XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
l'eccesso degli oneri burocratici è una delle principali cause dello svantaggio competitivo dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei. Il peso della burocrazia si quantifica in un costo annuo per le imprese di circa 26 miliardi di euro, pari a circa 1,5 punti di Pil e si abbatte in maniera più decisa sulle piccole e micro imprese che, essendo meno strutturate rispetto alle imprese medio grandi, hanno maggiori difficoltà ad adempiere agli obblighi di legge;
un'impresa di piccole e medie dimensioni sottrae in media 3/4 giornate alla produzione per far fronte alle incombenze burocratiche subendo un onere di circa 5 mila euro annui;
secondo i dati forniti dalla Cgia, il settore che incide maggiormente sui tempi e i bilanci delle piccole e medie imprese è quello del lavoro e della previdenza. La tenuta dei libri paga, le comunicazioni legate alle assunzioni o alle cessazioni di lavoro e le denunce dei dati retributivi e contributivi incidono mediamente per il 43 per cento dei costi totali; a seguire si sommano i costi della burocrazia relativa alla sicurezza ambientale, nonché gli adempimenti in materia fiscale e quelli relativi alla privacy, alla sicurezza sul lavoro, alla prevenzione incendi;
in Italia, il processo di snellimento dell'apparato burocratico è in atto da tempo; tuttavia, anche a causa dell'attuale periodo di crisi, il problema di come ridurre i tempi e i costi per portare a compimento le varie procedure amministrative richieste nella vita di un'impresa, dalla costituzione alla cessazione, rimane ancora attuale e spesso si presenta come una minaccia alla sopravvivenza di molte piccole realtà imprenditoriali;
le procedure sulla comunicazione unica e sull'impresa in un giorno, la revisione della disciplina dello sportello unico delle attività produttive e l'avvio dell'agenzia per le imprese costituiscono iniziative importanti che tuttavia si scontrano con un apparato amministrativo ancora inefficiente e farraginoso che rende molto lento il processo di attuazione di una reale semplificazione amministrativa;
l'Italia spende quattro volte tanto rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea per avviare un impresa. Le riforme del sistema burocratico del Paese scontano infatti incredibili ritardi di attuazione, come nel caso degli sportelli unici che impediscono alle imprese di molte aree del territorio di decollare, ad ostacolo della crescita economica di tutto il Paese;
sono ancora molte le leggi, specie di natura fiscale e ambientale, che sottopongono le imprese a pesanti oneri amministrativi, costituendo un disincentivo alla crescita. Questo è il caso del Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti che, nonostante l'articolo 52 del decreto-legge n. 83 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2012) ne preveda la sospensione del termine di entrata in operatività per una data non oltre il 30 giugno 2013, il Sistema rappresenta ancora una grave incombenza per le piccole e medie imprese, soprattutto per quanto riguarda il pagamento dei contributi dovuti dagli utenti che lo stesso decreto-legge n. 83 del 2012 sospende fino al 31 dicembre 2012, implicitamente confermando, nonostante l'inoperatività del Sistri, che tali contributi siano di nuovo dovuti dal 1o gennaio 2013. Ciò crea molta confusione per le imprese, le quali traggono da questo clima di incertezza soltanto un danno economico, anche in considerazione della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nel mese di agosto del decreto ministeriale 25 maggio 2012, n. 141, che fissa al 30 novembre 2012 il pagamento del contributo Sistri per l'anno 2012;
ad evitare nuova burocrazia e nuovi oneri per le imprese è intervenuta la legge 11 novembre 2011, n. 180, che nell'ambito dei principi che concorrono alla definizione dello statuto delle imprese individua nella semplificazione burocratica e nella progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese in base alla loro dimensione, le misure da realizzare per garantire la crescita e lo sviluppo delle micro e piccole e medie imprese. I criteri e le modalità di attuazione dei suddetti principi sono definiti con appositi regolamenti i cui termini di adozione sono scaduti da tempo;
la legge di stabilità 12 novembre 2011, n. 183, ha introdotto specifiche disposizioni per la riduzione degli oneri amministrativi a carico di cittadini ed imprese, applicando, in via sperimentale e fino 31 dicembre 2013, la disciplina delle zone a burocrazia zero su tutto il territorio nazionale. Questa iniziativa stenta tuttavia a decollare perché si scontra con l'inefficienza del sistema amministrativo;
l'attuale situazione economica impone scelte che abbiano come primo obiettivo quello di restituire maggiore competitività al tessuto imprenditoriale del Paese, rimuovendo gli ostacoli che impediscono l'esercizio dell'attività produttiva attraverso l'attuazione di riforme contro la burocrazia, sempre più asfissiante, la pressione fiscale alle stelle, la contrazione del credito e il prolungamento dei pagamenti nelle transazioni commerciali;
in materia di appalti pubblici, occorrono misure di semplificazione e liberalizzazione delle procedure di gara per l'affidamento dei lavori servizi e forniture, tenendo in considerazione le riforme in corso in ambito comunitario su tali temi e le nuove direttive comunitarie sulla modernizzazione e semplificazione degli appalti e concessioni che dovrebbero essere approvate entro la fine del 2012;
gli ultimi passi verso l'eliminazione degli ostacoli all'esercizio delle attività economiche, la riduzione degli oneri burocratici e la semplificazione dei procedimenti amministrativi sono stati compiuti con l'adozione del decreto-legge cosiddetto «Cresci Italia» n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 27 del 2012 e con il decreto-legge «Semplifica Italia» n. 5 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 35 del 2012;
i suddetti decreti-legge demandano l'attuazione della riforma di semplificazione dell'attività amministrativa all'adozione di appositi regolamenti, da adottarsi entro il 31 dicembre 2012; dati i tempi molto stretti, appare difficile che tali regolamenti vengano adottati nei termini prescritti, creando una fase di assoluta incertezza per molte piccole realtà produttive;
secondo una recente indagine del Sole 24 ore, tutte le più importati riforme varate dal Governo Monti aspettano ancora in larga parte di essere attuate; delle centinaia di decreti e regolamenti attuativi previsti in circa un anno di manovre, soltanto il 20 per cento è stato messo a punto. Con riferimento alle manovre più datate ed in particolare ai decreti «salva Italia», «semplifica Italia» e «cresci Italia», dei 169 provvedimenti attuativi previsti, ne sono stati adottati solo 34 e per ben 52 dei restanti 135 i termini sono ormai scaduti;
la mancanza di tasselli importanti alla realizzazione del quadro di riforme, di misure anti-crisi e di norme strutturali promesse dal Governo Monti per uscire dalla recessione e al contempo inaugurare una nuova fase di crescita dell'economia italiana contribuisce ad aggravare la crisi in cui versa il tessuto produttivo del Paese, creando incertezza sul futuro di tante piccole aziende,
impegna il Governo:
a presentare con estrema urgenza alle competenti commissioni parlamentari i regolamenti mancanti, con particolare riferimento a quelli attuativi delle norme di cui al decreto legge n. 1 del 2012 e al decreto-legge n. 5 del 2012 per l'immediato avvio del processo di semplificazione dell'attività amministrativa in favore delle imprese;
a rendere immediatamente operativa la riforma dello sportello unico per le attività produttive rimuovendo gli ostacoli che ad oggi ne impediscono l'omogenea diffusione su tutto il territorio, adottando iniziative idonee a prevedere la nomina, d'intesa con le regioni, di appositi commissari ad acta che intervengano nelle funzioni degli enti inadempienti;
ad assumere iniziative di competenza per dare concreta attuazione alle misure di semplificazione nelle zone a burocrazia zero, ove tale riforma non sia stata ancora avviata, e ad adottare nell'immediato le iniziative necessarie anche di natura finanziaria, al fine di rendere permanenti le agevolazioni amministrative e fiscali riconosciute alle nuove iniziative produttive ubicate nelle medesime zone a burocrazia zero;
ad adottare iniziative normative affinché ogni nuova disposizione che introduca ulteriori oneri amministrativi a carico delle imprese ne riduca contestualmente altri mantenendo invariato l'importo stimato a loro carico nel medesimo arco temporale;
ad introdurre meccanismi di valutazione dell'impatto degli oneri amministrativi sulle imprese al fine di realizzare una semplificazione di tali oneri che sia ispirata ai principi di gradualità e proporzionalità in base alle diverse dimensioni dell'impresa;
a chiarire l'effettiva applicazione della disciplina sul Sistri, segnatamente per quanto riguarda le disposizioni sulla ripresa del pagamento dei contributi dovuti dai soggetti obbligati e sulla riattivazione della piena operatività del sistema stesso (1o luglio 2013), che risultano tra loro incoerenti;
in tali circostanze a prevedere altresì una nuova disciplina di programmazione e di gestione del sistema che risponda a criteri di maggiore efficienza, trasparenza, economicità e semplicità;
a informare il Parlamento sugli esiti del tavolo tecnico istituito ai fini della revisione del sistema e ad adottare le opportune iniziative per la restituzione alle imprese interessate, anche attraverso modalità di compensazione fiscale, dei contributi già versati, in considerazione del mancata operatività del SISTRI;
a semplificare le procedure di gara e ad agevolare l'ingresso delle imprese italiane negli appalti pubblici attraverso procedure negoziate che favoriscono le imprese locali e le piccole e medie imprese, soprattutto incrementando, fino alle soglie comunitarie, gli importi a base di gara per i quali è permesso il ricorso alle procedure negoziate.
(1-01181) «Dal Lago, Dozzo, Maroni, Bossi, Fugatti, Lussana, Fedriga, Montagnoli, Fogliato, Volpi, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Follegot, Forcolin, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
la Commissione europea ha deciso di ritirare la proposta di regolamento sul «made in», dopo che nel 2010 il Parlamento europeo, in seduta plenaria, aveva approvato a larga maggioranza il rapporto bipartisan dei tre relatori italiani, Cristiana Muscardini, Gianluca Susta e Niccolò Rinaldi;
la decisione è stata presa dal Collegio dei Commissari su indicazione del responsabile europeo per il commercio, il liberale belga Karel De Gucht;
il provvedimento, atteso da anni dall'industria italiana, aveva il sostegno oltre che dell'Italia, di Francia, Polonia e Spagna ma dopo l'approvazione da parte del Parlamento si è bloccato nel Consiglio europeo per l'opposizione, tra gli altri, di Germania, Gran Bretagna e di una serie di Paesi del nord Europa;
il regolamento intendeva introdurre – per i tessili, l'abbigliamento, il legno, le ceramiche, il valvolame e l'oreficeria – l'obbligo di specificare il luogo di produzione sui prodotti proveniente da Paesi non appartenenti all'Unione europea, in modo da fornire al consumatore una chiara indicazione;
tale indicazione sarebbe risultata premiante per i produttori europei che, nonostante la crisi, hanno deciso di non delocalizzare e, in tutti i casi, veritiera in tema di origine del prodotto;
la decisione della Commissione europea di ritirare la proposta di Regolamento sul «made in», mostra non solo la lontananza dell'Unione europea dagli interessi dei cittadini e delle imprese, ma una grave presa di posizione a favore di Paesi che, fino ad oggi, hanno costruito le proprie fortune anche grazie alla maggiore tutela che l'Unione europea gli ha riservato;
la lobby della grande distribuzione sostenuta dai Paesi del nord europa è riuscita ad avere il sopravvento sui Paesi manifatturieri che costituiscono la vera ricchezza e specificità dell'economia comunitaria rispetto al resto del mondo;
le analisi secondo cui la ripresa economica deve necessariamente basarsi sul rilancio del comparto manifatturiero, non sono state tenute in alcuna considerazione dal Consiglio europeo, che in tal modo conferma il minore peso dell'Europa produttiva nelle proprie decisioni, al punto che il Consiglio ha preferito mettersi in rotta di collisione con il Parlamento, unico organo democraticamente eletto, piuttosto che con i paesi del Nord Europa;
a fare le spese di questa decisione assurda ed avventata saranno soprattutto le piccole e medie imprese e i distretti produttivi, profondamente colpiti dalla contraffazione e sempre più esposti alla concorrenza sleale dei paesi asiatici ed extra comunitari, che continueranno a introdurre, nei nostri territori, merci low-cost e di bassa qualità prive dell'indicazione d'origine;
grave anche l'idea che il Consiglio europeo possa negare ai cittadini europei il diritto di avere informazioni trasparenti sulla provenienza delle merci –:
quali iniziative intenda assumere il Governo:
a) per scongiurare il ritiro della proposta di regolamento sul «made in» e per difendere gli interessi delle nostro Paese di fronte agli altri Paesi europei;
b) per comunicare, nelle sedi opportune, l'enorme disagio delle imprese e dei cittadini italiani rispetto a una decisione che rischia di allontanarli ulteriormente dall'Europa;
c) affinché la Commissione europea riprenda in mano il dossier «made in», imponendo al Consiglio di riaprire il confronto e la discussione sul relativo regolamento.
(2-01717) «Lulli».
