'Unione europea, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno dell'Unione europea al riguardo. (4-18652)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   le porfirie sono un gruppo di malattie metaboliche rare, la cui base patogenetica è costituita dalla ridotta attività di uno degli enzimi della via biosintetica dell'eme. Nelle diverse forme di porfiria, in relazione allo specifico difetto enzimatico, si determina un accumulo e ipersecrezione di diversi tipi di porfirinogeni e/o precursori (acido delta-aminolevulinico o ALA e porfobilinogeno o PBG). L'accumulo dei metaboliti avviene in sedi diverse, così come è diversa la via della loro eliminazione e la sintomatologia alla quale danno luogo. Considerando la sede prevalente del difetto enzimatico, le porfirie si possono suddividere in epatiche (deficit di ALA-deidrasi, porfiria acuta intermittente, coproporfiria ereditaria, porfiria variegata, porfiria cutanea tarda, porfiria epatoeritropoietica) ed eritropoietiche (protoporfiria eritropoietica e porfiria eritropoietica congenita). Tuttavia, la classificazione più usata è quella basata sulla clinica e distingue le porfirie in acute (deficit di ALA-deidrasi, porfiria acuta intermittente, coproporfiria ereditaria, porfiria variegata) e non acute (porfiria cutanea tarda, porfiria eritropoietica congenita, porfiria epatoeritropoietica, protoporfiria eritropoietica);
   le porfirie acute hanno la caratteristica comune di avere tutte una sintomatologia neurologica. La porfiria variegata e la coproporfiria ereditaria possono avere anche sintomi cutanei. Le porfirie acute sono tipicamente scatenate dall'assunzione di alcune sostanze in particolare alcuni farmaci, ma anche da variazioni ormonali o stati nutrizionali particolari. Se si riesce a controllare il fattore che risulta tossi per le persone affette da porfiria, la malattia spesso rimane allo stato di latenza: solo il 10 per cento nei portatori del difetto enzimatico, infatti, sviluppa i sintomi della malattia indipendentemente da fattori esterni. Altre cause che possono essere i responsabili di una crisi sono diete povere di zuccheri e infezioni. A titolo indicativo, si possono elencare i sintomi in rapporto alla frequenza e al più comune ordine di comparsa: dolori addominali modesti tipo colica, localizzati oppure generalizzati, che possono irradiarsi posteriormente o ai fianchi, febbre, leucocitosi (eccesso di globuli bianchi), vomito, stitichezza, tachicardia e ipertensione labile, ritenzione urinaria, sudorazione abbondante, riflessi tendinei profondi diminuiti, carenza di sodio nel sangue (iponatriemia), perdita della sensibilità (iperestesie e parestesie), instabilità emotiva, tetania. I sintomi più gravi possono essere il coma, la paralisi che può persistere per anni, atrofia del nervo ottico, allucinazioni e disturbi comportamentali, paralisi respiratoria che può essere anche mortale –:
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti, e l'impegno del settore pubblico al riguardo.
   se esista un coordinamento che ha portato o porterà all'individuazione di uno o più centri di eccellenza per la cura della patologia in argomento;
   se esista un coordinamento tra i vari soggetti istituzionali (Ministeri, regioni, IRCCS, centri di ricerca, università e altri) nel campo della ricerca scientifica e clinica per la cura della patologia in argomento. (4-18653)


   DI STANISLAO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il conservatorio «Piccinni» di Bari determinava nel lontano novembre 2008, per il tramite dei propri organi di Governo, l'attivazione di un corso di formazione alla ricerca in «Scienze della Musica» (in breve «dottorato di ricerca»), essendo esso conservatorio sede amministrativa e questa II università di Napoli – dipartimento di matematica (già partner del conservatorio in numerose iniziative di ricerca), sede consorziata (cfr. verbale adunanza consiglio accademico del 18 novembre 2008 e nota prot. n. 1210 del 17 febbraio 2009);
   tale determinazione conduceva alla sottoscrizione, il giorno 17 novembre 2008, del protocollo d'intesa fra il direttore del conservatorio «Piccinni» di Bari e il direttore del dipartimento di matematica della II università di Napoli, con cui veniva formalizzato il ruolo di sede consorziata della II università di Napoli nell'ambito del dottorato di ricerca in «scienze della musica»;
   con delibera del 16 dicembre 2009, il consiglio di amministrazione del conservatorio «Piccinni» di Bari approvava la spesa di euro 96.231,06 certificando pertanto la disponibilità dei fondi necessari all'attivazione e l'accettazione del dottorato in «scienze della musica» come progetto comune fra il conservatorio «Piccinni» di Bari e la II università di Napoli. Tale importo era comprensivo degli oneri previdenziali, nella misura del 17,15 per cento per l'anno 2009 e del 17,82 per cento per gli anni 2010 e 2011, come previsto dalla normativa vigente;
   il conservatorio «Piccinni», sede amministrativa del dottorato, inoltrava la ridetta documentazione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – direzione generale per l'Alta formazione artistica e musicale (AFAM) – il 7 febbraio 2009, a mezzo lettera raccomandata A/R, prot. n. 1210, affinché fosse dato corso agli adempimenti di legge per l'attivazione del dottorato (adempimenti puntualmente delineati nell'articolo 5, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005);
   l'articolo 5, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 stabilisce che «fino all'adozione del regolamento di cui all'articolo 2, comma 7, lettera h), che disciplina i criteri generali per l'istituzione e l'attivazione dei corsi, i corsi di secondo livello, [...] i corsi di formazione alla ricerca sono attivati esclusivamente in via sperimentale, su proposta delle istituzioni, con decreto del Ministro che verifica gli obiettivi formativi e l'adeguatezza delle risorse umane, finanziarie e strumentali, sentito il CNAM»;
   il CNAM dava risolutivamente e definitivamente il proprio parere in data 8 marzo 2011 (cfr. nota protocollo n. 1539 del 21 marzo 2011) ritenendo «pienamente valida sotto il profilo scientifico la documentazione presentata dal conservatorio di musica “N. Piccinni” di Bari», ed esprimendo allo stesso tempo il proprio «parere favorevole alla richiesta di attivazione del corso di formazione alla ricerca in scienze della musica»;
   la fase preliminare, finalizzata all'attivazione del corso, è stata già marcatamente lunga e si è protratta dal 2008 fino ad oggi;
   tale fase preliminare deve ritenersi definitivamente conclusa con l'emissione del parere del CNAM (come da articolo 5, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 già citato);
   la convenzione stipulata il 17 novembre 2008 fra il conservatorio Piccinni di Bari e il dipartimento di matematica di questa II università di Napoli prevede all'articolo 8 che «La presente Convenzione avrà piena validità a seguito di approvazione da parte del MIUR degli atti relativi all'attivazione del dottorato di ricerca in argomento»;
   l’«approvazione da parte del MIUR degli atti relativi all'attivazione del Rettorato di ricerca in argomento» è in tutta evidenza già avvenuta, con l'emissione dei pareri congiunti CNAM-CUN prima e, successivamente, con l'emissione del parere del CNAM, in data 8 marzo 2011;
   dall'emissione del parere del CNAM, in modo incomprensibile, il conservatorio non ha ancora messo in atto alcuna azione volta alla tempestiva attivazione del corso citato, con grave nocumento anche all'immagine del dipartimento di matematica della II università di Napoli;
   il rettore della II università di Napoli ha sollecitato risposte presso il direttore del conservatorio, con propria comunicazione del 18 luglio 2011 prot. n. 27208, chiedendo di conoscere «i tempi di attivazione del dottorato in argomento», anche al fine di garantire quale sede «consorziata la migliore organizzazione del corso»; tuttavia, tale comunicazione, inspiegabilmente, è rimasta inevasa nonostante il più che congruo lasso temporale intercorso (quasi 2 mesi);
   il complessivo grave e ingiustificato ritardo, oltre 20 mesi ad oggi, dall'emissione del parere del CNAM, priva di fatto il mondo scientifico, accademico e della ricerca, di un corso con caratteristiche di assoluta novità, sia nel panorama italiano che in quello internazionale; esso è inoltre lesivo del legittimo affidamento e del prestigio scientifico della II università di Napoli in generale e del dipartimento di matematica in particolare, in qualità di sede consorziata;
   vengono inoltre direttamente e irreparabilmente danneggiati i 2 potenziali dottorandi che avrebbero percepito la borsa dottorale e i 2 dottorandi senza borsa. Questo perché nel mondo scientifico, soggetti dotati di un profilo di alta specializzazione nell'ambito della ricerca sulla musica e la cognizione musicale sono incredibilmente richiesti. Quest'ultima considerazione è asseverata dalle decine di posti (postdoctoral fellowship), banditi nel solo lasso temporale settembre-ottobre 2012, in ambiti di ricerca coincidenti con quelli del dottorato in scienze della musica già citato presso Istituzioni come: Northwestern university, università di Amsterdam, university of Illinois at Urbana-Champaign, Leibniz Universität Hannover, Medizinische Hochschule Hannover, McGill University, McMaster University, University of Montreal the Rotman Research Institute, Montreal Neurological Institute;
   non vi sono dubbi che tale condotta del conservatorio delinea un grave danno e una responsabilità erariale a causa del disservizio generato nei confronti degli utenti, nonché un grave ed irreparabile danno all'immagine della pubblica amministrazione; –:
   se il Governo intenda intraprendere ogni e più opportuna azione finalizzata all'accertamento e/o alla correzione della condotta del direttore del conservatorio Piccinni che, ai sensi delle norme citate in premessa e ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003 «è responsabile dell'andamento didattico, scientifico ed artistico dell'istituzione e ne ha rappresentanza legale», nonché alla rimozione di ogni ostacolo al fine di garantire la tempestiva attivazione del più volte citato corso di formazione alla ricerca (dottorato di ricerca) in «scienze della musica».
(4-18657)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome di Noonan è una malattia genetica che colpisce una persona ogni 1.000-2.500;
   la mutazione del gene che causa la sindrome può avvenire casualmente al momento del concepimento, oppure può essere trasmessa da un genitore affetto;
   la sindrome è caratterizzata da cardiopatia congenita, lineamenti caratteristici del viso (ipertelorismo, rime palpebrali oblique in basso e verso l'esterno, ptosi palpebrale, padiglioni auricolari a basso impianto e ruotati posteriormente con un elice spesso), anomalie della gabbia toracica, pterigio del collo (una piega cutanea a lato del collo), malformazioni renali, anomalie genitali nei maschi (testicoli ritenuti o criptorchidismo), bassa statura, difficoltà alimentari durante la prima infanzia, predisposizione alle emorragie per un difetto dei fattori della coagulazione, displasia dei vasi linfatici, sviluppo psicomotorio ritardato, in maniera variabile da persona a persona, ma di solito in forma lieve. Alcuni bambini necessitano di interventi di chirurgia correttiva, come per le cardiopatie congenite, lo strabismo, la ptosi palpebrale, lo pterigio del collo, il pectus excavatum o carinaturn, l'ernia inguinale e il criptorchidismo;
   le caratteristiche cliniche non sono sempre presenti nei singoli pazienti e quelle presenti possono essere variabilmente espresse;
   la diagnosi è in prima istanza clinica, cioè si basa sull'esame obiettivo del paziente. I progressi della ricerca hanno permesso di delineare in larga parte le cause genetiche della sindrome;
   la sindrome viene ereditata con modalità autosomica dominante, cioè il genemalattia viene trasmesso da un genitore affetto, in media, alla metà dei figli, indipendentemente dal loro sesso. In oltre la metà dei casi, la sindrome origina da nuova mutazione in un gamete di un genitore non affetto;
   la presenza di alcuni segni della sindrome in corso di gravidanza possono indurre l'ecografista a sospettare la sindrome di Noonan; si tratta tuttavia di segni aspecifici che come tali non consentono di formulare una diagnosi certa. Tra essi rientrano l'anasarca, cioè l'accumulo di liquido nello spazio interstiziale di tutti i tessuti, l'igroma cistico del collo, o il polidramnios, cioè l'aumento del volume del liquido amniotico (superiore a 1.500-2.000 millilitri) –:
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno del settore pubblico italiano al riguardo;
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) migliorare la diagnosi precoce;
    b) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare diagnosi prenatali attendibili, terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    c) sviluppare la ricerca in questo settore. (4-18661)


   LARATTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la professoressa F.E. madre di due figli, nata a Cosenza il 30 gennaio 1975, precaria della scuola dal 2001 e residente a Milano dal 2003, ha inoltrato regolare domanda per il concorso per titoli ed esami del personale docente (d.d.g n. 82 del 24 settembre 2012) tramite istanze on line il 29 ottobre 2012 alle ore 15,44 senza più modifiche prima della scadenza dei termini (7 ottobre alle h 14:00);
   il sistema ha generato due e-mail con il protocollo della domanda e con il protocollo dei titoli culturali, ma non risulta nella sezione archivio di istanze on line;
   alla professoressa in questione è arrivata una e-mail del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 5 ottobre che le dava tempo entro il 7 ottobre di inoltrare nuovamente la domanda;
   ma la e-mail è stata letta dall'interessata soltanto il giorno successivo alla scadenza di inoltro;
   la professoressa ha chiamato subito a Roma al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (06 5849.1) che le ha dato come riferimento per risolvere il problema la dottoressa B.E.;
   alla sua richiesta ha risposto il 12 novembre il signor B.G.M. funzionario statistico-informatico dell'ufficio scolastico regionale per la Lombardia scrivendo testualmente: «Attenda sino a domani, il Miur deve decidere cosa fare per coloro che hanno inoltrato la domanda per il concorso e poi l'hanno modificata prima della scadenza dei termini»;
   nonostante molte e continuate insistenze, la professoressa F. non riesce a rintracciare nessuno che le dia una risposta;
   per lei è importante partecipare al concorso e sarebbe assai grave essere esclusa a priori solo per un problema informatico, del quale non ne ha alcuna responsabilità –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e se non intenda attivare gli uffici competenti al fine di accertare l'accaduto e risolvere il problema in questo come in casi analoghi eventualmente verificatisi. (4-18673)


   BERGAMINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   recenti notizie di cronaca hanno riportato il caso verificatosi all'università di Pisa, dove il consiglio di amministrazione ha deciso di raddoppiare le indennità di carica di rettore, prorettore e dei capi delle unità dipartimentali;
   secondo quanto evidenziato da sindacati e associazioni studentesche il rettore dell'università di Pisa percepirà, anziché gli attuali 50 mila euro lordi annui, tra i 90 e i 95 mila euro, oltre allo stipendio da docente ordinario;
   in risposta l'università pisana ha sottolineato che l'aumento delle indennità è originato dal fatto che, in seguito alla riforma Gelmini, l'ateneo è stato riorganizzato per cui le 11 facoltà e i 48 dipartimenti esistenti sono scomparsi e sostituiti da 20 unità dipartimentali, con un risparmio fino al 20 per cento del bilancio ed un aumento della mole di lavoro e delle responsabilità individuali per il rettore, il prorettore e i direttori, tali da giustificare appunto l'aumento retributivo;
   appare del tutto inopportuna, visto il momento di grave difficoltà a livello economico-finanziario che attraversa il nostro Paese ed anche in considerazione dei diversi tagli effettuati sul sistema universitario e nei confronti delle pubbliche amministrazioni, la decisione di aumentare le singole retribuzioni, anche perché si tratta di docenti ordinari che percepiscono già stipendi piuttosto elevati –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative normative per congelare, fino al termine di questa fase di crisi economica, gli emolumenti destinati alle alte cariche di strutture, come le università che, per converso, stanno aumentando gli oneri in capo ai cittadini fruitori del servizio. (4-18676)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa unione sarda e denunciato dalla rappresentante Massimiliana Tocco della Nidil-Cgil, il caso di una merchandiser di 30 anni assunta presso l'ipermercato Carrefour di San Sperate (provincia di Cagliari) licenziata dal posto di lavoro perché incinta;
   la ragazza, che si occupa dell'allestimento di banchi e scaffali per la promozione di prodotti, è stata giudicata idonea alle sue mansioni in seguito alla visita ginecologica, ma per la direzione del centro commerciale il suo ruolo è «troppo rischioso» per essere svolto da una donna in stato interessante ed è stata invitata a lasciare il suo posto perché – secondo le regole interne dell'azienda – le mansioni di merchandiser comportano alti rischi di interruzione involontaria della gravidanza per una donna incinta;
   la dipendente si è rivolta alle agenzie e cooperative di distribuzione per il cui tramite è impiegata al Carrefour, ricevendo rassicurazioni sul prosieguo del rapporto di lavoro ma, ciononostante, è stata bloccata all'ingresso dalla guardia giurata, su ordine del direttore;
   dopo una lunga disputa sulla necessità di un certificato medico attestante l’«idoneità alle sue mansioni», debitamente presentato, la giovane non è stata comunque riammessa al lavoro;
   si tratta di una giovane donna precaria con contratto a progetto, che per il suo medico potrebbe continuare a svolgere le sue mansioni, negato dai suoi datori di lavoro (comprese le agenzie che hanno giudicato non idoneo il certificato);
   non è l'unico caso di battaglia per il posto di lavoro scoppiato nel supermercato di San Sperate, dopo l'episodio che ha visto – ad esempio – come protagonista una dipendente colpita da ictus e che l'azienda vorrebbe mettere in mobilità;
   inizia a preoccupare la frequenza dei casi analoghi presso la stessa azienda, come la evidente negligenza rispetto all'applicazione della normativa in vigore sulla tutela della maternità e della salute mettendo in essere comportamenti palesi di discriminazione;
   se alcuni dei casi sono arrivati alla stampa e denunciati dai sindacati, si potrebbe supporre che invece molti altri siano stati celati o tenuti nascosti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative intenda avviare perché venga fatta chiarezza sulle vicende che interessano ancora una volta soprattutto lavoratrici donne, precarie e alcune prossime alla maternità;
   se non ritenga di verificare tramite i servizi territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali se si è in presenza di eventuali violazioni in materia lavorativa e procedere in merito alle sanzioni previste per legge. (5-08498)


   MADIA, GATTI e DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le vicende del gruppo Agile sono state oggetto di oltre 30 atti di sindacato ispettivo, e di indirizzo tra mozioni interrogazioni e interpellanze urgenti, da parte di questo ramo del Parlamento nel corso della XVI legislatura;
   la forte attenzione del Parlamento è stata motivata sia dalla rilevanza economica e occupazionale del gruppo, sia dal valore paradigmatico che le questioni connesse al fallimento di Agile hanno assunto nell'attuale fase di crisi economica;
   la crisi della società Agile e del complesso quadro societario ad essa legato non è stata motivata soltanto da ragioni economiche e di mercato ma da un susseguirsi di cattive gestioni, di acquisizioni societarie a scopi speculativi (condotte all'interno di una normativa carente sulla cessione di ramo d'azienda), di assenza di progetti industriali in un settore, come l'information technology, pure in grande espansione, di condotte di rilevanza penale da parte di proprietà e management attualmente oggetto di inchieste, con relative ordinanze di custodia cautelare per i presunti responsabili, da parte della magistratura per diversi reati tra i quali emerge la bancarotta fraudolenta;
   si tratta di condotte che hanno portato a un forte stato di disagio per migliaia di lavoratori delle società coinvolte (come il ramo It di Eutelia per il quale le sentenze hanno ravvisato il carattere di cessione fraudolenta ad Agile) che non si sono visti corrispondere all'epoca gli stipendi, i trattamenti accessori e previdenziali né hanno avuto accesso agli ammortizzatori sociali;
   in data 14 luglio 2010 il tribunale di Roma ha dichiarato aperta la procedura di amministrazione straordinaria per Agile Srl;
   la cordata «Piero della Francesca» guidata dalla società Cloud Italia fondata da Mark De Simone, ha vinto la gara per l'acquisizione dei rami d'azienda di Eutelia e Agile (attività di TLC), messi a bando nel luglio 2011; la TBS IT ha acquisito il ramo IT di Eutelia;
   in data 20 settembre 2010 la società Agile in amministrazione straordinaria (AS) e le organizzazioni sindacali hanno raggiunto un accordo per la richiesta di concessione del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria fino al marzo 2012, la cui validità è stata prorogata fino alla metà del 2013;
   nonostante gli impegni presi con l'amministrazione straordinaria che prevedeva la ricollocazione nell'arco di tre anni di 350 persone ma sulla base del fatturato acquisito dall'azienda, attualmente sono 280 i lavoratori impiegati e a fine 2012 scenderanno a 240 circa, mentre nessun aumento è previsto nel 2013;
   in data 2 febbraio 2012 il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i commissari di Agile in amministrazione straordinaria e le regioni dove operano i lavoratori ancora in capo ad Agile dopo la sopraddetta cessione a Cloud Italia hanno stipulato un verbale di intesa ai fini della ricollocazione più ampia possibile dei lavoratori in capo ad Agile in amministrazione straordinaria dopo la cessione di cui al bando del luglio 2012;
   tale intesa prevede sinteticamente:
    a) la costituzione di un gruppo di lavoro permanente (task force) costituito dai ministeri interessati, dalle regioni e dalle organizzazioni sindacali al fine di coordinare le azioni a tutela dei livelli occupazionali;
    b) precisi indirizzi operativi per le regioni coinvolte, a partire dalla richiesta di utilizzo dei fondi europei FEG per l'attivazione di politiche attive indirizzate ai lavoratori in esubero;
    c) linee per il confronto con le imprese del settore dell’information and comunications technology ICT al fine di agevolare l'assorbimento dei lavoratori di Agile in amministrazione straordinaria;
   d) impegno delle istituzioni firmatarie – quindi anche del Governo – affinché venga consentito ai lavoratori di Agile in amministrazione straordinaria l'accesso al trattamento pensionistico entro i termini di utilizzo degli ammortizzatori sociali, sulla base delle norme in vigore alla data di sottoscrizione dell'accordo per la cassa integrazione guadagni straordinaria del 20 settembre 2010, e l'individuazione dei percorsi più idonei al fine di garantire – in costanza di rapporti di lavoro – l'accesso agli ammortizzatori sociali per tutta la durata del piano industriale della società cessionaria dei rami d'azienda di Agile in amministrazione straordinaria –:
   quale sia, a dieci mesi dalla firma del verbale di intesa, lo stato di avanzamento degli impegni sopracitati con particolare riferimento alla parte concernente gli ammortizzatori sociali e i trattamenti pensionistici. (5-08499)

Interrogazione a risposta scritta:


   PICCOLO, BOSSA, CIRIELLO e CUOMO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Fnac, azienda multinazionale che opera nel settore dei prodotti culturali, editoriali e tecnologici, ha annunciato, in un comunicato stampa del 13 gennaio 2012, un'imponente ristrutturazione, con la previsione strategica di un drastico piano di risparmi (non inferiore agli 80 milioni di euro e con una rilevante riduzione di personale) in ciascun Paese in cui la catena è presente, mettendo in discussione la prospettiva della permanenza del gruppo in Italia;
   infatti, il gruppo PPR (Pinault Primtemps Redoute), colosso multinazionale di produzione e vendita di beni di lusso, che detiene il controllo di FNAC, sembrerebbe seriamente intenzionato a ridimensionare fortemente – se non addirittura a sopprimere – la finestra sul mercato italiano;
   la FNAC detiene in Italia ben otto sedi di distribuzione e vendita, ubicate nelle città di Roma, Milano, Napoli, Torino (2), Firenze, Genova e Verona, con circa 600 dipendenti;
   il presidente e direttore generale di FNAC, Alexandre Bompard, ha dichiarato testualmente che «in Italia le condizioni per lo sfruttamento in proprio non ci sono più. Si stanno studiando tutte le possibilità: una decisione sarà presa nell'esercizio corrente, entro il 2012»;
   le opzioni possibili sarebbero la cessione in franchising a qualche altra azienda o una cessione negozio per negozio o, più verosimilmente, la chiusura definitiva;
   questa drammatica situazione ha destato, ovviamente, una motivata fibrillazione tra i lavoratori dipendenti che vedono messo in concreto pericolo il loro futuro occupazionale;
   nonostante la mobilitazione dei dipendenti e le reiterate sollecitazioni delle organizzazioni sindacali del settore, a tutt'oggi non è dato comprendere quali siano le reali intenzioni dell'azienda e quali prospettive si delineano per il presente ed il futuro; difatti nessuna informazione o alcun chiarimento è stato fornito ai lavoratori ed agli stessi sindacati rispetto alle strategie aziendali in atto, né per quanto riguarda il destino di Fnac Italia, né per quanto riguarda il futuro dei suoi 600 lavoratori;
   tutto sembra avvolto in un inquietante mistero e nella massima incertezza, generandosi in tal modo un profondo malessere ed una comprensibile agitazione tra i dipendenti che temono la mancanza di un serio e credibile piano per il mantenimento dei punti vendita e dei posti di lavoro;
   in tale contesto crescono le preoccupazioni per una chiusura che comporterebbe gravissime conseguenze occupazionali e sociali, nonché un impoverimento culturale delle realtà coinvolte, dove i punti di vendita sono realtà consolidate;
   allo stato i dipendenti di FNAC Italia non hanno ricevuto alcuna informazione sul loro futuro: tutte le iniziative dei sindacati non hanno sortito alcun effetto ed alcuna risposta da parte della dirigenza aziendale –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per assicurare il rispetto della direttiva 2002/14/CE, che istituisce un quadro normativo generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, e per favorire il necessario dialogo tra la dirigenza della FNAC ed i rappresentanti dei lavoratori, tenuto conto dell'impatto sociale provocato dalle scelte strategiche dell'azienda;
   se i Ministri non ritengano necessario ed urgente avviare un tavolo di trattativa sia con i vertici aziendali della FNAC che con quelli del gruppo multinazionale PPR per attivare tutte le procedure idonee a favorire una soluzione che preservi i livelli occupazionali e che garantisca, in caso di necessità, l'attivazione degli ammortizzatori sociali. (4-18654)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge di luglio 2012 n. 95 sul riordino delle province prevedeva: «1) A garanzia dell'efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, che le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative città metropolitane»; «2. Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia contestualmente soppressa ai sensi del comma 1, fermo restando il potere di deliberare dei comuni interessati (...) ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione»;
   il vademecum sul riordino delle province diffuso dal Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, alla domanda 31 recitava testualmente: «Il territorio delle province destinate a diventare Città metropolitana potrà ampliarsi con l'adesione di nuovi comuni o province ? E la risposta era inequivocabile: “Si, per quanto attiene ai Comuni. Non è invece consentito che una o più Province siano accorpate in seno ad una delle province sopprimende, per esplicita previsione contenuta nella deliberazione del Consiglio dei ministri del 20 luglio 2012”»;
   questa impostazione trovava la sua ratio nella motivazione stessa che aveva indotto il legislatore statale a introdurre tale nuovo ente territoriale, che era costituita dall'esigenza di fornire un istituto sufficientemente flessibile per risolvere i problemi delle grandi aree urbane, la cui dimensione territoriale superasse i confini comunali; problemi, questi ultimi, caratteristici delle zone densamente popolate ovvero derivanti dall'esigenza di coordinamento di una pluralità di comuni che, di fatto, per la loro collocazione sono satelliti del capoluogo;
   la Costituzione non fornisce alcuna indicazione in ordine all'individuazione e alla localizzazione delle città metropolitane. Se ne deduce che il legislatore costituzionale abbia inteso far propria la nozione di area metropolitana fornita dall'articolo 22 del Testo unico degli enti locali e fondata sui «rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali»;
   il legislatore costituzionale della riforma del Titolo V, al pari del legislatore ordinario della legge n. 142 del 1990, concepisce la città metropolitana come ente «alternativo» alla provincia, nel senso che la costituzione della città metropolitana in una determinata area del territorio nazionale esclude in quell'ambito territoriale la presenza della provincia, e tende a far coincidere il territorio della città metropolitana con il territorio della provincia preesistente;
   il Ministro interrogato, sia nell'audizione del 4 ottobre in Commissione Affari costituzionali della Camera, sia nell'incontro con i vertici dell'Unione province italiane ha sempre, categoricamente assicurato che non ci sarebbero state deroghe ai criteri di accorpamento delle province fissati nel decreto di luglio 2012;
   il secondo decreto-legge di riordino delle province approvato dal Governo il 31 ottobre 2012 ha totalmente modificato l'impostazione originaria, inglobando le province di Prato e Pistoia nella città metropolitana di Firenze si tratta, ad avviso degli interpellanti, di una forzatura che riduce Prato, la terza città del Centro Italia per numero di abitanti, a sobborgo del capoluogo limitandone in modo sostanziale l'autonomia di autogoverno;
   questa deroga è stata fatta senza alcun preavviso, senza alcuna specifica richiesta dei territori, come previsto dall'articolo 133 della Costituzione, e senza alcuna consultazione degli organi istituzionali locali, in merito: a) al fatto che la città metropolitana di Firenze possa inglobare anche territori appartenenti alle province vicine; b) al fatto che Prato perda lo status di capoluogo di una nuova futura provincia –:
   quale ratio abbia ispirato la deroga sull'inserimento di due province limitrofe nella città metropolitana di Firenze, visto che il legislatore costituzionale e il legislatore ordinario, come si evince dai lavori preparatori, hanno prefigurato la città metropolitana come coincidente col territorio della provincia preesistente (testuale: «In particolare, la perimetrazione della città metropolitana, nel rispetto del principio di continuità territoriale, deve comprendere almeno tutti i comuni proponenti e il comune capoluogo, nonché coincidere con il territorio di una sola provincia o di una sua parte»);
   se risponda al vero il fatto che sul Ministero sono state fatte nei giorni e nelle ore precedenti il Consiglio dei ministri del 31 ottobre 2012 fortissime pressioni politiche perché si concedesse questa deroga e da parte di chi queste pressioni siano state messe in atto.
(2-01751) «Mazzoni, Faenzi, Frassinetti, Nizzi, Moles, De Nichilo Rizzoli, Massimo Parisi, Di Centa, Milanato, Pelino, Golfo, Abelli, Nola, Milanese, Fucci, Mottola, Gottardo, Ventucci, Cassinelli, Savino, Bocciardo, Ceroni, Mazzuca, Holzmann, Castellani, Mancuso, Dima, Boniver, Minardo, Barani, De Luca, Beccalossi, De Corato, D'Alessandro, Sammarco, Piso, Toccafondi, Mussolini, Rosso, Landolfi, Bianconi».

