XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 21 novembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    continua e si aggrava la situazione di disagio in cui versano gli affittuari degli immobili degli enti previdenziali privatizzati e dei fondi pensione o assicurazioni, soprattutto a causa dell'attuale politica di gestione del relativo patrimonio abitativo che vede aumentare gli affitti anche del 300 per cento, l'esecuzione di sfratti per coloro che non accettano i nuovi canoni, la vendita degli alloggi a prezzi speculativi, costringendo moltissimi inquilini ad acquistare accettare mutui insostenibili. Tale situazione, colpisce lavoratori dipendenti e pensionati;
    nelle grandi città italiane, è stata attuata una politica che favorisce sempre di più la rendita immobiliare a danno degli inquilini, con il serio rischio di aggravare ulteriormente la crisi familiare di lavoratori, precari e pensionati;
    il fenomeno speculativo sta secondo i firmatari del presente atto eludendo le forme di tutela pubbliche poste a difesa delle persone meno abbienti, danneggiando ulteriormente i ceti sociali più deboli, impoverendo una larga parte del ceto medio, soprattutto le persone monoreddito, finendo per minare il diritto di abitare in alloggi a prezzi congrui e sostenibili;
    il processo di dismissione dei patrimoni immobiliari da parte degli enti previdenziali privatizzati (Enasarco, Enpaia, Enpam, Enpaf, Enpav, casse nazionali di previdenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, geometri, ingegneri ed architetti liberi professionisti, del notariato, ragionieri e periti commerciali, Inpgi, Fondi pensione Unicredit e Fondi immobiliari come la Fimit) sta creando forti disagi e sconforti agli inquilini di tali enti, ma ancor di più potrà creare forme di acuti fenomeni di rotture degli equilibri di coesione familiare e sociale, con serie ripercussioni sull'ordine pubblico delle città interessate;
    infatti, in caso di vendita degli immobili, gli stessi inquilini sono obbligati ad acquistare a condizioni proibitive (prezzi di mercato) gli appartamenti in cui vivono con regolare contratto da decenni, altrimenti vedranno venduto a terzi l'immobile dagli stessi occupato con conseguente sfratto esecutivo da parte dei nuovi proprietari, che chiederanno canoni di locazione insostenibili pur di veder liberato l'immobile acquistato;
    invero, gli enti previdenziali rimasti pubblici (Inps, Inpdap, e altri) aggravano ulteriormente l'emergenza abitativa, visto che possiedono ancora un consistente patrimonio, in parte, inutilizzato o addirittura non affittato;
    le dismissioni degli alloggi di enti pubblici e privati, insieme ad una incontrollata politica degli affitti, sta contribuendo inevitabilmente ad aggravare l'emergenza abitativa, con oltre 430.000 famiglie in difficoltà per il costo dei mutui e oltre 230.000 sfratti di cui – nelle regioni del nord e nelle grandi città – quasi il 90 per cento per morosità incolpevole;
    appare evidente che ci si trova di fronte al verificarsi di un'allarmante situazione sociale, che non può essere sottovaluta per le gravi conseguenze che potrebbe scatenare soprattutto nell'attuale fase di aggravamento della crisi economica;
    il riconoscimento del diritto di prelazione a favore degli inquilini ed, in via subordinata, in favore degli enti locali competenti per territorio potrebbe dare la possibilità alle istituzioni di calmierare il mercato e di conseguenza abbassare i prezzi degli affitti, evitando così speculazioni immobiliari che comporterebbero per lo Stato un gravoso costo nel corso del tempo;
    l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare, aveva previsto che la conclusione dei procedimenti relativi alla cessione totale degli immobili avvenisse nel termine massimo di 5 anni, eccezione fatta per gli immobili di cui l'ente conservava la titolarità;
    successivamente, l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104, ai fini della fissazione delle modalità di determinazione del prezzo di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione, prendeva a riferimento i valori di mercato del mese di ottobre 2001. Per effetto di tale ultima disposizione, gli enti che avevano venduto, dopo il 2001 e fino al 2004 a prezzi maggiorati, venivano chiamati a risarcire i propri inquilini;
    le previsioni contenute nei citati provvedimenti normativi del 1996 e del 2004, specificamente mirate alla realizzazione di una dismissione equa e corretta per la proprietà e per gli inquilini, non sono state in grado però di favorire il risanamento finanziario dei relativi enti privatizzati;
    una norma di interpretazione autentica approvata nel 2004 ha messo in discussione il chiaro quadro di riferimento normativo fino ad allora vigente in materia di cessione degli immobili degli enti privatizzati;
    infatti, il comma 38 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, ha disposto che l'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, si interpreta nel senso che la disciplina afferente alla gestione dei beni, alle forme del trasferimento della proprietà degli stessi e alle forme di realizzazione di nuovi investimenti immobiliari contenuta nel medesimo decreto legislativo, non si applica agli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, ancorché la trasformazione in persona giuridica di diritto privato sia intervenuta successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 104 del 1996;
    la norma recata dal suddetto comma 38 dell'articolo 1, della legge 243 del 2004 ha dato il via libera agli enti interessati a procedere ad una operazione di dismissione del proprio patrimonio immobiliare a prezzo di mercato, con valori correnti e non più riferiti al 2001 ed a rinnovi dei contratti di locazione con aumenti dei canoni fino al 100 per cento (non più inferiori a quelli di mercato), con conseguenti rischi di sfratto per tutti gli inquilini non disposti ad accettare le nuove locazioni a causa dei prezzi insostenibili;
    in base ad accordi sottoscritti tra diversi enti privatizzati ed alcuni sindacati di inquilini nel settembre 2008, è stato adottato un criterio secondo cui gli appartamenti potranno essere venduti agli inquilini ad un prezzo al metro quadrato che prende a riferimento il valore medio stabilito dall'Agenzia del territorio sulla base degli accordi territoriali;
    va sottolineato però che tale valore medio risulta essere più elevato di quello normalmente praticato dalle più importanti agenzie immobiliari operanti nelle zone di riferimento. Ciò in quanto l'Agenzia del territorio, ai fini della determinazione del citato importo medio, tiene conto unicamente dei dati relativi alle compravendite effettivamente conclusesi e perciò non considera la forte contrazione delle vendite, registratasi negli ultimi anni, che ha provocato la diminuzione in maniera consistente del prezzo degli immobili;
    in determinati casi, a coloro ai quali è scaduto o è in scadenza il contratto di locazione, viene proposto dagli enti o fondazioni interessati un aumento che di norma va dal 50 al 300 per cento del canone in vigore, con la richiesta di migliaia di euro di arretrati a titolo di indennità di occupazione;
    in un tale contesto, si genera una evidente ed inaccettabile disparità di trattamento tra gli inquilini degli enti che hanno correttamente rispettato i tempi e gli obblighi statuiti dal decreto legislativo n. 104 del 1996 e quelli appartenenti agli enti che, invece, si sono successivamente privatizzati e sono riusciti in maniera retroattiva a beneficiare dell'interpretazione di cui al comma 38 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243;
    con la dismissione di unità immobiliari ad uso residenziale a prezzi di mercato correnti (e non riferiti ai valori del 2001), si verifica, ad esempio, che un conduttore di un immobile di un ente pubblico, poi privatizzato, deve pagare un prezzo 3 o 4 volte superiore rispetto a quello riservato ad un altro inquilino che in passato ha già acquistato un immobile con identiche caratteristiche, ma di proprietà di un ente pubblico;
    riguardo poi al correlato problema di assicurare agli iscritti una più apprezzabile continuità con il reddito professionale percepito al momento della cessazione dell'esercizio della professione, nonché di garantire l'equilibrio delle casse degli enti privatizzati e quindi la sostenibilità delle prestazioni rese ai relativi iscritti, non va dimenticato che questa tematica è stata di fatto già in parte affrontata tramite l'approvazione della legge n. 133 del 12 luglio 2011 relativa alla «Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi», con cui si è previsto che il contributo integrativo a carico degli iscritti alle casse professionali (originariamente fissato da tale disposizione al 2 per cento del fatturato lordo), sia autonomamente stabilito con apposite delibere di ciascuna Cassa, approvate dai Ministeri vigilanti, secondo una misura che non possa eccedere il 5 per cento del fatturato lordo;
    sarebbe necessario porre un rimedio alle conseguenze prodotte dall'attuazione delle disposizioni interpretative recate dal comma 38 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243;
    andrebbero intraprese iniziative atte a garantire una maggiore tutela di tutti gli inquilini che non possono comprare le unità immobiliari degli enti previdenziali privatizzati, attraverso il meccanismo del social housing sul patrimonio immobiliare già esistente, riconoscendo il diritto di prelazione agli enti locali dove sono ubicati gli immobili, i quali potranno decidere in situazioni di emergenza abitativa di acquistare gli immobili anche attraverso le aziende ex IACP competenti per territorio, ciò anche al fine di favorire un'azione calmieratrice dei prezzi a salvaguardia delle fasce sociali più deboli, in particolare i portatori di handicap e gli ultrasessantacinquenni, e del ceto medio, impedendo nuove cementificazioni. Nello stesso tempo occorrerebbe stabilire prezzi definiti di vendita degli immobili, in maniera da evitare speculazioni e facendo riferimento alle medesime condizioni già applicate dagli enti pubblici;
    occorrerebbe permettere il rinnovo dei contratti in scadenza o già scaduti senza maggiorazioni o con maggiorazioni assai più contenute,

impegna il Governo:

   ad intraprendere ogni iniziativa urgente, anche di natura straordinaria ed a carattere normativo, atta a risolvere le problematiche manifestate dagli inquilini delle unità immobiliari ad uso residenziale degli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509;
   a valutare la necessità di promuovere una ridefinizione della normativa vigente in materia di gestione e alienazione di alloggi degli enti previdenziali privatizzati, allo scopo verificando l'opportunità di istituire un tavolo tecnico, con la partecipazione anche degli enti locali, dei prefetti, degli enti privatizzati, dei sindacati e dei comitati degli inquilini, con il compito di individuare soluzioni volte alla protezione dei diritti e degli interessi legittimi degli attuali conduttori degli immobili di cui trattasi, segnatamente di quelli in corso di dismissione;
   ad adottare iniziative normative urgenti che prevedano, nell'immediato ed eventualmente fino a che non siano state attivate azioni risolutive, la sospensione delle procedure di alienazione dei predetti immobili, degli aumenti dei canoni connessi ai rinnovi contrattuali, nonché delle procedure di sfratto in corso.
(1-01195) «Alessandri, Brugger».


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza e la precarietà abitativa costituiscono, nell'attuale crisi economica che colpisce il Paese, uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale che interessa larghi strati della popolazione appartenenti, oltre le tradizionali categorie a rischio anche a fasce di ceto medio, professionisti e famiglie con doppio reddito;
    tale situazione è resa particolarmente acuta dai caratteri del mercato immobiliare italiano dove l'offerta di abitazioni private – con costi molto alti ed inaccessibili per un numero sempre maggiore di famiglie e di giovani coppie – supera largamente l'offerta pubblica scesa progressivamente, negli ultimi anni, ad una quota pari a circa l'1 per cento della produzione edilizia totale;
    il Ministero dell'interno ha pubblicato recentemente l'aggiornamento dell'andamento delle procedure di rilascio degli immobili ad uso abitativo relativo all'anno 2011;
    il corposo documento rileva che nel solo 2011, anche se i dati sono incompleti relativamente ad alcune province, le sentenze di sfratto emesse sono state 63.846 così suddivise: 832 per necessità del locatore, 7.471 per finita locazione e 55.543 per morosità;
    in relazione alle sentenze di sfratto emesse nel solo 2011 queste risultano, quindi, motivate nel 1,3 per cento per necessità, nell'11,7 per cento per finita locazione e per ben l'87 per cento per morosità;
    delle sentenze emesse nel 2011 il 49,5 per cento sono state emesse nei comuni capoluoghi e il 50,5 per cento nei comuni della provincia;
    il documento statistico del Ministero dell'interno rileva che le richieste di esecuzione di sfratti presentate alle forze dell'ordine da parte degli ufficiali giudiziari sono state 123.914 e gli sfratti eseguiti in presenza dell'ufficiale giudiziario coadiuvato dalle forze dell'ordine sono stati 28.641, sono invece sconosciuti i dati relativi all'allontanamento spontaneo dall'alloggio da parte di sfrattati che non hanno atteso l'arrivo della forza pubblica;
    di fatto in Italia sono eseguiti 140 sfratti al giorno, sfratti per i quali di fatto non è fornito alcun percorso di passaggio da casa a casa,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative per prevedere che la proroga, in scadenza il prossimo 31 dicembre 2012, dell'esecuzione degli sfratti per le famiglie in determinate condizioni, di cui alla legge 9 del 2007, con sfratto per finita locazione, venga rinnovata al 31 dicembre 2013 ed estesa anche alle famiglie, nelle stesse condizioni oggettive e soggettive di quelle di cui alla citata legge, ma con sfratto per morosità incolpevole;
   ad assumere iniziative normative per definire, in analogia a quanto stabilito per il pagamento delle rate di mutuo per le famiglie in difficoltà previsto dal comma 475 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, un fondo di solidarietà, dotato di un congruo finanziamento statale, da attivare con il concorso di ulteriori risorse eventualmente messe a disposizione di regioni ed enti locali e da implementare eventualmente anche con un fondo di rotazione, costituito presso i comuni, alimentato dalle somme versate dai conduttori a titolo di deposito cauzionale, al fine di favorire possibili procedure di conciliazione e rinegoziazione tra locatore e conduttore, sulla base degli accordi territoriali di cui alla legge n. 31 del 1998, ovvero di risarcimento per i proprietari in caso di graduazione dell'esecuzione dello sfratto;
   a predisporre un piano nazionale, con adeguato stanziamento di risorse, destinato a tutti i comuni attraverso il coinvolgimento di sindacati inquilini, ANCI e conferenza delle regioni, ai fini di incrementare l'offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica e di edilizia sociale, attraverso la definizione dell'effettivo fabbisogno e i soggetti destinatari, prioritariamente quelli con sentenza di sfratto esecutiva, collocati utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso ad un alloggio di edilizia residenziale pubblica a canone sociale, e le famiglie che sono in precarietà abitativa a causa di una elevata incidenza del canone di locazione in rapporto al reddito netto;
   ad effettuare di concerto con Anci e conferenza delle regioni, sentite le organizzazioni sindacali degli inquilini, il monitoraggio e il censimento di unità immobiliari o immobili di proprietà di comuni e Iacp comunque denominati, attualmente inutilizzati e lasciati in degrado allo scopo di attuare un piano di recupero dei citati immobili da destinare alle famiglie in graduatoria con sfratto già eseguito o via di esecuzione garantendo così il passaggio da casa a casa.
(1-01196) «Morassut, Braga, Meta, Concia, Pompili, Margiotta, Carella, Coscia, Martella, Verini, Peluffo».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'andamento negativo dell'economia italiana nel corso del 2012 e le proiezioni, anch'esse molto negative, per il 2013, segnalano l'urgenza di orientare la politica economica del Governo sempre più verso il sostegno alla ripresa delle attività produttive, per contrastare una crisi che costituisce ormai una vera e propria emergenza politica e sociale;
    in particolare, un ruolo fondamentale deve essere svolto dalla politica tributaria, che non può più limitarsi ad interventi restrittivi finalizzati ad assicurare il rispetto notarile dei vincoli posti dal patto di stabilità, ma che deve assumere un ruolo fondamentale per stabilire le condizioni essenziali per favorire la ripresa dell'economia italiana e per dare concrete prospettive di speranza al Paese;
    al di là delle propagandistiche dichiarazioni del Presidente del Consiglio, o di esponenti della maggioranza circa l'avvio di un improbabile processo di riduzione del prelievo fiscale l'orientamento della politica tributaria del Governo conferma, purtroppo, la scelta, scellerata, di proseguire nel continuo inasprimento della pressione fiscale, soprattutto a danno delle famiglie, delle fasce sociali più deboli della popolazione, dei disoccupati e delle imprese di piccole e medie dimensioni, nella convinzione, errata, che l'unica ricetta per assicurare la stabilità della finanza pubblica sia quella di aggravare il carico tributario sui contribuenti che già pagano le tasse;
    al contrario, quasi nulla è stato fatto per colpire i grandi capitali finanziari, i poteri forti della finanza e della grande imprenditoria legati spesso al mondo della politica, le rendite speculative, i quali sono in realtà i primi responsabili della gigantesca ondata di recessione e di instabilità sociale che rischia di travolgere molti Paesi e di cancellare ogni prospettiva di benessere duraturo per le generazioni future;
    questa linea politica, oltre ad apparire in stridente contraddizione con l'intenzione di procedere finalmente ad una riduzione del carico fiscale e ad una sua ridistribuzione a favore dei redditi da lavoro, sta determinando un aggravamento della sperequazioni che da tempo caratterizzano il sistema tributario nazionale, in quanto proprio i contribuenti meno abbienti, in primo luogo i percettori di redditi da lavoro, hanno visto notevolmente aumentare il carico tributario, a causa della introduzione dell'IMU sulla prima casa, dell'innalzamento delle addizionali comunali e regionali all'IRPEF, nonché dell'inasprimento dell'aliquota IVA del 20 per cento, cui faranno seguito ulteriori incrementi;
    si tratta, nel complesso, di misure che, oltre a risultare profondamente inique sul piano sociale, appaiono del tutto errate sotto il profilo economico, in quanto contribuiranno a deprimere ulteriormente il ciclo economico in un contesto già condizionato dalla crisi economica internazionale, aggiungendosi agli effetti depressivi, riconosciuti dallo stesso Governo, delle sette manovre finanziarie adottate nel corso dell'ultimo anno e mezzo, colpendo soprattutto i ceti medio bassi, i quali hanno già visto fortemente ridursi il proprio reddito disponibile e sono stati pertanto costretti a comprimere i propri consumi ed il tenore di vita complessivo;
    anche gli ultimi interventi legislativi adottati in materia dall'Esecutivo, nonostante i continui, convulsi aggiustamenti apportati nel corso dell'esame presso le Camere appaiono completamente inadeguati, in quanto le limitate misure di sgravio previste, ad esempio l'innalzamento delle detrazioni IRPEF per figli a carico, il limitato incremento delle deduzioni dalla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, nonché il fondo per l'esclusione dalla stessa IRAP dei soggetti privi di autonoma organizzazione imprenditoriale, possono rappresentare, al più, meri annunci di sapore preelettorale, volti a cercare di migliorare il livello di popolarità dell'Esecutivo e delle forze politiche, ormai del tutto screditate, che lo sostengono, certamente non sono in grado di bilanciare i danni già provocati, né di evitare gli effetti negativi che, ad esempio, l'aumento dell'aliquota IVA del 21 per cento avrà sulla domanda aggregata, già assai debole;
    non c’è, pertanto, alcuna possibilità che, proseguendo nell'attuale indirizzo, si possano nutrire concrete speranze di ripristinare le condizioni minime per una ripresa dell'economia nazionale: infatti, l'azione dell'Esecutivo ha innescato un circolo vizioso, in cui la già negativa congiuntura economica risulta ulteriormente aggravata dagli effetti depressivi indotti dalle manovre correttive adottate dal Governo;
    tutto ciò risulta ancor più grave laddove si consideri che l'attuale Governo, proprio per la sua particolare, ed eccezionale sotto il profilo della legittimazione politica, caratterizzazione tecnica, dovrebbe individuare, con la massima oggettività e rigore, tutte quelle misure indispensabili per contrastare la recessione economica della quale il Paese è ormai preda;
    occorre dunque invertire rapidamente l'indirizzo della politica tributaria dell'Esecutivo, introducendo misure che consentano di riconoscere un effettivo sgravio del carico tributario in favore dei redditi da lavoro e d'impresa, individuando le risorse aggiuntive necessarie per assicurare la stabilità dei conti pubblici e per incentivare la ripresa dei consumi nelle enormi sacche di evasione fiscale e contributiva che caratterizzano il panorama economico del Paese, nonché negli imponenti sprechi che si segnalano in tutti i settori della pubblica amministrazione, sia a livello statale sia a livello locale;
    a tale ultimo proposito appare ulteriormente paradossale che il Governo, dopo aver ribadito più volte l'intenzione di rafforzare il contrasto all'evasione fiscale e contributiva, riduca, nel bilancio di previsione 2013, proprio le risorse in favore della Guardia di finanza e dell'INPS finalizzate proprio allo svolgimento delle attività di controllo in tale ambito;
    in tale contesto appare fondamentale ed urgente aprire in Parlamento, in quest'ultimo scorcio di legislatura, un dibattito franco ed aperto sulla politica tributaria, bandendo ogni tentazione propagandistica ed individuando una strategia credibile di allentamento della pressione fiscale, la quale non può evidentemente prescindere da una significativa riduzione delle spese pubbliche, a partire dai costi della politica a tutti i livelli;
    le tematiche oggetto del presente atto di indirizzo sono da tempo al centro di una serrata attività ispettiva svolta in seno alla Commissione Finanze della Camera dei deputati dal gruppo dell'Italia dei Valori, il quale ha posto più volte le problematiche del ridisegno della politica fiscale al Governo, il quale si è tuttavia sempre limitato a fornire risposte insufficienti ed evasive,

impegna il Governo:

   a rivedere complessivamente l'impianto della politica tributaria e fiscale finora perseguita, in particolare al fine di:
    a) mantenere l'impegno, pubblicamente assunto, di avviare una concreta riduzione della pressione fiscale, in particolare in favore delle famiglie, delle fasce sociali più deboli, dei disoccupati, degli esodati e delle piccole e medie imprese;
    b) operare uno spostamento del carico tributario dai redditi da lavoro e di impresa verso i grandi patrimoni finanziari, le rendite speculative e parassitarie, per realizzare quell'obiettivo di maggiore equità del sistema tributario che, sebbene avrebbe dovuto costituire uno dei principi cardine dell'attuale Governo, è stato finora completamente eluso dalle manovre finanziarie finora approvate;
    c) adottare al più presto misure per scongiurare l'incremento dell'aliquota IVA del 21 per cento previsto a decorrere dal 1o luglio 2013 nel disegno di legge di stabilità, in modo da impedire l'aumento dei prezzi e la conseguente, ulteriore caduta del potere di acquisto delle famiglie;
    d) reperire le risorse indispensabili per avviare una concreta azione di sostegno al tessuto economico ed ai consumi attraverso una più rigorosa revisione della spesa pubblica che incida finalmente sui costi della politica, sulle spese eccessive degli organi costituzionali e delle amministrazioni ad ogni livello di governo, nonché sui giganteschi sprechi e malversazioni che si annidano tuttora in molti settori dalla macchina pubblica, sia a livello centrale sia a livello locale;
    e) rafforzare, in tale contesto, l'efficacia della lotta all'evasione e l'elusione fiscale e contributiva, in particolare rafforzando quelle branche della pubblica amministrazione, come la Guardia di finanza, l'Agenzie delle entrate, l'INPS, e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che dovrebbero costituire la punta di diamante dell'azione dello Stato per contrastare i fenomeni evasivi ed elusivi e per eradicare ogni forma di criminalità finanziaria ed economica;
    f) chiedere un più forte contributo alle esigenze di risanamento finanziario e rilancio economico del Paese a quei settori che finora hanno lucrato ingenti guadagni dai veri e privilegi fiscali che il sistema, e la sudditanza dei Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, ha garantito loro, in particolare introducendo forme di tassazione patrimoniale che colpiscano finalmente i grandi patrimoni mobiliari e le rendite speculative, eliminando alcune scandalose esenzioni, ad esempio nel settore dell'imposizione immobiliare, nonché innalzando il prelievo richiesto ai soggetti concessionari dei giochi pubblici;
    g) concludere rapidamente ed in modo efficace le trattative in corso per la conclusione di un accordo con la Svizzera, come già hanno fatto la Germania e la Gran Bretagna, in modo da riportare a tassazione, anche attraverso la previsione di meccanismi retroattivi, gli ingentissimi patrimoni finanziari trasferiti illegalmente nel Paese elvetico, il cui ammontare risulta pari a circa 150 miliardi di euro;
    h) farsi attivo promotore, in ambito europeo ed internazionale, di ogni iniziativa utile per giungere all'introduzione a livello globale di una tassazione sulle transazioni finanziarie aventi contenuto prevalentemente speculativo, in modo da alleggerire il prelievo su quei fattori meno mobili della produzione che, a differenza dei capitali, non possono sfuggire al prelievo.
(7-01035) «Barbato».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 197, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ha stabilito che «(...) il titolo conseguito nell'esame di maturità a conclusione dei corsi di studio dell'istituto magistrale abilita all'insegnamento nella scuola elementare (...)»;
    l'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323, stabilisce che «I titoli conseguiti nell'esame di Stato a conclusione dei corsi di studio dell'istituto magistrale iniziati entro l'anno scolastico 1997/1998 conservano in via permanente l'attuale valore legale e abilitante all'insegnamento nella scuola elementare. Essi consentono di partecipare ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare»;
    inoltre l'articolo 197, comma 1, del decreto interministeriale 10 marzo 1997 ha stabilito che «Visto (...), nei quali è attribuito valore abilitante all'insegnamento nelle scuole materne ed elementari ai titoli che si conseguono al termine del corso di studi della scuola magistrale e dell'istituto magistrale» e l'articolo 2, comma 1, decreta che: «I titoli di studio conseguiti al termine dei corsi triennali e quinquennali sperimentali di scuola magistrale e dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'istituto magistrale, iniziati entro l'anno scolastico 1997-1998, o comunque conseguiti entro l'a.s. 2001-2002, conservano in via permanente l'attuale valore legale e consentono di partecipare alle sessioni di abilitazione all'insegnamento nella scuola materna, previste dall'articolo 9, comma 2, della citata legge n. 444 del 1968, nonché ai concorsi ordinari per titoli e per esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare, secondo quanto previsto dagli articoli 399 e seguenti del citato decreto legislativo n. 297 del 1994»;
   per tutti i diplomati magistrali e per coloro che abbiano conseguito il titolo di istituto magistrale non risulta essere mai stato posto l'obbligo a frequentare il successivo corso di laurea abilitante in scienze della formazione e di conseguenza è evidente l'attuale riconoscimento del diploma magistrale quale titolo abilitante in virtù delle succitate norme;
   in data 29 febbraio 2012 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha sottoscritto il CCNL mobilità scuola statale il quale sancisce che: «Conservano valore di abilitazione all'insegnamento nella scuola elementare i titoli di studio conseguiti al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'istituto magistrale, entro l'anno scolastico 2001/2002, ai sensi del decreto ministeriale 10 marzo 1997»;
   la Corte costituzionale, con la sentenza num. 466/1997, obiter dictum, ha sostenuto che il diploma magistrale «è in sé abilitante», a prescindere dai concorsi a cattedra;
   mai prima d'ora, era stato messo in discussione il valore di abilitazione all'insegnamento dei diplomi di maturità magistrale, in quanto né i concorsi per titoli ed esami per la scuola elementare, né i corsi ex decreto ministeriale n. 85 del 2005 hanno mai avuto funzione di abilitazione all'insegnamento, costituendo, i primi, semplice procedura concorsuale per l'arruolamento nelle scuole statali senza finalità abilitanti, i secondi corsi finalizzati esclusivamente all'acquisizione della cosiddetta «idoneità» all'inserimento nelle graduatorie permanenti/ad esaurimento; in nessun caso, fino ad oggi, tali concorsi/corsi hanno rappresentato un requisito per l'insegnamento nella scuola paritaria, tant’è che gli stessi non sono nemmeno oggetto di valutazione nelle graduatorie interne di tali scuole, in quanto l'abilitazione è conferita dal diploma stesso;
   per i diplomati magistrali non risulta essere mai stato posto l'obbligo a frequentare il successivo corso di laurea abilitante in scienze della formazione e di conseguenza è evidente l'attuale riconoscimento del diploma magistrale quale titolo abilitante in virtù delle succitate norme;
   l'articolo 15, comma 16, del decreto ministeriale 10 settembre 2012, n. 249, istituisce «percorsi formativi finalizzati esclusivamente al conseguimento dell'abilitazione per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria»;
   tale disposto è ad avviso degli interroganti in sé incoerente con la delega conferita dall'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in quanto finalizzato a conferire una «abilitazione» a personale docente già, per legge, abilitato, e certamente non necessitate di una «formazione iniziale», giacché trattasi di personale che ha completato un corso di studio professionalizzate concluso con un esame di stato avente sia funzione di conseguimento del titolo di studio di «maturità» sia della qualifica professionale di «abilitazione» magistrale e che, in molti casi presta da anni servizio nelle scuole primarie statali o paritarie;
   considerato che è attestato e comprovato che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha, nel corso degli anni, riconosciuto quali titoli di abilitazione all'insegnamento nella scuola primaria italiana diplomi di scuola secondaria di II grado, di livello, quindi, equiparabile al diploma di maturità magistrale, conseguiti in altri Stati membri dell'Unione europea, in particolare in Romania ed appare quindi non solo immotivata qualunque forma di disparità di trattamento e discriminazione tra cittadini italiani in possesso di titolo definito per legge abilitante e cittadini di altri Stati membri in possesso di titolo analogo e definiti anch'essi abilitati nei rispetti Paesi, ai quali lo Stato italiano ha consentito l'accesso alle graduatorie permanenti/ad esaurimento, se non addirittura al ruolo, senza che a quest'ultimi fosse richiesto il superamento di alcuna procedura concorsuale per titoli ed esami,

impegna il Governo:

   a rivalutare il dettato dell'articolo 15, comma 16, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, alla luce di quanto evidenziato in premessa;
   a sancire, con apposito atto, ed in modo inequivocabile, il valore abilitante dei corsi di istituto magistrale iniziati entro l'a.s. 1997-98 e conclusi entro l'a.s. 2001-02;
   ad assicurare, in coerenza con il principio di non disparità e non discriminazione, ai docenti in possesso di diploma di maturità magistrale conseguito al termine dei corsi di istituto magistrale iniziati entro l'a.s. 1997-98 e conclusi entro l'a.s. 2001-02, la possibilità di accedere alle procedure di reclutamento nella scuola statale alle medesime condizioni dei docenti abilitati al termine dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria o con titolo estero riconosciuto in Italia.
(7-01033) «De Pasquale, Coscia, Ghizzoni».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    le aree marine protette italiane costituiscono un'esperienza originale nel panorama europeo e mediterraneo ed un sistema articolato e complesso che persegue l'obiettivo ambizioso di coniugare tutela della biodiversità, fruizione turistica e sviluppo sostenibile. Puntando sull'attivo coinvolgimento delle comunità locali, le nostre riserve marine si sono ritagliate il ruolo di laboratori avanzati per la gestione sostenibile della fascia costiera, pur tra difficoltà economiche e ritardi funzionali cui bisognerebbe porre rimedio a livello normativo;
    il numero delle aree marine protette italiane, oggi salito a 30, continua a crescere su richiesta delle realtà locali che puntano sempre più sul turismo sostenibile e delle marinerie che hanno sposato la scelta della pesca responsabile. Al contempo, il comparto produttivo nazionale della nautica da diporto, uno dei settori di eccellenza del made in Italy, si è trasformato velocemente investendo molte risorse in tecnologie di valenza ambientale: già da diversi anni le imbarcazioni e gli yachts realizzati in Italia hanno standard di compatibilità ecologica che anticipano le normative comunitarie;
    attualmente può però ancora accadere che durante una navigazione, anche nella stessa giornata, il diportista si trovi a dover rispettare criteri di accesso alle aree marina protette significativamente diversi tra loro. Si pensi ad esempio alle differenti regole in relazione alla dimensione del natante, alla sua velocità o ad esempio alla distanza dalla costa;
    la non omogeneità di regole di salvaguardia, oltre a generare confusione, mina la tutela stessa delle aree marine protette e rende indispensabile un processo di omologazione delle norme di accesso ai siti marini tutelati;
    per quanto sopraddetto, già nel 2007 è stato compiuto un percorso comune, con un tavolo di confronto istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con la partecipazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, delle capitanerie di porto, degli enti gestori delle aree marine protette, delle associazioni di categoria della nautica e delle associazioni ambientaliste. La firma del «Protocollo tecnico per la nautica sostenibile nelle aree marine protette» ha portato all'individuazione di nuove regole per la fruizione diportistica delle aree marine protette. Tale protocollo prevedeva, tra l'altro, l'avvio di una revisione complessiva dei decreti istitutivi e dei regolamenti delle aree marine protette, che portasse ad una omogeneizzazione delle misure di tutela in tutte le riserve marine e concepite in funzione dei reali impatti delle unità da diporto, e quindi del possesso di requisiti di eco-compatibilità, piuttosto che sull'anacronistico criterio delle dimensioni delle barche. È noto, infatti, che attualmente le unità da diporto di maggiori dimensioni sono assoggettate a normative e standard di qualità ambientale più rigorosi per le emissioni atmosferiche e acustiche. D'altro canto, il problema degli ancoraggi delle barche da diporto, che sovente arano e danneggiano i fondali di pregio ambientale (prateria di Posidonia oceanica, coralligeno), sta venendo positivamente risolto con la realizzazione, a cura degli enti gestori delle aree protette, di campi ormeggio che consentono la sosta a tutte le unità da diporto, a prescindere dalle dimensioni degli scafi;
    l'introduzione della premialità ambientale per le barche ecologiche nelle aree marine protette costituirebbe poi una novità importante, da consolidare in vista di una futura estensione di queste buone pratiche al sistema nazionale;
    a 5 anni di distanza da tale accordo, l'adozione e applicazione dello stesso nei decreti e nei regolamenti delle riserve marine è avvenuta in maniera episodica e discrezionale, grazie alle iniziative virtuose degli enti gestori più dinamici o solo nei casi di aree marine protette istituite dopo la firma del protocollo;
    in aggiunta, recentemente le disposizioni introdotte per la spending review hanno soppresso la segreteria tecnica per la tutela del mare e la navigazione sostenibile, organo tecnico preposto, presso la competente direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a svolgere tutte le istruttorie tecniche in materia di istituzione, aggiornamento e regolamentazione delle aree marine protette. Le relative funzioni sono state assegnate alla direzione generale per la protezione della natura e del mare, che tuttavia non dispone in organico tali professionalità,

impegna il Governo:

   a dare concreta attuazione, a livello di sistema, al «Protocollo per la nautica sostenibile nelle aree marine protette» sottoscritto in data 1o febbraio 2007, in particolare:
    a predisporre i decreti istitutivi, nonché i regolamenti delle aree marine protette, in coerenza con i contenuti del protocollo tecnico;
    ad aggiornare, ove ritenuto opportuno, i vecchi decreti istitutivi delle aree marine protette, al fine di poter dare piena attuazione ai principi del predetto protocollo tecnico;
    a completare in tutte le riserve marine l'adozione dei regolamenti di organizzazione delle aree marine protette, su proposta degli Enti gestori, in cui siano inserite misure di premialità ambientale per le unità da diporto in possesso di requisiti di eco-compatibilità;
    ad avviare e incentivare un programma di interventi per la sperimentazione nelle aree marine protette di pratiche per la promozione della nautica da diporto ecocompatibile e la gestione sostenibile della fascia costiera, a partire dalla realizzazione di campi ormeggio destinati alle unità da diporto;
    a ripristinare, con una dotazione anche minima di esperti qualificati, la «Segreteria tecnica per la tutela del mare e la navigazione sostenibile», o comunque a supportare la direzione competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare mediante il ricorso a esperti di elevata qualificazione professionale;
    ad assumere iniziative per ridefinire il quadro normativo delle aree marine protette, per la parte riguardante la nautica da diporto, prevedendo misure di tutela differenziate per le unità da diporto in funzione del possesso di requisiti di eco-compatibilità.
(7-01034) «Realacci, Mariani, Bonciani, Margiotta, Velo, Braga, Bratti, Morassut».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARROCU, CALVISI e FADDA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con ordinanza di protezione civile del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 2008, n. 3640, il presidente pro tempore della regione autonoma della Sardegna è stato nominato commissario delegato per il coordinamento degli interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni determinatisi in conseguenza dell'inquinamento delle aree minerarie dismesse del Sulcis Iglesiente Guspinese;
   lo stato di emergenza è stato prorogato ed è tuttora vigente ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 2011, che ne fissa la scadenza al 31 dicembre 2012;
   l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, ha stabilito che le gestioni commissariali in corso non possono più essere prorogate; il novellato articolo 5, commi 4-ter e 4-quater stabilisce che il capo dipartimento della protezione civile, entro dieci giorni dalla scadenza dello stato di emergenza, emana «di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, apposita ordinanza volta a favorire e regolare il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi, conseguenti all'evento, che si rendono necessari successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza»;
   la medesima ordinanza può altresì, individuata l'amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, dettare disposizioni derogatorie per un massimo di sei mesi a specifiche norme in materia di affidamento di lavori pubblici e acquisizione di beni e servizi e determinare ulteriori modalità operative, contabili e finanziarie, per il ritorno all'ordinario;
   consta agli interroganti che il dipartimento della protezione civile ha richiesto al presidente della regione Sardegna, quale delegato della richiamata gestione commissariale, di elaborare e trasmettere entro il 30 settembre 2012 una proposta di piano di rientro nel regime ordinario, comprensiva della individuazione della amministrazione competente, in futuro, a realizzare gli interventi per fronteggiare il danno ambientale prodotto dalle attività minerarie;
   grazie alla richiamata ordinanza di protezione civile del gennaio 2008, negli anni successivi ha operato presso la regione Sardegna un ufficio di supporto al commissario delegato che ha saputo dare un decisivo impulso alla complessa attività autorizzativa delle bonifiche ambientali nelle aree minerarie dismesse;
   alcuni significativi progetti di bonifica autorizzati quale esito di detta attività sono ricompresi e finanziati nella delibera CIPE n. 93 del 3 agosto 2012 e rientrano tra gli interventi ambientali riabilitativi propedeutici alla diversificazione economica e alle azioni di promozione dello sviluppo che Governo, regione e autonomie locali stanno sostenendo con il cosiddetto «Piano Sulcis» –:
   se il Presidente pro tempore della regione Sardegna, in qualità di commissario delegato di protezione civile, entro il termine assegnatogli del 30 settembre 2012 o anche successivamente, abbia formulato una proposta di piano di rientro nell'ordinaria gestione degli interventi finalizzati a rimuovere i danni all'ambiente provocati dalle attività minerarie nel Sulcis Iglesiente Guspinese;
   quali siano i contenuti fondamentali di tale proposta – nel caso sia stata formulata;
   se essa individui nella regione autonoma della Sardegna l'amministrazione competente a coordinare in via ordinaria le attività e gli interventi che conseguono alla gestione emergenziale e se proponga deroghe alle norme in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi. (5-08473)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 25 marzo 2012, in seguito alla pubblicazione della Gazzetta Ufficiale n. 71 del 24 marzo 2012, il decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012 è stato convertito in legge recante stabilendo le nuove disposizioni in materia di liberalizzazioni;
   il 22 marzo 2012 un comunicato stampa di palazzo Chigi comunicava che: «Le liberalizzazioni favoriscono l'imprenditoria giovanile, istituendo la società a responsabilità limitata. (...), a favore dei consumatori (ma anche delle PMI) si potenziano il servizio di distribuzione dei farmaci e l'attività notarile. In particolare, si offre la possibilità di ottenere la titolarità di una farmacia anche a coloro che hanno svolto attività lavorativa prevalentemente presso le cosiddette «parafarmacie», si rafforza poi l'attività di enforcement dell'Autorità per la concorrenza e il mercato contro le clausole vessatorie ai danni dei consumatori e si eliminano alcune ingiustificate restrizioni in merito alla possibilità di far valere l'azione di classe. Sempre al fine di contenere i costi per gli utenti, vengono dettate nuove norme in materia di assicurazioni e banche. Per esempio, si introduce l'obbligo per gli istituti bancari di garantire la gratuità delle spese di apertura e gestione dei conti di pagamento di base destinati all'accredito e al prelievo della pensione del titolare per chi percepisce trattamenti fino a 1500 euro mensili. Ad analoghe finalità si indirizzano le norme in materia di taxi. Viene infatti istituita un'autorità per la regolazione dei settori del trasporto. La competenza a decidere spetterà a Comuni e Regioni, che dovranno però considerare i pareri tecnici emessi dall'Autorità. Quest'ultima avrà il potere di impugnare di fronte al TAR del Lazio le decisioni delle amministrazioni, qualora non rispettino i criteri tecnici. Si promuove, infine, la concorrenza nei mercati dell'energia, attraverso la separazione della rete di distribuzione del gas dall'impresa incumbent, e della distribuzione di carburanti, attraverso il rafforzamento dell'autonomia dei distributori nei confronti delle compagnie. Vengono razionalizzate (naturalmente nel rispetto dell'esito referendario) la normativa di gestione dei servizi pubblici locali»;
   in data 19 novembre 2012 il Corriere.it pubblica un dettagliato dossier a firma di Lorenzo Salvia dal titolo: «Così le lobby e la burocrazia stanno Arenando le liberalizzazioni, Dai taxi alla benzina resta inattuata la maggior parte del “Cresci Italia”» che traccia un bilancio sulle «liberalizzazioni», in particolare alla luce dei propositi del Governo e le conseguenze avutesi sui cittadini, il giornalista domanda: Che fine abbia fatto lo sconto sull'assicurazione per chi fa mettere sulla macchina la scatola nera e constatando che tale sconto non c’è in quanto non si sono messi d'accordo su chi debba pagare quell'apparecchietto in grado di registrare i movimenti dell'auto;
   con riferimento ai medicinali di fascia C da vendere nelle parafarmacie, ne sono stati sbloccati 220 ma qualche vantaggio l'avrà solo chi soffre di emorroidi. Nel listone ci sono il Daflon e l'Arvenum, utilizzati appunto dai pazienti di cui sopra. Gli altri sono tutti farmaci quasi inutilizzati;
   per non parlare dei taxi. Il primo passo per l'aumento del numero delle licenze dovrebbe essere fatto dalla nuova autorità dei trasporti. Ma, l'autorità non c’è, perché i partiti continuano a litigare su chi debba esserne membro;
   «un progetto ambizioso che però è rimasto a metà», scrive ancora Salvia;
   all'epoca dell'approvazione del decreto-legge il Governo citava l'Ocse e diceva che, allineandoci agli standard dei Paesi più virtuosi, sarebbe stato possibile nel lungo periodo far crescere il Pil dell'11 per cento, l'occupazione dell'6 per cento, i salari in termini reali del 12 per cento. Le associazioni dei consumatori stimavano un risparmio di almeno mille euro l'anno a famiglia;  
   un mese fa l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha detto che sulle liberalizzazioni bisognerebbe fare di più;
   la Cgia di Mestre ha calcolato che dal 1990 al 2011 con le liberalizzazioni gli italiani ci hanno rimesso: nei settori aperti alla concorrenza la spesa è salita di 280 euro l'anno a famiglia –:
   di quali dati disponga il Governo per tracciare un bilancio reale in termini di effetti-benefìci sulla popolazione italiana della legge sulle liberalizzazioni ovvero dopo la conversione in legge del 24 marzo 2012, quali siano i motivi che pongono difficoltà di rendere davvero operativi quei 98 articoli posto che qualche settimana fa il Sole 24 ore ha calcolato che, su 53 regolamenti attuativi, ne erano stati emanati soltanto 11. (4-18623)


   NACCARATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 2 novembre 2010, con decreto n. 236, il presidente della Regione Veneto, ai sensi dell'articolo 106, comma 1, lettera a) della legge regionale n. 11 del 13 aprile 2001, ha dichiarato lo stato di crisi in relazione agli eventi alluvionali che hanno interessato il Veneto tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2010;
   il 13 novembre 2010, con ordinanza n. 3906, il Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la regione Veneto, ha nominato il Presidente della stessa regione commissario delegato per il superamento dell'emergenza derivante dagli eventi citati;
   il 17 agosto 2011, con ordinanza n. 3960, il Presidente del Consiglio dei ministri ha nominato il prefetto di Verona commissario delegato per il superamento dell'emergenza, in sostituzione del presidente della regione Veneto;
   il 2 novembre 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha stabilito di prorogare lo stato di emergenza derivante dagli effetti degli eventi alluvionali del 2010 fino al 30 novembre 2012;
   l'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza n. 3906 del Presidente del Consiglio dei ministri affida al commissario delegato il compito di porre in essere ogni utile attività per l'avvio, anche in termini di somma urgenza, della messa in sicurezza delle aree colpite e dagli interventi urgenti di prevenzione;
   l'articolo 1, comma 3, dell'ordinanza n. 3906 del Presidente del Consiglio dei ministri prevede che il commissario delegato provveda all'avvio urgente della messa in sicurezza dei territori individuati, ai sensi del comma 1, e alla predisposizione, anche per gli stralci successivi, di un piano di interventi per il superamento dell'emergenza, al fine di ridurre definitivamente gli effetti dei fenomeni alluvionali;
   ai sensi dell'articolo 10, comma 1-bis, lettera b) dell'ordinanza n. 3906 del presidente del Consiglio dei ministri (come introdotto dall'articolo 1 dell'ordinanza n. 3943 del Presidente del Consiglio dei ministri le risorse attribuite dallo Stato per gli interventi pubblici di risanamento del territorio, di competenza delle Amministrazioni locali e delle strutture regionali, volti a fronteggiare il gravissimo dissesto idrogeologico in atto nella regione Veneto ammontano a euro 150.000.000;
   per gli interventi di risanamento sopra descritti risultano destinati, altresì, i fondi statali derivanti dalla legge n. 10 del 26 febbraio 2011 (legge finanziaria per il 2011) pari a euro 30.000.000 per l'anno 2011 e a euro 18.008.618 per l'anno 2012;
   il 24 settembre 2011, a pagina 100 della pubblicazione «Veneto, la Grande Alluvione», «voluta e realizzata dalla struttura del commissario straordinario per il superamento dell'alluvione, allo scopo di ricordare gli effetti della catastrofe dell'autunno 2010 e per raccontare come istituzioni, cittadini e imprese hanno operato per uscire dall'emergenza e per fornire al Veneto un Piano per le grandi opere» (come descritto a pagina 3 della pubblicazione), è presentato l'elenco de «Le prime grandi opere avviate»;
   in particolare, la tabella 15 elenca 3 «bacini di laminazione finanziati»: «Realizzazione di un'opera di invaso sul torrente Timonchio», nel comune di Caldogno (Vicenza), insieme alla specificazione che il progetto preliminare generale è stato approvato, e al «Costo stimato e finanziato» pari a euro 41.500.000; «Realizzazione di un'opera di invaso sul fiume Agno-Guà-Primo stralcio» nei comuni di Trissino e Arzignano (Vicenza), insieme alla specificazione che il progetto definitivo è stato approvato, e al «Costo stimato e finanziato» pari a euro 44.650.000; «Realizzazione di un'opera d'invaso sul torrente Lastego-Muson», nei comuni di Riese Pio X e Fonte (Treviso), insieme alla specificazione che il progetto preliminare si trova in procedura di V.I.A. e al «Costo stimato e finanziato» pari a 13.800.000;
   nonostante la natura enfatica e il linguaggio ad avviso dell'interrogante propagandistico che caratterizzano le pagine della pubblicazione «Veneto, la Grande Alluvione», l'opuscolo realizzato dalla struttura del Commissario straordinario per il superamento dell'alluvione è da considerarsi una pubblicazione istituzionale con carattere di ufficialità, finalizzata a informare in maniera imparziale e corretta i cittadini;
   il 6 novembre 2012, con ordinanza n. 7 (che si allega), il commissario delegato ha disposto l'assegnazione di risorse finanziarie per la «realizzazione delle opere di laminazione delle piene del fiume Agno-Guà attraverso l'adeguamento dei bacini demaniali di Trissino e Tezze di Arzignano, nei comuni di Trissino e Arzignano»;
   nell'ordinanza sopra citata il commissario delegato specifica che «l'intervento riveste, nella pianificazione regionale, carattere di assoluta necessità e priorità, in quanto indispensabile per consentire la messa in sicurezza del territorio e delle popolazioni residenti nei territori della bassa padovana ricadenti nel bacino del fiume Bacchiglione»;
   sempre in data 6 novembre 2011, con ordinanza n. 8, il commissario delegato ha disposto l'assegnazione di risorse finanziarie per «Interventi per la sicurezza idraulica dell'area metropolitana di Vicenza. Bacino di laminazione lungo il torrente Timonchio in comune di Caldogno»;
   nell'ordinanza sopra citata il commissario delegato specifica che «l'intervento riveste, nella pianificazione regionale, carattere di assoluta necessità e priorità, in quanto indispensabile per consentire la messa in sicurezza del territorio e delle popolazioni residenti nei territori non solo dei Comuni interessati, ma anche delle zone contermini come l'area metropolitana della città di Vicenza»;
   il 7 novembre 2012, come risulta dal comunicato stampa diffuso dall'AVN (Agenzia Veneto notizie), ufficio stampa della giunta della regione Veneto, «il Commissario delegato del Presidente del Consiglio, prefetto di Verona Perla Stancari, ha finanziato le prime grandi opere per la salvaguardia idrogeologica del territorio veneto e i bacini di laminazione di Trissino e Caldogno»;
   a oggi non risultano atti amministrativi di finanziamento dell’«opera d'invaso sul torrente Lastego-Muson», nei comuni di Riese Pio X e Fonte, indicata nella pubblicazione «Veneto, la Grande Alluvione», realizzata dalla struttura del commissario straordinario a settembre 2011, come una delle «prime grandi opere avviate» e addirittura come «bacino di laminazione finanziato»;
   il 10 e 11 novembre 2012 le stesse aree del Veneto danneggiate dall'alluvione del novembre 2010 sono state colpite da eventi alluvionali e inondazioni che, seppure a fronte di minore piovosità rispetto all'autunno 2010, hanno rischiato di provocare danni ingenti e causato grave allarme tra la popolazione;
   gli eventi del 10 e 11 novembre 2012 dimostrano che il territorio veneto, al di là delle promesse, delle rassicurazioni e degli annunci contenuti nella pubblicazione redatta dalla struttura del commissario straordinario nel settembre 2011, si trova ancora in una situazione di grave rischio idrogeologico;
   gli stessi eventi, inoltre, dimostrano che a due anni di distanza dall'alluvione, dalla conseguente nomina del commissario straordinario e della relativa assegnazione di fondi da parte del Governo, le opere necessarie alla messa in sicurezza del territorio non sono state realizzate, in particolare per quanto riguarda i tre bacini di laminazione, considerati prioritari, sopra citati;
   il 30 novembre 2012 scadrà il termine della gestione commissariale dell'emergenza post-alluvionale nel Veneto, con conseguente subentro della regione Veneto al commissario delegato, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, ultimo periodo del decreto legge n. 59 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 100 del 2012;
   se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali misure, nell'ambito della loro competenza, i Ministri intendano porre in essere al fine di evitare che le risorse stanziate dallo Stato per prevenire il rischio alluvionale in Veneto non vengano spese con la necessaria urgenza per realizzare opere indispensabili alla messa in sicurezza del territorio;
   quali misure, nell'ambito della loro competenza, i Ministri intendano adottare al fine di procedere, a distanza di oltre due anni dagli eventi alluvionali che hanno colpito il Veneto, alla realizzazione delle opere di mitigazione del rischio alluvionale nel territorio finanziate con fondi pubblici e comunitari il cui carattere di urgenza e indifferibilità è stato definito prima degli eventi alluvionali del 2010, e la cui necessità è stata ribadita anche nel corso dell'attuale gestione commissariale dell'emergenza. (4-18627)


   MANCUSO, CROLLA, GIRO, CICCIOLI, GIRLANDA, DE LUCA, BARANI e BOCCIARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   prima del 2002, in Italia, le slot machines erano illegali e terreno di conquista per la criminalità organizzata;
   in seguito il sistema venne regolamentato, rendendole legali, ma con l'imperativo categorico di collegare ogni macchinetta a un sistema telematico di controllo;
   tale sistema doveva inviare alla SOGEI, la società informatica del Ministero dell'economia, i dati di ogni singola giocata, affinché fossero applicate le tasse e vi fosse un controllo dello Stato su tutto il business;
   nel maggio del 2007 una Commissione parlamentare prima e il gruppo antifrodi delle tecnologie della Guardia di finanza poi, comunicano i risultati delle loro indagini alla Corte dei conti;
   essi dicono che le dieci maggiori società che gestiscono le slot machines avrebbero contratto un debito con il fisco, per gli anni 2004/2007, di circa 98 miliardi;
   questo perché i due terzi delle macchinette non sono collegate alla Sogei;
   nel solo 2006 le società indagate incassano il triplo dell'importo dichiarato al fisco: 43,5 miliardi anziché 15,4;
   il 4 dicembre 2008 ha inizio il processo, ma i difensore delle società gestrici contestano la competenza della Corte dei conti obiettando che di tale questione se ne dovrebbe occupare il TAR del Lazio;
   nel dicembre del 2010 la Corte di cassazione decide che i giudici contabili possono continuare ad indagare;
   il processo è ripreso nell'ottobre del 2011;
   la Commissione d'indagine parla anche di «interrogativi, sorti durante l'inchiesta su specifici comportamenti tenuti dai Monopoli di Stato in particolari occasioni, che riguardano sia la fase di avvio delle reti telematiche e in particolare l'esito positivo dei collaudi allora condotti, subito dopo smentiti dall'esperienza applicativa, sia l'accelerato rilascio di nulla-osta di distribuzione, per apparecchi nell'imminenza dell'entrata in vigore di una disciplina più stringente, sia l'omessa applicazione di sanzioni previste dalla legge e l'invenzione di regimi fiscali forfettari»;
   oltre ai vertici dei Monopoli, gravi accuse di corruzione sono state rivolte dalla Commissione a singoli funzionari che, attraverso «anomale procedure», avrebbero permesso ad almeno 28 aziende (alcune delle quali oggetto di indagini da parte della magistratura per presunti reati di corruzione nei confronti di dirigenti dei Monopoli) di eludere le disposizioni introdotte successivamente dalla legge;
   la verifica informatica fungeva anche da garanzia per il singolo giocatore;
   per questo il pubblico ministero Marco Smiroldo ha chiesto anche il risarcimento per la campagna promozionale dei monopoli di Stato sul «gioco illegale», in quanto pubblicità ingannevole;
   il pubblico ministero ha formulato una richiesta principale di 98 miliardi, lasciando ai giudici la discrezionalità sulla multa;
   in primo grado le società incriminate (Atlantis World Giocolegale Limited, SNAI SpA, SISAL SpA, Gmatica SrL, Cogetech SpA, Gamenet SpA, Lottomatica Videolot Rete SpA, Cirsa Italia SrL, H.b.G. SrL e Codere Spa) sono state condannate a pagare 25 miliardi di euro a fronte di una richiesta del pubblico ministero di 98 miliardi;
   sono stati condannati anche i manager pubblici che avrebbero dovuto controllare: il direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dell'epoca, Giorgio Tino, ora vicepresidente di Equitalia Gerit, e il direttore del settore giochi Antonio Tagliaferri, che è rimasto al suo posto a fianco del direttore dell'Aams attuale Raffaele Ferrara, confermato dal Governo attuale;
   in una recente intervista al Secolo XIX, il Ministro Cancellieri ha dichiarato la necessità di recuperare il dovuto, per destinarli al capitolo «ricerca e sicurezza» e in particolare alla prevenzione e cura della ludopatia –:
   se e in che modo il Governo intenda agire per il recupero di quanto dovuto;
   in che modo il Governo intenda impiegare i 2 miliardi e mezzo recuperati;
   in che modo il Governo intenda vigilare affinché non sia più perpetrata l'evasione fiscale sul gioco d'azzardo.
(4-18648)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 novembre 2012 si è appreso dai media italiani che nel corso di un'indagine condotta dalla polizia postale della Campania è venuta alla luce una rete pedopornografica contante un archivio di 5 milioni di file aventi oggetto poveri bambini;
   l'operazione della polizia postale della Campania si è estesa in tutta Italia portando a decine di arresti, uno anche a Napoli;
   si legge di torture a neonati: non si escludono omicidi;
   pedofili che scambiavano on line, un vastissimo repertorio di video e foto pedopornografici;
   dalle immagini e nei filmati emergono chiare violenze su neonati;
   la banda agiva nel cosiddetto deep web, una versione alternativa e anonima di Internet;
   sugli indagati pende l'accusa di pedopornografia e associazione per delinquere;
   i fatti esposti sono gravissimi da richiedere un immediato intervento su questa rete deep web e la sensibilizzazione alle autorità estere affinché si crei uno scambio di strumenti informatici per debellare il fenomeno della pedofilia –:
   se non ritengano i Ministri di assumere iniziative forti in materia come, qualora ammissibile sotto il profilo costituzionale, l'istituzione della «castrazione chimica» per i soggetti arrestati o anche indagati che, si legge dalle cronache, essere perlopiù professionisti insospettabili, assumendo altresì iniziative normative affinché possa essere loro confiscato il patrimonio immobiliare ed economico in quanto un pedofilo non è più pulito di un affiliato alla camorra considerato che l'acquisizione di beni economici da parte dello Stato nei confronti di questi soggetti favorirà un rientro economico cospicuo e, in taluni casi, potrebbe consentire di reinvestire detti beni nel rafforzamento di strutture di intelligence atte a perseguire questo tragico fenomeno che viola la purezza di bambini innocenti. (4-18650)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dal centro di detenzione Shurman, vicino a Zawya, giunge notizia all'interrogante da fonte accreditata (ag. Habeshia) che circa 150 profughi africani, di cui 30 eritrei, rischiano la deportazione verso il deserto: profughi dell'Africa Sub Sahariana vengono prelevati con forza dai centri di detenzione, caricati su camion container, stipati come delle bestie, costretti a viaggiare per giorni senza cibo né acqua al punto di bere le proprie urine pur di sopravvivere. I militari libici li scaricano nel deserto al confine con il Niger e Chad, dove rischiano di morire di fame e di sete. Già 500 migranti dell'Africa Occidentale nelle settimane scorse sono stati abbandonati nel deserto libico;
   la notizia di questi abbandoni è giunta da alcuni africani che sono stati deportati al confine sud, sono stati soccorsi da contrabbandieri, hanno potuto comunicare telefonicamente con i loro compagni rimasti nei centri di detenzione, mettendoli in guardia dal pericolo che li attende. Questa prassi già utilizzata dal precedente regime, sta mettendo in pericolo la vita di migliaia di esseri umani, sono veri crimini contro l'umanità commessi a vantaggio dei trafficanti di esseri umani, infatti i pochi che riescono a sopravvivere finiscono nelle loro mani;
   nel Centro di detenzione Shurman, ci sono delle persone malate gravemente, che sono tra la vita e la morte, non ricevono cure mediche, e nelle settimane scorse alcuni operatori dell'UNHCR si erano presentati in questo centro per portare in ospedale le persone in gravi condizioni, ma i militari di guardia lo hanno impedito –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito ai fatti descritti in premessa;
   se il Governo intenda attivarsi presso la Comunità internazionale perché intervenga sulle autorità libiche, perché rispettino le leggi internazionali in materia dei diritti umani, diritti dei richiedenti asilo e rifugiati, ma soprattutto rispettino la dignità umana di queste persone. (5-08472)