Interrogazione a risposta orale:
MANTINI, LIBÈ, DIONISI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
la sentenza di condanna dei componenti della Commissione grandi rischi a sei anni di reclusione per omicidio colposo in relazione alle vittime del terremoto del 2009 in Abruzzo, ha destato notevole sconcerto ed una vasta eco a livello nazionale ed internazionale ed ha provocato le dimissioni dei membri;
appare necessario conoscere in modo approfondito le motivazioni della sentenza ai fini di una più ponderata valutazione, nel rispetto delle prerogative proprie della giurisdizione;
tuttavia il punto di fatto su cui si articola la vicenda, ormai ben nota e nel dettaglio ricostruita nelle fonti giornalistiche, consiste in sostanza nel difetto di comunicazione scaturita dalla, riunione della Commissione grandi rischi, il giorno 31 marzo 2009 in L'Aquila, che è apparsa «rassicurante» circa i rischi connessi allo sciame sismico in atto, a fronte di una notevole preoccupazione presente nella popolazione, acuita peraltro da annunci allarmistici di un ricercatore locale;
risulta altresì che l'allora Capo della protezione civile, Guido Bertolaso, abbia indicato l'opportunità di tale riunione allo scopo specifico di rassicurare la popolazione da parte della Commissione onde evitare allarmismi che, tuttavia, alla luce dei tragici fatti, non possono essere definiti inutili o infondati;
sulla base dei fatti noti risulta che la condotta nella circostanza tenuta dalla Commissione grandi rischi della protezione civile, al di là di ogni valutazione di rilievo penale su cui possono sussistere fondati dubbi, sia stata non adeguata alle circostanze, che avrebbero imposto un maggior grado di oggettività e di trasparenza sui rischi realmente possibili sulla base delle migliori conoscenze scientifiche, al fine di consentire scelte e comportamenti individuali responsabili;
la questione della corretta e trasparente comunicazione istituzionale nelle situazioni di grave rischio per l'incolumità delle popolazioni, in condizioni di pericoli derivanti da terremoti in atto o previsioni di calamità naturali, è di grande delicatezza e attualità e dovrebbe, ad avviso degli interroganti, essere oggetto di precisi protocolli disciplinari, nel rispetto dell'autonomia scientifica e dei principi di tutela dell'incolumità dei cittadini;
una ragionevole soluzione di questo tema dovrebbe essere alla base della nuova Commissione grandi rischi, indispensabile al Paese, prevedendo una più netta distinzione tra responsabilità politiche e tecniche –:
con riferimento ai fatti esposti, quali iniziative o misure intenda assumere per garantire i migliori standard di correttezza, completezza e veridicità della comunicazione istituzionale in relazione a gravi situazioni di calamità o pericolo per le popolazioni e quali misure intenda adottare con urgenza per garantire al Paese la piena efficienza della Commissione grandi rischi, indispensabile riferimento delle attività di prevenzione.
(3-02564)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PAOLO RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
numerose famiglie, che si sono rivolte a diversi enti autorizzati alle adozioni internazionali (Ai.Bi, Airone, Cifa, eccetera), segnalano che le procedure per le adozioni che interessano la Repubblica dello Sri Lanka sono ferme dal novembre 2011;
in particolare, risulterebbero bloccate tutte le procedure, compresi gli abbinamenti già formalizzati, con la conseguenza che alcune coppie in lista d'attesa, con abbinamento formalizzato, si ritrovano ancora oggi, dopo un anno, con i documenti preliminari già firmati e foto relative al bambino già ricevute, ma senza speranza di partire;
questa situazione si sarebbe determinata a seguito di una vicenda che avrebbe coinvolto una suora cattolica, accusata di adozioni illegali e successivamente del tutto scagionata;
nonostante le accuse si siano dimostrate palesemente infondate, le procedure adottive risultano ancora sospese; risulterebbe in particolare che sarebbe stata avviata una revisione di tali procedure, con la nomina di apposita commissione, che avrebbe tuttavia concluso i suoi lavori da mesi;
gli enti italiani autorizzati segnalano inoltre di non aver ricevuto risposte alle richieste di informazioni avanzate alle autorità competenti e alle ambasciate della Repubblica dello Sri Lanka nonché all'ambasciata d'Italia a Colombo;
le famiglie italiane restano così in un'interminabile attesa, senza alcuna notizia affidabile sui possibili sviluppi della situazione –:
di quali informazioni disponga il Governo in merito alla situazione illustrata e alla posizione del Paese interessato;
se non si ritenga di assumere iniziative per favorire la ripresa delle procedure di adozione internazionale con la Repubblica dello Sri Lanka, venendo incontro alle legittime speranze delle tante famiglie interessate. (5-08339)
Interrogazione a risposta scritta:
CARELLA, GASBARRA, MORASSUT, META e BRATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
la Valle del Sacco che si estende tra la provincia di Roma e quella di Frosinone in data 2 dicembre 2005, in attuazione della disposizione introdotta all'articolo 11-quater-decies, comma 15, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, è stata inserita tra i siti di interesse nazionale da bonificare di competenza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
l'inquinamento ambientale è stato causato da sostanze tossiche e nocive, isomeri di esacloricicloesano percolati dagli agenti chimici lavorati nelle ex industrie chimiche del territorio;
come da sentenza di condanna nel 1998 da parte del tribunale di Velletri nei confronti dei dirigenti dell'ex Snia Bpd, siti produttivi chimica, l'area risultava inquinata già dal 1993;
l'inquinamento ambientale nella Valle del Sacco ha gravemente danneggiato il comparto agricolo e dell'allevamento;
la presenza di sostanze tossiche e nocive sono state rinvenute anche in una percentuale significativa nel sangue dei cittadini della Valle del Sacco;
le attività previste dalla struttura commissariale gestita dall'avvocato Di Palma non risultano eseguite in quanto: ad oggi la sperimentazione del sito è solo sulla carta e, nonostante che le zone in prossimità del fiume dovrebbero essere interdette il foraggio prodotto lungo le sponde del Sacco continua ad essere usato per l'alimentazione del bestiame e quindi termina nella catena alimentare;
ci sono ritardi nella bonifica del sito denominato «ARPA 1», mentre per il secondo sito – «ARPA 2» –;
non è ancora partita la gara d'appalto e si registrano ritardi ancora più gravi nell'intervento nell'area dov'era situata la fabbrica;
vi sono dubbi sull'efficacia dell'esperimento della coltivazione di piante in alcune parti degli argini del fiume e che dovrebbero servire per la bonifica, mentre ulteriori perplessità nascono dalle modalità di smaltimento delle biomasse utilizzate per assorbire la molecola inquinante;
appare preoccupante la posizione del commissario Di Palma a causa dei numerosi incarichi e consulenze che lo hanno visto legato con molti dei soggetti coinvolti nelle vicende ambientali di cui è stata vittima la città di Colleferro e l'intera Valle del Sacco in quanto l'avvocato Di Palma, fino al gennaio scorso era consulente giuridico dell'Agenzia spaziale italiana, la quale, con Avio, ha formato la società Elv, responsabile del progetto del missile Vega, con sede operativa a Colleferro, a poche centinaia di metri dai siti contaminati; inoltre l'avvocato Di Palma era in stretti rapporti con Enrico Saggese, l'ex manager Finmeccanica finito nel 2008 alla presidenza dell'agenzia spaziale italiana, con un passato ai vertici della Avio Spa, proprietaria dei terreni contaminati di Colleferro;
la problematicità ambientale e sanitaria della Valle del Sacco è quindi evidente;
la lentezza con cui sono avvenuti gli interventi di bonifica dal 2005 ad oggi nella Valle del Sacco è sotto gli occhi di tutti;
è necessaria una presenza costante nella struttura commissariale che assolva solo ai compiti della bonifica e del risanamento ambientale specifica e specializzata nelle problematiche in essere –:
se non si ravvisi l'opportunità di individuare una nuova figura da inserire presso la struttura commissariale, qualificata per capacità e competenze comprovate in sostituzione dell'attuale sub commissario per la bonifica della Valle del Sacco. (4-18307)
AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta scritta:
BARBATO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
«Pacific Trash Vortex» oppure «Great Pacific Garbage Patch» sono i nomi assegnati ad un'isola formatasi spontaneamente nell'oceano Pacifico tra la California e le isole Hawaii in un punto detto il «giro» del nord Pacifico e grande quasi ben due volte l'Italia;
quest'isola, formatasi in modo del tutto naturale, per effetto delle correnti marine è formata non da terra, rocce e sabbia bensì da rifiuti perlopiù in plastica accumulatisi in questi ultimi anni fino a raggiungere i 10 metri di profondità (http://www.architetturaecosostenibile.it/materiali/smaltimento-e-riciclo/la-plastica-invade-il-pianeta-rinvenuto-un-vero-e-proprio-con-tinente-di-rifiuti-in-mare-pacific-tr.html);
si tratta di circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti plastici presenti in mare;
l'isola dei rifiuti è un immenso ammasso di plastica e immondizia;
questa discarica galleggiante non solo non accenna a ridursi, ma secondo le ultime ricerche si sta addirittura espandendo. Lo affermano gli oceanografi dello Scripps Institute in un articolo pubblicato su Biology Letters. Secondo i ricercatori, l'aumento della massa di immondizia galleggiante sta mettendo in grave pericolo i più piccoli abitanti dell'Oceano;
molti insetti e creature marine stanno deponendo le uova sul materiale plastico che ricopre le acque anziché sui detriti naturali che normalmente dovrebbero galleggiare sulla superficie. «Si tratta di qualcosa che non dovrebbe trovarsi lì e che nel medio periodo potrebbe danneggiare irrimediabilmente il micro-habitat che si trova alla base dell'intero ecosistema oceanico» ha dichiarato alla stampa Miriam Goldstein, una delle ricercatrici;
nel 2006 il Los Angeles Times aveva raccontato la triste fine di oltre 200.000 albatross dell'atollo Midway che, sorvolando la distesa di pattume, hanno scambiato i rifiuti per cibo, morendo così intossicati, soffocati o disidratati;
i ricercatori sostengono che ogni chilometro quadrato di mare ospita oltre 30.000 rifiuti plastici, le cui dimensioni possono anche essere inferiori al centimetro. E questo spiegherebbe come mai, secondo le analisi, oltre il 10 per cento del pesce pescato dagli oceanografi dello Scripps Institute aveva ingerito plastica (http://www.focus.it/ambiente/ecologia/l-isola-rifiutata–C11.aspx);
una bottiglia di plastica impiega quasi 1000 anni per biodegradarsi;
ad effettuare la triste scoperta sembra che non siano stati i satelliti che nemmeno riuscivano a rilevarla, bensì dei marinai che solcavano quell'area;
tale isola avvelena la fauna marina ed i volatili che vi trovano riparo cibandosene;
la fauna nutritasi con tali rifiuti laddove finisse sulle nostre tavole rappresenterebbe un fatto nocivo per la salute;
la difesa e la tutela dell'ecosistema oceanico è dovere di ciascun cittadino del mondo;
tale isola «rifiutata» rappresenta una seria minaccia alla natura ed ai mari se non alla navigazione;
l'istituto oceanografico statunitense «Scripps» l'ha visitata e studiata, raccogliendo diversi pezzi di plastica –:
se il Governo sia informato dei fatti esposti e/o di quali notizie disponga in materia e se non intenda sensibilizzare le autorità internazionali per un intervento comune o diversamente richiedere informazioni per il tramite dell'ambasciata americana in Roma al fine di acquistare lo stato dell'arte sull’«isola» per bonificare quel lembo marino e restituire alla natura la sua dignità e la sicurezza ai prodotti ittici. (4-18306)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 26 ottobre 2012, dopo una scossa di magnitudo 5 al confine tra la Basilicata e la Calabria, il segretario dei Radicali lucani, Maurizio Bolognetti, ha sollevato il problema della collocazione di pozzi di petrolio dell'Eni in zone sismiche della Val d'Agri;
il riferimento è, in particolare, al pozzo di reiniezione Eni, denominato «Monte Alpi 9 or deep», che ubicato in una zona ad alto rischio sismico e a poche decine di metri in linea d'aria dalla diga del Pertusillo;
la scossa è solo l'ultima di uno sciame sismico che dura da due anni, rispetto ad una regione dove si estrae l'80 per cento del petrolio italiano;
secondo uno studio dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sull'area delle estrazioni petrolifere in Basilicata, la Val d'Agri è una delle aree italiane a maggiore potenziale sismogenetico e il recente sviluppo urbanistico, in particolare nella parte alta della valle (Villa d'Agri, Viggiano), e la presenza di infrastrutture legate all'attività di estrazione e raffinazione di idrocarburi, contribuiscono ad accrescere il rischio sismico dell'area, che è già stata colpita da un terremoto distruttivo nel 1857;
dal 2006, da quando sono state installate sei stazioni sismiche lungo la Valle, i sismogrammi evidenziano fenomeni d'amplificazione di ampiezza e durata del moto del suolo determinati dalla risonanza dei depositi quaternari alluvionali e lacustri del bacino che poggiano su rocce carbonatiche, secondo dati verificabili sul sito internet dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Irpinia –:
se si intenda perseguire una politica di precauzione e per questo evitare di ubicare un pozzo di reiniezione in zona rossa e a ridosso di un lago;
se si intenda vedere la politica estrattiva, a partire da quella che interessa la Basilicata, per evitare che contribuisca ad aggravare fattori sismogenetici. (4-18310)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nella giornata di martedì 16 ottobre 2012 si è verificata l'ennesima «anomalia» presso il centro oli Eni di Viggiano, mentre permane l'inquinamento del lago del Pertusillo, come emerge ancora una volta da analisi condotte da associazioni ambientaliste;
in una conversazione di Maurizio Bolognetti, membro della direzione di Radicali italiani, con il direttore dell'Arpab Raffaele Vita, pubblicata sul sito radicali.it, Vita illustra la strategia intrapresa dall'Agenzia regionale per l'ambiente per migliorare il monitoraggio di tutte le matrici ambientali in Val d'Agri e in tutta la Basilicata;
nel corso della conversazione il direttore dell'ARPAB, sul monitoraggio matrice ambientale aria, afferma: «Io non posso fare un centro di monitoraggio in tre ore... io ho avviato per la prima volta nella terra di lucania il rilevamento della qualità dell'aria da circa un mese...»;
e sulle «contestazioni» dell'Eni, lo stesso dichiara: «L'Eni ce li contesta, noi li rimettiamo a posto... è chiaro che un'azienda appena noi gli contestiamo un superamento ci dice che la centralina non rileva bene...»;
si fa presente che le centraline in oggetto sono state consegnate dall'Eni e che da mesi avevano detto che non pubblicavano ancora i dati perché stavano perfezionando il tutto;
inoltre, al momento il sito dell'Arpab risulta inaccessibile, perché sottoposto ad attacco informatico secondo quanto sostiene il direttore dell'Agenzia;
un «memorandum» siglato il 24 aprile 2011 tra regione Basilicata e Governo nazionale eleva a circa 175.000 barili/giorno la quantità di petrolio da estrarre all'interno dei 2.100 chilometri quadrati di territorio oggetto di concessioni rilasciate negli ultimi 30 anni –:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa;
cosa contesti l'ENI ad Arpa Basilicata;
quali iniziative, si intendano intraprendere per assicurare correttezza nell'esecuzione dei monitoraggi ambientali, anche a fronte del previsto incremento dell'attività estrattiva, e piena trasparenza delle informazioni ambientali ex convenzione di Aarus. (4-18315)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
LAFFRANCO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
la regione dell'Umbria, aveva richiesto un contributo per la manifestazione denominata «Umbria jazz» — ai sensi del decreto ministeriale 9 novembre 2007 — e la Commissione consultiva della musica, in data 15 novembre 2011, ha ritenuto l'istanza presentata non conforme ai criteri di qualità di cui all'articolo 5 del citato decreto ministeriale;