Interrogazione a risposta orale:


   CICCIOLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 novembre 2012 il commissario straordinario dell'Asl Roma D, dottor Vitaliano De Salazar, l'ultimo giorno prima della cessazione dell'incarico, ha nominato con un atto unilaterale cioè la determinazione commissariale, dottor Alessandro Cipolla all'incarico di direttore amministrativo con un contratto della durata di cinque anni e nello specifico sino all'8 novembre 2017, a fronte di un rapporto fiduciario tra neo direttore amministrativo e se stesso che sarebbe cessato di lì a due giorni, tra l'altro non esistendo secondo l'interrogante alcun carattere di urgenza in quanto il direttore amministrativo era dimissionario in data 15 ottobre 2012 e da allora non era stato adottato alcun provvedimento;
   la determina non contiene alcun riferimento all'impegno di spesa né copertura finanziaria, e il corrispettivo dovuto appare rinviato alle tabelle del contratto dirigenziale; tale anomalia determina ad avviso dell'interrogante la totale nullità del provvedimento;
   l'azienda di cui è dipendente il dottor Cipolla non risulta all'interrogante abbia dato l'assenso preventivo e relativo nullaosta al proprio dipendente, per cui appare veramente singolare che il dipendente abbia potuto comunque prendere servizio;
   in data 21 novembre 2012 il neo direttore amministrativo, dottor Alessandro Cipolla, utilizzando nuovamente una determina monocratica ha «dato atto» del fatto che, in attesa della nomina del nuovo direttore generale da parte della regione Lazio, egli stesso svolgesse le funzioni di direttore generale aziendale dell'Asl Roma D –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare alla luce di quanto descritto in premessa, considerato che la regione Lazio è commissariata dallo Stato e sottoposta a piano finanziario di rientro;
   se non ritengano opportuno segnalare all'autorità giudiziaria tali singolari comportamenti e i relativi atti amministrativi per gli accertamenti del caso;
   se non sia opportuna un'ispezione dei servizi ispettivi del dipartimento della funzione pubblica in relazione a quanto descritto in premessa. (3-02620)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella proposta di riparto da parte del Ministero della salute inerente dei fondi sanitari per l'anno 2012, e in particolare della parte relativa alle linee progettuali per l'utilizzo da parte delle regioni delle risorse vincolate per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale 2012, vi è la totale assenza nei relativi atti di linee progettuali e relativi stanziamenti a favore delle patologie reumatiche croniche, con particolare riferimento all'istituzione delle reti reumatologiche;
   l'artrite reumatoide era già presente nel PNP 2010-2012 siglato in data 29 aprile 2010 nella Conferenza Stato-regioni, nella sezione 4 area dedicata alla «Prevenzione nella popolazione a rischio», capitolo 4.6 nell'ambito delle malattie osteo-articolari;
   la 12a Commissione permanente igiene e sanità del Senato della Repubblica, ha approvato un documento nella seduta dell'8 marzo 2011, a conclusione «dell'indagine conoscitiva sulle malattie ad andamento degenerativo di particolare rilevanza sociale, con specifico riguardo a....., alle malattie reumatiche croniche ed......» in cui si pone l'accento sulla necessità di affrontare in modo razionale, continuativo e soprattutto equamente distribuito su tutto il territorio nazionale le problematiche legate alle patologie reumatiche;
   il Piano sanitario nazionale per il triennio 2011-2013, approvato con intesa del 22 settembre 2011 prevede tra le cosiddette «patologie rilevanti» le malattie reumatiche croniche;
   «in Italia sono oltre 5 milioni le persone che soffrono di malattie reumatiche di queste, circa 734.000 sono colpite da forme croniche particolarmente gravi ed invalidanti quali: artrite reumatoide, spondilo artropatie, vasculiti e connettiviti malattie particolarmente temibili per il coinvolgimento, oltre che osteoarticolare, di organi interni quali cuore, rene, polmoni, nervi, vasi, cervello eccetera. Tali malattie colpiscono soggetti rientranti in tutte le fasce di età e in tutte le fasce sociali con una maggiore prevalenza per il sesso femminile»;
   i costi dell'assistenza socio-sanitaria rappresentano, come noto, una seria minaccia per l'economia complessiva del nostro Paese. La spesa per le patologie reumatiche croniche supera i 4 miliardi di euro l'anno: quasi la metà – 1 miliardo e 739 milioni – è rappresentata dalla perdita di produttività per circa 287 mila lavoratori malati;
   ventitré milioni di giornate di lavoro perse ogni anno e quasi 2 miliardi di euro di mancata produttività: sono i costi, non sostenuti direttamente dal sistema sanitario ma che gravano pesantemente sulla collettività e sul bilancio dello Stato in termini di spesa sociale e/o di minori entrate per tasse sulla produzione di reddito, che derivano dalla scarsa attenzione alle malattie reumatiche;
   è indispensabile, al fine di migliorare la qualità della vita delle persone con patologie reumatiche e razionalizzare l'impatto sulle risorse dei sistemi sanitari regionali, che il Governo e le regioni adottino quanto prima azioni concrete volte a garantire la diagnosi precoce, la presa in carico, l'integrazione degli interventi, l'appropriatezza delle prestazioni, nonché l'equità di accesso alle cure e in particolare ai farmaci biologici –:
   quali misure urgenti, sia di carattere economico-finanziario che normativo, nel rispetto dell'autonomia delle competenze regionali, il Governo intenda assumere affinché le patologie reumatiche e le reti reumatologiche siano parte integrante della proposta del Ministero della salute inerente il riparto dei fondi sanitari per l'anno 2012, e in particolare delle linee progettuali per l'utilizzo da parte delle regioni delle risorse vincolate per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale 2012.
(5-08497)


   BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sulla stampa nazionale e locale sono apparsi in questi giorni articoli molto allarmati sulla sanità Toscana dove si riporta il fatto che, per far quadrare i conti della sanità regionale, si invitavano i primari a spostare gli interventi chirurgici programmati per dicembre 2013;
   la cosiddetta spending review in questo modo entra in sala operatoria mettendo in ferie medici, tecnici e infermieri e portando ad un'allungamento del periodo di sospensione degli interventi chirurgici programmati che, di solito, le aziende sanitarie attuano in occasione delle feste natalizie;
   il provvedimento è già partito in molte Asl della Toscana; per esempio a Viareggio la direzione aziendale ha fermato l'attività chirurgica ortopedica programmata fino a fine anno; nell'Asl di Livorno si è deciso di ampliare dal 3 dicembre al 14 gennaio del 2013 (gli anni scorsi era fra Natale ed Epifania) il periodo di blocco degli interventi;
   la direzione della sanità apuana non ha preso ancora alcuna decisione in merito, ma le voci raccolte in corsia e fonti sindacali dicono che il provvedimento è imminente e che si tratta solo di stabilire le date;
   da una parte lo stop consente al personale di godere delle ferie, spesso arretrate (che costano all'azienda), di cui non ha potuto usufruire nel resto dell'anno. Dall'altra parte l'allungamento del periodo di «fermo bisturi» con il rinvio al 2013 di molte operazioni permette all'azienda sanitaria di risparmiare parecchie risorse e di trasferire nel bilancio del prossimo anno i costi di quegli interventi, riducendo così le voci passive del bilancio 2012;
   il ventilato blocco «lungo» delle sale operatorie che l'Asl non conferma viene invece dato per certo dal sindacato, che lancia l'allarme: «E un segnale della crisi, che ha riflessi negativi sul lavoro nella sanità, pensiamo ai terapisti della Don Gnocchi che sono in surplus, la verità è che l'Asl cerca in ogni modo di ridurre i costi attraverso la riduzione dei servizi, ma il «rosso» viaggia ancora sui 15 milioni di euro», secondo quanto sostenuto da Sirio Fornesi della Uil Sanità;
   non si può mettere a posto il bilancio contabile e scongiurare il commissariamento a danno della salute dei cittadini ed, ad avviso dell'interrogante, in palese violazione del diritto alla salute costituzionalmente tutelato, oltre che di un lungo elenco di altre leggi –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, anche per garantire la salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e la tutela della salute del cittadino nella regione.
(5-08500)


   BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi 3-4 anni in seguito alla riorganizzazione aziendale ASL 6 di Livorno, si è assistito ad un progressivo depotenziamento della sanità all'isola d'Elba, terza isola italiana, superficie 223 chilometri quadrati, 32.000 residenti, circa 300.000 presenze nel periodo estivo;
   ci si riferisce in particolare alla situazione di grave disagio strutturale e gestionale in cui versa l'ospedale di Portoferraio unico ospedale dell'isola ed ai servizi assai ridotti sul territorio;
   c’è stata nel corso del tempo un'opera di depotenziamento della struttura con un livello dei servizi offerti ben al disotto dei livelli regionali;
   i problemi della sanità all'isola d'Elba sono ormai da tempo all'ordine del giorno e vanno dalle liste di attesa per visite specialistiche o esami ecografici al problema dei trasferimenti in emergenza a quelli dell'accorpamento di reparti e del loro ridimensionamento;
   sono stati numerosi gli appelli alle autorità preposte da parte dei sindaci, dal comitato dell'Elba Sanità e successivamente dai comitati riuniti pro sanità elbana;
   nonostante le continue promesse da parte della regione Toscana non solo non si osserva alcun ripristino della normalità, ma con i servizi erogati la chiusura del nosocomio è ormai certa;
   in considerazione dell'eccellente livello sanitario della regione Toscana e dell'importanza dal punto vista turistico dell'isola d'Elba nel panorama europeo, l'interrogante ritiene doveroso che sia ascoltata la richiesta legittima dei cittadini di un ospedale efficiente e funzionante, dotato di tutti i servizi essenziali e servizi sul territorio –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza nell'isola d'Elba. (5-08501)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome di Poland è una malattia rara, diagnosticata per la prima volta nel 1841 dal medico inglese Alfred Poland (da cui il nome). Colpisce mediamente una persona ogni 20/30.000 con un'incidenza doppia nei maschi rispetto alle femmine;
   la malattia si caratterizza per anomalie che colpiscono i muscoli del torace e/o di un arto superiore, generalmente quello destro. Tali malformazioni – più o meno gravi – possono interessare i muscoli pettorali (fino alla mancanza totale degli stessi), le costole, il torace, il braccio, le mani e il cuore, che può essere posizionato a destra (senza alterazione per le sue funzioni);
   a oggi non se ne conoscono con certezza le cause, anche se si suppone ci possa essere un'anomalia genetica all'origine della mancata formazione di alcuni vasi sanguigni, cui consegue il ridotto o mancato sviluppo della zona del corpo irrorato da quel vaso;
   le malformazioni non sono tali da inibire un corretto sviluppo psicofisico dei soggetti affetti, tanto che una corretta educazione consente di sviluppare abilità manuali anche nei portatori delle malformazioni più gravi;
   i fattori funzionali ed estetici possono essere corretti con interventi riabilitativi e/o chirurgici. Non trattandosi di una malattia mortale, altrettanto importante risulta essere il supporto psicologico dei portatori e dei familiari, per facilitare l'accettazione di sé nel quotidiano e favorire il superamento di timori e pregiudizi, causa di isolamento ben più dannoso della sindrome stessa –:
   se quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) fornire adeguata assistenza ai malati ai fini di ridurre l'impatto della patologia sulla vita quotidiana;
    c) sostenere le associazioni dei malati;
    d) sviluppare la ricerca in questo settori;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno del settore pubblico italiano al riguardo. (4-18660)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a norma dell'articolo 60, punto 3, del regolamento emanato dal Presidente dell'Istituto superiore di sanità e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2003, concernente la disciplina amministrativa-contabile dell'istituto superiore di sanità, è istituito un elenco di fornitori e appaltatori di servizi denominato albo dei fornitori;
   il ricorso all'Albo fornitori suddetto è ammesso nelle situazioni previste dall'articolo 125 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e per le categorie di acquisti di beni e servizi di cui all'articolo 58 del citato regolamento concernente la disciplina amministrativa contabile dell'istituto superiore di sanità, relativamente all'affidamento di prestazioni (forniture e servizi) del valore inferiore alla soglia comunitaria (euro 200.000,00) così come definita dalla normativa vigente;
   l'Elenco fornitori di beni e appaltatori di servizi – Sez. I e II - aggiornato a luglio 2012 e valido fino al 31 dicembre 2012 è presente sul sito dell'istituto;
   sul medesimo sito internet si trova: il Disciplinare per la costituzione e/o l'aggiornamento del nuovo elenco di fornitori di beni e appaltatori di servizi dell'ISS 2013-2014 –:
   a quanto ammontino il fatturato delle prestazioni e i beni e servizi forniti da ciascun fornitore previsto nell'elenco elenco fornitori di beni e appaltatori di servizi – Sez. I e II – aggiornato a luglio 2012 e valido fino al 31 dicembre 2012. (4-18667)


   MAGGIONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa locale (la Provincia pavese) riporta in questi giorni la notizia secondo cui numerosi cittadini della Lomellina stanno raccogliendo firme per esprimere la loro contrarietà alla prospettata chiusura della cittadella sociale, clinica di Pieve del Cairo (Pavia), accreditata con il servizio sanitario nazionale e quindi equivalente a quelle pubbliche, alla quale la regione a seguito della cosiddetta spending review, vorrebbe togliere l'accreditamento in quanto non raggiunge gli 80 posti letto;
   sempre secondo i medesimi organi di stampa, oltre ai cittadini, che stanno raccogliendo le firme in più comuni, anche i sindaci dell'area limitrofa, più di trenta, avrebbero espresso la propria contrarietà alla preventivata decisione, manifestando l'intenzione di opporsi al decreto attuativo inserito all'interno del recente provvedimento governativo «spending review»;
   lo stesso decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, infatti, all'articolo 15, comma 13, lettera c, ha stabilito la emanazione, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, di provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, il Ministero della salute, in attuazione a quanto previsto dalla norma sopra riportata, ha già emanato la bozza di un regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera –:
   se non ritenga opportuno, in ragione della preoccupazione manifestata da migliaia di cittadini e decine di sindaci della Lomellina e, più in generale, della provincia di Pavia, considerare adeguatamente all'interno del regolamento citato e in previsione della riduzione dei posti letto ospedalieri accreditati, oltre il numero dei posti letto per mille abitanti, anche i criteri di standard di efficienza e sicurezza che vengono oggi erogati dai presidi ospedalieri, come quelli di Pieve del Cairo. (4-18669)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese è in forte ritardo nello studio, nella ricerca e nelle conoscenza degli stati vegetativi, tanto da non avere ancora alcun tipo di legislazione in materia;
   il primo gruppo di lavoro sui problemi della nutrizione e idratazione artificiale fu istituito dal Ministro della sanità pro tempore professor Veronesi con decreto ministeriale del 20 ottobre 2000;
   la trattazione del problema fu ripresa solamente con il decreto ministeriale del 12 settembre 2005 del Ministro della sanità pro tempore Storace che istituì una commissione tecnico-scientifica presieduta dall'onorevole Di Virgilio che produsse il documento finale «Stato vegetativo e stato di minima coscienza» del 14 dicembre 2005, che ancora oggi viene utilizzato come il più aggiornato documento tecnico-scientifico per il legislatore;
   negli anni 2008-2010, il dibattito nei temi etici legati al fine vita ha subito una notevole accelerazione a seguito di alcuni casi (Welby, Englaro, Nuvoli e altri) che, in assenza, di una legislazione sul tema, hanno portato la magistratura a produrre alcune sentenze innovative tali da tracciare un preciso orientamento sui criteri da seguire per la futura legislazione in materia e in linea con le normative da tempo esistenti in quasi tutti i Paesi europei;
   il Governo Berlusconi, per tentare di bloccare l'orientamento giurisprudenziale, ha proposto una serie di norme e di provvedimenti sui DAT (dichiarazioni anticipate di volontà) di dubbia costituzionalità, tendenti di fatto a bloccare le sentenze;
   per suffragare le tesi del Governo, con apposito decreto del 15 ottobre 2008 del Sottosegretario alla salute pro tempore con delega ai temi etici, onorevole Roccella fu istituito un «gruppo di lavoro» sugli stati vegetativi o di minima coscienza che ha prodotto il documento «libro bianco sugli S.V. e di minima coscienza», utilizzato per ribaltare tutte le evidenze scientifiche in materia di alimentazione ed idratazione artificiale, strumentale a giudizio degli interroganti a supportare esclusivamente le tesi della maggioranza di allora nel dibattito parlamentare sulla proposta di legge istitutiva della dichiarazione anticipata di volontà;
   a latere di tale lavoro in data 18 ottobre 2010 venne pubblicato un «Libro bianco sugli S.V. e di minima coscienza – il punto di vista delle Associazioni» realizzato da un non meglio definito «Seminario permanente sugli S.V. e di minima coscienza», sempre istituito dal sottosegretario pro tempore onorevole Roccella e composto esclusivamente da associazioni pro-life (La Rete, FNATC, Vi.Ve) presieduto da Fulvio De Nigris, dell'Associazione Luca De Nigris di Bologna che escludeva, a quanto consta agli interroganti, tutte le associazioni non in linea con le posizioni politiche del Governo di allora, in cui vengono riprese ed amplificate le tesi pro-life, trascurando completamente le problematiche afferenti all'assistenza domiciliare e all'appropriatezza delle cure a questo tipo di malati, al rinnovo dei LEA, in cui debbono essere inserite queste categorie di malati, a un adeguato finanziamento sulla ricerca per l'utilizzo delle cellule staminali;
   in questo contesto, con quella che agli interroganti è parsa una vera e propria provocazione, il Consiglio dei ministri pro tempore ha istituito per il giorno 9 febbraio 2011, data dell'anniversario della morte di Eluana Englaro, la «giornata degli stati vegetativi», e il Sottosegretario pro tempore Roccella ha osato affermare che «il ricordo di Eluana non sarà più una memoria che divide ma un momento di condivisione» adducendo che la giornata è stata fortemente voluta dalle associazioni dei familiari delle persone che vivono in questa condizione;
   con la caduta del Governo Berlusconi e la nomina del professor Balduzzi al Ministero della salute, l'aspettativa delle principali realtà che si occupano di tali problemi, erano basate sulla speranza che si ristabilisse un dibattito in cui le evidenze scientifiche e i risultati della ricerca che tante realtà nazionali effettuano pur non avendo mai trovato riscontri nelle Commissioni istituite sul tema, tornassero al centro dell'attenzione;
   in data 9 novembre 2012 il Ministro interrogato ha emanato un decreto che istituisce il «Tavolo di lavoro per l'assistenza alle persone in stato vegetativo e S.M.C.»;
   a presiedere detto tavolo è stato nominato il professor Paolo Maria Rossini dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma;
   tra i componenti si nota la presenza del professor Luciano Eusebi dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, del professor Gian Luigi Gigli dell'Università di Udine che già coordinò il gruppo di lavoro istituito dal Sottosegretario pro tempore Roccella, che portò alla pubblicazione di un glossario secondo gli interroganti non utile e volto solamente a sostenere quelle che appaiono agli interroganti le posizioni oltranziste ed antiscientifiche sostenute dal sottosegretario pro tempore Roccella;
   tra i rappresentanti delle società scientifiche risulta presente la dottoressa Caterina Pistarini, che è la responsabile dell'unità risveglio della Fondazione Maugeri di Pavia; questo istituto, tra l'altro, è da mesi al centro di pesanti indagini della magistratura milanese, che hanno portato alla caduta della giunta Formigoni;
   tra gli esperti risulta anche nominato Fulvio De Nigris dell'Associazione Gli Amici di Luca;
   per la federazione delle associazioni risultano presenti i rappresentanti dei tre soggetti, che il sottosegretario pro tempore onorevole Roccella nominò nel tavolo del 2008, escludendo tutte le altre associazioni nazionali e che a quanto risulta agli interroganti non si occupano di assistenza alle persone in S.V.;
   ai sensi della legge n. 383 del 7 dicembre 2000 la direzione generale per il volontariato ha istituito il registro nazionale delle associazioni di promozione sociale a cui risultano iscritte n. 169 entità (Reg. aggiornato al 24 febbraio 2011); nello stesso registro non risultano iscritte le federazioni e le associazioni citate nel decreto –:
   se non intenda rivedere il decreto ministeriale del 9 novembre 2012 di nomina dei rappresentanti del «tavolo» allargandolo alle associazioni e ai professionisti di chiara fama che rappresentino effettivamente tutte culture scientifiche e le istituzioni sanitarie, pubbliche e private che si occupano dell'assistenza e cura di queste persone. (4-18680)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANTONINO RUSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Telespazio, una joint venture tra Finmeccanica (67 per cento) e Thales (33 per cento) è tra i principali operatori mondiali nella gestione dei satelliti, nei servizi di osservazione della terra, di navigazione satellitare, di connettività integrata;
   Telespazio ha il suo quartier generale a Roma e ha anche una serie di siti distaccati situati in Abruzzo (Fucino), in Lombardia (Lario), a Matera e in Sicilia (Scanzano);
   nelle ultime riunioni aziendali della società Telespazio l'amministratore delegato, dottor Carlo Gualdaroni, ha presentato il piano industriale relazionando una serie di risultati positivi per l'azienda e per molti dei suoi diversi siti di produzione, comunicando strategie industriali ambiziose e di grande interesse commerciale in Italia ma anche all'estero, molto attivo con ottime commesse; tali positività non riguardano, tuttavia, il sito di Scanzano per il quale sembra che l'azienda non riesca a percepire i sussidi dalla regione siciliana;
   in tali occasioni l'amministratore delegato ha ricordato la difficoltà di realizzare significativi utili nel campo delle telecomunicazioni satellitari come rivenditore di banda perché la Telespazio non possiede più «gli asset» satellitari, venduti nel 2002 dalla precedente capogruppo Telecomitalia gestita dalla Pirelli spa;
   il centro spaziale dello Scanzano costa, tutto compreso, solo 1,8 milioni di euro l'anno ed è un sito dalle grandi potenzialità produttive;
   tale centro, nel territorio di Piana degli Albanesi (Palermo), conta un organico di circa 26 unità e 5 antenne;
   le attività ricoprono il campo delle Telecomunicazioni voce e dati e dei servizi di radionavigazione e infomobilità;
   tale centro riveste un ruolo fondamentale per il territorio di Piana per cui non è immaginabile che venga sottoposto ad un ingiustificato piano di dimensionamento quando dovrebbe essere al centro di un nuovo corso di sviluppo che sia da volano per l'economia del territorio già fortemente penalizzato;
   il Governo con il decreto «Cresci Italia» ha cercato di favorire una crescita dimensionale delle imprese al fine di sostenere l'industria italiana avviando anche una serie di audizioni, proprio con i protagonisti dell'aerospazio, al fine di valutare soluzioni e nuove strategie con i diversi distretti;
   non si comprende per quale motivo non è stato predisposto, anzitempo, un piano strategico industriale alternativo per questo sito anche in previsione del fatto che le telecomunicazioni tradizionali sarebbero terminate in virtù di nuove tecnologie né perché dal 2003 il sito dello Scanzano di fatto è stato emarginato nell'acquisire commesse di rilievo nell'ambito dell'aerospazio, rispetto agli altri siti di Telespazio;
   si è dovuto attendere il 2012 per fornire il sito, con un investimento di 2 milioni di euro, di una risorsa fondamentale quale un collegamento in fibra ottica ridondato verso la rete telematica italiana, quando già nel 2005 tale collegamento si è rivelato di vitale importanza per rendere il sito di interesse per operatori e clienti nell'ambito delle telecomunicazioni satellitari;
   la riduzione delle attività prevista dalla Telespazio peraltro rende inutile anche l'investimento sulla fibra ottica precedentemente citato;
   non è comprensibile infine la ragione per cui non si è provveduto prima a recuperare gli «asset» satellitari «svenduti» dalla Telecomitalia nel 2002 durante la «gestione del gruppo Pirelli –:
   se il Governo disponga di elementi in merito alle scelte di Telespazio che all'interrogante appaiono poco comprensibili; attesi i contributi ricevuti nel tempo a vario titolo e da varie istituzioni, quante di queste somme è stato reinvestito, negli anni, nella stazione di Scanzano;
   se nei piani aziendali di Telespazio, sia stato considerato il futuro dei lavoratori di Scanzano, compreso tutto l'indotto, e delle tante famiglie, loro malgrado, coinvolte;
   quali azioni intendano intraprendere i Ministri interrogati a tutela dei lavoratori di Scanzano ma anche a tutela di un territorio, quello siciliano, che vede sempre più aziende abbandonare i loro siti dopo anni in cui hanno beneficiato di contributi quasi mai totalmente reinvestiti nei siti locali;
   quali siano state le scelte che hanno portato la crescita del personale sull'area romana del 30 per cento negli ultimi 2 anni in contrapposizione all'utilizzo di ammortizzatori sociali quali la cassa integrazione speciale a zero ore e a rotazione;
   quali siano gli ostacoli per avviare delle sinergie tra l'ASI – Agenzia spaziale italiana – e la Telespazio al fine di utilizzare al meglio il centro di Scanzano;
   quali siano gli ostacoli per avviare delle sinergie o collaborazioni con il Ministero della difesa per l'uso del sito in ambito militare;
   quali siano gli ostacoli per avviare delle sinergie o collaborazioni con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per sfruttare ai fini della ricerca gli impianti del sito di Scanzano;
   quali sono gli ostacoli per avviare delle sinergie o collaborazioni con la protezione civile in ambito nazionale e regionale. (5-08491)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCUSO e NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ENI è la maggiore azienda italiana e una delle principali compagnie petrolifere del mondo;
   lo Stato italiano ne controlla, tramite il Ministero dell'economia e delle finanze, circa il 30 per cento;
   ENI impiega oltre 70.000 dipendenti in tutto il mondo e, nonostante la crisi, il suo amministratore delegato Paolo Scaroni ha recentemente presentato gli eccellenti risultati economici raggiunti nel terzo trimestre dell'anno;
   gli addetti del settore si aspettavano che si provvedesse a una supplementare disponibilità per la chimica verde, in armonia peraltro con gli auspici emersi da parte di ambienti accademici, industriali e Federchimica nell'ambito del congresso nazionale tenutosi a Novara nell'ottobre 2011;
   ENI è proprietaria del Centro di ricerche per le energie non convenzionali di Novara-Istituto ENI Donegani, il più prestigioso centro italiano per le ricerche in chimica industriale, attivo da oltre 70 anni;
   la travagliata storia del Donegani ha visto recentemente un periodo felice dopo che, verso la fine del 2007, Scaroni decise di investire una parte del fatturato della società in una serie di progetti volti ad affiancare al tradizionale sfruttamento delle risorse di idrocarburi alcune linee di ricerca sulle energie rinnovabili e, in particolare, sullo sfruttamento dell'energia solare e delle biomasse;
   tali ricerche vennero affidate all'istituto Donegani;
   i poco più di 100 ricercatori del Donegani, affiancati da alcune decine di giovani dapprima precari e poi inseriti nell'organico, si riconvertirono con grande entusiasmo per intraprendere la nuova avventura;
   nel giro di pochi anni vennero depositati decine di brevetti e pubblicati numerosi lavori scientifici su riviste internazionali di grande prestigio;
   l'istituto ottenne numerosi premi, che includono tre edizioni del riconoscimento all'innovazione ENI (2009, 2011 e 2012), due premi nazionali per l'innovazione (2009 e 2011) e un premio AIRI «Oscar Masi» per l'innovazione industriale (2009);
   in questi anni i ricercatori del Donegani si sono confrontati alla pari con quelli delle molte università con le quali collaborano, italiane e straniere, compreso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, uno dei più prestigiosi centri di ricerca al mondo;
   per alcune di queste ricerche si intravede già uno sbocco industriale, nell'utilizzo dei rifiuti per produrre carburanti o nello sfruttamento dell'energia solare tramite finestre fotovoltaiche;
   nonostante tutto quanto sopra Eni, nell'estate scorsa, ha annunciato il trasferimento del gruppo di ricerca sull'ambiente da Novara a San Donato Milanese;
   si tratta di una decina di dipendenti sui circa 130 (tra ricercatori e staff) che al momento, lavorano al Donegani;
   nelle ultime settimane è stato annunciato un ulteriore scorporo di oltre 30 ricercatori che, pur rimanendo fisicamente a Novara, saranno conferiti alla Versalis, nuovo nome dell'ex Polimeri Europa, la stessa società del gruppo ENI che aveva posseduto l'Istituto fino al 2006 e se ne era poi disfatta ritenendo troppo oneroso il suo mantenimento –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per chiarire le intenzioni di ENI relativamente alla sorte dell'istituto Donegani;
   se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative affinché da parte di ENI vi sia una maggiore attenzione alle caratteristiche d'eccellenza dell'istituto Donegani. (4-18668)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Villecco Calipari e altri n. 2-01740, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 novembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-18625, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 novembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Monai.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Binetti n. 1-00946, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 607 del 20 marzo 2012.