   GHIZZONI e COSCIA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in fase di discussione dell'atto di sindacato ispettivo n. 3-02590 a firma Razzi, concernente le iniziative per l'organizzazione di corsi scolastici di lingua e cultura italiana all'estero, attraverso la rete internet, il Ministro interrogato ha dichiarato che «(...) Per quanto riguarda i veri e propri corsi scolastici essi possono essere organizzati esclusivamente dagli enti gestori»;
   il decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297 stabilisce che il Ministero degli affari esteri attui le iniziative scolastiche e le attività di assistenza scolastica previste dall'articolo 625, comma 3, tra cui:
    a) classi o corsi preparatori aventi lo scopo di agevolare l'inserimento dei congiunti dei lavoratori italiani nelle scuole dei paesi di immigrazione;
    b) corsi integrativi di lingua e cultura generale italiana per i congiunti di lavoratori italiani che frequentino nei paesi di immigrazione le scuole locali corrispondenti alle scuole italiane elementare e media;
    c) corsi speciali annuali per la preparazione dei lavoratori italiani e dei loro congiunti agli esami di idoneità e di licenza di scuola italiana elementare e media;
    d) scuole materne e nidi di infanzia;
    e) corsi di scuola popolare per lavoratori italiani non finalizzati al rilascio di titoli di studio;
   risulta quindi chiaro che l'organizzazione dei corsi scolastici non è di competenza degli enti gestori, i quali operano solamente ad «integrazione dell'azione diretta del Ministero degli affari esteri» il quale vi assegna personale statale di ruolo e non di ruolo ai sensi degli articoli 639 e seguenti –:
   sulla base di quale principio normativo il Ministro fondi la sua dichiarazione e se non ritenga opportuno invece chiarire che sui corsi scolastici all'estero gli enti gestori operano ad integrazione dell'azione diretta del Ministero degli affari esteri. (5-08477)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Giamaica, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18629)


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Moldova, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione. (4-18631)


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Giordania, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18638)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CONTENTO e GOTTARDO. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in Friuli Venezia Giulia si respira un clima di diffuso malessere tra gli allevatori a causa di una crisi strutturale che sta riguardando il principale consorzio caseario regionale, Latterie Friulane;
   il fenomeno è generalizzato e in queste ore sta portando alla chiusura di Cometa, una cooperativa del Pordenonese affiliata a Latterie Friulane;
    nel caso di Cometa si parla di 35 esuberi immediati, oltre alla sessantina già annunciati in seno al consorzio di conferimento;  
   come già annunciato nella precedente interrogazione n. 5-07237 del 3 luglio 2012, ancora priva di risposta, nel caso del Friuli Venezia Giulia il crollo dei prezzi non dipenderebbe solo dalla concorrenza di altri partner europei (Germania, Austria, Repubblica Ceca e Slovenia in primo luogo) e dal calo dei consumi ma anche da problematiche interne ai vari consorziati, nonché a questioni logistiche che ora andranno affrontate con la dovuta chiarezza;
   al momento risulta che gli allevatori di gran parte del Friuli Venezia Giulia siano costretti a vendere il latte ad una quota media di 0,36 centesimi di euro al litro, cioè vicinissimi al livello minimo vitale per centinaia di piccole aziende a conduzione familiare;
   la vicenda coinvolge necessariamente anche l'Unione europea, non foss'altro che per le oggettive competenze in materia di PAC e per le gravi ripercussioni che eventuali crisi del settore potrebbero comportare per l'economia, la ruralità e l'approvvigionamento alimentare del Paese –:
   quali urgentissime iniziative intendano porre in essere a livello nazionale e comunitario per evitare che il crollo di Latterie Friulane e di Cometa possa danneggiare irrimediabilmente decine di aziende agricole a conduzione familiare nonché mettere a serio rischio i principali canali di approvvigionamento alimentare del Nord-Est. (5-08478)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come emerso da vari articoli e campagne di inchiesta sulla stampa locale e nazionale, la «Terra dei Fuochi» è una vasta area della provincia di Napoli compresa tra i comuni di Qualiano, Villaricca e Giugliano caratterizzata dallo sversamento illegale di rifiuti, perlopiù tossici, da parte delle organizzazione criminali. In molti casi, i cumuli di rifiuti, illegalmente riversati nelle campagne, o ai margini delle strade, vengono incendiati dando luogo a roghi i cui fumi diffondono sostanze tossiche, tra cui la cancerogena diossina, nell'atmosfera e nelle terre circostanti. Il fenomeno è in forte crescita ed interessa attualmente anche la provincia di Caserta, aree della Campania e isolatamente purtroppo altre aree del Sud Italia;
   questo fenomeno criminale interessa una terra di alcuni milioni di abitanti ed è alimentato dal nocivo smaltimenti illegale di rifiuti tossici di natura industriale, raramente da rifiuti solidi urbani di origine domestica;
   i roghi tossici e illeciti negli ultimi anni sono aumentati a dismisura, fino a diventare parecchie decine al giorno con lo sprigionarsi di diossine e metalli pericolosissimi nell'aria circostante. Dati recenti dell'Istituto superiore di sanità e dell'Istituto Tumori Pascale, contenuti nel dossier «Campania, terra di veleni» confermano senza dubbio che l'impressionante aumento di patologie tumorali è determinata in maniera certa da questo disastro ambientale senza precedenti;
   da articoli stampa e indagini delle forze di polizia si apprende che lo smaltimento illegale di rifiuti industriali e tossici sono determinati da:
    a) smaltimento illegale di rifiuti che arrivano da fuori regione ed in particolar modo dal Nord dell'Italia;
    b) smaltimento di rifiuti industriali di piccole aziende campane (tessile, calzaturifici, e altro) che operano in regime di evasione fiscale;
    c) comunità rom e comunità di clandestini che si occupano del mercato illegale di metalli di valore quali il rame;
   numerose comunità di liberi cittadini campani si sono organizzate in associazioni spontanee per manifestare contro questa pratica criminale, denunciare il degrado e sensibilizzare l'opinione pubblica sulla gravissima situazione ambientale e sanitaria della «Terra dei fuochi» –:
   quali iniziative urgenti vogliano mettere in campo i Ministri interrogati per rafforzare, anche con maggiori risorse e mezzi, il controllo da parte delle forze di polizia nelle sopraccitate zone interessate dagli incendi illeciti di rifiuti tossici e se non ritengano poi utile istituire tra enti locali, cittadini e forze di polizia un tavolo di coordinamento ad hoc per prevenire pratiche criminali connesse al traffico illecito di rifiuti;
   se non sia utile istituire un sistema satellitare di tracciabilità dei flussi di rifiuti industriali a livello nazionale e costituire presidio permanente di monitoraggio sanitario per le patologie connesse all'inquinamento ambientale. (4-18619)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel triangolo industriale e produttivo compreso tra i comuni di Gallarate, Busto Arsizio e Castellanza esistono numerosi edifici industriali che recano una testimonianza storica e architettonica di pregio, tra i quali:
    a CASTELLANZA, il cotonificio Cantoni (Corso Matteotti n. 22):
    L'originario opificio, costituito da filatura e tessitura, sorse alla meta dell'Ottocento sull'area di quattro mulini esistenti a Castegnate. Ampliato a più riprese lungo il corso del secolo, il cotonificio si sviluppò secondo il collaudato modello della struttura pluripiano su pianta rettangolare allungata. La presenza di elementi tecnologicamente avanzati e l'impiego di stilemi tratti da un repertorio colto fanno supporre l'intervento non di un semplice costruttore ma di un progettista più raffinato, probabilmente dell'ingegnere-architetto P. Moraglia. Un nuovo e importante fabbricato venne eretto nel 1905 su progetto degli ingegneri G. Brini e S. Roveda di Milano, e realizzato con strutture in cemento armato su calcoli dell'ingegner E. Luhling. La filatura esemplifica il tipo di fabbrica multipiano, adottata per complessi di grandi dimensioni ad alta produzione. La semplice ma funzionale planimetria (grandi spazi unici scanditi da agili pilastri in cemento), prevedendo una medesima distribuzione per tutti i piani, consentiva una razionale organizzazione del lavoro. La meccanizzazione dei compiti di carico, scarico e trasporto, il controllo della temperatura e dell'umidità, l'illuminazione elettrica degli ambienti, la presenza di servizi igienici, contribuirono a definire la Cantoni come una delle imprese più moderne dell'epoca. Le caratteristiche funzionali vennero coniugate ad intenzioni di rappresentatività, che conferirono all'involucro esterno notevoli qualità espressive, date dall'alto basamento a conci regolari, dalle lesene in laterizio a vista e dal fregio dipinto che percorreva in tutta la sua lunghezza l'edificio. Le amplissime superfici vetrate, che rivelavano all'esterno la struttura portante in cemento armato, indicavano un linguaggio architettonico già orientato in senso «razionalista». Dopo i primi interventi, il nucleo originario della filatura si espanse ripetutamente, moltiplicando il modulo architettonico iniziale (1920, 1930), fino a formare il lunghissimo fronte tuttora osservabile dalla via. La struttura, recentemente ristrutturata dall'architetto Aldo Rossi, ospita il Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo;
   a GALLARATE:
    Ex Manifattura Borgomaneri (Via Roma);
    Ex Manifattura Borgomaneri (Viale Lombardia);
    Trasportatori (Via XX Settembre);
    Ex manifattura Cesare Macchi (Via del Lavoro);
    Manifattura ex Maino (Via Varese);
    Manifattura Ex Bellora (Via Leonardo da Vinci);
    Manifattura ex Rivoli (Via Torino);
    Ex manifattura Carminati (Via Varese);
    Manifattura Cantoni (Via Matteotti-Via Cantoni);
    Tessitura Bassetti (Via Novara);
   a BUSTO ARSIZIO:
    Ex Manifattura Tosi ora Calzaturificio Borri (Corso XX Settembre);
    Ex Molini Marzoli (Corso XX Settembre), che attualmente ospita un polo scientifico-tecnologico-universitario, gli uffici dell'Agenzia del Lavoro, la municipalizzata di Busto Arsizio;
    cotonificio Carlo Ottolini poi Bustese (Via Volta). Attualmente ospita il Museo del Tessile. La filatura, edificata tra il 1891 e il 1896, venne realizzata in forme architettoniche neo-medievali. Questa costruzione ad un solo piano, originariamente ad aula unica con copertura a shed sorretta da colonne in ghisa, è racchiusa da un involucro di mattoni a vista interrotto da aperture ogivali ed evidenzia un avancorpo più alto, da cui svettano due torri, sorte come serbatoi dell'acqua. Negli anni Venti, trasformazioni strutturali provocarono la sostituzione dell'antica casa con un nuovo edificio destinato ad accogliere gli uffici, e il sorgere di un nuovo reparto stamperia. Il complesso edilizio è stato recuperato come spazio espositivo e ospita, oltre al Museo del Tessile, altre iniziative di carattere culturale;
   molti di detti edifici sono stati recuperati a destinazioni diverse dalle originarie funzioni produttive e manifatturiere o addirittura sopravvivono solo a livello documentale, mentre in molti altri tuttora vengono svolte attività artigianali, industriali o comunque produttive –:
   se e come il Governo intenda favorire la conservazione e/o il recupero degli edifici e dei documenti sopra elencati, favorendone la fruizione al pubblico ovvero la prosecuzione di attività produttive o manifatturiere;
   se ed in che modo il Governo intenda valorizzare detto poderoso patrimonio culturale, artistico e architettonico ai fini culturali e turistici, favorendone quando possibile il prosieguo di attività economiche. (4-18635)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   in comune di Bodio Lomnago (Varese) sono localizzati:
    la Chiesa di S. Croce che conserva elementi romanici nella parte inferiore;
    la Villa Bossi-Gadola, Castello del XIII-XVII secolo. La torre costituisce la nota emergente più vistosa della villa. Le fogge castellane che attualmente presenta, con apparato a sporgere, coronamento di merli e finestre archiacute, sono una rielaborazione del secolo scorso –:
   se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare il bene in argomento e migliorarne la fruibilità. (4-18636)


   REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   in provincia di Varese sono localizzati numerosissimi edifici di pregevole carattere storico, artistico e architettonico, tra i quali si segnalano:
    in comune di Caravate, la chiesa di S. Agostino, situata in zona cruciale per i collegamenti fra Ticino e passi alpini attraverso la Valcuvia, Caravate fu uno dei più antichi possedimenti del monastero pavese di S. Pietro in Ciel d'oro. Tra il XII e il XIII secolo avvenne il passaggio alla Pieve di Cuvio, dipendente dalla Diocesi di Como. È un edificio ad unica navata con due absidi contrapposte, secondo la tradizione carolingia. Gli scavi, però, accertano che l'originaria chiesa romanica consisteva in un'unica aula con abside ad Est. Probabilmente nel Cinquecento avvenne la creazione della seconda abside e un generale rimaneggiamento delle aperture. Nonostante queste vicende, l'oratorio costituisce un organismo unitario. Esso presenta muratura rozza e composta da materiali diversi, ritmata, nel lato a monte, da ampie lesene. L'abside orientale unisce alle archeggiature un coronamento con fregi a denti di sega. Come già all'esterno, anche all'interno la parte più integra appare quella dell'abside orientale, affrescata probabilmente da un artista provinciale della fine del Duecento, legato ai modi tradizionali della pittura lombarda, così come venivano interpretati nell'area prealpina;
    in comune di Caronno Varesino, la chiesa di S. Vincenzo (XVII secolo), realizzata su disegno del Mengone;
    in comune di Grantola, la chiesa di S. Pietro. Chiesa con affreschi e campanile del XIII secolo;
    in comune di Grantola, la chiesa di S. Carlo. Chiesa progettata da Francesco Maria Richini;
    in comune di Travedona Monate, la chiesa di S. Tommaso in terra amara o S. Maria della Neve. Chiesa tardo romanica, presenta una notevole facciata a capanna, un bel portale a tutto sesto con capitelli decorati. L'interno, a una navata, conserva tracce di affreschi primitivi. Il campanile, originariamente impostato sulla facciata, fu sostituito nel 1777 da uno barocco. Sulla destra della Chiesa sorge l'antico complesso canonico, rimaneggiato e manomesso nel corso dei secoli;
    in comune di Tronzano Lago Maggiore, la chiesa di S. Maria Assunta. La chiesa, che dipendeva dalla Pieve di Cannobio, ha attualmente la fisionomia del Santuario settecentesco, accanto al quale sorge il superstite campanile romanico, scandito da una serie di specchiature con archetti pensili;
    in comune di Uboldo, l'oratorio della Beata Vergine del Soccorso. La chiesa conserva un affresco raffigurante «Madonna in trono con Bambino, i Santi Cristoforo, Rocco, Sebastiano, Antonio e un donatore» datato 1507. Controversa l'attribuzione dell'opera. La firma frammentaria (Bernardinus de...Vagis) e i caratteri stilistici dell'opera hanno indotto alcuni studiosi a identificare l'affresco come una prima testimonianza dell'attività di Bernardino Luini;
    in comune di Vedano Olona, la chiesa di S. Pancrazio, che conserva sul paliotto dell'altare maggiore un affresco del tardo Quattrocento –:
   se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare il bene in argomento, migliorarne la fruibilità, aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico. (4-18637)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   per la valorizzazione dei siti Unesco delle regioni meridionali erano stati stanziati all'interno della programmazione 2007-2013 1 miliardo per il Poin Cultura destinato alle regioni dell'ex obiettivo 1 e 950 milioni di euro per il Pain, quest'ultima destinata anche alle regioni uscite dall'obiettivo 1 come Abruzzo Basilicata, Sardegna, Molise;
   per quanto riguarda il Pain, detto fondo scomparve quasi subito dall'orizzonte degli investimenti culturali;
   per quanto riguarda il Poin cultura invece siamo al paradosso con gestioni burocratizzate tanto da istituire anche un tavolo di coordinamento e condivisione agli interventi senza però avere risultati operativi per il rilancio in particolare dei siti Unesco che rappresentano una grande opportunità per la Sicilia;
   buona parte di queste risorse sono state destinate ad altre finalità sottraendole dal loro obiettivo principale –:
   anche in vista della prossima negoziazione dei fondi quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di recuperare quanto stanziato originariamente per il rilancio lei siti Unesco della Sicilia e del Mezzogiorno. (3-02618)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANNELLA e CICU. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della Difesa ha approvato le linee guida per il riordino della sanità militare in senso interforze, e il relativo percorso che prevede, per l'area della medicina legale, la soppressione, di alcuni dipartimenti militari di medicina legale, prioritariamente alla loro alternativa riconfigurazione in poli diagnostici e ambulatoriali;
   il capo di Stato maggiore della difesa generale di corpo di armata Abrate ha dettato, con la lettera del 24 ottobre 2012 ai capi di Stato Maggiore delle Forze Armate, le azioni e la tempistica che vedono entro il 31 dicembre 2012 la soppressione delle direzioni di medicina militare legale di Torino e Palermo lasciando per ciascuno di questi al capo di Stato maggiore dell'esercito, la decisione su quale riconfigurare in polo diagnostico e ambulatoriale e quale sopprimere privilegiando, se possibile, quest'ultima forma;
   si consideri che se dovesse concretizzarsi la chiusura del dipartimento militare di medicina legale di Palermo, sito in corso Calatafimi n. 404, sul territorio siciliano occidentale è chiaro che non resterebbe nulla a garantire la salute e la pronta operatività degli oltre 4.000 soldati dell'Esercito Italiano di stanza presso il capoluogo siciliano, per tacere dei circa 21.000 uomini circa delle altre Forze armate che insistono nella stessa area di responsabilità;
   la proposta di chiusura della direzione di medicina militare legale di Palermo di per sé già grave e la sua completa soppressione senza alcun polo sanitario diagnostico e sanitario di aderenza determinerebbe una penalizzazione nei confronti della città di Palermo con un bacino di utenza di circa 25.000 persone e che abbraccia, oltre a tutto il personale militare e civile del Ministero della difesa (Esercito, Aeronautica, Carabinieri), anche quello del Ministero dell'interno (polizia di Stato, vigili del fuoco), della giustizia (polizia penitenziaria), dell'Ambiente (guardia forestale) e dell'Economia (guardia di finanza);
   penalizzazioni che non colpiscono solo i diretti operatori, ma anche i familiari di primo grado dei militari e dei civili afferenti dalle diverse province della Sicilia Occidentale (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta ed Enna, oltre alle isole di Ustica, Favignana, Pantelleria, Lampedusa);
   il tutto diventa ancora più grave se si considera che allo stato attuale:
    il dipartimento militare di medicina legale di Palermo eroga prestazioni professionali medico legali nei confronti dell'utenza militare e civile in ordine ai benefici legati, tra l'altro, alle leggi in materia di danni da vaccini e trasfusioni, di inabilità al proficuo lavoro, di vittime del terrorismo della criminalità organizzata, di vittime del dovere e dell'uranio impoverito;
    il dipartimento militare di medicina legale di Palermo eroga, inoltre, consulenza specialistica a tutti gli enti che insistono nella propria area di competenza in merito alla tutela sanitaria dei lavoratori esposti ad agenti nocivi professionali, collaborando con l'università degli studi di Palermo;
    le attività espletate negli anni da questo dipartimento sono sempre state svolte con comprovata competenza e professionalità, con l'obiettivo di raggiungere il massimo dell'efficienza e dell'efficacia senza trascurare i rapporti tra dipendenti e utenza;
    il dipartimento militare di medicina legale ha sempre dimostrato un efficace capacità operativa dello strumento militare, e una esemplare puntualità nell'espletamento delle pratiche medico legali e degli accertamenti presso i laboratori di analisi, di radiologia, cardiologia e presso la medicina del lavoro, garantendo risultati di alto profilo a costi estremamente ridotti;
    la struttura è centro di formazione culturale e dell'emergenza e della medicina legale sia per le professionalità presenti che vi operano giornalmente, sia per la convenzione stipulata con l'università degli studi di Palermo per gli studenti universitari che in questa sede vengono a svolgere il tirocinio intra ed extra curriculare (Industry Liason Office);
    il dipartimento militare di medicina legale è stato e continua ad essere sede di eventi formativi di sanità pubblica e sanità militare nonché sede di lezioni teorico/pratiche per le allieve della Croce rossa e per gli studenti universitari laureandi e specializzandi in discipline sanitarie;
    la struttura del dipartimento militare di medicina legale di Palermo è allocata strategicamente al centro della città ed è attualmente predisposta nella struttura una zona atterraggio elicotteri, posti letto e supporto logistico dedicata all'attività della protezione civile e destinata all'utilizzo in caso di gravi emergenze di rilevanza regionale; la soppressione del dipartimento militare di medicina legale di Palermo senza la creazione del polo diagnostico e ambulatoriale di aderenza, porterebbe ad una riduzione dei giri del «motore» di tutte le attività sanitarie della Sicilia Occidentale, alterando all'inverosimile la capacità operativa dello strumento militare considerando inoltre la scarsa viabilità e la scarsa disponibilità di mezzi per poter raggiungere il dipartimento militare di medicina legale di Messina;
   a parere dell'interrogante quindi, bisogna scongiurare la soppressione di questa realtà, potenzialmente fonte attraverso i propri servizi ambulatoriali, di guadagno ed autosostentamento se questi fossero estesi all'esterno con convenzioni (come peraltro previsto dal recente protocollo di intesa tra lo SME e Difesa Servizi SpA) –:
   quali iniziative l'esecutivo intenda adottare per garantire la riconfigurazione del dipartimento militare di medicina legale palermitano in polo diagnostico e ambulatoriale e la salvaguardia delle professionalità amministrative, sanitarie e tecniche presenti in questa struttura, stante la necessità di assicurare i più alti livelli di economicità amministrativa e di efficienza operativa in una grande e strategica area come quella di Palermo e della Sicilia occidentale, evitando sopratutto ancora altre gare di competizione con altri dipartimenti cosa che lede oltremodo la dignità dei militari. (5-08479)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBATO. — Al Ministro della difesa, Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a sant'Antimo (Napoli), in data 16 novembre 2012, un uomo di nazionalità bulgara, di etnia rom, di anni 57, armato di bastone, ha aperto lo sportello di un'auto dove vi era una bambina, nel tentativo di portarla via;
   la mamma della piccola era appena scesa dall'auto per citofonare la sede della scuola da ballo dove avrebbe dovuto accompagnare la figlia;
   solo grazie al tempestivo intervento della donna l'uomo è stato bloccato nel suo proposito andato all'aria;
   dall'articolo del Corriere del Mezzogiorno edizione Napoli datato 16 novembre 2012 si apprende che l'uomo è stato tratto in arresto dai carabinieri con l'accusa di sequestro di persona –:
   di quali notizie dispongono i Ministri interrogati in special modo quelle inerenti negli ultimi trent'anni ai tentativi non riusciti o sventati di rapimenti di bambini in Italia da parte di persone di etnia rom e se sussistono studi o rapporti che vadano in questa direzione, intendono assumere affinché queste persone trovino integrazione nella società di vita tristemente noti alle cronache ed all'estetica urbana.
(4-18624)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la nota del Ministro della Difesa avente oggetto «Riordino della Sanità militare in senso interforze» in data 9 agosto 2012, ha previsto, «l'elaborazione entro il 30 settembre 2012 di una road-map di dettaglio con le date di attuazione dei provvedimenti qui indicati»;
   il Capo di stato maggiore della difesa solo in data 24 ottobre 2012 ha dato riscontro a quanto richiesto indicando le priorità di azione e le date di prevista attuazione. Dalla lettura del documento si apprende che per l'ente di vertice sanitario interforze siano previsti solo aumenti delle posizioni organiche per il rango generalizio e più ampiamente dirigenziale e che assumerà la denominazione di «ispettorato», al di là dell'approvazione del provvedimento normativo di modifica del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010;
   nella medesima nota si parla di un affidamento quale struttura lead service delle attività formative sanitarie alla scuola di sanità e veterinaria dell'Esercito e del coordinamento delle attività di ricerca al Centro studi e ricerche di sanità e veterinaria dell'Esercito –:
   quali siano le motivazioni che portano all'incremento di posizioni organiche di rango generalizio e dirigenziale nell'ambito del costituendo ispettorato di sanità militare, ivi comprese le relative funzioni individuate, rispetto al potenziamento di strutture di livello operativo, come ad esempio quelle legate alla prevenzione sanitaria, alla sorveglianza epidemiologica e alla medicina del lavoro;
   quali siano le motivazioni che hanno impedito, nel generale quadro del riordino, di attuare una generale riarticolazione dei ruoli e delle presenze, di personale dirigenziale e non, delle categorie di personale sanitario, in una vera ottica interforze, allo scopo di renderli più aderenti alla mission della sanità militare ed ai bisogni di salute del personale militare, tenendo conto anche delle esperienze dei paesi NATO e del servizio sanitario nazionale, più volte citato nelle note in premessa;
   quali siano le motivazioni volte al mantenimento e al potenziamento della struttura formativa dell'Esercito, nettamente separata dalla struttura di riferimento ospedaliero policlinico militare, in netta contraddizione secondo gli interroganti con i disposti di cui al decreto legislativo n. 502 del 1992 e seguenti e con relativo aggravio di strutture dirigenziali;
   quali siano le attività di ricerca messe finora in atto ed i relativi costi, del centro studi e ricerche dell'Esercito e se queste abbiano attinenza con le attività e i progetti di ricerca del centro di prevenzione e controllo delle malattie (CPCM), nominato dal Ministro della difesa con decreto ministeriale del 23 novembre 2007, anche in termini di ricadute sulla salute della comunità militare e di produzione scientifica discendente;
   quale sia il futuro stabilito per le caserme dove sono presenti enti sanitari interessati alla prossima chiusura e se sia stato previsto un piano di redistribuzione del materiale e delle apparecchiature sanitarie, anche di natura diagnostica e laboratoristica, presenti in dette strutture militari;
   quale sia l'attività ed il numero di interventi effettuati dal reparto di cardiochirurgia inaugurato in data 9 giugno 2011 in occasione della festa della sanità militare, a quanto ammontino i costi sostenuti per il personale e le apparecchiature e se questa struttura possa essere ritenuta compatibile con il quadro delineato nelle note indicate in premessa;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover condividere le rispettive esperienze ed esigenze al fine di una maggiore razionalizzazione delle risorse e una completa integrazione della sanità militare con quella cosiddetta pubblica al fine di porle entrambe al servizio delle reali esigenze del Paese. (4-18639)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto della permanente inidoneità parziale è stato introdotto dal decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738 (utilizzazione del personale delle Forze di polizia invalido per causa di servizio) ed esteso ai militari delle Forze armate dall'articolo 4, comma 5 della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) per il personale in servizio permanente che abbia contratto infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio;
   l'articolo 19, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 ha disposto che «Il personale militare e delle Forze di polizia, anche ad ordinamento civile, giudicato permanentemente non idoneo al servizio nella forma parziale, resta in posizione di aspettativa, ai sensi delle vigenti disposizioni, fino all'adozione del provvedimento di riconoscimento o meno della dipendenza da causa di servizio»;
   lo Stato maggiore della marina militare con il messaggio n. 10054406/A/2/1 del 20 giugno 2003 ha disposto che «Al personale della Marina militare non è applicabile la permanente non idoneità in forma parziale (...) e che la circolare dell'ispettorato di sanità della Marina militare (MARISPESAN) prot. n. 2/16628 del 17.3.2003 (...) si applica esclusivamente al personale della Marina militare e pertanto per il personale di altre Forze armate, anche se operante alle dipendenze di Comandi/Enti Marina, si applica la circolare della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL) prot. n. DGPM/II/5/C61 del 17.3.2003»;
   l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, l'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171 e l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009, n. 52 nel recepire i provvedimenti di concertazione per il personale non dirigente dell'esercito, della marina e dell'aeronautica hanno introdotto ulteriori modifiche di ordine economico nella posizione di stato (aspettativa), nonché confermato la omogeneità dell'istituto per le tre Forze armate –:
   se non ritenga necessario ed urgente impartire le opportune disposizioni affinché non sia disattesa la volontà del legislatore, per il personale della marina militare, relativamente all'istituto della «permanente inidoneità parziale», nonché al contenuto del rapporto di impiego richiamato in premessa. (4-18640)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   si è ancora in attesa di una risposta all'interrogazione scritta 4-13844 dell'8 novembre 2011, nonostante tre solleciti e che infine è stata trasformata il 20 luglio nella interrogazione a risposta in Commissione 5/07477;
   agli interroganti risulta che, in data 26 giugno 2012, con le sentenze nn. 71, 72, 73 e 74, il tribunale militare di Verona ha condannato quattro militari dell'Arma dei carabinieri, ritenendoli responsabili del reato di truffa militare pluriaggravata;
   i predetti militari furono denunciati all'autorità giudiziaria dal generale Luigi Finelli, all'epoca dei fatti comandante della legione Trentino Alto Adige e presidente del Coir Carabinieri Vittorio Veneto;
   già in precedenza, altri militari operanti nel Trentino Alto Adige (un tenente colonnello, un capitano ed un maresciallo), denunciati anch'essi dal generale Finelli, riportarono condanne in sede penale, ora definitive perché confermate dalla Corte di cassazione (si vede la precedente interrogazione);
   per la seconda volta, quindi, la magistratura, sia inquirente, sia giudicante, conferma il buon operato del generale Finelli;
   ricordato come, successivamente alle denunce di cui sopra, egli venne trasferito dalla regione Trentino Alto Adige e assegnato ad un ufficio di minima importanza in Roma (con l'incarico di vice comandante delle unità specializzate), con suo grave demansionamento (e la recente assegnazione al nuovo incarico di Capo di Stato Maggiore del comando unità mobili e specializzate non può certo dirsi riparatoria di una protratta situazione di disagio professionale);
   ad oggi, l'Amministrazione non ha riconosciuto alcunché al militare di cui si discute, in riferimento all'attività profusa nel segnalare gravi deviazioni all'interno dell'Arma, senza cioè riconoscere il merito ed il coraggio sottesi al suo spirito d'iniziativa, finalizzato (con ottimi risultati) al rispetto della legge e delle istituzioni;
   le iniziative del generale Finelli rispecchino, pienamente, l'esigenza di trasparenza e legalità a cui fanno sempre puntuale riferimento i massimi vertici delle istituzioni –:
   quali iniziative intenderà adottare affinché lo Stato riconosca al generale Finelli l'indiscutibile impegno da questi profuso nella lotta per l'affermazione della giustizia e della legalità, lotta resa ancor più meritevole perché avvenuta all'interno dell'Arma dei carabinieri ed in favore di questa. (4-18644)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, il coordinamento nazionale della Ugl-Intesa giustizia DAP ha lanciato un appello ed una intensa attività di proteste in tutta Italia per evidenziare lo stato in cui versa tutto questo settore pubblico;
   il sovraffollamento delle carceri è di nuovo, dopo il recente indulto, ai massimi livelli di tollerabilità da qualunque punto di vista lo si osservi;
   il piano carceri stenta a decollare e, forse, è pure una fortuna, giacché se ci fossero nuovi istituti non si saprebbe con quale personale li si potrebbe gestire;
   il personale che ha la gestione amministrativa e tecnica di tutti gli istituti penitenziari opera ogni giorno in una situazione di totale emergenza e il Governo risponde a questa emergenza dando attuazione alla spending review applicando un taglio di quasi 800 posti del personale del comparto ministeri in modo indiscriminato;
   prima dell'approvazione della spending review, la pianta organica dei lavoratori penitenziari era al di sotto di 3 mila unità (con una presenza di circa 5 mila e 800 dipendenti ovvero una mancanza di personale valutabile sul 50 per cento), tanto che oltre 2 mila poliziotti penitenziari vengono distolti quotidianamente dai loro compiti istituzionali per aiutare la macchina tecnico-amministrativa degli istituti carcerari;
   la riorganizzazione del comparto giustizia-penitenziario è diventata inderogabile ed è intollerabile che si mortifichi il personale in tal modo e per così tanto tempo;
   occorre un nuovo ordinamento del personale civile penitenziario da collocare nei ruoli tecnici del corpo della polizia penitenziaria –:
   quali iniziative, anche di natura normativa, intende assumere il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-18612)