notoriamente i maggiori interpreti del jazz mondiale sono stati presenti nelle varie edizioni di «Umbria jazz», che non solo richiama ogni anno decine di migliaia di turisti da tutto il mondo, ma rappresenta uno dei momenti espressivi e creativi più alti di questo tipo di musica a livello internazionale;
la formula con cui si esprime questo festival della musica è particolarmente curata, attuandosi con la creazione in uno scenario irripetibile dove viene contestualizzata la creazione di momenti musicali che coinvolgono pubblico e autori, facendo di Perugia un unico palcoscenico di rappresentazioni;
«Umbria jazz» ha una enorme rilevanza non solo sul piano culturale, ma anche come vetrina per una regione che con questo strumento si fa conoscere all'estero ed è pertanto vitale per il turismo;
l'interesse per «Umbria jazz» è riscontrabile negli oltre quarantamila spettatori paganti che hanno partecipato alle rappresentazioni 2011 e nel fatto che più di centoventimila sono stati i contatti del sito nei giorni degli spettacoli, con un'affluenza di stranieri che ha superato quella degli italiani;
alla luce di quanto detto appare impossibile non classificare «Umbria jazz» tra le manifestazioni di eccellenza a livello nazionale e che ciò possa essere avvenuto probabilmente o per qualche cavillo burocratico o per qualche mancanza di approfondimento e verifica della realtà che rappresenta l'evento culturale perugino –:
se non ritenga utile e necessario approfondire, nel pieno rispetto delle proprie ed altrui competenze, le motivazioni addotte dagli esperti sulla valutazione dell'evento perugino certi, come dimostrano i fatti, della sua validità e quindi, rivedere la graduatoria delle manifestazioni meritevoli di essere ammesse al contributo, così da inserirvi anche «Umbria jazz» ed assicurare all'evento culturale un contributo congruo alla sua importanza. (4-18293)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
sul quotidiano L'Unione Sarda del 25 ottobre 2012 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Schiaffeggia il comandante, un maresciallo sotto processo» in cui si narra dell'avvio di un procedimento disciplinare di stato nei confronti del maresciallo dei carabinieri Antonio Cantillo;
sulle vicende che hanno riguardato il militare sono state presentate numerose interrogazioni che giacciono senza risposte. Nell'articolo citato si evidenzia che il procedimento penale non sia mai nemmeno iniziato per la mancanza di richiesta da parte del Comandante di corpo –:
quali siano le ragioni dell'avvio del procedimento di stato nei confronti del maresciallo Cantillo e se non ritenga di dover accertare alla luce di fatti narrati nei molteplici atti di sindacato ispettivo se i superiori gerarchici del predetto militare non abbiano, invece, posto in essere una attività vessatoria. (4-18313)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'aumento delle accise comporta un impatto negativo sulle vendite dei carburanti, in particole nelle regioni di confine del Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, dove si registra un aumento dei tentativi di contrabbando del carburante, fenomeno che va a cronicizzare la già grave piaga del mercato nero sotto forma di depositi e poi distributori di carburante abusivi, disseminati ormai su tutto il territorio;
Nel «lancio» d'agenzia si legge la testimonianza del capitano Leonardo Milone del nucleo guardia di finanza di Gaggiolo (Varese): «Il contrabbando vive due momenti diversi, uno che riguarda gli operatori professionali del settore e uno che riguarda i privati». Ne è esempio lampante il recente sequestro, operato proprio dalle Fiamme Gialle di Gaggiolo, di 1.200 mila litri di carburante trasporti dentro un'autocisterna mentre poco più in là, vicino al valico di Clivio, veniva bloccata un'autovettura con sei taniche di gasolio da 25 litri: «A casa di questo soggetto abbiamo trovato tra le pertinenze un box pieno, più di un migliaio di litri in bidoni di fortuna», conclude il capitano;
questo genere di contrabbando si sviluppa su due livelli: uno che persegue fini commerciali, l'altro per fini privati;
il fenomeno del contrabbando di carburante ad opera di privati, oltre a presentare un profilo di pericolosità elevato a causa del trasporto di liquido infiammabile spesso in taniche non a norma, è un sintomo dell'esasperazione dei cittadini derivante dall'aumento delle accise; chi è dedito a tale attività è disposto ad attraversare il confine, versando così le tasse in un altro Stato, tornando in patria solo per inquinare;
la scarsa conoscenza dei limiti imposti dall'Unione europea al riguardo è un fattore incentivante l'attività di contrabbando. Come si legge nel medesimo articolo: «La violazione sussiste quando, oltre a farsi il pieno, si riempiono delle taniche che superano la tolleranza di dieci litri prevista dalla dogana». Ai microfoni di Agenparl, il capitano Milone racconta la procedura standard: «Li denunciamo e sequestriamo tutto. Non è un discorso relativo solo al contrabbando, ma anche di pubblica sicurezza»;
i danni si propagano a catena: i commercianti nella zona di confine sono danneggiati dai «pendolari del pieno» che una volta superati i confini ne approfittano per comprare beni di ogni genere a costo minore, come tabacchi o alimentari;
il danno maggiore lo subiscono i proprietari delle pompe di benzina al confine, nonostante le agevolazioni disposte dalla regione. La «Faib», Federazione autonoma italiana benzinai, conferma ad Agenparl che: «Al confine la situazione è particolarmente penalizzante per l'Italia: i gestori hanno a che fare con lo stesso prodotto, ma venduto a prezzi notevolmente più bassi. Così i benzinai inclusi nella fascia dai 50 ai 5 chilometri dal confine perdono circa il 50 per cento dell'introito –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano assumere per contrastare il fenomeno del contrabbando dei carburanti che danneggia il mercato interno con gravi ripercussioni per l'erario;
se non ritengano opportuno disporre maggiori controlli, anche attraverso una più corretta informazione in merito ai limiti e alle norme per il trasporto dei beni imposte dall'Unione europea. (4-18305)
BERTOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 10 del decreto legge, del 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto decreto salva Italia), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, novella la disciplina relativa ai limiti dell'attività di accertamento dell'Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti «congrui» agli studi di settore;
la Confederazione nazionale dell'artigianato denuncia che, in realtà, il regime premiale per gli studi di settore è che gli sconti per chi si comporta virtuosamente nella denuncia dei propri redditi, rimangono poco più di una chimera. Un regime che, peraltro, stabilisce solo la preclusione dagli accertamenti analitico-presuntivi;
l'associazione sostiene che meno di 20 aziende su 100 potranno godere dei benefici introdotti dal Governo per rendere meno amare le politiche restrittive sin qui perseguite, che rischiano di portare la tassazione reale a sfiorare il 60 per cento dei redditi;
al riguardo si rileva che il provvedimento di definizione del regime premiale è arrivato tardi, cioè solo il 12 luglio 2012, vale a dire tre giorni dopo la scadenza dei versamenti da parte delle imprese assoggettate agli studi e ciò a scapito di chi ha scoperto di essere stato escluso dalle agevolazioni, magari dopo aver fatto di tutto per adeguarsi;
le poche imprese che possono accedere a queste agevolazioni incontrano, inoltre, anche un altro ostacolo: la complessità dei modelli, che aumenta il rischio di incorrere, in buona fede, in quegli errori formali che comunque rendono impossibile l'accesso ai benefici;
tale situazione è veramente gravosa per le aziende, che già si trovano in una condizione disperata, a causa della congiuntura economica, del peso del fisco, della carenza di liquidità, fino ad arrivare a controlli fiscali spesso vessatori, con accertamenti medi di decine di migliaia di euro, che sempre più spesso rappresentano motivo di chiusura per le imprese –:
se sia a conoscenza del fatto suesposto e quali iniziative normative intenda adottare al fine di garantire i benefici previsti dall'articolo 10 del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre, n. 214, a tutte le piccole e medie imprese, semplificando tutti quegli oneri burocratici che rendono difficile l'accesso ai benefici fiscali. (4-18311)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nel carcere di Prato sono stati tentati ben due suicidi fortunatamente non andati a buon fine e una rissa in un solo giorno; è quanto si legge nella denuncia dell'Osapp (l'Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria). Il primo evento nella mattinata, quando un giovane detenuto marocchino quasi a fine pena si è barricato in una sala ritrovo tentando di impiccarsi alle grate con una maglietta bagnata. L'intervento degli agenti di polizia penitenziaria lo ha salvato ed ora è ricoverato in ospedale; verso le 14 prima un tentativo di rissa ai «passeggi» è stato sedato dal personale e poi un altro tentato suicidio. «Inutile sottolineare quale sia la probabilità di simili eventi in un carcere in cui invece dei 476 detenuti regolamentari se ne alloggiano 713 ed in cui manca il 30 per cento dell'organico di polizia penitenziaria», afferma Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp. «Da tempo si era a conoscenza delle gravi condizioni di vita e di lavoro presso la Casa Reclusione di Prato, ma non avremmo mai potuto immaginare che tre eventi di estrema gravità potessero verificarsi in neanche tre ore»; i tentativi di suicidio degli ultimi giorni potrebbero essere secondo alcune fonti anche cinque;
nel carcere di Sollicciano a Firenze c’è stato ieri un nuovo suicidio: un uomo del 1965 entrato in carcere nel maggio di questo anno;
è notizia del 23 ottobre di un detenuto morto «sotto i ferri, mentre veniva operato d'urgenza al policlinico Umberto I di Roma, per una colecisti perforante». La notizia «dell'ennesima morte» di un uomo recluso nel Lazio è data dal garante per i diritti dei detenuti Angelo Marroni che spiega che nel 2012 i detenuti morti per malattia nel Lazio sono stati tre, quelli per suicidio quattro. Un detenuto è morto per overdose mentre per gli altri tre decessi le cause sono ancora in fase di accertamento. Attualmente nelle carceri della regione sono reclusi 7.136 detenuti a fronte di 4.500 posti disponibili. «Nelle carceri si continua a morire — ha detto il garante — ma il dato che maggiormente impressiona è il numero di decessi per malattia. Negli Istituti sono recluse centinaia di persone con quadri clinici estremamente preoccupanti che hanno bisogno di cure ed attenzioni che il carcere non è in grado di dare. Nel Lazio la situazione della sanità penitenziaria è molto delicata, con emergenze quotidiane causate dalla mancanza di personale medico e paramedico, dalla carenza di fondi, da dotazioni tecnologicamente superate e da strutture fatiscenti. E la situazione — ha concluso — non fa che peggiorare con l'aumento continuo dei detenuti»;
nel corso del 2011 sono stati 186 i decessi verificatisi nei 206 istituti penitenziari italiani, 66 dei quali per suicidio. È quanto emerge dal «Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia», condotto dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e presentato ieri presso il carcere romano di Regina Coeli –:
se questi drammatici fatti risultano al Ministro;
se intende promuovere visite ispettive al fine di verificare le condizioni di detenzione già più volte denunciate in atti di sindacato ispettivo dal sottoscritto e altri deputati;
se non intenda attivarsi con provvedimenti di sua competenza per far sì che, come ricorda il dettato costituzionale, le pene da scontare «non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». (4-18295)
RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il segretario regionale della Uil penitenziari, Giovanni Grippo, ha effettuato nel carcere di Matera 48 ore di sciopero totale della fame e della sete, questo per protestare ed evidenziare i gravi problemi di legalità riguardanti l'istituto;
il segretario dell'Associazione Radicali Lucani, Maurizio Bolognetti, ha annunciato che comincerà «uno sciopero della fame ad oltranza» dalla mezzanotte del 25 ottobre 2012 «per ribadire la necessità di un provvedimento di amnistia, per porre subito fine all'illegalità in cui versa la giustizia italiana e la sua appendice carceraria». Bolognetti ha spiegato di voler aderire allo sciopero della fame e della sete cominciato, per lo stesso motivo, dall'onorevole Rita Bernardini (Radicali-Pd) e dalla segretaria dell'associazione radicale «Il detenuto ignoto», Irene Testa –:
se questi fatti risultino al Ministro;
se intenda promuovere visite ispettive presso il carcere di Matera per verificare i gravi problemi segnalati. (4-18297)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 23 ottobre 2012, un detenuto, Luigi D., 56 anni di Roma, recluso nel braccio G11 del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, ricoverato d'urgenza per ittero al policlinico Umberto I, è morto mentre veniva operato per una colecisti perforante;
la notizia è stata resa nota dal garante dei diritti dei detenuti, Angiolo Marroni, il quale ha dichiarato che «nel 2012 i detenuti morti per malattia nel Lazio sono stati tre, quelli per suicidio quattro. Un detenuto è morto per overdose mentre per gli altri tre decessi le cause sono ancora in fase di accertamento. Attualmente nelle carceri della regione sono reclusi 7.136 detenuti a fronte di 4.500 posti disponibili. Nelle carceri si continua a morire, ma il dato che maggiormente impressiona è il numero di decessi per malattia. Negli Istituti sono recluse centinaia di persone con quadri clinici estremamente preoccupanti che hanno bisogno di cure ed attenzioni che il carcere non è in grado di dare. Nel Lazio la situazione della sanità penitenziaria è molto delicata, con emergenze quotidiane causate dalla mancanza di personale medico e paramedico, dalla carenza di fondi, da dotazioni tecnologicamente superate e da strutture fatiscenti. E la situazione non fa che peggiorare con l'aumento continuo dei detenuti» –:
di quali informazioni i Ministri dispongano in ordine ai fatti esposti in premessa;
se, negli ambiti di rispettiva competenza, ed indipendentemente dalle indagini che la magistratura dovesse aver avviato sulla vicenda, i Ministri non intendano promuovere una indagine amministrativa interna al fine di verificare, per quanto di competenza, l'esistenza di eventuali responsabilità sul piano amministrativo o disciplinare nella morte del detenuto in questione;
se sia noto se nel corso della sua detenzione l'uomo abbia usufruito di tutte le cure necessarie che il suo precario stato di salute richiedeva;
più in generale, quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di garantire ai detenuti una non effimera attività di cura e sostegno, nonché i livelli essenziali di assistenza sanitaria all'interno degli istituti di pena. (4-18299)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 24 ottobre 2012, un detenuto si sarebbe impiccato con il sacco della spazzatura legato alle inferriate del carcere;
la notizia è stata resa nota dal vice segretario generale dell'Osapp Mimmo Nicotra, il quale ha dichiarato: «Non si è potuto contare sul tempestivo intervento della polizia penitenziaria perché il detenuto, da circa due mesi, svolgeva attività lavorativa all'esterno delle zone detentive senza la sorveglianza di nessun agente. Simili episodi sono destinati “inevitabilmente” a ripetersi perché ormai non c’è più abbastanza personale per assicurare tutti i compiti istituzionali della polizia penitenziaria e la situazione è ancora più drammatica perché mancano circa 1.000 poliziotti penitenziari» –:
se il Governo non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità sul piano amministrativo o disciplinare nella morte del detenuto avvenuta nel carcere di Siracusa;
in particolare, se non intenda verificare se ed in che misura il detenuto morto suicida disponesse di un adeguato supporto psicologico;