  La Camera,
   premesso che:
    l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la giornata mondiale dell'autismo, con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica davanti ad uno dei problemi più importanti che riguardano la tutela della salute mentale nell'infanzia e nella adolescenza, e promuovere lo studio e la ricerca scientifica di una patologia, in cui spesso assistiamo alla negazione di diritti specifici dei pazienti che ne sono colpiti e delle loro famiglie, con conseguenze molto pesanti anche sul piano sociale. Il Disturbo autistico rappresenta una delle patologie più complesse dell'infanzia perché chiama in causa tutti i fattori dello sviluppo determinando quadri clinici tra loro estremamente eterogenei che pongono al valutatore notevoli difficoltà interpretative. Esiste, infatti, proprio a causa di tale complessità, un'importante difficoltà in ambito clinico nel delineare correttamente l'inquadramento diagnostico rispettando i deficit ma anche le potenzialità del bambino e nel definire correttamente diagnosi differenziali che permettano di rispettare ogni situazione clinica nella sua specificità;
    sono ormai trascorsi quasi 70 anni, da quando Leo Kanner usò per la prima volta il termine «autismo precoce infantile» per indicare una sindrome osservata in 11 suoi pazienti. Purtroppo, a distanza di tanti anni non se ne conoscono ancora bene le cause; per cui non è possibile né una diagnosi precoce certa né un trattamento specifico;
    sono state formulate diverse ipotesi ezio-patogenetiche, che hanno messo l'accento su fattori di natura genetica, infettiva, vaccinica; si sono ipotizzate cause legate all'inquinamento ambientale o ad un deficit di funzionamento dei neuroni a specchio; sono state elaborate teorie che hanno fatto riferimento a cause di natura relazionale e psicodinamica. Attualmente si va affermando la teoria che pur nella grande eterogeneità dei fattori chiamati in causa, sono riconoscibili come una componente essenziale della patogenesi della malattia alterazioni del neuro-sviluppo ad esordio intorno al I-V mese di vita prenatale. L'autismo rappresenta il disturbo psichiatrico più fortemente «genetico», cioè quello con la più alta concordanza tra gemelli monozigoti (73-95 per cento), con le più alte stime di ereditabilità (> 90 per cento), e con un rischio di ricorrenza tra fratelli e sorelle di bambini autistici pari al 5-6 per cento per il disturbo autistico ed al 15 per cento circa per tratti dello spettro autistico, ossia superiore di ben 10-30 volte rispetto all'incidenza del 2-6:1.000 nati registrata nella popolazione generale;
    tante ipotesi quindi, ma nessuna certezza che arrivi a chiarire, se non a risolvere uno dei grandi rebus della medicina in genere e della neuropsichiatria infantile in particolare. Per questo un modello di intervento per l'autismo deve essere: precoce, intensivo, integrato, individualizzato, inclusivo e sostenibile. Di autismo non si guarisce e per questo un buon modello per l'autismo deve tener conto che deve agire su tutto l'arco della vita e deve essere accessibile a tutti i soggetti autistici, conservando la specificità dei vari interventi nella globalità degli obiettivi generali della salute mentale non solo dell'infanzia e dell'adolescenza, ma anche di tutta l'età adulta;
    i bambini autistici, in altre parole, diventano adulti con autismo nella quasi totalità dei casi; e si inoltrano, nella disperazione delle famiglie, in una terra di nessuno in cui spesso vanno perdute non solo la diagnosi stessa, ma anche e soprattutto la progettualità e la percezione di bisogni e problemi specifici che anche in età adulta la condizione autistica continua a porre;
    si tratta di una malattia che colpisce lo 0,6 per cento della popolazione mondiale e si manifesta nella prima infanzia con una sintomatologia che si va facendo progressivamente più chiara fino ad apparire in forma pressoché inequivocabile intorno ai 2 anni;
    sulla base di statistiche del 2003 elaborate dall'U.S. Department of Education, l'autismo sta crescendo del 10-17 per cento all'anno. Il Center for Disease Control, nel novembre 2004, riportava che l'incidenza variava da 2-6 casi ogni 1.000. Si stima inoltre che il numero di bambini che mostra uno spettro autistico con comportamenti autistico-simili oscilli tra il 15 e il 20 per 10.000 soggetti. Sono valori di circa 10 anni fa, ma oggi le maggiori conoscenze sulla sintomatologia autistica inducono in molti casi a parlare di spettro autistico polimorfo, e in mancanza di dati certi sui criteri paritari di inclusione e di esclusione di questa patologia nel dipartimento di salute mentale e nell’international classification of disease i numeri complessivi oscillano in una forbice, molto, troppo ampia, per non indurre a pensare che anche per fare la diagnosi di autismo serva un approfondimento più rigoroso;
    in genere sono le mamme che colgono qualche aspetto particolare nel loro bambino; aspetti che possono sfuggire anche al pediatra di base, se non ascolta e non si fa carico di quanto riferisce la madre. Se tra i genitori e il pediatra si creasse una maggiore capacità di ascolto e il medico non tendesse a minimizzare quanto riferisce la madre, pensando ad una sua ansia eccessiva o ad un semplice ritardo nello sviluppo del bambino, l'autismo potrebbe essere diagnosticato più tempestivamente con il vantaggio di permettere un intervento più adeguato a limitare i rischi di un alterato sviluppo complessivo del bambino;
    il quadro patologico si presenta soprattutto come un grave deficit della comunicazione complessiva, verbale e non verbale, con la tendenza del bambino ad isolarsi per fuggire a situazioni che percepisce come ostili, e trovare invece opportunità concrete per esprimere la sua immaginazione; in molti bambini autistici sono frequenti stereotipie e rituali che accompagnano la sua quotidianità, con un carattere evidentemente difensivo. Con il passare del tempo il ritardo nell'apprendimento, legato alle specifiche difficoltà d'inserimento nel contesto scolastico, accentua la sua distanza e la sua differenza con i coetanei;
    considerare l'autismo come una patologia del solo sistema nervoso rappresenta oggi una iper-semplificazione. Infatti i pazienti autistici mostrano, in varia misura da soggetto a soggetto, segni e sintomi di un coinvolgimento sistemico, quali la macrosomia, vari tipi di disturbi gastrointestinali e una spiccata dis-reattività immunitaria. In breve, pur nella grande variabilità interindividuale che caratterizza questa patologia, l'autismo può essere inquadrato nella grande maggioranza dei casi come un disturbo sistemico, che coinvolge primariamente ma non esclusivamente il sistema nervoso, con patogenesi ad esordio generalmente prenatale da alterato neurosviluppo ed espressione sintomatologica in epoca postnatale;
    la malattia non comporta solo un disagio personale nel bambino, ma coinvolge il sistema familiare a cui il soggetto appartiene, si estende con facilità a tutto il nucleo familiare, colpendo in modo più intenso proprio la relazione madre-figlio. Per questo è auspicabile, e a volte indispensabile, che l'intera sfera familiare sia coinvolta in un progetto terapeutico su misura. È inoltre necessaria un'adeguata sensibilizzazione sul piano sociale, a cominciare dal contesto prescolastico e scolastico, per evitare che i soggetti affetti da autismo subiscano un'emarginazione sociale. Occorre però tener presente che trattandosi di un disturbo di carattere evolutivo, le famiglie incontrano le loro maggiori difficoltà proprio quando il ragazzo esce dal circuito scolastico e sperimenta una sorta di silenzio delle istituzioni: sono ben poche infatti strutture specializzate in cui inserirsi, per cui finisce con l'essere accomunato ad altre patologie psichiatriche dell'adulto;
    vi è un accordo generale sul fatto che l'intervento elettivo nella disabilità è l'intervento educativo, che deve essere altamente competente e deve esprimersi in condizioni di profonda interattività comunicativa e sociale. Per questo quando parliamo di «trattamenti» non ci si può riferire solamente agli interventi condotti dal sistema sanitario, anche se è tutt'altro che chiaro come misurare gli interventi condotti nelle comunità scolastiche in un contesto che sia realmente inclusivo;
    in alcune regioni italiane sono stati attivati dei centri di riabilitazione specializzati nel trattamento di questi bambini. Tra i loro obiettivi specifici c’è anche la formazione e il supporto dei genitori attraverso iniziative appositamente studiate per loro; i genitori sono aiutati ad orientarsi fin dal primo momento della diagnosi nel mondo autistico, forse fatto più di domande che di risposte, ma in ogni caso si vuole aiutare i genitori a non sentirsi soli davanti ad un bambino che loro stessi faticano a comprendere e quindi non riescono a gestire;
    in questi centri si cerca di non perdere mai di vista la visione globale dello sviluppo emozionale, cognitivo e psico-motorio del bambino che ha sempre bisogno di un contesto inclusivo, che non mostri quel volto arcigno che fa sentire il bambino sotto una costante aggressione, da cui non riesce a difendersi come vorrebbe. Il rischio maggiore che accompagna le diverse visioni terapeutiche è a volte quello di una certa unilateralità, che non tiene sufficientemente conto del carattere evolutivo dello sviluppo del bambino, sempre fortemente correlato con la sua vita emotiva e condizionato da eventuali forme di disabilità fisica. Come ogni altro bambino anche il soggetto autistico cresce e pone nuove domande all'ambiente, sollecita un maggiore riconoscimento ed esprime rinnovati bisogni di autonomia. Il suo sviluppo è sempre fortemente condizionato dalla integrazione sul piano sociale a cominciare dalla famiglia e dalla scuola;
    gli interventi programmati debbono avere sempre carattere di sostenibilità: una sostenibilità economico finanziaria; una sostenibilità nella distribuzione dei servizi (modelli organizzativi) e delle attività (modelli gestionali) e delle competenze (modelli formativi). È necessaria una sostenibilità della diffusione delle attività diagnostiche, con la presa in carico dei pazienti, superando la classica antinomia che le distingue in centralizzate e territorializzate, perché alcune attività richiederanno centralizzazione: basta pensare alla ricerca e ai test genetici avanzati, ma altre dovranno necessariamente essere inserite sul territorio in cui vive il bambino autistico. Solo questo approccio potrà garantire infine la sostenibilità degli investimenti rispetto ai bisogni ipotizzati: ed è la dimensione epidemiologica, di enorme interesse per tutti: ricerca, assistenza, politica ed economia. Per quanto riguarda la terapia psicoeducativa (metodo TEACCH), il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo dell'individuo, la sua integrazione sociale e l'autonomia, tenendo conto dei deficit specifici che il disturbo autistico comporta i risultati monitorati nell'arco di più anni ne confermano l'efficacia specifica;
    in ogni caso in questi centri sono previsti interventi diretti ed indiretti. Tra quelli diretti occorre ricordare quelli: psico educativo/occupazionale, individuali e di gruppo; logopedia individuale e di gruppo, psicomotricità individuale e di gruppo, fisioterapia individuale, eventuale prescrizione di farmaci, e altri. Tra gli interventi indiretti ci sono quelli rivolti alla famiglia attraverso colloqui di sostegno individuali, di coppia e familiari. Ma soprattutto è essenziale prevedere un protocollo di continuità di cura specifico per l'autismo, con il coinvolgimento di psichiatri o più professionisti e se necessario con indicazioni operative a livello aziendale o distrettuale;
    sono tante le associazioni nate in questi ultimi anni, per iniziativa di famiglie di bambini autistici, che prestano aiuto ad altre famiglie di bambini autistici, mettendo a disposizione la loro esperienza e la loro solidarietà, promuovendo leggi apposite in materia di handicap, sollecitando scuole ed insegnanti di sostegno ad offrire ai loro figli la migliore formazione possibile sul piano della didattica e della integrazione sociale, prima ancora che l'indispensabile assistenza di cui hanno bisogno. Spesso sono proprio i genitori a proporre modelli di sperimentazione, che nascono da una loro personale esperienza, umilmente sottoposta al vaglio degli esperti: medici, neuropsichiatri infantili, psicologi, docenti e altri. Si tratta di associazioni in gran parte in rete tra di loro, con molti punti di somiglianza e con alcune caratteristiche peculiari: è proprio questa differenza nell'unità o questa unità nella differenza che ne descrive in modo efficace la ricchezza culturale, la reciproca autonomia e la libertà responsabile con cui operano;
    ASL, scuole e famiglie, poste in rete tra di loro, sono chiamate a collaborare attivamente per valorizzare tutti i margini di sviluppo presenti in ogni bambino, in modo del tutto unico e peculiare, per impedirgli di regredire. Ma se il circuito ASL-scuola-famigiia deve mantenere al centro del suo impegno il bambino autistico concreto, serve anche una rete più vasta che colleghi tra di loro le diverse reti associative includendo anche la ricerca e una forte ed impegnata sensibilità politica. Su di una rete di queste dimensioni si riverseranno contemporaneamente domande di natura scientifica che ancora non hanno risposta, nuovi bisogni emergenti sul piano socio-assistenziale, che hanno bisogno di risorse economiche per effettuare sperimentazioni con la indispensabile creatività che deve andare oltre le esperienze già consolidate nel tempo. È di questo mix di cose note e non note che si nutre una ricerca a 360 gradi: una miscellanea di proposte e di iniziative che cercano con sensibilità umana e con rigore scientifico di sciogliere uno dei misteri più difficili che la medicina pone alla nostra società;
    l'Istituto superiore di sanità (ISS) ha pubblicato ad ottobre 2011 le nuove linee guida sull'autismo, elaborate da un gruppo di esperti, prevalentemente appartenenti ad uno stesso orientamento culturale, quello di tipo comportamentale. Scarso è il consenso dato a modelli di intervento terapeutico-riabilitativo che fanno riferimento a modelli di sviluppo relazionale, in una chiave che tenga conto del potenziale evolutivo del bambino, anche sotto il profilo affettivo ed emozionale. Questo fatto ha creato un certo disagio a quelle famiglie che in questi anni avevano fatte scelte diverse sul piano culturale-assistenziale, avendo alle spalle una pluridecennale dedizione alla assistenza di bambini autistici e alle loro famiglie. Non a caso queste famiglie da molti mesi chiedono una revisione delle linee guida, per riequilibrare il quadro complessivo. Le attuali linee guida contraddicono quanto sostenuto nella versione precedente delle Linee Guida elaborate dalla Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria infantile) del 2005, in cui si suggeriva di mantenere «le due grandi categorie di approccio al trattamento, comportamentale ed evolutivo, sottolineando che non esiste un intervento che possa andar bene per tutti i bambini autistici e per tutte le età»;
    il documento dell'Istituto superiore di sanità si schiera decisamente a favore dell'ABA (Applied Behaviour Intervention), che propone programmi comportamentali intensivi, da 20 a 40 ore la settimana rivolti all'età prescolare. L'ABA punta a modificare il comportamento del bambino per stimolarne una maggiore autonomia attraverso tecniche efficaci soprattutto se utilizzate precocemente e in bambini ad alto funzionamento; il documento dell'Istituto superiore di sanità, sulla base di un mancato riscontro di adeguate conferme scientifiche esclude l'efficacia di altri metodi, trascurando il fatto che diversi modelli di assistenza e di riabilitazione possono anche richiedere modelli diversi di valutazione della relativa attività di ricerca;
    la pratica clinica insegna che ogni soggetto si costruisce delle risposte e che ciascuno reagisce in un modo tutto suo alla malattia e al trauma, alle paure e all'angoscia. L'approccio evolutivo considera i sintomi non solo come indicatori di un disturbo, ma soprattutto come mezzi che il soggetto inventa per affrontare e trattare il suo stesso disagio. Anche in situazioni estreme come l'autismo, quindi, occorre prendere l'invenzione di ognuno, per quanto sintomatica, limitata, povera, fosse anche una stereotipia, una filastrocca, o un oggetto, come punto di partenza di un lavoro non tanto di interpretazione, quanto di «costruzione», del sé. La causa, da questo punto di vista, passa in secondo piano rispetto alle modalità di risposta messe in atto dal soggetto, garantendo un atteggiamento di apertura nei confronti delle scoperte scientifiche che arricchiranno un quadro sempre più complesso. È dentro una relazione che il cambiamento è possibile e anche dove la relazione sembra essere lo scacco fondamentale – come appunto nell'autismo – a determinate condizioni una certa apertura è sempre possibile, così come piccole acquisizioni e cambiamenti talvolta inaspettati. Ma occorre saper entrare in relazione con i soggetti autistici in un certo modo. Sappiamo troppo poco sulle cause di questo disturbo e proprio per questo, tutte le energie dovrebbero essere canalizzate nell'ambito della ricerca e dell'assistenza, senza violare il diretto alla libera scelta da parte del soggetto e dei suoi familiari, diritto per altro di rilevanza costituzionale (confronta articolo 32 della Costituzione);
    il problema degli interventi per l'autismo sfaccettato e altamente problematico; il costrutto stesso di sindrome autistica è straordinariamente eterogeneo e ingloba quadri tra loro differenti (per eziopatogenesi, gravità, traiettorie evolutive). Una questione così spinosa va affrontata in un'ottica integrata, coinvolgendo tutti gli attori personali e sociali che a vario titolo vengono a contatto con le traiettorie atipiche dell'esistenza autistica; necessita di una continua rimodulazione degli interventi su una progettualità di vita che deve essere sostenuta ben oltre l'età evolutiva, evitando drammatiche discontinuità come quella esistente tra età evolutiva ed età adulta. È poco confortante che la discussione si riduca tanto spesso ad uno scontro tra tecniche e tra i livelli di evidenza (comunque assai deboli ed incerti);
    per rispettare la libertà delle famiglie e il loro diritto a scegliere per i propri figli il miglior trattamento possibile, è stata presentata alla Camera una iniziativa promossa da un gruppo di oltre 100 parlamentari di tutti i partiti, sostenuta da 66 società scientifiche e da numerose scuole di formazione e specializzazione per operatori, 50 associazioni e 58 centri di riabilitazione accreditati e da tantissimi esperti del settore; l'obiettivo è quello di riaprire quanto prima le linee guida dell'ISS, tenendo conto anche della prospettiva evolutiva e delle esigenze degli autistici adulti;
    per garantire la qualità degli interventi rivolti ai soggetti autistici occorre fare solo ciò che è davvero utile (efficacia teorica), nel modo migliore (efficacia pratica), con il minor costo possibile (efficienza), garantendo l'accessibilità ai servizi soltanto a chi ne ha veramente bisogno (appropriatezza), coinvolgendo solo chi è davvero competente per farlo con i migliori risultati possibili (soddisfazione);
    alla Commissione XII, Affari Sociali il 29 luglio 2010 è stata assegnata la proposta di legge (AC 3677): «Norme per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dell'autismo e per l'assistenza alle famiglie delle persone affette da questa malattia», di cui ancora non è iniziato l'iter e che sintetizza la necessità di un approccio multidisciplinare alla patologia,

impegna il Governo:

   ad accelerare il processo di revisione delle linee guida che non può attendere la prevista scadenza del 2015, senza recare danni concreti alle famiglie e alle istituzioni che da decenni seguono metodologie diverse dall'ABA, con risultati positivi sul piano socio-assistenziale e scientifico;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza utile a garantire la cura e l'assistenza alle famiglie dei soggetti autistici, che necessitano di un sostegno multidimensionale, protratto nel tempo non solo attraverso aiuti economici, ma anche attraverso una rete di integrazione nel tessuto sociale che vada oltre i tempi della scuola, considerato che troppo spesso questi ragazzi al termine della scuola dell'obbligo o dopo i 18 anni diventano i cosiddetti «malati invisibili», assimilati in tutto o in gran parte ad una generica diagnosi di grave patologia psichiatrica;
   ad assicurare un'attenzione concreta al rispetto della dignità e dei diritti umani delle persone con autismo, permettendo alle loro famiglie di scegliere il tipo di cura che considerano più efficace per i propri figli, come raccomanda non solo l'articolo 32 della Costituzione, ma anche un recente documento del Comitato nazionale di Bioetica;
   a individuare risorse da destinare alla ricerca, sia sul piano di discipline di base come la genetica, ad esempio, che sul piano della ricerca clinica e dei modelli socio-assistenziali per una patologia che, almeno attualmente, accompagna la grande maggioranza dei soggetti per tutta la vita;
   ad assumere iniziative per collegare un progetto sui disturbi dello spettro autistico con una legge quadro sulla salute mentale in età evolutiva per avere interventi più incisivi e più personalizzati per tutti i bambini/adolescenti.
(1-00946)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, Delfino, De Poli, Calgaro, Anna Teresa Formisano, Capitanio Santolini, Compagnon, Tassone, Bosi, Cera, Ciccanti, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Poli, Rao, Ria, Di Virgilio, Barani, Bocciardo, Volontè».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-15759 del 18 aprile 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08505.
   interrogazione a risposta in Commissione Paolo Russo n. 5-08339 del 29 ottobre 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18670.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 20 novembre 2012, n. 720, alla pagina 36419, prima colonna, si intende soppressa la sedicesima riga. Conseguentemente si intendono soppresse:
   alla pagina IX, nella prima colonna, le righe dalla trentasettesima alla quarantaduesima e nella seconda colonna le righe dalla prima alla quarantaduesima;
   le pagine X e XI;
   alla pagina XII, nella prima colonna, le righe dalla prima alla quindicesima.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BIAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco in Emilia Romagna, come nel resto dell'Italia, opera con efficacia ed efficienza intervenendo in servizi estremamente delicati che si sono rilevati di primaria importanza nel pronto intervento nelle zone colpite dal terremoto in Emilia in queste settimane, dove è emersa un'ottima sinergia tra vigili del fuoco e protezione civile;
   nello svolgere questo importante servizio vi è una cronica carenza d'organici effettivi nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e la situazione è emersa ancora più con evidenza in queste settimane, dove sono stati raddoppiati i turni con servizi continuativi, spesso gli effettivi sono arrivati a fare 50-60 ore continuative di servizio;
   da alcuni mesi a questa parte come anche nelle settimane del sisma emiliano sono stati chiamati i volontari per aumentare gli organici, persone che hanno già un lavoro fisso nella loro vita quotidiana quindi hanno meno tempo a disposizione e una professionalità inferiore ai discontinui, vigili del fuoco precari che a causa dei tagli lineari proposti dal Governo e operativi da gennaio 2012 non vengono più chiamati. I discontinui hanno acquisito negli anni una grande professionalità, importante per una professione come la loro ed è incomprensibile come vengano chiamati e impiegati limitatamente e soprattutto non siano stati coinvolti nelle drammatiche settimane dell'emergenza terremoto in Emilia Romagna;
   le carenza di organico nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco interessa anche gli amministrativi e bisogna evidenziare come è purtroppo bloccata almeno da 3 anni la graduatoria dei precari-discontinui che oltre a non vedere slittare positivamente la loro graduatoria, quest'anno hanno subito un taglio del 60 per cento della loro attività –:
   se corrisponda al vero che la graduatoria interna degli amministrativi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è bloccata da almeno 3 anni e quali siano i motivi di tale empasse;
   come s'intenda intervenire per sopperire la carenza d'organico nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, evidenziatasi maggiormente in queste settimane con l'emergenza sisma in Emilia Romagna;  
   per quale motivo durante il recente terremoto si sia fatto ricorso ai volontari senza impiegare i precari-discontinui che negli anni hanno acquisito una specifica professionalità. (4-16774)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede quale sia la posizione del Governo in merito alla carenza di organico nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco anche con riferimento alla componente «volontaria».
  Si osserva preliminarmente che il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce un'indubbia risorsa per il dispositivo di soccorso pubblico del Paese.
  La possibilità di attingere al «serbatoio» dei volontari dei vigili del fuoco rappresenta, ancora oggi, una opportunità importante per il Corpo Nazionale, specie in presenza di particolari eventi emergenziali.
  È necessario osservare come la politica di gestione del personale è, in questo momento, condizionata dai tagli alle risorse causati dalle misure approvate in materia di razionalizzazione della spesa pubblica.
  Per garantire l'efficienza funzionale e lavorativa del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco il Ministero dell'interno ha predisposto, per l'anno 2012, la programmazione delle assunzioni secondo le modalità stabilite nell'articolo 14 del decreto legge del 6 luglio 2012 n. 95, vale a dire pari al 20 per cento delle cessazioni avvenute nell'anno 2011.
  In relazione agli idonei della graduatoria di cui alle procedure di «stabilizzazione», cui fa riferimento l'interrogante, questa Amministrazione condivide, in via generale, l'orientamento di immettere personale qualificato nei ruoli operativi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, proprio per non disperdere le professionalità acquisite in anni di servizio volontario, ma, come noto, la procedura di stabilizzazione di cui all'articolo 1, commi 519 e 526, della legge finanziaria per l'anno 2006 è una procedura speciale di accesso rispetto a quella concorsuale pubblica, prevista dall'articolo 97 della Costituzione.
  I termini di validità della suddetta graduatoria, peraltro, sono stati prorogati al 31 dicembre 2014, ma eventuali ulteriori assunzioni degli idonei sono subordinate alla disponibilità di risorse finanziarie ed alla possibilità di coprire eventuali carenze dell'organico.
  Al riguardo, l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, ha previsto la limitazione al solo 20 per cento della copertura del turn over negli anni dal 2012 al 2014, al 50 per cento nel 2015 e al 100 per cento solo dal 2016.
  In relazione all'impiego dei volontari in occasione del recente terremoto in Emilia Romagna, occorre premettere che in base alla normativa attualmente vigente non esiste una distinzione tra volontari e «discontinui», in quanto il decreto del Presidente della Repubblica 76 del 2004 prevede un unico elenco del personale volontario in cui sono iscritti sia i volontari che operano nei distaccamenti volontari, sia i cosiddetti «discontinui».
  In occasione dell'evento sismico si è fatto ricorso all'impiego dei vigili operanti nei distaccamenti volontari, sia per la loro ampia conoscenza del territorio sia per espressa previsione normativa.
  Nel contempo nelle zone colpite dal terremoto sono stati programmati ed attuati più di sessanta richiami di vigili «discontinui».
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   BRIGUGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Italcementi ha comunicato in data 12 giugno 2012 la decisione di avviare le procedure di mobilità per i quasi cento operai dello stabilimento di Porto Empedocle;
   tale decisione da parte della Italcementi comporterà la perdita del lavoro per cento dipendenti dello stabilimento di Porto Empedocle e per circa duecentocinquanta lavoratori dell'indotto;
   la chiusura dell'impianto di contrada «Vincenzella» a Porto Empedocle rappresenta un duro colpo alla già precaria e tragica situazione occupazionale nell'agrigentine ed un segnale negativo e mortificante per una terra martoriata da numerose problematiche;
   lo stabilimento dell'Italcementi rappresenta, infatti, uno dei pochi insediamenti industriali storicamente collocati nella provincia di Agrigento, la cui chiusura rischia di avere serie ripercussioni e aggravare una già pesante situazione occupazionale;
   occorre che il Governo intervenga in maniera decisa per scongiurare questo ulteriore danno all'economia della Sicilia, regione nella quale nei primi 5 mesi di quest'anno si sono persi già quarantamila posti di lavoro –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere per salvaguardare i posti di lavoro messi in pericolo ed evitare che si aggravi la già preoccupante crisi occupazionale che affligge la Sicilia. (4-16752)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in oggetto, si rappresenta quanto segue.
  La produzione di cemento in Italia nel 2011 è stata di circa 33 milioni di tonnellate, confermando la posizione di primo produttore nell'area dell'Unione europea 27. La dinamica del mercato, tuttavia, evidenzia una situazione di difficoltà, con una diminuzione dei consumi interni del 29 per cento negli ultimi 4 anni e un eccesso di capacità produttiva installata stimata dall'associazione di categoria (Associazione italiana tecnico economica cemento Aitec) pari ai volumi prodotti da 12-15 cementerie a ciclo completo.