   MANCUSO, CROLLA, GIRLANDA, DE LUCA, BARANI e BOCCIARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 201 del 2011 cosiddetto «Salva Italia» ha introdotto l'obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di procedere ai pagamenti dovuti a qualsiasi titolo, di importo superiore ai 1.000 euro, utilizzando esclusivamente strumenti elettronici, ai fini della tracciabilità della transazione;
   successivamente, il decreto-legge n. 16 del 2012 ha introdotto alcune modifiche, in attenuazione del nuovo obbligo, per effetto delle quali ai fini dell'individuazione dei pagamenti che superano la soglia dei 1.000 euro non devono essere presi in considerazione gli importi corrisposti a titolo di tredicesima oppure quei pagamenti delle pensioni il cui importo ordinario è inferiore ai 1.000 euro;
   questo significa che tutti i pensionati che percepiscano un emolumento superiore ai 1.000 euro non potranno più chiedere di riceverlo in contante, ma dovranno optare per l'apertura di un conto corrente;
   la stessa legge ha previsto una fase transitoria di tre mesi, da luglio a settembre, durante la quale l'INPS ha continuato a disporre i pagamenti mensili in contanti, in attesa che il pensionato effettuasse la scelta delle modalità alternative di riscossione (c/c bancario, postale, e altro);
   dal 1o ottobre 2012, in assenza dell'indicazione di un IBAN da parte del pensionato, l'INPS trattiene le somme dovute;
   l'importo sarà versato solo dopo che verrà comunicato l'IBAN del conto;
   non saranno concesse ulteriori proroghe per l'adeguamento alle nuove normative;
   tutti gli Istituti di credito e Poste italiane hanno inserito nella loro offerta i cosiddetto conto base, destinato al pagamento della pensione;
   questo conto non prevede costi d'attivazione né di gestione e consente un numero limitato di operazioni;
   da norma di legge, in caso di debiti dell'anziano, il pignoramento della pensione è possibile solo nei limiti di un quinto dell'importo complessivo;
   perché operi questo limite, però, è necessario che il pignoramento sia fatto direttamente alla fonte, ossia all'INPS, prima che questo eroghi la pensione;
   qualora, invece, l'anziano depositi tali somme in un conto corrente, l'orientamento giurisprudenziale è da sempre quello di consentire il pignoramento di tutto il denaro presente sul conto;
   ciò perché le somme, una volta depositate in banca, diventano un'unica cosa col patrimonio del debitore;
   il creditore del pensionato che volesse aggirare il problema del limite del quinto al pignoramento della pensione potrebbe notificare l'atto di pignoramento direttamente alla banca, anziché all'INPS;
   l'istituto di credito, per legge, sarebbe obbligato non solo a bloccare tutti i fondi già depositati sui conto dal debitore, ma anche le somme che ivi confluissero fino alla data dell'udienza di assegnazione –:
   se il Governo intenda assumere un'opportuna iniziativa normativa al fine di ovviare a questa situazione ed evitare che un pensionato debitore possa essere lasciato senza risorse dal proprio creditore. (4-18617)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12, comma 18-bis della legge n. 135 del 2012 del 7 agosto 2012 prevede la soppressione di Buonitalia Spa in liquidazione e stabilisce che con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro della pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, avvenga il trasferimento delle funzioni e delle risorse umane della suddetta società in liquidazione, all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
   la disposizione è entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione;
   il 5 settembre il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha richiesto a Buonitalia spa in liquidazione, i dati relativi al personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato in servizio al 31 dicembre 2011, al fine di dare attuazione al decreto di cui alla legge sopra richiamata;
   il 15 ottobre sono scaduti i 60 giorni previsti per l'emanazione del relativo decreto senza che se ne sia avuta comunicazione circa l'effettiva attuazione;
   medio tempore la legge è stata approvata, il decreto attuativo è stato firmato dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e dello sviluppo economico e mancano i Ministri dell'economia e delle finanze e della pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha chiesto al liquidatore di Buonitalia di valutare la sospensione/revoca del procedimento, ciononostante il liquidatore non sembra intenzionato a sospendere il procedimento;
   nonostante la norma sul trasferimento delle funzioni e delle risorse umane di Buonitalia spa in liquidazione, il personale dipendente è ancora in attesa dei provvedimenti che consentano agli stessi di poter mettere a disposizione la propria professionalità al fine di dare attuazione e fattivo contributo ai progetti di promozione dell'agroalimentare italiano sui mercati internazionali di cui le imprese sentono particolare necessità in questo periodo di forte crisi economica;
   tale stato di inattività, a giudizio dell'interrogante e delle organizzazioni sindacali, è incomprensibile ed inaccettabile visti gli sforzi dell'attuale Governo di razionalizzare la spesa e di contrastare la perdurante crisi economica e sociale del Paese;
    è appena iniziato un confronto tra azienda e sindacati ma si dovrebbe estendere un tavolo di confronto tra i soggetti interessati, Buonitalia, Agenzia per la promozione e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, organizzazioni sindacali e rappresentanti dei ministeri coinvolti, per definire tempi e modalità di trasferimento di detto personale, definire eventuali contenziosi pendenti e per superare gli ostacoli di natura amministrativa che impediscono l'attuazione della norma di cui sopra –:
   quali iniziative, anche di natura normativa, intendono assumere i Ministri, interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-18626)


   PORTA e BUCCHINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha stipulato una serie di Convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale;
   le convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni sono accordi internazionali che individuano quale dei due Stati contraenti debba esercitare la propria potestà impositiva nei confronti di soggetti giuridici residenti in uno di essi che abbiano maturato redditi nell'altro;
   con riferimento alle pensioni erogate da un ente previdenziale di uno Stato contraente ad un residente dell'altro Stato contraente, la maggior parte delle convenzioni prevede la detassazione della pensione nel Paese di erogazione e la tassazione nel Paese di residenza. Si tratta di convenzioni che hanno mutuato il testo-guida definito nella convenzione base dell'OCSE che all'articolo 18 recita così: «le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in detto Stato»;
   alcune convenzioni prevedono invece delle regole di detassazione diversificate rispetto alla normativa generale su esaminata: si tratta delle convenzioni stipulate con Brasile, Canada, Francia, Svezia, Lussemburgo, Finlandia e Tailandia in base alle quali è prevista o la tassazione della pensione nel solo Stato di erogazione in luogo di quello di residenza oppure la doppia tassazione con eventuale credito di imposta a carico di un Paese contraente;
   la convenzione contro le doppie imposizioni fiscali tra Italia e Brasile, ratificata nel 1980, e che è l'oggetto di questa interrogazione, pur prevedendo come normativa di base la tassazione delle pensioni private (quelle dell'Inps) nel solo Paese di residenza, contempla eccezioni, in merito ai limiti di imponibile e alla natura (previdenziale o assistenziale) della pensione, eccezioni che consentono paradossalmente la tassazione concorrente o doppia tassazione, contravvenendo così al valore fondativo delle convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali;
   la convenzione infatti stabilisce all'articolo 18, comma 1, che l'ammontare delle pensioni che eccede nell'anno solare una somma pari a 5.000 dollari statunitensi è imponibile in entrambi gli Stati contraenti;
   migliaia di pensionati italiani residenti in Brasile subiscono quindi su una parte delle loro pensioni un doppio prelievo fiscale che in teoria dovrebbe essere evitato con il metodo indicato dall'articolo 23 della convenzione che stabilisce che se un residente del Brasile ricava redditi imponibili in Italia in base alla convenzione, il Brasile dovrebbe accordare sui redditi degli interessati una deduzione (o credito di imposta) pari all'ammontare dell'imposta pagata in Italia;
   in realtà il doppio prelievo fiscale non è evitato perché il Brasile si rifiuta di concedere tale deduzione invocando l'articolo 19, comma 4, della convenzione che indica – in palese contrasto con l'articolo 18 succitato e che il Brasile non riconosce – che le pensioni pagate nel quadro del sistema di sicurezza sociale di italiano ad un pensionato residente in Brasile sono imponibili soltanto in Brasile e non anche in Italia;
   le diverse e contrastanti interpretazioni della convenzione hanno innescato un contenzioso tra i due Stati che dura sin dall'anno 2000 e che ha penalizzato migliaia di nostri pensionati residenti in Brasile i quali vengono tassati due volte senza vedersi riconosciuto dal Brasile il diritto alla deduzione fiscale previsto dall'articolo 23 dell'accordo;
   quindi il contenzioso in questione vede da una parte lo Stato brasiliano sostenere che in virtù dell'articolo 19, comma 4, della convenzione, la potestà fiscale sulle pensioni italiane pagate in Brasile è esclusivamente appannaggio del Brasile, come d'altronde si era in pratica verificato fino al 2000 (quando improvvisamente lo Stato italiano ha iniziato ad assoggettare a tassazione alla fonte tali pensioni per la parte eccedente i 5.000 dollari statunitensi); dall'altra parte vede lo Stato italiano sostenere la prevalenza del principio fiscale contenuto nell'articolo 18, comma 1, che dispone appunto la doppia tassazione superata la soglia pensionistica di 5.000 dollari statunitensi –:
   quali urgenti misure il Governo intenda adottare per evitare che migliaia di nostri connazionali continuino ad essere penalizzati a causa di un contenzioso tecnico addebitabile esclusivamente all'inadempienza delle autorità competenti in materia, che in tutti questi anni non hanno voluto o non sono riuscite a dirimere la controversia interpretativa;
   quali urgenti iniziative il Governo intenda intraprendere per garantire la riapertura dei negoziati con il Brasile al fine di eliminare la doppia imposizione anche promuovendo la modifica dell'articolo 18 dell'accordo e introdurre il principio della tassazione in un solo Paese come previsto dal modello OCSE attualmente applicato nella stragrande maggioranza delle convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali stipulate dall'Italia, o perlomeno al fine di garantire l'elevazione dell'importo soglia al di sopra del quale si applica la doppia tassazione (attualmente pari a 5.000 dollari statunitensi) ad un importo più adeguato;
   ed infine quali misure il Governo intenda attuare per trovare un'intesa con le autorità brasiliane al fine di rimborsare ai pensionati italiani le somme loro indebitamente trattenute a causa della contrastante interpretazione dell'accordo da parte dei due Stati contraenti e conseguentemente dell'impropria applicazione del principio della tassazione concorrente o doppia tassazione finora mai compensata dalla deduzione fiscale prevista invece dall'articolo 23 dell'accordo stesso. (4-18641)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:


   RAO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da organi di stampa, la spending review sulle carceri rischia di infliggere un colpo durissimo ad un sistema già al collasso, poiché un minore impiego di risorse porterà ad una drastica riduzione del personale: si tratta di educatori, assistenti sociali e dirigenti vari che garantiscono, all'interno degli istituti penitenziari, i servizi per i detenuti;
   i numeri elaborati dalle organizzazioni sindacali sono tutt'altro che confortanti: a causa dei tagli previsti, infatti, si dovrà fare a meno di circa un migliaio di figure professionali;
   la rideterminazione degli organici è stata avviata nel 2006 e non sono stati banditi concorsi per determinati profili da dieci anni; da sei anni gli assistenti sociali vengono penalizzati maggiormente, rispetto a tutte le altre qualifiche, con numeri che si aggirano intorno al 35 per cento, ossia 567 su 1.621;
   un'altra riduzione dovrebbe poi riguardare gli educatori: i tagli sono del 27 per cento, ovvero 369 su 1367. Su 2988 figure professionali che si occupano della cosiddetta area trattamentale e sociale se ne dovrebbero perdere 936, cioè il 31 per cento: un dato, questo, che contrasta con la politica incentrata sulla esternalizzazione della pena, avviata dal Governo;
   allo stato attuale, la pianta organica del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria prevede 1630 assistenti sociali; considerato che le misure alternative seguite dagli Uepe (uffici esecuzioni penali esterne) sono pari a 24.743 e che con l'approvazione della messa alla prova e l'introduzione di nuove pene non detentive si stima che potranno esserci 40.000 condannati in esecuzione penale esterna, l'organico degli assistenti sociali dovrà essere necessariamente pari a 3260;
   sembra che sia intenzione dell'amministrazione penitenziaria tagliare del 20 per cento le piante organiche dei direttori di carcere (ne verrebbero eliminati 70), lasciare vacanti le strutture con meno di cento-centocinquanta detenuti, affidandone la gestione ai commissari di polizia, i quali entro breve potrebbero a loro volta acquisire funzioni e competenze dirigenziali –:
   quali urgenti ed opportune misure intenda adottare, al fine di rafforzare l'intero sistema, attraverso una maggiore offerta lavorativa, ed evitare che il carcere perda la sua importante funzione rieducativa. (5-08488)


   CONTENTO e COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito dei lavori della Commissione antimafia e, soprattutto, con riferimento al recente libro curato dal professor Nicolò Amato, all'epoca direttore generale dell'amministrazione penitenziaria, è, emersa l'esistenza di due documenti attraverso i quali veniva denunciata la situazione in cui versavano i detenuti sottoposti, nel corso del 1993, a regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
   il primo, datato 17 febbraio 1993, risulta relativo al carcere di Poggioreale, chiede interventi urgenti affinché i detenuti «vengano trattati civilmente e non come carne da macello» e viene trasmesso dal prefetto di Napoli al Ministero dell'interno, via fax, di seguito alla nota inviata, in pari data, da quest'ultimo concernente le manifestazioni di protesta organizzate dai familiari dei reclusi;
   il secondo risulta, invece, pervenuto al Ministero dell'interno il 17 febbraio 1993, trasmesso dal capo della polizia al gabinetto del Ministero di grazia e giustizia con un appunto datato 1o marzo 1993 e riguarda uno scritto anonimo, indirizzato al Presidente della Repubblica – nonché, per conoscenza, ad altre alte istituzioni, ad un giornale e a Maurizio Costanzo e Vittorio Sgarbi – nel quale «un gruppo di familiari di detenuti» sollecita un intervento del Capo dello Stato allo scopo, tra l'altro, di «togliere gli squadristi al servizio del dittatore Amato, dando dignità di detenuti ai detenuti»;
   si tratta di due scritti che, a parere dell'interrogante, hanno una chiara relazione, da un lato, con la conseguente decisione, assunta dal Ministro pro tempore il 21 febbraio 1993, di revocare l'applicazione del regime di cui all'articolo 41-bis agli istituti di Poggioreale e Secondigliano, regime che era stato applicato il 9 febbraio 1993 dal precedente Ministro nonché, dall'altro, di mettere in discussione il direttore generale dell'amministrazione penitenziaria del tempo che, nel giro di qualche mese, verrà rimosso;
   sempre a parere dell'interrogante, risulta singolare che il documento riferito al professor Nicolò Amato non risulti mai essere stato portato a conoscenza del diretto interessato nonostante sia pervenuto, come detto, al Ministero della giustizia per il tramite di quello dell'interno –:
   se risulti quali accertamenti siano stati disposti per risalire alla provenienza dei due documenti e per acclarare, soprattutto con riferimento al secondo di essi, a quali destinatari risultino essere stati effettivamente recapitati e, posto che tra questi ultimi per quanto consta agli interroganti, figurerebbe anche il Ministero della giustizia, se al medesimo risultino pervenute due copie: quella trasmessa dal Ministero dell'interno e quella autonomamente indirizzata al Ministero della giustizia medesimo evidenziando gli esiti di tali accertamenti. (5-08489)


   FERRANTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 2012 il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi da 2 a 6, della legge 14 settembre 2011;
   le disposizioni relative alla soppressione degli uffici giudiziari ordinari (tribunali ordinari, sezioni distaccate e procure della Repubblica), ad eccezioni delle circoscrizioni giudiziarie dell'Aquila e Chieti, acquisteranno efficacia decorsi 12 mesi dall'entrata in vigore del predetto decreto legislativo e quindi il 13 settembre 2013;
   all'articolo 5, comma 4, del citato decreto legislativo è previsto che con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura da adottarsi entro il 31 dicembre 2012 sono determinate le piante organiche (personale amministrativo e magistrati) degli uffici giudiziari;
   non possono essere trascurate le oggettive difficoltà organizzative connesse sia all'adeguamento, al completamento e all'effettiva operatività delle nuove piante organiche del personale amministrativo e della magistratura oltre che alle problematiche di edilizia giudiziaria – segnalate in tutta Italia soprattutto per quanto riguarda gli accorpamenti di uffici di tribunale e di procura possono in concreto pregiudicare l'attuazione delle finalità della riforma;
   come già espresso nel parere del 1o agosto 2012 della Commissione giustizia è necessario che la revisione della geografia giudiziaria sia preceduta «dalla rimodulazione delle piante organiche in ragione delle oggettive esigenze dimensionali e territoriali delle nuove aree organizzative, che devono essere riferite non solo al rapporto tra popolazione e numero dei magistrati ma alla quantità e qualità del contenzioso (pendenze, sopravvenienze definizioni) che tenga conto delle specificità territoriali sociali ed economiche e della criminalità organizzata» –:
   quali siano i tempi, modalità, parametri e criteri di riferimento utilizzati dal Ministero della giustizia ai fini dell'emanazione, entro il 31 dicembre 2012, del decreto di cui in premessa. (5-08490)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il dottor Agostino Abate è da numerosi anni sostituto pubblico ministero presso la procura della repubblica presso il tribunale di Varese;
   egli nell'ambito della sua attività istituzionale ha indagato i signori Sandro Polita e Antonello Polita – imprenditori di lunga data in ambito immobiliare e dei servizi – per reati societari, fallimentari e contro il patrimonio, nel procedimento rubricato al numero 6784/10 r.g.n.r. pendente avanti la Procura di Varese;
   sempre nell'ambito della sua attività istituzionale egli ha promosso il fallimento delle società La Quiete srl, Casa di Cura Privata s.r.l, La Quiete Hospital srl, Ansafin srl, i signori Sandro Polita e Antonello Polita erano amministratori;
   per fatti occorsi nell'ambito delle predette procedure fallimentari, nel dicembre 2011, i signori Polita hanno sporto una denuncia-querela avanti la competente procura della Repubblica presso il tribunale di Brescia nei confronti del dottor Abate per reati di cui agli articoli 323 c.p. (abuso d'ufficio), 326 (rivelazione del segreto-d'ufficio), 328 (omissione di atti ufficio), 595 (diffamazione), 610 e 61 n. 2 e 9 (violenza privata con l'aggravante di aver commesso il reato per commetterne un altro e con abuso di poteri), 646 e 61 n. 7 (appropriazione indebita con l'aggravante di avere arrecato un danno patrimoniale di rilevante gravità);
   per le medesime vicende i signori Polita hanno contestualmente sporto denuncia-querela anche nei confronti del dottor Cosentino, giudice delegato del Tribunale fallimentare di Varese e del dottor Marco Bianchi curatore del fallimento La Quiete s.r.l. per il reato di cui all'articolo 323 c.p (abuso d'ufficio), nonché di altri due imprenditori coinvolti nelle vicende fallimentari per il reato di cui all'articolo 646 (appropriazione indebita);
   la procura della Repubblica presso il tribunale di Brescia ha aperto un procedimento penale a seguito del suindicato esposto dei signori Polita, per i reati e nei confronti dei soggetti indicati nella denuncia querela;
   anzi, più precisamente risulta l'apertura e la separata iscrizione di due procedimenti penali;
   per uno dei due procedimenti, il 23448/2011 r.g.n.r., la procura della Repubblica di Brescia ha chiesto l'archiviazione dei reati contestati a carico di Abate, Cosentino, Bianchi e dei due imprenditori, per i reati di cui agli articoli 323, 646, 610, 595;
   per tale procedimento non è stata a tutt'oggi disposta l'archiviazione, essendo fissata l'udienza per l'opposizione all'archiviazione in data 21 novembre 2012 avanti il giudice per le indagini preliminari di Brescia;
   l'altro procedimento penale di cui la procura di Brescia ha disposto la separata iscrizione è a carico del solo dottor Abate ed è relativo ai i reati di cui agli articoli 326 e 328;
   in particolare, in relazione tali fattispecie di reato, i signori Polita avevano denunciato la diffusione da parte del dottor Abate (anche alla stampa) di notizie relative ai fallimenti dei signori Polita coperte dal segreto della camera di consiglio;
   essi inoltre avevano denunciato la mancata trasmissione da parte del dottor Abate al tribunale del riesame, in spregio all'articolo 324, 3° comma, c.p.p, degli atti relativi ad un sequestro di documenti dei signori Polita da lui disposto nell'ambito delle sue funzioni: sequestro che a causa della mancata trasmissione del fascicolo non è mai stato sottoposto al giudizio del tribunale del riesame, con la conseguenza che il sequestro è ad oggi formalmente decaduto, ma che i documenti permangono tuttora nella disponibilità del pubblico ministero in una situazione di lamentata illegittimità;
   tale procedimento penale a carico del dottor Abate per i reati 362 e 328 c.p. risulta tutt'ora in istruttoria, senza attuali richieste di arciazione da parte della procura;
   il dottor Abate, in siffatto contesto, pur essendo indagato di reati (anche) contro la pubblica amministrazione (di competenza – si ricorda – del tribunale penale collegiale) e per i quali i signori Polita e le società da loro rappresentate sono persone offese e danneggiate, risulta tuttora assegnatario del fascicolo penale presso la Repubblica di Varese in cui egli procede penalmente contro gli stessi signori Polita, dopo avere chiesto il fallimento delle società da loro amministrate;
   tale situazione si ritiene sia degna di valutazione ed osservazione da parte del Ministro interrogato in quanto pare agli interroganti sinceramente non consona rispetto ad una serena e corretta amministrazione della giustizia, anche in rapporto a temi di delicata gestione di interessi sociali quali il fallimento di plurime realtà imprenditoriali;
   altra vicenda degna di attenzione è quella relativa alla morte di Giuseppe Uva, fratello della signora Lucia Uva, per il quale è stata emessa sentenza del Tribunale penale di Varese;
   tale sentenza, le cui motivazioni sono state depositate in data 28 giugno 2012, ha assolto il medico imputato di omicidio colposo di Giuseppe Uva (il quale era giunto in pronto soccorso dell'ospedale di Varese dopo essere stato fermato dalle forze dell'ordine e trattenuto diverse ore nella locale caserma dei carabinieri, decedendo lo stesso giorno 14 giugno 2008) e – in ragione della perizia medico legale che individuava la causa di morte di Uva nella tempesta emotiva legata al precedente contenimento, ai traumi auto, e/o eteroprodotti e all'intossicazione alcolica – ha trasmesso gli atti alla procura della Repubblica di Varese «con riferimento agli accadimento occorsi tra l'intervento dei carabinieri e l'ingresso di Giuseppe Uva al pronto soccorso dell'ospedale di Varese»;
   nella stessa sentenza si dava atto che – a quanto emerso in dibattimento – il pubblico ministero dottor Abate aveva già aperto nel settembre 2009 un fascicolo relativo ai fatti occorsi a Giuseppe Uva. Ha prima dell'ingresso al pronto soccorso, recante il numero 5509/09 r.g.n.r., ma che tale fascicolo era ancora nella fase delle indagini preliminari da quattro anni;
   il giudice di Varese rilevava testualmente al proposito «è certo che detto procedimento trovasi nella fase delle indagini preliminari (e quindi coperto dal segreto e inaccessibile dalle parti private) ormai da alcuni anni ed è tutt'ora attivo, se è vero che il PM lo ha recentemente utilizzato per acquisire le relazioni prodotte in allegato alla memoria depositata all'udienza del 19 marzo 2012»;
   lo stesso giudice del tribunale di Varese aveva ritenuto di precisare in sentenza che «va rimarcato con chiarezza come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Giuseppe Uva – innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti della specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se negli accadimenti intervenuti antecedentemente all'ingresso del loro congiunto in ospedale siano ravvisabili profili di reato»;
   a seguito di tale sentenza risulta che il dottor Abate abbia egli stesso dichiarato alla stampa di continuare ad essere assegnatario del fascicolo r.g.n.r. 5509/09;
   a tutt'oggi tale fascicolo non risulta essere stato portato al vaglio di un giudice, né per una richiesta di proroga indagini né per una richiesta di archiviazione;
   anche tale situazione di «immobilità» del fascicolo r.g.n.r. 5509/09 pare agli interroganti non conforme alla corretta amministrazione della giustizia, in tema peraltro di argomenti estremamente delicati quali l'accertamento del contesto di un decesso non qualificabile come morte per cause naturali;
   in entrambe le situazioni pare agli interroganti assolutamente meritevole di indagine la condotta del pubblico ministero dottor Abate in relazione alla gestione dei fascicoli a lui assegnati, alla corretta rispondenza ai suoi doveri istituzionali, e alla legittimità della permanenza in capo al medesimo pubblico ministero dei fascicoli penali sopra indicati –:
   se il Ministro non ritenga opportuno disporre le dovute verifiche ed ispezioni, ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri di competenza, sugli indicati fascicoli in assegnazione al dottor Agostino Abate, nonché sulle condotte del medesimo pubblico ministero. (4-18642)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il signor C.C. si trova recluso all'interno del carcere di Sollicciano dal 2009 perché trovato in possesso di 3 grammi di cocaina. L'uomo è un recidivo visto che già 20 anni prima è stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti (dopo il regime detentivo, ha seguito un percorso riabilitativo fino al 1o aprile 1995);
   dal diario clinico della casa circondariale di Sollicciano, lo stesso risulta dichiarare di far uso di eroina fino al 1985, mentre attualmente dichiara di essere dipendente dalla cocaina;
   come riportato dal sopra citato diario clinico, al momento dell'ingresso in carcere il detenuto ha dichiarato di essere affetto dalle seguenti patologie: a) epatite cronica attiva HCV correlata (genotipo 1a), associata a grave steatosi e fibrosi del parenchima epatico; b) esito pregresso intervento di asportazione transuretrale di papilloma vescicale (gennaio 2007); c) diabete mellito (terapia con insulina fino a maggio 2011; sospensione consigliata da medico esterno);
   all'esame obiettivo del dottor Pier Marco Leoncini (medico legale commissionato dalla famiglia), risalente al 26 luglio 2012, il signor C. risulta «un soggetto in mediocri condizioni generali di nutrizione, del peso di chilogrammi 60 e dell'altezza di cm. 168», mentre sette mesi prima, al momento dell'ingresso in regime detentivo e alla visita di primo ingresso, il peso si attestava a 69 chilogrammi;
   sempre secondo quanto riferito dal dottor Pier Marco Leoncini, l'addome del detenuto risulta «dolente alla palpazione superficiale e profonda a livello della fossa iliaca dx ed in sede pre-vescicale»: come si evince dal diario clinico, trattasi di dolore che sembra avvertisse già dal 12 febbraio 2012;
   nelle considerazioni e conclusioni finali, il dottor Leoncini considera (pagina 9 della perizia legale) le prime due patologie di «grande importanza quoad valetudinem e quoad vitam del paziente»;
   la prima patologia (epatite C) negli ultimi mesi ha subito un'evoluzione sclerogena; infatti come si evince dallo stesso Fibroscan datato 30 maggio 2012 risulta attestarsi ad un grave livello di F3 [10.7 (12.5 è il punto di non ritorno, oltre il quale si passa alla Cirrosi)]. Come scrive nella relazione sempre il dottor Leoncini: «è evidente che una tale terapia ed i controlli clinici e di laboratorio ad essa necessariamente associati non possono che essere effettuati con assiduità presso i presidi sanitari specialistici al di fuori della struttura carceraria, ivi compresi i CDT dell'amministrazione penitenziaria»;
   la seconda patologia (asportazione del papilloma vescicale) deve essere considerata «un vero e proprio carcinoma (ossia un tumore maligno) in fase iniziale». Il dottor Leoncini prosegue la relazione evidenziando le specificità di questo carcinoma, sottolineando come questo sia di tipo «transizionale superficiale di basso grado» e di come queste patologie abbiano un tasso di recidività (70 per cento) e di progressione verso la forma invasiva (circa il 25 per cento). In questo caso, la necessità che si evidenzia è una serie di «periodici controlli citoscopici, data la caratteristica tendenza di queste forme alla recidiva locale. Nei casi di recidiva locale e nelle forme multiple si esegue una chemioterapia locale mediante instillazioni periodiche endovescicali con alcuni tipi di farmaci antiblastici che hanno lo scopo di ridurre l'incidenza delle recidive» (confronta pagina 12 della citata, perizia medico-legale). A tal proposito il detenuto dichiara al dottor Leoncini che dal 2008, dopo due controlli post-operatori ed esami ecografici, non è più stato sottoposto ad alcun tipo di controllo in merito; urgono pertanto controlli strumentali indispensabili al fine di intervenire tempestivamente in caso di recidiva ed evitare la degenerazione della neoplasia e quindi la progressione verso la forma invasiva;
   sempre durante la visita del dottor Leoncini, dal punto di vista psichico, nonostante la lucidità e la buona predisposizione al colloquio, nel detenuto vengono riscontrate «pronunciate note ansioso-depressive», sicuramente di tipo reattivo alla restrizione della libertà ma largamente condizionate dai rapporti conflittuali con i compagni di cella, i quali tendono ad isolarlo da quando sono venuti a conoscenza della sua sieropositività alla infezione HCV. Ansie e depressione prontamente tenute a freno da una terapia serale di Valium;
   inoltre approfondendo il registro clinico del detenuto, risulta che lo stesso in data 6 aprile 2012 è stato operato d'urgenza presso l'ospedale San Giovanni di Dio di Firenze per appendicite acuta, il che, dopo le dimissioni, lo costringerebbe a seguire una terapia «domiciliare» per 5 giorni con: Tachidol, Lansox, Fragmin, Levoxacin. Antibiotici e antiinfiammatori (necessari per la corretta riabilitazione post-operatoria); terapia alla quale l'uomo non è mai stato sottoposto;
   la relazione del dottor Leoncini, si conclude con una dichiarazione di incompatibilità del signor C. con lo stato detentivo (pagina 13 della citata relazione): «dobbiamo considerare le condizioni di salute del signor C. incompatibili con il regime detentivo, pena un grave ed attuale rischio di aggravamento del suo già impegnativo quadro clinico»;
   il magistrato di sorveglianza dottor Stefano Tocci, ha rigettato le istanze di detenzione domiciliare avanzate dall'avvocato del detenuto nonostante quest'ultimo avesse depositato agli atti tutta la documentazione medica attestante il non-ottimale quadro clinico di cui soffre il signor C.;
   nel provvedimento di rigetto, ultima pagina, il magistrato di sorveglianza asserisce che «le condizioni cliniche al momento sono stabili e non sembrano configurare un imminente pericolo di vita. [...] Né alla luce delle suddette relazioni sanitarie appare che lo stato di salute del condannato sia così grave da far apparire l'espiazione della pena in regime carcerario in contrasto al senso di umanità cui si ispira la previsione di cui all'articolo 27 comma 2 Costituzione»;
   l'articolo 32 della Costituzione italiana, che sancisce il diritto alla salute di ogni individuo, recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»;
   tale diritto deve essere garantito anche a coloro i quali sono stati privati della libertà personale, qualunque sia il reato commesso –:
   se Ministri interrogati, negli ambiti di rispettiva competenza, siano a conoscenza di tutto quanto sopra riportato e, in caso affermativo, se e in che modo intendano intervenire, con urgenza, al fine di verificare, anche attraverso un'ispezione ministeriale, le reali condizioni di salute del detenuto in questione detenuto presso la casa circondariale di Sollicciano;
   se e quali iniziative per quanto di competenza intendano intraprendere al fine di consentire al detenuto in questione di sottoporsi a tutti gli accertamenti diagnostici indispensabili e di usufruire in tempi brevi delle cure necessarie, così da garantire il suo fondamentale diritto alla salute costituzionalmente sancito;
   più in generale, se non ritengano necessario adottare i provvedimenti ritenuti opportuni, al fine di garantire la tutela della salute, della dignità, e dell'incolumità del signor C. nonché allo scopo di evitare che l'ulteriore permanenza del medesimo nella struttura carceraria possa pregiudicarne irreparabilmente le condizioni cliniche generali;
   se non intenda adottare iniziative ispettive a quanto descritto in premessa.
(4-18645)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 29 luglio 2010, n. 120, ha modificato il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, meglio noto come codice della strada, introducendo nuove norme che migliorano la sicurezza stradale;
   il novellato articolo 60 prevede l'installazione ad opera delle autonomie locali di dispositivi finalizzati a visualizzare il tempo residuo di accensione delle luci dei nuovi impianti semaforici e a tal fine era prevista l'emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
   sebbene sia stato stabilito nell'articolo 60 così come modificato, che detto decreto sarebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge di modifica, risulta all'interrogante che lo stesso non sia stato ancora disposto, impedendo così alle amministrazioni comunali di procedere all'installazione e omologazione dei dispositivi –:
   a che punto si trovi l’iter di emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e quale tempistica il Governo preveda per la pubblicazione del decreto. (4-18610)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELUFFO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 69 del 22 dicembre 2005, il consiglio comunale di Pero, confermava la volontà dell'ente locale di sostenere la realizzazione di una nuova tenenza dei carabinieri;
   con delibera n. 22 del 29 maggio 2006, il consiglio comunale di Pero, individuava l'area da destinare alla tenenza dei carabinieri;
   con nota n. 600/C/CC/49.121.10990.69932.9335 del 14 luglio 2009 il Ministero dell'interno esprimeva l'assenso al prosieguo delle trattative per l'assunzione in locazione dell'immobile da adibire a nuova sede della tenenza dei carabinieri di Pero;
   l'area del comune di Pero è tra le aree ricomprese nel nuovo polo fieristico di Rho-Pero e la realizzazione della nuova sede dei carabinieri nel territorio di Pero ha assunto, sin dall'inizio, un ruolo strategico non solo per l'amministrazione del comune di Pero ma per l'intero territorio, interessato oltre che dal potenziamento delle attività del polo fieristico di Milano anche dalle opere funzionali alla realizzazione di Expo 2015, dal calendario degli eventi connessi e dalla gestione della fase successiva a tale appuntamento di rilevanza internazionale, con scenari di profonda trasformazione sotto il profilo urbano e della mobilità, fattori che richiederanno un maggiore controllo dell'ordine pubblico di tutta l'area interessata;
   con nota n. 2012-0017281 dell'11 maggio 2012 il Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza comunicavano al sindaco del comune di Pero, la scelta di ridimensionare notevolmente l'impegno preso in precedenza per la realizzazione della nuova tenenza dell'arma dei carabinieri di Pero;
   le ripetute e univoche manifestazioni di volontà espresse dal Ministero dell'interno negli anni passati sulla realizzazione di tale opera sono state formalizzate da specifici procedimenti amministrativi, dando vita ad un accordo tra pubbliche amministrazioni, che ha portato non solo alla progettazione della stessa caserma ma di fatto alla realizzazione di parte della stessa;
   il mancato compimento di tale opera comporterebbe gravi conseguenze economiche e costringerebbe l'amministrazione comunale ad intervenire per riconvertire l'area, sobbarcandosi ulteriori costi economici, senza considerare che oggi l'attuale caserma risulta priva di requisiti strutturali e necessari per la prosecuzione delle attività, ed è pertanto soggetta a sfratto esecutivo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto, e quali iniziative si intendano intraprendere per sanare tale situazione, mantenere gli impegni assunti e consentire il completamento dell'opera, indispensabile per le esigenze di maggiori controlli di ordine pubblico richiesti per eventi di portata internazionale come quelli previsti nei prossimi anni su questo territorio.
(5-08469)