se non si ritenga oramai indifferibile fornire elementi sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere e nei centri di identificazione ed espulsione in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di dannazione, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se, anche alla luce dei fatti riportati in premessa, si ritenga che all'interno delle carceri e dei centri di identificazione ed espulsione siano garantiti i diritti fondamentali della persona. (4-18300)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 24 ottobre 2012, un detenuto 47enne si sarebbe impiccato nel carcere di Sollicciano con il cavo delle televisione. Quando gli agenti lo hanno trovato l'uomo, in attesa di processo, era ormai senza vita;
i morti di carcere sarebbero molti meno se negli istituti di pena non fossero rinchiuse decine di migliaia di persone che, ben lontane dall'essere «criminali professionali», provengono piuttosto da realtà di emarginazione sociale e da storie decennali di tossicodipendenza, spesso affette da malattie mentali e fisiche gravi, spesso poverissime;
il problema è anche dovuto al fatto che le misure alternative alla detenzione vengono concesse con il contagocce: prima dell'indulto del 2006 c'erano 60.000 detenuti e circa 50.000 condannati in misura alternativa; oggi ci sono circa 68.000 detenuti e soltanto 12.000 persone in misura alternativa –:
se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere di Sollicciano siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;
se non si intendano assumere le iniziative di competenza per adottare o implementare le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio;
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione. (4-18301)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa del 24 ottobre 2012, un giovane 22enne di origine marocchine, detenuto all'interno del carcere pratese della «Dogaia» in quanto doveva scontare una condanna a 3 anni per una rapina compiuta ai danni di un cittadino cinese, si sarebbe suicidato morto ieri;
negli ultimi giorni nel carcere della Dogaia, oltre al detenuto morto suicida, si sono registrati altri cinque tentativi di suicidio ed una rissa tra detenuti;
sulla questione è intervenuta la segreteria funzione pubblica della Cgil di Prato che, in una nota, ha dichiarato quanto segue: «Cos'altro deve succedere ancora prima che siano presi seri provvedimenti sulla vivibilità delle carceri e, in particolare, sulla situazione della Casa Circondariale di Prato? Non più di una settimana fa il direttore dell'istituto penitenziario pratese evidenziava il problema dei tagli alle risorse, del sovraffollamento e della carenza di personale. Tutti i giorni gli operatori, agenti di polizia penitenziaria e personale amministrativo, evidenziano che la struttura sta esplodendo» –:
se e come il 24 ottobre 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se, con riferimento al suicidio dell'uomo, non siano ravvisabili profili di responsabilità amministrativa o disciplinare in capo al personale penitenziario;
con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Prato;
quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Prato; in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare condizioni di legalità all'interno della struttura penitenziaria in questione, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e contrastando l'elevato tasso di sovraffollamento ivi presente. (4-18302)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
lo scorso 25 ottobre, sul sito webIlMattino.it è apparso il seguente articolo scritto da Petronilla Carillo (intitolato: «Eroina in cella: overdose per due detenuti, sono gravissimi»): «Droga in carcere. Quello che fino a ieri poteva essere soltanto un sospetto, è ora realtà. Ieri sera due detenuti sono finiti in ospedale per overdose da eroina. Le loro condizioni sono molto gravi: entrambi sono ora in prognosi riservata e ricoverati in Rianimazione al San Leonardo. La loro via è appesa ad un filo. Si tratta di Domenico Andretta, 28 anni, e Pietro Immediata di 33. Uno è originario di Eboli, l'altro di Bellizzi. Poco dopo le 18.30 di ieri i detenuti della sezione tossicodipendenze hanno iniziato ad agitarsi: urla e richieste disperate di aiuto hanno catturato l'attenzione dei vigilanti. Gli agenti della polizia penitenziaria in un primo momento hanno pensato che si trattasse di una delle solite scene: qualcuno che simulava un malore o che aveva inalato gas dalla bombola che tutti sono autorizzati ad avere in cella. Ma così non era. È bastato poco agli agenti in servizio per capire che la situazione era ben più grave: i due ragazzi erano a terra, pallidi, sudati. È così scattato l'allarme al 118: quelle due ambulanze arrivate a sirene spiegate a Fuorni hanno preoccupato un po’ tutti. In ospedale i due sono stati sottoposti a tutti gli accertamenti di rito e agli esami tossicologici. In un primo momento si è pensato che potessero aver avuto un choc etilico, poi dalle analisi del sangue la dura verità: overdose da eroina. Una situazione che l'avvocato Bianca de Concilio, difensore di Andretta, definisce “sconcertante”. Il suo assistito, difatti, non riceve alcuna visita se non la sua in quanto detenuto da un anno per estorsione ai danni della sua stessa famiglia. “Quanto accaduto in carcere al mio assistito e all'altro giovane è assurdo – denuncia il legale – tutto ciò è assurdo. Com’è possibile che noi avvocati veniamo perquisiti e siamo costretti a lasciare tutto negli armadietti all'ingresso e poi entra droga in carcere e nessuno se ne rende conto ? È impossibile che nessuno sappia”. Secondo l'avvocato, che ora sta valutando il da farsi, “tutto ciò accade anche perché l'unica cosa che viene fatta per la loro disintossicazione in carcere è riempirli di metadone. Non ci sono programmi specifici. Il mio assistito, tra l'altro, non riceve alcuna visita: è stato denunciato dalla sua stessa famiglia e nessuno va a trovarlo. Come ha potuto procurarsi la droga, dunque ?”. Domande alle quali qualcuno dovrà dare una risposta. Sicuramente su quanto accaduto verrà aperta un'inchiesta dalla procura di Salerno e probabilmente ne sarà aperta anche una interna. Voci di carcere parlano di alcol, droga, coltelli che circolano. Secondo gli esperti la droga entra nelle carceri non soltanto per consentire agli altri di utilizzarla ma anche per affermare un proprio diritto di supremazia in una logica criminale in base alla quale possederla significa avere potere sugli altri detenuti. Secondo quanto appurato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, i metodi per far entrare la droga sono i più disparati: detenuti che si scambiano le scarpe con il parente venuto a far visita, madri e mogli che nascondono la cocaina nei cibi preparati o addirittura nel pannolino del proprio bambino in fasce. A Genova una donna la nascondeva nei genitali»;
anche agli interroganti risulta del tutto sorprendente oltre che inquietante che: in carcere si possa morire per overdose poiché a prevenirlo, fino ad impedirlo, dovrebbero esservi sistematici controlli e continue ed accurate vigilanze, il che autorizza a pensare che fosse acquisita e pacifica la convinzione da parte dei detenuti che i controlli e le vigilanze in quel carcere non si effettuavano –:
se risulti se ed in che misura i due detenuti in questione fossero stati sottoposti ad un adeguato trattamento di carattere sia farmacologico che psicologico;
come sia possibile che l'eroina sia riuscita ad entrare e circolare con tale facilità all'interno del carcere nonostante i controlli;
se, con riferimento all'episodio descritto in premessa, intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di verificare l'esistenza di eventuali omissioni o responsabilità dell'amministrazione penitenziaria;
quanti siano i detenuti morti per overdose in carcere negli ultimi cinque anni;
se, a fronte del numero crescente di morti dovute o comunque collegate all'uso di droghe da parte dei detenuti, il Ministro interrogato intenda intervenire e con quali iniziative. (4-18309)
BORGHESI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in risposta all'interpellanza urgente n. 2-01706 dell'interrogante, il Ministro della salute ha dichiarato che: «la sindrome PAS non viene considerata come un disturbo mentale, ed è stata oggetto di attenzione prevalentemente in ambito forense, più che da parte della psichiatria e della psicologia clinica»;
l'Istituto superiore di sanità, interpellato perché è il più alto organo di consulenza scientifica del Ministero, ha sottolineato che i fenomeni di ritiro dell'affetto da parte del bambino nei confronti di uno dei genitori, emersi in alcuni casi di affidamenti a seguito di divorzio, possono essere gestiti dagli operatori legali e sanitari senza necessità di invocare una patologia mentale per spiegare i sentimenti negativi di un bambino verso un genitore. L'inutile e scientificamente non giustificato etichettamento come «caso psichiatrico» può rendere ancora più pesante la difficile situazione di un bambino conteso. Sebbene la PAS sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine «disturbo», in linea con la comunità scientifica internazionale, l'Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici;
risulta all'interrogante che più sentenze emanate in tempi recenti da organi giurisdizionali italiani hanno fatto ricorso alla pertanto inesistente sindrome come elemento giustificativo di provvedimenti da eseguirsi nei confronti di minori in caso di separazione dei genitori;
un caso specifico: la Corte di appello di Venezia, Sezione civile – minori nella procedura iscritta al n. 313/201 I R.G. ha decretato nel senso sopra prospettato –:
se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza volta a evitare che la diagnosi relativa alla sindrome PAS possa avere una qualsivoglia valenza giuridica, almeno fintanto che non sia riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità;
se non intenda inoltre assumere iniziative ispettive per l'esercizio dei poteri di competenza in relazione ai casi come quello descritto in premessa. (4-18316)
INTERNO
Interrogazioni a risposta orale:
BELCASTRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 22 maggio 2012 si è dimesso l'assessore alla cultura del comune di Soriano Calabro Rossella Varì, perché in dissenso con una giunta comunale «arbitrariamente privata del dialogo», come affermato in un comunicato stampa;
le dimissioni dell'assessore Rossella Varì, come ribadito nel comunicato stampa e come pubblicato da diversi organi di informazione, ulteriormente confermate in data 3 ottobre 2012, come si evince dai quotidiani locali, sono state motivate dal contrasto con criteri e indirizzi di amministrazione della giunta che, nel corso dei tre anni di incarico come assessore, hanno evidenziato, a giudizio della Varì, assenza di collegialità e di trasparenza e comportamenti estranei ad un corretto rapporto fra giunta e cittadini sul territorio;
nel corso della presente consiliatura, fin dallo svolgimento della campagna elettorale, è apparsa evidente l'ingerenza negli affari dell'ente e la strumentalizzazione delle scelte amministrative ad opera di una fitta ed intricata rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni, tutte legate da conflitti di interesse, che si adoperate anche per influenzare il voto dell'elettorato;
lo scioglimento della amministrazione comunale di Soriano Calabro, avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 2007, fa riferimento alle dichiarazioni dell'attuale sindaco Francesco Bartone, allora consigliere di minoranza, incentrate sul ruolo che il signor Raffaele Filippo ha avuto nella passata amministrazione. Va tenuto presente che lo stesso Raffaele Filippo può incidere, grazie anche a rapporti di parentela sull'operato dell'amministrazione;
una delle motivazioni alla base del provvedimento di scioglimento della passata amministrazione riguardava la presenza di irregolarità e inadempienze in materia di appalti pubblici che si sommano ad altre violazioni che hanno interessato la quasi totalità dei lavori affidati dall'attuale amministrazione mediante cottimo fiduciario, quasi sempre alla stessa ditta, pur con intestazioni diverse, rappresentata in consiglio comunale;
l'ufficio territoriale di governo di Vibo Valentia è già in possesso di documenti provanti scelte e comportamenti arbitrari assunti con atti deliberativi dall'amministrazione comunale e che hanno portato all'autosospensione dei consiglieri di minoranza a causa della violazione della legalità e della mancanza di confronto civile e politico, fatti già denunciati dalla dimissionaria assessore Varì –:
quali siano le informazioni in possesso del Ministro dell'interno in ordine alla situazione del comune di Soriano Calabro;
se e quali iniziative il Governo intenda adottare in riferimento al contrasto della criminalità organizzata in un territorio così gravemente segnato da situazioni quantomeno di contiguità tra amministratori pubblici ed esponenti della criminalità organizzata. (3-02566)
DE CAMILLIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il giorno 24 ottobre 2012, la agenzie di stampa hanno riportato dichiarazioni del Ministro interrogato, in cui la stessa, nel rispondere ad una domanda sulla data delle elezioni regionali per la Lombardia e il Lazio, in un intercalare dice: «E non dimentichiamoci che fra poco c’è anche il Molise»;
il Consiglio di Stato, al momento delle dichiarazioni del Ministro, non ha ancora deciso in merito ai ricorsi di annullamento della sentenza di primo grado del TAR, che ha decretato la ripetizione delle operazioni elettorali della regione Molise dell'ottobre 2011;
le suddette dichiarazioni hanno subito scatenato una serie di reazioni sia a livello locale che a livello nazionale, in merito all'eventualità che il Ministro avesse ricevuto indiscrezioni prima dell'emissione della sentenza ufficiale;
la materia è molto delicata e nessun dubbio deve rimanere nei cittadini elettori, sia in merito all'eventuale esistenza di influenze del Governo sui giudici amministrativi, sia riguardo a possibili fughe di notizie;
la dichiarazione del Ministro rischia di essere forviante, e se non chiarita potrà lasciare dubbi interpretativi gravi nei cittadini elettori –:
quale sia stato il motivo per cui il Ministro abbia inteso affiancare la regione Molise, su cui è pendente il giudizio del Consiglio di Stato, a regioni che sono in attesa della definizione della data delle elezioni. (3-02567)
Interrogazioni a risposta scritta:
ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco garantisce l'efficienza del Corpo che, nonostante si trovi a dover affrontare numerose emergenze, soffre da troppo tempo un sottodimensionamento che il Sottosegretario dell'interno pro tempore ha quantificato in 3.000 unità, nel corso di un intervento in commissione affari istituzionali della Camera dei deputati il 14 aprile 2011;
i vigili del fuoco volontari si sono dimostrati indispensabili per l'ordinaria funzionalità dei distaccamenti, e senza il loro apporto non sarebbe stato possibile mantenere sempre alta la qualità dei soccorsi resi dal Corpo;
ferme restando le già evidenziate criticità circa le modalità di impiego di detti vigili del fuoco volontari e il blocco del turn over che non ha permesso né di completare la stabilizzazione avviata nel 2007, né tanto meno di dare seguito al concorso a 814 posti indetto nel 2008, l'interrogante segnala al Ministro che vi sono preoccupanti ritardi nella corresponsione delle competenze fisse ed accessorie in favore del personale volontario che ha prestato la propria opera;
dalle comunicazioni del dipartimento stesso si evincono ritardi consistenti, anche di due o quattro mesi: il pagamento delle competenze di dicembre 2011 è stato disposto il 31 maggio 2012; quello di maggio e giugno 2012 è stato disposto il 10 agosto di quest'anno;
il 22 marzo scorso il dipartimento, con l'ordine del giorno n. 116, aveva precisato che «stante la peculiarità della prestazione lavorativa resa dal personale volontario» l'erogazione delle competenze fisse ed accessorie tramite il sistema del «cedolino unico» sarebbe stato possibile a partire non dal corrente esercizio finanziario, ma a decorrere dal 2013 –:
se al Ministro risulti che vi siano delle difficoltà nella corresponsione puntuale delle competenze mensili al personale volontario dei vigili del fuoco, e, nel caso, per quali ragioni tali ritardi si verifichino;
posto che dalle comunicazioni del dipartimento a decorrere dal 2013 l'erogazione delle competenze fisse e accessorie avverrà tramite il sistema del «cedolino unico», se il Ministro possa specificare modalità e tempistiche per il prossimo passaggio di modalità di pagamento.