  Anche i dati congiunturali più recenti (gennaio-aprile 2012) mostrano una contrazione sia della produzione che dei consumi di circa il 25 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Ciò premesso in relazione alla crisi della Società ITALCEMENTI si comunica quanto segue.
  In relazione al quesito posto dell'interrogante si evidenzia che il 20 giugno 2012 presso questo Ministero si è tenuta una riunione per discutere della Società Italcementi, alla presenza dell'azienda, delle organizzazioni sindacali e delle Istituzioni locali (Regione Calabria e Sicilia, Provincia di Agrigento, Provincia di Catanzaro) in cui insistono i siti produttivi per cui la Italcementi, nell'ambito del suo piano di ristrutturazione, ha avviato il ricorso agli strumenti di Cassa integrazione guadagni straordinari per cessazione (Porto Empedocle e Vibo Marina).
  Durante la riunione l'azienda ha espresso i principali punti di criticità registrati nel settore negli ultimi anni, la riduzione della domanda, l'aumento delle importazioni e una sovraccapacità produttiva in continuo aumento, che impongono alla stessa una riorganizzazione della propria presenza produttiva. Per queste ragioni ha deciso di chiudere i due siti produttivi.
  Il Ministero, anche alla luce di quanto dichiarato dalle istituzioni presenti circa la volontà di porre in essere misure di carattere infrastrutturale, al fine di rendere competitivi i due stabilimenti, ha confermato che continuerà a monitorare la situazione e a fornire il proprio contributo per cercare soluzioni di natura industriale che tutelino l'occupazione nelle due aree coinvolte.
  Il Ministro dello sviluppo economico ha quindi invitato l'azienda e le Organizzazioni sindacali a trovare nelle sedi opportune una soluzione per tutelare i lavoratori, a valle di tale confronto le parti verranno riconvocate per avviare la discussione di merito sul futuro produttivo dei due insediamenti anche con l'importante contributo offerto dalle istituzioni locali.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   CANNELLA, CORSARO, LAFFRANCO e NOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra l'11 e il 12 settembre 2012 la sede consolare statunitense a Bengasi è stata presa d'assalto da uomini armati. L'azione terroristica è stata condotta con tecniche militari da manifestanti che hanno fatto uso di armi automatiche e lanciarazzi. A seguito dell'attentato sono stati uccisi l'ambasciatore americano in Libia Christopher Stevens, due militari USA addetti alla sicurezza e un funzionario della sede diplomatica. Sulla dinamica esatta, gli autori materiali e le cause sono in corso analisi e indagini ma sembra preponderante la tesi che attribuisce all'estremismo jahadista la matrice dell'atto di terrorismo;
   il nostro Paese è ormai da più di un decennio impegnato in operazioni militari internazionali di contrasto al fondamentalismo islamico e, di concerto con gli altri partner europei ed atlantici ha avuto un ruolo politico e diplomatico attivo durante la cosiddetta «primavera araba» –:
   se il Governo, a seguito dell'attentato di Bengasi, abbia avviato un monitoraggio delle condizioni di sicurezza delle nostre sedi diplomatiche in Libia e nei Paesi più esposti al pericolo fondamentalista;
   quali misure, eventualmente, siano state decise per rafforzare la sicurezza e garantire l'incolumità del nostro personale diplomatico impegnato nelle aree più a rischio. (4-17635)

  Risposta. — L'attuale contingenza internazionale, caratterizzata da una serie di proteste ed attacchi ad ambasciate occidentali in vari Paesi, dal Nord Africa al Sud-Est asiatico, sull'onda delle manifestazioni contro un filmato anti-islamico diffuso su internet, ha richiesto un maggiore grado di allerta da parte di tutti i Paesi occidentali ed anche l'Italia, ed il Ministero degli affari esteri in particolare, ha prestato un'ulteriore speciale attenzione agli aspetti di sicurezza delle nostre sedi all'estero: ambasciate, uffici consolari ed istituti di cultura.
  Tutte le nostre sedi estere, a prescindere dalle situazioni di emergenza, sono dotate di misure di sicurezza di base che includono appropriate tecnologie e, in alcuni casi, la presenza di militari dell'Arma dei Carabinieri. In coordinamento con l'Unità di crisi del Ministero degli affari esteri, inoltre, tutte le sedi diplomatico-consolari elaborano piani d'evacuazione e d'emergenza per la tutela del personale interno e delle comunità italiane. Tali piani, a loro volta, sono continuamente aggiornati dalla stessa unità di crisi, anche per mezzo di ricognizioni locali effettuate di concerto con i reparti specializzati del Ministero della difesa.
  La tutela delle sedi è garantita da militari dell'Arma dei carabinieri, che assicurano la vigilanza e, nelle sedi più esposte, garantiscono un servizio di protezione e scorta al capo missione ed al personale diplomatico-consolare con elementi delle unità speciali: reggimenti «Tuscania», «Friuli Venezia Giulia» e «Laives». Attualmente, i carabinieri dislocati in tutta la rete per attività di vigilanza sono 225, oltre a 14 in missione temporanea nelle sedi in cui la sicurezza ha raggiunto livelli di criticità. I militari dispiegati per le attività di protezione e scorta sono circa 130. In caso di emergenza tali approntamenti possono essere rafforzati, a seconda delle circostanze, con interventi strutturali e rinforzi del personale di vigilanza e protezione.
  A tale proposito, va sottolineato che già ad agosto sono state destinate alla sede di Tripoli nuove auto blindate e che, grazie ad un apposito volo militare, sono giunte a Bengasi due auto blindate e un contingente di protezione di quattro militari del reggimento CC «Tuscania», da tempo predisposto. Tale attività di rinforzo, precedentemente pianificata, ha tra l'altro interessato nei mesi scorsi diverse sedi, anche a seguito dell'apposita analisi condotta dall'unità di crisi con gli altri organismi competenti. In particolare, già nel corso dell'anno era stato disposto il rafforzamento del dispositivo di protezione presso l'ambasciata al Cairo, con un contingente di 10 Carabinieri del «Tuscania», poi sostituito da altrettanti 8 del «Laives». In Yemen, d'altra parte, è stata inviata una scorta di 4 carabinieri del «Laives» ed altri 4 sono in arrivo.
  Oltre agli interventi di protezione attiva e passiva è anche prevista una serie di regole e di misure cautelari che entrano in vigore quando intervengono condizioni di emergenza, tra cui: rientro dei congiunti, riduzioni di personale, piani di evacuazione, norme di cautela nei movimenti, orari ridotti o chiusura temporanea degli uffici, utilizzo di autovetture di servizio nei trasferimenti del personale e altro. Non appena verificatisi i primi disordini, il Ministero degli affari esteri ha impartito istruzioni chiare a tutte le Sedi per adottare le misure necessarie per il rientro dei congiunti e degli impiegati non essenziali per ridurre l'esposizione del personale, garantendo tuttavia la funzionalità minima per tutelare le comunità italiane sul posto.
  In tale specifica circostanza, che ha riguardato soprattutto le sedi di Bengasi, Tripoli, Il Cairo, Alessandria, Sana'a, Islamabad, Karachi, Gerusalemme, Algeri, Tunisi, Tel Aviv, Amman, Dakha, Khartoum, Abuja, Lagos, Nairobi, Kuala Lumpur e Jakarta, il Ministero degli affari esteri ha disposto l'innalzamento del livello di allerta.
  Le strutture dell'Unità di crisi del Ministero degli affari esteri seguono, in costante coordinamento con le nostre rappresentanze diplomatiche, l'evoluzione delle diverse situazioni e provvedono a fornire informazioni di sicurezza e norme di comportamento ai connazionali presenti. L'Unità di crisi, in coordinamento con le sedi interessate, ha disposto in particolare l'invio massivo di sms di emergenza ai connazionali nei Paesi interessati, con la raccomandazione di evitare gli assembramenti, rispettare i coprifuoco, costituire in via prudenziale scorte di acqua, viveri, medicinali, carburante e richiamando i numeri di emergenza delle ambasciate di riferimento. L'unità di crisi ha inoltre aggiornato tutti gli avvisi relativi ai Paesi interessati sul sito «Viaggiare Sicuri», per assicurare informazioni puntuali e capillari per tutti i connazionali residenti e in partenza dall'Italia, mentre è stato disposto il rinforzo del contingente militare in servizio presso ognuna delle rappresentanze sopra citate, nonché l'incremento delle dotazioni di comunicazione e di sicurezza (auto blindate, giubbotti antiproiettile, e altro). A livello centrale, infine, l'unità di crisi ha promosso un coordinamento con il Comando operativo di vertice interforze (Coi) e con il Comando operativo delle forze ospedali (Cofs), che si occupano rispettivamente degli interventi di evacuazione delle comunità italiane e del personale delle sedi diplomatico-consolari. Con entrambi gli enti del Ministero della difesa è in corso un aggiornamento dei piani d'emergenza volti a consentire un tempestivo intervento in caso di necessità.
  È infine opportuno sottolineare che tali gravose attività – sia di prevenzione che operative – necessitano per propria natura di disporre con continuità di adeguate risorse, anche in periodi di difficoltà economica generale. Ciò al fine di consentire, anche in situazioni di estrema urgenza e con la massima rapidità, efficaci interventi da parte delle strutture della Farnesina preposte alla tutela dei cittadini e degli interessi italiani oltre confine.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   DIMA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le abbondanti nevicate dello scorso inverno hanno causato danni evidenti al patrimonio boschivo di molti comuni della provincia di Cosenza, traducendosi nella caduta, a causa del peso della neve accumulata sugli alberi, di un'enorme quantità di rami e fronde;
   nell'immediato, gli enti preposti, comuni, azienda forestale, protezione civile, hanno provveduto a porre in essere iniziative dirette a ripristinare la viabilità interrotta, a riattivare la regolare fornitura di energia elettrica e gas, a soccorrere gli abitanti delle zone montane rimaste isolate, a porre in salvo numerosi capi di bestiame;
   dopo questi interventi, si sarebbe dovuto procedere alla raccolta degli arbusti, alla messa in sicurezza degli alberi più danneggiati e soprattutto alla pulizia del sottobosco per ridurre il rischio di incendi nella stagione estiva;
   nonostante le sollecitazioni in tal senso, poco o nulla è stato fatto in termini di salvaguardia e tutela del boschi dal pericolo di incendi tanto è vero che ancora oggi fanno mostra di sé al bordi delle strade enormi quantità di legname ormai secco e mai smaltito;
   com'era ampiamente prevedibile, con l'arrivo della stagione estiva, si stanno già registrando i primi incendi, alcuni dei quali, molto gravi per ampiezza ed intensità, hanno provocato il ricorso agli aerei della protezione civile;
   in particolar modo, nei comuni di Corigliano e Rossano, proprio in questi giorni, si sono verificati alcuni incendi che hanno distrutto oltre 30 ettari di querceto e di sughero e che sono stati spenti solo grazie all'intervento di un elicottero ed un aereo della protezione civile ed all'opera encomiabile del personale dei vigili del fuoco di Rossano che ha lavorato per più di 12 ore –:
   quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per sollecitare l'adozione di interventi più puntuali da parte delle strutture competenti al fine di evitare il verificarsi di pericolosi incendi, che alimentati dalla presenza di materiale legnoso mai smaltito, potrebbero tradursi in un concreto pericolo per l'incolumità dei cittadini. (4-16771)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante pone all'attenzione del Governo la questione degli incendi boschivi.
  Nel quadro normativo vigente le competenze in materia di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi sono attribuite alle regioni, le quali stipulano apposite convenzioni per la realizzazione delle cosiddette campagne antincendio boschivi.
  Tali convenzioni costituiscono un'opportunità di incremento delle risorse, nonché uno strumento idoneo a migliorare i protocolli operativi di collaborazione e coordinamento interistituzionale.
  Il dipartimento di Vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile, in analogia a quanto avvenuto nei precedenti anni, ha provveduto, tramite le proprie strutture territoriali, a stipulare apposite convenzioni con regioni ed enti locali al fine di potenziare il dispositivo di soccorso «Aib» (Campagne antincendi boschivi).
  Anche la direzione regionale dei vigili del fuoco della Calabria, il 30 luglio 2012, ha stipulato la convenzione per la campagna antincendi boschivi dell'anno in corso e ha pertanto potuto disporre, per il territorio di propria competenza, di squadre integrative e aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente in servizio.
  Riguardo agli incendi verificatisi nel comune di Corigliano Calabro e di Rossano nel corso del mese di giugno, i Vigili del fuoco del distaccamento permanente di Rossano, nonché dei distaccamenti volontari di Trebisacce ed Acri, sono stati costantemente impegnati nelle operazioni di spegnimento, scongiurando il pericolo che il fuoco si propagasse alle abitazioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   DI PIETRO, PALOMBA e MESSINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si sta assistendo negli ultimi 10 mesi – a giudizio degli interroganti – al lento smantellamento della direzione investigativa antimafia (DIA);
   va ricordato che la direzione investigativa antimafia ha al suo attivo, tra il 2009 e il giugno 2011, sequestri di beni mafiosi per 5,7 miliardi di euro e la confisca di altri per un valore di 1,2 miliardi di euro, cifre che rappresentano l'introito maggiore per il Fondo unico giustizia;
   l'attività di questo organismo, solo per fare alcuni esempi, ha consentito di capire gli intrecci tra mafia e politica nel Nord e nel Sud Italia, nonché di condurre le principali inchieste di supporto ai pm di Palermo in relazione alla trattativa Stato-mafia. Questi esempi possano fare supporre, ad avviso dell'interrogante che l'attività della direzione investigativa antimafia sia diventata scomoda per alcuni;
   la legge di stabilità per l'anno 2012 ha drasticamente ridotto il Trattamento economico aggiuntivo (Tea), una compensazione economica che riconosce la specificità del lavoro dei membri delle forze dell'ordine che operano nella direzione investigativa antimafia. Inoltre, sia pure in termini ridotti, la Tea non è stata più erogata dal novembre 2011;
   il bilancio della struttura nel suo complesso, è stato fortemente ridimensionato: si è passato dai 28 milioni di euro dell'anno 2001 ai 9 milioni del 2012;
   secondo la legge istitutiva della direzione investigativa antimafia del 1991, dovevano fare parte di questa struttura tra le tremila e le quattromila persone. A tutt'oggi la direzione è composta da circa 1.400 persone, 12 centri operativi e sette sezioni distaccate, con centri che non hanno più personale appartenente alla Polizia di Stato, la quale non manda più ne funzionari, ne ispettori;
   un protocollo d'intesa dell'aprile scorso è stato sottoscritto dalla direzione investigativa antimafia e dal Corpo forestale dello Stato che metterà a disposizione i propri nuclei specifici e la propria competenza in materia di tutela del territorio. Il rischio è che vada persa la specificità della direzione investigativa antimafia, l'esperienza di tale struttura in materia di reati associativi;
   si stanno creando, come all'Aquila, per l'Expo Milano 2015 e ora per il terremoto in Emilia Romagna, dei gruppi interforze ad hoc per il controllo degli appalti quando la direzione investigativa antimafia ha già al suo interno un osservatorio centrale sugli appalti;
   la sensazione degli interroganti è che si voglia svuotare la direzione investigativa antimafia del suo significato originario, di risorse finanziarie ed umane;
   se questa sensazione corrispondesse al vero, sarebbe un'ulteriore conferma del fatto che i magistrati vengono lasciati soli nella lotta alla criminalità organizzata. Tagliando fondi e svilendo lentamente ruolo e stipendi di poliziotti, carabinieri e finanzieri, che lavorano per questa struttura, pensata e voluta da Giovanni Falcone, si sguarnisce un presidio fondamentale. Il Governo non può sostenere la lotta alle mafie solo a parole e poi, nei fatti, eliminare professionalità, esperienze e specificità –:
   se il Governo intenda avviare lo smantellamento della direzione investigativa antimafia, e, in caso contrario, quali iniziative concrete intenda assumere per rafforzare il ruolo, la specificità nonché le risorse finanziarie, umane e professionali della direzione investigativa antimafia.
(4-17461)

  Risposta. — A vent'anni dalla sua costituzione, la Direzione investigativa antimafia DIA mantiene il suo ruolo strategico per il contrasto alla criminalità organizzata, sia sul versante delle investigazioni preventive, sia su quello delle investigazioni giudiziarie su disposizione della Direzione nazionale antimafia.
  Per un'analisi dell'attuale situazione occorre tener conto delle modalità con le quali la normativa intervenuta in materia, in particolare dal 2008, ha inciso sulle competenze della Direzione investigativa antimafia anche con riferimento ai rapporti con le Forze di polizia, nonché delle concrete strategie adottate e delle azioni di contrasto della criminalità nei settori di specifica competenza.
  La Direzione investigativa antimafia ha uno spazio operativo di significativa valenza in settori specifici: oltre all'aggressione dei patrimoni di mafia, si evidenzia il ruolo propulsivo e propositivo nella conduzione di investigazioni giudiziarie che hanno consentito di incidere sui beni illecitamente accumulati dalla criminalità organizzata.
  Peraltro, la nuova piattaforma normativa antimafia, la cui disciplina è confluita nel cosiddetto «Codice antimafia», ha ulteriormente formalizzato, con norme primarie, la missione prioritaria affidata alla Direzione investigativa antimafia di aggressione di patrimoni mafiosi attraverso le «investigazioni preventive finalizzate ai sequestri dei patrimoni illeciti, lo sviluppo delle operazioni finanziarie sospette ed i monitoraggi degli appalti pubblici». Tale finalità viene perseguita anche grazie all'attività del Consiglio Generale per la lotta alla criminalità organizzata, cui è deputata l'elaborazione delle strategie di contrasto alla criminalità, la razionalizzazione delle risorse impiegate, nonché la periodica verifica dei risultati conseguiti.
  Proprio per le considerazioni sin qui esposte appare evidente come non rientri nelle intenzioni del Governo procedere a un ridimensionamento della Direzione investigativa antimafia anzi è stato potenziato il dispositivo territoriale attraverso l'istituzione di una sezione operativa a Bologna.
  Nonostante le difficoltà economiche, verrà garantita l'operatività della nuova struttura, almeno in una prima fase ad invarianza della forza organica della Direzione investigativa antimafia, con una manovra delle risorse a disposizione.
  Il Governo è ben consapevole del ruolo strategicamente rilevante svolto dagli uomini della Direzione investigativa antimafia e della necessità di migliorare la funzionalità e l'operatività della struttura, nonché tutelare la posizione dei dipendenti compatibilmente con le esigenze della finanza pubblica.
  Pur in una fase di contenimento della spesa pubblica e di limitazione al turnover anche per il personale delle Forze di polizia, non è stata prevista alcuna riduzione dell'organico della Direzione investigativa antimafia. Di fronte all'urgente necessità di contenimento della spesa, il Governo con la legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011) ha preferito intervenire sul trattamento economico aggiuntivo ristabilendo così un principio di equità tra gli operatori di polizia. Gli appartenenti alle strutture territoriali delle Forze di polizia, infatti, non godono del trattamento economico accessorio percepito dal personale interforze della Direzione investigativa antimafia. E ciò anche quando il personale dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato è chiamato a far parte di settoriali gruppi di lavoro che effettuano controlli antimafia sul territorio.
  Occorre, tuttavia, evidenziare – rispetto a questa previsione – che è stato istituito un fondo volto al finanziamento di misure perequative per il personale appartenente al comparto sicurezza e difesa e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che interessa anche il personale appartenente alla Direzione investigativa antimafia.
  Rispetto all'originario disegno della Direzione investigativa antimafia vi è stato un parziale scostamento nell'attuazione pratica dell'iniziale progetto.
  È da escludere, tuttavia, che tale struttura abbia finito per sovrapporsi nell'ambito operativo e funzionale delle altre componenti del sistema della sicurezza. Il suo sviluppo nel tempo, è stato piuttosto orientato a farne emergere la vocazione specialistica, che non sembra aver sofferto, in maniera particolare, della mancanza di un'attribuzione esclusiva di compiti in materia di lotta alle mafie.
  In tale contesto sono ovviamente indispensabili forme di raccordo che scongiurino sovrapposizioni disfunzionali per l'andamento e il buon esito delle indagini.
  Fino ad oggi i risultati ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata costituiscono un sintomo di un'efficace sinergia – anche sul piano dell'attività di investigazione delegata – tra le varie specialità costituite nell'ambito delle varie forze di polizia.
  Il patrimonio di professionalità espresso dagli operatori della sicurezza è indispensabile nelle attività di polizia giudiziaria che presentano un grado elevatissimo di complessità anche in ragione delle proiezioni internazionali e delle alleanze transnazionali che connotano la minaccia globale rappresentata dalle organizzazioni criminali.
  La conoscenza del fenomeno, i successi investigativi degli ultimi anni, di cui è prova la cattura di pericolosi latitanti, e l'impegno costante nella ricerca di nuovi strumenti operativi hanno, infatti, portato all'adozione di progetti di contrasto sempre più flessibili ed adeguati.
  In questo senso, riveste assoluta priorità il coordinamento investigativo, soprattutto nel corso delle indagini che si proiettano oltre i confini nazionali, in una piena condivisione del patrimonio informativo ed anche attraverso un convinto rafforzamento della cooperazione internazionale.
  In questo ambito è stata realizzata una mappatura completa, a livello nazionale, dei sodalizi criminali e dei singoli affiliati, operanti sul territorio, attraverso un progetto informatico denominato «M.a.cr.o.» (Mappe della criminalità organizzata). Già avviato, nei mesi scorsi, nelle province di Salerno, Benevento ed Avellino, il progetto sarà esteso, in prospettiva, a tutto il territorio nazionale, consentendo la condivisione delle informazioni acquisite nonché la quantificazione dei sodalizi e dei rispettivi affiliati.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la sospensione del servizio di leva obbligatorio e il passaggio allo strumento militare professionale, si è puntato ad avere delle Forze armate più efficienti, razionalizzando l'impiego di uomini e mezzi;
   quanto sopra ha avuto una trasformazione anche sostanziale della vita operativa. A bordo di alcune navi, ad esempio, le mense ufficiali non sono più con il servizio reso dai marinai con funzioni di camerieri, ma con servizi buffet o self service;
   nonostante questo cambiamento di mentalità, risulterebbe che ci siano ancora degli strascichi di comportamenti arcaici, di Marina «borbonica», che tendono a conservare privilegi;
   all'interrogante risulta che sulla nave «Francesco Mimbelli» il comandante in 2° con comunicazione di servizio permanente n. 17 datata 9 settembre 2012 con oggetto «Organizzazione di bordo per la visita del Sig. Comandante in Capo della Squadra Navale», nelle disposizioni di dettaglio avrebbe specificato che l'ufficiale d'ispezione: «ogni mattina, in particolar modo quando il Sig. CINC è in base Navale a Taranto, l'ufficiale in Comando di ispezione, dovrà accertarsi della effettiva presenza in quadrato Ufficiali di una idonea bottiglia di spumante/champagne tenuta in fresco in riposto Ufficiali, nonché biscotti al burro e mandorle da tostare al momento a cura del cuoco di servizio addetto al Quadrato Ufficiali/quadrati Unificati»;
   inoltre, per il capo reparto logistico, avvalendosi del capo Gamella, dovrà: «accertarsi che sia prontamente reperibile da personale addetto al quadrato Ufficiali il materiale di consumo sopra indicato. Alla chiamata – il Comandate in Capo della Squadra Navale a Bordo, alza insegna, il personale addetto al Quadrato Ufficiali o l'addetto ai Quadrati Unificati (durante il fine settimana/giornate festive) dovrà essere in tenuta di rappresentanza pronto a servire mandorle tostate e spumante/champagne». Per ciò che concerne la cucina nella comunicazione di servizio si specifica che: «dovrà approntarsi, nel caso in cui il Sig. CINC sia in Base Navale, a preparare bruschette e pizzette calde da servire in Quadrato Ufficiali»;
   in periodi di estrema difficoltà economica pare esagerato tale spiegamento di forze, anche in giorni festivi, per accontentare i desideri personali del sia pure comandante in capo;
   tali atteggiamenti per chi li riceve e chi li ordina, fanno ritornare indietro tutta la Forza armata della Marina ad una cultura pre-unitaria;
   l'interrogante ha ricevuto notizie di malumori, a vari livelli gerarchici, fra il personale imbarcato –:
   se il Governo non ritenga di assumere le iniziative di competenza per far annullare immediatamente tale ordine di servizio;
   se il Governo sia a conoscenza di altre comunicazioni di servizio, riguardo le visite a bordo da parte del comandante in capo della squadra navale, che sono state emanate da altre navi e se ci siano contenuti simili riguardo a quello che all'interrogante appare il malcostume di avere personale di servizio per accogliere con champagne e mandorle tostate l'ammiraglio a bordo;
   se non ritenga di dover valutare l'assunzione di iniziative per un possibile trasferimento ad altra destinazione non operativa dell'attuale comandante in capo della quadra navale. (4-17954)

  Risposta. — Fatte salve le norme contenute nella pubblicazione «Regolamento sul servizio territoriale e di presidio» (SMD – G – 106), e relative circolari discendenti, che disciplinano, fra l'altro, la resa degli onori militari, non esistono disposizioni scritte o verbali, a qualsiasi livello, che stabiliscono le modalità per l'accoglienza sulle unità navali di autorità militari e non.
  In tale contesto la comunicazione di servizio, cui fa riferimento l'interrogante, è da attribuire ad una iniziativa del comando di bordo tesa ad interpretare motu proprio i dettagli di ospitalità a bordo della propria nave.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   EVANGELISTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Richard Ginori 1735 è riuscita durante questo ultimo anno a raggiungere un sensibile incremento del proprio fatturato, attraverso l'acquisizione di nuove commesse, l'assunzione di circa 40 lavoratori a tempo determinato e un aumento della penetrazione dei mercati esteri, operando contestualmente una riorganizzazione interna del proprio lavoro;
   tali progressi e il relativo, nuovo stato di salute dell'azienda, sono il risultato di un impegno congiunto dei lavoratori, della dirigenza aziendale e delle istituzioni e sono frutto anche dell'accordo tra Richard Ginori e Unicoop Firenze del marzo 2011, il quale ha permesso una nuova visibilità all'azienda e un rilancio della produttività, con l'accensione del terzo forno;
   nonostante la nuova stagione si presenti positiva dal punto di vista del mercato, durante un incontro tenutosi il 6 dicembre 2011 con le rappresentanze sindacali di Cgil, CISL, UIL, la dirigenza aziendale ha esposto una grave situazione finanziaria dovuta alla difficoltà di accesso al credito e alla conseguente crisi di liquidità;
   secondo quanto riferito dall'azienda durante il citato incontro, la mancanza di liquidità ha messo in discussione il pagamento degli stipendi e della tredicesima ai 485 lavoratori dell'azienda;
   appare evidente che gli istituti di credito toscani si ostinano a non credere nella realtà e nelle potenzialità produttive e quindi nella garanzia economica rappresentata dall'azienda Richard Ginori 1735, nonostante i 47 milioni di ordinativi sicuri e previsioni di fatturato in crescita –:
   se il Governo sia al corrente della situazione esposta in premessa e quali siano le reali ragioni del persistere di una crisi finanziaria che non sembra facilmente spiegabile;
   alla luce dei fatti esposti, in quale direzione e con quali modalità il Governo intenda attivarsi, per quanto di competenza, per far sì che l'azienda Richard Ginori 1735 possa superare al meglio l'attuale crisi economica attraverso un adeguato accesso al credito. (4-14427)