   MARIO PEPE (PD), OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane si è riaccesa la protesta civile dei cittadini di Faicchio, piccolo centro montano della provincia di Benevento, contro il continuo e diffuso fenomeno del pascolo abusivo che, ormai da decenni, assilla i proprietari dei fondi agricoli in località Fontanavecchia, Massa di Faicchio, Odi e Casoli. Tali agricoltori sono costretti a subire la privazione del pieno diritto di proprietà dei loro terreni, sistematicamente invasi da capi di bestiame bovini e ovini. Notevoli, inoltre, i disagi in diverse zone del centro abitato, segnalati con vari esposti alle autorità competenti da molti abitanti che, giornalmente lamentano gravi problemi igienici dovuti agli escrementi lasciati dal passaggio dei greggi di capre di notevoli dimensioni sulle principali strade del paese nonché per il blocco alla circolazione dei veicoli che si manifesta costantemente in vari momenti della giornata senza distinzione fra ore diurne e ore notturne;
   terreni coltivati con grande cura sono di fatto oggetto di una continua devastazione da parte di bestiame, che in questi luoghi viene condotto a pascolare ormai da anni, contro qualsiasi criterio di civiltà e rispetto e con grande sconforto dei proprietari, le cui lamentele e denunce ormai non si contano più;
   l'amministrazione comunale, nel tentativo di metter fine al pascolo abusivo, ha promosso varie iniziative di sensibilizzazione alla legalità, dalla convocazione di un coordinamento interforze, alla istituzione di un'apposita commissione consiliare, ma neanche specifiche ordinanze comunali con cui si vietava la pascolabilità di tutti i terreni agricoli ricadenti nel territorio comunale di Faicchio hanno arginato tale fenomeno;
   quello che più preoccupa è che i proprietari interessati dai soprusi sono stati e continuano ad essere oggetto di minacce di diversa natura da parte degli allevatori in questione, certi di non aver conseguenze, visto che attualmente non si è registrato alcun intervento delle forze dell'ordine. Per di più lo scorso 2 novembre i proprietari dei fondi interessati da questo fenomeno hanno segnalato agli organi di polizia locali la presenza di diverse carcasse di capre in avanzato stato di decomposizione in terreni privati, e hanno richiesto di attivare il servizio veterinario della Asl per un provvedimento di polizia sanitaria al fine di evitare il rischio di una grave emergenza sanitaria;
   il transito di questo flusso di animali (più volte filmato e fotografato da privati cittadini) si manifesta inoltre su siti di interesse storico archeologico quale il ponte Fabio Massimo, ponte di epoca romana ristrutturato nel 2009 per un importo pari a 502.025,60 e davanti alla chiesa di San Sancio, chiesa di epoca Normanna Aragonese;
   sarebbe opportuno intervenire tempestivamente — e senza ulteriori indugi — per porre fine a tale problematica, assicurando il ripristino della legalità in considerazione anche del fatto che molte famiglie traggono la loro unica fonte di sostentamento economico dalla coltivazione dei terreni in questione;
   l'adozione dei necessari ed adeguati provvedimenti eviterebbe anche la possibilità che si manifestino tra i proprietari episodi violenti guidati solo dalla rabbia, che visto i numerosi appelli caduti finora nel nulla, potrebbero sentirsi autorizzati a farsi giustizia da sé –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di intervenire per quanto di competenza affinché possa essere finalmente risolta questa problematica che ormai da decenni attanaglia l'intera comunità di Faicchio e le comunità della valle del Titerno.
(5-08471)


   OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella tarda serata del 14 novembre 2012, ignoti scavalcando la recinzione della casa privata del consigliere provinciale del Pd di Crotone professor Antonio Barberio hanno dato fuoco alle due Fiat Panda ed a uno scooter di proprietà della famiglia dell'ex sindaco del comune di Scandale che si trovavano parcheggiate sotto la sua abitazione;
   a seguito di tale atto intimidatorio, parte della popolazione di Scandale è stata svegliata dalla forte esplosione riversandosi subito in strada per valutare l'accaduto. Corale in questa circostanza la solidarietà di tutte le istituzioni locali e delle forze politiche per il grave atto intimidatorio che, tra l'altro, ha causato ingenti danni nel piazzale antistante l'abitazione, i cui autori sono al momento ancora sconosciuti. Già nel febbraio 2001 Barberio era stato fatto oggetto di un altro attentato: era andata a fuoco infatti con le medesime modalità l'auto di famiglia. Allora abitava in una casa che era in una zona più centrale rispetto a quella di oggi;
   dall'inizio del 2011 in Calabria si sono registrati moltissimi atti intimidatori contro amministratori locali, che in zone difficili e isolate amministrano onestamente la cosa pubblica, con un trend di crescita che rischia di aumentare in occasione dell'imminente competizione elettorale per le prossime elezioni politiche;
   raramente le indagini hanno sinora sortito effetti positivi, gli autori di questi delitti restano spesso ignoti e quindi impuniti; ciò naturalmente incoraggia la reiterazione del reato da parte degli stessi soggetti o di altri che ritengano di poter risolvere in tal modo un contenzioso nei confronti delle amministrazioni;
   più specificamente l'ultimo episodio, relativo al consigliere Barberio, solleva alcuni interrogativi che non possono restare senza risposta. Il professore Barberio, da anni presta la massima attenzione alle dinamiche politiche della cittadina del marchesato e dell'intera provincia, inoltre, pochi giorni fa è stato sciolto il Consiglio comunale dopo le dimissioni di alcuni consiglieri, mentre ora registriamo l'incendio di questi tre mezzi. Occorrerebbe accertare se c’è un nesso tra tutto questo e il vile attentato intimidatorio inferto al professore Barberio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per procedere a favorire un'immediata identificazione degli autori del vile atto intimidatorio per assicurare l'incolumità e la sicurezza del consigliere provinciale Antonio Barberio e della sua famiglia;
   se il Ministro interrogato intenda assumere adeguati provvedimenti per contrastare il ripetersi di episodi simili in varie zone della Calabria, assicurando una maggiore vigilanza e presenza sul territorio delle forze dell'ordine e fiancheggiando con maggiore efficacia le amministrazioni locali, troppo spesso lasciate sole di fronte a responsabilità sociali che, nell'attuale situazione di crisi economica, vanno facendosi di enorme peso e rilevanza.
(5-08474)


   MELIS, CALVISI, FADDA, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES e SCHIRRU. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 16 e il 17 novembre 2012 nel comune di Mamoiada (Nuoro), una molotov è stata lanciata dall'esterno nel giardino dell'abitazione del sindaco, Graziano Deiana;
   contro la stessa dimora del sindaco era stata esplosa il 2 novembre una fucilata che aveva colpito, danneggiandola, una finestra;
   a Orani, negli stessi gironi, scritte minatorie contro il sindaco di quel comune sono apparse su un muro in prossimità del cimitero;
   a Bonorva (Sassari), come denunciato in una precedente interrogazione dell'interrogante e di altri deputati rimasta ancora senza risposta, nel luglio 2012 il sindaco Giammario Senes ha ricevuto via posta una busta contenente due pallottole e minacce, cui ha reagito convocando una assemblea popolare e poi trasferendo per tutta l'estate la sede del suo ufficio in un contestato terreno comunale, oggetto di ripetute occupazioni abusive da parte di pastori di altro paese, e ciò nonostante una ordinanza dello stesso sindaco avesse richiesto alle locali forze dell'ordine lo sgombero del terreno stesso;
   a Sindia, negli stessi giorni antecedenti l'estate 2012 un ordigno era stato fatto esplodere nell'autorimessa privata del sindaco Francesco Scanu ove aveva provocato ingenti danni;
   precedentemente una lunga lista di episodi simili (Ottana, Benettutti e altri: la lista è davvero lunga) giustifica il vivo allarme dell'opinione pubblica sarda e le ripetute denunce di molti amministratori, non solo delle zone interne dell'isola riguardo a quella che sembra essere diventata una sorta di prassi di protesta contro le istituzioni;
   a seguito di simili fatti diversi sindaci o amministratori, preoccupati della propria incolumità, hanno rassegnato le loro dimissioni dalla rispettiva carica; da ultimo anche il sindaco Deiana di Mamoiada, che pure ha pubblicamente dichiarato di conoscere il nome dell'attentatore e anzi di aver avuto da questi una sorta di confessione e di richiesta di perdono;
   la serie impressionante di episodi criminosi si inquadra d'altra parte, e trova implicito incoraggiamento, nell'impunità in molti casi dei colpevoli e nello stato di abbandono in cui versa l'ordine pubblico specialmente nei piccoli centri e soprattutto di notte; è ben nota la grave carenza d'organico che affligge l'Arma dei carabinieri, che tradizionalmente vigilava quei territori anche attraverso la saggia prevenzione esercitata da graduati e militari legati all'ambiente e capaci di comprenderne le complesse dinamiche culturali; è noto che di notte in molti centri non esiste servizio di pattugliamento né vigilanza neppure nell'abitato (per non parlare delle campagne circostanti, dove da tempo sono in disuso le casermette dei carabinieri disposte nei punti cruciali dell'agro);
   quale giudizio si sia fatto il Ministro circa il ripetersi di atti di violenza e intimidazione contro gli amministratori dei piccoli comuni della Sardegna;
   se non ritenga di dovere affrontare ormai il fenomeno meno episodicamente di quanto sinora non sia accaduto, attraverso un intervento organico e coordinato di tutti i poteri dello Stato presenti sul territorio, al fine di troncare la grave lesione dei diritti costituzionali che ne deriva a quelle popolazioni. (5-08476)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   bisogna garantire il diritto di tutti a manifestare liberamente e pacificamente isolando i violenti di professione, le manifestazione avvenute nelle passate settimane hanno prodotto un insostenibile carico di violenza che è esploso negli scontri tra le forze dell'ordine e pochi manifestanti violenti: allo stesso tempo è necessario assicurare che il lavoro serio e difficile che le migliaia di uomini in divisa svolgono ad ogni manifestazione non venga oscurato da singoli episodi, che vanno censurati, e i cui autori vanno individuati, come hanno detto sia il Ministro interrogato che il capo della polizia Manganelli –:
   se intenda valutare, anche attraverso uno studio specifico e il raffronto con quanto avviene nei Paesi europei a noi assimilabili, che cosa comporterebbe l'introduzione dei codici identificativi sui caschi e sulle divise degli agenti impegnati nella tutela dell'ordine pubblico. (4-18613)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale di Cagliari ha disapplicato le linee guida redatte dal Sottosegretario pro tempore on. Roccella, che vincolava l'ospedale Microcitemico di Cagliari a rifiutare la diagnosi genetica pre-impianto ad una coppia di richiedenti, giudicandola illegittima perché in aperto contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo: quest'ultima, con sentenza del 28 agosto 2012 nel caso Rosetta Costa e Walter Pavan contro Italia, aveva dichiarato che il relativo divieto – contenuto nella legge 19 febbraio 2004, n. 40 – viola la Convenzione europea sui diritti dell'uomo (CEDU) all'articolo 8, quello che prevede il diritto di ciascun cittadino al rispetto della propria vita privata e familiare;
   la mancata revoca delle disposizioni in contrasto con la CEDU, emanate dal Ministero della salute nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche, comporta un conseguente contenzioso giurisdizionale dal prevedibile esito, stante la statuizione della Corte costituzionale, secondo cui «è precluso di sindacare l'interpretazione della Convenzione europea fornita dalla Corte di Strasburgo, cui tale funzione è stata attribuita dal nostro Paese senza apporre riserve» e che «l'apprezzamento della giurisprudenza europea consolidatasi sulla norma conferente va operato in modo da rispettare la sostanza di quella giurisprudenza, secondo un criterio già adottato dal giudice comune e dalla Corte europea» (Corte costituzionale, sentenza n. 311 del 2009);
   la Conferenza convocata ad Interlaken dalla presidenza del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, ha approvato, con la dichiarazione finale del 19 febbraio 2010, un piano d'azione che tra l'altro richiede agli Stati parte di impegnarsi a: «dare piena esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, assicurando che siano assunte le misure necessarie a prevenire ulteriori violazioni similari» (paragrafo B, n. 4 lettera b). In sede di Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 10 e 24 marzo 2010 vi è stata piena adesione – anche del Governo italiano – al piano d'azione di Interlaken, tanto da costituire un apposito gruppo di lavoro intergovernativo per monitorarne il seguito –:
   se, a seguito della condanna della Corte europea, le linee guida dall'allora Sottosegretario di Stato, Roccella, non siano da abrogare immediatamente, invece di attenderne l'annullamento in sede contenziosa;
   se, nell'ipotesi in cui occorra eliminare dall'ordinamento la predetta disciplina con iniziative dinanzi ai TAR, il costo delle relative spese processuali non vada ascritto alla responsabilità contabile di coloro che non hanno tempestivamente provveduto alla rimozione dell'atto di cui alla lettera a);
   se lo Stato non intenda esercitare – ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 5 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 – il diritto i rivalsa nei confronti delle aziende sanitarie locali che dovessero proseguire nel rifiuto delle diagnosi genetiche preimpianto, in ordine agli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna che saranno rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza della reiterazione delle suddette violazioni. (4-18646)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Anna Maria Cancellieri, ex prefetto, è stata nominata Ministro dell'interno nel Governo Monti il 16 novembre 2011;
   nel 2009 quando era ancora prefetto di Genova dichiarò che non vi fossero infiltrazioni mafiose in città, smentita qualche anno più tardi per i numerosi arresti per ’ndrangheta condotti dalle forze dell'ordine. Inoltre, ad ottobre 2011 in un'intervista il presidente della commissione antimafia, Giuseppe Pisanu, riferendosi alla Liguria dichiara che qui sono presenti tutte e tre «le organizzazioni criminali italiane ovvero Cosa nostra, Camorra e ’ndrangheta. Ma quest'ultima è la più forte perché possiede maggiore capacità di espansione» e perché, secondo quanto appreso, possiede una maggior liquidità calcolata in decine e decine di miliardi di euro. «Secondo la Gdf – ha detto Pisanu – il solo gioco d'azzardo e quello legale sono capaci di fruttare alla criminalità organizzata fino a 50 miliardi l'anno». Per gli inquirenti, infatti, anche in Liguria la ’ndrangheta ha «isolato Cosa nostra e Camorra così come ha fatto nel resto d'Italia “regionalizzando” le due organizzazioni»;
   sempre nel 2009 l'allora presidente della regione siciliana, Raffaele Lombardo, coinvolto nel giugno 2012 in una inchiesta della procura di Catania per «associazione mafiosa», la nomina «commissario» per il teatro Bellini. Qui, il futuro Ministro alla fine del 2009 «viene indagata dalla procura etnea per abuso d'ufficio. Il pm Alessandro La Rosa le contesta consulenze inutili e costose per i bilanci del teatro» (www.ilfattoquotidiano.it), il sospetto era che «potessero essere finalizzate a creare, un indebito vantaggio patrimoniale a favore dei consulenti. La Cancellieri risulta tutt'oggi indagata per abuso d'ufficio» (www.liberoquotidiano.it);
   il 17 febbraio 2010 è stata nominata commissario prefettizio al comune di Bologna, ricevendo critiche aspre per «per la proroga ai finanziamenti alle scuole private per più di un milione di euro, nonostante le ristrettezze del bilancio comunale»;
   il 19 maggio 2011 Il Corriere di Bologna pubblica: «Dodici residenti che si affacciano su piazza San Francesco hanno diffidato le autorità per le presunte inadempienze. Non ricevendo risposte da Comune e Prefettura, sono andati oltre, hanno unito le forze (economiche) pur non conoscendosi tutti e pur non appartenendo a un comitato, si sono affidati a un avvocato. Tre mesi fa hanno fatto una denuncia-querela a Cancellieri e Tranfaglia, molto probabilmente finita nello stesso dossier «anti-baccano» della Procura» (http://corrieredibologna.Corriere.it);
   Il fatto quotidiano ha recentemente pubblicato la notizia di una liquidazione a carico di Piergiorgio Peluso (figlio del Ministro) pari a circa tre milioni e 600 mila euro per un anno di lavoro alla Fondiaria Sai, la società assicurativa dell'imprenditore Salvatore Ligresti, già arrestato per tangenti e indagato per corruzione;
   da varie notizie apparse online a fine ottobre emerge il riferimento a decisioni della magistratura aventi ad oggetto l'accertamento di responsabilità del marito del Ministro Cancellieri, ex farmacista Peluso, per truffa ai danni dello Stato in relazione alla vendita di farmaci con fustelle segnaprezzo false;
   in particolare si fa riferimento alla sentenza n. 7075 del 2006 della V sezione del Consiglio di Stato che, a sua volta, richiama sentenze penali sia del giudice di merito che di legittimità;
   in data 5 novembre 2012 il Ministro Cancellieri ha respinto le dimissioni del prefetto Nicola Izzo, vice capo polizia di Stato, che, fonti stampa indicano, in base ad un dossier anonimo di circa 20 pagine pervenuto in procura a Roma, coinvolto in casi di malaffare nella gestione di appalti e aste per l'acquisto di impianti tecnologici;
   nel 2009 lascia l'amministrazione dell'interno ed è collocata in quiescenza;
   il 7 agosto 2012 per effetto cosiddetta «spending review» (articolo 5, comma 9, decreto-legge n. 95 del 2012) è stato disposto che: «È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011, nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (nonché alle autorità) indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza»;
   il Ministro Cancellieri, a giudizio dell'interrogante, ha omesso in quest'ultimo anno la propria vigilanza sull'operato dell'ex prefetto di Napoli Andrea De Martino, già oggetto di una circostanziata interrogazione da parte del sottoscritto circa omissioni e nomine discutibili;
   appare evidente all'interrogante che la situazione del Ministro interrogato si presenta in conflitto con quella onestà morale necessaria per l'espletamento delle proprie funzioni a garanzia del rispetto della legge posto che l'articolo 54, secondo comma, della Carta costituzionale stabilisce che i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche devono adempierle «con disciplina ed onore», imponendo non solo il rispetto della «legalità formale», ma anche l'osservanza di ineludibili principi etico-morali –:
   se il Ministro interrogato intenda rassegnare le proprie dimissioni. (4-18649)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   le malattie metaboliche ereditarie, definite anche errori congeniti del metabolismo, sono un gruppo di malattie genetiche causate dal deficit parziale o totale di un'enzima o di una proteina che ha la funzione di trasportare specifici composti attraverso le membrane cellulari. Le conseguenze di questo difetto possono essere un accumulo dei composti (metaboliti) a monte del difetto, l'assenza o la scarsità del prodotto finale della via metabolica, l'attivazione da parte dell'organismo di vie metaboliche «collaterali» che a volte riescono ad aggirare il blocco. Nella maggior parte delle malattie metaboliche, il danno può pertanto essere dovuto alla carenza di un prodotto importante che non viene più sintetizzato; in altre, invece, il danno è causato dalla tossicità dei metaboliti accumulati; in altre ancora, il danno è determinato da entrambi i meccanismi. I tipo di sintomi e gli organi colpiti variano in funzione del tipo di danno: ogni malattia metabolica ereditaria ha quindi caratteristiche cliniche diverse. Se considerate singolarmente, la maggior parte delle malattie metaboliche ereditarie sono rare, ma nel loro complesso colpiscono un numero di persone non trascurabile. Per esempio: le aminoacidopatie colpiscono 1 neonato su 2.500, le malattie lisosomiali hanno una frequenza, come gruppo, di 1/5.000, mentre l'emocromatosi e l'ipercolesterolemia familiare da sole hanno una frequenza di 1/300-500 nati vivi. Attualmente, per molte malattie metaboliche, non esiste una cura definitiva, ma per alcune sono disponibili trattamenti efficaci, soprattutto se iniziati precocemente –:
   se esista un coordinamento che abbia portato o porterà all'individuazione di uno o più centri di eccellenza per la cura della patologia in argomento;
   se esista un coordinamento tra i vari soggetti istituzionali (ministeri, regioni, IRCCS, centri di ricerca, università...) nel campo della ricerca scientifica e clinica per la cura della patologia in argomento;
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza delle malattie metaboliche ereditarie, delle loro cause e dei possibili percorsi diagnostici;
    b) promuovere una più approfondita conoscenza medico-scientifica che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    c) sviluppare la ricerca in questo settore;
    d) fornire supporto a malati e famiglie, anche attraverso centri di ascolto e assistenza;
   se quali azioni di supporto, compresi i finanziamenti attraverso vari strumenti previsti dalle normative vigenti (esempio: 5 per mille) abbia attuato o intenda attuare a favore delle associazioni di malati;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-18630)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'eteroplasia ossea progressiva (POH) è una rarissima malattia geneticamente determinata (frequenza: 1/100.000.000. Diagnosticati circa 60 casi nel mondo – ultimo rapporto del POH Collaborative Research Group di Philadelphia), causata da una mutazione inattivante del gene GNAS sul cromosoma 20, regione 20q13.2, gene che codifica per la subunità alfa della proteina G (Gs-alfa), implicata nella trasduzione del segnale a livello della membrana cellulare e perciò coinvolta in numerose vie metaboliche. Una volta avvenuta la mutazione, postzigotica, questa si eredita successivamente con modalità autosomica dominante. La mutazione è sempre presente sull'allele ereditato per via paterna, anche in caso di mutazione spontanea. Se il malato affetto è femmina, trasmetterà ai suoi figli la sindrome di Albright e non la POH (malattia nella quale, accanto alle possibili ossificazioni, sempre però superficiali, sono presenti disturbi ormonali, dismorfici e mentali). Si manifesta clinicamente nei primi giorni-mesi di vita con rash cutaneo rosa-violaceo e presenza di ossificazioni a partenza dal derma medio e profondo, evidenziate come piccoli noduli bianco-giallastri duro-lapidei, che successivamente si approfondano e interessano i tessuti sottostanti coinvolgendo tessuto adiposo, fasce muscolari, muscoli, tendini e legamenti. Tutto ciò porta ad anchilosi articolari e talora a difetti di crescita degli arti interessati con invalidità progressiva anche grave. Istologicamente l'ossificazione è di tipo membranoso diretto senza una fase cartilaginea, ed è caratterizzata da una specie di rete di ossificazioni che si infiltrano e ramificano seguendo spesso il decorso dei vasi e dei nervi nei tessuti;
   l'aspetto radiologico, sia in radiologia tradizionale sia TAC e RMN, rispecchia i reperti istologici con immagini caratteristiche che li evidenziano. Gli esami di laboratorio sono sempre negativi, salvo un aumento della fosfatasi alcalina nei momenti di maggior crescita delle ossificazioni. Non sono presenti squilibri ormonali, né malformazioni primitive dello scheletro. La diagnosi è essenzialmente clinica, supportata dalla negatività degli esami di laboratorio, dai reperti radiologici caratteristici, dalla istologia. La mutazione GNAS può mancare, per cui l'analisi molecolare non è necessaria per la diagnosi, come pure la familiarità nelle forme sporadiche. Chirurgicamente risulta poco aggredibile in quanto le ossificazioni non presentano piani di clivaggio per l'asportazione;
   non esiste al momento una cura efficace, né una terapia di supporto, ma solo la fisioterapia «soft». La chirurgia è praticamente inapplicabile, salvo in rari casi in cui le ossificazioni sono ben isolate e facilmente delimitabili, nel qual caso si ottengono buoni risultati. Altrimenti la chirurgia può portare a un peggioramento della situazione per le recidive a partenza dalle ossificazioni residuate all'intervento. È possibile la diagnosi prenatale nei soggetti portatori della mutazione GNAS –:
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico italiano al riguardo;
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare al fine di promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale. (4-18632)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome di Shwachman è una condizione patologica, descritta per la prima volta dal dottor Shwachman e dal dottor Diamond di Boston nel 1964, caratterizzata principalmente dall'ipoplasia del pancreas esocrino, bassa statura, disfunzione del midollo osseo e alterazioni varie delle ossa. L'ipoplasia del pancreas esocrino indica un difetto congenito di sviluppo di quella parte del pancreas che produce gli enzimi per digerire gli alimenti. Ne deriva un'insufficienza pancreatica e quindi un difetto importante nella digestione e nell'assorbimento degli alimenti. Questo difetto tende ad attenuarsi con l'età. La bassa statura è presente sin dalla nascita e non viene corretta con alcuna terapia, nonostante la crescita abbia una velocità regolare. Le disfunzioni del midollo osseo sono molteplici. Vi è nel complesso uno scarso sviluppo del midollo, rimpiazzato in parte da tessuto grasso, con conseguente scarsa produzione di globuli rossi, di piastrine e di granulociti neutrofili, deputati alle difese di prima linea contro i batteri. Il difetto più frequente riguarda i neutrofili: si parla di neutropenia, che è abitualmente intermittente o ciclica. I neutrofili inoltre sono in genere poco mobili e, quindi, raggiungono con difficoltà le sedi dell'infezione. La scarsità e l'ipomobilità dei neutrofili favoriscono le infezioni, specialmente nel bambino piccolo: otite, broncopolmonite, osteomielite, infezioni della cute, setticemia. La piastrinopenia (difetto delle piastrine) e anemia (difetto del globuli rossi) sono meno frequenti. Nel bambino piccolo, vi è un elevato livello di emoglobina fetale e vi può essere in qualche caso una tendenza del midollo a degenerare in quadri leucemici. Le alterazioni delle ossa sono di vario tipo: prevalentemente sono alterazioni di struttura nel tratto vicino alle grosse articolazioni (displasia metafisaria presso ginocchia) o a livello delle costole (con torace stretto). Può essere presente valgismo delle ginocchia (ginocchio deviato). Queste alterazioni sono forse in parte responsabili del difetto di statura, anche se tendono a correggersi con l'età. In singoli casi sono state riscontrate anche altre alterazioni: modesto ritardo psicomotorio (abbastanza frequente, ma senza sostanziale compromissione mentale), diabete mellito, disfunzione renale, ittiosi (cute squamosa), disfunzione del fegato, anomalie dentarie, megacolon, difetto delle immunoglobuline. La sindrome viene trasmessa con modalità autosomica recessiva da due genitori portatori sani di un gene alterato e il 25 per cento dei figli ne è affetto. È considerata una condizione relativamente rara, anche se non disponiamo oggi di dati certi sulla frequenza: vi sono solo stime grossolane, che suggeriscono un affetto ogni 10.000-200.000 nati. Il problema è che la diagnosi può essere spesso difficile e parecchi casi, probabilmente, sono ignorati. Al momento sono disponibili solo cure sintomatiche –:
   se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare diagnosi accurate, terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico italiano al riguardo. (4-18634)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   la ricongiunzione dei contributi pensionistici, introdotta con la legge 7 febbraio 1979 n. 29, consiste nell'unificazione dei periodi di assicurazione maturati dal lavoratore in differenti settori di attività, al fine di ottenere un'unica pensione calcolata su tutti i contributi versati;
   di recente l'articolo 12, commi da 12-septies a 12-undecies, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha modificato la disciplina della ricongiunzione dei contributi pensionistici con lo scopo di armonizzare le norme previste nei diversi regimi pensionistici. In particolare il comma 12-septies ha disposto, a decorrere dal 1o luglio 2010, l'applicazione alle ricongiunzioni effettuate da lavoratori dipendenti, pubblici o privati, che siano o siano stati iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutiva, esclusive od esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria, delle disposizioni di cui all'articolo 2, commi 3 e 4 e 5 della legge n. 29 del 1979 e l'onere da porre a carico dei richiedenti è determinato secondo specifiche tabelle;
   l'introduzione dell'onerosità provoca gravi disagi per una vasta platea di lavoratori e lavoratrici che aspirano alla pensione e che invece, per raggiungere tale obiettivo, si trovano costretti a pagare spesso cifre elevate e difficilmente sostenibili;
   ad oggi se un lavoratore può vantare complessivamente, tra le diverse gestioni presso cui è stato assicurato, un'anzianità contributiva e un'età anagrafica sufficienti a realizzare il diritto alla pensione, di fatto non può esercitare tale diritto a causa dell'esosità degli oneri di ricongiunzione richiesti;
   bisogna inoltre evidenziare che l'introduzione dell'onere incide negativamente anche sulle scelte effettuate nel passato dai lavoratori che, in base alla normativa in vigore dal 1958, e confermate negli anni dall'INPS, hanno deciso di non effettuare la ricongiunzione, al tempo gratuita, attendendo l'avvicinarsi della fine dell'attività lavorativa;
   in molti casi i lavoratori che non possono sostenere gli oneri di cui sopra devono ricorrere alla totalizzazione, istituto alternativo alla ricongiunzione che, pur essendo gratuito, dà origine a pensioni calcolate interamente con il metodo contributivo e che quindi risultano di minore entità;
   l'onerosità risulta incoerente, tra l'altro, con quanto disposto nel decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «Salva Italia» che, all'articolo 21, prevede la soppressione, dal 1o gennaio 2012, dell'INPDAP e dell'ENPALS e l'attribuzione delle relative funzioni all'INPS, che succede agli enti soppressi in tutti i rapporti attivi e passivi;
   appare urgente e improcrastinabile affrontare e risolvere la questione legata alle ricongiunzioni onerose che, secondo le stime del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, interessa 600 mila lavoratori (ovvero 30 mila lavoratori l'anno fino al 2022) –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le opportune iniziative, per correggere la normativa relativa alla ricongiunzione onerosa dei contributi pensionistici descritta in premessa, al fine di impedire il protrarsi delle disparità di trattamento introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010 che penalizza gravemente moltissimi lavoratori e lavoratrici, ledendone i diritti acquisiti alla ricongiunzione gratuita.
(2-01748) «Miserotti, Romele, Cicu, Petrenga, Porfidia, Speciale, Cosenza, Urso, Scalia, Scalera, Garagnani, Beccalossi, Renato Farina, Di Centa, Nola, Rosso, Proietti Cosimi, Centemero, Taddei, Cazzola, Fedriga, Tommaso Foti, Munerato, Ghiglia, Gidoni, Di Cagno Abbrescia, Negro, Rainieri, Pezzotta, Meroni, Galli, Binetti, Di Giuseppe, Granata, La Loggia, Mussolini, Vignali, Brancher, Alberto Giorgetti, Crosetto, Rotondi, Scajola, Milanese, Bergamini, Craxi, Distaso, Prestigiacomo, Lorenzin, Meloni, Misuraca».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BITONCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la ORV Valpadana, con sede in Grantorto (Padova), è una delle imprese leader nazionale nelle fabbricazione di imbottiture, e la costante crescita dell'azienda, all'interno del mercato di riferimento, ha permesso alla stessa di svilupparsi con l'apertura di stabilimenti a Fontaniva e Carmignano di Brenta (Padova), permettendo così l'assunzione di centinaia di dipendenti, oggi oltre 400 e la maggior parte dei quali residenti nei tre comuni, e contribuendo allo stesso tempo in modo deciso all'industrializzazione dell'area dell'alta padovana;
   la stagnazione di mercato, diretta conseguenza della grave crisi internazionale, e la perdita di fatturato, hanno indotto l'azienda a richiedere un periodo di cassa integrazione straordinaria fino a febbraio 2013, anche se, così come riportato da alcuni organi di stampa locale, pare prospettarsi, qualora la congiuntura economica non dovesse terminare, la possibilità di dover procedere al ridimensionamento dell'attuale organico;
   la crisi economica sta duramente colpendo tutta l'area dell'alta padovana, dove negli ultimi mesi sono state numerose le aziende di vari settori che hanno dovuto rivedere i propri organici ovvero procedere con la chiusura della propria attività –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche in ragione dell'importanza strategica dell'azienda nel contesto dell'area dell'alta padovana, per salvaguardare i livelli occupazionali dei dipendenti interessati dalla situazione sopraesposta e delle famiglie del territorio interessato. (4-18628)


   BARBATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'adeguamento del nodo di Termini a Roma, di corrispondenza tra la Linea A e la Linea B della Metropolitana di Roma, consiste nel miglioramento e potenziamento complessivo delle sue caratteristiche, sia funzionali che prestazionali;
   le opere previste riguardano l'ammodernamento e il potenziamento dell'impiantistica di stazione e di sicurezza, l'eliminazione di tutte le barriere architettoniche, la realizzazione di opere che accrescano la potenzialità di scambio e il miglioramento della distribuzione dei flussi anche ai fini di facilitare l'evacuazione in caso di emergenza, nonché la riqualificazione degli ambienti interni e della sovrastante piazza dei Cinquecento;
   a protezione della salute umana vi è il controllo dell'aria mediante apposite centraline urbane monitorate dalle agenzie ambientali regionali, a recepimento anche del decreto legislativo n. 155 del 2010, che a sua volta recepisce la direttiva europea n. 50 del 21 agosto 2008 tenuto conto della legge 4 aprile 2012, n. 35 Conversione in legge del decreto-legge n. 5 del 2012 («Semplificazioni») – Misure in materia di rifiuti, appalti, energia, tutela dell'aria, territorio;
   sono necessari adeguamenti e ristrutturazioni alla rete metropolitana romana special modo linea A, per una politica di rilancio volta al miglioramento e al rinnovamento del trasporto però i viaggiatori, turisti e pendolari comprendendovi bambini, donne incinte e asmatici nonché personale di stazione, tecnici e addetti pulizie, sono interessati da un disagio particolarmente preoccupante;
   giornalmente, si avverte/respira il terribile olezzo che si protrae permanentemente senza possibilità di ricambio con conseguenze su bronchi e polmoni –:
   di quali dati si disponga circa eventuali monitoraggi di analisi dell'aria, mista a passaggio metro ed a lavori svolti per l'adeguamento nodo Termini e vari, con riferimento all'aria compressa e non ricambiata contenente spesso ed in modo evidente all'olfatto le nanoparticelle delle limature di acciaio ed altri conduttori lavorati, sostanze certo non salutari all'apparato respiratorio e se intendano assumere eventuali iniziative in proposito;
   se non intendano procedere all'acquisizione di elementi utili a ricostruire il quadro della situazione in particolare la situazione clinica degli addetti ai lavori (addetti pulizie, tecnici, operatori, impiegati vari) e quando e con quale cadenza siano sostituiti i filtri ed i macchinari preposti al ricambio dell'aria;
   se non intendano promuovere uno screening mirato anche sul personale operante stabilmente sui treni per capire in che percentuale possano avere ricevuto un danno biologico nell'espletamento delle normali attività di servizio. (4-18647)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XIII Commissione:


   PAOLO RUSSO e BECCALOSSI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, disciplina le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari, dettando, in particolare, norme in tema di contenuto e forma dei relativi contratti, pratiche commerciali sleali, termini di pagamento;
   il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 19 ottobre 2012, che detta le modalità applicative del citato articolo 62, fa rinvio per la definizione di prodotti alimentari all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002;
   in base a tale norma, si intende per «alimento» (o «prodotto alimentare», o «derrata alimentare») qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. In tale nozione sono invece esplicitamente esclusi: i mangimi; gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano; i vegetali prima della raccolta; i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE; i cosmetici; il tabacco e i prodotti del tabacco; le sostanze stupefacenti o psicotrope; residui e contaminanti;
   dal combinato disposto delle norme indicate, e in assenza di specifiche esclusioni, consegue che la disciplina di cui all'articolo 62 sarebbe applicabile anche a taluni prodotti particolari, che rientrano nella nozione di alimento dal punto di vista giuridico, anche se che certamente non sono riconducibili alla tipologia di relazioni commerciali per le quali il legislatore ha dettato l'articolo 62;
   si pensi, a tale riguardo, al caso degli integratori alimentari, ai prodotti per l'infanzia o a quelli destinati ad un'alimentazione particolare, normalmente venduti nelle farmacie o nelle parafarmacie, nel quadro di relazioni commerciali ben diverse da quelle relative alla filiera agroalimentare, cui è destinato l'articolo 62;
   come ben evidente nel corso dei lavori parlamentari relativi all'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012 e come emerge anche dal decreto ministeriale di attuazione, tale disciplina è finalizzata ad una maggiore trasparenza e al riequilibrio delle posizioni di forza dei diversi operatori nell'ambito della filiera agroalimentare nonché al contrasto delle pratiche commerciali sleali a danno del contraente debole;
   in particolare, nel parere approvato dalla Commissione agricoltura della Camera, si sottolinea che «la regolamentazione dei rapporti nella filiera agroalimentare costituisce un intervento da tempo sollecitato, dal mondo agricolo e da autorità italiane ed europee, per favorire la libera concorrenza e il corretto funzionamento del mercato, a vantaggio anche del consumatore. Si tratta infatti di porre rimedio alla strutturale posizione di debolezza contrattuale del produttore agricolo, in un mercato caratterizzato dalla deperibilità dei prodotti, da un'offerta agricola frammentata e da una domanda sempre più polarizzata in centrali di acquisto di scala nazionale ed internazionale»;
   in queste settimane, numerose organizzazioni di categoria e semplici cittadini stanno segnalando le incongruenze e le difficoltà cui darebbe luogo un'applicazione generalizzata della normativa in questione, anche in relazione a prodotti e rapporti commerciali solo formalmente assimilabili a quelli tipici del settore agroalimentari –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito ai problemi segnalati e quali iniziative si ritenga di attivare per la loro soluzione. (5-08483)


   CALLEGARI e BITONCI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (CE) n. 3/2008 ed il Regolamento (CE) n. 501/2008 prevedono che l'Unione europea possa cofinanziare, a valere sul Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), gestito dalla Direzione generale agricoltura e sviluppo rurale (DG AGRI), azioni di promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari, nonché progetti di informazione sul loro metodo di produzione, da realizzarsi in Paesi terzi;
   analoga possibilità di promozione e pubblicità dei prodotti agroalimentari nei mercati dei Paesi terzi è disposta, pur tuttavia con diverse modalità, nell'ambito dei programmi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), gestito dalla Direzione generale per la politica regionale (DG REGIO), uno dei fondi strutturali rivolti al potenziamento della coesione economica e sociale del territorio unionale attraverso la riduzione delle disparità regionali;
   alla luce dell'attuale contesto degli scambi internazionali e della evoluzione dei mercati, e considerata l'eccellenza di molti dei prodotti agricoli e agroalimentari dei nostri territori, la realizzazione nei Paesi terzi di adeguate campagne di promozione e valorizzazione di tali produzioni appare quanto mai rilevante al fine di sostenere il potenziale di sviluppo delle migliaia di aziende del settore;
   mentre tuttavia i progetti realizzati a valere sul FEAGA, gestito dalla DG AGRI, sono soggetti a precise norme che vietano di promuovere i singoli marchi e l'origine specifica dei prodotti, ammettendo solo l'indicazione dell'origine europea, le azioni attuate nell'ambito dei programmi finanziati dal FESR, di competenza della DG REGIO, non sottostanno al vincolo dell'origine europea ed è pertanto consentita la promozione dell'immagine del «sistema Paese» piuttosto che del «sistema UE»;
   benché non possa rilevarsi la violazione di alcuna normativa comunitaria, trovando l'anomalia origine all'interno di due direzioni generali che gestiscono due fondi separati con diverse modalità operative, tale difformità genera una dannosa distorsione di concorrenza tra i programmi di promozione nei mercati internazionali, potendosi verificare il caso in cui in uno stesso mercato estero un prodotto italiano è promosso come «europeo» perché la campagna pubblicitaria è finanziata dalla DG AGRI e lo stesso tipo di prodotto, di origine spagnola, è promosso invece come «spagnolo», perché finanziato nel contesto di un programma di comunicazione finanziato a valere sul FESR;
   è evidente la mancanza di coordinamento tra le due direzioni generali che cofinanziano la presenza contemporanea in uno stesso Paese obiettivo, per lo stesso prodotto, di operatori di due Paesi concorrenti, vincolati però al rispetto di regole opposte in tema di comunicazione;
   tali progetti di promozione sono co-finanziati dall'Unione europea e pertanto una parte del costo, per la quota di contribuzione ministeriale, è direttamente imputabile ai contribuenti italiani –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione ai fatti espressi in premessa e se non ritenga urgente intervenire presso le competenti sedi europee per ovviare al mancato coordinamento delle politiche dell'Unione di promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari, al fine di tutelare e valorizzare l'immagine del sistema Italia. (5-08484)


   DI GIUSEPPE, ROTA e MESSINA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione europea sostiene la produzione agricola dei Paesi membri attraverso l'erogazione, ai produttori, di aiuti, contributi e premi. Queste erogazioni sono finanziate dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), e vengono gestite dagli Stati membri attraverso gli organismi pagatori, istituiti ai sensi del regolamento (CE) n. 885/2006 (articolo 18); come è noto, in Italia, con il decreto legislativo n. 165 del 1999, è stata istituita l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per lo svolgimento delle funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore;
   è in corso una duplice inchiesta, della procura della Repubblica di Pescara e della procura regionale della Corte dei conti, su un presunto illecito relativo all'utilizzo dei contributi, ventisei milioni di euro dell'Unione europea previsti dal piano di sviluppo rurale in Umbria, che sarebbero finiti nelle tasche di alcuni funzionari dell'AGEA;
   l'inchiesta riguarda il territorio di Pescara e dell'Umbria; infatti, proprio dagli uffici della regione Umbria sono partite le denunce che hanno consentito di avviare il procedimento. Da notizie di cronaca risulta, a carico di tre agricoltori e cinque funzionari dell'AGEA, un danno erariale stimato in 1.338.342,5 euro, che con gli interessi arrivano a circa due milioni di euro;
   per l'esattezza, i contributi oggetto delle verifiche della Guardia di finanza prima e della Corte dei conti poi sono quelli relativi alla procedura «set aside», che consiste nella messa a riposo di terreni che quindi risultano sottratti alla normale rotazione produttiva. In virtù di questa scelta, agli agricoltori viene riconosciuto una sorta di indennizzo da parte dell'Unione europea;
   secondo l'accusa, che ipotizza l'esistenza di un'associazione a delinquere composta da funzionari e imprenditori, in grado di falsificare atti pubblici, timbri e sigilli, con i quali aggirare le procedure per l'erogazione dei contributi, i fondi dell'Unione europea sarebbero finiti nelle tasche dei citati funzionari dell'AGEA e degli agricoltori compiacenti che, per gestire i contributi set aside erogati al termine di illeciti procedimenti, mettevano a disposizione degli organizzatori la loro identità ed i loro conti bancari, successivamente svuotati;
   all'epoca dei fatti contestati, che concerne le dichiarazioni effettuate tra il 2003 e il 2006 e relative alle stagioni 1990-1995, il contributo economico veniva liquidato dall'AGEA in base ad alcune liste redatte dagli uffici regionali. Il presunto illecito riguarda proprio la composizione di questo elenco; infatti, posto che le domande presentate dalle singole aziende potevano essere accolte oppure rigettate, in caso di rigetto si verificava un contenzioso giuridico che, se risolto positivamente, poneva la richiesta pendente nell'elenco di quelle presentate fuori termine. A sbloccare le richieste, secondo quanto si apprende, avrebbero provveduto alcuni funzionari dell'AGEA, attraverso una documentazione inventata di sana pianta, eludendo il controllo degli uffici competenti. Infatti nella citazione a giudizio della procura della Corte dei conti, riportata dai quotidiani, si legge che «L'erogazione dei contributi era avvenuta attraverso procedimenti amministrativi formatisi in AGEA sulla base di documenti falsi sia materialmente (gli elenchi “fuori termine” risultavano non compilati dai competenti uffici in sede locale, i quali erano all'oscuro di tutta la vicenda), sia ideologicamente (contenevano dati non veri)»;
   i fatti sopracitati riguardano avvenimenti occorsi negli ultimi venti anni; appare lecito alla scrivente auspicare un maggiore e più efficiente controllo sulle erogazioni economiche previste dei fondi europei come il fondo sociale europeo e il fondo europeo di sviluppo regionale da far valere sul programma di sviluppo rurale, per il periodo 2007-2013 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga necessario doversi attivare, proprio in virtù dei fondi 2007-2013, al fine di valutare l'attuazione di un più efficace modello di gestione e controllo dei flussi economici erogati dall'Unione europea. (5-08485)


   DELFINO e NARO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 6 settembre 2012 si è tenuta una manifestazione dei tabaccai europei, contemporaneamente in più Paesi membri, contro le misure legislative revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/CE) proposte dalla direzione generale salute e tutela dei consumatori della Commissione europea;
   stando a quanto riportato dalla Federazione italiana tabaccai, le proposte, in fase di finalizzazione, prevedrebbero il divieto di esposizione dei prodotti da fumo, il pacchetto generico privo di marchio e logo caratterizzato da colore neutro e caratteri uniformi, l'introduzione di immagini shock sugli effetti del fumo sul 75 per cento della superficie della confezione e il divieto di utilizzo di ingredienti per uniformare gusto e sapore;
   secondo le associazioni di categoria, le misure proposte sarebbero demagogiche e controproducenti rispetto agli obiettivi prefissati e avrebbero come effetto diretto quello di favorire ulteriormente il mercato illecito dei prodotti contraffatti, che attualmente sottrae all'erario circa 500 milioni di euro all'anno, con un'erosione del mercato legale del 4 per cento;
   se tali misure venissero adottate, sarebbe a rischio l'intera filiera italiana del tabacco, che vede impiegati oltre 200 mila addetti, con ingenti ricadute economiche a danno dello stesso Stato;
   misure proibizionistiche rischierebbero di colpire solamente produttori e addetti del settore senza risultati significativi in materia di riduzione del consumo e di consapevolezza dei danni del fumo, così come dimostrato dalle statistiche relative a Paesi in cui alcune delle misure proposte sono già state applicate;
   a fronte dei paventati impatti negativi che tali disposizioni potrebbero generare, mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa dell'intera filiera, con gravi conseguenze di natura sociale ed economica, è necessario verificare l'effettiva applicabilità ed efficacia delle proposte di revisione, nonché le possibili ripercussioni sull'intero comparto –:
   quale sia la posizione del Governo relativamente alle proposte di revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/CE) proposte dalla direzione generale salute e tutela dei consumatori della Commissione europea e se non ritenga tali proposte altamente lesive per l'intera filiera produttiva e commerciale, che garantisce, ad oggi, prodotti controllati e ingenti introiti erariali. (5-08486)


   SANI, TRAPPOLINO, CENNI, OLIVERIO, ZUCCHI, AGOSTINI, BRANDOLINI, SERVODIO, MARCO CARRA, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, MARROCU e MARIO PEPE (PD). — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il dissesto idrogeologico rappresenta una delle principali emergenze del Paese ed è legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli, all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme e all'aumento, per frequenza ed intensità, degli eventi calamitosi;
   tali eventi calamitosi hanno una pesante ricaduta sull'economia agricola di interi territori, causando la perdita dei raccolti e, di conseguenza, una contrazione notevole del reddito disponibile delle imprese agricole;
   l'ultimo episodio meteorologico particolarmente intenso si è verificato la scorsa settimana con forti ed estesi temporali sulla Liguria, Toscana, Umbria, Triveneto e Alto Lazio: gli effetti sul territorio sono stati devastanti, con conseguenze sui cittadini e sulle attività produttive;
   la legge di stabilità attualmente all'esame dell'Assemblea interviene stanziando 250 milioni di euro per l'anno 2013 per fronteggiare le emergenze derivanti dai suddetti eventi alluvionali, destinandoli ad interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni colpiti dall'alluvione;
   mancano tuttavia misure ad hoc per aiutare il comparto primario duramente colpito dall'alluvione. Dalle prime rilevazioni sul territorio la situazione del comparto agricolo e zootecnico, inclusa l'acquacoltura, appare di particolare gravità, ma anche il settore dell'agroindustria e dell'industria alimentare risulta duramente colpito;
   l'intensità delle precipitazioni e le acque di inondazione sono state causa di ingenti danni alle strutture agricole, ma anche al patrimonio di scorta;
   gli enti locali stanno cercando ancora di valutare i danni che si presentano particolarmente ingenti, dal momento che in alcuni casi molte imprese agricole e attività risultano pressoché distrutte per cui, stante la difficoltà del momento, viene addirittura messa in dubbio la ripresa delle attività;
   gli interventi di ripristino si presentano, quindi, in molti casi importanti e hanno nell'immediato necessità di un opportuno sostegno finanziario;
   è stato calcolato che, con quest'ultimo nubifragio autunnale, i danni diretti e indiretti provocati all'agricoltura dagli eventi estremi nel 2012 superano i 3 miliardi di euro, con neve e ghiaccio che hanno bloccato l'Italia durante l'inverno e poi da caldo e siccità estivi che hanno bruciato i raccolti;
   le alluvioni degli ultimi giorni concludono, quindi, un anno devastante dal punto di vista climatico per l'agricoltura, che ha provocato un contenimento delle produzioni nazionali che riescono a coprire appena il 75 per cento dei consumi alimentari nazionali;
   è urgente intervenire con un provvedimento straordinario che assegni risorse adeguate per consentire un immediato sostegno alle imprese agricole danneggiate dai recenti eventi alluvionali ad integrazione degli interventi previsti a legislazione vigente a valere sul Fondo di solidarietà nazionale –:
   se il Governo non ritenga urgente intervenire con un provvedimento straordinario per assegnare adeguate e sufficienti risorse finalizzate a consentire nell'immediato il necessario sostegno finanziario alle imprese agricole danneggiate dai recenti eventi alluvionali, precisando, altresì, quali siano le risorse attualmente disponibili a valere sul Fondo di solidarietà nazionale di cui all'articolo 15 comma 2, secondo periodo del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, dedicate agli interventi compensativi per le imprese agricole che hanno subito i danni da calamità naturali. (5-08487)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCUSO, BOCCIARDO, CROLLA, GIRLANDA, GIRO, DE LUCA, CICCIOLI e BARANI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   la bozza di bilancio pluriennale dell'Unione europea 2014/2020, presentata dal Presidente permanente del Consiglio, Herman Van Rompuy, prevede un taglio di 80,737 miliardi di euro;
   in particolare si prevede un taglio di 29,499 miliardi per i fondi strutturali (compresi quelli per le regioni) e in generale per la politica di coesione, e di 25,5 miliardi per la PAC nel periodo 2014/2020;
   l'ambasciatore italiano presso l'Unione europea, Ferdinando Nelli Feroci, parla di «un passo indietro che, invece di avvicinare le posizioni, le allontana»;
   per il rappresentante permanente italiano, i punti critici sono «la riduzione della considerazione del fattore di prosperità nazionale per l'allocamento delle risorse da destinare alle regioni più povere e la permanenze dei rebate (il rimborso per lo squilibrio tra ciò che si mette sul piatto dell'Unione europea e ciò che dall'Unione europea si riceve in termini economici e di benefìci) per Germania (2,8 miliardi per i sette anni), Paesi Bassi (1,1 miliardi) e Svezia (325 milioni)»;
   lo scorso 13 novembre il Presidente Monti, incontrando a Roma David Cameron aveva parlato di un'Italia a sostegno di «un budget orientato al futuro, ma contraria a una consistente diminuzione del bilancio UE, proprio in un'ottica di efficienza»;
   Giuseppe Politi, Presidente della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori), «se le notizie del paventato taglio di 25,5 miliardi della PAC venissero confermate, salterebbe la riforma della Politica Agricola Comune»;
   Dario Stefàno, assessore alle risorse agroalimentari della regione Puglia e coordinatore della commissione politiche agricole nazionale, sottolinea i rischi gravissimi per il nostro Paese, anche alla luce dei recenti drammi alluvionali che si stanno ripetendo alla ripresa della stagione autunnale;
   «siamo convinti» ha dichiarato Stefàno «che in questo momento storico sia inaccettabile tagliare le risorse e contemporaneamente chiedere ai nostri agricoltori di sopportare i maggiori impegni e i maggiori costi insiti nella proposta di riforma varata dalla Commissione Europea» –:
   se il Governo intenda farsi promotore di una campagna contraria alla riduzione dei fondi destinati alla PAC. (4-18616)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