(4-18308)
CIMADORO e PALOMBA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
è prassi generalizzata delle questure d'Italia non rilasciare licenza di portare armi a chi ha riportato le condanne richiamate negli articoli 11 e 43 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
il diniego può di fatto permanere nei confronti di chi ha riportato le condanne per i reati indicati nei succitati articoli anche se commessi molti anni addietro – magari in gioventù e/o in minore età – e persino in caso di riabilitazione o se vi sarebbero, o vi sarebbero state, le condizione per ottenerla. Dinieghi che hanno trovato conferma anche in caso di ricorsi ai T.A.R. e al Consiglio di Stato;
nel giudizio di legittimità costituzionale la Corte costituzionale, con sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, ha dichiarato:
l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, secondo comma, ultima parte, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta;
in applicazione dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 43, secondo comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta;
nei casi in cui il rifiuto è rivolto anche a chi è stato riabilitato, si tratta evidentemente di una violazione dell'articolo 178 del codice penale, secondo il quale «la riabilitazione estingue le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti»;
è probabile che il presupposto che viene addotto per la prassi al diniego, è proprio l'inciso dell'articolo 178 del codice penale: «salvo che la legge disponga altrimenti». In tal caso si tratterebbe secondo gli interroganti di una forzatura o comunque di un'interpretazione che potrebbe essere formata diversamente –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti, quali siano gli orientamenti del Governo in proposito, e se non ritenga opportuno, al fine di evitare discriminazioni potenzialmente ingiuste, dare direttive per il rilascio delle suddette licenze a persone riabilitate o che presentino i requisiti di garanzia per la condotta irreprensibile mantenuta a distanza di tempo dalla condanna;
se non ritenga opportuno promuovere una iniziativa normativa, per il caso in cui ritenga insuperabile l'ostacolo, in via meramente interpretativa o amministrativa, al fine di rendere possibile il rilascio del porto di armi soprattutto a chi, per la condotta irreprensibile mantenuta per un certo tempo dopo la condanna, offra garanzie di fare un uso corretto delle armi secondo gli usi consentiti. (4-18312)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
consta agli interroganti che nell'ultimo concorso per 80 posti per l'accesso alla qualifica di commissario del ruolo dei commissari della polizia di Stato siano risultati idonei a sostenere la prova orale soltanto 80 candidati;
consta altresì che in altri concorsi banditi dal medesimo Ministero gli idonei a sostenere le prove orali conclusive dell’iter selettivo, siano stati in numero sempre uguale a quello dei posti messi a concorso (marzo 2012, 20 idonei per 20 posti, nel 2011 analogo concorso, 80 posti a concorso, 80 ammessi all'orale) –:
se i fatti riferiti agli interroganti corrispondano al vero e quali siano i criteri di selezione dei bandi citati e se ritenga di dover svolgere accertamenti per verificarne la rispondenza ai criteri di legittimità che devono in ogni caso caratterizzare le procedure concorsuali.
(4-18314)
BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione italiana sancisce che: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
in Italia i rapporti tra la Chiesa cattolica e la Repubblica italiana sono disciplinati dai Patti lateranensi, e dalle successive modifiche introdotte con l'Accordo di villa Madama del 1984 che ha portato al cosiddetto nuovo Concordato;
vi è separazione dei poteri (cfr Compendio della dottrina sociale della Chiesa, numeri 571-572);
il decreto del Presidente della Repubblica 3 aprile 2006, n. 180, regolamento recante disposizioni in materia di prefetture-uffici territoriali del Governo, in attuazione dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni stabilisce, all'articolo 1, comma 1: «La prefettura-ufficio territoriale del Governo – di seguito denominata: «Prefettura», quale organo di rappresentanza generale del Governo sul territorio, svolge compiti di amministrazione generale e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica ed è organo periferico del Ministero dell'interno»;
se ne deve dedurre il pieno rispetto dello Stato italiano verso i rappresentanti della Chiesa cattolica italiana nella persona di suoi consacrati e affini;
il 18 ottobre 2012 riferiscono organi di stampa e web, presso la prefettura di Napoli si è tenuto un vertice per fare il punto sulla lotta alla camorra. Oltre al prefetto di Napoli, Andrea De Martino e al prefetto di Caserta, Carmela Pagano, vi erano anche i sindaci di venti comuni locali, vertici delle forze dell'ordine, rappresentanti di regione, provincia, asl e numerosi esponenti di comitati civici; nel corso della riunione, tenutasi con toni pacifici, ha preso umilmente la parola il parroco di Caivano (Napoli), don Maurizio Patriciello, da anni impegnato sul territorio nel contrasto alla camorra ed alla sensibilizzazione alle autorità preposte per il problema dei roghi tossici sui territori;
nella circostanza indicata il sacerdote voleva cogliere l'occasione per denunciare la presenza di amianto sul territorio caivanese;
rivolgendosi al Prefetto di Caserta l'ha chiamata «signora»;
ciò ha provocato la stizza incontrollata del prefetto di Napoli Andrea De Martino che è intervenuto a difesa della collega mortificando penosamente, davanti a tutti i convenuti al dibattito, il prelato che in tutto il tempo ha mantenuto invece calma, decoro, e rispetto delle istituzioni;
l'episodio è stato ripreso da un videotelefonino da parte di un cittadino che lo ha immesso nel web scatenando l'indignazione comprensibile degli italiani;
dall'insediamento del prefetto di Napoli dottor Andrea De Martino non si comprende perché lo stesso, preposto alla vigilanza dei territori, specie quelli più «caldi», non si sia adoperato all'applicazione della misura di rigore di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 nei confronti di quelle amministrazioni comunali oggetto di indagini giudiziarie anche in alcuni casi gravissime;
nel corso dei circa tre anni dal suo mandato, il prefetto De Martino avrebbe promosso il solo scioglimento del consiglio comunale di Gragnano (Na) e solo dopo che la magistratura aveva incriminato il sindaco per gravi reati, rilevandosi, quindi, a giudizio dell'interrogante la sterilità delle azioni di prevenzione che il prefetto avrebbe dovuto invece porre in essere;
appaiono all'interrogante «condotte omissive» quelle del prefetto De Martino in relazione ai seguenti comuni:
Acerra. Si riportano alcuni passaggi giornalistici pubblicati in data 27 settembre 2012 dal sito web www.meridianamagazine.org: «i militari dell'Arma dei Carabinieri hanno messo sotto sequestro un edificio residenziale abusivo e fatto scattare delle denunce per i proprietari e per un geometra del comune di Acerra. È quanto riporta in un articolo – inchiesta pubblicato da ”Il Mediano”, il giornalista Pino Neri. Secondo quanto riportato dalla testata online ”la licenza edilizia rilasciata dal comune per il palazzo sequestrato ieri dai carabinieri doveva essere una modesta casa colonica, un edificio da realizzare in un terreno agricolo e di cui avrebbe dovuto usufruire un'azienda agricola”. In realtà, al posto della casa contadina si stava costruendo un edificio residenziale e, secondo i carabinieri, la stessa azienda agricola sarebbe stata solo un'impresa fantasma. Ad aggiungere sospetti alla vicenda, le cui indagini sarebbero solo agli inizi, c’è il fatto che l'impresa edilizia che avrebbe realizzato il progetto fasullo, è di proprietà di un consigliere comunale (di cui nell'articolo non viene specificato il nome) recordman di preferenze alle scorse elezioni, ma che al momento non risulterebbe indagato. Altra coincidenza, la variante decisiva per l'ampliamento dei lavori è stata rilasciata proprio in piena campagna elettorale nello scorso mese di aprile. E di opere sospette, tra le altre cose, parlava proprio l'esposto denuncia presentato dal centrodestra acerrano, nella persona del candidato a sindaco del PDL, il colonnello della Guardia di Finanza Antonio Crimaldi, che all'indomani delle elezioni denunciava un ipotetico sistema di inquinamento e condizionamento del voto democratico, citando, tra gli altri, fatti di cronaca di una gravità tale da indurre anche un giornale nazionale (non esattamente vicino alle posizioni del PDL), come la Repubblica, ad inviare un proprio reporter ad Acerra per un'inchiesta. Ma che l'edilizia sia un settore molto rappresentato in città (tra l'altro insieme all'agricoltura è la prima fonte di sostentamento economico e vede tanti imprenditori onesti provare a portare avanti l'attività anche con le difficoltà dell'attuale crisi) nessuno ne fa uno scandalo né un mistero, proprio Repubblica, infatti, in un articolo intitolato ”Le 29 liste, i 600 candidati e le minacce di morte di Acerra la città senza alberi”, evidenziava come ”all'indomani delle elezioni, ecco che il Consiglio comunale sembra subito una catena di montaggio delle costruzioni [...]”»;
Giugliano. In data 8 ottobre 2012 il sindaco Giovanni Pianese (Pdl) ha rassegnato le dimissioni; in data 1o ottobre 2012 si apprende dal sito web: www.teleclubitalia.it: «Al vaglio della commissione (di accesso) della quale fanno parte il prefetto vicario Giovanni Cirillo, il dirigente del commissariato di polizia Giugliano Villaricca, Pasquale De Lorenzo, un rappresentante del provveditorato delle opere pubbliche della Campania, l'ingegner Giuseppe Rocca, ci andranno buona parte degli atti dell'amministrazione che ha governato la città negli ultimi anni. La commissione setaccerà gare d'appalto, affidamenti, atti amministrativi, pratiche burocratiche, condoni edilizi ed anche la vita privata di consiglieri e le loro parentele. Tre mesi per portare alla luce possibili irregolarità e convalidare o negare qualsiasi forma di sospetto», ed ancora: in data 25 settembre 2012 il sito d'informazione web: www.teleclubitalia.it informa che: «Regna confusione circa il blitz della Guardia di Finanza e la Polizia Provinciale al comune ed al cantiere della Senesi Spa, la ditta che gestisce il comparto rifiuti. Su cosa si basi il filone di indagine nessuno lo sa, indagati e politici in testa. Di certo è che ci sono tre persone sotto inchiesta il comandante della Polizia Municipale Antonio Baldi, il funzionario Giuseppe De Stefano e l'amministratore delegato della Senesi Rodolfo Briganti. (..) Conclude Luigi Sequino: “Non vorrei avere fiducia nella magistratura ma nella classe politica. I due indagati del Comune di Giugliano sono vittime della mala politica”. LE NOTIZIE DI IERI ore 16.00 Terminato il blitz delle forze dell'ordine al comune di Giugliano. Pare che nel registro degli indagati ci siano finiti il dirigente all'ambiente Antonio Baldi ed il funzionario dei servizi ambientali Giuseppe De Stefano. Ai due è stata contestato l'affidamento dell'appalto per la gestione del servizio rifiuti alla Senesi Spa. Il reato contestato è quello di truffa. Ore 12.00 blitz della Polizia Provinciale e della Guardia di Finanza al comune di Giugliano ed al cantiere della Senesi. I motivi dell'operazione sono legati alla gestione del servizio di nettezza urbana e le condizioni dell'area di sosta e operazione degli autocompattatori, che pare, non sarebbe a norma. Le forze dell'ordine per l'intera mattinata hanno acquisito documenti, interrogato dirigenti responsabili del settore e controllato il cantiere ed i camion della raccolta, in entrata ed in uscita, dipendenti compresi. Due i fronti del blitz quindi: da un lato i disagi all'interno del piazzale di Casacelle, dall'altro i documenti relativi alla gara d'appalto. Al cantiere i dipendenti della Senesi hanno lamentato notevoli disagi circa il pessimo stato di igiene degli autocompattatori. Fiumi di percolato, igiene scarsissima e mezzi disastrati. Pare inoltre, secondo quanto testimoniano gli stessi dipendenti, che al cantiere arriverebbero formulati già timbrati. I formulari sono utili per definire il tipo di rifiuti e di smaltimento e, secondo regola, un dipendente del comune dovrebbe controllare camion per camion. Ed invece, secondo i dipendenti, questo non avverrebbe. Ma, il tutto è da verificare. Al palazzo comunale invece le forze dell'ordine hanno setacciato i documenti relativi alla gara d'appalto che ha affidato il servizio alla Senesi»;
Torre del Greco. Qui, il prefetto avrebbe inviato la commissione di accesso solo poco tempo prima della scadenza naturale della consiliatura;