  Risposta. — In data 27 luglio 2012, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è tenuto un incontro riguardante la società Richard – Ginori 1735 Spa in liquidazione.
  Alla riunione hanno partecipato la dottoressa Brunetti, dell'Unità gestione vertenze del Ministero dello sviluppo economico, il presidente e un membro del Collegio dei liquidatori, l'Assessore alle attività produttive, lavoro e formazione della regione Toscana, il rappresentante della provincia di Firenze insieme al Sindaco del comune di Sesto Fiorentino.
  Erano altresì presenti all'incontro il rappresentante della Confindustria di Firenze e le Organizzazioni sindacali nazionali e territoriali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uilcem Uil unitamente alle RSU Cobas del lavoro privato.
  In tale riunione, il rappresentante del Ministero ha richiamato l'attenzione sugli importanti avvenimenti che hanno caratterizzato la società negli ultimi mesi e che, conseguentemente, hanno determinato una crisi finanziaria ed un elevato indebitamento di natura fiscale.
  Preliminarmente si è ricordato ai presenti che, considerata la grave situazione finanziaria nella quale versava la società, è stato ipotizzato, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, il ricorso alla «legge 512 del 1982 - Regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale in particolare all'articolo 7 - pagamento delle imposte dirette mediante cessione dei beni culturali (decreto del Presidente della Repubblica 602 del 1973, articolo 28-bis) per cercare, in tal modo, di tutelare il patrimonio storico, culturale ed economico preservato nell'omonimo museo di proprietà della società stessa. Detto percorso ha portato al vincolo totale sulle opere e sull'edificio da parte dello Stato al fine di garantire che il patrimonio detenuto nel museo venga mantenuto a Sesto Fiorentino.
  Inoltre, si è precisato che, avendo l'Assemblea degli azionisti in data 9 maggio 2012, in sede straordinaria, deliberato la messa in liquidazione della società, si è venuta a determinare una nuova situazione societaria che ha avuto inevitabili ripercussioni sull'attuazione di tutti gli strumenti ipotizzati, nella prefigurazione di nuovi scenari che necessariamente andranno valutati unitamente dal collegio dei liquidatori soprattutto nell'ipotesi di una nuova proprietà e del ricorso a procedure concorsuali.
  L'assessore alle attività produttive della regione Toscana ha ribadito la piena disponibilità della stessa regione a risolvere la difficile situazione della società ed ha in merito illustrato l'intervento posto in essere relativo alla valorizzazione e promozione del museo di Doccia. Tale azione si colloca in un progetto di qualificazione del patrimonio museale toscano. Inoltre, ha precisato che la Giunta Regionale ha approvato una delibera nella quale sono stati previsti 1,5 milioni di euro sul bilancio regionale da destinare a detto progetto.
  I rappresentanti del collegio dei liquidatori, da parte loro, hanno informato i presenti che in data 27 luglio 2012 è stato sottoscritto l'accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l'applicazione della Cassa integrazione guadagni straordinari per crisi aziendale per cessazione attività a decorrere dal 1o agosto 2012. Con riferimento alle manifestazioni di interesse la scelta sarà certamente oggetto di accurata analisi e verrà privilegiata la proposta che soddisferà principalmente i creditori e il criterio occupazionale, ma sarà certamente presa in considerazione anche la posizione delle Istituzioni.
  Hanno, infine, precisato che uno dei principali problemi è riconducibile alle aree ove insiste la fabbrica – i terreni non sono totalmente di proprietà –; pertanto, soluzione ipotizzabile allo stato attuale è un contratto di affitto di durata pluriennale.
  Il professor Lattanzi ha precisato che, in tale contesto, il positivo esito dell’iter della cosiddetta legge Guttuso è fondamentale per una definitiva conclusione dell'operazione.
  Il rappresentante del Ministero ha, infine, confermato la disponibilità del Ministro dello sviluppo economico a riconvocare il tavolo di confronto per i primi giorni del mese di settembre nell'auspicio che si possa giungere ad una soluzione condivisa anche da tutti gli attori istituzionali coinvolti, i quali hanno manifestato sin da subito la volontà di voler supportare questa importante realtà produttiva.
  Infine, si informa che nel mese di settembre è stata depositata la domanda di concordato ai sensi della nuova normativa.
  Con questo si può dire che è iniziato ed è in atto un percorso volto a salvaguardare, nei limiti del possibile, le sorti dell'azienda, percorso che il Ministero dello sviluppo economico sta tenendo costantemente sotto controllo seguendone l'evoluzione in modo attento.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   GIANNI FARINA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli effetti della legge di revisione della spesa pubblica sul personale della scuola in servizio all'estero (decreto-legge n. 95 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012 il 7 agosto 2012) determineranno, dal prossimo anno scolastico, situazioni drammatiche per studenti, famiglie e istituzioni, nonché un grave danno all'immagine del nostro Paese all'estero;
   emblematica in questo senso è la situazione che verrà a crearsi alla scuola internazionale di Strasburgo per effetto della soppressione del posto di insegnamento dell'italiano nel grado terminale della filiera, il liceo;
   studenti che per 12 anni hanno potuto seguire 6 ore di lezioni di italiano (lingua, letteratura, storia e geografia) – come da programma della scuola, frutto di accordi bilaterali – vedranno ora bruscamente «decapitata» la filiera italiana, con conseguente impossibilità di accedere all'esame finale di Stato, detto OIB (option international du Baccalaureat) che equivale, contemporaneamente, a un Bac francese e a una maturità italiana;
   inutile dire che gli effetti di questo taglio produrranno conseguenze immediate sull'intera filiera italiana, provocando reazioni di incredulità e sfiducia da parte delle autorità scolastiche francesi e prevedibili defezioni da parte delle famiglie degli studenti;
   l'insegnamento dell'italiano non è offerto in altre istituzioni scolastiche del capoluogo alsaziano: il grave colpo inferto alla scuola internazionale determinerà il progressivo affievolimento della nostra presenza, sia linguistica che culturale, nella regione –:
   quali immediate iniziative i Ministri interrogati intendano prendere per evitare che a Strasburgo, piccola capitale europea per la presenza del Consiglio d'Europa, del Parlamento e dell'ENA, istituzioni che ospitano un grande numero di politici e funzionali italiani, non si rischi di vedere un arresto fatale del processo di crescita e affermazione della nostra cultura, proprio in un luogo strategico che, invece, sempre più dimostra sensibilità e interesse per «l'italicità». (4-17483)

  Risposta. — La legge 7 agosto 2012, n. 135 di conversione del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, cosiddetta «spending review», ha imposto all'Amministrazione degli affari esteri, già a partire dall'anno scolastico in corso, una riduzione consistente del contingente del personale docente, amministrativo e dei dirigenti scolastici operanti presso le istituzioni scolastiche e accademiche all'estero.
  La citata normativa stabilisce infatti che l'organico del personale scolastico all'estero debba essere gradualmente ridotto fino al raggiungimento di un limite massimo di 624 unità ad iniziare dall'anno scolastico 2012/2013.
  In conseguenza di tali misure il Ministero degli affari esteri si è trovato nella necessità di avviare con la massima urgenza la riduzione del contingente nella consapevolezza di ottemperare da un lato alla richiesta razionalizzazione delle risorse e dall'altro a limitare, per quanto possibile, i conseguenti inevitabili disagi per le sedi estere e per il personale interessato.
  I ristrettissimi tempi a disposizione per poter conseguire i risparmi richiesti dalla normativa, già entro l'esercizio finanziario corrente, hanno posto l'amministrazione degli esteri nella condizione di dover operare, in tale fase di massima urgenza ed emergenza, una serie di scelte difficili e decisioni sofferte dovendo prioritariamente assicurare il funzionamento delle scuole statali.
  Per le successive operazioni di riduzione dell'organico, nella consapevolezza che le scuole internazionali costituiscono un modello da salvaguardare e diffondere per l'educazione delle nuove generazioni alla multiculturalità e alla consapevolezza di essere cittadini dell'Europa, il Ministero degli affari esteri intende assumere, nei limiti consentiti dalle risorse di bilancio, provvedimenti che compensino almeno in parte le difficoltà derivanti dall'applicazione della legge 135 del 2012. In particolare, si sta valutando la possibilità di effettuare variazioni compensative sui competenti capitoli di bilancio per finanziare l'assunzione in loco di uno o più docenti italiani con titolo di studio idoneo all'insegnamento al fine di assicurare la continuità didattica non solo per la classe d'esame finale ma anche per le classi intermedie, in modo da permettere alla sezione italiana della scuola internazionale di Strasburgo di continuare a svolgere la sua funzione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   FEDI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero degli affari esteri emana per ciascun anno accademico un bando di concorso per borse di studio offerte dal Governo italiano a studenti stranieri o a cittadini AIRE per frequentare corsi universitari e postuniversitari o corsi di alta specializzazione presso molteplici istituti scolastici e formativi;
   tra i numerosi requisiti previsti per concorrere all'assegnazione di tali borse di studio vi è anche quello relativo all'età dei concorrenti, in base al quale «in nessun caso le borse possono essere assegnate a candidati non maggiorenni»;
   in diversi paesi il diploma di scuola secondaria superiore si consegue dopo quattro anni di corso, e non cinque come nel nostro sistema scolastico, con l'evidente conseguenza che gli studenti che compiono un regolare corso di studi arrivano al diploma quando non hanno ancora compiuto il diciottesimo anno di età;
   la condizione del possesso della maggiore età, in tali casi, diventa preclusiva per la partecipazione al concorso per le borse di studio e, di fatto, costituisce un freno proprio per gli studenti che hanno compiuto con successo il loro corso di studi nelle strutture scolastiche dei loro Paesi di provenienza;
   al di là delle ragioni di ordine pratico che possono essere alla base di tale sbarramento, l'esclusione dal concorso degli studenti che hanno dato le migliori prove delle loro capacità di studio è in contraddizione con l'ispirazione meritocratica del bando e con l'intento del Governo italiano di stabilire un rapporto positivo con persone che presumibilmente integreranno le classi dirigenti dei paesi di provenienza –:
   se non ritenga opportuno nei bandi di concorso che saranno emanati per i prossimi anni accademici tener conto del più breve sviluppo del corso di studi di scuola secondaria superiore esistente in diversi Paesi e quindi consentire la presentazione delle domande anche a chi, pur avendo un diploma di scuola superiore, non abbia ancora raggiunto la maggiore età;
   se non sia il caso, in linea subordinata, che almeno la maggiore età dei candidati sia rilevata non all'atto della presentazione delle domande ma al momento della formale attribuzione della borsa di studio. (4-17071)

  Risposta. — Le «Disposizioni generali per l'assegnazione delle borse di studio concesse dal Governo italiano a cittadini stranieri ed italiani residenti all'estero (IRE) per l'anno accademico 2012-13», diramate dal Ministero degli affari esteri a tutte le rappresentanze interessate, escludono effettivamente (al punto II.3) che possano essere accolte domande di candidati che non abbiano raggiunto la maggiore età al momento della presentazione della domanda stessa.
  Viene inoltre specificato che il limite massimo di età per la presentazione delle domande è di 35 anni, con l'eccezione dei docenti di lingua italiana «che svolgano comprovata attività d'insegnamento della lingua italiana nel Paese di provenienza», per i quali è previsto il limite di 45 anni di età.
  Al fine di favorire uno scambio culturale di sicura qualità, l'orientamento seguito dal Governo nel corso degli ultimi anni è stato teso a privilegiare i livelli più alti della formazione, conseguiti al termine del percorso formativo dello studente.
  L'attenzione è stata pertanto rivolta ai limiti massimi di età, valutando i risultati universitari conseguiti dai richiedenti e i loro progetti di ricerca. I borsisti del Ministero degli affari esteri sono, infatti, in gran parte iscritti ai dottorati di ricerca e master universitari, percorsi di specializzazione di durata inferiore ad un intero corso di laurea.
  Il Governo valuterà attentamente, a seguito di concertazione tra le amministrazioni interessate, l'opportunità di adeguare le disposizioni attualmente in vigore.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   FEDI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, GARAVINI, NARDUCCI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il rendiconto 2011 ha evidenziato i seguenti dati: lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l'anno finanziario 2011, di cui alla legge di bilancio 13 dicembre 2010, n. 221, recava dotazioni iniziali per 1.882,3 milioni di euro;
   l'assestamento di bilancio 2011 ha incrementato di 165 milioni di euro le autorizzazioni di cassa portando il bilancio complessivo assestato a 2.047,5 milioni di euro;
   i centri di responsabilità nel corso dell'esercizio finanziario 2011 riportano le seguenti variazioni:
    gabinetto e uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro +794.000 euro;
    segreteria generale +14.324.000 euro;
    cerimoniale diplomatico della Repubblica +2.820,000 euro;
    ispettorato generale del Ministero e degli uffici all'estero +1.159.000 euro;
    direzione generale per le risorse e l'innovazione +6.791.000 euro;
    direzione generale per l'amministrazione, l'informatica e le comunicazioni +55.448.000 euro;
    servizio per la stampa e la comunicazione istituzionale +2.376.000 euro;
    direzione generale per la cooperazione allo sviluppo +63.580.000 euro;
    direzione generale per la promozione del sistema Paese +2.488.000 euro;
    direzione generale per gli italiani all'estero -5.121.000 euro;
    direzione generale per gli affari politici e di sicurezza +18.356.000 euro;
    direzione generale per la mondializzazione e le questioni globali +5.806.000 euro;
    direzione generale per l'Unione europea +10.291.000 euro;
   le entrate extratributarie del Ministero, afferenti alla direzione generale per gli italiani all'estero e alla direzione per il personale e l'innovazione, ipotizzate in termini di cassa in 340 milioni di euro, hanno registrato versamenti effettivi per soli 80,4 milioni di euro, con una differenza in negativo del 76,35 per cento –:
   se non ritenga opportuno, anche nell'ottica di un corretto esame della spesa corrente, fornire per ciascuno dei centri di spesa, indicazioni precise sulle singole spese, in termini di importi e destinazione, e chiarire le ragioni dell'incremento per tutte le aree, sia delle spese fisse che dei costi relativi a servizi interni ed esterni;
   se non consideri doveroso fornire indicazioni precise relativamente al mancato raggiungimento della previsione di 340 milioni di euro di percezioni consolari e dell'eventuale destinazione di tali risorse, una volta ottenuti i versamenti;
   se non consideri degno di attenzione e di riflessione il dato relativo alla direzione generale italiani all'estero che, unica direzione del Ministero degli affari esteri, ha subìto una riduzione di oltre 5 milioni di euro nell'assestamento di bilancio 2011;
   se non ritenga, inoltre, di rendere esplicite le concrete misure che il Ministro intenda adottare per garantire dignità a questo settore strategico per la presenza dell'Italia nel mondo, con particolare riferimento agli investimenti in campo linguistico e culturale. (4-17642)

  Risposta. — Le variazioni del bilancio del Ministero degli affari esteri per l'anno 2011 richiamate dagli interroganti sono il risultato di diversi provvedimenti, normativi e amministrativi, che sono intervenuti nel corso di tale esercizio finanziario, sia di natura straordinaria, sia del tutto ordinaria.
  Tra i primi, sono da citare in primo luogo le integrazioni di stanziamento che sono state assicurate per fronteggiare le spese per assicurare il buon esito delle consultazioni referendarie del giugno 2011 a beneficio degli italiani all'estero. L'importo complessivamente assegnato all'Amministrazione è stato pari a 29.024.000 euro, ripartiti tra i programmi relativi alle spese della rete degli uffici all'estero, gestiti dalla Direzione generale per l'amministrazione, l'informatica e le comunicazioni (circa 27,1 milioni), dalla Direzione generale per gli italiani all'estero, per le spese organizzative delle operazioni di voto (circa 900.000 euro), e dalla Direzione generale per le risorse e l'innovazione (circa 1.000.000 euro) per le spese sostenute dai consolati di seconda categoria.
  Sempre nel 2011 sono pervenuti i fondi relativi al rifinanziamento delle missioni internazionali di pace, che, per il primo semestre, hanno incrementato il bilancio del Ministero degli affari esteri per circa 62,2 milioni di euro, mentre per il secondo semestre hanno comportato variazioni positive pari a circa 38 milioni di euro.
  Il totale di tali finanziamenti, pari dunque a circa 100 milioni di euro, è stato attribuito alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (circa 52.2 milioni di euro), alla Direzione generale per gli affari politici (circa 16.3 milioni di euro), alla Segreteria generale, per i finanziamenti da destinarsi all'Unità di crisi (circa 10 milioni), alla Direzione generale per le risorse e l'innovazione, per assicurare le missioni ed i viaggi di servizio nei Paesi interessati (circa 2 milioni), nonché per alimentare il fondo per la sicurezza delle sedi all'estero (circa 10 milioni), e alla Direzione generale per l'Unione europea (circa 2,6 milioni).
  Le ulteriori variazioni di bilancio di una certa consistenza intervenute nel 2011 si riferiscono alla riassegnazione di residui perenti richiesta da varie direzioni generali (in misura più rilevante, dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo e dalla Direzione generale per l'Unione europea) per circa 10 milioni di euro, ed alla ripartizione tra i diversi centri di responsabilità delle risorse finanziarie già presenti nel bilancio Ministero degli affari esteri, iscritte inizialmente nella missione 33 «Fondi da ripartire» e relative ai fondi per la contrattazione integrativa da destinarsi al personale. Il totale di tali risorse finanziarie è stato nel 2011 particolarmente elevato, poiché si è dato corso al pagamento contestuale di due annualità di retribuzione accessoria (2009 e 2010) a causa di alcuni nuovi adempimenti legati all'introduzione del cosiddetto «cedolino unico» che hanno impedito il puntuale pagamento dei compensi relativi al 2009.
  Per quanto riguarda la differenza riscontrata tra l'ammontare delle entrate di pertinenza del Ministero previste e quelle effettivamente riscosse a consuntivo, va in primo luogo precisato che la redazione dello stato di previsione dell'entrata era fino a due anni fa di esclusiva competenza del Ministero dell'economia e delle finanze e che solo dallo scorso anno la Farnesina cura la compilazione delle relative schede in sede di previsione di bilancio. A partire dal 2012 questa Amministrazione ha assicurato la compilazione delle apposite schede, fornendo indicazioni in merito al volume di entrate previste di propria competenza.
  Per quanto attiene alle diminuzioni di stanziamento rilevate per la Direzione generale per gli italiani all'estero nel 2011, esse sono collegate al rinvio, già disposto per tale anno, delle elezioni Comites e del Consiglio generale degli italiani all'estero. Per evitare che tali risorse finanziarie andassero in economia, sono state utilizzate per fronteggiare le riduzioni di bilancio apportate in corso d'anno.
  In questo quadro, la Farnesina conferma la massima attenzione a favore delle nostre collettività all'estero, patrimonio unico di risorse umane e professionali. Un preciso segnale dell'importanza prioritaria attribuita ai nostri connazionali è venuto dal decreto-legge n. 67 del 2012 (convertito in legge n. 118 del 2012) che, grazie al contributo del Parlamento e con il sostegno del Governo ed in particolare del Ministro degli affari esteri Terzi, ha destinato fondi aggiuntivi per un totale di 3 milioni e 359 mila euro alle politiche per gli italiani nel mondo per il 2012.
  Nel rinviare le elezioni per il rinnovo di Comites e del Consiglio generale degli italiani all'estero in vista di un possibile riordino della relativa normativa, il decreto ha così messo a disposizione risorse aggiuntive che appaiono particolarmente significative nell'attuale contesto di finanza pubblica. Tali risorse si tradurranno in contributi integrativi per le iniziative di promozione della lingua e cultura italiana (per 2 milioni di euro), per il rifinanziamento delle attività di assistenza diretta e indiretta a favore dei nostri connazionali all'estero in condizioni di indigenza (per 1 milione e 339 mila euro) e per il funzionamento dei Comites prorogati (per 200 mila euro).
  In particolare l'integrazione di 2 milioni di euro in campo linguistico e culturale, che come ricordato dagli interroganti riveste importanza strategica, mira anche a compensare la diminuzione del contingente dei docenti di ruolo all'estero determinata dalla legge 135 del 2012 sulla revisione della spesa pubblica (cosiddetta legge sulla «spending review»).
  Si assicura infine che in sede di predisposizione delle previsioni triennali di bilancio 2013-2015, la Farnesina si è fortemente adoperata affinché, pur nel tener conto della necessità di assicurare il contenimento della spesa pubblica, i capitoli destinati al sostegno delle collettività italiane all'estero, ed in particolare alle iniziative di informazione e promozione culturale a loro favore, dispongano di fondi adeguati per la realizzazione delle attività programmate.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   FOGLIARDI e FEDERICO TESTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 gennaio 2011, la segreteria provinciale di Verona del Sindacato italiano unitario lavoratori polizia (SIULP), ha diffuso un comunicato stampa con il quale denunciava l'insostenibile situazione patita dal parco vetture della questura scaligera, con particolare riferimento ai veicoli destinati al servizio di «volante»;
   nel comunicato stampa, ampiamente ripreso da lanci d'Agenzia, si sosteneva in sintesi che ben 11 delle 16 auto destinate al servizio di Volante era inutilizzabile, che i 5 veicoli marcianti avevano oltre 200 mila chilometri, e proprio per tale ragione, in capo a breve termine, se non fossero state assegnate nuove autovetture, le pattuglie sarebbero dovute uscire a piedi; il comunicato spiegava altresì che, essendovi uomini a sufficienza per comporre un numero di almeno 7 volanti, era già successo che alcune pattuglie erano uscite in servizio con veicoli del tutto improbabili, come ad esempio furgoni e ingombranti fuoristrada, proprio al fine di evitare il paradosso di derubricare a pattuglia appiedata il servizio automontato;
   il Siulp ha invero affermato che tale situazione altro non sarebbe che il risultato dei devastanti effetti provocati dal taglio ai fondi del comparto sicurezza, da ultimo quelli introdotti dalla recente manovra correttiva ai bilanci dello Stato, che nella realtà veneta si sarebbero tradotti anche in mancati rifornimenti alle cisterne di benzina e in carenza di fondi per assicurare le riparazioni e/o manutenzioni di routine al parco veicoli delle Forze di polizia;
   segnalava altresì il Siulp che le sole cinque autovetture marcianti venivano impiegate a ciclo continuo, senza alcuna interruzione nell'arco delle 24 ore, circostanza che, per veicoli con oltre 200 mila chilometri, costretti a percorrere a tale stregua almeno altri 15 mila chilometri in media al mese, avrebbe sicuramente significato un prematuro cedimento strutturale dei mezzi;
   e tutto ciò senza che sia prevista, né nel breve, né nel medio periodo, l'assegnazione di alcuna nuova autovettura di servizio, non constando che vi siano fondi a ciò destinati; e quand'anche questi fondi vi fossero, occorrerebbe probabilmente attendere a lungo prima del completamento delle procedure negoziali per l'assegnazione della commessa;
   la denuncia del SIULP, veniva riportata dai principali organi di stampa regionali del 4 gennaio destando non indifferente preoccupazione nella cittadinanza veronese (300.000 abitanti), che apprendeva persino dell'impiego di un fuoristrada (modello Defender) per l'attività di pronto intervento «113» con comprensibili limiti alle condizioni d'operatività;
   dai report giornalistici si veniva a conoscenza che molti veicoli erano fermi in officina in attesa di riparazione in quanto i titolari delle medesime officine, che già vantavano crediti nei confronti del Ministero dell'interno per alcune decine di migliaia di euro, non intendevano esporsi ulteriormente concedendo nuove aperture di credito;
   sempre dalla cennata rassegna stampa si è appresa la non meno sconvolgente circostanza che per i rifornimenti erano stati forniti buoni benzina spendibili solo in impianti di una compagnia petrolifera presente con pochissimi distributori sul territorio. Pertanto, non solo il rifornimento era reso già di per sé difficoltoso nel corso della giornata, ma pure, dovendosi necessariamente presentare il ticket al gestore dell'impianto, nei giorni festivi e in orario serale e notturno, per poter rifornire il veicolo di servizio era necessario percorrere decine di chilometri fino alla prima pompa utile presente in autostrada, e cioè quella dell'ara di servizio di Desenzano, che dista dal centro di Verona una quarantina di chilometri;
   nel corso dei giorni seguenti la situazione, lungi dal migliorare, è rimasta pericolosamente stabile, nel senso che, come era ampiamente prevedibile, alcune delle auto marcianti si sono guastate, e solo la riparazione di alcune di quelle in giacenza presso officine ha consentito il mantenimento della soglia di sussistenza, di modo che, ad oggi, ogni giorno si assiste ad una frenetica rincorsa per riuscire a far riparare veicoli guasti in tempo utile per sostituire quelli che nel frattempo si sono bloccate. Uno spettacolo al quale si dovrà continuare ad assistere sino a quando i rappezzi non basteranno più a tenere in vita un parco auto vetusto e inaffidabile, che da un giorno all'altro potrebbe definitivamente essere inagibile –:
   se risponda al vero che non sono previste sostituzioni dei veicoli da destinare al servizio di squadra volante nonostante tutte le vetture del parco auto abbiano da tempo superato la percorrenza di 200 mila chilometri, e se sì per quale ragione;
   se risponda al vero che, come risulterebbe dalle notizie ricordate in premessa, il dipartimento della pubblica sicurezza non stia fornendo le somme necessarie per procedere al pagamento delle riparazioni dei veicoli utilizzati dalle Volanti di Verona giacenti in officina, e che molti artigiani già vantano per le riparazioni effettuate crediti che ammontano a decine di migliaia di euro;
   se risponda al vero che la questura di Verona, non abbia ricevuto nel periodo da ottobre a dicembre 2010, i necessari approvvigionamenti all'impianto di distribuzione carburante preposto al rifornimento dei veicoli di Polizia;
   come intenda intervenire per permettere di affrontare alla questura di Verona l'emergenza descritta in premessa, garantendo alla cittadinanza un adeguato controllo del territorio e la connessa prevenzione dei reati;
   visto e considerato che la ragione ultima di tali disservizi ha evidentemente origine nei tagli di bilancio, per quale ragione le denunce dei sindacati di polizia, susseguitesi negli ultimi mesi con cadenza quasi settimanale, siano state oggetto di scarsa considerazione da parte del Ministro dell'interno, e non siano state, come invece avrebbero dovuto essere, trattate con la dovuta scrupolosa serietà. (4-10616)

  Risposta. — La questura di Verona dispone di 16 autovetture adibite al controllo del territorio. Al riguardo, si precisa che tra la fine del 2012 e il primo semestre del 2013 è prevista l'assegnazione al predetto ufficio di 4 ulteriori unità, allo scopo di completare la dotazione organica, che prevede 20 autovetture.
  Nel precisare che le vigenti disposizioni prevedono, per l'espletamento del servizio in parola, soltanto l'impiego di autovetture munite di specifico allestimento e protezione e non anche di fuoristrada, si rappresenta, in ordine alle percorrenze chilometriche delle «Volanti» della questura di Verona, che esse risultano tuttora munite di pacchetto aggiuntivo di manutenzione in corso di validità.
  Il dipartimento della pubblica sicurezza si è attivato per ovviare ai disservizi relativi all'assistenza dei veicoli. Dal 27 dicembre 2011 il servizio di manutenzione è stato assunto da una società diversa da quella cui era affidato in precedenza. Ciò ha determinato una riorganizzazione della gestione e del controllo del predetto servizio in modo da ridurre sensibilmente i tempi di fermo per le necessarie riparazioni.
  Per quanto concerne, in generale, la sostituzione dei mezzi destinati ai servizi di controllo del territorio e pronto intervento (il servizio di «volante»), il Ministero dell'interno, proseguendo nell'attività di ammodernamento del parco veicolare della Polizia di Stato, ha provveduto, dal 2011, all'acquisto di 355 autovetture in colori d'istituto dotate di pacchetto assistenza per 7 anni o 180.000 chilometri mentre, per il corrente anno, è programmato l'approvvigionamento di ulteriori 20 unità. Tali veicoli saranno consegnati agli uffici periferici a partire dalla fine del 2012 e, in tale contesto, potrà essere valutata la possibilità di eventuali ulteriori assegnazioni alla questura di Verona, compatibilmente con le esigenze degli altri uffici.
  Si fa inoltre presente che i fondi assegnati all'autocentro della Polizia di Stato di Padova, competente territorialmente per la Questura di Verona, per l'acquisto di carburante nel 2010 e nel 2011, hanno soddisfatto interamente il fabbisogno segnalato dal predetto ufficio.
  In relazione ai buoni carburante si precisa che vengono somministrati, agli uffici e reparti della Polizia di Stato che ne fanno richiesta, unicamente titoli acquistati in convenzione Consip, in misura e nelle percentuali consentite dalle disponibilità del momento.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   FOGLIARDI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Edward Kojo Akanor, ghanese di 67 anni, lavoratore modello all'aeroporto Catullo di Verona, è morto il 25 aprile 2012, sempre a Verona;
   arrivato in Italia 25 anni fa, lavorava a Villafranca da 12 anni e mandava sistematicamente buona parte dello stipendio in patria alla moglie paralizzata e alla figlia Matilda;
   la figlia, raggiunta dalla notizia, in procinto di partire per l'Italia per partecipare alle esequie del genitore, fino ad oggi, nonostante i documenti in regola, non ha ottenuto dall'ambasciata italiana di Accra il visto per partire, perché ritenuta non in possesso di una situazione economica tale da garantire il «sicuro rientro in Africa»;
   il fatto ha destato compassione e profondo disagio in gran parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni. Anche il presidente dell'aeroporto Paolo Arena, il prefetto Perla Stancari e il questore Michele Rosato hanno discusso della questione e sono intervenuti per mettersi in contatto con le autorità africane –:
   se il Ministro non intenda assumere con la massima urgenza ogni iniziativa di competenza per agevolare la situazione, consentendo alla figlia di partecipare al funerali del padre, ed evitare che in futuro tali situazioni possano ripetersi. (4-16334)