   PALAGIANO e MURA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 7 settembre 2012, diversi media locali e nazionali hanno riportato la notizia che all'ospedale di Jesi (Ancona) i 10 ginecologi della struttura risultano essere tutti obiettori di coscienza e che, quindi, nel nosocomio marchigiano le donne non possono richiedere un'interruzione volontaria di gravidanza;
   dai dati dell'ultima relazione annuale del Ministero della salute è emerso che, a fronte di 2.400 interruzioni volontarie di gravidanza effettuate nel 2010 da donne residenti nella regione Marche, solo il 7,8 per cento degli interventi sono stati effettuati fuori provincia, contro una media nazionale del 13,3 per cento. Un dato in netta diminuzione rispetto al 2009 in cui si attestava intorno al 25 per cento ma molto rilevante – in negativo – se si calcola che, allo stesso tempo, la percentuale di interventi fuori regione è salita dal 9,9 per cento del 2009 al 25,5 per cento del 2010, posizionando la regione Marche al primo posto per migrazione interregionale per il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza;
   la stessa relazione evidenzia come nella regione Marche, la percentuale di ginecologi obiettori si attesta intorno al 60 per cento confermando la tendenza crescente negli ultimi anni del numero di obiettori nel nostro Paese (70,7 per cento dei ginecologi, 50,8 per cento degli anestesisti, 44,7 per cento del personale non medico) e la conseguente difficoltà nell'applicare pienamente quanto previsto dalla legge n. 194 del 1978;
   associazioni e sindacati (tra i quali la Aied – Associazione italiana per l'educazione demografica, la Cgil Marche e la Fp Cgil Marche) hanno denunciato alla regione Marche le incongruenze che l'assistenza sanitaria marchigiana presenta rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale, segnalando anche preoccupazione per la situazione dei 67 consultori che si trovano nella regione la cui operatività «è messa a repentaglio dalla mancanza di organico, spesso dello stesso ginecologo». Ciò rende difficile, se non impossibile, in molte di queste strutture ottenere la certificazione per l'interruzione volontaria di gravidanza;
   certificazione per l'interruzione volontaria di gravidanza e intervento di interruzione volontaria di gravidanza, nonché la possibilità di poter usufruire della contraccezione d'emergenza, sono servizi medici previsti dalla normativa nazionale e dal sistema sanitario, pertanto dovrebbero essere garantiti a livello omogeneo su tutto il territorio e accessibili a tutte le donne, senza alcun ostacolo o barriera ideologica;
   l'assessore alla sanità della regione Marche è immediatamente intervenuto sulla vicenda dell'ospedale jesino, garantendo nelle prossime settimane la presenza di un medico non obiettore proveniente da un altro nosocomio della regione. Una soluzione apprezzabile per affrontare l'emergenza, ma non certo risolutiva;
   il caso di Jesi non è l'unico in Italia. Soltanto pochi mesi fa la Cgil e la FP di Pesaro hanno denunciato la vicenda dell'ospedale di Fano in cui tutti i ginecologi risultavano essere obiettori ed era quindi impossibile praticare interventi di interruzione volontaria di gravidanza;
   il 21 maggio 2012, è stata avviata alla Camera dei deputati la discussione di quattro mozioni relative alla tutela del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico. In particolare, la mozione 1/01036 a firma del primo firmatario dell'interrogazione, impegnava il Governo a garantire il rispetto della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale, nonché la sua piena applicazione;
   l'atto, impegnava inoltre il Governo di assicurare, nell'assoluto rispetto del diritto all'obiezione di coscienza, il pieno ed efficiente espletamento da parte degli enti ospedalieri delle procedure e degli interventi di interruzione della gravidanza e ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere fosse realizzata in modo da evitare che vi siano presidi con oltre il 50 per cento di obiettori;
   l’iter degli atti di indirizzo succitati si è arrestato il 21 maggio 2012. È evidente però – ed il caso di Jesi ne è solo un esempio – che il problema dell'obiezione di coscienza in riferimento ad una efficiente garanzia di applicazione della legge n. 194 del 1978 a tutela dei diritti e della salute delle donne, persiste nel nostro Paese, creando notevoli disagi in un momento delicato e difficile come quello della scelta di interrompere una gravidanza –:
   se sia a conoscenza del caso esposto in premessa e se, anche in base ad esso, non intenda assumere iniziative, se del caso normative, al fine di garantire una piena applicazione delle disposizioni a tutela dei diritti delle donne. (5-08480)


   BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il diritto alla salute è garantito dalla Costituzione all'articolo 32, che testualmente recita «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
   la regione Toscana ha deciso di ristrutturare la rete territoriale e fra queste anche il 118 di Aulla con la sua chiusura, dalle ore 20 alle ore 8, del punto di primo soccorso presso la pubblica assistenza Croce Bianca;
   una decisione simile comporterebbe gravi conseguenze per tutto il territorio lunigianese, visto che l'attività dell'automedica demominata «Charlie 5», con a bordo medico ed infermiere in servizio sui territori comunali di Aulla, Podenzana, Licciana Nardi, Tresana, Comano (fino al Passo del Lagastrello) e Villafranca Lunigiana è preziosa e fondamentale;
   limitare a dodici ore l'attività dell'autoambulanza denominata «Charlie 0» con a bordo un medico ed equipaggio volontario della Croce Bianca di Aulla sarebbe altrettanto grave;
   i territori di comunali di Aulla ed Autostrada Al 5 (carreggiate Nord Aulla/Pontremoli e carreggiate Sud Aulla/S. Stefano svincolo Genova, svincolo Livorno) non riuscirebbero ad essere coperti in maniera efficace;
   è incredibile come dopo aver depotenziato gli ospedali luniginesi ora qualcuno possa anche solo lontanamente pensare di indebolire una cospicua parte dei servizi di emergenza sanitaria;
   la Lunigiana così rischia di essere totalmente privata di un servizio di soccorso ed il medico destinato a «Charlie 0» spesso viene utilizzato per il servizio di trasporto assistito urgente dagli ospedali di costa ed, a seguito della chiusura del punto nascite di Pontremoli, ambulanza e medico attivi su «Charlie 0» vengono destinati al trasporto urgente di donne in stato di gravidanza che necessitano di assistenza specialistica;
   la chiusura notturna dell'unico punto di primo soccorso presente sui territori comunali di Aulla, Podenzana, Licciana Nardi, Tresana, Comano (fino al Passo del Lagastrello) e Villafranca Lunigiana, che ha registrato un aumento di accessi del 40 per cento rispetto all'anno 2011 raggiungendo la quota di 1600, andrebbe a privare un bacino di utenza di migliaia di abitanti di una rapida risposta territoriale e di un riferimento essenziale per le quotidiane emergenze mediche di ogni ordine e grado ed impedirebbe l'attività ambulatoriale del medico di continuità assistenziale che non disporrà più di attrezzature e locali finora rappresentati dal PET;
   la deprivazione notturna del personale infermieristico comporterebbe conseguenze inaccettabili quali l'inutilizzazione dell'automedica «Charlie 5» (di recente acquisto) vista la mancanza del personale infermieristico che da quattordici anni svolge in maniera gratuita anche la funzione di autista;
   la deprivazione notturna del personale infermieristico, comporterebbe una mancata risposta alle gravi emergenze sanitarie visto che è insufficiente anche l'offerta privata come l'infermiere professionale, figura fondamentali per scenari ad alta complessità;
   l'ambulanza di primo soccorso della Croce Bianca, attiva durante il turno notturno per la funzione di trasporto del medico, qualora questo sia indirizzato a territori di competenza di altre associazioni, abbandonerebbe il proprio per tempi molto lunghi raddoppiando il costo del servizio;
   questa incredibile serie di tagli comporterebbe un vistoso aumento dei costi per il primo soccorso –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione riportata in premessa e cosa intenda fare, per quanto di competenza, per assicurare che le scelte effettuate non compromettono i livelli essenziali di assistenza. (5-08481)


   MIOTTO, PEDOTO, MURER, D'INCECCO, LENZI, BOSSA, ARGENTIN, LIVIA TURCO e GRASSI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sclerosi laterale amiotrofica (S.L.A.) è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso, che colpisce selettivamente i cosiddetti neuroni di moto (motoneuroni), sia centrali – 1o motoneurone a livello della corteccia cerebrale, sia periferici – 2o motoneurone, a livello del tronco encefalico e del midollo spinale;
   la Sla è una gravissima malattia inclusa nell'elenco delle malattie rare di cui al decreto ministeriale – Ministero della sanità – 18 maggio 2001, n. 279 «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124» e i servizi integrati sociosanitari sono essenziali per assistere convenientemente questi malati, alleviandone le sofferenze;
   i percorsi assistenziali dei malati di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) hanno già avuto una prima parziale definizione grazie alla ripartizione dei fondi disposti con il decreto-legge cosiddetto «mille proroghe» n. 225 del 2010, poi convertito, con modificazioni, nella legge n. 10 del 2011 con cui si è stanziato un finanziamento pari a 100 milioni di euro a sostegno del carico assistenziale legato alla permanenza a domicilio dei pazienti affetti da Sla;
   attualmente, nonostante la gravità di tale malattia, non esiste un'analisi completa e dettagliata su quanti siano questi malati in Italia e sulle loro condizioni cliniche: si stima che in totale siano circa 10 mila, ma è probabile che siano di più;
   disporre di questi dati è però fondamentale per ricercatori e clinici impegnati nella messa a punto di terapie: maggiori sono i dettagli a disposizione – soprattutto se raccolti con criteri standardizzati e omogenei con quelli adottati anche a livello internazionale – maggiore è la probabilità di disegnare uno studio clinico di successo, che possa dare cioè risultati attendibili –:
   quanti siano attualmente in Italia i malati di Sla, quale sia la foro distribuzione a livello territoriale nonché quanto sia in media il decorso di tale malattia al fine di predisporre strumenti adeguati, indispensabili a sorvegliare l'andamento nonché ad attuare strategie di prevenzione, studio e ricerca sulla Sla in Italia nonché quale sia stata l'utilizzazione dei finanziamenti assegnati con il decreto-legge n. 225 del 2010. (5-08482)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANCUSO, CROLLA, GIRO, CICCIOLI, GIRLANDA, DE LUCA, BARANI e BOCCIARDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ANVU (Associazione nazionale veterinari UNIRE) rappresenta la maggior parte dei medici veterinari incaricati dall'ASSI (Agenzia per lo sviluppo del settore ippico) nelle funzioni di controllo e vigilanza del benessere del cavallo sportivo nelle corse al trotto e al galoppo negli ippodromi italiani e nell'ambito di quanto disposto dall'anagrafe degli equidi per il controllo della produzione dei cavalli sortivi italiani;
   anche il settore ippico è stato travolto dalla crisi;
   il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha dimezzato i fondi stanziati per finanziare il montepremi delle corse e la filiera dell'allevamento e per garantire l'operatività degli ippodromi;
   a gennaio 2012 il Governo aveva annunciato la soppressione dell'ASSI accompagnata dalla contestuale chiusura dell'Agenzia dei monopoli di Stato, responsabile, tra l'altro, della vigilanza sul delicatissimo tema della raccolta del gioco;
   gli addetti del settore ippico si sono così trovati improvvisamente privi di alcuni fondamentali e storici punti di riferimento istituzionali, a cui avrebbero dovuto subentrare il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e l'Agenzia delle dogane, presso cui il Governo aveva fatto confluire tutte le deleghe e le competenze dell'AAMS;
   in Italia sono a rischio 43 ippodromi, 15.000 cavalli da corsa e trotto e soprattutto 50.000 famiglie che vivono nell'indotto dell'ippica;
   nel 2011 il 33 per cento delle entrate derivava dal contributo statale e il rimanente 67 per cento ancora dalle scommesse ippiche;
   senza il supporto dello Stato il settore è stato spinto a tornare a puntare sulle scommesse, sfidando un volume d'entrate che cala ogni anno del 15/20 per cento;
   l'assessore al lavoro della regione Veneto, al convegno «Fiscalità ed equitazione», svoltosi il 10 novembre 2012 nell'ambito di Fieracavalli Verona, ha dichiarato che «L'azione fiscale costruita contro il mondo dell'equitazione ha il solo risultato di deprimere un intero settore che genera economia e posti di lavoro»;
   la situazione di crisi del settore si accompagna a una mala gestione degli addetti del settore;
   codesti addetti sono stati chiamati a rispondere agli obblighi imposti dalla normativa sull'anagrafe degli equidi nell'espletamento degli incarichi in soli 7 giorni e vi hanno ottemperato;
   nonostante questo a fine mese non sanno in quale ippodromo saranno incaricati il mese successivo, anticipando sempre tutte le spese di trasferimento connesse ai vari incarichi;
   l'irregolarità nei pagamenti è ormai la regola: a fine ottobre 2012 non era ancora dato sapere quando sarebbe stato disposto il pagamento delle spettanze che avrebbero dovuto percepire a settembre, relative a prestazioni effettuate nel mese di agosto e i rimborsi spese che si riferivano ai mesi di giugno e anche precedenti –:
   se il Governo intenda di studiare un piano di finanziamento per il risanamento del settore ippico;
   se il Governo intenda aprire un tavolo con le parti sociali rappresentanti del settore per studiare un piano di rientro delle spettanze per gli addetti del settore. (5-08475)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI GIUSEPPE e DI PIETRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Cooperativa servizi sanitari di Isernia (Coop CSS) è una cooperativa sociale sorta nel giugno del 1995, ai sensi della legge n. 381 dell'8 novembre 1991 e opera secondo i princìpi della tradizione cooperativistica italiana che attribuisce alla cooperativa il ruolo di strumento per l'affermazione di strategie di economia partecipata, con lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità nella promozione di un più alto grado di qualità della vita e nell'integrazione sociale dei cittadini;
   la CSS fa particolare riferimento alle categorie più deboli o a rischio di emarginazione (minori, portatori di handicap, anziani, emigrati, alienati, tossicodipendenti, e altro) attraverso la gestione dei servizi a carattere infermieristico riabilitativo; è proprio in quest'ambito che la CSS ha investito in risorse e professionalità promuovendo la propria attività preponderante, offrendo la copertura dei servizi al territorio della provincia di Campobasso;
   la cooperativa ha ottenuto la certificazione UNI EN ISO 9001:2000 nel marzo 2003, attestazione che le ha consentito di partecipare alle gare di appalto di Enti pubblici, tra cui l'ASREM, l'Azienda sanitaria regionale del Molise, per conto della quale gestisce diversi servizi di interesse sociali, sanitari, infermieristici e riabilitativi;
   in tal senso, è indubbia la qualificazione degli operatori, sottoposti a un controllo ferrato e a un processo di aggiornamento continuo; a dimostrazione di ciò, va sottolineato che una quota consistente di soci e operatori della CSS vanta il possesso di ulteriori titoli di formazione professionali privi di valore di legge, che vanno ad aggiungersi a quelli legalmente riconosciuti e che estendono il loro bagaglio di competenze professionali; inoltre, il personale neo assunto e quello già in organico della CSS, frequenta corsi specialistici di formazione e di aggiornamento a cicli progressivi;
   già nel marzo scorso gli operatori della citata cooperativa avevano inviato una nota ai responsabili della stessa, all'ASREM e, per conoscenza, al prefetto, per annunciare di avere dato mandato a un avvocato per presentare decreti ingiuntivi contro la Css di Isernia e l'ASREM, per vedersi riconosciuti dal giudice sia gli stipendi arretrati che le spese sostenute, per somme che già all'epoca si aggirano tra i 7 e i 10 mila euro;
   la segreteria regionale della Fp-Cgli, aveva chiesto, senza alcun riscontro, un incontro al Presidente della giunta regionale, all'assessore alla programmazione e all'assessore alla sanità, per discutere delle difficoltà derivanti dalla stretta creditizia e al fine di salvaguardare 400 posti di lavoro nel settore socio-sanitario educativo;
   in una recente comunicazione inviata dagli infermieri della cooperativa CSS al direttore della Coop CSS, al direttore generale della ASREM (Azienda sanitaria regionale del Molise), all'assessore alla sanità della regione Molise, al prefetto di Campobasso, al direttore dei distretti della ASREM, si evince che gli stessi, a far data dal 5 novembre 2012, non effettueranno le prestazioni sanitarie a loro assegnate in quanto, a detta degli scriventi: «...la Cooperativa non elargisce gli emolumenti loro spettanti che variano dalle due alle otto mensilità arretrate»;
   appare chiaro agli interroganti che in questo modo verrà meno la possibilità di garantire ai cittadini molisani le adeguate prestazioni sia quantitativamente che qualitativamente –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative per quanto di competenza intenda attuare al fine di salvaguardare i posti di lavoro del settore socio-sanitario educativo;
   quali iniziative di competenza si intendano adottare, nell'ambito delle rispettive competenze, per evitare la compromissione possibile dei livelli essenziali di assistenza nella regione. (4-18615)


   DE POLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il paclitaxel albumina (Abraxane) è un nuovo farmaco che coniuga un principio attivo di efficacia antitumorale comprovata, paclitaxel, con la tecnologia d'avanguardia basata sulle nano particelle, per offrire alle pazienti con tumore al seno in fase avanzata un trattamento più efficace e allo stesso tempo più sicuro. Per la loro dimensione infinitesimale, le nanoparticelle di Abraxane sono dunque in grado di veicolare nel sangue il principio attivo senza necessità di solventi chimici e di penetrare nella membrana della cellula tumorale;
   l'indicazione per cui il farmaco è stato autorizzato è il tumore alla mammella in fase avanzata che non risponde alla chemioterapia usuale. In questi casi l'efficacia terapeutica rappresenta ovviamente il target primario, anche se il raggiungimento di questo obiettivo, fino a qualche anno fa, poteva non andare di pari passo con un'attenzione alla tollerabilità e alla qualità di vita delle donne impegnate nei trattamenti. In questa nuova fase della lotta al tumore al seno, coniugare efficacia e tollerabilità rappresenta la nuova sfida, specie per le donne che si trovano in una fase avanzata del tumore e per le quali il tempo di vita è cruciale non solo in termini quantitativi, ma anche dal punto di vista della sua qualità;
   dopo l'approvazione della FDA, Abraxane approda in Italia, non essendo però sottoposto al monitoraggio dell'Aifa (Agenzia del farmaco) c’è il rischio che possa essere utilizzato in pazienti per le quali non è indicato, con un notevole incremento della spesa;
   la regione Veneto non finanzierà più la prescrizione del farmaco alle donne over 65 (l'indicazione per l'Abraxane è eleggibile solo per pazienti fino a questo limite d'età) con il rischio di creare vere e proprie discriminazioni per motivi economici –:
   se non ritenga di sollecitare l'AIFA per poter avviare una sperimentazione che permetta di capire se il farmaco antitumorale è efficace per le donne over 65 nei casi in cui la chemioterapia ha fallito, così da sciogliere qualsiasi dubbio in merito ai criteri di utilizzo dell'Abraxane nonostante i costi elevati. (4-18622)


   REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   spondiloartriti è il termine che indica una serie di patologie infiammatorie autoimmuni a carico primariamente delle vertebre e delle articolazioni sacro-iliache, con interessamento secondario delle grosse articolazioni periferiche (anche, caviglie);
   all'interessamento infiammatorio assiale si accompagna spesso un coinvolgimento tendineo;
   la spondiloartrite anchilosante, nota anche come morbo di Bechterew, costituisce l'espressione clinica più tipica delle spondiloartriti. È una malattia permanente, progressiva, altamente invalidante. L'etimologia del termine è autoesplicativa: spondilite si riferisce, infatti, a un'infiammazione delle vertebre (in greco «spondylos») e anchilosante indica la coesione («ankylosys», sempre dal greco) di più parti tra loro. Esordisce in età giovanile, verso i 25-30, anni e l'insorgenza è lenta e graduale con dolore alla schiena e rigidità che, nelle forme più gravemente invalidanti, insorgono presto al mattino, tanto da interrompere il sonno e costringere il malato ad alzarsi e a muoversi. La privazione del sonno, insieme alla progressiva immobilità, incidono pesantemente sul normale svolgimento della vita quotidiana e minano psicologicamente i malati, la cui vita professionale, privata e sociale risulta gravemente compromessa. I malati di spondilite anchilosante presentano una posizione caratteristica, obliqua con il collo immobilizzato e proiettato in avanti, il collo è deformato, la statura abbassata e il campo visivo ridotto. I soggetti sofferenti di questa malattia non possono alzare il capo per vedere il cielo, da cui la definizione «uomini e donne senza cielo». Oltre alla colonna vertebrale, possono essere interessati altri distretti corporei: in primis, per la frequenza osservata, l'occhio, con iriti e uveiti anche gravi che possono portare alla cecità. Il distretto cardiaco può venire interessato a livello della valvola aortica, il polmone, con l'insufficienza respiratoria. Altre complicazioni più rare sono, piuttosto, condizioni associate alla spondiloartrite anchilosante o sovrapposte a essa. Si tratta di altre forme infiammatorie come la psoriasi, la malattia di Reiter, le sindromi infiammatorie intestinali, per citare le più comuni –:
   se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo.
(4-18633)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   da notizie circolate su organi di stampa si apprende con grande stupore, che secondo il programma di riorganizzazione delle infrastrutture ferroviarie in regione Calabria operato da Trenitalia, dal prossimo anno la stazione centrale di Lamezia Terme potrebbe subire un sostanziale declassamento con conseguente trasformazione da hub-snodo di scalo a semplice stazione di fermata ferroviaria;
   nello specifico lo scalo lametino sarà privato dei dirigenti movimento e dei capi stazione di turno mentre dovrebbe essere soppresso e accorpato a Napoli il dirigente centrale operativo, destinando in questo modo lo snodo a diventare da stazione controllante a stazione controllata da quella partenopea; a questo dovrebbe inoltre aggiungersi la soppressione della biglietteria, del deposito personale viaggiante, del reparto territoriale movimento e dell'ufficio verifiche che comporterà come conseguenza finale la chiusura della stessa nelle ore notturne;
   se le notizie sopra riportate avessero fondamento si tratterebbe di un ulteriore e intollerabile smacco operato da Trenitalia al sistema del trasporto ferroviario di tutto il mezzogiorno e della regione Calabria in particolare e dell'ennesimo affronto nei confronti di molti cittadini calabresi che verrebbero privati di uno scalo che da sempre ha rappresentato il punto di riferimento logistico nel trasporto ferroviario calabrese con la gravissima e inevitabile perdita di posti di lavoro per chi ad oggi è occupato ed opera con dedizione e professionalità nello snodo ferroviario;
   lo scalo ferroviario di Lamezia Terme oltre ad essere strategico nel sistema regionale e nazionale dei trasporti ferroviari, sia in termini di passeggeri che di movimentazione merci, è fondamentale sia sulla dorsale tirrenica sia nel collegamento con Catanzaro e nello snodo rapido con la dorsale ionica nonché col vicinissimo aeroporto civile, tanto da meritare, in una regione in cui lo stato della viabilità e dell'offerta del trasporto pubblico da parte delle Ferrovie dello Stato è assai problematica un intervento di potenziamento dell'infrastruttura piuttosto che la sua trasformazione in semplice fermata ferroviaria;
   da un punto di vista politico non si può non condannare fermamente l'eventualità della definizione di una ridefinizione dell'organizzazione e della razionalizzazione delle infrastrutture ferroviarie operata secondo la logica intesa da Trenitalia; dopo, infatti, gli appelli lanciati per favorire la nascita dell'alta velocità fino a Reggio che non hanno avuto riscontro positivo, almeno nell'immediato, nelle intenzioni del Governo, non si può assistere al depauperamento dell'esistente mediante una manovra che, se posta in essere, sarebbe dannosa e pregiudizievole sia per i cittadini che usufruiscono del servizio che per i lavoratori che prestano la loro attività alla stazione centrale di Lamezia Terme e per l'economia regionale;
   qualche tempo fa, in risposta ad alcune sollecitazioni fatte attraverso atti di sindacato ispettivo sulla materia dall'interrogante e da numerosi colleghi, il Governo, seppur evidenziando la necessità di un piano di razionalizzazione delle risorse nel settore del trasporto ferroviario, aveva dato rassicurazioni sull'attenzione massima da porre verso il territorio della Calabria sul quale il Governo ha investito, sentita anche Trenitalia, un intenso programma di potenziamento infrastrutturale e tecnologico, destinato ad aumentare e migliorare la capacità e la funzionalità della rete nella regione anche nel contesto di riordino e aggiornamento del Piano nazionale della logistica; oggi, invece, alla luce dei fatti sopra esposti gli impegni sembrerebbero nettamente disattesi;
   è opportuno un intervento rapido da parte del Governo in funzione della messa in atto di un confronto chiaro con i vertici di Trenitalia al fine di scongiurare il paventato declassamento dello scalo lametino e di indirizzare le politiche nel settore del trasporto ferroviario nel Sud e in Calabria in particolare verso un sostanziale potenziamento e ammodernamento dell'intera rete ferroviaria –:
   se sia a conoscenza dell'intenzione di Trenitalia di operare al declassamento dello snodo ferroviario di Lamezia Terme e nel caso quali iniziative di competenza intenda adottare per scongiurarne il verificarsi;
   quali urgenti e indifferibili misure, anche di natura economica, intenda adottare al fine di operare per il potenziamento e l'ammodernamento in termini di competitività ed efficienza della rete di trasporto ferroviario del mezzogiorno del Paese e della regione Calabria in particolare, condizione essenziale ed imprescindibile per le politiche di coesione e sviluppo della regione.
(2-01747) «D'Ippolito Vitale, Tassone, Occhiuto, Mereu, Compagnon».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SANGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo tedesco Deutsche Telekom ha deciso la vendita della controllata T-Systems Italia spa;
   nell'ambito delle trattative con Engineering spa, acquirente interessato, è stato dichiarato l'esubero di 130 dipendenti e di 22 dirigenti aziendali, su un totale di 430 dipendenti;
   già nel novembre 2011, i sindacati Fiba Cisl, Fabi, Fisac e Uilca avevano siglato un accordo che prevedeva l'esodo incentivato per 71 persone in esubero, al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali per 3 anni;
   nel quadro del «Progetto Italia», Deutsche Telekom si era impegnata al rilancio dell'attività nel nostro Paese, dopo una serie di tagli, sia in termini di riduzione di personale che degli emolumenti ai dipendenti rimasti;
   nell'arco di un anno, l'azienda non ha dato corso al piano di rilancio, nessun investimento è stato fatto, anzi si è arrivati alle dichiarazioni di esubero;
   La T-Systems Italia non si è presentata all'incontro del 16 novembre 2012 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di esperire il tentativo di conciliazione –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare allo scopo di verificare le motivazioni che spingono Deutsche Telekom ad abbandonare gli investimenti in Italia, in un settore quale quello dell'ICT che con le recenti misure intraprese dal Governo (quali gli stanziamenti per la cosiddetta «Agenda digitale») potrebbe vedere un significativo rilancio;
   quali misure ritenga di mettere in campo per evitare gli esuberi che andrebbero ad interessare inizialmente 130 dipendenti e 22 dirigenti su 430 addetti totali. (5-08468)


   MONTAGNOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni è in atto un processo di razionalizzazione degli uffici postali avviato da Poste italiane spa, che sta procedendo sia alla chiusura degli stessi, sia alla riduzione degli orari di apertura degli sportelli in diverse aree del territorio nazionale, soprattutto nelle località montane;
   seguendo tale linea di comportamento, è stato chiuso anche l'ufficio postale di Breonio, frazione del comune di Fumane (Verona), nonostante l'amministrazione comunale abbia confermato più volte la propria disponibilità ad individuare insieme a Poste italiane eventuali sostegni per consentire il proseguo dell'attività postale;
   la chiusura dell'ufficio postale comporterà presumibilmente gravi disagi soprattutto per i residenti anziani, che non potranno usufruire con la dovuta comodità di servizi essenziali quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione senza sottoporsi a frequenti e difficili spostamenti;
   il contratto di programma tra lo Stato e Poste italiane spa per l'espletamento del servizio postale universale prevede, quale dovere per la società, quello di conseguire determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste –:
   quali misure il Ministro intenda adottare per favorire una concertazione tra la direzione di Poste italiane spa e le amministrazioni locali, al fine di rivedere la decisione che decreta la chiusura dell'ufficio postale di Breonio, frazione del comune di Fumane (Verona), evitando così che decisioni unilaterali assunte da Poste italiane spa arrechino disagi agli abitanti delle località montane privandole dell'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità. (5-08470)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE GIROLAMO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sembrerebbe che Poste Italiane spa abbia deciso di chiudere dal prossimo 26 novembre 2012 Poste ben dodici uffici postali locali, dislocati in undici comuni sanniti;
   in particolare la chiusura riguarderebbe gli uffici postali nelle frazioni di Cirignagno, Pastene-Bagnara, Faggiano-Bagnoli, Beltiglio, Civiltella, Cubante, Cuffiano-Morcone 1, Decorata, Massa, Monterocchetta-Pagliara, San Giovanni di San Giorgio del Sannio e Terranova, appartenenti ai seguenti Comuni: Montesarchio, Sant'Angelo a Cupolo, Sant'Agata dè Goti, Ceppaloni, Cusano Mutri, Calvi, Morcone, Colle Sannita, Faicchio, San Nicola Manfredi, San Giorgio Del Sannio, Arpaise, Ginestra Degli Schiavoni;
   non si comprende se nell'assunzione di tale decisione si è tenuto conto del fatto che essa non può basarsi esclusivamente su valutazioni economico finanziarie, considerando le suindicate sedi alla stregua di filiali bancarie. È infatti evidente che la loro funzione non è esclusivamente strumentale all'attività imprenditoriale di Poste italiane spa essendo state fin dall'ordine concepite come veri e propri presidi sul territorio per offrire servizi a quei cittadini, molti dei quali anziani, che non potrebbero rivolgersi altrove;
   in questi mesi, nel nostro Paese, appare sempre più contrapporsi una visione esclusivamente economicistica e finanziaria della vita sociale che, condizionata dal necessario rigore, trascura però la necessità di un approccio al servizio che gli uffici, non solo quelli pubblici, dovrebbero comunque mantenere;
   non bisogna dimenticare come il senso più profondo dell'oramai famoso statuto dei lavoratori risiede nel aver affermato la socialità dell'impresa, così come non va dimenticato anche che la funzione ultima e la stessa ragion d'essere della gestione del credito risiede sulla sua capacità di offrire servizi e sostegno alle imprese alla libera iniziativa;
   è evidente allora che, ove fosse confermata la chiusura, i numerosi cittadini, molti di questi anziani, si troveranno nella condizione di dover percorrere chilometri per andare a ritirare la pensione, o per poter accedere ad servizi elementari;
   a pagare il prezzo di una simile decisione sarebbero anche le imprese e le attività produttive insediatesi nel territorio che si troverebbero private di un servizio fondamentale per la loro attività;
   i sindaci della zona hanno evidenziato con forza la contraddittorietà della decisione presa da Poste italiane chiedendo di rivedere tale impostazione, mentre i rappresentati sindacali hanno già chiesto di poter incontrare il prefetto –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga necessario intervenire affinché il territorio del Sannio non subisca un grave danno destinato a compromettere il suo già delicato equilibrio produttivo economico e sociale. (4-18611)


   ROSATO, OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sistema televisivo italiano è stato per anni prevalentemente trasmesso via etere e con l'avvento del sistema digitale si è passati ad uno scambio dati basato su codici binari al pari dei computer, di internet e della telefonia mobile, al fine di ottenere un maggior numero di canali disponibili, una migliore qualità audiovisiva e la possibilità di accedere a informazioni aggiuntive;
   dal 2009 è stato avviato il progressivo spegnimento dei tradizionali segnali televisivi analogici e il passaggio delle trasmissioni al solo sistema digitale (switch off). Questo passaggio è stato realizzato in più fasi e si è concluso quest'anno con il passaggio definitivo al nuovo sistema nelle aree codificate con i numeri 11, 14 e 15 e segnatamente: Abruzzo, Molise e la provincia di Foggia (Area 11), Basilicata, Puglia e le province di Cosenza e Crotone (Area 12), Sicilia e Calabria (Area 15);
   nello specifico, quindi, nella provincia di Cosenza il sistema digitale è stato introdotto in forma esclusiva tra il 24 maggio e l'8 giugno 2012, obbligato i residenti all'acquisto del decoder per la televisione digitale o di un nuovo televisore con decoder incorporato;
   a distanza di cinque mesi dalla conclusione della fase di transizione da un sistema all'altro, si registrano delle problematiche di ricezione in alcune aree della provincia di Cosenza e in particolare nei comuni della zona dell'Alto Jonio;
   queste problematiche di ricezione non consentirebbero un'ottimale visione della programmazione televisiva principalmente delle reti dell'emittente pubblica e talvolta anche delle reti commerciali nazionali; in quanto le trasmissioni televisive sarebbero interrotte continuamente da perdite del segnale e da ricezioni non corrette del segnale (con la visualizzazione in video di pixel monocromatici di grandi dimensioni e il ricevimento di un audio distorto);
   in alcuni casi si sono segnalate aree in cui il decoder non riusciva a trovare la ricezione per i canali Rai, visualizzando 180 canali anziché 191 come dovrebbe essere nella zona –:
   se al Ministro risulta che via siano ancora delle difficoltà nella ricezione del segnale in alcune aree del Paese e in particolare in quelle che da ultimo hanno effettuato il passaggio al nuovo sistema di trasmissione televisiva;
   quali misure intenda attivare al fine di migliorare la ricezione dei canali digitali in dette zone. (4-18614)


   RAINIERI e MUNERATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la crisi che ha colpito il settore metalmeccanico non ha risparmiato la Berco spa storica azienda nel ferrarese di proprietà del colosso tedesco ThyssenKrupp;
   l'azienda, dopo una lunghissima ristrutturazione, è rientrata nella lista dei possibili rami produttivi che la ThyssenKrupp intende vendere, con conseguenze preoccupanti per i dipendenti che vedono a rischio il proprio posto di lavoro;
   infatti, nell'ambito delle trattative per la cessione della Berco a possibili acquirenti, sarebbero previsti forti tagli al personale che l'azienda giustifica con la sopraggiunta contrazione delle commesse;
   la Berco spa è un'azienda sana che ha anche importanti rapporti commerciali con l'estero, tanto è vero che il fatturato dello scorso anno, pari a circa 500 milioni di euro, è derivato per gran parte dai mercati esteri;
   in questo clima di tensione i vertici aziendali hanno annunciato la momentanea interruzione delle trattative in corso per la cessione della Berco spa a potenziali acquirenti, chiedendo conseguentemente il rinvio, a data da destinarsi, dell'incontro già fissato con le organizzazioni sindacali presso il Ministero dello sviluppo economico;
   il comportamento adottato dai vertici aziendali della ThyssenKrupp è incomprensibile ed è causa di profonde tensioni per i lavoratori che, a fronte di queste circostanze, lo scorso mese di ottobre, hanno organizzato un presidio davanti all'azienda con l'astensione dal lavoro per l'intera giornata;
   il futuro di 2.064 lavoratori della azienda, di cui 800 nel Polesine, è sempre più incerto al punto che l'eventuale cessione del sito industriale di Berco rischia di generare nel territorio una crisi occupazionale senza precedenti, indebolendo l'economia del Polesine –:
   se i Ministri interrogati vogliano al più presto convocare un tavolo di concertazione tra tutti i soggetti interessati, affinché si raggiungano soluzioni, il più possibile condivise, che contemplino l'eventuale cessione della Berco spa ad acquirenti che siano realmente interessati a valorizzare il sito ferrarese e a mantenere i livelli occupazionali;
   quali iniziative intendano adottare per garantire nel frattempo una tutela reddituale ai dipendenti interessati dalla crisi aziendale della Berco spa. (4-18618)


   DE GIROLAMO e ESPOSITO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione europea ha regolamentato il settore imballaggi con la direttiva 94/62/CE che stabilisce i requisiti essenziali dei medesimi in uno specifico allegato: l'allegato II;
   in particolare gli imballaggi devono limitare il volume e il peso minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore, devono poi poter essere riutilizzabili o recuperati ed avere comunque un impatto minimo sull'ambiente se smaltiti. Inoltre nella direttiva si specifica che gli imballaggi devono limitare al minimo la presenza di metalli nocivi e di altre sostanze e materiali pericolosi;
   al punto 3. l'Allegato II stabilisce anche i «requisiti per la recuperabilità di un imballaggio». Questi contemplano tanto gli imballaggi «compostabili» quanto quelli «biodegradabili»:
    i rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua;
   i rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo o l'attività di compostaggio in cui sono introdotti;
   l'articolo 9 della direttiva 94/62/CE stabilisce altresì che gli imballaggi devono rispettare le «norme armonizzate» pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale Europea;
   ai sensi dell'articolo 18 della direttiva «gli Stati membri non possono ostacolare l'immissione sul mercato nel loro territorio di imballaggi conformi alle disposizioni della presente direttiva»;
   la Commissione europea sta valutando l'introduzione di una migliore modalità di etichettatura dei sacchi biodegradabili e compostabili. Poiché infatti non esiste ancora una normativa specifica che a livello comunitario definisca standard e criteri univoci, i vari stati membri hanno optato negli anni per diverse soluzioni normative. La discussione a Bruxelles si incentra comunque soprattutto su due tipologie di sacchetti:
    a) i sacchetti cosiddetti compostabili o di bioplastica;
    b) i sacchetti oxo-biodegradabili, prodotti con additivi verdi che permettono alla plastica convenzionale di biodegradarsi nell'ambiente;
   la complessità della materia è dettata dalla presenza sul mercato europeo di una grande varietà di sacchi da asporto merci. A tal proposito «la Commissione sta realizzando un'indagine globale sui rifiuti di plastica nell'ambiente, al fine di mettere a punto una risposta strategica per un uso della plastica ecologicamente responsabile ed efficiente dal punto di vista delle risorse, anche nella fase finale del suo ciclo di vita» ha dichiarato il commissario europeo per l'ambiente Janez Potočnik. Lo studio è finalizzato a rivedere la normativa europea (direttiva n. 94/62), al fine di dare una definizione più precisa di biodegradabilità e quindi definire quali siano i sacchetti commercializzabili;
   nel nostro paese sin da 2006 si è tentato di definire un quadro normativo sulla materia degli imballaggi e dei sacchi da asporto per le merci. Secondo quanto stabilito nella legge finanziaria di quell'anno si sarebbe ammessa la vendita dei soli sacchetti biodegradabili, non specificando però di che tipo dovevano essere e come andava misurato il tasso di biodegradazione;
   nella legge finanziaria per il 2007 si prevedeva un programma sperimentale che avrebbe dovuto portare alla: «progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili». L'obiettivo dichiarato era il loro divieto definitivo a decorrere dal gennaio 2010;
   successivamente il divieto di commercializzazione dei sacchetti prodotti con plastica biodegradabile è stato rinviato al 1° gennaio 2011 con l'articolo 21-novies del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni legge 3 agosto 2009, n. 102;
   nel gennaio 2012, il Governo italiano ha deciso l'adozione di un decreto, ulteriormente restrittivo con il quale si ammette esclusivamente l'utilizzo dei sacchi da sporto merci:
    a) conformi alla norma europea UNI EN 13432 (bioplastica compostabile);
    b) che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi;
    c) di quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi;
   secondo quanto stabilito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, entro e non oltre il 31 dicembre del 2012, deve emanare un decreto ministeriale con il quel possono essere individuate le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchi ai fini della loro commercializzazione;
   al momento il suddetto decreto non è stato ancora emanato; 
   a quanto si apprende le disposizioni adottate nel nostro Paese non più del tutto coerenti con i requisiti richiesti a livello europeo;
   in particolare secondo le informazioni in possesso dell'interrogante i rilievi della Commissione riguardano la mancata notifica degli estremi del bando, considerato alla stregua di una norma tecnica, come prevede la direttiva 94/62/EC sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;
   l'obbligo di notifica – rileva la Commissione, non è stato ottemperato neanche in fase di conversione del decreto-legge n. 2 del 2012 dove si specifica come criterio della biodegradabilità la conformità alla norma EN 13432:2002, nonostante il nostro Paese – dopo la prima lettera di messa in mora – si fosse impegnato a comunicare preventivamente a Bruxelles ulteriori modifiche al provvedimento;
   il secondo rilievo fatto dalla Commissione riguarda l'obbligo degli Stati membri di assicurare la libera circolazione degli imballaggi che soddisfano i requisiti della stessa direttiva, come previsto dall'articolo 18. E tra i criteri non figura la biodegradabilità;
   a quanto si apprende, infine, nel corso di un incontro avvenuto a Bruxelles il 15 febbraio di quest'anno tra rappresentanti del Governo italiano e organi della Commissione, era stato chiesto da questi ultimi di sostituire il divieto alla commercializzazione dei sacchetti con «misure più proporzionate, quali strumenti di tipo economico» –:
   quali interventi intendano adottare e in che tempi per adeguare la normativa italiana ai criteri stabiliti della Commissione europea in materia di disciplina degli imballaggi e di utilizzo e commercializzazione dei sacchi da asporto, anche al fine di evitare una concreta penalizzazione delle imprese italiane a favore di quelle di altri Paesi dell'Unione.
(4-18620)


   BARBATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'operazione «Pay Back» degli uomini della Guardia di finanza di Ariano Irpino (Avellino) ha portato alla luce 112 lavoratori «in nero» impiegati in un call center dell'avellinese e riconducibile a una azienda romana per complessive (oltre) 3500 giornate lavorative;
   a darne notizia è stato Repubblica.it in data 15 novembre 2012 nell'edizione Napoli;
   lo sfruttamento di questi lavoratori perlopiù giovani e senza contratto di lavoro è stato scoperto anche grazie ai vari sfoghi lasciati su un noto social network americano da parte degli interessati;
   si calcola che questo lavoro a «nero» avrebbe fatto risparmiare ai loro titolari romani circa 127 mila euro, tra costi del personale, oneri previdenziali e contributivi non versati;
   alla società sono state contestate sanzioni amministrative per oltre due milioni di euro;
   i fatti esposti sono ad avviso dell'interrogante gravi da richiedere l'acquisizione di ulteriori informazioni rispetto al caso esposto, in particolare se tale/i call center lavorassero su commesse ricevute da grandi e noti gestori di telefonia mobile italiana –:
   se non ritengano i Ministri interrogati di disporre in collaborazione anche con Assocontact, l'associazione dei call center, un monitoraggio della situazione italiana in merito all'esistenza di call center dove si perpetra lo sfruttamento lavorativo giovanile e quali difese sociali lo Stato italiano abbia messo in campo o intenda promuovere nell'immediato a tutela di questi posti di lavoro affinché non siano il ripiego di giovani disperati in pasto a gente senza scrupoli, se non si ritenga di convocare i gestori telefonici per imporgli il rispetto dell'eventuale normativa in materia e sensibilizzarli a vigilare su società esternalizzate a cui affidano incarichi di recall, promozione pubblicitaria o di sollecitazione credito. (4-18621)


   DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 1998, n. 448 ed il decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292 prevedono misure di sostegno per il settore televisivo locale, consistenti in contributi che vengono annualmente erogati dal Ministero dello sviluppo economico sulla base di graduatorie regionali redatte (con riferimento ai dipendenti occupati e ai fatturati conseguiti dalle imprese televisive locali interessate) dai Corecom – Comitati regionali per le comunicazioni, a seguito della pubblicazione di un bando di gara che lo stesso Ministero deve emanare entro il 31 gennaio di ogni anno;
   tali misure di sostegno che hanno contribuito, negli anni, alla crescita e allo sviluppo delle imprese televisive locali nell'ottica di sostenere l'informazione locale di qualità, sono da considerarsi importantissime nell'attuale momento storico in cui le imprese televisive, si trovano ad affrontare rilevanti investimenti per la transizione al digitale ed in considerazione della perdurante situazione di crisi del mercato pubblicitario;
   per quanto risulta all'interrogante, i procedimenti per l'erogazione di detti contributi statali stanno, tuttavia, subendo gravissimi ed inaccettabili ritardi, con evidenti ripercussioni anche per l'occupazione lavorativa nel comparto; sono, infatti, molte le imprese del settore che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga e/o che hanno avviato procedimenti di licenziamento collettivo;
   inoltre, si segnala, in particolare che nonostante che tutti i Corecom abbiano redatto le rispettive graduatorie regionali fin dallo scorso mese di settembre, non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini di utenza dello stanziamento dei contributi relativi all'anno 2011 le cui domande sono state presentate da oltre un anno e, segnatamente, entro la data del 13 ottobre 2011;
   occorre, peraltro, considerare che in caso di ritardo di uno o più Corecom, è possibile definire un riparto in acconto, ma in conseguenza di ciò non sono stati ancora emessi i mandati di pagamento a favore delle imprese televisive locali aventi titolo;
   non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di ripartizione tra i vari bacini del saldo dei contributi relativi all'anno 2010 (con riferimento al quale è stato, ad oggi, stanziato e corrisposto solo un acconto): contributi che, in mancanza di immediato intervento, rischiano la perenzione;
   non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando relativo alle misure di sostegno per l'anno 2012, nonostante il fatto che, in forza di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1 del decreto ministeriale 5 novembre 2004 n. 292, detto bando dovesse essere emanato entro il 31 gennaio 2012 –:
   quali siano le ragioni dei ritardi esposti in premessa, nonché le modalità con le quali il Governo intenda porre rimedio a tale situazione;
   quali siano i tempi entro i quali i provvedimenti richiamati dalle premesse precedenti saranno pubblicati in Gazzetta Ufficiale ed i tempi con cui saranno erogati i contributi 2010 e 2011 alle imprese televisive locali aventi titolo. (4-18625)


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in una corposa pubblicazione edita nel 2003 a cura del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con l'allora Ministero delle attività produttive, sotto il titolo «La lezione dei patti territoriali per la progettazione integrata territoriale del Mezzogiorno», si faceva il punto sugli esiti della politica di sviluppo seguita in Italia dal 1996 attraverso lo strumento dei Fondi strutturali. Alcune decine di pagine (530/557) vengono dedicate all'analisi dei risultati del patto Simeto Etna, operante nell'hinterland etneo e comprendente inizialmente 14 comuni, gestito dall'Agenzia sviluppo Simeto Etna con sede in Paternò;
   dopo un attento esame delle condizioni socio-economiche del territorio nel quale opera il patto, dove la «non brillante performance economica si accompagna ad una situazione sociale caratterizzata da tassi di disoccupazione elevati e dalla presenza diffusa sul territorio di organizzazioni criminali mafiose e di microcriminalità che ostacola i processi di sviluppo» (pag. 531), l'opera si sofferma sulle dinamiche gestionali e sui risultati del patto Simeto Etna, specificando, tra l'altro, che «al monitoraggio condotto dal Ministero nel 2001, il patto risultava terzo tra tutti gli altri patti per erogazione generale. Al 31 Agosto del 2002, delle 32 iniziative imprenditoriali, 8 avevano già terminato i lavori» (pag. 547).
   nonostante tale risultato di eccezionale efficacia e rilevanza economica, sotto il profilo della crescita socio-istituzionale la «lezione» fornita dal patto Simeto Etna esprime elementi di segno opposto;
   sempre in questa pubblicazione si può leggere, tra l'altro, «nella sua versione finale il patto prevede 38 progetti d'impresa per un investimento totale di circa 150 miliardi di lire. L'impatto occupazionale a regime è stimato in 971 unità, di cui 359 costituite da unità lavorative aggiuntive». Omissis. «Il processo di concertazione e redazione del patto andrà avanti all'incirca per tre anni, durante i quali si svolgono oltre 80 tra incontri, assemblee e riunioni dei gruppi di lavoro». Omissis. «Il patto ha due leader, uno politico-istituzionale, rappresentato dal sindaco di Paternò, Graziella Ligresti, e l'altro di natura tecnica, rappresentato dall'avvocato Aurelio Bruno, che guida l'intero processo pattizio, dalla concertazione alla gestione». Omissis. «Se da un lato la Ligresti ricopre il ruolo di trascinatore istituzionale, dall'altro, l'avvocato Aurelio Bruno, giovane professionista catanese, è l'anima tecnica e il motore operativo del patto; Bruno è la figura tecnica chiave dell'intera vicenda sia nella fase di concertazione e predisposizione del programma di sviluppo, sia nella fase di gestione; organizza incontri e redige documenti, rapporti e lettere, coordina i gruppi di lavoro tematici e stende il documento del Patto»;
   grazie a tale assiduo impegno, vengono coinvolte nel patto tutte le istituzioni pubbliche locali nonché le più qualificate rappresentanze delle Organizzazioni imprenditoriali, sindacali ed economico-finanziarie presenti sul territorio;
   al fine di assicurare alle imprese adeguati ed immediati strumenti di supporto finanziario e di agevolare l'accesso al credito con sistemi di project financing, l'avvocato Bruno promuove la costituzione del consorzio CO.SI.SVI – Consorzio Sicilia Sviluppo, di cui fanno parte, oltre alle rappresentanze sopra elencate, anche il patto Calatino-Sud Simeto ed il patto Jonico Etneo, nonché la provincia regionale di Catania;
   per tale complessa e costosa attività di responsabile tecnico e direttore dei patti generalista e agricoltura, l'avvocato Bruno non percepisce – e non può percepire – fino all'aprile 2002 alcun compenso;
   in attesa dello strumento giuridico ministeriale che copra finanziariamente i costi di gestione, l'avvocato Bruno, infatti, non solo non può liquidare per detta attività compensi ed emettere le relative fatture, ma è costretto a far fronte personalmente ai relativi ed elevati costi di gestione (ispezioni, verifiche, collaudi, rapporti con enti e autorità, intensi contatti telefonici, trasferte a Roma e a Bruxelles);
   soltanto a seguito della stipula, in data 22 aprile 2002, del disciplinare tra l'Agenzia ed il Ministero delle attività produttive ai sensi dell'articolo 4 del decreto ministeriale 320 del 31 luglio 2000, l'Agenzia poteva dare copertura finanziaria al rapporto contrattuale con il direttore tecnico del patto;
   fu allora che l'Agenzia non solo si rifiutò di corrispondere quanto dovuto all'avvocato Bruno, ma omise di inserire nel proprio bilancio la parcella da questi prodotta e di richiedere successivamente al Ministero l'accreditamento dei corrispondenti importi, determinando la definitiva cessazione della spinta propulsiva esercitata dal patto fino giugno 2002;
   si legge ancora nella pubblicazione di cui sopra «la direzione operativa viene affidata all'avvocato Bruno, il quale continua così in perfetta solitudine a gestire l'insieme delle attività del patto.» Omissis. «Tutte le competenze tecniche, infatti, si sono concentrate nel responsabile di progetto, che, di conseguenza, è stato per lungo tempo il “monopolista” della gestione e della progettazione delle azioni di sviluppo connesse al patto. Quando nel giugno 2002, l'avvocato Bruno va via sbattendo la porta ed aprendo un contenzioso legale per il mancato pagamento del compenso relativo alla sua attività di responsabile tecnico, le attività dell'agenzia si bloccano quasi completamente. Viene, infatti, a mancare l'anima strategica ed operativa dell'intera vicenda»;
   si conclude così la storia del terzo miglior patto territoriale d'Italia: ma stavolta non sono la mafia o la «presenza diffusa di organizzazioni criminali mafiose» a propiziare tale epilogo, ma secondo l'interrogante la miopia, la incapacità progettuale, la evidente impreparazione culturale dei livelli istituzionali locali, di centro-sinistra, rese più deleterie dai limiti gestionali e dai non inverosimili profili di interesse personale rilevabili nell'azione della compagine amministrativa dell'Agenzia;
   questa, pur risultando inesistente da cinque anni nella sede legale di Paternò indicata negli atti («anzi, trovata chiusa ed in evidente stato di abbandono dalle informazioni avute in loco risulta sloggiata da oltre cinque anni» – confronta relazione ufficiale giudiziario di Paternò in data 23 luglio 2012) e senza aver prodotto o promosso dal 2002 un solo progetto, ha continuato ad operare amministrando i fondi assegnati dal Ministero nel 2002 e successivamente per oltre un milione di euro, elargendo compensi e cospicui rimborsi ad amministratori, consulenti, prestatori d'opera e quant'altro, ma rifiutandosi di corrispondere quanto dovuto all'avvocato Bruno per la sua attività professionale prestata – in «perfetta solitudine» (pag. 555) – per oltre sei anni (dal 1996 al 2002) a favore del patto;
   travisando ad avviso dell'interrogante fatti acclarati da una moltitudine di atti di inequivocabile ed oggettiva evidenza, accogliendo tout court testimonianze non veritiere e smentite dai fatti accertati dalla stessa fonte ministeriale e disattendendo del tutto la specifica disciplina giuridica della fattispecie nella quale si inserisce la prestazione dell'avvocato Bruno, il giudice di primo grado ha disconosciuto il diritto dello stesso al legittimo compenso, propiziando – e quasi legittimandolo – in tal modo il prevalere di quelle condizioni di carenza istituzionale e socio-ambientale e di degrado legalitario che hanno decretato la cessazione dal giugno 2002 di qualsivoglia attività progettuale dell'Agenzia;
   nonostante gli oggettivi profili di illegittimità rilevati in detta sentenza (illustrati nell'atto di appello), si può e si deve convenire che un giudice può sbagliare e per tale ragione l'ordinamento prevede il rimedio dell'appello: ciò su cui non si può convenire è la colpevole inerzia e la persistente latitanza degli organi ministeriali preposti alle funzioni di controllo sull'attività dell'Agenzia;
   il Ministero non ha, a giudizio dell'interrogante, ottemperato, oltre che agli obblighi di buona amministrazione, anche agli altri obblighi previsti in capo ad esso a norma dell'articolo 11 del decreto ministeriale n. 320 del 31 luglio 2000 (G.U. n. 260 del 7 novembre 2000) e a norma del punto 8 del disciplinare di rapporto con i soggetti responsabili dei patti territoriali. A norma dell'articolo 8 del disciplinare «il Ministero, in ogni fase e stadio del procedimento, nell'esercizio delle funzioni di controllo sul corretto svolgimento delle attività, avrebbe potuto disporre controlli e ispezioni, anche a campione, sull'attività dei soggetti responsabili locali» e, dunque, dell'Agenzia (a norma dell'articolo 8 del disciplinare). Cos'altro avrebbe potuto meglio giustificare tali controlli e ispezioni della totale discordanza tra quanto ufficialmente attestato nel citato rapporto ministeriale e la rendicontazione prodotta dall'Agenzia controllata;
   «Tali controlli e le ispezioni sono finalizzati, in particolare, a riscontrare presso i soggetti responsabili locali (...) la corretta applicazione delle procedure e disposizioni previste dalle norme vigenti» (...). Un tanto palese cattivo utilizzo di fondi statali rispetto a quanto attestato dallo stesso Ministero committente avrebbe dovuto, come minimo, imporre tali controlli e ispezioni;
   un altro quesito assume un'evidenza più inquietante: è difficile conciliare la fiducia nello Stato e nelle sue istituzioni con quanto accade per mano di quanti sono chiamati a realizzare quelle condizioni che smentiscano non solo la «presenza di quelle organizzazioni criminali», ma soprattutto quelle miopie politico-istituzionali, quelle incapacità progettuali proprio in materia di Fondi strutturali (più volte duramente stigmatizzate dall'Unione europea) e quegli elementi di diffuso degrado legalitario che impediscono la crescita socio-economica del territorio anche attraverso comportamenti come quelli tenuti dal soggetto gestore del patto nei confronti dell'avvocato Bruno, operante peraltro da anni in una veste organizzativa di dubbia legittimità e trasparenza –:
   se sulla base degli atti depositati risulti per quale ragione il ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, pur a conoscenza dei più che positivi risultati conseguiti dal patto Simeto Etna fino al 2002 sotto la direzione tecnica dell'avvocato Bruno non abbia adempiuto alla propria funzione di vigilanza e controllo stabilita dall'articolo 11 del decreto ministeriale 31 luglio 2000 n. 320 e non abbia rilevato ed obiettato alcunché nei confronti della illecita condotta tenuta dagli amministratori dell'Agenzia in danno di colui che era stato l'artefice principale, se non esclusivo, di quei risultati;
   per quale ragione il Ministero vigilante non sia intervenuto – e non intervenga ancora oggi – a sindacare la condotta degli amministratori dell'agenzia che si sono attribuiti per anni compensi e rimborsi di varia natura per centinaia di migliaia di euro e che si sarebbero rifiutati di corrispondere il giusto compenso a chi, «in perfetta solitudine» e con ingenti costi a proprio personale carico, aveva realizzato quel risultato di eccezionale valore (per ammissione dello stesso Ministero controllore);
   perché il Ministero non abbia inteso nominare un proprio rappresentante nel collegio sindacale dell'Agenzia per come previsto dallo stesso articolo 8 del disciplinare. (4-18643)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Fiano e altri n. 1-01007, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Picierno.

  La mozione Fiano e altri n. 1-01140, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Picierno.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Villecco Calipari e altri n. 2-01740, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 novembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Incecco.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Delfino n. 5-07985 del 24 settembre 2012.
   interrogazione a risposta in Commissione Di Giuseppe n. 5-08325 del 24 ottobre 2012.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 15 novembre 2012, n. 719, alla pagina n. 36411, prima colonna, dopo la riga ventiseiesima, deve leggersi: «L'interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-07735, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni».

  Interpellanza urgente Carlucci e altri n. 2-01746 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 720 del 20 novembre 2012. Alla pagina 36434, seconda colonna, dalla riga sesta alla riga ottava deve leggersi: «l'Italia ha sottoscritto la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti» e non «l'Italia non ha sottoscritto la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti», come stampato.