in data 9 giugno 2012 la testata Metropolis web riporta: «Sette indagati, dodici perquisizioni domiciliari, cinque funzionari e dirigenti del Comune ascoltati come persone informate sui fatti: sono i numeri dell'ennesima bufera giudiziaria su palazzo Baronale. La prima ”patata bollente” finita nelle mani del sindaco Gennaro Malinconico – un guaio ereditato dal suo predecessore Ciro Borriello – riguarda tre settori su cui da tempo si erano accesi i fari della procura di Torre Annunziata: la gestione dell'affare rifiuti, il servizio di pulizia degli immobili comunali e l'assegnazione dei buoni pasto ai lavoratori dell'ente. Tre temi caldi – finiti all'attenzione della commissione d'accesso agli atti inviata in Comune dal prefetto di Napoli Andrea Di Martino – su cui il pool di investigatori coordinati da Raffaele Marino avevano puntato l'attenzione già a partire dal 2008. Gravi le ipotesi formulate dal pubblico ministero Silvio Pavia: corruzione e turbativa d'asta. In pratica, secondo il castello accusatorio della procura, ci potrebbe essere stato un giro di mazzette per favorire le ditte o le aziende che avrebbero dovuto vincere le gare promosse dal Comune. Al termine di quattro anni di indagini, sono sette gli indagati tra cui i titolari di alcune società che tra il 2008 e il 2012 hanno lavorato per l'ente di largo Plebiscito. I restanti nomi, al momento, restano top secret. Ma tra i destinatari di avvisi di garanzia ci sarebbero diversi volti noti agli habitué delle stanze dei bottoni di palazzo Baronale. Praticamente pubbliche, invece, le perquisizioni domiciliari eseguite dalla guardia di finanza in casa di dodici persone, tra cui cinque dirigenti e funzionari del comune ritenuti “persone informate sui fatti”. Diverse, inoltre, le persone già ascoltate dal capitano delle fiamme gialle Gaetano Capuozzo: pezzi da novanta della macchina comunale e vecchie conoscenze della politica all'ombra del Vesuvio, chiamati a raccontare il funzionamento e spiegare le anomalie registrate durante i quattro anni finiti sotto la lente d'ingrandimento della procura. Particolare attenzione, ovviamente, al tribolato settore dei rifiuti: sotto stretta osservazione sono finite le varie gare promosse sotto la guida di Ciro Borriello, con riferimento al frequente balletto di sostituzioni e ricorsi che hanno portato la “ditta di casa” dei Fratelli Balsamo a gestire – fino all'avvento della Ego Eco di Roma, rappresentata sul territorio da un ex consigliere comunale ai tempi del sindaco Valerio Ciavolino – ininterrottamente il servizio per due anni, attraverso una lunga serie di proroghe. Stessa attenzione per le procedure relative all'appalto per la pulizia degli immobile comunali e gli strani ritardi accumulati dal bando per l'assegnazione dei buoni pasto ai dipendenti comunali. Tre gare d'appalto che potrebbero rappresentare solo la punta dell'iceberg dell'inchiesta condotta dal pm Silvio Pavia e che, a breve, potrebbero scatenare l'ennesimo terremoto giudiziario sul comune»;
Bacoli. In data 10 ottobre 2012 corrispondenze locali riferiscono: «Doppio blitz dei carabinieri tra comune di Bacoli e Flegrea Lavoro: al via le indagini su sospette irregolarità relative allo smaltimento dei rifiuti cittadini. Si è sviluppata questa mattina, ad opera dei Carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile della caserma di Pozzuoli una duplice acquisizione di documenti richiesti sia alla Flegrea Lavoro, società municipalizzata dedita alla raccolta differenziata, che al X Settore, ramo del municipio avente il compito di effettuare materialmente i pagamenti presso le piattaforme di raccolta dei rifiuti. L'operazione, voluta dalla procura di Napoli attraverso apposito mandato di acquisizione d'atti, sembra essere relativa allo smaltimento della spazzatura prodotta in paese. Un'ulteriore azione investigativa da parte della magistratura verso il Comune di Bacoli che, dopo aver investito più e più volte la municipalizzata Centro Ittico Campano, adesso interessa anche l'altra società ad intero capitale pubblico e comunale, la Flegrea Lavoro S.p.a. I tre enti pubblici presenti in città. Comune, Cento Ittico Campano e Flegrea Lavoro, risultano essere quindi al momento (per motivazioni varie già documentate in precedenti articoli) tutte sotto inchiesta della Procura di Napoli. In alcuni casi ad indagare è anche la Direzione Distrettuale Antimafia» (http://freebacoli.blogspot.it/2012/10/comune-sotto-inchiesta-la-procura-bussa.html);
Crispano. In data 14 maggio 2011 informa www.napolimetropoli.it «l'assessore Enzo Cennamo, tra l'altro capogruppo del Pd e figura più rappresentativa della sezione locale dei “democratici”, si è dimesso dall'esecutivo. Ha scritto pure una lettera al primo cittadino Carlo Esposito in modo da porre sul tavolo, al centro della discussione politica, la questione morale, etica e legale che ha smantellato il centrosinistra. Ufficialmente la rottura tra il capogruppo e assessore del Pd Enzo Cennamo ed il primo cittadino è maturata durante una riunione dove si è discusso della famigerata delibera 17. Un atto approvato durante la passata consiliatura ma con riflessi attualissimi visto il rinvio a giudizio del dirigente. Franco Arbolino, già condannato in sede penale e contabile per un appalto sospetto affidato ai tempi dello scioglimento per camorra degli organi elettivi. Carlo Esposito, durante la riunione, ha sfidato i suoi assessori. Lo ha ripetuto a chiare lettere: “Chi ha votato la delibera 17 si dovrebbe dimettere”. Puntuale la reazione di Enzo Cennamo, il quale si è presentato al protocollo ed ha aperto ufficialmente la crisi di governo. Eppure, proprio Enzo Cennamo, ai tempi della delibera 17, fu quasi aggredito nel partito, proprio nel Pd, il cui segretario era Carlo Esposito, perché non voleva votarla. L’entourage dei “democratici”, da Carlo Esposito al dirigente dell'Ente e del Pd Franco Arbolino, imposero la scelta. (...). E ancora: se chi ha votato la delibera 17, così come dice il sindaco, deve dimettersi dalla giunta, perché continua a difendere Franco Arbolino, dirigente dell'Ente locale, tra i protagonisti dello scioglimento per camorra, come detto condannato in sede contabile ed in sede penale (seppur in primo grado, ndr), il quale ha spinto, ha proposto ed ha scritto, da dirigente del Municipio, la delibera dell'Ente? Carlo Esposito ha perso la bussola. Due pesi e due misure che dimostrano il suo reale obiettivo, due pesi e due misure che dimostrano la sua morale. È rimasto solo ed isolato. Ha fallito dopo pochi mesi di amministrazione e la sua giunta si è distinta solo per gli scandali che si sono succeduti e che rischiano di far rivivere gli anni bui del 2005, culminati, come ricordato, con lo scioglimento anticipato degli organi elettivi per infiltrazioni della criminalità organizzata. Il sindaco era sempre Carlo Esposito. Stessi dirigenti, stessa maggioranza, stessi consiglieri. Tranne qualche nuovo innesto che è meglio non citare. Ha ulteriormente aggravato il quadro indiziario del 2005»;
Ottaviano. In data 12 luglio 2012 si legge da organi di stampa: «Tre vigili urbani indagati. Riflettori puntati sul comando della Polizia Municipale: indagini sull'operato dei caschi bianchi ottavianesi. Giorni di interrogatori, consultazione di atti e documenti, ricostruzione di posizioni. Il fascicolo arrivato presso la procura di Nola, dopo mesi di indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Ottaviano, parla chiaro. Le oltre duecento pagine che compongono il dossier, descrivono nel dettaglio la “cattiva abitudine” che alcuni agenti dello stesso comando mettevano in campo puntualmente, riducendo il costo delle contravvenzioni che venivano effettuate da altri colleghi. Lo facevano per gli amici, ma soprattutto per dipendenti comunali o loro parenti. Oltre 437 le persone che avrebbero beneficiato dello “sconto” e che ora hanno dovuto semplicemente reintegrare la quota, ma dove a pagarne le amare spese saranno i tre agenti del comando. L'indagine, partita circa tre mesi fa, era stata portata alla luce proprio dallo stesso comando. Alcune anomalie che puntualmente venivano riscontrate, avevano portato anche il comandante a vederci chiaro. Divieti di sosta, mancata assicurazione, alla guida senza cintura di sicurezza, o a telefono mentre si transitava. Queste le causali delle centinaia di contravvenzioni che i vigili, tenendo conto del rispetto del codice della strada, avevano ovviamente effettuato. Sanzioni che variavano dai 78 euro sino ai 300 euro. (...) Sembra infatti che proprio nei giorni scorsi, un nuovo blitz, sia stato effettuato nella sede di via Lucci e poi negli uffici comunali. Gli inquirenti avrebbero portato via altra documentazione, nel dettaglio tre fascicoli, ma questa volta i vigili coinvolti sarebbero altri e con loro anche due dipendenti comunali più un privato»; (Metropolis);
in data 17 settembre 2012 il Roma.net quotidiano riporta: «Indagini sul clan Cuccaro: “Hanno invaso Ponticelli” Non solo Barra, ma anche Ponticelli, Cercala e una parte di San Sebastiano al Vesuvio. Secondo gli investigatori il clan Cuccaro (nella foto), nonostante il colpo subito ad agosto scorso, avrebbe esteso la propria influenza all'altro quartiere orientale di Napoli e alle due cittadine confinanti. Un’escalation compiuta sostanzialmente senza spargimento di sangue, tranne qualche eccezione. E questa la sintesi di una nuova relazione arrivata in procura da esperti investigatori»;
Quarto (Na), in data 9 luglio 2012 fonti stampa riferiscono: «Sono in corso una serie di perquisizioni nel comune di Quarto, vicino Napoli, da parte dei Carabinieri, nell'ambito dell'inchiesta relativa ad alcune infiltrazioni del clan camorristico Polverino all'interno della politica locale. Le indagini, coordinate dai pm Ardituro, Ribero e Del Gaudio, riguardano le presunte pressioni del clan su cittadini e politici della zona, in riferimento ad alcune scelte urbanistiche. Perquisita, in mattinata, allo scopo di verificare le presunte collusioni tra camorra e politica, l'abitazione e l'ufficio del sindaco, coinvolto nelle indagini insieme ad altre quattro persone: due imprenditori del luogo, un consigliere comunale e il Dirigente dell'ufficio tecnico del comune»;
Afragola. In data 29 giugno 2012 su Afragola (Na) La Repubblica ed. Napoli informa: «RICICLAGGIO. Si profila un nuovo processo – il terzo – per il senatore del Pdl Vincenzo Nespoli, nonché sindaco di Afragola, uomo simbolo del doppio incarico, a dispetto di inchieste, scandali e arresto sfiorato. I pm Mariella Di Mauro, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock hanno chiuso il secondo filone dell'inchiesta. Dopo la bancarotta dell'istituto di vigilanza “La Gazzella”, di cui autentico titolare, per l'accusa, era il sindaco-senatore che aveva aperto alle assunzioni clientelari in cambio di quasi un milione di euro, ecco la nuova contestazione: finte compravendite degli immobili della società “Sean”, e quindi versamento di denaro di dubbia provenienza, forse tangenti, da introdurre nelle casse di famiglia. Il vertice ufficiale di “Sean” era, infatti, la moglie di Nespoli, ma per i pm guidava sempre lui. Si va dunque verso il rinvio a giudizio, con altri sei complici. E l'infinita Afragola story, sullo sfondo la corruzione elettorale (prescritta). Nel 2010, fu il Senato a respingere per lui l'ordinanza di custodia ai domiciliari. Per il caso “Gazzella”, Nespoli è ora imputato nel processo che si celebra a Napoli. Stesso copione di dieci anni fa: per altre assunzioni che impose negli investimenti di Ipercoop, Nespoli fu condannato in primo grado per concussione; nel 2007 l'assoluzione, poi annullata dalla Cassazione che nel 2009 ha ordinato il nuovo processo.»;
su Brusciano (Na) in www.ilfattoquotidiano.it si legge: «Il sindaco, Romano Angelo Antonio (Udc), viene condannato in primo grado a 4 anni di carcere e l'ex presidente del Consiglio comunale, oggi consigliere di maggioranza, Salvatore Papaccio, condannato a tre anni. Per entrambi è prevista l'interdizione da pubblici uffici per cinque anni, il reato è di tentata concussione. È la severa condanna emessa il 4 marzo 2011 dal Tribunale di Nola per i due uomini accusati di aver più volte chiesto, nel 2004, una tangente di 500 mila euro ad un noto imprenditore del luogo, per concedergli una licenza edilizia che gli avrebbe consentito di costruire circa 70 appartamenti in una lottizzazione a Brusciano. Il costruttore Angelo Perrotta però, decise di non sottostare ai ricatti dei due politici e denunciò tutto ai Carabinieri»;
su alcuni di questi comuni napoletani vi è stata anche l'attenzione di alcuni importanti programmi di carattere nazionale come «Report» di Rai3;
la condotta del prefetto De Martino è stata, a parere dell'interrogante, inconciliabile con quello di rappresentate di Governo in una provincia come quella di Napoli che, peraltro, nel corso degli ultimi due anni ha registrato una recrudescenza del fenomeno delle infiltrazioni camorristiche negli enti locali, che ha richiesto l'intervento repressivo, dell'autorità giudiziaria in assenza delle misure di prevenzione di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 demandante al prefetto;
in data 3 ottobre 2012 il quotidiano Corriere del Mezzogiorno in un articolo a firma di Fabrizio Geremicca viene data notizia che: «L'impresa che da luglio sta ristrutturando i locali della prefettura di Napoli, dove si riunirà il gruppo di controllo sulle infiltrazioni malavitose negli appalti, è essa stessa a rischio di condizionamenti malavitosi secondo l'ufficio antimafia del Palazzo di Governo, coordinato dalla funzionaria Mariolina Goglia. L'azienda infatti ha ricevuto un informativa atipica, in conseguenza della quale il Provveditorato alle opere pubbliche della Campania e del Molise l'ente appaltatore, ha rescisso il contratto. È un caso clamoroso quello che coinvolge “Scoglio spa” sede a Sant'Antimo che fa capo all'imprenditore Michele Ferone. (...) Importo: 136.667 euro. Fondi pubblici ricavati sul programma operativo nazionale “Sicurezza per lo sviluppo”. Scoglio spa si è aggiudicata la gara in virtù di un ribasso d'asta del 34,16 per cento. Dice l'avvocato Ciro Arino, che patrocina l'imprenditore Ferone: “Ho subito presentato istanza di riesame al prefetto. Non ho avuto ad oggi la possibilità di verificare i contenuti della informativa atipica. Suppongo che sia legata ad una indagine per turbativa d'asta ed associazione a delinquere che ha coinvolto il mio cliente nel 2009. Si è conclusa però, a maggio 2012, con la richiesta di archiviazione formulata dal pm Maurizio Giordano ed accolta dal gip Stefania Amodeo. Aggiunge Perone: “La mia azienda lavora da 15 anni con la prefettura, ho presentato denunce per i tentativi di estorsione perpetrati ai miei danni. Altro che condizionamenti malavitosi”» –:
alla luce dei fatti esposti, a parere dell'interrogante gravissimi, se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza in relazione ai comuni citati facendo sì che, casi come quello di don Maurizio Patriciello non abbiano più a ripetersi in quanto indeboliscono la lotta locale alla camorra incutendo timore nella cittadinanza e sfiducia verso le istituzioni che di conseguenza appaiono «lontane» e non più meritevoli di fiducia;
quali iniziative intenda assumere subito il Ministro interrogato in merito ai fatti esposti che non restituiscono decoro allo Stato ne nel suo rapporto con i cittadini né verso la Chiesa cattolica apostolica romana. (4-18317)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
GARAGNANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in merito alla vicenda dell'insegnante del terzo circolo didattico scolastico di Bologna, «scuole Bombicci» e con riferimento preciso alla classe seconda B, dove si è purtroppo verificato che tutti i genitori degli studenti della classe (29 persone) hanno chiesto l'esonero dalle lezioni di religione, non perché atei ma per contestare la scelta del dirigente scolastico e di altre autorità preposte di allontanare dall'insegnamento della religione la maestra Cristina Vai, per ragioni oscure, determinate di fatto dall'atteggiamento del dirigente scolastico che avrebbe preteso, nello scorso anno, di assumere iniziative in merito ad una materia come la religione cattolica, peraltro non di sua competenza, in nome di una concezione «progressista» della religione, in realtà, ad avviso dell'interrogante, eversiva dei valori essenziali del cattolicesimo, difesi dalla maestra ed osteggiati da una certa parte politica;
il fatto sopra citato, che ha destato sconcerto in gran parte dell'opinione pubblica, è stato sottoposto da parte della direzione scolastica regionale ad una ispezione, la quale a tutt'oggi non ha portato ad alcun esito;
si sottolinea al riguardo che la scuola costituisce indubbiamente uno dei luoghi principali in cui i giovani studenti compiono un percorso di crescita culturale e sociale durante il quale la personalità degli studenti si sviluppa gradualmente, anche attraverso l'apprendimento di valori fondamentali quali la religione, indispensabile, ad avviso dell'interrogante, per affrontare la vita quotidiana e per diventare cittadini responsabili e non può essere stravolto per le idee politiche personali di chi dirige la scuola che sono assolutamente estranee alla funzione educativa della scuola medesima, fenomeno quest'ultimo della sovrapposizione dell'ideologia all'educazione massicciamente presente a Bologna ed in Emilia Romagna –:
se intenda comunicare le risultanze delle ispezioni avviate dalla direzione scolastica regionale in presenza di un fatto così anomalo costituito dalla richiesta di esonero dall'ora di religione di 29 genitori cattolici praticanti che paradossalmente e giustamente chiedono l'insegnamento della religione cattolica apostolica romana secondo i dettami del magistero ecclesiastico evitando interpretazioni moderniste che sfiorano l'eresia. (4-18294)
GIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
i lavoratori ex articolo 23 L.R. 85/95 enti locali Regione Sicilia, in seguito trasformati in lavoratori socialmente utili, enti locali regione sicilia e infine trasformati in Co.Co.Co. ex L.S.U. sono, in Sicilia, 490 distribuiti tra le varie province regionali;
nel 1989 questo personale fu assunto attraverso apposita graduatoria formata dall'ufficio provinciale del lavoro;
successivamente, nel marzo 1996, tale rapporto di lavoro, in virtù delle norme intervenute nel tempo, fu trasformato, dalla Regione Sicilia, da ex articolo 23 L.R. 85/95 in lavoratori socialmente utili;
poiché prima del 1999, gli enti locali avevano competenza istituzionale in materia di pubblica istruzione, la provincia regionale competente per territorio assegnò le 490 unità lavorative presso vari istituti scolastici, al fine di sopperire alle carenze di organico nelle segreterie;
nel 1999, intervenuta la legge 124/99, fu stabilito il passaggio di competenze, in materia di pubblica istruzione allo Stato, con il relativo trasferimento di strumenti e risorse, compreso il personale di ruolo e non di ruolo;
il 23 luglio del 1999, fu emesso il decreto ministeriale n. 184, nel quale in merito alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili si prevedeva il subentro dello Stato nelle convenzioni firmate dagli enti locali con i soggetti interessati per la stabilizzazione dei medesimi;
tali lavoratori furono giuridicamente ed economicamente amministrati dal Ministero della Pubblica Istruzione attraverso il «Fondo per l'occupazione»;
nel 2001, secondo quanto stabilito dal decreto n. 184 del 23 luglio 1999 e dal Decreto interministeriale n. 66 il Ministero trasformò questi rapporti di lavoro in contratti di collaborazione coordinata e continuata per la durata di sessanta mesi, con l'impegno, più volte confermato, di avviare una definitiva stabilizzazione;
in tutta Italia i lavoratori interessati furono 970, di cui appunto in Sicilia 490;
tale situazione è stata più volte prorogata in successive leggi finanziarie;
nonostante vari provvedimenti normativi consentissero la stabilizzazione di questi lavoratori, nulla è mai stato fatto in tal senso;
anche gli impegni presi, più volte, da rappresentanti dei vari Governi che si sono succeduti non hanno avuto alcun esito;
non va dimenticato, inoltre che l'eventuale interruzione del rapporto di lavoro non determinerebbe alcun risparmio di spese, visto che, di fatto, è personale che dovrebbe essere, per oggettive necessità, sostituito da altri lavoratori che, sicuramente, non avrebbero la stessa esperienza e capacità professionale di coloro che da tanti anni svolgono queste mansioni;
nel 2010, in diversi tavoli il sottosegretario Giuseppe Pizza ha dato assicurazione che il Ministero avrebbe provveduto, con apposita norma, a stabilizzare i co.co.co. ex Lsu e si è anche impegnato a preparare un apposito emendamento al «mille proroghe» per la stabilizzazione dei lavoratori partire dal 1o settembre 2011. Nel frattempo le altre unità dell’ex articolo 23 rimaste negli enti locali sono stabilizzate comprese quelle impegnate, ad esempio, presso il tribunale di Siracusa;
va ricordato inoltre che, a seguito dell'accordo 10 luglio 2003 con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed i sindacati di categoria, la quota di 1/3 dei contributi INPS, normalmente facente capo ai lavoratori medesimi, è stata posta a carico del Fondo per l'occupazione;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, direzione generale per le politiche attive e passive del lavoro, con nota 27 aprile 2012 n. 40/14786 ha rappresentato espressamente che «l'agevolazione di cui trattasi non potrà continuare ad essere riconosciuta da parte dell'INPS se non esclusivamente in tutti i casi in cui non sia stato superato detto limite e, comunque, fino alla concorrenza di euro 9.296,22; ne è conseguito che nessuna ulteriore agevolazione contributiva potrà essere posta a carico del Fondo Occupazione laddove detta soglia pro capite risulti essere stata raggiunta»;
gli istituti scolastici stanno ricevendo una comunicazione da parte dell'Inps per il recupero della quota di 1/3 dei contributi non coperti dalle agevolazioni previste dal decreto legislativo 81 del 2000, come da nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 27 aprile 2012 ma, tali somme, fanno riferimento a mensilità del 2011 e oggi andrebbero, secondo l'istituto, trattenute ai lavoratori entro tre mesi con gravissimi danni sulla capacità di sostentamento dei lavoratori tenendo conto che i compensi non sono mai stati adeguati dal 2001;
la situazione di questi lavoratori, a cui tantissime volte è stato promessa la stabilizzazione, che nei fatti si ritrovano a lavorare, da decenni ormai, sotto la costante minaccia di licenziamento o di tagli al loro salario già totalmente insufficiente a condurre una vita normale è, ad avviso dell'interrogante, assurda e paradossale –:
cosa si intenda fare per porre fine a questa assurda vicenda e restituire dignità e tranquillità a questi lavoratori rendendo finalmente stabile e sicuro il loro posto di lavoro. (4-18304)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
DELFINO, BINETTI, CALGARO, CAPITANIO SANTOLINI e RIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dal 21 ottobre i disabili gravissimi di ogni regione italiana hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro il ritardo nel varo del Piano nazionale sulla non autosufficienza;
nel mese di aprile il Governo aveva promesso di approvare tale Piano entro un mese, ma da allora nessun passo avanti è stato fatto;
questo ingiustificato e insopportabile ritardo sta aggravando ulteriormente il profondo disagio del settore che, con la destinazione di adeguate e indispensabili risorse finanziarie ai fondi per la disabilità, assicura alle persone diversamente abili il pieno esercizio dei diritti alla salute, all'assistenza, alla scuola e al lavoro;
la mancata approvazione del Piano nazionale sulla non autosufficienza si sta traducendo con una grave lesione del diritto all'uguaglianza di trattamento e del diritto all'assistenza;
a fronte di quanto premesso, è necessaria un'immediata inversione di rotta che consenta di recuperare a questa grave inadempienza, destinando altresì maggiori risorse all'ampio mondo della disabilità;
al centro della costituzione italiana sta il riconoscimento e la piena tutela della dignità della persona, a maggior ragione, dunque verso le persone in gravissime difficoltà di salute –:
quali siano i motivi del ritardo nell'approvazione del Piano nazionale sulla non autosufficienza e quali urgenti iniziative intenda adottare per colmare questa grave inadempienza. (3-02565)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CODURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 243 del 2004 consente alle donne con 35 anni di contributi e con 57 anni di età (se dipendenti) e 35 anni contributi e a 58 anni per le lavoratrici autonome, e che abbiano optato per una prestazione finale calcolata interamente con il metodo contributivo, di andare in pensione;
tale disposizione è stata confermata, dall'articolo 14, comma 24, del decreto-legge n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 in via sperimentale sino al 31 dicembre 2015. Con riferimento a questa opzione, la circolare Inps 35 ha precisato che entro il 31 dicembre 2015 dovrà avvenire la decorrenza del trattamento pensionistico e non il raggiungimento dei requisiti necessari per la maturazione del diritto alla prestazione. Nei confronti delle lavoratrici interessate dalla specifica disposizione, infatti, le nuove norme (peraltro anche queste confermate dalla già citata circolare dell'Inps) stabiliscono la validità delle modalità di accesso alle prestazioni previste prima dell'emanazione della riforma (in sostanza, l'applicazione delle finestre);
entro il 31 dicembre 2015 il Governo si è assunto l'impegno di verificare i risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione –:
quale sia il numero di donne che dal 2004 ad oggi hanno usufruito di questa opportunità e quanto sia stato l'ammontare del costo per tale possibilità di pensionamento. (5-08340)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
desta molta preoccupazione la vicenda degli ultimi giorni in merito ai vaccini antinfluenzali Novartis, i medicinali che sono stati bloccati dal Ministero della salute, a scopo cautelativo, in attesa di ulteriori verifiche sulla loro sicurezza; sembrerebbe che i vaccini possano presentare un'aumentata capacità di indurre effetti collaterali e reazioni indesiderate;
c’è una pessima abitudine diffusa tra le industrie farmaceutiche che induce a comunicare solo i dati positivi, tacendo, se non nascondendo, i risultati negativi, con la conseguenza che la loro diffusione viene ritardata nel tempo e spesso si palesa solo davanti a possibili incidenti critici;
l'azienda nei giorni passati aveva assicurato il Ministro della salute di aver messo in quarantena il lotto di vaccini in questione non appena il problema era stato identificato; oggi, invece, Novartis ha ammesso le proprie responsabilità sulla mancata e imperfetta comunicazione all'Aifa circa i controlli eseguiti su alcuni lotti della produzione;
l'azienda Novartis continua a ribadire la sicurezza e l'efficacia dei suoi vaccini, ma la fiducia compromessa dei consumatori potrebbe causare un crollo nei confronti della vaccinazione contro l'influenza. Da stime emergerebbe un possibile calo di vaccini del 20-30 per cento, con grave danno per le persone più fragili, gli anziani ad esempio che dei vaccini antinfluenzali hanno estremo bisogno proprio per evitare i rischi delle complicanze legati all'influenza;
in Svizzera, Austria e Germania hanno bloccato la distribuzione dei vaccini e in Italia le regioni coinvolte nel blocco dei vaccini sarebbero 7: in cima ci sono Lombardia, Toscana e Veneto;
il Ministro interrogato ha dichiarato che dopo il ritiro dei vaccini antinfluenzali Novartis e Crucell, c’è «un buco di 5,3 milioni di dosi», al quale si sta cercando di far fronte con contratti con altre aziende. Questo calo, infatti, è pericoloso per la salute dei cittadini: la vaccinazione è raccomandata (oltre che gratuita) per le persone con più di 65 anni e i malati cronici –:
da quando il Ministro fosse a conoscenza della pericolosità dei preparati dell'azienda farmaceutica Novartis, già in distribuzione, e se sia a conoscenza delle cause che hanno impedito alla Novartis e all'AIFA di agire tempestivamente;
quali misure il Ministro intenda assumere per garantire che comunque, anche attraverso la produzione di vaccini affidata ad altre aziende, giungano sul mercato tutte le dosi di vaccino necessarie a soddisfare le esigenze della popolazione, a cominciare dalle persone più esposte al rischio di infezioni bronco-polmonari.