  Risposta. — L'Ambasciata italiana ad Accra ha rilasciato il 1° giugno 2012 un visto d'ingresso alla cittadina ghanese Matilda Akanor, che ne aveva fatto richiesta nei giorni precedenti per potere partecipare ai funerali del padre Edward Kojo Akanor, deceduto a Verona il 25 aprile 2012.
  All'interessata è stato rilasciato un visto con validità territoriale limitata, che le consente di recarsi a Verona per la suddetta cerimonia religiosa e soggiornare in Italia per un periodo di trenta giorni. Tale procedura, ai sensi dell'articolo 25 del Codice comunitario dei visti (Reg. CE 810 del 2009), è stata attivata dall'Ambasciata, d'intesa con i competenti uffici del Ministero degli affari esteri e con la prefettura di Verona, in considerazione del profilo umanitario della vicenda.
  Si è, dunque, trattato di una specifica fattispecie, riservata dalla normativa comunitaria a meri casi eccezionali, in deroga ai requisiti previsti per il rilascio dei visti Schengen al fine di valutare se il richiedente presenti un rischio di immigrazione illegale. La collaborazione con la locale prefettura ha, inoltre, offerto maggiori garanzie sul motivo del viaggio dell'interessata in Italia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   FRASSINETTI, DE ANGELIS, PISO, CICCIOLI, CENTEMERO, ZAZZERA, BARBARO, HOLZMANN, GRIMOLDI, SALTAMARTINI, GINEFRA, SBAI, LISI e DIMA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione culturale «L'Amicizia» (As Sadakah) – centro italo-arabo per il Mediterraneo –, attiva dal 1994 nel promuovere iniziative di dialogo tra l'Italia e tutti i Paesi arabi, aveva organizzato nei giorni scorsi una serie di incontri istituzionali in Italia dei parlamentari siriani Maria Saadeh (rappresentante della comunità cristiano-cattolica), Wail Al Ghabra (leader moderato dell'indipendente Waid 3) e Samir Al Khatib (scrittore ed esponente del Baath, partito di maggioranza a Damasco) con parlamentari e politici italiani, con la stampa, con il comitato Italia-Siria, con la comunità siriana di cittadinanza italiana, con la comunità di Sant'Egidio;
   il Ministro interrogato avrebbe fatto pressione sull'ambasciata d'Italia a Beirut, affinché venissero negati i visti di ingresso alla delegazione siriana in occasione dei suddetti incontri con le istituzioni italiane;
   gli incontri tra la delegazione parlamentare siriana, costituita da rappresentanti di maggioranza e di opposizione del Parlamento eletto legittimamente in Siria, e i membri delle nostre istituzioni erano improntati su principi di dialogo e pace, organizzati allo scopo di ricercare una soluzione diplomatica alla grave crisi che da tempo interessa la Siria;
   il diniego del visto alla delegazione siriana, la cui visita in Italia era stata programmata da lungo tempo, rappresenta un atto di inaudita gravità che vanifica i tentativi di dialogo e cooperazione tra Italia e Siria che il Centro Italo Arabo aveva tentato di perpetuare con il supporto delle istituzioni parlamentari;
   la ricerca della pace e della tolleranza tra i popoli attraverso il dialogo e la diplomazia rientra tra le finalità della Nostra Repubblica espresse nei principi costituzionali consacrati nell'articolo 11 della Costituzione che così recita: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo» –:
   se corrisponda al vero quanto esposto in premessa relativamente alle pressioni esercitate dal Ministro interrogato per il diniego dei visti di ingresso ai parlamentari siriani e, nel caso in cui tale circostanza risulti veritiera, quali siano le ragioni per le quali il Ministro interrogato abbia ostacolato il rilascio dei visti d'ingresso alla delegazione dei parlamentari siriani. (4-18099)

  Risposta. — Con riferimento a quanto richiesto dagli interroganti, si segnala che in merito alla richiesta di visto dei tre parlamentari siriani Maria Saadeh, Waeel Al Ghabra, Sameer Al Khateeb, alla luce di un attento esame della complessiva normativa comunitaria vigente, gli Uffici competenti hanno ritenuto non vi fossero i presupposti per il rilascio del visto.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i provvedimenti previsti dalla legge 4 novembre 2011, n. 183, in materia di trattamento previdenziale del personale volontario dei vigili del fuoco tardano a materializzarsi. Conseguentemente non risulta ancora raggiunta la situazione di parità di trattamento tra prestazioni dovute al personale permanente e quello volontario del Corpo nazionale;
   eppure l'esposizione al rischio è la medesima, dal momento che i vigili del fuoco volontari sono inseriti nell'organico delle squadre permanenti, partecipando a tutte le attività del soccorso tecnico urgente;
   le associazioni di categoria hanno più volte richiamato l'attenzione del Governo sulle questioni precedentemente generalizzate;
   in numerose realtà territoriali risulta altresì fortemente compromessa la possibilità di garantire continuità operativa ai distaccamenti volontari dei vigili del fuoco;
   in occasione della più recente sessione di bilancio sono state introdotte ulteriori disposizioni di natura chiaramente vessatoria per gli aspiranti vigili del fuoco volontari, ponendo a loro carico anche i costi da sostenere per gli accertamenti sanitari propedeutici al reclutamento;
   è stata infine prevista una sensibile contrazione del volume dei vigili volontari da reclutare –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito al futuro della componente volontaria del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed, in particolare, se non se ne preveda la cancellazione, come si conti di assicurarne la sopravvivenza nei prossimi anni. (4-16062)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto l'interrogante chiede di conoscere gli orientamenti del Governo in merito al futuro della componente volontaria del corpo nazionale del vigili del fuoco.
  Al riguardo, le più recenti disposizioni, contenute nella legge 12 novembre 2011, n. 183 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012», hanno determinato una sostanziale riduzione del numero dei richiami dei vigili volontari, con ripercussioni sull'assetto organizzativo sia degli uffici centrali che periferici del corpo.
  Per far fronte a tale riduzione ci si è avvalsi di una nuova organizzazione del sistema dei richiami, attraverso una periodicità non più trimestrale ma quadrimestrale e nel contempo privilegiare l'impiego della componente volontaria del corpo nazionale dei vigili del fuoco nei servizi dislocati sul territorio piuttosto che a livello centrale.
  Inoltre, il comma 13 dell'articolo 4 della legge di stabilità 2012 ha previsto che il capo del dipartimento dei vigili del fuoco abbia il compito di stabilire, con cadenza triennale e sulla base delle esigenze operative che verranno all'uopo manifestate, il contingente massimo dei nuovi reclutamenti a domanda, facendo salvo, in prima applicazione, il personale volontario che, alla data del 31 dicembre 2011, sia iscritto o abbia presentato domanda di iscrizione negli appositi elenchi.
  Quanto alle risorse destinate ai richiami del personale volontario, si evidenzia che la citata legge 183/2011 ha ridotto gli stanziamenti per il 2012, per il 2013 ed il 2014. Ciò ha comportato una diminuzione dei richiami per il corrente anno.
  Il Ministero dell'interno – per attenuare gli effetti di tale riduzione – ha predisposto un'apposita proposta normativa che prevede l'utilizzo del fondo di cui all'articolo 33, comma 8, della legge 12 novembre 2011, n. 183 per la quota parte destinata al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, destinando la somma di euro 27.438.036 alla spesa per la retribuzione del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco nel 2012.
  Tale proposta è stata recepita dall'articolo 4, comma 2 del decreto legge n. 79 del 2012, convertito, con modificazioni, nella Legge 131 del 7 agosto 2012.
  Con tali risorse sarà possibile «recuperare» circa 11.800 richiami, limitando la riduzione complessiva, con conseguente possibilità di effettuare almeno 52.160 richiami nel 2012 (a fronte dei 67.160 del 2011).
  Si rappresenta, infine, a conferma dell'attenzione nei confronti dei vigili volontari, che in ordine alle esigenze operative dei distaccamenti volontari, nonostante la riduzione complessiva delle risorse finanziarie, il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha adottato – con circolare del 15 maggio scorso – disposizioni volte a mantenere l'operatività dei suddetti distaccamenti.
  Nella medesima prospettiva questo Ministero ha assunto iniziative in merito alle criticità segnalate sulla formazione dei volontari finalizzata anche al conseguimento di patenti per la conduzione dei mezzi dei vigili del fuoco.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   rispondendo all'interrogazione 4-14219, il Governo ha precisato che i corsi di ingresso per i nuovi vigili del fuoco volontari debbono svolgersi senza maggiori oneri per lo Stato, utilizzando il personale formatore ed istruttore già in forza al corpo;
   nella medesima circostanza, il Governo ha altresì sottolineato come la formazione finalizzata al conseguimento di patenti per la conduzione di mezzi in forza al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia formalmente accessibile anche al personale volontario;
   in realtà, tuttavia, perché l'attività formativa a profitto dei nuovi vigili volontari sia svolta da personale formatore ed istruttore in forza al Corpo senza oneri aggiuntivi occorre il verificarsi di tutta una serie di condizioni, che in pratica implicano una possibilità di accedervi molto ridotta ed in definitiva l'esaurimento progressivo del ruolo dei vigili volontari;
   allo stesso modo, il personale volontario dei vigili del fuoco non pare veramente nelle condizioni di partecipare alle attività di formazione alla guida dei mezzi in dotazione al Corpo, essendo generalmente privo dei titoli richiesti per prendervi parte;
   le possibilità di accedere alle attività formative sopracitate a disposizione dei Vigili volontari sono sostanzialmente bassissime –:
   se il Governo sia intenzionato ad esaurire il ruolo dei vigili del fuoco volontari o ne preveda invece la sopravvivenza anche in futuro, ed in particolare se sia ipotizzabile qualche intervento per porre mano almeno alla formazione dei nuovi volontari in entrata nel Corpo.
(4-16152)

  Risposta. — Con l'interrogazione in oggetto si chiede quali sia la posizione del Governo in merito ai volontari del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  A tale proposito, si ribadisce, anche in questa occasione, che il volontariato è una componente fondamentale nella struttura del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco, sebbene la legge n. 183 del 2011 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2012) abbia ridotto la spesa per la retribuzione del personale volontario del corpo a partire dal 2012.
  Il Ministero dell'interno, consapevole del prezioso contributo che la componente volontaria presta a garanzia dell'incolumità dei cittadini, ha adottato iniziative di diversa natura volte a ridurre l'impatto del contenimento della spesa che ha interessato il corpo nazionale.
  In particolare, è stato emanato il decreto-legge del 20 giugno 2012, n. 79 che, all'articolo 4, riduce fortemente l'impatto dei tagli della spesa per la retribuzione del personale volontario.
  Sono state, inoltre, adottate altre concrete iniziative per venire incontro alle legittime e condivise istanze dei vigili volontari in ordine alle esigenze operative dei distaccamenti.
  Il dipartimento dei vigili del fuoco, infatti, con circolare del 15 maggio scorso, ha adottato disposizioni volte a mantenere l'operatività dei distaccamenti volontari, attraverso l'avvio di corsi di formazione del personale volontario.
  A tale riguardo, sarà data priorità alle esigenze dei distaccamenti volontari, che potranno inquadrare fra i nuovi organici gli aspiranti vigili volontari, che abbiano presentato domanda di arruolamento prima del 31 dicembre 2011.
  Inoltre, allo scopo di rendere la formazione più facilmente fruibile ed attuabile in termini di tempo ed in termini di personale docente o istruttore da impiegare nei corsi, si è presa in considerazione l'ipotesi di formare, in parte, gli aspiranti vigili volontari attraverso la formazione a distanza (F.A.D.).
  Le competenze teoriche verrebbero acquisite dagli aspiranti da postazioni internet private secondo orari completamente discrezionali, commisurati alle singole esigenze lavorative.
  Rimane, comunque, la formazione pratica affidata a personale istruttore professionale.
  Per quanto concerne l’iter per ottenere la patente di guida degli automezzi, il dipartimento dei vigili del fuoco, con la citata circolare del 15 maggio 2012, ha modificato ed integrato le tabelle riportanti i requisiti psicofisici per il rilascio ed il rinnovo delle abilitazioni alla conduzione dei mezzi nautici e terrestri del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Peraltro, è in fase di elaborazione una nuova circolare sulle patenti di guida terrestre, nell'ambito della quale è stata avanzata la proposta di diminuire i requisiti necessari per il personale qualificato volontario (capo squadra e capo reparto) al fine di poter essere impiegati come istruttori per l'abilitazione alla guida di II e III categoria del personale volontario.
  È stata, inoltre, presentata alle organizzazioni sindacali la proposta di impiego di ex personale permanente dei vigili del fuoco, con l'abilitazione di istruttore professionale, per la formazione del personale volontario.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   MANCUSO, BARANI, GIRLANDA, DE LUCA e CROLLA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Falun Dafa (letteralmente pratica della ruota della legge), o anche Falun Gong, è un movimento spirituale cinese fondato da Li Hongzhi nel 1992;
   la Falun Gong riprende un'antica forma di Qigong, che risale all'antica tradizione cinese ed è una pratica per purificare corpo e mente attraverso cinque esercizi, di cui quattro con movimenti lenti ed armoniosi ed un quinto di meditazione;
   in solo otto anni dalla sua introduzione al pubblico, la Falun Dafa si è sviluppata ed è diventata la forma più popolare di Qigong nella storia della Cina;
   la Falun Dafa si differenzia dalle altre pratiche di Qigong in quanto non enfatizza solo la pratica fisica, ma soprattutto la coltivazione del carattere morale di una persona nella vita quotidiana, in accordo con gli elevati principi universali di verità, benevolenza e tolleranza, insegnati dal maestro Li Hongzhi, fondatore e unico maestro della Falun Dafa;
   nella Falun Gong non esiste nessuna iscrizione formale né un'organizzazione: il numero reale dei praticanti in tutto il mondo non è noto proprio per la mancanza di iscrizioni o tesseramenti;
   il movimento afferma di non avere un'organizzazione gerarchica, ma solamente dei praticanti, di norma più attivi, che assicurano un minimo di coordinamento con gli altri gruppi e danno assistenza a chi vuole praticare; essi agiscono su base volontaria per assicurare la continuità dei luoghi di pratica;
   nel 1992 Li Hongzhi presenta al grande pubblico la Falun Dafa. Per 7 anni le autorità cinesi rimangono indifferenti riguardo al movimento e nel 1995 Li Hongzhi comincia a diffondere il movimento all'estero;
   il 25 aprile 1999, in seguito ad arresti di praticanti di Falun Gong avvenuti a Tientsin, circa diecimila praticanti di Falun Gong organizzano una manifestazione davanti alla sede del governo cinese (Zhongnanhai). Una delegazione viene ricevuta dal premier Zhu Rongji che dà ampie garanzie ai delegati. La manifestazione si scioglie e tutti tornano alle loro abitazioni;
   il 20 luglio 1999 Jiang Zemin afferma che il movimento rappresenta una minaccia alla stabilità sociale e politica della Cina, lancia una campagna di repressione su grande scala, e istituisce l'ufficio 610;
   nell'ottobre 1999 una legge legalizza la repressione e rende illegali tutte le organizzazioni definite eretiche. La legge è retroattiva e in questo modo tutti i praticanti si sentono minacciati;
   Jiang Zemin, che concentrava nelle sue mani le cariche di segretario del Partito comunista cinese, Presidente della Repubblica Popolare della Cina e capo dell'esercito, il 20 luglio 1999, iniziò la repressione a livello nazionale della Falun Gong, riferendosi alla pratica come a un «culto malvagio» che diffonde superstizioni per ingannare la gente. Jiang, condannò il gruppo attraverso i media controllati dallo stato, prendendo una posizione che il Governo cinese promuove tutt'oggi;
   quante siano le vittime non è possibile determinarlo con precisione, vista l'impossibilità di fare investigazioni accurate nei campi di detenzione. Le morti di 3571 persone delle carceri sono secondo i sostenitori stati uccisi dalle guardie carcerarie;
   le autorità cinesi sostengono che queste morti sono frutto dei suicidi o del rifiuto di cure mediche e di cibo da parte degli adepti di Li;
   la risoluzione H. Con. 188, approvata all'unanimità (420-0) dal Congresso degli Stati Uniti afferma: «La Falun Gong è un credo personale pacifico e non violento e una pratica con milioni di aderenti nella Repubblica Popolare Cinese e altrove. [...] La propaganda da parte dei media controllati dallo stato nella RPC ha inondato il pubblico nel tentativo di generare odio e discriminazione»;
   il partito comunista cinese afferma che la pratica ha spostato il suo obiettivo dalla coltivazione spirituale al movimento politico, basando questa affermazione sull'esistenza di numerosi siti web di sostegno alla Falun Gong;
   gli insegnamenti della Falun Gong proibiscono qualunque attività politica e i praticanti affermano di non essere interessati al potere;
   ad oggi il regime cinese ha rinchiuso decine di migliaia di praticanti del Falun Gong nei centri di detenzione, negli ospedali psichiatrici, nei centri di lavoro e di lavaggio del cervello, torturandoli con metodi di indicibile crudeltà, confermati più volte dall'ispettore del Comitato diritti umani delle Nazioni Unite Manfred Nowak;
   secondo «stime documentate», riferite dalla ricercatrice Arne Schwarz alla 21° sessione del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, sono 65.000 i morti tra i praticanti del Falun Gong in Cina, i cui corpi da ormai più di 13 anni forniscono la materia prima per il fiorente mercato degli organi –:
   se il Governo intenda farsi promotore presso l'Unione europea di un'azione diplomatica verso il Governo cinese, per chiedere la liberazione di tutti i membri della Falun Gong incatenati per il solo fatto di esserne adepti e senza avere commesso altri reati, se non d'opinione.
(4-17937)

  Risposta. — Il tradizionale e costante impegno dell'Italia in favore della libertà di religione o di credo è motivato dalla convinzione che si tratti non solo di un diritto fondamentale, ma anche di una pre-condizione per la pace e la sicurezza, tanto internazionali quanto all'interno dei singoli Paesi.
  Il caso nigeriano è emblematico del fatto che le tensioni, pur ascrivibili a varie cause, non ultime quelle legate ad aspetti socio-economici, ma aggravate da fattori religiosi, rappresentano una terribile minaccia per la pacifica convivenza tra cittadini e per la vita stessa di un Paese, in quanto suscettibili di innescare una spirale di odio e recriminazioni che tendono a sfociare in un’escalation di violenza.
  Per questa ragione, il Ministro Terzi ha più volte ricordato come, sul piano generale, la tutela delle minoranze religiose sia imprescindibile, affermando che bisogna inserire tutele nelle costituzioni, formare sulla tolleranza e collaborare sull'antiterrorismo.
  In sede dell'Unione europea questa posizione è stata recentemente rafforzata, anche a seguito dell'acuirsi del conflitto etnico-religioso in Nigeria, e tradotta in un'azione di stimolo, che il nostro Paese ha condotto su forte impulso del Ministro Terzi, affinché fosse aggiornato il database sulla situazione della libertà religiosa nei Paesi terzi, corredato d'informazioni aggiornate su alcune iniziative intraprese dalla Unione europea in materia nel corso soprattutto dei dialoghi politici avviati con i Paesi terzi, anche attraverso passi e dichiarazioni dell'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. A seguito dell'ampia discussione sul tema delle libertà religiose promosso dal Ministro Terzi alla riunione informale dei Ministri degli affari esteri della Unione europea dell'aprile scorso, è stato quindi avviato a Bruxelles un lavoro di consolidamento delle linee guida dell'Unione europea sulle libertà religiose che consentiranno una maggiore organicità e visibilità a questa tematica, così come avviene per un limitato numero di grandi priorità dell'Unione in materia di diritti umani. Sempre grazie a questa incessante opera di sensibilizzazione condotta in prima persona del Ministro Terzi, nella nuova strategia della Unione europea sui diritti umani adottata dal consiglio affari esteri il 25 giugno la libertà di religione è stata annoverata tra le principali priorità.
  Esaminando più specificamente il caso nigeriano, la strategia di cui l'Italia si è fatta portavoce nei consessi internazionali e soprattutto in sede di Unione europea si fonda su tre livelli:
   1) sostegno agli sforzi del Governo della Repubblica federale di Nigeria volti a garantire stabilità attraverso il rispetto delle leggi e delle regole di convivenza civile sull'esempio delle numerose attività di capacity building condotte in favore delle forze di sicurezza nigeriane negli ultimi anni;
   2) sulla base della ferma convinzione che tra le ragioni alla base della discriminazione religiosa e dell'odio razziale vi siano il bisogno e la mancanza di opportunità a disposizione degli individui, intervenire sulle condizioni sociali, politiche ed economiche che favoriscono le infiltrazioni di gruppi terroristici e criminali i quali si servono della religione quale strumento volto a giustificare atti efferati ai danni di minoranze e popolazione civile;
   3) favorire il dialogo interreligioso e l'educazione per appianare le apparenti divergenze ideologiche, sociali e religiose e favorire la pace. In questo senso, va valorizzato il ruolo della società civile, delle organizzazioni non governative e delle istituzioni scolastiche nigeriane.

  La Nigeria richiede infatti un'attenzione particolare in quanto paese più popoloso dell'Africa sia come numero complessivo di abitanti, stimato in 170 milioni, che come popolazione di fede cristiana, 76 milioni, il 48 per cento del totale. Dal punto di vista della sicurezza, sullo sfondo di una diffusa povertà (la percentuale della popolazione delle regioni settentrionali che vive con meno di un dollaro al giorno è salita al 70,4 per cento) e nell'ambito degli endemici conflitti etnico-religiosi per l'accesso alle risorse, per il controllo del territorio e per la conquista del potere politico a livello locale, si è innestato il fondamentalismo del gruppo conosciuto come Boko Haram e l'attività di gruppi criminali, che mirano a destabilizzare le fondamenta istituzionali e ad arricchirsi. Numerosi sono stati gli attentati perpetrati per intimidire personalità politiche e religiose, anche musulmane contrarie ai disegni di Boko Haram, nonché contro edifici legati alla sicurezza.
  L'Italia ha finora prestato la propria collaborazione per l'addestramento delle forze di sicurezza del Paese nelle misure di contrasto al terrorismo, la promozione del dialogo interreligioso e il miglioramento delle condizioni sociali, politiche ed economiche che favoriscono le infiltrazioni di gruppi terroristici e criminali. Dal 2007 più di 300 agenti di sicurezza nigeriani hanno svolto periodi di formazione in Italia presso il CoESPU (centro di eccellenza per le Police Stability Units) di Vicenza; 20 hanno concluso un periodo di formazione presso la scuola della guardia di finanza di Orvieto, incentrato in particolar modo sul controllo delle frontiere e delle dogane; altri 20 agenti nigeriani hanno iniziato un corso simile presso la scuola della polizia di Cesena e 13 hanno svolto una preparazione on the job con la Polizia di frontiera italiana. 84 milioni di euro sono stati destinati dal nostro Paese al fondo europeo di sviluppo 2008-2013 per quel Paese e 74 milioni di euro nell'ambito degli interventi previsti da Bruxelles per l'Africa occidentale in generale.
  Negli ultimi anni l'Italia e la Nigeria hanno concluso vari accordi di cooperazione nell'ambito della lotta ai gruppi terroristici, al crimine organizzato e al traffico di esseri umani (memorandum dell'11 novembre 2003), tra cui vale menzionare l'intesa di collaborazione tra Italia, Nigeria e Interpol, firmata il 17 febbraio 2009, e il protocollo di collaborazione del dicembre 2010 tra la Direzione Nazionale Antimafia e il Naptip (National agency for prohibition of traffic in persons) nigeriano nel contrasto alla tratta degli esseri umani e il riciclaggio di denaro sporco. Il nostro Paese finanziera insieme al Regno Unito ed attraverso Unicri (United nations interregional crime and justice research institute) delle attività per rafforzare le capacità nigeriane in materia di sistema penale, da realizzare dal Centro di Lucca sul contrasto al Terrorismo sulla base del «memorandum di Roma» sulle misure di contrasto all'estremismo violento nell'ambito del Gctf (Global counter terrorism force). Il nostro Paese sta valutando la possibilità di contribuire a rafforzare, assieme ad altri partner dell'Unione europea e alle Nazioni Unite, le capacità nigeriane di applicazione del memorandum di Roma sulla Prevenzione della radicalizzazione nelle carceri, adottato nella primavera scorsa dal Gctf.
  Le posizioni ed iniziative italiane sul tema della tutela delle minoranze religiose, sottolineando la necessità di collaborazione a livello bilaterale e multilaterale per evitare l'espansione del terrorismo e della violenza integralista, è stata di recente ribadita dall'inviato per le emergenze umanitarie del Governo italiano, onorevole Margherita Boniver, in occasione della sua ultima missione africana.
  Anche il nostro ambasciatore ha recentemente ribadito al nuovo consigliere per la sicurezza nazionale della Nigeria le preoccupazioni italiane per l'aggravarsi della situazione nel Paese e l'auspicio che le autorità dedichino un'attenzione prioritaria ai diritti dei gruppi religiosi, specialmente cristiani, particolarmente minacciati dai gravi episodi di violenza.
  Merita infine sottolineare come anche l'alto rappresentante Catherine Ashton abbia rilasciato nel mese di giugno, a seguito di un’escalation delle violenze, una dichiarazione in cui si è detta «inorridita dai terribili attacchi alle Chiese cristiane in Nigeria» e «profondamente dispiaciuta» per le reazioni violente contro i membri della comunità musulmana. Ha, inoltre, condannato ogni genere di violenza che ha provocato la perdita di vite umane affermando la necessità di punire i responsabili di tali atrocità. L'alto rappresentante ha poi ribadito l'impegno dell'Unione europea nella cooperazione con il Governo e con la popolazione nigeriana per cercare di instaurare un dialogo tra le diverse comunità religiose, onde prevenire simili tragici eventi, nonché la collaborazione europea per affrontare le cause soggiacenti ai problemi socio-economici che affliggono il nord del Paese, lavorando con le autorità per rendere più efficace la lotta al terrorismo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   MARINELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la normativa della direzione investigativa antimafia (DIA) attribuisce a questo organismo investigativo interforze una competenza monofunzionale di contrasto alle organizzazioni mafiose, nelle loro diverse declinazioni;
   trattasi di un ufficio centrale che opera sull'intero territorio nazionale, al di fuori delle articolazioni gerarchiche, strutturali e territoriali del dipartimento;
   la piena operatività della DIA è stata fortemente penalizzata anche dal mancato rispetto delle previsioni normative;
   in particolare, ad esempio, nonostante la normativa istitutiva – preveda – per la copertura della pianta organica – un concorso unico nazionale riservato ad operatori con specifiche competenze in materia di contrasto alla criminalità organizzata, al fine di garantire l'accesso a persone altamente qualificate, attualmente il reclutamento avviene solo a chiamata diretta del personale, impoverendo così il livello professionale degli operatori;
   la carenza di organico è perenne, considerato un organico attuale di circa 1300 persone a fronte di compiti che richiederebbero almeno 2500 unità;
   a fronte di una crescente complessità delle attività di contrasto delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, vi è stata di contro una costante riduzione dei fondi, passati dei 28 milioni di euro nel 2001 ai 9 milioni di euro nel 2012;
   alle già note difficoltà di coordinamento e cooperazione con la polizia giudiziaria, si aggiunge la creazione di organismi che duplicano l'attività della direzione investigativa antimafia (GICEX; GICER; GITAV) con poteri di indagine meno incisivi e posti, anziché sotto la direzione investigativa antimafia, sotto la direzione centrale di polizia criminale –:
   se il Governo non ritenga di dare piena attuazione alla normativa istitutiva della direzione investigativa antimafia, ad esempio il reclutamento del personale attraverso il previsto concorso nazionale;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per combattere seriamente l'infiltrazione nel tessuto economico sociale delle organizzazioni criminali, dotando la direzione investigativa antimafia delle necessarie risorse finanziarie per compiere appieno le missioni di contrasto alle mafie;
   quali politiche si intendano attuare per evitare iniziative o provvedimenti estemporanei che vanno nella direzione opposta a quelle delle imprescindibili esigenze di un coordinamento efficiente.
(4-15533)

  Risposta. — A vent'anni dalla sua costituzione, la Direzione investigativa antimafia mantiene il suo ruolo strategico per il contrasto alla criminalità organizzata, sia sul versante delle investigazioni preventive, sia su quello delle investigazioni giudiziarie su disposizione della direzione nazionale antimafia.
  Per un'analisi dell'attuale situazione occorre tener conto delle modalità con le quali la normativa intervenuta in materia, in particolare dal 2008, ha inciso sulle competenze della Direzione investigativa antimafia, anche con riferimento ai rapporti con le Forze di polizia, nonché delle concrete strategie adottate e delle azioni di contrasto della criminalità nei settori di specifica competenza.
  La Direzione investigativa antimafia ha uno spazio operativo di significativa valenza in settori specifici: oltre all'aggressione dei patrimoni di mafia, si evidenzia il ruolo propulsivo e propositivo nella conduzione di investigazioni giudiziarie che hanno consentito di incidere sui beni illecitamente accumulati dalla criminalità organizzata.
  Peraltro, la nuova piattaforma normativa antimafia, la cui disciplina è confluita nel cosiddetto «codice antimafia», ha ulteriormente formalizzato, con norme primarie, la missione prioritaria affidata alla Direzione investigativa antimafia di aggressione di patrimoni mafiosi attraverso le «investigazioni preventive finalizzate ai sequestri dei patrimoni illeciti, lo sviluppo delle operazioni finanziarie sospette ed i monitoraggi degli appalti pubblici». Tale finalità viene perseguita anche grazie all'attività del consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, cui è deputata l'elaborazione delle strategie di contrasto alla criminalità, la razionalizzazione delle risorse impiegate, nonché la periodica verifica dei risultati conseguiti.
  Proprio per le considerazioni sin qui esposte appare evidente come non rientri nelle intenzioni del Governo procedere a un ridimensionamento della Direzione investigativa antimafia, anzi è stato potenziato il dispositivo territoriale attraverso l'istituzione di una sezione operativa a Bologna.
  Nonostante le difficoltà economiche, verrà garantita l'operatività della nuova struttura, almeno in una prima fase ad invarianza della forza organica della Direzione investigativa antimafia, con una manovra delle risorse a disposizione.
  Il Governo è ben consapevole del ruolo strategicamente rilevante svolto dagli uomini della Direzione investigativa antimafia e della necessità di migliorare la funzionalità e l'operatività della struttura, nonché tutelare la posizione dei dipendenti compatibilmente con le esigenze della finanza pubblica.
  Pur in una fase di contenimento della spesa pubblica e di limitazione al turnover anche per il personale delle Forze di polizia, non è stata prevista alcuna riduzione dell'organico della Direzione investigativa antimafia. Di fronte all'urgente necessità di contenimento della spesa, il Governo con la legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011) ha preferito intervenire sul trattamento economico aggiuntivo ristabilendo così un principio di equità tra gli operatori di polizia. Gli appartenenti alle strutture territoriali delle Forze di polizia, infatti, non godono del trattamento economico accessorio percepito dal personale interforze della Direzione investigativa antimafia. E ciò anche quando il personale dell'arma dei carabinieri, della guardia di finanza, del corpo forestale dello Stato è chiamato a far parte di settoriali gruppi di lavoro che effettuano controlli antimafia sul territorio.
  Occorre, tuttavia, evidenziare – rispetto a questa previsione – che è stato istituito un fondo volto al finanziamento di misure perequative per il personale appartenente al comparto sicurezza e difesa e al corpo nazionale dei vigili del fuoco, che interessa anche il personale appartenente alla Direzione investigativa antimafia.
  Rispetto all'originario disegno della Direzione investigativa antimafia vi è stato un parziale scostamento nell'attuazione pratica dell'iniziale progetto.
  È da escludere, tuttavia, che tale struttura abbia finito per sovrapporsi nell'ambito operativo e funzionale delle altre componenti del sistema della sicurezza. Il suo sviluppo nel tempo, è stato piuttosto orientato a farne emergere la vocazione specialistica, che non sembra aver sofferto, in maniera particolare, della mancanza di un'attribuzione esclusiva di compiti in materia di lotta alle mafie.
  In tale contesto sono ovviamente indispensabili forme di raccordo che scongiurino sovrapposizioni disfunzionali per l'andamento e il buon esito delle indagini.
  Fino ad oggi i risultati ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata costituiscono un sintomo di un'efficace sinergia – anche sul piano dell'attività di investigazione delegata – tra le varie specialità costituite nell'ambito delle varie Forze di polizia.
  Il patrimonio di professionalità espresso dagli operatori della sicurezza è indispensabile nelle attività di polizia giudiziaria che presentano un grado elevatissimo di complessità anche in ragione delle proiezioni internazionali e delle alleanze transnazionali che connotano la minaccia globale rappresentata dalle organizzazioni criminali.
  La conoscenza del fenomeno, i successi investigativi degli ultimi anni, di cui è prova la cattura di pericolosi latitanti, e l'impegno costante nella ricerca di nuovi strumenti operativi hanno, infatti, portato all'adozione di progetti di contrasto sempre più flessibili ed adeguati.
  In questo senso, riveste assoluta priorità il coordinamento investigativo, soprattutto nel corso delle indagini che si proiettano oltre i confini nazionali, in una piena condivisione del patrimonio informativo ed anche attraverso un convinto rafforzamento della cooperazione internazionale.
  In questo ambito è stata realizzata una mappatura completa, a livello nazionale, dei sodalizi criminali e dei singoli affiliati operanti sul territorio, attraverso un progetto informatico denominato «M.a.cr.o.» (Mappe della criminalità organizzata). Già avviato, nei mesi scorsi, nelle province di Salerno, Benevento ed Avellino, il progetto sarà esteso, in prospettiva, a tutto il territorio nazionale, consentendo la condivisione delle informazioni acquisite nonché la quantificazione dei sodalizi e dei rispettivi affiliati.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comma 5 dell'articolo 5 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella legge n. 78 convertito nella legge n. 122 del 2010, afferma come: «Ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro o seduta»;
   il comune di Gussago, con nota protocollo n. 33320 del 16 novembre 2011, ha formulato alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, una richiesta di parere relativa all'interpretazione del citato comma 5, articolo 5, chiedendo, nello specifico, se la disposizione si applichi anche al caso in cui un consigliere comunale viene nominato, successivamente, revisore in un altro comune della medesima provincia e se la disposizione, viceversa, si applichi anche al caso inverso, ovvero quando un revisore di un comune venga successivamente eletto consigliere comunale in un altro comune della stessa provincia;
   la Sezione regionale della Corte dei conti di controllo per la Lombardia, nell'adunanza del 6 dicembre 2011, n. 666 del 2011, ha stabilito come il citato articolo 5, comma 5, e il comma 2 dell'articolo 6 e concernente il valore del gettone di presenza da parte dei consiglieri comunali a consigli e commissioni, attribuisca al destinatario sostanzialmente il medesimo trattamento economico e consistente esclusivamente nel diritto al rimborso delle spese sostenute e alla corresponsione, ove prevista, di 30 euro a titolo di gettone di presenza per seduta giornaliera;
   la citata sentenza della Corte dei conti richiama la delibera della sentenza n. 155 del 2011 senza discostarsi da questa e parifica altresì le due fattispecie, oggetto della richiesta del comune di Gussago;
   la normativa vigente e il parere della Corte dei conti stanno provocando dei gravi effetti sugli enti locali, limitando notevolmente la possibilità per gli amministratori locali per la partecipazione attiva di questi alla vita politica del proprio comune, principale riferimento della pubblica amministrazione per i cittadini –:
   se non ritenga opportuno, in ragione della assoluta importanza della partecipazione alla vita politica dei membri dei consigli comunali e dell'interpretazione estremamente restrittiva della Corte dei conti, fornire gli opportuni chiarimenti sulla vicenda ed adottare altresì le opportune iniziative per fornire una interpretazione della norma. (4-15739)

  Risposta. — L'interrogante chiede a questa amministrazione di assumere iniziative dirette ad intervenire sulla normativa vigente prevedendo, per i titolari di cariche elettive degli enti locali che siano anche titolari di incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, la possibilità di optare per la percezione dell'indennità di funzione ovvero del compenso previsto per l'espletamento dell'incarico.
  Com’è noto, l'articolo 5, comma 5 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto che, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, ove non si verifichino ipotesi d'incompatibilità, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute. Eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta.
  Inoltre, l'articolo 6, comma 2, del predetto decreto-legge n. 78 del 2010 prevede che «la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica».
  Sul punto il legislatore è intervenuto recentemente con una norma d'interpretazione autentica, stabilendo – con il comma 2-bis dell'articolo 35 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni, nella legge 4 aprile 2012, n. 35 – che la disposizione di cui al citato articolo 6, si interpreta nel senso che «... il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali e della titolarità di organi degli enti che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica è previsto per gli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e sindacali e dai revisori dei conti».
  La citata interpretazione non appare estensibile all'ipotesi disciplinata dall'articolo 5, comma 5, del citato decreto-legge n. 78 del 2010, norma che fissa il principio – come già detto in premessa – della gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive.
  Sull'interpretazione del citato articolo 5, comma 5, è recentemente intervenuta la Corte dei conti – Sezione Lombardia, che con pareri del 16 maggio 2012, n. 199 e del 31 maggio 2012, n. 257, ha sottolineato che «... al soggetto che è titolare di carica elettiva è preclusa la possibilità di percepire emolumenti per lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni».
  Si soggiunge che la gratuità dell'incarico, prevista dal citato articolo 5, risponde alla ratio di evitare il cumulo di incarichi retribuiti e di perseguire in tal modo, attraverso un risparmio della spesa corrente, l'equilibrio della finanza pubblica complessiva (Confrontare Corte Costituzionale n. 151 del 2012).
Il Sottosegretario di Stato per l'internoSaverio Ruperto.


   PALAGIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) considera il suicidio come un problema complesso, non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso. Esso sembra piuttosto derivare da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali;
   in tutte le nazioni, il suicidio è attualmente tra le prime tre cause di morte nella fascia di età 15-34 anni. Coinvolge quindi, in maniera particolare, i giovani;
   quella di togliersi la vita non è una decisione che arriva da un giorno all'altro, per questo motivo l'ambiente sociale, affettivo e lavorativo, e le abitudini di vita, incidono in maniera spesso determinate su questa estrema decisione;
   tra i fattori di rischio socioculturali si annovera, secondo uno studio condotto da La Sapienza – Università di Roma, «l'esposizione ad atti di suicidio anche attraverso i media»;
   i media sono senza dubbio lo specchio sul mondo, specie per i giovani che sempre più spesso utilizzano la Rete per comunicare, informarsi, vivere;
   oggi il web è il mezzo attraverso il quale la maggior parte delle persone recepisce informazione, prima ancora dei classici mezzi di informazione di massa;
   attraverso la rete è possibile riuscire a mettersi in contatto con moltissime persone e, proprio per questo, con esperienze di vita diverse e spesso estreme;
   da una ricerca attraverso i più importanti motori di ricerca è emerso che esistono moltissimi siti web dove è possibile reperire informazioni dettagliate sulle diverse «tecniche» di suicidio. In alcuni di questi siti sono addirittura riportati i pro ed i contro di un metodo rispetto all'altro e descritte nei minimi particolari le tipologie di suicidio e gli effetti;
   esistono anche dei blog che raccontano storie di suicidio, spesso in prima persona, in cui – attraverso un linguaggio affabile e accattivante – si accompagna il lettore all'atto estremo;
   oltre ai portali dedicati, sono innumerevoli i video, reperiti in particolare su You Tube, in cui è possibile vedere scene di suicidio. È ovvio che il più delle volte si tratta di falsi, ma sono pur sempre la messa in scena di un atto che è tutt'altro che divertente, ma anzi provocato da autentica disperazione;
   molti sono anche i forum che si occupano del tema. Forum in cui persone chiedono consigli su come suicidarsi. Il più delle volte questi spazi di discussione virtuale sono liberamente visionabili da chiunque si trovi in rete;
   uno studio inglese, pubblicato sul British Medical Journal, condotto da un gruppo di studiosi degli atenei di Bristol e Oxford ha evidenziato il contributo che il web offre a chi pensa al suicidio;
   digitando dodici parole inerenti il suicidio in quattro diversi motori di ricerca si è arrivati ad ottenere più o meno gli stessi risultati: in cima alla ricerca sono sempre gli stessi tre siti ad apparire, siti che incitano la pratica suicida. Il 20 per cento dei siti apparsi nella prima pagina della ricerca sono pro suicidio, antisuicidio solo il 13 per cento;
   da quanto risulta allo scrivente alcune persone, in Italia, vivendo in un momento di profonda sofferenza e fragilità emotiva, hanno trovato, attraverso la rete, la motivazione finale alla decisione di togliersi la vita –:
   se non intenda avviare uno studio, sul modello di quello condotto dalla scuola inglese, per valutare anche quale sia il reale impatto di questo materiale virtuale sul tasso di suicidi nel nostro Paese;
   se non intendano assumere iniziative volte a limitare la diffusione di certi siti web, rispettando la libertà di espressione garantita dalla nostra Carta costituzionale ma allo stesso tempo tutelando la vita – così come questo Governo ha la prerogativa di fare – di tutte quelle persone che si trovano in un momento di profonda sofferenza ed instabilità psicologica e che potrebbero essere influenzate dalla visione di certe immagini, o dalla lettura di certi dettagli sulla maniera «migliore» di porre fine alla propria vita. (4-06733)

  Risposta. — Il suicidio è un fenomeno sociale complesso che colpisce ogni paese e ogni cultura, causando molti morti soprattutto tra i giovani. Attualmente infatti, come sottolinea l'interrogante, è tra le prime cause di morte per i giovani di età compresa tra i 15 ed i 34 anni.
  Il vuoto legislativo che circonda la galassia di internet lascia poco spazio a soluzioni più decise dei filtri o dell'autoregolamentazione ma, da una ricognizione compiuta presso gli uffici periferici della polizia postale e delle comunicazioni, emerge una casistica numericamente limitata di casi in cui gli aspiranti suicidi abbiano utilizzato internet per veicolare la notizia delle loro volontà.
  Gli spazi web sui quali vengono pubblicati tali annunci di suicidio sono molto vari: profili di social network, blog personali, forum tematici, siti di giochi di ruolo. In questi spazi web ci sono soggetti che dichiarano la loro personale volontà di suicidarsi e gruppi di persone che scambiano informazioni sulle modalità di compiere un suicidio.
  Alcune segnalazioni relative alla volontà di suicidarsi sono giunte in passato direttamente al sito www.commissariatodips.it. Ogni qualvolta tale evenienza si è verificata – eseguiti presso il servizio polizia postale i dovuti accertamenti tecnici finalizzati all'individuazione dell'IP dell'utente mittente del messaggio – sono stati interessati gli uffici territorialmente competenti affinché, preso in carico il caso, potessero valutare e programmare adeguate misure preventive.
  La continua attività di monitoraggio della rete internet, svolta dal personale della specialità, conduce periodicamente all'individuazione di spazi dedicati al tema del suicidio, sia nell'ottica della prevenzione che in quella della repressione di eventuali reati connessi.
  Il servizio polizia postale e delle comunicazioni ha recentemente creato contatti informali con enti pubblici e privati attivi da anni nella prevenzione del suicidio e presenti on-line con numeri verdi e/o spazi web dedicati alla trattazione della tematica (telefono amico-cevita www.telefonoamicocevita.it, web amico www.internetamico.it, centro per lo studio e per la prevenzione dei disturbi dell'umore e del suicidio presso l'Università degli studi La Sapienza di Roma www.prevenireilsuicidio.it) con la finalità ultima di definire adeguate procedure per la gestione dei casi e la realizzazione di un'eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali, nonché per un'auspicabile cooperazione in materia di prevenzione del rischio suicidio tra i giovani. In tale ottica, il servizio polizia postale e delle comunicazioni ha messo in contatto gli enti sopra citati con un importante social network americano – molto frequentato dagli internauti italiani – interessato a promuovere iniziative di sensibilizzazione e informazione sul suicidio.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 15 febbraio 2012 il mercantile italiano Enrica Lexie, in navigazione al largo delle coste indiane, è rimasto coinvolto in un incidente dai contorni ancora non esattamente definiti;
   sulla ricostruzione dei fatti si scontrano le versioni italiana, secondo cui sarebbe stato respinto un attacco di pirati, e quella indiana, per la quale due marò in servizio sul mercantile avrebbero causato la morte di due pescatori indiani, colpendoli con colpi d'arma da fuoco dopo averli scambiati per pirati;
   a seguito dell'accaduto le autorità indiane hanno preteso e ottenuto l'attracco presso il porto di Kochi del nostro mercantile e la consegna dei nostri due militari, con l'intento di farli giudicare dalla giustizia indiana;
   allo stato, l'Enrica Lexie, per il quale un tribunale locale ha autorizzato una perquisizione, è ancorato nel porto di Kochi, mentre i nostri due marò, appartenenti al reggimento San Marco, sono trattenuti in stato di fermo dalla polizia indiana, e in tale stato rimarranno per altri 14 giorni, prima di essere sottoposti a processo;
   nel merito della vicenda, l'unica certezza finora emersa è che l'incidente, qualsiasi sia stato, è avvenuto in acque internazionali, come confermato sia dalle autorità italiane che indiane, cosa che, secondo le norme del diritto internazionale, determinerebbe la competenza delle indagini in capo alla giustizia italiana –:
   quale sia stata, nell'occasione, la catena di comando che ha determinato, nell'ordine, l'uscita del mercantile dalle acque internazionali, l'attracco presso un porto indiano e, soprattutto, la consegna dei nostri due militari alle autorità indiane;
   se non si ritenga opportuno avviare, per quanto di competenza, un'indagine interna per acclarare le responsabilità di tale condotta che ha determinato, al momento, la detenzione di due nostri militari e il sequestro di un nostro mercantile.
(4-15077)

  Risposta. — Vorrei in premessa chiarire, con riferimento alla vicenda occorsa lo scorso 15 febbraio al mercantile M/N Enrica Lexie, che la ferma opposizione del nostro Governo a ogni pretesa indiana di effettuare investigazioni sulla nave e sul personale a bordo, si è accompagnata alla decisa affermazione della giurisdizione italiana sul caso, in conformità al diritto internazionale generale e convenzionale, in quanto il fatto è avvenuto in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana e ha visto il coinvolgimento di militari italiani – facenti parte del nucleo militare di protezione (NMP) a bordo del mercantile – operanti nell'ambito di un'operazione antipirateria raccomandata da norme internazionali.
  Ciò posto, preciso che la M/N Enrica Lexie è stata indotta a entrare nelle acque territoriali indiane dalle autorità locali dello Stato del Kerala, che hanno chiesto al mercantile di dirigere in porto, per collaborare all'identificazione di alcuni sospetti pirati fermati nell'area in cui l'unità era stata interessata all'evento.
  Nella fattispecie, l'autorizzazione a procedere verso le acque territoriali indiane è stata data dalla compagnia armatrice, una volta contattata dal comandante della nave. Ciò, tuttavia, per la presenza del Nucleo militare di protezione a bordo, è avvenuto a seguito di preventiva informazione della catena di comando militare nazionale, che, peraltro, sulla base del quadro di situazione a quel momento noto, non aveva ravvisato elementi che potessero indurre a negare un'attività di collaborazione con uno Stato anch'esso coinvolto nella lotta alla pirateria.
  Al momento della richiesta di dirigere in porto, quindi, non vi erano motivi per sospettare quanto sarebbe poi accaduto e soddisfare tale richiesta appariva in linea con la naturale collaborazione internazionale tra Stati. È evidente, dunque, che si è trattato di giudizi e conseguenti decisioni che solo successivamente hanno dovuto confrontarsi con un contesto di riferimento assai diverso e carico di ben più ampie criticità.
  Quanto all'opportunità di avviare un'indagine interna, faccio presente che, come da regole in vigore, sono stati disposti gli accertamenti del caso.
  Peraltro, come noto, è stata recentemente approvata, presso la 4a commissione difesa del Senato, la risoluzione n. XXIV-46 che prevede tra gli impegni al Governo, anche quello di rivedere e di ottimizzare il Protocollo d'Intesa siglato tra il Ministero della difesa e la Confederazione Italiana Armatori (Confitarma).
  Al riguardo, sono già in avanzato stato di definizione le modifiche di tale protocollo.
  Concludendo, assicuro che il Governo continua a riservare alla vicenda la massima attenzione, concentrandosi sulle indagini in corso, sull'eccezione di giurisdizione e di immunità funzionale, perseguendo nel contempo l'opera di sensibilizzazione dei Paesi amici, anche in seno alle principali organizzazioni internazionali, con l'obiettivo assolutamente prioritario di riportare in Italia i nostri marò.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, il decreto-legge n. 185 del 2008 convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009 n. 2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Bangladesh, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17810)

  Risposta. — Nell'agosto 2009 l'ambasciata d'Italia a Dhaka è tornata a sollevare con il locale Ministero degli affari esteri la questione della conclusione dell'accordo aereo bilaterale parafato nel 1980, ricordando, in caso di risposta positiva, la necessità di aggiornare il testo con le nuove disposizioni discendenti dagli obblighi comunitari.
  Il Ministero degli affari esteri del Bangladesh ha assicurato di voler tornare a sensibilizzare il competente Ministero dell'aviazione civile di quel paese.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dunque trasmesso alle autorità del Bangladesh una proposta di emendamento dell'Accordo aereo e del relativo Memorandum of Understanding, prospettando l'opportunità di giungere alla firma nel novembre del 2009, in occasione della programmata visita in Italia del Primo Ministro del Bangladesh.
  Nel 2010, in assenza di un riscontro delle autorità del Bangladesh ed a seguito della parafatura di un accordo aeronautico «orizzontale» tra Bangladesh ed Unione europea, le competenti autorità aeronautiche dei due Paesi hanno concordato un incontro negoziale a Roma, che si sarebbe dovuto tenere il 13 e 14 settembre del 2010 e che, tuttavia, non si è potuto svolgere per la sopraggiunta indisponibilità delle autorità di Dhaka.
  Per non interrompere il percorso negoziale, il Ministero dei trasporti – nel settembre 2010 – ha dunque proposto alle autorità del Bangladesh di formalizzare le nuove intese per via epistolare. Nelle more della definizione del nuovo accordo aereo, nel luglio del 2011 le autorità di Dhaka hanno richiesto l'autorizzazione a poter operare da subito anche sulla rotta Dhaka/Milano, in aggiunta a quella già esistente Dhaka/Roma.
  In applicazione della legge n. 2 del 2009, la compagnia aerea del Bangladesh «Biman Airlines» è stata autorizzata su base provvisoria – extra accordi vigenti oggetto di negoziato – ad operare a partire dalla stagione di traffico Winter 2011-2012 un nuovo servizio co-terminalizzato tra Roma e Milano con un secondo volo settimanale con l'Italia. Al consueto volo Dhaka/Roma/Dhaka si è aggiunto dunque un nuovo servizio con rotta triangolare Dhaka/Roma/Milano/Dhaka.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   SBAI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dopo la Primavera Araba c’è stato un inasprirsi dell'estremismo religioso di matrice islamica;
   il video, pubblicato su Youtube a spezzoni, «The Innocence of Muslims» ha creato polemica e rivolta di massa nei paesi arabi e non;
   queste sommosse hanno preso a pretesto il film per colpire sedi diplomatiche americane ed europee (l'ambasciata tedesca a Khartoum in Sudan è stata occupata e incendiata e a Tunisi un attentato è stato sventato all'ultimo istante);
   in Libia, a Bengasi, queste sommosse hanno causato la morte dell'ambasciatore americano Chris Stevens;
   stando ai media, si apprende che dal Marocco alla Malesia nessun paese dove l'Islam è religione maggioritaria sia rimasto esente dagli scontri;
   in questo clima si è inserito il proclama di Al Qaeda, che ha chiamato i suoi adepti ad attaccare le ambasciate Usa e ad uccidere i diplomatici;
   anche le nostre sedi diplomatiche sono, come le altre europee soprattutto in determinati quadranti come quello afgano, costantemente a rischio;
   preme ricordare all'interrogante che abbiamo ancora in Tunisia e in altri Paesi arabi dei bambini italiani contesi, la cui sorte, con la progressiva chiusura di queste realtà, potrebbe divenire assai incerta;
   un caso su tutti, quello della piccola Martina, sequestrata dal padre, il signor Hassen Abdeljelidi, nazionalità tunisina, per farla vivere islamically correct, il cui sequestro prosegue ormai da un anno 4 mesi;
   preme altresì ricordare che sussistono numerose aziende e attività imprenditoriali e non in quei territori, il che preoccupa in relazione alla sicurezza delle persone che prendono parte a tali attività –:
   se intenda il Governo sollecitare una più ampia protezione in relazione alle sedi diplomatiche italiane nei paesi coinvolti dalla protesta;
   se intenda il Governo relazionare su eventuali azioni da intraprendere o già intraprese per tutelare la sicurezza dei cittadini italiani ivi residenti;
   se intenda il Governo esercitare ogni azione di competenza affinché tornino in Italia i bambini contesi e per i quali la giustizia italiana ha già emesso sentenze positive in tal senso. (4-17701)

  Risposta. — L'attuale contingenza internazionale, caratterizzata da una serie di proteste ed attacchi ad ambasciate occidentali in vari Paesi, dal Nord Africa al sud-est asiatico, sull'onda delle manifestazioni contro un filmato anti-islamico diffuso su internet, ha richiesto un maggiore grado di allerta da parte di tutti i Paesi occidentali ed anche l'Italia, ed il Ministero degli affari esteri in particolare, ha prestato un'ulteriore, speciale attenzione agli aspetti di sicurezza delle nostre sedi all'estero: ambasciate, uffici consolari ed istituti di cultura.
  Tutte le nostre sedi estere, a prescindere dalle situazioni di emergenza, sono dotate di misure di sicurezza di base che includono appropriate tecnologie e, in alcuni casi, la presenza di militari dell'arma dei carabinieri. In coordinamento con l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri, inoltre, tutte le Sedi diplomatico-consolari elaborano piani d'evacuazione e d'emergenza per la tutela del personale interno e delle comunità italiane. Tali piani, a loro volta, sono continuamente aggiornati dalla stessa unità di crisi, anche per mezzo di ricognizioni locali effettuate di concerto con i reparti specializzati del Ministero della difesa.
  La tutela delle sedi è garantita da militari dell'arma dei carabinieri, che assicurano la vigilanza e, nelle sedi più esposte, garantiscono un servizio di protezione e scorta al capo missione ed al personale diplomatico-consolare con elementi delle unità speciali: reggimenti «Tuscania», «Friuli Venezia Giulia» e «Laives». Attualmente, i carabinieri dislocati in tutta la rete per attività di vigilanza sono 225, oltre a 14 in missione temporanea nelle sedi in cui la sicurezza ha raggiunto livelli di criticità. I militari dispiegati per le attività di protezione e scorta sono circa 130. In caso di emergenza tali approntamenti possono essere rafforzati, a seconda delle circostanze, con interventi strutturali e rinforzi del personale di vigilanza e protezione.
  A tale proposito, va sottolineato che già ad agosto sono state destinate alla sede di Tripoli nuove auto blindate e che, grazie ad un apposito volo militare, sono giunte a Bengasi due auto blindate e un contingente di protezione di quattro militari del reggimento del corpo dei carabinieri «Tuscania», da tempo predisposto. Tale attività di rinforzo, precedentemente pianificata, ha tra l'altro interessato nei mesi scorsi diverse Sedi, anche a seguito dell'analisi condotta dall'unità di crisi con gli altri organismi competenti. In particolare, già nel corso dell'anno era stato disposto il rafforzamento del contingente di protezione presso l'Ambasciata al Cairo, con un contingente di 10 carabinieri del «Tuscania», poi sostituito da altrettanti 8 del «Laives». In Yemen, d'altra parte, è stata inviata una scorta di 4 carabinieri del «Laives» ed altri 4 sono in arrivo.
  Oltre agli interventi di protezione attiva e passiva è anche prevista una serie di regole e di misure cautelari che entrano in vigore quando intervengono condizioni di emergenza, tra cui: rientro dei congiunti, riduzioni di personale, piani di evacuazione, norme di cautela nei movimenti, orari ridotti o chiusura temporanea degli uffici, utilizzo di autovetture di servizio nei trasferimenti del personale, e altro. Non appena verificatisi i primi disordini, il Ministero degli affari esteri ha impartito istruzioni chiare a tutte le sedi per adottare le misure necessarie per il rientro dei congiunti e degli impiegati non essenziali per ridurre l'esposizione del personale, garantendo tuttavia la funzionalità minima per tutelare le comunità italiane sul posto.
  In tale specifica circostanza, che ha riguardato soprattutto le sedi di Bengasi, Tripoli, Il Cairo, Alessandria, Sana'a, Islamabad, Karachi, Gerusalemme, Algeri, Tunisi, Tel Aviv, Amman, Dakha, Khartoum, Abuja, Lagos, Nairobi, Kuala Lumpur e Jakarta, il Ministero affari esteri ha disposto l'innalzamento del livello di allerta.
  Le strutture dell'unità di crisi del Ministero degli affari esteri seguono, in costante coordinamento con le nostre Rappresentanze diplomatiche, l'evoluzione delle diverse situazioni e provvedono a fornire informazioni di sicurezza e norme di comportamento ai connazionali presenti. L'unità di crisi, in coordinamento con le sedi interessate ha disposto in particolare l'invio massimo di sms di emergenza ai connazionali nei paesi interessati, con la raccomandazione di evitare gli assembramenti, rispettare i coprifuoco, costituire in via prudenziale scorte di acqua, viveri, medicinali, carburante e richiamando i numeri di emergenza delle ambasciate di riferimento. L'unità di crisi ha inoltre aggiornato tutti gli avvisi relativi ai paesi interessati sul sito «Viaggiare Sicuri», per assicurare informazioni aggiornate e capillari per tutti i connazionali residenti e in partenza dall'Italia, mentre è stato disposto il rinforzo del contingente militare in servizio presso ognuna delle rappresentanze sopra citate, nonché l'incremento delle dotazioni di comunicazione e di sicurezza (auto blindate, giubbotti antiproiettile, e altro). A livello centrale, infine, l'unità di crisi ha promosso un coordinamento con il comando operativo di vertice interforze (COI) e con il comando operativo delle forze speciali (COFS), che si occupano rispettivamente degli interventi di evacuazione delle comunità italiane e del personale delle sedi diplomatico-consolari. Con entrambi gli enti del Ministero della difesa è in corso un aggiornamento dei piani d'emergenza volti a consentire un tempestivo intervento in caso di necessità.
  Anche nella tutela dei minori italiani illecitamente condotti o trattenuti all'estero, l'impegno della Farnesina, per il tramite delle sue rappresentanze diplomatico-consolari, è massimo ed incessante.
  Non essendo in vigore tra l'Italia ed i paesi citati dall'interrogante la convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, l'operato del Ministero degli affari esteri è volto a prestare ogni possibile assistenza al connazionale che ha subito la sottrazione e ad intervenire presso le competenti Autorità locali per sensibilizzarle sul diritto del minore a non essere sradicato dal suo contesto di residenza abituale, facendo leva sui principi generali sanciti dalla convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989.
  La Farnesina è inoltre impegnata – attraverso la task force interministeriale sui minori contesi che riunisce anche funzionari del Ministero della giustizia e dell'interno – a ricercare un'efficace e coordinata collaborazione istituzionale nel fronteggiare i casi di sottrazione internazionale.
  Per ciò che concerne in particolare il caso della piccola Martina, fra i numerosi passi svolti – a mero titolo di esempio – si ricorda il recente ed ulteriore intervento del Ministro Terzi presso il suo omologo tunisino Abdessalem per una positiva e rapida conclusione della vicenda. Il 4 settembre, inoltre, l'Ambasciatore d'Italia a Tunisi Benassi ha scritto al Ministro della giustizia tunisina, Nourreddine Bhiri. Il successivo 24 settembre è intervenuto personalmente presso il Segretario di Stato agli affari esteri, Abdouli, ed il Vice direttore generale agli affari consolari, Essid. Ancora, il 27 settembre anche il segretario generale della Farnesina, Ambasciatore Valensise, ha sollevato la vicenda con il Segretario di Stato Abdouli, in occasione di un incontro presso la Farnesina. Da ultimo, il 28 settembre il direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie dello stesso Ministero, Ministro plenipotenziario Ravaglia, ha sensibilizzato personalmente l'ambasciatore tunisino.
  Nel rispetto della normativa e dell'autonomia delle magistrature locali, la Farnesina continuerà con la massima determinazione a sviluppare la sua azione di sensibilizzazione diplomatica, affinché tutti i casi di sottrazione a tutt'oggi pendenti possano risolversi positivamente.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   SCILIPOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la notte del 20 maggio 2012, ore 04,05, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo 6.1 della scala Richter colpiva il comune di Novi di Modena e tutta la provincia;
   il centro storico riportava danni ingenti e veniva dichiarato inagibile, con gravi ripercussioni sui residenti;
   al contrario, nei comuni limitrofi come Carpi, Concordia sulla Secchia e Mirandola i sindaci attivavano prontamente protezione civile e vigili del fuoco, predisponendo altresì centri di raccolta a supporto della popolazione terremotata;
   nonostante le richieste di numerosi residenti e le sollecitazioni telefoniche, in data 20 maggio 2012 (come da tabulato telefonico), inoltrate ai vigili del fuoco, al sindaco Luisa Turci e all'arma dei carabinieri (stazione di Novi di Modena), in corso Marconi, a quanto consta all'interrogante, non veniva effettuato alcun sopralluogo ed i residenti venivano di fatto lasciati in balia di se stessi;
   taluni residenti di corso Marconi presentano edifici di proprietà completamente inagibili, con coperture rase al suolo e muri portanti crollati;
   nonostante la grave situazione, peggiorata in seguito alle ininterrotte precipitazioni piovose, a Novi di Modena non è stato allestito alcun centro di raccolta e nemmeno un punto di prima assistenza, nonostante la densità di popolazione sia pari a 11.476 abitanti;
   è inammissibile che non si sia tenuto conto delle condizioni in cui versano molti residenti e soprattutto del precario stato di edifici su cui è assolutamente necessario intervenire immediatamente per limitare i danni alle strutture –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non si intenda sanzionare il comportamento omissivo di tutte quelle Forze dell'ordine che non sono intervenute a supporto dei terremotati, nonché attivare le debite verifiche ispettive per il tramite del comando provinciale vigili del fuoco, della Protezione civile e della prefettura di Modena. (4-16204)