(5-08341)
Interrogazione a risposta scritta:
GAGLIONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
a Ceglie Messapica (BR) nel ventennio 1981-2001 si sono registrati 28 decessi nelle donne per tumore di trachea, bronchi e polmone, rispetto ai 13 attesi in base alla media regionale con un rapporto standardizzato di mortalità pari a 222,2, cioè 2,2 volte l'atteso. (Gianicolo EA, Mortality in tha Minicipalities of Brindisi provence, 1981-2001, Epidemiol prev. 2008, 32, 49-57);
durante un convegno promosso dall'Amministrazione comunale il 21 gennaio 2010 il locale ufficio del Dipartimento di Prevenzione della ASL di Brindisi ha riferito 18 casi di decessi per tumore di trachea, bronchi e polmone, sempre tra le donne, nella stessa città dal 2000 al 2009;
nel corso dello stesso incontro, un dirigente ARPA riporta alcuni dati dell'inventario delle emissioni in atmosfera da cui emerge un alto contributo della città di Ceglie (oltre il 50 per cento) alle emissioni provinciali, per il macrosettore «processi produttivi» in corrispondenza dei Composti Organici Volatili (COV);
nonostante convegni e comunicati non risulta che sia eseguito da parte delle Autorità nessun approfondimento dello strano fenomeno. Tanto più che le cause di una tale epidemia, se individuate ed ancora attive, potrebbero essere rimosse mettendo al riparo altre persone da un così grave rischio per la salute;
il fenomeno non sembra estinto dal momento che da una singola struttura oncologica dell'ospedale di Brindisi risulta siano stati riferiti a diverse autorità, tra cui il Ministero della salute, 5 casi di tumore al polmone in donne residenti in Ceglie Messapica assistite dal 2009 ad oggi in età compresa tra i 33 e 66 anni, non fumatrici, con tipi istologici non tutti caratteristici dei fumatori –:
se non sia necessario da parte del Ministero della salute avviare accertamenti anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità per verificare l'esistenza di rischi ancora attivi per la salute della popolazione di quel comune attraverso l'aggiornamento del dato epidemiologico ad anni più recenti e con l'analisi dei singoli casi e delle attività economiche insistenti sul territorio in questione. (4-18296)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta scritta:
PORCU. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Energit è una società attiva nel mercato libero dell'energia elettrica, fondata a Cagliari nel 2000 come multiulity e che conta attualmente 62 dipendenti;
nel 2006 la società è stata rilevata dal gruppo Alpiq (allora Atel), importante multinazionale energetica con sede in Svizzera;
la nuova proprietà si presentò con un ambizioso piano industriale che prometteva una crescita esponenziale in termini di numero clienti, energia erogata e fatturato;
nella mattina di giovedì 25 ottobre 2012, l'azienda, dopo un vertice convocato presso la sede della provincia di Cagliari, che si è purtroppo concluso con un nulla di fatto, ha avviato la procedura per la messa in mobilità dei dipendenti della Energit spa;
il comportamento della Alpiq, gruppo multinazionale proprietario dell'azienda, (a quanto è dato sapere dalle cronache degli organi di stampa), appare da tempo assai discutibile; tanto da indurre non solo i sindacati a manifestare forti perplessità in ordine alle procedure per la vendita. Molti infatti sostengono che, anziché puntare alla cessione di Energit – con tutti i suoi dipendenti – ad un altro soggetto industriale, interessato all'acquisto, le azioni della Alpiq fossero invece orientate a favorire la liquidazione della società;
tale atteggiamento, troverebbe conferma nel fatto che i numerosi operatori, che hanno manifestato interesse all'acquisto, sono stati, tutti, per motivi mai palesati, ritenuti non idonei;
l'Alpiq, negli ultimi due anni si è disinteressata delle sorti della Energit così da farle perdere, secondo i sindacati, importanti contratti con enti pubblici e con clienti di pregio;
i livelli occupazionali in Sardegna hanno toccato minimi molto preoccupanti e la malaugurata perdita anche di questa realtà produttiva, assesterebbe un altro colpo durissimo all'economia dell'Isola, che, come è noto, da tempo versa in grave crisi –:
conosciuti i fatti, sia pure brevemente descritti, quali urgentissime iniziative si intendono assumere per evitare, che l'avvio delle procedure di mobilità, porti al licenziamento dei 62 dipendenti della Energit spa di Cagliari;
quali atti concreti s'intendano porre in essere per modificare i comportamenti ad avviso dell'interrogante ostruzionistici della multinazionale svizzera Alpiq che di certo non ha favorito la ricerca di soluzioni positive della vicenda. (4-18298)
PALOMBA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Energit Spa, società attiva nel mercato libero dell'energia elettrica, è stata fondata a Cagliari nel 2000 come multi utility e conta attualmente 62 dipendenti;
la società è stata rilevata dal gruppo Alpiq, la più grande azienda elettrica svizzera costituita nel 2009 dalla fusione tra due storiche compagnie energetiche (Atel e EOS), che vanta una presenza in più di venti paesi attraverso la produzione, distribuzione e vendita di elettricità e la fornitura di servizi;
l'Alpiq si è presentata con un ambizioso piano industriale che prometteva una crescita esponenziale in termini di numero clienti, energia erogata e fatturato; presupposti essenziali per il perseguimento di tali obiettivi erano la specializzazione sul solo mercato dell'energia elettrica, l'insediamento di un nuovo management e lo sviluppo di nuove sinergie con il resto del Gruppo;
la specializzazione dell'azienda è stata rapidamente raggiunta attraverso la cessione alla società Tiscali del ramo di azienda legato al business delle TLC e l'abbandono di tutte le attività della filiera al di là della vendita pura e dell'assistenza al cliente. Anche le «sinergie» all'interno del gruppo si sono sviluppate velocemente attraverso la firma di alcuni accordi intercompany, tra Alpiq Energia Italia e Energit, per l'erogazione da parte della casa madre di una serie di servizi, a partire dalla fornitura all'ingrosso dell'energia elettrica, a prezzi non sicuramente di favore, e troppo spesso totalmente sbilanciati verso il fornitore dal punto di vista delle manleve, delle responsabilità e dell'operatività stessa che spesso rimaneva comunque in capo a Energit;
a fronte dei suoi ambiziosi progetti la società madre non ha però mai programmato nessun nuovo investimento da destinare alla comunicazione, alla promozione del marchio e allo sviluppo della rete di vendita, al fine di affrontare un mercato sempre più competitivo;
tale situazione, nonostante l'alta professionalità dei dipendenti, ha portato Energit SpA — utilizzata come stabilizzatore di rischio dalla casa madre e come semplice cliente cui fornire dei servizi ovviamente a pagamento — all'attuale situazione di difficoltà;
per far fronte allo stato di crisi, Alpiq ha deciso di attuare un piano di ristrutturazione che prevede la dismissione delle attività non sul territorio svizzero, a discapito delle altre società del gruppo presenti nel territorio europeo come appunto Energit Spa; nell'ambito di questo piano nel febbraio 2012 è stato comunicato ai dipendenti l'avvio delle trattative per la cessione della società;
il 26 luglio 2012, al termine del processo di valutazione conclusosi a giugno, visto che nessuno dei soggetti che avevano manifestato interesse ha presentato poi un'offerta vincolante, l'azionista ha deciso di dichiarare lo scioglimento anticipato della società e l'apertura della procedura per la messa in mobilità di tutti i dipendenti;
nonostante in questi mesi la regione Sardegna, coinvolta nel processo di scouting attraverso l'Assessorato all'industria, si sia impegnata a supportare il rilancio dell'azienda e la tutela dei livelli occupazionali nel caso in cui un nuovo soggetto rilevasse Energit, Alpiq non ha mai fornito informazioni dettagliate sulle trattative, né alcuna garanzia certa sul fatto che le offerte al vaglio potessero contribuire al mantenimento dei posti di lavoro;
la società non ha infatti mai favorito il processo di vendita in quanto gli unici soggetti interessati sono sempre arrivati tramite la regione Sardegna e contestualmente al processo di vendita ha comunque formalizzato prima l'apertura delle procedure di mobilità per i dipendenti e successivamente la messa in liquidazione della società;
lo scorso 26 settembre, dopo l'ennesimo incontro al tavolo assessorile conclusosi con un nulla di fatto, i dipendenti di Energit — indispettiti dal fatto che la scelta di chiudere una realtà pienamente funzionale e produttiva da parte di Alpiq pare dettata solo dalla scelta aprioristica della casa madre di abbandonare i mercati esteri e certo non dalla mancanza di prospettive — hanno convocato un'assemblea permanente;
allo scadere del termine per la valutazione delle offerte, lo scorso 28 settembre, erano state presentate 5 offerte vincolanti provenienti da: Esperia S.p.A., Onda Energia s.r.l, Sardinia Green Island S.p.A., Due Energie società del gruppo Duferco e Tommaso Seu, procuratore per conto di una multinazionale il cui nome non è emerso direttamente; in quella stessa data i lavoratori hanno alzato il tono della protesta — confermando l'assemblea permanente e organizzando il presidio della sede aziendale anche al di fuori dell'orario di lavoro — per chiedere ad Alpiq trasparenza nell'analisi delle offerte pervenute e garanzie sui livelli occupazionali;
la protesta dei lavoratori è stata condotta con grande senso di responsabilità con lo svolgimento quotidiano dell'attività lavorativa nonostante la situazione di disagio provocata dalla procedura di mobilità e nonostante la latitanza completa del management;
il 1° ottobre l'azionista ha annunciato di voler avviare il processo di negoziazione in esclusiva con Onda Energia, la cui offerta sarebbe quella che, secondo Alpiq, più si avvicina ai requisiti richiesti e garantirebbe la tutela dei livelli occupazionali sul territorio. Contemporaneamente però, la società ha confermato l'intenzione di liquidare la società nel caso in cui la trattativa non dovesse andare in porto;
nonostante tutti gli sforzi delle istituzioni sarde al termine della procedura di mobilità lo scorso 19 ottobre 2012, Alpiq ha comunicato la chiusura negativa delle trattative con Onda Energia e ha annunciato definitivamente la sua intenzione di dar corso al licenziamento collettivo dei 62 dipendenti –:
se sia a conoscenza della situazione in cui versano i 62 lavoratori della Energit Spa;
quali siano gli elementi a disposizione del Governo in ordine al fatto che la multinazionale Alpiq non abbia dimostrato alcuna intenzione di voler vendere la società nonostante, da febbraio a oggi, tantissimi soggetti abbiano dimostrato interesse a rilevare un'azienda efficiente e produttiva che può contare di valide professionalità; se per queste ragioni non intenda convocare al più presto un tavolo nazionale — già richiesto dalla regione Sardegna e dalla provincia di Cagliari contestualmente alle parti sociali — al fine di verificare le reali intenzioni di Alpiq nel processo di vendita. (4-18303)
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Zampa e altri n. 1-01177, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in commissione Codurelli e altri n. 7-01023, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Boccuzzi.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Mantini e Libè n. 4-18269, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dionisi.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Mantini e altri n. 4-18269 del 24 ottobre 2012 in interrogazione a risposta orale n. 3-02564.
ERRATA CORRIGE
Mozione Siliquini e Moffa n. 1-01178 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 707 del 23 ottobre 2012. Alla pagina 35523, prima colonna, dalla riga quarantaquattresima alla riga quarantacinquesima deve leggersi: «un'iniziativa normativa correttiva, l'impostazione del decreto legislativo n. 155 del» e non «un'iniziativa normativa correttiva, l'imposizione del decreto legislativo n. 155 del», come stampato.