  Risposta. — L'interrogante afferma che nel comune di Novi di Modena, interessato durante la notte del 20 maggio 2012 dalla scossa di terremoto che ha colpito la provincia di Modena, numerose richieste di sopralluogo inoltrate alle varie autorità non sono state evase.
  Al riguardo si informa che dopo il sisma, verificatosi alle 4,05 del mattino, il sindaco di Novi di Modena ha immediatamente contattato il comandante della stazione carabinieri del comune allo scopo di predisporre i primi soccorsi alla popolazione. In prefettura si è subito riunito il centro coordinamento soccorsi per una prima ricognizione della situazione e si è concordato, per Novi, l'impiego dei carabinieri nei servizi di pattugliamento delle zone periferiche, delle frazioni e delle case coloniche isolate, lasciando la competenza del pattugliamento del centro cittadino al personale della polizia municipale.
  Nelle ore successive, dopo avere effettuato una accurata perlustrazione del territorio di competenza – a ridottissima andatura e con le luci lampeggianti accese per facilitare le eventuali richieste di aiuto – i carabinieri hanno eseguito alcuni passaggi per le strade del centro abitato (compreso Corso Marconi). Ulteriori sopralluoghi hanno riguardato le chiese di Novi e delle frazioni di Rovereto sulla Secchia e Sant'Antonio in Mercadello (dove, d'intesa coi rispettivi parroci, sono state approntate le prime misure di sicurezza), mentre non sono state riscontrate segnalazioni di gravi danneggiamenti alle strutture delle aziende situate nelle zone industriali. Il pomeriggio successivo, nel corso di una nuova riunione, le autorità locali non hanno rilevato ulteriori situazioni di pericolo oltre a quelle già accertate.
  Nella circostanza, è opportuno ricordare che durante tutta la giornata del 20 maggio, nonostante le gravi difficoltà, la stazione dei carabinieri di Novi di Modena è riuscita a garantire la normale apertura degli uffici al pubblico e l'esecuzione dei servizi esterni di competenza.
  In seguito alla nuova scossa del 29 maggio, inoltre, nonostante la sede dell'Arma locale fosse stata dichiarata inagibile a causa dei gravissimi danni subiti, è stata comunque approntata una tenda militare per garantire la regolare esecuzione del servizio, anche mediante l'utilizzo di una stazione mobile.
  Anche per quanto concerne il contributo dei vigili del fuoco, va senz'altro evidenziata l'estrema efficacia dei soccorsi da loro forniti. Fin dall'immediatezza dell'evento, infatti, si è creata una rete di raccordo tra la Prefettura e le strutture regionali e nazionali del dipartimento dei vigili del fuoco e sono state impegnate tutte le forze a disposizione per fronteggiare le varie fasi dell'emergenza. I sopralluoghi di agibilità nelle zone colpite dal tragico evento sono tuttora in corso, necessitando naturalmente di tempi tecnici adeguati.
  In merito, invece, al mancato allestimento di un punto di prima assistenza per le popolazioni colpite dal sisma, si comunica che nell'ambito del territorio comunale sono presenti due strutture di accoglienza gestite dai volontari, per un numero complessivo, ad oggi, di circa 450 assistiti.
  Il terremoto in Emilia Romagna ha rappresentato una vera e propria catastrofe nazionale. Non è difficile comprendere la paura, le preoccupazioni, il disagio e il disorientamento provati in quei giorni dalla popolazione del luogo, con le scosse sismiche che si ripetevano in continuazione, le migliaia di telefonate alla sala operativa dei vigili del fuoco e l'impossibilità di soddisfarle tutte e subito. Certo, i vigili del fuoco conoscono bene lo stato d'animo di chi ha bisogno di aiuto, ma la loro opera al servizio della comunità, per quanto tempestiva, deve comportare inevitabilmente dei tempi tecnici di attesa per far fronte alle situazioni emergenziali.
  Più in generale, questa amministrazione ritiene opportuno sottolineare come tutte le strutture pubbliche interessate – e, in particolare, le forze di polizia e vigili del fuoco – si siano attivate fin dal primo momento del verificarsi dei fatti, fornendo un contributo straordinario sia in termini di immediatezza che di efficacia, in linea anche con i principi di vicinanza e solidarietà alla cittadinanza.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   STUCCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la polizia municipale di Livorno ha effettuato in data 19 maggio 2011 un controllo di routine sulla merce esposta dai venditori ambulanti, per la maggior parte extracomunitari, nella zona del mercato centrale;
   tale operazione è degenerata in atti vandalici e di violenza contro la polizia municipale, coinvolgendo circa 150 persone presenti nel mercato;
   risultano feriti sei vigili urbani e un extracomunitario nell'operazione che ha richiesto l'intervento di pattuglie di polizia e di carabinieri, che a fatica sono riuscite a permettere ai vigili urbani di allontanarsi;
   subito dopo i fatti sopra esposti una quarantina di extracomunitari, in gran parte senegalesi, si sono radunati davanti alla sede del comando provinciale della polizia municipale per rivendicare la «possibilità di lavorare» –:
   se non intenda promuovere un'attività di controllo sistematico presso i mercati livornesi, al fine di accertare e debellare il fenomeno dei venditori abusivi, nonché di evitare il ripetersi di tali gravi fatti, tutelando la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori onesti. (4-12015)

  Risposta. — La polizia municipale svolge quotidianamente un servizio di controllo nella zona centrale del mercato di Livorno, finalizzato anche alla verifica delle occupazioni di suolo pubblico da parte dei venditori ambulanti. Il servizio è indirizzato in via prioritaria alla repressione del fenomeno della vendita abusiva e viene espletato con la presenza costante di una pattuglia in divisa, spesso affiancata da personale in abiti borghesi.
  La mattina del 19 maggio 2011, gli operatori del nucleo operativo sicurezza urbana (N.O.S.U.) della polizia municipale di Livorno, alcuni dei quali in abiti borghesi, durante un ordinario servizio d'istituto, hanno eseguito un controllo in Piazza Cavallotti, che, oltre a ospitare giornalmente un mercato di frutta e verdura, rappresenta il principale centro commerciale cittadino.
  Durante il controllo, gli agenti della polizia municipale hanno notato della merce messa in mostra da alcuni venditori abusivi, i quali, al sopraggiungere degli agenti, si davano alla fuga. Uno di loro veniva fermato da un ispettore della Polizia che gli chiedeva di esibire la licenza e i documenti. A tale richiesta il venditore – identificato come cittadino senegalese residente a Livorno – reagiva violentemente.
  Intervenivano altri agenti che cercavano di trattenerlo per accompagnarlo al comando di polizia municipale.
  Mentre cercavano di raggiungere l'auto di servizio, gli agenti venivano accerchiati da una cinquantina di senegalesi che, con strattoni e spinte, tentavano di liberare il loro connazionale. Quasi contemporaneamente, si radunava una folla di circa cento persone – alcuni tunisini, ma la maggior parte livornesi, tra cui commercianti e semplici cittadini – che protestavano veementemente contro gli agenti della polizia municipale.
  Gli operatori della polizia municipale chiedevano rinforzi via radio e, pur riuscendo a far salire il senegalese sull'auto di servizio, la stessa veniva subito accerchiata dalla folla.
  Nonostante la resistenza della folla, il venditore abusivo veniva condotto al comando di polizia municipale anche grazie all'intervento delle altre forze di polizia. Nel corso dell'operazione, sei degli agenti della polizia municipale riportavano lesioni.
  In tarda mattinata, una cinquantina di cittadini senegalesi inscenava una manifestazione contro l'operato della polizia municipale davanti al palazzo del comune. La protesta è proseguita anche nel pomeriggio mentre, presso il locale Tribunale, si svolgeva, a carico del cittadino senegalese, il processo per direttissima in esito al quale l'imputato veniva sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di firma presso il comando di polizia municipale. Al riguardo con sentenza n. 1168 del 2011, del 21 settembre 2011, il tribunale di Livorno ha condannato il cittadino senegalese a 10 mesi e 15 giorni di reclusione. Avverso la sentenza è stato proposto appello, ed il relativo procedimento è attualmente pendente presso la corte d'appello di Firenze.
  Per quanto riguarda l'azione di contrasto all'abusivismo commerciale e alla vendita di merci con marchio contraffatto, la prefettura di Livorno riferisce che il corpo di polizia municipale ha continuato a svolgere una quotidiana e sistematica opera di prevenzione e contrasto, rafforzandola con l'istituzione di una Sezione Investigativa, finalizzata all'accertamento di fenomeni di microcriminalità.
  Nel periodo che va dal maggio 2011 a fine maggio 2012 sono stati effettuati 180 sequestri; di cui 117 di carattere penale, relativi a merce contraffatta e 63 amministrativi, riferibili a vendita senza titolo autorizzativo di merce di varia tipologia.
  Sono state complessivamente 32 le persone denunciate all'autorità giudiziaria, 17 delle quali per i reati di detenzione e vendita di merce contraffatta e ricettazione.
  Mirati servizi contro l'abusivismo commerciale sono stati inoltre predisposti dalla questura.
  Un'intensa attività di prevenzione è stata realizzata mediante numerose operazioni che hanno visto il coinvolgimento del reparto prevenzione crimine di Firenze, ed il concorso di altre forze di polizia. All'esito sono state tratte in arresto e denunciate alcune persone per reati di vario titolo, nonché disposta l'espulsione di 10 cittadini extracomunitari.
  Anche l'attività info-investigativa è stata intensificata con lo scopo di individuare e contrastare la «rete dei rapporti» dei venditori ambulanti. In tale contesto la questura ha attivato una fattiva collaborazione con le altre forze di polizia territoriali per lo scambio di informazioni sulla reale residenza o domicilio di soggetti extracomunitari, nonché per la predisposizione di una serie di articolati servizi di controllo.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerso dalla conferenza sulla geotermia organizzata a Napoli dall'università Parthenope e Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), a cui hanno partecipato ricercatori internazionali, aziende e il gruppo informale Geotermia e ambiente (Giga), l'Italia potrebbe sviluppare fino al 10 per cento della produzione di elettricità dal suo suolo vulcanico, soprattutto nella fascia tirrenica centro-meridionale;
   la geotermia, con le attuali tecnologie, hanno spiegato gli esperti, è una fonte energetica molto versatile, che si presta alla co-generazione elettrica e termica su una larga scala di dimensioni d'impianto, dalle centinaia di kilowatt alle centinaia di megawatt di potenza;
   l'estrema adattabilità della taglia degli impianti, insieme al trascurabile impatto ambientale ottenibile utilizzando tecnologie di re-iniezione in falda dei fluidi geotermici dopo il loro utilizzo, secondo gli esperti, «rende la geotermia moderna inseribile anche in aree altamente urbanizzate, quali sono quelle del margine Tirrenico centro-meridionale, dalla Toscana alla Sicilia, alla Campania»;
   queste aree, caratterizzate da vulcanismo attivo o spento, hanno enormi risorse geotermiche, che possono essere utilizzate con un nuovo concetto di geotermia che prevede impianti di taglia medio-piccola diffusi sul territorio e collegati a reti di energia più grandi, in alternativa al modello attuale italiano di grandi impianti in poche aree;
   l'Europa si sta muovendo già da tempo in questo ambito come avviene in Islanda che stima di poter produrre 100.000 megawatt nei prossimi 50 anni con la geotermia ed in Francia che conta di moltiplicare per sei, da qui al 2020, la quantità di energia ottenuta dal calore del sottosuolo, generando anche una quantità di calore tale da riscaldare due milioni di abitazioni –:
   quali azioni di competenza il Governo stia promuovendo a sostegno della geotermia. (4-16179)

  Risposta. — In riferimento alla richiesta degli interroganti su quali azioni di competenza il Governo intenda promuovere a sostegno della geotermia, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente, si rappresenta quanto segue.
  Al riguardo si segnala che le modifiche al decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 apportate dall'articolo 9 del decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28 di attuazione della direttiva 2009/28/Ce, hanno stabilito che il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata, sia l'autorità competente per il conferimento di particolari titoli geotermici finalizzati alla sperimentazione di impianti pilota ad emissioni nulle con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale (per una potenza complessiva di 50 MW).
  Allo stato attuale risultano pervenute 12 istanze di permesso di ricerca di risorse geotermiche finalizzata alla sperimentazione di impianti pilota di cui 10 con procedimento avviato. Infatti, il decreto legislativo 22 del 2010 ha stabilito che possono essere conferiti titoli minerari per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW. Ad oggi sono state ricevute istanze sino a coprire la potenza massima prevista e nuove istanze sono accettate solo con riserva.
  Inoltre, nel 2011 è stata istituita presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la Piattaforma tecnologica italiana per l'energia geotermica tra la comunità tecnico-scientifica e le aziende di settore, con la partecipazione di alcuni soggetti istituzionali compreso il Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche.
  I lavori relativi alla prima fase sono stati conclusi nel luglio 2011 con la definizione di una prima bozza di Piano strategico di ricerca per l'energia geotermica.
  Il potenziale geotermico in Italia è rilevante ma naturalmente deve essere coniugato con un utilizzo sostenibile del territorio, più facile per gli usi diretti di calore, che potrebbero in 10 anni almeno quintuplicare raggiungendo i 50.000 TJ/anno pari ad un risparmio di oltre un milione di TEP, e più complesso per la produzione dell'energia elettrica, che già con gli oltre 800 MW installati produce circa 5.500 GWh/anno ma che potrebbe raddoppiare in dieci anni, superando la soglia dei 10.000 GWh/anno, pari ad un risparmio di oltre due milioni di TEP.
 Per raggiungere gli obiettivi auspicati di crescita in particolare di produzione di energia elettrica attraverso lo sfruttamento del potenziale geotermico è necessario pertanto favorire e sostenere:
   la sperimentazione di cicli binari di produzione di energia elettrica a basso impatto ambientale;
   studi e ricerche finalizzate alla verifica di ulteriori potenzialità geotermiche nazionali, in particolare quelle che riguardano l'offshore tirrenico, dove è stato stimato un potenziale di almeno 1 GW ed è in corso di operatività un permesso di ricerca per verificare la fattibilità di installazioni produttive di capacità fino a 600 MW, con un orizzonte temporale di medio-lungo periodo.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riferito da Shapoor Ebrahimi, cittadino iraniano che vive in Italia da molti anni e dove ha sposato Stefania Fraire, cittadina italiana, si apprende che nel giugno 2012 Mazyar Ebrahimi, fratello di Shapoor, è stato arrestato a Teheran dai servizi segreti iraniani per «motivi di sicurezza nazionale»;
   Mazyar Ebrahimi sarebbe attualmente detenuto senza che gli sia stata formalmente contestata alcuna pubblica accusa e senza che i famigliari, che ancora vivono in Iran, abbiano potuto vederlo, né conoscere i reali motivi dell'arresto ed il luogo in cui è detenuto;
   il 6 agosto 2012, la tv nazionale iraniana, ha mandato in onda un documentario di 40 minuti, intitolato «Terror Club», che ha mostrato un gruppo di 14 cittadini iraniani, otto uomini e sei donne, presumibilmente coinvolti nell'uccisione di 5 scienziati nucleari a partire dal 2010;
   la trasmissione ha mostrato la ricostruzione degli omicidi da parte di un sicario a bordo di una motocicletta e le presunte «confessioni» di 13 dei sospettati, che avrebbero ricevuto un addestramento militare, in un campo d'addestramento nella periferia di Tel-Aviv, finanziato dagli Stati Uniti;
   Mazyar Ebrahimi era tra i 13 sospettati del documentario e nel video ammetteva di aver lavorato per Israele nella pianificazione e nell'attuazione degli omicidi di 5 scienziati impegnati nel programma nucleare iraniano, fatto che a detta del fratello Shapoor è assolutamente falso e aumentano le preoccupazioni di familiari ed amici che considerano la confessione falsa ed estorta sotto costrizione anche se nel video Mazyar non mostra segni di violenza fisica;
   sono ben noti i metodi usati dal regime iraniano all'interno delle carceri, ed in particolare in quello di Evin, dove i detenuti vengono torturati, fisicamente con fustigazione, privazione del sonno, immersioni in acqua, bruciature e psicologicamente con minacce di violenza direttamente rivolte al detenuto o nei confronti di membri della famiglia, la partecipazione a esecuzioni, le cosiddette «mock executions» (finte esecuzioni) senza contare che viene detto ai detenuti che tutte le persone a lui vicine si sono dimenticate di lui e che lo credono colpevole;
   alcuni detenuti sono stati messi in piccoli box, (50 centimetri x 80 centimetri x 140 centimetri) con gli occhi bendati e in silenzio assoluto, per tratti di 17 ore con due pause di 15 minuti per mangiare e andare in bagno;
   queste torture possono durare mesi – fino a quando il prigioniero accetta di rilasciare un'intervista;
   Mazyar Ebrahimi ha 38 anni, è il secondo di quattro figli ed il cui padre e un celebre direttore della fotografia, ora in pensione, molto conosciuto in Iran per il suo lavoro e per essere uno dei fondatori di 3 centri televisivi iraniani negli anni 60;
   Mazyar è nato e cresciuto a Teheran, dove vivono i genitori e la sorella, mentre l'altro fratello minore risiede a Damasco;
   Mazyar ha lavorato per molti anni per la televisione iraniana e nel 2006 ha fondato l'Ahoura Broadcast & Media Solutions Ltd. Co a Sulaymaniyah, in Iraq che si occupa di fornire servizi ed attrezzature per il cinema e la televisione in tutto il medio-oriente, comprese le tv di Stato iraniane fra cui l'importante tv in lingua araba Al Alarti, nata recentemente e stava anche chiudendo un altro contratto ancora più importante con Presstv;
   Mazyar, per il suo lavoro ha viaggiato molto nonostante nel corso dell'ultimo anno abbia lavorato principalmente in Iran, avendo vinto importanti gare d'appalto con la tv di Stato iraniana –:
   di quali informazioni disponga il Ministro in merito ai fatti riferiti in premessa e quali iniziative si intendano assumere a tutela dei diritti umani e della dignità di Mazyar Ebrahimi. (4-17827)

  Risposta. — Il signor Shapoor Ebrahimi si è rivolto nel mese di agosto 2012 al Ministro degli affari esteri Terzi indirizzandogli una lettera con cui chiedeva un interessamento al caso del fratello Mazyar, arrestato in Iran nello scorso giugno ed accusato di aver fatto parte di una cellula di 14 cittadini iraniani asseritamente coinvolti nell'uccisione di cinque scienziati nucleari iraniani a partire dal 2010.
  A seguito di tale richiesta, il Ministero degli affari esteri ha più volte ricevuto, anche recentemente, il signor Shapour Ebrahimi, residente in Italia e sposato con una nostra connazionale, per acquisire ogni utile elemento in relazione al caso che presenta profili di estrema delicatezza e complessità, anche a seguito della notizia del recente arresto in Siria di un altro fratello del signor Ebrahimi.
  La vicenda del signor Ebrahimi continuerà ad essere seguita con la massima attenzione dalla Farnesina ed in prima persona dal Ministro degli affari esteri Terzi, nel quadro dei rapporti tra l'Iran e la comunità internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   ZAZZERA, DI STANISLAO e LEOLUCA ORLANDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la notte dell'8 settembre 2011 ignoti hanno distrutto l'uliveto di proprietà della madre dell'assessore con delega alla polizia municipale del comune di Toritto (Bari), Filippo Geronimo;
   secondo quanto denunciato dallo stesso assessore, il gesto di natura dolosa e presumibilmente di stampo mafioso sarebbe connesso al progetto di potenziamento di organico degli agenti di polizia municipale del comando locale, attivato in via sperimentale mediante convenzione in collaborazione con il comando di PM del comune di Bari, con decorrenza 14 agosto-31 ottobre 2011;
   già il 2 febbraio 2008, Filippo Geronimo in qualità di agente di polizia penitenziaria aveva denunciato al dipartimento del Ministero della giustizia una telefonata minatoria proveniente da persona a lui conosciuta, che avrebbe pronunciato le seguenti parole: «Ti faccio saltare in aria ! Hai i minuti contati !»;
   anche il 21 maggio 2011 l'assessore ha denunciato ai carabinieri di aver ricevuto nella cassetta portalettere della propria abitazione una busta priva di timbro postale di affrancatura, contenente una lettera diffamatoria e ingiuriosa macchiata di sangue. L'ennesima minaccia dopo quella già ricevuta sempre tramite lettera appena due mesi prima;
   l'integrazione delle forze di pubblica sicurezza da parte dell'assessore avrebbe creato disturbo all'azione criminosa della criminalità organizzata che da tempo sta affliggendo il territorio, al punto da destare allarme tra i cittadini e gli stessi operatori della sicurezza;
   il comune di Toritto, infatti, non è nuovo ad episodi di violenza. Il 9 ottobre 2010 un giovane di 22 anni è stato ucciso con 4 colpi all'addome nella piazza centrale del paese;
   nel marzo 2011 c’è stata una sparatoria mirata ad una palazzina in via Leonardo Da Vinci, in piena notte, che per fortuna non ha provocato vittime. Qualche tempo prima nella stessa zona, è esploso un ordigno rudimentale ed ignoti hanno sparato colpi di pistola contro un cantiere –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di impedire l'azione della criminalità organizzata nel comune di Toritto (Bari);
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire la sicurezza dell'assessore comunale di Toritto Filippo Geronimo. (4-13866)

  Risposta. — In merito agli episodi criminosi richiamati dall'interrogante, perpetrati ai danni dell'assessore alla polizia municipale del comune di Toritto (Bari) signor Geronimo Filippo, si rappresenta che le relative attività di indagine, che non hanno permesso di identificare gli autori delle azioni delittuose, sono tuttora in corso e non escludono che i gesti possano essere connessi con l'attività istituzionale svolta dall'amministratore, nei cui confronti sono state disposte dal prefetto di Bari, sin dal 3 novembre 2011, misure di vigilanza.
  L'attività investigativa svolta ha consentito, tuttavia, di escludere il coinvolgimento della criminalità organizzata negli episodi di danneggiamento effettuati in fondi di proprietà dell'assessore.
  È stato altresì, escluso che l'episodio possa essere collegato alla convenzione sottoscritta dai comuni di Toritto e di Bari, per l'impiego di 4 agenti della polizia municipale di Bari, in servizi di pattugliamento serale nel comune di Toritto.
  Dalle indagini effettuate sembrerebbe, invece, che il reato sia maturato nell'ambito della criminalità comune e potrebbe essere riconducibile all'attività di assessore svolta dal signor Filippo Geronimo, che ha anche ricevuto quattro lettere anonime con frasi minacciose e diffamatorie (in data 24 marzo, 25 maggio e 10 novembre 2011 nonché da ultimo, lo scorso 30 maggio 2012).
  La posizione dell'amministratore comunale è stata anche oggetto di esame da parte del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. In quella sede è stata disposta l'intensificazione dei servizi di vigilanza notturna in tutto il territorio del comune, disponendo, altresì, la misura di protezione della vigilanza generica radiocollegata presso l'abitazione dell'interessato.
  Per quanto riguarda gli altri episodi criminali indicati nell'interrogazione parlamentare, si segnala che:
   il 20 ottobre 2010, militari del comando provinciale di Bari hanno identificato e tratto in arresto gli esecutori materiali dell'omicidio di Lorusso Ilario, avvenuto il precedente 9 ottobre. Le motivazioni sono verosimilmente da ricondurre a dissidi interni a un clan locale per il controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti;
   il 12 marzo 2008, due individui hanno esploso 5 colpi di pistola danneggiando la recinzione di un cantiere ove erano in corso i lavori per la realizzazione di una palazzina. Il 30 aprile 2012, all'interno dello stesso cantiere, è stato rinvenuto un ordigno rudimentale composto da una bombola di gas con detonatore a orologeria, prontamente disinnescato dagli artificieri del nucleo investigativo di Bari. Le indagini, tuttora in corso, non escludono la riconducibilità dei gesti a un tentativo di estorsione;
   il 21 marzo 2011, ignoti hanno esploso due colpi di arma da fuoco contro la porta d'ingresso di un condominio ove risiedono soggetti privi di precedenti penali. Le attività investigative, al momento, non hanno permesso di individuare il movente dell'azione criminosa.

  La situazione della criminalità nel comune di Toritto è costantemente monitorata e l'Arma dei carabinieri è impegnata in un'azione di contrasto di tutte le attività delittuose, assicurando un costante controllo del territorio e fornendo tempestive e puntuali risposte alle esigenze di sicurezza. In occasione di episodi di particolare gravità è stato disposto anche l'invio di reparti investigativi specializzati per servizi di carattere straordinario.
  Dall'analisi dei dati statistici riferiti alla situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nel predetto comprensorio nel primo quadrimestre del 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011, emerge una diminuzione del numero complessivo dei delitti consumati (da 90 a 63), mentre l'attività di contrasto svolta dall'Arma dei carabinieri ha permesso di deferire in stato di libertà 32 persone e trarne in arresto 6.
  L'attenzione alle esigenze di sicurezza emerge anche dalla maggiore proiezione esterna del reparto stanziale, che ha aumentato il numero dei servizi di pattuglia e perlustrazione dell'8,7 per cento, nonché dai periodici servizi straordinari di controllo del territorio organizzati nell'area con il supporto dei comandi limitrofi.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.